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VOCE ARANCIO - GIOVEDI', 30 giugno 2011

 

 

FUNIVIE - Sorvolare la città appesi a un filo
 

Non inquinano, costano poco e permettono di evitare il traffico: le funivie urbane alla conquista del mondo. Da Roma a New York, i progetti realizzati e quelli da realizzare - Collegare poli di flusso come stazioni, porti, centri sportivi: ecco la funzione delle funivie e delle teleferiche cittadine, destinate a moltiplicarsi nel giro di pochi anni.
Stefano Panunzi, docente di Progettazione urbana all’Università degli studi del Molise: «La funivia è un mezzo di trasporto trascurato. Oggi potrebbe risolvere problemi chiave per la vita urbana. Ha costi ben più bassi di una metropolitana, perché non c’è bisogno di espropriare terreni. Inquina pochissimo e ha un minore impatto sull’ambiente, visto che bastano pochi piloni ogni svariate centinaia di metri. Può essere addirittura montata e smontata. Si può quindi provarla per alcuni mesi in aree speciali. Per non dire di quanto sia bello poter volare sulla città».
La funivia è più veloce dei mezzi pubblici che si muovono nel traffico cittadino. In media raggiunge i 25/27 km orari, con un moto circolare continuo, senza attese per i passeggeri.
I romani passano in media 74 minuti al giorno nel traffico per raggiungere il posto di lavoro, accompagnare i bimbi a scuola o altro. I napoletani 63 minuti, i torinese 62 (dati del rapporto 2011 “Cittalia” di Legambiente).
Una metropolitana di medie dimensioni trasporta 40mila persone ogni ora, il tram 7.000, la funivia urbana 6.000.
Costo per costruire 10 km:
• metropolitana: 147 milioni di euro
• tram: 90 milioni di euro
• funivia: 17 milioni di euro.
La prima funivia cittadina fu realizzata nel 1908 a Bolzano. Chiamata Kohlerer Bahan (“Funivia del Colle”), è ancora oggi attiva.
La funivia più lunga del mondo è stata inaugurata alla fine d’ottobre dello scorso anno a Tatev, in Armenia. È lunga 5.750 metri e porta al villaggio di Halidzor, dove si trova un monastero del IX secolo.
Le funivie urbane più famose:
• New York. Collega Roosevelt Island a Manhattan. È stata realizzata nel 1976 per ovviare alla chiusura del ponte di Brooklyn. Oggi è il secondo mezzo più utilizzato per superare l’East River. Viaggia a poche decine di metri dal suolo.
• Madrid. La teleferica collega il centro al parco della Casa de Campo. Il tragitto, a 40 metri d’altezza, è lungo tre chilometri.
• Città del Capo. Inaugurata negli anni Venti, collega il centro alle cime della Table Mountain (1.085 metri). Ogni cabina ospita 65 persone e ruota su 360°, permettendo una vista integrale della città e dell’Oceano.
La funivia utilizza motori elettrici. A corrente alternata per impianti medio-piccoli, continua per i grandi. Ogni impianto ha due motori. Il consumo varia, a seconda della portata, tra i 500 e i 1.000 chilowatt (energia sufficiente per 330 alloggi).
Gli impianti possono essere a campata unica (con funi tese direttamente fra le due stazioni) o possono richiedere uno o più sostegni intermedi (detti piloni).
Fino a qualche anno fa una cabina saliva mentre l’altra scendeva, perché collegate alla stessa fune traente. Oggi ogni cabina può salire o scendere in modo indipendente.
Il sistema più innovativo è il “3S”, il trifune: due funi portanti e una che traina. Realizzato grazie a un progetto italiano, garantisce la stabilità anche con venti superiori a 100 chilometri orari.
Mantenere una funivia costa circa 300mila euro l’anno, tenendo conto delle revisioni obbligatorie ogni cinque anni. Tutti gli impianti devono avere, secondo le normative, tre addetti più un caposervizio e un direttore di servizio.
Il mercato mondiale è dominato da due grandi gruppi: l’italiano Leitner, con sede a Vitipeno (Bolzano) e l’austriaco Doppelmayr di Bregenz, che ha uno stabilimento anche in Alto Adige, a Lana. Fatturano ogni anno circa 600 milioni di euro ciascuno.
Per le Olimpiadi del 2012 Londra costruirà una teleferica per collegare due centri sportivi sui lati opposti del Tamigi. La struttura trasporterà 2.500 persone l’ora, pari a 40 bus.
A Berlino la zona Ovest e i nuovi quartieri saranno uniti con una funivia orizzontale di quattro chilometri, alta 35 metri. Porterà fino a 2.000 passeggeri all’ora per direzione. Costo: 15 milioni di euro.
In Italia, oltre a Bolzano, ci sono funicolari a Perugia, Venezia, Napoli, e Capri. E molti sono i progetti in fase di realizzazione. A Roma nel 2007 è stato approvato un disegno per unire il quartiere della Magliana con l’Eur, direttamente alla stazione della metropolitana, sorvolando il Tevere. Il tragitto sarà di 650 metri a 35 metri d’altezza, con 32 cabine da 8 posti. Costo dell’operazione: 22 milioni di euro (10 milioni già finanziati dall’Ue). I lavori non sono ancora partiti. Per accelerare le operazioni e informare i cittadini è nato il sito www.funivia-roma.it.
A Verona un gruppo di privati ha proposto al Comune di cofinanziare, insieme a Leitner, una funivia che colleghi l’aeroporto Catullo allo stadio Bentegodi. Il progetto, in discussione, verrebbe a costare tra i 30 e i 40 milioni di euro.
Maurizio Spina, architetto e ricercatore dell’Università di Catania, ha elaborato un progetto di funivia per il capoluogo etneo: dal comune di Trecastagni si arriverebbe fino all’aeroporto Fontanarossa, attraversando la città e sorvolando il porto.
Il sogno di Maurizio Spina è collegare dal cielo la Calabria e la Sicilia: «Basterebbero un pilone per lato a terra. Quarantaquattro cabine capaci di trasportare in sei minuti seimila persone all’ora. Il costo? Solo quattro milioni di euro».
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 giugno 2011

 

 

Nuovi bus ecologici - Ne arrivano 33
 

Nove milioni di spesa per Trieste trasporti: «Record italiano la quantità di mezzi con inquinamento pari quasi a zero»
Una flotta di 33 nuovi autobus entra a giorni sulle strade triestine portando al 60% la quantità di mezzi super-ecologici, come dice quella sigla “Eev” che si legge su bus azzurri già in circolazione: «Per Trieste è un record italiano - afferma il presidente Cosimo Paparo -, la normativa europea che li impone entrerà in vigore appena fra due anni». Trieste Trasporti ha speso 9 milioni di euro nell’operazione che, per contratto, sta perseguendo da anni: sostituire gli autobus vecchi con questi super-ecologici, le cui emissioni sono inferiori perfino a quelle parametrate come Euro 5. «La gara europea in realtà è biennale - aggiunge Piergiorgio Luccarini, direttore generale dell’azienda -, perciò già sappiamo che l’anno prossimo avremo ulteriori 33 mezzi nuovi». Entrano in campo fra poco 19 bus lunghi, da 12 metri, quattro da 7,7 metri, dieci da 10,5 metri. I più piccoli sono di una ditta perugina, Rampini, e i grandi della Mercedes. I vantaggi non sono solo quelli, pur fondamentali, del non inquinamento. I nuovi autobus sono tutti forniti di aria climatizzata, di scalini di salita e discesa bassi e comodi, di rampa per i disabili. «Purtroppo - prosegue Luccarini - chi in centro parcheggia anche sugli stalli delle fermate sia macchine e sia moto e motorini molto spesso impedisce che queste rampe possano essere veramente usate». A vantaggio dei nuovi modelli, inoltre, anche la facilità di guida per i 600 autisti: sterzo leggero e cambio automatico. Cosa che rende più accessibile il lavoro di autista anche alle donne, «che guidano perfino meglio degli uomini - prosegue Luccarini -, sono già una trentina, se la cavano magnificamente anche con i bus di doppia lunghezza, adesso lo sterzo si manovra con un dito, prima era obiettivamente pesante». Il servizio bus a Trieste è garantito da 273 mezzi circolanti, per un costo di 62 milioni all’anno, di cui il 30% coperto dai biglietti. I passeggeri trasportati sono 70 milioni all’anno, in 5500 corse quotidiane, per 13 milioni di chilometri complessivi, scandidi su 1420 fermate. Negli scorsi mesi, essendo scaduto il contratto decennale con gli enti locali e nell’attesa di una gara europea che sarà la Regione a bandire alla fine del 2012 (ma che avrà effetti appena a partire dal 2015) i patti di convenzione sul servizio sono stati aggiornati, e concordati con la Provincia: da qui gli allungamenti delle corse fino all’Ausonia e a Servola, e ai centri commerciali anche di Muggia, con l’incremento di una fermata in via Battisti oltre a quella, entrata in attività lo scorso anno, che ha spostato proprio lì, in pieno centro, la partenza del “36” che porta i bagnanti a Grignano. «Con l’acquisto di questi nuovi autobus - proseguono i responsabili dell’azienda - l’età media della flotta circolante a Trieste continua a essere inferiore ai quattro anni, e in questo senso si mantiene ai primi posti a livello nazionale e anche europeo». Una rappresentanza dei 33 nuovi Mercedes e Rampini sarà presentata nei prossimi giorni pubblicamente in piazza Unità.

(g. z.)
 

 

Numero verde contro gli incendi boschivi
 

D’estate gli incendi boschivi sono più frequenti, per la siccità o talvolta per mano d’irresponsabili. Il Gruppo volontari della Protezione civile del Comune ricorda che avvisare subito il pronto intervento, appena si notano i primi segnali del fuoco, può essere di vitale importanza per la salvezza del bosco. Sedare un principio d’incendio è infatti ovviamente ben diverso - sia in termini di impiego di energie che soprattutto di risultato finale - dall’intervenire quando l’incendio si è già esteso. Perciò il Comune in una nota invita chiunque avvisti un incendio - grande o piccolo - a chiamare subito la Protezione civile al numero verde 800 500 300: risponde la sala operativa di Palmanova, punto di riferimento e di coordinamento di tutti gli interventi antincendio in regione.
 

 

Parcheggio a Carsiana scempio ambientale - L’INTERVENTO DI DONATELLA ERMACORA MARVIN *
 

Il 16 giugno è apparso sul Piccolo un articolo in cui si annunciava l’ennesimo rinvio della consueta riapertura annuale del giardino botanico Carsiana, attesa fino dallo scorso 25 aprile. Rilevo che nell’articolo vi sono alcune singolari inesattezze: risulterebbe che l’ex vice presidente della Provincia Walter Godina e l’ex assessore Dennis Visioli si sarebbero “accorti” solo pochi giorni prima del 25 aprile dell’inagibilità del giardino a causa dei lavori per la costruzione del parcheggio di servizio. La cosa appare inverosimile in quanto: il progetto del parcheggio, di circa 120 mq, è stato approvato oltre un anno fa, nel marzo 2010; gli imponenti lavori di sbancamento all’interno del giardino sono iniziati ai primi di febbraio, anche se in assenza del cartello di cantiere previsto per legge; tale cartello è apparso appena un mese e mezzo dopo e riporta: importo complessivo dei lavori euro 64.011,73 (lire 123.949,99); inizio lavori: 3 febbraio 2011; durata prevista: 120 giorni. Pertanto la fine dei lavori, di cospicua rilevanza economica, era notoriamente prevista per giugno. I vertici della Provincia non potevano non esserne al corrente, pur se in periodo di “pieno fermento elettorale”. I disagi derivati dai lavori per il parcheggio hanno causato l’abbandono del giardino botanico nel delicato periodo di fine inverno e inizio primavera. Uno dei danni più vistosi è stato il danneggiamento e il prosciugamento, dovuto alla mancata consueta manutenzione, dell’ampio stagno sul prato sul fondo della dolina. Si tratta di un ambiente particolarmente delicato in cui si riproducevano numerose specie di insetti legati agli ambienti umidi e di anfibi, tra cui l’ormai rara raganella (Hyla arborea) che era stata reintrodotta a cura del Civico Museo di storia naturale. Per quest’anno, ad essere ottimisti, la riproduzione non ha avuto luogo, con conseguenze sulla popolazione delle varie specie che si potranno valutare solo in futuro. Vi sono altre considerazioni negative sulla costruzione del parcheggio nel giardino, mentre proprio di fronte all’ingresso c’è la fermata dell’autobus 46. É stata distrutta l’ampia zona verde attrezzata per la sosta dei visitatori, che ospitava la tenda in cui le numerose scolaresche svolgevano le attività didattiche in caso di maltempo. Le strumentazioni della Stazione meteorologica sperimentale per lo studio microclimatico delle doline e dei pozzi carsici sono state messe da parte in attesa di una nuova collocazione non si sa dove, essendo scomparsa l’area ottimale che le aveva ospitate finora. Inoltre le vasche in cui si riproducevano rospi, tritoni e rane dalmatine sono state circondate da un muro alto un metro e mezzo che toglie la luce e impedisce agli animali di raggiungere i luoghi di riproduzione, peraltro ormai degradati. Ancora: i lavori hanno comportato l’innalzamento del piano di campagna di circa un metro e mezzo, con l’apporto di tonnellate di pietrame, cemento e bitume e la costruzione di un muro di contenimento in corrispondenza del versante più acclive e instabile della dolina, alla base del quale, a una ventina di metri, si apre un ampio pozzo carsico profondo 39,50 metri. Per concludere, la Provincia ha dimostrato un’incredibile mancanza di sensibilità ambientale, portando asfalto e inquinamento a strettissimo contatto con una realtà naturalistica, scientifica preziosa e delicata, ben conosciuta in Italia e all’estero, e che era un’attrazione turistica di rilievo per il Comune di Sgonico.

* guida naturalistica
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 giugno 2011

 

 

«Prg, l’ambiente in ogni caso è a rischio» - Le associazioni ambientaliste: bisogna muoversi presto per bloccare possibili speculazioni
 

Molto precisi nell’individuare i rischi, sia in caso di approvazione della variante 118, quella targata Dipiazza, sia nell’ipotesi di una sua caduta (il termine per poterla approvare scade il prossimo 6 agosto) con conseguente ritorno in vigore della precedente variante, la 66 redatta nel 1997. In difficoltà invece nel proporre una soluzione in tempi brevi, che sarà comunque cercata nel corso del colloquio fissato per domani con il sindaco Roberto Cosolini. I rappresentanti di Wwf, Legambiente, Italia Nostra e Triestebella - rispettivamente Dario Predonzan, Lucia Sirocco, Luciana Boschin e Roberto Barocchi – hanno espresso ieri forte preoccupazione per la situazione che si sta delineando: lo hanno fatto nel corso di una conferenza stampa unitaria sul tema del Piano regolatore della città. «La variante 118 – hanno detto – presenta molti difetti che noi abbiamo cercato di correggere chiedendo, finora invano, l’eliminazione delle 18 zone di espansione residenziale, la revisione delle destinazioni d’uso e la pianificazione attuativa in mano pubblica per le zone miste strategiche, l’eliminazione dall’articolo 11 delle norme di attuazione che fa salvi i piani attuativi anche solo adottati dal consiglio comunale, l’eliminazione di previsioni insediative incompatibili con l’ambiente carsico, l’eliminazione dei riferimenti al rigassificatore e alla Tav. Un vulnus molto grave – hanno aggiunto – è poi rappresentato dalla scorretta applicazione della procedura Vas (Valutazione d’impatto ambientale, ndr), contro la quale sono già stati presentati vari ricorsi al Tar. Cosolini ha annunciato di voler azzerare la variante 118 – hanno ricordato gli ambientalisti – ma così ci si esporrebbe al rischio di ricorsi e azioni legali, senza pensare che difficilmente gli uffici comunali competenti sembrano essere in grado di produrre in tempi brevi gli elaborati tecnici per le norme di salvaguardia». Ma è altrettanto pericoloso, secondo Wwf, Legambiente, Italia nostra e Triestebella, far tornare in vigore la variante 66. «Essa prevede – hanno evidenziato - una maggiore edificabilità e un più elevato consumo di suolo, specie sull’altipiano carsico e in Costiera. In particolare, tornerebbero vigenti 20 piani particolareggiati e 30 progetti edilizi; inoltre 115mila metri quadrati potrebbero essere oggetto di ulteriore espansione residenziale, con un milione e 600 metri cubi di altre possibili costruzioni. Bisogna muoversi presto - hanno proseguito gli esponenti ambientalisti – per bloccare le possibili speculazioni». Il difetto principale – ha concluso a nome di tutti Predonzan – «è la mancanza di un approfondimento della Vas e la scarsissima partecipazione della città, non certo per volontà della popolazione, alla definizione delle strategie del piano regolatore, elemento che consideriamo irrinunciabile».

Ugo Salvini
 

 

Lucchini, salvataggio in bilico - Domani vertice decisivo per la ristrutturazione del debito. Si cerca un accordo con le banche
 

TRIESTE Gruppo Lucchini-Severstal con il fiato sospeso fino all’ultimo per salvarsi dal baratro dell’amministrazione straordinaria e del commissariamento. Doveva tenersi ieri ma è stata rinviata a domani la riunione (considerata decisiva) per la ristrutturazione finanziaria del debito da 770 milioni del gruppo siderurgico che occupa oltre 3200 dipendenti in Italia (soprattutto a Piombino) e circa 500 a Trieste alla Ferriera di Servola. Il vertice, convocato dal sottosegretario allo sviluppo economico Stefano Saglia, dovrebbe svolgersi a Milano e all’incontro sono stati convocati tutti i protagonisti. Ci sarà il management della Lucchini, i sindacati, le istituzioni, ma in particolare gli advisor Lazard per la Lucchini e Rotshild per le banche coinvolte. L’invito è rivolto anche alla Severstal che detiene il 49,8% delle quote (il 50,2% è in mano al numero uno di Severstal, Alexej Mordashov) ma i vertici russi sono mesi che non vengono agli incontri ed è improbabile che siano presenti domani. E alla vigilia, un segnale è dato anche dal fatto che l’incontro di ieri è stato spostato, emerge con chiarezza che non si è trovata ancora un’intesa tra le banche sulla ristrutturazione finanziaria. Siamo ormai al limite e anche se in realtà non c’è una scadenza fissa, c’è comunque quella “consueta” della presentazione dei bilanci (30 giugno) e il gruppo attendeva, prima di illustrare i documenti contabili, di avere chiarezza dal pool di banche che sostengono il debito. Un quadro complesso che coinvolge almeno 10 istituti bancari di primo livello e che in realtà, da quanto è emerso, vede alla fine proprio Mediobanca e la francese Natixis tra le meno esposte e quindi non certamente (come era emerso invece nei giorni scorsi) tra gli istituti che guidano l’operazione. La situazione è stata illustrata in maniera dettagliata da Mediobanca anche nei giorni scorsi a Milano, quando una delegazione sindacale e di istituzioni di Piombino è stata ricevuta nella sede di piazzetta Cuccia. Mediobanca infatti è esposta “solo” per 20 milioni su 770, ovvero il 2,5-3%. Natixis un po’ di più (circa 30 milioni), ma gli istituti coinvolti in maniera pesante sono in realtà gruppi come Mps che rischia qualcosa come 170-180 milioni (il 23%) o Unicredit, Intesa e Popolare di Milano che hanno quote del 10% (oltre 70 milioni). Mediobanca assieme a Natixis, ma anche Bnp Paribas e Ubi banca sono gli istituti che hanno dato meno “soldi” per garantire questo prestito “a medio e lungo periodo” concesso assieme al pool di banche nel 2008. Un prestito che sarebbe dovuto servire al gruppo siderurgico per fare ingenti investimenti, per ristrutturare gli impianti e diventare competitivo a livello globale. Gli investimenti non sono stati fatti, o solo in parte, e la Lucchini ha utilizzato alcune banche del pool anche per ottenere denaro fresco per operazioni di cassa a breve periodo. Fino a un certo punto quando le banche (con l’ingresso degli advisor e la prospettata messa in vedita) hanno chiesto rientri e hanno ottenuto la restituzione di diverse somme. Operazioni a cui Mediobanca (e Natixis) non ha partecipato. Nell’ottobre scorso, in una riunione tra il pool di banche, l’istituto di piazzetta Cuccia ha fatto presente che era disposto a rimodulare i piani di ammortamento per sostenere il piano industriale. Ora, vista l’emergenza, è anche pronto a finanziare un ulteriore milione, ma non certo ad “aprire i rubinetti” per esigenze di nuova finanza quando le altre banche, esposte molto di più e impegnate anche sul “breve termine” dopo essere rientrate di un parte di debito hanno tagliato gli affidamenti.
Giulio Garau

 

 

No Tav, la protesta anche a Trieste Presidio in centro
 

Un centinaio di persone ha partecipato ieri pomeriggio alla manifestazione “Da Trieste alla Valsusa...l’alta velocità non passerà” organizzata in città dal Comitato No Tav di Trieste e del Carso. Dopo il presidio in piazza della Borsa, passaggi sotto il Comune e il palazzo del governo. «Il senso delle due tappe è che - spiega Luca Tornatore, esponente del gruppo No Tav locale - la prefettura è parte del governo, che ha gestito lo sgombero dei manifestanti in Val di Susa, e che il Comune è interlocutore primario perché anche questo territorio è interessato dal progetto Tav. Ma l’alta velocità a chi serve? Quale idea di sviluppo ci sta dietro? Discutere tutto questo è un fatto profondo di democrazia». Prima del ritrovo, alcuni aderenti al gruppo hanno affisso uno striscione davanti alla sede della Lega Nord in via Machiavelli: «Paroni a casa nostra?».
 

 

Carso da valorizzare Pronti 390mila euro di fondi Interreg
 

Il progetto “Living Landscape” ha la durata di trenta mesi Previsti la realizzazione di un parco naturale a Gropada
DUINO AURISINA Ricercare e tutelare la codificazione simbolica del paesaggio che, in quanto ignorata, rischia di scomparire, così come tutte le caratteristiche culturali fondamentali del Carso. "Living Land Scape" è un progetto Interreg per la valorizzazione del Carso, che verrà presentato oggi alle 11.30 in palazzo Economo di Trieste, sede della Soprintendenza storico artistica del Friuli Venezia Giulia. Italia e Slovenia insieme per un unico obiettivo: salvaguardare la conoscenza e la fruizione del patrimonio culturale ed accrescere gli scambi culturali. Al Carso, infatti, non sono connessi solo l'organizzazione di spazi agricoli, nati dal continuo lavoro di adeguamento e di trasformazione dell'ambiente naturale, ma anche una significazione data a questi dagli stessi attori dell'antropizzazione di questo territorio. Trenta mesi e 390mila euro per realizzare dei traguardi ambiziosi, in primis un museo digitale interdisciplinare del carso, destinato all'uso scientifico, amministrativo, professionale e divulgativo, già elaborato concettualmente dal gruppo di ricerca dell'Università del Litorale-Capodistria (uno dei partner del progetto). Il sistema, disponibile in ogni luogo e momento, sarà un museo interdisciplinare del paesaggio carsico che, raccogliendo diverse informazioni e documentazioni in uno spazio virtuale, fornirà ai visitatori la possibilità di una ricerca di percorsi tematici flessibili, la possibilità di interazione e l'accesso semplificato alle informazioni. Nel progetto previsti inoltre una mostra itinerante con diversi cataloghi didattici, attività educative, due progetti di parchi naturali e simbolici (a Rodnik in Slovenia e a Gropada), film documentari, officine-laboratori e progetti di ristrutturazione del patrimonio culturale e della chiesetta dell'ex Opp. Diversi i partner che aderiscono all'iniziativa: il Parco Škocjanske jame, l'ente per la tutela dei beni culturali della Slovenia-Regione statistica di Nova Gorica, la Sopritendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia, la provincia di Trieste e il comune di Duino Aurisina. L'obiettivo del progetto non è quello di trasformare il Carso in un "curiosa oasi" per nostalgici turisti-fotografi ma di evidenziare la presenza di un importante patrimonio storico-culturale, di identificare le sue potenzialità di sviluppo culturale ed economico, senza per questo distruggere le sue peculiarità, ma anche di superare le passate barriere e strumentalizzazioni ideologico-politiche e creare, in linea alle strategie europee, una solida base per l'integrazione socio-culturale dell'area transfrontaliera.
Cristina Polselli

 

 

PROGETTO CARSO - Un’idea ispirata ai valori dell’Unesco
 

La valorizzazione culturale del Carso situa "Living Landscape" ad un livello d'importanza internazionale. La ricerca e la conservazione del patrimonio e del paesaggio culturale e la sua rappresentazione al pubblico più vasto significa uno stimolo alla creatività, che è un valore fondamentale dello sviluppo, della crescita economica e della creazione di nuovi posti di lavoro, secondo la Strategia di Lisbona. Il progetto, inoltre, si collega alle politiche di Cultura 2000 e dell'Unesco sulla conservazione del patrimonio culturale (1972,2003, 2005). Uno dei partner del progetto è infatti il parco Skocjanske jame con le grotte di Skocjan inserite nel 1999 come prima località europea.
 

 

La Carsiana cambia gestione e taglia il 20% di vegetazione - PRESENTATO IN PROVINCIA IL PROGETTO DI RILANCIO
 

L’assessore Zollia: «Risparmiati 15mila euro». I gestori della Rogos: «Un gioiello un po’ trascurato negli ultimi anni»
TRIESTE Un nuovo parcheggio ma soprattutto una nuova gestione. Il giardino botanico Carsiana di Sgonico riapre giovedì con due mesi di ritardo, ma con grandi novità. Dopo dieci anni la cooperativa sociale “Curiosi di natura” ha lasciato il posto ai nuovi arrivati della Rogos di Doberdò del Lago e questa sembra essere la notizia più importante. «È un'offerta di buona qualità – ha specificato il neo assessore all'Ambiente Vittorio Zollia. Con un corrispettivo economico migliore degli altri». Insomma a Palazzo Galatti da un lato si pensa al risparmio: alla Provincia per i prossimi due anni la gestione del giardino botanico affidata alla cooperativa Rogos costerà 70mila euro con un risparmio di quasi 15mila euro sulla base di gara. Dall'altro sarà garantita anche la qualità: «Noi puntiamo che nel sito sia fatta una buona manutenzione – spiega l'assessore Zollia – e con costanza, perché nell'ultimo periodo avevamo avuto delle lamentele da parte dell'utenza perché il giardino non era ben mantenuto. Il giardino Carsiana è una realtà importante che ora potrà avere una gestione continua». A snocciolare tutte le novità in programma la presidente della cooperativa Rogos Ana Crnic: «Conosciamo molto bene il territorio i nostri soci, in totale siamo in 11, sono tutte persone che vivono sul Carso triestino e goriziano esperte in biologia e ornitologia. La gestione che ci è stata affidata sarà un'occasione in più per rilanciare un gioiello del Carso che era un po' trascurato». Il giardino botanico Carsiana nasce nel 1964 per volontà di un gruppo di appassionati e studiosi e ora di proprietà della Provincia. Occupa una superficie di 5mila metri quadrati dove si possono trovare 600 specie vegetali tipiche di queste zone, due stagni e una dolina, una luogo come hanno indicato i gestori, che vuole essere una sorta di “riassunto del Carso”. Le visite al giardino, che come sempre saranno garantite anche in sloveno e inglese, però sono state studiate per offrire qualcosa di più a seconda delle diverse esigenze e tipologie di visitatori. Quindi oltre alla visita classica si potrà anche vedere il giardino dal punto di vista dell'ecologia del paesaggio. Ci saranno i laboratori di chimica fisica del giardino per gli studenti e “le guide per un giorno” sempre dedicate alle scuole. Gli studenti dopo un percorso di studio in aula potranno cimentarsi in vere e proprie guide naturalistiche. Un giardino botanico all'insegna del cambiamento perché sarà dato ampio spazio anche all'aspetto scientifico: «Verrà creata una sementoteca – ha indicato la presidente Ana Crnic – che conterrà i semi delle principali specie vegetali per assicurare un buon rigenero del giardino che saranno utilizzati sia a scopo didattico che collaborativo con altre realtà». E poi verrà data una bella sfoltita alla vegetazione che, secondo gli esperti della cooperativa Rogos, in questi anni si è mangiata una parte della superficie a scapito di alcune specie di pregio. «Il giardiniere – ha spiegato Paul Tout che si occuperà anche della manutenzione – deve trovare l'equilibrio tra naturalezza e ordine che è necessario in un ambiente in continua evoluzione naturale». Così si ipotizza di asportare almeno il 20% delle biomasse del giardino (i lavori saranno effettuati durante l'inverno) per riportare la luce e rinaturalizzare alcune aiuole che sono state colonizzate da specie di fiori più aggressive togliendo spazio alle primule e alle pervinche: «Una volta a regime invece – ha indicato ancora Tout – sarà asportato il 5% delle biomasse del giardino per garantire la continuità. Tante specie ora non fioriscono più per mancanza di luce, in più nei prossimi due anni cambieremo anche le targhe per una migliore fruibilità del giardino».
Ivana Gherbaz

 

 

CARSIANA - Apertura ampliata di mezz’ora la mattina
 

SGONICO Tra le novità della Carsiana anche il cambiamento dell'orario di apertura. Il giardino botanico sarà aperto dal martedì al venerdì dalle 9.30 alle 13 mentre il sabato e la domenica invece dalle 10 alle 13 e al pomeriggio dalle 15 alle 19. Anche il sito www.carsiana.eu subirà un restyling con nuovi contenuti informativi e sarà aperta anche una pagina su Facebook. Saranno prodotti materiali informativi, articoli scientifici oltre ad una collaborazione stretta con Silvia Battistella titolare della cattedra di zoologia all'Università di Trieste per un programma sugli insetti. E per la prossima primavera si pensa anche di proporre delle visite tematiche serali ai due laghetti per ascoltare il canto delle rane e per osservare gli altri anfibi presenti negli stagni. A queste visite saranno anche affiancate delle degustazioni di prodotti tipici delle aziende agricole del Carso triestino così da far diventare la Carsiana una finestra non solo sui luoghi del territorio ma anche sui suoi sapori.
 

 

Riserva di Miramare, estate piena - Una lunga serie di iniziative che coinvolgono giovani e non messi a diretto contatto con la natura
 

 

La Riserva Marina di Miramare si prepara a un’estate ricchissima di appuntamenti, studiati sia per bambini che per adulti, per far conoscere a tutti le caratteristiche e le bellezze del nostro golfo e non solo, ma anche per promuovere la tutela e la salvaguardia del mare. Giugno si chiuderà domani alle 17.30 con l’incontro “Ci vediamo in biblioteca” a cura dello staff Wwf Miramare, organizzato alla Biblioteca Comunale Quarantotti Gambini in via delle Lodole, con la presentazione del libro per ragazzi “Oasi, io viaggio responsabile!”, che offrirà un’ occasione per scoprire come viaggiare in modo eco-compatibile e scoprire angoli meraviglioso di natura vicino a casa. E per luglio non mancheranno altre opportunità per rilassarsi nella natura al tempo stesso imparare a conoscerla e a rispettarla. In sintesi partiranno le attività che aderiscono a Spurg (Spazi Urbani in Gioco), il progetto promosso dal Comune di Trieste per animare gli spazi verdi cittadini, sono in programma nuove attività di visita a Miramare e sul Carso, e altri eventi sportivi eco-sostenibili, oltre alla visita mensile all’Acquedotto Randaccio. Per essere aggiornati tempestivamente su tutto è possibile anche iscriversi alla mailing list della Riserva. Scorrendo il programma, tra le tante iniziative il 4 luglio “Impronte nel mare, visita-laboratorio per i più piccoli”, una passeggiata virtuale sul fondo del mare all’interno del centro visite e un’escursione sulla spiaggia per osservare dal vivo la vita del bagnasciuga. Con i piedi immersi nell’acqua bassa e con degli speciali visori i bambini potranno scoprire la vita marina in modo singolare e divertente. Giovedì 7 luglio verrà organizzata “Gino, piccolo girino”, fiaba animata allo stagno di Contovello. Lunedì 11 luglio si rinnova la scoperta del mare sulla spiaggetta e al centro visite, così come i lunedì successivi. Giovedì 14 luglio spazio a “Il tramonto nel giardino sommerso di Miramare”, per osservare sopra e sotto la superficie dell’acqua la luce e i colori, nuotando con le guide dell’area i visitatori dotati di maschera, boccaglio e pinne. Obbligatoria in questo caso la prenotazione. Preziosa poi la collaborazione delle unità cinofile che collaborano per la sicurezza dei bambini e ragazzi, presenti ai corsi settimanali di sea - watching. Il gruppo “ Unità Cinofile Operative del Friuli Venezia Giulia”, sezione della Scuola Italiana Cani di Salvataggio Nautico. affiancano le guide della Riserva e i piccoli ospiti che partecipano ai corsi integrando l'aspetto legato alla sicurezza dei sea watchers alla cultura cinofila che vede, oltre a moltissimi impieghi del cane a fianco dell'uomo, il suo ruolo insostituibile nel prestare soccorso in caso di persone in difficoltà in mare. Il mese di luglio si chiuderà con la “Nuotata ecologica, dalla Cona a Miramare” una traversata a nuoto del Golfo di Panzano, anche a staffetta, per collegare idealmente le due riserve in una manifestazione sportiva a impatto zero. L’iniziativa è aperta a tutti, con la possibilità di partecipare anche solo ad alcune tappe. Solo alcuni degli eventi inseriti nel programma della Riserva Marina di Miramare, che si possono seguire nel dettaglio sul sito www.riservamarinamiramare.it. Sono attivi inoltre per tutta l’estate anche corsi di biologia marina per ragazzi, promossi ogni settimana da lunedì a venerdì. Si preannuncia ricca infine anche la lista di eventi nel mese di agosto.

Micol Brusaferro

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 28 giugno 2011

 

 

Piano regolatore di Trieste. Gli ambientalisti: “Urge uscire dall’impasse senza spalancare le porte alla speculazione edilizia”.
 

(sintesi della conferenza stampa del 28 giugno 2011)
Il piano regolatore (PRGC) è di gran lunga la principale incombenza di un Comune in campo ambientale.
Di conseguenza è fondamentale che il piano sia ispirato a rigorosi e avanzati criteri di tutela del territorio e del paesaggio, in particolare:
- bloccando il dissennato consumo su suolo agricolo e naturale
- promuovendo il riuso del patrimonio edilizio esistente
- migliorando la qualità della vita urbana
- tutelando gli edifici di pregio storico e monumentale
Nessun PRGC, proposto o approvato negli anni scorsi a Trieste, corrisponde a questi obiettivi: né la recente variante 118 (adottata nel 2009 ma non approvata), né la precedente variante 66 approvata nel 1997.
Lo hanno ribadito oggi in una conferenza stampa le principali associazioni ambientaliste (WWF, Legambiente, Italia Nostra e Triestebella), rivolgendosi in particolare al neo-sindaco, e assessore all’urbanistica, Cosolini.
La variante 118, è stato sottolineato, presenta molti gravi difetti, che il sindaco ed il consiglio comunale uscenti non hanno voluto correggere e che sono elencati dettagliatamente, con relative proposte di correzione, nelle osservazioni presentate dagli ambientalisti ma anche dalla Soprintendenza.
Tra le modifiche richieste, vanno ricordate in particolare:
- l’eliminazione delle 18 zone di espansione residenziale C (quasi tutte in aree di pregio naturalistico e paesaggistico)
- la revisione delle destinazioni d’uso e la pianificazione attuativa in mano pubblica per le zone “miste strategiche” O1 (area Fiera Campionaria, ex caserma di Banne, area mercato ortofrutticolo, ecc.)
- l’eliminazione dell’art. 11 delle norme di attuazione che “fa salvi” i piani attuativi (in gran parte sulla fascia costiera) anche solo adottati dal Consiglio comunale
- l’eliminazione di previsioni insediative incompatibili con l’ambiente carsico (zona “turistica” presso Padriciano, nuovo canile a Opicina-Fernetti, “parco degli animali“ a Cologna, ecc.)
- l’eliminazione dei riferimenti al rigassificatore e alla TAV contenuti in alcuni elaborati del piano
Un vulnus particolarmente grave è inoltre rappresentato dalla scorretta applicazione della procedura VAS sulla variante 118, contro la quale sono stati presentati già vari ricorsi al TAR.
Il sindaco Cosolini pare intenda risolvere l’impasse “azzerando” la variante 118 e sostituendola con una delibera di direttive per un nuovo piano regolatore, che contengano anche norme di salvaguardia a tutela di alcune parti del territorio comunale. Una linea anticipata anche dall’assessore Omero, nell’incontro pubblico promosso martedì 21 giugno a S. Giovanni dal coordinamento “Più verde meno cemento” (pur senza escludere un’approvazione della variante 118, modificata accogliendo le osservazioni migliorative).
Gli ambientalisti osservano che l’avvio delle procedure per un nuovo PRGC è senz’altro necessario, perché in questo modo potrebbero essere finalmente messi in pratica i principi partecipativi prescritti anche dalla Direttiva europea sulla VAS. D’altra parte, così come avvenuto con la variante 118, anche una delibera di direttive per un nuovo PRGC si esporrebbe al rischio di ricorsi e azioni legali (eventualmente anche da parte della Corte dei Conti), mentre è lecito nutrire dubbi sulla capacità degli uffici comunali di produrre in breve tempo gli elaborati tecnici necessari per le norme di salvaguardia.
La mancata approvazione della 118 entro la scadenza del 6 agosto 2011, peraltro, farebbe tornare in vigore la precedente variante 66, che prevede un‘edificabilità maggiore e un più elevato consumo di suolo specie sull’altopiano carsico e sulla costiera.
I rischi principali insiti nel ritorno in vigore della variante 66 sono rappresentati da:
- 20 piani particolareggiati (per un totale di 125.000 metri cubi)
- 30 progetti edilizi per altri 34.000 mc
- zone di espansione residenziale “C”, non confermate dalla variante 118, che coprirebbero una superficie di 115.000 metri quadrati, sui quali sorgerebbero 225.000 mc
- zone di completamento “B” trasformate in zone agricole “E” o forestali “F” dalla variante 118, che ammontano ad oltre 1 milione di mq sui quali potrebbero essere costruiti circa 1 milione 600 mila mc
- zone “produttive” in aree di particolare pregio paesaggistico e naturalistico, come la grande zona commerciale “H2” presso il sincrotrone a Basovizza, le zone artigianali-industriali “D” a Trebiciano e Opicina, le zone turistiche “G1B” di Monte Spaccato e alla radice della “Napoleonica”, ecc.
L’importante – hanno concluso WWF, Legambiente, Italia Nostra e Triestebella – è che il Comune si muova presto e bene, evitando di lasciare il territorio in balìa della speculazione edilizia: se ciò avvenisse, ben poco rimarrebbe da fare dopo, per il miglioramento ambientale della città e del suo circondario.
Un incontro con il sindaco, richiesto dalle associazioni ambientaliste, si terrà giovedì 30 giugno.
Recapiti :
W.W.F. Trieste, via Rittmeyer 6, 34132 Trieste, tel. 040 360551, e-mail: wwfts@libero.it
Italia Nostra - Sezione di Trieste, via del Sale 4/b, 34121 Trieste, tel. 040 304414, e-mail: trieste@italianostra.org
Legambiente - Circolo Verdazzurro, via Donizetti 5/a, 34133 Trieste, tel. 040 577013, e-mail: info@legambientetrieste.it
Triestebella, c/o arch. Roberto Barocchi, via Wostry 6, 34139 Trieste, tel. 040 393207, e-mail: scrivi@triestebella.it
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 28 giugno 2011

 

 

Cosolini: assemblee pubbliche sui temi caldi
 

Il sindaco: sì alla trasparenza e alla partecipazione. Giunte itineranti e una pagina su Facebook
Giunta itinerante, diretta sul web delle sedute del Consiglio comunale, un profilo Facebook dedicato al sindaco, il rinnovamento del sito web del Comune, incontri nei rioni fra cittadini e assessori su problematiche specifiche e infine assemblee pubbliche sui grandi temi. A iniziare dal nodo del Piano regolatore, per affrontare il quale la definizione della strategia della nuova amministrazione comunale avverrà «entro il 20 luglio», ha spiegato il sindaco Roberto Cosolini. Proprio perché attorno a quella data verrà organizzato un «confronto pubblico» dedicato. Parola del primo cittadino che ieri ha dunque presentato i primi sei interventi messi in cantiere dalla sua giunta in tema di trasparenza e partecipazione dei cittadini («un impegno preso in campagna elettorale», ha ricordato), da attivare «entro luglio»: tra questi rientrano appunto le assemblee pubbliche in sale da 150-200 posti «su temi di rilevante interesse strategico, per garantire la massima informazione possibile. Dopo quella sul Prg - ha aggiunto Cosolini -, potremmo pensare ad esempio di organizzarne una sulle politiche culturali e un’altra sulla revisione strategica del Piano della mobilità». La strada della trasparenza del Comune guidato da Cosolini avrà poi in internet una componente fondamentale: «Abbiamo deciso di istituire la diretta web delle sedute del Consiglio comunale ed entro la metà di luglio attiveremo una pagina istituzionale del sindaco su Facebook - è entrato nel dettaglio il primo cittadino -, distinta da quella mia personale. Inoltre, è stato affidato al Servizio comunicazione l’incarico di sottoporre alla giunta un progetto di restyling del sito del Comune, sul breve, sul medio e sul lungo periodo, anche per aumentare le possibilità di interazione e di accesso dei cittadini». Internet era stato una delle armi in più di Cosolini in campagna elettorale, così come un altro punto forte della sua strategia si era rivelato il percorso a tappe nei rioni. Anche in questo caso, l’esperienza maturata verrà riproposta nell’ambito dell’azione amministrativa: «Ogni due settimane - ha illustrato Cosolini - la giunta si riunirà in trasferta, in uno dei rioni o dei borghi del Comune, per ascoltare nella sua prima parte le problematiche portate alla nostra attenzione da circoscrizioni e associazioni. Inizieremo il 14 luglio a Opicina». Ma non solo: «Dalla metà di luglio, una volta a settimana torneremo con gli assessori interessati nei diversi rioni per visionare e affrontare i problemi segnalati».
Matteo Unterweger

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 27 giugno 2011

 

 

Omero: necessario il gioco di squadra con gli altri enti
 

L’assessore allo sviluppo economico: il primo obiettivo è un piano strategico strettamente connesso al nuovo Prg

Sta seguendo da commissario interno l’esame di maturità dei ragazzi di due quinte del Nordio, l’istituto d’arte dove da tanti anni insegna e dove vorrebbe («ma vedremo») continuare a lavorare, «sia perché con la sola indennità da assessore si vive certo peggio, sia perché mi piacciono il mio lavoro, la mia scuola, il rapporto con studenti e colleghi». Intanto, dopo tre mandati da consigliere comunale (l’ultimo come capogruppo Pd), Fabio Omero è passato «dall’altra parte della barricata»: assessore con deleghe a sviluppo economico e fondi comunitari, turismo, aziende partecipate e controllate. Il suo sogno dichiarato, per lei che è architetto, era l’urbanistica. Ci è rimasto male? Per niente, anche perché abbiamo iniziato un lavoro di squadra che nella giunta precedente non esisteva. Un esempio? I tecnici comunali - bravissimi - operano da oltre sei mesi sul progetto Pisus (Progetto integrato di sviluppo urbano sostenibile, ndr), che vede intersecati urbanistica, commercio, cultura, lavori pubblici. Bando regionale, in ballo dai 3 ai 6 milioni. I tecnici non avevano mai visto un assessore cui esporre lo stato di avanzamento: ora se ne sono trovati davanti quattro con cui discutere. E poi puntiamo all’integrazione con la Camera di commercio, che su questo era stata esclusa da Dipiazza, oltre che con associazioni e categorie. I primi obiettivi del suo mandato? Come cornice vi sono i 100mila euro che l’ex assessore Ravidà aveva accantonato per il piano strategico del Comune, da connettere strettamente al nuovo Prg. Su quali assi? Quelli del programma del sindaco Cosolini: innovazione, mare e cultura. Senza dimenticare - è il concetto dell’integrazione - un forte lavoro di condivisione con Comuni del territorio, Provincia, realtà economiche. La Regione resta un interlocutore,sebbene non politicamente allineato. È importante fare massa critica tra enti locali triestini nei confronti della Regione e del governo. Il non allineamento? Vorrei superassimo il concetto. Del resto fin qui quanto a fondi non si sono visti grandi risultati: non credo saremo trattati peggio di come è andata finora, col centrodestra al governo a tutti i livelli. Comunque dentro il piano strategico deve stare una buona quota di sviluppo industriale. La Ferriera: che fare per non rimanere incagliati in tavoli e dibattiti? Innanzitutto vorrei sapere tempi e costi della dismissione e della bonifica dell’area: a qualsiasi imprenditore vanno date certezze. Poi va capito quanto il pubblico è disposto a investire sulla bonifica dell’area, che peraltro mi dicono non essere così gravemente inquinata. Il Comune potrebbe poi diventare una sorta di agenzia di marketing giocando un ruolo importante nella ricerca di imprenditori. Centri monomarca, tormentone del precedente esecutivo: quali intenzioni ha? Personalmente sono sempre stato favorevole, ma vogliamo confrontarci rapidamente con Confcommercio e sindacati per poi decidere il da farsi. Gli investitori erano stati invitati a proporsi, credo non li si possa prendere per i fondelli. Diceva dell’ente camerale: ci sono già stati contatti? Un incontro informale tra giunta camerale e presidente della Provincia, sindaci di Muggia e Trieste e sottoscritto: abbiamo tracciato un quadro generale. E io ho detto - trovando condivisione - che su Parco del mare e centro congressi voglio attivare un tavolo per decidere una volta per tutte la destinazione dei vari contenitori sulle Rive. C’è poi la grande partita di Porto Vecchio. Spero di riprendere alcune delle idee che avevamo elaborato all’opposizione, come quella di istituire un’Agenzia città-porto per la gestione delle concessioni edilizie e per una sorta di controllo sui punti di contatto tra la città e un’area che ne torna a far parte, diventando tessuto urbano sulla cui prospettiva è giusto che il Comune sia presente. A Genova l’Agenzia è stata creata... Chissà se l’Authority sarà d’accordo. Vedremo: nessuno vuol togliere autorità a quell’ente, ma solo rendere più veloci possibile i processi. Turismo: quali idee? Anche qui integrazione, perché nessuno vada per conto suo su promozione e marketing. Io credo che la scienza resti una buona carta: l’Area di ricerca può diventare anche un polo divulgativo... Con Famulari, lei in giunta rappresenta l’area laica di un Pd la cui componente cattolica è ben presente nell’esecutivo e nell’aula comunale: teme frizioni? I rapporti sono sempre stati ottimi, credo che le persone di cui parliamo rappresentino i cattolici “maturi”, come mi sembra li chiamò Prodi. Quando saranno in gioco questioni eticamente sensibili, io sosterrò quanto ho sempre detto, e cioè che dobbiamo sempre metterci dalla parte dei diritti dei cittadini dando a tutti la possibilità di compiere delle scelte secondo la loro, non secondo la nostra coscienza.
Paola Bolis

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 26 giugno 2011

 

 

Bandelli sul Prg: giusto cassare la variante 118 - IL DIBATTITO
 

«Lo abbiamo detto in campagna elettorale e vogliamo ribadirlo con forza anche oggi: la Variante 118 va cassata». Ad affermarlo è Franco Bandelli, capogruppo in Comune di Un’Altra Trieste, che ricorda come la posizione del movimento - «fondamentale nella passata consiliatura per garantire lo stop politico alle scelte portate avanti dall’ex sindaco e dalla sua maggioranza», rimanga «chiara proprio perché si tratta dell’unico esempio storico di Piano regolatore che sia riuscito a scontentare tutti, dai piccoli proprietari ai costruttori, dagli ordini professionali alle piccole imprese». «Siamo certi - prosegue Bandelli - che a nulla possa servire il tentativo di “rianimare” questo strumento o, ancor peggio, “l’accanimento terapeutico” che qualcuno si ostina a mettere in atto per salvare un Prg che - se approvato - con i soli ricorsi pendenti, determinerebbe il perpetuarsi della sciagura per tutto il comparto». Bandelli approva la scelta del neosindaco Roberto Cosolini di avere avocato a sé la delega all’urbanistica: «Ha fatto bene, se si tratta della strada per giungere a una veloce conclusione di quella che ormai è una telenovela. Ancora meglio - prosegue il capogruppo di Un’Altra Trieste - farà se, entro agosto, nominerà un assessore all’urbanistica (che manca dall’epoca Bradaschia) con il compito primario di rimettere in moto la macchina comunale in termini organizzativi per dare risposte alle troppe incompiute. Per scrivere questo nuovo documento, di fondamentale importanza per la città è necessario partire da condivisione e confronto: causa del fallimento della precedente gestione politica che non solo non ha saputo trovare strade per discutere con i cittadini ma non ha trovato di meglio che riversare sugli uffici comunali la colpa». Un’Altra Trieste si dice «pronta a condividere e votare delle direttive che garantiscano la tutela del territorio», e contestualmente pronta a cancellare definitivamente la Variante 118». Intanto sul tema Prg interviene anche l’associazione ambientalista FareAmbiente. «In situazioni diverse - scrive il coordinatore Giorgio Cecco - potevamo valutare positivamente il fatto di azzerare tutto, ma ora si rischia di rimettere in gioco molte decine di migliaia di metri cubi di costruzioni a discapito della tutela ambientale e della qualità della vita di tutti. Crediamo sia improponibile, visti i tempi ristetti, una tale soluzione: pensiamo più utile portare avanti la variante 118, con eventuali modifiche, dando pure respiro ad alcune esigenze dei piccoli proprietari ma rispettando l’ottica della sostenibilità e contrastando la cementificazione». Da registrare infine che sul Prg Italia Nostra, Wwf, Legambiente e Triestebella anunciano per martedì una conferenza stampa alle 11 nella sede del Wwf in via Rittmeyer 6.
 

 

«Migliorare la pulizia delle strade» - Incontro Comune-Acegas: sarà redatto un piano per incrementare il servizio
 

Andrà redatto entro settembre un piano mirato a modificare il contratto tra Comune e AcegasAps in materia di spazzamento delle strade. A occuparsi di redigere il documento migliorativo saranno i tecnici delle stesse due parti coinvolte nel contratto. È una delle intese alle quali si è pervenuti l’altro giorno nel corso dell’incontro che ha visto presenti da una parte l’amministrazione municipale con il sindaco Roberto Cosolini, gli assessori Fabio Omero e Umberto Laureni e i tecnici comunali, e dall’altra i vertici di AcegasAps guidati dall’amministratore delegato Cesare Pillon. Il messaggio-chiave rivolto alla multiutility - riassume il sindaco - «è stato che la città deve essere più pulita. Ho evidenziato in partenza che la situazione dal punto di vista della pulizia delle strade non è ottimale, fatto questo che può essere dovuto anche a un mancato recepimento di un cambio nel comportamento dei triestini». Da qui appunto l’intesa di redigere un piano migliorativo. E nel frattempo «la raccomandazione alla multiutility - racconta Cosolini - è stata quella di porre particolare attenzione allo spazzamento delle strade in questi mesi estivi, quelli di particolare afflusso turistico. Ritengo in generale della massima importanza, vista appunto la vocazione turistica del capoluogo - aggiunge il sindaco - il fattore pulizia». Durante la riunione tra Comune e AcegasAps si è discusso anche del progetto della raccolta differenziata sviluppato dalla multiutility in base alle indicazioni della precedente giunta municipale. «I tecnici di AcegasAps - dice il sindaco - hanno detto chiaramente che l’aumento della differenziata non costituisce un problema per il termovalorizzatore, per il quale si è in grado comunque di acquisire commesse». Resta da capire ora se il progetto differenziata può essere applicato secondo quanto già stabilito: «Ci siamo riservati di valutare eventuali proposte di integrazione al servizio, come il porta a porta», per consentire la diffusione della raccolta senza particolari disagi per i cittadini, conclude il sindaco.
 

 

Laureni: un’indagine sull’inquinamento da rendere pubblica
 

Il programma del tecnico eletto con Sel: «Dalla Ferriera ai siti inquinati agli ambientalisti, inizia una fase nuova»
Umberto Laureni è alto e sottile, ma è assessore «pesante»: Ambiente, energia, riqualificazione dei siti inquinati. Ingegnere chimico, 65 anni, già a capo della struttura di Prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Azienda sanitaria, e consulente del ministero sulla sicurezza nei porti dopo il disastro ligure della Moby Prince, da 35 anni lavora sull’amianto-killer, è consulente tecnico del pm nel processo in corso a Gorizia proprio sui morti per amianto. Ha collaborato al piano regionale per i benefici agli «esposti», è stato presidente della commissione regionale sulla delicata materia, ha due cattedre a contratto alla facoltà di Ingegneria su Sicurezza e igiene negli ambienti di lavoro e su Sistemi integrati di gestione della sicurezza. Prima non era in politica. Si è candidato con Sel ed è stato eletto consigliere. Cosolini ha dunque catturato il supertecnico? È stata Sel a chiedermi di candidarmi. Ero terrorizzato dall’astensionismo, e ho pensato: forse qualcuno mi vota. Mi metto in ballo. Per paura di restare con due voti, mi sono anche impegnato organizzando per esempio un bel convegno tra lavoratori della Ferriera e cittadini di Servola. Ne siamo usciti vivi. E sono arrivato terzo in lista. Poi sentivo girare il mio nome per l’assessorato, ma Cosolini non mi aveva detto niente. Anziché risentirmi, ho lasciato andare. Il giorno prima della presentazione della giunta Cosolini mi ha confermato. E ho detto di sì, nonostante tanti impegni. Trieste è inquinata o no? Saprebbe qualcuno rispondere davvero a questa domanda? Sono stati diffusi dati su dati, senza mai una sintesi. Quindi adesso inizia una fase nuova. Primo, si rimette il sindaco al suo ruolo di responsabile della salute collettiva. Secondo, per dare risposte certe il sindaco deve conoscere bene la situazione, e farla conoscere, poiché dovrà poter adottare comportamenti seri. Quindi faremo periodiche conferenze pubbliche su stato di inquinamento e salute. Tutti gli enti dovranno aiutarci a fare una sintesi dei rispettivi dati. Non saranno escluse le associazioni ambientaliste, che sto per convocare e con cui voglio conferire in via istituzionale. Ineludibile seconda domanda: Ferriera? Due premesse: tolleriamo che gli abitanti di Servola vivano con meno benessere di altri, con «lost of amenity» come dicono gli inglesi? E una fabbrica che esiste da 100 anni, che lavora sotto costante minaccia di chiusura sulla pelle dei lavoratori (Dipiazza in questo ha avuto una grande responsabilità, ci ha un po’ giocato), può essere sicura? Se i dati saranno buoni, penseremo all’«amenity». Se cattivi, ci saranno azioni conseguenti. Ma il problema sta nel manico, la vetustà. Raccolta differenziata, città da pulire. Tocca a lei. C’è grande disponibilità di Acegas, entro luglio le piazzole saranno tutte sistemate. Quanto alla pulizia, bisogna adottare sistemi più elastici, rapidi e aderenti alle nuove abitudini dei cittadini. È mancata fin qui l’informazione. Non è stato catturato il consenso. E questo è un altro cantiere di lavoro. Siti inquinati, il bubbone. L’Aquila ha chiuso nell’80, e il Sito inquinato è stato delimitato nel 2000: è detto tutto. Dovremo in tutti i modi accelerare i processi per rendere di nuovo edificabili quei terreni. Altrimenti di che sviluppo economico parliamo? Sel le ha dato un mandato preciso? Il programma di questa giunta è molto avanzato, non si vende fumo dicendo che c’è un accordo reale, anche se la mediazione non può coprire il 100%. Io porterò avanti il disegno della giunta facendo rispettare gli obiettivi di Sel. E penso che si lavorerà molto bene: ci sono anche molte donne, e le donne sono brave, concrete.
Gabriella Ziani

 

 

Il business dell’energia verde: investimenti per 52 miliardi
 

L’abolizione del Piano nucleare post referendum ha lasciato libera una fetta di oltre 13mila megawatt Unicredit e Mps in prima fila nel settore delle rinnovabili e Generali entra nel capitale di Terrae
TRIESTE Oltre 13mila megawatt, circa un quarto della nostra potenza di generazione elettrica: la fetta di torta energetica lasciata libera dall'abolizione del piano nucleare post-referendum fa gola a tutte le imprese già attive nel business delle rinnovabili e a quanti vogliono investire ex novo nel solare, nell'eolico, nella geotermia e nelle biomasse. Un business che, secondo i dati del Gestore dei servizi energetici, ha visto nel 2010 raddoppiare in soli due anni il fatturato, passando da 5 miliardi (del 2008) a oltre 13 (8,6 i miliardi nel 2009) e dando lavoro, tra occupati diretti e indotto, a più di 120mila persone. Posti di lavoro che, se l'Italia raggiungerà l'obiettivo del 17% di energia da fonti rinnovabili fissato dall'Ue al 2020, gli economisti della Bocconi stimano in forte crescita fino a quota 250 mila. Soglia raggiungibile, secondo il Ministero dello Sviluppo economico, con un investimento di 52 miliardi. I numeri della rivoluzione green italiana hanno già fatto scattare anche l'interesse e la progettualità di banche e assicurazioni, player che nel settore svolgono un duplice ruolo: da un lato, soggetti finanziatori di nuovi impianti e della relativa filiera di produzione, dall'altro, utilizzatori di energia, impegnati a garantire la continuità dei servizi offerti. Numeri che spiegano come mai, in questi ultimi anni, tutti i maggiori istituti italiani di credito abbiano costituito desk dedicati al finanziamento delle energie rinnovabili e l'Abi abbia avviato l'Osservatorio rinnovabili. Chi fra gli istituti di credito tricolori ha maggiormente compreso la bancabilità delle energie alternative, decidendo di erogare il carburante finanziario necessario agli investimenti “verdi”, sono UniCredit e Mps. La prima ovviamente un po' più su scala internazionale, la seconda più focalizzata, invece, sul mercato italiano, rendendosi protagonista di interventi diretti nel capitale delle eccellenze green del made in Italy quotate a Piazza Affari. Nel 2010 la banca guidata da Federico Ghizzoni ha preso parte, assieme a 20 colossi dell'industria tedesca e alle connazionali Enel e Terna, alla compagine azionaria di Desertec, il mega progetto che, entro il 2050, dovrà rifornire di energia elettrica, ricavata sfruttando il sole delle regioni nordafricane e del Medio Oriente, l'Europa. UniCredit, poi, attraverso la controllata attiva nel private banking WealthCap, ha inaugurato nel Brandeburgo sempre nel 2010 il Solar park lieberose, la terza centrale fotovoltaica al mondo per estensione. Svestiti i panni di azionista, Piazza Cordusio ha erogato finanziamenti al settore delle rinnovabili per ben 4,4 miliardi. Monte prestiti a cui hanno avuto accesso la ex matricola d'oro in Borsa Kerself, Enel Green Power, Terni Energia, Pramac, Kinexia e Alerion. Società che si sono viste aprire i rubinetti del credito anche da parte di Intesa. Pure Siena si è mossa in maniera trasversale: doppio ruolo di socio (6,2%)-finanziatore in Alerion e in Pramac (2,89%), azionista di Sorgenia (1,1%) e Industria e Innovazione (7,1%), tutte mid e small-cap di Borsa, e poi concessione di contratti di factoring a Terni Energia. Sensibili agli investimenti green anche le “triestine” Generali e Allianz Spa. Oltre al bollino verde sul bilancio sociale 2010 per aver prodotto metà dei consumi di energia elettrica da fonti rinnovabili, il Leone è recentemente entrato, in tandem con Enel Green Power, nel capitale (15%) di Terrae, società nata tre anni fa per riconvertire il settore bieticolo-saccarifero attraverso la produzione di energia da biomasse. Allianz, invece, ha rastrellato il 2,6% di Alerion.
Sergio Carlin

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 25 giugno 2011

 

 

Ferriera, guerra sulle centraline - Sforamento in via Pitacco, Mattassi dell’Arpa replica a Lucchini: si occupino dei loro strumenti
 

«La Ferriera si occupi delle centraline sue, delle nostre rispondiamo noi, se sono funzionanti o meno». Tema del giorno, lo sforamento del 14 giugno di monossido di carbonio (Co) misurato dalla centralina Arpa di via Pitacco a Servola a livelli di 34,2 milligrammi per metro cubo quando il limite massimo consentito è di 10 e la media giornaliera sta tra meno di 2 e poco più di 4. Lo sforamento (che la Lucchini ha subito smentito affermando appunto che la centralina Arpa era rotta e il numero era stato cancellato) non solo è rimasto di pubblica evidenza fino all’altroieri, ma si è ripetuto anche il giorno 17 (31,9 mg/metro cubo), salvo in questo caso sparire molto prima. In modo retrodatato, le due misurazioni sono state riscritte nei limiti della media. Ma che cosa succede, dunque? Giorgio Mattassi, direttore tecnico-scientifico dell’Arpa regionale, prima di tutto avverte la Lucchini «a occuparsi delle centraline proprie», in secondo luogo ricorda che «la Ferriera è una sorvegliata speciale con un monitoraggio continuo anche a distanza», infine spiega come le misurazioni vengano validate o meno, e da ultimo in questo caso rassicura: «Un singolo picco che non si ripete nel tempo, e bisognerà dunque tener d’occhio la situazione, non può essere immediatamente ascritto alla Ferriera, lo dice innanzitutto la centralina mobile di San Lorenzo in Selva, che misura le emissioni dirette dalla fabbrica e fa così da controprova: se i dati di quella centralina, che misurano non i fumi, ma emissioni da malfunzionamento, corrispondono a quelli registrati nell’abitato, allora la correlazione è certa». Quella è la centralina cui la Lucchini nega legittimità, perché rientra nel perimetro industriale dove i limiti di inquinamento sono più alti. Viceversa, per l’Arpa è strumento fondamentale, una «sentinella» che racconta da dove le eventuali sostanze provengono. Quel misuratore in effetti non ha dato nei giorni scorsi segnalazione di Co, e allora resta il problema: se un dato eccezionale va scartato perché non logico, chi assicura che non vi sia stata invece (per due volte) una qualche non indagata causa che ha riempito la zona ci monossido di carbonio? Solo l’Arpa è titolare della veridicità dei numeri. Prosegue Mattassi: «I dati devono essere validati, cioé effettivamente corrispondere alla media oraria. Del resto controllando sulle 24 ore la situazione, in presenza di dati fuori norma noi contattiamo subito l’Osmer per le previsioni del tempo, l’unica situazione pericolosa è quando il vento da Est si scontra con correnti da Sud provocando stagnazione dell’aria. Finora c’è stato un solo evento in 2 mesi e di solito ci sbagliamo di sola mezz’ora. La Ferriera è obbligata a comunicarci ogni malfunzionamento, abbiamo segnalazioni quotidiane e spesso intensifichiamo le verifiche ispettive». Il Co è comunque pericolosissimo: deriva da combustioni non complete, se respirato impedisce il trasporto di ossigeno nel sangue, e può essere mortale. L’assessore provinciale Vittorio Zollia: «Spesso ci siamo lamentati che l’Arpa fa solo tabelle, e non assume poi iniziative coerenti». Mattassi: «Un singolo sforamento di Co di per sè non vuol dire nulla».
Gabriella Ziani

 

 

«Servola, lavoratori dimenticati» - Le Rsu: lo Stato illustri la propria politica industriale. Minacciate manifestazioni
 

Ferriera in bilico, sindacati in trincea, lavoratori col fiato sospeso dopo il rinvio di ieri al 27 o 29 giugno delle decisioni di Mediobanca sul debito Lucchini con le banche (800 milioni), che se non verrà consolidato porta al commissariamento di tutto il gruppo: a Trieste, con l’indotto, sono circa 1000 i posti di lavoro a rischio e tuttora senza percorsi alternativi. Ferriera, ma anche Sertubi già in crisi: «Se salta la Ferriera che per Sertubi produce la ghisa, salterà certamente l’investitore, un’azienda indiana, ora in attesa degli eventi». E sarà una catena di crisi senza ritorno. Davanti alla Ferriera i sindacati hanno messo in campo tutta la rabbia e tutto lo sconcerto, più acuti adesso, ma ormai vissuti da anni: «Una mannaia - ha detto Umberto Salvaneschi, Rsu Fim-Cisl -, poi ne abbiamo una seconda, la prevista chiusura nel 2015, e la terza, la scadenza dell’Autorizzazione ambientale a inizio 2014». Insomma l’atmosfera ormai è questa: di che morte morire. «Eppure - prosegue Salvaneschi - la Ferriera è in equilibrio economico, e assume anche giovani». «Il problema è lo Stato - ha aggiunto Tonino Pantuso, Rsu FiomCgil -, qual è la politica industriale, che poi Regione e sindaco devono impegnarsi a realizzare? Non dobbiamo essere noi lavoratori a pregare di essere ricevuti dalle autorità, perché bisogna finirla col considerare chi lavora un reietto della società, un usa-e-getta. Nata come operazione matrigna per dar lavoro a contadini disoccupati - ha aggiunto -, la Ferriera oggi è un mondo di morti di fame, ma che noi difenderemo con le unghie». Per Franco Palman, Rsu Uil, «preoccupa la gran calma dentro lo stabilimento, è la stessa del ’94 (quando si scatenò la protesta in città, ndr), un commissario liquidatore sarebbe una sberla, tutti già parlano del mutuo da pagare, e né Comune e tantomeno la Regione si sono finora occupati di questa gente». La minaccia è di manifestazioni. Pantuso: «Ma facce col sangue come per Fincantieri non le vogliamo vedere».

(g. z.)
 

 

FERRIERA - Salvataggio del gruppo: Mediobanca temporeggia - UNO SPIRAGLIO
 

Mediobanca non decide ancora sul piano di riassetto della Lucchini-Severstal (da cui dipende la Ferriera) indebitata per 770 milioni, ma apre uno spiraglio e dà la disponibilità a sostenere l’operazione finanziaria da cui dipende la sopravvivenza del gruppo che rischia il commissariamento. C’è in realtà di mezzo una seconda banca che condiziona la sottoscrizione, la francese Natixis che non ha ancora dato un sostegno e solo la prossima settimana si avranno delle risposte. Tutti gli occhi ora sono puntati sul governo che dovrebbe convocare le parti ed «orientare la vicenda verso una soluzione positiva». Questa la sintesi di una giornata convulsa vissuta ieri a Milano dai lavoratori che assieme ai sindacati e al sindaco di Piombino (dove si trova l’impianto principale della Lucchini e quello che ha più bisogno di interventi) hanno assediato piazzetta Cuccia in attesa del cda di Mediobanca che avrebbe dovuto esaminare la questione. In realtà Mediobanca si è riunita su tutt’altro, la questione della Lucchini-Severstal non era nemmeno all’ordine del giorno e si è alzata la tensione tra i manifestanti. I tempi ormai sono strettissimi, un accordo deve essere trovato entro fine giugno (martedì 28 o mercoledì 29 le giornate possibili) quando la stessa Lucchini presenterà i bilanci. Se Mediobanca non interverrà con Natixis per la ristrutturazione del debito il gruppo andrà in amministrazione straordinaria con la conseguente nomina di un commissario straordinario. Ieri comunque il sindaco di Piombino Gianni Anselmi con Fim, Fiom e Uilm è stato ricevuto dal vice direttore generale di Mediobanca Massimo Di Carlo al termine del cda e ha ricevuto assicurazioni. Da piazzetta Cuccia ci sarebbe una disponibilità ad una erogazione parziale di quanto servirebbe al gruppo e si parla di una cifra attorno ai 3,5 milioni (un milione già dato nell’ottobre 2010 più altri 2,5 milioni). Uno spiraglio per lo sblocco del prestito ponte (80 milioni) che garantirebbe liquidità preziosa per il gruppo che deve ammodernare i suoi impianti, specie a Piombino.
Giulio Garau

 

 

FERRIERA - Santini: attivarsi per le alternative - Il segretario nazionale Cisl: tavolo nazionale in vista della chiusura della fabbrica
 

«Sulla Ferriera l'impegno deve essere chiaro. Il 2013 non è lontano, per questo bisogna attivare il prima possibile un tavolo nazionale per affrontare la questione della situazione occupazionale». Non c'è più tempo da perdere per Giorgio Santini, il segretario nazionale aggiunto della Cisl in visita a Trieste ieri in occasione del Consiglio generale del sindacato confederale. «In vista della chiusura prevista tra due anni bisogna trovare velocemente delle alternative occupazionali», ha indicato il segretario. Sono mille infatti i lavoratori a rischio in caso di chiusura. Per questo, come ha sollecitato anche il segretario provinciale Luciano Bordin, bisogna affrontare i problemi in maniera sistematica, «anche perché a fine mese le banche decideranno se rifinanziare la liquidità della Lucchini-Serverstal o se mandarla in amministrazione controllata». E se sul versante Ferriera si deve decidere in fretta, per lo sviluppo della città non si può di certo lasciare fuori il porto. «Trieste è dentro il sistema dell'Alto Adriatico – spiega Santini – ed è un nodo fondamentale per i traffici. Il progetto Unicredit è un grande progetto ma ci deve essere massima convergenza». Sulle questioni legate al porto si è soffermato anche Bordin, indicando come sia fondamentale trovare al più presto un accordo sindacale per i lavoratori portuali: «I cinque giorni di blocco del porto da parte di un piccolo gruppo di lavoratori hanno messo in evidenza una situazione che doveva essere gestita in anticipo». Gli effetti della crisi poi non hanno risparmiato questi territori: «Sono 7000 i disoccupati ufficiali», ha indicato Bordin: «Sono soprattutto giovani, donne e over 45, un dato preoccupante. Al sindaco Roberto Cosolini abbiamo chiesto maggiore attenzione per lo sviluppo economico del territorio». Sul piatto anche la questione sanità triestina: «La Cisl è da molto impegnata per garantire che ci siano in questo settore standard elevati – ha spiegato Santini – anche perché parliamo di un sistema molto delicato che tocca anche questioni sociali». A puntare il dito sulla sanità ancora Bordin: «Gli effetti della crisi si sentono anche in questo comparto dove si sta cercando di razionalizzare, non si capisce – si interroga Bordin – se si tratta di tagli generali. L'impressione è che non si colgano le peculiarità del territorio, l'azienda unica a noi non interessa e anzi ci penalizza: bisogna quindi partire da una vera riforma della sanità in tutti i suoi aspetti».

(i.gh.)
 

 

Piano regolatore, si accende il dibattito politico - DOPO LE IPOTESI TRACCIATE DAL SINDACO
 

Approvare la variante 118, quella targata Dipiazza, ma con forti aggiustamenti? O azzerare l’intero iter già azzoppato da ricorsi e diffide e approvare rapidamente nuove direttive per il futuro Piano regolatore? È quest’ultima l’ipotesi che il sindaco Roberto Cosolini ha detto di preferire, pur lasciando la porta aperta all’altra strada. E il dibattito politico si accende. Così come molti dubbi si focalizzano sul 6 agosto, data che vedrà scadere il regime di salvaguardia imposto con l’adozione della 118: con opinioni divergenti tra chi sottolinea come la scadenza non sia foriera di cementificazioni selvagge, e chi invece annota l’assoluta necessità di non arrivare a varcare quella giornata. Così la pensano i grillini della “Trieste 5 stelle”, secondo i quali la cancellazione della 118 porterebbe a un momento di vuoto in cui piani particolareggiati e progetti fermi ripartirebbero: «Si parla di permessi di costruire per 37mila metri cubi e di piani particolareggiati per quasi 172 metri cubi». Allora, meglio «iniziare subito la discussione sia in commissione che in aula per approvare la Variante» 118 fortemente emendata e corretta. E mentre Sinistra ecologia e libertà, con il capogruppo Marino Sossi, chiede innanzitutto «partecipazione democratica» sul da farsi e intende capire esattamente cosa succederebbe dopo il 6 agosto, la Lega con il capogruppo Massimiliano Fedriga proprio dal 6 agosto parte: «Anche noi pensiamo che la 118 vada stravolta, ma rispettando i termini: la strada più semplice forse è quella di un’approvazione della variante fortemente modificata». Di tutt’altro avviso il consigliere comunale (e regionale) Pdl Maurizio Bucci, che sottolineando come in un mercato immobiliare «stagnante» la scadenza delle salvaguardie non porterà a pletore di improvvisi cantieri, invita Cosolini a non avere «fretta foriera di mali»: e dunque se il sindaco vuole «legittimamente affrontare un nuovo Prg, lo faccia con impegno attenzione e scrupolo, 30 giorni non bastano». Sul fronte del Pd, l’ipotesi “azzeramento” affascina molto, tanto che il consigliere comunale Mario Ravalico ne parla come di una «strada obbligata»: «Si passi il più rapidamente possibile alla bocciatura definitiva in consiglio della 118 con la contestuale adozione di nuvoe direttive e connesse salvaguardie necessarie». Anche il consigliere Stefano Ukmar considera la variante 118 «non recuperabile»; mentre il capogruppo Giovanni Maria Coloni, pur reputando «più affascinante il seguire un percorso tutto nuovo», con prudenza ritiene di dovere approfondire la questione. Ancora dal Pdl, infine, l’ex assessore e ora consigliere comunale Paolo Rovis è chiaro: «Il migliaio abbondante tra osservazioni e opposizioni al Prg adottato è una chiara dimostrazione che si tratta di uno strumento poco condiviso dai cittadini». Dunque «è opportuno ripartire dagli indirizzi: massima disponibilità a valutazioni senza pregiudizi politici se verranno mantenuti i paletti in tema di salvaguardia ambientale di zone sensibili e se, contestualmente, verrà posta giusta attenzione a quei cittadini oggi penalizzati e a interventi ambientalmente sostenibili finalizzati allo sviluppo economico e turistico» della città.
 

 

Sui treni viaggia il 9% delle merci - Da Gorizia appello a potenziare e sfruttare appieno la rete esistente - IL TRASPORTO FERROVIARIO
 

GORIZIA Valorizzare e sfruttare l’esistente, prima ancora di pensare, a lungo termine, ai progetti e alle rivoluzioni che investiranno il sistema regionale dei trasporti. È la prospettiva emersa ieri a Gorizia al convegno “Il trasporto ferroviario nel Friuli Venezia Giulia. Una lunga storia e un incerto futuro”, condivisa in buona parte anche dalla Regione che ha illustrato le sue strategie con il presidente della prima commissione Gaetano Valenti, intervenuto al posto dell’assessore Riccardo Riccardi. «La priorità è dare risposta alle esigenze del sistema a medio termine. È proprio per questo che, di anno in anno, abbiamo investito cifre importanti nella linea Udine-Cividale, o in altri progetti, come la realizzazione del circuito “Adria A”, che prevede la metropolitana leggera tra Italia e Slovenia. Insomma - ha aggiunto Valenti - bisogna innanzitutto pensare a sfruttare la rete che già abbiamo, e che attualmente è sottoutilizzata, arrivando all’80, 90 o 100% delle sue potenzialità. Poi andranno affrontati i passaggi successivi». Ed è proprio questa la visione di fondo che l’incontro, nella sede della Fondazione Carigo di via Carducci, voleva trasmettere, segnalando, tra l’altro che oggi in regione meno del 9% delle merci viaggia su rotaia. Durante i lavori sono state illustrate la storia dello sviluppo ferroviario e la situazione attuale, nonché gli interventi previsti dalle Fs, come la collocazione di nuove barriere antirumore. A titolo di esempio dello sviluppo futuro sono stati infine portati i progetti della tratta Udine-Cividale e della metropolitana leggera tra Italia e Slovenia “Adria A”.
Marco Bisiach

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 24 giugno 2011

 

 

Piano regolatore al bivio «Azzerare o aggiustare»
 

Il sindaco punta a cassare la “variante Dipiazza” e approvare nuove direttive in tempi «rapidissimi». L’alternativa: il sì alla “118” con «modifiche sostanziali»
È la grana più grossa che la precedente amministrazione comunale ha lasciato in eredità all’esecutivo Cosolini: si tratta del Piano regolatore, rimasto lettera morta in Municipio al termine di anni di pasticci, ricorsi, accelerazioni, retromarce e colpi di scena, dentro e fuori dall’aula di piazza Unità. Ed è una grana che impone tempi stretti: il 6 agosto scadono i termini del regime di salvaguardia imposto con l’adozione della variante 118, quella il cui iter il precedente Consiglio comunale non ha voluto concludere. Dopo quella data si torna insomma alla vecchia variante 66 del 1997, e «in base a quanto comunicato dagli uffici, potrebbero prendere il via nell’immediato - se il mercato li volesse - una trentina di progetti edilizi per un totale di circa 30mila metri cubi: il riavvio dell’iter di alcuni piani particolareggiati - dice il sindaco - potrebbe incidere su aree di pregio ambientale» a oggi in salvaguardia. La giunta Cosolini ha dunque sei settimane di tempo per decidere il da farsi. E il sindaco, in una prima riunione effettuata con gli uffici e con gli assessori Fabio Omero (sviluppo economico) ed Elena Marchigiani (edilizia e lavori pubblici), ha iniziato a tracciare la strada da compiere. Delineando in realtà un bivio, il bivio fondamentale. Perché appunto «le prospettive che abbiamo davanti sono due». La prima è quella cui va il favore del sindaco: cassare la “variante Dipiazza” e ripartire da zero, con la «rapidissima adozione di nuove direttive» che delineino un Prg in linea con visione e programma della nuova amministrazione. La seconda, «subordinata», porta invece a un’approvazione della variante 118 «con modifiche sostanziali e migliorative». La prima soluzione mira a portare in giunta e poi in Consiglio - entro il 6 agosto - nuove direttive «alle quali collegare alcune salvaguardie fondamentali» (che scatterebbero per un massimo di ulteriori due anni), spiega Cosolini, «e avviare così il cantiere di un Prg adeguato a una strategia di Trieste che tenga conto della crescita cui punta la città anche con interventi di recupero del patrimonio in chiave di sostenibilità ambientale». Una scelta che Cosolini giudica decisamente più coerente con le (confermate) critiche strutturali che il centrosinistra, dall’opposizione, ha sempre rivolto al Prg targato Dipiazza. L’altra strada, si diceva, è quella dell’approvazione di una variante 118 “aggiustata”. Ipotesi, quest’ultima, che si trascinerebbe però dietro i residui del pasticcio burocratico-legale fatto di diffide e ricorsi di cui è vissuto sin qui l’iter, a partire dal ricorso al Tar presentato - e vinto - in due gradi di giudizio dall’Ordine dei geologi. «Il rischio dell’approvazione della 118, confermato dagli uffici comunali, è che qualsiasi ricorso sulla variante possa avere buon gioco», commenta Omero. Resta da aprire comunque, a questo punto, il dibattito politico. E più in generale pubblico, annuncia Cosolini: «Avvierò immediatamente un giro di consultazioni con associazioni ambientaliste, comitati, Ordini professionali e costruttori. L’idea poi è di arrivare a un incontro pubblico nel quale presentare l’impostazione del percorso che decideremo di perseguire». Percorso che nel caso di un azzeramento dell’iter e di una salvaguardia di altri due anni («ma i tempi saranno più brevi»), precisa Omero, dovrà prevedere anche delle forme di incentivazione per restauri e installazioni di tecnologie ecocompatibili, «in risposta alle esigenze di lavoro delle imprese». La discussione può partire.
Paola Bolis

 

 

SIDERURGIA - Lucchini, vacilla l’accordo con le banche

 

«Siamo in mano alle banche, senza l’accordo si va verso il disastro». È la preoccupazione emersa nel consiglio di fabbrica Lucchini. Oggi scade il termine fissato dal sottosegretario Stefano Saglia per la ratifica dell’accordo per la ristrutturazione del debito da 770 milioni. La sopravvivenza del gruppo Lucchini è condizionata da due banche: l’italiana Mediobanca e la francese Natixis.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 giugno 2011

 

 

Agricoltura - Guerra degli Ogm, il Tar boccia Zaia

 

 Il Tar del Lazio ha annullatto il decreto del marzo 2010 con cui l’allora ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia, aveva vietato all’agricoltore friulano Silvano Dalla Libera di coltivare sementi Ogm. Lo ha reso noto l’associazione Futurgara, di cui Dalla Libera è vicepresidente. Il Tar ha stabilito che «è stato negato il diritto alla scelta tra le diverse tipologie di coltura escludendo quella transgenica» e ha attribuito alle Regioni la responsabilità dello stallo istituzionale venuto a crearsi dalla volontà di non adempiere agli obblighi comunitari, cioè ai piani di coesistenza.

 

 

Muggia, l’energia marina per riscaldare la Biblioteca
 

Il Comune assieme a Pirano ha chiesto un contributo europeo da 250mila euro per realizzare una centrale geotermica a Caliterna a favore del Centro Olimpia
MUGGIA Riscaldare (e rinfrescare) il Centro Olimpia con una pompa di calore che utilizzi l'acqua marina. Ipotesi affascinante quella che si sta prospettando per la struttura sita in piazza della Repubblica. In realtà ben più di una semplice ipotesi. L'amministrazione comunale di Muggia ha infatti avanzato la richiesta di un contributo pari a circa 250mila euro inserito nel progetto Seaenergy con capofila il Comune di Pirano per lo studio di fattibilità di una centrale geotermica. In particolare si tratta della possibilità di studiare questa fonte di energia alternativa a livello sottomarino con una portata tale da poter garantire il riscaldamento e il rinfrescamento di un edificio pilota individuato nella sede comunale del Centro Olimpia. Il progetto Interreg vede la presenza di altri partner. Cortea, Golea (Local Energy Agency), Università degli Studi di Trieste, Università di Capodistria, Centro di Biologia marina di Pirano. «L'intero progetto ha come scopo lo studio della "capacità energetica" del mare nell'area dell'alto Adriatico, per vedere se la tecnologia delle pompe di calore "a mare" possa essere applicata e con quali limiti», spiega l'ingegner Silvio Lettich del Servizio Ambiente e Sviluppo energetico del Comune di Muggia. Il progetto prevede quindi la realizzazione di due impianti pilota, uno a Pirano e uno nella cittadina del litorale. La tecnologia usata è già diffusa: in Italia esistono studi sia dell'Enea che del Gse nella zona ligure e laziale. «Come Comune vorremmo dotare una palazzina uffici (l'ipotesi più accreditata è il centro Olimpia, ndr) di una pompa di calore per il riscaldamento ed il rinfrescamento, che utilizzi come fluido di scambio il mare antistante, mediante una sonda immersa davanti a Caliterna», prosegue Lettich. Come si evince dalla delibera il Centro Olimpia, sede della Biblioteca Comunale e del Servizio Pianificazione è stato ritenuto consono per la realizzazione dell'impianto pilota vista la posizione vicino alla costa e per la volumetria riscaldata. Da rimarcare poi che il progetto Seaenergy prevede, oltre agli investimenti per lo studio degli impatti determinati da un utilizzo su larga scala della tecnologia prevista, anche il monitoraggio delle prestazioni dell'impianto pilota e la possibilità di replica su altri edifici pubblici. Per ora il progetto è a livello embrionale di presentazione. Tempistiche previste prima di vedere il possibile cantiere? Circa un anno e mezzo.
Riccardo Tosques

 

 

Domani la giornata delle tartarughe - A PORTO SAN ROCCO
 

MUGGIA Turtle Week: a Muggia, una giornata dedicata alle tartarughe. Per tutta la settimana gli esperti e i volontari del Wwf di tutta Italia incontreranno i pescatori e il grande pubblico lungo le spiagge, nei porti, nei mercati del pesce e nei centri di recupero dell'Associazione. Domani a Porto San Rocco ospiterà l'iniziativa. Dalle 18 alle 20, nella piazzetta, sarà presente lo stand e lo staff del Wwf. Alle 18 inizierà un laboratorio creativo della durata di un'ora e mezza per imparare a conoscere le tartarughe marine e a costruirle con carta e cartoncino. Alle 21, infine, si faranno quattro chiacchiere sulle tartarughe marine al centro della Campagna Mare del Wwf Italia e seguirà la proiezione di “Le avventure di Sammy”, film di animazione per bambini e famiglie nella sala congressi di Porto San Rocco. La partecipazione è libera e gratuita.

(fe.cau)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 giugno 2011

 

 

Da liquami a biogas grazie a Igp e Vecchiet
 

Un impianto per la “produzione industriale di biogas” è in fase di realizzazione in un’azienda agricola in provincia di Udine. Lo stanno progettando la Igp Srl di Trieste - azienda nata nel 1987 e specializzata nella progettazione, realizzazione e gestione di grandi impianti per il trattamento dei liquami - e Massimo Vecchiet, collaboratore di Tecnovia in Area Science Park di Trieste. Liquami e letami e, in genere, le sostanze organiche in assenza di ossigeno vanno incontro a degradazione biologica con formazione di gas. Le bolle di gas che fuoriescono dalla materia organica sono formate per lo più da metano, gas che può essere utilizzato per la successiva produzione di energia elettrica o per la combustione in caldaie per il riscaldamento. Perché, dunque, non trasformare questo processo naturale in un processo industriale in cui specifici accorgimenti consentono il controllo e l’ottimizzazione del processo? Spiega Massimo Vecchiet: «Il recupero del biogas nel trattamento di fanghi e liquami di depurazione è conosciuto e ben consolidato da circa 50 anni a questa parte. Lo è molto meno la produzione di biogas nel settore agricolo, e dove c’è una crescente esigenza di innovazione tecnologica e dove l’esigenza di recuperare energia da biomasse agricole e zootecniche riscuote ampio interesse ma non ha ancora trovato una realizzazione ottimale». L’impianto per la produzione di biogas agricolo con un approccio industriale a cui si dedica l’Igp prevede l’aggregazione di diversi elementi–vasche, gasometri e altri elementi indipendenti in un’unica struttura coordinata a livello centrale. Conclude Vecchiet: «L’impianto dovrebbe entrare in funzione nei primi mesi del 2012, e garantire una potenza elettrica pari a 350 kWh, sufficienti per la richiesta di elettricità per più di 100 famiglie».

Cristina Serra
 

 

NUCLEARE Convegno su Chernobyl

 

 “Chernobyl 25 anni dopo”, il convegno che ieri a Udine è stato promosso da Regione e Arpa è stato indetto prima del disastro di Fukushima per tenere desta l’attenzione sulla necessità di proseguire gli studi su questo tema. Proprio in Fvg, nell’area montana e nel maniaghese, risultarono in Italia più colpiti dalla concentrazione radioattiva dovuta al Cesio 137, che risulta ancora presente in quelle zone.

 

 

SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Risposta chiara

 

Da anni ormai si parla del rigassificatore di Zaule. A tal proposito vorrei evidenziare sinteticamente gli aspetti più significativi descritti dai media, così come noi, cittadini comuni, crediamo di aver capito. a) I cittadini di Trieste, nel loro complesso, sono assolutamente contrari alla localizzazione dell’impianto a Zaule. Così si sono espressi gli amministratori locali (maggioranza e opposizione, senza eccezioni) nel corso della campagna elettorale, la comunità scientifica, le associazioni ambientaliste, ecc. b) Mi risulta che attualmente in tutti i paesi civili tali impianti vengono costruiti lontano dai centri abitati, preferibilmente in mezzo al mare, impiegando sempre più spesso le navi gasiere con rigassificatore incorporato (per motivi di sicurezza, essendo impianti ad alta pericolosità). c) Anche nel nostro paese si è seguita tale linea. Ad esempio il rigassificatore di Rovigo è stato costruito sul mare, lontano dalla costa, perché l’ex governatore Galan non lo aveva voluto sulla terra ferma. d) La localizzazione del rigassificatore a Zaule non rispetta assolutamente le norme di sicurezza previste (ad esempio la «direttiva Seveso»). e) A Trieste, leggo su «Il Piccolo» di qualche giorno fa: «Gas Natural rilancia rigassificatore urgente», ignorando completamente la posizione di sindaco, presidente di Provincia, opposizioni, comunità scientifica, ecc. f) Anche il Governo, nella persona del ministro Frattini, sembra spingere in questa direzione. A questo punto è molto importante ricordare che la delibera del 2005 dell’Autorità per l’Energia elettrica e il gas, art. 13, assicura, a chi costruisce il rigassificatore, anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto, la copertura di una quota pari a cira l’80% dei ricavi di riferimento. Ciò significa che chi costruisce l’impianto, anche se lo ferma per mancanza di gas liquido o perché nessuno si serve della sua struttura, si prende lo stesso i soldi. Chi paga? Noi con la bolletta del gas. È quindi comprensibile che, con tali premesse, la Gas Natural ritenga urgente la costruzione del rigassificatore a Zaule. Ora mi chiedo, chi decide del futuro della nostra città? Le multinazionali o i cittadini con i loro amministratori? Mi aspetto quindi una chiara e ferma risposta dai nostri amministratori, con il contributo delle opposizioni tutte, nel rispetto di quanto promesso nella campagna elettorale.

Sergio Baldassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 21 giugno 2011

 

 

Cosolini: nuovo Prg e creare posti di lavoro - Nelle linee programmatiche anche grande attenzione all’ammodernamento della rete ferroviaria
 

Procedere all’avvio dell’iter di formulazione di un nuovo Piano regolatore, perché la variante 118 è «priva di qualsiasi valenza strategica». I caratteri del Prg secondo Cosolini: non dovrà consumare altro territorio, recuperando aree dismesse, andrà definito nel rispetto della sostenibilità sociale, ambientale ed energetica e integrandosi con una valorizzazione dei rioni. Non poteva mancare il primo grande nodo che il nuovo sindaco sarà chiamato ad affrontare assieme alla sua amministrazione comunale all’interno delle Linee programmatiche portate ieri sera in aula. Nel documento che definisce la strategia di governo del primo cittadino per i prossimi cinque anni non c’è, ovviamente, solo Prg. C’è il richiamo all’elemento forte della sua campagna elettorale: «il lavoro», per i giovani ma anche per chi «lo ha perso o lo sta perdendo, per le donne e per gli over45». Ci sono i collegamenti, da rafforzare per coltivare «la vocazione internazionale di Trieste». Come? Ammodernando la rete complessiva e ottimizzando la capacità della ferrovia «tra il Porto e la Trieste-Monfalcone», ma anche realizzando la «metropolitana leggera - scrive il sindaco nel documento - che ci colleghi con Ronchi e in prospettiva con Capodistria». In tema ambiente, il Comune «aderirà all’Associazione dei Comuni virtuosi» e punterà sulla diffusione della raccolta differenziata, e sul fronte della pubblicizzata partecipazione dei cittadini alla vita amministrativa le strategie passano anche per il ruolo delle circoscrizioni e la garanzia della massima trasparenza con l’accesso agli atti amministrativi. Inoltre, sulle politiche sociali: valorizzazione del ruolo e delle funzioni delle cooperazione sociale. Capitolo industria: in primis la caratterizzazione del sito inquinato per definire le aree da liberare. Sul commercio, il sindaco punta su agevolazioni per i negozi di vicinato e pure sulla «possibilità di libera apertura domenicale fermo restando il rispetto del diritto dei lavoratori al riposo». In tema di conoscenza, spicca la citazione per il rilancio di Fest, e in chiave turistica sottolineatura della necessità di un grande centro congressi. Itinerari storici, letterari e religiosi verranno promossi in ambito culturale. Territorio e risorse: attenzione al Carso e rafforzamento del ruolo di Acegas.

(m.u.)
 

 

PRG, assemblea pubblica - CENTRO SAN GIOVANNI

 

Oggi a partire dalle 18 nella sede del centro rionale di San Giovanni, in via San Cilino 40/2 assemblea pubblica tra cittadini e associazioni ambientaliste Wwf, Italia nostra e Legambiente, sui problemi inerenti il nuovo piano regolatore alla luce della scadenza del 6 agosto 2011, del precedente piano adottato a suo tempo dall’amministrazione Illy. Invitati gli amministratori comunali, le circoscrizioni e le forze politiche. Info: cell. 33382118453; e-mail: piuverdemenocemento@libero.it

 

 

Ferriera, i sindacati sul piede di guerra - Due ore di sciopero in tutti gli stabilimenti del gruppo. Venerdì scade il termine per il piano finanziario
 

Pronti ad alzare il livello della protesta se, entro la settimana, non arriveranno notizie positive «sia sul fronte della situazione finanziaria del gruppo Lucchini, sia per quanto concerne gli impegni delle istituzioni per il futuro di Trieste, che ha sofferto la perdita di 7mila posti di lavoro negli ultimi tre anni». Toni duri ieri davanti alla Ferriera, nella conferenza stampa indetta da Fim, Fiom, Uilm e Rsu, subito dopo l’assemblea svoltasi all’interno. «Abbiamo discusso – ha spiegato Franco Palman, delle Rsu e della segreteria Uilm – sulla necessità, entro venerdì, di una soluzione per la crisi del gruppo Lucchini e sull’assoluto bisogno dell’intera area triestina di un rilancio industriale. Il settore oggi a Trieste rappresenta solo l’11 per cento del pil locale – ha precisato – mentre è indispensabile arrivare al 20 per un equilibrio fra i diversi comparti». I rappresentanti sindacali si sono dichiarati «molto preoccupati, anche perché il 2015 resta il momento della chiusura e a tutt’oggi non si vede un piano di riconversione». Proprio per richiamare l’attenzione sulla crisi finanziaria della Lucchini, in tutti gli stabilimenti del gruppo ieri è stato effettuato uno sciopero nelle ultime due ore di ogni turno. Venerdì scade infatti il termine che l’azienda ha fissato per chiudere la complessa trattativa con le banche creditrici, la maggior parte delle quali è sostanzialmente favorevole al piano finanziario delineato per il riassetto. All’assemblea di ieri alla Ferriera hanno preso anche l’assessore regionale Federica Seganti e quello comunale Fabio Omero, che si sono impegnati a cercare «valide soluzioni alternative». Per la Provincia l’assessore Adele Pino ha inviato una nota in cui si legge che «sarà convocata una riunione per riavviare un percorso che tenga conto del futuro dei dipendenti e della salute dei cittadini». «Vogliamo subito un tavolo di discussione con la Regione – hanno sottolineato Palman, Antonino Pantuso e Tiziano Scozzi della Fiom, Umberto Salvaneschi della Fim e Luigi Pastore degli autonomi della Fails – e che il Comune predisponga un piano per la città, di cui la Ferriera dovrebbe essere il volano». «Non avremo paura di scardinare le porte della Regione – ha sostenuto Palman – se non arriveranno risposte concrete, perché sono a rischio altri mille posti di lavoro. Non ci basta lo spot della Seganti – ha incalzato – ma pretendiamo l'impegno del ministero sull'occupazione. Oggi mancano ipotesi sull’insediamento di nuove aziende». Nell’incontro con i rappresentanti sindacali si è parlato anche dei rischi che una crisi dell’impianto servolano determinerebbe alla Sertubi, «legata a Servola da stretti rapporti produttivi». Salvaneschi ha affermato che «c’è un forte allarme, anche perché non c’è più tempo per la riconversione dello stabilimento. L’azienda – ha proseguito - si è furbescamente inserita nel palleggio di responsabilità fra istituzioni, rinunciando a discutere di cose concrete. Prova ne sia che la legge speciale per la Ferriera è ancora chiusa nel cassetto».

Ugo Salvini
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 20 giugno 2011

 

 

Veglia, nel 2012 rigassificatore off-shore
 

Si tratterà di una soluzione provvisoria realizzata con due navi in attesa per il 2017 del grande impianto definitivo
FIUME Entro sei mesi, o al più tardi nel 2012, le acque del golfo fiumano antistanti l’isola di Veglia daranno ospitalità a un rigassificatore off-shore quale soluzione provvisoria nell’attesa che nella località vegliota di Castelmuschio (Omisalj) sorga un megaterminal metanifero. La conferma arriva dal ministero croato dell’Economia secondo cui l’impianto sarà in realtà costituito da due navi la cui costruzione in Corea del Sud sta conoscendo le battute finali. Le due unità saranno prese a noleggio dalla Plinacro, il principale distributore di gas in Croazia, e posizionate di fronte a Castelmuschio. Qui arriveranno le metaniere con gas liquefatto, che sarà riportato allo stato gassoso nel piccolo terminal e quindi fatto fluire in rete. A partecipare al progetto del rigassificatore off-shore sono, oltre alla Plinacro, l’Azienda elettroenergetica croata e lo Janaf o Oleodotto adriatico, tre imprese in mano allo stato croato. Le due navi rappresenteranno la fase di passaggio verso il rigassificatore da 15 miliardi di metri cubi all’anno e del costo di circa un miliardo di euro. Le due navi dovrebbero entrare nelle acque quarnerine entro la fine dell’anno o nei primi mesi del 2012, per essere quindi sottoposte a lavori di preparazione che le trasformeranno in un impianto Lng, capace di movimentare annualmente circa 4 miliardi di metricubi di metano. Un progetto che prevede investimenti per circa 50 milioni di euro, con Paesi vicini come Slovenia, Austria, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia che hanno già fatto sapere a Zagabria di avere l’ interesse a far transitare attraverso il territorio croato un quantitativo annuo pari a 2,3 miliardi di metri cubi. Una parte dell’ investimento arriverà dai fondi di preadesione dell’Unione europea. Per l’esattezza il denaro comunitario coprirà le spese per la documentazione progettuale del terminal galleggiante. Per ciò che riguarda invece il grande rigassificatore vegliota, al ministero dell’ Economia hanno fatto sapere che i lavori di approntamento dovrebbero cominciare entro il 2014. L’impianto entrerà probabilmente in funzione nel 2017. Concessionario del terminal è il consorzio Adria Lng, guidato dalla tedesca E.On. Ruhrgas e composto ancora dalla slovena Geoplin, dalla francese Total e da due aziende croate: la citata Plinacro e la compagnia petrolifera Ina. Nonostante l’ anno scorso abbia tirato il freno a mano nella realizzazione del progetto (minore domanda di gas sui mercati internazionali, questa la spiegazione), il consorzio attende che Zagabria rilasci il permesso per l’ uso del terreno.
Andrea Marsanich

 

 

Ferriera, guerra sui dati della centralina dell’Arpa - La denuncia
 

La Lucchini paga 9000 euro al sindacato Failms che aveva chiesto un risarcimento per l’infortunio mortale accaduto alla Ferriera all’operaio Dusan Poldini, che in fabbrica perse la vita nel gennaio 2009, a 37 anni, straziato dagli ingranaggi della gru sulla quale stava lavorando. «Non un’ammissione di responsabilità nei procedimenti giudiziari tuttora in corso - riferisce lo stesso sindacato -, ma l’adesione a un risarcimento integrale del danno patito dal sindacato stesso». Le fasi del processo non si concluderanno prima della fine dell’anno. La somma è stata versata con tre assegni da 3000 euro l’uno. E la Failms ha subito devoluto la somma a tre associazioni «più meritevoli per l’impegno e la ricerca messa in campo in ambito sanitario». Tremila euro a testa hanno dunque ricevuto l’associazione Malattie rare Azzurra, l’associazione I girasoli che si occupa di disabili e l’associazione Alice che opera nel campo della lotta all’ictus cerebrale. «La Failms - afferma il sindacato - ha sempre posto tra le priorità assolute il proprio impegno sindacale nella tutela dei lavoratori ed è sempre in prima linea sui problemi della sicurezza nei luoghi di lavoro». Gli assegni sono stati consegnati ai presidenti delle tre associazioni durante un incontro avvenuto nella sede della direzione dell’Azienda sanitaria. Intanto la Lucchini contesta i dati sui picchi di monossido di carbonio registrati dall’Arpa nei giorni scorsi in via Pitacco, nei pressi della Ferriera, di tre volte superiori ai limiti di legge. «Nessun tipo di anomalia - scrive in una nota - agli impianti dello stabilimento nella giornata del 14 giugno, e nessun rilascio di Co2 (monossido di carbonio) in atmosfera: erano sbagliati i dati inseriti dall’Arpa sul suo sito web». Lucchini afferma di aver effettuato «un’immediata analisi su tutti gli impianti e processi», e di aver controllato «l’attendibilità dei dati Arpa in via Pitacco successivamente invalidati - dice - dall’Arpa stessa perché sbagliati a causa di un guasto dello strumento di misura (e pertanto già tolti dal sito web)». Lucchini sottolinea inoltre che quella centralina «è al di fuori del perimetro industriale» e che «i camini sono soggetti a un sistema di monitoraggio in continuo, sempre funzionante, visibile in via remota dall’Arpa e dalla Provincia».
 

 

Via Baiamonti: «Case nere di fumo»
 

Una nube nera, le case piene di polvere di carbone, odore pregnante nell’aria: i residenti di via Baiamonti sono in rivolta per le emissioni della Ferriera che in questi giorni hanno peggiorato la situazione ambientale. Hanno fatto e spedito foto di testimonianza, si sono rivolti ai carabinieri e all’Arpa, raccontando che episodi simili si verificano soprattutto il sabato e la domenica. Case da ripulire per intero, che il giorno dopo sono nuovamente ricoperte da una pesante patina nera. Contatti sono stati presi anche con il comitato di cittadini «No smog».
 

 

Muggia: «Irrisolta la questione antenne»
 

Il coordinatore del Comitato dei cittadini Jercog chiede un piano comunale per i tralicci di Zaule
MUGGIA «La questione sull’antenna di Zaule non è ancora risolta». Giorgio Jercog, coordinatore del Comitato dei Cittadini della popolosa frazione muggesana, torna all’attacco. Dopo le parole di rassicurazione da parte dell’assessore comunale all’Ambiente Fabio Longo, il quale aveva escluso categoricamente la possibilità che venga installato a Zaule un traliccio con un’antenna per telefoni mobili, l’esponente ambientalista vuole definire una volta per tutte la questione. «La questione per noi non è affatto risolta: domani ci potremmo trovare un’antenna cinque metri più in là rispetto al punto previsto inizialmente» - spiega Jercog - «quindi va bene il discorso partecipato proposto da Longo, ma bisogna attrezzarsi con un piano comunale delle antenne». Da qui la richiesta formale di un incontro sottoscritto anche da parte dell’ex assessore comunale Omero Leiter. «Abbiamo inviato la richiesta via fax visto che per via telefonica non ci era stata data risposta», precisa Jercog. La querelle sulla possibile installazione di un traliccio era sorta dopo la denuncia di Jercog e del consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon in merito ad un sopralluogo di una commissione comunale dietro alla farmacia di Zaule. L’area “incriminata” disterebbe circa 15 metri dalla palestra e dal bar a ridosso delle vicinissime abitazioni, nonché a meno di 400 metri in linea d’aria dalla scuola elementare e del campo sportivo. A frenare i timori da parte dei cittadini era intervenuto l’assessore all’Ambiente Longo che con fermezza ha bocciato ogni possibilità di installare delle nuove antenne sopra la testa dei cittadini.
Riccardo Tosques

 

 

S. Dorligo, Cgil vuole risposte sull’acqua
 

SAN DORLIGO DELLA VALLE Il referendum non cambia le sorti dell’acqua a San Dorligo? Il sindacato chiede chiarezza. «Ci sono vari punti su cui vorremo avere delle delucidazioni – afferma Rossana Giacaz, segretario provinciale della Cgil funzione pubblica – e soprattutto su quanto costeranno le bollette». «La maggioranza di Acegas, a cui è stato ceduto il servizio, è del Comune di Trieste e quindi solo quella parte di “pubblico” viene rappresentata. San Dorligo – continua Giacaz - ha bisogno di molta acqua ad uso agricolo mentre a Trieste non c’è tutta questa richiesta. Dalle nostre tabelle di calcolo risulta che questo servizio costerà molto di più rispetto a prima. Vogliamo che il sindaco Premolin smentisca le nostre tabelle di calcolo e chiediamo più chiarezza perché non sappiamo nemmeno che convenzione ha firmato con Agegas». «Un altro punto su cui vorremo discutere riguarda la sorte dei tre operai che lavoravano nel servizio idrico quando era gestito in casa. Sono persone qualificate – spiega Giacaz - che conoscono perfettamente tutto il territorio. Per ora stanno ancora lavorando, visto che il servizio è passato ad Acegas dal primo giugno, ma non si hanno informazioni a riguardo». Ma i quesiti che si pone il sindacato, non terminano qui. «Il Comune aveva delle entrate quando il servizio era tenuto in casa, ora sicuramente il bilancio calerà - prosegue Giacaz - ma non sappiamo di quanto: avremmo voluto un confronto con l’amministrazione, ma la trasparenza manca».

Federica Cauzer
 

 

Donazione dall’Italspurghi grazie alla differenziata della Barcolana
 

Una donazione particolare a favore del Burlo Garofolo è stata fatta dalla Italspurghi Ecologia (nella foto la consegna al dg Mauro Melato). Deriva dal progetto “Io navigo per il Burlo” in occasione della scorsa Barcolana e, contando sul coinvolgimento di cittadini, visitatori ed espositori, Italspurghi ha donato il ricavato dal recupero ecologico della raccolta differenziata effettuata nel Villaggio Barcolana. Ecco che i 30 contenitori per la raccolta di rifiuti indifferenziati e 90 per quelli differenziati (carta, cartone, plastica, vetro e lattine) sono stati raccolti 800 euro.
 

 

Dismissione di Krsko? La palla è di Tondo - l’intervento di DARIO PREDONZAN*
 

Dopo il referendum il presidente ha sostenuto che l’Italia deve partecipare alla gestione della centrale slovena
Il risultato del referendum sul nucleare deve aver rappresentato un’autentica sberla, per molti politici. Tanto che alcuni non paiono essersi ancora ripresi dallo choc. Si spiega forse così l’appello che il consigliere comunale della Lega Nord, Maurizio Ferrara, rivolge (si veda la lettera apparsa sulla pagina della “Segnalazioni” il 17 giugno) al neo-sindaco Roberto Cosolini, affinché invii “una immediata nota alle amministrazioni competenti slovene … per comunicare la preoccupazione della maggioranza dei triestini e per chiedere, come territorio confinante, la dismissione della centrale di Krško”. Faccio mio l’appello, ovviamente, ma osservo che Ferrara avrebbe fatto bene a rivolgerlo anche – e soprattutto - ad altri, i quali dispongono certo di poteri ed influenza molto maggiori, rispetto al sindaco di Trieste. Il presidente della Regione, Renzo Tondo, ad esempio. Il quale da almeno tre anni non perde occasione per ripetere che l’Italia, l’Enel o perfino la Regione Friuli Venezia Giulia dovevano a tutti i costi partecipare al business per il raddoppio della centrale di Krško (dando comunque per scontato che quella attuale continuerà a funzionare). Dopo il referendum, Tondo ha corretto il tiro, dichiarando invece che l’Italia o il Friuli Venezia Giulia devono partecipare alla gestione della centrale slovena (il raddoppio pare rinviato a tempi successivi) “per avere maggiori garanzie sulla sua sicurezza”, senza porsi neppure il problema della sua chiusura. Se Tondo farà orecchie da mercante, Ferrara potrebbe ripiegare sui “padani” che siedono in Giunta regionale, tra i quali la triestina Federica Seganti. Ancora: non guasterebbe un appello ai parlamentari “padani” eletti in Friuli Venezia Giulia, tra i quali c’è com’è noto il triestino Massimiliano Fedriga, affinché si facciano interpreti di queste richieste ai massimi vertici governativi. Il premier Berlusconi, in ottimi e cordiali rapporti con tutti i leader del mondo, non mancherebbe di attivarsi, se debitamente sensibilizzato. Vero è che deputati e senatori “padani” hanno sempre votato in massa non solo le leggi pro-nucleare poi abrogate dal referendum, ma anche gli emendamenti-truffa con i quali il Governo e la maggioranza hanno tentato fino all’ultimo di imbrogliare le carte ed evitare che gli italiani votassero sul nucleare. Ormai però è acqua passata: il popolo sovrano si è pronunciato a larghissima maggioranza e Ferrara mostra di volersi fare interprete delle sue istanze. Lo faccia fino in fondo e avrà certo molti alleati pronti a dargli una mano.

*responsabile Energia e Trasporti Wwf Friuli Venezia Giulia
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 19 giugno 2011

 

 

«Sul superporto la Regione è pronta a partire da sola»
 

Riccardi accelera: «Se il governo ritarda, ci muoveremo noi» E sulla Tav apre all’ipotesi veneta di un intervento dei privati
PIATTAFORMA LOGISTICA A Trieste ci sono problemi più gravi come lo snodo di Campo Marzio
TRIESTE Pronti a partire con il superporto di Monfalcone anche senza il decreto del Governo e pronti a esaminare la possibilità di realizzare la Tav in project-financing qualora un pool di privati ne segnalasse la disponibilità come sta avenendo in Veneto. La Regione, attraverso l’assessore a Infrastrutture e Trasporti Riccardo Riccardi, tenta di partire al contrattacco rispetto all’isolamento logistico al quale potrebbero condannarla Venezia da Ovest e Capodistria da Est. «Il porto di Monfalcone è di pertinenza regionale - sottolinea Riccardi - l’impegno di Unicredit e Maersk è acquisito. Se c’è qualche difficoltà da parte del Governo a varare in tempi brevi il decreto, noi, logicamente con il consenso dello Stato, siamo pronti a partire avendo comunque la possibilità di ottenere le accelerazioni e le snellezze burocratiche richieste dal finanziatore». E sulla Piattaforma logistica di Trieste, per la quale da due anni si attende invano il finanziamento dello Stato oltretutto ridottosi a 30 milioni, Riccardi smorza la polemica: «I soldi alla fine arriveranno, ma non vorrei che fossero usati da alibi per coprire i problemi più gravi dello scalo triestino che movimenta un quarto dei contenitori rispetto alle sua potenzialità soprattutto a causa del mancato rafforzamento dello snodo di Campo Marzio sul quale Ferrovie dello Stato e l’Autorità portuale della gestione precedente avevano visioni differenti che ora forse si potranno unificare». Le due questioni: superporto e piattaforma logistica però si intersecano dal momento che si è sparsa la voce di un recente sopralluogo dei massimi referenti italiani di Maersk assieme ai top manager di Gavio sull’area tra lo Scalo Legnami e la Ferriera di Servola dove la Piattaforma dovrebbe sorgere per fare anche da base al futuro Molo ottavo. Non solo Gavio, ma anche Maersk, prima compagnia al mondo nel traffico container, si sarebbe dimostrata interessata alla Piattaforma, il che avrebbe infastidito Unicredit che l’avrebbe giudicata una manovra diversiva rispetto alla concentrazione da tenere su Monfalcone. E intanto gli industriali veneti si dicono pronti a farsi la Tav da soli in project financing con un parziale intervento di Intesa - San Paolo prospettato da Mario Ciaccia. «Non possiamo solo lamentarci, occorre un impegno diretto», ha affermato Andrea Tomat leader di Confindustria Veneto. «Siamo disponibilissimi a vagliare un’ipotesi di questo genere anche per il Friuli Venezia Giulia - afferma Riccardi - essendo estremamente chiaro che non avrebbe alcuna utilità nemmeno per il Veneto una Tav che si fermasse a Venezia». Ma la madre di tutte le battaglie si giocherà il mese prossimo a Bruxelles e sarà quella di far entrare nel corridoio adriatico-baltico il Friuli Venezia Giulia che rischia invece di esserne escluso a vantaggio della Slovenia nell’ambito del processo di revisione delle reti Ten-T. Da ciò dipenderà la capacità di negoziazione poi con il governo e i grandi gruppi privati e di competitività con i concorrenti.
Silvio Maranzana

 

 

Sei treni soppressi, calvario per i pendolari - Settimana nera per i viaggiatori. Trenitalia: «Guasti improvvisi». La replica: «Servizio inaffidabile»
 

TRIESTE Settimana nera per i pendolari del Friuli Venezia Giulia. Sono complessivamente sei le soppressioni dei treni che si sono verificate per tre giorni di fila: martedì, mercoledì e giovedì. In tutti e sei i casi, i passeggeri che usano quotidianamente il treno per andare e tornare dall’ufficio si sono puntualmente recati sui binari, dove però non hanno trovato il convoglio ad attenderli. Inevitabili i ritardi “a catena” dei treni successivi, e di conseguenza anche l’arrivo sul posto di lavoro o il rientro alle mura domestiche. Due gli assi interessati ai disagi, la linea Trieste–Portogruaro e la tratta che, passando per Udine, collega il capoluogo giuliano alla stazione di Tarvisio Boscoverde. Martedì ad essere cancellati sono stati i treni 2852 e 6030, che dovevano partire da Trieste rispettivamente alle 16.03 e alle 16.25, diretti il primo a Udine il secondo a Tarvisio. A infastidire i pendolari, anche la mancanza di comunicazione: se l’autoparlante ha emesso un timido “Trenitalia si scusa per il disagio”, solo chi ha avuto la prontezza di chiedere informazioni al ferroviere di turno, è stato informato che poteva prendere il convoglio diretto a Cervignano, dove il treno per Udine lo avrebbe aspettato. Mercoledì è capitato a chi da Portogruaro doveva raggiungere Trieste di mattina. Sono stati soppressi sia il 5931 in partenza alle 5.30 e in arrivo alle 6.43, sia il 2839, che invece doveva partire da Portogruaro alle 6.25 per giungere nella stazione del capoluogo giuliano alle 7.34. Giovedì è stata interessata ai disagi di nuovo la stessa tratta Portogruaro–Trieste. Sul binario ancora nessuna traccia del 2839 che sarebbe dovuto arrivare a Trieste alle 7.34, né del 5819, il cui arrivo era previsto alle 9.04. Immediate le lamentele dei lavoratori, che hanno denunciato quanto accaduto sul sito dei pendolari, chiedendo sanzioni a Trenitalia e Rfi. «Anche perché – spiega la portavoce del Comitato pendolari Fvg, Cristina Sartor - il problema legato alla carenza di personale sembrava rientrato a fine maggio, eppure i disagi continuano a ripetersi. Chiederemo spiegazioni all’azienda, il servizio ormai è diventato del tutto inaffidabile». «Oltre al danno anche la beffa» commenta il pendolare Marco Chiandoni, riferendosi alle fontane della stazione di Trieste, cui sono appena stati tolti i rubinetti per l’uso indecoroso da parte dei senza tetto, come ha spiegato ieri la società Centostazioni. Intanto Rete ferroviaria italiana si scusa con i viaggiatori, informando che le soppressioni dei treni sono state causate da improvvisi guasti dei convogli, poi mandati in officina a riparare. Le autocorse sostitutive invece non sono state utilizzate, perché, come hanno spiegato da Rfi, nei casi di guasto improvviso le corriere non sempre sono disponibili, e spesso il tempo impiegato per farle arrivare in stazione equivale all'attesa del convoglio successivo.
Elena Placitelli

 

 

Tav, il Comune ha proposto alcune varianti alle Ferrovie - Duino Aurisina
 

DUINO AURISINA Ret interpella Rfi (Rete ferroviaria italiana) per modificare il tracciato che passa per Ceroglie. Dopo numerosi incontri pubblici, l’ultimo organizzato lo scorso 27 maggio dagli attivisti del Comitato per Ceroglie ha messo in luce le criticità di realizzazione di alcune parti del progetto dell’alta velocità. Proprio per tale motivo, già nel corso di quest’ultima assemblea pubblica il sindaco di Duino Aurisina Giorgio Ret aveva assicurato agli abitanti di Ceroglie, Malchina e Visogliano d’incontrare i tecnici dell’Rfi per sottoporre alla loro attenzione le modifiche che secondo gli stessi abitanti ed il sindaco fossero necessarie. «Dopo gli incontri pubblici che si sono susseguiti – dichiara il sindaco di Duino Aurisina – sono emerse dai progetti alcuni interventi che non riteniamo possibili perché andrebbero a sovrapporsi con l’abitato esistente». Tratti che secondo Ret devono essere modificati e che per tale motivo sono stati nuovamente sottoposti al vaglio dei tecnici di Rfi per trovare una soluzione alternativa.

(vi.at.)
 

 

Regione matrigna: Trieste abbandonata su porto e Ferriera
 

Tagli anche sulle scuole di specializzazione medica e poi la difficile partita delle bonifiche. Il no sulla Biennale
Chiudiamo la Ferriera? E come la mettiamo con Trieste che spende troppo per la sanità territoriale e a cui vanno tolte risorse per livellare i finanziamenti nonostante siano diversi i livelli demografici, di salute e malattia? E il taglio delle scuole di specializzazione medica perché al momento buono a Roma nessuno andò a contrattarle? E quale azione la Regione ha fatto sul governo per avere una risposta seria circa i fantomatici finanziamenti all’altrettanto logorata prospettiva della piattaforma logistica in porto? Non è solo sul polo sanitario che Trieste si trova spesso con risposte deludenti da parte del governo regionale. Anni e anni sono passati invano sulla faccenda del sito inquinato nazionale, solo di recente messo in carreggiata con la progettata analisi dei terreni che si sarebbe potuta fare 10 anni fa. Brutta storia, lasciata a una discutibile regìa ministeriale, che ha bloccato qualsiasi ipotesi di sviluppo e insediamento industriale nella sempre più impoverita Trieste. Ma il caso più eclatante, dopo questo e Cattinara, è certamente la Ferriera. In campagna elettorale, ripetendo le invettive del sindaco Dipiazza, Tondo scandì: «Chiudo la Ferriera». Fu solo molto tempo dopo che il suo assessore al Lavoro, Alessia Rosolen, fra le barricate dei sindacati, stilò un piano tecnico concreto: formazione dei lavoratori, accordo con lo Stato, finanziamenti. Non per la prima volta le vicende interne della giunta Tondo hanno direttamente penalizzato le politiche triestine. Rosolen è sostituita da Angela Brandi per conseguenza di furiose battaglie politiche (la cacciata di Franco Bandelli dalla giunta Dipiazza, lo strappo). Brandi arriva, trova gli incartamenti-Ferriera, riannuncia il programma, e se ne dimentica. La Ferriera va, e nel vuoto. Così un altro cambio di assessore lascia l’evento in Porto vecchio privo del finanziamento regionale. Le Biennali regionali ideate da Vittorio Sgarbi per i 150 anni d’Italia hanno coinvolto gli assessorati di tutte le Regioni italiane, che già un anno fa a Roma hanno firmato una convenzione, dato i finanziamenti, e lavorato. Qui, invece, si faceva altro, al momento: si scambiavano assessorati (la Cultura da Roberto Molinaro a Elio De Anna). A Roma non andò nessuno, De Anna poi si è pervicacemente rifiutato di dare i 50 mila euro richiesti. Stesso equivoco quando i primari triestini scoprirono con scandalo, dalle tabelle ministeriali, che le loro scuole di specializzazione medica erano state accorpate altrove, nonostante i diversi accordi con la Regione. Che cosa era successo? Che a Roma alla riunione decisiva era andato non l’assessore, ma un funzionario, senza la necessaria delega decisionale. Scuole mai rientrate a casa.
 

 

San Dorligo, la sinistra chiede di riesaminare il nodo acqua - DOPO I REFERENDUM
 

SAN DORLIGO DELLA VALLE «Nonostante le dichiarazioni del sindaco apparse sulla stampa, riteniamo che i risultati dei referendum del 12 e 13 giugno, che - oltre ogni previsione - hanno determinato l’abrogazione dei quattro punti determinanti delle leggi promosse dal governo Berlusconi, rappresentino una svolta significativa anche per il Comune di San Dorligo. I due referendum sulla gestione dell’acqua mettono in discussione la decisione, assunta pochi mesi fa dalla riunione dei sindaci della provincia di Trieste, della quale il Consiglio comunale ha preso atto, di affidare all’AcegasAps la amministrazione degli acquedotti comunali e di tutto il ciclo idrico». Il circolo di San Dorligo della Federazione della sinistra che aveva a suo tempo, insieme alla Federazione provinciale, espresso il proprio dissenso per la forma e la sostanza del provvedimento, ritiene ora necessario che il Consiglio comunale riprenda in esame la questione alla luce della nuova situazione. «L’obbligo di legge, assunto come punto di partenza per l’orientamento dei sindaci e del Consiglio - si legge in una nota della Fds - è stato cancellato dal voto degli elettori, che hanno inoltre respinto la previsione di un profitto garantito alle aziende che assumono la gestione di un bene comune».
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 18 giugno 2011

 

 

Wwf: «Sì al progetto unico per la Tav Venezia-Trieste» - DAL MINISTERO trasporti
 

TRIESTE Dovranno essere riunificati in un unico progetto preliminare (e relativo studio di impatto ambientale) e quindi in un’unica valutazione di impatto ambientale (Via) i quattro progetti presentati lo scorso dicembre da Italferr, per conto di Rete ferroviaria italiana (Rfi), relativi alla Tav nella tratta Venezia-Trieste. Lo ha reso noto il Wwf del Friuli Venezia Giulia che ha ricordato la decisione della commissione tecnica Via/Vas del Ministero dell’ambiente. Era stata l’associazione ambientalista a rilevare in una lettera inviata al Ministero lo scorso 4 gennaio l’anomalia rappresentata dal fatto che il progetto della Tav Venezia -Trieste fosse stata suddivisa da Italferr-RFI addirittura in quattro tronconi (Mestre-Aeroporto M. Polo, Aeroporto-Portogruaro, Portogruaro-Ronchi dei Legionari e Ronchi dei Legionari-Trieste) con quattro diversi studi di impatto ambientale e quattro distinte procedure di valutazione dell’impatto ambientale ministeriali.
 

 

Riserva Miramare diventa sito comunitario
 

La Riserva naturale marina di Miramare diventa Sito di importanza comunitaria (Sic), entrando così a far parte della Rete ecologica europea denominata “Natura 2000”. Lo ha deciso ieri la giunta regionale su proposta dell’assessore alle Risorse rurali agroalimentari e forestali Claudio Violino. Il nome del nuovo Sito di importanza comunitaria, la cui area coincide con quella della Riserva, sarà “Area marina di Miramare”. La rete “Natura 2000” del Friuli Venezia Giulia si compone già di 58 Sic e di altre 8 Zone speciali di conservazione.
 

 

Longo: «A Zaule nessuna nuova antenna»
 

MUGGIA Zaule non vedrà sorgere nessuna antenna per la telefonia mobile. A rassicurare la cittadinanza è il nuovo assessore all’Ambiente del Comune di Muggia, Fabio Longo. «L’ipotesi era stata già scartata in partenza», spiega l’esponente dell’Italia dei Valori. L’allarme sull’installazione della possibile struttura era stato dato dal coordinatore del Comitato per la Salvaguardia del Golfo Giorgio Jercog e dal consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon. I due avevano denunciato un sopralluogo di una commissione comunale nell’area dietro alla farmacia della popolosa frazione. La vicenda, terminata in un fuoco di paglia, è stata l’occasione per un’analisi da parte di Longo sulle antenne. «Dagli anni ’80 ad oggi il Comune di Muggia non ha risolto il problema delle antenne presenti nell’abitato di Chiampore», precisa Longo. «L’ultima amministrazione di centrodestra aveva emesso una quindicina di ordinanze, per la riduzione in conformità degli impianti, che il Tar ha puntualmente annullato: risparmio ai cittadini l’elenco dei costi sostenuti senza risultato. Consapevole del problema l’Amministrazione Nesladek ha iniziato a risolverlo nei tempi dettati dalla Conferenza di Servizi convocata come da legge». Longo ha poi evidenziato come «i cittadini abbiano apprezzato la strumentazione fornita dal Comune per monitorare l’inquinamento elettromagnetico» sottolineando infine come verranno prese «rapide decisioni sulle antenne di Chiampore dopo aver sentito i cittadini con il metodo della “democrazia partecipata”».
Riccardo Tosques

 

 

FESTIVAL DELLE DIVERSITA'

 

Prosegue nel Parco di San Giovanni (ex Opp) il Festival delle diversità. Alle 15 Spazio Villas A, animazione per bambini. Alle 15, Spazio Rosa, “Capuceto rosso”, lettura favola e laboratorio creativo. Alle 16, lato chiesa, Saggio degli allievi della scuola di musica indiana “Performing India”. Alle 16, Spazio Rosa, Spazio DiverCitizen, piazza-mercato delle associazioni”. Alle 16 Spazio Villas A, laboratorio “Il mio corpo... e l’altro.”. Alle 16.30, “Ogni cosa al suo posto”, gioco a squadre per bambini al banchetto Accri. Alle 17.30, workshop di découpage al banchetto “ L’una e l’altra”. Alle 18, Palco, spettacolo di danze greche e serbe, Alle 19 Palco, “Riflessi di luce”, esibizioni di danze orientali. Alle 19, Padiglione M, Oh Poetico Parco: A come Ape, M come Maeterlink. Dalle 19.30 letture di Lilla De Mattia da “La vita delle api”. Alle 19 Spazio Villas A, Astaroth, spettacolo teatrale tratto dall’opera di Stefano Benni, Alle 20, Palco Caddagh in concerto, musica irlandese. Alle 21, Palco Tax Menx in concerto, blues/funk/rock.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 17 giugno 2011

 

 

Popovic: Cosolini va bene - Alleato sul rigassificatore - VISTI DA CAPODISTRIA »LA COLLABORAZIONE
 

«Penso che con il nuovo sindaco andremo d’accordo, potremo fare progetti assieme. Dipiazza? Resta un amico ma la sua amministrazione ha fatto poco»
Adesso tocca a lui, al sindaco uscente di Capodistria, Boris Popovic, in sella dal 2002 finora con una lista civica, riguadagnarsi il Municipio, in una campagna elettorale-lampo partita l’altro giorno e con le urne aperte già il 10 luglio (la questione è complicata dal controverso “distacco” amministrativo di Ancarano, che è riuscita a divorziare da Capodistria, nel totale disappunto del sindaco stesso). Intanto Trieste ha passato quel guado: l’«amico Roberto Dipiazza» non è più il collega confinario, in Municipio è arrivato un altro Roberto, il Cosolini di centrosinistra, e Popovic (a prescindere da come andranno le elezioni sue) è pronto a cominciare un altro passo a due. «Non conosco Cosolini personalmente - dice -, spero di vederlo presto e di fare qualcosa di bello assieme». Si sa quant’è vivace e piccante, Popovic, che non le manda mai a dire nemmeno sulle politiche triestine, e infatti eccolo che punta subito all’osso: «A me interessa una cosa sola del nuovo sindaco: che sia contrario al rigassificatore. In campagna elettorale ha detto che lo è, e dunque già mi piace. Destra o sinistra, a me non interessa - aggiunge -, basta che un sindaco faccia del bene alla sua gente e alla sua città, con Dipiazza ho un buonissimo rapporto, ma alla fine come sindaco non ha fatto niente. Oggi come sindaco non lo appoggerei più». Popovic morde. Perché? «Lui, e il presidente della Regione, Tondo - rimarca il sindaco uscente - hanno giurato di essere contrari a tutti e due i rigassificatori nel Golfo, poi si sono mangiati la parola. Anche Dipiazza lo ha fatto, dunque non lo appoggerei più. Invece mi pare che tutti i candidati a Trieste fossero contrari, e anche la presidente della Provincia, Poropat: basta che non facciano come il “mangiatore di parole”, l’uomo di Tolmezzo». A Tondo, che con lui ha poi ammesso il cambio di rotta, Popovic non la perdonerà mai. E in casa sua come chiederà di essere rieletto? Posto che contrasterà la scissione di Ancarano, convinto che è più importante aggregarsi per crescere piuttosto che rimpicciolirsi per distinguersi, Popovic ha gli argomenti pronti: «Ricorderò che cosa abbiamo fatto, e dirò che cosa faremo da qui in avanti. Siccome le promesse precedenti sono state realizzate, la gente capirà che anche le cose in programma lo saranno». In cantiere la famosa superspiaggia con l’isola artificiale in «stile Dubai» progettata da Tobia Scarpa, una piscina coperta olimpionica, un palasport da 8500 posti («nel 2013 Capodistria ospiterà una parte degli europei di pallacanestro»). Conclude Popovic divertito, citando in italiano un modo di dire tratto dal tedesco per parlare della sua città slovena: «E poi scuole, e asili, e così via e così via e così via...».
Gabriella Ziani

 

 

Tav, Serracchiani (Pd): cambiare il tracciato progettato in Veneto - SOLDI a rischio
 

TRIESTE «Bisogna modificare il tracciato litoraneo della Tav in Veneto perché c’è il rischio che venga bocciato e che si sprechino i finanziamenti europei per la progettazione». Lo ha affermato l’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani intervenendo a un convegno a Casale sul Sile. Un’opzione alternativa immediatamente praticabile è, secondo Serracchiani, «la quadruplicazione della linea esistente che tenga conto delle varianti per bypassare i nodi sensibili»
 

 

Il mare europeo sta benino Cipro al top, Italia sufficiente - IL RAPPORTO sull’acqua
 

BRUXELLES Il mare europeo è in buona salute. Le acque continuano ad essere di soddisfacente qualità: oltre il 92% dei siti di balneazione lungo le coste e più del 90% per quelli in riva a fiumi o laghi rispettano i requisiti minimi richiesti dall’Europa. I dati, relativi al 2010, sono tuttavia in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente. Dalla mappa disegnata in base ai dati forniti dagli stessi Stati membri, le acque costiere di Cipro sono risultate al top con un 100% anche quando si prendono in esame i criteri più rigorosi. A seguire quelle della Croazia (97,3%), di Malta (95,4%) e della Grecia (94,2%). L’Italia, con un 77,2% di acque costiere che rispettano le norme più rigide, si piazza poco sotto la media Ue (79,5%). Nel Mediterraneo va peggio la Francia con un 68,1% di siti che rispettano i requisiti più rigorosi. Il nostro Paese, tuttavia, conta di gran lunga il maggior numero di aree balneabili rispetto a tutti gli altri paesi europei, superando i cinquemila siti. Secondo le tabelle pubblicate nel rapporto, in Italia, inoltre, 57 siti balneari non sono risultati conformi ai requisiti minimi. Ma in Italia, aveva già spiegato lo scorso anno Bruxelles, l’immagine tiene conto di tutta la costa, quindi compreso le aree industriali e quelle portuali.
 

 

Proibiti i bagni a Marina Julia - Le analisi scoprono un inquinamento oltre i limiti. Le cause: troppe piogge
 

MONFALCONE Non bastava la pioggia a catinelle dei giorni scorsi. A mettere a rischio la stagione turistica rispunta ora il divieto di balneazione che, per ordinanza comunale, è entrato in vigore a Marina Julia e al Lido di Staranzano. Da ieri bagni vietati, dunque: i cittadini potranno concedersi solo la tintarella. A sorpresa - perchè da un anno il problema sembrava archiviato - le analisi sui prelievi effettuati lunedì dall’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) hanno evidenziato il superamento dei limiti consentiti dalla legge di concentrazione del batterio “escherichia coli”, normalmente presente nelle feci. Un supermento lieve per il Lido di Staranzano (530 mpn per 100 ml contro i 500 fissati dalle norme) e più accentuato per la spiaggia monfalconese (700 mpn). Ma pur sempre un fulmine a ciel sereno per i concessionari, già provati dalla nuova ordinanza emessa dalla Capitaneria di porto, la quale, recependo le direttive regionali, prevede l’obbligo della dotazione di bagnini in spiaggia (e dunque un ulteriore esborso per i gestori delle strutture). Ma a cosa si devono gli esiti delle analisi? «Con tutta probabilità alle particolari condizioni meteo di questi giorni - spiega il direttore del dipartimento di Gorizia dell’Arpa, Ettore Salvagni -, pertanto al mix di scirocco, maree e pioggia che ha impedito la dispersione degli elementi inquinanti portati dai fiumi a mare». Sotto accusa il Vipacco e l’Isonzo. «In realtà la concetrazione del batterio, in entrambi i casi, risulta relativamente bassa - conclude Salvagni - e dunque è possibile che già dalle analisi svolte oggi (ieri) emerga un diverso verdetto che faccia revocare il divieto».
 

 

Petrolio, ora la Siot si rivolge all’ateneo
 

Commissionato al gruppo di ricerca dell’Università giuliana una studio sulla dispersione di greggio nella baia di Muggia
MUGGIA Quale impatto potrebbe avere sull’ecosistema marino della baia di Muggia, una dispersione accidentale di petrolio? È lo scenario ipotetico sul quale lavorerà nei prossimi mesi il gruppo di ricerca Ie-Fluids coordinato da Vincenzo Armenio, docente di idraulica ambientale presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università di Trieste. Lo studio sulla previsione del movimento e dell’eventuale spiaggiamento di idrocarburi all’interno del bacino muggesano partirà a fine giugno. A commissionarlo al pool di ricercatori triestini di fluidodinamica ambientale è stata la stessa Siot, che con 35 milioni di tonnellate di greggio movimentate ogni anno si conferma il principale terminalista petrolifero a livello nazionale e primo operatore nel porto di Trieste. L’indagine è diretta a fornire tutte le indicazioni necessarie per una corretta pianificazione degli interventi da attuare in caso di emergenza legata al rilascio accidentale di idrocarburi e rientra nella politica aziendale della società che gestisce l’oleodotto transalpino, da sempre rivolta a garantire elevati standard di sicurezza, rispetto e tutela dell’ambiente in cui opera. «Anche se non si sono mai verificati in passato casi rilevanti di sversamento di petrolio in prossimità dei pontili o dalle petroliere – spiega Nevio Grillo, direttore operazioni Siot – riteniamo strategico per l’operatività, la crescita e lo sviluppo economico della società, investire su un sistema di gestione della sicurezza appropriato e adeguato ai rischi di incidente». «È la prima volta – afferma Vincenzo Armenio – che si sviluppa un progetto scientifico di tale portata tra il nostro Ateneo e la Siot su una tematica così delicata, che riguarda le qualità delle acque nella baia di Muggia. Si tratta di un’area fortemente antropizzata per la presenza di diversi impianti industriali che interagiscono con le acque dalla baia, e quindi del Golfo di Trieste». Lo scopo dello studio, che prevede anche una fase di misure in campo, mediante il rilascio di drifters seguiti in remoto attraverso tecnologie Gps, è di riprodurre scenari possibili di dispersione, sotto l’azione delle possibili forzanti meteo marine tipiche di questo specchio di mare. Attraverso tecnologie di realtà virtuale, saranno prodotte mappature spazio-temporali relative alla dispersione superficiale delle macchie di greggio e del trasporto profondo, non trascurando un’eventuale deposizione al fondo della parte più pesante. I risultati saranno messi a disposizione della Siot per potere prevedere piani di intervento immediati, utili a confinare la dispersione di greggio, evitare lo spiaggiamento dello stesso e la deposizione al fondo. «Questo progetto permetterà all’Ateneo triestino di consolidare ulteriormente le competenze tecnico-scientifiche sulle tematiche di mescolamento e della dispersione di inquinanti nelle aree costiere - spiega Armenio -. Indubbio è poi il vantaggio per il territorio – aggiunge – che potrà disporre di piani di intervento da attuarsi in situazioni di emergenza per evitare disastri ambientali nella baia di Muggia, preservandone la qualità delle acque, anche nel caso di eventi accidentali estremi».
 

 

INQUINAMENTO - IL GRUPPO DI RICERCA IE-FLUIDS - Modello applicato al Tevere, a Barcellona e alla valle di Zaule
 

Negli ultimi anni il gruppo di ricerca IE-Fluids. coordinato dal professore Vincenzo Armenio, ha sviluppato modelli numerici d’avanguardia per lo studio della dispersione di inquinanti e di campi termici in bacini costieri o lacustri. Il modello è già stato applicato a fini scientifici per l’analisi del mescolamento all’estuario del fiume Tevere, per l’analisi del mescolamento e del ricambio delle acque nella baia di Muggia, e, nell’ambito di un progetto finanziato dalla comunità europea (HPC-Europe) per l’analisi del mescolamento delle acque nell’area costiera di Barcellona (Spagna). Riguardo all’impatto sul territorio di tali studi, negli anni recenti, a Trieste collaborazioni tecnico-scientifiche sono state sviluppate con la Società Elettra Produzione e con la società Lucchini Energia propietaria della Ferriera di Servola. Per quest’ultima il lavoro è stato svolto in previsione dell’insediamento di una Centrale termoeletettrica da 400 megawatt, nella valle di Zaule. nel comune di Muggia) per l’analisi delle caratteristiche termo-fluidodinamiche delle acque di raffreddamento della turbina a gas.
 

 

«Inquinamento, l’incidente va prevenuto»
 

Incontro dei giovani imprenditori di Confindustria. Grillo (Siot): leggi carenti, regolano solo i depositi
Prevenzione innanzitutto. E’ il concetto emerso con maggior chiarezza ieri, nel corso di un incontro a tema, organizzato dal Gruppo giovani imprenditori di Confindustria Trieste, dal titolo “Il danno da inquinamento: analisi tecnica, giuridica e assicurativa”. All’incontro, introdotto da Antonio Verga Falzacappa, hanno partecipato esperti legali e assicurativi, tecnici e imprese. «In Italia bisognerebbe uniformarsi alla normativa europea in materia – ha spiegato Nevio Grillo, direttore operativo della Siot - con attività preventive necessarie a verificare se tutto è in sicurezza. Essenziale – ha sottolineato – è agire prima che l’incidente si possa verificare. Se si lascia l’operatore troppo libero nella gestione dell'attività – ha proseguito - promettendo, in caso di inquinamento, una serie di sanzioni, non si ottiene il risultato più importante, che è quello della prevenzione di incidenti. Non si tutela l’ambiente – ha proseguito il direttore operativo della Siot - con interventi della pubblica amministrazione a favore di aziende che mettono a rischio il territorio nel quale operano. La legge Seveso – ha ricordato - è buona nella sostanza, ma è anche vecchia e disciplina soltanto i depositi. Quando il materiale esce dal deposito, ci troviamo in una condizione di carenza normativa. Un oleodotto per esempio – ha spiegato riferendosi alla sua realtà lavorativa - non può essere regolamentato solo col controllo del deposito. In Germania – ha continuato Grillo – il legislatore ha sempre operato così, in Italia purtroppo no. Tutto è demandato alla buona volontà dell'azienda». La Siot, ha annunciato Grillo, migliorerà il terminale marino di Trieste, dove scaricano petrolio più di 400 navi ogni anno, peraltro senza aver mai causato danni. Nei prossimi mesi, grazie a un investimento di 25 milioni di euro, il terminale sarà dotato di un sistema di barriere capaci, entro cinque minuti dall’eventuale versamento in mare di idrocarburi, di “sezionare” lo specchio d’acqua. Il terminale sarà inoltre sarà provvisto di pontoni, varati di recente, manovrabili con rimorchiatori per creare barriere galleggianti da utilizzare anche per le navi all’ancora. Nell’analizzare le più frequenti cause di inquinamento, Giovanni Faglia, responsabile per l’Italia del Pool inquinamento, un consorzio di riassicurazione costituito nel 1979 per fornire specifiche coperture alle imprese, ha affermato che «il rischio di inquinamento non riguarda solo i settori considerati pericolosi, chimico, petrolifero, siderurgico, ma, in modi diversi, tutte le attività produttive, coinvolgendo industrie, medie e piccole imprese. In Italia – ha concluso - sono solo 5mila le imprese assicurate, una settantina quelle nel Friuli Venezia Giulia, delle quali una trentina regolate dalla Direttiva Seveso».

Ugo Salvini
 

 

Premolin: «L’acqua? Io ho votato due “sì”, ma qui decide l’Ato» - San dorligo della valle
 

SAN DORLIGO Il referendum del 12 e 13 giugno non cambia la questione “acqua” a San Dorligo della Valle al centro nei mesi scorsi di un duro sconto tra il sindacato (la Funzione pubblica Cgil) e l’amministrazione comunale. Dopo l'acceso dibattito tra chi era favorevole all'esternalizzazione dell'acqua e chi no, con la doppia vittoria del “sì” alla recente consultazione si pensava ad una svolta. Invece non cambia nulla, tutto resta in mano all'Ato (Ambito territoriale ottimale). «Io personalmente ho votato due “si” al referendum sulla privatizzazione dell'acqua – afferma il primo cittadino di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin – perché trovo che l'acqua sia un bene pubblico». Tutta qua. No. «Il referendum ridà sicuramente peso alla questione – afferma il sindaco – ma per noi dell'amministrazione comunale non cambia nulla su quello che possiamo fare. Con la maggioranza dei “sì” ora vengono rinnovati gli Ato nazionali e quindi sarà questo soggetto pubblico a decidere a chi affidare il servizio». E allora? «Ovviamente la legge impone che il servizio idrico integrato – prosegue Premolin – deve passare a coloro che fino ad ora l’hanno gestito, quindi all'AcegasAps e all'Acquedotto del Carso, con una differenza però: la tariffa sarà unica». E le polemiche con il sindacato? «Ancora mi chiedo come mai il sindacato mi abbia attaccato così duramente – conclude il Sindaco – quando la legge mi imponeva di far rientrare il servizio nell'Ato. Noi avevamo una gestione in economia e, legalmente, non potevamo tenere questo servizio in casa. Gli altri Comuni, come quello di Muggia e di Duino Aurisina, avevano fatto questo passo già dieci, quindici anni prima. Ho cercato di tenerlo il più possibile in casa ma non si poteva fare di più».

Federica Cauzer
 

 

Parte “Turtle Week” iniziative per salvare le tartarughe marine - Campagna - DOMANI A TRIESTE
 

Il secondo appuntamento è organizzato domani a Trieste nel porticciolo di Grignano, dove assieme a punti informativi e a distribuzione di materiale divulgativo, verranno presentati alle 17 laboratori ludico-didattici per i più piccoli e alle 18 la proiezione del cartoon “Le avventure di Sammy” all’Immaginario Scientifico mentre gli adulti potranno conoscere al meglio questa specie attraverso la presentazione del progetto “Campagna Mare Tartarughe del Wwf Italia”, alle 20, e il documentario “L’incredibile viaggio della tartaruga”, alle 21 al Bagno Sirena. Ultimo appuntamento a Porto San Rocco il 24 giugno con i laboratori ludico-didattici alle 18 e alle 20 proiezione nella sala conferenze del film “Le avventure di Sammy”. Per informazioni e per partecipare si può consultare il sito www.riservamarinamiramare.it
«Davvero ci sono tartarughe nel nostro Golfo?». È questa è la domanda che si sentono rivolgere spesso i biologi dell’Area marina protetta di Miramare quando diportisti e bagnanti con stupore ne avvistano una mentre esce con la testa dall’acqua per respirare. «La risposta è certamente sì - dice Milena Tempesta, biologa dell’Area protetta - anche il nostro golfo è popolato da questi rettili che hanno scelto il mare per trascorrere la loro lunga vita». E proprio dalla riserva di Miramare parte adesso la campagna del Wwf di sensibilizzazione e protezione delle tartarughe marine denominata “Turtle Week”. «Nel nostro golfo - spiega ancora Milena Tempesta - le tartarughe fino agli anni 40-50 del secolo scorso si riproducevano scavando i nidi nella sabbia del litorale lagunare, ma adesso la continua cementificazione delle coste e l’uso delle spiagge per fini turistici hanno notevolmente ridotto i siti utili per la deposizione». Tuttavia i bassi fondali dell’Adriatico settentrionale, e quindi del Golfo di Trieste, secondo i dati raccolti dai ricercatori, risultano essere di fondamentale importanza come zone di riposo e nutrimento. Le tartarughe però rischiano di restare vittime delle reti dei pescatori, delle eliche delle imbarcazioni, o di soffocare a causa dei sacchetti di plastica galleggianti che possono essere ingeriti perché scambiati come prede(la tartaruga marina si ciba di meduse). Che fare? Il Mediterraneo è frequentato da tre specie di tartarughe marine: Caretta caretta, che è la più comune (e avvistabile anche dalle nostre parti), Chelonia mydas (la tartaruga verde), e la più grande Dermochelys coriacea (la tartaruga liuto), che non si riproduce in questo mare. Sono specie in pericolo di estinzione e il Wwf Italia da sempre promuove progetti di salvaguardia e di sensibilizzazione, in particolare nei confronti dei pescatori. Attraverso i volontari e la collaborazione con la Guardia costiera il Wwf recupera esemplari rinvenuti in precarie condizioni di salute che vengono curati nei Centri di Recupero Tartarughe. Punto di riferimento per l’Alto Adriatico è proprio l’Area di Miramare che a partire da oggi sarà impegnata nella campagna di raccolta dati sulle catture accidentali e l’informazione ai pescatori. «La mortalità indotta dagli attrezzi da pesca non è certamente voluta dai pescatori, con i quali il Wwf e la Riserva Marina vogliono collaborare per poter risolvere il problema», dice Paolo Casale responsabile nazionale del Progetto Campagna Mare Wwf-Tartarughe. «Un importante contributo che i pescatori possono dare è adottare semplici procedure nel momento della cattura accidentale di una tartaruga e allertare la Guardia costiera». Primo appuntamento della “Turtle Week” è oggi, a Grado, in collaborazione con la Cooperativa Pescatori, alle 18.30 al Mercato Ittico dove sarà allestito un gazebo con materiale divulgativo. Alle 21 proiezione all’aperto del film a cartoni animati “Le avventure di Sammy”.
Gabriele Sala

 

 

SEGNALAZIONI - REFERENDUM / 2 Centrale di Krsko

 

Quasi il 60% dei triestini ha detto no alle centrali nucleari. In democrazia vince sempre la maggioranza e questa volta non possono esserci dubbi sulla volontà della gente. Ora dobbiamo conseguentemente affrontare il problema di Krsko, dove, a circa 100 km da Trieste, è posizionata una centrale nucleare considerata tecnologicamente oramai obsoleta. Tale centrale, collocata sul territorio sloveno, è evidentemente non gradita ai cittadini triestini, popolo confinante con la Repubblica Slovena. Di questa situazione dovrebbe immediatamente farsi carico il nuovo sindaco Cosolini. Ritengo sia opportuna una sua immediata nota alle amministrazioni competenti slovene, con le quali vuole rafforzare i rapporti di collaborazione, per comunicare la preoccupazione della maggioranza dei triestini e per chiedere, come territorio confinante, la dismissione della centrale. Per rispetto della volontà dei nostri concittadini, il Governo sloveno, da poco entrato nell’Unione europea, dovrebbe valutare seriamente la dismissione della stessa entro pochi anni e la sua sostituzione, eventualmente, con una centrale di nuova generazione posizionata in una zona del Paese molto più lontana da Trieste e quindi dall’Italia che, da oggi, ha a chiuso con il nucleare. Meglio ancora, vicino al confine con l’Ungheria, Paese invece favorevole all’espansione di tale energia. In caso contrario, pur avendo votato no alle centrali nucleari di nuova generazione, i triestini continueranno a convivere con una vecchia e pericolosa struttura a pochi km da casa senza nemmeno conoscere l’ubicazione dei previsti rifugi in caso di incidente e contaminazione.

Maurizio Ferrara

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 giugno 2011

 

 

Nuovo sforamento alla Ferriera - CENTRALINA DI VIA PITACCO
 

Il livello del monossido di carbonio quasi tre volte oltre la soglia
Nuovo sforamento degli inquinanti prodotti dalla Ferriera di Servola. Secondo i dati forniti dall’Arpa, martedì scorso la centralina di via Pitacco ha rilevato un valore medio del monossido di carbonio pari a 34,2 milligrammi per metro cubo, a fronte di un limite di legge per la media sulle otto ore di 12 milligrammi. Quale impianto dello stabilimento abbia prodotto questo eccesso di monossido di carbonio è difficile stabilirlo. Di certo, come spiega Dario Predonzan del Wwf, «si tratta di una cattiva combustione di uno degli impianti; potrebbe trattarsi della cokeria, che è uno dei più critici dello stabilimento. Purtroppo - aggiunge - non c’è il controllo ai camini, come richiesto anche da noi molte volte, che permetterebbe risalire all’impianto responsabile dello sforamento». Sul fronte dell’occupazione, intanto, il consigliere regionale Alessia Rosolen (gruppo misto) dichiara «grave il disimpegno che l’amministrazione regionale sta mostrando verso il futuro occupazionale dei lavoratori della Ferriera». Sulla questione la Rosolen ha presentato ieri un’interrogazione urgente alla giunta per sapere quando verrà convocato il tavolo con gli enti locali coinvolti nel percorso per la definizione di ipotesi e procedure legislative per il futuro dello stabilimento. «Al di là dell’impegno dell’assessore Seganti - aggiunge la Rosolen - le notizie emerse dal tavolo al ministero dello Sviluppo non fanno che confermare ulteriori incertezze sul futuro dello stabilimento. Tutto questo avrebbe dovuto accelerare l’intervento regionale per trovare soluzione a una situazione che di giorno in giorno diventa più complessa».
 

 

Acegas, Cosolini va alla verifica: dubbi su differenziata e pulizia
 

Raccolta differenziata incompleta. Pulizia delle strade forse da migliorare. È da questo «focus», e cioé dall’Acegas, che parte ufficialmente l’azione del nuovo sindaco Roberto Cosolini, che oggi incontra i vertici della multiutility con due punti all’ordine del giorno: verificare che cosa serve per migliorare il piano della raccolta differenziata, il cui avvio da un paio di settimane ha creato non pochi problemi, e in secondo luogo verificare i termini del contratto di servizio relativo alla pulizia della città. «Si tratta di vedere - dice Cosolini - quanto c’è da migliorare o da integrare nel piano della “differenziata” per consentirci di raggiungere veramente i parametri di legge richiesti, e per mettere tutti i cittadini nella condizione migliore per poter adempiere a questo obbligo. Allo stesso modo, voglio vedere se l’attuale accordo contrattuale è adeguato per avere una città veramente pulita, anche ai fini del flusso turistico, oppure no. I vertici hanno dato la massima disponibilità». In buona sostanza l’atto del sindaco non ha l’obiettivo minimo del controllo tecnico, bensì quello di indagare le radici del mandato politico. Per capire se il Comune (azionista di maggioranza) con l’amministrazione Dipiazza ha inciso in maniera adeguata e sufficiente nel richiedere i servizi per la città. Forse anche a fronte del fatto che il «braccio» padovano di Acegas-Aps sembra per esempio aver realizzato una raccolta differenziata di altro spessore. Seconda priorità: il Verdi e i sindacati. Domani sarà il giorno della seconda seduta della nuova giunta nell’arco della prima settimana di governo (anche per la distribuzione delle deleghe ancora non assegnate, tra cui per esempio Personale, Toponomastica, Pari opportunità), ma già alle 9 Cosolini avrà il primo approccio con Cgil, Cisl e Uil. Già ieri invece ha incontrato le rappresentanze interne della Fondazione teatro lirico Verdi, da settimane in stato di agitazione. Con l’elezione a sindaco Cosolini è immediatamente subentrato a Dipiazza nella presidenza della Fondazione, e ha già annunciato che la prossima settimana convocherà il suo primo Consiglio di amministrazione. «Le Rsu del Verdi mi hanno messo a parte delle loro preoccupazioni specie sul personale precario - riferisce il sindaco - e ci siamo confrontati sulla situazione complessiva. Esaminerò il bilancio, poi vedrò di nuovo i sindacati e affronteremo tutti gli argomenti in Cda». La questione che agita adesso i dipendenti del lirico è proprio quella dei precari, una cinquantina su circa 300 fra artisti e tecnici. Il provvedimento di legge «Collegato al lavoro» che ha istituito tempi strettissimi a disposizione dei dipendenti per impugnare presunte irregolarità dei datori di lavoro ha creato agitazione nei precari «decennali» del Verdi, uno dei quali (un violinista di fila) ha fatto causa per l’assunzione, e non è stato più riconfermato. «Intimidazione» aveva detto l’assemblea del Verdi. Le Rsu hanno presentato al soprintendente Calenda e al direttore generale Ferrazza una raccolta di firme, sfociata in un incontro dal quale sembra sia emersa un’apertura: contratti a termine di maggiore durata.
Gabriella Ziani

 

 

A Trieste e Gorizia l’acqua costa di più
 

E le perdite superano il 40%. L’Autorità: «Servono 1,8 miliardi per ammodernare il sistema regionale»
TRIESTE Le perdite più forti - e le bollette più salate (seppur sotto la media nazionale) - si hanno a Trieste e Gorizia. Ma è l’intero sistema idrico del Friuli Venezia Giulia che dev’essere ammodernato. I costi sono però proibitivi: circa 1,8 miliardi di euro nei prossimi trent’anni. L’ha affermato Lucio Cinti, responsabile dell’Autorità regionale per la vigilanza sui servizi idrici, durante il convegno sulla “Difesa delle acque e dalle acque” svoltosi ieri a Udine, presenti gli assessori regionali Luca Ciriani e Claudio Violino e il presidente della quarta commissione del Consiglio regionale, Alessandro Colautti. Di fronte all’entità di questa cifra, secondo Violino, è necessario prefigurare una priorità negli interventi di manutenzione e di potenziamento. Dai dati forniti emerge che le perdite idriche nel sistema raggiungono il 21,4% nell’Ato Pordenone, il 31,44% in Friuli (esclusa la Carnia), il 41,20% nell’Ato di Trieste e il 49,75% nell’Ato di Gorizia. Il sistema, dunque, è vecchio e richiede forti investimenti: staziamenti che però oggi possono giungere solo dalla tariffa, dall’intervento finanziario della Regione o dall’indebitamento con il sistema bancario. Un dato positivo contraddistingue comunque il Friuli Venezia Giulia: rispetto al livello medio nazionale 2010 pari a un costo di 1,27 euro per metro cubo d’acqua, l’Ato centrale Friuli propone un costo di 1,06 euro, la città di Trieste di 1,25 euro e l’Ato di Gorizia di 1,23 euro (media Nord-Est 1,33 euro, Nord-Ovest 1,05, Centro Italia 1,40 euro). Inizia, nel frattempo, a farsi strada un modello di gestione provinciale del ciclo dell’acqua. Già la prossima settimana sono in calendario incontri con le rappresentanza di Province e Comuni. «Ci stiamo avviando - ha detto ieri al convegno l’assessore all’Ambiente Luca Ciriani- verso un modello di gestione provinciale unica tra la provincia e le amministrazioni municipali». «Dopo la vittoria del sì al referendum - ha aggiunto - saranno necessari alcuni approfondimenti giuridici, anche se la legge regionale 13/2005 può rappresentare una possibile base di partenza». Ciriani ha infine rilevato che la Regione sta lavorando al piano per la tutela della acque e al piano stralcio per l’assetto idrogeologico.

(s.z)
 

 

Antenna telefonica a Zaule, è polemica
 

Grizon: non si può installare un impianto del genere in pieno centro, a 15 metri dalla palestra e dal bar
MUGGIA Un traliccio con un’antenna per telefoni cellulari nel centro abitato di Zaule. La denuncia arriva dal coordinatore del Comitato per la Salvaguardia del Golfo Giorgio Jercog e dal consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon. «La scorsa settimana è passata una commissione comunale a fare un sopralluogo dietro alla farmacia di Zaule, a due metri dal confine con il comune di Dolina, per inserire un traliccio di telefonia mobile. La struttura avrebbe un raggio di 374 metri dalla scuola elementare, ma si troverebbe in pieno borgo abitato con ben due pensioni albergo nei pressi». E Grizon rincara la dose: «Il traliccio disterebbe circa 15 metri dalla palestra e dal bar a ridosso delle vicinissime abitazione, nonché a meno di 400 metri in linea d'aria dalla scuola elementare e del campo sportivo. Se fosse realmente vero che qualche gestore di telefonini ha pensato a quel fazzoletto di terra per issare un traliccio, la collocazione non è certo ne ideale nè opportuna». La vicenda naturalmente sta destando preoccupazione tra la popolazione che ha ben stampata la situazione che da anni sta contraddistinguendo la frazione di Chiampore. Grizon ha chiuso il suo intervento esprimendo forti dubbi: «Ritengo che questa antenna non possa essere posta in un luogo così densamente abitato in quanto si sa bene quanto dannose e pericolose possano essere le fonti elettromagnetiche e le antenne in particolare». Ma non solo: «Oltretutto è curioso che questa notizia si manifesti solo dopo la campagna elettorale: cosa avrebbe detto la gente se fosse uscita prima magari con l'avallo del sindaco Nesladek?»
Riccardo Tosques

 

 

TELEFONIA - «Serve un piano concordato con i residenti»
 

«Muggia non possiede alcun Piano comunale per la telefonia mobile». Questo uno dei nodi della querelle sollevata da Giorgio Jercog e Claudio Grizon. «Prima di poter inserire qualsiasi traliccio bisogna che il Comune si adotti un piano per la telefonia e lo discuta con la popolazione: altrimenti a cosa è servito in questi anni agenda 21», stigmatizza il coordinatore del Comitato per la Salvaguardia del Golfo. L’esponente del Partito della LIbertà evidenzia invece come nei cinque anni scorsi «la giunta Nesladek, se non ricordo male, aveva fatto intendere che avrebbe voluto occuparsi del piano per le antenne ma poi nulla si è fatto. Si ricorderà invece che Nesladek si prese la briga di acquistare, con la nostra perplessità, per circa 5 mila euro un’attrezzatura per effettuare misure sul territorio rispetto all’inquinamento elettromagnetico: oltretutto le misure rilevate con questa attrezzatura non hanno valore di legge perchè non sono certificabili dall'Arpa».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 giugno 2011

 

 

Krsko, altolà a Tondo «Rispetti le urne»
 

TRIESTE Tutti contro Renzo Tondo e la sua «ostinazione» sul nucleare. Il governatore, subito dopo il verdetto referendario, non ha cambiato la strategia su Krsko? Ma ha confermato la disponibilità a collaborare con la Slovenia quantomeno sulla sicurezza della centrale a due passi dal confine? La polemica, nel day after, non si placa. Semmai, si rinfocola: l’Italia dei valori, ricordando le 45mila firme raccolte nel solo Friuli Venezia Giulia contro il ritorno all’atomo, lancia l’ultimatum. «L’esito del referendum è l’ultima occasione che il governatore ha per riprendere in mano il piano di smantellamento della pericolosa centrale di Krsko» afferma Alessadro Corazza. E subito dopo “minaccia” una mozione in consiglio regionale, da presentare con chi ci sta, al fine di vincolare Tondo «a recepire l’esito referendario, a premere per la chiusura di Krsko e a elaborare un piano per l’emergenza nucleare». Il Pd, con il senatore Carlo Pegorer, incalza: «Tondo mostri di rispettare il volere dei suoi concittadini. E chieda al più presto al governo “amico” un rapido e decisivo intervento in sede europea al fine di far effettuare gli stress test sulla sicurezza a Krsko». La Cgil, con il segretario regionale Franco Belci, dà man forte: «È la Slovenia stessa a non parlare più di raddoppio. L’ostinazione del governatore, evidentemente animato da furore ideologico, copre un vuoto progettuale sul quale la Cgil ha da tempo richiamato l’attenzione, chiedendo un piano regionale per l’energia basato sulla differenziazione delle fonti, sul sostegno alle energie alternative e alla “green economy”. Adesso, però, a volerlo è la maggioranza dei cittadini». Non basta, non ancora. Il Pd, con Franco Codega, denuncia «la furbata del governatore su Krsko» che denota «una punta di arroganza», mentre i Cittadini, con Stefano Alunni Barbarossa, sollecitano «un’autocritica seria e un cambio di indirizzo rispetto all’insistenza sul raddoppio di Krsko». Sinistra Ecologia e Libertà, con Giulio Lauri, esalta «la straordinaria vittoria popolare e dei comitati» e «il no a chiare lettere a Tondo sull’ampliamento della centrale di Krsko che gli stessi sloveni rimandano sostanzialmente sine die». Non solo energia, però. C’è anche l’acqua in ballo. E gli stessi vendoliani, sempre con Lauri, lanciano la controffensiva: «Sorge la necessità di rivedere le scelte già effettuate a Trieste e in Friuli Venezia Giulia. Noi pensiamo sia giunto il momento di un coinvolgimento diretto dei comitati referendari all’interno di nuovi comitati di controllo ma anche di una valutazione sullo scorporo e sulla ripubblicizzazione del ramo acqua di Acegas Aps». Si fa sentire anche il comitato “2 sì per l’acqua bene comune” chiedendo che «la legge di iniziativa popolare che prevede una gestione pubblica e partecipata venga immediatamente discussa», che «le Autorità d’ambito fermino immediatamente le procedure per indire le gare» e che «la Regione avvi un percorso trasparente e partecipato di ridefinizione della legge del 2005 sul servizio idrico integrato».
 

Ferriera, un tavolo per disegnare il futuro
 

Lucchini-Severstal disponibile a incontrare gli enti locali dopo la definizione del piano finanziario
«Al momento siamo ancora nella situazione di sei mesi fa, quando ci promisero una riunione sul futuro delle aziende del gruppo Lucchini entro lo scorso febbraio. La Lucchini-Severstal ha ribadito che il piano finanziario non è stato ancora definito con tutte le banche, ma si è anche impegnata a chiudere la partita entro il 24 giugno». Le parole dell’assessore regionale alle Attività produttive, Federica Seganti, al termine della riunione di ieri al ministero dello Sviluppo economico tra il gruppo siderurgico e le Regioni in cui hanno sede aziende del gruppo stesso, non lasciano dubbi: il futuro degli stabilimenti del gruppo è ancora tutto da definire, legato a un piano industriale che a sua volta è strettamente connesso al piano finanziario (si parla di un’esposizione di 800 milioni) al quale non tutte le banche hanno ancora detto sì. Manca, è stato detto, l’assenso del 10%, senza spiegare quanto valga questa percentuale, sia in termini finanziari sia di peso decisionale. Un risultato, parziale ma importante per le prospettive della Ferriera, è stato comunque raggiunto. «Ho chiesto - spiega la Seganti - di conoscere l’entità dei fondi a disposizione dello stabilimento di Trieste per il miglioramento della situazione ambientale da qui al 2013 (scadenza dell’autorizzazione integrata ambientale, ndr), e anche cosa farà la Ferriera in termini di bonifiche della sua area». La risposta non è stata immediata. I vertici di Lucchini-Severstal (l’ad Calcagni e il management) si sono detti disponibili a parlare del futuro della Ferriera, a un tavolo di lavoro a Trieste, dopo il 24 giugno, data entro la quale esperti indipendenti devono dare il via libera al piano finanziario, che un mese più tardi dovrebbe essere omologato dal Tribunale di Milano. Alla riunione romana è intervenuto anche il neo assessore allo Sviluppo economico Fabio Omero. «Il sindaco ha voluto che il Comune fosse rappresentato - precisa - e ho approfittato per spiegare al sottosegretario Saglia che la Ferriera è un pezzo importante dell’industria triestina, ma che ci aspettiamo un impegno del governo per tutta la politica industriale di Trieste. Non mi risponda - gli ho detto - che la soluzione sta nel rigassificatore. Il rappresentante del governo ha dichiarato che dopo il 24 giugno l’impegno a discutere di Trieste ci sarà».

(gi.pa.)
 

 

Sbloccati 15 milioni per le bonifiche - L’annuncio degli assessori regionali Savino e Ciriani I soldi serviranno per le caratterizzazioni del Sito
 

Quindici milioni per attuare progetti di bonifica e completare le caratterizzazioni del Sito inquinato. La disponibilità di questa ingente somma è stata annunciata ieri dagli assessori regionali all’Ambiente e alle Finanze, Luca Ciriani e Alessandra Savino, nella prima riunione del tavolo istituzionale per gli interventi nel Sin, presenti la presidente della Provincia Bassa Poropat, i sindaci di Trieste e Muggia Cosolini e Nesladek, e i presidenti della Camera di commercio e dell’Ezit, Paoletti e Bruni. Dei 15 milioni, 5 (di fonte comunitaria) sono stati sbloccati con una delibera della giunta regionale dopo l’emendamento inserito nella legge sulle attività estrattive, e sono destinati a progetti di bonifica già autorizzati, che saranno messi in gara entro l’autunno. Un altro emendamento, introdotto sempre nella legge sulle attività estrattive, permetterà alla Regione di utilizzare circa 10 milioni, di fonte statale, per effettuare le caratterizzazioni delle aree di proprietà pubblica, di pubblica utilità o sottoposte a esproprio. Ai vertici degli enti presenti al tavolo, i due assessori regionali hanno poi confermato di voler stringere i tempi col ministro dell’Ambiente, Prestigiacomo, in modo da arrivare quanto prima a una valutazione del quadro dell’inquinamento e restituire alle attivitò produttitve le aree già caratterizzate e risultate non inquinate. Regione ed enti locali non si nascondono comunque che l’iter è ancora complesso. Così, alla luce di approfondimenti giuridici svolti nei mesi scorsi dagli uffici regionali, Ciriani e Savino hanno ridefinito il cronoprogramma delle procedure e dei successivi lavori. L’inizio delle opere di caratterizzazione nei 133 ettari che mancano slitta così di due-tre mesi, da marzo a maggio-giugno del prossimo anno. A bandire la gara e seguire gli interventi sarà, come in passato, l’Ezit a seguito di un’apposita delegazione amministrativa da parte della Regione. Restando in tema di caratterizzazioni, secondo i due assessori sarà opportuno estendere i sondaggi, con il coinvolgimento dell’Autorità portuale, anche alle acque antistanti gli oltre dieci chilometri di costa inclusi nel Sito inquinato. L’esecuzione delle caratterizzazioni dovrebbe impegnare l’Ezit per circa un anno, dopodichè i risultati dovranno essere validati dall’Arpa (operazioni, queste ultime, che richiederanno almeno alcuni mesi). Queste due fasi, è stato ricordato, richiederanno un tempo lungo, che peraltro Ciriani si è impegnato ad accelerare. Sul piano organizzativo, a breve verrà costituito un tavolo tecnico permanente con i rappresentanti delle amministrazioni coinvolte. A settembre, inoltre, al tavolo istituzionale, che su richiesta del sindaco Cosolini si riunità ogni tre mesi, verranno presentate le proposte per misure finanziarie di sostegno ai privati.
Giuseppe Palladini

 

 

BONIFICHE - Bruni (Ezit): cambiato atteggiamento
 

«Di positivo c’è che l’atteggiamento del ministero dell’Ambiente è completamente cambiato rispetto al passato. Adesso a Roma si rendono conto che nel Sin non c’è pericolo per la salute, e sono possibilisti sul fatto di restituire agli usi legittimi le aree in cui l’inquinamento è sotto la soglia o addirittura non c’è». È moderatamente soddisfatto il presidente dell’Ezit, Dario Bruni,al termine della riunione sul Sito inquinato con gli assessori regionali Savino e Ciriani, ma non nasconde alcune preoccupazioni sui tempi. «Per le validazioni da parte dell’Arpa - spiega - sono previsti cinque mesi. Una valutazione un po’ troppo ottimistica, visto che a suo tempo per validare le analisi delle aree già caratterizzate l’Arpa ci ha messo ben venti mesi...».
 

 

Colibrì, scontro tra Friuli e Marche Hack: «Si pensa troppo ai soldi» - CONCITATA RIUNIONE IN PREFETTURA SULLA NUOVA SEDE
 

Quasi tre ore di incontro al calor bianco ieri in Prefettura per la sempre più complicata questione del Centro colibrì di Miramare. È conteso adesso tra il Centro delle farfalle di Bordano, l’Università di Udine e la «new entry», il determinatissimo Comune marchigiano di Matelica in formale accordo con l’Università di Camerino e la sua facoltà di Veterinaria (di cui il professor Giacomo Rossi è da sempre nel comitato scientifico), e con la Costa Eduitment che gestisce l’Acquario di Genova e che è entrata nella nuova società. Non invitato da Trieste, ma avvertito direttamente dal Governo che attraverso Gianni Letta è perfettamente al corrente della nuova ipotesi, si è presentato all’affollata riunione anche il vicesindaco di Matelica, Mauro Canille. C’erano Margherita Hack come protettrice del Centro e dei colibrì, e anche Stefano Rimoli, il padre dell’impresa ora in difficoltà, ultimamente lasciato ai margini. Sdegnato è Rimoli, a questo punto, perché un fac-simile di progetto per la nuova destinazione di Bordano era stato fatto senza mai coinvolgere il Comitato scientifico «e dunque senza garanzie di buona gestione». Un trasloco che stava diventando scippo di competenze «e rischio per i colibrì». I marchigiani hanno ingoiato ostilità. Senza di loro, i convenuti triestini avrebbero proceduto negli accordi locali (peraltro non finanziati). L’Avvocatura dello Stato e il prefetto Giacchetti hanno mediato, e concesso 10 giorni di tempo a Matelica per chiudere tutti gli accordi che mancano (la sede per i colibrì è già individuata). Ma non basta: pagano pegno dovendosi accollare tutti i debiti del Centro di Miramare. «Ho avuto l’impressione che l’unica cosa che qui importa sono i soldi - ha commentato il vicesindaco marchigiano -, noi non chiediamo un solo euro. Ma ci sono stati girati i debiti. Troveremo una soluzione. Qualcuno voleva chiudere la partita senza di noi, e a Udine certo non era stato chiesto di pagare anche i debiti...». «Siamo allibiti - dice il prof. Rossi -, si è parlato solo del contenitore, dei costi, non degli animali. L’Università di Udine, checché ne dica il prof. Susmel che dimostra tanto interesse, si spaccia per competente in veterinaria e non lo è». L’ipotesi Bordano va in frigo, anche sotto la potente voce di Margherita Hack: «Che vergogna, si parla solo di soldi, ed è inconcepibile non coinvolgere mai Rimoli che ha costruito un centro scientifico. Vera cafonaggine».

(g. z.)
 

 

Tante idee e immagini per la differenziata - Il concorso di AcegasAps, Comune e Il Piccolo: pervenuti 157 fotografie e tre video
 

Si è chiuso complessivamente con 160 partecipanti, 157 foto inviate e tre video, il concorso a premi che AcegasAps e Amministrazione Comunale di Trieste, in collaborazione con Il Piccolo, hanno lanciato nel mese di marzo, con l'obiettivo di offrire la possibilità a tutti i cittadini di sostenere in modo originale e coinvolgente la nuova campagna legata alla raccolta differenziata. Veicolo principale il sito www.ilpiccolo.it, dove foto e video sono stati pubblicati uno dopo l'altro. Coinvolte dalla novità sono state tantissime persone che hanno messo in campo creatività e spirito di inventiva, realizzando immagini o filmati ispirati al titolo indicato: “Trieste. Facciamo la differenza. Città più pulita, più qualità di vita”. Tra le idee proposte molti scatti che mostrano divertenti creazioni con materiali da riciclare, come la plastica o il vetro, o ancora persone intente con cura a separare i rifiuti per collocarli nei contenitori adeguati, spesso con qualche piccolo accorgimento simpatico. Il concorso, aperto a cittadini residenti nel Comune di Trieste, di età superiore ai 18 anni, ha attirato l'attenzione di molti lettori anche per i ricchi premi in palio. Saranno consegnati riconoscimenti ai migliori venti partecipanti. Al primo classificato verrà assegnato un week-end in una capitale europea, per due persone. Al secondo andrà uno smartphone, al terzo una videocamera digitale. I classificati dal quarto al decimo posto riceveranno una fotocamera digitale, mentre dall' undicesimo al ventesimo classificato in palio un lettore mp3. I nominativi dei fortunatissimi lettori, che avranno colpito nel segno, verranno resi noti nei prossimi giorni. L'iniziativa si inserisce nella campagna informativa e di sensibilizzazione sulla raccolta differenziata, promossa in città anche grazie al supporto di cartelloni pubblicitari con vari testimonial.

Micol Brusaferro
 

 

Le virtù dell’idroelettrico svelate da esperti regionali - A MONTEREALE VALCELLINA
 

L’energia idroelettrica sarà domani al centro del convegno organizzato dalla Fondazione internazionale Trieste per il progresso e la libertà delle scienze, in programma nell’ex centrale idroelettrica “Pitter”, di Malnisio di Montereale Valcellina, nell’ambito del ciclo Le filiere dell’energia. Nella tavola rotonda del mattino, esperti delle Università di Trieste e Udine, Regione e di enti esamineranno gli aspetti più tecnici legati alla gestione dell’idroelettrico. «È una fonte rinnovabile che non consuma e non inquina – sottolinea Piero Pinamonti, ingegnere del Dipartimento di energia elettrica gestionale e meccanica (Udine) e coordinatore dei lavori – e andrebbe sfruttata di più, specie in Italia». Nel nostro paese, prosegue l’esperto, si dovrebbe puntare di più sui piccoli impianti, sui quali si focalizzeranno molti degli interventi previsti. Nel pomeriggio, dalle 18, dibattito pubblico aperto a tutti. Modera Fabio Pagan. Info@immaginarioscientifico.it, 040-224424.

(c.s.)
 

 

C’ERA UNA VOLTA IL NUCLEARE - LABORATORIO TRIESTE
 

La scorsa settimana ho ricevuto via mail alcune riflessioni sul nucleare (a proposito del referendum) da parte di Erio Tosatti, fisico della materia alla Sissa e ancor prima perito nucleare. Riflessioni - si legge - di chi vuole ragionare sulla base di considerazioni quantitative, basate per quanto possibile su cose misurabili e non su posizioni ideologiche? Col suo permesso, ne riporto qui, sintetizzandoli, alcuni passi. Afferma dunque Tosatti: “Io voterò no sul nucleare perché non ci sono sorgenti energetiche a cui possiamo rinunciare. Il solare va incoraggiato al massimo, certo. E andrebbe triplicato il costo della benzina, conservando il petrolio per il traffico aereo, che rischia di cessare fra pochi decenni. La corsa alla crescita a ogni costo è folle: condanna i nostri figli a un mondo dove non ci saranno più risorse? E le conseguenze di incidenti come quelli di Chernobyl e di Fukushima? “La paura del nucleare è diventata isterica e irrazionale. Negli anni Cinquanta e Sessanta, quando di radiazioni ce n'erano in giro un sacco a causa dei test nucleari in atmosfera, non se ne parlava. Ora tutti ne parlano, spesso a vanvera. Ai tempi di Chernobyl, nel 1986, avendo la moglie incinta e due bimbi piccoli, avevo misurato coi miei strumentini Geiger la ricaduta radioattiva che c'era stata qui a Trieste. Le foglie verdi delle viole a Barcola facevano ticchettare il contatore. Era lo iodio-131, che vive solo otto giorni, e per il quale saturai moglie e figli (e le loro tiroidi) di ioduro di potassio. Da allora, a Trieste la radioattività è solo quella naturale: circa 12 eventi/minuto al mio contatore. Sono per la maggior parte raggi cosmici. Fukushima è stato un incidente da cui imparare, ma la fuga radioattiva è stata minima rispetto a Chernobyl? Sappiamo com'è andata, con il referendum: vittoria a valanga dei sì, su tutto il fronte. Porte chiuse al nucleare, dunque. Io non ho votato, ero fuori Trieste. Avrei comunque votato sì: non per pregiudizio anti-nucleare, ma per mancanza di fiducia sulla capacità di gestire in Italia un piano nucleare. Una trentina d'anni fa avevo visitato la centrale di Caorso, sul Po, chiusa poi in seguito al referendum dell'87 con le altre in attività e in costruzione. Tempi remoti. Di nucleare, chissà mai se, e quando, si tornerà a parlare in Italia.
FABIO PAGAN

 

 

Esiste una Tav reale che inizia dal porto
 

Forse anche gli sloveni si renderanno conto che hanno tutto da guadagnare da una collaborazione con lo scalo triestino
Noi continuiamo imperterriti a parlare, scrivere, leggere, discutere di Tav e non ci rendiamo conto che stiamo parlando di una realtà virtuale mentre una Tav reale si sta delineando chiaramente: l’intervista a Mauro Moretti è, a questo proposito, una pietra miliare. Cosa ha detto in sostanza l’ad delle Ferrovie? Che per un “operatore di traffici” come lui la Tav ha un senso economico fino a Venezia e non oltre. Più oltre sono progetti che interessano “i costruttori di infrastrutture” dando così pienamente ragione ai cosiddetti integralisti fanatici della No-Tav i quali affermano che gli unici ad averne un tornaconto reale sarebbero le grandi ditte costruttrici di infrastrutture. Ha detto poi che è necessario andare a Vienna, Budapest, ed in Ucraina usufruendo della Pontebbana sulla quale possono passare fino 300 treni al giorno invece degli attuali 30/50. Che gli austriaci si stanno attrezzando per questa linea con i nuovi trafori del Semmering e del Coralm Alpe. Ha detto inoltre Mauro Moretti che si può pensare a quadruplicamento di linee esistenti che costano molto meno e sulle quali possono circolare treni fino a 200 chilometri orari. Come è stato fatto, mi consta, anche in Germania ed in altri stati. E mi sembra ovvio che il riferimento fosse alla linea Venezia-Cervignano, stazione dalla quale la nostra Regione ha da tempo prospettato un raddoppio della linea verso Udine. Ecco la Tav reale che, come in un puzzle dei trasporti, si sta delineando concretamente. E Trieste? Nonostante le nostre paure, non ne resterebbe tagliata fuori. Lo stesso Moretti dice nella intervista che fino a Monfalcone la linea da Venezia è “alla più elevata tecnologia d’Italia e forse d’Europa” e perciò da Monfalcone a Cervignano non esisterebbero problemi. Il problema è da Monfalcone a Trieste, ma le Ferrovie, la Regione e l’Autorità portuale avevano già pronto un progetto, non costosissimo, di potenziamento di tale linea per farci passare un numero quintuplo di container. Bisogna semplicemente riprenderlo in mano. Ecco un altro tassello della Tav reale. Ci sarebbe poi il tassello sloveno. Il geologo Brambati, parlando della assurdità di un porto off shore al largo di Venezia, dice che si “potrebbe approfittare”, dal punto di vista dei triestini, dei finanziamenti della Ue per il raddoppio della Capodistria-Divaccia. Forse anche gli sloveni si renderanno conto, un decennio o l’altro, che hanno tutto da guadagnarci da una collaborazione con il porto di Trieste e si decideranno a costruire quei miserrimi chilometri che separano i due porti. Non ha insegnato loro niente il fatto che le portacontainer più grandi della Msc fanno scalo prima da noi perché, a pieno carico, a Capodistria raschiavano il fondo? Insomma sembra proprio che una Tav l’avremo, anche se un po’ diversa da quella che ci immaginavamo, senza la necessità di avere “tuboni” sotto, sopra e dentro il nostro giardino di casa. E senza la necessità di comitati come quello, sorto da poco a Ceroglie, animato da pacati pensionati, ma decisi, agguerriti e soprattutto arrabbiatissimi. Come quelli della Valle di Susa!
FABIO DENITTO
 

 

SEGNALAZIONI - Napoleonica - Ailanto invasivo

 

L'ailanto, nota pianta infestante che ci sta rubando la nostra bella macchia mediterranea, è arrivato, grazie agli ultimi lavori di ripristino della sede carrabile, anche sulla Strada Vicentina (la nostra Napoleonica). Me ne sono accorto solo io? Fra un pò le roverelle ed il sommacco saranno soppiantati e noi ci sorbiremo anche lo sgradevole odore di quest'albero, che niente ha a che fare con i nostri colori ed i nostri odori.

d.c.

 

 

SEGNALAZIONI - Neo-eletti - Esprimersi sul rigassificatore

 

Mentre il sottosegretario Saglia dichiara che, dopo quello di Rovigo, non servono altri rigassificatori per coprire il fabbisogno nazionale, Gas Natural ripropone il proprio progetto parlando di un un decreto Via al gasdotto Snam che in realtà non è mai stato rilasciato. Sono positive - ma parzialmente - le notizie che arrivano dal Governo, in merito alla situazione dei rigassificatori in Italia. Come riportato dagli organi di stampa, il sottosegretario allo sviluppo economico, Saglia, ha infatti dichiarato che dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti all’Italia non serve nessun altro rigassificatore, dopo l’entrata in servizio di quello al largo di Rovigo. Si fa così finalmente giustizia degli slogan ripetuti ossessivamente da tanti politici, secondo cui molti nuovi rigassificatori (e in particolare quello di Trieste–Zaule) sarebbero stati necessari per evitare il rischio di trovarsi “al freddo e in miseria” in caso di chiusura dei rubinetti dei gasdotti. Nuovi rigassificatori sarebbero necessari, secondo il sottosegretario, soltanto dal punto di vista del mercato. Cioè da quello delle multinazionali del gas. Una strategia energetica lungimirante non dovrebbe però fondarsi sugli interessi di chi vende il gas, ma piuttosto su quelli di chi lo consuma e sulla tutela dell’ambiente. Serve quindi una politica dell’energia orientata in primo luogo a ridurre gli sprechi e le emissioni inquinanti, e quindi anche i consumi, piuttosto che ad aumentare l’offerta di gas sul mercato, stimolando la crescita dei consumi. Di questo non c’è ancora traccia alcuna nelle dichiarazioni del sottosegretario Saglia. Anzi. Del tutto infondate sono invece, sullo stesso tema, le dichiarazioni diffuse sui media da GasNatural Fenosa, che ripropone il proprio progetto di rigassificatore a Trieste-Zaule, sul quale ha ottenuto un decreto VIA favorevole nel luglio 2009. Decreto peraltro impugnato al Tar del Lazio da Wwf e Legambiente e dai Comuni di Muggia e Dolina per le numerose irregolarità della procedura seguita e livello ministeriale. GasNatural Fenosa sostiene che anche il progetto (presentato da Snam Rete Gas) dell‘indispensabile gasdotto sottomarino, di collegamento tra questo impianto e la rete dei metanodotti, avrebbe ottenuto un decreto Via favorevole nel 2010. Notizia del tutto infondata, poiché basta consultare l’apposita sezione del sito internet del Ministero dell’ambiente (www.minambiente.it), per accertare che nessun decreto Via è stato rilasciato al progetto del gasdotto Snam, né nel 2010 né nel 2011. L’uscita della multinazionale spagnola può essere spiegata come un tentativo di accreditarsi nei confronti dei nuovi amministratori locali eletti a Trieste. Amministratori – sindaco e presidente della Provincia - che parteciperanno, quando sarà indetta, alla conferenza dei servizi coordinata dalla Regione, la quale dovrebbe rilasciare l’autorizzazione finale alla costruzione del rigassificatore e del connesso gasdotto. E’ evidente però che ciò non potrà avvenire, finché l’iter della Via sul gasdotto non sarà stato concluso con esito favorevole (ammesso che favorevole sia). Bene farebbero perciò il neo-sindaco di Trieste e la riconfermata presidente della Provincia ad esprimersi ufficialmente contro il progetto di GasNatural Fenosa (e quello di Snam), per dare un segnale importante rispetto ad un impianto incompatibile con le condizioni di sicurezza e tutela ambientale.

Wwf Friuli Venezia Giulia

 

 

SEGNALAZIONI - Gli ideali di Comida

 

Desidero presentare il mio modesto, ma sincero e affettuoso, omaggio a un uomo buono e ad un artista, prematuramente scomparso. Quando qualche giorno fa, ho visto la grande foto di Luciano Comida pubblicata su Il Piccolo, mi sono chiesto quale nuovo successo avesse raggiunto ed invece il titolo mi ha raggelato: l'articolo non era un elogio ma purtroppo un necrologio, pur affettuoso e delicato. Mi son tornati in mente ricordi degli anni settanta, quando conobbi e frequentai Luciano, giovane studente, nelle riunioni della Commissione Scuola del Psi. In quegli anni posso dire che eravamo amici, entrambi mossi dall'illusione di contribuire al rinnovamento della scuola, dell'università, della società. Le discussioni erano accese e forse ingenue, qualcuno si scaldava, ma mai ricordo che Luciano alzasse la voce: esponeva il suo pensiero in modo lucido e pacato. Poi, usciti entrambi dal partito, ci siamo persi, per ritrovarci nell'avventura che portò al primo governo Prodi. Dopo quegli anni ci incontrammo soltanto qualche volta in città, ed era come se ci fossimo visti il giorno prima. Mi pento di non averlo visitato nella sua casa di Banne, dove viveva con la sua compagna, e dove mi aveva invitato diverse volte ad andare a trovarlo. Ricordo che una volta quando mi complimentai con lui per l'uscita del suo libro, mi chiese se l'avessi letto e quando gli dissi che l'avevo letto se ne stupì: così era Luciano. Mi auguro che questa città voglia ricordare in qualche modo più duraturo che un articolo sul giornale quest'uomo buono, quest'artista.

Lucio Randaccio

 

 

SEGNALAZIONI - Replica - La posizione di Bioest

 

A seguito della segnalazione dell’associazione Italia-Israele, si precisa quanto segue: 1) avere scelto, alla vostra richiesta di chiarificazioni sul materiale esposto da un’associazione partecipante alla manifestazione Bioest svoltasi nel Parco di San Giovanni (28 e 29 maggio) che vi ha “indignato per la diffusione di affermazioni verbali mistificatorie”, di non contattare direttamente i responsabili presenti e facilmente individuabili in loco anche con un banchetto; 2) si ricorda che alla manifestazione a lato del mercato sono pesenti realtà partecipative che portano il loro contributo con campagne di informazione e progetti. Questo è espressione dello spirito ch eha sempre animato la nostra attività sin dal 1994, ovvero dare la possibilità a tutte le associazioni che ne fanno richiesta di essere presenti nella piazza e di dedicare spazi di confronto tra i partecipanti e i visitatori; 3) a nostro avviso è proprio il confronto e il dialogo lo strumento principale che evita lo scontro e l’odio nei confronti di chi ha posizioni o idee diverse. Qualsiasi contrapposizione porta al non riconoscimento dei bisogni degli esseri umani che a volte per fittizie necessità si lasciano manipolare dal potere politico; 4) noi riteniamo he il rispetto dell’essere umano e della sua vita è la base di qualsiasi comunità democratica. Auspichiamo che il nostro pensiero sia condiviso dall’associazione Italia-Israele, dalla cittadinanza e dai lettori del Piccolo per un impegno comune alla realizzazione degli obiettivi sopra descritti.

Nevia Monaco presidente Associazione Bioest

 

 

SEGNALAZIONI - MIRAMARE - Addio colibrì

 

La commedia è finita! Alla fine, i colibrì sono stati sottratti al parco del castello di Miramare. Così ora è depauperato di quella che era una delle sue attrazioni, oltre che sempre più trascurato. “Niente male” per una città nota per la ricerca scientifica e molto apprezzata come meta turistica. Trieste è bella come poche altre città, e si meriterebbe di avere abitanti orgogliosi e grati, per avere la fortuna di poterci vivere, in questo luogo. Ma così non è! Poche sono state le lettere di rimostranza in difesa dei colibrì. Ciò dimostra, ed è un’ulteriore conferma, della passività e dell’indifferenza della collettività, sempre pronta e ben disposta a subire tacitamente le decisioni degli “illuminati” amministratori e dirigenti centrali. Anche il ricavato dei biglietti d’ingresso, venduti ai visitatori del museo del castello (costretti a fare lo slalom tra i secchi, posizionati ad hoc, per raccogliere lo stillicidio di acqua piovana che penetra al suo interno), vengono dirottati a Roma. Nemmeno questa “esaltante notizia” ha suscitato lo sdegno dei residenti triestini. Roma, o chi per essa, ingrassa mentre il castello, col suo bellissimo parco, si sta tristemente avviando verso uno stato di degrado sempre più palese. Ma sì, chissenefrega. Viva l’A e po’ bon!!!

Mario Barovina

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 14 giugno 2011

 

 

Acqua, centrali, giustizia ecco cosa cambierà adesso
 

Sarà il presidente della Repubblica a dichiarare abrogate le norme La Borsa festeggia le energie pulite: balzo dei titoli fino a oltre 14 punti
ROMA Cade lo «scudo» processuale del premier, finiscono in cantina i piani per le quattro centrali nucleari, l’acqua torna nelle mani dei Comuni e si interrompe la stagione delle gare per l’affidamento a nuovi gestori, da avviare entro la fine dell’anno. Con un voto che farà storia, gli italiani rimescolano le carte in alcuni settori strategici per il Paese e dicono no alle leggi ad personam. Dopo la ratifica dei risultati da parte della Cassazione, sarà il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a dichiarare abrogate le norme. Ma se il decreto avrà effetto dal giorno successivo alla pubblicazione, il primo segnale di cambiamento arriva dalla Borsa. Con il definitivo addio al nucleare, i titoli legati alle energie rinnovabili prendono il volo. Enel Green Power chiude con un incremento dell’1,41%, dopo aver sfiorato il 4%, mettono le ali i titoli di K.R.Energy (+ 15,62%), ErgyCapital (+14,24%) o Kerself (+14,04%). La vittoria dei sì cancella la possibilità di costruire centrali nucleari sul territorio italiano e impedisce la possibilità di legiferare in materia per 5 anni. Del legittimo impedimento, a cui il premier e i ministri potevano fare ricorso, non resta più nulla. Lo «schermo» processuale era già stato smontato nei punti chiave dalla Consulta: ora che non esiste più, Berlusconi non potrà più evitare le udienze invocando impegni istituzionali. Quanto all’acqua, viene meno il divieto per gli enti locali di affidare la gestione a proprie aziende senza gara, mentre l’abrogazione dei profitti richiederà l’immediata riduzione delle tariffe .

(m.r.t.)
 

 

Trieste è fanalino di coda ma vuole l’acqua pubblica
 

Il grillino Menis punge il Pd: «Un nostro cavallo di battaglia a differenza di altri» L’ex assessore Rovis (Pdl): «Servizio gestito da una società mista da dodici anni»
TRIESTE Scettici sulle virtù dell’atomo, indignati di fronte alla protezione invocata da un premier alle prese con continui guai giudiziari, ma soprattutto terrorizzati all’idea di dover pagare bollette dell’acqua più salate. Così appaiono i triestini che, accogliendo gli appelli dei comitati per il “sì”, hanno partecipato alla consultazione referendaria. Lo rivelano con evidenza i dati dell’affluenza (55,58%,la più bassa di tutta la regione) e le percentuali di voto: il secondo quesito, voluto per abrogare la prevista maggiorazione delle tariffe del servizio idrico legata alla remunerazione dei soggetti privati, ha ottenuto la partecipazione più massiccia e convinta. I voti In provincia di Trieste contro il “caro-bolletta” si sono espressi 101.462 elettori, quasi mille in più rispetto a quanti hanno votato contro la privatizzazione dei servizi (100.547 “sì”). Ancora più significativo poi il confronto con gli altri referendum: quello sul nucleare - a sorpresa il meno sentito dei quattro -, ha incassato “solo” 98.957 “sì”, mentre quello sul legittimo impedimento ha fatto registrare 99.505 voti a favore dell’abrogazione. Un trend confermato anche dai dati relativi al Comune di Trieste. Qui le croci barrate sul “sì” riportato nella scheda gialla sono state 86.141,798 in più rispetto a quelle tracciate sulla scheda sulla gestione dei servizi, 2284 in più rispetto ai “sì” ottenuti dal quesito sull’energia nucleare e 1687 in più di quelli incassati dal referendum sul legittimo impedimento. Promotori soddisfatti Con il loro voto, in ogni caso, i triestini hanno aderito alle mobilitazioni avviate in ogni parte d’Italia per la difesa dell’acqua come bene comune. «Siamo estremamente contenti - commenta il “grillino” Paolo Menis -. Noi portiamo avanti il tema dell’acqua pubblica da tempo, a differenza di altri saliti sul carro dei vincitori in ritardo (chiaro il riferimento al Pd, ndr). E l’esito del referendum conferma quanto interesse esista attorno a questa partita». Non di interesse ma di scarsa informazione parla invece chi ha scelto la strada dell’astensione, come Paolo Rovis del Pdl: «Tanti triestini hanno votato “sì” ai quesiti sull’acqua senza nemmeno sapere che qui, già da 12 anni, il servizio è gestito da una società non più totalmente pubblica. La questione è stata affrontata in termini di slogan». La scelta del “no” Non tutti gli elettori, però, si sono espressi a favore dell’abrogazione. Una piccola percentuale ha votato per il mantenimento delle norme. Linea seguita da 4822 residenti della provincia di Trieste (4,58% del totale) nel caso del primo quesito e da 4219 (3,99%) nel secondo. Le croci barrate sul “no” sulle schede sull’atomo sono state invece 6751 pari al 6,23% dei voti totali, mentre nel caso del legittimo impedimento i voti contrari sono stati 5810 (5,52%). Schede bianche e nulle Va detto poi che chi ha ritirato le schede al seggio, non le ha necessariamente barrate. In totale nella provincia sono state registrate infatti 2826 schede bianche (846 nel caso della gestione dei servizi, 589 sulle tariffe, 628 sul nucleare e 763 nel caso del legittimo impedimento). E non sono mancate nemmeno le schede nulle: in totale 895, con punte di voti annullati registrate nel primo quesito (244 nulle) e nel quarto (233).
Maddalena Rebecca

 

 

E in piazza Unità esplode la festa del “sì”
 

Piccola folla scesa in strada, richiamata dal tam tam sulla rete. «C’è grande voglia di partecipare»
TRIESTE Il passaparola via facebook e twitter. Una catena spontanea di sms. Ma anche la consapevolezza che pure gli altri avrebbero fatto la stessa identica cosa: scendere in strada a festeggiare. Così un piccolo, allegro e colorato popolo si è riunito ieri pomeriggio in piazza Unità per celebrare la vittoria dei Sì al referendum. Il compito più difficile alla vigilia era noto: raggiungere il quorum. Ma già dai segnali della giornata di domenica l’ottimismo regnava sovrano. La conferma non è tardata ad arrivare: il “battiquorum” era terminato: missione compiuta. E così i cittadini aderenti al Comitato per il “sì” e i dipietriesti dell’Italia dei Valori hanno inscenato una carovana che dalla piazza Grande si è protratta sino al cuore di Cavana. Un variopinto serpentone umano che ha orgogliosamente sventolato le bandiere blu con il logo “sì per l’acqua bene comune”, i vessilli gialli “Mai + nucleare” e gli immancabili arcobaleni della pace. «Al di là delle importanti ripercussioni che la vittoria dei Sì avrà sulla vita dei cittadini - commenta Stefano Patuanelli, neoconsigliere comunale dei “grillini” sceso in piazza già nel primo pomeriggio-, colpisce l'affluenza così massiccia. Significa che qualcosa si è rotto tra i cittadini e i politici. Gli italiani sono stufi di delegare e vogliono occuparsi in prima persona dei problemi che li riguardano. Esattamente i motivi per i quali è nato il nostro movimento». Altrettanto trionfanti i toni degli esponenti dell’Idv. «È stata una grande vittoria del popolo italiano, messa in atto nonostante una campagna informativa lacunosa - osserva Paolo Bassi, fresco di elezione in Consiglio comunale -. La posizione espressa è stata chiara e inequivocabile: il governo non può decidere senza tenere conto della volontà popolare. Questa ventata di novità politica si inserisce nella scia dei risultati delle elezioni amministrative e, a Trieste, continua anche con la giunta giovane e dinamica voluta dal sindaco Cosolini». Liberatori, infine, i commenti degli attivisti del Comitato del “sì”: «Ottima l’affluenza, leggermente inferiore a Trieste per la presenza di tanti anziani in casa di riposo - chiarisce Tiziana Cimolino, una delle promotrici -. I comitati per i referendum hanno poi favorito una grande dimostrazione di democrazia con il contatto porta a porta, come la politica dovrebbe fare».

( r.t. m.r.)
 

 

Slovenia, Krsko2 rimandata al 2030
 

Pronto il Piano energetico nazionale. Grande attenzione a fonti rinnovabili e centrali a gas. Fondamentale Southstream
i piani sul nucleare Prolungata la vita della centrale di Krsko fino al 2043. La costruzione di un nuovo impianto sarebbe troppo costoso
TRIESTE La Slovenia ha reso noto il suo Piano energetico nazionale che arriva fino al 2030. Il Paese guarda con decisione all’impiego di energie rinnovabili cercando di adempiere a quelli che sono gli obblighi comunitari in materia già a partire dall’anno in corso, prolunga la vita alla centrale nucleare di Krsko e prevede investimenti nel settore pari a 29 miliardi di euro. Il piano è molto articolato e delinea tutta una serie di scenari possibili. In tre di essi si prevede l’ampliamento della centrale termoelettrica di Sostanj, due prevedono la costruzione di una nuova centrale nucleare mentre in tutti è presente quella di Krsko che sarà tenuta in funzione fino al 2043. A questo riguardo il ministro dell’Economia Darja Radic è stata esplicita: «La Slovenia non ha intenzione di recedere dai suoi piani nucleari dopo la disgrazia di Fukushima visto che l’energia atomica può essere sfruttata e gestita in modo sicuro». Lubiana punta dunque sì alle energie rinnovabili ma anche a una «sicura» gestione di Krsko dedicando molta attenzione alla razionalizzazione della rete di distribuzione dell’energia pronta, a questo scopo, a sfruttare il passaggio sul suo territorio del metanodotto Southstream e ad allacciarsi al futuro rigassificatore che sarà costruito a Veglia in Croazia. Il direttore dell’Agenzia per l’energia Janez Kopac ha affermato che nei prossimi nove anni in Slovenia il fabbisogno energetico crescerà del 9% ma bisognerà altresì utilizzare un quarto dell’energia ricavata da fonti rinnovabili. Tale impegno, del resto, è già stato preso da Lubiana nel piano d’azione per le energie rinnovabili sottoscritto un anno fa con Bruxelles. Kopac ha anche precisato che è molto probabile la costruzione di una centrale elettrica a gas a Trbovlje in grado di produrre 180 megawatt. Tornando all’argomento dell’energia nucleare che ci riguarda molto da vicino visto che Krsko dista un centianio di chilometri da Trieste è certo che la centrale sarà mantenuta operativa per altri 20 anni. Lubiana però frena sulla costruzione di una nuova centrale. «Un’operazione molto costosa - spiega Kopac - che prevede un investimento di 5 miliardi di euro, ma che crea anche tutta una serie di “costi” sociali visto che del progetto sarebbero interessati tutti gli stati contermini». Il direttore dell’Agenzia per l’energia ritiene quindi che di una nuova centrale nucleare se ne riparlerà nel 2030. La Slovenia pensa invece a costruire due nuove centrali idroelettirche, una sulla Mura e una sulla Sava ma sulla cui collocazione c’è grande incertezza dovuta a problematiche ecologiche. Grosso interesse si ripone invece su impianti destinati a sfruttare il vento. Nel piano sono previsti già 14 siti, due dei quali molto vicini al confine con l’Italia: si tratta di Erpelle-Slope e i rilievi di Senosecchia. La Slovenia pensa di ricavare da tali impianti 120 megawat nel 2020. Il Piano energetico, come dicevamo, è molto ampio, complesso e articolato tanto che l’Associazione degli industriali slovena ha chiesto che lo stesso possa rimanere in consultazione non per 45 giorni come attualmente previsto, ma almeno fino a ottobre. Sta di fatto che lo stesso dovrebbe finire davanti al Parlamento per l’approvazione entro la fine dell’anno anche se la crisi di governo in corso farà sicuramente slittare il tutto al 2012. La Slovenia comunque punta entro il 2020 al 25% di utilizzo di energia da fonti rinnovabili, a diminuire sempre entro lo stesso anno del 9,5% le emissioni di gas serra per toccare quota 18% entro il 2030. L’adeguamento di tutte le abitazioni ai massimi standard di risparmio energetico è previsto entro il 2020, per il settore privato questo parametro dovrà essere raggiunto già entro il 2018, mentre ci si impegna a raggiungere entro il 2030 l’obiettivo di fermare la quota delle importazioni al 45% del fabbisogno energetico nazionale
Mauro Manzin

 

 

Il sindaco Cosolini agli assessori: precedenza al Prg
 

La prima riunione di giunta è stata dedicata a individuare le priorità su cui muoversi, a partire dal piano regolatore
Una relazione su tutte le emergenze cittadine. L’ha chiesta ieri pomeriggio a tutti i neoassessori il sindaco Roberto Cosolini in occasione della prima riunione ufficiale di giunta. Un incontro che, novità quasi epocale, ha visto anche la presenza di tutti i dirigenti d’area dei vari assessorati. «Ho voluto dare un segnale preciso - ha commentato Cosolini - per far capire a tutti quanto sia importante fare gioco di squadra e lavorare in una logica d’integrazione tra le varie realtà del Municipio. Far comprendere, insomma, che non esistono più e non devono esistere dei compartimenti stagni». Formalmente quella di ieri doveva essere poco più di una formale seduta di insediamento, ma i tempi stringono, e non ci vorrà molto perchè i primi impegni urgenti si materializzino sulla scrivania del primo cittadino. Non sembra un caso, dunque, che Cosolini alla futura, classica riunione di giunta del prossimo lunedì ne abbia affiancata già una nella corrente settimana, venerdì, nel corso della quale verranno distribuite le ultime deleghe. «Bisogna eleborare una mappa delle priorità - racconta - partendo dalle questioni che ogni assessore ha trovato aperte nei propri uffici, mettere le basi per una serie di incontri su economia e lavoro e, soprattutto, lavorare su quella che sarà da subito la nostra priorità assoluta, il piano regolatore». È questo, in effetti, il nodo che preoccupa di più i nuovi reggitori di Palazzo Cheba, alle prese con i pregressi di un documento che ha spaccato il consiglio, diviso l’ex maggioranza e, per certi versi, dato un robusto aiuto alle sue stesse sfortune elettorali. Si tratta di un piano - ammette il sindaco - realmente complesso, anche e soprattutto perchè presenta delle complessità tecnico-giuridiche di non facile risoluzione». Non sarà comunque l’unico documento prioritario della giunta. «A fianco del tema del prg - anticipa Cosolini - dobbiamo arrivare rapidamente a un esame integrato della situazione del piano parcheggi, che è stato totalmente inattuato e va adesso restaurato tenendo conto del piano della mobilità e trasformandolo in qualcosa di coerente e coordinato». Oltre a questi autentici “macigni”, che monopolizzeranno o quasi la prima fase della vita amministrativa della giunta, ieri si è parlato anche di altri argomenti di fondo, come ad esempio l’invito del sindaco alla massima attenzione verso quegli eventi (festa di Costa favolosa e altre manifestazioni turistiche) che calamiteranno su Trieste molti occhi interessati. L’avvio dei lavori sembra aver già raccolto da parte del numero uno una reazione soddisfatta. «Ho visto tutti molto motivati, già molto sul pezzo. Polemiche? Non mi pare. Ieri ho messo un post su facebook e ho avuto un riscontro imopensabile, in termine di contatti, oltre ad aver riscontrato un assoluto plebiscito sulle tesi esposte. Penso che si potrà lavorare molto bene tutti assieme».
Furio Baldassi

 

 

Lucchini-Severstal, vertice al ministero
 

Dopo sei mesi torna a riunirsi oggi, al ministero dello Sviluppo economico, il tavolo nazionale sul gruppo Lucchini-Severstal. L’ultima riunione sulla situazione delle aziende controllate dal magnate russo Alexey Mordashov si era tenuta infatti prima di Natale, cui aveva fatto seguito un incontro dei sindacati con il presidente della Regione Renzo Tondo. Da allora nessun ulteriore sviluppo, almeno a livello ufficiale. «In questi mesi - precisa l’assessore regionale alle Attività produttive Federica Seganti - ho avuto incontri ufficiosi con i sindacati e il management locale, sempre in attesa di elementi concreti dal gruppo, sui quali mettersi a lavorare in maniera significativa. Un altro tavolo - aggiunge - era previsto a fine gennaio sul piano finanziario proposto alle banche, tavolo poi rinviato ai primi di aprile. Da allora non c’è stata nessun’altra convocazione al ministero». Novità, o quantomeno aggiornamenti, sul piano industriale e sullo stato della proprietà del gruppo sono dunque attese oggi al vertice romano, al quale prenderanno parte anche le organizzazioni sindacali. In vista di questa riunione, ieri le Rsu della Ferriera hanno fatto il punto con le segreterie di categoria e le segreterie confederali. «Andiamo a Roma - commenta Umberto Salvaneschi, segretario provinciale della Fim-Cisl - per capire lo stato delle cose nel gruppo Severstal-Lucchini, qual è il disegno per Trieste, e per riportare con forza, a livello nazionale, i problemi della siderurgia triestina. Da segnali che ci arrivano, però, non dovrebbero emergere grandi risposte, perchè il discorso fra il gruppo e le banche non pare ancora ben definito».

(gi. pa.)
 

 

SEGNALAZIONI - ENERGIA Scelte anti-economiche

 

Confesso di non essere un esperto di energia nucleare, ma alcuni ragionamenti minimi si possono comunque fare. Una centrale nucleare non funziona per opera dello Spirito Santo, ma brucia, credo, uranio. L’Italia non ha naturalmente uranio come non ha né carbone né petrolio né gas naturale: dobbiamo importare da altri paesi. L’autosufficienza energetica non esiste, insomma dipendiamo sempre dall’estero. Si può parlare al massimo diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Lo stesso risultato magari si può ottenere comprando gas naturale dal Kazakistan oltre che dalla Russia. I paesi da cui si compra l’uranio sono vicini o lontani e quanto costa il trasporto? Il petrolio e il gas viaggiano in oleodotti e gasdotti; l’uranio no. Un altro problema sono le riserve. Sarebbe veramente comico puntare sulle centrali nucleari a uranio e poi accorgersi che le riserve dello stesso cominciano a scarseggiare quando avremo finito di costruire la nostra centrale. Esiste poi il problema delle scorie che nessuno ha risolto: lo dice un premio Nobel. La Francia, sottobanco e in silenzio senza molta pubblicità smaltisce le scorie nelle miniere tedesche o magari sperava di piazzarle nei deserti di qualche paese africano. L’Italia come potrebbe risolvere il problema delle scorie? Certamente non rifilandole all’estero, è come mettere la polvere sotto il tappeto: non è molto elegante. Questione di stile. Non c’è naturalmente nessun paese, città, provincia o regione in Italia disposto ad accettare depositi di scorie nucleari sul proprio territorio: neppure dove si vota in massa per il governo. Costruire pochi chilometri di Tav è già un problema, figuriamoci le scorie e l’Italia, a differenza di Francia e Germania, è un paese di terremoti. Se alla fine si fanno due conti sommando il costo di costruzione di una centrale nucleare (in costante aumento per motivi di sicurezza), il costo del combustibile e il costo di smaltimento e messa in sicurezza delle scorie la conclusione è che proprio non conviene. Le centrali nucleari sono probabilmente il futuro dell’energia, basta pensare al nostro sole (una immensa centrale nucleare) che dura da milioni di anni. Queste in futuro potranno dare energia costante anche di notte quando l’energia solare manca o quando l’energia eolica cessa per assenza di vento. Ma non le centrali attuali a fissione, solo quelle future a fusione (tipo bomba all’idrogeno per intenderci) che non produrranno scorie. La cosa più sensata forse è fare ricerche in questa direzione e non spendere soldi per qualcosa che è antieconomico.

Ermanno Predonzan

 

 

SEGNALAZIONI - ISRAELE Boicottaggio a Bioest

 

Ho l’obbligo di dare riscontro alla lettera della signora Fazzini, presidentessa dell’Ass.ne Italia Israele apparsa in data 7 giugno con il titolo “Bioest e Israele”. Primo: "Israele, in violazione degli accordi di pace, impianta aziende e produce merci nei territori palestinesi occupati, esportando quindi con il marchio "made in Israel". Una campagna internazionale di boicottaggio vuol contrastare questa appropriazione indebita di terra e risorse, come già avvenuto per le analoghe situazioni di sfruttamento esistenti in Sudafrica con l'apartheid. Ma il boicottaggio contrasta pure: - la costruzione del Muro detto appunto dell’Apartheid che non divide Israele dai Territori Palestinesi, ma si sviluppa al loro interno dividendo città e villaggi tra loro, separandoli dalle rispettive aree agricole, come nel Sudafrica dei Bantustan. - L’assedio della Striscia di Gaza che Israele ha stretto in una barriera di ferro e filo spinato elettrificata che impedisce ai quasi due milioni di palestinesi ogni contatto con il mondo esterno, compresa la costa dove, oltre il mezzo miglio, le motovedette di Tel Aviv sparano sui pescatori. Il boicottaggio è dunque un atto civile e non violento di lotta per il ripristino dei diritti umani, civili e della legalità internazionale ed è sollecitato non solo dalla società civile palestinese, ma pure da importanti personalità israeliane che si ribellano ai comportamenti reazionari di Tel Aviv. Secondo: riguardo le politiche che Israele pratica, e che combattiamo con il boicottaggio, cito alcuni passi dell’intervista rilasciata a Micromega da Moni Ovadia dopo l’atto di pirateria commesso da Israele contro la Freedom Flotilla nel maggio 2010, conclusosi con l’assassinio di nove volontari: “Questa classe politica israeliana appoggiata da una parte importante dell’opinione pubblica non vuole uno stato palestinese. Vuole che i palestinesi diventino dei fantasmi, dei non cittadini di un non luogo. L’allargamento degli insediamenti ha reso a brandelli il territorio occupato dai palestinesi. Begin era un reazionario, ma era di un’altra statura. Questi sono infimi di statura politica, alcuni di loro sono corrotti. Chiunque non è d’accordo con loro è un antisemita. Nemici di Israele, antisemiti, sanno dire solo questo e sono loro i veri nemici di Israele. Porteranno lo stato di Israele alla catastrofe con questa politica. Questo è quello che accade quando si trasforma un’identità spirituale ed etica in un’identità nazional-religiosa. Anche se non si è fascisti se ne assumono i comportamenti. Mentono con una propaganda grottesca e ridicola e con un’idea di ragione autoreferenziale. Ho ragione perché ho ragione. Hanno imboccata la tipica via dei nazionalismi reazionari che spesso sconfinano nell’atteggiamento fascista. Perché questo è il destino di chi diventa nazionalista. Non riconosce più l’umanità dell’altro e perde la propria anima.” Rassicuro la signora Fazzini: la nostra azione civile e non violenta che lei chiama “odio” è rivolta contro simili ingiustizie, contro il fascismo e contro quelli che “perdono la propria anima” in Israele come in Italia. E il Bioest, come ogni manifestazione democratica, è la sede naturale per azione come questa che abbiamo portato, che portiamo e che porteremo avanti in ogni occasione assieme alla moltitudine di ebrei, israeliani e non, che si riconoscono in tale battaglia di civiltà politica.

Giorgio Stern responsabile dell’Associazione Salam Ragazzi dell’Olivo di Trieste presente al BIOEST con il banchetto divulgativo

 

 

 

 

L'UNITA' - LUNEDI', 13 giugno 2011

 

Nucleare addio: il futuro si chiama Blue Economy - di Gunter Pauli
 

Fonti rinnovabili al posto del nucleare? Non è uno slogan né un’utopia: le tecnologie per passare dall’energia dell’atomo a quella verde non solo esistono, ma permettono di creare posti di lavoro e risparmiare denaro. Oggi nel mondo ci sono 442 centrali nucleari operative in 30 paesi che generano 375 gigawatt (Gw) di energia elettrica; a queste stanno per aggiungersi altri 65 impianti nucleari in via di realizzazione in 16 paesi per la produzione di altri 63 GW. Gli Stati Uniti ospitano il maggior numero di impianti di energia nucleare (104), più di Francia (58) e Giappone (48). Circa212 centrali in funzione hanno più di 30 anni, e nessuna scienza è in grado di dirci per quanto tempo saranno ancora sicure. In Germania, il cancelliere Angela Merkel ha ordinato la chiusura definitiva di tutti gli impianti che hanno più di 30 anni. Il relativo declino del nucleare era già una certezza prima del disastro di Fukushima. Nel 2010, l’Unione europea aveva 143 centrali, molto al di sotto del picco del 1989, quando ne funzionavano 177. Si dice che le centrali nucleari siano in grado di fornire elettricità a 5,9 centesimi per chilowattora (kWh). Ma il costo effettivo, includendo le sovvenzioni, i vantaggi della svalutazione, le tutele assicurative, gli aiuti finanziari e le spese per lo smaltimentodelle scorie, raggiunge i 25-30 centesimi per kWh. A dispetto dei massicci sussidi e delle protezioni legali, nel 2010 il nucleare ha prodotto a livello globale meno energia delle rinnovabili. Arriviamo alla domanda cruciale: è possibile produrre nel mondo energia rinnovabile a prezzi accessibili? La risposta è positiva, soprattutto se - adottando i criteri di un progetto chiamato Blue economy - ci poniamo l’obiettivo di usare ciò che abbiamo, di studiare e sfruttare al meglio la competitività delle innovazioni tecnologiche, di evitare il ricorso a sussidi pubblici. Poche fonti di calore e di elettricità potrebbero rivoluzionare l’attuale panorama delle energie rinnovabili. Le tre innovazioni chiave sono: 1) turbine eoliche verticali all’interno dei tralicci ad alta tensione già esistenti; 2) riprogettazione degli impianti di trattamento delle acque reflue (Itar) municipali già esistenti per combinarle con i rifiuti solidi organici producendo biogas; 3) produzione combinata di calore ed elettricità con moduli fotovoltaici a doppia esposizione collocati su container riciclati dotati di sensori ottici per concentrare i raggi solari. Se la Germania decidesse di integrare 500 dei suoi 9.600 impianti Itar con generatori altamente efficienti usando le tecnologie dell’impresa Scandinavian Biogas (che oggi sono operative a Ulsan, nella Corea del Sud) la fornitura elettrica potrebbe raggiungere i 5 Gw. Il biogas è una forma sicura e prevedibile per produrre corrente - ed è indubbia la fornitura permanente ricavabile dai rifiuti organici e dalle acque reflue - che può assicurare quindi una rete stabile. Installando le turbine verticali di Wind-it (Francia) all’interno di un terzo dei suoi 150mila tralicci ad alta tensione, la Germania potrebbe generare più di 5 Gw, ad una frazione del costo dell’energia nucleare. In Germania ci sono 1.900 discariche. Se venissero collocati generatori combinati di calore ed elettricità dell’impresa svedese Solarus su appena 100 ettari in 100 di questi terreni inutilizzati, si otterrebbero 1.830 kilowatt termici e 610 kilowatt elettrici per ettaro, e la potenziale fornitura di energia aumenterebbe di altri 6,1 gigawatt elettrici e 18,3 gigawatt termici. Questo calore potrebbe servire per ridurre sensibilmente la domanda di energia utilizzata per riscaldare l’acqua, la principale voce di spesa nel consumo di elettricità delle famiglie tedesche. La domanda giornaliera di energia elettrica in Germania è di circa 70 GWh, e l’energia nucleare rappresenta circa il 20 per cento, ossia 15 GWh. Questi calcoli dimostrano che utilizzando anche solo una minima parte delle infrastrutture già esistenti, è possibile sostituire tutto il nucleare: 5 GWh dalle turbine eoliche montate sui tralicci dell’alta tensione, 5 GWh dalla produzione di biogas ottenuta dalla riconversione degli impianti per il trattamento delle acque reflue e 6,1 GWh da impianti fotovoltaici montati nei terreni delle discariche. In totale si tratterebbe 16,1 GWh contro i 15 coperti oggi in Germania dal nucleare. Il costo di produzione per ciascuna delle tre alternative è pari o inferiore a 2 centesimi per kWh. Il costo attuale per il trasferimento dell’energia nucleare alla rete elettrica è di 5,6 centesimi per kWh. Un altro vantaggio evidente è la creazione di posti di lavoro: la Germania, che è già leader mondiale nell’esportazione di tecnologie verdi, potrebbe diventare il maggiore esportatore al mondo di energia verde. Ma l’elemento decisivo per la strategia di uscita dal nucleare è che la differenza di prezzo - 3,6 centesimi alkWh- per i 15GWforniti oggi dai reattori nucleari produrrà una manna dal cielo: un beneficio annuale di 4,7 miliardi di euro. Questo flusso di cassa, prodotto dalle efficienze di tecnologie semplici, potrebbe bastare a finanziare l’uscita dal nucleare entro10 anni. In questomodole aziende elettriche avrebbero una alternativa basata sul valore degli attivi, e verrebbero pagate per l’abbandono dell’energia nucleare. La chiusura forzata dei vecchi reattori ha già ridotto il valore delle centrali del 25 per cento, e l’attuale momento di incertezza rischia di portare a un ulteriore crollo delle azioni.Manonsarà difficile trovare una soluzione che permetta di rinunciare al nucleare aumentando i benefici per tutti e riducendo i rischi. La Germania potrebbe diventare un asse finanziario mondiale, investendo su un’uscita dal nucleare fondata sul denaro contante e il consenso. Questo è l’obiettivo ultimo della Blue economy: rispondere ai bisogni fondamentali della collettività sfruttando ciò che già abbiamo, offrendo prodotti e servizi a costi minori senza danno per la salute e l’ambiente, e creando capitale sociale. Tutto sta ad indicare che si tratti di un obiettivo possibile, molto più vicino di quel che pensavamo.
© IPS (Traduzione di Barbara Alvino)
(*) Gunter Pauli, imprenditore e autore di «The Blue Economy»

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 13 giugno 2011

 

 

Referendum, i "Sì" oltre il 95%, risultato storico, "Una vittoria di tutti"
 

Ha votato il 57% degli aventi diritto, raggiunta e superata la soglia minima per tutti i quesiti.

Ininfluente il voto degli italiani all'estero, esplode la gioia degli organizzatori e degli elettori con festeggiamenti nelle piazze d'Italia.

Tra gli slogan, "Berlusconi colpito al quorum". In mattinata, polemiche per le parole di Maroni a urne aperte.

ROMA - Il Viminale certifica: ai referendum popolari del 12 e 13 giugno ha votato il 57% degli aventi diritto. Il successo dei "Sì" tocca il 95%, un successo travolgente, sperato e ricercato, già percepito più vicino da ieri sera, ma sorprendente anche nel momento della rivelazione. E l'entusiasmo esplode ovunque, nelle piazze e su internet, dai comitati promotori e dagli elettori, per i risultati e anche per il "vento nuovo" di partecipazione. Quelle che arrivano dal ministero dell'Interno sono percentuali di rilevanza assoluta 1, con il quorum raggiunto e superato per la prima volta dal 1995. Un dato che rende non decisivo al fine della validità della consultazione il voto degli italiani all'estero.
Quorum per tutti i quesiti. Tutti e quattro i quesiti referendari hanno raggiunto il quorum. Secondo il dato definitivo diffuso dal Viminale, al totale dei seggi scrutinati negli 8.092 Comuni italiani, l'affluenza alle urne è stata circa del 57%. Il quesito che ha incontrato maggior partecipazione è il secondo, quello sulla "determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata
remunerazione del capitale investito abrogazione parziale di norma", per cui ha votato il 57,03% degli elettori. A questo punto il dato degli italiani all'estero (i quali, comunque, dovrebbero aver votato in una percentuale superiore al 20%) può, al massimo far scendere intorno al 55/56% il risultato complessivo dell'affluenza.
Il primo quesito, "modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica - abrogazione" ha registrato unl'affluenza del 57,02%. Il terzo, "abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio di energia elettrica nucleare" arriva al 56,99% e il quarto, "abrogazione di norme in materia di legittimo impedimento del presidente del Consiglio e dei ministri a comparire in udienza penale" totalizza un'affluenza del 56,98%. Numeri che fanno dichiarare al Premier: "Il governo e il Parlamento hanno il dovere di accogliere pienamente il responso dei quattro referendum", ma fino al giorno prima del voto, il presidente del Consiglio aveva definito "inutili" le consultazioni.
In più, con un calcolo sui risultati ipotetici, è possibile stabilire che si è pronunciata per il "sì" la maggioranza assoluta di tutti gli aventi diritto al voto, cioè la maggioranza di tutti gli italiani in età di voto. Ovvero, anche se fossero andati tutti a votare, con affluenza ipotetica del 100%, e quel 34% che in realtà non ha votato avesse invece votato "no", il "sì" avrebbe vinto con circa il 52%.
Festeggiamenti per il "Sì". Musica, bandiere colorate, brindisi e abbracci tra i sostenitori dei "sì", in tutte le città d'Italia. A Roma, piazza della Bocca della verità è gremita 4. E tra slogan come "Berlusconi colpito al Quorum" e "Sì sì sì sì, legittimo godimento", le piazze della festa si riempiono. "Da questo palco il nostro grido coinvolge tutte le piazze d'Italia: vittoria!", e alla Bocca della verità sventolano tantissime bandiere, dei comitati dell'acqua pubblica, quelle contro il nucleare ma anche dei partiti, nonostante gli organizzatori a più riprese invitino i militanti del partito "a tenere basse le bandiere, perchè questa è una festa di tutti". Attorno al palco allestito per l'occasione si canta e si balla e l'allegria è percepibile tra la gente. "Oggi è una giornata di festa per tutti. Sono qui con i miei figli ed era da anni che non mi sentivo così viva e partecipe delle futuro del mio Paese", dice Clara, una giovane mamma. "Abbiamo partecipato alla riuscita di questo referendum con numerose iniziative dentro e fuori l'università", dice Marta, dei collettivi studenteschi della Sapienza. "E' una battaglia che ha riunito tutti e questa oggi, è una festa di tutti". Si aggiunge la soddisfazione degli ambientalisti, che parlano di "momento storico", per l'abbandono del nucleare in Italia.
Mappa del voto. Il quesito più votato in tutta Italia è il secondo, con il 57,03 degli elettori, il meno votato è il legittimo impedimento, con il 56,98. Uno scarto minimo, che comprende anche le differenze con gli altri quesiti, con scarti nell'ordine dei decimali con il più votato.
Regioni. La regione che in assoluto ha portato più elettori alle urne è il Trentino Alto Adige, con 64,61% degli aventi diritto che hanno votato per il quesito numero 2, mentre il record negativo di elettori tocca alla Calabria, con il 50,33% sul quesito numero quattro.
Province. Con il terzo quesito, quello sul nucleare, la percentuale più alta di votanti è a Reggio Emilia, con il 68,47% degli elettori. A Crotone invece il numero più basso, con il 45,07 sul quesito numero quattro.
Capoluoghi. Il dato più alto è quello di Livorno, in cui ha votato il 68,33% degli aventi diritto, quesito più votato il numero 3. In fondo alla classifica c'è Catania, con le urne che registrano il 43,22% su tutti e quattro i quesiti.
Altri Comuni. Nelle località siciliane dove oltre al voto del referendum si svolgevano i ballottaggi 5 del voto amministrativo, i dati sono significativamente a favore del referendum, con scarti che raggiungono una forbice anche del dieci e venti per cento di elettori in più per le consultazioni.
Così, nel comune in cima alla classifica, Capo D'Orlando, ha votato l'80,62% ai referendum e il 70,51% per il ballottaggio, a Favara si registra il 73,37% ai referendum contro il 57,06 alle amministrative. Ultimi in classifica Viareggio (Lucca) con il 59,28% sul quesito 3, Cinisello Balsamo (Milano) con il 59,27% sul quesito 4 e Ispica (Ragusa), con il 59,27% sul quesito 3.
Domenica e lunedì. La seconda giornata di voto inizia con l'apertura delle urne dalle 7, dopo la chiusura alle 22 di ieri sera con una percentuale di votanti storica, oltre il 41%. Una partecipazione popolare più ampia di ogni previsione. E alla chiusura dei seggi alle 15 di oggi, arrivano le prime certezze: il quorum c'è, e non solo: La fatidica soglia dei 50+1 appare abbondantemente superata, con cifre che riportano la memoria ai numeri di referendum storici per il Paese.
La giornata ha registrato momenti polemici ad urne ancora aperte, quando in mattinata il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha annunciato il raggiungimento del quorum. Una scorrettezza grave secondo l'opposizione e i comitati promotori, leggibile come un invito a non andare a votare. Anche Berlusconi ha parlato in mattinata, dichiarando che con questi risultati, "L'Italia deve dire addio al nucleare".

TIZIANO TONIUTTI

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 13 giugno 2011

 

 

Fondi alle associazioni no profit presto la legge sugli aiuti pubblici - PROPOSTA DEL PDL
 

TRIESTE In Friuli Venezia Giulia buona parte del “no profit” è escluso dai finanziamenti. E non a causa di un pregiudizio di fondo verso qualcuno, ma perché manca una legge organica che possa facilitarne l’accesso. Il Pdl ha colmato questo vuoto normativo con un disegno di legge che presto sarà sottoposto all’iter di approvazione in Consiglio. Sono 10 mila in tutta la regione le organizzazioni che operano nel terzo settore: a conti fatti una ogni 150 abitanti; togliendo partiti, sindacati e rappresentanze di categoria restano comunque circa 7.500-8.000 realtà impegnate quotidianamente nei campi più disparati. La lunga lista comprende onlus, associazioni e fondazioni di vario genere, comitati, gruppi di volontariato, cooperative sociali, enti lirici e società di mutuo soccorso. All’elenco si aggiungono le diocesi, le parrocchie e gli ordini religiosi. Da una ricerca dell’Osservatorio sulla sussidiarietà, promosso dal Centro servizi volontariato Fvg nel 2007, è emerso che ben 4.648 associazioni non risultavano registrate nell’ambito del volontariato. «Con l’effetto che restavano fuori dai normali canali di finanziamento – spiega Piero Camber, il primo firmatario del provvedimento – nonostante siano realtà che hanno le caratteristiche per ricevere fondi pubblici». L’iniziativa del consigliere del Pdl punta a creare i presupposti normativi per eliminare le disparità nella distribuzione dei contributi. «La Regione infatti – si legge nel testo – riconosce e promuove l’associazionismo nella pluralità delle sue forme quale espressione di libertà, promozione umana e impegno civile». La legge, inoltre, istituisce un apposito Registro articolato in un serie di campi che vanno dal sociale all’ambiente, dalla cultura alla solidarietà. L’iscrizione costituisce una condizione necessaria per ricevere contributi pubblici e stipulare convenzioni con gli enti del Friuli Venezia Giulia. Sarà un comitato, invece, a dover rappresentare l’intero no profit in sede istituzionale per la programmazione degli interventi sul territorio. Il testo prevede l’inserimento delle organizzazioni senza fini di lucro nelle iniziative di sostegno economiche regionali, come il Fondo di rotazione. Alla Giunta regionale, spetta la vigilanza e il controllo delle attività svolte dal settore. Ma il testo non parla solo di gestione e finanziamenti: Camber sollecita la Regione a pensare a strumenti di offerta formativa ad hoc, una sorta di scuola del “no profit” per volontari, operatori e dirigenti.
Gianpaolo Sarti

 

 

BORA.LA - LUNEDI', 13 giugno 2011

 

 

Laureni: “Il Comune di Trieste è assolutamente contrario al rigassificatore”
 

“La posizione del Comune di Trieste è nota ma va ribadita: essa è di assoluta contrarietà all’impianto, sia per motivi di sicurezza a causa della criticità dell’ubicazione proposta sia per favorire diverse opzioni di sviluppo”. Il neo assessore all’Ambiente, Umberto Laureni, chiarisce la posizione dell’amministrazione comunale rispetto al rigassificatore nel Golfo di Trieste.
L’intervento arriva dopo le prese di posizione di Gas Natural, che ha sottolineato nei giorni scorsi l’assoluta necessità di premere l’acceleratore sul progetto.
“Gas natural e Saglia – spiega Laureni – giustificano l’urgenza dei rigassificatori a causa dell’uscita dell’Italia dal programma nucleare. Non c’è logica in questo ragionamento: non fare le centrali nucleari non aumenta il fabbisogno energetico nazionale (diverso sarebbe se si dismettessero impianti operativi), eppure proprio la scelta di non farle sembra motivare la necessità ed urgenza degli impianti di rigassificazione. Ad una discussione seria sul fabbisogno energetico del Paese si rimane naturalmente e totalmente disponibili da subito”.
 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 12 giugno 2011

 

 

Il governo va avanti sul rigassificatore - Coro di no a Frattini
 

Un giudizio negativo unanime arriva da Cosolini, Nesladek e Bassa Poropat
Ribadiscono la loro contrarietà al rigassificatore, sia pure con toni e sfumature diverse, dopo le dichiarazioni del ministro degli esteri Frattini secondo il quale la decisione del governo di costruire l’impianto «sarà rispettata» e «andrà avanti». Il sindaco Roberto Cosolini, la presidente della Provincia Mara Teresa Bassa Poropat e il primo cittadino di Muggia Nerio Nesladek sottolineano un “no” unanime alla realizzazione dell’infrastruttura proposta da Gas Natural. «Nella campagna elettorale - ricorda Cosolini - tutti i candidati alle comunali hanno espresso una posizione negativa. Lo stesso Antonione, che Frattini è venuto a sostenere, l’ha detto in modo chiaro. E i cittadini hanno votato quasi tutti per candidati contrari al rigassificatore». Quanto alla posizione sua e della coalizione che lo appoggia, il sindaco ribadisce che «è negativa, in particolare per quell’ubicazione, anche perché le criticità emerse non hanno mai avuto risposte soddisfacienti». A questo punto Cosolini lancia un messaggio all’esecutivo: «Mi aspetto - sottolinea - che l’attenzione del governo per Trieste, invece di insistere su un’ipotesi che ha creato tante contrarietà, si manifesti sul porto e sui collegamenti, visto che nell’ultimo giorno di campagna elettorale Frattini aveva annunciato che erano stati trovati i soldi per la piattaforma logistica. Sarebbe il caso - prosegue - che il governo desse seguito a questa promessa, più volte ribadita, invece di insistere su un progetto sul quale i cittadini hanno espresso contrarietà». Ricorda, in premessa, che sul progetto del rigassificatore la Provincia ha organizzato un comitato scientifico che ha già evidenziato una serie di criticità, «alle cui domande Gas Naturale non ha dato risposte esaustive». La presidente della Provincia Bassa Poropat dichiara poi che nessun progetto modificato è stato ricevuto dai suoi uffici. «Allo stato attuale - precisa - confermiamo una serie di perplessità di tipo ambientale, su cui dovrà esserci un confronto puntuale in sede di conferenza dei servizi». Il sindaco di Muggia non usa mezzi termini. «Il rigassificatore - afferma - sarebbe una iattura non solo sul piano ambientale e della sicurezza, ma perchè costituirebbe un forte ostacolo allo sviluppo portuale». La posizione di Muggia non si ferma alle dichiarazioni. «Continuiamo la linea di opposizione in consiglio - afferma Nesladek - e in tutte le sedi: pendono una segnalazione al Tribunale e un ricorso al Tar, presentati con il Comune di San Dorligo, e proseguiamo i contatti con Lubiana e Capodistria per uno scambio di documenti in vista di un possibile ricorso alla Corte Europea. Chiediamo rispetto - conclude -. Il progetto non può essere realizzato senza coinvolgere i Comuni e gli Stati confinanti attraverso una consultazione diretta».

(gi.pa.)
 

 

Referendum, partita la corsa al quorum - il vademecum
 

Si vota dalle 8 alle 22 di oggi e dalle 7 alle 15 di domani. Nuova polemica sul Tg1 che ieri invitava ad andare al mare
ROMA Chiusa la campagna elettorale, il giorno del silenzio ieri è stato rispettato, a parte il nuovo “sgambetto” del Tg1 di Minzolini, e qualche spregiudicata presa di posizione, come quella di Emma Marcegaglia che ha insistito con il suo no sull’acqua. Alla presidente degli Industriali ha replicato indirettamente lo scrittore Andrea Camilleri che ha suggerito di non andare al mare e recarsi a votare. Questo malgrado quanto accaduto in coda al Tg1 delle 13,30 di ieri durante il breve spazio dedicato alle previsioni del tempo. L’annunciatrice ha invitato i telespettatori, in vista della soleggiata giornata di domani (oggi), «a fare una bella gita al mare». Tg1 recidivo, dopo aver sbagliato le date del referendum (come il Tg2), e che anche stavolta ha provocato molte critiche. Un invito che comunque negli anni passati, a chi lo ha pronunciato, non ha portato grandi benefici. Ed è quello che sperano i Comitati referendari alla ricerca del quorum (oltre il 50%) e dei quattro sì, oltre ai partiti di opposizione, contrapposti al centrodestra che – con molti distinguo nella Lega Nord – ha prodotto una campagna finalizzata unicamente all’astensionismo con i ministri della Repubblica, oltre al presidente del Consiglio Berlusconi, in prima linea. Tutti, a parte il ministro dell’Ambiente Prestigiacomo, hanno annunciato che non voteranno. Nella Lega invece vi sono posizioni molto differenziate, e non saranno pochi anche i politici del Carroccio che si recheranno da stamani alle urne. Infine da ricordare che il presidente della Repubblica Napolitano ha detto che farà il suo dovere di cittadino e voterà, mentre il Papa ha messo in guardia dall’uso di energie che possono danneggiare l’umanità, riferendosi ovviamente al nucleare. Fino a qua prese di posizione, schieramenti e sgambetti. E in attesa di sapere che fine faranno i voti dei cittadini all’estero, le parole oggi e domani lasciano ormai spazio ai seggi che da ieri sono in allestimento in tutta Italia. Si vota quindi. Urne aperte da questa mattina alle 8 fino alle 22, e domani lunedì dalle 7 alle 15. Il numero degli aventi diritto diramato dal Viminale è di 50 milioni e 594.867, di cui 3 milioni e 236mila residenti all’estero (i cui voti sul quesito del nucleare non si sa ancora se saranno riconosciuti validi e compresi nel conteggio del quorum che è la metà degli aventi diritto più uno). I referendum sono quattro. La scheda numero 1 (colore rosso) con quesito che prevede l’abrogazione di norme che attualmente consentono di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a privati. La scheda numero 2 (colore giallo), con quesito che propone l’abrogazione delle norme che consentono la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, il cui importo prevede attualmente anche la remunerazione del capitale investito dal gestore. La scheda numero 3 (colore grigio), con quesito che propone l’abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione sul territorio nazionale di energia nucleare. La scheda numero 4 (colore verde), con quesito che propone l’abrogazione di norme in materia di legittimo impedimento del presidente del Consiglio e dei ministri a comparire in udienza penale.
Paolo Carletti

 

 

SEGNALAZIONI - RIFIUTI - Differenziata e civiltà

 

Quando ci si lamenta che la città è sporca invece di addossare la colpa sempre ai servizi di pulizia delle strade e smaltimento dei rifiuti, oppure attribuirne le cause agli emigranti comunitari o extracomunitari che siano, ai turisti vari, ecc. si dovrebbe piuttosto ricercare la causa prima nella scarsa predisposizione di altri cittadini nel mantenere pulita Trieste. Ferrara, Gorizia, Portogruaro, Varese, Salerno, Siracusa, Parma, Treviso, ecc. sono pressoché immacolate in tutte le ore del giorno e della notte e non è che lì abbiano eserciti di netturbini. Il motivo è duplice: da un lato delle generazioni che, senza soluzione di continuità, hanno educato i loro figli e dall’altro che questi figli una volta diventati adulti hanno applicato gli insegnamenti di casa loro ed eventualmente diventati professionalmente tutori dell’ordine non ne fanno passare una perché il senso civico ed il diventare bravi e rispettosi cittadini lo si impara fin da piccoli prima che la società o le istituzioni si sforzino inutilmente di insegnarlo quando i giochi sono fatti e chiusi. Sotto questo punto di vista una fetta di due generazioni di concittadini ha trasmesso, inculcato e fatto recepire ben poco e lo si nota bene. Se non c’è autocontrollo da un lato e controllo dall’altro si finisce per sbragare tutti, ma la causa della nostra sporcizia è legata al fatto che molti triestini sono geneticamente sciatti poiché ciò che non interessa più o non serve ancora lo si getta a terra per automatismo. Più che trattarsi di maleducazione si tratta di una mentalità che si presume ineradicabile. I numeri delle panetterie, gli scontrini, il mozzicone della sigaretta, l’involucro del suo pacchetto, la pubblicità che continua ad essere messa sotto il tergicristallo delle automobili, per non parlare delle miriade di bigliettini e di foglietti dei candidati alle elezioni, trovano ed hanno trovato in troppi casi la via del pavimento. E che dire degli scontrini lasciati dai bancomat? Tutto per terra: “mi pago le tasse e no xe compito mio tignir netto”. Questo è l’aulico modo di pensare. A questo modo di fare si aggiungono altri fattori ben più menefreghisti quali quella buona metà di ciclisti che ignorano completamente di come si porta una bicicletta in città e che si assolvono da sé con la scusa che non ci sono le piste ciclabili, quel venti per cento di motociclisti che posteggiano come e dove non dovrebbero e quegli automobilisti che ignorano i cartelli stradali e non si fermano a far passare i pedoni sulle strisce pedonali. Trieste non si smentisce mai nelle sue contraddizioni che vanno da una cultura che si tocca con mano ad una maleducazione grossolana e diffusa che la si potrebbe tagliare con il coltello. Ma da primo gennaio si sarà tutti chiamati a fare effettivamente la raccolta differenziata il che costituirà un forte indicatore del grado di civiltà. È fin assurdo sentire che tutti amano svisceratamente la città e constatare che molti in fondo lo dicono soltanto a parole perché non la rispettano e non rispettano i loro concittadini.

Roberto Steidler

 

 

Nessuna indifferenza sul dramma migranti - l’intervento di ÓSCAR GARCÌA MURGA*
 

Il professor Magris ci spiega la “differenza tra pensiero reazionario e la democrazia. Il primo si riferisce ai sentimenti di solidarietà verso le persone che conosciamo con la possibilità di irridere l’umanità astratta e l’amore astratto ideologico per il genere umano”. Il pensiero reazionario ha difficoltà a capire che la lotta di un indigeno di Cochabamba in Bolivia per la sua acqua, è uguale alla lotta di noi italiani per la nostra acqua. I migranti italiani che morivano per strada di malattia e stento nel viaggio transoceanico per il sogno americano, sono fratelli degli emigrati che oggi fanno la Parigi-Dakar alla rovescia. La Dakar–Parigi della miseria. La risposta e solidarietà a questo pensiero da parte del nostro Presidente fa onore all’Italia perché stabilisce il limite che non si deve sorpassare: la cronaca consueta, l’assuefazione e l’indifferenza. Nessuno vuole lasciare la propria terra. I migranti africani, asiatici o latinoamericani, sono costretti a farlo nell’umana ricerca dei diritti fondamentali dell’uomo, diritto alla vita, diritto all’amore, alla preghiera, all’educazione, alla libertà, alla propria cultura e alla propria lingua. Diritti che spesso sono negati da oligarchie sostenute dai grossi interessi delle multinazionali che cercando soltanto il profitto vorrebbero imporre un monopolio alle fonti energetiche e al cibo, portando povertà, miseria ed emigrazione ai paesi che le possiedono. Su i giornali leggiamo le condanne etiche del tribunale permanente dei popoli a Madrid, le class action intraprese e vinte in paesi Latinoamericani per l’inquinamento selvaggio che ha creato una Chernobyl ambientale nell’Amazzonia e costretto all’esodo più di 35.000 persone. In Brasile migliaia di indigeni Kayapò, Assurini e Juruna lungo il fiume Xingù manifestano contro il megaprogetto della diga di Belo Monte che mette in pericolo la sussistenza di oltre 20.000 persone. Le fonti alternative come il sole, il vento e l’efficienza energetica possono produrre tanta energia come questa diga senza l’impatto ambientale, sociale ed economico. Il prof. Claudio Magris nel suo discorso al Quirinale nel giorno della Memoria pubblicato in prima pagina dal Piccolo del 28.01.2009 descrive la Shoah come uno spartiacque e parla dell’estinzione degli aborigeni della Tasmania, e le denuncie di vescovi in America Latina per guerre con centinaia di migliaia di morti, corollario di colpi di stato organizzati per proteggere gli interessi di grandi transnazionali della frutta e la gestione speculativa delle fonti energetiche. Una parte sempre crescenti dei nuovi italiani sono nati in terre lontane. Hanno imparato la lingua italiana, la maniera di pensare italiano, la storia d’Italia, le virtù e i difetti della terra che li ha dato ospitalità e che oggi è la loro terra e la terra dei loro figli. I nuovi italiani hanno arricchito la propria umanità e sicuramente qualcosa hanno portato in cambio. Dire che si sono integrati è troppo limitativo. I nuovi migranti hanno imparato ad amare profondamente la terra italiana come invece non sempre si può dire di una classe politica preoccupata ai propri interessi e ai propri portafogli.

*membro direttivo Legambiente Trieste
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 11 giugno 2011

 

 

Nucleare, giustizia acqua pubblica Decidono gli elettori - REFERENDUM »DOMANI AL VOTO
 

Chiamati ad esprimersi oltre 47 milioni di cittadini Urne aperte dalle otto di domani alle 15 di lunedì
ROMA Tutti col fiato sospeso per sapere se ci sarà il quorum. Significa che i referendum per cui si voterà domani e lunedì saranno validi solo se voterà il 50 per cento più uno dei cittadini aventi diritto. Attesa carica di tensione perché la posta in gioco non è solo lo stop al nucleare, l’acqua pubblicae e il legittimo impedimento. In palio c’è molto per il governo Berlusconi. Se venisse travolto, a distanza di quindici giorni dalla “mazzata” delle amministrative, difficilmente potrebbe reggere ancora a lungo. Oltre 47 milioni e 300 mila elettori, di cui 22.734.855 maschi e 24.623.023 femmine, in 61.601 sezioni: tanti sono gli elettori italiani chiamati alle urne per la consultazione popolare di domani e lunedì, 12 e 13 giugno. Domani si può votare dalle ore 8 alle ore 22 e lunedì dalle ore 7 alle ore 15. All’estero il corpo elettorale interessato alle consultazioni referendarie è di 3.236.990 elettori. Sono quattro i quesiti referendari . Il primo, su cui si voterà su una scheda di colore rosso, riguarda le «Modalità e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica». Il quesito prevede l’ abrogazione di norme che attualmente consentono di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a operatori economici privati. Il secondo referendum, su scheda di colore giallo, riguarda la «Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito». Il quesito propone l’abrogazione delle norme che stabiliscono la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, il cui importo prevede attualmente anche la remunerazione del capitale investito dal gestore. Il referendum n.3, su scheda di colore grigio, propone l’abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica da fonte nucleare. Il quesito numero 4, con scheda di colore verde, propone l’abrogazione di norme in materia di legittimo impedimento del presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri a comparire in udienza penale, come risulta a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale. Ciascun elettore ha diritto di esprimere il voto, con la matita copiativa, tracciando un segno sul riquadro corrispondente alla risposta da lui prescelta («SI» o «NO»). Votando «SÌ», il cittadino esprime la volontà di abrogare le norme sottoposte a referendum; votando «NO» esprime la volontà di mantenere in vigore le norme sottoposte a referendum. È possibile ritirare anche solamente la scheda per uno o per alcuni dei quesiti referendari. Gli elettori residenti in Italia, per poter esercitare il diritto di voto presso gli uffici di sezione nelle cui liste risultano iscritti, dovranno esibire un documento di riconoscimento e la tessera elettorale personale. Chi avesse smarrito la propria tessera elettorale personale, potrà chiederne un duplicato agli uffici comunali nei cinque giorni antecedenti quello di inizio della votazione (cioè sino a sabato 11 giugno) dalle ore 9 alle ore 19, nonché nei giorni della votazione per tutta la durata delle operazioni di voto. Tutti i risultati elettorali e i dati relativi all’affluenza alle urne saranno consultabili in tempo reale sul sito: www.interno.it. Per capire se ci sarà il quorum, probabilmente basterà il dato dell’affluenza delle 11 di domani. Nel maggio del 1974, (sul divorzio) a quell’ora aveva votato il 17,9 e la percentuale finale fu dell’87,7. Nel giugno 1990 (sulla caccia) alle 11 di domenica ci si era fermati al 5,1, con un risultato finale del 43,4. Potrebbe quindi bastare il 7 per cento, sempre alle 11 di domani, per avere il quorum.

a.g.
 

 

Tav, un sondaggio dirà dove serve - Sulla Milano-Trieste, 260 interviste in un anno. Pubblicati gli orari estivi delle Fs
 

TRIESTE La Tav Venezia-Trieste è nelle mani di un sondaggio. Nelle case di molti italiani squillerà a breve il telefono e, all'altro capo del filo, l'addetto di un ancora ignoto call center prenderà appunti su quanto si viaggia sui binari, per quali motivi ma, soprattutto, lungo quali tratte. Ne verranno fuori valanghe di numeri e statistiche utili a ottenere quote di mercato e schiarire le idee all'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Mauro Moretti che, solo poco più di un mese fa, ha detto chiaro e tondo: «La Tav si fa dove ci sono bacini di passeggeri consistenti». Aggiungendo, poi, che sulla Venezia-Trieste ce ne sono troppo pochi per dare concretezza a un progetto ferroviario appeso da anni a polemiche e speranze. Nell'incertezza sul futuro dei binari che dovrebbero fra volare uomini d'affari, studenti e turisti dalle metropoli ai principali capoluoghi della penisola, il sito di Trenitalia dichiara chiuso il termine ultimo per partecipare al bando di gara emesso dalla società per avviare «una ricerca di mercato sulla mobilità extra urbana degli italiani con focus sulla mobilità tra le principali città interessate dalla rete Alta velocità e dal traffico di media-lunga percorrenza». Il bando è scaduto lunedì scorso e, in tempi stretti, si saprà a quale società verrà affidata la gestione dell’indagine che coinvolgerà 22 città. L'importo a base di gara è di 320 mila euro e si prevede un incarico di due anni, anche se i telefoni dei cittadini squilleranno per 12 mesi, e quindi per 52 settimane di viaggi. Chi si vedrà assegnare il progetto dalle Ferrovie - che dal 12 giugno variano gli orari delle corse per i mesi estivi -dovrà garantire mille interviste alla settimana a un campione rappresentativo di italiani che si muovono oltre i loro confini di residenza. Per quanto riguarda la tratta Milano-Trieste ne verranno effettuate 5 alla settimana per un totale di 260 all'anno. La quantità di interviste stabilite per percorso dipende, a rigor di logica, dai bacini passeggeri già presenti. E la Milano-Trieste appare nella fascia più bassa. In alto ci sono la Milano-Roma, la Roma-Napoli, la Torino-Milano, la Milano-Genova, la Firenze-Roma e la Bologna-Firenze, per ciascuna delle quali verranno effettuate 1040 interviste all’anno per un totale di 20 alla settimana. In tutto le interviste saranno 51mila circa, di cui 30mila destinate a fotografare un campione generale di italiani che viaggiano sopra i 70 chilometri, e 21mila impostate per avere risposte da chi si sposta regolarmente in treno.
Silvia Zanardi

 

 

Green economy nell’Aussa-Corno - Aussachem primo stabilimento in Europa che produce glicerina da fonti vegetali
 

SAN GIORGIO DI NOGARO Una produzione della green-economy nella zona industriale dell’Aussa Corno, a San Giorgio di Nogaro. Ieri l’inaugurazione della Aussachem, il primo stabilimento in Europa e tra i primi (e unici) del mondo che produce glicerina (glicole) da fonti interamente vegetali (biodiesel) e non più dal petrolio. Un prodotto destinato alle industrie farmaceutiche, cosmetiche, alimentari e dalla Aussachem escono anche polimeri vegetali destinati alle fibre tessili a-tossiche. È la chimica del futuro che sbarca in una zona industriale attivissima, la prima ormai in Regione (e in Italia sul fronte dei laminatoi) che vede la presenza di oltre 70 aziende tra Pmi e grandi e tra queste realtà del calibro di Arcelor Mittal, Bracco, Metinvest Trametal, Mangiarotti, Marcegaglia fino a Beltrame Acciaierie, Caffaro e Cimolai. Una vera piattaforma industriale collegata al mare, alla ferrovia e all’autostrada dove lavorano anche oltre 16 operatori portuali. Ieri c’è stato il taglio del nastro alla Aussachem, sabato prossimo 18 giugno si festeggia invece un big come la Sangalli Vetro Porto Nogaro che ha investito 140 milioni e darà lavoro a oltre 200 dipendenti. Quindici invece i milioni investiti sinora dalla Aussachem guidata da due imprenditori trevigiani, Paolo Semenzin e Davide Salvadori, che aprono una nuova azienda passando dai 30 milioni di euro di fatturato annui (e utili attorno al milione e mezzo) ai 60 milioni previsti per fine 2012. Inizialmente l’azienda, modernissima e con impianti in inox e laboratori tecnologici, che si sviluppa su 40 mila metri quadrati (3500 coperti, 2500 di capannoni e 1000 di sede direzionale e laboratori) darà lavoro a 35 persone che saliranno a breve a 50 unità. «L’azienda è nata da una nostra idea nel 2005 - spiega Semenzin - ed ora distilliamo glicerina di alta qualità e raffinazione partendo dagli scarti del biodiesel. Prendiamo questo scarto e lo nobilitiamo invece di ricorrere ai prodotti petroliferi». La missione dell’Aussachem è quella di sviluppare concretamente il concetto di «chimica verde» e promuovere e anticipare i futuri trend della green economy nel settore della chimica industriale. E che consente di ottenere materie prime a basso impatto ambientale, tortalmente atossiche.
Giulio Garau

 

 

Carraro cede il business nel fotovoltaico - Elettronica Santerno realizza il 20% del fatturato del gruppo padovano: mandato a Morgan Stanley
 

MILANO Entra nel vivo il processo di valorizzazione di Elettronica Santerno, la controllata imolese della Carraro specializzata nella conversione di energia da fonti rinnovabili. Il gruppo padovano quotato a Piazza Affari, secondo Radiocor, ha affidato a Morgan Stanley un mandato per gestire l'operazione che riguarda la business unit di elettronica di potenza raccogliendo le valutazioni di potenziali acquirenti, sia industriali sia finanziari. La procedura potrà riguardare anche la cessione del 100% della controllata. Elettronica Santerno ha realizzato nel 2010 circa il 20% dell'intero fatturato consolidato di Carraro e buona parte della marginalità con ricavi per 144 milioni e un ebitda di 34 milioni: un esercizio eccezionale per la controllata, con il giro d'affari più che triplicato, grazie all'impennata del fotovoltaico in Italia e alla maggiore penetrazione nel mercato tedesco. Santerno è specializzata nei convertitori elettronici di potenza con focus particolare sugli «inverter», gli apparati per trasformare in corrente elettrica l'energia dei pannelli fotovoltaici o dei sistemi eolici. La spinta del fotovoltaico in Italia nel 2010 ha portato il segmento «rinnovabili» di Santerno a rappresentare circa il 90% del giro d'affari della società e soprattutto ha spinto a oltre l'85% la componente domestica dei ricavi: una struttura dei ricavi che difficilmente potrà riprodursi nel 2011 visti i cambiamenti normativi avvenuti in Italia sulle rinnovabili nei mesi scorsi. Elettronica Santerno è ora controllata al 100% dalla Carraro Spa dopo che quest'ultima - già proprietaria del 67% - lo scorso anno ha rilevato da Carraro International Spa il residuo 33% per 19 milioni. Dal punto di vista del fatturato, la business unit «electronics» rappresentata da Santerno costituisce la terza attività del gruppo Carraro dopo quella Drivelines (Assali e trasmissioni per macchine agricole e movimento terra) e quella Components (ingranaggi, assemblati e componenti per auto, applicazioni agricole ecc.). Carraro è un gruppo internazionale leader nei sistemi per la trasmissione di potenza altamente efficienti ed eco-compatibili, con sedi produttive in Italia, India, Argentina, Cina, Germania, Polonia e Stati Uniti.
 

 

AGENDA - I Messaggi dell’acqua

 

Oggi alle 18,alla casa del Popolo “Zora Perello” di Servola (via Soncini 191, fermata autobus 29), Edoardo Kanzian con l’associazione di promozione sociale “Il pane e le rose” promuove una riflessione sul tema: “I messaggi dell’acqua, un bene comune” con Dusan Jakomin (sacerdote, giornalista, saggista). Intervengono: Emiliano Bazzanella (filosofo), Tiziana Cimolino (medico), Alessio Chiarotti (sindacalista), Anna Piccioni (docente), Luisa Primossi (presidente circolo Ivan Grbec).

 

 

I professori e l’uranio Troppe idee sbagliate - l’intervento di DARIO PREDONZAN*
 

Singolare presa di posizione (per uno scienziato) del prof. Franco Battaglia, fisico dell’Università di Modena, almeno a giudicare dall’intervista sul nucleare e sul referendum del 12 e 13 giugno, pubblicata dal Piccolo il 7 giugno. Battaglia dichiara infatti che l’Italia importa energia elettrica dalla Francia per “oltre l’equivalente di un reattore all’anno”, dopo di che aggiunge che “un quarto del parco nucleare francese è stato pagato dai contribuenti italiani”. Se la matematica non è un opinione, se ne dovrebbe dedurre che la Francia dispone di quattro reattori nucleari. Invece sono 58, com’è facile verificare con un semplice giro in internet e come i media hanno più volte ricordato. Serve forse un ripasso di aritmetica? Poi il nostro aggiunge che “la disponibilità di gas e petrolio è sempre più scarsa. Rimangono carbone e nucleare”. Dimentica che il nucleare ha bisogno di uranio e che le riserve sfruttabili di questo minerale sono stimate sufficienti, al massimo, per circa 80 anni ai livelli di consumo attuali (se si costruissero molte nuove centrali, ovviamente le riserve si esaurirebbero prima). Proprio come accadrà con le riserve di gas e petrolio. Battaglia evita poi di dire – quasi tutti i nuclearisti lo fanno – che con l’atomo si produce solo elettricità (e un bel po’ di scorie radioattive), la quale però rappresenta circa il 20 per cento dei consumi globali di energia: il resto – per i trasporti, il riscaldamento, ecc. - deve arrivare da altre fonti. Tant’è che anche la Francia ipernuclearizzata consuma pro capite più petrolio dell’Italia denuclearizzata… Un ripasso di economia urge anche per i costi del nucleare, citati dal prof. Battaglia. Secondo il quale in 60 anni una centrale da 1.600 MW produrrebbe 700 miliardi di kWh, che valgono 70 miliardi di Euro, mentre una centrale ne costerebbe solo 5. In realtà, al costo dell’impianto (che è di almeno 7 miliardi di Euro e non 5 per una centrale Epr di “terza generazione” come quelle l’Enel vorrebbe comprare dalla francese Areva), vanno aggiunti: il costo degli oneri finanziari sul capitale investito, il costo del combustibile nucleare (crescente nel tempo per la già citata prossima penuria di uranio), quelli del personale, ecc. Il Dipartimento dell’energia USA, che di queste cose si intende abbastanza, considerato l’insieme di questi costi, calcola il costo di produzione di un kWh nucleare pari a oltre 10 centesimi di dollaro, superiore sia a quello prodotto con il carbone (9,8 centesimi), sia a quello prodotto con il gas (8,2 centesimi) e con l’eolico (9,9 centesimi). Calcoli che comunque non considerano – perché nessuno è in grado di farlo – né i costi dello smantellamento finale delle centrali nucleari una volta esaurita la loro vita utile, né quelli dello smaltimento definitivo (sempre che sia davvero possibile) delle scorie radioattive. Se il livello degli argomenti pro-nucleare di un docente universitario, com’è il prof. Battaglia, sono di tale levatura, vien da pensare che forse la crisi della ricerca e dell’Università in Italia non è da imputare soltanto ai pur deprecabili tagli dei finanziamenti governativi… Se del resto il professore fosse davvero convinto di quel che dice, si batterebbe per il No al referendum del 12 e 13 giugno: invece si rifugia nella scelta pusillanime dell’astensione.

*responsabile energia e trasporti WWF Friuli Venezia Giulia

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 10 giugno 2011

 

 

Referendum, mobilitato il fronte del sì - Festa e comizio finali in piazza Goldoni. Belci (Cgil): votare per ampliare gli spazi della democrazia
 

Ultime ore di campagna in vista dei referendum. Un invito a votare per «allargare gli spazi della democrazia e della partecipazione nel Paese, soprattutto dopo i reiterati tentativi del Governo di boicottarli», viene avanzato oggi dal segretario regionale della Cgil, Franco Belci. «Personalmente - afferma in una nota - voterò quattro sì. Non ritengo infatti il nucleare di terza generazione la soluzione per i problemi energetici del Paese, perché non sicuro, terribilmente inquinante e di scarsa redditività. Penso che la gestione dell’acqua debba rimanere affidata al controllo pubblico e non accetto che la presenza del privato, basata sul profitto, venga imposta per legge. Ritengo il ’legittimo impedimentò - conclude Belci - una norma ad personam che confligge col principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge». La lista civica Trieste Cambia, che ha sostenuto a sindaco la candidatura di Roberto Cosolini, «si pronuncia senza alcun dubbio sul sì all’abrogazione del legittimo impedimento poiché fa parte del suo Dna l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Per quanto riguarda invece il nucleare e l’acqua invita a raccogliere tutte le informazioni sulle diverse posizioni. Comunque il primo imperativo è quello del voto: tutti alle urne, ovviamente ben informati». Anche la Confesercenti di Trieste si schiera: «L'invito è di andare alle urne ed esprimere 4 sì», dichiarano in una nota Giuseppe Giovarruscio e Giuliano Mauri. «Perché si vota su temi vicini alla vita delle persone. Perché i referendum devono stare fuori dalla contesa politica. Perché bisogna dare seguito alla ritrovata voglia di partecipare attivamente alle scelte che riguardano la gente che, spesso, è più avanti dei partiti». Oggi intanto a cura dei Comitati «Due sì per l’acqua comune» e «Vota sì per fermare il nucleare» fine della campagna referendaria: alle 17 partenza del serpentone referendario da piazza Goldoni, alle 18 partenza della biciclettata a cura dell’associazione Ulisse partenza dal molo Audace; alle 19 comizio finale e musica in piazza Goldoni. In una nota intanto il Partito socialista italiano sui quesiti referendari si dice «chiaramente per quattro sì», giacché «l'acqua è un bene essenziale che non può essere sottoposto alle logiche del mercato e va quindi oculatamente gestito da efficienti aziende pubbliche. Sul versante poi della politica energetica nazionale va assolutamente favorito il risparmio energetico e sviluppate le fonti rinnovabili, favorendo in ciò ogni possibile coordinamento con i paesi dell'Unione Europea. Lo scudo giuridico infine, che si è dato il capo del governo assieme ai suoi ministri per il periodo del loro mandato, è un insulto ai cittadini italiani; per cui il sì per l'abrogazione della norma è scontato.» Da segnalare invece il «no alla demagogia di questo referendum» da parte del movimento FareAmbiente: «Nel nostro ordinamento l'acqua è pubblica e resta tale, così come la proprietà degli acquedotti, e la tariffa viene decisa dal pubblico», si legge in una nota.
 

 

Depuratore, assegnato il progetto - Lo realizzerà l’associazione di imprese guidata dallo Studio Altieri di Thiene
 

Decisivo passo in avanti per l’ampliamento del depuratore di Servola, sotto accusa da tempo per il mancato rispetto delle nuove norme di carattere ambientale. Nei giorni scorsi AcegasAps ha infatti aperto le buste della gara per il progetto definitivo dell’impianto. Ad aggiudicarsi l’incarico è stata l’associazione temporanea di imprese guidata dallo Studio Altieri di Thiene (Vicenza), che ha prevalso su undici concorrenti, in gran parte italiani, e quasi tuttti con competenze sulle tecniche di bonifica dei terreni. Elemento essenziale, quest’ultimo, dato che l’area del depuratore si trova all’interno dei Sito inquinato. Nella gara a punteggio AcegasAps ha applicato criteri di selezione molto rigorosi. «Abbiamo privilegato al massimo gli aspetti tecnici - spiega Enrico Altran , direttore della divisione Gas-acqua della multiutility - puntando moltissimo sull’organizzazione, sui criteri di progettazione e sul curriculum delle aziende candidate. L’offerta economica - aggiunge - contava solo per il 20% del punteggio, mentre un 5% lo abbiamo assegnato ai tempi proposti per la realizzazione del progetto». I tempi sono in effetti un elemento determinante. Il progetto in questione - va sottolineato - è quello cosiddetto definitivo, cui dovrà seguire la gara per il progetto esecutivo e la realizzazione dell’ampliamento dell’impianto. L’associazione di imprese capeggiata dallo Studio Altieri ha ora cinque mesi per consegnare il progetto definitivo, arco di tempo nel quale dovrà esser redatto anche il progetto di bonifica dell’area interessata, che per essere attuato dovrà ottenere il via libera del ministero dell’Ambiente. A fine novembre, dunque, AcegasAps potrà bandire la gara europea, un cosiddetto appalto integrato, per il progetto esecutivo e la costruzione della nuova parte del depuratore. Per assegnare questo appalto, del valore di circa 48 milioni, saranno necessari due mesi; a cavallo fra gennaio e febbraio potrebbe quindi partire la progettazione esecutiva. Quanto ai fondi, dei 48 milioni necessari ne mancano 25. Finora ne sono stati reperiti 9, attraverso la tariffa di depurazione dell’acqua, cui si aggiuge il finanziamento regionale di 700mila euro l’anno per vent’anni.
Giuseppe Palladini

 

 

Muggia, bagni eccellenti sulle “discariche costiere”
 

Greenaction polemizza con l’Arpa che certifica «l’ottima qualità dell’acqua di balneazione tra Punta Olmi e Punta Sottile, sul sito inquinato Acquario»
MUGGIA «La stagione balneare nel Friuli Venezia Giulia è iniziata con la diffusione dei dati sulla qualità delle acque di balneazione da parte della Regione. Dati che dovrebbero tranquillizzare i cittadini ma che si rivelano decisamente inattendibili». L’associazione ambientalista Greenaction parte all’attacco del rapporto diffuso dall’Arpa sulla balneabilità nel Comune di Muggia al confine con la Slovenia. Dati che«Siamo sconcertati - dichiara il responsabile dell’associazione ambientaliata Roberto Giurastante -. L’Arpa da il via libera alla balneazione sopra una delle più pericolose discariche costieri esistenti». Altro che «eccellente qualità dell'acqua di balneazione del Comune di Muggia» come riporta con orgoglio il sito dell’amministrazione comunale citando di dati della Regione. Sotto accusa è il solito Acquario, il sito inquinato ben segnalato e non altrettanto opportunamente recintato. «La discarica - si legge nel rapporto di Greenaction - si estende per circa 1 chilometro tra Punta Olmi e Punta Sottile e nasconde alte concentrazioni di metalli pesanti (tra i quali il mercurio) e idrocarburi. Davanti alla discarica uno degli allevamenti di mitili più importanti della provincia di Trieste pienamente investito da questo inquinamento massiccio». Acque non proprio eccellenti, insomma. «La discarica - spiega Giurastante - era stata realizzata abusivamente ma con il tacito consenso di tutte le amministrazioni pubbliche, Regione Friuli Venezia Giulia in testa. Forse questa è la spiegazione della incredibile “disattenzione” dell’Arpa, ente di controllo della Regione sull’ambiente, che nel rapporto ambientale (scarica il rapporto) della zona dichiara semplicemente che “non vi sono criticità” e men che meno discariche, assicurando una qualità delle acque “eccellente”». La discarica in questione, infatti, è oggetto di un procedimento di infrazione da parte della Commissione Europea, e l’area è riconosciuta come inquinata con tanto di divieto di accesso. «Verrebbe da ridere quindi se la situazione non fosse drammatica - conclude Giurastante -. Il comportamento dell’Arpa non è purtroppo un caso isolato. Lo stesso ente aveva già fornito indicazioni fuorvianti alla stessa Commissione europea nell’ambito dell’inchiesta avviata su un’altra grande discarica costiera aTrieste, quella di Barcola pure in piena zona balneare. Stessa situazione sui pesantissimi inquinamenti delle lagune di Marano e Grado».
 

 

Digiuno contro guerra e nucleare - 75.O GIORNO
 

Il Movimento nonviolento prosegue il digiuno a staffetta contro la guerra e il nucleare, al quale finora hanno aderito molte persone. Il digiuno è giunto ieri al suo 75.o giorno coinvolgendo politici, artisti, sindacalisti e professionisti di vari settori: ultimi in ordine di tempo Roberto Treu, Pier Brovedani e Tarcisio Barbo. In una nota il movimento lancia un appello ai «quattro sì l'umanità dall'incubo della catastrofe nucleare, per il diritto di accesso all'acqua e il dovere delle strutture pubbliche di garantirlo a tutti». Sì inoltre «per impedire che l'acqua - elemento fondamentale della vita - venga privatizzata» e per «confermare l'uguaglianza di tutte le persone dinanzi alla legge». Intanto il prossimo venerdì alle 16.30 Festival delle diversità nel parco di San Giovanni, verrà presentata la cinquantesima Marcia per la pace e la fratellanza fra i popoli Perugia - Assisi, in programma il 25 settembre, che sarà preceduta il 23 e 24 a Bastia umbra dal laboratorio del "1000 giovani per la pace". Chi volesse partecipare al digiuno a staffetta può comunicarlo al Comitato pace convivenza e solidarietà "Danilo Dolci" di via Valdirivo 30 dalle 17 alle 19 (tel. 338 211 8453).
 

 

Bambini a lezione di ambiente con il Gruppo Crismani - CAMPAGNA PER LE SCUOLE
 

Il Gruppo Crismani, da oltre quarant’anni nel settore dell’ecologia, dedica in giugno una campagna di sensibilizzazione indirizzata ai più giovani e rivolta al rispetto verso l’ambiente. Sullo sfondo, l’esigenza di passare alla raccolta differenziata. L’altro giorno è stata organizzata un’uscita in mare per un centinaio di alunni della scuola Degrassi di Opicina, ai quali sono state illustrate le tecnologie all’avanguardia mondiale di cui nel Porto triestino ci si serve per la lotta all’inquinamento marino, la raccolta dei rifiuti a mare ed il monitoraggio delle acque . Ieri invece ai ragazzini è stata spiegata l’importanza della differenziata. Il progetto di educazione ambientale proseguirà nel corso dell’anno con altre dimostrazioni rivolte ai ragazzi delle scuole cittadine.
 

 

Tra dibattiti e spettacoli è “Festival delle diversità”
 

Riciclo, alcol, legalità, migrazioni: questi i temi al centro delle tavole rotonde Musica con Kraski Ovcari, Tex Mex e “Jack in the box” delle Officine artistiche
Lingua, razza, religione, idee, credenze, orientamento sessuale, scelte di vita, lavoro. Sono solo alcuni degli aspetti che esprimono la "diversità" dell'habitat in cui viviamo, vista la camaleontica natura della multiforme società globalizzata. Un sostantivo, con due divergenti chiavi di lettura: nella sua accezione negativa, e pertanto come elemento da cui prendere le distanze, oppure, come opportunità di arricchimento. Le mille facce della diversità saranno protagoniste nel prossimo weekend, dal 17 al 19 giugno, della nona edizione del "Festival delle Diversità", ospitato nel Parco di San Giovanni. L'evento, organizzato da I Cammini Aperti Onlus, Centro delle Culture, Nadir pro, Movimento Umanista e Arci, propone dunque un fine settimana ricco di appuntamenti per promuovere il dialogo, la conoscenza e il rispetto della cultura sostenibile. Rassegna che si presenta peraltro di anno in anno sempre più nutrita, grazie alla costante crescita del numero di associazioni di volontariato del territorio (oltre 60), e i circa 250 artisti che a titolo gratuito parteciperanno alla kermesse. Tavole rotonde, dibattiti, presentazione di libri, approfondimenti, ma anche animazione e laboratori per bambini, mostre, spettacoli di danza, teatro e concerti. Per un festival a misura di tutta la famiglia, nel nome della solidarietà, dell'integrazione, e della sostenibilità. «L'obiettivo primario è sicuramente far conoscere alla città le attività delle associazioni e il loro campo d'azione, sia con il materiale divulgativo sia attraverso le animazioni a tema, ma anche quello di coinvolgere e far partecipare il pubblico ad azioni condivise sul territorio», spiegano i coordinatori Dino Mancarella, Claudia Ferluga e Igor Maiorano. Tema dell'edizione 2011, "Stili di vita", vale a dire, come imprimere una direzione alla propria esistenza in modo consapevole. Si parlerà infatti di riciclo, ambiente, finanza etica, diritti umani, legalità, omosessualità, turismo sostenibile, ma anche di droga, alcol e mafia. E che il festival sia stato strutturato con particolare riguardo verso le famiglie, lo dimostrano le baby-facilitazioni presenti negli info point, come il prestito di passeggini e zaini porta bebé, e il badge "anti smarrimento" su cui scrivere il numero di telefono, nel caso il pupo riuscisse a dileguarsi tra la folla. Tra le molteplici proposte, lo spazio "DiverCitizen", la piazza-mercato delle associazioni, dedicata ai progetti da condividere con il cittadino, la conferenza spettacolo del 17 giugno, alle 20, sulla "Pop Economy, la vera storia della crisi". Mentre al padiglione M (19.30), sarà di scena la poesia con "L'impoetico mafioso", 150 poeti per la legalità. Sabato 18, invece, lo Spazio Rosa e Villas A, proporranno un ricco programma di laboratori, animazione e letture di fiabe per bambini. Chiuderanno le serate i concerti dei "Kraski Ovcari (il 17 giugno alle 22), di "Tex Mex" (il 18, alle 21.30), e domenica 19 alle 22, il saggio di Officine Artistiche "Jack in the box". In caso di maltempo gli spettacoli si terranno nel Teatrino di San Giovanni. Programma su
www.freaksonline.it

Patrizia Piccione
 

 

I messaggi dell'acqua

 

Domani alle 18 alla casa del Popolo zona Perello di Servola (via Soncini), Edoardo Kanzian promuove una riflessione sul tema: "I messaggi dell'acqua, un bene comune" con Dusan Jakomin. Intevengono: Emiliano Balzanella (filosofo), Tiziana Cimolino (medico), Alessio Chiarotti (sindacalista), Anna Piccioni (docente),Luisa Primossi (presidente circolo Grbec), Stefano Sodaro (teologo).

 

Raccolta differenziata: dove si mettono gli scarti umidi? - LA LETTERA DEL GIORNO
 

“A proposito del problema della raccolta differenziata, mi unisco ad altre persone che chiedono innanzitutto che farne degli scarti di cucina così detti umidi? Nel nostro comune non è stata istituita la categoria né umido né indifferenziata, cosa alquanto anomala, presente invece in altri comuni e regioni. Un cittadino che deve farsene degli scarti delle verdure, ad esempio, o degli avanzi di un pasto quando inevitabilmente ci sono? Gettarli nel water? Dubito alquanto sia questa la soluzione pensata dalla giunta Dipiazza. Inoltre si può sapere quando verranno posizionati altri cassonetti distinti colorati per la differenziata? Parliamo di semplici cassonetti, non le prestigiose faraoniche costosissime isole ecologiche come in piazza della Borsa. Abito in via del Bosco bassa e devo recarmi in via Pascoli alta per trovare cassonetti differenziati... decisamente troppo lontano per operazioni del genere, quando invece di contenitori tradizionali dell’immondizia ce ne sono tantissimi (con annesse perenni discariche mobili abusive) posizionati in via del Bosco, via Toti eccetera. Ma la domanda principale che interessa penso tutti i cittadini è se ci verrà ridotta la Tarsu dovendo noi "sgobbare" e dovendo pure consumare e spendere più per acqua (Acegas ringrazia) e detersivi a lavare i contenitori, per poi soddisfare le richieste che vengono imposte ora per la raccolta differenziata. Vivo da sola in un appartamento di 70mq e per la poca immondizia che produco mi ritrovo a pagare con le agevolazioni 130 euro all’anno di Tarsu, già di per sé uno sproposito vergognoso, vergognosamente raddoppiato dall’abolizione dell’Ici (bella idea Dipiazza, grazie da tutti noi) e di gran lunga superiore a situazioni analoghe in altre città e regioni. Credo i cittadini abbiano il diritto di sapere le cose e non che le cose vengano loro imposte con la mannaia delle multe. Con tutto il rispetto per la natura e per la giustissima raccolta differenziata, ma allora non paghiamo più tutti così tanta Tarsu in città proprio per lo smaltimento rifiuti. Do ut des - dicevano i latini.

P. Almes

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 9 giugno 2011

 

 

RIGASSIFICATORE DI TRIESTE-ZAULE - IL WWF: “NOTIZIE PARZIALMENTE POSITIVE DAL GOVERNO, INFONDATE DA GAS NATURAL”
 

Mentre il sottosegretario Saglia dichiara che, dopo quello di Rovigo, non servono altri rigassificatori per coprire il fabbisogno nazionale, Gas Natural ripropone il proprio progetto millantando un decreto Via al gasdotto Snam che in realtà non è mai stato rilasciato.
Sono positive - ma parzialmente - le notizie che arrivano dal Governo, in merito alla situazione dei rigassificatori in Italia. Come riportato oggi dagli organi di stampa, il sottosegretario allo sviluppo economico, Saglia, ha infatti dichiarato che dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti all’Italia non serve nessun altro rigassificatore, dopo l’entrata in servizio di quello al largo di Rovigo.
Si fa così finalmente giustizia degli slogan ripetuti ossessivamente da tanti politici, secondo cui molti nuovi rigassificatori (e in particolare quello di Trieste–Zaule) sarebbero stati necessari per evitare il rischio di trovarsi “al freddo e in miseria” in caso di chiusura dei rubinetti dei gasdotti.
Nuovi rigassificatori sarebbero necessari, secondo il sottosegretario, soltanto dal punto di vista del mercato. Cioè da quello delle multinazionali del gas.
Una strategia energetica lungimirante non dovrebbe però fondarsi sugli interessi di chi vende il gas, ma piuttosto su quelli di chi lo consuma e sulla tutela dell’ambiente. Serve quindi una politica dell’energia orientata in primo luogo a ridurre gli sprechi e le emissioni inquinanti, e quindi anche i consumi, piuttosto che ad aumentare l’offerta di gas sul mercato, stimolando la crescita dei consumi.
Di questo non c’è ancora traccia alcuna nelle dichiarazioni del sottosegretario Saglia. Anzi.
Del tutto infondate sono invece, sullo stesso tema, le dichiarazioni diffuse sui media da GasNatural Fenosa, che ripropone il proprio progetto di rigassificatore a Trieste-Zaule, sul quale ha ottenuto un decreto VIA favorevole nel luglio 2009. Decreto peraltro impugnato al TAR del Lazio da WWF e Legambiente e dai Comuni di Muggia e Dolina per le numerose irregolarità della procedura seguita e livello ministeriale.
GasNatural Fenosa sostiene che anche il progetto (presentato da SNAM Rete Gas) dell‘indispensabile gasdotto sottomarino, di collegamento tra questo impianto e la rete dei metanodotti, avrebbe ottenuto un decreto VIA favorevole nel 2010. Notizia del tutto infondata, poiché basta consultare l’apposita sezione del sito internet del Ministero dell’ambiente (www.minambiente.it), per accertare che nessun decreto VIA è stato rilasciato al progetto del gasdotto SNAM, né nel 2010 né nel 2011.
L’uscita improvvida della multinazionale spagnola può essere spiegata come un tentativo, goffo quando sostanzialmente disperato, di accreditarsi nei confronti dei nuovi amministratori locali eletti a Trieste.
Amministratori – sindaco e presidente della Provincia - che parteciperanno, quando sarà indetta, alla conferenza dei servizi coordinata dalla Regione, la quale dovrebbe rilasciare l’autorizzazione finale alla costruzione del rigassificatore e del connesso gasdotto. E’ evidente però che ciò non potrà avvenire, finché l’iter della VIA sul gasdotto non sarà stato concluso con esito favorevole (ammesso che favorevole sia).
Bene farebbero perciò il neo-sindaco di Trieste e la riconfermata presidente della Provincia ad esprimersi ufficialmente contro il progetto di GasNatural Fenosa (e quello di SNAM), per dare un segnale importante in una vicenda costellata da gravi irregolarità, omissioni e reticenze, ma soprattutto rispetto ad un impianto incompatibile con le più elementari condizioni di sicurezza e tutela ambientale.
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 giugno 2011

 

 

Gas natural rilancia: rigassificatore urgente
 

Immediata risposta alle dichiarazioni del sottosegretario Saglia: «Senza nucleare servono impianti»
Se l’Italia esce dal programma nucleare il gas torna a essere fondamentale per il fabbisogno energetico nazionale. E il rigassificatore di Trieste si presenta come progetto strategico. Lo afferma Gas Natural Fenosa, che rilancia l’impianto di Zaule a Muggia non solo sotto il profilo delle necessità di approvvigiovìnamento, ma anche come «soluzione valida per lo sviluppo di un’area, quella del Nord Est, che dev’essere motore della ripresa economica». La multinazionale spagnola ha emesso ieri questa nota non tanto a proposito dell’imminente referendum, ma in diretta risposta alle dichiarazioni (definite «importanti») del sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia, il quale ha parlato della necessità dell’Italia «di avere nuovi impianti di rigassificazione». «Soprattutto se l’Italia uscirà dal nucleare - evidenzia Gas Natural Fenosa - ci sarà la necessità di soddisfare il fabbisogno energetico nazionale con una strategia maggiormente incentrata sul gas, e il progetto di Zaule si candida a offrire una soluzione valida non solo sotto il profilo dell’approvvigionamento, ma dello sviluppo del Nord Est. Il progetto di Zaule - continua Gas Natural - oltre a garantire sicurezza e slancio occupazionale, prevede anche l’importante intervento di bonifica dell’area ex Esso, offrendo un importante apporto alla riqualificazione ambientale di una porzione del territorio industriale triestino». Il progetto, ha ricordato la multinazionale spagnola, è già corredato di Valutazione di impatto ambientale (Via) dal 2009 e nel 2010 è arrivata la Via anche per il gasdotto subacqueo che deve collegare l’impianto, per cui sono previsti investimenti da 500 milioni di euro, alla rete di Snam. «Sono necessari nuovi rigassificatori in Italia» è quanto ha affermato infatti ieri Saglia, intervenendo alla presentazione del rapporto Aie nella sede dell’Eni: «Sia che ci fosse stato il nucleare e a maggior ragione senza - ha affermato -, avere altri rigassificatori oltre a quello di Rovigo mi sembra necessario, e almeno tre progetti possono essere cantierati nei prossimi mesi». Aggiungendo però: «Quanti ce ne servono? Dal punto di vista della sicurezza nessuno. Dal punto di vista del mercato tanti». E proprio i fattori di sicurezza, oltre che la specifica postazione scelta nel canale di Zaule, in prossimità di altre industrie a rischio, e con l’ulteriore pericolo che le navi gasiere interferiscano col traffico portuale, hanno creato una diffusa opinione contraria al rigassificatore a Trieste. Nella recente campagna elettorale tutti i candidati sindaci si erano dichiarati fermamente contrari, centrodestra e centrosinistra in perfetto accordo. Dunque vedremo con quali nuovi scenari si dovrà confrontare il sindaco eletto Roberto Cosolini.
 

 

I treni? Virtuosi sì, ma non per puntualità
 

L’indagine sulla soddisfazione dei pendolari rileva un miglioramento del servizio, con alcune criticità
UDINE Va un po' meglio che nel resto d'Italia, ma non ancora benissimo. La pulizia rimane una criticità e sulla puntualità, in particolare, c'è un peggioramento delle performance dal 2010 al 2011. Riccardo Riccardi, di fronte al comitato dei pendolari, ammette i problemi del servizio ferroviario Fvg. E, senza accontentarsi di essere comunque sopra la media del Paese, accoglie la proposta degli utenti di istituire la consulta del trasporto pubblico locale. In Regione a Udine l'assessore incontra i passeggeri, presenti pure i vertici Trenitalia. È l'occasione per presentare ai diretti interessati i dati dell'indagine sulla soddisfazione clienti rilevata con interviste sui binari nel marzo 2011. I numeri mettono in luce una situazione generale in Fvg migliore rispetto alle altre regioni, con dati in crescita rispetto al 2010. L'unico negativo è quello relativo alla puntualità: dal 64,2% del 2010 al 60,2% del 2011, una rilevazione inferiore alla media italiana che è del 63,5% a inizio anno. I provvedimenti di miglioramento proposti da Trenitalia nel corso del 2011, consistiti in particolare nella modifica dell'orario con allungamenti tra 3 e 7 minuti per i treni più vetusti, hanno già portato risultati. Un altro intervento di razionalizzazione riguarderà la riorganizzazione del nodo di Portogruaro, al via con l'orario estivo 2011. In merito alle soppressioni la situazione rimane non soddisfacente, in particolare per ciò che riguarda la linea Casarsa-Portogruaro, anche se in termini complessivi, se si eccettuano i fatti eccezionali di fine maggio (scioperi del 23 e incendio del 27 sulla tratta Trieste-Monfalcone), la disponibilità di materiale rotabile risulta migliorata. «Non possiamo essere completamente soddisfatti - è il commento di Riccardi - in un percorso a ostacoli che sconta i gravi ritardi accumulati in tanti anni: le maggiori criticità sono ancora la puntualità e lo stato della pulizia dei treni». I dati sono da promozione? «Non ci deve accontentare la statistica che pone la nostra regione sopra la media nazionale quanto a parametri di soddisfazione della clientela. Per questo considero una risorsa fondamentale il lavoro che la Regione ha avviato assieme con i comitati dei pendolari, e accolgo la proposta di istituire un organismo di consultazione del trasporto pubblico locale in cui siano rappresentati gli utenti, previo approfondimento delle regole di funzionamento». Correttivi? Trenitalia ha fatto sapere che agirà sull'inserimento di bus sostitutivi per emergenze, annunci sonori in stazione e ulteriore azione formativa del personale di scorta per migliorare l'informazione a bordo. In merito al rinnovo del materiale rotabile è stato confermato che entro marzo 2013 entreranno in servizio i 9 elettrotreni della spagnola Caf, due treni restylizzati (13 carrozze complessive più 1 in prestito temporaneo) e due nuovi locomotori E464. Nei primi mesi del 2012 Trenitalia ha confermato anche la messa in servizio delle carrozze Vivalto. Ancora da completare la sostituzione dei telini (fino ad ora sono stati sostituiti 72 rotabili su 194), l'obiettivo è di terminare entro agosto.

(m.b.)
 

 

Nello smog per ore, «intossicata» - IN VIA GHEGA - Vigilessa colpita da malore. La Cisl: «Violate le regole di sicurezza»
 

Una tossicità tre volte superiore alla soglia massima di tollerabilità. L’hanno riscontrata i medici nel sangue di una vigilessa, vittima l’altro giorno di un malore accusato mentre prestava servizio nel tratto di via Ghega interessato da lavori di asfaltatura. Strada in cui, denuncia la Cisl Fp, la donna ha dovuto rimanere per ben tre ore e mezza, facendo lo slalom tra le auto in movimento, i camion che riversavano l’asfalto sulla carreggiata e le frese che rompevano il manto esistente, alzando polveroni di bitume irrespirabile. Il tutto con un’unica pausa di 5 minuti soltanto. E non si pensi ad un episodio eccezionale ed isolato, rincara la dose la sigla sindacale, visto che una decina di giorni prima la stessa agente della Municipale, in occasione del blocco dei Tir in Riva Traiana, era stata costretta a respirare smog in strada per sei ore di fila, con una sola sostituzione di venti minuti. Sempre, tra l’altro, senza mascherine di protezione dai gasi nocivi o altre dotazioni di sicurezza. Tanto basta, a detta della Cisl Funzione pubblica, per parlare di «totale inosservanza delle più elementari regole inserite nel documento di valutazione dei rischi per gli agenti del Corpo, che prevede la rotazione del personale nei luoghi considerati pericolosi per la salute». Una critica dura mossa ai vertici della Municipale e all’amministrazione comunale, accusate di rispondere alle osservazioni degli operatori sempre con lo lo stesso, inaccettabile alibi: i problemi discendono dal fatto che manca personale e non vengono fatte assunzioni. E questo, a ben guardare, è l’unico punto sul quale le controparti sono d’accordo. Le stime della Cisl aggiornate al mese scorso, infatti, fotografano una carenza di 110 unità previste dalla pianta organica. In particolare, a detta del sindacato, mancano all’appello 2 ufficiali capitani, 17 ufficiali tenenti, 72 tra agenti e sottufficiali e 19 ausiliari del traffico. «Di fronte a questi numeri - concludono i rappresentanti dei lavoratori -, sorge davvero il dubbio che chi ci coordina viva in un’altra realtà. Si fantastica di armamento, turni spalmati sulle 24 ore, servizi potenziati e maggiore sicurezza. Eppure le forze sono così risicate che non si ha nemmeno a disposizione un agente in grado di dare il cambio ad un collega in strada per ore».
 

 

I miei quattro “sì” per il nostro futuro - L’intervento di ENRICO SBRIGLIA
 

Le centrali nucleari sono la sublimazione dell’egoismo. Si pensa: il mondo tra 100 anni? Non mi importa, tanto non ci sarò
Sì, ne sono convinto, voterò quattro “SÌ”! Per rabbia, per paura, per speranza, per giustizia. Sì perché voglio il primato del “Pubblico”: criticano le ex municipalizzate come se fossero una banda di spreconi e ladroni, viene però dimenticato che esse non erano e non sono altro, come in tutti i contesti dove si utilizzano risorse della Comunità, espressioni della politica, a volte quella peggiore. Ebbene davvero non comprendo perché l’aria, l’acqua e le risorse della terra possano risultare meglio tutelate, gestite e distribuite se vengano gestite da spa mentre, invece, risultino minacciate se tanto accada attraverso gli organi strumentali che la mano pubblica può utilizzare e governare, dandone conto all’elettorato, ancor di più se i conti degli stessi fossero sottoposti al vaglio della Corte dei Conti trattandosi di utilizzare il “tesoro” della collettività attraverso le tariffe e/o l’imposizione fiscale locale o meno. Sì perché le centrali nucleari mi fanno paura, ma non fisica, bensì morale, perché le percepisco come sublimazione dell’egoismo individuale; è come se dicessi: non mi importa di quello che potrebbe accadere tra 100 anni, tanto io non ci sarò, sono problemi di quelli che verranno, l’importante è che la mia bolletta energetica risulti più bassa, che possa continuare ad utilizzare tutte le diavolerie che consumano energia senza pormi il problema dello sfruttamento del suolo, del deturpamento del territorio, dei bambini leucemici, delle falde acquifere contaminate, delle rondini che cambiano rotta o semplicemente spariscono. Sì perché ho sempre creduto che la giustizia fosse uguale per tutti ogni volta che la vedo diversa dietro le sbarre, sì perché non può esserci pace se non c’è uguaglianza di trattamento, sì perché se ancora rispetto i monarchi odio profondamente i tiranni, pure ove vestano doppio petto ed abbiano le mani e le unghie curate, odio le disparità ma guardo con interesse le diversità che non mi spaventano, bensì mi inducono a riflettere. Sì perché non siamo un popolo in declino, semmai siamo disorientati, semmai delusi, semmai in affanno, però siamo persone con il cuore e la testa, abbiamo la nostra storia, sappiamo ancora distinguere, pur non cogliendo tutte le sfumature, il giusto dall’ingiusto, ed abbiamo dei doveri, verso i nostri figli, verso tutti i figli, verso quella giovinezza che si attarda sulle vie della precarietà, che occupa i viali e le piazze perché stenta a trovare luoghi di aggregazione, che sempre più parla un italiano corretto ma con inflessioni esotiche che richiamano altre terre, altri mari, altri tramonti. Una giovinezza che condannata, senza prove, ad un’assenza di Futuro, vorremmo fosse più vecchia di noi. Sì, anche per loro voterò quattro SÌ.
 

 

SEGNALAZIONI - REFERENDUM/1 Linguaggio più semplice

 

Per dire no al nucleare, devo segnare Sì sulla scheda... Per capire quello che è scritto sulla scheda, dovrei avere come minimo l’esperienza di un notaio. Non sarebbe più semplice chiede alla gente vuoi le centrali nucleari nel tuo paese? Sì-no. Vuoi dare l’acqua in mano ai privati? O tenerla per te... gestita dallo stato? Sì-No.. ecc. Un linguaggio più semplice, mi sembrerebbe più democratico...

Vittorio Comisso

 

 

SEGNALAZIONI -  REFERENDUM/2 Vince la democrazia

 

Ognuno di noi può fare veramente molto contro il nucleare, per l'acqua e per tutte le generazioni future: dobbiamo fare vincere la democrazia, raggiungere il quorum. Dobbiamo portare a votare quelli che solitamente non ci vanno, anche se non tutti voteranno ciò che noi crediamo giusto. La democrazia non è un'acquisizione definitiva ma piuttosto una condizione instabile, fragile, faticosamente raggiunta e costantemente minacciata da derive autoritarie e autocratiche. L'autocrazia è per certi aspetti comoda, mentre la democrazia è faticosa e ha bisogno di uno sforzo collettivo, della partecipazione di tutti. Il 12 e 13 giugno ciascuno di noi porti al seggio più persone possibile. Se si arriva al quorum vince la democrazia.

Ruggero Da Ros

 

 

SEGNALAZIONI - REFERENDUM/3 Riforma e controriforma

 

La storia infinita di una riforma. Si fa una legge che ripristina il nucleare, si indice un referendum, disastro giapponese. Il governo cancella la attuazione immediata della legge e rinvia tutto di un anno. I referendari dicono che è una presa in giro. Deciderà la cassazione. La Germania rinuncia al nucleare, il Giappone anche, la cassazione decide che il referendum si farà. A questo punto la riforma si tramuta in una “controriforma’’, infatti Berlusconi ricorre alla consulta contro la decisione della Cassazione. Non vuole il referendum per avere le mani libere tra un anno... la grande riforma dell’energia si tramuta così In una “controriforma”. Tutti abbandonano il nucleare, noi stiamo facendo di tutto per attuarlo sul nostro territorio. Il grande riformatore si rivela sempre di più un grande “controriformatore”, è successo così con tante altre cose.

Francesco Degni

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 giugno 2011

 

 

Referendum: il fronte del sì invita i triestini a votare - DIBATTITO AL CIRCOLO DELLA STAMPA
 

La privatizzazione della gestione del sistema idrico, l'introduzione del nucleare in Italia e il legittimo impedimento. Sono questi i temi sui quali gli italiani dovranno esprimersi domenica e lunedì prossimi, quando saranno chiamati a votare per i quattro (due sull’acqua) referendum abrogativi. Di questo si è parlato ieri all'incontro organizzato al Circolo della stampa, moderato dal segretario Assostampa Gianni Martellozzo e dal giornalista Fulvio Gon, con i promotori e sostenitori del sì per i prossimi referendum. «Questi referendum hanno anche una valenza politica - così Martellozzo – ma speriamo ci sia una partecipazione trasversale. È importante che i cittadini capiscano il valore di recarsi alle urne al di là del risultato». Così se ieri la Corte costituzionale ha dato definitivamente il via libera al quesito referendario sul nucleare, Lino Santoro del Comitato “Stop al nucleare” ha spiegato quali sono i limiti dell'utilizzo dell'atomo. «Nel 2010 il costo medio della produzione di energia elettrica dalle centrali nucleari è stato di 72,8 euro per megawatt/ora, il 16% in più delle nuove centrali a gas e il 21% in più di quelle a carbone», ha indicato Santoro. L'uranio utilizzato nelle centrali è poi una materia prima non infinita, ha specificato Santoro: «Le riserve conosciute saranno sufficienti a soddisfare il bisogno per i prossimi 50-70 anni». Senza contare i rischi legati all'atomo: «Ovviamente in caso di disastro più si è distanti da una centrale e minore è il rischio di contagio, ma in condizioni normali abitare nei pressi di un impianto nucleare aumenta nei bambini del 76% il rischio di contrarre leucemie», ha sottolineato Santoro. Sul fronte dei due quesiti referendari sull’acqua, a illustrare i motivi del sì è stata Tiziana Cimolino del Comitato “Acqua bene comune”. «L'acqua è ormai considerata l'oro blu, ma è una risorsa limitata e senza acqua non si vive». Nel primo quesito sull'acqua la richiesta è di votare sì, ha spiegato Cimolino, «perché l'acqua deve essere gestita dalla comunità e non va privatizzata. Non è vero che il privato amministrerebbe il servizio con maggiore efficienza e capacità di attrarre capitali». Nel secondo quesito sull'acqua votando sì al referendum, così Cimolino, «si evita che ci sia del profitto nell'erogazione dell'acqua da parte dei privati che possono caricare le tariffe fino al 7% del capitale investito». Infine l'ultimo tema sul quale gli italiani dovranno votare fa riferimento al legittimo impedimento. «Nucleare e acqua sono elementi strategici per l'uomo - ha spiegato l’avvocato Gianfranco Carbone - mentre il legittimo impedimento è il frutto del cascame di quello che è diventato il nostro Paese. Si tratta di abrogare una legge del 2010 che è stata approvata nell'angoscia dei fatti che hanno coinvolto il premier nella sua villa di Arcore. Sui reati comuni però non deve esserci legittimo impedimento per nessuno, ma chi li commette non dovrebbe nemmeno ricoprire incarichi pubblici».

(i.gh.)
 

 

I colibrì se ne vanno Ospiti nelle Marche con l’aiuto di Costa
 

Annuncio a sorpresa: non più Bordano bensì Matelica negli spazi della facoltà di Veterinaria. Creata una società
 La sorpresa arriva già confezionata, con un pacco di documenti, atti firmati, e folla di autorità. Colpo di teatro: il Centro dei colibrì di Miramare si trasferisce non già a Bordano in Friuli, ma armi e bagagli nelle Marche, a Matelica, in provincia di Macerata, dove ha sede la facoltà di Scienze mediche veterinarie dell’Università di Camerino che da sempre col prof. Giacomo Rossi è consulente scientifico (assieme a quella di Udine) di Stefano Rimoli, lo sfrattato da Miramare. Nuovo capitolo in questa storia triste ma incredibile, che continua ad aggiungere protagonisti: non ci sono nella trama solo Berlusconi e Sgarbi, Margherita Hack e i ministeri, Gianni Letta e le Soprintendenze, ma si aggiungono il figlio di Bossi, Renzo «il Trota» (socio sostenitore), Maurizio Gasparri, senatore Pdl, e soprattutto la Costa Edutainment che gestisce gli Acquari di Genova, Livorno e Cattolica e lo zoo di Roma, e che «entra in società» per esporre in appropriata sede parte dei colibrì triestini (una ventina peraltro li possiede da anni), e poi il rettore dell’Università di Camerino, la Regione Marche, il sindaco di Matelica. Tutti felici della soluzione, già sfociata in un formale accordo con cui si crea una nuova «onlus» pubblico-privata, si garantiscono la direzione scientifica all’ex centro triestino, e (nel rispetto degli animali secondo convenzioni europee) «royalty» a Rimoli per pagare gli ingenti debiti pregressi. La sede? Matelica, prezioso borgo marchigiano, dove Veterinaria ha 7000 metri quadrati di spazi dedicati. Messaggi molto espliciti sono stati scritti da Rimoli, dalla Hack, da Giuseppe Costa al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per presentare il cambio di rotta. E in cui si «licenziano» Trieste e la Regione, per non dire la Casa delle farfalle di Bordano giudicata infine inadatta. E proprio a Bordano nessuno è stato ancora informato della «rivoluzione»: «Aspetto una riunione in Prefettura» ha detto ieri Francesco Barbieri, responsabile scientifico della struttura. A tre mesi dai grandi accordi, nulla di concreto era successo. Vittorio Sgarbi, paladino della prim’ora, ne ha parlato con Margherita Hack, e poi col rettore di Camerino, Fulvio Esposito, proprio quando la Commissione europea sulla veterinaria era in visita alla facoltà, che tra l’altro è partner scientifico dell’Acquario di Genova. Da qui il cortocircuito, gli incontri, l’interesse, l’accordo, le firme, l’aggregazione di Bossi jr. già in contatto con Rimoli per un suo centro di salvaguardia animale, e l’altro giorno una conferenza stampa cui hanno partecipato oltre ai suddetti anche la vicepresidente della Regione Marche, un parlamentare dell’Idv, la console generale dell’Ecuador (paese donatore dei colibrì), Harry Salomon, direttore di un importante Centro di recupero della fauna a Milano.
Gabriella Ziani

 

 

COLIBRI' - «Colletta per i ragazzi morti di fame»
 

«Mi sono fatto 1200 chilometri per vederci chiaro, sono andato fino a Udine dal prof. Piero Susmel,il consulente del Centro dei colibrì». Paolo Sparvoli, sindaco di Matelica, ha scoperto una cosa tremenda. La povertà indebitata dei «missionari» dei colibrì di Miramare. «Indegno comportamento - dice -, ma voi lo sapete che mangiano il cibo degli uccelli? Sono ridotti che non hanno da mangiare». I marchigiani hanno fatto una colletta per i triestini.
 

 

COLIBRI' - Rimoli: avvertita la Soprintendenza mi trasferirò - I PROTAGONISTI
 

«Non potevamo negarci al problema, noi che ci occupiamo di ambiente e animali. Abbiamo subito accettato: salviamo i colibrì». Giuseppe Costa, amministratore delegato della Costa Eduitment che gestisce gli Acquari di Genova, Livorno e Cattolica, ma anche lo zoo di Roma, ha firmato l’accordo con cui si dice disposto a ospitare e far vedere al pubblico un piccolo numero di colibrì triestini ma ormai marchigiani. Le sei fitte pagine di preaccordo tra Comune di Matelica, Università di Camerino, Costa e Rimoli sottolineano lo scopo scientifico della nuova società: favorire la nascita in cattività dei colibrì (che solo Trieste in tutta Europa è riuscita a ottenere) e il loro reintegro nell’ambiente naturale, nonché la pubblicazione dei risultati scientifici già ottenuti. Costa garantisce la fruizione, e benefici economici per saldare i debiti a Miramare (139 mila euro di luce arretrata fino a febbraio). «Sì - afferma -, mi trasferirò nelle Marche. Ho avvertito della novità il direttore regionale dei Beni culturali, Giangiacomo Martines, era contento». L’unico deluso è Piero Susmel, il docente di Udine, suo consulente: «Sapevo di questa idea, mi sembrava però una tra le tante, che le cose si sono formalizzate l’ho saputo da Internet». Tutti però lo invitano a entrare «in società».

(g. z.)
 

 

ORE DELLA CITTA' -  REFERENDUM SULL’ACQUA

 

Lo Spi-Cgil di Muggia indice un incontro sul referendum sull’acqua, oggi alle 16.30, nella sala convegni del «Centro Millo», in piazza della Repubblica 4 a Muggia, in collaborazione con il Comitato referendario triestino, «2 SÌ per l’acqua bene comune».

 

 

SEGNALAZIONI - SALUTE - Cellulari e tumori

 

In merito all'allarme sui telefonini lanciato dall'Oms, invito a prendere la notizia con la dovuta cautela perché non ci sono evidenze certe che dimostrino che le onde dei telefoni cellulari siano cancerogene; al momento non lo si può escludere ma non le si può nemmeno classificare come tali. Secondo la IARC (l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), infatti, tutte le sostanze sono divise in più gruppi. Oltre alle sostanze che per ora non sono documentate come cancerogene, le altre sono distinte in tre categorie: cancerogene (per esempio amianto, fumo di sigaretta), probabilmente cancerogene e possibilmente cancerogene. Tra queste – caratterizzate da limitata evidenza di carcinogenicità negli uomini e meno che una evidenza sufficiente di carcinogenicità negli animali sperimentali - ci sono le onde dei telefonini ma anche il caffè, che rientra in questa categoria. I legami tra telefonini e tumori sono deboli, come dimostrato da tutti i numerosi studi fatti negli ultimi dieci anni. In questo contesto la cautela è d’obbligo, anche perchè l’esposizione è stata limitata nel tempo considerando che 25 anni fa i telefonini non c'erano. Resta l'incognita delle conseguenze della durata dell'esposizione prolungata nei prossimi decenni. Nel frattempo bisogna usare una politica di cautela ovvero limitare l'uso del telefonino ai ragazzi e proibirlo ai bambini, entrambi in fase di crescita quindi più esposti agli eventuali rischi, in particolare sul nervo acustico e sul cervello. Sarebbe anche auspicabile che gli adulti usassero sempre di più l'auricolare, non solo in macchina, nell'attesa di studi ulteriori. Non va però dimenticato che, se non è certo che il cellulare provochi il tumore, è comunque causa di incidenti anche mortali se usato in modo inappropriato in macchina.

prof. Umberto Tirelli direttore Dipartimento di Oncologia Medica primario Divisione di Oncologia Medica Istituto Nazionale Tumori di Aviano

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 7 giugno 2011

 

 

Circolo della Stampa dibattito pubblico sui referendum - OGGI
 

La gestione dell'acqua, il possibile approccio futuro all'energia nucleare nel Paese, eppoi il senso del legittimo impedimento in un'Italia dominata dallo scontro istituzionale tra la magistratura e il premier. Del significato della chiamata alle urne del 12 e 13 giugno per i quattro referendum abrogativi, a Trieste la terza in un mese, si parlerà oggi, alle 18.30, al Circolo della Stampa, in Corso Italia 13. L'occasione è un incontro pubblico cui parteciperanno Tiziana Cimolino, in rappresentanza del Comitato "Acqua bene comune", Lino Santoro, del Comitato "Stop al nucleare", e Gianfranco Carbone, in veste di avvocato. Coordineranno il tavolo sul referendum Paolo Possamai, direttore del Piccolo, e Gianni Martellozzo, segretario regionale dell'Assostampa del Friuli Venezia Giulia.
 

 

"Adriantartica", partita la bonifica del torrente Rozzol
 

«Abbiamo asportato una decina di metri cubi di polistirolo abbandonato da anni nel greto del torrente Rozzol». È questo il risultato immediato di un primo intervento di bonifica del torrente sub-urbano effettuato domenica, in occasione della Giornata mondiale dell'ambiente, dall'associazione culturale Adriantartica presieduta da Julius Fabbri. I volontari hanno così avviato la bonifica del torrente nell'omonima valle, sotto l'ospedale di Cattinara, frequentata da caprioli e cinghiali. «L'associazione - si legge in una nota - auspica un intervento di riqualificazione dell'area, come già fatto per il bosco del Farneto». Il corso d'acqua era già stato oggetto di studi nel marzo 2010, quando gli alunni della scuola media "Divisione Julia" - si legge in una nota di Adriantartica - hanno partecipato ai concorsi "007 missione ambiente" e "Immagini per la terra" in collaborazione con l'Arpa e l'Università di Trieste. Poche settimane fa l'associazione Adriantartica ha vinto un premio speciale della Bavisela partecipandovi come il gruppo più numeroso, con 542 presenze. Nei giorni della kermesse sportiva, è stata anche allestita una mostra didattica sull'Antartide nel centro maratona della Stazione marittima che molti hanno studenti hanno visitato. Il tema principale era quello dell'energia. La promozione della cultura del rispetto dell'ambiente è il primo obiettivo dell'associazione che sta cercando di organizzare la prima spedizione scolastica italiana in Antartide, sempre se verranno reperite le risorse necessarie grazie al sostegno di imprenditori. Durante la campagna antartica l'obiettivo è quello di effettuare un'inchiesta sui siti inquinati e si realizzare una mappa delle zone più vulnerabili. «Trieste - ha spiegato Fabbri - è da sempre legata alle esplorazioni polari. Già Massimiliano d'Austria, nel 1859, si avvicinò alle coste della penisola antartica a bordo della fregata Novara e dal 1872 esiste un promontorio intitolato alla città. Il progetto pensato per gli alunni, denominato "Aulabianca", è già ben avviato, ma per arrivare al suo coronamento, il viaggio al Polo Sud, è necessario il coinvolgimento di tutta la cittadinanza». La partenza, sempre che si riescano a raccogliere i fondi necessari, è prevista per il dicembre prossimo e si punta a portare in viaggio, oltre alle tre classi coinvolte, anche alcuni genitori e gli esperti necessari a garantire una completa fruizione dell'esperienza. Per maggiori informazioni il sito internet è www.adriantartica.org.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - NUCLEARE E RAGIONE

 

Oggi, alle 17.30, al Caffè San Marco, conferenza su "La presenza del radon in ambienti abitativi", con il fisico e docente M. Vascotto.

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - SPI-CGIL servola

 

Lo Spi-Cgil di Servola indice sull'argomento un pubblico incontro oggi alle 16.30 al "Circolo Grbec" a Servola in via di Servola 124 in collaborazione con il Comitato referendario triestino "2 Sì per l'acqua bene comune".

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - I temi dei referendum

 

"Acqua - Nucleare - Legittimo impedimento. I temi dei referendum del 12 e 13 giugno", oggi alle 18.30 al Circolo della stampa (corso Italia 13). Incontro con Tiziana Cimolino, Comitato acqua bene comune, Lino Santoro, Comitato stop al nucleare, Gianfranco Carbone, avvocato. Coordinano Roberto Weber, presidente del Circolo della stampa di Trieste, e Gianni Martellozzo, segretario dell'Assostampa Fvg.

 

 

SEGNALAZIONI - REFERENDUM - L'acqua privatizzata

 

 Da cittadino chiamato ad esprimermi su quattro quesiti referendari, voglio soffermarmi sul problema della privatizzazione dell'acqua. L'acqua è un bene prezioso messo a disposizione di tutti, una parte però è già da tempo privatizzata. Mi riferisco a quella definita acqua minerale, che differenza c'è con quella che scorre nel rubinetto? Se l'origine è la stessa, cambiano solo le proprietà organolettiche. Quindi siamo chiamati ad esprimerci solo per una parte di acqua, quella del nostro rubinetto.

Fabio Deltreppo

 

 

SEGNALAZIONI - Rifiuti - Chi controlla i cassonetti

 

 In merito all'articolo di domenica scorsa sulla partenza della raccolta differenziata dell'immondizia, in parte disattesa dai triestini, sorge legittima una domanda per gli amministratori di questa città. Chi vigilerà sulla correttezza della divisione dell'immondizia e comminerà le eventuali multe? Questo perché ad oggi non sembra nemmeno esserci il semplice controllo sul fatto che l'immondizia venga posta dentro i bidoni! Per un esempio su tanti è sufficiente recarsi, soprattutto in estate già dopo il turno dei pranzi dei locali circostanti, all'inizio di via Duca d'Aosta. Questa via, parte del cosiddetto "salotto buono" della città, all'angolo con via Torino recentemente rinnovata è un'autentica discarica. Si auspicano quindi interventi di miglioramento e controllo in primo luogo sui servizi attuali.

Letizia Chiot

 

 

SEGNALAZIONI -  RIFIUTI/2 - Differenziata oscura

 

In zona Chiarbola sono già diversi anni che esistono isole ecologiche se per queste s'intendono i contenitori verdi, azzurri e gialli. Posso affermare che la gente non si è ancora abituata a scaricare correttamente la spazzatura. Infatti nel contenitore dei rifiuti generici si trovano cartoni anche interi, polistirolo, vetro, eccetera. Ai cittadini che seguono esattamente la raccolta differenziata sorgono speso molti dubbi. L'opuscolo pervenuto dall'Acegas APS, in cui viene consigliato il deposito dei rifiuti nei vari cassonetti non è molto esplicito, anche perché molte volte non si capisce di quale materiale è fatto(plastiche, carta o altro materiale inqualificabile?). I vasetti in vetro va bene, ma i coperchi in metallo? Le lattine per alimenti ok, ma perché Il Piccolo scrive non le lattine del tonno? Quando si è presi dai dubbi, gli scarti finiscono nel generico per quanta buona volontà ci si mette. E vorrei permettermi un consiglio. Tutti gli scarti di cucina(che altrove chiamano umido) perché non vengono raccolti separatamente? Posso affermare che a volte riempio borse con bucce e foglie di frutta e verdura. Ripeto, la buona volontà a tante persone non manca potrebbero venire aiutati di più dalle aziende che imballano gli elementi o altro. Per finire, i due opuscoli di carta mandati dall'Acegas APS sono giunti in sacchetti di nylon. Mi sembra un controsenso se vogliamo ridurre gli imballaggi!

Emanuela Velicogna

 

 

SEGNALAZIONI - PROTESTA - Bioest e Israele

 

In qualità di presidente dell'Associazione Italia-Israele di Trieste e a nome dell'associazione tutta, esprimo vivo allarme e profonda indignazione per la scelta di Bioest di ospitare, il 28 e 29 maggio nel Parco dell'ex Opp, un banco con materiale propagandistico contro Israele. Oltre a invitare al boicottaggio di vari prodotti da Israele e alle gravissime accuse di genocidio, di tortura, di brutalità contro i Palestinesi di Gaza, si spingeva esplicitamente all'odio contro Israele attraverso la distribuzione di materiale cartaceo e attraverso la diffusione di affermazioni verbali mistificatorie, rivolte al pubblico di visitatori desiderosi di chiarificazioni. Ciò appare in grave contrasto con le finalità della manifestazione "di contribuire al rispetto dell'ambiente, degli animali e dell'essere umano e di favorire nel contempo il miglioramento economico e sociale". A noi sembra inconciliabile che una manifestazione volta di per sé al miglioramento della qualità della vita sulla Terra, si presti, invece, alla divulgazione di politiche di odio, che non consentono certamente una reale azione di pace. Auspichiamo per il futuro una maggiore sensibilità di fronte alla gravità di certe scelte e una più equa visione di realtà difficili e dolorose, che abbisognano di grande equilibrio, di ampia lungimiranza e di lucidità critica.

Luisa Fazzini presidente Associazione Italia-Israele di Trieste

 

 

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO - LUNEDI', 6 giugno 2011

 

 

La fregatura del quesito sul nucleare
 

La finta legge moratoria sul nucleare rischia di passare alla storia per l’ultimo bluff di Berlusconi, ma le conseguenze di quel bluff potrebbero ancora esplodere nei prossimi giorni.
Ecco un caso in cui è proprio necessario fare una premessa di voto: io sono contrario al nucleare. A chi interessano i motivi della mia contrarietà, li può leggere qui. Eppure il nuovo quesito rischia di creare un effetto paradosso come non s’è mai visto prima nella storia italiana. Vediamo perché.
Sul sito Democrazia e legalità, di Elio Veltri, i giuristi Gabriele Pazzaglia e Marco Ottanelli riassumono a mio parere in modo corretto cosa è accaduto fin qui con il quesito sul nucleare. Come recita la Gazzetta Ufficiale del 4 aprile 2011, esisteva un Decreto Legge, denominato 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e perequazione tributaria”. Di questo testo di legge, il comitato referendario voleva abrogare alcuni articoli e commi e su questo testo sono state raccolte le firme per il referendum abrogativo.
Come sappiamo, il governo Berlusconi – nel tentativo di non far svolgere il referendum contro il nucleare dopo lo choc di Fukushima, per paura che aiuti il raggiungimento del quorum il 12 e 13 giugno, quorum che potrebbe cancellare anche la legge ad personam che rende il presidente del Consiglio “più uguale” degli altri cittadini dinanzi alla legge – il giorno 26 maggio ha approvato in Parlamento una nuova Legge che è una vera e propria moratoria contro la legge precedente, che istituiva il piano per il nucleare (Legge 6 agosto 2008, n° 133). Moratoria poi però pubblicamente sconfessata dal presidente del Consiglio stesso, che in conferenza stampa assieme al presidente francese Sarkozy ha ammesso il suo bluff.
La Corte di Cassazione, chiamata a decidere su cosa fare del referendum abrogativo verso una legge messa in moratoria-bluff, ha “visto il bluff” del governo e ha trasferito la richiesta di abrogazione dalla legge che istituiva il nucleare, alla legge moratoria-bluff, e precisamente, come si legge sulla nuova scheda elettorale: “Volete che siano abrogati i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del Dl 31/03/2011 n° 34, convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2011 n° 75?”
Ora, l’articolo 5 ha un titolo: “Abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari”. Il comma 1 di quell’articolo 5 recita:
“Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, mediante il supporto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare”.
Quindi il nuovo quesito referendario abrogherebbe un comma che stabilisce che il governo NON intende procedere verso la costruzione di centrali nucleari. Sul punto Pazzaglia e Ottanelli offrono un quesito che faccio mio:
“Chiaramente, l’intento della Cassazione dovrebbe essere quello di andare incontro alle intenzioni dei referendari, eppure rimane un piccolo dubbio, chiamiamolo così, lessicale: se abroghiamo una norma che prevede che non si attua il programma nucleare, che rimane?” Se abrogo una legge che abroga il nucleare, che rimane? Il nucleare!
Quanto al comma 8, assai più lungo, in sostanza dice:
“Dopo un anno dall’entrata in vigore della legge sulla moratoria, il governo, sentiti gli organi competenti, adotta la Strategia energetica nazionale, che individua le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo”.
Quindi, sempre come notano i due colleghi di Democrazia e Legalità, il comma 8 non parla mai esplicitamente di nucleare, ma di piani per l’efficienza, la sicurezza, la competitività, la differenziazione delle forme energetiche. E Pazzaglia e Ottanelli pongono un’altra domanda che mi sento di condividere: “Allora la risposta alla domanda ‘cosa cambia, se vince il Sì?’ non può che risiedere nella normativa che risulterebbe residua, ovvero tutti gli articoli ed i commi che sopravviverebbero della legge 26. Essi sono tutti abrogativi o modificativi della precedente legge sul nucleare, quella che era originariamente oggetto di referendum.”
Riassumendo, il 12 e 13 giugno siamo chiamati a votare per l’abrogazione di commi che mettono una (finta) moratoria sulla legge che dà il via alle centrali nucleari in Italia. Certo, rimarrebbero in piedi i commi 2, 3, 4, 5, 6, 7 che espungono il nucleare dai piani dal governo, ma non impegnano esplicitamente il governo a non iniziare centrali nucleari (cosa invece stabilita dal comma 1, abrogato se vince il Sì e c’è quorum).
Urge allora, come già sostenuto dal giurista Stefano Rodotà, un intervento della Corte Costituzionale, effettivamente investita sulla questione da parte del Governo Berlusconi. Però la Corte dovrebbe secondo me interpretare questo pasticcio dicendo al caro Governo Berlusconi: la legge 26/05/2011 n° 75 e poi smentita dal presidente del Consiglio in pubblico è anti-costituzionale perché rappresenta un modo fraudolento di confondere gli elettori chiamati a referendum abrogativo sul Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133.
Tra l’altro, a fronte di una simile decisione della Corte Costituzionale, si risolverebbe pure il problema non marginale del voto degli italiani all’estero, che si sono già espressi con le schede vecchie, quelle che abrogavano la legge originale del Governo Berlusconi pro-nucleare. Italiani all’estero che, col nuovo quesito, dovrebbero rivotare in massa, con il conseguente dilemma riguardo a come conteggiare quegli elettori nel computo dei votanti necessari per il famoso raggiungimento del quorum.
Per finire una domanda mia che pongo ai lettori: ma è possibile andare avanti con una simile classe di governo?
Sciltian Gastaldi

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 6 giugno 2011

 

 

Trasporti, la chiave è l'internazionalità - L'intervento di LUIGI BIANCHI
 

Bisogna ragionare in termini di aree metropolitane sovranazionali per realizzare infrastrutture che garantiscano la competitività
Leggendo l'ultimo intervento sull'Alta Velocità/Alta Capacità, trovo motivi di ulteriore preoccupazione in ordine ai guasti arrecati, non solo a Trieste e al Friuli Venezia Giulia, ma più in generale al mondo economico della mobilità e della logistica, dal disinvolto approccio del movimento No Tav e del vertice FS nel trattare una grande opera come la Transpadana, di respiro europeo, in termini provinciali e in una riduttiva dimensione regionale. Il Corridoio V ed il Progetto prioritario VI sono in realtà il contributo italiano, a Sud delle Alpi, per la creazione della rete europea del terzo millennio, attraverso i corridoi lanciati da Delors come strumento dell'unificazione ferroviaria continentale, seguendo l'esempio di quanto realizzato da Cavour per il nostro Paese. Fare riferimento alla sola densità demografica della regione per i viaggiatori e alla sola fotografia dell'attuale livello del traffico merci, condizionato dall'inefficienza delle ferrovie italiane e dalla mancanza di una politica commerciale del Gruppo FS a livello internazionale, per concludere che "c'è poco mercato", significa ignorare che, per affrontare seriamente il corridoio transpadano, è necessario fare riferimento ai flussi di traffico che, per la natura del FVG, sono necessariamente internazionali, sia per le merci che per i viaggiatori. Le grandi opere non si fanno per mantenere il traffico acquisito, ma sono lo strumento essenziale di adeguamento della rete in funzione della riconversione modale, dal momento che in Italia la netta prevalenza della gomma crea seri problemi all'economia nazionale. La dimensione regionale non è quindi sufficiente, è necessario ragionare in termini di mobilità internazionale e di aree metropolitane transfrontaliere per realizzare gli adeguamenti infrastrutturali che consentano offerte competitive in una logica di rete internazionale. Per le merci è necessario creare le condizioni per un'utilizzazione sinergica dei tre scali di smistamento del Nordest (Villach Sud, Cervignano e Lubiana Zalog) con i tre porti di Monfalcone, Trieste e Capodistria, affrontando subito i colli di bottiglia che non possono aspettare la realizzazione delle grandi opere. Per i viaggiatori è urgente impostare relazioni Intercity Venezia-Udine-Villach (in coincidenza con le direttrici Monaco di Baviera-Salisburgo e Klagenfurt-Vienna) e Zagabria-Lubiana-Venezia Mestre-Milano-Torino, che consentano di allacciarsi alla "Metropolitana che unisce l'Italia" e che, allo stato attuale, ci allontana dall'Europa. I nostri amministratori hanno ottimi argomenti per contrastare negazionisti e scettici, ma devono decidersi a illustrarli se veramente vogliono raggiungere un assetto ferroviario regionale in grado di sviluppare il traffico merci e di adeguare un'offerta viaggiatori, non solo per i pendolari, ma anche per la vocazione turistica del Friuli Venezia Giulia. Chi è investito di responsabilità pubblica ha l'incombenza di mettere in evidenza che la vitalità dei transiti ferroviari nordorientali è condizione della piena efficienza della catena logistica nazionale.

luigi.bianchi10@tin.it
 

 

 

 

DEMOCRAZIA LEGALITA.IT  - DOMENICA, 5 giugno 2011

 

 

Aggiornamento: il nuovo quesito sul nucleare. Un apparente paradosso.
 

“Volete che siano abrogati i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del dl 31/03/2011 n.34 convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2011 n.75?”

La Corte di Cassazione, a seguito della cosiddetta moratoria, ha disposto il trasferimento della richiesta di abrogazione delle norme sul nucleare.
In altre parole, ha cambiato il quesito referendario nel modo riportato all'inizio di questa scheda.
Questo perché la legge 26/5/2011 aveva pesantemente modificato la normativa precedente, quella sulla quale si sarebbe dovuto esprimere il corpo elettorale, e che oggi in sostanza non esiste più.
Quindi, non voteremo più sul quesito presentato dai comitati; saremo chiamati invece ad esprimerci sulla moratoria stessa. Esaminiamo quali sono dunque i commi 1 e 8 dell'art. 5 che saranno eventualmente abrogati. E cosa ne conseguirà.
Il primo, è piuttosto semplice. Esso recita: "Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare".
Occhio a quel “non”. La frase che sarebbe abrogata è: “non si procede alla definizione e attuazione del programma nucleare.” Chiaramente, l'intento della Cassazione dovrebbe essere quello di andare incontro alle intenzioni dei referendari, eppure rimane un piccolo dubbio, chiamiamolo così, lessicale: se abroghiamo una norma che prevede che non si attua il programma nucleare, che rimane?
Vediamo allora cosa recita il comma 8; esso è piuttosto lungo, ma dice, in sintesi, che, "dopo un anno dall'entrata in vigore della legge sulla moratoria, il governo, sentiti gli organi competenti, adotta la Strategia energetica nazionale, che individua le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo".
Leggetelo bene: non si parla mai di nucleare. Si parla solo di piani per l'efficienza, la sicurezza, la competitività la differenziazione delle fonti energetiche. Quindi, abroghiamo un piano razionale per l'energia? Tornano i dubbi di prima.
Allora la risposta alla domanda “cosa cambia, se vince il sì?” non può che risiedere nella normativa che risulterebbe residua, ovvero tutti gli articoli ed i commi che sopravviverebbero della legge 26. Essi sono tutti abrogativi o modificativi della precedente legge sul nucleare, quella che era originariamente oggetto di referendum.
E qui, lo confessiamo, la nostra competenza pare svanire davanti alla immensa confusione e sovrapposizione di norme che si accavallano annullandosi l'un l'altra, in un turbinio di decreti, conversioni, sostituzioni. Quel che pare chiaro è che quanto rimane, è ciò che concerne lo stop alla costruzione di centrali, ma non la eliminazione della Agenzia per il nucleare né la gestione delle scorie (che già abbiamo sul territorio nazionale).
In conclusione, quindi, l'effetto del nuovo testo referendario sembra essere paradossale: esso non riguarda l'agenzia per il nucleare, non riguarda le scorie, ma rischia da una parte, con una doppia negazione (eliminazione del “non”) di rendere legittime in un prossimo futuro la definizione e l'attuazione del programma nucleare, e dall'altro di bloccare ogni alternativa energetica ed ogni collaborazione con la Unione Europea ed altri organismi internazionali, collaborazione “anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra”.
Più che un paradosso, ci sembra un pasticcio che forse solo le motivazioni della Corte di Cassazione potranno rendere meno surreale. Nel frattempo, ci permettiamo di dire che forse la moratoria governativa ha già di per sé un forte valore legale per stoppare lo sviluppo del nucleare, e che il nuovo quesito non migliora di molto le cose.
Gabriele Pazzaglia e Marco Ottanelli

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 5 giugno 2011

 

 

Strade e ferrovie, Nordest emarginato dall'Italia
 

Drastico il giudizio espresso dalla classe dirigente nella rilevazione «One»: i ritardi nella Tav vanno addebitati all'incapacità dei politici locali
TRIESTE Parlare di Nordest e di infrastrutture per il trasporto significa raccontare una situazione di ritardo rispetto alle aspettative e alle necessità del territorio. L'indice è puntato soprattutto sulle ferrovie, valutate come insufficienti in rapporto ai bisogni di mobilità degli utenti e alla capacità di sostenere il transito di merci. Tuttavia, il quadro risulta negativo anche riguardo ad autostrade, porti e interporti. Mentre il gap nella realizzazione della Tav rispetto al Nord Ovest e all'Italia centrale va addebitato in primo luogo alle responsabilità della classe politica locale. Sono le valutazioni che emergono dalla rilevazione One, condotta dalla Fondazione Nordest tra i rappresentanti della classe dirigente di Veneto e Friuli Venezia Giulia, con il contributo di Intesa SanPaolo. Prendendo in esame le valutazioni espresse a proposito delle singole modalità per il trasporto di merci e persone, emerge come la capacità della rete ferroviaria del Nordest di rispondere alle necessità di spostamento degli utenti risulti negativa per l'85,7% dei rispondenti. Per il 73,6%, il giudizio è analogo a proposito della movimentazione di merci su rotaia. Riscuote scarsi consensi anche la rete stradale, giudicata inadeguata ai bisogni dei privati dal 61,8% e insufficiente alle necessità relative alle merci per il 64,1%. Relativamente migliore, seppure in un quadro comunque negativo, è il giudizio concernente il sistema dei porti, a un livello di insufficienza per il 52,5%. Un giudizio simile viene espresso sugli interporti (che pure vedono in Veneto la presenza di due realtà dinamiche come Verona e Padova) non positivi per il 55% dei rispondenti. Attualmente, lo sviluppo della rete ad alta velocità in Veneto e Friuli Venezia Giulia risulta fermo alla linea Padova-Venezia e l'apertura dei cantieri per costruire nuove tratte non sembra essere vicina. Nel resto del Paese, la Tav è già stata completata tra Torino, Milano, Bologna, Roma, Firenze e Napoli e i progetti per il breve termine prevedono la prosecuzione della nuova linea tra Milano e Brescia, per poi raggiungere Verona. Tra le ragioni principali di tale ritardo viene individuata innanzitutto l'incapacità della classe politica locale nordestina di rappresentare le istanze del proprio territorio (51,2%). Anche la seconda e la terza tra le motivazioni più importanti coinvolgono direttamente i decisori politici e, più in generale, la classe dirigente. Le situazioni di litigiosità e l'assenza di una visione condivisa tra i comuni e le regioni coinvolte dall'opera sono indicate da più di un quinto del campione (22,7%). Tale dato riflette più episodi in cui, nelle regioni del Nordest, la normale prassi istituzionale che comporta il confronto tra gli amministratori locali per individuare soluzioni di tracciato condivise è evoluta in contrasti e visioni opposte che ancora restano da ricomporre. Per il 14,2% la causa del gap che sconta la Tav del Nordest va invece cercata nell'inadeguata considerazione verso l'opera da parte della classe dirigente locale. Da notare, poi, come tra le motivazioni indicate come seconda scelta, prevalga piuttosto nettamente la litigiosità tra gli enti locali (40,3%), già suggerita con forza come prima opzione. Pochi coloro che ritengono più importanti i limiti di natura finanziaria legati alle disponibilità di cassa dello Stato italiano per gli investimenti in infrastrutture. Solo il 7,7% del campione pensa, infatti, che il ritardo sia dovuto alla necessità di contenere la spesa pubblica in una fase di difficoltà economica. In numero ancora minore chi, invece, considera come maggiormente decisivo il ruolo avuto da alcune associazioni ambientaliste o da gruppi di cittadini che si sono opposti a livello locale alla realizzazione della Tav (4,2%). Lo sviluppo della rete ferroviaria del Nordest sembra rimanere al centro dell'attenzione dei rispondenti anche quando viene affrontato il tema delle priorità tra le opere infrastrutturali inserite nell'agenda di Regioni e Governo. Il Sistema ferroviario metropolitano regionale appare il progetto cui è attribuita maggiore importanza sommando quanti lo hanno indicato come prima scelta (28,8%) come seconda (12,6%) e come terza (14,4%). Si tratta di un'opera destinata ad avere un impatto sugli spostamenti dell'utenza privata nell'area a maggior urbanizzazione del Veneto tra Venezia, Treviso e Padova, che dunque dovrebbe intervenire proprio nel contesto della mobilità dei cittadini, questione già evidenziata come particolarmente problematica a giudizio dei rispondenti. Ugualmente urgente risulta anche la terza corsia della A4 tra Venezia e Trieste, indicata come prima risposta dal 30,1% del campione. Tale sezione della A4 risulta avere un ruolo cruciale nei collegamenti tra l'Italia e l'Europa centrale per gli spostamenti delle merci quanto per quelli delle persone. Al terzo posto tra le opere che sarebbe opportuno realizzare per prime tra quelle in progetto si trova la Superstrada pedemontana veneta, prima scelta per l'11,5% dei rispondenti, seconda per il 22,7%. Come per la terza corsia della Trieste Venezia, quest'opera fa parte del sistema afferente l'autostrada A4, lungo l'asse Est-Ovest del Paese ed è chiamata a dare risposta a consistenti bisogni di mobilità del Nordest.
Carlo Bergamasco

 

 

Peroni: «Treni disastrosi, siamo ai livelli di vent'anni fa» - IL RETTORE DI TRIESTE E' UNO DEGLI INTERVISTATI
 

TRIESTE Francesco Peroni, rettore dell'Università di Trieste, è uno degli intervistati per la ricerca della Fondazione Nord-Est. Fa una premessa: «Parlo da cittadino». Qual è la sua opinione sulle infrastrutture del Friuli Venezia Giulia? Credo che non possiamo dirci all'altezza del fabbisogno del momento. Dove siamo bloccati soprattutto? Ritengo che le strade e le ferrovie patiscano i maggiori ritardi in termini di adeguatezza infrastrutturale. Dove nasce il problema? Dalla sottovalutazione di coloro che avrebbero dovuto decidere e prendere provvedimenti in tempo nelle sedi politiche indicate. Vent'anni fa muoversi verso Trieste sembrava andare verso a un confine definitivo e dunque le infrastrutture bastavano. Gli scenari però sono cambiati, bisognava accorgersene e guardare con capacità di previsione alle mutazioni e di conseguenza ammodernare la rete per cogliere l'evoluzione. La causa è l'inadeguatezza politica a tutti i livelli. Le mai capitato di avere problemi nei suoi spostamenti? Mi sposto spesso in aereo ma i disagi maggiori li ho avvertiti in ferrovia. Da Venezia a Trieste si viaggia male. In particolare in termini di velocità. E i cambi e le coincidenze sono mal organizzati. Su cosa si deve intervenire per prima? Dalla rete ferroviaria. Ho la sensazione che le ferrovie siano le infrastrutture più in ritardo. Il colore politico a livello locale è cambiato, si aspetta un miglioramento? Siamo appena agli inizi, è davvero troppo presto per esprimere valutazioni. Ma nutro fiducia.
Gianpaolo Sarti

 

 

Alta velocità e turismo nessuna convivenza - L'INTERVENTO DI ROBERTO UMEK
 

Il territorio compreso tra le province di Trieste e Gorizia dovrebbe essere dichiarato patrimonio dell'Unesco per la sua storia
Non voglio che costruiscano la ferrovia ad alta velocità nel territorio in cui vivo e mi dicono che sono contro il progresso. Non possono venirci a raccontar frottole quando obiettiamo che devasteranno il nostro Carso (di tutti i triestini e goriziani), quando non serve uno scienziato per sapere che scavare una galleria sotto il Carso vuol dire rompere definitivamente un equilibrio naturale fatto di flora, fauna (protetta), corsi d'acqua sotterranei e grotte. Senza contare ciò che ci rimarrà quando questa fantomatica ferrovia dovesse entrare in funzione; onde elettromagnetiche, radon, polveri sottili e le continue vibrazioni che il passaggio dei "supertreni" svilupperanno. La ferrovia ad alta velocità servirebbe, così dicono, per dare sviluppo alla provincia incrementando il traffico nel porto di Trieste. Il porto di Trieste doveva essere sviluppato dall'Italia quando dopo il '54, ancora florido, l'ha abbandonato preferendone altri e adesso per interessi che non riesco a concepire vogliono colmare un vuoto di infrastrutture mancanti da 50 anni? I porti più importanti d'Europa movimentano 3-4 milioni di Teu all'anno frutto di un sviluppo che dura da decenni quando il nostro porto festeggia per il record mensile di 83300 Teu (in un anno da record non raggiungerebbe neanche il milione). E per dirla tutta penso che anche se volessero potenziare le linee ferroviarie fuori terra portandole a una capienza di 200 treni al giorno, non dormirei tranquillo, purtroppo tragedie quali quella di Viareggio dovrebbero insegnare qualcosa. Lo sviluppo che porta al benessere collettivo è ben altro. Il territorio compreso tra le province di Trieste e Gorizia dovrebbe essere dichiarato patrimonio dell'Unesco solo per la storia che le nostre terre potrebbero raccontare, per le culture e le tradizioni (slovene, italiane, croate, austriache) che si intrecciano nelle nostre città. Invece di pensare a porti commerciali perché non si pensa alla creazione di un porto turistico, invece che far arrivare le navi cariche di Teu perché non facciamo arrivare quelle cariche di persone? Solo nella provincia di Trieste abbiamo tre castelli ed ognuno di loro potrebbe raccontare un pezzo di storia d'Europa. Sull'altipiano carsico si sono combattute le battaglie più cruente sia delle prima che della seconda guerra mondiale e le numerose testimonianze quali trincee, ospedali da campo e la memoria della nostra gente ne hanno da raccontare. Da quando sono nato sento che "domani" iniziano a ristrutturare il porto Vecchio di Trieste... no se pol... La Tav inveze se pol !!!! Ho provato a immaginare un turista sul ponte di una nave che entra nel nostro golfo, piazza Unità, le colline del Carso che si tuffano nel mare, il porto Vecchio rimesso a nuovo lasciando inalterato il fascino delle costruzioni austro-ungariche e la consapevolezza di trovare la cordialità e l'allegria delle nostra gente, il mare o l'altipiano per un tuffo o un'escursione e respirare la nostra storia e la nostra cultura. Io ci verrei a Trieste.
 

 

Ret: contrari da sempre all'elettrodotto - Replica a Godina: su San Pelagio e Prepotto c'erano delle prescrizioni che non sono state rispettate
 

DUINO AURISINA Il sindaco Giorgio Ret non ci sta a subire le accuse dell'ex vice presidente alla provincia Walter Godina. «Il nostro parere su questo progetto dell'elettrodotto, così come si è rivelato, è sempre stato negativo». Ribadisce, una volta in più, il primo cittadino di Duino Aurisina, che l'anno scorso a Roma, l'amministrazione aveva espresso opinione nettamente contraria alla realizzazione della Terna. Innanzitutto, da un punto di vista urbanistico, Ret afferma di aver dato il sì per l'area di Visogliano, invece, riguardo San Pelagio e Prepotto, erano state date severe prescrizioni di allontanare l'impianto dai centri abitati. «Ma lo spostamento è stato talmente ridicolo - sottolinea - ache ci siamo sentiti presi in giro». «Dal punto di vista paesaggistico, invece, - incalza Ret - il comune, alla conferenza dei servizi, ha sempre dimostrato di essere contraria al progetto. L'approvazione, cui si riferisce Godina, riguardava l'inizio dell'iter burocratico, quando la società aveva appena presentato il piano». «L'intervento - aggiunge ancora il sindaco - ci è stato presentato come una manutenzione straordinaria, il consiglio a unanimità, compreso quindi il consigliere Gabrovec, ha dato la sua approvazione - sottolinea Ret - e io mi sento di difendere tutti i componenti che quel giorno si sono espressi positivamente perché si doveva trattare di manutenzione, ovviamente per lavori di rifacimento le cose sarebbero state decisamente diverse, occorreva un'espressione della paesaggistica più appropriata». C'è un altro tassello che a Ret preme rimarcare. «Non bisogna dimenticare che due proprietari terrieri hanno firmato l'accordo con la Terna. Se ciò non fosse accaduto ci si sarebbe potuti muovere anche prima, sarebbero scattati gli espropri non autorizzati e sicuramente anche noi saremmo intervenuti per tempo».

Cristina Polselli
 

 

Vertice sulla differenziata il sindaco convoca Acegas
 

Un tavolo in piazza Unità dopo i ritardi nella posa delle isole ecologiche e le indicazioni sugli imballaggi disattese da una parte dei commercianti
di Piero Rauber L'installazione delle isole ecologiche è in ritardo? I commercianti snobbano il porta a porta degli imballaggi? I cassonetti a scomparsa di piazza della Borsa traboccano? E molti triestini restano pigri, incoraggiati forse dal fatto che le multe scatteranno appena dal primo gennaio 2012, contribuendo così a non far decollare la raccolta differenziata? «Ghe pensi mi». O, meglio, «ghe penso mi». Alla triestina. Parola, stavolta, non del Cavaliere. Bensì di Roberto Cosolini. Il neosindaco, in realtà, una simile espressione mai l'ha proferita, e ben si guarderebbe dal farlo, specie pubblicamente. Il messaggio sottinteso che il nuovo inquilino del Municipio ha voluto però dispensare ieri nel suo primo sabato da primo cittadino - un sabato in cui si è ritrovato uomo solo al comando perché la giunta ancora non l'ha fatta - coincide proprio con questo tipo di rassicurazione: la prossima settimana, e la prossima settimana inizia domani, si attiverà per risolvere i problemi legati al mancato abbrivio della raccolta differenziata. Una rassicurazione che si traduce in un tavolo che lo stesso Cosolini convocherà alla presenza dei dirigenti responsabili del Comune e di AcegasAps. Era un segno del destino, d'altronde, che ad occuparsene sarebbe stato, all'occorrenza, il successore di Dipiazza: la calendarizzazione della differenziata obbligatoria era slittata, infatti, agli sgoccioli del secondo mandato di Dipiazza - a causa ufficialmente dei tempi lunghi della gara d'appalto per l'approvvigionamento da parte di AcegasAps dei nuovi cassonetti di raccolta - al primo luglio. Cioè esattamente 48 ore dopo il ballottaggio. «La prossima settimana - scrive il neosindaco in un comunicato stampa diffuso ieri a metà pomeriggio - intendo fare il punto sul progetto della raccolta differenziata. L'inizio mi pare abbia evidenziato come ci siano alcuni punti deboli e come bisogni fare di più per agevolare e incoraggiare da subito i cittadini in questa ormai irrinunciabile modalità di raccolta. Se ci sono, e mi riservo di valutarlo, delle particolari problematiche nel piano, per come ci è stato consegnato dalla giunta precedente, queste andranno tempestivamente affrontate con misure adeguate. Per questo riunirò i tecnici del Comune insieme all'Acegas per valutare le soluzioni». Puntualizza in serata, poi, a voce, lo stesso primo cittadino: «Sia chiaro che non fa parte del mio modo di fare il voler dare giudizi liquidatori, facili. Dunque non mi permetto, allo stato, di commentare l'operato della giunta precedente (l'assessore competente di Dipiazza era il pidiellino Paolo Rovis, ndr). La priorità ora è quella di verificare se c'è bisogno di intervenire per superare alcune criticità che si sono palesate, e se queste possono essere superate integrando le nostre idee senza stravolgere il piano comunale già avviato. La differenziata, dopo tutto, stava pure nel nostro programma...».
 

 

SEGNALAZIONI - RIFIUTI / 1

 

Differenziata monca nIn merito agli articoli sulla raccolta differenziata riportati sulle cronache, si è notato che molte zone della città sono ancora sprovviste degli appositi contenitori. Mancano inoltre le disposizioni per i rifiuti misti o di incerto collocamento. Si attendono dunque ragguagli da parte del Comune.

Gabriella Amstici

 

 

SEGNALAZIONI - RIFIUTI / 2

 

Differenziata e meno tasse? In questo periodo si sente sempre più spesso parlare della raccolta differenziata dei rifiuti. Tema giornaliero e spesso si chiedono spiegazioni ai responsabili, quegli stessi responsabili che di risposte mirate non ne danno molte. Vorrei perciò chiedere alla persona che ha costruito questo sistema di raccolta, quanto segue: a) i camion durante raccolgono tutti i rifiuti oppure ci sono più camion e ognuno raccoglie la sua parte? b) dopo la raccolta come vengono bruciati i rifiuti? Vi è una linea di incenerimento per ogni tipo oppure si brucia tutto assieme? E per ultimo, questo servizio che la popolazione fa al Comune di Trieste verrà compensato con una minore tassazione, che oggi è la maggiore d'Italia, oppure i responsabili faranno come sempre i furbi, tanto nessuno protesta e il pantalone paga? Attendo risposta obiettiva affinchè tutti possano capire e regolarsi di conseguenza, se converrà seguire la differenziata oppure continuare come si è fatto sempre.

Oscar Ferluga

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 4 giugno 2011

 

 

Elettrodotto, partono le denunce. E Godina attacca la Regione
 

L'ex assessore provinciale: la giunta Tondo ha piani di tutela come Natura 2000, è impensabile che poi li ignori
DUINO AURISINA L'affare elettrodotto non si placa. Tutti sono scontenti, arrabbiati i cittadini del Carso (partite le prime denunce), che si vedono espropriati in casa loro, delusi i comuni dell'altipiano, che si sentono ingannati e subiscono la deturpazione del territorio e anche la Provincia non resta a guardare. Walter Godina, ex vice presidente, a titolo per ora personale non usa mezzi termini «Per l'ennesima volta, vengono favorite le grandi opere a discapito degli interessi di chi vive e lavora sul carso». Godina se la prende con la Regione. «Tre quarti del nostro Carso sono tutelati da diversi vincoli e restrizioni, che rientrano in programmi come Natura 2000, di solito non si può, toccare foglia senza autorizzazioni, non capisco allora come si sia potuto permettere in quest'area un simile progetto». Anche il comune di Duino Aurisina però, secondo l'ex vice presidente della provincia, ha le sue colpe. «Mi meraviglia la posizione così tardiva del sindaco Giorgio Ret, la sua amministrazione aveva votato a favore del progetto, ora si dice ingannato ma prima di far passare una delibera che consente lavori di manutenzione straordinaria bisognerebbe fare un'attenta analisi, qui il comune o ha peccato di superficialità o sta cercando un modo per smarcarsi dal problema». Tra una decina di giorni, intanto, sarà formalizzata la petizione raccolta dall'Agrarna Skupnost, insieme a molti altri soggetti. «Il primo passo sarà quello di portarla nella commissione competente - spiega Igor Gabrovec, consigliere regionale - poi andremo avanti». Il consigliere è un attento conoscitore del problema fin dai suoi inizi. «La società Terna deve prender atto che un'opera pubblica importante com'è l'elettrodotto non si può imporre unilateralmente, bensì va costruita e concordata con le amministrazioni locali e con le comunità che ne subiscono tutti i danni e disagi. Nel caso dell'elettrodotto sul Carso sono stati snobbati tutti». Nessuna posizione ufficiale emerge dalla Terna. La società continua però ad affermare la regolarità del suo operato demandando ai principi citati anche sul sito: la Vas, intervenendo a monte delle scelte di pianificazione con l'obiettivo «di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione» dei piani e programmi, rappresenta per Terna uno strumento atto a promuovere uno sviluppo della rete elettrica sostenibile e compatibile con l'ambiente, condiviso con le regioni e gli enti locali attraverso lo strumento della concertazione. I dissidi tra la società e i singoli proprietari, intanto, si inaspriscono e arrivano le prime denuncie. Al commissariato di polizia di Sistiana sono arrivate due querele, da parte di singoli, che denunciano la Terna per ingresso abusivo nelle proprietà private.
Cristina Polselli

 

 

ELETTRODOTTO - Lavori bloccati, la Terna deve riflettere
 

Novità del giorno, i lavori a Visogliano sono stati sospesi. Secondo quanto è trapelato pare che la società Terna voglia prendersi un po' di tempo per le dovute verifiche. Sembra che a suo dire, comunque, la zona non rientrerebbe nelle aree Sic e Zps protette da vincoli ambientali. La stessa richiesta è stata fatta, da parte di chi protesta, alla guardia forestale che il prima possibile darà le risposte cercate.

(c.p.)
 

 

Energia dalla bora, Oradini pronto per i test
 

L'ex olimpionico prova a Sistiana il suo sistema che va a vela e cerca appoggio dagli enti di ricerca
SISTIANA Dall'ora del Garda alla Bora di Trieste per cercare forme di energia alternativa. E' questa la sfida che lancia il già olimpionico, Gianfranco Oradini, che si è insediato a Sistiana per mettere alla prova e studiare il suo sistema a vele che produce energia eolica. Un'innovativa forma di energia pulita, da lui ideata e brevettata ,che grazie ad un sistema di vele alte non più di sette metri, montato su ruote, ruotando azionano una turbina e producono appunto energia elettrica. L'idea di sfruttare il vento su terra dalla Barcolana del 2004. «Mi ricordo - racconta - che in quell'edizione il vento era molto forte, tanto che anche se le barche erano attraccate sulle rive e molto vicine tra loro, oscillavano molto. Dalla manifestazione di questa forza, ho iniziato a chiedermi se questa potenza non potesse essere applicata alla creazione di energia pulita anche tramite un sistema delle vele». Da qui è nato questo suo sistema di produzione eolica che si discosta da quelle precedente, anche per la sua caratteristica di essere ancora più 'green'. «Il mio sistema, infatti, - spiega - a differenza di quelli preesistenti, che per essere azionati necessitano almeno inizialmente di un po' di corrente, è interamente meccanico e viene azionato solo con la forza del vento». Questa macchina, infatti, è costituita da vele, minimo quattro, che indirizzate in base al vento, ruotano in senso orizzontale andando ad alimentare in modo meccanico una turbina che a sua volta produce energia elettrica. Inoltre, la sua particolarità, è anche quella che tutto il sistema sia montato su ruote cosicchè la struttura, essendo mobile, possa essere facilmente trasportata dove è più consono. Un invenzione, quella del già campione olimpico, che già in nella sua terra natia, Arco, grazie alla disponibilità del Comune, ha già potuto mettere in pratica. «Il comune ci ha dato la possibilità - dichiara Oradini - di posizionare uno dei miei sistemi in un campo all'interno di una zona residenziale per fare dei test e siamo riusciti anche a produrre energia ad esempio per caricare delle batterie ma le potenzialità di questa invenzione sono tutte da scoprire». Proprio per questo motivo, sempre secondo l'inventore, l'ideale sarebbe anche poter coinvolgere l''eccellente know-how triestino. «Sono venuto qui a Trieste - afferma - a causa della Bora che mi permette di mettere alla prova la mia invenzione e per capire i limiti e le difficoltà in cui un tale sistema potrebbe imbattersi ma anche per cercare un valido aiuto nelle grandi professionalità che abbiamo sul territorio grazie alla Sissa, all'Area di Ricerca o al dipartimento di Fisica. Ma finora non sono riuscito ad creare nessuna sinergia soprattutto a causa della mancanza di fondi che permettessero la ricerca».

(v.a.)
 

 

I negozi snobbano il "porta a porta" - Cassonetti in tilt
 

In piazza della Borsa l'area ecologica a scomparsa riempita dagli imballaggi dei commercianti. AcegasAps corre ai ripari
di Matteo Unterweger Scatoloni di cartone ammassati in piazza della Borsa, davanti al bocchettone per la raccolta differenziata della carta. Un'immagine immortalata l'altro giorno dall'obiettivo della macchina fotografica (come si può notare qui a fianco), ma non un caso unico. Nei primi giorni dall'avvio della raccolta differenziata obbligatoria in città, in tanti fra commercianti ed esercenti - conferma AcegasAps attraverso il proprio ufficio stampa - si stanno infatti orientando verso le isole ecologiche "dimenticandosi" però del servizio gratuito che la stessa multiutility garantisce alle attività commerciali attive nel territorio comunale di Trieste, cioè quello del cosiddetto passaggio "porta a porta" per lo smaltimento degli imballi. Proprio per evitare il più possibile il ripetersi di queste situazioni la stessa azienda ha deciso di organizzare un'ulteriore appendice della propria campagna informativa per gli esercenti: è in elaborazione un nuovo volantino che conterrà tutte le necessarie indicazioni. Esiste peraltro un calendario settimanale del passaggio del personale AcegasAps per la raccolta del materiale, che va separato da corpi estranei ed esposto all'esterno delle attività commerciali in tempo per la raccolta. Martedì, giovedì e sabato dalle 19, come riporta il sito dell'ex municipalizzata, "porta a porta" in viale d'Annunzio, via Raffineria, piazza Garibaldi, via Oriani, via Carducci, piazza Oberdan, piazza Dalmazia, via Ghega, via Cellini, piazza Libertà, via Einaudi, piazza della Borsa, corso Italia, piazza Goldoni, corso Saba, via Gallina e via Reti. Martedì e giovedì dalle 19 in via Carducci, via Crispi, via Severo, via Cologna, via Kandler, via Giulia, viale Sanzio, piazzale Gioberti, via Crispi e via Pindemonte. Sempre di martedì e giovedì, dalle 12.30 alle 15.30: via Carducci, via Ghega, corso Cavour, via Rossini, via delle Torri, via Rittmeyer, via Santissimi Martiri e piazza Scorcola. Infine, il mercoledì dalle 12.30 alle 15.30 in corso Italia, piazza Goldoni, via Ponchielli, via Bellini, Rive, via Economo, via Lazzaretto vecchio, via Cavana e via del Teatro Romano. Nello specifico per piazza della Borsa e dintorni, inoltre, è probabile che - confermano da AcegasAps - venga intensificata la frequenza dei passaggi di carico-scarico dell'isola ecologica interrata. Un intervento, quest'ultimo, dettato dalle indicazioni ottenute grazie al monitoraggio con cui l'azienda sta accompagnando il posizionamento di tutti i nuovi cassonetti in città. La sistemazione è partita lo scorso 16 maggio da viale Miramare e fin qui è stata completata nelle zone di Barcola, Roiano, Gretta, via Coroneo e via Fabio Severo. In questi giorni sta riguardando le aree del Borgo Teresiano e di via Giulia, poi proseguirà verso la parte sud-est del territorio comunale. La collocazione delle isole potrà in ogni caso subire delle modifiche, sulla base delle verifiche e anche in virtù dei suggerimenti che giungeranno dai cittadini, sia tramite le chiamate dirette degli stessi o attraverso la relativa circoscrizione. La scelta su dove posizionare i cassonetti è meno semplice di quanto si possa credere. Oltre alla comodità per l'utenza, viene valutata ad esempio anche la componente della sicurezza: le isole ecologiche non devono infatti ostacolare in alcun modo il campo visivo degli automobilisti al loro arrivo agli incroci stradali. In questi giorni, conferma ancora AcegasAps, il numero delle telefonate ricevute dagli operatori è cresciuto. Tante le richieste di informazioni sulla differenziata, per sapere in quali contenitori conferire determinati oggetti ma anche per avere dei chiarimenti sui centri di raccolta e sui rifiuti ingombranti.
 

 

RIFIUTI - E c'è chi abbandona i cartoni in Costiera

 

Una discarica abusiva di scatoloni e altri rifiuti è stata scoperta ieri mattina in uno slargo della Costiera. Una pattuglia dei vigili urbani ha rinvenuto una vera e propria montagna di cartoni abbandonati nei pressi di un cassonetto rovesciato. Sul posto è intervenuta una squadra dell'AcegasAps e in breve l'area è stata ripulita dagli addetti della multiutility. Ma ora le indagini da parte degli agenti della polizia municipale puntano a individuare i responsabili. Dai primi accertamenti dei vigili urbani, infatti, è emerso che una buona parte dei cartoni sarebbero riconducibili a una ditta che opera nella zona di Ronchi dei Legionari. Li avrebbero scaricati lungo la Costiera in quanto nell'Isontino la raccolta avviene in giorni definiti. Se questi elementi saranno confermati i titolari dell'azienda ritenuta responsabile della discarica rischiranno una pesante sanzione amministrativa per aver disperso in un'area non idonea i propri rifiuti. Materiale, per altro, riciclabile come il cartone.
 

 

Il web critica le istituzioni e anche chi non differenzia - IL PICCOLO, FACEBOOK
 

Altro che elezioni. La raccolta differenziata obbligatoria al via dal primo giugno ma senza multe fino al primo gennaio - e soprattutto il "disinteresse" della gente nei confronti della novità - ha scatenato il popolo dei lettori-internauti, che sul profilo facebook del Piccolo hanno lasciato più del doppio di commenti rispetto a quelli collegati invece alle notizie sul ballottaggio. Erano ben 166 alle 20 di ieri sera, infatti, gli interventi dei nostri affezionatissimi legati ai due articoli più recenti che parlano proprio di differenziata. Ed è un fiume di critiche. Da una parte verso i triestini che non la fanno. E dall'altra verso le istituzioni che - a detta dei lettori - si sono mosse tardi, e pure male. Ecco ad esempio Lucia Cossar: «Una bella vergogna che Trieste inizi appena adesso la raccolta differenziata! A Gorizia saranno 6 anni che si fa. Pensare che nel capoluogo regionale c'è ancora spazzatura selvaggia nel 2011 lascia proprio senza parole». «Un'altra vergogna - fa eco Guido Lino - è che quando è stato fatto il nuovo regolamento è stato inserito un comma dove chi viene colto a rovistare nei cassonetti viene multato, e nei cassonetti non ci rovista il politico, l'imprenditore, il giornalista ma i poveri, e anche i nuovi poveri, parlo di quei cassonetti vicini ai supermercati, ai centri commerciali». Per Vera Cattonar «non ci sono i cassonetti! Una mia amica che sta in via Ghirlandaio è costretta a camminare tanto prima di trovare quelli della differenziata e non ha nemmeno mai ricevuto un qualche depliant che spieghi in quale campana va messo ogni tipo di materiale. Contesta Paride Martin: «Nessuno la fà? Ma se la faccio dal 1990». Incalza Manuel Fior: «Chi la faceva prima, come il sottoscritto, la fa anche adesso. Se si vuole generalizzare, non serve sensibilizzare bensì obbligare. Alias... Comune spendi!».
 

 

Canal grande sommerso dai rifiuti - Vanificata la pulizia del 2009, sui fondali di Ponterosso anche carrelli della spesa
 

Nell'era della raccolta differenziata capita che qualcuno scambi il Canale grande per un cassonetto a scomparsa. Basta dare un'occhiata ai fondali di Ponterosso dove, in condizioni meteo ideali, si possono scorgere rifiuti ingombranti di ogni genere. Passi per la solita imbarcazione adagiata sul fondo, vittima probabilmente del maltempo e dell'incuria, ma come giustificare i carrelli della spesa? Sono stati gettati da qualche maleducato per vedere l'effetto che fa. Un tuffo in acqua che, manco a dirlo, pesa sulle tasche dell'intera comunità. Periodicamente. Risale a poco più di un anno fa, precisamente alla fine del 2009, l'ultima pulizia dei fondali di Ponterosso. Oggi quel tratto di mare - in cui i turisti si fanno fotografare assieme alla statua di James Joyce ad altezza naturale - è stato riempito con gli stessi "regali". L'ultima pesca miracolosa aveva permesso di recuperare decine di sedie, sette "panettoni" di cemento, bottiglie, lattine, batterie d'auto, vasi da notte, un motore fuoribordo... Perfino due carrelli di supermercato, perché evidentemente il lancio del carrello è diventata la nuova disciplina sportiva da praticare sul Canale di Ponterosso. L'iniziativa "Operazione Canale Pulito", che aveva permesso di ripescare anche telefoni cellulari e chiavi, era stata organizzata dalla Holiday sas e il Comune di Trieste, in collaborazione con AcegasAps. Una trentina di sommozzatori e volontari, al lavoro per l'intera giornata, avevano riempito sei contenitori da 1000 litri avviati allo smaltimento differenziato (una di vetro, 2 di plastica, 2 di metallo e uno di pneumatici). In acqua i volontari di Sub Sea Club Trieste, Aquafun Diving Academy di Trieste e del Corpo Pompieri Volontari di Trieste, oltre a tre rappresentanti di AcegasAps. Fondali scandagliati asportando i rifiuti abbandonati, insomma, assieme allo stoccaggio del materiale recuperato, differenziandolo per tipologia in appositi cassonetti mentre un'autopompa del Corpo Pompieri Volontari di Trieste completava l'opera con la pulizia delle banchine. Il tutto davanti agli occhi incuriositi dei triestini, nel tratto fra via Roma e via Trento, con la spola di sub e canotti a motore riempiti di ferraglia, vetro, pneumatici e plastica. Uno "spettacolo" che molto presto si ripeterà lungo il Canale di Ponterosso non mancando di coinvolgere volontari e curiosi. La raccolta differenziata, in questo caso, c'entra relativamente. È piuttosto un discorso di maleducazione.
 

 

Alta velocità-capacità I due perché del "no" - L'INTERVENTO DI LUCIANO MAURO e MASSIMO GARDINA
 

L'intervento in cui Mauro Moretti, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, annunciava la fine dell'Alta Velocità a Mestre è stato l'ultimo tassello di un puzzle che, nonostante tutti i progetti e le successive modifiche presentate nell'ultimo periodo, ha messo davanti alla cruda realtà tutti gli abitanti del Friuli-Venezia Giulia. Come ben riportato nel contributo del direttore Possamai (inserto Affari& Finanza di Repubblica del 30/5) negli ultimi anni si è discusso, anche animosamente, di corridoio 5, di collegamenti ferroviari balneari e di direttrici più o meno impattanti sul Carso triestino. Ma tutto è tornato nel cassetto. I motivi per cui in questo momento non esiste la possibilità del collegamento Alta Velocità/Alta Capacità (AV/AC) in regione sono due. La prima: Ferrovie dello Stato privilegia nettamente il traffico passeggeri al traffico merci relegando in secondo piano le necessità dei porti, e nel nostro caso il porto di Trieste ad una posizione di scalo secondario all'interno del panorama europeo. Ma soprattutto la seconda discriminante risiede nella mancanza di una domanda adeguata che giustifichi l'investimento infrastrutturale, di questo Moretti ha se non altro il merito di aver parlato chiaro. La regione Friuli-Venezia Giulia ha un milione e duecentomila abitanti. Cifra ben diversa dagli oltre 5 milioni di residenti del Veneto. È innegabile, numeri alla mano, che difficilmente si può giustificare, dal punto di vista economico, l'investimento tanto desiderato. Sul lato sloveno le cose non vanno meglio. Dall'intervento di Moretti si capisce che anche loro avranno enormi difficoltà a reperire i finanziamenti necessari per soddisfare la loro domanda di mobilità. Senza parlare del senso economico (poco) di fare 30 km di ferrovia per arrivare a 70km/h fino a Trieste. Se, per tutte queste ragioni, l'opzione AV/AC fino a Trieste appare ormai accantonata, bisognerebbe ragionare in termini di piano B e cominciare a formulare nuove proposte compatibili con la supposta "scarsa" domanda di mobilità presente sul territorio. Questa «scarsità» nasce perché Udine collegata direttamente a Mestre (via Pordenone) alle linee ad alto traffico non somma la sua domanda di trasporto ferroviario a quella di Trieste e Gorizia. La soluzione dovrebbe considerare la possibilità di creare artificiosamente la domanda mancante. Ma come? Il punto di partenza potrebbe essere quello di osservare che in realtà un problema simile si era posto anche per il trasporto aereo e che la soluzione fu quella di creare un collettore di domanda: l'aeroporto regionale di Ronchi. E proprio Ronchi potrebbe diventare anche il collettore della domanda di mobilità regionale di Alta Velocità. Per quanto concerne le merci, se vedrà la luce il progetto Unicredit Superporto di Monfalcone/Trieste il nodo di Ronchi diventerebbe strategico anche per questa domanda di trasporto. I container si immetterebbero direttamente sull'asse Sud-Nord della Pontebbana. Forse la Tav a Trieste non la vedremo in questo secolo per i noti problemi e l'impatto ambientale. Ma un sistema intermodale che ci consenta di rompere questo isolamento che sta soffocando lo sviluppo del nostro territorio potrebbe vedere la luce in tempi non irragionevoli se riusciamo a crearne i presupposti economici.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 3 giugno 2011

 

 

NUCLEARE - No alle centrali oggi, sì invece alla ricerca - Margherita Hack puntualizza il suo pensiero.
 

Con un articolo scritto per "MicroMega.net" Margherita Hack puntualizza il suo pensiero in merito alle scelte energetiche dell'Italia, affermando prima di tutto che "l'energia non è né di destra né di sinistra" e ricordando che la richiesta di energia va continuamente crescendo, soprattutto da parte delle grandi economie emergenti (Cina, India, Brasile) e che l'Italia è quasi del tutto dipendente dall'estero per il suo approvvigionamento. A parte i disastri nucleari. Secondo la Hack «la ricerca sul nucleare deve continuare», ma è preferibile sviluppare al massimo anche quella sulle rinnovabili. In conclusione: «No alla costruzione di centrali nucleari oggi in Italia, ma sì alla ricerca sull'energia nucleare, senza demonizzarla, in previsione di un futuro, forse ancora lontano, in cui anche questa sarà necessaria, e dovremo imparare a dominarne i rischi; incentivare la ricerca e la costruzione di impianti eolici e fotovoltaici, migliorare l'attenzione al risparmio energetico, sia con costruzioni ecologiche sia con l'attuazione al 100% della raccolta differenziata dei rifiuti».
 

 

Baia di Sistiana, ancora un ricorso - CONTESTATO IL PROGETTO - Greenaction si rivolge alla Corte dei diritti dell'uomo a Strasburgo
 

DUINO AURISINA La baia di Sistiana finisce in Europa. Lo scorso 15 maggio, Greenaction Transnational ha presentato alla Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo il ricorso contro l'archiviazione dell'inchiesta sul progetto della Baia di Sistiana, decisa dal Gip del Tribunale di Trieste nel novembre del 2010, a seguito di richiesta della Procura della Repubblica. Le indagini erano partite da un esposto presentato da Greenaction nel quale veniva evidenziato che il massiccio intervento edilizio nell'unica baia del Friuli Venezia Giulia, era a loro dire fortemente viziato da irregolarità nella concessione di finanziamenti pubblici alla società proponente il progetto. Greenaction sosteneva anche che nello stesso iter autorizzativo del progetto non era stata eseguita correttamente la Vas (Valutazione Ambientale Strategica) come previsto dalla legislazione comunitaria. A seguito della sua denuncia però venne decisa l'archiviazione e il Gip motivò con il fatto che non era necessario svolgere indagini su ipotesi di reato. Secondo l'organizzazione, non è stato svolto alcun accertamento sui punti determinanti e le "ipotesi di reato" erano state provate documentalmente e che l'autorità giudiziaria avrebbe dovuto svolgere le indagini. Nel ricorso a Strasburgo Greenaction contesta la violazione degli articoli 1, 6, 13 e 14 della Convenzione sui Diritti dell'Uomo sul diritto ad un equo procedimento e ad un ricorso effettivo, sul divieto di discriminazione e chiede la riparazione dei danni ambientali prodotti.
 

 

Ret: fermate l'elettrodotto - La Terna ci ha ingannati
 

La vicenda di Visogliano e San Pelagio approda sui banchi della Regione Gabrovec (Slovenska Skupnost) chiede lumi sulle "bugie" della società
DUINO AURISINA La revoca di tutte le autorizzazioni di competenza regionale, riguardo all'ampliamento dell'elettrodotto sul carso. Questa la richiesta del consigliere regionale della Slovenska Skupnost (gruppo Pd), Igor Gabrovec, al presidente Tondo: «Se corrisponde al vero che per il progetto dell'elettrodotto, la Terna di Padova ha strappato con l'inganno pareri favorevoli alle amministrazioni comunali locali, allora la regione ha il dovere di revocare immediatamente tutte le autorizzazioni di propria competenza». A dar lo spunto a Gabrovec, una dichiarazione del sindaco di Duino-Aurisina, Giorgio Ret, pubblicata in un'intervista al quotidiano Primorski Dnevnik del 24 maggio scorso che riporta testualmente: «La Terna purtroppo ci ha ingannati», facendo appunto riferimento al cosiddetto potenziamento dell'elettrodotto Ronchi - Monfalcone. «È vero - conferma Ret - e già l'anno scorso a Roma avevamo espresso come comune il nostro parere negativo, perchè mentre a Visogliano il tracciato era stato spostato, a San Pelagio si può parlare di un vero e proprio nuovo elettrodotto, non di manutenzione come sostiene l'azienda. Ho interessato anche il ministro Frattini, cui ho spedito una lettera, e chiesto alla Regione di dare parere negativo». Il ragionamento di Gabrovec è che se la valutazione d'impatto ambientale (Via), istruita dagli uffici competenti regionali ed infine formalizzata con delibera giuntale, si fonda su pareri espressi dalle amministrazioni comunali interessate, nel momento che almeno una di queste si ritiene letteralmente ingannata, il fatto presume colpa grave e dolo da parte della Terna S.p.a proponente il progetto. Una conferma potrebbe venire dal fatto che anche le amministrazioni comunali di Duino-Aurisina e di Sgonico hanno recentemente aderito al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con il quale i ricorrenti richiedono la sospensione cautelare del decreto di autorizzazione rilasciato dai competenti ministeri e a sua volta fondato su pareri regionali. Una risposta dalla Regione è arrivata, per bocca del suo vicepresidente Luca Ciriani, che ha ricordato l'iter autorizzativo degli ultimi cinque anni «non entrando, però, nel merito delle dichiarazioni mai smentite del sindaco Ret, che Ciriani non ha voluto commentare» spiega Gabrovec assolutamente insoddisfatto della risposta, a suo dire, evasiva.
Cristina Polselli

 

 

L'Ue: acque muggesane eccellenti - Arrivato l'atteso riconoscimento europeo sulla qualità della balneazione 2007-10
 

MUGGIA Le "eccellenti" acque di Muggia hanno finalmente ricevuto il tanto atteso riconoscimento europeo. La nuova normativa prevede molte novità con controlli e valutazioni più dettagliate rispetto agli anni passati. Si è dimostrato molto soddisfatto il Sindaco di Muggia, Nerio Nesladek che ha dichiarato: «Era una notizia che mi aspettavo tanto è vero che con la mia famiglia, appena possibile, scelgo sempre le nostre acque per la balneazione estiva». La costa muggesana ha infatti ricevuto il massimo dei voti, con la nuova normativa europea, in tutti i sette tratti che la compongono: partendo dal Bagno muggesano al Bagno g.m.t., pontiletto dopo l'ex cantiere San Rocco, bagno Punta Olmi, Punta Sottile, fino ad arrivare a Lazzaretto e al campeggio di Lazzaretto. La Direzione Centrale Salute, integrazione socio sanitaria e politiche sociali della Regione Friuli Venezia Giulia ha trasmesso al Comune tutta la documentazione relativa alla simbologia comunitaria che verrà afflitta nelle aree destinate alla balneazione, nonché i profili descrittivi delle acque, elaborati dall'Arpa. Tutti gli stabilimenti balneari hanno ricevuto la classificazione massima "eccellente" per il periodo 2007 - 2010, a testimonianza dell'ottima qualità delle acque che bagnano il territorio comunale. La normativa che valuta le acque europee fa riferimento alla Direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE), e introduce i concetti di gestione e valutazione del rischio, e non si riferisce più solo alla "idoneità" o "non idoneità" alla balneazione, ma entra più nello specifico,considerando una valutazione in quattro classi di qualità, tenendo conto anche delle caratteristiche territoriali ed antropiche che si dividono in: "eccellente", "buona", "sufficiente", "scarsa". Tutte le acque che rientrano nella classe "sufficiente", "buona" o "eccellente" sono balneabili. Ma le novità di questa nuova normativa non sono finite e infatti una di queste riguarda la comunicazione al pubblico, che deve essere informato sull'elenco delle acque di balneazione e sulle loro caratteristiche fisiche, geografiche, idrologiche.

Federica Cauzer
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 giugno 2011

 

 

Falsa partenza per la differenziata
 

Al via tutti ancora impreparati: non ci sono ancora tutte le isole ecologiche e solo una minoranza ha diviso i rifiuti
Scatole piene di bottiglie in vetro lasciate ai piedi dei cassonetti, contenitori di plastica gettati in mezzo agli altri rifiuti o giornali buttati insieme a torsoli di mela o scatolette di salsa di pomodoro. Ieri a Trieste è scattato l'obbligo della raccolta differenziata. E dando un'occhiata dentro e fuori dai cassonetti della spazzatura si intuisce che in pochi hanno deciso di rispettare le regole, di fare seriamente quanto previsto dal regolamento comunale. Dovranno probabilmente scattare le sanzioni previste dal primo gennaio 2012 per mettere in riga tutti i cittadini. Indubbiamente più bravi i singoli cittadini che i gestori di locali pubblici o di esercizi commerciali: cassette in plastica usate per esporre frutta e verdura, sacchi colmi di bottiglie o ammassi di scatoloni gettati tra i rifiuti non riciclabili ne sono la testimonianza. «Immaginavamo che il primo giorno andasse in questo modo - riferisce Walter Nicoletto, responsabile servizi esterni della divisione Ambiente di AcegasAps - l'esperienza maturata in altre città italiane ci insegna che i cittadini i primi giorni sono un po' confusi, si abitueranno gradualmente. I più indisciplinati sono indubbiamente commercianti e gestori di bar e ristoranti». La conferma si ottiene andando a vedere cosa c'è all'interno dei cassonetti delle immondizie il primo giorno di differenziata e dopo che i mezzi di AcegasAps, nel corso della notte tra martedì e mercoledì, sono passati a svuotarli. Ieri mattina, ad esempio, all'inizio di via Pondares nei cassonetti per i rifiuti non riciclabili c'era di tutto: cassette in polistirolo (che andrebbero gettate nella plastica), grandi nylon, cassette di plastica, volantini pubblicitari e bottiglie. Accanto ai contenitori anche un'asse da stiro e un mobile. Stesso spettacolo anche davanti al civico 24 di via Caccia, all'inizio di via Rossetti, in via Machiavelli o in Viale XX Settembre accanto al Teatro Rossetti dove qualcuno ha gettato tre cartoni pieni di bottiglie nel cassonetto insieme al resto delle immondizie. «Ma avremo uno sconto sulla Tarsu facendo tutto questo lavoro?», si chiede una signora mentre getta il suo sacchetto nel cassonetto. «Io divido sempre almeno il vetro e la carta - assicura Gemma Rimoli, residente di via Rossetti - è un segno di civiltà». Non hanno inteso dividere le immondizie nemmeno alcuni residenti di via Gatteri dove malgrado davanti al civico 24 ci sia il cassonetto per la carta, i cassonetti per l'indifferenziata sono colmi di riviste e volantini pubblicitari. La prova del nove è possibile farla in via Giulia dove il posizionamento delle isole omogenee è già stato completato. Ogni centocinquanta metri ci sono sia i bottini per il vetro che quelli per la plastica e la carta oltre naturalmente a quelli standard per rifiuti comuni. Eppure, malgrado la disponibilità per tutti di avere i contenitori a due passi da casa o dal negozio, in pochi hanno deciso di essere ligi al dovere. Basta dare un'occhiata all'interno dei cassonetti davanti ai civici 9, 43, 49 della stessa via o in quelli delle due isole ecologiche sistemate in piazza Volontari Giuliani: cassette di plastica, sacchetti con della carta gettati tra pomodori marci, insalata e spinaci; cassette di legno infilate nel contenitore per la carta e borse piene di vetro lasciate a terra. Intanto nei negozi che ne sono forniti è iniziata la caccia ai contenitori domestici per dividere la spazzatura: dei piccoli armadi simili alle scarpiere adatti a contenere due, tre o quattro tipi diversi di immondizie. «La gente si sta informando e in molti hanno già acquistato quelli da sistemare in terrazza - avverte Sara, commessa di una drogheria di via Battisti - si possono spendere dai 24 ai 100 euro».
Laura Tonero

 

 

DIFFERENZIATA - In arrivo nelle case il vademecum dell'AcegasAps
 

In questi giorni nelle case dei triestini AcegasAps sta recapitando un opuscolo che spiega del dettaglio come gestire ogni singolo rifiuto. Accanto anche una guida su come produrre meno rifiuti limitando gli sprechi alimentari, acquistando prodotti sfusi e riducendo gli imballaggi. Semplici regole, piccoli accorgimenti che con il tempo dovranno diventare abitudini e che in alcuni casi possono anche far risparmiare. Un vademecum utile per togliersi qualsiasi dubbio su come smaltire la spazzatura e che dal prossimo gennaio servirà ad evitare di incorrere in sanzioni da 100 euro per aver smaltito scorrettamente questo o quel rifiuto. L'obbligo della differenziata interessa naturalmente anche chi organizza sagre e manifestazioni pubbliche.
 

 

DIFFERENZIATA - «Entro metà luglio saranno posizionati tutti i cassonetti» - IL PIANO
 

Mentre i triestini iniziano a prendere dimestichezza con la divisione della spazzatura, AcegasAps prosegue con l'allestimento delle isole ecologiche, posizionando ogni giorno centinaia di nuovi cassonetti e raddoppiando il numero dei contenitori per la raccolta della carta, dalla plastica e del vetro. Entro metà luglio le campane color verde per il vetro, i bottini gialli della carta e quegli azzurri per la plastica saranno a disposizione nei pressi delle case di tutti i triestini. «Oggi in molti mi hanno chiesto alcune informazioni - racconta un operatore ecologico di origine peruviana mentre spazza viale XX Settembre - e alcuni residenti di via Giotto, di via Crispi e via Ginnastica si sono lamentati per la carenza di raccoglitori». Basta passare ad esempio sulla riviera barcolana, in via Fabio Severo o in via Giulia per vedere come AcegasAps intende sistemare le isole ecologiche. «Stiano procedendo molto velocemente provvedendo al posizionamento delle isole sia in città che in periferia, - assicura Walter Nicoletto, dirigente della multiutility - ogni giorno in città si vedranno decine e decine di nuovi cassonetti e entro la metà di luglio concluderemo la loro sistemazione: per tutti sarà possibile raggiungere con facilità i diversi raccoglitori». Tra la fine di luglio e la metà di agosto partirà la fase di ottimizzazione dei contenitori disposti in ogni zona. Dove si registrerà maggior necessità verranno aggiunti dei cassonetti togliendoli da vie o piazze che evidenziano minori esigenze. Un lavoro che necessiterà di costanti messe a punto in funzione a nuovi insediamenti residenziali o di nuove aperture commerciali.

(l.t.)
 

 

Via libera al referendum sul nucleare
 

La decisione della Cassazione provoca l'entusiasmo dei promotori e lo «stupore» del governo. L'Agcom: «La Rai informi»
ROMA E alla fine la Cassazione ha detto sì: il referendum sul nucleare si farà e con qualche modifica al testo, portata dai giudici della Suprema Corte, resta a pieno titolo nella rosa dei quattro quesiti in programma per il 12 e 13 giugno. «Stupefatta» dalla decisione dei cassazionisti la maggioranza, esultanti i Comitati del sì, Verdi e ambientalisti che ieri hanno festeggiato per le strade della capitale stappando spumante e srotolando striscioni pro-voto. Ma ora lo scoglio vero è raggiungere il quorum. Nei pochi giorni che mancano al voto, i promotori del referendum hanno intenzione di martellare i cittadini con una campagna d'informazione che li convinca ad andare alle urne. E in loro soccorso è già arrivata l'Agcom che ieri ha bacchettato la Rai per gli orari improbabili in cui avrebbe mandato in onda gli spot referendari. Dopo un percorso travagliato la consultazione popolare contro il ritorno al nucleare (promossa dall'Idv), messa a rischio dall'inatteso decreto Omnibus rilanciato dal governo, incassa il primo sì: quello della Corte di Cassazione. I giudici hanno accolto a maggioranza le ragioni avanzate nel ricorso presentato da Italia dei Valori e Pd e da una memoria del Wwf che reclamavano il trasferimento del quesito sulle nuove norme votate nel dl Omnibus. Ed è proprio quello che hanno fatto gli ermellini stabilendo la validità del referendum e introducendo una modifica al testo del quesito che ora chiederà l'«abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare». Una decisione amara per il governo. Stupito il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, perché la Cassazione ha consentito a far «abrogare» dal referendum una legge già abrogata dall'esecutivo. Per Romani inoltre, l'Italia resta senza «un futuro energetico». Per il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo il governo «non voleva aggirare il referendum», ma ora il Pdl deve «pronunciarsi per la libertà di voto». Si annunciano frenetici i dieci giorni che mancano al voto: il Viminale dovrà ristampare le schede con il nuovo quesito; vanno informati e bloccati gli italiani all'estero che hanno già iniziato a votare sulle vecchie schede e, soprattutto, per raggiungere il quorum bisogna intensificare la promozione. Presidi e banchetti dei Comitati del sì saranno operativi in molte città. Pd e Idv scenderanno in piazza il 10 giugno per chiudere la campagna referendaria. Intanto ieri l'Agcom ha richiamato la Rai, colpevole di aver dato un'informazione insufficiente sui quesiti, e ha ricordato che gli spot vanno mandati in onda negli orari di «maggior ascolto». Un richiamo al direttore generale della Rai Lorenza Lei è arrivato anche dal presidente della Commissione di Vigilanza Sergio Zavoli che ha chiesto di dare più spazio agli spot sulle reti.
Annalisa D'Aprile

 

 

Bersani: «Il 51% si raggiunge di sicuro»
 

E su Internet si scatena il popolo leghista pronto a usare il voto contro Berlusconi
ROMA «Questa volta le furberie alle spalle degli italiani non passano, la Cassazione censura l'arroganza del governo e consegna nella mani dei cittadini italiani il diritto di decidere sul nucleare e sul proprio futuro». Grande entusiasmo nel quartier generale del comitato promotore per la sentenza della Cassazione che ha cancellato il trucchetto del governo per bloccare il referendum sul nucleare. Il verdetto della Corte restituisce forza alla campagna referendaria ma il raggiungimento del quorum resta ancora un obiettivo difficile. Data per scontata la vittoria dei Sì, arrivare a quota 50% più uno degli aventi diritto sarebbe una nuova scoppola per Silvio Berlusconi, chiamato direttamente in causa dal quesito sul legittimo impedimento, ennesima legge ad personam approvata per salvarlo dai processi. Tuttavia Antonio Di Pietro, tra i promotori del referendum, il primo a parlare di spallata al governo, invita ora a «sberlusconizzare» i referendum che non sono «di destra nè di sinistra» per non dare alibi a chi vota centrodestra per disertare le urne. Ma la vera novità è la base leghista dove sta esplodendo la voglia di usare il referendum come un grimaldello per mandare a casa il Cavaliere. «Al voto al voto per toglierci Berlusconi dalle palle», si legge nei tanti forum del popolo padano. Scontati i "sì" sull'acqua e il nucleare, molti elettori leghisti sono pronti a votare anche per l'abrogazione del legittimo impedimento. Idv e Pd saranno in piazza il 10 giugno per una manifestazione unitaria. «I trucchi del governo sono stati ancora una volta smascherati», dichiara Pier Luigi Bersani confermando l'impegno del suo partito a sostegno del Sì. E il segretario del Pd, come la Cgil, è ottimista: «Al 51% ci si arriva», assicura. Anche Nichi Vendola invita alla mobilitazione per informare gli italiani sul contenuto dei quesiti nei pochi giorni che ci separano dal voto. «Abbiamo l'occasione di esibire cosa è l'antiberlusconismo quando non è insulto o espressione di rancore: rimettendo al centro il bene comune, il giudizio del popolo italiano sarà netto», dice il leader di Sel. Gianfranco Fini conferma che andrà a votare ma Fli lascerà ai suoi elettori libertà di coscienza. Tuttavia a fronte di dichiarazioni per il "sì" di Fabio Granata e Carmelo Briguglio, il Futurista, web magazine dell'ala finiana, chiede quattro "sì" per cacciare il Caimano «l'unico vero programma che conti qualcosa». E il Pdl? Ufficialmente il partito del premier lascerà libertà di voto. Ma Gaetano Quagliariello accusa la Cassazione: «E' un raggiro degli elettori».
Maria Berlinguer

 

 

Tondo annuncia un fondo per la sicurezza di Krsko - LA DISCUSSIONE SULLA CENTRALE SLOVENA
 

TRIESTE Il presidente Renzo Tondo non cambia idea. Anzi, sul nucleare fa un passo avanti e afferma che la Regione Friuli Venezia Giulia è disposta a partecipare alla sicurezza della Centrale di Krsko. Lo farà attraverso «la previsione di un fondo dedicato, anche nel caso in cui l'impianto non venga raddoppiato». La dichiarazione del governatore ha fatto seguito a un'interrogazione del vicecapogruppo del Partito democratico Mauro Travanut. Il consigliere, ricordando la tragedia di Fukushima, si è richiamato anche alle recenti posizioni della Germania che ha deciso di rinunciare all'atomo annunciando la chiusura dell'ultimo rettore entro il 2021. «Vista la posizione favorevole più volte espressa da Tondo verso il progetto d'ampliamento della centrale slovena, vista la vicinanza dell'impianto con il Friuli Venezia Giulia e gli episodi di spegnimento forzato avvenuti poco tempo fa - ha incalzato l'esponente del Pd - è il caso di sapere se il presidente ritiene opportuno compartecipare alla sicurezza dell'impianto istituendo un fondo apposito». Tondo ha accolto l'invito. «Dirò al governo che siamo pronti a partecipare per il raddoppio e con interventi nostri che possano mettere ulteriormente in sicurezza quella centrale, situata non distante da Trieste» ha chiarito il presidente della Regione. Il dibattito nazionale sul nucleare, al centro di un quesito referendario, ha suscitato anche le reazioni del centrosinistra locale. «La sentenza della Cassazione ha rimesso in pista la democrazia» ha detto l'europarlamentare del Pd Debora Serracchiani commentando l'accoglimento dell'istanza presentata dal Pd sul referendum. Per il segretario regionale dei democratici «è stata disinnescata la mina governativa che avrebbe dovuto sabotare la libera espressione del popolo italiano su un tema di grandissimo impatto com'è il ritorno all'atomo, su cui l'Italia rischia di rimanere la retroguardia dei Paesi sviluppati». «Ma nessuno si nasconde che sul tentativo antireferendario sul nucleare - ha aggiunto - si sta giocando la partita sul quorum e di conseguenza sull'efficacia del quesito sul legittimo impedimento: quello sì sarà il vero referendum su Berlusconi». Serracchiani si aspetta quindi «che anche stavolta sia rispettato il copione secondo cui le sentenze sgradite a Berlusconi sono attribuite al complotto delle toghe rosse».
Gianpaolo Sarti

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 1 giugno 2011

 

 

Referendum, ok dalla Cassazione - Si voterà anche sul nucleare
 

Decisione a sorpresa della Suprema corte che boccia il tentativo del governo di cancellare il quesito sul ritorno all'energia atomica. Resta da capire se ci sono i tempi tecnici per andare alle urne il 12 e 13 giugno. Dalla Agcom richiamo alla Rai: "Sui quesiti informazione insufficiente, bisogna rimediare"
ROMA - Si voterà il referendum sul nucleare. La Corte di Cassazione ha accolto le ragioni avanzate in un ricorso presentato dall'Italia dei Valori e sostenuto anche dal Pd e in una una memoria del Wwf che chiedevano di trasferire il quesito sulle nuove norme appena votate nel decreto legge omnibus 1: quindi la richiesta di abrogazione rimane la stessa, ma invece di applicarsi alla precedente legge si applicherà appunto alle nuove norme sulla produzione di energia nucleare (art. 5 commi 1 e 8). La decisione è stata presa a maggioranza dal collegio dell'Ufficio Centrale per il referendum della Cassazione, presieduto dal giudice Antonio Elefante.
Il nodo delle schede. Dovranno però essere ristampate le schede, visto che i quesiti andranno riformulati in base al testo del decreto omnibus. Secondo indiscrezioni trapelate ieri dal Viminale, i tempo tecnici per rifare tutto il materiale entro il 12 e 13 giugno ci sarebbe, ma mancano ancora conferme ufficiali. Per trovare l'unico precedente simile, bisogna riandare indietro nel tempo al 1978 quando il via libera definitivo alla consultazione su legge Reale e finanziamento pubblico dei partiti arrivò a dieci giorni dalla
scadenza (anche in quel caso era stata cambiata in extremis dal Parlamento la legge oggetto dei quesiti) senza comprometterne lo svolgimento. Altro problema è poi rappresentato dal voto degli italiani all'estero, che hanno già iniziato a votare per corrispondenza sulle schede ormai superate con il vecchio quesito.
Le reazioni. "Si afferma la forza serena della Costituzione contro il tentativo giuridicamente maldestro di raggirare il corpo elettorale, cioè 40 milioni di cittadini", ha commentato l'avvocato Gianluigi Pellegrino che ha sostenuto per il Pd le ragioni referendarie davanti alla Cassazione. La sentenza della Suprema corte è stata accolta naturalmente con entusiasmo anche dal comitato promotore e dalle associazioni ambientaliste che maggiormente si sono battute in queste settimane, da Greenpeace, al Wwf a Legambiente. "Questa volta le furberie alle spalle degli italiani non passano. La Cassazione censura l'arroganza del governo e riconsegna nelle mani dei cittadini il diritto a decidere sul nucleare e del proprio futuro", commentano dal quartier generale di 'Vota Sì per fermare il nucleare'. La Corte, prosegue la nota, "ha arginato i trucchi e gli ipocriti 'arrivederci' al nucleare e ha ricondotto la questione nell'alveo delle regole istituzionali, contro l'inaccettabile tentato scippo di democrazia".
Voglia di spallata. Il verdetto della Cassazione ridà quindi forza ed entusiasmo alla campagna referendaria, ma il raggiungimento del quorum resta comunque un obiettivo molto ambizioso. Molto dipenderà da quanto il recente risultato dei ballottaggi sarà in grado di galvanizzare le opposizioni. Data per scontata una schiacciante maggioranza dì "sì", arrivare al 50% dei votanti significherebbe dare un'altra pesantissima spallata 3alla tenuta di Silvio Berlusconi con la bocciatura dei piani di rilancio del nucleare, uno dei punti centrali dell'azione del suo governo. Ma i quesiti del 12 e 13 giugno riguardano anche la privatizzazione dell'acqua e - soprattutto - l'abrogazione del legittimo impedimento e in questo caso la vittoria dei "sì" contro la legge ad personam varata dalla maggioranza avrebbe anche il sapore di un voto contro lo stesso premier.
Bersani e Fini pronti. Il primo a esserne consapevole è proprio il leader del Pd Pierluigi Bersani. "La conferma del quesito sul nucleare è una notizia eccellente, i trucchi del governo sono stati ancora una volta smascherati", dice il segretario dei democratici. "Il Pd - aggiunge - che ha sempre contrastato le assurde scelte del governo sul nucleare, è impegnato con tutte le sue forze a sostenere la campagna per il 'sì' e invita tutte le sue organizzazioni territoriali a mobilitarsi in occasione del 12 e 13 giugno". E subito dopo il verdetto della Cassazione, a riconfermare che andrà a votare "perché è giusto", è stato anche il presidente della Camera Gianfranco Fini.
L'Agcom richiama la Rai. Gli ultimi sondaggi disponibili segnalano però che i cittadini sanno ancora molto poco dei referendum in programma e non a caso proprio oggi dall'Agcom è partito un duro richiamo alla Rai, colpevole di aver dato un'informazione sull'argomento del tutto insufficiente. Secondo l'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, la tv di Stato deve ora collocare i messaggi autogestiti in vista del voto del 12 e 13 giugno in modo da "garantire l'obiettivo del maggior ascolto, come previsto dalle disposizioni vigenti". Accogliendo le conclusioni della Commissione parlamentare di Vigilanza, l'Agcom ha ritenuto infatti "non conforme ai principi del regolamento" sulla par condicio la collocazione in palinsesto dei messaggi finora attuata dall'azienda.
Il quorum resta difficile. Quanto alla percentuale di persone che si dicono intenzionate a recarsi alle urne, gli ultimi rilevamenti risalgano ad aprile e danno un percentuale del 53% circa. Un dato che tiene conto però dell'apprensione che la tragedia giapponese di Fukushima ancora destava nell'opinione pubblica. Inoltre, per la prima volta, per il conteggio del quorum si tiene conto anche dei circa 3 milioni di elettori italiani all'estero che difficilmente si esprimeranno in massa attraverso il voto per corrispondenza. Infine, a rendere più complicato il successo anche il fatto che in Sardegna la popolazione è già stata chiamata ad esprimersi 4poche settimane fa e probabilmente la sensazione diffusa è che per quanto riguarda l'Isola il rischio della costruzione di nuove centrali è ormai stato scongiurato. Percezione che non potrà non scoraggiare il ritorno ai seggi.
VALERIO GUALERZI

 

 

AGI - MERCOLEDI', 1 giugno 2011

 

Margherita Hack "Il referendum sul nucleare va fatto. Si deve rispettare la volonta' del popolo".

 

Non sono d'accordo sull'apertura in Italia di nuovi siti ma sono fermamente convinta che la ricerca sul nucleare debba in ogni caso continuare". Lo ha detto all'Agi, l'astrofisica Margherita Hack, commentando la decisione della Cassazione. "Il nucleare oggi in Italia non e' necessario - ha spiegato - ma non si deve interrompere la ricerca. In futuro, l'energia sara' necessaria quindi non si puo' rimanere indietro. E' paradossale che Carlo Rubbia, sulla ricerca nucleare sia costretto a lavorare in Spagna". Secondo la scienziata, "si deve lavorare e insistere sulla fusione e cercare un combustibile nucleare che abbia una vita piu' breve di quella dell'uranio con scorie che durino meno. Non serve aprire impianti ma continuare a fare ricerca, anche sulle rinnovabili, e' fondamentale".

(AGI) .
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 giugno 2011

 

 

Parte la differenziata Da oggi i rifiuti andranno separati
 

Operazione raccolta differenziata, pronti via. Scatta oggi per le famiglie triestine l'obbligo di diversificare il conferimento dei rifiuti domestici. Una novità che finirà per stravolgere le abitudini quotidiane di molti provocando, specie nell'immediato, più di qualche crisi di nervi. Chiusa l'era della spazzatura gettata indistintamente nell'unico secchio della cucina, bisognerà d'ora in poi armarsi di pazienza e metodo. Requisiti indispensabili per riuscire ad eseguire tutti i passaggi imposti dal regolamento comunale sull'igiene urbana senza farsi prendere dallo sconforto. Prima di finire nel cestino, infatti, i rifiuti dovranno essere separati a seconda dei materiali e lavati accuratamente prima di finire in uno dei quattro contenitori specifici: plastica, vetro, carta e non riciclabili. Detta così, pare tutto sommato semplice. I problemi sorgono però quando si tratta di passare dalla teoria alla pratica. Perchè accanto a tanti oggetti di facile collocazione - come le bottiglie del latte o le scatole di cartone -, esistono tanti altri casi "ibridi". Rifiuti, cioè, per i quali la destinazione non è poi così scontata. Basta pensare, solo per fare un esempio, ai barattoli di marmellata: i vasetti, ovviamente, finiranno nel vetro ma i coperchi dove andranno messi? Per ogni dubbio, quindi, meglio consultare il sito internet dell'AcegasAps (www.gruppo.acegas-aps.it) o contattare la Divisione ambiente al numero 040 77 93 780. L'importante, in ogni caso, è non lasciarsi prendere dal panico, come sottolineano i sostenitori dell'operazione. Tra loro gli esponenti di FareAmbiente che salutano con entusiasmo l'avvio della differenziata, invitando però il Comune «a investire su sorveglianza e informazione, destinando risorse alle guardie ambientali».
 

 

Kosic: «Zero tracce di diossina da noi» - Cibi sicuri
 

«In Friuli Venezia Giulia non abbiamo riscontrato diossina dopo i controlli effettuati su uova, carni e latte». Lo ha assicurato l'assessore regionale alla Salute Vladimir Kosic, rispondendo a un'interrogazione del consigliere dei Cittadini Pietro Colussi, preoccupato per la recente diffusione dell'allarme in Germania. In proposito Kosic ha ricordato che «la Regione ha adottato un piano di campionamento straordinario con carattere di urgenza», dal quale sono emersi dati conformi. Il campionamento ha interessato «tutte le partite sospette provenienti dalla Germania».

(g.s.)
 

 

Udine-Redipuglia - Elettrodotto, i sindaci incontrano Terna.

 

Si è svolto ieri a Roma l'incontro dei tecnici di Terna con alcuni sindaci interessati dall'elettrodotto Udine Ovest-Redipuglia, alla presenza di Anci Fvg. L'occasione è stata utile a confermare il percorso autorizzativo che vedrà i Comuni nuovamente coinvolti in sede di Conferenza di Servizi al ministero dello Sviluppo economico, una volta emesso il decreto Via da parte dei ministeri dell'Ambiente e dei Beni culturali. Terna ha espresso disponibilità a valutare insieme agli enti locali misure di compensazione ambientale e urbanistica, da sommare alle compensazioni elettriche già previste nel progetto (110 chilometri di abbattimenti di vecchie linee elettriche).

 

 

Fumo "radioattivo": Nelle sigarette si nasconde il polonio
 

Lo rivela l'Iss: la causa sono i fertilizzanti usati per il tabacco Consumare un pacchetto al giorno equivale a 25 radiografie
ROMA Le quantità non sono ovviamente paragonabili a quelle di Fukushima, ma anche chi accende una sigaretta produce una vera e propria nube radioattiva, deleteria per se stesso e per chi gli sta intorno. A produrla è il polonio accumulato nel tabacco a causa dei fertilizzanti, che uno studio coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità e presentato in occasione della Giornata Mondiale contro il Fumo ha trovato in quantità rilevanti nelle sigarette più vendute. Nell'ambito del progetto Help-Mild, in collaborazione con l'Università di Bologna e con l'Enea, sono state campionate le dieci marche di sigarette più vendute (Chesterfield Rosse, Winston Blu, Diana Blu e Rosse, Merit Gialle, Camel Blu, Ms Gialle e Rosse, Marlboro Rosse e Gold) alla ricerca del polonio 210 e del suo precursore, il piombo 210. In tutte sono state trovate approssimativamente le stesse quantità dei due isotopi, in media 13,5 mBq per il piombo e 15 mBq per il polonio per ogni sigaretta: «Partendo da questo dato il rischio biologico per un fumatore di 20 sigarette al giorno per un anno è paragonabile a quello di 25 radiografie al torace - spiega Vincenzo Zagà, pneumologo dell'Ausl di Bologna, che ha curato lo studio - questo vuol dire che circa 5mila tumori l'anno sono attribuibili al solo polonio, che è un iniziatore del cancro al polmone, senza contare le altre sostanze nocive nelle sigarette». Il polonio viene assorbito dalle piante di tabacco soprattutto a causa dei fertilizzanti usati. Quando si fuma la sigaretta viene inalato nei polmoni dove si fissa soprattutto nei bronchi, dove manifesta la sua attività cancerogena: «Uno dei misteri legati ai tumori provocati dal fumo è la grande percentuale, circa il 25%, di patologie sviluppate dagli ex fumatori che in teoria non sono più esposti - continua l'esperto - ma il piombo che si fissa nei polmoni lentamente decade in polonio, che a sua volta emette le radiazioni alfa. Questo processo dura per decine di anni, e potrebbe spiegare il fenomeno». I metodi per diminuire la radioattività delle sigarette ci sarebbero, sottolinea Zagà, ma in assenza di un limite fissato per legge è molto difficile che le aziende da sole decidano di investire in questo senso.
 

 

INCONTRO SUL NUCLEARE

 

Oggi, alle 17.30, al Savoia, conferenza dal titolo "Nucleare???? Attualità dell'energia. Aspetti sanitari, fisici e comunicativi". Intervengono i docenti e ricercatori Mariano Cherubini, Gianrossano Giannini, Gioacchino Nardin, moderatori Maurizio Fermeglia e Fabio Burigana. L'iniziativa è promossa da Isde e Amec.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI', 31 maggio 2011

 

 

Oms, verdetto su cellulari e wireless "Potrebbero causare il cancro"
 

L'Agenzia internazionale per la ricerca sui tumori mette sotto accusa campi magnetici e radiofrequenze in quanto fattori di rischio per il glioma al cervello. Ma avverte: "E' il risultato degli studi portati avanti finora, servono ancora accertamenti"
ROMA - L'uso dei telefoni cellulari e di altri apparati di comunicazioni wireless "potrebbe causare il cancro negli essere umani". E' il "verdetto" annunciato oggi dall'Agenzia internazionale per la ricerca contro i tumori, organismo di consulenza specializzato dell'Organizzazione mondiale della sanità. Il rischio accertato, a parere dell'Agenzia, riguarda in generale i campi elettromagnetici di radiofrequenza e include i telefoni portatili. Il team, composto da 31 esperti dell'International agency for research on cancer (Iarc), si è incontrato nei giorni scorsi a Lione e, ha spiegato Jonathan Samet, presidente del gruppo di lavoro, "ha raggiunto questa conclusione basandosi sull'analisi degli studi epidemiologici effettuati sugli esseri umani", ma anche su test sugli animali.
"In entrambi i casi - ha spiegato Samet - le evidenze sono state giudicate 'limitate' per quanto riguarda il glioma e il neurinoma acustico (tumore del nervo uditivo, ndr), mentre per altri tipi di tumore non ci sono dati sufficienti". Gli esperti hanno sottolineato che serviranno ulteriori ricerche prima di avere conclusioni definitive: "La nostra classificazione implica che ci può essere qualche rischio - ha aggiunto l'esperto - e che tuttavia dobbiamo continuare a monitorare con attenzione il link tra i cellulari e il rischio potenziale. Nel frattempo è importante prendere misure pragmatiche per ridurre l'esposizione, come l'uso di auricolari o il preferire i messaggi di testo alle telefonate ove possibile".
Un annuncio che inevitabilmente riapre il dibattito lungo 20 anni sulla sicurezza della telefonia mobile per la salute umana. Si contano 5 miliardi di telefonini in tutto il mondo, solo in Italia quasi due a testa, circa 100 milioni di cellulari. dal canto suo, il Codacons ha annunciato una class action: "Già da tempo il nostro ufficio
legale, sulla base delle conoscenze finora acquisite ha avviato un studio sulla fattibilità di un class action in favore di tutti coloro che utilizzano telefonini cellulari in relazione ai danni alla salute da questi prodotti. Dopo l'allarme lanciato dall'Oms la nostra azione collettiva prende sempre più forma ed è destinata ad approdare a breve in tribunale", afferma il presidente dell'associazione, Carlo Rienzi. "Dopo la notizia diffusa oggi - prosegue Rienzi - chiediamo al Ministero della Salute di obbligare i produttori di apparecchi telefonici ad apporre sui cellulari avvertenze circa possibili pericoli per la salute al pari di quanto già avviene per i pacchetti di sigarette".
Nella lunga polemica sulla tesi della pericolosità delle radiofrequenze, che l'industria ha sempre contestato, il verdetto odierno dell'Agenzia, che sarà sottoposto all'Oms, non mette dunque un punto fermo, ma si limita a rilanciare l'allarme: "Le prove, che continuano ad accumularsi - ha aggiunto Samet - , sono abbastanza da giustificare una classificazione al livello 2b", uno dei cinque livelli che definiscono i prodotti possibilmente cancerogeni. Il livello 2b identifica, nella fattispecie, il principio di pericolosità dovuto all'abuso, cioé ad un utilizzo intensivo - in questo caso - del telefono cellulare o del wi-fi in ambienti ristretti. Per fare un esempio, nella classificazione 2b c'è anche il caffè, il cui abuso può provocare danni fisici all'essere umano.
I produttori, che assicurano il finanziamento di studi indipendenti per conoscere l'effettivo rischio, sottolineano che la classificazione fissa il rischio ad un terzo livello su una scala di 5 livelli, un livello che "contiene altre sostanze di uso comune come ad esempio il caffè e i sottoaceti".
E anche dall'Istituto Superiore di Sanità si sottolinea la necessità di studi ulteriori: "Quello più importante si chiama Cosmos, e coinvolge 250 mila persone in tutta Europa - conferma Susanna Lagorio epidemiologa dell'Istituto scientifico del Ministero della Salute - e dovrebbe riuscire a superare tutte le limitazioni dei precedenti. Nel frattempo le raccomandazioni di limitare l'uso del telefonino sono più che altro a scopo precauzionale, perchè solo l'Oms può dare indicazioni di salute pubblica, e lo farà probabilmente tra due anni in un volume apposito sulle radiofrequenze".
Quello che è certo è che sul rapporto tra cellulari e tumori la scienza in questi anni si è divisa: alcuni studi hanno ritenuti i telefonini potenzialmente cancerogeni, altri li hanno assolti e altri ancora, come la ricerca Interphone, finanziata dall'Organizzazione mondiale della sanità e i cui risultati erano stati diffusi lo scorso dicembre, non erano arrivati ad alcuna certezza che l'utilizzo dei cellulari, anche prolungato, potesse aumentare il rischio di tumori al cervello.
Ma oggi l'Oms, grazie al suo gruppo di 34 esperti che ha definito i campi elettromagnetici come 'possibly carcinogenic', cerca di aggiungere un tassello alle attuali conoscenze.
Rimangono perplessità che lo studio Interphone, il più grande mai effettuato sulla pericolosità dei telefoni cellulari, non era riuscito a dissipare nonostante 10 anni di lavoro, più di 19 milioni di euro e 10mila interviste condotte in 13 Paesi. Le cifre uscite dalla ricerca parlavano di un'assenza di rischio per gli utilizzatori, fatta eccezione per i più assidui, anche se erano gli stessi autori a mettere le mani avanti. "I risultati non ci permettono di dire che c'è qualche rischio associato all'uso dei telefonini - affermava Christopher Wild, direttore dell'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) dell'Oms, che ha finanziato lo studio - ma è anche prematuro affermare che il rischio non c'è". I risultati dello studio avevano mostrato una minore probabilità di sviluppare i tumori in chi utilizzava poco il telefonino rispetto anche ai soggetti sani, mentre per gli utilizzatori più assidui, che comunque non superavano la mezz'ora al giorno, è risultato un maggior rischio per il glioma pari quasi a un terzo.
In questi ultimi mesi non sono mancati altri studi sull'argomento, spesso con risultati contraddittori. Secondo una ricerca pubblicata lo scorso febbraio le telefonate lunghe modificano l'attività del cervello nelle zone limitrofe alla posizione dell'antenna, ma non è chiaro se questo cambiamento di attività abbia dei significati dal punto di vista della salute, e anzi per un'altra ricerca l'uso del telefonino aumenterebbe la memoria. Un'altro studio aveva messo in luce invece alcuni effetti negativi sulla fertilità. Tuttavia, nonostante le poche certezze, lo scorso 27 maggio il Consiglio d'Europa ha deciso di dire no ai telefonini nelle scuole e far utilizzare nelle classi i collegamenti fissi per internet invece del wi-fi per ridurre i pericoli derivanti dell'esposizione ai campi elettromagnetici, sulla base del principio di precauzione.

 

 

GIAPPONE - Fukushima, acqua radioattiva nell'edificio del reattore 1
 

Ha inondato il basamento dell'edificio, con un livello di radioattività di 2 milioni di bequerel di cesio per centimetro cubico. L'ampia quantità di liquido contaminato ha impedito ai tecnici di ripristinare le funzioni di raffreddamento. Perdita di olio in mare, davanti ai reattori 5 e 6
TOKYO - Non c'è pace per l'impianto nucleare di Fukushima 1, in Giappone, gravemente danneggiato dallo tsunami seguìto al terremoto dell'11 marzo scorso. La Tepco, la società che gestisce l'impianto, ha riferito che acqua altamente radioattiva sta inondando il basamento dell'edificio in cui si trova il reattore 1 della centrale. Inoltre, è stata scoperta anche una perdita di olio in mare, proprio di fronte alla centrale, in prossimità dei reattori 5 e 6, gli unici del sito stabilizzati in stato di arresto a freddo.
Il livello di radioattività rilevato è di 2 milioni di becquerel di cesio radioattivo per centimetro cubico di acqua. Si ritiene che materiale radioattivo proveniente dal combustibile fuso sia filtrato dalla vasca di pressione del reattore. L'ampia quantità di acqua contaminata ha impedito ai tecnici 2di ripristinare le funzioni di raffreddamento. La situazione è ritenuta preoccupante anche perché l'aumento di accumulo di acqua coincide con l'inizio della stagione delle piogge.
Il livello di acqua radioattiva accumulatosi nel sottosuolo ha raggiunto i sei metri di altezza, con un incremento di 37 centimetri in 24 ore, aumentando il rischio di nuove fughe di liquido contaminato nell'area dell'impianto.
Quanto alla perdita di olio,
si tratta di un manto oleoso che occupa una superficie di circa 200-300 metri di raggio. Davanti ai reattori 5 e 6 sono presenti due cisterne per l'olio pesante, le cui tubazioni si suppone siano state danneggiate dallo tsunami. Secondo l'Agenzia giapponese per la sicurezza nucleare, al momento la fuoriuscita appare limitata all'area interna, e il suo impatto nelle acque oltre i frangiflutti dovrebbe essere "estremamente limitato". Il titolare dell'impianto sta adesso svolgendo le rilevazioni per capire l'entità della perdita, mentre sono già stati avviati i lavori per installare una barriera in modo da impedire all'olio di riversarsi in mare aperto.

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 31 maggio 2011

 

 

Trieste volta pagina con Cosolini sindaco
 

Il centrosinistra torna a governare la città dopo dieci anni: ad Antonione 15 punti di scarto. Vana la chiamata alle armi del centrodestra
TRIESTE Trieste volta pagina. Roberto Cosolini è il nuovo sindaco. Dopo dieci anni il Comune cambia dunque colore, chiudendo il capitolo del centrodestra targato Dipiazza e aprendone uno nuovo che vi sistema alla guida il centrosinistra. Coalizione che di fatto cala il "triplete", per prendere in prestito il gergo calcistico, considerata anche la contestuale conferma in Provincia dopo aver già fatto il bis del 2006 due settimane prima a Muggia. Chiuso il primo tempo della sfida elettorale in vantaggio (al primo turno aveva ottenuto il 40,67% dei consensi) nella due giorni del 15-16 maggio scorsi, al ballottaggio Cosolini - primo sindaco della città con un passato politico marcatamente di sinistra (ha militato nel Pci, poi nel Pds e ancora fra i Ds prima dell'era Pd) - ha reso granitica la sua supremazia nei confronti del rivale diretto, quel Roberto Antonione che ha accettato con sportività il verdetto delle urne. Verdetto peraltro impietoso: 57,51% dei voti a favore del candidato sindaco del centrosinistra contro il 42,49% dell'avversario. Uno scarto di 15 punti. In termini assoluti: 53.050 schede per il vincitore, 39.197 per lo sconfitto. Ai seggi si sono presentati in 95.355, cioè ventimila persone in meno rispetto allo "spareggione finale" Dipiazza-Rosato del 2006. Nonostante l'affluenza in calo verticale, dopo il lieve aumento di domenica, Cosolini è riuscito anche a incrementare leggermente il suo margine nei confronti di Antonione portandolo dal +13.293 voti (41.220 contro 27.927) del primo turno al +13.883 del secondo. La chiamata al voto del centrodestra, sostenuta a più riprese dallo slogan «non lasciamo la città all'estrema sinistra» lanciato a turno da Antonione, dal deputato leghista Massimiliano Fedriga e pure dal ministro degli Esteri Franco Frattini, si è risolta di fatto in un buco nell'acqua. È caduta nel vuoto. E l'indicazione "bandelliana" al proprio elettorato di optare per la scheda bianca non ha spostato gli equilibri: 1.330 le schede non "segnate" mentre 1.774 quelle nulle. La certezza che Cosolini avesse vinto, ieri, si è avuta molto presto. Era infatti da poco passata un'ora dalla chiusura dei seggi, fissata alle 15, quando il conteggio si è attestato su una forbice ormai incolmabile. Da quel momento in poi, tutti ad attendere il vincitore, in piazza Unità e nella sala del Consiglio comunale. Lì Cosolini si è presentato poco dopo le 17, dopo aver seguito l'andamento dello spoglio lontano dai riflettori. Il suo antagonista, Roberto Antonione, stava intanto osservando i numeri prendere forma nel suo quartier generale di via Roma. «Una grande soddisfazione, ma anche una grande responsabilità», ha sottolineato subito Cosolini nelle prime interviste da neo-primo cittadino. Ribadendo una volta di più la priorità leit motiv della sua campagna elettorale: «Economia e lavoro al primo posto». Prima si era concesso a strette di mano e abbracci con la "sua squadra", dal prossimo assessore Fabio Omero (Pd) a quel Roberto Decarli (Trieste Cambia) che in molti danno in pole position per il ruolo di nuovo presidente del Consiglio comunale. E ancora a Emiliano Edera, eletto con l'Italia dei valori, e Giulio Lauri, coordinatore provinciale di Sel. Un modo per ringraziare un team che si è presentato unito non solo dal primo turno delle amministrative, ma già da molto prima, dal post-primarie del dicembre scorso quando Cosolini venne designato candidato della coalizione superando i contendenti Marino Andolina (Rifondazione comunista, oggi eletto in Consiglio comunale con la Federazione della Sinistra) e Alessandro Metz (dell'apartitico Progetto Comune). A proposito, c'è un dettaglio che proprio Fabio Omero ha messo in luce: «Queste elezioni sono state vinte dalle primarie, in tutta Italia. È la dimostrazione che le candidature vanno condivise con i cittadini». Sette le forze che hanno appoggiato la candidatura di Cosolini: Psi, Federazione della Sinistra, Pd, Sel, Idv, Cittadini e Trieste cambia. Discorso molto diverso nel centrodestra, per mesi diviso da veti incrociati, tensioni nazionali e locali (interne anche al Pdl stesso, basti pensare alla proposta della "base" di candidare Piero Tononi e alla sfida a suon di manifesti con quel 23-2 che in molti non scorderanno) senza soluzione e presentatosi infine al primo turno con una schiera di candidati sindaco. Oltre ad Antonione (sostenuto da Pdl, Lista Dipiazza, Lista Antonione, Fiamma Tricolore e Pensionati), ci avevano provato i vari Massimiliano Fedriga (Lega Nord), Franco Bandelli (Un'altra Trieste, La Destra-Forza Nuova e Giovane Destr@), Edoardo Sasco (Udc) e Michele Lobianco (Fli). Al ballottaggio, poi, l'unico partito a optare per l'apparentamento è stato il Carroccio. Ma il risultato del voto ha premiato l'unità del centrosinistra. E il nuovo primo cittadino Cosolini, che difficilmente dimenticherà gli ultimi quattro giorni: venerdì è diventato nonno, ieri sindaco.
Matteo Unterweger

 

 

Una passeggiata per Bassa Poropat
 

La presidente uscente ha quasi confermato i diciotto punti che la dividevano dal suo avversario dopo il primo turno
TRIESTE Candidata uscente lo è stata solo di nome. Di fatto, anche i muri di Palazzo Galatti sapevano già da un paio di settimane - alla luce del risultato del primo turno, che le aveva consegnato un margine di oltre 18 punti percentuali sullo sfidante Giorgio Ret - che, anche dopo il ballottaggio di domenica scorsa e di ieri, lei non si sarebbe mossa dall'ufficio del presidente della Provincia di Trieste per altri cinque anni. Maria Teresa Bassa Poropat si conferma numero uno di Palazzo Galatti al termine di uno spareggio, contro l'uomo designato dal Pdl, che come tutti gli altri ballottaggi che contano a livello nazionale - compreso quello tra Cosolini e Antonione per piazza Unità - consegna una sberla a cinque dita a Berlusconi e, di riflesso, ai suoi candidati. La presidente uscente e a questo punto ufficialmente rientrante - sulla scheda gialla valevole appunto per il ballottaggio della Provincia - ha raccolto 61.115 croci (pari al 58,67% dei voti validi) sopra il rettangolo che conteneva il suo nome e il suo cognome scritti per esteso, con stampati poco sotto i simboli delle sette liste che l'hanno sostenuta sia al primo che al secondo turno: Federazione della sinistra, Sinistra ecologia e libertà, Unione slovena, Italia dei valori, Partito democratico, Cittadini e Socialisti. Domenica e ieri, insomma, a tirarle la volata c'erano le stesse forze politiche che l'avevano fatto due settimane prima. Eppure, in queste due settimane, la Bassa Poropat si è presa altri seimila voti, 5.846 per la precisione, dato che il 15 e il 16 maggio aveva messo assieme 55.269 preferenze, pari a un 48,48% che le aveva fatto persino sfiorare l'elezione al primo colpo, come invece accaduto al collega di schieramento Enrico Gherghetta, pure lui candidato uscente, nella vicina provincia di Gorizia. Seimila voti in più, dunque, da un lato senza apparentamenti, e dall'altro con un monte-elettori pure ridotto. Ridotto del doppio (12.800) rispetto ai voti da lei guadagnati. Quindici giorni fa i cittadini dei sei comuni giuliani che si erano recati ai 276 seggi elettorali per esercitare il loro diritto-dovere, infatti, erano stati 121.043, per un'affluenza del 57,05%. Stavolta se ne sono contati 108.243, per un'incidenza sul totale degli iscritti alle liste elettorali per la Provincia (212.170, gli stessi del primo turno) scesa al 51,02%. Così com'è successo per la sfida Cosolini-Antonione, insomma, non c'è stato quel colpo di coda dell'elettore moderato-demotivato - che di norma non vota a sinistra, già abbondantemente vaporizzato a metà maggio - che l'asse berluscones-padani si augurava. A proposito di Lega, l'apparentamento tra le tre forze che avevano sostenuto Ret al primo turno (Pdl, Lista Dipiazza e Pensionati) con il Carroccio - che il 15 e il 16 maggio aveva schierato a propria volta Paolo Polidori, il quale aveva calamitato 8.742 preferenze (il 7,67%) - ha fatto crescere proprio le schede pro-Ret di un "valore" assai simile: 9.042. I voti racimolati dal sindaco di Duino Aurisina 15 giorni fa erano stati 34.012, il 29,83%. Allo spoglio di ieri sono diventati 43.054, il 41,33%. Il distacco dalla Bassa Poropat, che era del 18,65%, è sceso al 17,34%. Consolazione magrissima. Se non impercettibile.

Piero Rauber

 

 

Differenziata, si parte - Attenti a non sbagliare
 

Da domani andranno separati plastica, vetro, carta e rifiuti non riciclabili Contenitori da pulire prima di gettarli. Le multe arriveranno solo a gennaio
IL NUOVO REGOLAMENTO - E per chi sgarrerà sanzione da cento euro
Sei mesi di sperimentazione senza multe. Quella che partirà da domani è in pratica la "fase 1", quella che permetterà a tutti di abituarsi gradualmente a dividere i rifiuti. Il nuovo regolamento comunale sull'igiene urbana prevede infatti che le sanzioni vengano comminate dal primo gennaio del prossimo anno. Multe da cento euro a botta che potranno essere comminate dalle guardie ambientali comunali o dai vigili urbani. Le sanzioni destinate a chi sarà sorpreso a gettare ad esempio qualche bottiglia di plastica, di vetro o un pacco di giornali nel bottino dell'indifferenziata partiranno dal primo gennaio 2012. Come pure quelle nei confronti dei commercianti che ometteranno di seguire le indicazioni sugli imballaggi. Il Comune ha deciso di posticipare di sei mesi la possibilità sanzionatoria per permettere ai triestini di acquisire dimestichezza, ma anche per finire di attrezzare, nel frattempo, l'intera città con isole ecologiche che permettano a tutti i cittadini di mettere in atto la differenziata.
Da domani, primo giugno, parte anche a Trieste l'obbligatorietà della raccolta differenziata. Chi non osserverà le regole in base alle quali dividere la spazzatura in carta, vetro, plastica e rifiuti non riciclabili non verrà per ora sanzionato. Le multe inizieranno a fioccare soltanto dal prossimo gennaio ma, vista la difficoltà e le tante eccezioni, è bene utilizzare questi sei mesi di prova per prendere dimestichezza con le isole ecologiche togliendosi tutti i dubbi possibili su dove gettare i singoli rifiuti. Da stasera dunque le case dei triestini dovranno essere dotate di quattro raccoglitori per le immondizie. Ma cosa dovrà confluire e cosa invece non dovrà assolutamente essere gettato in ogni singolo contenitore? In quello della plastica, ad esempio, vanno gettate le bottiglie di acqua e bibite, i flaconi dei detersivi, degli shampoo e altri prodotti per la pulizia della casa o della persona accuratamente risciacquati. Nello stesso cestino vanno buttate vaschette in plastica o in polistirolo, come quelle per la carne. Sì ai raccoglitori in plastica per le uova come pure ai vasetti dello yogurt risciacquati, alle borse e ai sacchetti della spesa e alle pellicole e ai cellophane per alimenti ma solo se puliti. Vietato invece buttare nella plastica i contenitori con i simboli delle sostanze pericolose, le custodie dei cd, videocassette ma pure portadocumenti, bidoni, scolapasta, giocattoli e grucce in plastica. Attenzione poi a piatti, bicchieri e posate di plastica che non devono assolutamente finire nel raccoglitore per la plastica, come sembrerebbe ovvio. Questo perché non hanno una funzione di imballaggio e i produttori di questi oggetti non versano al Conai - il consorzio nazionale imballaggi - un contributo per il recupero del prodotto a fine vita. Nel raccoglitore per il vetro bisognerà invece sistemare bottiglie, bicchieri e barattoli accuratamente lavati. Non dovranno all'opposto venire gettati contenitori con i simboli delle sostanze pericolose, oggetti in ceramica o porcellana, specchi e vetri rotti. Ma neppure lampadine, lampade fluorescenti e tubi al neon. Capiente dovrà essere anche il raccoglitore nel quale sistemare la carta prima di farla confluire negli appositi bottini color giallo. È permesso infilarci carta da pacchi, buste di carta, cartone ondulato e i piccoli imballaggi di cartoncino come quelli usati per le scatole delle merendine o dei biscotti. Nel settore carta devono finire anche i contenitori Tetrapak del latte, le confezioni per uova in cartone, libri, giornali, fustini di detersivo e pacchetti di sigarette vuoti. Nello stesso contenitore invece non dovranno essere buttate le salviette, la carta carbone, quella chimica o da parati. Tutti i contenitori gettati nel raccoglitore del vetro o della plastica vanno sempre puliti e, nel caso della plastica, preferibilmente schiacciati per ridurre al minimo possibile il volume degli imgombri. Tutto il resto - come le scatolette di tonno, i pannolini, i tessuti e i pellami, terra, piante e fiori recisi - va gettato nei non riciclabili. Per altri tipi di rifiuti come quelli ingombranti, gli oli, scarti verdi dei giardini o i grandi elettrodomestici Acegas Aps dispone di appositi punti di raccolta.
Laura Tonero

 

 

Ma le isole ecologiche sono ancora in allestimento - NE SONO PREVISTE OLTRE MILLE
 

«Come previsto dal regolamento domani parte la prima fase della differenziata - conferma Walter Nicoletto, responsabile servizi esterni della Divisione Ambiente di Acegas Aps, - nel frattempo stiamo allestendo le isole ecologiche». Nicoletto assicura che i cassonetti acquistati dalla multiutility sono già arrivati. Le isole ecologiche passeranno da 500 a oltre mille, una ogni 300 metri. «Le dislocheremo tutte entro metà luglio - precisa - poi entro la fine di agosto ottimizzeremo il loro posizionamento». Lo scorso 27 aprile in piazza della Borsa sono stati inaugurati i cassonetti a scomparsa per la differenziata. «A breve - spiega Nicoletto - agli esercizi commerciali della zona verrà distribuito un dépliant con le informazioni per il corretto utilizzo dell'isola ecologica interrata. Questo per evitare i disagi derivanti dal conferimento scorretto e l'applicazione di sanzioni». Nel cassone interrato dedicato alla raccolta di carta e cartone - precisa il responsabile - possono essere gettati esclusivamente gli imballaggi prodotti dalle utenze domestiche, mentre quelli di cartone accumulati dagli esercizi commerciali devono essere conferiti nei punti di raccolta del Servizio dedicato stabiliti dal Comune secondo gli orari prestabiliti.

(l.t.)
 

 

Duino, Ceroglie immagina un futuro senza Alta velocità - RIUNIONE DEL COMITATO
 

DUINO AURISINA "Alta velocità, no grazie" A meno che non vengano date delle garanzie precise. Continua la mobilitazione del Comitato per Ceroglie contro il progetto dell'alta velocità. Si è tenuto venerdì 27 al campo sportivo di Visogliano l'incontro organizzato dal Comitato per esporre ai residenti dei paesi coinvolti (Ceroglie, Malchina, Visogliano) il progetto dell'alta velocità, i suoi costi ed i suoi possibili risvolti sul territorio indicato. A presenziare anche il sindaco Giorgio Ret, il suo vice Massimo Romita nonché numerosi assessori di entrambi gli schieramenti politici. Nel corso dell'incontro sono stati illustrati ai numerosi partecipanti all'iniziativa, il progetto e le incidenze che potrebbe avere sul territorio coinvolto. A tenere la relazione, esplicando i diversi aspetti sia costruttivi, monetari che ambientali sono intervenuti Peter Beherens (Comitati No TaV Trieste) Gian Carlo Pastorutti (Comitati No Tav Bassa Friulana) Roberto Linari (geologo, esperto in vibrometria). Dopo la relazione esaustiva, dove sono emerse anche alcune proposte (sfruttamento della linea ferroviaria preesistente oltre che la presentazione di un progetto più dettagliato che tenga in considerazione anche le necessità di tranquillità e di tutela delle zone interessate), ha preso la parola il sindaco Ret. «Non so se la Tac ( treni ad alta capacità) si farà. Nel caso avvenisse, il progetto dovrà rispettare ogni regola ambientale e soprattutto la vivibilità ed il lavoro dei nostri paesi carsici». Anche Maria Teresa Bassa Poropat, invitata dal Comitato, non avendo potuto partecipare direttamente, ha inviato uno scritto in cui afferma che «la Provincia si farà garante dell'attivazione di un serio processo di approfondimento volto ad illustrare finalità e rischi di un progetto sicuramente rilevante quanto di notevole incidenza su un ecosistema delicato».

(vi.at.)
 

 

REFERENDUM CONTRO IL NUCLEARE - Cassazione, attesa per domani la decisione sul quesito
 

ROMA Mentre la Germania dice "no" al nucleare, in Italia gli ambientalisti sono in attesa che la Cassazione decida se il referendum del 12 e 13 giugno sul nucleare sia stato o no reso inutile dal decreto Omnibus, che ha stabilito lo stop a tutte le attività nucleari. La decisione del governo tedesco sembra così restituire forza a chi chiede di non tornare all'atomo, ricordando che proprio l' Italia, con il referendum del 1987, decise per prima di rinunciare, e che tornare su quella decisione sarebbe un errore. «Ciò dimostra una volta di più - afferma Stella Bianchi, responsabile Ambiente della segreteria del Pd - che la scelta del governo Berlusconi di riportare indietro il nostro paese verso le centrali atomiche è una scelta sbagliata, costosa, rischiosa e non necessaria. L'Italia ha bisogno di una strategia energetica che punti sull'efficienza energetica e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili». Per Ermete Realacci, responsabile green economy per il Pd «la Germania si conferma motore dell'economia del futuro. La decisione di fermare il nucleare per il 2022 da parte del più grande paese industriale d'Europa, che ha un'economia che cresce quattro volte più di quella italiana ha un valore in più: quello di una sfida per il futuro, che punta su fonti rinnovabili, efficienza e risparmio energetici e innovazione tecnologica». Angelo Bonelli, presidente nazionale dei Verdi per la Costituente ecologista, torna sul tema del referendum: «Queste sono ore decisive per il futuro dell'Italia perchè la Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi sul quesito referendario sul nucleare che il governo Berlusconi ha sabotato per impedire agli italiani di fermare il nucleare». Di parere diverso il presidente dell'Agenzia per la sicurezza sul nucleare Umberto Veronesi: «L'ondata di panico per Fukushima ha creato un'emozione che si è riflessa anche al mondo politico: il terrore di perdere voti ha fatto prendere decisioni in quella direzione».
 

 

Germania, addio all'atomo Reattori chiusi in 10 anni
 

Il cancelliere Angela Merkel: «Saremo i pionieri delle energie rinnovabili» Già fermi 8 impianti su 17. Scettica l'opposizione sul piano del governo
ROMA «Rinunceremo all'energia nucleare entro il 2022». Le parole del cancelliere tedesco Angela Merkel sugellano così la decisione presa dalla Germania, il più grande paese industriale d'Europa rinunciare definitivamente all'energia dell'atomo e punta tutto sulle rinnovabili. «L'elettricità del futuro dev'essere sicura e per questo abbiamo bisogno di una nuova architettura delle forniture energetiche» ha spiegato la Merkel sottolineando la «grande sfida» che il Paese si prepara ad affrontare. La Germania dunque, chiuderà per sempre le sue 17 centrali (8, le più vecchie, sono state fermate dopo il disastro di Fukushima). L'ultima centrale smetterà di funzionare nel 2022, come ha annunciato il ministro dell'Ambiente tedesco Norbert Roettgen. La maggior parte dei reattori sarà disattivata entro l'anno, mentre gli ultimi tre saranno attivi al massimo per altri 11 anni. Roettgen ha aggiunto che gli 8 reattori già scollegati dalla rete di produzione di energia, non saranno più riattivati. La catastrofe avvenuta in Giappone, dove in seguito al terremoto le centrali di Fukushima sono collassate spargendo veleni radioattivi nell'aria, nel mare e nella terra, e le proteste di massa che ne sono seguite in Germania, hanno convinto il governo (già in calo di consensi e segnato dalla sconfitte elettorali nel Nord Reno-Westfalia) a fare a meno del nucleare. I gestori della rete elettrica hanno già lanciato l'allarme: per loro si rischiano black-out entro l'anno. La Germania però è determinata a rinunciare al nucleare con un piano che prevede un mix composito di azioni: dalla riduzione del consumo di elettricità al coinvolgimento delle industrie energivore alla riduzione del 40 per cento delle emissioni di anidride carbonica. E, naturalmente, è sulle energie rinnovabili che il Paese punterà per soddisfare il fabbisogno energetico: raddoppiare dal 17 al 35 per cento la quota di energia da fonti rinnovabili è l'obiettivo da raggiungere entro il 2020. Scettica davanti al piano rivoluzionario dell'esecutivo è l'opposizione: secondo il leader dei socialdemocratici Sigmar Gabriel «ci sono molte altre questioni da chiarire, soprattutto non c'è un impegno per un chiaro controllo politico del processo che dovrebbe portare alla chiusura definitiva dei reattori». Mentre i Verdi chiedono come sarà risolto il problema dello stoccaggio delle scorie nucleari. Per Greenpeace la data del 2022 è «inaccettabile» e rilanciano la fine del nucleare per il 2015.

(a.d'a.)
 

 

SEGNALAZIONI - Piano regolatore da approvare

 

Vedrà, vedrà... sig. Alessio Vremec ! Vedrà lo scempio che verrà perpretato sul Carso, a Barcola, sulla Costiera ed in altre zone verdi di pregio, se non verrà approvato un piano regolatore responsabile entro il 6 agosto data di scadenza delle «salvaguardie», che ancora impediscono la cementificazione selvaggia delle zone sopra citate ! Speriamo che il prossimo sindaco, la sua Giunta ed il Consiglio comunale riescano ad impedire un simile disastro ambientale e geologico poi, concluse le elezioni, vedremo di spiegare ai cittadini le ragioni di alcuni «fenomeni» politici, che hanno frammentato la composizione del Consiglio comunale negli ultimi tempi.

Fabio Dominicini

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 30 maggio 2011

 

 

Acquario inquinato ma dipende dall'uso
 

Sul sito del Comune di Muggia le informazioni sul terrapieno A fini industriali potrebbe essere utilizzato senza bonifica
MUGGIA «Quanto è inquinato Acquario? Dipende... per fare cosa!» Il Comune di Muggia si fa una domanda. E si dà anche la risposta. L'argomento, d'altronde, è uno dei più gettonati: la situazione del terrapieno inquinato posto sul litorale costiero. L'amministrazione in questi giorni ha pubblicato ufficialmente sul proprio sito internet un sunto con le informazioni più utili inerenti il terrapieno Acquario, tallone d'achille della costa muggesana. E così emerge chiaramente come viene interpretata la normativa attuale, che divide gli utilizzi dell'area in due grandi categorie: residenziale-verde pubblico (cosiddetta colonna A) e commerciale-industriale (colonna B). «La differenza sta principalmente nella durata dell'esposizione agli inquinanti (350 giorni all'anno per 24 ore al giorno per la colonna A e 250 giorni per la colonna B per 8 ore al giorno) nonché nel tipo di soggetti esposti, adulti e bambini per la colonna A e lavoratori, quindi adulti, per la colonna B». In pratica, specifica l'Ufficio Ambiente del Comune, «per gli usi della colonna A Acquario è tutto inquinato, mentre per gli usi della colonna B buona parte potrebbe venire utilizzata così come sta. Il problema è che essendo un'area balneare non rientra chiaramente in nessuno dei due tipi di utilizzo; inoltre è sicuramente un posto frequentato anche da bambini, ma sicuramente non vi è una permanenza paragonabile neanche all'uso commerciale, in quanto decisamente inferiore, stimabile in circa 150 giorni all'anno». Quindi? Il terrapieno è un'area inquinata e come tale deve essere sottoposta a bonifica per poter venire usata liberamente da tutti. Il percorso che porta a questo risultato è già iniziato con la caratterizzazione e la successiva analisi di rischio. Da quando questa viene approvata l'amministrazione comunale ha sei mesi per presentare un progetto di bonifica dell'amministrazione regionale. Dopodiché la Regione, acquisito il progetto di bonifica, dovrà approvare il progetto stesso, indicando eventualmente prescrizioni e integrazioni nel termine di 60 giorni, termine che potrà essere sospeso una volta sola per la richiesta di approfondimenti. «Una volta approvato il progetto di bonifica partiranno i lavori, che essendo molto costosi richiederanno un certo tempo». Le tempistiche precise, dunque, non vengono specificate. L'obbiettivo comunque è estremamente chiaro. Come peraltro evidenziato nell'ultima campagna elettorale: riappropriarsi della costa. Recentemente sono piovute diverse critiche sulla gestione del sito tra cui il Pdl che aveva chiesto in aula di chiudere l'accesso all'area inquinata, meta invece di frequenti incursioni da parte di cittadini disattenti. Per la nuova Giunta Nesladek la restituzione di Acquario bonificato alla cittadinanza sarà una delle grandi sfide dei prossimi cinque anni.
Riccardo Tosques

 

 

Una legge disciplina le 1106 associazioni di volontariato
 

TRIESTE La Giunta regionale ha approvato in via preliminare il disegno di legge sul tema "Disciplina organica del volontariato e della promozione sociale".«Le buone prassi sviluppate - ha affermato l'assessore Roberto Molinaro - sono diventate proposta di regole per tutti, in una regione che conta ben 1106 associazioni iscritte al registro regionale e una forza di circa 15 mila volontari che raggiungono i quarantamila se si sommano anche quelli della protezione civile». Di queste 1106 associazioni, 387 si trovano a Udine, 282 a Trieste, 270 a Pordenone e 167 a Gorizia. «Sono invece 350 le associazioni di promozione sociale, ovvero quelle realtà associative che privilegiano nell'azione l'intervento in favore dei propri associati - ha spiegato ancora Molinaro - e che completano il variegato mondo dell'impegno volontario e per le quali, per la prima volta, si propone una regolamentazione regionale». «Numerose sono le novità di contenuto che potranno essere apprezzate nell'iter di approvazione avviato che prevede una prima tappa con il parere del Consiglio delle Autonomie locali e successivamente l'approvazione definitiva da parte della Giunta e la presentazione al Consiglio Regionale. L'importanza attribuita al settore dalla Regione - ha concluso l'assessore - è desumibile anche dagli stanziamenti che vengono messi a disposizione: infatti, seppur in una stagione di forte ridimensionamento anche della spesa pubblica, il progetto conferma lo stanziamento complessivo per 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013.
 

 

Due branchi di lupi di casa sul Carso
 

Sono una decina ed entrano a Trieste dalla Val Rosandra Trovate le prime tracce della loro presenza anche in Friuli

 TRIESTE Sono una decina, suddivisi in due branchi, e in inverno amano scorrazzare nei boschi del Carso triestino, da pochissimi anni diventato una parte importante del loro habitat. E, come accade per gli orsi, anche loro sono tutti sloveni o croati, ma hanno imparato a conoscere e apprezzare la Val Rosandra. Sono i lupi targati Fvg, mammiferi scomparsi da decenni dalla nostra regione, che hanno fatto improvvisamente capolino di nuovo cinque anni fa sull'Altipiano triestino. A spiegarlo è Stefano Filacorda, ricercatore dell'Università di Udine: «Per quanto ne sappiamo, i lupi in Friuli Venezia Giulia popolano da qualche anno solo il Carso triestino, in inverno. In Friuli, nonostante alcuni avvistamenti, non ci sono invece tracce concrete della loro presenza, anche se una recente vicenda ci fa supporre la loro esistenza anche in Friuli, non in branchi, ma come singoli. Alcuni mesi fa, infatti, un lupo è stato trovato morto, investito dal treno, lungo la valle dell'Isonzo, vicino a Tolmino. È un segnale importante». I branchi ci sono invece, come si diceva, sull'Altipiano triestino. Sono due, composti rispettivamente da circa cinque esemplari. Una delle due "famiglie" è "triestino-quarnerina" e frequenta l'area compresa tra il capoluogo regionale e Fiume; l'altra spazia invece più a Est, tra il Carso e la zona più interna del monte Nevoso. «A loro - spiega Filacorda - si aggiungono poi degli ibridi: animali nati da incroci tra cani e lupi, che spesso cacciano assieme ai cani selvatici. Gli ibridi tendono a essere più aggressivi dei lupi nei confronti degli animali domestici. Gli attacchi ai greggi di pecore avvenuti un paio di anni fa a Basovizza, infatti, sono molto probabilmente opera loro». Ma perché questi pelosi quattrozampe sono ritornati in Friuli Venezia Giulia? «Perché le popolazioni slovene e croate stanno vivendo un periodo di forte espansione e qualcuno di loro ha cercato nuove strade e zone da popolare - aggiunge il ricercatore -. Entrano in Italia passando per la Val Rosandra. Una delle ultime testimonianze ci è stata fornita da Brin (nella foto, ndr.), un lupo di tre anni catturato sul monte Taiano nell'aprile 2010 e subito dotato di radiocollare satellitare. Purtroppo Brin è stato ucciso, sempre nella zona del Taiano, in ottobre perché aggrediva delle pecore. Ma il radiocollare ci ha permesso di capire che, tra aprile e ottobre, il suo branco giungeva fino al confine con l'Italia ed entrava sul Carso triestino. Un team di ricercatori del nostro ateneo sta comunque monitorando la presenza del lupo sul Carso triestino attraverso la tecnica del wolfhowling e sta sperimentando nuovi metodi di dissuasione per evitare che attacchino gli animali domestici».
Elisa Coloni

 

 

LUPI - In Slovenia e Croazia è boom di nascite Decine ogni anno - I NUMERI
 

I lupi non attaccano l'uomo. Il problema è rappresentanto dagli allevamenti all'aperto
TRIESTE Qual è la culla dei lupi in Europa? Slovenia e Croazia. Lubiana conta, sul suo territorio, un centinaio di esemplari. Sei branchi, che si sono riprodotti la scorsa estate, vivono per certo a sud dell'autostrada Trieste-Lubiana. A questi si aggiungo almeno altri 15-30 singoli o in coppie. A Nord dell'autostrada, invece, vive probabilmente un solo branco, nella zona del monte Nanos. In Croazia le stime fornite dal professor Stefano Filacorda parlano di circa 150 individui, una buona parte dei quali concentrati in Istria (qui, fino a dieci anni fa, non erano segnalati ufficialmente). Va comunque sottolineato che in Croazia si registra una forte presenza di ibridi, che rappresentano il 10% della popolazione. Solo 10-12 vivono in Austria e nessuno è "indigeno": provengono tutti dagli Appennini, da Slovacchia e Polonia, o da Slovenia e Croazia. In Slovenia è attualmente in corso il progetto Life (per informazioni si può accedere al sito www.volkovi.si), grazie al quale sono stati stanziati finanziamenti per l'acquisto di reti anti-lupo e cani anti-lupo, per il monitoraggio e la stima dell'abbondanza delle popolazione di prede quali cervi e caprioli, e la didattica. «Alcune settimane fa - spiega Filacorda - i ricercatori dell'Università di Lubiana con cui siamo in contatto ci hanno dato notizia della cattura di un altro lupo nella zona del Taiano, che è stato dotato di radiocollare satellitare. Si tratta di un maschio di sette anni, che verrà seguito e che ci potrà dare notizie importanti sulla vita e gli spostamenti di questi branchi tra Slovenia e Italia. Voglio ricordare che i lupi, in generale, non sono aggressivi nei confronti dell'uomo: se lo vedono scappano. L'ultima notizia di un attacco in Slovenia risale ad almeno un secolo fa. C'è stato un attacca l'anno scorso in Croazia, ma era un caso particolare, perché l'animale aveva la rabbia e quindi era molto aggressivo. Un individuo in salute non aggredisce. I lupi sono però attratti dagli animali allevati all'aperto, che di notte diventano facili prede a portata di mano». (el.col.)
 

 

Isola, pannelli fotovoltaici alla scuola italiana - PROGETTO ECOSOSTENIBILE
 

La Dante Alighieri inserita nell'iniziativa che prevede lo sfruttamento dell'energia solare
ISOLA Isola d'Istria punta sulle energie rinnovabili. Le autorità comunali hanno presentato nei giorni scorsi un primo progetto di sfruttamento dell'energia solare: sette edifici pubblici, tra cui quello della Scuola elementare italiana Dante Alighieri, saranno dotati di pannelli fotovoltaici. I nuovi impianti dovrebbero garantire l'autosufficienza energetica di queste strutture, con la differenza in eccesso da destinare al mercato. L'investimento complessivo ammonterà a poco meno di due milioni di euro, ma nei prossimi 15 anni il comune calcola di recuperare l'intera cifra e di guadaganarci sopra ulteriori 1,7 milioni di euro. A Isola sono in attesa degli ultimi permessi, e subito dopo saranno pubblicate le gare d'appalto per la realizzazione dell'opera. Con questa iniziativa, ha spiegato il sindaco Igor Kolenc, saranno realizzati contemporaneamente tre obiettivi: si solleciterà l'utilizzo di energie rinnovabili, saranno rinnovati i tetti di sette edifici pubblici e saranno garantite - in prospettiva - nuove entrate nelle casse comunali. Il calcolo sul profitto è stato fatto per 15 anni, sostengono a Isola, ma gli utili alla fine saranno molto maggiori, visto che la durata di un impianto fotovoltaico è di 35 anni. È comunque l'aspetto ecologico quello dominante: si tratta di una produzione di corrente elettrica che non inquina. Isola, da questo punto di vista è ideale: è una delle località slovene con più giornate soleggiate all'anno, per cui si potrà produrre dal 10 al 15% di energia in più rispetto a qualsiasi altra zona del Paese. Per quanto riguarda le scuole coinvolte, invece - una di questa è l'elemnentare italiana Dante Alighieri - l'utilizzo di pannelli fotovoltaici avrà anche un effetto educativo per gli alunni. Nella cittadina costiera, comunque, non intendono fermarsi qui. In futuro, il Consiglio comunale è deciso a sfruttare anche le sorgenti termali che si trovano in zona: ecologia a braccetto con l'economia.

(f.b.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 29 maggio 2011

 

 

Nucleare, la moratoria è legge
 

Il decreto legge sulla moratoria nucleare, convertito in legge dal Parlamento, è stato pubblicato venerdì sera dalla Gazzetta Ufficiale ed è entrato in vigore ieri. Spetterà ora alla Corte di Cassazione decidere se il provvedimento ha i requisiti per annullare il referendum sul nucleare previsto per il 12 e 13 giugno. Sul piano politico, restano i dubbi alimentati dalle parole dello stesso Berlusconi che, incontrando recentemente Sarkozy, ha spiegato che la moratoria prevista dal decreto serve sostanzialmente ad evitare il referendum in questo momento. Come a dire che se ne potrà riparlare fra un paio d'anni.
 

 

No al nucleare, presidio in piazza Oberdan - ATTIVISTI DAVANTI AL CONSIGLIO REGIONALE
 

Hanno circondato simbolicamente il palazzo del Consiglio regionale e, al grido di "Tondo vuole ampliare Krsko, noi ampliamo la democrazia", hanno ribadito la loro contrarietà rispetto ad una scelta ritenuta tanto pericolosa quanto ingiusta. A dar vita al presidio, inteso appunto come una sorta di accerchiamento per isolare le posizioni della giunta, una settantina di attivisti del comitato triestino "Fermiamo il nucleare". Gli stessi che, dopo la manifestazione in piazza Oberdan, avrebbero dovuto proseguire l'iniziativa, denominata "reazione a catena", superando il confine e spostandosi in gruppo fino a Krsko. All'ultimo, però, la carovana no-nuke non si è messa in marcia. Una decisione, hanno spiegato gli organizzatori, dettata da una nuova consapevolezza: la difficoltà di far decollare in Slovenia la battaglia contro il nucleare, argomento ancora oggi considerato una sorta di tabù. Vista l'impossibilità, almeno in questa fase, di dar vita ad una grande mobilitazione transnazionale, gli attivisti triestini, hanno scelto di rivedere il piano di partenza, abbandonando l'idea della carovana e ipotizzando un percorso più lento e graduale per riuscire ad "esportare" le ragioni del movimento contro il nucleare. Movimento che però, vista anche la scadenza referendaria, non mollerà il colpo ma, semplicemente, cambierà strategia. Come? Per esempio ripartendo dalle università, luoghi in cui far risuonare l'appello lanciato nelle settimane scorse dagli attivisti. L'invito a prendere coscienza del fatto che «sostenere il nucleare significa diventare complici di una società che non considera l'energia come bene comune diffuso e che, per garantirsi l'approvvigionamento delle risorse, legittima inevitabilmente anche la guerra». Interrogarsi sul nucleare, quindi, vuol dire fare una scelta di campo o meglio «un scelta di democrazia profonda, di giustiza e di accesso ai beni comuni per tutti».
 

 

Pannelli fotovoltaici in 5 edifici comunali - La giunta lancia la sperimentazione. Previsto un risparmio totale da 62mila euro all'anno sui consumi
 

Cinque immobili per avviare una sperimentazione sul fotovoltaico. È stato uno degli ultimi atti dell'amministrazione Dipiazza, i cui risultati verranno poi valutati dalla prossima giunta. L'esecutivo uscente, nella sua ultima seduta, ha infatti licenziato la delibera che recepisce la sistemazione degli impianti per lo sfruttamento dell'energia solare sopra cinque edifici di proprietà comunale. «Abbiamo volutamente scelto immobili di categorie diverse e dalle caratteristiche differenti fra loro - spiega l'assessore alle Risorse economiche e finanziarie, Giovanni Battista Ravidà - proprio per poter valutare l'effettivo ritorno di questa innovazione. Prima di spendere soldi pubblici, le cose vanno affrontate con attenzione». Gli immobili coinvolti sono la scuola elementare "Luigi Mauro" di via dei Cunicoli, il palazzetto dello sport di Chiarbola, il Centro residenziale Campanelle di strada di Fiume, Casa Bartoli in via Marchesetti e infine la scuola dell'infanzia "Mille bambini" di via dei Mille. Il monitoraggio sui relativi consumi si concluderà nel 2014. A quel punto, la nuova amministrazione in carica potrà trarre le sue conclusioni, valutando anche i consumi mensili collegati alle destinazioni d'uso degli immobili, ed eventualmente estendere l'impiego della soluzione ad altri edifici. «Avevamo la possibilità di allungare per altri due anni (dal 2012 al 2014, ndr) il contratto con Sinergie, il soggetto che si era aggiudicato l'appalto per il calore - traccia il quadro della situazione Ravidà -, come consentito dalla legge, ricevendo in cambio dalla società stessa la realizzazione di questi cinque impianti. Abbiamo quindi deciso di farlo. Se oggi i cinque complessi interessati consumano complessivamente 90.938 kilowatt all'anno, secondo gli studi effettuati con la sistemazione dei pannelli fotovoltaici il dato dovrebbe scendere a 84.363». Il che dovrebbe determinare «un risparmio pari a 12.500 euro all'anno per impianto», aggiunge ancora Ravidà. Moltiplicando la cifra, il vantaggio potrebbe dunque tradursi per il Comune in 62.500 euro da destinare evidentemente ad altre partite. A proposito, per il riscaldamento negli edifici di sua proprietà, il Municipio nel 2009 aveva speso 9 milioni e 800mila euro e nel 2010 10 milioni. In tutto, questi impianti si svilupperanno per 531 metri quadrati di coperture.

(m.u.)
 

 

Arpa, le analisi finiscono in Friuli - Dai 4 laboratori provinciali a un'unica struttura a rete: vagliati fuori città gli alimenti in arrivo in porto
 

Il miglior laboratorio per controllare gli alimenti in arrivo nel porto di Trieste, caffè compreso? A Pordenone o giù di lì. Udine, magari. Dentro l'Arpa, agenzia regionale per la protezione ambientale che ha competenza su questo servizio, preferiscono chiamarlo «riarrangiamento aziendale», ma la sostanza non cambia. Il nuovo modello organizzativo che in pratica ha trasformato i quattro laboratori provinciali, per ora, in un unico laboratorio multisito, con dietro l'angolo la possibilità del centro unico a Udine, va avanti. Lasciandosi dietro perplessità, recriminazioni e almeno due domande: non è che questi controlli, quasi perennemente in trasferta, si siano ispirati a Poste Italiane, con la corrispondenza locale dapprima spedita in Veneto e poi timbrata e rimandata indietro? E poi: che costo avranno questi trasferimenti obbligati per una struttura che ufficialmente, come vedremo, è stata praticamente costretta a scelte impopolari sotto la minaccia della mannaia dei tagli statali? Giorgio Mattassi, già politico e ora direttore regionale dell'Arpa, cerca di tener fede al suo ruolo e buttare acqua sul fuoco. «Trieste depotenziata? Ma no, non direi... La sanità marittima ad esempio non verrà toccata. Vero è che adesso le analisi di laboratorio vengono divise a seconda del tipo di indagine richiesta. Alcune, sì, vanno a Pordenone, altre a Gorizia, e non è affatto strano che il porto di Trieste, quando ha bisogno di analisi più complesse le porti a Verona...». Una necessità? Più che altro una "dimenticanza" della Regione. Che per 15 anni almeno ha fatto orecchie da mercante alle richieste triestine di disporre del macchinario Lmcs, che sta per controllo di liquido-massa e serve ad analizzare i pesticidi. Macchina che però alla fine è spuntata come per miracolo a Pordenone, unico centro ormai abilitato a quei controlli. «È vero - ammette Mattiassi - ma ce l'abbiamo in prestito. Intendiamoci, stiamo parlando di strumenti che costano da 300 a 600mila euro, non è pensabile moltiplicare attrezzature e competenze.... Noi dobbiamo garantire che il servizio venga svolto in due giorni. La Regione ha già deciso per il laboratorio unico ma multisito con quattro servizi. È stata aumentata l'efficienza e ridotto il numero delle persone, passate da 130 a 100 persone». Una realtà, quest'ultima, che la struttura di via Lamarmora a Trieste conosce bene. In pochi anni dall'Arpa locale se ne sono andati in pensione quattro dirigenti, mai sostituiti. Ora esiste il solo direttore, Luigi Colugnati, che cerca di fare di necessità virtù. «Le risorse sono quelle che sono, il personale si riduce. È stata fatta una scelta a livello di azienda di concentrare le singole tematiche. Senza risorse, di più non si può più fare, perché viene richiesta una qualità del lavoro di elevata specializzazione, incompatibile con certi organici. L'obiettivo finale - ammette Colugnati - è che tutto finisca a Pordenone, l'acqua di mare a Trieste, che ha una qualità del personale straordinariamente buona, i siti inquinati tra Trieste e Udine. La coperta è diventata troppo corta e noi servono risorse umane importanti, per cui questa è la scelta meno cruenta, perché non possiamo dare fuori dati non attendibili. I tempi? Bisogna ragionare in termini strategici. Certo, se sposto a Tolmezzo il problema del controllo della Ferriera è chiaro che i tempi si dilatano... E ci va ancora di lusso: il Veneto è andato vicino al disastro economico, in una situazione analoga». Tra gli addetti ai lavori, al momento, calma piatta. Forse il problema non è ancora stato metabolizzato o non ha messo allo scoperto le sue apparenti distonie. Dice Renato Guercio, uno dei massimi importatori di frutta secca sul territorio: «Finora davamo per scontato che il caffè si analizzasse a Trieste e gli alimenti in via Lamarmora, salvo casi eccezionali, adesso vedremo... Lo Stato è comunque già riuscito a fare un regalo anche a noi. Protestiamo a livello nazionale da tre anni: paghiamo, come ingrosso, una tariffa per le analisi sugli alimenti, ma a fatturato. Vengano eseguite o meno le indagini, si paga lo stesso, da 450 euro a 3mila ad azienda. Che fare di fronte a un servizio che non c'è? Ovviamente abbiamo fatto ricorso».
Furio Baldassi

 

 

Storia di Elisabeth, delfino che abita a Monfalcone
 

Da oltre un anno il simpatico mammifero vive nelle acque dei bacini industriali in prossimità della Baia di Panzano. Con lei c'era un cucciolo ora scomparso

MONFALCONE Adesso è rimasta sola. Il suo piccolo se n'è andato chissà dove, da alcune settimane non si vede più, ma lei Elisabeth, il delfino che da più di un anno ha scelto di vivere nei bacini industriali dietro la Baia di Panzano, è rimasta lì. Ogni tanto la sua pinna fende la superficie blu di questo specchio d'acqua, uno dei più rumorosi e antropizzati del golfo, ogni tanto la sua silhouette si mette all'inseguimento di una barca o di una nave all'entrata del bacino della Fincantieri. Ogni tanto, più raramente, la si vede saltare con l'esuberanza propria dei delfini, anche adesso che è rimasta sola. Quella di Elisabeth è una strana storia. Lei è un delfino comune, della specie Delphinus delphis, che a dispetto del nome è una specie tutt'altro che facile da incontrare. Stando ad alcune osservazioni incrociate basate su precedenti segnalazioni e sui segni della sua pinna dorsale si è scoperto che due anni fa nuotava nelle acque limpide della. Quando è arrivata qui, alle porte di Monfalcone, nel maggio del 2010, assieme a lei c'era un altro esemplare più piccolo, senza dubbio il suo cucciolo. Stavano sempre insieme, due pinne affiancate che per i diportisti della zona, i pescatori, gli operai della Fincantieri sono diventati presto una presenza familiare. E piuttosto incongrua. Perché un delfino, anzi due, sceglie una zona così industrializzata, così rumorosa, così trafficata non solo da imbarcazioni da diporto ma anche dai grandi carghi e scafi da crociera che qui vengono a ricovero, proprio a ridosso del molo dove si carica il carbone? Esempi di delfini "inurbati", affezionati a tratti di costa abitati dagli umani non sono rari. Ma di solito si tratta di amene località marine, piccoli villaggi o spiagge poco frequentate. Difficile che un mammifero marino scelga il suburbio dei bacini di carenaggio come dimora, per di più con un cucciolo da accudire. Eppure Elisabeth è lì, ogni tanto si allontana, va al largo, in mezzo al golfo, oppure si spinge fino a Sistiana e Duino, ma poi ritorna. Possono passare giorni ma alla fine una segnalazione arriva. Ormai da oltre un anno è una presenza amica per quanti frequentano quel segmento di costa, gli operai dei cantieri la salutano quando la vedono, i diportisti la filmano e la fotografano, i pescatori la considerano una compagnia. «L'ha portata qui il nutrimento», spiega Saul Ciriaco dell'Area protetta di Miramare, i cui biologi da oltre un anno studiano Elisabeth assieme all'Arpa e agli osservatori sloveni di Morigenos, associazione impegnata dal 2001 nella ricerca e protezione dei tursiopi delle acque slovene. Insieme, Morigenos e Riserva di Miramare hanno raccolto decine e decine di osservazioni, immagini, dati, sulla vita quotidiana di Elisabeth. Che da parte dell'Area di Miramare viene monitorata da due giovani biologi volontari, Karin Schlappa, 24 anni, e Tommaso de Lorenzi, 26. Ogni momento libero a disposizione Karin e Tommaso vanno a trovare Elisabeth. A volte si appostano a terra, lungo i moli o sulla riva, aspettando pazientemente di vedere spuntare la pinna. Altre volte approfittano dell'ospitalità su barche da diporto o da lavoro per tentare un incontro ravvicinato, e se Elisabeth c'è, ed è di buona giornata, iniziano a registrare i tempi di immersione, il ritmo del suo respiro, filmare il suo comportamento, fotografarla. «Ormai per noi è come un'amica - dicono Karin e Tommaso - e in effetti siamo stati noi a battezzarla così, Eisabeth con la 's', quando, al primo avvistammento, al largo incrociava la gigantesca nave da crociera Queen Elizabeth». Fotografie, filmati, appunti, e anche appostamenti con gli idrofoni, per sentire i suoi fischi sott'acqua. «Ma c'è sempre troppo rumore - spiega Tommaso - con i microfoni in acqua si ascolta ogni tipo di fracasso proveniente dai cantieri vicini, intercettare Elisabeth, la sua voce, è difficile». «A dire il vero ha un carattere un po' bizzoso - interviene Saul Ciriaco - e non sempre appare in buona forma. Fino a dicembre c'era con lei un esemplare più piccolo, quasi certamente il cucciolo, ora è rimasta sola. La speranza è che il piccolo se ne sia andato altrove, e che non gli sia successo nulla, anche se i delfini si allontanano dalla madre solo quando raggiungono la maturità sessuale, e non è certo che sia questo il caso». La presenza di Elisabeth resta un caso anomalo. Nel Golfo di Trieste, spiega ancora Ciriaco, non ci sono famiglie stanziali di delfini, a differenza di quanto avviene a Pirano e dintorni, lungo la costa istriana, dove negli ultimi quattro anni sono stati identificati oltre cinquanta delfini della specie Tursiops truncatus, appunto tursiopi. «Invece è da 35 anni che non si vedeva nel nostro golfo un esemplare di delfino comune - sottolinea Saul Ciriaco -, a dispetto del nome questa specie non è ancora minacciata né in pericolo, ma certo è in calo, perciò gli avvistamenti non sono frequenti». In tutto il Mediterraneo ci sono tre popolazioni di delfino comume, in Spagna, nel mar Ionio e nell'Egeo. Intanto Elisabeth continua a frequentare le acque chiassose che tra gru, pontili e bettoline all'ormeggio portano al Canale Valentinis, dentro Monfalcone, anche se fin lì il delfino non si spinge. E Karin e Tommaso continuano pazienti i loro appostamenti. Possono volerci ore, qualche volta non si vede, altre volte lei arriva quasi subito. I due giovani biologi la aspettano la mattina presto, oppure al tramonto, con binocoli e macchine fotografiche puntate sulla distesa di quel braccio di mare nella speranza di vedere Elisabeth nuotare e saltare anche ora che è rimasta sola.
Pietro Spirito

 

 

DELFINI - Cosa fare in caso di avvistamento - E in giugno a Miramare parte la campagna di protezione delle tartarughe
 

TRIESTE Che fare se durante una gita in barca si incontra Elisabeth o qualsiasi altro delfino? Esiste un preciso protocollo di comportamento, dice Milena Tempesta dell'Area marina protetta di Miramare: «In caso di avvistamento o incontro con i mammiferi marini - spiega la biologa -, non si deve variare la propria rotta e il numero di giri del motore; non effettuare manovre di avvicinamento diretto e non avvicinarsi frontalmente; è vietato ostacolare il movimento dei cetacei, niente grida o suoni con apparati di segnalazioni acustiche, niente flash e soprattutto non cercare di toccare gli animali che si avvicinano». Ancora, è vietato gettare oggetti fuori bordo, non ci si deve tuffare in acqua e bisogna rimanere in prossimità del mammifero al massimo per dieci minuti. Tutte le segnalazioni di avvistamenti di grandi vertebrati marini con indicazione del luogo di avvistamento, numero di individui, specie (se riconoscibile) ed eventualmente foto scattate, vanno rivolte all'Area di Miramare (040/224147 info@riservamarinamiramare.it) o alla Capitaneria di porto che poi le inoltrerà ai biologi della riserva. I dati vengono infatti raccolti e catalogati in un data base che contiene tutti gli avvistamenti dal 1990 ad oggi. Inoltre, in caso di individui in difficoltà, la Riserva di Miramare è uno dei centri di primo soccorso per tartarughe e mammiferi marini ed è quindi è autorizzata dal ministero dell'Ambiente al monitoraggio, alla cura e al loro studio. E a proposito di tartarughe, proprio a metà giugno parte la "Campagna mare 2011 tartarughe" del Wwf Italia con due obiettivi: monitorare le aree di deposizione di Caretta caretta (la comune tartaruga marina) sulle coste italiane e sensibilizzare gli operatori del mare, pescatori in particolare, sulla salvaguardia di questa specie. L'Area marina di Miramare durante la settimana denominata "Turtle Week" promuoverà tre eventi all'interno della campagna del Wwf: il primo il 17 giugno a Grado in collaborazione con la locale Cooperativa pescatori, il secondo e il terzo rivolto a tutti i fruitori del mare nel porticciolo di Grignano il 18 giugno, e ancora a Porto San Rocco a Muggia il 24 giugno.
 

 

Bambini e famiglie celebrano la natura nell'«Orto del sole» - MANIFESTAZIONE »L'11 E 12 GIUGNO A BAGNOLI DELLA ROSANDRA
 

Un terreno curato e coltivato in comune da più famiglie è diventato occasione per far conoscere i ritmi della terra ai più piccoli e riscoprire i prodotti naturali
Torna "Terrafest", giunta alla sua seconda edizione, una festa transfrontaliera all'aria aperta, sabato 11 e domenica 12 giugno, nell'Orto del Sole a Bagnoli della Rosandra, nelle campagne del monte Celo, in un terreno dove molte persone nell'arco di tutto l'anno si alternano per coltivare rispettando i ritmi della natura, dove ogni pianta è "adottata" dai bambini e dove il raccolto viene diviso tra tutti. L'iniziativa è curata dall'associazione "The circle". La manifestazione, secondo i promotori, si ispira alla tradizione orale, alla trasmissione nel tempo della memoria, di eventi sociali o storici, di usanze, di valori, di credenze e pratiche condivise, di costumi, di superstizioni e leggende, che ogni generazione, dopo aver appreso, conservato, modificato dalla precedente, trasmette a quelle successive. «La festa lo scorso anno è stata ricca di occasioni di condivisione - spiegano gli organizzatori - sono nati rapporti con gli altri contadini della zona che hanno offerto la loro collaborazione e i loro prodotti. Abbiamo conosciuto alcuni piccoli produttori di oltre confine: apicoltori, caseari, frutticoltori, panificatori. Si sono create nuove amicizie. Queste osservazioni ci spingono a riproporre "Terrafest" come un incontro semplice e un divertimento aperto a tutti coloro che vogliono conoscerci e trascorrere momenti in serenità all'aria aperta. Una festa per i piccoli ma che incuriosirà gli adulti. Saranno proposte varie attività per bambini e adolescenti, che potranno cimentarsi nei laboratori a tema, liberi di usare la loro fantasia e creatività. Una festa per godere della natura, conoscere la storia di questa iniziativa, scambiare esperienze, partecipare attivamente ad alcune attività dell'orto, passeggiare nelle campagne alla riscoperta di cibi genuini e artigianato locale, conoscere gli animali della fattoria». Nell'occasione sarà possibile dedicarsi anche all'arte con la natura, grazie a "Ecoscuola". Inoltre, esperienze di aromaterapia o ancora per approfondire la conoscenza delle piante selvatiche commestibili. Quest'anno collaborano alla manifestazione anche i proprietari delle campagne circostanti, portando la loro esperienza e illustrando ai visitatori il loro lavoro. Lo scorso anno a Terrafest hanno preso parte persone giunte a Trieste da tutta la regione e dalla vicina Slovenia. Per informazioni sull'attività del sodalizio e su quelle relative a "Terrafest" è possibile contattare la mail ortodelsole@gmail.com. Le prenotazioni per aderire ai laboratori vanno effettuate al numero 3383167909. L'associazione è nata dalla volontà di un gruppo di mamme di far riscoprire la natura soprattutto ai più piccoli, grazie al contatto con le piante e con la terra, occupandosi di una zona che nel tempo è diventata un punto di riferimento per tutte le persone che vogliono riassaporare i profumi e le caratteristiche della vita contadina, riuscendo però a conciliare l'attività lavorativa e gli altri impegni proprio grazie a un impegno di gruppo, che permette di far crescere l'orto anno dopo anno.

Micol Brusaferro
 

 

Ferrovie, l'Europa vuole competitività - L'INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
 

Rifiutarsi di commercializzare l'offerta degli stranieri è quanto di più autolesionistico per un'impresa orientata al mercato
La risposta dell'ufficio stampa Fvg delle ferrovie italiane è la chiara certificazione della avvenuta soluzione finale del servizio commerciale del gruppo FS. Un'impresa di trasporto di rilievo internazionale, che non sa distinguere tra attività di informazione, di vendita e di controllo, dimostra nel modo più evidente di essere uscita dal mondo della mobilità e della logistica. Tutte le compagnie aeree hanno mutuato dalle ferrovie l'impostazione commerciale di esercitare in proprio il controllo e di affidare l'informazione e la vendita alla rete diretta (biglietterie) e a quella indiretta (agenzie di viaggio). Rifiutarsi di commercializzare l'offerta di un'altra ferrovia è quanto di più autolesionistico si possa ipotizzare per un'impresa orientata al mercato e che voglia offrire alla propria clientela quanto non è in grado di organizzare in proprio. Trenitalia purtroppo si è incaricata di rendere reale l'aberrante ipotesi, anche e soprattutto sotto l'aspetto di una sana gestione di un'attività commerciale. Rfi ha invece l'obbligo di informare nel modo più completo sui servizi forniti da tutti gli operatori nell'impianto, perché la sua missione è quella di garantire la competitività della modalità ferroviaria su tutta la rete, non privilegiando un'unica impresa. L'obbligo è sancito dalle direttive comunitarie che impongono la netta separazione ed indipendenza delle attività di controllo dalla gestione dell'infrastruttura e dalla commercializzazione del servizio, al fine di garantire la liberalizzazione ferroviaria a livello europeo. L'obbligo è imposto anche e soprattutto dall'esigenza di realizzare il passaggio dal coordinamento all'integrazione delle reti continentali, servite dai grandi corridoi europei, con una visione dei traffici non solo nazionali. La «Riforma Bassanini» invece non ha alcuna rilevanza rispetto alla politica commerciale di Trenitalia perché si limita a definire le regole del trasporto pubblico locale tra Stato, Regione e Gruppo FS, mentre il contratto di trasporto definisce i rapporti tra cliente e singola impresa di trasporto, che deve essere distinta dal gruppo, cosa che non avviene in Italia per cui il nostro Paese è stato deferito alla Corte di giustizia per infrazione alle norme comunitarie sui trasporti. Quindi le esigenze contabili possono essere agevolmente soddisfatte, con i progressi della telematica, mantenendo il contratto di trasporto unico, lontana acquisizione della ferrovia per la fornitura di un servizio intermodale, con il coinvolgimento di tutti i vettori interessati. La regressione culturale non trova alcuna giustificazione. In definitiva la risposta del gruppo FS, lungi dal poter correggere inesattezze, è la più evidente dimostrazione che la preoccupante deriva dell'assetto ferroviario italiano è il frutto di una gestione verticistica, in aperto contrasto con la normativa comunitaria, che non riesce a far rispettare le distinte missioni delle singole società. Trenitalia, a Trieste come a Roma, non ha un proprio ufficio stampa: le risposte vengono sempre e solo dal Gruppo FS.
 

 

SEGNALAZIONI - Trasporti - Cos'è l'alta velocità

 

Da un poco di tempo compaiono sul Piccolo lettere di vario genere riguardo l'Alta velocità e le gallerie sul Carso. Vediamo di chiarire alcuni punti. Si parla sempre di alta velocità/alta capacità come se fossero la stessa cosa. Illy in particolare contribuì enormemente a fomentare questo equivoco. Non è che adesso vada meglio: Tondo e Riccardi e di treni non se ne intendono. Alta velocità significa una linea speciale con caratteristiche esclusive percorsa da treni passeggeri speciali con esclusione di tutti gli altri. Per essere redditizia occorrono poche fermate (es. Mestre-Trieste non stop), e almeno un treno pieno ogni ora. Tutto cose che Trieste non può garantire. In passato vi erano delle elettromotrici rapide che partivano da Roma in lunghi convogli vorso varie direzioni, che si separavano lungo il percorso. Così a Trieste e Udine arrivano due o tre elettromotrici, quello che bastava, e che senza le fermate a San Donà, Portogruaro, Latisana, Cervignano e Monfalcone avrebbero reso la corsa su Trieste improduttiva. Oggi i nuovi Eurostar sono, anche per la scelta delle ferrovie di abolire personale per le manovre, a composizione bloccata di 15 vetture. Mandarne uno a Trieste o Udine vuol dire il treno pieno fino Mestre, e poi dodici-tredici vetture vuote fino all'arrivo. Illogico e improponibile. Alta capacità significa una linea, preferibilmente ma non indispensabilmente a doppio binario, che munita degli opportuni apparati tecnologici di sicurezza e blocco contenga un notevole numero di treni, a velocità simili per evitare conflitti di circolazione. La velocità normale di un treno merci è 80 km/h; con carri più sofisticati 100 km/h. In casi particolari solo per certi tipi di carri può salire a 120. Di più non si può, la merce dovrebbe essere assicurata con troppi sostegni, e ciò ne renderebbe antieconomica la spedizione. In tutto il mondo i merci vanno fra 80 e 100 km/h. Merci a 200 o 300 esistono solo nella testa dei politici e di qualche giornalista che li segue. La linea Mestre-Monfalcone permette - salvo la "S" del ponte di Latisana, che è a 80 - velocità di 150 km/h a causa della linea aerea, cambiandola la velocità potrebbe salire. Le linee carsiche vanno da 80 a 100, linee ideali costruite bene, e non obsolete, come temerariamente affermano i soliti politici con giornalista al seguito. Ghega per la Meridionale e Wuriel per la Transalpina erano costruttori eccezionalmente dotati, le loro linee all'epoca erano d'avanguardia. E rimangono ultravalide ancora oggi. Una linea ad alta velocità qui avrebbe senso solo se funzionale a collegare Europa occidentale ed Europa orientale, quindi (e non parliamo qui dell'assurdo itinerario "balneare" proposto dal Veneto) come l'autostrada salire sul Carso a Opicina in superficie. Da Opicina i collegamenti con Trieste sarebbero garantiti dalle linee esistenti, per quei pochi viaggiatori da e per Trieste. Alla Slovenia l'Alta velocità interessa assai poco. Avvedutamente realizzerà una linea nuova di potenziamento di quella per Capodistria e da Divaccia in poi continuerà ad usare la sempre valida linea di Ghega. Ma discorso Slovenia a parte, che senso ha questo corridoio cinque quando attualmente non è possibile andare in treno da Trieste a Sezana? E pare che nessuno se ne lamenti, e che nessun politico ci faccia caso. Questi "tuboni" carsici sembrano sempre più - anche perché molto costosi da realizzare - venire progettati perché si potrà specularci su. Trieste deve rendersi conto che è una città artificiale creata per essere il porto del centroeuropa. Questa esigenza è venuta meno con i fatti storici, ed oggi è una città morta di provincia estrema, che può vivere solo di ricordi e rimpianti. Ha tutto quello che le serve, linee ferroviarie comprese, ma non se ne accorge, o non vuole accorgersene. Paolo Rumiz nei suoi articoli ha giustamente denunciato certi politici. Ma questi politici sono lì perché i triestini li votano. Quindi c'è assai poco da reclamare. Vicino a Trieste sorge la nuova Trieste, Capodistria, trasformata da semplice paesotto a grande porto internazionale, così come avvenne con Trieste nel 1700; quello è il futuro, la nuova città viva contrapposta alla vecchia città morta; che la Slovenia fa bene, perché gli affari sono affari, a potenziare sempre più. Volendo fare un commento su tutta questa storia dell'Alta velocità triestina, su di un giornale sindacale ferroviario tempo fa è apparsa una vignetta, riferita ad altra località, ma perfetta per Trieste: a quel signore che dice "miglioriamo la linea vecchia, si fa prima e si risparmia" un truce politico risponde "Bravo, così noi politici tutto il giorno a grattarsi le palle". La storia è tutta qui: per un politico salire su un palco e chiedere mastodontici progetti di alte velocità fa guadagnare voti, chiedere miglioramenti di quello che c'è non lo fa. Ma per questo giochetto si rischia di stravolgere il Carso.

Paolo Petronio

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 28 maggio 2011

 

 

Antonione: chiudere la Ferriera. Cosolini: l'area va trasformata
 

La Ferriera? «Va chiusa prima possibile. È un'emergenza sanitaria non più tollerabile e non si possono fare ricatti occupazionali». Il giudizio di Roberto Antonione, candidato a sindaco del centrodestra, è perentorio. Dopo aver incontrato gli elettori di Servola e i soci del Circolo Miani giovedì sera, sembra non avere alcun dubbio sul futuro della Ferriera. Uno scenario tracciato nel faccia a faccia con il candidato del centrosinistra Roberto Cosolini, organizzato dalla sede regionale della Rai e moderato dal caporedattore Giovanni Marzini. Parla di un'azione forte, Antonione, perché «alla comunità costa di più la spesa sanitaria per sostenere le persone malate». Cosolini indica altre soluzioni: «Le attività della Ferriera vanno chiuse. Ma con un accordo di programma: con risorse pubbliche e di privati la si può trasformare in un polo energetico basato su economie verdi e non impattanti». Per Cosolini l'emergenza lavoro si risolve con una «politica forte di rilancio dell'economia e delle imprese» con il porto al centro delle attività future della città, compreso Porto vecchio. In sintonia sul questo versante anche Antonione. Del resto durante i 40 minuti di match (e altrettanti per le trasmissioni in lingua slovena) le ricette per il futuro di Trieste di entrambi i candidati sono preparate con gli stessi ingredienti: concordano sull'internazionalizzazione di Trieste, l'introduzione di forme di energia rinnovabili, no al rigassificatore, sì al turismo culturale. E sul Milan supporter della Triestina? Cosolini riconosce il buon intento: «È importante salvaguardare lo sport professionistico. Ma ho qualche perplessità sulle promesse elettorali di Berlusconi...», precisa. Promesse che non sarebbero campagna elettorale, secondo Antonione, «ma una risposta a tifosi preoccupati. Se Cosolini vuole farla apparire così è come dire al Milan: restate a casa».

(i.gh.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 27 maggio 2011

 

 

Napolitano - Via libera al Dl Omnibus
 

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, non avendo riscontrato motivi di incostituzionalità, ha promulgato ieri pomeriggio la legge di conversione del Dl Omnibus che impone lo stop alle centrali nucleari, contiene l'aumento delle tasse sulla benzina per finanziare la Cultura, definisce il nuovo ruolo per la Cassa Depositi e Prestiti per difendere le aziende italiane dalle scalate straniere, prevede risorse per Pompei, proroga il divieto dell'incrocio tra tv e giornali. Quanto agli effetti che la nuova normativa potrà avere sullo svolgimento del referendum sul nucleare dal Quirinale si fa osservare che la valutazione spetta alla Corte di Cassazione, in base ad una sentenza, la n.68 del 1978 che fissa la procedura. Spetta all'ufficio centrale elettorale presso la Corte di Cassazione valutare se sia possibile o meno il trasferimento degli effetti delle nuove norme sui quesiti referendari. «Napolitano non poteva fare altrimenti», ammette Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori.
 

 

«Elettrodotto? Interrare i cavi è l'unica soluzione»
 

Convegno a Opicina dell'Associazione agricoltori del Comitato dei cittadini I tecnici bocciano il progetto Terna: «Costruiscono tralicci come 50 anni fa»
Nel 2006 la denuncia delle Comunelle
Il progetto della Terna si riferisce al potenziamento dell'elettrodotto che parte da Monfalcone, percorrendo un primo tratto con interramento della linea, per poi proseguire attraverso il territorio carsico, via aerea fino a Padriciano. Fin dall'inizio, la Comunanza segnalava con preoccupazione poca informazione da parte della società. Nel primo incontro a Visogliano, nel 2006 le comunelle denunciano il mancato coinvolgimento delle comunioni familiari nelle scelte progettuali (come previsto dalla legge 97/94). Il 24 novembre 2011,
OPICINA Per non essere cittadini passivi bisogna conoscere, informarsi. È questo che cercano di fare quelli che, con tutta la loro forza, si stanno opponendo al progetto di potenziamento dell'elettrodotto nel carso da parte della società Terna. Con il ricorso straordinario al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al Ministero dell'ambiente, l'Agrarna Skupnost e l'associazione dei privati, non hanno concluso le loro azioni. Continua il movimento e la circolazione di opinioni e idee. Ieri sera, alla Casa del popolo di Opicina, si sono alternati tre professionisti. L'architetto Roberto Pirzio Biroli, vicepresidente del Comitato paritetico ministeriale per l'architettura e il paesaggio rurale, ha spiegato alla vasta platea la sua idea di valorizzazione del paesaggio e delle risorse idro-geomorfologiche. Il dottor Boris Udovic ha discusso di nuove tecnologie nell'ambito del trasporto dell'energia elettrica e in conclusione, Tibaldi Aldevis, del comitato per la vita del Friuli rurale, si è soffermato sul problema della Tav. «Undici anni fa mi trovavo qui, a Trieste, perché la giunta Illy era decisa a sviluppare un piano regolatore sulle risorse naturalistiche del Carso - afferma Pirzio Biroli - ebbene, da quel piano il progetto di potenziamento della Terna non si potrebbe fare». Il nostro "oro", definito da Pirzio Biroli, è tutto il territorio della regione e in particolare quello carsico, fatto da vigneti, querce, boschi monoplani ma anche fauna: «Interrare i cavi costa cinque volte di più? Ben venga, quello è il costo per la salvaguardia del paesaggio». Non sembra, per altro, stare troppo in piedi la scusante dei costi eccessivi, come spiega il professore «la manutenzione dell'impianto sotterraneo costa cinquanta volte di meno che di quello aereo» e va considerata anche la dispersione «le perdite dei cavi elettrici si attestano a un 20%, il problema cesserebbe passando sottoterra con super conduttori, ci sarebbe di gran lunga un risparmio economico». Il cittadino, per Pirzio Biroli, viene espropriato della capacità di capire a causa di progetti vuoti, approssimativi e grossolani. Aumenta la passività italiana rispetto allo scempio urbanistico che subisce. «Noi costruiamo ancora i tralicci come cinquanta anni fa - commenta Udovic - in Francia, invece, si progettano sommergibili per condurre energia e in America si costruiscono strutture sotterranee con conduttori in ceramica». Oltre al danno ambientale, si aggiunge quello sulla salute per via della dispersione di ozono "uno dei tossici più inquinanti, che procura gravi irritazioni a vie respiratorie e agli occhi». Per Aldevi, che da più di quattro anni, con il comitato, combatte lo strapotere della Terna a suon di denunce (le ultime per pubblicità ingannevole e abuso di potere dominante) il problema è politico: «La società in pochi anni è diventata padrona dei nostri destini, gestisce energia, la vende e costruisce centrali, la nostra bolletta sale e i loro guadagni aumentano». Il problema che unisce l'elettrodotto e la Tav «è lo sbilanciamento di dialogo tra la parte civile e il proponente che impone i suoi progetti dall'alto».
Cristina Polselli

 

 

Ogs, biodiesel prodotto da alghe per l'Argentina
 

Iginio Marson, presidente dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale-Ogs, ha da poco firmato un accordo quadro di cooperazione scientifica con l'Università tecnologica nazionale (Utn) di Mar del Plata (Argentina), per la produzione efficiente di biodiesel da alghe marine. L'accordo è stato siglato nell'ambito della visita in Argentina di una delegazione italiana guidata dal ministro degli Esteri Franco Frattini, che ha incontrato il ministro degli Esteri argentino Hector Timerman al fine di riattivare la Commissione mista economica bilaterale. Il progetto di collaborazione tra Ogs e Utn prevede la ripartizione degli ambiti di ricerca sulla base delle rispettive competenze. All'Ogs spetterà il compito di selezionare ceppi di microalghe particolarmente adatti alla produzione del biodiesel. Oltre a ciò i ricercatori di Trieste dovranno testare diversi protocolli sperimentali per individuare le condizioni di temperatura e luminosità più adatte alla proliferazione delle alghe, studiando anche un terreno di coltura ottimale in cui questi organismi possano produrre quantità consistenti di acidi grassi da cui ricavare il biodiesel. In seconda battuta i chimici del laboratorio triestino svolgeranno le analisi necessarie per individuare tipologie e quantità specifiche di ciascun acido grasso prodotto dalle alghe. Ai colleghi argentini, invece, toccherà il compito di sviluppare una tecnologia per la produzione massiva (scaling-up) dei ceppi di alghe individuati in Italia, oltre alla sperimentazione di terreni di coltura alternativi, come l'utilizzo di residui cloacali, che permetterebbe di ridurre i costi di laboratorio riutilizzando prodotti di scarto ovviamente molto abbondanti e di facile reperibilità. Il biodiesel è un combustibile liquido, trasparente e di colore ambrato, che si può ottenere da oli vegetali (colza o soia) alghe e grassi animali. Tra i vantaggi che comporta il suo uso: biodegradabilità, buona resa energetica e buone prestazioni nei veicoli e negli impianti di riscaldamento. Inoltre, la coltivazione delle alghe non compete con la produzione di varietà vegetali a uso alimentare, e secondo alcune stime la resa possibile si aggirerebbe tra i 1000 e i 20.000 litri di biocarburante per ettaro.
 

 

LABORATORI A BIOEST
 

Il Gruppo Immagine organizza alcuni laboratori, al Mini-Mu, museo dei bambini del parco di San Giovanni e nel roseto di via Bottacin, domani e domenica in occasione di Bioest, la rassegna dedicata alle produzioni biologiche e alle associazioni di volontariato attive in questo campo. I laboratori sono liberi e offerti al pubblico di giovani ed adulti che prenderà parte alla rassegna. Domani, dalle 15, e domenica dalle 10, "Totem in fiore", sperimentazione di tecniche miste per installazioni collettive; domenica, dalle 16, "labparty". Info: tel. 040-9899222, 349-7868180.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 maggio 2011

 

 

BIOEST - Nel weekend tutto biologico vetrina di settanta produttori - FIERA »SABATO E DOMENICA NEL PARCO DI SAN GIOVANNI
 

Alimenti naturali, ma anche incontri, laboratori per bambini, musica e teatro La mattina si inizia con meditazione, yoga, Tai-Chi e riequilibrio energetico
Un fine settimana ricco d'incontri a tema, musica, dibattiti, laboratori per bambini, mostre d'arte, teatro, ma anche mini corsi di meditazione, yoga e Thai Chi. È quanto promette la 18° edizione di "Bioest", la fiera del biologico e naturale, promossa dall'omonima associazione con il sostegno della Provincia di Trieste, che si terrà sabato e domenica nel Parco di San Giovanni. Una fiera dedicata ai prodotti biologici e naturali, ma soprattutto un'occasione d'incontro per tutta la famiglia, per promuovere la cultura dell'ambiente in tutte le sue molteplici sfumature, resa ancor più gradevole dalla felice cornice verde della location, quanto mai azzeccata per ospitare il mercatino dei produttori bio - quest'anno circa 70, con numerose new entry dalla vicina Slovenia - le circa 50 associazioni di volontariato e ambientaliste del territorio, e le botteghe del commercio equo solidale. Tema centrale dell'edizione 2011 che apre i battenti sabato mattina alle 10 - come spiegano gli organizzatori di Bioest - i "Beni comuni: uno sviluppo sostenibile", argomento al centro della tavola rotonda sia del pomeriggio alle 17.30 dal titolo "Per la tutela dei beni comuni", sia del giorno seguente, con lo stesso orario, dell'incontro con il giornalista Paolo Cacciari, cui interverranno il filosofo Emiliano Bazzanella, il docente Federico Creazzo e l'operatore culturale Edoardo Kanzian. «Certo Bioest è un'occasione per conoscere e acquistare i prodotti biologici - ci tiene a sottolineare la presidente del sodalizio Nevia Monaco - ma è soprattutto un'agorà aperta alle famiglie e alle associazioni per riflettere sul tema del naturale, e approfondire i concetti legati al consumo sostenibile". Ai bambini, invece, sarà dedicato il laboratorio "Coloriamo l'Antartico" (sabato alle 14.30), la "Caccia al tesoro" con la compagnia La Fa Bù (alle 18), e l'animazione la domenica alle 17 a cura dell'Associazione Zuf. Non solo dibattiti e conferenze: sabato alle 16.30, l'associazione Eoh San proporrà un laboratorio di danza psico-corporea, mentre alle 17 sarà la volta delle sonorità irlandesi dei Drunken Sailors, seguite dall'esibizione di danze tradizionali africane con le Officine Artistiche. Conclude la prima giornata il Teatro Nomade con la piéce "Il buio dell'animo". Per iniziare con il piede giusto la domenica, a partire dalle 10, (ma gli appuntamenti si snodano fino al pomeriggio), corsi di meditazione, yoga, Tai-Chi e tecniche di riequilibrio energetico sul prato. Tornando agli incontri tematici, la Rete di Economia Solidale Fvg, proporrà alle 15.30 il forum "Iniziative verso la III Conferenza Internazionale della Decrescita", seguito dal dibattito (15.30) "Materiali naturali: la concia al vegetale", e dalla conferenza dei Gas (16) "Un altro modo di fare la spesa". La carica energetica dei "Mamaya" (alle 11.30) con le percussioni tradizionali africane, lo spettacolo musicale "Una rosa per Rudolf" di Adriano Doronzo (alle 17), e il sound alle 19.30 del "Alfaomega Jazz Duo", faranno da colonna sonora alla domenica targata bio. Per informazioni www.bioest.org.
Patrizia Piccione

 

 

E domenica si presentano i gruppi "Gas", acquisti solidali - SPESA "VERDE"
 

Contribuire a cambiare il mondo... partendo dalla tavola. E acquistando non solo cibo biologico, ma anche detersivi, scarpe, pannelli solari. I Gruppi di Acquisto Solidale, Gas, non servono soltanto a sostenere i piccoli produttori locali e, comprando in grandi quantità insieme ad altre famiglie ad abbattere i costi della spesa "bio", ma si trasformano anche in un'occasione di aggregazione, per vivere in concreto un consumo più consapevole e una mentalità critica nei confronti del mercato. L'intenzione di base è evitare i prodotti industriali e standardizzati e stabilire una relazione diretta, costante, amichevole con i produttori, possibilmente a chilometri zero o in regione, permettendo così alle piccole aziende di lavorare dignitosamente. I "Gas" triestini ne parleranno domenica alle 16 a "Bioest" nel parco di San Giovanni nella conferenza "Un altro modo per fare la spesa". Quella di unire energie e intenti nei Gas è un'abitudine da anni sempre più diffusa all'estero e in varie città italiane che Trieste ha conosciuto di recente, ma che, come spiega Gabriella Fabbro, moderatrice del Gruppo "Le 5 R" (www.nytecomputer.com/GAS) assieme alla "consigliera ufficiale" Doriana Bartoli, «è in forte crescita, perché accanto allo "storico" "Altratrieste" (www.altratrieste.org) attivo già da una decina di anni e che si occupa anche di formazione, tra il 2010 e il 2011 sono nati ben quattro nuovi gruppi, in diverse zone della città. Hanno storie diverse, ma hanno tutti uno spirito e un fine comune». «Sono di Udine - racconta Fabbro - dove ci sono ben 33 Gas e a Trieste, dove vivo, ho lanciato l'idea del mio gruppo attraverso facebook. Al momento siamo già una ventina di famiglie, che non si conoscevano prima e che per la maggior parte, casualmente, sono originarie di altre città. Di solito ci riuniamo in viale XX Settembre. Poi ci sono il gruppo di Borgo San Sergio, che si appoggia al Portierato Sociale di via Grego (gasborgosansergio@hotmail.it e su facebook) e "Impronta Muggia", collegato all'omonima associazione (www.improntamuggia.it). A San Giovanni c'è invece un gruppo informale, nato tra amiche di vecchia data, che si definisce un'Ass cioè "amiche solidali nella spesa"». Chiunque, oltre a unirsi a un Gas, può crearne uno, facendo riferimento a quelli già esistenti anche per capirne bene il funzionamento e sapere con quali produttori interfacciarsi. «Molti gasisti hanno figli piccoli - conclude Fabbro - e ciò significa che quando si diventa genitori si comincia a interessarsi al "naturale", "biologico", "sano". Mangiando "bio" riscopri il sapore dei prodotti non trattati e di stagione e spesso arricchisci la tua dieta. Ma si scambiano anche idee e ricette». L'elenco completo dei Gas si trova all'indirizzo www.retegas.org.

Annalisa Perini

 

 

SEGNALAZIONI - Gas Natural e i diritti umani - REPLICA

 

In relazione ad affermazioni riferite in articoli apparsi su «Il Piccolo», Gas Natural Fenosa smentisce di essere mai stata condannata per violazioni di diritti umani. É vero esattamente il contrario. La multinazionale, in linea con i suoi radicati principi di responsabilità sociale, sviluppa in tutti i 25 Paesi del mondo in cui è impegnata una riconosciuta azione di promozione dei diritti umani, che è sancita anche in un documento ufficiale dello scorso 3 marzo. L'appoggio alle edizioni 2010 e 2011 del Premio Luchetta, dedicato ai reportage sulle violenze prodotte dalle guerre e di cui sono prime vittime i bambini, conferma che la sensibilità verso il tema delleviolazioni dei diritti umani si traduce in azioni concrete, le quali vedono protagonista lo stesso territorio triestino e l'esempio di civiltà che esso rappresenta. Ufficio stampa Gas Natural

 

 

SEGNALAZIONI - Odori della Siot - RESIDENTI

 

Riguardo alla segnalazione della gentile dott.ssa Andres pubblicata il 18 maggio in questa pagina vorremo fare alcune precisazioni. Che le esalazioni non siano dannose alla salute è tutto da dimostrare. Riguardo le esalazioni odorigene che stanno aumentando in questi ultimi anni (causa il greggio caucasico contenente più zolfo), non è che mitigando gli odori nauseabondi con sostanze particolari come proposto della Siot si possa risolvere la questione. È tuttavia certo che l'aria non è salubre, ma soprattutto condannati a vivere nell'impatto psicologico costante e frustrante che la situazione produce, già questo significa malattia! Da nativi o residenti in prossimità del parco serbatoi si chiede non alla Siot, ma alle autorità preposte di poter vivere in modo dignitoso nel nostro luogo di residenza. Le parole "oleodotto" e "puzza" sembrano respinte da un muro di gomma da parte dell'amministrazione comunale. La società Siot sta guardando i suoi interessi come logico, ma la Costituzione e le leggi devono tutelare la salute dei cittadini così da venir applicate dalle Istituzioni preposte, sempre: prima, durante e dopo le elezioni. Seguono 48 firme

 

 

SEGNALAZIONI - miramare / 1 Guardare al Messico

 

Far pagare l'entrata a Miramar, sembra una nuova tassa per noi triestini, per aiutare a chiudere gli infiniti debiti dei nostri ministeri romani, che non risolverà il degrado delle fondamenta del Castello di Miramar è la pioggia che saluta i visitatori pure dentro le sale del museo. Vediamo come si regola l'amministrazione di un altro Castello che si trova nel bosco urbano più grande dell'America Latina (686.01 ha). Il bosco di "Chapultepec" che vidi i fasti di Moctezuma, l'avidità del conquistatore Hernán Cortez, il genio di Alessandro Von Humboldt. Nel bosco di Chapultepec si sono svolte le ultime battaglie dei "bambini eroi" contro i marines degli Usa nel 1847. In questo bosco urbano si trova "Il Castello di Chapultepec", che in ricordo del suo Miramar l' Arciduca Max e l'imperatrice Carlotta chiamarono Miralvalle. Nell'ammodernamento del Castello, residenza della coppia imperiale, lavorarono architetti austriaci, francesi, belgi e messicani come Julius Hofmann, E. Suban, Karl Kaiser, Karl Schaffer, Eleuterio Méndez e Ramón Rodríguez Arangoity. Il giardino aereo progetto del botanico Wilhelm Knechtel, austriaco d'origine, fu possibile soprattutto per la mano di Max. Orbene: l'entrata al bosco dove hanno luogo molte attività ed eventi culturali è gratuita. La visita al Castello di Chapultepec o "Museo Nacional de Historia", nel bosco di Chapultepec a Città del Messico è gratuita per tutti, la domenica. Negli altri giorni la visita è gratuita per i minori di 13 anni, per i cittadini di oltre 60 anni, per i pensionati, per i minusvalidi, per gli insegnanti e per gli studenti con documento d'identità. Per chi non si trova in queste categorie, il biglietto d'entrata al Museo Nacional de Historia è di 51 pesos. (ca. 3 euro). A pagamento si può prendere un trenino, come al Castello di Schönbrun a Vienna, per visitare le diverse manifestazioni che hanno luogo in questo immenso bosco urbano. Il museo merita una visita e si presenta in buon ordine.

Óscar García Murga

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 25 maggio 2011

 

 

RIGASSIFICATORI - "Molti vantaggi e pochi rischi ma il posto va scelto bene"
 

Antonio Peretto, docente di ingegneria a Bologna e consulente Ue, spiega perché l'Italia ha bisogno di costruire gli impianti per importare metano allo stato liquido: "Fondamentali per non soffrire nei periodi di crisi, finora nessun incidente grave"
BOLOGNA - Che cosa sono i rigassificatori? Perché L'Italia ha deciso di investire su questi impianti? Ci sono rischi per l'ambiente? Lo abbiamo chiesto al professore Antonio Peretto, docente della facoltà di Ingegneria dell'Università di Bologna, consulente della Commissione europea per sistemi di produzione dell'energia termica ed elettrica ad elevato rendimento e per l'abbattimento delle emissioni inquinanti.
Professore, che cosa è un rigassificatore?
"All'origine abbiamo del gas, che per essere trasportato avrebbe bisogno di volumi giganteschi. Viene quindi liquefatto nel sito di estrazione con un considerevole consumo di energia. E' necessario un sistema di raffreddamento che abbassi la temperatura ad almeno 160 gradi sotto lo zero. Una volta liquefatto il gas è trasportato, via nave, verso quelle nazioni che lo richiedono. Per renderlo disponibile alle utenze lo si riporta allo stato gassoso attraverso un impianto che rialza la temperatura al livello dell'ambiente e quindi scarica il freddo prima utilizzato".
Ci sono rischi per la sicurezza?
"Di per sé no, ma è ovvio che esistono rischi legati allo stoccaggio di grossi quantitativi di combustibile".
Di che tipo?
"Incidenti come esplosioni, nel caso il sistema andasse in pressione, o incendi".
Si sono mai verificati?
"In letteratura non ci sono casi di incidenti significativi per cui, anche
se potenzialmente i rischi non possono essere esclusi, di fatto non esiste una casistica allarmante".
Quali sono gli aspetti positivi di un rigassificatore?
"L'indipendenza energetica. A differenza di un gasdotto che lega il paese acquirente a quello di produzione, questo sistema permette anche in scenari di crisi internazionale di evitare la sofferenza energetica. Non è un vantaggio secondario, anzi è un aspetto di vitale importanza".
Ci sono altri vantaggi?
"Tra carbone, petrolio e gas, quest'ultimo è quello con il minore impatto ambientale. Però sarebbe opportuno prevedere i rigassificatori in zone isolate".
Quindi non vicino a impianti industriali?
"Nella vicinanza potrebbe esserci un solo aspetto positivo: riutilizzare l'energia spesa a suo tempo per liquefare il gas. Semplificando, invece di disperdere il freddo nell'ambiente, destinarlo agli impianti che possono sfruttarlo".
In mare questo è possibile?
"No, il discorso cade".
Ma la vicinanza con una raffineria non crea problemi? Ad esempio in caso di incidente non si rischia un effetto domino?
"Sono fondamentali, nella valutazione sui rischi, la distanza e la logistica dei due impianti. Sia chiara una cosa però, tra una raffineria e un rigassificatore i problemi maggiori per l'ambiente sono legati alla raffineria".

STEFANIA PARMEGGIANI

 

 

PUNTO INFORMATICO - MERCOLEDI', 25 maggio 2011

 

 

Il fotovoltaico affamato di sole
 

L'Università del Missouri lavora ad un nuovo tipo di pannello fotovoltaico, molto più efficiente, che può arrivare a catturare il 90 per cento dello spettro della luce

Roma - Il Governo italiano è ancora indeciso sulla strada da intraprendere per quanto riguarda le energie alternative, ma nel resto del mondo la ricerca prosegue. I ricercatori dell' Università del Missouri hanno appena presentato un'evoluzione della tecnologia fotovoltaica che potrebbe riuscire a convertire in energia elettrica molta più "luce solare".
Gli impianti fotovoltaici attuali restano un ottimo sistema per ricavare energia da fonti rinnovabili, ma lavorano con una bassa efficienza e riescono a catturare soltanto il 20-30 per cento delle radiazioni "visibili" che giungono sulla Terra. Con questa nuova tecnologia, basata su particolari nano-antenne, si arriva invece ad un 90 per cento dello spettro coperto.
Come sottolinea il sito Dailytech, il pannello tratta luce e calore in maniera differente e raccoglie le radiazione solari su una più ampia gamma di frequenze, arrivando ad imprigionare anche quelle del medio infrarosso, che gli attuali pannelli si lasciano sfuggire.
Il comunicato non parla di rendimento e non specifica quanto di questo Sole imprigionato potrà essere effettivamente riutilizzato, ma i ricercatori americani si dichiarano ottimisti e prevedono di realizzare dei prototipi ad un costo relativamente basso, da piazzare sul mercato entro i prossimi cinque anni. Attualmente, il team sta chiedendo finanziamenti al Dipartimento dell'Energia USA e a investitori privati.
Roberto Pulito

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 maggio 2011

 

 

Iris energia sarà venduta a Eni e Acegas-Aps
 

Superati gli ostacoli, il primo giugno il passaggio delle consegne. In arrivo nelle casse dei Comuni dell'Isontino 73 milioni di euro. Amga ritira il ricorso al Tar
GORIZIA L'appuntamento è già fissato. «Nel primo pomeriggio di mercoledì 1 giugno», specifica il presidente di Iris Armando Querin che raggiungiamo telefonicamente in Cina. Sì, in quel giorno verranno apposte le firme in calce all'atto notarile con cui si concretizza la vendita del ramo-energia della multiservizi isontina alla nuova società creata da Eni (al 70%) e da Acegas-Aps (al 30%). Tutti gli ostacoli e gli intoppi sono stati superati. «Anche l'imprevisto costituito dal ricorso al Tar da parte di Amga non è più un problema. La multiutility friulana - spiega Querin - ha deciso, infatti, di ritirare tutto». Cosa cambierà per il cittadino? Poco o nulla. Cambierà sicuramente il nome della società che distribuisce il gas in tutta la provincia e l'energia elettrica nella sola Gorizia. Per il resto, non ci saranno rivoluzioni per il cittadino-utente. Cambiamenti (e anche consistenti) li registreranno i 25 Comuni isontini che vedranno le proprie casse riempirsi di quattrini. Tanti quattrini. In ballo, lo ricordiamo, ci sono 73 milioni di euro. E il solo Comune di Gorizia (che è il socio che detiene il maggior numero di quote societarie in Iris come si può evincere dal grafico) otterrà una cifra fra i 18 e i 20 milioni: autentico ossigeno per le municipalità. Contestualmente alla firma, la nuova società creata da Eni e Acegas-Aps diventerà «padrona» delle reti di distribuzioni e delle società di vendita. Insomma, sarà nelle condizioni di gestire direttamente la distribuzione del gas e dell'energia elettrica. Non altrettanto istantaneo sarà l'arrivo dei soldi alle casse municipali. «Passeranno almeno novanta giorni - spiega il presidente di Iris, Querin - per eventuali ricorsi di qualche creditori. Passato questo lasso di tempo, i Comuni soci incasseranno le somme parametrate sulle quote societarie che detengono in Iris». Insomma, a settembre, massimo ottobre dovrebbero arrivare i 73 milioni. Con l'operazione, Eni e Acegas-Aps acquisiscono, in una società di cui detengono rispettivamente il 70 e il 30% delle quote, l'attività di vendita di gas naturale ed energia elettrica con una base complessiva di circa 80mila clienti nella provincia di Gorizia. Iris distribuisce oggi l'energia elettrica in tutto il Comune di Gorizia attraverso una rete propria, parte della quale è stata acquisita nel 2003 da Enel a seguito di disposizioni normative che prevedevano un unico distributore nell'area comunale. Il fabbisogno energetico necessario al capoluogo isontino viene soddisfatto grazie ad una connessione in alta tensione e a diversi collegamenti in media tensione con la rete di Enel: la soluzione impiantistica realizzata garantisce un'ottima flessibilità di esercizio per entrambe le società. Soddisfatto, anzi soddisfattissimo l'assessore comunale goriziano Guido Germano Pettarin. È doppiamente interessato al tema visti i suoi referati al Bilancio e alle Società partecipate. «L'iter si è finalmente sbloccato e ciò non può che farmi piacere - commenta l'esponente della giunta Romoli - I Comuni, grazie a tale operazione, potranno avere a disposizione risorse importanti per il loro futuro. Non le scopriamo certamente oggi le difficoltà in cui si dibattono le municipalità». Anche la tempistica con cui dovrebbero essere accreditati i fondi soddisfa pienamente l'assessore comunale Pettarin. «Se quel termine (settembre, ndr) fosse rispettato sarebbe un'ottima notizia, anche considerando che ci sarebbe il tempo per introdurre tali fondi nel bilancio 2012. Non posso che esprimere grande soddisfazione per questo importante sviluppo».
Francesco Fain

 

 

Industria triestina "Esteta": l'acronimo che traccia il futuro - Il focus conclusivo dedicato alle infrastrutture
 

Esportatrice, tecnologica, dei talenti: uno studio analizza le opportunità da sfruttare per il rilancio del settore
Con l'analisi del settore industriale che pubblichiamo in questa pagina, si va completando il quadro, composito, dello studio relativo alle linee strategiche per lo sviluppo del territorio triestino,studio - lo ricordiamo - commissionato da Confindustria Trieste alla Fondazione Nord Est in partnership con Il Piccolo. Dopo l'intervista di partenza al presidente di Confindustria Trieste Sergio Razeto, il focus a firma di Silvia Oliva, la panoramica sul turismo a cura della Josep Ejarque Cosulting, l'approfondimento di ieri sul settore dei servizi redatto dai professori Enzo Rullani e Massimo Gardina, e la pagina odierna sull'industria che rappresenta a sua volta una sintesi dello studio specifico effettuato dall'osservatorio del Centro Studi Confindustria, nelle persone di Alessandro Gambini e Luca Paolazzi, resta in effetti un'ultima puntata da pubblicare su un altro comparto sensibile, molto sentito dalla comunità cittadina in termini di potenzialità di sviluppo: le infrastrutture. L'argomento è stato esaminato da Giacomo Borruso e Paolo Costa.
Come rilanciare un'industria che incide sul tessuto cittadino assai meno che nel resto del Nord Est? Per Alessandro Gambini e Luca Paolazzi - che dall'osservatorio del Centro Studi Confindustria nazionale hanno analizzato il caso-Trieste nell'ambito dell'indagine sul futuro di questo territorio commissionato proprio da Confindustria Trieste alla Fondazione Nord Est in partnership con Il Piccolo - una possibilità c'è. Ma non è una tra le tante. È anzi - il messaggio sottinteso è questo - l'unica possibilità. Perché fa leva su tre punti di forza che, guarda caso, ci ritroviamo in casa ma che, evidentemente, non siamo ancora riusciti a valorizzare: l'essere porta tra Mediterraneo ed Europa, l'ospitare una concentrazione di istituti di alta formazione e ricerca senza pari, il vantare una qualità della vita invidiabile, tale da attirare inteligenze, altro che farle scappare. TRE STRATEGIE, UNO SLOGAN In una Trieste dunque dove l'acqua portata al mulino dell'economia da parte del settore manifatturiero è fuori scala in senso negativo, dove lo stare sul confine non è da decantare solo come un'opportunità (leggi concorrenza straniera), dove il potenziamento delle infrastrutture è vittima di un incedere pachidermico, e dove le aree disponibili per nuovi insediamenti sono pochissime sia per la modesta estensione provinciale che per la lentezza burocratica e politica nelle bonifiche, per l'indagine targata Fondazione Nord-Est la ricetta è una combinazione di tre terapie, sintetizzata in un acronimo che sa di farmaco miracoloso: Es.Te.Ta.: «Trieste, un'industria Es.Te.Ta». Cioè «Esportatrice, Tecnologica, dei Talenti». LO STATO DI FATTO L'analisi parte dalla constatazione di come conti poco, l'industria, nella Trieste economica: «Il peso percentuale in termini di valore aggiunto è stato nel 2008 il più basso (10,3%) rispetto a quello di tutte le province concorrenti del Nord-Est e ha percorso negli ultimi 15 anni un trend decrescente (nel 1995 era pari al 15,2%)». Eppoi «la densità delle imprese attive (numero di imprese ogni mille residenti) era già largamente la più bassa (6,8% per quelle industriali) nel 1997 rispetto alla media regionale (11,6%), del Nord-Est (14,6%) e a quella nazionale (11,2%). Il ranking è confermato al termine del 2009 con un valore ulteriormente ridotto (6,2)». Come se ne esce? Con il metodo Es.Te.Ta., per l'appunto. LA VOCAZIONE A ESPORTARE La prima sigla è incoraggiata dal fatto che «limitando l'analisi al settore industriale, la propensione alle esportazioni (valore delle esportazioni di beni sul valore aggiunto) e il grado di apertura (valore delle esportazioni e delle importazioni di beni sul valore aggiunto) a Trieste presentavano già nel 1999 valori fra i più elevati (148,1 e 261,6, rispettivamente secondi solo a quelli di Gorizia e Verona) e nel periodo 1999-2008 hanno seguito un trend crescente». E «questo risultato è un forte indizio che l'industria triestina è maggiormente propensa a esportare o, per lo meno, ha un'elevata attitudine ad aggiungere fasi di lavorazione e riesportare prodotti precedentemente importati ed è comunque internazionalizzata». RICERCA E CERVELLI La sillaba «Te.» è giustificata a sua volta dalla presenza di «tre istituti di alta formazione (Mib, Sissa e Università) e 26 centri di ricerca di cui alcuni, come Area e Centro di fisica, riconosciuti come eccellenze a livello internazionale». Il che costituisce «un potenziale che va valorizzato nell'ottica di un più intenso trasferimento tecnologico verso l'industria. Tale trasferimento dovrebbe servire anzitutto a difendere le posizioni competitive acquisite dalle imprese leader. Allo stesso tempo dovrebbe rafforzare la competitività delle imprese di minori dimensioni favorendo il loro processo di transizione verso una struttura a più alto contenuto di valore aggiunto». E c'è poi la «Trieste dei Talenti»: la qualità della vita facilita «una politica per l'attrazione di talenti italiani e stranieri, necessari a rendere sempre più brain intensive la produzione manifatturiera nel nuovo paradigma di organizzazione economica e produttiva industriale basato sull'innovazione ad alto contenuto di conoscenza». BONIFICHE E PORTO VECCHIO D'altronde, «nella provincia di Trieste, che è già la più piccola d'Italia, la possibilità di insediamento di realtà industriali di tipo estensivo tradizionale è ridotta dalla indisponibilità di aree che dovrebbero essere state sottoposte a bonifica» ma «tale bonifica, così come la riconversione della Ferriera, è rallentata da questioni burocratiche e politiche. Perciò lo sviluppo futuro di Trieste non può che essere intensivo, basato maggiormente sul capitale umano intellettuale piuttosto che sul capitale fisico». A proposito di iter al ralenti: «L'ampliamento del porto, la piattaforma logistica, i corridoi di accesso ferroviario al porto e la linea ferroviaria ad Alta velocità emergono come problemi aperti la cui mancata soluzione penalizza lo sviluppo dell'area. Anche in questo caso la riqualificazione di Porto Vecchio da punto debole può traformarsi in potenzialità di crescita, date le sinergie fra il settore dei servizi che dovrebbero stabilirsi in quell'area e il settore della nautica e il comparto navale».
Piero Rauber

 

 

INDUSTRIA - Tre fattori-cardine su cui lavorare - Molte le criticità nello scenario attuale, ma Trieste ha delle carte da giocare
 

La provincia di Trieste presenta un peso relativo dell'industria rispetto ai servizi inferiore alla media delle aree concorrenti. La futura evoluzione deve tenere conto dei limiti allo sviluppo imposti dal territorio, sfruttarne i punti di forza e seguire lo scenario di cambiamento del settore manifatturiero, a livello nazionale ma anche a livello globale. Se studiamo il tessuto manifatturiero triestino dipingiamo un'industria in costante contrazione quantitativa. Questa realtà industriale si deve confrontare con un territorio che presenta potenzialità ma anche punti di debolezza e vincoli allo sviluppo. Fra i primi il ruolo di porta verso il Mediterraneo, la Mitteleuropa, e non solo, sostenuto a Trieste dall'infrastruttura portuale adatta al mercato delle esportazioni. La presenza sul territorio di un gran numero di centri di ricerca e istituti di alta formazione. Ma anche un tenore, una qualità della vita e una capacità di funzionamento della giustizia superiori alla media, condizioni capaci di attrarre capitale umano e finanziario. Fra i vincoli allo sviluppo la scarsa possibilità di insediamento industriale di tipo estensivo tradizionale per la presenza di aree che dovrebbero essere state sottoposte a bonifica già da tempo. Una scarsità di spazi che potrebbe essere alleviata dalla pronta riconversione della Ferriera di Servola, magari per ospitare la filiera dell'industria del freddo, nel caso dell'auspicabile approvazione del progetto rigassificatore. A Trieste le dotazioni infrastrutturali sono importanti ma con molti problemi aperti. La centralità della provincia nell'Alto Adriatico pone l'industria triestina in competizione non solo con le province del Nord Est, ma anche con le regioni dei paesi confinanti, su tutti la Slovenia. Ciò è tanto più vero considerando che ormai la competizione si sviluppa a livello globale. L'internazionalizzazione è divenuta una delle variabili chiave per lo sviluppo e il recupero di competitività delle imprese manifatturiere italiane. Assieme alla capacità di innovazione ad alto contenuto di conoscenza che permette di passare a una produzione sempre più brain intensive, capace di competere non sui bassi costi del lavoro ma sulla cifra innovativa e la qualità del prodotto. E insieme alla capacità di innovare non solo i prodotti ma anche il modo di fare impresa, e quindi all'apertura all'esterno in termini non solo di capacità manageriali ma anche di partnership con altre imprese. Alla capacità di mantenere alta la reputazione dell'azienda attraverso l'attenzione al marchio e alla qualità del prodotto. Alla capacità di soddisfare rapidamente le esigenze dei clienti. Alcune di queste variabili appartengono già al tessuto triestino e su di esse bisogna puntare. Lo scenario di sviluppo che proponiamo può essere sintetizzato con l'espressione industria Es.Te.Ta. Es. come industria Esportatrice: auspichiamo una maggiore internazionalizzazione delle imprese. Te. come industria Tecnologica: auspichiamo un necessario maggiore trasferimento tecnologico dall'importante sistema degli enti di ricerca al sistema delle imprese, sia quelle leader sia quelle più piccole. La capacità innovativa del distretto tecnologico triestino e la vocazione per la ricerca scientifica sono un potenziale che va valorizzato. Ta. come industria dei Talenti: auspichiamo un'attenzione particolare non solo alla formazione ma anche al mantenimento nel settore industriale del capitale umano intellettuale. In un'industria Es.Te.Ta. la piccola dimensione media dell'industria triestina è un ostacolo. L'organizzazione produttiva dei distretti industriali può costituire il modello di riferimento in un territorio ricco di imprese micro che possono ridurre i costi attraverso economie di agglomerazione. Non solo il distretto industriale potrebbe divenire il modello produttivo di riferimento, ma in generale l'aggregazione di imprese va ricercata. Anche le imprese di dimensioni medio-grandi devono muoversi sempre più verso un'industria di qualità. In sostanza, la crescita che suggeriamo non è verso un'industria di quantità, ma piuttosto di qualità, basata su tre fattori cardine che trovano terreno fertile a Trieste: l'internazionalizzazione, l'innovazione tecnologica e la formazione di capitale umano intellettuale. Seguendo un circolo virtuoso per cui a una maggiore apertura alle esportazioni corrisponde anche più ricerca e sviluppo nelle imprese per competere sull'innovazione nei mercati internazionali, e questa accresce la probabilità che i talenti formati in loco restino e alimentino lo sviluppo di un'industria Es.Te.Ta. di qualità. Un circolo virtuoso che necessita essere innescato da solleciti processi decisionali da parte delle amministrazioni territoriali su questioni da tempo aperte con importanti risvolti sul tessuto industriale.
Alessandro Gambini Luca Paolazzi*

*tratto da un testo

 

 

Da Bruxelles l'ok alla metropolitana leggera transfrontaliera tra Gorizia e Nova Gorica
 

GORIZIA «Queste dichiarazioni sono una sorta di investitura da parte dell'Ue per il progetto Adria-A e per la realizzazione della metropolitana leggera Gorizia-Nova Gorica». L'assessore goriziano Guido Germano Pettarin commenta con evidente soddisfazione le parole del direttore delle Reti transeuropee di trasporto, Alain Baron, secondo cui «tale progetto può assumere anche una dimensione esterna verso la parte più occidentale dell'area balcanica, considerata la ventilata prossima adesione della Croazia all'Unione europea, oltre che migliorare il trasporto di livello macroregionale e locale». Il progetto, dunque, prosegue e trova nuovi alleati. Sul piatto sette milioni di euro per uscire dall'isolamento ferroviario. Non è sicuramente un progetto di poco conto quello denominato Adria-A, che prevede il ripristino del collegamento passeggeri fra Gorizia e Nova Gorica. La questione non è tanto poter contare su tale tratta (fra le due città ci si può agevolmente muovere a piedi), quanto utilizzare il raccordo ferroviario di 8 km per mettere in relazione fra loro i servizi viaggiatori delle ferrovie italiana e slovena. In sostanza, alcuni dei treni composti da automotrici diesel e provenienti da Jesenice/Lubiana e da Sesana/Capodistria invece di terminare il proprio servizio a Nova Gorica proseguiranno fino a Gorizia: in questa maniera potranno essere realizzate delle coincidenze con i convogli di Trenitalia che percorrono la Trieste-Udine-Venezia. Tale progetto sarà portato avanti dal nuovoGruppo europeo di cooperazione territoriale (Gect).

(f.f.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 24 maggio 2011

 

 

Antonaz: Roma fa tacere i prof sul referendum - L'INTERROGAZIONE
 

TRIESTE «Il ministro Maroni va all'attacco dei referendum del 12 e 13 giugno inviando, tramite le Prefetture, a tutti gli uffici pubblici, scuole comprese, delle circolari con cui si fa divieto di svolgere attività di comunicazione relativa ai referendum». Così il consigiliere regionale di Rifondazione Roberto Antonaz, che sull'argomento interroga il governatore Tondo e commenta: «Tale prescrizione viene estrapolata in modo arbitrario dall'articolo 9 della legge 28 del 2000 sulla Par Condicio, che aveva tutt'altri intendimenti. Condividendo che pubblici dipendenti e insegnanti non debbano indirizzare verso una precisa indicazione di voto, nello stesso tempo non possano essere privati del loro diritto-dovere di informazione. Ritengo l'invio della circolare un episodio grave di intimidazione e di limitazione delle libertà democratiche nei confronti dei dipendenti pubblici. Vorrei sapere se il presidente Tondo non ritenga inaccettabile l'iniziativa di Maroni e se non intenda manifestare formalmente la sua contrarietà verso questa grave interferenza nello svolgimento dell'iter referendario».
 

 

Digiuno pacifista, è il 59.o giorno - Movimento Nonviolento, prosegue la staffetta contro la guerra e il nucleare
 

Erano partiti con un gesto simbolico, 48 ore di digiuno e di silenzio contro la guerra e il nucleare. Ma poi sono risultate così numerose le adesioni arrivate al Movimento Nonviolento - l'associazione fondata a Perugia nel 1961 da Aldo Capitini filosofo, antifascista, conosciuto come il Gandhi italiano e ideatore della Marcia per la pace e la fratellanza dei popoli da Perugia ad Assisi - che hanno deciso di continuare. Così sono arrivati oggi al cinquantanovesimo giorno di digiuno con il passaggio della "stafetta" giorno per giorno a chi ha scelto di aderire alla protesta. Un'azione non violenta per opporsi alla guerra dopo l'inizio dei bombardamenti sulla Libia, ma anche al nucleare all'indomani del disastro di Fukushima. Guerra e nucleare, scrivono i promotori del digiuno, sono le due facce della stessa moneta, perché «si fa la guerra, contro l'umanità e contro la natura, per il potere energetico, per lo sviluppo infinito dei consumi. Ci vuole un cambiamento. Pace tra le persone e con la natura, di questo ha bisogno il mondo». Per chi ha aderito si tratta di un'assunzione di responsabilità, di un modo per provare sulla propria pelle cosa significano fame e sofferenza. La staffetta del digiuno è passata anche a Trieste dove in molti hanno già partecipato, qualcuno anche più di una volta. Ed è partita proprio da Trieste la proposta di continuare, come spiega Alessandro Capuzzo del Comitato Danilo Dolci: «Dopo aver condiviso l'iniziativa del Movimento Nonviolento siamo stati noi a rilanciare con la staffetta. Le motivazioni della protesta sono anche strettamente connesse con i referendum che si terranno a giugno. Siamo contro la guerra e contro il nucleare. Quindi andremo avanti con la protesta almeno fino al giorno del referendum». Così se in Sardegna, dove, in concomitanza con le elezioni amministrative i cittadini si sono già espressi sul referendum per il nucleare e i voti contrari al ritorno dell'atomo in Italia hanno raggiunto quasi il 98%, la protesta dei nonviolenti continua per sensibilizzare l'opinione pubblica. E a Trieste gli organizzatori lanciano anche un appello a quelli che saranno i futuri sindaco e presidente della Provincia, perché nei programmi dei vari partiti «nessun candidato ha inserito il tema della pace. Eppure esiste un coordinamento nazionale e regionale degli enti locali per la pace di cui fanno parte 700 enti, ma il Comune di Trieste non è mai stato tra questi. In Provincia è stato istituito un assessorato alla pace ma ha funzionato poco», sottolinea Capuzzo. Finora a Trieste hanno partecipato al digiuno una ventina di persone tra cui il frate Antonio Santini dei Beati costruttori di pace, il pediatra Pierpaolo Brovedani, i medici Tiziana Cimolino e Giorgio Pellis, il segretario provinciale della Cgil Adriano Sincovich. Mentre sabato scorso in Ponterosso sono state gettate in mare delle rose per ricordare tutti i migranti che hanno perso la vita in questi mesi attraversando il Mediterraneo.

Ivana Gherbaz
 

 

Energia e etica a confronto - IN VIA TIGOR
 

Oggi alle 16, nell'aula magna della facoltà di Scienze della Formazione in via Tigor, è in programma un incontro-dibattito dal titolo "Energia per tutti: dono gratuito o frutto avvelenato? Aspetti tecnologici, etici e comunicativi". L'incontro, patrocinato dalla facoltà di Scienze della Formazione, dal master in Analisi e Gestione della Comunicazione, nonchè dal Gruppo di lavoro AGEI sull'analisi geografica delle fonti di energia, intende focalizzare le tematiche energetiche e la loro comunicazione. In tal senso, verranno messi a confronto esperti di tematiche energetiche, epidemiologiche e socio-comunicative.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 23 maggio 2011

 

 

Il Comitato di Ceroglie prepara le bandiere contro la Tav
 

DUINO AURISINA Una sessantina di bandiere con la dicitura "Alta velocità? No, grazie" nonché centocinquanta adesivi distribuiti tra amici, parenti e sostenitori della loro causa. Gli abitanti di Ceroglie, Malchina, Medeazza e Visogliano non si accontentano di promesse e rassicurazioni elettorali e si mettono in moto per salvaguardare il futuro dei loro paesi. Già nei mesi scorsi il Comitato per Ceroglie che al suo interno costa anche dei rappresentanti dei paesi limitrofi, dopo aver scoperto, quasi per caso, che la loro zona sarebbe stata interessata pesantemente dai lavoro per l'alta velocità si erano mobilitati per trovare una soluzione. Il progetto, infatti, vede il taglio netto in due parti del piccolo paesino di Ceroglie oltre che a riguardare tutte le zone limitrofe, zona sotterranea sotto l'asilo di Visogliano inclusa. Proprio per tale motivo, gli abitanti, preoccupati che questa opera diventasse più uno svantaggio per loro, a causa dei lavori che avrebbero compromesso, oltre che la loro tranquillità per i frequenti passaggi di camion, operai e macchinari, anche per le loro attività produttive quasi interamente vertenti sull'allevamento e l'agricoltura, aveva deciso di scrivere a diverse istituzioni quali, Comune, Provincia e Regione ed addirittura alla Commissione Europea. Non essendo ancora giunte risposte concrete il Comitato nel frattempo non è stato con le mani in mano ed oltre a appendere le bandiere in ogni casa e attaccare gli adesivi nelle macchine, per il prossimo 27 maggio alle 20 al campo sportivo di Visogliano ha indetto l'incontro con Peter Behrens (Comitati No Tav Trieste), Gian Carlo Pastorutti (Comitati No Tav Bassa Friulana) Roberto Linari (geologo, esperto in vibrometria). «Tutti continuano a dire che si tratta di un'opera che non sarà mai realizzata - fanno sapere - ma dopo tutte le baggianate che ci i vari politici ci hanno propinato non crediamo più a niente e a nessuno e continuiamo il nostro cammino».

Viviana Attard
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 22 maggio 2011

 

 

Muggia, i depositi militari dimenticati -

 

Greenaction Transnational, l'azione verde nata a Trieste nel 2007

Sotto le colline di Montedoro, immerse nel verde, ci sono 20 cisterne da 30milioni di litri di carburante mai bonificate
MUGGIA Nelle viscere di Montedoro si nasconde una rete sotterranea di depositi militari di combustibili che si estende per chilometri e che comprende una ventina di cisterne, gallerie blindate, condutture interrate o mimetizzate in superficie. Almeno 30 milioni di litri di combustibili. Questa la capacità delle cisterne. La denuncia arriva dall'associazione ambientalista Greenaction Transnational. Le alture di Montedoro separano di fatto i Comuni di Muggia e di San Dorligo della Valle. «Si tratta di verdi e ridenti colline che digradano dal confine con la Slovenia al mare - spiega Greenaction - e che separano due tra le aree più inquinate della provincia di Trieste. A sud, alla base delle alture, la valle delle Noghere, la più grande delle discariche provinciali. Oltre 15 milioni di metri cubi di rifiuti scaricati in quella che era una delle più importanti oasi umide dell'Alto Adriatico, formatasi alla foce del Rio Ospo. A Nord delle alture la vallata di Zaule, altra discarica del sistema di illegalità che ha retto Trieste e la sua provincia negli ultimi 60 anni». Roberto Giurastante, leader di Greenaction parla apertamente di «discariche di Stato adibite poi a zona industriale permettendovi l'insediamento di centinaia di aziende. Tra le quali lo strategico e ammorbante terminale petrolifero transalpino che con i suoi giganteschi depositi è adagiato ai piedi del versante settentrionale dei colli di Montedoro». E nei meandri di Montedoro si nasconde una vero e proprio tesoro nero, un deposito che ormai di strategico ha solo il pesante inquinamento causato al territorio. «L'intero complesso sembrerebbe in disuso, ma nessuno ha provveduto a sanare i danni prodotti all'ambiente e alla gente di questa terra di confine ridotta a servitù militare e ricettacolo di rifiuti, oltre che a discarica degli "affari sporchi" di una Nazione che non ha mai voluto fare i conti con la storia», prosegue Greenaction. L'area è ormai classificata come "agricola", e ospita l'acquedotto comunale di Muggia che «arditamente con le sue condotte si addentra nelle colline della paura: possibile che nessuno abbia pensato che quei terreni all'apparenza così tranquilli possano essere impregnati di idrocarburi? Eppure basterebbe attraversare questo lembo di terra per sentire le esalazioni di carburi... i vapori che continuano a fuoriuscire dalle prese d'aria o dai numerosi pozzetti che sbucano nel fitto della vegetazione...». Basta una passeggiata nell'area per rendersene conto. Oppure visitare il sito di Greenaction (www.greenaction-transational.org) dove c'è il collegamento a un video postato su youtube di quasi 4 minuti che mostra quello che nascondono le "verdi colline tra Muggia e San Dorligo". Le colline di Montedoro che ora ospitano anche il più grande centro commerciale della Provincia di Trieste. Già in passato l'area era salita alla ribalta perché si era ipotizzato di creare un deposito di amianto. Il Comitato Monte d'Oro però si era subito allertato per monitorare la situazione che avrebbe visto uno scenario inquietante: le strutture attualmente esistenti come deposito di amianto regionale tramite il riempimento a pressione delle cisterne successivamente da sigillare con il cemento. La battaglia del Comitato diede esiti positivi in quanto di questo progetto non se ne fece più nulla. La situazione critica però rimane. L'area in questione è di proprietà del demanio militare anche se i muri circostanti oramai sono in rovina e chiunque può varcare la soglia di un terreno che tra gli arbusti ed il verde rigoglioso cela spettri inquietanti di un passato sempre attuale.
Riccardo Tosques

 

 

«Il prossimo sindaco si impegni sul Prg» - Ambientalisti
 

Un appello a non tenere in sospeso la vicenda del Piano regolatore e uno mirato alla tutela del verde urbano. È questo il contenuto di due note che diverse associazioni ambientaliste cittadine hanno scritto, rivolgendosi ai candidati sindaci e presidenti della Provincia e ai consiglieri comunali e provinciali. Nella lettera aperta firmata da Italia Nostra, Comitato per la salvaguardia del giardino storico di piazza della Libertà e Triestebella si chiede al prossimo sindaco di impegnarsi «ad approvare la variante 118 al Piano regolatore entro il 6 agosto prossimo - data di scadenza del regime di salvaguardia - con i contenuti migliorativi sotto il profilo della tutela ambientale, proposti dalle osservazioni dela Soprintendenza e delle assocaziioni ambientaliste». In alternativa si chiede «di adottare, inderogabilmente prima del 6 agosto, i provvedimenti atti a introdure un nuovo regime di salvaguardia che impedisca in ogni caso il ripristino» del vecchio Prg. Quest'ultimo obiettivo, ricorda la lettera aperta, si rifà alle stime della stessa amministrazione comunale, secondo la quale la vecchia variante 66 «rimetterebbe in gioco una nuova edificabilità di quasi due milioni di metri cubi con gravissime conseguenze per il paesaggio e per l'ambiente». Italia Nostra, Comitato per piazza Libertà e Triestebella chiedono inoltre l'istituzione di un sistema di orti urbani «da affidare in gestione agli abitanti che ne facciano richiesta, alle persone anziane, alle scuole e alle associazioni». La lettera aperta rimarca peraltro che il verde urbano è oggetto «di disattenzione, o peggio di distruzione, in questa Trieste che si avvia a diventare città senza paesaggio». L'appello sul verde urbano, nello specifico, è firmato dalla presidente di Italia Nostra Giulia Giacomich, dal presidente di Legambiente Lino Santoro, dalla presidente dell'associazione orticola del Friuli Venezia Giulia Trafioriepiante Mariangela Barbiero, dal presidente di Triestebella Roberto Barocchi, da Sara Ferluga per il Comitato per la salvaguardia del giardino storico di piazza Libertà e inoltre dal botanico Livio Poldini e da Vladimir Vremec, ex direttore del Verde pubblico di Trieste. L'appello chiede che «non si piantino più alberi da potare in forma obbligata, che si limitino le potature allo stretto necessario», che si scelgano le piante da piantare «tra le specie più adeguate», e ancora che nei lavori di cantiere venga posta particolare attenzione alle piante e che venga verificata «la competenza tecnica delle imprese che curano la manutenzione del verde urbano». L'appello chiede infine che «in tutti gli interventi in aree verdi vengano rispettate le norme del Regolamento comunale sul verde pubblico».

 

 

SEGNALAZIONI - EDILIZIA - Verde distrutto

 

In pochi giorni sono comparse in questa rubrica alcune segnalazioni di cittadini indignati per la distruzione del verde pubblico in zone di grande pregio ambientale: via Besenghi, Cedas, via Pertsch. Nei primi due casi lo scempio è già stato eseguito, mentre in via Pertsch sta per iniziare il taglio di uno degli ultimi boschi di castagni rimasti nella nostra provincia. Possibile che il Corpo Forestale, di solito attento e preciso a sanzionare ogni abuso, non possa intervenire?Probabilmente tutta questa cementificazione è stata fatta in base al piano regolatore approvato dai nostri amministratori. Allora i triestini hanno fatto bene a punire con il loro voto i politici che hanno permesso e favorito questo scempio.

Fabio Dapas

 

 

Le scelte delle Ferrovie - REPLICA

 

Rispondiamo ad alcune questioni di carattere ferroviario, e alle tante inesattezze contenute in una lettera pubblicata giovedì 19 maggio come "L'intervento". In regime di libera concorrenza, ogni impresa ferroviaria è libera di esercitare le scelte che reputa più opportune in base alle proprie strategie aziendali. Il fatto che a collaborare con Db in Italia nel servizio "auto al seguito" sia una società ferroviaria privata, anziché Trenitalia, non deve quindi destare alcuna meraviglia. Ancor meno che Trenitalia non svolga servizi di biglietteria e informazioni per quest'altra società. Nessuno, del resto, si sognerebbe mai di chiedere informazioni sui servizi Alitalia, o addirittura chiedere di comprare i biglietti Alitalia al banco della Ryanair o di Lufthansa. Le informazioni al pubblico vengono invece garantite nei modi d'uso, senza quindi alcuna discriminazione o imparzialità, dal gestore dell'infrastruttura - Rfi in questo caso - che consente l'accesso paritetico a tutti gli operatori del settore e fornisce i servizi accessori contrattualmente previsti. La separazione infine dei servizi regionali da quelli a lunga percorrenza non è frutto di una decisione di Trenitalia, ma del legislatore. E non da oggi, visto che le responsabilità di programmazione e amministrazione, nonché controllo finanziario, del trasporto pubblico locale su ferro, sono state conferite alle Regioni alla fine degli anni '90 del secolo scorso, dal D.L. 422/1997, con la cosiddetta "Riforma Bassanini". Da allora è inevitabile, per il fornitore del servizio, tenere distinti quelli sotto contratto con le Regioni dagli altri.

Ferrovie dello Stato Ufficio Stampa Friuli-Venezia Giulia

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 21 maggio 2011

 

 

ALTIPIANO EST - Il nodo del Prg e l'edificabilità del territorio IN SOSPESO
 

Il prossimo Consiglio circoscrizionale, pur nelle sue competenze limitate, dovrà affrontare il nodo del Piano regolatore. In ballo c'è l'edificabilità dei piccoli proprietari, ma soprattutto la trasformazione dell'area nell'ex caserma di Banne. «È forse la questione più delicata da affrontare - dice Milkovic - anche perché i nodi dell'ultimo testo del Prg riguardavano proprio i piccoli proprietari del Carso, che in alcuni casi si evdevano toglierea l'edificabilità, ma anche la trasformazione dell'ex caserme di confine e gli interventi residenziali previsti a Banne e Padriciano». Argomenti pesanti sui quali la Circoscrizione, un organo consultivo, potrà davvero poco. Milkovic avrebbe fatto meglio a presentarsi in Comune. Non è che, come nel caso di Bruno Rupel (il presidente uscente dell'Altipiano Ovest, che il Pd non ha ritenuto candidare in Municipio), la Slovenska skupnost abbia preferito lasciarlo fuori ? «Non mi sento "parcheggiato" in Circoscrizione, forse si fa più qui che in Comune - dice Milkovic - dove ci sono solo baruffe e cose ridicole».
 

 

Asini in servizio a Barcola per ripulire la riviera - LA PROPOSTA DOPO L'ESPERIMENTO DI CARNEVALE
 

Potrebbero non restare disoccupati, anche se non sappiamo quanta voglia abbiano di lavorare. I due asinelli (femmina) ingaggiati nel periodo di Carnevale dalla ditta Crismani che per conto dell'Acegas cura la pulizia delle strade e dei cestini sulla pubblica via, sono in procinto di tornare in servizio. Per pulire, tra giugno e agosto, la riviera di Barcola: da un lato reggendo le bisacce dove l'operatore ecologico butta i rifiuti raccolti da terra, e dall'altro "diserbando", cioé mangiando l'erba matta delle aiuole, con la qualifica ufficiale di "tosaerba ecologici". La proposta è stata inoltrata ad Acegas, si è tenuto un incontro tra Crismani, Acegas e Comune: una decisione finale da parte dell'amministrazione è attesa a fine mese. «Tutti sono stati molto soddisfatti dell'esperimento fatto a Carnevale nel centro città - afferma Alessandro Bullo, direttore amministrativo del Gruppo Crismani -, anche i veterinari hanno dato un nulla osta convinto, le due asinelle si sono dimostrate assolutamente socievoli anche al contatto con le persone». Da qui l'idea di replicare, ma in più grande stile, e con un'attenzione particolare alla salute degli animali, visto che si sta parlando dei mesi più caldi e della riviera barcolana piena di bagnanti. Le asinelle entrerebbero in servizio, portate su appositi mezzi, alle 5 del mattino in linea con l'inizio del servizio, e timbrerebbero il cartellino di fine turno alle 10, prima che il sole cominci a picchiare. Il percorso "ecologico": dalla pineta di Barcola (ma non al suo interno) fino a Miramare, e ritorno. Una bella passeggiata. Accanto agli animali, Crismani ha proposto anche dei mezzi ecologici (a trazione elettrica, cioè) per la vuotatura dei cestini. Sofia e Angela sono i nomi delle due asinelle, di proprietà di un allevatore di Muggia, candidate al lavoro. Ma la Crismani già pensa che si potrebbero noleggiare altri ciuchetti, in Friuli o perfino oltreconfine, all'occorrenza. E mentre desta estremo scandalo che a Treviso un asinello per gli stessi scopi messo a lavorare sia stato lasciato miseramente morire in un recinto, qui i veterinari (che conoscono l'allevatore e le sue cure) si sono detti subito favorevoli, perché all'asino fa bene muoversi e stare fra la gente, e alla gente fa bene conoscere da vicino un così dolce e docile animale.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - Pulizia Boschiva a Borgo SaN Sergio

 

Il programma Habitat-Microaree di Borgo San Sergio e il Gruppo di acquisto solidale organizzano oggi "Differenziamoci" pulizia della zona boschiva "Le cascatelle" del rione. Ritrovo alle 9 davanti alla Casa del popolo in via di Peco.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 20 maggio 2011

 

Lubiana "apre" all'Italia su Krsko 2
 

Il ministro Daria Radjc a Romani: «Raddoppio della centrale non imminente, ma si può pensare a una collaborazione»
LUBIANA L'Italia spinge per partecipare al progetto di raddoppio della centrale slovena di Krsko. «Sappiamo che c'è in gioco la Westinghouse, ma Enel è interessata a collaborare speriamo ci sia spazio per l'Italia», ha dichiarato il ministro allo sviluppo economico Paolo Romani per la prima volta in visita ufficiale in Slovenia durante il forum economico italo-sloveno alla "Confindustria" di Lubiana. E la collega, ministro sloveno all'economia Darja Radic, ha lasciato una porta aperta: «Sì certo, credo si possa pensare a una collaborazione», ha commentato avvertendo però che «la Slovenia deve prima delineare il piano strategico sull'energia. Si tratta di un progetto non a breve ma a lungo termine e in questa discussione, in cui si parlerà del raddoppio della centrale nucleare di Krsko che è strategica e dovrà essere potenziata, verrà coinvolta l'Italia assieme all'Austria e alla Croazia. La Slovenia e le popolazioni vicine alla centrale sono convinte che l'impianto sia necessario e l'energia serve, ma anche da noi dopo l'incidente nucleare in Giappone ci sono alcuni contrari. Dobbiamo discutere a fondo, io sono convinta che l'energia nucleare sia strategica». Progetto di studio «C'è un progetto di studio sul raddoppio di Krsko tra Enel e il governo sloveno - ha confermato il ministro Italiano - ma è ancora a quel livello» e ha aggiunto: «Per l'Italia la questione energetica è nodale, ho parlato per due ore con il ministro Radic e sono fiducioso perché il rapporto tra i due Paesi è davvero eccellente, abbiamo fatto molti passi avanti e trovato soluzioni». Non è stata un toccata e fuga quella di Romani a Lubiana. Ha inaugurato alla Julon (la fabbrica di nylon della italiana Bonazzi, tra le prime a investire in Slovenia) la nuova linea produttiva eco compatibile assieme allo stesso ministro Radic. E al termine i due ministri si sono riuniti per oltre due ore. Alla fine il Forum economico del pomeriggio organizzato dopo la visita del presidente sloveno Turk in Italia. Interferenze radio Romani ha annunciato che «è stata trovata una soluzione sulla questione delle interferenze delle radiofrequenze tra Italia e Slovenia che hanno sollevato qualche polemica». Si è parlato pure del progetto del Gasdotto Southstream e di un possibile lavoro congiunto, degli investimenti Italiani in Slovenia che Lubiana vuole ampliare con aziende green e tecnologiche, degli accordi da firmare (tra questi anche tra Ice e omologo sloveno), di portualità, corridoio Quinto, di sviluppo del biotech. Da rilevare la presenza al Forum di rappresentanti delle due banche italiane più importanti in Slovenia, Unicredit e Intesa. Porti «Ho parlato di portualità con il ministro Radic - ha confermato Romani - ma in termini generali, non su Capodistria o Trieste. Per noi qualsiasi ipotesi o progetto di sviluppo va bene a patto però che ci sia un business plan che giustifichi gli investimenti che devono avere specificità economiche». E che ci sia voglia di collaborazione tra Trieste e Capodistria lo ha ribadito pure la Radic rimandando le risposte finali però al collega delle infrastrutture e trasporti, Patrick Vlacic. «Se vogliamo restare sul mercato globale, non possiamo non pensare di non lavorare assieme tra i porti», ha commentato il ministro sloveno. Energia e Southstream Il ministro Romani non ha affrontato solo la questione nucleare insistendo sulla volontà dell'Italia a partecipare al raddoppio di Krsko, ha parlato della discussione che c'è in Italia sul nucleare. «Siamo un paese grande consumatore di energia, la crisi internazionale in Libia ci ha creato problemi con le forniture di gas. Il problema dell'approvvigionamento è serio, dobbiamo pensare a più fonti. Dobbiamo riuscire a rendere concreto il progetto Southstream, il gasdotto può passare attraverso la Slovenia e bisogna coinvolgere i produttori». Forte la pressione poi sul raddoppio di Krsko. «In Italia c'è stato un rigetto dopo l'incidente in Giappone, ma abbiamo bisogno del nucleare per soddisfare la domanda di energia». Infrastrutture e Corridoio 5 «C'è qualcuno con i No-Tav che ha tentato di bloccare il collegamento Francia-Italia - ha spiegato Romani - ma noi abbiamo necessità di mobilità per lo sviluppo, il Corridoio 5 Lione-Budapest-Kiev è una grande occasione per aiutare lo sviluppo e la politica deve guidare queste scelte per aiutare chi fa impresa, anche gli italiani che hanno investito in Slovenia».
Giulio Garau

 

 

Wwf: «Referendum oscurati dal governo»
 

Bucare la coltre di silenzio imposta sui referendum. È la parola d'ordine del Wwf di Trieste in vista dell'appuntamento elettorale, in programma il 12 e 13 giugno, sulla privatizzazione dell'acqua e sul nucleare. «Sono ben 300 i milioni di euro spesi per organizzare questi referendum in una data diversa da quella delle elezioni amministrative - spiega il responsabile per l'energia e i trasporti del Wwf regionale, Dario Predonzan - con il preciso obiettivo di boicottarli. È in atto, da parte del governo, una vergognosa operazione attraverso la quale si cerca di emendare la legge attualmente in vigore, in materia di nucleare, per vanificare il referendum». In ogni caso, sempre secondo Predonzan, «si tenta di oscurare entrambi i referendum e come Wwf - dice - faremo il massimo sforzo per ovviare a questa situazione, cercando di dare il maggiore risalto possibile agli elementi essenziali dei due referendum, in modo da permettere ai cittadini di valutare ed esprimersi». Quella del 12 e del 13 giugno viene considerata dagli ambientalisti «una delle ultime occasioni per i cittadini di decidere in prima persona su temi vitali come l'acqua e il nucleare - sostiene Predonzan - perché la classe politica vuole in realtà continuare a gestire tutto, senza lasciare ai cittadini la possibilità di esprimersi». E proprio per raggiungere il maggior numero di persone e sensibilizzarle sugli argomenti dei referendum, i responsabili del Wwf saranno presenti domani, per poi proseguire sabato 28 maggio, sabato 4 e venerdì 10 giugno, con un banchetto informativo all'ingresso del centro commerciale "Torri d'Europa" dalle 10 alle 19. Accanto alla distribuzione di materiale informativo, alcuni esperti spiegheranno le motivazioni «che hanno portato un milione e 400mila persone - evidenzia Alessandro Giadrossi, presidente del Wwf di Trieste - a firmare a sostegno del referendum. Il tutto nel breve arco di due mesi, un autentico record». L'associazione ambientalista ha predisposto anche forum sui temi dei referendum. «Sul sito http://wwftrieste.blogspot.com - dice Giadrossi - chiunque potrà consultarci per ottenere le risposte del nostro Comitato scientifico e approfondire così le problematiche legate alla privatizzazione dell'acqua e alla diffusione indiscriminata del nucleare. Inviteremo poi pubblici personaggi a fungere da testimonial, rendendo pubblica la loro opinione sui quesiti referendari. Infine chiederemo ai candidati sindaci Roberto Antonione e Roberto Cosolini di esprimere con precisione e chiarezza, prima del voto di ballottaggio, che precederà di due settimane l'appuntamento dei referendum, la loro opinione». Uno strumento, quello referendario, che Carlo Della Bella, vice presidente del Wwf, definisce «istituto fondamentale, caratteristica delle democrazie. E questa è una battaglia decisiva per salvarlo».

Ugo Salvini
 

 

Razeto: «In pericolo il ruolo di Trieste ponte verso l'Est» -
 

Il presidente di Confindustria: «Il no dei candidati sindaci al rigassificatore è dettato da una convenienza politica»
«Trieste è considerata il punto di comunicazione fra il mare e l'Europa dell'Est, ha sempre avuto questo ruolo. Ma oggi ci sta rinunciando perché altri si stanno prendendo questo privilegio. Qualcuno dovrebbe alzare le antenne». Il grido d'allarme del numero uno di Confindustria Trieste, Sergio Razeto, rimbomba nella sua stanza a palazzo Ralli. E l'eco include non solo i temi del porto, dell'industria e dei collegamenti, ma anche quelli del turismo, dei servizi. Dell'economia triestina. Per la quale cerca risposte e suggerimenti, quelli che lo studio commissionato alla Fondazione Nord Est in partnership con Il Piccolo ha dato. Presidente, con quali finalità è nato questo studio? Come Confindustria vogliamo individuare un percorso che abbia una logica per lo sviluppo della città. Ci sono elementi su cui stiamo portando avanti le nostre idee forti, come sui terreni inquinati, la cui logica si vede già nel fatto in sé. Ma quando questi terreni non saranno più inquinati, quali elementi di attrazione avrà Trieste, in una zona abbastanza isolata da quella che è la nostra nazione, e con difficoltà di collegamenti? Quali sono le ragioni perché le aziende ne siano attratte? Da lì un ragionamento più profondo. Abbiamo pensato alla Fondazione Nord Est, che ha già conoscenza di questo ambito, per arrivare a uno studio che dia delle linee guida, filo conduttore per la mia attività in Confindustria, utili agli amministratori pubblici per portare avanti certi discorsi e a noi ancora per dare dei suggerimenti alle aziende. Momento propizio per fornire input alla classe politica, ci sono le elezioni: è soddisfatto di quanto ha sentito fin qui in campagna elettorale? Non mi esprimo: abbiamo un consistente numero di associati che probabilmente hanno diverse opinioni politiche. Siamo una struttura che deve confrontarsi con la politica. Voglio collaborare con chi sarà il futuro sindaco e con il futuro presidente della Provincia per un obiettivo che è triestino e va al di là del simbolo di partito. Osservazioni su qualche tema in particolare? Ci sono stati degli accenni. Ad esempio entrambi i due candidati sindaco rimasti in corsa (Antonione e Cosolini, ndr) si sono espressi contro il rigassificatore mentre noi siamo d'accordo. Quella è, mi spiace dirlo, una parte che è più una convenienza politica che un obiettivo utile per la comunità. Poi che sia meglio avere un parco di un rigassificatore, c'arrivo anch'io a dirlo. Però se dobbiamo fare i conti con l'energia, da qualche parte bisogna far sì che vi siano strutture che la diano. Con una premessa assoluta: la sicurezza va curata al massimo, è elemento primario. Il rigassificatore porterebbe lavoro, attività industriale, vantaggi locali, soldi al Comune di Trieste e a quello di Muggia, aree bonificate. Cosa chiede in primis ai prossimi amministratori? Non mi aspetto tutto ciò che viene prospettato nel nostro studio. Ma vogliamo dare spunti che portino vantaggi alla città. Il rilancio del Porto Vecchio, per esempio, potrebbe dare il via a una spirale positiva. Quando la Ferriera chiuderà avremo anche lì un altro spazio altrettanto grande a disposizione. Mettiamo assieme le parti sociali e decidiamo. Passiamo allo studio. L'industria a Trieste era al 10,3% nel 2008. Come fare per incrementare il dato? Bisogna chiedersi che tipo di industria vogliamo portare a Trieste, che ha oggi una grande opportunità. Perché se qualcuno attorno a noi deve difendere aziende mature, Trieste non avendone può per assurdo avere più possibilità degli altri perché ha un campo nuovo in cui presentarsi. Ci sono ad esempio aziende avviate qualche anno fa e che stanno andando bene: nel settore medicale e biomedicale, legate all'informatica. Vedo quindi qui in futuro aziende di alto livello. Con il supporto del parco scientifico esistente a Trieste? Ci possono essere collegamenti con le nuove energie, le rinnovabili dove la scienza ha bisogno di un contributo notevole. Ma vanno create le condizioni. Pensiamo anche alla fiscalità di vantaggio: in Cina le nuove attività godono per 5 anni dell'esenzione dalle tasse. Nuove industrie significano anche relazioni, infrastrutture, movimenti portuali. A proposito di porto: Venezia e Trieste devono proporsi come sistema? Non è un caso che nella nostra indagine si sottolinei che quando si parla di industria, logistica e infrastrutture sia necessario pensare in maniera allargata. Non si può escludere un giocatore così importante come Venezia. Anzi, giochiamo insieme. Lo stesso vale per Capodistria e Fiume? Non lo escludo in partenza ma se devo avere un minimo di campanilismo non potrei mai accettare la proposta di Capodistria davanti e Trieste dietro. Stiamo attenti a non perdere quel ruolo già acquisito: Trieste è un porto importante. Come mai allora Assoporti e i porti del Sud Italia sono contrari al progetto Unicredit? C'è la vista corta. Si fa prima la guerra in casa. I porti del Sud dovrebbero invece attivarsi per essere competitivi rispetto ai porti stranieri, come noi dovremmo fare lo stesso con Capodistria e Fiume. Come risolvere poi il nodo ferrovie? È un nodo difficile perché c'è una sorta di preponderanza delle Ferrovie dello Stato che lasciano poca libertà di movimento. Parte integrante del progetto Unicredit è che la ditta Maersk vuole venire qui con la sua logistica e gestirsela. Alpe Adria? Confindustria si è già espressa più volte: la si faccia funzionare fino a che non nasce una logistica regionale che abbia più forza e più potere, con una visione più ampia dei traffici. Turismo: Porto Vecchio e Parco del mare sono direzioni corrette? Trieste non è Roma, né Venezia. È una cittadina di provincia con le sue peculiarità, adatta per il fine settimana allungato o magari per una settimana girando anche fra le grotte di Postumia e il Friuli. Deve esserci però un turismo più allettante delle sole piazza Unità, Miramare, San Giusto e passeggiata sulle Rive. Il Parco del mare è una chance se sistemato nel posto giusto. Dove? Lo vedrei molto bene in Porto Vecchio. O anche a Campo Marzio. Ma sarebbe un asset in più, non quello che risolve la questione turismo. Darei la precedenza a un'area congressuale e fieristica in una zona adeguata che attragga un turismo ricco e qualificato: in Porto Vecchio. Torniamo ai collegamenti. Il viceministro Castelli ha assicurato che l'Alta velocità arriverà fino a Trieste. Non mi conforta più di tanto, con tutto il rispetto per lui. Ne ho sentite tante in questi anni. Certo avere una linea di quel rilievo vicino a noi per me è fondamentale. Trieste è considerata il punto di comunicazione fra il mare e l'Europa dell'Est, ha sempre avuto questo ruolo a cui però oggi sta rinunciando perché altri si stanno prendendo tale privilegio, per il quale ci vogliono le infrastrutture. Lo scambio merci più rapido possibile è vincente.
Matteo Unterweger

 

 

CONFINDUSTRIA - Focus su turismo infrastrutture industria e servizi

 

Uno studio sulle linee strategiche per lo sviluppo di Trieste. L'ha commissionato Confindustria Trieste alla Fondazione Nord Est, in partnership con Il Piccolo. Parte oggi, con un'intervista al presidente di Confindustria Trieste Sergio Razeto e con un focus a firma di Silvia Oliva, un approfondimento sul progetto che si articolerà complessivamente in cinque uscite sulle pagine del quotidiano. I filoni tematici sono quattro: turismo, industria, infrastrutture e servizi. Per ognuno di questi argomenti, nei prossimi giorni sarà pubblicata una pagina dedicata nella quale i lettori potranno trovare degli specifici abstract realizzati proprio da quanti si sono occupati delle rispettive parti dello studio. Sulle potenzialità turistiche di Trieste il compito è stato affidato a Josep Ejarque, l'analisi sull'industria è stata effettuata da Luca Paolazzi e Alessandro Gambino, mentre da Enzo Rullani e Massimo Gardina quella relativa ai servizi, Giacomo Borruso e Paolo Costa hanno infine curato la sezione sulle infrastrutture, all'interno della quale un ampio spazio è stato dedicato al porto.
 

 

Clima "impazzito" Il mare si alzerà di un metro e mezzo
 

Secondo l'Ipcc succederà entro il 2100 per l'effetto serra Ypersele: «Trieste a rischio, i politici devono intervenire»

TRIESTE «L'anidride carbonica è presente oggi nell'atmosfera nella quantità di 390 parti per milione. A essa vanno aggiunti gli altri gas che contribuiscono all'effetto serra, sia naturali sia prodotti dall'uomo (metano, protossido d'azoto, clorofluorocarburi...). Ci troviamo così di fronte a uno scenario tale che, anche riducendo le emissioni di anidride carbonica di almeno la metà rispetto ai valori del 2000, alla fine di questo secolo, sulla Terra, potremmo registrare un incremento della temperatura media pari a 2-2,4 gradi rispetto all'era preindustriale. E questo provocherà un aumento del livello medio dei mari compreso tra mezzo metro e un metro e mezzo per il solo effetto dell'espansione termica dell'acqua, senza considerare il contributo dovuto allo scioglimento dei ghiacciai dell'Antartide, della Groenlandia e di quelli alpini. Con tutte le cautele del caso, per una città sul mare come Trieste, questo potrà rappresentare un bel problema». Non c'è traccia di spirito catastrofista nel discorso di Jean-Paul van Ypersele mentre mostra grafici e tabelle sfogliando l'ultimo Rapporto sul cambiamento climatico prodotto dall'Ipcc, l'Intergovernmental Panel on Climate Change, l'organizzazione che nel 2007 ha ottenuto il premio Nobel per la pace assieme all'ex vicepresidente americano Al Gore. Belga, 54 anni, van Ypersele è uno dei tre vicepresidenti dell'Ipcc e professore di climatologia e scienze ambientali all'Università cattolica di Lovanio, dove si è laureato e ha conseguito il dottorato in fisica dopo aver lavorato al prestigioso Center for Atmospheric Research di Boulder, Colorado. Lo abbiamo incontrato al Centro di fisica teorica di Miramare, dove ha preso parte alla Conferenza sulle nuove infrastrutture informatiche nella ricerca climatologica e dove ricorda di essere venuto quand'era un giovane ricercatore, giusti trent'anni or sono. «Sia ben chiaro - sottolinea van Ypersele-, l'Ipcc non fa ricerca in proprio e non tocca a noi scienziati dire ai governi quello che devono fare per affrontare il problema del clima. Il nostro compito, attraverso il contributo di migliaia di ricercatori, è di prendere in esame la letteratura scientifica prodotta in tutto il mondo e di compilare dei periodici rapporti che rappresentano la summa delle conoscenze sui mutamenti climatici». «Le nostre - aggiunge - non sono previsioni sul futuro: sono proiezioni sulla base dei diversi scenari possibili. Spetta ai politici ogni intervento in materia. Quello che noi possiamo dire è che il contributo antropogenico al riscaldamento globale del nostro pianeta viene ormai considerato 'very likely', molto probabile. Insomma: dal punto di vista scientifico, c'è la 'quasi certezza' che la temperatura aumenta anche per effetto delle attività umane». L'ultimo Rapporto dell'Ipcc (il quarto) risale al 2007, ed ebbe un grande impatto mediatico. Il prossimo - su cui si sta lavorando - verrà pubblicato tra il 2013 e il 2014. E prenderà in considerazione anche i potenziali effetti del "global warming" sull'ecosistema. Fa notare van Ypersele: «Un aumento della temperatura media di 2 gradi verso il 2100 potrà portare sull'orlo dell'estinzione dal 20 al 30 per cento delle specie animali e vegetali. E provocare una diminuzione significativa delle risorse idriche, specie nelle regioni tropicali e nel bacino del Mediterraneo. Altre regioni della Terra (il Nord America, l'Europa settentrionale, la Siberia) potranno invece trarre giovamento per la loro agricoltura dall'aumento della temperatura. E questo potrà avere conseguenze importanti anche sui flussi delle migrazioni umane dal Sud al Nord del pianeta». Le proiezioni dell'Ipcc non sono immuni da elementi di incertezza che non si riescono a inserire nei modelli climatici. Incerto è, per esempio, il ruolo degli aerosol di origine naturale e antropogenica in atmosfera: «Possono avere due effetti. L'uno è diretto: riflettendo la luce del Sole, le particelle degli aerosol rimandano verso lo spazio la radiazione solare, riducendo così la quantità di energia che raggiunge il suolo. L'altro è indiretto e ancora maggiore, in quanto gli aerosol modificano le proprietà ottiche delle nubi», spiega Ypersele. E incalza: «È il caso dell'anidride solforosa emessa per esempio nelle eruzioni vulcaniche e nell'industria del petrolio e del carbone, che si combina con il vapore acqueo formando acido solforico. Questo da una parte entra nelle piogge acide, dall'altra rende più chiara la parte superiore delle nubi, che così riflettono maggiormente la radiazione solare». «Ma attenzione - conclude-: riducendo gli aerosol di origine industriale, come stiamo facendo nei paesi avanzati, ridurremo anche il loro effetto di raffreddamento della superficie terrestre, lasciando campo libero all'effetto serra dell'anidride carbonica. Tutto ciò dà un'idea della complessità del sistema clima».
Fabio Pagan

 

 

Parte l'impianto che crea nylon dai rifiuti - Alla Julon di Lubiana si ricicleranno le reti dei pescatori e la moquette buttate via in tutto il mondo
 

Sostenuti dal governo Abbiamo deciso di insediare qui lo stabilimento - spiega il gm triestino Edi Kraus - perché lo Stato sloveno ci ha aiutati finanziariamente
LUBIANA Un impianto e un'azienda con tecnologia unica al mondo, ecocompatibile, che ricicla materiale plastico e ricrea la materia prima per produrre nuovamente filati di nylon, in Slovenia a pochi passi da Trieste. La Aquafil controllata dalla italiana Bonazzi e dal fondo Hutton Collins realizza la sua terza «tappa fondamentale di crescita» come ha ricordato il presidente e amministratore delegato, Giulio Bonazzi e si lancia in un nuovo settore di grande prospettiva risparmiando sulla fornitura della materia prima che serve per realizzare il nylon 6 perché la ricrea in casa. Ieri l'inaugurazione della nuova linea produttiva Econyl alla presenza del ministro sloveno all'economia, Darja Radic e di quello italiano Paolo Romani, nello stabilimento Julon di Lubiana. Diciassette milioni l'ammontare dell'investimento (12 milioni della Bonazzi, il resto investimenti dello Stato) e un incremento di oltre 60 posti di lavoro in Slovenia dove la Aquafil nei vari stabilimenti (Lubiana, Store, Senosecce e Aidussina) occupa quasi 800 dipendenti senza contare gli interinali e tutto l'indotto. Due i siti produttivi chiave, a Lubiana dove ci sono i nuovi impianti tecnologicamente avanzati e a Aidussina dove c'è il più grande centro raccolta di materiale da riciclare. Plastiche speciali, ma soprattutto le reti abbandonate dei pescatori che arrivano da tutti i mari del mondo. Non si butta via più niente, la Julon di Lubiana ora è in grado di «riportare la materia al suo stato originario» e ripartire con la produzione. Per due anni gli emissari del gruppo Aquafil hanno girato in tutti i posti più sperduti del mondo per recuperare il filo delle moquettes che venivano buttate via e soprattutto le reti dei pescatori. Dall'estremo Oriente ai Paesi nordici. «Questo investimento vede presente anche lo Stato sloveno - ha spiegato il general manager della Julon in Slovenia, il triestino Edi Kraus - e prima di decidere abbiamo pensato come e dove farlo. Abbiamo visitato molti siti nel mondo ma, visti tutti gli indicatori positivi, è prevalsa l'idea di farlo in Slovenia, il posto migliore per realizzare un nuovo impianto ecosostenibile. E il governo ha deciso di sostenere finanziariamente il progetto. È la strada giusta: questa linea lavorerà a regime per i prossimi 10 anni».

g.g.
 

 

A scuola di raccolta differenziata - A Banne una festa di primavera ecologica con i 250 alunni della primaria Kugy
 

BANNE Tutti a scuola di raccolta differenziata, a imparare a realizzare animaletti con i cartoni del latte e topolini con la lana. Grande partecipazione di famiglie e insegnanti alla Festa di primavera, prima iniziativa promossa dal comitato genitori delle scuole di Banne congiuntamente alle maestre della scuola dell'infanzia Silvio Rutteri e della scuola primaria Julius Kugy (che riuniscono circa 250 alunni) per la sensibilizzazione sul tema dei rifiuti e del loro corretto smaltimento. A dare il buon esempio, gli alunni della scuola media che già in mattinata, insieme al proprio insegnante, si sono armati di guanti e sacchi neri per ripulire il giardino dalle immondizie. La festa-lezione di educazione ambientale è iniziata alle 14, quando genitori e bambini insieme ai rispettivi insegnanti si sono radunati nel giardino della scuola per dare inizio, suddivisi per fasce di età, alle attività ludico-didattiche. La quarta e la quinta si sono cimentate nella staffetta gareggiando a chi differenziava più velocemente, la terza ha realizzato un plastico della scuola con i cartoni del latte, la seconda ha imparato come si realizza il compost, mentre i più piccoli, gli alunni della prima, si sono divertiti al gioco dell'oca sul risparmio energetico: non hai chiuso la luce? Allora resta fermo un turno. Tutto questo mentre i bambini della materna erano impegnati ad animare i rifiuti (realizzando topolini con le vecchie calze e pappagalli e altri simpatici animaletti con i cartoni del latte). La festa ha fornito l'occasione anche per inaugurare ufficialmente i nuovi giochi acquistati grazie al contributo della Fondazione CRTrieste. La festa si è conclusa con una merenda all'insegna della minor produzione possibile di rifiuti utilizzando piatti e bicchieri non usa e getta portati da casa. La dirigente scolastica dell'Istituto Comprensivo Altipiano Est, Rita Manzara ha rimarcato come «l'attività e l'impegno degli ultimi anni del comitato genitori abbia consentito non solo di utilizzare gli spazi esterni che la scuola può offrire, ma abbia portato pure a un progressivo coinvolgimento delle famiglie e della scuola». Soddisfatto anche il commento di Micaela Ciut del comitato genitori: «La riuscita di questa festa è il risultato dell'unione delle forze tra il comitato e il corpo insegnante».

Gianfranco Terzoli
 

 

Portorosega, la cavalletta blocca l'espansione
 

La giunta uscente accoglie le richieste degli ambientalisti e istituisce un biotopo a tutela dell'insetto
MONFALCONE Negli anni del boom economico ha assistito, impotente, al livellamento dell'isola di Sant'Antonio e alla demolizione della pregevole chiesetta che vi sorgeva o alla trasformazione dell'area delle Terme romane in una vera e propria discarica. Ora la zona industriale-portuale del Lisert rischia di dover fare i conti con azioni di segno opposto, cioé a carattere decisamente protezionista nei confronti dell'ambiente. Al Sito di interesse comunitario che blocca in parte l'uso della cassa di colmata, creata per accogliere i materiali di risulta dei dragaggi e consentire l'espansione di Portorosega, rischia di aggiungersi un Biotopo naturale nell'area compresa tra la strada regionale 14, il canale Locovaz ed il canale dei Tavoloni. Il motivo? Salvaguardare la presenza di una cavalletta palustre, la Zeuneriana marmorata, data per estinta e poi "ricomparsa" nel 1996. Agli sgoccioli del suo mandato la giunta Pizzolitto ha pensato bene di mettere un punto fermo sulla questione, decidendo di fare propria la richiesta avanzata da Legambiente, Wwf e Lipu di istituzione di un Biotopo per salvare la specie endemica e a rischio di estinzione. Va detto che a dire l'ultima parola, come già nel caso del Sic, sarà la Regione, mentre sembra quasi di udire il sospiro di sollievo del Consorzio industriale di Monfalcone. Già, perché se nel 1996 la notizia del ritrovamente della Zeuneriama marmorata non fosse rimasta confinata in ambiente accademici con tutta probabilità il Csim avrebbe dovuto rinunciare a costruire il raccordo ferroviario tra la zona portuale e la cartiera di Duino, che attraversa proprio l'area da sottoporre a tutela. Anche se la cavalletta palustre non sembra aver patito la realizzazione dell'opera, la cui progettazione è stata avviata proprio alla metà degli anni '90, mentre il completamento è di dieci anni dopo. Un Biotopo, d'altra parte, garantirebbe alla Zeuneriana marmorata delle chance in più di sopravvivenza nell'unico angolo sopravvissuto dell'antico Lacus Timavi. Recenti osservazioni hanno comunque confermato che la popolazione è tuttora presente con un buon numerodi esemplari, mentre l'unica altra popolazione esistente è stata di recente scoperta nella Slovenia centrale. Le società ambientaliste hanno quindi sottolineato l'urgenza di aggiungere tale specie alla lista degli invertebrati da tutelare.
 

 

Vigili del fuoco in sciopero contro i tagli della Regione - UIL FVG
 

TRIESTE Quattro ore di sciopero regionale di categoria, dalle 10 alle 14 di lunedì prossimo: lo ha proclamato la Uil vigili del fuoco ieri pomeriggio, durante una manifestazione di protesta sotto il Consiglio regionale. Al centro del presidio c'erano i tagli alla convenzione tra Regione e Protezione civile. Al presidio è seguito un incontro tra i rappresentanti del personale, il presidente del Consiglio e i capigruppo. «I tagli della Regione - hanno afferma i sindacalisti - rappresentano una regressione nel processo di creazione di un sistema che serve a garantire l'adeguata preparazione del personale volontario, sempre più coinvolto in eventi critici». Sull'argomento sono intervenuti i consiglieri democratici Gianfranco Moretton e Sergio Lupieri, presenti all'incontro, che hanno sottolineato che «il finanziamento per la convenzione va visto non come una spesa ma come un investimento». Martedì si terrà una nuova manifestazione in piazza Oberdan.
 

 

LA LETTERA DEL GIORNO - Distrutta l'oasi verde tra via Besenghi e via Navali
 

Mi chiedo se nella nostra beata città non esistano due pesi e due misure nell'affrontare problemi e fatti abbastanza simili. Ricordo di aver letto un paio di settimane fa in questa benemerita rubrica una segnalazione di abitanti di via Besenghi a proposito dell'inizio di un abbattimento rapido e sconsiderato di alberi nell'area del giardino ora pertinente alla chiesa della N. S. della Provvidenza, nell'angolo tra la via Besenghi e la via Navali. Nella segnalazione si diceva che alle loro proteste era stato risposto che si trattava di un intervento in conseguenza dei danni provocati agli alberi dalla forte bora dello scorso marzo. A questa segnalazione è seguito il silenzio più totale. Sembra che nessuno abbia fatto caso allo scempio o l'abbia accettato supinamente. Le varie associazioni che si danno tanto da fare in queste circostanze, come Italia Nostra o il Fai, non hanno levato la voce e sì che si erano fatto sentire, come anche tantissimi comuni cittadini, in occasione del ventilato abbattimento di alcuni alberi ugualmente vecchi e "storici" in piazza dalla Libertà fermando un progetto non gradito. Avevo pensato che la segnalazione avesse esagerato la portata dell'iniziativa e che tutto fosse a posto. Passando oggi davanti a quell'angolo già ingentilito dalle verdi chiome ho constatato con grande sconcerto che il sacrificio era stato compiuto, il terreno era spianato e offriva comodo e privilegiato parcheggio ad alcune automobili. La segnalazione degli abitanti non era dunque campata in aria o esagerata e così anche la voce inquietante che tutta l'operazione preludesse alla costruzione di un parcheggio che avrebbe portato una buona resa ai proprietari del fondo, cioè alla parrocchia che già si era distinta in operazioni del genere. In verità la voce era corsa già un paio d'anni fa, ma nulla era seguito. Quindi si poteva pensare che anche questa volta la "vox populi" avesse esagerato. Così purtroppo non è. Ora quel bell'angolo verde che dava un po' di respiro e velava pudicamente le brutte costruzioni retrostanti, non c'è più e avremo un ulteriore esempio di bieca speculazione edilizia. Spiace constatare che i responsabili non siano i soliti costruttori privati che, in fondo, fanno il loro mestiere, ma la Chiesa che ad altri compiti dovrebbe attendere e non violare anche disposizioni di tutela paesaggistica e di verde tirando in ballo alberi malati, gli unici nel rione, visto che tutti gli altri giardini intorno sono integri! Alla fine dobbiamo concludere che sarebbe meglio avere parroci pastori che parroci manager!

Riccardo Merluzzi
 

 

SEGNALAZIONI - Mostro edilizio

 

Un'altra devastazione di questo nostro martoriato territorio sta per essere realizzata. In via Pertsch, a due passi dal faro della Vittoria, tra pochi giorni inizierà il taglio di uno degli ultimi boschi di castagni secolari della nostra provincia. In una zona sottoposta a vincoli paesaggistici ed ambientali così rigidi che ai residenti non è consentito di installare neppure una cassetta della posta, è stata data la concessione edilizia per costruire un nuovo mostro edilizio. Con tutte le case sfitte e da ristrutturare che ci sono in giro, è proprio necessario continuare a farci del male distruggendo il poco verde che ci rimane?

Alessio Vremec

 

 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 19 maggio 2011

 

 

Al via il quarto conto energia

 

Il quarto conto energia fotovoltaico ha finalmente visto la luce lo scorso 6 maggio. Il nuovo sistema di incentivazione punta a un obiettivo indicativo di potenza installata cumulata a livello nazionale di circa 23.000 MW al 2016, corrispondente a un costo indicativo cumulato annuo degli incentivi stimabile tra 6 e 7 miliardi di euro.
Il decreto definisce piccoli impianti fotovoltaici quelli realizzati su edifici che hanno una potenza non superiore a 1.000 kW e gli impianti a terra icon potenza non superiore a 200 kW operanti in regime di scambio sul posto, nonché gli impianti fotovoltaici di potenza qualsiasi realizzati su edifici ed aree delle Amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n.165 del 2001. Questi impianti, a differenza dei grandi, fino a tutto il 2012 non sono soggetti a limiti di spesa programmati e non hanno l’obbligo di iscrizione al registro informatico.
Per i grandi impianti (ossia tutti quelli non definiti “piccoli”) nel periodo che va dal 1° giugno 2011 al 31 dicembre 2012 gli incentivi attesi sono pari a circa 580 milioni di € con una potenza installabile di 2.690 MW. Per gli anni dal 2013 al 2016, per gli impianti grandi e piccoli, il costo indicativo è di 1.361 milioni di €, per una potenza di 9.770 MW. Il superamento dei costi indicativi non limita l’accesso alle tariffe incentivanti, ma determina una riduzione aggiuntiva delle stesse per il periodo successivo (secondo quanto stabilito dall'allegato 5). Complessivamente, incentivi per circa 1.941 milioni di euro per un limite di potenza di 12.460 MW.
Dal 2013 la feed in premium verrà trasformata in una tariffa omnicomprensiva. Nella tariffa incentivante verrà inclusa anche la vendita dell’elettricità in rete, mentre sarà stabilita una tariffa a parte per l’autoconsumo.
Nel decreto sono poi previste maggiorazioni della tariffa incentivante in casi particolari. Se l’impianto è infatti abbinato a interventi di efficientamento dell’edificio, a seconda di quanto si riducono i consumi, la maggiorazione della tariffa incentivante può arrivare al 30%.
E’ poi previsto un premio del 5% sulla tariffa per impianti realizzati in Comuni con meno di 5mila abitanti o per quelli a terra su aree industriali dismesse, discariche, cave esaurite, ecc. C'è un premio di 0,05 euro a kWh per gli impianti che vanno a sostituire coperture in eternit o comunque contenenti amianto. C'è infine una maggiorazione del 10% dell'incentivo per quegli impianti il cui costo di investimento, lavoro escluso, sia per non meno del 60% riconducibile a produzione realizzata all’interno dell'Unione Europea. Per accedere all'incentivo si farà riferimento al momento dell’entrata in esercizio dell'impianto, ossia quando sarà allacciato, fatto salvo che i gestori di rete dovranno garantire la connessione in un tempo certo di 30 giorni.
Tariffe più generose e una diversa divisione delle classi di potenza sono poi riconosciute agli impianti fotovoltaico integrati con caratteristiche innovative fino a 5 MW di potenza. Premiati anche gli impianti a concentrazione, sempre sotto i 5 MW.
Da più parti si ritiene che dal 2017 non saranno probabilmente più necessari incentivi al fotovoltaico e che in Italia la capacità produttiva totale al 2020 possa raggiungere e superare i 30 GW, con una produzione prossima ai 40 miliardi di KWh/anno, cioè il 10% del fabbisogno di elettricità del paese. Un notevole contributo anche per gli obiettivi nazionali previsti dal pacchetto clima-energia 2020, conosciuto come 20-20-20.
 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 19 maggio 2011

 

Referendum acqua e nucleare del 12 e 13 giugno.

 

Il WWF Trieste: “Forum, ricerca di testimonial e banchetti per rompere la congiura del silenzio e della disinformazione.”

I referendum del 12 e 13 giugno, sulla privatizzazione dell’acqua e sul nucleare, rischiano di fallire l’obiettivo di raggiungere il quorum necessario, a causa della congiura del silenzio e della disinformazione attuata dalla maggior parte delle forze politiche e dei mass media.
Il WWF, che fa parte della coalizione di associazioni, movimenti e forze sociali riunite nei Comitati nazionali e locali per il “SI” ai referendum, cerca di reagire mobilitando tutte le sue risorse.
A Trieste, la locale associazione WWF ha programmato una serie di iniziative che sono state illustrate oggi in una conferenza stampa.
E’ già attivo un forum, nel sito del WWF Trieste (http://wwftrieste.blogspot.com), nel quale chi avesse domande o dubbi sui referendum potrà ottenere risposta, ma ovviamente si potranno anche esternare opinioni, commenti e divulgare notizie, appuntamenti, ecc.
A partire da sabato 21 maggio, inoltre, saranno attivi – nell’orario 10-19 – i banchetti informativi del WWF sui referendum, all’ingresso del supermercato COOP nel centro commerciale “Torri d’Europa”, che funzioneranno anche sabato 28 maggio, sabato 4 giugno e venerdì 10 giugno, con lo stesso orario.
Altri banchetti WWF sui referendum saranno attivi: presso il Castelletto di Miramare domenica 22 maggio - dalle 10 alle 18 – in occasione della “Giornata delle Oasi” indetta dal WWF Italia e nell’ambito della fiera “Bioest”, all’ex OPP, nelle giornate di sabato 28 e domenica 29 maggio (orario 10-19).
“Cercheremo poi – ha spiegato Alessandro Giadrossi, presidente del WWF Trieste – dei testimonial, persone note e rappresentative ma anche persone “qualsiasi”, alle quali chiederemo di rilasciare dichiarazioni sui motivi per i quali voteranno SI il 12 e 13 giugno. Le dichiarazioni, filmate o accompagnate da una foto, saranno inserite nel sito del WWF Trieste e negli altri siti dell’associazione.”
Anche la politica, però, la principale responsabile della congiura del silenzio che sta ostacolando e manipolando gravemente l’informazione sui referendum, sarà sfidata a pronunciarsi.
Il WWF ribadisce, in primo luogo, la denuncia dell’operazione (definita una “vergogna”, di cui sono responsabili entrambi gli schieramenti politici) che ha portato al mancato abbinamento tra i referendum e le elezioni amministrative, con la conseguenza tra l’altro di sprecare almeno 300 milioni di Euro.
Non a caso, l’argomento referendum ha avuto uno spazio pressoché nullo durante la campagna elettorale.
“Proprio per questo – ha annunciato Dario Predonzan, responsabile energia e trasporti del WWF regionale – sfideremo i “sopravvissuti”, cioè i candidati sindaci che si confronteranno al ballottaggio del 28 e 29 maggio, Cosolini e Antonione, a dichiarare pubblicamente se e come voteranno su acqua e nucleare il 12 e 13 giugno. Ci sembra un minimo gesto di trasparenza, nei confronti degli elettori che dovranno decidere chi dei due diventerà sindaco dal capoluogo regionale.”
Una sfida che il WWF si augura trovi adeguato spazio sui media, i quali – tranne poche eccezioni – hanno le loro responsabilità nell’”oscuramento” informativo dei referendum.
“Quella dei referendum di giugno – hanno concluso gli esponenti del WWF – è in definitiva anche una battaglia per salvare dall’estinzione un istituto di democrazia diretta, che è l’unico grazie al quale i cittadini italiani possono decidere su questioni di enorme rilevanza per la qualità della vita ed il futuro del Paese, senza abbandonare totalmente il proprio destino nelle mani di un ceto politico dimostratosi troppe volte inadeguato al compito, per carenze culturali ed etiche fin troppo evidenti e note.”
Un supporto all’informazione sui referendum, con il sostegno alla campagna per il SI, sarà dato anche dal prossimo numero del mensile Konrad, distribuito gratuitamente alla fine di maggio, che conterrà un ampio dossier in particolare sulla privatizzazione dell’acqua e sull’energia nucleare.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 maggio 2011

 

 

"Guerra" al benzopirene Il Consiglio accelera - LA LEGGE
 

TRIESTE La Regione preme sull'acceleratore e già entro l'estate il Friuli Venezia Giulia avrà una legge che limita le emissioni di benzopirene nell'aria. Ne sono convinti i consiglieri di maggioranza e di opposizione che hanno espresso parere unanime alla normativa dal Gruppo misto e a quella bipartisan avanzata da Pdl e Pd con l'appoggio dell'Italia dei valori. La terza commissione consiliare, proprio per procedere rapidamente verso il voto in aula, ha deciso di istituire un Comitato ristretto. I due testi, peraltro, potrebbero confluire in un unico provvedimento. La legge, che punta a fissare un limite per gli impianti industriali del territorio regionale, è pensata in realtà per fermare le esalazioni prodotte dalla Ferriera di Servola, nel capoluogo giuliano. Non è un caso, infatti, che le due proposte portino la firma di un nutrito gruppo di consiglieri triestini: Alessia Rosolen (Gm), Sergio Lupieri (Pd), Piero Tononi, Maurizio Bucci, Piero Camber e Bruno Marini per il Pdl. Nello specifico la normativa ripristina le regole dell'Unione Europea in materia ambientale che consente emissioni per 1 nanogrammo/m³ d'aria, non di più. Un valore medio annuale che il parlamento italiano ha abrogato nel 2010 per le città con popolazione superiore ai 150 mila abitanti. «A Trieste, nel rione di Servola, si sono registrate concentrazioni di 9,8 nanogrammi/m³ di benzopirene, con picchi di 53» ricorda Lupieri, aggiungendo che «la sostanza è dannosa e provoca mutazioni genetiche». Alessandro Corazza dell'Idv e Stefano Pustetto di Sinistra Arcobaleno hanno chiesto invece che la legge introduca chiare limitazioni anche per altri inquinanti industriali.
Gianpaolo Sarti

 

 

Il treno tedesco un fantasma a Trieste - L'INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
 

Arriva da Düsseldorf ma le nostre ferrovie lo "oscurano": non hanno gli orari di provenienza, nè vendono i biglietti
Anche a Trieste il treno fantasma delle ferrovie tedesche DB. Sabato 14 maggio 2011, nella stazione di Carlo Ghega, il cartello indicatore segnala il treno 33191 in arrivo alle 10.14 da Tarvisio Bosco Verde: un regionale in sostituzione del primo stagionale DB Auto Zug delle ferrovie tedesche (auto e moto accompagnate con cuccette, vagoni letto e ristorante)?. No, solo dopo l'arrivo si può scoprire che si tratta dell'importante collegamento internazionale a servizio del Nordest, come quello di Alessandria per il Nordovest del Paese, con provenienza da Düsseldorf e Neu Isemburg. Solo dopo l'arrivo è possibile scoprire la risposta leggendo direttamente la provenienza dal treno perché Trenitalia, che ha negato la collaborazione alle ferrovie tedesche e austriache, non è in possesso nemmeno degli orari e tanto meno in grado di fare i biglietti, dal momento che ha costretto le DB ad avvalersi della collaborazione di Arenaways con centro operativo in Alessandria. "Non lavoriamo per la concorrenza" è la cortese risposta dell'impiegata dell'ufficio informazioni di Trenitalia. Evidentemente l'impresa di trasporto, che dovrebbe essere orientata al mercato, non è più informata alla complementarietà e all'integrazione per garantire al viaggiatore il servizio globale nello stesso interesse del proprio servizio commerciale, come sempre avvenuto con il prezioso strumento delle tariffe dirette internazionali per il rilasciare un unico biglietto, valido per tutto l'itinerario. Ma anche nei prospetti arrivi e partenze di Trieste Centrale non appare il nostro periodico dalla Germania: Rfi (rete del gruppo Fs ha però l'incombenza di garantire la piena efficienza del servizio, non solo a Trenitalia, ma a tutte le imprese di trasporto, nel proprio interesse, in quanto le altre ferrovie, italiane ed estere, sono alleate essenziali nella promozione della modalità ferroviaria: la concorrenza per le reti sta infatti nelle modalità alternative. Nel terzo millennio, nella stazione di Carlo Ghega, porta storica dell'Europa nordorientale, vengono ignorate proprio le ferrovie in grado di collaborare per offrire alla clientela quei servizi che Trenitalia si rifiuta di fare perché "c'è poco mercato". In Piazza dell'Unità d'Italia, già negli anni '20 del secolo scorso, le Fs, oltre che vendere biglietti per tutta l'Europa a Trieste Centrale, offrivano servizi completi nella logica commerciale della complementarietà e dell'integrazione (biglietto ferroviario unico e pacchetti turistici). Oggi Trenitalia è giunta addirittura a separare il contratto di trasporto regionale da quello a lunghe distanze con distinti biglietti, in una vera e propria regressione culturale che conferma un preoccupante allontanamento dal mondo della mobilità e della logistica: anche per le merci, le Fs hanno rinunciato alle tariffe dirette internazionali, privandosi del fondamentale strumento informativo e promozionale, che porta il cliente a rivolgersi a un unico interlocutore ferroviario operante a livello nazionale, in contrasto con l'esigenza di avere una rete di vendita capillare nel territorio, se si punta seriamente allo sviluppo dell'attività anche nel settore cargo.

luigi.bianchi10@tin.it
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 maggio 2011

 

 

SEGNALAZIONI - Odori della Siot - replica

 

Obiettivo primario della Siot è risolvere, con un sistema adeguato, il problema delle emissioni odorigene dai propri impianti, nell'interesse di tutti e, in particolare, dei residenti. Per questo, la Società valuta tutte le possibilità di abbattimento delle emissioni, anche mediante l'installazione di un impianto pilota già impiegato in Italia in un parco serbatoi di dimensioni più piccole. La prima fase del test, eseguita alla presenza dei tecnici dell'Arpa, si è conclusa pochi giorni fa e siamo in attesa di ricevere il relativo rapporto prima di proseguire la verifica al fine di determinare l'efficacia del trattamento in uno stabilimento di grandi dimensioni come il nostro. Inoltre, negli ultimi anni, sono stati fatti investimenti cospicui per mantenere alto lo standard tecnologico dell'intero impianto, installando sistemi all'avanguardia sia al Terminale Marino, sia al Parco Serbatoi. Siamo consapevoli del disagio che gli odori creano ai residenti nelle immediate vicinanze del Parco Serbatoi ed è nostra intenzione trovare al più presto una soluzione per alleviare i fastidi olfattivi. Ma nello stesso tempo ribadiamo che le emissioni odorigene non sono dannose per la salute e non rappresentano alcun rischio per la popolazione. La gestione responsabile delle tematiche quali la sicurezza, l'ambiente e la salute è da sempre e rimane priorità assoluta per la nostra Società; desideriamo pertanto continuare ad operare con massima trasparenza e in stretta collaborazione non solo con l'Amministrazione Comunale di San Dorligo della Valle ma anche con altre istituzioni coinvolte. Con l'occasione ringraziamo il consiglio provinciale per l'opportunità di confronto che ci ha permesso di ribadire il nostro impegno e serietà nel gestire un'attività che, anche in considerazione delle ricadute economiche sul territorio, è essenziale per la portualità e per il tessuto industriale della Provincia di Trieste.

Ulrike Andres direttore generale della Società Italiana per l'Oleodotto Transalpino S.p.A.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI', 17 maggio 2011

 

 

Porto Tolle, Prestigiacomo bocciata
 

Si allontana la possibilità che la vecchia centrale Enel di Porto Tolle (Rovigo) venga riconvertita a carbone. Il Consiglio di Stato ha annullato infatti oggi il decreto con cui il 29 luglio 2009 il ministero dell’Ambiente aveva dato parere positivo alla Valutazione d’impatto ambientale del progetto. Atto formale siglato dal ministro Stefania Prestigiacomo, ma che aveva preso il via nel lontano 2005 sotto la gestione di Alfonso Pecoraro Scanio ottenendo dall’esponente verde nel 2007 un ok condizionato ad una serie di migliorie nel controllo delle emissioni di ossido di zolfo e particolato.
La sentenza della Sezione sesta del supremo organo della giustizia amministrativa accoglie il ricorso presentato da Wwf, Greenpeace, Italia nostra, operatori turistici, alberghieri e di stabilimenti balneari, associazioni di pescatori e comitati cittadini, ribaltando il parere dato in primo grado dal Tar del Lazio lo scorso giugno.
La notizia è stata accolta con soddisfazione dagli ambientalisti. “Viene travolto anche il provvedimento del ministero dello Sviluppo economico con cui si autorizza la costruzione dell’impianto”, esulta Matteo Ceruti, l’avvocato che rappresenta tutti i ricorrenti “Siccome – precisa ancora il legale – sulla base del codice ambientale, il presupposto per la costruzione di un progetto è che ci sia il parere favorevole della Via, con l’annullamento di tale provvedimento viene caducato anche quello successivo del ministero dello Sviluppo economico di concerto con il ministero dell’Ambiente emesso a inizio anno” che autorizzava la costruzione della centrale.
E’ stata “battuta quindi la tesi dell’Enel secondo cui la centrale a carbone sarebbe meno inquinante di una equivalente centrale a gas, grazie ai camini più alti che abbassano le concentrazioni al suolo degli inquinanti”, commenta soddisfatta Greenpeace. “Il carbone – ricorda Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia – è il peggior killer del clima del pianeta. Non è possibile ritenerlo ambientalmente compatibile con nulla, men che meno con una zona fragile come il Delta del Po”.
“La tecnologia a “carbone pulito” – sottolinea il Wwf – è così definita perché questi impianti sono dotati di desolforatori e di denitrificatori; si tratta in realtà di sistemi che permettono di abbattere solo una parte delle sostanze inquinanti quali gli ossidi di zolfo e di azoto che comunque continuano ad essere sempre nettamente superiori rispetto a quelle di una centrale di pari potenza a ciclo combinato a gas”.
Recrimina invece l’azienda elettrica: “L’Enel prende atto con stupore della sentenza del Consiglio di Stato”e “in attesa di conoscere le motivazioni della sentenza ricorda che questa decisione rischia di cancellare un progetto necessario per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici del Paese e per la riduzione del costo finale dell’energia, progetto che vedeva un investimento da circa 2,5 miliardi di euro e oltre 3.000 posti di lavoro per i 5 anni necessari a costruire l’impianto e che avrebbe migliorato di molto l’ambiente con l’utilizzo delle più avanzate tecnologie di abbattimento di fumi e inquinanti”.
La storia dell’impianto di Porto Tolle è lunga è travagliata. Lo scorso gennaio la Corte di cassazione aveva confermato infatti in via definitiva le condanne inflitte agli ex manager dell’Enel Luigi Tatò e Paolo Scaroni per i danni ambientali prodotti dalla centrale durante la sua fase di attività ad olio combustibile.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 17 maggio 2011

 

 

Fotovoltaico, serve un piano per tutelare il centro storico
 

Pochi i progetti bocciati, ma il rischio c'è. Rinaldi: «Le regole giovano, come per i "déhors"».Trieste tace, Duino accetta
Per fortuna, anche grazie all'aiutino economico ma non solo, siamo diventati tutti molto fotovoltaici, abbiamo finalmente capito che cosa sono le energie alternative, ma non per questo gli impianti sui tetti si possono buttare là quasi in bella mostra, specie se deturpano. La discrezione è sempre una gran dote, in questo caso è un obbligo per non cadere nell'orrore fotocopia di antenna selvaggia, e in tutti i casi è da salvaguardare non solo l'ecologia termica. Le case e i centri storici proclamano il diritto alla propria dignità architettonica. Soprattutto la esigono, perché sono legalmente tutelati come patrimonio urbanistico e storico. Per questo la Soprintendenza si è trovata a dover bocciare certi progetti, pochissimi in verità, ma sufficienti a sollevare qualche protesta. Per evitare il disagio dei singoli, però, il soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici Luca Rinaldi ha giocato d'anticipo e spedito una circolare a tutti i Comuni, invitandoli a scrivere un regolamento, concordato con l'ente di tutela del patrimonio, così da dare la massima garanzia di comportamento a ogni cittadino. Il Comune di Trieste non ha nemmeno risposto. Quando si tratta di zona cittadina in centro storico la pratica deve essere autorizzata dagli uffici tecnici (viceversa si è liberi di agire in proprio), e l'anno scorso su 25 richieste approdate in Municipio 2 hanno avuto il diniego della Soprintendenza, quest'anno su 34 domande 3 hanno incassato parere contrario (24 sono state approvate, per le altre l'iter è in corso). Chi ha incassato il «no» dovrà farsi rifare il progetto, e ripresentarlo in Comune, e il Comune lo rimanderà in Soprintendenza. Ma come agire se non è nota la regola? Anche Duino Aurisina sente il problema, solo 2 o 3 le richieste bocciate, ma l'appello di Palazzo Economo è stato invece recepito come assolutamente valido, e ha trovato il pieno assenso del sindaco Giorgio Ret: «Faremo certamente un regolamento, gli uffici stanno già lavorando a una bozza, poi lo concorderemo con la Soprintendenza, dobbiamo tutelare la bellezza di questo luogo, anche per i pannelli solari sono improponibili i "bidoni" esterni che l'impianto comporta, anzi adesso ci sono tecnologie anche migliori, ma i cittadini si fanno spesso convincere da ditte che propongono prezzi bassi». Il sindaco li ha dissuasi. Ogni giorno arrivano in Comune richieste d'installazione: ma «perché spendere poco per qualcosa di brutto, che fra breve sarà superato e non a norma? Passate le elezioni - afferma -, il progetto si completerà e il regolamento verrà reso pubblicamente noto». In questo periodo elettorale, in cui hanno avuto ordine esplicito dal ministero dei Beni culturali di non rilasciare dichiarazioni che potessero influire su materie di pubblico dibattito, le Soprintendenze hanno dovuto solo ascoltare le eventuali parole altrui, e perfino il presidente regionale Renzo Tondo (in mezzo a una sorta di campagna contro le regole di tutela nazionale del patrimonio artistico e architettonico scatenata dal Pdl) ha affermato che i soprintendenti in pratica «disturbano» bloccando il fotovoltaico. I numeri irrisori di pratiche fermate dicono il contrario, ma in ogni caso Rinaldi spiega la propria azione e la ricollega a un'altra, essa pure rimasta inascoltata con conseguente rischio per i privati, quella dei "déhors" degli esercizi pubblici: «Ho mandato una lettera a tutti gli enti locali - dice - perché non siano date autonome autorizzazioni su edifici vincolati o su aree tutelate come bene paesaggistico, si parla insomma dei centri storici. È bene che i Comuni concordino delle linee-guida con la Soprintendenza, in modo che poi i cittadini sappiano come agire senza scontrarsi con antipatici stop alla loro pratica edilizia». Dal Comune di Trieste silenzio, Gorizia e Pordenone hanno già il loro vademecum. Trieste ha fatto silenzio, anche se più volte sollecitata, anche per il "piano déhors" e infatti un paio di proposte di locali dietro piazza Unità sono state fermate con richiesta di correzione.
Gabriella Ziani

 

 

A Cattinara una centrale di risparmio energetico che produrrà calore - IL PIANO DI INTERVENTI FINO AL 2012
 

Al via anche i lavori per Pronto soccorso e Radioterapia al «polo tecnologico» del Maggiore dopo la demolizione su via Stuparich
Una centrale di risparmio energetico, il trasferimento di Medicina nucleare dal Maggiore a Cattinara, interventi di sicurezza antincendio (visto che, come più volte denunciato, le due torri non sono a norma a causa delle scale troppo strette), il nuovo lotto d'interventi proprio al Maggiore con la costruzione entro un anno del nuovo Polo tecnologico in via Stuparich: il dibattito sul futuro di Cattinara è tutto aperto, ma intanto l'Azienda ospedaliero-universitaria procede con altri interventi. In ballo comunque milioni di euro. Il problema delle scale troppo strette rispetto alle norme del 2002 è ben noto, ma non potendole rifare (altri sono i criteri di sicurezza antincendio messi in atto, anche con prove di evacuazione in presenza di fumo, che però non possono movimentare i pazienti) almeno si sono ridipinte. «E per la prima volta dall'inaugurazione delle due torri» dicono il direttore generale Francesco Cobello e il direttore tecnico Elena Clio Pavan. Spesa di 45 mila euro. Ma intanto è in corso la costruzione di una centrale di cogenerazione, che viene pagata in ottemperanza ai criteri dell'appalto iniziale dalle ditte che hanno in "global service" i servizi tecnici. Costo: 1 milione e 800 mila euro. «Col metano - spiega Clio Pavan - si produrrà anche energia per il riscaldamento, un risparmio del 60% della perdita di calore, una fornitura del 30% di quello necessario, e soprattutto un forte "risparmio ambientale"». Ma, soprattutto, parte entro l'estate il grande restauro che porterà nel 2012 la Medicina nucleare a Cattinara, fra le cure «per acuti», dov'è adesso la presidenza della facoltà di Medicina, che si trasferisce nella zona ambulatori. Il costo di questo intervento sarà di 3 milioni e 700 mila euro. Intanto all'ospedale Maggiore il cantiere si è riaperto là dove è rimasto il «buco» della demolizione , su via Stuparich. È l'ultimo lotto di lavori finanziati del megarestauro. «Abbiamo dovuto rivedere il progetto - spiega il direttore tecnico - per le nuove norme antisismiche». Ma l'intero nuovo «polo tecnologico» si prevede terminato già a fine 2012. Conterrà la Radioterapia («con 3 "bunker" sotterranei»), 4 sale operatorie con 8 posti di terapia intensiva, il Pronto soccorso e annesso Centro prime cure, e una Radiologia, e 20 posti letto per la chirurgia senza ricovero. L'altezza sarà pari a quella dello storico quadrilatero, 4 piani, più uno interrato. Il Pronto soccorso, stanti le pendenze del terreno, verrà a trovarsi al primo piano su via Gatteri, dove avrà l'ingresso. Nuovi parcheggi saranno ricavati nelle aree interne, anche per i disabili, adesso che c'è il park di via Pietà. Invece per l'ultimo lotto dell'antico quadrilatero, su via Pietà, compreso il Centro tumori, è punto interrogativo sui finanziamenti.

(g. z.)
 

 

MIRAMARE - I COLIBRI' ASPETTANO
 

Mentre nel castello piove, all'interno del Parco di Miramare un grande punto interrogativo continua ad accompagnare la quotidianità dei colibrì, il cui destino nei mesi scorsi è diventato un caso governativo. Non si sa infatti ancora quando avverrà il loro previsto trasferimento a Bordano. Si sa da tempo ormai che la nuova dimora sarà quella della Casa delle farfalle, ma sulle tempistiche del trasloco fin qui nessuna novità. La fornitura di luce, calore e acqua per tenerli in vita a Miramare è stata ulteriormente prorogata almeno fino alla fine di agosto.
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 16 maggio 2011

 

 

REFERENDUM NUCLEARE - Plebiscito contro l'atomo - Alle urne il 60% dei sardi
 

Alta affluenza alla consultazione regionale, quasi unanime il no al ritorno delle centrali. Esulta l'opposizione, soddisfazione di Cappellacci: "Non accettiamo decisioni calate dall'alto" di
In un paese lacerato dalle elezioni, l'unica nota unificante è stata il nucleare. Il plebiscito sardo di sì anti atomo ha fatto registrare un coro di applausi che sull'isola è stato bipartisan: prima per l'alta affluenza alle urne (6 elettori su 10 hanno risposto al quesito referendario), poi per i risultati (i sì superano di gran lunga il 90 per cento.

I primi a congratularsi per questo anticipo di referendum sono stati gli ambientalisti e i partiti che hanno sostenuto la prova referendaria. "Il risultato clamoroso conferma la forte consapevolezza dei cittadini, ha dichiarato il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza. "Nonostante il silenzio di molti media, l'enorme affluenza al voto in Sardegna conferma la volontà dei cittadini di partecipare concretamente alle scelte per il proprio futuro non solo energetico".
"Ora l'incubo nucleare va abbandonato, insieme ai trucchetti per riproporlo tra due anni: gli italiani hanno il diritto di votare al referendum del 12 e 13 giugno per spazzare via ogni velleità di riaprire le centrali", ha aggiunto Stefano Leoni, presidente del Wwf. I Verdi hanno parlato di "vittoria nonostante il bavaglio", mentre per la responsabile ambiente del Pd, Stella Bianchi, "il messaggio è arrivato chiaro e forte". E per il portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando "il raggiungimento del quorum dimostra che la scelta nuclearista del governo è scellerata ed errata".
Ma anche il centro destra sardo, su posizioni diametralmente opposte a quelle di Palazzo Chigi, festeggia e chiede al governo una svolta sul piano energetico. "Sono fiero della coesione della Sardegna capace di dare una prova di unità di fronte a una scelta da cui dipende il nostro futuro", ha commentato il presidente della Regione Ugo Cappellacci. "La percentuale di sì va oltre ogni aspettativa e rappresenta un record rispetto alle più recenti consultazioni referendario. Ora si deve giocare la partita del modello alternativo per far arrivare le rinnovabili al 40%, mentre un 30% dovrà venire dal metano, un 10% dal carbone pulito e solo un 20% da fonti tradizionali".
ANTONIO CIANCIULLO

 

 

Kyoto: obiettivo raggiunto grazie alle rinnovabili - Rinnovabili al 27 per cento
 

Era una maratona, lo sapevamo e non ci si può distrarre alla fine. Per molti anni la parola Kyoto è stata associata a una battaglia che entusiasmava alcuni e faceva inorridire altri. C’era chi riteneva che fissare un obiettivo internazionale vincolante per la riduzione delle emissioni serra fosse un banco di prova per la capacità dell’homo sapiens di sopravvivere alla propria intelligenza, di auto correggere il percorso industriale che stava modificando il clima a vantaggio delle zanzare e a svantaggio degli umani. E c’era chi riteneva che l’obiettivo del protocollo del 1997 (estremamente ridotto sul piano numerico) e le modalità (estremamente ambiziose sul piano del diritto) appartenessero alla categoria della retorica che nulla produce.
Bene, siamo arrivati al traguardo (fissato per il periodo 2008 – 2012) e vale la pena tirare le somme. A livello globale la partita resta aperta e le difficoltà di rinnovare un impegno su scala più allargata si sono fatte sempre più evidenti: i tempi della terapia climatica si allungano e le zanzare sperano. Ma l’Italia offre, inaspettatamente, un motivo di speranza. Nonostante le incertezze della mano pubblica, che in Germania ha saputo indirizzare l’economia e in Italia resta schiava dei sondaggi pronto consumo, il paese ha raggiunto e superato gli obiettivi di Kyoto. Dovevamo tagliare le emissioni serra del 6,5 per cento rispetto ai livelli del 1990 e siamo a meno 6,8 (includendo le riduzioni derivanti dagli assorbimenti forestali e dai certificati derivanti dai meccanismi flessibili come previsto dal protocollo di Kyoto).
Come è successo? Grazie soprattutto all’aumento dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. Lo spiega l’ultimo studio della Fondazione per lo sviluppo sostenibile presieduta dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi: “La decarbonizzazione della produzione di energia elettrica è in atto da diversi anni in Italia, grazie ai miglioramenti tecnologici, alla progressiva sostituzione dei prodotti petroliferi con il gas naturale (fuel switch) e, negli anni più recenti, alla crescita del contributo delle fonti rinnovabili. Ma nel 2010 l’aumento della richiesta di elettricità rispetto all’anno precedente, pari a circa 6 TWh, si è associata ad un calo delle emissioni perché è stata soddisfatta grazie alla crescita della produzione con fonti rinnovabili, che hanno raggiunto il 22,3% del consumo interno lordo. A ciò è corrisposta una sostanziale stabilità della produzione termoelettrica da combustibili fossili, cresciuta solo di circa 0,7 TWh. Anche questo limitato incremento non ha prodotto un aumento delle emissioni perché è stato accompagnato da un miglioramento del mix di combustibili fossili che hanno alimentato la generazione elettrica: a fronte di un aumento dell’utilizzo di gas naturale (+4,4%), infatti, sono diminuiti i prodotti petroliferi (-33,8%) e i combustibili solidi (-4,1%) impiegati per produrre elettricità. Rispetto al 1990, quando per ogni MWh prodotto venivano emesse circa 0,59 t CO2, le emissioni specifiche si sono ridotte di oltre il 30%, arrivando nel 2010 ad un valore vicino a 0,40 t CO2/MWh” .
Il merito principale per la riduzione delle emissioni serra va attribuito al settore industriale che, avendo una capacità di manovra maggiore rispetto ai settori che richiedono stabilità delle scelte politiche, ha saputo orientarsi in direzione del risparmio economico, cioè dell’efficienza. Tanto che da un paio di decenni è stato scavalcato, dal punto di vista dei consumi energetici, dal trasporto, penalizzato dalla scelta irragionevole a favore della gomma. Tra il 1990 e il 2010 i consumi energetici nel settore industriale sono diminuiti di circa il 13%, mentre in tutti gli altri settori sono cresciuti.
Nel 2010 nemmeno l’effetto di rimbalzo dopo la picchiata della crisi – nota il rapporto – è riuscito a modificare sostanzialmente il trend positivo: rispetto al 2009 si stima un leggero incremento delle emissioni di gas serra (0,8%), ma l’aumento delle emissioni è comunque inferiore a quello dei consumi energetici.
Certo, abbiamo ancora formidabili sprechi energetici negli edifici e la mancanza di investimenti in infrastrutture moderne di trasporto pubblico urbano rappresenta un pesante fardello per la competitività del paese. Inoltre i continui colpi di freno del governo, che in più di un’occasione ha cancellato retroattivamente gli impegni presi a sostegno dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili, disorientano i cittadini e colpiscono gli investitori. Ma se, nonostante tutto ciò, siamo riusciti a raggiungere gli obiettivi di Kyoto, cosa potremmo fare se avessimo un governo capace di guardare oltre la prossima tornata elettorale?
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 15 maggio 2011

 

 

La Tav alternativa è subacquea - L'architetto De Simone propone tratti sottomarini a fianco di Costiera e laguna di Grado e Marano
 

Un superesperto di tunnel e trasporti Lavora per il colosso norvegese Nordconsult
Nativo del Salento, ma padovano di adozione, Fernando De Simone si è laureato in Architettura a Venezia e si è poi specializzato a Oslo in Costruzioni sotterranee, sottomarine e trasporti. «Ho la residenza a Padova - afferma - ma vivo in realtà in giro per il mondo dove c'è qualche tunnel da costruire». Lavora per la Norconsult, il principale gruppo ingegneristico norvegese e uno dei primi al mondo che si avvale di una schiera di 1.300 collaboratori tra ingegneri, geologi e architetti e per la Tec-tunnel che ha realizzato il collegamento Malmoe-Copenhagen. La Norconsult detiene il record mondiale per il tunnel più profondo: l'Hitra tunnel corre 264 metri sotto il mare del Nord. Il tunnel ferroviario sottomarino più lungo del mondo è quello di Seikan in Giappone che misura 53,8 chilometri, mentre quello sotto la Manica misura 49,9 km. Il tunnel automobilistico sottomarino più lungo è il Laerdal tunnel con 24,5 km. s.m.
di Silvio Maranzana wTRIESTE Nelle pianure veneta e friulana per lunghi tratti in galleria. Non così, al contrario di quanto previsto dal progetto Rfi/Italferr, in provincia di Trieste dove i treni dovrebbero invece correre sotto il mare. È la Tav subacquea proposta dall'architetto Fernando De Simone. «Scavare sotto il Carso rappresenta un'incognita enorme - sostiene De Simone - si rischiano frane e conseguenti deviazioni forzose e impreviste del tragitto con forti aggravi di spesa e di tempo». In base al progetto originario, dei 23 chilometri e 345 metri di tragitto previsti entro i confini provinciali, ben 21 chilometri e 669 metri dovrebbero svilupparsi in galleria. Un'operazione rischiosa secondo quanto già denunciato dal Wwf: «Facendo un tunnel di neanche 3 chilometri per la Grande viabilità triestina ci si è imbattuti nella Grotta impossibile. Cosa succederà se si dovrà scavare per oltre 21 chilometri?» Ecco spuntare allora l'alternativa sottomarina. «Molto più agevolmente - sostiene De Simone - un tunnel può essere realizzato sotto il livello del mare. Proprio a perpendicolo sotto la sede della strada costiera triestina, se gli studi evidenzieranno che ciò è possibile. Se così non fosse, appena al largo della costa perchè in quella zona l'acqua è profonda non più di 10-15 metri. Si tratta di scavare cinque metri sotto il mare, in particolare per realizzare un tratto lungo poco più di 20 chilometri che unirebbe Monfalcone a Trieste: una sorta di tunnel sotto la Manica in formato ridotto, o simile a quello parzialmente sottomarino che unisce Copenhagen a Malmoe. In questa galleria subacquea i treni potrebbero viaggiare a una velocità costante di 120 all'ora evitando le frenate "terrestri". Il progetto Rfi/Italferr rivela infatti come i treni lanciati a 250 orari fin quasi a Ronchi dovrebbero quasi "inchiodare" ad Aurisina scendendo fino a 60 all'ora in corsipondenza con una serie di interconnessioni che li porterebbero poi a inserirsi nell'attuale circonvallazione ferroviaria triestina. L'alternativa De Simone prevede un percorso lungo la linea di costa anche in Veneto e in Friuli con altri due brevi segmenti che "affonderebbero" in acqua rispettivamente nella laguna di Venezia e in quella di Marano. I treni dell'Alta velocità non avrebbero fermate intermedie tra Mestre e Trieste. Ma le stazioni di Mestre, Tessera, Jesolo, Caorle, Lignano e Ronchi sarebbero dotate di un binario bypass che permetterà sulla stessa linea tra un treno Alta velocità e l'altro l'inserimento di vetture merci dell'Alta capacità e quelle di una metropolitana». «La spesa complessiva - afferma De Simone - supererebbe di poco i 5 miliardi di euro, contro i 7,5 a causa del percorso più lungo di quella relativa al progetto originario. Se si mettessero a operare in contemporanea due squadre robuste: una da Mestre e una da Trieste, i lavori potrebbero durare solltanto quattro anni». La proposta alternativa è stata inviata ai governatori del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo e del Veneto, Luca Zaia, oltre che ad alcuni sindaci. Finora nessuna risposta.
 

 

SEGNALAZIONI - Prima i funghi adesso le gru

 

A Barcola, sulle colline sopra il porticciolo del Cedas, una volta spuntavano funghi porcini. Invece in questo periodo, al posto dei funghi, sono spuntate alcune gru, e con esse la devastazione del nostro territorio. Il piano regolatore, che prevede di edificare in Carso e sulla Costiera migliaia di metri cubi di cemento, è stato approvato dalla giunta di centro-sinistra nel 1997, ed è stato riconfermato nel corso degli anni dalla giunta di centro-destra.

Alessio Vremec

 

 

Addio a Comida, che scriveva con la fantasia di un ragazzo
 

Michele Crismani, l'adolescente protagonista di un ciclo di fortunati romanzi era contagiato dalla sua stessa, grande passione per i libri e per i fumetti
Si è spento la scorsa notte a Trieste lo scrittore Luciano Comida. Nato nel 1954, aveva legato il suo nome a un personaggio di grande successo nel mondo della letteratura per ragazzi, Michele Crismani.

A vederlo, così, per strada, dava più l'idea di un personaggio contemplativo, più che di uno scrittore, barba bianca, sandali, occhi profondi e dolci e quell'aria un po' démodé, lenta e profonda. Luciano Comida, l'autore triestino conosciuto ai più per la saga dei fortunati racconti di Michele Crismani, è scomparso la scorsa notte, a Trieste. Una notizia difficile da mettere a fuoco, certo la morte lo è sempre, ma per chi abbia conosciuto l'opera di questo scrittore è inevitabile associare Comida ai suoi giovani personaggi. D'altra parte lui stesso aveva confessato che il suo protagonista, Michele Crismani, non era altri che Luciano Comida adolescente, sostenuto dalle stesse passioni (quella di Dylan Dog, per esempio), così come era bravissimo, Luciano, a coinvolgere nel suo blog i tantissimi fan del suo protagonista. La passione per la letteratura lo portava a spostarsi di frequente, per incontrare i giovani e gli studenti di molte parti d'Italia, soprattutto nelle scuole, dove spesso teneva dei corsi di scrittura creativa. E se lo incontravi casualmente, dopo uno di questi incontri, era chiaro il suo autentico entusiasmo per queste iniziative. Lo capivi subito, dall'impegno che ci metteva nell'informarti sullo stato di salute della scuola, ma anche sulla vivace curiosità dei ragazzi, così felicemente inclini, diceva - ancora e per fortuna - a un interesse letterario. Ma il suo, quello di Luciano, è sempre stato un impegno tout court per la vita. Lo testimoniava anche con la rivista «Konrad», che ha diretto dal 2004 al 2008 per ben 43 fascicoli, lì dove riusciva a dare spazio alle voci che non ne trovavano sulle altre testate. Un impegno che travalicava i confini del territorio. Su "Konrad" si parlava anche degli operai arsi vivi nella strage della Tyssen di Torino. O del popolo Birmano, che lotta ogni giorno per la libertà e i diritti. Responsabilità civile e umana che si proiettava anche in altre iniziative editoriali, nel 2005 per esempio Comida pubblicò un libro sulla prevenzione del suicidio giovanile. Quello dei giovani era un mondo che lo coinvolgeva in tutto e per tutto, non solo negli aspetti più estetici, come la letteratura, appunto, ma anche e soprattutto nell'attenzione a una delicata fase di formazione, lì dove talvolta anche le prime delusioni possono essere fatali. I giovani, il loro mondo interiore, il loro sguardo rispetto all'altro, al diverso (e per "diverso" si intende anche un genitore), erano i temi dei suoi libri, dove spesso emergeva la figura del padre, mettendo in luce lo scarto generazionale, ma anche la possibilità di una comprensione, di un'autentica intesa nonostante la distanza e l'inerzia della vita quotidiana. Comida spesso non si tirava indietro in fatto di buona educazione, con la levità di una scrittura che gli permetteva di non fare la figura del pedante (o del pedagogo). Non ha mai risparmiato lezioni di buon senso, nei suoi tanti volumi dedicati a Michele Crismani, per esempio nel ridimensionare il diritto al cellulare a una generazione decisamente troppo impaziente. Era anche capace di leggerezza, Luciano, leggerezza e ironia che non di rado ci restituiva in poesia. Non solo con i libri dedicati alla letteratura per i più giovani (pubblicati per lo più da Einaudi Ragazzi e da El), ma anche con i suoi testi per adulti. Uno tra tutti "Lesioni lievi" (Battello Stampatore), un'esilarante sceneggiatura amorosa di un abbandonato (a causa di un terzo, come spesso accade), dove Comida ha dimostrato tutta la sua capacità di destrutturare il dolore, con levità e intelligenza, mettendoci di fronte allo specchio (tragicomico) che tutti abbiamo attraversato. Chissà, forse anche un po' per quel suo aspetto meditabondo, Comida aveva fatta sua una certa saggezza, diceva di aver imparato a godere di una cosa per volta: «La mente è come una grande casa con tutte le stanze illuminate - ripeteva - ho imparato a tenere accesa una stanza per volta e vivo intensamente il tempo presente». Forse s'è spenta l'ultima luce, ma non del tutto. Rimangono le sue invenzioni creative, quel giovane adolescente che in "Vita privata avventure e amori di Michele Crismani", ha sicuramente formato una generazione di lettori. E lo ha fatto riuscendo a proiettarsi nei tremori e stupori di chi inizia a recepire la bellezza di un mondo che si schiude. Ecco perché Luciano Comida, classe 1954, non potrà che essere ricordato come un uomo giovane.
MARY B. TOLUSSO

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 14 maggio 2011

 

 

Allerta in Alto Adriatico per gli sciami di meduse
 

In questi giorni osservata una "invasione" tra Duino e Miramare L'Aurelia aurita non è però (quasi mai) urticante al contatto con la pelle
TRIESTE C'è Turritopsis, capace di ringiovanire nel corso della sua vita. C'è Rhizostoma, amata dai gourmet cinesi per il forte sapore. C'è quella allevata per il collagene e quella che fa tendenza perché entra nei raffinati piatti dello chef catalano Carme Ruscalleda, cinque stelle Michelin, che propone julienne e risotto di medusa. Ai bagnanti, però, interessano le meduse pericolose, che possono sciabolare gambe e braccia con i loro piccoli organi urticanti (o nematocisti), estroflessi da cellule specializzate dette cnidocisti. Da oltre un decennio compaiono periodicamente, in sciami numerosi, anche nei mari della Penisola. In aprile Paola Del Negro, dell'Ogs, ha osservato un banco di Aurelia aurita di fronte al Golfo di Venezia mentre è dell'altro ieri l'avvistamento di uno sciame di quasi 200 mq di Aurelia, filmato da Saul Ciriaco della Riserva marina di Miramare, di fronte ai laboratori a mare dell'Ogs. Alcune delle specie più comuni in Adriatico - come Aurelia aurita, con il suo quadrifoglio visibile sul cappello di 10-25 cm, e Rhizostoma pulmo, la "dama bianca" delle meduse locali, che può raggiungere i 60 cm - sono di casa nel Golfo di Trieste. Non sono, o quasi, urticanti e non sono mai stati registrati decessi causati dal loro contatto con la pelle dell'uomo. Episodi più gravi si sono verificati lungo le coste tirrenica e ligure: lo scorso anno, in Sardegna, una donna è morta per choc anafilattico in seguito al contatto con una specie urticante. Ma ogni anno nel mondo si contano milioni di casi di lesioni, 150-200mila nel solo Mediterraneo. «In realtà le specie pericolose in Mediterraneo sono tre o quattro: Pelagia, Chrysaora e Physalia»" precisa Nando Boero, docente all'Università del Salento che nel 2009 ha lanciato l'iniziativa Occhio alla medusa, nata da una collaborazione tra l'Università del Salento-Conisma, Ciesm, Commissione scientifica per il Mediterraneo e la rivista "Focus". Questo osservatorio permanente è aggiornato dalle segnalazioni inviate da cittadini di buona volontà (per la mappa delle osservazioni: http://www.focus.it/meduse/la-mappa-degli-avvistamenti---online.aspx). Tutti vi possono partecipare. «Per evitare il contatto è importante conoscerle - aggiunge Boero - e iniziative come le periodiche e regolari segnalazioni del vostro giornale ("Il Piccolo", ndr) ci hanno aiutato anche a stilare una tesi di laurea che ne ricostruiscono gli spostamenti». Le meduse, ma sarebbe meglio chiamarle plancton gelatinoso, resistono bene anche a variazioni contenute di temperatura, a scarsità di cibo e a qualche inquinante. E per difendersi cambiano aria o meglio acqua: salgono e scendono in colonne verticali finché trovano un ambiente migliore. «Diversi siti lungo le coste italiane e dalmate ma anche turche o tunisine, ospitano popolazioni permanenti di meduse» dice Stefano Piraino, docente di Evolution and Development all'Università del Salento e coordinatore di un gruppo di ricerca dedicato alle meduse, nell'ambito del progetto europeo "Vectors", che intende studiare l'influsso dei fattori antropici e ambientali sugli ecosistemi marini. «La Laguna di Varano in Italia, Meleda (vicino a Ragusa, in Croazia) e il Lago di Butrinto (in Albania) - prosegue Piraino - sono diventati luoghi ideali di popolamento e diffusione. Altrettanto ospitali sono i relitti sommersi o le scogliere frangiflutti di cui l'Adriatico è pieno, che spesso ospitano un numero di piccoli polipi (uno degli stadi giovanili adeso a un substrato) capace di ripopolare l'intero Mediterraneo». La loro straordinaria resilienza, complici anche le politiche di sfruttamento marino dell'uomo, sta determinando un successo senza pari, simile a quello del ratto sulla terra ferma. Aggiunge Boero: «Stiamo passando da una condizione in cui i mari sono popolati da pesci, a quella in cui saranno sempre più popolati da meduse». Proprio Boero, anni fa, ha individuato una nuova specie di medusa e l'ha chiamata Phialella zappai, in onore di Frank Zappa. E questi, prima di morire, ha ricambiato la gentilezza dedicando a Boero la canzone "Lonesome Cowboy Nando", nel suo Cd "You Can't Do that on Stage anymore".

Cristina Serra
 

 

Meduse - Inquinamento, tra le cause della loro proliferazione - GLI ESPERTI
 

TRIESTE «Quelle che stiamo vedendo in questo periodo dell'anno sono meduse che non ci danno fastidio, non sono urticanti ma purtroppo hanno un alto impatto sull'ecosistema marino». Paola Del Negro è ricercatrice dell'Ogs di Trieste, poche settimane fa ha partecipato a una campagna oceanografica nell'Adriatico Settentrionale del Cnr. Cosa avete osservato? Da Ravenna al Golfo di Trieste ci siamo più volte imbattuti in banchi molto fitti di Aurelia-aurita, specie di piccole dimensioni che si riproducono specie quando la temperatura è fredda e che scompaiono se l'acqua si riscalda. Le troviamo spesso anche sottocosta in questi giorni, tuttavia non dobbiamo preoccuparci perché non sono urticanti. Quale la causa della proliferazione? In tutto il Mediterraneo stiamo assistendo a un incremento preoccupante degli organismi gelatinosi: oltre alle meduse ci sono i ctenofori, salpe e idrozoi. I motivi sono vari, tra cui l'innalzamento della temperatura terrestre e la diminuzione dei predatori in mare. L'ecosistema ne risente: le meduse si alimentano molto e sottraggono cibo alle larve dei pesci. Quali sono le specie urticanti che possiamo trovare nell'Adriatico e nel Golfo di Trieste? La più frequente è la Cris Ahora-hysoscella, ha l'ombrello marrone a spicchi. È lievemente urticante. La peggiore è la Pelagia noctiluca ma è davvero rara dalle nostre parti.

Gianpaolo Sarti
 

 

«Vigili del fuoco in difficoltà a causa dei tagli alle risorse» - MANIFESTAZIONE DELLA UIL
 

Sensibilizzare la popolazione e i rappresentanti politici sulle crescenti difficoltà che il Vigili del fuoco affrontano nell'attività di salvaguardia e prevenzione dei rischi, a fronte dei preventivati tagli dei contributi da parte della Regione. Con questo scopo la Uil Vigili del fuoco è scesa in piazza, affermando che «si tratta di una situazione tanto drammatica quanto poco nota, aggravatasi di recente a causa degli ulteriori tagli nella manovra finanziaria». Il personale dei vigili del fuoco preposto a garantire gli interventi di soccorso, afferma la Uil, non è più in grado, allo stato attuale, di far fronte con efficacia alle emergenze, e assicurare così la necessaria protezione agli operatori e alla popolazione, specie in considerazione delle peculiarità territoriali del Friuli Venezia Giulia riguardo ai rischi antropici (sismicità, vicinanza a impianti industriali ad alto rischio, presenza di un porto industriale a forte transito). «A causa dell'inadeguatezza delle procedure di prevenzione - sostiene sempre il sindacato - della carenza di mezzi e di risorse, dell'esiguità del personale e della mancata idoneità delle norme del contratto nazionale, non si ravvisano le condizioni minime necessarie a permettere al personale di soccorso di operare in sicurezza».
 

 

A Ponziana nasce l'orto di quartiere solidale e "no Ogm" - SUL PONTE SOPRA VIA ORLANDINI
 

Un orto "no Ogm" sul ponte di Ponziana. L'infrastruttura è quella di cemento che taglia perpendicolarmente via Orlandini, da quando il complesso di palazzine popolari ha sostituito le vecchie casette dei cantierini. Sulla superficie asfaltata del cavalcavia pedonale è stato allestito il nuovo "Pont'Orto" che, dopo la festa di mercoledì pomeriggio, verrà inaugurato oggi a partire dalle 11, con tanto di pranzo di quartiere e spettacolo teatrale. Complessivamente una cinquantina di piante, seminate su cassonetti di terra ricavati da materiale di riciclo. Per realizzarlo, i ragazzi dell'adiacente Casa delle Culture sono andati a recuperare i bancali del mercato ortofrutticolo. Secchi e vasi, invece, sono stati presi direttamente in discarica. I cassonetti sono stati disposti lungo il ponte, sotto teli di plastica che non lasciano disperdere l'acqua. E alla fine il ponte è diventato un orto all'aperto grande una decina di metri quadri. Pomodori, melanzane e ravanelli, ma anche basilico, salvia e rosmarino. Non poteva mancare il mais, rigorosamente "no Ogm". A curare l'orto di quartiere, Francesca Bottai, triestina di 24 anni che ha deciso si investire sul suo pollice verde visto il periodo di disoccupazione che sta attraversando. L'iniziativa non rimanda solo alla "lotta" agli Ogm intrapresa dall'associazione Ya Basta. É anche un tentativo «per spezzare la catena della grande distribuzione ampliando il concetto dei gruppi d'acquisto solidale», spiega l'attivista Luca Tornatore: «Attraverso questa pratica concreta vorremmo contribuire a sviluppare anche a livello cittadino e regionale una rete di "gas", che per loro natura fanno difficoltà a diffondersi su larga scala. Mettendo in rete i produttori locali con gli esercenti di quartiere, si potrebbe riuscire a rispondere meglio ai bisogni degli abitanti, senza dover ricorrere alla grande distribuzione».

(el.pl.)
 

 

Contributi al "Miani", Fogar a giudizio - PROCESSO - Assolto dal reato di truffa
 

Il candidato sindaco de "La tua Trieste" accusato di aver pagato l'assicurazione e dei francobolli con soldi pubblici
«Il fatto non sussiste». Con questa formula un paio di mesi fa Maurizio Fogar è stato assolto dal giudice Giorgio Nicoli dalle accuse di truffa e falso. Secondo l'esposto presentato in Procura da Giorgio De Cola, il presidente del Circolo Miani avrebbe fatto apparire alla Regione l'esistenza di una vita sociale all'interno del circolo con ruoli direttivi determinati e precisi. Ruoli che a detta del denunciante non esistevano. Il processo ha invece dimostrato che il Miani aveva una vita interna, per quanto informale.
di Claudio Ernè Sarà processato in aula il prossimo 5 giugno Maurizio Fogar, candidato sindaco nelle elezioni comunali di domani e lunedì per "La tua Trieste - Comitati di quartiere". La notizia è emersa ieri a margine dell'udienza in cui sono stati assolti tutti gli imputati del processo delle mense comunali. Fogar, punto di riferimento storico del circolo "Ercole Miani", dovrà rispondere di malversazione e truffa, così come ha disposto il giudice dell'udienza preliminare Luigi Dainotti che ha accolto la richiesta del pm Federico Frezza. In dettaglio l'esponente dell'"antipolitica" cittadina avrebbe usato indebitamente denaro proveniente dai contributi regionali per acquistare francobolli da collezione e per pagare l'assicurazione del "fuoristrada" peraltro intestato allo stesso circolo "Ercole Miani". Inoltre, secondo gli accertamenti della Guardia di Finanza Maurizio Fogar avrebbe aggiustato il bilancio consuntivo del circolo, in cui veniva attestato che quattromila euro provenienti dai fondi regionali erano stati versati al segretario Ferruccio Diminich. Per l'accusa la dichiarazione è falsa. Diversa, se non opposta, la tesi dell'imputato e del suo difensore, l'avvocato Guido Fabbretti che ha sempre affermato che «si tratta di un colossale equivoco e che tutto verrà chiarito». Secondo il difensore il fuoristrada usato da Fogar è intestato al circolo e il suo presidente, ora candidato sindaco, ha avuto semmai il merito di aver attivato una vecchia polizza assicurativa a lui intestata e rimasta "in sonno". Questa scelta ha consentito al Miani di risparmiare una considerevole quantità di denaro. Anche sull'acquisto con il denaro di un finanziamento regionale di francobolli da collezione per cinquemila euro emessi dalla Città del Vaticano, dalla Repubblica di San Marino, dal Sovrano Ordine militare di Malta e dalla Repubblica Italiana, le posizioni della difesa e dell'accusa divergono totalmente. Secondo la tesi difensiva dovevano essere esposti nell'ambito di una rassegna organizzata dall'allora assessore regionale Franco Franzutti per celebrare l'ingresso della Slovenia nell'Unione europea. Inoltre il Circolo "Ercole Miani" ha finalità culturali e l'acquisto dei francobolli rientra in questa attività. Per l'accusa, al contrario, l'acquisto con denaro pubblico di questi francobolli da collezione è del tutto ingiustificato. L'inchiesta che approderà all'aula del dibattimento pubblico all'inizio di giugno, era stata aperta solo un anno fa nell'ambito di una diversa indagine che aveva coinvolto Maurizio Fogar e l'attività del suo circolo. Nel mirino gli anni 2005 e 2006 per quanto riguarda l'uso dei contributi ottenuti dalla Regione. In totale centomila euro su cui hanno indagato i finanzieri.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 13 maggio 2011

 

 

Progetto Greensisam in Porto Vecchio: l'ok con le correzioni - URBANISTICA »I CAMBIAMENTI
 

Ottenuto il benestare della Soprintendenza, fra sei mesi parte il cantiere. Cinque magazzini su 37mila metri quadrati
Non solo i quadri della «piccola Biennale». Il tempo e le cose irrompono adesso in Porto vecchio. Greensisam che ha la concessione sui primi cinque magazzini a partire dal Molo IV potrebbe presto aprire il cantiere su quei 37 mila metri quadrati. «Sta per arrivare il nostro parere favorevole» dice la Soprintendenza. Ed è l'ultima carta. L'area fu data in concessione già nel 2004 (di fatto nel 2001) a Greensisam, e cioé alla società di Pierluigi Maneschi, presidente di Italia marittima, principale operatore portuale al Molo VII, che rappresenta la taiwanese Evergreen in Italia. Si tratta proprio di quella concessione, della durata di ben 90 anni, a cui per il periodo 2005-2010 nel corso del suo precedente mandato al vertice dell'Autorità portuale Marina Monassi aveva fissato un canone di 296 euro all'anno, cifra giudicata ai limiti del danno erariale dal suo successore Claudio Boniciolli. Questione finita con un ammonimento ma di fatto un'assoluzione della Corte dei conti. Una lunga e controversa storia è dunque a una svolta. Nei magazzini sono previsti centro direzionale (la sede di Italia marittima), un centro commerciale da 1500 metri quadrati su due piani, un intero magazzino a parcheggio multipiano (più un piano interrato), un albergo. Costo preventivato a suo tempo: 160 milioni di euro. Tutto adesso va bene perché tutto è stato cambiato. Sparita una grande piazza glabra e moderna alla testa del monumentale complesso, spariti gli interventi a modifica delle facciate, sparito un percorso sotterraneo illuminato da vetri a piramide che avrebbe tagliato a metà una strada interna. Cambiate anche le firme, poiché a supporto di quella del progettista e manager di Greensisam, Gennaro Albamonte, c'è adesso quella dell'architetto Fabio Assanti, dal 2007 titolare della J&T Engineering, presidente di «Expo challenge» ai tempi appunto del sogno-Expo, e tanto per completezza cugino del senatore Giulio Camber. «Dal progetto approvato solo in conferenza dei servizi nel 2009 molto è cambiato - spiega il soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici Luca Rinaldi-, spariscono le vie sotterranee a vetri, si salvano i masegni, si conservano le facciate dei magazzini e anche le strutture metalliche al tempo usate per la movimentazione dei carichi». «Il progetto è di tipo conservativo. Con la Soprintendenza c'è stato un ottimo rapporto, ben venga questo dialogo - dice Assanti -, il risultato è positivo per la città. Le facciate saranno completamente salvate, con le loro gru e i loro ballatoi, sarà enfatizzata la passeggiata, giustamente è stato tolto il verde che nel Porto vecchio non c'è mai stato, salvo qualche spartitraffico, lasciamo in vista gli antichi binari e le rotatorie su cui venivano montati e "voltati" i carichi e salviamo i timpani. Ci siamo sforzati - aggiunge - di tornare indietro, è sparita la strada con le piramidi, avrebbe invaso la passeggiata, inoltre sistemeremo il piazzale, che resta dell'Autorità portuale, nonché le aree circostanti i magazzini, in concessione a Portocittà». Un regalo tra vicini. Infine arenarie al posto dell'asfalto, sanata la pavimentazione antica. Il magazzino 2a, nella parte verso città, sarà parcheggio nonostante i dubbi di chi tutela il patrimonio. «Lo prevede il Piano regolatore» dice Assanti. Il numero 1a, fronte mare (di cui fu già contestata una sopraelevazione), per metà «direzionale», per metà turistico e alberghiero così come il numero 4. «Abbiamo già il progetto finale e tutti i pareri necessari, anche dell'Azienda sanitaria - conclude l'architetto -, se il Comune ci autorizza nei tempi giusti fra 6 mesi c'è il cantiere».
Gabriella Ziani

 

 

PORTO VECCHIO - LA STORIA - Quasi 10 anni di "disegni" contestati Poi l'accordo
 

Solo l'altro giorno il ministro Galan, in visita elettorale e tuttavia in visita al Porto vecchio, ha annunciato di voler portare a un tavolo nazionale la questione dell'antico scalo. Ma intanto vicende più che annose sembrano mettersi in corsa, per il momento al di sopra della questione Punto franco, tanto dibattuta, ma su cui la sentenza del Tar del Lazio avversa all'associazione Punto franco vecchio ha dato, già nel 2008, parere chiaro. E poi c'è un fatto: Greensisam già da un pezzo gode sui terreni in concessione della «sospensione» dello status di Punto franco, per decreto prefettizio. Stessa modalità verrà messa in atto per la mostra voluta da Sgarbi al Magazzino 26 come estensione del Padiglione Italia della Biennale, che sta mettendo le ruote anche con l'arrivo di soldi pubblici, in primis i 50 mila euro deliberati dal Consiglio comunale. Poi è decisa la rotatoria d'accesso su viale Miramare, realizzata da Portocittà, e ora arriva notizia che quasi a 10 anni dalla concessione anche Greensisam può metter mano ai «suoi» magazzini. Quell'area (37 mila metri quadrati), che confina con la concessione di quasi tutto il restante a Maltauro-de Eccher, era già passata per i disegni dell'architetto Mario Botta, per un'ipotesi di abbattimento di un magazzino, di sopraelevazione di un altro, per le proposte del progettista di Greensisam, Gennaro Albamonte, bocciate dall'ex direttore regionale dei Beni culturali, Roberto Di Paola, che aveva contestato piazzali di stile moderno, aiuole, rifacimento non ortodosso di facciate. Qualche aggiustamento, ma il fascicolo era stato poi fermato anche dal nuovo soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici, Luca Rinaldi. Da qui un lavoro di mesi, da entrambe le parti descritto «di ottima collaborazione», nonostante gli strali che ora si abbattono (senza il sostegno del ministro) sugli organi di tutela del patrimonio.

(g. z.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 maggio 2011

 

 

Banne, lezione di differenziata in due scuole
 

TRIESTE Banne va a scuola di raccolta differenziata. Interesserà circa 250 famiglie i cui figli frequentano le scuole Rutteri e Kugy la giornata di festa che si terrà nel pomeriggio di domani dalle 14 nel giardino del comprensorio scolastico di Banne dedicata alla sensibilizzazione sul problema dei rifiuti e il loro corretto smaltimento, nel corso della quale saranno anche alcuni genitori a tenere lezioni pratiche e laboratori all'aperto. Una Festa di primavera con picnic e giochi, ma anche una giornata di educazione ambientale: divisi per gruppi di età, gli alunni andranno a lezione sul differenziabile, su come riutilizzare i cartoni del latte, creare topolini di lana, risparmiare l'acqua, realizzare il compost partendo dall'umido e infine sfidarsi alla staffetta su chi ricicla più velocemente. Bambini, insegnanti e genitori saranno coinvolti in varie attività ludico/didattiche sul tema della raccolta differenziata e del consumo responsabile e consapevole. Insomma, impareranno che un rifiuto può essere riutilizzato. Nell'occasione si inaugureranno le due nuove aree gioco realizzate con il contributo della Fondazione CRTrieste.

Gianfranco Terzoli

 

 

SEGNALAZIONI - ECONOMIA Ferrovie e Porto

 

Dissento dallo scritto di Roberto Morelli sul Piccolo dell'1 maggio su Ferrovie, Corridoio 5, Porto. Cominciamo da Ferrovie. Le definisce: "asburgiche, obsolete, lentissime". È vero, le costruì Carlo Ghega, ma obsolete poi no! Da anni la rete è stata rinnovata: posate rotaie pesanti, elettrosaldati tutti i giunti, traversine in cemento armato, la palificazione tubiforme quasi tutta sostituita con graticola leggera e zincata, la linea per Venezia e Udine è tutta "banalizzata" vale a dire i treni possono percorrerla sia a destra che a sinistra. In genere i nostri treni tengono la sinistra, secondo la moda inglese. La circolazione è controllata col moderno programma Scmt. Locomotive e vagoni sono atti per velocità tra 160 e 200 km/h. Però è vero che è lenta e non si capisce il perché: a me fa senso vedere i treni salire i gradienti del Carso a 60 km/h! Per andare a Venezia questa è la media. Che poi siano sporchi sia dentro che fuori è un fatto. Ma dal 1999 è deciso che la rete intera venga ceduta alle Regioni perché programmino loro orari, treni, pulizie. Cosa si aspetta ancora? È vergognoso vedere il muso delle loco sempre sporco come se avessero corso in un turbine di sporcizia! Ma perché non fanno anche qui un impianto di treno-lavaggio? Corridoio 5: secondo l'ingegner Moretti di Trenitalia l'alta velocità qui non si farà mai perché non è economico, perciò le Fs sfrutteranno la linea Venezia-Vienna, per dirigersi da lì a Budapest e Kiev. Per Morelli questo significa by-passare Trieste isolandola di fatto. Non è così. Significa che Trieste può collegarsi alla linea Pontebbana, veloce e poco sfruttata e servirsi delle ferrovie austriache più solerti e veloci delle slovene nell'arrivare ai mercati dell'Est. Infatti Moretti, parlando del Corridoio 5 sul Carso, ci fa notare che dalla parte slovena non c'è uno straccio di progetto. E noi ci permettiamo di forare il Carso per oltre 20 chilometri senza sapere che cosa succede dopo Divaccia? Porto: sia ben chiaro che il futuro di Trieste non è solo Porto. Intanto a livello governativo bisognerà ben definire i ruoli di Venezia e Trieste. A Venezia non possono costruire bacini faraonici extra laguna per cui a noi non resta che grattarci la pancia e prendere il sole. Venezia tra Porto, aeroporto e crociere ne ha fin troppo! Però attenzione alle illusioni: anche se ingrandiamo a dismisura quello che abbiamo, il Porto rende poco o nulla alla città, come tutti i Tir che sfrecciano sull'autostrada carsolina. Trenta anni fa lavoravano in Porto 5 mila persone: tutte con buona paga. Hanno messo su famiglia, si sono comprati la casa, hanno fatto diplomare e laureare i figli. Oggi ne lavorano meno di 500 e a fatica portano a casa soldi decenti. E anche se ingrandiamo il tutto per 10, gli addetti saranno solo qualche decina in più. Solo i soldi che si spendono qui valgonoper la nostra economia. I balzelli portuali prendono altre strade! Finiamola col mitizzare il Porto: per Trieste dobbiamo scegliere altre strade! Sergio Callegari

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 maggio 2011

 

 

A Grado e Lignano torna la bandiera blu
 

L'isola del sole arriva a quota 22: è record nazionale. Premiati dodici approdi tra cui la Lega navale e il Marina Hannibal
I NUOVI CRITERI Per il 2012 si valuterà la raccolta differenziata dei rifiuti
IL PANORAMA ITALIANO Il vessillo sventolerà in totale in 125 località nazionali
ROMA Grado arriva a quota 22 mantenendo, unitamente alla ligure Moneglia, il record italiano di Bandiere Blu ricevute. Complessivamente sono 22. Per quanto riguarda le spiagge c'è poi la conferma della Bandiera Blu a Lignano. Il vessillo azzurro sventolerà inoltre in diversi - esattamente 12 - approdi del Friuli Venezia Giulia. Per quanto riguarda Trieste l'unico approdo individuato dalla Fee Italia (Foundation for Enviroment Education) è quello della Lega Navale. C'è poi il Marina Hannibal di Monfalcone e, sempre per la provincia di Gorizia, la Bandiera Blu viene confermata ancora per Porto San Vito a Grado. In provincia di Udine l'elenco è più ampio. Due le località della Bassa friulana, Marina di Aquileia e Marina Sant'Andrea di San Giorgio di Nogaro. La parte del leone la fanno, però, i porti turistici di Lignano e Latisana: Marina Uno, Punta Verde, Punta Faro, Porto Vecchio, Punta Gabbiani, Aprilia Marittima e Capo Nord. Dopo la Liguria, che ne ha 14, è proprio il Friuli Venezia Giulia ad avere il maggior numero di approdi segnalati. Complessivamente in Italia ce ne sono 63 che possono far sventolare la Bandiera Blu. Ma è ovviamente sulle spiagge che punta maggiormente l'attenzione dei turisti. In totale quest'anno ci sono 125 località che si sono viste assegnare le Bandiere Blu (8 in più dello scorso anno) che rappresentano 233 spiagge, un dato che rappresenta circa il 10 per cento delle spiagge premiate a livello internazionale. Se pensiamo a Grado parliamo di 3 spiagge, quella cosiddetta principale gestita dalla società d'area Grado Impianti Turistici, quella di Pineta e quella della Costa Azzurra ma non possiamo dimenticare, dato che le analisi delle acque interessano tutti i siti attorno all'Isola del Sole, che vi sono pure le piccole spiagge dei campeggi e villaggi turistici e pure il grande lembo sabbioso del Banco d'Orio. Questi ultimi lidi non vengono, però, inseriti nei calcoli generali sul numero di spiagge. A Lignano, poi, vi sono i tre litorali di Sabbiadoro, Pineta e Riviera. La Bandiera Blu è giunta alla venticinquesima edizione e Grado ha già conquistato 22 volte il vessillo che va a sventolare in vari punti dell'Isola, sia in centro e sia nei singoli stabilimenti balneari. Oltre alle analisi delle acque effettuate dall'Arpa per conto del ministero della Salute, concorrono a fare punteggio nella scelta vari altri aspetti. Molto rilievo è stato dato alle attività di educazione ambientale e alle iniziative di sostenibilità messe in campo dai Comuni. «Le amministrazioni che non si orientano nella direzione di un turismo sostenibile nelle proprie località - ha detto il presidente della Fee Italia, professor Claudio Mazza - si precludono la possibilità di sviluppare turismo di qualità in futuro». Lo stesso Mazza ha annunciato, inoltre, che per il prossimo anno verranno resi noti i punteggi e verrà tenuto in particolare considerazione il parametro della raccolta differenziata dei rifiuti. Soddisfatto per l'assegnazione il commissario comunale Giovanni Blarasin: «È la continuazione di una strategia adottata da molti anni che premia la qualità del turismo di Grado. Un insieme di fattori consentono a Grado di potersi fregiare da ben 22 anni di una bandiera che rappresenta una garanzia per i turisti. È un successo partito da lontano e che porterà l'Isola del Sole lontano grazie allo speciale turismo sostenibile legato all'ambiente gradese». È stato poi annunciato che a partire dal 2011 la Fee, in collaborazione con la direzione generale della pesca del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, ha sviluppato il progetto "Bandiera Blu - Pesca Ambiente", che punta a sensibilizzare il mondo della pesca alle tematiche ambientali e alla valorizzazione delle tradizioni locali a esso collegate. Tanto che, in tutte le località Bandiera Blu, quest'anno verranno promosse iniziative di sensibilizzazione contro la pesca illegale.
Antonio Boemo

 

 

Ambiente, sinergie Italia-Slovenia - MATERIALI ECOSOSTENIBILI - Matjaz Valant: «La speranza è che nasca una rete transnazionale»
 

Le soluzioni ai problemi ambientali, sempre più complessi e articolati, non possono che venire da esperienze condivise e dal lavoro congiunto di gruppi di ricercatori con professionalità diverse. Spesso di nazionalità diverse. Ne è convinto Matjaz Valant, responsabile del gruppo di ricerca sui materiali all'Università di Nova Gorica (Slovenia), che collabora con il Sincrotrone di Trieste svolgendo ricerche sul modo di produrre nuovi materiali e tecnologie che siano compatibili con il rispetto dell'ambiente. Valant, che detiene ben 13 brevetti ed è autore di quasi 90 lavori scientifici, ha organizzato la prima Conferenza italo-slovena su materiali e tecnologie per lo sviluppo sostenibile, cui hanno partecipato ricercatori italiani di Sincrotrone e dell'Università di Trieste. Dice Valant: «La nostra speranza è che nasca una rete transnazionale di collaborazioni in grado di dare reali contributi al settore dei materiali». «Tra i temi di cui si occupa il laboratorio di Matjaz - osserva Sandra Gardonio, fisica, per dieci anni al Sincrotrone e ora in forze nel laboratorio del collega sloveno - c'è la scissione fotocatalitica dell'acqua con ossidi di titanio, dalla quale si cerca di produrre idrogeno per fini energetici». Si tratta di studi ancora teorici come del resto quelli del filone parallelo sul modo di sfruttare l'energia geotermica, precisa Valant, che dirige un laboratorio di 10 persone. Studi, però, che trovano vasta applicazione in moltissimi settori. Esistono infatti progetti su batterie per macchine elettriche, materiali innovativi che riducono l'attrito, vernici ecosotenibili e persino sul trattamento fotocatalitico e biologico di acque di scarto derivanti dall'industria tessile.

(c.s.)
 

 

Area, 200 studenti a lezione di risparmio energetico - OTTO INCONTRI
 

Saranno le nuove generazioni a ereditare il mondo che noi stiamo sfruttando. E saranno loro a dover sanare i nostri errori ambientali. Perché, allora, non insegnare già a scuola strategie di risparmio energetico per un futuro non lontano? È l'idea che ha spinto il Consorzio per l'Area di ricerca ad avviare, con il contributo della Provincia di Trieste, un ciclo di otto incontri per studenti di sette scuole superiori, chiamati ad affrontare temi come efficienza energetica, rifiuti e mobilità individuale. Superato il giro di boa dell'iniziativa che terminerà il 24 maggio Fabio Tomasi, responsabile del progetto, dice: «Abbiamo ospitato circa metà dei 200 studenti che frequenteranno le lezioni, e il primo bilancio è più che positivo». I ragazzi, a gruppi di circa 25 per volta, seguono otto ore di lezioni interattive. Ma esaminano anche filmati sullo sviluppo sostenibile e svolgono giochi di ruolo in cui cercano di sanare situazioni di spreco e di inefficienza, applicando concetti e il senso critico appresi insieme ai docenti.

Cristina Serra
 

 

«Costa, park e comunità slovena» - La ricetta del sindaco uscente Nesladek che va a caccia del bis. «Muggia non sarà sobborgo di Trieste»
 

Nell'incontro con Iacono organizzato da Sel ribadito il «no» al rigassificatore di Zaule
Il ruolo che i comuni non capoluogo di provincia possono avere di fronte alle nuove sfide dello sviluppo ecosostenibile, delle infrastrutture e della portualità anche nell'ottica dei rapporti con le vicine realtà della Slovenia e dell'Istria croata in previsione del prossimo ingresso nell'Ue della Croazia. Su questo, ma non solo, si sono confrontati Nerio Nesladek, sindaco uscente di Muggia e ricandidato per il centrosinistra, e Giovanni Iacono, candidato Sel a sindaco di Monfalcone, nell'ambito dell'incontro organizzato l'altro giorno dal Circolo di Muggia di Sinistra ecologia libertà. Nesladek e Iacono hanno anche ribadito la loro convinta contrarietà al rigassificatore nella baia di Zaule (nella foto) non solo dal punto di vista della sicurezza ma soprattutto perché ritengono la sua realizzazione in palese contrasto con lo sviluppo delle aree portuali di Trieste e di Monfalcone. Interessi reciproci sono stati evidenziati sullo sviluppo di una rete di trasporto pubblico locale integrato.
MUGGIA La realizzazione di un'unica grande spiaggia pubblica, un nuovo piano parcheggi ma anche una maggior tutela della comunità slovena. Sono tre dei passaggi chiave del programma elettorale presentato dal sindaco uscente di Muggia Nerio Nesladek, il quale si ripresenta sostenuto da Pd, Meio Muja, Fds, Sel e Idv. MOBILITÀ «Muggia rischia di essere relegata a zona residenziale della città di Trieste diventandone un sobborgo». È con questo monito che il centrosinistra si concentra sul rilancio della cittadina istroveneta. A partire dal Piano della mobilità e dei parcheggi, con la creazione di un sistema leggero ed ecologico che preveda di realizzare la completa autonomia di bambini e studenti negli spostamenti casa-scuola creando percorsi ciclopedonali continui e servizi di pedibus per i più piccoli, l'eliminazione delle barriere architettoniche, l'aumento della percentuale di spostamenti casa-lavoro con il trasporto pubblico, la creazione di un servizio di taxi sociale e bus a chiamata, nonché di un servizio di car-pooling e car-sharing. COSTA Fondamentale anche il nuovo Piano strutturale comunale: con un secco no alla cementificazione nel quale «la costa dovrà essere riconsegnata all'uso pubblico prevedendo di mettere in atto misure atte a ricucire il limite spesso invalicabile e pericoloso della strada per Lazzaretto con il suo entroterra». Prevista poi la completa bonifica di Acquario nonché l'obiettivo che «il tratto da porto San Rocco a Punta Olmi venga estrapolato dal sito inquinato in cui è stato imprudentemente inserito poiché l'obiettivo è realizzare un'unica grande spiaggia pubblica». Nel Bagno di Polizia invece si punterà a realizzare un centro benessere con strutture marine estive e con piscina. Netta contrarietà poi al rigassificatore di Zaule. TERRITORIO Nel programma è prevista un'ulteriore riqualificazione ambientale e sociale della zona ex Peep Fonderia, nonché la realizzazione del progetto di riqualificazione di Aquilinia/Bypass già approvato e il cui «finanziamento è stato bloccato dalla Regione». Inserito anche l'obiettivo di una migliore percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti «cercando di premiare i cittadini virtuosi e far pagare meno a chi meno inquina». CASA Inventariare gli immobili di proprietà pubblica e privata vuoti nel cento storico e nella prima periferia e sollecitare la precedenza nei progetti di edilizia convenzionata alle giovani coppie, ai ragazzi che vogliono uscire dalla casa famigliare, e alle persone anziane. SICUREZZA Stimolare le istituzioni competenti per dotare la cittadina di «presidi di primo soccorso sanitario». CULTURA Estendere il servizio Wifi su una porzione più ampia di territorio assicurando la copertura della banda larga anche nelle zone attualmente sprovviste. SLOVENI Si prevede la creazione di una consulta degli sloveni nonché l'estensione della toponomastica e della segnaletica stradale con lingua slovena.
Riccardo Tosques

 

 

I monaci francesi si scaldano con la Rhoss - A Bricquebec l'azienda di Codroipo ha installato una pompa di calore pensata ad hoc per l'abbazia

 

TRIESTE I monaci francesi avevano freddo, per riscaldarsi spendevano troppo e la Rhoss di Codroipo (gruppo Irsap) è arrivata in loro soccorso. A Bricquebec, nella Bassa Normandia, una maxi pompa di calore ha permesso ai monaci cistercensi dell'abbazia di Notre Dame de Grâce di trascorrere un inverno sereno grazie ai 20 gradi di temperatura costante garantiti l'azienda udine, leader nel settore della macchine per il condizionamento e la refrigerazione. Uno fra i più grandi monasteri francesi - del quale fanno parte una chiesa, una locanda e una struttura adibita a uffici - ha scelto di adottare un sistema made in Friuli che consente loro di risparmiare oltre 30 mila litri di carburante all'anno assicurando una giusta temperatura in tutti i vasti ambienti dell'antico edificio. La pompa di calore è stata fabbricata su misura nello stabilimento di Codroipo e trasportata a destinazione con un convoglio speciale su strada. La macchina, installata nel giardino interno del monastero dove si trova la vecchia lavanderia, riscalda a 55 gradi l'acqua di un serbatoio di 3 mila litri. «Si tratta di una pompa di calore nata per soddisfare le esigenze del grande monastero - dice Alessandro Zen, amministratore delegato di Rhoss -. La sua realizzazione ha comportato una fase di studio che oggi ci consente di consolidare la nostra presenza nel settore aerotermico e geotermico con un'esperienza ricavata sul campo e in grado di soddisfare esigenze particolari a seconda del luogo dove andremo a operare». I monaci della Bassa Normandia sono arrivati alla Rhoss di Codroipo dopo un'attenta valutazione di mercato e delle varie offerte pervenute ai religiosi da un gruppo di consulenti che avevano valutato alcune fra le più grandi aziende europee specializzate in geotermia. A decidere l'installazione della pompa di calore erano stati gli esborsi annuali dovuti a fatture di carburante (68 mila litri di gasolio del 2008) da parte dei monaci. Un primo studio di fattibilità è stato realizzato nell'aprile 2009 e i preventivi sono arrivati al convento a fine anno. I tecnici Rhoss hanno assicurato un risparmio annuo di 30 mila litri di carburante e questo è stato determinante per aggiudicarsi l'importante commessa.
Silvia Zanardi

 

 

 

 

PUNTO SOSTENIBILE - MARTEDI', 10 maggio 2011 - numero 4 - 5/2011

 

 

Una via d’uscita dal nucleare
 

In questo articolo parliamo di: Blue economy 10 anni. 100 innovazioni. 100 milioni di posti di lavoro di Gunter Pauli a cura di Gianfranco Bologna

Gli impianti nucleari operativi sono 442 distribuiti in 30 paesi e generano 375 GW di energia. Altre 16 nazioni hanno in cantiere ulteriori 65 centrali nucleari per altri 63 GW di energia. La Cina sta costruendo 27 nuovi impianti, la Russia 11. Gli Stati Uniti contano il maggior numero di generatori di energia nucleare (104), ben più di Francia (58) e Giappone (48, considerando la chiusura di Fukushima ). Circa 212 centrali superano i 30 anni di attività, e siccome non vi è certezza assoluta di quanto a lungo le centrali nucleari possano funzionare in sicurezza, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha ordinato che tutti gli impianti di oltre 30 anni vengano chiusi a tempo indeterminato. Nel 2010 nell'Unione europea erano in funzione 143 impianti, meno rispetto al picco di 177 nel 1989.
Il relativo declino del nucleare era stato sancito ben prima del disastro di Fukushima. Lituania e Italia avevano già deciso di uscire dal nucleare (salvo in Italia aver visto il rilancio del programma nucleare da parte di Berlusconi, ndr), mentre la Finlandia si lamenta che il reattore da 1,6 GW in costruzione (la prima unità EPR nel mondo, a Olkiluoto, ndr) con la francese AREVA e la tedesca Siemens è 5 anni di ritardo e ha superato del 70% i costi preventivati. Soltanto il ritardo impone una spesa annuale supplementare di 1,3 miliardi di euro che grava sui consumatori. L'ultima centrale ordinata dalla Georgia Power nel 2010 costa 17 miliardi di dollari. Il costo di investimento per kWh prima del 11 marzo 2011 era stimato a 7.000 dollari. Ma le misure di sicurezza aggiuntive che saranno necessarie dovrebbero fare aumentare il costo all’incirca a 10.000 dollari a kWh.
Si dice che i nuovi impianti nucleari saranno in grado di fornire energia con un costo di base di 5,9 centesimi per kWh. Il costo reale - scorporati dal nucleare tutti i sussidi, i vantaggi di ammortamento, la tutela assicurativa, il sostegno finanziario e le modalità di smaltimento dei rifiuti - è più vicino a 25 o addirittura 30 centesimi al kWh. L'energia nucleare non solo gode di responsabilità limitata, il nucleare prima di tutto non è competitivo.
Non deve sorprendere quindi che, nonostante le massicce sovvenzioni e la tutela giuridica dell’atomo, nel 2010, le rinnovabili - il vento (193 GW), la termovalorizzazione (65 GW), l'energia idroelettrica (80 GW) e il solare (43 GW) - a livello globale hanno una capacità installata superiore a quella del nucleare (375 GW), ben prima degli incidenti hanno dimostrato che l'impossibile accade. Ora che il Pacifico e l'Oceano Indiano sono off-limits per tutti i nuovi progetti di energia nucleare, la questione è come farà il mondo a produrre energia rinnovabile e a buon prezzo?
La blue economy ci propone di utilizzare ciò che abbiamo e che si proceda con lo studio di ogni innovazione senza aspettarsi sovvenzioni. Se i finanziamenti arriveranno o meno non importa, l’importante è avviare la sperimentazione: ci sono soluzioni energetiche rinnovabili che sono davvero convenienti. Negli ultimi mesi ho presentato un portafoglio di tecnologie attraverso il programma Blue Economy Innovations. Queste innovazioni non hanno ricevuto molta attenzione, probabilmente perché richiedono un complesso bagaglio di conoscenze. Tuttavia se sviluppate insieme, queste fonti di calore ed elettricità a portata di mano potrebbero ridisegnare e potenziare il panorama attuale delle energie rinnovabili.
Le tre innovazioni sono le seguenti: 1. le turbine eoliche verticali posizionate all'interno dei piloni di trasmissione ad alta tensione già esistenti; 2. riprogettare i sistemi di trattamento delle acque reflue municipali (MWWT) in uso presso gli impianti di trattamento esistenti combinando le acque con i rifiuti organici solidi urbani per produrre biogas, e la produzione combinata di calore ed energia con pannelli fotovoltaici a doppia facciata.
Se vogliamo davvero intraprendere la strada verso l’energia rinnovabile senza esporci ai rischi incalcolabili legati al nucleare, allora dobbiamo andare oltre l'attuale mix di energia solare, eolica, idroelettrica e termovalorizzazione. Considerando che queste quattro fonti energetiche sono state le uniche rinnovabili sperimentate nel corso degli ultimi tre decenni, ora abbiamo bisogno di allargare i nostri orizzonti prendendo in considerazione altre opportunità che sono disponibili e meno costose. È qui che entrano in gioco MWWT e le turbine eoliche verticali. Facciamo un ragionamento, numeri alla mano. Se la Germania integra 500 dei suoi 9.600 MWWT con generatori per la produzione di biogas ad alta efficienza (tecnologia Scandinavian Biogas) potrebbe raggiungere anche i 5 GW di potenza con un investimento stimato di 10 miliardi di euro. L’investimento è circa 5 volte più basso rispetto a quello per il nucleare e il tempo di realizzazione è di 2 anni contro i 10 del nucleare, garantendo così un migliore flusso di reddito.
Il biogas è una fonte sicura e affidabile - i rifiuti organici e le acque di scarico non potranno esaurirsi - e quindi garantisce stabilità alla rete.
In più, se la Germania installasse turbine eoliche verticali (progettate da Wind-it, Francia) all'interno di un terzo dei suoi 150.000 piloni di trasmissione ad alta tensione, allora si potrebbe generare un altro 5 GW, a circa un decimo del costo del nucleare o 5 miliardi di euro in totale. Ci sono 1.900 discariche in Germania. Se solo 20 ettari di terreno in 200 discariche venissero adibiti alla produzione combinata di calore ed energia con pannelli fotovoltaici Solarus AB (Svezia), che per ogni ettaro dotato di 2.000 unità (100 righe da 20) genera 1.830 kWt e 1.361 kWe, il potenziale di offerta di energia aumenta con un altro 5,4 GWe e 7,2 GWT. Il calore poi può essere utilizzato per il riscaldamento dell'acqua (la voce principale di consumo di energia in casa). Se si considera che la vita di questi pannelli è di oltre 20 anni, il costo per kWh scende sotto un centesimo!
La domanda giornaliera di energia elettrica in Germania è di circa 70 GW, con picchi di 80. L'energia nucleare fornisce il 20%, cioè circa 15 GW. I calcoli di cui sopra indicano che utilizzando solo una parte delle infrastrutture già esistenti è possibile sostituire con altre fonti la potenza generata dal nucleare (5+5+5,4 GW). Le analisi comparative indicano che il costo di produzione per queste tre fonti di energia è uguale o inferiore a 2 centesimi per kWh mentre il nucleare in Germania costa 5,6 centesimi per kWh. A costi così bassi, ricevere o no finanziamenti non rappresenta un problema e considerando i tempi rapidi con cui questi sistemi possono essere installati, si può anche pianificare l'eliminazione graduale del nucleare entro i prossimi 3 o 5 anni, a condizione che vengano coinvolti i decisori locali responsabili di discariche e MWWT.
Un altro evidente vantaggio è la creazione di posti di lavoro. E le tre tecnologie considerate sono solo alcune delle tante possibili innovazioni. Immaginate se tutte le ferrovie e le autostrade fossero equipaggiate con la tecnologia Wind-it. Immaginate se tutte le industrie di trasformazione alimentare impiegassero grandi impianti di trattamento delle acque reflue con la produzione di biogas. Immaginate se la metà delle famiglie tedesche sostituissero gli scaldacqua elettrici con pannelli solari termici, riducendo i consumi domestici del 15%. La Germania, che è già leader mondiale nell'esportazione di tecnologie verdi, ora potrebbe posizionarsi come maggiore esportatore al mondo di energia verde, rafforzare il tessuto di medie imprese del settore metallurgico, macchinari ed energie rinnovabili. Tuttavia, il cambiamento più importante comportato dalla strategia di uscita dal nucleare riguarda la differenza di prezzo tra i 2 e 5,6 centesimi (3,6 centesimi per kWh) che, per la potenza nucleare installata da sostituire di GW 15, significa ogni anno circa 4,7 miliardi di euro. Questo flusso di reddito, generato semplicemente dall’utilizzo di tecnologie che incrementano l’efficienza sfruttando infrastrutture già disponibili, potrebbe essere sufficiente a finanziare l'uscita del nucleare e fornire capitale aggiuntivo per un periodo di 10 anni.
Ora che il denaro è disponibile, si potrebbe trovare consenso tra le imprese del settore energetico e le comunità che hanno investito sul nucleare fornendo loro una via d’uscita sulla base del valore attuale netto dei loro beni, e ottenere un pagamento anticipato per smettere di produrre energia nucleare. E mentre la chiusura forzata delle centrali più datate ha già abbattuto del 20-25% il loro valore e l’attuale incertezza può causare un ulteriore ribasso delle loro azioni (TEPCO - il proprietario della centrale nucleare di Fukushima ha già perso il 75% del suo valore sul mercato), non sarebbe difficile per ingegneri finanziari presentarsi con un pacchetto di soluzioni che permette l'uscita dal nucleare attraverso una strategia vincente, semplice e di beneficio per tutti, riducendo rischi e abbracciando le innovazioni che sono pronte per essere messe in atto.
Successivamente, la Germania potrebbe anche diventare centro finanziario del mondo, finanziando l'uscita dal nucleare basata su flusso di reddito e consenso. Questo è l’ultimo obiettivo della blue economy: rispondere ai bisogni fondamentali con quello di cui disponiamo, offrire prodotti e servizi buoni per la salute e per l'ambiente a un costo inferiore, costruendo al tempo stesso capitale sociale. Oggi più che mai sembra di vedere come tutto questo può essere realizzato.

Gunter Pauli [traduzione di Paola Fraschini]
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 10 maggio 2011

 

 

Ferrovie, Lubiana boccia la Capodistria-Trieste
 

Il governo: questo collegamento dirotterebbe le merci sulla Pontebbana Si accelerano invece i tempi per il tratto tra il porto sloveno e Divaccia

LUBIANA Un collegamento ferroviario tra Capodistria e Trieste? È un'ipotesi che a Lubiana non viene nemmeno presa in considerazione. La priorità per la Slovenia resta sempre la tratta tra Capodistria e Divaccia. Lo ha ribadito nei giorni scorsi il sottosegretario sloveno ai Trasporti Igor Jakomin, che in sede di Comitato parlamentare per i trasporti ha risposto agli attacchi dell'opposizione, che accusa il governo di non riuscire a trasformare la Slovenia in una piattaforma logistica, per cui anche il porto di Capodistria starebbe perdendo competitività sui mercati internazionali. Jakomin ha escluso l'ipotesi che l'approvazione definitiva della variante alta per la Trieste-Divaccia possa riattualizzare il discorso sul collegamento diretto tra Capodistria e Trieste. Al Ministero sono consapevoli - ha detto - che questo collegamento rischierebbe di spostare parte del traffico merci sulla Pontebbana, per cui la parte slovena del Corridoio 5 perderebbe d'importanza e sarebbero danneggiati gli operatori logistici nazionali. Si stanno invece accelerando i tempi per cominciare con la costruzione di un nuovo binario sulla tratta tra Capodistria e Divaccia. Attualmente, come spiegato dal responsabile del Direttorato per gli investimenti nell'infrastruttura ferroviaria Andrej Godec, si sta completando l'acquisto dei terreni dove passerà la nuova ferrovia, che dovrebbe consentire di raddoppiare il volume dei traffici da e per il Porto di Capodistria. Il piano degli investimenti dovrebbe essere ultimato in agosto. «Lubiana ha scelto di procedere alla costruzione della nuova tratta con un solo binario - ha aggiunto ancora Godec - perché la raccolta della documentazione per il raddoppio potrebbe durare troppo tempo e comportare anche la perdita dei fondi europei». Nel corso della seduta del Comitato parlamentare, si è parlato pure dello scalo capodistriano, l'unico dell'Alto Adriatico che nell'ultimo anno ha registrato non un calo ma un aumento del traffico merci. Il progetti di ampliamento e ammodernamento sono stati già approvati, ora si aspetta il varo del Piano regolatore del porto. L'Italia ha presentato le sue osservazioni. «Quelle giustificate saranno prese in considerazione, le altre no» ha dichiarato il presidente del Comitato di controllo della Società Luka Koper, Janez Pozar. Lo scalo, ha assicurato Pozar, è in ripresa dopo un periodo di crisi, dovuto peraltro alla malagestione dell'ex consiglio d'amministrazione, nei cui confronti è in corso una causa giuridica di risarcimento».
Franco Babich

 

 

Castelli: «Basta liti con Venezia Il superporto si farà»
 

Il viceministro alle Infrastrutture dà garanzie su Unicredit E assicura che la Tav arriverà a Trieste «per i passeggeri»
TRIESTE Rassicura sul Superporto come sull'Alta velocità. Almeno sul fronte passeggeri, la Tav «arriverà fino a Trieste». Roberto Castelli, viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti in visita oggi a Trieste - sono previsti una riunione con la presidente dell'Autorità portuale Marina Monassi, una visita al porto e un incontro con categorie produttive, agenti marittimi e spedizionieri - invita però a guardare «in una prospettiva di sistema». Tradotto? «Per competere con i principali porti d'Europa non si può pensare solo a Trieste, ma all'intera portualità del Nord Adriatico». Quanto ai 106 milioni di euro assegnati dal Cipe a Venezia, nello stesso momento in cui Renzo Tondo riceveva rassicurazioni sul fatto che il governo non finanzierà scali concorrenti, Castelli precisa: «Sono due cose diverse». Viceministro, perché soldi a Venezia mentre si danno garanzie alla Regione Fvg su Monfalcone-Trieste? Le risorse deliberate dall'ultima riunione del Cipe riguardano il Mose, un progetto avviato che contiamo di terminare entro il 2014-2015 e che richiede di volta in volta finanziamenti. Con l'ultima tranche siamo arrivati a 3,3-3,4 miliardi di euro, oltre la metà dei 5 previsti. È un'opera che non si può evidentemente fermare, perché si determinerebbe un grave degrado ambientale. Nulla c'entra con eventuali risorse per porti concorrenti. Fermo restando che andrebbe allargata la mentalità. Che cosa intende? Anversa ha 170 chilometri di banchine, Rotterdam pure, nei porti cinesi si arriva a centinaia di chilometri, Singapore è grande più di tutto il golfo che da Venezia va a Trieste. Se dobbiamo ragionare in una prospettiva cinquantennale, è d'obbligo la sinergia nordadriatica. Non si può pensare solo al porto di Trieste, a quello di Monfalcone o a quello di Capodistria, il ragionamento va ampliato, in una mentalità moderna, fino a Ravenna. Ma il progetto Trieste-Monfalcone decollerà oppure no? Con Unicredit disponibile a investire cifre rilevanti, si farà. Sono anche reduce dall'interlocuzione con l'Unione europea sulle reti da costruire da qui al 2050 e Trieste è al centro dell'attenzione. Ma il ragionamento va fatto per sistemi, solo così si potranno intercettare sull'Adriatico quote significative di Teu che passano il Mediterraneo verso Nordest. Pensare di far concorrenza ai porti del Nord Europa con tre banchine è come se un garagista volesse competere con la Fiat. Un'altra preoccupazione riguarda la Tav. L'ad di Ferrovie Mauro Moretti ha sostenuto che l'Alta velocità si fermerà a Venezia. Risulta anche a lei? No. Almeno per quel che riguarda il trasporto passeggeri, Trieste non sarà certamente esclusa. Per le merci stiamo ragionando. Posto che devono viaggiare a 160 chilometri all'ora e non a 300, costruire linee ad alta velocità per le merci potrebbe essere uno spreco. Valuteremo. Intanto veniamo avanti con i cantieri: da Brescia arriveremo a Verona, poi a Venezia e poi a Trieste. Senza dimenticare che la questione locale del disegno del tracciato non è stata risolta. Parla del tracciato in Veneto? Dal Veneto a Trieste. I due governatori si stanno confrontando, ma bisogna che prendano una decisione. Così come è successo su Trieste-Divaccia, caso che ho seguito personalmente. Dopo anni di blocco, abbiamo finalmente individuato il tracciato e su questo procediamo. Ho anche altre novità positive per la vostra regione. Quali? È un po' presto. Le diremo più avanti. Il Pd ha lanciato allarmi sul collegamento Adriatico-Baltico. Com'è la situazione? Non posso ancora esprimermi, ma sono abbastanza tranquillo. Terza corsia A4. L'opposizione ritiene che la Regione avrebbe dovuto chiedere l'aiuto finanziario del governo, Tondo invece preferisce fare in autonomia. Giusto così? Il presidente Tondo è lungimirante. La sua è una scelta moderna: opere del genere si sviluppano con capitali privati poi ripagati con l'esercizio dell'autostrada. Fondi pubblici non ce ne sono e dunque l'alternativa era semplicemente tra fare o non fare la terza corsia. Tondo è però preoccupato dal Milleproroghe che rischia di paralizzare i cantieri. La trasparenza ha, nel rovescio della medaglia, un po' di burocrazia in più. Ma non credo ci saranno rallentamenti particolari. Quanto inciderà il voto a Trieste nella realizzazione delle infrastrutture? Non faccio propaganda. Programma e impegni del governo non cambiano in funzione di chi governa negli enti locali.
Marco Ballico

 

 

Elettrodotto, Duino firma il ricorso al Quirinale
 

Dopo Sgonico anche l'amministrazione di Ret chiede l'intervento di Napolitano E il Comitato presenta la petizione al presidente del Consiglio regionale Franz
DUINO AURISINA Eppur qualcosa si muove. La questione dell'elettrodotto pare stia catalizzando un po' d'attenzione in più. Dopo il Comune di Sgonico, anche l'amministrazione di Duino Aurisina aderirà al ricorso amministrativo straordinario al presidente della Repubblica, presentato dall'Agrarna Skupnost e molti altri soggetti individuali. «Ne abbiamo già parlato nel corso della scorsa assemblea - spiega Giorgio Ret - ora la giunta sta preparando le carte ma oramai la ritengo una cosa fatta». Entro qualche giorno anche Monrupino si accoderà. «Abbiamo ricevuto i documenti lo scorso venerdì - conferma il sindaco Marko Pisani - mercoledì mattina l'argomento verrà portato in giunta e quasi sicuramente seguiremo la linea degli altri due comuni». Nell'attesa di una presa di posizione ufficiale delle istituzioni, i promotori dell'esposto a Giorgio Napolitano non stanno a guardare. «Era una cosa molto più utile da fare tre o quattro anni fa - commenta il consigliere regionale dell'Unione slovena Igor Gabrovec - comunque meglio tardi che mai». Proprio il consigliere, lo scorso mercoledì, ha accompagnato i soggetti coinvolti dal presidente del Consiglio regionale Maurizio Franz, è stato presentato il ricorso e anticipata la petizione popolare che chiede il blocco immediato dell'esecuzione del progetto e l'apertura di una trattativa per discutere dell'interramento. «Per problemi tecnici non abbiamo formalizzato la consegna della petizione, ma nella seconda metà di maggio, dopo le elezioni, siamo già d'accordo con il presidente di rivederci per consegnare le firme» spiega Gabrovec. L'intento è quello di portare la discussione in Consiglio regionale. La questione però coinvolge anche la sicurezza e l'ordine pubblico, nelle ultime manifestazioni a Visogliano, che vedevano contrapposti tecnici della Terna e i proprietari dei terreni, erano presenti pattuglie, uomini della Digos e forestali. «Io stesso mi sono recato dal prefetto - continua Gabrovec - per un suo diretto interessamento». Il prefetto si è reso disponibile a convocare un tavolo tecnico-politico che coinvolga la Terna, le forze dell'ordine, le amministrazioni comunali e la Comunanza. «Chiediamo innanzitutto il blocco dei lavori, i tempi tecnici dell'esposto, infatti, sono lunghi e la risposta del Presidente Napolitano potrebbe arrivare troppo tardi, cioè a lavori terminati». Dal canto suo l'azienda sembra aver avuto ordine di andare avanti senza badare agli ostacoli.
Cristina Polselli

 

 

Flirt trasversale sull'elettrodotto - Pd, Lega e Udc chiedono l'interramento dell'infrastruttura di Terna - LA MOZIONE
 

TRIESTE Già sul finire dell'era Illy si era parlato di flirt Lega-Pd. Anomalia alimentata soprattutto da qualche uscita di Alessandra Guerra, non a caso poi finita nelle schiere democratiche. Film già visto. Senza peraltro conseguenze rivoluzionarie per la politica regionale. Come pare anche stavolta. Perché il flirt si riaccende ma riguarda solo l'ambiente, dopo le cave l'elettrodotto, e Mauro Travanut assicura che no, di alleanze con il Carroccio, non se ne parla proprio. Mozione trasversale - il centrista Alessandro Tesolat preferisce definirla iniziativa di «consiglieri rappresentanti del territorio» - quella presentata ieri in Regione a Udine, presenti alcuni sindaci di comuni interessati al passaggio dell'infrastruttura, sull'elettrodotto Redipuglia-Udine Ovest che Travanut e Giorgio Brandolin del Pd, Tesolat e Giorgio Venier Romano dell'Udc, Federico Razzini e Ugo De Mattia della Lega vorrebbero interrato, mentre l'operatore di reti per la trasmissione dell'energia elettrica Terna pensa a un progetto aereo. La richiesta alla giunta contenuta del documento, oltre a non esprimere l'intesa nel caso di esito positivo del procedimento autorizzativo avviato da Terna in sede ministeriale, è di affidare a un soggetto terzo (si propone il dipartimento di Ingegneria eettrica della facoltà di Ingegneria di Padova) un approfondimento tecnico sulla possibilità di interrare l'opera «in tutto o in parte». Una richiesta che i firmatari avanzano ricordando la recente espressione giuntale per l'interramento di alcune parti dell'elettrodotto carnico Wurmlach-Somplago.

(m.b.)
 

 

Puzze Siot, a Francovez un'altra centralina Arpa - I CITTADINI «Non possiamo neppure aprire le finestre»
 

Audizione in Provincia del Comitato. L'azienda: «Nessun problema per la salute» Zollia chiede l'intervento dell'Asl: «Non bastano le assicurazioni della direttrice»
«Nessuno vuole che la Siot chiuda, spiegano i cittadini presenti all'audizione di ieri in Consiglio provinciale, ma trovare una soluzione sì, se c'è la volontà e l'onestà di trovarla». L'aria per chi vive a ridosso della Siot diventa a volte irrespirabile, raccontano ancora gli abitanti della zona, «ci sono dei giorni in cui non si possono aprire le finestre perché l'odore è asfissiante. E anche le nostre case costruite con fatica stanno perdendo il loro valore. Se siamo riusciti a raccogliere 650 firme vuol dire che qualcosa si sta muovendo concretamente».
TRIESTE Prima una petizione presentata al Comune di San Dorligo della Valle, che in meno di un mese ha raccolto 647 firme, poi martedì scorso una serie di malori con sensazioni di vomito e irritazioni alla gola. Infine ieri la questione è approdata in Consiglio provinciale, l'ultimo prima delle elezioni di domenica. Sono le recenti tappe della battaglia che da anni gli abitanti di San Dorligo della Valle combattono contro la puzza, a volte insopportabile, provocata dalle emissioni di idrocarburi che fuoriescono dai 32 serbatoi della Siot. Una battaglia sostenuta anche dal consigliere provinciale Claudio Grizon e capolista per il Pdl al Comune di Muggia, primo firmatario della richiesta di audizione con i vertici della Siot, i rappresentanti dei cittadini e il sindaco Fulvia Premolin. «Assieme ai colleghi dell'opposizione - ha spiegato Grizon - abbiamo convocato questo consiglio provinciale perché sia data visibilità ad un problema che si ripete con troppa frequenza. Nei giorni scorsi poi mi sono arrivate lamentale da parte di alcune persone che hanno avuto sensazioni di vomito e irritazioni alla gola». Il problema degli odori è diventato negli anni sempre più pressante, cioè da quando arriva a Trieste il petrolio del Caucaso che contiene più zolfo e, per questo, particolarmente maleodorante. «E poi l'unica centralina installata dall'Arpa a San Dorligo, per il momento fuori uso per questioni di manutenzione, non è in grado di rilevare la presenza di sostanze come i Cov (composti organici volativi) emessi dalla Siot», sostiene Giorgio Jercog dell'associazione Amici del Golfo firmatario della petizione. Insomma, da un lato gli odori fastidiosi e dall'altro la volontà di sapere se effettivamente queste sostanze fanno male alla salute. «Quello che chiediamo - prosegue Jercog - è di dotare le centraline dell'Arpa per le verifiche odorigene, installare un'altra centralina a Francovez garantendo così il monitoraggio tutto l'anno». «L'Arpa - ha specificato il sindaco Premolin - è stata contattata per aggiungere in nuovi sensori. Siamo poi favorevoli all'installazione di un'altra centralina». Eliminare del tutto l'odore del petrolio è un'impresa impossibile, interviene il direttore tecnico Nevio Grillo: «Stiamo testando su di un serbatoio un sistema che utilizza dei prodotti chimici per abbattere gli odori. La nostra azienda fa investimenti per garantire la sicurezza e la tutela ambientale, ma non abbiamo mai promesso soluzioni definitive. Finora abbiamo cercato di mitigare gli odori con le guarnizioni ai serbatoi». Parla di impegno costante anche il direttore generale Ulrike Andres: «Da 45 anni lavoriamo con chiarezza e trasparenza e negli ultimi anni ci sono stati problemi con il greggio caucasico, ma dai nostri studi le emissioni non creano problemi alla salute perché i valori sono comunque bassi. Stiamo cercando le migliori soluzioni utilizzando i test "Voc control" che abbiamo affidato a degli esperti». Il parco serbatoi di Trieste è uno dei più grandi in Italia e in Europa e gli enti pubblici devono fare la loro parte, sottolinea l'assessore provinciale all'Ambiente Vittorio Zollia, a partire dall'Azienda sanitaria (Asl): «Non deve essere la direttrice della Siot a dover dire ai cittadini che non ci sono problemi per la salute, bisogna quindi stabilire se c'è o non c'è effettivo rischio per la salute».
Ivana Gherbaz

 

 

Il Wwf propone una maxi-mappatura dei siti industriali - INQUINAMENTO
 

TRIESTE «Serve una mappatura dettagliata degli stabilimenti industriali e dati puntuali sulle loro emissioni e sulle ricadute al suolo degli inquinanti». Lo chiede il Wwf regionale riferendosi alla proposta di «Piano d'azione regionale», documento che delinea strategie di contenimento degli episodi acuti di inquinamento. Nel complesso il Wwf promuove il documento «per la poderosa documentazione tecnico-scientifica su cui si basa e per aver previsto interventi preventivi».
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 9 maggio 2011

 

 

L'autobus del mare per "coprire" le rive con la "9" prolungata - TRASPORTI » PIANO ESTIVO
 

«L'azienda - spiega l'ad Cosimo Paparo - intende anche anticipare i collegamenti marittimi». Campagna informativa - E per il tram si profilano due mesi di stop
Oltre 13 milioni di km di trasporto pubblico su gomma e 36.300 miglia nautiche sulle linee marittime, di cui 27.600 sulla tratta Trieste-Muggia. Ma non solo. La fotografia dell'attività 2010 di Trieste trasporti parla anche di 141mila km di collegamenti su ferro garantiti dal tram di Opicina. Croce e delizia della mobilità triestine per la quale si annuncia però, prossimamente, un lungo stop obbligato. «È già prevista una sospensione del servizio di almeno un paio di mesi per provvedere alla sostituzione delle pulegge - spiega Paparo -. Un intervento complesso visto che si dovrà scoperchiare la parte a monte prima di rimuovere le parti da sostituire, ma necessario, per il quale c'è già l'intesa con il Comune e la ditta che si farà carico dell'operazione». Un altro blocco, quindi, che va ad aggiungersi ai periodici lavori di ammodernamento di un impianto che ha oltre 100 anni e li dimostra tutti. «È inevitabile sia così - conclude l'ad -. È come se impiantassimo un pacemaker nuovo su un fisico molto maturo: gli acciacchi continuerebbero a farsi sentire».
Modifiche in chiave "balneare" dei percorsi della linea 9. Avvio anticipato dei collegamenti marittimi con Barcola, Grignano e Sistiana. Realizzazione di una campagna di "educazione alla mobilità cittadina" per tentare di correggere tante pessime abitudini dei triestini - dalla sosta selvaggia nelle fermate dei bus al vizio di distrarsi parlando al cellulare mentre si attraversa la strada -. Si aprirà all'insegna di queste novità la stagione estiva della Trieste Trasporti. Azienda che, dopo aver archiviato positivamente pochi giorni fa la partita del bilancio (ne riferiamo a lato ndr), può ora tornare a concentrarsi sulla propria mission: offrire un trasporto pubblico locale sempre più efficiente e in linea con le aspettative degli utenti. Nuovi percorsi Nasce proprio dalla volontà di andare incontro alle richieste e alle abitudini dei cittadini - in particolare quelli che, in estate, affollano stabilimenti e spiagge libere -, la scelta di apportare qualche correzione di rotta ad alcune delle linee più frequentate. La 9, per esempio, a partire da giugno prolungherà il proprio tragitto, effettuando fermate davanti alla piscina terapeutica e nel piazzale antistante il bagno Ausonia. Tappe comode anche per gli habituè del Pedocin che, potendo contare su un servizio pubblico più capillare, saranno magari meno invogliati a prendere l'auto per sdraiarsi al mare. Un po' come accaduto lo scorso anno per i frequentatori della riviera Barcola, che hanno mostrato di apprezzare il prolungamento delle corse della linea 36 , affidate a bus autosnodati da 18 metri, da largo Giardino fino al bivio di Miramare, e l'ampliamento del tragitto coperto dalla 6, da largo Gioberti fino a Grignano. Due formule vincenti che quindi, visto il successo riscosso, Trieste Trasporti riproporrà nuovamente. Linee marittime Oltre che sul trasporto su gomma, la spa quest'anno sceglie di puntare anche sui collegamenti marittimi. Ecco quindi la richiesta, già formalizzata alla Provincia e accolta dall'armatore, di anticipare l'avvio delle corse Trieste-Sistiana. Corse che, anzichè come di consueto a giugno, potrebbero partire già dal 15 di maggio, andandosi quindi ad affiancare al servizio Trieste-Muggia (garantito, come nel caso dei collegamenti con Sistiana, da traghetti del Delfino verde), utilizzato tutto l'anno da decine di utenti abituali. Campagna informativa In cantiere l'azienda ha anche un'altra iniziativa: il lancio, con il coinvolgimento delle scuole, di una campagna di sensibilizzazione sui pericoli del traffico. «L'idea - spiega l'amministratore delegato Cosimo Paparo - è richiamare l'attenzione sui comportamenti quotidiani che complicano la vita ai nostri autisti ed espongono a grossi pericoli tutti gli utenti della strada. Pensiamo solo ai rischi che corriamo quando attraversiamo la strada parlando al telefonino». Certificazione A breve, infine, la spa punta a centrare un altro obbiettivo: il rilascio della certificazione ambientale non solo per i bus, già altamente ecologici viste le bassissime emissioni, ma per tutte le procedure interne: dalla gestione dei rifiuti alle lavorazioni in officina.
Maddalena Rebecca

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 8 maggio 2011

 

 

AcegasAps e Amga: «Fusione possibile»
 

Incontro fra Honsell, Zanonato e Paniccia. Il sindaco di Padova: «Volontà di collaborazione, aspettiamo le elezioni»
il futuro dell'alleanza Stando agli ultimi bilanci delle due società, si potrebbe puntare a un gruppo che fattura in totale 660 milioni di euro
TRIESTE Fusione in vista? È ancora presto, fanno capire i protagonisti, ma Acegas-Aps e Amga Udine hanno iniziato a parlarsi e ripescato il progetto di una multiutility nordestina che possa competere con i colossi italiani. Furio Honsell preferisce non esporsi ma il collega di Padova Flavio Zanonato ammette che sì, c'è stato un vertice con il sindaco di Udine, il presidente di Amga Antonio Nonino e presidente e ad di Acecag Aps, Massimo Paniccia e Cesare Pillon. Stando agli ultimi bilanci delle due società, si potrebbe puntare a un gruppo da 660 milioni di euro. «È stato un incontro positivo - commenta Zanonato -, mi pare ci sia una forte volontà di collaborazione. Non facciamo però fughe in avanti, siamo solo all'inizio». Nel 2008, dopo il fallimento del progetto Nord Est Servizi in era Illy, ci aveva provato Renzo Tondo. Il presidente Fvg riunì a fine settembre le tre aziende di multiservizi di Trieste e Padova, Gorizia-Monfalcone e Udine ma Acegas-Aps, Iris e Amga non trovarono un minimo d'intesa per far decollare la trattativa. A frenare fu in particolar modo Honsell che, davanti alla prospettiva di confronto con un soggetto molto più grande, e anche extraregionale, come Acegas-Aps, scelse di non procedere. «Preferisco un percorso graduale», dichiarò allora. Stavolta, racconta Zanonato, il sindaco di Udine ha un approccio diverso. «Ho visto Honsell molto interessato, le precedenti perplessità non sono emerse. Udine, sull'acqua, ha fatto altro scelte, ma sul resto mi pare disponibile a un'ipotesi di dialogo», riassume il primo cittadino di Padova spiegando di aver contribuito a mettere in contatto le due società. Futuri incontri? «Si aspetta il voto di Trieste, dopo di che si porteranno avanti i ragionamenti con i nuovi amministratori». Sulla carta si tratta di un mega-progetto. Se l'Amga ha ormai deciso di trasferire il ramo acqua a Cafc, la partita su energia e gas rimane rilevante. Secondo i dati di bilancio appena presentati, Amga Energia & Servizi, la partecipata udinese che fa più ricavi, ha aumentato il fatturato dai 111 milioni del 2009 ai 160 dell'anno scorso, con volumi di vendita del gas passati dai 170 milioni di metri cubi del 2009 ai 225 del 2010 e la previsione per quest'anno di superare i 250 milioni. In crescita anche le vendite di energia elettrica, cresciute dai 320 milioni di kwh del 2009 ai 600 milioni del 2010. «Il miglior bilancio della nostra storia», dice l'ad Daniele Romanello. Recenti anche i dati di bilancio di Acegas-Aps: 108,3 milioni di margine operativo, 22,1 milioni di utile, 506,1 milioni di ricavi. Numeri che adesso, a quanto pare, non spaventano più il Comune di Udine.
Marco Ballico

 

 

Primi in Italia per megawatt installati
 

TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia è la prima regione in Italia per quota di potenza installata dagli utenti domestici (i privati) con il 38% di megawatt contro il 35% della Liguria. Il dato è emerso nel corso del seminario che si è svolto ieri nella sede udinese di Confartigianato per illustrare agli imprenditori novità e problemi del IV conto energia approvato il 5 maggio dal Consiglio dei ministri e pronto a partire il primo giugno. Un provvedimento atteso, ma che non soddisfa le aspettative del settore. «Chi vuole installare un impianto lo faccio subito - ha detto Donatella Mormandi, responsabile dello sportello energia -. Il nuovo conto prevede tariffe calanti ogni mese a differenza del precedente, che aveva cadenza quadrimestrale. Alla fine di dicembre ci sarà un taglio del 20% sul contributo per le energie rinnovabili».
 

 

Odori nausebondi a Zaule Grizon tira in ballo la Siot
 

«Sono invivibili le zone di Mattonaia, Francovez e Aquilinia fino a San Dorligo» Domani l'audizione in Provincia del Comitato dei cittadini coi vertici dell'azienda
MUGGIA «Odori nauseabondi con una forte componente di idrocarburi hanno invaso martedì scorso Aquilinia, fino al centro di Zaule, provocando difficoltà respiratorie ed irritazioni alla gola a molte persone». La denuncia è di Claudio Grizon, capolista per il Pdl al Comune di Muggia e per la Provincia nel collegio che va da Rabuiese a Stramare e Aquilinia e arriva giusto alla vigilia dell'audizione sulla Siot che si terrà domani mattina, ore 9.30, in Consiglio provinciale a Trieste. L'incontro nasce su iniziativa consiliare dei consiglieri dell'opposizione (centrodestra) avente per oggetto "Petizione contro i continui episodi odorigeni di natura idrocarburica presentata da 647 cittadini residente nel comune di San Dorligo della Valle". All'audizione presenzieranno il direttore generale della Siot Ulrike Andres, il sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin, nonché il dirigente provinciale del servizio tutela del territorio Fabio Cella. Un'audizione molto attuale visto la ricomparsa dei cattivi odori. «La notizia mi è giunta da numerosi cittadini residenti nella zona - racconta Grizon, ma mi è stata confermata da uno dei medici di famiglia che operano accanto alla farmacia il quale mi ha assicurato che gli odori erano davvero insopportabili al punto da provocare la sensazione di vomito». Ovvio il collegamento. «Ho subito collegato questo fatto - prosegue Grizon - con le proteste dei 650 cittadini di Aquilinia e San Dorligo che con l'aiuto dell'ex consigliere Giorgio Jercog hanno presentato una petizione alla Provincia e al Comune di San Dorligo per sollecitare interventi di controllo nei confronti della Siot, affinché con opportuni accorgimenti tecnici possano essere eliminati i frequentissimi odori provenienti dai loro serbatoi che rendono invivibili le zone di Mattonaia, Francovez e fino alla parte di Aquilinia ricadente nel comune di San Dorligo».
 

 

In bici la Grado-Belvedere - Aperta la più lunga ciclabile lagunare d'Europa. Sette mesi per realizzarla
 

GRADO Con i suoi quasi 5 chilometri da Grado a Belvedere, è la più lunga pista ciclabile lagunare d'Europa. È una delle affermazioni del commissario comunale Giovanni Blarasin che appena nominato aveva avuto in consegna la ciclabile che però era risultata poco sicura. Gli aggettivi sulla bellezza di questo percorso color sabbia che dopo la resinatura fa scorrere davvero leggere le biciclette sono state espresse un po' da tutti. A contribuire nei giudizi la giornata splendida con il "nastro" carreggiabile e ciclabile che taglia in due una laguna gradese dipinta dell'azzurro del mare e del verde della vegetazione delle mote e degli argini (tra i ritocchi che mancano vi è la posa di piante lato Barbana, probabilmente i resistenti tamerici). Una delle "descrizioni" è quella dell'arciprete monsignor Armando Zorzin: «Un percorso che collega i Patriarcati di Grado e Aquileia sotto un'unica Chiesa, benedetta peraltro dalla sguardo della Madonna di Barbana». Da Grado la ciclabile arriva, infatti, sino alla Città Romana. Due e distinti sono stati gli interventi che hanno portato a una spesa complessiva di poco inferiore ai 2 milioni di euro. Quello della strada regionale 352 che Fvg Strade ha allargato e messo in sicurezza sostituendo per ora uno dei due guard-rail. Il costo dell'opera è diun milione 300mila euro. L'altro ha interessato la ciclabile ed è costato 600mila euro. L'opera è stata realizzata con fondi comunali ma anche grazie all'impegno dei progettisti Andrea de Walderstein e Alberto Cautero. Dall'altra parte c'è la messa in sicurezza della pista ciclabile della quale si parla da una dozzina d'anni che fino ad ora ha visto il Comune attingere dalle proprie casse circa 600mila euro. Dalla prima riunione, al reperimento dei fondi, all'assegnazione degli incarichi, alla realizzazione (manca ancora la sistemazione di un tratto lato Barbana della staccionata di protezione della ciclabile) sono passati solo 7 mesi che per gli enti pubblici è da considerarsi quasi un record. Di questo ha parlato anche l'assessore regionale Riccardo Riccardi che ha annunciato che fra pochi mesi, forse già a settembre, ci sarà l'inaugurazione del tratto completo di ciclabile che da Grado arriva a Palmanova.
Antonio Boemo

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - SABATO, 7 maggio 2011

 

Rigassificatore Panigaglia/Legambiente: "Ora abbiamo ancora più paura"
 

La Spezia. "Emergono particolari inquietanti dal Rapporto redatto dalla società Sicur Fire scarl, società che da tempo collabora alla gestione e prevenzione antincendio nell’ambito portuale, sul rigassificatore di Panigaglia" commenta Legambiente a proposito della sicurezza del noto impianto di Rigassificatore. "Tra gli anni Settanta e Ottanta ci sarebbero stati - secondo quanto indicato nel blog SpeziaPolis - almeno tre incidenti gravi nell'impianto con esplosioni e principi di incendio, a cominciare dallo scoppio di un compressore per il Gpl, che, afferma il Rapporto, solo per un miracolo non hanno avuto sviluppi catastrofici. Oltre a ciò, non risulta siano mai stati effettuati test o verifiche sulle condizioni strutturali dei serbatoi del gas attualmente esistenti nell'area dell'impianto, in esercizio da oltre 40 anni. Pare non sia previsto alcun mezzo nautico o rimorchiatore con componente antincendio sotto bordo alla nave gasiera in fase di scarico al terminal come invece previsto dalla ordinanza della Capitaneria della Spezia n. 123/2010 per le operazioni di bunkeraggio alle navi gasiere, mentre il sistema di gestione delle emergenze per l'impianto di rigassificazione è affidato solo a sistemi automatici. La squadra interna aziendale, attivata in caso di emergenza in quanto normalmente il personale svolge altri compiti, appare troppo limitata per un impianto a rischio di incidente rilevante, non esiste quindi nessuna vigilanza esterna specialistica con personale appositamente addestrato". "Alla luce di questi elementi, finalmente messi nero su bianco - continua Legambiente - chiediamo alla Prefettura e a tutti gli enti deputati ai controlli di verificare se il rigassificatore, di fatto, è gestito in modo adeguato al fine di garantire l'incolumità dei lavoratori e di tutti coloro che vivono nel territorio spezzino, perché da quanto emerge dal suddetto rapporto vivere e lavorare vicino ad un simile impianto è ancora più pericoloso vista la messa a rischio delle basilari norme di sicurezza "
 

 

IL PICCOLO - SABATO, 7 maggio 2011

 

 

Stop all'elettrodotto Terna Ricorso al Capo dello Stato
 

Il progetto attraversa il Carso nei comuni di Duino Aurisina, Monrupino e Sgonico che si appella a Napolitano contro gli espropri e la mancata tutela ambientale
SGONICO Questo elettrodotto non s'ha da fare. Nella querelle che da mesi sta animando la parte ovest dell'altipiano carsico si aggiunge un nuovo importante tassello. La giunta comunale di Sgonico ha infatti deciso di aderire al ricorso amministrativo straordinario al Presidente della Repubblica presentato da soggetti individuali e organizzazioni locali in merito alla posa dell'elettrodotto della società Terna spa. La struttura dovrebbe attraversare il Carso nei comuni di Duino Aurisina, Monrupino nonché proprio Sgonico. «L'elettrodotto in questione deturpa l'ambiente naturale del Carso che rientra nella zona di protezione europea Zps, Natura 2000 e direttiva europea Habitat», rimarca il sindaco di Sgonico Mirko Sardo. L'amministrazione comunale già in data 22 febbraio 2006 e successivamente in data 13 maggio 2008 aveva scritto al Ministero dello Sviluppo economico e alla società Terna chiedendo che per il territorio comunale di Sgonico fosse previsto «l'interramento entro la fascia protetta dei tralicci esistenti». Pertanto, visti gli ultimi sviluppi della questione, il Comune ha deciso «a salvaguardia dei cittadini residenti di appoggiare ad ajuvandum il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica». E dopo Sgonico anche a Monrupino iniziano a muoversi le acque. «Condivido la linea di pensiero adottata dalla giunta comunale di Sgonico perché per attuare un simile progetto dev'esserci il pieno consenso della gente», ha spiegato il consigliere comunale di maggioranza Maurizio Vidali. Ora l'amministrazione retta dal sindaco Pisani sta valutando concretamente la possibilità di aggregarsi al ricorso amministrativo straordinario. Tra i "nodi" denunciati nel ricorso, oltre al mancato rispetto della tutela ambientale, vi è «la violazione dei diritti di partecipazione e d'informazione degli interessati all'esproprio» e la mancata traduzione in sloveno della documentazione presentata dalla Terna.
Riccardo Tosques

 

La politica rinunciataria delle Ferrovie di Stato - L'INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
 

"Addio ai treni veloci. Ma guai arrendersi". Ha ragione Roberto Morelli: " Solo la Regione può assumere il ruolo guida" di riportare il Fvg al ruolo internazionale assegnatole dall'incrocio del corridoio transpadano con quello nordorientale. Infatti, di fronte alla posizione di Moretti (il marketing di Trenitalia è "riempire i treni" con comitive di almeno 600 persone (o sardine?), per i viaggiatori, e chiedere all'industria solo treni completi, rinunciando anche al carro singolo, dopo l'abbandono delle piccole partite e del groupage, per le merci), s'impone una decisa azione della Regione nella ricostruzione della rete del Nordest. Quando erano un monopolio, le FS offrivano il Settebello sulla Roma - Milano, con una capacità doppia rispetto all'Arlecchino, utilizzato sulla Milano - Venezia, tenendo conto della domanda potenziale. Oggi si pretende che sia la domanda ad adeguarsi ad un'offerta, praticamente inesistente, per poter giustificare il ritiro dal mercato. Sulla base di tali lungimiranti principi, il vertice FS ha ribadito la strategia per il Nord Est: la Pontebbana e Cervignano sono più che sufficienti per affrontare i traffici orientali ( che gravitano al Nord ed utilizzano Tarvisio), mentre sarebbero stagnanti quelli balcanici attraverso Opicina e Gorizia. Si tratta del plateale ritorno dell'impostazione del primo governo Berlusconi, che fortunatamente Illy e Bersani riuscirono a correggere, ritornando alla storica visione del confine orientale che necessita da sempre della pari attenzione per la piena efficienza dei due corridoi N/S ed E/O. Fino alla guerra nella ex - Jugoslavia, il pareggio dei transiti, sia in import che in export, a Tarvisio, rispetto alla somma di quelli via Opicina e Gorizia, era una costante. Purtroppo, dopo la guerra, in questi ultimi il transito si è ridotto ad un terzo, non per mancanza di traffici, ma per l'inefficienza del nodo merci di Trieste che non riusciva più a garantire la regolare movimentazione anche di un così ridotto numero di treni: la soppressione giornaliera di decine di convogli, una volta per mancanza del personale di macchina, altre volte per mancanza dei locomotori, non ha consentito il recupero del traffico e ha arricchito la concorrenza stradale. Anche per le merci, come per i viaggiatori, non è vero che "c'è poco mercato", non si conosce il mercato e lo si abbandona. Per quanto riguarda il progetto nel cassetto dell'Autorità portuale e rispolverato dalla Monassi, si può parlare di rovesciamento della realtà: l'aberrante progetto venne respinto in quanto comprometteva l'agibilità dei moli V e VI , favorendo un solo operatore, in patente contrasto con il piano regolatore portuale. Moretti, per contro, ha tolto il finanziamento al progetto sottoscritto da Regione, Provincia e Autorità Portuale non appena entrata in funzione la nuova giunta : si tratta della "metropolitana leggera", il progetto per la rivitalizzazione del nodo di Trieste in funzione del traffico portuale e del servizio metropolitano regionale, opera che avrebbe avuto anche la valenza di investimento anticongiunturale. L'assessore ai trasporti del Veneto ha potuto ribadire tranquillamente che la sua regione vuole ricondurre l'alta velocità ad un semplice quadruplicamento funzionale al servizio regionale per le spiagge, nel silenzio del responsabile trasporti del FVG, perpetuando la pratica di utilizzare una linea internazionale solo per il traffico metropolitano. Nessuna reazione da parte del mondo politico ed economico della nostra Regione.
 

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI - Alta velocità Moretti precisa

 

 Desideriamo replicare all'articolo pubblicato venerdì 29 aprile, "Tav a Venezia nel 2019, a Trieste mai". Nessuna modifica e nessun ripensamento del progetto originario: l'Alta Capacità arriverà fino a Trieste e la realizzazione del tracciato avanzerà in coerenza con le risorse finanziarie disponibili. Contrariamente a quanto sostenuto nel titolo dell'articolo, Mauro Moretti, Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato, non ha mai affermato che l'Alta Velocità non arriverà a Trieste. Il titolo è una mera forzatura giornalistica che contraddice non solo il pensiero di Moretti, ma persino quanto, nel testo, viene allo stesso Moretti correttamente attribuito. C'è da sottolineare che il pezzo giornalistico è la riproposizione in forma di intervista di domande rivolte a Moretti in un convegno pubblico, tenutosi nell'ambito del "Festival delle Città Impresa" di Venezia. Nessuna intervista in esclusiva, quindi, è mai stata rilasciata al quotidiano giuliano. In tema di sviluppo dell'area triestina, Moretti ha sottolineato che il quadruplicamento ferroviario verso Trieste è fondamentale in relazione al ruolo che questa via commerciale e di comunicazione ricopre per i traffici verso i Paesi Balcanici e la Turchia. Per quanto più specificamente riguarda il porto, Moretti ha ribadito l'interesse delle Ferrovie dello Stato, affermato più volte ed espresso anche nella proposta formulata già quattro anni fa all'Autorità Portuale. Recentemente l'ad di FS ha sottolineato all'attuale Presidente dell'Autorità Portuale l'interesse del Gruppo FS a potenziare le infrastrutture ferroviarie a servizio dei moli 6 e 7 e a riqualificare lo scalo di Campo Marzio. Per quanto riguarda infine l'Alta Velocità, Moretti ha spiegato che sulla linea si svolgeranno servizi a mercato, e quindi non si potrà mai avere una frequenza come quella sulla relazione Milano - Napoli, ma questa sarà coerente alla reale domanda di mobilità che l'area saprà esprimere. Quanto sopra si comunica chiedendo a termini di legge una tempestiva puntuale smentita.

Federico Fabretti Direttore Centrale Relazioni con i Media

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 6 maggio 2011

 

 

Nucleare - Raddoppio di Krsko - Tondo: «Partecipiamo»

 

 «Qualora ci sia il raddoppio del reattore di Krsko, proprio per la messa in sicurezza, penso sia opportuno che ci candidiamo a fare i partner». Lo ha detto ieri il governatore Tondo, rispondendo a un'interrogazione in Consiglio regionale. Tondo ha sottolineato che l'incidente di Fukushima «non deve essere strumentalizzato» e ha ribadito l'interesse a cooperare con la Slovenia.

 

 

Ogs, progetto bagno sicuro nell'Adriatico - MONITORAGGI
 

Quanto a lungo possono resistere i batteri fecali fuori dall'organismo umano? Il sale dell'acqua marina li danneggia? Come si comportano i coli fecali in un mare poco profondo come l'Adriatico? Quando è davvero sicura la balneazione? Sono alcune delle domande cui cercherà di dare una risposta il progetto. Bagno sicuro in mare aperto presentato è stato presentato nel corso di una conferenza stampa da Paola Del Negro, ricercatrice del Dipartimento di Oceanografia Biologica dell'Ogs, l'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale. Il progetto, che è finalizzato alla balneazione sicura nella parte centrale del Golfo di Trieste (Punta Salvore-Punta Tagliamento), ha ricevuto un contributo finanziario dall'assessorato regionale alle attività produttive, con delega alla polizia locale e sicurezza, di cui è responsabile l'Assessore Federica Seganti, intervenuta alla presentazione. L'inquinamento microbiologico delle acque di mare è strettamente connesso con la presenza di apporti antropici e quindi è molto più intenso in aree costiere. L'Alto Adriatico, in particolare, è stato designato dal D. Lgs. 152/2006 come area sensibile, e rientra nell'ambito delle zone costiere regolate dalla direttiva quadro 2000/60 CE. Per queste aree è previsto il monitoraggio costante di una fascia compresa entro i 3 km dalla costa, che viene svolto con puntualità dall'Arpa regionale al fine di tutelare la balneazione. L'areale di competenza Arpa, tuttavia, si ferma proprio qui. Mancano, dunque, informazioni sul grado di purezza/inquinamento di origine antropica dell'acqua di mare oltre questo limite.
 

 

Agricoltura - Ogm, Futuragra chiede l'ok alla sperimentazione

 

 Silvano Dalla Libera, vicepresidente di Futuragra, ha presentato alla Regione una richiesta per avviare la sperimentazione di Ogm sui propri campi di Vivaro (Pordenone). Lo ha reso noto ieri l'associazione. Alla richiesta, presentata il 15 aprile, la Regione non ha ancora dato una risposta. «È evidente - afferma Dalla Libera - che la legge è in contrasto con le norme Ue».

 

 

Fotovoltaico, ok al decreto. Ma le aziende fanno causa
 

ROMA Traguardo raggiunto per il decreto di revisione degli incentivi al settore fotovoltaico. Dopo un paio di mesi di confronto anche aspro sul decreto sulle energie rinnovabili. Con dibattito riacceso dall'annuncio governativo di moratoria di un anno sul nucleare, e dopo manifestazioni di protesta degli operatori del settore delle rinnovabili, e qualche baruffa tra ministri, il nuovo testo presentato dai ministri dello Sviluppo Paolo Romani, e da quello dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, ha avuto il via libera del Consiglio dei ministri. Ed è, a giudizio della Prestigiacomo, «una grande vittoria per l'ambiente e una grande sfida di sviluppo sostenibile». Si tratta di un decreto interministeriale «condiviso», che dà «finalmente certezza a chi opera in questo settore», ha sottolineato Romani, nell'ammettere tuttavia che «la discussione è stata anche dura», ma il lavoro fatto con il ministero dell'Ambiente ha portato a uno strumento di «straordinaria mediazione». Condivisione che sembrerebbe però non trovare sponda in tutte le imprese: gli investitori esteri chiedono risarcimenti per 500 milioni di euro «come danno emergente dalla modifica del quadro normativo», e sono 150 le aziende italiane che annunciano un'azione legale collettiva contro il decreto sugli incentivi affidata all'associazione "Sos Rinnovabili". Tra le aziende coinvolte, anche una componente legata a Confindustria «in aperto dissidio» con viale dell'Astronomia. Tra gli ambientalisti invece, Legambiente apprezza la «ripartenza per il fotovoltaico dopo mesi di stallo», mentre Greenpeace lamenta «l'ennesimo bizantinismo legislativo del governo per rendere ancora più incerto lo scenario in cui si fa impresa». Ma cosa prevede il decreto? Intanto, non ci sono tetti alla produzione ma vengono fissati degli obiettivi di potenza installata annuali in base alla quale verranno regolate le tariffe (il meccanismo partirà nel 2013 e fino ad allora sarà in vigore un regime transitorio); entro il 2017 il governo prevede il raggiungimento della "grid party", ciò significa che le tecnologie fotovoltaiche non dovrebbero aver più bisogno di incentivi; i piccoli impianti godranno di incentivi più ricchi, non avranno tetti di spesa massima e non dovranno apparire sul registro del Gse (Gestore servizi elettrici).
 

 

Duino, acqua in passerella all'interno del Randaccio
 

Accordo tra AcegasAps, Wwf e facoltà di Architettura per realizzare un museo Un'area da 20mila metri quadrati sul modello di Copenaghen e Barcellona
IL SITO ARCHEOLOGICO - All'interno i resti di una "mansio" romana del primo secolo
DUINO AURISINA Nessuno immaginerebbe cosa riserva l'acquedotto Randaccio. Un ampio giardino si apre già dall'entrata e l'imponente palazzina dell'impianto e lì a dare il benvenuto. Poi è tutto uno snodare di stradine che percorrono un grande spazio verde, tra fontane, palazzine storiche e resti romani. Impossibile non sfruttare una tale risorsa. "Acqua in passerella" è, infatti, il nuovo progetto di sensibilizzazione e educazione ambientale, presentato da AcegasAps, Wwf - Area marina protetta di Miramare e la facoltà di architettura dell'università di Trieste. Il fulcro dell'accordo è la realizzazione, in un paio d'anni, del Museo dell'Acqua. Il nuovo progetto andrà a occupare un'area di 20mila metri quadri, dove attualmente si trovano dei filtri in via di dismissione. Potrà contare su spazi educativi innovativi come un'aula didattica interattiva in 3D, studiata e realizzata in Area di ricerca, un'area per gli esperimenti e strutture adeguate per convegni e dibattiti. «Il museo sarà la sintesi di diverse realtà già presenti in città come Copenaghen, Barcellona e Dusseldorf» spiega Enrico Altran di AcegasAps. Già da settembre "Acqua in passerella" porterà gratuitamente le scuole a scoprire, attraverso percorsi tematici, le caratteristiche dell'acquedotto cittadino, ma anche gli altri elementi che costituiscono il contesto entro cui si trova: storia, natura e conoscenza del territorio. «Il nostro interesse è iniziare a sensibilizzare i cittadini sull'acqua ma progressivamente su tutta la tematica dell'ambiente» afferma Maurizio Spoto del Wwf. La riqualificazione passerà proprio tramite i "nostri" architetti, l'università impegnerà un gruppo di giovani ricercatori di grande vitalità «l'impegno sarà importante ed entusiasmante» conferma il preside della facoltà Giovanni Fraziano. Le visite, curate dallo staff del Wwf (area marina di Miramare) sono già prenotabili e fruibili, su richiesta tramite un modulo disponibile on line nel sito www.gruppo.acegas-aps.it.

Il sito rappresentava un punto strategico molto importante. Da qui passavano la via Gemina, che collegava Tergeste con Aquileia e la strada che portava a Lubjana. Proprio all'interno del comprensorio sono visibili i resti di una "mansio" romana, risalente al secolo I probabilmente adibita a stazione di posta. I legami con la storia, riguardano anche i rimandi alle tragiche vicende del Carso e della I guerra mondiale (Giovanni Randaccio, caduto nel 1917 è stato insignito della medaglia d'oro al valore militare). L'acquedotto, realizzato nel 1929, legato alle risorgive del Timavo e del Sardos provvedeva da solo al fabbisogno idrico della città.
Cristina Polselli

 

 

SEGNALAZIONI - FERROVIE / 1 - Trasporti tagliati

 

Bravo Moretti di Rete Italia, ha capito che sono i numeri che fanno la storia. Migliaia di turisti giornalieri che fanno rotta su Venezia inducono l'alta velocità a fermarsi in laguna. È dagli anni '20 dell'altro secolo che la rete ferroviaria italiana finisce a Venezia, da quando non si è mai creata la stazione ferroviaria di Mestre sul passante, ma si è costruita invece la stazione di Santa Lucia. Per Rete Italia Trieste è una palla al piede,da emarginare. Non si fa la metropolitana leggera, non si riusa il collegamento Campo Marzio-Opicina, si chiude lo scalo merci di Barcola in modo che l'Adria terminal non sia collegato al resto delle ferrovie nazionali. Bravo Moretti, e bravi i nostri politici locali... Gli unici treni veloci saranno quelli provenienti da Lisbona che vanno a Kiev e fermeranno a Opicina, e i merci che arriveranno giù in città, ma nel 2030. Già oggi per andare a Vienna conviene prendere il treno a Divaccia e fino a pochi anni fa andavi a Sesana a prendere il pendolino per andare a Venezia. Grazie Rete Italia.

Piero Zanon

 

 

SEGNALAZIONI - FERROVIE / 2 - Trieste snobbata

 

Ho letto con sconcerto le dichiarazioni dell'ingegnere Moretti sul Piccolo di venerdì 29 aprile. Io sono fuori dal mondo industriale, ma mi sembra un po' limitato il suo ragionamento. Esso bassa la gestione di un'azienda partecipata dallo Stato italiano sull'unico criterio dei costi-benefici, conti alla mano, oggi... Invece credo che una società dell'importanza di Trenitalia richiederebbe una visione più ampia, anche le prospettive di uno sviluppo. Bisognerebbe sapere se questa scelta è condivisa dal suo maggiore azionista: lo Stato e in subordine la Regione, che, dal mancato sviluppo del porto di Trieste, hanno e avranno indubbiamente danno economico e di prestigio. Inoltre, non si capisce perché fare una stazione sinceramente bella, quando si hanno queste prospettive di non sviluppo. A Trieste, nell'orario ferroviario, fa capo un'unica linea: quella per Udine. Per scoprire come si fa ad andare a Venezia, è necessario andare alla pagina di Venezia e allora si scopre che da Venezia il terminale è Villa Opicina e lungo la linea c'è Trieste. Dicevamo stazione, quella di Trieste, prestigiosa, mentre stazioni come quella di Venezia, dove passa il mondo, è in stato di completo abbandono. O come quella di Mestre, snodo importantissimo, che non ha neanche gli ascensori tra i binari. O forse per Trieste la Stazione era concepita come un centro commerciale? Ma allora le previsioni sono completamente fallite dal punto di vista economico. Sono installati tre negozi; il resto, vuoto, dà un'impressione di abbandono. Qual è il guadagno, dato che, per quel che vale, allo stato attuale la Stazione precedente per una Trieste ridotta alla funzionalità prevista era più che sufficiente.

Pia Frausin

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 maggio 2011

 

 

«Puntare sull'ambiente No al rigassificatore»
 

Candidati presidenti della Provincia concordi: per trainare lo sviluppo sfruttare in chiave turistica le risorse culturali e paesaggistiche del territorio
di  Una, la presidente uscente che punta alla conferma, forte anche di 5 anni di background a Palazzo Galatti, ha vinto in precisione, in lucidità nell'esposizione di numeri, obiettivi e strategie: ha fatto capire di essere pronta, se rieletta, a stressare senza tregua le altre istituzioni per chiudere la partita-bonifiche, «la priorità numero uno», e ha messo in croce più volte, per manchevolezze varie verso il territorio giuliano, la Regione guidata da Tondo, lo spodestatore di Illy, il suo mentore politico. L'altro - il sindaco di Duino Aurisina che punta a soffiarle il posto, da aspirante emulatore del Dipiazza 2001 cui riuscì il salto dal comune periferico - si è rifatto cercando di far vibrare le corde del cuore: ha promesso, se eletto, di lavorare duro «per sviluppare e far girare l'economia, affinché i nostri giovani non se ne vadano», e ha evocato la paternità dello sbarco di Pasta Zara e della terza linea dell'inceneritore, roba di un decennio fa, quando fece tra il 2001 e il 2002 l'assessore proprio a Palazzo Galatti, guidato allora da Scoccimarro. Entrambi, però, oltre a scambiarsi cortesie istituzionali - da persone eleganti quali sono - si sono ritrovati pure attorno a una precisa visione strategica. Precisa e, in un certo senso, ineluttabile, giacché l'ambiente è proprio una delle (poche) deleghe pesanti in capo alla (piccola) amministrazione pubblica che entrambi intendono pilotare: sia per l'una che per l'altro, infatti, stando così le cose, il rigassificatore non s'ha da fare. Meglio insomma puntare sul paesaggio e sulla cultura, anche enogastronomica. La vera risorsa in chiave turistica del territorio. È vissuto dunque di rivendicazioni, carinerie e prese di posizione, di quelle che lasciano il segno, il confronto pubblico moderato dal direttore del Piccolo Paolo Possamai andato in scena l'altro pomeriggio al Savoia su iniziativa dell'Associazione nazionale donne elettrici - in coda all'analoga sfida Antonione-Cosolini- tra Maria Teresa Bassa Poropat e Giorgio Ret, candidati alla presidenza della Provincia, rispettivamente, per il centrosinistra unito e per Pdl, Lista Dipiazza e Pensionati. Ret ha rotto il ghiaccio: «I sindaci costituiscono la vera espressione dei cittadini di un territorio. Non voglio una Provincia sovraordinata, ma al servizio dei comuni». Ha subito replicato la Bassa Poropat: «Non si può governare la Provincia come un Comune. Serve visione di area vasta. I cittadini devono sapere quali procedure e competenze sono in carico all'ente. Esempio, il sito inquinato è il tema centrale di questo territorio. Siamo stati noi, 4 anni e mezzo fa, a radunare i portatori di interessi. Da allora, da parte della Regione, sono stati portati all'attenzione del Governo 14 accordi di programma. La Regione, nel frattempo, almeno poteva procedere con il completamento delle caratterizzazioni. Non l'ha fatto. E così ci sono 24 aziende in lista d'attesa». LE COMPETENZE Bando alle certezze sottintese, specie qui dove i confini della città quasi coincidono con quelli della sua provincia, a un certo punto il direttore del Piccolo ha chiesto ma «che mestiere fa la Provincia?». Ret ha precisato che «esistono deleghe dirette come la promozione turistica, il controllo dell'ambiente, ma anche altre per cui la Provincia deve chiedere alla Regione più chiarezza, per evitare eventuali sovrapposizioni con i poteri dei comuni. Le province, finché ci sono, bisogna farle funzionare al meglio. Per quanto mi riguarda, ad ogni modo, al primo posto deve esserci lo sviluppo economico. Io credo che la Provincia possa creare l'ambiente, le condizioni ideali proprio per far crescere l'economia», ha sentenziato il candidato del Pdl reclamando a questo proposito, come sindaco di Duino Aurisina, lo sblocco della Baia di Sistiana: «Su Portopiccolo ora c'è una gara tra privati per investire, perché è partito qualcosa che sembrava non potesse mai partire». La Bassa Poropat ha spiegato a sua volta che «le competenze della Provincia sono normate dalla Regione, non in virtù di un presidente di Provincia. Le deleghe principali sono il controllo ambientale, l'edilizia delle scuole superiori, il coordinamento tra le amministrazioni comunali, le politiche attive del lavoro per l'incrocio domanda-offerta, il trasporto pubblico locale che occupa quasi il 45% del bilancio e il turismo, inteso non come accoglienza turistica ma come promozione turistica, che è una competenza per così dire più raffinata. Noi, in tal senso, abbiamo cercato di puntare sulle produzioni enogastronomiche d'eccellenza, sulle cantine del Carso, sforzandoci di pensare Trieste come un territorio unico, che va oltre piazza Unità». IL RIGASSIFICATORE Fin qui il dibattito a tema (quasi) libero. Ma quando la domanda del direttore del giornale è divenuta rigida pretesa, o un sì o un no al rigassificatore progettato da Gas Natural a Zaule, le facce dei due si son fatte un po' più tirate. Ret: «La prima risposta spetta ai sindaci di San Dorligo e Muggia. Eppoi il tutto deve assecondare una strategia generale. Facciamo il rigassificatore? Allora a Portopiccolo ci facciamo una cittadella per gli operai e al Castello di Duino una pompa per la distribuzione del gas. Sono scelte talmente importanti che non si possono localizzare. Io, da sindaco di Duino Aurisina, la mia scelta l'ho fatta e credo nell'industria pulita, e nell'ambiente, che è il nostro patrimonio in chiave turistica». Ma sì o no? «Con le risposte che ci sono state date o meglio non ci sono state date finora in merito alla compatibilità con l'arrivo di yacht e navi bianche - ha poi chiarito il candidato del Pdl - io direi di no». Bassa Poropat: «Come Provincia avevamo promosso un comitato scientifico che traducesse delle informazioni tecniche, che non fossero di natura emotiva. Per la prima volta la proprietà ha inteso rispondere alle domande dei cittadini, proprio incontrando tale comitato scientifico. E le risposte che sono arrivate, al momento, non ci consentono di dire di sì». I RIFIUTI Dal rigassificatore alle nuove competenze in materia di ambiente, e in particolare di gestione della differenziata e di smaltimento dei rifiuti. Ret: «Servono accordi con le province limitrofe e pure con la Slovenia, perché i tempi sono maturi. Lo dice uno che, a suo tempo, fece fuoco e fiamme col sindaco di Sesana, convincendolo, perché voleva riempire di immondizie una dolina». Bassa Poropat: «Nel dicembre 2012, che è ormai alle porte, pena pesantissime sanzioni comunitarie, dovremo arrivare al 60% di differenziata. Volenti o nolenti. Tutti i comuni devono fare la loro parte, in primis il capoluogo. Per questo noi ci siamo già mossi, stilando assieme ai sindaci un cronoprogramma». LE SCUOLE Ultima domanda (scomoda) come fare a gestire un patrimonio scolastico vetusto che ha mostrato tutti i suoi limiti sotto i colpi della bora di due mesi fa. La Bassa Poropat ha puntualizzato che «un piano d'intervento esiste e la Regione dispone dell'elenco, solo che servirebbe una cifra catastrofica. Per questo dobbiamo intervenire sui poli scolastici, con l'obiettivo di eliminare quantomeno le succursali e gli edifici più vecchi. Un primo polo sarà quello in via di completamento a Villa Giulia, un secondo dovrebbe essere l'ex Irfop di Valmaura, quando la facoltà di Medicina si trasferirà a Cattinara nell'ambito del nuovo polo ospedaliero, un terzo sarebbe dovuto essere un vero e proprio campus, in tre o quattro palazzine dell'ex comprensorio militare di via Rossetti ma io e Dipiazza stiamo ancora aspettando una letttera dal ministero. Un quarto polo, infine, potrebbe essere realizzato all'interno dell'ex Opp, presso il cosiddetto Gregoretti 2. Per poterlo realizzare abbiamo chiesto, anche in questo caso, un finanziamento alla Regione». Ret: «Al di là di ribaltare i propri problemi sugli altri, la Regione nella fattispecie, ritengo che si debba andare in cerca di finanziamenti dapertutto. Anche questa partita, per me, passa per lo sforzo che si deve fare per far girare di più l'economia. Ecco che qualche soldo in più anche per le scuole riusciremmo forse a trovarlo».
Piero Rauber

 

 

Regione, 5 milioni per il sito inquinato
 

Sito inquinato: si vede una luce in fondo al tunnel che da anni sta bloccando l'insediamento di nuove imprese. Sarà la Regione a sborsare 5 milioni necessari a completare le caratterizzazioni (su 190 ettari) ed effettuare le analisi del rischio sull'intera superficie a terra del Sin (500 ettari). Lo stanziamento dei fondi è previsto dalla legge sulle cave, approvata ieri dal Consiglio regionale, in cui un emendamento che prevede i 5 milioni è stato inserito alcune settimane fa dall'assessore alle Finanze Sandra Savino. All'Ezit è già cominciato il conto alla rovescia. Non appena la legge sarà pubblicata sul Bollettino della Regione e la Ragioneria generale avrà emanato il decreto sulla disponibilità di questi fondi, l'Ente zona industriale potrà bandire la gara europea per assegnare i lavori di caratterizzazione. «Stiamo lavorando - commenta con soddisfazione il presidente Dario Bruni - perchè l'impresa che vincerà la gara possa iniziare a lavorare in autunno. Nel frattempo - aggiunge - visti i tempi lunghi che il ministero dell'Ambiente ha per validare le analisi, stiamo operando, sempre attraverso l'assessore Savino, perchè questi tempi abbiano una durata accettabile, facendo capire al dicastero le difficoltà in cui si trovano le aziende che hanno subito l'inquinamento senza averlo determinato». In queste settimane l'Ezit è impegnata anche su un altro fronte del complesso capitolo delle bonifiche del Sito inquinato. «Stiamo lavorando con la Regione - spiega sempre Bruni - per capire se i fondi della Regione potranno essere utilizzati anche per le caratterizzazioni e le analisi del rischio nelle aree private acquistate dopo il 2003, anno in cui venne stabilita la perimetrazione del Sin. Se ciò non sarà possibile ci sono comunque 1,5 milioni accantonati dalla Camera di commercio attraverso i diritti camerali, aumentati a suo tempo in base a una legge nazionale».

(gi.pa.)
 

 

"Muggia si differenzia" con il ranocchio Mugy
 

Distribuiti ai cittadini gli opuscoli sulla nuova gestione della raccolta dei rifiuti Primo passo verso il sistema "porta a porta". L'operazione costa 15mila euro
MUGGIA «Muggia si differenzia». Si presenta con un gioco di parole l'opuscolo firmato dall'assessore Edmondo Bussani e consegnato dall'amministrazione comunale ai cittadini rivieraschi sulla nuova gestione della raccolta dei rifiuti differenziati. A campeggiare sul vademecum c'è Mugy, il "principe (ranocchio) della raccolta" che evidenzia come "in ogni rifiuto... si nasconde un tesoro". PROGETTO Chiari gli obiettivi del nuovo progetto: riduzione della quantità dei rifiuti prodotti, raggiungimento graduale delle percentuali di raccolta differenziata imposte dalla normativa vigente con un costante controllo e monitoraggio sui risultati raggiunti nonché la riduzione, mediante una corretta ed ampia differenziazione dei rifiuti, dei costi derivanti dal conferimento degli stessi al Termovalorizzatore di Trieste, utilizzando fondi non spesi per altri servizi alla cittadinanza. Le linee programmatiche di sviluppo del progetto prevedono quindi lo sviluppo graduale del sistema della raccolta differenziata "porta a porta" presso le diverse categorie di soggetti (esercizi commerciali e pubblici) per passare poi alle utenze domestiche nelle diverse frazioni del territorio comunale. Previsti poi l'affidamento del nuovo servizio di raccolta e di trasporto dei Rsu tramite una nuova gara a rilevanza europea e la risistemazione funzionale e strutturale del Centro di Raccolta di Vignano con la realizzazione del nuovo progetto già predisposto per l'area approvato dalla Provincia. CURIOSITÀ La paternità di Mugy è della Domino s.r.l. di Udine che ha ottenuto l'aggiudicazione della gara per "la realizzazione e la fornitura di strumenti per la campagna di comunicazione e sensibilizzazione per la riduzione dei rifiuti". Costo dell'operazione? Oltre 15mila euro.
Riccardo Tosques

 

 

«Sull'umido un anno di ritardo» - LA POLEMICA - "Impronta Muggia" critica il sindaco: «Italspurghi offriva il servizio»
 

MUGGIA «I muggesani ora sanno che la raccolta dell'umido era prevista nel nuovo contratto siglato già un anno fa con Italspurghi: l'ammissione del Sindaco Nesladek però non chiude la questione». Jacopo Rothenaisler, responsabile dell'associazione Impronta Muggia, torna all'attacco. La querelle sulla raccolta differenziata dei rifiuti e tutt'altro che chiusa. «Perché a distanza di un anno non si è ancora attivato il servizio e quanto è costato questo ritardo?», chiede l'ex sindaco all'attuale primo cittadino Nerio Nesladek. «La realtà è più forte delle piccole bugie che verranno usate in risposta, perché è sotto gli occhi di tutti - prosegue Rothenaisler -. Il ritardo è dovuto al contratto completamente sbagliato firmato dal nostro Comune perché incredibilmente per il Gestore del servizio non ci sono incentivi ad organizzare e aumentare la raccolta differenziata ma solo costi aggiuntivi di raccolta. Così - continua il responsabile di Impronta Muggia - si è saldato il piccolo interesse di bottega a danno dei cittadini: quello elettorale del Sindaco che ha scelto di non introdurre le novità prima delle elezioni e quello dell'Italspurghi che per ogni giorno di ritardo dell'entrata in funzione completa del servizio risparmia sui costi di raccolta. Per completare ci guadagna anche l'Acegas poiché il rifiuto non differenziato va all'inceneritore». Queste dunque le ragioni per cui l'associazione ha promosso due iniziative: la raccolta differenziata dell'umido con il proprio Gruppo d'Acquisto e nel mese di febbraio una class action nei confronti del Comune di Muggia per «le gravissime inadempienze contrattuali pagate da tutti noi».

(ri.to.)
 

 

Capire la questione nucleare - CONFERENZA AL KNULP
 

A 55 giorni dall'esplosione di Fukushima (foto) e a 25 anni dal disastro di Chernobyl, il dibattito sul nucleare non si ferma. Se ne discuterà oggi alle 19 al bar Knulp nell'ambito dell'aperitivo scientifico organizzato dagli studenti di dottorato della Sissa: "Tutto quello che avreste voluto sapere sul nucleare ma che non avete mai osato chiedere". Ospite dell'incontro il fisico Claudio Tuniz, del Centro Internazionale di Fisica Teorica "Abdus Salam". L'incidente alla centrale di Fukushima dell'11 marzo, in seguito al terremoto e allo tsunami che hanno colpito il Giappone, ha riacceso l'attenzione sulla questione nucleare. Tuniz illustrerà la struttura e il funzionamento di una centrale atomica, spiegherà il fenomeno della radioattività e l'uso bellico e terroristico del nucleare, a partire dal racconto di chi ha aperto il vaso di pandora, da Marie Curie a Enrico Fermi . Knulp via Madonna del mare 7/a - Info: Sissa, tel. 040- 3787557
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 maggio 2011

 

 

Rinnovabili, 3.696 impianti in Fvg - I DATI ENEL - Oggi a Verona apre Solarexpo con oltre 400 espositori
 

TRIESTE Sono 3.696 i nuovi impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che Enel ha connesso alla rete elettrica in Friuli Venezia Giulia nel primo quadrimestre del 2011. Lo ha reso noto la società. Si tratta di una cifra consistente se si considera che nell'intero 2010 sono stati attivati circa 5.139 impianti. Di fatto, nel solo primo quadrimestre 2011 sono stati connessi circa il 72% degli impianti dello scorso anno. La potenza complessiva dei nuovi impianti a emissioni zero è pari a 64 megawatt con una crescita nel primo quadrimestre del 5% rispetto all'intero 2010. Udine è la provincia più virtuosa della regione con 2.909 nuovi impianti per una potenza pari a 36 MW. Intanto oggi aprono a Verona i cancelli di Solarexpo - mostra convegno internazionale su energie rinnovabili e generazione distribuita - e Greenbuilding - mostra convegno internazionale su efficienza energetica e architettura sostenibile. Lo annuncia una nota precisando alcuni numero della più grande kermesse italiana sulle rinnovabili: 400 espositori, 40 nazioni, un tasso di internazionalità del 40%, 11 padiglioni, 130mila mq di esposizione, 70mila visitatori attesi, 60 convegni e oltre 300 relatori. A Solarexpo, giunto alla sua dodicesima edizione, in agenda i temi caldi che stanno rivoluzionando il settore delle rinnovabili. L'appuntamento è con il convegno nazionale di apertura di Solarexpo: «La nuova disciplina nazionale di promozione delle energie rinnovabili. Forum tra le istituzioni e le associazioni dei produttori», a cui parteciperà il Ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani.
 

 

RADIAZIONI: DA CHERNOBYL A FUKUSHIMA - LABORATORIO TRIESTE
 

Venticinque anni fa, di questi giorni, un'area di basse pressioni si spostava dall'Europa verso il Mediterraneo, richiamando un flusso d'aria che investì la Cecoslovacchia, l'Ungheria, la Slovenia, la Croazia, l'Austria e l'Italia nord-orientale. Quel flusso d'aria portava con sé i micidiali elementi radioattivi che erano stati sparati in atmosfera una settimana prima (il 26 aprile) dal reattore numero 4 della centrale di Chernobyl, in Ucraina. In Carnia piovve, e così il cesio-137 e lo iodio-131 raggiunsero il suolo ed entrarono nella catena alimentare. Quante furono le vittime dirette e indirette di quello che è tuttora il peggior disastro nucleare? Se lo è chiesto Massimo Bovenzi, ordinario di medicina del lavoro all'Università di Trieste ed esperto di radioprotezione, nel suo intervento al dibattito "Nucleare: effetto Fukushima" (venerdì scorso, Camera di commercio): "Le vittime certe sono quelle tra gli operai e i pompieri che intervennero subito dopo l'incidente, i cosiddetti 'liquidatori': dei 134 che entrarono per primi nell'impianto, sapendo a che cosa andavano incontro, una trentina morirono in tempi brevi per sindrome acuta da radiazioni e negli altri si è osservata negli anni una tendenza all'aumento di leucemie e tumori. A ciò va aggiunto l'effetto delle radiazioni sulla popolazione, in particolare su bambini e adolescenti sotto i 14 anni, tra i quali sono stati rilevati almeno 5000 casi di cancro alla tiroide". Ma è impossibile concordare sul conto complessivo delle vittime, che va estrapolato solo su base statistica. La agenzie delle Nazioni Unite parlano di 4000 morti nell'arco di 80 anni. Le associazioni ambientaliste di decine o centinaia di migliaia di morti. E da noi? Tra l'86 e l'87, in conseguenza di Chernobyl, raddoppiò il fondo naturale di radiazioni che assorbiamo dal terreno e dallo spazio. Ed è quindi lecito attendersi alcune centinaia di casi di neoplasie in più rispetto alle centinaia di migliaia di tumori che si manifesteranno comunque in una cinquantina d'anni. Tutt'altro discorso per il post-Fukushima. A tre settimane dall'incidente, i dati dell'Arpa Friuli Venezia Giulia parlavano di concentrazioni di iodio in atmosfera assolutamente nella norma. Al tempo di Chernobyl i valori erano 30 mila volte superiori.
FABIO PAGAN

 

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI - Ferrovie a perdere

 

 La clamorosa affermazione del Sovrintendente sulle sorti del Pfv hanno provocato un'immediata e ferma risposta di tutti i politici di vario orientamento, i quali hanno giustamente sottolineato che un dirigente dello Stato non si può permettere di compromettere la realizzazione di opere fondamentali per Trieste esprimendo pubblicamente valutazioni del tutto personali. Nessuna reazione invece è venuta dopo la sentenza emessa a Praga dall'amministratore delegato del Gruppo Fs con altrettanto clamorose affermazioni sul disimpegno di Trenitalia dal Friuli Venezia Giulia: «In Fvg c'è poco mercato e non investiamo. Le piccole stazioni sono antieconomiche». Non risultano in proposito franche risposte, né dai politici, né dagli amministratori, né dagli operatori del mondo economico regionale. È stato possibile leggere solo brevi parole di comprensione dell'assessore regionale ai trasporti: «Moretti deve pensare al bilancio...». A proposito di redditività dei piccoli impianti, forse il vertice Fs non ha ben presente la positiva esperienza della Provincia di Bolzano che è stata in grado di trasformare quello che per Roma era un ramo secco - la linea Merano Malles Venosta - nella spina dorsale del trasporto integrato, con un successo sociale e commerciale che è arrivato prima del previsto per la mobilità dell'intera provincia, valorizzando anche le piccole stazioni e fermate, che non sono state desertificate ma arricchite con servizi per la clientela: il Comune di Villabassa, ad esempio, ha trasferito un attrezzato ufficio informazioni nella piccola fermata, sottraendola ai vandali. Il responsabile del Gruppo Fs conosce senz'altro anche la felice realtà del Bernina Express (poco più di un tram) che nel Canton dei Grigioni ha conseguito da tempo analoghi positivi risultati, sia per i pendolari che per i turisti, naturalmente investendo sia nel materiale rotabile che nelle infrastrutture: il raccordo Pontresina - Samedan è pienamente operante con piena soddisfazione sia del sevizio passeggeri per Sankt Moritz e di quello merci, che ne usufruisce come più corta circonvallazione, mentre le Fs hanno rinunciato da tempo al completamento del raccordo Cormons - Redipuglia, che ha lo stesso schema tecnico rispetto a Gorizia, preoccupate solo di evitare presunte onerose manutenzioni ma insensibili rispetto alla valenza dell'opera. Gli investimenti produttivi, anche in campo ferroviario, non possono essere ancorati al solo livello demografico e alle frequentazioni dei treni del passato, che evidentemente risentono della qualità complessiva dell'offerta, rimasta quella, quando non peggiorata, del secolo scorso: Il Venezia - Budapest ha una velocità commerciale inferiore ai 50 km/h e non tocca Trieste! Ma non solo Moretti deve pensare al bilancio. L'esigenza di avere i numeri in nero accomuna tutti gli imprenditori, pubblici e privati, grandi e piccoli, dal primario ai servizi. Per le ferrovie, non solo italiane, la rete deve assicurare la competitività della modalità ferroviaria garantendo parità di trattamento a tutte le imprese di trasporto, essendo il monopolio da tempo superato, secondo le direttive comunitarie risalenti al 1991. La singola impresa, non la rete (che esige invece complementarietà con le altre ferrovie europee), entra in competizione se riesce a lanciare un'offerta in linea con le esigenze della clientela, offerta che va quindi tempestivamente adeguata in relazione alle mutate condizioni di mercato, e non può attardarsi in una stanca ripetizione di un passato superato dagli eventi. Il mercato però va studiato, non per giungere alla facile conclusione che non esiste, ma per concretizzare proposte vincenti, non per chiudere e tagliare che si coniuga piuttosto con l'uscita dal mercato, operazione che va contro il miglioramento del prodotto e del servizio e che non può che preludere alla liquidazione, come purtroppo sta avvenendo da tempo nel Friuli Venezia Giulia.

Luigi Bianchi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 3 maggio 2011

 

 

La Lega attacca «Basta cave usiamo i fiumi» - OGGI IN CONSIGLIO
 

TRIESTE Ritorna oggi in aula la legge sulle attività estrattive in Friuli Venezia Giulia. Più volte rinviata e al centro di polemiche, la normativa targata Pdl mira a mettere ordine nel settore assegnando la regia degli scavi alla Regione. La Lega Nord però punta ancora i piedi e chiede che «si lasci sempre l'ultima parola agli enti locali, che non possono diventare spettatori passivi di decisioni prese da altri livelli istituzionali. Non voteremo un testo che intende scavalcare il Consigli comunali, vogliamo un articolo in cui si puntualizza che sono loro a concedere le autorizzazioni per le estrazioni». Sarà questa la linea del Carroccio. Sul piano tecnico del provvedimento la Lega, inoltre, propone di attingere le materie prime, come la ghiaia, direttamente dagli alvei dei corsi d'acqua in modo da «preservare il territorio da operazioni di devastazione che ne minerebbero l'equilibrio. Siamo una delle regioni più piovose d'Europa - osserva il partito - il Friuli Venezia Giulia necessita quindi di interventi di manutenzione e di pulizia dei fiumi, prendiamo la ghiaia da lì ed evitiamo di sventrare le nostre montagne». Sull'incontro interviene anche Giorgio Brandolin. Il consigliere del Pd afferma che quella di oggi e dei prossimi giorni «saranno sedute vuote. Ci sono solo tre argomenti: la legge sulle attività estrattive, sull'artigianato e sull'energia - accusa l'esponente dei democratici - oltretutto con l'ordine di concludere i lavori alle 17 anziché alle 18.30 - è chiaro che siamo di fronte all'immobilismo». (g.s.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 1 maggio 2011

 

 

Alta Velocità - Prc: «Non serve la Tav per rilanciare la rotaia»

 

 «La Tav sarebbe inutile a est di Mestre». Spiega il consigliere di Rifondazione comunista Igor Kocijancic, poggiandosi alle dichiarazioni dell'ad di Trenitalia Mauro Moretti. «Per far funzionare a dovere i collegamenti con i porti della regione basterebbe adeguare i tracciati esistenti e ultimare il collegamento con Capodistria».
 

 

Centrali a biomasse Carnia, l'ente energetico chiude il 2010 in positivo

 

Chiude con un risultato operativo positivo di 42mila euro il bilancio 2010 di Esco Montagna di Tolmezzo, società della Comunità montana della Carnia che gestisce gli impianti a biomassa di Arta Terme, Treppo Carnico, Ampezzo, Forni Avoltri, Lauco e Verzegnis. Dal 2008 al 2010 la produzione è passata da 189mila a oltre 6.769mila kWh (da 19mila a 583mila euro).
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 aprile 2011

 

 

Rio Martesin, causa da tre milioni di euro contro il Comune
 

I costruttori chiedono il risarcimento per i costi sostenuti e la perdita di valore dei terreni non più edificabili
Dopo aver assistito in silenzio alla crociata contro il cemento lanciata dai residenti e ai dietro front dell'amministrazione municipale - che prima ha rilasciato i permessi a edificare e subito dopo ha trasformato i terreni in aree agricole -, i costruttori di Rio Martesin hanno scelto di passare al contrattacco. Una "guerra" giocata su due fronti: da un lato l'avvio di un'azione legale contro il Comune, dall'altro il forte appello alla politica perchè non trasformi l'investimento in Gretta (7 palazzine per un totale di 60 appartamenti) nell'ennesima vittima della logica del no se pol. Il primo atto della strategia si è consumato pochi giorni fa in Tribunale. Le due srl romane Gia e Airone 85 proprietarie dell'area di Rio Martesin , rappresentate dall'avvocato Alberto Kostoris, hanno depositato la citazione che dà il via alla causa civile contro il Municipio per ottenere 3 milioni e 160mila euro a titolo di risarcimento danni. Una richiesta onerosa legata, si legge negli atti, ai «vizi di procedimento» e «all'errata interpretazione delle normative regolamentari comunali». Le stesse irregolarità che hanno poi portato il Consiglio di Stato, in dicembre, ad annullare i permessi a costruire nell'area di Rio Martesin rilasciati il 13 luglio 2009, imputando al Comune il fatto di non aver richiesto la necessaria Via e di aver autorizzato la costruzione di case su terreni con pastini, vietata dall'articolo 18 del Piano regolatore. «Siamo quindi stati tratti in inganno da un Prg che si è contraddetto da solo - commenta Davide Zanzuri, amministratore delegato di Gia e Airone 85 -. Le norme attuative prevedevano infatti l'edificabilità dei terreni, peraltro poi incredibilmente annullata dalla variante 118 adottata nell'agosto 2009, e allo stesso l'articolo 18 dello stesso strumento impediva ogni costruzione». Risultato?Ora i costruttori romani si vedono obbligati a ripristinare il terreno, riportandolo esattamente alla situazione trovata prima dell'avvio dei lavori. Lavori necessariamente avviati, nel frattempo, visto che l'iter ne prevede la partenza entro un anno dal rilascio dei permessi, pena l'annullamento dei permessi stessi. «Di conseguenza - continua Zanzuri - siamo stati costretti a dare il via a tutta una serie di operazioni: progettazioni esecutive, pagamento degli oneri di concessione (700mila euro che il Comune ha incassato pochi giorni prima di cambiare idea e rendere inedificabile l'area), rifacimento della viabilità esterna e dei sottoservizi, sostenendo quindi costi importanti». Costi di cui, appunto, Gia e Airone chiedono conto al Comune, dal quale rivendicano anche il risarcimento per la perdita di valore del terreno ora classificato come agricolo. Ma c'è poi un'altra richiesta rivolta al Municipio e a chi, dopo il voto di maggio, ne assumerà la guida: non gettare alle ortiche un progetto da 12 milioni di euro in città. «Che colpa ha una società che acquista un terreno edificabile e ci vuole costruire case? - continua Zanzuri -. Perchè additare come "nemico" chi vuole investire su Trieste? Il Comune ha il potere di rendere di nuovo edificabili quei terreni al fine di consentirci di ripartire da capo con l'iter progettuale e completare un'opera che porterebbe denaro nelle casse municipali e lavoro per le imprese locali. Del resto - conclude - su cosa bisogna puntare: sull'interesse di pochi residenti o sull'economia di Trieste?».
Maddalena Rebecca

 

 

Tondo guida l'offensiva «salva-Tav» - Il governatore avverte Moretti: «Trieste non può essere tagliata fuori». Calligaris: «Qui si gioca il futuro del Paese»
 

TRIESTE Bacini di passeggeri insufficienti, progetti nulli oltre confine e assenza di risorse economiche sono, per il governatore Renzo Tondo, «motivazioni insufficienti» a scartare l'arrivo della Tav a Trieste: «Non tengono conto della posizione strategica del Friuli Venezia Giulia». E, in regione, sono insufficienti per buona parte del mondo politico e industriale, che reagisce in coro alla notizia: «La Tav va fatta, la regione non può essere tagliata fuori da progetti già commissionati». Eppure, a scatenare le reazioni (sul profilo Facebook del "Piccolo" impazzano quelle dei lettori), sono i motivi con i quali l'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Mauro Moretti ha spiegato l'interesse del gruppo a realizzare l'alta velocità nella tratta Venezia-Milano escludendo quella a Est di Mestre. Ieri, Tondo ha aggiunto: «Quanto detto da Moretti non regge, perché parliamo di una regione diventata ponte strategico dopo la fine del muro di Berlino». Il presidente del Friuli Venezia Giulia ha quindi annunciato iniziative immediate per fare chiarezza sull'argomento: «Ci daremo da fare in ogni sede, per dimostrare le nostre ragioni». Moretti è intervenuto due giorni fa in Veneto sostenendo che «Trieste e Lubiana non hanno abbastanza passeggeri» per poter proseguire con l'alta velocità fino a Trieste seppur, riguardo al progetto originario, ieri abbia aggiunto che «non ci sarà nessuna modifica e nessun ripensamento». Ma, in una nota, ha scritto anche che «la realizzazione del tracciato avanzerà in coerenza con le risorse finanziarie disponibili». Nodo cruciale che tuttavia, almeno a livello di considerazione, nulla toglie al ruolo strategico di Trieste nelle relazioni con il vicino Est europeo: «In tema di sviluppo dell'area triestina - sottolinea l'ad - il quadruplicamento ferroviario verso Trieste è fondamentale per i traffici verso i Balcani e la Turchia». Riflessioni che invitano l'assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi ad andare avanti con il progetto di Rfi: «La Tav non può fermarsi a Venezia. Posso capire che ci sia un problema di dimensioni ma abbiamo anche un'esigenza di continuità, che diventa indispensabile al funzionamento dei porti». E ha aggiunto: «Se Fs presenta i progetti per l'alta velocità, come si fa a dire il giorno dopo che non si fa? È una contraddizione». L'europarlamentare Debora Serracchiani si pone le stesse domande, e aggiunge: «Sapremo chi ringraziare se il Friuli Venezia Giulia resterà una regione con i porti in disarmo, senza collegamenti ferroviari e con la terza corsia ridotta a servitù di passaggio per i Tir dell'est Europa». Si discosta il presidente del gruppo consiliare della Sinistra L'Arcobaleno Igor Kocijancic: «I progetti preliminari presentati finora risultano vani. Avevano ragione quanti, come noi, hanno sempre sostenuto che sarebbe stato sufficiente adeguare il tracciato esistente». In linea con Riccardi è, invece, Alessandro Calligaris, presidente di Confindustria Friuli Venezia Giulia: «Moretti fa un ragionamento economico ma qui è in ballo il futuro del nostro paese. La Tav, lungo il tragitto più efficiente dell'autostrada, va fatta anche se l'ad ritiene che il bacino di utenza non sia sufficiente. È un investimento da fare in prospettiva». In clima di elezioni arrivano inoltre risposte anche dal mondo poltico triestino: «Tutte le forze politiche di regione e provincia devono ribellarsi all'ipotesi di Moretti», ha detto ieri Maria Teresa Bassa Poropat. Reazione secca anche quella di Franco Bandelli, candidato sindaco di "Un altra Trieste": «La nostra città non può più accettare di essere presa in giro. Ha bisogno di serietà e rispetto».
Silvia Zanardi

 

 

Elettrodotto Monfalcone-Padriciano, denuncia alla magistratura
 

VISOGLIANO Anche la magistratura s'interesserà della questione dell'elettrodotto, che vede contrapposte la società Terna e l'Agrarna Skupnost. Nei giorni scorsi, alcuni tecnici continuando i loro interventi, nell'ottica di realizzazione del progetto di potenziamento delle linea elettrica Monfalcone-Padriciano, sono entrati in una proprietà privata nei pressi di Visogliano. I lavori però sono stati, a detta della comunanza agraria, anticipati abusivamente di un giorno. Le guardie forestali, intervenendo in difesa del proprietario, hanno provveduto immediatamente a segnalare il fatto alla magistratura denunciando il danno ambientale. L'episodio va ad aggiungersi ad una lunga lista di tensioni. Molte volte però grazie al sostegno spontaneo della gente, i tecnici non sono riusciti a portare a termine i loro compiti. Proprio come è avvenuto giovedì 28 aprile in un'altra comunella di Visogliano. Per un'errore di notifica l'intervento è stato rinviato. «Il prossimo passo - spiega il presidente della comunanza - è quello di partecipare all'assemblea delle Generali, gruppo azionario della Terna, e spiegare a questi investitori in che modo i loro soldi stanno rovinando il nostro Carso». L'appoggio alle comunità dell'altipiano, Massimo Veronese, lo vorrebbe anche da parte della giunta Ret, la mozione è stata inviata ma non è ancora mai stata inserita nell'ordine del giorno: «Considerato che l'intervento non risulta conforme agli strumenti urbanistici comunali chiedo che la giunta intervenga"ad adiuvandum" nel ricorso straordinario al Presidente della Repubblica depositato dell'Agrarna Skupnost».

(c.p.)
 

 

Il 70% dei cittadini dice sì all'elettrodotto Udine-Redipuglia - IL SONDAGGIO
 

TRIESTE Sette su dieci approvano il progetto di elettrodotto Udine-Redipuglia. Ma due su tre non lo conoscono. Contraddizione dei numeri ma Renato Mannheimer si accontenta del mood: «Il Fvg è favorevole ai 40 km della nuova linea». Il presidente dell'Ispo, su incarico di Terna, il principale proprietario della rete di trasmissione di energia elettrica, ha presentato ieri a Udine due indagini sul piano: la prima realizzata attraverso 1000 interviste telefoniche, la seconda coinvolgendo gli opinion leader, rappresentati ieri in conferenza stampa dal presidenti di Confindustria e Cciaa Udine, Adriano Luci e Giovanni Da Pozzo.

(m.b)
 

 

Mercato in piazza Goldoni Prodotti a "chilometri zero"
 

Nuovo appuntamento oggi in piazza Goldoni con le offerte alimentari e non solo del nuovo Mercato agricolo di vendita diretta di "Campagna Amica". Organizzato dalla Coldiretti in collaborazione con il Comune, il mercato con la partecipazione di una decina di aziende nostrane, proporrà agli acquirenti per l'intera mattinata (dalle 8 alle 13), l'olio extra vergine di oliva, vino, frutta e verdura dei nostri orti, salumi, formaggi e latticini, fiori e prodotti di piante officinali e altro ancora.Si tratta di un "punto mercato" ispirato alla filosofia di vendita del prodotto italiano, fresco di stagione, a "chilometri zero" (direttamente dal produttore al consumatore), "no ogm", promossa in tutta Italia dalla Coldiretti nazionale.
 

 

Allarme tumori Fiume detiene il record nazionale - SANITÀ
 

FIUME Sempre più malattie tumorali a Fiume. L'allarme è stato lanciato da Vjeran Pirsic, presidente di Eko Kvarner, la più attiva organizzazione ambientalista nell'area altoadriatica della Croazia. Pirsic ha convocato i giornalisti a Fiume per riferire quanto scaturito dai dati dell'Istat nazionale, che si riferiscono al periodo 2003-2008 e sono stati di recente presentati alla commissione parlamentare per la Tutela dell'ambiente. Ne emerge un quadro preoccupante, che vede Fiume al secondo posto nella classifica relativa ai casi di cancro e comprendente nove città della Croazia. La prima piazza è occupata da Slavonski Brod, in Slavonia (nella vicina Bosanski Brod è presente una raffineria), con la città di San Vito al secondo e Zagabria al terzo posto. La più alta media di mortalità causata da tumori vede addirittura Fiume in prima posizione, seguita da Slavonski Brod e Sisak, con quest'ultima pure sede di una raffineria. Sempre Fiume capeggia la graduatoria in Croazia dei casi di decesso per cancro ai polmoni e alle vie respiratorie, mentre è seconda in riferimento alle morti causate da leucemia. In base ai dati dell'Istituto regionale per la Salute pubblica, in città i morti di tumore su 100 mila abitanti sono 302,1, mentre la media croata parla di 284 decessi. Gli uomini muoiono soprattutto di tumore ai polmoni, ai bronchi e alla trachea, le donne di tumore al seno. La causa principale delle morti legate al cancro a trachea, polmoni e bronchi, sostengono al predetto istituto, è legata al tabagismo, con la Regione del Quarnero e Gorski kotar ai vertici della graduatoria nazionale dei fumatori. «Sono numeri che fanno paura - ha detto Pirsic - perché Fiume può vantare un clima e un'alimentazione mediterranea, l'area è sovente spazzata dalla bora e il tenore di vita della popolazione è alquanto alto. Purtroppo l'inquinamento industriale, presente da decenni, sta facendo pagare un conto salatissimo, tragico, ai cittadini. Per fortuna che la raffineria in Mlaca, in centro città, ha ridotto l'attività in questi ultimi anni, altrimenti la situazione sarebbe ancora più sfavorevole. A danneggiare i fiumani e la loro salute sono soprattutto la raffineria e la termocentrale di Urinj».

(a.m.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 aprile 2011

 

 

Tav a Venezia nel 2019, a Trieste mai - Moretti: a Est di Mestre non c'è la densità demografica sufficiente, ma pronti a investimenti per il porto giuliano
 

VENEZIA Mauro Moretti si sbilancia e si spinge a sostenere che per il 2019, la Tav arriverà a Venezia. L'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato afferma che «data la forte domanda del mercato, il completamento della tratta Milano-Venezia è la priorità numero uno per il sistema paese.

L'area metropolitana di Venezia-Treviso Padova e Vicenza ha infatti la massa critica necessaria a sostenere economicamente il progetto e andranno considerate le formule commercialmente più adeguate nello studiare un sistema di fermate che vedrà in Mestre o Tessera, Padova e Verona i suoi fulcri». Fine delle buone notizie. Non ce ne sono di buone, infatti per il Friuli Venezia Giulia in questa intervista, che fa chiaro anche sulla bizzarra progettazione della tratta Venezia-Trieste, voluta dalla Regione Veneto in sede nuova e verso la linea di costa. Che prospettive indica, ingegner Moretti, relativamente alla tratta ad alta velocità Venezia-Trieste? Trieste e Lubiana non hanno bacini di passeggeri sufficienti a proseguire su quella tratta. Noi in questo momento abbiamo un sistema che rispecchia la domanda che viene espressa dal territorio, abbiamo anzi il problema di riempire i treni. Non esiste il tema della carenza di offerta a Est di Mestre. E a parte questo, anzi soprattutto, oltre confine non si sono ancora neppure le progettazioni preliminari. Non so nemmeno se gli sloveni lo vogliono questo progetto, sebbene le informazioni di cui dispongo continuino a confermarmelo. Più che di fare i corridoi, loro hanno il problema di valorizzare il porto di Capodistria, lo sappiamo da sempre. Se poi ci sono problemi di carattere finanziario da parte nostra, gli sloveni ne hanno anche di assai più grandi a reperire le risorse ingentissime necessarie a costruire il corridoio ferroviario. E come saranno coltivate dunque le relazioni con il vicino Est europeo, alla base del Quinto corridoio? Notiamo che la domanda sta crescendo significativamente sulla linea Pontebbana che ci collega a Vienna e ai mercati del Nord Europa. Al momento, se io devo dire cosa serve nell'immediato, a me come operatore di traffici e non come costruttore di infrastrutture, allora serve andare a Vienna, andare a Budapest e poi andare verso il confine con l'Ucraina. E ci va via Pontebbana, che è ancora largamente scarica di traffico. Ci vado via Pontebbana, ammesso che gli austriaci mi completino il loro pezzo dall'altra parte delle Alpi, con i nuovi trafori del Semmering e del CoralmAlpe. Noi abbiamo investito e inaugurato quella linea da ben 10 anni che lassù, con i suoi viadotti per aria, fa 30/50 treni al giorno e ne potrebbe fare 300. È questo il problema. Ingegner Moretti, ma che bilancio si sente di trarre dopo quasi 20 anni in buona misura trascorsi dai governi nazionali e locali a chiacchiere sulla Tav e sull'ammodernamento del sistema ferroviario a Nord Est? Giudizio che non condivido assolutamente. Ricordo che pochi anni fa avevamo notevolissimi colli di bottiglia nel Nord Est, da Verona a Padova e fino a Monfalcone. Li abbiamo eliminati tutti e oggi questo è territorio a più elevata tecnologia d'Italia e forse d'Europa quanto ai trasporti ferroviari. Io ho sempre detto in maniera molto molto precisa che il problema infrastrutturale più grande in Italia è il completamento dell'alta velocità tra Milano e Venezia. È il problema numero uno del paese. Credo che i tempi siano ormai maturi. Che tradotto in termini di anni cosa significa? Adesso noi abbiamo in programma il completamento della Tav fino a Brescia entro il 2015 e abbiamo l'impegno da parte del governo di trovare finanziamenti graduati nel tempo in relazione alle disponibilità che vi sono per andare poi avanti verso Venezia. E io sono confidente sul fatto che vi saranno risorse che permetteranno per il 2019/20, di poter completare l'opera... perché sono pezzi che dal momento in cui si aprono si possono realizzare in 4/5 anni. E avete pure già in mente il modello di esercizio e chiarito dunque quali saranno le fermate? Lo dico per evitare di continuare a alimentare equivoci. Io sono sindaco di un paese di 750 persone vicino a Rimini e piacerebbe pure a me avere la fermata del treno a alta velocità. Ma non è possibile. E dunque per il Veneto il sistema base prevederà fermata a Venezia, Padova, Verona, Milano. Con questo criterio, non aveva nemmeno senso progettare la tratta da Mestre verso Trieste lungo la costa, con andamento a biscia e con la pretesa da parte della Regione Veneto di servire le località balneari e una fermata a Passarella di Jesolo. I sistemi ad alta velocità uniscono grandi città, non uniscono villaggi. Tutto lì. Poi, se non vuole essere una linea ad alta velocità ma vuole essere un quadruplicamento, avrà una funzione diversa, non c'è bisogno allora di fare una progettazione prevedendo treni che vadano a 300 km/h , basta arrivare a 200 km/h, costa molto meno e dà maggiore servizio al territorio. I treni ad alta velocità, ripeto, non sono i treni dello Stato, né i treni delle Regioni, sono treni di mercato. Se poi la Regione vuole farsi la sua società per fare treni ad alta velocità perché vuole coprire, lo dico in senso positivo, anche il costo di un servizio, perché ritiene che per il suo territorio sia importante, io non ho nulla da dire. Non a caso i nostri concorrenti, non è che vadano a fare i treni a Trieste e nemmeno a Bari e nanche a Reggio Calabria. Partono soprattutto tra Salerno e Milano e poi fanno qualche antenna a Venezia e qualche antenna a Torino, perché lì si fanno i soldi, negli altri posti è un po' più fatica. Ma riguardo alla tratta a Est di Mestre non è in questione solo la necessità di servire la Regione Friuli Venezia Giulia, quanto il porto di Trieste. E negli ultimi 10 anni i vostri investimenti al servizio del porto giuliano sono stati assai limitati. C'è un progetto depositato da quattro anni all'Autorità portuale di Trieste che non abbiamo potuto realizzare, perché l'Autorità non l'ha mai approvato. Ho ripreso in questi giorni il rapporto con il nuovo presidente, Marina Monassi. C'è stata una video conferenza qualche giorno fa, nella quale ho riproposto il progetto di allora che riguarda tutti i fasci d'appoggio e di partenza per i moli Settimo e Quinto, l'uso di Campo Marzio. E ancora lì in questa sede li ho presentati, spero che venga fuori. Mi sono battuto per questa cosa, però bisogna esser in due. Se i progetti che noi presentiamo non sono accolti non so che farci, il problema non sempre risiede nella carenza di soldi. A proposito di soldi, ritiene che un intervento di privati in project financing potrebbe aiutare a velocizzare la costruzione della tratta Est della Tav? Qui viene in causa un problema di tariffa, perché alla fine dei conti bisognerebbe vedere se le ferrovie dovrebbero tariffe particolarmente elevate per remunerare il capitale dell'investitore. Vero è che non abbiamo risorse finanziarie in questo momento da mettere in moto. Ma non è il solo problema con cui ci battiamo. Vorrei ricordare che c'è anche un meccanismo che abbiamo ereditato tutti noi, che nasceva dai cosiddetti general contractor, con i quali abbiamo contenziosi miliardari. Ma a parte questo capitolo, se i privati vogliono investire in termini di equity, cioè investono per costruire un'opera che poi gestiscono, sfruttano e si ripagano l'investimento, è una ipotesi benedetta. Non so, è una discussione aperta sul Terzo valico, che francamente fa un po' sorridere. I documenti visti fino ad oggi dicono che, più che equity si parla di prestito. Ma se di prestiti si tratta e non di investimento di rischio, perché devo essere vincolato ad una cordata di cosiddetti finanziatori? Vado sul mercato internazionale che mi costa di meno.

Paolo Possamai

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 aprile 2011

 

 

Differenziata, si parte con le isole ecologiche - Operazione costata oltre 700mila euro
 

Oltre 500 da installarne, la prima sorgerà tra pochi giorni in viale Miramare Messi in funzione i cinque cassonetti a scomparsa in piazza della Borsa
Ieri un Roberto Dipiazza in versione anchorman particolarmente riuscita - tra una spiegazione volante a una coppia di anziani che voleva sapere come funzionano gli "scovazoni" a scomparsa e un sorriso per una foto-ricordo assieme a una signora americana che, invece, voleva essere immortalata col sindaco di Trieste - l'ha ammesso: «Ero scettico, mi hanno convinto». L'isola ecologica a scomparsa di piazza della Borsa è costata in effetti al Comune, tutto compreso, 703mila euro. Una cifrona davanti alla quale il candidato grillino Paolo Menis aveva già annunciato a suo tempo una segnalazione alla Corte dei Conti. Ieri lo stesso Menis, a presentazione avvenuta dell'impianto, ha confezionato per tutti una battuta al veleno: «Peccato che nei nuovi cassonetti dei rifiuti di piazza della Borsa non ci stiano i gazebo dei partiti. Partiti da buttare, così come sono stati buttati i 700mila euro per questo inutile sistema di raccolta dei rifiuti».
Da ieri a mezzogiorno il nuovo salotto buono del centro - momentaneamente trasfigurato dall'invasione dei gazebo elettorali - ha il suo, altrettanto nuovo, sistema per nascondere la polvere sotto il tappeto. Polvere - intesa in questo caso come rifiuto urbano - che però non resterà lì a far mucchietto ma, quando servirà, verrà levata di mezzo la notte dai camion dei netturbini. Paolo Rovis, da assessore con delega alle partecipate, e l'amministratore delegato di AcegasAps Cesare Pillon, con l'esilarante benedizione di Roberto Dipiazza, hanno infatti inaugurato gli annunciati cassonetti a scomparsa di piazza della Borsa, interrati sotto l'arenaria. Si tratta di cinque contenitori invisibili - due per la carta, uno per vetro e lattine e uno per la plastica più un gigantesco elettrocompattatore per i rifiuti non riciclabili - da riempire utilizzando sei delle otto bocche in ghisa in superficie (due in realtà posticce perché custodiscono le centraline elettroniche dell'impianto) posizionate sotto la statua di Leopoldo. I cassonetti, appoggiati a loro volta su pedane sotterranee che sbucano a comando degli operatori, saranno svuotati - quello per i non riciclabili, per la precisione, sarà addirittura sostituito - mediamente due volte alla settimana. E considerando che una simile batteria di contenitori - per effetto proprio dell'elettrocompattatore scarrabile - tiene grosso modo 50 volte il volume di immondizie di cui è capace un'analoga serie di "bottini" standard, lì intorno spariranno ovviamente dalla vista i cassonetti tradizionali. Fin da lunedì prossimo, confabulavano Dipiazza e Rovis alla presentazione, quelli sotto la Camera di Commercio toglieranno il disturbo. «Stavolta - una delle tante che ha sparato il sindaco - devo dire bravi a Rovis e Pillon che mi hanno convinto. Ero scettico, da anziano quale sono, perché mi proponevano un'innovazione che costava una botta (si veda l'articolo a destra, ndr). Ma il risultato è eccellente. Abbiamo un impianto leader in Italia, a Udine neanche sanno che cosa sia una roba del genere...». E mentre Rovis batteva sui vantaggi di tale operazione, «in termini di impatto visivo in aree di pregio come questa», auspicando «che la prossima amministrazione ne faccia un'altra analoga in piazza della Repubblica», Pillon ha ricordato in effetti che l'impianto capostipite di AcegasAps, a regime a Padova, vale «solo per rifiuti organici mentre qui a Trieste sono stati predisposti cassonetti interrati per tutte le categorie di rifiuti indicate dalla legge». Quella di piazza della Borsa, insomma, sarà pure un'isola che non c'è, ma è a tutti gli effetti un'isola ecologica. Una delle oltre mille - oggi ce ne sono circa 500, diverse delle quali incomplete - che saranno sistemate, a cielo aperto ovviamente, nelle prossime settimane in tutta la città per permettere lo start-up di una rivoluzione culturale di nome raccolta differenziata obbligatoria. Essa prevede, come era stato annunciato, la partenza al primo giugno di un periodo sperimentale di sette mesi senza multe, che invece scatteranno dal primo gennaio 2012. Proprio ieri è andata in scena l'ultima riunione operativa tra i tecnici del Comune e quelli di AcegasAps, per calendarizzare le varie fasi di posizionamento delle nuove isole ecologiche, che una volta collocate tutte non disteranno più di 300 metri dalla casa di ogni triestino. La road-map prevede che i cassonetti comincino ad arrivare, nei magazzini di AcegasAps da quelli della ditta fornitrice, lunedì 9 maggio. Da mercoledì 11, quindi, inizierà l'installazione. Si partirà dalle periferie e dai rioni per convergere poi verso il centro città. La prima zona che sarà dotata di isole ecologiche nuove, proprio l'11 maggio, è stata individuata: viale Miramare. In venti giorni - con l'obiettivo appunto del primo di giugno - sarà battuto tutto il territorio comunale. O meglio quasi tutto, visto che le strade più inerpicate - come scala Santa, piuttosto che Piscianzi - saranno completate anche oltre il termine del primo giugno. «Ma entro quella data - promette Rovis - avremo già raggiunto oltre il 90% della popolazione». Se i ritardi dovessero dilatarsi, ne risponderà un altro sindaco, posto che il ballottaggio è il 29 e il 30 di maggio.

Piero Rauber

 

 

DIFFERENZIATA - E per chi "sgarra" multe a partire dal 2012 - SANZIONI
 

I cinque cassonetti sotterranei inaugurati ieri in piazza della Borsa rappresentano il punto di partenza dell'operazione "differenziata obbligatoria", che sarà messa in pratica in virtù di un investimento iniziale da 800mila euro e di maggiori costi di gestione a regime calcolati sul mezzo milione l'anno, per cui però si pronostica un contestuale rientro per effetto di un aumento del business dell'inceneritore dovuto a una crescente possibilità di bruciarvi immondizie provenienti da fuori. Una volta messe in città le 500 nuove isole ecologiche e una volta completate le altrettante già esistenti - che talvolta in effetti non risultano complete di tutti e quattro i contenitori indicati dalla legge, ovvero carta, vetro, plastica e rifiuti non riciclabili - ogni cittadino sarà messo nelle condizioni di averne una a una distanza massima da casa di 300 metri, come predica lo stesso Regolamento di igiene urbana approvato dal Consiglio comunale in quest'ultimo scorcio di Dipiazza-bis. Non saranno però fissate con il cemento, nel senso che potranno ancora essere soggette a un eventuale, benché minimo, aggiustamento di "sede": «Le segnalazioni dei cittadini - spiega Rovis - verranno mediate dalle circoscrizioni». Con quest'operazione Trieste si doterà di quattro milioni e mezzo di litri - intesi stavolta come unità di misura per dare una dimensione al volume - di contenitori in più rispetto a oggi per buttare le immondizie. Il regime delle sanzioni da 100 euro in caso di "flagranza" scatterà come si sa con il primo gennaio del 2012 al termine di un periodo sperimentale di sette mesi. L'obiettivo superambizioso annunciato da Comune e AcegasAps è passare, in più anni, dall'attuale 21% di differenziata al 60%. Superambizioso se si pensa che Padova, oggi un modello di civiltà tra i capoluoghi con oltre 200mila abitanti, ne fa il 45%. (pi.ra.)
 

 

Accordo bipartisan sul benzopirene Legge entro l'estate
 

TRIESTE Le leggi per ridurre le emissioni di benzopirene viaggiano spedite verso il voto in aula. Già entro l'estate il Consiglio potrebbe chiudere la partita. Il provvedimento bipartisan proposto dal Pdl e dal Pd, con l'appoggio dell'Idv, potrebbe confluire con il testo avanzato da Alessia Rosolen del Gruppo misto. Tutti d'accordo, insomma, a ripristinare un limite per gli impianti industriali del Friuli Venezia Giulia; in particolare per il capoluogo giuliano, alle prese con la Ferriera di Servola. Le normative portano infatti la firma di consiglieri triestini: oltre a Rosolen, figurano per il Pdl Piero Tononi, Maurizio Bucci, Piero Camber e Bruno Marini; per il Pd si è fatto avanti Sergio Lupieri. Le leggi mirano a ristabilire le regole Ue sulle esalazioni: un nanogrammo per metro cubo, il valore medio annuale ritenuto accettabile per la sicurezza dei cittadini che il parlamento italiano ha però depennato nel 2010. E, di fatto, allo stato attuale non esistono barriere per le città superiori ai 150 mila abitanti. «Il benzopirene è pericoloso - ha detto Rosolen - la giunta si è fermata e non sta dando risposte neanche sul processo di riconversione dello stabilimento». Lupieri teme che la normativa diventi «una legge priva di efficacia, servono emendamenti sanzionatori per chi sfora». Bucci ha precisato che la volontà politica è di portare il provvedimento in Consiglio prima della pausa estiva e dare concrete risposte ai servolani che da tempo vivono in una situazione insostenibile. «Nel rione - accusa - si è registrata una concentrazione media di 9,8 nanogrammi/m³ di benzopirene, con picchi di 53. Un dato sconcertante, perché la sostanza interferisce con il dna e può causare neoplasie a volte letali».
Gianpaolo Sarti

 

 

Industriali ai candidati: bisogna ripartire

 

Il presidente Razeto contrariato per i tanti progetti fermi. I politici incassano e dicono no solo al rigassificatore nel golfo
Gli industriali a Trieste sono molto seccati per come vanno (male) le cose. Ieri hanno invitato tutti i candidati sindaci con un quaderno di doglianze dove ogni problema ha nome e cognome, e tutto ha un titolo. «Trieste è una città famosa per essere statica» ha detto il presidente di Confindustria, Sergio Razeto, aprendo la serratissima infilata di interventi nella sede di palazzo Ralli. Bonifiche mai fatte, Porto nuovo in stallo, Porto vecchio in discussione, solo l'11% del Pil dall'industria, edilizia in crisi, Piano regolatore bloccato. Ma, sopra tutti i temi, la diretta sfida di Confindustria: «Crediamo quanto mai nel rigassificatore» ha ricordato Razeto. E qui non c'è stata compiacenza elettorale di sorta. I nove del tutto concordi hanno detto «no al rigassificatore». Con molta energia Roberto Antonione (Pdl): «Il rigassificatore osta allo sviluppo del porto, non possono coesistere a Zaule petroliere, gasiere e altre navi». Identico nella sostanza Cosolini (centrosinistra): «Non è il posto giusto, del resto non so nemmeno se Gas natural ci creda veramente per come ha presentato il progetto». Tutti gli altri sulle stessa linea, dalla Lega (con Maurizio Ferrara al posto di Massimiliando Fedriga impegnato in Parlamento), a Fli con Michele Lobianco, da Un'altra Trieste con Franco Bandelli ai grillini Cinque stelle di Paolo Menis, all'Udc di Edoardo Sasco, a Trieste città metropolitana dell'espertissimo in materia Uberto Fortuna Drossi. Si sono messe avanti con una certa convinzione le possibilità alternative: energetiche, di ricerca e industriali, con qualche contestazione in platea, dove sedeva anche un esponente di Gas natural. «Non saranno tutti sì, ma non sarà la tela di Penelope che si è vista fin qui» aveva anticipato Cosolini. E questo è stato il corale «no» anticipato. Tutti poi d'accordo sul negare il diritto alla Soprintendenza di esprimersi su Punto franco e trattati internazionali. «Saremo duri - ha detto Razeto - se si vorranno fermare i progetti». Ma poi Antonione pensa che «i trattati sono una foglia di fico, e l'area si può sdemanializzare in Parlamento», Menis invoca una commissione internazionale, Lobianco protesta che «se l'amministrazione pubblica sapeva di questo parere, doveva dirlo», Fortuna Drossi si stupisce del «dilettantismo», Maggiore chiede un nuovo polo urbano «e meno ciàcole», Bandelli ricorda che «lo Stato non sdemanializza, e non può "cartolarizzare" perché ci sono delle concessioni decennali», Sasco commenta: «Città invivibile, manca un progetto complessivo». E Cosolini ammette: «Finché resta il Punto franco non si potranno fare marine o alberghi». Tutti concordi sull'ampliamento dei traffici in porto nuovo, sul sollecitare Unicredit, ministri e ministeri, ferrovie e Regione («Trieste dimenticata»). Per tutti, un'enormità di cose da fare. «Se appena si cominciasse - aveva detto Razeto - sarebbe già molto». Ma ecco domande più concrete: centro congressi? Turismo? Sportello impresa? Defiscalizzazione per industrie? Meno burocrazia? Cosolini ha fatto l'avvocato di parte: «A nome della categoria di noi candidati, abbiamo intanto risposto a quel che avete chiesto».
Gabriella Ziani

 

La Croazia rilancia il rigassificatore sull'isola di Veglia
 

Le società Plinacro e Janaf pronte a costruire l'impianto che interessa Ungheria, Slovacchia, Bulgaria e Romania
FIUME Un rigassificatore di proprietà della Croazia, posizionato a Castelmuschio (Omisalj), sull'isola di Veglia e che verrebbe incontro alle esigenze non solo nazionali ma anche e soprattutto a quelle di Ungheria, Slovenia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e probabilmente di altri Paesi. Rinasce il progetto del terminal metanifero a Veglia, messo in letargo dal consorzio Adria Lng che mesi addietro aveva annunciato di congelare temporaneamente la realizzazione del megaimpianto nell' isola quarnerina, portando il termine ultimo di costruzione dal 2014 al 2017. Una data troppo lontana per Zagabria, impegnata a scandagliare il terreno alla ricerca di corridoi alternativi nell'approvvigionamento di metano. È nato così il piano che vede le croate Plinacro (principale distributore di gas nel Paese) e Janaf (gestore dell'oleodotto che allaccia Veglia all' entroterra della Croazia) pronte a costruire il rigassificatore a Castelmuschio, sostituendosi così ad Adria Lng. Come da noi già scritto, il consorzio aveva perso anni fa per strada la tedesca Rwe, continuando ad andare avanti con l'altra tedesca, la E.On, con la francese Total, l'austriaca Omw e la slovena Geoplin. Dopo avere chiesto il rilascio della licenza per l'uso del suolo, l'Adria Lng si era in pratica ritirata, affermando che tale mossa era da addebitare alla minore richiesta di gas sui mercati mondiali. Il direttore dell'Ufficio per l'energia (agisce nell'ambito del ministero croato dell'Economia), Darko Horvat, ha confermato ai media che Plinacro e Janaf sono intenzionate a mettere in piedi il rigassificatore. Con il sostegno del predetto dicastero, le due imprese statali hanno già preso contatti importanti, chiedendo ai Paesi vicini se siano interessati al progetto per poter determinare la capacità della struttura. Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia hanno espresso la propria disponibilità a ricevere il metano da Veglia, la Polonia dovrebbe dare una risposta positiva il mese prossimo, mentre da Lubiana non è ancora giunta risposta. Nel frattempo a farsi viva, esternando interesse, è stata la Bulgaria e probabilmente la stessa cosa dovrebbe avvenire per la Romania
Andrea Marsanich

 

 

Poche rondini in volo Colpa del Carso ma anche dell'Africa - Qui si vedono balestrucci e rondoni
 

L'esperto: con le stalle sull'altipiano scende il numero di nidi E nel Continente nero alcune tribù mangiano questi uccelli
Quelli che vediamo volare su Trieste e nidificare nei sottotetti o nei piccoli anfratti non sono rondini bensì balestrucci e rondoni. I primi differiscono dalle rondini per l'ampia fascia bianca sul groppone, altrimenti blu metallico nella rondine, la gola bianca invece che scura e la coda corta e meno forcuta. L'altro simpatico inquilino del nostro centro urbano è il rondone che ha il piumaggio tutto nero, tranne il mento che è biancastro.
A Trieste la primavera è ormai arrivata, ma dove sono sparite le rondini? Vedere uno stormo di questi migratori volare nel cielo della nostra città è ormai cosa rara. «Dipende dall'uso di pesticidi e di anticrittogamici, - elenca Paolo Zucca, veterinario dell'Azienda sanitaria ed esperto di animali selvatici - dalla diminuzione di stalle e allevamenti sul nostro Carso nonché dalle nuove abitudini di alcune tribù africane dove le nostre rondini vanno a svernare, e per le quali esse sono diventate fonte importante di proteine». Fattori diversi che, anno dopo anno, stanno mettendo seriamente a rischio la popolazione di questo piccolo uccello migratore dell'ordine dei passeri presente in Europa, in Asia, in Africa e nelle Americhe. «Fino a un decennio fa non si sapeva dove andassero a svernare le nostre rondini - racconta l'etologo Zucca - poi i ricercatori della fauna selvatica hanno scoperto due enormi "dormitori": uno in Nigeria e l'altro nella Repubblica Centro Africana dove svernano due milioni di rondini e transitano venti milioni di migratori ogni inverno». E la fame di chi vive in quelle zone ha spinto alcune tribù a catturare e mangiare gli uccelli. Si stima che lì giornalmente ne vengano catturati 5 mila con un impatto annuale di ben 600 mila esemplari. È evidente che quello che quello che sta succedendo in Africa e i cambiamenti della zootecnia locale rendano sempre più difficile la vita di questi volatili. Il costante calo del numero delle rondini è comunque un fenomeno che non colpisce solo la nostra città. Secondo Birdlife International, l'organizzazione per la conservazione delle specie aviarie, la popolazione di rondini in Italia è diminuita in media del 35%. Nelle poche stalle rimaste sul nostro Carso, i censimenti raccontano di riduzione dei nidi pari al 70%. Sotto il tetto di un ricovero per ovini o per mucche che anni fa ospitava dai 10 ai 15 nidi, oggi se ne contano forse cinque, di cui uno o due abitati. Così, nemmeno sull'Altipiano si sente più tanto spesso il garrire delle rondini che, nutrendosi soltanto di insetti come zanzare, mosche, moscerini, vespe o cavallette funzionano da antiparassitario naturale: non entrano in concorrenza con i raccolti (come il passero, ad esempio, che è granivoro) e, anzi, contribuiscono alla loro tutela e alla variabilità del territorio. Insomma, meno rondini vuol dire più insetti in circolazione. «A Trieste alcuni nidi di rondine sotto i tetti vengono distrutti - riferisce Ilario Zuppani, consigliere regionale Lipu e guardiacaccia - secondo la gente sporcano. Le tante ristrutturazioni mettono a dura prova questi uccelli e sul nostro Carso stanno venendo a mancare anche alcune zone umide ricche di insetti, come gli stagni, un tempo utilizzate e mantenute da chi praticava la pastorizia».
Laura Tonero

 

 

 

Minilaboratori per capire l'energia pulita - Gli esperimenti coinvolgeranno gli studenti del liceo "Galilei" e della media "Addobbati-Brunner"
 

Capire i fenomeni naturali e fisici della vita di ogni giorno, partecipando a mini laboratori allestiti in aula. E' questa la straordinaria esperienza che vivranno, dal 3 al 6 maggio, gli studenti della scuola media statale "Addobbati-Brunner" dell'istituto comprensivo "Roiano-Gretta", in collaborazione con il Liceo scientifico "Galilei", nell'ambito delle "Giornate di studio interattivo sull'energia sostenibile". Saranno realizzati minilaboratori della mostra intitolata "Energeticamente", ideata dal Laboratorio regionale di Educazione ambientale (La.R.E.A.) dell'Arpa, insieme all'Osmer. La mostra consta di una ventina di minilaboratori che consentono agli studenti di osservare, sperimentare e comprendere fenomeni naturali e fisici della vita quotidiana. Il fine educativo è di favorire e sviluppare una maggiore consapevolezza della necessità di salvaguardare l'ambiente, utilizzando in maniera efficace fonti energetiche alternative . In avvicinamento all'appuntamento del 3 maggio, per gli studenti delle classi terze sono state svolte lezioni e attività di ricerca guidata con gruppi di studenti che hanno approfondito tematiche ambientali specifiche quali le conseguenze dell'effetto serra amplificato dalle attività dell'uomo, lo stato critico delle Barriere coralline, sentinelle ecologiche del riscaldamento degli oceani, l'effetto mitigante delle foreste sui cambiamenti climatici, l'impatto dei cambiamenti climatici su alcuni ambienti terrestri. Inoltre sono state messe in atto esperienze di registrazione giornaliera di dati meteorologici cittadini, con una stazione installata a scuola. Gli studenti sperimenteranno i minilaboratori nella palestra della scuola "Addobbati" e nel parco di Villa Prinz e saranno aiutati dagli studenti del "Galilei", che sono stati formati dai tecnici dell'Osmer. Fra i minilaboratori ci saranno anche una cucina solare che funziona attraverso un riflettore parabolico che concentra i raggi solari, una cyclette speciale che produce energia elettrica e consente di sperimentare i consumi energetici relativi a diversi utilizzatori elettrici, un impianto fotovoltaico che trasforma l'energia solare in energia elettrica accumulata in batterie. Responsabile dell'iniziativa è il professor Elvio Toselli, collaboratore del Dipartimento di Scienze della Vita dell'Università.

Ugo Salvini
 

 

Colibrì, si lavora al progetto ma senza soldi
 

Accordo Stato-Regione da firmare solo quando saranno evidenti i costi del trasloco a Bordano
Che cosa sta succedendo dei colibrì di Miramare, plurisfrattati e diventati un caso governativo, infine destinati alla Casa delle farfalle di Bordano e la cui esistenza è legata alle decisioni di chi continua a fornire luce, calore e acqua per tenerli in vita, anche se nessuno paga? La fornitura, che era stata prorogata fino al 18 aprile, è stata ulteriormente allungata almeno fino alla fine di agosto. «Sono protetti dalla convenzione internazionale di Washington - risponde Giangiacomo Martines, il direttore regionale dei Beni culturali che segue personalmente l'intricata faccenda, in collaborazione col viceprefetto Maria Carbone -, e dunque non possiamo prescindere dalla loro tutela, è un centro nutrizionale, non possiamo staccare gli elementi che contribuiscono alla nutrizione. Tutto a Miramare procede come prima». Ma per il trasferimento si sta appena lavorando. «Sono scesi in campo sia la Casa delle farfalle e sia l'azienda agraria dell'Università di Udine "Antonio Servadei", dove lavora il docente di Alimentazione animale Pietro Susmel, consulente scientifico del centro triestino - riferisce Martines -, e si sta allestendo il progetto esecutivo per la sede di Bordano». Coinvolta anche la Forestale, su impulso di Cites, organismo specializzato del ministero dell'Ambiente. Mentre le delibere di sfratto coattivo sono ormai più d'una, e anche i Vigili del fuoco sospendono ogni azione contro il famoso «bombolone» di gas non a norma, nulla è ancora accaduto dal punto di vista finanziario. I soldi necessari erano stati promessi dalla Presidenza del Consiglio, dopo il famoso intervento «difensivo» di Berlusconi, sollecitato da Vittorio Sgarbi. Martines: «Solo a progetto pronto saremo in grado di valutare i costi. E solo a quel punto faremo l'accordo di programma Stato-Regione». Anche la Regione era stata interpellata per sostenere la spesa, e si era detta disponibile in via di principio.

(g. z.)
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - "Parliamo di alberi" - Puglia Club

 

Oggi alle 17.30 nella sede dell'associazione culturale Puglia club di via Revoltella 39 per l'incontro di "Arte Insieme" l'architetto Roberto Barocchi tratterà l'argomento: "Parliamo di alberi". L'ingresso è libero.

 

 

 

 

VITA.IT - MERCOLEDI', 27 aprile 2011

 

Nucleare. «Fukushima peggio di Chernobyl» - Lo studioso Schneider: «Non decidono Berlusconi e Sarkozy ma le banche»
 

«L’11 marzo sarà ricordato come l’11 settembre per l'industria nucleare, un settore che è sempre stato consapevole di non potersi permettere una “nuova Chernobyl” e che invece deve affrontare una crisi a Fukushima che avrà un impatto anche peggiore». È netto il giudizio di Mycle Schneider, studioso francese e consulente di diversi governi, fra gli autori di Scram. Ovvero la fine del nucleare, raccolta di saggi di prossima uscita in Italia presso Jaca Book. Venticinque anni dopo Chernobyl , quell'orrore è stato superato, secondo lo studioso.
La sua obiezione all'energia prodotta dalle centrali è di natura tecnica ed economica: «A Fukushima - spiega - la situazione è un incubo, i tecnici giapponesi sono andati avanti improvvisando, non avevano nessuna preparazione per un evento del genere: prima hanno cercato di proteggere le strutture, poi si sono decisi a provare a raffreddarli con l'acqua, ma lo hanno fatto troppo tardi e troppo a lungo. Un mio amico, un ingegnere locale, mi ha detto: “Su queste cose il Giappone e' un paese del Terzo Mondo”. E la sua non era una battuta», sottolinea Schneider.
Sulle conseguenze della contaminazione di Fukushima, l'esperto ricorda che «a Chernobyl c’è stato un “effetto camino” che è durato una decina di giorni e si è diffuso ai paesi vicini, in Giappone invece c’è un effetto di “rilascio” che colpisce un’area più ristretta ma in maniera più forte. E comunque, bisogna vedere quanta radioattività finirà in mare o nell'aria». Senza contare, aggiunge, «i problemi che aspettano il Giappone, che in estate tocca il picco di consumo energetico».
Lo studioso smonta anche le obiezioni legate alle ricadute di un addio al nucleare in termini di Pil e di posti di lavoro: «Certo, la crisi di Fukushima per le aziende è un duro colpo: è il caso di Areva che lo scorso anno ha chiuso il bilancio in passivo di 400 milioni di euro, nonostante una costosa campagna pubblicitaria». Il colosso francese, ricorda Schneider, «nel dicembre scorso è stato minacciato dall'agenzia Standard and Poor’s di un possibile taglio del rating stand alone per problemi di liquidita, dopo un aumento di capitale di 900 milioni di euro giudicato ben al di sotto delle stime».
Quanto alle conseguenze sull'occupazione, il giudizio è ancora più netto: «L'impatto sarebbe minimo: quella nucleare è una industria che genera pochi posti di lavoro, o per brevi periodi - come nel caso della costruzione delle centrali - o molto costosi». Schneider contesta l'importanza del nucleare per lo sviluppo: «In Francia abbiamo lanciato il programma nucleare nel 1974 dopo lo choc della crisi petrolifera: eppure nel 1973 il petrolio copriva solo il 20% dei nostri consumi di elettricità».
Ma questa scelta, è la sua obiezione «ha avuto un duplice effetto: il primo è che abbiamo iniziato a esportare energia a basso prezzo, il secondo è che siamo diventati un'economia ad alto consumo di elettricità, con un forte sviluppo di riscaldamento prodotto da questo tipo di energia. Il risultato è che da qualche tempo abbiamo ricominciato a importare elettricità dalla Germania».
Quanto al futuro, il timore di Schneider «è che non abbiamo ancora visto il peggio. A Fukushima ci sono 35 tonnellate di combustibile ma se consideriamo il sito francese di La Hague, dove l'Italia ha inviato le sue scorie nucleari, è come se ci fossero 100 reattori. E cosa succederebbe se un aereo fosse lanciato contro questo deposito?».
Così, a proposito della decisione del governo italiano di rimandare la discussione di qualche anno, Schneider la definisce «un modo per far passare l'acqua sotto i ponti». Il tutto, sottolinea, «mentre anche la Cina che pure ha 27 reattori in costruzione, ha annunciato di voler congelare per motivi di sicurezza fino al 2012 sia i progetti futuri che quelli in via di realizzazione». Ma, aggiunge Schneider, «è ridicolo pensare che in pochi anni si potranno avere miglioramenti sul fronte della sicurezza, e' solo un pio desiderio».
Comunque, conclude, «l'ultima parola sul nucleare non spetterà a Sarkozy o Berlusconi bensì alle aziende del settore costrette a prendere in prestito denaro a costi sempre maggiori. E dopo Fukushima, per le banche prestare soldi costruire centrali nucleari è diventato davvero troppo rischioso.
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 aprile 2011

 

 

Pioggia di cenere a Monfalcone, gente chiusa in casa
 

MONFALCONE Pioggia nera sul rione Enel. Brusco risveglio, ieri mattina, per il quartiere cresciuto all'ombra della grande centrale: una coltre di fuliggine, color della pece, si è depositata sui tetti e sui giardini delle case del rione, innescando una sequela di proteste. Improvvisi "sfiati" sprigionatisi poco dopo le 9 dai gruppi alimentati a olio combustibile si sono liberati nel cielo, spaventando non poco i residenti, che si sono attaccati alla cornetta del telefono per segnalare l'episodio, restando loro malgrado tappati in casa. Grande allarme, dunque. Che riporta all'attenzione pubblica i difficili rapporti tra il quartiere, dove risiedono un'ottantina di famiglie, e la centrale termoelettrica, il più grande impianto energetico della regione, realizzato 46 anni fa a Monfalcone. Da un anno a questa parte, a detta degli abitanti, «si riscontra meno attenzione verso i disagi patiti». E così problemi che possono sembrare banali, ma invece complicano notevolmente la quotidianità dei cittadini, come l'impossibilità a stendere il bucato al sole, finiscono per avvelenare la vita. Insomma, non bastasse lo tsunami di polemiche (politiche) che in questi giorni sta investendo A2a per i controlli sulle emissioni, ci si mette pure la centrale a fare i "capricci". Inviperiti i cittadini e anche il locale comitato: «Ero nel giardino - spiega il presidente rionale Adriano Bernardel - quando mi sono voltato e ho visto la colonna di fumo nero in cielo. L'impianto stava buttando fuori in atmosfera quantità industriali di prodotti scuri: gli sfiati sono durati parecchi minuti, tant'è che ho avuto il tempo di entrare in casa, prendere la macchina fotografica e immortalare l'accaduto».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 aprile 2011

 

 

Tav, sul Carso la velocità cala a 60 orari
 

Si viaggerà sparati solo fino a Monfalcone, brusca frenata ad Aurisina e poi ritmi ridotti nonostante 21 km di gallerie
Ipotizzati nel 2025 ogni giorno 160 treni merci
Valrosandra evitata La prima ipotesi era ancora più impattante poiché prevedeva di correre in galleria sotto alla Valrosandra
TRIESTE Ma di quanto dovrebbe crescere il traffico su questa direttrice con l'Alta velocità-Alta capacità? L'analisi trasportistica effettuata da Rfi-Italferr rileva come i tassi di crescita del flussi commeciali dell'ordine del 6% annuo contrastano con la progressiva riduzione della quota modale su ferro scesa dal 53% del 1984 al 39% del 1994 al 21% del 2006. Il traffico ai valichi alpini orientali nel 2005 era di 48 milioni di tonnellate/anno di cui 2/3 su Tarvisio e 1/3 sui transiti sloveni dell'area goriziana e triestina. I flussi sono alimentati dalla modalità autostradale per 40 milioni e da quella ferroviaria per 8 milioni (quota modale del 18%). Sulla A4 Venezia-Trieste viaggiano 11mila mezzi pesanti al giorno, 6mila sulla Udine-Tarvisio. I flussi su ferrovia sono modesti e corrispondono ai seguenti numeri giornalieri: i treni verso Tarvisio sono 40 sulla linea alta Treviso-Prodenone-Udine, 10 via Cervignano-Udine e 20 via Monfalcone-Gorizia-Udine. I treni sulla linea bassa costiera verso Opicina e Trieste sono 30 al giorno. Gli studi ipotizzano una crescita dei volumi merci a 77 milioni di tonnellate/anno con quota ferroviaria di 37 milioni di tonnellate. I treni merci sulla linea del Friuli Venezia Giulia, in base a una ipotesi media di crescita dei volumi, dovrebbe diventare da 104 nel 2010, 131 nel 2015, 144 nel 2020 e 160 nel 2025. Ma l'ipotesi esponenziale alta prevede addirittura 252 treni nel 2025.

Uno spaventoso inabissamento e una contemporanea drastica caduta della velocità. Il dossier completo del progetto della Tav Mestre-Trieste redatto da Italferr su incarico di Rfi e pubblicato sul sito della Regione Friuli Venezia Giulia e le controdeduzioni presentate dal Wwf aprono oggi, alla vigilia di nuovi confronti con la popolazione, soprattutto un inquietante interrogativo: ha senso sventrare longitudinalmente il territorio dell'intera provincia di Trieste con una spesa abnorme (7,5 miliardi il tratto intero) e tempi elefantiaci (si tratterebbe dell'ultimo lotto completato probabilmente appena nel 2050) per poi far viaggiare i treni su questo tratto a una velocità che più o meno tengono già oggi in superficie? Il grafico sull'andamento previsto della velocità che pubblichiamo è fortemente significativo. I convogli passeggeri, lanciati a 250 chilometri orari da una ventina di chilometri oltre Mestre e quasi fino a Ronchi, devono dare brusche frenate ad Aurisina per scendere fino a 60 chilometri orari in corrispondenza con una serie di interconnessioni che portano poi il tracciato a inserirsi nell'attuale cintura di circonvallazione ferroviaria da percorrere anch'essa a velocità fortemente ridotta dopo aver ripreso per alcuni chilometri, a 90 all'ora, ma non di più. Il progetto prevede infatti che i deviatoi di innesto dell'interconnessione vengano realizzati con una velocità di 60 km orari il che comporta un considerevole rallentamento puntuale dei treni passeggeri a lunga percorrenza provenienti da Venezia e diretti a Trieste. Eppure, dei 23 chilometri e 345 metri di tragitto previsti per il momento entro i confini provinciali, ben 21 chilometri e 669 metri si sviluppano in galleria. Dopo essere passato sotto Ceroglie, Malchina e Slievia, il tracciato riemerge allo snodo di Aurisina. Qui è previsto che la vecchia stazione venga sostituita da un moderno "posto di movimento". Subito dopo i binari si inabissano dentro il ciglione costiero: altri 1.126 metri nel comune di Aurisina, 1.176 in quello di Sgonico e poi sotto la cresta carsica parallela al mare: da Prosecco fin dietro Barcola, Gretta e Roiano. Sotto il parco di Villa Giulia l'intersezione con la circonvallazione esistente che garantisce la prosecuzione fino a Campo Marzio. È il tracciato che gli stessi proponenti giudicano fortemente migliorativo rispetto alla prima ipotesi che lo faceva correre sotto la Valrosandra. Ma è possibile che vada incontro ad altre modifiche così come la tratta Mestre-Portogruaro per la quale c'è già stato un braccio di ferro tra tracciato parallelo alla A4 e percorso cosiddetto "balneare", più vicino alla costa.
Silvio Maranzana

 

In Veneto il progetto di Rfi sceglie il tracciato "balneare" - il tratto Mestre-Trieste
 

TRIESTE Ecco il tracciato dell'Alta velocità nel tratto tra Mestre e Trieste. Con colori diversi si vedono evidenziati i quattro segmenti: il primo che va da Mestre all'aeroporto Marco Polo, il secondo dall'aeroporto a Portogruaro, il terzo da Portogruaro a Ronchi e l'ultimo da Ronchi a Trieste. Nel territorio della regione Veneto, il progetto, redatto da Italferr su commissione di Rfi, privilegia il tracciato basso, quello cosiddetto "balneare", ma ha già suscitato la contrarietà di molti Comuni perché giudicato più impattante.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO

 

Punto informativo gratuito offerto dalla Provincia per informazioni sul risparmio energetico. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12, venerdì dalle 17 alle 19. Per informazioni tel: 366-5239111.

 

 

LA LETTERA DEL GIORNO - Sono tornate le aquile, proteggiamo l'ambiente carsico
 

Forse pochi si sono accorti che da qualche tempo nel cielo triestino talvolta volteggiano le aquile. Non è facile scorgerle perché volano ad una quota molto superiore a quella utilizzata da falchi e poiane in quanto le regine del cielo sono dotate di un sistema oculare molto sofisticato che permette loro di individuare una preda anche da altezze considerevoli. Questi splendidi grandi uccelli hanno bisogno di un areale ampio, tale da consentire, in una vastità territoriale di alcuni chilometri quadrati, la possibilità di catturare gli animaletti necessari alla sopravvivenza loro e allo sviluppo dei pulcini. Gli esemplari di cui parlo, provenienti probabilmente dai vicini monti della Slovenia, arrivano infatti a sorvolare il ciglione carsico, spingendosi anche sopra la nostra città. Sono alla ricerca di cibo attirati da un ambiente per fortuna migliorato rispetto a alcuni anni fa in quanto non più avvelenato da pesticidi o altri prodotti nocivi. I pastini che degradano verso il mare, molti dei quali abbandonati da anni e non più coltivati, sono particolarmente ricchi di roditori e serpi che vi trovano ospitalità. Poco più lontano, anche la cicogna ha fatto la sua comparsa lungo il fiume Isonzo, dopo anni di assenza, portando un segnale confortante dal punto di vista ecologico. Forse si dovrebbe fare uno sforzo in più e porre più attenzione alla conservazione della flora del Carso triestino che con i suoi boschetti, prati e zone cespugliose, oltre a rappresentare un ambiente unico nel suo genere, è ancora il rifugio di tante specie di animali che potrebbero peraltro scomparire senza opportune iniziative di mantenimento ottimale del territorio. In questo senso, anche un maggior rispetto dell'ambiente da parte dei numerosi escursionisti che frequentano il nostro Altopiano contribuirebbe a disturbare meno la fauna selvatica e soprattutto non abituarla a cibarsi degli avanzi del cibo spesso lasciati nelle radure sede di picnic.

Bernardino de Hassek
 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 aprile 2011

 

 

Fukushima, il denaro vince sulla sicurezza - L'INTERVENTO DI DARIO PREDONZAN*
 

Il progetto del rigassificatore impone a enti pubblici e scientifici di dare risposte chiare alle domande avanzate dai cittadini
Ormai è chiaro: la tragedia di Fukushima è frutto di errori e di trucchi di progettazione. Purtroppo, a Trieste si sta creando una situazione simile con il rigassificatore, pericolosamente vicino a depositi infiammabili e chimici in zona ad alta densità abitativa; un impianto ad elevato rischio di incendi e di esplosioni, che raffredderà e clorerà tutta la Baia di Zaule. Strutture così pericolose non vanno ubicate dentro una città. Dopo Ministeri e Regione, col plauso del sottosegretario Menia e l'entusiasmo del sindaco Dipiazza («se salta il mio rigassificatore, sentiamo solo un botto») ora, coinvolti dalla Provincia, rischiano di farsi partecipi anche Università, Ogs, Area di Ricerca e Sissa. Facciamo perciò appello al dovere etico degli enti citati, affinché non avallino con il loro silenzio le risposte recentemente fornite da GasNatural alla Provincia (vedi: www.provincia.trieste.it, 'link' Rigassificatore, "Mesatecnicafinal.pdf"). Aiutino la comunità ad evitare nuovi Vajont, Stava, Seveso, Viareggio. Come può l'Università consentire che il proprio nome continui a comparire sulla carta intestata di fondamentali relazioni (anonime e non firmate!) in cui - in spregio alla Legge "Seveso" - si garantisce che non c'è possibilità di incidenti che coinvolgano altri impianti pericolosi? Forse perché li hanno cancellati dalle carte topografiche?! Tutti gli esperti dei due enti sanno che, per clorazione e raffreddamento, sono stati utilizzati dati sconfessati, mettendoci la faccia, da una quindicina di ricercatori e docenti di Università e Ogs (www.uilvvf.fvg.it/ttrt.html). Come possono i quattro enti scientifici, e la stessa Provincia, cedere la propria vetrina a chi magnifica il rigassificatore senza rispondere alle domande sulla sicurezza? E l'ambiente? Fra il 4 ed il 30 marzo 2010, i cittadini Salvatore, Diego, Carlo, Luciano, Andrea, Luisa, altro Carlo, Marina, Flavia avevano depositato fiduciosamente nel sito della Provincia domande assai pertinenti sul raffreddamento e la clorazione della baia. È ammissibile che tutte queste domande siano state censurate? Censurate, benché i rappresentanti scientifici degli enti sapessero che si trattava di quesiti redatti con l'aiuto dei loro migliori esperti in biologia marina ed oceanografia? Chi sta prendendo in giro i cittadini? L'Opinione pubblica confida che le massime Istituzioni pubbliche non si sottraggano al loro dovere etico di onestà intellettuale, indipendenza e serietà a tutela della Collettività. Di chi altro possono avere fiducia i cittadini, se non di chi viene pagato con le loro tasse per operare a favore della collettività? Forse di chi - esattamente come in Giappone - ha giganteschi interessi economici nel progetto?

*responsabile energia e trasporti Wwf Fvg

Adriano Bevilacqua, coordinatore regionale Uil-Vigili del Fuoco

Lino Santoro, presidente Legambiente Trieste

 

 

San Dorligo - Siot, il Comune rassicura sui dati rilevati dalla centralina
 

«Nel mese di marzo per tre giornate è stata fatta una rilevazione dei PM10 con valori pari allo zero». Il funzionario del Comune di San Dorligo della Valle Mitja Lovriha è intervenuto così sulla vicenda della centralina della Siot sita a Mattonaia. Secondo le indiscrezioni raccolte dal capogruppo consiliare del Pdl Roberto Drozina la struttura nelle ultime settimane ha avuto più di qualche problema tecnico. «Se la centralina è stata diffettosa non lo so - spiega Lovriha - come pure lo può solo presumere anche il consigliere, ma di questo ne abbiamo parlato». «La Siot mi ha contattato per chiedermi il costo della centralina con il fine di valutare un'eventuale possibilità di acquistarne una per Francovez - prosegue Lovriha. Non so se l'eventuale seconda centralina (da realizzare a Francovec ndr) sarà più completa, dato il costo che è più del doppio rispetto a quella di Mattonaia: ad ogni modo ho chiesto comunque di valutare se è possibile installare un rilevatore dei COV». Attualmente la centralina è in fabbrica per «la regolare manutenzione (che deve essere fatta ogni 6 mesi) e ritaratura».

(ri.to.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 aprile 2011

 

Acqua, un decreto contro il referendum
 

Il governo pensa a un provvedimento per evitare la consultazione. Promotori e opposizioni indignati: democrazia sospesa
ROMA «Sull'acqua "pubblica", per la quale è stato promosso il referendum di giugno, serve un approfondimento a livello legislativo». Le parole del ministro per lo sviluppo economico Paolo Romani hanno scatenato un putiferio. I l ministro ha aggiunto che «ho l'impressione che anche su questo Saglia abbia ragione». E il sottosegretario al suo dicastero, Stefano Saglia, ieri è venuto ancor più allo scoperto, annunciando un decreto legge che istituisca un'autorità per il settore idrico: «Le liberalizzazioni, come accaduto per l'energia elettrica e il gas, devono essere regolate - spiega Saglia - e quindi ci vuole un'Autorità terza rispetto al governo che stabilisca le regole del gioco. Penso che l'unica modalità possibile sia l'inserimento di una proposta di modifica all'interno dei provvedimenti, sotto forma di decreto, che il Consiglio dei ministri sta per varare». Il decreto, per quanto riguarda la tempistica, dovrebbe essere approvato entro metà maggio, all'interno dell'Omnibus. A un mese esatto dalla Giornata mondiale dell'acqua, dunque, ieri il Governo ha scoperto le proprie carte, la strategia per affondare il secondo dei referendum in programma il 12 e 13 giugno, dopo quello sul nucleare. E le reazioni, durissime, sono fioccate. Anche sull'acqua «si vuole togliere voce ai cittadini». Lo afferma in una nota il presidente di Wwf Italia, Stefano Leoni, secondo il quale «su acqua e nucleare c'è convergenza tra interessi economici e politici». «Le notizie secondo cui Governo e Confindustria dichiarano l'intenzione di mettere in discussione anche il referendum sulla privatizzazione dei servizi idrici - dice Leoni - confermano la convergenza tra interessi economici e politici nel far saltare, oltre a quello sul nucleare, anche il referendum sull'acqua, privando così i cittadini del diritto di esprimersi su scelte fondamentali che riguardano il futuro istituzionale, economico e sociale del Paese». Secondo il Wwf, sull'acqua è bene sfatare alcuni miti: «Confrontando i dati forniti dagli stessi erogatori - prosegue la nota - dove si è avuta una gestione privatistica, le tariffe sono aumentate del 60% e gli investimenti sono diminuiti del 66%. Di conseguenza sono diminuiti i controlli e le manutenzioni, con un'inevitabile compromissione della quantità e della qualità dell'acqua sia come risorsa naturale che idropotabile». «Serve una forte mobilitazione alla quale nessuno può sottrarsi, perchè qui rischiamo una sospensione delle libertà democratiche», gli fa eco Angelo Bonelli, presidente dei Verdi. «Una cosa inammissibile - prosegue Bonelli che parla di "deriva golpista" - volta a vanificare i quesiti referendari e farli dichiarare inammissibili dalla Cassazione, per garantire al premier il flop del voto sul legittimo impedimento e ai grossi gruppi industriali, già mobilitati, un affare complessivo di oltre 100 miliardi di euro». «Quello sul referendum è un vero e proprio sabotaggio. Il governo ha paura che si raggiunga il quorum e insieme ai "no" al nucleare e all'acqua gli italiani dicano no anche al legittimo impedimento», commenta il senatore del Pd Giuseppe Lumia, che aggiunge: «Questo soltanto interessa al governo e alla maggioranza: proteggere il padrone». «Capiamo le difficoltà di un esecutivo che, essendo sempre più impopolare, teme giustamente il giudizio degli elettori», rincara Stella Bianchi, responsabile Ambiente della segreteria del Pd. «Siamo alla notte della Repubblica, una dittatura dolce che lentamente uccide la democrazia in Italia!», è la stroncatura di Paolo Ferrero, segretario di Prc. E conclude: «Chiediamo al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano di non firmare la legge e di restituire agli italiani il diritto al voto su acqua e nucleare».
Sergio Armanino

 

 

ACQUA - Nel mirino ci sono privati e profitto - I QUESITI
 

ROMA Sono due i quesiti sull'acqua pubblica sottoposti al referendum del 12 e 13 giugno. Il primo riguarda la modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e vi si chiede l'abrogazione della normativa che consente tale affidamento ai privati. Il secondo quesito riguarda invece la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. In questo caso si punta all'abrogazione parziale della norma. Un terzo quesito, bocciato dalla Consulta e quindi non sottoposto a referendum, puntava a escludere totalmente dalla gestione dei servizi integrati le società per azioni. La privatizzazione dei servizi integrati ha un valore stimato di 64 miliardi di euro in dieci anni, ma Federutility teme che, se passasse il referendum, gli investimenti già previsti sarebbero a rischio, in quanto non remunerabili.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 aprile 2011

 

 

Duino, Ceroglie si mobilita contro la linea della Tav
 

Il Comitato: «Il progetto taglia in due il Paese e lede la dignità del nostro lavoro» Inviate 80 lettere. Avviata una raccolta di firme e il ricorso all'Unione europea
DUINO AURISINA «Siamo arrabbiati, questo progetto lede la nostra dignità». Gli abitanti di Ceroglie e dei paesini limitrofi si mobilitano contro la Tav. A tale proposito hanno anche costituito un comitato apposito, il "Comitato per Ceroglie" che si riunisce ormai regolarmente. Fin ora hanno già spedito un'ottantina di lettere, ministero dell'Ambiente, dei Beni Culturali e Regione inclusi. Ancora nessuna risposta, dicono, ma ciò non sembra scoraggiarli. «Da febbraio - dichiara Nadia, attivista del Comitato - abbiamo inviato numerose lettere, sia come singole famiglie che come comunità. Stiamo anche organizzando una raccolta firme e tra poco invieremo anche una lettera all'organo competente della Commissione europea». La scoperta del pericolo che corre il loro territorio è avvenuta quasi accidentalmente, quando scoprono che tre tralicci del paesino carsico sarebbero stati spostati a causa del passaggio di un tratto della AV-AC Ronchi-Trieste. Dopo aver raccolto tutta la documentazione del progetto si sono resi conto che una tratta della linee prevista taglierebbe nettamente in due il loro paese. «Se la Tav rimarrà con questo tracciato - dichiara Boris, membro del Comitato - il nostro paese morirà, i nostri terreni e le nostre case saranno svalutate, per non parlare dello stravolgimento ambientale causato dai lavori durante la fase della realizzazione ». «Questo progetto - racconta Katia - ci danneggia profondamente. La maggior parte di noi vive di agricoltura e allevamento. I lavori per la costruzione della linea, oltre che a creare disagi, rischiano di alterare l'equilibro della nostra flora e fauna. Per non parlare dell'inquinamento, da quello elettromagnetico a quello atmosferico». I lavori, infatti, secondo le previsioni del progetto Italfer (società delle Ferrovie dello Stato) dovrebbero durare all'incirca 3300 giorni non tenendo conto, però, di eventuali imprevisti od interruzioni. «Non vogliamo essere bollati come quelli che vogliono fermare il progresso - prosegue Nadia - ma vogliamo che venga rispettata anche la nostra dignità». Al loro fianco c'è il consigliere regionale dell'Unione slovena Igor Gabrovec. «Tale progetto - si legge in una nota - porterebbe nella fase esecutiva alla totale devastazione del paese alle pendici del monte Ermada, oltre ad avere effetti disastrosi anche per le altre frazioni della zona, che si troveranno attraversate o comunque interessate dal tracciato». Alle autorità competenti il Comitato chiede la rivalutazione del progetto tramite un ammodernamento della linea esistente. «Sappiamo - dichiarano - che l'attuale linea storica è sfruttata solo al venti per cento delle sue possibilità. Perché non migliorare quello invece di compiere questo scempio?».
Viviana Attard

 

 

A bordo del Piedibus sfidando auto e moto per andare a scuola
 

Svegliarsi, fare colazione e subito dopo raggiungere la fermata Piedibus più vicina a casa. È questo quello che oggi tanti bambini hanno imparato a fare; ma cos'è, in sintesi, il Piedibus? Un vero e proprio autobus umano con itinerario, orari e fermate precise. Ogni giorno, con il sole e con la pioggia, i bambini che aderiscono all'iniziativa si fanno trovare alla fermata e, indossando una pettorina catarifrangente, si aggregano al gruppo; l'"autista", l'adulto che apre la fila, segna nominativo e presenza del bambino, quindi si riparte per la fermata successiva fino ad arrivare a scuola giusto in tempo per l'inizio delle lezioni. Il percorso ideale non supera il chilometro e come spiega Sergio Tremul, segretario dell'associazione Coped-Cammina Trieste «abitua il ragazzo ad andare in giro per la città sin da piccolo, gli insegna l'educazione stradale sul campo e lo porta a prestare la dovuta attenzione ai potenziali pericoli cui è esposto il pedone». L'iniziativa Piedibus per Trieste nasce nel 2005 quando, alla presenza di una madrina d'eccezione, l'astrofisica Margherita Hack, più di 300 bambini della scuola elementare Domenico Rossetti e della scuola dell'infanzia Bruno Munari, presentano ufficialmente il progetto. La prima "passeggiata Piedibus", in collaborazione con la VII Circoscrizione di Valmaura, risale al 2006 ma, a causa del traffico selvaggio e dell'ostruzione di marciapiedi e fermate dei bus causata da auto e motorini, l'iniziativa è da allora sospesa. L'obiettivo di Cammina Trieste è di riavviare il progetto perché arrivare a scuola caricati dalla passeggiata mattutina serve, oltre che a presentarsi ben svegli in aula, a svolgere quella minima attività fisica utile a prevenire le patologie che colpiscono i bambini di oggi spesso troppo pigri e sedentari.

(m.s.)
 

 

Due milioni per gli hotel ecologici - Incentivi anche a villaggi e rifugi per acquistare impianti rinnovabili - TURISMO SOSTENIBILE
 

TRIESTE Due milioni di euro, tanto ha stanziato la giunta regionale, ieri, per sostenere l'efficienza energetica e l'utilizzo di fonti rinnovabili da parte delle imprese turistiche localizzate su tutto il territorio del Friuli Venezia Giulia. Il finanziamento previsto nella delibera fa riferimento al bando Por Fesr 2007-2013, ed è promosso dall'assessore alle Attività produttive Federica Seganti. Il documento elenca le modalità e stabilisce i termini per la presentazione delle domande di accesso ai contributi. Gli incentivi saranno concessi per gli interventi di riqualificazione e riguardano, in particolare, la sostituzione di macchinari e dispositivi che possono assicurare maggiori performance nel rispetto dell'ambiente. Si va dunque dagli impianti fotovoltaici a quelli termici, dai motori ai generatori di calore ad alto rendimento. I destinatari del progetto sono gli alberghi, i villaggi turistici, i rifugi di montagna, i residence e le aree adibite a campeggio. Rientrano nell'iniziativa dell'esecutivo anche le attività delle agenzie di viaggio e dei tour operator. Il regolamento precisa, tra l'altro, che «i soggetti beneficiari degli incentivi devono essere regolarmente costituiti ed iscritti al registro delle imprese presso le camere di commercio competenti per territorio».

(g.s)
 

 

Professione? Cacciatore di carcasse d'automobile - IBRISEVIC ne ha eliminate 14mila in tutta la Croazia.
 

FIUME È dal 2004 che sta conducendo la sua personale battaglia (anche se sponsorizzata) contro il degrado ambientale in Croazia causato da montagne di carcasse e pneumatici d' auto, oli pericolosi, accumulatori, frigoriferi, fornelli. Romeo Ibrisevic, residente a Samobor, contea di Zagabria, è una persona - personaggio che in sette anni ha liberato la natura dalla deturpante presenza di ben 14 mila carcasse d'automobile, rimosse da aree della Croazia continentale ma anche e soprattutto della regione adriatica, isole comprese. A bordo di una Renault Grand Scenic, concessagli dalla Renault Nissan Croazia nell' ambito dell' iniziativa "Puliamo il Paese dalle carcasse d' auto", Ibrisevic ha percorso ben 150 mila chilometri, perennemente a caccia di macchine abbandonate al loro destino da titolari incoscienti e menefreghisti. «Non capisco l'atteggiamento di queste persone - ha detto l'ambientalista ai giornalisti - ma capisco e giustifico ancora meno le autorità che dovrebbero, in base al numero di telaio, risalire ai proprietari e punirli. Anche gli stranieri si disfano dei vecchi beniamini a quattro ruote, specie sulle nostre isole, ma almeno hanno l'accortezza di tagliare il numero di telaio». Aiutato da un nugolo di volontari, Ibrisevic è un segugio inarrivabile e riesce a scovare carcasse in ogni dove, anche nei posti più insospettabili. La sua lista di ritrovamenti e rimozioni comprende il lago artificiale di Bottonega (principale bacino d' acqua potabile in Istria), le pendici del Velebit (Alpi Bebie), il fiume Quieto, l'isola di Zirje, i caratteristici laghi di Imotski, in Dalmazia, il canyon del fiume Zrmanja (Zermagna), i fondali antistanti Santa Maria Maddalena, nel canale del Velebit o della Morlacca, il parco nazionale dei laghi di Plitvice e altri posti ancora.

Andrea Marsanich
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 21 aprile 2011

 

 

Quarto conto energia: il governo insiste sui tagli

 

Nessuna retromarcia. Da indiscrezioni il governo pare intenzionato a mantenere la sua impostazione sul fotovoltaico: starebbe infatti per varare un nuovo sistema per il fotovoltaico che prevede un taglio netto degli incentivi e del numero di impianti già a partire dal 2011.
Nella nuova stesura del decreto sul Quarto Conto Energia dovrebbe nuovamente essere stato inserito un tetto alla potenza massima che si può installare, con una soglia annua pari a 1550-1.800 MW per il 2011 e di 2.800 MW nel 2012.
Secondo la bozza, gli incentivi al fotovoltaico sarebbero ridotti del 25% già nel 2011 e dell'8% nel 2012. Tagli ben maggiori a quanto previsto in precedenza quando si era introdotta una riduzione fino all'11% in tre tappe nel 2011, del 15% nel 2012 e poi a crescere fino all'azzeramento nel 2017.
Un taglio del 25% nel 2011, inoltre, avrebbe effetti pesanti sull’economia e potrebbe portare a un blocco dei progetti in corso e mettere a rischio circa 300 milioni di investimenti.
Anche per questo continuano le pressioni per far cambiare idea al governo e al Ministro dello Sviluppo.
Aper, associazione dei produttori per le energie rinnovabili, ha chiesto a Romani di salvaguardare i progetti che hanno fatto affidamento sugli incentivi del secondo e del terzo Conto Energia; nessun tetto, annuale o cumulato, per tipologia o per taglia e mantenimento del premio per la rimozione dell'amianto.
In un articolo di Repubblica si legge “Solo i più grandi potranno permettersi di aspettare un anno per far ripartire gli investimenti. Anzi, il sospetto è che il provvedimento favorisca proprio le grandi utility, sia Enel ed Edison, sia le ex municipalizzate, che fanno delle rinnovabili solo una parte delle loro attività”. L’articolo spiega inoltre che “secondo alcuni esperti gli impianti fotovoltaici, producendo energia solo di giorno, fanno concorrenza alle grandi centrali proprio nelle ore di picco, ma, grazie agli incentivi, a costi inferiori”. Non stupisce quindi la posizione favorevole di Confindustria al quarto conto energia. Infine, Assoelettrica che per voce del suo presidente, Giuliano Zuccoli, ha commentato al Sole24ore: “Invece di incentivare chi fa ricerca, facciamo pagare sulla bolletta della corrente il sussidio in conto energia alle famiglie, indipendentemente dal loro reddito”.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 aprile 2011

 

 

Tav a Nordest, Intesa e Unicredit pronte a finanziare il progetto
 

I due gruppi bancari escono allo scoperto durante un convegno a Padova: intanto le Fondazioni realizzeranno uno studio di fattibilità per valutare la sostenibilità finanziaria dell'opera
PADOVA I soldi necessari per fare la Tav a Nordest sono una montagna. Si narra che l'entità sia attorno ai 17 miliardi per l'intera tratta. Ma la cifra esatta non c'è, visto che, con i numeri, ognuno gioca, più o meno, a piacimento. E invece le cifre sono una questione seria, serissima, se si vuole pensare alla realizzazione dell'alta velocità nel Nordest (una delle aree più industrializzate e ricche del mondo, mica il deserto dei Gobi) e abbandonare una volta per tutte i balletti politici e i rimpalli. Ecco allora che ieri, forse, a Padova, durante il convegno di apertura del Festival delle Città Impresa il punto di svolta è stato toccato. È bastato pronunciare il fatidico "studio di fattibilità" dell'alta velocità a Est di Verona (che poi oggi la vogliono chiamare alta capacità per spostare l'attenzione sulle merci). L'uovo di Tesla, come dire. Per la prima volta Unicredit e Intesa si sono trovate allo stesso tavolo per ragionare di una strategia comune, coinvolgendo anche importanti fondi di investimento. «Le Fondazioni del territorio potrebbero, se si mettono insieme, assumersi l'incarico e l'onere di realizzare uno studio di fattibilità sulla Tav in Veneto, il famoso Corridoio 5. La Cassa depositi e prestiti potrebbe altresì essere un altro soggetto investitore, dal momento che ha una funzione primigenia di investimenti sulle infrastrutture». A lanciare la palla in mezzo al campo è stato Giuliano Segre, presidente della Fondazione di Venezia, presente al convegno assieme a Giovanni Costa, vicepresidente del consiglio di gestione di Banca Intesa, e Claudio Rigo, responsabile Nord Est Unicredit. Moderati dal direttore del Piccolo, Paolo Possamai. Gli esponenti dei due grandi gruppi bancari hanno espresso il loro accordo congiunto alla proposta, aprendo così la possibilità di dare una svolta alla partita sull'alta velocità in Veneto. Finora, a quanto pare nessuno aveva mai pensato di mettere "su carta" un progetto di sostenibilità economico-finanziaria dell'alta velocità a Est della città scaligera. Detto in altri termini, non esiste nessun documento, piano di investimento, programma di sviluppo tariffario, che identifichi come far fruttare i danari puntati in una infrastruttura ritenuta vitale per il Nordest italiano, e in generale per tutta l'Europa (che se qui si continua con i "balletti" ci scavalcherà a Nord delle Alpi e addio centralità del quadrante Nordest) come la Tav. Sorpresa delle sorprese Intesa e Unicredit se si riesce a produrre una tale documentazione, uscendo dall'indefinitezza e dalla casualità abbracciata per tanti anni da una certa politica, ci stanno a mettere la loro fiche sul progetto. Che sia la volta buona?
Roberta Paolini

 

 

Benzopirene, legge bipartisan - PER CONTENERE LE EMISSIONI DELLA FERRIERA - Proposta del Pdl condivisa da Lupieri (Pd) e Rosolen (Misto)
 

TRIESTE Approda mercoledì in Consiglio regionale la normativa bipartisan che mira a regolare le emissioni di benzopirene nell'aria. Il provvedimento, pensato per mettere un freno agli impianti industriali del Friuli Venezia Giulia, tocca soprattutto il capoluogo giuliano. Non a caso la proposta di legge è stata sottoscritta dai consiglieri triestini del Pdl Piero Tononi, Maurizio Bucci, Piero Camber e Bruno Marini proprio per contenere le esalazioni prodotte dalla Ferriera di Servola. L'iniziativa porta anche la firma del consigliere del Pd Sergio Lupieri. Il testo intende ristabilire i limiti europei di un nanogrammo per metro cubo. Un valore medio annuale che il parlamento ha depennato con un provvedimento del 2010. Di fatto, allo stato attuale, non esistono limiti per le città con popolazioni superiori a 150 mila abitanti. «La Puglia è già intervenuta approvando una legge per tutelare Taranto, i cui problemi sono simili o addirittura peggiori dei nostri - sostiene Tononi - auspico che il Friuli Venezia Giulia segua l'esempio». Lupieri porta i numeri: «Tra gennaio e luglio del 2010 le emissioni della Ferriera hanno avuto una media di 9,8 nanogrammi al metro cubo con picchi di 53. Il benzopirene è una sostanza altamente cancerogena che provoca mutazioni genetiche, è particolarmente dannoso per le donne in gravidanza e per i bambinia, accusa. Un'iniziativa analoga sarà presentata da Alessia Rosolen. La consigliera del Gruppo misto, con la sua proposta punta ad assicurare «maggiori livelli di salute e salubrità dell'ambiente attraverso azioni di contenimento dei valori di concentrazione in aria di un inquinante altamente pericoloso. È necessario prevenire - afferma - tutti i potenziali effetti nocivi dall'esposizione a lungo termine della popolazione insediata nella zona di Servola».
Gianpaolo Sarti

 

 

Aiea: «No comment sullo stop dell'Italia» ma l'allerta per i traffici illeciti resta alta
 

L'Aiea non commenta la scelta del governo di azzerare il programma nucleare italiano. «I nostri membri sono stati sovrani, non sta a noi commentare le loro decisioni in fatto di sviluppo nucleare», ha dichiarato il direttore dell'Ufficio Sicurezza nucleare dell'Agenzia Khammar Mrabit, parlando in videoconferenza da Vienna alla Scuola internazionale per la sicurezza nucleare in corso a Trieste. «Il compito dell'Aiea è di fornire sostegno e competenze ai paesi che decidono di dotarsi di infrastrutture nucleari - ha proseguito Mrabit, e di verificare il loro utilizzo a scopo pacifico». L'Agenzia si occupa anche di monitorare i traffici illeciti di materiale nucleare o radioattivo, e di prevenire i crimini che li coinvolgono. Proprio questo è stato il tema del corso sulla "Sicurezza nucleare" che si sta svolgendo a Trieste in questi giorni. «Nel 1995 l'Aiea creò il Database sui traffici illeciti di materiale nucleare e radioattivo (Itdb) - ha spiegato Mrabit -, uno strumento grazie al quale l'Agenzia e gli stati membri tengono costantemente sotto controllo il fenomeno». Oltre ai traffici l'Itdb copre gli incidenti in cui è coinvolta un'acquisizione illecita di materiali. Dal gennaio del 1993 al dicembre del 2009 un totale di 1773 incidenti è stato registrato nel database. Di questi 351 riguardavano il possesso non autorizzato di materiale e relative attività criminali. In quindici di questi casi erano coinvolti l'uranio arricchito o il plutonio. Altri 500 incidenti concernevano furti o perdite di materiali nucleari o radioattivi, e un totale di 870 casi interessava altri tipi di attività non autorizzate, incluso il possesso non autorizzato di materiale radioattivo o la scoperta di fonti non controllate. «Dopo il dissolvimento dell'Unione sovietica le priorità dell'Aiea si sono spostate dal limitare la proliferazione nucleare al monitoraggio delle attività illecite - ha spiegato il Co-direttore della Scuola per la sicurezza nucleare dell'Ictp Caludio Tuniz -. Dopo l'11 settembre il tema della "Nuclear security" è diventato ancora più importante». Le fonti di radioattività, ha affermato Tuniz, sono molto più diffuse di quanto si pensi: «Strumenti estremamente potenti vengono utilizzati in ambito agricolo, minerario o ospedaliero - ha detto -. E tutti questi sistemi necessitano di un adeguato controllo».

(g.tom.)
 

 

Fischer a Pahor: «Chiudete Krsko» - Il presidente austriaco in Slovenia affronta anche il tema delle minoranze
 

LUBIANA Si è parlato della centrale nucleare di Krsko nell'incontro che il presidente austriaco Heinz Fischer ha avuto ieri, a Lubiana, con il primo ministro sloveno Borut Pahor, a conclusione di una visita di due giorni. Né poteva essere diversamente. Il rischio nucleare rappresenta un incubo per gli austriaci, che da tempo hanno rinunciato a questa fonte energetica. Fischer ha rinnovato l'appello a dismettere l'impianto di Krsko, così come sta facendo la Merkel. Pahor, il cui governo sta attraversando una difficile crisi, non ha dato una risposta definitiva, limitandosi a osservare che, dopo l'incidente di Fukushima, anche in Slovenia si presta molta attenzione alla sicurezza. Altri temi in discussione erano quelli della segnaletica bilingue nella parte meridionale della Carinzia, dov'è presente una minoranza slovena, e della restituzione dei beni espropriati agli austriaci al termine della seconda guerra mondiale (problema analogo a quello degli esuli italiani). In agenda figurava anche un altro tema di grande interesse, ma di cui le fonti ufficiali non hanno riferito nulla al termine dell'incontro: la questione degli attentati terroristici compiuti negli anni '70 nella Carinzia meridionale, al confine con la Slovenia. Si tratta di episodi di cui poco o nulla si sa, che presentano molte analogie con gli attentati che negli anni '60 insanguinarono l'Alto Adige. Da noi erano esponenti della minoranza austriaca a compiere gli attentati (361 in tutto, con 21 morti, di cui 15 appartenenti alle forze dell'ordine), mentre in Carinzia si suppone fossero agenti infiltrati dall'ex Jugoslavia. Le cronache dell'epoca registrarono 18 attentati con esplosivo a monumenti, binari ferroviari, tralicci elettrici, fino alle bombe fatte esplodere all'Heimatmuseum di Völkermarkt, in cui rimasero ferite alcune persone. È curioso che in Austria si usi definire "terroristi" gli attentatori sloveni in Carinzia, dove non ci furono vittime, e "attivisti" gli attentatori sudtirolesi in Alto Adige. Fischer dovrebbe aver chiesto al presidente sloveno di rendere pubblici gli archivi di quegli anni, per poter ricostruire finalmente una storia condivisa. Se sono rose, fioriranno. Prima di far ritorno a Vienna il presidente austriaco ha visitato il porto di Capodistria.
Marco Di Blas

 

 

Rinnovabili, protestano gli operai del solare - Il fotovoltaico sciopera contro il decreto taglia-incentivi. Rinviato il parere sulla bozza del ministero
 

ROMA Il nucleare no. E le rinnovabili?Mentre ieri il Senato dava l'ok per bloccare il ritorno delle centrali, sotto il ministero dello Sviluppo economico andava in scena il primo sciopero nazionale dei lavoratori del settore fotovoltaico. Ragione della protesta: il decreto Romani che fissando un tetto annuo allo sviluppo delle energie rinnovabili mette a rischio l'attività delle aziende italiane. Al presidio dei metalmeccanici del solare-fotovoltaico di Fiom, Fim e Uilm si sono uniti anche ambientalisti e imprenditori, come il fondatore di Terni Energia e Terni Green, Stefano Neri, che ha manifestato al fianco dei suoi dipendenti perché «il decreto è un regalo alla speculazione». Soprattutto, il ridimensionamento degli incentivi ricadrà (e sta già accadendo) sull'occupazione: «Le aziende crollano - spiega il responsabile energia della Cgil nazionale, Antonio Filippi - e ci sono 120mila persone occupate che rischiano il posto di lavoro. Chiediamo al Governo di mantenere l'impegno sugli incentivi preso ad agosto del 2010». Per ora, il risultato raggiunto dalla Conferenza unificata delle Regioni, su richiesta anche dell'Anci, è stato lo slittamento di una settimana (dunque a giovedì 28 aprile) del parere sulla bozza di decreto sugli incentivi alle rinnovabili, previsto all'ordine del giorno di ieri pomeriggio. La bozza del ministro Romani infatti, non convince gli operatori del settore che hanno scritto al presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani chiedendo profonde modifiche. I punti che lasciano le associazioni di categoria insoddisfatte sono molteplici: dall'essenza di tutela dei diritti acquisiti fino al rischio, concreto, che il settore resti paralizzato a causa del blocco dei finanziamenti.

(a.d'a.)
 

 

«Ora il via ad un vero piano strategico» - Gianni Silvestrini, direttore del Kyoto Club: l'Italia ha fatto passi avanti ma il futuro è già qui
 

MILANO Dopo l'abbandono del nucleare torna d'attualità il nodo di una strategia energetica per il Paese. «Speriamo che adesso, dopo aver sgombrato il campo dalla zavorra atomica, si possa veramente discutere di un piano strategico anche mediante la conferenza nazionale sull'energia che il Governo aveva più volte ipotizzato»: Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club ha le idee molto chiare su quella che chiama "la road map" italiana. Qual è lo stato dell'arte del sistema Paese? «Abbiamo alcune punte di eccellenza, molto opportunità e alcune incognite. Innanzitutto è importante sottolineare che negli ultimi dieci anni l'Italia ha fatto uno sforzo enorme per rinnovare le centrali elettriche esistenti, che sono state sostituite con impianti molto efficienti a ciclo combinato e con rendimenti superiori al 50%. Lo sviluppo delle rinnovabili è stato molto più vivo di quanto aveva previsto il nostro esecutivo che ipotizzava di raggiungere 7 mila megawatt e adesso parla già di 23 mila megawatt nel 2017 con un target del 31% sulla produzione di energia entro il 2020 come certificato nel piano presentato a Bruxelles per rispettare gli impegni comunitari. Poi non dimentichiamo il nodo dell'efficienza energetica: secondo Confindustria gli effetti delle misure previste produrrebbero da qui al 2020 sul sistema Paese un aumento di produzione pari a 238 miliardi di euro e 1.600.00 posti di lavoro in dieci anni. L'impatto complessivo sarebbe di oltre 14 miliardi di euro. Questo sviluppo pone però, molte domande urgenti che riguardano soprattutto la Rete». Con una produzione distribuita diventa urgente implementare un sistema intelligente? «Esatto. Oggi abbiamo già 200000 punti distribuiti sul territorio dove si produce energia da fotovoltaico con la prospettiva di milioni se guardiamo alla Germania dove siamo già oltre il tetto del milione. Il tema serio è proprio quello della Rete, sia in termini di potenziamento della infrastruttura sia per quanto concerne l'affermazione delle smart grid, cioè delle reti intelligenti che permettano dove possibile lo scambio di energia. Questo snodo rappresenta in realtà anche una grande opportunità perché l'Italia ha completato l'installazione dei contatori digitali che sono la condizione indispensabile per l'attivazione di qualsiasi rete intelligente. Ma parlare di un piano energetico per il Paese significa affrontare altri temi strategici». Gas, produzione di calore, accumulo e stoccaggio dell'energia? «Avere idee chiare per il 2020 non è sufficiente. Dobbiamo andare oltre considerando che abbiamo una posizione strategica sia in termini di ruolo nel sistema di approvvigionamento del gas sia per lo sviluppo di progetti come Desertec per la produzione di energia da solare nei deserti del Nord Africa».
Andrea Di Stefano

 

 

Pronto in autunno il ponte sul canale - Ponterosso, partita la gara per la realizzazione dell'attraversamento. La visuale resterà libera
 

«Sarà leggero, come un segno scuro di pennarello, con balaustre di vetro, che renderanno sempre visibile la chiesa di Sant'Antonio, e se tutto procederà normalmente, a ottobre potrebbe essere inaugurato». È partita la gara per il ponte «aggiuntivo» sul Canal grande, il tanto a lungo discusso passaggio che dovrebbe creare un fluido collegamento tra le nuove zone pedonali, da piazza Venezia in direzione stazione. «È un progetto molto semplice - spiega Marina Cassin, architetto del Comune -, una trave di acciaio di 50 centimetri che appunto lascia la visuale libera specie verso la chiesa, un "segno" da una sponda all'altra, così come richiesto dalla Soprintendenza». E se i dubbi della Soprintendenza avevano a lungo lasciato in bilico questa idea, anche dopo la «prova generale» col ponte provvisorio, un altro scoglio si è poi seduto sul progetto, quando era già bello e pronto, in fase esecutiva. È intervenuta la nuova normativa in materia di sismicità, che ha catalogato Trieste in una zona di medio rischio, con obbligo dunque di verifica, ma soprattutto di progettazione che ne tenesse conto, specialmente per le strutture considerate strategiche e sensibili. E nulla è più sensibile di un ponte. «Così si sono dovute apportare modifiche al progetto - prosegue Cassin - e la commissione di controllo in materia ci ha messo molti mesi per la sua analisi e per dare il benestare». La Soprintendenza invece ha dovuto elaborare, e concordare col Comune, una progettualità non invasiva, rispettosa di forme e prospettive da tutelare. Dalle iniziali perplessità di fondo si era passati a un assenso condizionato, e cioé ad autorizzare una struttura «temporanea». Al che Dipiazza aveva deciso di rinunciare, perché spendere «temporaneamente» era sembrata un'azione poco oculata. Infine, di fronte al «segno di pennarello», un permesso totale. Dice il sindaco: «Non è vero che il ponte è fra le cose che questa amministrazione non ha fatto, e tanto vale anche per il depuratore, perché per il suo rifacimento abbiamo firmato un accordo di programma. Anche piazza Libertà procede: abbiamo appena licenziato il progetto definitivo».

(g. z.)
 

 

Raccolta dei rifiuti umidi entro l'estate a Muggia
 

Il nuovo tipo di "differenziata" sarà introdotto dopo l'esperimento di 25 famiglie La frazione di questi residui è calcolata attorno alle 2mila e 500 tonnellate annue
MUGGIA La raccolta della frazione umida dei rifiuti urbani partirà ufficialmente entro la fine dell'estate. Il Comune di Muggia "replica" così al Gruppo d'acquisto solidale, il collettivo di 25 famiglie rivierasche che dallo scorso ottobre ha deciso di iniziare la raccolta differenziata dell'umido e la produzione in proprio del compost. Una scelta che ha bruciato in anticipo le mosse della giunta Nesladek. «L'iniziativa era già prevista all'interno del capitolato di gara, aggiudicata nel marzo del 2010 all'Italspurghi - spiegano dal Municipio - società che oggi si occupa del servizio a Muggia». Per poter attuare la raccolta dell'umido il Comune fornirà a tutte le famiglie l'attrezzatura necessaria, composta da un mastello da 7 litri da collocare sotto il lavello, da sacchetti biodegradabili e, nel caso di abitazioni unifamiliari o con ampio spazio a disposizione, un mastello da 25 litri. Una prima parte di questo materiale - per la precisione 25 set completi - è già stata messo a disposizione del Gruppo d'acquisto solidale di Muggia, che - evidenzia l'amministrazione - «ha anticipato l'iter già programmato dall'amministrazione comunale». La rivoluzione dell'umido, una grande novità per il comune rivierasco, interesserà in primis le aree periferiche, mentre per ultimo si inserirà il centro storico. Nel frattempo, per cercare di "educare" i muggesani, il Comune si appresta a recapitare alle circa 6mila famiglie residenti sul territorio il materiale informativo necessario alla buona riuscita del progetto, integrato da un sondaggio per poter comprendere il gradimento dell'intero servizio raccolta rifiuti da parte dei cittadini muggesani. «L'umido raccolto, che mediamente costituisce circa il 35% del totale dei rifiuti - precisa il Comune - verrà però trasferito fuori provincia con un costo di circa 100 euro a tonnellata, non esistendo impianti per il compostaggio in provincia di Trieste». Sulle cifre il Gruppo d'acquisto solidale aveva evidenziato come «nella sola Muggia la frazione umida è costituita da 2mila 500 tonnellate annue, mandate all'incenerimento al costo di 125 euro alla tonnellata». Una soluzione non condivisa in quanto il compostaggio darebbe invece «considerando una resa del 20% qualcosa come 500 tonnellate di ottimo compost, sufficiente alla concimazione di 80mila metri quadrati di orti». Dunque si presuppone una visione alquanto differente sul futuro del compostaggio. La conferma arriva dal candidato sindaco del Partito delle Libertà, Paolo Prodan: «C'è una visione d'insieme piuttosto differente. Il Gruppo d'acquisto solidale puntano a creare humus a costo zero, il Comune invece, esportando il materiale fuori Trieste, vanifica di fatto il lavoro della la raccolta differenziata portata avanti daicittadini». Secondo Prodan il territorio di Muggia dovrebbe attrezzarsi «con una zona di compostaggio riservata all'umido, visto anche che gli spazi certo non mancano». L'esponente del centodestra infine ha aggiunto come «l'Acegas non ha mai perorato la causa della differenziata in quanto l'impianto trae dei benefici da parte dello smaltimento dei rifiuti umidi in quanto l'acqua presente al loro interno rende meno secca la struttura riducendo quindi gli interventi di manutenzione».
Riccardo Tosques

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 20 aprile 2011

 

 

Emendamento che sospende il nucleare presentato dal governo, al momento in attesa di votazione al Senato.

 

"Abbiamo rivisto l'impostazione sul nucleare data nel 2009 e rinviamo una decisione cosi' importante ad un chiarimento complessivo in sede europea". Cosi' il ministro per lo Sviluppo economico, Paolo Romani, ha spiegato in aula al Senato la decisione del governo di fermare la realizzazione della costruzione delle centrali nucleari.
Ed il "Comitato Vota Sì per Fermare il Nucleare" risponde:
“Ora dopo ora, più che uno stop quello del governo sembra un pit stop, una pausa strumentale e transitoria per evitare di ricevere una mazzata dagli italiani al referendum e pure alle amministrative. Ma senza cambiare rotta. Il piano nucleare del governo, insomma, non finisce nel secchio, va solo nel cassetto, pronto a tornare in auge alla prima occasione. Ma la puzza di bruciato si sente lontano un miglio. Se l’intenzione del governo è usare quell’emendamento per azzerare il referendum sul nucleare, e poi, tra un anno o due, varare una nuova norma che ci riporterà al punto di partenza, con un nuovo programma atomico, allora siamo di fronte ad un truffa referendaria bella e buona. Comunque, gli italiani, cui l’emendamento del governo vuole togliere la possibilità di bocciare sonoramente il nucleare col referendum e metterci definitivamente una pietra sopra, non si faranno raggirare”.
Segreteria Organizzativa
Comitato VOTA SI per fermare il nucleare
Via Colonna Antonina n. 41 - Int- 7 00186 Roma
Mail: segreteria@fermiamoilnucleare.it
Contatto facebook: http://www.facebook.com/votasiperfermareilnucleare
Tel. 0690213377 Cell. 3471065904 Fax:0699367454
Sostieni la campagna referendaria:
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IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 aprile 2011

 

 

«Tav irrealizzabile con 24 km di gallerie» - Oltre 7 miliardi di spesa, 37 anni di lavori, secondo il Wwf è stata progettata per non venir fatta
 

vedi il documento originale del WWF

TRIESTE Un costo stimato in oltre 7 miliardi di euro, una durata prevista di lavori di 37 anni (dal 2013 al 2050) e dei 140 chilometri complessivi, 24 chilometri in galleria di cui 14 da scavare nel sottosuolo carsico con 8milioni e 900 mila metri cubi di roccia da togliere e da portare via tramite 890 mila camion. La Tav Venezia-Trieste, secondo l'accusa lanciata ieri dal Wwf, è un'opera concepita in modo così mastondontico proprio per non farla mai, ma per costituire fumo negli occhi in modo da puntare tutto sulle autostrade, quelle sì obiettivo reale degli interessi di imprenditori, politici e amministratori. «Tant'è - ha ammonito ieri Dario Predonzan, responsabile energia e trasporti del Wwf del Friuli Venezia Giulia - che la terza corsia della A4 si farà veramente. Ma non solo, si farà anche la Sequals-Gemona e si sta pure progettando la superstrada tra la Carnia e il Cadore». Anche il progetto preliminare della Tav, secondo gli ambientalisti, sarebbe stato fatto in modo tale da essere bocciato dai ministeri in sede di Valutazione di impatto ambientale, iter che è partito e che potrebbe portar via un paio d'anni. Allo studio redatto da Italferr per conto di Rete ferroviaria italiana, il Wwf ha replicato con un controdossier di 250 pagine che contiene 57 richieste di integrazione sotto il profilo metodologico, procedurale e tecnico-scientifico. Il tracciato è stato suddiviso in quattro per i seguenti tratti: Mestre-Aeroporto Marco Polo, Aeroporto Marco Polo-Portogruaro, Portogruaro-Ronchi e Ronchi-Trieste. Complessivamente va a impattare 33 tra Siti di importanza comunitaria, Zone di protezione speciale e Important bird areas, mentre gli edifici che verrebbero a trovarsi entro un raggio di 250 metri dalla linea ferroviaria sono 203 tra Mestre e il Marco Polo, 699 tra Marco Polo e Portogruaro, 1033 tra Portogruaro e Ronchi e 995 tra Ronchi e Trieste. Nel tratto sotto il Carso triestino, secondo Rfi, sarebbero tre le grotte di pregio con cui il tracciato interferirebbe. «Ma tutti sanno - ha affermato Predonzan che le cavità concosciute sono il 10% di quelle esistenti e che per fare una galleria di poco più di due chilometri sulla Cattinara-Padriciano si è scoperta la Grotta chiamata appunto impossibile. Quante se ne scopriranno in 14 km.?» Il progetto Tav Venezia-Trieste risulterebbe di conseguenza «molto superficiale nella stima degli impatti, specie per l'attraversamento del Carso e le interferenze con siti e zone di protezione comunitari e privo di parti essenziali come il calcolo costi-benefici. «Se mai la Tav sarà fatta, ma non sarà così - ha concluso Predonzan - finirà peggio della Pontebbana, grande vanto dei nostri amministratori, eppure utilizzata per un terzo della propria capacità, mentre l'autostrada che corre parallela è intasata di Tir e automobili».
Silvio Maranzana

 

 

Krsko 2, la Regione va avanti - Tondo: «Il governo ha ragione, ma in Slovenia pensiamo a una partecipazione sulla sicurezza»
 

TRIESTE Si va avanti. Il presidente della Regione Renzo Tondo legge lo stop dato dal governo al programma nucleare nazionale come un incoraggiamento a investire «sulla sicurezza» della vicina centrale nucleare slovena di Krsko: «La decisione del governo è opportuna - ha commentato ieri il presidente - e incide sul tema quanto mai attuale della sicurezza». E proprio in tale ottica Tondo vede l'eventuale partecipazione italiana ai lavori di raddoppio della centrale di Krsko. Se dopo i fatti di Fukishima il governo italiano può ritornare sui suoi passi congelando il programma nucleare, il Friuli Venezia Giulia deve comunque fare i conti con il suo vicino: essendo stato sovrano, la Slovenia ha diritto a decidere in totale autonomia la sua politica energetica. La risposta di Tondo a questo dato di fatto è «l'opzione tuttora valida di una partecipazione italiana o regionale ai lavori nella centrale slovena». L'obiettivo prioritario è quello di «essere presenti sul piano della sicurezza», sottolinea ancora il presidente. Contribuire al raddoppio della centrale di Krsko è da tempo uno dei baluardi del presidente. Così si era espresso ancora nel lontano 2008, in sede di Consiglio regionale: «Nel momento in cui il governo nazionale e quello regionale esprimono un certo orientamento - aveva spiegato - e la Slovenia decidesse di realizzare un nuovo reattore, il buon senso dice di ragionarci assieme in chiave di programmazione, sicurezza e compartecipazione, anche in ottica di Euroregione e collaborazione tra territorio vicini. Da parte nostra credo si tratti di un segnale importante di capacità da parte della Regione di dare indicazioni sul futuro». Ora che il governo nazionale pare aver cambiato il suo orientamento, quello regionale aggiusta il tiro e insiste sull'importanza del fattore "sicurezza". In fondo «si tratta di un affare - aveva detto sempre Tondo nel 2008 -, tanto che la Slovenia ci va cauta sull'eventuale ingresso di altri investitori». E la cautela degli sloveni su questo tema spinoso si è fatta sentire anche di recente. Proprio un anno fa l'amministratore delegato di Enel Fulvio Conti aveva affermato di aver incassato un «no» alla partecipazione italiana da parte di Lubiana. Era stato smentito pochi giorni dopo da un funzionario del governo sloveno, che aveva garantito che Lubiana vedeva di buon occhio l'ingresso di partner stranieri nell'operazione. «È un percorso difficile ma bisogna andare avanti con determinazione e io lo farò», aveva commentato Tondo in quell'occasione. Sul fronte sloveno, nemmeno la catastrofe nipponica ha fatto desistere Lubiana dal piano nucleare: «Per la Slovenia l'opzione nucleare è quanto mai strategica e così il pieno funzionamento della centrale di Krsko nonché il suo raddoppio», ha dichiarato un mese fa il direttore del Direttorato per l'energia Janez Kopac.
Giovanni Tomasin

 

 

KRSKO - Nel marzo scorso e nel 2008 gli incidenti che spaventarono il Friuli Venezia Giulia
 

Fra il 23 e il 25 marzo scorso la «sicurissima» centrale slovena di Krsko ha subito due guasti nel giro di 48 ore. Alla radice del problema sembra ci sia stato un malfunzionamento nel rifornimento energetico dell'impianto. In ogni caso l'incidente è stato classificato a «rischio zero» dalla dirigenza di Krsko. Aveva suscitato qualche preoccupazione in più la fuga di liquido di raffreddamento verificatasi il 4 giugno del 2008. Ma anche in quel caso, avevano assicurato le autorità, l'incidente non aveva comportato alcun pericolo radioattivo. La centrale fu riattivata il successivo 9 giugno. L'impianto di Krsko è stato collegato alla rete energetica nel 1981, entrando in attività nel 1983, nell'allora Jugoslavia. Oggigiorno la centrale nucleare provvede a più di un quarto della elettricità slovena e a circa un quinto di quella croata. I rifiuti prodotti dalla centrale sono attualmente stivati in loco.
 

 

Romani annuncia la svolta "verde" - Ma imprese del settore e opposizioni denunciano il taglio degli incentivi per le energie rinnovabili
 

ROMA Bocciate le centrali nucleari, ora si punta su rinnovabili e energia verde. Parola di ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani. «E' importante guardare al futuro - dice - impiegando le migliori tecnologie disponibili sul mercato per la produzione di energia pulita, in particolar modo per quanto riguarda il comparto delle rinnovabili e dell'energia verde». Sulla stessa scia il ministro dell'Economia Giulio Tremonti secondo il quale è il momento di «finanziare piani di investimento nelle nuove energie, anche con gli Eurobond». Buoni propositi che però secondo Pd, Verdi e associazioni del settore sarebbero in contrasto con quanto previsto dalla bozza del quarto Conto energia (alle battute finali dei tecnici del ministero dello Sviluppo Economico) che regolerà gli incentivi per il settore fotovoltaico. Si tratta di una sorta di meccanismo alla tedesca con gli incentivi che diminuiscono man mano che aumenta la potenza installata, e le tariffe che scendono una volta superati i limiti annuali. Il decreto legislativo, che entrerà in vigore il 1º giugno, pone un obiettivo di 23 gigawatt di potenza fotovoltaica installata al 2016 per un costo cumulato annuo degli incentivi stimato tra i 6 e i 7 miliardi all'anno. Per Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd, si «rischia di dare un colpo mortale al settore delle rinnovabili, uno dei più vitali della nostra economia». Il Governo «da un lato sembra che incentivi le rinnovabili, mentre dall'altro tira il freno a mano all'unico settore che non aveva subito la crisi - protesta il presidente dei Verdi Angelo Bonelli - Il decreto non salva gli investimenti fatti, penalizza specialmente i piccoli impianti domestici e sono stati diminuiti anche gli incentivi agli impianti installati su tetti bonificati dall'amianto». Sul piede di guerra gli operatori delle rinnovabili che oggi saranno in piazza Montecitorio. Per il presidente di Assosolare, Gianni Chianetta, il decreto «sarebbe una bocciatura definitiva del fotovoltaico» perchè «le riduzioni sono talmente forti che andremmo sotto i livelli della Germania e non sono sostenibili» e annuncia che «se il testo non dovesse cambiare siamo pronti a fare ricorso alla Corte Costituzionale». Senza appello infine la bocciatura della bozza da parte di Asso Energie Future: «E' disastrosa».

(m.v.)
 

 

Mediterraneo, 40 specie di pesci a rischio - La pesca eccessiva e l'inquinamento stanno sterminando spigole, cernie, naselli e tanti altri
 

TRIESTE Tonno rosso, ma non solo: pesci come spigole, cernie e naselli, comuni sulle tavole degli italiani, oggi sono specie minacciate. Le specie marine del Mediterraneo considerate a rischio sono oltre 40, in particolare squali e razze (pesci cartilaginei), ma anche pesci ossei, vittime di pesca eccessiva, degrado dell'habitat ed inquinamento, anche genetico. A dare l'allarme è l'ultimo studio dell'Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn), che ha esaminato le specie marine su base regionale. La prima preoccupazione è per il tonno rosso, tanto ricercato dai giapponesi per il prezioso sushi, il cui potenziale di riproduzione «si è dimezzato negli ultimi 40 anni a causa della pesca eccessiva» afferma Kent Carpenter dell'Iucn, sottolineando come il mancato rispetto delle quote di pesca combinato con la cattura non dichiarata, «potrebbe aver minato gli sforzi di conservazione di questa specie nel Mediterraneo». Una questione da risolvere a livello regionale è anche quella delle tecniche di pesca. Secondo Maria del Mar Otero dell'Iucn l'uso di reti a strascico «è uno dei principali problemi, perché non è una tecnica selettiva delle specie target, ma cattura anche un gran numero di pesci di altre specie distruggendo i fondali, dove molti pesci vivono e si riproducono». Nuove tecnologie come il Gps e cartografie accuratissime hanno messo in pericolo il nasello. «Prima - spiega il ricercatore italiano - ad essere pescati erano soprattutto gli esemplari piccoli e medi, catturati dallo strascico vicino alla costa, o ad un centinaio di metri di profondità, mentre ora il prelievo è arrivato agli adulti, prima al riparo in aree rocciose in mezzo al mare ad oltre 200 metri di profondità». Per loro occorre quindi prevedere aree profonde dove è vietata la pesca. L'inquinamento «genetico» minaccia poi la spigola (o branzino), dovuto alla possibile fuga dagli allevamenti di esemplari che si possono poi incrociare con la fauna selvatica locale. «Bisogna fare in modo - aggiunge Tunesi - che gli impianti usino esemplari provenienti dalle zone in cui si trovano». Cosa può fare il consumatore? «Ad esempio cercare di consumare meno tonno rosso - conclude il ricercatore italiano -e accertarsi che le spigole provengano da allevamenti che adottano il codice di condotta della Fao».
 

 

«Siot, guasta la centralina Pm10» - Drozina (Pdl): non ha funzionato per tutto marzo e oltre. Atteso altro impianto
 

SAN DORLIGO DELLA VALLE La centralina di Mattonaia per tutto il mese di marzo e avanti non ha rilevato i valori del Pm 10. L'accusa arriva dal capogruppo consiliare del Pdl di San Dorligo della Valle Roberto Drozina. «Ci risulta che la macchina installata a Mattonaia nei pressi della Siot ora verrà smontata ed inviata alla fabbrica di produzione per la prevista revisione semestrale e la ritaratura», spiega Drozina. La ritaratura èstata «assolutamente pretesa da Arpa la quale, dopo e secondo i recenti accordi, assumerà il compito di controllo dei dati con cadenza bisettimanale - il Comune, cioè, manderà i dati ogni 15 giorni». L'esponente berlusconiano ha chiesto poi al funzionario del comune di San Dorligo Mitja Lovriha di «verificare la possibilità con l'occasione di far inserire il sensore Cov come richiesto con la recente petizione popolare». Ma le novità non terminano qui. L'amministrazione Premolin infatti sembra aver trovato l'accordo con la Siot decisa a finanziare una seconda centralina parametrica da installare in zona Francovec. «Stiamo attendendo ufficialmente la conferma», spiega Giorgio Jercog, referente del Comitato per la Salvaguardia del Golfo. «Quello che so è che la Siot ha chiesto un preventivo al Comune per installare una nuova centralina (si stima che la cifra si aggiri attorno ai 45mila euro ndr) che sicuramente andrebbe a rafforzare il sistema di monitoraggio dell'aria della zona, soprattutto quando, come sta accadendo attualmente, la zona è scoperta dalla centralina di Mattonaia». Nel mentre la preannunciata (ed attesa) audizione da parte dei partiti dell'opposizione che siedono in Provincia per discutere del problema legato ai fenomeni odorigeni provenienti dalla Siot non è stata ancora avviata. L'iniziativa era stata portata avanti dal capogruppo di Forza Italia - Pdl in Provincia Claudio Grizon il quale aveva presentato al presidente del consiglio provinciale «la convocazione di un consiglio provinciale straordinario urgente sulla questione dei cattivi odori provenienti con ogni probabilità dai serbatoi della Siot».
Riccardo Tosques

 

 

Val Rosandra In visione il Pcs della Riserva
 

SAN DORLIGO È disponibile in visione, presso gli uffici della Riserva della Val Rosandra del Comune di San Dorligo della Valle fino a venerdì 29 aprile 2011 una copia del Piano di Conservazione e Sviluppo (Pcs) della Riserva. Il testo è anche scaricabile dal sito dell'azienda che l'ha realizzato, la D.R.E.Am. Italia, all'indirizzo - www.dream-italia.it. Conclusa questa fase il Pcs dovrà essere adottato da parte del Consiglio comunale. Successivamente all'adozione, il Pcs sarà depositato presso la segreteria comunale per i 30 giorni consecutivi, durante i quali chiunque avrà facoltà di prenderne visione e di presentare all'organo gestore le proprie osservazioni e, se proprietario di immobili vincolati, le proprie opposizioni. Nei 60 giorni successivi al termine di deposito, il Consiglio comunale esprimerà le proprie valutazioni sul Pcs e sulle osservazioni ed opposizioni.
 

 

I cinghiali crescono ancora Abbattuti 450 in un anno
 

Federcaccia: dati in aumento continuo, vanno braccati anche oltre il tramonto Chiesto di estendere i termini a tutto l'anno, come avviene nella vicina Slovenia

DUINO AURISINA Sono circa 800 i selvatici abbattuti nelle 12 riserve di caccia triestine durante la stagione venatoria 2010 - 2011, e di questi ben 450 sono cinghiali. E nello stesso periodo oltre 250 tra cinghiali e caprioli hanno trovato la morte investiti da automezzi e dal treno. Sono i dati salienti resi noti dalla sezione provinciale triestina della Federazione Italiana della caccia alla presentazione della tradizionale mostra dei trofei degli ungulati tenutati a Jamiano. Complessivamente le doppiette hanno prelevato 449 cinghiali sui 521 previsti dal piano di abbattimento. Ai 449 cinghiali vanno aggiunti anche un centinaio di capi prelevati con l'istituto della deroga da parte della Polizia Ambientale e Territoriale dell'ente provinciale. Con la caccia di selezione - che si basa sul rispetto di un piano di abbattimento, diviso per classi di sesso e di età e redatto in base a censimenti e stime - la Federcaccia provinciale ritiene che il distretto "Carso" risulti tra i migliori nel Paese in fatto di gestione faunistico venatoria. «Infatti la realizzazione del piano di abbattimento per la specie del cinghiale - afferma per la Federcaccia il presidente provinciale Fabio Merlini - è stato inizialmente pari al 100 % del piano approvato e poi all'80% del piano definitivo approvato con le successive integrazioni. Le riserve di Basovizza, Opicina e Prosecco hanno abbattuto complessivamente 269 cinghiali raggiungendo oltre il 90 % del piano integrato. Sulla crescita dei selvatici, sono indicativi i dati degli abbattimenti dal 1979-80 a oggi. In quella stagione venatoria non vi furono prelievi, dieci anni più tardi i capi abbattuti risultarono 28, nel 2004/2005 ne risultarono 118 e per la scorsa stagione 297. Nel giro di 30 anni quindi i primi cinghiali triestini, che fuggirono da una tenuta non lontana dalla Cava Faccanoni si sono riprodotti notevolmente nonostante gli abbattimenti. Sulla riduzione degli ungulati, la Federcaccia provinciale condivide la recente posizione dell'Associazione Agricoltori che ha proposto l'estensione dell'orario di caccia a questo animale di altre due ore dopo il tramonto. Inoltre, citando la legislazione venatoria della vicina Slovenia, si propone il prelievo del cinghiale per tutto l'anno. Sulla questione si consiglia inoltre, come previsto dalle normative Ue, di creare un centro riconosciuto per la lavorazione della selvaggina, con controllo da parte di un veterinario e la successiva cessione dei capi a enti assistenziali o al commercio. Con gli introiti ricavati, si potrebbero risarcire gli agricoltori per i danni subiti. Attualmente tutti i cinghiali abbattuti mediante l'istituto della deroga devono per legge essere inceneriti.
Maurizio Lozei

 

 

E i caprioli risentono del "vicino" invadente - LE CIFRE
 

DUINO AURISINA Secondo la Federcaccia la crescita dei gruppi di cinghiali potrebbe essere causa della leggera flessione registrata nella popolazione di caprioli durante la recente annata venatoria 2010 - 2011. I cacciatori delle 12 riserve triestine hanno prelevato 390 caprioli sui 529 previsti. Attualmente questa specie sembrerebbe in decremento proprio per la troppa presenza del cinghiali con conseguente disturbo e predazione dei piccoli. «Si tratta ovviamente e per il momento solo di una supposizione - afferma il presidente della Federcaccia Fabio Merlini - sostenibile però dalla tendenza delle popolazioni delle due specie. Per questa ragione tale evidenza dovrà essere elemento di attenta valutazione nel prossimo futuro». Sempre in tema di caprioli, le cifre dei prelievi effettuati nell'ultimo trentennio evidenziano un sostanziale equilibrio in questa popolazione. Si passa dai 300 capi abbattuti nel 1979/80 ai 500 abbattuti (massimo storico ) nel 1989/90, ai 446 del 2004/5 sino ai 462 per l'anno scorso. In questa annata sono stati prelevati inoltre due camosci su di una popolazione di circa una settantina di capi. Inoltre il cervo continua a essere localmente segnalato in diverse riserve. Appare preoccupante inoltre l'aumento di investimenti da parte di auto, moto e treni nei confronti dei selvatici, con oltre 250 ungulati finiti sotto le ruote. Il dato evidenzia come il territorio triestino presenti una notevole infrastruttura viaria. Vale comunque sempre la raccomandazione per chi passeggia con i cani di tenerli al guinzaglio, evitando che i quadrupedi in libertà, dopo aver individuato la selvaggina, la rincorrano sino a sfinirla e a costringerla a cercar scampo lungo le arterie stradali, con grave pericolo per la viabilità complessiva.

(m.lo.)
 

 

Waterfront e patrimoni di archeologia industriale - VOLUME DI ITALIA NOSTRA
 

Il Porto Vecchio e le tematiche connesse alla riqualificazione dei waterfront tornano alla ribalta oggi nella sede della nuova Libreria Italo Svevo (via Battisti 6, Galleria Fenice). Alle 11 l'associazione Italia Nostra, in collaborazione con il ministero per i Beni e le attività culturali, presenta infatti il volume "Patrimoni portuali e industriali - Report del Meeting internazionale 2010", curato da Antonella Caroli e pubblicato dalle Edizioni Italo Svevo. Alla presentazione partecipano il Soprintendente ai beni architettonici e al paesaggio Luca Rinaldi, e il direttore regionale del ministero per i Beni artistici e culturali Giangiacomo Martines. Il Meeting internazionale, svoltosi a Trieste lo scorso ottobre nell'arco di tre giornate, con la partecipazione di qualificati esperti italiani e internazionali, ha messo a fuoco la situazione del Porto Vecchio e analizzato quanto fatto in altre città portuali per riportare a nuova vita le strutture d'epoca. Il volume presenta dunque un concreto programma di azioni e obiettivi immediati, in parte già avviati, riguardanti gli incontri con le istituzioni locali, i vertici dell'Autorità portuale e i futuri concessionari per l'area del Porto Vecchio, per individuare non solo una strategia di riqualificazione dell'area storica del nostro scalo, ma anche azioni di marketing internazionale che permettano di far conoscere la realtà del Porto Vecchio, unica al mondo, inserendola nei mercati internazionali. Nel report si presentano anche altri importanti siti di archeologia industriale del Friuli Venezia Giulia, come il quartiere operaio di Monfalcone, il complesso di Torviscosa e la centrale elettrica di Malnisio, dove viene proposto di organizzare weekend di archeologia industriale in modo da favorire la nascita di correnti turistiche verso queste località.
 

 

Sopra le Falesie di Duino ad ammirare rari volatili - ITINERARI PASQUALI
 

DUINO AURISINA Un'alternativa per smaltire il pranzo pasquale? Muniti di binocolo o cannocchiale, darsi al birdwatching sopra le falesie di Duino. O magari limitarsi a godere della spledida vista che si gode a quella latitudine Questa la proposta del servizio cultura del comune che organizza diverse visite guidate gratuite, per la promozione della riserva naturale delle falesie di Duino. Si tratta di percorsi a metà tra natura e storia che interesseranno tutto il territorio comunale e permetteranno di scoprire angoli non proprio conosciuti ai più. S'inizierà proprio il lunedì di Pasquetta, 25 aprile, con l'escursione alla ricerca dell'avifauna che abita le pareti strapiombanti di Duino. Bisognerà a quel punto attendere quasi un mese quando, domenica 15 maggio, il percorso del " labirinto della Cernizza", porterà a scoprire le specie caratteristiche della macchia mediterranea tra il bosco delle Cernizza e il Villaggio del Pescatore. Di particolare suggestione si presenta anche la Camminata naturalistica in italiano e tedesco, "sulle orme del poeta Rilke", che si svolgerà ovviamente sull'omonimo sentiero a picco sulla baia di Sistiana , domenica 12 giugno. La serie si concluderà il 26 giugno, con l'appuntamento forse più suggestivo dell'intero lotto, anche per il suo carattere di vero "animal-watching" e il tuffo nella natura più selvaggia. Nel dettaglio è prevista la salita verso le pendici meridionali dell'Ermada, alla ricerca dei branchi dei camosci. Chi desidera ulteriori informazioni può anche visitare il sito www.falesiediduino.it o scrivere a info@falesiediduino.it

(c.p.)
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI', 19 aprile 2011

 

 

NUCLEARE - Passo indietro del governo via le norme, salta il referendum
 

Palazzo Chigi ha deciso di andare oltre la moratoria di due anni stabilendo lo stop. Dietro la scelta i timori per il raggiungimento del quorum anche sul quesito per abrogare il legittimo impedimento. Di Pietro: "Truffa dettata dalla paura"
ROMA - Il governo ha deciso di soprassedere sul programma nucleare ed ha inserito nella moratoria già prevista nel decreto legge omnibus, all'esame dell'aula del Senato, l'abrogazione di tutte le norme previste per la realizzazione di impianti nucleari nel Paese. Si tratta di un emendamento, che domani il Senato voterà, e che recita: "Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione Europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare".
"Con l'emendamento - ha precisato successivamente una nota di Palazzo Chigi - viene affidato al Consiglio dei ministri la definizione di una nuova Strategia energetica nazionale. La Strategia terrà conto delle indicazioni stabilite dall'Ue e dai competenti organismi internazionali; e, prima di essere approvata definitivamente dal Consiglio dei Ministri, sarà sottoposta all'esame della conferenza Stato-Regioni e delle competenti Commissioni parlamentari".
Salta il referendum. Una scelta che avrà con ogni evidenza l'effetto di far decadere il quesito referendario 1per
l'abrogazione della legge con cui si apriva la strada al ritorno dell'energia atomica in Italia.
Le promesse di Scajola. Il provvedimento in questione era stato uno dei primi varati dal governo e risale al giugno del 2008. Un decreto legge, il n. 112, "convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133" per la "realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare". Un'accelerazione che aveva convinto l'allora ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola ad annunciare incautamente che il governo avrebbe ottenuto la posa della prima pietra 2di una nuova centrale nientemeno che entro la fine della legislatura.
Il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo ha cercato quindi di ridurre la portata del voltafaccia spiegando che la ricerca sul nucleare "deve andare avanti" anche se l'Italia ha deciso di sospendere il suo ingresso nella produzione di energia. Apparente voltafaccia completo al nucleare invece da parte del ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani. "E' adesso importante andare avanti e guardare al futuro, impiegando le migliori tecnologie disponibili sul mercato per la produzione di energia pulita, in particolar modo per quanto riguarda il comparto delle rinnovabili e dell'energia verde", ha affermato il ministro contro il quale domani scenderanno in piazza 3 ambientalisti, lavoratori e imprenditori del comparto del fotovoltaico.
Bersani esulta. "Il governo scappa dalle sue stesse decisioni- esulta invece il segretario del Pd Pierluigi Bersani - E' una vittoria nostra di chi, ben prima del Giappone, ha messo in luce l'assurdità del piano del governo". "Ora - aggiunge - il problema è uscire dall'assurdità e dire che politica energetica si vuole fare, perché non basta dire addio al nucleare ma bisogna aiutare lo sviluppo delle rinnovabili, che attendono una risposta dopo il disastro del governo con il recente decreto".
Lo scetticismo di Tremonti. La scelta dell'esecutivo di fare marcia indietro era stata in qualche modo anticipata da una serie di uscite degli ultimi giorni del ministro dell'Economia Giulio Tremonti, molto critiche nei confronti dell'opportunità di massicci investimenti sul nucleare. Dichiarazioni culminate oggi con l'intervento davanti alla Commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo. Tremonti in quella sede ha sostenuto l'opportunità di finanziare lo sviluppo delle energie alternative nel quadro di investimenti pubblici di interesse collettivo. "Questa fase - ha detto Tremonti - va utilizzata anche per sostenere investimenti pubblici destinati a operazioni di interesse collettivo. Il finanziamento delle energie alternative risponde a questa esigenza".
Sondaggi allarmanti. Stando ad indiscrezioni, la scelta di cassare del tutto le ambizioni nucleari sarebbe stata dettata a palazzo Chigi da allarmanti indicazioni sulla possibilità che il referendum, anche sulla scia dell'allarme per la catastrofe giapponese raggiungesse il quorum necessario per la sua validità. In particolare un sondaggio realizzato la scorsa settimana avrebbe dato al 54% la percentuale di italiani intenzionati a recarsi alle urne il 12 e 13 giugno.
Referendari indignati. Per questo motivo la decisione del governo è stata accolta con un certo fastidio dai comitati promotori e dalle forze politiche che più di tutte si erano impegnate per la loro realizzazione, Idv in testa. La scomparsa del quesito sul nucleare rischia infatti di produrre una smobilitazione in grado di mettere a repentaglio l'ottenimento del quorum, con il conseguente fallimento della battaglia contro la privatizzazione dell'acqua e - sopratttutto - contro la norma sul legittimo impedimento che rischiava di trasformarsi, in caso di successo, in un plebiscito contro Silvio Berlusconi.
Di Pietro: "Una truffa". "Il governo - denuncia Antonio Di Pietro - tenta, con l'emendamento che blocca la costruzione di centrali nucleari, di truffare con un colpo di mano i cittadini ed evitare il referendum". "Tenta in realtà di disinnescare la mina dei referendum, perché - spiega ancora - la paura fa novanta e si teme che il referendum sul nucleare trascini con sé anche quello, ben più temuto dal premier, sul legittimo impedimento". "Se si volesse rinunciare al nucleare - dice ancora il leader Idv - noi ne saremmo felici, ma allora si deve procedere con l'abrogazione dell'intera legge. Il parlamento - incalza Di Pietro - non deve insomma giocare a rimpiattino. Il governo riconosca di aver fatto un errore, ma non creda di fermare il referendum con un giochino".
"Governo vigliacco". Posizione in buona parte condivisa dalla componente ecologista del Pd. "Addio al referendum sul nucleare - dichiarano i senatori democratici Roberto Della Seta e Francesco Ferrante - Il governo vigliaccamente toglie la parola agli elettori, portando in aula un emendamento al decreto omnibus che verrà votato tra oggi e domani che intende abrogare le disposizioni relative alla realizzazione degli impianti nucleari". E addio anche - aggiungono - alla moratoria di un anno, perché la procedura viene semplicemente sospesa sine die, in attesa forse di tempi migliori e sicuramente dopo avere aggirato l'ostacolo del referendum che avrebbe bocciato l'avventura nuclearista del governo".
Ferrero: "Azione da banditi". "Lo stop del governo al folle programma nucleare - rincara il presidente dei Verdi Angelo Bonelli - non è per convinzione ma per paura e necessità: paura di perdere le elezioni amministrative e di venire travolto dal referendum del 12 e 13 giugno che avrebbero portato anche alla completa abrogazione della legge sul legittimo impedimento". Ancora più duro Paolo Ferrero di Rifondazione comunista. "Il governo - dice - cerca in tutti i modi di far fallire i referendum di giugno. Prima ha impedito l'election day con uno sperpero di 300 milioni di euro. Adesso cancella una norma per abolire il referendum sul nucleare, magari per poi ritirare fuori il piano nucleare tra qualche mese. Sono dei banditi che utilizzano il potere per impedire la partecipazione popolare di cui hanno paura. Si tratta dell'ennesima truffa a cui i cittadini hanno il potere di rispondere andando a votare in massa per i referendum su acqua e legittimo impedimento". Stessa interpretazione anche dal leader di Sel Nichi Vendola. "Siamo alle comiche finali", denuncia il presidente della Puglia. "La paura del quorum la paura dunque della democrazia - prosegue - spinge il governo Berlusconi a cancellare le norme della sua 'rivoluzione nuclearista' nella speranza di preservare la sua porcata del legittimo impedimento e il suo affare della privatizzazione dell'acqua".

VALERIO GUALERZI

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 19 aprile 2011

 

 

Comune, addio consiglio delle incompiute - Sul prg maggioranza sotto. Amarezza bipartisan per i tanti piani (traffico, parcheggi) non conclusi
 

Com'è triste il consiglio comunale, soltanto cinque anni dopo. L'ultima seduta del mandato (ce ne sarà un'altra, ma praticamente formale) fotografa tutte le contraddizioni accumulate in questi interminabili 60 mesi, chiusi ieri sera con la bocciatura del prg (maggioranza sotto 20 a 17) e il suo rinvio alla prossima assise. Un bel salto dal sorriso sulle labbra di un centrodestra che, col secondo mandato di Dipiazza, credeva di aver vinto ormai tutto, e un presente fatto di gruppi politici virtuali (nessun elettore ha mai votato, nell'urna, per la Lega Nord o Un'altra Trieste), accuse intestine, polemiche e rimpianti. Sì, perchè, ed è il dato più eclatante, nell'aria si capta un senso di incompiuto assolutamente trasversale e spiazzante. Sintetizzato con ironia fulminante da Bruna Tam del Pd («Dipiazza il sindaco del fare? Certo, far finta, far male e, col prg, far danni!»), ripreso dal collega di partito Mario Ravalico («Il sindaco è stato bloccato dalla frammentazione della sua maggioranza»), dal neo-collega Roberto Decarli («Dipiazza chiude con un bilancio tragico, una città in condizioni disastrate e un'emergenza occupazionale che sembra non toccarlo»), mentre un altro degli uscenti, il capogruppo Fabio Omero, parla di «pianificazione inesistente», accreditando comunque l'amico-nemico di «alleati che lavorano per metterlo in difficoltà». Si dirà: normale compito dell'opposizione quello di sminuire i meriti di chi governa. Ma come commentare quando il forzista della prima ora Paolo di Tora, dopo un siparietto morettiano (tipo: «Mi si nota di più se esco o non esco?») abbandona l'aula, imbufalito per essere stato segato nelle liste di Antonione? O Lorenzo Giorgi, uno che faceva politica nel Pdl prima ancora che esistesse, che ammette l'amarezza per aver fatto spesso «da strucabotoni», salvando solo l'esperienza da presidente della commissione Lavori pubblici? Quando poi anche Piero Camber, capogruppo del Pdl e interprete ufficiale del "verbo" politico spara, in un inutile pre-dibattito sul piano regolatore, tutta l'impotenza per averci creduto e vedere adesso «la vittoria del partito del cemento , a cui alcuni hanno dichiaratamente aderito mentre altri, dall'alto del loro scranno, hanno finto di combatterlo, facendo le terze colonne nel campo avverso» si resta veramente basiti. Visti i precedenti, non certo un attacco al centrosinistra , ma un bel regolamento di conti tutto "libertario"... Per i Bandelli boys, anzi, un assist. Ed ecco il mite Bruno Sulli accanirsi contro «l'uomo che volle farsi architetto e si ritrovò sceriffo» e Alessandro Minisini annotare, democristianissimo, che il sindaco uscente «si è comunque dimostrato persona onesta e leale». I numeri finali spettano al giovane Edera, entrato in aula rovisiano e uscito dipietrista, e parlano chiaro. «Un prg barzelletta, rimasto al palo, un piano parcheggi che ne ha visti realizzati 0 su 27, un piano traffico non pervenuto a fronte dei 100mila euro versati a Camus. Puo bastare?». Anche sì.
Furio Baldassi

 

 

Prg che blocca e un rebus in Porto vecchio
 

Case in Porto vecchio oppure no? Sul recente dibattito Andrea Oliva, presidente regionale e provinciale della Federazione agenti immobiliari di Confcommercio, ha un'idea chiara: «Sì, se c'è un incremento demografico, con afflusso dall'esterno. No, altrimenti. Perché si svuota il centro città. Ma se non c'è economia, come può esserci l'arrivo di gente da fuori?». Busillis tipicamente triestino. Che Oliva risolve pragmaticamente: «Basta che tutti si mettano d'accordo, alla fine, su un progetto generale. Perché la città è bella, ce lo dice lo specchio della gente che vuole insediarsi. Lo fa (e così racconta) per la cultura, i musei, i teatri». Un'altra spina è il Prg bloccato fino all'insediarsi della prossima amministrazione. «Non si sa che cosa fare - ammette Oliva -, ad agosto scadono le salvaguardie e c'è incertezza nel trattare coi costruttori. Dovevo vendere un terreno, ma il Prg potrebbe cambiargli destinazione. Dunque è rimasto lì. L'impresa non ha comprato, qualcuno non ha preso la provvigione, non l'ha spesa a propria volta. E di queste situazioni, adesso a Trieste, ce n'è tantissime».
 

 

MUGGIA - Rifiuti, 25 famiglie avviano la separazione dell'umido
 

Partita ieri l'azione unilaterale del Gruppo d'acquisto solidale di Muggia «Così si abbatte l'immondizia del 25% invece di mandarla all'inceneritore»
«Qualcuno deve pur cominciare». Il Gruppo d'acquisto solidale di Muggia, operativo dallo scorso ottobre, ha deciso di iniziare la raccolta differenziata dell'umido e la produzione in proprio del compost. Una scelta unilaterale a cui per ora aderiscono 25 famiglie muggesane che diminuiranno i propri rifiuti di un buon 35 per cento. A tanto, infatti, ammonta la frazione umida dei rifiuti solidi urbani di una famiglia media. «Con una provincia che raggiunge percentuali napoletane di raccolta differenziata , che ci collocano all'ultimo posto delle classifiche di tutto il Centro Nord d'Italia, con tariffe da 2 (Muggia) a 4 (Trieste) volte più alte dei comuni virtuosi, conta anche il poco che possono fare i singoli» spiegano i referenti del Gruppo d'acquisto solidale muggesano. E, così, senza aspettare il Comune sono partiti da soli. Prima con un percorso d'informazione sui rifiuti, per arrivare poi a parlare della separazione della frazione organica (i resti del nostro cibo) per finire alla produzione del compost. Domenica scorsa si è svolta l'ultima fase del training, l'uscita in campo (o meglio, in orto) per l'istruzione pratica di come preparare e gestire un efficiente cumulo per la produzione del compost. E da ieri il via alla raccolta differenziata "fai da te". «Nella speranza di essere seguiti prestissimo dalle altre 5980 famiglie» spiegano i pionieri dell'umido. I numeri sembrano giocare a loro favore. «Nella sola Muggia la frazione umida - spiega il Gruppo d'acquisto solidale - è costituita da 2.500 tonnellate all'anno, mandate all'incenerimento al costo di 125 euro alla tonnellata. Il compostaggio delle 2.500 tonnellate di umido prodotte nel comune darebbero invece (considerando una resa del 20 per cento) 500 tonnellate di ottimo compost, sufficiente alla concimazione di 80mila metri quadrati di orti». Messa così, quella dell'umido è una scelta che non ha alternative. Ed è su questo che il Gruppo di acquisto solidale per fare proseliti. «L'organizzazione della raccolta differenziata dell'umido - spiegano i promotori - è diventata per noi, ma lo è per tutti quelli che la fanno, anche un punto permanente di educazione ambientale. Perchè gli interventi sui rifiuti richiedono la partecipazione attiva della società civile e della cittadinanza».

(fa.do.)
 

 

San pelagio e Visogliano - Veronese: «Sull'elettrodotto il Comune prenda posizione»
 

DUINO AURISINA L'elettrodotto entra nel dibattito politico. Il consigliere provinciale del Pd Massimo Veronese chiederà al Comune di Duino Aurisina prendere una posizione netta riguardo l'elettrodotto. La disputa vede uno contro l'altro la Comunanza Agrarna skupnost e la società Terna assieme al ministero dell'Ambiente. Per giorni, forti proteste hanno animato San Pelagio e Visogliano, dove i residenti si sono opposti a gran voce all'esproprio dei terrini da parte dei tecnici della Terna. Le manifestazioni hanno avuto il loro epilogo giudiziario nell'esposto indirizzato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il ricorso segue quello del 2008 presentato al Ministero dello Sviluppo economico successivamente bocciato. Veronese chiederà al comune di Duino Aurisina di rientrare "ad adiuvandum", cioè intervenire volontariamente in un processo già iniziato, a favore della comunanza e dei suoi rappresentati. Diverse le motivazioni inserite nell'esposto, tra le quali spicca naturalmente quello della salvaguardia ambientale di un territorio già privato, in tutti questi anni, di 25.101.236 metri quadri di terreno. Non solo lamentele ma anche proposte dalla Comunanza che vedrebbe di buon occhio una creazione di una fascia per i servizi energetici, utilizzando l'attuale tracciato dell'oleodotto.

(c.p.)
 

 

Menis: «No al rigassificatore, sì alla riduzione dei consumi» - LISTA TRIESTE 5 STELLE
 

«In Friuli Venezia Giulia il fabbisogno di energia elettrica è già soddisfatto dalle centrali di Monfalcone e Torviscosa. E anche i consumi di gas, peraltro in fase di decremento, sono assicurati. Non c'è quindi alcun bisogno di trasformare Trieste in un polo energetico, con tanto di rigassificatore e centrale termoelettrica, a discapito della salute dei cittadini e dell'ambiente». A sostenerlo è Paolo Menis, candidato a sindaco per la lista civica Trieste 5 stelle. «La strategia da seguire in questo settore - continua l'aspirante primo cittadino dei "grillini" - dev'essere la razionalizzazione dei consumi attraverso l'ammodernamento delle tecnologie e la riduzione degli sprechi piuttosto che l'aumento dell'offerta di elettricità (con nuove centrali ed elettrodotti di importazione) e di gas (attraverso i rigassificatori e i gasdotti). Il Comune deve agire sulle scuole, gli uffici e gli impianti di proprietà e per promuovere la cultura del risparmio energetico. Nell'arco di 5 anni - continua Menis - è raggiungibile l'obiettivo di una riduzione del 25% dei consumi energetici in città». Di qui le proposte dei "Grillo Boys". «Tra queste - conclude Menis - la redazione di un piano energetico comunale, l'approvazione di un nuovo regolamento edilizio che introduca per gli edifici criteri di risparmio energetico, incentivi all'acquisto di pannelli solari e impegno a rendere più efficiente l'illuminazione pubblica utilizzando la tecnologia a led e i tubi solari».
 

 

Gli speleo: sotto Gradisca vivono i protei - Due esemplari, di cui uno gigante, sono stati scoperti esplorando il Pozzo dei Frari
 

GRADISCA Il ritrovamento di almeno due esemplari di proteo, di cui uno di dimensioni definite "giganti" (oltre 30 centimetri) è avvenuto ieri in una cavità artificiale sita nel cuore del centro storico di Gradisca. Si tratta del cosiddetto Pozzo dei Frari, che si trova in campiello Emo proprio di fronte al Coassini, e che sino agli anni '60 costituiva l'acquedotto municipale. La scoperta, avvenuta grazie agli speleo e sub del centro di ricerche carsiche "Seppenhofer"di Gorizia e del Cat, il Centro alpinistico triestino, ha una rilevanza notevole sia a fini naturalistici che speleologici. Innanzitutto la presenza degli anfibi conferma una volta di più il notevole potenziale carsico del sottosuolo gradiscano. Secondariamente, il ritrovamento dei protei sta a significare la presenza nel sottosuolo di Gradisca di un'acqua particolarmente pulita. Terzo, dimostra l'esistenza di un fitto reticolo di pozzi - praticamente tutto da scoprire - nel compendio della Fortezza edificata nel 1479. Basti pensare che un pozzo è stato scoperto ieri per la prima volta nel parco della Rotonda. Sarebbe di origine medievale. La vicinanza del Pozzo dei Frari con il corso dell'Isonzo non deve trarre in inganno: quella in cui si è immerso ieri mattina Luciano Russo del Cat, uno degli speleo-sub più quotati d'Italia, è acqua di origine carsica. Limpida. Potabile. Attinta da una falda acquifera carsica. Il ritrovamento del proteo gigante è avvenuto lungo una frattura che dal Pozzo dei Frari potrebbe estendersi in profondità per decine di metri. Incuneandosi addirittura 30 metri sotto il letto del fiume, per ricongiungersi chissà dove al territorio del Carso. Il Pozzo dei Frari dove si è immerso Russo - 18 metri di profondità, 9 dei quali di quell'acqua "cristallina" - aveva attratto l'attenzione degli speleologi sin dagli anni '60. È il più importante di almeno 9 pozzi che scompaiono nel ventre del sottosuolo gradiscano. Con Russo anche Ernesto Giurgevich del Cat, Gino Marcigaglia, Franco Bressan e Maurizio Tavagnutti, del "Seppenhofer". I dipendenti comunali Paolo Turco e Dante Da Ros hanno svelato loro l'esistenza di altri pozzi sinora sconosciuti. Come quelli del parco della Rotonda, uno dei quali di origine medievale per il suo rivestimento in pietra. Soddisfatto Tavagnutti. «Il ritrovamento di questi protei di notevoli dimensioni conferma la nostra teoria: i pozzi artificiali scavati a Gradisca si intersecano con fenomeni carsici. La frattura nella quale sono stati rinvenuti gli anfibi è troppo angusta per proseguire l'esplorazione ma avvalora questa tesi».

Luigi Murciano
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico. Gli operatori di Legambiente si trovano in via Donizetti n. 5/a, tutti i martedì, 10-12 e tutti i venerdì 17-19 e a Muggia, in via Roma n. 22 tutti i giovedì 17.30-19.30 (tel. 366/5239111- www.legambientetrieste.it).

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 18 aprile 2011

 

 

Porto, l'ambiente non si "aggiusta" - L'INTERVENTO DI DARIO PREDONZAN
 

Il piano regolatore portuale, secondo l'ex presidente del Porto Boniciolli (Piccolo, 13 aprile), è stato approvato lo scorso maggio dal Consiglio superiore dei lavori pubblici dopo essere stato approvato dalla Regione e "attende solo il parere del ministero dell'ambiente, una valutazione paesaggistica che non cambierà l'impianto". L'ex sottosegretario all'ambiente Menia il giorno dopo dichiarava però al Piccolo che "finch'ero sottosegretario (15 novembre 2010, data delle dimissioni dal Governo) quel piano davvero non l'ho mai visto, non mi è arrivato, anche se l'ho plurisollecitato". Va ricordato che il Consiglio superiore dei lavori pubblici non approva il piano, ma esprime solo un parere, mentre è la Regione ad approvarlo, solo dopo però che sullo stesso piano sia stata svolta la valutazione di impatto ambientale (Via). La quale Via, come l'ex sottosegretario sa bene (per essersene occupato per il rigassificatore di Zaule) non è affatto una "valutazione paesaggistica", ma un procedimento complesso, nel quale il paesaggio - di competenza tra l'altro del Ministero dei beni culturali - è solo una parte (e non certo quella prevalente) degli aspetti da analizzare e valutare. Sono infatti fondamentali le questioni riguardanti qualità dell'aria, ecosistema marino (ad es. per la movimentazione dei fanghi - inquinati - dai fondali del Vallone di Muggia), mobilità stradale e ferroviaria nel territorio retrostante il porto, e così via. La Via prescrive poi la pubblicità di tutta la documentazione e il coinvolgimento anche dei cittadini, oltre ai vari enti competenti, che devono poter formulare osservazioni e pareri. Di tutto ciò nulla è stato fatto, come conferma anche l'on. Menia. Perché? Cos'ha impedito che, una volta adottato il piano del porto dal Comitato portuale (primavera del 2009) si partisse subito con la Via? Mancavano forse gli studi e le analisi? Se sì, perché questi non sono stati redatti contestualmente al piano? O ci si è cullati, irresponsabilmente, nell'illusione che si trattasse solo di un "parere paesaggistico" risolvibile "politicamente" grazie all'intervento del sottosegretario Menia? Su di ciò abbiamo chiesto già un paio d'anni fa chiarimenti al presidente Boniciolli, ottenendo risposte evasive. Eppure, dovrebbe essere evidente a tutti che "dimenticare" la Via espone il piano al concretissimo rischio di non essere mai approvato, perché non approvabile. Oppure, se approvato forzando (cioè violando) la legge, agli inevitabili contenziosi legali anche in sede europea. Va detto che, ancor prima dell'adozione del piano, avrebbe dovuto essere svolta la procedura Vas (valutazione ambientale strategica) transfrontaliera, come quella che Luka Koper ha avviato da tempo sul piano regolatore del Porto di Capodistria. Perché a Capodistria sì e a Trieste invece no? Il rilancio e il potenziamento dei traffici portuali a Trieste, rappresentano certo un'opportunità decisiva per la città (e la regione tutta), se ci sarà l'auspicabile intervento di energie ed operatori esterni e si romperanno la cappa di immobilismo e la gestione familistica, che per troppo tempo hanno condizionato le (non) scelte nell'ambito portuale e non solo. Perché queste potenzialità si concretizzino, però, occorre costruire un quadro di riferimento chiaro, legittimo e sostenibile anche dal punto di vista ambientale. responsabile Energia e Trasporti Wwf Fvg

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 17 aprile 2011

 

 

Trasporti, sul Corridoio Baltico il Fvg darà battaglia a Bruxelles
 

Nel dossier dell'Unione europea la regione viene tagliata fuori a vantaggio della Slovenia e del porto di Capodistria.

Riccardi sul caso Fs: «Moretti? Deve fare quadrare i bilanci» - i due tracciati
TRIESTE D'ora in poi sarà una corsa in salita che il Friuli Venezia Giulia dovrà fare soprattutto a Bruxelles per tentare di venir rimesso sulla carta geografica. Tutte le illazioni sono infatti convergenti: nel dossier della Commissione governativa dell'Unione europea il Corridoio adriatico-baltico che da Danzica raggiunge Vienna poi vira verso Est, attraversa tutta la Slovenia, passa Maribor e Lubiana e si tuffa nel porto di Capodistria tagliando clamorosamente fuori il Friuli Venezia Giulia. Sarà una delle trenta reti di trasporto transeuropee (Ten-T) sulle quali confluiranno finanziamenti, strutture, merci e passeggeri. Di conseguenza si sposterà a Est, sulla Capodistria-Divaccia anche il focal point di intersezione con il Corridoio 5 Barcellona-Kiev, decentrando e depauperando Trieste, Monfalcone, Cervignano, Venezia, e financo Bologna che doveva essere il capolinea meridionale. L'allarme è stato lanciato ieri anche dall'ex sottosegretario di Fli, Roberto Menia, e dal candidato sindaco di Trieste del Pd, Roberto Cosolini. «La vera battaglia si disputerà tra giugno e luglio quando il dossier arriverà in Commissione trasporti dell'Ue - promette il trevigiano Antonio Cancian che di quella commissione fa parte - credo che potrò essere io il relatore del provvedimento perché quel ruolo spetterà al Ppe cui appartengo. Italia e Austria potranno esercitare tutto il loro peso, che è maggiore di quello della Slovenia e lo spostamento a Ovest del Corridio baltico-adriatico dove le infrastrutture di trasporto sono più avanzate dovrebbe essere un'operazione logica e conveniente». «Noi abbiamo solo la necessità di rafforzare la Udine-Cervignano - afferma l'assessore ai Trasporti del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Riccardi - per il resto siamo ben attrezzati con l'autostrada e la Pontebbana. L'Austria, sollecitata da Stiria e Carinzia è nostra alleata. Ho la certezza che anche il governo italiano si sta muovendo», aggiunge Riccardi che rileva come la Regione stia anche affrontando di petto l'altra questione critica sollevata da Mauro Moretti, ad di Ferrovie dello Stato, sull'antieconomicità degli investimenti nel Friuli Venezia Giulia. «Lui deve far quadrare i bilanci - spiega Riccardi - noi ci adoperiamo per garantire il servizio senza nel contempo dover alzare le tariffe». Quanto all'Adriatico-Baltico, conclude l'assessore, «non escluderei che alla fine il Parlamento europeo si pronunci a favore di una biforcazione finale del corridoio con un braccio su Capodistria e uno su Trieste-Monfalcone». Ma per il Friuli Venezia Giulia ci sono altri segnali premonitori negativi: Unicredit per realizzare il superporto dell'Alto Adriatico sta dialogando con Lubiana, in prospettiva Capodistria, mentre ha pressoché interrotto i contatti con Roma. È probabile che già sappia cosa deciderà Bruxelles.
Silvio Maranzana

 

 

Ferrante: un voto per l'ambiente - Il senatore Pd: sulle energie rinnovabili un progetto di sviluppo per il Paese
 

«Mai come questa volta, in questa tornata elettorale, il Pd ha incentrato il proprio programma sull'ambiente». Parola di Francesco Ferrante, senatore del Pd, ecologista ed esponente dei movimenti ambientalisti da decenni. A Trieste per appoggiare la campagna del Partito democratico, Ferrante si è tolto ieri mattina più di qualche sassolino dalle scarpe. A iniziare dal nucleare. «Credo che l'incidente di Fukushima - ha esordito - abbia avuto il lugubre merito di ricordarci che non esiste energia nucleare sicura e che per chi, come l'Italia, non ne dispone, sarebbe folle imbarcarsi in quest'avventura». Sul piano politico Ferrante ha ricordato che «il centrodestra vive da sempre il problema dell'ambiente come un impaccio» e che invece «sulle energie rinnovabili si può costruire un progetto di sviluppo per il paese». Un assist che già qualche minuto prima era stato fatto proprio dal segretario del Pd, Francesco Russo, che ha fatto un accenno a un progetto in divenire proprio a Trieste. «Anche il centrodestra talvolta fa cose buone, e giudico sotto tale ottica il progetto allo studio di AcegasAps che prevede l'uso di un brevetto israeliano di differenziazione dei rifiuti con l'uso dell'acqua, con relativa produzione di compost e biogas». Anche per Russo, comunque, il possibile ago della bilancia delle imminenti elezioni può essere rappresentato proprio dalla questione ambientale. Antonella Grimm, candidata del Pd per il consiglio comunale, ha invece ricordato il ritardo dell'Italia in materia di sfruttamento delle energie rinnovabili («l'obiettivo adesso è di arrivare almeno al 20%»), ha confermato il parere fortemente contrario a impianti nucleari in regione e ricordato la "virtuosità" di Monrupino, al 15° posto in Italia per uso del fotovoltaico, «grazie anche ai bandi della Provincia».

(f.b.)
 

 

Animalisti contro il consumo di agnelli
 

Puntuali come anno, sono tornate anche a Trieste le iniziative dei gruppi animalisti decisi a contrastare l'impennata dei consumi di agnelli e capretti nel periodo pasquale, a loro dire una «barbara tradizionale che produce il sacrificio di oltre 2 milioni di ovini in tutta Italia». Un paio di notti fa i sostenitori del gruppo Animalisti 100% hanno affisso manifesti contro la «strage pasquale» davanti a macellerie, negozi di alimentari, supermercati, e in luoghi di forte passaggio del centro cittadino. Un gesto, spiegano i protagonisti, compiuto «nella speranza che la gente inizi a riflettere sul fatto che l'uccisione di animali è una cosa ignobile, e che gli agnelli sono solo una delle tante vittime della ferocia umana». «Impressionano - si legge in uno dei messaggi lanciati da Animalisti 100% - il numero delle vittime e il fatto che questo avvenga perché milioni di persone senza coscienza si sentono indotti dalla pubblicità ad adeguarsi a comportamenti che provocano la morte di tante creature. La soluzione per far cessare i massacri però esiste: smettere di mangiare carne».
 

 

Nel nuovo piano regolatore ignorata una «Carso Valley»
 

Il Piccolo ha pubblicato l'opinione di Domenico Romeo dal titolo «L'Area Science Park ha bisogno di crescere» nel quale si rammaricava che l'attuale dirigenza dell'Area non ritiene più necessaria una espansione del parco scientifico verso Banne. Ed indicazioni in tal senso sono state date al Comune di Trieste a proposito del Piano Regolatore. Nello stesso articolo si citavano diversi parchi scientifici nel mondo che hanno seguito con successo una strada diversa tra i quali il Bio Science Park di Leiden in Olanda di 110 ettari. Mi sono preso la briga di calcolare, in collaborazione con Elio Polli, studioso del Carso, l'area che va dall'attuale Area di Ricerca, costeggiando l'autostrada e la vecchia camionale fino alla caserma di Banne compresa, per poi ritornare indietro verso l'Area, senza inglobare la bella pineta di pini neri alle spalle delle colline circostanti: una zona brutta senza alcun pregio. Tale area, a forma di trapezio, ha una estensione di 115 ettari, come il parco olandese, dove potrebbero collocarsi circa 600 imprese se quello di Siviglia, citato nello stesso articolo, con 65 ettari di imprese ne ha 340. Mi sembra miope perciò la rinuncia a sviluppare tale area e demenziale non inserirla nel nuovo Piano Regolatore. Tanto più che le aree inquinate a Zaule, anche se bonificate con molta spesa, si esauriranno presto dato il numero ingente di aziende che ne hanno chiesto l'insediamento e dato che una parte non indifferente sarà occupata dalla zona portuale nella quale sarà trasferita l'attività dei traghetti con i relativi migliaia di camion. E in questa nostrana «Carso Valley» potrebbero trovare posto non soltanto centri di ricerca e industrie ad alta tecnologia, ma anche altre attività connesse. Come ad esempio una sede adeguata della Scuola Internazionale. Anche un parco sportivo per discipline diverse, sempre in questa ottica, potrebbe trovare posto in questa zona. Pure una limitata realtà residenziale, a prezzi umani, darebbe una ulteriore opportunità di scelta a ricercatori e imprenditori internazionali. UnComitato d'eccellenza formato dalle menti migliori dell'imprenditoria, della finanza, dell'Università potrebbe adoperarsi per realizzare un simile progetto puntando anzitutto a una riscrittura del piano regolatore. Chi avrà la forza e la determinazione per diventare nel nostro secolo il nuovo... Budinich?

Fabio Denitto
 

 

SEGNALAZIONI - NUCLEARE - Le colpe dell'uomo

 

Da Fukushima in poi basta aprire il televisore per essere bombardati da tutta una serie di cifre, statistiche, percentuali di probabilità inerenti alla sicurezza negli impianti nucleari. La tesi che frequentemente viene portata avanti è che "è successo ma è estremamente improbabile che succeda ancora". Io non so se quei dati siano attendibili, ma credo che non sia questo il nocciolo della questione. Fukushima è stato innescato da un evento imprevedibile. Ma si poteva tenere tutto sotto controllo raffreddando immediatamente i reattori con l'acqua del mare. Non lo si è fatto per pure ragioni economiche: l'acqua salata avrebbe danneggiato irrimediabilmente la centrale. A Chernobyl addirittura non c'è stato neppure l'evento imprevedibile: nessun maremoto, nessun guasto, solo la volontà dei tecnici di far funzionare la centrale al di fuori dei limiti di sicurezza. E questo sempre per la stessa ragione: il tornaconto economico. Perciò che senso ha parlare di probabilità? Infatti non sempre si tratta di eventi imprevedibili, di casualità. Il più delle volte si tratta di volontà umana, di ferma determinazione contro cui c'è poco da fare. Semmai l'unico calcolo che avrebbe senso fare è: "Quanto è probabile che in futuro le centrali continuino ad essere gestite da irresponsabili, senza alcun rispetto per la vita umana, per l'ambiente, con l'unico obiettivo di fare profitto?" Beh, direi che la probabilità è alta visto che questo è lo standard al giorno d'oggi. Col nucleare c'è però una piccola complicanza in più che lo differenzia da tutto il resto: se sbagliamo mettiamo in pericolo la sopravvivenza sul pianeta.

Mario Furlan

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 16 aprile 2011

 

 

Trenitalia: «In Fvg c'è poco mercato e non investiamo»
 

L'ad Moretti: «Le piccole stazioni sono antieconomiche Sulla Venezia-Trieste meno profitti che in Repubblica Ceca»
TRIESTE «Il business dei viaggiatori in treno nelle piccole stazioni di provincia è antieconomico»: ne è convinto Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato. Moretti, a Praga per inaugurare la rinnovata stazione di Praga centrale, alla presenza del presidente Napolitano, spiega così il motivo delle oltre due ore necessarie per percorrere la tratta ferroviaria fra Venezia e Trieste. L'azienda Trenitalia, in questo momento, sta investendo molto nel business internazionale del Centro Est Europa verso Germania, Cechia, Slovacchia, Polonia fino ai Balcani: «Da tre anni la nostra azienda è in utile - incalza Moretti - e dobbiamo sottostare alle leggi del mercato». Nulla di strano quindi che nell'Italia del Nordest percorrere il tratto fra Venezia e Trieste per un pendolare significhi sopportare un'attesa pari almeno a quella necessaria per arrivare da Venezia a Milano con il Frecciabianca. Moretti non si stupisce: «Anche a Trieste state sperimentando la logica di mercato. Le piccole stazioni non sono redditizie. Le città medio-piccole non riescono a creare mercato perchè non riescono ad attrarre sufficienti passeggeri». In altre parole, il milione e 200mila abitanti del Friuli Venezia Giulia non giustifica investimenti funzionali a un miglioramento sostanziale dei collegamenti con l'area della pianura Padana, del centro Italia e del Nord ovest. L'idea di fondo è quella di far arrivare a Mestre i passeggeri friulani e giuliani. E, poi, attraverso questo hub fare sì che possano prendere i convogli dell'alta velocità verso le maggiori città del Paese. Fa eccezione - l'unica al momento -, come detto, è quella del Frecciabianca, che collega Trieste e Monfalcone direttamente a Milano in circa 4 ore, senza imporre ai passeggeri di cambiare a Mestre. Anche se, chi lo prende, non può non accorgersi del fatto che il tempo impiegato da Trieste per raggiungere Mestre (1 ora e 40 minuti) è lo stesso - più o meno - che si impiega dalla stessa Mestre per arrivare sotto le grandiose volte in acciaio e vetro della Centrale di Milano (2 ore e 20 minuti). Per il resto, la soluzione è sempre la stessa: interregionale fino a Mestre e poi un Eurostar verso Roma o la stessa Milano. «Il mercato deve essere regolato e compensato - spiega Moretti -. Per contratto siamo costretti a prevedere treni nelle ore in cui ci sono soltanto tre-quattro passeggeri. Non si può sempre avere tutti i vantaggi e allo stesso tempo il ritorno economico. Il guadagno per ogni passeggero al chilometro, nel tragitto Venezia-Trieste, è addirittura inferiore a quello dell'azienda dei treni nella Repubblica Ceca». E quando sulle rotaie italiane sbarchera Ntv, il nuovo vettore privato di Montezemolo e Della Valle, l'attenzione di Trenitalia verosimilmente si concentrerà ancora di più sulle direttrici Venezia-Roma-Napoli e Venezia-Milano-Torino (per citare le due che fanno capolino a Nordest), dove si giocherà la partita per la conquista di quel mercato che invece in Friuli Venezia Giulia non ci sarebbe. Moretti, infine, mette in evidenzia come «nelle gare fatte in Veneto e Emilia Romagna Trenitalia ha sempre vinto. Le regioni possono indire gare per migliorare la qualità del trasporto ma se non lo fanno significa che non trovano nessun privato in grado di sostenere un simile rapporto qualità-prezzo».
Piercarlo Fiumanò e Nicola Comelli

 

 

La Kemiplas cede: entro l'estate il piano per il trasloco
 

L'azienda di Villa Decani nel mirino per inquinamento Allo studio il riutilizzo dell'area. Incontro con il ministero
CAPODISTRIA Un piano per il trasloco della fabbrica di prodotti chimici Kemiplas di Villa Decani sarà pronto entro l'estate. Contemporaneamente, sarà preparato anche un progetto per il riutilizzo dell'area ora occupata dall'industria chimica. È questo, in sintesi, il risultato dell'incontro che una delegazione dei comuni costieri ha avuto nei giorni scorsi con il ministro sloveno dell'ambiente Roko Zarnic e i rappresentanti della fabbrica. La Kemiplas è situata a meno di dieci chilometri da Capodistria ed è ormai da anni nel mirino degli ambientalisti, che vorrebbero vederla chiusa quanto prima. Un apposito gruppo di lavoro, del quale faranno parte anche il sindaco di Capodistria Boris Popovic e il vicesindaco di Pirano nonchè coordinatore dei progetti di sviluppo dei tre comuni costieri Gaspar Gaspar Misic, studierà le possibilità di utilizzare al meglio i 25 ettari di superficie di proprietà della Kemiplas. Se quei terreni dovessero essere destinati a un'attività economica - per esempio un servizio logistico - non sarebbe nemmeno necessario approvare un nuovo piano regolatore a livello comunale. Il proprietario della fabbrica di Villa Decani, Enver Moralic, si è detto disposto a collaborare e a smantellare l'impianto e trasferirlo in Ungheria, ma solo se otterrà il necessario supporto finanziario da parte di Stato e comune. In quel caso, addirittura la stessa Kemiplas potrebbe avviare un'attività diversa laddove oggi si trova la fabbrica. È da più di un decennio che gli ambientalisti e gli abitanti della zona tentano di far chiudere l'impianto, ma direzione e proprietario sono sempre riusciti a farla franca. Attualmente, la fabbrica è ferma per una revisione. È inoltre in corso la revisione del procedimento di rilascio del Certificato ambientale europeo (IPPC), documento senza il quale è impossibile continuare la produzione. Il principale prodotto della Kemiplas è l'andiride ftalica, componente a sua volta di diversi altri prodotti chimici, tra cui la vernice per automobili.
Franco Babich

 

 

Alla scoperta della Cona - Festa dedicata all'ambiente con cavalcate e tour in barca
 

STARANZANO Minigiri a cavallo per i più piccini ed escursioni della durata di due ore fino alla Foce dell'Isonzo, grazie a un natante particolarmente adatto ai bassi fondali. Sono due degli appuntamenti inseriti nel vasto programma di oggi in occasione della seconda edizione "Eco Qua! 2011", organizzata dalla Cooperativa sociale Thiel, in collaborazione con il Comune di Staranzano e il patrocinio della Fondazione Cassa di risparmio di Gorizia. La Cona, dunque, apre le porte ai visitatori per una giornata molto particolare dove i protagonisti sono la Natura e le iniziative di turismo eco-sostenibile con ditte locali che propongono prodotti tradizionali della Bisiacaria. Si comincia alle 10 con un incontro al centro visite, dove Il Mosaico - Consorzio di cooperative sociali, L'Ape Giramondo e la Sbic (Stazione biologica Isola della Cona), illustrano il lavoro svolto nella gestione della Riserva. Alle 10.30, faranno conoscere la natura ai più piccoli nei laboratori didattici "Giocare con la Riserva". L'incontro, che verrà ripetuto alle 14.30, si alternerà con il laboratorio a cura della "Casa delle farfalle" di Bordano, incentrato sugli insetti. Alle 11 e alle 16.30, la barca della Cona salperà alla volta della Foce dell'Isonzo. L'escursione è accompagnata dalle guide naturalistiche. Alle 13 verrà presentato il primo libro fotografico dedicato interamente alla Riserva scritto da Silvano Candotto. Alle 13.30 un'escursione dedicata alla conoscenza dei fiori e delle piante che compongono il paesaggio guidati dal naturalista Pierpaolo Merluzzi, responsabile botanico per la Sbic. Alle 14.30 Ignazio Zanutto racconterà al pubblico del lavoro svolto dagli splendidi cavalli Delta-Camargue e dai bovini che vengono ospitati alla Cona, prima di dare il via ai minigiri a cavallo per i più piccoli. Infine alle 17, un'escursione guidata aspettando il tramonto per scoprire quali animali si preparano al sonno e quali si alzano per la notte.
 

 

SAN DORLIGO - Il piano per la Val Rosandra già scaricabile su Internet
 

Il Comune, in qualità di organo gestore della Riserva naturale regionale della Val Rosandra ha reso disponibile la bozza del Piano di Conservazione e Sviluppo (Pcs) della Riserva e precisamente sul sito della ditta D.R.E.Am. Italia, ditta incaricata della redazione dello stesso Piano. Per scaricare gli elaborati e le tavole è necessario andare sul sito della D.R.E.Am. Italia - www.dream-italia.it - e selezionare Area riservata (nel menù a sinistra sotto "Comunicazione"). La cartella dedicata si chiama Pcs Val Rosandra e contiene diversi file. Non tutti i file sono disponibili da subito, alcuni verranno integrati o anche aggiunti successivamente. Per essere aggiornati su eventuali variazioni o aggiunte si consiglia di consultare periodicamente il sito internet della Riserva all'indirizzo www.riservavalrosandra-glinscica.it. Sul sito è disponibile anche il link per accedere al sito della D.R.E.Am. Italia. Una copia della bozza è disponibile, in visone, negli uffici della Riserva della Val Rosandra del Comune di San Dorligo della Valle - Dolina fino a venerdì 29. Conclusa questa fase il Pcs dovrà essere adottato da parte del Consiglio comunale. Successivamente all'adozione, il Pcs sarà depositato presso la segreteria comunale per i 30 giorni consecutivi, per eventuali osservazioni o opposizioni.
 

 

Aiutano le rane per salvarle dalle auto
 

SAN DORLIGO DELLA VALLE Rane dalmatine, rospi comuni, tritoni punteggiati e raganelle salvati poco prima di essere schiacciati dalle ruote degli automobilisti triestini. Questa la missione dell'associazione Tutori Stagni e Zone Umide del Friuli Venezia Giulia che da diverse settimane si sta impegnando a salvaguardare questi anfibi nell'area di Mattonaia, proprio a pochi passi dalla Siot. «Le migrazioni più evidenti avvengono nel periodo tra febbraio e marzo, ma successivamente anche le altre specie più tardive che frequentano gli stagni nell'area della Siot si spostano dalle campagne circostanti», spiega Giulia Fior una delle volontarie dei Tutori. Alcune sere con pioggia sono stati spostati oltre 300 animali. Questa attività viene fatta da oltre dieci anni da privati cittadini appassionati e da alcuni tutori stagni. «Il comune di Dolina si è dimostrato molto interessato al problema - prosegue la Fior - ma i due tratti di strada sono provinciali e privati, e non è quindi nelle loro possibilità chiuderli con una transenna». Il problema dell'elevata mortalità su quel tratto stradale è di difficile soluzione. «Non si può individuare un punto di attraversamento specifico in cui far costruire un tunnel apposito e apporre cartelli stradali del genere "attraversamento anfibi" (come fanno in Austria o anche in Veneto) - aggiunge la Fior - per quanto sarebbe didatticamente utile». La soluzione? «La chiusura del tratto stradale con transenne per una decina di giorni nella fascia oraria serale che non comporterebbe un disagio eccessivo per gli abitanti che hanno altre alternative stradali».

(tosq.)
 

 

Paglia apre per Fli, il Pd con Ferrante
 

Un dibattito sulla green economy con il senatore Francesco Ferrante, componente della Commissione Ambiente di palazzo Madama, per il Pd. Un incontro con il deputato Gianfranco Paglia, medagalia d'oro della battaglia di Mogadiscio nel 1993, per Fli. Sono gli appuntamenti proposti oggi dai due partiti in vista delle amministrative di maggio. Alle 18.30 al Caffè degli Specchi Futuro e Libertà, che oggi apre ufficialmente la propria campagna elettorale, illustrerà alla città, come recita il titolo dell'incontro, "Una certa idea dell'Italia". A spiegare la visione condivisa dagli esponenti del partito di Fini, oltre ai candidati alla carica di sindaco e presidente della Provincia Michele Lobianco e Enrico Sbriglia, sarà appunto il maggiore Gianfranco Paglia. Al dibattito dal titolo "Acqua, nucleare, sostenibilità energetica, economia verde, futuro delle nostre città" organizzato dal Pd alle 10.30 al Caffè degli Specchi, interverrà invece il senatore Francesco Ferrante, componente della Commissione Ambiente. Con lui il segretario provinciale Francesco Russo e Antonella Grim di Ecodem Fvg.
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 15 aprile 2011

 

 

ARCI SERVIZIO CIVILE: GIOVANI PROTAGONISTI
 

ARCI Servizio Civile è la più grande associazione di scopo italiana dedicata esclusivamente al servizio civile che, con l’approvazione della legge 64 del 6 marzo 2011 che ha disposto “l’istituzione del Servizio Civile Nazionale”, mette a disposizione dei giovani dai 18 ai 28 anni l’opportunità di dedicare un anno della propria vita a favore di un impegno nell’ambito della promozione di una cultura di pace e solidarietà, di educazione e promozione culturale e alla pratica sportiva, di salvaguardia e tutela dell’ambiente.
ARCI Servizio Civile nel Friuli Venezia Giulia opera di fatto dal 1998, anche se già dal 1981 abilitata all’impiego di obiettori di coscienza ed ha visto in tutti questi anni impegnati centinaia di giovani contribuire all’esperienza di partecipazione attiva e responsabile allo sviluppo sociale, culturale ed economico del nostro Paese.
La Regione Friuli Venezia Giulia ha inoltre istituito con la LR 11/07 il Servizio Civile Solidale rivolto a giovani di 16-17 anni.
In quest’ambito il 12 aprile 2011 è uscito il bando volontari che ha visto ARCI Servizio Civile del Friuli Venezia Giulia partecipare con tre progetti:
- Pordenone in ambito attività sportiva, animazione, informazione del territorio e comunicazione
- Trieste in ambito manifestazioni sportive e iniziative rivolte ai giovani
- Trieste con attività di infogiovani..
I giovani interessati potranno presentare la domanda direttamente all’ARCI Servizio Civile FVG a Trieste in Via F.Severo 31 entro il 13 maggio 2011, con probabile inizio servizio nel mese di giugno, al termine dell’anno scolastico.
L’impegno dei giovani è di 360 ore distribuite nell’arco dell’anno scolastico ed è previsto un riconoscimento economico.
Per info:
Arci Servizio Civile del FVG
via Fabio Severo 31
34133 Trieste
tel. 040 761683
trieste@arciserviziocivile.it
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 15 aprile 2011

 

 

MONFALCONE - Rischio diossina alla Centrale? - La A2A: dati tranquillizzanti
 

I valori della diossina della Centrale di Monfalcone sono «ampiamente al di sotto dei limiti italiano ed europeo». A sostenerlo è l'A2A che gestisce la centrale e che ribadisce anche che i dati che risalgono al 2005 (allora c'era Endesa), pubblicati sul sito dell'Ines (l'agenzia di inventario nazionale delle emissioni e loro sorgenti del ministero dell'ambiente), elaborati sulle comunicazioni dalla stessa centrale che aveva fatto le misurazioni (gli unici numeri disponibili) sarebbero in realtà errati. Un errore in cui si sarebbe incorsi anche negli anni precedenti al 2005 in cui si evidenziava la presenza della diossina. Ma c'erano anche le altre emissioni, polveri e metalli pesanti, che ci sono ancora e pesano come la diossina. Ora stando ai nuovi dati di A2A, con la nuova interpretazione, la diossina non c'è più nonostante gli impianti siano gli stessi degli anni '60-'70 e non risulterebbero grandi interventi se non l'investimento per l'impianto di desolforazione che riguarda il carbone. Sono anni che la popolazione, in particolare l'associazione di quartiere Enel, chiede dati certificati su tutte le emissioni, soprattutto le polveri e i metalli pesanti, poi sulla diossina.

(g.g.)

 

 

Stop dell'Ue agli Ogm si possono vietare per cause ambientali - Coldiretti esulta: decisione corretta
 

Soddisfatto Violino: «La nostra legge è in perfetta sintonia con il pronunciamento di Strasburgo. È la strada giusta»
Soddisfazione per la decisione dell'Ue è espressa da Coldiretti: «Il pronunciamento risponde alla necessità di tutelare il territorio dal rischio di contaminazioni irreversibili. In Italia, per la conformazione morfologica dei terreni, non sarebbe possibile evitare le contaminazioni». Il presidente di Coldiretti Pordenone, Cesare Bertoia, commenta: «Dopo l'intervento della Procura di Pordenone, la decisione dell'Europarlamento ci consentirà finalmente di mettere in sicurezza il nostro territorio»
Spallata del Parlamento europeo alle coltivazioni Ogm. Gli eurodeputati della commissione Ambiente, salute pubblica e sicurezza alimentare hanno infatti stabilito che gli Stati membri dell'Ue che intendono vietare o limitare la coltivazione di organismi geneticamente modificati possono invocare anche motivazioni di carattere «ambientale». Strasburgo, in pratica, ha offerto un ulteriore "salvagente", permettendo ai Paesi comunitari di impedire la semina di Ogm nel proprio territorio per ragioni che possono andare dalla necessità di proteggere le coltivazioni già esistenti fino alla resistenza ai pesticidi e alla tutela della biodiversità. Biodiversità, appunto. Parola chiave attorno alla quale ruota anche la legge regionale approvata dal Consiglio lo scorso 29 marzo, con cui la nostra Regione ha detto no ai prodotti transgenici (se non per fini sperimentali). Un'affinità, quella tra l'Europarlamento e il parlamentino di piazza Oberdan, che fa brindare l'assessore regionale alle Risorse rurali e agroalimentari Claudio Violino: «In qualche modo abbiamo anticipato l'Ue. Tra la nostra norma e il voto degli eurodeputati c'è una sintonia assoluta. Siamo sulla buona strada». Ma cosa è successo a Strasburgo, nello specifico? I parlamentari della commissione Ambiente hanno approvato un emendamento (con 34 voti a favore, 10 contrari e 16 astensioni) che modifica la proposta della Commissione europea che richiedeva di escludere le motivazioni ambientali dal ventaglio di ragioni adducibili dagli Stati membri per vietare o limitare l'impiego di colture Ogm. Il voto di Strasburgo rafforza quindi la possibilità di impiego da parte degli Stati membri della "clausola di salvaguardia" prevista dal regolamento comunitario nella direttiva 2001/18/Ce e già utilizzata da Austria, Francia, Grecia, Ungheria, Germania e Lussemburgo (ma, come detto, fino a oggi per altri motivi, non ambientali). Ora, ovviamente, la palla passa al nostro ministero delle Poltiche agricole. «L'Ue riafferma ancora una volta la volontà di demandare ai singoli Stati la gestione di questa delicata materia - commenta l'assessore Violino -. E il neoministro alle Politiche agricole Francesco Saverio Romano si è da subito mostrato molto più disponibile del suo predecessore Galan. Auspico quindi che il Governo segua la strada indicata dall'Europa, ricorrendo alla clausola di salvaguardia per motivi ambientali, in piena sintonia con quanto già legiferato dalla nostra Regione e come fatto da altri Paesi a noi vicini, a partire dall'Austria».
Elisa Coloni

 

 

Fontanini: «Guardiacaccia come vigili? Esagerazione»
 

UDINE Le accuse degli ambientalisti sull'utilizzo dei Guardiacaccia come vigili urbani? «False, diffamatorie, disinformate». La replica di Pietro Fontanini a Wwf, Legambiente, Lac e Lipu, è durissima. Il presidente della Provincia di Udine premette che «la lotta contro il bracconaggio è prioritaria per la Polizia locale provinciale» e snocciola le cifre: «Su 35 agenti operativi, 30 si occupano di controlli ittico-venatori e ambientali e 4, suddivisi in due pattuglie con un coordinatore part-time, eseguono il servizio sulle strade, come previsto dalla legge regionale 9 sulla sicurezza». Fontanini sottolinea il rafforzamento del servizio di guardia venatorio nei fine settimane: «Nel primo trimestre 2011 sono state segnalate 6 notizie di reato all'autorità giudiziaria per illeciti penali in materia di caccia, con sequestro di armi e uccellagione, redatti 42 verbali di accertamento per illeciti amministrativi, aperte 26 indagini».

(m.b.)
 

 

Cinghiali, Wwf contro l'estensione dell'orario di caccia - REPLICA DEGLI AMBIENTALISTI AGLI AGRICOLTORI
 

DUINO AURISINA Il Friuli Venezia Giulia è la regione in Italia con l'orario e la stagione della caccia più lunghi. Da questo dato di fatto il Wwf e la Lipu rispondono alle richieste dell'Associazione agricoltori rivolte all'assessore regionale Violino. Il problema, afferma il Wwf, non è estendere l'orario di caccia, infatti, i numeri di cinghiali abbattuti dai cacciatori è ben al di sotto del piano previsto. Quello che è sbagliato è il progetto venatorio. Innanzitutto manca un tavolo in cui ambientalisti, cacciatori e agricoltori si riuniscano per definire obiettivi comuni. Inoltre, dichiara il Wwf, c'è il problema delle troppe "governe" o "altane", ossia le costruzioni in legno adibite al foraggiamento, al censimento a all'abbattimento dei capi. I cinghiali non hanno tre o quattro posti dove mangiare ma molti di più, il Carso, in altre parole è cosparso di foraggiamenti artificiali. Ogni cacciatore ha una sua governa, tutte vengono foraggiate ma non tutti i cacciatori sono assidui e costanti nelle loro attività. Da qui, quindi, il problema del numero crescente di cinghiali, popolazione che se dovesse un giorno arrivare sino ai pastini provocherebbe notevoli danni. Un'altra anomalia della nostra regione, che gode di autogestione venatoria dal 1999, è che manca la correlazione tra la gestione della caccia e i danni all'agricoltura. In diversi paesi infatti, se per una cattiva attività venatoria, l'agricoltura subisce dei danni, è proprio la riserva di caccia a pagare. Così non avviene da noi, dove i costi sono a carico pubblico. La soluzione per il Wwf e la Lipu è quella di cambiare mentalità, avviare una gestione corretta, creare sinergia e ridurre il foraggiamento artificiale.

(c.p)
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 aprile 2011

 

 

Centrale di Monfalcone, torna l'incubo diossina - L'EX ENDESA ORA A2A
 

Le emissioni sarebbero nei limiti di legge del nostro Paese ma ben oltre quelli previsti dall'Unione europea. In Italia solo a Taranto si registra una concentrazione superiore
MONFALCONE Riesplode il rischio inquinamento diossina e metalli pesanti alla centrale termoelettrica A2A (ex Endesa) di Monfalcone. Non sono mai state dismesse le unità a olio combustibile, l'azienda ha confermato che «sono in attività» e saranno chiuse solo fra qualche anno. Ma ha anche ribadito che non intende realizzare la trasformazione a metano contrariamente agli accordi sottoscritti (nel luglio 2004) e che le 4 unità di produzione continueranno ad essere due a carbone e biomasse (sansa di olive, farine animali etc) e altre due a olio combustibile. Nulla sembra sia cambiato in realtà in questi anni (a parte un nuovo apparato di desolforazione) nella centrale, con gli impianti che restano sempre gli stessi, una situazione che vede Monfalcone seconda città d'Italia dopo Taranto per quantità di diossina emessa nell'aria. In provincia di Gorizia risulta venir emesso il 3,7% di tutta la diossina prodotta in Italia, quando in tutta l'Austria, ad esempio, ne viene dispersa solo l'1,5%. Ma non è stato possibile nemmeno pensare a un monitoraggio continuativo a Monfalcone come invece l'Assindustria di Brescia ha preteso che avvenisse per i suoi associati, compreso il modernissimo impianto di incenerimento rifiuti che la stessa A2A ha realizzato con tecniche di avanguardia. E la A2A nel bresciano fornisce in Comune i dati relativi alle altre emissioni, in diretta. I dati dalle tabelle(la diossina è messa sotto la voce policlorodibenzoiossine), fornite dalla A2A che li comunica periodicamente all'Ines (agenzia di inventario nazionale delle emissioni, che lavora per l'agenzia di protezione per l'ambiente raccogliendo i dati forniti dalle aziende) parlano chiaro: a Brescia non ci sono gli inquinanti di Monfalcone e nemmeno la diossina. Attenzione, per Monfalcone parliamo di dati in realtà che sarebbero in linea con i limiti di legge italiani che prevedono 100 nanogrammi per metrocubo. Contro un limite europeo che è di 0,4 nanogramnmi. Ma è paradossale che a pochi chilometri, a Trieste, alle Ferriera di Servola gestita dalla Lucchini dopo la mobilitazione del Comune e un decreto della Regione (si minacciava la chiusura degli impianti) è stato possibile imporre all'azienda di abbattere le emissioni sino a 0,1 nanogrammi. Un problema, quello della centrale di Monfalcone, che sta tornando a far discutere la popolazione, sollevato davanti al vice presidente e assessore regionale all'ambiente ed energia, Luca Ciriani che ha detto che potrebbe mettere a disposizione una speciale centralina dell'Arpa (ora inutilizzata) per monitorare la situazione.

(g.g.)
 

 

Digiunatori per la pace Patfoort in città
 

Prosegue il digiuno contro la guerra, le stragi di migranti e il nucleare dei pacifisti triestini, in collegamento col Movimento nonviolento nazionale. Martedì ha partecipato Giorgio Pellis, mentre ieri è stato il turno di Tiziana Cimolino. Ambedue svolgono la professione medica. Intanto, promossa dal Comitato pace convivenza e solidarietà "Danilo Dolci", Arci servizio civile, Centro universitario studi e ricerche per la Pace, Centro servizi volontariato e Assessorato provinciale alle attività giovanili, si è svolta una conferenza della docente belga Pat Patfoort, mediatrice nella Trasformazione e Gestione dei Conflitti, per approfondire la conoscenza scientifica della Nonviolenza attiva. Autrice di testi quali "Io voglio, tu non vuoi. Manuale di educazione nonviolenta" e "Difendersi senza aggredire. La potenza della Nonviolenza", Pat ha svolto attività di dialogo e riconciliazione tra gruppi etnici in Caucaso, Kosovo, Ruanda, Est Congo e Senegal. In Belgio, dove dirige il Centro per la gestione del conflitto "De Vuurbloem" (Il fiore di fuoco) a Bruges/Brugge, è impegnata anche nella situazione di scissione nazionale possibile fra Valloni e Fiamminghi, le due maggiori comunità etnico-linguistiche del Paese. L'esperienza le è stata molto utile in occasione della sua presenza a Trieste, dove ha preso conoscenza della complessa storia locale, con particolare riguardo alle dinamiche di contrapposizione etnica fra Italiani e Sloveni.
 

 

Mille cinghiali di troppo «Due ore di caccia in più»
 

L'Associazione agricoltori lamenta i danni e chiede all'assessore Violino di estendere l'orario venatorio per ridurre il numero di animali selvatici
TRIESTE Per proteggere colture e orti dalle incursioni di cinghiali e caprioli, è necessario far rispettare ai cacciatori i piani di abbattimento dei selvatici e autorizzare ulteriori prelievi in deroga. E' questa la richiesta che l'Associazione agricoltori ha rivolto all'assessore regionale all'Agricoltura Claudio Violino. A rappresentare l'associazione triestina nell'incontro con l'assessore e i suoi funzionari il presidente Franc Fabec e il segretario Edi Bukavec. Al centro della discussione i problemi causati all'agricoltura triestina dalla selvaggina locale. Secondo l'associazione, il numero di cinghiali e caprioli risulterebbe eccessivo rispetto al carico di selvatici sopportabile dal territorio. A farne le spese soprattutto i viticoltori, che negli ultimi tre anni hanno denunciato alle autorità competenti ingenti danni per le incursioni degli animali. I cinghiali in particolare, oltre a spingersi ben all'interno della periferia triestina in cerca di cibo, causano notevoli problemi pure alle opere di contenimento di pastini e terrazzamenti, oltre a dissodare in tempi brevi interi terreni che successivamente devono essere completamente rimessi a nuovo per poter accogliere nuove colture. Notevole l'impatto su vigne e orti anche da parte dei caprioli soprattutto nell'area di Dolina e Bagnoli della Rosandra. A detta dell'associazione, i cinghiali ammontano a quasi tremila capi, una cifra superiore di circa 2mila unità rispetto a quanto sopportabile dal territorio. Fabec e Bukavec hanno evidenziato inoltre come i risarcimenti per i danni subiti risultino minimi. Per difendere il reddito degli agricoltori, sono state proposte alcune soluzioni. Si chiede ai cacciatori di rispettare i piani di abbattimento e di prevederne ulteriori da effettuare in deroga, visto la forte riproduttività dei selvatici. Per consentire i prelievi venatori necessari, l'associazione propone di estendere di ulteriori due ore (nel periodo notturno) i tempi di caccia. Attualmente si può cacciare la selvaggina per due ore dopo il tramonto e per due ore prima del sorgere del sole, mentre nella vicina Slovenia si può cacciare la notte intera. L'assessore Claudio Violino sarebbe pronto a accogliere le richieste. A tale scopo ha dato incarico all'Associazione agricoltori di organizzare un incontro con i cacciatori per pianificare i nuovi orari e le modalità per il prelievo in deroga. Sul risarcimento dei danni, Violino ha ribadito la difficoltà di reperire ulteriori fondi.
Maurizio Lozei

 

 

I guardiacaccia ora danno le multe agli automobilisti
 

La legge leghista sulla sicurezza li trasforma in vigili urbani Gli ambientalisti insorgono: «I bracconieri festeggiano»
UDINE Dovrebbero tutelare la fauna, vigilare sul contrabbando di animali selvatici e stanare i bracconieri. E invece, con tanto di autovelox in Provincia di Udine, sono ridotti a "ingabbiare" automobilisti indisciplinati. Vengono pure dotati di tonfa, una sorta di manganello sfollagente. Guardiacaccia come vigili urbani, anzi «sceriffi privati a difesa delle amministrazioni provinciali» denunciano le associazioni ambientaliste della regione. Il motivo? Le norme contenute nella legge 9 del 2009, quella sulla sicurezza targata Lega Nord. Sono in circa 60 i Guardiacaccia in Fvg. Tutti alle dipendenze delle Province. E, solo sulla carta ormai, con incarichi di vigilanza venatoria. Polizia provinciale, si legge nell'articolato della 9. Un modo, anche nella definizione, per assimilarli alla polizia urbana, denunciano gli ambientalisti. Preoccupati del fatto che, nel frattempo, «i bracconieri festeggiano». Wwf, Legambiente, Lipu e Lac intervengono alla vigilia dell'assemblea dei Comuni e delle Province di Anci e Upi che proprio oggi si riuniscono per fare un primo bilancio della legge sulla sicurezza. «Auspichiamo - scrivono le associazioni - che il presidente dell'associazione delle Province colga l'occasione per sollevare le contraddizioni e i gravissimi danni all'ambiente che la norma sta provocando». Una legge bollata come «delirante» che «ha parificato funzioni e criteri di assunzione dei Guardiacaccia provinciali a quelli dei vigili urbani dei comuni». Nel mirino degli ambientalisti ci sono in particolare le province di Udine e Pordenone «che hanno subito colto la palla al balzo, mettendo un autovelox in mano a persone che per anni si sono formate in materia faunistica e ambientale e lasciando così libero il campo a bracconieri e cacciatori scorretti». Quello che accade la domenica «è esemplare», dice il presidente del Wwf Roberto Pizzutti. Nella giornata canonica per la caccia, «quasi nessuna Provincia organizza più servizi». Tutto questo perché gli orari dei turni degli agenti che dovrebbero vigilare anche sul bracconaggio «sono stati conformati a quelli di apertura degli uffici». E ancora, fanno sapere le associazioni, a ulteriore riprova della volontà di «urbanizzazione» delle strutture di vigilanza provinciale, la legge 9 «dimensiona gli organici delle strutture sulla base del numero di abitanti, anziché sul parametro della superficie agro-silvo-pastorale di competenza, stabilendo che "le Province disciplinano l'organizzazione e il funzionamento del Corpo di polizia locale assicurando una unità operativa ogni 20mila residenti". E ci sono pure i regolamenti in corso di approvazione che, alle voci "strumenti di autotutela" e "accesso ai ruoli", confermano e anzi rafforzano la volontà di procedere alla cancellazione di ogni specificità della vigilanza faunistica e venatoria». Un esempio: per diventare comandante o funzionario ai Guardiacaccia, proprio come ai vigili urbani, viene chiesta la laurea in giurisprudenza. E così, «un funzionario incaricato di controllare che non vengano abbattute specie protette potrebbe essere assunto senza verificare che sappia distinguere una coturnice da una gallina». Gli ambientalisti chiedono infine alla Regione di ripescare i contenuti della legge 6 del 2008, quella sulla caccia, «rimasta lettera morta», che prevedeva la formazione di un corpo unico tra Corpo forestale regionale e Guardiacaccia delle Province, «creato anche per razionalizzare e ottimizzare costi e risorse impegnati nei controlli in campo ambientale».
Marco Ballico

 

 

MUGGIA - «La raccolta differenziata è al 34,56%»
 

«Gli Uffici comunali competenti desiderano correggere quanto esposto dal responsabile dell'associazione "Impronta Muggia", Jacopo Rothenaisler, già sindaco di questo comune con il nome di Jacopo Rossini». Recita così l'inizio di una nota scritta da parte del Comune sulle cifre recentemente esposte da Rothenaisler sulla raccolta differenziata dei rifiuti nel comune muggesano. «Si conferma che gli uffici hanno consegnato a Rothenaisler i dati della raccolta dei rifiuti per l'anno 2010, ma che la percentuale della raccolta differenziata sul totale dei rifiuti prodotti nel Comune si attesta al 34,56%. È probabile che l'ex sindaco si sia confuso nella lettura dei dati, poiché la percentuale del 29,48% (dato corretto a fronte del 29,25% da lui fornito) altro non è se non il dato ottenuto dal calcolo definito dalla Provincia nel Programma provinciale di attuazione del piano regionale dei rifiuti». Tale percentuale dunque «risulta inferiore in quanto nel calcolo non vengono conteggiate le quantità di rifiuti derivati dagli inerti da demolizione, dai contenitori a pressione di gas, da batterie e bombole. Tale tipologia di rifiuti - non potendo essere conferita al termovalorizzatore - deve comunque essere considerata differenziata». Infine il Comune ha ricordato di essersi «attivato stipulando una convenzione con il centro di coordinamento Raee, per il conferimento dei rifiuti derivati da apparecchiature elettriche ed elettroniche. A questo proposito, il Comune di Muggia, poiché conferisce una quantità superiore a quella stimata, già da tempo ottiene premi di efficienza».
 

 

SAN DORLIGO - In visione la bozza della riserva naturale della Val Rosandra
 

La bozza c'è e si può vedere. Il Comune di San Dorligo della Valle, in qualità di organo gestore della Riserva naturale regionale della Val Rosandra, rende disponibile la bozza del Piano di conservazione e sviluppo (Pcs). Dal sito della ditta Dream Italia, ditta incaricata della redazione del piano di conservazione e sviluppo, si possono scaricare gli elaborati e le tavole. L'indirizzo è questo: www.dream-italia.it. «L'operazione è semplice - spiega in una nota il Comune di San Dorligo -. Basta selezionare l'area riservata (nel menù a sinistra sotto "Comunicazione"). La cartella dedicata si chiama Pcs Val Rosandra) e contiene diversi file. Non tutti i file sono disponibili da subito, alcuni verranno integrati o anche aggiunti successivamente». Per essere aggiornati su eventuali variazioni o aggiunte si consiglia di consultare periodicamente il sito internet della Riserva all'indirizzo www.riservavalrosandra-glinscica.it. Sul sito, tra l'altro, è disponibile anche il link per accedere al sito della Dream Italia. Per i non internauti, invece, una copia di tale bozza è disponibile, in visione, presso gli uffici della Riserva della Val Rosandra del Comune di San Dorligo della Valle - Dolina fino a venerdì 29 aprile. Conclusa questa fase il Pcs dovrà essere adottato dal Consiglio comunale. Successivamente all'adozione, il Piano di conservazione e sviluppo sarà depositato presso la segreteria comunale per i 30 giorni consecutivi, durante i quali chiunque avrà facoltà di prenderne visione e di presentare all'organo gestore le proprie osservazioni e, se proprietario di immobili vincolati, le proprie opposizioni. L'effettuato deposito verrà reso noto al pubblico con la pubblicazione dell'avviso sul Bollettino ufficiale della Regione e con l'annuncio su almeno due quotidiani maggiormente diffusi nell'area territoriale della Riserva. Nei 60 giorni successivi al termine di deposito, il Consiglio comunale esprimerà le proprie valutazioni sul Pcs e sulle osservazioni ed opposizioni presentate e le trasmetterà all'organo gestore il quale si esprimerà in merito. L'organo gestore provvederà ad apportare direttamente al Pcs le modifiche ritenute accoglibili. Infine, il Pcs deve essere approvato con decreto del presidente della Regione Friuli Venezia, previa deliberazione della giunta stessa, su proposta dell'assessore regionale alle Risorse rurali, agroalimentari e forestali, e previo parere del Comitato tecnico-scientifico dei parchi e delle riserve. Il decreto del presidente della regione viene depositato presso la segreteria del Comune ed è disponibile alla libera visione del pubblico, nonché pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione.
 

 

Fondono i ghiacciai L'Austria teme di perdere gli sciatori
 

Gli studiosi: «Si ritirano in media di 14 metri all'anno» Nel 2010 il fenomeno ha colpito 82 depositi su 89
Entro il 2050 la neve perenne sarà presente soltanto a partire da 1500 metri
VIENNA Entro la fine del secolo, pronosticano ipotesi catastrofiche, il Chianti non si potrà più produrre sulle verdi colline toscane. La coltivazione della vite troverà invece condizioni ideali sui monti austriaci. L'effetto serra, l'aumento delle temperature e le sue conseguenze porteranno ad una geografia planetaria drammaticamente diversa, e le sempre più sofisticate tecnologie a disposizione della scienza consentono misurazioni in questo senso impietose negli esiti e difficilmente ignorabili. Dalla metà del diciannovesimo secolo alla metà degli anni 70, i ghiacciai alpini hanno perso circa un terzo della loro superficie e la metà del loro volume. Da allora però, in poco più di trent'anni, la massa di ghiaccio sulla Terra è diminuita di un ulteriore 20%. La torrida estate del 2003 si è portata via da sola il 5% dei ghiacciai rispetto all'anno 2000. Che il fenomeno sia assolutamente globale non consola gli austriaci, che dalla presenza di ghiacci eterni e neve traggono una buona fetta del loro benessere economico e della loro identità culturale e sociale. Ma gli effetti dell'innalzamento delle temperature sono già misurabili e ben visibili su tutti le zone montuose del Paese. Più elevata è l'altitudine, maggiore è l'aumento in termini di gradi centigradi, dicono infatti gli esperti: quello delle temperature minime in particolare, che evolvono verso l'alto tre volte più in fretta delle massime. Sempre nell'estate del 2003, lo zero termico è stato per settimane a 4.000 metri di altezza. Le conseguenze? Entro il 2050 un innevamento sicuro sarà presente solo a partire da 1500 metri di altitudine: un dato che da solo significa la rovina del settore del turismo invernale. Ma al di là degli effetti immediati sull'economia, sono quelli sull'ambiente a preoccupare di più, in quanto portatori di sconvolgimenti a lungo termine di tutte le condizioni di vita della nazione. Su 89 ghiacciai nazionali tenuti sotto osservazione, solo sette appaiono stabili, mentre 82 si sono ritirati l'anno scorso fino a 70 metri. La media è di 14,1 metri all'anno: «Se permangono queste condizioni, i ghiacciai al di sotto dei 3.000 metri scompariranno presto per sempre» dice Heinz Slupetzky, studioso del fenomeno. La loro scomparsa significa la drastica riduzione delle riserve idriche, con problemi sulla vivibilità delle aree interessate, sull'agricoltura, sull'allevamento, e provocherà sempre più frequenti disastri ambientali: il pietrisco che affiora è instabile e nel caso di precipitazioni copiose scivola a valle. Vi è poi la destabilizzazione dell'intero ecosistema, con gravi pericoli per flora e fauna: in Austria si calcola che 400 tipi di piante potrebbero scomparire entro la fine del secolo.
Flavia Foradini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 aprile 2011

 

 

Lampadine usate, triestini virtuosi - Raccolta di una tonnellata in cento giorni. Mostra dedicata al tema del recupero
 

Poco meno di una tonnellata di lampadine esauste portate dai triestini negli appositi raccoglitori nei primi cento giorni del 2011. È questo il significativo dato reso noto ieri dagli organizzatori di "Lamp & Rilamp", mostra polisensoriale che ha attraversato l'Italia per chiudersi in piazza della Borsa con l'obiettivo di sensibilizzare tutti sulla necessità di non gettare le lampadine bruciate o non più utilizzabili nei sacchi per la raccolta indifferenziata. I triestini si stanno perciò confermando, ancora una volta, disciplinati e attenti alle esigenze dell'equilibrio ecologico. Valutazione che si estende all'intero Friuli Venezia Giulia: «Con le sue 36 tonnellate e mezza di raccolta di lampadine esauste - ha precisato Fabrizio D'Amico, direttore generale del Consorzio 'Ecolamp', organizzatore su scala nazionale della mostra itinerante - questa regione si conferma fra le migliori, su questo fronte, nella graduatoria in Italia». A Trieste i punti di raccolta delle lampadine esauste sono quattro: vie Carbonara, Giulio Cesare e Valmartinaga e strada per Vienna. C'è però un'altra possibilità, per certi versi molto comoda: al momento dell'acquisto di una nuova lampadina, basta chiedere al rivenditore di ritirare la vecchia. Sarà sua cura portarla, assieme a tante altre, negli appositi raccoglitori. A livello provinciale, dal 2008 al 2010 "Ecolamp" ha raccolto in città 76.783 chilogrammi di lampade esauste, divise fra quelle a basso consumo e tubi fluorescenti. In piazza della Borsa, lo stand allestito dal Consorzio Ecolamp con il patrocinio dei ministeri dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare e dello Sviluppo economico permette ai visitatori di conoscere la storia dell'illuminazione, i numeri, le caratteristiche e i perché dell'utilità della raccolta differenziata, le fasi successive al trattamento, che permette di recuperare il 95 per cento dei materiali altrimenti perduti e di eliminare le sostanze pericolose, fra le quali il mercurio. Resterà a disposizione di quanti vorranno saperne di più sull'argomento fino a domenica compresa, con orario continuato dalle 9 alle 19, ovviamente a ingresso libero. «Questa è la terza edizione della manifestazione itinerante - ha concluso D'Amico - e siamo sopra le migliori previsioni di partecipazione, perché in ciascuna città finora visitate sono state almeno 1.500 le persone che si sono avvicinate allo stand. Siamo certi che anche a Trieste sarà lo stesso». All'organizzazione aderisce anche il Comune.

Ugo Salvini
 

 

Compattatore in piazza Borsa Prima verifica del sistema - CASSONETTI A SCOMPARSA
 

È questione di settimane, a breve il sistema di raccolta dei rifiuti a scomparsa posizionato in piazza della Borsa sarà attivo. Ieri il sindaco Roberto Dipiazza e l'amministratore delegato di AcegasAps Cesare Pillon hanno fatto un sopralluogo al cantiere per verificare il funzionamento del meccanismo che alzerà fino al livello terra il contenitore-compattatore dentro il quale saranno gettate le immondizie. Quello piazzato sotto il livello della pavimentazione non è infatti un normale cassonetto, ma un compattatore che pressa i rifiuti così da avere una capacità di contenimento estremamente più elevata di quella di un cassonetto normale. Di qui, come spiega il sindaco, il fatto che il camion di asporto rifiuti potrà limitarsi a passare una volta ogni cinque - sette giorni per rimuovere il compattatore pieno e posizionarne uno vuoto. Nella stessa area sono posizionati anche i contenitori per la raccolta differenziata di carta, plastica e vetro. Quella di ieri è stata la prima verifica del sistema di funzionamento che fa alzare e abbassare il compattatore. Prima della messa in funzione ci saranno i collaudi da effettuare con gli appositi camion.
 

 

No al rigassificatore, Nesladek su youtube
 

MUGGIA «Ciao a tutti. Da questo bellissimo punto di osservazione si può vedere l'ultima parte del vallone di Muggia. Forse non tutti che sanno che lì a fianco di quella ciminiera qualcuno vuole fare un rigassificatore. Mettere un impianto lì in una zona così popolata è un follia...». Il sindaco di Muggia Nerio Nesladek ha scelto youtube come mezzo per diffondere le motivazioni del no al rigassificatore di Zaule. Nel video pubblicato sul suo canale il sindaco, ripreso all'aperto, parla direttamente in camera e in un minuto e 17 secondi elenca tutta la follia che rappresenta il progetto. Punta il dito contro i promotori del progetto: il centrodesta, il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e il governatore del Friuli Venzia Giulia Renzo Tondo. E chiude, ammiccando, con un efficace: «Io ci penserei».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 12 aprile 2011

 

 

Gorizia, la beffa della raccolta differenziata - TARIFFE
 

Goriziani cornuti e mazziati. Sono stati fra i primi ad "impazzire" con la raccolta differenziata, «l'impegno sarà maggiore ma le bollette scenderanno, non preoccupatevi», dicevano i politici all'epoca. E via a trasformare i terrazzini in piccole isole ecologiche e disseminare la casa di contenitori di colori diversi. Ma le tariffe non si sono più fermate: aumenti su aumenti, anno dopo anno. L'argomento torna prepotentemente d'attualità dopo il servizio de "Il Sole 24 Ore" che ha puntato la lente d'ingrandimento sui conti dei Comuni in vista dell'introduzione del federalismo. Nel Nordest, la tariffa-rifiuti è salita mediamente in un anno del 14,3%. Per scoprire cos'è successo a Gorizia basta sfogliare l'ultimo report di Cittadinanzattiva che evidenzia l'ennesimo rincaro. Nell'ultimo anno, nell'intera regione, la spesa media annua del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani si è incrementata del 4,5%, arrivando a costare 231 euro, in linea con la media nazionale (233 euro). In questo contesto, rispetto al 2009, Gorizia ha fatto registrare il più alto incremento tariffario in regione (+15,6%), seguita a debita distanza da Pordenone (+3,2%). I costi sono rimasti invece invariati a Udine e Trieste: in quest'ultima città, peraltro, la raccolta differenziata è ancora una chimera. In particolare, nel capoluogo giuliano, la Tarsu costa 309 euro, 27 in più rispetto alla Tia che si paga a Gorizia, 127,5 euro in più di Udine e 156 in più di Pordenone.

 

 

Porto Vecchio, progetto fatto a pezzi da Paoletti - URBANISTICA » IL CONVEGNO DELLA CONFCOMMERCIO
 

Monassi: «Bisogna farlo residenziale e più allegro». L'architetto Fraziano: «Una dismisura tra popolazione e un'area di 600 mila metri quadrati»
Maltauro: «Noi vincolati da Prg e direttive»
IL PRESIDENTE CCIAA L'obiettivo dell'iniziativa si è spinto ben oltre alla riesumazione di un Parco del mare da "riadottare"
AUTHORITY ALL'ATTACCO Senza case e con solo due marine quel posto d'inverno rischia di diventare un deserto dei Gobi. Capetown l'esempio più bello
Di fronte al drastico «pollice verso» di un tecnico dell'urbanistica, su Porto vecchio ha dovuto esprimersi Enrico Maltauro, che coi soci di Portocittà solo lo scorso dicembre ha firmato una concessione per 70 anni. Un avvio in difesa: «Il nostro progetto è legato a un Piano regolatore, che definisce destinazioni d'uso e metrature, e vive dei presupporti filosofici, storici e urbanistici che ci sono stati presentati. Su 240 mila metri quadrati, comunque, una misura già più umana». Nautica, con due marine, scuole scientifiche di eccellenza, Parco del mare «per il quale sono da misurare le capacità finanziarie» i contenuti ricordati da Maltauro, disposto però «a discuterne, purché per noi non finisca come col Corridoio 5, tratta Milano-Verona: accordi del 1991 e a oggi neanche uno scavo».
Il caso Porto vecchio ha da ieri, salvo che tutti non preferiscano ignorare il suggerimento e la critica, un punto di vista drasticamente nuovo. Dice che allo stato attuale la sua «riapertura alla città» è solida come un castello di carte: spazio troppo enorme per una Trieste troppo piccola, incongruo di fronte a un Porto nuovo ridimensionato, riempito di troppo poche cose, privo di doppia accessibilità e continuità urbanistica e «motoria» da Barcola fino a Campo Marzio. La spallata ha un autore e un mandante, che ieri si sono offerti alla città con un convegno molto ben frequentato alla Stazione marittima, cui sono stati invitati a esprimersi tutti i candidati alla guida di Provincia e Comune, ma, prima ancora, la presidente dell'Autorità portuale, Marina Monassi (per la quale Porto vecchio deve diventare anche residenziale), Enrico Maltauro in rappresentana di Portocittà che ha vinto la concessione («siamo vincolati da un piano regolatore») e Pierluigi Maneschi (Greensisam, Evergreen Italia) che invece si è ben concentrato su economia e traffici: «Meglio parlare del porto nuovo e di merci e traffici, senza questi non arriva ricchezza». Sotto il titolo «Trieste, le misure del possibile» la Confcommercio col presidente della Ccia Antonio Paoletti (affiancato dal presidente nazionale Carlo Sangalli) non solo ha messo in prima pagina il Pil che la categoria porta a Trieste («l'85,2%, un valore aggiunto di 5 miliardi e 658 milioni all'anno»), ma sopra ci ha messo Giovanni Fraziano, il preside di Architettura, a presentare in anteprima uno studio su Porto vecchio proprio da Confcommercio commissionato. Paoletti ha sempre fra i denti il Parco del mare, si capisce, ma non solo quello. E l'originale e spiazzante lezione di Fraziano lo ha dimostrato. Commercio e terziario esigono di più, non solo l'Acquario. «Di fronte a una città di 205 mila abitanti - ha dettato l'architetto - ci sono 600 mila metri quadrati di Porto vecchio, dentro ci starebbero 8 volte Rozzol Melara, 12 volte lo stadio Rocco, tutti i grandi acquari europei, o i principali monumenti di Berlino, Londra, Marsiglia, Roma, Parigi e Valencia, o 7 volte il Borgo teresiano, oppure il Colosseo coi fori imperiali, il Vaticano con via della Conciliazione, il Central Park di New York, un bel pezzo di piazza San Marco e centro storico veneziano. Se fosse costruito per l'equivalente di un unico piano da terra avrebbe 1 milione di metri cubi, non metabolizzabile dal mercato locale. Esiste una dismisura - ha concluso - tra popolazione e Porto vecchio, tutti i progetti dal 1990 in qua lo hanno considerato solo in rapporto col tessuto cittadino, come contenitore aperto da una parte sola, un "cul de sac" che si rivolge alla città ed esclude il territorio. Bisogna pensare cosa metterci dentro. Il discorso fin qui è stato sterile, serve un nuovo approccio». L'immensa area, secondo l'architetto, dev'essere aperta, mettere in moto la vecchia ferrovia, includere dallo sport alle residenze, ai centri direzionali, alle piste ciclabili, e poi verde attrezzato, nautica, città della scienza, fiere. Anche con restauri minimi che rendano conservabili e di plurimo uso gli edifici dismessi. E soprattutto Trieste deve ricordarsi che, come fu storicamente, «non è la città che fa il porto, ma ben il contrario». Anche Maneschi ha invocato «50 mila nuovi abitanti per Trieste, possibilmente giovani». Monassi ha introdotto una parola qui in disuso, «allegria», portando a esempio il waterfront di Capetown: «Un albergo di lusso, una "spa" da urlo, abitazioni, e fuori dalla finestra rimorchiatori, lì c'era la vita, non "tu ti metti là, e là stai seduto"». Ha detto che il Prg del porto realizzato dalla scomparsa Ondina Barduzzi «è stato molto peggiorato». Che Porto vecchio dev'essere anche «con coraggio» reso residenziale: «Con due porticcioli è attivo 3 mesi all'anno, e d'inverno? Un deserto dei Gobi». Ha aggiunto che «bisogna spronare i concessionari, tutti, con autorizzazioni e infrastrutture». Fraziano aveva chiuso lasciando tre possibilità: Porto vecchio come una Pompei. Oppure restaurato a basso impatto per agili funzioni plurime. Oppure aperto sulla direttrice Barcola-Campo Marzio, a fare del tutto una spiaggiona da sogno.
Gabriella Ziani

 

 

Bocciata " Muja Turistica" La Regione blocca il piano
 

Nesladek soddisfatto: progetto non conforme al prg, era giusto cassarlo Oggetto del contendere il parcheggio che si sarebbe dovuto fare a Zindis
MUGGIA Il complesso turistico previsto a Zindis non si farà. Almeno non per ora. Il piano attuativo comunale d'iniziativa privata inerente il borgo muggesano presentato dalla società Muja Turistica ha infatti incassato un brusco stop. La chiave di volta è stata la bocciatura della Regione alla variante al Piano Regolatore, proposta con il Piano Particolareggiato, che prevedeva la possibilità di realizzare un parcheggio privato ad uso pubblico nell'area destinata a zona agricola. In pratica senza la possibilità di realizzare questi parcheggi tutto il progetto del villaggio turistico a Zindis è venuto a cadere. Soddisfatto il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek: «Il Piano Particolareggiato non è conforme al Piano Regolatore: ciò non può che dare forza alla posizione della nostra amministrazione che si è sempre dichiarata contraria alla cementificazione eccessiva in quel tratto del territorio». IL PIANO Il progetto di Zindis riguarda un territorio pari a oltre 190 mila metri quadrati - la metà destinata a bosco, l'altra ad attività turistica - con la realizzazione di 180 residence per un totale di 44mila metri cubici di volumetria ai quali si doveva aggiungere la presenza di un albergo di 215 stanze per altri 26mila metri cubici. La capacità totale insediativa dell'opera avrebbe interessato circa 1120 persone con un totale di 800 parcheggi complessivi. A questo di doveva sommare un'altra zona di parcheggio al servizio della balneazione. «Lo stop era inevitabile da un punto di vista procedurale - prosegue Nesladek - ma soprattutto riteniamo positivo che migliaia di metri cubici ereditati dalle amministrazioni precedenti non andranno ad incidere sul verde pubblico». Rimane invece ancora aperto il discorso che riguarda il complesso turistico di San Bartolomeo. La proposta di questo Piano di azione comunale dovrà tener conto che la volumetria massima ammissibile sarà pari a 18 mila 521 metri cubi (e non a 37 mila 853 mc come indicato nel rapporto preliminare). Inoltre, la sistemazione della linea di costa dovrà tenere in forte considerazione la presenza dei siti archeologici ivi presenti. La viabilità interna al lotto, infine, dovrà essere costruita in riferimento alla viabilità esistente. Il sindaco però non nasconde come tra il Comune e la Muja Turistica non vi sia grande comunicazione: «E' da mesi che non ci sentiamo, staremo a vedere cosa accadrà». Esistono però dei punti che Nesladek ha definito non negoziabili: la rinuncia al Porto nautico e la risoluzione in maniera esaustiva di tutti i parametri di carattere ambientale. In passato il progetto era stato oggetto di raccolte di firme da parte dei muggesani contrari al possibile carattere impattante dell'azione. Rimane il fatto che - come ricordato dall'Arpa - l'impatto dei piani dovrà essere valutato sia in fase di cantiere che una volta a regime per quanto concerne il rapporto ambientale. Dovranno quindi essere rispettati i vincoli ambientali, paesaggisti e culturali - nello specifico l'approfondimento del sito archeologico di Punta Sottile -, la biodiversità con i possibili impatti sulle formazioni vegetali e sulla fauna, la descrizione del sistema idrologico, la viabilità e il possibile inquinamento acustico, nonché l'impatto dei nuovi insediamenti sul sistema comunale di raccolta dei rifiuti. E anche a tale proposito Nesladek era stato chiaro: «Il futuro di quelle aree verrà comunque giudicato dai nostri concittadini attraverso una consultazione popolare».
Riccardo Tosques

 

 

SEGNALAZIONI - Museo del Porto - replica

 

In riferimento agli articoli apparsi sul Piccolo del 2 e 3 aprile con argomento il Museo del Porto Vecchio, ritengo opportuno fare alcune precisazioni a fronte di quanto detto dalla dott.ssa Antonella Caroli che mi riguardano. Va premesso che la costituzione della Fondazione "Istituto di Cultura Marittimo Portuale" è stata finalizzata ad attivare e sviluppare un Centro Culturale rivolto alle attività del mare e del porto che raccolga tutti i saperi in cui Trieste ha primeggiato nel passato e che sappia attrarre soprattutto l'interesse delle nuove generazioni. Si spiega in questo modo l'articolazione statutaria della Fondazione: da una parte il polo di formazione professionale per le attività marittimo-portuali, dall'altra il polo museale portuale, entrambi inseriti nel pregevole contesto archeologico del Porto Vecchio. L'attività svolta nel primo anno di costituzione della Fondazione, che si chiude con un bilancio operativo ed economico molto positivo, va in questa direzione. In cifre: nell'arco del primo anno si sono svolti 70 corsi di formazione in sede locale, nazionale ed internazionale, alcuni dei quali mai prima attivati nella nostra regione, assegnate 20 borse di studio semestrali (work experience) ad imprese che operano nei porti di Trieste, Monfalcone e Porto Nogaro. Sono stati inoltre attuati gratuitamente corsi di formazione di ingresso sulla sicurezza per tutti i dipendenti e neoassunti di Enti e Imprese che operano nel nostro porto. Non meno validi sono stati i risultati nel settore culturale, in attesa che si completino (2012) i lavori dei due storici edifici portuali, a cui la Fondazione partecipa con contributi tanto operativi quanto progettuali. L'assegnazione acquisita e recentemente confermata, dallo Stato Maggiore della Marina Militare, del sommergibile "Fecia di Cossato" per la musealizzazione nel Polo museale portuale, unita ai Protocolli di Intesa sottoscritti con il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano (sommergibile "Toti"), con la Fondazione Fincantieri e con l'Associazione Aldebaran consentiranno di arricchire il nostro Polo museale di preziosi beni culturali che appartengono alla civiltà e cultura giuliana. Parimenti, il Protocollo d'intesa sottoscritto con il Comune di Trieste, con il Museo del Mare di S. Pietroburgo (il più grande museo navale del mondo) e con il prestigioso Museo Ermitage di San Pietroburgo hanno consentito di presentare un progetto condiviso di una mostra e relativo convegno nel porto di Trieste con quadri e disegni attinenti al nostro Porto e prestati a titolo di amicizia in occasione dell'anno (2011) della cultura russa in Italia. Tutto ciò premesso sono rimasto sorpreso dalle affermazione della Caroli " Ho chiesto la rimozione di Aldo Cuomo dal vertice della Fondazione". Non so a chi lo abbia chiesto e a che titolo, visto che la mia richiesta di dimissioni (10 marzo) da presidente ha motivazioni molto diverse. E' vero invece che successivamente ho ricevuto una lettera dall'Autorità Portuale che mi invita a differire le dimissioni, confermando fondi per la gestione e nominando nuovi consiglieri di amministrazione: per la cronaca io sono ancora al mio posto! Analogamente l'affermazione della Caroli "Sono io che rivendico la paternità della Fondazione in Porto Vecchio" mi lascia del tutto perplesso, visto che chi scrive è il proponente di tutti i procedimenti amministrativi (Statuto e Regolamento compresi) che presiedono alla costituzione della Fondazione, approvati dal Presidente A.P.T. e, all'unanimità , dal Comitato Portuale ed infine dal Presidente della Regione Tondo. Vero è che negli anni 2004-2006 "Italia Nostra" - meritoria associazione culturale di cui la Caroli è stata presidente - ha svolto una efficace azione per sollecitare una convenzione tra il Ministero dei Beni culturali, Regione ed Autorità Portuale per il finanziamento dei lavori della Centrale idrodinamica e della Sottostazione elettrica. Ed infine, quanto all'affermazione della Caroli che il sottoscritto non ha una cultura museale, premesso che sono il Presidente di una Fondazione e non aspiro a diventare il Direttore del Museo, rispondo che la mia visione del Polo museale non è incentrata sulla Centrale Idrodinamica, sulla Sottostazione Elettrica e qualche oggettistica portuale, ma piuttosto su un Centro Culturale che sappia anche formare, valorizzare e rendere viva e partecipe una cultura, quella marittimo-portuale, che ha segnato la storia della nostra Città. E' per questo che accanto ai due edifici storici in questione è prevista la collocazione del sommergibile" Fecia di Cossato", testimonianza della civiltà dei canteri giuliani ed altre apparecchiature (robotica subacquea, batiscafi ecc.) che sappiano conferire appeal al museo portuale ed attrarre visitatori, proprio come è stato realizzato nel Museo Marittimo di Genova, nel Museo Nazionale della Scienza di Milano, ed in quelli di Parigi e Monaco di Baviera. E' questa la strada per conferire autonomia economica ai Poli museali, facendo sistema con le istituzioni esistenti, e tutto ciò non per soddisfare ambizioni personali di qualcuno, ma per offrire a Trieste una nuova opportunità di conoscenza e di crescita culturale.

Aldo Cuomo

 

 

A Trieste si scrive il vademecum della sicurezza degli impianti nucleari - VERTICE AL CENTRO DI FISICA TEORICA DI MIRAMARE
 

Spie russe e radioattività
Il concetto di safety ha radici remote perché si riferisce alla prevenzione da calamità mentre l'idea di security nasce in tempi recenti
Quando parliamo di sicurezza non parliamo di film, di pistole o "007" ma di regole e legislazione che deveno essere osservate da tutti
Tra gli esempi particolari che saranno esaminati nelle due settimane di scuola ci sarà anche il caso, tutt'altro che raro, di chi, in cura per un tumore, si sta sottoponendo a terapie con sostanze radioattive (tra gli antitumorali usati c'è il Cobalto-60, lo iodio-131 o il tecnezio-99) e decide di recarsi a un evento pubblico. Ma si parlerà anche del caso di Alexander Litvinenko, ex-spia russa avvelenata a Londra nel 2006 con una quantità minima di polonio-210, sostanza che non emette radiazioni, ma che, se ingerito, blocca le funzioni cellulari.
Definire il concetto di sicurezza a beneficio dei paesi che ospitano impianti nucleari. Preparare gli operatori a eventi imprevisti e imprevedibili. Affrontare i problemi della protezione del materiale nucleare da rimozioni non autorizzate o, peggio, da atti di sabotaggio, e monitorare la circolazione lecita e illecita di materiali radioattivi. Sono alcuni dei moltissimi temi che ruotano attorno al tema del nucleare, alla sicurezza delle infrastrutture e alla loro gestione. Se ne parlerà al Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam (Ictp), nel corso di questa e della prossima settimana. Da ieri (11 aprile) e fino al 22 aprile, infatti, il Centro, ospita la prima scuola internazionale sul rischio nucleare, organizzata dallo stesso Ictp in collaborazione con l'Agenzia internazionale per la sicurezza atomica (Iaea) e il Ministero degli Affari Esteri, e sponsorizzata anche dalla Cei (Iniziativa Centro Europea) e dalla Fondazione per l'avanzamento della scienza del Kuwait. Tra i docenti figurano 12 esperti della Iaea, affiancati da 9 esperti dell'Interpol e dell'Agenzia JRC di Ispra. I 50 scienziati che seguono le lezioni provengono invece da 43 paesi nei cinque continenti: dal Sud del mondo, dai Balcani, dall'Europa dell'Est e dal Medio Oriente. Posseggono già un background sul nucleare, poiché lavorano in settori in cui si manipola o si gestisce materiale radioattivo: laboratori, ospedali, centri di fisica, dipartimenti nazionali per la sicurezza nucleare. A Trieste studieranno casi emblematici e il modo migliore per risolverli, tenendo sempre ben presente la differenza tra safety e security, due termini che, in italiano, sono usati in modo intercambiabile, ma che nei paesi anglofoni hanno un preciso, e ben diverso, significato. «Il concetto di safety ha radici remote perché si riferisce alla prevenzione da infortuni e calamità», spiega Claudio Tuniz, fisico e organizzatore della scuola assieme ad Andrea Braunegger-Guelich, direttore dell'Ufficio per la Sicurezza nucleare della Iaea, «mentre l'idea di security, che indica la difesa da minacce provenienti da terzi, dunque atti di terrorismo o sabotaggio, si è sviluppata in tempi recenti, maturando dopo l'attentato alle Torri gemelle nel 2001». Nella mattinata di ieri i lavori sono stati aperti, per l'Italia, dal Ministro Plenipotenziario e vicedirettore generale della Cooperazione politica multilaterale Filippo Formica (Ministero degli Affari Esteri), e sono proseguiti nel pomeriggio con l'intervento di Fabio Germani del Dipartimento di Pubblica Sicurezza (Ministero dell'Interno) sul sistema della sicurezza nazionale. «Quando parliamo di sicurezza nucleare non parliamo di film, cioè di pistole, spie e centri di massima sicurezza» ha precisato, sempre in apertura di lavori, Miroslav Gregoric dell'Ufficio per la Sicurezza Nucleare della Iaea e docente alla scuola. «Parliamo di regole e legislazione, e del modo migliore di farle osservare da tutti coloro che hanno a che fare con il nucleare». Certo, il rischio di attentati c'è, se pensiamo ai 440 impianti nucleari operativi e alle armi nucleari sparse in tutto il mondo. «Per questo - ha aggiunto Gregoric - bisogna creare un sistema di regole condiviso, convenzioni nucleari ad hoc e organismi regolatori internazionali», un sistema di controllo, insomma, che ancora non esiste. La scuola di Iaea-Ictp, già sostenuta dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi lo scorso anno, al Summit sul nucleare indetto dal presidente Barak Obama, ieri si è meritata parole di plauso sia dai membri della Iaea che da esperti statunitensi, concordi nel definire l'iniziativa (costata complessivamente oltre 70 mila Euro) «estremamente concreta e attuale». Le lezioni proseguiranno a pieno ritmo fino a venerdì, con temi tecnici come la protezione fisica dal materiale radioattivo, e temi più politici come la difesa delle strutture da atti di sabotaggio. Verranno discusse anche la Convenzione Sulla Protezione Fisica Del Materiale Nucleare, del 1980, e la Convenzione Internazionale per la Repressione degli Atti di Terrorismo Nucleare, approvata nel 2008. Sabato 16, la visita al Porto di Capodistria per vedere come vengono svolti i controlli sul campo. Poi la pausa domenicale prima della settimana conclusiva.

Cristina Serra

 

 

Energia sostenibile: tre giorni per scoprire come funziona - CONVEGNO
 

Energia nucleare, fonti rinnovabili, risparmio energetico, ambiente: temi attualissimi che mai come in questo periodo risuonano nelle nostre coscienze e ci coinvolgono emotivamente ed intellettualmente. L'occasione per parlarne, confrontarsi e capirne gli aspetti più controversi viene offerta dall'iniziativa Dies - Giornate di Dialoghi sull'Energia Sostenibile che prende il via giovedì e che per tre giorni vedrà coinvolti esperti, pubblico e scuole in incontri, dibattiti, lectio magistralis ed eventi proprio su queste tematiche. Promossa dalla Fondazione Internazionale Trieste per il Progresso e la Libertà delle Scienze (Fit), l'iniziativa Dies si pone l'obiettivo di intraprendere un percorso di diffusione di una maggiore coscienza e attenzione su questi temi attraverso la valorizzazione delle eccellenze tecnico-scientifiche regionali nel campo dell'energia e la sensibilizzazione della cittadinanza, a partire da una divulgazione il più possibile approfondita, efficace e trasversale a tutti i tipi di pubblico, non solo di adulti, ma anche di giovani. Il programma prevede una prima giornata, giovedì, durante la quale, alla Camera di Commercio, si terrà il convegno "Risparmio energetico: la cultura del non spreco". Si confronteranno nel corso della mattinata quindici esperti del settore, presentati da Stefano Fantoni (presidente della Fit) e dal professor Albrecht von Müller (Fondazione Parmenides), coordinati da Carlo Manna (Ente per le Nuove Tecnologie, l'Energia e l'Ambiente-Enea) e il fisico Renzo Rosei. Durante la tavola rotonda saranno presentate le innumerevoli possibilità e il valore economico del risparmio energetico. Dalle 17 inizierà invece un incontro pubblico, aperto a tutti, durante il quale saranno presentati i risultati, i punti di vista e le questioni sollevate durante la tavola rotonda della mattina. Moderato dal giornalista scientifico Fabio Pagan, l'incontro vedrà gli interventi oltre che di Carlo Manna, Stefano Fantoni e Daniele Treleani (Ictp/Fit), del sindaco Dipiazza e del Presidente della Camera di Commercio Antonio Paoletti. La giornata di venerdì sarà invece interamente dedicata al pubblico scolastico: alle scuole secondarie di II grado della regione viene infatti offerta la possibilità di incontrare scienziati ed esperti direttamente nelle scuole, con una serie di lezioni speciali volte a sensibilizzare gli studenti sull'importanza di un uso consapevole delle risorse energetiche e a suggerire pratiche di riduzione degli sprechi: ad aderire a questa iniziativa ci sono il "Volta", il "Carducci" e il "Max Fabiani"; a Pordenone l'Ipsia "Zanussi" e l'Istituto di Istruzione Superiore a Spilimbergo. A chiusura del programma, sabato alle 10 alle 15, l'Immaginario Scientifico effettuerà un'apertura straordinaria del proprio museo, che ospiterà per l'occasione percorsi di immagini sul tema dell'energia e una serie di postazioni con piccoli esperimenti per scoprire insieme fenomeni fisici e naturali legati alle trasformazioni energetiche. Per informazioni: Is, tel.040-224424.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 11 aprile 2011

 

 

Ripuliti dai rifiuti i laghetti e il rio Ospo - Protezione civile e forestale hanno trovato sedie, copertoni, pezzi di ferro e altri detriti
 

MUGGIA Pezzi di ferro, sedie rotte, copertoni e altri detriti. Discreto lavoro quello che ha visto ieri mattina impegnati la squadra della Protezione civile di Muggia, alcune Guardie forestali e famiglie che da volontarie hanno preso parte alla manifestazione "Laghetti ... a specchio", iniziativa attraverso cui il Comune, in collaborazione con Immagine Natura, ha invitato la cittadinanza a visitare l'area naturalistica dei Laghetti delle Noghere. «I laghetti si sono presentati piuttosto puliti rispetto ad altre occasioni mentre c'è stato da fare soprattutto lungo il Rio Ospo», ha commentato l'assessore alle Politiche giovanili di Muggia Loredana Rossi. L'iniziativa ha concluso un anno di attività di Immagine Natura, ditta che ha avuto in concessione il biotopo naturale e ha collaborato nella realizzazione del progetto. «I gestori dell'area si sono dichiarati soddisfatti - ha concluso la Rossi - anche perché grazie a un lavoro puntuale di recupero e a un'attenta gestione dell'ambiente naturale sono state realizzate opere di manutenzione dei percorsi, punti di osservazione ed è stata garantita la pulizia e la vigilanza dell'area. Era questo l'obiettivo che ci eravamo prefissi». La zona umida dei laghetti delle Noghere è un ambiente importante, caratterizzata da scarsità di acque superficiali. Un ambiente che va salvaguardato. Nel biotopo si incontrano varie specie di animali tra cui uccelli legati agli ambienti acquatici come il Martin pescatore, aironi e anatre, ma anche picchi e uccelli cantori; tra le piante acquatiche, canne lacustri e salici si osservano anfibi come rane e raganelle e, talvolta, predatori come l'innocua biscia d'acqua. Ma ci sono degli incivili che usano la zona come se fosse una discarica sbarazzandosi di mobili e rifiuti che avevano in casa. Malgrado i frequenti controlli della forestale, c'è chi riesce a farla franca.

(ri.to.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 10 aprile 2011

 

 

Cosolini, Antonione e Fedriga: preparare il dopo-Ferriera
 

Tutti e tre concordi, senza sostanziali differenze, sia sulla necessità di chiudere la Ferriera sia sulla futura destinazione dell'area, puntando su attività portuali e logistiche. All'incontro organizzato ieri a Servola dall'associazione "NoSmog", i candidati sindaco Roberto Cosolini, Roberto Antonione e Massimiliano Fedriga si sono trovati sulla stessa linea non solo nel dire "no" a un futuro per la Ferriera ma anche nell'affermare la loro contrarietà al rigassificatore. Per raggiungere l'obiettivo del dopo-Ferriera Cosolini si è impegnato ad attuare un accordo di programma in tre fasi: superamento dell'attività siderurgica, riqualificazione ambientale e riconversione del sito. E questo tavolo di concertazione - ha rimarcato - dovrà essere un impegno quotidiano che coinvolga Governo, Regione e cittadini. «Da subito - ha aggiunto - intendo creare un tavolo con Azienda sanitaria, Medicina del lavoro e Arpa per la verifica dei dati sulle emissioni». Ricordando di aver evidenziato l'impossibilità della coestistenza fra la Ferriera e le aree adiacenti già nel '99, Antonione si è detto soddisfatto che su ciò oggi siano tutti d'accordo. «Bisogna imporre tempi precisi in cui la Ferriera deve adeguarsi. E se non lo farà si dovrà intervenire, come accaduto in altre città», ha affermato il candidato sindaco, sottolineando che servira «un'azione molto forte del futuro sindaco per mettere tutti di fronte alle proprie responsabilità». Fedriga ha puntato in particolare sull'aspetto occupazionale: «L'azienda ha previsto che in pochi anni l'impianto non sarà più redditizio. Se non si fa un serio piano per il reimpiego, i primi a rimetterci saranno i lavoratori, che rimarranno per strada». E si è detto scettico sul rispetto di nuovi limiti da parte della Ferriera «perchè non investono in impianti che devono dismettere».

(gi.pa.)
 

 

149 treni da cancellare se lo Stato non paga - L'INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
 

In realtà il governo chiede al "manager ferroviere" di risanare ridimensionando la rete e abbandonando fette di mercato
L'Intercity Trieste-Lecce è a rischio di soppressione. La legittima preoccupazione paventata dalla lettrice trova purtroppo fondamento. Infatti, in sede di workshop sulla liberalizzazione ferroviaria, l'amministratore delegato del Gruppo Fs, evidentemente a nome di Trenitalia, non ha mancato di ribadire la linea delle ferrovie italiane: la "metropolitana che unisce l'Italia" come unica risorsa competitiva del Paese e come strumento di concorrenza all'estero con nuove regole europee ed il resto della rete come obsoleti rami secchi non suscettibili di recupero sotto l'aspetto commerciale. "Sì a una netta separazione fra i servizi di mercato e quelli sussidiati con il servizio universale" è la ricetta di Moretti, il quale sottolinea che "non spetta più alle FS garantire i treni dove questi sono fuori mercato e non vengono pagati dallo Stato o dalle regioni", confermando che è "pronto a tagliare 149 treni se nessuno li sovvenzionerà". Il vertice Fs polemizza a tutto campo, attaccando l'Europa, le sue regole e le sue timidezze, e incassa solo il sostegno del viceministro delle infrastrutture. "Il governo sostiene Fs in questa battaglia" dice Castelli. Ciò è pienamente comprensibile dal momento che il Governo ha garantito il posto al "manager ferroviere" alla condizione che mandasse avanti la complessa macchina della rotaia senza chiedere i finanziamenti necessari, sia per le infrastrutture che per il materiale rotabile, costringendolo al risanamento attraverso il ridimensionamento della rete e al ritiro dal mercato, sia nelle merci che nei viaggiatori. Il convegno nazionale sulla liberalizzazione si è ben guardato invece dall'affrontare il nodo che è alla base della difficile situazione in cui versa la mobilità, e con essa la logistica del Paese: il mancato adeguamento dell'assetto ferroviario italiano alle direttive comunitarie che impongono la netta separazione tra authority, rete e, soprattutto, impresa di trasporto, per garantire l'effettiva parità di trattamento a tutte le aziende abilitate. Anche i fautori dei collegamenti con la Carinzia non hanno motivi di soddisfazione: il workshop non ha preso in considerazione il necessario adeguamento dell'offerta viaggiatori nel Nordest, al fine di soddisfare l'esigenza di collegamenti Intercity transfrontalieri tra i centri dell'area metropolitana, ormai con confini aperti, avvertita ancora prima della caduta del muro. Quindi la perfetta sintonia dei vertici governativi e ferroviari nella chiusura ai traffici europei e alle relazioni nazionali richiede un deciso ruolo della Regione nell'impostare una politica dei trasporti che porti a soluzioni positive e offerte credibili, sia nel servizio interno come in quello internazionale, se si vuole contribuire seriamente alla riconversione modale a favore della rotaia.

luigibianchi10@tin.it
 

 

SEGNALAZIONI - Trasporti  - Treni per la Carinzia

 

Ho apprezzato la lettera sulla mancanza di treni diretti per la Carinzia. Una soluzione alternativa oggi è prendere il treno da Sesana a Jesenice (via Nova Gorica) e fare cambio a Villaco, che costa 20 EUR come da Trieste. Ma meglio ancora sarebbe a proposito modernizzare l'antica Jesenice-Trieste Campo Marzio, con un tragitto dunque più breve ed economico, seguendo la linea della Ferrovia delle Caravanche "Villaco-Jesenice" e quindi la linea Trieste-Rosenbach da Trieste Centrale, via Nova Gorica, Santa Lucia d'Isonzo, Bled e Jesenice.

Dario Cossi

 

 

Bordano sui colibrì: nulla di deciso si brancola nel buio
 

Il 18 aprile, cioé fra 8 giorni, scade l'informale proroga all'uso dell'acqua concessa da AcegasAps alle serre dei colibrì sotto ripetuto sfratto, che hanno anche 140 mila euro di debito per luce non pagata. Intanto il soprintendente Caburlotto è stato redarguito per aver notificato alla Procura una nuova ingiunzione di sfratto coattivo nonostante gli accordi in Prefettura, ma null'altro di sostanziale è successo per il trasferimento del centro alla Casa delle farfalle di Bordano: «Brancoliamo nel buio - dice il responsabile scientifico Francesco Barbieri -, nulla ci risulta deciso nemmeno sui futuri costi di gestione. Aspettiamo che la Prefettura di Trieste ci comunichi qualcosa. Questa sarà la settimana decisiva. L'ultimo minuto utile per trasferire gli uccelli è settembre. Poi fa freddo. E se dobbiamo allestire serre, siamo ai limiti del tempo necessario».
 

 

La Scuola sul rischio nucleare da domani al Centro di fisica - FINO AL 22 APRILE
 

Parte domani all'Ictp la Scuola sul rischio nucleare, organizzata dal Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam assieme all'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Iaea) e con il supporto del Ministero degli Affari esteri. Fortemente voluto dal governo, l'appuntamento era stato presentato lo scorso anno negli Stati Uniti durante il Summit americano sulla sicurezza nucleare. Sono 50 gli scienziati che vi prenderanno parte sino al 22 aprile (con pausa nella sola giornata di domenica 17). Vari i loro Paesi di provenienza: gli esperti arrivano infatti dal Sud del mondo e dal Medio Oriente. Naturalmente, anche a causa di quanto sta accadendo in Giappone, i contenuti di cui si discuterà durante la Scuola ospitata a Trieste assumono un'importanza ancora più attuale. Si affronterà il tema del nucleare in tutte le sue sfaccettature: dal rischio di esposizione della popolazione alle radiazioni, ai trasferimenti illegali e alle azioni illecite relativi a materiale nucleare. I lavori si apriranno alle 9.30 di domani, con gli interventi di saluto che precederanno l'avvio delle "lezioni" vere e proprie. Prima, invece, cioè dalle 8 alle 9.30 ci sarà spazio per la registrazione dei partecipanti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 9 aprile 2011

 

 

«Un'alleanza con la Slovenia contro il rigassificatore» - INCONTRO DEL SINDACO CON I CITTADINI
 

MUGGIA Una sostanziale intensificazione dei contatti con il governo della Slovenia per scambi di documentazioni atti a contrastare l'ipotesi della realizzazione del rigassificatore. Ma anche un nuovo possibile scenario sul ricorso al Tar. Sono queste le novità salienti emerse ieri durante l'incontro pubblico organizzato nella sala "Millo" (nella foto) da parte del sindaco Nerio Nesladek che ha voluto incontrare i propri concittadini per tracciare un bilancio della situazione del litorale muggesano e degli interventi contro il rigassificatore. Quattro le parole chiave espresse dal primo cittadino rivierasco: sicurezza, ambiente, qualità della vita ed economia. Argomenti che verrebbero tutti messi "a repentaglio" nel caso della costruzione di un impianto di distribuzione del gas nel golfo di Muggia. «Proseguo nel ritenere che l'ampliamento dell'area portuale sia la soluzione da percorrere per sostenere lo sviluppo economico del nostro territorio nel pieno rispetto della sicurezza, dell'ambiente e della qualità della vita dei nostri concittadini», ha spiegato Nesladek. Negli ultimi mesi poi Muggia ha intensificato sostanzialmente il rapporto con la vicina Repubblica di Slovenia «soprattutto tramite lo scambio di documenti per cercare di convergere ulteriormente sul no più chiaro ed assoluto all'ipotesi rigassificatore».

(ri.to)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 8 aprile 2011

 

 

Pesticidi e inquinamento: le farfalle stanno sparendo
 

L'allarme lanciato dall'entomologo Brandmayr e dal docente di botanica Nimis «Nocive anche le piogge acide della centrale termoelettrica di Monfalcone»
A Trieste stanno lentamente scomparendo le farfalle. Negli ultimi cinque anni questi insetti colorati in centro città sono dimezzati, vederli volare è diventata cosa rara. Sotto accusa l'uso dei pesticidi, il cambiamento delle piante inserite nel verde pubblico cittadino, l'inquinamento e le piogge acide determinate in gran parte dalla centrale termoelettrica di Monfalcone. «La riduzione delle farfalle non sta avvenendo tanto in Carso quanto in centro - spiega entomologo triestino di fama internazionale, Pietro Brandmayr - e questo è dato in parte dall'utilizzo di antiparassitari e diserbanti nella conduzione del verde pubblico dove inoltre sono state eliminate tutte le erbe e le piante spontanee, fondamentali per questi insetti». Sta dunque sparendo il cibo per le farfalle. E ad avallare la tesi di Brandmayr è Pierluigi Nimis, professore ordinario di Botanica sistematica al dipartimento di Scienze della Vita all'Università di Trieste: «Con i miei studenti ho redatto uno studio sul verde pubblico di Trieste - precisa - contando ben 262 specie di piante. Una foresta urbana ricca ma con un problema: quello che la maggior parte di queste piante sono esotiche e dunque non sfamano le nostre farfalle. Inoltre - sottolinea - il 40 per cento è tossico e dunque pericoloso per bambini e animali». L' attuale vulnerabilità delle farfalle a Trieste è dovuta anche al modo di gestire i giardini privati. «I proprietari dei giardini non lasciano più nulla di incolto, puliscono tutto, rasano, tagliano, - evidenzia l'entomologo - facendo sparire tutte quelle erbe che alimentano le farfalle». Ci sono poi zone come quella del Farneto o i pastini ricoltivati a viti o boschi e da dove sono state fatte sparire le piante spontanee. Un danno che si ripercuote sugli insetti ma anche sulle tutte quelle piante che necessitano degli insetti per la loro sopravvivenza. Così ampie estensioni del nostro ambiente costituiscono per le farfalle una sorta di deserto, privo di cibo e di ripari. Sfruttando la tesi di laurea del neo-laureato Enrico Bonivento, il dipartimento di Botanica dell'Università di Trieste ha da poco realizzato la prima guida alle farfalle di Trieste. "Dryades Project", questo il nome della guida visibile su internet, permette di identificare le 64 specie di farfalle diurne presenti sul nostro territorio provinciale come la "Papillo Machaon" o la "Vanessa Atalata". Di fronte alla lenta sparizione di tante farfalle Brandmayr punta il dito anche verso la centrale di Monfalcone: «I danni derivanti dalle piogge acide dovute a quella centrale - sottolinea - si vedono su tutto il ciglione carsico e per le farfalle questo è un pericolo».
Laura Tonero

 

 

Fisici a confronto sul nucleare con il Comitato dei contrari - ASSEMBLEA PUBBLICA
 

Il comitato «Vota sì per fermare il nucleare» organizza oggi alle 16.30 nella sala conferenze di Androna Baciocchi 4 un'assemblea pubblica per discutere del problema. Interverranno Massimo Scalia, fisico dell'Università la Sapienza di Roma («Nucleare, a chi conviene? Le tecnologie, i rischi, i costi»), Massimo De Santi, fisico dell'Università di Pisa («Radiazioni nucleari: conseguenze sulla salute»). L'introduzione sarà di Edoardo Milotti, del dipartimento di Fisica dell'Università di Trieste. All'iniziativa aderiscono Wwf, Legambiente, Arci, Comitato "Danilo Dolci", Coordinamento donne Trieste, Italia nostra, i soci della Banca etica, Ya basta!, BioEst, Prc e Pdci. L'assunto da cui la manifestazione prende avvio è la convinzione degli organizzatori che «il nucleare non è sicuro, vivere accanto a una centrale - affermano nella presentazione - è sempre un rischio per la salute, e anche utilizzare tecniche per innalzare il livello di sicurezza richiede enormi capitali che l'impresa privata, per sua stessa natura, è riluttante a sostenere».
 

 

Legambiente e Cgil: industria più "verde"
 

La crisi globale, per Cgil e Legambiente, ha un'unica causa: le difficoltà dell'attuale modello basato sullo sfruttamento di materie prime energetiche non rinnovabili. Le due organizzazioni concordano: «Occorre cambiare modello di produzione». «Riteniamo - dicono Antonio Saulle della Cgil e Lino Santoro di Legambiente - che l'attuale struttura sociale, quindi produttiva, basata su produzione di energia con materie non rinnovabili stia per giungere alla conclusione e ripensare ai prodotti oggi è una scelta obbligata. La cosiddetta 'Green economy' è un filo che attraversa tutta la filiera sociale e di produzione, la rivoluzione possibile, sia sotto l'aspetto economico sia occupazionale, è costituita dai 'green jobs'. Laddove la 'Green economy' è stata introdotta, gli aspetti positivi si sono sentiti positivamente». Anche Trieste, per Cgil e Legambiente, può assumere la sfida: «Ma partiti, enti locali, associazioni degli imprenditori, banche devono impegnarsi a verificare l'attuazione di questo cambiamento di produzione. Queste sono le condizioni - così Saulle e Santoro - per superare il concetto ideologico, in particolare degli industriali, e di resistenza, da parte dei dipendenti dei settori industriali, che fino a oggi hanno considerato l'ambiente un limite alla crescita».
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - INCONTRO SUL NUCLEARE

 

Oggi, alle 16.30, nella sala di Androna Baciocchi 4, i fisici Massimo Scalia della Sapienza di Roma e Massimo De Santi dell'Università di Pisa intervengono sui rischi del nucleare con l'introduzione di Edoardo Milotti del Dipartimento di fisica dell'Università di Trieste. Ingresso libero.

 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 7 aprile 2011

 

 

Nuovo conto energia: ancora non ci siamo
 

Il governo è al lavoro sulla bozza di decreto che stabilirà i tagli agli incentivi del fotovoltaico, ma continua a non convincere le associazioni del settore. Secondo alcune indiscrezioni si va verso una proposta molto simile a quella indicata da Confindustria: tetto annuale di 2 GW; tagli del 2% per il primo quadrimestre 2011, dell'8-10% per il secondo e il terzo, del 10% per il 2012, 15-20% per il 2013; 50% a regime finale. Sarebbe inoltre previsto un massimo di 6 miliardi di incentivi statali, due terzi dei quali destinati a impianti sotto i 200 kW di potenza. Si prevede anche la creazione di un registro in cui iscrivere i progetti per prenotare l'incentivo. Ancora non appare chiaro cosa accadrà alla norma del decreto Romani che stabilisce la retroattività delle misure.
Valerio Natalizia di Anie-Gifi ha spiegato a Qualenergia.it: “Questa proposta, che è sostanzialmente quella di Confindustria, non ci piace per molti aspetti. Siamo contrari ad esempio al tetto annuale sulle installazioni e anche al meccanismo del registro che, così come concepito, rischia di creare un ingorgo burocratico”. Natalizia ha poi aggiunto “Il ministro ha comunque garantito che continuerà il confronto con gli operatori sugli aspetti tecnici e in quella sede siamo fiduciosi di riuscire a far introdurre le modifiche del caso”.
Durante una tavola rotonda, Anie-Gifi ha poi rilanciato alcune proposte per gestire al meglio il passaggio dall'attuale sistema di incentivazione a quello che sarà in vigore dal 1° Giugno 2011. “I due principi fondamentali per gestire al meglio la transizione - ha spiegato Andrea Brumgnach, Consigliere Anie-Gifi - sono quelli di salvaguardare gli investimenti già avviati e di evitare l'adozione di ogni misura che provochi distorsioni al mercato”. Anie-Gifi, durante il dibattito, ha sostenuto che l'incentivo deve essere considerato come un mezzo per accompagnare da un lato il mercato alla maturità e dall'altro l'industria nazionale alla piena competitività. L'incentivo può essere ridotto in maniera graduale parallelamente alla riduzione dei costi dei sistemi fotovoltaici in modo da dare stabilità al mercato. Anie-Gifi ha aggiunto che la struttura del quarto Conto Energia dovrebbe premiare l'autoconsumo e continuare a sostenere la rimozione di eternit ed i premi per l'efficienza energetica.
Alcune assicurazioni sono poi giunte dal Ministro Prestigiacomo: “Credo che entro la prima decade di aprile concluderemo i lavori di consultazione ed emaneremo il decreto ministeriale, che dovrà rispettare quanto votato all'unanimità sia dalla Camera che dal Senato e cioè che gli investimenti in corso devono essere salvaguardati, intendendo per impianti messi in esercizio quelli posati e non allacciati. Questo consentirà di superare una serie di problemi che non dipendono da chi ha fatto gli investimenti''. Il ministro ha poi spiegato le tappe successive e la strategia che adotterà in materia il governo. “Nei successivi sei mesi - ha sottolineato Prestigiacomo - bisognerà prevedere una riduzione molto lieve degli incentivi in modo da non penalizzare gli investimenti in corso, quindi anche quelli programmati col vecchio regime e non conclusi alla fine di maggio. Dal 2012 si procederà poi con uno 'scalone’ negli incentivi senza fissare un tetto in termini di Megawatt annuali, ma un tetto complessivo in milioni di euro fino alla fine degli incentivi”.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 aprile 2011

 

 

Wwf: «Nuovo Porto di Capodistria, danni transfrontalieri»
 

Sono molti i potenziali impatti negativi sull'ambiente, che deriverebbero dall'ampliamento del Porto di Capodistria. Lo osserva il Wwf, che ha presentato una lunga serie di osservazioni nell'ambito della procedura di Valutazione Ambientale Strategica (Vas) transfrontaliera. La documentazione fornita per la Vas, sottolinea l'associazione, risale in realtà alla primavera-estate del 2009 e non è stata adeguatamente aggiornata. Ciò comporta rilevanti carenze di informazione per molti aspetti - denuncia lo stesso Wwf - alle quali si aggiungono incertezze e confusione rispetto alle effettive scelte progettuali. Il piano prevede l'allungamento dei Moli I e II, già esistenti, e la costruzione del nuovo Molo III, per aumentare la movimentazione complessiva delle merci dagli oltre 16 milioni di tonnellate del 2008 ad oltre 31- 41 milioni di tonnellate all'anno. L'area occupata dalle strutture di Luka Koper aumenterebbe perciò dagli attuali 260 a 555 ettari, sacrificando oltre 75 ettari di terreno agricolo, soprattutto nell'area della bonifica di Ancarano, con danni alla biodiversità e impatti negativi anche transfrontalieri, in quanto interesserebbero specie di uccelli migratori. Secondo gli ambientalisti, la perdita di terreno agricolo e semi-naturale non potrebbe certo essere compensata, come afferma Luka Koper, dai "tetti verdi" previsti sulla sommità degli enormi parcheggi previsti nel futuro terminale auto del porto ampliato. L'allungamento dei Moli I e II e la costruzione del Molo III, inoltre, distruggerebbero parte delle praterie di fanerogame marine, che sopravvivono su fondali antistanti il porto. Il piano prevede, infatti, il dragaggio di quasi 1,2 milioni di metri cubi di sedimenti dai fondali marini. Anche in questo caso, l'impatto sarebbe rilevante, non soltanto dal punto di vista naturalistico, poiché è noto il fondamentale ruolo ecologico di tali praterie, in quanto nursery per molte specie di pesci ed altri organismi marini.
 

 

Aquario, bando per la messa in sicurezza - AMMINISTRAZIONE COMUNALE
 

MUGGIA Una procedura negoziata per la messa in sicurezza permanente dell'area litoranea denominata Acquario. È questo l'ulteriore tassello aggiunto dall'amministrazione Nesladek per il recupero del sito inquinato, un'area di 28mila 800 metri quadri che come più volte sottolineato dallo stesso sindaco vuole essere ridonata alla cittadinanza. Visti i risultati della caratterizzazione e dell'analisi di rischio approvati in sede di Conferenza sei servizi regionale e dello studio di fattibilità per l'uso del sito proposto dall'amministrazione tenendo conto delle previsioni degli strumenti di pianificazione comunali, l'incarico comprende le seguenti operazioni preliminari: il rilievo plani-altimetrico di dettaglio del sito, la caratterizzazione dei cumuli di terreno giacenti sull'area (stimabili approssimativamente in mille metri cubici) e la predisposizione di un piano di monitoraggio delle acque sotterranee in considerazione dei «dodici piezometri già allestiti in sito e dei risultati documentati dai prelievi già effettuati ai fini della caratterizzazione ambientale dell'area ed esecuzione del primo campionamento previsto, con determinazioni analitiche riguardanti tutti i parametri considerati nell'analisi di rischio approvata». La proposta progettuale dovrà essere consegnata entro 60 giorni dalla comunicazione dell'affidamento dell'incarico. Il compenso presunto è pari a 80mila euro. Tra i requisiti specifici l'aver portato a termine almeno un incarico nell'ambito di siti inquinati il cui onorario sia stato pari a 60mila euro. I soggetti interessati potranno presentare istanza di partecipazione entro martedì 26 aprile all'Ufficio protocollo del Comune di Muggia.

(ri.to.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 aprile 2011

 

 

Elettrodotto, dai residenti un esposto a Napolitano
 

Il malcontento scende in strada: contestata la Terna a San Pelagio e Visogliano Si chiede l'interramento dei cavi e lo smantellamento dei tralicci esistenti
DUINO AURISINA È di nuovo battaglia attorno all'elettrodotto. «Diritti per le persone e non per il potere - afferma all'incontro riepilogativo di ieri, in via Filzi, il presidente della Comunanza "Agrarna skupnost" Vladimir Vremec - svaniti i tentativi di un confronto civile siamo passati all'azione legale». Proprio sabato e domenica scorsi, forti proteste hanno animato nuovamente San Pelagio e Visogliano, con i residenti venuti a dar man forte ai proprietari terrieri che subivano l'esproprio da parte dei tecnici della Terna. Le manifestazioni avranno un epilogo giudiziario con l'esposto indirizzato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, chiamando in causa, oltre alla società Terna, il ministero dell'Ambiente e quello dello sviluppo economico. La prima denuncia riguarda il non rispetto della tutela ambientale. L'area del carso triestino interessata dall'esproprio, infatti, è designata dalla regione come sito della rete ecologica Natura 2000 ai sensi delle direttive "Habitat" e "Uccelli", come Sic (siti d'importanza comunitaria) e ZPS (zone di protezione speciale). Guardando il problema invece sotto un mero aspetto economico, come pare voglia la Terna quando dichiara che «le particelle fondiarie di proprietà collettiva, pur riconoscendo il loro valore ambientale, sono destinate ad attività silvo-pastorale di scarso ritorno economico», i residenti oppongono la loro tesi. Non viene indicato, nel progetto, alcun rientro economico o beneficio diretto per la popolazione. Nell'esposto al presidente si rileva quindi un eccesso di potere per palese contraddittorietà e illogicità manifesta, proprio perché, secondo la Comunanza, la destinazione che si vuole imprimere alle aree non è funzionale a una migliore o maggiore tutela paesaggistica e ambientale. Viene inoltre denunciata la violazione dei diritti di partecipazione e d'informazione degli interessati all'esproprio. Tutta la documentazione e gli atti in merito al progetto in questione, infatti, sono stati redatti solo in lingua italiana e non, come previsto dalle leggi vigenti, anche in quella slovena. Nelle varie fasi di approvazione del progetto, inoltre, per autorizzare i lavori non è stato nominato nessun componente della Commissione locale per il Paesaggio a tutela della minoranza linguistica slovena Il ricorso, oltre a chiedere l'annullamento, elenca delle possibilità già proposte con scarso successo alla società, ovvero individuare una fascia per i servizi energetici proponendo l'attuale tracciato dell'oleodotto o metanodotto, l'interramento dei fili e il contestuale smantellamento dei tralicci metallici esistenti.
Cristina Polselli

 

 

Pdl alla Siot, odori da eliminare - Drozina: non basta la riduzione, certe puzze devono scomparire totalmente
 

SAN DORLIGO DELLA VALLE «Alla popolazione non interessa la riduzione, ma l'eliminazione totale delle emissioni odorigene come risulta chiaramente espresso nella recente petizione sottoscritta da 647 cittadini». Roberto Drozina, capogruppo del Pdl-Udc nel consiglio comunale di San Dorligo della Valle, non va giù per il sottile. Il progetto pilota proposto dalla Siot per verificare la fattibilità del progetto di riduzione dei cattivi odori applicato ad un solo serbatoio non ha trovato l'approvazione da parte dell'esponente di centrodestra che da anni combatte contro le esalazioni odorigene dello stabilimento. Ed intanto la "puzza" continua. Negli ultimi tre giorni sia in mattinata sia nel pomeriggio le lamentele giungono ormai da un'area sempre più vasta: il fenomeno è chiaramente avvertibile a Bagnoli, Dolina ed anche in buona parte di Borgo San Sergio, quindi nel Comune di Trieste. «Ma non dobbiamo preoccuparci: gli odori, che finalmente, Siot ammette essere originati dal suo greggio - quello caucasico, con più zolfo e, perciò, più a buon mercato, non comportano alcun problema alla salute e, quindi, noi residenti possiamo spalancare le finestre ed inspirare a pieni polmoni l'aria primaverile», commenta Drozina. Nel mentre anche il Comitato per la salvaguardia del Golfo, che ha supportato esternamente la petizione popolare, ha preso le distanze dalla mossa attuata dalla Siot evidenziandone anche altri aspetti. «Non ci risulta che esistano degli studi eseguiti sul territorio di Dolina su esposizioni prolungate della popolazione alle miscele di idrocarburi in specie ai prodotti che recentemente provengono dal Caucaso con contenuti di alte percentuali di acido solfidrico e zolfo», spiega il coordinatore Giorgio Jercog. «Rimaniamo dell'avviso dunque che si debba perseguire la strada per la completa eliminazione degli odori e che le autorità preposte debbano verificare l'effettiva non pericolosità dei composti solforati per la salute dei cittadini», ha aggiunto Jercog. Per ora la Siot prosegue con il suo progetto pilota su un serbatoio. Poi ne resteranno solamente altri 31 da monitorare. Riccardo Tosques
 

 

Buco dell'ozono record al Polo Nord - Ma in Patagonia i ghiacciai fondono a ritmi vertiginosi
 

Il fenomeno è causato da freddo e venti eccezionalmente forti. Secondo gli esperti l'Europa e l'Italia non corrono pericoli
Che i ghiacciai di montagna si stiano sciogliendo è un dato di fatto sotto gli occhi di tutti, ma secondo uno studio pubblicato dalla rivista Nature Geoscience il fenomeno è relativo praticamente solo agli ultimi 30 anni, quando il processo ha avuto un'accelerazione di 100 volte. Il fenomeno è stato misurato in Patagonia, ma secondo gli autori potrebbe riguardare anche molte altre masse di ghiaccio, a cominciare da quelle sulle Alpi. I ricercatori guidati da Neil Glasser dell'università di Exeter hanno ideato un nuovo metodo per misurare gli oltre 270 ghiacciai della Patagonia, trovando che a partire dall'ultimo picco positivo, registrato a metà del diciassettesimo secolo, si sono sciolti oltre 600 chilometri cubici. Nello stesso periodo invece la temperatura è aumentata di 1,4 gradi. Il grosso della perdita, spiega Glasser, è avvenuto negli ultimi 30 anni: «Nei tre decenni scorsi si è perso lo stesso ammontare di ghiaccio di tutto il periodo precedente».
ROMA Sembrava essere un problema «risolto», o quantomeno in via di soluzione, dopo la proibizione dell'uso dei cosiddetti "gas serra". E invece, ecco di nuovo il "buco dell'ozono", che in realtà è un assottigliamento dello strato di gas che avvolge il pianeta e ci protegge dai raggi uv del sole. Questa volta il fenomeno, 40% in meno secondo i calcoli degli scienziati, è registrato al Polo Nord, e non sull'Antartico come quello di cui si è parlato per anni, dopo la sua scoperta negli anni '80. A individuare il «buco» il satellite Envisat dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa), a confermare il dato l'Omm, l' Organizzazione Meteorologica Mondiale. Il fenomeno, spiegano gli esperti, è stato causato da venti molto forti che hanno isolato la massa atmosferica sul Polo Nord, generando temperature molto basse. Questa massa d'aria fredda, per effetto della luce solare, ha rilasciato in marzo prodotti dei clorofluorocarburi (Cfc), come atomi di cloro e bromo, veri e propri distruttori dell'ozono. L'ultima perdita record di ozono sull'Artico risale a 14 anni fa. Anche nel 1997, come nell'inverno di quest'anno, si erano registrate temperature insolitamente basse e il perchè questo sia accaduto è ancora da capire. Un'ipotesi all'esame dei ricercatori è che i due inverni così freddi siano correlati statisticamente al cambiamento climatico globale. I venti molto forti che hanno isolato la massa d'aria fredda sull'Artico sono noti come «vortice polare», l'area di bassa pressione che staziona in modo semi-permanente sul Polo Nord. Così isolata, la massa d'aria fredda non ha potuto mescolarsi con l'aria presente alle latitudini medie ed la sua temperatura si è abbassata progressivamente. A circa 20 chilometri dalla superficie terrestre, la luce solare più intensa in marzo ha innescato la reazione che scinde i clorofluorocarburi (Cfc) nei loro componenti: il cloro e il bromo. Il cloro si lega quindi all'ozono e lo trasforma in ossigeno biatomico. È così che la concentrazione di ozono si riduce e, con essa, si assottiglia il filtro prezioso che protegge la Terra dagli effetti negativi dei raggi ultravioletti. Per fermare l'emorragia il 16 settembre 1987 veniva firmato il Protocollo di Montreal che dettava le tappe per fermare i killer dell'ozono. Il trattato è entrato in vigore il primo gennaio 1989 e nel settembre del 2009 è diventato un Protocollo Universale, dopo la firma di Timor Est, facendone parte tutti i 196 paesi dell'Onu. Gli effetti di un eventuale buco dell'ozono sono più che altro a lungo termine, e sono legati agli effetti negativi dei raggi Uv, che verrebbero amplificati in caso di diminuzione dello schermo protettivo della stratosfera. Il principale effetto è l'aumento dei tumori della pelle dovuti all'esposizione, che cresce nelle zone più vicine al "buco", mentre per gli occhi il pericolo maggiore è la cataratta. In ogni caso la perdita record di ozono sull'Artico non rappresenta alcun pericolo per l'Europa: si può godere il sole primaverile senza timore di esporsi a raggi ultravioletti troppo aggressivi.
 

 

Rinnovabili, E.On investe 2,6 miliardi - ENERGIE ALTERNATIVE
 

MILANO Dopo aver investito nel 2010 più di 1 miliardo di euro nelle rinnovabil il gruppo E.On prevede di investire altri 2,6 miliardi nel periodo 2011-2013. In Europa, si legge in una nota, E.On sta ampliando la propria capacità sia da fonte eolica che solare e i suoi progetti più grandi sono relativi ai due parchi eolici offshore: London Array, in costruzione insieme a Dong Energy e Masdar e che una volta completato sarà il più grande parco eolico offshore al mondo e sarà il secondo impianto in acque profonde in Germania dopo Alpha Ventus. E.On sta sviluppando altri 3 progetti di parchi eolici offshore nel Mare del Nord e nel Mar Baltico, dalla potenza complessiva di oltre 1.000 MW. Per quanto riguarda lo sviluppo dell'eolico in Nord America, oggi E.On ha installato e testato con successo le prime turbine del parco eolico americano in Illinois, il 14esimo impianto che il gruppo ha realizzato negli Stati Uniti in appena 3 anni e grazie al quale E.On ha raggiunto una capacità installata complessiva di quasi 2.000 MW. Per quanto riguarda l'energia solare, E.On sta completando in Spagna, il suo primo impianto termodinamico a concentrazione (Csp), dalla capacità di 100 MW.
 

 

Premio Nobile anche a tesi sulle energie rinnovabili - SETTIMA EDIZIONE
 

Giunge alla settima edizione il premio in memoria di Bernardo Nobile per tesi di laurea e dottorato (in qualsiasi settore) che utilizzino i brevetti come fonte di informazione. Bernardo Nobile è stato fondatore e responsabile del Centro PatLib di Area Science Park, uno dei 21 centri italiani, parte della più ampia rete di centri di informazione brevettuale europea. Quest'anno, però, c'è una novità. Dice Liana Nardone, responsabile della sede triestina di PatLib: «Daremo un terzo premio a una tesi di laurea o dottorato su temi riguardanti l'efficienza energetica e le energie rinnovabili che abbia già portato al deposito di un brevetto». Efficienza energetica e fonti rinnovabili, infatti, sono due settori cari anche alla Commissione Europea che ha da poco stanziato 67 milioni di euro per progetti in questo settore. PatLib premia il risultato, dunque, e continua a fare sinergia con le imprese che hanno in Area la loro sede. Le iscrizioni sono ancora aperte: www.area.trieste.it/premionobile.

(c.s.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 5 aprile 2011

 

 

Muggia, la chiusura dell'area "Aquario" bocciata dal Comune - Un futuro balneare per l'intera area
 

Il Pdl protesta: «Avevamo ripreso solamente le ordinanze del sindaco. A rischio la salute pubblica dei cittadini»
Un progetto di bonifica totale dell'area, trampolino di lancio per una nuova attività ricreativo balneare. E' questo il futuro del terrapieno "Acquario" l'area inquinata posta lungo il litorale muggesano. Entro meno di sei mesi dovrà essere presentato un piano per riqualificare il sito che dovrà poi essere valutato dalla Conferenza di Servizi composta da Comune di Muggia, Provincia, Regione, Capitaneria di Porto e Cigra. ne, Arpa, Azienda Sanitaria, Demanio, Autorità Portuale,
di  Disporre l'immediata chiusura dei varchi dell'area inquinata "Acquario" ripristinando le necessarie e inderogabili condizioni di sicurezza e salute dei cittadini. È stata questa la richiesta ufficiale inoltrata attraverso una mozione da parte degli esponenti del Pdl - corrente An - Paolo Prodan e Christian Gretti durante l'ultima riunione del Consiglio comunale. Un appello alla sicurezza bocciato però dal voto contrario di dieci esponenti della maggioranza, che hanno resi di fatto nulli i cinque pareri favorevoli di Prodan, Gretti, Tarlao, Santorelli e Santoro e l'astensione di Veronese (Pd). Non presenti in aula al momento del voto Grizon, Mariucci, Carboni, Gasperini e Tull. «Nonostante si riprendessero solo le ordinanze del sindaco e nonostante fosse messa in tono pacato ai soli fini della salvaguardia della salute pubblica, visto che ad oggi il terreno continua ad essere inquinato, la mozione che impegnava il sindaco non è passata», ha commentato il consigliere comunale Paolo Prodan. I due firmatari del documento hanno evidenziato come attualmente il divieto di accesso e l'interdizione del sito non sono garantiti non essendo stato completamente recintata l'area che presenta due varchi in corrispondenza dell'inizio e della fine dell'area in questione. Secondo Prodan e Gretti «i varchi non hanno alcuna funzione, posto che il cantiere è terminato e che comunque sono stati realizzati due cancelli d'accesso». Inoltre è stato evidenziato come la strada "ad uso cantiere" realizzata all'interno del sito sul lato mare e i varchi lasciati aperti «possono indurre, nonostante la segnaletica verticale, i cittadini ad entrare abusivamente nell'area con grave pericolo per la salute degli stessi». Gli ex esponenti di An hanno voluto porre l'accento anche sul persistere di tutte le condizioni di inquinamento preesistenti come emerso dal piano di caratterizzazione approvato e la necessità di provvedere alla bonifica del sito come confermato dalla recente Conferenza dei Servizi, con tanto di bonifica mediante apposito progetto da approvare entro 180 dalla conclusione della Conferenza. «Abbiamo voluto semplicemente evidenziare al sindaco che è in vigore un'ordinanza risalente al novembre 2008 nella quale lo stesso sindaco disponeva il divieto di accesso e l'interdizione del sito in attesa della bonifica definitiva», ha rimarcato Christian Gretti. Nello specifico il sindaco Nesladek aveva emesso un'ordinanza con la quale disponeva «il divieto di accesso e l'interdizione del sito per il tratto costiero compreso fra Punta Olmi e Punta Sottile esteso allo specchio acqueo antistante per prevenire problemi alla cittadinanza e evitare l'insorgenza di situazioni di pericolo». La perplessità dunque per il voto contrario del centrosinistra (ad esclusione dell'astensione di Piero Veronese) è stata espressa da Gretti tenendo conto anche dei tempi di ripristino dell'area che sono ancora lunghi e delle risorse finanziarie da trovare.
Riccardo Tosques

 

 

Elettrodotto di Somplago La giunta dà il via libera - PARERE DI COMPATIBILITÀ AMBIENTALE
 

TRIESTE Primo e deciso passo avanti verso la costruzione dell'elettrodotto Somplago - Wurmlach. La giunta regionale ha votato ieri all'unanimità il parere di compatibilità ambientale del progetto e ha invitato tutta la documentazione al ministero dell'Ambiente. L'esecutivo chiude questa parte dell'iter dopo un lungo e duro confronto con gli enti locali e gli ambientalisti che si erano opposti all'infrastruttura. L'opera, posta al confine di stato italo-austriaco, prevede l'interramento di buona parte dell'impianto, in particolare nella zona di passaggio all'interno della Zps delle Alpi Carniche e del Passo Pramosio. Nel piano anche la realizzazione della linea elettrica di tredici chilometri, nove dei quali sono in alta tensione. «Garantiremo l'assoluta difesa dell'ambiente - è stata la posizione espressa ieri dall'esecutivo - perché il progetto che abbiamo redatto permetterà di ridurre anche il rischio geologico». La giunta , nel documento inviato al ministero, ha precisato inoltre che «sarà uno solo il pilone, contro i quattro attuali, che verrà installato nella zona considerata più rischiosa». Accanto alla formulazione del tracciato la giunta ha indicato una lunga serie di prescrizioni tecniche che riguardano in particolare lo smantellamento dei tratti di elettrodotto esistente che dovranno essere sostituiti con il nuovo impianto. Ancora da definire con i Comuni interessati il posizionamento di alcuni tralicci. La Regione ha assicurato che intende operare «continui e ripetuti monitoraggi ambientali sul fronte dell'inquinamento elettromagnetico, nonché interessarsi pienamente della manutenzione della struttura». Nella fase operativa è previsto l'utilizzo di elicotteri per la costruzione di alcuni piloni nei procedimenti considerati «più delicati» dai tecnici.
Gianpaolo Sarti

 

 

LA LETTERA DEL GIORNO - Ciclopedonale a Sistiana, vorremmo conoscere il progetto
 

Abbiamo appreso da questo giornale che il candidato sindaco Antonione si è speso pubblicamente con una proposta per la costruzione di un percorso ciclopedonale, a tre metri dal mare, da Grignano a Portopiccolo di Sistiana . Dopo aver salvato diligentemente il ritaglio dell'articolo (in caso di vittoria sarà bene rammentare a chiunque le promesse elettorali) immaginiamo che la realizzazione di tale percorso comporterà una notevole cementificazione oltre che una necessaria e continua manutenzione considerate le mareggiate. E a tale proposito ci piacerebbe conoscere più nel dettaglio l'eventuale progetto per valutarne l'impatto ambientale prima di anteporre dei giudizi negativi. Ma oltre all'uso della bicicletta nella provincia di Trieste Ulisse-Fiab sarebbe felice di conoscere quello che il candidato Antonione intende realizzare in termini di mobilità sostenibile e ciclabile dentro la città di Trieste,cosa che potrebbe interessare la mobilità quotidiana di un gran numero di triestini. Il comitato elezioni 2011 della nostra associazione ha presentato pubblicamente il questionario sulla ciclabilità ai candidati sindaci e stiamo raccogliendo le risposte. Ad oggi mancano ancora le risposte di Cosolini, Fedriga, Fortuna Drossi, Bolelli e appunto Antonione, mentre ci hanno già risposto Bandelli, Menis, e Maggiore. Vorremo pubblicamente quindi sollecitare ancora una volta i candidati ritardatari a risponderci. Sarà nostra cura pubblicare le risposte sul nostro sito: www.ulisse-bici/elezioni2011 Ulisse- Fiab Trieste Comitato Elezioni 2011
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 4 aprile 2011

 

 

Il Comune "boccia" il Porto di Capodistria
 

Inviato alla Regione un parere ambientale negativo sul potenziamento dello scalo d'oltreconfine
Anche i triestini nel loro piccolo si arrabbiano. Sarà pure casuale, come giura Roberto Dipiazza, ma fa quantomeno maliziare la notizia che il Comune di Trieste ha dato parere negativo al Piano regolatore del Porto di Capodistria per il potenziamento, in chiave internazionale, dello scalo nazionale (unico) della vicina Repubblica di Slovenia. La stessa Slovenia che ha reclamato di poter dire la propria sul Piano regolatore del Porto di Trieste, invischiato nei circuiti burocratici romani. La stessa Slovenia che si è appellata alla propria asserita facoltà transfrontaliera di opporsi al rigassificatore di Zaule. La stessa Slovenia che ha dimostrato una capacità di intercettare gli interessi di Unicredit in chiave superporto, che non ha paragoni rispetto alle proverbiali tempistiche d'Italia. La cronaca dice che il 31 marzo la giunta ha espresso, come detto, ai sensi delle direttive comunitarie, un parere negativo al "Piano statale per l'assetto ambientale del Porto per il traffico internazionale di Capodistria" nell'ambito della "procedura di consultazione transfrontaliera sulla Valutazione ambientale strategica", la Vas. La giunta Dipiazza evidenzia che «il Rapporto ambientale è stato elaborato disaggregando l'impatto dell'intervento sulle singole componenti ambientali senza tener conto degli effetti sinergici che le singole azioni comporteranno» e prende atto che «la quantità di emissione ed immissione di sostanze nocive attese non viene determinata». E così, prendendo spunto dal «parere favorevole» epperò con quattro "toste" prescrizioni fornito dal servizio Ambiente del Municipio di casa nostra (vernici fotocatalitiche a base di titanio per le malte, essenze arboree al fine di contenere le emissioni verso l'esterno, bagnatura per contenere lo scarico di materiali polverulenti, trasporto su ferro da privilegiare alla gomma durante il cantiere), la giunta sentenzia di «non poter ritenere condivisibile la valutazione complessiva espressa dagli analisti nel Rapporto ambientale secondo la quale la sistemazione complessiva del Porto è accettabile». Dipiazza stronca però le dietrologie: «È un documento tecnico e non politico, non esiste nessuna rivalsa nei confronti della Slovenia, abbiamo preso atto delle indicazioni arrivate dal servizio Ambiente e abbiamo girato un parere consultivo previsto dall'iter alla Regione, cui spetta la sintesi dei vari pareri».

(pi.ra.)
 

 

Scampi, alici e seppie stanno scomparendo dall'Adriatico
 

Pesca intensiva e surriscaldamento spopolano il mare L'esperto Diego Borme: «Dovremo rinunciare a mangiarli»
TRIESTE La pesca intensiva e l'alzarsi della temperatura del mare: sono i due elementi che stanno spopolando l'Adriatico. I pescatori triestini hanno lanciato l'allarme già mesi fa: le 5mila tonnellate di pesce che avevamo pescato nel 2005 si sono ridotte a 2.500 nel 2010. Ora Impresapesca Coldiretti ha stilato addirittura una classifica di pesci e crostacei che rischiano di mettersi sulla strada dell'estinzione: triglie e alici sono calate del 12%, naselli, merluzzi e seppie del 13%, gli scampi addirittura del 19%. Mai pescatori di Chioggia e di Venezia lamentano in queste settimane anche la pressoché totale sparizione delle seppie. Un andamento confermato dal dipartimento di oceanografia biologica dell'Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale di Trieste e in particolare dal ricercatore Diego Borme. «Specie quali le razze, i palombi e i rombi - spiega Borme - sono diventate merce molto rara proprio perché sono stati massicciamente pescati negli ultimi tempi, mentre l'innalzamento della temperatura del mare potrebbe essere la causa della quasi totale sparizione delle cosiddette "papaline" il cui nome esatto è spratto, animali che prediligono temperature più basse e che un tempo si pescavano in misura rilevante appunto nei mesi invernali». In Adriatico, infatti, si sono spinti in questi ultimi anni addirittura esemplari tipici dei mari tropicali quali il pesce serra e il pesce balestra. Il laboratorio di biologia marina di Fano sta studiando appunto il ruolo giocato in questo fenomeno dai mutamenti climatici e le zone di inquinamento, ma anche secondo Impresapesca della Coldiretti la ragione principale è comunque una pesca troppo intensa. Ora la nuova normativa imposta dall'Unione europea impone reti con maglie più larghe. «La conseguenza dovrebbe essere - aggiunge Borme - che calamaretti, latterini e seppioline, per esempio, spariranno dalle nostre tavole. È il prezzo che dovremo pagare per alcuni anni per permettere il ripopolamento del nostro mare». In realtà a causa della globalizzazione dei mercati l'effetto arriva attutito al consumatore. Al mercato ittico di Trieste, nel 2000, il pesce commerciato era per il 40% quello preso dai pescatori locali, ma l'anno scorso questa quota era già ridotta al 30%. E la merce che compriamo nelle pescherie arriva addirittura dal Senegal o dal Canada. La situazione è più favorevole nel Tirreno e nello Jonio dove la pesca sta andando bene. «Qui da noi - spiega Borme - e in particolare nell'Alto Adriatico, che è l'area più pescosa, il pesce è sotto pressione e gli esemplari non fanno in tempo a diventare adulti che vengono cacciati». Sono zone in cui, oltre tutto, incrociano pescherecci italiani, sloveni e croati e talvolta ci scappa anche qualche baruffa. «Amministratori e pescatori - conclude Borme - dovrebbero dare maggiormente retta agli istituti scientifici - in particolare per calibrare meglio i periodi di fermo pesca e per una selezione più accorta degli attrezzi con cui la pesca viene oggi compiuta»
Silvio Maranzana

 

 

Niente corsa, in 400 per Vivicittà ritorno alla passeggiata - Impegno sociale e l'invito a un uso consapevole dell'acqua
 

È ridiventata ciò che era all'origine: una pacifica passeggiata nelle vie del centro, senza la componente agonistica, che può essere ritrovata altrove, nell'ambito di altre manifestazioni. "Vivicittà", in programma ieri mattina anche a Trieste lungo le vie del centro, è insomma tornata all'antico ma sempre sotto l'organizzazione della sezione locale dell'Uisp, l'Unione italiana sport per tutti. Stando alle stime ufficiali dichiarate dall'Uips l'iniziativa ha richiamato poco più di 400 partecipanti, tornando appunto a essere quello che era stata nelle prime edizioni, disputatesi poco meno di trent'anni fa, cioè «la corsa di tutti, caratterizzata da un forte impegno sociale, civile e ambientale». E l'adesione di ieri ha portato subito gli organizzatori ad annunciare che «d'ora in poi sarà sempre così». Niente più corse agonistiche, spazio alla passeggiata per riscoprire il piacere di camminare in città. «Lo spirito che abbiamo visto trionfare stavolta - spiega Elena Debetto, referente dell'Uisp di Trieste - e che vede protagonisti famiglie, nonni e nipotini, gruppi di amanti delle passeggiate, fatte senza pensare al cronometro, per il solo desiderio di riappropriarsi di quelle parti di città che, quotidianamente, sono preda delle automobili e di tutti i mezzi a motore, è quello più vicino alla nostra filosofia associativa, perciò anche in futuro continueremo su questa strada». Ieri, a favorire lo svolgimento della manifestazione, c'è stata anche una splendida giornata primaverile e quasi estiva. Il sole ha insomma riscaldato gli animi e dato entusiasmo a coloro che, rinunciando forse alle prime tintarelle stagionali, hanno preferito calcare le strade del percorso predisposto dagli organizzatori. Famiglie di ogni età, con passeggini e anche cani al guinzaglio hanno sfilato con addosso la maglietta di Vivicittà. Un'iniziativa caratterizzata anche da un impegno sociale, con alcuni capisaldi come l'uso consapevole dell'acqua. Tutti i partecipanti alla manifestazione, infatti, erano stati invitati a munirsi di borraccia.

Ugo Salvini
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - Ecosportello gratuito

 

Punto informativo gratuito offerto dalla provincia per informazioni sul risparmio energetico. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico in via Donizetti 5/a, martedì 10-12, venerdì 17-19 ed a Muggia via Roma 22, tutti i giovedì 17.30 19.30. Info: 3665239111, www.legambientetrieste.it.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 3 aprile 2011

 

 

La Siot installerà un impianto anti-odori - Andres: non è una sperimentazione ma un vero e proprio progetto di riduzione delle emissioni
 

SAN DORLIGO DELLA VALLE Un impianto pilota per la mitigazione (ma non l'eliminazione) degli odori proveniente dai serbatoi di greggio. E' quanto vuole realizzare la Società Italiana per l'Oleodotto Transalpino, lo stabilimento sito a San Dorligo della Valle causa dei cattivi odori da anni denunciati da parte di centinaia di residenti del territorio. «Non sarà una semplice sperimentazione - ha spiegato in una nota il direttore generale della Siot, Ulrike Andres - bensì "in accordo con le istituzioni ed alla presenza dell'Arpa regionale, daremo il via libera al progetto di riduzione delle emissioni odorigene presso il Parco Serbatoi Siot utilizzando un impianto pilota già applicato con successo a Quiliano, in provincia di Savona». L'obiettivo del test è quello di verificare l'efficacia e l'efficienza del trattamento durante le operazioni di riempimento e di svuotamento del serbatoio, impiegando un greggio che risulta critico dal punto di vista delle emissioni odorose. «Contiamo di avere in breve tempo risposte puntuali ed esaurienti, in modo da poter presentare i risultati del test alle Autorità ma soprattutto - aggiunge la Andres - per addivenire ad una soluzione concertata e permanente». Cinque anni or sono la Siot aveva commissionato al Cigra uno studio sulle emissioni da petroliere e serbatoi costieri, con particolare riguardo ai relativi fenomeni olfattivi. Lo studio, durato un anno, ha rivelato che le esalazioni maleodoranti derivano da una particolare tipologia di petrolio, proveniente dal Mar Caspio (Cpc). E questo avviene a causa del suo elevato contenuto di composti solforati. Allo stesso tempo però è stato evidenziato, come ha voluto rimarcare l'azienda, «l'assenza di qualsiasi correlata criticità e pericolosità per la salute».

(ri.to.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 2 aprile 2011

 

 

Il Prg resta in agenda Così il Comune frena le diffide dei privati
 

Testo all'ordine del giorno di ogni seduta: l'ente si tutela da richieste di risarcimento o fascicoli della Corte dei conti
Proprietari di terreni e/o costruttori diffidano il Comune dal tenerlo inchiodato? Eppur si muove... Nonostante anche i muri del Municipio, sentita l'aria che tira lì dentro, siano oramai a conoscenza che il nuovo Piano regolatore non sarà ridiscusso prima della chiamata alle urne di maggio, la sua approvazione - come ha sentenziato l'altro giorno il presidente del Consiglio comunale Sergio Pacor dopo aver consultato la dirigenza del Municipio - continuerà in effetti a comparire all'ordine del giorno di qualsiasi seduta d'aula calendarizzata prima di quella stessa chiamata alle urne. E darà così la percezione - ineccepibile dal punto di vista formale - di procedere verso il varo definitivo. E pazienza se poi, ogni volta, sparirà dall'ordine effettivo dei lavori per via di un'apposita mozione d'ordine, di rinvio, che troverà puntualmente una maggioranza (centrosinistra, bandelliani, Udc e Lega) pronta a votarla. E che succeda nella conferenza capigruppo prima di una seduta d'aula - come giovedì - o direttamente in Consiglio - come la sera precedente - sarà un dettaglio. A palazzo c'è chi non fa mistero che sia un modo, inappuntabile come si diceva, per rispettare ciò che sta scritto nelle risposte date dal Municipio alle tre diffide che gli sono arrivate da altrettanti privati, interessati a farsi riconoscere dei permessi a costruire e a veder liberati i loro terreni dai regimi di salvaguardia cui sono sottoposti, regimi che decadrebbero comunque il 6 agosto se il Prg adottato - e inchiodato - non venisse approvato definitivamente entro quella data. In quelle risposte sta scritto, infatti, che l'iter del Prg non è fermo ma risulta nella lista dei provvedimenti già deliberati della giunta e sottoposti ora al Consiglio comunale proprio per il varo definitivo. E così il fianco non è prestato a eventuali richieste di risarcimento danni. Oltre a queste tre diffide - e ad altrettanti ricorsi pendenti al Tar - ce ne sono altre due firmate dall'Ordine dei geologi, che reclama come è noto dal Comune l'indizione di un bando pubblico per la relazione idrogeologica. Al momento non si ha notizia di nessun esposto o fascicolo alla Corte dei conti per danno erariale. Già perché, in fondo, la calendarizzazione perpetua del Prg può essere utile anche a lasciare "serena" la magistratura contabile.
Piero Rauber

 

 

PRG - Chiarimenti tecnici Quei 12 senza firma

 

I consiglieri, terrorizzati dal votare un Prg giuridicamente attaccabile, volevano lumi dai dirigenti . E questi ultimi hanno distribuito 12 risposte ad altrettante domande. «Ma su carta bianca, non firmata né intestata né protocollata», denuncia il verde Alfredo Racovelli. Niente paura - frenano il berlusconiano Camber, il padano Ferrara, il centrista Sasco e il democratico Omero - quelle 12 risposte sono state comunque lette dal vicesegretario generale Lorenzut in Sesta commissione, dunque sono finite a verbale. Racovelli non ci sta: «Una cosa è un verbale trascritto, un'altra un documento firmato. Fosse la stessa cosa, perché quelle 12 risposte non le ha firmate nessuno?».
 

 

PARCO DI MIRAMARE - Il Wwf raddoppia le visite
 

Area marina protetta di Miramare Visite a tema Domenica alle 11 e alle 15
Novità ad aprile per gli appuntamenti organizzati da Wwf Area Marina protetta di Miramare: non cambiano gli appuntamenti domenicali con un tema speciale diverso ogni settimana, ma la novità è che raddoppiano! Non più solo l'appuntamento della mattina alle 11, ma anche al pomeriggio alle 15. Inoltre da questo mese il Centro Visite sarà aperto anche i sabati, con orario uguale a quello domenicale, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 17,30. Il tema di domani sarà sui cetacei del nostro Golfo: incontro al Castelletto di Miramare, per parlare di balene e delfini del Mediterraneo e in particolare del Golfo di Trieste, per scoprire quali sono i frequentatori più assidui e gli ospiti più rari.
 

 

Indagine di EstOvest sui rischi del nucleare alla centrale di Krsko - RAI REGIONE
 

TRIESTE EstOvest, la rubrica della Tgr prodotta dalle sedi regionali Rai, in onda domani alle 11 su RaiTre, dedica ampio spazio al tema del nucleare dopo i tragici avvenimenti del Giappone, facendo una panoramica sulle centrali atomiche situate nel centro - est Europa. Eva Ciuk è andata a Krsko, in Slovenia, dove si trova l'impianto nucleare più vicino al territorio italiano. Segue un servizio realizzato a Budapest da Costantino Foschini, quindi un servizio di Giovanni Stefani dall'isola di Cherso, in Croazia sui grifoni, te, mentrec Gianni Giampietro va a Kruja, in Albania.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 1 aprile 2011

 

 

Ancora rissa sul Prg Costruttori furiosi: «Cantieri bloccati»
 

Altra conta e altro rinvio ma questa volta Piero Camber non si astiene e vota per far ripartire il Piano
Sospeso alla sera. Risospeso il pomeriggio seguente. Come non aveva trovato mercoledì in Consiglio comunale una maggioranza - la mozione di rinvio del padano Maurizio Ferrara aveva raccolto 20 sì (centrosinistra, bandelliani, Udc e Lega), 10 no (Lista Dipiazza sindaco compreso, Fli, Pri e Gruppo misto) e 8 astensioni (Pdl) - così il Piano regolatore non l'ha racimolata ieri in conferenza capigruppo, chiamati a stabilire l'eventuale ordine dei lavori d'aula in questi ultimi respiri di Dipiazza-bis. E qui è andata anche peggio: 23 a 17 col voto ponderale - un capogruppo vale tanti voti quanti consiglieri ha il suo gruppo - a favore del fronte trasversale che vuole che, di Prg, ne riparli il prossimo sindaco, e chissà se entro il 6 agosto, data di scadenza delle salvaguardie. «Sono notizie che non aiutano il comparto», prende atto Donatello Cividin, il numero uno locale dei costruttori, che ricorda come «600 operai se ne sono andati a casa in un anno e mezzo», a fronte di 27 piani particolareggiati e 25 permessi a costruire bloccati. «Auspichiamo - ancora Cividin - che quando le salvaguardie decadranno esista uno strumento utile e univoco. Abbiamo bisogno di certezze, e rapidamente, da chiunque diventerà sindaco». «L'incapacità di questo sindaco - incalza il candidato grillino Paolo Menis - costringerà i futuri consiglieri ad approvare in fretta e furia un pessimo Prg o arrendersi tornando all'applicazione del devastante piano Illy-Cervesi». Ieri il presidente dell'aula Sergio Pacor ha riferito che la mozione Ferrara ha spostato sì la discussione, che però dovrà formalmente essere messa al primo punto di ogni prossima seduta del Consiglio. E così se ne sarebbe dovuto teoricamente parlare lunedì 11 aprile, la prima seduta già calendarizzata per altre cose (depuratore e antenne). «E ogni volta, puntualmente, faremo una mozione per rinviare il Prg», fa capire che aria tira il bandelliano Bruno Sulli. Il capo del Pdl Piero Camber, però, ieri ha proposto un Consiglio sul Prg già lunedì 4, chiedendo si votasse. Risultato: 23 no - centrosinistra, bandelliani, Udc e Carroccio, gli stessi che avevano sostenuto la mozione Ferrara e 17 favorevoli: Lista Dipiazza (senza il sindaco, assente), Fli, Pri e Gruppo misto, gli stessi che avevano osteggiato la mozione Ferrara, più il Pdl, che mercoledì s'era astenuto. «Camber ha smentito se stesso», lo sfogo di Antonio Lippolis da Fli. «Come si cambia per non morire», cita la Mannoia Ferrara. «Noi non abbiamo cambiato idea nel giro di 16 ore», l'ironia dal Pd di Alessandro Carmi. «Camber con questa mossa dice "caro sindaco ti teniamo in scacco quindi cerca di rigare diritto"», sbotta Roberto Decarli dei Cittadini. «Ma sono io allibito dalla superficialità di certi colleghi - replica Camber - visto che la mozione Ferrara parla letteralmente di rinvio a data da stabilirsi, mica di non procedere». Dipiazza sceglie il silenzio, di lui risuona la polemica del giorno prima con il verde Alfredo Racovelli: «E ora come si giustificherà lui con i residenti di Rio Martesin?». La risposta di Racovelli: «Io penso a salvare la città dalle speculazioni complessive cui questo Prg la espone, non alla singola battaglia per quanto importante». Chiosa l'Udc Roberto Sasco: «Consiglio ai candidati sindaci di studiare un manuale di urbanistica...».
Piero Rauber

 

 

Rifiuti, rivoluzione in casa - DOCUMENTARIO
 

Casa della Musica via dei Capitelli 3 Info: tel. 040-3220551 info@lacappellaunderground.org
Nell'ambito della campagna "Semplici Scelte, Grandi Cambiamenti -Progetto di Comunicazione e Educazione sul tema dei Rifiuti Urbani per la Sostenibilità Ambientale" finanziato dalla Regione e realizzato dal Laboratorio Regionale di educazione Ambientale LaRea, si terrà oggi alle 20.30 all'auditorium della Casa della Musica la proiezione del documentario "Garbage! The revolution starts at home" (foto) di Andrew Nisker, documentario di produzione canadese che dimostra come il nucleo familiare sia diventato uno dei più feroci predatori ambientali del nostro tempo. Il film sarà presentato da Sergio Sichenze (direzione LaREA) e da Erica Zugna (Acegas Aps). La proiezione sarà a ingresso libero. Un furgone a "videobox" raccoglierà video interviste sul tema rifiuti e sarà presente da oggi a domenica in piazza della Borsa con i seguenti orari 11-13 e 15.30-19.30.
 

 

In piazza della Borsa la "casetta" ecologica che promuove riciclo e differenziata
 

Sbarca in piazza della Borsa oggi RE-, la "casetta" ecologica in legno con all'interno una mostra e un punto informativo sui temi del riciclaggio. Il piccolo spazio mobile ospiterà anche un "videobox" che permetterà ai cittadini di dire la loro sulla raccolta differenziata dei rifiuti attraverso delle video-interviste. I contributi saranno visibili on-line e diventeranno oggetto di un cortometraggio che verrà proiettato durante il Festival "Le voci dell'inchiesta", in programma a Pordenone (Cinemazero) dal 13 al 17 aprile. RE- è un piccolo spazio mobile in scatola di montaggio composto da assi di legno di abete non trattati, pannelli a scaglie di legno a basso contenuto di formaldeide e bottiglie di plastica PET. Quando il suo ciclo di vita si esaurisce, RE- può essere smontato e i suoi componenti riciclati.
 

 

VENDOLIANI - Riqualificazione energetica a Melara

 

«.. e se Rozzol Melara diventasse una "cittadella del sole" attraverso una riqualificazione energetica partecipata?». È questo l'incontro promosso da Sinistra, ecologia e libertà - oggi alle 18.30 al bar Knulp di via Madonna del Mare 7/a - che dopo l'introduzione di Giulio Lauri vedrà gli interventi dell'architetto Paolo Ferluga e il candidato sindaco del centrosinistra Roberto Cosolini.

 

Coordinamento - Contro le guerre

 

Sabato un presidio Il Comitato Pace e Convivenza e Solidarietà Danilo Dolci e la sezione di Emergency invitano i cittadini, le associazioni e le forze politiche a partecipare al presidio contro i bombardamenti in Libia che si svolgerà sabato in piazza Sant'Antonio dalle 17 alle 19.

 

 

SEGNALAZIONI - Nucleare e salute

 

Se quanto sta succedendo alle centrali nucleari del Giappone avrà conseguenze o no sulla nostra salute è una domanda lecita e sacrosanta che tanti si pongono. Speriamo la risposta sia no. Politici ed esperti ci rassicurano. Speriamo abbiano ragione. Ma ormai che le menzogne sono diventate il nostro pane quotidiano, a chi possiamo credere, di chi possiamo fidarci! Mai come nei momenti difficili come questo ci sarebbe la necessità di avere dei politici onesti credibili e al di sopra di ogni sospetto a cui far riferimento. Forse esistono, ma bisognerebbe saperli riconoscere fra le schiere dei bugiardi. Quanto sarebbe bello che a chi dice menzogne crescesse subito il naso come a Pinocchio così da poterlo immediatamente riconoscere!

Diego Logar

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 31 marzo 2011

 

 

Consiglio, Prg nel freezer Palla al prossimo sindaco
 

Sulla mozione di rinvio presentata dal Carroccio si è astenuto tutto il Pdl Contrari Lista Dipiazza e Fli, favorevoli centrosinistra, bandelliani, Lega e Udc
Dell'approvazione del Piano regolatore si occupi il prossimo sindaco. Con il nuovo Consiglio comunale. Questa è l'indicazione politica espressa ieri sera dall'assemblea uscente del Municipio. Nessuna interruzione dell'iter, che giunto in aula e iniziato con la relazione illustrativa del sindaco Roberto Dipiazza è stato di fatto avviato, ma un break alla discussione che lascia tutto congelato. Così com'è. A determinare la sospensione dei lavori e il loro rinvio a data da destinarsi, ma comunque «entro la scadenza dei termini di salvaguardia» come specificato dal leghista Maurizio Ferrara, cioè non oltre il prossimo 6 agosto, è stata la relativa mozione d'ordine presentata dallo stesso capogruppo del Carroccio. A votare per il "sì", oltre alla Lega, anche Udc, Pd, Rifondazione comunista, Verdi, Lista Rovis, Cittadini e Un'Altra Trieste: 20 favorevoli. Contrari Lista Dipiazza, con il sindaco in testa, Fli, Partito repubblicano e Gruppo Misto: 10 in tutto. Compattamente astenuto il Pdl, con i suoi otto rappresentanti. Proiettando la votazione alle elezioni, il centrodestra si è mostrato ancora una volta spacchettato: Udc da una parte con la Lega, Dipiazza e Fli dall'altra e il Pdl da una terza. Chissà cosa penserà Roberto Antonione osservando dall'esterno? In teoria il deputato berlusconiano candidato sindaco, Dipiazza e i pidiellini fanno parte della stessa squadra. Fino a prova contraria. Lo ricorda a modo suo il "bandelliano" Bruno Sulli (Un'Altra Trieste): «Questa è l'ultima coltellata inferta dalla cupola Camber al sindaco Dipiazza». Tecnicamente, fino al primo turno delle elezioni del 15 e 16 maggio, il Consiglio potrebbe proseguire la discussione sul Piano. Oggi, nel corso del vertice fra capigruppo indetto alle 13, verrà stabilito - sentito il parere del segretario generale - il nuovo calendario dei lavori riguardanti il Prg. Ma visto il voto di ieri, è politicamente chiaro che la questione slitterà sul tavolo della prossima amministrazione. «Abbiamo deciso di sospendere l'iter - spiega Ferrara - per non affrontarlo in campagna elettorale». Sulla stessa linea Roberto Sasco (Udc): «È inopportuno proseguire. Il nuovo sindaco, entro il 6 agosto, potrà chiudere la questione». L'opposizione se la ride: «Il voto di questa sera - rileva Alessandro Carmi, vicecapogruppo del Pd - avrà conseguenze politiche sulla campagna elettorale...». «Dipiazza ha perso la sua maggioranza - riflette Roberto Decarli (Cittadini) -. Al Prg a cui lui teneva, non credeva invece nessuno degli uomini chiave del suo schieramento, come Piero Camber».
Matteo Unterweger

 

 

PRG - Ma Piero Camber lascia una porta aperta: «Possiamo proseguire»
 

«Siamo rimasti spiazzati dal "no" di Dipiazza, a quel punto non potevamo votare contro di lui ma neanche contro i nostri alleati Udc e Lega. Il nostro eventuale voto contrario sulla mozione d'ordine non sarebbe stato comunque determinante». Piero Camber (nella foto), capogruppo del Pdl in Consiglio comunale, torna così sull'astensione compatta di ieri sera del Popolo della Libertà. «Peraltro - prosegue Camber - il rinvio della discussione era stato concordato in capigruppo. Ora l'iter è aperto, possiamo proseguire tranquillamente anche nel corso degli ultimi 45 giorni di consiliatura». Così il sindaco Dipiazza: «L'iter è ripartito entro i termini. Ho portato in aula il Prg per fare un regalo alla città, ma lo voterò con il prossimo sindaco visto che sono convinto vinceremo. Chi ha votato per la sospensione si prende le sue responsabilità - conclude -, in ogni senso».

(m.u.)
 

 

Energia - Fotovoltaico, a rischio fondi e occupazione.

 

 «A partire dal primo giugno gli attuali incentivi sul fotovoltaico saranno ridimensionati». Il Pdl Roberto Novelli ha lanciato l'allarme ieri in aula. L'assessore alle Attività produttive Federica Seganti ha assicurato che la Regione sta disponendo un bando per trovare nuovi fondi comunitari (2 milioni di euro) così da ridurre l'impatto del decreto sull'occupazione.

(g.s)

 

 

Riqualificazione energetica - INCONTRO PROMOSSO DA SEL

 

Promosso da Sinistra ecologia e libertà, si terrà oggi dalle 18.30 al bar Knulp di via Madonna del mare 7/a un incontro pubblico su "E se Rozzol Melara diventasse una cittadella del sole attraverso una riqualificazione energetica partecipata?" Introdurrà il coordinatore provinciale di Sel Giulio Lauri, presenterà l'architetto Paolo Ferluga. Parteciperà Roberto Cosolini, candidato a sindaco. Sono stati invitati imprenditori del settore ed esponenti dell'associazionismo e dell'ambientalismo cittadino. Tema dell'incontro, l'"isolamento a cappotto" che nelle case Ater dell'area permetterebbe di creare una «piccola centrale di produzione di energia pulita».

 

 

Agricoltura - La legge anti-Ogm soddisfa le categorie.

 

 Se, per la Confeuro, la legge anti-ogm, approvata lunedì in consiglio, si colloca «al limite del buon senso», per la Coldiretti «è un ottimo provvedimento che colma un vuoto legislativo e che premia il lavoro e la determinazione del sindacato agricolo». La Cia è invece soddisfatta «della possibilità di ampliare la sperimentazione e dell'eliminazione dell'articolo sulla ristorazione collettiva».

 

 

Nube di Fukushima zero effetti in Fvg Riavviata Krsko
 

Ciriani: «Nessun rischio per le persone dalla centrale nipponica. Pronti al raddoppio dell'impianto sloveno»
TRIESTE Nessuna variazione della radioattività in Friuli Venezia Giulia a seguito dell'incidente alla centrale nucleare giapponese di Fukushima. Lo ha reso noto il vicepresidente della Regione, Luca Ciriani, rispondendo alle interrogazioni in materia dei consiglieri Stefano Pustetto (Sel), Roberto Antonaz (Rc) e Alessandro Corazza (Idv). Le rilevazioni ad hoc dell'Arpa, ha affermato Ciriani, «hanno dato esiti nella norma». Nel frattempo la centrale nucleare slovena di Krsko è stata riavviata oggi dopo che il 23 marzo era stata fermata per problemi tecnici e di sicurezza. Lo hanno annunciato fonti dell'impianto secondo le quali la centrale è stata riavviata alle 3 della scorsa notte: «Lo spegnimento - fanno sapere dalla centrale - non ha avuto effetti sulle persone che vivono accanto all'impianto e sull'ambiente circostante». Il provvedimento si era reso necessario a causa di un fermo non programmato nella linea che va verso Zagabria, in Croazia, e il riavvio era stato ulteriormente ritardato da problemi ad un elettrodotto collegato all'impianto. Sulla richiesta di controlli proprio a Krsko, Ciriani in aula ha annunciato che «chiederemo di essere informati alla Slovenia sia sul profilo tecnico della centrale, sia sulle scelte politiche». Ciriani ha ribadito la volontà, già espressa più volte dal presidente della Regione, Renzo Tondo, di una partecipazione al progetto di raddoppio della centrale. «Posto che Krsko esiste e non c'è la possibilità di imporre la chiusura, la nostra idea è quella di chiedere la partecipazione della nostra regione al raddoppio del reattore. Realisticamente la centrale - ha aggiunto Ciriani - continuerà ad esserci ed è preferibile poter partecipare alla gestione della centrale, sia per i benefici energetici, sia per il controllo di sicurezza». Si dice insoddisfatto della risposta data dal vicepresidente della Regione, il capogruppo di Idv Alessandro Corazza: «Mi sarei aspettato che la Regione avesse o stesse elaborando un piano regionale per l'emergenza, di concerto con il Dipartimento nazionale di Protezione Civile, mettendo a disposizione dei cittadini tutto il materiale necessario in caso di catastrofe nucleare».
Roberto Urizio

 

 

Esternalizzazione dell'acqua La Cgil prepara una petizione - SAN DORLIGO
 

SAN DORLIGO Sull'esternalizzazione dell'acqua a San Dorligo sarà presentata presto una Petizione. La Cgil ha indetto ieri un'assemblea, a cui hanno partecipato un centinaio di persone, per spiegare chiaramente cosa succederà una volta che il servizio verrà ceduto ai privati. Sono state mostrate le tabelle in cui si potevano notare chiaramente i costi che verranno adottati in futuro, molto più alti, rispetto a quelli a cui la popolazione è abituata. «La popolazione è preoccupata sia per le tariffe, sia per la mancanza di un confronto tra il Sindaco e i cittadini» spiega Rossana Giacaz, Segretario della Funzione Pubblica «Il Sindaco continua a dire che non è una privatizzazione ma solamente un'esternalizzazione. Ma siccome è un'esternalizzazione ad una Spa e questa risponderà ai suoi soci azionari, per noi equivale a dire che si privatizzerà. È per questo che abbiamo deciso di presentare una petizione al Comune». La petizione, aperta ieri, è stata fatta dai cittadini di San Dorligo della Valle - Dolina chiedendo al Consiglio Comunale di rivedere la scelta di esternalizzazione del servizio idrico integrato che verrà affidato, entro il 2013, ad Acegas Aps Spa. Inoltre viene chiesto al Consiglio di inserire il Comune di San Dorligo della Valle - Dolina, esclusivamente per il servizio idrico, nella società pubblica Acquedotto del Carso Spa per un mantenimento di una forma gestionale legata al territorio e di intervenire da subito, visto l'aumento delle tariffe, presso l'Autorità d'Ambito in considerazione di quanto previsto dalla delibera dell'Ato (Ambito Territoriale Ottimale). «Stiamo aspettando un cenno di riscontro - conclude Giacaz - perché si poteva fare una convenzione con Acegas Aps senza mantenere le svantaggiose tariffe del Comune di Trieste».

(f.c)
 

 

SEGNALAZIONI - Rigassificatore: occhio alla scelta dei termini - l'intervento di LINO SANTORO
 

Abbiamo notato ultimamente che nei commenti relativi alle posizioni delle associazioni ambientaliste da parte de Il Piccolo alcuni (pochi per fortuna) vostri inviati cadono in errori semantici. Confondendo p.e. fra liquefazione e rigassificazione. La liquefazione avviene dove si trovano i giacimenti di gas. E' a destinazione che si fa la riconversione da liquido a gas. Sia in una fase che nell'altra vi sono problemi relativi alla sicurezza con la possibilità di incidenti di diversa gravità, fino al livello di evento catastrofico. La riconversione on-board fatta direttamente sulla nave gasiera, al largo, lontano dai centri abitati e da altre installazioni industriali è una soluzione molto più sicura perché riduce il danno alle popolazioni e il possibile effetto domino. Il GNL rigassificato è inviato tramite Submerged Turrets alla rete sulla terraferma. Il pericolo per le popolazioni è ridotto a zero tanto più perchè non vi è la necessità di depositi di gas liquefatto, che costituiscono un rischio permanente. Questo sistema risponde meglio anche alla dinamica commerciale del gas, che oggi permette contratti a breve termine dove la merce può anche cambiare destinazione: va al migliore offerente. Il gas è una tipica commodity. Sabato 19.03.2011 è stata pubblicata sul Piccolo la notizia della presentazione di un video del direttore scientifico di Legambiente Trieste Daribor Zupan, riguardante il rigassificatore di Zaule e le sue possibili alternative: nell'articolo si usa erroneamente la parola liquefatto invece di rigassificato. Sabato 26.03.2011 è apparsa, sempre su Il Piccolo, una chicca: un testo di risposta agli ambientalisti in cui si addebita l'errore semantico fra liquefazione e rigassificazione alle associazioni ambientaliste. E sui rischi di esplosione? È bene ricordare quanto dicono Havens e Spicer su una pubblicazione scientifica Elsevier in Journal of hazardous material del 2007. I due ricercatori ritengono possibile un'esplosione in ambiente semiconfinato quando la percentuale di metano nel gas naturale si aggira sull'85% (alcuni gas naturali hanno queste caratteristiche ) quindi con un alto contenuto in butano e propano. L'articolista parla di concentrazione senza specificare che l'argomento riguarda la concentrazione relativa fra gas diversi, come spiegato durante l'incontro del 18 marzo in Sala Tessitori. Quando una nube criogenica causata da una rottura di una tubazione o di un serbatoio si propaga allontanandosi dal luogo dell'incidente, si osserva un progressivo arricchimento nei gas più pesanti con l'aumento della distanza dal luogo dell'incidente, cioè aumenta la concentrazione relativa (p.e. la percentuale) di butano e di propano rispetto al metano. Il riferimento è la legge di Graham sulla velocità di diffusione, cioè di dispersione delle molecole componenti la nube. La velocità del metano è circa 2 volte quella del butano e 1,7 volte quella del propano. E' facile concludere che nella nube aumenta la percentuale di buta no e propano (e diminuisce la percentuale di metano). La nube, in ambiente semiconfinato, secondo Havens e Spicer, ha un comportamento simile a una nube di GPL, come quella che ha provocato il disastro di Viareggio.

Legambiente Trieste

 

 

 

 

IL SOLE 24 ORE - MERCOLEDI', 30 marzo 2011

 

 

Metrò e treni: in ritardo reti, spese e cantieri
 

L'Italia ha messo in campo negli ultimi quindici anni 21 miliardi di euro per realizzare metropolitane, tranvie, reti ferroviarie urbane e altri sistemi di trasporto di massa non su gomma. Circa 8,8 miliardi con la legge 211/1992 e 12,1 miliardi nella cornice della legge obiettivo, con copertura del 60% a carico dello Stato e il 40% degli enti locali.
Una massa di risorse che resta ancora in gran parte non spesa (solo 1,7 miliardi di opere completate e 7,1 miliardi di lavori in corso), a causa di ritardi nella progettazione, approvazione e realizzazione delle opere, e che dunque non è stata in grado di colmare il ritardo del nostro Paese rispetto all'Europa.
Il quadro emerge dal recente rapporto Isfort (Istituto superiore di formazione e ricerca per i trasporti) su «Il trasporto urbano su rotaia in Italia». Solo l'11,6% degli spostamenti urbani in Italia è fatto su mezzi pubblici, mentre l'88,4% è su mezzi privati. Tra chi utilizza i mezzi pubblici nelle grandi città solo il 36,5% usa mezzi su ferro.
Ma è il confronto internazionale a essere molto penalizzante. In Italia sono attivi 162 chilometri di metropolitane rispetto ai 350 km della Francia, 504 del Regno Unito, 543 della Spagna, 747 della Germania. I 36,6 km di Roma (Milano ne ha invece 74,6) sono inoltre superati dagli 81 km di Amsterdam, 65,3 di Vienna, 55 di Praga, 44 di Bruxelles.
Il confronto è negativo anche se si considerano le linee ferroviarie suburbane, che sono in Italia 591,7 km contro i 684 della Francia, i 1.392 della Spagna, i 1.634 del Regno Unito, i 2.034 della Germania (dati Pendolaria, Legambiente).
Secondo la Corte dei conti – che nel 2010 ha approvato una relazione sui «sistemi di trasporto rapido di massa» – «il ritardo dell'Italia rispetto agli altri paesi europei è rilevantissimo. Ciò si deve in parte alla non sufficiente quantità di risorse impegnate. Il sistema del trasporto rapido di massa urbano soffre di una mancanza di scelte strategiche e, al tempo stesso, di un eccesso di regolamentazione».
Circa l'entità delle risorse, il rapporto Pendolaria di Legambiente sottolinea come negli ultimi dieci anni il Governo abbia finanziato direttamente con la legge obiettivo solo 1,7 miliardi di euro per le metropolitane, rispetto agli 8 miliardi dati a strade e autostrade e i 587 milioni alle ferrovie. A questo si sono aggiunti fondi privati per le autostrade, facendo salire il totale a 35,5 miliardi (70% del totale), 6,3 miliardi di altri fondi statali per le ferrovie (totale a 6,9 miliardi, 13,7%) e 6,5 miliardi di altri fondi (in gran parte pubblici) per le metropolitane, per un totale di 8,2 miliardi (il 16,2%).
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 marzo 2011

 

 

Treni comfort in arrivo per i pendolari regionali
 

Siglato l'accordo da 45,6 milioni di euro con la società spagnola Caf Gli otto convogli avranno climatizzatori separati, prese per il pc e sedili "appesi"
TRIESTE Otto nuovi treni in servizio all'inizio del 2013. A risolvere le due maggiori criticità denunciate dai pendolari su ferrovia in Friuli Venezia Giulia: puntualità e pulizia. Treni spagnoli che la Regione ha acquistato ieri sottoscrivendo il relativo contratto di fornitura. Il costo è di 45,6 milioni di euro. Un percorso lungo e difficile. Iniziato nel giugno 2009 con l'avvio dell'iter per la scelta del fornitore, proseguito nell'ottobre con le operazioni di gara (cinque le ditte partecipanti) e chiuso solo apparentemente nel dicembre dello stesso anno con l'aggiudicazione provvisoria alla spagnola Caf (Construcciones y auxiliar de ferrocarriles), azienda che ha fornito tra l'altro nuovi treni alla metropolitana di Roma, alla ferrovia Roma-Lido e alla Sardegna, ed è il principale fornitore della rete ferroviaria pubblica iberica. Nel gennaio 2010 la procedura viene però sospesa a causa di ricorsi presentati al Tar Fvg e al Consiglio di Stato, prima della conferma dei giudici della validità dell'aggiudicazione, con sentenze di risoluzione dei contenziosi nel gennaio di quest'anno. La firma dell'assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi e del dg per le Attività internazionali della Caf Jesus Esnaola apre dunque il secondo tempo della partita, quello che porterà alla messa a disposizione dei nuovi mezzi entro dicembre 2012 per il debutto su rotaia nei due-tre mesi successivi. «Non è stato un iter semplice - riassume Riccardi -, ma il risultato ottenuto è di grande importanza e rilievo, a beneficio soprattutto di lavoratori e studenti fuori sede. Questi otto mezzi sostituiranno in parte un parco rotabile oggi arretrato e garantiranno puntualità e pulizia». Nel dettaglio si tratta di elettrotreni "Civity" a 5 moduli, allungabili a 6, di 90,4 metri di lunghezza ciascuno, 296 posti (con possibilità di espansione sino a 350) e punte massime di velocità di 160 chilometri orari. Il valore della fornitura è di 45,6 milioni, comprensivi di 400mila euro per la manutenzione nel corso del primo anno di servizio. Nel contratto è anche prevista un'opzione esercitabile fino a sei anni e mezzo dalla sottoscrizione per ulteriori 26 elettrotreni e 34 moduli aggiuntivi. Gli otto "Civity" in arrivo alla fine del prossimo anno (è prevista una penale di 5mila euro per ogni giorno di ritardata consegna), idonei a viaggiare anche sulle reti slovene (è allo studio l'utilizzo anche in Austria) dispongono di impianto di climatizzazione separato per ogni modulo, prese elettriche per computer, schermi informativi, tavolini apribili e sedili "appesi", per permettere una migliore pulizia delle carrozze, che sono pure rimuovibili per consentire il trasporto di biciclette al seguito dei turisti. «Questo acquisto - rileva ancora Riccardi - conferma l'impegno del governo del Friuli Venezia Giulia per un servizio di Trasporto pubblico locale sempre migliore, più efficiente, moderno e pulito, ma anche la scelta, sia per il trasporto passeggeri che per il traffico merci, di andare a creare una compagnia ferroviaria regionale facendo perno sulla Fuc, le Ferrovie Udine Cividale, che di recente, sempre con un contributo regionale, ha acquistato locomotori e carri da adibire al trasporto pesante, al servizio del sistema portuale regionale».
Marco Ballico

 

 

Il Piano regolatore verso il voto in aula ma si va al fotofinish
 

Ultimo giorno utile per avviare la discussione, a decidere saranno i capigruppo che si riuniscono nel pomeriggio
Ore di fibrillazione per la delibera sul Piano regolatore, dopo che ieri la commissione capigruppo e la sesta commissione, in due ore e mezzo, non sono riuscite a decidere se licenziare il documento e inviarlo all'aula. Oggi, ultimo giorno utile prima delle elezioni per iniziare in consiglio comunale la discussione sullo strumento urbanistico, la sesta commissione torna a riunirsi alle 12.30, assieme al sindaco Dipiazza, per stabilire appunto se licenziare la delibera o richiedere un supplemento di istruttoria. L'orientamento è di trasmettere la delibera all'aula. «La commissione deve portarlo in Consiglio - osserva il presidente Roberto Sasco - che è l'organo sovrano chiamato a decidere». L'ultima parola spetterà comunque ai capigruppo, che si riuniranno stasera, prima del Consiglio comunale, i quali dovranno stabilire se portare avanti direttamente la delibera o chiedere un voto in questo senso all'aula. Un chiaro messaggio al Consiglio l'ha mandato intanto il sindaco, presente alla seduta congiunta. «O approviamo il piano così com'è - ha sostenuto - e poi la nuova giunta farà le modifiche del caso, e in questo modo facciamo gli interessi della città, oppure rinviamo tutto ai futuri amministratori, che dovranno riesaminare il piano e si renderanno conto che è assurdo tornare alla variante 66, avendo comunque il tempo, fino al 6 agosto, per approvare questo piano». A sparigliare ieri le carte è stato un documento prodotto dagli uffici, e letto dal vicesegretario generale del Comune Fabio Lorenzut, nel quale sono contenute risposte a una dozzina di problemi tecnici e amministrativi emersi nelle diverse sedute in cui la sesta commissione e i capigruppo hanno affrontato la variante 118. Questioni tutt'altro che semplici, le cui risposte hanno sollevato dubbi e perplessità in diversi componenti della commissione. Nel caso il Consiglio fosse comunque chiamato a votare sull'avvio del dibattito sul Prg, di fronte a una situazione di sostanziale parità fra maggioranza e opposizione, il Fli risulterebbe determinante. «Abbiamo dei dubbi su una votazione così delicata durante la campagna elettorale - dichiara il capogruppo Antonio Lippolis - ma voteremo per portare avanti la delibera per il semplice fatto che tra pochi mesi (il 6 agosto, ndr) scade il periodo di salvaguardia. È sbagliato - aggiunge - concludere una consigliatura senza dare risposte ai cittadini sul piano regolatore, anche se di errori sul Prg gli uffici comunali ne hanno fatti tanti». In casa del centrosinistra il vicecapogruppo del Pd, Alessandro Carmi, si riserva una decisione. «Sono due anni che esprimiamo le criticità del Piano regolatore - osserva -. Stiamo esaminando le risposte fornite dagli uffici comunali e domani (oggi, ndr) decideremo». A ribadire la posizione del Pd, durante i lavori della sesta commissione, è stato il consigliere Stefano Ukmar, che fra le principali condizioni poste dal suo partito ha ricordato la pianificazione pubblica e non privata per le aree strategiche della città e la restituzione dell'edificabilità ai piccoli proprietari». Chi invece ha le idee già chiare è la Lega. «Non parteciperemo al voto sul piano - annuncia il capogruppo Maurizio Ferrara - come abbiamo già fatto in fase di adozione. Un no rafforzato dal fatto che, come hanno spiegato gli uffici, una modifica a qualunque intesa fra gli enti interrompe l'iter del piano. Non c'è quindi spazio per modificare l'intesa col Demanio sulla caserma di Banne, il cui ritiro abbiamo chiesto come pregiudiziale al voto»
Giuseppe Palladini

 

 

Fotovoltaico, parte il progetto - INIZIATIVA DELLA PROVINCIA - Installazione gratuita per i cittadini, individuato il gestore
 

Parte "La Provincia, i cittadini e il sole", il progetto per l'installazione di impianti fotovoltaici nele case dei cittadini che ne hanno fatto richiesta. La presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat con l'assessore Vittorio Zollia, ha presentato la convenzione con l'associazione temporanea d'impresa "Consorzio Abn a&b Network sociale Società cooperativa sociale" con sede a Perugia, costituita dal "Consorzio abn a&b network sociale Soc.coop.soc." di Perugia e dalla "Powercoop Soc.Coop." di Udine, mandatario - si legge in una nota di Palazzo Galatti - «con ampia esperienza nazionale per l'installazione di pannelli fotovoltaici». Approvato anche il testo del contratto che regolerà i rapporti tra il soggetto attuatore e i cittadini: vi è ribadito che nessun onere sarà a carico dei cittadini per la realizzazione dell'intervento e relative autorizzazioni. Gli unici oneri sono quelli già individuati e che non riguardano l'investimento e l'attività realizzativa e manutentiva, ma solo oneri introdotti dall'Autorità di vigilanza sull'energia (allaccio alla rete elettrica del doppio contatore). Per questi è previsto comunque il ristoro con rateizzaione e compensazione in sede di bollettazione. Ulteriore vantaggio riguarda la possibilità esplicitamente prevista di monetizzare l'eccesso di energia prodotta che alla fine dell'anno solare risulti immessa in rete e non consumata . Tutte le 1937 domande sono state ammesse dal punto di vista del mero riscontro formale. Si tratta ora di individuare se gli immobili possiedono i requisiti per installare i pannelli. Bando e modulistica sul sito www.provincia.trieste.it, o al numero 0403798498
leggi il comunicato della Provincia

 

 

Elettrodotto, bloccati gli espropri di Terna in zona San Pelagio
 

Protesta alla Comunella e a Visogliano di 80 proprietari - Contestata la mancata di traduzione in sloveno degli atti l'amministrazione

Svara: «Non eravamo stati informati»
«Non è certo per mancanza di volontà che non abbiamo preso parte alla manifestazione: semplicemente non ne eravamo al corrente, in quanto non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione in merito». L'assessore alle Comunelle di Duino Aurisina, Tjasa Svara, ha respinto al mittente le accuse serpeggiate ieri tra le fila dell'opposizione circa il disinteresse dell'ente locale a sostenere le istanze della popolazione.
DUINO AURISINA «Quei cavi, sopra le nostre teste, non passeranno». Lo hanno ribadito gli ottanta cittadini che ieri alle 9, armati di cartelloni e pronti a sfidare anche il folto drappello di carabinieri, agenti digos e poliziotti, si sono dati appuntamento sui terreni della Comunella situati vicino al cimitero per contrastarne l'esproprio da parte dei tecnici Terna. I residenti, sostenuti anche da diversi esponenti locali e regionali del centrosinistra, hanno respinto la presa in possesso, ritenendola nulla per difetto di traduzione slovena, in virtù della legge 38 che tutela la minoranza, e costringendo dunque i delegati della Spa a ripiegare. Assenti, invece, i rappresentanti del Comune, i quali non erano stati avvertiti dell'improvvisato sit-in, nel pomeriggio spostatosi a Visogliano. Già oggi il comitato sorto contro l'elettrodotto inoltrerà al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la formale richiesta di annullamento del progetto di aggiornamento della rete da Ronchi a Padriciano. Che a eccezione di un tratto in area monfalconese, non prevede alcun interramento, ma soltanto lo spostamento degli impianti all'esterno dei centri abitati di Visogliano e San Pelagio. La popolazione delle due frazioni, negli anni, ha sempre respinto il progetto, perlomeno auspicando - a colpi di petizioni, lettere alla Regione e ricorsi al ministero - il passaggio dei cavi nel sottosuolo. «Terna - ha reso noto Carlo Grgic, coordinatore provinciale e regionale delle proprietà collettive in Fvg - ha avviato le procedure di esproprio sui terreni della Comunella di San Pelagio, ma noi abbiamo respinto la presa in possesso in quanto l'atto è avvenuto 20 giorni prima della corretta ricezione di notifica, mentre le certificazioni recapitate a casa difettano di traduzione slovena. Inoltre una decina di proprietari ha già presentato querela contro ignoti per violazione delle proprietà, in quanto alcune persone hanno fatto ingresso nei loro terreni mettendo i picchetti». La mattinata, come intuibile, è stata movimentata. Il consigliere regionale della Slovenska skupnost- Pd Igor Gabrovec ha avuto un lungo diverbio con il rappresentante della società Terna, al quale ha fatto presente «il mancato rispetto delle basilari garanzie a tutela della comunità slovena locale». In particolare Gabrovec ha motivato l'obbligo della presenza di un interprete qualificato e della traduzione di tutti gli atti. Secondo il consigliere regionale l'inosservanza «rende nulli tutti gli atti e ogni altra pretesa della Terna». «Vergognoso - ha osservato il consigliere comunale del Pd, Massimo Veronese - il fatto che i tecnici ignorassero l'esistenza di queste norme». «Ormai - ha concluso Maurizio Rozza, consigliere Sel - l'unica cosa cui appellarsi è la possibilità di considerare i terreni coltivati a vitigni come luoghi di lavoro, dove la permenenza delle persone è prolungata».
Tiziana Carpinelli

 

 

Siot, 647 firme raccolte contro i cattivi odori
 

I cittadini contro l'azienda che propone solamente l'istallazione di un sistema di mitigazione delle esalazioni. Chiesto un consiglio provinciale straordinario
SAN DORLIGO DELLA VALLE L'installazione di un sistema di mitigazione delle esalazioni. Potrebbe essere questa la soluzione all'annoso problema dei cattivi odori provenienti dalla Siot e denunciati più volte dai residenti. L'ultimo tassello di questa battaglia per tornare ad avere un'aria respirabile è stata la petizione con la raccolta di 647 firme da parte di cittadini di Mattonaia, Francovec, Montedoro, Lacotisce, Dolina, Caresana e Zaule, zone contigua ai serbatoi dai quali provengono le forti esalazioni. E per combattere questi fenomeni odorigeni la Siot sta ora vagliando la possibilità di installare un sistema di mitigazione delle esalazioni - sullo stile di quello attualmente in funzione a Quiliano nel comune di Savona - che consiste nel vaporizzare degli appositi prodotti all'interno dei serbatoi dopo la vuotatura del greggio. Inizialmente il progetto prevede di operare su uno dei 32 serbatoi che sono installati nel territorio del Comune di San Dorligo. Una soluzione che i residenti, appoggiati dal Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, non hanno accolto con grande favore in quanto sarebbe opportuno eliminare completamente le esalazioni e non mitigarle con altri prodotti che potrebbero inquinare ancora di più l'ambiente. Alla presenza del direttore generale Ulrike Andres e del direttore operativo Nevio Grillo i residenti inoltre hanno espresso la preoccupazione sulla sicurezza della popolazione - dato che il terminal petrolifero è uno dei più grandi del Mediterraneo - visto il concomitante conflitto che si sta sviluppando in Libia. A tale proposito è stata proposto un aumento della vigilanza dello stabilimento, memori ancora dell'attentato terroristico di Settembre Nero accaduto nel 1972. I firmatari inoltre hanno proposto una copertura rigida per immagazzinare il greggio più odoroso effettuando una manutenzione delle guarnizioni. La battaglia dei residenti dunque prosegue senza sosta. Un situazione che in base alle risposte fornite dallo stabilimento non si è dunque ancora acquietata ma che anzi ha coinvolto anche i dirigenti dell'Arpa. Nel mentre il capogruppo di Forza Italia - Pdl in Provincia Claudio Grizon ha presentato al presidente del consiglio provinciale «la convocazione di un consiglio provinciale straordinario urgente sulla questione dei cattivi odori provenienti con ogni probabilità dai serbatoi della Siot». La richiesta inoltrata da Grizon è arrivata con il sostegno di tutti i consiglieri di opposizione presenti all'interno del consiglio provinciale.
Riccardo Tosques

 

 

Krsko riparte a fine settimana Finiti i controlli sulla centrale - DOPO LO STOP
 

LUBIANA La centrale nucleare di Krsko, in Slovenia, a circa 200 km da Trieste, dovrebbe essere riattivata entro la fine di questa settimana, dopo che mercoledì scorso era stata fermata a causa di problemi tecnici 'esternì, creatisi a un elettrodotto collegato all'impianto. Lo ha annunciato ieri l'Agenzia slovena per la sicurezza nucleare. Gli ispettori dell'Agenzia stanno effettuando i controlli sulle procedure per la riattivazione e sui lavori in corso per l'eliminazione di alcuni problemi tecnici che sono avvenuti dopo lo spegnimento automatico. Il direttore dell'Agenzia, Andrej Stritar, ha confermato al quotidiano di Lubiana "Delo" che sono in corso lavori per risolvere un problema con l'olio lubrificante nel meccanismo per le turbine e in quello che garantisce l'impermeabilità del reattore nucleare centrale. Il tempo fino alla riattivazione sarà adoperato anche per l'eliminazione di un problema minore alla pompa del reattore. Questo problema era stato notato anche prima, e ora si vuole cogliere l'occasione per risolverlo affinchè non sia necessario spegnere un'altra volta la centrale, prima della regolare revisione annua. Più volte è stato ribadito negli scorsi giorni che i problemi causati dall'elettrodotto esterno alla centrale, che hanno avviato il sistema di stop automatico, non hanno provocato nessun danno all'ambiente. Tant'è, è stato ribadito, che l'evento è stato categorizzato con il grado zero sulla scala che misura il rischio per la sicurezza e la salute. La centrale di Krsko, l'unica nei Paesi della ex Jugoslavia, è stata costruita nei primi anni Ottanta in maniera congiunta da Croazia e Slovenia, e la principale città più vicina all'impianto è Zagabria, a, 40 km. Il governo sloveno entro la fine di quest'anno intende presentare un programma di ampliamento della centrale che prevede la costruzione anche di un secondo reattore.
 

 

Ogm vietati con voto bipartisan - La Regione approva la legge anti-transgenico. Ma l'agricoltore ribelle rilancia: «Io seminerò lo stesso»
 

Via libera alla procedura d'urgenza per il credito d'imposta sull'Irap
Il Consiglio ha approvato con i voti della maggioranza la procedura d'urgenza per il ddl 153 che consente di accordare alle imprese della regione un credito d'imposta di 10 milioni di euro. L'opposizione, che ha definito la norma «un pasticcio», non ha partecipato al voto. La procedura era stata richiesta dall'assessore alle Finanze Sandra Savino alla luce dell'impugnazione da parte del governo della precedente norma contenuta nella Finanziaria 2010 sul credito d'imposta. «Così facendo lo Stato ha voluto che manovrassimo l'Irap - ha detto Savino - la norma specifica serve a far capire invece che si tratta di un contributo che non intacca il tributo statale». Il capogruppo del Pdl Galasso ha precisato che il nuovo ddl rappresenta «un compromesso» rispetto alle obiezioni di Roma senza il quale la Regione teme di non riuscire ad attribuire il beneficio. La commissione si riunirà oggi per discutere la questione. (g.s.)
di Gianpaolo Sarti wTRIESTE Il Consiglio regionale chiude la partita sugli Ogm. La legge passa liscia, o quasi, e ora in Friuli Venezia Giulia le coltivazioni geneticamente modificate sono vietate. Ma è caos. Perché Giorgio Fidenato, il ribelle, è intenzionato a usare comunque i semi incriminati. Dice in serata il presidente di Agricoltori Federati: «Vado per la mia strada, entro tre settimane userò gli Ogm, il diritto europeo me lo permette». A questo punto potrebbe scattare la rivolta dei centri sociali che meno di un mese fa avevano minacciato di distruggere i campi di Fidenato. L'aria fuori dall'aula è tesa. Dentro, invece, tutto è andato avanti come da copione. La normativa bipartisan, su cui Futuragra ha preso subito le distanze, è stata votata a larga maggioranza da centrodestra e centrosinistra. Contrari Venier dell'Udc, Ballaman e Asquini del Gruppo misto. Si sono astenuti i triestini del Pdl Tononi e Marini. Questo però non era previsto. Insomma, un segnale che le divergenze di vedute all'interno delle coalizioni restano. Perché la materia è delicata e il vero vincitore ieri pomeriggio è stato un altro: la paura. O, meglio, l'incertezza di tuffarsi in un mondo pieno di ombre. Dalla sfida per l'ambiente, innanzitutto, ai rischi per la salute «anche se ingoiamo tutti i giorni Ogm e non ci voltiamo indietro» si mormorava in aula. Per non parlare di tutti i "se" e tutti i "ma" legati alla vocazione agricola della regione. Chiusi i lavori la sensazione è che il Palazzo, in mancanza di una letteratura seria e obiettiva, abbia scelto di decretare un divieto "preventivo" per le piante Frankenstein, come oserà qualcuno. Un testo che non riesce a spazzare via i dubbi: fanno male o no le colture tech? Se lo chiedono un po' tutti i consiglieri prima di cominciare il proprio intervento. «Mancano ricerche scientifiche, utilizziamo il buon senso» dirà Roberto Marin (Pdl). Ritornello trito e ritrito. Anche perché la Lega Nord, con Mara Piccin, era partita come un treno per sentenziare che gli Ogm «vanno bloccati». D'accordo il partito di Berlusconi, Tononi e Marini a parte: «C'è chi pensa che i semi artificiali possa eliminare la fame nel mondo, ma non è così» è l'opinione del capogruppo del Pdl Galasso, che porta i numeri: «Solo 6 Paesi in Europa coltivano Ogm e 13 regioni italiane li hanno interdette». Dai banchi di Rifondazione Comunista Roberto Antonaz esorta l'assessore all'Agricoltura Violino a prendere posizione. Lui si aggiusta il microfono: «Le colture tech non sono convenienti per noi, meglio percorrere la strada che ci pagherebbe di più, cioè la qualità dei nostri prodotti». Scontata la battuta che si leva dai banchi in fondo: «Sì, tipicamente friulani». L'Italia dei Valori, con Agnola, è critica: «La discussione è stata surreale, nessuno si è interessato delle imprese senza reddito». Moretton, capogruppo del Pd, tira in ballo la Ue: «Ha una posizione ondivaga». Precise invece le regole che la legge ha emanato. A cominciare dalle sanzioni: chi non osserva il divieto va incontro a multe da 5 mila e 50 mila euro a ettaro. Sarà la Regione, attraverso il Corpo forestale, a vigilare sul rispetto della legge. Sono possibili sperimentazioni, «autorizzate e comunque al chiuso». Il provvedimento ora è pronto. La dichiarazione di guerra anche.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - assemblea legambiente

 

Oggi alle 17, in prima convocazione, e alle 18, in seconda convocazione, in via Donizetti 5/a, assemblea ordinaria dei soci del Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI', 29 marzo 2011

 

 

Energia, la lezione dei comuni- IL RAPPORTO - la mappa dei comuni

 

"Siamo verdi e autosufficienti"Presentato il dossier di Legambiente sulla diffusione delle rinnovabili nei municipi. Quelli che riescono a fare da soli con vento, sole e biomasse sono quasi mille, e il numero è in continua crescita. "Altro che contributo marginale"
Brunico, 15 mila abitanti, produce da rinnovabili il 100% di elettricità e energia che consuma
ROMA - Un comune su otto in Italia è autosufficiente dal punto di vista elettrico grazie a sole, vento, biomasse e geotermia; a Lecce si produce più elettricità verde di Friburgo, la celebrata capitale tedesca del fotovoltaico; nel 94% dei municipi italiani è presente ormai almeno un impianto rinnovabile. Accusate di essere troppo costose, marginali e inaffidabili, le fonti verdi si prendono la loro rivincita e lo fanno con "Comuni Rinnovabili 2011", il dossier di Legambiente che fotografa la diffusione delle micro centrali ad energia alternativa sul territorio nazionale.
Giunto alla sua sesta edizione, il rapporto illustrato oggi a Roma è "la migliore risposta a chi continua a sostenere che il contributo delle fonti rinnovabili sarà comunque marginale nel futuro del Paese". Una presentazione che ha molto il sapore di un "pride". "Per capire come stanno davvero le cose - spiega il curatore del rapporto Edoardo Zanchini - occorre guardarle nella giusta prospettiva. Se continuiamo a raccontare la questione energetica partendo dalle potenzialità d'installazione delle fossili è chiaro che non c'è gara, ma se scendiamo sul territorio per capire come le comunità rispondono alle esigenze locali allora i numeri ci danno ragione e ci rendiamo conto che gli obiettivi fissati dall'Unione Europea sono raggiungibili con incredibili vantaggi per tutti".
"Grazie a questi impianti - si legge nella premessa del documento - si sono creati nuovi posti di lavoro, portati servizi, riqualificati edifici e creato nuove prospettive di ricerca applicata, oltre, naturalmente, a una migliore qualità della vita... senza dimenticare bollette meno salate". Le cifre di questa rivoluzione che ci sta avvolgendo silenziosamente sono eloquenti. Il rapporto "racconta un salto impressionante nella crescita degli impianti installati nel territorio italiano. Sono 7.661 i Comuni in Italia dove si trova almeno un impianto. Erano 6.993 lo scorso anno 2, 5.580 nel 2009. In pratica, le fonti pulite che fino a 10 anni fa interessavano con il grande idroelettrico e la geotermia le aree più interne, e comunque una porzione limitata del territorio italiano, oggi sono presenti nel 94% dei Comuni. Ed è significativo che cresca la diffusione per tutte le fonti, dal solare fotovoltaico a quello termico, dall'idroelettrico alla geotermia ad alta e bassa entalpia, agli impianti a biomasse e biogas integrati con reti di teleriscaldamento e pompe di calore".
Una forza tanto irresistibile quanto discreta che, denuncia ancora Zanchini, "finisce quasi sempre per essere sottorappresentata". Come testimonia il caso di Tocco da Casauria 3, municipio premiato lo scorso anno dal Rapporto, ignorato in Italia, e innalzato a esempio virtuoso per il mondo intero dalla prima pagina del New York Times. Le esperienze raccontate e catalogate nel Rapporto, si legge ancora nella premessa, "mettono il nostro paese senza che ve ne sia la consapevolezza, nel gruppo di punta della ricerca internazionale". Zanchini, oltre a Friburgo, cita quindi il caso di Samso 4, l'isola danese a emissioni zero. "Lì - spiega - la vocazione alla sostenibilità pubblicizzata globalmente è divenuta motivo di attrazione turistica, ma in Italia la percentuale di realtà simili è altissima e in continua crescita".
Il Rapporto 2011 esalta in particolare i comuni alpini di Morgex e Brunico per la loro capacità di diventare 100% rinnovabili, non solo per i consumi elettrici ma anche per quelli termici (riscaldamento e acqua calda), attraverso un mix di fonti diverse. Un contributo decisivo, così come avviene per gli altri 18 municipi italiani che possono vantarsi di essere completamente autosufficienti, arriva in particolare dagli impianti di teleriscaldamento a biomasse. Il bacino delle realtà locali virtuose si allarga poi massicciamente se ci si limita a prendere in considerazione l'indipendenza elettrica. In questo caso il numero di municipi 100% rinnovabili balza a quota 964. Importante, per capire davvero la portata del fenomeno, il fatto che nella classifica dei migliori accanto alle "solite" piccole comunità di montagna inizino ad affacciarsi anche delle vere e proprie città e località del meridione. Un capoluogo di provincia come Treviso riesce ad esempio a coprire il 100% del fabbisogno elettrico dei residenti, mentre tra i comuni che raggiungono l'autosufficienza ci sono anche Isernia, Agrigento e Lecce.
"Anche il Sud comincia a muoversi - conclude soddisfatto Zanchini - ma per dare continuità a questa straordinaria rivoluzione occorre semplificare le normative d'autorizzazione, dare certezze agli investimenti, avviare serie politiche di efficienza energetica e iniziare gli indispensabili interventi di adeguamento della rete alle nuove caratteristiche della microgenerazione distribuita". In altre parole occorre che veda finalmente la luce il Piano energetico nazionale atteso ormai da anni e che sia un piano orientato alla sostenibilità.
VALERIO GUALERZI

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 marzo 2011

 

 

Ronchi Nord-Ronchi Sud nell'Alta velocità - INFRASTRUTTURE
 

La bretella ferroviaria tra le stazioni di Ronchi Nord e Ronchi Sud, in provincia di Gorizia, è inserita a pieno titolo nel Piano regionale delle infrastrutture. Lo ha confermato l'assessore regionale alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi, che nel capoluogo isontino ha concluso il convegno «Gorizia-Nova Gorica-Sempeter/Vrtojba, cerniera ferroviaria d'Europa», promosso dall'Amministrazione comunale. Il convegno è stato organizzato proprio sulla base delle preoccupazioni per le ipotesi progettuali avanzate da RFI (Rete ferroviaria italiana) sulla linea ad Alta Velocità e Alta Capacità Venezia-Trieste.
 

 

La legge anti-Ogm supera l'esame del tavolo verde - OGGI IL DIBATTITO IN AULA
 

Coldiretti, Cia e Confagricoltura disertano per protesta la riunione convocata dall'assessore Violino: «Così non si va avanti» Suspense per il voto Pronti gli ultimi correttivi
UDINE Su un tema trasversale, anticipa qualche consigliere di lungo corso, «tutto è possibile». E anche Claudio Violino, che pure è fiducioso, usa prudenza: «La politica, si sa, è ballerina». In Consiglio regionale è il giorno degli Ogm e di una legge che dovrebbe fare del Friuli Venezia Giulia una regione in cui vige il divieto assoluto di coltivazioni transgeniche. Un articolato «snello» e «a prova di impugnazione», commenta l'assessore all'Agricoltura confermando il testo uscito dalla seconda commissione, con qualche lieve modifica di carattere tecnico che non intacca un impianto mirato anche a stoppare le semine "ribelli" che hanno tenuto banco l'anno scorso nel Pordenonese. La legge vieta sul territorio regionale gli Ogm consentendo solo una deroga a fini sperimentali «purché in ambiente sottoposto a controllo». Siti e verifiche sulla sperimentazione saranno di competenza dell'Ersa mentre toccherà al Corpo forestale regionale il compito della vigilanza: sono previste sanzioni da 5 a 50mila euro a ettaro in caso di violazione delle norme. Ieri è arrivata una sostanziale condivisione sulla proposta di legge da parte degli addetti ai lavori riuniti al Tavolo Verde convocato da Violino nel palazzo della Regione a Udine, un passaggio che ha definitivamente sancito la spaccatura tra assessorato da una parte e Coldiretti, Cia e Confagricoltura dall'altra, assenti polemicamente. L'assessore, dopo aver difeso «l'unico vero tavolo di concertazione rimasto nell'era Tondo», ha commentato: «L'assenza delle tre maggiori associazioni di categoria di certo pesa e non possiamo rimanere indifferenti, ma mi rincuora il fatto che l'agricoltura sia di nuovo al centro del dibattito politico». Per ora si va avanti così. Ma, non ci fosse un ritorno al Tavolo di Coldiretti, Cia e Confagricoltura, «dovremo necessariamente ripensare lo strumento o addirittura fare una riflessione sull'opportunità di mantenerlo o meno», ammette Violino. I presenti - Legacoop, associazione Allevatori, ordine dei dottori Agronomi, Confcooperative Friuli Venezia Giulia, Kmecka Sveza, Consorzi di bonifica ed Ersa - concordano: il Tavolo Verde, con la defezione delle maggiori organizzazioni sindacali di categoria, non è fattibile. Di qui l'appello alla ricucitura per evitare di «penalizzare in maniera pesante il confronto tra le parti sociali». All'ordine del giorno di ieri anche le proposte di Confcooperative di istituire una doc regionale Fvg, superare la frammentazione del comparto vitivinicolo e riorganizzare la filiera.

(m.b.)
 

 

Antenne, la protesta del Comitato - E il presidente del parlamentino chiede la rete fognaria per la parte alta dell'area
 

Se nel rione della Maddalena mancano una farmacia, un ufficio postale e un bel giardino, tra il verde di Campanelle spuntano invece come funghi le antenne dei gestori di telefonia mobile. Nella parte alta non c'è una rete fognaria e nemmeno il gas, e le strade sono troppo strette ormai per reggere il traffico di auto. Silvio Pahor, presidente della Quinta circoscrizione, auspica che il prossimo sindaco si prenda cura di queste due parti della città. «La mia speranza è che l'intervento di riqualificazione dell'ex comprensorio della Maddalena sia puntualmente eseguito con un respiro ambientale», dice Pahor: «Dovrebbero esserci almeno 3mila metri quadrati di verde pubblico oltre al megacomplesso residenziale, ai parcheggi e al supermercato. Per Campanelle invece chiedo al prossimo sindaco di mettere a posto la fognatura pubblica e di affrontare il problema del traffico con un piano particolareggiato per queste zone dove le strade sono molto strette. Le persone chiedono anche più servizi, ad esempio l'ampliamento nelle ore serali del servizio di trasporto pubblico non guasterebbe». Sul fronte antenne è in discussione in Consiglio comunale un piano per regolare la collocazione futura delle antenne. un piano però che per Ernesto Gandusio e il Comitato "Antenne della vergogna" avrebbe ben poca utilità perché gran parte delle antenne sono già state installate. A Campanelle il primo palo con in cima l'antenna - impossibile non vederlo, è alto 24 metri - è apparso nel 2007; più in là sul tetto di una casa spunta un'altra antenna. E infine ecco l'ultima arrivata, nel 2009, in via Budrio: un altro palo chilometrico e un filo verde che corre lungo i piloni dell'illuminazione pubblica e va a collegarsi alla centralina costruita accanto a quella dell'AcegasAps. Giuliano vive in via Budrio. Mentre stavano lavorando, dice, «ho chiesto cosa stessero facendo, mi hanno risposto che si trattava di lavori di manutenzione della rete fognaria, invece a lavori conclusi abbiamo scoperto che era un'antenna. Il sindaco ci aveva promesso di mettere una centralina per sei mesi, per effettuare le rilevazioni, ma finora non l'abbiamo vista». Ernesto Gandusio qualche soluzione ce l'avrebbe: «Intanto - spiega - spostare le sette antenne, comprese queste due di Campanelle (la terza si trova sul tetto di una casa privata), per le quali il Consiglio comunale aveva già deliberato a maggio dell'anno scorso. Ma soprattutto pianificare con l'assenso dei cittadini l'installazione di nuove antenne».

(i.gh.)
 

 

Certificazioni energetiche senza segreti  - POLO ISONTINO
 

Lunedì prossimo, dalle ore 15 alle 18, si terrà a Gorizia il seminario "Lettura Critica e Consapevole della certificazione energetica", tenuto dall'ingegner Rosario Di Maggio, membro del comitato tecnico scientifico Ares, l'Agenzia regionale per lo sviluppo sostenibile. Il seminario si svolgerà negli spazi dell'Auditorium del Formedil Gorizia, in via del Montesanto 131/42 ed è aperto a tutti gli iscritti ai corsi di Scienze dell'Architettura di Gorizia. L'appuntamento dedicato alle certificazioni energetiche rientra nel ciclo di incontri intitolato "Materiali, Tecniche, Riferimenti per un Costruire consapevole", organizzato dalla facoltà di Architettura dell'Università di Trieste, Corso "Laboratorio Costruzione dell'Architettura" in collaborazione con la Scuola Edile della Provincia di Gorizia. Per informazioniè possibile rivolgersi a Formedil Gorizia - quaglia.maurizio@cassaedilego.it , telefono 0481533825, fax: 0481536406 - oppure direttamente ai referenti dell'ateneo triestino nel Polo universitario di Gorizia. In questo secondo caso l'indirizzo a cui scrivere è deperini@pug.units.it.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 28 marzo 2011

 

 

Energie rinnovabili il governo vara una serie di incentivi - DISEGNO DI LEGGE
 

ROMA Un nuovo decreto per riorganizzare il sistema degli incentivi delle rinnovabili è atteso a giorni. Già oggi la bozza del testo, di quello che sarà il quarto conto energia, verrà presentato alle Regioni nel corso di un incontro tecnico al ministero degli Affari regionali. Dopo la riunione il quarto conto energia dovrebbe venir esaminato dalle associazioni di settore e successivamente passare al vaglio del Consiglio dei ministri di mercoledì. Sono due i punti qualificanti della bozza del provvedimento che tenta di ripristinare, anche se riorganizzati, gli incentivi al settore delle rinnovabili italiane: l'inserimento di un tetto annuale di 2 gigawatt di potenza installabile, con i due terzi costituti da impianti non superiori ai 200 kilowatt; e la decurtazione degli "aiuti" in modo progressivo fino ad arrivare a una riduzione compresa tra il 15 e il 20%. Mentre, è ancora allo studio una soluzione che garantisca gli investimenti pregressi, tagliati fuori dallo stop della precedente norma che di fatto interrompe gli incentivi al 31 maggio 2011 per gli impianti non ancora entrati in esercizio cancellando quanto stabilito dal terzo conto energia approvato ad agosto. A rischio ci sono attualmente 15.000 posti di lavoro.
 

 

No alle coltivazioni Ogm Multe fino a 50mila euro
 

Approda domani in aula la discussa legge. Si profila un fronte bipartisan Ma non sono escluse sorprese. Polemica tra Fidenato e i "no global"
TRIESTE La legge che vieta le coltivazioni Ogm in Friuli Venezia Giulia approda in Consiglio. Domani l'aula è chiamata a votare l'intero articolato che la Commissione competente ha deliberato nelle scorse settimane. Il provvedimento è bipartisan e maggioranza e opposizione sono sostanzialmente d'accordo a chiudere velocemente la partita. Anche perché la stagione di semina è alle porte e la Lega Nord fa pressing per evitare qualsiasi colpo di mano da parte degli agricoltori dissidenti. «Vogliamo proteggere il territorio dalle contaminazioni e continuare a puntare sulla qualità dei nostri prodotti» - è stata la posizione espressa dal Carroccio e condivisa da Pdl e Partito Democratico. Una chiara copertura normativa, peraltro, consentirebbe di alzare un muro contro chi intende sperimentare coltivazioni non naturali. Come Giorgio Fidenato di Agricoltori Federati che, oltre ad aver osteggiato il testo durante l'ultima audizione in Consiglio, ha annunciato di voler ripartire con la coltura di mais transgenico. Una sfida a viso aperto che ha fatto salire la tensione che da tempo incombe sulla legge. Dopo le dichiarazioni di Fidenato i centri sociali hanno alzato la voce minacciando un bliz analogo a quello messo a segno un anno fa a Vivaro. «Se sarà così gli distruggeremo i campi» è stata la promessa di Luca Tornatore, rappresentante dell'associazione "Ya basta". La battaglia sugli Ogm, dunque, sembra destinata a consumarsi fuori dal Palazzo. In Consiglio invece la strada è tutto sommato in discesa: le forze politiche hanno già opposto le loro osservazioni attraverso gli emendamenti passati dopo la discussione in commissione. L'unico ostacolo potrebbe presentarsi con l'Udc. Il consigliere Giorgio Venier Romano, assieme al collega del Gruppo Misto Roberto Asquini, è contrario a vietare coltivazioni geneticamente modificate. Il comportamento in Aula dei due consiglieri è ancora un punto interrogativo. Anche il Pd sta cercando di presentarsi compatto al voto e non solo per dare un segnale di unità: il testo che sarà esaminato ha introdotto varie novità rispetto all'impianto di partenza. Non manca, quindi, materia per possibili divergenze all'interno del gruppo. Gli emendamenti, infatti, hanno stabilito precise sanzioni per chi non osserva il divieto imposto dalla legge; la Regione, che si impegna a svolgere attività di vigilanza sul rispetto del provvedimento attraverso il Corpo forestale, prevede inoltre multe da 5 mila a 50 mila euro a ettaro in caso di violazione. L'altro nodo da sciogliere riguarda la possibilità di sperimentazione di Ogm. Al momento la legge ha sancito che è necessaria un'autorizzazione e un controllo delle autorità preposte.
Gianpaolo Sarti

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - DOMENICA, 27 marzo 2011

 

 

“ZAULE COME FUKUSHIMA?”

 

I potenziali rischi dovuti ad errori e trascuratezze nella progettazione del rigassificatore di Zaule sono stati esaminati oggi, alla luce del recente disastro della centrale nucleare di Fukushima, dagli scienziati del Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste promosso dalla UIL Vigili del Fuoco nel corso di una conferenza stampa aperta al pubblico tenutasi al Caffè degli Specchi di Trieste.
Gli esperti: “ll contenimento dei costi di realizzazione dell’impianto si riflette negativamente sulla sicurezza antropica e sulla qualità dell’ambiente. Si è evitato di analizzare l“effetto domino” che in caso di incidente si innescherebbe tra i quattro impianti a rischio di incidente rilevante, derogando pesantemente alle rigide norme di sicurezza internazionali vigenti: impianti così non vanno ubicati dentro una città. ll prezzo finale del prodotto così ottenibile è assolutamente fuori mercato. L'effetto Libia è marginale: non ci serve alcun rigassificatore a terra né oggi, nè domani. Di qui a qualche anno sarà possibile trasportare via mare gas compresso che non avrà bisogno di impianti di liquefazione e, quindi, di rigassificatori”.
Il disastro della centrale nucleare di Fukushima deve far riflettere. Secondo gli standard di sicurezza internazionali infatti un impianto di rigassificazione costituisce un rischio che è secondo solo a quello di una centrale nucleare. Le analisi degli scienziati del Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste hanno ampiamente evidenziato che alla base dell'incidente nucleare giapponese c'è l'errore umano, sempre possibile anche in un paese ipertecnologico - a rischio sismico - come il Giappone, dove da decenni gli standard di progettazione sono elevatissimi.
Quale scenario si prospetta per Trieste, in un territorio dove l'esperienza sui rischi antropici non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella giapponese, alla luce della recente decisione ministeriale che, sull'ondata emotiva dell'incidente nucleare giapponese, usa la crisi Libica per giustificare il rilancio della rigassificazione quale prima alternativa energetica per il Paese, rendendo così di importanza strategica il progetto di Gas Natural?
Le motivazioni della contrarietà al progetto dell'impianto di Zaule – definito dagli esperti “insufficiente, impreciso e lacunoso” - sono state ribadite oggi (sabato 26 marzo) nel corso di una conferenza stampa aperta al pubblico dagli esperti del Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste promosso dalla Uil Vigili del Fuoco e costituito da scienziati il cui ruolo consiste nell’elaborazione di una valutazione oggettiva dei rischi industriali e antropici implicati nel progetto del cosiddetto “Terminale di Ricezione e Rigassificazione Gnl Zaule-Gas Natural”, soprattutto alla luce delle risultanze delle risposte formulate da Gas Natural a seguito delle domande prospettategli dal Tavolo Tecnico della Provincia-Università-OGS-SISSA-Area di Ricerca.
“Prevedere e coprire tutti i rischi – ha spiegato il prof. Gianrossano Giannini, docente di Fisica nucleare dell'Università di Trieste - oltre che difficile è costoso. Non sempre chi realizza impianti, strutture o macchinari è in grado, o disposto, a pagare per gararantire la piena sicurezza. E i rischi, specie se trattati superficialmente o addirittura non calcolati, storicamente hanno causato gravi danni”.
“Il contenimento dei costi di realizzazione dell’impianto – ha lamentato la prof.ssa Marina Zweyer, docente di Biologia dell'Univ.Trieste - si riflette negativamente sulla sicurezza antropica e sulla qualità dell’ambiente. L'impianto di Rigassificazione si basa su scelte progettuali che evidenziano il contenimento dei costi di realizzazione e gestione: l'ipotesi di clorazione dell'acqua è una di queste. Benché siano disponibili altre tecniche, il proponente si è cristallizzato su questa posizione a dispetto di quanto sostenuto da più voci, sia in Italia che in Slovenia”
“Su questo esiguo lembo di terra – ha osservato l'ing. Marino Valle, esperto di Sicurezza antincendio e infrastrutture energetiche - sono stati imposti ben quattro impianti a rischio di incidente rilevante: un rigassificatore, una centrale di lancio con annesso metanodotto e adiacente centrale turbogas a terra e un rigassificatore in mezzo al mare, servito dal medesimo metanodotto, ma i cui progetti sono stati trattati come se queste fossero indipendenti l’una dall’altra, evitando di analizzare gli “effetti domino” che in caso di incidente si innescherebbero sicuramente tra questi impianti, derogando pesantemente alle rigide norme di sicurezza internazionali vigenti. Se si analizzano i costi necessari per la sorveglianza, a fronte dell’obiettivo sensibile rappresentato da un simile polo energetico, ci si renderà conto che il prezzo finale del prodotto così ottenibile è assolutamente sproporzionato e privo di una logica economica che giustifichi la costruzione di un impianto basato su tecnologie obsolete e superate dalla realtà del mercato internazionale del gas, che già impiega impianti meno impattanti e meno pericolosi di quelli che ora si vorrebbero installare qui”.
“Il progetto del rigassificatore di Trieste – ha rilevato il dott. Livio Sirovich, geofisico e geologo dell'OGS, si basa su clamorosi errori (e addirittura trucchi). Anche il rigassificatore è un impianto soggetto ad incidenti rilevanti (per incendi ed esplosioni). Impianti così non vanno ubicati dentro una città”.
“Circa la guerra in Libia – ha affermato Giorgio Trincas, docente di Propulsione navale e di progettazione navi dell'Università di Trieste - è in atto una disinformazione mediatica che vuole far leva sulla paura di restare al freddo nel prossimo inverno come effetto combinato della crisi libica e dell’impossibilità di far decollare il piano nucleare dopo la catastrofe giapponese. In realtà non ci serve alcun rigassificatore a terra né oggi (l’effetto libico è marginale), nè domani (la tecnica offre subito soluzioni navali più sicure, diversificate, e meno costose). Di qui a qualche anno sarà possibile trasportare via mare gas compresso che non avrà bisogno di impianti di liquefazione e, quindi, di rigassificatori”.
Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 marzo 2011

 

 

«Gas Natural, l'impianto sarebbe troppo pericoloso» - TAVOLO TECNICO
 

«Le risposte che Gas Natural ha dato alle domande che la popolazione ha potuto formulare sul rigassificatore, grazie all'intervento della Provincia, sono insufficienti. Non posso parlare a nome della giunta e del consiglio di palazzo Galatti, che si pronunceranno per le vie istituzionali, ma sono molto perplesso davanti alla carenza delle argomentazioni di Gas Natural». È una presa di posizione decisa quella dettata ieri da Vittorio Zollia, assessore provinciale all'Ambiente. Intervenendo alla fine dell'affollato dibattito "Zaule com Fukushima? I potenziali rischi del rigassificatore di Zaule", organizzato dal Tavolo tecnico rigassificatori Trieste e promosso dalla Uil Vigili del Fuoco, Zollia ha parlato di «comportamento inaccettabile da parte della Gas Natural». Prima di lui numerosi esperti hanno espresso totale negatività nei confronti del progetto giudicato «pericolosissimo, perché l'impianto sorgerebbe vicino ad aziende come la Siot, con cui in caso di incidente si potrebbe originare un effetto domino devastante; ed è comunque di scarso interesse anche sotto il profilo economico». «A Trieste transita ogni anno un'enorme quantità di petrolio - ha detto Adriano Bevilacqua, del Tavolo tecnico e della Uil - se facciamo il rigassificatore Trieste può diventare la Fukushima italiana». Gianrossano Giannini, docente di Fisica nucleare all'Università, ha portato dati sul terremoto in Giappone per dire che «è evidente il rischio che comporterebbe la presenza di un rigassificatore a Trieste». L'ingegner Marino Valle ha ricordato il rischio attentati, citando il Settembre nero del '72. Secondo Livio Sirovich dell'Ogs «non si può solo sperare che l'incidente non si verifichi. Gas Natural continua a dire che non ci sono rischi, ma esiste la Siot. Questa - ha dichiarato - è una commedia dell'assurdo perché si truccano i dati e le traduzioni fatte dalla Gas Narural sono forzate. L'Ogs non è d'accordo». «Rispetto ad altri impianti già realizzati - ha osservato l'ingegner Giorgio Trincas - questo costa relativamente poco. Come mai? Si risparmia sull'aspetto sicurezza. Inoltre in Italia abbiamo già una sovrapproduzione di gas».
Ugo Salvini

 

 

Ferrovia Klagenfurt-Graz al via i lavori del tunnel
 

Domani il primo colpo di piccone alla presenza anche del governatore Tondo È un'opera fondamentale per il Corridoio adriatico-baltico e il porto di Trieste
VIENNA Chi si reca a Vienna in ferrovia non può non notare che dopo Mürzzuschlag il treno rallenta la sua corsa nella salita al Semmering, al confine tra la Stiria e la Bassa Austria. Ma non è la pendenza a ridurne la velocità fino ai 40 chilometri all'ora, quanto la tortuosità del percorso di gallerie e viadotti a doppia arcata, costruiti oltre 150 anni fa dal veneziano Carlo Ghega. Quello che allora rappresentava un capolavoro dell'ingegneria - il tracciato ferroviario più alto d'Europa - costituisce oggi un pezzo di antiquariato protetto dall'Unesco che lo ha inserito nel Patrimonio dell'umanità, su cui i treni devono rallentare, per non danneggiare le storiche massicciate che valsero al loro progettista il titolo di barone von Ghega. È qui, ai 985 metri di quota del Semmering, il vero e tra poco unico "collo di bottiglia" del Corridoio Adriatico-Baltico, quel tracciato ferroviario ad alta capacità che dovrebbe collegare in futuro Danzica a Bologna. Un tracciato importante per lo sviluppo dell'Austria meridionale (come lo fu la ferrovia del Semmering un secolo e mezzo fa) e inevitabilmente anche per tutto il Nordest e per la nostra regione in particolare. Senza il Corridoio Adriatico-Baltico il progetto di Unicredit per i porti di Monfalcone e Trieste non avrebbe senso. Una direttrice di traffici essenziale tra Nord e Sud, così come il Corridoio 5 lo è in senso Est-Ovest. Di un ammodernamento della linea del Semmering si incominciò a parlare negli anni '80 e nel 1989 il Parlamento approvò la scelta di costruire un tunnel di base che evitasse la lunga scalata fino al valico tra Stiria e Bassa Austria. Poi non se ne fece più nulla, soprattutto per l'opposizione tenace della Bassa Austria che, avvalendosi delle prerogative concesse ai Länder in uno Stato federale, ricorse prima alla Corte costituzionale e poi al Consiglio di Stato per bloccare il progetto, che altrimenti proprio quest'anno, secondo le pianificazioni di allora, sarebbe stato completato. Corte costituzionale e Consiglio di stato diedero torto al Land, ma ciò non ha evitato all'opera un ritardo di oltre vent'anni. Il rischio che la storia non abbia mai fine non è scongiurato, ma almeno ora sembra di essere giunti a una svolta. Il progetto rientra nei piani prioritari del Ministero dei trasporti, il finanziamento c'è, le verifiche di impatto ambientale (uno studio di 1400 pagine, cui hanno contribuito 38 periti) sono state completate e presentate ufficialmente a fine gennaio. Ma soprattutto questa volta il Land Bassa Austria - il più potente per peso demografico e politico - non sembra intenzionato a mettersi di nuovo di traverso, come ha lasciato capire il suo governatore Erwin Pröll, zio del vicecancelliere Josef. Per l'appalto dell'opera, quindi, è questione di qualche mese, mentre i cantieri di lavoro dovrebbero aprirsi nel 2012. Il nuovo tracciato segue quello precedente, salvo il tunnel sotto il Semmering, lungo 28 chilometri, per un costo previsto di 2,8 miliardi, esclusi gli oneri finanziari. I primi treni potrebbero attraversarlo già nel 2024, «con un anno di anticipo rispetto a quanto finora previsto - ha dichiarato la ministra dei Trasporti Doris Bures, socialdemocratica - per avvicinare l'entrata in esercizio della linea del Semmering a quella della Koralm, che non avrebbe alcun senso senza la prima». Il tracciato ferroviario della Koralm - il nome indica il rilievo montuoso che fa da barriera tra la Carinzia e la Stiria - costituisce il secondo importante "inciampo" nel tratto austriaco del Corridoio Baltico-Adriatico. Qui la ferrovia non esiste affatto, perché le rotaie aggirano la Koralm a Nord, allungando di due ore il tempo di viaggio tra Klagenfurt e Graz. Il progetto prevede un tracciato diretto su un sedime completamente nuovo di 130 chilometri, tra i capoluoghi dei due Länder, con attraversamento della Koralm in un tunnel di base lungo 32,9 chilometri. Un'opera molto più impegnativa del Semmering e anche molto più costosa (5,2 miliardi), che ha incontrato enormi ostilità a Vienna, dove è stata giudicata inutile dal punto di vista del servizio all'utenza e fallimentare sul piano economico. In effetti, allo stato attuale, senza il Semmering, il nuovo tracciato Klagenfurt-Graz ridurrebbe i tempi di percorrenza da tre a due ore, ma interesserebbe soltanto i viaggiatori pendolari delle due regioni. Il discorso cambia, però, se al nuovo asse sotto la Koralm si somma il tracciato in tunnel del Semmering, perché allora acquisterebbe una valenza internazionale, sia per il traffico passeggeri, sia soprattutto per quello delle merci (le attuali gallerie sulla linea del Semmering non hanno una luce sufficiente per il passaggio di container di dimensioni standard). Ecco quindi perché la ministra Bures ha previsto di far slittare dal 2020 al 2022 il completamento dei lavori e di anticipare di un anno quello del Semmering, perché l'entrata in esercizio delle due tratte sia quasi contemporanea. Come il Semmering, anche il tracciato della Koralm si era trovato fino a ieri sul filo del rasoio, con il rischio di essere cancellato dalle priorità delle Ferrovie austriache, in anni di vacche magre e di tagli ai bilanci. Ora però le nubi sembrano essersi diradate. Domani, infatti, sarà dato il via ai lavori di costruzione del lotto più importante dell'intero progetto, quello che riguarda i 20 chilometri di tunnel con imbocco da Leibenfeld, in territorio stiriano. L'avvio dei lavori ha un alto valore simbolico, perché segna un "punto di non ritorno". Se fino a ieri potevano sussistere dubbi sulla convenienza dell'infrastruttura, dopo la costruzione del tratto più lungo del tunnel non si potranno più avere ripensamenti. In altre parole, il Koralmtunnel si farà e a quel punto sarà inevitabile anche il completamento del Semmering. L'evento di domani sul versante orientale della Koralm, è dunque di straordinaria importanza e giustifica la presenza della ministra austriaca dei Trasporti Doris Bures, del presidente delle Ferrovie austriache Christian Kern, dei governatori dei due Länder Gerhard Dörfler e Voves. Alla cerimonia parteciperà anche il presidente del Friuli Venezia Giulia Renzo Tondo. Una presenza quasi dovuta in una giornata storica per lo sviluppo non solo della Carinzia e della Stiria, ma della nostra stessa regione.Nel 2000 dal Baltico erano scesi via rotaia fino a Vienna 48 milioni di tonnellate di merci. Quante di più potrebbero giungere, una volta completato il corridoio fino all'Adriatico, e quante di queste merci potrebbero arrivare (o partire) anche dai nostri porti?
Marco Di Blas

 

 

Rimane ancora chiusa la centrale di Krsko Rilevati problemi ai sistemi idraulici
 

Ancora problemi alla centrale nucleare slovena di Krsko. L'impianto che avrebbe dovuto essere riattivato la scorsa notte dopo lo spegnimento automatico avvenuto alcuni giorni, fa rimane per il momento ancora inattivo. Gli esperti hanno scoperto che durante il suo arresto automatico sono saltati diversi sistemi idraulici e per la nuova riparazione serve del tempo. Da quanto rivelato dall'addetto stampa della centrale, sfasature sono state riscontrate nel sistema di ancoraggio idraulico del generatore elettrico, nel sistema della pompa del reattore e in quello dei cuscinetti delle turbine, nonchè in quello per il riscaldamento dell'acqua di alimentazione secondaria della centrale. Con ogni probabilità la centrale nucleare di Krsko verrà rimessa in funzione la prossima settimana.
 

 

Acqua e nucleare in piazza per il quorum
 

Referendari a Roma contro risorse idriche privatizzate e ritorno delle centrali Si manifesta anche per la pace in Libia. E spuntano le hostess del Colonnello

ROMA «Prima ci tolgono l'acqua, poi ci tolgono l'aria». E così, per bere e respirare ancora, la piazza dei comitati, delle associazioni, dei partiti politici, ma soprattutto dei cittadini si mobilita: contro la privatizzazione dell'acqua e contro il ritorno del nucleare in Italia. Con una partecipata manifestazione popolare che ieri ha sfilato lungo le vie della Capitale accogliendo anche i pacifisti in protesta contro la guerra in Libia, è partita la campagna referendaria che porterà gli italiani alle urne il prossimo 12 e 13 giugno. Si voterà per privatizzazione delle risorse idriche, legittimo impedimento e ritorno all'energia dell'atomo. «L'acqua integra il diritto alla vita, è il bene comune per eccellenza - ha detto il presidente della Regione Puglia e di Sel, Nichi Vendola - immaginare di viverla come una qualunque merce, immaginare processi di privatizzazione è un delitto contro il diritto dei popoli». In testa al corteo colorato da striscioni e palloncini azzurri, colore simbolo dell'acqua, il missionario dei Comboniani Alex Zanotelli: «L'acqua è vita, si può mercificare?». E sul nucleare, il religioso da sempre in prima linea su questi temi ha spiegato: «Ora siamo spaventati per Fukushima, ma è talmente chiaro che dobbiamo uscire fuori dal nucleare. L'Europa atomica non è l'Europa del futuro». Per Leoluca Orlando, portavoce dell'Idv, «questo governo sta compiendo delle scelte scellerate che vanno contro gli interessi dei cittadini». Al corteo, promosso dal comitato referendario "2 sì per l'acqua bene comune", hanno partecipato Legambiente, Wwf, Greenpeace, Verdi, Cgil, il Popolo viola, il Forum dei movimenti per l'acqua, il Pd e l'Idv (promotrice dei quesiti referendari). Dai cappelli a forma di rubinetto, agli slogan "acqua pubblica", dai cartelli "no guerra per l'acqua, il nucleare, il petrolio, il plutonio" ai gonfaloni delle tante amministrazioni locali di destra e di sinistra, la piazza di ieri ha manifestato anche per la pace (che avrà il suo corteo il prossimo 2 aprile). E dichiaratamente contro la guerra alla Libia di Gheddafi al grido di "sangue libico - oro nero", un drappello di libici della Lega studenti affiancati e sostenuti da un manipolo di accanite ragazze, le stesse reclutate (nel 2009 e nel 2010) da Hostessweb, l'agenzia di Alessandro Lodero, per le lezioni di Corano tenute dal Raìs in persona. Le hostess del Colonnello sono tornate. Scese dai tacchi e dismessa la linda camicia bianca, hanno indossato un ragionato addobbo da pacifiste: magliette con divieto di guerra alla Libia e con un bel "no al sangue per il petrolio".
Annalisa D'Aprile

 

 

Un'ora al buio per salvare la Terra - risparmio energetico
 

Ieri sera è scattata "L'ora della Terra", il grande evento globale promosso dal Wwf per sollecitare un maggiore impegno nella lotta al cambiamento climatico. Per un'ora, dalle 20.30 alle 21.30, sono stati spenti i luoghi simbolo e gli edifici privati in più di 130 paesi del mondo per quello che gli organizzatori definiscono un «giro del mondo a luci spente». Sono stati spenti monumenti simbolo come la Tour Eiffel, la Porta di Brandeburgo, il ponte sul Bosforo, le Kuwait Towers. In Italia hanno aderito oltre 100 Comuni, decine di imprese, migliaia di cittadini che si sono registrati sul sito o hanno partecipato alle molte iniziative organizzate on-line su www.wwf.it, compresa quella lanciata in collaborazione con Republica.it "Ciak! Si gira la tua azione per il pianeta". Gli eventi centrali per l'Italia si sono svolti a Roma, in piazza Navona, con lo spegnimento della fontana dei quattro fiumi. A Milano, invece, un disguido o un guasto tecnico non hanno consentito che il Duomo si spegnesse per un'ora, come previsto.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 26 marzo 2011

 

 

Gas natural: «Nessun processo di liquefazione a Zaule» - RISPOSTA AGLI AMBIENTALISTI
 

Il rigassificatore previsto nella baia di Zaule non prevede un impianto di liquefazione. Butano e propano sarebbero presenti «in percentuale bassissima». E quanto al pericolo per i centri abitati, «è accertato che non sussiste». Così Gas natural Fenosa risponde ai dubbi nuovamente avanzati dalle associazioni ambientaliste sul rigassificatore. «Il processo di liquefazione - afferma la società spagnola -, è completamente differente dalla rigassificazione e non riguarda Trieste. Il rigassificatore riporta allo stato gassoso il Gnl trasportato dalla navi gasiere allo stato liquido, il terminale di liquefazione trasforma allo stato liquido il gas che esce dai giacimenti naturali. La liquefazione avviene quindi nelle zone dove si trovano i giacimenti di gas, tra le quali evidentemente non c'è Trieste». Secondo Gas natural, la tecnologia per la liquefazione a bordo delle navi «è solo ancora in fase di studio». E sui rischi dei serbatoi a terra, con pericolo di esplosioni? «La percentuale di butano e propano nel gas naturale è bassissima, e la concentrazione di un qualsiasi componente (in questo caso gli idrocarburi più pesanti) non può aumentare con la distanza. Quindi il rischio di esplosione non sussiste». Infine, Gas natural assicura: «Il rapporto di sicurezza preliminare evidenzia che nessun oggetto di interesse in un raggio superiore a 450 metri dall'impianto subirebbe effetti pericolosi in scenari accidentali».
 

 

Guasto a Krsko, secondo black-out in 24 ore
 

Nuovi problemi nell'elettrodotto sloveno-croato. Il Pd interroga il governo: «Ci informi sugli incidenti»
BELGRADO Ancora un intoppo per la centrale nucleare di Krsko, il secondo in 48 ore. Dopo il blocco automatico di mercoledì, l'impianto non è riuscito, come da programma, a rientrare in servizio giovedì sera per un nuovo problema all'elettrodotto che convoglia l'elettricità verso la Croazia. «Nessun allarme», hanno affermato i responsabili di Krsko. Il guasto non ha comportato pericoli né per la centrale, né per la popolazione. Sul sito internet della «Nuklearna Elektrarna Krsko» si trovano maggiori dettagli sull'accaduto. «Dopo un accurato esame delle attrezzature a seguito del blocco automatico di mercoledì, sono state riscontrate alcune anomalie nel sistema. Per eliminare le irregolarità c'è bisogno di altro tempo - continua il comunicato - la centrale tornerà operativa la settimana prossima». Krsko è comunque «in uno stato di arresto sicuro e non ci sono effetti sulle persone o sull'ambiente». Mercoledì la centrale era stata fermata sempre a causa di un problema alla rete di distribuzione elettrica verso Zagabria. L'incidente era stato classificato a «rischio zero» dalla dirigenza di Krsko. Dirigenza che ieri ha messo la faccia per tranquillizzare l'opinione pubblica, compresa quella italiana. Secondo Stane Rozman, presidente del consiglio d'amministrazione della centrale, «è fondamentale informare regolarmente sull'attività della centrale e segnalare ogni singolo cambiamento o blocco. La trasparenza ci garantisce l'alto livello di fiducia raggiunto presso l'opinione pubblica», ha detto Rozman ai microfoni del Tg regionale della Rai. La centrale vanta due cicli di raffreddamento e sarebbe in grado di resistere a terremoti ben più intensi di quelli che possono verificarsi nell'area. Dovrebbe rimanere operativa fino al 2023, ma la Slovenia sta pensando alla costruzione di un secondo reattore entro il 2013. Ma sono in molti oggi a non fidarsi cecamente né del nucleare in se e per sé, né tantomeno di Krsko. Allarmato dai guasti alla centrale, il senatore Pd Carlo Pegorer ha presentato ieri un'interrogazione a risposta scritta al Ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo per sapere se il governo italiano «sia in possesso o meno di più dettagliate informazioni su tali recenti incidenti». La Slovenia, aggiunge con preoccupazione il senatore democratico, «si sarebbe dotata di dosi di iodio sufficienti a garantire la cura della propria popolazione» in caso di incidente grave. E Pegorer si domanda se anche l'Italia ha un piano simile. Piano utile in caso di un malaugurato - anche se a detta degli esperti improbabile - serio incidente a Krsko.
Stefano Giantin

 

 

La raccolta differenziata in un clic - Concorso per foto e video, tutte le istruzioni sul sito web del Piccolo
 

Impegno civico e creatività a braccetto. Con l'obiettivo di diffondere, nella cittadinanza, una sempre maggiore abitudine al ricorso alla raccolta differenziata. Per questo, anche Il Piccolo scende in campo, nell'ambito del concorso promosso da AcegasAps in collaborazione con il Comune di Trieste e con il quotidiano. Partito, proseguirà sino al 15 giugno, mettendo in palio ricchi premi. Al 1° classificato andrà un weekend in una capitale europea per due persone, al 2° uno smartphone e al 3° una videocamera digitale. I classificati dal 4° al 10° posto riceveranno una fotocamera digitale, quelli dall'11° al 20° un lettore mp3. I cittadini possono così sostenere l'idea della campagna legata alla raccolta differenziata dal titolo "Trieste :) Facciamo la differenza. Città pulita, più qualità di vita", attraverso l'invio di foto e filmati ispirati ai soggetti della campagna di comunicazione in corso. Dando a loro volta un contributo personale sul tema. La foto o il video vanno personalizzati da un breve messaggio che meglio rappresenti l'impegno del cittadino nel fare bene la raccolta differenziata. Il concorso è rivolto a tutti i residenti nel Comune di Trieste di età superiore ai 18 anni. Lo stile e l'ambientazione scenografica della fotografia sono lasciati alla libera scelta dei partecipanti, purché gli stessi non valichino i confini del buon gusto e dell'educazione. I partecipanti troveranno tutte le istruzioni per l'iscrizione e l'invio dei propri fotogrammi e video sul sito www.ilpiccolo.it, dove è necessario inserire i propri dati nella scheda di registrazione compilando obbligatoriamente i campi relativi a nick name, nome e cognome, sesso, data di nascita, e-mail, indirizzo e recapito telefonico. Le foto e i video potranno essere caricati fino alle 20 del 15 giugno prossimo. Nel corso dello svolgimento del concorso le foto e i filmati saranno pubblicati sul sito del Piccolo, e potranno essere votati attraverso lo stesso. Entro il 15 luglio, poi, un'apposita giuria (composta da Responsabile redazione Il Piccolo, Responsabile Ufficio comunicazione AcegasAps e da un esperto di comunicazione), dopo aver opportunamente valutato le 20 fotografie più votate, selezionerà lo scatto fotografico vincitore secondo creatività, originalità e pertinenza al tema del concorso.
 

 

Muggia si illumina 897 volte a led - Inaugurato il più grande impianto della regione. Il sindaco: «Risparmio del 45%»
 

«Andiamo fieri di questo progetto e fin dall'inizio del mandato avevamo capito che bisognava fare qualcosa di concreto ovviamente non ci fermeremo qui perché il nostro obiettivo è quello di sostituire totalmente il sistema di illuminazione cittadino». Il sindaco Nerio Nesladek crede ad "Archilede" il sistema di illuminazione a led brevettato da Enel Sole, la società di ene che opera nel mercato dell'illuminazione pubblica. E ci crede a tal punto che ieri a Muggia è stato inagurato il più grande impianto di illuminazione a led del Friuli Venezia Giulia: 897 nuovi punti luce. «I cittadini non l'hanno accolta subito bene perché la luce risulta fredda - continua il Sindaco - ma quando ho fatto notare che in questo modo tutte le sfumature dei colori si vedono meglio, anche questa piccola obiezione è subito rientrata». Ma non è, ovviamente, solo una questione di colori. «Con questo sistema vengono emesse 170 tonnellate di CO2 in meno e questo è un contributo ambientale significativo e - prosegue Nesladek - si risparmiano ben 260 mila Kw/h di elettricità, il 45% in meno. È stato ridotto anche l'inquinamento luminoso e in questo modo la volta celeste sarà visibile. Il costo del progetto è zero perché in pochi anni viene ammortizzato grazie alla produzione di energia prodotta dall'impianto». «Tra qualche giorno saranno posizionate altre cinquanta lampade led su tutta la costa e contiamo di finire - afferma il sindaco - entro il 2012». A quella del sindaco si unisce la soddisfazione Enel Sole. «Gestiamo totalmente o parzialmente ben 2 milioni di punti luce suddivisi in 4 mila Comuni - spiega Marco Pessina, responsabile dello sviluppo commerciale di illuminazione pubblica Nord Est di Enel Sole -. Bisogna ricordare che "Archilede" ha una lunga durata, ben 50 mila ore considerando che il consumo annuo è di circa 4.200 ore all'anno». Ma non solo. «Muggia è uno dei pochi Comuni che ha sostituito anche le lampade a sodio, che hanno una buona resa, - conclude Manuel Carminati, referente di Enel Sole - mentre gli altri Comuni del Triveneto stanno appena sostituendo quelle a mercurio. Questo ci fa capire quanto questo Comune sia all'avanguardia».
Federica Cauzer

 

 

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO - VENERDI', 25 marzo 2011

 

 

Leggende nucleari, tutta la verità sul fabbisogno energetico nazionale

 

Dalle centrali atomiche francesi l'Italia importa solo l'uno per cento dell'elettricità totale che consuma
“Che senso ha continuare a snobbare il nucleare? Alla fine lo importiamo dalla Francia, tanto vale portarcelo in casa”. Lo sentiamo ripetere come un mantra ogni volta che si tocca la questione dell’atomo. Ma è veramente così? E se lo è, quanto pesa effettivamente l’energia atomica francese sul totale del nostro fabbisogno energetico? Per capirlo basta armarsi di pazienza e fare due calcoli. Partiamo dal “fabbisogno nazionale lordo” e cioè dalla richiesta totale di energia elettrica in Italia. Nel 2009, secondo i dati pubblicati da Terna, la società che gestisce la rete elettrica nazionale, è stato pari a circa 317.602 Gwh (Gigawatt/ora all’anno). Di questi, circa 278.880 Gwh (87,81%) sono stati prodotti internamente, in buona parte da centrali termoelettriche (77,4% delle produzione nazionale) che funzionano principalmente a gas (65,1% del totale termoelettrico), carbone (17,6%) e derivati petroliferi (7,1%): combustibili fossili, in larga parte importati. Il gas, che è la fonte più rilevante nel mix energetico italiano, arriva per il 90% dall’estero, soprattutto da Algeria (34,44% del totale importato), Russia (29,85%) e Libia (12,49%). La parte di fabbisogno non coperta dalla produzione nazionale viene importata, tramite elettrodotti, dai paesi confinanti.
In tutto, nel 2009, sempre secondo i dati di Terna, abbiamo acquistato dall’estero circa 44.000 Gwh di energia, al netto dei 2.100 circa che abbiamo esportato. 10.701 Gwh ce li ha ceduti la Francia, 24.473 la Svizzera e 6.712 la Slovenia. Tre paesi ai nostri confini che producono elettricità anche con centrali nucleari. In base ai dati pubblicati dalla Iaea (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica), la Francia produce il 75,17% dell’elettricità con il nucleare, la Svizzera il 39,50% e la Slovenia circa il 38%. In termini di Gwh questo significa che importiamo circa 8.000 Gwh di energia elettrica prodotta dalle centrali nucleari francesi, 9.700 Gwh dalle centrali svizzere e 2.550 Gwh dall’unica centrale slovena. Quanto pesa quindi il nucleare estero sul fabbisogno italiano? Il conto è presto fatto. Basta dividere i Gwh nucleari importati mettendo a denominatore il fabbisogno nazionale lordo. Si scopre così che solo il 2,5% del fabbisogno nazionale è coperto dal nucleare francese, il 3,05% dal nucleare svizzero e lo 0,8% da quello sloveno.
In realtà, se si considera il mix medio energetico nazionale calcolato dal Gestore servizi energetici (GSE) in collaborazione con Terna, la percentuale di energia nucleare effettivamente utilizzata in Italia è pari ad appena l’1,5% del totale. Se si scompone il dato, si scopre che il nucleare francese pesa per circa lo 0,6% sul mix energetico nazionale. Ma c’è un’altro dato da considerare. Consultando i dati pubblicati da Terna si scopre infatti che l’Italia dal punto di vista energetico è tecnicamente autosufficiente. Le nostre centrali (termoelettriche, idroelettriche, solari, eoliche, geotermiche) sono in grado di sviluppare una potenza totale di 101,45 GW, contro una richiesta massima storica di circa 56,8 GW (picco dell’estate 2007). Perché allora importiamo energia dall’estero? Perché conviene. Soprattutto di notte, quando l’elettricità prodotta dalle centrali nucleari, che strutturalmente non riescono a modulare la potenza prodotta, costa molto meno, perché l’offerta (che più o meno rimane costante) supera la domanda (che di notte scende). E quindi in Italia le centrali meno efficienti vengono spente di notte proprio perché diventa più conveniente comprare elettricità dall’estero.
“E se dovesse succedere un incidente in una delle centrali dei paesi confinanti?”. Beh, non ci sarebbe da rallegrarsi, ma ancora una volta i dati possono esserci (un po’) di conforto. Le tre centrali nucleari più vicine all’Italia sono in Francia a Creys-Malville (regione dell’Isère), in Svizzera a Mühleberg (vicino a Berna) e in Slovenia a Krško, verso il confine con la Croazia. Creys-Malville è a circa 100 Km in linea d’aria dalla Valle d’Aosta, a 250 Km da Torino e a 350 Km da Milano. Mühleberg dista circa 100 Km dal confine piemontese e 220 Km da Milano. Krško è a 140 Km da Trieste. Ammesso che si possa usare come riferimento il disastro di Černobyl‘, in caso di incidente sembra che la più alta esposizione alle radiazioni si verifichi nel raggio di 30-35 chilometri dal reattore. Quindi nelle nostre valli alpine e nelle grandi città del nord si possono dormire ancora sonni abbastanza tranquilli rispetto all’eventualità che si costruisca un reattore dentro i confini nazionali.
 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 25 marzo 2011

 

 

TRIESTE, VIOLAZIONE DELLA LEGGE SEVESO - LA COMMISSIONE EUROPEA CONFERMA IL PROCEDIMENTO DI INFRAZIONE
 

La Commissione Europea ha confermato il procedimento di infrazione nei confronti dell’Italia per la violazione della legge Seveso nella provincia di Trieste. La notizia è stata fornita alle associazioni Greenaction Transnational e AAG (Alpe Adria Green), dal Parlamento Europeo con nota del 22 marzo 2011. L’Italia era stata messa in mora per violazione dell’articolo 13 paragrafo 1 della direttiva 96/82/CE il 19 marzo del 2009. In sostanza la mancata informazione preventiva ai cittadini sulle misure di sicurezza da seguire in caso di incidenti agli stabilimenti industriali inseriti in area urbana-portuale. Tra questi, l’impianto siderurgico della Ferriera di Servola, il terminal petrolifero SIOT, numerosi depositi di combustibile costieri, uno stabilimento petrolchimico, un impianto di produzione di ossigeno liquido e gas tecnici. Tutti impianti ubicati in un raggio di circa 5 km, con l’intera città (più i comuni di Muggia e San Dorligo-Dolina) alle spalle.
L’inchiesta della Commissione Europea era partita da una prima denuncia di Greenaction Transnational (2007) a cui si erano aggiunte le petizioni presentate al Parlamento Europeo dalla stessa associazione (2008) e da AAG (2009) in cui Greenaction è federata. Le petizioni al Parlamento Europeo riguardavano il progetto del terminale di rigassificazione nel porto di Trieste e mettevano in evidenza anche l’incompatibilità di tale impianto in una zona ad alto rischio industriale dove già erano eluse le norme di sicurezza in violazione della Direttiva Seveso.
Il procedimento di infrazione è stato deciso dopo le risposte che la Commissione Europea ha ricevuto dalle autorità italiane a cui era stato dato il termine del 30 novembre 2011 per rispettare la normativa comunitaria vìolata.
www.greenaction-transnational.org
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 25 marzo 2011

 

 

Prg, quattro giorni per salvarlo - Se entro martedì i dirigenti non sciolgono i dubbi dei consiglieri l'iter sarà rinviato a dopo le elezioni
 

È su un fossato di forse incolmabile sfiducia tra consiglieri comunali e uffici dell'Urbanistica che giace il Piano regolatore, esausto in mezzo a pareri contrastanti seppure tecnici, voglie di modifica e desiderio più che inconscio di consegnare la bollentissima patata all'amministrazione che verrà. Magari escogitando una manovra da quasi giocolieri per ottenere due risultati in uno: buttare un documento troppo controverso che nessuno si fida di votare (nonostante gli appelli di Dipiazza) e non far tornare in vigore la variante 66, quella "cementificatoria" come la definisce Piero Camber, il capogruppo Pdl, l'unico che sorregge il sindaco nel suo estremo tentativo di varare il Prg, nonostante tutto e tutti. Nonostante anche una nuova diffida al sindaco, in ben 12 pagine, dall'Ordine nazionale e regionale dei geologi, che malgrado due sentenze non ha visto messa a gara la relazione geologica. La diffida dava un termine di 10 giorni, è già scaduta. I geologi potrebbero aver depositato un nuovo ricorso al Tar. L'altro ieri burrascosa riunione di oltre tre ore. Ieri i capigruppo si sono dilaniati di nuovo, assieme al vicesegretario comunale dal quale volevano (e non hanno avuto) risposte certe. Si possono modificare le intese col demanio sulla contestata destinazione residenzial-turistica della ex caserma di Banne? Si può votare nonostante che i geologi potrebbero subito dopo invalidare il documento? Si possono presentare emendamenti (per Banne, Padriciano, le zone strategiche) in fase di approvazione? «Risposte contrastanti, situazione imbarazzante, caos totale, presa in giro...» i commenti dei capipartito, con Sulli (Un'altra Trieste) esasperato: «Vado a farmi un'assicurazione per non farmi portar via la casa, mi dispiace per il sindaco, ma il Prg non è votabile». I sì e i no a quelle domande hanno fatto babele. La riunione è stata aggiornata a martedì, assieme alla commissione urbanistica, ultimo minuto prima che scatti l'impossibilità di deliberare per mandato scaduto. Lunedì un consiglio comunale su cose correnti, per mercoledì prenotato uno sul Prg. Tutti pronti però anche a disdirlo. Il livello di sfiducia è tale che gli eletti hanno preteso dagli amministrativi una relazione scritta, e firmata. Per distinguere le responsabilità. A sostenere la spinta in avanti a questo pasticciatissimo piano urbanistico, su cui ormai varie assi del centrodestra concordano con le posizioni del centrosinistra, e dove tutti si trovano d'accordo tra loro nell'accusare gli uffici tecnici di aver messo i consiglieri «nella paura» e nell'incertezza per troppi vizi di forma è appunto Camber. Di fronte all'impossibile ha pensato alla via d'uscita, un equilibrismo funambolico. Col cronometro in mano, ritirare la delibera del Prg. Presentare nuove direttive, cioé ricominciare daccapo, dalla filosofia "politica", l'iter di un nuovo documento parzialmente da riscrivere. Far approvare le direttive dalla Giunta, seduta stante. Riportarle in aula, votarle senza il tempo di un sorso d'acqua. Sarebbe cancellato il pasticcio, e scatterebbero nuove "salvaguardie" al piano vecchio. Per ulteriori due anni. «Agli uffici abbiamo comunque chiesto risposte scritte» conferma Camber. Roberto Sasco (Udc), presidente della commissione urbanistica, ha preannunciato che se il Prg va al voto, non assicura il proprio. «Cambiare le intese col demanio - dice - implica riadottare il Prg. Se modifichiamo le zone strategiche (Burlo, Fiera, Ortofrutticolo) da iniziativa privata a pubblica, non è più lo stesso Prg, va modificato anche il "Piano struttura". Meglio lasciare tutto alla nuova amministrazione - conclude -, modifichi quel che deve e farà in tempo, le "salvaguardie" scadono il 7 agosto. Io non farò ostruzionismo, ma non garantisco il mio voto». Bandiera bianca ? La Lega, con Maurizio Ferrara, ha una parola sola: «O martedì risposte scritte e chiare, o niente. È una situazione tragicomica, imbarazzante». Roberto Decarli (Cittadini): «Sempre più chiaro: non se ne farà niente».
Gabriella Ziani

 

 

PRG - Il Pd: è terrorismo il pericolo cemento agitato dal Pdl
 

«Sono finiti i giochetti del sindaco, che racconta come potrebbe condividere alcune richieste del Pd, ma poi se ne lava le mani e demanda tutto al Consiglio. Le nuove proposte sono state presentate già a luglio. Certo è cambiata la situazione politica. A luglio il sindaco non aveva problemi di maggioranza, adesso sì». Lo ha detto ieri Fabio Omero, il capogruppo Pd, nel concitato confronto alla presenza di Dipiazza, che fatto appello affinché il Prg vada avanti, con gli appoggi che servono, perché «i numeri» altrimenti non ci sono. Omero ha contestato il «terrorismo di Camber sul "pericolo cemento", perché - afferma - non ha senso: è sufficiente che il prossimo Consiglio bocci la variante 118 e contestualmente approvi nuove direttive per un nuovo piano, fissando nuove salvaguardie». È l'idea che Camber stesso mette avanti, ma accollando il compito, di corsa, all'amministrazione in carica. Bruna Tam (Pd) riassume il groviglio: «Il Prg fa letteralmente schifo, potremmo approvarlo se il sindaco accettasse le modifiche proposte dal Pd, ma allora sarebbe un Piano regolatore dell'opposizione. L'altro giorno nell'arco di tre ore abbiamo sentito 8000 ipotesi una diversa dall'altra, spaventoso. E la diffida dei geologi? La prima è del 2009, c'era il tempo per correggere lo sbaglio, invece si è andati avanti come niente, e l'Ordine dei geologi un domani dirà: "Vi avevo avvertiti"».
 

 

TAVOLO UIL VIGILI DEL FUOCO Impianto Gnl, riflessioni dopo il caso Fukushima

 

Secondo gli standard di sicurezza internazionali un rigassificatore costituisce un rischio secondo solo a una centrale nucleare. Domani alle 10.30 al Caffè' degli specchi, anche alla luce degli ultimi eventi catastrofici giapponesi, il Tavolo tecnico degli scienziati promosso dalla Uil Vigili del Fuoco ribadirà la contrarietà al progetto di Zaule.

 

 

A Muggia il primo impianto led del Fvg
 

Abbattimento dei consumi elettrici annui pari a circa il 45%; minori emissioni in atmosfera di circa 165 tonnellate annue di anidride carbonica (CO2); stop all'inquinamento luminoso nonché dispositivi di ultima generazione con prestazioni senza confronti rispetto alle sorgenti tradizionali. Si chiama "Archilede" ed è a tutti gli effetti il più grande impianto di illuminazione pubblica a led del Friuli Venezia Giulia. Il progetto realizzato dalla sinergia tra Comune di Muggia ed Enel Sole verrà inaugurato ufficialmente oggi. Costituito da ben 897 nuovi punti luce a Led "Archilede", già da qualche settimana illumina con una nuova luce bianca le strade e le piazze di Muggia. Complessivamente l'impianto nella cittadina istroveneta assicurerà un risparmio di energia elettrica di circa il 45 % rispetto al consumo attuale, con una riduzione dei consumi di 248mila kWh/anno (il consumo medio annuo di circa 80 famiglie) e quindi con una sensibile diminuzione dei costi energetici e minori emissioni in atmosfera di circa 165 tonnellate all'anno di CO2. L'inaugurazione ufficiale si svolgerà alle 17.30 in piazza Marconi. Interverranno il sindaco Nerio Nesladek e il responsabile Sviluppo commerciale illuminazione pubblica Nord Est di Enel sole Marco Pessina. A seguire primo cittadino e responsabile Enel organizzeranno un breve tour per vedere da vicino gli impianti.

(ri.to.)
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - MEDICI PER L'AMBIENTE

 

Nell'ambito del IV convegno regionale Isde Italia, questa sera, dalle 18, incontro all'Hotel Savoia Excelsior dal titolo «Carcinogeni ambientali correlabili ai fattori energetici». Interverranno esperti dottori e professori che si battono per la salvaguardia dell'ambiente e della salute. L'entrata è gratuita e aperta a tutti. Per maggiori informazioni www.isdeitalia o www.isdefvg.wordpress.com.

 

 

Trasporti e ambiente convivenza possibile - Forza Nuova e Bandelli

 

Il segretario di Forza Nuova Denis Conte e il rappresentante dell'European Courier Association Dino Norbedo organizzano alle 18 30, oggi, all' Hotel Milano, una conferenza sul trasporto merci e la crisi degli autotrasportatori e presenteranno il progetto: "Trieste meno inquinata: consegne in centro a emissioni zero". Interverrà fra gli altri il candidato sindaco Franco Bandelli.

 

 

Tubi vecchi: Acegas multata di 126mila euro - DALL'AUTHORITY
 

ROMA L'Autorità per l'energia ha irrogato sanzioni per un totale di 483.000 euro ad Acegas, Amag, Asec, Hera e Italgas per violazione di obblighi di sicurezza nella distribuzione del gas. L'Autorità ha accertato che le cinque società non avevano provveduto a sostituire entro la scadenza prefissata, almeno il 30% delle tubature negli impianti di distribuzione gestiti rispettivamente nei comuni di Trieste, Alessandria, Catania, Ferrara e Venezia. La sostituzione delle vecchie condotte (realizzate in ghisa, con giunti in canapa e piombo) con materiali nuovi, conformi alle norme tecniche vigenti (quali ad esempio l'acciaio protetto catodicamente o il polietilene), è ritenuta essenziale ai fini della sicurezza, spiega l'Autorità in una nota. Le sanzioni sono state quantificate tenendo in considerazione, tra l'altro, il livello di scostamento tra i metri sostituiti e i metri da sostituire in adempimento dell'obbligo previsto, il numero degli impianti gestiti dagli esercenti inadempienti e le iniziative eventualmente prese dagli stessi esercenti per attenuare i rischi connessi al mancato adempimento dell'obbligo. La sanzione più bassa è stata irrogata a Italgas (51.000 euro), seguita da Hera (55.000 euro), Asec (Azienda servizi energetici Catania, 75.000 euro), Acegas-Aps (126.000 euro) e Amag (attivo nell'Alessandrino, 176.000 euro).
 

 

«Vietare gli Ogm non si può» - LA BATTAGLIA TRANSGENICA - La Confagricoltura avverte la Regione: «Francia già sanzionata»
 

TRIESTE «La Regione non può vietare la coltivazione delle varietà ogm autorizzate dall'Ue. La decisione presa dalla Francia nel 2008 di sospendere la coltivazione di mais geneticamente modificato "Mon 810" di Monsanto è illegale. È quanto ha sottolineato l'avvocato generale della Corte Ue di Giustizia, pronunciandosi in seguito al ricorso della multinazionale». Lo afferma la Confartigianato del Friuli Venezia Giulia rivolgendosi al Consiglio regionale, pronto per l'approdo in aula, tra pochi giorni, della proposta di legge bipartisan anti-ogm (primo firmatario il capogruppo Pdl Daniele Galasso). «Le conclusioni dell'avvocato non sono vincolanti per la Corte, ma nella stragrande maggioranza dei casi vengono poi seguite per emettere la sentenza». Confagricoltura in materia di ogm ricorda: «I Paesi membri dell'Unione europea, quindi anche l'Italia e di conseguenza la nostra Regione, non possono assumere autonomamente misure finalizzate a vietare in maniera discrezionale sul proprio territorio la coltivazione di varietà ogm autorizzate. La cosiddetta clausola di salvaguardia, prevista dalla direttiva europea, e relativa alla disseminazione di ogm nell'ambiente, è inapplicabile se non in caso di fondati motivi, quando si ritenere che esista un rischio connesso al loro uso non precedentemente valutato. Invocare la clausola di salvaguardia per un blocco ideologico sarebbe un abuso».
 

 

Il centro storico di Capodistria ricoperto da polvere ferrosa - PROVIENE DAL PORTO
 

CAPODISTRIA I vigili del fuoco con gli idranti, gli spazzini con le ramazze: Capodistria, in questi giorni, è impegnata a ripulirsi dopo che una nuvola di polveri di ossidi di ferro - parte di un carico arrivato in Porto e trasportato dalla bora - ha investito il centro città, lasciando su strade, automobili e case uno strato di polvere luccicante. Per il portavoce della »Luka Koper« - che a nome del Porto ha chiesto scusa per l'accaduto - non era il caso di allarmarsi tanto, ma le autorità cittadine hanno comunque allertato la Protezione civile e i vigili del fuoco ed hanno invitato la cittadinanza a non trattenersi all'aperto più del necessario, almeno fino alla prima pioggia. Anche alle scuole e agli asili è stato suggerito di non portare fuori i ragazzi, mentre all'Agenzia slovena per l'ambiente è stato chiesto di sistemare un rilevatore delle polveri aggiuntivo, per poter monitorare la situazione anche nei prossimi giorni Secondo Sebastjan Sik, portavoce di »Luka Koper«, non si tratta di una sostanza pericolosa ne' per l'uomo nè per l'ambiente. E' materiale sabbioso, con un alto contenuto di ossidi di ferro, regolarmente imballato in sacchi, che arriva a Capodistria una volta all'anno dal Marocco per essere poi trasportato in Austria, dove viene usato nella produzione di coloranti e nell'industria ceramica. Quello che è finito sulla città sono soltanto i resti spazzati via dalla bora, e dunque una quantità di fatto irrilevante, sostengono al Porto. Capodistria, comunque, ha reagito con molta decisione, anche perchè a giudizio del direttore dell'Istituto per la salute pubblica, Milan Krek, le polveri di ossido di ferro sono sostanze irritanti, che possono creare fastidi agli occhi e irritazione alle vie respiratorie. Nessuno, ad ogni modo, ha dovuto cercare l'aiuto del medico. Tanti, però, hanno portato la propria vettura all'autolavaggio. I risultati dell'analisi della polvere che ha imbrattato Capodistria - per verificare se contiene anche metalli pesanti, oltre al ferro - saranno noti in tempi brevi.
Franco Babich

 

 

SEGNALAZIONI - ENERGIA Nucleare a Monfalcone

 

I tragici eventi che stanno accadendo alle centrali nucleari in Giappone possono essere utili al dibattito su se e dove costruire le centrali nucleari in Italia. In particolare, c'è la favola che Monfalcone sia uno dei siti possibili: ciò è un'evidente assurdità sotto molti aspetti. Ne sottolineo uno: la termodinamica della produzione dell'energia nucleare richiede la capacità di poter scambiare calore con efficienza. È necessario che vicino alla centrale ci sia acqua, meglio un fiume o un lago da "usare" nel processo. Escluso, se non altro per la sua conformazione il Timavo, una centrale nucleare di terza generazione a Monfalcone sarebbe costretta a sfruttare in qualche modo l'acqua del mare, inquinando, sotto molti aspetti tutto il Golfo di Trieste. Ciò sarebbe irrealizzabile, ben minori "contaminazioni" (ad esempio dal rigassificatore) sono considerate inaccettabili, figuriamoci una "debolissima" ma inevitabilissima "radiottivita' dell'acqua. Io ritengo pertanto che, anche alla luce dei fatti recentissimi, la "location" Monfalcone sia un bluff, una boutade, un nome messo lì a casaccio insieme ad altri che il Governo fa girare per far vedere che "fa". In effetti, se Tondo accetta che in Fvg si costruisca una centrale nucleare, la stessa industria nucleare non sceglierebbe Monfalcone, ma in un altro posto che non è difficile individuare.

Paolo Salucci consigliere Prov Pd fisico

 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 24 marzo 2011

 

 

Decreto rinnovabili: la Camera approva all'unanimita' la mozione Franceschini

 

Il 16 marzo scorso la Camera dei Deputati ha votato con un “sì” unanime la mozione unitaria sulle fonti di energia rinnovabili. Gli unici astenuti al voto sul testo, sottoscritto da tutti i capigruppo di Montecitorio, sono stati i deputati di Forza del Sud che sono in capo al sottosegretario Gianfranco Micciché e i deputati Radicali che avevano presentato una loro mozione, respinta nel dispositivo dall'assemblea. Micciché nei giorni scorsi aveva minacciato di togliere l’appoggio al Governo se non fosse stato rivisto il testo del decreto rinnovabili.
La mozione prevede che il governo si impegni ''a convocare immediatamente un tavolo di confronto con tutti gli operatori del settore delle fonti rinnovabili, per poter definire al più presto un nuovo sistema di incentivi; a non lasciare nell'incertezza tutto il settore delle energie rinnovabili, anticipando l'emanazione del decreto ministeriale in materia entro la prima decadi di aprile; a fare saldi gli investimenti che siano stati avviati sulla base del precedente quadro normativo; a prevedere che la tendenziale riduzione nel tempo degli incentivi delle fonti rinnovabili tengano in debito conto i congrui tempi di transizione, così da garantire gli investimenti effettuati dalle imprese del settore''.
Sempre secondo il testo della mozione approvato dai deputati di Montecitorio, il governo dovrà armonizzare gli incentivi con quelli Ue; definire un sistema di incentivazione che garantisca all'Italia una prospettiva di crescita di lungo termine per il settore fotovoltaico; sostenere la ricerca e lo sviluppo dei processi di industrializzazione delle nuove tecnologie de settore; a rivedere il Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili.
Secondo Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera, “l'approvazione della mozione sulle energie rinnovabili che il Pd si era impegnato a presentare in aula con le imprese del settore è una vittoria perché vincola il governo ad adottare gli atti di propria competenza in linea con il mandato ricevuto dal Parlamento. E ora vigileremo perché questo accada”. “E' estremamente positivo che sullo sviluppo delle fonti rinnovabili la Camera abbia trovato l'intesa su una mozione unitaria di maggioranza e opposizione, che è stata pienamente condivisa dal Governo. Il documento rappresenta un elemento di grande stimolo e di sostegno ad una politica energetica nell'ambito della quale lo sviluppo delle fonti rinnovabili rappresenta un preciso impegno del Governo”, ha poi commentato la Prestigiacomo.
Leggi il testo della mozione qui.

 

 

La certificazione energetica degli edifici diventa obbligatoria

 

Il governo ha varato una norma che impone di inserire nei contratti di compravendita di edifici una clausola con la quale l'acquirente dichiara “di aver ricevuto le informazioni e la documentazione in ordine alla certificazione energetica degli edifici”.
La norma che era stata accantonata dall’esecutivo torna in vigore grazie al decreto legislativo attuativo della direttiva 2009/28/CE, in tema di promozione dell'uso di energia derivante da fonti rinnovabili, firmato dal Presidente della Repubblica.
In particolare due commi cambiano il quadro legislativo di riferimento: il comma 2-quater dispone (recependo la direttiva europea 2010/31), che dal 2012 gli annunci commerciali di vendita di edifici o singole unità immobiliari devono riportare l'indice di prestazione energetica contenuto nell'Ace (Attestato di Certificazione Energetica).
Un altro comma, il 2-ter prevede invece l'inserimento, nei contratti di compravendita o di locazione di singole unità immobiliari di “apposita clausola con la quale l'acquirente o il conduttore danno atto di aver ricevuto le informazioni e la documentazione in ordine alla certificazione energetica degli edifici”.
La norma lascia aperto qualche punto interrogativo. In un articolo apparso sul Sole24ore, Angelo Bussani si domanda “se si tratti di una disposizione inderogabile, in quanto disposta in ragione della tutela di interessi pubblicistici oppure se la norma sia dettata nell'esclusivo interesse dell'acquirente di un fabbricato, e quindi da questi disponibile. Così come era stata interpretata nel senso della derogabilità la norma (articolo 6, Dlgs 192/2005) che impone l'obbligo di ‘dotare’ gli edifici oggetto di compravendita con l'attestato di certificazione energetica”.
Il giornalista sottolinea che un altro fattore oggetto di riflessione è l'impatto che questa norma avrà nella contrattazione sugli immobili ubicati in Regioni che a vario titolo hanno normato in tema di certificazione energetica. Finora, infatti, le leggi regionali erano più restrittive della normativa nazionale: nelle Regioni senza una legislazione in materia si applica la legge statale e quindi la possibilità di derogare alla sussistenza dell'Ace all'atto della stipula del rogito; nelle Regioni che invece hanno legiferato sul punto si ha un panorama di maggior rigorosità rispetto alla legge statale fino a giungere all'estremo opposto rispetto ad essa.
Bisognerà quindi armonizzare la legislazione in modo da non creare disparità e contenziosi su tutto il territorio nazionale.
 

 

Guida alle agevolazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica

 

L’Ance, Associazione Nazionale Costruttori Edili, ha aggiornato la “Guida alle agevolazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica”, sulla base dei chiarimenti ministeriali forniti nel corso dell’ultimo anno. La guida spiega come accedere ai benefici, le fattispecie agevolate e gli adempimenti necessari per l’accesso alla detrazione.
La guida tiene conto di tutte le novità del settore introdotte nell’ultimo anno: la proroga della detrazione del 55% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2011; la ripartizione della detrazione, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2011 in 10 quote annuali di pari importo; l'obbligo per le Banche e le Poste italiane, dal 1° luglio 2010, di effettuare una ritenuta del 10%, a titolo di acconto delle imposte sul reddito dovute dai beneficiari, con l'obbligo di rivalsa, all'atto dell'accredito dei bonifici relativi al pagamento delle spese agevolabili con la detrazione del 55%. Le tipologie di pagamenti, nonché le modalità di effettuazione della ritenuta sono state stabilite con il Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate 30 giugno 2010.
La Guida tiene anche conto delle pronunce emanate dall'Agenzia delle Entrate nel 2010 e nei primi mesi del 2011. Si tratta in particolare della Risoluzione Ministeriale n.12/E del 7 febbraio 2011, che ha riconosciuto l'applicabilità dell'agevolazione anche alle spese sostenute per l'installazione di "sistemi termodinamici a concentrazione solare", che vengono assimilati ai pannelli solari nell'ipotesi in cui l'energia termica generata dall'impianto venga utilizzata per la produzione di acqua calda. E’ considerata inoltre la Circolare Ministeriale n.39/E del 1° luglio 2010, sui limiti all'applicabilità della detrazione nell'ipotesi di interventi di ristrutturazione ed ampliamento, con o senza demolizione dell'edificio preesistente, e, per quanto riguarda i lavori di ristrutturazione con ampliamento nell'ambito del "Piano casa", la R.M. n.7/E del 4 gennaio 2011. Nella guida è infine valutata la Circolare Ministeriale. n.21/E del 23 aprile 2010, che ha fornito chiarimenti, tra l'altro, sulla non cumulabilità della detrazione con eventuali contributi (comunitari, regionali o locali) ottenuti per i medesimi interventi, sul mancato, o tardivo, invio all'Agenzia delle Entrate della Comunicazione da trasmettere in caso di lavori pluriennali, nonché sulle modalità di fruizione della detrazione per gli interventi eseguiti mediante contratti di locazione finanziaria.
Nell’appendice alla Guida si possono trovare le disposizioni normative e i documenti emanati dall'Agenzia delle Entrate.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 marzo 2011

 

 

Rio Martesin, l'impresa chiede i danni - Dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha chiuso il cantiere, il costruttore vuole dal Comune 4 milioni
 

Una querelle lunga 4 anni
La vicenda di Rio Martesin inizia nel 2007 quando l'impresa Gia srl acquista il terreno dall'impresa di costruzioni Perco snc. L'area ricadeva in zona denominata B4 della variante 66 de Prg entrata in vigore nel 1997. Nel luglio del 2009 arrivano le tre autorizzazioni a costruire 67 alloggi in 7 palazzine. Negli stessi mesi esplode la protesta degli abitanti che ricorrono al Tar tramite l'avvocato Gianfranco Carbone. Il Tribunale respinge l'istanza ma gli abitanti si appellano al Consiglio di stato. Che nello scorso dicembre accoglie la loro istanza.
Rio Martesin, ora il conto arriva al Comune. Dopo la sentenza del Consiglio di Stato che lo scorso dicembre ha annullato i tre permessi a costruire rilasciati dal Comune il 13 luglio 2009 (in tutto 69 appartamenti), i costruttori, le società rimane Airone 85 srl e Gestione italiana appartamenti srl, partono al contrattacco ( si sono affidati all'avvocato Alberto Kostoris) con una richiesta di risarcimento contro il Comune davanti al Tar. Il motivo? Le imprese in forza delle autorizzazioni concesse avevano fin da subito cominciato lo sbancamento dei terreni e pagato gli oneri di urbanizzazione. Tant'è che dopo aver ricevuto 750mila euro, il Comune aveva imposto di rifare la viabilità pubblica prima di attivare il cantiere. Un danno valutato dai diretti interessati in 4 milioni di euro. Ma il sindaco Roberto Dipiazza mette le mani avanti: «Nella pubblica amministrazione si lavora per atti. Se è stata data una concessione vuol dire che c'erano gli atti. Insomma la licenza era stata concessa secondo la legge. Mi domando perché in presenza di un procedimento in corso i costruttori abbiano fatto partire comunque il cantiere. Non potevano aspettare? Il Comune non poteva fare altrimenti». Risponde l'amministratore della Gia, Davide Zanzuri: «L'inizio dei lavori deve avvenire entro un anno dal ritiro dei permessi di costruire pena annullamento dei permessi stessi». E ancora: «Incredibilmente, pochi giorni dopo il rilascio delle autorizzazioni, il Comune ha adottato la variante 118 andando a ridefinire l'edificabilità del territorio in questione modificandolo - dice - Così con grande stupore abbiamo accertato che i terreni si sono trasformati per incanto in zona di verde agricolo e per una minima parte declassati in B5. Ma il Consiglio di Stato ha sentenziato che il Comune doveva richiedere che l'intervento fosse sottoposto alla valutazione di impatto ambientale e che non era valida l'interpretazione dell'articolo 18 sulle costruzioni su pastinature. Quindi le società sono state "ingannate" da un Piano regolatore che si contraddice». Due sono stati i motivi per cui erano stati annullati dal Consiglio di stato i tre permessi a costruire. Il primo chiama in causa il Comune e dice che l'intero progetto di Rio Martesin doveva essere valutato nella sua unitarietà. I giudici del Consiglio di Stato hanno anche sottolineato che nella concessione del "permesso a costruire" è stata violata una norma speciale che imponeva e impone la salvaguardia dei pastini. In altri termini le palazzine avrebbero dovuto rispettare l'andamento a gradoni del terreno. E adesso i costruttori chiedono il risarcimento al Comune: 4 milioni di euro.
Corrado Barbacini

 

 

Porto Vecchio, Querci ci riprova al Tar - Il ricorso punta sull'assenza delle certificazioni ambientali negli atti preparatori alla concessione
 

LA REPLICA DI DIPIAZZA Capite cosa intendeva Antonione quando parlava di veti incrociati contro la città? Io guardo al domani, non al Trattato di Pace...
Airone 85 e Gia, le Srl proprietarie dei lotti in zona Rio Martesin, diffidano anche il Municipio, pena un risarcimento di circa tre milioni e 100mila euro, a tirare dritto verso l'approvazione del nuovo Piano regolatore, che proprio in quella zona strerilizzerebbe definitivamente ogni potenzialità cementificatoria. Ne hanno preso atto, della diffida s'intende, i membri della Sesta commissione del Consiglio comunale, competente in materia urbanistica, nel corso della seduta di ieri dedicata per l'appunto al Piano regolatore. Nella stessa occasione si è celebrata però la presa d'atto di una seconda, e forse ancor più "scomoda", diffida al Comune sul Prg: è quella dell'Associazione Porto franco internazionale presieduta com'è noto dal professor Francesco Alessandro Querci. Il quale sostiene, facendo leva sui principi comunitari, che nell'iter del Prg la procedura della Vas, la Valutazione ambientale strategica, andava redatta prima dell'adozione e non nell'attuale "limbo" tra adozione e approvazione. Tale diffida viaggia in parallelo - nei tempi e nei rilievi giuridici, perché nulla è evidentemente lasciato al caso - con un'altra iniziativa appena promossa dall'Associazione Porto franco, che rinnova, in realtà, la madre di tutte le battaglie portate avanti dallo stesso Querci: è il nuovo ricorso, stavolta al Tar di Trieste, contro la maxiconcessione per il recupero in chiave (anche) turistica di Porto Vecchio rilasciata dall'Autorità portuale a fine 2010 a Portocittà. Il ricorso risulta presentato l'8 marzo proprio dall'Associazione Porto franco, da un operatore del settore di nome Adriatic finance & trade Srl e dal privato cittadino Giorgio de Cola, «che vive in prossimità della zona portuale» - come si legge nel ricorso stesso firmato, con Querci, dagli avvocati Giulia Milo e Paolo Stern - e che, per inciso, si è reso autore dell'esposto, per conto di Greenaction Transnational, del cosiddetto "bonus consiglieri" del Municipio. Il cuore del ricorso finalizzato sempre a mantenere la destinazione portuale in senso stretto dell'antico scalo - al pari di quello respinto dal Tar del Lazio per cui Querci ha presentato appello al Consiglio di Stato - stavolta va ben oltre le prescrizioni del Trattato di Parigi del '47 e alla asserita necessità di un nuovo accordo internazionale per poter utilizzare Porto Vecchio per scopi diversi da quelli di punto franco. La fresca impugnazione della maxiconcessione, infatti, entra pesantemente nel merito poiché contesta pesantemente il metodo con cui sono state portate avanti procedure e documentazioni preparatorie, non corroborate in particolare - guarda caso esattamente come il Prg comunale a sua volta contestato... - dalla redazione di una Vas. Recita il ricorso: «L'assenza della Vas sulla variante al Piano regolatore del Porto e sulla variante al Prg del Comune per le aree di Porto Vecchio determina la radicale e insanabile nullità degli atti di approvazione». La stessa maxiconcessione sarebbe carta straccia per il fatto che la procedura di Via, la Valutazione d'impatto ambientale, è in programma all'atto del progetto esecutivo ultimo: «Posticipare la Via rispetto all'approvazione dei progetti è come rilasciare la patente prima di aver superato l'esame di guida», malizia il ricorso. Non solo: per Querci sarebbero stati persino violati altri principi comunitari, quelli «relativi alla tutela della concorrenza» nel «procedimento di selezione del concessionario». Lapidario Roberto Dipiazza, sostenitore numero uno della prospettiva di riuso sfociata nel settembre 2010, al tramonto dell'era Boniciolli cui ha fatto seguito il ritorno di Marina Monassi, nella delibera del Comitato portuale sulla maxiconcessione a Portocittà: «Non meriterebbero nemmeno la menzione. Vogliono solo bloccare lo sviluppo e basta. Capite cosa intendeva Antonione quando parlava di veti incrociati contro la città? Io sono per guardare al domani, non al Trattato di Pace...».
Piero Rauber

 

 

Noi ambientalisti e il piano regolatore - L'INTERVENTO DI LUCIA SIROCCO (LEGAMBIENTE) E DARIO PREDONZAN (WWF)
 

Dal resoconto del dibattito sul piano regolatore di Trieste organizzato mercoledì 16 marzo dalle associazioni ambientaliste (Wwf, Legambiente, Italia Nostra e Triestebella) sembrerebbe trasparire una certa nostra rassegnazione rispetto al fatto che il nuovo piano regolatore (variante n. 118), adottato nel 2009 ma non ancora approvato, "favorisce i grandi investitori a scapito delle piccole realtà". In realtà, come abbiamo del resto ripetutamente spiegato in varie occasioni, la nostra proposta è quella di apportare sostanziose modifiche alla var. 118, per eliminare le tante incongruità e assurdità ivi contenute. Accanto quindi all'eliminazione delle zone di espansione residenziale "C" previste, della grande zona "turistica" di Padriciano, del canile di Fernetti, e così via, abbiamo chiesto nelle nostre osservazioni di ridurre le destinazioni d'uso previste per le zone strategiche "O1" (ex-caserma di Banne, aree del "Burlo", del mercato ortofrutticolo, della fiera, ecc.), assoggettandole a pianificazione attuativa pubblica, anziché privata. E ciò proprio al fine di evitare che queste aree cadano in mano alla grande speculazione immobiliare. Abbiamo inoltre denunciato la "ricalibratura" degli indici edificatori nelle zone residenziali "B", che ha favorito i grandi investitori (indice aumentato nelle zone "B2" in città, ridotto invece nelle zone "B5" e "B6" dei borghi carsici). Se tutte queste modifiche migliorative venissero introdotte nella variante 118 in fase di approvazione, cosa che il Consiglio comunale può senz'altro fare purché lo voglia, Trieste disporrebbe di un piano regolatore non certo perfetto, ma senza dubbio migliore di quello precedente (la variante n. 66 approvata nel 1997). Se invece, come purtroppo è emerso chiaramente dal dibattito di mercoledì 16, il clima preelettorale farà sì che questa eventualità diventi di fatto impraticabile, è assai probabile che la variante 118 decada e si torni alla 66. Il che significherebbe, tra l'altro, far rivivere tutte le previsioni di questa, cancellate dalla 118 e cioè: i piani di "villettizzazione" non ancora attuati sulla costiera, la grande zona commerciale presso il sincrotrone di Basovizza, le zone artigianali-industriali a Trebiciano e Opicina, le zone "turistiche" presso Monte Spaccato e all'imbocco della "Napoleonica" presso Prosecco, e così via. Una prospettiva non certo auspicabile, per la maggioranza dei cittadini, molto gradita invece a costruttori e speculatori vari. Ciò non sembra, tuttavia, preoccupare molto i politici intervenuti al nostro dibattito, e ancor meno quelli che lo hanno disertato: evidentemente, la lotta per i voti e le poltrone conta più, per costoro, del futuro del territorio. Particolarmente curioso appare, in quest'ottica, l'atteggiamento dell'opposizione: pur di "non fare un favore a Dipiazza" votando il suo piano (ancorché ampiamente modificato), costoro sono infatti pronti a rischiare che torni in vigore quello di Illy. Atteggiamento che richiama alla memoria la metafora di colui che si autoevira, per fare dispetto alla moglie...
 

 

Guasto a Krsko e il reattore si spegne - Piccolo incidente alla centrale dovuto a un difetto di trasmissione nell'elettrodotto verso Zagabria
 

BELGRADO Piccolo incidente alla centrale di Krsko, senza conseguenze sull'ambiente, ma dall'impatto psicologico ancora non calcolabile dopo l'allarme sul nucleare causato dalla tragedia di Fukushima. Alle 10.30 di ieri, il reattore dell'impianto sloveno si è spento automaticamente per motivi di sicurezza. La causa, un difetto di trasmissione nell'elettrodotto a 380 chilovolt che dalla centrale porta l'elettricità verso Zagabria e la Croazia. «Non ci sono stati rischi di emissioni di radiazioni», ha subito tranquillizzato la portavoce della centrale di Krsko, Ida Novak Jerela. «Il fatto che l'impianto si sia spento automaticamente significa che tutti i sistemi di sicurezza hanno funzionato nel migliore dei modi. E non ci sono stati rischi per l'ambiente», ha aggiunto il direttore di Krsko, Stane Rozman. Già alle 12.15 - secondo quanto riporta il sito web dell'impianto nucleare - sarebbe stata dichiarata la fine dello stato d'emergenza. I tecnici stanno ora analizzando le cause del problema - forse provocato da un errore nel sistema informatico - prima di dare luce verde alla riattivazione della centrale. Si prevede un'interruzione nella produzione di elettricità per almeno 24 ore. La centrale di Krsko, di proprietà congiunta sloveno-croata, è stata costruita nel 1983 con tecnologia americana della Westinghouse. Copre circa il 20% del fabbisogno energetico sloveno e il 15% di quello croato. Nel 2008, Krsko aveva allarmato l'intera Europa dopo che una fuga di acqua usata per il sistema di raffreddamento aveva fatto temere un incidente di più serie dimensioni. Come nel caso di ieri, anche nel 2008 il problema era stato classificato di «grado zero» sulla scala INES che misura la gravità degli incidenti nelle centrali nucleari. Nonostante le ripetute rassicurazioni su Krsko da parte del governo sloveno, la centrale è nel mirino di ambientalisti e politici, soprattutto in Italia e Austria. A Vienna sono in molti a chiederne l'immediato stop perché la centrale è stata costruita in zona sismica e sarebbe dotata di una tecnologia obsoleta. E a fare pressioni su Lubiana perché rinunci all'obiettivo del raddoppio della centrale previsto per il 2013. Dopo questo «incidente minore», è certo che il fronte anti-nucleare e anti-Krsko troverà nuova linfa e nuovi argomenti.
Stefano Giantin

 

 

Nube radioattiva Fazio: nessun rischio
 

ROMA Sull'Italia potrà arrivare una nube proveniente dal Giappone, ma questa avrà una dose di radioattività trascurabile. Anzi, ha detto ieri il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, «nessuna nube tossica sta raggiungendo l'Italia, ma si tratta solo di correnti d'aria che contengono una minima quantità di radioattività, assolutamente non tossiche e assolutamente non pericolose». È pienamente d'accordo il climatologo Vincenzo Ferrara, dell'Enea, per il quale «non c'è dubbio che sulla nube si stia facendo un bel po' di confusione». I modelli matematici che prevedono lo spostamento delle nubi sono tanti e basati su parametri diversi, compreso quello al quale fa riferimento l'Agenzia francese per la sicurezza nucleare (Asn) e che prevede la nube in arrivo sull'Italia per questa sera. Quello che si può dire, prosegue Ferrara, è che «il trasporto delle masse d'aria viaggia da Ovest verso Est alla media di 1.000 chilometri al giorno; vale a dire che ogni 30-40 giorni torna al punto di partenza». Questa circolazione non è comunque l'unica ad influire sullo spostamento delle masse d'aria: «Avviene anche un processo di diffusione che dipende dalla turbolenza atmosferica», spiega. Le variazioni del vento sulla verticale o in orizzontale possono portare ad una dispersione molto forte. Considerando dei valori casuali e solo come esempio: se una nube dovesse partire dal Giappone carica di mille miliardi di particelle radioattive, queste verrebbero disperse quasi completamente già nel percorso attraverso l'Oceano Pacifico. «Negli Stati Uniti potrebbe arrivarne appena una» e «la probabilità che arrivino particelle radioattive sull'Europa e sull'Italia è uguale a zero». Perciò, prosegue Ferrara, «dire che una massa d'aria si sta spostando dal Giappone verso l'Europa è molto diverso dal parlare dello spostamento di una nube radioattiva». In pratica, rileva il climatologo, «non c'è nessuna nube radioattiva, ma solo una massa d'aria che può provenire dal Giappone, nella quale non è assolutamente probabile che si trovino particelle radioattive». Questa possibilità, prosegue, sarebbe stata invece un pericolo molto concreto «solo se in Giappone fosse avvenuto un incidente nucleare molto più violento e più grave di quello di Chernobyl, con rilascio di materiali radioattivi in alta quota». «La previsione dell'arrivo della nube in Italia è stata fatta sulle basi di simulazioni sullo spostamento delle masse d'aria. I climatologi addirittura ci dicono che queste masse d'aria non arriveranno mai». Lo ha detto Elena Fantuzzi, responsabile dell'Istituto di radioprotezione dell'Enea. «In ogni caso - ha continuato l'esperta - se dovesse arrivare in Italia i valori sarebbero davvero irrilevanti, circa 10 mila volte in meno di Chernobyl». Su eventuali rischi per la salute Fantuzzi è convinta che non ci sia davvero nulla di cui preoccuparsi.
 

 

Nucleare, l'Italia si ferma moratoria di un anno
 

Il governo rimanda addirittura di 24 mesi la definizione della strategia sull'atomo.

 Il ministro Romani: puntare sulle rinnovabili. - Referendari: lo stop è un imbroglio
ROMA L'Italia si ferma sul fronte nucleare. Con un decreto del Consiglio dei ministri, il governo ha ufficialmente deciso di sospendere per 12 mesi i provvedimenti per la localizzazione e la realizzazione delle centrali, rinviando addirittura di 24 mesi la definizione della strategia nucleare, documento essenziale per proseguire nell'iter per il ritorno all'atomo. La «pausa di riflessione» annunciata nei giorni scorsi si concretizza dunque in uno stop di ogni provvedimento. Guardando all'Europa, all'esito degli stress test, ma anche alle decisioni di chi, come la Germania, sembra intenzionato ad uscire quanto prima dalla tecnologia nucleare, il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, ha annunciato una «scelta responsabile», fatta, dopo il disastro di Fukushima, in nome della sicurezza e «nell'interesse dei cittadini». Interrotta quindi al momento la strada per l'atomo, sulla quale pesa peraltro l'ombra del referendum fissato per il 12 e 13 giugno, Romani invita a «guardare avanti». Nel futuro anche prossimo dell'Italia dovranno esserci soprattutto «le nuove tecnologie energetiche», spiega, a partire dalle fonti rinnovabili che, con il nuovo riordino allo studio del dicastero dello Sviluppo e di quello dell'Ambiente, dovranno necessariamente diventare «sostenibili economicamente» e motore dello sviluppo dell'industria di settore. La moratoria sul nucleare è stata varata dal cdm con un decreto legge che sospende le procedure per gli impianti, ma che non comprende la localizzazione del deposito per le scorie. L'Italia è infatti obbligata dalle disposizioni europee in materia ad individuare lo stoccaggio entro il 2015. Allo stesso tempo il provvedimento del consiglio dei ministri non inficia il lavoro dell'Agenzia per la sicurezza guidata da Umberto Veronesi, che rimane in piedi e resta attiva nel suo ruolo essenziale, «quale organo competente per lo studio e la programmazione delle politiche riguardanti la sicurezza nucleare». Secondo il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, la sospensione è «una decisione di buon senso, di cautela e di rispetto», ma nell'opposizione c'è chi chiede molto di più. «La moratoria è il minimo che il governo potesse fare di fronte alla terribile lezione che sta arrivando al mondo intero dal dramma giapponese», afferma la responsabile Ambiente del Pd Stella Bianchi, mentre per il leader dei Sel, Nichi Vendola, la decisione presa in Consiglio dei ministri «si configura come un maldestro tentativo di rendere ininfluente, o peggio annullare il referendum di giugno e il voto popolare su una materia così rilevante». Tra i fautori del voto popolare, Massimo Donadi, capogruppo di Idv alla Camera, definisce la moratoria «un imbroglio» e ancora più critici sono i Verdi: «È una proposta da bari, una buffonata, un modo per disorientare l'opinione pubblica facendo credere che non c'è più il problema del referendum - afferma il segretario Angelo Bonelli -. Invece i cittadini voteranno».
 

 

SOSTEGNO AL REFERENDUM Racovelli: «Fermiamo il nucleare» «Mai più Fukushima, né in Friuli Venezia-Giulia, né altrove!».

 

Lo ha detto il consigliere dei Verdi Alfredo Racovelli parlando a sostegno del referendum. «Siamo ancora in tempo per fermare questa scelta di morte in Italia: possiamo farlo costruendo la più ampia partecipazione popolare al referendum, per un voto che dica, chiaro e forte, sì per fermare il nucleare. «Stiamo vivendo - ha aggiunto Racovelli - la più grave crisi nucleare della storia, eppure il governatore Tondo tira dritto e continua a ritenere il raddoppio della centrale di Krsko una scelta di buon senso».

 

 

SEGNALAZIONI - RADIOATTIVITA' GLI ANIMALI SONO I PIU' INDIFESI

 

Purtroppo non possiamo ignorare la situazione drammatica in Giappone, ma cosa succederà agli animali che non possono allontanarsi dai siti pericolosi, evitando acque e foraggi radioattivi? Non mi riferisco soltanto a quelli destinati all'alimentazione umana, allevati nella zona, ma a quelli che vivono in natura, o che erano di proprietà ma che a seguito del terremoto hanno perso i loro padroni... Proprio il mese scorso era apparsa una pubblicazione di Timothy Mousseau dell'Università del South Carolina e Anders Moller dell'Università dei Parigi-Sud che dimostrava come gli uccelli che vivono nelle aree circostanti al sito di Chernobyl abbiano un cervello più piccolo del cinque per cento rispetto ai loro consimili di altre regioni, e questo sarebbe un effetto correlato alla elevata radiazione di fondo presente nell'ambiente a seguito dell'incidente del nel 1986. Il meccanismo attraverso cui si realizzerebbe una diminuzione delle dimensioni cerebrali non è stato chiarito ma tra le ipotesi i livelli di radiazione di fondo potrebbero indurre un forte stress ossidativo oppure, la radiazione potrebbe causare errori di "programmazione" nello sviluppo cerebrale (mutazioni). A dosi elevate le radiazioni ionizzanti possono produrre danni ereditari nei cromosomi; i dati ottenuti in laboratorio su piante ed animali in condizioni sperimentali di irradiazione perfettamente definite, indicano che tali danni insorgono in misura correlata linearmente con la dose. La specie sulla quale dal secolo scorso si è lavorato molto è la Drosophila melanogaster (per via delle sue peculiarità anatomiche e fisiologiche: e un organismo con solo quattro cromosomi, intensa capacità riproduttiva e veloce successione generazionale quindi gli effetti sulle generazioni possono esser studiati facilmente in laboratorio). Sull'azione mutagena delle radiazioni evidenziata nel moscerino della frutta, si è impostata una imponente ricerca che ancora oggi conduce ad importanti risultati scientifici. E' stato rilevato che nei soggetti irradiati vi è un aumento delle mutazioni trasmesse ai discendenti e che il danno genetico presente nei figli non può essere riparato: si parla quindi di danni irreversibili. Dunque, proteggersi prima.
Fulvia Ada Rossi

 

 

Duino, l'opposizione vuole "il porta a porta" sui rifiuti
 

Il capogruppo Veronese: «Vanno eliminati i cassonetti usati pure da Monfalcone»

Ma il sindaco Ret non ci sta: «Non voglio che i cittadini mi facciano la pelle ora»
DUINO AURISINA I cassonetti a Duino Aurisinapotrebbero avere i mesi contati: attraverso una mozione il capogruppo consiliare di Insieme, Massimo Veronese, chiede ufficialmente che l'amministrazione comunale provveda con tempestività a introdurre il porta a porta sul territorio di Duino Aurisina, inserendolo nelle clausole contrattuali di gestione del servizio di raccolta dei rifiuti, in scadenza a giugno. La richiesta nasce dal fatto che sono ben 44 i punti percentuali che attualmente separano il Comune dagli enti locali più virtuosi e, soprattutto, dagli obiettivi imposti dalle normative: entro la fine del 2012, infatti, la differenziata dovrebbe toccare quota 65%, un risultato assai distante dall'attuale soglia del 21%. «Considerato che a livello nazionale e internazionale risulta oramai accertato come solamente il sistema di raccolta "porta a porta" sia in grado di garantire percentuali di raccolta differenziata dell'ordine del 70% e quindi compatibili con la previsioni normative - esordisce Veronese - sindaco e giunta si devono impegnare al più presto a inserire anche gradualmente, o per porzioni di territorio, questo sistema, prescrivendolo nel prossimo bando di gara per l'affidamento del servizio raccolta dei rifiuti dal 1° luglio 2011. La nuova modalità, peraltro, consentirebbe finalmente di porre un freno all'esodo di spazzatura dalla vicina Monfalcone, eliminando i cassonetti dalla strada». La procedura di gara per l'affidamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti del Comune, per il triennio 2011-2013, è attualmente in fase di definizione: gli uffici, su mandato degli amministratori, stanno predisponendo il bando. «È la legge 152 del 2006 - prosegue il capogruppo di Insieme - a prevedere che entro il 31 dicembre 2012 si debba raggiungere il 65% di differenziazione dell'immondizia, ma attualmente la percentuale è dell'ordine del 21%: un valore assolutamente insufficiente, che alle condizioni attuali del servizio difficilmente raggiungerà quella quota nel giro di venti mesi». Per questo, sulla scia anche dei recenti indirizzi impressi a Trieste e dell'esempio di "San Dorligo della Valle Dolina, unico comune della Provincia a portare avanti una differenziata al 50%, dopo l'avvio del porta a porta nel 2007", Veronese intima un cambiamento nelle politiche di conferimento e smaltimento dell'immondizia. Ma il sindaco Giorgio Ret non ne vuole sapere: «Veronese vuole forse che i cittadini mi facciano la pelle a fine mandato? Chi mai potrebbe accettare di vedere una miriade di sacchetti davanti alle ville della Cernizza o al porticciolo di Duino? Abbiamo sedici frazioni da coordinare: sta forse scherzando? Se proprio si vorrà introdurre il porta a porta, allora ci penserà la prossima amministrazione comunale. Tra l'altro, non credo neppure che a ridosso del nuovo appalto vi sia il tempo per introdurre una tale clausola in capitolato». «Se il porta a porta funziona così bene - conclude il primo cittadino - come mai Monfalcone scarica da noi la sua immondizia? Per fortuna, dopo i controlli intensificati, il problema è stato in parte arginato, ma vada a vedere, Veronese, cosa c'è dietro il "Mercatone", nei pressi del ponte: per fortuna quello non è territorio di mia competenza, perché sarebbe da mettersi le mani nei capelli».
Tiziana Carpinelli

 

 

Muggia - A passo d'acqua tra vecchi mulini e "jazere" - Successo della conferenza "Dolce&salata". Tutto esaurito per l'escursione in Val Rosandra
 

Risale all'anno 1276 l'immagine più antica di un mulino nella nostra zona, proprio sotto Bagnoli nella "Valle di Zaule", antico nome della Val Rosandra. Sotto l'Impero Austro Ungarico, invece, il periodo d'oro delle "Jazere", oltre che a Vienna e Budapest, il ghiaccio carsico arrivava fino in Egitto. La seconda, affollata, conferenza della rassegna "Dolce & Salata", dal titolo "A passo d'acqua", svoltasi martedì nella Sala Millo a Muggia, ha dimostrato come nel passato eravamo capaci di sfruttare al meglio le risorse idriche. Insegnamenti importanti per il mondo d'oggi che nella giornata mondiale dell'acqua dedicata alla riflessione "Acqua nelle città", deve constatare la mala gestione dei propri acquedotti con perdite che raggiungono, in Italia, una media del 50 per cento. La lezione condotta da Maurizio Radacich del Club alpinistico triestino, rappresentava il preambolo all'uscita, organizzata domenica 27 marzo, proprio alla ricerca dei mulini in Val Rosandra. Nonostante l'elevata concentrazione d'impianti molitori nella nostra regione, sono rimasti solo alcuni ruderi a testimonianza di ciò che era un tempo. «Non c'è mai stata una vera manutenzione o un interesse al recupero - afferma Radacich - poi l'alluvione del 1963, riempiendo la valle con oltre due metri di detriti, ha contribuito a devastare ciò che era rimasto». A Trieste e in provincia, gli impianti sono stati utilizzati fino circa gli anni '30, poi la tassa sui mulini e l'obbligo di utilizzare solamente grano nazionale hanno portato a un rapido disuso della pratica. «Dispiace che siamo l'unica provincia in regione a non avere ancora un mulino a scopo didattico - conclude Radacich - ma forse qualcosa si sta muovendo per il futuro». Di valorizzazione parla anche Nicola Bressi, conservatore del Civico Museo di Storia Naturale «la mole di torrenti della nostra regione, assieme agli stagni, grossissima risorsa per la conservazione della biodiversità, andrebbe gestita anche in un'ottica turistica. Le zone umide, infatti, sono le mete più ambite dai visitatori, che al bosco, prato o grotta continuano a preferire il laghetto». Parlando di habitat, però, non si può non affrontare in parallelo il discorso della fauna come afferma Matteo Giraldi della Lega italiana protezione uccelli «Proteggere gli animali significa appunto conservare il loro ambiente. La nostra è una delle regioni più ricche di specie, il golfo infatti porzione più a nord del bacino del Mediterraneo, è la prima zona dove gli uccelli che migrano da nord a sud, trovano l'acqua». Gabbiani, sterne, cormorani e strolaghe, alcuni di queste specie, presentate da Giraldi, saranno osservabili nell'uscita di domenica 3 aprile nella zona di rio Ospo e Lazzaretto. Tutto esaurito invece per l'uscita di domenica prossima alla ricerca dei mulini in Val Rosandra.
Cristina Polselli

 

 

Battaglia in Tribunale su Fogar
 

Una strenua resistenza. L'hanno opposta ieri alla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura, l'avvocato Guido Fabbretti e il suo cliente, il leader del Circolo Miani Maurizio Fogar. Il campo del confronto è stato quello dell'udienza preliminare convocata davanti al giudice Luigi Dainotti. Secondo il pm Federico Frezza che ha chiesto il rinvio a giudizio di Fogar per malversazione e truffa, il leader del Circolo Miani ha usato indebitamente denaro proveniente da contributi regionali per acquistare francobolli da collezione e per pagare l'assicurazione Rc del "fuoristrada", peraltro intestato al circolo di cui all'epoca Maurizio Fogar era presidente. L'avvocato Guido Fabbretti ha preso d'assalto quest'ultima contestazione. I contributi erano arrivati al Circolo Miani e l'auto era intestata allo stesso sodalizio. Dunque si può dunque parlare di reati. Fogar ha avuto semmai il merito di aver attivato una vecchia polizza assicurativa a lui intestata e rimasta "in sonno". Questa sua decisione ha consentito al Miani di risparmiare una somma notevole. Il difensore ha poi affrontato il tema dei francobolli emessi oltre che dal poligrafico della Stato italiano anche dalla Città del Vaticano, dalla Repubblica di San Marino e dal Sovrano Ordine Militare di Malta. Dovevano, secondo la tesi difensiva essere esposti nell'ambito di una rassegna organizzata dall'allora assessore regionale Franco Franzutti per celebrare l'ingresso della Slovenia nell'Unione europea. Dunque nessuna spesa ingiustificata. Sul tavolo del giudice sono stati esibiti documenti e relazioni che il magistrato si è riservato di esaminare a breve scadenza. Nella prossima udienza preliminare fissata per il 20 aprile, l'imputato dovrebbe spiegare nei dettagli altre operazioni e scelte che la Procura gli contesta in base alle indagini svolte dalla Guardia di finanza. Tra queste anche il presunto "aggiustamento" del bilancio consuntivo del circolo in cui veniva attestato che quattromila euro provenienti dai fondi regionali erano stati versati al segretario Ferruccio Diminich. Per l'accusa, la dichiarazione è falsa.

(c.e.)
 

 

 

 

VOCE ARANCIO - MERCOLEDI', 23 marzo 2011

 

 

Earth hour, è l’ora di dare una mano alla Terra - Alle 20.30 del 26 marzo luci spente nel mondo per 60 minuti.

 

Obiettivo: ridurre il consumo d’energia e i gas serra. Aiutare la natura non è difficile: piccoli gesti che salvano il mondo
Il 26 marzo, alle ore 20.30, in tutto il mondo, monumenti, palazzi, uffici, negozi e abitazioni private spegneranno le luci per un’ora. È l’Earth hour, l’Ora della Terra, promossa dal WWF allo scopo di ridurre il consumo di energia e la conseguente produzione di gas serra. Resteranno al buio la Porta di Brandeburgo, il Cristo Redentore di Rio, il Castello di Edimburgo, la ruota panoramica di Londra, il Ponte sul Bosforo, le Kuwait Towers. In Italia, il Duomo e il grattacielo Pirelli di Milano, le fontane di Piazza Navona di Roma, Palazzo Vecchio e Ponte Vecchio di Firenze, la Torre di Pisa, la Torre degli Asinelli di Bologna, il palazzo comunale di Pistoia, la torre civica di Mestre. Oltre 140 i comuni che parteciperanno all’iniziativa.
La prima Ora della Terra si svolse solo a Sydney, in Australia, il 31 marzo 2007. Allora, tra le 19.30 e le 20.30, quando a spegnere l’interruttore furono due milioni e 200mila persone, si risparmiò tra il 2,1 e il 10,2% di energia. Nel 2008 l’Earth Hour coinvolse 50 milioni di persone in 370 città di 35 paesi. In Italia si spensero il Colosseo, il Municipio Ca’ Farsetti di Venezia e la Torre di Mestre. Nel 2009 le città coinvolte furono 3929, dislocate in 88 paesi. Nel 2010 le città erano oltre 4.000 e i paesi 128, per un totale di un miliardo di persone.
L’edizione 2011, la quinta, presenta una novità rispetto alle precedenti: un nuovo logo, «60+», dove il «+» indica l’invito per tutti ad andare oltre l’ora e cambiare il proprio stile di vita e scegliere azioni “verdi” tutti i giorni.
«Quest’emozionante evento globale, che in pochi anni è cresciuto in maniera esponenziale fino a raggiungere un miliardo di persone in 128 paesi del mondo, aggiunge al messaggio simbolico le azioni concrete. Se vogliamo dare al mondo un futuro migliore, dobbiamo trasformare le nostre società, tagliare le emissioni inquinanti per vincere la sfida dei cambiamenti climatici, e perseguire un’economia nuova, rispettosa degli equilibri del pianeta e di gran lunga vantaggiosa anche per il benessere dell’uomo. Ogni persona ha il potere di cambiare, ma se uniamo le forze possiamo davvero cambiare il mondo» (Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia).
«L’Italia produce in un anno 567 miliardi di tonnellate di Co2. Se tutti noi ci comportassimo in modo responsabile, sarebbe realistico scendere immediatamente a 450» (Duccio Bianchi, responsabile di Legambiente, al Corriere della Sera).
Con un investimento di quattro miliardi di euro l’anno (lo 0,2% del Pil), entro il 2020 l’Italia potrebbe ridurre le proprie emissioni del 29% rispetto ai livelli del 1990, raggiungendo l’obiettivo del 30% previsto dalla Ue nel Pacchetto clima ed energia (Fonte: Ecofys).
Stefano Leoni, presidente del WWF Italia: «Il problema principale dell’Italia è che manca una strategia. […] Con politiche semplici e già attuate in altri Paesi, tagliare le emissioni drasticamente entro il 2020 si può. Basta volerlo e soprattutto attrezzarsi per perseguire l’obiettivo con un approccio strategico. La recessione economica sembra possedere un effetto al ribasso sulla produzione delle emissioni, per la diminuzione della produzione. Ma il rischio è che, quando questa produzione – e le relative emissioni – ricominceranno a crescere, l’Italia si trovi drammaticamente indietro sul fronte della nuova economia pulita».
In media, ogni europeo immette 8.000 chili l’anno di Co2 nell’atmosfera. Duccio Bianchi: «Bene, con un comportamento responsabile ognuno di noi potrebbe limitarsi senza troppa fatica a 3.000 o anche a 2.000 chili».
Emissioni di anidride carbonica per chilowattora consumato: 0,45 chili.
Spegnere le luci per un’ora è già qualcosa, ma, per ridurre le emissioni di Co2, anche le scelte quotidiane del singolo individuo contano. Basterebbe sostituire un breve tratto in automobile, diciamo circa 6 km, con uno in bicicletta, oppure condividere il tragitto con qualcun altro, per evitare l’immissione in atmosfera di 240 kg di Co2 l’anno e risparmiare in benzina. Tra il 2005 e il 2009 le famiglie italiane hanno installato più di 800mila elettrodomestici a basso consumo e hanno fatto bene: un frigorifero classe A++, ad esempio, consuma mediamente la metà di uno classe B e due terzi meno di uno di classe D. Sostituire una lampadina da 100 watt a incandescenza con una a basso consumo, a fluorescenza, consente, all’atmosfera, di risparmiare 35 chili in meno di Co2 in un anno e, a noi, circa 10-12 euro. Senza contare poi che fanno più luce e durano in media dalle otto alle venti volte in più rispetto a quelle di vecchia generazione. Avviare la lavatrice o la lavastoviglie solo a pieno carico, oltre a un consumo di acqua inferiore, permette un risparmio annuo di 45 chili di Co2. Abbassare la temperatura di casa da 21 a 20 gradi garantisce un risparmio di 470 chili di Co2 in un anno.
Attenzione agli apparecchi in stand-by: di solito, calcolando un consumo medio per apparecchio tra gli 1 e i 5 watt, assorbono circa il 10% di tutta l’energia che consumiamo in famiglia. Spegnerli, farebbe risparmiare in un anno 265 kwh e 45 euro sulla bolletta.
Nel 2010 una direttiva europea ha stabilito che gli apparecchi in vendita, quando sono spenti o in stand by, non debbano superare un watt di potenza assorbita. Il Politecnico di Milano, analizzando circa 6mila prodotti in vendita, ha riscontrato che il 30% degli elettrodomestici non rispetta i parametri richiesti.
Lo stand-by di una macchinetta per il caffè espresso costa 15 euro l’anno, quello di una radiosveglia 9 euro, quello di un lettore Dvd 5 euro, il decoder più di 10, un caricatore di cellulare circa 4 (studio Media World) ecc.
Poi, riciclare: una lattina smaltita nel modo corretto consente di evitare l’emissione di 17 chili di Co2 in dodici mesi; utilizzare anche il retro dei fogli di carta evita 13,13 chili di Co2 l’anno; buttare nel bidone giusto un giornale e un paio di scatolette di carta al giorno comporta un risparmio di 71 chili di Co2 l’anno; tre bottiglie alla settimana nella campana del vetro evitano 11 chili di Co2 in un anno.
Ikea aderisce a Earth Hour con la “Bulb Box”, una speciale scatola promossa in collaborazione con WWF Italia e il consorzio RAEE Ecolight, per raccogliere le lampadine a basso consumo usate e procedere al loro corretto smaltimento e recupero.
Anche le scelte alimentari influiscono sulle emissioni di gas serra. Ad esempio, sostituire un pasto a settimana a base di carne con un piatto tipico della dieta mediterranea può far risparmiare oltre 180 kg di Co2 l’anno.
L’allevamento del bestiame (bovini, maiali, pecore, piccoli ruminanti e volatili) infatti è considerato responsabile del 18% dei gas ad effetto serra, collegati alle attività umane. Una percentuale che supera quella dei trasporti di tutto il mondo (14%). Occhio dunque alla spesa. WWF mette a disposizione su improntawwf.it un carrello virtuale, che calcoli “l’impronta di carbonio” lasciata dai nostri acquisti. Facciamo una prova. In famiglia siamo in due e questa settimana, quando andiamo a fare la spesa, acquistiamo al supermercato 1 litro di olio di oliva, 1 kg di zucchero, mezzo chilo di mele, mezzo chilo di insalata, mezzo chilo di carne bovina, 1 litro di latte e una bottiglia di un litro e mezzo di acqua. Mettiamo tutto nel nostro bel sacchetto che ci consegnano alla cassa e avremo prodotto 11,4 kg di Co2 (il 5,61% d’imballaggi).
Se acquistassimo prodotti di origine locale e di stagione, magari anche biologici, e li riponessimo in una borsa di tela riutilizzabile, il nostro “contributo” scenderebbe a 8,43 kg di Co2 (il 6,64% di imballaggi).
La produzione in serra di 1 kg di pomodori richiede un’enorme quantità di energia e rilascia 3,5 kg di Co2. La stessa quantità prodotta in campo, ne produce meno di 0,05 kg, cioè una quantità inferiore di 70 volte.
In un anno un italiano emette in media 1.778 kg di Co2 solo per l’alimentazione.
«Il futuro eco-friendly è un’azione concreta che può iniziare subito. Mentre i governi discutono sull’accordo globale e sulle regole comuni per vincere la sfida dei cambiamenti climatici, nelle case, nei negozi, uffici, scuole, imprese e perfino per le strade, le azioni quotidiane di centinaia di milioni di persone, sommate insieme, possono avviare il cambiamento che garantirà al mondo nuovo equilibrio ambientale, economico e sociale. Un amministratore delegato può cambiare un’impresa, un bambino di 7 anni può cambiare la sua classe, un presidente può cambiare il suo Paese. Ogni singola azione, piccola o grande che sia, sommata a centinaia di milioni di altre, può davvero cambiare il mondo» (Mariagrazia Midulla).
La piattaforma Beyond the Hour (Oltre l’Ora, ndr) è una sorta di mosaico interattivo per il clima, attraverso cui individui, istituzioni, organizzazioni e imprese possono raccontare le proprie azioni concrete che intendono intraprendere per aiutare il Pianeta. Tradotto in 11 lingue, il sito in poche settimane di sperimentazione ha già raccolto oltre mille azioni, tra cui quella della star cinese Li Bingbing che ha deciso di diventare vegetariana per 100 giorni l’anno e quella del Governo del Nepal che fermerà il taglio di alberi in un’importante area forestale.
Nei mari di tutto il mondo, in concomitanza con l’Earth Hour, si spegneranno quattordici navi di Costa Crociere. Al buio resteranno il “Gran Pavese”, il fumaiolo e i ponti esterni. Per i passeggeri, previste cene a lume di candela. Tante altre imprese hanno aderito all’iniziativa. Auchan spegnerà le insegne di 51 ipermercati, il marchio di gioielli Dodo quelle delle vetrine delle sue 14 boutiques italiane e quelle di Parigi e Dusseldorf, Camomilla quelle dei suoi 180 negozi. Anche Berendsohn Italia, DHL Italy, Epson, UniCredit, Coca-Cola HBC gireranno l’interruttore delle proprie sedi.
In tre anni il gruppo Sofidel ha investito circa 16 milioni di euro per ridurre del 26% entro il 2020 le proprie emissioni di Co2, rispetto al 2007. In quindici anni Electrolux ha ridotto i consumi di acqua del 30%, di energia del 25% e i rifiuti del 45%, con l’obiettivo al 2012 di ridurre di un ulteriore 15% i consumi di elettricità, acqua e gas. Coca-Cola HBC Italia ha previsto grazie all’installazione di pannelli fotovoltaici su tutti i propri stabilimenti e di tre impianti di cogenerazione per una riduzione del 40% delle proprie emissioni di Co2. I pannelli fotovoltaici installati sulla sede italiana di Epson riducono di circa nove tonnellate le emissioni di Co2 equivalente per una diminuzione dell’impatto ambientale del 20%. Per il 2020, UniCredit ha avviato un programma di riduzione delle emissioni dirette del 30%, Birra Peroni del 50% (rispetto al 2009). Il gruppo Tetra Pak ha ridotto le proprie emissioni di Co2 del 10% rispetto al 2005 con l’obiettivo di ridurle ulteriormente nei prossimi anni. Sony Corporation punta a raggiungere, con il piano Road to Zero, un impatto ambientale pari a zero entro il 2050, passando attraverso target di medio periodo fissati per il 2015, come la riduzione dei gas responsabili dell’effetto serra del 30% rispetto al 2000 (Fonte: WWF).
«Questo è l’unico pianeta che abbiamo, è da matti… è da sciocchi non proteggerlo!»

(Marco Mengoni, testimonial di Earth Hour).

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 marzo 2011

 

 

COMITATO - «No a centrali nucleari sì alle energie rinnovabili»
 

Creare, anche a Trieste, un comitato di controinformazione per fornire dati attendibili sulla radioattività dell'aria. È questo l'obiettivo di un gruppo di associazioni che si sono presentate ieri con il loro programma. Si tratta di Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Ya Basta!, Arci nuova associazione, Bioest, Coordinamento Donne Trieste e Comitato pace convivenza e solidarietà "Danilo Dolci". «La crisi nucleare giapponese precede di poco, in Italia, il referendum indetto per fermare i programmi nuclearisti dell'attuale Governo - ha detto Luciano Ferluga del Comitato Dolci introducendo l'incontro - governo che è pronto a investire grosse somme del patrimonio pubblico nella costruzione di nuove centrali nucleari, a scapito degli investimenti nelle energie rinnovabili. Si rimarca la richiesta, anche per il risparmio della somma di 400 milioni di euro - ha aggiunto - di accorpare il referendum alla stessa data delle elezioni amministrative». Lino Santoro di Legambiente ha ricordato che «tutta l'Italia è territorio sismico, dal che si desume la pericolosità degli impianti nucleari esistenti, di vecchia generazione, perciò non sicuri. Il costo per la costruzione di nuovi impianti poi è altissimo. Un cittadino intelligente - ha concluso - deve dire no». Tiziana Cimolino, del Comitato "Due sì per l'acqua bene comune", ha annunciato per sabato una manifestazione a Roma indetta con l'obiettivo di dire «no al nucleare e a favore di tutti i beni della terra»". L'esponente di Ya basta! Luca Tornatore, ha definito una centrale nucleare «una bomba che si cerca di tenere sotto controllo». Per Luciana Boschin, di Italia nostra, «bisogna ridisegnare l'intero piano energetico del Paese attraverso il fotovoltaico». Roberto Pizzuti, responsabile regionale del Wwf, ha definito «giusto che Italia e Austria possano dire la loro sui programmi sloveni di incremento della produzione nucleare».

(u. s.)
 

 

GIAPPONE, EMERGENZA RADIOATTIVITA' - La nube arriva in Italia «Ma il rischio è zero»
 

ROMA La nube radioattiva sprigionata dal tracollo delle centrali nucleari di Fukushima sta per arrivare nei cieli italiani. Ma gli esperti escludono che questo passaggio possa comportare rischi per la salute dei cittadini. Mentre in Giappone la terra continua a tremare (due scosse di magnitudo 6.3 e 6.2 ieri si sono susseguite nel giro di un'ora) ed il livello di radioattività continua a salire tanto da aver infestato anche l'acqua del mare intorno alla zona degli impianti, le masse d'aria contaminate, sospinte dai venti, sorvolano da giorni l'Europa. Dopo l'Islanda (ieri) e la Francia (oggi), la nube si affaccerà sulla nostra penisola domani. Secondo i calcoli del Servizio misure radiometriche del Dipartimento nucleare dell'Ispra però, i livelli di radiazione sarebbero molto bassi. Giancarlo Torri, responsabile, per l'Ispra, del monitoraggio dei valori precisa che si tratterà di livelli da mille a 10mila volte inferiori rispetto a quelli registrati a Chernobyl nel 1986. «L'eventuale esposizione sarebbe molto rapida - spiega Torri - e al momento non si rilevano rischi per la popolazione». Ben diversi i livelli di «materiale radioattivo» rilevato nelle acque dell'Oceano Pacifico antistanti il luogo dell'incidente nucleare. I tassi di iodio 131 e cesio 134 riscontrati in mare sono superiori alla norma, rispettivamente, di 126,7 e 24,8 volte. Dati che hanno convinto le autorità giapponesi ad elevare l'allerta alimentare intensificando i controlli sul pescato (pesce e frutti di mare) delle prefetture di Chiba e Ibaraki, a est di Tokyo. Il portavoce dell'esecutivo Yukio Edano non esclude di valutare la sospensione della vendita di pesce (dopo quella di latte e verdure) se le concentrazioni di radioattività dovessero aumentare ancora. Intanto quella di ieri è stata un'altra giornata di lavoro frenetico per i tecnici che da giorni lavorano ossessivamente per rimettere in sicurezza i reattori di Fukushima (danneggiati l'11 marzo scorso dallo tsunami seguito al terremoto di magnitudo 9). Nei sei reattori è finalmente stato ripristinato il collegamento all'alimentazione esterna, di nuovo operativa anche la sala di controllo. Ma l'Aiea avverte che dalla centrale continuano a propagarsi radiazioni, sebbene non si riesca ad intercettarne «la fonte». Il quotidiano aggiornamento del bollettino delle vittime del terremoto ha superato il numero di 22mila tra morti e dispersi. E il Giappone fa conti anche con i danni all'economia: la Sony ha bloccato fino a fine marzo la produzione dei suoi stabilimenti nipponici, Honda e Toyota hanno deciso di rinviare la riapertura delle loro fabbriche, in difficoltà anche Panasonic, Nikon e Canon.

(a.d'a.)
 

 

Nucleare, il governo prende tempo «Stop per un anno»
 

Con la moratoria a rischio il referendum del 12 giugno Le opposizioni: «Vergognoso escamotage»
ROMA Stop al nucleare per un anno. Il governo, preoccupato per l'esito del referendum del 12 giugno sotto l'onda emotiva della contaminazione in Giappone, annuncia una moratoria di dodici mesi. E subito insorge l'opposizione e i comitati promotori del «no atomo»: «E' semplicemente un escamotage per evitare o svuotare di senso il referendum». Il ministro Paolo Romani conferma che questa mattina il consiglio dei ministri «dichiarerà la moratoria per un anno per quanto riguarda le decisioni e l'attivazione delle procedure per la ricerca dei siti per le centrali nucleari in Italia», senza fermare tuttavia le procedure per l'individuazione di un deposito nazionale per lo stoccaggio delle scorie «perchè ce lo chiede l'Europa». Il ministro si è anche soffermato sul referendum sul nucleare, ribadendo che si aspetta «una decisione che sia presa non sull'onda dell'emotività, ma delle certezze che dobbiamo dare come governo e come Unione europea». «La nostra volontà è di portare al Consiglio dei ministri quella parte del correttivo che riguarda il deposito nazionale per lo stoccaggio delle scorie perchè si tratta di un grande tema per la sicurezza» ha spiegato il ministro. Non è chiaro come il governo intenda procedere tecnicamente: in queste ore sono al lavoro gli esperti giuridici di Palazzo Chigi e oggi scade la conversione del decreto sulla localizzazione dei siti atomici dopo i rilievi della Corte costituzionale. Sarà probabilmente dentro a questo provvedimento che l'esecutivo infilerà la moratoria, con l'evidente intento di far decadere il referendum. Ma le opposizioni sono sugli scudi: «Il bluff atomico continua - si infervora Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd -. È un'altra menzogna che questo Governo racconta agli italiani sul nucleare, insieme a quella che le centrali sono assolutamente sicure, che il nucleare è conveniente e farà abbassare le bollette di cittadini e imprese». Realacci, che indica le fonti rinnovabili nel futuro energetico del paese, rileva come il governo stia per approvare un decreto dove il parere delle Regioni sia tranquillamente calpestabile, in aperta contraddizione con quanto sostiene una parte della maggioranza. «La moratoria annunciata è solo un escamotage per prendere tempo e passare indenni le elezioni amministrative e il referendum» aggiunge Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente. «La destra non sa cosa fare e cerca di prendere tempo, magari sperando che nel frattempo svanisca la preoccupazione» commenta Vannino Chiti (Pd), vice presidente del Senato. «Ogni giorno il governo escogita un trucchetto da baro per sabotare il referendum ed impedire ai cittadini di esprimersi democraticamente sul nucleare: oggi è il turno della moratoria, notizia diffusa ad arte per creare confusione» spiega il presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli. Di scelta saggia e doverosa parlano, invece, il presidente della Camera Gianfranco Fini e del Senato Renato Schifani.
Daniele Ferrazza

 

Napolitano spinge sulle energie rinnovabili
 

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione della Giornata mondiale dell'acqua, richiama in un messaggio la necessità di un nuovo slancio sulle fonti rinnovabili. Napolitano lancia un monito sulla «necessità di sviluppare nuovi indirizzi di ricerca sull'uso delle risorse idriche e delle altre fonti alternative e rinnovabili». «È infatti indispensabile individuare - dice Napolitano - nuovi modelli e strumenti capaci di coniugare lo sviluppo economico con la rigorosa salvaguardia del pianeta e dei suoi equilibri ambientali». Una linea, quella del Capo dello stato, che si sposa con l'esito di un sondaggio dell'Osservatorio Mediawatch, secondo cui quasi il 90% degli italiani preferirebbe investire nelle energie rinnovabili piuttosto che nel nucleare.
 

 

«Per avere centrali sicure serviranno molti decenni»
 

Il fisico nucleare Tuniz: «E l'Italia deve puntare anche su solare e geotermico» In arrivo a Trieste 60 scienziati internazionali per la scuola promossa da Obama
TRIESTE Non è un caso ma lo sembra. A pochi giorni dallo scoppio del terrore nucleare in Giappone e mentre l'Italia si interroga sul suo destino energetico, Trieste si prepara ad accogliere 60 studenti-scienziati di tutto il mondo che assisteranno a un programma di ricerca sulla "sicurezza nucleare" con docenti esperti selezionati dalla Iaea, l'Agenzia internazionale per lenergia atomica. È la colonna portante della "Scuola sul rischio nucleare," voluta dal nostro governo e presentata da Obama al summit di Washington, che avrà luogo dall'11 al 22 aprile al Centro Internazionale di Fisica Teorica "Abdus Salam" (Ictp). È stata programmata più di un anno fa e il fisico triestino Claudio Tuniz, responsabile della Scuola per l'Ictp, spiega di che cosa si tratta. Prof. Tuniz, di quale "sicurezza nucleare" si parlerà? Di quella legata alla prevenzione degli atti dolosi e illecitiche mettono in pericolo la salute degli individui, specialmente attraverso l'irraggiamento diretto o la contaminazione ambientale. Per esempio? Caso lampante è quello di un aereo fatto precipitare su una centrale nucleare da un gruppo di terroristi. I reattori nucleari recenti non sono costruiti per resistere all'impatto di un Boeing, ma solo a quello di un piccolo veivolo. Lo scopo è capire come costruirli e prevenire i furti e il contrabbando di materiali radioattivi come l'uranio e il cobalto. Dopo il Giappone, ci si interroga sul futuro energetico italiano e europeo. Che idea si è fatto del ruolo dell'Europa sul tema? Dovrebbe avere un ruolo maggiore nel trattare l'uso delle tecnologie nucleari. Per il momendo, infatti, lascia ampia libertà ai singoli Stati, non incoraggiando né scoraggiando l'uso del nucleare. E dei nuovi siti che dovrebbero sorgere al confine con il Veneto? Bisogna fermarsi e ragionare. Il nostro Paese, e il Friuli Venezia Giulia in particolare, sono ad alto rischio sismico. Mi pare assurdo che un paese come la Germania investa sul solare, mentre noi, certamente più favoriti sotto questo aspetto, puntiamo più sull'atomo. Cosa significa, che rifiuta le centrali? No. Come fisico nucleare non ho preconcetti sull'uso sicuro dell'energia ma abbiamo davanti decenni di ricerca prima di poter costruire reattori veramente sicuri, economici, e che non favoriscano la proliferazione nucleare. E poi c'è il problema, ancora aperto, dello stoccaggio dei rifiuti nucleari: l'Italia non ha tuttora un deposito per i rifiuti a basso livello radioattivo, prodotti anche dagli ospedali. Dobbiamo guardare anche ad altro quindi.. Certo. La ricerca deve puntare sì al nucleare ma anche a tutte le energie alternative, quindi al solare e al geotermico. Contando che, inoltre, vanno fatti grandi passi avanti sul risparmio: è stato calcolato che, senza variare di molto il nostro stile di vita, potremmo risparmiare fino al 48% del nostro consumo energetico annuale.
Silvia Zanardi

 

 

NUCLEARE - «Essere informati fa crescere il consenso»
 

TRIESTE Claudio Tuniz riflette anche su come una maggior conoscenza della "sicurezza nucleare" possa creare consenso, fra la popolazione, riguardo alle centrali nucleari. Più informazione per acquietare le polemiche? Sì, aumentando la trasparenza si stimola il consenso. E specialmente in Italia, dove avrà luogo una programmazione a lungo termine del nucleare. Così si è comportata di recente la Finlandia nell'espansione del suo programma, largamente approvato dalla popolazione. E l'Australia si è mossa così negli anni Novanta, quando ha discusso con i residenti la costruzione di un piccolo reattore nucleare di ricerca. Ma di cosa si dovrebbe convincere la popolazione? Che la scelta deriva da una pianificazione energetica a lungo termine della quale il nucleare fa parte assieme alle altre opzioni. In questo processo, bisogna anche dimostrare che si ha interesse a investire nella ricerca, coinvolgendo le Università e gli Enti di ricerca nello sviluppo di questi programmi. A Trieste siamo fortunati perchè abbiamo quasi 15 ricercatori per mille abitanti e molte istituzioni, con competenze che vanno da quelle sui nuovi materiali per l'energia alla protezione ambientale. Nei Paesi in via di sviluppo, invece, sembra che un'idea se la siano già fatta... Sì. In Africa, America Latina e Sudest Asiatico, sono convinti che solo l'atomo darà loro l'energia necessaria per uscire dal sottosviluppo. Il Ghana, per esempio, basandosi sull'esperienza acquisita su piccoli reattori di ricerca, vuole varare varie centrali nucleari entro il 2020, con l'assitenza della Iaea.

(s.z)
 

Putin firma con la Slovenia il patto per "Southstream" - PERCORSO ALTERNATIVO - Permetterà di bypassare l'Ucraina e di evitare le crisi politiche
 

La pipeline convoglierà dalla Russia 63 miliardi di metri cubi di gas all'anno Un ramo arriverà via terra fino a Trieste, l'altro via mare raggiungerà la Puglia
formata una societa' ad hoc
La nuova società South Stream Slovenia è costituita per il 50% da capitale russo e per il 50% da capitale sloveno. Il compito principale della neonata società sarà quello di fare proprie le direttive relative all'approvvigionamento e alla gestione delle forniture di gas che sono in corso di preparazione alla Commissione europea. La nuova direttiva Ue sul gas determinerà le regole per l'adesione di terzi al sistema, stabilirà le tariffe per l'utilizzo della rete, nonché la diversificazione tra il ruolo di operatore e quello di gestore del gasdotto. La Commissione Ue ha già avviato contatti relativi alle procedure per acquisire i contratti vuoi con i possibili fornitori, vuoi con i rappresentanti degli Stati attraverso i quali passerà Southstream. Contatti particolari poi si stanno sviluppando tra Bruxelles e gli investitori russi.

BRDO PRI KRANJU La politica energetica su tutto. Il progetto Southstream è stato il piatto forte della visita del premier russo Vladimir Putin in Slovenia. Ieri a Brdo pri Kranju, infatti il presidente del consiglio di amministrazione di Gazprom, Alexey Borisovich Miller e il presidente della slovena Geoplin, Marjan Eberlinc hanno sottoscritto l'accordo tra le due società e l'atto di nascita della società mista sloveno-russa (al 50% del capitale) South Stream Slovenia che gestirà la tratta slovena del gasdotto tra Russia e Italia. Uno studio di fattibilità dell'intero progetto Southstream è già stato predisposto. Quello relativo alla tratta slovena è sotto la responsabilità di Geoplin e i suoi risultati sono già stati riversati alla socia Gazprom. Con la firma del memorandum di ieri l'intero progetto è entrato nella fase realizzativa. Un progetto - hanno dichiarato le parti - di grande rilevanza non solo per quanto riguarda la mole di investimenti previsti ma anche per il ruolo sempre più rilevante che vengono ad assumere sia Gazprom che Geoplin. Il progetto infatti influenzerà la mappa energetica europea e contribuirà a ridisegnare l'intera politica energetica del Vecchio continente, concretizzando la realizzazione di una "strada" alternativa al normale flusso di gas che sempre dalla Russia arriva attraverso l'Ucraina, ponendo così al sicuro l'Europa da eventuali crisi politiche (leggi le recenti tensioni tra Kiev e Mosca) che avrebbero una sicura ricaduta anche sulle forniture di gas. Il progetto Southstream è nato il 23 giugno del 2007 con l'accordo tra l'italiana Eni e Gazprom le quali hanno anche dato vita a una società comune che è stata registrata in Svizzera nel gennaio 2008. Il gasdotto parte dalla Russia, attraversa il Mar Nero e giunge in Bulgaria. Da qui si divide in due. Una parte si estende attraverso la Serbia, l'Ungheria e la Slovenia per giungere fino a Trieste. Il ramo Sud, invece, dalla Bulgaria attraversa la Grecia, il Mare Adriatico per giungere in Puglia. Tutti i Paesi interessati al passaggio, tranne l'Italia, hanno aderito al progetto grazie ad accordi intergovernativi. Gli ultimi due Paesi ad aderire sono stati la Croazia e la Turchia. Finora l'80% del gas russo giunge in Europa passando attraverso l'Ucraina. Il gasdotto Southstream garantirebbe l'approvvigionamento di 63 miliardi di metri cubi all'anno. Il progetto, come hanno ricordato ieri Miller e Eberlinc, contribuirà alla diversificazione delle fonti energetiche per l'Europa e a un maggiore flusso di gas verso il Vecchio continente. Contemporaneamente, grazie anche all'accordo sottoscritto ieri qui a Brdo, assicurerà alla Slovenia un importante ruolo quale paese di transito rafforzando così la sua posizione geostrategica nella politica energetica europea. E l'Italia? Southstream, lo ricordiamo, è stato al centro dei recenti colloqui avuti a Villa Madama a Roma dal ministro degli Esteri, Franco Frattini con il suo omologo sloveno Samuel Zbogar. L'Italia ripone grande importanza nel progetto proprio per il suo ruolo di fonte alternativa a quella che normalmente assicura le forniture di gas attraverso l'Ucraina. Ben due rami di Southstream giungeranno in Italia (Puglia e Trieste) contribuendo così in modo determinante all'approvvigionamento energetico della nostra penisola.

Mauro Manzin

 

 

SouthStream, Eni fa posto ai tedeschi
 

Eni si restringe nel consorzio South Stream, per fare posto ai tedeschi di Wintershall. Il gasdotto che arriva dalla Russia, strategico per l'Italia e per l'intero Vecchio Continente, si rafforza con l'ingresso di Wintershall (gruppo Basf) che rileverà una quota del 15% dal 50% attualmente detenuto dall'Eni. Fra i compiti di Wintershall, una sorta di Saipem tedesca, ci sarà anche l'onerosa posa dei tubi sul fondale del Mar Nero. Si tratta di un allargamento del partenariato concordato a livello di vertice fra Roma e Mosca la quale, secondo i media russi, tiene molto all'appoggio politico della Germania nel convincere l'Ue della validità del progetto. La questione riguarda il gasdotto russo-italiano che deve bypassare l'Ucraina per portare il metano russo direttamente in Europa passando sotto il Mar Nero.
 

 

Il Piano antenne torna in commissione - L'opposizione chiede chiarimenti su un documento dell'Arpa. Via libera alla nuova piazza Libertà
 

Piazza Libertà piace, il Piano antenne può attendere. Se il responso del Consiglio comunale sul progetto di riqualificazione dell'area pedonale e viaria intorno alla Stazione centrale è stato positivo, non si può dire altrettanto per il Piano sui ripetitori di telefonia mobile. Il documento portato in aula, infatti, è stato rispedito in commissione per "approfondimenti tecnici". A chiederlo con una mozione d'ordine Bruna Tam, alla quale si sono accodati nel voto i colleghi del Partito democratico e i "bandelliani" di Un'Altra Trieste. Un rinvio tecnico-politico (contrari Lista Dipiazza e Futuro e Libertà, mentre il Popolo della libertà si è astenuto) che non è piaciuto al sindaco Roberto Dipiazza, deciso a chiudere la partita sulle "antenne selvagge". Un obiettivo che in realtà vuole perseguire la stessa Tam che, anzi, un domani si dice pronta a votare il Piano antenne. Ma allora dove sta il problema? «Non voglio fare sgambetti a nessuno. La mia richiesta per altro accolta dall'aula - precisa Tam - vuole solo evidenziare quanto scritto in un documento dell'Arpa. In quelle tre facciate, magari con una forma che può sembrare ambigua, si sottolinea che le stazioni radiobase risalgono al 2006 e, cito testualmente, si ritiene utile, per quanto possibile, effettuare nuovi rilevamenti». Il nuovo passaggio in commissione servirà, quanto meno, a tranquillizzare i consiglieri comunali. Tutto qua. Anche perché la stessa opposizione auspica una regolamentazione delle antenne per la telefonia mobile. Meglio avere un Piano antenne fatto dal centrodestra, insomma, che lasciare il territorio in balia degli eventi. Il voto in Consiglio comunale potrebbe avvenire già la prossima. L'aula ha invece licenziato praticamente all'unanimità il progetto di riqualificazione di piazza Libertà. Tutti favorevoli, destra e sinistra, con solo due astensioni entrambe fra i banchi del centrosinistra (i consiglieri Decarli e Andolina). E così dopo la conferenza dei servizi, che ha visto tutte le parti in causa (dalla Soprintendenza alla Trieste Trasporti...) dare il proprio assenso alla nuova piazza Libertà, all'amministrazione comunale non resta che andare avanti con la definizione del progetto esecutivo e approvare il bando per i lavori. Una riqualificazione che con gli ultimi aggiornamenti commissionati allo studio Baubüro, vincitrice del bando per la progettazione, potrà contare su 3,8 milioni di euro di fondi ministeriali. Solo che per non perderli bisogna fare in fretta. «Non possiamo permetterci di sbagliare - ripete da tempo il sindaco - piazza Libertà è il biglietto da visita della città...».
 

 

VENERDÌ - "Medici e ambiente" convegno all'hotel Savoia
 

«Tutti gli uomini sono responsabili dell'ambiente. I medici lo sono due volte. Fino a quando possiamo restare indifferenti?» questo lo slogan dell'Isde - International Society of Doctors for the Environment- associazione nata per stimolare l'impegno della figura del medico per la salvaguardia dell'ambiente. In particolare l'Isde Italia, con sede ad Arezzo, vuole valorizzare il ruolo di interfaccia che il medico può svolgere tra il mondo della ricerca scientifica, la popolazione e gli amministratori per una corretta diffusione delle conoscenze relative ai problemi della salute legati all'ambiente attraverso corsi di formazione, ricerche e convegni. Ed è proprio con un convegno (ormai il IV) che in Regione l'Isde vuole festeggiare la prima settimana di primavera, la settimana della salute, della vita e dell'ambiente. Sono previste due giornate all'insegna dell'informazione da parte di esperti dottori e professori sui problemi ambientali presenti sul nostro territorio. Venerdì con Carcinogeni Ambientali correlabili ai Fattori Energetici il dibattito si terrà a Trieste all'Hotel Excelsior dalle ore 18 dove si parlerà dei vecchi e nuovi paradigmi sulla cancerogenesi ambientale e del nucleare, temi di stretta attualità dopo i fatti accaduti in Giappone e il continuo dibattito sulla creazione o meno delle centrali nucleari in Italia. Il 26 marzo invece a Palmanova, al Meeting Point S. Marco dalle ore 9, il tema dell'incontro sarà L'ambiente come determinante di salute: evidenze recenti e problematiche aperte e si discuterà, tra i vari interventi, di inquinamento e ancora di nucleare e dei relativi effetti sulla salute. Gli incontri sono aperti a medici, giornalisti, politici e tutti i cittadini a cui sta a cuore il futuro dell'ambiente e della salute degli esseri viventi.
 

 

Colibrì di nuovo sotto sfratto, il decreto arriva in Procura - TRASLOCO, ITER IN STALLO
 

La Soprintendenza impone l'intervento del ministero dell'Ambiente. Rimoli: «Rassicurazioni dalla Prefettura»
La tormentata storia aggiunge capitolo a capitolo. Nuovo ordine di sfratto coattivo per le serre del Parco dei colibrì a Miramare. La Soprintendenza lo ha depositato in Procura e mandato per conoscenza alla Forestale e i Vigili del fuoco. Dopo la proroga scaduta il 15 marzo, e qualche giorno di tolleranza, nonostante gli accordi in Prefettura per uno sgombero verso Bordano nei tempi tecnici possibili, il soprintendente Luca Caburlotto ha reiterato il provvedimento «a norma di legge». Ma specificando che non verrà immediatamente chiusa l'acqua che tiene in vita gli uccellini sotto sequestro. È una lotta di responsabilità, di leggi, di pietà e di rigore, di cautele e di politica ai più vari livelli che si misura senza fine su quello spazio che a rigor di norma è occupato abusivamente e contiene una bombola di gpl non a regola, e in base alla quale soprattutto il soprintendente Luca Caburlotto ha deciso di procedere nuovamente in via formale. Che cosa accadrà adesso è difficile da prevedere esattamente, se non quel che appare chiaro: con la sua nuova diffida Caburlotto delega la responsabilità del sito a chi ha «materiale» possibilità di trasferire gli uccellini. Cioé al ministero dell'Ambiente con i suoi organi tecnici. Intanto Stefano Rimoli, il responsabile del centro, dapprima sopraffatto dalla notifica del nuovo provvedimento, afferma di aver già avuto rassicurazione dalla Prefettura, che si tiene in contatto col ministero: «Mi è stato detto che manca poco all'arrivo dei primi finanziamenti promessi, e che comunque questo atto della Soprintendenza è da considerarsi già superato dagli accordi stipulati, e che dunque non ha efficacia» afferma. La magistratura terrà conto degli accordi intervenuti e darà tempo oppure no? «Bisogna ancora capire che tipo di accordo sarà stretto col centro Casa delle farfalle di Bordano in Friuli - racconta Piero Susmel, il docente universitario di Udine che è consulente scientifico di Rimoli -, nulla è stato ancora firmato, e bisogna veder chiaro sulle successive spese di gestione, perché certo non basterà il personale traslocato da Miramare». Dunque la procedura di trasferimento, e quindi di sgombero, non fa concreti passi avanti. E intanto è arrivata la nuova ingiunzione, che cita sia i pericoli d'incendio e sia l'accertato danno erariale perché su area demaniale si prende l'acqua senza pagare la bolletta.

(g. z.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 22 marzo 2011

 

 

Con il Punto franco sbarre per entrare in marina e alberghi - PORTO VECCHIO » IL CASO
 

Irrisolto il nodo dei varchi, in base al Trattato internazionale dovranno restare attivi. Si apre l'ipotesi dello spostamento
Per il Porto Vecchio il passaggio dalle disquisizioni accademiche dei politici locali ai risvolti pratici tuttora inimmaginabili potrebbe essere breve. Alberghi, marina per diportisti e altre strutture - i magazzini dovranno aspettare un bel po' - sono alla fase conclusiva della progettazione. Ma l'accesso all'area è tuttora interdetto: si tratta pur sempre di un Punto franco. Se si vuole entrare occorre esibire il documento di identità alla Finanza che presidia gli ingressi. In realtà un gesto della mano è spesso sufficiente a ottenere un via libera, ma se il flusso di "visitatori" dovesse farsi importante le cose potrebbero cambiare. E se uno yacht arriva in banchina a strutture realizzate, cosa farà la Dogana, sigillerà la cambusa come accade per le grandi navi quando attraccano in Porto? Insomma, il regime di Punto franco impedirà il realizzarsi dei progetti? Da Portocittà, i titolari della concessione che per 70 anni dovrebbe consentire al gruppo formato da Maltauro-Rizzani de Eccher, Sistema iniziative locali spa e Banca infrastrutture innovazione e sviluppo di mettere in atto enormi investimenti in Porto Vecchio, fanno sapere che la tempistica non rende la questione così urgente: ma «stiamo studiando il problema, è uno dei temi che sono sul tavolo». Ha pochi dubbi invece, come in passato, l'avvocato Enzio Volli, presidente regionale dell'Associazione Diritto marittimo: «Non si può entrare in un Punto franco. Oggi abbiamo due motivi per cui si può verificare l'ipotesi di contrabbando: il Trattato internazionale e la legge italiana. Se si comincia a costruire, un qualsiasi privato cittadino può rivolgersi alla Procura della Repubblica. E poi? E se uno dei Paesi che ha firmato il Trattato decide di chiedere conto del diverso utilizzo dell'area? Noi avevamo indicato una strada: notificare l'intenzione di modificare il Punto franco ai Paesi firmatari del Trattato e poi sdemanializzare l'area. Siamo rimasti inascoltati». Decisamente più possibilisti due colleghi di Volli. «È un punto irrisolto della questione. Non ho una risposta, ma penso che se ci sono le concessioni il Punto franco non impedirà la realizzazione dei progetti - sostiene l'avvocato Paola Bardi, vicepresidente dell'International propellers club - compreso l'albergo. Semmai resterà il problema delle sbarre all'ingresso». Secondo Alberto Pasino, avvocato che si occupa di Diritto della navigazione e dei trasporti per conto di un noto studio legale in città, il problema esiste. Ma si può risolvere. «Credo che il regime di Punto franco impedirà la realizzazione dei progetti, ma credo anche che sia un'occasione per spostarlo, considerando che la funzione emporiale degli scali così com'era stata concepita è venuta meno, ragion per cui va bene anche il retroterra». Pasino indica il decreto prefettizio come la strada più breve per un eventuale spostamento. L'Agenzia delle Dogane continuerà dunque ad applicare i termini del Trattato internazionale e all'ingresso del Porto Vecchio resteranno le sbarre. Pochi problemi invece per il traffico marittimo, con le imbarcazioni da diporto sottoposte a normali controlli. E la Capitaneria di porto, come si comporterebbe in caso di traffico turistico verso un Punto franco doganale? L'ammiraglio Antonio Basile, comandante della Guardia costiera a Trieste ma anche vicepresidente del Comitato portuale, fa intanto notare che esiste già una procedura attraverso cui l'Authority sta approntando le pratiche per la richiesta di spostamento del Punto franco. «Quanto alle nostre competenze - spiega l'ammiraglio - la Capitaneria prenderebbe atto di eventuali nuove destinazioni d'uso delle aree e continuerebbe a occuparsi della sicurezza».
Riccardo Coretti

 

 

«In questa situazione non si può fare nulla» - I candidati sindaco Antonione e Cosolini concordi sulla necessità di trovare presto una soluzione
 

«Se resta il regime di Porto franco non si può fare niente». «Ci sono tesi opposte, è necessario mettersi d'accordo, anche attraverso una consultazione popolare e poi andare avanti». Sono queste in sintesi le posizioni dei candidati alla poltrona di sindaco di Trieste Roberto Cosolini e Roberto Antonione in merito all'impasse che potrebbe crearsi in Porto Vecchio. «Credo che il recupero progressivo delle aree del Porto Vecchio avverrà solo quando si sposterà il Punto franco, cosa che si può fare con decreto prefettizio. Le zone in cui trasferirlo - sostiene Roberto Cosolini, candidato del centrosinistra - ci sono e il porto ha anche bisogno di nuove aree. È chiaro che se rimane in vigore il regime di Porto franco, le nuove destinazioni non potranno avere luogo». «Si tratta di un discorso molto più ampio. A Trieste ci sono da tempo discussioni infinite, varie tesi molto ben supportate giuridicamente. Ma credo che la tecnica sia a favore di ciò che si vuole fare. Non siamo noi - dice Roberto Antonione, candidato ufficiale del Pdl - a poter stabilire se si può o meno togliere il Punto franco. Mi ero già occupato della questione quando ero alla Farnesina e l'Ufficio legislativo del Contenzioso diplomatico aveva espresso un parere favorevole alla possibilità di eliminarlo». Quali le soluzioni, dunque? «Per poter guardare al futuro bisogna che tutti quelli che hanno responsabilità istituzionali affrontino un percorso comune. Se non sono possibili larghe intese si affronti un referendum popolare e poi si faccia una scelta. Dobbiamo decidere: qualsiasi ipotesi prevalga sarà meglio dell'immobilismo attuale».

(r.c.)

 

 

Maurizio Rozza lascia i Verdi per Sel di Vendola

 

DUINO AURISINA Il Sole che ride non splende più a Duino Aurisina. Cambio di casacca per il consigliere comunale Maurizio Rozza, nei giorni scorsi entrato a far parte di Sinistra ecologia e libertà (Sel) che fa riferimento a Nichi Vendola. Il gruppo dei Verdi perde dunque la rappresentanza politica nel Comune guidato da Giorgio Ret. La decisione di far parte del nuovo organismo era da tempo nell'aria. «Oggi - ha commentato Rozza, 46 anni, residente a San Giovanni di Duino - si avverte sempre di più il silenzio sulle legittime istanze di chi ha a cuore la salvaguardia del patrimonio naturale: l'unico partito attualmente in grado di portare avanti tale orientamento è proprio Sinistra ecologia e libertà e per questo vi ho aderito». Da giovanissimo nell'area socialista di sinistra, Rozza ha avviato il suo percorso politico nel direttivo della sezione locale Psi, passando poi ai Verdi. "Per quanto riguarda il gruppo consiliare di Insieme - prosegue il consigliere comunale - nulla cambia: io resto sempre nella compagine, assieme a Veronese e gli altri. Ho deciso di aderire a Sel seguendo Grazia Francescato, per me garanzia di onestà intellettuale». Francescato, giornalista, politica e attivista, è stata deputata, leader del Wwf Italia e presidente dei Verdi dal 1999 al 2001.

(ti.ca.)

 

 

Un orto comunitario sul Carso - Il progetto di agricoltura biologica di "
 

TRIESTE Ritrovare il contatto con la natura e autoprodursi il cibo. A Pliskovica, subito oltre il confine tra Italia e Slovenia, a mezz'ora d'auto dal centro di Trieste, si può noleggiare per nove mesi e coltivare per conto proprio, 150 metri quadri di appezzamento. "Il perCorso dell'Orto comunitario del Carso" è una giovane realtà, ideata dal giornalista triestino Enrico Maria Mili>, lo scorso anno. Nato appoggiandosi al sito "Bora.La", ora il progetto è autonomo grazie al portale "Cibo.Sì" "Vogliamo farci carico della costruzione di un'economia e una socialità diverse attorno al cibo - afferma Mili>, esperto di comunicazione partecipata tramite internet - e avvicinare la campagna alla città». L'iniziativa è rivolta a una serie di piccoli gruppi (2 o 3 persone) residenti a Trieste e la coltivazione verrà integrata da un ciclo di lezioni pratiche sotto la guida di Marco Valecic, agronomo esperto, da 20 anni impegnato a coltivare i suoi campi in Carso con metodi biologici. Le iscrizioni, aperte fino al 31 marzo, hanno costi contenuti, 75 euro mensili a gruppo per l'affitto dell'appezzamento del campo, fino a ottobre 2011, e per le lezioni. Una piccola somma in aggiunta andrà spesa per l'acquisto di semi, tuberi e bulbi e per gli arnesi necessari. Le colture scelte, piselli, zucche, fagioli, patate, cipolle e soprattutto grano saraceno, non necessitano l'innaffiamento quotidiano, quindi l'impegno minimo di presenza sul campo può essere di una volta a settimana. Ultimi giorni per riempire i posti rimasti, per informazioni si può chiamare il 338 4410243, scrivere a milic@bora.la e naturalmente visitare il sito www.cibo.si L'unica lezione teorica prevista, il 26 aprile, invece è aperta a tutti e si svolgerà nella stupenda cornice dell'Ostello della gioventù di Pliskovica. Dalle 9 alle 13, Valecic, oltre agronomo anche guida turistica, spiegherà come prendersi cura delle piante, del suolo e del paesaggio.
Cristina Polselli

 

 

San dorligo della valle - Premolin: «L'acqua privatizzata costerà meno ai cittadini»
 

Nessuna scelta sulla privatizzazione dell'acqua, ma solo una decisione dettata dalla legge. E soprattutto nessuno costo aggiuntivo pari a 500mila euro, ma piuttosto un risparto tra i 5 e i 20mila euro all'anno. Il sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin (nella foto), ribalta in una conferenza le accuse lanciate una settimana fa dalla Cgil Funzione Pubblica che aveva manifestato sotto il Municipio assieme ai dipendenti comunali. «Tutta la giunta comunale è contraria alla privatizzazione dell'acqua perché è un bene che deve rimanere pubblico. Abbiamo solo seguito la legge - spiega la Premolin - ma non abbiamo privatizzato il servizio, lo abbiamo solamente esternalizzato. Già il Consiglio della precedente amministrazione e la giunta di allora, avevano approvato la stipula della convenzione con l'Ato (l'autorità per gli Ambito territoriali Ottimali), che ha il potere decisionale anche per quanto riguarda l'acqua. L'ultima delibera, quella di novembre, ha solo sancito che i servizi di acqua, fognature e depurazione non sono più gestiti internamente». La versione del primo cittadino di San Dorligo è chiara. «L'Ato, che è un ente pubblico, ha così deciso di far passare tutto il servizio in mano ad AcegasAps e all'Acquedotto Carsico che sono entrambi - spiega il sindaco - di diritto privato e non pubblico. La tariffa sarà unica su tutto il territorio, perché viene decisa dall'Ato: il Comune di San Dorligo della Valle, ha sempre acquistato l'acqua dall'AcegasAps solo che adesso costerà meno, quindi non ci saranno rincari ma anzi, sull'acqua e sulle fognature si andrà a risparmiare. Solo sulla depurazione ci saranno dei rincari, ma nel totale si risparmieranno comunque dai 5 ai 20mila euro annui. Il Comune quindi non andrà a perdere i famigerati 500mila euro ipotizzati dal sindacato. Esternalizzando il servizio, inoltre passiamo all'Ato anche tutti i mutui che gravano sulle fognature. Chi risparmierà, alla fine, sono proprio i cittadini che non si troveranno con bollette quadruplicate, come affermato dalla Cgil». Ma non basta. «Se con il referendum del dodici giugno si abrogherà la Legge Ronchi, dovremmo vedere come muoverci magari tornando con un servizio interno - aggiunge la Premolin - ma finora non si sa ancora nulla. Quello di cui dovrebbe preoccuparsi invece il sindacato è il Patto di stabilità che non ci permette di assumere più nessuno e poi dovrebbero informarsi meglio sui dati che citano. L''Acquedotto Carsico, infatti, non fornisce il servizio di fognature né quello di depurazione quindi anche se avessimo voluto unirci a questo impianto avremmo comunque dovuto sdoppiarci anche con l'AcegasAps. Nessuno ha comunque perso il posto di lavoro perché gli operai sono rimasti tutti e ora si occupano di raccolta differenziata e della pulizia delle strade che prima era un punto dolente del nostro Comune».
Federica Cauzer

 

 

E in Regione "suona" l'allarme Krsko

L'Udc porta il caso in aula: «Si verifichi il livello di sicurezza». Il Pd attacca: «Tondo è rimasto solo a difendere il nucleare»

NUCLEARE - Il governatore punta sul raddoppio

Renzo Tondo, ormai da mesi, punta a una partecipazione italiana all'annunciato raddoppio della centrale di Krsko. E respinge tutte le critiche al mittente: quella centrale già c'è, spiega, tanto vale che l'Italia investa anche per garantire più sicurezza

Il Pd chiede la legge sul "no" all'atomo

Il gruppo consiliare del Pd, guidato da Gianfranco Moretton, reclama l'esame della sua proposta di legge con cui la Regione dice no alle centrali nucleari in Friuli Venezia Giulia. La proposta, depositata da tempo, non è stata mai discussa

L'Udc reclama un controllo italiano

L'Udc, con il capogruppo regionale Edoardo Sasco, ha presentato una mozione con cui solleva il "caso Krsko" in aula. Obiettivo: far pressing sul governo italiano affinché partecipi a un controllo sulla sicurezza della centrale slovena

La Lega favorevole all'opzione slovena
La Lega nord dice sì alla linea di Tondo. Il segretario Piero Fontanini spiega che la Ue si è impegnata a verificare tutte le centrali: «È auspicabile che i controlli si facciano. Se Krsko ha le necessarie caratteristiche di sicurezza l'ipotesi di partecipare al raddoppio è corretta»

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 marzo 2011

 

 

Consulenze d'oro: il Comune si svena per piazza Libertà
 

Per il restyling in stazione ha affidato tre incarichi da 118mila euro all'uno. Una sola parcella per il Burlo
Dai 120 euro spesi dalla Provincia per affidare la regia di un dvd, ai 355mila sborsati complessivamente dal Comune per il progetto di piazza Libertà. Dai 1500 euro versati dall'Ass ad una fisioterapista non inserita in organico, fino agli assegni da poco meno di 200 euro staccati dall'Università a favore degli "studenti- tutor". È lunga e articolata la lista dei consulenti chiamati dagli enti pubblici. Ed è decisamente corposa anche la cifra stanziata per onorarne le parcelle: quasi 7 milioni di euro, di cui 2,2 milioni erogati nel 2010. Molte delle collaborazioni delle 9 realtà prese in esame (Comune, Provincia, Azienda sanitaria, Ospedali Riuniti, Burlo, Itis, Sissa, Ogs e Università), sono state infatti avviate in passato e "spalmate" su più bilanci. Gli oltre 2 milioni usciti dalle rispettive cassaforti lo scorso anno, dunque, rappresentano solo l'ultima "rata" di un mutuo più consistente acceso in precedenza. I dati arrivano dal monitoraggio del ministero della Pubblica amministrazione (la famosa "Operazione trasparenza" voluta dall'implacabile Renato Brunetta) e fotografano l'intero anno 2010. L'ultimo aggiornamento, effettuato il 14 febbraio scorso, assegna il titolo di ente con più collaborazioni in piedi al Comune: 319 consulenze che costano complessivamente 5 milioni di euro, uno dei quali versato nel 2010. Tra le voci più "salate", appunto, il restyling di piazza Libertà (tre consulenze da 118.500 euro ciascuna in piedi dal 2006 e affidate a Bauburo-Associazione ingegneri, studio d'architettura Zelco-Lazzari e Stanislao Fierro),l'assistenza legale assicurata all'amministrazione dall'avvocato Oreste Danese (due contratti partiti nel 2007 per un importo complessivo di 246mila euro) e l'incarico di portavoce del sindaco affidato a Guido Galetto. Una collaborazione, questa, partita nell'ottobre 2006 per la quale, secondo i dati del ministero, il Comune ha previsto un esborso complessivo di 278mila euro, 30mila dei quali versati nel 2010. Più parsimoniosa, sul fronte collaboratori esterni, si dimostra la Provincia che, lo scorso anno, aveva in piedi 64 consulenze per un costo totale di circa 225mila euro. Molte fanno riferimento a piccole commissioni dagli importi modestissimi (tra i 25 e i 100 euro), ma non mancano comunque i contratti a più zeri. È il caso, ad esempio, dei 36 mila versati alla Fondazione NordEst per la preparazione della conferenza economica dello scorso anno, o i 30mila versati alla XX Ottobre per assistenza tecnica. I numeri, e le spese, lievitano sensibilmente nel caso dell'Università: 254 consulenze per le quali nel 2010 sono stati versati saldi o anticipi di circa 580mila euro (a fronte di un importo totale di 1,1milioni). Cifre impiegate nella stragrande maggioranza dei casi per coprire assegni di ricerca, attività di supporto a master e tutoraggi. Di carattere didattico scientifico anche le collaborazioni avviate dalla Sissa (39) e dall'Ogs. Realtà, quest'ultima, che stando alle tabelle ministeriali nel 2010 per le sue 5 consulenze ha speso più del previsto (54mila euro a fronte di un "preventivo" di 38mila). Ha rispettato gli importi prefissati invece il Burlo che, con un'unica parcella da 13.400 euro pagata nel 2010 alla ricercatrice che ha seguito l'"Italian Network of genetics isolates", guadagna il titolo di istituto pubblico più oculato nella gestione degli incarichi esterni.
Maddalena Rebecca

 

 

Muggia, rio Fugnan: l'inquinamento causato dagli scarichi - Sfocia vicino al parcheggio Caliterna
 

Le analisi compiuti negli ultimi mesi hanno escluso che i problemi nascano nel territorio sloveno
Alla Millo domani una serata "A passo d'acqua"
Il torrente nasce e passa dalla Slovenia prima di giungere nel territorio comunale di Muggia ove sfocia nei pressi del parcheggio Caliterna in prossimità del centro storico cittadino. Il corso d'acqua ha subito azioni di regimazione antropica legato allo sviluppo urbanistico del territorio muggesano è stato infatti coperto dalla foce verso monte per circa 300 metri negli anni 1930-31 e successivamente per altri 900 metri fra il 1949 e il 1958 fino all'altezza del campo di calcio comunale.
Una contaminazione riconducibile a diverse perdite fognarie. Questa la probabile causa indicata dal Servizio territoriale e ambientale del Comune di Muggia per l'inquinamento che sta interessando il torrente Fugnan. I risultati sono emersi in questi giorni in seguito ad un'accurata analisi svoltasi alcuni mesi fa. Già nel 2002 l'associazione ambientalista Ambiente e/è vita aveva compiuto uno studio sui torrenti muggesani, comprese le analisi dell'acqua del Fugnan, evidenziando una forte presenza di coliformi e streptococchi fecali, e quindi fattori inquinanti. Nel luglio scorso il Comune ha compiuto delle nuove analisi evidenziando che il fenomeno di contaminazione non deriva dalla Slovenia, nazione dalla quale il Fugnan nasce, bensì dall'area residenziale muggesana nel tratto a valle dell'asta torrentizia. Avendo così acquisito maggiori informazioni di massima l'Ufficio di competenza «ritiene auspicabile considerare l'eventualità di effettuare ulteriori campionamenti mirati per isolare e circoscrivere dei parametri più limitati in modo da verificare in un'area ben individuata lo stato in essere degli scarichi per le abitazioni poste lungo il tratto del Fugnan subito a monte del comprensorio sportivo», in maniera da accertare eventuali perdite degli impianti e procedere quindi con adeguati interventi di manutenzione. Questo il commento dell'esponente di Ambiente e/è vita, Christian Gretti: «Dalle analisi svolte risultano due cose: l'inquinamento c'è ancora, anche se in minore concentrazione, e non proviene dalla vicina Slovenia ma arriva da probabili perdite delle condutture fognarie nel nostro territorio. Reputo pertanto opportuno, anche alla luce delle indicazioni dell'ufficio comunale competente, un'analisi più approfondita e circoscritta per agire in maniera tempestiva ed adeguata sulla fonte/i d'inquinamento. Ripropongo l'invito d'intervenire anche sugli altri torrenti muggesani - prosegue Gretti - con interventi di pulizia finalizzati alla prevenzione di eventuali pericoli causati da forti e impreviste piogge che porterebbero a grossi disagi». Dalle analisi si può chiaramente verificare che rispetto alla situazione precedente non sono registrati nel campione 1 (stadio Comunale Zaccaria) aumenti della componente batteriologica che risulta in valore alquanto inferiore alla concentrazione rilevata nel 2002, sebbene ancora presente a testimonianza di una evidente contaminazione riconducibile probabilmente a perdite fognarie.
Riccardo Tosques

 

Gruppo universitario del Wwf Un liriodendro all'ex Opp
 

Sarà la messa a dimora di un liriodendro nel parco di San Giovanni (ex Opp) a sancire oggi la nascita ufficiale del gruppo universitario - il primo in Italia - del Wwf di Trieste. La cerimonia di piantumazione si svolgerà appunto oggi, primo giorno di primavera, alle 13.30: «Con questo gesto simbolico - recita una nota - si festeggia la nascita di una realtà fatta da giovani che intendono contribuire con l'impegno e la passione alla tutela dell'ambiente e alla conoscenza della natura e delle problematiche ad essa collegate». Il gruppo universitario è nato lo scorso anno e ha trovato sede all'interno del comprensorio principale dell'Ateneo di piazzale Europa. Ad oggi partecipano alle attività del gruppo una decina di soci e vari studenti simpatizzanti che si stanno avvicinando alle tematiche dell'associazione. L'albero che verrà piantato nel parco dell'ex-Opp è un liriodendro, o "albero dei tulipani", e appartiene alla famiglia delle magnoliaceae. Albero dall'aspetto imponente, in autunno le sue le foglie assumono un color oro rendendolo particolarmente visibile.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 20 marzo 2011

 

 

«Baratto tra rigassificatore e centrale» E il Wwf chiama in causa la magistratura
 

Il rischio di un accordo fra Lubiana e Roma, con il governo sloveno che accetta il rigassificatore per poter raddoppiare la centrale nucleare di Krsko. È l'ipotesi avanzata ieri da Wwf, Legambiente e Italia nostra che, in conferenza stampa, hanno illustrato i motivi del ricorso al Tar del Lazio contro il progetto di rigassificatore nella zona di Zaule di GasNatural. Dario Predonzan (Wwf) è stato durissimo: «I rischi di disastro ambientale sono reali e gravissimi. Per questi motivi ci rivolgeremo anche alla magistratura ordinaria, per denunciare il colpevole ritardo col quale il ministero competente ha risposto alle nostre sollecitazioni e alla Commissione europea e per evidenziare il fatto che non è stata consultata la popolazione coinvolta». Lino Santoro (Legambiente) ha contestato la scelta di costruire un rigassificatore «in mezzo ad aree densamente popolate». E Giulia Giacomich (Italia nostra) ha preannunciato un ricorso autonomo a breve. Nel frattempo continua lo scontro politico su Krsko: Piero Camber (Pdl) chiede più controlli. Carlo Pegorer (Pd) ribatte: «Il Pdl di Trieste è in guerra anche sul nucleare».

(u.s.)
 

 

«Krsko è a prova di terremoto» - Da Lubiana a Trieste i tecnici rassicurano. Ma l'austriaco Hoegelsberger accusa: «È pericolosa»

 

ROMA Nucleare sicuro o bomba a orologeria. La tragedia di Fukushima ha riacceso il dibattito tra detrattori e sostenitori dell'atomo. Anche sulla centrale di Krsko. Costruita con tecnologia Usa della Westinghouse, l'impianto non ha registrato incidenti seri negli oltre 20 anni di servizio, a parte una fuga di liquido refrigerante nel 2008, senza emissioni radioattive. Dagli anni '90, i sistemi di sicurezza sono stati inoltre più volte aggiornati. Perché allora tanta paura? Uno degli avversari storici della centrale è il geologo austriaco Heinz Hoegelsberger: «La decisione di costruire Krsko è stata politica e non basata su dati geologici. L'area della centrale è fra quelle più sismiche in Slovenia. «Secondo gli standard Usa, la Westinghouse non avrebbe potuto costruire vicino a delle faglie». E per farlo queste sarebbero state «cancellate dalle carte geologiche, un atto criminale». Il terremoto sembra essere la spada di Damocle che pende su Krsko. La centrale può resistere fino al 5,8 grado Richter. Ma nell'area si sono verificati in passato terremoti più forti. «Non è solo questione di magnitudine, ma anche di accelerazione del suolo - precisa Hoegelsberger - a Krsko possono esserci scosse con un'accelerazione di 0,31 g. La centrale può sopportare 0,30 g». Quando è stata costruita, ribatte Leon Cizelj, direttore del dipartimento di ingegneria dei reattori allo Jozef Stefan Institute di Lubiana, «si sono considerati due tipi di terremoti. Dopo uno debole, di circa 5,5 Richter, Krsko può operare senza problemi. Nell'ipotesi di uno più intenso, l'obiettivo dei costruttori era di salvare la centrale senza però farla ripartire. Penso che Krsko possa resistere fino al 9° Richter, come Fukushima». Non solo Cizelj ritiene l'impianto affidabile. «L'ultimo forte sisma vicino a Krsko è quello di Brezice, del 1917. Nell'area non abbiamo notizie di terremoti superiori al 5,5 Richter, se non vicino a Zagabria, a 50-60 km di distanza. Là i terremoti arrivano fino a 6-6,5 gradi Richter», sottolinea Peter Suhadolc, professore di Fisica terrestre all'università di Trieste. E già membro della commissione del senato austriaco sui problemi della centrale che, nel 1995, aveva espresso una serie di raccomandazioni, poi recepite, per migliorarne la sicurezza. Suhadolc chiarisce un punto chiave: «La centrale è stata progettata per resistere a una forza pari a 0,30 g, dove g indica l'accelerazione di gravità terrestre. Recentemente è stato rivisto il progetto è la stima è stata portata a 0,60 g. Dal mio punto di vista la centrale è abbastanza sicura per il genere di terremoti che possono scatenarsi nelle vicinanze». Chi dovrebbe condividere i timori di Hoegelsberger è Wolfgang Lenhardt, direttore del dipartimento di geofisica del Centro per la meteorologia e la geodinamica di Vienna. Lenhardt è stato descritto dalla stampa austriaca come un nemico del nucleare sloveno. Ma, spiega, «mi hanno messo in bocca cose mai dette». Lenhardt sottolinea che «l'unico motivo di preoccupazione è su come la centrale sia stata tecnicamente realizzata. Non lo sappiamo». Come verificarlo? «Mi hanno chiesto se mi fido. La fede è una questione di religione. Gli scienziati hanno bisogno di prove». Cizelj lo tranquillizza: «Ogni 10 anni Krsko deve passare un controllo per verificare che tutte le misure di sicurezza rilevanti siano state adottate. A oggi i responsabili hanno fatto tutto ciò che era richiesto». La paura degli ultimi giorni appare dunque immotivata, se immotivato può essere il timore di un disastro nucleare a due passi da casa. È tuttavia condivisibile anche la chiosa di Suhadolc: «È giusto essere cauti e verificare. Ma per Krsko non ci sono grossi allarmismi».
Stefano Giantin

 

 

Riesplode l'allarme cromo nella falda
 

Gli ultimi dati Arpa registrano a Pavia di Udine un inquinamento fino a 300 volte superiore al limite massimo
TRIESTE C'è inquinamento da cromo esavalente, fino a 300 volte oltre il limite massimo consentito, nella falda acquifera di Pavia di Udine. Lo rivelano dati Arpa dello scorso dicembre, presentati al convegno "Acqua 2011" promosso dall'Associazione italiana geologia applicata. Dati, nel pozzo a maggiore contaminazione, che registrano 1.500 microgrammi di cromo esavalente per litro contro i 5 previsti dalla normativa per le acque di falda e che l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente ha raccolto durante i monitoraggi realizzati con il dipartimento di Geoscienze dell'Università di Trieste. Da questa collaborazione sono emersi i primi riscontri in Italia a tracciare storia e origine di quell'inquinante sulla base dei suoi isotopi. L'area in questione è interessata dal fenomeno di contaminazione da cromo esavalente che, sin dagli anni Settanta, provoca accertati danni alla salute. Di inquinamento nella falda di Pavia, Bicinicco, Santa Maria La Longa si è occupata pure la Procura di Udine. Una trentina di anni fa l'Arpa misurò fino a 7000 microgrammi/litro di cromo esavalente nelle acque superficiali, nel 1989 nella falda si scese a quota 300, a fine anni Novanta una nuova impennata: 4000 in alcuni pozzi. La presa dell'acquedotto ebbe un picco alla fine del 1997 di 400 microgrammi litro, e attualmente si aggira attorno a 1 microgrammo per litro. Quindi alcuni periodi, anche lunghi, di quiescenza sino all'ultima misurazione del dicembre 2010, quella che rilancia l'allarme: 1500 microgrammi di cromo esavalente al litro. Rischi reali per la popolazione? «Solo nel caso in cui ci fosse un'esposizione accertata - osserva Riccardo Petrini, docente dell'università di Trieste -; si tratta di acque variamente utilizzate anche se non ingerite dalla popolazione». Un allarme che non riguarda solo Pavia: «I dati Arpa considerano una zona inquinata che si estende verso Sud fino a Palmanova e oltre, lungo la statale per Grado, in un territorio molto antropizzato. È escluso, per il momento, l'uso potabile di acque contaminate al di sopra dei limiti». Ma da dove viene il cromo esavalente? Cromofriuli sostiene di avere da tempo messo in sicurezza gli impianti. Mentre gli esperti fanno sapere che, in casi non frequenti, il cromo esavalente nelle acque può derivare dalla trasformazione naturale del cromo trivalente (non inquinante) presente nelle rocce. Rocce e sedimenti tuttavia particolari, che nella zona di Pavia di Udine non ci sono. Ipotesi di lavoro? «I nuovi dati isotopici - prosegue Petrini - suggeriscono la possibilità che il cromo esavalente inquinante non sia di diretta immissione antropica». «Vanno studiati i fenomeni che portano alla rimobilizzazione del cromo trivalente dal sedimento - chiude - con formazione di cromo esavalente, per risolvere il problema».
Marco Ballico

 

 

San Giovanni, giù l'ex autorimessa dei bus - Iniziati i lavori di demolizione della struttura costruita negli anni Trenta per ospitare i tram
 

Per quasi ottant'anni è stato un elemento caratteristico del rione di San Giovanni. Ma adesso sta cedendo sotto i colpi delle pale meccaniche. Da alcuni giorni sono iniziati i previsti lavori di demolizione della vecchia rimessa tranviaria di San Giovanni, questione discussa negli ultimi mesi. Quella del deposito è una storia che inizia nei primi Anni Trenta, in un'ottica di ampliamento e di riorganizzazione dei servizi e per ospitare i nuovi tram. Un lavoro di costruzione non semplice per l'epoca. Alfieri Seri nel suo libro "Trieste Anni Trenta" racconta che per la «edificazione sul terreno ex Vianello fu necessario imbrigliare, deviare e coprire il torrente che scendeva dai monti circostanti». Adibita a ricovero dei tram urbani fino al marzo 1970, la struttura conobbe una seconda giovinezza dopo essere stata trasformata in deposito per autobus regolarmente utilizzato fino al giugno 1984. Successivamente ha accolto la flotta di pullman da turismo di Trieste Trasporti prima di venire restituita al Comune, legittimo proprietario dello stabile. Negli ultimi anni ha ospitato anche l'allestimento dei carri carnascialeschi che partecipano al Palio dei rioni. Infine lo sfratto: l'immobile andava demolito. «I camion che asportano gli inerti - racconta don Fabio Gollinucci, parroco di San Giovanni - transitano davanti alla nostra tensostruttura che funge da chiesa ogni giorno ma ci creano poco disagio, mentre la domenica non ci sono problemi di alcun genere per le funzioni». C'è anche chi era propenso a riconvertire la struttura e riutilizzarla anzichè demolirla. «Negli anni - spiega l'ingegner Roberto Carollo, responsabile del Museo Ferroviario di Campo Marzio - abbiamo inviato lettere alle varie giunte per chiedere di poter utilizzare una parte di quell'ampio hangar come ricovero dei rotabili tranviari che si trovano nella parte esterna del nostro Museo. Infatti i tram, avendo una struttura più leggera rispetto alle locomotive, risentono maggiormente dell'esposizione alle intemperie. Accanto all'esposizione dei vecchi tram - continua Carollo - avremmo potuto allestire una mostra permanente con foto, oggetti e altro che raccontasse la storia del trasporto pubblico a Trieste, dando vita a un museo dei trasporti. La restante parte sarebbe potuta diventare una grande palestra e/o spazio di aggregazione giovanile». La decisione è stata invece diversa.

Andrea Di Matteo
 

 

MUGGIA - Una serata alla Millo "A passo d'acqua"
 

Come siamo riusciti ad incanalare e quindi sfruttare l'acqua. Dai mulini alle jazere, il rapporto tra l'uomo e una delle risorse fondamentali della nostra terra, sarà al centro del prossimo incontro della rassegna "Dolce & Salata", martedì 22 marzo, alle ore 18, presso la biblioteca comunale di Muggia, sala Millo. Nella serata dal titolo "A passo d'acqua", proprio in occorrenza della sua giornata mondiale, istituita dall'Onu nel 1992, si scoprirà qualcosa in più sui mulini della Val Rosandra, con Maurizio Radacich del Cai di Trieste e si approfondirà la conoscenza di sorgenti, pozzi e jazere con Nicola Bressi, conservatore del Civico Museo di Storia Naturale.

(c.p.)
 

 

SEGNALAZIONI - «No al nucleare in Italia, meglio ripensare gli stili di vita»
 

Gli ultimi giorni sono stati fonte di grande riflessione per me e non solo, credo per tutti. Il nostro Governo, dopo un referendum per dire no al nucleare votato dal popolo, ha deciso di puntare nuovamente su questa fonte di energia per fare fronte ai crescenti consumi del nostro paese e per liberarci almeno in parte dalla dipendenza nei confronti del petrolio. Per convincerci sono scesi in campo scienziati ed esperti e ci hanno somministrato anche molti spot televisivi per renderci più propensi ad accettare una decisione che pochi condividono. Oggi però i nostri occhi sono puntati sul Giappone, su un paese totalmente dipendente dall'energia nucleare, un paese progettato e costruito per resistere alla calamità naturali e le cui centrali atomiche avrebbero dovuto essere quasi indistruttibili. Purtroppo contro la furia della natura nulla di ciò che costruisce l'uomo può dirsi indistruttibile ed oggi viviamo assieme al popolo giapponese la paura per un nuovo disastro nucleare dopo quello di Chernobyl. Nel 1986 ci dissero che le centrali erano sicure e che Chernobyl era saltata perchè l'uomo aveva fatto degli errori, oggi sul banco degli imputati c'è la furia della natura ma ai miei occhi l'unico vero errore è credere che il nucleare sia la soluzione ai nostri problemi. Non è costruendo centrali atomiche che risolveremo i problemi dell'umanità, anzi, li accresceremo aumentando i rischi di disastri sempre maggiori. Sostituire la dipendenza dal petrolio con quella verso l'uranio è una assurdità, non possediamo giacimenti di questo minerale e dovremmo comunque comprarlo all'estero e visto che le scorte sono limitate il prezzo è in continuo rialzo, come il petrolio. Ha senso costruire le centrali nucleari? A mio avviso no, dobbiamo rivedere i nostri stili di vita, iniziare a consumare meno, a sprecare meno, a rinunciare ad alcune comodità come i condizionatori d'aria senza cui sembra che le persone oggi non possano vivere. Guardo i filmati del Giappone attraverso internet perchè la televisione filtra molto, troppo di quello che sta succedendo, parlo con persone che in Giappone vivono e che mi raccontano l'angoscia e la paura che regna nei loro cuori e mi chiedo come possa il nostro Governo rimanere cieco davanti a tali catastrofi, a credere di esserne immune. La Germania che già possiede molte centrali nucleari e che aveva deciso di prolungare la vita di quelle più vecchie ha subito detto basta. Oggi rifletto molto sulla sicurezza, sull'energia e sulla salute e credo che alla fine di queste mie riflessioni sarò in prima linea nella lotta contro la costruzione di centrali nucleari in Italia perchè credo fermamente che spetti ai cittadini e non ai governi decidere se volere o meno convivere con i rischi che il nucleare comporta ed il popolo italiano in tal senso si è già espresso.

Thomas Lucchetti

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO

 

Punto informativo gratuito offerto dalla Provincia per informazioni sul risparmio energetico. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30 (tel. 366-5239111 - www.legambientetrieste.it).

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 19 marzo 2011

 

 

«Rigassificatori, esistono sistemi più sicuri» - LEGAMBIENTE E SINISTRA ARCOBALENO
 

Daribor Zupan: navi che liquefano il gas a bordo si collegano direttamente ai gasdotti
"Il rigassificatore nella valle di Zaule. A chi conviene costruirlo?" E' attorno a questo interrogativo che si è concentrato il dibattito organizzato ieri da Legambiente e dal gruppo consiliare regionale Sinistra arcobaleno. Dopo le rivolte nei paesi del nord Africa, principali produttori ed esportatori di gas, è tornato alla ribalta il problema del fabbisogno e dell'approvvigionamento per l'Italia. «E' un tema di stretta attualità - spiega il consigliere regionale di Sinistra Arcobaleno Igor Kocijancic. La situazione in Libia rilancia la possibilità di costruire un rigassificatore a Trieste». L'incontro è stato anche l'occasione anche per vedere il video di Daribor Zupan, prodotto da Legambiente e da Sinistra arcobaleno, che cerca di dare una risposta all'interrogativo in questione, e spiega come siano allo studio altre possibilità di impianti per rigassificare il gnl, ma attraverso sistemi diversi da quelli dell'impianto proposto da Gas Natural per Trieste. «Ci sono due tipi di impianti cosiddetti statici - indica Daribor Zupan - e sono quelli on-shore ossia costruiti a terra, e quelli off shore realizzati in mezzo al mare. Ma esistono anche nuove tipologie che dovrebbero entrare a breve in funzione. In questo caso il gas viene liquefatto su navi in mezzo al mare che si collegano direttamente al gasdotto, senza impattare sul territorio e con metodi più sicuri». Il progetto della Gas Natural sembra quindi superato da nuove tecnologie. Se poi si prendono in considerazione i rischi per la città in caso di incidente (nel circondario del sito abitano 13mila persone), la proposta indicata da Kocijancic è di individuare soluzioni alternative come quelle messe in luce da Zupar nel suo video. Sui rischi del progetto di Gas Natural si è soffermato Lino Santoro di Legambiente: «In caso di cedimento dei serbatoi a terra la nube criogenica che ne fuoriesce contiene gas, come butano, propano e metano che si allontanano a velocità differenti. Il rischio è di avere una nube ad alta concentrazione di butano e propano, ossia di Gpl. In caso di esplosione i danni sarebbero gravi, tutti ricordiamo quanto è successo a Viareggio».

Ivana Gherbaz
 

 

Depuratore di Servola, 30 mesi di lavoro - Il sindaco: «Trovato l'accordo a fine mandato, il via a ottobre». L'opera costerà 50 milioni
 

Trenta mesi di lavoro, per essere operativo entro il 2014. Questi i tempi di realizzazione del nuovo depuratore di Servola. L'impianto attualmente in funzione è da tempo fuori norma, ma proprio in questi giorni la giunta comunale ha dato il via libera all'accordo di programma per il complesso intervento. «A fine mandato, con la decisiva collaborazione della Provincia e dell'Acegas - ha detto ieri il sindaco, Roberto Dipiazza - siamo riusciti a chiudere l'accordo. Si comincerà a lavorare a ottobre - ha aggiunto - e il traguardo che si prospetta per la città è fondamentale». Il costo complessivo dell'intera realizzazione è di circa 50 milioni di euro. L'accordo è stato sottoscritto, oltre che dal Comune, anche da Regione, Provincia, Autorità d'ambito (Ato) e Autorità portuale e, per essere operativo, richiederà poi la ratifica del consiglio comunale e il decreto del presidente della Regione, Renzo Tondo. Uno dei passi più importanti e necessari al successivo intervento, è una variante al Piano regolatore, indispensabile per modificare la destinazione d'uso dell'area individuata per l'ampliamento del depuratore - circa 30mila metri dello Scalo legnami, zona demaniale gestita dall'Autorità portuale. «Che dovrà essere trasformata da zona per i traffici portuali - è stato spiegato dai tecnici del Comune - ad area per impianti tecnologici». «E' stato fatto un lavoro in sintonia fra i vari enti - ha precisato l'assessore comunale Paolo Rovis - e in tempi brevissimi, nell'ambito del quale è stato molto importante il contributo della Regione. Va ricordato - ha proseguito - che l'intervento sarà fondamentale per le imprese, anch'esse grandi consumatrici di acqua, oltre che per i cittadini". Sul piano finanziario, ci sono già i 700mila euro l'anno per vent'anni, garantiti dal piano di ambito, in base alle legge 13 del 2005, cui si aggiungono circa 9 milioni incassati finora, in base ai piani stralcio, dai soggetti che gestiscono il servizio idrico integrato nella Provincia. La parte restante e più cospicua del notevole investimento dev'essere ancora reperita. "Condivido il metodo di lavoro improntato sulla collaborazione fra enti - ha commentato la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat - perché sulle grandi opere si deve fare sistema ed essere disponibili e collaborativi". La necessità di adeguare e potenziare il depuratore di Servola sorse nel 2006.

Ugo Salvini
 

 

«Centrali mai in zone sismiche In Italia adatta solo la Sardegna» - IL PARERE DEL GEOLOGO LIVIO SIROVICH
 

TRIESTE Da tecnico predica prudenza «perché, viste le risposte sismiche di strutture industriali complesse come le centrali nucleari, meglio peccare di umiltà». Da cittadino mette invece sotto accusa i controlli istituzionali. Livio Sirovich, geologo dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs) e coordinatore di un gruppo di ricerca sul rischio sismico, con la premessa di parlare «a titolo personale», considera in generale «imprudente» la costruzione di strutture atomiche in zone fortemente sismiche. Per quanto riguarda il Giappone, boccia soprattutto l'errore «culturale» di aver voluto, con la centrale, sfidare i maremoti. E in Italia? A garantire totale sicurezza sismica, la sola Sardegna. Costruire centrali nucleari è stato un errore del Giappone? Come se lo spiega? Nel 2009, la migliore rivista mondiale di sismologia e rischio sismico, l'americana Bssa, ha analizzato la pericolosità del Giappone sulla base dei terremoti degli ultimi cinque secoli: la zona della centrale di Fukushima ha un'intensità massima "tipo Mercalli" del settimo-ottavo grado. Non troppo alta. Quindi adatta? Piano, su cinque secoli. Invece l'ultimo terremoto ha prodotto lungo la costa pacifica del Giappone centrale vibrazioni più forti di quanto prevedibile su quella base di dati. Una contraddizione? Solo apparente. Si conferma che 500 anni di dati sono insufficienti per scegliere i siti nucleari. Il Giappone settentrionale sarebbe stato comunque meno pericoloso. Eppure la centrale di Fukushima ha retto bene. Scarseggiano informazioni ufficiali. Pare abbia retto, ma che poi sia andata in crisi perché il maremoto ha compromesso vari sistemi accessori, fra cui il raffreddamento. Questo mette in luce un incomprensibile errore dei giapponesi: costruire (negli anni '70) in riva all'oceano, proprio di fronte al "motore" che innesca fra i più forti maremoti del Pacifico, ovvero la zona in cui i fondali sprofondano sotto la placca delle isole giapponesi. Eccessiva confidenza nelle proprie capacità, acquiescenza a interessi economici, mancanza di controlli super partes: le premesse delle tragedie, dal Vajont a Fukushima. In nessun caso va costruita una centrale nucleare in area fortemente sismica? Direi di no. Si tratta di valutare costi e benefici, assumendosi qualche rischio, con l'aiuto di autorità tecnico-scientifiche indipendenti. Al giorno d'oggi, gli edifici delle centrali si possono costruire in modo da resistere bene a terremoti medi ma non forti. Il punto debole sono tubazioni, centraline, macchinari, pompe e i loro collegamenti, perché vibrano interagendo in modo complicato. Dove non costruire assolutamente in Italia e dove invece poterlo fare? La zona più sicura è la Sardegna. Poi la Puglia centro-meridionale e forse il confine tra Piemonte e Lombardia. Ma attenzione ai terremoti che si manifestano a intervalli di millenni. E in Fvg? Sulla base della sismicità degli ultimi secoli, la zona costiera da Portogruaro a Monfalcone mostra una pericolosità medio-bassa, simile ad altre della Penisola e anche dell'Agrigentino. Ma su alcuni terremoti-chiave, quelli del 1117 in Veneto occidentale e del 1511 in regione per esempio, sappiamo ancora poco. Da tecnico suggerisco che è meglio peccare di umiltà ed essere prudenti. Da cittadino dispiace invece aver toccato con mano una diffusa carenza di senso civico, e di cultura del rischio, da parte di funzionari pubblici, professionisti, consulenti, e molti politici. E sul fronte del rigassificatore di Trieste? Un'esperienza negativa riguarda proprio questo impianto, su cui Ministero e Regione hanno avuto una condotta criticabile; basta vedere, nel sito della Provincia, l'infelice conclusione del processo informativo sul tema. Anche Krsko è a rischio? Nel '92 fui coinvolto come Ogs dal governo sloveno nella valutazione della sua sicurezza sismica. Recentemente, in una tesi di laurea assieme a colleghi universitari di Trieste, abbiamo studiato uno dei terremoti-chiave per la sua sicurezza: Lubiana 1895, per noi, di magnitudo 6.1 (un po' meno del Friuli nel 1976). Converrebbe arrivare ad una valutazione condivisa Italia-Slovenia.
Marco Ballico

 

 

UNIONE DI CENTRO Centrale di Krsko, rischi e prospettive

 

L'Udc terrà oggi alle 11.30 al Caffè Tommaseo un incontro intitolato "Centrale nucleare di Krsko: che fare?". Tema tornato di grande attualità dopo il gravissimo incidente nucleare avvenuto il Giappone. L'Unione di centro chiarirà la propria posizione in merito e illustrerà una mozione presentata dal capogruppo in Comune Roberto Sasco.

 

 

IV circoscrizione Riqualificazione di piazza Libertà

 

Soddisfazione per la decisione di non abbattere gli alberi secolari e di realizzare un nuovo impianto semaforico, perplessità sulla scelta di eliminare i 35 stalli a pagamento attualmente disponibili a ridosso di palazzo Kallister. Sono le osservazioni mosse da Alberto Polacco, presidente della IV Circoscrizione che, pochi giorni fa, all'unanimità ha espresso parere favorevole alla variante 120 del Prg relativa al progetto di riqualificazione di piazza Libertà. Oltre a criticare l'eliminazione dei posteggi, Polacco si dice perplesso sulla decisione di deviare il traffico dei bus lungo via Geppa. «Ritengo inopportuno - precisa il presidente del Parlamentino - far circolare mezzi pesanti in una strada così stretta. Il loro passaggio, come già sperimentato nel 1996 in concomitanza con un cantiere in via Ghega, provocherebbe vibrazioni rilevanti agli edifici e un aumento dell'inquinamento atmosferico ai danni dei residenti».

 

 

Nasce il Wwf dell'Università - LUNEDì ALL'EX OPP
 

Nuova sezione Wwf Universitario Parco ex Opp S. Giovanni Lunedì 21 marzo dalle 12 in poi
In corrispondenza dei suoi 50 anni il panda del Wwf entra nell'ateneo triestino: è nato il Wwf universitario Trieste, come emanazione del Wwf Trieste (infatti non ha proprio statuto ma si avvale di quello della sede locale) per agevolare gli studenti andando a "casa" loro, con lo scopo di incentivare la partecipazione attraverso la condivisione della conoscenza della natura. Per festeggiare la novità, che il Wwf auspica metta profonde radici, lunedì 21 marzo all'ora di pranzo sarà messo a dimora nel parco dell'ex Opp un albero, la cui foglia è stata adottata come simbolo. Non poteva mancare un buffet, ovviamente biologico, che sarà curato gratuitamente da Zoe Food per rallegrare l'iniziativa e stuzzicare la partecipazione ad un'occasione di incontro all'aria aperta.
 

 

Fiume, ambientalisti contrari alla centrale a carbone Fianona 3 - STUDI CARENTI
 

Sì alla sostituzione della vecchia termocentrale di Fianona, in Istria, deciso rifiuto nei riguardi del carbone da utilizzare nel nuovo impianto, il Fianona 3. E' quanto espresso ieri in conferenza stampa a Fiume da Eko Kvarner, la più agguerrita associazione ambientalista nell' area quarnerino - istriana. Il presidente di Eko Kvarner, Vjeran Pirsic, ha dichiarato che lo studio d'impatto ambientale per la nuova centrale termoelettrica è stato formulato nella massima segretezza e nulla è dato sapere nemmeno dalla commissione governativa incaricata di valutare il documento. L'organismo si è riunito proprio mentre la premier croata Jadranka Kosor stava esponendo ai giornalisti il progetto Fianona 3, ritenuto tra i più importanti per rilanciare il disastrato settore economico nazionale. Sempre Eko Kvarner ha dichiarato in un comunicato che l' opinione pubblica croata viene informata male su quanto sta avvenendo nella centrale nucleare di Fukushima. «Si tenta di addomesticare i dati. A farlo sono esperti profumatamente pagati dalla lobby del nucleare. Ma in questo momento il livello di radiazioni è purtroppo molto elevato, pericolosissimo per gli uomini e l'ambiente».
 

 

SEGNALAZIONI - Acquedotto e amianto, servono garanzie sull'Eternit
 

LA LETTERA DEL GIORNO
Mi sono posto la domanda leggendo un articolo di stampa in cui il Consiglio comunale di Reggio Emilia, con una votazione adottata all'unanimità dei consiglieri presenti in aula, ordinava all'azienda locale, quotata in Borsa, che fornisce l'acqua, di fare le opportune analisi chimico-fisiche e iniziare quindi con sollecitudinela sostituzione delle condutture con l'inizio del 2012. L'allarme è uscito in seguuito alle cronache relative al processo di Eternit di Torino da studiosi americani ed è stato poi ripreso da Vito Totire, medico del lavoro a Bologna, psichiatra, docente di igiene e Salute pubblica all'Università di Venezia e portavoce dell'Associazione italiana Esposti amianto. Anche secondo Walter Gandapini, uno dei massimi esperti italiani di rischi ambientali, ci sono rischi di sarcoma delle parti molli e di tumore al colon, come del resto affermato anche dall'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). Un rischio che viene purtroppo confermato autorevolmente anche dal professor Roberto Bertolini, direttore della stessa Organizzazione mondiale per la sanità per l'Europa meridionale, il quale che indica come rischio minimo delle condotte nuove mentre per la naturale erosione dovuta al tempo bisogna evitare l'esposizione a questa sostanza. Non essendoci in letteratura scientifica alcuna indicazione riguardante la soglia minima di rischio è sufficiente anche inalare anche una sola microfibra. Essendo le condotte dell'acqua in eternit sotto terra, come si fa a sapere l'usura delle condotte? È giusto e opportuno in questi casi applicare il principio di cautela. È risaputo che molte delle condotte dell'acqua della Provincia e città di Trieste sono in eternit e vetuste ed è per questo motivo che chiedo locale, all'Asl e all'Arpa, anche per non creare allarmismi ma neanche leggerezze con l'amianto, essendo la salute pubblica un bene primario, di dare tute le assicurazioni del caso. È prioritario per il gestore mettere in campo tutte le risorse necessarie, anche se non finanziariamente attrattive, per risolvere il problema anche perché non si può giocare fra finanza e salute.

Ferruccio Diminich - vicepresidente European Asbestos Risks Association
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 18 marzo 2011

 

 

Ambientalisti: pericoloso bocciare il Prg
 

Le elezioni comunali si avvicinano. E cosa ne sarà del Piano regolatore che deve ancora essere approvato? A chiederlo sono gli ambientalisti (Wwf, Italia Nostra, Legambiente, Triestebella) in un dibattito pubblico organizzato con il sindaco (assente però all'incontro di mercoledì) e i capigruppo in Consiglio comunale (per Un'altra Trieste c'era Bruno Sulli, Roberto Sasco per l'Udc e i democratici Fabio Omero e Bruna Tam assieme a Alfredo Racovelli dei Verdi). Sul piatto tanti interrogativi e poco tempo. Il 6 agosto scadrà la salvaguardia di due anni scattata nel momento in cui la variante 118 al Piano regolatore è stata adottata, spiegano gli ambientalisti, e poi cosa succederà se la variante non sarà approvata? «Il rischio - illustra l'architetto Lucia Sirocco - è che torni in vigore il Piano regolatore del 1997, quello della giunta Illy: ripartirebbero 30 progetti edilizi, tornerebbero edificabili 2 milioni di metri cubi di territorio anche sulla costiera e sul Carso». Le osservazioni pubbliche alla variante 118 sono però più di un migliaio, ma su queste puntano gli ambientalisti: «Se fossero accolte tutte le osservazioni migliorative il Piano diventerebbe accettabile, anche se questo favorisce i grandi investitori a scapito delle piccole realtà. Approvarlo in questo momento sarebbe un regalo al sindaco uscente, ma bocciarlo è ancora peggio». Non sono d'accordo però i capigruppo e i consiglieri presenti all'incontro che in blocco rispondono di lasciare al prossimo sindaco il compito di approvare la variante al Piano regolatore con le opportune modifiche. «Approvare il Prg in campagna elettorale è pericoloso - dice il Verde Alfredo Racovelli - il nuovo sindaco entro agosto avrebbe tutto il tempo per gestire il nuovo Piano». Per il capogruppo Udc Roberto Sasco «questo Piano rischia di essere impugnato, propongo quindi di non votarlo ora». Dello stesso avviso il bandelliano Bruno Sulli: «Sono molto titubante a votarlo, un buon sindaco da maggio ad agosto può fare un buon lavoro». Il capogruppo del Pd Fabio Omero rimarca infine che «non sono solo due cavolate da approvare come ha detto giorni fa il sindaco, ma si tratta di analizzare tutte le 1052 osservazioni e fare una pianificazione pubblica sulle aree strategiche».

Ivana Gherbaz
 

 

In vista un'Oasi Wwf nella Riserva di Miramare
 

Obiettivo, far sopravvivere l'area ai tagli ministeriali pari al 50% in tre anni La trasformazione contempla anche l'ampliamento della zona protetta
Trasformare la Riserva di Miramare in un'Oasi Wwf coinvolgendo il territorio e ampliando l'area protetta per consentire alla stessa Riserva di poter sopravvivere ai pesanti tagli ministeriali, dell'ordine del 50% in tre anni. Lungo questa strada si sta muovendo il Wwf Italia, tramite i rappresentanti triestini, con l'intenzione di seguire altri fortunati esempi su scala nazionale. «Chiariamo subito: non si tratta di allargare la Riserva - spiega Maurizio Spoto, biologo alla guida dell'area protetta - quanto piuttosto di far partecipare tutti i soggetti interessati a un'azione che possa salvaguardare e far sviluppare turisticamente ed economicamente una grossa fetta del territorio circostante». Un primo protocollo di intesa è già stato firmato con il Comune di Duino Aurisina, mentre i contatti e gli accordi di massima con la Provincia e con altri comuni del Carso lasciano ben sperare nell'esito dell'iniziativa, che potrebbe essere supportata da sponsorizzazioni importanti. Istituita nel 1986 dal ministero dell'Ambiente, l'area protetta si estende per oltre 30 ettari (cui se ne sommano altri 90 di zona tutelata) lungo un chilometro e 800 metri di costa: è la più piccola d'Italia e l'unica gestita interamente da una associazione esterna, in questo caso il Wwf. Monitoraggio dell'ambiente e ricerca scientifica - assieme al turismo con i circa 15mila visitatori l'anno - sono tra le attività grazie alle quali si ha la maggiore ricaduta sul territorio, contribuendo alla sua salvaguardia. Ciononostante i problemi finanziari per la Riserva di Miramare si fanno sentire da tempo. «Negli ultimi tre anni c'è stato un taglio complessivo di circa il 50% dei fondi ministeriali. Abbiamo chiesto di reperire altri fondi anche perché oggi c'è quanto basta per i costi di servizio: non c'è personale, abbiamo solo convenzioni esterne. L'attività subacquea - continua Spoto - è qualcosa che già funziona, ma resta una parte molto importante da sviluppare». Collaborazione con viticoltori e produttori per i pastini nei pressi del promontorio di Miramare, accordi con i pescatori per le attività di ittiturismo e pescaturismo. Sono questi i punti cardine sui quali si vorrebbe puntare per reperire le risorse finanziarie necessarie al sostentamento della Riserva marina, che oggi non ha una parte a terra. Il modello da seguire potrebbe essere quello collaudato delle "Oasi Wwf", già presente oggi all'interno della gestione. «In altre aree d'Italia - spiega Spoto - queste strutture hanno acquistato o gestito aree, impegnandosi anche in progetti agricoli. A Trieste si potrebbe fare altrettanto, come viene fatto, tanto per citare un esempio, nelle Cinque terre in Liguria». L'idea è quella di recuperare antiche formule incrementando la collaborazione con i pescatori, invitandoli a ridurre la pesca fornendo delle valide alternative, in modo che si possano concentrare su specie "dimenticate" dalle tavole dei triestini, facendo "riposare" quelle troppo sfruttate. Intanto i primi passi della nuova possibile gestioen della Riserva di Miramare si vedono già dal programma "Dolce&Salata: le vie dell'acqua", serie di iniziative di divultazione curate dai responsabili del Wwf con la collaborazione di importanti istituzioni scientifiche e sponsor. Il prossimo appuntamento è in programma alla sala Millo di Muggia martedì 22 marzo alle 18.
Riccardo Coretti

 

 

Lungo "le vie dell'acqua" - Incontro al Circolo Gruden sul fenomeno del carsismo
 

DUINO AURISINA Acqua, semplicemente acqua. Martedì scorso ad Aurisina si è tenuto il primo appuntamento dell'iniziativa "Dolce & Salata"dedicata alla Giornata mondiale dell'acqua 2001. Platea numerorsa al Circolo Culturale Igo Gruden. Il tema "Le vie dell'acqua" è stato approfondito assieme ad Aldo Cavani, direttore dell'Ispettorato delle Foreste di Trieste e Gorizia, a Franco Cucchi, professore del Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Trieste, Ruggero Calligaris, geologo del Circolo Flondar e Enrico Altran, direttore della Divisione Acqua e Gas di AcegasAps. I contributi hanno spaziato dalla gestione dei boschi e boscaglie carsiche, alle forme di carsismo che influenzano la presenza di corsi d'acqua di superficie, dai nuovi studi e rilevamenti circa la presenza di cisterne sul Carso a supporto della Ferrovia meridionale di fine Ottocento, fino alla peculiarità della rete capillare di fontanelle che caratterizzano Trieste e il Carso.

 

 

Nucleare, no a Monfalcone Sito fra Lignano e Latisana
 

Dopo la catastrofe giapponese il governo ripensa alla zona per l'insediamento I requisiti fondamentali: spazio, acqua e bassa densità abitativa
MONFALCONE Monfalcone non compare nella lista "segreta" stilata dal governo dei 45 possibili siti in cui potranno sorgere le centrali nucleari e non è nemmeno un posto tra quelli scelti per ospitare il deposito nazionale delle scorie radioattive. Se non fosse avvenuta la catastrofe nucleare del Giappone che sta tenendo con il fiato sospeso tutto il mondo, forse sarebbe passata inosservata la notizia, uscita in questi giorni, dell'esistenza di un dossier nucleare dei parlamentari del Partito democratico che sostiene che "l'elenco dei siti in cui potranno sorgere le centrali nucleari e il deposito nazionale delle scorie radioattive è bello e pronto anche se il governo non lo rende noto". Gli stessi parlamentari del Pd, primo fra tutti Ermete Realacci, esponente dell'ala verde del partito, hanno presentato alcune interrogazioni sbandierando l'elenco in Parlamento (la prima è partita il 12 gennaio scorso). E lo stesso governo, attraverso il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, ha confermato l'esistenza dell'elenco definendolo una "bozza preliminare". Da alcuni giorni l'elenco è stato reso noto su internet e si può constatare di persona che Monfalcone non c'è. Tra i 45 siti idonei in Friuli Venezia Giulia ce ne sono soltanto due, entrambi vicini al fiume Tagliamento: la zona costiera al confine con il Veneto in provincia di Udine (l'area accanto a Lignano) e un'altra tra Spilimbergo e Latisana tra le province di Udine e Pordenone. Il Veneto ha ben quattro zone idonee e una di queste è quella in comune con il Friuli Venezia Giulia. Quali le caratteristiche di questi siti? Devono essere geologicamente stabili, avere tanta acqua ed essere relativamente poco popolosi. Un nuovo studio del governo dopo gli annunci berlusconiani del ritorno al nucleare? Affatto, è una mappa che ricalca quella stessa fatta dal Cnen (Comitato nazionale per l'energia) andata in soffitta dopo il referendum (quella comprendeva in realtà 52 siti) ma che è stata rispolverata e aggiornata dal governo. Si tratta di una mossa che ora alla luce della catastrofe giapponese appare quasi inutile considerando che, come fanno osservare molti esperi, il ritorno al nucleare dell'Italia appare quanto mai improbabile. Creare ora infatti una centrale alimentata ad energia nucleare con i criteri di sicurezza necessari significherebbe per il nostro Paese stanziare una somma di investimenti che non potremmo permetterci. Rasserenato Gianfranco Pizzolitto, sindaco di Monfalcone, città che già deve fare i conti con la presenza della centrale termoelettrica: «Come sindaco tiro un sospiro di sollievo», ma subito aggiunge «anche stavolta però commento notizie che mi vengono dalla stampa pur sapendo che Monfalcone appariva sempre tra i possibili siti». Il sindaco monfalconese Pizzolitto comunque mantiene le sue preoccupazioni: «Monfalcone non c'è, ma ci sono due altre aree in Friuli Venezia Giulia, sul Tagliamento a poca distanza. Come cittadino dopo la catastrofe del Giappone sono molto preoccupato perchè ho capito che nessun sito è sicuro. E quello che temo è che comunque venga scelto il Fvg, l'unica tra la regioni ad aver detto di sì al nucleare mentre le altre hanno detto di no. Siamo politicamente deboli e rischiamo di trovarci una centrale in casa».
Giulio Garau

 

 

Slovenia, nuovi lavori a Krsko per rendere la centrale più sicura
 

Sarà attivato un terzo generatore diesel autonomo e saranno innalzati gli argini del fiume Sava Ma sul raddoppio del sito nuclearare Lubiana non fa dietrofront. Pahor: sarà usata alta tecnologia
TRIESTE La Slovenia non solo rimane fedele al suo programma nucleare, ma raddoppia, nel senso che la costruzione di un nuovo impianto vicino a quello di Krsko dovrebbe ricevere il suo via libera nel giro di un quinquennio. Il disastro nucleare giapponese non induce il governo di Lubiana a un dietrofront sul nucleare, ma impone altresì un occhio di riguardo alla sicurezza. Il direttore dell'Agenzia per la sicurezza nucleare Andrej Stritar ha affermato che la centrale di Krsko «è costantemente sotto l'attenzione dei tecnici sloveni ed esteri». Negli ultimi anni è stata così evidenziata la necessità di un miglioramento delle dotazioni di sicurezza dell'impianto. «Per questo - ha annunciato Stritar - entro un anno sarà costruito un terzo generatore diesel in modo da garantire alla centrale quattro fonti indipendenti di energia in caso di eventi catastrofici». Le fonti sono, oltre al costruendo generatore, altri due generatori simili e la linea elettrica che giunge dalla centrale di Brestanica. Inoltre saranno innalzati gli argini del fiume Sava in modo da evitare che eventuali esondazioni coinvolgano la centrale nucleare. L'Agenzia per la sicurezza nucleare slovena ha altresì precisato che quello di Krsko è un impianto sicuro in grado di resistere a potenti scosse di terremoto. Per quanto riguarda il Piano energetico nazionale, che la Slovenia dovrebbe varare a breve, sembra proprio che l'incubo nucleare giapponese non determinerà cambiamenti dell'ultima ora. «La tecnologia dovrà essere la migliore e i livelli di sicurezza altissimi - ha precisato il premier Borut Pahor - solo a questi termini sono pronto a sottoscrivere il raddoppio della centrale di Krsko». E ha altresì precisato che quella nucleare «è una delle fonti energetiche di cui abbiamo bisogno». «Il nuovo programma energetico è in pratica pronto - ha affermato da parte sua Stane Merse, direttore del Centro per l'efficienza energetica all'istituto Joze Stafan e estensore del nuovo programma energetico sloveno - certo l'opinione pubblica potrebbe cambiare idea (dopo i fatti giapponesi) sull'utilizzo del nucleare, ma io spero che l'incidente in Giappone possa risolversi al più presto». Più chiaro il direttore del Direttorato per l'energia Janez Kopac il quale ha sostenuto che «per la Slovenia l'opzione nucleare è quanto mai strategica e così il pieno funzionamento della centrale di Krsko nonché il suo raddoppio». Decisamente contraria invece l'opinione dei Verdi i quali sostengono che «adesso che l'investimento per la costruzione di Krsko è stato ampiamente ripagato invece di progettare una nuova centrale bisognerebbe rivolgere ogni attenzione possibile alle fonti di energia rinnovabili. Il presidente dei Verdi, Marko Kranjc è esplicito: «No alla costruzione di una nuova centrale». «L'impianto di Krsko - sottolinea invece il rappresentante per la Slovenia di Greenpeace Dejan Savic - è situato in un'area a rischio sismico. È risaputo anche che ogni duecento anni si verifica un terremoto molto più distruttivo di quanto si possa prevedere. E se poi si pensa che neanche l'altissima tecnologia giapponese è riuscita ad arginare i rischi sismici, allora si può facilmente dire che chiunque possiede un impianto nucleare sul suo territorio non si può certo sentire al sicuro».
Mauro Manzin

 

 

Sito inquinato, tre anni per i test - La Regione: servono 6 milioni per finire sondaggi e analisi del rischio. Ma sulle bonifiche nulla di certo
 

di  Sei milioni di euro e tre anni di tempo. È racchiusa in queste due cifre la chiave per la soluzione del principale problema Sito inquinato: quali aree sono da bonificare e quali potranno essere invece restituite ai cosiddetti "usi legittimi". I sei milioni sono appunto, secondo le stime della Regione, l'ammontare necessario per conoscere nel dettaglio il quadro dell'inquinamento nei terreni del Sin. Quanto costeranno le successive bonifiche, dove sarà necessario eseguirle e chi le pagherà, è un altro discorso, tutto da affrontare fra qualche anno. Dei 6 milioni complessivi, la gran parte (5,25) servirà a completare la caratterizzazioni delle aree, operazioni che interessano complessivamente 133 ettari. Un lavoro tutt'altro che semplice, fra sondaggi e analisi del rischio, che richiederà come detto tre anni per poter determinare quali zone sono inquinate e in che misura. I fondi, stando a quanto esposto dall'assessore regionale alle Finanze Sandra Savino, l'altra sera alla Camera di commercio, non sembrano essere un problema. Dei 5,25 milioni, 3,7 saranno attinti principalmente da finanziamenti comunitari, e serviranno per le analisi delle aree di proprietà pubblica e di quelle private inquinate dal settore pubblico. La parte restante, 1,55 milioni, sarà invece a carico dei privati che dovranno effettuare le analisi dei rispettivi terreni. «C'è una bella differenza - commenta il presidente dell'Ezit Dario Bruni - rispetto ai 236 milioni che a suo tempo il ministero dell'Ambiente voleva far pagare a tutte le aziende sotto la voce danno ambientale». A non sborsare nulla per le caratterizzazioni saranno, come già emerso, le imprese che hanno acquistato i terreni prima del 24 febbraio 2003, data del decreto con cui è stato definito il perimetro del Sito inquinato. «Chi ha acquistato dopo il 2003 - osserva Bruni - aveva la consapevolezza di comperare un terreno inquinato. Anche l'Ezit dopo quella data vendeva i terreni a un prezzo più basso perché appunto inquinati». Ma quante saranno le imprese che verranno chiamate a pagare per le caratterizzazioni? «Al momento non è possibile saperlo - precisa il presidente dell'Ezit -. Può darsi che dopo le caratterizzazioni risulti che molti terreni non sono inquinati. Se invece le aziende con aree inquinate dovessero essere tante, penso si potrà avviare un ragionamento con la Camera di commercio, che ha comunque accantonato un milione e mezzo». Le opere di caratterizzazione dovrebbero partire fra un anno, nel marzo 2012, stando al cronoprogramma stilato dalla Regione, e richiederanno dodici mesi. Fino ad allora alcuni mesi saranno necessari per una serie di interventi preliminari, come l'attivazione delle risorse, la delegazione amministrativa all'Ezit e le adesioni dei soggetti privati. L'appalto dei lavori di caratterizzazione richiederà poi otto mesi. Una volta concluse le caratterizzazioni, nel marzo 2013, cinque mesi saranno necessari perché l'Arpa verifichi i risultati, e ulteriori sei sono previsti per effettuare le analisi del rischio.
Giuseppe Palladini

 

 

SITO INQUINATO - «Quei tempi sono troppo lunghi» - Pedicchio (Confindustria): pronti a collaborare per rendere le cose più rapide
 

«Febbraio 2014, come data di ultimazione delle caratterizzazioni e delle analisi del rischio, è troppo in là per le aziende. Ho detto all'assessore Savino che bisogna cercare di stringere. Come Confindustria siamo in prima linea per collaborare in ogni senso a rendere le cose più rapide». Vittorio Pedicchio, vicepresidente degli industriali ma anche numero due dell'Ezit, parla di sintonia degli industriali con tutte le altre categorie, in primis con la Camera di commercio. «Il messaggio che arriva dalla Regione - annota - è estremamente positivo per le aziende. Bisogna guardare avanti». Per spiegare l'apprezzamento verso la proposta della Regione, il vicepresidente di Confindustria Trieste sottolinea che «dopo otto anni di accordi di programma abortiti, siamo arrivati a ciò che come Confindustria chiediamo da molto tempo: completare le caratterizzazioni, fare le analisi del rischio per capire il grado di inquinamento e, dove non ci sarà, restituire subito quei terreni all'uso aziendale. Un modello di logica e buonsenso - aggiunge - condivisibile e percorribile, grazie alla Regione che ha trovato un'intesa col ministero dell'Ambiente». Una fase decisiva si apre dunque, secondo Pedicchio, per l'intricatissima questione del Sito inquinato. «Abbiamo un modello condiviso e un percorso davanti», ribadisce, sottolineando però la necessità di stringere i tempi. «L'assessore Savino - osserva - ha spiegato che è previsto un tavolo tecnico con i rappresentanti delle categorie e il segretario generale della Camera di commercio, al quale si discuteranno nel dettaglio le varie fasi. In quella sede i tempi dovranno essere ottimizzati». In tema di bonifiche da anni la domanda principale è "quando". Decine di aziende hanno chiesto di insediarsi nella zona industriale ma sono state costrette a rinunciare. «Negli ultimi due anni - conclude Pedicchio - non è arrivata neanche una nuova impresa. Le richieste ci sono, bisogna fare presto».

(gi.pa.)
 

 

Rinnovabili, imprese in rivolta - Luci (Confindustria Udine): «Il taglio agli incentivi danneggia 2.500 addetti»
 

TRIESTE «No a decurtazioni indiscriminate. Sulle rinnovabili è necessaria una riduzione coerente degli incentivi, altrimenti si rischia di mettere in difficoltà un comparto qualificato, che crea ricchezza ed è fra i pochi in forte espansione». Adriano Luci, il presidente di Confindustria Udine, prende posizione contro il decreto varato dal Governo, che taglia drasticamente gli incentivi per il fotovoltaico e le altre energie rinnovabili. In Friuli Venezia Giulia il settore vale 90 milioni e occupa più di 2500 addetti, mentre solo a Trieste, nell'ultimo anno, sono stati investiti oltre 5 milioni per installare impianti solari (tra gli ultimi, quello della Riccesi, del valore di circa 300mila euro). «Le misure da adottare - fa notare Luci, che interpreta il malcontento di tutti gli industriali della regione - avrebbero dovuto tenere conto di una coerente riduzione degli incentivi, prevedendo un ridimensionamento per tutti coloro che beneficiano degli incentivi compresi i produttori di energia da residui petroliferi, che nulla hanno a che vedere con le fonti rinnovabili e che gravano sulla bolletta ormai da due decenni». Per Confindustria, «quello che non va e che va rapidamente corretto è la scelta di cambiare le regole in corsa, creando un quadro di incertezza che compromette programmi di investimento impostati sulla base di regole che improvvisamente vengono cambiate». Il decreto prevede che l'attuale regime di incentivi cambi dal prossimo 31 maggio; poi, dal 1° giugno scatterà il nuovo Conto energia, con il famoso tagli agli incentivi, di cui però ancora non si conosce l'importo esatto (il regolamento attuativo arriverà - dicono dal ministero per lo Sviluppo economico - entro il 30 aprile). La situazione ha dato luogo a una sorta di corsa contro il tempo per l'attivazione di nuovi impianti entro il 31 maggio, con l'annesso, inevitabile rincaro dei costi dettato dal boom della domanda.
Nicola Comelli

 

 

Zara, centrale eolica con 19 generatori
 

FIUME Su uno dei rilievi dell'entroterra zaratino sta per essere implementato il progetto di una centrale eolica che dovrebbe sopperire a circa un quarto del fabbisogno elettroenergetico della zona. L'impianto - vera e propria "wind farm" con una batteria di 19 generatori - dovrebbe sorgere nella zona di Obrovac (Obrovazzo), più precisamente in località Orljak, ed essere uno dei maggiori nel suo genere in tutta l'area dalmata. Il progetto della centrale eolica di Orljak è uno di quelli "a lunga maturazione". Nel senso che il tortuoso iter amministrativo-burocratico era stato avviato già parecchi anni fa, ma solo nei giorni scorsi è finalmente approdato ai sospirati nullaosta ministeriali. Adesso si è dato mano allo studio di impatto ambientale, dal quale non dovrebbero comunque scaturire sorprese essendo l'area in questione una landa deserta. Ma in compenso ben esposta al vento, e ai refoli di bora in particolare. La realizzazione della "wind farm" di Orljak fa capo a un'impresa croata pilotata da Tonci Panza, uno dei pionieri dell'eolico in Croazia, che si appoggia alla controllata elvetica della multinazionale "Korlea Invest Holding AG", che opera in particolare nel centro-sud Europa e dal 2005 è presente anche in Croazia. Per la realizzazione della centrale eolica di Orljak si prevede un investimento sui 67 milioni di euro. I generatori dovrebbero essere in tutto 19, ciascuno dei quali con una potenza installata di 2,5 megawatt. Nel totale, quindi, il potenziale dell'impianto dovrebbe sfiorare i 47,5 MW.

f.r.
 

 

 

 

VITA.it - GIOVEDI', 17 marzo 2011

 

FOTOVOLTAICO. Banca Etica in trincea con i produttori veneti - Mobilitati contro il decreto Romani
 

Il sistema Banca Etica è al fianco dei produttori veneti di energie rinnovabili che si stanno mobilitando in queste ore per chiedere – anche a livello locale – l'attenzione della politica sulle conseguenza del c.d “Decreto Romani” che ha recentemente cancellato gli incentivi alle energie rinnovabili.
I rappresentanti di oltre 100 aziende venete attive nel settore del fotovoltaico si sono riuniti ieri presso La Costigliola - il polo di ricerca e sperimentazione sulla sostenibilità inaugurato di recente da Banca Etica sui Colli Euganei – per lanciare forte e chiaro un messaggio: se il decreto non sarà modificato l'intero comparto (che in Veneto conta migliaia di addetti) finirà in ginocchio con forti ripercussioni sull'economia della Regione, che è tra le più attive nella produzione di energia con pannelli fotovoltaici.
Il tavolo è stato coordinato da Luca Zingale di Solar Expo e ha visto la partecipazione spontanea e immediata di tutti i principali produttori e installatori di pannelli fotovoltaici della Regione.
«Il mondo intero sta vivendo ore di angoscia per l'allarme nucleare scatenato in Giappone dopo il sisma e lo tsunami. Lo scenario internazionale urla che è necessario invertire la tendenza. L'Italia invece revoca gli incentivi alle rinnovabili per investire sul nucleare e per assecondare i potentati delle energie da fonti fossili. La menzogna secondo cui le rinnovabili graverebbero sulle bollette degli italiani è facilmente smentibile: gli incentivi in bolletta vanno quasi per intero alle così dette energie “assimilate” ovvero a inceneritori e impianti di lavorazione di scarti petroliferi. La mobilitazione nazionale deve essere accompagnata da una forte azione a livello locale, specie in Veneto dove l'energia fotovoltaica è un comparto importante dell'economia che porta benessere per l'ambiente e ricchezza diffusa sul territorio», ha spiegato l'ing. Stefano Noro di VP Solar.
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 marzo 2011

 

 

Depuratore c'è l'accordo per l'ok al potenziamento
 

Il documento relativo all'impianto permette di passare alla variante per acquisire le aree necessarie
di  Decisivo passo in avanti verso l'ampliamento e l'adeguamento del depuratore Servola, da diversi anni fuori norma. La giunta comunale ha dato il via libera all'accordo di programma per il complesso intervento, che entro il 2014 vedrà operante il nuovo impianto. In questi giorni l'accordo viene sottoscritto dai diversi enti coinvolti - oltre al Comune, Regione, Provincia, Autorità d'ambito (Ato) e Autorità portuale - e per essere operativo richiederà poi la ratifica del consiglio comunale e il decreto del presidente della Regione Tondo. Il documento consente di avviare definitivamente l'intera operazione - costo previsto 50 milioni di euro - per la quale alcune fasi preliminari sono già state compiute o sono in corso. Uno dei passi più importanti, e necessari al successivo intervento, è una variante al piano regolatore necessaria per modificare la destinazione d'uso dell'area individuata per l'ampliamento del depuratore - circa 30mila metri dello Scalo legnami, zona demaniale gestita dall'Autorità portuale - da zona per i traffici portuali a zona per impianti tecnologici. Nell'area in questione, che confina con la linea ferroviaria a servizio dello Scalo legnami, sorgono tre delle numerose tettoie dello Scalo stesso, che dovranno essere demolite assieme ad alcuni binari ferroviari. L'operazione richiederà però particolari attenzioni, in quanto la copertura delle tettoie (una superficie di circa 20mila metri quadri) è in Eternit, e quindi dovranno essere seguite le procedure per lo smaltimento dell'amianto. Non solo. La zona interessata dall'intervento è inclusa nel Sito inquinato, e dunque dovrà essere prima bonificata. In proposito, in questo periodo AcegasAps, in quanto gestore del servizio idrico integrato, ha in corso la gara europea per la selezione della società di ingegneria che dovrà progettare sia la bonifica sia la realizzazione dei nuovi impianti. Alla gara, che verrà aggiudicata entro i primi giorni di maggio, partecipano undici studi di progettazione di diversi Paesi. Il vincitore avrà poi cinque mesi di tempo per redigere entrambi i progetti. Sempre con riguardo al progetto, l'accordo di programma prevede che, appunto in quella fase, venga verificata la coerenza tra il progetto dell'ampliamento del depuratore con quello della piattaforma logistica, progetto quest'ultimo sul quale il Comune ha già dato a suo tempo parere favorevole in sede di conferenza dei servizi. Quanto alla fase realizzativa dei nuovi impianti, al fine di stringere i tempi, messa in sicurezza e bonifica dell'area, come pure la costruzione delle strutture di adeguamento e potenziamento, faranno parte di un appalto integrato i cui lavori dovrebbero partire fra un anno, nella primavera 2012. Sul piano finanziario, dei 50 milioni necessari per l'intero intervento, al momento ce n'è solo una parte. E precisamente, i 700mila euro l'anno per vent'anni garantiti dal piano di ambito, in base alle legge 13 del 2005, cui si aggiungono circa 9 milioni incassati finora, in base ai piani stralcio, dai soggetti che gestiscono il servizio idrico integrato nella provincia. La parte restante (e più cospicua) del notevole investimento dev'essere ancora reperita. Le necessità di adeguare e potenziare il depuratore di Servola è sorta nel 2006, quando, anche in base alle norme che hanno recepito le leggi europee, la soluzione tecnica adottata nel 1993 per l'impianto non è stata confermata dall'evoluzione delle regole del settore. Norme nuove che hanno imposto il trattamento secondario a terra delle acque di scarico, rendendo così inadeguato il tipo di smaltimento effettuato fino ad allora nel depuratore di Servola.
Giuseppe Palladini

 

 

Bonifiche, salvi i proprietari di vecchia data - Nessuna spesa a carico delle imprese che hanno acquistato i terreni prima del 2003
 

Le imprese che hanno acquistato i terreni nel sito inquinato in area Ezit prima del 2003 non dovranno versare un euro per le bonifiche nel caso in cui i terreni risultino inquinati. È la novità più eclatante del confronto con le imprese svoltosi ieri in Camera di commercio, promosso dal presidente Antonio Paoletti e da quello dell'Ezit, Dario Bruni alla presenza dell'assessore comunale allo Sviluppo economico, Paolo Rovis e di quello regionale alle Finanze, Sandra Savino. È emerso infatti che la Legge 30/2007 autorizza la Regione, come ha ricordato la Savino, a svolgere la cosiddetta "caratterizzazione" nelle aree di proprietà privata insediate nel Sito inquinato nazionale. Paoletti ha ricordato al riguardo che la Camera di Commercio per questi soggetti e per gli altri ha messo a disposizione 1,5 milioni di euro per la realizzazione delle analisi di rischio, nonché il nuovo Laboratorio chimico merceologico in area Ezit funzionale alle imprese. Ma il dato fondamentale, come ha rilevato anche il presidente dell'Ezit, Dario Bruni, è che da parte dello stesso ministero dell'Ambiente c'è un atteggiamento diverso, che tiene conto delle specificità del territorio. «Assieme al presidente Renzo Tondo abbiamo convinto il ministro Stefania Prestigiacomo - ha affermato l'assessore Savino - a stralciare la posizione di Trieste e a procedere prima alla ultimazione delle caratterizzazioni e poi in base ai risultati andare a predisporre l'Accordo di programma». Per la cronaca, si trattava di quell'accordo che originariamente imponeva alle imprese di corrispondere ben 236 milioni complessivi per la bonifica dei terreni. «All'Ezit - ha dichiarato il presidente Dario Bruni - servono 15 giorni dalla ricezione del finanziamento regionale per indire la gara europea e trovare il fornitore che andrà a realizzare le caratterizzazioni. Ora possiamo andare incontro alle imprese, che adesso potranno programmare con certezza investimenti, creando al contempo in area Ezit terreni disponibili per nuove aziende». Simpatico il siparietto finale tra l'assessore Rovis, che ha tirato in ballo una vecchia lettera degli anni '60 del Comune, che comunicava agli omologhi palermitani di aver risolto il problema dell'area paludosa dove sorge l'Ezit trasformandola in discarica. «Ah, bene, allora paga tutto il Comune», ha commentato Paoletti. In sala, risatine.

(f.b.)

 

 

«Krsko? È come averla in casa» - Serracchiani e Wwf contro Tondo. La replica: strumentalizzazioni. Il Pd: la Regione voti il no all'atomo
 

TRIESTE Il Pd rilancia sul no al nucleare in Friuli Venezia Giulia. Il gruppo consiliare ha chiesto al presidente del Consiglio regionale, Maurizio Franz, di richiamare in aula la proposta di legge che afferma nettamente il no all'installazione di impianti nucleari in regione e l'avvio di un programma di interventi incentivanti il risparmio energetico e l'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. Tale richiesta, sottolinea Franco Brussa, «non è solo la diretta conseguenza dei tragici avvenimenti in Giappone quanto anche di una serie di altre ragioni che si sono verificate in questi ultimi mesi». Brussa cita la sentenza della Corte Costituzionale del giugno 2010 che ha dichiarato illegittima l'assegnazione in capo al ministero dello Sviluppo economico del potere di individuazione dei siti e di realizzazione degli impianti nucleari in Italia. «Ciò significa - afferma Brussa - che non si potrà realizzare una centrale da noi senza il nostro consenso». Sul tema del nucleare interviene anche il segretario regionale del Pd, Debora Serracchiani. Il governatore Renzo Tondo insiste sull'intervento italiano nel raddoppio di Krsko? Serracchiani, «assolutamente contraria al ritorno del nucleare in Italia», afferma che «il nucleare a Krsko è come averlo in casa». L'eurodeputata ha indirizzato un'interrogazione alla Commissione europea, in cui chiede di «riferire sulla situazione delle centrali nucleari i cui eventuali incidenti potrebbero colpire regioni confinanti di Stati membri, come è stato il caso della centrale slovena di Krsko, il cui incidente avvenne a 130 km dall'area di Trieste nel giugno del 2008». Secondo Serracchiani «l'unica vera sicurezza consiste nel tenersi lontano dal nucleare; è quasi incredibile l'insistenza del presidente Tondo. Lo capiscono tutti, e la Protezione civile lo sa per prima, che in caso di disastro quei 130 km non proteggono da nulla». Ribatte, a stretto giro, lo stesso Tondo: «Spiace vedere strumentalizzato un tema così delicato in presenza dei drammatici fatti cui stiamo assistendo». E ancora: «Krsko è lì ed esiste indipendentemente da nostre scelte o desideri. E io auspico la partecipazione italiana alla società di gestione anche tenendo ben presenti i problemi di sicurezza: entriamoci e collaboriamo affinché sia massima». Anche il Wwf regionale, però, si dice "esterreffatto" delle dichiarazioni di Tondo sul raddoppio di Krsko: «La zona dove sorge la centrale nucleare è compresa in un'area con possibilità di ottavo grado di sismicità della scala Mercalli. Stesse previsioni preoccupanti emergono dalla Carta degli eventi sismici in Slovenia negli ultimi 500 anni, da cui risulta evidente che la zona di Krsko è stata interessata in passato da diversi terremoti, fino ad una magnitudo di 5-6 della scala Richter».
Roberto Urizio

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO

 

Punto informativo gratuito offerto dalla Provincia per informazioni sul risparmio energetico: consulenza per sostituzioni caldaie, serramenti, isolamenti termici, ecc. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30 (tel. 366-5239111 - www.legambientetrieste.it).

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 marzo 2011

 

 

Via libera al parere ambientale sul progetto della Tav
 

Idillio, o quasi, c'è stato ieri notte pure sul parere non vincolante del Consiglio comunale alla Via, la Valutazione d'impatto ambientale, sul progetto della Tav Ronchi-Trieste nel tratto che rientra sotto la superficie municipale. Hanno votato a favore, con una serie di riserve tecniche, tutti i consiglieri del centrodestra (bandelliani compresi), il Pd (fatta eccezione per Bruna Tam e Igor Svab che si sono astenuti), i Cittadini con Roberto Decarli e la Lista Rovis con Emiliano Edera. Contrari invece i verdi con Alfredo Racovelli e Rifondazione. «Una mancanza di unità certamente legittima - rileva in proposito il capogruppo dei democrats Fabio Omero - che trova le sue ragioni nella scarsa trasparenza e informazione da parte di Rfi, che ancora una volta cala sul territorio un progetto, peraltro non completo in tutto il suo percorso attraverso la provincia di Trieste, senza minimamente condividerlo con le forze politiche e sociali, con le associazioni ambientaliste e con i cittadini». Convergenza si è respirata, ad ogni modo, anche nel breve dibattito sugli emendamenti da inserire nella delibera, tra cui uno della berlusconiana Raffaella Del Punta, fatto proprio dalla giunta, che sollecita l'interramento di alcuni impianti in via Marziale. Un altro emendamento è stato, perfino, riscritto appositamente per mettere assieme le proposte simili firmate da Everest Bertoli per il Pdl e da Bruna Tam, Mario Ravalico e Fabio Omero per il Pd, che chiedevano in sostanza alle Ferrovie di istituire il cosiddetto "ufficio di scopo". Una sorta di urban center nel quale i cittadini possano avere informazioni e controllare lo stato di avanzamento dei lavori.
 

 

Ferriera, Acciaierie venete il possibile acquirente
 

Nella compagine del colosso padovano c'è anche Maltauro. Ma l'operazione è bloccata in attesa che Lucchini perfezioni gli accordi sul debito con le banche
I giochi su Trieste, vista l'urgenza della Lucchini di perfezionare la trattativa con le banche per la ristrutturazione del debito da 770 milioni di euro, al momento sono in "stand by". In compenso, però, si inizia finalmente a capire chi sono i giocatori. O meglio quali, nel piano del sindaco che per settimane ha tessuto la tela e ricoperto il ruolo del mediatore, potrebbero essere gli investitori interessati ad acquistare dal gruppo bresciano la Ferriera di Servola. La misteriosa azienda siderurgica con cui, per mesi, Dipiazza ha intrattenuto rapporti e organizzato incontri sembra essere la Acciaierie venete spa, potenza da oltre mille dipendenti con sede legale nel Padovano e stabilimenti sparsi tra Lombardia e Veneto. Ma anche con stretti legami nel Vicentino, regno di Maltauro, la srl che, appunto, compare nella struttura sociale di Acciaiere venete. Un binomio che confermerebbe le indiscrezioni circolate in passato subito dopo i primi faccia a faccia tra il primo cittadino e gli industriali senza volto. Quelle che descrivevano il potenziale acquirente dell'impianto servolano come una realtà siderurgica del Nord Italia, collegata al colosso delle costruzioni. Colosso che, dell'operazione Trieste, sarebbe peraltro il vero "deus ex machina". Una sorta di capofila della cordata di investitori («un pool di persone solide» per dirla con Dipiazza) interessati, ciascuno per il proprio business, a scrivere le diverse pagine del libro Ferriera, compreso il capitolo complesso, ma anche potenzialmente molto redditizio, della riconversione. Prima di immaginare il dopo Servola e ipotizzare trasformazioni in chiave logistica e ideali collegamenti con il possibile rigassificatore Gas Natural, tuttavia, è necessario individuare l'imprenditore disposto a proseguirne di qui ai prossimi due, tre anni l'attività siderurgica. Ruolo per cui, secondo il quadro delineato dal Comune, si sarebbe appunto detto disponibile il management delle Acciaierie Venete. Capire il reale grado di interesse per l'operazione da parte dei vertici della spa, tuttavia, è impossibile. «Per prassi aziendale nessuno parla con i giornalisti - è l'unica risposta che si ottiene contattando la sede legale nella zona industriale di Camin, in provincia di Padova -. Non abbiamo nemmeno un ufficio stampa». Non è di grande aiuto, in questo senso, nemmeno il sindaco stesso. «Io ho agito da tramite nella fase iniziale della trattativa - taglia corto Dipiazza, continuando peraltro a non volersi sbilanciare sull'identità delle società coinvolte -. Ho avviato i contatti, ribadendo la mia priorità di non lasciare in strada centinaia di operai visto il già pesante momento di crisi, e agito con delle persone che hanno creato un gruppo. Altro, però, non posso fare. La mia parte è finita, ora spetta alla Lucchini decidere se e come proseguire la partita». Partita che tuttavia, almeno per ora, non rappresenta una priorità per il gruppo bresciano, alle prese con nodi di diversa natura. «Al momento non ci sono in piedi trattative di questo tipo - spiega il responsabile relazioni esterne Francesco Semino -. In questa fase Lucchini è impegnata in un delicato e difficile confronto con le banche per la ristrutturazione del debito (oggetto il mese scorso di un incontro a Mosca, nel quale aveva preso piede l'ipotesi di un prestito-ponte da 50 milioni di euro, ndr). Qualsiasi altra operazione, compresa l'eventuale vendita della Ferriera, sarà a valle dell'accordo con gli istituti di credito. Per il resto - conclude Semino - l'azienda va avanti anche perchè la congiuntura di mercato è positiva e le prospettive, dal punto di vista dell'equilibrio economico, sono buone». Come dire: Servola, per adesso, può aspettare.
Maddalena Rebecca

 

 

La grande cattedrale di ferro che inquina - La Ferriera di Servola potrebbe essere tollerata se non fosse una minaccia per la salute e l'ambiente
 

Sorge al capo opposto della città, ma lei è sempre presente come una gigantesca cattedrale di ferro e scorre attraverso il finestrino dell'auto per quei pochi secondi di tratto d'autostrada che porta a via Valmaura. Ma quelli che possono essere paragonati a degli archi rampanti altri non sono che i giganteschi altiforni della Ferriera di Servola, impianto siderurgico che si estende per il tratto di costa compreso tra il deposito petrolifero ex-Esso e lo scalo legnami del Porto di Trieste ed è attualmente adibito alla produzione di ghisa. La sua presenza viene annunciata ai guidatori già nelle vicinanze del tunnel nella collina di Servola attraverso un intenso odore simile allo zolfo e un assordante rumore di macchinari che però si riducono ad una pena di pochi attimi per chi viaggia in autostrada. Tutt'altra storia riguarda coloro che vivono nel contesto urbano dello stabilimento, come gli abitanti dei quartieri di Servola, Valmaura, Chiarbola e San Pantaleone le cui abitazioni (collocate anche a meno di cento metri dagli impianti produttivi) vengono quotidianamente investite dalle polveri di carbone trasportate dal vento che ostacolano la qualità della vita rendendo impraticabili le terrazze e imbrattando ogni superficie di appoggio. La Ferriera forse potrebbe essere tollerata se il suo impatto con l'ambiente si riducesse a tali fenomeni, purtroppo però lo stabilimento presenta numerose problematiche oltre che ambientali, anche sociali ed economiche che è necessario tener presente: l'impianto è responsabile dell'emissione in atmosfera della Pm10 e della Pm 2,5, particelle microscopiche costituite da polvere, fumo e sostanze liquide diffuse dall'altoforno e trasportate dal vento, responsabili del 15 percento delle patologie di tumore a Trieste. I cumuli di carbone e dei materiali di risulta vengono inoltre stoccati all'aperto quindi esposti ai venti che li disperdono nel territorio circostante e sottoposti all'aerosol marino che li carica di elementi precursori delle diossine. Per poter svolgere l'attività produttiva della ferriera di Servola, la Severstal, azienda-colosso della siderurgia, era tenuta a compilare la procedura dell'AIA (autorizzazione integrata ambientale) in cui erano previsti dei quesiti riguardanti degli obiettivi sensibili da rispettare: questa è stata presentata in ritardo di quattro mesi e per due terzi secretata. Un quesito presente nella parte accessibile della procedura esigeva l'assenza di edifici sanitari, pubblici o abitati nel raggio di un chilometro in linea d'aria dall'impianto e, sebbene nell'area definita siano presenti un ospedale pediatrico infantile, due distretti sanitari, cento ambulatori, tredici fra scuole medie elementari e asili, venti case di riposo e alcuni ricreatori comunali, l'autorizzazione è stata rilasciata il 20 febbraio 2008 con la controfirma della regione e senza l'accertamento della correttezza delle dichiarazioni previsto per legge dall'articolo 33 della costituzione. L'Arpa (l'agenzia regionale per la protezione ambiente) nel luglio del 2009 ha presentato una relazione al comune dove rileva che la media annua di sforamenti sulle pm10 ma soprattutto sul benzoapirene e benzene registrata nel comune di Trieste per le emissioni della ferriera è stata del 8,8 nanogrammi mentre il limite massimo di legge corrisponde a 1; dichiara inoltre che tali emissioni superano i 5 kilometri di raggio e investono tutto il territorio di Trieste e in giorni di forte vento le zone di Monfalcone e Grado considerando soltanto i dati riguardanti il nostro Paese. Un anno e mezzo fa il sindaco di Capodistria ha richiesto all'azienda sanitaria un'analisi sullo stato di salute dei bambini fino ai dodici anni che abitano nelle frazioni della città slovena con risultati a dir poco preoccupanti: la percentuale di bambini che soffrono di patologie croniche all'apparato respiratorio nelle frazioni di Capodistria oscilla tra il 27 e il 36 per cento mentre le percentuali riguardanti città come Portorose e Umago scendono all'1%. L'azienda sanitaria fa derivare l'incremento della patologia nella frazione di Capodistria dal benzene, benzopirene e PM10 emessi dalla ferriera e trasportati dal vento in quella zona. Dal novembre del 1999 è stato chiesto all'azienda sanitaria triestina di fare analoghe indagini epidemiologiche senza ottenere risposta.

Costanza Cecchini Classe II D Liceo D. Alighieri
 

 

Golfo di Trieste, area a rischio inquinamento
 

Diversi i punti critici del litorale secondo Legambiente. Problemi al terrapieno di Barcola e al depuratore di Servola
LE ACQUE Secondo il professor Ferraro (progetto Aulablu) la qualità del nostro mare è buona, se però si escludono gli apporti dell'Isonzo
CAROTAGGI I test effettuati nel terrapieno quando si pensava di farvi il Parco del mare hanno permesso di rilevare la presenza di sostanze radioattive
Un mare che in realtà è soltanto, splendidamente ma anche drammaticamente, un bacino chiuso con profondità generalmente inferiori ai 25 metri, con scarse correnti, circondato da un territorio fortemente antropizzato, con traffico di petroliere, attività portuali, industrie e intenso turismo nautico e balneare. Questo è il golfo di Trieste, un'area che ha tutte le caratteristiche per essere considerata ad alto rischio di inquinamento. Dai rilievi effettuati da Legambiente, infatti, emergerebbe che in tutto il litorale ci sono diversi punti critici che non hanno superato il test anti-inquinamento. Situazioni critiche ad esempio sono legate ai rifiuti fognari riversati in mare e filtrati solo parzialmente e alle numerose discariche a mare realizzate negli ultimi decenni nell'arco costiero compreso tra Grado e Muggia, che sembra abbiano gravemente compromesso il delicato ecosistema marino di questo piccolo golfo. Anche Greenaction Transnational ha messo in evidenza alcuni problemi riguardanti il terrapieno di Barcola e i depuratori di Trieste. Il terrapieno è una grande discarica a mare realizzata a Trieste tra gli anni '70 e '80. E' nata come discarica polivalente (vi si trovano fanghi industriali e ceneri dell'inceneritore di Trieste) ed è situato in piena zona balneare. I controlli effettuati davanti alla discarica a mare di Barcola e in vari punti del Golfo di Trieste confermerebbero la contaminazione degli organismi marini da parte di metalli pesanti. Mitili e pesci che poi finiscono sul mercato ittico. Il depuratore di Servila, invece, è il più grande impianto di depurazione della acque fognarie della provincia di Trieste e, secondo Greenaction, è anche il più inquinante: avrebbe avuto fin dall'inizio grossi problemi di funzionamento. Le ispezioni subacquee avrebbero inoltre evidenziato condizioni di inquinamento visibili e scarsa presenza di fauna marina. Anche il depuratore di Aurisina avrebbe sempre avuto problemi di funzionamento; è stato realizzato in un'area di grande interesse naturalistico (Falesie di Duino) e diffonde l'inquinamento in aree balneari e con presenza di allevamenti di mitilicoltura (golfo di Sistiana). Molto più tranquillizzanti, invece, sono le valutazioni del professor Giuseppe Ferraro, responsabile di attività di educazione ambientale legate al progetto "Aulablu". Da molti anni effettua analisi dei parametri chimico-fisici delle acque del nostro golfo (presenza di fosfati, nitriti, quantità di ossigeno disciolto ecctera) e dai suoi rilevamenti la qualità delle acque del golfo appare complessivamente buona e omogenea, se si esclude il problema rappresentato dagli apporti idrici inquinanti del fiume Isonzo (mercurio proveniente dalle miniere di Idria in Slovenia) e l'inquinamento nella zona portuale. Riguardo al depuratore di Servola Ferraro afferma di non aver mai rilevato dati allarmanti. Inoltre gli scarichi fognari depurati vengono allontanati dalla costa grazie ad un tubo lungo+circa 7 chilometri che li porta fuori dalle dighe, al centro del golfo. Quanto al terrapieno di Barcola i carotaggi effettuati quando si pensava di costruire qui il Parco del Mare hanno permesso effettivamente di accertare la presenza di rifiuti radioattivi. Secondo l'esperto sarebbe comunque opportuno bonificare la costa dal terrapieno di Barcola fino a Muggia, cosa resa difficile dalla mancanza di fondi. Nel frattempo è quantomai importante aaaavviare un monitoraggio continuo e non puntiforme, per avere dati raccolti in tutte le stagioni e in vari punti del golfo. Solo in questo modo si possono avere dati attendibili e indicativi.

Giulia Bonetti Classe IV E Liceo Oberdan
 

 

Smaltimento dei computer, c'è una soluzione
Il progetto Biomine presentato all'Area di ricerca consente di recuperare i metalli anche attraverso le biotecnologie
VANTAGGI Non necessita di manodopera e quindi non è rischioso per la salute. Inoltre gli impianti di fusione non comportano un gran consumo di energia
COSTI A causa delle spese troppo elevate finora non è stato possibile mettere in pratica un sistema di riclaggio delle componenti metalliche
Arriva dall'Area di ricerca di Trieste la possibile soluzione ai problemi di inquinamento e smaltimento legati al vertiginoso sviluppo degli apparecchi elettronici. «Ogni due anni la velocità dei processori raddoppia, il prezzo si dimezza; il computer diventa più potente e, allo stesso tempo, più economico«: ecco cosa dichiara la cosiddetta legge di Moore. Trasformata in cifre significa che, se nel 1995 la vita media di un computer durava tra i 5 e i 7 anni, ora non supera i due. In parte ciò è dovuto alla qualità della merce, in parte alla moda di possedere sempre gli ultimi modelli usciti in commercio. Ma che fine fanno computer, televisori, cellulari, playstation, gameboy, radio, mp3 una volta finito il loro ciclo vitale? Diventano ingombranti e inquinanti rifiuti elettronici il cui volume aumenta di pari passo con la richiesta di materiali necessari alla fabbricazione (tra cui metalli preziosi come il rame, la cui estrazione è sia costosa che inquinanteIl progetto "Biomine", presentato all'Area di Ricerca di Trieste nel dicembre scorso, propone un'unica ed efficace soluzione ad entrambi i problemi: un sistema di recupero di metalli dagli apparecchi elettronici di scarto, basato su tecniche di estrazione tradizionali e biotecnologie. Il recupero di metalli da vecchi dispositivi elettronici potrebbe eliminare fonti di grave inquinamento legate all'estrazione mineraria, offrendo considerevoli vantaggi ambientali, politici ed economici in termini di consumo energetico e, perciò, di emissioni di CO2. Un altro vantaggio del sistema di riciclaggio proposto nel progetto "Biomine" è che, non necessitando di manodopera, non è rischioso né per la salute umana né per l'ambiente. Inoltre, gli impianti di fusione che sfruttano biotecnologie non comportano un grande consumo energetico né l'impiego di capitali consistenti per la loro costruzione. E'proprio a causa dei costi troppo elevati che fin'ora non è stata possibile la messa in pratica di un sistema di riciclaggio dei metalli; ciò ha determinato che nei paesi sviluppati solo una minima parte dei rifiuti elettronici venga correttamente recuperata, mentre la maggioranza venga incenerita o portata in discariche. Una minore, ma non trascurabile, quantità, invece viene esportata illegalmente per un "riciclaggio non ufficiale" che prevede l'uso di sostanze tossiche e procedimenti altamente inquinanti. La città cinese di Guiyu, dove ogni anno arrivano 1.5 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici per il "riciclaggio non ufficiale", è la seconda città più inquinata al mondo e tra i suoi abitanti si riscontrano gravi disturbi neurologici e fisiologici. Altre città come Guiyu esistono in Ghana, Malesia, India, Vietnam, Hong Kong, Taiwan, Egitto e Sri Lanka. Il progetto "Biomine" è attualmente in fase di sperimentazione all'Area di Ricerca di Padriciano (Trieste) da parte del team composto da Luca Escoffier, Paolo Pacorini, Justin Pahara, Bryce Goodman e Privahini Bradoo. Senz'altro questo rappresenterà un importante traguardo nel campo del riciclaggio. Una prima luce nel lato oscuro della legge di Moore.

Ada Stavro Santarosa Classe II A Liceo Dante Alighieri
 

 

Raccolta differenziata, problemi a San Dorligo
 

La raccolta differenziata "porta a porta", ovvero il periodico ritiro presso il domicilio dell' utenza del rifiuto urbano prodotto dalla stessa, non sembra aver raggiunto buoni livelli di funzionamento nel comune di San Dorligo della Valle. La maggior parte dei seimila abitanti di questo comune, afferma che dopo quasi tre anni il sistema della raccolta differenziata porta a porta non funziona bene: le persone che vivono in un appartamento e non hanno la possibilità di tenere i bidoni per la raccolta differenziata in giardino, sono costretti a tenerli in poggiolo e in mancanza di esso, addirittura in casa e questo provoca odori sgradevoli soprattutto durante il periodo estivo. Un altro problema dicono alcuni abitanti, riguarda il fatto che molte volte, gli operatori ecologici si dimentichino di svuotare alcuni bidoni, in questo modo però l'utente in causa, è costretto a tenere in casa o in giardino i bidoni della spazzatura pieni e maleodoranti per altri giorni. Inoltre, la maggior parte dei cittadini si lamentano del fatto che la sindaca Fulvia Premolin, aveva assicurato che, con l'avvio di questo sistema i rifiuti si sarebbero pagati meno, ed invece con l'arrivo di questo sistema, la gente dice di pagare molto di più. Nel bidone della spazzatura di ogni utente è inserito un microcip; il costo dovrebbe essere definito in base al peso della spazzatura. Gli abitanti quindi si chiedono: ma allora perché dobbiamo tenere la spazzatura in casa per giorni e sopportarne la puzza, perché dobbiamo pagare due volte (gli addetti comunali incaricati della raccolta del differenziato plastica-lattine-carta e la ditta esterna per l'indifferenziato) per non ottenere nulla in cambio? La maggior parte dei cittadini di San Dorligo, quindi, non è molto d'accordo con la raccolta differenziata porta a porta, in cambio però propongono la creazione di eco-piazzole ai margini delle frazioni con cassonetti dedicati ai vari tipi di raccolta differenziata. In questo modo non si verificherebbero più problemi per quanto riguarda gli odori sgradevoli dei cassonetti tenuti sotto casa, le persone non porterebbero più i sacchi della spazzatura in altri comuni per non pagare e il costo della spazzatura diminuirebbe. Gli abitanti quindi, sperano in un qualche cambiamento, sperano in un miglioramento di questo sistema di raccolta differenziata porta a porta che fino a questo momento non ha raggiunto un buon livello di efficienza.

Giorgia Schirò Classe II E Liceo Petrarca
 

 

A Trebiciano la "Collina della vergogna" - Una discarica di 120mila metri quadri. Fra il 1958 e il 1972 vi furono riversate oltre 500mila tonnellate di rifiuti
 

In una dolina trasformata in deposito per rifiuti, ci sono oltre 500mila tonnellate di rifiuti, e non a caso infatti la chiamano «La collina della vergogna»: è l'enorme discarica a cielo aperto cresciuta sul Carso tra il 1958 e il 1972 quando più di 500mila tonnellate di spazzatura, organica e non, furono scaricate a meno di un chilometro e mezzo dal paesino di Trebiciano. La discarica ricopre un'area di circa 120mila metri quadrati, dove ora spunta una collinetta alta circa dieci metri, la punta dell'iceberg di rifiuti gettati sul fondo di una dolina sotto la quale, a 329 metri di profondità, scorre il fiume Timavo (l'abisso di Trebiciano che scende verticalmente fino al corso d'acqua è a meno di 500 metri dal deposito). La discarica sorge lungo il tratto della pista ciclabile Trebiciano - Orlek. Avvicinandosi ed entrando un po' nel bosco, in una zona dove sono già ricresciuti gli alberi, è facile notare tra le radici e le foglie secche bottiglie, scarti di imballaggi industriali, fogli di plastica, copertoni. Più lontano lamiere arrugginite, secchi di metallo, batterie, fusti di ferro e cemento, resti di rifiuti organici. Sul fondo di una dolina si possono vedere a volte affioramenti di sostanze oleose, probabilmente idrocarburi. Molti dei rifiuti, scarti industriali o residui di produzione, erano sicuramente velenosi, cancerogeni o tossici; ad esempio gli acidi delle batterie, gli idrocarburi, le plastiche, l'amianto e probabilmente il contenuto dei fusti che sono sparsi sul terreno. Tutto questo è stato affidato al suolo carsico, noto per la sua permeabilità e la sua incapacità di filtrare le acque, essendo in prevalenza roccioso, in una zona nota per essere posta direttamente sopra uno dei rami sotterranei del fiume Timavo. Ovviamente le acque di percolazione hanno raggiunto il fiume. Sono ancora in fase di valutazione i danni arrecati all'ambiente (teniamo conto che non è nota neanche la reale vastità della zona). La "collina della vergogna" non è una delle molte discariche abusive che sono cresciute sul Carso, ma un deposito di Rsu (rifiuti solidi urbani) autorizzato, in un'epoca in cui si credeva che la natura potesse "autorigenerarsi", pulirsi dalle sostanze tossiche liberate dall'uomo ed essere pronta per accoglierne di nuove. Ora si sa che non è così e questa discarica, chiusa da quasi quarant'anni, ne è l'esempio. Con molte probabilità quella zona rimarrà inquinata per centinaia di anni; rispetto alla vita di un uomo un periodo enorme. Potremmo dire che si tratta di un cambiamento irreversibile. La "collina della vergogna" di Trebiciano rimarrà per secoli in bella vista. E, chissà, magari servirà da monito per evitare altri episodi simili in futuro. Episodi in cui l'uomo trionfa sulla natura, calpestandola e rovinandola.

Luca Collari Classe IV E Liceo Oberdan
 

 

MUGGIA - Acquario, ecco il progetto per una bonifica totale
 

Dalla Conferenza dei servizi l'indicazione di monitorare le acque di falda Ma i tecnici del Cigra smentiscono l'inquinamento grave e costante
MUGGIA Un progetto di bonifica totale dell'area, trampolino di lancio per una nuova attività ricreativo balneare. Un ennesimo fondamentale tassello per il futuro del terrapieno "Acquario" è stato aggiunto in questi giorni con lo svolgimento dell'attesa conferenza dei servizi atta a delineare la situazione dell'area posta lungo il litorale muggesano. Alla presenza di Comune, Provincia, Regione, Arpa, Azienda Sanitaria, Autorità Portuale, Capitaneria di Porto e Cigra (assente il Demanio che ha inviato il suo parere via fax) la Conferenza ha approvato la caratterizzazione e l'analisi di rischio relativa all'inquinamento del terrapieno, con qualche prescrizione quale, ad esempio, quella di continuare a monitorare in futuro le acque di falda. I tecnici del Cigra, per poter definire l'inquinamento e il rischio relativo, hanno suddiviso tutto il terrapieno in quattro settori a partire da Punta Olmi fino alle piazzole: per ciascun settore sono state fatte analisi ed elaborazioni ipotizzando, come la legge prevede, due possibili scenari che prevedono la "residenzialità o l'utilizzo ricreativo tipo verde pubblico" (tabella A), oppure, in alternativa, un utilizzo simile a quello "commerciale-industriale" (tabella B). I risultati hanno dimostrato che tutta la zona necessita di un intervento di bonifica, anche se "non vi è un inquinamento grave costante". Tale inquinamento risulta più marcato nei settori 1 e 2, quelli più a est: mentre la situazione è migliore nelle aree più a ovest. «Se per pura ipotesi si optasse per un uso commerciale, potrebbe non essere addirittura necessario alcun tipo di intervento per queste aree ma poiché è noto che l'amministrazione ha deciso di destinare tutta l'area ad attività ricreativo balneare si è optato di scegliere la destinazione della tabella A riservata al verde pubblico», ha spiegato il sindaco di Muggia Nerio Nesladek. Ora sarà dunque necessario predisporre un progetto di bonifica totale che la legge prevede debba essere presentato entro 180 giorni, per essere valutato ed approvato dalla medesima conferenza dei servizi della regione. Soddisfatto Nesladek: «Si è chiusa una prima fase per la quale abbiamo lavorato tantissimo in questi anni, un primo importante passo per la restituzione alla città della nostra costa è stato fatto. Ora bisogna proseguire, con l'aiuto di tutti, con la massima celerità verso il prossimo obiettivo, tra qualche mese, che è quello di realizzare il progetto di bonifica».
Riccardo Tosques

 

 

A Lubiana e Belgrado Putin sponsorizzerà il gasdotto di Mosca
 

Nei Balcani il Cremlino punta ad aggirare le nuove norme Ue anti-monopolio e a penalizzare la pipe-line europea

BELGRADO I Balcani teatro di una battaglia nella guerra Ue-Russia per il dominio del settore energetico. Potrebbe essere questo uno degli effetti del viaggio di Vladimir Putin a Lubiana e Belgrado se, come si prevede, il premier russo farà una lobby spregiudicata a favore del Gasdotto South Stream contro l'alternativa europea, il "Nabucco". Se l'appoggio di Belgrado al progetto russo è sicuro, il 22 marzo Putin tenterà di chiudere definitivamente i giochi anche con Lubiana per la realizzazione del tratto sloveno del metanodotto. «Anche se la sua costruzione non è ancora sicura, è nel nostro interesse economico che "South Stream" passi per la "Slovenia". Il "Nabucco" non è attraente perché non attraverserà il Paese» spiega Branko Hvastija del Centro per la cooperazione internazionale e lo sviluppo di Lubiana. L'attivismo di Mosca in Slovenia è dettato forse dal timore che il metanodotto russo possa trasformarsi presto in un progetto irrealizzabile. Il 3 marzo è entrato infatti in vigore il Terzo pacchetto energia, la normativa Ue che prende di mira i monopoli energetici. «Putin - accusa l'analista Vladimir Socor - vuole silurare la politica europea anti-monopolio. La nuova legislazione Ue proibisce a chi fornisce il gas di possedere anche i gasdotti». Come nel caso di Gazprom-South Stream. Secondo gli accordi già firmati, la compagnia russa Gazprom costruirà però le singole sezioni del metanodotto assieme a compagnie locali, anche in Slovenia. Per Socor, «Gazprom sarà la proprietaria del gasdotto, un'eventualità contraria alle regole del pacchetto energia» poiché il gas che circolerà sarà quello dell'azienda russa. «Mosca non è in competizione con l'integrazione europea dei Balcani e mira solo a costruire un forte caposaldo economico nell'area per partecipare al sistema economico dell'Ue. E "South Stream" è il progetto di maggior valore che può offrire» ribatte Dusan Reljic, esperto del German Institute for International and Security Affairs di Berlino. «I bisogni energetici dell'Europa aumenteranno: sia "Nabucco" che "South Stream" saranno essenziali per l'Ue. Se c'è bisogno di energia ci sarà la volontà politica di trovare un accordo anche sul discorso proprietario-fornitore» aggiunge. Per ora l'obiettivo dell'Ue è però quello di rompere l'egemonia Gazprom. La risposta russa: tentare di mettere Bruxelles di fronte al fatto compiuto. Mosca dovrebbe sbarazzarsi dei gasdotti che possiede nei Paesi baltici, in Polonia e Germania. Di fatto, sta cercando di «estendere con "South Stream" questo sistema ad altre regioni dell'Ue, come la Grecia, la Bulgaria, l'Austria e la Slovenia. E in Serbia, Paese che aspira a diventare presto parte dell'Unione» afferma Socor. «Putin e Medvedev stanno creando un quadro legale in cui Gazprom si rifiuta di rispettare le leggi Ue. E Bruxelles potrebbe accettare lo status quo» avverte l'analista. Difficile, infatti, immaginare oggi una reazione forte da parte di un'Europa divisa. O una Russia che rinunci a cuor leggero al connubio produzione-distribuzione che ancora rimpingua le casse di Mosca
Stefano Giantin

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 15 marzo 2011

 

 

NUCLEARE- IL WWF: “PRESIDENTE TONDO, NESSUN RIPENSAMENTO? O VUOL FARE UNA CENTRALE A MONFALCONE, GRADO O LIGNANO?”
 

La lettera aperta del WWF Friuli Venezia Giulia al presidente Tondo nelle ore delle drammatiche notizie che arrivano dalla centrale di Fukushima in Giappone.
La catastrofe della centrale nucleare di Fukushima sta facendo riflettere tutto il mondo sui pericoli legati all’uso “pacifico” dell’energia nucleare. Tutto il mondo o quasi, perché spicca – accanto alle irresponsabili dichiarazioni filonucleariste dei governanti italiani – il silenzio assordante dei politici locali, presidente Tondo in testa.
Il presidente che non perdeva occasione di esternare la propria fede nuclearista (proprio e solo di fede, in effetti, si tratta), citando dati sballati e di pura propaganda sulla presunta convenienza economica dell’elettricità prodotta con l’atomo.
Il presidente che da qualche anno insiste, con tenacia degna di miglior causa, a proporre l’ingresso del Friuli Venezia Giulia e dell’ENEL nel business del progetto per il raddoppio della centrale nucleare slovena di Krško.
Una centrale che sorge in una zona notoriamente sismica ed il cui reattore attuale, di fabbricazione americana, è analogo a quelli esplosi nell’impianto giapponese di Fukushima. Un impianto che sorge a 250 km a nord est di Tokyo, dove la radioattività ha già superato di venti volte il livello normale (mentre almeno 200 mila abitanti nei dintorni della centrale sono stati evacuati).
Krško sta invece un centinaio di km in linea d’aria a nord est da Trieste (e quindi a portata di bora…). D’altro canto, qui si ricordano bene le conseguenze del disastro nella centrale di Chernobyl, che pure sorge a oltre 1.300 km da Trieste.
Lo stesso Tondo, di fronte allo scarso entusiasmo della Slovenia per l’ipotizzata partnership italiana sul raddoppio di Krško, non aveva escluso la costruzione di una centrale nucleare in Friuli Venezia Giulia, probabilmente a Monfalcone o Grado o Lignano. Chissà se il presidente sarebbe disposto a farla nella sua Carnia, malgrado risulti essere leggermente sismica? O altrimenti dove?
Chernobyl è stata la dimostrazione dei rischi insiti nel “fattore umano”, quando si ha a che fare con l’energia nucleare. Così come Fukushima sta insegnando quali rischi si corrono in conseguenza di fenomeni naturali. Ce n’è abbastanza, insomma, per far riflettere tutte le persone dotate di ragione: a meno che non siano accecate da una fede irrazionale (funzionale ai corposi interessi economici dei “padroni dell’energia”), come purtroppo sembra accada a tanti politici nostrani. E’ questo che accade anche al Presidente Tondo, o il suo silenzio prelude ad un ripensamento?
Roberto Pizzutti - Presidente WWF FVG
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 15 marzo 2011

 

 

Piano regolatore Verso la discussione in piena bagarre
 

Piano regolatore, il confronto finale è già partito. Almeno quello che vede questo Consiglio comunale protagonista. L'approvazione della nuova delibera sul Prg portata in giunta la scorsa settimana dal sindaco Roberto Dipiazza (passata con soli quattro "sì" e due astensioni su sei componenti della giunta presenti) non è certo un passaggio scontato. Anzi. All'Udc, la prospettiva di chiudere la partita ormai con le elezioni alle porte non piace. Per niente. Roberto Sasco ammonisce infatti: «Ragionevolezza dice che nell'ultimo mese di consiliatura dovremmo occuparci solo di ordinaria amministrazione. Ciò significa che saremmo chiamati ad arrivare all'approvazione del Prg in un mese. Da votare ci sono cinque intese e 1.052 fra opposizioi e osservazioni dei cittadini, che verranno illustrate una ad una. Se ci riuscissimo, sarebbe roba da Guinness dei primati...». Il 15 e 16 aprile sono le due giornate indicate per la presentazione delle liste. Da lì si aprirà ufficialmente il periodo della campagna elettorale verso le amministrative del 15 e 16 maggio. Ma il Piano potrebbe essere oggetto di discussione in aula anche durante il mese di sprint elettorale. E la prospettiva ha alzato la temperatura anche in un recente vertice fra capigruppo. Spiega Piero Camber (Pdl): «Ho posto delle domande tecniche al segretario generale. Qualcuno le ha interpretate come politiche... Ho chiesto fino a quando possiamo andare avanti con il Prg, il segretario mi ha risposto che se apriamo il tutto entro la fine di marzo allora si può proseguire oltre». Pare che in aula il Piano regolatore possa approdare lunedì 28 marzo, dopo la tappa obbligata in Sesta commissione. Critico il "finiano" Antonio Lippolis, protagonista di un acceso scambio di opinioni con Camber durante la riunione fra capigruppo. «Gli ho chiesto se per lui il Piano sia qualcosa di ordinario o di straordinario - spiega Lippolis -. Capisco la volontà dell'amministrazione di voler chiudere con l'approvazione del Prg. Ma è legittimo farlo in campagna elettorale?». Al sindaco manda un messaggio chiaro Fabio Omero, capogruppo del Pd: «Per approvare la variante 118 al Prg deve prima cancellare le sue criticità - caserma di Banne, area turistica del golf di Padriciano, quadrivio di Opicina e Villaggio del fanciullo -, deve prevedere la pianificazione pubblica sulle aree strategiche O - fiera, mercato ortofrutticolo, pescheria e Burlo -, deve cancellare le ultime aree C a edificazione intensiva o ridurre i loro parametri e deve accogliere quelle opposizioni, che rientrano nei criteri condivisi, ovvero erano già aree edificabili nella variante 66, sono in continuità ad aree già edificate, sono sul fronte strada. Dipiazza non può più fare lo scaricabarile, ragionando così: "Io il piano regolatore l'ho licenziato. Con la Corte dei conti sono a posto. Adesso sono solo affari del Consiglio comunale". Deve invece chiarire pubblicamente se condivide questo indirizzo. E allora, solo allora, potrà aprire un dialogo trasparente con l'opposizione». Parla anche in qualità di «presidente della Commissione Trasparenza», rimarcandolo, Emiliano Edera (Lista Primo Rovis): «Un'amministrazione comunale dovrebbe avere più attenzione per i cittadini. Entro fine marzo, il Prg va portato in aula. Le persone e le imprese hanno la necessità di sapere e capire quale sarà lo scenario futuro. Io, in ogni caso, avrò il piacere di votare no a questa delibera».

(m.u.)
 

 

Sito inquinato Si fa il punto sulla situazione
 

Le procedure che devono seguire le imprese le cui sedi sono ricomprese nel sito inquinato di interesse nazionale. Il punto sulla situazione attuale e su quelli che saranno gli sviluppi della vicenda che si trascina ormai da quasi dieci anni, da quando cioè fu decisa la perimetrazione della vasta area, dal canale navigabile di Zaule fino a Muggia. Sono questi i temi che verranno trattati nel corso di un incontro pubblico in programma domani alle 17.30 nella sala maggiore della Camera di commercio (piazza della Borsa). A parlare degli ultimi sviluppi della complessa vicenda bonifiche saranno il presidente dell'ente camerale Antonio Paoletti, il presidente dell'Ezit Dario Bruni e l'assessore regionale alle Finanze Sandra Savino. L'incontro, organizzato da Ezit e Camera di commercio, è rivolto soprattutto alle imprese.
 

 

Maxi-stangata sull'acqua Bollette in crescita sino al 60%
 

L'Autorità di vigilanza dei servizi idrici lancia l'allarme sul caro-tariffe in Friuli Venezia Giulia «Effetto dovuto al nuovo sistema integrato.

Incideranno sempre più le spese di investimento»
TRIESTE Maxi-stangata in arrivo sul prezzo dell'acqua. L'aumento per le tasche dei cittadini potrebbe toccare in futuro punte del 60%, così come avvenuto nel resto d'Italia. Il balzo non è dovuto ai tassi di inflazione ma ai nuovi costi che sono entrati nelle bollette. Da quando le altre regioni del Paese hanno cominciato ad attuare la legge del 1994, che introduce il Sistema idrico integrato, la spesa per un consumo medio di 200 metri cubi è salita di anno in anno. Da 0,91 euro del 2002 a 1,49 euro del 2008. A conti fatti gli italiani hanno pagato il 63% in più. Nel 2008 anche il Friuli Venezia Giulia, l'ultima a muoversi in questa direzione, si è adeguata agli indirizzi nazionali mettendo in atto la legge regionale n° 13 che istituisce i cinque "ambiti territoriali ottimali", quattro dei quali coincidono con i territori delle rispettive Province (Ato-Occidentale, Ato-Centrale, Ato-Orientale Goriziano e Ato-Orientale triestino), mentre il quinto corrisponde all'Ato interregionale del Lemene. Con l'entrata in vigore del provvedimento, Comuni e Province hanno dovuto associarsi in consorzi per gestire l'acqua sul territorio. «Non è stato solo un cambiamento di tipo organizzativo. L'effetto concreto, al momento difficilmente misurabile, si farà sentire presto sulle bollette recapitate a casa - spiega l'ingegner Lucio Cinti che ha appena presentato la relazione tecnica dell'Autorità regionale per la vigilanza sui servizi idrici - Con l'introduzione del sistema Ato sul prezzo incideranno sempre di più non solo i costi di gestione dell'acqua, ma anche tutte le spese sostenute dai consorzi per gli investimenti strutturali impiegati per la costruzione di fognature o per la creazione di reti più moderne. Prima della normativa questa voce veniva assorbita nelle tasse che la gente pagava nel normale sistema fiscale nazionale». Aumenti in vista, dunque. L'entità non è ancora quantificabile con esattezza, tuttavia tutto fa pensare che anche il Friuli Venezia Giulia dovrà rassegnarsi a quanto è accaduto dalla Lombardia alla Sicilia. Anche perché la Regione sta studiando un massiccio programma di investimenti per ristrutturare la rete del territorio. Impianti obsoleti e rovinati stanno infatti causando perdite che i tecnici sono riusciti a conteggiare nella relazione sullo stato dei servizi idrici del 2009. In quell'anno, ad esempio, Pordenone ha sprecato il 21,4% dei volumi di acqua trattati. Udine il 31,44%, Gorizia il 49,75% e Trieste il 41,2%. «Numeri grossolani - chiarisce lo studio del "garante" dell'acqua - che però possono dare un'idea di un'importante problema funzionale delle reti idriche della nostra Regione». «È evidente che c'è una gran quantità di tubazioni e valvole che devono essere sostituite una volta per tutte - chiarisce Cinti - sono troppo vecchie e così l'acqua, prima di arrivare nei nostri rubinetti, si perde. Bisognerà rifare gran parte della rete, comprese le fognature, gli acquedotti e i sistemi di depurazione». L'intera opera prevede una spesa stimata attorno ai 2 miliardi di euro per i prossimi trent'anni. Con conseguenze sulle bollette. Il Friuli Venezia Giulia si avvicinerà così ai prezzi degli altri paesi europei. Finora l'acqua qui costava meno che in Germania, Francia, Svizzera, Belgio e Polonia. Ma più che negli Stati Uniti, Argentina, Grecia e Croazia. L'altra problematica rilevata riguarda l'organizzazione delle cinque Ato: «Le dimensioni di ciascun ambito sono molto diverse - è l'analisi dell'Autorità - e ciò non permette un quadro omogeneo soprattutto nella formulazione dei prezzi».
Gianpaolo Sarti

 

 

NUCLEARE - Il governo tira dritto: 4 impianti Realacci: «Fuori i 52 siti possibili»
 

ROMA Nuova pietra tombale per il programma nucleare italiano? Il governo assicura di no, che la strategia atomica nazionale va avanti «secondo programma». Ma è evidente che quanto è accaduto in Giappone avrà una forte ripercussione soprattutto sull'opinione pubblica, chiamata a giugno a un nuovo referendum sul nucleare. E giusto in queste ore il Parlamento sta discutendo «d'urgenza» il decreto 31/2010 sulla localizzazione delle centrali nucleari, cui il governo ha apportato delle modifiche dopo una parziale stroncatura della Cassazione. Nel nuovo testo una semplificazione delle procedure, maggiore flessibilità nel procedimento di localizzazione del deposito nazionale di rifiuti radioattivi, maggiore chiarezza degli obblighi e ruoli di ciascun soggetto coinvolto, migliore definizione di requisiti tecnici e procedure amministrative. La delega al governo scade, infatti, il 23 marzo. Ma è sull'opzione nucleare che si scatena la tempesta. L'opposizione di centrosinistra chiede uno stop definitivo al programma nucleare. Il governo tiene duro e il Terzo polo si spacca: Pierferdinando Casini difende la strategia pro-nucleare e pretende che la politica non insegua le paure, mentre Rutelli pone un grande punto interrogativo sulla scelta atomica. Ermete Realacci, del Partito Democratico, svela nuovamente i 52 siti nucleari che il Cnen indicò nel 1979 e chiede: «Sia resa pubblica la lista, che appare come un segreto di Pulcinella. E il governo si fermi sul nucleare,scelta assolutamente non conveniente. Stiamo pagando in bolletta 300 milioni di euro l'anno per il deposito delle scorie delle nostre centrali, chiuse venticinque anni fa, presso i depositi provvisori francesi e inglesi». La mappa italiana prevede in Lombardia 3 aree idonee possibili, in Piemonte 2, in Veneto 4, in Friuli Venezia Giulia 2, in Emilia Romagna 2. Al Centro la mappa identifica in Toscana 4 siti, nel Lazio 3, in Molise 1 e in Sardegna 5. Al Sud, infine, in Campania 2 siti, in Puglia 8 siti, in Basilicata 1, in Calabria 4 siti e in Sicilia 4. I criteri sono sempre gli stessi rispetto a 30 anni fa: stabilità geologica, poca antropizzazione e grande disponibilità di acqua. «La linea italiana sul nucleare non cambia» annuncia il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, che assicura che non vi è «nessuna sottovalutazione» dei rischi legati all'atomo. Così anche il ministro per lo sviluppo economico, Paolo Romani: «In Giappone è accaduto un fatto assolutamente eccezionale, in cui i parametri di sicurezza sono stati superati dal terremoto e dal maremoto, ma il sistema ha sostanzialmente tenuto». L'obiettivo del governo resta quello di coprire con il nucleare il 25% del fabbisogno energetico italiano, costruendo quattro centrali e innescando investimenti per 30 miliardi, con posa della prima pietra nel 2014. Ci riusciranno davvero?
Daniele Ferrazza

 

 

Colibrì, tempo scaduto e niente certezze
 

Terminata la proroga allo sfratto, fondi promessi ma mai arrivati e nessun progetto concreto per il trasloco a Bordano
Colibrì, oggi scade la proroga allo sfratto e non c'è alcuna prospettiva certa e immediata. Né arriverà un'altra proroga che in via ufficiale dia altro tempo in attesa che si allestiscano nuove serre alla Casa delle farfalle di Bordano (Udine), dove è stato deciso di trasferire la preziosa ma scomodissima colonia. Le serre di Miramare tornano dunque abusive. Non ci sarà però lo sfratto coattivo, sarebbe letale per gli animali. Ma se entro il mese (con la Procura che ha un'indagine aperta su abusi edilizi in terra demaniale) la soluzione non sarà operativa, la Soprintendenza minaccia di chiudere al pubblico l'intero parco di Miramare, oasi del Wwf compresa, causa "pericolosità". C'è la bombola di gas dichiarata fuori norma dai vigili del fuoco, fin qui tollerata con sorveglianza giorno e notte. L'infinita vicenda, scoppiata già a ottobre, è ben lontana dal concludersi. Il tavolo in Prefettura dei giorni scorsi, con i rappresentanti del ministero dei Beni culturali e dell'Ambiente, della Soprintendenza e della Regione, ha messo appena le basi teoriche di un enorme lavoro, burocratico, finanziario e tecnico, appena da meditare, poi da allestire e finanziare, e di cui non è stabilito quale sia l'ente capofila. Bordano ha chiesto almeno 4 mesi per il solo progetto. La presidenza del Consiglio dei ministri ha promesso, sulla base di una bozza di preventivo, 1,2 milioni di euro, ma non c'è nulla di firmato e non si sa chi è ufficialmente il destinatario. La Regione ha dato disponibilità, però soprattutto per il parco, luogo turistico di grande interesse collettivo, e non ha ancora deciso nulla di concreto. Se mai ci sarà il trasloco, non è chiaro chi pagherà gli ingenti costi di gestione quotidiana. La stessa Acegas, con oltre 140 mila euro di crediti per acqua, e pare 3000 euro al mese di elettricità altrettanto non pagata, avrebbe manifestato pesanti perplessità a prorogare una così elevata insolvenza. Che cosa succederà dunque in questa vicenda, di proporzioni colossali rispetto ai più piccoli uccelli esistenti? Il soprintendente Luca Caburlotto: «Lo confermo, nessuna ulteriore proroga è possibile, ci sono responsabilità penali per comportamenti omissivi che sono sotto l'attenzione della magistratura, oltre che ingenti danni erariali, mentre i vigili del fuoco hanno concesso una proroga di due mesi, ma non di più». Trattandosi di fauna, l'ormai imbarazzante problema gravato anche da un «diktat» telefonico di Berlusconi si palleggia col ministero dell'Ambiente, che agisce attraverso la Forestale. «Noi siamo stati interpellati solo l'altro giorno - spiega invece Francesco Barbieri, responsabile scientifico della famosa Casa delle farfalle di Bordano -, siamo disponibili, ma ancora non ho nemmeno visto questi colibrì, devo visionare gli animali, perché è come se mi si dicesse "felino", non potrei sapere se parliamo di un gatto o di una tigre, e serve un progetto, prima di agosto il trasloco non si può fare. Ma di deciso ufficialmente - aggiunge - non c'è nulla, né sulle risorse di personale, né sulla gestione, che è cosa controversa, né sui costi. È tutto da confermare». L'assessore regionale alle Finanze, Sandra Savino, presente all'incontro in Prefettura, riassume negli stessi termini: «Bisogna valutare il progetto prima di metterci dei soldi, devo ancora veder chiaro. Se ci sarà un accordo di programma, per ora non si sa nemmeno come istituire la procedura. Noi ci siamo dichiarati disponibili alla riqualificazione delle serre, perché Miramare ha alto valore turistico, ma prima bisogna portare via gli animali, e io non so come avverrà. È tutto ancora da fare».

Gabriella Ziani

 

 

Colibrì - Rimoli: senza un permesso ci mandano via
 

Stefano Rimoli, inventore e gestore della serra dei colibrì (iniziata nel 1998, ma allora con le farfalle) è impaurito: «Nessuna proroga mi è arrivata. Il prefetto mi aveva rassicurato. Ma se è così oggi scoppia un'altra bomba. Mi chiuderanno l'acqua, si obbligano ad agire magistratura e forestale: come possono ignorare che c'è una ingiunzione di sfratto che dice "o vai via, oppure chiudo l'acqua"? Crollano le basi del difficile accordo trovato, mi manderanno via». Rimoli sa che fino a tutto luglio non c'è un altro riparo pronto per gli uccellini, e che queste previsioni sono approssimative. Inoltre «bisognerà che io firmi - dice - un accordo con Bordano, perché non si trasferiscono solo colibrì, ma l'intero centro». Per gli oneri di gestione si parla di circa 10 mila euro al mese. Chi la pagherà? «Il sottosegretario Letta, mi dicono - riferisce Rimoli - avrebbe rassicurato, in attesa dell'auspicato ritorno a Miramare, che trasloco e gestione sarebbero a carico della presidenza del Consiglio dei ministri». C'è un documento? «No».
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 14 marzo 2011

 

 

Pm10 spazzate dalla pioggia

 

La pioggia riapre il centro città alle automobili. Nonostante il quarto giorno consecutivo di sforamenti delle PM10, infatti, oggi non ci sarà alcun provvedimento di chiusura. Ieri tutte le automobili, non solo le euro 4 e 5, hanno potuto circolare normalmente e accadrà anche nella giornata odierna e in quelle successive. Le previsioni meteo, infatti, parlano di tempo instabile con pioggia almeno fino a giovedì. La pioggia, assieme al vento, è l'arma migliore per abbattere le polveri sottili che anche ieri hanno sforato il limite di legge pari a 50 µg/m3. Nella giornata di sabato la stazione di via Carpineto ha rilevato un valore di 56 (praticamente dimezzato rispetto a venerdì e giovedì). La stessa condizione registrata in via Svevo (56 µg/m3 mentre leggermente inferiore è la lettura fatta nella centralina posizionata in piazza Libertà (51 µg/m3). Se dopo tre giorni di superamento consecutivi i Comuni sono tenuti ad applicare il Piano di azione comunale (Pac) per il contenimento dell'inquinamento atmosferico; dopo cinque giorni consecutivi le amministrazioni comunali devono applicare i provvedimenti più restrittivi. Una situazione scongiurata grazie alla pioggia. Ma non è detto che il problema PM10 non si riproponga: la normativa ammette il tetto massimo annuale di 35 giorni di sforamenti. A marzo via Carpineto è ga quota 20.

 

 

La guerra ai sacchetti di plastica arriva all'Ue - I Ventisette ne discuteranno dopo il ricorso dei venditori italiani contro la messa al bando
 

ROMA Potrebbe essere il primo round della battaglia che si è scatenata in Europa sui sacchetti di plastica quello che si terrà domani a Bruxelles. Gli shopper compaiono infatti nell'ordine del giorno del Consiglio dei ministri dell'Ambiente europei, ed è lecito aspettarsi che l'esperienza italiana, con il bando partito lo scorso gennaio e il conseguente esposto alla Commissione Ue dei produttori, sarà fra quelle più discusse. L'iniziativa di inserire questo punto nell'agenda della riunione alla voce "varie ed eventuali", che non comporta quindi la possibilità di prendere decisioni, è stata avanzata dai rappresentanti austriaci: «Invitiamo la Commissione Europea ad analizzare le leggi esistenti negli stati membri - si legge nel documento con la richiesta - e a valutare eventuali misure per introdurre possibili alternative ai sacchetti di plastica». Il bando italiano dal 1°gennaio scorso per le buste di plastica tradizionale a favore di materiale biodegradabile, ha suscitato la reazione dei produttori, che si è formalizzata in un ricorso da parte della EuPC (European Plastics Converters),la federazione europea delle aziende trasformatrici di materie plastiche, appoggiata e spronata dalla italiana Unionplast, secondo cui sarebbe violata la direttiva europea sugli imballaggi. Il governo ha comunque già pronte le contromisure: «La legge attuale - ha precisato nei giorni scorsi il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo - è stata contestata in sede comunitaria in quanto non è stata notificata agli altri paesi membri. Presenteremo all'Unione Europea una nuova legge che non prevederà tuttavia alcuna sospensiva della norma in atto». Ad aiutare la posizione italiana è stato presentato pochi giorni fa un dossier elaborato da Legambiente, che ha evidenziato come nel Mediterraneo galleggi una vera e propria "isola di plastica" da 500 tonnellate, di cui i sacchetti sono una parte preponderante. Secondo altri studi in Europa ogni anno ne vengono utilizzati circa 100 miliardi e prima del bando il 25% veniva dagli italiani. Il pericolo per l'ambiente è ben conosciuto: un sacchetto resta infatti nell'ambiente anche per secoli, da un minimo di 15 anni a un massimo di 1000 anni secondo l'Agenzia Europea per l'Ambiente, e a farne le spese sono soprattutto gli animali.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - DOMENICA, 13 marzo 2011

 

 

Nucleare. A Fukushima il terzo incidente più grave della storia
 

Legambiente: “Diciamo No alle centrali EPR in Italia già bocciate da Francia, Gran Bretagna e Finlandia per problemi di sicurezza”
Quello di Fukushima è stato il terzo incidente più grave avvenuto in una centrale atomica nella storia. E non è finita. La situazione continua ad essere grave e l’allarme non accenna a scendere per i rischi di nuove esplosioni negli altri reattori e perché ancora non si è in grado di capire se nel nocciolo dei due reattori più colpiti si sia avviata la pericolosissima fase di fusione.
“Proprio la grande incertezza sull’entità del disastro nucleare in Giappone – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza – deve necessariamente sollecitare nuove e appropriate riflessioni sull’opportunità di avviare in Italia una nuova stagione nucleare. Oggi, esattamente come nel secolo scorso, non esiste sicurezza assoluta per nessun tipo di centrale atomica ed è bene che i cittadini italiani sappiano, in vista del referendum al quale sono chiamati a votare, che le quattro centrali che il Governo vorrebbe costruire nel Paese, utilizzeranno la tecnologia del reattore francese EPR, per il quale le Agenzie per la sicurezza nucleare di Francia, Finlandia e Gran Bretagna avevano individuato (nel 2009) problemi nel progetto del sistema di sicurezza”.
L’esplosione della centrale di Fukushima di ieri è stata classificata di livello 4 nella scala Ines. Per quanto riguarda gli incidenti negli impianti atomici per la produzione elettrica, sono risultati più gravi solo la tragedia di Cernobyl in Ucraina nel 1986 (livello 7) e l’incidente della centrale di Three Mile Island negli Stati Uniti dove avvenne la fusione del nocciolo (livello 5).
La scala Ines (International Nuclear and Radiological Event Scale), la classificazione internazionale degli incidenti nucleari e radiologici, è stata creata nel 1989 dall’Aiea, Agenzia internazionale per l’energia atomica, e dall’Agenzia per l’energia nucleare dell’OCSE. Divide gli eventi in 7 livelli: i più bassi (da 1 a 3) vengono definiti come guasti, mentre quelli più alti (da 4 a 7) sono classificati come incidenti. Il livello 1 indica un’anomalia, mentre il 2 e il 3 sono utilizzati per i guasti semplici e quelli gravi. Il livello 4 è un incidente con conseguenze locali, mentre il 5 indica un incidente con conseguenze più estese. Il 6 e il 7 indicano incidenti gravi e molto gravi.
Gravi incidenti hanno riguardato anche altri impianti della filiera atomica come quelli per la fabbricazione di ordigni nucleari, avvenuti a Kyshtym in Unione Sovietica (livello 6) e a Sellafiled in Gran Bretagna (livello 5) nel 1957, o impianti per la produzione delle barre di combustibile per le centrali nucleari, come quello di Tokaimura (livello 4) in Giappone nel 1999.
L’Ufficio stampa Legambiente (349.0597187)

Segue scheda incidenti più gravi della storia del nucleare
I più gravi incidenti della storia nell’industria nucleare
SCALA INES 7 SCALA INES 6 SCALA INES 5 SCALA INES 4
26 aprile 1986 - Centrale di Cernobyl (Ucraina)
L’incidente nucleare in assoluto più grave di cui si abbia notizia. Il surriscaldamento del nucleo del reattore provoca la sua fusione e l’esplosione del vapore radioattivo, che sotto forma di una nube pari a un miliardo di miliardi di Bequerel si disperde nell’aria. Centinaia di migliaia di persone, soprattutto nella vicina Bielorussia, sono costrette a lasciare i territori contaminati. L’intera Europa viene esposta alla nube radioattiva e per milioni di cittadini europei aumenta il rischio di contrarre tumori e leucemia. Non esistono ancora oggi dati definitivi sui decessi ricollegabili alla tragedia. Settembre 1957 - Kyshtym (Unione Sovietica)
In una fabbrica di armi nucleari negli Urali, una cisterna contenente scorie radioattive prende fuoco ed esplode, contaminando migliaia di chilometri quadrati di terreno con una nube di 20 milioni di curie. Il rilascio esterno di radioattività avviene a seguito di un malfunzionamento del sistema di refrigerazione di una vasca di immagazzinamento di prodotti di fissione ad alta attività. Vengono esposte alle radiazioni circa 270mila persone. Si stimano per le conseguenze dell’incidente oltre 100 morti.
28 marzo 1979 - Three Mile Island (Harrisburgh, Usa)
Il surriscaldamento di un reattore, a seguito della rottura di una pompa nell’impianto di raffreddamento, provoca la parziale fusione del nucleo rilasciando nell’atmosfera gas radioattivi pari a 15mila terabequerel (TBq). Vengono evacuate 3.500 persone.
30 settembre 1999 - Tokaimura (Giappone)
Un incidente in una fabbrica di combustibile nucleare attiva una reazione a catena incontrollata. Viene accertato che si tratta di un errore umano: due operai hanno trattato materiali radioattivi in contenitori non idonei. Tre persone muoiono all’istante, mentre altre 439, di cui 119 in modo grave, vengono esposte alle radiazioni. Vengono ricoverati in 600 ed evacuati 320mila abitanti della zona.
7 ottobre 1957 - Sellafield (Gran Bretagna)
Nel complesso nucleare di Windscale in Gran Bretagna, dove si produce plutonio per scopi militari, un incendio nel nocciolo di un reattore a gas-grafite (GCR) genera una nube radioattiva imponente. I principali materiali rilasciati sono gli isotopi radioattivi di xenon, iodio, cesio e polonio. La nube attraversa l’Europa intera. Sono stati ufficializzati soltanto 300 morti per cause ricondotte all’incidente (malattie, leucemie, tumori) ma il dato potrebbe essere sottostimato.
 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 13 marzo 2011

 

 

Centro chiuso ma poche multe - INQUINAMENTO»STOP AL TRAFFICO
 

Niente transenne: i vigili hanno effettuato 95 controlli ed elevato 12 sanzioni. Oggi viabilità normale
Centro chiuso, niente traumi. La limitazione al traffico veicolare imposta ieri in città dalle 16 alle 19, a causa degli sforamenti dei limiti di polveri sottili nell'aria, ha avuto un impatto "soft" su automobilisti e motociclisti. A fine giornata il bilancio ufficiale della Polizia locale è stato di 95 controlli totali e 12 multe elevate (la singola sanzione è di 80 euro). Oggi si torna alla normalità, con la circolazione di nuovo regolarmente consentita per tutta la giornata anche nel "cuore" di Trieste. Niente transenne, niente presidi a tappeto agli incroci (come era accaduto a volte in passato), una situazione decisamente lontana da quella di un'ipotetica "tolleranza zero": è quanto si è visto ieri pomeriggio. Il provvedimento imposto dall'ordinanza del sindaco Roberto Dipiazza, insomma, era un passaggio d'obbligo per legge, e di certo non ha assunto i connotati di una caccia al trasgressore. Nel novembre del 2009 - quando la chiusura si era protratta però per un giorno e mezzo - le sanzioni erano arrivate a un totale di 82, con 27 nel pomeriggio della prima giornata, quand'era scattata la chiusura. Sette le pattuglie di vigili urbani disseminate ieri sul territorio comunale. Quella sistemata in via Ghega ha effettuato 20 controlli, con 7 multe comminate a conducenti di mezzi evidentemente non in regola, né "in deroga". Proprio sotto la sede del Conservatorio Tartini, non sono mancate le scene di rammarico da parte dei sanzionati. «Oggi dalle 16 il centro è chiuso», la spiegazione dell'agente. «No la me stia dir...», l'amara replica di un automobilista fermato. Di lì a poco - erano trascorse le 16 da alcuni minuti - stop a due motorini e se gli agenti fossero stati più di due forse un'altra moto visibilmente "datata" non l'avrebbe scampata passando là davanti proprio in quel momento. Gli occhi atterriti del centauro, voltatosi verso la Polizia locale, erano più eloquenti di un'ammissione di colpa spontanea... Agenti incaricati del monitoraggio e delle verifiche sul traffico anche in via Valdirivo (5 controlli), via Giulia (19) e via Marchesetti (17): in tutti e tre i casi, nessuna multa. Due sanzioni in via Oriani (su 6 controlli) e piazza Foraggi (15), e una sola in via Frausin (13). Alla fine, come più volte segnalato dal personale della Polizia locale, gli automobilisti e i motociclisti hanno tenuto un comportamento molto rispettoso dell'ordinanza. E in vari casi hanno fatto ricorso alla strategia del "car pooling": una delle deroghe infatti consentiva la circolazione a mezzi «con almeno 3 persone a bordo, conducente compreso», come testualmente riportato nell'ordinanza. La cui applicazione "morbida", poi, ha fatto il resto... I dati registrati dall'Arpa da mercoledì a venerdì hanno evidenziato sforamenti consecutivi, per tre giorni quindi, del valore limite medio giornaliero di 50 microgrammi per metrocubo di Pm10 nell'aria. Quando ciò accade per la terza giornata in fila oppure se anche in una sola è superato il valore di 70 in due centraline (non nella zona di Servola), il Comune deve applicare il Piano d'azione comunale che prevede l'emissione di un'ordinanza del sindaco di limitazione del traffico veicolare, che scatta a partire dal pomeriggio successivo dalle 16 alle 19. Alla luce delle previsioni del tempo, che per la giornata odierna - secondo l'Osmer - indicano «sulla costa cielo da nuvoloso a coperto con possibili piogge a tratti durante il giorno e più probabili in serata», oggi il centro città sarà regolarmente aperto al traffico per tutta la giornata. Con la pioggia, infatti, l'abbassamento dei valori di Pm10 è una conseguenza automatica.
Matteo Unterweger

 

 

Euro 4, la classe più diffusa in città - Gli ultimi dati del Pra: a fine 2009 in provincia un totale di quasi 190mila mezzi
 

Anche a Muggia sono i veicoli euro 4 i più diffusi: erano 3.227 al 31 dicembre del 2009. Tra euro 0 ed euro 1, il totale toccava quota 2.917 unità. A Duino Aurisina i mezzi rientranti nella classe di inquinamento euro 4 erano risultati 2.167, mentre a San Dorligo della Valle 1.609, a Sgonico 563 e a Monrupino 305. Solamente 208 in tutto, a fine 2009, i veicoli euro 5 dei cinque comuni minori. Molto più alta la somma di euro 0 ed euro 1: 7.222 (4.503 i primi e 2.719 i secondi), cioè quasi 35 volte il totale degli euro 5. (m.u.)
Nella provincia di Trieste sono quasi 50mila i veicoli euro 4 sul totale del parco circolante. Dividendo i mezzi per classe di inquinamento è proprio questa, infatti, la fetta numericamente più consistente con 49.534 unità (41.661 nel solo comune di Trieste). Il dato rientra nell'ultimo quadro complessivo fornito dall'ufficio provinciale dell'Automobile club d'Italia, aggiornato al 31 dicembre del 2009. Subito dietro gli euro 4, si sistema la categoria euro 2 (43.013), a sua volta seguita da quella euro 3 (42.072). Molto meno diffusi i veicoli euro 5 (1.428) ma va tenuto conto che questo numero, mese dopo mese fino ad arrivare alla situazione attuale, sarà andato via via crescendo. Già a fine 2009, in effetti, l'aumento in percentuale dei mezzi euro 5 iscritti al Pubblico registro automobilistico era stato pari al 97,27% rispetto a dodici mesi prima (al 31 dicembre del 2008, in effetti, ne erano stati registrati solo 39). Nel medesimo periodo di riferimento, il confronto evidenzia altre due situazioni con segno positivo: +7,03% per gli euro 3 e +14,22% per gli euro 4. In negativo tutte le altre cosiddette classi di inquinamento. Tornando alla fine del 2009, gli euro 0 erano invece 31.115 mentre gli euro 1 20.510 su un parco circolante in provincia arrivato alla cifra totale di 189.473 mezzi. Restringendo il campo al solo comune di Trieste, sempre al 31 dicembre del 2009, gli euro 5 circolanti erano risultati 1.220 mentre 41.661 gli euro 4 e 35.752 gli euro 3. A completare la panoramica, i 26.612 euro 0 e i 17.791 euro 1.

(m.u.)
 

 

Centrali, è scontro sulla sicurezza - GIAPPONE »L'APOCALISSE - come funziona una centrale nucleare
 

Gli scienziati si dividono. Gianni Mattioli: spese enormi per rischi altissimi. Altri confidano nelle nuove tecnologie

ROMA L'incidente nucleare nella centrale giapponese di Fukushima 1 è stato valutato a livello 4 su una scala di 7. A Chernobyl nel 1986 fu valutato a livello 7, il massimo, mentre il disastro di Three Mile Island (Usa) del 1979 di livello 5. Per il fisico Gianni Mattioli, uno dei padri dell'ambientalismo scientifico, è la conferma che i siti nucleari sono un pericolo. «Come comunità scientifica - spiega Mattioli, saggista e docente di Fisica all'Università La Sapienza di Roma - siamo propensi a paragonare questo incidente con il disastro di Three Mile Island. In Giappone sembrerebbe che il terremoto abbia messo fuori uso il sistema di raffreddamento. In pratica sarebbe esploso il sito in cui pensavano di scaricare il vapore con relativo rilascio all'esterno». Per Mattioli - che recentemente con il collega Massimo Scalia ha pubblicato un tagliente saggio «Nucleare, a chi conviene?» - non è giusto minimizzare la situazione: «Non è un caso che l'area di evacuazione attorno alla centrale sia passata da due a 20 chilometri e ci sono già i primi contaminati». A Chernobyl si è determinata ben altra situazione, conferma Marco Ricotti, docente di impianti nucleari al Politecnico di Milano e membro dell'Agenzia per la sicurezza nucleare italiana. «Lo scenario è quello di un danneggiamento parziale del nocciolo che avviene però in un reattore spento, mentre quello di Chernobyl era a piena potenza - spiega Ricotti - Una fusione totale in questo caso è impossibile perché hanno funzionato i primi sistemi di sicurezza, quelli cioè che arrestano la reazione nella centrale». L'incertezza è dunque sull'eventuale danneggiamento del nocciolo, protetto da una struttura di cemento armato. La questione centrale resta quella della sicurezza, strettamente legata alle tecnologie e alla sismicità dei luoghi. Ricotti ammette che la centrale colpita è di seconda generazione «mentre quelle che si costruiscono ora sono di terza». Tuttavia per Roberto Petronzio, presidente dell'Istituto nazionale di fisica nucleare, un incidente come quello della centrale di Fukushima non sarebbe potuto succedere in Italia una volta a regime il sistema di impianti previsti dalle recenti decisioni del governo Berlusconi. L'esplosione, secondo Petronzio, è stata causata in questo caso da due fattori: «Da un lato la potenza del terremoto, tra i più forti della storia, che in Italia non si è mai registrata ne è probabile che si registri. E poi l'età della centrale, la più vecchia del Giappone di categoria 2». Il problema, spiega il fisico, è nato «dalla pressione generata all'interno del reattore dal calore provocato dalla rottura dell'impianto di raffreddamento. Le nuove centrali sono invece pensate per contenere l'aumento del calore, grazie a enormi gabbie d'acciaio che possono tollerare anche pressioni molto elevate». Nel caso giapponese quella gabbia è andata distrutta. Ma Gianni Mattioli rilancia il problema della sicurezza e dell'enorme uso di risorse necessario per le centrali. «L' Italia è un'area fortemente sismica. L'Euratom ha individuato solo tre zone che possono ospirare impianti: la Sardegna, il Salento e una piccola area tra Piemonte e Lombardia. Non si capisce l'insistenza tutta italiana sul nucleare se si pensa che, dal 1985 non si costruiscono più impianti negli Usa mentre in Europa ne sono previste solo due, di cui una in Francia bloccata da tanti rinvi». Mattioli ricorda anche uno studio governativo tedesco del 2008 che illustrava come attorno alle centrali nucleari si sia registrato il raddoppio delle leucemie infantili. «L'Europa ci ha indicato di puntare sulle rinnovabili. In Italia facciamo invece il contrario in un clima di falsità e di incompetenza e preparandoci a spendere cifre enormi».
Vindice Lecis

 

 

Realacci: sull'atomo il mondo frena - Pd e Idv insistono: l'Italia cambi progetto. Cicchitto: la posizione del governo non muta
 

ROMA «Mi auguro che almeno il disastro nucleare giapponese insegni qualcosa. Ad esempio, ad evitare dichiarazioni superficiali e spavalde che si sono sentite in questi mesi». Ermete Realacci, uno dei responsabili della politica ambientale del Pd, chiede che il governo riveda la prospettiva nucleare e ma che si faccia chiarezza sui pericoli della scelta. Cosa è successo in questi mesi in Italia? «Ci hanno ripetuto fino alla nausea che non c'erano più pericoli. Importanti esponenti politici sono arrivati a dire che avrebbero tranquillamente vissuto accanto a una centrale. Il professor Veronesi ha anche dichiarato che avrebbe potuto dormire con le scorie nucleari sotto il letto». E invece? «Invece ci sono enormi e non risolti problemi di sicurezza. Gli impianti esistenti sono obsoleti, la stessa centrale giapponese aveva già subito un lungo stop. Ma non si tratta solo di questo». A cosa si riferisce? «Il nucleare è una fonte energetica molto costosa, la più elevata in assoluto. Ecco perché bisognerebbe evitare di pronunciare parole poco documentate a proposito dello sviluppo che genererebbe l'atomo. Il nucleare nel mondo segna il passo, in Europa si stanno realizzando due centrali, in Francia e in Finlandia ma non si sa quando vedranno la luce». Il governo italiano ha virato tutto sul nucleare. «Abbandonando il sostegno alle energie rinnovabili e al risparmio energetico. Una politica irresponsabile e che porterà il Paese a gravi rischi e a spese altissime». Sulla posizione del Pd c'è gran parte dell'opposizione. Vendola (SeL) chiede al governo di abbandonare il progetto di costruire nuove centrali perchè, dice Antonio Di Pietro leader dell'Idv, «è buttare via i soldi». Nettamente contrari anche Legambiente, Wwf e Greenpeace. Mentre per il capogruppo dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto «la posizione rimane quella che è, non è che si può cambiare ogni volta».

(v.l.)
 

 

Ostello ambientalista a Muggia - La Ue approva il progetto: nella baia di san Bartolomeo un centro galleggiante per gli studenti
 

MUGGIA Un centro per l'educazione ambientale nella baia di San Bartolomeo-Lazzaretto in grado di accogliere migliaia di studenti. Il progetto di cooperazione transfrontaliera "Bluedu" sembra aver fatto breccia. Anche nel cuore dell'Unione Europea che ha ufficialmente approvato in via preliminare il piano educativo proposto dal Comune di Muggia. Il turismo scolastico e culturale dunque come rappresentazione di una forma di sviluppo sostenibile che può rilanciare le zone ed essere un volano per la riqualificazione della costa rivierasca. L'amministrazione Nesladek si è proposta di realizzare una piattaforma nella baia di Lazzaretto dove attraccherà un catamarano che diverrà una base galleggiante su cui effettuare ricerche e esperienze didattiche legate al mare, anche di tipo subacqueo. La piattaforma, sulla quale sosterranno alcuni kayak per l'esplorazione della costa, sarà collegata alla terraferma da un battellino. Oltre al laboratorio in mare ci sarà un punto informativo-aula didattica per le esperienze a terra. Qui le scolaresche saranno accolte per ricevere una serie di informazioni generali per poi affrontare le esperienze in mare. Il progetto intende finanziare le strutture necessarie, ma soprattutto la partecipazione degli studenti e delle scuole offrendo agli uffici competenti delle regioni coinvolte - Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e il Comune di Capodistria - pacchetti già spesati, destinati alle classi e ai docenti interessati. Coinvolta nel progetto anche l'Università di Trieste. Per ora il Comune di Muggia con l'obbiettivo di favorire la veloce realizzazione del progetto ha acquisito da parte del Demanio la struttura sul confine utilizzata in passato dalla Finanza, che sarà il punto-informativo, in quanto aula didattica per le scolaresche che giungeranno nella baia. Il progettoBluedu nasce dalla collaborazione con "Aulablu" il progetto educativo "Ambiente Marino nel golfo di Trieste" che si propone di offrire ai giovani studenti un contesto operativo reale di ricerca scientifica in campo ambientale. «Aulablu punta sulla costruzione di un curricolo didattico adattabile ai programmi scolastici dei diversi ordini di scuola e fa della sperimentazione pratica e della formazione i suoi capisaldi, proprio avvalendosi del laboratorio attrezzatissimo situato sul catamarano a disposizione di insegnanti e classi», spiega l'assessore alle Politiche giovanili Loredana Rossi. La realtà è cresciuta negli anni e negli ultimi mesi ha accolto circa 3mila studenti. Ma le richieste sono sempre in aumento. Ottimista il sindaco rivierasco Nerio Nesladek: «In attesa della conferma del finanziamento sono convinto che un progetto simile possa essere di grande rilancio per il turismo e per lo sviluppo economico dell'area nella quale potrebbero essere implementate le strutture ricettive esistenti anche attraverso la costruzione di uno o più ostelli».
Riccardo Tosques

 

 

Ogm, rischi alimentari di portata indefinita - L'OPINIONE DI LUCA TORNATORE
 

Negli Usa queste colture hanno richiesto 383 milioni di tonnellate aggiuntive di diserbanti a causa dello sviluppo di infestanti sempre più resistenti
Ridurre il dibattito sugli Ogm alla polemica tra la prepotenza di Futuragra - inevitabilmente uguale a quella della Monsanto - e la proporzionale autodifesa "dal basso", è mediaticamente seducente ma non affronta la complessità del tema. Come associazione Ya Basta vorremmo mantenere il dibattito alla qualità delle argomentazioni espresse durante le audizioni in Consiglio regionale. Gli argomenti a favore degli Ogm si riassumono in tre punti. Il diritto di libera impresa, l'efficienza delle colture e la non provata nocività. Delineiamo seccamente alcune risposte, pronti a dibatterne pubblicamente le dimostrazioni. Secondo i dati ventennali del ministero Usa non è vero che gli Ogm aumentino la produzione specifica. Di tutte le decine di prodotti in osservazione, solo il mais Bt è riuscito a farlo del 3-4%, ben al di sotto del risultato di altre tecniche "bio". Di tutte le migliaia di prodotti sperimentati dalle sorelle biotech, solo poche decine sono risultate commercializzabili a causa di proprietà genetiche collaterali e non prevedibili in laboratorio, che le rendevano dannose o improduttive una volta situate in campo aperto. Del resto, i frammenti di Dna non agiscono affatto come mattoncini dei Lego: le funzioni che essi esprimono non sono indipendenti né dal resto del Dna né dall'ambiente in cui sono immersi, per cui non è possibile rimontarne le funzioni o prevederle in modo univoco e certo. Il Mon810, seminato da Futuragra ha già evidenziato comportamenti non previsti, sintesi di proteine non conosciute e interazioni con il sistema immunitario umano. Monsanto non ne ha reso pubblico tutto il Dna. Fatti scandalosamente ignorati nel parere dell'Efsa, sulla cui indipendenza si possono nutrire alcune perplessità visto che alcuni suoi membri non sono estranei agli interessi commerciali del Biotech. Molti studi (ignorati) consigliano fortemente circospezione e ulteriori approfondimenti di ricerca: chi e per quali motivi dovrebbe assumersi rischi ambientali di portata indefinita? Uno studio dell'Onu definisce "secondario" il ruolo degli Ogm rispetto ad altre 114 tecniche "bio" e basso utilizzo di idrocarburi, mentre negli Usa gli Ogm, che sono inoltre molto "carbon intensive", hanno richiesto 383 milioni di tonnellate aggiuntive di diserbanti a causa dello sviluppo di infestanti sempre più resistenti. Perché, nella più grandi crisi ecologica ed energetica mai vista, quando è necessario rilocalizzare le produzioni, diminuirne l'impatto e lo sfruttamento delle risorse e reinventarne la sostenibilità, dovremmo cedere la nostra sovranità alimentare a un paradigma - ormai logoro e già colpevole di disastri - che tratta il cibo come pura merce e il territorio e il "bios" come puro fattore produttivo? L'impresa è libera, ma anche noi, tutte e tutti.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 12 marzo 2011

 

 

Polveri, oggi dalle 16 alle 19 il centro resterà chiuso - il perimetro viario percorribile
 

Ordinanza del sindaco dopo i forti sforamenti di Pm10 che hanno raggiunto quasi il doppio del limite consentito nelle vie Carpineto e Svevo
Polveri sottili che hanno raggiunto anche il doppio dei limiti, e stavolta il Comune chiude il traffico. Ma solo per questo pomeriggio, dalle 16 alle 19, per consentire ai cittadini il tempo di una mattina in cui ricevere e assimilare l'informazione. L'Osmer prevede una pioggia pulitrice per domani e dunque dà una limitazione al traffico minima. Intanto i commercianti già protestano: «La prima cosa da salvaguardare è certamente la salute, ma perché il Comune chiude proprio nelle uniche ore della settimana, il sabato pomeriggio, in cui noi negozianti del centro abbiamo la speranza di qualche acquirente in questa sempre più drammatica crisi?». Lo chiede Franco Rigutti, il presidente onorario dei dettaglianti. Giovedì scorso tutte le centraline dell'Arpa che misurano le polveri sottili hanno segnalato pesanti sforamenti. La bora ha pulito, ma ora l'aria è ferma e nonostante le belle giornate lo sporco ristagna. Di fronte a un limite massimo consentito di 50 microgrammi per metro cubo di Pm10, in piazza Libertà ce n'erano 84, in via Carpineto 89,8, in via Svevo 94. Sono queste le tre centraline "sentinella" valide per il monitoraggio regionale. La legge impone chiusure al traffico in due casi, quando i limiti siano superati per tre giorni consecutivi, o quando nelle tre centraline "sentinella" sia oltrepassato il livello di 70 microgrammi, anche per un solo giorno. Ed è questo che è successo, dunque sono scattati gli obblighi del Piano di azione comunale (Pac) e il sindaco ha emesso l'ordinanza. Non si potrà circolare entro il perimetro del centro città. La deroga è prevista solo per le automobili Euro 4 e Euro 5, e per moto e motocicli classificati Euro 3 e Euro 2. Oltre che per i mezzi di emergenza. Già nelle scorse settimane si erano verificati ripetuti sforamenti di Pm10 in molte zone della città, ma non era stata prevista alcuna chiusura. Giovedì scorso la situazione però era oltre ogni limite, tutte le centraline che misurano le Pm10 hanno segnalato sforamenti, oltre alle "sentinelle": 69 microgrammi in via Torbandena, 67 in via Pitacco, 95 di via San Lorenzo in Selva (mezzo mobile che però la Ferriera considera in perimetro industriale). Il giorno precedente avevano sforato piazza Libertà (52), via Carpineto (53), via Svevo (57) e San Lorenzo in Selva (84). In neanche tre mesi Via Carpineto ha già superato la metà degli sforamenti consentiti in un anno (35), mettendone a segno 18. Via Svevo ne ha già 14 e piazza Libertà 10. «Non si poteva aspettare fino a domenica, senza colpire il "clou" della settimana per il commercio, facendo un altro favore alla grande distribuzione?» obietta invece Rigutti, e parla di mesi neri, con un calo di vendite che si avvicina al 20%.
Gabriella Ziani

 

 

L'Italia respira "mal'aria" - Sono 22 le città soffocate dallo smog. In Friuli Venezia Giulia la peggiore è Pordenone
 

ROMA Tira ancora una brutta aria nelle città italiane. A soli due mesi dall'inizio dell'anno sono 22 i capoluoghi che hanno superato i 35 giorni di sforamento delle polveri sottili consentito per legge. A guidare la classifica con ben 56 giorni è Milano, seguita da Torino (54) e Brescia (51). Ma nelle prime posizioni si collocano molte altre città dell'area padana, da Monza ad Alessandria, a Lecco, Varese e Bergamo. E capoluoghi del Veneto, come Verona (44 giorni), Padova e Treviso (39). Quadro difficile pure al Centro-Sud: Frosinone ha superato di 48 giorni il limite, seguita da Napoli e Pescara. Mentre città come Roma e Firenze stanno per raggiungere il tetto massimo, anche Pordenone, con i suoi 26 giorni, sta per finire il bonus. Udine, invece, a quota 20 giorni, può tirare un sospiro di sollievo, a condizione di prendere con celerità misure antinquinamento adeguate. Sono gli ultimi, recentissimi dati sulla "Mal'aria" del Belpaese, illustrati a Roma in occasione della ventiduesima edizione del Treno Verde 2011, il convoglio di Legambiente e delle Ferrovie dello Stato, fulcro della campagna di rilevamento dell'inquinamento atmosferico e acustico nelle città italiane quest'anno realizzata con la partecipazione del ministero dell'Ambiente e la collaborazione dell'Anci, l'associazione Comuni italiani. Partito dalla Capitale, il Treno Verde toccherà Siracusa, Reggio Calabria, risalendo poi la penisola attraverso Salerno, Pisa, Genova, Brescia, Vicenza e Rimini. Per ogni tappa Legambiente analizzerà la qualità dell'aria e i livelli di rumore attraverso un laboratorio mobile dell'Istituto sperimentale di Rif (Rete Ferroviaria Italiana), mentre l'equipaggio effettuerà ulteriori monitoraggi delle polveri sottili anche in altre zone. Per ogni centro visitato, oltre alle polveri sottili, primo responsabile delle scarsa qualità dell'aria in Italia, saranno individuate le concentrazioni nell'atmosfera di benzene, biossido di azoto, monossido di carbonio, biossido di zolfo e ozono. Lo smog è diventato infatti una vera e propria emergenza nazionale ma, come spiega il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, «il traguardo di un livello accettabile della qualità dell'aria in Italia è purtroppo ancora lontano e molte sono ancora le azioni da intraprendere da parte delle amministrazioni locali e del governo centrale. Se la salute è la nostra priorità, non dobbiamo dimenticare che il non rispetto delle norme sui livelli di inquinamento entro il 2011 esporrà il nostro Paese all'ennesima sanzione annunciata dall'Unione Europea». In Europa, per respirare aria peggiore della nostra c'è solo un altro Stato dove emigrare: la Bulgaria. Dato certificato dall'Agenzia Europea per l'Ambiente che nella classifica delle peggiori 30 città europee per superamento delle polveri sottili, ne inserisce 17 italiane. La cronica scarsa qualità dell'aria è anche un pericolo concreto per la nostra salute: secondo i dati Legambiente, in Italia per ogni 10 mila abitanti più di 15 persone muoiono prematuramente a causa delle micidiali polveri sottili. «Uno degli inquinanti più pericolosi, perché composte da particelle inferiori ai 10 millimetri altamente tossiche, prodotto principalmente dall'industria, dai trasporti su strada e in piccola parte dai riscaldamenti domestici», spiega Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente. Per un cocktail letale vanno poi aggiunti i classici monossido di carbonio, piombo, idrocarburi aromatici e benzene. Non c'è proprio da stare allegri. E se l'inquinamento dell'aria è un problema ormai quantificabile, non di può dire altrettanto di un altro bubbone che affligge le città, il rumore. Pochissimi i centri che hanno deciso di dare battaglia all'inquinamento acustico. Solo 10, relaziona Legambiente, i capoluoghi che si sono dotati di centraline fisse, spesso su sollecitazione di cittadini oppressi dal locale aperto fino a tardi, o da una zona industriale accanto a casa. E quindi non mirate a tenere sotto controllo la principale causa di baccano: il traffico.
Marina Nemeth

 

 

In partenza i vagoni del treno "verde"
 

«Insieme progettiamo una città migliore» è lo slogan che unisce i temi del Treno Verde giunto alla 22esima edizione. La prima carrozza è dedicata alla mobilità sostenibile e illustrerà ai visitatori, attraverso pannelli e installazioni multimediali, alcuni buoni interventi adottati da Comuni e Regioni per decongestionare le strade dal traffico. La seconda riguarda lo studio energetico degli edifici. Il percorso si conclude nella terza carrozza dove si potrà interagire con una vera e propria casa ecologica. Al centro dell'edizione, l'accordo europeo secondo il quale il Comuni si impegnano su base volontaria a ridurre del 20% le emissioni di Co2, ad aumentare del 20% il contributo delle energie rinnovabili e a ridurre del 20% i consumi. Le amministrazioni, durante le tappe, saranno così chiamate a raccogliere la sfida. E l'appello di Legambiente che, come spiega il presidente Vittorio Cogliati Dezza, chiede alle istituzioni di «trasmettere ai cittadini la necessità del loro coinvolgimento nella tutela dell'ambiente».
 

 

Manifesto contro l'acqua "privata" - REFERENDUM - Firmato da Altan, musicisti e giocatori della Snaidero
 

TRIESTE C'è Tullio Altan, che dedica pure una vignetta. E ci sono Claudio Moretti, attore, Giorgio Pressburger, drammaturgo, i Dodi e Monodi, musicisti. Ma anche la Snaidero pallacanestro, il Cevi e un'altra quarantina tra enti e associazioni, oltre a una ventina di amministratori locali, che si iscrivono al comitato referendario del Friuli Venezia Giulia "2 sì per l'acqua bene comune", quello che nelle prossime settimane diffonderà il massaggio a difesa dell'acqua pubblica per convincere i cittadini a dire no alla privatizzazione dell'acqua, passaggio previsto dal decreto Ronchi entro fine 2011. Ieri a Udine nel palazzo del municipio, ospite di Furio Honsell, il comitato ha ricordato i numeri record della raccolta firme, un milione e 400mila in Italia, 34mila in Friuli Venezia Giulia, e avviato la campagna referendaria rilanciando anche in regione l'allarme astensionismo: i due referendum, hanno affermato i promotori, «rappresentano una seria minaccia per chi vuole ricavare facili profitti dall'acqua, per questo si accelerano le privatizzazioni nei territori e si pensa di rimandare il voto all'ultima data possibile, il 12 giugno». La richiesta, dunque, è di un accorpamento del referendum alle elezioni amministrative (il 15 e 16 maggio, lunedì prossimo alla Camera si discuteranno due mozioni in tal senso) «perché la battaglia per l'acqua pubblica è prima di tutto una battaglia di civiltà». Dalla prossima settimana banchetti informativi il 18 marzo a San Vito al Tagliamento, il 19 a Gorizia, Monfalcone, Pordenone, Spilimbergo, Staranzano e Udine.

(m.b.)
 

 

Infrastrutture - Cimpello-Sequals - Arrivate due offerte

 

La Regione ha ricevuto due offerte per la realizzazione del raccordo autostradale Cimpello-Sequals-Gemona. Le buste contenenti le proposte saranno aperte martedì 15. Il bando europeo, del valore di 974 milioni di euro, prevede la realizzazione di 58 chilometri di autostrada in project financing.

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 11 marzo 2011

 

 

Rifiuti, le eco-isole come discariche anche in pieno centro - DIFFERENZIATA » LE BRUTTE ABITUDINI
 

Girando per la città si scopre che i contenitori speciali sono ignorati. Un divano accanto ai cassonetti - «E qualcuno avvisi anche i cinesi»
Un vademecum che spieghi in cinese le regole della raccolta differenziata. E' questa la proposta avanzata da diversi triestini a fronte di certe spiacevoli situazioni venutesi a creare nei paraggi di ristoranti, bar o negozi gestiti dai cinesi. «Non leggono i nostri giornali, non capiscono l'italiano - evidenzia Clara Pocecco, titolare di una merceria di via Ginnastica - non hanno capito ancora come gettare i cartoni». Questa la protesta dei commercianti del centro. Mentre gli altri negozianti ripiegano gli scatoloni fuori dai negozi nelle giornate in cui è previsto il ritiro di questo tipo di rifiuti, quelli cinesi continuano ad abbandonarli accanto ai cassonetti così come le cassette o le grucce in plastica. «Si capisce che sono loro dalle scritte e dalle marche - racconta Aldo Serdoc, impiegato in una banca di via Filzi - un volantino che ribadisca loro in cinese quelle che saranno le nuove regole penso sia corretto». Con la differenziata, dopo i primi sei mesi, scatteranno i controlli da parte dei vigili urbani e le multe anche per loro.
Borse di plastica piene di rifiuti, bottiglie, damigiane, cartoni zeppi di agrumi marci, mobili o giornali. Altro che raccolta differenziata! Visto quello che c'era ieri accanto e all'interno dei cassonetti della spazzatura della nostra città, a poche ore dal passaggio dei mezzi di raccolta di AcegasAps, i triestini faranno non poca difficoltà ad abituarsi da giugno a separare le immondizie dividendo dal resto della spazzatura la carta, il vetro, le lattine e la plastica. La noncuranza con la quale spesso vengono gettati i rifiuti preoccupa Comune e AcegaAps. Un giro per città ieri mattina tra le 9.30 e le 11.30 ha messo in evidenza le pessime abitudini di certi cittadini. Dal centro alla periferia ovunque regna l'inciviltà. A due passi dalla zona pedonale di Viale XX Settembre, all'angolo tra via Crispi e via Timeus, sul marciapiedi davanti ai bottini della spazzatura qualcuno accanto a sacchi neri zeppi di rifiuti e scatoloni pieni di riviste aveva abbandonato persino un divano. Non serve fare molta strada per trovare un'altra perla. In via Ginnastica, davanti al vecchio palazzo dell'Inam qualcuno ha lasciato davanti ai cassonetti diversi scatoloni pieni di borse di immondizie, di bucce di mandarini, di bottiglie di vetro e di giornali quando nella stessa isola ecologica c'è anche il contenitore per la raccolta della carta, praticamente vuoto. Persone incivili utilizzano male spesso anche dell'isola ecologica di via Brunner, all'altezza del Viale XX Settembre. «In questo punto preciso - racconta Vincenzo Baiz, residente di via Battisti - c'è sempre uno schifo pazzesco». E anche ieri mattina lo spettacolo non era da meno visti i sacchetti pieni di bottiglie, le scatole di scarpe e le lattine di Coca cola abbandonati a fianco dei bottini della spazzatura. Ma non è finita. In via San Francesco vicino alla galleria Fenice qualcuno aveva abbandonato una cuccia in gommapiuma per cani. In via Fabio Severo all'altezza del civico 18 era stata gettata una friggitrice. E sempre nella stessa via, all'altezza di Foro Ulpiano a due passi dall'entrata del Tribunale, incivili ieri mattina hanno sistemato accanto ai cassonetti e alla campana per la raccolta del vetro borse di plastica piene zeppe di barattoli in vetro, bottiglie, lattine e scatoloni riempiti di legna. Non meno rosea la situazione nella zona di Largo Barriera. All'inizio di via Pondares: nei bottini qualcuno, senza chiuderli negli appositi sacchetti, ha gettato insalata, arance e clementine marce, cassette di legno e montagne di contenitori in cartone per il trasporto della frutta. Stessa musica in via D'Azeglio.
Laura Tonero

 

 

Rovis: un metodo semplice Niente selezione dell'umido - LE REGOLE
 

«Gli incivili ci sono e ci saranno sempre: con i maleducati dovremo combattere anche dopo l'introduzione della raccolta differenziata». Paolo Rovis, l'assessore comunale allo Sviluppo Economico, è conscio delle cattive abitudini di numerosi cittadini ma ha fiducia nella riuscita della nuova campagna di informazione e sensibilizzazione che il Comune e Acegas Aps si apprestano a mettere in atto per far cogliere ai triestini l'importanza e le regole del nuovo metodo di raccolta dei rifiuti. «Quello che introdurremo da giugno è un metodo tutto sommato semplice - spiega Rovis - visto che abbiamo limitato la divisione tra carta, vetro, lattine e plastica e non obbligheremo a selezionare l'umido. Siamo consapevoli che sia difficile modificare certe abitudini, c'è sempre resistenza a modificare un sistema portato avanti per anni, ma sono certo che come è avvenuto nelle altre città anche noi dopo un periodo di rodaggio ci abitueremo». Negli ultimi anni Comune e Acegas Aps hanno portato avanti un campagna di sensibilizzazione anche all'interno delle scuole cittadine. «I bambini hanno capito l'importanza del riciclo, del sistema della differenziata - racconta l'assessore - tornando a casa insegnavano a loro volta ai genitori a rispettare certe regole, a seguire un metodo. La separazione della carta è incrementata negli ultimi anni e questo significa che c'è sensibilità». Il regolamento sarà redatto in diverse lingue, anche in inglese. Da giugno a Trieste scatterà un periodo di prova. Per 6 mesi chi non sistemerà le bottiglie di vetro all'interno dell'apposita campana, i giornali nel contenitore della carta o i contenitori dei detersivi nel bottino per la plastica non verrà multato. Sarà un periodo di prova, di rodaggio. Poi, dall'inizio del 2012, chi sgarrerà verrà punito con una sanzione da 100 euro. «Facendo riferimento al regolamento di igiene urbana introdotto recentemente - precisa Sergio Abbate, comandante della Polizia locale - chi lascia sacchetti fuori dai cassonetti o getta i rifiuti sfusi, non chiusi negli appositi sacchetti, è già sanzionabile». Nei mesi scorsi cogliendoli sul fatto e organizzando anche degli appostamenti, sono stati numerosi i triestini multati dalla Polizia municipale per aver gettato in maniera scorretta le immondizie. «Abbiamo fatto diversi interventi di questo tipo - conferma Abbate - e in un caso abbiano individuato anche un ambulatorio medico che buttava nei cassonetti materiale medicale, residui farmaceutici e medicazioni che invece vanno raccolte diversamente».

(l.t.)
 

 

Latouche: consumare meno per salvare il mondo
 

TRIESTE "Come si esce dalla Società dei Consumi", recita l'ultimo titolo del celebre economista antropologo Serge Latouche. Ma c'è anche "Come sopravvivere allo sviluppo", "Il mondo ridotto a mercato" e molti altri titoli la cui sfida etica si concentra su una realtà economicamente globalizzata. Riflessione proposta ieri a Trieste dall'autore, ospite del Liceo "Galilei", in un'Aula Magna affollatissima, per l'iniziativa della Res del Fvg con il patrocinio della Provincia. Parola d'ordine: decrescita, declinata all'"Utopia concreta delle 8R". Otto R come Rivalutare, Ricontestualizzare, Ristrutturare, Rilocalizzare, Ridistribuire, Ridurre, Riutilizzare, Riciclare, insomma ricostruire un mondo perché quello che c'è - ad ascoltare Latouche - se rimane com'è, è destinato a finire. E si potrà essere più o meno d'accordo, certo è vero che affidarsi a un "pensiero unico" ha dei fini contraddittori: «Se lo scopo è solo la crescita - dice l'economista - ci troviamo di fronte a un crescere per crescere, consumare per consumare», un dogma che porta all'esaurimento delle risorse. Ma uscire dalla società dei consumi, quella sì, ci appare un'utopia, a questo punto è come uscire da una fede. Ci vuole un progetto politico. E positivo: «Costruire una società "frugale" rispetto alla falsa idea di una società dell'abbondanza, in realtà una società di frustrazione». L'equivalenza regge: «non è forse vero che i popoli felici consumano poco mentre quelli infelici desiderano molto?». Magari è anche vero che l'infelicità ha portato all'avanguardia scientifica, e ciò accade in America, non nel Congo. Quindi ecco, «saper limitare i bisogni - continua Latouche - costruire una società frugale» che abbonda invece di un certo benessere, come dire, più "esistenziale". Come? «Con l'apertura alla decrescita, un progetto politico di utopie concrete». E qui entrano in campo le 8 R. Le più importanti: Rivalutare, ovvero mutare il sistema dei valori (il bello sull'efficiente, il ragionevole sul razionale, la cooperazione sulla concorrenza etc.). E Ricontestualizzare, non pensare che la ricchezza sia solo economica, e non pensare che un'idea di "povertà" equivalga alla miseria, ma solo a un'idea di consumo senza spreco. In due parole: decolonizzare l'immaginario, condizione base per il cambiamento delle infrastrutture e per uscire dal capitalismo, «o meglio - dice Latouche - dallo spirito del capitalismo». Solo allora sarà possibile una ridistribuzione della ricchezza, limitare i grandi predatori (gli stessi che producono miseria, non povertà), creare un reddito massimo per evitare la dismisura. Cultura. L'unica arma di rivoluzione possibile.
Mary B. Tolusso

 

 

Scuola di decrescita, pool di esperti all'Università
 

Si analizzano le "otto R", a partire dal riciclo, per tagliare gli sprechi e migliorare la salute del pianeta
È aperta a tutti la "giornata studio" organizzata domani, dalle 9.30 alle 19, nelle aule dell'edificio H2bis dell'Università di piazzale Europa, nell'ambito della quarta edizione della "Festa della decrescita felice" iniziativa sostenuta da varie associazioni e patrocinata dalla Provincia di Trieste. Otto i relatori che si concentreranno nella parte centrale della giornata, per riflettere su temi quali decrescita, ridistribuzione, riciclo e rivalutazione, le nuove parole chiave per la necessaria riorganizzazione economica. Crescita, sviluppo e implementazione, queste sono state le parole d'ordine, l'obiettivo da perseguire a tutti i costi, che l'economia e (quasi) tutti noi abbiamo seguito come diktat imprescindibile, come vangelo per la realizzazione di una vita piena e felice. E poi cos'è successo? Tanto, risponderanno gli osservatori più attenti: il pianeta ha iniziato a mostrare i primi sintomi di affaticamento cronico, le risorse energetiche hanno cominciato a scarseggiare, i rifiuti sono diventati, ogni giorno di più, un problema pressante. E adesso che cosa si può fare? Molto, moltissimo, per fortuna, rispondono economisti, sociologi e persone comuni: agricoltura biologica, commercio equo e solidale, fonti energetiche alternative sono solo alcuni dei temi toccati anche da Serge Latouche nel corso della conferenza "L'utopia concreta delle 8R della decrescita", ieri al liceo Galilei. L'intervento dell'economista e filosofo francese ha inaugurato l'iniziativa, che si conclude domani con la tavola rotonda all'Università.

Miriam Sartori

 

 

BONIFICHE - Codega: «La Regione rinnovi l'accordo sull'area ex Aquila»
 

«La Regione deve accelerare i tempi del rinnovo dell'accordo di programma sulla bonifica dell'ex Aquila». Lo sostiene l'esponente del Pd Franco Codega, autore di un'interpellanza presentata proprio per incalzare la giunta Tondo sul futuro delle aree inquinate. «L'accordo di programma per la bonifica e la riqualificazione dell'area ex Aquila è scaduto ormai a fine dicembre 2010 - precisa il consigliere regionale del Partito democratico -. Il suo rinnovo è di vitale importanza per l'economia e lo sviluppo dell'intera provincia di Trieste. Il completamento di quanto previsto nel testo scaduto lo scorso anno, infatti, potrà liberare circa 300mila metri quadrati di terreni a uso industriale, e completamente bonificati, nell'area situata nella zona della ex raffineria dell'Aquila e nella valle delle Noghere». Una prospettiva preziosa per l'economica cittadina, secondo Codega, alle prese da tempo con una grave carenza di spazi da destinare alle attività produttive. «È essenziale infatti - conclude il consigliere regionale del Pd - poter acquisire nuovi terreni per insediamenti industriali o commerciali in un contesto globale in cui tutto appare interdetto a causa del blocco imposto dal Sito inquinato di interesse nazionale».
 

 

Primo sì alla legge anti-Ogm Ma riesplode la guerra del mais
 

La commissione introduce multe per i trasgressori. Fidenato non molla: «Avanti tutta con la semina» I no-global minacciano l'agricoltore: «Ti distruggeremo tutto. E stavolta arriveremo a migliaia»
I PUNTI CHIAVE
1 LA PROPOSTA DI LEGGE È LA NUMERO 136 SU CONSERVAZIONE DELLE BIODIVERSITÀ E LA TUTELA DEGLI ECOSISTEMI

2 LA FINALITA' DELLA LEGGE PRESERVARE LA QUALITÀ E L'ORIGINALITÀ DELLE PRODUZIONI AGRICOLE LOCALI

3 I DIVIETI E LA SPERIMENTAZIONE È VIETATA LA COLTIVAZIONE E L'USO DI SEMENTI OGM, SE NON A FINI SPERIMENTALI E SOTTO CONTROLLO

4 LA VIGILANZA E LE SANZIONI A VIGILARE SARÀ IL CORPO FORESTALE. LE MULTE ANDRANNO DA 5MILA A 50MILA EURO A ETTARO
TRIESTE La Regione accelera sulla legge che vieta la coltivazione di Ogm. La commissione ha approvato l'articolato e il testo ora è pronto per il voto del 29 marzo. Il Palazzo risponde così alla sfida del presidente di Agricoltori Federati Giorgio Fidenato, che intende ripartire con la semina di mais transgenico nei terreni del Friuli Venezia Giulia. La sua posizione, confermata nell'audizione di ieri, ha scatenato l'ira di Luca Tornatore. Il rappresentante dell'associazione "Ya basta" ha minacciato un blitz analogo a quello messo in atto un anno fa nei campi di Vivaro. «Distruggeremo tutto - ha detto - chiameremo tutti i centri sociali del Nordest e chi non vuole essere schiavo delle multinazionali, saremo in migliaia, vedrete». La presenza di Tornatore in aula ha suscitato nel pomeriggio la protesta di Giorgio Venier Romano durante la discussione della legge: «Un personaggio che non merita il nostro rispetto e la nostra attenzione non avrebbe dovuto prendere parola. Ha compiuto azioni illegali che, peraltro, vuole riproporre». Il consigliere dell'Udc, assieme al collega del Gruppo misto Roberto Asquini è uno dei pochi contrari al provvedimento. Quest'ultimo ha chiesto l'introduzione dei piani di coesistenza tra coltivazioni Ogm e semine naturali. La proposta non è stata accolta. La legge che sarà esaminata a fine marzo ha però aggiunto altre novità rispetto all'impianto originario. Oltre a impedire colture geneticamente modificate, gli emendamenti hanno introdotto precise sanzioni per chi non osserva il divieto; la Regione, che si impegna a svolgere attività di vigilanza sul rispetto del provvedimento attraverso il Corpo forestale, prevede multe da 5mila a 50mila euro a ettaro in caso di violazione. Fidenato è avvertito. Tuttavia il diretto interessato, processato per aver trasgredito la legge nazionale, non fa passi indietro: «Bruxelles non ha mai notificato quella norma dello Stato e io sono nella piena legalità perché l'Unione europea non consente di vietare ai Paesi membri colture Ogm. Siete quindi voi i veri fuorilegge». Parole scandite in aula davanti a consiglieri, ricercatori universitari, ambientalisti e ai rappresentanti delle numerose categorie presenti all'audizione. Tra cui Coldiretti, Federconsumatori e unioni di agricoltori. Ognuno ha potuto ribadire il proprio punto di vista senza però riuscire a scalfire la strada tracciata del Consiglio: difendere la biodiversità e l'ecosistema, valorizzare la qualità dei prodotti regionali e vietare tutto ciò che può intaccarli. Il Pdl apprezza, la Lega gongola. Il centrosinistra non si straccia le vesti. Singolare, tuttavia, la posizione del Pd che, assieme ai Cittadini, si è astenuto dal voto. Il consigliere Enzo Marsilio, ex assessore all'Agricoltura, voleva bloccare la commissione perché «serve ancora tempo per approfondire bene gli emendamenti». Questa la versione ufficiale; ma forse - si diceva nei corridoi - era soltanto una scusa per cercare una linea comune all'interno della squadra in tema di Ogm. Non a caso la questione è stata inserita in fretta e furia nell'ordine del giorno della riunione che il gruppo ha in agenda lunedì. La legge, intanto, fila veloce verso l'approvazione di fine marzo: con la stagione di semina alle porte e con Fidenato che prepara i semi ribelli.
Gianpaolo Sarti

 

 

Rinnovabili, è rivolta «A rischio 120mila posti»
 

Banche, associazioni del settore, Pd e Verdi contro il decreto taglia-incentivi Berlusconi rassicura ma non fa marcia indietro: «Il boom pesa sulle bollette»
ROMA L'adeguamento degli incentivi alle energie rinnovabili è «necessario», ma chi lavora nella green economy non deve «nutrire timori ingiustificati». Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, dribbla le resistenze al decreto, presenti anche all'interno della maggioranza, ma non fa marcia indietro: tenta invece di rasserenare gli animi in attesa che venga rivisto il regime di agevolazioni per chi investe nel settore, gettando acqua sul fuoco di un dibattito che coinvolge governo, opposizione, operatori, imprese e banche. Gli incentivi, spiega il premier, «devono adeguarsi all'andamento degli altri Paesi europei. Il boom del settore fotovoltaico determina sulle bollette dei cittadini un aggravio che era necessario calmierare». Il governo rassicura tuttavia gli operatori del settore: «Il progetto di diversificazione delle fonti di energia corrisponde a impegni internazionali precisi e guarda al futuro» e quindi «coloro che hanno investito nella cosiddetta green economy, come anche chi lavora in questo settore, non devono nutrire timori ingiustificati. Entro poche settimane il governo stabilirà il nuovo quadro di incentivi». La risposta di Berlusconi è diretta certamente agli operatori, ma anche a frange della maggioranza come Forza Sud, preoccupata di «difendere strenuamente il Sud e una delle sue più importanti fonti di occupazione». Il settore, intanto, è in grande agitazione. Prova ne è la lettera che l'Aibe (Associazione delle banche estere operanti in Italia) ha inviato al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, in cui si lanciano due distinti allarmi: quello di un generale «rischio di inaffidabilità del legislatore italiano» e quello specifico della possibilità di speculazioni per la «compravendita» delle abilitazioni già incentivate. Si tratta, ha commentato il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, «del solito classico atteggiamento delle banche che non ci piace». E mentre il vicepresidente di Confindustria Salomone Gattegno, a titolo personale, parla di «catastrofe», il rischio più sentito è quello dell'occupazione, anche se sui numeri non ci sono certezze: la Cna valuta in 50mila i posti di lavoro a rischio, mentre secondo il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, «è come chiudere la Fiat», con il provvedimento «si mandano a casa 120mila persone». Le associazioni di settore sottolineano anche che «si uccide una filiera giovane che assume giovani e che da 2-3 anni aveva avviato i primi passi. Ora che era matura il governo gli taglia le gambe». Insomma, sintetizza il leader del Pd Pierluigi Bersani, «è una vicenda drammatica», e la speranza è che «Romani presti orecchio». E proprio il ministro dello Sviluppo economico, che con quello dell'Agricoltura Giancarlo Galan e con la Prestigiacomo si prepara a mettere a punto le modifiche al decreto.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 marzo 2011

 

 

Blitz sul Prg di Dipiazza, passa in giunta - La delibera ha ottenuto quattro voti a favore più due astensioni da parte dei camberiani Rovis e Greco
 

Il travagliato capitolo bilancio si è appena chiuso. Un altro, altrettanto pesante e dalla gestazione ben più complicata, se ne apre. Si riapre. O meglio, si è riaperto ieri, quando il sindaco Roberto Dipiazza ha riportato in giunta "a fari spenti" la delibera per l'approvazione della variante 118 al Piano regolatore generale del Comune. Quella che, rispetto alla versione precedente stoppata nel luglio scorso dal primo cittadino stesso in aula dopo la sentenza del Consiglio di Stato che aveva dato ragione al ricorso dell'Ordine dei geologi, include il secondo studio geologico. Il documento è passato in giunta e ora toccherà prima alla Sesta commissione e infine al Consiglio comunale esprimersi, nell'iter che porta - in teoria - all'approvazione finale. E Dipiazza già gongola, confidando di poter chiudere il cerchio sul Prg entro la fine del suo secondo mandato e centrare così una vittoria anche personale. Ma sul cammino del Piano regolatore non mancano le incognite. E che sullo sfondo vi sia anche l'incombente ombra della lotta politica interna ai "berlusconiani" non sfugge. Basta pensare anche solo all'esito del voto di ieri in giunta. La situazione: sei componenti presenti sugli undici totali. Cioè, oltre al sindaco, anche Carlo Grilli e Giorgio Rossi, esponenti della Lista Dipiazza, il "finiano" Michele Lobianco e infine i due pidiellini e "camberiani" Massimo Greco e Paolo Rovis. Assenti giustificati Claudio Giacomelli, Marina Gruden Vlach, Paris Lippi, Giovanni Battista Ravidà ed Enrico Sbriglia. Esito della votazione: quattro voti a favore della delibera e due astensioni. Indovinate un po' chi ha scelto di non pronunciarsi per il "sì"? Proprio i due assessori di area Camber. Un segnale a quel Roberto Dipiazza che si è schierato dichiaratamente al fianco di Roberto Antonione nella telenovela pidiellina sulla candidatura a sindaco (a proposito, stando a quanto stabilito una settimana fa a Roma, oggi il nome dovrebbe essere annunciato)? Il sapore è quello. Anche se i diretti interessati si affrettano a rovesciare una tanica d'acqua sul fuocherello. «Da parte mia si è trattato solo di una scelta fatta in coerenza con l'astensione della volta precedente - spiega Paolo Rovis - perché non condivido alcune delle linee del documento, iniziando da quella che penalizza i piccoli proprietari». E Rovis si cala per una volta pure nella parte del "portavoce" di Greco, su indicazione dello stesso: «La sua è stata un'adesione alla mia posizione. Nessuna polemica con il sindaco. Se avessimo voluto, avremmo potuto far saltare il numero legale non presentandoci...». Bloccando così l'iter. Niente unanimità, comunque, il dato resta. Come pure, rimane una realtà il duro confronto fra i "camberiani" (che spingono la candidatura di Piero Tononi) e l'asse Antonione-Dipiazza nel Popolo della Libertà triestino. Dal canto suo, il primo cittadino uscente osserva solo che sul Prg «sembra esserci una voglia bipartisan di arrivare all'approvazione. Altrimenti toccherà al prossimo sindaco. Se in aula non passerà, mica mi offenderò...». E un concetto, Dipiazza lo chiarisce per tutti: «Non sono ricattabile. In alcun modo». A buon intenditor, in chiave elettorale, poche parole. In Consiglio, comunque, i numeri della maggioranza, oggi, non fanno rima con garanzia. Specie se si considera che pure l'Udc Roberto Sasco vacilla: «Non c'è stata alcuna intesa di carattere politico sul Prg. Ritengo quindi di avere le mani libere. E sarebbe meglio se il centrodestra pensasse a vincere le elezioni, così da risolvere poi tutti i problemi in due mesi con il prossimo sindaco...». E Sasco, nella conta, farebbe parte dei 21 esponenti della maggioranza sui 41 votanti in aula. Già è palese come si esprimeranno i cinque consiglieri di Un'Altra Trieste, visto il messaggio che arriva per voce del leader e candidato sindaco del movimento, Franco Bandelli: «Consiglio a questa maggioranza di farsi l'abbonamento a Air Ucraina...». Ogni riferimento al leghista Giuseppe Portale, il 21° uomo della maggioranza rientrato via aereo da Odessa per votare il bilancio, non è puramente casuale. A proposito di Lega Nord, così il capogruppo Maurizio Ferrara: «Ho condiviso con Dipiazza la scelta di portare in giunta il Prgc. Ritirata l'intesa di Banne, salvaguardata Padriciano e restituita l'edificabilità ai piccoli proprietari, per la Lega che non ha votato l'adozione, il piano può essere licenziato. È folle lasciare 1000 persone che aspettano una risposta senza certezze e bloccare l'attività edilizia cittadina con evidenti conseguenze sull'occupazione».
Matteo Unterweger

 

 

Tav, in ritardo il parere del Consiglio comunale sulla Via - ILLUSTRATO IL PROGETTO PRELIMINARE
 

Il Municipio non riuscirà a esprimersi entro il termine di domani. Ronchi-Aurisina: ipotesi 2017 per l'avvio dei lavori
Alta velocità e alta capacità. Il Consiglio comunale esprimerà il suo parere sulla Valutazione di impatto ambientale riferita al progetto preliminare dell'infrastruttura ferroviaria Av/Ac Venezia-Trieste, per quanto concerne la tratta Ronchi-Trieste, oltre il termine indicato di domani (cioè venerdì 11 marzo). Oggi la terza circoscrizione dovrà dire la sua, mentre proprio domani toccherà alla giunta e subito dopo alla Sesta commissione. Così, l'assemblea del Municipio potrà discutere e votare appena lunedì. «Devono trascorrere 24 ore infatti da quando la giunta licenzia il documento prima di poterlo portare in Consiglio», ha evidenziato Raffaella Del Punta. Ieri, intanto, Marta Alessi, project engeenering di Rfi, Francesco Marchese, responsabile dell'unità operativa geologia di Italferr, e la collega Paola Di Gennaro hanno illustrato davanti alla Sesta commissione consiliare i contenuti del progetto preliminare. «Il completamento degli interventi - ha riassunto al termine Roberto Sasco (Udc) - è stato prospettato nel 2031». Quanto al tratto da Ronchi ad Aurisina, il periodo dei lavori è stato indicato fra il 2017 e il 2022. A seguire dovrebbero partire gli interventi sul collegamento fino a Trieste. È emerso come in sede di redazione del progetto definitivo, andrà poi definita la presenza di cavità e grotte lungo il cantiere. Con particolare attenzione sono state affrontate anche le questioni dell'allargamento della galleria di circonvallazione e la realizzazione del camino di aspirazione (un fabbricato da due piani) all'altezza di via Marziale. Sasco ha posto inoltre l'accento sulla possibilità di reimpiegare le terre e rocce da scavo dei cantieri Tav utilizzandoli nell'ampliamento della riviera barcolana. Un'opportunità, questa, su cui non hanno avuto da eccepire Rfi e Italferr. Da Iztok Furlanic, oltre alla conferma del voto negativo al progetto da parte di Rifondazione comunista, è giunta la sottolineatura del problema traffico legato al passaggio dei camion in transito da e per le aree dei lavori. Il capogruppo del Pd Fabio Omero è tornato, a margine dell'illustrazione, sui termini «entro i quali il Consiglio comunale si deve esprimere sulla valutazione d'impatto ambientale del corridoio 5», che «scadono venerdì 11». «Ma voi pensate - prosegue Omero - che la maggioranza intenda rispettarli?». Il "capo" dei democratici in Municipio scimmiotta poi la maggioranza: «Cosa volete che sia, anche se votiamo lunedì 14, non casca il mondo». E conclude infine: «Eppure a scuola, quando dò i termini per la consegna di un compito, pretendo che i miei studenti li rispettino. Solo in caso di dislessia accertata, gli studenti hanno diritto a tempi più lunghi. Ma questa maggioranza non è dislessica. Altro che deficit nel linguaggio - è l'affondo finale di Omero -, sta dimostrando sempre più un deficit comportamentale e intellettivo profondi».

(m.u.)

 

 

Differenziata, via a giugno ma per 7 mesi niente multe - AMBIENTE, LA RIVOLUZIONE
 

A maggio le isole ecologiche passeranno da 500 a oltre mille, una ogni 300 metri Il regime sanzionatorio, da 100 euro a infrazione, in vigore dall'inizio del 2012
Oltre a Pillon, ieri nell'ufficio di Rovis sono intervenuti il direttore del servizio Esternalizzate del Municipio, Alberto Mian, i capi di Servizi esterni e Qualità urbana di Acegas, Walter Nicoletto e Erica Zugna, e il coordinatore di FareAmbiente Giorgio Cecco. La presenza annunciata più attesa era quella del direttore generale di Acegas Marina Monassi. È rimasta in Porto - si è riferito in quella sede - per altri impegni. «Ubi maior», ha sospirato qualcuno...
Rigorosi perché asburgici, certo. Ma, talvolta, anche parecchio morbidi davanti al dovere perché un po' napoletani. Siamo o non siamo pure noi che stiamo sul mare, in fondo, terroni del Nord? Per i triestini bifronti parte dunque, in questi giorni, il conto alla rovescia verso una delle rivoluzioni culturali più reclamate e al tempo stesso più temute: la raccolta differenziata obbligatoria. Il Comune e il suo ecobraccio operativo AcegasAps hanno ben presente che «qui si tratta di convincere, prima ancora che costringere», per dirla alla Paolo Rovis, l'assessore con delega alle partecipate, e alla Cesare Pillon, l'amministratore delegato della multiutility, ieri assieme in conferenza stampa per presentare l'apposita campagna informativa intitolata "Facciamo la differenza". Lo sanno, al punto che la rivoluzione a Trieste diverrà riforma. La novità, insomma, sarà graduale, non traumatica. Con sette mesi, sette, di sperimentazione senza multe: dal primo giugno al 31 dicembre. Le sanzioni destinate a chi sarà sorpreso a gettare ad esempio qualche bottiglia di plastica o vetro nel bottino dell'indifferenziata, sanzioni da cento euro a botta, potranno essere comminate dalle guardie ambientali comunali o dai vigili urbani non prima del primo gennaio 2012. Il primo giugno infatti, tanto per essere asburgici, scatterà l'applicazione del nuovo regolamento di igiene urbana approvato lo scorso 29 novembre - e in realtà in vigore, per tutte le altre questioni, già dal primo gennaio di quest'anno - anche nella sua parte più importante, che riguarda proprio la raccolta differenziata obbligatoria. Il posticipo, raccontano le cronache di fine 2010, si era reso necessario per consentire ad AcegasAps di acquisire, tramite una regolare gara d'appalto che ha i suoi tempi, un certo numero di nuovi cassonetti da piazzare in città. Entro il mese di maggio, dunque, le isole ecologiche sparse sul territorio del Comune - cioè i raggruppamenti di almeno quattro bidoni, il grigio per i rifiuti non ricilabili, il giallo per carta e cartone, il blu per la plastica, il verde per vetro e lattine - passeranno da cinquecento a oltre mille: grossomodo una ogni trecento metri. Partire con l'obbligatorietà della differenziata, prima dell'aumento delle isole ecologiche, logico, sarebbe stata una forzatura pesante. E pericolosa, presumibilmente, in campagna elettorale. «Non possiamo imporre un comportamento se prima non mettiamo i cittadini nelle condizioni di poterlo rispettare», insiste Rovis. Ma dopo la proroga tecnica, ecco - come detto - quella politica. L'avvio del regime sanzionatorio - che in origine sarebbe dovuto coincidere con il posizionamento di tutte le isole ecologiche previste dal nuovo regolamento di igiene urbana, dunque il primo luglio - verrà celebrato col nuovo anno. Per consentire, tanto per dire, un certo "ambientamento" al triestino bifronte. Chiamato a fare la sua parte proprio per l'ambiente.
Piero Rauber

 

 

Pillon: campagna informativa - La resistenza sarà forte - DAL 14 MARZO
 

L'amministratore delegato dell'AcegasAps: ci impegneremo a fondo, la nostra mission è quella di migliorare la qualità della vita dei nostri clienti e penso che ci riusciremo
Dal 14 marzo partirà una campagna di comunicazione istituzionale congiunta tra Comune e AcegasAps - curata dall'agenzia Action di Padova - che prevede fra l'altro l'affissione di grandi manifesti per strada e sui bus e la distribuzione di depliant corredati da un plotone di testimonial. Non sono modelli bensì opinion-leader, ovvero rappresentanti di categorie e gruppi sociali dal volto più o meno noto, che invitano semplici abitanti e commercianti a fare la differenziata. Seguiranno la "politica" dei gadget, un concorso fotografico con il Piccolo e un ciclo di lezioni nelle scuole, affinché i ragazzi divengano, possibilmente, le sentinelle delle famiglie. «Sappiamo - mette le mani avanti Pillon - che la resistenza al cambiamento è forte». «Ma ci impegneremo - alza l'asticella - perché la nostra mission coincide con quello che vogliono i cittadini, che sono i nostri azionisti: una migliore qualità della vita». L'obiettivo, ammettono Rovis e Pillon, è ambizioso. Tanto che non ha date di scadenza: il 60% di differenziata, senza il "porta a porta", giudicato qui impraticabile. Padova - che ne fa il 45% - è una città-modello tra i centri con oltre 200mila abitanti ed è partita sicuramente da un'orografia meno complessa di quella triestina, paragonabile a quella di Genova. Che infatti oggi vanta un 21% di differenziata. Guarda caso come Trieste. L'acquisto dei cassonetti vale 800mila euro. I maggiori costi di raccolta vengono stimati in 500mila euro l'anno, ma corrispondono a quanto si conta di risparmiare in fase di smaltimento, attraverso una maggiore potenzialità nell'utilizzo del termovalorizzatore, che già produce il 13% del fabbisogno di energia elettrica cittadino. «A chi obiettasse che da noi la differenziata ha un'importanza relativa in quanto abbiamo il termovalorizzatore - precisa Rovis - gli risponderemmo che il nostro traguardo è quello di liberare questo termovalorizzatore di ulteriore parte di rifiuti triestini per bruciare sempre più quelli che arrivano da fuori, per limitare anche nelle province contermini il ricorso alle discariche, che noi già non abbiamo, e che costituiscono una ferita per la nostra terra». Anzi, rincara la dose Pillon: «Le discariche sono bombe ecologiche».

(pi.ra.)
 

 

La plastica copre il Mediterraneo - Nel nostro bacino galleggiano 500 tonnellate, record negativo all'Elba. Adriatico meno compromesso
 

Il progetto di tutela - Si prevede l'intervento dei pescatori per recuperare il materiale Dalmazia invasa dalla spazzatura albanese
TRIESTE Il veleno si chiama plastica. Le vittime Mediterraneo, pesci, escosistema. È sempre peggio. Talvolta peggio di quanto si trova negli oceani, dove i pescatori s'imbattono in vere e proprie isole di bottiglie e sacchetti. L'ultimo studio scientifico è inquietante. La ricerca condotta dall'istituto francese Ifremer e dall'Università di Liegi ha sondato il mare al largo di Francia, Spagna e Nord Italia: nel 90% dei casi è stata riscontrata la presenza di rifiuti in plastica entro i 20 centimetri dalla superficie dell'acqua. Si tratta prevalentemente di frammenti del peso medio di 1,8 milligrammi. Nel "Mare nostrum" galleggiano 500 tonnellate di plastica. La concentrazione più alta è stata trovata nei pressi dell'Isola d'Elba, dove il numero di particelle rilevato ammonta a 892mila per chilometro quadrato, contro una media di 115mila. L'Italia, attraverso Legambiente e l'Arpa di Toscana ed Emilia Romagna, confermano gli esiti delle analisi: ogni ora di pesca con le reti a strascico preleva 4 kg di spazzatura, il 73% dei quali costituito da materiale plastico, in prevalenza sacchetti. «Ormai il fondo del mare italiano ha un vero e proprio tappeto di rifiuti» ha spiegato Fabrizio Serena di Arpa Toscana, che ha annunciato l'inizio di un progetto pilota che coinvolge i pescatori nella ripulitura dei fondali. L'Adriatico sembra tuttavia non essere stato travolto da questo genere d'inquinamento, almeno non in proporzioni così impressionanti. «Non è un problema per il nostro mare, né per le lagune, tantomeno per il Golfo di Trieste - precisa Giorgio Mattassi, direttore scientifico dell'Arpa Fvg -: dai nostri monitoraggi non si evince questa situazione ma ammetto che al momento per il Nord Adriatico non esistono studi approfonditi». Il problema però era esploso recentemente anche da queste parti. L'Isola Lunga, nell'Arcipelago di Zara, è stata colpita a dicembre dalla marea di rifiuti provenienti dall'Albania. L'ondata d'immondizie, causata dalle forti sciroccate che imperversavano sulla zona tre mesi fa, si è abbattuta sulla spiaggia di Saharun, nella parte settentrionale dell'isola. Un angolo incantevole - ben noto anche ai diportisti di Trieste e del Nordest - flagellato da centinaia e centinaia di chili di bottiglie di vetro e plastica, sacchetti, rami e materiale sanitario. Quasi una catastrofe ambientale. Ma già due settimane prima una vasta area della Dalmazia Meridionale era stata colpita da un evento analogo, sempre a causa dei rifiuti provenienti dall'Albania e trascinati dal vento. Il dossier dell'istituto francese, che è stato inviato al ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, ha riacceso in Italia il dibattito sull'utilizzo dei sacchetti, il terzo rifiuto più diffuso dopo i residui di sigarette e bottiglie. Ma di gran lunga il più pericoloso per i suoi effetti sugli animali marini. La Commissione europea si deve infatti ancora pronunciare sul ricorso dei produttori contro la legge italiana che dal primo gennaio ha messo al bando le borse di nylon, introducendo quelle biodegradabili. La normativa potrebbe essere giudicata in contrasto con la direttiva Ue sugli imballaggi. «La grande distribuzione dovrebbe terminare i vecchi sacchetti entro marzo - ha riferito Stefano Ciafani di Legambiente - mentre i piccoli commercianti sono ancora un po' indietro». Sul tema la posizione del governo è chiara. «Noi non torniamo indietro - ha assicurato il ministro -, il provvedimento è stato accolto molto positivamente dalla gente, con grande condivisione e apprezzamento. Mi dispiace per coloro i quali hanno creduto nella possibilità di non far entrare mai in vigore questa norma. Ci sono stati tre anni di tempo per attrezzarsi». «Noi oggi - ha chiarito Prestigiacomo - abbiamo un solo problema, cioè la mancata notifica del testo. Ecco cosa ci espone con l'Ue. E probabilmente ciò ci porterà a varare una nuova legge in sostituzione di questa attuale. Sarà più dettagliata e risolverà alcuni dubbi ma senza sospendere la norma che è in atto».
 

 

La Giornata dell'acqua dalla Val Rosandra al Randaccio
 

TRIESTE Quale opportunità migliore della "Giornata mondiale dell'acqua 2011", per comprendere, discutere e osservare le risorse idriche del nostro territorio? In occasione della festa, che si celebra in tutto il mondo il 22 marzo fin dal 1992, la Coop Consumatori Nordest, AcegasAps e la riserva marina di Miramare organizzano la seconda edizione di "Dolce & Salata". L'iniziativa, oltre a sensibilizzare l'attenzione del pubblico sulla critica questione dell'acqua nella nostra era, dà la possibilità di approfondire o addirittura, alle volte, scoprire alcune risorse della regione. Una sezione a parte è dedicata alle scolaresche, per le quali sono previste specifiche attività didattiche gratuite al Museo Nazionale dell'Antartide, all'area Marina protetta di Miramare e al sito paleontologico del dinosauro Antonio. Per i cittadini sono programmate tre diverse gite guidate gratuite. L'acquedotto di Randaccio sarà la prima meta domenica 20 marzo, il 27 marzo l'escursione si snoderà, in Val Rosandra, tra i mulini e i diversi aspetti naturalistici della zona, ed infine un'escursione ornitologica a Rio Ospo e Lazzaretto chiuderà il ciclo domenica 3 aprile. La rassegna prevede inoltre delle conferenze serali. Al centro del primo appuntamento, "Le vie dell'acqua", il Carso in tutti i suoi diversi aspetti e forme, l'incontro è previsto al Circolo Gruden di Aurisina il 15 marzo, alle 20.30. "A Passo d'Acqua" il tema dell'appuntamento a Muggia, martedì 22 marzo, alla Sala Milo alle 18. Un percorso attraverso contributi sulla storia delle saline di Trieste, i mulini della Val Rosandra, le cosiddette "jazere" e il legame tra l'acqua e le diverse specie di uccelli del nostro golfo. Nel terzo e ultimo appuntamento a Trieste, martedì 29 marzo presso il Circolo Aziendale Generali alle 17.30, si discuterà di "Acqua, tra accessibilità, qualità e sicurezza". Per chi fosse interessato ad ulteriori informazioni si consiglia di vistare il sito www.oggiscienza.it, scrivere a promozione@riservamarinamiramare.it o chiamare il numero 040 224147 (interno 2).
Cristina Polselli

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 marzo 2011

 

 

MUGGIA - Truffa fotovoltaica prime denunce sul caso EnergEsco
 

Il Comune convoca i tre cittadini vittime della società laziale - Altri casi in giro per l'Italia simili a quelli accaduti a Muggia
A Muggia sorge il sole. Non il fotovoltaico. Non i gazebi con i pannelli solari. Dei "100 impianti per 100 Comuni" quelli del comune rivierasco non vedranno mai la luce. Il progetto lanciato nel giugno scorso dal Comune è naufragato. È finito come le "energie infinite" dell'EnergEsco a cui si era affidato con tanto di conferenza pubblica. La questione è finita in mano agli avvocati e si parla ormai apertamente di ipotesi di truffa. La società romana, con sede operativa a Frosinone, sembra svanita nel nulla. Una società fantasma. Immaginaria come i gazebo fotovoltaici. Mai visti da queste parti. L'EnergEsco Non risponde al telefono e non da segni di vita. O quasi. «Si è fatta sentire con i nostri uffici» assicura il sindaco Nerio Nesladek. «Hanno promesso che metterà a posto ogni cosa». Parole. A cui nessuno crede. «Quei signori» li apostrofa ora il sindaco che dato mandato al legale del Comune di esaminare la faccenda per vedere se ci sono gli estremi per un esposto all'autorità giudiziaria. E lunedì scorso, alla vigilia dell'ultimo giorno del "Carneval de Muja", ha convocato in Comune i cittadini vittime dell'Energesco per tentare di porre rimedio allo scherzo di cattivo gusto. Nella cattiva sorte è un vantaggio che a Muggia solo tre cittadini («Una vera fortuna» ammette con sincerità "elettorale" Nesladek) si sono fatti abbagliare dalla luce solare dell'Energesco promossa dal Comune. «Un patrocinio, ma non esclusivo» tiene a precisare Nesladek che nel giugno scorso sedeva in piazza Marconi a fianco del direttore esecutivo di EnergEsco, Marco Alisei, sottolineando «il duplice risvolto economico ed ecologico legato all'operazione, quello di risparmiare energia rispettando l'ambiente». Solo che a Muggia non è mai arrivato neppure mezzo pannello solare. Ai tre cittadini muggesani, fans delle energie rinnovabili, sono arrivate invece le rate da pagare per un impianto fotovoltaico che doveva essere realizzato nel loro giardino entro fine dicembre. Uno di loro si è già affidato allo studio legale Antonini di Trieste. «Ho pronta una querela per il reato di truffa» spiega l'avvocato Alfredo Antonini, docente di diritto commerciale all'Università di Udine. Anche gli altri due "clienti" muggesani dell'EnergEsco probabilmente faranno lo stesso. Il Comune ha consigliato tutti di "mettere in mora" la società romane per le inadempienze contrattuali e così sollevarsi da ogni obbligo con la finanziaria. «Il Comune di Muggia- aggiunge il sindaco - si riserva poi di chiedere i danni d'immagine». L'unico dubbio resta come il Comune di Muggia abbia scelto l'Energesco e da quali altre amministrazioni abbia ottenuto le credenziali. «Buone. Assolutamente buone» garantisce il primo cittadino. A un'indagine parziale in rete l'Energesco non brilla certo per affidabilità. Su Facebook c'è addirittura un gruppo intitolato: «Sputtaniamo la "sola" dei 1000 gazebo fotovoltaici di Frosinone». Nel dibattito interviene pure un certo Fabio Baggio che chiede: «Ci sono notizie di truffe accertate da parte di EnergEsco? Nei nostro comune (provincia di Padova) molte famiglie sono in attesa da mesi dell'installazione». Un altro mette in guardia così dalla ditta laziale: «Attenti a lupo dei pannelli solari». C'è anche un articolo del quotidiano online il Nolano.it del 10 febbraio dal titolo eloquente: «Truffa fotovoltaico, parte denuncia». Ecco l'inizio: «Cittadini e amministratori insieme in una class action, ovvero un'azione collettiva contro un'impresa. E quanto sta avvenendo a Roccarainola, dove dal 2008 trenta sfortunati rocchesi pagano invano 340 euro al mese ad una ditta laziale che avrebbe dovuto installare dei gazebo fotovoltaici ad erogazione gratuita presso le loro abitazioni». La ditta laziale, per chi nutra ancora dei dubbi, è l'EnergEsco.
Fabio Dorigo

 

 

Finanziamenti a Miramare da ministero e Regione
 

Decisioni prese nel vertice in Prefettura per le serre storiche (vuotate) e per il restauro delle mura perimetrali e al parco. Serve un accordo formale
Finanziamenti già per quest'anno, e poi per i prossimi due, sono stati promessi dal ministero dei Beni culturali per il restauro delle serre storiche di Miramare (dopo che il Parco tropicale coi colibrì sarà sistemato nella nuova sede). Ma anche per la messa in sicurezza dei muraglioni di contenimento di parco e castello le cui pietre di copertura stanno cedendo, e per la cura della vegetazione sofferente, con tanti alberi schiantati. Tutto questo rientrerà in un accordo di programma da siglare tra Stato e Regione, cofinanziatori, dato l'interesse manifestato ieri dal Friuli Venezia Giulia a un rilancio economico e turistico del sito triestino. Sono le notizie uscite dal vertice nel palazzo di Governo presieduto dal prefetto Alessandro Giacchetti, riunione a molte voci, con due capi di Gabinetto ministeriali, convocata prima di tutto per sancire un prossimo trasferimento alla Casa delle farfalle di Bordano, in Friuli, dei colibrì sfrattati. In Prefettura tavolo grande. C'erano il direttore regionale dei Beni culturali, Giangiacomo Martines, i soprintendenti Luca Caburlotto e Luca Rinaldi, la direttrice di Miramare, Rossella Fabiani, il capo di gabinetto del ministero dei Beni culturali, Salvatore Nastasi, e il vice capo di gabinetto dell'Ambiente Paola Lucarelli, il docente udinese consulente per i colibrì, Piero Susmel. Per la Regione, l'assessore alle Finanze e al patrimonio, Sandra Savino, soddisfatta dell'esito: «La Regione comparteciperà alle spese per un terzo del totale, il ministero metterà comunque subito a disposizione 200 mila euro per le serre». Nastasi ieri mattina presto aveva fatto un veloce sopralluogo a Miramare, e dopo il vertice in Prefettura ha fatto visita al teatro Verdi, per salutare il direttore generale Giuseppe Ferrazza (il soprintendente Antonio Calenda era a Messina per il debutto di "Cercando Picasso" con Albertazzi). E quindi per l'ultima tappa prima di pranzo e partenza si è spostato in Porto vecchio, con la guida di Antonella Caroli, ispettore onorario del ministero e principale patrocinatrice del museo storico del porto con la sua asburgica centrale idrodinamica (assente la padrona di casa, la presidente dell'Authorità portuale, Marina Monassi). Che cosa dice dunque l'emissario del ministero di tutte queste partite sui beni statali di stanza a Trieste? C'è una sola risposta, ripetuta più volte e sempre più bruscamente. Il capo di gabinetto Nastasi spazza via i giornalisti con gesto e termini espliciti: «Non parlo con la stampa, non mi interessa, non dico niente». «È l'inizio di una collaborazione tra Stato e Regione per i beni culturali - sottolinea Martines -, grazie alla regìa del prefetto Giacchetti. Il finanziamento per rimettere in sesto le serre storiche arriverà già quest'anno, mentre a inizio 2012 e nel 2013 sono stati assicurati fondi per la ricostruzione dei muraglioni di Miramare e anche per un controllo geotecnico dello sperone di roccia su cui sorge il castello. Non c'è evidenza di problemi di stabilità, ma è necessario un controllo. Per il parco e la sostituzione delle piante, a rischio specie con la bora, si dovrà fare un appalto di gara. Sono da ripristinare anche vialetti e scalinate, che radici emergenti e gelo invernale rovinano».
Gabriella Ziani

 

 

Colibrì verso il Friuli Ma Duino insiste e c'è un'altra offerta - DESTINAZIONE BORDANO
 

Definito l'esito del dramma a puntate sui colibrì. Stefano Rimoli, direttore del Centro di Miramare che in sede ministeriale è stato deciso di trasferire in Friuli, alla Casa delle farfalle di Bordano, in una serra tutta da allestire, dice innanzitutto: «Mi metto nelle mani del prefetto, andiamo dove ci viene detto, ma la cosa essenziale è che non vengono trasferiti solo i colibrì, ma il Centro tutto intero, coi suoi specialisti, le sue tecnologie, il suo "know how"». In verità Rimoli riferisce anche che proprio alla vigilia del vertice di ieri in Prefettura, «poiché sollecitato in tal senso da Martines», egli stessi ha ricevuto nuove offerte di sede per i preziosi uccellini. «Il consiglio comunale di San Canzian d'Isonzo ha fatto notte per approvare una delibera con cui s'impegna a realizzare un centro dei colibrì, pur senza spese a suo carico, in un terreno della famiglia Baradel già centro di recupero per l'avifauna, col pieno assenso della Stazione biologica dell'Isola della Cona - racconta -, e inoltre anche il Comune di Duino Aurisina ha ribadito ufficialmente il proprio interesse». Ma la decisione poi è stata favorevole al Friuli. Lo sfratto di Miramare subirà un rinvio tecnico per allestire il sito. Il direttore regionale Martines prende comunque nota delle nuove offerte: «Una rara disponibilità in questa regione, così ora abbiamo non una, ma tre possibilità di soluzione del problema, altri due centri cui fare riferimento se fosse necessario». Piero Susmel, docente di alimentazione veterinaria a Udine e consulente scientifico, ha portato le proposte in Prefettura, e ha esposto anche il beneplacito del naturalista Fabio Perco a capo dell'Isola della Cona, che sottolineava le grandi difficoltà di gestire specie diverse di colibrì. «Siamo gli unici al mondo che riescono a riprodurli» sottolinea Rimoli. Ma l'ipotesi della Soprintendenza per un futuro prossimo è di non rinunciare a una così speciale voliera. Si pensa di costruire delle «serre nuove» accanto a quelle storiche che, affiancate da un ristorante, dovrebbero diventare nuovo punto di attrazione del parco. Non più con animali, ma con piante. Saranno ripristinate le piantumazioni dell'epoca di Massimiliano. «Io - dice Rimoli - ho sempre detto che col mio Centro possiamo andare da qualunque parte, purché resti integra l'autonomia scientifica e la gestione non già commerciale, ma di salute dei colibrì». E Martines assicura: «Non avranno a soffrire, è un viaggio breve».

(g. z.)

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO

 

Punto informativo gratuito offerto dalla Provincia per informazioni sul risparmio energetico: consulenza per sostituzioni caldaie, serramenti, isolamenti termici, ecc. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30 (tel. 3665239111 - www.legambientetrieste.it).

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 8 marzo 2011

 

 

Dal presepe alle strade gli eco-asini spazzini - Sofia, Angela e il loro padrone
 

Iniziativa sperimentale della Crismani che li utilizza per la raccolta dei rifiuti nel centro città. La coppia di animali ingaggiata da un allevatore di Muggia
Sofia e Angela. Sono due femmine le «lavoratrici» ecologiche. Una ha 18 anni, età adulta, e l'altra appena 8. È stata salvata due mesi fa da una straziante condizione in Veneto da Igor Sartorelli, il proprietario, che a Muggia ha la bellezza di 5 asini, molte capre e pecore e 10 cavalli. Altri asini fanno gli «ecologici» in giardini di amici. I cavalli portano i calessi per matrimoni o altre occasioni. «Far lavorare gli asinelli mi porta il denaro per pagare il foraggio, spendo una follia all'anno» dice Sartorelli. Che rivela anche il segreto di questa attività: «Io lavoro all'Acegas - dice - e diserbo. Ho pensato: perché devo diserbare io se possono farlo gli asini?».
Per adesso hanno trovato lavoro in due. Ma un domani chissà. Potrebbero anche vincere l'appalto ed entrare in servizio permanente. Non sono due disoccupati, ma due simpatici ciuchi. Anzi, due asini femmina. Che hanno cominciato turni di pulizia in centro città. Netturbini specialissimi, sono l'ultima novità a Trieste, città a volte pigretta ma non priva di sue genialità. L'idea di mettere in strada gli asini per la raccolta dei rifiuti dai cestini, sempre in compagnia di un operatore della nettezza urbana, e anche di un assistente per il benessere degli animali, è stata della ditta Crismani che per l'Acegas cura la pulizia delle strade. Ha chiesto di poter sperimentare gli eco-asini, e nessuno ha detto di no. Entra un po' di campagna nella città più urbana e di mare che c'è. Le due quiete quattrozampe, messi a servizio da Igor Sartorelli che ne alleva appassionatamente a Muggia, sono già a spasso per il centro, pazienti portatrici di due saccocce in groppa dove riversare i rifiuti. L'unico maschio, su cinque dell'allevamento, è rimasto invece a casa. «Dopo 40 anni di corsa all'innovazione e allo sviluppo tecnologico nel campo industriale, ambientale e navale - afferma il direttore amministivo del Gruppo Crismani, Alessandro Bullo - abbiamo voluto contribuire a una riflessione mirata principalmente a riportare indietro i nostri ricordi e le nostre usanze a quello che ormai sembra un tempo perduto, impiegando dei muli da trasporto lungo le vie cittadine per assistere i nostri operatori. Ci auguriamo - aggiunge - che l'iniziativa, indirizzata indistintamente ai nostri figli, ai genitori e ai nonni, possa risultare particolarmente gradita in questo periodo del Carnevale». Ma non si tratta di uno scherzo, di una mascherata. «Carnevale ci è sembrato un momento gradevole per introdurre un'iniziativa che ha pure del pittoresco - aggiunge Bullo -, abbiamo sentito questo impulso "retro". Se ci sarà consenso da parte dei cittadini, un domani potremmo fare una gara d'appalto proprio in questi termini. Si eliminano i mezzi meccanici dal "salotto della città", e con questi anche le polveri, e non si sporcano le pietre con strusci di gomme». AcegasAps per parte sua ha ricevuto la proposta, e constatando che era un esperimento a costo zero, perché la ditta Crismani si occupa di tutto, anche degli asini così arruolati, ha lasciato fare volentieri: «Vediamo come va» dice. La stessa multiutility un po' d'anni fa aveva messo degli asini al lavoro. Ma solo per brucare erba nelle zone recintate dei propri serbatoi. «I sindacati hanno protestato in nome dei disoccupati - racconta Sartrelli -, ma adesso forse gli asini torneranno al lavoro». Naturalmente l'eco-asino è destinato a diventare anche una presenza "sociale", un'attrazione per i bambini, in una città dove già risiedono migliaia di cani e gatti e dove il presepio animale è uno dei posti in assoluto più frequentati nel periodo di Natale in piazza Sant'Antonio (uno degli asini di Natale è adesso in giro per le strade). Per adesso si tratta di una sperimentazione, dice la Crismani, che durerà circa due settimane. Poi si tireranno le somme. L'unica vera incognita è che cosa pensino dell'ingaggio le due asinelle. I ciuchetti sono lavoratori potenti, ma forse per la prima volta operatori ecologici con sede di lavoro in centro città.
Gabriella Ziani

 

 

Fogar assolto dall'accusa di truffa e falso - "Miani" in regola per chiedere contributi regionali. Ma deve spiegare come ha speso 100mila euro
 

«Il fatto non sussiste». Con questa formula il giudice Giorgio Nicoli ha assolto ieri dalle accuse di truffa e di falso Maurizio Fogar, leader del Circolo "Ercole Miani" e animatore delle iniziative per rendere respirabile l'aria Servola, condizionata dalle emissioni della Ferriera. Lo stesso rappresentante dell'accusa, il pm Federico Frezza, ne ha chiesto il proscioglimento, seppure con una formula meno ampia di quella adottata dal giudice. Per il proscioglimento si è battuto l'avvocato Guido Fabbretti, mentre al contrario Mauro Cossina, legale della Regione, ne ha chiesto la condanna. Identica scelta quella di Mariarosa Platania, legale di Giorgio De Cola che con il suo esposto ha innescato l'inchiesta perché Fogar gli avrebbe attribuito indebitamente il ruolo di componente del direttivo del Circolo Miani. «È stata un'attestazione falsa, fatta a mia totale insaputa» ha sempre affermato De Cola. Lo scopo, secondo l'indagine, era stato quello di rappresentare alla Regione l'esistenza di una vita sociale all'interno del circolo con ruolo determinati e precisi. In questo modo il Miani e Fogar avevano potuto incassare dalla Regione tra il 2005 e il 2006 due "contributi" di 50mila euro. In effetti la Procura ha esaminato in dettaglio la vita di questo circolo e ha capito che le assemblee erano del tutto informali, così come gli organi sociali. Una prassi comune a molte associazioni. Il "Miani" in effetti esisteva, era conosciuto e frequentato, teneva assemblee "aperte", organizzava attività. Dal punto di vista sostanziale aveva dunque i requisiti per essere ammesso ai contributi regionali. Fin qui tutto chiaro, tutto in accordo di fase con l'assoluzione. A breve però di fronte al giudice dell'udienza preliminare Maurizio Fogar sarà chiamato a spiegare come ha utilizzato questi centomila euro. Per la Procura lo ha fatto in modo poco chiaro, violando la legge. Da qui la nuova ipotesi di malversazione.
 

 

La ricetta di Serge Latouche per uscire dalla crisi - CONVEGNO IN AULA MAGNA
 

Serge Latouche, professore emerito di Scienze economiche all'Università di Parigi-Sud Orsay, sarà il protagonista dell'incontro promosso nell'ambito della rassegna "Pedagogia&Cinema" dedicata a film su temi rilevanti in campo educativo e pedagogico, in programma domani mattina nell'aula magna del campus di Piazzale Europa. L'esperto francese terrà alle 11 un convegno dal titolo "La decrescita è soluzione della crisi?". Il suo intervento sarà preceduto alle 10 dai saluti delle autorità e introdotto da Andrea Segrè, preside della facoltà di Agraria dell'ateneo di Bologna, che dedicherà la propria attenzione al tema "La società post-spreco: dalla relazione civile al bene comune". L'appuntamento di domani alla presenza del noto docente parigino si inserisce nel secondo Piano formativo specialistico "Riprendere i dialoghi", promosso dall'Area educazione, università e ricerca del Comune di Trieste. L'iniziativa, rivolta in prima battuta ad operatori dei servizi educativi e degli uffici, è aperta anche a studenti, docenti e a tutto il pubblico esterno interessato. Per seguire i lavori in aula magna, però, sarà necessario registrarsi. Il programma e le schede di iscrizione sono reperibili al sito www.retecivica.trieste.it. Tali schede vanno inviate via mail all'indirizzo pedagogia_cinema@comune.trieste.it o via fax al numero 0406754945.
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 7 marzo 2011

 

 

La Soprintendenza respinge al mittente (Comune) il progetto contestando la mancanza della V.A.S.
 

Il progetto del nuovo depuratore fognario comunale di Trieste è stato respinto dalla Soprintendenza di Trieste che ne ha contestato la mancata predisposizione dell’obbligatoria V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica). Un errore “incredibile” quello commesso dall’amministrazione comunale. Che rischia ora di avere pesantissime ripercussioni sul Comune stesso. Il nuovo depuratore dovrebbe infatti sostituire quello di Servola, principale impianto di trattamento delle acque reflue della città giuliana da anni “fuorilegge”. Il depuratore di Servola scarica infatti reflui non sufficientemente depurati tramite una lunga condotta sottomarina di 7 km in pieno Golfo di Trieste al limite delle acque territoriali della Slovenia. Un pesante inquinamento transfrontaliero andato avanti per anni e che ha portato - su denuncia di Greenaction Transnational - all’avvio di un procedimento di infrazione contro l’Italia (petizione 1459/07 al Parlamento Europeo).
E ora nell’urgenza assoluta di risolvere rapidamente questa grave situazione di inquinamento ambientale internazionale, e con il rischio di pesanti sanzioni economiche da parte delle autorità comunitarie, il Comune di Trieste sbaglia addirittura la procedura autorizzativa del progetto con rischio di sanzioni aggiuntive da parte dell’UE.
Il progetto (che costituisce variante al Piano Regolatore Comunale) doveva essere sottoposto alla V.A.S., ai sensi del D.Lgs. 152/06 visto l’Allegato III alla Parte II, lettera r) dove sono indicati gli impianti di depurazione con una potenzialità che supera i 100.000 abitanti. Sul territorio del Comune di Trieste sono insediati oltre 200.000 abitanti che utilizzeranno il nuovo depuratore con la conseguenza appunto che la precitata variante al PRGC necessita della VAS.
Come stabilito anche dalla Convenzione di Aarhus del 25.06.98 approvata con Decisione 2005/370/CE e recepita dall’Italia con legge dello Stato n. 108/01 che al punto 6 indica che gli “impianti di trattamento delle acque reflue con capacità superiore a 150.000 abitanti equivalenti” devono essere sottoposti alla V.A.S.
Considerato peraltro che lo scarico delle acque avverrebbe nel Golfo di Trieste e che con le correnti marine tali acque verrebbero trasportate anche nelle acque della Repubblica di Slovenia è inoltre necessaria la VAS transfrontaliera facendo partecipi anche i cittadini della Repubblica di Slovenia al processo decisionale ai sensi della Convenzione di Aarhus.
Chi pagherà ora per gli errori del Comune di Trieste?
www.greenaction-transnational.org
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 7 marzo 2011

 

Latouche, l'antipapa e l'anatema della Curia contro la decrescita - PAMPHLET»SUL CONSUMISMO
 

Riflessioni sulla "scomunica" all'economista francese, in visita a Trieste, messo all'indice con il cardinale Martini e il priore di Bose Enzo Bianchi
Mercoledì 9 marzo, dalle 10 alle 13, nell'aula magna dell'Università degli Studi di Trieste, in piazzale Europa 1, il professor Serge Latouche, emerito di Scienze Economiche all'Università di Parigi-Sud, alle ore 11 terrà una conferenza sul tema "La decrescita è la soluzione della crisi?" nell'ambito del convegno, con lo stesso titolo, che sarà aperto alle 10 dagli indirizzi di saluto dell'assessore comunale GiorgioRossi, del direttore del dipartimento di Scienze politiche e sociali Giovanni Delli Zotti e dal direttore dell'Area Educazione, Università e Ricerca del Comune di Trieste Enrico Conte, cui seguirà l'introduzione di Andrea Segrè, preside della Facoltà di Agraria dell'Ateneo di Bologna, su "La società post spreco: dalla relazione civile al bene comune". Sempre a Trieste, giovedì alle 17 nell'aula magna del Liceo Scientifico "Galileo Galilei" in via Mameli 4, l'economista e filosofo francese terrà uyn'altra conferenza su "L'utopia contreta delle 8R della decrescita" nell'ambito della quarta edizione della "Festa della decrescita felice". Le 8R rappresentano l'insieme della azioni che Latouche propone per affinare il processo di transizione verso una società della decrescita, ovvero Rivalutare, cioè rivedere i valori su cui si basa la nostra vita, Ricontestualizzare, Ristrutturare (gli stili di vita), Rilocalizzare (cioè consumare essenzialmente prodotti locali), Ridistribuire (la ricchezza). Ridurre (sia l'impatto sulla biosfera dei nostri modi di produrre e consumare sia gli orari di lavoro), Riutilizzare (cioè riparare le apparecchiature e i beni d'uso anzichè gettarli in una discarica) e Riciclare, cioè recuperare tutti gli scarti non decomponibili.
Attenti, c'è un pericoloso sovversivo da tenere d'occhio mercoledì e giovedì a Trieste. E' uno che parla di decrescita, di consumi da ridurre, di convivialità, di cooperazione. Semina notizie false e tendenziose; fustiga - pensate - la "teologia" dello spreco; spiega che la felicità viene prima del prodotto lordo di una nazione; dice che in meno di trent'anni le risorse del Pianeta saranno agli sgoccioli e potrebbe scatenarsi, anche prima di quella data, una guerra strisciante per l'accaparramento di ciò che il buon Dio ci ha dato in dote nei giorni della Genesi. Il pericolo pubblico porta il nome di Serge Latouche. E' francese, ha 71 anni ben portati e i connotati sono capelli grigio ferro, una faccia da ramponiere e un'andatura un po' zoppa dovuta al troppo camminare. E' la seconda volta che viene dalle nostre parti. Il 10 luglio del 2008 parlò a "Onde Mediterranee" di Monfalcone, ma prima si fece un tuffo nel mare libero di Trieste, mangiò un piatto a chilometri zero di sardoni "impanai" e bevve una caraffetta di vino del Collio con acqua del sindaco. Passai qualche ora con lui, ignaro della sua pericolosità. Fui anzi incantato da quella sua litania francescana che sillabava l'abc della rinuncia. Il problema è che allora non sapevo quello che sarebbe successo. E cioè che il buon Serge - che nel frattempo ha incantato mezza Europa con i pifferi della decrescita - sarebbe diventato Antipapa e che la satanica investitura sarebbe arrivata nientemeno che dalla curia tergestina. Una scomunica collettiva, nei confronti di tutti i cattolici relativisti che non credono nell'infallibilità del papa, e tra loro, citate in bella evidenza, due persone: il nostro Serge Latouche, finalmente svelato nella sua vera natura, e padre Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose in Piemonte e costruttore di ponti con il cristianesimo d'Oriente. Lo svelamento è avvenuto per caso, navigando su internet, quando mi sono imbattuto nel periodico veronese "on line" che porta il titolo de "L'Occidentale", quello che oggi viene trasferito a blocchi nel settimanale della diocesi di San Giusto "Vita Nuova", ora giustamente epurato dei suoi redattori più ribelli e dei suoi interventi esterni più polemici, all'arrivo del nuovo pastore di anime Giampaolo Crepaldi, episcopo di queste terre ahimè esposte alle tentazioni dell'Oriente. E così, spulciando notizie, ho trovato un articolo di Stefano Fontana, attuale direttore del sunnominato giornale. Vi ho letto quanto segue: che oltre al teologo Hans Kung e al cardinale Carlo Maria Martini, rei di polemica contro Papa Ratzinger, ahimé ospitati da troppi giornali, vi sono molti "antipapi" che vivono dentro la Chiesa. E qui si citano "Docenti di studi teologici e degli istituti di scienze religiose, opinionisti che scrivono quotidianamente sui ngiornali cattolici, giornalisti dei settimanali diocesani, padri gesuiti e non che gestiscono centri culturali nella varie diocesi (il nostro "Centro Veritas"?). E in genere tutti coloro che credono debba essere il mondo a salvare la chiesa a che Enzo Bianchi e Serge Latouche siano il magistero". Segni terribili, "di uno scisma strisciante o forse già in atto", come se nei fatti e nella prassi quotidiana ci fossero non una ma due chiese. Firmato, Stefano Fontana. Sono rimasto lì a pensare: ma come avevo fatto a farmi deviare così tanto? Perché avevo sul comodino proprio i libri di Serge Latouche e di Enzo Bianchi? Perché a Bose mi ero tanto commosso in quel frugale refettorio illuminato dalla prima luce del mattino sotto le nevi del Monte Rosa? Allora ho cercato ancora, e ho trovato un altro articolo di Fontana, su "Vita Nuova", dove il male appare ancora più chiaramente. Latouche accusa il Papa di credere troppo nello sviluppo, di avere citato ben 258 volte questa parola - appunto "sviluppo" - nell'enciclica "Caritas in veritate", mentre in realtà è Latouche a non aver capito che sviluppo non è parola dannata perché è aumento qualitativo. Il contrario di crescita che invece è aumento quantitativo, quindi spreco. E qui l'accusa finale ai profeti del rallentamento mondiale: "Un mondo senza sviluppo esprime sfiducia nell'uomo e in Dio". Ecco. Non avevo capito nulla. Ora rileggo le parole dell'ultimo libro di Latouche - "Come si esce dalla società dei consumi", Bollati Boringhieri - e capisco il tranello. Parole ingannatrici come democrazia ecologica, decolonizzazione dell'immaginario, spirito del dono, economia della felicità, totalitarismo produttivista, opportunità della crisi. Emergono nella loro blasfemia, come le opere del priore di Bose, "Dare senso al tempo", "Il pane di ieri", "Ero straniero e mi avete ospitato" e altre. Perfidi depistaggi dal magistero del vescovo di Roma. Ora lo vedo. La mia mente si era arenata nelle caligine. Avevo creduto che gli antipapi, gli anticristiani annidati nel gregge di Dio, si nascondessero altrove: nel feticismo delle reliquie, in quello che ritenevo un indecente sfruttamento commerciale di Padre Pio, nei milioni di euro inghiottiti da personaggi che credevo discutibili al santuario croato di Medjugorje, oppure in certe spericolate profezie di "Radio Maria" giunta - pensavo anche qui a torto - al punto di credere che la Madonna avesse previsto l'attentato dell'11 settembre e tutte le fasi del conflitto di civiltà. Mio Dio. E io che credevo che il problema fosse la rapina globale e la finanza sempre più scellerata; credevo fosse la cacciata dei poveri dalle strade, il materialismo dilagante; pensavo, ovviamente a torto, che il disastro fosse la distruzione della scuola pubblica, una televisione che demolisce gli eroi ed estirpa i valori dalle nuove generazioni. Credevo che il male fosse nel pane non più conquistato col sudore della fronte e nella scalata al potere di uomini arroganti e palestrati. O negli ipocriti pluridivorziati e puttanieri che pontificano sulla famiglia Invece no. I "seminatori di male" sono il mio vecchio Serge che predica la solidarietà contro i supermercati, il buon padre Enzo che divide il pane e il vino prima di darmi la benedizione sulla strada d'Oriente, verso la Terrasanta. Sono, nella comunità ecclesiale triestina, ormai tutti lo sanno, gli uomini del precedente vescovo. Loro e le loro mogli, che farebbero bene, come si dice in Curia, a restare a casa e fare la calza anziché impegnarsi nel mondo. Che lezione di vita ho avuto. Per questa mia incapacità di capire chiedo perdono all'Onnipotente. E, già che ci siamo, una paterna benedizione al mio stimatissimo vescovo.
PAOLO RUMIZ

 

 

Monfalcone boccia l'alta velocità - Il Comune chiede maggiori garanzie e più delucidazioni sulla linea ferroviaria
 

E' una sonora bocciatura quella che il Comune di Monfalcone assegna allo Studio di impatto ambientale allegato da Italferr al suo progetto preliminare di Alta velocità-Alta capacità ferroviaria. Le osservazioni presentate dall'amministrazione locale alle commissioni consiliari Seconda e Quarta venerdì pomeriggio partono dalla constatazione, non da poco, della mancanza dell'analisi costi-benefici dell'opera per allargarsi alle lacune riscontrate nella viabilità di cantiere e nell'individuazione degli impatti, nella fase dei lavori e permanenti, sull'ospedale di San Polo o dei danni arrecati al territorio. Del tutto assente la valutazione dell'incidenza sul paesaggio "post operam", secondo il Comune è carente anche la parte relativa ai ripristini ambientali. «Il trasporto merci su rotaia è al momento il sistema di trasferimento meno impattante e più sostenibile dal punto di vista ambientale - ha sottolineato l'assessore all'Urbanistica, Massimo Schiavo nell'incontro con le commissioni -, ma deve essere comunque calato sul territorio con giusto equilibrio tra il fabbisogno presente e quello futuro». Lo studio di Via non contiene una valida alternativa progettuale e un piano di monitoraggio ambientale e al Comune pare deficitario soprattutto per quel che riguarda la gestione dei cantieri, che peseranno fra l'altro sulla città per circa 15 anni. Non è stato incluso uno studio sull'incremento di inquinamento da polveri sottili e ossido di azoto provocato dall'andirivieni di mezzi pesanti. Non è indicato quale sarà l'impatto sull'ospedale di San Polo in termini di vibrazioni, rumorosità, emissioni in atmosfera del cantiere che dovrebbe essere insediato nelle sue vicinanze. Il Comune di Monfalcone chiede quindi, tra le altre cose, l'eliminazione dell'area di cantiere in prossimità dell'ospedale, la fruizione del patrimonio naturale in tutte le fasi, la garanzia di interconnessioni viarie con i centri limitrofi, la revisione e taratura con precisione del progetto di cantierizzazione, l'attenzione al patrimonio carsico.

(la. bl.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 6 marzo 2011

 

 

Andranno a Bordano i colibrì di Miramare - Martedì vertice in Prefettura con ministeri, Regione e Soprintendenza: ufficiale il trasloco in Friuli
 

La decisione è ufficiale. Gli 80 colibrì di Miramare, in sfratto entro 10 giorni, andranno alla Casa delle farfalle di Bordano, in provincia di Udine. Martedì alle 11 la Prefettura ha convocato una riunione risolutiva in cui verranno definiti dettagli tecnici, finanziamenti, cronoprogramma. Sono stati invitati i capi di Gabinetto del ministero dell'Ambiente e dei Beni culturali, la Regione, l'avvocato distrettuale dello Stato, il direttore regionale dei Beni culturali, Giangiacomo Martines, il soprintendente Luca Caburlotto, il consulente scientifico del Centro, Piero Susmel dell'Università di Udine, e il presidente della cooperativa Casa delle farfalle. «In una situazione che facilmente sarebbe stata troppo difficile da risolvere - dice Martines -, con l'impegno del prefetto, di due ministeri, della Forestale, del presidente del Consiglio e del sottosegretario Letta abbiamo trovato una soluzione molto buona: i colibrì restano in Italia, Bordano è un centro di eccellenza e con tecnologia aggiornata per la natura protetta, e molto frequentato, darà prestigio a un luogo turistico, il Centro di Miramare porterà la tecnologia che serve per la riproduzione degli uccellini, che non avranno assolutamente a patire nell'operazione, come raccomandato da Stefano Rimoli, inoltre del progetto fa parte concreta anche un impegno per il futuro, cioé non si esclude, dopo il restauro delle serre storiche, che una "delegazione" dei colibrì nati a Bordano possa tornare un giorno a Miramare oggi oggetto di uno sgombero tecnico». I rappresentanti del ministero, e anche la Regione, dovrebbero presentarsi in Prefettura anche con i finanziamenti necessari all'operazione. «La Regione ha messo molto interesse alla questione - rimarca Martines -, e ha chiesto che venissero valorizzati e premiati sia la ricerca e il volontariato dei giovani in ambito di salvaguardia della natura, e sia l'aspetto di attrazione turistica per il territorio». Martedì dunque saranno noti i termini concreti dell'inedito trasloco. Ma la presenza del ministero dei Beni culturali non si concluderà in quel momento. Il capo di Gabinetto Nastasi si fermerà a Trieste un giorno e mezzo. Martines e i soprintendenti gli faranno constatare i danni ai muri di contenimento del parco e castello di Miramare, e lo accompagneranno in una visita al Porto vecchio.

(g. z.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 5 marzo 2011

 

 

Servola, testo di legge bipartisan per limitare il benzoapirene
 

Una proposta firmata da Tononi, Bucci, Camber e Marini del Pdl assieme a Lupieri del Pd: «La salute non è né di destra né di sinistra, questo ci ha detto chi vive vicino alla Ferriera»
La Puglia ha fatto scuola battendosi per la tutela della salute dei cittadini. Se la Regione guidata da Nichi Vendola è riuscita a portare a casa con successo una legge regionale che reintroduce i limiti alle emissioni di benzoapirene - idrocarburo altamente cancerogeno generato dalla combustione di sostanze organiche nei processi industriali e civili -, ci provano anche i consiglieri regionali del centrodestra Piero Tononi, Maurizio Bucci, Piero Camber, Bruno Marini assieme al democratico Sergio Lupieri, che (come avevano annunciato) presentano una proposta di legge per il «contenimento delle emissioni inquinanti da benzoapirene sul territorio regionale». Una proposta bipartisan. Come dicono compatti i cinque proponenti, «la salute non è né di destra né di sinistra». Tutto è nato dopo l'incontro con i candidati sindaci promosso a Servola dal Comitato No smog che si batte contro l'inquinamento della Ferriera. C'era Tononi, candidato sindaco del Pdl, accompagnato dal consigliere regionale Maurizio Bucci (Pdl), e c'era anche il consigliere del Pd, Sergio Lupieri. Nel rione di Servola, si legge nella relazione introduttiva ai cinque articoli della proposta di legge regionale, nel periodo che va da gennaio a luglio dell'anno scorso c'è stata una concentrazione media di benzoapirene di 9,8 nanogrammi per metro cubo, con picchi di 53 nanogrammi. Concentrazioni che superano di molto il limite di 1 nanogrammo per metro cubo di media annuale, fino allo scorso agosto previsti dalla normativa nazionale, e poi cancellati per le città con più di 150 mila abitanti. Ma che dovrebbero essere ripristinati, recependo la norma europea, entro la fine del 2012. Ed è qui che vuole intervenire la norma regionale, per contenere le emissioni inquinanti prima della scadenza fissata dalla direttiva europea. «È un progetto di legge molto serio - spiega Piero Tononi -, un'esigenza che ho toccato con mano dopo il nostro incontro con l'associazione No smog, e che riguarda in questo caso le zone limitrofe alla Ferriera. Se si parla di proposte per il futuro noi con questa legge presentiamo una soluzione per l'immediato. Un progetto di legge bipartisan, perché la salute come hanno detto gli abitanti di Servola non è di destra né di sinistra, per questo auspichiamo che in sede di discussione ci sia convergenza». Una prima volta, come indica Maurizio Bucci: «È la prima volta che questa legislatura affronta una proposta di legge condivisa, contiamo di riuscire a farla approvare prima della pausa estiva». Tra le finalità quella di poter inserire nella norma, nel caso di sforamento del valore obiettivo fissato in 1 nanogrammo per metro cubo, poteri esecutivi e di intervento da parte degli enti locali per predisporre attraverso l'Arpa dei piani di azione per riportare i valori al di sotto della soglia.
Ivana Gherbaz

 

 

«Prg, si approvi la variante 118» - Ambientalisti preoccupati dal rischio della cementificazione - APPELLO AL MUNICIPIO
 

Appello dalle associazioni ambientaliste triestine per il Piano regolatore. Secondo Wwf, Italia Nostra, Legambiente e Triestebella, rappresentate ieri rispettivamente da Dario Predonzan, Giulia Giacomich, Lucia Sirocco e Roberto Barocchi, la variante 118 deve essere approvata accogliendo le osservazioni migliorative, scongiurando in questo modo il ripristino della vecchia variante n. 66 approvata nel 1997. «Il 6 di agosto scadranno le norme di salvaguardia imposte al momento dell'adozione del nuovo Prg. Se la nuova variante non verrà adottata nel frattempo - spiega Predonzan - ci troveremo di fronte al ripristino della variante 66 approvata a suo tempo dalla giunta Illy, uno strumento urbanistico che permetterebbe pesanti cementificazioni nelle aree pregiate del comune triestino. La nuova variante deve essere assolutamente adottata, ma a patto di accogliere le diverse osservazioni migliorative che, prima fra tutte, la Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici, ha prodotto». Secondo gli ambientalisti, le osservazioni della Soprintendenza coincidono con le loro, a iniziare dalla tutela dell'area costiera e di quella carsica. Le norme di salvaguardia hanno di fatto bloccato almeno 20 piani particolareggiati per un totale edificabile di 125.000 metri cubi e altri 30 progetti edilizi per una superficie complessiva di 115.000 mq. Da parte delle associazioni ambientaliste, c'è inoltre preoccupazione per il futuro della vallata di Rio Martesin. «Una recente sentenza del Consiglio di Stato ha bloccato una serie di progetti edilizi devastanti per quel territorio - dice Giulia Giacomich per Italia Nostra - sottolineando la necessità di salvare il paesaggio a pastini. Questa sentenza ha però messa in fibrillazione sia dei consiglieri che dei funzionari comunali - continua Giacomich - preoccupati che il pronunciamento rappresenti un precedente per tanti altre costruzioni da realizzare sulle colline triestine».

Maurizio Lozei
 

 

Legambiente: il cemento si mangia l'Italia - Crescita incontrollata delle urbanizzazioni e il decreto Milleproroghe incentiva lo scempio
 

ROMA E' come se ogni quattro mesi nascesse una «nuova» Milano: il cemento si mangia in Italia oltre 500 chilometri quadrati di territorio all'anno. A raccontarlo è «Ambiente Italia 2011», il rapporto di Legambiente sul consumo di suolo «la cui crescita in questi anni, senza criteri o regole - ha spiegato il presidente Cogliati Dezza - è tra le ragioni dei periodici problemi di dissesto idrogeologico e tra le cause di congestione e inquinamento delle città». Basti pensare che a Roma in 15 anni è scomparsa un'area verde grande quanto Bolzano. Come fermare l'avanzata del cemento? La strada indicata da Legambiente passa per limitazioni alla crescita urbana e lo stop alla speculazione edilizia. «Esattamente il contrario - accusa Cogliati Dezza - di quanto adottato nell'ultimo decreto Milleproroghe che continua a consentire ai Comuni, per i prossimi due anni, di adoperare il 75% degli oneri di urbanizzazione per le spese correnti e incentiva quindi a rilasciare permessi a edificare anche dove non necessario, per pagare gli stipendi dei dipendenti». Attualmente la superficie nazionale urbanizzata è pari all'estensione di Puglia e Molise messe insieme, per un totale di 2 milioni e 350mila ettari, il 7,6% del territorio nazionale, vale a dire 415 metri quadrati per ogni italiano. Negli ultimi 15 anni, osservano da Legambiente, il consumo di suolo è cresciuto in modo incontrollato. In una triste classifica delle regioni più cementificate nel 2010, la Lombardia era in testa con il 14% di superfici artificiali, seguita dal Veneto con l'11%, dalla Campania con il 10,7%, dal Lazio e dall'Emilia Romagna con il 9%. I primi risultati del 2011 portano invece alla ribalta anche Molise, Puglia e Basilicata che, pur conservando un forte carattere rurale, stanno conoscendo dinamiche di crescita accelerata delle superfici urbanizzate.Il consumo di suolo non è comunque una prerogativa italiana. Siamo nella media Ue, ma la nostra situazione è più complessa. Le periferie delle principali città, ad esempio, crescono senza un progetto ambientale, di trasporto pubblico e di servizi. Nelle aree di pregio, tra cui le coste, la costruzione di seconde case ha poi cementificato gli ultimi lembi liberi tra cui anche le zone a rischio idrogeologico.

(m.v.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 4 marzo 2011

 

Piano regolatore di Trieste. Gli ambientalisti: “Va approvato accogliendo le osservazioni migliorative, per evitare che “resusciti” quello di Illy. No ai pateracchi sui pastini, dopo la sentenza su Rio Martesin.”
(sintesi conferenza stampa di venerdì 4 marzo 2011)
Ci sono ancora poche settimane per salvare il territorio triestino dall’assalto del cemento.
Questo l’appello delle associazioni ambientaliste (WWF, Italia Nostra, Legambiente e Triestebella) al sindaco del capoluogo giuliano e ai gruppi del Consiglio comunale.
Il 6 agosto scadranno infatti le norme di salvaguardia, imposte al momento dell’adozione del nuovo piano regolatore. Se questo non verrà approvato entro quella data, tornerà in vigore a tutti gli effetti il piano precedente (la variante n. 66), approvato nel 1997 con il sindaco Illy. Da ciò l’urgenza di chiudere la vicenda dell’iter del nuovo piano, prima delle elezioni comunali, che di fatto impediranno al Consiglio di deliberare già a partire dai primi di aprile.
“Sarebbe una catastrofe – hanno osservato gli ambientalisti – perché tornerebbero in vigore tutte le previsioni più devastanti di quel piano, in particolare le massicce previsioni edificatorie sulla costiera e sul Carso.”
Le norme di salvaguardia – spiega la relazione inviata dal segretario generale Terranova al sindaco il 9 dicembre scorso - hanno infatti “congelato” 20 piani particolareggiati (per un totale di 125.000 metri cubi), e 30 progetti edilizi per altri 34.000 mc: inoltre, le zone di espansione residenziale “C” non confermate dal nuovo piano coprirebbero una superficie di 115.000 metri quadrati, sui quali sorgerebbero 225.000 mc, mentre le zone di completamento “B” trasformate in zone agricole “E” o forestali “F” ammontano ad oltre 1 milione di mq sui quali potrebbero essere costruiti circa 1 milione 600 mila mc.
Tuttavia anche il “piano Dipiazza” (variante n. 118) è lontano dal rappresentare una vera svolta nella gestione del territorio e nella tutela del paesaggio, rispetto a quello del predecessore. Se da un lato, infatti, sono state cancellate numerose previsioni edificatorie della var. 66 (ad es. la grande zona commerciale di Basovizza e varie zone “turistiche” e artigianali sul Carso), dall’altro lato ne sono state introdotte di nuove in aree di pregio ambientale, come la zona “turistica” di Padriciano, il canile di Fernetti, ecc. Se poi le zone di espansione residenziale sono state ridotte dalle 58 del “piano Illy” alle 18 di quello attuale, va detto che molte delle 58 nel frattempo sono state costruite (per il grave ritardo con cui la nuova amministrazione comunale ha avviato l’iter del nuovo piano regolatore), mentre le 18 rimaste incidono su zone di pregio ambientale e paesaggistico e non sono in alcun modo giustificate dalla situazione demografica, con la continua diminuzione della popolazione ormai da molti anni.
Inoltre, va tenuto conto del fatto che esistono circa 7.500 alloggi vuoti e 52.000 (circa la metà del totale!) sottoutilizzati, sul territorio comunale.
Ancora: una norma della var. 118 fa salvi tutti i piani particolareggiati, derivanti dal “piano Illy”, anche solo adottati dal Consiglio comunale e perfino quelli che hanno avuto soltanto un parere favorevole della Commissione edilizia: un obbrobrio inammissibile.
Vi è poi il grande problema delle “zone miste strategiche” (ex caserma di Banne, ospedale “Burlo Garofolo”, ex campo profughi di Padriciano, area magazzino ortofrutticolo ed ex Stazione di Campo Marzio, area ex Fiera Campionaria, ecc.) sulle quali è prevista una congerie assurda di previsioni, con elevate potenziale edificatorie “regalate” di fatto alla speculazione, mediante piani particolareggiati di iniziativa privata.
Su tutto ciò gli ambientalisti hanno formulato dettagliate e puntuali osservazioni, che coincidono in gran parte con quelle della Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici.
“Ci appelliamo perciò al sindaco ed ai gruppi consiliari – hanno commentato le associazioni – affinché facciano un regalo alla città e approvino il nuovo piano regolatore accogliendo tutte le osservazioni migliorative (respingendo ovviamente quelle peggiorative!), quelle cioè che vanno nella direzione di ridurre il consumo di suolo e tutelare il paesaggio.”
Tra queste vanno menzionate anche quelle di un comitato di cittadini, che chiedono la salvaguardia del giardino pubblico di Villa Cosulich in Gretta (dove il nuovo piano prevede una zona “turistica”).
Il “piano Illy” contiene però una norma, l’art. 18 delle Norme di Attuazione, che vieta la distruzione dei pastini - nelle aree di vicolo paesaggistico ed ambientale – per far posto agli edifici. Anche su ciò si è basato il Consiglio di Stato che ha annullato, di recente, le concessioni edilizie rilasciate dal Comune per alcune palazzine nella zona di Rio Martesin. “Si tratta – hanno osservato gli ambientalisti – di una delle poche cose buone contenute nel piano illyano, a tutela di uno degli elementi più caratteristici del paesaggio sulla costiera e in molte zone periferiche di Trieste. E’ assurdo perciò che alcuni consiglieri e funzionari comunali (gli stessi che rilasciarono su Rio Martesin delle concessioni evidentemente illegittime), pensino di modificare questo articolo, per “salvare” altri progetti edilizi in aree a pastini. Il Comune dovrebbe invece muoversi rapidamente per far rispettare la sentenza e obbligare le ditte, responsabili dei lavori nell’area di Rio Martesin, a rimediare ai danni già prodotti da questa triste gestione dell’intervento, di cui non va dimenticata la gestione “anomala” che va dal tentativo di elusione della procedura di VIA (con lo ”slicing” o “spezzatino”che dir si voglia), all’ inizio dei lavori non preceduto dalle opere propedeutiche previste nelle concessioni edilizie (sistemazione e gestione della viabilità).”
Su questi temi le associazioni ambientaliste sfideranno a pronunciarsi chiaramente sindaco e capigruppo consiliari, in un dibattito pubblico che avrà luogo martedì 16 marzo, alle ore 17.30, nella sala del Centro Servizi Volontariato di via S. Francesco 2. Il dibattito sarà introdotto anche da una relazione del prof. Livio Poldini, che ha collaborato con la Soprintendenza nella stesura delle osservazioni sul piano regolatore.
W.W.F. Italia Nostra Legambiente Triestebella
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 4 marzo 2011

 

 

Sertubi punta a crescere senza Ferriera
 

Previsti investimenti per 10 milioni, fra cui un forno elettrico per produrre la ghisa . I piani illustrati dall'azienda ai sindacati
Investimenti per oltre 10 milioni di euro, necessari a proseguire l'attività una volta - sempre che la scadenza rimanga il 2015 - la Ferriera avrà cessato la produzione. A prepararsi agli scenari futuri è Sertubi, azienda del gruppo Duferco, che annualmente produce 70mila tonnellate di tubi in ghisa per acquedotti e fognature, utilizzando appunto la ghisa prodotta dal vicino stabilimento di Servola. Una produzione che l'azienda punta non solo a mantenere ma a incrementare, arrivando a 100mila tonnellate all'anno. Sertubi, così, ieri ha illustrato ieri i programmi di investimento alle organizzazioni sindacali, convocate in una riunione alla quale, oltre al presidente Maurizio Bergonzi, ha preso parte Antonio Gozzi, al vertice di Duferdofin, holding che controlla Sertubi attraverso il gruppo Duferco. L'azienda non ha voluto rilasciare dichiarazioni sui contenuti dell'incontro. Da indiscrezioni è emerso comunque che l'investimento principale riguarda la costruzione di un forno elettrico, con cui produrre la ghisa una volta che la Ferriera non sarà più in grado di fornirla. Un impianto, il forno elettrico, la cui realizzazione comporta, tra l'altro, una procedura d'impatto ambientale piuttosto complessa. Sarebbe poi in programma, come detto, un aumento della capacità produttiva, per far fronte alla quale i dipendenti potrebbero aumentare dagli attuali 230 a circa 300, assorbendo così lavoratori della Ferriera che svolgono mansioni analoghe a quelle richieste da Sertubi. Bocche cucite anche sul fronte sindacale, in merito a quanto emerso nella riunione. Cgil, Cisl e Uil non sono entrare nei dettagli, affidandosi invece a una breve nota, firmata dai segretari generali Sincovich, Bordin e Visentini, e da quelli di Fiom, Fim e Uilm, Borini, Salvaneschi e Timeo. Nel comunicato si legge che Sertubi deve affrontare "inderogabili processi di investimento sugli impianti, anche al fine di garantire la continuità produttiva", e per questo ha delineato "la necessità di avere un quadro di politiche industriali accompagnato dalle istituzioni locali". In tale quadro "il contesto fortemente incerto della Ferriera di Servola, a fronte della stretta correlazione produttiva, non favorisce - precisano sempre i sindacati - le necessarie scelte strategiche per lo stabilimento Sertubi". Le organizzazioni sindacali hanno quindi concordato con l'azienda "sull'urgente necessità di avere un quadro certo di politiche industriali a Trieste", e in questo senso hanno deciso di chiedere "anche a fronte del ritardo sui tempi convenuti, all'assessore regionale alle attività produttive Seganti, il già previsto tavolo sulla siderurgia". Alla luce anche di questa richiesta, Sertubi e sindacati si incontreranno nuovamente fra alcune settimane per valutare la situazione. I tempi per la convocazione del tavolo sulla siderurgia non sembrano però vicini. «Attendiamo che venga chiusa la partita relativa all'accordo fra le banche e la proprietà del gruppo Lucchini, con il relativo piano industriale - dichiara l'assessore Seganti -. Un preaccordo con le banche e la Severstal sul gruppo Lucchini c'è già stato; l'accordo definitivo potrebbe essere formalizzato entro marzo. Solo dopo che si sarà svolto il tavolo nazionale - precisa - potremo convocare quello locale sulla siderurgia».
Giuseppe Palladini

 

 

Approvata la legge contro le antenne "selvagge"
 

TRIESTE Il Consiglio regionale ha approvato la legge sulle telecomunicazioni. Il testo, proposto dalla giunta, disciplina per la prima volta in modo organico la diffusione degli impianti di telefonia, radio e televisione in Friuli Venezia Giulia e rappresenta un quadro di riferimento «per tutti gli interventi di infrastrutturazione in banda larga e di contrasto al divario digitale». Si tratta di una sorta di legge quadro «per dare una regola alla giungla di antenne che spuntano di continuo in Friuli Venezia Giulia» precisa il relatore di maggioranza Maurizio Bucci (Pdl). E aggiunge: «È una sintesi completa delle normative europee e nazionali, un punto di riferimento a cui gli enti locali ora dovranno attenersi per il rilascio delle concessioni». Soltanto 88 Comuni su 218 hanno infatti una pianificazione ad hoc. «Il resto è un far west, dovevamo assolutamente intervenire» spiega il relatore di minoranza Giorgio Brandolin (Pd). Il primo articolo evidenzia «il diritto dei cittadini alla tutela della salute, attraverso un ordinato sviluppo e una corretta localizzazione degli impianti sul territorio», tuttavia il testo non fa chiarezza sui possibili effetti derivanti dall'esposizione ai campi elettromagnetici. Il consigliere del Pd Paolo Menis propone intanto alla giunta di attivare una campagna di sensibilizzazione per favorire almeno l'uso corretto del telefono cellulare, in particolare da parte dei più giovani.

(g.s.)
 

 

Incentivi al solare: più bassi da giugno - Il testo varato da Palazzo Chigi cancella il tetto degli 8mila MW, ma la polemica non si placa
 

ROMA Un «pasticciaccio brutto». Ma anche un «decreto truffaldino». E poi: una «retromarcia» del governo (nonostante il tentativo politico messo in campo dalla maggioranza per salvare in qualche modo le apparenze), cui si affiancano addirittura i "dubbi sulla costituzionalità" del provvedimento stesso. In buona sostanza, un "disastro" normativo che finirà «con l'ammazzare» il fotovoltaico. Perché da giugno si cambia. E le associazioni di categoria, i partiti di opposizione (ambientalisti in primis) nonché le imprese interessate si scagliano contro il testo licenziato ieri da Palazzo Chigi sul futuro delle energie rinnovabili. Un testo da cui scompare il tetto degli 8mila megawatt di fotovoltaico come limite al sostegno economico. Ma gli incentivi mirati - quelli previsti meno di un anno fa con il terzo «Conto energia» varato dal governo - saranno rivisti (ovviamente al ribasso) fra neanche due mesi. Di fatto, il provvedimento che dovrebbe indicare al Paese come perseguire l'obiettivo obbligatorio del 17% di energia prodotta da fonti "verdi" entro il 2020 (così come fissato dall'Ue) prevede il varo a giugno di un nuovo decreto. Dentro, il ministero dello Sviluppo infilerà l'adeguamento delle tariffe incentivanti. Immediati i mal di pancia: le associazioni Aper, Assosolare, Asso Energie Future, Ises, Grid Parity Project e Gifi (che rappresentano il 100 per cento del mondo produttivo impegnato nel fotovoltaico) chiedono al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, «di non firmare il testo» se «incostituzionale». Nel merito del decreto, per i terreni agricoli è stato fissato al 10% l'utilizzo della superficie e a 1 MW di potenza, regola che non vale per i campi abbandonati da almeno 5 anni. Sul fronte certificati verdi, il taglio è del 22% (era il 30% nella proposta iniziale). I ministri, dal canto loro, difendono il provvedimento. «Nessuno stop ma un impulso alla filiera», ha affermato il titolare dello Sviluppo economico, Paolo Romani, capofila del decreto. Critiche pesanti dall'opposizione: per il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, «le decisioni del Consiglio dei ministri sono un disastro. È vero che c'è una marcia indietro, ma per mesi e mesi lasceranno imprese e banche senza certezze. Questo, di fatto, è un blocco».

mi.sc.
 

 

SEGNALAZIONI - Fanghi tossici - REPLICA

 

Facciamo seguito all'articolo pubblicato da Il Messaggero di Pordenone lo scorso 24 febbraio intitolato: «Fanghi tossici da Trieste, stop ai carichi» per esprimere lo stupore nel vedere descritta con tanta dovizia di particolari una realtà totalmente difforme dal vero che ha dato al lettore un'immagine errata dell'operato della nostra società. Comprendiamo pertanto benissimo le ragioni del Sindaco di Maniago nell'aver bloccato l'autorizzazione alla dispersione dei fanghi digeriti, provenienti dai depuratori di Trieste, se le informazioni di cui è venuto in possesso sono quelle descritte nell'articolo. Per sgomberare il campo da qualsiasi fraintendimento, va certamente evidenziato che fanghi da depurazione, prodotti dagli impianti triestini, non sono mai stati smaltiti in campi ubicati nel Comune di Maniago. La provincia di Pordenone ha autorizzato, ai sensi della L. 99/92, dopo aver ricevuto e valutato positivamente tutte le analisi, peraltro previste dettagliatamente dalla citata legge, che AcegasAps ha trasmesso nel corso di un procedimento che si è protratto per più di un anno. In questo frangente, la nostra società ha dovuto dimostrare all'ente pordenonese ed all'omologo triestino, scendendo nei più minimi dettagli, il processo cui vengono sottoposti i fanghi prima di arrivare alla fase finale di smaltimento. Ci sembra superfluo discutere sulle illazioni contenute nell'articolo circa lo smaltimento diretto a mare dei fanghi dei depuratori da noi gestiti fino a due anni orsono! Trieste è stata la prima città in Italia ad essere dotata di un impianto di depurazione delle acque reflue urbane con digestione anaerobica dei fanghi e la cura nello smaltimento di rifiuti prodotti è sempre stata conforme alle leggi vigenti. Il percorso che seguono i fanghi prodotti a Trieste è sempre tracciabile essendo svolto in piena conformità alle leggi nazionali vigenti. Confidiamo che chi ha affermato queste illazioni voglia rapidamente correggerle a tutela dell'interesse della nostra società ma soprattutto della collettività regionale che chiede un'informazione corretta anche sui temi ambientali. AcegasAps, avendo liberamente scelto di aderire al sistema di certificazione ambientale ISO 14001, il 7 luglio del 2002 ha ottenuto dal CISQ la certificazione ambientale e da allora ha superato tutte le ispezioni condotte da funzionari esterni, secondo protocolli codificati a livello internazionale. Tali verifiche hanno infatti sempre evidenziato la massima trasparenza delle nostre scelte industriali e le relative positive ricadute sull'ambiente, un continuo miglioramento delle performances degli impianti che siamo chiamati a gestire ed una sensibilità ambientale adeguata all'elevato livello di sviluppo della nostra Regione. A titolo di pura informazione, alla luce della nostra scelta ambientale, va detto che i fanghi prodotti a Trieste vengono analizzati con continuità da laboratori interni ed esterni e settimanalmente, specificatamente alle più complesse metodiche di analisi necessarie per rilevare l'eventuale tossicità e/o cancerogenicità dei fanghi, li mandiamo al laboratorio dell'Istituto di ricerche Agrindustria (Modena), istituto leader in Italia per queste metodiche. Abbiamo ritenuto doveroso esprimere un tanto per senso di responsabilità e confermiamo che saremmo lieti di ospitare gli amministratori nei nostri impianti in modo da poter dimostrare con i fatti che quanto sopra risponde al vero e soprattutto che siamo dalla stessa parte della barricata: vogliamo difendere l'ambiente in cui viviamo noi e vivranno i nostri figli.

Enrico Altran - direttore dell'Area Territoriale di Trieste Divisione Acqua e Gas AcegasAps Spa

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 3 marzo 2011

 

 

RIGASSIFICATORE NEL PORTO DI TRIESTE: ALTRE FALLE NELLE AUTORIZZAZIONI
 

Non inserita nella V.I.A. la caratterizzazione dell’inquinamento marino: Greenaction-Alpe Adria Green integrano le denunce alla Commissione Europea e il ricorso al T.A.R. Lazio
Il progetto del terminale gas della spagnola Gas Natural-Fenosa è stato autorizzato senza che fosse accertato il reale inquinamento dell’area in cui lo si voleva realizzare. La zona in cui dovrebbe sorgere l’impianto energetico è infatti inserita nel S.I.N. (Sito Inquinato Nazionale) di Trieste ed è un tratto di costa che si affaccia sul vallone marino di Muggia utilizzata nel passato come discarica incontrollata di fanghi industriali. Ma l’inquinamento ha interessato anche la parte a mare antistante la linea di costa su cui dovrebbe sorgere il terminale. E infatti buona parte del sito inquinato nazionale di Trieste (i 2/3) riguarda i fondali marini.
Il progetto della società spagnola già contestato per le numerose irregolarità (comprese alterazioni - determinanti ai fini dell’approvazione - di dati sull’impatto ambientale), ne presenta una ulteriore e certamente di non poco conto. Infatti il Ministero dell’Ambiente ha espresso il parere favorevole al terminale in mancanza dei dati sull’inquinamento dei fondali marini antistanti e da bonificare.
Dal verbale di convocazione della conferenza di servizi del 21 febbraio 2011 indetta dal Ministero dell’Ambiente per il S.I.N. di Trieste, al V° punto all’ordine del giorno risulta esservi il “Piano di caratterizzazione ambientale a mare ai sensi del D.lgs 152/06 dell’area off Shore E per la realizzazione del Terminal GNL a Zaule, trasmesso dall’A.P.T. con nota del 23.10.2008 ed acquisito dal MATTM al prot. n. 24482/QdV/DI del 28.10.2008”.
Ad oggi non sono quindi ancora disponibili i dati dell’inquinamento marino dell’area in cui si dovrebbe realizzare il rigassificatore. E non vi è naturalmente nessun piano per la bonifica. Ma intanto il rigassificatore è già stato autorizzato nel luglio del 2009 con ulteriore e clamorosa violazione della procedura di V.I.A. Il progetto avrebbe infatti potuto essere esaminato solo avendo a disposizione tutti i dati che lo riguardavano non essendo possibile approvarlo in mancanza di informazioni essenziali a determinarne l’impatto ambientale.
www.greenaction-transnational.org
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 marzo 2011

 

 

Omero (Pd): «Sulla linea Tav Italferr mostri le carte alla città»

 

«Il Consiglio comunale mandi a Italferr un messaggio chiaro sulla nuova linea Ac/Av Venezia-Trieste - propone il capogruppo del Pd in Municipio, Fabio Omero -. Da un punto di vista politico, diciamo sì all'alta capacità. Da un punto di vista tecnico, viste prescrizioni e comportamento dei tecnici, diciamo no al progetto. E pretendiamo che Italferr si presenti con le sue carte, non in Consiglio comunale, che i tecnici di Italferr hanno snobbato non presentandosi all'audizione cui erano stati invitati, ma - conclude - davanti alla città tutta».

 

 

Tav, un indennizzo per Aurisina Stazione - Approvato dal Consiglio il parere sull'Alta velocità. Il sindaco Ret: «Avviata un'importante sinergia»
 

DUINO All'unanimità dei quindici consiglieri comunali presenti, assenti solo l'assessore Andrea Humar e l'esponente dell'opposizione Lorenzo Corigliano, è stata approvata ieri la delibera contenente i pareri sul progetto preliminare della tratta Ronchi-Trieste per la nuova linea ferroviaria Av/Ac. E lo stesso dicasi dell'osservazione resa dal vicesindaco Massimo Romita, il quale ha chiesto di «prevedere a carico del proponente, quale indennizzo per la frazione di Aurisina Stazione, il completo recupero, rifacimento e riqualificazione dello storico edificio della stazione e dei suoi interni, il totale restyling a scopi associativi, sportivi e ricreativi delle aree e delle strutture attualmente in uso del dopolavoro ferroviario (sala, campetto e parco giochi, ndr), la ristrutturazione dell'impianto sportivo utilizzato dalla bocciofila di Aurisina e la sistemazione dell'intero piazzale della stazione stessa». La convergenza di maggioranza e opposizione si è dunque trovata, seppur con i debiti distinguo. Per un sindaco Giorgio Ret che ha «ringraziato gli speleologi per il prezioso apporto reso nella disamina dei documenti», si è avuto un consigliere d'opposizione Maurizio Rozza (Verdi) che ha invece parlato di «pressapochismo alluncinante», citando l'esempio di un sito di stoccaggio del materiale «inserito nella Via nientemeno che all'interno del castello di Duino» oppure l'errore sulle cartografie di tracciati slittati di ben 3 chilometri fino Ternova. Di «superficialità» ha parlato anche il capogruppo di Insieme Massimo Veronese. Il presidente della Seconda commissione consiliare, Fabio Eramo, nel suo intervento ha invece rilevato la «mancanza dell'analisi costi-benefici imposta dalla vigente normativa per tutte le opere pubbliche», nonché l'assenza di un elaborato con le attività di compensazione ambientale. Nel dibattito, l'altra grave lacuna emersa in seno alla Via ha riguardato la carenza «dell'indicazione tra gli elaborati grafici dei vincoli e delle aree di Riserva naturale di Stato e conseguente omessa valutazione delle interferenze degli impatti sulle aree». «In particolare - ha osservato Eramo - si ritiene che, a tutela delle falde acquifere, deve essere evitata la dispersione di olii minerali e altri inquinanti. Gli eventuali materiali di scavo vanno stoccati in aree non carsiche». Rimarcata, in maniera bipartisan, la necessità di inserire barriere antirumore lungo il tracciato in trincea e ponti verdi per mimetizzarlo, nonché il trasporto su rotaia del materiale di scavo e il costante monitoraggio dell'andamento dell'opera da parte del Comune. Il consigliere di Insieme Edvin For>i> ha chiesto uno studio sulla propagazione delle vibrazioni. «E populistico dire "La Tav non si fa" - ha dichiarato quindi il sindaco - noi ci siamo assunti la responsabilità di compiere le cose in modo corretto e questo crea un'importante sinergia tra ente locale, Stato e Rfi». Critico, invece, il commento sul tracciato successivo, Trieste-Aurisina-Divaccia, oggetto ieri di un incontro con l'assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi, alla presenza anche della presidente provinciale Maria Teresa Bassa Poropat. «Si è stabilito di analizzare preventivamente il miglior percorso da seguire perché qui le problematiche potrebbero essere molto rilevanti, ma abbiamo ottenuto rassicurazioni», ha concluso Ret.

(ti.ca.)
 

 

ENERGIA Rinnovabili, va evitato il consumo di terreno.

 

 L'assessore all'Ambiente Luca Ciriani ha parlato ieri in Consiglio dei rischi che investono i terreni agricoli in conseguenza di un eccessivo sfruttamento dovuto alla "moda" dei parchi fotovoltaici. Lo ha detto in relazione alla necessità di una moratoria delle autorizzazioni che riguardano i nuovi impianti fotovoltaici con potenza superiore ai 200 KW e gli impianti biomasse e a biogas con potenza superiore a 500 e 100KW.

 

 

Rinnovabili, niente tetto sugli incentivi
 

Niente tetto massimo di 8.000 MW per gli incentivi al fotovoltaico, accoglimento delle osservazioni delle Commissioni di Camera e Senato, che non avevano previsto questa misura, ok agli incentivi ma con, all'orizzonte, l'ipotesi di un taglio del 50% di questi aiuti all'energia solare a partire da maggio. Questo lo scenario sul decreto legislativo dello Sviluppo Economico sulle rinnovabili, di recepimento di una direttiva Ue, come delineato prima del vertice serale tra i ministri dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, e delle Politiche Agricole, Giancarlo Galan. «Tante le chance di trovare un'intesa», ha evidenziato prima del vertice Prestigiacomo. Il provvedimento è previsto nell'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri di oggi e in 48 ore ha suscitato una discussione accesa.
 

 

Consultazioni a tappeto sulla Cimpello-Sequals - LA MOZIONE

 

 Il Consiglio regionale ha approvato all'unanimità la mozione di Pd-Italia dei valori e Cittadini sulla Cimpello-Sequals, impegnando la giunta a consultare le popolazioni interessate e recepirne le istanze. L'assessore Riccardo Riccardi, intanto, ha reso noto che l'attuale progetto prevede una spesa di 400 milioni di euro: il doppio di quanto disponibile. Obbligatorio coinvolgere i privati.

 

 

Colibrì, scatta una nuova diffida - Soprintendenza: proibito usare l'acqua. Sgombero previsto per il 15 - IL CENTRO DI MIRAMARE
 

Una nuova diffida è stata spedita tramite la Procura al Centro colibrì di Miramare dalla Soprintendenza. Riguarda la proibizione di usare l'acqua per le serre. Annessa però c'è una deroga per il tempo necessario a installare un contatore: «Anche 10 giorni di controllo servono per avere una stima dei consumi al fine di ottenere la rifusione dei costi», afferma Luca Caburlotto, il soprintendente che ha dato lo sfratto esecutivo ai colibrì, provvedimento ormai definitivo essendo scaduti i termini per eventuali ricorsi al Tar. Si avvicina il 15 marzo, giorno di sgombero, e ufficialmente tutto tace. Dietro le quinte però si dice che la presidenza del Consiglio dei ministri stia per mettere a punto, grazie al lavoro della Forestale, una soluzione. I colibrì (è l'ipotesi più concreta) potrebbero essere trasferiti al Centro delle farfalle di Bordano. L'ipotesi è accreditata anche da Piero Susmel, docente di alimentazione animale all'Università di Udine, consulente scientifico di Rimoli, e in contatto con Roma. «So che la presidenza del Consiglio dei ministri è orientata in questo senso, e che sono in corso verifiche». Intanto Stefano Rimoli, il direttore del centro, tira avanti con la sua colonia di uccellini senza un soldo in tasca. E in più ha appena chiesto lo spostamento all'8 marzo di una causa che ha in piedi con il Consiglio di Stato contro il ministero dell'Ambiente. «Quando mi ha comunicato lo scorso maggio di non aver più intenzione di finanziarci, mentre avevo chiesto un aumento rispetto ai 40 mila euro annuali - racconta Rimoli -, ho fatto causa al Tar. Il Tar ha risposto che non poteva imporre il pagamento al ministero, ma aggiungeva una frase ambigua, "salva la responsabilità amministrativa di garantire la vita degli animali"». Nel silenzio totale delle istituzioni sul caso di Miramare, Caburlotto si prepara a spedire l'ordine di sfratto coattivo. «Ma non sarà la Soprintendenza a fisicamente portar via gli uccellini - assicura -, lo farà chi sarà autorizzato dalla magistratura in quanto ne ha le facoltà. A quel punto la responsabilità passa di mano, e chi eventualmente non eseguirà l'ordine si assumerà la responsabilità penale e anche finanziaria».

(g.z.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 marzo 2011

 

 

In Consiglio il progetto della Tav
 

DUINO Si terrà oggi, con inizio alle 8.30, il Consiglio comunale straordinario di Duino Aurisina per discutere la mozione di sfiducia presentata da Veronese, Corigliano, Ferfolja, Rozza e Ulcigrai nei confronti del sindaco Giorgio Ret per aver disatteso l'applicazione dell'ordine del giorno collegato alla delibera di modifica del regolamento Ici. Farà seguito la seduta ordinaria dell'assise (ore 9.30), che prenderà in esame i seguenti punti all'ordine del giorno: parere sul progetto preliminare della nuova linea Av/Ac per la tratta Ronchi-Trieste; precisazioni per l'applicazione del regolamento Ici; indirizzi per la ricerca di modelli gestionali efficienti per l'ampliamento e l'estensione dei servizi di cura e assistenza nell'Area Anziani; e la modifica al regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale. (t.c.)
 

 

Alta velocità, i treni francesi guardano a Ntv - I PIANI DI SNCF
 

PARIGI Il divorzio tra Trenitalia e Sncf sui treni italo-francesi di Artesia sarà firmato a fine anno ma Oltralpe sono già pronti a rilanciare e rafforzare la propria presenza sul territorio italiano con i Tgv e soprattutto con la partnership industriale siglata nell'alta velocità con Ntv, il progetto Tav ideato da Luca Cordero di Montezemolo e Diego Della Valle. A illustrare le strategie del gruppo transalpino è stato il numero uno Guillaume Pepy, nel corso di un incontro con la stampa italiana. Il presidente di Sncf ha spiegato che a dicembre verrà sciolta la joint-venture con il gruppo guidato da Mauro Moretti ma già da gennaio il servizio verrà garantito da sei treni Tgv che viaggeranno di giorno sulla tratta Milano-Parigi via Torino-Lione. Il tutto mentre è ai nastri di partenza (entro fine anno) il progetto made in Italy Ntv che a detta dello stesso Pepy «è un'esperienza unica, fantastica ed entusiasmante» visto che «siamo dei pionieri», «è la prima volta in Europa» che un gruppo, peraltro in parte straniero, può sfidare «l'ex monopolista sul mercato dell'Alta velocità». La compagnia francese partecipa in Ntv con una quota del 20% (non può salire oltre) e gli altri soci - oltre a Montezemolo, Della Valle e Gianni Punzo - sono le Generali e Intesa SanPaolo. «Si tratta di una partecipazione strategica, industriale e di lungo periodo», ha sottolineato il manager, ricordando che la compagine francese è «rappresentata da due consiglieri» nel consiglio d'amministrazione. Pepy, che per questioni di riservatezza non ha svelato strategie sulla politica dei prezzi, si è limitato a confermare quanto già trapelato in precedenza: «Ntv non sarà low-cost ma di certo chi prenota prima spende meno».
 

 

Spreco d'acqua, 47mila pozzi sotto tiro - Uno studio li "incastra": chi li usa consuma 17.937 litri al giorno, cioè 72 volte il reale fabbisogno medio
 

TRIESTE Veri e propri pozzi senza fondo. È questa volta non è solo un'espressione metaforica. Il Friuli Venezia Giulia, infatti, è una regione sprecona: butta via litri e litri di una risorsa preziosa come l'acqua. E i "colpevoli" in prima battuta sono loro: i pozzi, sparsi tra Bassa Friulana, Isontino e Pordenonese. Basti considerare questo dato: a fronte di un fabbisogno medio giornaliero pro capite di 250 litri, ogni abitante che nel Friuli Venezia Giulia fa ricorso a un pozzo domestico artesiano (naturale) ne consuma quotidianamente 17.937, cioè 72 volte le reali necessità. La conslusione, dunque, non può che essere una: questi serbatoi, o li si chiude, o li si dota di dispositivi "contagocce". A rendere noto il problema è stato un team di ricercatori dei dipartimenti di Geoscienze e di Ingegneria civile e ambientale dell'Università di Trieste, il servizio Idraulico della Regione e l'Osmer Arpa, impegnati in un progetto iniziato nel 2007 e i cui risultati sono stati illustrati ieri a Udine. Al convegno, dal titolo "Risorse idriche sotterranee del Friuli Venezia Giulia: sostenibilità dell'attuale utilizzo", cui ha partecipato anche l'assessore regionale all'Ambiente Luca Ciriani, è stato presentato il volume "Linee guida per la programmazione degli utilizzi della risorsa acqua". Si tratta di un debutto: per la prima volta è stata data un'occhiata nel nostro sottosuolo, per "censire" i pozzi e analizzare la natura e la quantità dei prelievi. «Risulta evidente - hanno spiegato gli esperti - lo spreco di risorsa idrica imputabile all'incontrollata risalita naturale delle acque artesiane, perché questo tipo di prelievo costituisce il 50 per cento del volume prelevato dalle acque sotterranee e supera da 4 a 7 volte il quantitativo immesso nelle reti del solo comparto acquedottistico. Il prelievo maggiore si verifica nel Pordenonese. Se le fontane e i lavatoi della Bassa pianura fanno parte da sempre del paesaggio e della cultura del territorio, bisogna riflettere sulla sostenibilità di questi usi. Se ogni pozzo domestico fosse dotato di un dispositivo di regolazione per impedire il getto continuo ci sarebbe un enorme risparmio: con una riduzione di portata massima da 0,8 (attuale stimata, ndr.) a 0,1 litri al secondo si risparmierebbero 27 metri cubi d'acqua al secondo, cioè più della metà dei consumi provenienti dai sistemi acquiferi della Bassa pianura. «Per risolvere le criticità sono state elaborate le Linee guida per la programmazione dell'utilizzo dell'acqua - ha spiegato l'assessore Ciriani - che costituiscono uno strumento a disposizione della Regione. Le Linee contengono direttive per incrementare la ricarica, ridurre i consumi, conservare la qualità, controllare la sostenibilità e il progresso delle conoscenze».
Elisa Coloni

 

 

Cantiere di Campo Marzio Residenti sulle barricate - LA PROPRIETA': SIAMO IN REGOLA - Il comitato: «Analisi forse insufficienti»
 

Denunciano polveri e vibrazioni. Il costruttore procede intanto al buio in attesa del placet del Comune sulla cubatura degli spazi commerciali
«Siamo in regola con ogni documentazione - la precisazione di Terpin - e smentiamo le affermazioni secondo cui la richiesta di proroga di concessione edilizia era motivata da questioni economiche. Era invece dovuta a interpretazioni difformi del contratto con l'impresa che si stava occupando dell'appalto (la Vittadello, ndr) tanto che abbiamo risolto il contratto affidando l'appalto alla Collini». «Noi non diciamo a priori che ci sono problemi - la replica del portavoce del comitato Campo Marzio, Sergio Kosic - diciamo però che forse non sono state fatte tutte le verifiche preliminari, per accertare se vi siano o meno determinati problemi. La proprietà assicura che tutte le analisi ambientali sono state fatte sotto la supervisione dell'Arpa: ma tali analisi sono state effettuate anche a 12, 13 metri di profondità, là fin dove si scaverà per ricavare i parcheggi sotterranei? Eppoi ci si è chiesti dove andrà a finire l'acqua di queste falde che ora affiorano abbondanti tra gli scavi, una volta che sarà realizzato il complesso edilizio?».
di Piero Rauber Il cantiere privato più mastodontico della città - quello in divenire sulle ceneri dell'ex concessionaria Fiat di Campo Marzio - procede. Ma "al buio". Quantomeno dal punto di vista amministrativo. Avrà pure «tutte le carte in regola», come assicura l'avvocato Emilio Terpin nei panni del legale della proprietà, la Cmc Spa che fa riferimento all'ingegner Sergio Hauser e alla moglie Donata Irneri. È che quella stessa proprietà aspetta ancora di sapere, dal Comune, se i futuri spazi commerciali tra le future case potranno o meno superare i 1500 metri quadrati: 3500 di piastra vera e propria, tipo centro commerciale, più altri 1500 destinati a più negozi e punti vendita indipendenti, al dettaglio. È quanto punta ad avere la Cmc, che l'ha richiesto all'amministrazione cittadina già un anno fa con una variante - firmata dallo studio Assanti - al progetto originario dell'ingegner Giovanni Cervesi. Un progetto dove, di metri quadrati commerciali, se ne prevedevano cinquemila - più duemila di magazzini e 11mila di parcheggi - prospettiva che però era stata cassata a suo tempo dal Comune stesso. Le preoccupazioni dei "vicini" Non è questo l'unico possibile scoglio rimasto piazzato lungo l'iter del megacantiere. Il comitato di residenti anti-cemento di Campo Marzio, infatti, resta letteralmente alla finestra: lamenta un continuo turbillon di polveri, rumori e vibrazioni sotto le proprie case - in particolare quelle che confinano "a monte" proprio col cantiere - evocando l'eventuale «nocività di questa situazione che scontiamo sulla nostra pelle» e che «nessuno si preoccupa di verificare». È stato proprio su sollecitazione del comitato Campo Marzio - che si riunirà stasera alle 18 nella sala parrocchiale di via Locchi per fare il punto dei «problemi» - che l'opposizione di centrosinistra, primo firmatario il capogruppo Pd Fabio Omero, ha sollecitato a sua volta l'esponente dell'Udc Roberto Sasco a convocare, come presidente, la Sesta commissione - competente in materia di Urbanistica irettamente in loco. Il sopralluogo E ieri all'ora di pranzo, appunto, è avvenuto il sopralluogo, che sarà seguito da una seduta di commissione, presumibilmente martedì prossimo. Gli zampilli sbucati da sotto il ponticello a rulliere, su cui di lì a poco sarebbero passati i camion con i loro metri cubi di terra da scavo, parevano giochi d'acqua azionati a distanza da un comitato di benvenuto. Altro non era che la voglia, da parte dei titolari del cantiere, di dimostrare che gli spruzzi lavaruote - quelli deputati per proprio a bagnare le ruote dei camion affinché non disperdano polvere dappertutto - funzionano a dovere. «Adesso i bagna, che coraggio...», maliziava ad alta voce un residente della zona, di quelli che da anni fanno le barricate, finora a vuoto, contro la rivoluzione edilizia in corso. L'attesa della proprietà In effetti, in quel quadrilatero da 19mila metri quadrati tra le vie Campo Marzio, Reni, Picciola e Murat dovrebbero sorgere entro la fine del 2012 135 alloggi, 676 posti auto, tre aree verdi, altrettanti accessi per i veicoli a motore e uno riservato ai pedoni, e soprattutto la piastra commerciale da cinquemila metri quadrati frazionata però diversamente rispetto al progetto originario. «Allo stato attuale - ha assicurato Terpin - l'unica novità è proprio la variante dell'ingegner Assanti». Su cui manca un cenno, definitivo, del Municipio. «È una delibera di competenza del Consiglio comunale - ha spiegato a questo proposito Sasco - perché le dimensioni commerciali superano i 1500 metri quadrati. Loro stanno finendo gli scavi, il Comune deve decidere».
 

 

Tralicci da Conconello a monte Belvedere - La soluzione sulle antenne radio prospettata dal Comune ai residenti. Spostamento forse entro l'anno
 

Lo spostamento entro l'anno dei tralicci da Conconello a monte Belvedere. È questa la soluzione prospettata ieri ai residenti del piccolo centro della periferia della città, da 32 anni afflitti dal problema dell'inquinamento elettromagnetico generato dagli impianti di radiofrequenza siti a pochi passi dalle loro case, nel corso della riunione della Commissione trasparenza del Comune. La seduta dell'organismo di controllo, l'unico presieduto da un membro dell'opposizione, il consigliere comunale di centrosinistra Emiliano Edera (Lista Primo Rovis), ha visto la partecipazione fra gli altri della responsabile del servizio di Pianificazione urbana dell'amministrazione, Ave Furlan e dell'ingegner Stelio Vatta e del dottor Marzio Viola dell'Arpa provinciale di Trieste. All'appuntamento hanno partecipato numerosi residenti di Conconello. Vatta e Viola hanno evidenziato che «gran parte dei superamenti dei livelli massimi di inquinamento elettromagnetico stabiliti dalla legge sono dovuti alla presenza di impianti radio Fm, i cui ripetitori sono situati nel centro dell'abitato. Le antenne della televisione sono più discoste - hanno aggiunto - e comunque inquinano meno». I due tecnici hanno ricordato che «questi risultati sono frutto di più di 200 rilievi in banda larga, che tengono cioè conto - hanno sottolineato - di tutto ciò che attraversa l'aria». La Furlan ha spiegato che «quattro emittenti, che sono Radio Sorriso, Radio Birikina, Radio punto zero e Radio radicale hanno già chiesto di potersi spostare. La più sollecita in tal senso - ha precisato - è stata Radio punto zero. I progetti - ha sottolineato - finora non si sono potuti realizzare perché abbisognavano della Valutazione di impatto ambientale, più nota come Via. Adesso la Regione ha emesso un provvedimento che permette di superare questo ostacolo burocratico, perciò a breve potrà essere approntata una bozza di convenzione fra Comune ed emittenti che sarà sottoposta al vaglio del consiglio comunale per poi poter iniziare i lavori di trasferimento. Il principio - ha concluso - è che il progetto deve essere unitario, cioè coinvolgere tutte le emittenti». Nel momento in cui tutta la documentazione tecnica sarà stata completata e depositata, si potrà lavorare alla convenzione. «Ragionevolmente - ha concluso la Furlan - entro quest'anno si potrebbe arrivare allo spostamento». Edera ha formalmente invitato Roberto Dipiazza e il prossimo sindaco della città «a dare assoluta precedenza all'iter amministrativo necessario per arrivare all'adozione della convenzione, perché la salute dei cittadini è un bene che deve precedere qualsiasi altro tipo di esigenza». I cittadini presenti, che prima dell'inizio della seduta si sono informalmente intrattenuti con lo stesso Dipiazza per evidenziare ancora una volta le loro gravi problematiche, hanno presentato alla Commissione il lungo elenco di vittime dell'inquinamento. «Abbiamo avuto alcuni decessi - hanno ricordato - e molte persone ammalate di cancro, la cui origine va addebitata proprio alla presenza dei ripetitori».

Ugo Salvini
 

 

Area Science Park arriva la "caldaia che non inquina"
 

La sperimentazione avviata a Pordenone su idea di Stp - L'impianto riduce le emissioni e sfrutta energie rinnovabili
Riduce le emissioni di Pm10 e quindi l'inquinamento atmosferico, utilizza energia rinnovabile al 70% e promette di abbattere i costi legati alla bolletta. È una nuova frontiera quella che apre la "pompa di calore ad alta temperatura", già ribattezzata la "caldaia che non inquina". Avviata a Pordenone nel comprensorio scolastico pubblico "Centro Studi" la sperimentazione sfrutta energia rinnovabile al 70-75%, percentuale che può salire anche al 100% attraverso l'utilizzo di elettricità generata da pannelli fotovoltaici. La nuova caldaia riesce a produrre acqua calda con temperatura superiore ai 75°C (attorno agli 80°C) e si candida così a sostituire le attuali caldaie da riscaldamento senza dover rifare gli impianti. L'innovazione, ideata da Stp (spin-off imprenditoriale insediato in Area Science Park) e ingegnerizzata da Rhoss Spa, rientra nel più ampio piano Enerplan (di cui riferiamo a parte) e nello specifico è sostenuta da Provincia e Comune di Pordenone. L'impianto sperimentale funge da laboratorio per lo sviluppo della tecnologia. L'obiettivo finale è chiaro: sostituire le caldaie tradizionali, nei condomini ma anche negli edifici industriali e commerciali, con pompe di calore ad alta temperatura. Uno scenario che determinerebbe anche un risparmio a lungo termine: l'investimento iniziale viene compensato da risparmi sulla bolletta in meno di quattro anni, assicurano i progettisti. Sul lato energetico, è rinnovabile almeno il 70% dell'energia necessaria a generare il calore. Zero le emissioni prodotte sul posto. «Il nostro ruolo di parco scientifico - aveva evidenziato il presidente di Area Science Park, Giancarlo Michellone, annunciando la presentazione della novità - è quello di scoprire chi ha idee geniali e aiutarlo a realizzarle. È il caso di Stp, giovane società che ha inventato la pompa di calore ad alta temperatura, che promette di rivoluzionare il mercato delle caldaie da riscaldamento nei prossimi anni».

Matteo Unterweger

 

 

Muggia paga il fotovoltaico che non c'è - L'OFFERTA - Energia e pannelli a costo zero
 

Azione legale di alcuni cittadini costretti a finanziare un impianto fantasma. Il sindaco revoca il patrocinio all'EnergEsco
L'offerta EnergEsco è una di quelle che non si possono rifiutare. Installazione e manutenzione gratuita del gazebo fotovoltaico e soprattutto un consistente abbattimento del costo dell'energia elettrica. L'unico requisito è disporre di un'area di almeno 20 metri quadrati per la posa del gazebo e la sua esposizione a Sud senza ostacoli aerei. Il contratto ha durata ventennale: al termine si può deciderne lo smantellamento a spese di EnergEsco. Con la sottoscrizione del contratto, il cliente cede ad EnergEsco la tariffa incentivante stabilita nel conto energia. L'unico costo a carico del cliente è di 300 euro come quota associativa "una tantum" a favore di EnergEsco.
Niente di nuovo sotto il sole di Muggia. Il fotovoltaico che doveva sbarcare gratis nei giardini non è mai approdato. E il risparmio stimato di circa 600 euro sulla bolletta dell'energia elettrica è tutto da verificare. I gazebi con i pannelli fotovoltaici, sbandierati dieci mesi fa dal Comune di Muggia all'interno del progetto del ministero dell'Ambiente "100 impianti fotovoltaici in 100 comuni d'Italia", non sono mai sorti. In compenso per alcuni cittadini (tre secondo la stima del sindaco Nerio Nesladek) sono arrivate le rate da pagare di un finanziamento da 20mila euro. L'energia dell'EnergEsco, la società romana con sede a Frosinone, non è "infinita" come si legge sul sito internet. Energia a responsabilità limitata come la ragione sociale della società il cui capitale interamente versato supera di poco i 10mila euro. Il Comune di Muggia aveva messo a disposizione dell'EnergEsco uno sportello al quale i cittadini poteva rivolgersi per chiedere la posa del gazebo. E aveva offerto nel giugno 2010 il suo "patrocinio" alla società romana. «Patrocinio non esclusivo - tiene a precisare il sindaco Nesladek - che adesso abbiamo provveduto a revocare». La retromarcia del Comune arriva dopo le promesse non mantenute dall'azienda e le proteste di alcuni cittadini costretti a ricorrere a un avvocato per evitare di pagare per un impianto non hanno mai visto. E per fortuna che sono stati pochi ad aderire al progetto nonostante il grande interesse iniziale. Molti, infatti, si sono tirati indietro non appena l'EnergEsco chiedeva di mettere la firma su un mutuo da 2Omila euro di una finanziaria che sarebbe stato rimborsato interamente con l'energia prodotta. Un'operazione non proprio "solare". E così a crederci sono rimasti in pochi. Ora anche il Comune prende le distanze e corre ai ripari. «Abbiamo dato incarico a un legale di tutelare la nostra immagine e chiedere eventuali danni anche per i cittadini, per fortuna pochi, che sono stati coinvolti». La società per ora latita, anche se alcuni giorni fa si è fatta viva con il Comune. «Il presidente di EnergEsco - spiega Nesladek - ci ha assicurato che in tempi rapidi sistemeranno le cose». Gli impianti infatti dovevano essere pronti entro il 31 dicembre. Ma come si è arrivati all'EnergEsco? «Le loro credenziali erano buone - ammette Nesladek -. Ci eravamo informati con altri Comuni». Ingenuità? Chissà. L'avvocato Alfredo Antonini, a cui si è rivolto uno dei cittadini, allarga le braccia. «Come si fa a dare credito a una srl con un capitale sociale di 10mila euro? Mi lascia perplesso».
Fabio Dorigo

 

 

Energie rinnovabili, il governo media - Bufera sulla bozza di decreto del ministro Romani. La Prestigiacomo si schiera: sì agli incentivi
 

ROMA Non si placa la protesta trasversale sollevata dall'ipotesi di decreto legislativo del Governo sulle energie rinnovabili con tagli a incentivi e misure di sostegno. Lo schema di recepimento della direttiva Ue approderà in Consiglio dei ministri domani, dopo il pre-consiglio di ieri. Secondo le intenzioni del ministro per lo Sviluppo Economico Paolo Romani gli incentivi al solare fotovoltaico verrebbero «tagliati» a decorrere dal primo gennaio 2014, o al raggiungimento del «limite» fissato in 8.000 Megawatt di potenza, ma dopo le proteste di operatori di settore e ambientalisti, il governo cerca un testo condiviso. Schierata contro i tagli Stefania Prestigiacomo, ministro dell'Ambiente: «È chiaro - dice - che gli incentivi non potranno essere sempre quelli dell'inizio perché la tecnologia va avanti, e quindi devono essere inversamente proporzionali al costo degli impianti. Però, non si può pensare di dire "usciamo da fotovoltaico, usciamo dalle rinnovabili". Bisogna continuare a sostenere il settore». Anche ambientalisti ed aziende delle energie rinnovabili temono uno stop della marcia dell'Italia verso la crescita di queste fonti. «Si corrono rischi importanti se non si adatta la qualità delle risorse e l'incentivo allo sviluppo tecnologico del settore», avverte l'amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, che ribadisce l'esigenza di una «certa gradualità». Rete Imprese Italia, l'organizzazione delle Pmi che associa Confartigianato, Cna, Casartigiani, Confcommercio e Confesercenti, esprime poi «forte preoccupazione» perché «le nuove disposizioni rischiano di bloccare lo sviluppo delle rinnovabili, causando conseguenze negative in termini economici ed occupazionali». E non manca la polemica politica. «Il decreto che sarà presentato al Consiglio dei Ministri contiene delle modifiche che non erano contenute nel testo licenziato dal Parlamento» afferma Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd. «Il governo Berlusconi rischia di licenziare oltre 120 mila lavoratori che lavorano nell'unico settore che non ha subito la crisi economica ma anzi è in forte crescita» aggiunge il Presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli.
 

 

Nasce la centrale a emissione zero che cattura CO2
 

Enel muove a Brindisi «il primo passo per arrivare ad emissioni zero in tutte le produzioni di energia da combustibile fossile», con uno stop alla dispersione in aria della CO2 che partirà dalle centrali termoelettriche per essere poi applicabile a tutto il sistema industriale. Presso la centrale a carbone Federico II di Cerano, Enel ha inaugurato il primo «impianto pilota», un «prototipo». Progetto che, nell'ambito di un accordo con Eni, prevede trasporto e stoccaggio della co2 «catturata» in Puglia e in Emilia Romagna, presso il sito di Cortemaggiore (Piacenza) della società petrolifera, dove sarà «iniettata e immagazzinata» nel sottosuolo. Primi passi verso la realizzazione a Porto Tolle (Rovigo), di un impianto dimostrativo per passare ad una applicazione su scala industriale.
 

 

Pronta a Pasqua la pista ciclabile Grado-Belvedere
 

Sarà Sistemata in tempo per l'avvio della stagione turistica, con l'auspicio di completare i lavori entro Pasqua, la pista ciclabile panoramica lagunare tra Belvedere e Grado. Lo ha assicurato l'assessore regionale alle Infrastrutture e alla Mobilità, Riccardo Riccardi, che ieri a Grado ha dato il «via» all'opera, che sarà realizzata da Fvg Strade con un investimento di quasi 1,3 milioni di euro. «Abbiamo mantenuto l'impegno», ha detto l'assessore, ricordando l'intesa raggiunta nei mesi scorsi tra la Regione, il Comune di Grado, la Provincia di Udine e Fvg Strade. I lavori interesseranno la pista ciclabile che corre lungo il tratto lagunare della Strada regionale 352 «di Grado», sul lato Est verso l'isola di Barbana, con uno sviluppo di oltre quattro chilometri. L' attuale guardrail metallico sarà sostituito con barriere rivestite in legno, più sicure.
 

 

Una famiglia di orsi "conquista" Fianona - Sul Monte Maggiore mamma e cuccioli non si fanno avvicinare. Allertati i raccoglitori di asparagi
 

FIANONA Alcuni esemplari di orso hanno preso come stabile dimora il Monte Maggiore (Caldiera), l'altura che separa l'Istria e il Quarnero. Gli animali sono stati visti diverse volte da cacciatori della Società venatoria Zec di Chersano e dal guardiacaccia Ratko Mrzlic, che hanno informato le competenti autorità. Le attenzioni sono puntate soprattutto su un esemplare di maschio adulto, del peso di circa 200 chilogrammi, che ha scelto di "stabilirsi" nel tratto terminale della catena, sopra il borgo di Fianona. Il plantigrado ama scorrazzare lungo i pendii di Monte Sissol ed è stato avvistato lungo la ferrovia Lupogliano-Arsia e persino sulla strada tra Fiume e Pola. Oltre che dal maschio, l'area è frequentata anche da un'orsa con i suoi cuccioli, che però non amano affatto la presenza dell'uomo e dunque appaiono sfuggenti. Rari i loro avvistamenti. Il guardiacaccia Mrzlic ha visto l'adulto qualche settimana fa: «Mi sono imbattuto nell' orso in località Duga Ravna, sul Monte Maggiore. Era ad una decina di metri da me, appoggiato con le zampe anteriori a un muretto a secco. Non ha affatto reagito. Prudentemente mi sono voltato e in silenzio ho camminato nella direzione opposta. Mi ha seguito per un breve tratto, poi è scomparso. Benché armati, i cacciatori non sono più tranquilli, temendo d'incontrarlo. Non possiamo abbatterlo perché le leggi non lo consentono». Si temono però i bracconieri. I raccoglitori di asparagi selvatici sono stati avvertiti.

(a.m.)
 

 

SEGNALAZIONI -  ENERGIA Rigassificatore inutile

 

Valerio Calzolaio, del forum Beta (Beni comuni, Ecologia, Territorio e Agricoltura) di Sel, ha dichiarato, durante l'incontro svolto in piazza Marconi a Muggia che il rigassificatore nella baia di Zaule è inutile. Anche prevedendo la totale rinuncia al nucleare e riducendo al massimo l'utilizzo delle altre fonti energetiche fossili, il fabbisogno italiano di rigassificatori potrebbe prevedere al massimo altri due impianti oltre gli attuali già in funzione e costruzione. Ma quasi ogni regione costiera italiana ha molteplici progetti di rigassificatori. Sono quindi inutili se non inseriti in un concreto e credibile piano energetico nazionale, che di fatto oggi non esiste. Tra l'altro appare altresì incomprensibile la scelta del rigassificatore triestino che, oltre a compromettere irrimediabilmente lo sviluppo del porto di Trieste, è illogica e antieconomica dal punto di vista dei costi e della logistica sia per il fatto che le gasiere sarebbero costrette ad attraversare tutto l'Adriatico, sia per i complicati progetti relativi all'immissione del gas sul territorio nazionale, mancando del tutto una logica di inserimento nella rete metanifera europea. Il rigassificatore triestino, in sostanza, non serve, né è richiesto, né dall'Italia né dall'Europa. Precedentemente Calzolaio, accompagnato dal vicesindaco Crevatin, dal presidente del consiglio comunale di Muggia - Apostoli - aveva visitato i principali interventi in materia di tutela ambientale e di sviluppo ecosostenibile avviati dalla giunta Nesladek, quali la bonifica del sito Acquario, il progetto di recupero e di fruizione dei laghetti delle Noghere e gli impianti fotovoltaici negli edifici pubblici. "Mi congratulo con l'operato della giunta di Centrosinistra muggesana - ha dichiarato - soprattutto per l'impegno profuso a bloccare la cementificazione della costa muggesana e teso a ridare il pieno utilizzo pubblico della costa nel rispetto dell'ambiente e delle sue peculiarietà. Sono certo che con il prossimo mandato potranno essere completati questi interventi e incentivato lo sviluppo ecosostenibile".

Fabio Vallon

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 1 marzo 2011

 

 

Rosolen: «Una legge per Servola»
 

Una proposta di legge per tutelare la salute degli abitanti di Servola. A presentarla è stata Alessia Rosolen, consigliere regionale del Gruppo misto, convinta della necessità di alzare il livello di guardia nell'area attorno alla Ferriera, monitorando in particolar modo le concentrazioni nell'aria del pericoloso benzoapirene. Esigenza sentita anche dagli esponenti del Pd Sergio Lupieri e Pdl Piero Tononi, autori nei giorni scorsi di iniziative presentate proprio sullo stesso tema. «La proposta di legge - spiega Rosolen in una nota - stabilisce che, nel caso nell'area triestina venga rilevato il superamento del valore medio annuo di benzoapirene e in presenza di pericolo grave per la salute , la Regione possa adottare tutte le misure necessarie per intervenire sulle principali sorgenti emissive, in modo da contrastare efficacemente i fenomeni di inquinamento sanitario e ambientale. La proposta quindi - continua Rosolen - esprime un forte indirizzo all'azione di governo sul territorio, ritenendo doveroso attuare interventi volti a salvaguardare concretamente la salute della popolazione esposta, senza dover attendere il 31 dicembre 2012, termine fissato dal decreto legislativo 155, per il perseguimento del valore obiettivo di concentrazione di benzoapirene nell'aria a 1ng/mc. Questa proposta - conclude la consigliera regionale - punta ad abbassare i livelli massimi del pericolo inquinante prima di quella data per prevenire i potenziali effetti nocivi dell'esposizione».
 

 

Fonti rinnovabili, niente incentivi L'annuncio del ministro Romani: è scontro. Il governo punta tutto sul nucleare

 

ROMA Interrompere il meccanismo degli incentivi sulle energie rinnovabili. Lo dice il ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, mentre il titolare dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo afferma: «Nessuna marcia indietro sugli impegni Ue». Ed è scontro sul decreto in materia che sarà in discussione nel preconsiglio dei Ministri di domani, contro il quale hanno manifestato ambientalisti e aziende. Proprio sul fronte energia il premier, Silvio Berlusconi, rilancia il nucleare accusando «l'ecologismo di sinistra» se in Italia l'elettricità si paga il 48% in più rispetto alla Francia. «Subiamo oggi - spiega Berlusconi - quello che abbiamo ereditato dalle scelte di chi ha negato all'Italia la possibilità di dotarsi di energia nucleare». «Il risultato - aggiunge il premier - è che tutta l'energia che consumiamo la paghiamo più del 30% in più rispetto al resto d'Europa. La Francia si è dotata di 85 centrali nucleari sicurissime e pensate che quando si deve decidere dove costruirne una, scatta la competizione tra i comuni perchè le centrali portano lavoro e sono ipersicure». Avanti con le rinnovabili e avanti col nucleare, dice il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo secondo la quale tra queste due forme di energia «non c'è contrapposizione» e precisa: sulle rinnovabili non c'è nessuna marcia indietro, «manterremo gli impegni europei». Ad animare il dibattito è la proposta di Decreto legislativo in attuazione della direttiva 2009/28/CE relativa alla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. Ora il rush finale per il via libera entro questa settimana. Provvedimento che ha portato in piazza ambientalisti (in prima linea Legambiente, Wwf Italia, e Greenpeace, Kyoto club) e mondo delle aziende e dei produttori (tra cui Assosolare, Aper, Asso energie future, Anev, Grid parity, ReFeel) che, davanti al ministero dello Sviluppo Economico, hanno tenuto una conferenza stampa contro quello che chiamano decreto 'blocca-solarè. Il risultato del decreto, secondo le associazioni e gli imprenditori delle rinnovabili, sarebbe uno stop agli incentivi che inciderebbe anche su quegli impianti in attesa dell'allaccio alla rete con «conseguente perdita dell'investimento», oltre che su quelli in fase di progettazione che non avrebbero i finanziamenti dalle banche. C'è inoltre il capitolo occupazione: senza il piano incentivi, produttori e associazioni parlano di un «crollo per il fotovoltaico con oltre 120.000 posti lavoro a rischio».

 

 

Imprese triestine in pole position nella corsa all'energia solare.

 

Fino a 5 milioni gli investimenti di sei aziende nei pannelli fotovoltaici per risparmiare energia.

Capofila è Pasta Zara con Saul Sadoch, Italspurghi Ecologia, Step Impianti, Cmg e IS Copy
TRIESTE È compresa tra i 4 e i 5 milioni di euro la cifra che sei aziende triestine (Saul Sadoch, Pasta Zara, Italspurghi Ecologia, Step Impianti, Cmg e IS Copy) hanno investito negli ultimi 12 mesi per installare degli impianti fotovoltaici sulle coperture dei loro stabilimenti. Una sorta di corsa all'energia solare, anche alla luce del fatto che, essere riusciti a mettere in funzione gli impianti entro la fine dello scorso anno, ha significato garantirsi incentivi statali più consistenti di quelli previsti da ora in avanti (circa 41 centesimi di euro per ogni kilowatt prodotto quelli ottenibili fino al 31 dicembre scorso; dal 1° gennaio questa cifra, con il cosiddetto Terzo conto energia, è scesa a un valore medio di 0,34 centesimi). L'intervento di maggiore portata, sia sotto l'aspetto economico sia sotto quello energetico, l'ha effettuato Pasta Zara (180 milioni il fatturato 2009), che ha speso 2,2 milioni per attivare 10.373 metri quadrati di pannelli, nella sua struttura produttiva di Muggia, che sforna ogni anno oltre 123mila tonnellate di prodotto finito. La potenza complessiva massima è pari a 635,40 kw e permetterà di abbattere emissioni di anidride carboni pari a quasi 500 tonnellate all'anno. Numeri forse meno altisonanti ma comunque ugualmente importanti se rapportati alle dimensioni dell'azienda per l'impianto della Saul Sadoch, specializzata nella realizzazione di materiali cartotecnici (11 milioni circa di fatturato), che già nel 2007 aveva attivato un primo impianto, per il quale all'epoca aveva investito 300mila euro. «Ormai - dice Paolo Sadoch, l'amministratore delegato, facendo un bilancio degli sforzi profusi dall'azienda su questo fronte - il 25% del nostro fabbisogno energetico è coperto dal sole. E puntiamo a fare sì che questa quota, nei prossimi anni, possa salire ulteriormente». In termini di anidride carbonica "sottratta", la Saul Sadoch è ormai vicina a quota 125 tonnellate annue (87,43 fanno riferimento all'impianto più recente; le 36,8 tonnellate rimanenti sono "risparmiate" da quello attivo dal 2007). In realtà, però, queste non sono le uniche misure intraprese dalle due aziende per migliorare il loro impatto ambientale, mitigandolo. Pasta Zara, ad esempio, da ormai tre anni ha dirottato interamente su rotaia gli approvvigionamenti del sito di Muggia, che prima, invece, avvenivano principalmente via camion. Ogni settimana, infatti, un treno parte e torna da Giovinazzo, in provincia di Bari, da dove arriva la semola che poi viene lavorata dalle linee di produzione giuliane. Allo scopo sono stati acquistati 70 tank-container per uso alimentare, che vengono impiegati 32 alla volta per formare i 16 carri del convoglio (ogni carro ferroviario ne può caricare due). L'investimento, realizzato al 50% con i fornitori pugliesi del Molino Casillo, è stato di 3 milioni di euro. «La stessa Legambiente - rivelano dal quartier generale di Pasta Zara, a Riese Pio X, in provincia di Treviso - ha calcolato che in questo modo sono stati levati dalla strada 3200 autotreni all'anno». In via Ressel, a San Dorligo, dove ha sede la Saul Sadoch, invece, hanno puntato molto sull'ottimizzazione dell'uso della materia prima, e sui processi di riciclo e riutilizzo della carta, al fine di massimizzare il recupero degli scarti di lavorazione. Nell'ultimo anno sono stati riciclati 210.600 chilogrammi di carta e altri 5.400 di imballaggi. «Inoltre - spiegano dall'azienda - è stata ridotta del 4,3% la quantità di gas metano necessaria per il funzionamento di macchinari e impianti».
Nicola Comelli

 

 

Piano del traffico d'ateneo raccolti 4mila questionari. Conclusa l'indagine quantitativa promossa dal progetto Unimob.

 

Tra le proposte biglietti integrati treno+bus e nuovi collegamenti con Cattinara
Una partecipazione così massiccia da superare persino le aspettative degli organizzatori. L'indagine online lanciata dal progetto Unimob per raccogliere istanze e segnalazioni da utilizzare nell'elaborazione dell'atteso Piano del traffico d'ateneo, ha ottenuto risultati definiti sorprendenti. All'appello hanno risposto infatti 4mila fruitori degli spazi di piazzale Europa e delle sedi distaccate. Studenti, in primis, ma anche docenti e impiegati tecnico-amministrativi che, dimostrando di "sentire" particolarmente il tema della mobilità interna al comprensorio universitario, hanno aderito all'iniziativa compilando con puntualità il questionario pubblicato sul web il 1 dicembre scorso. Il sondaggio online era nato proprio con l'obiettivo di mettere a fuoco abitudini e criticità negli spostamenti da e verso facoltà e dipartimenti. Il tutto allo scopo di dare rilevanza statistica alle informazioni in precedenza raccolte attraverso un altro strumento, quello delle ricerche qualitative. Una mission che , alla luce degli oltre 4mila questionari raccolti nell'arco di tre mesi, potrà ora essere sviluppata con efficacia nella seconda fase operativa del progetto Unimob. «Indubbiamente il risultato dell'indagine quantitativa supera le aspettative - commenta il mobility manager Giovanni Longo - e costituisce un'ottima base di partenza su cui lavorare per ottenere informazioni solide e dati rilevanti da cui trarre delle conclusioni ragionate. I 4mila questionari raccolti hanno poi un ulteriore significato: sono il termometro di quanto sia sensibile il tema della mobilità per chi, ogni giorno, deve raggiungere l'Università". Conclusa positivamente la fase di raccolta, si tratta ora di procedere con l'elaborazione e l'analisi dei tanti dati acquisiti. Analisi che, una volta terminata, andrà ad integrare gli studi qualitativi (vale a dire statisticamente non rilevanti) già effettuati in precedenza dal team Unimob sull'attuale sistema di trasporti. Un'operazione impegnativa, possibile anche grazie al finanziamento concesso dal Fondo Trieste, che troverà lo sbocco finale nella formulazione di un vero e proprio Piano del traffico. Nel quale confluiranno alcune delle tantissime proposte e osservazioni pervenute finora. Qualche esempio? L'ipotesi di introdurre un unico titolo di viaggio integrato treno+bus, utile soprattutto per gli iscritti fuori sede, e di prevedere collegamenti tra la sede centrale e l'hub di interscambio dei bus a Cattinara.
Maddalena Rebecca

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 28 febbraio 2011

 

 

Piano antenne Mercoledì il voto finale
 

TRIESTE Approda in aula mercoledì il disegno di legge sulle telecomunicazioni che rende più snelle le procedure per l'installazione di ripetitori in Friuli Venezia Giulia. Il testo, approvato la scorsa settimana in IV Commissione, verrà esaminata dal Consiglio nella seduta che inizia domani con l'esame del ddl sulle attività estrattive. Il testo sulle telecomunicazione prevede che i Comuni si dotino di un regolamento (e non più di un apposito piano) che potrà tenere conto anche dei programmi degli operatori, con l'eventuale ricorso alle procedure di consultazione di altri soggetti. L'autorizzazione verrà rilasciata dal Comune previo parere dell'Arpa (che lo esprimerà in sede di conferenza dei servizi) e con gli altri atti previsti per legge per eventuali vincoli presenti. È previsto il silenzio assenso per l'accoglimento delle autorizzazioni qualora non vengano espressi i pareri nei tempi previsti. Oltre ai due disegni di legge, l'aula tra martedì e giovedì discuterà anche una mozione relativa ai festeggiamenti per i 150 anni dell'unità d'Italia. La prossima settimana, esattamente giovedì 10 marzo, il Consiglio tornerà a riunirsi in una seduta straordinaria per discutere della legge sugli ogm.

(r.u.)
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - INCONTRO SULLA TAV

 

Oggi, alle 18 Legambiente organizza un incontro in via Donizetti, 5/a sul tema Tav Venezia-Trieste-Lubiana, tra progetti e realtà. Relatore Andrea Wehrenfennig, presiede Lino Santoro, presidente di Legambiente.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 febbraio 2011

 

 

I servolani: tutelateci dal benzoapirene - Il segretario dell'associazione No Smog Tasso: valori molto alti, serve una legge regionale
 

Nel rione di Servola lo scorso anno si è registrata una concentrazione media 9,8 nanogrammi per metro cubo di benzoapirene, con picchi di 53, un dato clamoroso di fronte alla "vecchia" norma di salvaguardia che metteva un limite a 1 nanogrammo di media annua. Lo scorso agosto il parlamento ha abrogato la legge, ora nelle città con oltre 150 mila abitanti non c'è più soglia. Preoccupato (e ancora vittime di sforamenti annuali di Pm10) il comitato No smog ha ieri invitato a Servola tutti i candidati sindaci, e per il Pdl (nel dubbio che permane) chiamando sia Antonione che Tononi. Il primo ha avvisato che solo come candidato "ufficiale" si sarebbe presentato. Tononi invece c'era. Assieme a Franco Bandelli (Un'altra Trieste), Uberto Drossi Fortuna (Città metropolitana), Paolo Menis (Lista Beppe Grillo), Renzo Maggiore (Trieste giovane), Roberto Bolelli (Fiamma Tricolore). Cosolini, candidato Pd, era assente giustificato, a Prosecco e Contovello con "Rioni al centro" (l'incontro è solo rimandato). Di fronte ai dati che il comitato ha sciorinato a politici e cittadini, è nata l'idea di una legge regionale "protettiva" sul benzoapirene. «L'idea è stata accettata da Tononi e anche dal consigliere Lupieri» dice Tasso. «Io ho fatto la proposta della legge, con Maurizio Bucci - afferma Tononi -, Lupieri voleva presentarne una sua, abbiamo concordato di presentarla assieme». Lupieri (Pd) afferma: «È una sostanza altamente cancerogena, provoca mutazioni genetiche, molto dannosa per donne in gravidanza e bambini». La proposta di legge (già legge in Puglia) vuole impegnare la Regione ad «adottare tutte le misure necessarie a intervenire sulle principali sorgenti emissive» in attesa del 31 dicembre 2012, quando dovrebbe esserci un correttivo nazionale. Secondo Bucci, «bisognerebbe dare anche veri poteri d'intervento a sindaci e Province, in modo che sia una legge efficace». No smog ha anche stretto un'alleanza con Taranto, dove c'è l'insediamento siderurgico della Ilva. Ma lì - racconta Tasso - la sanità pubblica ha emesso, a fronte di 2 nanogrammi di benzoapirene, informazioni casa per casa affinché i bambini siano salvaguardati, qui - prosegue Tasso - siamo dovuti andare dal prefetto per ottenere dal Comune le informazioni di legge sulle zone ad alto rischio industriale. Quando le ha mandate ha scritto che di fronte a uno scoppio è bene tapparsi le orecchie per evitare danni all'udito". Molti altri problemi ha segnalato il comitato: «Su Servola arrivano fumi e odori della Siot, subiamo le conseguenze del depuratore che il Comune non mette più a norma, e i cui fanghi altri Comuni rifiutano, e in più vediamo una colonna di fumo nero che esce dall'inceneritore di via Costalunga. Il risultato delle cremazioni».

(g. z.)
 

 

SEGNALAZIONI - Ricerca per i cittadini è la svolta epocale
 

Prendiamo la fusione nucleare fredda: oggi viene affermata la validità scientifica di questa energia pulita a bassissimo costo
La crisi è arrivata e continua a ristagnare nelle nostre vite, è già successo e probabilmente succederà ancora, è il gioco dell'economia che noi conosciamo e come sempre in questo gioco difficilmente chi tiene il banco perde veramente, la costante è che ogni volta a farne le spese è la grande massa della popolazione, così chi tira i fili nelle città , nelle nazioni e nel mondo utilizza ormai un sistema collaudato che è quello prima di impaurire e rendere fragili i cittadini, poi di consolare promettendo cambiamenti epocali ed infine ritornando ai livelli precedenti. Il detto «si stava meglio quando si stava peggio» ritorna puntuale ad ogni generazione, così mi sono chiesto se in effetti la svolta di cui si parla questa volta avverrà veramente, e io credo che le cose potranno cambiare semplicemente se ci informeremo un po' di più. Un esempio potrebbe essere quello di capire come le energie potranno influenzare il nostro futuro, dopo anni di ritardo parole come eolico, geotermico e fotovoltaico incominciano a entrare nelle nostre case, mostruosamente in ritardo in una nazione che ha scelto di non volere il nucleare, scelta che oggi ci viene fatta percepire come irresponsabile e che invece così non è. Basta informarsi un po' di più e riflettere. In questi giorni ho assistito a due conferenze, una organizzata dalla Provincia all'Area di Ricerca e una realizzata dalla lista civica Trieste 5 stelle alla libreria Lovat: nella prima si voleva presentare ai cittadini il progetto di Gas Natural sul rigassificatore di Zaule. Ebbene, il video è visibile in rete e penso che da solo possa chiarire se è o meno il caso di affidare la sicurezza della nostra città a queste persone: una conferenza senza possibilità di contraddittorio, nella quale ho sentito parlare di effetto domino, di esplosioni sino al palazzetto dello sport, di blocco delle attività nautiche nel porto, tutte domande che ci spaventano. Nella seconda si è parlato di fusione nucleare fredda, argomento che qualche anno fa aveva riempito il mondo con una speranza di energia pulita per tutti a bassissimo costo e poi era scomparsa, ebbene sembra che con mille difficoltà qualche scienziato affermato abbia continuato la ricerca e oggi ne viene confermata la validità scientifica. E qui ho sentito parlare di batterie che test matematici confermano durare per 500 anni al costo di 300 euro, di utilizzo di nichel che non produrrà scorie, ma si trasformerà in rame, di energia illimitata per tutti a costo bassissimo. Fantascienza? Non lo so, ma sembra che nel giro di qualche anno questo sogno diventerà realtà e quindi potremo giudicare. Ecco credo che per parlare di cambiamenti epocali chi ci ha governato e chi ci governa oggi dovrebbe dimostrare con i fatti di sostenere questo tipo di ricerca, di guardare al futuro pensando al benessere dei cittadini e non al guadagno spropositato di enormi compagnie e non proporci come rivoluzionari sistemi che nel giro di pochi anni diverranno obsoleti, pericolosi e cari. Ben vengano dunque le conferenze e le informazioni che da più parte ci arrivano, ma se siamo scontenti di questo momento impariamo a valutarle e a decidere con la nostra testa.

(lista civica Trieste 5 stelle)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 26 febbraio 2011

 

 

ALTA VELOCITA' «Dateci le barriere antirumore» - La Seconda commissione ha deliberato le osservazioni sul tracciato
 

DUINO AURISINA Al termine di un'intensa mattinata trascorsa tra una mole impressionante di documenti e una marea di cartografie, la Seconda commissione consiliare permanente e quella dei Capigruppo hanno deliberato ieri il proprio parere sul progetto preliminare della nuova linea ferroviaria Av/Ac Venezia-Trieste. Oltre una decina le osservazioni esplicitate, a partire dalla mancanza dell'analisi costi-benefici imposta dalla vigente normativa per tutte le opere pubbliche, nonché l'assenza di un elaborato sulle attività di mitigazione e compensazione ambientale determinati. Come reso noto dal consigliere comunale Gianpietro Colecchia, risultano altresì non pervenute le indicazioni sui vincoli e le aree di Riserva naturale di Stato e altrettanto criticabile può dirsi l'omessa valutazione sulle interferenze degli impatti sulle medesime. Allarme è stato manifestato dai consiglieri presenti (oltre a Colecchia, Fabio Eramo, Maurizio Rozza, Massimo Veronese e Lorenzo Pipan) per il possibile inquinamento delle falde acquifere sottostanti il tracciato: viene infatti richiesto che nei tratti di elevato carsismo sia evitata la dispersione di olii minerali e altri lubrificanti. Tali prodotti, assieme ai materiali di scavo contaminati non vanno stoccati in aree carsiche. Di più, al fine di ottemperare a una corretta classificazione dei prodotti rimossi dal suolo, va previsto un quotidinano campionamento e monitoraggio operato da strutture pubbliche. Altro elemento da scongiurare, come si legge nel documento sottoscritto, è la dispersione delle polveri, in particolare rimuovendo la possibilità di movimentare le rocce di scavo su gomma. A tutela dei residenti, invece, viene imposto l'inserimento di barriere antirumore lungo tutto il tracciato emerso, a protezione dell'ecosistema e delle forme di turismo rurale e ambientale. E, per eliminare il pericolo di un'ulteriore frammentazione del territorio, sarà domandato alle Ferrovie di prevedere un adeguato numero di "ponti verdi" nei tratti in superficie. Infine, oltre all'interramento delle linee elettriche, va studiata la compatibilità col sovrappasso di San Pelagio.

(ti.ca.)
 

 

Piano del traffico archiviata l'inchiesta della Corte dei conti.

 

Dopo l'invito a dedurre firmato dal procuratore Zappatori la giunta aveva riavviato l'iter fermo da cinque anni

Nessun danno erariale. I soldi, quasi 120mila euro, per il Piano del traffico targato Camus sono stati spesi correttamente dal Comune. La procura della Corte dei conti ha così archiviato l'inchiesta in cui erano stati coinvolti il sindaco Roberto Dipiazza, gli assessori Massimo Greco, Carlo Grilli, Paolo Rovis, Claudio Giacomelli, Marina Vlach, Giorgio Rossi e l'ex Franco Bandelli. Nella primavera dello scorso anno avevano ricevuto dal procuratore Maurizio Zappatori un invito a dedurre, l'equivalente di un avviso di garanzia. Poco tempo dopo, tra giugno e luglio del 2010, il Piano del traffico è repentinamente uscito dallo stato di "ibernazione" in cui si trovava da ben cinque anni e ha iniziato l'iter amministrativo. Disco verde dalla giunta. Proprio in virtù del disco verde Zappatori ha inviato a sindaco, assessori e all'ex assessore una nota ufficiale in cui dichiara che allo stato non ci sono elementi per dire che il piano non venga utilizzato. Nell'«invito» dello scorso anno il procuratore evidenziava che «nonostante la presentazione della bozza del piano, avvenuta il 15 febbraio 2005, l'amministrazione comunale non ha ancora provveduto, a distanza di cinque anni, alla redazione definitiva del piano stesso, mentre ha risolto il contratto di consulenza non consentendo la conclusione dell'incarico nei termini inizialmente pattuiti». È bastata questa osservazione, dunque, per dare lo sprint al procedimento amministrativo e far ripartire l'iter del Piano del traffico. La vicenda era cominciata il 4 dicembre 2003. Quel giorno la giunta presieduta da Roberto Dipiazza aveva approvato la delibera per incaricare il professor Roberto Camus, preside della facoltà di Ingegneria, di realizzare il Piano del traffico. Compenso, 137mila euro. L'accordo formalizzato prevedeva una serie di adempimenti di tipo tecnico, ma anche incontri con le associazioni di commercianti e artigiani. Le prime due fasi dell'iter erano andate avanti tranquillamente e il Comune aveva versato al professionista in due tranche la somma complessiva di 110mila euro. Ma il guaio era scoppiato nell'autunno del 2008, quando Camus aveva consegnato la bozza che prevedeva la pedonalizzazione di corso Italia. Soluzione che aveva scatenato una polemica forte tra favorevoli e contrari. A quel punto la giunta, per mettere a tacere ogni battaglia intestina, aveva acquisito il documento incompleto di Camus ripromettendosi di «far completare l'iter tecnico amministrativo del piano a cura degli uffici comunali». E ovviamente aveva disposto il relativo pagamento di circa 7mila euro al professionista. La delibera del "licenziamento" di Camus porta la data del 9 dicembre 2008. Erano passati cinque anni dal momento dell'incarico (17 dicembre 2003). Ma la bozza da allora è praticamente rimasta inutilizzata. Fino all'estate scorsa.
Corrado Barbacini

 

 

Aspiranti sindaco amanti delle biciclette -  Mille firme raccolte dalla Ulisse Fiab per le corsie preferenziali, quasi tutti rispondono all'appello

 

Mille firme per garantire, a chi usa la bicicletta in città, corsie preferenziali, parcheggi sicuri, trasporti sui mezzi pubblici con l'utilizzo delle "forchette". È il traguardo raggiunto in pochi giorni da Ulisse, l'associazione aderente alla Federazione italiana amici della bicicletta, che ha avviato una campagna di raccolta firme. «Nel documento chiediamo l'inserimento della ciclabilità nel prossimo piano del traffico e la realizzazione di due percorsi ciclabili: uno dalle Rive a San Giacomo, da dove parte la pista per Draga Sant'Elia, un altro dentro il Porto Vecchio», dice Stefano Cozzini, portavoce di Ulisse. Aggiungendo anche «il permesso di circolazione per le bici sulle corsie preferenziali dei bus, parcheggi garantiti, la possibilità di caricare almeno una decina di bici sul Delfino Verde e, in generale, sui mezzi della Trieste trasporti». Ma Ulisse non si limita alla semplice petizione. Ha chiamato a raccolta gli aspiranti candidati sindaci: sono stati invitati tutti, in una sorta di primo confronto, solo alcuni hanno risposto. C'era Renzo Maggiore di "Trieste giovane" che ha sostenuto come «finché non si cambia il traffico, la mobilità sostenibile non è attuabile. Riteniamo ottima la proposta della pista ciclabile delle Rive, mentre in centro vorremmo si possa accedere solo con mezzi ecologici». Uberto Fortuna Drossi candidato di "Trieste città metropolitana" ha invece ricordato di «aver sempre visto il percorso la ciclabilità come un obiettivo importante. Non basta mettere un cartello per creare una pista ciclabile, è un fatto di cultura, bisogna sottrarre spazio alle vetture». Piero Tononi del Popolo della libertà ha sottolineato che «la cosa più importante è collegare la pista ciclabile già esistente al centro città. Ritengo buona l'idea della pista ciclabile sulle Rive, per sostituire l'uso smisurato delle automobili». Nel ricordare come la Lista civica 5 Stelle è stato «il primo a chiedere una pedonalizzazione del centro» Paolo Menis ha sostenuto che «non basta favorire l'uso delle biciclette, bisogna correggere un sistema che privilegia le automobili limitando l'accesso al centro e creando parcheggi di scambio nei punti chiave come la Stazione ferroviaria". Franco Bandelli di "Un'altra Trieste" ha invece criticato Dipiazza «per non aver sviluppato la mobilità sostenibile».

Ugo Salvini
 

 

INCONTRO L'ecosostenibilità e il territorio secondo Nesladek
 

MUGGIA Incontro oggi alle 11.15 in piazza Marconi sul tema " Territorio ed ecosostenibilità: le politiche ambientali dell'amministrazione Nesladek". Se ne parlerà con Valerio Calzolaio, del Forum nazionale Beta (beni comuni, energia, territorio, agricoltura), dal 1996 al 2001 sottosegretario al Ministero dell'Ambiente nei governi Prodi, d'Alema e Amato, il vicesindaco Franco Crevatin, Diego Apostoli, presidente del consiglio comunale di Muggia e Fabio Vallon, consigliere provinciale.
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 25 febbraio 2011

 

 

LEGAMBIENTE: “LINEA AV/AC VENEZIA-TRIESTE, TRATTA RONCHI-TRIESTE”, UN PROGETTO CONFUSO E CONTRADDITTORIO
 

Le Osservazioni di Legambiente FVG alla Valutazione d’Impatto Ambientale del progetto preliminare
Nei giorni scorsi Legambiente del Friuli Venezia Giulia ha inviato al Ministero dell’ambiente, al Ministero per i Beni e attività culturali e alla Regione le osservazioni relative alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale sul progetto della NUOVA LINEA AV/AC VENEZIA-TRIESTE, TRATTA RONCHI-TRIESTE presentato da Italferr.
Nelle 25 pagine delle osservazioni Legambiente sostiene la necessità di implementare il trasporto di merci e persone su rotaia anziché su gomma, essendo la ferrovia allo stato attuale il sistema di trasferimento più sostenibile dal punto di vista ambientale; ciononostante l’imponente progetto della TAV si pone come fortemente impattante sull’ambiente che attraversa, non indispensabile e di difficilissima realizzazione.
Dei diversi aspetti analizzati, i principali punti messi a fuoco sono stati:
- la non assoluta necessità dell’opera, come si evince dal quadro conoscitivo del Piano regionale delle infrastrutture di trasporto, in base al quale è evidente che per poter aumentare in maniera soddisfacente il traffico ferroviario sarebbe sufficiente il solo intervento di ottimizzazione delle caratteristiche tecnologiche della rete esistente (raddoppio di tratti a binario unico e rimozione dei colli di bottiglia) e un miglioramento dei fattori “di carattere organizzativo e gestionale”;
- nell’ambito di questi lavori di adeguamento della rete esistente, preso atto della necessità di riprogettare lo snodo S.Polo-Monfalcone (finalizzato a rendere indipendenti le linee Mestre-Trieste e Udine-Trieste), anche la soluzione proposta, caratterizzata da un’articolata sovrapposizione di gallerie, dovrebbe essere messa a confronto con soluzioni alternative;
- l’irrazionalità della suddivisione in diverse tratte (con diversi progetti autonomi) della linea AV/AC, condizione che configura il potenziale (e neppure remoto) rischio di veder realizzate solo alcune porzioni di ferrovia scollegate tra loro e che non consente una corretta valutazione ambientale complessiva;
- l’insufficiente analisi degli impatti ambientali condotta, che non tiene conto della più recente documentazione regionale sugli habitat naturali e non ha previsto un adeguato rilievo sul campo della vegetazione esistente;
- la grave sottovalutazione dei rischi per la fauna protetta, in particolare per il Proteo, all’interno di aree sottoposte a tutela da parte della Comunità Europea (SIC e ZPS);
- l’altissima probabilità di determinare danni irreversibili al complesso sistema carsico del sottosuolo, con rischio di inquinamento delle acque sotterranee e di interferenza con il suo delicato equilibrio idrodinamico;
- mancanza dell’analisi del rapporto costi/benefici;
- il forte impatto sul tessuto urbano dei centri abitati attraversati (principalmente Monfalcone) sui quali graveranno i vincoli di in edificabilità all’interno di una fascia larga 75m lungo tutto il tracciato;
- il drastico impatto paesaggistico, soprattutto in località Sablici, che dovrebbe trovarsi sovrastata da un viadotto.
Restiamo ora in attesa del pronunciamento sulla Valutazione di Impatto Ambientale.
Legambiente FVG
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 25 febbraio 2011

 

 

Radon, nuovi rilievi Arpa a Banne - Strumenti di monitoraggio posizionati sotto il soffitto del polo scolastico
 

Nuovi controlli sulle emissioni di radon alla scuola di Banne, dove un quarto dei locali è chiuso per proteggere i bambini da un problema mai interamente risolto. L'Arpa ha sistemato nuovi strumenti di verifica: assomigliano a piccole batterie e sono posizionati sotto il soffitto. Si aspetta l'esito, ma intanto ieri la quarta commissione consiliare ha fatto un sopralluogo. Secondo il presidente Lorenzo Giorgio (Pdl) mettere sistemi di rilevazione a 3 metri dal terreno «è poco probante, per un gas che esce da terra e che è più pesante dell'aria», ma in tutti i casi i consiglieri si sono affidati ai tecnici del Comune, essi pure ieri mattina in visita alla scuola e a colloquio con responsabili e docenti. Il polo scolastico, che comprende anche materna ed elementare oltre alle medie, e che offre il tempo pieno oltre a un grande parco, è molto attrattivo. «Almeno un terzo degli allievi - prosegue Giorgi - arriva dalla città e anche da Muggia». Si è poi scoperto ieri che il tetto è dotato di 25 pannelli solari per l'acqua calda installati alla fine degli anni '80, e mai messi in funzione. Si farà una valutazione per poterli recuperare. E poi c'è l'idea dell'assessore all'Educazione, Giorgio Rossi: costruire un polo scolastico nuovo. Giorgi: «Ma quando? Fra 20 anni? Al radon bisogna pensarci prima». Convinto anche Stefano Ukmar (Pd): «Un nuovo polo significa dismettere molte scuole dell'altipiano: non c'è una delibera, e nulla è stato discusso col territorio». Quanto al radon, Ukmar ricorda che a Opicina, Prosecco e Santa Croce il problema è stato risolto con sistemi di ventilazione nelle intercapedini, «a Banne invece il problema non è stato mai risolto».
 

 

«Non vogliamo più i fanghi dei depuratori di Trieste». Ordinanza del sindaco di Maniago dopo gli esami di un ex dirigente dell'Arpa.

 

L'AcegasAps: «Rispettiamo sempre le leggi. Facciamo le analisi ogni settimana»
Fino a due anni fa sarebbero anche stati scaricati in mare, al largo. Poi i fanghi del depuratore di Servola e di quello di Zaule hanno preso la via di Maniago. Ma ora nel Pordenonese si ribellano, hanno alzato le barricate: no ai fanghi di Trieste. E' una vera e propria bufera. Tutto è partito da un'indagine commissionata dal Comune di Maniago al chimico Antonio Gabelli, consulente in materia di ecologia e ambiente, già dirigente dell'Arpa del Friuli Venezia Giulia. «È assurdo - dice l'ingegner Enrico Altran, direttore dell'area acqua e gas di Trieste - intanto non è vero che sono stati in passato scaricati in mare. L'AcegasAps ha sempre rispettato le norme. Tutti i nostri fanghi sono tracciabili e le analisi sono fatte ogni settimana. L'unica spiegazione a quello che è accaduto sta nel campanilismo. Non c'è altro motivo». Eppure il professionista pordenonese nella sua relazione parla senza mezzi termini di «possibile inquinamento dei campi e della falda acquifera da sostanze tossico nocive». La relazione porta la data dello scorso settembre. Due mesi dopo il sindaco del centro della Valcellina ha negato il consenso al progetto. Ma qualche giorno dopo la Provincia di Pordenone ha invece autorizzato comunque l'azienda Alberto Rossi di Reana del Rojale a spargere i fanghi provenienti dai depuratori civili e industriali di Trieste e da quello di Pordenone. L'altro giorno l'epilogo con il Comune di Maniago che, pressato da minacce di denunce dei comitati ambientalisti e da autentiche proteste popolari, ha emesso un'ordinanza per vietare l'uso di liquami sul proprio territorio. E ora la vicenda è all'attenzione di alcuni legali che, su mandato di altrettanti agricoltori e comitati spontanei, stanno valutando la possibilità di trasmettere il fascicolo alla procura della Repubblica di Pordenone e all'Unione europea. «Gli impianti di Servola e di Zaule oltre che di Pordenone trattano fanghi urbani ma anche industriali e rifiuti - si legge nel parere del chimico che ha spinto il Municipio a stoppare l'operazione -. Dei campioni sono stati analizzati 20 giorni dopo il prelievo, senza specificare le condizioni di conservazione. Nel caso del materiale di Servola e Zaule l'istanza è priva di documentazione attestante le analisi relative agli inquinanti tossico nocivi». In particolare per quanto concerne il depuratore di Servola, nella scheda dell'impianto «non viene indicata la tipologia delle acque reflue trattate», così scrive il dottor Gabelli. Poi, secondo il tecnico, «non viene indicato nemmeno se si tratta anche di rifiuti». E «mancano anche le analisi di verifica della presenza di sostanze tossiche e nocive che possono determinare o escludere la classificazione del fango come rifiuto tossico». Insomma, un vero e proprio mistero. Anche riguardo al depuratore di Zaule il chimico ambientale di Pordenone ha evidenziato che nella scheda dell'impianto «non viene indicata la tipologia delle acque reflue trattate. Pure in questo caso mancano le analisi di verifica delle presenze di sostanze tossiche». Ripete Altran: «Non c'è nulla di irregolare. Saremo noi a rivolgerci all'autorità giudiziaria. Abbiamo sempre rispettato la normativa. Contatterò il Comune di Maniago».
Corrado Barbacini

 

 

Piano antenne, più vicino l'ok definitivo
 

Potrebbe approdare sui banche del Consiglio comunale già tra due settimane il Piano di settore della telefonia mobile, lo strumento chiamato a regolamentare la distribuzione delle antenne in città dopo anni di "Far West" delle frequenze. A prevedere un così rapido passaggio in aula sono i componenti della Commissione Ambiente del Comune che ieri, per la prima volta dopo l'espletamento dei tanti passaggi richiesti dalla procedura di Via, hanno esaminato il piano, adottato nel lontano 2007 e ancora in attesa dell'approvazione finale. Un via libera definitivo, come detto, che potrebbe arrivare a strettissimo giro di posta. Sempre che, in aula, non vengano amplificate le critiche già emerse con chiarezza durante l'esame dei commissari. Tutti d'accordo sulla necessità di regolamentare una volta per tutte la delicatissima materia, ma non in sintonia sul giudizio da dare alle modalità scelte dal Comune. «Il piano rappresenta indubbiamente un grosso passo avanti - commenta l 'Udc Roberto Sasco -. Dopo l'approvazione avremo finalmente un quadro preciso che individua zone off-limits per le antenne, aree neutre attorno ai siti sensibili e regole nette sulle distanze richieste tra i vari impianti. Grazie al nuovo strumento di pianificazione, inoltre, i gestori di telefonia mobile dovranno presentare uno specifico prospetto annuale con le richieste di installazioni». Non condivide l'entusiasmo di Sasco, invece, Alfredo Racovelli. «Con questo piano il Comune ha dimostrato chiaramente la propria mancanza di coraggio - osserva l'esponente dei Verdi -. Non è stato fatto nulla per contrastare l'impostazione delle leggi nazionali, fortemente sbilanciate a favore dei gestori. Non si è previsto, per esempio, un reale meccanismo di controllo per accertare che le compagnie telefoniche rispettino davvero i limiti fissati per le emissioni. E, in termini di localizzazione degli impianti, sono stati adottati criteri troppo poco stringenti. La maggioranza insomma - conclude Racovelli - non ha preso in mano seriamente la questione, scaricandone tutto il peso sulla prossima amministrazione».

(m.r.)
 

 

Due cittadini su tre non raccolgono la "sfida" degli Ogm. Lo rivela un sondaggio della Swg.

 

Il Palazzo si blocca:la legge sul transgenico subisce una nuova battuta d'arresto
TRIESTE Tradizione, qualità e ambiente. La popolazione del Friuli Venezia Giulia chiude la porta all'innovazione: per lo sviluppo dell'agricoltura la gente pretende innanzitutto rispetto dei valori. Chiede di coltivare «prodotti di eccellenza, legati al territorio». Il tassello che mancava al dibattito sugli Ogm arriva da un'indagine Swg, commissionata dalla Coldiretti di Udine che, tra luglio 2009 e dicembre 2010, ha sondato l'opinione di 600 residenti e 850 imprenditori specializzati nel settore. A far emergere il rapporto con il passato e il senso di tradizionalità locale è ben il 64% del campione. L'innovazione è segnalata come fattore importante solo dal 12%. E la connessione tra agricoltura e sviluppo è presa in considerazione appena dal 23%. «L'opinione pubblica friulana sembra avere una visione difensiva dell'agricoltura o per lo meno non propriamente associata alla crescita e alla modernizzazione» tira le somme Coldiretti. «Non c'è un automatismo assoluto tra quanto documentato dalla ricerca e gli Ogm - avverte l'assessore alle Risorse agricole Claudio Violino - ma sono dati indicativi che ci danno l'idea di una tendenza. Tuttavia vanno a confermare una ricerca della Regione, da cui risulta che il 65% della popolazione è contrario agli organismi geneticamente modificati». Sulla questione - che l'estate scorsa aveva infiammato le cronache nazionali in seguito al tentativo di semina abusiva di mais transgenico in un campo di Vivaro - si sta scatenando ora anche una guerra di numeri. Un altro sondaggio ribalterebbe le tesi di Coldiretti e Violino. Futuragra, associazione di agricoltori che si batte per l'introduzione delle biotecnologie in Italia, ha diffuso un'indagine di Demoskopea del 2009: il 55% dei coltivatori di mais in Veneto e in Friuli sarebbe favorevole. Il quadro, confuso e contraddittorio, incombe sulla legge che presto sarà esaminata in Consiglio regionale. Il Palazzo stesso non ha una linea politica definita e il voto slitta. La commissione ha deciso di portare il testo in aula a fine mese, depennando così la seduta straordinaria fissata per giovedì 10 marzo. La giornata sarà interamente dedicata a un'ulteriore commissione in cui saranno invitati tecnici, docenti universitari e rappresentanti del settore. I consiglieri si prendono ancora tempo perché ritengono la materia «troppo delicata per essere trattata con urgenza». Era stata la Lega Nord a chiedere una veloce approvazione del provvedimento, temendo ritardi sul periodo di semina ormai vicino. La commissione ha dovuto congelare la richiesta dopo un lungo botta e risposta tra l'assessore Violino e le forze politiche presenti, orientate comunque verso un sostanziale divieto alle coltivazioni Ogm. La legge è bipartisan ma non tutti invocano un no assoluto: «Dobbiamo valutare con prudenza se è possibile la coesistenza tra agricoltura convenzionale e transgenica» è stato detto, nella consapevolezza che «una legge è indispensabile per dare un segnale politico preciso». L'assessore, leghista, a quanto pare apre uno spiraglio alle coltivazioni "moderne": «Non dico no a sperimentazioni utili a capire quale potrebbe essere in futuro l'Ogm migliore per la nostra agricoltura. Ma non dobbiamo guardare ai prodotti geneticamente modificati come a una soluzione economica per il nostro territorio, dobbiamo puntare sulla qualità, sul made in Italy che ci contraddistingue, anzi - si è subito corretto Violino - sul tipicamente friulano».
Gianpaolo Sarti

 

 

Petizione contro l'inceneritore.

 

Oltre 50 persone della pedemontana maniaghese hanno raggiunto ieri il consiglio regionale per esprimere dissenso verso la realizzazione dell'inceneritore di Fanna. I cittadini sono stati ascoltati, in sede di commissioni consiliari III e IV, dai due presidenti Giorgio Venier Romano (Udc) e Alessandro Colautti (Pdl). La petizione è stata presentata dal primo firmatario Giacomino Pippolo, seguito nella firma da oltre mille cittadini.

 

 

Eco-allarme ad Albona - "Rockwool" sotto accusa.

 

Rilevata nell'atmosfera un'anomala concentrazione di tallio, metallo tossico - La fabbrica di lana di roccia a Sottopedena: non esce dalle nostre ciminiere
ALBONA È suonato l'allarme sul territorio di Albona per un'alta concentrazione di tallio nell'atmosfera, un metallo particolarmente tossico e nocivo per la salute. L'esposizione a elevati livello provoca effetti deleteri sul sistema nervoso, come intorpidimento delle dita delle mani e dei piedi. Gli studi medici condotti su persone che hanno ingerito grandi quantità di tallio nel corso di un breve periodo di tempo parlano di vomito, diarrea, perdita di capelli temporanea, e di danni sui polmoni, cuore, fegato e reni. E prima dell'apertura della fabbrica di lana di roccia "Rockwool" a Sottopedena, il tallio non era stato mai rilevato. La presenza del metallo è stata riscontrata dall'Istituto di salute pubblica, che nei prossimi giorni dovrebbe pubblicare il resoconto completo del monitoraggio effettuato nel 2010. E subito l'Ufficio regionale per la tutela dell'ambiente ha convocato una riunione alla quale, oltre alle autorità comunali, sono stati invitati esperti del settore sanitario ed ecologico a livello nazionale. Come spiegato da Kristina Djurovic coordinatrice per la cultura, il turismo e l'economia del Comune di Pedena, gli elevati tassi di tallio sarebbero stati misurati nei mesi di luglio, settembre e dicembre dell'anno scorso. Si parla di valori, sull'apposita scala di rilevamento, intorno ai 9 punti mentre il massimo consentito dalla legge è 2. Tra le conclusioni emerse alla seduta, la necessità di verificare in maniera esatta che le emissioni di tallio siano attribuibili all'attività della fabbrica di lana di roccia, la cui direzione ribadisce che dalla sua ciminiera non esce il tallio. In secondo luogo all'Ente tossicologico di Zagabria è stato affidato il compito di verificare gli effetti del tallio sulla salute della popolazione locale. Infine, l'ispettrice Marijana Bozicevic è stata incaricata di controllare l'eventuale presenza del famigerato metallo nelle materie prime usate dalla Società Rockwool. Stando agli ambientalisti dell'area attivi, il tallio sarebbe un fenomeno marginale in rapporto all'enorme danno che lo stabilimento industriale a lungo andare provocherà nell'area. E cresce nel contempo lo scetticismo sull'obiettività dello Studio di impatto ambientale grazie al quale la fabbrica ha ottenuto il "disco verde" per entrare in funzione. Intanto si assiste a una lenta ma continua emigrazione della gente del posto, alla ricerca anche di aria più pulita mentre il prezzo degli immobili nell'area sta colando a picco.

(p.r.)
 

 

Latouche e la sfrenata corsa che ci porta alla catastrofe. "Come si esce dalla società dei consumi": nuovo libro dell'economista
 

Da "Come si esce dalla società dei consumi" di Serge Latouche pubblichiamo l'inizio del capitolo "La catastrofe produttivista", per gentile concessione della casa editrice Bollati Boringhieri. di SERGE LATOUCHE Negli anni Sessanta l'umorista Pierre Dac diceva: «È ancora troppo presto per dire se è già troppo tardi». Purtroppo oggi le cose non stanno più così. Dopo il quarto rapporto del Gruppo di esperti intergovernativo sull'evoluzione del clima (Giec), del 2007, e ancora di più dopo l'aggiornamento del rapporto da parte dei climatologi alla riunione di Copenhagen del marzo 2009 - che ha preceduto il vertice dei capi di stato nella stessa città del dicembre 2009 - sappiamo tutti che ormai è troppo tardi. Anche se da un giorno all'altro mettessimo fine a tutto quello che provoca un superamento della capacità di rigenerazione della biosfera (emissioni di gas a effetto serra, inquinamenti e rapine di ogni genere), in altre parole se riducessimo la nostra impronta ecologica fino a un livello sostenibile, avremmo comunque un innalzamento della temperatura di due gradi entro la fine del secolo. Questo significa zone costiere sommerse, decine se non centinaia di milioni di profughi ambientali (fino a due miliardi secondo alcuni calcoli),2 gravi problemi alimentari, una penuria di acqua potabile per molte popolazioni ecc. Ormai il problema non è più quello di evitare la catastrofe, ma solo di limitarla, e soprattutto di domandarsi come gestirla. Che cosa è una catastrofe? Secondo il Larousse si tratta di una «disgrazia improvvisa e funesta a una persona o a un popolo. Incidente che causa la morte di un gran nume - ro di persone: una catastrofe ferroviaria o aerea. Letteralmente, avvenimento drammatico che provoca una tragedia». È necessario continuare con le definizioni macabre? È stata addirittura proposta una classificazione delle sventure a seconda del numero dei morti: «Tra 1 e 999 morti un fenomeno può essere definito "incidente", diventa un disastro tra mille e un milione di morti, e una catastrofe se si supera il milione». Ahimè, è di fronte all'ultima categoria che ci troviamo. Alla catastrofe, presentata come un fenomeno inevitabile, viene spesso associato l'aggettivo «naturale». La catastrofe diventa allora un fatto del destino, un prodotto del fato. Ma già Rousseau, nella sua risposta al fatalismo di Voltaire, lo ha ben indicato a proposito del terremoto di Lisbona del 1755: la catastrofe non è mai naturale quanto si pensa. Se non altro perché è necessario lo sguardo umano per giudicarla. Senza il turismo internazionale, la distruzione sconsiderata delle mangrovie e la speculazione immobiliare sfrenata, lo tsunami del 2004 nel Sudest asiatico, che ha fatto più di duecentomila morti, non avrebbe provocato tanti danni. Ciò che avviene in natura diventa un «disastro» solo quando degli esseri umani ne subiscono le conseguenze. La cosa è tanto più vera rispetto a quello che ci attende. In effetti ha ragione il subcomandante Marcos quando parla di «maldefinite catastrofi naturali». «Dico "maldefinite" perché è evidente che in questi disastri è implicata la mano insanguinata del capitale». La catastrofe viene percepita a seconda della tragedia da cui prende nome. Se è umana, come la Nakba o la Shoah (termini il cui significato originario è quello di catastrofe), viene pensata come un cataclisma naturale. © 2011 Bollati Boringhieri editore Torino, corso Vittorio Emanuele II 86. Gruppo editoriale Mauri Spagnol Traduzione di Fabrizio Grillenzoni
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 febbraio 2011

 

 

TAV - SAN PELAGIO - Sovrappasso: gara d'appalto per i lavori entro l'estate
 

DUINO AURISINA A tranquillizzare il Comune di Duino Aurisina, fortemente preoccupato per i macroscopici errori rilevati sulla Via (Valutazione di impatto ambientale), relativa al progetto preliminare della Tav, interviene l'assessore provinciale ai Lavori pubblici Mauro Tommasini: «Abbiamo a Suo tempo depositato, nell'ambito dell'analisi delle interferenze, precisi documenti per segnalare la futura realizzazione del sovrappasso di San Pelagio, che dunque verrà costruito esattamente in quel punto senza risultare suscettibile di modifiche o demolizioni. Stando a quanto abbiamo potuto appurare anche con le Ferrovie, che comunque compartecipa al finanziamento per la realizzazione della strategica opera, il trivio di linee dovrebbe essere posizionato più il là, in direzione di Trieste». Quanto alla costruzione del sovrappasso (investimento stimato di 4,9 milioni di euro) Tommasini afferma che la fase di rilascio delle autorizzazioni «può dirsi ormai concluso, poiché tutti i permessi sono stati ottenuti». La gara d'appalto, dopo anni di attesa, dovrebbe dunque essere avviata entro l'estate. «Per noi - conclude - il sovrappasso rappresenta un vincolo per la Tav, posto in antecedenza, da rispettare con rigore assoluto: il problema dunque, dal nostro punto di vista, non esiste». La possibile collisione del progetto dell'Alta velocità con quello dell'infrastruttura, che sarà costruita e montata a blocchi, aveva allarmato non poco i consilieri di Duino Aurisina. Già sul chi va là per gli errori individuati sul tracciato. Un esempio? L'inserimento di un deposito di materiali nel bel mezzo della proprietà del castello di Duino o il tracciato slittato in alcuni punti di tre chilometri, verso Ternova.

(ti.ca.)
 

 

Candidati ai raggi X su bici e ambiente - ULISSE-FIAB
 

Domani alle 11, nella sede di via del Sale, in Cittavecchia, l'associazione ciclo-ambientalista Ulisse-Fiab promuove un incontro con i candidati sindaco che si sono già palesati. Nell'occasione saranno presentate le iniziative che la stessa associazione propone per una città più vivibile su cui chiederà agli aspiranti primi cittadini di impegnarsi per realizzarle, inserendo nel loro programma i temi della mobilità sostenibile. Sarà quindi illustrata una raccolta di firme, sottoscritta da un migliaio di triestini, che richiede che la ciclabilità sia parte integrante del futuro Piano del traffico.
 

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 febbraio 2011

 

 

"Rigassificatore: il ministro venga a parlarne con la citta'" - Roberto Cosolini

 

 

Camber: attenti a chi vuol far cadere il PRG - Il capogruppo PDL

 

 

Sovrappasso di S. Pelagio inadatto al percorso TAV

Potrebbe slittare la sua realizzazione: prevede il transito di due linee mentre dai nuovi progetti in quel punto ce ne dovrebbero essere almeno tre

Un convoglio dell'Alta Velocita' come quelli che transiteranno sul Carso non lontano dall'abitato di Aurisina

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 22 febbraio 2011

 

 

Tav, Duino teme l'inquinamento falde
 

DUINO AURISINA Agguerriti fino alla punta dei capelli. La riunione congiunta dei capigruppo e dei componenti la Seconda commissione consiliare permanente ha registrato ieri mattina la piena sinergia d'intenti tra esponenti di maggioranza e opposizione, che hanno affilato le unghie per difendere il territorio dalla Tav. Le prime osservazioni alla Via, in procinto di formalizzazione, hanno trovato infatti l'appoggio di tutti i presenti. Che oltre a concordare sulla necessità di ottenere un dilazionamento dei tempi per la disamina dei documenti, hanno fissato precisi paletti e sulla necessità di smaltire i materiali di scavo e sull'esigenza di proteggere gli abitati da polveri o rumore. Altro problema affrontato: la compatibilità del tracciato con le opere che a breve dovrebbero essere realizzate sul territorio, vedi il sottopasso di San Pelagio, e l'impatto dell'Alta velocità sul paesaggio. «Uno dei maggiori pericoli rilevati - ha esordito il presidente della Seconda commissione, Fabio Eramo - è rappresentato dallo smaltimento della raccia». «Le perforatrici - ha chiarito Maurizio Rozza, consigliere dei Verdi - così come le macchine stabilizzatrici vengono trattate con oli minerali: il rischio di inquinamento delle falde, in assenza di accorgimenti studiati a tavolino, è per il suolo carsico altamente probabile. Vale la pena ricordare che nel Mugello, in presenza di terreni argillosi, al termine dei lavori si era riscontrata la presenza di oli minerali pari a 4 grammi per chilo di roccia. Inutile sottolineare quanto più fragile sia, sotto questo profilo, l'area del Carso». La Seconda commissione si riunirà venerdì mattina per procedere ulteriormente nell'analisi della Via e delle cartografie depositate.

(ti.ca.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 febbraio 2011

 

 

Invito a conoscere la natura, un ciclo di conferenze - DA OGGI AL CIRCOLO DELLA CULTURA E DELLE ARTI
 

Per offrire elementi e strumenti sempre più utili nel settore ambientale, il Circolo della Cultura e delle Arti istituisce il progetto “Invito alla conoscenza della natura”, a cura del professor Andrea Sgarro, che prenderà il via con un incontro dal titolo “La disseminazione nella flora del Friuli Venezia Giulia”. La manifestazione si terrà oggi, con inizio alle 17 nella Sala conferenze della Biblioteca Statale (Largo Papa Giovanni XXIII n.6 - 2° p.).
Vi prenderanno parte i docenti del Dipartimento Scienze della Vita dell'Università di Trieste Fabrizio Martini e Michele Codogno con la collaborazione del professor Carlo Genzo, per gli incontri didattici e le uscite sperimentali che avranno luogo nella fase successiva.
Si tratta di un'indagine che, partita da Trieste, ha individuato e portato alla luce alcune entità nuove per la flora italiana o per il Friuli Venzia Giulia e alla riconferma di antiche segnalazioni, contrappesate dalla perdita o dalla rarefazione di altre numerose specie. Un processo che nonostante tutte le difficoltà ambientali ha visto iscritte, nella sola flora urbana di Trieste, ben 1024 fra specie e sottospecie (come descritto nel recente volume “Flora vascolare spontanea di Trieste”, ed. Lint 2010).
Una particolare ricchezza floristica, riconducibile alla posizione geografica, alla complessa tessitura del paesaggio naturale e urbano, per la sua disomogeneità strutturale, che mette in primo piano il Friuli Venezia Giulia per le ricerche botaniche. In questo quadro acquista particolare rilevanza la tematica della disseminazione, con l'analisi delle strategie dispersive e dei loro rapporti con l'ambiente, un capitolo finora ingiustamente trascurato negli studi floro-vegetazionali, tanto che nell'ambito regionale solo pochi lavori pongono l'accento sulle correlazioni fra impollinazione, dispersione ed evoluzione del suolo. Il progetto del Cca intende inserirsi in tale filone di ricerca, anche attraverso successivi incontri didattici, con la partecipazione, presso la propria sede, ad altri momenti sperimentali, in cui sono previste pure delle verifiche sul campo di quanto in precedenza osservato.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - RISPARMIO ENERGETICO

 

Il Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste, in collaborazione con Coop Nordes, organizza un incontro pubblico oggi alle 18 al Centro servizi volontariato, in Galleria Fenice 2 (III p.) sul tema ”Risparmio energetico - Casa temporanea a zero emissioni”. L’incontro sarà preceduto dalla proiezione del filmato ”Casa temporanea a zero emissioni”, un esempio di casa passiva in cui i consumi energtici sono praticamente nulli. Il filmato verrà presentato da Manuela Daniel di Coop Nordest.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 20 febbraio 2011

 

 

«Sì ai rigassificatori in Croazia» - DICHIARAZIONE DEI PRODUTTORI CECHI
 

FIUME In luogo dei costosi metanodotti ”Nabucco” e ”Corridoio Sud”, che non riusciranno a risolvere il problema dell’approvvigionamento in Europa, si dovrebbero costruire rigassificatori in Croazia e Polonia. Lo hanno dichiarato al quotidiano ”Prague Minor” i responsabili dell’associazione ceca dei produttori di gas Ceskà Plynàrenskà Unie. Secondo i rifornitori della Repubblica ceca, sarebbe molto più economico puntare su terminal ”Lng” in Polonia e Croazia, da dove il metano raggiungerebbe gli utenti europei. Il progetto sul Rigassificatore a Castelmuschio (Omisalj), sull’Isola di Veglia, ha subito un brusco arresto dopo che il consorzio concessionario ”Adria Lng” ha deciso di tirare il freno a mano, decidendo che l’impianto entri in funzione non prima del 2017. Un tanto perché l’attuale domanda di gas in Europa non giustificherebbe l’investimento a Castelmuschio, del valore di un miliardo di euro.
 

 

BANCHE - Popolare Cividale, 108 milioni per finanziare energia pulita
 

CIVIDALE In occasione della Giornata del Risparmio Energetico il Gruppo Banca Popolare di Cividale ha reso noti gli obiettivi raggiunti nell’ambito dei finanziamenti per l’energia pulita e il risparmio energetico. Grazie al finanziamento EcoPrestito e all’innovativo conto corrente Elios (della società NordEst Banca appartenente al Gruppo bancario friulano), da luglio 2009 ad oggi l’istituto cividalese ha finanziato oltre 3 mila impianti fotovoltaici (e più di 2 mila solo in Friuli Venezia Giulia, pari a un terzo delle installazioni totali) per complessivi 108 milioni di euro. Lo stesso gruppo bancario, primo in Italia, ha siglato una convenzione con un’amministrazione provinciale (quella di Gorizia) per la diffusione degli impianti fotovoltaici nelle abitazioni private.
 

 

Dehors, Soprintendenza sul piede di guerra - LE CORREZIONI APPORTATE AL PIANO NON FERMANO LE CRITICHE DA PIAZZA LIBERTÀ
 

Rinaldi: il Comune rispetti la legge e ci consulti, finora criteri indegni di una città come Trieste
PAVIMENTAZIONI - «Anche i masegni sostituiti troppo spensieratamente I risultati sono discutibili»
Ultimo avvertimento. Se, nonostante molte e ferme sollecitazioni, il Comune persiste nel non riconoscere la competenza di legge della Soprintendenza nel vagliare, concordare e approvare il piano ”dehors”, allora la pace sarà finita. «Sarò costretto a procedere con una dichiarazione d’interesse - afferma il soprintendente ai beni architettonici e paesaggistici Luca Rinaldi -, e a fare una ufficiale notifica: caro Comune, esiste una legge per cui vie e piazze storiche sono soggette a tutela. Qui ci sono i borghi storici, le piazze, ma correlata è tutta la trama viaria. Non farò per questo rifare ogni marciapiede - aggiunge -, ma chiedo che il Comune tenga conto delle norme e cambi atteggiamento, sennò finisce in lite». Tanto vale anche per le pavimentazioni: «In passato si è proceduto troppo spensieratamente a sostituire i masegni, con risultati discutibili».
GENIUS. Di più. Rinaldi ha ricevuto gli esiti dei lavori di commissione urbanistica, in cui certe correzioni al piano, nel senso di maggiore attenzione agli stili per gli spazi coperti da allestire al di fuori dei locali pubblici del centro, sono state prese. «Queste norme - dice chiaro e netto - potrebbero valere per Pordenone come per Staranzano». Ovvero non son degne di una città monumentale come Trieste. «Ci si ispira a criteri di buon senso, ma mi sarei aspettato qualche indicazione più precisa in relazione al particolare tessuto edilizio del centro che almeno fino alla prima guerra mondiale mantiene una sua grande omogeneità. Si scartano giustamente - sottolinea Rinaldi - soluzioni stravaganti, ma non si riesce a interpretare il ”genius loci” della città».
WI-FI. Tanto più incomprensibile Rinaldi trova questa ostentata mancanza di collaborazione, dovuta per legge, quando ricorda che «molte città del Nord hanno già normato con indicazioni più precise i ”dehors”. Come a Torino, Bologna (su sollecitazione della stessa Soprintendenza), Milano, mentre a Firenze si è fatto un concorso di idee per ”dehors-tipo” proprio assieme alla Soprintendenza: provvisti di connettività wi-fi, fasciatoi e zone rifiuti. Uno spunto - dice Rinaldi - che potrebbe essere raccolto anche qui».
SUOLO. E ammesso che possano esserci procedure «semplificate» per temporanea occupazione di suolo pubblico, queste certo non possono valere per strutture «che nascono per rimanere molti mesi all’anno». Senza un’intesa preventiva (fattibile in tempo per la prossima stagione invernale istituendo subito una commissione), ne andrebbero poi di mezzo direttamente gli esercenti privi di una guida sicura. «Le sentenze poi ci danno sempre ragione». Un ristorante dietro piazza Unità si è già visto bocciare il progetto.
SPETTRALE. Ma l’architetto dello Stato lancia un’idea e una critica anche sull’illuminazione pubblica («baffi di luce che spettacolarizzano le facciate ma le banalizzano, non consentendo di apprezzarne l’architettura»), e specialmente su quella di piazza Unità: «Completamente rovinata dall’illuminazione, un progetto disneyano, volgare, che paradossalmente invece di dare un’immagine festosa rende il luogo spettrale, quando ci passo mi sembra di vedere le lucine dei morti al cimitero». L’alternativa? «Adesso si preferisce un’illuminazione omogenea delle intere facciate, con luci a basso consumo ma forti, a effetto lunare. Serve un vero e proprio progetto. Che andrebbe fatto anche per il canale di Ponterosso».
Tornano a giudizio sia le lucette blu del progettista Bernard Huet, e sia le illuminazioni dei palazzi a cura di Acegas. Si era nel 2001. Il progetto di luce era costato 200 milioni (di lire) per ogni edificio.
GABRIELLA ZIANI
 

 

Parlamentini contro la Tav - PARERE CONTRARIO - Milkovich: l’area non può reggere un impatto simile
 

OPICINA Pollice verso da parte delle circoscrizioni dell’Altipiano al progetto della nuova Tav. Da Opicina il parlamentino di Altipiano Est ha espresso un parere negativo a maggioranza al nuovo tratto ferroviario. Secondo questo consiglio, il Comune non dovrebbe esprimere un parere favorevole sinché la documentazione presentata non venga integrata con i documenti inerenti il progetto della tratta Aurisina – Opicina – Slovenia che riguardano la parte a est dell’altipiano. Inoltre si evidenzia come manchi uno studio approfondito sull’impatto del cantiere sulla viabilità, in particolare per quel che riguarda l’asporto e lo stoccaggio del materiale di scavo non riutilizzabile.
«Come farà il territorio a sopportare il transito di migliaia e miglia di camion pieni di materiali pietrosi – riflette il presidente di Altipiano Est Marco Milkovich – è davvero un bel rebus, tonnellate e tonnellate di metri cubi di detriti che non sappiamo nemmeno come e dove verranno smaltiti». La circoscrizione di Altipiano Ovest ha deciso invece all’unanimità di non esprimere alcun parere, richiedendo una proroga per esprimersi, peraltro già negata dal sindaco.
Secondo Prosecco, il consiglio non ha avuto il tempo di approfondire la materia, né avrebbe ricevuto gli strumenti appropriati, il supporto adeguato e il tempo necessario per formarsi un giudizio approfondito e equilibrato. «Dati e documenti ricevuti – afferma il presidente di Altipiano Ovest Bruno Rupel – sono insufficienti a capire la portata dell’intervento. Manca anche un qualsiasi cenno a una valutazione dei costi e dei benefici, senza la quale, come vogliono le normative in vigore, nessun progetto può ragionevolmente essere approvato».

(ma.lo.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 19 febbraio 2011

 

 

Rigassificatori: il progetto Zaule va avanti - IL MINISTERO DELL’AMBIENTE DOPO IL VERTICE ITALO-SLOVENO DI VILLA MADAMA
 

Pronta la valutazione di impatto ambientale per l’off-shore. Guerra delle antenne: è tregua - CAPODISTRIA - Per il nuovo porto chiesti i documenti
TRIESTE Rigassificatori tutto bloccato? Ma neanche per idea. Il giorno dopo il vertice interministeriale tra Italia e Slovenia a Villa Madama il ministero dell’Ambiente italiano rilancia con forza e precisione le sue linee guida. «Per quanto riguarda il rigassificatore di Zaule e il connesso metanodotto - viene ribadito - l’Italia ha concluso la procedura di valutazione dell’impatto ambientale (Via)». Il che significa che il progetto va avanti secondo le procedure previste. Per quanto riguarda il rigassificatore off-shore (e il metanodotto annesso) «la procedura Via - spiegano al ministero - è quasi conclusa. L’Italia sta recependo le ultime osservazioni della Slovenia e poi concluderà anche questa procedura».
«Al di fuori delle procedure comunitarie (Espoo) - spiegano ancora al ministero per l’Ambiente - il Commissario europeo all’Ambiente, lo sloveno Potocnik, ha chiesto all’Italia uno studio sull’impatto cumulativo, che è stato redatto dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). La Slovenia ha chiesto di poter presentare osservazioni a questo studio in un tavolo trilaterale Italia-Slovenia-Commissione Ue». Il ministro Stefania Prestigiacomo s’è detto disponibile a questo confronto, fermo restando il dato che la procedura Via è comunque conclusa nei termini già descritti.
Per quanto riguardo il Piano Regolatore del Porto di Capodistria, invece, «la delegazione slovena - spiegano ancora al ministero - si è scusata per il ritardo con cui è stata trasmessa la relativa documentazione. L’Italia ha chiesto una integrazione dei documenti trasmessi per i quali verrà inviata una formale richiesta».
Riguardo infine al progetto di un rigassificatore che dovrebbe essere realizzato a Capodistria da una società tedesca, su cui sono state chieste informazioni da parte italiana, la delegazione slovena ha spiegato che la procedura è nella fase ancora embrionale e che quando si concretizzerà sarà attivata la procedura di consultazione transfrontaliera. Chiaro che in quella fase l’Italia porrà la massima attenzione al progetto sloveno, formulando, ove necessario, tutte le osservazioni necessarie.
A Villa Madama l’altro fronte caldo sul tavolo era quello relativo alle interferenze delle tv italiane alle frequenze slovene nelle aree di frontiera di Trieste. E dallo stato di guerra tra le antenne si è passati almeno a una tregua, con l’impegno di firmare la ”pace” il maggio prossimo a Lubiana. Il ministro dello Sviluppo Paolo Romani e la ”collega” slovena Darja Radic hanno, infatti, deciso di dare vita a un gruppo «di alto livello» che risolverà i problemi «in base agli accordi internazionali sull’uso e il coordinamento negli spazi transfrontalieri dello spettro delle radio frequenze». Il tutto, come detto, si dovrà concludere a maggio quando il ministro Romani sarà in visita a Lubiana.
MAURO MANZIN
 

 

Tav, è arrivata la ”Via” Ora Duino Aurisina vuole una proroga
 

Il sindaco Ret: troppo poco il tempo concesso per visionare carte e progetti complicatissimi
DUINO AURISINA È una brutta gatta da pelare, quella che si troverà a gestire, nei prossimi due mesi, l’amministrazione comunale di Duino Aurisina. Lo ammette anche il sindaco Giorgio Ret, che ieri a furia di analizzar tracciati, cartografie e legende c’ha «quasi - e sono le sue parole - rimesso la vista».
La patata bollente ha un nome cortissimo: Via, Valutazione d’impatto ambientale, la procedura amministrativa finalizzata a individuare le conseguenze prodotte dell’attuazione di un progetto. Ma a dispetto del nome cortissimo si trascina dietro una mole impressionante di documentazioni. Che, per stamparle tutte, è necessario rivolgersi - come ha fatto il Comune - a una tipografia. Il progetto in questione, invece, è quello dell’Alta velocità (tratta Ronchi-Trieste), che il Consiglio comunale dovrà appunto esaminare nelle prossime settimane per esprimere le sue osservazioni.
Un paio di giorni fa, infatti, è pervenuta in municipio la Via, atto conseguente al progetto preliminare che Italferr ha depositato per la pubblica consultazione a fine dicembre. «La documentazione è molto complessa - così Ret -: ci siamo rivolti a una tipografia triestina per darne stampa e distribuirne copia ai consiglieri, ma il conto presentatoci di 4mila euro ci ha fatto desistere. Ho allora iniziato a leggere le carte, assistito da un ingegnere, ma la vedo brutta. La materia è così complessa e piena di diciture e sigle che pure gli esperti sono in difficoltà. Se la situazione non si sbloccherà lunedì, alla riunone dei capigruppo fissata coi tecnici, chiederemo formalmente alla Regione di concederci una proroga: temo infatti che il tempo a disposizione non sia sufficiente. Anche per questo, inviterò alla Seconda commissione consiliare, convocata invece giovedì, l’assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi».
Nel Comune sarà realizzato un ”Posto di movimento” che prevede la dismissione dell’impianto di Aurisina. La nuova linea AV/AC terminerà in corretto tracciato con l’attuale linea per Villa Opicina, mentre il ”Posto di movimento” garantirà l’interconnessione tra la nuova linea e i binari della storica Trieste-Villa Opicina. Il prolungamento tra la stazione di Aurisina e la cintura merci di Trieste sarà assicurato da una bretella con un’ascesa massima del 12,5%, che s’innesterà mediante un bivio a raso a 60 km/h sulla cintura merci del capoluogo, per consentire il collegamento con Campo Marzio. Stando al progetto, nella sottotratta Ronchi-Aurisina sarà presente un traffico misto passeggeri/merci, con 8 treni a lunga percorrenza e 186 treni merci, per un totale di 194 mezzi. Nel tracciato Aurisina-Trieste, invece, il traffico sarà esclusivamente merci (88, di cui 53 diurni e 35 notturni).
L’analisi della carsificazione epigea e ipogea evidenzia come dei circa 21 chilometri di percorso nei calcari, circa 4,7 potranno interferire con strutture carsiche. Il fenomeno non è equamente distribuito: dei circa 14 km del primo settore - da Monfalcone a San Pelagio - circa 1.400 sono i metri (10%) in cui sarà probabile la presenza di strutture carsiche verticali concentrate. Nel secondo settore (5 km) il 60% del tracciato (2.900 m) potrebbe interferire con strutture carsiche complesse (pozzi e gallerie) di dimensioni anche superiori a 5 m. Nel terzo settore (1,4 Km), saranno 400 i metri a rischio (30%). La creazione delle opere in sotterraneo (due canne a singolo binario e una canna a doppio binario) implicherà l’asportazione di un considerevole volume di materiale. La terra da scavo che dovrà essere portata in discarica, con riferimento alla tratta Ronchi-Trieste, è pari a 730mila metri cubi, mentre quella da conferire in rinterri, recuperi e riambientalizzazioni è pari a 3 milioni 300mila mc. Alla luce di ciò, per l’area di sua competenza, il sindaco Ret chiede il trasporto su rotaia.
TIZIANA CARPINELLI
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito offerto dalla Provincia per informazioni sul risparmio energetico: consulenza per sostituzione cladaie, serramenti, isolamenti termici, ecc. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 ed a Muggia, via Roma 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30 (tel. 3665239111, www.legambientetrieste.it.
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 18 febbraio 2011

 

 

Alta Velocità/Alta Capacità Venezia-Trieste - L'INSOSTENIBILITÀ MESSA A PROGETTO - Legambiente ribadisce le debolezze del progetto
 

L’incontro sul progetto della AV/AC organizzato dal Comune di Monfalcone, in cui i tecnici di RFI e l’Assessore regionale Riccardi ne hanno illustrato i vari aspetti, alla presenza dei Sindaci, degli Amministratori dei Comuni del Mandamento e dei cittadini, ha lasciato inalterate le perplessità sia di forma che di sostanza su questo faraonico progetto.
Viene da chiedersi se gli Amministratori abbiano chiaro lo scenario che si prospetta se il progetto dovesse malauguratamente essere approvato.
Nell’intervento di Legambiente si sono poste all’Assessore regionale alcune questioni, abilmente eluse durante le sue conclusioni. In sostanza Legambiente, facendo riferimento al documento sulla ”Analisi trasportistica” del progetto AV/AC e al “Piano regionale delle infrastrutture di trasporto”, ha posto le seguenti considerazioni:
Una rete ferroviaria ampiamente sottoutilizzata - emerge dai due documenti che “l’attuale utilizzo della rete ferroviaria corrisponde di massima a un indice pari al 45%-50% della sua capacità teorica giornaliera", il che fa ritenere che vi possa essere spazio per assorbire almeno altrettante tonnellate di merce quante se ne trasportano attualmente.
Un vizio di fondo – La scelta di costruire una linea AV/AC interamente nuova tra Trieste e Venezia sembra condizionata più da esigenze ideologiche che da reali esigenze trasportistiche. Queste ultime troverebbero una soluzione realizzabile e meno costosa negli interventi di adeguamento e integrazione della rete esistente. Alcuni di questi interventi fanno parte del Progetto preliminare perché vi sono stati inseriti in quanto “intervento o progetto correlato alla linea AV/AC”. Tra di essi, il quadruplicamento del tratto Bivio S. Polo-Monfalcone, il raddoppio della Cervignano-Udine e la realizzazione della bretella tra la linea storica Venezia-Trieste e l’Aereoporto Marco Polo.
Tutti questi interventi necessari e realizzabili in tempi certi possono essere messi a rischio dalla incerta sorte della nuova linea AV/AC, i cui tempi di realizzazione si riferiscono a scenari di orizzonti temporali che vanno dal 2015 al 2050, con costi non noti (non resi pubblici insieme al Progetto preliminare) ma presumibilmente di molti miliardi di euro, e con le incognite legate allo scavo di lunghe gallerie nel sottosuolo carsico.
Intervenire sulla logistica - Gli interventi indispensabili per aumentare la quota del trasporto ferroviario, indicati dall’analisi trasportistica e dal Piano regionale, riguardano solo limitatamente l’aspetto infrastrutturale (tra cui viene citato il raddoppio di tratti a binario unico e la rimozione dei colli di bottiglia) e concernono invece i fattori definiti nell’analisi trasportistica “di carattere organizzativo e gestionale”, cioè l’inadeguatezza dell’impresa di trasporto ferroviario ora operante in regione, la concorrenza del trasporto su gomma, oltre alle carenze del lay-out dello scalo di Cervignano e dello scalo di Trieste Campo Marzio. Bisogna ricordare anche che il trasporto annuale di circa 30.000 automezzi (TIR) caricati sull’autostrada viaggiante a Trieste Campo Marzio persiste grazie ai contributi della Regione Friuli-Venezia Giulia, autorizzati dall’Unione Europea. Nel caso della cessazione di queste autorizzazioni o di riduzione o cessazione dei contributi, questo traffico verrebbe immediatamente trasferito dalla rotaia alla strada.
Una scelta coraggiosa - sarebbe chiedere all’Unione Europea di modificare le proposte finora avanzate e inserire nel Corridoio 5 / Progetto prioritario 6 un insieme di interventi coerenti, dai tempi e costi certi, per rilanciare il trasporto ferroviario di merci e persone.
Finchè non verrà fornita una risposta chiara e sincera, senza giri di parole a queste questioni, è del tutto evidente che il progetto non potrà convincere nessuno. Dal punto di vista economico si prospetta uno sperpero di denaro pubblico mostruoso. Molti milioni di euro se ne sono già andati nelle varie vicissitudini progettuali (alcune archiviate poco dopo aver visto la luce, come lo studio di fattibilità della linea Trieste-Divaccia del 2008, costato 2 milioni di euro insieme agli studi di prefattibilità, e poi gettato alle ortiche), e non si riesce neanche ad immaginare il costo previsto (si parla oggi di 7,5 mld di euro, immaginiamo in progressivo aumento, visto che nel 2007 si ipotizzavano 6 mld di euro).
Dal punto di vista ambientale tra cantieri, trivellazioni, rumore, lo scempio è assicurato e la si smetta con la favola che gli ambientalisti vogliono conservare lo status quo, chi lo afferma è in malafede. Legambiente ha messo in evidenza che alcuni interventi sulla rete esistente riuscirebbero ad aumentare enormemente e in modo più che sufficiente la capacità della rete ferroviaria regionale e una valutazione al termine di questi interventi sarà doverosa e pensiamo di poter dimostrare che non sarà necessario procedere con l’ulteriore linea TAV. Il gruppo di lavoro regionale è da tempo al lavoro per confezionare e presentare nei tempi stabiliti le osservazioni al progetto, ma è chiaro che Legambiente non è disposta ad accettare scelte che dal punto di vista ambientale, sociale ed economico sono largamente insostenibili per il territorio ed anche non utili ad un rilancio dell'economia in tempi adeguati.
Legambiente FVG

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 18 febbraio 2011

 

 

Rigassificatori a Trieste la Slovenia rinvia ancora la decisione su Zaule

 

Vertice bilaterale, scartato il progetto off-shore Italia flessibile sul piano del porto di Capodistria
ROMA Italia e Slovenia d’accordo su tutto o quasi. Sì, perché il tormentone-rigassificatori resta ancora una tema controverso e neppure il vertice interministeriale di ieri a Villa Madama è riuscito a porre la parola fine alla telenovela diplomatica “in onda” ormai da anni. Al di là delle dichiarazioni ufficiali la linea, a questo punto delle cose, è che l’Italia vuole andare avanti con l’impianto di Zaule per il quale, come ricordato dal ministro degli Esteri Franco Frattini «è stata ultimata la procedura d’impatto ambientale e sul cui progetto è stata inviata una documentazione tecnica a Lubiana». Sembra ormai certo invece che Roma non ha intenzione di proseguire la strada per il progetto off-shore.
Tutto risolto? Ma neanche per sogno. Perché il ministro dell’Ambiente sloveno Roko Zarnic ci tiene a precisare che Lubiana ha tutta una serie di «serie osservazioni» sulla documentazione giunta dall’Italia, osservazioni che sono in fase di traduzione per essere viste dal nostro ministro Stefania Prestigiacomo. «Noi speriamo che l’Italia valuti le nostre controdeduzioni – precisa Zarnic – anche in vista dell’incontro che entrambe le parti avremo congiuntamente a Bruxelles sulla questione». Bruxelles dove il commissario per l’Ambiente, guarda caso, è lo sloveno Potocnik. «Se anche in quella sede – afferma il ministro sloveno – non dovessimo arrivare a un accordo e persisterà il muro contro muro allora noi abbiamo a disposizione altre strade», alludendo al ricorso alla Corte di giustizia europea.
Frattini fa capire invece che se Zaule va avanti l’Italia valuterà in termini molto brevi e senza troppe obiezioni i progetti relativi all’ampliamento del porto di Capodistria e del rigassificatore che dovrebbe sorgere proprio nel capoluogo del Litorale sloveno. Insomma un ”do ut des” molto ragionevole, in qualche senso auspicato dalla stessa Slovenia nel “no paper” giunto nei mesi scorsi su tavolo del ministro Prestigiacomo. Insomma forse ha più valore quello che non è stato detto rispetto a quanto dichiarato ieri ufficialmente per non eludere il “diplomatically correct” dei buoni rapporti bilaterali.
Altro tema “caldo” è stato quello relativo alla collaborazione dei porti nell’Alto Adriatico. «È indispensabile un’interconnessione – spiega Frattini – per acquisire il maggior numero di container che viaggiano lungo il Mediterraneo». L’intenzione è quella di creare un sistema logistico comune. Anche per questo sia Italia che Slovenia si impegneranno a sostenere in sede europea affinché l’asse adriatico-baltica diventi corridoio strategico dell’Unione europea. Sul piano energetico, infine, massima collaborazione al progetto dell’Oleodotto South Stream.
Non si è parlato della Centrale nucleare di Krsko e di una possibile compartecipazione italiana al raddoppio dell’impianto ma il ministro degli Esteri sloveno Samuel Zbogar sostiene che «gli investimenti italiani sono molto ben visti» oltreconfine e che il suo Paese «farà di tutto per creare le migliori condizioni agli interessi dei soggetti italiani». Non resta che attendere che il governo di Lubiana vari il Piano energetico nazionale dove sarà previsto il raddoppio dell’impianto di Krsko per poi vedere le carte relativamente all’ingresso di Enel nel progetto.
L’avversario da battere però è un osso duro: si chiama Westinghouse, ha sede negli Usa dove proprio poche settimane fa il premier sloveno Borut Pahor ha incontrato il presidente Barack Obama.
MAURO MANZIN
 

 

Pacorini: puntiamo sul raddoppio di Krsko - «Consumi raddoppiati mentre siamo fermi con le reti». Strategica pure la centrale di Lucchini
 

MONITO DEL PRESIDENTE DEL CONSORZIO ENERGIA DI TRIESTE
TRIESTE Troppo grande il ritardo delle infrastrutture energetiche regionali «Siamo rimasti indietro di 30 anni, le reti sono le stesse del 1985» lancia un monito il presidente del Consorzio energia di Trieste, Federico Pacorini che rilancia alla Regione. «In questo quadro il rafforzamento di queste infrastrutture con la realizzazione di almeno un impianto di rigassificazione e con la partecipazione italiana al raddoppio della centrale di Krsko in attesa dell’avvio del nucleare in Italia assumerebbe particolare rilevanza strategica». Anche perchè sta aumentando esponenzialmente la «fame» di energia del comparto industriale, lo conferma Pacorini illustrando i dati dei consumi e facendo un bilancio del consorzio. E il consumo in 30 anni è praticamente raddoppiato, 4,8 miliardi di kilowatt nel 1985 che sono diventati 10,2 nel 2008 con due linee in servizio a 380 kilovolt. «C’è il rischio di una forte instabilità nella rete per transiti di potenza – spiega il presidente – ma anche di ridotte condizioni di sicurezza sulla rete ad alta e altissima tensione e di una limitazione della capacità di produzione dei due pricipali impianti che forniscono energia a Monfalcone e Torviscosa».
E in questi anni anche il Consorzio energia è cresciuto, raccoglie attualmente 56 soci per un consumo annuo complessivo paria 222,5 milioni di kilowatt. «Uno sviluppo lusinghiero per noi – aggiunge Pacorini – non è soltanto la crescita degli associati, ma anche il fatto che non tutti operano in provincia di Trieste e non solo, arrivano anche da fuori regione. Frutto del lavoro professionale del Consorzio che è un’emanazione dell’Assindustria e che non pesa sugli associati dando benefici molto alti». Si può arrivare a differenze di 32 euro per megawatt/ora rispetto a un prezzo medio italiano di 70 euro.
Pacorini ribadisce la richiesta: «Bisogna potenziare le reti, prevedere nuove linee di interconnessione con l’estero, diversificare le fonti di approvvigionamento per ridurre la dipendenza e quindi il costi». Perchè in Italia il prezzo dell’energia elettrica è più caro del 25% rispetto agli altri paesi e c’è una dipendenza dell’80% dalle fonti fossili rispetto al 50 del resto del mondo mentre non c’è nulla di nucleare.
Per questo il presidente del Consorzio energia insiste sull’importanza di realizzare il progetto del rigassificatore a Trieste «che porterebbe investimenti per 500 milioni di euro con importanti ricadute locali e lavoro per 300 fino a 800 unità». Ma parla anche del progetto della centrale termoelettrica a ciclo combinato che vuole realizzare la Lucchini Energia ribadendo la sua perplessità «di fronte al voto negativo del Consiglio comunale». E infine Pacorini ribadisce la valenza strategica di una partecipazione italiana al raddoppio della centrale nucleare di Krsko: «Il nostro che è un grande paese potrebbe negoziare degli accordi di ampio valore facendo in modo che la Slovenia scopra la convenienza di un co-investimento italiano».
GIULIO GARAU
 

 

«Sulle bonifiche ascoltati un anno dopo» - LA POLEMICA DELLA BASSA POROPAT
 

Provincia inascoltata sulla bonifiche del sito inquinato. Adesso che la Regione ha trovato un accordo col ministero dell’Ambiente per avviare l’analisi dei terreni, a prescindere da tutti i contestati contenuti dei precedenti accordi di programma mai firmati per intero, la presidente Poropat mette a nudo la contraddizione: perché oggi va bene quel che fino a ieri veniva dichiarato impossibile? Perché la sua ufficiale proposta al presidente della Regione, datata 17 febbraio 2010 (vecchia dunque di un anno) è «rimasta inevasa»? Perché il forte appello a dare precedenza alle caratterizzazioni, per eventualmente ridisegnare i confini del Sin e dare spazi alle aziende non ha trovato ascolto?
«La proposta provinciale - scrive Maria Teresa Bassa Poropat - a tutt’oggi formalmente inevasa, sembra aver trovato - dopo un anno esatto - possibilità di attuazione, addirittura con piena condivisione ministeriale. Sarebbe forse utile spiegare ai cittadini - aggiunge - come mai i rappresentanti dell’amministrazione regionale e quelli ministeriali avessero ripetutamente sostenuto che, in assenza di un puntuale accordo di programma, nessuna caratterizzazione si sarebbe potuta avviare. Forse - chiede polemicamente la presidente - il lungo tempo trascorso ha permesso di superare le sconosciute norme ostative?». Al di là della polemica, però, Poropat esprime «soddisfazione per l’avvio di qualcosa di utile per le imprese da anni ormai paralizzate dai vincoli nascenti dall’individuazione di quel Sito».
Ma avendo già espresso a Tondo tutta la propria «perplessità» e «preoccupazione» di fronte al fatto che gli enti locali fossero stati dapprima sospinti a una veloce firma degli accordi col ministero «per non perdere i soldi dello Stato», e poi subito dopo dissuasi dal condividere quello stesso accordo visto il parere negativo dell’Ufficio legale regionale, Poropat ricorda il senso di scoramento («ci siamo nuovamente infilati in una situazione di conflittualità senza uscita» scriveva lo scorso anno al presidente della Regione), e oggi non digerisce che i meriti siano proprio della Regione: «Certa che la Regione non vorrà assumere vanto da tale tardiva impostazione - scrive - confido che ora si voglia avviare con la massima celerità l’ipotizzata procedura delle caratterizzazioni preventive, estendendola alle ulteriori indispensabili verifiche di fondo già da tempo suggerite da questa Provincia».

(g. z.)
 

 

SEGNALAZIONI - Green economy - ENERGIA
 

Da anni ormai a Trieste assistiamo ad un florido quanto macabro esercizio cui partecipano, a proposito e a sproposito, istituzioni, partiti, associazioni di categoria, ambientalisti, ecc., che consiste nella presentazione, discussione (con immancabili acerrime contrapposizioni) e regolare affossamento finale di progetti di vario tipo riguardanti iniziative di rilancio e sviluppo della città. A cominciare da «Polis» negli anni ’80, se ne contano a decine... In tale contesto rientrano ora le voci di una non troppo lontana dismissione della Ferriera (che, tra l’altro, Dipiazza avrebbe dovuto chiudere nel luglio 2001, un mese dopo la sua elezione) con la possibile installazione nell’area e nelle zone circostanti (Sin permettendo) di infrastrutture energetiche il cui impatto sul tessuto portuale, industriale ed urbano è indubbiamente pesante e le cui ricadute in termini di sicurezza della vita umana, della tutela dell’ambiente e dei vantaggi economici per il territorio non sono mai state del tutto chiarite dal soggetto proponente. A questo punto però, considerato che il livello della presenza industriale a Trieste non può ulteriormente decrescere, mi chiedo se non si possa ipotizzare in alternativa la localizzazione nella stessa area di un impianto a tecnologia avanzata come ad esempio una centrale elettrica solare di ultima generazione. La collaborazione tra l’importante multiutility locale e le istituzioni scientifiche d’eccellenza assoluta (Area Science Park in primis) presenti sul territorio dovrebbe poter favorire l’avvio di un’iniziativa imprenditoriale nel campo della green economy. Nei due secoli passati Trieste si è fatta conoscere nel mondo anche per le soluzioni d’avanguardia progettate in loco nel settore allora trainante della navalmeccanica; perché quindi non giocare ancora, a vantaggio della città, la carta dell’innovazione utilizzando le conoscenze oggi disponibili e le possibilità industriali che il momento attuale offre?
Mario Ravalico - Consigliere comunale Pd
 

 

SEGNALAZIONI - Avanti con le bonifiche - RISORSE
 

Dopo anni di attesa, dalla stampa locale si apprende che qualcosa si muove sul tema delle bonifiche relative al Sito di interesse nazionale (Sin) in area Ezit. Stato e Regione stanno finalmente per sbloccare fondi e risorse che serviranno per finire le operazioni di carotaggio nell’area inquinata del Sin. Un’area dove attualmente non sono consentiti insediamenti di nuove aziende, e dove non è neanche possibile effettuare piccoli interventi di modifica e/o ampliamento delle strutture industriali esistenti. Prendendo spunto da quanto affermato dal consigliere Alessia Rosolen, e in considerazione anche dell’accordo siglato a dicembre tra il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti e il presidente dell’Ezit Dario Bruni, tutti noi imprenditori locali, ci auguriamo che a questo primo impegno finanziario faccia seguito un rapido accordo di programma tra le istituzioni competenti (i Ministeri dell’ambiente, dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture, la Regione, la Provincia, i Comuni di Muggia e Trieste, l’Autorità portuale e l’Ezit) che preveda una successiva linea d’interventi basati sulla concretezza e sulla scelta di soluzioni tecniche rapide. Sarebbe opportuno inoltre che lo Stato prevedesse di mettere a disposizione delle risorse, anche di carattere finanziario e con le modalità ritenute più opportune, che servano a supportare quelle realtà industriali locali che, di fatto, hanno pagato dazio per un immobilismo coatto di certo da loro non desiderato.
Marino Mennuni

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 febbraio 2011

 

 

«Sito inquinato, serve una società mista» - Fortuna Drossi: inutile attendere i soldi da Roma meglio comprare le aree
 

Mentre da Roma il governatore Renzo Tondo e l’assessore Sandra Savino accelerano sulla strada della caratterizzazione e successiva bonifica del sito inquinato (Sin), da Trieste il candidato sindaco di Trieste Città Metropolitana, Uberto Fortuna Drossi, lancia l’idea di un percorso diverso, che risponda alla necessità di bonificare e restituire alle attività produttive la vasta area nella zona industriale triestina senza dover stare ad aspettare i palazzi romani. Ma passando piuttosto per l’Unione europea.
«Le aree inquinate del Sin possono diventare una risorsa – sostiene Fortuna Drossi - ma bisogna cambiare strada: aspettare i soldi da Roma rischiando che poi non si possano dare grossi finanziamenti alle imprese che bonificano, perché la comunità europea li considera aiuti di stato, è sbagliato». Secondo il candidato sindaco di Trieste Città Metropolitana la soluzione per valorizzare il Sin è un’altra, già applicata in Europa da altri siti inquinati: la costituzione di una società territoriale urbana, composta da soggetti pubblici e privati, che acquisisca l’intera area sulla base di un progetto di insediamento industriale ben definito, da proporre a Bruxelles per ottenere i finanziamenti, come già fatto per il piano Urban.
Fortuna Drossi ha le idee chiare anche sul profilo industriale adatto per l’area: vanno previste, dice, industrie altamente tecnologiche, a emissioni tendenti allo zero, che consentano di attrarre risorse e forniscano occasioni d’impiego a quel personale altamente specializzato che in territorio triestino non manca. Ma per richiedere i finanziamenti alla Comunità europea servono rappresentanti forti a Bruxelles: il Comune, sostiene Fortuna Drossi, deve impegnarsi maggiormente su questo fronte, ripristinando per prima cosa un ufficio demandato ai rapporti con la Comunità europea. Senza dimenticare, conclude il candidato sindaco, che se Trieste avesse lo status di Città metropolitana ottenere i finanziamenti dell’Unione Europea su specifici progetti sarebbe stato molto più semplice.
Giulia Basso
 

 

SEGNALAZIONI - «Il rigassificatore non fa calare i prezzi» - A PROPOSITO DI VANTAGGI PER I CONSUMATORI

 

Leggo su «Segnalazioni» dell’11 febbraio 2011 la replica di Gas Natural all’articolo del Piccolo riguardo il prezzo del gas qualora venga installato un rigassificatore a Trieste.
Ebbene, stanno scoprendo alcune carte. Vediamone una, e cioè il prezzo del gas: non sarà diminuito come ipotizzato all’inizio di questa avventura da parte di alcuni nostri amministratori, ma questa non è una novità. Per fare un solo esempio citerò il rigassificatore di Panigaglia: in detta località è installato un rigassificatore dagli anni ’70 ed è in progetto un suo raddoppio, da 3,4 miliardi annui a 8 miliardi annui di gas. Ebbene, già nel 2007 il commissario del Comune di Portovenere si era espresso contrariamente al suo ampliamento, ora la Regione Liguria, Comune di Portovenere, La Spezia, Lerici, Provincia della Spezia e una buona maggioranza di cittadini che pagano il gas come noi, sono tutti concordi a rifiutare l’ampliamento, anzi alla scadenza della concessione si pensa di non rinnovarla. Leggendo tutte quelle cifre snocciolate sembrerebbe che la manna arriva a Trieste, ma allora io mi chiedo: sono tutti fuori di testa questi cittadini ed enti locali di detti Comuni, Province e Regioni?
Rinunciare a tutto questo ben di Dio, eppoi il rigassificatore ce l’hanno già.
Senza commentare noi a Trieste l’ubicazione, la sicurezza e l’ambiente!
Sergio Burlin
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 16 febbraio 2011

 

 

Edilizia, città anti-ecologiche

 

Promossa solo Bolzano. Gli edifici in cui viviamo e lavoriamo sono responsabili, in nove casi su dieci, di dispersioni di calore e fannno aumentare i costi in bolletta. Lo rivela un'indagine di Legambiente condotta in 15 capoluoghi italiani
ROMA - Pareti senza isolamento, finestre sottili e montate male, ponti termici tra diversi materiali, serramenti e solai che favoriscono gli sprechi energetici. Gli edifici in cui abitiamo e lavoriamo sono responsabili, in nove casi su dieci, di forti dispersioni di calore e quindi costringono a usare riscaldamento e condizionatori, facendo così aumentare i costi in bolletta e diminuire il comfort e la vivibilità. Lo rivela un'indagine di Legambiente che, con la campagna nazionale “Tutti in classe A”, vuole promuovere una nuova cultura del costruire sostenibile.
Una squadra di tecnici ha analizzato 100 edifici tra appartamenti e uffici in 15 città italiane, e solo 11 (tutti costruiti a Bolzano) sono quelli “promossi”. Per mostrare difetti e pregi degli edifici sono state utilizzate immagini termografiche realizzate con un apposito macchinario capace di evidenziare le caratteristiche termiche ed energetiche dei materiali nelle pareti esterne dell’edificio.
GUARDA LE TERMOFOTO

“Con le termofoto - spiega Edoardo Zanchini, responsabile energia di Legambiente - vogliamo rendere evidente quanto sia importante avere case ben progettate e costruite. Le speciali immagini mostrano proprio la differenza tra una casa di “classe A”, ossia con uno standard di qualità energetica che certifica un bassissimo fabbisogno di energia per il riscaldamento, e quelle costruite invece senza alcuna attenzione a questi temi. Le prime garantiscono una migliore qualità della vita agli abitanti grazie al buon isolamento delle pareti e, a parità di comfort, possono ridurre sensibilmente la spesa per il riscaldamento invernale e fare a meno dei condizionatori d’estate, riducendo fino a un terzo la spesa per il riscaldamento e il raffrescamento, ossia permettendo un risparmio tra i 200 e i 500 euro l’anno a famiglia”.
Per quanto riguarda gli edifici residenziali sono state prese in considerazione costruzioni realizzate negli ultimi dieci anni, ossia nel momento del boom dei prezzi, venduti spesso a cifre superiori a 3/4.000 euro a metro quadro. Se si considera che la differenza di spesa per una casa di classe A rispetto a una “normale” è del 5-10%, e il prezzo di costruzione è di circa 1.000 euro a mq, si capisce come non sia un problema di costi a impedire di investire nella qualità. Per capire le differenze per chi vi abita, le termofoto di Bolzano mostrano caratteristiche omogenee delle pareti, il cui isolamento permette di evitare sbalzi termici. In questo modo si possono ridurre i costi del riscaldamento e del raffrescamento. Per fare un esempio, un edificio certificato di classe A ha bisogno di circa 30 kWh/mq anno per il riscaldamento (paragonabile alla capacità di 3 litri di gasolio per riscaldare efficientemente per un anno la superficie di 1 m²), rispetto ad un'abitazione nuova di classe C che ha bisogno di circa 70 kWh/mq anno, mentre un edificio come quelli “bocciati” dalle analisi, mediamente di classe E, ha bisogno di oltre 120 kWh/mq anno.
Sono stati analizzati anche edifici pubblici, "perché Regioni e Comuni - spiega Legambiente - dovrebbero dare il buon esempio evitando sprechi nelle loro strutture", e i risultati sono ugualmente sconfortanti: bocciati 18 edifici su 19 con dispersioni a volte clamorose che obbligano ad un superlavoro i termosifoni d’inverno e i condizionatori d’estate. L’unico palazzo che si salva è la nuova sede amministrativa della Provincia di Bolzano. Nel dossier di Legambiente c’è anche una dettagliata valutazione sull’operato delle diverse Regioni in materia di prestazioni energetiche in edilizia. Promosse le Province Autonome di Trento e Bolzano, la Lombardia e il Piemonte dove le normative affrontano in maniera completa tutti gli aspetti di rendimento e certificazione energetica degli edifici, gli obblighi, i controlli e le sanzioni e dove, di conseguenza, si possono trovare esempi positivi di edilizia sostenibile. Promosse ma con riserva: Emilia-Romagna, Liguria e Puglia dove mancano ancora dei tasselli per completare il quadro normativo. Bocciate per alcune lacune normative: Lazio, Umbria e Valle d’Aosta, con Leggi Regionali che prevedono indicazioni ancora troppo generiche sull’efficienza energetica. Bocciate per incompletezza e inadeguatezza delle leggi regionali: Toscana, Veneto, Marche, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Sardegna, Sicilia, Abruzzo.
Il quadro emerso da questo monitoraggio denota quanto poco siano cambiate, negli ultimi trent'anni, le attenzioni da parte di progettisti e costruttori nei confronti di materiali, tecnologie e modalità costruttive impiegate per il contenimento degli sprechi energetici. Secondo le stime del ministero dello Sviluppo economico, complessivamente, il peso degli usi energetici civili rappresenta circa il 50% dei consumi elettrici e il 33% di quelli energetici totali. "Diventa dunque importantissimo - conclude Legambiente - intervenire nel settore edilizio per ridurre gli sprechi e le emissioni di CO2". L'Unione Europea ha preso molto sul serio questa sfida con precise direttive che hanno reso obbligatoria, anche in Italia, la certificazione energetica degli edifici 2 nuovi e nelle compravendite di quelli già esistenti. La recente direttiva Ue 31/2010 stabilisce addirittura che dal 2021 tutti i nuovi edifici dovranno avere caratteristiche tali da non aver bisogno di apporti per il riscaldamento e il raffrescamento, oppure dovranno essere in grado di soddisfarli attraverso l’uso di fonti rinnovabili.
MONICA RUBINO

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 febbraio 2011

 

 

Monfalcone, una Tav a misura di Superporto - PRESENTATO DALLA REGIONE AI SINDACI IL PROGETTO ALTA VELOCITÀ
 

Grazie al nuovo bivio San Polo il traffico container potrà aumentare di 18 volte. Più garanzie ambientali
MONFALCONE L’assessore regionale ai Trasporti e Infrastrutture, Riccardo Riccardi, e i tecnici di Rfi hanno presentato ieri sera, alla Galleria espositiva, il progetto Alta velocità-Alta capacità relativo alla tratta Venezia-Trieste. La platea, oltremodo numerosa, è stata quella di una sorta di ”Consiglio allargato” tra i Comuni interessati dal progetto, con la presenza anche delle associazioni ambientaliste, dei rappresentanti dei Comitati e dei cittadini. A fare gli onori di casa è stato il presidente del Consiglio comunale di Monfalcone, Marco Ghinelli, seguito dall’intervento di apertura e di saluto del sindaco Gianfranco Pizzolitto. È stata un’assemblea articolata, dove si sono susseguiti i contributi forniti con ampio dettaglio dai tecnici di Rfi. La serata è stata anche contrassegnata da espressioni di preoccupazione: all’esterno della Galleria espositiva, sono stati distribuiti volantini da parte di Rifondazione comunista e del Wwf, mentre il Coordinamento per il Parco del Carso ha voluto consegnare a Riccardi una specifica nota.
La linea Av-Ac Venezia-Trieste è inclusa nel programma delle infrastrutture strategiche, inserita nell’ambito della Legge Obiettivo, ed è quindi soggetta all’approvazione in battuta finale del Cipe, previa l’intesa tra Stato e Regione.
I dati sono innumerevoli. A partire dai costi. L’investimento previsto per la tratta Venezia-Trieste è stato quantificato in 7,5 miliardi di euro, articolato in fasi funzionali, come ha spiegato Osvaldo Mastroianni, referente di Rfi. Il tracciato Venezia-Trieste prevede un aumento della capacità di traffico merci stimata in 30 volte, passando dagli attuali 110 mila teu ai 3,3 milioni. In particolare, il bivio di San Polo, che rappresenta il primo intervento, inserito nella prima di sei fasi complessive, potrà raggiungere, con il quadruplicamento della linea storica ferroviaria, una capacità di flusso diciotto volte superiore, passando dagli attuali 50mila teu a 900mila teu. In altre parole, come ha spiegato l’ingegner Mastroianni, si tratta di stime compatibili con le cifre prospettate nell’ambito del progetto di Unicredit relative alla realizzazione del Superporto.
Altro aspetto preso in considerazione riguarda i cosiddetti ”fabbricati interferiti”, ovvero interessati dalla sede ferroviaria. Complessivamente si parla di 34 fabbricati nel territorio regionale, di cui 25 situati nel mandamento monfalconese (Monfalcone, Ronchi, Staranzano, San Canzian, Doberdò del Lago) e, ancora, di questi 7 sono per lo più tettoie o comunque manufatti non abitabili. E veniamo ai ricettori individuati obbligatoriamente per legge lungo la linea ferroviaria tenendo conto di una fascia di rispetto di 250 metri da una parte e dall’altra dei binari per i ricettori ordinari, mentre di 500 metri per i ricettori sensibili che individuano cioè strutture o infrastrutture particolari come ospedali, scuole, cimiteri, campi sportivi, abitazioni.
I tecnici di Rfi hanno anche fornito le cifre complessive: i ricettori lungo la linea Portogruaro-Ronchi sono 1524, mentre lungo il tracciato Ronchi-Trieste sono 1819. Di questi, solo 25 sono ”sensibili”. Tutti questi ricettori, comunque, hanno sottolineato i tecnici di Rfi, saranno mitigati: ciò significa prevedere sull’intera tratta Venezia-Trieste ben 50 chilometri di barriere fonoassorbenti.
Sul tappeto anche gli aspetti ambientali, in particolare sotto il profilo geologico e idrogeologico, affidati all’illustrazione di Carlo Comin. Rfi ha condotto uno studio geologico, è stato spiegato, avvalendosi dell’Università degli Studi di Trieste, ma ha anche elaborato uno studio specifico dedicato al Carso, con l’apporto dell’ateneo triestino e dell’Associazione speleologica di Trieste. Comin ha osservato che l’attuale tracciato non è confrontabile con quello elaborato nel 2003, avendo superato innumerevoli ”criticità” modificandone sostanzialmente il percorso proprio a salvaguardia del patrimonio ambientale.
LAURA BORSANI
 

 

Treni, tredici carrozze rinnovate a disposizione dei pendolari - PRESENTATE LE PRIME VETTURE, ALTRE IN ARRIVO
 

Da ieri i pendolari del Friuli Venezia Giulia dispongono di 13 nuove carrozze ferroviarie per i loro trasferimenti quotidiani da casa al posto di lavoro e di studio. Tante sono le vetture completamente rinnovate, in base ai più moderni criteri di sicurezza e comodità, che Trenitalia ha presentato, alla Stazione centrale di piazza della Libertà, e che saranno subito a disposizione del traffico pendolari distribuito sull'intero territorio regionale. Tutto questo in base al contratto di servizio stipulato da Trenitalia con la Regione.
Dopo la consegna delle prime sei vetture, le altre arriveranno tra un paio di mesi. Quelle arrivate ieri sono giunte sui binari della Stazione centrale agganciate a un locomotore "464" appena uscito dallo stabilimento di Vado Ligure: un treno completo sotto ogni profilo della capacità di oltre mezzo migliaio di posti, che servirà la tratta che collega Trieste, Gorizia, Udine, Pordenone e Venezia, ma potrà essere utilizzato anche per altre destinazioni, in attesa che comincino a circolare i sei nuovi treni che la Regione ha destinato a questo particolare tipo di trasporto. «Abbiamo lavorato su due filoni - ha spiegato l'assessore regionale alle Infrastrutture e alla Mobilità Riccardo Riccardi - il primo riguarda la riqualificazione del parco rotabile esistente e l'acquisto, il secondo concerne gli obiettivi di una politica che deve contemperare le esigenze dei pendolari e la disponibilità delle risorse».
Assieme a Riccardi hanno partecipato alla consegna del treno l'assessore comunale allo Sviluppo economico e turismo Paolo Rovis e il direttore regionale di Trienitalia Mario Pettenella. Rovis ha apprezzato il lavoro di restauro delle carrozze che, dell'impianto originale, non hanno conservato che il nudo scheletro, tanto che i tavolini pieghevoli, sistemati tra le comode poltrone bluette, oggi sono addirittura dotati di connessioni per computer portatili.
«Sappiamo che si tratta di un lavoro lungo - ha detto infine Riccardi - ma questo è il primo, importante passo per fare andare avanti un settore rimasto fermo per troppo tempo». Rovis ha sottolineato che «è sì importante dedicare attenzione e risorse alle grandi linee di servizio al turismo e al trasporto merci, ma è altrettanto decisivo occuparsi con concretezza dei pendolari, di quelle migliaia di lavoratori e studenti che, ogni giorno, si spostano per necessità e che abbisognano anch'essi di treni adeguati e confortevoli».

(u. s.)
 

 

Savino: «Il ministero condivide il nostro percorso per le bonifiche»
 

INCONTRO DI TONDO E DELL’ASSESSORE REGIONALE CON LA PRESTIGIACOMO
Il percorso per concludere le caratterizzazioni del Sito inquinato, e arrivare poi a un accordo di programma che sia condiviso da tutte le parti in causa e consenta di passare alle bonifiche, è stato ieri al centro di un incontro fra il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, il presidente della Regione Tondo e l’assessore alle Finanze e programmazione Sandra Savino.
«Abbiamo sensibilizzato il ministro – ha dichiarato l’assessore – sulla particolare situazione del Sin di Trieste che, al contrario di altri siti inquinati nel nostro paese, è parcellizzato fra decine e decine di piccole imprese. La condivisione del ministero sul percorso che intendiamo seguire – ha aggiunto – ci offre maggiori garanzie e certezze operative, e i risultati delle caratterizzazioni sull’intero sito permetteranno di definire meglio i contenuti dell’accordo di programma».
Le risorse per i sondaggi, che a breve saranno sloccate dalla Regione (l’approvazione in aula dell’emendamento Savino-Ciriani alla legge sulle cave è attesa nella prima seduta utile), costituiscono il primo passo del percorso illustrato ieri alla Prestigiacomo. Sui prossimi passi una riunione tecnica è in programma domani fra l’assessore Savino e il collega all’Ambiente Ciriani.
 

 

«Stop alla palazzina in via delle Linfe» - IL COMITATO CHIEDE AL COMUNE LA PERMUTA CON UN ALTRO SITO
 

Fermare la costruzione del nuovo palazzone che incomberà sull’unico spazio giochi all’aperto del quartiere di San Giovanni: l’Oratorio di via San Cilino. Con questo obiettivo il Comitato rionale dei cittadini e il parroco della Chiesa di San Giovanni Decollato si sono incontrati ieri con il sindaco Dipiazza per cercare di raggiungere in extremis il difficile obiettivo.
La ditta costruttrice EdilSanGiusto possiede tutte le concessioni necessarie alla realizzazione di un nuovo edificio di 4 piani per un totale di 12 appartamenti. La sesta circoscrizione aveva dato parere negativo all’opera e ulteriori sopralluoghi effettuati da alcuni consiglieri comunali avevano bocciato l’edificazione perché progettata in quel cul de sac che è via delle Linfe, stradina a fondo cieco con scadente accessibilità. Ma i richiedenti, ottenuti i permessi, hanno iniziato a gettare le fondamenta.
Il palazzo dovrebbe crescere proprio a ridosso dello storico oratorio, da qui l’azione del Comitato rionale, parroco e associazioni del territorio che non si danno per vinte. Ieri hanno chiesto a Dipiazza e ai diversi rappresentanti di maggioranza e opposizione presenti in sala giunta di fermare un progetto che, a loro dire, andrà a cancellare l’unico spazio aperto ancora esistente nel rione. Al sindaco hanno ricordato come tutto il rione si stia mobilitando per fermare la cementificazione, e nuove azioni si stanno profilando all’orizzonte.
Roberto Dipiazza ha confermato che farà un sopralluogo al cantiere di via delle Linfe e incontrerà i costruttori. «Così potrà rendersi conto come sia davvero terribile far gravare sui bambini dell’oratorio e sulle minime realtà abitative circostanti un progetto mastodontico tutt’altro che necessario. Chiediamo al sindaco – hanno continuato i rappresentanti dei cittadini e il parroco – di percorrere l’unica strada possibile per salvare comunità e costruttori: realizzare una permuta tra il terreno non ancora edificato e un’altra proprietà comunale».
Maurizio Lozei
 

 

«Le cozze avariate sono anche cancerogene» - Gli esperti hanno riscontrato la presenza di acido okadaico, sostanza nociva
 

Le conclusioni di Guariniello sui mitili triestini che avevano intossicato 150 persone
Si chiama acido okadaico e può provocare tumori. Tracce di questa sostanza sono state trovate assieme alle tossine Dsp all’interno delle cozze che il 18 settembre dello scorso anno avevano mandato all’ospedale non meno di 150 persone tra Piemonte e Valle d’Aosta.
Le cozze ”incriminate” provenivano dal golfo di Trieste. Che all’interno dei mitili ci sia stato l’acido okadaico emerge dalla perizia che è stata depositata nell’ufficio del procuratore di Torino Raffaele Guariniello, il magistrato che coordina le indagini affidate ai carabinieri del Nas di Torino.
Secondo il consulente «l’acido supera la barriera dello stomaco, raggiunge l’intestino, viene assorbito nel sangue, si deposita in polmoni e fegato». Oltre a provocare subito «diarrea, nausea, vomito e dolori addominali», può avere effetti a lunga distanza, ovvero «favorire lo sviluppo di neoplasie, in quanto stimola l’ossidazione dei grassi e ha effetti citotossici: può uccidere cellule umane a partire da quelle della mucosa intestinale».
Indagate a vario titolo sono 14 persone. Di queste si conosce solo il nome di Italo Minca, 60 anni, l’amministratore della cooperativa «Colmi seconda» del Villaggio del Pescatore, la prima struttura a finire nel mirino degli inquirenti. È corretto precisare che non ha nulla a che fare con l’Ittiturismo gestito dai fratelli Franco e Mario Minca.
«Al momento non possiamo rivelare i nomi degli altri indagati perché devono ancora essere interrogati», ha dichiarato nel pomeriggio il pm Guariniello. Non ha voluto aggiungere altro. Si sa solo che sotto la lente sono finiti coltivatori, raccoglitori e commercianti di Trieste, Monfalcone, Grado e Ariano nel Polesine. Devono rispondere, oltre che di distribuzione di alimenti pericolosi, anche di inosservanza dei provvedimenti dell'autorità.
In un caso, quello relativo a Minca, il pm Guariniello procede per falso perchè - stando alle indagini - l’accusato aveva sostenuto di avere raccolto i mitili due giorni prima del blocco.
Infatti secondo le indagini la «Colmi seconda» avrebbe prelevato successivamente allo stop ordinato dall’Azienda sanitaria i mitili dalla zona ”09Ts”. L’area era stata dichiarata off-limits dal servizio veterinario dell’Ass lo scorso 31 agosto. Per riuscire a bypassare il divieto, secondo l’accusa, la cooperativa avrebbe modificato le date stampate sulle confezioni. Una contraffazione sui certificati relativi alla provenienza, che avrebbe finito poi per trarre in inganno i grossisti e i distributori. Un trucco che il pm Guariniello aveva fin da subito ipotizzato.
In un mese di indagini i carabinieri del Nas di Torio in collaborazione con i colleghi di Udine avevano ricostruito l’itinerario delle cozze dal Villaggio del Pescatore fino in Piemonte. In pratica, in forza dei certificati contraffatti, le cozze pescate nelle zone vietate erano state depositate nella struttura di Rovigo e poi inviate a Torino dove una prima partita era stata venduta al mercato del pesce. Poi ne erano arrivate altre.
Ora dopo i risultati della perizia disposta dalla procura di Torino è emersa la presenza anche dell’acido okadaico che gli studiosi ritengono sia un promotore tumorale al centro di numerose ricerche degli ultimi anni.
CORRADO BARBACINI
 

 

”Sun e Terra” in una favola ecologista - Da oggi a venerdì al teatro Bobbio produzione per bambini di a.ArtistiAssociati di Gorizia
 

Da oggi a venerdì 18 febbraio ”A teatro in compagnia” porta in scena al Bobbio una storia originale scritta da Serena Finatti e prodotta da a.ArtistiAssociati di Gorizia: ”Sun e il pianeta Terra”.
Favola ecologista che si ispira ai principi dello sviluppo sostenibile e all’educazione alla protezione dell’ambiente, “Sun e il pianeta Terra” è una storia fantastica di amicizia e amore. Nasce lontano, là dove l’aria si esaurisce totalmente e inizia lo Spazio: in una galassia ancora sconosciuta all’uomo, immaginiamo che esista un pianeta simile alla Terra, dove vivono delle creature simili agli esseri umani ma ben più evolute, che sono state capaci di progredire allo stesso modo tanto nella scienza e nella tecnologia, quanto nell’amore e nel rispetto per la vita.
Agli occhi di chi vive lassù, il nostro bel pianeta, con tutti gli esseri viventi che ospita, appare in estremo pericolo, a causa dell’egoismo e dell’incuria dell’Uomo, considerato ormai una razza in via di estinzione! Una giovane creatura di questo fantastico pianeta è così affascinata dalla Terra da decidere di conoscerla di persona. Scopre quindi di quanta bellezza essa sia ricca, grazie alle incredibili risorse naturali, e può vedere da vicino di cosa è capace l’Uomo, nel bene, e nel male. Da una parte l’arte in tutte le sue forme, la capacità di costruire, inventare, risolvere, con l’ingegno, le mani, la forza, e dall’altra lo sfruttamento indiscriminato del pianeta, l’inquinamento e la mancanza di rispetto per le altre specie, animali e vegetali. Nascerà così un “patto di solidarietà” a sancire l’impegno da parte dell’Uomo di perseguire uno sviluppo che faccia fronte alle necessità delle generazioni presenti, senza compromettere la possibilità di quelle future di soddisfare le proprie. Non è troppo tardi per agire, il pianeta ha risorse per rigenerarsi, se gliene diamo la possibilità.
“Sun e il pianeta Terra” è diretto da Enrico Cavallero e Serena Finatti, che lo interpretano in scena assieme a Chiara Cardinali – autrice dei pupazzi e dei burattini. Con le musiche di Serena Finatti e Andrea Varnier, le coreografie di Giulia Mininel, i costumi di Elisa Bolognini e le scenografie di Enrico Cavallero e Suomi Vinzi, lo spettacolo è strutturato secondo la tecnica del teatro d’attore con pupazzi e burattini.
“Sun e il pianeta Terra” sarà in scena al Bobbio da oggi a venerdì alle 10 ed è indicato per un pubblico dai 3 ai 10 anni.
Ingresso unico 5 euro (gratuito per gli insegnanti e gli operatori che accompagnano i ragazzi).
Informazioni: 040.390613; valentino@contradateatroragazzi.it
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 15 febbraio 2011

 

 

«Giorni contati per esprimere un parere sulla Tav» - I PARLAMENTINI DELL’ALTIPIANO CHIAMATI ALLA DISAMINA DEI DOCUMENTI
 

Milkovich e Rupel polemizzano su mole di atti e carenza di mezzi: «Inficia la partecipazione»
TRIESTE «Nel giro di qualche giorno le circoscrizioni sono chiamate a dare il loro parere sulla Tav, sulla nuova variante al Piano Regolatore e pure sul Bilancio Comunale. Siamo di fronte a vere e proprie forzature, non è così che si lavora». La considerazione arriva dai presidenti dei due parlamentini dell’altipiano Bruno Rupel e Marco Milkovich, entrambi solidali nell’imputare al Comune un modo di procedere ritenuto perlomeno inappropriato.
«La questione principale riguarda l’espressione del parere riguardo alla Tav, il cui passaggio riguarda buona parte del territorio carsico. Per capirne qualcosa – continua Marco Milkovich – è necessario garantirsi una informazione completa. Mi chiedo come potremo risolvere il tutto in meno di dieci giorni, quando solo per la TAV ci siamo trovati a scaricare una documentazione ponderosa, comprensiva di quasi 300 allegati». «Beati i colleghi di Altipiano Est – ironizza Bruno Rupel -. Noi non siamo riusciti ancora a scaricare la modulistica e la documentazione dal sito del Comune. Perché? Lavoriamo come possiamo con i computer in dotazione e poi siamo privi di schermi dove poter proiettare le mappe e illustrare all’intero consiglio il percorso della Tav».
Secondo Milkovich, un tale modo di procedere inficia completamente il percorso democratico di informazione. La gran mole di documenti, oltre che dai singoli presidenti, deve essere presa in visione da tutti i componenti del consiglio. I pochi giorni a disposizione impediscono poi qualsiasi tipo di approccio e approfondimento con i cittadini. «Qualcuno dimentica – continua il presidente di Altipiano Est – che siamo stati eletti da una comunità che ha il diritto di capire cosa sta per succedere sotto le proprie case. E spetta proprio a noi informare i cittadini al riguardo. Davvero sconcertante, poi, l’atteggiamento delle Ferrovie dello Stato che, nell’ambito di un incontro promosso dalla sesta commissione consigliare comunale nel quale avrebbero dovuto illustrare il progetto, hanno disertato l’incontro già concordato».
I due presidenti appaiono perplessi soprattutto per i tempi con i quali il Comune avrebbe affrontato la delicata materia. A loro avviso l’Amministrazione comunale, che deve emettere il parere entro il 20 febbraio, avrebbe ricevuto gli elaborati sulla Tav circa 40 giorni fa e avrebbe girato la delibera alle circoscrizioni solo l’8 febbraio, concedendo loro una manciata di giorni per la valutazione dei testi e l’espressione dei pareri. «Di fronte a questa situazione di emergenza – affermano Rupel e Milkovich – chiediamo al Comune una proroga dei termini di presentazione del nostro parere. Il minimo che si possa fare per poter consentire ai nostri consigli di operare in modo congruo».
Maurizio Lozei
 

 

Consiglio comunale straordinario per discutere Ici e Alta Velocità - DUINO AURISINA. IL 2 MARZO
 

DUINO AURISINA Si terrà il prossimo 2 marzo il Consiglio straordinario invocato dalla minoranza consiliare di Duino Aurisina per sfiduciare il sindaco Giorgio Ret a seguito della vicenda Ici. La data è emersa ieri, dopo la riunione dei capigruppo che hanno deciso di deliberare, in quella sede, anche le osservazioni alla Via relative alla Tav, di imminente analisi da parte delle competenti commissioni. «In questo modo - spiega il consigliere di maggioranza Gianpietro Colecchia - risparmieremo soldi pubblici evitando un’ulteriore convocazione dell’assise e inserendo il tema nella seduta straordinaria».
«Faremo un’ulteriore incontro con la popolazione - prosegue il capogruppo di An - sulla falsa riga della seduta convocata lo scorso giugno a Visogliano sul tema dell’Alta velocità. Questa amministrazione, a differenza di quanto polemizzato da alcuni, è quella che in assoluto ha fornito più informazioni alla cittadinanza, basti pensare che il sindaco Giorgio Ret ha dato notizie in merito perfino al primo cittadino di Comeno. C’è chi va dicendo che vi saranno case rase al suolo: siamo alla fantascienza, putroppo molti alimentano una falsa informazione». Già ieri, intanto, è stato posto un primo paletto dall’assemblea, relativamente alla Tav, ovvero il diniego del passaggio di camion per la movimentazione degli escavi attraverso le arterie del Comune. Stasera alle 20, alla Casa delle Comunelle di Ceroglie (ex scuole) si terrà un incontro pubblico sul punto.
Ma per l’opposizione non basta: «Il sindaco Ret non ha mantenuto l’impegno preso davanti al Consiglio comunale - sostiene Maurizio Rozza (Verdi) - la partecipazione e l’informazione ai cittadini è completamente venuta meno: tra una settimana scadranno i termini per la presentazione delle osservazioni da parte dei residenti e poco o nulla è stato fatto per agevolare la divulgazione del materiale. Quel poco che è trapelato, lo si deve all’azione meritoria di associazioni ambientaliste».

(ti.ca.)
 

 

Polveri sottili, rientrata l’emergenza sforamenti - Valori fuori norma soltanto in via Carpineto, ma per tre giorni il Comune ha ignorato il problema
 

CON IL CAMBIAMENTO METEO
Dopo una serie di giornate pessime, con valori di Pm10 che hanno perfino superato del doppio il limite consentito di 50 microgrammi per metro cubo in piazza Libertà, via Svevo e via Carpineto, un relativo miglioramento delle condizioni meteorologiche ha abbassato i livelli e sulle tre centraline «sentinella» di cui tiene conto la Regione per la sua rete di controllo solo una è rimasta di colore rosso, cioé quella di via Carpineto, con livello 52. In piazza Libertà i valori sono scesi a 36 microgrammi e in via Svevo a 38.
Emergenza per adesso superata, ma il Comune nei giorni scorsi ha ignorato la sequenza di tre giorni consecutivi di superamento, nelle tre centraline, in base ai quali avrebbe dovuto attivare il piano di contenimento, con restrizioni al traffico e alle emissioni da riscaldamento. Cosa che, pur a malincuore e senza troppa convinzione del sindaco Honsell (che invoca provvedimenti più efficaci) ha messo in campo Udine, dove anche oggi, se le condizioni non saranno migliorate, potranno circolare tra le 9 e le 18 solo le automobili «ecologiche», con multe fino a 155 euro per i trasgressori. La Regione sta studiando un piano regionale di migliori provvedimenti, ma intanto le indicazioni di legge sono quelle in vigore: Pm10 alte? Dopo tre giorni consecutivi deve scattare il piano comunale, e dopo 5 giorni il piano deve essere ancora più restrittivo.
Tutto il mese di febbraio ha portato a Trieste Pm10 sopra i limiti, e per più giorni di seguito, come si può controllare sul sito dell’Arpa che conserva i dati giorno per giorno per ogni centralina della regione. Via Svevo l’area peggiore. Concentrazioni eccessive di polveri sottili sono state misurate nei giorni 5, 6, 7, 8, 9, 11 e 12 febbraio (il giorno 7 si è arrivati a 98 microgrammi per metro cubo e l’8 a 100). Seconda zona di aria «sporca» e nociva via Carpineto. Anche qui superamenti a raffica: il 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12 e 13 febbraio. In entrambi i casi i limiti sono stati superati per 5 giorni di seguito.
Anche il mezzo mobile di via San Lorenzo in Selva (ancora Servola: si tratta della centralina più prossima alla Ferriera, che l’azienda considera in «zona industriale» e dunque soggetta ad altri parametri) ha segnalato sforamenti. Ma il traffico è andato avanti dappertutto.

(g. z.)
 

 

La Cna: «Siamo poco rappresentati a Roma» - RIGASSIFICATORE «L’occupazione prevista durante la costruzione non è una Mecca per la città»
 

IL PRESIDENTE MICHELE BARRO ALL’INCONTRO ”LE PICCOLE IMPRESE AFFONDANO”
«Ci sentiamo poco rappresentati a livello nazionale. Servono rappresentanti di Trieste a Roma e non viceversa». Un invito pressante, e assieme un problema da risolvere, quello rivolto dal presidente della Cna, Michele Barro, ai politici e ai candidati sindaco invitati all’incontro ”Le piccole imprese affondano”, organizzato ieri sera al Savoia Excelsior.
Una richiesta di maggiore peso a Roma che è partita dal Sito inquinato. «Serve qualcuno che dica al governo che la città non può pagare 240 milioni per non avere inquinato l’area», ha rimarcato il presidente, che si è poi domandato perchè non viene firmato il piano regolatore del porto, e che sul rigassificatore ha osservato come «in fase di costruzione l’occupazione di 260 persone per tre anni non è poi una Mecca, non è lì che Trieste risolverà i suoi problemi». Barro ha poi chiesto: «Qualcuno si preoccupa di fare in modo che parte del notevole ammontare di Iva, legata all’impianto, venga usata nostra città, visto che il ”giocattolo” dobbiamo tenercelo noi?».
Il presidente della Cna non ha mancato di ricordare poi i problemi che frenano l’attività delle piccole e medie imprese: una pressione fiscale al 45%, fra le più alte al mondo, nuove tasse dirette e indirette (aumenti dei prezzi dei carburanti e delle tariffe delle autostrade), adempimenti burocratici sempre più gravosi, ritardi ”biblici” nei pagamenti da parte dello Stato ma anche dei privati, e la mancanza di ”respiro” per le imprese causata dalla stretta creditizia.
La palla è passata quindi ai candidati sindaco e agli altri politici che la Cna ha chiamato all’incontro («abbiamo invitato anche assessori regionali e il Comune, ma non hanno risposto», ha osservato il presidente Barro).
Roberto Cosolini, candidato sindaco del Pd, oltre a ricordare i problemi delle piccole imprese ha attaccato i parlamentari, parlando, in relazione ai mancati finanziamenti per la piattaforma logistica, di «sottocapacità di rappresentanza di Trieste nei confronti dello Stato». E ha quindi ricordato tre impegni per la città nella sua candidatura: la sburocratizzazione, la rottura con l’immobilismo («rapporto perverso fra un pezzo della politica e il sistema economico, in cui il porto è il luogo principale dove si è consumato), e la necessità di «un po’ più di mercato per far uscuire la città dalla crisi».
Il candidato di ”Trieste città metropolitana”, Uberto Fortuna Drossi, ha rimarcato invece la necessità di intervenire sulla Tarsu, sulla riduzione della burocrazia e sulla necessità di cambiare il peso della città a Roma, ricordando infine l’autonomia fiscale prevista per le città metropolitane nelle regioni a statuto speciale.
Alessia Rosolen, capolista di ”Un’altra Trieste” e consigliere regionale, dopo aver ricordato quanto la Regione ha fatto per contrastare gli effetti della crisi sulle piccole imprese, ha affermato che «la classe politica triestina ha mancato, tra l’altro, nell’analisi del territorio, che si trova in un contesto internazionale sempre più ampio, con effetti pesanti su categorie come trasportatori, spedizionieri e tabaccai».
Il candidato sindaco dei ”grillini”, Paolo Menis, ha invitando tra l’altro a definire il mercato di riferimento delle imprese triestine, guardando a Slovenia e Croazia come opportunità. E ha poi sollecitato a non costruire altri centri commerciali nelle aree che saranno bonificate ma a investire in industrie leggere, chiedendo inoltre a Comune e Regione di dialogare su incentivi per interventi nel risparmio energetico.

(gi. pa.)
 

 

E venerdì l’ateneo ”s’illumina di meno” - Tredici ore di buio in concomitanza con la Giornata del risparmio energetico
 

Il blackout simbolico durerà dalle 18 alle 7.30 per richiamare l’attenzione sull’ecosostenibilità

Tredici ore di buio per dar luce al tema dell’ecosostenibilità. È questa l’iniziativa organizzata dall’Università di Trieste per “M’illumino di meno 2011 – Giornata del risparmio energetico”, che si svolgerà venerdì prossimo e che vedrà spegnersi tutte le luci e i dispositivi elettrici del nostro ateneo dalle 18 alle 7.30 del mattino successivo.
L’evento, promosso dal Consiglio degli studenti, rientra nella campagna di mobilitazione ideata dai conduttori del programma di Radio2 “Caterpillar”, giunta ormai al settimo anno e patrocinata dal Parlamento europeo. «Lo scopo di questa iniziativa – spiega Giampaolo di Prisco, presidente del Consiglio degli studenti – non è quello di limitarsi alla singola giornata di sensibilizzazione, ma di tentare di porre all’attenzione dell’ateneo delle iniziative per migliorare il livello di ecosostenibilità. Infatti, le attività previste per venerdì non si limiteranno al “silenzio energetico” ma saranno volte al risparmio anche a lungo termine. Ad occuparsi dell’organizzazione - continua Di Prisco - è stato un gruppo di ragazzi del Consiglio che ha pensato alle diverse iniziative in programma in questa edizione e realizzato alcune vere e proprie proposte ecosotenibili».
«Tra le attività previste vi è anche una cena a lume di candela che si svolgerà nella mensa centrale dell’Università la sera di venerdì - racconta Antonella Chilà, vice coordinatore della Commissione promozione e rapporti esterni del Consiglio degli studenti e che si è occupata appunto dell’organizzazione -. Inoltre verrà trasmessa su RadioInCorso una puntata interamente dedicata al tema del risparmio energetico e delle risorse rinnovabili».
Nell’organizzazione della manifestazione rientrano poi alcune proposte volte anche a cambiare concretamente alcuni comportamenti quotidiani della vita d’ateneo. «Abbiamo inviato una richiesta per sostituire la carta di stampanti e fotocopiatrici con carta riciclata - conclude Chià -, e sollecitato l’utilizz, nelle aule dove sono assenti i neon, le lampadine a basso consumo». La mobilitazione di “M’illumino di meno” è dunque pronta a partire e anche per quest’anno sono in molti ad aver risposto all’appello lanciato dal programma radiofonico “Caterpillar”, rivolto a comuni, associazioni, scuole, aziende e case di tutta Italia per una sensibilizzazione al risparmio energetico e all’utilizzo di fonti rinnovabili anche nella quotidianità.
Diana Collarini
 

 

Ex Aquila, tempo scaduto ma niente bonifica - Condizioni mutate, lavori sospesi. Ezit a Tondo: rinnovare l’accordo di programma
 

L’AREA ACQUISTATA DA TESECO
Se le operazioni nel Sito inquinato ripartiranno a breve, dopo l’annuncio della Regione dello sblocco dei fondi per la caratterizzazioni (ma l’emendamento Savino-Ciriani dev’essere ancora approvato dal consiglio), c’è un altro capitolo dell’infinita vicenda che si è interrotto a metà e attende nuovi impulsi. Si tratta dell’utilizzo dell’enorme area dell’ex raffineria Aquila (800mila metri quadri), acquistata anni fa dalla Teseco al prezzo politico di 1 euro al metro quadro, con l’impegno di rivendere bonificati all’Ezit, a 30-35 euro al metro quadro, circa 200mila metri quadri nella zona ex impianti (Canale industriale), da destinare a nuove aziende.
Un impegno sancito nell’accordo di programma firmato nel 2005 fra la Regione, gli enti locali e la stessa Teseco, in base al quale la società pisana ha bonificato a sue spese 250mila metri quadri alle Noghere, area di cui nel frattempo il Comune di Muggia ha cambiato la destinazione (come da accordo), da industriale a commerciale, così da permettere a Teseco di rivenderla, incassando una remunerazione per i costi di bonifica.
Ad acquistare il 75% degli spazi bonificati alle Noghere è stata, nel dicembre 2006, Coop Nordest, che lì dovrebbe realizzare un centro commerciale, per il quale un anno fa ha versato al Comune di Muggia una lauta cifra in termini di oneri di urbanizzazione.
La complessa operazione ex Aquila avrebbe dovuto concludersi entro il dicembre scorso, data di scadenza dell’accordo di programma, ma così non è stato. I 200mila metri quadri dell’area ex impianti sono ancora in attesa di essere risanati. E si tratta di una zona di importanza vitale per l’economia triestina: è infatti l’unica ancora disponibile per nuovi insediamenti.
Problemi di autorizzazioni e nuove prescrizioni del ministero dell’Ambiente (l’area è all’interno del Sin) hanno frenato non poco le procedure e aumentato di molto i costi di bonifica. Nel frattempo è arrivato anche il nuovo piano regolatore del porto, che in quelle aree prevede nuove banchine e spazi retroportuali. Nella zona di Aquilinia (Monte San Giovanni), poi, Teseco ha avviato con le Acli e il Comune di Muggia il discorso su un progetto di ”social housing”, su un’area di 75mila metri quadri, per far fronte alle esigenze abitative di famiglie meno abbienti.
Insomma, rispetto ai termini dell’accordo firmato nel 2005, diverse cose sono mutate. E Teseco, disponibile a rinnovare l’intesa, attende di sapere come muoversi, cosa fare di quei terreni, rispettando comunque le esigenze dell’Ezit e dei Comuni. «Il piano di bonifica è stato approvato – osserva Stefano Vendrame, direttore dell’area Nordest di Teseco – il ministero ha autorizzato (dopo qualche anno, ndr) il progetto della piattaforma per il trattamento dei terreni inquinati, e abbiamo già avviato alcune attività preliminari alla bonifica».
Dopo diversi solleciti, inviati alla Regione nei mesi scorsi, prima della scadenza dell’accordo di programma, e rimasti senza risposta, in questi giorni il presidente dell’Ezit, Dario Bruni, ha preso carta e penna e scritto al presidente Tondo.
Due gli argomenti urgenti: il rinnovo dell’accordo di programma per l’ex Aquila, con la garanzia della restituzione all’ente dei 200mila metri una volta bonificati, e la necessità di un’intesa Regione-Fs per calmierare i costi di utilizzo della rete ferroviaria che serve il comprensorio industriale.
Certe aziende si sono sentite chiedere 50mila euro l’anno per usare la ferrovia. Senza contare che in qualche tratto la rete andrebbe anche modificata per servire meglio le imprese.
GIUSEPPE PALLADINI
 

 

Amianto, mozione bipartisan per aprire un centro a Monfalcone - PROPOSTA DEL PD
 

TRIESTE Costituire un Centro amianto con sede nell’Ass numero 2 a Monfalcone, quale centro di rilevanza regionale, che si occupi di tutti gli aspetti legati alle problematiche e alle patologie da amianto. A chiederlo è il consigliere regionale del Pd Franco Brussa in una mozione depositata ieri in Consiglio regionale e sottoscritta poi da altri consiglieri di diversi gruppi consiliari. «Il centro - spiega Brussa - deve servire per tutelare la salute della popolazione, promuovere l’eliminazione dei fattori di rischio, definire percorsi clinico-assistenziali per le persone affette da tali patologie e promuovere attività di ricerca sulle malattie correlate».
 

 

Sciacallo dorato recuperato a Prosecco - La sua carcassa stava per finire all’inceneritore: sarà studiata a Udine
 

TRIESTE Aveva già tre zampe dentro l’inceneritore, quando è arrivato l’altolà. Perchè quella carcassa, in principio scambiata per i poveri resti di un cane randagio, si è rivelata invece un prezioso contributo alla ricerca zoologica e presto troverà ospitalità all’interno del Museo scientifico di Storia naturale a Udine, in via Marangoni 39.
Giovedì un rarissimo esemplare di sciacallo dorato (nome scientifico Canis Aureus), un cucciolo femmina di 11 mesi e del peso di 10,7 chili, stava per essere smaltito all’impianto di Prosecco quando un solerte operatore si è accorto che l’animale in questione, investito da un’automobile al chilometro 6.9 della Villesse-Gorizia, a Farra d’Isonzo, non era nè un cane nè un lupo. Repentina la chiamata ai guardiacaccia della Provincia di Trieste, che hanno compiuto la prima identificazione e attivato il massimo esperto in materia: lo zoologo del museo friulano Luca Lapini.
«Questa scoperta è molto importante - afferma - perchè attesta anche in provincia di Gorizia la presenza di un gruppo riproduttivo indipendente. Mentre infatti i maschi si allontano dal branco ancora giovani, le femmine solitamente restano nei due anni successivi alla nascita all’interno del nucleo familiare, con il ruolo di ”helper”, ovvero di aiutante nell’allevamento dei cuccioli. L’investimento a Farra ci porta a dedurre che in quella zona vi sia dunque un gruppo riproduttivo e per questo a breve verranno avviate delle ricerche sul campo, attraverso l’amplificazione a 15 watt degli ululati, per cercare di quantificare gli esemplari viventi e portare avanti le ricerche».
Lo sciacallo dorato è simile, nella morfologia e nel comportamento, alla volpe ma si differenza per le maggiori dimensioni (può arrivare a pesare anche oltre 16 chili), la coda più corta (20-25 cm) e le zampe più lunghe (altezza alla spalla 50 cm), oltre che per il tipico mantello; generalmente si alimenta di piccoli mammiferi, di carcasse di animali, oltre che di anfibi, rettili e uccelli. Non è un specie “tipica” italiana, ma un canide che proviene dal Medioriente e dall’est Europa. In tutto il Paese esistono dai 15 ai 25 esemplari al massimo, perlopiù concentrati nella nostra regione e nel Veneto.
«La comparsa dello sciacallo in Friuli Venezia Giulia è attribuibile con certezza a metà anni Ottanta», spiega Lapini. Quando alcuni animali, scambiati per volpi, furono abbattuti in Friuli. «Ora i resti dello sciacallo rivenuto verranno attentamente esaminati a laboratorio - conclude l’esperto - perchè contengono interessanti informazioni, anche dal punto di vista parassitologico, che ci informano sull’evoluzione della specie».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 14 febbraio 2011

 

 

Rio Martesin, diffida al Comune - Il Comitato dei residenti aveva chiesto di ”bonificare” la zona - Dopo la sentenza del Consiglio di Stato
 

Il Comitato spontaneo di cittadini per la difesa del comprensorio di Rio Martesin ha dato mandato ai suoi legali di inviare una diffida al Comune di Trieste che, nonostante la recente sentenza del Consiglio di Stato che lo ha obbligato a revocare le concessioni edilizie per una serie di progetti edilizi riservati alla vallata, non avrebbe ancora dato corso al ripristino della situazione precedente.
Le ditte GIA e Airone 85 avevano infatti già iniziato lo scorso anno nel comprensorio verde di rio Martesin una serie di interventi preparatori alla realizzazione di 7 palazzine per un totale di 109 appartamenti. La sentenza del Consiglio di Stato invece ha bloccato l’iter edilizio dando ragione al ricorso dei cittadini. Inoltre ha evidenziato come l’intervento costruttivo non potesse essere frazionato in tre progetti diversi (prodotti per non superare quei limiti di 10 mila metri cubi per i quali era necessario avviare una procedura di Valutazione di Impatto Ambientale) e fosse tenuto a seguire il profilo plani altimetrico dei terrazzamenti esistenti.
Dopo una serie di recenti incontri dei cittadini con i rappresentanti degli enti locali giudicata infruttuosa, il Comitato ha deciso di diffidare il Comune basandosi su una sentenza del Consiglio di Stato del 2005 che spiega come i confinanti di un complesso immobiliare abusivo siano legittimati a chiedere all’amministrazione pubblica di sanare l’abuso compiuto. Se il Comune non ottempererà in merito, ovvero se non imporrà di sanare le ferite inferte alla vallata dalle ditte costruttrici, la vicenda approderà davanti ad un giudice amministrativo.
Ieri intanto la IV Commissione consigliare guidata da Lorenzo Giorgi si è riunita assieme ad altri consiglieri comunali e circoscrizionali in vicolo Rio Martesin. Di fronte ai residenti, Giorgi ha ricordato la mozione già presentata in aula lo scorso dicembre per chiedere il ripristino dei pastini devastati, del ponte pericolante e delle altre strutture intaccate, e illustrato le prossime mosse. Il presidente di Commissione, infatti, è intenzionato a chiedere l’inserimento a bilancio di un emendamento di 300mila euro per il recupero ambientale della vallata. Inoltre è stato espresso l’impegno di riqualificare il territorio attraverso la progettazione partecipata assieme ai cittadini. Nell’occasione i consiglieri comunali presenti, tra i quali Racovelli (Verdi), Tam (Pd), Sasco (Udc), Decarli (Cittadini), Ferrara (Lega), si sono pubblicamente impegnati in sede consigliare a votare contro la modifica di quell’articolo 18 delle norme tecniche di attuazione del Prg che tutela pastini e terrazzamenti.
Maurizio Lozei
 

 

La protesta degli abitanti di San Giovanni: «Bloccate quel mostro di cemento» - SI RIVOLGONO AL SINDACO E AL VESCOVO
 

Il Comitato rionale dei cittadini di San Giovanni e i rappresentanti locali dell’Oratorio, della comunità parrocchiale, dei sindacati e di una vasta rete di associazioni del territorio lanciano un accorato appello al sindaco e al vescovo: «Fermate, sinché si è in tempo, i lavori di costruzione dell’ennesimo palazzone che con la sua mole toglierà luce e aria ai bambini dell’Oratorio di via San Cilino».
«Hanno iniziato a lavorare per le fondamenta di un grande edificio nel posto meno opportuno – spiega il portavoce del comitato rionale Luciano Ferluga – ovvero nel cuore di San Giovanni. Sono già stati abbattuti degli alberi centenari e si è già iniziato a scavare direttamente alle spalle dello spazio aperto dello storico oratorio. Betoniere e altri mezzi pesanti – continua Ferluga – raggiungono questo terreno passando addirittura in retromarcia in quel cul de sac che è via delle Linfe, una stradina d’altri tempi dove si affacciano tante piccole casette con i rispettivi giardini». Proprio in via delle Linfe, solo qualche anno fa, un cittadino aveva trovato fatalmente la morte protestando contro la costruzione di un ulteriore palazzo che percepiva quale incombente minaccia per la sua piccola proprietà. La frustrazione di una persona di fronte a dei progetti tanto più grandi e forti di lui. La concessione edilizia relativa alla nuova costruzione prevede un lotto da una dozzina di appartamenti con la relativa incidenza di mezzi privati sull’angusta stradina a fondo cieco.
Per confermargli quanto già chiesto alla VIa Commissione consigliare comunale: ovvero di acquistare il terreno o di effettuare una permuta con una proprietà municipale per fermare l’edificazione.
Maurizio Lozei
 

 

«Pm10, i blocchi del traffico non risolvono il problema» - FAREAMBIENTE
 

«I blocchi del traffico sono rimedi temporanei che non risolvono il problema. La loro utilità è quasi esclusivamente amministrativa».
È la posizione del coordinatore regionale di FareAmbiente Giorgio Cecco che, prendendo spunto dagli alti livelli di polveri sottili registrati negli ultimi giorni, punta il dito contro i provvedimenti spot.
«Ci vuole una pianificazione strutturale a medio e lungo termine, perchè i blocchi del traffico non servono a proteggere veramente la salute dei cittadini. FareAmbiente, anche in ambito locale, intende sollecitare le amministrazioni, gli organi preposti, ma anche i cittadini, affinchè si possano incrementare le azioni, evidenziate pure dal ministero dell’Ambiente, finalizzate ad una graduale disincentivazione del trasporto privato, alla promozione dell’utilizzo di carburanti a basso impatto ambientale, al miglioramento ed alla diversificazione dell’offerta di trasporto collettivo. Sarebbe importante - continua Cecco - incentivare l’utilizzo del mezzo pubblico, rendere più fluida la viabilità e incrementare le corsie preferenziali e contenere il più possibile il costo del biglietto e degli abbonamenti. Servono quindi scelte coraggiose - conclude il coordinatore regionale -, che contribuiscano a ridurre la congestione urbana e un impegno forte delle istituzioni».
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 13 febbraio 2011

 

Polveri sottili, una settimana di sforamenti - Pm10 fino al doppio del limite di legge nelle vie Svevo e Carpineto
 

INQUINAMENTO - Emissioni anche in piazza Libertà
Polveri sottili molto oltre i limiti per quasi tutta la settimana nelle tre centraline di riferimento regionale dell’Arpa. Ma nonostante la legge imponga in questi casi precise misure di contenimento degli agenti inquinanti, a Trieste non se ne è nemmeno parlato.
I giorni di particolare nebbia, ma non solo, hanno portato a fortissimi sforamenti, fino a superare il doppio dei limiti di legge previsti per le Pm10. È accaduto per tre giorni di fila in via Svevo e in via Carpineto, che comunque sono aree considerate prossime alla Ferriera. E poi il fenomeno si è ripetuto venerdì anche se a livelli più bassi.
Lunedì via Carpineto ha raggiunto il doppio dei 50 microgrammi per metro cubo, che sono il massimo consentito, martedì ha raggiunto 112 microgrammi, e 79 venerdì. In via Svevo i cittadini hanno «mangiato» lunedì scorso 98 microgrammi, quasi il doppio di legge, e il giorno seguente il doppio netto. La situazione è un po’ migliorata mercoledì con 59 e venerdì con 71 microgrammi, comunque troppi. Solo giovedì 10 la situazione si è rivelata normale in tutte e tre le zone e rispettive centraline.
Anche piazza Libertà ha dimostrato la stessa situazione, ma con picchi di minore intensità. Lunedì e martedì scorsi sono stati registrati 84 microgrammi, e 71 venerdì, mentre la concentrazione di Pm10 si è tenuta bassa nella giornate di mercoledì e giovedì (37).
Venerdì, ultimo dato reso disponibile dall’Arpa, tutte le centraline che la Regione ha inserito nella sua rete di riferimento hanno misurato concentrazioni di Pm10 oltre i limiti. Sono solo 8, di cui tre a Trieste.
Il riepilogo misura anche gli sforamenti annuali. Non devono essere più di 35. Allo stato attuale la zona che ne ha totalizzato il numero più alto dall’inizio dell’anno corrisponde sempre a un’area di Servola. È via Carpineto, che dal 1.o gennaio ha oltrepassato i limiti di Pm10 per 14 volte. Al secondo posto via Svevo, con 10, mentre piazza Libertà segnala per ora 7 sforamenti.
Nessun intervento restrittivo al traffico, dunque, nonostante sforamenti per tre giorni di seguito. Cosa che invece è accaduta a Gorizia, a Monfalcone e a Udine. Secondo il Piano d’azione comunale (Pac) l’amministrazione prevede «in caso di superamento per il terzo giorno consecutivo dei valori limite (...) l’emissione di apposita ordinanza sindacale di limitazione totale del traffico veicolare a decorrere dalla giornata successiva all’avvenuto accertamento». Dalle limitazioni sono per legge esclusi i conducenti di veicoli e moto a zero emissioni, o quelli di nuova generazione «euro».
Tra le norme di contrasto alla concentrazione di polveri sottili ci sarebbero anche quelle che impongono un riscaldamento delle case non superiore ai 20°, e non superiore a 18° se si tratta di attività industriali, artigianali e simili.
 

 

Firme contro la Tav Banchetti in Cavana - INIZIATIVA DEI “GRILLINI”
 

La lista civica Trieste 5 stelle beppegrillo.it continua a raccogliere firme a sostegno delle osservazioni contro il progetto della Tav Ronchi-Trieste. Banchetti questa mattina in piazza Cavana. «Sei miliardi di euro per avere, forse fra 17 anni, una nuova linea ferroviaria che comporterà 5 milioni di metri cubi di escavazioni generati dai 22 chilometri di gallerie - spiega Paolo Menis, candidato sindaco dei “grillini” -. Il progetto non contiene un’analisi costi benefici né una puntuale analisi economico finanziaria, previste dalla legge».
 

 

«Assente io? Mai stato invitato» - DUINO. QUERELLE TAV
 

DUINO AURISINA «Se veramente si tiene ad avere la presenza di un sindaco a un incontro pubblico come minimo lo si invita per tempo, certo non gli si consegna uno striminzito volantino 24 ore prima dell’appuntamento nè si fissa l’appuntamento sapendo che non vi potrà prender parte». Contrattacca il primo cittadino di Duino Aurisina, Giorgio Ret, dopo la querelle innescata sulla sua assenza all’incontro di giovedì sera promosso dal comitato No Tav alla Casa della Pietra di Aurisina. «Tutti sapevano che quella sera ero presente alla riunione del coordinamento del Pdl - prosegue - inoltre nessun sindaco ha fatto più di me sul tema dell’Alta velocità, prova ne sia che lunedì (domani per chi legge) ci sarà la riunione dei capigruppo in Comune, martedì prenderò parte all’assemblea indetta dalla Comunella di Ceroglie e mercoledì vi sarà un altro tavolo. Ho riunito tutti gli esperti per dirimere la questione in tutti i suoi nodi: il Corridoio 5 non è prerogativa di un sindaco bensì dell’intera comunità». «Queste accuse - conclude Ret - sono pretestuose: ho capito che siamo già in campagna elettorale e che i colpi saranno bassi, anzi bassissimi». (t.c.)
 

 

Centinaia di appassionati danno l’arrivederci alle oche della Cona che iniziano a migrare - SPETTACOLARE CERIMONIA NELLA RISERVA NATURALE
 

Quest’anno quattromila capi hanno svernato lungo le foci dell’Isonzo
STARANZANO Spettacolare “arrivederci” alla Cona di un migliaio di oche selvatiche arrivate nella Riserva della foce dell’Isonzo tra lo scorso Natale e Capodanno e che, per tutta la giornata a gruppi, si sono levate in volo dirette verso i loro paesi d’origine. Un saluto simbolico agli ospiti invernali con una giornata a loro dedicata. È stata una partenza chiassosa accompagnata da un piacevole baccano, salutata da numerosi visitatori incuriositi (più di cento solo ieri), armati di binocoli e macchine fotografiche con teleobiettivi per immortalare il singolare evento. Per non disturbare eccessivamente i volatili in procinto di affrontare il lungo viaggio, infatti, sono state organizzate diverse uscite dal centro visite all’osservatorio della Marinetta, punto principale da dove si gode lo spettacolo migliore. Le “partenze” dei volatili, in base alle esperienze passate, si prolungheranno fino a giugno con quantità man mano inferiori, mentre dovrebbero restare alla Cona solo poche oche grigie stanziali.
Quest’anno, fra gli oltre ventimila uccelli della fauna selvatica, sono arrivati almeno 4mila esemplari fra oche grigie, lombardelle, lombardelle minore, granaiole, zampe rosee, collorosse e indiana. Un’eccezionale presenza che suscita la curiosità di tanti appassionati e bird-watcher, provenienti anche da Austria, Germania, Slovenia e Croazia.
«L’abbandono degli uccelli migratori dalla Riserva sarà molto graduale e non totale – spiega il naturalista Fabio Perco, direttore della Sbic, la Stazione biologica dell’Isola della Cona – in quanto dipende soprattutto in quale Paese i volatili devono andare per poi nidificare. Secondo i dati rilevati con il sistema dell’inanellamento, gli esperti hanno registrato che in genere le oche prendono la direzione nord-est, poi arrivano in Serbia e fanno tappa a Neusiedlersee, dove c’è un lago al confine tra Austria e Ungheria. Da questo posto volano in Polonia, in Russia e Siberia dall’inverno rigidissimo. In molti casi - afferma ancora Perco, le oche “marcate” ritornano l’anno successivo e in quantità maggiore, forse merito del loro passaparola poiché si ricordano di aver trovato un albergo a cinque stelle e per giunta gratis. Le oche, inoltre, siccome sono longeve perché vivono dai 40 ai 50 anni, si ricordano del posto e tornano molto volentieri. E a noi fa molto piacere».
L’evento per i responsabili della gestione della Riserva, rappresenta un segnale molto positivo sia dal punto di vista naturalistico e culturale ed è un importante volano per il turismo. «È evidente – sostiene Perco – che questo fenomeno accompagnato ad altri, rappresenta un ritorno di tipo turistico. Per questo motivo i tagli regionali alle Riserve naturali, compresa la nostra, sono immotivati perché sono un investimento che creano posti di lavoro oltre ad accrescere la passione per la natura».
CIRO VITIELLO
 

 

SEGNALAZIONI - Bonifiche boicottate - AMBIENTE
 

Ho appreso che non ci dovrebbero essere più ulteriori ostacoli che impediscono l’inizio degli interventi di rilevazione, e quindi successivamente di bonifica, nei territori inclusi nel SIN, il Sito Inquinato di Interesse Nazionale, oggetto più volte, oltre che di rinvii e confronti, anche di confronti serrati ( magari utili) e di polemiche ( invece inutili).
Al di là dell’apprezzamento per il prossimo risolversi di tale questione, l’intera vicenda, almeno a mio giudizio, dovrebbe però far indurre ad una riflessione perché situazioni di questo genere non abbiano più a verificarsi.
A tale scopo sarebbe interessante conoscere, ad esempio, quali sarebbero stati gli ostacoli che hanno impedito fino ad oggi questa operazione di buon senso, operazione che si sarebbe dovuta eseguire all’insorgere del problema, quindi molti anni fa, in quanto, con costi limitati, si sarebbe magari scoperto che alcune aree potevano essere liberalizzate da subito, mentre per altre si sarebbe avuto a disposizione una serie di dati certi per uno studio mirato, quindi più economico e con risparmi di tempo impagabili.
Si parla infatti molto di sviluppo, di repentini trasformazioni dei mercati e delle loro esigenze, della necessità per gli imprenditori di cogliere opportunità e trend per rinnovare la competitività delle loro aziende. Tutte azioni che sembrano impossibili qui da noi, dove qualunque decisione (o meglio indecisione) pubblica sembra fatta per scoraggiare i pochi imprenditori rimasti ed a respingere quelli che vorrebbero insediarsi venendo da fuori, che sono tanti. L’impressione è purtroppo che queste difficoltà nascano anche con l’intento di difendere rendite di posizione, oggi assurde ed obsolete e comunque battaglie già perse in partenza, ma che hanno invece la forza di frenare prepotentemente il nuovo, l’unico foriero di sviluppo, crescita, investimenti ed incrementi occupazionali.
Inutili recriminazioni o accuse purché tutto ciò porti ad un effettivo cambiamento di mentalità affinché in qualunque contesto le aziende, e quindi la città, non debbano più pagare di tasca propria per i tempi pachidermici della burocrazia.
Dino Conti

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 12 febbraio 2011

 

 

Ret snobba il dibattito sulla ”Tav” - PRIMO INCONTRO DEL COMITATO CONTRO L’ALTA VELOCITÀ
 

Evidenziate le problematiche legate soprattutto all’impatto ambientale - Traffico di camion insostenibile per la zona e inquinamento del Timavo
DUINO AURISINA «Sulla Tav sentiremo i cittadini” aveva dichiarato neanche due giorni prima l’Assessore regionale alle infrastrutture Riccardi. Ma i cittadini, almeno quelli del Comune di Duino-Aurisina, non sono dello stesso parere. E la ‘non presenza’ del Sindaco Ret all’assemblea pubblica sul progetto dell’Alta Velocità del tratto Ronchi (Duino) - Trieste, di ieri sera, alla Casa della Pietra ‘Igo Gruden’ non è forse stata la giusta mossa politica. Presenti solo alcuni esponenti del consiglio, Maurizio Rozza e Edvin Forcic, l’incontro, organizzato dal Comitato No Tav Trieste e del Carso in collaborazione con L’Altra Baia ha visto i due relatori, Paolo Bruno e Peter Behrens informare i cittadini sul progetto e la sua portata, altrimenti incomprensibile, se non per degli addetti ai lavori.
«Siamo a favore del miglioramento delle linee ferroviarie, ma è davvero questa la soluzione?». E’ Paolo Bruno, del Comitato NO Tav Trieste e del Carso, ad chiederlo. Numerosi gli interrogativi sul reale vantaggio di quest’imponente opera. Sarebbero stati sottovalutati, secondo il Comitato, gli impatti ambientali sia visibili che sotterranei, i disagi dovuti al processo di costruzione, nonché l’assenza di una reale valutazione dei costi e dei benefici. Contestata anche la paventata possibilità di ridurre il trasporto su gomma, a favore di quello su rotaia, che sì, andrebbe a alleggerire la mole di traffico su sue ruote nella zona, ma solo tra una decina d’anni.
«Non bisogna dimenticare – ha aggiunto Bruno – i circa duecento camion al giorno previsti per tutta la durata del lavori, e cioè all’ incirca 3300 giorni, che transiteranno nella zona». L’esponente ambientalista si è detto scettico anche riguardo all’impatto ambientale vero e proprio, soprattutto verso i possibili rischi legati alla conformazione morfologica del territorio tutt’altro che prevedibile.
Nel deriverebbe un allarme inquinamento, inoltre, anche per le acque del Timavo che riforniscono tutti gli abitanti del Carso. Oltre alle critiche, però, sono state tratteggiate anche delle soluzioni alternative rispondenti al motto «usare quello che c’è, e farlo bene». In tal senso Bahrens ha proposto «interventi mirati sulle linee ferroviarie preesistenti che, se fossero usate al meglio, potrebbero sopportare un carico di traffico di cinque volte superiore a quello che esiste attualmente».
Viviana Attard
 

 

Frattini: il governo sostiene il superporto - «Il progetto andrà sicuramente avanti ma non si può pensare di escludere Trieste»
 

«La Slovenia è favorevole al collegamento ferroviario fra il capoluogo regionale e Capodistria: ne abbiamo parlato nell’ultimo vertice»
TRIESTE La piattaforma logistica di Monfalcone inizia il suo iter attuativo con un chiaro sostegno del governo. Lo afferma il ministro degli Esteri Franco Frattini che chiude, in qualche maniera, anche il contenzioso apertosi alcuni giorni fa con Unicredit.
Perché è saltato il convegno sulla piattaforma logistica?
Sicuramente per alcuni malintesi che abbiamo ovviamente chiarito sia con Unicredit, sia con il ministero dei Trasporti, parlando addirittura in Consiglio dei ministri e confermando che sulla base logistica dell’Alto Adriatico si va avanti.
A Venezia verranno assegnati fondi pubblici dalla legge speciale?
Nessuno ne ha mai parlato. Il valore aggiunto del progetto Alto Adriatico è un qualcosa che viene dai finanziamenti privati. È questa la novità. E poi lo stesso presidente del Porto di Venezia Costa mi ha rappresentato in modo chiarissimo la volontà di fare sistema con Trieste, Monfalcone, ma anche con Capodistria. E tre giorni fa ho ricevuto la lettera del presidente della Regione Veneto Zaja che mi dice esattamente la stessa cosa.
Quindi l’intervento su Monfalcone-Trieste non prevede fondi pubblici?
È un intervento che prevede fondi privati, prevede la riduzione ad unità delle varie procedure burocratiche con la nomina di un commissario del governo e prevede poi un’integrazione tra sistemi, la portualità con il sistema ferroviario e il collegamento infrastrutturale con la Slovenia, quindi è un intervento ad alto valore aggiunto e soprattutto molto innovativo.
Quindi i famosi 90 milioni che Unicredit ritiene indispensabili per l’escavo dei canali per l’accesso a Monfalcone fanno parte di un’intesa fra un soggetto privato e l’autorità pubblica?
Questa è una parte minima dell’investimento che concerne sostanzialmente nelle opere collegate che sono prodromiche alla realizzazione dell’investimento, ma è chiaro che la stragrande parte dell’investimento è a finanziamento privato. Anche le Ferrovie dello Stato che sono della partita si impegnano evidentemente a fare investimenti che saranno investimenti di una società pubblica. Tutto ciò non trasforma la natura dell’impresa nel suo complesso che resta privata.
Come valuta la parallela trattativa di Unicredit con il governo sloveno?
Positivamente, proprio il nostro ambasciatore a Lubiana ha raccolto molto recentemente le opinioni dei due ministri degli Esteri e dei Trasporti della Slovenia sull’idea che si possa addirittura negoziare un accordo bilaterale di cooperazione con la Slovenia per creare un’entità comune italo-slovena per gestire insieme alcuni aspetti quali il controllo delle regole europee di concorrenza, l’ordinato sistema di afflusso all’area Alto Adriatico. Sarebbe un modo che ha dei precedenti, anche nel passato, in accordi intergovernativi tra Paesi interessati alla gestione del Danubio, del Reno, della Mosella. Tutto ciò eliminerebbe la rincorsa dell’un porto contro l’altro e darebbe a questa entità la disciplina di questo settore. E nell’ambito dell’Euroregione che abbiamo già avviato questo ci starebbe bene.
Quali sono i tempi per l’intesa Stato-regione?
Potremo farla nel giro di poche settimane. L’intesa con palazzo Chigi è che questo sia l’atto preliminare da compiere dal quale poi discenderanno gli atti applicativi. Io ho chiesto al sottosegretario Letta che si è detto disponibile a fare questa firma dell’intesa in tempi molto rapidi. Credo che dopo che ne ha parlato il Consiglio dei ministri la strada sia in discesa.
Quando lei parla di integrazione portuale immagina anche un collegamento ferroviario diretto Trieste-Capodistria, collegamento a cui la Slovenia si è sempre dimostrata refrattaria?
Abbiamo parlato nell’ultimo vertice bilaterale Italia-Slovenia proprio del collegamento Trieste-Divaccia. La Slovenia si è detta favorevole e questa volta senza riserve, quindi quel collegamento è la base per l’interconnessione. Se la Slovenia accetterà anche questa sorta di intesa intergovernativa, agenzia o non agenzia, vorrà dire che l’integrazione dovrà essere anche ferroviaria, non soltanto portuale, se no si va a quello che noi vogliamo evitare, la rincorsa di ciascuno dei porti ad accaparrasi un numero di container contro l’altro porto. Noi vogliamo creare un’ottimizzazione. Ho parlato con il capo del più grande fondo cinese d’investimento e mi ha detto che è pronto a investire se noi passiamo da 1,5, 1,8 milioni di container a 6 milioni di container. Se andiamo a 2,2 o 2,3 non c’è l’interesse.
Trieste vuole entrare nel progetto o farà tutto Monfalcone?
Credo che Trieste sia convinta della necessità che lei entri. Tutto quello che è stato fatto finora con la rivitalizzazione della zona portuale triestina potrà aiutare. Vi sono aree che hanno buoni fondali ma poche capacità, altri che hanno bassi fondali, Venezia, e grande capacità. Si tratta di fare sistema. Credo che non si possa pensare di fare fuori Trieste.
A chi tocca bandire la gara di project-financing?
Crediamo che ci debba essere un’autorità centrale nominata ad hoc dal governo. Ho in mente l’idea di un commissario governativo ad hoc perché l’altro grande problema che ad esempio gli investitori esteri sentono è il rischio di moltiplicazione degli ostacoli burocratici. Ricondurre ad un entità unica che definisce la linea progettuale e sovraintende alla gara darebbe la garanzia che l’interlocutore è uno solo.
Questo vuol dire che la Regione Fvg per quanto attiene Monfalcone e l’Autorità portuale per quanto riguarda Trieste vengono in qualche modo spogliate di competenze?
È così. Faccio l’esempio della terza corsia della A4 per cui il governo ha nominato un commissario, che in questo caso, è il presidente del Friuli Venezia Giulia ma che poteva non essere, proprio per evitare che le varie responsabilità burocratiche diventino una complicazione. Visto che tutto viene fatto per l’interesse comune anche l’entità deve essere unica.
Qual è l’importanza di questo progetto per il Friuli Venezia Giulia?
Perché risponde alla domanda numero uno in questa regione: lavoro. Non sono soltanto i traffici, vuol dire dare lavoro a migliaia di giovani. L’indotto di una struttura portuale sul lavoro giovanile è quello che rende davvero catastrofica la prospettiva di perdere questa opportunità.
MAURO MANZIN

 

 

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IL PICCOLO - VENERDI', 11 febbraio 2011

 

 

Sardoc: «No ai cantieri Tav sul territorio di Sgonico» - DELIBERA DEL PRIMO CITTADINO
 

Richiesto un tavolo con tutte le municipalità coinvolte dal tracciato
SGONICO «Esprimiamo contrarietà a eventuali predisposizioni di aree di cantiere e di deposito di materiali in area carsica in quanto attività di questo tipo avrebbero un impatto del tutto negativo sia sull’ambiente che sulla popolazione».
Si è espresso con queste parole, inserite in una delibera, il sindaco di Sgonico Mirko Sardoc nel corso della riunione del Consiglio comunale sul progetto della nuova linea AV/AC Venezia-Trieste che dovrebbe transitare anche lungo il territorio di Sgonico.
Pur se dall’esame di tale progetto «non risultano essere presenti particolari interferenze di carattere tecnologico lungo il tracciato interessato dall’infrastruttura, in quanto lo stesso risulta del tutto sotterraneo» il primo cittadino ha evidenziato come risulti «necessario porre in evidenza le peculiarità naturalistiche del suolo e del sottosuolo carsico, interessati dalla presenza di cavità naturali anche di notevoli dimensioni, auspicandone il massimo rispetto». Individuate poi le criticità legate «alla possibilità di intercettare le acque di fondo o le acque della zona di oscillazione».
Per quanto riguarda l’esecuzione delle gallerie invece «risulta necessario dichiarare già in questa sede la contrarietà derivata dal fatto che le infrastrutture di collegamento esistenti verrebbero ad assumere una destinazione strategica per lo svolgimento dei lavori senza averne la potenzialità, compromettendo così l’attuale equilibrio ”infrastrutture-attività-residenza” e interferendo non solamente nella vita quotidiana dei residenti ma anche nelle attività socio-economiche presenti». Il sindaco Sardoc ha anche proposto la convocazione di un tavolo di confronto tra i sindaci dei comuni coinvolti per attirare un confronto costruttivo su una problematica così importante per lo sviluppo di tutta l'area provinciale e interprovinciale. La delibera è stata votata da tutti i consiglieri presenti meno il consigliere Tomaž Špacapan (Ssk). (ri.to.)

 

 

SEGNALAZIONI - Il prezzo del gas - REPLICA
 

In relazione all’articolo del Piccolo del 9 febbraio, Gas Natural Fenosa precisa che un’eventuale riduzione delle bollette del gas per i cittadini di Trieste con l’entrata in esercizio del rigassificatore di Zaule non dipende da una decisione della società che sviluppa il progetto. Premesso, infatti, che la Gas Natural Rigassificazione Italia SpA non può commercializzare gas in quanto soggetta alle restrizioni previste dalla normativa sull'unbundling, e che la maggior parte delle componenti tariffarie sono stabilite dall'Autorità per l’energia elettrica e il gas, sono le società di vendita di gas che fissano il prezzo. Alla luce di ciò crediamo che queste ultime, che normalmente commercializzano in regime di libero mercato e concorrenza, potranno sfruttare la maggior competitività che il costo del Gnl statisticamente comporta. Ribadiamo, pertanto, che è in capo alle società di vendita l'onere di effettuare politiche commerciali convenienti per il consumatore finale.
Gas Natural Fenosa
 

 

SEGNALAZIONI -Smog e auto - CANDIDATI
 

Le opinioni espresse sul Piccolo riguardo al traffico di Trieste dal signor Bruno Benevol si potrebbero tranquillamente condividere e senza dubbio, se ci trovassimo al bar fra amici, sarebbero argomento di animata discussione. Ma sinceramente da un consigliere di circoscrizione ci si aspetterebbe qualcosa di diverso (nessuno si offenda) ma sarebbero state più gradite analisi e considerazioni attinenti al problema stesso, di altro spessore culturale. Piuttosto, insieme al traffico e ai parcheggi, si chiede di risolvere il problema smog e inquinamento acustico, quest’ultimo non meno trascurabile. Non credo che 60 milioni di italiani si debbano far carico delle sorti della Fiat (pur rimanendo col fiato sospeso per il futuro di tanti lavoratori), mi risulta essere una società privata e forse neanche più nazionale con utili dichiarati di 600 milioni di euro, che senza tanti scrupoli di coscienza delocalizza e licenzia. Altresì non credo che la Fiat sia obbligata a costruire macchine inquinanti che il mercato non richiede, perché non produce quelle elettriche? Perché ancora non si è risolto il caso della Ferriera?
Tutti sappiamo che per salvaguardare il nostro pianeta siamo chiamati a fare qualche sacrificio, modificando qualche, se non cattiva, sicuramente comoda abitudine. Siamo tutti invitati così ad assumere atteggiamenti virtuosi. Sicché i nostri rappresentanti dovrebbero dare il buon esempio, perché si chiede un gettone di presenza che almeno rimborsi il percorso in taxi? Non basterebbe un biglietto del bus?
Consiglierei a tutti i futuri candidati per le prossime elezioni una piena trasparenza, di dedicarsi interamente alla futura carica, rinunciando al doppio lavoro e soprattutto al doppio reddito; qualora non fosse possibile, sarebbe eticamente corretto rinunciare ai redditi da assessore, presidente, consigliere o sindaco stesso e devolverli magari proprio agli operai della Ferriera o della Fiat, a voi la scelta.
Roberta Mevi
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 febbraio 2011

 

 

Tav, sulla tratta Aurisina-Trieste nessuna casa da espropriare - I tecnici: «Siamo in ritardo, ci vorranno 3200 giorni per realizzare questo pezzo»
 

IN COMMISSIONE COMUNALE
Da Venezia a Trieste, in treno, ci si metteranno dai 51 a 61 minuti. Tra 20 anni, però, mentre la sola tratta Aurisina-Trieste comporterà 3200 giorni di lavoro, se non ci saranno inconvenienti. Già immaginabili, visto che proprio ieri i presidenti del WWF Friuli Venezia Giulia, Roberto Pizzutti e del WWF Veneto, Walter Miotto hanno chiesto che la Commissione Europea intervenga con urgenza sul Governo italiano, ritenendo violata la Direttiva europea sulla valutazione d’impatto ambientale, in quanto è stato permesso che Rfi e Italferr suddividessero in quattro tronconi il progetto della linea.
Il dibattito sull’alta velocità ferroviaria, approdato ieri mattina in VI commissione, conferma ritardi e perplessità. Senza un contraltare, però. I tecnici di Rfi e Italfer, attesi nell’aula del consiglio comunale, non si sono visti, per un incredibile accavallarsi degli appuntamenti. E così mentre il direttore del programma investimenti Est-Ovest di Rfi, Osvaldo Mastroianni, spiegava in Regione all’assessore Riccardi che «non vi è nessun fabbricato da espropriare o abbattere nei territori dei tre comuni della provincia di Trieste (Trieste, Duino-Aurisina e Sgonico) interessati al tracciato della linea ferroviaria ad alta velocità», in aula è spettato a un dipendente comunale, l’ingegner Gianfranco Caputi, spiegare ai consiglieri i contenuti del progetto. E dunque il fatto che fino ad Aurisina si arriverà con una linea con tracciato ”fuori terra”, mentre da lì si entrerà in galleria, con lo snodo più importante previsto sotto la via Cantù, nel punto dove viene a intersecarsi con la vecchia linea di cintura, che collega la stazione di Campo Marzio e quella Centrale all’Altipiano. E, ancora, che verrà realizzata una piattaforma in via Marziale e che i materiali di scavo andranno a riempire la Cava Faccanoni, nell’ambito del nuovo processo di rinaturalizzazione.
Il presidente della VI, Roberto Sasco, ha chiesto di capire le correlazioni con altri sistemi trasportistici e di poter visionare gli elaborati sulla valutazione d’impatto ambientaleri. È stato chiesto anche, e ovviamente, di poter confrontarsi nella prossima occasione con i tecnici nazionali, oltre che di invitare i vertici della Provincia, che hanno competenza primaria in materia di trasporti e l’assessore Riccardi.
Il quale ultimo ha potuto ascoltare ieri da Mastroianni che, ai fini della sicurezza, è stato anche previsto che le gallerie, superando i due chilometri di lunghezza, saranno «a doppia canna»: due gallerie, cioè, a binario unico, distanziate da un minimo di 20 a un massimo di 40 metri.
FURIO BALDASSI
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - INCONTRO NO TAV

 

Il Comitato No Tav Trieste-Carso in collaborazione con il Comitato L’altra Baia organizza, oggi alle 18 alla Casa della Pietra (I. Gruden) ad Aurisina un incontro pubblico sul tema «Tav i rischi per i paesi di Duino Aurisina».
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO

 

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IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 febbraio 2011

 

 

Rigassificatore, niente sconto sulla bolletta - Gas Natural: non siamo noi a poter ridurre i prezzi. In fase di costruzione salari per 6 milioni all’anno
 

LE RISPOSTE AL COMITATO TECNICO-SCIENTIFICO PROMOSSO DALLA PROVINCIA
Riduzione delle tariffe del gas in bolletta, per i cittadini delle aree interessate dal rigassificatore? Non se ne parla. Anzi, Gas Natural si tira fuori già adesso da questo discorso. Lo ha detto a chiare lettere, nell’incontro informativo organizzato ieri dalla Provincia all’Area di ricerca, Ciro Garcia Armesto, project manager della multinazionale spagnola.
Alla domanda se è prevista una riduzione delle tariffe in bolletta, il manager ha risposto così: «La società di rigassificazione non può concedere sconti sul gas in quanto né importa gas né lo vende, ma solo costruisce e gestisce l’impianto, in cui altri soggetti rigassificheranno il gas. Ma soprattutto – ha aggiunto – nell’attuale regime di libero mercato i clienti dell’area potrebbero continuare a comprare il gas dai loro attuali fornitori, che potrebbero non rifornirsi del gas rigassificato nell’impianto di Trieste».
Il quadro economico del progetto, elaborato da Nomisma Energia, per come è emerso dalla risposte di Gas Natural alle domande elaborate dal comitato tecnico-scientifico promosso dalla Provincia, prevede un investimento di 550 milioni di euro, di cui circa il 70% sarà costituito da beni e servizi locali.
COSTRUZIONE Nella fase di costruzione, 40 mesi, l’occupazione media annua prevista nella nostra provincia sarà di 260 persone, con un reddito da lavoro dipendente di oltre 6 milioni all’anno. Occupazione che sarà così ripartita: 37% servizi, 43% costruzioni e 20% manifatturiero. Sempre nella fase di costruzione, secondo Gas Natural il ”rendimento fiscale” (Ica, Iperf e Iref) è calcolato attorno ai 245 milioni.
ESERCIZIO Una volta che l’impianto sarà a regime, il valore della produzione potrebbe aggirarsi fra 80 e 120 milioni l’anno, in relazione alla tariffa di rigassificazione che sarà stabilita dall’autorità. Il costo operativo annuo del rigassificatore è invece stimato in 40-50 milioni, di cui il 50% sarà sostenuto a livello locale.
Sempre in fase di esercizio il rigassificatore prevede l’impiego di circa 70 addetti, e di circa 320 posti nell’indotto. Dei 70 dipendenti, il 10-15% sarà costituito da dirigenti e quadri, il 30-40% da impiegati e il 45-60% da operai. L’impatto economico e fiscale è stimato poi in 30 milioni all’anno.
EFFETTI INDIRETTI Alla domanda sull’impatto economico del progetto sulla pesca nel golfo, in seguito ai cambiamenti nel microclima marino, Gas Natural si limita a dire che «si devono concentrare tutti gli sforzi nella tutela dell’ambiente marino. Solo un monitoraggio costante, eseguito seriamente, può verificare l’assenza d’impatti o la pronta individuazione di possibili impatti sulle risorse fruibili e la loro quantificazione».
Quanto all’impatto sui traffici portuali, la multinazionale spagnola osserva poi che l’attività del rigassificatore comporterà l’arrivo di circa 100 navi all’anno, con un aumento del 3% rispetto al movimento complessivo del 2009 e una crescita del 10% del fraffico merci.
TEMPERATURA DEL MARE Per gli studi di impatto dello scarico di acqua fredda nel vallone di Muggia, Gas Natural precisa di aver simulato 24 nuovi scenari, con varie combinazioni di marea, venti e stagioni. «Sulla base dei risultati dello studio condotto con i nuovi dati di temperatura – afferma il project manager – in nessun caso si riscontrano gradienti significativi a notevole distanza dallo scarico, confermando pertanto i risultati del precedente studio del 2008». Con calma di vento o scirocco, però, in alcune aree della baia di Muggia, osserva sempre Gas Natural, si determina un accumulo di acqua fredda, «ma è trascurabile perchè limitato nel tempo» e la dispersione avviene una volta che sparisce il fenomeno meteo che l’ha causata.
CLORAZIONE Alla domanda su quali interventi si possano attuare per mitigare gli effetti della clorazione delle acque, la multinazionale risponde che «gli effetti della clorazione delle acque sono già stati valutati compatibili in fase di Valutazione di impatto ambientale. Sono state sviluppate nuove simulazioni dello scarico d’acqua – aggiunge – considerando altri scenari, e i risultati confermano che le concentrazioni di cloro sono ben inferiori a quelle consentite per legge, e che lo scambio d’acqua nella baia viene garantito».
SEDIMENTI Sulla quantità dei sedimenti marini che saranno movimentati nella fase di costruzione e in quella di esercizio dell’impianto, Gas Natural spiega che le principali movimentazioni di sedimenti avverranno durante la posa della tubazione per lo scarico dell’acqua fredda in mare, con la realizzazione del pontile e della piattaforma, e con i lavori di bonifica dei fondali. «Al fine di evitare la possibile torbidità dell’area di lavoro – precisa – dovuta a particelle in sospensione, verranno posizionati divisori antitorbidità».
LA PROVINCIA Al termine dell’incontro, la presidente della Provincia, Maria Bassa Poropat, ha osservato che «alcuni interrogativi sono ancora da sciogliere, che alcune dissertazioni rimangono ancora troppo generiche. Condivido appieno – ha aggiunto – alcune perplessità dei cittadini sul progetto, e spero che Gas Natural dia risposta alle delucidazioni oggi (ieri, ndr) richieste, in particolare sui temi abientali. Mi spiace solo – conclude – che, dinanzi a un tema così importante per questo territorio, siano mancati all’incontro il Comune di Trieste e la Regione».
AMBIENTALISTI Negativo è il commento di cinque associazioni ambientaliste (Wwf, Legambiente, No Smog, Greenaction, Amici del golfo), della Uil-Vigili del fuoco e del gruppo Beppe Grillo Trieste sull’iniziativa all’Area di ricerca. In una nota congiunta confermano il giudizio «sull’ambiguità del compito assunto dal gruppo di lavoro scientifico istituito dalla Provincia». Infatti, si legge, «non essendo stata ammessa la possibilità di un reale contraddittorio tra i componenti del gruppo di lavoro, i portatori di interessi e Gas Natural, l'incontro si è limitato a un elenco di risposte preconfezionate delle società alle domande del gruppo di lavoro. Risposte – concludono le associazioni – risultate per lo più sterili ripetizioni di informazioni già note, contenute negli studi di Gas Natural e contestate da anni».
GIUSEPPE PALLADINI
 

 

Il Prg rettificato torna in Consiglio - Entro due settimane il colpo di coda della giunta per non far cadere le salvaguardie
 

COMUNE - Per gli uffici le carte ora sono in regola
Tra uno strappo e una ricucita con i «reggitori locali» del Pdl su chi dovrebbe o non dovrebbe essere il candidato sindaco del centrodestra, Roberto Dipiazza infila la preparazione del suo colpo di coda ”amministrativo”, che conta di assestare prima della fine naturale del suo mandato-bis. Il primo cittadino uscente, infatti, consegnerà fra un paio di settimane al Consiglio comunale «sovrano» il plico del nuovo Piano regolatore, con le carte in regola - sostengono lui e gli uffici che gli fanno capo come assessore all’Urbanistica - per essere approvato. Dipiazza e gli alti dirigenti del Municipio, dunque, hanno scelto. Il Prg non è da riadottare né da congelare. Ne va delle salvaguardie anti-cemento che in caso di riadozione cadrebbero all’istante e in caso di immobilismo si esaurirebbero il 6 agosto prossimo, due anni dopo la prima adozione. Proprio per questo è opportuno portarlo ad approvazione, ed entrata in vigore, prima delle elezioni. È opportuno perché, insiste il sindaco, il ”non-parere” appena dato dalla Regione sullo studio geologico ”regolarizzato” dal Comune va interpretato, giuridicamente, come un via libera all’iter, al riparo da impugnazioni. Trattasi infatti di ”non-parere” in quanto la Regione ne aveva già dato uno favorevole sullo studio precedente, identico nella sostanza ma invalidato dalla giustizia amministrativa su ricorso dell’Ordine dei geologi per errori procedurali, errori che il Comune ritiene di aver sanato proprio con l’ultima versione che ha prodotto il ”non-parere” della Regione. «L’evidenziata illegittimità della procedura con la quale è stato affidato l’incarico in questione (lo studio geologico ndr) all’Università, trattandosi per l’appunto di atto estraneo alla sequela procedimentale, non incide su quest’ultima e in particolare sul procedimento finale dell’approvazione»: così recita la relazione letta lunedì sera in Consiglio comunale dallo stesso Roberto Dipiazza, che nell’occasione si è preso tutte le responsabilità della svolta. Uno: ritiro della discussione in aula sul ”non-parere”. Due: annuncio del varo, in giunta, di una delibera di presa d’atto della stessa relazione del sindaco e del ”non-parere”. Terzo: invio alle circoscrizioni di tale delibera, per un parere non vincolante da restituire entro dieci giorni, il che fa ripartire a bomba l’iter del Prg. Quarto e ultimo atto: consegna di un’ulteriore delibera di giunta, di recepimento dei pareri delle circoscrizioni, con la proposta di approvazione definitiva della variante 118, al Consiglio comunale. Morale: «Si può fare» entro aprile-maggio, per dirla alla Dipiazza, il quale tiene a sottolineare «il lavoro dei tecnici comunali. Il parere che la Regione mi ha mandato indietro, pressoché identico al precedente, mi ha consentito di preparare la relazione che ho letto in aula, che mi consente a sua volta di portare avanti il Piano regolatore». Non è - fanno capire a palazzo - una missione impossibile. Specie se, come pare, si sta profilando un’intesa trasversale tra Pdl e Pd, i due colossi numerici del Consiglio comunale.

(pi.ra.)
 

 

L’approvazione salverebbe i cantieri sui pastini - PDL E PD POTREBBERO TROVARE UN’INTESA TRASVERSALE
 

La rottura degli indugi sul Prg non è mossa solo dalla voglia di evitare che scadano le salvaguardie. Di mezzo c’è pure la fregola di risolvere l’ultima grana. E che grana: la sentenza del Consiglio di Stato su Rio Martesin, che oltre ad anullare le tre autorizzazioni edilizie rilasciate sulla vallata dal Municipio, da cui si stava sviluppando un cantiere foriero di 11mila metri cubi di cemento, fa giurisprudenza e mette così a rischio invalidazione qualsiasi cantiere aperto sui pastini, considerati dal giudice amministrativo d’appello «intoccabili». «Con la bocciatura di Rio Martesin - mette le mani avanti Roberto Dipiazza - a Trieste non si può più costruire nulla, in pratica... Trieste è tutta pastini. Bisogna trovare una soluzione». E la soluzione che evoca il sindaco è quella che teme, ad esempio, la sinistra radicale. Iztok Furlanic di Rifondazione, ieri in commissione Urbanistica, ha chiesto ai dirigenti comunali di tirare fuori «tutti i permessi a costruire che hanno rilevanza con la sentenza del Consiglio di Stato». In queste, pare caschi in pieno il noto progetto del Consorzio Belvedere di Contovello. Alfredo Racovelli dei Verdi, a sua volta - oltre a dare dello «sciacallo» all’Udc Roberto Sasco in quanto presidente della commissione Urbanistica, per aver anticipato la seduta della sua commissione rispetto al sopralluogo a Rio Martesin, calendarizzato dal presidente della commissione Lavori pubblici, il berlusconiano Lorenzo Giorgi - vede appunto nell’accelerazione del Prg la volontà politica di «modificare l’articolo 18 delle norme di attuazione del Prg sulla tutela dei pastini».
Il rischio, al di là del futuro dei cantieri sui pastini, è però - secondo lo stesso Roberto Sasco - anche un altro: «Che la proprietà di Rio Martesin che ha già iniziato i suoi lavori e investito e speso soldi (due Srl romane, la Gia e la Airone 85, ndr) chieda i danni al Comune, perché è stata d’altronde quest’amministrazione a rilasciarle l’autorizzazione edilizia annullata poi dal Consiglio di Stato». Non è escluso, in effetti, che l’ordinanza di ripristino attesa a metà febbraio sia impugnata a stretto giro davanti al Tar.
Tornando ad ogni modo all’accelerazione sul Prg, c’è odore di approvazione. Nonostante la contrarietà di cespugli («mai e poi mai voterò un Prg secretato», promette Racovelli) e bandelliani («restiamo per la riadozione», conferma Bruno Sulli). E nonostante la perplessità dell’Udc («è un documento assolutamente impugnabile», insiste Sasco), di Fli («verificheremo non ci siano sotto giochini della parte tecnica», fa eco Antonio Lippolis) e dell’alleato leghista («pezo el tacon che el buso, ma faremo comunque le nostre valutazioni se verranno cambiate le cose che chiediamo siano cambiate», sibila Maurizio Ferrara).
Ma i colossi cioè Pdl e Pd - che pur ha oggi qualche distinguo al suo interno, ma alla fine si ricompatterà anche per ragion di Stato - si stanno annusando. «Fermo restando l’impegno di Cosolini a fare, se eletto sindaco, un Prg sulla base della nuova legge regionale 5 del 2007 che imposta piani di sviluppo ambientale e sociale - così il capogruppo dei democrats Fabio Omero - noi misureremo il nostro sostegno sulla cancellazione dei nodi di Banne, Padriciano e quadrivio di Opicina, sulla pianificazione pubblica delle aree strategiche, sull’accoglimento delle opposizioni dei piccoli proprietari cui è stata tolta l’edificabilità a terreni affiancati ad aree edificabili e sul fronte-strada».
«Noi - la chiosa dei berluscones per voce del loro leader Piero Camber - non siamo sposati con nessuno. Si può discutere su tutto, ma a questo punto anche sul Villaggio del Fanciullo. Lì si può limare qualcosa, ma non riduscutere tutto».

(pi.ra.)
 

 

Tav: presentazioni a tappeto fra Comuni ed enti locali - ALTA CAPACITÀ
 

TRIESTE Il percorso che licenzierà il progetto regionale della linea ferroviaria ad alta capacità è stato definito. Ieri, l'assessore regionale alla Viabilità e Trasporti, Riccardo Riccardi, ha incontrato i sindaci interessati dal progetto nell'area friulana (oggi invece vedrà i rappresentanti dei Comuni che ricadono nella tratta Ronchi sud Trieste, alle 10.30 nella sede della Regione) per definire le prossime tappe. Una volta esaminato il tracciato ,Comune per Comune, è stato deciso che gli enti locali presenteranno alla Regione le loro osservazioni; queste saranno quindi esaminate e solo allora ci saranno gli incontri tra Comuni, Regione e Rfi.
L'ultima fase della partecipazione saranno le assemblee pubbliche per presentare ai cittadini il risultato della concertazione. I Comuni, come già emerso nella presentazione di fine gennaio a Trieste, potranno farsi affiancare da tecnici esterni per elaborare le osservazioni al tracciato. «Al di là dei tempi stringenti fissati dalla legge per le procedure di localizzazione, a carattere soprattutto urbanistico, e d'impatto ambientale (VIA), la Regione - ha garantito nuovamente Riccardi alle amministrazioni locali- non varerà alcun tipo di provvedimento senza prima aver concluso con le istituzioni del territorio tutti gli approfondimenti». L'assessore ha inoltre ribadito che occorrerà presentare, da parte di Rete ferroviaria italiana, un'analisi costo/benefici del tracciato, anche se non richiesta dalla Legge Obiettivo che regola le grandi opere.
 

 

Il comitato No tav alla Casa della Pietra - AURISINA. ASSEMBLEA
 

DUINO AURISINA Domani alle 18, alla Casa della pietra ”Igo Gruden” di Aurisina, il Comitato No Tav di Trieste e del Carso, in collaborazione con L’altra baia, organizza un’assemblea pubblica sui rischi dell’Alta velocità per i paesi del comune di Duino Aurisina. Nell’ambito dell’iniziativa sarà possibile sottoscrivere alcune osservazioni al progetto (per contatti: notavtriestecarso@gmail.com). Il 22 dicembre scorso è stato presentato da Italferr il preliminare sulla tratta Ronchi-Trieste per la valutazione dell’impatto ambientale. Ogni cittadino può visionare o avere una copia informatica degli atti chiedendola alla Direzione centrale ambiente, energia e politiche per la montagna - Servizio valutazione impatto ambientale che si trova in via Giulia 75/1 a Trieste: è sufficiente presentarsi con un supporto libero da almeno 10 giga. Altre informazioni sono reperibili sui siti web del Wwf e di Lega Ambiente (sintesi non tecniche e mappa del tracciato). Tutti i cittadini, sia in forma individuale che associata, possono inoltre presentare osservazioni entro il 20 febbraio, indicando che si tratta di considerazioni rivolte al progetto proposto per la Via.
 

 

Rozza: «Tariffe salatissime per la raccolta dei rifiuti» - L’esponente dei Verdi punta il dito contro la differenziata al minimo
 

DUINO AURISINA. SE NE PARLA IN CONSIGLIO
«I cittadini pagano spese di asporto e smaltimento della spazzatura altissime, alimentate da una politica che pare più indirizzata a sostenere Acegas-Aps e il suo impianto di termovalorizzazione piuttosto che a contenere quantitativi di rifiuti e costi per l’utenza». Lo ha affermato ieri, alla vigilia del Consiglio comunale convocato oggi alle 9 per discutere - tra le altre cose - anche la determinazione delle tariffe della Tarsu, il consigliere di opposizione Maurizio Rozza. «Duino Aurisina differenzia una quota di rifiuti di poco superiore al 20% - commenta -, praticamente uguale a quella della città di Trieste, che a sua volta è uno dei fanalini di coda per capacità di riciclo tra i comuni del nord Italia e incontrastata regina regionale per i costi addebitati agli utenti. Qualche esempio di come si raggiunge questo primato negativo? Un cittadino di Duino Aurisina che ha un giardino può conferire al centro servizi appena un metro cubo al mese di verde e ramaglie per l’avvio alla differenziazione. Ma, come spiegano gli eloquenti adesivi apposti sui cassonetti dell’indifferenziata, non c’è limite all’inserimento di materiali vegetali nel bottino dell’immondizia. I costi vengono poi scaricati sui cittadini con tariffazioni paradossali e inique». «Non si capisce - conclude Rozza - perché il gestore di un agriturismo debba pagare la tariffa di 7,50 euro al mq, contro quella di 1,75 euro destinata a “attività ricettivo-alberghiere”. Tutti sanno che la capacità di riciclo dei rifiuti di un agriturismo è nettamente superiore a quella di un albergo». In discussione, in Consiglio, anche la determinazione delle aliquote e delle detrazioni per l’Ici, l’approvazione del Piano delle alienazioni e del Bilancio di previsione.

(t.c.)
 

 

Gas: Saglia, i rigassificatori non saranno piu' di cinque

2011-02-08

MARTEDI' 8 FEBBRAIO 2011

Non piu' spazio per impianti, si conteranno in una mano (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 08 feb - Nel prossimo futuro non ci sara' spazio per tutti gli impianti di rigassificazione richiesti (circa una dozzina) e il numero delle infrastrutture non sara' definito da una normativa ma sara' selezionato dal mercato. Lo ha detto , sottosegretario al ministero dello , nel corso del suo intervento alla in corso a Milano. Saglia ha sottolineato che nei prossimi anni dovra' ridursi in percentuale la presenza di gas in Italia, contando le quote che verranno dedicate a nucleare, rinnovabili ed : "i rigassificatori - ha affermato il sottosegretario - si conteranno sulle dita di una mano e non piu' su due". Saglia ha voluto infatti sottolineare anche i costi degli impianti, citando i 2,5 miliardi circa per la realizzazione del rigassificatore di Edison al largo dell'Adriatico e sottolineando il messaggio in presenza di , a.d. del che ha in corso l'autorizzazione per l'impianto di . Tmm-am-Y- (RADIOCOR) 08-02-11 12:56:21 (0181)ene 3 NNNN



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Gas: Saglia, i rigassificatori non saranno piu' di cinque

2011-02-08

MARTEDI' 8 FEBBRAIO 2011

Non piu' spazio per impianti, si conteranno in una mano (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 08 feb - Nel prossimo futuro non ci sara' spazio per tutti gli impianti di rigassificazione richiesti (circa una dozzina) e il numero delle infrastrutture non sara' definito da una normativa ma sara' selezionato dal mercato. Lo ha detto , sottosegretario al ministero dello , nel corso del suo intervento alla in corso a Milano. Saglia ha sottolineato che nei prossimi anni dovra' ridursi in percentuale la presenza di gas in Italia, contando le quote che verranno dedicate a nucleare, rinnovabili ed : "i rigassificatori - ha affermato il sottosegretario - si conteranno sulle dita di una mano e non piu' su due". Saglia ha voluto infatti sottolineare anche i costi degli impianti, citando i 2,5 miliardi circa per la realizzazione del rigassificatore di Edison al largo dell'Adriatico e sottolineando il messaggio in presenza di , a.d. del che ha in corso l'autorizzazione per l'impianto di . Tmm-am-Y- (RADIOCOR) 08-02-11 12:56:21 (0181)ene 3 NNNN



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COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 8 febbraio 2011

 

 

“L'attacco agli incentivi alle rinnovabili mette in discussione gli obiettivi europei”, dicono gli ambientalisti
 

Si attaccano gli incentivi alle rinnovabili per favorire il nucleare, quando per anni i soldi sono andati per la maggior parte alle cosiddette “assimilate”, cioè ai combustibili fossili e inceneritori. Greenpeace, Legambiente e WWF esprimono grave preoccupazione per le prese di posizione e strumentalizzazioni di questi giorni promossi dall’Autorità per l’Energia: si tratta di un attacco che mette in discussione il raggiungimento degli obiettivi europei al 2020, che sono vincolanti.
Una campagna miope e strumentale per almeno due motivi: 1) L'impatto macroeconomico e occupazionale dello sviluppo delle rinnovabili è rilevante e fa sì i maggiori costi abbiano effetti netti positivi, oltre che sull'ambiente, anche sull'economia (da 23 a 27 miliardi di euro al 2020 secondo lo studio IREX 2010); 2) Tutto il mondo sta investendo sulle rinnovabili, mentre gli investimenti sulle altre tecnologie sono in caduta libera.
L’opinione dell’Autorità, che concentra i suoi sforzi per ridurre la bolletta sulle rinnovabili, senza invece essere riuscita ad eliminare l’obbrobrio delle assimilate e di altri costi, è contraddetta anche in sede europea, in particolare dalla Comunicazione della Commissione europea “Renewable Energy: Progressing towards the 2020 target”, dove - nel quadro dei suggerimenti per garantire il conseguimento degli obiettivi al 2020 - a proposito dei costi delle incentivazioni testualmente si afferma che “è essenziale che tali costi siano «fuori bilancio», cioè sopportati dai consumatori di energia piuttosto che dalla fiscalità, in modo da evitare le tipiche interruzioni «stop-start» ogni qual volta i bilanci degli stati diventano più vincolati”. E’ evidente che in tempi di magra, legare gli incentivi alle rinnovabili, cioè all’economia del futuro, alla bolletta, garantisce dai continui tagli di bilancio che hanno rischiato di cancellare persino la defiscalizzazione del 55% per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici (e nel 2010 ne hanno modificato in peggio le modalità).
Va inoltre rilevato che gli incentivi non rappresentano soltanto un costo, hanno ricadute positive in termini economici (per non parlare di quelli sociali) che alla lunga prevalgono sui costi. Su questo tema esiste una vasta letteratura internazionale, e anche istituzioni scientifiche e autorevoli società di consulenza italiane sono pervenute a conclusioni analoghe. Inoltre, quando si contrappongono alle costose rinnovabili i cicli combinati o il nucleare, nessuno ricorda quanto il loro sviluppo è costato ai contribuenti, anche per il loro legame con le ricerche per scopi militari. Gli incentivi alle rinnovabili sono l’equivalente civile di quanto hanno fatto per altre tecnologie energetiche i programmi militari e spaziali, cioè incentivi all’innovazione.
Non ci si straccia le vesti, peraltro, per quanto previsto dall’articolo 17 del decreto legislativo 31/2010 (Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell’esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare): “Con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze sono individuati gli strumenti di copertura finanziaria e assicurativa contro i rischi di ritardi nei tempi di costruzione e messa in esercizio degli impianti per motivi indipendenti dal titolare dell’autorizzazione unica, con esclusione dei rischi derivanti dai rapporti contrattuali con i fornitori”.
Per due reattori EPR localizzati in un sito, una simile copertura potrebbe comportare oneri fino a diversi miliardi di euro. Soldi buttati, sia perché l’energia nucleare sta diventando obsoleta, sia perché gli Italiani il nucleare non lo vogliono, sia perché comunque arriverà tardi e costerà molto, ma molto di più delle rinnovabili.
Inoltre, perché l’Autorità non diffonde i dati su quanto ha pagato sinora il contribuente italiano per il nucleare? I costi del passato gravano ancora sulla nostra bolletta, ma questo non scandalizza l’Authority, e a quanto ci risulta ammontano a circa 400 milioni di euro l’anno.
Gli ambientalisti notano infine che i nuclearisti, ancora una volta, non riescono a usare il linguaggio della verità: affermano di non voler essere in competizione con le rinnovabili, e poi attaccano proprio gli incentivi alle rinnovabili. Forse per coprire l’enorme danno economico, oltre che di perdita di tempo, che il nucleare rappresenterebbe per l’Italia.
Gli Uffici stampa WWF Italia - Legambiente  - Greenpeace

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 8 febbraio 2011

 

Rigassificatore, l'incontro "sul processo informativo" all'Area di Ricerca giudicato negativamente dalle associazioni ambientaliste che puntano il dito contro l'ambiguità del compito assunto dal gruppo di lavoro istituito dalla Provincia di Trieste.

 

“Le istituzioni scientifiche hanno accettato di farsi strumentalizzare assumendo il ruolo di "filtro" tra i cittadini e GasNatural, a cui è stato fornito gratis un immeritato palcoscenico”.
I gruppi e le associazioni ambientaliste: “Che i due nuovi studi (quello redatto da GasNatural sull’impatto dell'acqua fredda e del cloro scaricati dal rigassificatore nella baia di Muggia e quello economico affidato a Nomisma Energia) vengano messi a disposizione dei cittadini”.
L'incontro tenutosi oggi (martedì 8 febbraio 2011) presso l'Area Science Park di Trieste "sul processo informativo" in merito al rigassificatore, conferma il giudizio già espresso da gruppi e associazioni ambientaliste sull'ambiguità del compito assunto dal gruppo di lavoro scientifico istituito dalla Provincia di Trieste.
Secondo il responsabile energia e trasporti del WWF FVG, Dario Predonzan, il coordinatore regionale UIL-Vigili del Fuoco, Adriano Bevilacqua, iI presidente di Legambiente Trieste, Lino Santoro, il presidente di Greenaction, Roberto Giurastante, il presidente degli AmicI del Golfo, Giorgio Jercog, il presidente del Gruppo Beppe Grillo TS, Paolo Menis e il presidente di No Smog, Alda Sancin:“Appare infatti che le istituzioni scientifiche abbiano accettato di farsi strumentalizzare dalla Provincia assumendo un ruolo inutile, di "filtro" tra i cittadini e la proponente del progetto, GasNatural, alla quale è stato fornito gratis un immeritato palcoscenico.
Infatti, sebbene alcune domande (ma non tutte) fossero state formulate correttamente dagli esperti, non essendo stata ammessa la possibilità di un reale contraddittorio tra i componenti del gruppo di lavoro, i portatori di interessi e GasNatural, l'incontro si è limitato ad uno sterile ed inutile elenco di risposte preconfezionate delle società alle domande del gruppo di lavoro. Risposte che sono risultate per lo più sterili ripetizioni di informazioni già note, contenute negli studi di GasNatural e contestate da anni. In merito agli aspetti relativi alla sicurezza, ad esempio, GasNatural ha fornito risposte evasive e inaccettabili.
La società ha poi fatto riferimento a nuovi elaborati, di cui si ignorava l’esistenza e in particolare a uno studio redatto da GasNatural in base a direttive dell'OGS sull’impatto dell'acqua fredda e del cloro, scaricati dal rigassificatore nella baia di Muggia. E’ emersa anche l'esistenza di uno studio economico sul rigassificatore che GasNatural ha affidato a Nomisma Energia.
I gruppi e le associazioni ambientaliste chiedono che entrambi questi studi vengano messi a disposizione dei cittadini nel sito della Provincia per le opportune valutazioni.
WWF FVG - UIL-Vigili del Fuoco - Legambiente Trieste - NO SMOG - GREENACTION - AMICI DEL GOLFO - Gruppo Beppe Grillo
 

 

IL SOLE 24 ORE - MARTEDI', 8 febbraio 2011

 

 

Gas: Saglia, i rigassificatori non saranno piu' di cinque
 

Non piu' spazio per impianti, si conteranno in una mano (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 08 feb - Nel prossimo futuro non ci sara' spazio per tutti gli impianti di rigassificazione richiesti (circa una dozzina) e il numero delle infrastrutture non sara' definito da una normativa ma sara' selezionato dal mercato. Lo ha detto Stefano Saglia, sottosegretario al ministero dello Sviluppo Economico, nel corso del suo intervento alla Mobility Conference in corso a Milano. Saglia ha sottolineato che nei prossimi anni dovra' ridursi in percentuale la presenza di gas in Italia, contando le quote che verranno dedicate a nucleare, rinnovabili ed energia elettrica: "i rigassificatori - ha affermato il sottosegretario - si conteranno sulle dita di una mano e non piu' su due". Saglia ha voluto infatti sottolineare anche i costi degli impianti, citando i 2,5 miliardi circa per la realizzazione del rigassificatore di Edison al largo dell'Adriatico e sottolineando il messaggio in presenza di Fulvio Conti, a.d. del gruppo Enel che ha in corso l'autorizzazione per l'impianto di Porto Empedocle.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 8 febbraio 2011

 

 

Rigassificatore, se ne parla oggi con Gas Natural - Convegno all’Area di ricerca dedicato ai quesiti posti dal Comitato tecnico-scientifico
 

L’INIZIATIVA DELLA PROVINCIA
È in programma stamattina, a partire dalle 9.30 nel centro congressi dell’Area science park, il convegno che conclude «il processo informativo avviato dalla Provincia» sul progetto del rigassificatore di Zaule: è prevista la presenza dei rappresentanti di Gas Natural chiamati a rispondere ai quesiti sorti sul progetto.
Ieri la presidente di Palazzo Galatti Maria Teresa Bassa Poropat e l’assessore Vittorio Zollia hanno illustrato l’iniziativa. «A fronte di un’opera tanto rilevante per l’intero territorio provinciale e in relazione al proprio ruolo di coordinamento territoriale su area vasta – ha ricordato Bassa Poropat – la Provincia ha ritenuto di farsi promotrice e garante di un indispensabile processo informativo adeguato e indipendente nei confronti dell’intera collettività». Allo scopo ha coinvolto le istituzioni scientifiche di livello nazionale e internazionale presenti sul territorio, come l’Università cittadina, il Consorzio per l’Area di ricerca – Area Science Park, la Sissa e l’Ogs, che hanno individuato un gruppo di lavoro tecnico-scientifico.
La Provincia - ricorda l’ente stesso in una nota nota - «ha quindi attivato sul proprio sito istituzionale un collegamento che ha permesso a tutti i cittadini e ai soggetti portatori di interessi collettivi di formulare quesiti, istanze di chiarimento o delucidazioni in ordine alle problematiche comunque connesse alla realizzazione dell’impianto. Il comitato tecnico-scientifico ha analizzato le richieste, le ha coordinate e ridefinite in modo scientifico. I quesiti sono stati inoltrati a Gas Natural», la società spagnola promotrice del progetto. «La terza e ultima fase sarà la giornata» di oggi, appunto, «nella quale Gas Natural, alla presenza dei componenti del Comitato tecnico-scientifico, risponderà ai quesiti posti». All’incontro aperto al pubblico sono stati invitati a partecipare, come uditori, i soggetti istituzionali, i rappresentanti di categorie economiche, delle rappresentanze provinciali dei lavoratori e di portatori di interessi collettivi. Documentazione dell’incontro sarà a disposizione del pubblico sul sito della Provincia www.provincia.trieste.it
 

 

Il Pd: «Il centrodestra veneto mette a repentaglio la Tav»
 

TRIESTE «La miopia del centrodestra del Veneto non dovrebbe mettere in discussione la realizzazione di un progetto europeo della massima importanza come è il Corridoio V, ma purtroppo questo è quanto sta accadendo». Lo denuncia l’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani a fronte della proposta veneta di un tracciato litoraneo per la Tav. «Se verrà bocciato il progetto, saranno stati gettati i fondi europei e i tempi si allungheranno di anni perché per la prossima progettazione bisognerà reperire fondi italiani» avverte Serracchiani. L’eurodeputata ricorda anche che «il Pd del Veneto e quello del Friuli Venezia Giulia avevano messo in guardia dal rischio che avrebbe rappresentato mantenere un atteggiamento intransigente sul tracciato costiero della Tav. Ma il centrodestra ha preferito guardare il proprio ombelico invece di alzare lo sguardo verso l’Europa. Non si è avuto nemmeno quel minimo di prudenza che avrebbe suggerito di inserire l’affiancamento all’A4 tra le alternative di tracciato». Non manca un ultimo avvertimento: «Si deve prestare attenzione anche in Friuli Venezia Giulia dove il tracciato della Bassa deve esser ottimizzato tenendo conto delle esigenze di Cervignano e di San Giorgio di Nogaro».
 

 

Etichette ”Ogm free”, la Ue boccia la Regione - CHIESTA L’ABROGAZIONE DELLA LEGGE APPROVATA ANCORA NEL 2000
 

Bruxelles vieta i contrassegni sui prodotti tipici: «È concorrenza sleale»
PORDENONE Il consumatore non può sapere se i prodotti che mangia sono Ogm free. Secondo l’Unione europea l’etichetta ”prodotto non modificato geneticamente” è addirittura una forma di concorrenza sleale. Per questa ragione e per il fatto che né l’Europa né l’Italia hanno legiferato in materia, Bruxelles chiede al Friuli Venezia Giulia di abrogare la legge regionale 21 del 2000. Se così non sarà, l’Unione è pronta a colpire la Regione avviando l’ennesima procedura di infrazione comunitaria.
La lettera arrivata alla direzione centrale dell’Agricoltura - la Ue ha spulciato le leggi regionali dopo che il Consiglio provinciale di Bolzano ha adottato una specifica norma che vieta l’utilizzo degli Ogm nella zona dell’Alto Adige - è un ultimatum: o la Regione abrogherà la norma o l’Europa la metterà in mora. «La legge approvata nel 2000 – spiega il direttore centrale Luca Bulfone – non ha mai trovato applicazione nei fatti, ma saremo comunque costretti a cancellarla». Dice il primo articolo: «La Regione, al fine di tutelare la salute, quale diritto fondamentale della persona, promuove tutte le azioni necessarie a prevenire i possibili rischi per la salute umana e per l’ambiente derivanti dalla coltivazione, dalla produzione e dal consumo di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati (Ogm), sostiene i produttori locali di alimenti, mangimi e semenze e orienta il consumatore all’utilizzo di prodotti alimentari non geneticamente modificati». Specifica: «Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, viene istituito il contrassegno “dal Friuli - Venezia Giulia - prodotto non modificato geneticamente”, e regolato il procedimento per la sua concessione attraverso l’accertamento della produzione senza l’utilizzo di prodotti geneticamente modificati». L’etichetta in questione, mai diventata realtà, nasceva dall’obiettivo di valorizzare i prodotti tipici del Friuli Venezia Giulia e di dare al consumatore un valore aggiunto nel momento in cui si trova a scegliere il prodotto da acquistare. Non per il legislatore europeo, però, che lo considera una forma di concorrenza sleale. «Non essendoci una legge nazionale che legifera in materia – aggiunge l’assessore Claudio Violino – saremo costretti ad abrogare il testo del 2000. Per fortuna è in dirittura, a livello nazionale, il decreto legge sull’etichettatura che coprirà anche questo aspetto. I principi sanciti dalla Regione a quel punto saranno garantiti». La questione Ogm in Friuli Venezia Giulia è tutt’altro che chiusa. Non solo perché il processo contro l’agricoltore che ha sfidato lo Stato, facendo leva proprio sulla norma europea e sul vuoto legislativo nazionale e regionale, è ancora in corso e non si concluderà prima della prossima semina. Ma anche perché la legge regionale che dovrebbe regolamentare le coltivazioni di sementi transgeniche secondo il principio di precauzione - “Norme in materia di tutela della biodiversità e dei prodotti agroalimentari di qualità e tradizionali del territorio regionale dall’emissione deliberata in ambiente di Ogm” -, è ferma in commissione. L’esame è iniziato il 13 gennaio.
MARTINA MILIA
 

 

Il ”giorno dell’oca” all’Isola della Cona - Sabato la manifestazione per salutare i migratori prima della partenza
 

STARANZANO Sono ormai più di 4mila le oche presenti nell’area della Cona. Frutto di una imponente migrazione verificatasi tra Natale e Capodanno, quando erano giunti a svernare alla Foce dell’Isonzo quasi 3mila esemplari, provenienti anche dalla Siberia. Un fenomeno davvero inedito per questi uccelli, generalmente tra i più riluttanti agli spostamenti, ma che quest’anno hanno raggiunto le zone umide dell’Alto Adriatico, spinte dal freddo intenso e dalla copertura nevosa che ha interessato le aree centro-europee, in particolare la pianura di Hortobagy, in Ungheria. Uno spettacolo che ora si appresta a regalare alla Cona il ”grande rientro” ai siti riproduttivi del nord, la cui partenza è ormai prossima. Per questo sabato è in programma il ”Giorno dell’Oca”, nell’ambito dell’ormai tradizionale cerimonia che intende dare un saluto simbolico agli ospiti invernali della riserva naturale. Il titolo dell’iniziativa si ispira ad una poesia di Biagio Marin, ”Oseli Migranti”.
Lo stormo, formato pertanto in prevalenza da uccelli migratori, è composto da circa 3mila soggetti della specie Oca lombardella. Sono anche presenti, un’Oca lombardella minore, due Oche collorosso e almeno tre soggetti di un'altra particolarissima e rara specie, l'Oca zamperosee, che nidifica a livello mondiale esclusivamente in Groenlandia, Islanda fino alle Svalbard, zona dalla quale più probabilmente giungono i soggetti ora presenti alla Cona, dopo una possibile tappa in paesi come la Danimarca e la Germania. E non mancano alcune decine di Oca granaiola della tundra, provenienti dalle regioni della Siberia occidentale.
Uno scenario di forte richiamo, soprattutto per gli appassionati di bird-watching, giunti numerosi in questo periodo, da tutta Italia, ma anche dall’Austria e dalla Slovenia. Lo stormo non è sempre facilmente visibile da parte dei visitatori dell'Isola della Cona, perchè questi uccelli prediligono le vaste e tranquille piane fangose di marea, tra la foce del fiume e il canale Quarantia. Tuttavia, è possibile, con notevole frequenza, che questi esemplari, strettamente erbivori, per dissetarsi o mangiare, si posino anche nell’area attrezzata circostante il Centro Visite.
 

 

Colibrì in partenza, nessun finanziamento - Dal summit in Prefettura posizioni nette: «Abusi, debiti, costi impossibili» - Sfratto esecutivo senza alternative
 

MIRAMARE
Decretata di fatto la fine del Centro colibrì di Miramare. Dagli enti locali non arriverà un euro, e nemmeno dalla Soprintendenza o dalla Direzione regionale dei Beni culturali, né a oggi c’è una concreta possibilità (anche per via dei costi) di allestire un sito nuovo in zona entro il 15 marzo, quando scade tassativamente la proroga allo sfratto.
Ieri la Prefettura ha radunato i vertici di tutte le istituzioni, in più Assicurazioni generali (che non si è presentata) e Allianz. Con diverse ma forti motivazioni tutti hanno preso le distanze dalla complessa situazione su cui gravano un’indagine della Procura per 16 abusi edilizi (come ha perentoriamente ricordato il soprintendente Luca Caburlotto) e debiti per oltre mezzo milione di euro. Caburlotto ha anche esposto un documento in cui si precisa che i colibrì non sono ancora «specie in via di estinzione» e che sono anche commercializzabili («a 15-25 dollari l’uno»), e che inoltre le specie presenti a Miramare «non sono tra le più rare».
Giangiacomo Martines, il direttore regionale dei Beni culturali che s’era dovuto impegnare a trovare soluzioni locali su impulso «pubblico» arrivato da Berlusconi, ha confermato come sarebbe auspicabile che i colibrì tornino un giorno a Miramare, dove possono costituire attrazione per «un parco da 1 milione di visitatori», però distinguendo in modo chiaro «il passato, il difficile presente e il futuro». Le serre storiche vanno liberate, e ripristinate. Sarebbe auspicabile «la costituzione di un ente giuridico nuovo e credibile - afferma - che, recuperando quanto di buono è stato fatto fin qui, abbia credenziali economiche e possibilità di gestire. Nel parco - aggiunge - ci potrebbero essere altri fabbricati rustici (di Massimiliano, o del Duca d’Aosta) da allestire in seguito per i colibrì, ma nel modo più assoluto non a spese della Soprintendenza. L’importante, adesso, è l’accoglienza per gli uccellini, che non debbano soffrire, in Olanda c’è un centro già attrezzato e scientificamente valido individuato dalla società Cites del ministero dell’Ambiente. Salvo che non si trovi entro il 15 marzo un centro vicino e già funzionante».
Sono state tenute in considerazione le offerte di siti alternativi (tra cui Duino), ma il preventivo per nuove serre chiude il discorso: 1 milione abbondante di euro. «Tecnicamente non c’è stato passo avanti - conclude Martines -, il passo avanti è l’attenzione del Commissario di governo».
«Come facciamo a distruggere ai contadini le loro piccole costruzioni abusive (e lo abbiamo fatto) e consentire abusi a Miramare? Come possiamo pignorare beni a chi non paga 130 euro di luce e consentire 139 mila euro di luce non pagata?». Il sindaco Roberto Dipiazza è stato ieri tassativo: «In tribunale c’è scritto che la legge è uguale per tutti. In secondo luogo abbiamo da ristrutturare le scuole, non ci sono risorse, il paese è in crisi, Miramare ha problemi di sicurezza e dovremmo spendere un milione di euro per una serra di 30 metri per 30? Non ce lo possiamo permettere. Con tutto il rispetto per i colibrì, mandiamoli in Olanda, in salvo».
«Un ente pubblico non può sopperire alle mancanze gestionali di un privato - ha affermato invece Walter Godina, vicepresidente della Provincia -, l’ho detto con grande chiarezza. Siamo in presenza di un privato, che si comporta con logica privatistica, che non paga concessioni, utenze, e nemmeno le percentuali sui biglietti alla Soprintendenza. È perfino ”sub judice” di chi sia davvero la proprietà degli animali, l’unica cosa certa è che ministero e Forestale devono trovar loro un posto adeguato».
Di fronte a tanto Confcommercio e Camera di commercio non hanno aggiunto nulla, è stata registrata anche la preoccupazione dell’Avvocatura dello Stato, il rappresentante di Allianz ha detto che, se mai ci sarà un progetto, verrà preso in considerazione. Ma sia Caburlotto con molta fermezza, e sia la direttrice di Miramare, Rossella Fabiani, hanno messo anche un’ipoteca sul futuro: «Se un giorno dovessero arrivare fondi, non potranno essere solo per i colibrì. Miramare ha estremo bisogno di finanziamenti».
C’è pericolo di smottamenti nel parco. Ma, soprattutto, si è così appreso, c’è rischio di cedimento della scogliera che regge il castello.
GABRIELLA ZIANI
 

 

Nell’Abbaziano condotte per un mare più pulito - Con 730mila euro seconda parte del Progetto Adriatico per migliorare la rete fognaria
 

Previsti anche un collettore e una stazione di pompaggio Dal 2004 investiti 18 milioni
ABBAZIA Rispetto a 7–8 anni fa il mare che bagna la Liburnia (Abbazia, Laurana, Ica, Volosca) è sicuramente meno inquinato e promette di essere ancora più pulito. È dal 2004 che in quest’ area sovrastata dal Monte Maggiore si sta attuando il Progetto Adriatico, il quale prevede corposi investimenti nei miglioramenti della rete fognaria e di quella idrica.
Gli scarichi in mare stanno diventando una rarità e la prova provata arriva dai fondali di Volosca, il ridente e pittoresco borgo liburnico noto anche per la presenza di un paio di ristoranti d’alto livello, frequentatissimi dai turisti specie nel corso dell’alta stagione. Nel mare voloscano si vedono nuovamente le pinne nobilis (comunemente dette nacchere o sture), piantatesi orgogliosamente sul fondale a dimostrazione che le acque inquinate sono ormai un ricordo.
Queste stupende creature sono riapparse dopo un’assenza durata circa 30 anni, segno che il Progetto Adriatico (finora sono stati spesi nella Liburnia circa 17,8 milioni di euro) ha rivelato tutta la sua utilità. Giova ricordare, in questo senso, che la raccolta di questo mollusco bivalve è severamente proibita dalla legge, con multe molto salate. Per migliorare la qualità dell’acqua nei giorni scorsi sono cominciati i lavori della seconda fase del Progetto Adriatico nell’Abbaziano, che comporteranno investimenti per 5 milioni e 400 mila kune, pari a 730mila euro.
Con questi mezzi si realizzeranno tre progetti: la condotta in pressione a Volosca, il collettore Ponte Icici e la stazione di pompaggio a Ica. Le opere dovrebbero essere portate a compimento entro quattro mesi, periodo in cui non mancheranno disagi. A Volosca, ad esempio, dovranno essere posati circa 400 metri di condotta in pressione, lavori destinati sicuramente a creare problemi alla circolazione stradale. Dei 5,4 milioni di kune, la metà è stata ottenuta grazie a un mutuo erogato dalla Banca mondiale, mentre l’altro 50% dei soldi si è avuto grazie allo Stato, al Demanio idrico nazionale e alla Municipalità di Abbazia. Tutto quanto il Progetto Adriatico nella Liburnia, concernente fognature e acquedotto, dovrebbe essere ultimato entro la fine del 2013.
«Se non fosse per gli alberghi e i negozi chiusi – ha commentato il sindaco di Abbazia Ivo Dujmic – non si direbbe che siamo in crisi, almeno non per i grandi progetti infrastrutturali, che vanno avanti ormai dal 2004. Avremo ovunque acqua potabile e la rete fognaria sarà allacciata a un grande depuratore. I nostri abitanti e i vacanzieri hanno e avranno a disposizione un mare ”in forma”, dove la balneazione non farà correre alcun rischio per la salute».

(a.m.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 7 febbraio 2011

 

 

«Non si possono più costruire case sui pastini» - LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO SU RIO MARTESIN DESTINATA A FARE GIURISPRUDENZA
 

La questione dei cantieri aperti sui terrazzamenti affrontata anche dalla Trasparenza
Quanti siano, la dirigenza del Comune non l’ha detto, al momento, ai politici che gliel’hanno chiesto. Però, presumono quegli stessi politici, ce ne sono. E rischiano, non appena scoperti da chi ha interesse a ”denunciarli”, di fermarsi per non ripartire più. Scoppia infatti in Municipio la grana burocratica dei cantieri autorizzati e attualmente aperti in alcuni dei punti più esclusivi (e costosi) dove potersi fare una casa, perché garantiscono in un colpo solo vista mare mozzafiato e status sociale prestigioso: sono i punti chiamati pastini, gli storici gradoni agricoli di ”sicurezza” da eventuali smottamenti di cui è munito il lato panoramico del Carso che, dal ciglione, si butta giù verso la riviera.
LA SENTENZA Il pronunciamento del Consiglio di Stato di Roma che a dicembre ha bloccato i lavori di costruzione di sette palazzine per 108 appartamenti nella valle di Rio Martesin - l’enclave verde tra Scala Santa e Gretta sopra via Giusti, al di là di Piscianzi - come tutte le decisioni di giustizia amministrativa di secondo grado che non rimandano la causa alla casella di partenza, ovvero al Tar locale, ha infatti i crismi della sentenza che fa giurisprudenza. Diventa insomma un precedente giuridico applicabile in casi analoghi. Per il Consiglio di Stato, per inciso, le tre autorizzazioni (due permessi a costruire più una concessione edilizia) rilasciate nel 2009 su progetto dell’architetto Fabio Assanti alle società romane proprietarie dell’area di Rio Martesin (Gia Srl e Airone 85 Srl) sono carta straccia. Non solo perché si sarebbe dovuta richiedere una sola autorizzazione - che però a quel punto avrebbe superato la soglia dei 10mila metri cubi con obbligo di Valutazione d’impatto ambientale in Regione - ma anche e soprattutto perché è stato violato l’articolo 18 delle norme tecniche di attuazione del Piano regolatore che regola per l’appunto la salvaguardia dei pastini e dei terrazzamenti, che ora andranno rimessi al loro posto cancellando gli sbancamenti funzionali al cantiere fatti finora.
L’INTERPRETAZIONE Per i giudici amministrativi d’appello, infatti, i pastini diventano intoccabili: un’interpretazione sostanzialmente differente dalla prassi che, fino al giorno prima della sentenza su Rio Martesin, consentiva a chi costruiva case su pastini di poter modificarne l’ampiezza con la prescrizione, contenuta nelle autorizzazioni edilizie, di effettuare reinterri tali da garantire e mantenere l’equilibrio idrogeologico del terreno. Roba da farsi venire il mal di testa negli uffici del Comune, segnalano sempre i politici, se è vero che, di pastini, il costone sul mare è pieno. E, di cemento sui pastini, pure. L’interpretazione ”possibilista”, che consentiva di intervenire su quei gradoni, viene applicata infatti ininterrottamente dal 1997, data di entrata in vigore del Piano regolatore varato dall’allora amministrazione Illy, tuttora vigente - seppur in regime di salvaguardia - finché non sarà approvato il nuovo Prg di contrazione del cemento targato Dipiazza. Adottato sì ma con l’iter ancora sospeso tra ricorsi e bisticci politici.
LA COMMISSIONE Di quest’inversione di interpretazioni, obbligata dalla sentenza romana su Rio Martesin, e delle sue possibili conseguenze sui cantieri aperti - su quelli chiusi chissà, ma lì si tratterebbe addirittura di demolire case già fatte - si è discusso nei giorni scorsi, alla presenza dei massimi dirigenti comunali di settore e del difensore civico Maurizio Marzi, nella Commissione Trasparenza convocata dal suo attuale presidente, Emiliano Edera della Lista Rovis, su input di Alfredo Racovelli dei Verdi e Lorenzo Giorgi del Pdl. Quest’ultimo, inoltre, è autore di una mozione sul caso Rio Martesin che si tradurrà in una seduta, a breve, della Quarta Commissione Lavori pubblici che lui presiede. Racovelli, in particolare, è per la linea dura e pura ”nuova”, che preveda l’applicazione dell’interpretazione di tutela del verde storico, imposta dallo stesso Consiglio di Stato all’articolo 18 del Prg: «Il timore è che la parte tecnica e politica, con la finalità di sanare il problema al di là del caso singolo di Rio Martesin, vadano a modificare in senso meno restrittivo l’articolo 18 del Prg». Di altro parere, seppur con lo stesso obiettivo dichiarato, quello di salvare più verde possibile, è il centrista Alessandro Minisini: «Se non passa al più presto il nuovo Piano regolatore, che lì non prevede più costruzioni, i proprietari dell’area nella valle di Rio Martesin presenteranno una nuova richiesta di autorizzazione a costruire, magari ristretta, ma lo faranno».

(pi.ra.)
 

 

Un’altra Trieste: «Prg da rifare» - URBANISTICA - IN ACCORDO COL CENTROSINISTRA E IL PROGETTO DI COSOLINI
 

Bandelli e Sulli: votare è da babbei, azzeriamo
«Il Prg, grande fallimento dell’amministrazione Dipiazza, va lasciato scadere, poi bisogna ricominciare tutto daccapo». «Neanche un babbeo firmerebbe più questo Piano regolatore, la relazione geologica è da rifare, e dunque tutto il Piano regolatore deve ripartire da zero». Un’altra Trieste, per bocca di Franco Bandelli e di Bruno Sulli, dà ragione alle argomentazioni del candidato di campo avverso, il «centrosinistro» Roberto Cosolini che ieri ha annunciato: «Se eletto, da subito lavorerò per un Piano regolatore tutto nuovo, anche se l’attuale va intanto approvato altrimenti ad agosto scadono le salvaguardie».
«Scadono il 23 luglio - precisa Bandelli -, ma Cosolini ha del tutto ragione. Tranne su un punto: non ci sarà il tempo per approvare il Prg attuale in queste condizioni, neanche con la bacchetta magica, chiunque vinca le elezioni non ce la farà. Dunque facciamolo scadere. Riadottiamo quello vecchio. Ma non per ”cementificare” - aggiunge -, bensì per dare quattro mesi di tregua alla gente, per sbloccare cantieri fermi visto che la crisi dell’edilizia è davvero drammatica, poi subito dopo (e dopo aver riorganizzato gli uffici dell’Urbanistica) chiamiamo un urbanista serio, che fa un piano regolatore condiviso con le categorie e con la gente». Convergenza piena dunque, salvo dettagli esecutivi, tra centrosinistra e ala bandelliana del Pdl.
Lo conferma Sulli che punta soprattutto sul mancato parere della Regione alla relazione geologica, inviata con la firma del geologo comunale per un secondo «visto», ma con lo stesso testo redatto dall’Università, dichiarato illegittimo per assenza di gara pubblica dal Tar e dal Consiglio di Stato. Mossa che aveva ricevuto preventiva diffida dai legali dell’Ordine dei geologi, pronto ora a ricorrere nuovamente al Tar.
«Il consiglio comunale assolutamente non si prenderà la responsabilità di approvare il Prg in queste condizioni - dice Sulli, concordando col Pd Fabio Omero -, abbiamo chiesto apposta il parere della Regione, ma gli uffici hanno fatto i furbi per la seconda volta mandando lo stesso documento, e la Regione ha risposto picche. Non vorranno lasciare a noi la patata bollente? La relazione geologica è da rifare, e pure il Prg va rifatto da zero».
Sulli ricorda, così come le opposizioni, che va eliminato l’insediamento di Banne («bubbone indescrivibile, con taglio di molti alberi, ma come si farà a scindere la partita dall’accordo complessivo col Demanio?»), che al Villaggio del Fanciullo vanno conservati servizi pubblici, e non inseriti progetti edilizi («una foresteria per l’Area di ricerca»). «Noi - conclude - non approveremo questo Prg, non vogliamo essere responsabili di un caos totale».

(g. z.)
 

 

Tav, in Veneto è paralisi E mette a rischio anche il progetto fino a Trieste - ipotesi tracciati ITALFERR
 

Sindaci e presidente della Provincia di Venezia vogliono il tracciato come il Fvg accanto alla A4
TRIESTE Una parte del Veneto, sindaci e presidente della Provincia di Venezia, si ribella e chiede quello che il Friuli Venezia Giulia ha già ottenuto: un tracciato della Tav che affianchi l'autostrada, una ferrovia ad alta capacità che sia il meno impattante possibile per il territorio.
Il destino della ferrovia ad alta capacità e quello dell'autostrada A 4 sono legati non solo nei desiderata degli amministratori. A dirlo è anche Italferr che, nel progetto preliminare della tratta tra l'aeroporto Marco Polo e Portogruaro prevede una fase comune nell'adeguamento delle interferenze e chiama in causa Autovie Venete per regolare «gli aspetti tecnici ed economici» relativi all'armonizzazione delle due opere. Nello specifico lo studio dice che «La committenza Rfi ha definito di prevedere – si legge nella relazione generale del preliminare -, nell'ambito dei progetti preliminari delle tratte ferroviarie Av/Ac Aeroporto Marco Polo – Portogruaro e Portogruaro Ronchi dei Legionari, nei tratti in affiancamento all'autostrada A 4, la realizzazione delle opere interferenti (cavalcavia, sottovia, svincoli, eccetera) integrata con gli interventi di ampliamento dell'autostrada A 4 oggetto del relativo progetto». Questo per limitare l'impatto degli interventi «sia in termini economici che di consumo del territorio». Da qui l'obiettivo «di poter definire – preliminarmente all'avvio delle successive fasi di sviluppo della progettazione e, quindi, alla realizzazione delle opere interferenti – un accordo con la società Autovie Venete al fine di regolare – prosegue la relazione – gli aspetti tecnici ed economici relativi all'esecuzione di tali interventi».
In quest'ottica capire quali saranno i tratti da realizzare in affiancamento diventa determinante. Ma in Veneto la decisione sembra in alto mare, arenata in un oceano di contrapposizioni. La Regione ha proposto il percorso cosiddetto basso, quello per cui da Mestre, la Tav raggiungerebbe l'aeroporto Marco Polo (dove è prevista l'unica fermata di questo tratto), passando per Quarto d'Altino e descrivendo un'ampia ansa verso destra per inoltrarsi nella campagna in direzione della costa e lambendo Caposile, Passarella e Stretti per poi passare tra San Stino e Lison e rientrare su Portogruaro. Il territorio – amministrazioni comunali e agricoltori – oppone resistenza e l'ha fatto portando anche i trattori in piazza sabato scorso.
Il percorso litoraneo risulterebbe più impattante in quanto a sottrazione di terreno (perché più lungo: 49,1 chilometri contro i 42,6 del percorso in affiancamento) e, in particolare, agricolo: il 97,8% della linea attraverserebbe infatti aree coltivate contro l'85,7% del percorso alto.
Il tracciato alto, invece, dall'aeroporto toccherebbe sempre i Comuni di Marcon e Quarto d'Altino, ma più a sud dell'ipotesi litoranea e passando per il territorio di Roncade, risalirebbe in affiancamento all'A4, per attraversare Meolo, Monastier, Fossalta di Piave, Noventa, San Donà Cessalto, San Stino e Annone, così da arrivare a Portogruaro. Rispetto a quello litoraneo sarebbe più impattante sulle aree vincolate a beni culturali e paessaggistici.
Se sul tracciato basso esiste un progetto dettagliato, su quello alto gli elementi a disposizione sono pochi. «Purtroppo noi non siamo nelle condizioni di fare la comparazione perché è vero che c’è un progetto preliminare ma è vero anche che l’alternativa su cui dovrebbe reggere la comparazione è molto scarna – dice la presidente della Provincia di Zaccariotto, che si è schierata contro la ferrovia costiera - quindi non siamo in grado dire qual è il tracciato migliore. Ci riserviamo quindi di presentare in consiglio provinciale una mozione per far conoscere la posizione della provincia su questo tracciato». Per quel che riguarda il tracciato basso “i fattori maggiormente incidenti sono la frattura inferta ad un territorio già delicato sotto il profilo della continuità ecologica; pressato da un punto di vista della tenuta idraulica; con un paesaggio facilmente compromesso dalla tipologia delle strutture proposte; con caratteristiche dei suoli già delicate, soggetti come sono ad un importante abbassamento anche di oltre 25 cm ogni 50 anni» analizza Zaccariotto. Da qui la richiesta di uno studio di impatto ambientale complessivo (il procedimento invece prevede una realizzazione per lotti funzionali).
Resta infine una questione di fondo sull'analisi dei due tracciati: la finalità dell'opera. La Tav in Veneto, così come in Friuli Venezia Giulia, sarà una ferrovia a servizio delle merci e del sistema portuale: è previsto, a regime, il passaggio di 138 treni al giorno per il trasporto merci e solo 26 per i passeggeri. Se questo è l'obiettivo, il tracciato basso risponde allo scopo?
 MARTINA MILIA
 

 

Lupieri: danni da cinghiali da rimborsare per intero
 

Ampliare la caccia al cinghiale con una normativa in deroga. Creare un centro riconosciuto per la lavorazione della selvaggina con controllo del veterinario ufficiale dell’Azienda sanitaria. Consentire l’utilizzo della carne a uso gastronomico («sagre e manifestazioni, case di riposo»). Queste alcune delle proposte scaturite dall’incontro, sollecitato dal consigliere regionale Sergio Lupieri (Pd) tra l’assessore all’Agricoltura, Violino, il presidente della Federcaccia, Merlini, un funzionario della Provincia di Trieste, e lo stesso Lupieri.
Al centro dell’interesse i danni subìti dagli agricoltori («che devono essere risarciti per intero» dice Lupieri), e il fatto che nella stagione venatoria la gran parte delle riserve ha raggiunto il 100% del piano di abbattimento del cinghiale, fissato in 521 capi, e «parecchie sono state le richieste di ampliare il periodo». Tra le proposte: modificare l’orario di caccia fino a 4 ore dopo il tramonto e tutta la notte nelle due giornate precedenti e seguenti il plenilunio, rivedere il numero di capi da abbattere, consentire alle Province di stipulare convenzioni con le associazioni venatorie riconosciute per l’organizzazione di corsi di preparazione tecnica, puntando alla formazione permanente del cacciatore.
 

 

Nato un altro colibrì: è Margherita, come Hack - MIRAMARE - Oggi nuovo vertice sul futuro del Centro
 

I VETERINARI HANNO DOVUTO ”AIUTARLA” A USCIRE DAL GUSCIO PRATICANDOVI ALCUNI FORI
Il sesso non è esattamente noto ma tutto fa sì che il suo nome sia «Margherita». È nato un nuovo colibrì nelle serre sequestrate di Miramare. A rischio di estinzione in natura, nella lontana foresta amazzonica di cui sono originari, i mini-uccellini da oltre 1400 battiti cardiaci si riproducono invece in mezzo alle furenti battaglie burocratiche da cui è travolta la loro «casa» italiana, e nel mezzo di una crisi di povertà assoluta che amareggia gli umani, ma che il loro vibratile e combattivo istinto non coglie, per fortuna.
Il «parto» di Margherita, così battezzata in onore di Margherita Hack che ha preso assolutamente a cuore la salvaguardia del Centro colibrì, segue di poco quello di «Silvio» (Berlusconi), ma è stato molto travagliato. Per uscire da suo minuscolo uovo il piccolo ha penato così a lungo che i veterinari l’hanno dovuto, con ogni cautela, un po’ aiutarlo praticando alcuni fori nel guscio, nell’area protetta dei laboratori, per il timore che restasse senza ossigeno.
Solo verso l’alba Margherita ce l’ha fatta. L’uovo si è spaccato a metà, il cucciolo è venuto alla luce, ed è stato riportato nel nido dalla madre. Alla quale s’era riusciti a far ignorare questo tramestio da sala parto con urgenze di «cesareo», per non allarmarla. Stefano Rimoli, il direttore del Centro, i ragazzi «missionari» e il veterinario sono andati a dormire all’alba.
E mentre oggi c’è il vertice in Prefettura sul problema (tuttora irrisolto) dei finanziamenti, della nuova sede da trovare dopo lo sfratto da Miramare la cui proroga scade il 15 marzo, torna in campo Vittorio Sgarbi che di sedi alternative ne aveva già proposte due e che del «caso colibrì» ha informato Berlusconi, da cui la telefonata d’interessamento del capo del governo con conseguente battezzo del nuovo nato col nome di Silvio.
Sgarbi ha informato Rimoli che se entro la fine del mese a Trieste non si trovano una proposta concreta di sede e di finanziamento, il Centro dei colibrì verrà traslocato in Sicilia, precisamente a Salemi dove Sgarbi è sindaco. L’effervescente critico e politico ha promesso, in quel caso, un protocollo d’intesa da sottoporre a Rimoli, per il trasferimento del Centro, dei colibrì e dell’intero staff in una città «che saprà amarli e valorizzarli».
Rimoli è in attesa degli eventi. «Se così dovesse essere - dice - firmerò senza tentennamenti, noi siamo ”missionari” e dunque andiamo dove gli animali sono al sicuro, ma lo farò con grande sofferenza per i triestini e i friulani che perderebbero un patrimonio. Io - conclude - faccio quello che mi dicono di fare: che sia di stare a Miramare con restauri, o di andare a Duino, o a Salemi, purché qualcuno mi dica qualcosa».
Anche i promessi ri-finanziamenti del ministero dell’Ambiente non sono ancora arrivati.

(g. z.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 6 febbraio 2011

 

 

Prg, la Regione non dà parere sulla relazione geologica - ANCORA UNO STOP PER IL PIANO URBANISTICO CHE NON RIESCE A DECOLLARE
 

«È identica alla prima, ma sotto porta un’altra firma». Le carte rispedite agli uffici comunali
Il documento numero 1 del Piano regolatore, la Relazione geologica, bocciata dal Tar e dal Consiglio di Stato per errore procedurale su ricorso dell’Ordine regionale e nazionale dei geologi, rischia di riportare tutto alla prima casella.
La Regione ha rispedito al Comune un «non parere» su un documento inviato in versione identica (ma con un’altra firma). L’Ordine dei geologi aveva formalmente diffidato lo scorso agosto l’Ufficio urbanistica dal procedere in questo modo, apponendo cioé la firma del professionista comunale, nel frattempo iscrittosi all’albo, sotto uno studio che di fatto restava lo stesso, vale a dire realizzato dall’Università senza gara pubblica, e per questo motivo giudicato illegittimo da due gradi di tribunale amministrativo.
Le carte sono partite ugualmente. La Regione risponde: «Vista la nota del 24 gennaio 2011 con la quale il Comune di Trieste ha attestato che gli elaborati progettuali sono ”uguali” a quelli sui quali si è già espresso favorevolmente il Servizio geologico della Direzione regionale ambiente (...), si fa presente che lo scrivente Servizio ha già provveduto con il proprio parere geologico emesso in data 4 giugno 2009». Il che significa che il Comune cercava un avallo, e che la Regione si è sfilata. Tecnicamente, dice la Regione, abbiamo già approvato. Le questioni procedurali sono in capo al Comune. Dunque non arriva un secondo parere. Sarebbe formale.
E c’è un’altra particolarità nel testo della Regione. Si cita la richiesta inviata dal Comune: «Ha chiesto il rilascio di nuovo parere geologico ai fini dell’adozione della variante...». Ma la variante triestina è stata già adottata. È in attesa di approvazione finale. Per legge però non si può né adottare né approvare se in precedenza non ha avuto tutti i via libera proprio la relazione geologica. Perché se i terreni non sono analizzati seriamente, come si fa a decidere con consapevolezza che cosa costruirci sopra? La legge non fa una piega. Ma i documenti triestini stanno andando avanti e indietro fuori tempo.
«Noi aspettiamo - dice Fulvio Iadarola, presidente regionale dell’Ordine dei geologi -, se il piano come pare si blocca, perché ci sono troppi pasticci, stiamo fermi. Se si va ad atti ulteriori, torniamo al Tar». «La Regione se ne lava le mani, noi a questo punto esigiamo che gli uffici, che scaricano continuamente le responsabilità sul consiglio comunale - afferma Fabio Omero, Pd - ci firmino e timbrino che approvando il piano in questa situazione non si corrono rischi, altrimenti non si può far nulla. Anche se preferiremmo approvare».
La pietra sopra la mette Roberto Sasco, l’Udc presidente della Commissione urbanistica: «Sindaco e uffici hanno scelto una procedura irrituale ripresentando la stessa relazione. È proprio la delibera di adozione del Prg che a questo punto è viziata, per via di quel documento dichiarato illegittimo. Quel documento è come se non ci fosse. E si vuole una presa d’atto dal consiglio comunale? No, non ha queste competenze. La sintesi: questo è un completo pastrocchio. E come dico da mesi, da quando la Regione stessa con le sue prescrizioni ha completamente stravolto il documento votato, c’è un’unica soluzione: ri-adottare il Prg. Spero nel buon senso. Ma a questo punto credo che certamente tutto passerà al nuovo sindaco».
GABRIELLA ZIANI
 

 

PRG - «Noi già al lavoro sulla nuova variante» - COSOLINI: AVVIATE CONSULTAZIONI CON CITTADINI E CATEGORIE
 

Ricominciare da zero, da subito. Mentre il Piano regolatore è accartocciato su se stesso, il candidato sindaco del centrosinistra lo spazza via: «Ne faremo uno nuovo». Roberto Cosolini ha annunciato ieri che già tra qualche giorno comincerà, con tutte le forze politiche della coalizione (presenti ieri alla conferenza stampa) a sentire categorie professionali, associazioni, ambientalisti e cittadini per avviare quella consultazione partecipativa sul disegno della città che l’amministrazione Dipiazza ha eliminato nel redigere la variante 118, «addirittura con la burla della secretazione».
«Se sarò sindaco - ha proseguito Cosolini - metà del nostro lavoro di base sarà già pronto». Lo scopo della megaoperazione: «Costruire un piano regolatore che guardi anche al 2020 e 2030 di Trieste, che tenga conto (come invece il documento di Dipiazza non fa) della legge regionale 5 del 2007 che impone nei Prg piani strutturali, delle risorse, dell’ambiente, e piani di contenimento della spesa energetica e nell’uso dei suoli».
Secondo preciso intento (annunciato anche alla manifestazione «Un palco per Trieste»): «Modernizzare il tessuto urbano pensando alla mobilità e a un piano parcheggi, e a pedonalizzazioni che devono riguardare non solo il centro, ma finalmente anche le cosiddette periferie dove bisogna ridare qualità di vita. I rioni - ha proseguito Cosolini, che li sta visitando uno per uno, ieri San Giacomo e Barriera vecchia - possono riacquisire con piazze pedonali luoghi di aggregazione e di rete commerciale che oggi mancano, e diventare essi stessi tanti piccoli ”centri”».
Ma sul Prg (anche alla luce di quanto detto qui sopra) grava un processo burocratico-amministrativo con poche possibilità di sblocco. E ad agosto, ha ricordato il candidato sindaco, «scadono le salvaguardie, si ricadrebbe nel piano regolatore precedente, a causa della situazione in cui si è cacciato il Prg di Dipiazza». Dunque? «Nessuna ”vacanza” - ha promesso Cosolini -, e due possibilità. La prima: nel tempo che resta a questa amministrazione «si approva questo documento, purché vengano realizzate le modifiche più volte richieste, che riguardano le previsioni edificatorie a Banne e Padriciano, e il ritorno alla pianificazione d’iniziativa pubblica per le aree strategiche (Burlo, Fiera, Campo Marzio), e subito dopo si comincia a lavorare al piano nuovo. La seconda: se vinciamo le elezioni il Prg lo approviamo noi per tempo, con le modifiche indicate, e subito dopo ci incamminiamo a scrivere un Prg all’altezza delle aspettative della città».
Cosolini, parlando dell’edificabilità concessa e negata dalla variante 118, ha detto che questa amministrazione «si è comportata da Robin Hood alla rovescia, togliendo ai piccoli per dare ai grandi», e commentando «un iter che annaspa tra incertezze amministrative e iter sbagliati» ha anche annunciato, se toccherà a lui il Comune, «nuove responsabilità nel settore dell’Urbanistica».

(g. z.)
 

 

Due sì per l’acqua ”pubblica” - PROMOSSA LA CAMPAGNA REFERENDARIA - La richiesta di poter unire questo voto alle prossime elezioni
 

«Due sì per l'acqua bene comune». E' lo slogan scelto dal Forum italiano dei movimenti per l'acqua per promuovere i due quesiti referendari contro la privatizzazione dell'acqua. Ieri a Trieste, così come in tutta Italia, è iniziata la campagna referendaria per l'acqua pubblica. La Corte Costituzionale a gennaio ha accolto due dei tre quesiti proposti dai movimenti, che in tutta Italia hanno raccolto quasi un milione e mezzo di firme, di cui 20mila in regione e 4mila solo a Trieste, per mettere in salvo - hanno spiegato gli organizzatori - il servizio idrico pubblico dalla privatizzazione. È il decreto Ronchi del 2009 a stabilire da un lato la privatizzazione dei servizi di pubblica utilità – quindi anche l'acqua – affidando la loro gestione ai privati, e dall'altro la possibilità da parte dei gestori di determinare le tariffe del servizio idrico sulla base della remunerazione del capitale investito. Che in parole povere significa – secondo i promotori del referendum - scaricare sulle bollette dei cittadini i costi degli investimenti. Contro questa possibilità il Comitato promotore chiede a tutti gli italiani di esprimersi con un sì per abrogare in particolare due articoli (23 della legge 133/2009 e 154 del Dlgs 152/2006) che prevedono privatizzazione dell'acqua e aumento delle tariffe. Ieri i promotori del referendum hanno chiesto poi alle forze politiche e istituzionali l'approvazione di un provvedimento di moratoria sulle scadenze previste dal decreto Ronchi. In particolare – hanno spiegato - «quelle che prevedono che la privatizzazione del servizio idrico avvenga entro la fine di quest'anno». Tra le altre richieste il comitato chiede anche la possibilità di accorpare il voto del referendum assieme a quello delle elezioni amministrative previste a maggio di quest'anno. «Da una parte si risparmierebbero molti soldi pubblici – sottolineano – e dall'altro ci sarebbe la possibilità di avere una maggiore affluenza». In caso contrario si andrebbe a votare tra il 15 marzo e il 15 giugno.

(i.gh.)
 

 

Trattori in piazza per protestare contro la Tav - CORTEI ANTI-FERROVIA A SAN DONÀ DI PIAVE
 

Un gruppo di agricoltori bloccano il traffico: «L’alta velocità infierisce sul territorio»
VENEZIA Trattori in piazza contro la Tav, la ferrovia ad alta velocità e alta capacità che collegherà Venezia e Trieste. Gli agricoltori ieri sono scesi in strada a San Donà di Piave (in provincia di Venezia) per manifestare contro la costruzione dell’infrastruttura, portandosi dietro una cinquantina di trattori.
Ad alzare la voce contro la Tav sono stati i contadini riuniti in tre cortei, due dei quali fatti proprio con i trattori. I manifestanti sono poi confluiti, al termine della manifestazione, in piazza Indipendenza, nel centro di San Donà di Piave.
La manifestazione, che si è svolta senza problemi, è stata organizzata con la volontà di riunire in piazza coloro che sono contrati all’opera. La Tav, hanno spiegato i manifestanti ieri, non è altro che «una nuova ferrovia con cui si va a infierire ancora una volta sul territorio».
A proporre la protesta sono state alcune organizzazioni ambientaliste e alcune associazioni di rappresentanza degli agricoltori.
I cortei hanno avuto ripercussioni sul traffico, creando rallentamenti e disagi per gli automobilisti.
 

 

SEGNALAZIONI - Ferrovie e servizio merci, autogestione o privatizzazione?

 

Leggo sotto il titolo «Via al trasporto merci autogestito in Fvg... Così si aumenta la competitività dei nostri porti» che la Regione ha affidato alla Ferrovia Udine Cividale il trasporto merci avendo scelto di impegnarsi anche in questo settore chiave del settore intermodale.
Deduco quindi che la Fuc da gestore di rete diventa impresa commerciale anche nel cargo.
Ma a conclusione del comunicato apprendo che nell’operazione di commercializzazione sono impegnate due società private, Inrail e Interail, imprese di trasporto alle quali Trenitalia-Cargo ha da tempo iniziato a cedere traffico in previsione dell’abbandono del mercato del carro singolo ed in particolare dal disimpegno da Alpe-Adria che è il braccio commerciale del Porto di Trieste nel traffico merci nazionale ed estero.
Il disimpegno delle Fs si è mosso in parallelo con quello del Fvg che ha negato il rifinanziamento compromettendo la capacità acquisitiva di Alpe Adria legata a tariffe competitive per il traffico internazionale.
Più che di «gestione autonoma del servizio merci» si tratta in realtà di promozione di iniziative private regionali con finanziamento pubblico, a spese di quelle di pubblico interesse (Alpe Adria vede una partecipazione paritetica di Autorità portuale di Trieste, Regione Fvg e Trenitalia).
Si liquida la società pubblica nata per lo sviluppo del cargo ferroviario nella dimensione europea dei traffici per sostenere due imprese private regionali, la cui attività potrebbe essere assunta da un’altra impresa pubblica già operante nel porto di Trieste (Adriafer).
Più che di «autogestione» si tratta quindi di una privatizzazione del servizio merci che rinuncia allo sviluppo e si limita al puro trasferimento dei traffici, con l’aggravante del rilevante impegno finanziario pubblico.
Mi chiedo quindi come si possa parlare di «investimento chiave a favore dell’intero sistema intermodale», quando siamo di fronte ad un ulteriore colpo al Porto di Trieste che si inquadra nell’operazione di restaurazione «Monassi–Camber» e che a tutto può portare meno che allo «spostamento delle merci dalla gomma al ferro».
Anche questa vicenda dimostra purtroppo che la Regione Fvg insiste nell’imitare le Fs in una disinvolta gestione delle società controllate, in aperto contrasto con le direttive comunitarie, che legano il processo di liberalizzazione ferroviaria europea ad una netta distinzione tra gestore della rete, al servizio di tutte le imprese di trasporto abilitate, e società commerciali utilizzatrici.
Tuttavia l’arrivo delle locomotive «politensione» è suscettibile di mutare il regalo ai privati in un serio investimento, alla condizione che la Fuc colga l’opportunità di impostare quelle relazioni Intercity da tempo proposte dalle ferrovie austriache e slovene, mai accolte dalle Fs.
Luigi Bianchi
 

 

SEGNALAZIONI - Cinque quesiti a proposito dei progetti sull’Alta velocità e Trieste
 

A Trieste c’è una frenesia da Tav. Settimanalmente si accavallano proposte e controproposte da parte di ministri, assessori, tecnici, politici, comitati, imprenditori e comuni cittadini. Quasi un turbine vorticoso che centrifuga tutto. Mi si consenta perciò di fare alcune riflessioni a questo proposito. Puntualizzando alcune questioni. Anche perché l’argomento non è certo effimero. Si tratta di mettere le basi per un progetto che potrebbe durare 100 o più anni. Inoltre i tecnici dicono che saranno necessari non due, ma quattro binari per i treni superveloci in quanto passeggeri e merci non convivono con facilità. Prova ne sia che sulla Firenze-Roma a dieci anni dalla inaugurazione non vi è transitato neanche un merci! Solo quattro binari permetterebbero a centinaia di vagoni per convoglio di sfrecciare a 200 km all’ora, togliendo così in modo drastico i camion dalle strade. È un’opera dunque per le future generazioni. Punto primo. Mesi fa ho ascoltato una conferenza sull’argomento tenuta da un libero professionista, molto stimato nell’ambiente ferroviario, il quale sosteneva che da Ronchi a Trieste con la Tav si guadagnerebbero 10-15 minuti. Merita? Punto secondo. È ormai chiaro che perforare il ciglione carsico sopra Barcola per arrivare alla stazione centrale comporterebbe il dissesto idrogeologico di tutta la zona, come è successo sull’Appennino con lavori simili. Merita? Punto terzo. La lettura da parte del Comitato anti-Tav del progetto delle Ferrovie dello stato ha portato alla scoperta che la galleria sotterranea, già esistente tra Trieste Centrale e il porto, dovrebbe essere chiusa per 10 anni per permettere un suo allargamento in funzione dei convogli container! Merita? Merita traforare il Carso con tutti i guasti ambientali conseguenti, quando è evidente ai tecnici ferroviari che la via naturale da Ronchi a Divaccia passa per la valle del Vipacco? Punto quarto. Il professionista di cui parlavo prima spiegava che per essere sostenibile economicamente la Tav deve andare a velocità altissime, con poche fermate. Tra Parigi e Lione per esempio non fa nessuna fermata. Perciò per una piccola regione come la nostra una unica fermata a Ronchi, in corrispondenza con l’aeroporto, è più che sufficiente. Punto quinto. È da provinciali, come dice Dipiazza, pensare alla Tav fino in centro. Una metropolitana leggera, veloce e frequente prolungata magari fino a Capodistria, è forse più adatta alla nostra città e alle sue caratteristiche peculiari. E per quanto riguarda il traffico container, a Cervignano, in corrispondenza della futura Tav, si trova uno dei più grandi scali ferroviari e intermodali del Nord-Est. Il vero e proprio retroscalo del nostro porto. Forse, ci piaccia o non ci piaccia, per non pensare da provinciali, ma pensare in grande alle infrastrutture ferroviarie al servizio di Trieste nel futuro, dovremmo pensare... in friulano.
Fabio Denitto
 

 

La Cgil: il Consiglio regionale si esprima sul nucleare - La richiesta del sindacato dopo la sentenza della Corte costituzionale
 

TRIESTE «Il Consiglio regionale metta all’ordine del giorno la discussione sul nucleare». A chiederlo è Giovanni Comparone, segretario regionale Filctem Cgil, che spiega: «La Corte Costituzionale ha accolto uno dei ricorsi presentati da Toscana, Emilia Romagna e Puglia, dichiarando illegittimo l’articolo 4 del decreto legislativo del 15 febbraio 2010 sulla localizzazione delle centrali nucleari e dei depositi di stoccaggio delle scorie radioattive. Questo vuol dire che non potrà essere costruito un impianto nucleare senza aver prima sentito il parere della Regione interessata. Peccato - commenta - che la nostra Regione resti in silenzio. Per questo chiediamo da tempo l’argomento nucleare sia messo all’ordine del giorno del Consiglio regionale, affinché tutte le forze politiche si pronuncino, dicano cosa ne pensano, dal momento che continuano a circolare notizie sulla realizzazione di un sito nel maniaghese, nell’area dell’ex poligono del Cellina-Meduna, e di un altro nella zona di Fossalon tra Grado e Monfalcone. Per quanto ci riguarda - continua - riteniamo che il territorio della nostra regione non sia idoneo alla realizzazione di centrali. Bisogna invece puntare su un piano strategico di diffusione delle fonti rinnovabili».
 

 

Centro dei colibrì, mezzo milione di debito - Chiusura prevista il 15 marzo, domani nuovo vertice in Prefettura per trovare un’altra sede
 

E DOPO ”SILVIO” A MIRAMARE STA PER NASCERE ”MARGHERITA”. RIMOLI: DUINO SAREBBE UN SITO PERFETTO
Il 15 marzo la serra dei colibrì di Miramare dovrà ufficialmente chiudere e a oggi non c’è alcuna prospettiva sui finanziamenti che servono per traslocare (anche se si è fatta avanti una ditta privata che ha aperto una pubblica sottoscrizione), né esiste alcuna formale opzione di nuova sede nonostante il fiorire di offerte e idee, né una via d’uscita concreta per finanziare la futura gestione e sanare gli ingenti debiti. Che assommano a circa mezzo milione di euro. Più i consumi di acqua (alcuni metri cubi al giorno) non pagati dal 1998.
Così per domani la Prefettura ha convocato un nuovo vertice, la questione come si sa è seguita direttamente da ministeri e governo (dopo che il caso triestino ha casualmente raccolto perfino il diretto interesse del premier). Sono stati invitati all’incontro la Direzione regionale dei beni culturali, l’Avvocatura dello Stato, la Soprintendenza, e poi rappresentanti di Regione, Provincia, Comune, AcegasAps, e anche di Assicurazioni Generali e Allianz.
Non sarà al tavolo Stefano Rimoli, il fondatore e responsabile del centro, che fra le mille preoccupazioni attende tuttavia anche una seconda nascita: dopo il colibrì «Silvio» (Berlusconi), che cresce in salute, sta per uscire dall’uovo un altro mini-cucciolo, che stavolta si chiamerà «Margherita» (Hack), in onore della scienziata-paladina.
Le serre restano naturalmente sotto sequestro e Rimoli aggiunge: «È definitiva la decisione che da Miramare si va via, ma nessun colibrì sarà spostato finché non esiste una struttura adeguata. Dovunque si voglia andare, è comunque da costruire ex novo, e secondo me la soluzione migliore sarebbe proprio quella offerta dal Comune di Duino: non solo il sito accanto alla Cartiera, ma soprattutto un enorme hangar vuoto poco distante dalla Scuola di polizia e dal castello, che potrebbe costituire il ”guscio” all’interno del quale allestire gli ambienti sterili e protetti per gli uccelli, i laboratori e quanto serve. Sarebbe vicino a Trieste, e gli amministratori di Duino già pensano di fare del luogo una propria ”bandiera”».
Intanto un’azienda triestina specializzata nello sviluppo d’impresa ha lanciato una raccolta di fondi per i colibrì. Si chiama Research and consulting, e all’interno del suo sito (www.rcts.it) si può aprire l’icona dedicata al progetto, e trovare anche il conto corrente bancario.
«È da un mese che lavoriamo a questo progetto - spiega Dario Pagnanelli, amministratore unico dell’azienda -, per impedire l’allontanamento da Trieste di queste stupende creature, e di quello che rappresentano da un punto di vista ambientale, turistico, culturale e didattico, abbiamo deciso di intervenire promuovendo come capofila una cordata di aziende e privati cittadini. Se per mantenere il centro - aggiunge l’imprenditore - si è detto che servirebbero 100 mila euro, allora basterebbe un solo euro a testa dai triestini per oltrepassare la cifra».
La somma dei debiti però come si è visto è davvero grande, e in più ci saranno i costi di ripristino dell’area del parco. Gravami che, salvo diversa soluzione, potrebbero ricadere su un futuro ente gestore, visto che Rimoli non dispone delle cifre. Essendo in corso un procedimento giudiziario, la faccenda potrebbe viceversa anche finire al capitolo «danno erariale» in capo ai soprintendenti che non hanno vigilato sull’evolversi della situazione.
Un altro guardiano hanno poi i colibrì: la Cites del Corpo forestale (Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione) che agisce per conto del ministero dell’Ambiente. Ha già fatto presente che i colibrì, se entrano in gestione statale, devono stare in un luogo visitabile, con valore didattico. Che sia a Duino, a Bordano, o in altri più lontani parchi.
GABRIELLA ZIANI
 

 

Meduse e biodiversità, domenica col Wwf - AMPLIATA L’OFFERTA, UNA VISITA GUIDATA ANCHE NEL POMERIGGIO
 

Febbraio è un mese di novità a Miramare, le giornate si allungano e anche l’orario di apertura del Centro Visite dell’Area Marina Protetta diventa più ampio, dalle 10 fino alle 16 (con una breve pausa dall’una all’una e mezza). Si respira anche un’aria nuova, quasi un anticipo di primavera, che spinge ad uscire a godersi la luce: pensando a chi alla domenica passeggia volentieri per il Parco di Miramare, lo staff del Wwf ha arricchito l’offerta, proponendo sia le visite tematiche mattutine, consuetudine iniziata lo scorso dicembre, sia una nuova visita pomeridiana per scoprire “La biodiversità del Golfo di Trieste”, per dare l’opportunità, ai triestini e a chi è di passaggio, di trovare un appuntamento fisso con la biologia marina del golfo. Queste visite, adatte ad adulti e famiglie, sono in programma ogni domenica di febbraio alle 15 e dureranno circa tre quarti d’ora.
Le visite mattutine invece, come nei mesi scorsi, saranno dedicate alternativamente ad adulti e famiglie o ai bambini tra i 5 e i 10 anni: si inizia oggi, alle 11, con una visita guidata adatta a tutti, per parlare di meduse: evanescenti, flessuose, urticanti o innocue, questi organismi fluttuanti costituiscono il nutrimento di tartarughe e cetacei marini. Non è difficile scorgerle anche nel nostro mare e merita conoscere qualcosa in più della loro speciale natura.
Il luogo di ritrovo per tutte le visite è al Castelletto di Miramare, non è necessaria la prenotazione, il biglietto costa 5 euro (info: tel.040-224147).
Martedì, inoltre, verrà presentato il corso "Bio-watching di primavera, osservazioni sulla biodiversità di casa nostra", alle 17 ad Aurisina alla Casa della Pietra, oppure venerdì 18 febbraio alle 18.30 a Trieste in via Corti 1/1 (nella sede dell'Università della III Età). Alla presentazione seguirà subito la prima introduzione teorica alla fauna del Carso, curata da Paolo Utmar, con una caratterizzazione delle specie più frequenti e le strategie per imparare a riconoscerla. Seguiranno altri due appuntamenti in aula (uno ad Aurisina e uno a Trieste, nelle stesse sedi) che tratteranno il paesaggio del Carso, quale elemento contenitore e sistema dinamico di biodiversità, curate da Marco Valecic. Tutti gli incontri in aula sono gratuiti e aperti a tutti gli interessati.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 5 febbraio 2011

 

 

Mosca, accordo con le banche per salvare Lucchini Via libera a un prestito-ponte da 50 milioni

 

IL GRUPPO GRAVATO DA DEBITI PER 770 MILIONI CHE CONTROLLA SERVOLA
TRIESTE Un prestito ponte da circa 50 milioni di euro per garantire la gestione ordinaria del gruppo. Ruoterebbe attorno a questo pilastro l’accordo di massima raggiunto a Mosca tra Alexei Mordashov e la cordata di banche creditrici da cui dipende il salvataggio del colosso siderurgico Lucchini, in vendita da un anno. Colosso, come noto, gravato da un debito di 770 milioni di euro per il quale, da mesi, si sta tentando di definire una ristrutturazione complessiva.
Dopo tante trattative, la soluzione ora pare a portata di mano. La conferma arriva direttamente dal gruppo bresciano che, riferendosi all’incontro in terra russa con i vertici di Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps e Bnp Paribas, esprime «viva soddisfazione per il risultato raggiunto, che consente a tutti di guardare al futuro con rinnovata fiducia». Quale sia precisamente il risultato in questione, vale a dire che tipo di contenuti siano inseriti nell’accordo, l’azienda per ora non lo dice. E non lo dirà fino a quando l’intesa non sarà stata approvata dal cda convocato per lunedì prossimo e dai Comitati crediti dei singoli istituti di credito.
Le indiscrezioni, tuttavia, parlano di un piano radicalmente cambiato rispetto alle versioni ipotizzate in passato. L’intesa, infatti, non prevederebbe più nè un aumento di capitale da parte dei russi, nè l’attesa riconversione dei crediti in capitale sociale da parte delle banche. Al contrario il piano sarebbe basato su un riscadenzamento a lungo termine del debito da 770 milioni e un’iniezione contenuta di nuova finanza sotto forma di prestito ponte da circa 50 milioni. Prestito a cui, forse, farebbe da garanzia Ascometal, la controllata francese della Lucchini che, una volta venduta, potrebbe assicurare l’arrivo di incassi consistenti (le stime parlano di almeno 400 milioni).
Al di là dei dettagli tecnici, resta comunque la soddisfazione per aver avviato un percorso in grado di scongiurare il tracollo del gruppo siderurgico. «Fino all’altro giorno - commenta Francesco Semino, responsabile relazioni esterne della Lucchini - esisteva una forte apprensione dettata dal rischio teorico che l’azienda potesse fallire. Ora invece, grazie all’accordo di massima raggiunto a Mosca con alcune delle banche più esposte (il gruppo dei creditori, in realtà, è più ampio e conta una decina di istituti di credito ndr) si è in grado di andare avanti, approfittando anche dell’importante ripresa del mercato dell’acciaio. Una circostanza di cui beneficeranno in maniera indiretta tutti gli stabilimenti del gruppo, compresa la Ferriera di Servola e le tante realtà del suo indotto. Sapere che l’azienda ha risorse finanziarie per proseguire l’attività - conclude Semino - aiuta di certo a lavorare con maggior serenità».
Considerazioni condivide anche dalle Rsu dello stabilimento triestino. «La sensazione, in queste ore, è di moderato ottimismo - conferma Franco Palman della Uilm -. Ovviamente abbiamo subito richiesto un incontro con l’azienda che, da quanto si è appreso, potrebbe essere convocato a Roma nel giro di un paio di settimane. Non siamo ancora autorizzati a parlare di pericolo scampato. Almeno, però, crediamo di poterci sentire tranquilli per il 2011».
MADDALENA REBECCA
 

 

TREBICIANO: ANCORA ABBANDONI SUL CARSO - Scoperte nuove discariche di gomme Milkovich: «Segnalare individui sospetti»
 

È allarme per le nuove discariche di pneumatici usati rinvenute nel bosco “Gaja” situato tra Gropada e Basovizza. La segnalazione arriva ancora una volta dalla Seconda circoscrizione. Per la precisione dal suo presidente Marco Milkovich, che nelle ultime ore, dopo l’ennesimo sopralluogo, ha avuto modo di individuare ulteriori cumuli di vecchi copertoni in più parti del bosco. Con le segnalazioni dei giorni scorsi, i siti inquinati risultano ormai una decina. Gli ignoti hanno scaricato i rifiuti lungo diversi sentieri che intersecano la strada provinciale n. 19 che collega la frazione di Gropada a quella di Basovizza. Le modalità di abbandono sono sempre le stesse: gomme gettate su terreni privati a un centinaio di metri di distanza dalla direttrice principale. I colpevoli di tale inquinamenti sono quasi sicuramente gli stessi. «Probabilmente – osserva la circoscrizione – si tratta di personaggi senza scrupoli che smaltiscono per conto terzi i pneumatici. Gente che non sa nemmeno dove stia di casa la cura e la salvaguardia dell’ambiente naturale». Il presidente del Secondo parlamentino si è nuovamente rivolto alle forze dell’ordine ma, una volta lanciato l’allarme, sarà difficile cogliere i vandali con le mani nel sacco. «Ho timore che i rinvenimenti di gomme usate non si esauriranno – così Milkovich – va compiuta un’accurata perlustrazione al bosco Gaja per capire se vi sono altre discariche». La circoscrizione invita gli escursionisti a segnalare tempestivamente alla Forestale e alle forze dell’ordine soggetti sospetti o nuove discariche rintracciate.

(ma. lo.)
 

 

Consegnate 600 firme contro la Siot - A SAN DORLIGO
 

Quasi 600, per l’esattezza 597. Questo il numero di firme in sostegno della petizione contro i fenomeni odorigeni provenienti dalla Siot consegnate ufficialmente ieri mattina in municipio all’assessore all’Ambiente di San Dorligo Elisabetta Sormani.
 

 

Willer Bordon: così produrrò energia dalle alghe - A Venezia nasce un impianto che rifornirà il porto lagunare. In Fvg una centrale a petrolio ”marino”
 

Attraverso la Enalg, fondata con Giancarlo Giglio, l’ex politico importa in Italia la nuova tecnologia e a Trieste crea una società con Samer
TRIESTE Da ex ministro dell’Ambiente, non poteva che restargli il pollice verde. E, dopo aver deciso di mandare a quel paese la politica e mollare la poltrona a Palazzo Madama, si è tolto di dosso i panni da onorevole e si è tuffato in una seconda vita, inventandosi imprenditore. Un self made man dell’ultima ora, che ha scoperto una fonte di ricchezza su cui, forse, costruire un impero: le alghe. Infatti, a Willer Bordon, muggesano di nascita ma ormai da tempo trapiantato nella capitale, vedere la sua amata politica vittima di una severa cura dimagrante di ideologie e valori, proprio non è andato giù. Nel 2008 si è dimesso da senatore e, per oltre due anni, di lui si sono perse le tracce.
Ma Bordon non ha perso tempo. Assieme a Giancarlo Giglio, l’uomo dei computer (fondatore del gruppo informatico Datamat, poi ceduto a Finmeccanica), ha creato una società di cui è presidente e ad, la Enalg spa (già il nome parla chiaro: energia delle alghe), che costruisce impianti per la produzione di biocombustibile ed energia elettrica attraverso le alghe. E non solo: che trasformerà pure i rifiuti urbani in biocarburante per gli aerei di Alitalia (i dettagli su questo argomento nell’articolo a fianco). Ecco quindi Bordon di nuovo in campo, questa volta in veste di businessman, e con un importante progetto che coinvolge anche il Friuli Venezia Giulia. Proprio ieri, infatti, Willer Bordon ed Enrico Samer hanno creato una nuova società: la Blue Start, una srl con sede a Trieste, che avrà come obiettivo la costruzione, in un sito da individuare sul territorio regionale, di un impianto per la produzione di petrolio ”marino”.
Senatore Bordon, ma come le è venuta questa idea?
Non è stata una mia idea. Mi ci sono imbattuto per caso: mi sono trovato tra le mani i cataloghi della Biofuel System, una società spagnola che ha realizzato, ad Alicante, accanto al cementificio della Cemex, il primo impianto al mondo per la produzione di combustile sfruttanto le biomasse algali. Mi sono reso subito conto che questa è la vera sfida di domani, la prima reale alternativa al petrolio. E anche all’energia ”verde” derivante da mais e canna da zucchero: noi non togliamo spazio alle coltivazioni, perché le microalghe non si mangiano. Così ho deciso di lanciarmi in questa avventura. La Enalg, fondata con Giancarlo Giglio, ha ottenuto l’esclusiva da Biofuel System per l’Italia e il Mediterraneo.
Quindi lei adesso produrrà carburante per automobili e aerei?
Sì. Consideri che ci sono colossi come British Petroleum ed Exxon che stanno percorrendo la stessa strada. Loro sono ancora alla fase sperimentale, noi siamo più avanti.
In che modo?
Ci sono molti laboratori sparsi nel mondo che tentano di trasferire all’industria le scoperte scientifiche, ma non ci sono ancora arrivati. L’impianto di Alicante invece ha già terminato la fase di sperimentazione industriale ed è pronto per vendere tonnellate di biopetrolio. C’è già la fila di acquirenti: ci si è resi conto che il petrolio prodotto dal carbon fossile finirà, e che inquina troppo.
E il vostro no?
No, noi addirittura aiutiamo l’ambiente.
Scusi, in che senso?
Le nostre centrali possono essere costruite accanto a stabilimenti industriali inquinanti, che producono molta Co2. L’anidride carbonica emessa viene ”catturata” e convertita, attraverso le alghe coltivate all’interno che fungono da ”scambiatori”, in un composto organico da cui si trae il biopetrolio, che è molto meno dannoso di quello tradizionale. Quindi non solo produciamo benzina e cherosene meno tossici, ma puliamo anche l’aria dalle emissioni nocive. Senza dimenticare che, dalle alghe, estraiamo anche gli Omega, sostanze benefiche che venderemo alle industrie produttrici di cosmetici e alimenti: il 30% degli introiti deriverà da questo. A Venezia stiamo realizzando il primo stabilimento italiano.
Dove?
Sull’isola Pellestrina. È un progetto nato dalla collaborazione con l’Autorità portuale di Venezia: la centrale produrrà energia elettrica per alimentare il Porto, che in questo modo sarà autosufficiente dal punto di vita energetico. Una prima parte dell’impianto, di piccole dimensioni, sarà pronto già in estate. Dopo una fase sperimentale con un solo modulo da due bioreattori, lo amplieremo, fino a ottenere una centrale da 40 Megawatt. Ma Venezia è solo l’inizio.
Ci sono altri progetti in vista?
Sì. Uno proprio in Friuli Venezia Giulia. Ieri la Enalg ha fondato, assieme a Enrico Samer, la società Blue Start: l’obiettivo è costruire una centrale ad alghe in regione. Ne ho già parlato con il governatore Tondo, che si è detto entusiasta e favorevole all’idea. Adesso ci confronteremo con gli enti locali.
Quindi, potreste ad esempio costruire una centrale accanto alla Ferriera di Servola o un altro stabilimento inquinante?
Certo, abbiamo già individuato alcuni siti possibili. Ma è tutto ancora da valutare, tempi compresi. C’è un’unica cosa certa: l’impianto creerebbe nuovi posti di lavoro, anche fino a 170, e non avrebbe alcun effetto ”collaterale” sulla salute dei cittadini e l’ambiente.
Un progetto ambizioso e una scommessa importante per lei: tirando le somme, è meglio fare il politico o l’imprenditore?
Decisamente il secondo. Soprattutto alla luce dell’avvilente scenario politico attuale. Adesso, da imprenditore, mi rendo conto dei danni che l’instabilità delle istituzioni può causare.
Non rimpiange di essersi dimesso da senatore?
Assolutamente no.
Tornerà mai a fare politica?
Non ne ho la più pallida intenzione.
ELISA COLONI
 

 

Il carburante per gli aerei? Arriva dai rifiuti
 

TRIESTE Prendere i rifiuti di una città come Roma, o Napoli, e trasformarli in biocarburante per la flotta di Alitalia, attraverso un processo di gassificazione. Risolvendo il problema dello smaltimento dei rifiuti, riducendo la produzione di Co2 e permettendo alla compagnia aerea di acquistare il jet-fuel a prezzo fisso. Non è fantascienza. Si tratta di un progetto che ha preso forma alcuni giorni fa a Roma, dove Alitalia, il gruppo statunitense Solena e Solena Italia hanno siglato una lettera d’intenti per avviare uno studio di fattibilità sulla realizzazione di un impianto per la conversione dei rifiuti in biocherosene. Solena Italia è uno spin-off di Enalg, presieduta da Willer Bordon, che sarà partner di Solena group in questo progetto. «Ne ho parlato con il sottosegretario Gianni Letta - spiega Bordon -. Il Governo è molto interessato. Visto che l’aeroporto di riferimento per Alitalia è Fiumicino, credo che Roma sia il sito più adatto a ospitare l’impianto, ma nulla è stato ancora deciso. Solena ha già avviato un progetto con British Airways: entro il 2014 il 20% dei rifiuti di Londra finirà nei serbatoi degli aerei, abbattendo le emissioni di gas serra nei cieli inglesi». (el. col.)
 

 

Diktat dell’Enel croata: «Per Fianona 3 sarà usato il carbone» - LA CENTRALE TERMOELETTRICA
 

ALBONA Sembra che ancora una volta l'Istria sia destinata a soccombere alla lobby del carbone in Croazia, fortemente intenzionata a fare uso di questo combustibile anche per la futura centrale termoelettrica Fianona 3. Alla seduta tematica del Consiglio municipale, convocata su richiesta dell'opposizione politica, il presidente della direzione della Hep (l'Azienda elettroenergetica di Stato, in pratica l'Enel croata) Leo Begovic è stato molto chiaro: sarà usato il carbone che lo vogliate o no.
Gli albonesi e gli istriani in genere sono stati nuovamente messi con le spalle al muro, come era successo 15 anni fa per Fianona 2. Anche il presidente della Regione Ivan Jakovcic ha ammorbidito i toni verso Zagabria. Alcuni anni fa aveva tuonato: mai e poi mai si costruirà un'altra centrale a carbone senza un referendum istriano. E i giovani del suo partito avevano subito provveduto ad avviare una raccolta di firme, con migliaia di cittadini. Ora Jakovcic modera i toni e afferma: e carbone sia, a patto però che veramente vengano rispettate le norme ecologiche previste nell'elaborato sull'impatto ambientale. Il suo collaboratore più stretto, Damir Kajin che i diktat di Zagabria non li ha mai sopportati, rimane però sempre dell'idea che a decidere sul carbone siano gli istriani tramite referendum. Sulla sua linea anche il consigliere municipale socialdemocratico Zeljko Ernecic, per il quale non è detta l'ultima parola. «Non sono sicuro - afferma - che anche stavolta gli albonesi subiranno passivamente le consueguenze di decisioni che vengono prese lontano da loro e senza interpellarli. È sempre più alta la convinzione che il potere statale, di comune accordo con quello regionale, si stia prendendo gioco di noi». «In altre zone dell'Istria - spiega ancora Ernecic - sorgono impianti industriali puliti mentre noi veniamo soffocati dal carbone. Una centrale del genere non serve all'Istria, a noi basta e avanza Fianona 2». Ernecic si richiama infine al diritto alla vita sana garantito dalla Costituzione. Contro il progetto si è schierata anche Katarina Bastijanic, consigliere municipale. «Perché gli albonesi dovrebbero accettare qualcosa che rovinerà loro la qualità della vita - si chiede -? Perché una centrale del genere non viene costruita laddove c'è effettivamente bisogno di energia elettrica?». Secondo gli intendimenti del governo e della Hep, Fianona 3, di 500 megawatt (con l'emissione annua di milioni di tonnellate di Co2) e del costo pari a 800 milioni di euro, dovrebbe entrare in funzione entro il 2016.

(p.r.)

 

 

LE ORE DELLA CITTA' -  ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito offerto dalla Provincia per informazioni sul risparmio energetico: consulenza per sostituzione caldaie, serramenti, isolamenti termici, ecc. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30. (Tel. 366-5239111 - www.legambientetrieste.it).
 

 

SEGNALAZIONI - PIAZZA LIBERTA’ - Giardino salvo
 

Vogliamo rispondere alla lettera del signor Sergio Callegari (apparsa su questa rubrica il 28/1) che parla del nuovo progetto di Piazza Libertà senza neppure averlo visto. Si capisce che ciò che lo interessa maggiormente sono i parcheggi per consentire lo sbarco-imbarco dei viaggiatori: lo informiamo che in effetti non sono previsti (come del resto nel primo progetto), mentre saranno abolite le fermate degli autobus sul fronte stazione. La cosa ha una sua logica, considerando che tutta l’operazione è funzionale all’ampliamento-rilancio del Silos e, quindi, dell’annesso parcheggio.
Sembra di capire che il signor Callegari preferisse il progetto precedente, dal momento che s’infuria contro gli ambientalisti che lo hanno fatto bloccare; scommettiamo che, se avesse visto i tronconi dei 15 alberi secolari che si prevedeva di abbattere (tale la cifra scritta nei documenti), avrebbe ugualmente tuonato contro gli stessi che avevano permesso tale scempio? Purtroppo non è una novità il fatto di essere designati quale capro espiatorio, per le brutture che vengono perpetrate in città, da parte di quei cittadini che sanno solo brontolare sulle Segnalazioni ma poi, quando si tratta di fare qualcosa di concreto (raccogliere firme, consultare documenti, scrivere opposizioni), si tirano subito indietro.
Se l’aver voluto salvaguardare un giardino storico, che è rimasto inalterato dalla fine dell’800, significa occuparsi di “vecchiume”, ricordiamo che esiste anche una Soprintendenza, dipendente dal Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, che concordava con la nostra richiesta: aveva infatti prescritto di mantenerlo intatto, quel giardino, visto che il suo valore è pari a quello di un qualsiasi monumento. Questo per quanto riguarda gli alberi. Quanto ai pedoni, non siamo certo noi a volerli penalizzare. Non ci sembra che l’autostrada ad otto corsie prima prevista fosse un’opzione favorevole all’attraversamento pedonale: infatti, si sarebbe dovuto per forza usare il sottopassaggio, mentre oggi ben pochi ne hanno voglia. Adesso, invece, ci saranno dei comodi semafori che regoleranno il traffico nei punti critici: la cosa lo indigna? Certo, tutta l’operazione è alquanto inutile: il nuovo sottopasso, in lussuosa pietra d’Aurisina, diventerà un optional dato che si potrà attraversare in superficie. Anche la variazione della percorrenza viaria è ben poca cosa rispetto alla cifra stanziata per il progetto. Ma che fosse una scelta incongrua l’avevamo detto subito, anche perché i fondi erano destinati ad un’area degradata, mentre la piazza era stata da poco riqualificata (già nel 1999 e poi nel 2004) e non ci sembrava avesse bisogno di un restyling. Perciò non deve prendersela con noi, ma con i nostri amministratori, se vogliono buttare via i soldi dei contribuenti in questo modo.
Le chiediamo dunque, egregio signor Callegari, di ragionare sull’intera portata della questione, prima di attaccare chi, assieme al Comitato di Piazza Libertà, si è rotto la schiena per raccogliere 10.000 firme che hanno salvato uno dei pochi giardini che ci parlano ancora della storia della nostra città.
Giorgetta Dorfles - Italia Nostra - Wwf Comitato per la salvaguardia di Piazza Libertà
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 4 febbraio 2011

 

 

Bonifiche, la Regione sblocca i soldi statali - Lo annuncia l’assessore Savino. Ora potranno essere completate le caratterizzazioni
 

IL NODO DEL SITO INQUINATO
I fondi statali, già presenti nel bilancio della Regione, necessari a completare le caratterizzazioni del Sito inquinato, verranno sbloccati nel giro di un mese. A rendere possibile questo ulteriore passo verso le bonifiche è un emendamento al disegno di legge sulle cave, in discussione in Consiglio regionale, presentato ieri dal vicepresidente e assessore all’Ambiente, Luca Ciriani, e dall’assessore alle Finanze e programmazione Sandra Savino.
Con questo provvedimento le analisi degli inquinanti presenti nei terreni del Sin vengono affidate dalla Regione all’Ezit, secondo quel rapporto di ”delegazione amministrativa” a cui si è già fatto ricorso negli anni passati in relazione alle aree finora ”caratterizzate”.
«Questa misura – ha commentato la Savino – è di grande importanza perchè, in un momento di generale difficoltà per l’economia, permette di offrire a Trieste una prospettiva di sviluppo delle attività industriali, e quindi dell’occupazione, in modo compatibile con la tutela dell’ambiente». Ma a quanto ammontando i fondi che saranno disponibili? «Faremo una valutazione – risponde l’assessore – in base alle necessità dell’Ezit per completare le caratterizzazioni».
Duplice soddisfazione, per l’emendamento che sblocca i finanziamenti, da parte di Dario Bruni, in veste di presidente dell’Ezit ma anche di Confartigianato. «Un plauso alla Regione – commenta – sia dall’Ente zona industriale sia dalle categorie artigianali, che vedono riaprirsi la strada verso le bonifiche. Con le caratterizzazioni delle zone restanti del Sito inquinato – aggiunge – potremo finalmente avere un quadro completo e concentrare le risorse sulle aree dove sarà realmente necessario intervenire. Come Ezit siamo già pronti a partire; una volta che la legge sarà approvata, e dopo i necessari decreti, potremo bandire la gara e cantierare nuove caratterizzazioni prima dell’estate».
Dei 500 ettari della parte ”terrestre” del Sito inquinato, finora ne sono stati caratterizzati 250, dall’Ezit ma anche da privati e da Teseco. Ne restano da sondare altri 250. Su tutti i 500 ettari andrà poi fatta l’analisi del rischio, per comprendere se gli inquinanti rilevati costituiscono un pericolo per la salute.
Proprio sulla necessità di sbloccare i fondi per le caratterizzazioni ed escludere dal Sin le aree non inquinate, verte un’interrogazione che il consigliere regionale Franco Codega (Pd) ha rivolto, nei giorni scorsi, al presidente Tondo e all’assessore competente. «L’emendamento presentato in consiglio è un buon segno – osserva Codega –. Bisogna permettere quanto prima alle aziende, che non sorgono su aree inquinate, di intervenire sulle proprie strutture».
GIUSEPPE PALLADINI
 

 

Trebiciano, area invasa dai copertoni - Si contano a decine le discariche abusive piene di pneumatici ed altro
 

DENUNCIA DEL PARLAMENTINO DI ALTIPIANO EST
TREBICIANO Alcune zone dei boschi che circondano le frazioni di Gropada, Trebiciano e Basovizza sono state utilizzate ancora una volta come discariche a cielo aperto. Ignoti hanno scaricato tra muretti a secco e sentieri centinaia e centinaia di pneumatici usati di svariate dimensioni, non lontano dalla strade principali.
Questi episodi si protraggono oramai da un paio di mesi, e sono stati avvistati in diversi luoghi da alcuni escursionisti. Così dopo le continue segnalazioni di sistematico abbandono di rifiuti ingombranti a fianco dei normali cassonetti per la raccolta delle immondizie da tante borgate dell’altipiano, giunge notizia dell’ennesimo vandalismo combinato ai danni dell’ambiente naturale carsico.
E questa volta si tratta un approccio diverso. Il fatto che i pneumatici usati siano stati abbandonati in gran numero in più siti, fa pensare che i vandali siano esperti del ramo. «Ho voluto darci un’occhiata di persona – dice il presidente del parlamentino di Altipiano Est Marco Milkovich – e ho potuto rendermi conto che la maggior parte delle gomme presentino un battistrada ancora utilizzabile, tanto da poter essere ancora riciclate. Vista pure la gran quantità degli abbandoni, si potrebbe pensare che gli ignoti le abbiano temporaneamente lasciate nei boschi per recuperarle in tempi successivi e tradurle altrove, magari verso est».
Il presidente della seconda circoscrizione ricorda come qualche tempo diversi pneumatici vennero abbandonati vicino a dei cassonetti delle immondizie. Altre discariche, sempre qualche anno fa, vennero alla luce non lontano dai campi di golf. Ma i cumuli di pneumatici rinvenuti negli ultimi due mesi nei comprensori boschivi di Altipiano Est danno la sensazione che in questo caso la situazione sia più complessa.
Sui fatti sono state informate sia le forze dell’ordine che la Forestale, impegnati a fare chiarezza sui gravi episodi di inquinamento del territorio. Il parlamentino ha avvisato pure il Comune che, attraverso l’Acegas/Aps, dovrebbe provvedere allo smaltimento delle gomme. «Per tentare di capire cosa succede e, magari, cogliere con le mani nel sacco i vandali – interviene Milkovich – c’è bisogno pure dell’aiuto degli escursionisti che, magari, potrebbero avvistare qualche furgone sospetto aggirarsi sui principali sentieri delle zone citate. Chi avesse qualche sospetto o si fosse imbattuto in qualcosa di sospetto, è pregato di contattare immediatamente la stazione della Forestale di Opicina di via di Basovizza o quella centrale di via Monte San Gabriele».
Maurizio Lozei
 

 

Wwf e beni civici: senza senso il canile a Fernetti - PERSISTE IL POLLICE VERSO NEI CONFRONTI DELLA STRUTTURA
 

TRIESTE Soltanto individuando un sito diverso per il canile intercomunale, si può tutelare l’ecosistema e nel contempo trovare una sistemazione dignitosa per i cani abbandonati. Lo afferma il Wwf, che ribadisce così la contrarietà alla costruzione del canile nell’area presso Fernetti, individuata dal piano regolatore del Comune di Trieste.
Al niet degli ambientalisti si aggiunge quello di Paolo Milic, presidente del Comitato per l’amministrazione separata dei beni civici della frazione di Opicina: «L’assessore Michele Lobianco conferma che i lavori del canile intercomunale di Fernetti sono iniziati con un progetto ridimensionato rispetto a quello originale; ciò nonostante il nostro comitato, amministratore del terreno stesso, non sia stato interpellato in merito per il parere di competenza». «Siamo perfettamente d’accordo - prosegue Milic - che gli animali debbano avere un ricovero adeguato, sito da noi già segnalato al Comune di Trieste e già predisposto in tutti i particolari, però non siamo assolutamente propensi a distruggere un bosco carsico di 27mila metri quadrati in zona Fernetti, area intensamente frequentata nei mesi estivi dalla cittadinanza per respirare un po’ di aria pura».
«Ci chiediamo - conclude - come possa l’amministrazione comunale iniziare i lavori senza il dovuto permesso dell’Ispettorato ripartimentale delle foreste e senza il parere del Commissario per la liquidazione degli usi civici, pertanto non rispettando le normative vigenti in materia, che ogni singolo cittadino deve rispettare per qualsiasi opera edilizia. è evidente l’arroganza del Comune e lo spreco di denaro pubblico, più di un milione di euro, quando esistono già siti adeguati allo scopo».
Il pregio naturalistico dell’area, peraltro, viene sottolineato anche dal Wwf, che già nel 2006 aveva chiesto una diversa localizzazione del canile, poiché l’area individuata «era evidentemente del tutto inadatta sotto ogni profilo: naturalistico, in quanto si tratta di un territorio boscato, coperto da vegetazione di elevato pregio e con presenza di doline e altri fenomeni carsici superficiali; funzionale, perché di difficile accessibilità ed irraggiungibile da persone non automunite; economico, perché la costruzione del canile implicherebbe l’urbanizzazione ex novo con la costruzione di una strada di accesso, di allacciamenti acqua, luce e gas».
«L’assurdità - afferma il Wwf - di voler a ogni costo realizzare un canile in quest’area risalta ancor di più, se si considera che esistono, e sono state ripetutamente segnalate, alternative molto più ragionevoli, come ad esempio un ampio spazio in adiacenza al canile sanitario dell’Asl (vicino all’ex scalo ferroviario di Prosecco, ndr) e l’ex caserma della Guardia di Finanza presso l’ex valico confinario di Lipizza. Entrambe aree già urbanizzate, dotate di superfici adeguate e di facile accesso. Anche il costo di costruzione, in questi casi, sarebbe ovviamente inferiore. E di molto».
Da qui l’ennesimo sollecito dell’associazione ambientalista al Comune, affinché riveda la propria scelta «perché – sottolinea – non è certo l’utilizzo di materiali ecologici e “consoni alla bioedilizia”, come dichiarato di recente dall’assessore Lobianco, che farebbe diventare “rispettoso dell’habitat naturale” il canile previsto a Fernetti.” Rispettosa dell’ambiente, del benessere degli animali e del denaro dei contribuenti sarebbe viceversa una scelta che privilegiasse il riuso di strutture esistenti».

(ti.ca.)
 

 

Tondo insiste sul raddoppio di Krsko «Enel conferma che è la via giusta» - MA PEGORER LO CONTESTA
 

TRIESTE Il presidente della Regione, Renzo Tondo, alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale sul nucleare, ha affermato che «a fronte di un referendum, la strada da seguire per il Friuli Venezia Giulia è quella dell’Euroregione e della partecipazione al raddoppio della centrale slovena di Krsko». Tondo ha ricordato che «la Regione è stata talmente protagonista nel dibattito che da due anni mi sto battendo per una strada che si sta dimostrando sempre più percorribile: il raddoppio di Krsko. Lo abbiamo visto anche dall’atteggiamento dell'Enel e io continuo su questa convinzione: non per eludere il problema, ma per centrarlo». L’ha contestato a distanza Carlo Pegorer, senatore del Pd, accusando Tondo di aver «smentito sul nucleare tutte le prerogative delle Regioni in materia di politiche energetiche e pianificazione territoriale». «L’acritico sì alla politica nuclearista del governo - ha aggiunto Pegorer - non è solo sbagliato, ma va anche contro il ruolo di custode della specialità e dell’autonomia del nostro territorio».
 

 

Energie rinnovabili ed edilizia Un corso all’Area di ricerca
 

Azioni concrete mirate a introdurre in edilizia sistemi basati sulle energie rinnovabili: le vogliono le Pubbliche amministrazioni, che però non sempre hanno le conoscenze adeguate per redigere in modo corretto ed efficace regolamenti edilizi o procedure di appalto su queste tematiche. Serve infatti una formazione multidisciplinare, che dipendenti o manager pubblici non sempre posseggono. Da qui nasce il corso “Produrre Regolamenti efficaci per l’introduzione delle energie rinnovabili negli edifici”, il cui primo ciclo di lezione si sta tenendo all’Area science park. Il corso, organizzato nell’ambito del progetto europeo Patres e patrocinato dal ministero dell’Ambiente, si rivolge a responsabili tecnici e amministrativi, dirigenti e responsabili di servizio di enti locali, enti di gestione di edilizia residenziale pubblica, aziende di pubblica utilità che si occupano di regolamentazione dell’impiego dell’energia negli edifici. I 28 partecipanti da tutta Italia sono stati selezionati tra una rosa di 55 potenziali candidati.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 febbraio 2011

 

 

Anche Sintonia è in corsa per i gasdotti Tenp - FRA LE OFFERTE ARRIVATE LA HOLDING DEI BENETTON E FLUXYS CON ALLIANZ CAPITAL
 

ROMA Eni avrebbe ricevuto quattro offerte per le quote detenute nei gasdotti Tenp (in Germania) e Transitgas (in Svizzera). Lo riporta l'agenzia Reuters, precisando che ad essere interessate alle partecipazioni sarebbero Fluxys con Allianz Capital Partners, Rreef Infrastructure, il fondo di private equity Terra Firma e Sintonia, la holding infrastrutturale della famiglia Benetton.
Eni ha avviato a inizio dicembre il processo di dismissione facendo seguito agli impegni antitrust presentati alla Commissione europea ed approvati da Bruxelles il 29 settembre 2010.
Il presidente Alessandro Ortis, che ha sottolineato la necessità di promuovere un sollecito potenziamento delle infrastrutture interne e transfrontaliere (elettrodotti e gasdotti, rigassificatori e stoccaggi gas) che favoriscano non solo la sicurezza ma anche la competitività dei sistemi energetici.
In questa prospettiva, Ortis ha ricordato l'opportunità di puntare sull'Italia come conveniente hub sud-europeo per l'energia e sulla creazione di un sistema di reti europeo che favorisca la concorrenza ed il cammino verso un vero ed efficiente mercato unico dell'energia.
A tal proposito i regolatori europei hanno chiesto alla Commissione di favorire un'armonizzazione dei contesti normativi nazionali, verso procedure autorizzative per gli investimenti infrastrutturali meno lente ed incerte; hanno pure espresso apprezzamento per gli interventi antitrust della Commissione a favore della indipendenza delle reti per favorire l'apertura dei mercati alla concorrenza.
 

 

Nuove centrali nucleari, serve il sì delle regioni - Plauso dei governatori. Vendola: «Governo centralista». Legambiente: «Il decisionismo non paga»
 

SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE CHE BOCCIA PARTE DEL DECRETO ATTUATIVO DELLA LEGGE
ROMA Si complica ancora la strada del ritorno dell'Italia all'atomo. Dopo il via libera al referendum, la Corte Costituzionale ha bocciato parte del decreto attuativo della legge sul nucleare, imponendo un «adeguato coinvolgimento» delle Regioni in cui si intende costruire una centrale. Un giudizio cui, da Nord a Sud, hanno plaudito i governatori ma che non impensierisce troppo il governo, visto che, secondo il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, la sentenza conferma sostanzialmente l'impianto della legge. Accogliendo le obiezioni sollevate in un ricorso di Toscana, Puglia ed Emilia Romagna, la Consulta ha in particolare dichiarato l'illegittimità dell'articolo 4 del decreto attuativo della legge delega nella parte in cui non prevede che la Regione, prima dell'intesa con la Conferenza unificata, possa esprimere il proprio parere sul rilascio dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti nucleari.
D'ora in avanti, in attuazione del principio di «leale collaborazione» tra centro e periferia dello Stato, sarà quindi necessario un parere obbligatorio, seppure non vincolante, della Regione interessata, distinto da quello degli altri enti territoriali espressi dalla Conferenza unificata. Più che soddisfatti i governatori interessati, a partire dal presidente della Puglia, Nichi Vendola, avversario dichiarato del nucleare. Questo governo, afferma, è «il più centralista della storia dell'Italia, sbandiera un federalismo che al momento odora più di secessione». Contro l'atomo si schiera anche Enrico Rossi, governatore della Toscana, che scommette più sulle rinnovabili che su «una tecnologia vecchia e rischiosa». Secondo il presidente dell'Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni Vasco Errani, la Consulta indica la via «della concertazione e di un necessario coinvolgimento che fino a oggi è mancato. Mi auguro - ha commentato - che questa sentenza sia l'occasione per cambiare strada».
Anche secondo Legambiente la Corte costituzionale dimostra che «la via decisionista non paga», mentre preoccupate si dicono le imprese. «Sui siti - ha detto il presidente di Assoelettrica Giuliano Zuccoli - confidiamo che ci possa essere un chiarimento perchè bisogna arrivare a capire dove dobbiamo collocare le centrali italiane, superando la sindrome Nimby», (not in my back yard, non nel mio giardino).

 

 

Si allunga il processo sul mais Ogm - L’agricoltore: «E io semino di nuovo»

 

CONTINUA LA BATTAGLIA LEGALE. SLOW FOOD PARTE CIVILE: DECISIONE STORICA
PORDENONE Il processo è partito, ma la sentenza arriverà dopo la prossima semina e così Giorgio Fidenato, l’agricoltore a giudizio per aver messo a dimora mais Ogm a Vivaro e Fanna nel 2010, senza autorizzazione del governo nazionale, si prepara a replicare. Non solo: il movimento Futuragra, nato per favorire le colture Ogm riconosciute dall’Europa anche in Italia, sta affilando le armi per una nuova campagna mediatica.
Nel giorno in cui il giudice del tribunale di Pordenone, Rodolfo Piccin, accoglie la costituzione di parte civile di Regione, Coldiretti, Provincia di Pordenone, Codacons (sia nazionale che regionale) e Slow Food – l’avvocato di Fidenato, Francesco Longo, si era opposto alla costituzione - e in cui Futuragra accusa il governo di non rispettare gli impegni appoggiando il polo scientifico GenEticaMente, lanciato da Mario Capanna, la battaglia legale rischia già di essere superata da nuovi eventi.
«In Italia si chiede l’abbreviato per Berlusconi e poi nel mio caso, dove i detrattori parlano di rischi per la salute – dice Fidenato – il processo va avanti tranquillamente dei mesi». Mesi in cui l’imputato non intende aspettare con le mani in mano: «È chiaro che intendo seminare anche nella prossima stagione e questa volta potrei non essere da solo». Futuragra, l’associazione di cui Fidenato è segretario e che è nata a Vivaro ma ha adepti in molte regioni italiane, si riunirà il 13 febbraio in assemblea per dettare la linea. L’idea è quella di non chiedere più autorizzazioni per seminare al governo, come avvenuto lo scorso anno, «ma limitarci a comunicazioni sulla semina agli organi preposti, anche alle Procure» avanza Fidenato.
Il braccio di ferro si gioca ancora sul doppio piano normativo: da una parte gli agricoltori pro Ogm come Fidenato e quelli che fanno capo ad Agricoltori Federati e Futuragra, che rivendicano un diritto sancito da una direttiva europea, dall’altra chi invoca il principio di precauzione e fa affidamento sulla normativa italiana (mai notificata alla Ue) che richiede espressamente un’autorizzazione governativa per la semina. Nel frattempo anche la Regione ha legiferato in modo restrittitivo in materia di Ogm. Ma anche questa norma, secondo Fidenato, non rispetta la procedura europea. E se la stagione della semina si preannuncia nuovamente turbolenta, il processo – Fidenato è in aula perché ha presentato opposizione al decreto penale che lo condanna al pagamento di 30 mila euro di multa e alla distruzione dei raccolti 2010 di mais transgenico – slitta al 29 giugno per l’escussione dei testi. E la scelta di ammettere a parte civile anche l’associazione di Carlo Petrini «è una decisione storica per l’intero movimento di Slow Food che vede così riconosciuti i suoi legittimi interessi nella partita della difesa dalle coltivazioni Ogm», ha commentato fuori dall’aula l’avvocato Stefano Cavalitto sottolineando che «è la prima volta che Slow Food intraprende a livello nazionale un’azione legale di questo tipo che prevede la costituzione di parte civile». In aula, invece, la difesa di Fidenato ha presentato una memoria che si fonda sui principi sanciti dalla normativa europea e sul rango della direttiva rispetto alle leggi nazionali.
MARTINA MILIA
 

 

Terna: «Nessuna arroganza dismetteremo 27 km di linee» - DUINO AURISINA. ELETTRODOTTO
 

DUINO AURISINA «Il progetto dell’elettrodotto Redipuglia-Padriciano (nella foto) è frutto di un lungo percorso di concertazione e confronto tra Terna e le amministrazioni locali: infatti, risolve alcune interferenze di vicinanza ad abitazioni ed elettrodotti che si erano create e prevede altresì lo spostamento di tali linee esistenti». A ribadirlo è la stessa società per azioni, responsabile in Italia della trasmissione dell’energia elettrica sulla rete ad alta e altissima tensione. «L’accusa del consigliere Gabrovec di comportamento ”arrogante e arbitrario” è infondata - prosegue Terna -: la progettazione del tracciato ha beneficiato dei suggerimenti arrivati anche dalle amministrazioni comunali, compresa quella di Duino». Come sottolineato ieri anche dalla replica dell’assessore regionale Luca Ciriani, letta dalla collega di giunta Angela Brandi, all’interrogazione del consigliere Igor Gabrovec (Pd) la Regione dopo 20 mesi di istruttoria ha rilasciato nel 2007 parere positivo di compatibilità ambientale sul progetto. «Parere accordato - precisa la Spa - tenendo conto anche delle osservazioni esposte dai cittadini nell’assemblea tenutasi prima a Duino Aurisina. Non si può quindi affermare che non vi sia stato un confronto tra cittadinanza, istituzioni e Terna. Si è tenuto in grande considerazione l’impatto ambientale dell’elettrodotto tanto che al progetto sono stati associati interventi di razionalizzazione che avranno come risultato la riduzione della pressione sul territorio dell’infrastruttura». A fronte della costruzione di 5 chilometri di nuovo elettrodotto ne verranno demoliti 27 di linee esistenti e interrati oltre 4. «Sono numeri consistenti - rileva Terna - che evidenziano l’attenzione riposta nella progettazione dell’intervento, il rispetto del territorio e delle esigenze dei cittadini, attuando soluzioni tecniche a basso impatto ambientale ogni volta sia stato tecnicamente compatibile con gli standard di sicurezza richiesti dal sistema elettrico». Quanto alla questione degli indennizzi «con oltre la metà degli interessati dall’attraversamento della rete è stato già trovato l’accordo».
 

 

Cinghiali, risarcito solo un terzo dei danni - Agricoltori imbufaliti battono cassa in Provincia. Godina: «È colpa della Regione»
 

TRIESTE «Non è possibile continuare così: o lo Stato ci rifonde i danni causati dagli animali selvatici, oppure ci assuma come pastori di cinghiali e caprioli. Ma con regolare paga e contributi». Così si sfoga Andrej Bole, viticoltore di Pischianzi, che assieme a altri suoi colleghi ha appena appreso dalla Provincia che per i danni subiti dai cinghiali riceverà appena il 30% della cifra denunciata.
Cinghiali e caprioli, stando a quanto rilevato e denunciato dagli operatori, continuano a compiere incursioni sia nelle aree coltivate che nei cortili e nei giardini privati. Le cifre rese note dall’Associazione Agricoltori/Kmecka Zveza confermano le rimostranze degli agricoltori. Nel 2007 le richieste di risarcimento ammontavano a 7.900 euro per i coltivatori e 1270 per i privati. Nel 2008 le aziende avevano denunciato danni per 83mila euro mentre i privati ne denunciavano 15mila. Nell’anno successivo le richieste erano di 24.500 per le aziende e di 32.500 per i privati.
«Per quel che mi riguarda – riprende Andrej Bole – a fronte di un danno verificato, solo per il 2008, di 40mila euro, mi si informa che ne incasserò forse 10mila. Mi chiedo dunque in quale considerazione venga tenuto il mio lavoro: a questo punto trovo davvero semplicistico che parte della comunità cittadina si scandalizzi quando chiediamo l’abbattimento dei selvatici». «Non mi ritengo né un insensibile né uno sterminatore di animali – insiste Bole – ma solo una persona che desidera poter cogliere i frutti del proprio lavoro. Siamo vittime della burocrazia e inoltre facciamo poca massa critica sul versante politico. Gli enti locali comunque si decidano: o rifondono i danni, oppure trovano il modo di ridurre i selvatici. Per quel che concerne i cinghiali, ci tengo a dirlo, essi non rappresentano nemmeno una specie autoctona ma di importazione. Un tempo, dalle nostre parti, non ve n’era nemmeno l’ombra».
«Ci vogliono rifondere delle cifre ridicole – interviene da Bagnoli della Rosandra il viticoltore e olivicoltore Roberto Ota – e per di più dobbiamo restituire anche il 30 percento dell’Iva. Nel giro di tre anni i caprioli mi hanno divorato 200 quintali d’uva per un valore di massima tradotto in vino di circa 25mila euro. A chi mi devo rivolgere per avere questa somma se la Provincia mi rifonde solo qualche spicciolo?». «Non è solo un problema di soldi – sostiene da Dolina il viticoltore Rado Kocjancic –: oltre agli stanziamenti previsti a me interessa soprattutto che la questione venga risolta per gli anni a venire. Chi si occuperà, dunque, della gestione dei selvatici e dei danni da loro inferti alle colture? Come s’intende coniugare il lavoro dei contadini con le esigenze di cinghiali e caprioli?».
«È la Regione a stanziare le risorse e la Provincia agisce solo in regime di funzione delegata - precisa l’assessore all’Agricoltura e il vicepresidente della Provincia Walter Godina –. A Palazzo Galatti spetta unicamente l’accertamento dei danni subìti dagli agricoltori e dai privati e le relative istruttorie. Le risorse che la Regione ha destinato per rifondere i danni subiti dai contadini triestini copre appena il 30% della richiesta, noi non possiamo farci niente». «Anzi – continua Godina – il sottoscritto e la collega Mara Cernic della Provincia di Gorizia si sono prodigati per chiedere alla Regione importi maggiori per l’anno appena trascorso. Per il 2010 potremo gestire 55mila euro di cui il 70% verrà destinato per i danni all’agricoltura».
«Spetta ai pubblici amministratori riparare al danno – aggiunge il segretario dell’Associazione Agricoltori Edi Bukavec –. Specialmente in provincia di Trieste dove l’agricoltura appare presente anche nelle aree urbanizzate. Sulla questione ci troviamo di fronte a due sole alternative: o si riduce la selvaggina, oppure si pagano per intero i danni ai contadini. Inoltre ci vuole una maggiore responsabilizzazione sia da parte dei cacciatori che da parte della Provincia».
MAURIZIO LOZEI
 

 

 

 

VITA.IT - MERCOLEDI', 2 febbraio 2011

 

 

Nucleare. Legambiente: il governo fermi il ritorno all’atomo
 

L’associazione commenta la bocciatura della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima la parte del decreto attuativo della legge delega
«Per realizzare qualsiasi infrastruttura è necessaria la condivisione con il territorio, a maggior ragione per impianti che condizionano lo sviluppo futuro dell'area che li ospiterà. Questo vale ancor di più per le centrali nucleari che hanno un fortissimo impatto in termini d'inquinamento locale e che sono molto discutibili dal punto di vista della sicurezza». Così Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, commenta il parere della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima la parte del decreto attuativo della legge delega in materia di nucleare nel punto in cui non prevede che la Regione, anteriormente all'intesa con la Conferenza unificata, esprima il proprio parere sul rilascio dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti nucleari.
La via decisionista, aggiunge il presidente dell'associazione ambientalista, «non paga e dovrebbe saperlo bene il governo Berlusconi che nel novembre 2003 partorì il decreto che individuava Scanzano Jonico come sito unico di stoccaggio delle scorie nucleari italiane e che ebbe come risultato un'accesa protesta da parte della popolazione. Oggi dalla Consulta è arrivato un segnale significativo che ristabilisce il diritto dei territori a partecipare al processo decisionale per opere che hanno grandissime ricadute ambientali e sociali».
Se il governo continuerà nel folle progetto di riattivare le centrali nucleari nel Paese, conclude Cogliati Dezza, «dovrà aspettarsi una grande stagione di conflitti sociali e istituzionali che colpevolmente faranno perdere ulteriore tempo al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni imposti dall'Ue, che invece potrebbero essere conseguiti in modo più sostenibile e in tempi più brevi con l'efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili».

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 febbraio 2011

 

 

Piazza Libertà, nuova viabilità e niente parcheggi - Aperto il traffico veicolare in via Ghega e divieto di svolta davanti alla Stazione centrale
 

IL PROGETTO

 

Area verde di fronte alla Tripcovich privata dei camerini nei container - Oggi la conferenza di servizi per approvare le ultime modifiche
Dimenticate di svoltare a sinistra per raggiungere le Rive. E scordatevi anche di lasciare la vostra automobile parcheggiata a pettine sotto palazzo Kalister e palazzo Economo.
LE NOVITÀ Nella nuova piazza Libertà dai marciapiedi allargati, con attraversamenti pedonali aggiuntivi e le direttrici del traffico fisse non ci sarà spazio né per la sosta regolare né per le ”scorciatoie”. E se la linearità rende il tutto più ordinato, il sacrificio dei parcheggi farà storcere il naso agli utenti. E impegnerà i vigili urbani, inevitabilmente, a un monitoraggio continuo della zona. Pena la sconfessione della riqualificazione.
IL PROGETTO Il nuovo progetto, accantonate le diverse versioni, è a un passo dall’approvazione definitiva degli enti interessati (nel pezzo qui a fianco il via libera della Soprintendenza) dopo gli ultimi aggiornamenti commissionati allo studio Baubüro. È l’associazione temporanea composta dall’ingegner Klaus Plattner, gli architetti Stanislao Fierro di Bolzano, Luciano Lazzari, Paolo Zelco e Fabio Zlatich di Trieste vincitrice del bando per disegnare la nuova piazza Libertà.
I FONDI È una riqualificazione che può contare su 3,8 milioni di euro di fondi ministeriali. Solo che per non perderli bisogna fare in fretta. «Non possiamo permetterci di sbagliare questo progetto: piazza Libertà è il biglietto da visita della città...», ha ripetuto più volte il sindaco Dipiazza. Ecco che il Comune, dopo aver abbandonato il progetto originario che rivoluzionava il traffico e sacrificava non pochi alberi secolari, ha scelto la strada dello status quo.
IL TAVOLO Ma la riqualificazione non sarà del tutto ”indolore”. Oggi il tutto passerà sotto la lente d’ingrandimento della conferenza dei servizi, chiamata a dare il responso sull’ultima versione. «Abbiamo valutato ogni aspetto e il progetto è sottoposto anche a chi deve dire qualcosa in tema di finanziamento», spiega Marina Cassin, architetto del Comune che segue da vicino la partita di piazza Libertà.
LE DIRETTRICI La prima modifica apportata, come detto, riguarda la direttrice obbligatoria in viale Miramare per chi arriva da piazza Oberdan. Un divieto di svolta a sinistra, davanti alla Stazione centrale, che potrà essere bypassata proseguendo lungo via Ghega (manovra oggi vietata) invece di girare in via Cellini. Arrivati all’incrocio con piazza Libertà si potrà proseguire (oggi quel tratto è riservato agli autobus) per immettersi in via Flavia Gioia oppure svoltare a sinistra. Direzione Rive.
IL SILOS La corsia preferenziale dei mezzi pubblici, che comunque mantengono la fermata lato giardinetto con il monumento dedicato all’esodo istriano, di fatto è un ”regalo” al nuovo Silos. Il centro commerciale di ”nuova generazione” che, davanti al suo ingresso principale, andrà a beneficiare dello ”sgombero” degli stalli di sosta per i motorini e anche dei container che ospitano i camerini al servizio della Sala Tripcovich. Quest’ultima un’operazione da chiarire in casa Verdi, per capire un domani la funzionalità del teatro.
GLI ALBERI In quell’area davanti all’ingresso principale del Silos troveranno ospitalità due file di alberi, in parte già presenti, e i capolinea degli autobus. Il verde si allargherà anche davanti alla Sala Tripcovich in largo Città di Santos che potrà contare, di fatto, su una nuova piazza prospiciente il portale d’ingresso del Porto Vecchio. Uno spazio davanti allo ”scalone” oggi delimitato con i panettoni in cemento. Decisamente brutto da vedere, assieme ai container sul retro.
LE STRISCE Abolita l’idea di prolungare la piazza davanti all’ingresso della Stazione centrale, vietandola al traffico, per cercare di favorire i pedoni nell’attraversamento della strada (oggi vietato, ma di fatto non rispettato) oltre ai sottopassaggi sono state aggiunte le strisce pedonali con relativo semaforo alla fine della piazza.
LE FERMATE Niente fermate degli autobus di fronte alla Stazione centrale, per fare posto al raddoppio dei marciapiedi, che in parte saranno recuperati anche sul lato destro della piazza. Davanti a palazzo Kalister e palazzo Economo, sede della Soprintendenza, dov’è previsto un nuovo salvagente pedonale.
I PARCHEGGI Spariranno invece, come detto, gli ambiti stalli a raso (oltre trenta) che garantiscono uno sfogo nella zona per gli automobilisti. Non solo quelli in mezzo, la cui cancellazione era già prevista, ma pure quelli a pettine. Anzi, per dire la verità qualcosa rimane: il progetto ospita cinque automobili, sistemate proprio nell’angolo che confina con via Sant’Anastasio.
LE DUE RUOTE Se gli automobilisti dovranno quindi cercare altri parcheggi, per le due ruote la caccia allo stallo andrà meglio. I posti cancellati davanti al Silos, infatti, sono stati semplicemente spostati nella parte retrostante la Sala Tripcovich. Quella che ”confina” con le corsie in cui passeranno gli autobus e le corriere dell’autostazione ospitata nella parte finale del Silos in costruzione.
LA BRETELLA I torpedoni, compresi quelli turistici per i quali si è trovata una soluzione, avranno una doppia possibilità in uscita: seguire piazza Libertà in direzione viale Miramare, oppure usare la ”bretella” dell’Autorità portuale che costeggia corso Cavour e sbuca in piazza Duca degli Abruzzi. Direzione Rive, ovviamente.
PIETRO COMELLI
 

 

Via libera da palazzo Economo I cambiamenti apportati scongiurano il taglio degli alberi - Rinaldi: «È stato tutelato il giardino ottocentesco»
 

La Soprintendenza ha detto sì. La lettera di approvazione è stata spedita in Comune. Piazza Libertà piace adesso ai tutori pubblici del paesaggio e delle architetture storiche.
«Siamo molto soddisfatti - dice il soprintendente Luca Rinaldi, soprintendente ai Beni paesaggistici e architettonici, responsabile del procedimento e autore della comunicazione positiva -, perché questo progetto adesso tutela il giardino ottocentesco, e quindi va benissimo». Oggi è in agenda una conferenza dei servizi con tutti gli enti interessati all’area.
Si conclude bene, dunque, una storia ch’era cominciata male, e che dunque non trovava soluzione. Tutto il 2009 fu turbato dalla prospettiva del taglio di alberi in piazza Libertà, deciso per necessità di traffico e per creare un più ampio e fluido scorrimento a quello che avrà come suo fulcro le attività del nuovo Silos quando la struttura sarà operativa.
Per la salvaguardia degli «storici» e imponenti alberi della piazza si mobilitarono associazioni e semplici cittadini, nacquero comitati e raccolte di firme. Non era sufficiente che l’amministrazione promettesse l’impianto di nuovo verde davanti alla Sala Tripcovich, il fortissimo dissenso non si è mai dissolto. Tanto che a un certo punto l’allora assessore ai Lavori pubblici, Franco Bandelli, cercò di trovare una soluzione-tampone: tagliarne cinque, e reimpiantarne altrove altri cinque. Si disse che non erano troppo sani e che il precedente restauro (quello di ridisegno del giardino, dopo l’eliminazione delle bancarelle) ne aveva ferito le radici.
La Soprintendenza si era dichiarata d’accordo sull’assunto che una modifica al sito era necessaria, perché l’ingresso alla città «sembrava un’autostrada»: gli uffici di palazzo Economo, tra l’altro, vi si affacciano, e la magnifica visuale non può ignorare quel che accade a livello di asfalto. Ma non d’accordo era non sul taglio di alberi «storici», e ben ricchi tra l’altro di folta chioma.
Dipiazza, subentrato a Bandelli dopo la traumatica e polemica uscita di quest’ultimo dalla Giunta, ha ripreso in mano la questione e ricominciato a discutere il rifacimento di piazza Libertà anche con la Soprintendenza. Il taglio degli alberi è sparito, è rimasta la «ristrutturazione» del flussi di traffico. Da ultimo è arrivato il parere positivo ufficiale, e probabilmente tale sarà anche quello delle centinaia di cittadini che a suo tempo s’impegnarono in modo così forte ed esplicito, facendo ben sentire opinioni, voci, richieste, opposizioni. Facendo insomma gli «avvocati degli alberi».
 

 

URBANISTICA - «Cerchiamo di salvare il masegno di Ponterosso»
 

Il direttore dei Beni culturali Martines: sperimentare su una piccola superficie le soluzioni tra le quali scegliere quella migliore
Il Cosapu chiama. La direzione regionale del ministero per i Beni e le attività culturali risponde. E suggerisce. L’assist è indirizzato al Comune e riguarda la prossima riqualificazione di piazza Ponterosso, con il collegato recupero dell’antico masegno.
Operazione per la quale il direttore regionale dei Beni culturali Giangiacomo Martines indica, come soluzione preliminare da adottare eventualmente, l’attivazione di «un cantiere sperimentale, su una piccola area, al fine di applicare diverse tecniche e poi scegliere la migliore». Per ottimizzare svolgimento e risultato degli interventi, oltre che le relative spese. Il suggerimento è contenuto fra le righe di una lettera inviata da Martines al sindaco Roberto Dipiazza, su sollecitazione del Cosapu - Comitato per la salvaguardia del patrimonio urbano di Trieste, che alla direzione regionale aveva scritto perché in apprensione sul versante della tutela dei masegni in vista del restyling di piazza Ponterosso.
Il suggerimento è finalizzato a garantire il più possibile le pietre che si trovano nel sito, sotto il manto d’asfalto: ««Si auspica che il Comune di Trieste, di concerto con la Soprintendenza, possa mettere in essere la migliore esperienza per i lastricati del Canal Grande - Ponterosso», recita un ulteriore passaggio dello scritto. «Potrebbe essere utile da una parte predisporre masegni nuovi di cava per le integrazioni vicino ai pezzi originali - prosegue la nota di Martines -, dall’altra rimuovere con cura il manto d’asfalto e rilavorare la superficie con utensili da scalpellino, azionati oggi ad aria compressa. In ogni caso il cantiere sperimentale è un’occasione per sperimentare diverse modalità operative in cantiere, prima dell’appalto, individuando la soluzione senza future sorprese di risultato, con certezza dei costi unitari». Un test, insomma, che possa spianare la strada al cantiere vero e proprio.
Ma nella missiva, Martines fornisce un’ulteriore indicazione, «non una prescrizione» chiarisce, cioè quella di «conservare la partizione della piazza», nell’ambito della riqualificazione, «in aree distinte, con i loro piccoli dislivelli (che non costituiscono barriere architettoniche insuperabili), come risultato e memoria dei diversi usi nella storia». Diversificando cioè, spiega a voce il direttore regionale dei Beni culturali, «le zone dove un tempo si passeggiava da quelle dove ci si fermava, qualora si tratti di restauro conservativo. Oggi, invece, i progettisti si orientano solitamente su unico piano, differenziando le aree attraverso l’utilizzo di materiali diversi». In piazza Ponterosso, andrà naturalmente valutato in prima battuta lo stato di conservazione dei masegni: «Qualche difficoltà in più la crea il fatto che siano stati ricoperti nel tempo dall’asfalto», conclude Martines.
Sul suggerimento, per ora, non si esprime il sindaco Roberto Dipiazza, titolare della delega ai Lavori pubblici in Comune. Esulta invece, dal canto suo, Bruno Cavicchioli, presidente del Cosapu: «Finalmente, dopo dieci anni di tentativi dribblati, ecco la dritta su cosa fare che trae ispirazione dall’esperienza già maturata a Venezia, dove le pietre antiche sono state numerate, fotografate, recuperate, controllate e riposizionate. Siamo molto grati per questo a Martines». (m.u.)
 

 

Nucleare, in ballo 18 miliardi per il programma italiano
 

Ma l’Agenzia della sicurezza non è operativa. Solo 60 le imprese nazionali con le competenze adeguate nel settore
UN FOCUS TECNICO E SCIENTIFICO ALL’UNIVERSITÀ DI TRIESTE. TONDO TORNA SUL RADDOPPIO DI KRSKO
TRIESTE Quattro impianti per tre siti con un costo di 4-4,5 miliardi ciascuno. Vale 16-18 miliardi il programma nucleare italiano, la prima centrale potrebbe entrare in «esercizio» nel 2020. Ma sulla strada del ritorno all’atomo dell’Italia, resistenze e comitati a parte, ci sono ostacoli grandi come montagne ancora da superare, per istituzioni e imprese. E proprio quest’ultime che potrebbero avere dal piano grandi benefici di sviluppo anche per l’occupazione, rischiano di essere escluse.
Un quadro emerso con chiarezza ieri dalla giornata di studio organizzata all’Università di Trieste dal Dipartimento di ingegneria e dalla Federazione italiana di elettrotecnica, elettronica, automazione e informatica. E proprio parlando di resistenze, ieri notte, sono apparse scritte contro il nucleare all'interno del campus dell'Università: «Nucleare=veleno», «Enel, Ansaldo, Sincrotrone assassini» e «No nuke», si legge sui muri di un edificio.
Ad entrare nel dettaglio sul tema (dopo una mattinata che ha visto protagonisti tra gli altri relatori dell’Agenzia nucleare di Vienna e della centrale di Krsko in Slovenia), uno dei responsabili di Sviluppo nucleare Italia (joint venture Enel-Edf) Vincenzo Napoli e la responsabile della task force nucleare di Ansaldo sistemi industriali, Antonella Scaglia.
Nonostante sia stata creata l’Agenzia della sicurezza nucleare (guidata da Umberto Veronesi), ha spiegato Napoli, questa non è ancora entrata nella sua «operatività vera e propria», non è stata definita alcuna strategia nucleare dal governo e sulla localizzazione dei siti per gli impianti siamo ancora lontani perchè non sono stati nemmeno stabiliti i criteri di scelta.
Se tutto filasse liscio nel 2013 potrebbero iniziare i lavori preliminari, nel 2015 potrebbero essere avviate le opere nucleari e nel 2020 la prima centrale nucleare italiana potrebbe entrare in «esercizio commerciale». Tutto al condizionale e lo stesso Napoli ha spiegato perchè: «per un programma nucleare serve una situazione politica stabile, investitori stabili, una solidità tecnico-operativa e la capacità a gestire impianti complessi per 60 anni». Tutte condizioni che in Italia non ci sono. Ed è stata di altrettanta franchezza l’ingegner Antonella Scaglia che ha fotografato la situazione, ma allo stesso tempo ha lanciato un monito alle imprese per cercare di cogliere «la grande opportunità». Non solo per i 16-18 miliardi di investimento, ma perchè si è di fronte a un volano economico incredibile per le imprese che porterà crescita di competenze e occupazionali.
Ma c’è un ma, la Scaglia lo ha sottolineato: «A parte le grandi incertezze di stabilità politica e di tempistica, sono poche le aziende italiane che hanno competenze per lavorare nel settore». Il quadro è desolante: sono 600 le imprese ad aver manifestato l’interesse a partecipare al programma italiano. «Ma il 77% – ha detto la responsabile della task force nucleare di Ansaldo sistemi industriali – non può mettere a disposizione alcuna referenza nel campo e solo il 10% sono pronte, mentre le rimanenti hanno referenze scadute». Tra quelle pronte e che lavorano c’è (a parte Ansaldo energia che ieri ha ribadito di essere sul mercato da 20 anni lavorando solo all’estero) in prima fila Ansaldo sistemi industriali. Ma ha dovuto lavorare e investire per recuperare il gap dopo l’abbandono del nucleare dell’Italia. Lo ha raccontato la Scaglia: «Le esperienze dell’Ansaldo iniziano nel ’71 con la centrale di Caorso, l’ultima è stata nel 1996 in Cina. Ma dopo sono passati quasi 20 anni e solo da poco Ansaldo è rientrata sul mercato fornendo 5 motori e 2 generatori per la centrale di Flamanville in Francia e 50 motori per la slovacca di Mochovce. Abbiamo fornito 700 macchine per le centrali nucleari». Un bagaglio decisivo per restare sul mercato, ma le altre imprese per cogliere nuove opportunità «dovranno lavorare e investire per recuperare le competenze, modificare strutture e processi e soprattutto per sviluppare una particolare sensibilità per la sicurezza in campo nucleare».
Inciso finale sul caso di Krsko e l’ipotetico raddoppio della centrale. Il funzionario sloveno della centrale non ha voluto fare alcuna dichiarazione, ha illustrato solo il funzionamento dell’impianto facendo capire ancora una volta che Lubiana non è interessata a collaborare con l’Italia. A parlare di raddoppio è stato l’Enel per bocca di Napoli, sollecitato dai giornalisti, che ha spiegato che la stessa «Enel non è interessata a Krsko in quanto tale, ma se ci fossero progetti di raddoppio che non sono stati ufficializzati, avrà la possibilità di esaminare i dossier e valuterà se è opportuno o meno partecipare al progetto». A tornare sul tema che è il suo cavallo di battaglia poi è stato il governatore del Fvg, Renzo Tondo. «Mi pare che non ci sia indisponibilità da parte dell’Enel, anzi c’è attenzione – ha dichiarato annunciando che interesserà il ministro degli Esteri Franco Frattini – le cose vanno costruite con calma».
GIULIO GARAU
 

 

Elettricità e calore prodotti assieme ma senza sprechi - IMPIANTO REALIZZATO NELL’AMBITO DI LIDEA
 

Produrre contemporaneamente energia elettrica ed energia termica (cioè calore), ma in maniera controllata e razionale. È questa la principale caratteristica di un impianto di cogenerazione alimentato da gas metano “a giri variabili”, integrato a sistemi a celle fotovoltaiche di ultima generazione, realizzato in Area Science Park nell’ambito di Lidea (Laboratorio impianto dimostrativo energie alternative). Lidea è uno degli otto progetti operativi di Enerplan - il piano energetico elaborato dal parco scientifico triestino e cofinanziato dal Ministero dell’Ambiente - il cui obiettivo è selezionare idee originali nel settore delle energie rinnovabili e del risparmio energetico.
Spiega gli aspetti tecnici del sistema Barbara Monaco, ingegnere del servizio trasferimento tecnologico di Area Science Park: «L’impianto realizzato in Area da Energifera Srl è dotato di un motore a combustione funzionante a gas metano, e possiede una caratteristica unica rispetto ad altri simili: ottimizza le funzioni dei macchinari adattandosi alle esigenze di carico e dell’utenza, funzionando a giri variabili». Questa particolarità deriva da un sistema di convertitori elettronici che modulano la potenza generata e mantengono costante il rendimento energetico, regolando i giri del motore a seconda delle esigenze. «Oltre a produrre energia elettrica e termica – aggiunge Monaco – l’impianto funziona anche da gruppo elettrogeno e di continuità». A quale utenza si rivolge? A tutte le utenze, pubbliche o private, come ospedali e scuole ma anche condomini, che necessitano di una combinazione di entrambe le forme di energia con consumi oculati.
Il prototipo realizzato in Area, frutto di un investimento di circa 340mila euro, e ormai funzionante a pieno regime servirà anche da test bench, cioè da laboratorio sperimentale aperto a tutti coloro che, nella comunità scientifica, vorranno effettuare prove, confrontare performance e ottimizzare i propri sistemi. «È un modo per sensibilizzare i colleghi e unire scienza e tecnica verso un obiettivo critico come il risparmio energetico», conclude Monaco.

(c.s.)
 

 

Inquinamento elettromagnetico, ci pensa Sicom - TEST, MISURAZIONI E SOLUZIONI PER ATTENUARE IL PROBLEMA
 

Soluzioni per mitigare l’inquinamento elettromagnetico, soprattutto all’interno delle abitazioni o dei luoghi di lavoro. È questa la frontiera sulla quale si muove Sicom Testing, un’azienda triestina, insediata in Area Science Park, che negli anni ha sviluppato un peculiare know how in questo campo.
Una frontiera percorsa in pressochè totale solitudine, dal momento che in Italia, di realtà attive su questo fronte, ce ne sono davvero pochissime. Nata come laboratorio per esami e certificazioni di prodotti elettronici e moduli radio, Sicom ha mano a mano spinto sull’acceleratore della ricerca e dello sviluppo. «Ci siamo concentrati in particolare sugli effetti dell’irraggiamento nei confronti delle persone – spiega Roberto Passini, amministratore della società -. E ora, stiamo lavorando alla valutazione dell’efficacia di soluzioni capaci di attenuare gli effetti negativi che l’elettromagnetismo può avere». Un problema, quest’ultimo, che se già aveva registrato una certa sensibilità con la progressiva diffusione dei cellulari, oggi, con l’aumento esponenziale delle connessioni wi-fi, ormai presenti ovunque, acquista un peso ancora maggiore. «Noi per primi – ribadisce Passini – riscontriamo la diffusione di apparecchiature poco idonee, che sbarcano da noi anche e soprattutto grazie al commercio via internet. Si tratta di dispositivi eccessivamente potenti, le cui ricadute sul corpo umano sono ancora tutte da valutare».
Le grandi aziende, che devono difendere brand molto importanti, sono particolarmente attente all’evoluzione delle tecnologie legate alla verifica e al controllo di questa forma di inquinamento. Nel 2009 la stessa Sicom, ad esempio, ha fornito un laboratorio tagliato su misura al gruppo Telecom Italia che, racconta l’amministratore, «era rimasto favorevolmente impressionato dalle apparecchiature e dalle procedure che avevamo sviluppato, al punto di decidere di replicare il nostro modello operativo». E a proposito di apparecchiature, va ricordato come da pochi mesi sia operativa vicino all’aeroporto di Ronchi dei Legionari una camera di misura di grandi dimensioni, collocata in un capannone ad hoc perché nei campus di Padriciano e Basovizza non ci sarebbe stato spazio idoneo per ospitarla.
Negli ultimi anni Sicom ha investito una cifra compresa tra i 300 e i 400mila euro in nuove strumentazioni; e il tutto a fronte di un fatturato che, dopo la grande gelata della crisi, dovrebbe tornare entro l’anno a riguadagnare quota 1 milione. I dipendenti oggi sono una decina. «I clienti ai quali ci rivolgiamo sono principalmente piccole e medie imprese che producono dispositivi dotati di moduli radio – aggiunge Passini – per le quali siamo in grado di effettuare test e certificazioni sulla base sia dei requisiti europei che di quelli statunitensi».
Nicola Comelli
 

 

Oltre 400 firme contro gli odori della Siot - SAN DORLIGO. HANNO ADERITO RESIDENTI DI NOVE DIVERSE FRAZIONI
 

Ma la dirigenza dell’impianto annuncia nuovi test per ridurre l’impatto dei serbatoi sull’abitato
SAN DORLIGO Oltre 400 firme, ma ancora non è finita. Prosegue senza sosta la petizione indetta dai residenti di San Dorligo della Valle per dare una soluzione al problema delle esalazioni odorigene provenienti dalla Siot. Indirizzata al sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin, al presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, al presidente della Regione Renzo Tondo, all'Arpa regionale e, per conoscenza, anche alla Commissione Europea, nonché alla stessa Siot, la raccolta firme è stata avviata dagli abitanti e dagli operatori economici attivi nelle aree vicine allo stabilimento, stufi dei cattivi odori ma anche preoccupati di quello che a loro dire sarebbe un «accertato aumento di implicazioni tumorali - così si legge nel testo della petizione - dei cittadini delle zone coinvolte».
Ma la Siot, per voce del direttore operazioni Nevio Grillo respinge con forza la presunta nocività dell’impianto, affermando anzi che l’azienda si sta attivando in ogni modo per ammortizzare l’impatto degli impianti sull’abitato. Come? Guardando con interesse a inedite soluzioni. Una di queste è l’”abbattitore di odori”, sorta di sistema idraulico che, sfruttando il principio del ”deodorante”, inietta un liquido in grado di inglobare le particelle odorigene e farle precipitare verso il basso, così da impedirne la diffusione in atmosfera. Si tratta di un dispositivo essenzialmente impiegato in campo militare, per inertizzare le polveri da sparo. Uno degli azionisti Siot sta testando tali tecnologie all’interno di una propria attività, in scala però ridotta rispetto alle dimensioni dell’impianto di San Dorligo. Se l’esame dovesse essere superato allora la sperimentazione potrebbe interessare l’oleodotto, con l’applicazione degli ”abbattitori” ai mantelli interni dei serbatoi.
«Quanto al binomio odori-malattia non c’è alcun riscontro scientifico in tal senso - sottolinea Grillo - e vi sono stati degli studi commissionati a medici ed esperti ad avvalorarlo. Tali timori, che più di tutti dovrebbero coinvolgere i lavoratori alla Siot, non hanno ragione di esistere. Personalmente mi fido dei medici».
Intanto la protesta non si placa. Il documento è stato sottoscritto da cittadini di 9 frazioni: Domio, Puglie di Domio, Mattonaia, Francovec, Monte d’Oro, Lacotisce, Caresana, Dolina e Zaule. «La mia casa è davanti al gasometro e, in assenza di bora, soprattutto al mattino, non si respira». Iris Renzi, ex lavoratrice della Calza Bloch, risiede a Mattonaia da 45 anni. «L’edificio risale al 1938, ben prima della Siot - prosegue –: quando vedemmo le ruspe eravamo convinti che facessero delle nuove case nella valle, invece...». Il problema è sempre quello: difficoltà respiratorie per i forti odori. «La situazione è peggiorata negli ultimi 5 anni - conclude la Renzi - non sappiamo il perché». Lavoratore dell'ex Grandi Motori, oggi in pensione, Mario Serli abita proprio nella cosiddetta “zona rossa”, la fascia più ad alto rischio della Siot. «Uno che vive nella zona rossa è meglio che non ci pensi più di tanto anche perché ho ben stampate le immagini shockanti dell’attentato ai serbatoti negli anni ’70». Serli è piuttosto critico: «I serbatoi vicini alla casa sono da interrare o da smantellare anche perché il discorso che ci vogliono far credere che respirare i carboidrati non faccia male non sta proprio in piedi».
Anche Roberto Canella ha lavorato alla ex Grandi motori. «Risiedo a Mattonaia da 42 anni e devo dire che inizialmente non c’erano problemi, poi la chiusura ermetica dei coperchi galleggianti si è usurata di qui i cattivi odori. Personalmente non ho nulla contro la Siot perché credo che anche chi opera nello stabilimento abbia il diritto di lavorare, però allo stesso tempo auspico che la nuova dirigenza intervenga per una soluzione. Oltre agli odori sono da evidenziare i rumori dovuti alle pompe che fanno tremare i vetri».

(ri.to. e ti.ca.)
 

 

SEGNALAZIONI - ALTA VELOCITÀ - Valanga di soldi
 

L’appassionata lettera di Nico Zuffi contro le nuove gallerie dell’alta velocità ferroviaria merita un grande applauso. C’è la mania delle opere grandiose, colossali, faraoniche salvo poi non saper dire da dove pioveranno i soldi. Bisogna pensare in grande! Qualcuno forse ricorda i progetti del tunnel sottomarino o la funivia del Monte Grisa? Ciacole!
Sono convinto che lo sventramento della Val Rosandra più che dalle giuste critiche dei Verdi e ambientalisti sia stato fermato dal fatto che non c’era la valanga di soldi necessaria. Una linea ferroviaria di superficie sul Carso verso Est esiste e tra l’altro è poco sfruttata. Forse con piccoli interventi, pochi soldi e senza sconquassare il territorio potrebbe essere adattata al passaggio dei treni dell’alta velocità.
La stazione ferroviaria di Opicina dovrebbe diventare la stazione di Trieste almeno per i treni in transito.
Il collegamento ferroviario con il porto fino a Campo Marzio naturalmente non bisogna inventarlo, c’è già e l’ha costruito l’Austria. I tempi di collegamento non sono poi molto differenti da quelli dell’alta velocità visto che comunque i tracciati sono in curva. Se proprio si vuole anche un collegamento diretto per i passeggeri si potrebbe utilizzare e valorizzare il vecchio e caro (in tutti i sensi) tram di Opicina che svolgerebbe così una nuova funzione, oltre ad essere rivalutato.
Magari non sarebbe impossibile farlo passare sotto terra tra piazza Scorcola e l’attuale Stazione Centrale per garantire un collegamento perfetto.
Poche gallerie e pochi soldi. I tempi delle piramidi sono finiti.
Ermanno Predonzan
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 1 febbraio 2011

 

 

Corridoio Baltico, pressing sulla Ue - ENTRO GIUGNO LA DECISIONE SULLE RETI TEN. IL PD INCALZA SULLA TAV
 

Missione congiunta delle Regioni. Riccardi: opera da privilegiare
TRIESTE Friuli Venezia Giulia, Veneto ed Emilia Romagna in pressing sull’Unione Europea per il riconoscimento del Corridoio Adriatico-Baltico tra quelli finanziati nel 2014 da Bruxelles nell’ambito delle reti Ten. Ieri l’assessore regionale ai trasporti Riccardo Riccardi, insieme al suo omologo emiliano Alfredo Peri, al responsabile del Bilancio del Veneto Roberto Ciambetti, e ai rappresentanti di altre dieci regioni polacche, austriache, ceche e slovacche coinvolte nella direttrice (tra cui il governatore della Carinzia, Gerhard Dorfler), è stato nella capitale belga per una riunione con il Commissario ai trasporti dell’Unione Europea, l’estone Simm Kallas.
«Con la giusta prudenza di questi casi – ha affermato Riccardi al termine dell’incontro – il Commissario europeo ha riconosciuto il grande lavoro che le 14 Regioni dei cinque Paesi attraversati dalla ”rotaia” baltico-adriatica stanno sviluppando, ricordando che il PP 23 rappresenta un’iniziativa infrastrutturale dalle basi solide». Kallas ha parlato del Corridoio come di «una proposta importante», sottolineando come i nuovi Corridoi ferroviari che la Ue andrà ad individuare dovranno incrementare le economie delle aree circostanti e contare su investimenti privati dato che «i prossimi pochi soldi della Ue andranno spesi con rigore ed austerità». Infine, ha spiegato il Commissario Ue, i corridoi infrastrutturali dovranno unire i sistemi portuali a territori e mercati. Condizioni che, secondo Riccardi, l’asse Adriatico – Baltico soddisfa appieno: «Questa direttrice è in grado di coinvolgere nel suo complesso 100 milioni di tonnellate di traffico merci, e 50 milioni di passeggeri – ha detto l’assessore - e si coniuga perfettamente con gli investimenti privati previsti tra Monfalcone e Trieste».
Entro giugno dovrebbe essere definita la revisione delle reti transeuropee (Ten) ed entro quella data dovrà essere fornito all’Unione Europea un quadro dettagliato delle opportunità che il corridoio comporta. «Siamo persuasi - ha osservato Riccardi - che il Baltico-Adriatico rappresenti davvero la catena mancante dello sviluppo europeo, quella capace di riportare l’Europa a svilupparsi in modo sinergico sfruttando le potenzialità dei due mari. Per il Friuli Venezia Giulia - ha aggiunto - è una scelta strategica che riguarda la possibilità di poter attrarre nuovi investimenti e nuovi insediamenti produttivi».
Intanto in Consiglio regionale il Pd chiede l’audizione di un responsabile del progetto alta velocità e la consegna ai consiglieri della documentazione dettagliata sulla Tav. Una richiesta che il gruppo del Partito Democratico ha inviato al presidente della Regione, Renzo Tondo, e all’assessore Riccardo Riccardi. «Dopo la mia relazione di presentazione del progetto – spiega il consigliere Giorgio Brandolin - c’è stata la discussione dei componenti del gruppo consiliare che, al termine, ha portato alla richiesta di un’audizione dei referenti del progetto nella Commissione competente nonché della consegna, a ciascun consigliere, della documentazione dettagliata sul percorso e su tutti gli altri aspetti della Tav».
Roberto Urizio
 

 

SEGNALAZIONI - Trieste-Divaccia - TRACCIATI
 

Nel Piccolo del 26 gennaio, a pag. 9 in un articolo a proposito di Corridoio 5 e Tav si dice: "La Slovenia... è partita a razzo per il tratto Capodistria-Divaccia che se sarà l’unico a venir realizzato, taglierà fuori Trieste e il suo porto dai collegamenti tra il Mediterraneo e l’Est Europa". Una tale osservazione alimenta, in chi è sprovveduto, l’idea che Trieste non abbia mai avuto collegamenti con l’Est. Che fa il paio con l’altra stramberia ripetuta da anni, di preciso non so da chi, che la linea Ts-Opicina-Monfalcone sia "satura" mentre è vero il contrario.
Rammento allora che Trieste è collegata per ferrovia a Divaccia tramite la Meridionale, cioè la linea progettata e realizzata da Carlo Ghega: in tutto 45 km. Inoltre Trieste è collegata anche tramite la linea Transalpina: da Campo Marzio via Rozzol-Guardiella-Opicina e che misura in tutto 32,5 km. Quindi i collegamenti con l’Est ci sono eccome da anni annorum! Che poi si ritenga che la Koper-Divaca ci tagli fuori del tutto è un’altra stramberia forse alimentata da slavi e filoslavi che si rallegrano a vedere il nostro porto perdere competitività con Luka Koper! Sfido io, hanno tariffe basse perché tutto è basso da loro: paghe, previdenza, pensioni e pure il costo dell’energia!
Mentre noi dal nostro Porto Nuovo possiamo raggiungere Divaccia in appena 32,5 km con pendenze del 17,5x1000 da C.M. a Opicina e del 12,5x100 da Opicina a Divaccia; da Luka Koper a Divaccia ci sono ben 46 km con pendenze vertiginose del 25x1000 da Risano a Rodik e del 20x1000 da Rodik a Divaccia. Il che costringe gli sloveni a impiegare ben 3 loco per portare in altipiano i loro treni pesanti. Mentre a noi basta una! Quella non sarà mai una ferrovia ad alta velocità e nemmeno capacità. Ma contenti loro...
Sergio Callegari

 

 

Ferriera, il futuro nelle mani di Mosca - RICONVERSIONE - Domani summit fra Mordashov e le banche sul debito della Lucchini
 

Friulia ha iniziato a studiare le prospettive
È legata al summit previsto a Mosca domani tra l’azionista unico del gruppo Lucchini, Alexej Mordashov, e i rappresentanti delle nove banche creditrici, il destino della Ferriera di Servola, segmento purtroppo tra i meno strategici nella grande partita siderurgica con base a Piombino.
Sul piatto, e finora senza soluzione, l’ingente debito della Lucchini di 770 milioni (tra le banche italiane più esposte Unicredit e Intesa San Paolo), che dovrebbe essere frazionato, compensato, tra l’altro con la richiesta di Mordashov che le banche trasformino 200 milioni di crediti in capitale, e con il progetto di vendere la controllata francese Ascometal iscrivendo i proventi (350 milioni di euro l’ipotesi) a Severstal, il gruppo del magnate russo, a copertura di debiti arretrati.
Poco probabile la vendita della Lucchini, già messa vanamente sul mercato, e ferma al palo anche la ventilata alienazione della sola Ferriera, affinché sia traghettata, così si diceva a Trieste, fino alla più probabile data di chiusura, il 2015. Si sarebbero affacciati imprenditori veneti, mai venuti direttamente allo scoperto.
Pare tuttavia che la proprietà russa abbia scarso interesse, in questa situazione di teso profilo internazionale che si trascina da mesi in assenza di accordo, di impegnarsi sulla singola partita triestina, già considerata senza futuro. Anche se gli stessi sindacati parlano in questi giorni di «mercato in ripresa per la Ferriera», di ottime prospettive per la produzione di ghisa, di cassa integrazione finita, e perfino «di un buon integrativo incassato».
Ma la quiete non durerà a lungo, perché se è vero che la data dell’appuntamento fissato a Mosca mette tutti gli interessati in stato di attesa, a Trieste erano stati stretti e poi ribaditi, sull’onda della forte protesta sindacale, precisi accordi con gli enti locali, Regione in testa, con la mediazione della Prefettura: incaricare Friulia di un’analisi sulle prospettive di riconversione, sulla cui base cercare investitori interessati; allestire un progetto di formazione per la forza lavoro; costruire un accordo di programma con il Governo.
A che punto siamo? «La data di Mosca è fondamentale per capire quali saranno gli assetti societari della Lucchini, se rimane inalterata la proprietà, se ci sarà una dismissione anticipata, se il gruppo verrà ”spacchettato” - dice Federica Seganti, assessore regionale alle Attività produttive -, per il resto la delibera d’incarico a Friulia l’ho scritta alla fine di dicembre, Friulia ha avuto un cambio al vertice e il primo consiglio di amministrazione si è tenuto dieci giorni fa: è una partita complessa che ha ancora necessità di maturare».
Insomma non è successo ancora niente, ma l’assessore aggiunge polemicamente: «O si arriva a un quadro strutturato, oppure si procede sempre per sensazioni, chi vuol fare di quel sito (inquinato) una Montecarlo, e chi una piattaforma logistica che poi costa un miliardo che nessuno ha. Se si continua a parlare di libri dei sogni si fa populismo e non serve».
A parte la netta stoccata politica, che punge tanto Regione quanto Comune, Seganti in pratica dice che è meglio far niente che parlar tanto, e così anche per i percorsi di formazione degli operai: «Li formo in quale direzione, cinque anni prima del tempo, se non so quale attività si insedia al posto della Ferriera?». Altrettanto dubbio sulle bonifiche: «Se ci mettiamo grano biologico ne serve di un tipo, se torna un’industria ne occorre un altro, se arrivano uffici, parcheggi o case è ancora diverso».

(g. z.)
 

 

FERRIERA - Palman (Uil): «Aspettiamo qualche settimana, poi la protesta torna come prima»
 

NON È STATO RISPETTATO NESSUNO DEGLI IMPEGNI CON I SINDACATI
«C’era un impegno: riaprire il tavolo regionale in gennaio per rendere chiari i percorsi sulla Ferriera, e pure l’accordo col Governo. Il secondo impegno era un incontro a Roma nei primi 15 giorni di questo mese. Non è successo niente. Ma noi aspettiamo ancora febbraio, per via degli incontri a Mosca sul debito Lucchini. Poi la protesta torna, tutto come prima». Parla Franco Palman, sindacalista Uil della Ferriera, interlocutore diretto del sindaco quando i lavoratori andarono in delegazione, e si misero in presidio sotto il Municipio per chiedere garanzie.
«Piombino è in difficoltà - afferma Palman - e invece la Ferriera sta in piedi benissimo adesso, soprattutto grazie alla produzione di ghisa, per cui al momento restiamo in attesa. Ma solo fino a febbraio, poi se dalla Regione non avremo notizie potrebbero crearsi situazioni non belle... Il 2011 sarà un anno difficilissimo a Trieste - aggiunge -, scoppieranno crisi alla Wärtsilä, alla Fincantieri, all’Alcatel, all’Insiel, mentre le piccole aziende metalmeccaniche sono già praticamente scomparse, cedono le concessionarie, ci sorpassa il porto di Capodistria. Ma qualcuno pensa all’occupazione, che è scesa all’11% di industria, e cioé sotto la soglia di equilibrio?».
Tuttavia in fabbrica, dice Palman, per ora c’è una situazione calma: «Finita la cassa integrazione, abbiamo avuto un integrativo degno di questo nome e l’azienda ha messo a bilancio 5,5 milioni di euro per interventi sulla cokeria e sull’altoforno. Il degrado è irreversibile, ma non siamo certo noi a chiedere chiusure. Lo fa la politica, e dunque la politica deve dare risposte».

(g. z.)
 

 

Gabrovec (Pd): «Comportamento arrogante e arbitrario di Terna» - DUINO AURISINA. ELETTRODOTTO
 

Interrogazione in Regione Ma Riccardi: il progetto risulta in linea con la legge
DUINO AURISINA La spinosa questione dell’elettrodotto, oggetto di controversie con le Comunelle, è rimbalzata sui banchi del Consiglio regionale, dai quali il consigliere Igor Gabrovec (Pd-Skk) ha presentato un’interrogazione per stigmatizzare il comportamento «arrogante e arbitrario - sono le sue parole - della società Terna». Stando al consigliere regionale sono rimaste sostanzialmente inascoltate le proposte che miravano a ridurre l’impatto ambientale del progetto di potenziamento della rete da Monfalcone a Padriciano. «Davanti alla motivata richiesta di interramento dell’elettrodotto quantomeno in prossimità dei centri abitati - così Gabrovec -, Terna ha addottato una tale soluzione solamente per un minimo tratto nella città dei cantieri. A Duino Aurisina, e in particolare a ridosso degli abitati di San Pelagio e Visogliano, la società ha invece escluso il passaggio sotto terra dei cavi, prevedendo esclusivamente un minimo allontanamento dell’elettrodotto dal centro abitato, aggravato comunque dal significativo innalzamento della linea, con conseguente maggior impatto anche visivo delle strutture». L’esponente del Pd ritiene inoltre non sia stata per nulla presa in considerazione la vocazione turistica di quell’area, inclusa nelle zone protette di Natura 2000. Non bastasse ciò, è «rimasto indefinito il capitolo degli indennizzi ai proprietari e alle comunità colpite». La risposta dell’assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi, che ha ricordato come sul progetto esista già un progetto favorevole di Via deliberato dalla precedente giunta nel 2007, non si è fatta attendere. In particolare ha posto l’accento sul fatto che l’esecutivo Illy aveva «ritenuto di superare alcune posizioni contrarie espresse dai Comuni in base a valutazioni e considerazioni dettagliate relative non solo al pieno rispetto, da parte del progetto, dei limiti di legge in materia di campi elettromagnetici, ma anche perchè il progetto stesso prevede perfino la riduzione, presso diversi centri abitati, dell’inquinamento elettromagnetico esistente».

(ti.ca.)
 

 

Industria nucleare, se ne parla in H3 - OGGI IN AULA MAGNA
 

Produzione e industria nucleare: sfide e prospettive di sviluppo in Italia: è questo il titolo della giornata di studio che si terrà questa mattina alle 10 nell’Aula magna dell’edificio H3, in via Valerio 10.
Si tratta di una giornata di studio Aeit, Federazione Italiana di Elettrotecnica, Elettronica, Automazione, Informatica e Telecomunicazioni, organizzata appunto dalla sezione di Trieste Aeit e dal Dipartimento di Ingegneria industriale e dell’informazione dell’Università di Trieste. In programma interventi di docenti provenienti da atenei italiani, sloveni, austriaci e tedeschi.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 31 gennaio 2011

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - PRODUZIONE NUCLEARE

 

Giornata di studio Aeit su produzione e industria nucleare: sfide e prospettive di sviluppo in Italia domani alle 10, aula magna - edificio H3 Università degli Studi via Valerio 10.

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO

 

Punto informativo gratuito offerto dalla Provincia per informazioni sul risparmio energetico. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì 10-12 e tutti i venerdì 17-19 e a Muggia, in via Roma 22, tutti i giovedì 17.30-19.30. Tel. 336-5239111.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 30 gennaio 2011

 

 

Nucleare, anche Enel interessata al raddoppio della centrale di Krsko
 

Il ministro sloveno per lo Sviluppo economico Gaspari ha chiesto «partnership forti»
TRIESTE Spettatore interessato. Molto interessato. É da questo punto di vista che Enel segue la partita per il raddoppio della centrale nucleare slovena di Krsko. Fonti vicine al gruppo guidato da Fulvio Conti assicurano che il progetto al quale sta lavorando Lubiana, e che dovrebbe andare definendosi proprio nel corso del 2011 (anche se non è scontato che vada in porto), viene seguito con grande attenzione dal colosso nazionale dell’energia. E questo, per diverse ragioni. In primo luogo, viene evidenziato, per il fatto che nel Centro Europa, e in particolare in Slovacchia (la Slovenske Elektrarne, il principale operatore nazionale, è controllata dall’Enel), il gruppo possiede già 4 impianti atomici, per 1900 megawatt di potenza installata. A questi, sempre in Slovacchia se ne aggiungeranno presto altri 2 (per ulteriori 880 megawatt complessivi). Poi, ci sono le altre sette centrali spagnole cogestite attraverso Endesa e, infine, in Francia, è in via di costruzione un reattore di nuova generazione del quale Enel detiene il 12,5%. Per non parlare, poi, del programma nucleare nazionale nel quale la società intende giocare un ruolo da protagonista assoluto.
Sullo sfondo, dunque, di questo assetto geopolitico dell’energia, che vede l’Enel essere il secondo player europeo nel settore della fornitura di elettricità, la possibilità di mettere un piede anche in Slovenia (o magari più di un piede), con il fatto che questo paese confina direttamente con l’Italia, viene giudicata interessante. Forse anche qualcosa di più di ”interessante”, si potrebbe aggiungere, specie dopo le parole pronunciate non più tardi di qualche giorno fa dal ministro sloveno per lo Sviluppo economico e gli Affari europei, Mitja Gaspari, a Gorizia, nel corso di un incontro promosso, tra gli altri, proprio da Il Piccolo, oltre che dall’Unione culturale ed economica slovena – Skgz. Gaspari, in quell’occasione, sollecitato peraltro dalle domande dello stesso direttore de Il Piccolo, Paolo Possamai, evidenziava come ”il progetto per il potenziamento dell’impianto di Krsko richiederà, per concretizzarsi, partnership forti, dal momento che Lubiana non è in grado di sostenere autonomamente lo sforzo finanziario necessario”.
Uno sforzo finanziario stimato tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro, e che potrebbe essere suscettibile di ulteriori correzioni all’insù nei prossimi anni, mano a mano che il progetto prenderà forma. Gaspari, inoltre, rimarcava come Lubiana sia ”pronta a confrontarsi a 360 gradi con tutti, alla ricerca di accordi”. Dove per tutti non sono da intendersi solamente ”stati o regioni” estere; ma anche ”aziende e gruppi industriali”. Contatti ufficiali – va detto - tra Enel e lo stato sloveno, e in particolare con la Gen – Energija, la società a maggioranza statale (e partecipata anche dai croati di Hep) che si occupa della gestione dell’energia atomica oltreconfine, non ci sono stati. Ma ciò che accade in Slovenia viene osservato con grande attenzione da Roma. I cablogrammi dell’ambasciata Usa a Lubiana rilanciati da Wikileaks nelle scorse settimane sottolineavano come la partita per Krsko si giocasse principalmente tra Stati Uniti e Francia, sull’asse Westinghouse (la stessa che fornì il reattore ad acqua pressurizzata operativo dal 1983 lungo la Sava)–Edf. Ma a questo punto non è da escludere che la partita possa allargarsi anche all’Italia.
NICOLA COMELLI
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 29 gennaio 2011

 

 

Via al trasporto merci autogestito in Fvg - MESSA SU ROTAIA LA PRIMA LOCOMOTIVA SIEMENS DELLA ”FUC” UDINE-CIVIDALE
 

Riccardi: «Giornata epocale. Così si aumenta la competitività dei nostri porti»
TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia inizia a percorrere la strada della gestione autonoma del trasporto merci. Lo fa mettendo su rotaia una locomotiva Siemens di nuova generazione, il primo dei due acquisti nell’agenda della Fuc, Ferrovia Udine Cividale, società controllata dal 2005 al cento per cento dalla Regione.
LA CONSEGNA «Giornata epocale» quella della consegna del locomotore, sottolinea Riccardo Riccardi. «È il primo passo concreto dell’impegno strategico dell’amministrazione regionale nel settore del trasporto merci ferroviario», sintetizza l’assessore ai Trasporti, ricordando il finanziamento che consente alla Fuc l’acquisto di due locomotive e di alcuni carri: 15 milioni di euro (1,5 all’anno per 10 anni) inseriti nella prima Finanziaria del Tondo bis, «investimento chiave a favore dell’intero sistema intermodale».
I PORTI Ecco uno degli obiettivi di sistema: accrescere le condizioni di competitività di una regione strategica nell’Alto Adriatico, a partire dalla sua portualità, attraverso lo spostamento delle merci dalla gomma al ferro. I porti, spiega ancora Riccardi, «non funzionano al meglio se le merci non vengono caricate a costi adeguati sul settore ferroviario: per questo la scommessa urgente è proprio quella di aggiornare il parco rotabile permettendo l’abbattimento dei costi e un servizio più efficiente a tutto vantaggio del graduale passaggio delle merci dalla gomma al ferro».
LA MISSIONE In quest’ottica la Regione ha affidato alla Ferrovia Udine Cividale una missione strategica importante, ampliando le sue competenze storicamente incentrate solo sul trasporto pubblico locale, in sinergia con il sistema produttivo e insieme alle altre realtà societarie pubbliche e private. «Affrontiamo questa seconda parte della legislatura con programmi chiari e definiti che riguardano il sistema stradale, ma la Regione ha bisogno anche di implementare gli altri sistemi modali: questo è un primo passo concreto in quella direzione».
LE CARATTERISTICHE A illustrare le caratteristiche tecniche della locomotiva, attrezzata con sistema politensione che le permetterà di circolare non solo sulla rete ferroviaria italiana ma anche su quelle slovene, austriache e tedesche, è stato ieri il direttore della Ferrovia Udine Cividale Corrado Leonarduzzi, che ha annunciato l’arrivo del secondo locomotore entro la metà di aprile.
I PRIVATI Altri investimenti sul parco rotabile fanno parte dei programmi anche delle società regionali private: alla cerimonia di inaugurazione a Udine erano presenti ieri anche gli amministratori delegati di Inrail Tullio Bratta e Interail Guido Porta.
PASSEGGERI La Regione si è mossa negli ultimi anni pure sul fronte passeggeri. Stanziando una somma di quasi 38 milioni, ha messo in cantiere l’acquisto di 8 nuovi elettrotreni (Minuetto, lunghi poco meno di 52 metri, capienza di 230 posti ciascuno) per il servizio di Trasporto pubblico locale, che andranno a sostituire le automotrici ”Ale 801”, vecchie di oltre 30 anni. Nel contratto con Trenitalia è pure previsto l’acquisto da parte della compagnia ferroviaria italiana di altri 4 treni del tipo Vivalto.
MARCO BALLICO
 

 

”Tracce di legalità”, una storia di potere e disastri ambientali - SI PRESENTA IL VOLUME DI GIURASTANTE
 

Oggi alle 18, nella sala di lettura della Libreria Minerva, via San Nicolò 20, si tiene la presentazione del libro "Tracce di legalità" di Roberto Giurastante. Modera Paolo G. Parovel.
Il libro è la storia di un disastro ambientale e del sistema di potere che se ne è reso responsabile. Un sistema di governo basato su un’illegalità diffusa. Tra traffici internazionali di armi, droga e rifiuti. Un inquinamento pianificato e garantito da un'omertà totale che nessuno può permettersi di infrangere. Pena l'emarginazione e l'isolamento. Come è capitato al gruppo di ambientalisti protagonisti di questa storia. Una storia che si svolge nel ricco Nord Est delle mafie occulte.
L’autore, Eoberto Giurastante, presidente di Greenaction Transnational, è portavoce per l’Italia di Alpe Adria Green associazione ambientalista internazionale formata da Ong croate, italiane, slovene. Ha seguito le principali inchieste sul traffico di rifiuti nell’alto Adriatico, che ha visto Trieste punto di riferimento per le ecomafie internazionali. E’ autore di denunce all’Unione europea sul sistema di smaltimento illecito dei rifiuti nel Nordest, sulle carenze della legislazione italiana in materia di prevenzione dei rischi degli incidenti agli impianti industriali (legge Seveso), sul nucleare (violazione delle norme Euratom) e sugli inquinamenti transfrontalieri.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 28 gennaio 2011

 

 

Una viennese alla Siot: «Serve cultura austriaca per il petrolio triestino» - Ulrike Andres sostituisce al vertice Del Prete «Cresceremo ancora. Il rigassificatore? Utile»
 

TRIESTE Arriva da Vienna la donna del petrolio. Ulrike Andres si è insediata in questi giorni con la qualifica di direttore generale al vertice del terminal della Siot che grazie a un traffico annuale di quasi 35 milioni di tonnellate di greggio con 415 petroliere (dati 2010) fa dello scalo di Trieste il primo porto petroli in Italia. Sostituisce il triestino Adriano Del Prete che lascia la carica di amministratore delegato per godersi il meritato pensionamento.
Dottoressa Andres, ha un significato particolare l’insediamento di una manager austriaca al vertice del terminal triestino?
Certo, questa pipeline, la Tal, è suddivisa in tre aziende: una tedesca, una austriaca e una italiana. Io sono anche secondo managing director di Tal Austria. Per cui con la mia nomina al vertice in Italia si completa un’opera di compenetrazione tra tre realtà che erano ancora troppo diverse. Si superano incomprensioni linguistiche, dato che talvolta vi erano difficoltà anche con la lingua inglese, ma si crea soprattutto un certo tipo di cultura comune.
Non si tratterà di tornare a rendere Trieste un po’ più austriaca?
Può darsi. Del resto noi viennesi abbiamo ancora un’attrazione particolare per Trieste.
Ma la situazione del terminal e dell’azienda come le ha trovate?
La Siot è un’azienda forte, in attivo e ben organizzata. La sicurezza, il rispetto dell’ambiente e la tutela dei cittadini sono la priorità numero uno.
Eppure ci sono proteste degli abitanti della zona per gli odori che provengono dalla tank farm
Siamo coscienti di ciò e appena sarà finito il periodo più freddo dell’anno faremo dei test assieme all’Arpa per tentare di ridurre al minimo questo effetto. Comunque non esiste alcun problema per la salute degli abitanti.
Ci sono possibilità di incrementare ulteriormente il traffico di greggio?
Di qualche punto percentuale sicuramente. Perchè l’oleodotto transalpino è uno dei più efficienti d’Europa, i nostri clienti in Austria, Baviera e Repubblica ceca intendono puntare ancora forte su di noi e i nostri azionisti non intendono deluderli.
L’oleodotto resta dunque un’infrastruttura altamente strategica?
È il sistema più ecologico che esista per il trasporto degli idrocarburi. Grazie a questa pipeline vengono levate dalla strada cinquemila autobotti al giorno.
Per qualche anno è rimasta in piedi l’ipotesi di realizzare un oleodotto tra il porto romeno di Costanza sul Mar Nero e Trieste il che avrebbe tagliato i volumi di traffico alla Siot. Poi la Croazia si è tirata fuori e non si è saputo più nulla. Esiste ancora il progetto?
Ritengo proprio di no, dal momento che non viene trattato ad alcun livello.
Lei ha occupato a lungo posizioni di responsabilità in ambito europeo anche nel settore del gas. A Trieste esistono due progetti per la realizzazione di un rigassificatore. Sarebbe opportuna la sua realizzazione?
Il gas è un’energia estremamente ecologica. Io ritengo che un rigassificatore qui sarebbe utile per l’Italia e anche per la città. Comunque è una scelta sulla quale non posso certamente pensare di poter influire.
Esistono anche due progetti di gasdotti per portare in quest’area il gas dalle ex Repubbliche sovietiche: South stream in cui ha interessi anche l’Eni e Nabucco. Secondo lei sono integrabili in un’unica pipeline?
Non lo so, penso comunque che un gasdotto vada realizzato e in modo che il fabbisogno di energia non debba dipendere dallo stato dei rapporti con le nazioni produttrici.
SILVIO MARANZANA
 

 

Duino Aurisina vuole adottare i colibrì - DELIBERATO IL SOSTEGNO AGLI UCCELLINI DI MIRAMARE
 

Silvio trova ”asilo politico”: la giunta Ret è disponibile a reperire un sito
DUINO AURISINA La prima notizia è che lui, Silvio, ha aperto gli occhi. La seconda è che il Comune di Duino Aurisina si è offerto di dargli ”asilo politico”. L’implume Silvio, il neonato colibrì di Miramare, a tutti gli effetti diventato ormai una star, mercoledì alle 10 è finalmente uscito dalla cecità, ha spalancato gli occhietti e ha riconosciuto la sua mamma. Un paio d’ore più tardi, a nove chilometri di distanza, la giunta di Duino Aurisina decideva di lanciare una scialuppa di salvataggio agli uccellini della riserva triestina, offrendo la propria disponibilità a reperire un’area presso la quale allestire i sofisticatissimi laboratori-serra che fungono da dimora dei minuscoli volatili.
Già in tempi non sospetti, vale a dire due anni fa, dunque prima che scoppiasse il ”caso colibrì”, rimbalzato nei palazzi romani provocando nientemeno che il personale interessamento del premier, l’amministrazione guidata dal sindaco Giorgio Ret aveva offerto un contributo di 2mila euro per sostenere la permanenza delle creaturine a Miramare. Poteva allora, l’esecutivo di Duino Aurisina, rimanere insensibile davanti all’Sos lanciato dalle istituzioni? Certamente no e infatti ieri mattina il vicesindaco Massimo Romita ha annunciato: «Siamo intenzionati a reperire un luogo per ospitare gli uccellini: putroppo non ci sono luoghi pubblici così spaziosi da ospitare le serre, tuttavia ci stiamo attivando, anche attraverso i privati, per rintracciare un luogo idoneo». Nella rosa delle location papabili figura in primis l’area parcheggi attigua alla Cartiera e immediatamente a ridosso del realizzando parco del Timavo. Ma anche la baia di Sistiana, alcuni terreni nella zona artigianale e, in un’ottica futura, la Costa dei barbari, destinata a diventare una riserva naturale. Inizialmente si era esplorata anche la possibilità del Castello di Duino (dotato di serre), ma poi l’ipotesi era stata scartata per la ristrettezza degli spazi. «Sarebbe bellissimo poter trasformare Duino Aurisina nel Comune dei colibrì, un po’ come Bordano è diventato il paese delle farfalle - ha concluso il vicesindaco -: ciò costituirebbe un vanto per noi e nello stesso tempo consentirebbe a queste creature di rimanere nella provincia di Trieste».
I tempi, intanto, stringono: lo ”sfratto” degli uccellini è imminente e dunque il posto va trovato al più presto. «Non esistono strutture provvisorie per colibrì bensì strutture che provvisoriamente possono essere adibite a serre per i fragili volatili - così il direttore del centro di Miramare Stefano Rimoli -: non è necessario pensare a una serra, serve invece un terreno sufficientemente spazioso. Perché ciò che deve essere allestito, in realtà, è un laboratorio super-tecnologico, con caldaie e generatori di correnti capaci di garantire il clima richiesto dalla specie». «Fermo restando che mi atterrò scrupolosamente alle indicazioni del sovrintendente Martines - ha concluso - mi fa piacere constatare la solidarietà del Comune di Duino e l’interessamento del prefetto. Personalmente la prospettiva manifestata dalla giunta Ret mi pare adatta, anche per la bellezza dei luoghi. Una cosa è certa: neanche un colibrì sarà trasferito se prima non saranno predisposti i laboratori».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - No paper
 

Il Piccolo ha riferito con grande evidenza che, nell’incontro del 19 gennaio scorso a Roma, tra il presidente sloveno Türk e il presidente del Consiglio Berlusconi, sarebbe stato affrontato anche il problema del rigassificatore, proposto da Gas Natural nel sito di Trieste-Zaule. Un progetto sul quale, scrive il quotidiano: «...la posizione di Lubiana è quella espressa nel famoso ”no paper” che è giunto al nostro ministero dell’Ambiente. Ossia, la Slovenia, chiede che l’Italia non ponga veti a una possibile realizzazione di un rigassificatore a Capodistria se ci fosse un accordo sull’impianto italiano di Zaule, posto l’inderogabile veto a quello off-shore». Non solo: «Fonti di Palazzo Chigi sostengono che nella mediazione l’Italia potrebbe rinunciare all’impianto off-shore se la Slovenia farà altrettanto circa il futuribile impianto di Capodistria, fermo restando valido e da attuare quello di Zaule». Si torna così a citare il «no paper» del governo sloveno, di cui il Piccolo aveva scritto ripetutamente la scorsa estate. «No paper», invero, fantomatico, poiché all’epoca da Lubiana ne era stata smentita l’esistenza e invano il Wwf aveva chiesto - a chi dichiarava di conoscerlo - di divulgarlo. Essendo poi uscita più volte anche la notizia secondo cui tale documento era sul tavolo del ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, il Wwf aveva chiesto ufficialmente di averlo. Senza ottenere però, a tutt’oggi, risposta alcuna dal ministro. Prima di ricorrere ai buoni uffici di Vittorio Sgarbi (dimostratosi efficace per avviare a soluzione la vicenda dei colibrì di Miramare, smuovendo anche il ministro Prestigiacomo), ribadisco la richiesta a tutti coloro i quali - nelle istituzioni e nei media - dispongono del misterioso documento sloveno, affinché lo divulghino. Sempre che esista davvero, ovviamente. Se invece non esiste, una smentita definitiva credo s’imponga.
Ritengo comunque importante capire se davvero i due leader, nell’incontro romano, abbiano trattato l’argomento del rigassificatore e, se sì, in quali termini, poiché il comunicato ufficiale diramato dalla presidenza del Consiglio si limita a dire che: «Durante il pranzo di lavoro, il presidente Berlusconi e il presidente Türk hanno affrontato i temi politici, economici e commerciali di maggiore interesse bilaterale».
Un tanto per chiarezza e rispetto nei confronti dei cittadini.
Dario Predonzan - responsabile Energia e Trasporti Wwf Friuli Venezia Giulia
 

 

SEGNALAZIONI - Piazza Libertà - PROGETTO
 

Leggo sul giornale che entro breve sarà sistemata piazza della Libertà, quella della Stazione centrale. Molto se ne è discusso in passato. Un ex assessore comunale fece la proposta di rivoluzionare il traffico in entrata città, togliendolo dal fronte della stazione per dirigerlo più sotto, attorno al giardino, in modo da garantire un passaggio più sicuro, rispetto alla presente pericolosità, alla gente diretta ai treni. Ciò ha scatenato le ire degli ambientalisti che hanno visto nell’allargamento della strada e conseguente abbattimento di alcuni alberi del vecchio giardino, uno sfregio alla piazza e al decoro della città. Alla sicurezza e comodità dei pedoni costoro non hanno mai pensato né ci pensano ora! In realtà si proponeva pure di allargare detto giardino verso la stazione e ripristinare qui alcuni degli alberi abbattuti. Nulla è valso a lenire il dolore di questa gente devota al verde, al vecchio e al retrò, se non il fatto di bloccare il progetto! Ora si dice che si manterrà l’attuale aspetto, solo verranno fatti alcuni sottopassi, per non perdere i soldi destinati da tempo al riordino della piazza. Insomma se non è zuppa è pan bagnato. Ma una cosa mi preme far notare: presumo che, come ora, non ci sarà posto per far sostare le auto (compresi i tassì) che sbarcano/imbarcano i passeggeri al marciapiede di stazione. Questo non è previsto da molti anni secondo i tecnici del Comune, nonostante io abbia sempre visto dagli anni ’30 in poi, fermarsi lì tassì, auto private e carrozzelle. Ma si sa, i tempi cambiano e non è detto che debbano essere in meglio. Il peggio infatti è avvenuto. Questa operazione (dello sbarco/imbarco) è considerata illegale, basta osservare i segnali di divieto di sosta tra i capi del marciapiede. Ma viene tollerata dai vigili se la fai in fretta e furia. In compenso il fronte stazione è sempre occupato da autobus che tolgono la comodità di sosta ai privati. Ma vallo a dire al sindaco Dipiazza che così non va. L’uomo ha sempre glissato sull’argomento, in buona compagnia col suo omologo Illy. Entrambi hanno sempre ignorato il problema. In piazza dunque poco cambia? Pare di sì: coi soldi del contribuente, si finge di innovare lasciando poi tutto come prima, se non peggio! È esattamente ciò che avviene in politica, quando il vecchiume e il nonsenso prevalgono!
Sergio Callegari
 

 

SEGNALAZIONI - «Colibrì, che senso ha creare un Centro così lontano dalla loro terra?»
 

La sede territoriale della Lav (Lega anti vivisezione) di Trieste guarda, con molto scetticismo, i fatti di cronaca che hanno portato a squestrare il parco tropicale di Miramare con i suoi colibrì. Per l’associazione la cosa fondamentale su cui concentrarsi ora è il benessere dei volatili, già fortemente provati dallo stress indotto dal distacco dai loro luoghi di origine. L’ipotesi di ricollocazione degli animali deve quindi garantire ai colibrì la massima attenzione.
Già altre volte, nel recente passato, il direttore del Centro colibrì, signor Rimoli, ha lanciato numerosi appelli allo scopo di richiamare l’attenzione dei cittadini e delle istituzioni sulle condizioni in cui versa il Centro da lui diretto.
Ora, però, la sede triestina della Lav chiede alle istituzioni a cosa sia realmente servito fondare un Centro colibrì a Trieste e quale sia la reale rilevanza scientifica del progetto.
Si vuole capire: 1) se la sezione Cites di Trieste sia intervenuta per valutare se gli animali detenuti nel centro appartengono a specie in via di estinzione; 2) se esiste un protocollo con gli enti preposti per controllare il numero di animali partiti dal Perù e arrivati a destinazione; 3) quanti animali sono morti nel trasporto o dopo l’arrivo a Miramare, e quanti siano nati, si parla di 100 animali donati e 80 detenuti (e in tanti anni non sappiamo esattamente quanti ne siano arrivati, portandoli via ai loro luoghi di origine).
Soprattutto vorremmo sapere quanti colibrì, delle 19 specie in via di estinzione in Perù, sono stati salvati grazie a questa ricerca scientifica.
Una grave perplessità che preoccupa l’associazione è anche l’autorizzazione ministeriale alla sperimentazione animale, rilasciata al centro nel 2005. Quale senso può avere sottoporre questi volatili alla sperimentazione di farmaci, del loro dosaggio, dello sviluppo di resistenza ad antibiotici, eccetera?
Al momento l’unico risultato certo derivato dagli studi sui colibrì di Miramare è la possibilità di riproduzione in cattività.
Consapevoli che i centri di recupero in svariate parti del mondo possono essere la giusta risposta per scongiurare la possibile estinzione delle specie animali autoctone maggiormente minacciate, ci chiediamo quale sia il senso di creare un Centro, come quello di Trieste, lontano migliaia di chilometri dai luoghi di origine degli animali, con differenze di temperatura, irraggiamento, umidità, microfauna e flora, indispensabili per la salvaguardia degli stessi uccellini.
È ormai risaputo che la più grande minaccia per la salvaguardia del polmone verde del nostro pianeta è la dissennata deforestazione, attuata allo scopo di fare spazio a pascoli estensivi per la produzione di carne. La priorità è quindi la riduzione del consumo di prodotti animali, immediatamente attuabile da chiunque, senza alcun costo aggiuntivo, senza l’istituzione di centri dalla dubbia utilità scientifica e con immediati benefici effetti per la foresta tropicale e la salute di ognuno.
Fulvio Tomsich Caruso - responsabile sede territoriale Lav di Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 gennaio 2011

 

 

«Rigassificatore servono risposte»
 

«Chiediamo all’Università che sconfessi le due relazioni del Consorzio interuniversitario Cinigeo sugli incidenti rilevanti e sull’effetto domino ed esca dal Consorzio del quale fa parte. All’Università e all’Ogs chiediamo inoltre che, attraverso i loro esperti, controllino la traduzione sulla Baia di Zaule, rifacciano i calcoli dello “Studio dispersione acque” e consentano ai loro esperti di esprimersi pubblicamente nel loro ruolo di docenti e ricercatori». Lo chiedono, in una lettera aperta sul tema del progetto del rigassificatore di Zaule, la Uil - Vigili del Fuoco, Legambiente e il Wwf. La missiva è indirizzata ai componenti del cda di Area Science Park, Ogs, Sissa, Provincia e Senato accademico dell’ateneo. A firmare la lettera sono Adriano Bevilacqua (Uil - Vvf), Dario Predonzan (Wwf) e Lino Santoro (Legambiente).
«Per la dignità scientifica e per il rispetto dell’etica istituzionale degli enti in cui operate – prosegue il testo - fate in modo che le carte intestate recanti i nomi di istituzioni scientifiche pubbliche vengano usate a vantaggio della verità». «Abbiamo inviato la missiva – spiegano ancora Bevilacqua, Predonzan e Santoro - ai componenti del Consiglio di amministrazione degli altri enti perché i loro massimi esponenti non ci hanno risposto, e ai singoli componenti del Senato accademico dell’ateneo perché la risposta del rettore e le sue dichiarazioni ci sono sembrate insufficienti ed elusive. Il progetto del rigassificatore di Zaule comporta problemi, rischi e svantaggi evidenti desumibili dalle relazioni tecniche preparate dalla ventina di ricercatori e docenti universitari che hanno prestato gratuitamente la loro opera nel Tavolo tecnico Rigassificatori Trieste».
 

 

Piano delle opere, il Comune punta a 97 milioni - Più fondi per le scuole, scompare il depuratore di Servola. Da completare la riqualificazione del Viale
 

IL DOCUMENTO ANNUALE ALLEGATO AL BILANCIO PREVENTIVO DELL’AMMINISTRAZIONE
Più scuole, meno strade, uguali musei. E tre promesse/scommesse più pesanti di altre: 4 milioni e spiccioli per la nascita di un complesso socio-residenziale fatto di appartamenti affittabili ad anziani autosufficienti a tariffe agevolate, 3 milioni e 250mila euro in due lotti per la rivitalizzazione del comprensorio sportivo Ervatti di Prosecco, nonché più di 3 milioni per il mercato ittico all’ex Gaslini, tra prolungamento della banchina, sostituzione del tetto e un’ulteriore messa in sicurezza della struttura. L’«elenco annuale dei lavori pubblici di competenza dell’amministrazione» - redatto dagli uffici del dirigente di servizio Carlo Nicotra su input di Roberto Dipiazza in quanto assessore competente - svela la lista degli interventi (e della spesa) per il 2011, tale e quale verrà scritta a breve nel più robusto Piano triennale delle opere, che come di consueto sarà poi approvato come allegato al bilancio di previsione per lo stesso 2011.
I NODI GIÀ SCIOLTI È un Piano delle opere - l’ultimo del decennio Dipiazza, l’ultimo prima del ritorno alle urne - che vale complessivamente 97 milioni da spendere (o quantomeno cercare di impegnare) nell’anno in corso, e che si presenta un po’ diverso dai precedenti. Lo è in primo luogo per una minore incidenza dei tormentoni rispetto alla globalità degli interventi previsti, dove per tormentoni (come i 5,7 milioni per il secondo lotto dell’ex mensa del Crda destinata a diventare caserma, il cui primo lotto va in riprogettazione con le nuove norme anti-sismiche...) s’intendono quei progetti riproposti puntualmente di anno in anno proprio perché nel frattempo non sono stati mai realizzati, o per ritardi burocratici, o per il mancato reperimento delle risorse necessarie. Segno che qualcosa, negli ultimi 12 mesi, evidentemente s’è mosso. Ne sono esempi alcune opere ”storiche” che non sono state più riscritte nel nuovo programma - e concentrate alla voce «interventi stradali» - in quanto, nel corso del 2010, il Comune è riuscito a consegnare i relativi impegni di spesa proprio al bilancio 2010, in virtù dell’intesa definitiva con lo Stato per la compartecipazione dei costi nell’ambito del Fondo per la mobilità del ministero dell’Ambiente: spariscono così i 3 milioni e 900mila euro ”lungodegenti” per la galleria di Montebello, i 3 milioni abbondanti per la bretella tra la Gvt e il polo ospedaliero di Cattinara (la cui progettazione è in fase di gara), il milione e passa per la rotatoria tra via Carnaro e via Brigata Casale, i 507mila euro per l’incrocio tra via Marchesetti e via Forlanini.
IL DEPURATORE Ma a marcare la differenza, rispetto al Piano 2010, è soprattutto un’assenza. Esce di scena la madre di tutte le opere, non fosse altro che per il suo costo, cioè 50 milioni in una botta unica: si tratta del nuovo depuratore di Servola. Il 2010 a qualcosa è servito, se è vero che la sostenibilità di questa colossale operazione è stata formalmente agganciata anche alla realizzazione di altre cose - tra le quali le bonifiche in base all’Accordo di programma sul Sito inquinato, per cui ci vuole pazienza... - svincolandola dalla liturgia delle ripetizioni di anno in anno.
IL PIANO PIÙ POVERO Nel precedente Piano, quella riguardante il rinnovo del depuratore era stata la voce che, da sola, aveva sballato all’insù tutto il programma finanziario per l’anno passato, schizzato, proprio per effetto di quel cinquantone, a 143 milioni totali contro i 110 del 2009, i 100 tondi del 2008 e i 139 del 2007. Una banale sottrazione, quindi, ci dice che in sostanza il nuovo Piano è più ricco rispetto a quello di dodici mesi fa (97 milioni a 93, al netto dei 50 per il depuratore). Ma un confronto a più ampio respiro, visto che al di là della sostanza anche la forma reclama la sua parte, ci dice che questa è la lista della spesa più leggera dell’ultimo quinquennio. È d’altronde un indice dei tempi (di crisi), giacché nel Piano delle opere entrano per prassi tutti gli interventi che un’amministrazione confida di poter mettere a bilancio, in particolare tramite dei contributi sovraordinati da Regione e Stato per i quali, spesso, la ”caccia” non è che all’inizio.
LE POSTE PRINCIPALI È il caso questo - tornando, nel dettaglio, alle opere più imponenti inserite nell’elenco del 2011 - del terzo lotto della ripavimentazione di viale XX settembre, dal Teatro Rossetti fino al Giulia, che vale 2 milioni e mezzo, che vanno però ancora trovati. Due milioni, invece, dovranno essere impegnati per maggiori costi di bonifica sopraggiunti nelle operazioni di scavo e conseguente smaltimento per il depuratore di Zaule. La solita posta ”grassa” - subordinata al contratto di servizio con AcegasAps - è destinata poi all’illuminazione pubblica: quattro milioni e oltre fra manutenzioni straordinarie, rinnovi ordinari e progettazioni.
LA NOSTRA ”TORRE” Un altro milione spaccato, infine, balza all’occhio come novità, semplicemente perché può essere visto, ironicamente, come una carineria di Roberto Dipiazza nei confronti di chi gli succederà, come se volesse lasciargli il posto a posto: quel milioncino serve per il «risanamento statico» e per «adeguamenti a norma dell’ala ovest», quella verso Cavana, del Municipio. Non pende come la Torre di Pisa, ma anche Palazzo Cheba ”pica” un po’, essendo stato costruito a più strati su piazza Unità, che a sua volta è stata fatta sul mare.
PIERO RAUBER
 

 

«La città dia più spazio a bus e pedoni» - COSOLINI, BANDELLI, FORTUNA DROSSI E MENIS A CONFRONTO SULLA MOBILITÀ

 

CANDIDATI - Confronto promosso da ”Trieste 3000”
Trieste deve cambiare la sua mobilità. È questo uno dei punti fermi su cui hanno concordato i quattro candidati sindaci intervenuti ieri sera al dibattito organizzato dall’Associazione culturale “Trieste 3000”. Franco Bandelli di “Un’altra Trieste”, Roberto Cosolini del Pd, Uberto Fortuna Drossi del Comitato per la città metropolitana e Paolo Menis, della lista civica 5 Stelle – beppegrillo.it, pur proponendo ricette anche molto diverse fra loro su alcuni aspetti, si sono ritrovati infatti in piena sintonia su quest’aspetto: la città deve evolversi sotto il profilo dei trasporti urbani, delle garanzie verso i pedoni, del progetto complessivo di crescita.
«Mi accontenterei di assi di scorrimento pedonale - ha esordito Bandelli -. Due amministrazioni hanno lavorato in questo senso: quella di Riccardo Illy, con la pedonalizzazione di aree del centro, dapprima accolta con proteste, poi con soddisfazione dei cittadini, poi anche quella di Dipiazza, finché sono stato assessore. Un’idea concreta – ha aggiunto – è di pedonalizzare via XXX ottobre, ma bisogna anche pensare a un asse per i disabili. Il prossimo piano regolatore – ha concluso - dovrà tenere con di queste esigenze». Infine una promessa: «400 chilometri di marciapiedi di Trieste sono da mettere a posto, mi impegno a farlo nell'arco del mandato, spendendo 4,5 milioni di euro l'anno».
Cosolini ha parlato di «necessità di andare verso il miglioramento della qualità della vita, attraverso una buona mobilità, elemento che poi si traduce in maggiore fascino della città a livello turistico. È un luogo comune – ha sottolineato - dire che Trieste non può accettare grandi cambiamenti perché conservatrice, bisogna invece avere il coraggio di fare scelte importanti. Serve una nuova politica che favorisca la mobilità lenta, di pedoni e bici, il diritto all'accesso da parte degli anziani e dei diversamente abili. Certo – ha proseguito - il nuovo Prg dovrà comprendere questi aspetti, tenendo conto delle urgenze dei rioni, per esempio con due o tre vie per rione da trasformare in isole pedonali, anche per favorire l'aggregazione».
«La città ha 390 km di strade e 100mila automobili - ha affermato Fortuna Drossi -. Basta fare una divisione per capire quanto spazio occupano: di qui l'esigenza di un piano parcheggi. Ma tutti i piani devono essere inseriti all'interno di uno complessivo di vivibilità della città. Anche i trasporti pubblici vanno essere agevolati, creando corsie preferenziali: oggi i tempi di percorrenza dei bus sono eccessivi. E poi non basta poter camminare, bisogna poterlo fare gradevolmente, perché camminare è un fatto normale, non strano e originale, perciò è indispensabile cambiare le abitudini».
Menis, dal canto suo, ha criticato «il vuoto operativo della giunta Dipiazza sulla mobilità. Bisogna invece pianificare una nuova mobilità e noi ci impegniamo fin d'ora a crearla. Si faranno scelte forse talvolta impopolari – ha continuato - ma il centro va liberato dal traffico privato, utilizzando al contempo l’alta tecnologia e l’informatizzazione, per esempio per far sapere, alle fermate, fra quanto arriva il prossimo bus. Molto utili infine – ha concluso – le piste ciclabili».
Ugo Salvini

 

 

Colibrì, una ”cordata” per salvare il Centro - Il prefetto: sinergia tra istituzioni e imprenditori Incontro all’ente camerale - CONVOCAZIONE A FEBBRAIO
 

Per i colibrì di Miramare a rischio di sfratto arrivano grandi e importanti sponsor: la Prefettura e la Camera di commercio. Potrebbero aggiungersi, ed è questo lo scopo delle due intenzioni convergenti, imprenditori in «cordata» disposti a investire sul Centro di Miramare, sotto inchiesta per abuso edilizio e in possesso solo di una proroga temporanea. Ma sul quale si è accentrato l’interesse nazionale, affinché i delicatissimi 80 uccelli (e il piccolo nato nei giorni scorsi) restino non solo in Italia, ma anche a Trieste.
«Stiamo lavorando - ha affermato il prefetto Alessandro Giacchetti - per costruire una cordata che possa sostenere il rilancio del Centro, istituto unico nel panorama europeo, un patrimonio importante per la città e la regione, che tutti auspichiamo possa rimanere in questo territorio». Da qui l’idea di convocare nei primi giorni di febbraio imprenditori ed enti locali. Ne dovrebbe sortire un accordo di programma «che metta insieme - ha proseguito Giacchetti - istituzioni e forze locali con l’obiettivo di salvaguardare il Centro. Potrebbe diventare anche un volano per il turismo».
Il presidente della Camera di commercio, Antonio Paoletti, ha peraltro affrontato la questione col direttore regionale dei Beni culturali, Giangiacomo Martines, in una riunione cui erano presenti anche un componente della Giunta camerale, Franco Rigutti, e Piero Colavitti, portavoce di Vittorio Sgarbi (che sulla vicenda dei colibrì aveva sollecitato il diretto interessamento di Berlusconi). E in quella sede Paoletti ha suggerito l’organizzazione di un incontro con gli enti pubblici locali e territoriali «per definire una soluzione definitiva e duratura per il Parco dei colibrì».
Ieri sera è arrivato l’impegno esplicito della Prefettura. Dopo che del tutto a sorpresa lo stesso Berlusconi ha trovato tempo e modo di assicurare al direttore del Centro, Stefano Rimoli, che i colibrì saranno salvati (in suo onore è stato battezzato «Silvio» l’ultimo nato a Miramare) è al direttore regionale dei Beni culturali, Martines, che i ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali hanno affidato il compito di salvaguardia. Ora l’impegno istituzionale di rafforza, e si allarga sul territorio l’onore e l’onere di conservare a Trieste il raro patrimonio.

(g. z.)
 

 

I residenti: non vogliamo il canile a Fernetti  - «Pronti a ricorrere al Consiglio di Stato». Il Comune resiste: è un progetto ecocompatibile
 

QUERELLE SULLA POSSIBILE DEVASTAZIONE DELL’AREA VERDE
L’ASSESSORE  - È un parco zoologico perfettamente in regola: non blocco niente
OPICINA C’è una nuova posizione dell’Associazione della difesa di Opicina sul progetto che prevede la realizzazione del nuovo canile sanitario comunale nel comprensorio di Fernetti, costruzione che provocherebbe il sacrificio di una vasta area boschiva di quel territorio.
Secondo l’associazione, si tratterebbe di qualcosa come 27.000 mq, per un intervento che dovrebbe prevedere non solo il canile vero e proprio ma anche delle strutture connesse come l’abitazione per i custodi e altri servizi.
«Siamo contrari all’ennesima devastazione del nostro ambiente naturale – afferma l’associazione – e per questa ragione abbiamo a suo tempo segnalato al Comune alcune aree già disponibili che potrebbero essere utilizzate a tale scopo. Tra queste, vengono indicate la sede veterinaria dell’Azienda Sanitaria presso la stazione ferroviaria di Prosecco, l’ex polveriera di Borgo Grotta Gigante. E ancora la dismessa caserma confinaria al valico di Lipizza».
Stando al comitato opicinese, i rilievi e i sondaggi sull’area destinata a ospitare il canile sarebbero già incominciati. Anzi, per cercare di bloccare il progetto, l’associazione opicinese sarebbe intenzionata a rivolgersi al Consiglio di Stato.
L’intenzione è quella di denunciare la possibile distruzione della zona verde e lo spreco di denaro pubblico a fronte di altre soluzioni che risulterebbero immediatamente realizzabili.
«Il nostro obiettivo – puntualizzano dall’associazione – è di prendere esempio dalla recente sentenza del Consiglio di Stato che riguarda la revoca delle concessioni edilizie per tre progetti edilizi relativi alla vallata di Rio Martesin». Quei progetti, viene ancora spiegato configuravano una situazione molto similare, e prevedevano la realizzazione di 109 appartamenti in un’area rurale caratterizzata da terrazzamenti e bosco. Di qui la levata di scudi. «Sta dunque a noi cittadini prendere coscienza della possibilità di difendere il nostro ambiente, anche proteggendolo da abusi e cementificazione».
«Non intendo entrare in polemica e voglio informare la comunità che il progetto per la costruzione del nuovo canile andrà avanti nel pieno rispetto dell’eco sistema dell’area di Fernetti». Questa la risposta di Michele Lobianco, assessore all’ufficio Zoologico del Comune di Trieste, che ritiene che le osservazioni dell’associazione si riferiscano a una precedente progettazione.
«Il canile intercomunale, che io peraltro preferisco chiamare parco zoofilo, prevede un minimo intervento sul territorio in questione, dall’impatto davvero ridotto. Il nuovo progetto risulta dimensionato alle esigenze della nostra città, e sarà realizzato nel pieno rispetto dell’habitat naturale».
L’assessore fornisce poi ulteriori particolari. «Per dare un’idea – continua Lobianco - è prevista la costruzione di una sola palazzina monopiano e un numero limitato di box, il tutto con materiali ecologici e consoni alla bio edilizia».
«Il sito di Fernetti – conclude infine il responsabile comunale – risulta pienamente conforme alle norme che sono previste dalle vigenti normative in materia».
MAURIZIO LOZEI
 

 

«Costa muggesana, sviluppo non distruzione» - Tomini: c’è il rischio di vederla trasformata direttamente in zona residenziale
 

Nessun piano adottato nell’area tra Punta Olmi e Bosco dell’Arciduca
MUGGIA «Lo sviluppo economico della costa muggesana dovrà fondarsi sulla conservazione intelligente del valore paesaggistico ed ambientale, non sulla sua distruzione».
Fulvio Tomini, capogruppo consigliare del Pd di Muggia, ha commentato così il primo passo annunciato dal sindaco Nerio Nesladek per riaffrontare il vecchio progetto di Muja Turistica. con l’avvio della procedura di Vas nella zona di San Bartolomeo e di Zindis.
Tomini ha le idee ben chiare: «Oggi quel tratto di territorio deve diventare il luogo del tempo libero dei muggesani e di tutti gli ospiti che vorranno venire a trovarci: una grande spiaggia da Muggia a Lazzaretto con alle spalle boschi e passeggiate». Il progetto però dovrà essere fortemente monitorato e lo strumento della Vas ne è dunque la garanzia.
«Il pericolo di veder trasformata la costa in zona residenziale è rafforzato dalle ultime disposizioni regionali che permetterebbero di poter abitare stabilmente in case costruite come turistiche – spiega Tomini – e dunque quali sarebbero allora le conseguenze in termini di abitanti, di servizi, di viabilità? E quali le ripercussioni sui progetti europei in attesa di approvazione che proprio sulla conservazione e sulla valorizzazione ambientale hanno la loro ragione di essere?»
Il capogruppo del Pd ha auspicato quindi che «la Vas risponda a questi quesiti e bene ha fatto l’amministrazione Nesladek, avviando la procedura come prescritto dalla legge, a porre dei precisi paletti e definendo le questioni chiave che dovranno essere risolte».
E nel mentre è emerso che tra i due progetti di Muja Turistica esiste un'altra ampia zona, compresa tra il tratto Punta Olmi-Bosco dell’Arciduca, con la stessa destinazione urbanistica, un'area sulla quale non ci sono attualmente piani adottati, anche se fino a poco tempo fa era stato presentato un piano di intervento edilizio poi annullato dagli uffici comunali perché ritenuto non conforme.
«Il Tribunale Amministrativo Regionale, giudicando il ricorso fatto dai proprietari, ha dato ragione al Comune - conclude Tomini – e dunque quella zona dovrà essere sottoposta prima di decidere cosa fare alla Vas che ci auguriamo, a questo punto, sia unica per tutto il territorio costiero».
RICCARDO TOSQUES
 

 

Antenne ”agevolate” con la nuova legge Ma i gestori rilanciano - AUDIZIONI IN COMMISSIONE
 

TRIESTE Antenne più facili in Friuli Venezia Giulia. Ma gli operatori non s’accontentano e chiedono tempi certi. L’assessore regionale Riccardo Riccardi ha illustrato ieri alla quarta commissione del Consiglio regionale il disegno di legge in materia di telecomunicazioni che, tra le altre previsioni, semplifica le procedure per le installazioni di impianti per la telefonia mobile e, più in generale, di tutti gli impianti di trasmissione con potenza superiore ai 5 watt. «Si tratta - ha detto Riccardi - di una norma di natura prevalentemente procedimentale, che intende chiarire e semplificare». Se con la legge attualmente in vigore è previsto che i Comuni si dotino di un apposito piano antenne, con la nuova normativa basterà un regolamento che potrà tenere conto anche dei programmi degli operatori, con l'eventuale ricorso alle procedure di consultazione di altri soggetti. Se il regolamento non verrà emendato, l'autorizzazione verrà rilasciata dal Comune previo parere dell'Arpa e con gli atti di assenso previsti per legge per gli eventuali vincoli presenti. «L’obiettivo è semplificare e valorizzare il lavoro delle imprese che operano nel settore – afferma il presidente della Commissione, Alessandro Colautti –. Il disegno di legge disciplina, per la prima volta, le telecomunicazioni riunendo in un unico testo previsioni per i tre settori: radiodiffusione televisiva e sonora, telefonia mobile e infrastrutture per telecomunicazioni in banda larga». Gli operatori del settore telefonico, ascoltati in audizione dopo l’illustrazione del ddl insieme a Confindustria, Federazione piccole e medie imprese, Ordine architetti di Pordenone, Collegio periti di Trieste, Ordine degli ingegneri, Insiel, Corecom e Protezione Civile, hanno sottolineato alcuni punti critici del disegno di legge della Giunta regionale. Secondo i rappresentanti delle compagnie telefoniche, infatti, alcune disposizioni introdotte nel nuovo testo potrebbero avere un impatto negativo negli investimenti che gli Operatori hanno pianificato a favore dello sviluppo della banda larga nel territorio regionale. In particolare la norma che affida la materia ai regolamenti comunali pone il termine di un anno per l’emanazione di questi ultimi, imponendo di fatto per il periodo transitorio una sospensione di tutte le installazioni. Ciò, secondo gli operatori, potrebbe significare il blocco, per un anno, di tutti gli investimenti del settore in molti Comuni della regione. Si chiedono inoltre tempi certi per la conclusione dei procedimenti autorizzativi, in particolare all’Arpa, per esprimere il proprio parere sanitario sulla conformità degli impianti. «Sono istanze assolutamente non campate in aria che saranno valutate con attenzione dalla Commissione – ha assicurato Colautti – pur tenendo conto che si tratta di una materia delicata».
Il disegno di legge sarà esaminato dalla IV Commissione consiliare a metà febbraio: entro quella data ci saranno gli approfondimenti tecnici per capire se sarà possibile venire incontro alle richieste delle compagnie telefoniche.
ROBERTO URIZIO

 

 

Mais Ogm, è guerra L’agricoltore: la Regione calpesta le norme Ue
 

PORDENONE «La proposta di legge regionale del Friuli Venezia Giulia sugli Ogm è in totale e palese contrasto con le vigenti norme europee in argomento». Lo afferma il presidente di Agricoltori Federati, Giorgio Fidenato. Il coltivatore, che la scorsa primavera aveva seminato provocatoriamente mais Ogm in due dei suoi poderi ad Arba e Vivaro e che adesso ha inviato una lettera ai consiglieri regionali, ha definito «singolare la procedura che viene adottata ai sensi della direttiva Ue che prevederebbe che prima si notifichi la proposta alla Commissione europea e poi, dopo le eventuali correzioni, si approvi. Nel Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia invece prima si approva e poi si notifica la legge emanata alla Commissione europea». Scelta non casuale: «Appare evidente che la volontà del legislatore regionale è quella di punire coloro che rivendicano la libertà di impresa per le proprie aziende agricole. Oltre a non rispettare la libertà di scelta degli individui e le loro legittime scelte imprenditoriali - afferma Fidenato - opera in aperto disprezzo delle regole e delle norme europee».
 

 

SEGNALAZIONI - «Scuole di Banne, eliminare per sempre il radon non è mai una priorità»
 

I nostri amministratori locali sono perfettamente a conoscenza del problema: oramai da anni i genitori delle scuole di Banne chiedono un intervento per risolvere in maniera definitiva le problematiche legate alla chiusura, avvenuta ancora nel 2000 a causa dell’elevata concentrazione di gas radon, dell’ala dell’edificio destinata alla scuola dell’infanzia.
Ed è sempre da anni che sentiamo rispondere dall’Amministrazione comunale che «l’intervento di risanamento, effettuato all’epoca, non è stato sufficiente e che, essendo la situazione particolarmente critica, quella parte di scuola deve restare chiusa». Contattata direttamente l’Arpa, ente preposto alla rilevazione delle concentrazioni di gas radon e promotore delle relative tecniche di risanamento degli edifici, è stato spiegato che l’intervento non riuscì in quanto non fu realizzato secondo le idonee modalità e, pertanto, non ottenne i risultati previsti. Oltretutto, lo stesso ente ritiene che non sarebbe impossibile, né particolarmente costoso, un definitivo intervento di risanamento degli spazi anche se, dopo essere stati inutilizzati e nel completo abbandono per un decennio, forse non sarebbero più sufficienti i soli interventi di eliminazione del radon per renderli agibili.
In questi anni, quale soluzione provvisoria divenuta definitiva, i bambini della scuola dell’infanzia sono stati «compressi» in due aule dell’ala destinata ad ospitare le scuole medie, costretti a chiudersi dentro le classi quando i ragazzi più grandi attraversano gli spazi in comune per andare in palestra o in mensa ed evitare pericolosi scontri; analogo discorso nei percorsi di uscita e di entrata comuni.
Di fronte a questa situazione di promiscuità e di fronte ai suggerimenti degli Enti preposti affinché vengano effettuati gli interventi di risanamento dell’ala in oggetto indispensabili per la salubrità degli ambienti di tutta la struttura dove 270 tra bambini e ragazzi trascorrono 8 ore della propria giornata, i buoni propositi da campagna elettorale dell’assessore Rossi unitamente alle precedenti dichiarazioni del sindaco Dipiazza sulla completa ristrutturazione delle scuole triestine entro fine mandato, stridono decisamente con la realtà dei fatti.
Dalla nostra classe politica, per l’ennesima volta, non solo sono state fatte promesse e proclami caduti completamente nel vuoto, non solo vengono proposti addirittura progetti ambiziosi (ma senza copertura finanziaria) e delle pianificazioni a lunghissima scadenza (quando già in questi anni non sono state rispettate quelle a breve scadenza) che sanno di ulteriore presa in giro, ma, cosa ancor più grave, è stato messo all’ultimo posto quello che dovrebbe essere uno degli impegni prioritari di ogni buon amministratore: la sicurezza e la salubrità delle strutture dove cresce il nostro futuro. Ma, si sa, le priorità sono sempre altre...
Comitato genitori scuole di Banne

 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 26 gennaio 2011

 

 

Rinnovabili, il sistema rischia di incepparsi

 

Le organizzazioni ambientaliste come Greenpeace, Legambiente e Wwf assieme a Fondazione Sviluppo Sostenibile, Kyoto Club e Ises Italia hanno presentano alcuni emendamenti al decreto di recepimento della Direttiva 2009/28 con l’obiettivo di dare stabilità del mercato delle rinnovabili.
L’attuale sistema degli incentivi alle fonti energetiche rinnovabili ha consentito all’Italia di attrarre negli ultimi anni investimenti per miliardi di euro con effetti concreti sia sul lato della produzione di energia, dove la percentuale delle rinnovabili supera oramai il 20% del totale, sia sul lato occupazionale con la creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro.
Negli ultimi due anni, caratterizzati dalla grave crisi economica, il settore delle fonti rinnovabili ha continuato ad attrarre investimenti, generare utili, occupazione, filiere industriali importanti.
La spina dorsale di questo “movimento” - si legge nella nota stampa congiunta delle associazioni - è stato un sistema nazionale di incentivi efficiente ed efficace, modulato quasi sempre con sapienza e innovazione anche rispetto alle esperienze compiute da altri Paesi europei.
Nel comunicato stampa le associazioni sottolineano che questo sistema di incentivi necessita una profonda revisione che consenta di eliminare alcune distorsioni interne e di rispondere in maniera efficace agli ambiziosi obiettivi europei al 2020.
Secondo le associazioni, la recente approvazione del Nuovo Conto Energia per il solare e delle Linee Guida sulle Autorizzazioni per gli impianti rinnovabili e l’adattamento della normativa regionale hanno avuto il fondamentale pregio di definire un orizzonte temporale di stabilità, condizione ideale per attrarre nuovi investimenti e per non fermare quelli incorso.
Il decreto proposto dal governo pur presentando indubbi meriti di chiarezza e di sistematicità della materia e contenendo notevoli passi rispetto all’incentivazione della generazione termica e della biomassa, include alcuni elementi negativi in grado di bloccare lo sviluppo del settore.
Tra gli emendamenti proposti dalle associazioni vi è la limitazione sugli impianti solari fotovoltaici a terra – per distinguere i casi di aree agricole di pregio dalle altre, affidando la competenza alle Regioni – e la riduzione del taglio del prezzo dei Certificati Verdi, dal 30% al 15% del valore attuale, più congruo rispetto ai costi effettivi.
“Non vorremmo che - concludono i rappresentanti - dopo un’assurda campagna di disinformazione sulle fonti rinnovabili, il Governo con l’intento ufficiale di sistematizzare gli incentivi alle rinnovabili, ne provochi di fatto un rallentamento se non il blocco di alcune tecnologie”.

 

 

Parte lo Sportello Ambiente di Legambiente e IKEA

 

Si chiama “Sportello Ambiente” il progetto nato dalla collaborazione tra Legambiente e IKEA e sarà presentato dal 28 al 30 gennaio nei negozi IKEA di tutta Italia. A partire da gennaio e per i prossimi mesi ai clienti e visitatori verranno offerti gratuitamente utili suggerimenti su come migliorare l’efficienza domestica e ridurre le spese e informazioni sui pannelli solari, sulle energie rinnovabili e le tecnologie amiche dell’ambiente.
“La lotta ai cambiamenti climatici inizia proprio dalle nostre case, da come le costruiamo e da come siamo capaci di risparmiare energia e ridurre i consumi - ha detto Andrea Poggio, vicedirettore nazionale di Legambiente - Grazie allo Sportello Ambiente, insieme a IKEA, potremo offrire un contributo importante per migliorare le abitudini quotidiane, promuovere comportamenti più consapevoli e sostenere nuovi stili nell’abitare”
“La collaborazione tra IKEA e Legambiente nasce da una comune volontà di promuovere una vita domestica più sostenibile” dice Riccardo Giordano, Environmental Manager IKEA Italia "per un consumo più consapevole delle risorse naturali e dall’impegno nel sostenere nuovi stili nell’abitare, improntati ad una maggiore sostenibilità ambientale ed economica”.
Già oggi le città dove viviamo sono responsabili per il 75% degli usi energetici mondiali e dell'80% delle emissioni di gas serra (dati Onu Habitat). Le nostre case, in particolare, sono fortemente energivore: il 41% negli usi dell’energia è imputabile a case e uffici. Di questo, il 57% dei consumi domestici è determinato dal riscaldamento, l’11% dagli elettrodomestici, il 7% dalla cucina, il 25% è legato alla produzione di acqua calda. Ai soci IKEA Family e IKEA Business sarà riservata, previo appuntamento, una vera e propria consulenza personalizzata. Un esperto di Legambiente determinerà i consumi effettivi delle abitazioni e valuterà i possibili interventi specifici per il risparmio energetico. Chi vuole informazioni dettagliate sui propri consumi energetici può portare allo Sportello le bollette, mentre chi desidera istallare un pannello solare sulla propria abitazione non dimentichi la foto del tetto e i dati delle dimensioni.
Il progetto di Legambiente e IKEA è patrocinato dal Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare che patrocina anche la campagna “Isolando”, promossa presso lo Sportello Ambiente, e che mostra come si può ristrutturare casa risparmiando energia e guadagnando in benessere. Sui siti www.viviconstile.org e www.ikea.it/sportelloambiente si troveranno le informazioni aggiornate su date e orari di aperture dello sportello nei negozi IKEA d’Italia.
 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 26 gennaio 2011

 

 

LETTERA APERTA  - “Chiediamo a Università e OGS di sconfessare le relazioni”.

 

Sul Rigassificatore, lettera aperta di Uil -Vigili del Fuoco, Legambiente e WWF ai componenti del Consiglio di amministrazione di Area Science Park, dell’OGS, della SISSA, della Giunta provinciale Trieste e del Senato accademico dell’Università di Trieste: “Chiediamo a Università e OGS di sconfessare le relazioni”.
Una lettera aperta di richiamo ai doveri etici, sul tema del Rigassificatore di Trieste-Zaule è stata inviata da Uil - Vigili del Fuoco, Legambiente e WWF ai componenti del Consiglio di amministrazione di Area Science Park, dell’OGS, della SISSA, della Giunta provinciale Trieste e del Senato accademico dell’Università degli Studi di Trieste. La missiva, firmata da Adriano Bevilacqua, Dario Predonzan e Lino Santoro, fa seguito alla mancata risposta di Area Science Park, OGS, SISSA e Provincia alla Lettera aperta del 2/12/10, ed alle dichiarazioni rilasciate all'ANSA dal Magnifico Rettore dell'Università degli Studi di Trieste il 7 gennaio dopo la conferenza stampa tenuta dalle suddette associazioni.
“Chiediamo all’Università - incalzano I firmatari - che sconfessi le due relazioni del Consorzio interuniversitario Cinigeo sugli incidenti rilevanti (normativa Seveso) e sull’effetto domino ed esca dal Consorzio del quale fa parte. All’Università e all’OGS chiediamo inoltre che, attraverso i loro esperti…, controllino la traduzione sulla Baia di Zaule, rifacciano i calcoli dello “Studio dispersione acque” e consentano ai loro esperti di esprimersi pubblicamente nel loro ruolo di docenti e ricercatori…” . “Per la dignità scientifica e per il rispetto dell’etica istituzionale degli enti in cui operate – è l'appello lanciato da Uil - VVF, Legambiente e WWF - fate in modo che le carte intestate recanti i nomi di istituzioni scientifiche pubbliche vengano usate a vantaggio della verità”.
Nella lettera si fa notare come per la sicurezza degli abitanti di Trieste e Muggia si ritenga necessario attirare l'attenzione dei destinatari “sull’argomento e sugli esiti del Gruppo di lavoro tecnico-scientifico della Provincia”.
”Abbiamo inviato tale missiva – spiegano ancora Bevilacqua, Predonzan e Santoro - ai componenti del Consiglio di amministrazione degli altri enti perché i loro massimi esponenti non ci hanno risposto, e ai singoli componenti del Senato accademico perché la risposta del Rettore e le sue dichiarazioni all’ANSA ci sono sembrate insufficienti ed elusive”.
“La costruzione di un rigassificatore dentro il tessuto urbano, in mezzo al porto industriale nella stretta Baia di Zaule – continua la lettera - comporta problemi, rischi e svantaggi evidenti desumibili dalle relazioni tecniche preparate dalla ventina di ricercatori e docenti universitari che hanno prestato gratuitamente la loro opera nel Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste”.
Vengono elencati i rischi per la popolazione, i rischi di incidenti industriali e incendi a catena («effetto domino») che possano innescarsi dal rigassificatore e dalle navi gasiere, oppure dagli stabilimenti chimici e dai depositi infiammabili circostanti verso il rigassificatore. Viene lamentato il blocco di tutto il porto per effetto dell'applicazione delle norme internazionali di sicurezza che vietano la navigazione entro un raggio minimo di 450 metri attorno a gasiere in manovra o durante tutta la fase di scarico del gas liquido, come pure il raffreddamento e la sterilizzazione (con cloro) delle acque della Baia di Zaule.
“In varie occasioni – prosegue la lettera aperta - chi conduceva la regìa della progettazione del rigassificatore ha tentato di coinvolgere le istituzioni scientifiche triestine, o loro singoli esperti …, in un ruolo di supporto-fiancheggiamento alla progettazione, spendibile presso l’opinione pubblica. Viceversa, Ministeri, Regione e Comune hanno tenuto lontani i locali enti scientifici (soprattutto Università e OGS) da qualsiasi attività di efficace controllo-qualità della documentazione prodotta, evitando che questi enti potessero rendere un servizio alla Collettività. Tardivamente la Provincia ha pensato che i cittadini potessero porre domande ai progettisti attraverso un Gruppo di lavoro tecnico-scientifico”, istituito “col semplice compito di compattare le domande dei cittadini e trasmetterle a Gasnatural.” Si è così “creata una situazione alquanto ambigua, perché ha “consentito” l’eliminazione delle domande più imbarazzanti. Gli stessi esperti, se ufficialmente coinvolti e quindi con la copertura delle proprie istituzioni, si sarebbero assunti le proprie responsabilità e avrebbero rifatto i calcoli sbugiardando clamorosamente quanto presentato”.
Un richiamo particolare è rivolto al Rettore dell’Università, il quale ha ripetuto all’ANSA «di non conoscere la relazione sull’ “effetto domino”, che le associazioni accusano di essere inaffidabile». Nella sua relazione, il Cinigeo (di cui fa parte l’Università di Trieste) arriva a scrivere: «Dalla rappresentazione grafica appare evidente che in nessuno dei casi considerati è ipotizzabile un effetto domino dall’installazione dell’Azienda Gas Natural verso le installazioni esterne». “Ci domandiamo – conclude la lettera di UIL – VVF, Legambiente e WWF - se i contenuti citati sono compatibili con la deontologia dell' Università o con la sua presenza nel Consorzio”. “Cos’ha fatto il Rettore – si chiedono ancora le tre sigle - per moralizzare questa situazione, dopo esserne stato ripetutamente e dettagliatamente informato da noi?”.
UIL-Vigili del Fuoco, LegaAmbiente, WWF

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 gennaio 2011

 

 

Tav, due ipotesi per la Trieste-Divaccia - La Commissione italo-slovena: l’Ue impone di scegliere entro aprile
 

TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia tenta di accelerare per il tratto della Tav fra Trieste e Divaccia. In territorio italiano, tra Trieste e il confine, si stanno vagliando due ipotesi: la prima è lunga 22,677 km dei quali 7,2 in galleria; la seconda è molto più breve: 12,309 km, di cui però ben 11,2 in galleria. La differenza di costo è solo del 2,2%.
La posta in gioco è enorme perché la Slovenia, grazie anche al prospettato intervento del gruppo bancario italiano Unicredit, è partita a razzo per il tratto Capodistria-Divaccia che se sarà l’unico a venir realizzato taglierà fuori Trieste e il suo porto dai collegamenti tra il Mediterraneo e l’Est Europa.
Le cinque diverse ipotesi progettuali che sono sul tappeto per la Trieste-Divaccia (due per la parte italiana, e tre quella slovena) dovranno essere trasformate, per rispettare le scadenze imposte dall’Ue, in un unico tracciato condiviso entro due mesi e mezzo. Questa è la scommessa fatta ieri a Brdo pri Kranju, a Nord di Lubiana, dalla Commissione intergovernativa italo-slovena alla quale ha partecipato anche l’assessore regionale a Infrastrutture e trasporti Riccardo Riccardi, alla presenza di Guenther Ettl, capo di gabinetto del coordinatore Ue per il progetto prioritario numero 6, Laurens Brinkhorst.
La Commissione ha fissato la fine del 2011 come limite per l’approvazione del progetto preliminare e giugno 2012 per la costituzione del cosiddetto Geie, il Gruppo europeo d’interesse economico che deve diventare il soggetto responsabile delle future attività di progettazione.
Solo se queste due scadenze saranno rispettate e se lo studio di fattibilità sarà portato all’attenzione della Commissione intergovernativa entro il prossimo aprile la Ue concederà la già annunciata proroga per la chiusura di tutte le fasi progettuali a dicembre 2015 rispetto all’originario dicembre 2013 e confermerà ai partner italiano e sloveno il contributo finanziario europeo, del 50% della spesa previsto per i costi di progetto.
Come informa un comunicato della Regione, ieri Rete ferroviaria italiana e l’Agenzia slovena per gli investimenti sulle infrastrutture ferroviarie hanno annunciato che saranno in grado di completare i progetti di fattibilità entro fine aprile. Subito dopo potrà pertanto essere riconvocata la Commissione intergovernativa che dovrà formalmente approvare nel suo complesso il progetto preliminare della Trieste-Divaccia.
«Grazie all’intervento della Regione - ha sottolineato ieri Riccardi - nei mesi scorsi è stata del tutto accantonata l’ipotesi di un passaggio transfrontaliero che andasse a toccare la Val ROsandra. Sarà ora compito della Regione e mio in particolare - ha aggiunto - coinvolgere le realtà istituzionali del territorio triestino per valutare le due soluzioni sul tappeto».
Intanto il ministro dei trasporti sloveno Vlacic ha confermato che il progetto della Capodistria-Divaccia procede con l’intervento di Unicredit, mentre il prospettato collegamento tra i porti di Trieste e Capodistria secondo la Slovenia dovrà riguardare soltanto i passeggeri.
SILVIO MARANZANA
 

 

Di nuovo attivo l’Ecosportello - MUGGIA: IN VIA ROMA
 

MUGGIA Legambiente Trieste e circolo Verdeazzurro, con il patrocinio della Provincia di Trieste e del Comune di Muggia, in occasione della ripresa dell’attività dell’Ecosportello, organizzano oggi alle 11 una conferenza stampa pubblica a Muggia. All’appuntamento interverranno, oltre agli esponenti di Legambiente, il sindaco di Muggia Nerio Nesladek e l’assessore provinciale Dennis Visioli. Da martedì prossimo, infatti, riapre l’Ecosportello, punto informativo gratuito per i cittadini interessati al risparmio energetico e alle agevolazioni previste dalla finanziaria 2011. In quella sede vengono fornite informazioni tecniche, di tipo normativo ed economico in modo da consentire la progettazione e l'installazione di sistemi di isolamento termico dell'abitazione, di impianti a basso consumo energetico, di impianti solari fotovoltaici e termici e di altri sistemi in grado di garantire un buon risparmio energetico e una consistente riduzione dei costi tariffari. A Muggia il servizio sarà attivo in via Roma 22 tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30. Gli operatori saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta, potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni.
 

 

«Piano casa, il Pdl non nasconda il flop» - I CONSIGLIERI IACOP E BRANDOLIN REPLICANO ALLA MAGGIORANZA
 

TRIESTE Continua la querelle sul Piano caso. A ”sparare” sono i consiglieri democratici Giorgio Brandolin e Franco Iacop, che attaccano: «Le affermazioni scomposte dei consiglieri regionali Pdl Alessandro Colautti e Daniele Galasso, che accusano il centrosinistra di boicottare la legge sul Piano casa, sono solo il tentativo di arginare il fallimento del presidente Tondo e della sua maggioranza in materia di pianificazione territoriale e rilancio dell’edilizia».
Iacop e Brandolin non perdono l’occasione per lanciare qualche frecciata al centrodestra. «Accusare gli enti locali di essere politicamente schierati e di mettere i bastoni tra le ruote, disapplicando la norma - affermano i due consiglieri - è grave, perché manca di rispetto dei ruoli istituzionali e del principio della regolarità dell’attività amministrativa, offendendo così amministratori locali e funzionari. Oltre a questo, poi, ci sono le seicento pratiche ferme negli uffici regionali a seguito dell’entrata in vigore della legge regionale antisismica nel 2009. Sono forse i dirigenti e funzionari regionali ”non allineati” alle direttive imposte dalla legge o è piuttosto il disposto legislativo che non sta in piedi, creando difficoltà a tutti, dal burocrate al cittadino committente, dal professionista all’impresa? Perché – chiedono Brandolin e Iacop - il consigliere Colautti parla solamente della città di Udine e non cita i dati allarmanti sul Piano casa di Trieste (134 pratiche) e Gorizia (17)? Il sindaco Dipiazza parla di disastro e con il collega Romoli prendono atto del fallimento ma non accusano i propri funzionari per la lettura ”politicizzata” dei regolamenti. A questa paralisi dell’attività del settore edile si aggiunge ora l’inefficacia in materia ambientale con le procedure ”improbabili” degli inattuabili protocolli Vea.» L’affondo finale: «Perché la maggioranza di centrodestra non prende atto dei fallimenti e si mette subito al lavoro per rimediare concretamente – concludono i due consiglieri del Pd - senza proclami ideologici e illusori annunci? Basta con questi provvedimenti senza visione strategica e con procedure confuse e disordinate. Tondo e la sua maggioranza di centrodestra aiutino la comunità regionale ad uscire dalla crisi con leggi migliori ed applicabili».
 

 

Decolla il progetto di ”Muja turistica” - Gli interventi edilizi nelle aree di San Bartolomeo e Zindis saranno condivisi coi residenti
 

L’AMMINISTRAZIONE NESLADEK, PRIMA CONTRARIA, HA UFFICIALMENTE AVVIATO LA PROCEDURA DELLA VAS
La sistemazione della linea di costa dovrà tenere conto della presenza di siti archeologici
MUGGIA «Il futuro della costa muggesana dev’essere condiviso assieme alla popolazione: le scelte prese vent’anni fa non possono più essere considerate valide».
Nerio Nesladek, sindaco di Muggia, annuncia così il primo passo per riaffrontare il vecchio progetto di “Muja turistica”. Fortemente criticato proprio dall’attuale amministrazione comunale per la sua impostazione, ritenuta invasiva. Il primo cittadino rivierasco ha annunciato ieri l’apertura al confronto, almeno sulle predisposizioni che il piano regolatore prevede per la creazione di interventi edilizi.
VAS In questi giorni sono state infatti avviate le procedure di Valutazione ambientale strategica (Vas) per i Piani attuativi comunali d’iniziativa privata inerenti i Complessi turistici di San Bartolomeo e Zindis. In seguito all’incontro avvenuto tra Comune, Arpa Fvg, Provincia e il Servizio tutela beni paesaggistici della Regione è emerso che la valutazione dei due interventi dovrà essere effettuata in maniera congiunta. Inoltre l’interrelazione sussisterà anche con gli altri potenziali interventi turistici relativi alla zona di Punta Olmi, il Bagno della Polizia e la modifica a fine turistico della linea costiera compresa tra il valico di Lazzaretto e Porto San Rocco. Uno dei punti cruciali sarà poi dato dal fatto che lo scenario di valutazione dovrà considerare l’utilizzo degli immobili destinati a residenza turistica o alberghiera alla stregua di residenza, in qualità di “abitazione ordinaria”.
AREE La proposta di Pac (Piano di azione comunale) di San Bartolomeo innanzitutto dovrà tener conto che la volumetria massima ammissibile sarà pari a 18 mila 521 metri cubi (e non a 37 mila 853 mc come indicato nel rapporto preliminare). Inoltre, la sistemazione della linea di costa dovrà tenere in forte considerazione la presenza dei siti archeologici ivi presenti. La viabilità interna al lotto, infine, dovrà essere costruita in riferimento alla viabilità esistente. Per quanto riguarda invece il Pac di Zindis dovranno essere superati i problemi di compatibilità urbanistica con il vigente Prgc per quanto concerne la realizzazione del parcheggio lungo la strada provinciale.
AMBIENTE Come ricordato dall’Arpa l’impatto dei piani dovrà essere valutato sia in fase di cantiere che una volta a regime per quanto concerne il rapporto ambientale. Dovranno quindi essere rispettati i vincoli ambientali, paesaggisti e culturali - nello specifico l’approfondimento del sito archeologico di Punta Sottile -, la biodiversità con i possibili impatti sulle formazioni vegetali e sulla fauna, la descrizione del sistema idrologico, la viabilità e il possibile inquinamento acustico, nonché l’impatto dei nuovi insediamenti sul sistema comunale di raccolta dei rifiuti.
COMUNE «Abbiamo intessuto un rapporto con i responsabili dei progetti di Muja turistica nell’intento di trovare una risoluzione non sanguinosa per entrambi - spiega Nesladek -: la decisione è stata quella di ricorrere alla Vas, uno strumento che rimetterà in moto dei soggetti prima non interpellati».
Il sindaco di Muggia ha evidenziato come «rientrerà in gioco la Sovrintendenza ambientale», ma soprattutto come tutto il progetto, in passato fortemente temuto e oggetto anche di raccolte di firme per il suo possibile carattere impattante, «verrà giudicato attraverso una consultazione popolare».
Esistono però dei punti che il sindaco ha definito non negoziabili: la rinuncia al Porto nautico e la risoluzione in maniera esaustiva di tutti i parametri di carattere ambientale.
RICCARDO TOSQUES
 

 

Arriva la legge per la tutela dall’elettrosmog - STAMANI L’ILLUSTRAZIONE DELLA PROPOSTA DELLA GIUNTA
 

Audizione di Riccardi in quarta Commissione. Saranno sentite le compagnie telefoniche
TRIESTE Tutelare i cittadini dagli effetti dell’esposizione ai cambi elettromagnetici, localizzare ordinatamente gli impianti sul territorio, servire gli utenti su tutto il fronte della telecomunicazione. Riccardo Riccardi, questa mattina in quarta commissione, illustrerà gli obiettivi del ddl 119 d’iniziativa della giunta «Norme in materia di telecomunicazioni». Sono previste le audizioni con Anci, Upi, Arpa, ordini professionali, categorie economiche, Rai e tv locali, compagnie telefoniche.
La disciplina era stata sin qui affrontata con legge regionale 28 del 2004, incentrata però esclusivamente sulla telefonia mobile. In riferimento alle norme nazionali il nuovo disegno di legge, che la giunta aveva inizialmente legato anche a energia e distribuzione carburanti (ottenendo anche l'intesa del Consiglio delle Autonomie locali), materie poi scorporate, disciplina la localizzazione, l’installazione, la modifica e il controllo degli impianti per telecomunicazioni.
L’articolato stabilisce le diverse funzioni tra Regione e Comuni e dettaglia le norme in materia di radiodiffusione televisiva e sonora nonché quelle in materia degli impianti per telefonia mobile. E ancora disciplina la programmazione, la regolazione e la realizzazione della rete a banda larga pubblica di proprietà regionale, puntando a migliorare i servizi telematici a disposizione della pubblica amministrazione e alla riduzione del gap informatico che interessa ampie zone del territorio regionale. Obiettivo peraltro anche del programma Ermes che prevede un investimento di 120 milioni di euro, di cui circa la metà, impegnati nei primi due anni di legislatura, per collegare con una rete di proprietà pubblica in fibra ottica tutte le 218 sedi municipali, le centrali telefoniche e le aree industriali che fanno capo a Consorzi e Distretti industriali.
La Regione, si legge infine nel testo predisposto dalla giunta, gestirà la capacità trasmissiva riferita alla pubblica amministrazione e, ai fini di contribuire al superamento del digital-divide, potrà mettere a disposizione ”quote” di capacità di trasmissione della propria rete (eccedenti le esigenze delle istituzioni pubbliche) a operatori delle telecomunicazioni, individuati con procedure a evidenza pubblica.

(m.b.)
 

 

Mobilità e ambiente, un convegno - ALL’AUDITORIUM DEL REVOLTELLA
 

Si intitola ”La mobilità urbana a servizio dei cittadini e dell’ambiente” il convegno che si terrà venerdì alle 17 al museo Revoltella (via Diaz 27), organizzato dal movimento ecologista FareAmbiente in collaborazione col Comune. Dopo la presentazione da parte del coordinatore provinciale del movimento Giorgio Cecco, interverranno l’assessore comunale Paolo Rovis, Giulio Bernetti direttore del Servizio mobilità del Comune, Stellio Vatta direttore dell’Arpa e Sergio Abbate, comandante dei Vigili urbani.
 

 

SEGNALAZIONI - Piano abortito - TRAFFICO
 

Sono passati più di dieci anni di progetti per il Piano del traffico urbano senza che ne sia uscito niente di specifico, altro che qualche proposta di intervento a macchia di leopardo (o d’inchiostro) qua e là, senza alcuna connessione logica o consequenziale, altro che un perpetuarsi di una serie caotica di ostacoli e impedimenti alla circolazione mediante divieti, sensi unici, corsie preferenziali, pedonalizzazioni, dissuasori ecc. con nessun’altra miglioria riguardo alla scorrevolezza e sicurezza del traffico, ovvero un sostegno a esso con un adeguato supporto di parcheggi agevolati, senza i quali il traffico è divenuto una condizione permanente come il gioco dell’oca, ma nient’affatto pianificato!
Limitare in ogni modo il traffico veicolare non equivale a pianificarlo; significa asfissiarlo e quindi portarlo al collasso. Tentare di sostituirlo con i pedoni, le biciclette, i bus e i taxi è pura demagogia o utopia ottocentesca di chi non ha la forza d’animo o la capacità di prendere il toro per le corna e stendere un Piano vero e non una dichiarazione di resa incondizionata oppure una copia moscia di quei patetici paesaggi urbani mitteleuropei tanto moderni quanto squallidi come i dati delle statistiche sociali che li vedono in testa per suicidi, depressioni, malattie mentali, e abuso di droga e alcol nel vano tentativo di digerire quella micidiale noia derivata dalla piattezza della vita in città eleganti quanto può esserlo il connubio tra un camposanto, una caserma e una pista d’atterraggio: simmetrici, allineati ma soprattutto dello stesso materiale e colore rigorosamente grigio, specie «dehors»; oppure del color bianco-sporco dei gazebo, così «trendy»!
Senza contare la montagna di quattrini tolti dalle nostre tasche per onorare rispettabili ma costosi professionisti, finanziare elaborati, mappe, modellini in scala o virtuali, o «rendering» (così trendy), documenti, tavole rotonde, conferenze, riunioni, ecc. Tutto questo per concludere con una dichiarazione di resa e il passaggio del «testimone» (leggi: patata bollente) al successore e alla prossima giunta primaverile. C’è di che andare fieri e creare subito una lista civica ad hoc che vanti nel suo curriculum un bel flop di portata decennale e milionario come questo e un progetto politico che scarichi tutte le colpe agli «altri». Un piano del traffico abortito a causa di una clinica costosissima che usa manuali privi del buon senso e immaginazione dimenticando con proterva indolenza di supportarlo, o meglio anticiparlo, con un adeguato piano di parcheggi agevolati (per non dire gratis) per i contribuenti, non a lucro di ditte private quanto estranee che si impossessano così di terreno comunale (cioè di noi tutti) per 99 anni (rinnovabili). A meno che non vogliamo tagliare la testa al succitato toro con le corna e decidiamo di abolire tout-court le auto e chiudere la Fiat e il suo mitico indotto alla faccia del referendum e della Fiom, impiegati o meno, e dei programmi di investimenti miliardari per produrre 1000 auto al giorno. Per metterle dove? Per farne che? Per rottamarle?
Bruno Benevol - consigliere circoscrizionale

 

 

 

 

IL CORRIERE DELLA SERA - MARTEDI', 25 gennaio 2011

 

 

Solare: la rivoluzione è vicina - I pannelli che funzionano di notte - Grazie alle microantenne di nanotubuli al carbonio
 

Sfruttano gli infrarossi rilasciati dal terreno nelle ore notturne. Efficienza superiore al fotovoltaico tradizionale
MILANO – Un pannello solare che funziona di notte è una contraddizione di termini. In una parola: impossibile. Ma Steven Novack, dell’Idaho National Laboratory del dipartimento americano dell’Energia, ha sviluppato un nuovo concetto di pannelli solari destinato a creare una vera rivoluzione nel settore. E soprattutto superare il grande limite dei pannelli solari: senza sole, quindi di notte, non producono energia, con le evidenti limitazioni che ciò comporta.
INFRAROSSI - Novack parte da una constatazione di fatto: circa la metà dell’energia disponibile dello spettro solare arriva sulla Terra nella banda degli infrarossi (Ir). E parte di questa viene riemessa sottoforma di calore dal terreno durante la notte. Se la notte è nuvolosa, in parte gli infrarossi vengono riflessi verso il suolo. Ecco perché nei deserti, dove la copertura nuvolosa è assente, di notte la temperatura si abbassa notevolmente e fa freddo: il calore attraversa l’atmosfera e si disperde nello spazio come radiazione Ir.
MICROANTENNE - Realizzando un sistema di microantenne della lunghezza d’onda degli infrarossi (sopra i 700 nanometri), test di laboratorio hanno verificato la possibilità di raccogliere l’84% dei fotoni riemessi dal terreno. Un sistema operativo reale utilizzabile su larga scala potrebbe arrivare al 46%. È comunque un’efficienza di gran lunga maggiore di quella dei migliori pannelli fotovoltaici attuali, le cui celle al silicio non oltrepassano il 20% nelle migliori condizioni. In realtà i pannelli tradizionali hanno efficienza ancora minore, perché se le celle non sono posizionate con un’angolatura precisa rispetto all’angolo di incidenza dei raggi solari oppure se si riscaldano troppo oltrepassando la temperatura ottimale di esercizio, la produzione di corrente elettrica crolla a frazioni di quella nominale. Le microantenne, invece, sono in grado di assorbire infrarossi in un ampio ventaglio angolare.
DIODI - A differenza delle celle fotovoltaiche, che assorbono fotoni per liberare elettroni e generare energia, le microantenne funzionano in altro modo. Entrano in risonanza con la lunghezza d’onda degli Ir generando una corrente alternata, ma a una frequenza troppo alta per essere utilizzata. La corrente alternata (Ac) deve quindi essere trasformata in corrente continua (Dc), ma qui sorge un problema. I diodi semiconduttori al silicio che convertono la Ac in Dc non funzionano alle alte frequenze generate, spiega Aimin Song, ingegnere nanoelettronico dell’Università di Manchester. Inoltre quando vengono rimpiccioliti alle dimensioni delle microantenne, i diodi diventano meno conduttivi. Ma Song e, indipendentemente, Garret Moddel dell’Università del Colorado a Boulder, stanno risolvendo questo decisivo inconveniente con la creazione di un diodo di nuova concezione capace di utilizzare alte frequenze ottiche.
MULTISTRATO - Una volta superato il problema dei diodi, l’ideale sarebbe realizzare un pannello multistrato capace di funzionare a differenti frequenze. Capace quindi di assorbire sia la luce solare diurna, sia gli infrarossi emessi di notte dal terreno e anche quelli rispediti a terra dalle nuvole. Quindi un pannello che funzioni sia di giorno che di notte. In pratica la quadratura del cerchio.
NANOMETRI - Oltre ai diodi, il problema consiste nel produrre microantenne delle dimensioni della radiazione infrarossa: alcune centinaia di nanometri (un nanometro è un milionesimo di millimetro). Al momento il gruppo di ricerca di Novack ad Idaho Falls ha creato microantenne capaci però di operare solo nell’infrarosso lontano, ma ritiene possibile realizzare entro pochi mesi microantenne in grado di lavorare anche nello spettro infrarosso medio e vicino.
NANOTUBULI – Un grosso impulso a questa tecnologia che potrebbe rivoluzionare il mondo dell’energia solare, può arrivare dai nanotubuli in carbonio, messi a punto da Michael Strano, Han Jae-hee e Geraldine Paulus del Mit di Boston. Il gruppo, su Nature Materials dello scorso 12 settembre, ha reso noto di aver trovato il modo di realizzare le microantenne di Novack utilizzando i nanotubuli in carbonio. Strano e colleghi hanno realizzato una sorta di fibra lunga mille nanometri e spessa 400 nanometri composta da circa 30 milioni di nanotubuli. I costi dei nanotubuli al carbonio negli ultimi anni si sono dimezzati più volte e, secondo Strano, nel prossimo futuro scenderanno ad alcuni centesimi di dollaro alla libbra (poco meno di mezzo chilo). I nanotubuli finora realizzati hanno un’efficienza dell’87% nel rapporto tra energia prodotta rispetto a quella assorbita, ma il gruppo di ricerca sta lavorando a una versione avanzata con un’efficienza del 99 per cento.
DANIMARCA - I nanotubuli si stanno dimostrando molto promettenti e vengono studiati anche al Centro di nanoscienze dell’Università di Copenaghen. In particolare Peter Krogstrup dell’Istituto Niels Bohr, in collaborazione con altri ricercatori finanziati dalla società SunFlake, si sta concentrando sulla purezza delle nanofibre, in cui la struttura elettronica è perfettamente uniforme in tutto il materiale. Un aspetto importante, in quanto più il nanotubulo è puro, maggiore è l’efficienza. In Danimarca però la ricerca, apparsa sul numero di novembre 2010 di Nano Letters, si concentra su nanofibre diverse, non di carbonio ma di gallio e arsenico.
RICERCA E VOLONTÀ DI INVESTIMENTI - Circa 2 miliardi di persone non hanno accesso all’energia elettrica, quasi tutte in Paesi del Terzo mondo. Le rinnovabili, e in particolare il solare, potrebbero soddisfare il fabbisogno di almeno la metà delle popolazioni senza corrente elettrica, secondo le stime dello studio Bernoni ed Efrem realizzato per la seconda edizione di Good Energy Award. Lo sviluppo della nuova generazione del fotovoltaico notturno sembra destinato proprio a chiudere questo gap. E senza aggravare le emissioni di gas serra. È solo un problema di volontà di investire risorse nella ricerca in questa direzione.
Paolo Virtuani

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 25 gennaio 2011

 

 

Il ”piano casa” fa flop, 705 domande in un anno Dipiazza: «Un disastro». Ma il Pdl accusa i Comuni - il PIANO CASA in Friuli Venezia Giulia

 

A Trieste solo 134 cittadini hanno presentato domanda mentre a Gorizia sono stati 17
Il Pd attacca ma Galasso ribatte: «Molti sindaci di centrosinistra hanno reso inapplicabile la legge»
TRIESTE «Un fallimento». Roberto Dipiazza non è sospettabile di attacchi politici ma, numeri alla mano, non ha dubbi: il piano casa regionale targato centrodestra non decolla, proprio no. Secondo i dati forniti dagli uffici regionali in poco più di un anno la riforma ha convinto 705 cittadini a fare domanda per ampliare le proprie case o più semplicemente cambiare infissi, eliminare barriere architettoniche, costruire tettoie, barbecue e verande. A Trieste città sono stati 134, a Gorizia 17.
LE CIFRE Sono i Comuni a trasferire i numeri alla Regione sulle domande del piano casa. Lo fanno da fine novembre 2009, quando il Consiglio regionale, al termine di tre giorni infuocati in aula, approvò la legge 19. Da allora sono passati 13 mesi e non è stato proprio un assalto alla diligenza. Delle 705 domande totali al 31 dicembre 2010, 271 sono quelle presentate in provincia di Udine, 198 nel Pordenonese, 153 in provincia di Trieste, 83 nell'Isontino. Quanto ai comuni capoluogo guida Trieste (134), davanti a Pordenone (59), Udine (51) e Gorizia (17).
FALLIMENTO TRIESTE Poco, troppo poco, abbastanza? Sulla valutazione delle cifre si apre una polemica politica tra Pd e Pdl ma, dal suo punto di vista, Dipiazza non ha dubbi: «Un disastro». Al punto che il sindaco di Trieste ha deciso di approfondire la vicenda incaricando l'architetto Ave Furlan, direttore del servizio Pianificazione urbana, di stendere una relazione «in modo da chiarire i motivi del fallimento». Anche il sindaco di Gorizia Ettore Romoli prende atto dei dati: «Si tratta effettivamente di pochi casi, e pure per ristrutturazioni non di particolare interesse. Forse non sono state date adeguate informazioni sulla legge».
LE NORME Il piano casa, inserito all'interno del codice dell’edilizia, prevede tra l'altro la possibilità di ampliamenti fino al 35% delle cubature esistenti al di fuori dei centri storici e fino a un massimo di 200 metri cubi purché non si alzino gli edifici oltre i 2 piani o i 6 metri. Gli interventi prevedono l’obbligo del miglioramento energetico e architettonico e sono possibili purché i lavori inizino entro cinque anni dall’entrata in vigore della legge. Nel piano, che considera attività libera e senza vincoli temporali il cambio degli infissi, la realizzazione di pertinenze (fino al 10% del volume esistente per gli edifici residenziali e comunque non oltre i 100 metri cubi), l'eliminazione di barriere architettoniche, la costruzione di barbecue, tettoie e verande non più ampie di 20 metri quadrati, rientrano anche le norme relative ai ”mostri edilizi”: chi li abbatte potrà ricostruire un edificio fino al 50% più grande in aree individuate dai Comuni.
L’ATTACCO Misure che, secondo il Pd, si sono però rivelate un flop. «Ci si domanda chi riesca ad attivare e con che soldi il piano casa», scrivono in una nota l'ex assessore Franco Iacop e Giorgio Brandolin. Secondo i due consiglieri di opposizione, stando alla cifre, «è fallita la promessa della giunta di benefici per il settore delle costruzioni, in particolare le piccole imprese e gli artigiani specializzati». E poi c'è la burocrazia: «Oggi, mentre stanno partendo i lavori delle infrastrutture stradali, appannaggio delle grandi ditte di costruzioni, le pmi edili sono praticamente ferme e i professionisti del settore devono tormentarsi nel produrre una serie infinita di atti, anche per la costruzione della legnaia. Codice dell'edilizia e piano casa hanno messo in moto un guazzabuglio procedurale che non sarebbe accettabile per le strutture di particolare importanza, figuriamoci per il garage o l'ampliamento di un locale di servizio».
LA POLEMICA Accuse che Daniele Galasso, capogruppo del Pdl, rispedisce al mittente: «Fosse stato per il centrosinistra, non ci sarebbe stata nemmeno una pratica avviata». Ma perché la riforma non decolla? «Non certo per colpa dell'articolato. C’è la crisi economica e in varie città a guida centrosinistra, e quello del Comune di Udine è un caso paradigmatico, si aggiungono complicazioni regolamentari per non consentire l'applicazione delle disposizioni di legge».
MARCO BALLICO
 

 

«Tav, garantire la tutela degli abitati» - Il sindaco Ret preoccupato per gli impatti dei cantieri nei borghi
 

Polveri, rumori e caos alla viabilità
DUINO AURISINA La tutela massima dei centri abitati. È questo quanto il primo cittadino di Duino Aurisina, Giorgio Ret, ha chiesto all’assessore regionale alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi, nel corso della recente assemblea sulla Tav tenutasi a Trieste. Pur riconoscendo che «le nostre istanze sono state ascoltate» il sindaco ha posto l’accento su tre questioni fondamentali: polveri, inquinamento acustico e viabilità. Che a seguito della realizzazione del tracciato dell’Alta velocità sul territorio comunale devono assolutamente essere tenute presenti.
Non solo: l’amministrazione ha chiesto una proroga sulla scadenza del 22 febbraio, termine di presentazione delle osservazioni producibili dall’ente locale in risposta all’avvio della procedura di Valutazione d’impatto ambientale (Via) delle fasi progettuali preliminari della tratta ferroviaria AV Ronchi-Sud-Trieste. La mole e la complessità della documentazione, infatti, richiede ulteriori approfondimenti sul progetto. Al punto che il consigliere d’opposizione Maurizio Rozza (Verdi) ha già sottolineato negativamente l’assenza degli atti dello Studio di impatto ambientale (Sia), ancora non pervenuti al Comune.
«Per il momento - ha proseguito il sindaco Ret - attendiamo l’arrivo della Via, così da poter presentare precise osservazioni, punto per punto. Ora ci siamo limitati a segnalare a Rfi due errori macroscopici presenti sulle cartine: ovvero la sistemazione di due cantieri in mezzo alle case, evidentemente uno sbaglio grafico, peraltro facilmente correggibile. Quanto alla proroga dei termini, Riccardi mi ha assicurato che non ci saranno problemi».
«Per carità - così invece Maurizio Rozza - magari si tratta di una coincidenza e probabilmente vi saranno tutte le ragioni del mondo, ma certo il fatto di aver aperto le procedure di avvio proprio a cavallo delle festività di dicembre, facendo perdere qualche giorno certamente utile allo studio della corposa documentazione, non depone a favore del proponente. Spiace constatare che nonostante l’annunciata politica di trasparenza la Sia non sia ancora stata inviata al Comune». Il collega d’opposizione Massimo Veronese (Pd) si è limitato invece a «ribadire quanto già votato all’unanimità in sede di Consiglio comunale».
Vale la pena sottolineare come tra gli indirizzi posti dalla Seconda commissione consiliare permanente nel documento affidato sabato a Riccardi vi sia particolare attenzione al pericolo della frammentazione del territorio e alla tutela di acque e habitat.
Nel dettaglio è stabilito che il territorio comunale non possa sopportare ulteriori divisioni e per questo motivo Rfi dovrà «procedere, prima della realizzazione delle infrastrutture, alla creazione di opere che sanino frammentazioni pregresse, anche conseguenti a interventi di opere di cui non sono titolari».
Inoltre «qualsiasi progetto deve attenersi al rigoroso rispetto degli habitat naturali e in particolare di quelli definiti prioritari dalle Direttive Comunitarie all’interno del sito Natura 2000, quali le grotte non sfruttate a livello turistico». «Eventuali interventi - si legge nel documento - di compensazione ambientale, giudicati ammissibili al termine della procedura di Valutazione di incidenza, ossia dopo aver dimostrato l’impossibilità di trovare soluzioni alternative in grado di evitare gli impatti negativi, devono avvenire all’interno del medesimo sito Natura 2000 e devono comportare necessariamente un aumento globale della valenza ambientale del sito medesimo».
Tiziana Carpinelli
 

 

Amianto, risarcimenti congelati causa crisi - CONTINUA IL MAXIPROCESSO, SENTITI ALTRI TESTIMONI
 

Pochi soldi, Fincantieri frena sulle trattative già avviate con i familiari degli operai deceduti
GORIZIA C’è un rallentamento negli accordi extragiudiziali tra la Fincantieri e i familiari delle vittime dell’amianto. Dopo le prime intese raggiunte nella scorsa estate, che preludevano alla possibilità di arrivare a transazioni tra le parti e quindi all’esclusione di diverse parti civili dal processo penale, la Fincantieri si è presa a quanto pare un momento di riflessione. Le richieste di risarcimento avanzate da alcuni legali non hanno avuto risposta da parte dell’azienda. Un momento di pausa dettato forse dalla situazione finanziaria. E dei giorni scorsi la notizia che la Fincantieri chiuderà il bilancio 2010 con una perdita di 64 milioni e le prospettive, per il 2011, non sono affatto migliori. Per i risarcimenti alle famiglie delle vittime d’amianto sono in ballo un mucchio di soldi, se si pensa che per gli accordi già transati la Fincantieri ha sborsato decine di migliaia di euro, in alcuni casi oltre le 100mila, per ogni operaio vittima dell’asbestosi. E solo alla Fincantieri di Monfalcone sono centinaia i morti da amianto, le cui famiglie hanno presentato esposto alla Procura. Oltre a quello in corso, è preannunciato l’avvio di altri maxi processi per quest’anno e il prossimo. Inoltre, il picco di decessi correlati alle malattie da amianto si dovrebbe avere, secondo gli esperti, tra il 2015 e il 2020. Si può quindi capire come per la Fincatieri, se dovesse essere accertata la sua responsabilità civile, si tratti di notevole salasso finanziario, nell’ordine di decine di milioni di euro.
Intanto prosegue al tribunale di Gorizia il maxi processo con la deposizione dei testimoni citati dal pubblico ministero. Ieri ha deposto anche Luigino Francovig che, oltre a operaio dell’allora Italcantieri, è stato per diversi anni delegato sindacale della Fiom-Cgil all’interno del cantiere. Sollecitato dalle domande del pm Leghissa e degli avvocati Borgna e Cattarin, del collegio di difesa, Francovig ha presentato uno spaccato del lavoro a bordo delle navi sottolineando come la zona motori era la peggiore: nei suoi spazi angusti lavoravano decine di operai tra fumi e amianto, saldatori, tubisti, coibentatori. Amianto che veniva manipolato con una paletta ma anche con le mani quando si trattava di spalmarlo lungo le paratie delle navi.
Proprio per il ruolo ricoperto da Francovig, parte del dibattito è stato incentrato sull’operato del sindacato svolto all’interno dello stabilimento. È emerso che i lavoratori da sempre sapevano dell’esistenza dell’amianto. «Girava voce tra gli operai, ma all’inizio nessuno conosceva della sua pericolosità, nessuno si era preoccupato - ha detto Francovig -. L’attenzione della gente allora era incentrata più sulle rivendicazioni salariali e non mancavano le preoccupazione sul lavoro, che rischiava di venir meno per mancanza di commesse. Lentamente si è presa coscienza del problema amianto a metà degli anni Ottanta».
FRANCO FEMIA
 

 

Mais ogm, parte il processo contro l’agricoltore ribelle - L’udienza contro Fidenato si terrà il 2 febbraio. Per la Regione almeno 60mila euro di danni
 

PORDENONE La vicenda della semina non autorizzata di mais Ogm in Friuli Venezia Giulia, dopo aver fatto il giro dei media di tutta Italia, approda in Tribunale a Pordenone. L’udienza del processo a carico di Giorgio Fidenato - che, tramite l’avvocato Francesco Longo, ha presentato opposizione al decreto penale che lo condanna al pagamento di 30 mila euro per la semina non autorizzata di mais Ogm nei campi di Fanna – è fissata il 2 febbraio alle 9. Ieri intanto, davanti al giudice Rodolfo Piccin, sono comparsi gli enti pronti a costituirsi parte civile contro l’agricoltore più famoso d’Italia per aver sfidato le autorità e quanti sono convinti che la semina di colture geneticamente modificate debba essere bandita.
Oltre a Coldiretti (avvocato Sergio Gerin), Slow Food (avvocato Alessandro La Macchia del foro di Torino), Regione Friuli Venezia Giulia (avvocato Mauro Cossina), Provincia di Pordenone (avvocato Andrea De Col), si costituirà parte civile anche il Codacons (avvocato Vitto Claut). Fidenato, difeso dall’avvocato Francesco Longo, aveva presentato opposizione al decreto penale che lo condanna alla distruzione del mais seminato senza autorizzazione a Fanna e Vivaro e al pagamento di 30 mila euro di sanzione. La tesi della difesa si fonda sulla direttiva europea che riconosce la semina di alcune tipologie geneticamente modificate negli stati membri. E la battaglia dell’agricoltore non prosegue solamente in aula di Tribunale. «Sono pronto a spedire la nuova legge regionale che limita la semina di colture Ogm alla Commissione europea – spiegava ieri fuori dall’aula –. La Regione avrebbe dovuto notificare il provvedimento prima di arrivare alla sua approvazione».
Ma la Regione, intanto, ha già già fatto il primo conto di quanto sia costata la gestione della vicenda Ogm, senza contare il danno di immagine di cui chiederà conto in sede processuale. Solo di spese vive - basti pensare le spese sostenute con l’intervento dell’Ersa e della forestale per i prelievi, la rimozione del mais e infine l’aratura dei campi – la Regione ha sostenuto un conto di 60mila euro. In questa somma rientrano anche le spese per la custodia giudiziale (affidata al direttore centrale Luca Bulfone). Oltre al noleggio del silo in cui il mais è stato stoccato in attesa della sentenza (e quindi di capire se il mais potrà essere distrutto come disposto dal decreto penale o dovrà essere restituito al proprietario) c’è il conto dell’impianto d’allarme. Per assicurare, infatti, la sicurezza del mais, il magazzino è stato dotato di impianto di allarme. Un sistema che vale molto più del mais che deve ”difendere”.
MARTINA MILIA

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 24 gennaio 2011

 

Rinnovabile significa lavoro ma in Italia ancora troppi 'no'Guglielmo Epifani, ex segretario della Cgil, lancia l'Associazione Bruno Trentin.

 

E affronta le questioni che legano occupazione e green economy, il nucleare che rischia di rallentare la corsa del Paese, e l'opportunità rappresentata dalle nuove fonti di energia. "Ma l'Italia è dominata da una logica che blocca l'innovazione e il futuro"
I POSTI di lavoro assicurati dalla green economy? Tra qualche anno in Germania supereranno quelli nel settore automobilistico. Il ritorno al nucleare? Una sottrazione di fondi e di attenzione che rischia di rallentare la corsa dell'Italia che può riagganciare il locomotore dei paesi guida. Parola di Guglielmo Epifani. L'ex segretario della Cgil ha scelto un tema caldo e una platea qualificata per lanciare l'Associazione Bruno Trentin, il nuovo laboratorio di riflessione sindacale.
Il tema è il rapporto tra energia e lavoro. A intervenire sono stati, tra gli altri, il presidente dell'Abi Giuseppe Mussari, il segretario dell'Ueapme (l'associazione europea delle piccole e medie imprese) Andrea Benassi, il presidente della Lega Coop Giuliano Poletti, il segretario della Cgil Susanna Camusso. Guest star: Jeremy Rifkin, il teorico della terza rivoluzione industriale che ha dipinto lo scenario di una democrazia rafforzata dalla creazione di una rete energetica diffusa che toglie potere agli oligopoli, distribuisce ricchezza, offre garanzie contro i blackout e protegge l'ambiente.
"Vent'anni fa la terza rivoluzione industriale sembrava un'utopia, oggi è il modello verso cui marciano le tre economie più importanti: Stati Uniti, Germania, Cina - ha detto Epifani - il nuovo sta crescendo ma in Italia il vecchio resiste. L'88 per cento dell'energia viene ancora dai fossili e la scelta del governo di far ripartire il nucleare è in netta controtendenza rispetto all'andamento dei mercati. Il 62 per cento degli investimenti è
concentrato sulle fonti rinnovabili e la percentuale tende a salire. In questo quadro che senso ha puntare come minimo 20 miliardi di euro nella costruzione di quattro nuove centrali e accantonarne più del doppio per uno smaltimento corretto delle scorie e degli impianti?".
La Cgil chiede posti di lavoro. Subito. Investendo nella direzione indicata dall'Europa che ha fissato gli obiettivi del 20 - 20 - 20 dando dieci anni di tempo ai paesi membri per potenziare le rinnovabili e tagliare le emissioni serra che stanno facendo aumentare il caos climatico, cioè le alluvioni, gli uragani, le siccità devastanti e prolungate.
Su questa strada c'è un ostacolo: l'Italia è dominata dalla logica del no che blocca l'innovazione e il futuro. Mantenere tutto fermo significa però aggravare l'inquinamento. Assumersi la responsabilità di una prospettiva di disastro climatico che si fa sempre più minacciosa. Rifkin ha ricordato che la catastrofe del Golfo è pari a sei - sette volte il disastro della Exxon Valdez, la petroliera affondata in Alaska. Continuare ad affidarsi al petrolio, ha aggiunto il presidente della Foundation on Economic Trends, vuol dire continuare a moltiplicare rischi di questo genere.
Rischi ai quali, sottolinea Antonio Filippi, della Cgil, non corrispondono vantaggi sul piano occupazionale: "Per produrre un terawattora di energia elettrica servono 75 lavoratori nel nucleare, 918 nell'eolico, ancora di più nel fotovoltaico". L'occupazione verde in Italia vale già oggi 100 mila posti di lavoro. Secondo l'Istituto di ricerche economiche e sociali si può arrivare a quota 250 mila solo nel settore delle rinnovabili. A patto di guardare avanti e non indietro.
ANTONIO CIANCIULLO

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 24 gennaio 2011

 

 

PESTICIDI E METALLI PESANTI NELLE ZONE DI PRODUZIONE AGRICOLA DELLA PARMALAT
 

La principale zona di produzione agricola del Friuli Venezia Giulia risulta essere pesantemente inquinata. Ma le autorità pubbliche minimizzano dichiarando l’assenza di rischi sanitari. Come stanno realmente le cose? Ci si può fidare delle rassicuranti dichiarazioni istituzionali? Come sono stati fatti i controlli per escludere il rischio?

Partiamo dall’inizio. L’area è quella delle Agenzie Agricole di Torviscosa (Udine). E’ una zona importante per la produzione del latte e derivati. Una delle più importanti a livello nazionale, sotto controllo della multinazionale Parmalat (che qui produce anche con il marchio Torvis). Tremila ettari di terreni da pascolo. Un pascolo ad alto rischio però. I terreni risultano contenere arsenico, berillio, cobalto, vanadio e concentrazioni elevate di fitofarmaci (dieldrin, alaclor, DDT e derivati). Metalli pesanti e pesticidi nei terreni dove pascolano le mucche da latte. Un mix davvero micidiale. Metalli pesanti e pesticidi sui quali crescono i vegetali utilizzati per fare il mangime che viene dato alle mucche. Possibile che nessuno abbia considerato che poi questi letali inquinanti finivano nella catena alimentare con il latte (e i suoi derivati formaggi, yogurt, burro) e le carni degli stessi bovini? In effetti, seppur con ritardo (di qualche decennio), lo Stato si è mosso. Ma l’unica preoccupazione delle autorità pubbliche sembra essere stata quella di escludere qualsiasi pericolo. Come si fa? Semplice, da una parte basta non verificare le concentrazioni degli inquinanti nella filiera alimentare, e dall’altra decidere di non poter decidere sui limiti di inquinanti nei terreni agricoli. Il tutto a norma di legge naturalmente. E così l’Istituto Superiore della Sanità ha applicato i protocolli dei SIN (Siti Inquinati Nazionali) Napoli Orientale e Brindisi, per cui non ha svolto indagini proprie ma si è limitato a convalidare analisi presentate dal proprietario privato, in base alle quali ha fornito soltanto una stima teorica della possibile contaminazione diretta dei foraggi e dei lavoratori. Mentre i Ministeri competenti (Ambiente, Lavoro e Salute) hanno consentito il riutilizzo agricolo dell’area inquinata «in assenza di un riferimento normativo che consenta di stabilire i livelli di contaminazione».
E il gioco è fatto. Salvi gli interessi della Parmalat. Un pò meno evidentemente quelli dei consumatori che si bevono il latte ai pesticidi.

Approfondimento: quella “sporca dozzina” (i POP)
Il Dieldrin (derivato dell’Aldrin), è un insetticida organoclorurato liposolubile, persistente e bioaccumulante, e fa parte con il DDT, i furani e le diossine, di quella che è stata definita la “sporca dozzina” i cosiddetti POP(Persistent Organic Pollutants) banditi a livello mondiale nel dicembre 2000 dalla Conferenza di Johannesburg e poi dal Trattato di Stoccolma nel maggio del 2001.
I POP permangono e circolano nell’ambiente dove sono stati diffusi, nelle pozze d’acqua, nel terreno, nelle falde, nell’aria, per decenni. Vengono assorbiti e si accumulano nei tessuti grassi degli organismi biologici, animali (umani compresi ovviamente) dove le concentrazioni possono ammontare fino a 70 mila volte i livelli ambientali di background.Perciò si chiamano anche BCC (Bioaccumulative Chemicals of Concern). Il Dieldrin è altamente tossico per la maggior parte dei pesci. Si fissa molto tenacemente nelle particelle del terreno. Negli animali e nell’uomo l’aldrin e il dieldrin vengono prontamente assorbiti attraverso il tratto gastrointestinale. La trasformazione dell’aldrin in dieldrin avviene molto più rapidamente rispetto alla successiva biotrasformazione ed eliminazione del dieldrin, con un conseguente accumulo di dieldrin nei tessuti ricchi di grasso. Gli effetti tossici prevalenti si osservano a carico del sistema nervoso, del fegato e del sistema riproduttivo. È considerato potenzialmente cancerogeno, e nell’Unione Europea è ritenuto sostanza indesiderabile nei mangimi animali.
www.greenaction-transnational.org
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 24 gennaio 2011

 

 

Discarica abusiva in passeggio Sant’Andrea - ABBANDONATI DIVANI, TELEVISORI, LAVATRICI, PNEUMATICI
 

Una vera e propria discarica a pochi passi dal centro, lungo una delle passeggiate cittadine. Basta farsi due passi, ma proprio due, sulla via di scorrimento interna a passeggio Sant'Andrea, per trovarsi di fronte ad uno spettacolo poco edificante. Si inizia, secondo uno schema che va per accrescimento, con uno pneumatico appoggiato su di un platano e poi poco più in là un altro buttato su di un'aiuola, altri due stanno su di un altro albero. E poi via via nell'arco di meno di cinquecento metri nascosti tra i furgoni parcheggiati troviamo tutto quello che ci serve per arredare un appartamento e anche più di uno. Due divani letto, una cucina economica, una giacca a vento blu nuova, due lavatrici, due televisori di grandi dimensioni, un letto, un frigorifero, pneumatici vari, sei secchi di materiale di risulta, quattro sacchi di ghiaia, e per finire due materassi. Tutto questo sotto gli occhi di tutti. E anche se la passeggiata si trova sull'altro lato della strada, questo groviglio di oggetti ormai consunti dal tempo non è di certo una bel biglietto da visita per chi arriva a Trieste dalla superstrada. «Forse è qualcuno che ha svuotato il suo garage – ipotizza e un po' ironizza l'assessore Paolo Rovis. La segnalazione ci è arrivata qualche giorno fa. Questo sembra essere un fenomeno in crescita, nonostante esista un servizio gratuito per sbarazzarsi dei materiali ingombranti. Sono persone che si divertono a imbrattare la città. La prossima settimana ci sarà l'intervento dell'AcegasAps per pulire e portare via tutto». Ma l'assessore, sottolinea, come siano state inasprite le sanzioni per chi si disfa di oggetti ingombranti nel primo posto che trova, e soprattutto dalla prossima settimana le guardie ambientali cercheranno di risalire, se sarà possibile, ai proprietari degli oggetti che sono stati abbandonati lungo il passeggio Sant'Andrea. «E' già capitato – spiega l'assessore Rovis – che siamo riusciti a risalire ai proprietari, così in questo modo alla sanzione si aggiunge anche il pagamento del trasporto e dello smaltimento». Ad aver segnalato all'AcegasAps la situazione già un anno fa Alberto Polacco, presidente della quarta circoscrizione: «Siamo di fronte ad episodi inciviltà delle persone, anche perché la discarica si trova non lontano da là. E' un problema in crescita e per questo caso specifico abbiamo chiesto la rimozione dei materiali all'AcegasAps. Faccio un appello ai cittadini di rispettare il suolo pubblico, perché più si creano situazioni di questo tipo, più aumentano i costi per la collettività».

(i.gh.)
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ASSEMBLEA SULLA TAV

 

Alla Casa del Popolo in via di Ponziana 14, oggi alle 18 assemblea pubblica su «Tav - alta velocità - grandi disagi» promossa da Rifondazione comunista - Sinistra europea circolo Gramsci.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 23 gennaio 2011

 

 

Tav Trieste-Venezia, primo sì dei Comuni -  Ma in cambio chiedono alla Regione incontri pubblici e tecnici super partes
 

Riccardi: «Siamo pronti a confrontarci con tutti i cittadini» Manifestanti protestano contro l’opera durante l’assemblea
TRIESTE La Tav si deve fare. Ne vale lo sviluppo portuale del Friuli Venezia Giulia. I Comuni interessati (una trentina) non si tirano indietro, ma sulle caratteristiche e l’impatto della linea nei singoli territori chiedono chiarezza: incontri aperti alla popolazione, alla presenza di tecnici super partes. E la Regione è pronta a farli. «Il progetto è un punto di partenza – ha detto l’assessore Riccardi –. Ma nessuno pensi di utilizzare l’opera per fare campagna elettorale».
Le perplessità sono ancora tante e riguardano questioni puntuali, specie in territori segnati dalla presenza di altre infrastrutture impattanti (come elettrodotti e autostrada). Ma nessuno dei sindaci che ha partecipato ieri all’assemblea organizzata dalla Regione per presentare le procedure e il progetto elaborato da Italferr per le tratte di alta velocità (in realtà capacità ferroviaria) tra Portogruaro-Ronchi e tra Ronchi e Trieste, ha posto barricare. Mentre fuori dalla sede regionale un gruppo di manifestanti ha sfidato la Bora chiedendo alla Regione e all’assessore Riccardo Riccardi di aprire un confronto anche con chi è contrario all’opera, l’atteggiamento dei sindaci è stato conciliante. Le premesse, per arrivare alla successiva intesa Stato-Regione ci sono, anche se il percorso per arrivare alla assimilazione di un’opera è complesso e lungo.
LE RICHIESTE Nessuno dei sindaci intervenuti, nemmeno quelli che nel 2008 non hanno sottoscritto l’intesa con la Regione (come il primo cittadino Mario Pischedda, che si è definito per questo ”l’ultimo dei Mohicani” o il sindaco di Doberdò del Lago, Paolo Vizintin, che ha ricordato come il suo comune sia segnato da pesanti infrastrutture e ha chiesto maggior tempo per studiare la documentazione inviata) hanno bocciato il progetto o l’opera. Anche il primo cittadino di Cervignano, Pietro Paviotti, che nei giorni scorsi aveva espresso forti riserve e aveva inviato alla Regione una lettera dai tondi duri, ha premesso di essere favorevole «al potenziamento della rete ferroviaria nella nostra regione» e ha ricordato di essersi impegnato in prima persona per un tracciato che prevede il passaggio sull’attuale linea ferroviaria. Più risoluto il sindaco di San Giorgio di Nogaro, Pietro Del Frate che, pur non essendo contrario alla ferrovia in sé, si è detto pronto a ritirare la firma all’intesa del 2008 se non sarà rivisto il tracciato nel suo Comune. «Il progetto presentato non corrisponde a quell’intesa» ha detto. Roberto Dipiazza, sindaco di Trieste, ha invece sottolineato l’importanza della ferrovia per superare il deficit infrastrutturale della Regione, soprattutto nei confronti della Slovenia. Il presidente della Provincia di Gorizia Enrico Gherghetta, ha invece sottolineato come il progetto sia migliorativo per l’isontino rispetto alle prime ipotesi. Vittorio Zollia, della Provincia di Trieste, ha chiesto un maggior coinvolgimento degli enti di area vasta.
ASSEMBLEE La richiesta più comune è stata quella di organizzare assemblee nei territori e di affiancare gli enti locali con tecnici super partes, tecnici ”laici” come li ha definiti Paviotti.
LA REGIONE L’assessore Riccardi ha assicurato che la settimana prossima inizierà il confronto con gli enti per programmare assemblee pubbliche a cui sarà presente lo stesso assessore. Riccardi, nel ringraziare gli amministratori per il «buon senso» dimostrato, ha richiamato tutte le istituzioni alla responsabilità. Pur condividendo le preoccupazioni degli enti locali, Riccardi ha ricordato come il futuro della Regione passi attraverso il potenziamento della ferrovia, un’opera che molti amministratori di oggi non vedranno. Un’opera che arriva in ritardo per un atteggiamento di ostracismo che in Italia tende ad accompagnare molte opere. «Chiediamoci perché è nata la legge obiettivo – ha rilanciato l’assessore – che permesse di superare il parere degli enti locali. Quando si arriva a questo è una sconfitta per tutti». In un clima di apertura, Riccardi ha anche voluto dare un segnale forte agli amministratori: «Non voglio neanche immaginare – ha detto ai sindaci – che qualcuno pensi di sfruttare il tema per la propria campagna elettorale. Se qualcuno lo farà se ne assumerà le proprie responsabilità».
MARTINA MILIA
 

 

L’alta capacità al servizio del superporto La linea trasporterà 3,3 milioni di teu - INFRASTRUTTURA STRATEGICA PER LO SVILUPPO DEI TRAFFICI
 

TRIESTE La linea ad alta capacità sarà a servizio del trasporto merci e in particolare dello sviluppo portuale del Friuli Venezia Giulia: la linea a regime consentirà di trasportare 3,3 milioni di teu ovvero i volumi ipotizzati dal progetto Unicredit. «Ma nel fare queste previsioni – ha spiegato Carlo Comin, ingegnere di Italferr – non ci siamo confrontati con chi ha redatto il piano».
La Tav, quindi, in Friuli Venezia Giulia non sarà un’infrastruttura a servizio del traffico passeggeri – anche se la rete potrà assorbire (ammesso che domanda e costi siano sostenibili) anche convogli destinati all’utenza – bensì del traffico merci. E consentirà l’espansione del sistema portuale. Oggi la linea esistente è impiegata per il 50 per cento della sua capacità, ma la nuova ferrovia dovrà tenere conto di un’espansione a lungo termine perché la Tav dovrà durare «almeno 200 anni» per dirla con i tecnici di Italferr. Un obiettivo che potrà essere raggiunto gradualmente considerato che uno dei pregi dell’opera – «non va visto come il tentativo di bypassare la Via – ha ricordato l’assessore Riccardi – visto che lo studio sull’impatto ambientale non avviene a compartimenti stagni – è che sarà realizzata per tratte funzionali.
In termini di priorità il primo intervento sarà lo sdoppiamento della linea (quella diretta a Trieste e quella diretta a Venezia) tra San Polo e Monfalcone. Solamente con questo intervento la direttrice est ovest (che oggi registra 4 treni contro la potenzialità di 42) potrà arrivare a quota 58 viaggi e il traffico proveniente dal porto di Trieste (attualmente i treni sono 16 ma potrebbero essere 40) potrà impegnare fino a 70 treni. Questo significa che gli attuali 110mila teu che viaggiano su ferrovia (anche se le potenzialità oggi sono di 470mila) potranno arrivare a quota 900mila. Con la quadrulplicazione della linea da Portogruaro a Ronchi si passerà a 1,6 milioni di teus, con il completamento della linea fino a Trieste a 3,3. Nello scenario tracciato da Ferrovie si prevedono anche i tempi entro i quali intervenire per non arrivare a saturazione: 2015 la partenza, 2031 si dovrà aver completato la rete fino a Trieste. Le previsioni della saturazione fatte oggi, però, nulla hanno a che fare con la difficile partita per trovare le risorse. Gli unici tempi certi, oggi, sono quelli della procedura di localizzazione: i Comuni e la Regione hanno due mesi di tempo (ma questi non sono perentori e la Regione si è già mostrata morbida con gli enti locali) per trovare l’accordo preliminare all’intesa Stato-Regione. Poi ci sono 45 giorni a disposizione per il passaggio di consegne dai Ministeri al Cipe (con possibilità di un passaggio intermedio al Consiglio superiore dei Lavori pubblici). Il Comitato interministeriale ha altri 30 giorni di tempo. La velocità raggiungerà al massimo i 250 chilometri orari, che diventeranno addirittura 160 a Cervignano e ad Aurisina. Il progetto prevede anche il coinvolgimento di 13 chilometri di grotte carsiche (di cui 4,5 riguarda i Calcari di Aurisina). Nella prima ipotesi progettuale il tratto in grotta era di 25 chilometri.

(m.m.)
 

 

 

 

LA  VOCE DI TRIESTE - SABATO, 22 gennaio 2011

 

RIO MARTESIN - Scandalo edilizio ed urbanistico tra Gretta e Roiano
 

Tre cittadini tenaci e coraggiosi vincono una battaglia importante per l'ambiente e la legalità. Il Consiglio di Stato contro il malaffare comunale.

Obblighi di ripristino ed implicazioni civili e penali, dalle imprese ai funzionari ed al sindaco.
L'intervento edilizio e le norme da rispettare
Il caso riguarda un grosso intervento edilizio speculativo a palazzine per 109 appartamenti con 12.986 metri cubi su 9.316 metri quadrati nella zona del Rio Martesin, fra Gretta e Roiano: una delle nostre aree periurbane tipiche a bosco e campi, gradinate a terrazzamenti (pàstini), con elevati valori ambientali e sottoposte a vincolo paesaggistico.
Dove le leggi regionali hanno perciò condizionato a valutazione d'impatto ambientale (v.i.a.) obbligatoria gli interventi superiori ai 10.000 metri cubi, e le norme tecniche di attuazione (n.t.a.) impongono che l'andamento delle costruzioni conservi quello dei terrazzamenti.
Gli esiti della vicenda in esame si riflettono quindi anche sulla valdità di tutte le domande e concessioni edilizie in situazioni analoghe.
Violazioni clamorose
Qui le imprese proponenti avevano infatti suddiviso furbescamente l'intervento in tre progetti separati per sottrarsi alla v.i.a., e le costruzioni previste non rispettavano ma distruggevano i terrazzamenti.
Oltre che pesantemente invasivo, l'intervento edilizio risultava quindi radicalmente ed illegittimamente distruttivo, sia dal punto di vista ambientale che estetico, della preziosa fascia verde di tramite tra la città ed il Carso, ricca di fauna e vegetazione.
Creando anche un ulteriore precedente pericolosissimo, e non isolato, della peggiore devastazione edilizia dei beni d'ambiente che rendono vivibile invece che degradata la periferia urbana di Trieste.
Complicità ed avalli politico-istituzionali
Le imprese ed i loro progettisti hanno ovviamente il dovere, rispettivamente imprenditoriale e professionale, di conoscere e rispettare le norme edilizie ed urbanistiche, e quindi la piena responsabilità delle iniziative assunte per violarle.
Ma gli organi pubblici che ne devono garantire l'applicazione hanno la responsabilità piena, istituzionale e professionale, di concessioni edilizie rilasciate su progetti che le vìolano in forme che non possono non essere evidenti sia al funzionario tecnico che al pubblico amministratore.
Ed in questo caso è accaduto non solo che gli uffici tecnici del Comune abbiano avallato i progetti senza rilevarne le violazioni di legge, ma che siano stati pure subito inclusi, con procedura palesemente preferenziale e d'intesa con la Segreteria Generale e col Sindaco, Roberto Dipiazza, tra le 127 concessioni edilizie scandalosamente rilasciate in pochi giorni, tra il 1° luglio ed il 5 agosto 2009, previa sospensione irregolare apposita del voto del Consiglio comunale sulla nuova variante di piano regolatore, che poteva impedirne la realizzazione.
Quest'operazione risulta inoltre realizzata con la connivenza attiva o passiva di tutte le forze politiche del Consiglio comunale che infatti non hanno dato ascolto né appoggio adeguati alle proteste pubbliche, ai reclami ed ai ricorsi di tre cittadini tenaci e coraggiosi: Dario Ferluga, Luciana Comin e Giorgio Bragagnolo, riuniti proprio in uno di quei comitati spontanei verso i quali il sindaco Dipiazza ed altri politici arroganti, locali e nazionali, non mancano di esprimere tanto fastidio e disprezzo. Mentre il Consiglio circoscrizionale risulta aver stranamente forzato l'approvazione dell'intervento edilizio.
L'aiuto meritevole col reperimento dei documenti al Comune e dichiarazioni pubbliche, è giunto soltanto a titolo individuale da due consiglieri, uno d'opposizione, il verde Alfredo Racovelli, ed uno di maggioranza, Lorenzo Giorgi.
Avallo del TAR e sentenza opposta del Consiglio di Stato
Nel *2009* gli stessi tre esponenti principali del Comitato, oltre a presentate esposti penali ed alla Soprintendenza, si sono perciò rivolti a loro spese al Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.) a Trieste stessa, contro le imprese ed il Comune citato in persona del Sindaco Dipiazza.
Ma il ricorso è stato sorprendentemente respinto già nell'aprile 2010, benché le suddette illegittimità principali delle concessioni edilizie fossero più che evidenti e documentate.
I tre ricorrenti sono stati costretti quindi a rivolgersi immediatamente all'organo giudiziario amministrativo superiore e definitivo, il Consiglio di Stato.
Con fiducia stavolta bene riposta, perché con sentenza depositata il 23 dicembre quest'organo giudiziario centrale ha sconfessato clamorosamente la sentenza abnorme di quello triestino, confermando in maniera inoppugnabile la sussistenza palese di quelle illegittimità denunciate.
Ha annullato perciò le tre concessioni edilizie e condannato in solido il Comune e le imprese costruttrici a pagare ai cittadini ricorrenti 10.000 euro per le spese che hanno affrontato in ambedue i gradi di giudizio.
Responsabilità penali e civili, obblighi di ripristino
Con l'annullamento delle concessioni perché illegittime si aprono necessariamente anche ipotesi penali, di competenza perciò della Procura della Repubblica, a carico dei responsabili privati ed istituzionali degli illeciti.
Ma in pendenza di giudizio del Consiglio di Stato le controparti, avevano tentato con arrogante imprudenza di imporre il fatto compiuto: le imprese avevano infatti avviato egualmente le opere edilizie con sbancamenti, disboscamenti e tracciamento di strade, danneggiando già ambiente, paesaggio e pure la viabilità pubblica, ed il Comune non lo aveva impedito nonostante segnalazioni e proteste.
Ed ora per effetto della sentenza anche queste opere iniziali risultano, come prevedibile, abusive. Il Comune ha perciò l'obbligo di provvedere tempestivamente a regolarizzarle con un provvedimento di sanatoria, in questo caso non possibile, o a disporre il ripristino della situazione preesistente in natura, obbligandovi i responsabili.
Che sono però due parti diverse in concorso tra loro nel compimento degli atti illegittimi e nella resistenza solidale in giudizio: le imprese che hanno tentato di aggirare le norme edilizie ed urbanistiche, e lo stesso Comune che ha ciononostante rilasciato le concessioni, ovvero i permessi di costtuire, e persino con ulteriori procedure anomale di favore, così abusando e violando le funzioni ed i doveri della pubblica amministrazione.
Sulla responsabilità delle imprese private risulte perciò addirittura prevalente quella Comune, che come ente è ora tenuto a rivalersene a sua volta sul piano civile, per tutte le spese costituenti danno erariale, nei confronti dei responsabili penali: cioè dei funzionari, del Sindaco e degli assessori che hanno assunto le decisioni tecniche e politico-amministrative determinanti.
Rimandendo da valutare doverosamente anche sotto questo profilo, ed in relazione a vicende analoghe, i comportamenti del Segretario generale quale garante interno della legittimità degli atti, e dell'avvocatura comunale quale loro difensore verso l'esterno.
Poiché si tratta di funzionari pubblici e non di dipendenti privati, il loro dovere primario è infatti quello di difendere l'interesse collettivo prevenendo ed impedendo anche i comportamenti illegittimi e dannosi degli amministratori del Comune.
E non di difenderli ad oltranza nell'interesse civile e penale di costoro, come risulta avvenuto di recente anche per lo “scandalo Dipiazza” sul terreno comunale venduto al sindaco, e per le vistose illegittimità di formazione e conduzione della variante ora paralizzata del Piano regolatore.
I procedimenti penali già in corso
Sulla vicenda di Rio Martesin ci risultano aperti sette procedimenti penali. Uno, con indagini affidate ai Carabinieri, riguarda l'operazione edilizia. Ed a questo punto, dopo precedenti archiviazioni, risulta provatamente fondato.
Gli altri sei, dati in indagine alla Polizia di Stato, riguardano invece Dario Ferluga, del valoroso Comitato resistente, e chi scrive, quale direttore responsabile, allora, del “Tuono”. E si fonderebbero su sei querele contestuali, di sapore intimidatorio verso la stampa e palesemente infondate, presentate nel frattempo dalle tre imprese costruttrici.
Dal capo d'imputazione formulato dal Pm risulta che lamentino come offensiva la pubblicazione (su mia dichiarata iniziativa e responsabilità personale) il 22 maggio scorso di una sua lettera interlocutoria, ma soltanto perché vi si definivano “cricca” i corresponsabili dell'operazione edilizia illecita, in esercizio peraltro legittimo ed adeguato della libertà d'opinione.
Non sembra mi abbiano invece querelato perché avevo pubblicato la lettera dichiarando, sette mesi prima della sentenza, “ritengo già evidente e di notorietà pubblica che la speculazione edilizia nella valle di Rio Martesin sia tra le più inutilmente devastanti, e sotto il profilo urbanistico ed amministrativo tra le più vergognose del Comune di Trieste”.
Altri aspetti particolari
La vicenda ha anche altri aspetti particolari. L'intervento edilizio risulta, ad esempio, proposto ed attuato non da imprenditori edili locali o regionali, ma da due società a responsabilità limitata con sede a Roma: La Airone 85 s.r.l. e la GIA - Gestione Italiana Appartamenti s.r.l., al medesimo indirizzo.
E la prima risulta essere una ditta commerciale per la vendita di articoli d'abbigliamento, con dei negozi in varie città e senza attività edilizie ed immobiliari.
Mentre della Gestione Italiana Appartamenti, costituita appena nel novembre 2005, risultano essere comproprietari una società (la Davos 95 s.r.l.) e due imprenditori sempre del settore abbigliamento. Con intreccio di sigle concentrato allo stesso indirizzo delle altre due, appoggiato ad una società di mediazione e consulenza immobiliare nonché amministrazione stabili, la Equipe immobiliare s.a.s., che dichiara sede a Trieste ed ufficio a quell'indirizzo romano.
Si tratterebbe dunque di improvvise attività ed investimenti edilizi a Trieste, da Roma, di soggetti che sinora commerciavano in abbigliamento. Rimanendo da spiegare il come e perché abbiano avuto dal Sindaco e dagli uffici comunali l'anomalo trattamento di favore documentato dagli atti amministrativi ed ora anche giudiziari. E gli spunti investigativi non mancano.
Colpire il malaffare edilizio ed urbanistico
La rilevanza del caso non si limita comunque al già clamoroso salvataggio e necessario ripristino dell'ambiente di Rio Martesin, come altra stampa e politici stanno lasciando credere.
Ha invece rilevanza molto ampia sull'operato del Comune, perché fornisce prova giudiziaria esemplare, inoppugnabile ed autorevolissima che l'amministrazione Comunale di Trieste e suoi responsabili politici (di maggioranza e di opposizione) e tecnici danno luogo, con prassi e pertinacia anomale, anche a vicende rilevanti di malaffare edilizio ed urbanistico che devono venire colpite e sradicate.
Tantopiù che vengono denunciate da anni, ma senza esiti apprezzabili, su una quantità di altre vicende relative a questa e precedenti amministrazioni comunali, con le relative omertà e coperture.
Mentre ora si è dimostrato - con lezione fondamentale di legalità e democrazia - che per infrangerle può bastare e venir premiata anche la volontà decisa di tre semplici cittadini.
Sul tutto sono quindi necessarie ed urgenti, nell'interesse pubblico, attenzioni giornalistiche ed indagini giudiziarie nuove, tenaci ed adeguate. Noi stiamo facendo rigorosamente il nostro dovere: possiamo quindi invitare gli altri a provvedere al loro.
E questo vale anche per le grandi imprese che propongono opere di massimo impatto tentando di eludere analogamente i vincoli di valutazione ambientale: come per i rigassificatori, presentando i progetti degli impianti e del gasdotto separati, o per la TAV ferroviaria Venezia-Trieste frazionando apposta tronconi della stessa linea.
Paolo G. Parovel

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 22 gennaio 2011

 

 

La Regione apre le consultazioni sulla Tav «Ma non subiremo i diktat degli estremisti»
 

TRIESTE «A metà tra il diritto e il dovere», premette Riccardo Riccardi. Alla vigilia del confronto con 29 amministratori sulla Tav Ronchi-Trieste, questa mattina in Regione, l’assessore alle Infrastrutture gioca d’anticipo. E spiega l’approccio a una vicenda «difficile e delicata». Da una parte il diritto degli enti locali «di veder tutelato il territorio». Ma dall’altra il dovere «di realizzare un’opera su cui la Regione, oggi e ieri, non ha mai avuto dubbi». E dunque, «no agli estremismi».
Sul tavolo, a Udine, Riccardi ha l’articolo del ”Piccolo” che riferisce dell’incontro a Jamiano in cui, presenti Giorgio Brandolin e Franco Brussa, il Pd afferma: l’alta velocità ferroviaria si fermi a Ronchi. L’assessore cita ripetutamente quelle righe: «Se qualcuno ha cambiato idea perché vuole difendere i suoi voti locali e si disinteressa dell’interesse generale, abbia il coraggio di dirlo». E aggiunge: «Non credo che i cittadini approvino il futuro di una regione a rischio emarginazione».
Il problema, dunque, promossa anche «buona parte del lavoro di Lodovico Sonego», non è «se» fare la Tav, ma «come» farla. Di qui, in attesa del confronto di stamattina con le Province di Trieste, Gorizia e Udine e 26 sindaci, il messaggio di Riccardi: «Lavoreremo con la massima trasparenza e per la partecipazione dei soggetti interessati, ma non possiamo immaginare di andare allo scontro se, dall’altra parte, le istituzioni verranno considerate nemiche. Deve in sostanza essere chiaro che è la Regione a esprimere un parere. Regione che si però fa garante di saper riconoscere, nel confronto con l’ente locale, la sintesi di ciò che pensano i cittadini». Tutto questo, insiste l’assessore, per evitare l’imposizione statale di un commissario «che segnerebbe la sconfitta di tutti».
L’assessore sostiene la soluzione di un procedimento per parti: «È giusto che ci sia una visione completa del progetto nella sua analisi d’impatto, ma è anche ragionevole immaginare che alcuni nodi critici possano essere realizzati in tempi diversi». Sul tavolo anche il tema dei tempi. La Regione, assicura Riccardi, «non porrà fretta ai sindaci, darà anzi tutto il tempo che serve perché possano esprimere un parere mirato». Nessuna previsione, perciò, su quando la delibera Tav approderà in giunta.
Stamattina, un’ora prima dell’incontro Regione-enti locali, il comitato No-tav di Trieste e del Carso, organizzerà intanto un presidio informativo. Non mancheranno vari altri comitati. Riccardi ha un messaggio anche per loro: «Non saremo fiancheggiatori di Attila ma nemmeno vivremo nel castello fatato di Alice nel paese delle meraviglie. Il nostro obiettivo sarà di cercare il massimo consenso possibile e di tenere il considerazione il dissenso, emarginando però gli estremismi di chi dice che quest’opera non si deve fare».
I ritardi del Veneto? «Superiori ai nostri». I dubbi sul tracciato costiero? «Non mi permetto di dire all’amico Chisso ciò che deve fare. Quando si realizzano opere di questo genere in zone in buona parte urbanizzate, l’impatto c’è comunque. Ma la questione chiave è quella dei costi rispetto ai benefici: questo territorio sotto le Alpi vuole restare in Europa oppure no?».
MARCO BALLICO
 

 

Chisso: «Il tracciato veneto va rivisto» - L’assessore critica il progetto Rfi: «Serve una stazione intermedia»
 

VENEZIA Sembra una vicenda carsica quella dell’alta velocità tra Mestre e Trieste e non solo perché, per farla, bisognerà bucare anche il Carso. In prossimità di scadenze ravvicinate, come quella che al 31 dicembre appena passato ha fatto sì che fosse consegnato un progetto e si evitasse di perdere un finanziamento di un miliardo e mezzo dell’Europa, c’è stato un fiorire di polemiche. Adesso chissà quanto tempo passerà prima che ci si rimetta mano. Sull’altro tratto da costruire in Veneto, quello tra Padova e Verona, ben più urgente, si va avanti così da anni. E lo scetticismo è alimentato da chi ritiene che non ci siano conti e indagini che ne giustifichino la necessità. Renato Chisso, assessore veneto alla Mobilità, ha davanti a sé la pila di carte con il tracciato della linea alta velocità Mestre-Trieste: «Bene. Da adesso in poi si comincia a discutere e a stabilire costi e benefici».
Ma c’è ma nessuno che abbia fatto una ricerca di questo genere sull’alta velocità Venezia-Trieste?
No. Adesso che abbiamo il tracciato vedremo e valuteremo con le amministrazioni locali. Ma sulla necessità del quadruplicamento della linea non ci sono dubbi.
Eppure, anche dalle carte delle Ferrovie, c’è ampio spazio per fare correre altri treni sulla linea attuale.
Non mi risulta. Sulla linea corrono 220 treni al giorno e la capacità è di 250. Quindi se dobbiamo pensare ai prossimi anni, alla necessità di trasferire una maggiore quantità di merci su ferro, e all’opportunità di completare il Corridoio 5, il raddoppio dei binari è necessario, a meno che non vogliamo discutere di costruire la quarta o la quinta corsia dell’autostrada.
Ma quanti treni veloci ci correranno?
Due o tre coppie al giorno. Il resto serve per il traffico normale e quello merci.
C’è chi sostiene che per le merci c’è molta capacità inutilizzata. Le stesse ferrovie sostengono che, finchè ci saranno agevolazioni al trasporto gomma, sul ferro non andrà neanche una tonnellata di merci in più. C’è chi dice che ci sono corridoi alternativi per far viaggiare le merci...
Il raddoppio della ferrovia serve nei prossimi decenni e lo spostare merci dalla strada al ferro è un obbiettivo che prima o poi dovremo raggiungere. I Corridoi alternativi possono anche andare bene, ma non possono essere un’alternativa se saltano Venezia. Quanto alla gestione cargo delle Ferrovie dei cargo mi rendo conto che è fallimentare. Al Brennero, dove c'è una gestione con i privati, funziona. E poi stiamo facendo la società con le Fs.
Doveva essere già fatta nel 2010.
La stiamo completando.
Ma perché è stato scelto il tracciato basso?
Non c’erano alternative. L’affiancamento alla linea storica avrebbe portato all’abbattimento di migliaia di case. Il percorso vicino all’autostrada è stato scartato a suo tempo, d’intesa con l’assessore Riccardo Riccardi, perché avrebbe bloccato i lavori della terza corsia: non si sapeva chi avrebbe potuto pagare il costo dei lavori aggiuntivi per costruire i cavalcavia. E inoltre, per quanto riguarda il Veneto, la linea avrebbe traversato tutta la Regione senza lasciare nulla al territorio.
Che cosa vuol dire non lasciar nulla al territorio?
Vuol dire passare senza fermarsi e senza dare la possibilità che un’opera ”storica” come questa possa servire anche per altri scopi che far passare treni veloci.
Ma se ci corrono treni veloci a che servono le fermate? Tanto più sulle spiagge che utilizzerebbero la linea due mesi l’anno?
Ma io non voglio far fermare l’alta velocità sulle spiagge come forse qualcuno vuol fare intendere. Penso solo che, con il raddoppio dei binari, a partire da Mestre, si può far correre una sorta di anello ferroviario che serva le spiagge e il territorio e finisca per intercettare Portogruaro che è un grande Interporto.
Ma il tracciato che ha presentato Rfi va incontro a quest’ipotesi?
No, non ha stazioni intermedie. Ed è per questo che, secondo me, non va bene e va discusso.
È la sola cosa che non va?
Mah, ce ne possono essere altre: ci sono valutazioni ambientali da fare sull’altezza che viene prevista nell’attraversamento di alcune zone. C’è una lunga curva all’inizio del tracciato, dopo Mestre, della quale non si spiega la ragione. Insomma è un’ipotesi di lavoro che va analizzata e discussa e sulla quale, alla fine, si dovranno pronunciare gli enti locali e la Regione che prenderà la decisione finale. Non c'è fretta. Abbiamo tempo per fare le cose per bene.
Già il tempo. Che senso ha mettersi a discutere di un tracciato quando l’altra linea, ben più urgente, tra Venezia e Milano è ancora, in Veneto, in mente dei?
Sulla Verona Vicenza Padova il progetto preliminare c’è ed è approvato. Il problema adesso è chi sviluppa quello definitivo perché, al contrario di quel è accaduto in Lombardia, il General Contractor non ha perfezionato il subentro e ha chiesto di incassare le penali.
Ma la Lombardia è andata avanti, con i progetti e finanziamenti da parte del governo, mentre il Veneto è fermo da anni. Sembra che qui la Regione non abbia dedicato molte energie a trovare soluzioni...
Non è vero. La colpa dei ritardi è dell’altalena dei governi e delle soluzioni proposte tra chi voleva i General Contractor, sostanzialmente i governi Berlusconi, e chi diceva che doveva essere Rfi a farlo. Nel 2009 abbiamo chiesto al Cipe l’affidamento definitivo del progetto a Rfi e adesso aspettiamo.
Ma resta il nodo di Vicenza.
Sì, la questione del passaggio di Vicenza deve essere risolta anche se si può andare avanti lo stesso a costruire i binari.
Tempi? Soldi?
Stiamo andando avanti. Quanto ai soldi, finanziamenti per la costruzione per ora non ce ne sono.
ALESSANDRA CARINI
 

 

Alta velocità, i paletti di Duino-Aurisina - MOZIONE BIPARTISAN IN CONSIGLIO COMUNALE
 

DUINO AURISINA I primi paletti, il Comune di Duino Aurisina, li ha già piantati. Con una mozione condivisa da maggioranza e opposizione, ieri mattina l’amministrazione Ret ha emanato cinque linee guida che dovranno essere adottate nell’analisi e nelle valutazioni dei progetti infrastrutturali dell’Alta velocità. In particolare, l’espressione di un giudizio positivo sull’opera che interesserà il territorio dovrà essere «preliminarmente subordinata a una disamina del livello di trasparenza e partecipazione garantito in tutte le fasi dell’iter». I cittadini, insomma, dovranno essere messi in grado di conoscere benefici, impatti e rischi dell’opera. «Abbiamo preteso - così il consigliere dei Verdi Maurizio Rozza - che agli staff tecnici che provvederanno alla progettazione delle opere siano affiancati esperti designati dalle associazioni speleologiche e di protezione ambientale nominati dal nostro Comune, pena la pronuncia negativa sul progetto». Gli interventi, inoltre, non dovranno impattare negativamente sui centri abitati: sia nella fase di realizzazione che in quella di esercizio vanno «messe in atto tutte le tecnologie più moderne per la loro minimizzazione». L’amministrazione, come ha osservato il presidente della seconda commissione consiliare Fabio Eramo, ha chiesto inoltre che «cantieri e strutture di servizio siano collocate in modo da non interferire sugli abitati e sulle aree di pregio storico, culturale ed ambientale». Escluso che trasporto e stoccaggio dei materiali di scavo aggravino il traffico su gomma: bandito lo spargimento di polveri nelle aree abitate. «Né le opere dovranno provocare l’ulteriore frammentazione del territorio», conclude Eramo. Sono previste altresì forme di tutela delle acque e degli habitat e delle specie di interesse regionale, nazionale e comunitario.
TIZIANA CARPINELLI

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - COMITATO NO TAV

 

Dalle 10 in piazza Unità sotto il palazzo della regione, presidio informativo per ribadire le ragioni dell’opposizione ai progetti per l’alta velocità/alta capacità ferroviaria

 

 

«Centrale idrodinamica lavori in ritardo» - Italia Nostra: rinnovare l’intesa con Beni culturali e Regione per non porre a rischio il progetto
 

DOPO LA LETTERA DEL MINISTERO
Sollecitato da Italia nostra, il ministero dei Beni culturali chiede ragione del fatto che non siano mai iniziati i lavori alla Centrale idrodinamica di Porto vecchio, finanziati con 5 milioni di euro in seguito a un protocollo d’intesa siglato il 25 ottobre 2007, e scaduto il 25 ottobre 2010, tra la Direzione regionale dei Beni culturali, l’Autorità portuale e la Regione.
Proprio nei giorni scorsi, nel corso di un sopralluogo, il nuovo direttore regionale Giangiacomo Martines si era compiaciuto del fatto che i lavori, invece, fossero iniziati. Affidati alla società Dottor Group che si è aggiudicata l’appalto, e che assicura di portare a termine l’impresa in 12 mesi. Ma la lettera di protesta e sollecito di Italia nostra, corredata di foto, era partita a novembre: «Allora i lavori iniziati erano solo quelli alla torre, pagati dal ministero, l’Autorità portuale non aveva dato corso al restauro del corpo centrale - afferma Antonella Caroli, artefice del progetto di Museo storico del porto -. La convenzione va rinnovata, ma intanto c’è stato l’avvicendamento al vertice dell’Autorità portuale, e la faccenda passa di mano.
«Il mancato rinnovo del protocollo d’intesa potrebbe compromettere gli obiettivi fissati - scrive la presidente di Italia nostra, Giulia Giacomich -, il nostro giudizio sull’operato dell’Autorità portuale in questi anni, relativamente a questi temi, non è positivo. Riconosciamo invece al sindaco Dipiazza un’efficace azione di spinta al recupero e sviluppo di quell’area». I due «ritorni» in vetta, di Martines e Monassi, fanno dire a Giacomich: «Ci auguriamo che si riprenda in mano e si rinnovi il protocollo d’intesa, Italia nostra aveva iniziato le procedure nel 2004, proprio con Martines e Monassi». Il progetto complessivo è del valore di 12 milioni di euro.
Nel frattempo Caroli (già segretario generale del Porto) interviene anche sui nuovi assetti: «Riparliamo di porto e di sviluppo - scrive - senza pianti, si spera di lavorare in velocità e con efficienza guardando al mondo e non ai piccoli orticelli che garantiscono solo futuri effimeri. Quando si parla di porti - aggiunge - non bisogna parlare di incarichi e società, ma soprattutto di ”sviluppo generale della portualità” e in particolare nel nostro caso di ”rivalorizzazione dell’area storica abbandonata”». In fondo l’accusa a Boniciolli: «Forse non era oro tutto quello che si voleva far luccicare, soltanto nell’ultimo periodo si è dato il via a qualcosa rimasto sospeso per troppo tempo, e il polo museale è stato impropriamente tolto agli studiosi e ai meritevoli per affidare incarichi estranei alla ricerca e agli studi compiuti per lunghissimi anni. Forse anche questo per garantire un altro piccolo orticello?».

(g.z.)
 

 

«Stop all’elettrodotto o partiranno nuovi ricorsi» - I proprietari del Carso bocciano il progetto di Terna: «È mancato un reale confronto»
 

DUINO AURISINA. L’AGGIORNAMENTO DELLA RETE A VISOGLIANO E SAN PELAGIO NON PREVEDE IL RICHIESTO INTERRAMENTO
Agguerriti fino alla punta dei capelli, promettono di dare battaglia se Terna non congelerà il progetto di aggiornamento della rete da Ronchi a Padriciano. Che, a eccezione di un tratto nella zona di Monfalcone, non prevede alcun interramento, ma soltanto lo spostamento dell’elettrodotto all’esterno dei centri abitati di Visogliano e San Pelagio.
Cresce il malumore tra la Comunelle dopo la presentazione del piano da parte della società responsabile della trasmissione dell’energia elettrica sul territorio nazionale. Al punto da prospettare una pioggia di ulteriori ricorsi per bloccare l’intervento o quantomeno ritardarlo il più a lungo possibile. «Possiamo accettare qualsiasi cosa – si legge nella mozione avanzata da Igor Radovic dell’Unione proprietari del Carso, durante l’ultima assemblea convocata dalla Comunanza Agrarna skupnost delle Jus Comunelle della provincia di Trieste - ma non l’essere considerati cittadini di seconda categoria. Se l’interramento è nei paesi civili e anche in alcune regioni d’Italia ormai una prassi, specialmente nei centri abitati, allora abbiamo anche noi il diritto di essere trattati con rispetto e dignità». Per questo Terna, nel caso in cui il passaggio dei cavi non dovesse avvenire nel sottosuolo, può aspettarsi «un’opposizione dura» dai residenti. «E non è detto – proseguono - che l’intervento che ora sembra più economico e lungimirante non si dimostri col tempo miope e svantaggioso. Il rispetto dell’ambiente e la qualità della vita sono valori che danno un senso al nostro esistere. Fermate i lavori, affinché possa iniziare un confronto serio, allo scopo di risolvere le questioni rimaste aperte in un modo accettabile per entrambe le parti».
I proprietari del Carso, insomma, chiedono a Terna di «fare un passo indietro». Ritenendo non vi sia stata, finora, una «disponibilità reale a risolvere i nodi fondamentali» e anzi giudicando talune risposte della Spa al ricorso (respinto) presentato dalle Comunelle nel 2008 al Ministero dell’Ambiente, «ridicole, se non addirittura intellettualmente offensive». Nella mozione viene sottolineato come «ancora oggi non sia chiaro lo scopo dell’opera e se sia di utilità pubblica». «In questo complesso progetto - così il documento - non vi è traccia delle modalità di immissione in possesso che un’opera pubblica comporta. Non ci è stato possibile a oggi, e non per colpa nostra, consultare il piano particellare di asservimento. Sorprende inoltre che un’opera di tale importanza riporti sul frontespizio dei progetti che la rappresentazione grafica dei sostegni non è in scala, quindi l'interessato non è in grado di poter valutare l'occupazione dell'area». Stando ai proprietari del Carso, nel corso dell’iter di progettazione dell’elettrodotto non sarebbero stati presi in considerazione i cambiamenti più stringenti della nuova legge Natura 2000. «Pur riconoscendo - si osserva -, almeno a parole, il valore delle particelle interessate dall’aggiornamento della rete le si dichiara, nello stesso tempo, di scarso valore economico. É una logica perversa». «Quando facciamo noi i miglioramenti fondiari o un pur minimo intervento edilizio sulla casa - aggiungono - ci troviamo davanti a problemi burocratici a non finire proprio a causa della specificità dell’ambiente, mentre quando ci espropriate sul nostro territorio si può compiere qualsiasi intervento invasivo».
Alla riunione sono altresì intervenuti il coordinatore delle proprietà collettive Carlo Grgic, il presidente dell’Agrarna skupnost Vladimir Vremec, il presidente della Comunella di San Pelagio Alessandro Bordon e quello della Comunella di Visogliano Mitja Kravanja. Il prossimo incontro, stavolta con l’amministrazione, è convocato il 1° febbraio. «In quella sede - spiega l’assessore Tjasa Svara - cercheremo di capire quali sono le posizioni e come intervenire per portare avanti le richieste dei cittadini. Il Comune, finora ha fatto quanto in suo potere: l’amministrazione è volata a Roma per sostenere l’istanza dell’interramento e cercare di spostare l’elettrodotto al di fuori del centro urbano di Visogliano, domanda peraltro accolta da Terna. Dopo l’assemblea avremo chiare le modalità di azione».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

Pirano, chiusa la discarica di Dragogna - I RIFIUTI SARANNO SMISTATI IN ALTRI IMPIANTI DELLA SLOVENIA
 

PIRANO Dopo cinquant’anni, la discarica di Dragogna ha chiuso i battenti. Da lunedì scorso, i rifiuti raccolti dalla municipalizzata “Okolje” nel comune di Pirano non finiscono più nel solito punto, ma vengono gestiti da un’impresa di Lubiana, la “Publicus” che li smista poi in altre discariche del Paese.
Per l’ambiente nella splendida valle del Dragogna è un importante punto guadagnato, per i piranesi invece si aprono due problemi, collegati tra loro, ma comunque entrambi risolvibili: quello dei costi e quello della necessità di cambiare abitudini. Solo un aumento della percentuale della raccolta differenziata consentirà infatti di limitare le spese, altrimenti le bollette per la rimozione della spazzatura, a partire da marzo, potrebbero drasticamente rincarare.
Nella discarica di Dragogna venivano finora sversate tutti i giorni – nei mesi invernali - 20 tonnellate di rifiuti, circa 60 metri cubi, e il doppio durante la stagione turistica. Per Pirano e i suoi abitanti, questo significava una spesa di circa 2 milioni di euro all’anno. Ogni nucleo famigliare pagava, in media, una bolletta mensile da 12,86 euro. Ora la situazione cambia.
Per trasportare i rifiuti altrove, visto che nella vecchia discarica non c’è più posto, la spesa complessiva aumenterà, secondo le stime, a circa 3 milioni di euro all’anno. Altri 600-700 mila euro sono invece previsti per il sanamento dell’ormai ex discarica.
La novità - sono convinti nella municipalizzata “Okolje” - potrebbe innescare un autentico circolo virtuoso e portare all’aumento della raccolta differenziata.
A Pirano, comunque, così come negli altri comuni costieri, stanno pensando a una soluzione ancora più efficace del problema dei rifiuti urbani. Insieme ai comuni del Carso sloveno e della Notranjska (la regione storica che gravita su Postumia), si sta puntando alla creazione di un centro comune per la gestione dei rifiuti, che sorgerebbe su un’area di 4 ettari nel comune di Logatec.
I punti di raccolta rimarrebbero diversi, tra Pirano e Vrhnika, ma poi tutta la spazzatura che avanza dalla raccolta differenziata verrebbe convogliata in questo centro per il trattamento meccanico-biologico dei rifiuti. La struttura “coprirebbe” 17 comuni – tra cui Capodistria, Isola e Pirano – con 180mila abitanti, che “producono” da 50 a 70mila tonnellate di rifiuti l’anno. Costo dell’operazione, che dovrebbe andare in porto tra alcuni anni, 35 milioni di euro.
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - VENERDI', 21 gennaio 2011

 

Shopper falsi biodegradabili - arriva lo stop del Garante - Accolto il ricorso di Legambiente e della società che ha brevettato la Mater B
 

L'Autorità ha bocciato come ingannevole la pubblicità delle buste di plastica tradizionale con aggiunta di additivi.
E' cominciata la guerra degli shopper. Dopo due anni di rinvii, dal primo gennaio scorso sono stati banditi i sacchetti di plastica che hanno devastato le coste, i fiumi, i mari. E i supermercati si sono riempiti di alternative: tutte presentate come ecologiche e amiche dell'ambiente. Ma non sempre è vero. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha bocciato come pubblicità ingannevole quella con la quale le buste di plastica tradizionale, con l'aggiunta di additivi per facilitarne la disgregazione, vengono definite biodegradabili e compostabili.
A fare ricorso al Garante erano state Legambiente e Novamont, la società che ha brevettato la Mater B, la plastica biodegradabile ottenuta con il mais. Sostenevano che i sacchetti fatti con la vecchia plastica, sia pure corretta con gli additivi per l'autodistruzione, non potevano essere considerati biodegradabili e adatti alla trasformazione in compost, cioè nel terriccio fertile ricavato dalla parte organica dei rifiuti. Il garante ha richiesto il parere dell'Istituto superiore di sanità. Da qui il verdetto. "Le materie plastiche con l'additivo ECM si comportano come ramoscelli o tronchi d'albero. Per questo il produttore stesso non garantisce alcun tempo effettivo in quanto il tempo di biodegradazione dipende dagli stessi fattori da cui dipende la biodegradabilità del legno, ma afferma che la cornice temporale per la totale biodegradabilità si estende tra i nove mesi e i cinque anni".
Per un ulteriore controllo sono stati poi richiesti
test sulla disintegrazione degli shopper con l'additivo ECM al Consorzio italiano compostatori, che ha rilevato tempi di degrado non compatibili con il corretto trattamento dei rifiuti organici. "Non possiamo permettere l'ingresso di altri materiali non adatti perché la situazione è insostenibile", spiega David Newman, direttore del Consorzio. "In mezzo al materiale organico che deve trasformarsi in compost troviamo ogni anno 150 mila tonnellate di plastica. Dobbiamo toglierle e portarle in discarica e tutto questo costa 30 milioni di euro l'anno".
"Quella del Garante è una decisione e giusta: viene sbarrata così da subito la strada ai furbetti del sacchetto, difendendo la messa al bando degli shopper tradizionali, una misura innovativa che porterà enormi vantaggi all'ambiente del nostro Paese", commenta il senatore Francesco Ferrante, responsabile per il Pd delle politiche sui cambiamenti climatici. "Evidentemente la vecchia industria inquinante, che non ha saputo o voluto adeguarsi alla misura introdotta con la legge finanziaria del 2007 che ha deciso la messa al bando dei sacchetti prodotti col petrolio, ha cercato in qualche modo di aggirare una norma che coniuga il rispetto per l'ambiente all'innovazione".
Soddisfatto anche Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente: "La pubblicità di Italcom, Arcopolimeri e Ideal Plastik è stata definita ingannevole e sono state decise multe di 40 mila euro per la prima azienda e 20 mila per le altre due. E' un segnale forte che servirà a rimettere ordine in un settore che produce un micidiale impatto ambientale: in Italia consumiamo circa 20 miliardi di buste all'anno, un quinto di quelle usate in tutta Europa. Le utilizziamo solo per poche ore, ma restano nell'ambiente anche per secoli, da un minimo di 15 anni a un massimo di 1.000 anni secondo l'Agenzia europea per l'ambiente: si frantumano in minuscoli pezzi ma non si distruggono e formano vere e proprie "isole" come quella a 800 miglia a nord delle Hawaii, nell'Oceano Pacifico, il Pacific Vortex, grande tra i 700 mila e i 10 milioni di chilometri quadrati".
ANTONIO CIANCIULLO

 

 

AMBIENTE - Polveri sottili oltre i limiti, l’Ue processa l’Italia- Aria fuorilegge
 

L’ultimatum della Commissione europea è ormai scaduto, ma l’inquinamento dell’aria supera ancora i livelli di guardia. Ora il caso italiano finisce dinanzi alla Corte di giustizia e al rischio per la salute si aggiunge il pericolo di sanzioni
L’Italia non rispetta le norme sull’inquinamento atmosferico fissate dall’Unione europea: le emissioni di PM10, microparticelle pericolose trasportate nell’aria, sono ancora troppo elevate rispetto ai limiti consentiti. Per questo motivo sarà giudicata dalla Corte di giustizia di Lussemburgo, insieme a Cipro, Portogallo e Spagna. «In Italia sono ancora troppi i luoghi dove per ogni 10mila abitanti, più di 15 persone muoiono prematuramente solo a causa delle particelle sottili» denunciava a maggio scorso, Janez Potočnik, Commissario europeo per l'ambiente. A sei mesi dall’ultimo richiamo previsto dalla procedura d’infrazione, la Commissione europea, ha deciso ora di chiedere l’intervento della Corte, affinché sanzioni gli Stati membri inadempienti.
Legambiente contro il governo. Pur avendo recepito in tempo tutte le direttive emanate in materia di polveri sottili, l’Italia non si è adeguata ai parametri fissati dall’Ue e non ha mai adottato un piano di risanamento nazionale della qualità dell’aria, ancora in fase di studio al ministero dell’Ambiente. Immediata giunge la replica del presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza: «Nonostante i ripetuti allarmi e le annuali segnalazioni di Legambiente sull’emergenza polveri, il governo italiano si è ben guardato dall’agire con un piano nazionale di interventi concreti mirati al miglioramento della viabilità generale e del trasporto pubblico in particolare» accusa Cogliati Dezza. «Ora pagheremo due volte. Con i nostri polmoni e con il nostro portafoglio. La multa europea sarà infatti ben superiore al risparmio previsto dai tagli indiscriminati di Tremonti all'ambiente e alle politiche di disinquinamento, e ci toccherà pagare con le nostre tasche».
Le PM10 sono minuscole particelle emesse dal traffico e dagli impianti industriali e di riscaldamento domestico, che restano sospese nell’aria: possono provocare asma, problemi cardiovascolari, cancro ai polmoni e morte prematura. Dalle ultime rilevazioni del 2009 è emerso che, mentre i livelli annui di Pm10 risultano quasi dovunque nella norma (eccetto a Torino, Asti, Alessandria, in alcune zone della Lombardia, a Venezia, Padova, nell’area metropolitana di Firenze-Prato, Frosinone e Salerno), rispetto ai valori giornalieri l’Italia è in forte difetto. Tra le città del Nord si salvano soltanto Asti, Alessandria, Trento, Udine, La Spezia e Imola. Nel Centro mantengono sotto controllo le emissioni alcune zone del Lazio, mentre al Sud i più virtuosi sono Salerno e la gran parte dei comuni pugliesi.
Il primo avvertimento della Commissione europea all’Italia, mediante lettera di messa in mora, risale all’inizio del 2009, subito dopo l’entrata in vigore dell’ultima direttiva europea sulla qualità dell'aria. La direttiva 2008/50/Ce (vigente dal 18 giugno 2008) imponeva ai Paesi dell’Ue di limitare l’esposizione dei cittadini alle polveri sottili, ribadendo i valori massimi di concentrazione annua (40 microgrammi al metro cubo) e di concentrazione quotidiana (50 microgrammi al metro cubo da non superare più di 35 volte in un anno solare) fissati sin dal 2005. In base a tale legge ciascuno Stato doveva dividere il proprio territorio in varie zone, e monitorarne periodicamente i livelli di inquinamento. La direttiva, inoltre, autorizzava gli Stati membri che ne avessero necessità, a chiedere una proroga per adeguarsi alle nuove norme. Le scadenze potevano slittare di tre anni (cioè fino a giugno 2011) per il rispetto degli standard di PM10 e per un massimo di cinque anni, per il biossido di azoto e il benzene. Per ottenere la proroga occorreva dimostrare di aver adottato adeguate misure per riportare i valori di polveri sottili a norma entro il 2011, e di aver predisposto un piano di risanamento della qualità dell’aria. Dopo il primo richiamo, rivolto a dieci Stati membri (Cipro, Estonia, Germania, Italia, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Slovenia, Spagna e Svezia) che non avevano ancora notificato alcuna richiesta di proroga, o non avevano formulato richieste per le zone oltre i limiti di PM10, l'Italia chiese un termine per circa 80 zone di 17 regioni e province autonome. Le proroghe furono approvate per alcune zone e respinte per la gran parte dei territori, che non soddisfacevano le condizioni richieste dalla direttiva e per cui non erano state fornite idonee garanzie sul rispetto dei tempi previsti. Il 1 febbraio 2010 la Commissione si è pronunciata sulla seconda richiesta di proroga da parte dell’Italia relativa a 12 zone di Campania, Puglia e Sicilia, approvando una sola richiesta in Campania. Il 5 maggio 2010 l’Italia ha ricevuto il parere motivato conclusivo della procedura d’infrazione. Si tratta del secondo e ultimo avvertimento scritto inviato dalla Commissione, che precede il ricorso alla Corte di giustizia di Lussemburgo. In attesa del giudizio, l’Italia adesso ha tempo fino al 31 dicembre per adeguarsi agli obblighi ed evitare eventuali sanzioni.
Erika Tomasicchio
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 21 gennaio 2011

 

 

Rio Martesin, la vallata ferita va suturata - I residenti ricevuti in Municipio dal primo cittadino: l’ambiente sarà ripristinato
 

La vallata di Rio Martesin verrà ripristinata nelle condizioni antecedenti l’intervento edilizio bloccato da una recente sentenza del Consiglio di Stato. Ad annunciarlo il sindaco Roberto Dipiazza, che ieri pomeriggio ha incontrato una folta rappresentanza del Comitato spontaneo per la salvaguardia della vallata tra Gretta e Scala Santa.
Un’area interessata da una serie di progetti edilizi fortemente impattanti che prevedevano la realizzazione di 7 palazzine per un totale di 109 appartamenti. La sentenza del Consiglio di Stato invece ha bloccato l’iter edilizio dando ragione al ricorso dei cittadini; evidenziando come l’intervento costruttivo non poteva essere frazionato in tre progetti diversi (prodotti per non superare quei limiti di 10.000 mc per i quali era necessario avviare una procedura di Valutazione di Impatto Ambientale) e doveva seguire il profilo plani altimetrico dei terrazzamenti esistenti.
A seguito della sentenza, i componenti del Comitato spontaneo di Rio Martesin hanno chiesto al Comune di imporre alle imprese impegnate nei progetti, le ditte Gia e Airone85, di provvedere al ripristino della situazione antecedente al loro intervento. Questo significa rimettere mano alla viabilità della vallata, compreso quel ponticello di raccordo tra il versante di Gretta e di Scala Santa che al momento appare pericolante. I cittadini chiedono poi che le ditte rimettano a dimora la ringhiera tagliata lungo il ponte e altri punti di vicolo Rio Martesin e la pulizia dell’alveo del torrente dove sussistono materiali e terriccio scaricati dalla ditta. Oltre al recupero delle pastinature distrutte su ambo i versanti della vallata, viene richiesto il ripristino delle infrastrutture di acqua e gas che al momento risultano penzolanti a mezz’aria sopra il letto del torrente. Ulteriore impegno richiesto, la pulizia di tutti i detriti dell’edificio abbattuto dalle ditte sul lato di Scala Santa.
«Mi impegno con tutti i cittadini per il ripristino della situazione pre esistente nell’area di Rio Martesin – ha detto nel salotto azzurro il sindaco – complimentandosi con loro per la lunga e civile battaglia intrapresa per la salvezza della vallata. Ora però è importante che l’intera comunità si batta per l’adozione della nuova variante al Piano regolatore che prevede per Rio Martesin degli indici di salvaguardia definitiva».
Durante l’incontro il consigliere comunale Alfredo Racovelli ha presentato un’articolata mozione che oltre a chiedere all’amministrazione municipale di adoperarsi per il recupero della zona, si rivolge alla Commissione Trasparenza affinché chieda agli uffici comunali su quante altre richieste di autorizzazione allo sbancamento di pastini e terrazzamenti siano state presentate. Perché se è vero che la sentenza del Consiglio di Stato ha bloccato la distruzione dei pastini in Martesin, pare evidente che la stessa faccia testo per analoghe situazioni attualmente esistenti sul territorio comunale.
Maurizio Lozei
 

 

Il Pd denuncia il ”fallimento” del piano casa - SOTTO TIRO ANCHE LE NORME SULL’ANTI-SISMICA
 

TRIESTE Il piano casa? Un flop. Le norme sull’anti-sismica? Controproducenti. Il Pd, con Giorgio Brandolin e Franco Iacop, picchiano duro sulle ”novità” introdotte in materia di edilizia ai tempi del centrodestra. Le norme in materia antisismica, accusa il Pd, «rallentano e ostacolano gravemente le attività edilizie con una burocrazia fuori dal tempo e dalla realtà»: «Il settore dell’edilizia regionale e di conseguenza l’economia scontano amaramente le dolorose conseguenze generate da una severità procedurale assurda e barocca» affermano i due consiglieri. Ma Brandolin e Iacop contestano anche il piano casa: «Chi riesce ad attivarlo e con quali denari? Tra i vari benefici promessi dalla giunta, il piano casa doveva dare una boccata di ossigeno al sofferente settore delle costruzioni, in particolare alle piccole imprese e agli artigiani specializzati. Invece ben poche sono le domande di ristrutturazione e ampliamento in base al piano casa: le pratiche presentate nella città di Udine sono solamente una sessantina».
 

 

Un tetto fotovoltaico per lo stadio di Muggia - PRONTO IL PROGETTO DEFINITIVO: I LAVORI PARTIRANNO A MAGGIO
 

”Zaccaria”, maquillage da 900mila euro: nuova copertura e rifacimento delle gradinate
Nesladek: «Ritardi sulla pianificazione dovuti solo alle nuove norme sulle gare d’appalto»
MUGGIA Quasi 900 mila euro. A tanto ammonta la cifra che sarà investita dall’amministrazione comunale di Muggia, grazie anche al contributo del Fondo Trieste, durante i mesi estivi per quella che si presenta come una vera e propria rivoluzione dello stadio comunale “Paolo Zaccaria”.
Una delle parti più attese del progetto riguarderà il rifacimento delle gradinate e la copertura del 40% di queste. Il costo sarà di 258 mila 500 euro con un contributo del Fondo Trieste pari a 193 mila euro. Il resto della spesa sarà coperta dalle casse comunali.
Il progetto ha ricevuto nel luglio dell’anno scorso la conformità urbanistica ed edilizia e la rispondenza alle norme e prescrizioni in materia di superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche. In ottobre è poi giunto il parere favorevole del Coni.
La grossa novità riguarderà l’utilizzo dei pannelli fotovoltaici per la copertura del tetto sulle tribune. Uno dei motivi per i quali il progetto ha subìto un ritardo nella tabella di marcia iniziale, come spiega il vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici di Muggia, Franco Crevatin: «È vero, abbiamo tardato un po’, ma strada facendo è stata istituita una nuova normativa sulle gare; poi è esplosa la questione del fotovoltaico e del risparmio, dunque abbiamo deciso di ripresentare il progetto così da ottenere un risparmio energetico».
Inizialmente, infatti, il progetto preliminare era stato approvato nel gennaio del 2008 dal geometra Mauro Zupin del Servizio lavori pubblici ed espropri con un importo complessivo di 218 mila euro. Successivamente, con deliberazione consigliare, l’intervento era stato inserito nel programma triennale delle opere pubbliche 2009-2011 con un finanziamento pari a 193mila euro di fondi commissionati e 25mila euro di fondi comunali. L’incarico per la redazione del progetto definitivo ed esecutivo era stato poi affidato alla Società ”Ipt - Infrastrutture per il terziario” con sede a Padova. Con deliberazione consigliare nel 2009 era stata quindi approvata un’ulteriore modifica al programma con l’incremento dell’intervento di 15mila 500 euro e poi, con successiva deliberazione di consiglio, un ulteriore aumento di 25 mila euro, salendo così a un costo complessivo di 258 mila 500 euro, con un contributo del Fondo Trieste pari a 193 mila euro.
Ma lo “Zaccaria” si rifarà il look anche grazie ad un parallelo progetto, ancor più faraonico, che prevede il rifacimento della pista di atletica, la riqualificazione degli spogliatoi e il rifacimento degli impianti di illuminazione. La spesa prevista sarà complessivamente di 550 mila euro.
«Tutti i lavori partiranno attorno alla metà di maggio, ossia quando l’asd Muggia, il sodalizio che gestisce l’impianto comunale, avrà terminato la sua attività stagionale», ha commentato Crevatin.
Soddisfatto il sindaco di Muggia Nerio Nesladek: «Ammetto che la mia speranza era di riuscire a realizzare quest’importante opera con maggior anticipo, ma non abbiamo atteso invano visto che la struttura godrà dell’impianto fotovoltaico che permetterà un importante risparmio economico».
Il primo cittadino ha ricordato poi «l’impegno dell’amministrazione nei confronti del sociale e dello sport attraverso la realizzazione della copertura del campo dello Zaule Rabuiese e la costruzione del PalaCoop».
I lavori dello “Zaccaria” rientrano nello specifico nel processo di recupero degli impianti sportivi in località Piasò. La conclusione del progetto di restyling dell’area è previsto entro il mese di settembre.
RICCARDO TOSQUES

 

 

 

 

IL CORRIERE DELLA SERA - GIOVEDI', 20 gennaio 2011

 

Gli «avvelenatori» tornano punibili - E' di nuovo valida la legge del 1962 che punisce chi mette in commercio alimenti scaduti, tossici o avariati
 

SENTENZA URGENTE DELLA CASSAZIONE
MILANO — Una legge salvata. Quella sulla tutela della salute pubblica rispetto agli alimenti scaduti, avariati, contaminati, tossici e quant’altro. Dopo la denuncia del Corriere della Sera, una sentenza urgente della Cassazione riconosce gli effetti della legge 283 del 1962 sulla tutela di quanto finisce nei piatti degli italiani. Una tutela preventiva che i giudici italiani avevano smesso di applicare considerandola spazzata via — insieme a migliaia di altre norme risalenti a prima del 1970 — dai decreti del ministro per la semplificazione Roberto Calderoli. Una sentenza, sempre della Cassazione, del febbraio 2010 ne aveva decretato la «morte», ritenendola abrogata dal 16 dicembre 2010. Eliminando così la possibilità di punire chi commetteva reati del tipo mozzarelle blu, vino al metanolo, alici con le larve, cotolette alla salmonella, uova alla diossina. Un esempio dell’elenco sterminato di reati normalmente presenti nei rapporti dei carabinieri del Nas. E dopo il 16 dicembre, nonostante le rassicurazioni dello stesso Calderoli e del ministro della Salute Ferruccio Fazio, i giudici avevano cominciato ad assolvere o a non rinviare a giudizio. Un grave pericolo per la salute pubblica.
«INFORMAZIONE PROVVISORIA» - Adesso controlli e sentenze possono ripartire. In fretta e furia, la terza sezione penale della Suprema Corte ha di fatto ribaltato la decisione che lei stessa (ma con altri magistrati) aveva preso lo scorso febbraio. Per ora non si conoscono i dettagli, ma l’importanza della questione è tale che da piazza Cavour a Roma hanno diramato un’«informazione provvisoria», scritta a penna, che illustra il senso del provvedimento. «La disciplina in tema di tutela degli alimenti contenuta nella legge 283 del 1962 — è scritto — non rientra fra quelle abrogate dalla legge 246 del 2005 (la cosiddetta taglia-leggi, ndr) e relativi decreti attuativi». E stamane il procuratore torinese Raffaele Guariniello è tornato a colpire, a firmare un rinvio a giudizio per un commerciante che vendeva alici alle larve, pericolosissime per il fegato umano. «Sono entusiasta di questo intervento della Cassazione che ripristina la normalità», ha commentato il magistrato, da sempre in prima fila nella lotta contro le frodi.
CHIAREZZA - Guariniello ha subito informato il ministro Fazio, che si era prodigato per chiarire la situazione. Fazio e il collega Calderoli, il 17 gennaio scorso, avevano spiegato che la legge non era stata abrogata. Ma nei tribunali, di fronte alla sentenza della Cassazione del febbraio 2010, pochi potevano applicare la versione dei ministri. Soprattutto gli avvocati difensori sventolavano quella sentenza che in pratica ufficializzava l’abrogazione della legge del 1962. A Benevento, a dicembre, è stato assolto un commerciante «perchè il fatto non è più previsto come reato», mentre a Torino un pescivendolo aveva evitato il rinvio a giudizio e un responsabile di minimarket ha sperato nell’assoluzione per la vendita di alici con le larve. Il giudice però ha rinviato la sentenza in attesa di chiarezza. Chiarezza arrivata ora da Piazza Cavour.
Mario Pappagallo
 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 20 gennaio 2011

 

 

RIGASSIFICATORE - Il WWF: “SE L’ACCORDO CON LA SLOVENIA ESISTE DAVVERO, SAREBBE ORA DI DIVULGARLO”
 

Da mesi si parla di un fantomatico “no paper” con cui Lubiana avrebbe detto sì a Zaule in cambio del sostegno italiano al rigassificatore di Capodistria.

Ma finora non s’è visto.
La stampa locale ha riferito con grande evidenza che, nell’incontro di ieri a Roma, tra il presidente sloveno Türk e il presidente del Consiglio Berlusconi, sarebbe stato affrontato anche il problema del rigassificatore proposto da Gas Natural nel sito di Trieste-Zaule.
Un progetto sul quale, si legge nella cronaca de IL PICCOLO: “…la posizione di Lubiana è quella espressa nel famoso ”no paper” che è giunto al nostro ministero dell’Ambiente. Ossia, la Slovenia chiede che l’Italia non ponga veti a una possibile realizzazione di un rigassificatore a Capodistria se ci fosse un accordo sull’impianto italiano di Zaule, posto l’inderogabile veto a quello off-shore”.
Non solo: “Fonti di palazzo Chigi sostengono che nella mediazione l’Italia potrebbe rinunciare all’impianto off-shore se la Slovenia farà altrettanto circa il futuribile impianto di Capodistria fermo restando valido e da attuare quello di Zaule”.
Si torna cioè a citare il “no paper” del Governo sloveno, di cui si era già parlato a lungo la scorsa estate sui medesimi organi di stampa. “No paper”, invero, fantomatico, poiché all’epoca da Lubiana ne era stata smentita l’esistenza e invano il WWF aveva chiesto - a chi dichiarava di conoscerlo - di divulgarlo. Essendo poi uscita più volte anche la notizia secondo cui il “no paper” era sul tavolo del ministro dell’ambiente, Stefania Prestigiacomo, il WWF aveva chiesto ufficialmente di averlo. Senza ottenere però, a tutt’oggi, risposta alcuna dal ministro.
Prima di ricorrere a buoni uffici di Vittorio Sgarbi (dimostratosi efficace per avviare a soluzione la vicenda dei colibrì di Miramare, smuovendo anche il ministro Prestigiacomo), ribadiamo perciò la richiesta a tutti coloro i quali – nelle istituzioni e nei media – dispongono del misterioso documento sloveno, affinché lo divulghino. Sempre che esista davvero, ovviamente.
Sarebbe anche importante capire se davvero i due leader, nell’incontro romano, abbiano trattato l’argomento del rigassificatore e se sì, in quali termini, poiché il comunicato ufficiale diramato dalla Presidenza del Consiglio, si limita a dire che “Durante il pranzo di lavoro, il Presidente Berlusconi e il Presidente Türk hanno affrontato i temi politici, economici e commerciali di maggiore interesse bilaterale. Hanno poi discusso delle prospettive per la “governance” economica internazionale ed europea, e delle politiche dell’UE verso i Balcani. Il Presidente Berlusconi e il Presidente Türk hanno infine espresso soddisfazione per le eccellenti relazioni tra i due Paesi e approfondito le aree di una possibile, ulteriore collaborazione sul piano bilaterale e regionale.”
Occorrono insomma chiarezza e rispetto nei confronti dei cittadini, che in merito al rigassificatore hanno già dovuto subire sia reiterate mistificazioni da parte di Gas Natural, sia comportamenti gravemente scorretti e per nulla trasparenti da parte delle istituzioni locali e ministeriali competenti.
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 gennaio 2011

 

 

Alta velocità, l’elenco delle 66 case ”sensibili” Ad Aurisina binari a 30 metri dagli edifici - le 66 residenze piu' sensibili al tracciato della TAV
 

DUINO AURISINA La lunga striscia di terreni che saranno inghiottiti dall’Alta velocità si staglia vicino, anzi vicinissimo, alle abitazioni private. Case e piccoli condomini, rustici e villette, ma anche centri di cura come la Pineta del Carso, per un totale di 66 immobili, concentrati tutti nella frazione di Aurisina stazione.
Da ieri le schede di questi edifici “sensibili”, con le foto delle relative facciate, l’indirizzo preciso, lo stato di conservazione degli infissi e, soprattutto, le distanze che fisicamente li separano dalla futura infrastruttura di Rfi, sono pubblicamente visionabili: basta cliccare il sito web del Wwf del Friuli Venezia Giulia e procedere con la lettura della sezione documenti sulla home page. Spulciando nell’elenco, tratto dallo Studio di impatto ambientale, si scopre che la Tav sfreccerà a un tiro di schioppo da diverse residenze: emblematici i casi delle abitazioni ai civici 61, 46 e 58, situate a 30-60 metri dalla linea del tracciato. Per non parlare del ricovero della Pineta del Carso, che pur trovandosi a una distanza maggiore (tra 235 e 355 mt) vedrà sfrecciare i treni a 240-250 chilometri orari dai letti dei degenti.
Complessivamente i “ricettori sensibili” - così sono state definite le unità abitative poste a una distanza ravvicinata alla futura linea ad alta capacità e alta velocità Venezia-Trieste - concernono un migliaio di edifici tra San Canzian d’Isonzo e Duino Aurisina. Ma se il sindaco Giorgio Ret esclude che vi possano essere problematiche rilevanti, dato che «proprio lì, ad Aurisina, sarà realizzata una stazione e dunque i treni non arriveranno a velocità sostenuta poiché si dovranno fermare», diversamente può dirsi per gli ”effetti collaterali” associati ai cantieri e in particolare per lo stoccaggio dei materiali di scavo. «Ci è stato comunicato che dovranno transitare 400 camion al giorno - spiega il primo cittadino - ma Duino Aurisina non ha arterie in grado di sopportare una tale mole di traffico pesante e dunque la prima cosa che chiederemo sarà la movimentazione delle pietre via rotaia». Pena la paralisi della circolazione, pericolo tanto più tangibile d’estate, quando i flussi vanno regolarmente in tilt. «A preoccupare di più, però, è l’incognita sul prosieguo del tracciato da Aurisina a Divaccia», conclude Ret. Più critico Maurizio Rozza (Verdi): «Vogliamo garanzie precise relativamente ai rischi ventilati ancora nel 2003 dal geologo Franco Cucchi, ovvero la possibile contaminazione delle falde con i lubrificanti delle trivelle e l’eventuale occlusione dei corsi d’acqua secondari del Timavo, la cui portata sotterranea non è nota in tutti i suoi punti». Per quanto riguarda invece le abitazioni ”sensibili” Rozza osserva che «dovranno essere assicurate barriere e isolamenti tali da ridurre il più possibile l’impatto dell’infrastruttura sulla vita dei residenti».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

Riccardi: «Coadiuveremo gli enti nell’analisi del progetto Tav» - DUINO AURISINA. PRIMO TAVOLO TECNICO CON LA REGIONE
 

DUINO AURISINA «Sabato, dopo aver affrontato i termini progettuali e procedimentali, definiremo insieme con i Comuni e le Province i percorsi più utili a garantire la massima conoscenza del progetto e le più efficaci e costruttive forme di partecipazione al fine di consentire a tutti la presentazione delle osservazioni agli elaborati ricevuti dalla Regione».
Lo afferma l’assessore regionale alla Viabilità Riccardo Riccardi che dopodomani alle 11 ha convocato al Palazzo della Regione una riunione con i Comuni investiti della progettazione preliminare delle due tratte Portogruaro-Ronchi e Ronchi-Trieste della linea ferroviaria ad Alta capacità e Alta velocità. «L’incontro - così Riccardi - rappresenta il primo tavolo di lavoro tra le amministrazioni municipali e la Regione, che intende coadiuvare le realtà del territorio nella fase di analisi della documentazione tecnica. Come Regione, ci mettiamo dunque a disposizione delle istituzioni locali, confermando sin d’ora l'intenzione di promuovere altre riunioni con gli enti, accorpati per aree territoriali». Interverranno Dario Danese, direttore regionale per le Infrastrutture e mobilità, che chiarirà gli aspetti procedurali e i responsabili di Rfi, per illustrare i progetti preliminari.
Intanto domani la Seconda commissione consiliare permanente di Duino Aurisina presenterà, dopo l’analisi del progetto, le sue osservazioni. Che verteranno principalmente sulla salvaguardia del territorio e sul coinvolgimento del Comune. «Altre osservazioni - aggiunge il presidente della commissione Fabio Eramo - concerneranno elementi correttivi, come lo spostamento di un campo logistico». Il documento sarà unitario, dunque condiviso con l’opposizione.

(t.c.)
 

 

«Da annullare l’atto di vendita del terreno acquistato da Dipiazza a Guardiella» - In piedi una causa civile
 

L’EDITORE DEL ”TUONO” PERTOT ALL’ATTACCO DOPO LA QUERELA DEL SINDACO
Ritorna alla ribalta della cronaca la vicenda del terreno comunale di Guardiella che il Comune ha messo in vendita e che è stato acquistato dal sindaco che dopo un anno l’ha rivenduto a una società immobiliare.
Questo problema, più volte emerso negli ultimi anni a livello politico e giornalistico, sarà al centro della causa civile che lo stesso sindaco ha intentato a Daniele Pertot, editore del settimanale ”Il tuono” e all’ex direttore responsabile del periodico Paolo Parovel.
Secondo l’avvocato Roberta Ferencich, collega di studio dell’avvocato Sergio Pahor - che è anche presidente del Consiglio comunale - gli articoli pubblicati sul alcuni numeri del ”Tuono” hanno diffamato il sindaco «in modo lampante». Al contrario l’avvocato Furio Stradella, legale dell’editore Daniele Pertot, difende il suo cliente chiedendo al giudice Sergio Carnimeo di dichiarare la nullità dell’atto di vendita del terreno di Guardiella, acquistato da Roberto Dipiazza dopo che il Comune lo aveva messo in vendita all’asta.
Secondo l’articolo 1471 del Codice civile «non possono essere compratori, nemmeno all’asta pubblica, nè direttamente, nè indirettamente per interposta persona, gli amministratori dei Beni dello Stato, dei Comuni, delle Province e degli enti, rispetto ai beni affidati alla loro cura».
In altri termini nel processo civile per la presunta diffamazione, si discuterà anche, per iniziativa e volontà di chi è stato trascinato in Tribunale dal sindaco, della vendita all’asta del terreno di Guardiella che lo stesso sindaco ha comprato e poi venduto a una società immobiliare. Secondo chi si difende l’acquisto è nullo e gli articoli o meglio la campagna di stampa che lo ha sostenuto, rientra nel diritto di cronaca. I
E’ pertanto evidente che il contratto di acquisto della particella tavolare 216 di Guardiella, rischia di essere annullato perché l’editore trascinato in giudizio dal sindaco, ha reagito e per difendersi ha avviato una causa riconvenzionale. La proprietà del terreno ritorna così il gioco anche se l’avvocato Roberta Ferencich afferma nell’atto di citazione che «le varie norme susseguitesi nel tempo hanno spostato l’operatività del divieto dell’articolo 1471 dagli amministratori pubblici, ai dirigenti comunali. Questa testi è smentita dall’avvocato Stradella nella memoria di replica. «La tesi che il divieto si applica solo ai dirigenti, si palesa ardita, posto che si pone in contrasto non solo con testo della norma ma addirittura con l’iter seguito dalla stessa amministrazione comunale, che, necessariamente, con delibera consiliare - assente Dipiazza e presidente l’avvocato Sergio Pahor - aveva disposto di procedere alla vendita della particella tavolare 216 di Guardiella, mediante stipula di atto negoziale nei confronti del signor Roberto Dipiazza verso corresponsione del prezzo di euro 33.050».
Nelle pagine della ”comparsa di costituzione e risposta” l’avvocato Furio Stradella fa anche i conti in tasca al sindaco e in base ad atti pubblici, accessibili a ogni cittadino, definisce i dettagli economici dell’operazione, conclusa con l’Edil 2004. L’impresa ha pagato 370 mila euro mentre Roberto Dipiazza per i tre terreni ha speso nel tempo poco più di 81 mila euro: 33 mila per quello acquistato all’asta dal Comune, e altri 48 mila per i due comprati in precedenza.
«E’ quindi chiaro- scrive l’avvocato Stradella-che tutta l'operazione era finalizzata alla speculazione che riguardava gli altri terreni di sua proprietà acquistati poco prima e rivenduti unitamente a quello ex comunale, una volta completato l’ambito, al fine di poter predisporre un piano attuativo idoneo, con variante urbanistica».

(c.e.)

 

 

SEGNALAZIONI - Salvare i colibrì  - ANIMALI / 1
 

È da un po’ che mi sto chiedendo perché mi sono così struggentemente appassionata alla sopravvivenza dei colibrì e mi rattristo così tanto quando penso che vengono portati via dalle serre di Miramare. Una risposta immediata la trovo nella mia profonda passione e rispetto della natura che continua sempre ad incantarmi con le sue meraviglie.
Ma c’è un’altra risposta che si insinua prepotentemente tra le magie dell’incanto. Mi frulla in mente il pensiero che in qualche modo la sopravvivenza di queste bestiole è legata alla sopravvivenza della nostra coscienza di essere cittadini di Trieste tanto amata. Mi dico che i colibrì sono nella ”Trieste o del nessun luogo” di J. Morris per un motivo: il loro frullar d’ali frenetico deve in qualche modo smuovere l’aria stantia da museo a cielo aperto di questa città tanto decantata che finisce tristemente per contare poco o niente, continuando a perdere pezzi e pezzettini lungo il cammino della storia. Mi dico: possibile che a Trieste non siamo capaci neanche a tenerci colibrì? Mi dico: possibile che per mettere a norma i manufatti esistenti debbano essere portati in un’altra città sapendo che a causa di lacci-lacciuoli-burocrazia-inutile-dannosa i tempi per la realizzazione dei lavori sono infiniti e che probabilmente non li vedremo più perché Trieste li dimentica e loro stanno bene dove sono? Possibile che a Trieste, magari vicino alle serre esistenti non ci sia un posto dove metterli visto che queste meravigliose bestiole vi si sono abituate, frullando l’aria e vivacizzando almeno le menti dei visitatori del museo? Ecco perché non voglio che se ne vadano. Perdere loro significa perdere un’occasione. Lasciamo che il loro fenetico frullar d’ali smuova l’aria e raggiunga le connessioni cerebrali magari quelle deputate alla coscienza di essere cittadini costruttivamente protagonisti orgogliosi e consapevoli di quello che hanno. Non lasciamo volar via i colibrì da Trieste!
Giuliana Pinsky
 

 

SEGNALAZIONI - No al trasferimento - ANIMALI / 2
 

Vorrei spendere qualche parola in difesa di quei meravigliosi uccellini che la natura ci ha dato, che sono i colibrì, ora ubicati al parco di Miramare e che recentemente le autorità hanno deciso di delocalizzare perché il sito non è a norma. È vero che della questione si è occupata pure la Presidenza del Consiglio, come è stato comunicato dal vostro quotidiano; notizie dell'ultima ora fanno sapere che ad accoglierli potrebbe essere il centro "farfalle di Bordano" in quel di Udine.
Mi chiedo, ma è mai possibile che anche questo gioiello che è nato a Trieste ad opera del sig. Romoli debba emigrare, come anche hanno già fatto altre strutture di vario genere?
Una soluzione più che saggia sarebbe quella di localizzare i colibrì nella serra del Parco Revoltella, che come ho constatato nel tempo, rimane spesso se non continuamente vuota. Un appello alle autorità di questa bellissima città affinché questi bellissimi volatili rimangano a casa nostra.
Oscar Ferluga
 

 

SEGNALAZIONI - Raccolta impossibile - RIFIUTI
 

Sono una residente che abita in largo Barriera angolo via Madonnina, ho cominciato a fare la raccolta differenziata e in zona non trovo i raccoglitori di vetro plastica carta, così ho dovuto caricare le borse sullo scooter e portarle in via Pascoli. Vi sembra normale che un cittadino prenda la buona iniziativa e poi si trovi in difficoltà e non sappia dove buttare la raccolta? In via Madonnina ci sono 4 bidoni per immondizie e in via Pondares 6 e di tutti quelli neanche uno per la raccolta di plastica, vetro e carta. Così il cittadino e obbligato a portare le immondizie a spasso nonostante la sua buona volontà a salvaguardia dell'ambiente.
D. Nadalin

 

 

 

 

VOCEARANCIO - MERCOLEDI', 19 gennaio 2011

 

 

Su due ruote a impatto zero? Si può
 

Una moto (elettrica) e via. Da Oleggio, nel Novarese, con l’impianto fotovoltaico più grande del paese, alla Puglia, la regione più verde: viaggio nell’Italia che ama la natura
Ray Banhoff, 28 anni, giornalista. Nato a Pieve a Nievole (Pistoia) da due anni vive a Milano. Ha tagliato l’Italia da nord a sud per raccontare, sulle pagine di Riders di Roberto Ungaro, se e quanto gli italiani sono verdi. Ogni giorno, per un mese, ha chiesto alle persone che incontrava una presa della corrente (di colonnine neanche l’ombra) per ricaricare le batterie della sua moto elettrica. L’iniziativa è stata battezzata “Ricarica Italia”.
In Italia il giro d’affari dell’elettrico a due ruote superiore ai 50 cc si aggira intorno a 1,8 milioni di euro. Al 2009 sono stati venduti circa 280 pezzi. Tra le varie marche, l’unica costruita interamente in Europa è la Quantya (le altre sono prevalentemente di importazione cinese).
I numeri di “Ricarica Italia”: 3.153 chilometri percorsi, 768 ore di viaggio in 31 giorni, 21 chilometri la tappa più corta, 165 chilometri la più lunga. Spesa totale: 876 euro.
La Quantya Evo-1, la moto usata per “Ricarica Italia”, in versione di serie è paragonabile a una motard di piccola cilindrata, sia per ingombri sia per comportamento dinamico. Pesa 95 chilogrammi, è maneggevole e adatta anche al fuoristrada: ha un motore da 11 chilowatt, tocca i 90 chilometri orari con gomme da enduro stradali e si guida con patente B, o A1 da 16 anni. Con la batteria di serie garantisce un’autonomia di 50 chilometri. Per ricaricarla basta collegare il trasformatore a una normale presa da 220 volt: ci vogliono due ore per il pieno e il costo di una ricarica è inferiore a 1 euro (la ricarica può essere anche parziale). Tra gli accessori è possibile anche acquistare per 350 euro un “caricatore rapido” che completa la ricarica in metà tempo. Progettata e costruita a Lugano da Claudio Dik, 46 anni.
Prezzo della Evo-1: dai 10mila euro in su (costo di ogni batteria aggiuntiva: circa 3.500 euro).
Le Quantya vende circa 15 Evo-1 l’anno. Una l’ha acquistata Alfonso Beatrici: «Un rappresentante della Quantya faceva provare queste moto a Belluno, mi è piaciuta e non solo l’ho comprata ma ora sono rivenditore per il Trentino perché ci credo. Noi qui abbiamo i boschi ed è bello poter girare senza disturbare nessuno».
Claudio De Viti, responsabile del settore moto Ancma (Associazione nazionale ciclo motociclo accessori): «Prima di passare all’elettrico, avremo sicuramente un periodo di ibrido per abituarci gradualmente. Per ora gli italiani temono di restare a piedi».
Il mercato delle due ruote ha un giro d’affari complessivo di 5,5 miliardi di euro.
Per “Ricarica Italia” di Riders, alla Evo-1 sono state aggiunte due batterie per poter viaggiare senza soste per 150 km. Il costo di un pieno era di 1,5 euro. Se Ray Banhoff avesse pagato tutte le ricariche per i 3.153 chilometri che ha percorso avrebbe speso 31,53 euro (con una moto a benzina 255 circa).
Una batteria ha una vita media di cinque o sei anni. Qualsiasi guasto è riparabile facilmente. Dik: «Se sei un motociclista esperto, la ripari da solo, se no basta andare da un meccanico qualsiasi. I guasti che può avere una Evo-1 sono gli stessi di una moto normale (foratura, catena, faro)».
La Quantya ha un fatturato di 2,5 milioni di euro annui. Produce circa 300 Evo-1 ogni anno. Claudio Dik: «Il grosso del mercato lo abbiamo in Germania e Austria (il 60% del fatturato), abbiamo clienti anche in Belgio, Benelux e naturalmente in Svizzera. La prima Quantya era una Off-Road nel 2005, poi abbiamo realizzato la stradale, la Evo-1 per l’appunto, ora stiamo provando il nostro nuovo scooter, il primo interamente prodotto in Europa, e stiamo progettando una Evo-2 per apportare migliorie dove è possibile».
Il futuro dell’elettrico in Italia secondo Dik: «Per guidare una moto elettrica, oltre alla passione per le moto ci vuole una cultura ecologica. Un cliente che compra l’elettrico lo fa perché ci crede e vuole inquinare meno. Io dico sempre che il giorno che venderò 50 moto in Italia è perché ne avrò vendute 500 nel resto del mondo, e lo capisco, anche perché in Italia c’è la cultura del motore… Avete una storia fatta di grandi case motociclistiche e automobilistiche».
La moto elettrica «sicuramente nel 2020 sarà il principale mezzo di trasporto in città. Probabilmente l’unico nei centri storici. Ma non s’imporrà mai nello sport. Le prestazioni sono inferiori rispetto alla MotoGp» (Nico Cereghini, giornalista, ex campione di MotoGp).
“Ricarica Italia” è partita il 12 settembre 2010 da Torrazza Coste, un paesino sulle colline dell’Oltrepò pavese. Ray Banhoff ha percorso 3.153 chilometri fermandosi a Milano, Oleggio (No), Torino, Tortona (Al), Faraneto (Pc), Voltri (Ge), Genova, Perino (Pc), Mantova, Verona, Ferrara, Bologna, Cesena, Rimini, Casa del Diavolo (Pg), Quarata (Ar), Pieve a Nievole (Pt), Prato, Pomarance (Pi), Grosseto, Orbetello (Gr), Roma, L’Aquila, Cassino (Fr), Acerra (Na), Nola, Troia (Fg), Bari, Craco (Mt).
«Salve, sono un giornalista, sto attraversando l’Italia con una moto elettrica, sto cercando un posto per ricar…» con questa frase Ray Banhoff si voleva presentare a Vincenzo Esposito, carrozziere a Cassino, che non lo ha neanche fatto finire: «Tranquillo. Io so’ Vincenzo… e so’ napoletano», gli ha indicato la spina, dopo poche ore gli ha presentato sua moglie e i suoi quattro figli, offerto un posto letto e gli ha anche raccontato il suo sogno: «Vorrei ristrutturare la carrozzeria, metterci una postazione wi-fi, un piccolo salottino per i clienti e offrire da bere a chi viene qui». Vincenzo ha speso diecimila euro per mettere i pannelli solari a casa sua: «Ci ricavo energia in abbondanza. Alla fine ammortizzo i costi».
Alfonso Beatrici per l’assicurazione della sua Quantya paga 98 euro all’anno. La moto è esente da bollo perché a emissioni zero.
La signora Evelina di Beinasco (Torino) ha esitato prima di aprire la porta di casa al giornalista di Riders («Sa, mi hanno derubata spacciandosi per operatori dell’Enel due mesi fa») ma poi si è fatta fotografare con il marito ottantenne vicino alla moto elettrica.
«Nei 3.153 chilometri che ho percorso non ho incontrato nessuno che avesse mai visto una moto elettrica ma tutti mi hanno chiesto dove comprarla» (Ray Banhoff).
A Vesima (Genova), Ray Banhoff incontra i ragazzi di Terra Onlus!, una piccola associazione senza scopo di lucro che coltiva orti sinergici (agricoltura biologica senza l’ausilio di concimi, né animali, che si base sul principio della rigenerazione naturale della terra). Quello di Vesima è l’orto sinergico più grande d’Italia, fornisce pomodoro, basilico, fragole a duecento famiglie di Genova e dintorni tutto a chilometri zero. Sono in dieci a lavorare questa terra, senza retribuzione e fuori orario d’ufficio: per loro frutta e verdura sono gratis.
A Firenze un’associazione culturale, la Kindi, sulla scia di un’iniziativa nata in California ha organizzato l’edizione fiorentina del Park(ing) Day: hanno pagato un parcheggio e anziché con l’auto lo hanno occupato srotolando un tappeto di erba (vera), con tanto di poltroncina e nano da giardino. Chiunque può sedersi e prendere il sole o leggere un libro.
Al ministero dell’Ambiente, a Roma, Ray Banhoff viene accolto (senza appuntamento) da Salvatore Bianca, capo ufficio stampa, che gli mostra la pensilina Enel creata appositamente per ricaricare i veicoli elettrici, con tanto di cavi, prese e cavalletti per le moto. Però la pensilina non funziona e Bianca è costretto a farsi portare una prolunga per collegare la moto alla rete elettrica. In compenso la moto, la prima di questo tipo a varcare la soglia del ministero, cattura l’attenzione di tutti gli impiegati.
Roma: 40 minuti per percorrere otto chilometri.
A Faraneto, nel Piacentino, Marco Ferreri, architetto, ha in progetto di ristrutturare un castello del 1200 (due ville, una cappella e una torre di guardia) e ricoprirlo con pannelli fotovoltaici per produrre energia per l’intera valle.
A Sole, comune di Oleggio, provincia di Novara, c’è l’impianto fotovoltaico comunale più grande del nord Italia. È un parco con 5.800 pannelli finanziati da Regione e Provincia che coprono i consumi di cinquecento famiglie: «Se butti una cartaccia in terra, qui ti riprendono» (Osvaldo, 70 anni, a Banhoff).
La Puglia sta diventando la regione più verde d’Italia: ha quasi quattro megawatt di idroelettrico, 5.290 impianti fotovoltaici che producono 214 megawatt, 1.128 megawatt prodotti dall’eolico e 139 dalle biomasse. Grazie alla Puglia l’Italia è terza in Europa per produzione di fotovoltaico e termico.
In Italia secondo il ministero dello Sviluppo economico ci sono 70mila impianti fotovoltaici certificati che producono di 1.300 gigawatt coprendono il fabbisogno di circa 500mila famiglie ovvero 1 milione e 200mila persone (pari a tutto il Friuli Venezia Giulia).
Al 2010 in Italia sono state installate pale eoliche per la produzione di sei gigawatt di potenza.
La Bmw ha investito 400 milioni di euro per la sua futura auto elettrica.
Beppe Grillo sulla moto elettrica: «Ci sono moto con potenze esagerate, oggi siamo abituati alla ricerca delle prestazioni. Dobbiamo scontrarci con l’emotività: secondo uno studio la mancanza di rumore è uno dei motivi principali per cui l’elettrico non sta andando in porto, le sensazioni emotive, in parte, bloccano le nuove tecnologie».
In America esiste il campionato Fim e-Power, con moto da corsa elettriche: il campione indiscusso è l’italiano Thomas Betti con la Bettimoto.
Una delle quattro gare valevoli per campionato di enduro, trofeo Trentino, sarà con le moto elettriche. La prima competizione si terrà il 6 marzo a Civezzano (Trento). Ente organizzatore è il motoclub Civezzano.

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 gennaio 2011

 

 

Il presidente sloveno all’Altare della Patria - Incontro con Berlusconi: possibile via libera al rigassificatore. Ferrovie, confermato l’interesse Unicredit
 

DURANTE LA VISITA A ROMA AUSPICATO L’INGRESSO NELL’UE ANCHE DELLA SERBIA DOPO LA CROAZIA
ROMA Un inchino al Tricolore, poi la salita dei gradini dell’Altare della Patria, infine in silenzio gli onori al Milite ignoto. Una cerimonia che ieri, come ha precisato il presidente della Repubblica di Slovenia, Danilo Türk in visita di Stato a Roma, ha assunto un valore ancor più particolare alla notizia della morte di un soldato italiano in Afghanistan.
Una bisaccia di buoni propositi e di amicizia è quella portata a Roma da Türk in cui ci sta tutto l’inchino al Milite ignoto, così come ci sta l’omaggio alla capitale con l’incontro con il sindaco Gianni Alemanno. Infine, dopo una lectio all’università La Sapienza su temi europei ed europeisti, l’incontro, a villa Madama, con il premier Silvio Berlusconi. Incontro che è durato molto più del previsto e che ha visto i due protagonisti sviscerare una fitta agenda politica.
Innanzitutto Türk e Berlusconi hanno voluto ribadire l’importanza di un sempre maggiore raccordo bilaterale italo-sloveno per quanto concerne le questioni europee. A questo proposito è stata riscontrata una coincidenza di vedute per quanto concerne la situazione dei Balcani occidentali e della politica dell’Ue a riguardo. A proposito, oltre al pieno appoggio all’adesione della Croazia, è stato sottolineato il fin qui fruttuoso atteggiamento della Serbia nel suo avvicinamento alle istituzioni comunitarie.
Anche il premier Berlusconi, in linea con quanto era stato espresso lunedì dal ministro degli Esteri Franco Frattini, si è detto favorevole alla nascita della macroregione europea Adriatico-ionica sulle basi di quanto fin qui elaborato dall’Iniziativa centroeuropea e dall’Iniziativa adriatico-ionica.
Un capitolo particolare dei discorsi con Turk è stato incentrato sulla comune politica nei confronti dei Paesi terzi. In primo piano sono così saliti i rapporti con la Russia. Berlusconi ha ribadito che l’Italia ha bisogno del gas di Mosca anche per diversificare le fonti di approvvigionamento concordando con la Slovenia l’importanza strategica del gasdotto Southstream anche se contemporaneamente con l’Eni si sta lavorando a un progetto in grado di equilibrare i flussi dall’Est collegandosi anche al progetto europeo del gasdotto Nabucco.
Sul piano più strettamente bilaterale se piena condivisione è stata raggiunta sul tema delle minoranze con il tavolo di confronto che si aprirà a breve tra la minoranza slovena e palazzo Chigi, un tema che resta ancora aperto e che si spera si possa risolvere nel corso della prossima conferenza interministeriale tra i due Paesi a febbraio è quello relativo al rigassificatore di Zaule. La posizione di Lubiana è quella espressa nel famoso ”no paper” che è giunto al nostro ministero dell’Ambiente. Ossia, la Slovenia chiede che l’Italia non ponga veti a una possibile realizzazione di un rigassificatore a Capodistria se ci fosse un accordo sull’impianto italiano di Zaule, posto l’inderogabile veto a quello off-shore.
Come venirne fuori? Fonti di palazzo Chigi sostengono che nella mediazione l’Italia potrebbe rinunciare all’impianto off-shore se la Slovenia farà altrettanto circa il futuribile impianto di Capodistria fermo restando valido e da attuare quello di Zaule.
Sul piano commerciale da rilevare invece come l’Italia nell’interscambio occupi il secondo posto nei confronti della Slovenia dietro solo alla Germania per un valore complessivo di 4 miliardi di euro e con un saldo positivo (dati da gennaio a settembre 2010) di 952 milioni di euro. Interscambio che segnala comunque un più 12 per cento rispetto al 2009 il che è stato letto come un timido segnale di ripresa rispetto alla crisi economica mondiale.
Türk ha potuto avere anche un rapido confronto con il governatore della Banca d’Italia Draghi sulle politiche finanziarie relative alle sinergie degli investimenti pubblici e privati mentre entrambi hanno puntualizzato come l’uscita dalla crisi sarà concretizzabile solo a fronte della riduzione del debito pubblico.
A margine c’è stato anche l’incontro tra il ministro dei Trasporti sloveno, Patrick Vlacic e il ministro alle Infrastruttire Altero Matteoli. Si è parlato di Corridoio 5 e della volontà della Slovenia di attuare il volo Belgrado-Lubiana-Roma fin qui abortito soprattutto per le riluttanze della Jat, la compagnia di bandiera serba. Da sottolineare come Vlacic abbia confermato l’interesse di Unicredit nei finanziamenti del raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia e di un investitore dell’Estremo oriente pronto anche a portare una linea di navi al terminal del capoluogo del Litorale. Insomma, un altro campanello di allarme per il porto di Treste che rischia concretamente di essere sorpassato a Est dalla concorrenza di Capodistria che, viste le lungaggini previste per la realizzazione del tratto del Corridoio 5 tra Venezia e Trieste, ”rischia” di essere collegata per prima ai grandi mercati del Centro Europa.
MAURO MANZIN
 

 

Il centrosinistra va in pressing: «Tav a fette, la Regione chiarisca»
 

TRIESTE Piovono interrogazioni e interpellanze sulla Tav. I Cittadini, con Stefano Alunni Barbarossa e Piero Colussi, denunciano una «vicenda carsica» e, a fronte della presentazione del progetto preliminare della tratta Venezia-Trieste, chiedono un maggior coinvolgimento dei Comuni interessati ma, ancor più, chiedono il parere della giunta regionale sul progetto, sulla sua sostenibilità e sui suoi tempi di realizzazione. I Cittadini, sottoscrivendo la denuncia del Wwf, contestano inoltre la scelta di ”spezzare” in quattro la Venezia-Trieste e, a cascata, la valutazione di impatto ambientale: «Questo rende difficile percepire l’impatto complessivo». Rifondazione, con Igor Kocijancic, condivide appieno e allarga il tiro. In un’interrogazione sollecita il presidente Renzo Tondo e l’assessore Riccardo Riccardi a chiarire se a conoscenza delle «criticità» evidenziate dal Wwf: la suddivisione del tracciato, ma anche la mancanza di «elaborati prescritti e indispensabili» e l’«insufficiente trasparenza del processo valutativo». Rifondazione vuole anche sapere se il progetto sia stato depositato solo alla direzione dell’Ambiente e non al servizio competente di Via delle Risorse rurali.
 

 

Cervesi punta sull’autonomia e cerca Fortuna Drossi - Nasce l’associazione ”Un altro Ambiente”
 

PRESENTATO L’ASPIRANTE PRESIDENTE DI UN’ALTRA TRIESTE A PALAZZO GALATTI
Sposata l’idea dell’area metropolitana. L’ex illyano critica l’uscente Bassa Poropat
Rafforzare l’autonomia della città, chiedendo con decisione leggi speciali, in grado di sbloccare situazioni congelate come quelle relative alle bonifiche, alla Ferriera, alla piattaforma logistica, dando nel contempo un ruolo più definito e concreto alla Provincia. Questo il programma elettorale di Francesco Cervesi, 32enne figlio d’arte (il papà è l’ingegner Giovanni, già assessore della giunta Illy e autore del Piano regolatore) che, da ieri, è il candidato ufficiale di Un’altra Trieste per la presidenza della Provincia.
Cervesi è stato presentato all’ingresso del comprensorio dell’ex Opp: «Abbiamo scelto questa sede - spiega il leader del movimento e candidato sindaco, Franco Bandelli - perché è uno dei luoghi simbolo della città e, da sempre, gestito dall’amministrazione provinciale».
«Voglio lavorare per la mia città - spiega il candidato alla presidenza di palazzo Galatti - perché credo nelle sue grandi possibilità che, finora, sono state troppo spesso sprecate. Il progetto che Un’altra Trieste ha studiato per la città e del quale mi faccio portavoce è concreto e ambizioso e prevede che l’ente sappia e possa dire di no a Regione, governo centrale, a qualsiasi istituzione tenti di approvare un provvedimento contrario agli interessi del territorio».
Inevitabile un accostamento con il progetto di città metropolitana portato avanti da Uberto Fortuna Drossi, anch’egli ex assessore della giunta Illy. «È una buona proposta - conferma Cervesi - che si potrebbe portare a compimento proprio nell’ambito di un processo da attuare nell’arco di un quinquennio, cioè il tempo di una legislatura». Il candidato alla Provincia non ha mancato di criticare l’attuale amministrazione provinciale: «La giunta guidata da Maria Teresa Bassa Poropat ha fatto e sta facendo troppo poco - sostiene Cervesi, che nella scorsa tornata aveva appoggiato proprio la candidata illyana - e la scarsità dei risultati ottenuti è sotto gli occhi di tutti».
Ma Un’altra Trieste non si ferma qui: sabato 29 ci sarà la presentazione ufficiale di tutti i candidati alle elezioni amministrative. «Siamo già pronti con i nomi delle liste - spiega Bandelli - che prevedono i 40 candidati al Comune di Trieste, i 24 per la Provincia e i 20 per il Comune di Muggia. Siamo molto fiduciosi e credo che, dopo ea due svolte storiche della storia recente della città, rappresentate dalla nascita della Lista per Trieste e dall’entrata in politica di Riccardo Illy, siamo noi adesso a poter incarnare il nuovo sulla scena cittadina».
Bandelli e Cervesi hanno deciso di devolvere in beneficenza il 10 per cento di quanto sarà incassato nel corso della campagna elettorale. «Speriamo che altri seguano il nostro esempio», spiega il candidato presidente della Provincia.
E ieri nella sede di Un’altra Trieste c’è stata la presentazione del movimento Un Altro Ambiente, associazione che si occuperà delle tematiche ambientali. La nuova associazione, è stato detto, metterà a disposizione delle istituzioni e dei cittadini le competenze e la professionalità dei suoi collaboratori. All’incontro, oltre a Bandelli, era presente il responsabile di Un altro Ambiente Sergio Bisiani già referente dell’associazione Ambiente è e vita.
Ugo Salvini
 

 

Elettrodotto Zaule-Dekani Autorizzazione in arrivo
 

TRIESTE La Regione Friuli Venezia Giulia notificherà a breve il decreto di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio della prima interconnessione transfrontaliera “merchant” con la Slovenia: la “Zaule-Dekani”, di cui è titolare la società Adria Link partecipata da Enel Produzione, Acegas-Aps e Tei-Energy. A darne notizia è la stessa società che, con l’ad Fabrizio Scaramuzza, definisce l’autorizzazione un passo fondamentale verso il completamento del complesso iter autorizzativo che, ottenuti analoghi permessi in Slovenia, culminerà con la ratifica della Ue sull’esenzione dal Tpa. L’elettrodotto sarà realizzato in cavo interrato lungo 11 km e affiancherà le due linee esistenti.
 

 

Venti giovani in aiuto per un anno a disabili e anziani - Servizio civile, al via l’esperienza dei volontari coinvolti in progetti di assistenza e socializzazione
 

L’INIZIATIVA VARATA PER LA PRIMA VOLTA DAL COMUNE - Previste trenta ore settimanali
Un anno al fianco delle persone più deboli. Il Comune, con l’Area Promozione e protezione sociale, ha "arruolato" venti ragazzi volontari del Servizio civile, che sono già al lavoro su due progetti a sostegno delle persone anziane e dei disabili.
Il Servizio civile nazionale volontario, nato dieci anni fa in sostituzione del servizio militare, è rivolto ai ragazzi e alle ragazze tra i 18 e i 28 anni e rappresenta un'importante esperienza di cittadinanza attiva che ha lo scopo di promuovere la solidarietà e la cooperazione sociale. Così anche il Comune ha scelto, per la prima volta, di coinvolgere un gruppo di giovani volontari in attività di assistenza e di socializzazione per persone anziane, disabili e non autosufficienti già seguite dai servizi sociali. Dieci ragazzi si occuperanno di aiutare nelle piccole faccende di ogni giorno un centinaio di anziani, gli altri dieci saranno impegnati in attività di socializzazione nelle strutture residenziali e nei centri diurni comunali. In tutto 30 ore settimanali per cinque giorni lavorativi che consentiranno ai giovani volontari di avere anche un assegno mensile di 433 euro.
Un lavoro, ma anche un impegno nel sociale. «Un'esperienza che porterà al miglioramento della qualità della vita di tutti, sia dei giovani che delle persone anziane e disabili», ha spiegato l'assessore Carlo Grilli: «Un’esperienza che mette in evidenza come i giovani, spesso mal rappresentati nei media, siano particolarmente sensibili alle questioni legate al mondo del sociale. Un progetto che rafforza ancora di più l'attenzione che l'amministrazione ha avuto, in questi ultimi anni, nei confronti delle persone in difficoltà».
Così, se Grilli si augura che gli anziani tra un anno avranno imparato a usare Facebook o ad ascoltare un brano in mp3 e i ragazzi sapranno come fare la pasta in casa, i giovani volontari sono entusiasti di mettersi alla prova. Pamela Citro, che frequenta ancora le superiori e fa parte del gruppo "Non lasciamoli soli a casa", racconta come vede il suo lavoro al fianco delle persone anziane: «Li aiuteremo nelle piccole faccende di casa, andare a fare la spesa o pagare le bollette, ma li aiuteremo anche ad aprirsi, a stare in contatto con la realtà anche solo con un sorriso». Per lei non è la prima esperienza: l'anno scorso aveva già partecipato a un progetto di Servizio civile con l'Azienda sanitaria triestina, e si immagina in futuro di poter lavorare nel settore del sociale: «Sono esperienze che aiutano ad aprire anche molte porte per un futuro lavoro - dice Pamela e per questo voglio continuare ad approfondire questa mia esperienza».
Marco Biasi, 22 anni, che sarà impegnato in attività di socializzazione e animazione con gli anziani e i disabili, è alla sua prima esperienza: «Ho scelto il Servizio civile perché è un'esperienza che dà molto, ma è anche mentalmente molto faticosa. In questi giorni siamo coinvolti in corsi di formazione suddivisi in lezioni pratiche e teoriche, e siamo già stati nelle strutture per un primo incontro. Le persone sono felici di vederci questo sarà un percorso utile a tutti noi per un futuro anche lavorativo».
Ivana Gherbaz
 

 

Il Tar vieta alla Provincia la caccia al cinghiale - Ricorso vinto dagli animalisti - Perplesso l’assessore Godina: «Non penso che ci riguardi»
 

STOPPATA LA LEGGE REGIONALE
I cinghiali banchettano nel vostro orto, divorano l’uva delle vostre vigne, rischiano di far finire la vostra auto fuori strada o si unurbano tra le case, neanche fossero animali domestici? Da adesso e fino a nuovo ordine le autorità non potranno più fare niente, o quasi.
Merito o colpa, a seconda dei punti di vista, di una sentenza del Tribunale amministrativo regionale (Tar) dell’altro giorno, che ha dato ragione alla Lac (Lega per l’abolizione della caccia) che contestava un provvedimento regionale che, com’era già successo anche nella provincia di Trieste, consentiva in quella di Pordenone l’abbattimento di 85 cinghiali in deroga all’attuale normativa. Nel dettaglio è l’articolo 11 della legge 14 del 2007 che consente di soprassedere in certi casi al provvedimento, ma che adesso, secondo l’interpretazione del Tar, è in odore di incostituzionalità. L’ordinanza dei giudici amministrativi è stata depositata lo scorso fine settimana, dando ulteriori stimoli alla Lac, che ha chiesto che il provvedimento venga esteso a tutto il territorio regionale, con conseguente sospensione degli abbattimenti degli animali considerati nocivi.
Ma su cosa hanno fatto presa i nemici dei cacciatori, o amici degli animali che dir si voglia? Sul fatto che adottando l’articolo 11 di quel testo la Regione avrebbe in pratica aggirato i limiti insiti nel testo nazionale. In pratica sarebbero stati inclusi tutti i cacciatori nei gruppi che possono procedere ai prelievi degli animali. Risultato? Secondo la Lac, estendendo tale criterio alle varie amministrazioni provinciali si è dato in pratica il via libera a una caccia indiscriminata in tutte le stagioni. «Il Tar in realtà – aggiunge Maurizio Rozza, direttamente interessato alla vicenda nel duplice ruolo di guardia forestale e ambientalista – contesta quel prelievo in deroga, sul quale la Regione non può legiferare, tantomeno bypassando lo Stato».
Tecnicamente parlando, la legge dovrebbe restare in vigore fino al pronunciamento della Corte costituzionale, che non ha tempi brevi, ma dalla Lac Alessandro Sperotto ha fatto sapere di essere pronto a ricorrere nuovamente al Tar, chiedendo la sospensione immediata degli abbattimenti in attesa del parere.
Da Palazzo Galatti, l’ente che dispone le deroghe, molta perplessità. «Non ne sapevamo niente – ammette il vicepresidente Walter Godina – e a questo punto farò le dovute verifiche con gli uffici. I cinghiali? Il fenomeno si è attenuato, ma non posso dire che sia rientrato. Gli abbattimenti in deroga, del resto, erano previsti solo in presenza di segnalazioni di danni a cittadini o a fondi agricoli. Dove c’erano insomma problemi specifici. È evidente, peraltro, che la legge va rispettata e le sentenze anche, per cui aspettiamo un cenno, per adeguarci. Va detto, però, che noi ci siamo rivolti a cacciatori esterni solo nel 2009 e non nel 2010, e quindi la cosa potrebbe non riguardarci».
FURIO BALDASSI

 

 

S. GIOVANNI, SOS DEL COMITATO - De Gioia: senza capannone il Carnevale è a rischio
 

«L'uscita forzata dei carri dei rioni dall'ex autorimessa di via San Cilino mette in forse la prossima edizione del Carnevale triestino». A lanciare l'allarme è il presidente del Comitato del Carnevale di Trieste, Roberto De Gioia, che interviene nella vicenda del capannone, il cui abbattimento è stato programmato dal Comune, chiedendo «un paio di mesi di proroga». De Gioia ricorda come negli anni «la struttura aveva offerto uno spazio coperto per l'allestimento dei carri, ma anche per il loro ricovero e per il deposito di materiali e le attrezzature connesse». «È vero che è da mesi che il Comune ci ha invitato a sgomberare l'area, ma finora non abbiamo trovato alternativa». L'assessore Paolo Rovis ha individuato una una soluzione, «che però si concretizzerà solo tra qualche mese, mentre per noi il problema si pone ora con immediatezza e urgenza». Il Comitato, dice De Gioia, «sta lavorando per ottenere almeno l'autorizzazione a depositare i pianali dei carri all'aperto, nella parte retrostante il capannone, ma rimane il problema per il ricovero dei materiali e le attrezzature. È evidente - continua De Gioia - che così non saremo in grado di predisporre i carri per tempo».
 

 

”Green economy” domani un convegno - VILLAGGIO DEL FANCIULLO
 

Domani alle 9.30 nella sala maggiore della Camera di commercio è in programma la conferenza ”Green Jobs e competenze professionali”, organizzata dal Centro di formazione professionale dell'Opera Villaggio del Fanciullo nell'ambito di un progetto europeo dedicato alle prospettive di occupazione create dalla cosiddetta green economy e alle iniziative di sensibilizzazione locale sui temi del risparmio energetico e tutela ambientale. Sarà in particolare approfondita la legislazione regionale sulla certificazione energetica degli edifici.
Il programma prevede alcuni interventi introduttivi con i presidenti del Villaggio del Fanciullo, della Provincia e dell'ente nazionale Scuola Centrale Formazione; seguirà una presentazione del progetto Green Wishes fatta dai partners europei di Belgio e Francia. Saranno quindi trattati gli aspetti più tecnici.
 

 

Impianto fotovoltaico da record a Dolina targato Italspurghi
 

SAN DORLIGO E’ l’impianto fotovoltaico più grande in dotazione a un’azienda privata della provincia triestina. E’ stato realizzato sul tetto della sede della Italspurghi Ecologia S.r.L. che si trova nella zona industriale di San Dorligo della Valle/Dolina, e è entrato in funzione lo scorso 29 dicembre. Un investimento rilevante che, come sottolinea il presidente dell’azienda Gianfranco Cergol, rientra in quella filosofia aziendale che pone al primo posto la salvaguardia e la tutela dell’ambiente. Nata del 1984, la Italspurghi si è evoluta nel corso degli anni da impresa dedita prevalentemente all’espurgo di pozzi neri, a società capace di trattare e smaltire le diverse categorie di rifiuti nel rispetto dell’ambiente. L’ultimo intervento riguarda la bonifica integrale del tetto della sede aziendale di Dolina, copertura in Eternit che è stata completamente sostituita e smaltita a termini di legge. E dopo la bonifica, si è provveduto a predisporre sopra la nuova copertura un nuovo impianto fotovoltaico, attraverso la posa in opera di appositi pannelli che catturano l’energia dei raggi del sole. Energia che, dopo la stipula dell’opportuno contratto, viene convogliata alla rete principale dell’Enel, per un impianto di potenza complessiva di 105 kw. «E’ il più grosso di tutta la provincia di Trieste – sostiene Cergol – e produrrà energia senza creare inquinamenti di sorta». Dopo l’impianto fotovoltaico, l’azienda di Dolina sta già impostando il prossimo investimento nella propria sede, un sistema di raccolta e convogliamento delle acque piovane che ne evita la dispersione. Verranno utilizzate per l’irrigazione delle aiuole e degli spazi verdi esistenti nella sede. Inoltre l’acqua recuperata verrà utilizzata per il lavaggio e la pulizia della flotta aziendale composta di camion e altri mezzi.

(ma.lo.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 18 gennaio 2011

 

 

«Da adeguare al piano i dehors già realizzati» OMERO (PD): NORMA NEL DOCUMENTO. POLACCO: NESSUN FAR WEST IN PIAZZA UNITÀ
 

Suscita reazioni lo stop imposto dalla Soprintendenza al piano dehors del Comune. Lorenzo Giorgi, consigliere comunale del Pdl, e presidente della commissione Lavori pubblici, attacca palazzo Economo; «Dopo aver fatto tener in piedi per anni le macerie del magazzino vini, dopo esserne strafregata di tutelare il paesaggio di pregio ad esempio in Rio Martesin, oggi la Soprintendenza si sveglia e butta a mare un regolamento che serviva proprio a tutelare l'estetica delle strade venendo incontro alle legittime richieste dei commercianti. Non serve cambiare i sovraintendenti, serve cambiare l'istituto stesso...»
Il capogruppo del Pd Fabio Omero e il presidente della Quarta circoscrizione Alberto Polacco puntano invece sul presidente della commissione consiliare urbanistica Roberto Sasco. Quest’ultimo dichiara che in piazza Unità «se i Duchi hanno allestito la terrazza in ferro e legno, così dovrebbero fare anche gli Specchi e il caffè Audace, ma non lo hanno fatto». «Mica vero», commenta Omero: «Per piazza Unità il regolamento prevede che la maggioranza assoluta degli operatori predisponga un piano di dettaglio e, finché tale piano non è operativo, è possibile inserire dehors costituiti esclusivamente da sedie, tavolini e ombrelloni o tende a sbraccio, fatte salve le autorizzazioni già rilasciate. Ma Sasco dimentica la norma transitoria, inserita con un emendamento del Pd, votato da tutto il Consiglio, secondo cui i dehors già installati dovranno essere adeguati entro e non oltre 30 mesi dall’approvazione del presente regolamento e quindi dovranno essere sottoposti alle procedure autorizzatorie per la loro installazione secondo i procedimenti previsti. I trenta mesi - ricorda Omero - scadono a fine 2011. C’è tutto il tempo necessario per un progetto unitario, che valorizzi finalmente la piazza».
Polacco osserva invece che secondo Sasco «sembrerebbe che in piazza Unità ci sia un far west in ordine agli arredi dei locali contermini ai Duchi D'Aosta. Nulla da eccepire circa la veranda dei Duchi D'Aosta, ma faccio presente - aggiunge Polacco - che quanto agli altri esercizi pubblici gli arredi sono consoni al pregio della zona e sono di materiale differente rispetto alla veranda medesima, in ossequio al regolamento sugli arredi urbani in vigore che, a mio avviso, ha consentito una buona regolamentazione della materia».
 

 

«San Giovanni, il capannone va demolito» - Il presidente della circoscrizione: assurdo l’allarme eternit, carri del Carnevale da spostare
 

«Non è possibile fermare l’ordinanza comunale che prevede l’abbattimento del capannone adiacente il tendone della chiesa di San Giovanni, all’interno dell’ex depositeria dei tram di piazzale Gioberti. Rischieremmo di perdere i finanziamenti per la costruzione del nuovo centro polifunzionale rionale. Lo smaltimento degli inerti e dei rifiuti, eternit compreso, verrà effettuato secondo le normative vigenti».
Così Gianluigi Pesarino Bonazza, presidente della Sesta circoscrizione, rimanda al mittente, cioè al Comitato di San Giovanni Cologna, le preoccupazioni per le conseguenze della demolizione del vecchio capannone dell’ex depositeria dei tram. Il comitato rionale ha lanciato l’allarme: oltre allo sfratto dei carri di diverse compagnie di Carnevale del circondario triestino ospitate nel vecchio padiglione, l’apprensione principale del comitato riguarda il trattamento di quel micidiale amianto un tempo utilizzato per la costruzione della struttura. «Seppur comprensibili, i timori del comitato appaiono ingiustificati», riprende Pesarino Bonazza: «Stamane (ieri, ndr) la ditta incaricata della demolizione ha ricevuto le chiavi del sito dal Comune e procederà ai lavori. Ci sono delle metodiche precise per il trattamento dell’eternit che verranno utilizzate anche in questo caso. Preoccuparsi perciò non ha senso».
L’inizio dei lavori prevede inoltre che la struttura venga liberata dai carri di Carnevale delle compagnie di Valmaura, Servola, San Giovanni, Barriera Vecchia e Roiano ivi ospitati, fatto che ha scatenato le ulteriori proteste dei proprietari. «Agli interessati è stato inviato un primo avviso di sgombero nel giugno del 2010, reiterato poi lo scorso dicembre. Avevano perciò tutto il tempo – insiste il presidente del parlamentino – per provvedere in merito. Invito i volontari delle compagnie a spostare in fretta i rispettivi carri che, altrimenti, verranno smaltiti come rifiuti».
«È inaudito che il Comune metta in strada associazioni e volontari che attraverso i carri del Carnevale promuovono l’aggregazione sociale nei quartieri della città. A meno di due mesi dal Carnevale – spiega Luciano Ferluga per il Comitato rionale di San Giovanni e Cologna – ci ritroviamo sbattuti fuori da una struttura la cui demolizione, tra l’altro, pone forti interrogativi per le modalità e i tempi in cui viene effettuata».
A seguito dell’ordinanza comunale, i rappresentanti dei comitati del Carnevale si riuniranno a breve con Roberto De Gioia, presidente del coordinamento per il Palio dei Rioni, per capire il da farsi. In seconda battuta il Comitato di San Giovanni Cologna intende organizzare in tempi stretti un incontro pubblico sulla questione eternit chiamando in causa cittadini e organizzazioni ambientaliste».
Maurizio Lozei
 

 

Prosecco sommersa da masserizie e rottami - PROBLEMI DI ABBANDONI ABUSIVI ANCHE A BORGO SAN NAZARIO E CONTOVELLO
 

Rupel: «Proliferano i rifiuti, ma le guardie ambientali del Comune qui non si vedono mai»
PROSECCO Sta diventando un’abitudine da estirpare al più presto: quella di depositare nottetempo i rifiuti ingombranti e gli elettrodomestici a fianco dei cassonetti per la raccolta delle ”normali” immondizie. Una forte segnalazione di disagio in tal senso arriva nuuovamente da Borgo San Nazario, Prosecco e Contovello, dove il consigliere circoscrizionale Roberto Barnaba chiede al Comune di porre rimedio a un andazzo poco edificante.
Secondo il consigliere, la cui protesta segue a distanza di pochi mesi quella congiunta dei presidenti di circoscrizione degli altipiani est e ovest, la scadente attitudine da parte di vandali sconosciuti di abbandonare elettrodomestici arrugginiti e masserizie varie presso i cassonetti delle immondizie è consuetudine ormai consolidata.
Proprio in questi giorni un vecchio frigorifero è stato abbandonato vicino all’entrata dell’asilo di Borgo San Nazario, mettendo a repentaglio il decoro della scuola e regalando davvero un brutto esempio ai suoi piccoli allievi. I rifiuti ingombranti sono ormai di casa anche nell’adiacente frazione di Prosecco, per esempio a fianco del monumento ai Caduti della Resistenza, oppure sulla frequentatissima strada provinciale di fronte a una ben nota trattoria.
Ciarpame ed elettrodomestici vengono abbandonati pure in diverse parti di Contovello e di Santa Croce, a confermare come l’esempio iniziale di alcuni maleducati abbia contagiato anche altre persone. A nulla è valso l’appello lanciato la scorsa primavera de Bruno Rupel e Marco Milkovich, presidenti dei due parlamentini dell’altipiano, allarmati per l’escalation di abbandoni di ferrivecchi lungo tutto il territorio.
«Sembra che l’informazione capillare sulla dislocazione delle depositerie comunali e sulle sanzioni (piuttosto onerose) in cui i trasgressori potrebbero incappare se colti sul fatto non abbia sortito effetto alcuno – afferma Rupel –. Eppure è certo più conveniente rivolgersi alla depositeria opicinese di Strada per Vienna oppure a quella roianese di via Valmartinaga che rischiare multe salate».
«È evidente che sono necessari ulteriori e maggiori controlli – continua il presidente – magari da parte di quelle Guardie ambientali comunali che dalle nostre parti risultano poco visibili se non addirittura sconosciute alla comunità». Per il consigliere Barnaba sarebbe importante porre nei pressi dei cassonetti delle segnaletiche a informare i lettori sulle depositerie più vicine e sulle sanzioni commisurabili ai trasgressori.
Maurizio Lozei
 

 

SEGNALAZIONI - La Tav interminabile - CARSO
 

Per quanto riguarda la Tav, mi chiedo se questo megaprogetto sia davvero tanto indispensabile e necessario, oppure si tratta soltanto di un colossale business solo per «pochi intimi»? Perché mi sembra impossibile che non ci siano alternative meno complicate e meno costose in superficie. Ma quali diciassette anni di lavoro? I lavori non finiranno mai. Ci saranno continui intoppi e ostacoli non previsti che ci bloccheranno continuamente vista la particolarità del sottosuolo carsico. Già la breve galleria Cattinara-Padriciano ha creato non pochi problemi, figurarsi i ventidue km sotto il Carso, ma è tutto previsto e calcolato. Più si prolungano i lavori più aumentano i costi, e più qualcuno ci guadagna.
Comunque vada, si tratta di un progetto devastante. Verrà stravolto irrimediabilmente un ecosistema complesso e complicato, ma perfetto, formatosi in milioni di anni, dove grotte, gallerie e corsi d’acqua si coincidono e si incrociano in modo perfetto e naturale. Tutto questo verrà stravolto e danneggiato con conseguenze imprevedibili sull’impatto ambientale. Ma chi se ne frega? Gli affari sono affari, e chi vivrà vedrà.
Sergio Franza

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 17 gennaio 2011

 

 

«Pericolo eternit a San Giovanni» - Prevista la demolizione del capannone che ospita i carri per il Carnevale - L’ALLARME DEL COMITATO
 

Il Comitato rionale dei cittadini di San Giovanni e Cologna lancia l’allarme amianto sulla demolizione del capannone adiacente il tendone della chiesa di San Giovanni Decollato in piazzale Gioberti.
«Un’ordinanza del Comune dispone che, a partire da oggi, questo capannone venga sgomberato dai carri di carnevale ospitati, primo passo per poter procedere poi all’abbattimento della struttura. Questo provvedimento – dichiara Luciano Ferluga per il Comitato di San Giovanni Cologna – oltre a lasciare in balia delle intemperie i carri carnascialeschi potrebbe esporre successivamente i cittadini alla eventuale dispersione del cancerogeno Eternit, utilizzato a suo tempo per la realizzazione del capannone».
Secondo Ferluga l’ordinanza di sgombero della struttura creerà da subito degli enormi problemi ai volontari impegnati nella costruzione dei carri di Carnevale utilizzati per le sfilate rionali e per il Palio dei Rioni di scena il martedì grasso. Attualmente risultano ospitati nel capannone i carri di Valmaura, Barriera Vecchia, Roiano, l”VIII Division” di Servola e infine quello di San Giovanni e Cologna. Mezzi e opere d’ingegno che con i rigori invernali verrebbero in breve tempo minati da umidità e rovesci, mettendo a repentaglio il lavoro di quei cittadini che con tanto impegno si adoperano per tenere viva la tradizione del Carnevale a favore dei più piccoli e non solo.
«Chi lavora ai carri – sostiene Ferluga – si aiuta vicendevolmente con gli operatori di altri rioni, creando dei momenti di condivisione e di promozione formativa che aiutano la coesione sociale. Chiediamo alle prima autorità cittadine di trasferire questi carri solo quando risulterà agibile quel nuovo capannone di Valmaura deputato a custodire i carri di tutti i rioni».
Maurizio Lozei
 

 

SEGNALAZIONI - «Ferrovie, si vende per far quadrare i conti» - TRENI E TAGLI
 

«Treni soppressi nel Fvg: solo tratte poco usate… Interscambio a Mestre: valida alternativa… Offerta programmata da Regione e Trenitalia». Non è Moretti a parlare, sono Matteoli e Riccardi. Ma ai responsabili trasporti non è concesso di ignorare che: 1) l’interscambio a Mestre non è il massimo da offrire alla clientela, quando esiste la possibilità di collegare i quattro capoluoghi regionali alla capitale facendo proseguire su Trieste il Roma-Udine. 2) Il Nordest, con tre valichi, reclama collegamenti ferroviari non inferiori a quelli dell’Impero. 3) La cancellazione del Trieste-Napoli comporta un aumento delle tariffe del 66% per chi è obbligato ad un cambio e del 105% per chi ne subisce due, mandando fuori mercato la relazione. 4) La programmazione dell’offerta non è concordata dalla Regione con Trenitalia ma imposta ad entrambe dal Gruppo Fs, in aperta violazione delle direttive comunitarie (il nostro Paese è stato deferito per infrazione). 5) Il ritorno dal mercato può essere assicurato solo da un adeguamento delle offerte che rispondano alle esigenze della clientela. 6) Il contratto di programma è nato per il traffico regionale e la pretesa delle Fs di farsi finanziare le relazioni nazionali e internazionali risponde all’esigenza di Tremonti di scaricare sulle regioni i mancati finanziamenti alle ferrovie, costrette a vendere i gioielli di famiglia per far quadrare i conti (in regione Rozzol e Trieste C. Marzio). 7) La competitività dei collegamenti con Milano è legata a una percorrenza sotto le quattro ore, già sperimentata negli anni ’60, e osteggiata dal Veneto che utilizza le relazioni nazionali del Fvg in funzione del traffico regionale. È prevedibile che il vertice Fs, lette le dichiarazioni dei replicanti, nomini ministro il nostro assessore.
Luigi Bianchi

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 16 gennaio 2011

 

 

«Partita aperta, i cittadini possono dire no alla Tav» - IL COMITATO AVVIA INCONTRI NEI RIONI
 

Dicono no, senza ”se” e senza ”ma” alla Tav. E della linea ferroviaria veloce contestano ogni singolo atto, ogni minimo progetto. Al punto da definire senza mezzi termini «una bufala» la recente uscita del sindaco Dipiazza relativa a una netta riduzione dei chilometri previsti ”in galleria”. «Lo ha detto il sindaco, lo so – ha osservato ieri mattina Paolo Behrens a nome del comitato – parlando di 20 chilometri invece di 30, ma lui come altri si sono evidentemente dimenticati che nello studio reso noto ci si è dimenticati del collegamento tra Trieste e Divaccia, e dunque, guarda caso, proprio dei 10 chilometri mancanti!».
Behrens ha quindi parlato di un progetto fatto «a fette di salame» e cioè praticamente a compartimenti stagni senza il necessario coordinamento tra gli interessati, intrattenendosi sulla riottosità dell’assessore regionale Riccardi a consultare i cittadini interessati dal tracciato, «visto che per certi tratti si è parlato senza mezzi termini di espropri di case».
«Vogliono fare una valutazione di impatto ambientale – è stato ancora aggiunto – solo sui primi 22 km del tracciato e sentire esclusivamente il parere dei Comuni, ma non si possono tagliar fuori i cittadini in questo modo». L’alternativa, ha rilevato Behrens, esiste ed è percorribile da qualsiasi cittadino. Basta chiedere copia informativa degli atti della Tav alla Direzione centrale ambiente, energia e politiche per la montagna - servizio valutazione impatto ambientale in via Giulia 75 e poi, possibilmente, far sentire la propria voce. «Ci rendiamo conto – ha ammesso Behrens – che il parere espresso dal cittadini ha solo valore consultivo e non ostativo, ma se si inizia a muoversi per tempo e le cifre degli interpellati salgono la battaglia non è ancora persa. Una cosa è esprimere la propria protesta in due o tre, altra cosa è farlo in duecento e passa».
Le osservazioni dovranno essere presentate entro il prossimo 20 febbraio (60 giorni dopo la pubblicazione, avvenuta lo scorso 22 dicembre) per la tratta Ronchi-Trieste e entro il 27 per la tratta Portogruaro-Ronchi. In questo lasso di tempo il Comitato No Tav Trieste e Carso farà partire una serie di incontri nei rioni cittadini più coinvolti dal tracciato, mandando avanti nel contempo un discorso sinergico e di collaborazione con altre realtà come Wwf e Legambiente, già mobilitate attorno all’iniziativa.

(f.b.)
 

 

In corteo contro l’elettrodotto
 

TRIESTE Duemila ”no”, almeno a sentire gli organizzatori, all’elettrodotto aereo Wuermlach-Somplago. Il corteo organizzato ieri a Tolmezzo dai comitati che si oppongono all’infrastruttura è stato decisamente affollato: hanno partecipato, tra gli altri, gli ambientalisti di Legambiente e Wwf, gli amministratori locali carnici e quelli del vicino Land austriaco della Carinzia, nonché i deputati del Pd Carlo Pegorer e Ivano Strizzolo, il quale ha sottolineato che è importante che la politica faccia sintesi tra le esigenze di sviluppo, ma anche la tutela dell’ambiente e della salute.
 

 

«La Casa delle Farfalle chiama i colibrì» - SI FA AVANTI ANCHE LA STRUTTURA DI BORDANO, IN FRIULI
 

Il direttore del Centro Rimoli: impossibile trasferirli tutti insieme, sono aggressivi
Fuori fa freddo, sale la nebbia e il mare è gelido. Al Parco Miramare, c’è da scommettere che almeno a qualcuno sia passato per la testa di invidiarli un po’, quei colibrì, immersi come sono nel loro (artefatto) tepore tropicale. Se ne stanno al calduccio, coccolati giorno e notte dai loro sette ”animal keepers” e diventano famosi senza saperlo, succhiando nettare artificiale come il loro solito.
Peccato che nessuno li possa vedere, però. Arrivi lì, di fronte alla loro casetta un po’ fatiscente, abbracciata dall’edera come quella di Hansel e Gretel, e ad accoglierti c’è il cartello che annuncia il sequestro del Centro. E i turisti, giusto per dire ”io c’ero”, si accontentano di fotografare il tabellone che presenta il Parco Tropicale con un bel pappagallo in primo piano, a rischio sfratto pure lui, con i suoi cugini.
Ma di loro non si parla: i pappagalli sono forti e in gamba, se la caveranno bene nel caso dovessero traslocare. Sono i delicati colibrì che tutti vogliono e acclamano: prima la vicina di casa veneziana di Elton John, poi la proprietaria del Parco Ungaretti di Gradisca d’Isonzo e ora anche la Casa delle Farfalle di Bordano vuole dare una casa agli 80 uccellini sotto sfratto. Anzi 81 con il piccolo Silvio, uscito dall’uovo due giorni fa e battezzatto con il nome del suo ”salvatore”, il premier Berlusconi. La Casa delle Farfalle si dichiara ”idonea” a ospitare i volatili perché dotata di serre climatizzate in cui cresce la foresta pluviale, ambiente naturale dei colibrì.
Ma a spiegare quanto ci sia di fantascientifico in un trasferimento dei microscopici volatili, ci pensano Rainero Avanzi, l’”animal keeper” triestino che spesso dorme accanto a loro la notte, e il direttore del Centro di Miramare Stefano Rimoli: «Vanno trasportati uno alla volta perché sono aggressivi e non possono stare vicini nella stessa gabbia. Qui a Miramare, infatti, ognuno ha il suo mini appartamento dove vive per conto suo, dotato di luci a effetto alba, tramonto, luna piena intensificata e pioggerellina: ne hanno bisogno per sopravvivere», dice Rimoli. Insomma, per spostare ogni singolo colibrì da Trieste a qualsiasi altro posto del mondo, si dovrebbero organizzare 81 viaggi con tutti questi comfort. Compreso il filtro per sterilizzare l’aria, lo stesso che viene utilizzato nelle sale operatorie: i colibrì hanno due trachee e anche per questo sono delicati. In sostanza, non basta mettere una voliera in un furgone e partire. Lo stesso discorso, poi, vale per qualsivoglia casa, parco o appartamento si proponga di ospitare gli uccellini: «I colibrì sono alieni - dice Rimoli-. Trasferirli, uno a uno, equivale a traslocare un intero ospedale, compreso di paziente, in un altro ospedale, che deve essere altrettanto attrezzato. Ha ragione Sgarbi quando dice che una volta allontanati da Trieste sarà impossibile farli tornare qua».
In caso di cambio-casa, inoltre, va tenuto presente che anche i ”missionari”degli uccellini (6 studiosi Sud-Americani e Avanzi, triestino) dovranno trovare alloggio accanto ai piccoli pennuti. Forse Elton John potrà riservare loro qualche stanza della sua grande casa veneziana.
SILVIA ZANARDI
 

 

Gufo reale accecato a Santa Croce - Il raro volatile è stato salvato dai guardacaccia della Provincia
 

SANTA CROCE Forse voleva soltanto gareggiare in velocità col treno. O, più probabilmente, si era lanciata all’inseguimento di una preda senza valutare bene i rischi, sta di fatto che ha preso una brutta botta in testa ed è salva solo grazie alla prontezza di una residente, la quale avvistandola a terra, in condizioni a dir poco penose, ha prontamente lanciato l’allarme.
Gabriel, un raro esemplare femmina di gufo reale (nome scientifico: Bubo bubo), è stata rinvenuta dai guardiacaccia della Provincia in prossimità di un’abitazione di Santa Croce, in via del Pucino, con un’evidente ferita all’occhio destro. Trasportata all’Enpa, centro specializzato nella cura degli animali, è stata visitata dal veterinario che l’ha sottoposta immediatamente a massicce cure antibiotiche. Lì, il povero rapace trascorrerà un periodo di convalescenza, nella speranza che possa recuperare completamente la vista per essere rilasciato di nuovo in libertà.
«L’abbiamo chiamata Gabriel in onore a Gabriele d’Annunzio, che pure rimase ferito a un occhio - spiega Gianfranco Urso, presidente dell’Enpa -: è un magnifico gufo reale, una specie molto rara che nella nostra provincia conta appena cinque esemplari. È giunta al centro in stato gravemente debilitato, con l’occhio tumefatto. Il cristallino pare integro, ma la massa oculare è pregna di sangue e bisognerà attendere qualche giorno per capire se il visus è stato compromesso oppure no». «Tutti - aggiunge - facciamo il tifo per lei, affinché possa riacquistare il pieno campo visivo: solo a queste condizioni, infatti, potrà essere restituita al suo ambiente naturale». Urso riferisce che il rapace, che ha un’apertura alare di quasi due metri, è stato sottoposto a un preciso protocollo, che consiste nell’iniezione di un mix di farmaci. In queste ore è stato alimentato con piccoli pezzetti di carne e sembra che risponda bene alle cure. A prevalere negli animi, insomma, è un cauto ottimismo. «Appena arrivata Gabriel non evidenziava tagli o ferite sottopiuma - prosegue Urso -, il che ci fa oggi presuporre che l’incidente occorsole non sia dovuto al contatto con cavi ad alta tensione o al bracconaggio. L’ipotesi più accreditata è che Gabriel sia andata a sbattere contro un treno o un’automobile».
Anche questo recupero, come altri in precedenza, è stato possibile solo grazie alla collaborazione di cittadini e all’intervento dei guardiacaccia della Provincia. «Solo nell’ultimo mese - conclude il presidente dell’Enpa - sono giunte qui ben cinque femmine di sparviero, quattro delle quali hanno ben presto recuperato le forze e saranno prossimamente liberate. E per noi, questo, è fonte di grande soddisfazione».

(ti.ca.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 15 gennaio 2011

 

 

Savino: sulle bonifiche si può riaprire la mediazione tra Stato e Regione
 

L’assessore plaude alla sentenza del Tar Cosolini: ma ora la giunta Tondo dia all’Ezit i soldi per l’analisi dei terreni
La vittoria al Tar di Autamarocchi che si è vista riconoscere (contro il parere del ministero) il principio-guida che «chi inquina paga» solo se la colpa è accertata e addebitabile ha dato una definitiva lettura nuova, probabilmente irreversibile, alla dura questione del Sito inquinato di interesse nazionale. Plaude al pronunciamento del Tar l’Ezit a nome della categorie produttive in «zona sporca», ma perfino la Regione, con l’assessore Sandra Savino, afferma: «Il Tar ha accolto le linee di buonsenso che corrispondono a un principio di civiltà giuridica, è stato messo nero su bianco il concetto che la Regione da tempo sosteneva in difesa degli operatori economici che non avevano responsabilità effettive sull’inquinamento nel Sin».
In verità solo a fine 2009 fu bloccata la 14.a edizione di una bozza di accordo col ministero che ancora citava l’insuperabile ostacolo del «danno ambientale», a prescindere dalla colpa del singolo. Savino afferma che la sentenza «apre a una nuova fase il lungo lavoro di mediazione tra Regione e ministero per addivenire alla firma dell’accordo di programma». Le intese locali sono cambiate: si chiede la caratterizzazione dei terreni e l’analisi del rischio prima di qualunque bonifica.
«Sempre più inaccettabile - commenta Roberto Cosolini, candidato sindaco Pd -, la rigidità del governo sull’impostazione dell’accordo di programma e soprattutto la pretesa di non consentire le caratterizzazioni per verificare l’effettivo inquinamento senza la firma a un testo pesante per le imprese. Non ci sono più alibi - aggiunge Cosolini -, la Regione deve dare all’Ezit i soldi già stanziati per l’analisi dei terreni».
«La sentenza - afferma Paolo De Alti, direttore di Ezit - dimostra come il ministero si muove su presupposti sbagliati (da noi sempre detto), anche le leggi dicono che dove l’inquinamento è diffuso la bonifica è a carico dell’ente pubblico. Altri ricorsi al Tar? Solo le aziende più grosse possono sopportarne l’onere, le altre fanno acrobazie per lavorare lo stesso: e noi i terreni li abbiamo venduti tutti».

(g. z.)
 

 

«Dipiazza a Muggia? No, vuole il rigassificatore» - REPLICA DELLA TARLAO
 

L’assessore: il vero problema del centrodestra e che non sa chi contrapporre a Nesladek
MUGGIA «E' vero che Dipiazza a Muggia ha lasciato un bel ricordo a tantissimi muggesani e che la sua figura carismatica ha segnato la politica non solo muggesana ma anche triestina, tanto che dopo di lui notiamo una certa difficoltà a sostituirlo nella carica che sta lasciando a Trieste». Lo scrive in una nota l'assessore Tarlao dei Cittadini per Muggia, aggiungendo che «i tempi però cambiano e le scelte politiche che Dipiazza ha fatto durante il suo mandato da sindaco di Trieste potrebbero creare non pochi problemi ai nostri concittadini e in particolare mi riferisco alla sua posizione favorevole nei confronti del rigassificatore».
«Dopo le votazioni unanime di tutto il consiglio comunale e la raccolta di firme di più di duemila muggesani contro tale impianto – continua la Tarlao – viene spontaneo chiedersi come si concilierebbe un sindaco pro rigassificatore? E poi proprio la Lista per Muggia che da sempre combatte i visitors nella politica locale vuole candidare di fatto un politico triestino».
«E' comunque sconcertante – conclude l’assessore – che il centro destra muggesano, che continua dal primo consiglio comunale a ricordarci che tanto non saremmo arrivati a fine mandato e che saremmo stati una breve parentesi perchè la gente non vede l'ora che torni a governare il centrodestra, non abbiano ancora trovato dopo cinque anni un nome forte da contrapporre al sindaco Nesladek».
 

 

Colibrì, ecco il primo nato dell’anno Si chiama Silvio in omaggio al Cav - IL PICCOLO MISURA SOLO OTTO MILLIMETRI
 

Rimoli: l’intervento di Berlusconi ha permesso di salvare il nostro Centro

Mentre i palazzi di Stato e di Governo discutono la loro sorte, i colibrì lasciano tutti di stucco. Ieri mattina nelle serre di Miramare c’è stata una nascita. È arrivato un piccolo colibrì, misura solo 8 millimetri. La mamma lo nutre, becco in becco. «Evento eccezionale - commenta il direttore del Centro, Stefano Rimoli -, al mondo i casi di nascite si contano sulle dita di una mano». E doppiamente eccezionale a Trieste. Prosegue il fondatore dell’allevamento, in croce per mancati finanziamenti e ordine di sgombero solo procrastinato: «Sembra una fiaba, ma controllando i registri veterinari si evince che la mamma ha deposto l’uovo proprio il giorno in cui Berlusconi ha telefonato salvando i colibrì dallo sfratto. Senza il suo intervento madre e embrione sarebbero sicuramente morti nella deportazione». Al mondo per grazia ricevuta. E il colibrì neonato è stato battezzato col nome di Silvio.
Che l’evento sia rarissimo lo confermava l’altro giorno Piero Susmel, il docente di Nutrizione animale dell’Università di Udine che segue scientificamente le serre di Miramare e che, sollecitando sul problema Vittorio Sgarbi (ex collega), ha messo in moto l’imprevedibile interessamento diretto del premier.
«Quando pubblicammo una ricerca su una rivista statunitense - dice - i colleghi Usa non ci volevano credere, di esperti su questa specie ce ne saranno 10 sul pianeta». Per Susmel, a prescindere dalle soluzioni in vista, «togliere i colibrì da Miramare sarebbe un peccato, il luogo è noto, c’è un contesto». «Sia chiaro - ha dichiarato ieri Sgarbi, alla notizia della nascita di ”Silvio” -, le due sedi alternative (Giudecca a Venezia o Parco di Sagrado, Gorizia) restano a disposizione, ma a Miramare devono però sapere che, se si mandano i colibrì a Venezia o a Sagrado, non torneranno più indietro, quella nuova sarebbe la loro sede definitiva».
GABRIELLA ZIANI
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 14 gennaio 2011

 

 

Partono le consultazioni ”a tappeto” sulla Tav - La Regione sentirà tutti i Comuni. Allo studio un sito ad hoc. Aeroporto, ok alla perizia
 

Nella prima seduta del 2011 trasporti in primo piano Audizione dei vertici Insiel: ridotti gli affidamenti esterni
TRIESTE Per alcuni è un’infrastruttura fondamentale per non essere tagliati fuori dai grandi traffici commerciali di domani. Per altri, è una ”bomba” di rotaie e gallerie che rappresenta un pericolo per cittadini e ambiente. È per raccogliere tutte questi pareri e tirare le somme prima della decisione finale, che tra pochi giorni, il 22 gennaio, la Regione avvierà le consultazioni con gli enti locali in merito al progetto preliminare della Tav. Comune per Comune, l’assessore alle Infrastrutture Riccardo Riccardi sentirà valutazioni e giudizi delle comunità che saranno coinvolte nella costruzione e attraversamento delle tratte ferroviarie ad alta capacità e alta velocità Portogruaro-Ronchi Sud-Trieste.
È sotto il segno delle grandi opere, dunque, che si è aperto il 2011 in piazza Unità. Ieri, infatti, si è svolta la prima riunione di giunta dell’anno, che ha riportato attorno al tavolo gli assessori dopo la pausa natalizia. Tra gli argomenti all’ordine del giorno, appunto, le consultazioni sulla Tav. ”Sondaggi d’opinione” che l’assessore Riccardi raccoglierà presentando ai Comuni interessati le scelte di Rfi-Rete ferroviaria italiana, e illustrando l’iter procedimentale per l’approvazione del progetto ricevuto a fine dicembre. «La legge prevede che le consultazioni durino al massimo 90 giorno - ha commentato Riccardi - ma io mi prenderò tutto il tempo necessario, perché si tratta di una questione molto importante, e intendo dare il massimo ascolto alle comunità locali». Gli incontri, come specificato dal responsabile alle Infrastrutture, non prevedono il coinvologimento diretto dei cittadini (nessuno pensi cioè di poter partecipare ad assemblee pubbliche). «I cittadini che hanno osservazioni e dubbi in merito al progetto preliminare - ha puntualizzato Riccardi - potranno esporli ai propri rappresentanti che, a loro volta, riferiranno a noi. Stiamo anche ragionando sulla possibilità di aprire un sito Internet ad hoc dove raccogliere tutta la documentazione».
Una volta terminate le consultazioni, la Regione dovrà pronunciarsi. Come? Verrà costituito un gruppo di lavoro composto dalle direzioni centrali competenti, che valuterà la proposta assicurando, in sede di intesa sulla localizzazione del tracciato, un parere coordinato dei molteplici interessi pubblici in gioco. Alla struttura tecnica sarà affidato anche il compito di offrire l’assistenza tecnica necessaria agli enti locali interessati per le determinazioni di loro competenza. «Abbiamo scelto - ha spiegato Riccardi - la strada della maggiore partecipazione possibile nella fase di progettazione di un’opera di grande rilevanza».
Tav a parte, la giunta di ieri pomeriggio è stata aperta da un’audizione del presidente di Insiel Walter Santarossa e dell’ad Dino Cozzi, che hanno fatto il punto sul ricorso a Insiel da parte degli enti regionali e sul costo dei prodotti erogati. L’assessore all’Organizzazione Andrea Garlatti ha commentato: «La linea politica è quella di mantenere la connotazione pubblica della parte infrastrutturale informatica, che consideriamo un valore. La parte prevalente dei prodotti di Insiel viene realizzata ”in casa”, riducendo di circa 5-6 milioni di euro il ricorso ad affidamenti esterni. Inoltre in confronto alle tariffe applicate per l’acquisto di prodotti Ict da parte delle società ”in house”, quelli di Insiel sono nella media o anche inferiori».
Spazio è stato riservato, ieri, anche all’aeroporto di Ronchi dei Legionari. La giunta, su proposta di Sandra Savino, ha infatti dato l’ok alla richiesta al Tribunale di Gorizia di effettuare una perizia sul valore dell’aeroporto, atto propedeutico al futuro scambio di quote azionarie con la Save di Venezia.
ELISA COLONI
 

 

Il Tar sulle bonifiche: paga solo chi inquina - Autamarocchi vince il ricorso e non verserà un euro. Per il Ministero avrebbe dovuto accollarsi i costi
 

ACCOLTA L’ISTANZA DELL’AZIENDA CHE HA SEDE NELL’AREA DEL SIN
«Chi inquina paga». E laddove non è possibile accertare le effettive responsabilità dell’avvenuta contaminazione di un’area, allora non è altresì plausibile addebitarne le spese di bonifica al suo ultimo utilizzatore. Un principio ribadito, nero su bianco, dal Tribunale amministrativo del Friuli Venezia Giulia. Che ieri ha annullato con un colpo di spugna un decreto del Direttore generale del Ministero dell’Ambiente e le determinazioni della Conferenza dei Servizi del 28 maggio 2008 in merito al Sito di Interesse Nazionale (Sin) di Trieste.
La decisione delle toghe, infatti, ha sostanzialmente accolto il ricorso presentato dai legali di Autamarocchi spa che, secondo il decreto del 6 giugno 2008 del Dicastero, si sarebbe dovuta fare carico delle attività di messa in sicurezza dell’area inquinata in cui svolge la propria attività.
Tali attività, ha riconosciuto il Tar nella sentenza depositata ieri, «sono state ordinate alla ricorrente senza dar atto di alcun accertamento in ordine alla responsabilità della contaminazione delle acque di falda». E così facendo, secondo i giudici del Tribunale amministrativo, il Ministero, che ha adottato le determinazioni conclusive della Conferenza dei servizi, ha violato il principio «chi inquina paga».
L’area in questione si trova nella zona di via Flavia, sulla strada che conduce al sobborgo di Aquilinia, e si estende su una superficie di almeno 20mila metri quadrati. Lì, dove è sorto un ampio deposito di automezzi, Automarocchi spa ha sede logistica.
«Non sussistevano - ha stabilito quindi la sentenza - i presupposti per ordinare all’utilizzatore dell’area» la posa in opera di un sistema di sbarramento idraulico, «non essendo noto il grado di accettabilità della contaminazione». Sempre secondo il Tar, anche nel caso in cui le opere prescritte dal Ministero fossero state qualificate come messa in sicurezza d’emergenza, sarebbe comunque mancato «il requisito della repentinità della situazione d’emergenza».
Il Tribunale ha infine sottolineato che in situazioni di «inquinamento cosidetto ”diffuso”, ossia in quei casi in cui detto accertamento non sia possibile o risulti oltremodo difficoltoso, la bonifica non può che restare a carico della Pubblica amministrazione» e ha concluso che il provvedimento impositivo di messa in sicurezza va notificato al proprietario al fine di renderlo edotto, «ma non può imporre misure di bonifica senza un adeguato accertamento della responsabilità».
«Quanto affermato dal Tar è ciò che noi andiamo dicendo da anni», ha commentato ieri in serata Dario Bruni, presidente dell’Ezit, ente che la legge regionale 15 ha riconosciuto come soggetto unico incaricato delle bonifiche del Sin. Interventi, questi ultimi, per i quali nel 2001 lo Stato ha stanziato, girandoli alla Regione, 22 miliardi di vecchie lire. A oggi 250, su un totale di 500 ettari di terreni, sono stati caratterizzati da Ezit, privati e Teseco. Due anni fa, a seguito dell’invio dei risultati delle caratterizzazioni, il Ministero dell’Ambiente ha richiesto un’integrazione con le analisi del rischio. «A questo ricorso - prosegue Bruni - ne seguiranno altri: è una beffa poter pensare che il privato, dopo aver acquisito dal pubblico dei terreni inquinati, possa essere chiamato a pagarne le spese di bonifica. Cosa va fatto allora? Bisogna accertare se esista inquinamento o meno su una determinata area, capire se tale contaminazione sia dannosa alla salute oppure no e, nel caso lo sia, stabilire se è il proprietario dell’area ad averlo realmente prodotto oppure no».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

«Sul Piano del traffico illustrazione doverosa» - SASCO REPLICA ALLE CRITICHE
 

«Doverosa e istituzionalmente necessaria». Il capogruppo dell’Udc in Consiglio comunale Roberto Sasco definisce così la presentazione della proposta del Piano del traffico alla Sesta commissione, organizzata l’altro giorno in Municipio e criticata dall’opposizione e da alcuni esponenti della stessa maggioranza. «L’interesse mostrato dai presenti dimostra la bontà della scelta svolta in precisa attuazione della normativa in vigore che prevede una fase di esposizione, consultazione e discussione pubblica del piano di settore, prima di procedere alla sua stesura definitiva», aggiunge Sasco. «Nei prossimi mesi i gruppi consiliari, i candidati e tutti i cittadini potranno formulare - conclude - proposte migliorative all’amministrazione comunale, utili al nuovo sindaco».
 

 

Lista 5 stelle, conferma ufficiale Menis è il suo candidato sindaco - ASSEMBLEA DEI GRILLINI
 

Conferma ufficiale per Paolo Menis. L’assemblea della lista civica Trieste 5 stelle - beppegrillo.it ha stabilito che sarà effettivamente lui il candidato sindaco del movimento alle prossime elezioni amministrative, come già da tempo era emerso. Il voto dell’assemblea ha infatti ratificato (con 25 voti favorevoli e due astenuti) l’unica candidatura fra gli iscritti. «Abbiamo l’obiettivo di entrare in Consiglio comunale per rompere i giochini di potere fra destra e sinistra che stanno rovinando la città - ha dichiarato Menis -. Non ci presenteremo invece alle elezioni provinciali per il semplice motivo che il moVimento 5 stelle propone l’abolizione delle Province». Paolo Menis ha 38 anni, fa parte del gruppo Beppe Grillo Trieste dalla sua costituzione (2005) e ne è coordinatore dal 2007.
 

 

SEGNALAZIONI - Medicinali scaduti - FARMACIE
 

Volevo lamentare il fatto che nelle farmacie di Trieste (non so se in tutte, ma in quelle in cui sono entrata sicuramente) non c'è la possibilità di lasciare i farmaci scaduti. In generale, non è previsto in città un luogo deputato alla raccolta di tali medicinali che tanto innocui non sono, dal momento che, se smaltiti in modo non corretto, possono disperdere le sostanze chimiche di cui sono composti e inquinare l’ambiente. In altre città in cui ho vissuto sono le farmacie a occuparsi della cosa.
Viviana A.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 gennaio 2011

 

 

Dipiazza getta la spugna: niente piano traffico - Il sindaco: non ce la farò entro fine mandato, ma è giusto che il lavoro vada avanti
 

Bozza illustrata in commissione L’iter si trascina da dieci anni
Alla fine l’ha riconosciuto anche lui. «Obiettivamente credo che non riuscirò a chiudere l’iter entro la fine del mio mandato». Così il sindaco Roberto Dipiazza, che a primavera lascerà dopo dieci anni la plancia di comando del Municipio (per legge non può ricandidarsi dopo due mandati consecutivi), ha detto definitivamente addio all’ipotesi di griffare in calce con il proprio nome il nuovo Piano del traffico.
Uno di quei temi ormai diventati di perenne attualità politica in zona piazza Unità. Uno dei classici buoni propositi per ogni nuovo anno che inizia, divenuto però appuntamento fisso dal 2001 in avanti. Dall’accordo siglato cioè con l’Università per il quale il professor Roberto Camus era stato nominato consulente del Municipio in tema di traffico e viabilità. Nel 2003 era seguito l’affidamento della stesura del Piano al professionista. Da allora sono passati otto anni: prima il lungo silenzio sulla bozza Camus, poi l’uscita pubblica su Il Piccolo del 2007, le polemiche politiche, la rescissione del contratto con l’ingegnere (incarico costato comunque 117mila euro alle casse comunali), le modifiche degli uffici comunali al progetto. E ancora, le attenzioni della Corte dei conti per lo stesso con l’invito all’esecutivo del Comune a fornire spiegazioni sul perché - a fronte della spesa sostenuta per l’apporto di Camus - nulla fosse stato concretizzato. Infine, a luglio del 2010, la nuova versione della bozza che esce dai cassetti del Municipio. E adesso il via alla fase della cosiddetta presentazione pubblica.
Per mettere la parola fine a questa saga non sono bastati due mandati a Roberto Dipiazza. Toccherà al suo successore? Pare proprio di sì, ma per ora l’unica certezza è che il rinnovo dell’assetto viario cittadino sarà materia di campagna elettorale.
Ieri, pochi minuti dopo mezzogiorno, il primo cittadino ha dunque invitato i consiglieri della Sesta commissione, riuniti nella sala del Consiglio comunale per la programmata illustrazione della bozza del Piano, a «consegnare alla futura amministrazione un bel lavoro» iniziando ad «affrontarne i contenuti con serenità». «È giusto che si porti avanti il lavoro sul nuovo Piano del traffico - ha continuato il sindaco -, che ha visto operare prima il professor Camus e poi gli uffici del Comune». Dipiazza ha ricordato come la rivoluzione prospettata dal documento complessivo sia già in qualche modo partita con gli aggiustamenti previsti dai Piani particolareggiati di «San Vito», che ha ormai visto cambiare la propria viabilità, «San Luigi, dove gli interventi stanno cominciando, come anche a Servola».
La bozza del Piano generale del traffico urbano, i cui contenuti sono stati illustrati dal mobility manager del Comune Giulio Bernetti, è quella che prevede di rendere corso Italia pedonale da via Roma a via Imbriani, di invertire il senso di marcia dell’ultimo tratto di via Rossetti (in discesa verso via Battisti, a sua volta pronta ad essere ridisegnata a senso unico in direzione via Carducci con una corsia in salita solo per il trasporto pubblico) e quello di via Ginnastica, di riservare via Geppa ai bus destinando invece via Ghega unicamente ai veicoli privati, di scambiare inoltre i sensi di marcia fra via Valdirivo e via Milano. E, ancora, prefigura il passaggio da 5 a 10 chilometri della somma totale della lunghezza delle corsie preferenziali per i mezzi pubblici, l’aumento da 92mila a 140mila metri quadrati della superficie riservata alle isole pedonali e infine l’incremento dei percorsi ciclabili, da 21 a 97 chilometri. Inoltre viene prospettato un ampliamento dei parcheggi a pagamento nelle zone del Borgo Teresiano e del Borgo Giuseppino, con agevolazioni per i residenti attraverso 5 ore di parcheggio gratuito durante il giorno (oltre alla fascia notturna). In caso di vettura lasciata in sosta inoperosa per il mese intero, saranno invece chiamati a corrispondere una sorta di quota di affitto come se si trattasse di un box.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Siot: dagli impianti nessun rischio di emissioni nocive - L’AZIENDA REPLICA ALLA POLEMICA
 

SAN DORLIGO «Nessun rischio di emissioni pericolose. La nostra società agisce nel pieno rispetto delle leggi e, soprattutto, della tutela della salute della popolazione». Lo assicura in una nota la direzione della Siot dopo un volantino diffuso in cui si ipotizzavano generici rischi per la salute dovuti alle emissioni degli impianti Siot sul territorio.
«Confermiamo innanzitutto – scrive la Siot – la nostra assoluta disponibilità, con la massima trasparenza, a chiarire le istanze sollevate dalla popolazione. Proprio per questo, ci teniamo a confermare che la Siot non si ritiene per nulla responsabile di emissioni nocive come dimostrato innanzitutto in oltre quarant’anni di attività e, in secondo luogo, non meno importante, dai continui controlli dei propri impianti e delle proprie apparecchiature che non hanno mai evidenziato eventualità di emissioni dannose». Del resto la Siot, sottolinea l’azienda, ha ripetutamente effettuato monitoraggi di emissioni di benzene e componenti organici volatili degli idrocarburi, e conferma di aver sempre riscontrato valori ben al di sotto dei limiti di legge, così come i controlli allestiti dalle amministrazioni locali. La Siot manifesta quindi «piena e convinta fiducia» in qualsiasi ulteriore accertamento futuro, «purché ovviamente eseguito con le adeguate apparecchiature e secondo le linee guida di carattere scientifico impiegate in questi casi», e si dice pronta ad accogliere qualsiasi istanza delle popolazioni dei comuni del territorio, «purché le suddette istanze siano rivolte all’accertamento dei fatti reali e non a speciose volontà di lanciare accuse senza fondamento».
 

 

Impianto a biomasse alla scuola ”De Amicis”
 

MUGGIA La realizzazione di un impianto a biomasse a servizio della scuola elementare “Edmondo De Amicis”. È il progetto dell’amministrazione Nesladek che mediante una procedura negoziata intende costruire a breve una struttura della potenzialità di 360 Kw all’interno di un vano in cemento armato. Costo dell’operazione circa 315 mila euro. Gli operatori economici interessati dovranno essere in possesso di alcuni requisiti di qualificazione tra i quali la precedente realizzazione di un impianto a biomasse della potenzialità di almeno 300 kW e l’attestazione di categoria Soa Og11. La richiesta di invito dovrà essere presentata entro le 12 di mercoledì 26 gennaio all'Ufficio Protocollo del Comune di Muggia sito in piazza Marconi 1. Sarà anche possibile compilazire lo schema presente sul sito istituzionale www.comune.muggia.ts.it. Per chiarimenti è possibile rivolgersi all’ufficio gare e contratti al numero telefonico 040.3360250 lunedì dalle 14.30 alle 15.30 e martedì e giovedì dalle 10.30 alle 12.

(r.t.)
 

 

Colibrì, riunione tecnica la prossima settimana - A Miramare anche laboratori dove si liofilizza il nettare di fiori che serve da cibo
 

Entro la fine della prossima settimana si terrà la riunione tra il Comitato scientifico del Centro dei colibrì di Miramare e la direzione regionale dei Beni culturali per mettere a fuoco, in concreto, le possibilità di risolvere due problemi in uno, e senza danni: sanare la situazione logistica delle strutture nel Parco, e trovare una casa alternativa agli 80 rari uccelli, così delicati che l’aria che respirano passa attraverso filtri da sala operatoria, e il loro cibo è ottenuto in laboratorio dove vengono liofilizzati nettari di fiori particolari.
Dopo la Conferenza dei servizi che ha portato a Trieste alti funzionari di ministeri, i massimi dirigenti dei Vigili del fuoco, dopo il clamore suscitato dalla ”discesa in campo” di Berlusconi a difesa della piccola colonia amazzonica studiata e curata per favorire la riproduzione di una specie che rischia di estinguersi con enorme danno ambientale, adesso arriva il momento delle soluzioni tecniche. Ci sono due mesi di tempo, quanto dura la proroga allo sfratto da strutture (sotto accusa per abusi edilizi) finora costate 300 mila euro.
«Dovunque si vogliano traslocare i colibrì - spiega Stefano Rimoli, creatore e direttore del Centro - bisognerà costruire strutture nuove». Sia che prenda corpo l’idea di portare i colibrì a Udine, dove al Dipartimento di Scienze animali lavora Piero Susmel, ordinario di Nutrizione e alimentazione animale, uno dei principali consulenti di Rimoli e membro del Comitato scientifico, e sia che prevalgano le possibilità messe in campo da Vittorio Sgarbi, il «deus ex machina» degli sviluppi nazionali del caso.
Sgarbi ha proposto un sito all’isola della Giudecca a Venezia, ma poi anche la tenuta Castelnuovo di Sagrado, in provincia di Gorizia, dove dal 2007 è attiva un’associazione che promuove il «parco Ungaretti» in ricordo dei versi sulla Grande guerra scritti a poca distanza dal grande poeta. La villa è parte della storia dei conti della Torre Hofer Valsassina e le sue origini risalgono al ’500. Nel 1849 il possesso del grande palazzo, circondato tuttora da parco, boschi e vigne (aggiunti via via a partire dal ’700), passò agli Hohenlohe Waldenburg. Nel 1904 proprietario divenne il triestino Spartaco Muratti e molte successive proprietà si sono alternate, fino all’attuale, la famiglia Terraneo.
«Qualcuno si chiederà - conclude intanto Rimoli - perché tenere dei colibrì a Trieste, o comunque fuori dal loro ambiente naturale. Perché lì non sarebbero studiabili, tutto costerebbe 20 volte tanto». E, per spostarli, bisogna conoscerli uno per uno, come fa la decina di studenti-studiosi volontari provenienti dal Sudamerica, inviati «in missione» gratuita, e ospitati in casa di parenti e amici: «È possibile solo dopo lo svezzamento e prima della maturità sessuale, quando invece ”marcano” il territorio e guai se non trovano il loro ramo, la loro luce».

(g. z.)
 

 

SEGNALAZIONI - Tunnel sul Carso - TRASPORTI
 

Si è fatto qualche progresso: i chilometri di galleria da 35 sono diventati 22 ma siamo ancora lontani dall’essere vicini allo zero, che è l’obiettivo a cui la maggioranza dei triestini aspira. Nessuna galleria sul Carso. Il nuovo progetto apparso sul Piccolo annuncia devastazioni apocalittiche anche se ridimensionate, dribblando grotte conosciute e distruggendone altre al momento ignote ma che verranno sicuramente intercettate con i nuovi lavori, come si è potuto constatare con il cantiere autostradale a Cattinara. E cosa ne pensano i sedicenti esperti dello sconquasso idrogeologico che comprometterà in modo definitivo il delicato equilibrio delle acque carsiche sotterranee, in gran parte ancora sconosciute? Le esperienze dell’Appennino non sono servite a niente? Il Carso dovrebbe essere un Parco Naturale Protetto intoccabile se non per piccolissimi interventi locali.
In diversi articoli pubblicati sul “Piccolo” appare evidente come sia privo di senso far passare il Corridoio 5 (sia ferroviario che autostradale) da Trieste, con progetti faraonici e devastazioni inimmaginabili, quando ben più semplice, logica, economica soluzione sarebbe quella di far passare il tutto nell’area goriziana e collegarsi alla rete dei servizi slovena in progressivo stato di espansione e ammodernamento.
Viene da pensare che questa assurda galleria sotto il Carso sia stata architettata con il fine di fornire a costo zero, tramite la roccia di risulta dello scavo di qualche milione di metri cubi, il materiale per realizzare, naturalmente con ampie possibilità di lucro, il programma di ampliamento e sviluppo del Porto nuovo con 174 ettari di nuove banchine da realizzare con l’interramento di vaste aree di mare. Trieste, per ottenere lo stesso risultato, potrebbe più semplicemente dotarsi di moderne ed efficienti bretelle (in parte già funzionanti) per collegare le attuali strutture portuali/ferroviarie con la rete slovena, prossima ad essere completata, quindi verso Capodistria e Fernetti, riducendo così al minimo i costi, i danni ambientali e il consumo di territorio, un bene insostituibile. In tempo di risparmio energetico e riduzione dei tempi di viaggio bisognerebbe accettare la rinuncia alla discesa dall’altipiano, che comporta l’allungamento di più di un’ora, per chi prosegue. Rinuncia che verrebbe facilmente compensata da un efficiente servizio di bus in concomitanza con l’arrivo dei treni, agevolato da un biglietto integrato regionale ferro+bus. Pareri autorevoli e assennati suggeriscono una soluzione infinitamente più semplice e accettabile in termini di costi, difficoltà tecniche e disastri ambientali, cioè il raccordo con le ferrovie slovene a Capodistria, come previsto dal Programma Interreg A, da dove raggiungere Divaccia e connettersi quindi con la rete europea. È da mentalità paesana insistere su anacronistici campanilismi.
Nico Zuffi

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 12 gennaio 2011

 

 

Bonus 36% e 55% per interventi ristrutturazione e risparmio energetico della casa

 

Una circolare dell’Agenzia delle entrate precisa che iI due bonus del 36% (ristrutturazioni edilizie) e 55% (risparmio energetico) a valere sull'Irpef possono essere richiesti anche per i lavori di ampliamento eseguiti in attuazione del Piano Casa, secondo le regole generali previste per le ristrutturazioni. Nella circolare si legge inoltre che per quanto riguarda la ritenuta d'acconto del 10% sui relativi bonifici può essere trasferita dai Consorzi alle singole imprese e non va effettuata sulle somme pagate ai Comuni in caso di oneri di urbanizzazione.
In particolare i chiarimenti dell’Agenzia specificano che per quanto riguarda gli ampliamenti in base al Piano casa vi è la possibilità di ampliare o ricostruire le abitazioni in deroga ai piani regolatori locali. In particolare, viene confermato che l'ampliamento di superfici e volumi e' detraibile se riguarda la costruzione dei servizi igienici.
La risoluzione dell'Agenzia precisa che i Consorzi di imprese senza finalità di lucro possono trasferire alle consorziate la ritenuta alla fonte del 10 per cento, che banche e Poste Spa devono effettuare sui bonifici disposti per i bonus ristrutturazioni e risparmio energetico. La risoluzione, infatti, precisa che le ritenute possono essere attribuite alle singole imprese una volta azzerato l'eventuale debito Ires del Consorzio e a patto che tale scelta risulti da un atto di data certa (atto costitutivo del Consorzio o verbale del Consiglio di amministrazione).
Sempre in tema di ritenuta d'acconto, la risoluzione interviene specificamente sul pagamento degli oneri di urbanizzazione e di quelli collegati alla realizzazione degli interventi agevolati. Per evitare che i Comuni subiscano la ritenuta del 10 per cento, il pagamento di tali spese non deve necessariamente essere effettuato tramite bonifico.
Tuttavia, se ciò avviene, occorre indicare il Comune come destinatario e, come causale, che si tratta di oneri di urbanizzazione, Tosap, ecc., e non di interventi per il recupero del patrimonio edilizio o il risparmio energetico; non va, quindi, utilizzato l'apposito modulo per le agevolazioni generalmente predisposto dalla banca o dall'ufficio postale.
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 gennaio 2011

 

 

Antenne telefoniche, pronto il piano ”anti Far-West” - Perfezionata la mappatura che evidenzia le aree incompatibili con le stazioni radio base
 

L’anarchia delle frequenze ha ormai i mesi contati. Dopo quasi sei anni di Far-West - quella condizione di assenza di regole che ha consentito a gestori come Tim, Wind e Vodafone di tappezzare il territorio triestino di circa 200 antenne -, il Comune si prepara finalmente a stringere il cerchio attorno al Piano di settore per la localizzazione delle stazioni radio base di telefonia mobile, atteso dal 2006. Lo strumento, dopo aver recentemente superato lo scoglio della Valutazione ambientale strategica, si avvia verso l’approvazione. Un disco verde in virtù del quale potrà fissare una volta per tutte precisi paletti e individuare spazi idonei e location off limits, garantendo quindi un’uniformità di trattamento di fronte a tutte le richieste di nuove installazioni.
INCOMPATIBILITÀ La novità più saliente del Piano, quella che segna il più punto di rottura più forte rispetto alle indecisioni del passato, riguarda proprio l’identificazione di ”aree incompatibili”: porzioni di territorio, cioè, in cui è tassativamente vietata la realizzazione di stazioni radio base. Appartengono a questa tipologia di siti sensibili gli spazi in cui sorgono asili nido, scuole, ricreatori e oratori, strutture per l’assistenza agli anziani e ai disabili, ospedali e luoghi di degenza. Su queste realtà la guardia del Piano è altissima: ai gestori, quindi, conviene rinunciare in partenza.
ATTENZIONE Il no secco opposto a qualsiasi richiesta di installazione nelle aree sensibili, potra diventare invece un ”forse” nelle aree limitrofe. Il Piano antenne individua infatti attorno a scuole e ospedali una sorta di zona cuscinetto, chiamata tecnicamente fascia di attenzione, in cui potrà, a precise condizioni, essere autorizzata l’installazione di impianti. Il via libera sarà tuttavia vincolato al rispetto di una serie di prescrizioni fissate da uffici e Commissione paesaggio, e potrà arrivare esclusivamente in un caso: quando il gestore dimostrerà l’assoluta necessità di quella localizzazione per assicurare la continuità del servizio di telefonia mobile.
TUTELE Nelle zone cuscinetto viene messa in campo quindi una procedura particolarmente rigorosa. Una scelta facilmente comprensibile se si pensa che proprio nella fascia d’attenzione, specie nel centro storico, ricadono monumenti, chiese, zone archeologiche e immobili vincolati. Di qui gli ulteriori paletti di natura estetico-percettiva. «Le installazioni - si legge nel Piano - non dovranno generare un impatto visivo nelle strade e nelle piazze circostanti gli immobili tale da danneggiare la prospettiva di luce richiesta dagli edifici vincolati». E lo stesso principio si applicherà alla lettera anche a cigli panoramici e zone di interesse ambientale, la cui fruizione non dovrà essere visivamente disturbata dalla presenza di antenne.
PREFERENZE Oltre a specificare i siti in cui non potranno sorgere gli impianti, il Piano suggerisce anche i luoghi in cui questi andranno preferibilmente posizionati. Si tratta delle aree in cui esistono già tralicci a media e alta tensione, ripetitori, manufatti connessi al sistema viario, aree vicine a reti infrastrutturali, torri-faro nei pressi di strutture sportive e aree dove siano già posizionati impianti di telefonia mobile in linea con le disposizioni del nuovo strumento pianificatorio. Rientrano nelle aree preferenziali, inoltre, gli spazi pubblici idonei, vale a dire le aree o gli edifici di proprietà comunale che rientrino nelle zone giudicate appetibili dai gestori.
RICERCA Nelle tavole del Piano vengono infatti indicate anche le aree che, a giudicare dal numero di richieste arrivate in passato, fanno più gola agli operatori di telefonia mobile, indicate informalmente come zone di ricerca. Zone come quella compresa tra il Giardino pubblico, via Rossetti e il Viale (che deve però fare i conti, seppur solo in parte, con la fascia cuscinetto a protezione del Maggiore), l’area attorno a piazza Vittorio Veneto (in cui insistono ben tre siti sensibili: la Scuola interpreti di via Filzi, la succursale di un istituto superiore e una casa di riposo) e la zona di via Commerciale vicina al Castelletto, altro punto off-limits.
INSTALLAZIONI Fin qui la classificazione del territorio. Ma il Piano dà indicazioni precise anche per quanto riguarda le modalità di installazione delle antenne. Quelle su palo andranno collocate con il centro elettrico 12 metri più in alto rispetto all’ultimo piano degli edifici circostanti. Nel caso di impianti piazzati sulle coperture di fabbricati, invece, la stazione radio base dovrà essere posizionata sul fabbricato più alto nel raggio di 150 metri dal punto di installazione. Un’accortezza, si legge nel testo, da adottare «per ridurre la percezione dell’impianto». In questi casi, inoltre, le strutture portanti delle antenne dovranno essere sempre a palo metallico. Ogni altro tipo di sostegno, compreso quello a traliccio, è del «tutto escluso».
MADDALENA REBECCA
 

 

All’Arpa il compito di monitorare le emissioni - STRUTTURE AUTORIZZATE SE I VALORI RIENTRANO NEI LIMITI DI LEGGE
 

Misuratore di campi elettromagnetici in una mano, testo di legge nell’altra, sono gli uomini dell’Arpa a stabilire se quest’impianto s’ha da installare oppure no. La foresta di antenne telefoniche sorte in questi anni a Trieste è stata infatti autorizzata dal Comune solo previo parere favorevole dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, che opera per la prevenzione, la riduzione e l’eliminazione dell’inquinamento ambientale.
I tecnici dell’ente sono mossi dal criterio-guida del rispetto dei limiti di emissione sancito dalle norme. Un vincolo che registrano valutando il campo elettromagnetico preesistente e quello generato da nuovi impianti da inserire nel contesto urbano. Nel caso in cui il valore di emissione complessivamente raggiunto dall’antenna di telefonia mobile rientri nei parametri disposti dal legislatore, allora l’Arpa dà parere favorevole, diversamente esprime il suo diniego.
A illustrare l’iter è l’ingegner Massimo Telesca, dirigente della sede di Palmanova dell’Agenzia regionale: «Esistono due tipologie di soglie da considerare, il limite di esposizione e quello di cautela», spiega l’esperto. «Nel primo caso il livello invalicabile, relativo a valori di campo che non devono essere superati in alcuna condizione di esposizione, è di 20 volt per metro, nel secondo, che concerne valori di campo che non devono essere superati nei luoghi adibiti a permanenze prolungate, è di 6 volt per metro. Quest’ultimo è il limite che si applica nei pressi di asili, scuole, abitazioni, ovvero quei luoghi abitualmente frequentati per diverse ore al giorno dalle persone».
È noto che le linee guida per stabilire i limiti di esposizione della popolazione si basano su una vasta gamma di pubblicazioni scientifiche relative agli effetti provati sulla salute derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici. «Allo stato attuale - chiarisce Telesca - il nostro unico parametro di riferimento sono le soglie stabilite dalla legge e a quelle di atteniamo». Come avvengono i rilievi? «Vengono svolti due rilevamenti - replica il dirigente dell’Arpa -: uno sul posto, l’altro preventivo, sulla base di calcoli e proiezioni del campo elettromagnetico che l’antenna da installare dovrebbe produrre». E poi? «Una volta verificata la regolarità delle possibili emissioni - prosegue - il Comune può autorizzare il posizionamento delle celle». A quel punto le verifiche sono concluse? «No - risponde l’ingegner Telesca - è possibile che gli stessi enti locali o un privato cittadino vogliano appurare che, a sopravvenuta attivazione dell’antenna, l’emissione di campi elettromagnetici non superi effettivamente i livelli fissati dalla legge. A quel punto interveniamo nuovamente sul posto per fare le misurazioni». E ciò avviene? «Sì - conclude - accade che residenti o enti reclamino il nostro intervento. Il controllo su richiesta deve essere espletato dall’Arpa, compatibilmente con le risorse a disposizione».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

Ma intanto i ripetitori hanno superato quota 200 - Lena: inspiegabili i ritardi, iter concluso già da tempo nelle altre città della regione
 

VERSO L’APPROVAZIONE DELL’AULA
Della regolamentazione del pianeta antenne si discute da quasi sei anni. Il Piano di settore, infatti, ha mosso i primi passi nel lontano 2006, arrivando all’adozione nel dicembre dell’anno successivo. Il cammino ha subito poi una brusca frenata per effetto delle modifiche normative che hanno imposto l’ottenimento della Vas, la Valutazione ambientale strategica, e il via libera al relativo Rapporto ambientale da parte di Regione, Arpa, Azienda sanitaria, Soprintendenza e Provincia. Ora che anche questi due complessi passaggi sono stati espletati, la strada del Piano si annuncia in discesa. Tanto che per percorrerla, azzarda più di qualcuno in Municipio, potrebbero bastare gli ultimi scampoli della tornata amministrativa. È probabile, oltre che tecnicamente fattibile, che il traguardo del passaggio in Commissione e dell’approvazione finale in Consiglio comunale venga tagliato entro la fine della primavera. Il lavoro, a quel punto, non sarà però del tutto esaurito. Andranno infatti predisposti gli allegati chiamati aggiornare le tavole, ferme al 2006, e a completare la mappatura delle antenne sorte nel frattempo. Nel giro di quattro anni infatti il numero delle antenne è cresciuto in maniera esponenziale, superando quota 200. «È da un sacco di tempo che il Piano giace in un cassetto - afferma Enrico Lena, che ha fatto parte della commissione consultiva per gli impianti di telefonia mobile -: solo per la Vas si sono persi quattro anni. Quattro anni che invece il Comune avrebbe potuto impiegare per la regolamentazione di questo Far-West». «Sono favorevole, sia chiaro, al documento - aggiunge - perché consentirà di stabilire una regolamentazione nell’inserimento di antenne in città. Ma per me resta un mistero come mai si sia tardato così tanto quando tutti gli altri enti locali della Regione, da Monfalcone a Udine, già da tempo si sono dotati di un tale strumento». «A Trieste - conclude Lena - ci sono antenne che gridano vendetta al cielo, penso a quelle di via Lazzaretto vecchio, piazzetta Belvedere, via Masaccio, via Sara Davis, via Nazionale o di Campanelle. Oggi al gestore di telefonia mobile, in nome del diritto-dovere di assicurare la copertura della rete, è praticamente concesso quasi tutto».

(ma. re e ti. ca.)
 

 

Riparte l’iter per l’elettrodotto Ma le Comunelle sono in allerta - DUINO AURISINA. TRALICCI CONTESTATI
 

Nella presentazione di Terna non c’è traccia dell’interramento richiesto invece dai residenti
DUINO AURISINA Per quasi due annetti non se ne era più sentito parlare. Ma ieri, dopo il prolungato periodo di silenzio, il tema dell’elettrodotto si è prepotentemente riaffacciato all’orizzonte di Duino Aurisina. Terna spa ha presentato infatti alle Comunelle e al Comune il proprio progetto di aggiornamento della rete da Ronchi a Padriciano: fatta eccezione per un tratto nella zona di Monfalcone, non è previsto alcun altro interramento, ma solo lo spostamento dell’elettrodotto all’esterno dei centri abitati di Visogliano e San Pelagio. E ciò nonostante la popolazione delle due frazioni avesse invocato - a colpi di petizioni, lettere alla Regione e ricorsi al Ministero - il passaggio dei cavi nel sottosuolo, in primis per una questione di salute e poi anche per evitare la svalutazione dei terreni. «Si tratta di un argomento molto delicato - ha commentato ieri l’assessore alle Comunelle Tjasa Svara, presente all’incontro con la spa assieme al sindaco Giorgio Ret - e per questo, nello spirito delle transazioni che stiamo attualmente conducendo, abbiamo voluto condividere con tutti l’esposizione della progettualità. Siamo infatti arrivati al dunque. Terna ha l’esigenza di avviare i primi sondaggi e quindi si apre il discorso delle servitù di passaggio sui terreni coinvolti».
Naturalmente vi sono pro e contro. La correzione, con il trasferimento dei tralicci dell’alta tensione all’esterno dei centri abitati, trova riscontro positivo nei residenti, che non dovranno più convivere con i pali a ridosso delle abitazioni. Tuttavia resta lo scontento per l’interramento sfumato. Vale la pena ricordare che in passato erano state raccolte oltre 300 firme contro il potenziamento dell’elettrodotto. E che nel 2008 le Comunelle avevano presentato ricorso al Ministero dell’Ambiente per opporvisi. Ministero che però ha in seguito respinto l’istanza sostanzialmente accogliendo le controdeduzioni di Terna, sulla base delle quali l’elettrodotto, già in esercizio sul territorio da trentacinque anni, contribuiva significativamente allo sviluppo del territorio mentre le particielle fondiarie di proprietà collettiva, pur avendo un loro valore ambientale, erano destinate ad attività silvo-pastorale di scarso ritorno economico. E così niente cavi sotto terra. «Il progetto di Terna concerne un tratto di linea che si estende per 22 chilometri da Ronchi a Padriciano - ha chiarito Carlo Grgic, coordinatore provinciale e regionale delle proprietà collettive in Fvg -. Per quanto riguarda Duino Aurisina va dato atto che lo slittamento all’esterno dei centri abitati dei tralicci è una miglioria. È vero però che l’obiettivo era l’interramento». «Abbiamo appreso la disponibilità di Terna ad aprire un confronto - così Grgic - e dunque ci troveremo la prossima settimana a San Pelagio coi consorzi e i rappresentanti delle Comunelle per dirimere tutti gli aspetti della questione». «Noi - ha concluso - sosteniamo la necessità di sfruttare le servitù di passaggio di oleodotti o metanodotti già presenti sul territorio oppure di seguire il tracciato dell’autostrada: sappiamo che il potenziamento della rete è importante, ma valuteremo se adottare o meno la linea di confronto duro a seconda della disponibilità a ragionare insieme di Terna».

(ti.ca.)

 

 

Il Wwf si appella ai sindaci: «Tav, serve una Via unica» - TRATTA VENEZIA-TRIESTE
 

TRIESTE «I Comuni ci appoggino nella richiesta di revisione della procedura di Via per la Tav Venezia-Trieste. Procedura che deve tenere conto dell’impatto complessivo dell’opera, non di quello tratta per tratta». È questo l’appello del Wwf del Fvg agli enti locali. «Abbiamo messo a disposizione un’ampia documentazione sul nostro sito Internet, per sopperire al deficit di trasparenza: sul sito del ministero dell’Ambiente non è stato ancora pubblicato nulla». «È grave - continua il Wwf - aver consentito a Rfi–Italferr lo ”spezzatino” del progetto, cioè la suddivisione della linea Tav Venezia–Trieste in quattro progetti preliminari distinti (Mestre-aeroporto Marco Polo, aeroporto-Portrogruaro, Portrogruaro-Ronchi e Ronchi-Trieste), con altrettante procedure Via formalmente indipendenti l’una dall’altra. Un assurdo spiegabile soltanto con la volontà di rendere quanto più difficile la percezione dell’impatto complessivo dell’opera e di concentrare l’attenzione delle comunità locali soltanto sul frammento di Tav che interessa i propri territori. Non basta: i progetti presentati sono privi di elementi fondamentali, pur prescritti dalla normativa vigente sulla Via, come l’analisi costi-benefici e il piano economico-finanziario. Si tratta di carenze gravissime». Per questo il Wwf ha spedito nei giorni scorsi ai ministeri competenti e alle Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia la richiesta di riunire in un’unica procedura Via i quattro tronconi della Tav.
 

 

Colibrì, trasloco temporaneo entro due mesi - Caccia a una sede alternativa per gli uccellini: obiettivo, mettere a norma il centro di Miramare
 

Due mesi di proroga prima che lo sfratto diventi definitivo. La ricerca in questo tempo di una sede alternativa, ma sicura, per i colibrì di Miramare al centro di un affar di Stato che ieri ha radunato nella sede della Soprintendenza 12 tra rappresentanti di ministeri, Vigili del fuoco, Forestale, Avvocatura di Stato convocati dal direttore dei Beni culturali, Giangiacomo Martines, assieme al «papà» dei preziosi uccellini, Stefano Rimoli, che per parte sua ha già organizzato una riunione col Comitato scientifico del suo Parco visto che «adesso - dice - è come se si fosse ritrovata una famiglia, e avesse fatto cin-cin».
Se Rimoli è emozionato, anche Martines, alla fine della lunga Conferenza dei servizi che comunque rimane convocata fino a concreta conclusione della vicenda (problema non da poco è quantificare e trovare i soldi per traslocare i preziosi, innocenti uccellini) si lascia andare a una bella immagine che disegna il contrasto tra le pompe di tanti umani seduti a un tavolo, e l’inerme e inconsapevole bellezza delle bestiole impegnate solo a vivere e sopravvivere: «I colibrì - dice Martines - sono volati sulla burocrazia come gli ”Uccelli” di Aristofane, dove alla costruzione della città ideale contribuivano 30 mila gru, 10 mila cicogne, uccelli di palude. E il ruolo dei colibrì era là quello delle rondini, gli uccelli più piccoli, che portavano nel becco l’archipendolo, strumento del muratore ma anche simbolo di equilibrio».
Tutti d’accordo, dunque, quantomeno sui princìpi, e anche sul desiderio che gli 80 colibrì possano un giorno tornare nella loro sede, ristrutturata e messa a norma. La richiesta è arrivata specificamente da Maria Carbone che rappresentava il prefetto Giacchetti. «Tutti - afferma Martines - hanno dato piena disponibilità a questa ipotesi». Ma è ancora da valutare se le strutture attuali sono «sanabili» e quale potrebbe essere una «casa» definitiva: «Nel parco storico non si possono aggiungere parti nuove» specifica il direttore regionale per il quale una cosa sola è certa: «Per diretto impegno del ministero dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, i colibrì andranno temporaneamente ospitati il più vicino possibile a Trieste, e in una struttura che abbia già attrezzature adatte di base. Non appena libero dai suoi inquilini, nel sito arriveranno gli operai per i restauri, anche delle serre monumentali». Nel frattempo la bombola di gas sarà presidiata 24 ore su 24 e verrà aggiunta una recinzione di sicurezza.
Altro discorso è dove andranno i protettissimi volatili? E chi pagherà? Per ora c’è un verbale impegno della Presidenza del Consiglio dei ministri: «Studierà - conclude Martines - formule per finanziare l’operazione».
Al caso colibrì hanno contribuito tra l’altro Paola Lucarelli, vice capo di Gabinetto del ministero dell’Ambiente, Renato Grimaldi, direttore generale per la Protezione della natura e del mare dello stesso ministero, il direttore regionale dei Vigili del fuoco Tolomeo Litterio e il capo dipartimento nazionale, prefetto Francesco Paolo Tronca, il comandante del Corpo forestale di Padova, Paolo Zanetti, Daniela Salmini dell’Avvocatura di Stato, il soprintendente Luca Caburlotto, la direttrice di Miramare Rossella Fabiani.
GABRIELLA ZIANI
 

 

A Udine o tra le farfalle di Bordano - Sgarbi: bene l’ipotesi Giudecca, ma c’è anche il Parco ungarettiano di Sagrado - Rimoli: avviata la collaborazione
 

Nessuno vuol dire ufficialmente quale potrebbe essere il luogo del temporaneo esilio per i colibrì più famosi d’Italia, e per i loro ”miracolosi” cuccioli. Ma ieri al gran tavolo dei ministeri e della Soprintendenza si è abbozzata l’ipotesi che un luogo possibile potrebbe essere il Parco delle farfalle di Bordano (anche Stefano Rimoli aveva cominciato con la serra di farfalle rare, crisalidi importate dall’Inghilterra). Altra ipotesi: l’Università di Udine (il prof. Piero Susmel è nel comitato scientifico del sito di Miramare).
Ma il sempre creativo Vittorio Sgarbi, che l’altro giorno aveva riferito della proposta dell’hotel Bauer di Venezia, succursale della Giudecca, area con parco contiguo alla villa di Elton John, e che ieri ha mandato a Trieste il suo portavoce Pietro Colavitti, a margine mette un’altra idea: «La proposta della Giudecca rimane valida - afferma -, tuttavia ho appena contattato la famiglia Terraneo, proprietaria della tenuta Castelvecchio di Sagrado (Gorizia) dove si trova il ”Parco ungarettiano”, che dispone delle strutture adatte e sarebbe disponibile a ospitare temporaneamente i colibrì». E così Stefano Rimoli, che pur non sa come risolverà i debiti pregressi di cui non si parla per il momento («del mio non ho più niente, tutto mi è stato sequestrato, ma non è questo che importa») ieri per questa sua straordinaria e pericolosa impresa ha ottenuto una prospettiva di sollievo, e ringrazia caldamente tutti, da Berlusconi a Prestigiacomo, da Gianni Letta a Sandro Bondi e allo stesso Sgarbi: «C’è stata una vera e sentita partecipazione e collaborazione di tutti, sono estremamente soddisfatto. Ieri non si è deciso niente, ma si è bensì presa la decisione politica di pensarci, ora siamo tutti assieme, non c’è più guerra...».
I colibrì hanno intenerito non solo Martines che si è ricordato di Aristofane. Hanno anche creato un ”feeling” là dove pareva impossibile. Il soprintendente Luca Caburlotto (che in questa vicenda vede del tutto confermate le sue richieste di sanatoria per Miramare, nonché lo sfratto che è solo rimandato, ma che ovviamente è ben concorde sul rinvio) ha fatto amicizia davvero con Stefano Rimoli. Nemici, lo sfrattato e lo sfrattatore? Non più. «È una cosa personale - dice Caburlotto -, ma mi ha toccato questa grande passione di una vita». «La cosa più bella - riferisce spontaneamente Rimoli - è che io e Caburlotto ci siamo abbracciati: ho trovato in lui grande comprensione umana, affinità di vedute e intenti». La legge è legge, e il cuore è cuore.

(g. z.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 11 gennaio 2011

 

 

TAV VENEZIA - TRIESTE - Il WWF: “I COMUNI APPOGGINO LA RICHIESTA DI UNA REVISIONE DELLA PROCEDURA VIA”
 

L’Associazione invita gli enti locali ad unirsi e valutare congiuntamente gli impatti della Tav.

Sul sito del Wwf Fvg, intanto, sono stati inseriti alcuni elaborati del progetto.
Il WWF Friuli Venezia Giulia ha inserito alcuni elaborati del progetto di RFI – Italferr per la linea ferroviaria TAV, Venezia –Trieste, nel proprio sito internet (www.wwf.it/friuliveneziagiulia), dal quale sono scaricabili. Si tratta, per ora, delle corografie con il tracciato della tratta Ronchi dei Legionari-Trieste e della relazione generale sul progetto preliminare. Inoltre, sono state inserite anche la sintesi non tecnica dello studio di impatto ambientale e la carta di sintesi degli impatti.
“Abbiamo così voluto – sottolinea l’associazione – sopperire almeno in parte al gravissimo deficit di trasparenza, da parte del ministero dell’ambiente. La procedura di VIA (valutazione di impatto ambientale) è stata avviata infatti il 22 dicembre scorso, con la pubblicazione degli annunci su alcuni quotidiani: da quella data sono cominciati a decorrere i 60 giorni (fino al 20 febbraio, quindi) a disposizione dei cittadini per la consultazione degli elaborati e la formulazione delle osservazioni. Tuttavia, a quasi 20 giorni di distanza, la documentazione non è stata messa a disposizione del pubblico nel sito internet del ministero.”
Il materiale è infatti disponibile, in formato cartaceo e digitale, soltanto presso gli uffici della Regione Friuli Venezia Giulia a Trieste, dove lo ha recuperato il WWF.
Il 30 dicembre è apparso anche l’annuncio del deposito del progetto preliminare per la tratta TAV Portogruaro – Ronchi del Legionari. Non appena possibile, anche parte di questo materiale sarà resa disponibile nel sito del WWF.
“E’ impossibile – chiarisce l’associazione – inserire tutto il materiale depositato da RFI –Italferr, nel sito del WWF (che dispone di capacità limitate), per la grande quantità degli elaborati e le enormi dimensioni di alcuni di questi. Risalta quindi ancor di più la scelta di opacità, e disprezzo nei confronti dei diritti dei cittadini, implicita nel comportamento del ministero dell’ambiente”.
Scelta aggravata dal fatto di aver consentito a RFI – Italferr lo “spezzatino” sul progetto, cioè di suddividere la linea TAV Venezia – Trieste in quattro progetti preliminari distinti (Mestre-Aeroporto Marco Polo, Aeroporto-Portrogruaro, Portrogruaro-Ronchi e Ronchi-Trieste), con altrettante procedure VIA distinte e formalmente indipendenti l’una dall’altra. Un assurdo spiegabile soltanto con la volontà di rendere quanto più difficile la percezione dell’impatto complessivo dell’opera e di concentrare l’attenzione delle comunità locali soltanto sul frammento di TAV che interessa direttamente i propri territori, dimenticandone le valenze e gli impatti su scala d’area vasta. Non per nulla lo “spezzatino” dei progetti è una pratica condannata a livello comunitario (dov’è denominato “project splitting”).
Non basta: i progetti presentati sono privi di elementi fondamentali, pur prescritti dalla normativa vigente sulla VIA, come l’analisi costi-benefici ed il piano economico-finanziario. Per un’opera del costo complessivo, stimato, di oltre 6 miliardi di Euro, si tratta di carenze gravissime.
Il WWF ha perciò spedito nei giorni scorsi, ai ministeri competenti e alle Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia, la richiesta di riunire in un'unica procedura VIA i quattro tronconi della TAV tra Venezia e Trieste, integrando gli elaborati con gli elementi mancanti.
“Abbiamo anche chiesto – aggiunge il WWF – a tutti i Comuni, veneti, friulani e giuliani, interessati dalla TAV, di appoggiare la nostra richiesta. Solo in questo modo, infatti, il ruolo dei Comuni come rappresentanti dei rispettivi territori non si ridurrà a quello di postulanti, in grado al più di strappare misere “compensazioni” a fronte di impatti ambientali e socio-economici devastanti”.
“Chiediamo inoltre ai Comuni – conclude l’associazione – di unire le forze per dotarsi delle competenze necessarie ad un’analisi approfondita degli impatti e delle implicazioni del progetto TAV. Lo avevano già fatto, pur in un contesto normativo più impervio e con risultati positivi, i Comuni dell’area monfalconese nel 2003, all’epoca della VIA sul primo progetto TAV sulla tratta Ronchi dei Legionari-Trieste: progetto non a caso poi bocciato a livello ministeriale e ritirato dalla Regione. Non c’è ragione per non ripetere, su scala più ampia, l’esperienza di allora”.
Il WWF sottolinea ancora che le decisioni comunitarie sul “Corridoio 5” non implicano in alcun modo la necessità di realizzare linee ferroviarie TAV. Anzi: le elaborazioni e gli studi indipendenti prodotti, almeno dal 2003 in poi, dimostrano come sia più che sufficiente un programma di ammodernamento (con limitati interventi di potenziamento infrastrutturali su alcuni “colli di bottiglia”) della rete ferroviaria esistente, per consentire di trasferire quote significative di trasporto merci e passeggeri dalla gomma alla rotaia. Strategico è semmai un intervento sugli aspetti organizzativi, normativi, gestionali e tariffari, che oggi favoriscono il trasporto su gomma e penalizzano quello su ferro.
WWF - FVG

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 11 gennaio 2011

 

 

Prg, la parola di nuovo agli uffici - IL PIANO DOVRÀ TORNARE ALLA REGIONE PER ESSERE POI RIESAMINATO DALLA GIUNTA
 

I consiglieri si smarcano: «Spetta ai tecnici valutare la relazione geologica»
Praticamente una partita di ping-pong. Sul pasticciaccio brutto del parere geologico sul piano regolatore, bocciato dal Tar e diventato uno dei motivi fondamentali dello stallo del provvedimento, il gioco sembrava ieri quello dello scaricabarile, ma alla fine lo stesso sindaco Roberto Dipiazza ha dovuto cedere. La materia torna alla Regione. Come dire: fate tre passi indietro con tanti auguri. Materia del futuro sindaco, a questo punto, come ipotizzava ieri il presidente della Sesta commissione, Roberto Sasco, che ben conosce i tempi burocratici ma anche gli imbarazzi, neanche tanto sottocutanei, insiti nel prg.
Bastava essere presenti ieri ai lavori della commissione per capirlo. Non a caso opposizione e maggioranza hanno alla fine trovato una sorta di accordo bipartisan sul tema: ma noi o, meglio, il consiglio comunale cosa c’entra in questa vicenda? Una presa d’atto che ha spiazzato il segretario generale Santi Terranova, paracadutato ai lavori dell’assise proprio per sostenere che era tutto sotto controllo, e la stessa funzionaria delegata, Ave Furlan, apparsi particolarmente nervosi di fronte a un’aula che con un’unanimità pressocchè assoluta bocciava le loro tesi.
«Alla conferenza dei capigruppo – racconta il leghista Maurizio Ferrara – era emerso con estrema chiarezza che il consiglio non ha responsabilità sull’approvazione del prg in quanto all’epoca era stato lo stesso sindaco a spostare i termini per il rischio di una parziale illegittimità del documento. E dunque, fino a quando il sindaco non dà via libera siamo qui, in attesa...». Politicamente parlando, una messa all’angolo del primo cittadino, visto che lo stesso Ferrara aggiunge che «ormai è chiara l’incompetenza del consiglio in termini di presa d’atto sulla relazione dei geologi, anzi, di quello del Comune, Giorgio Tagliapietra, e intendiamo dichiararlo giovedì in aula con una mozione d’ordine».
Non occorrerà attendere tanto. Già ieri Dipiazza ha convenuto che dovranno esprimersi gli uffici, che poi ne renderanno partecipe la Regione. A quel punto il testo tornerà in giunta e poi in consiglio. In pieno periodo elettorale, quasi una pia illusione prevedere tempi brevi. «Non ci piove – osserva il, presidente della VI commissione, Roberto Sasco – il piano va integrato con quegli elaborati che erano decaduti dopo la sentenza del Tar, sennò non avrebbe nessun valore. Qualcuno ha sbagliato? In commissione il parere espresso dai più è legato a veri e proprio errori amministativi degli uffici comunali, a partire da quell’affido diretto che è stato la causa di tutti i mali...».
«Perché il consiglio? Quando lo studio è propedeutico al piano – osserva dal canto suo Fabio Omero del Pd – ed è parte della documentazione che gli uffici predispongono nella fase istruttoria. Quando sono gli uffici che lo devono inviare in Regione. Quando è la giunta che deve poi trasmettere il piano con tutta la documentazione corretta al Consiglio. E quando solo a quel punto il consiglio si esprime. Lo scaricabarile è evidente e sinceramente puzza...».
«A noi va bene – ironizzano Emiliano Edera (Lista Primo Rovis) e Roberto Decarli dei Cittadini – portare quel testo in aula prima della fine della legislatura, non foss’altro che per il piacere di votargli contro, vista la valanga di perplessità che si porta dietro...».
FURIO BALDASSI
 

 

«Emissioni della Siot, servono analisi più precise» - Parte una petizione popolare: «Accertato l’aumento di tumori nella zona, situazione da verificare»
 

SAN DORLIGO Basta tapparsi il naso o asciugarsi gli occhi lacrimanti. Chi risiede vicino alla Siot ha deciso di lanciare una petizione per contrastare una volta per tutte le continue emissioni odorigene, di natura idrocarburica, provenienti dallo stabilimento. Ma non solo. Per la prima volta, infatti, viene denunciato apertamente l’aumento dei casi di cancro nei cittadini delle zone interessate, un argomento spesso sulla bocca della gente che ora però vuole trovare una risposta.
PETIZIONE «In considerazione dell’accertato aumento di implicazioni tumorali - si legge nel testo della petizione - in specie dell’apparato respiratorio dei cittadini delle zone coinvolte, si chiede cortesemente un’azione sicura di verifica e analisi nelle zone suddette a salvaguardia dello stato fisico delle popolazioni, al pari di quanto accaduto nella regione Puglia con l’istituzione di un Registro Tumori Regionale». Indirizzata al sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin, al presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, al presidente della Regione Renzo Tondo, all'Arpa regionale e, per conoscenza, alla Commissione Europea, nonché alla stessa Siot, la raccolta firme, iniziata in questi giorni, è stata avviata dagli abitanti ma anche dagli operatori economici attivi nelle aree vicine allo stabilimento.
OBIETTIVO Il fine ultimo della petizione è quello di chiedere alle istituzioni di «operare ogni possibile intervento per eliminare l’ormai insostenibile problema causato dai continui episodi odorigeni di chiara natura idrocarburica percepibili in varie frazioni del Comune di San Dorligo della Valle».
ZONE Nove le località indicate: Domio, Puglie di Domio, Mattonaia, Francovec, Monte d’Oro, Lacotisce, Caresana, Dolina e Zaule. I firmatari chiedono esplicitamente poi che «per l’attuale monitoraggio dell’aria, la centralina di rilevamento comunale posizionata in località Mattonaia, oltreché attrezzata con sensori di rilevamento dei Cov (Pid, Photo Ionization Detector) attualmente inesistenti, venga inserita nella rete Arpa regionale con rilevazioni giornaliere pubblicamente consultabili e calibrazione degli strumenti da effettuarsi con regolari scadenze». La centralina fissa installata pochi mesi fa dunque dev’essere potenziata.
CAUSE Nella petizione la causa dei fenomeni odorigeni, «come già evidenziato dall’Arpa stessa», viene attribuita al Parco Serbatoi della Siot, ed è proprio per tale motivo che i cittadini «chiedono interventi di verifica dello stato dei serbatoi esistenti, costruiti ancora negli anni ’70 dello scorso secolo, e in particolare delle loro coperture galleggianti, con l’imposizione, ove accertata l’eventuale situazione di degrado per obsolescenza anche tecnologica, di interventi di modifica o sostituzione adottando le metodologie già applicate nella vicina Repubblica di Slovenia (Sermino – Ancarano), con chiusura superiore fissa dei serbatoi». Tre, per ora, i punti di raccolta firme: la pizzeria “Casa Rosandra” a Mattonaia, la tabaccheria “Jetz” di Domio e la trattoria “Zo de Miri” a Mattonaia.
COMUNE «Già in passato - commenta il sindaco Fulvia Premolin - è stata lanciata una petizione. Personalmente, concordo con i cittadini, dunque compiano tutto quanto ritengono sia utile. L’amministrazione ha perseguito ogni via: abbiamo perfino fatto installare una centralina che rileva ogni sostanza presente in atmosfera, mentre la Siot ha commissionato anni addietro uno studio per studiare l’origine dei fenomeni. Per quanto mi riguarda effettuerò una segnalazione alle autorità competenti».
RICCARDO TOSQUES
 

 

L’azienda: «Cancro in aumento? Non dipende dai nostri impianti»
 

SAN DORLIGO «Siamo perfettamente a conoscenza che il problema dei cattivi odori esiste e capiamo come questo possa dar fastidio ai residenti vista anche la significativa prossimità dello stabilimento alle abitazioni». Nevio Grillo, direttore operativo della Siot, non può negare l'evidenza. «La situazione di disagio - continua - è sotto gli occhi di tutti, soprattutto quando le condizioni meteorologiche non ci danno una mano, come avviene in questi giorni, caratterizzati da foschia e assenza di vento, a causa dei quali l'aria non si muove e gli odori di benzene persistono». Durante lo scorso fine settimana lo stabilimento è stato letteralmente subissato di chiamate telefoniche. Dall'altra parte della cornetta c’erano residenti che chiedevano cosa stesse accadendo vista l'intensità dei fenomeni odorigeni. «È vero che gli odori ci sono ma è altrettanto vero che noi abbiamo fatto tutto quello che la tecnologia è in grado di fornirci per correre ai ripari e diminuire gli inconvenienti», prosegue nella sua disanima Grillo. Sul tema dell’incremento dei tumori invece il direttore operativo va più cauto: «Non sono un medico, anche se credo che sia oramai risaputo come i tumori stiano aumentando ovunque, basti a pensare a Trieste: sinceramente non vedo, comunque, alcuna connotazione con il lavoro svolto dalla Siot e il presunto aumento dei cancri nella zona».

(r.t.)
 

 

Spandimento di idrocarburi nel porticciolo di Sistiana
 

DUINO AURISINA Ripetuti spandimenti d’olio nello specchio acqueo del porticciolo di Sistiana (nella foto). Lo denuncia il consigliere dei Verdi Maurizio Rozza, che ha depositato una mozione urgente per fare chiarezza sulla vicenda. «Da alcuni mesi nello specchio acqueo all’interno del porto di Sistiana sono presenti vistose macchie di idrocarburi - riferisce Rozza -. La situazione è stata già segnalata da diportisti e pescatori alla Capitaneria di Porto, senza nessun apparente esito». «L’origine dello spandimento in atto - osserva - risulta facilmente localizzabile anche da persone non esperte, essendo evidente la fuoriuscita di idrocarburi da una imbarcazione professionale presente nel porto di Sistiana. E dunque, rilevato che il protrarsi della situazione dell’inquinamento in atto reca danno all’ambiente marino e danneggia anche l’immagine di Sistiana, sul cui sviluppo turistico l’attuale amministrazione comunale ha più volte affermato di voler investire; e che gli idrocarburi entrano nella catena alimentare, creando rischi per la salute, il sindaco deve attivarsi presso la Capitaneria di Porto per far cessare lo spandimento di idrocarburi». (t.c.)
 

 

Prestigiacomo: «I colibrì resteranno in Italia» - Oggi vertice in Soprintendenza, il ministero chiederà una proroga di due mesi allo sgombero
 

Dopo la telefonata del premier, il pressing del critico d’arte, la disponibilità del responsabile dei Beni culturali, arriva anche l’impegno del ministro dell’Ambiente. Stefania Prestigiacomo - che finora sulla guerra dei colibrì aveva marcato visita, scegliendo la linea del basso profilo -, rompe gli indugi e fa sentire la propria voce. Una voce perfettamente in linea con il coro romano intonato a difesa degli 80 esemplari ospitati a Miramare, di cui l’esponente del governo si scopre ora convinta paladina: «I colibrì - dichiara categorica dopo un lungo silenzio - resteranno in Italia».
Peccato che sulla struttura diretta da Stefano Rimoli penda un’ingiunzione di sfratto firmata dal soprintendente Luca Caburlotto, per nulla disposto a tornare sui suoi passi. Ma Prestigiacomo ha pensato anche a questo: «Nel corso dell’incontro di domani (il vertice triestino in programma oggi pomeriggio a palazzo Economo, sede della Direzione regionale dei Beni culturali ndr) – aggiunge il ministro – chiederemo una proroga di due mesi al provvedimento di sgombero, al fine di trovare la soluzione più idonea».
Tutto d’un tratto, quindi, il dicastero retto dalla ministra siciliana riscopre una fortissimo interesse per le sorti dei minuscoli volatili di Miramare. Merito, fa capire la stessa Prestigiacomo, della decisa, e inattesa, discesa in campo a loro difesa di Silvio Berlusconi in persona. «L’intervento del presidente del Consiglio che ha mostrato sensibilità per questi bellissimi uccelli – conclude la titolare del dicastero - rafforza l’impegno del ministero dell’Ambiente. Ministero che ha sempre messo in primo piano la salvaguardia del benessere dei colibrì e privilegiato ogni ipotesi che consentisse la permanenza degli uccelli nel nostro paese, a partire da Trieste».
La ”opzione Prestigiacomo” approderà quindi tra poche ore al tavolo ministeriale convocato in città. Tavolo al quale la responsabile dell’Ambiente sarà rappresentata da alcuni strettissimi collaboratori: il capo e il vicecapo di gabinetto del ministero Corradino e Lucarelli, il direttore generale della Direzione Protezione natura Grimaldi, il presidente dell’Istituto superiore della Protezione ambientale Salmini. Funzionari di peso, ai quali si aggiungeranno i vertici del Corpo forestale dello Stato, dei Vigili del fuoco, della prefettura, dell’avvocatura di Stato e, naturalmente, della Direzione regionale dei Beni culturali. «L’incontro è stato concertato direttamente dal ministro Bondi e pensato come una sorta di conferenza dei servizi tra i ministeri competenti - spiega il direttore Giangiacomo Martines -. L’obiettivo è delineare un percorso che porti alla definizione di un cronoprogramma e di un elenco delle spese da sostenere per tutelare lo straordinario patrimonio ornitologico rappresentato dai colibrì di Miramare, che dovranno restare in Italia, possibilmente a Trieste. Magari ipotizzando prima una destinazione provvisoria in cui ospitarli, in attesa che vengano completati gli adeguamenti strutturali e impiantistici delle serre».
Proprio su impianti, serre e capannoni, però, continuano a concentrarsi l’inchiesta penale avviata della Procura triestina che, precisa il procuratore capo Michele Dalla Costa, non sarà minimamente influenzata dai colpi di scena riservati dalla politica romana. «Noi agiamo su un piano completamente diverso - spiega Dalla Costa - non ci occupiamo dei colibrì ma delle strutture che li ospitano. Abbiamo ricevuto denunce su presunte costruzioni abusive, concessioni demaniali non pagate, forniture d’acqua irregolari e situazioni di pericolo legate all’impianto del gas. È esclusivamente su questo che lavoriamo. Noi - conclude il procuratore capo - accertiamo i fatti per individuare eventuali responsabilità. Tutto il resto non ci interessa e non ci compete».
MADDALENA REBECCA

 

 

Rimoli: «Basterebbero 100mila euro l’anno» - Il responsabile del centro sollevato per lo spiraglio che si apre: «C’è sensibilità»

 

DOPO LE ACCUSE DI CABURLOTTO
«Ringrazio di cuore il ministro Sandro Bondi, il ministro Stefania Prestigiacomo e il direttore regionale dei Beni culturali Giangiacomo Martines per la sensibilità che hanno dimostrata. Sono aperto a qualunque tipo di soluzione verrà prospettata dallo Stato, che sia mirata al rispetto del benessere dei colibrì attualmente garantito nel parco di Miramare. Sono certo che con po’ di buona volontà i problemi tecnici in essere si risolveranno nell’arco di pochissimi giorni».
Stefano Rimoli commenta così l’annuncio del tavolo convocato da Martines per oggi, il messaggio lanciato dal ministro Prestigiacomo e dunque gli spiragli che si sono aperti. Il responsabile del Centro usa toni ben diversi da quelli che aveva avuto solo poche ore prima nei confronti del soprintendente Luca Caburlotto: «La bombola di gas pericolosa secondo il soprintendente? Non solo ora è presidiata giorno e notte e i Vigili del fuoco ne hanno inviato documentazione anche al ministero e alla Procura, ma la Tuttogas di Udine che ne è proprietaria si era offerta di apportare le modifiche (spostamento via dagli alberi o interramento: questo è il problema) e lo stesso Caburlotto non l’ha permesso: solo la Soprintendenza può chiedere interventi nel Parco di Miramare. E allora perché non li fa, anziché mandarci via?», aveva detto Rimoli.
Come si può traslocare una specie protetta, aveva aggiunto il responsabile del Centro, che si riproduce, «mentre la Colombia ha lanciato un allarme a livello mondiale: i colibrì si stanno estinguendo, la mancata impollinazione provocherà effetti di desertificazione peggiori di quelli del clima. Arriveranno forti finanziamenti - aveva detto - a chi preserverà la specie, ci sono interessi enormi. I nostri 80 colibrì hanno un valore inestimabile, e Miramare è l'unico posto che ne possa garantire il benessere, come certificato dalle Università di Udine e Camerino, dai Governi italiano, di Perù, Ecuador e Colombia».
Dopo aver incassato l’appello dell’astrofisica Margherita Hack, Rimoli ora espone anche un documento-appello (mozione che non è passata in consiglio comunale) firmata dai consiglieri di ogni colore politico. Altrettanto è accaduto a Duino Aurisina mentre il parlamentare del Pd Ettore Rosato ha presentato un’interrogazione.
«Tutti pensano ancora che io sia un privato che si diletta - aveva detto già in precedenza Rimoli - e invece per decreto ministeriale questo è un centro dello Stato: lo mettano qui o lì, lo riscaldino a carbone, o con altro, ma procurino che sia messo a posto». Ma per mantenere il Centro? «Basterebbero 100 mila euro all’anno» - aveva concluso Rimoli - cioè meno di quanto costano l’Orto botanico o Carsiana».

 

 

Il primo allarme due anni fa - LA TRAVAGLIATA VICENDA DELLA STRUTTURA
 

L’allarme data quasi due anni esatti. Era il 27 gennaio del 2008 quando il ricercatore Stefano Rimoli, deus ex machina del Parco colibrì di Miramare, lanciò l’allarme sul rischio sopravvivenza della struttura. «Non ci sono i soldi per l’elettricità, l’acqua, il gas che consentono di ricreare l’habitat originario, né per comperare il cibo. Questi animali sono gli impollinatori dell’85 per cento delle piante del Sud America. Senza di loro, la foresta amazzonica sarebbe destinata a sparire».
Un grido di dolore che, fedeli al classico menefreghismo italiano che taglia fuori ogni cosa che non rientri nella sfera personale degli interessi, poteva anche essere ignorato se lo Stato, magari in maniera un po’ goffa, non risultasse coinvolto da tempo. Non erano stati forse il ministro Matteoli e l’allora sottosegretario Menia a recarsi in Perù per ricevere, in un profluvio di bandiere e slogan alle pareti che ricordava altri tempi, il dono di quegli animaletti? E non era stato lo stesso Matteoli a offrire in più occasioni le più ampie rassicurazioni sulla struttura triestina?

 

 

Riparte la protesta dei cittadini contro l’elettrodotto di Somplago - IL WWF DÀ MAN FORTE
 

TRIESTE L’elettrodotto di Somplago-Wurmlach riconquista la ribalta. Sabato ci sarà una nuova manifestazione di protesta degli abitanti della Carnia che scenderanno in piazza per ribadire il ”no”. A manifestare, a partire dalle 13.30 con ritrovo a Tolmezzo, ci sarà anche il Wwf del Friuli Venezia Giulia. L’associazione, nell’attesa, non è rimasta a guardare: il 27 dicembre ha presentato nuove osservazioni sugli ultimi aggiornamenti dello studio d’impatto ambientale proposti da Alpe Adria energia sulla merchant line Somplago-Wurmlach, sottolineandone la natura meramente speculativa giacché «la sola finalità consiste nell’istituire un collegamento diretto con la rete austriaca a beneficio esclusivo delle ditte che compartecipano in Alpe Adria energia».

 

 

Casa in legno, certificazione forestale - PROGETTO A PRATO CARNICO
 

TRIESTE Il progetto di casa di legno ecosostenibile «Sa Di Legno», realizzato a Sostasio di Prato Carnico (Udine) dall'ingegner Samuele Giacometti, ha ottenuto la certificazione di progetto «Pefc», schema di certificazione forestale più diffuso al mondo.
 

 

”Il paesaggio negato” Se ne parla venerdì - Conferenza organizzata da Italia Nostra su urbanistica e ambiente - NELLA SALA BARONCINI
 

Si intitola ”Il Paesaggio negato: il caso di Trieste - Per una nuova pianificazione che tuteli paesaggio e ambiente” la conferenza che Italia Nostra organizza per venerdì alle 17.30 nella Sala Baroncini delle Generali (via Trento 8). Parleranno Franco Zubin, su "La pianificazione paesaggistica in Italia nel recente rapporto nazionale di Italia Nostra e la situazione nella regione"; e Dario Predonzan su "La mancata tutela del paesaggio nella pianificazione urbanistica a Trieste: proposte per una nuova urbanistica orientata alla tutela".
«Nel momento in cui il Comune di Trieste si appresta ad approvare una variante al proprio piano regolatore - si legge in una nota di Italia Nostra - appare necessaria un'attenta riflessione sul valore del paesaggio sia come bene culturale, in cui la comunità riconosce la sua identità, sia come risorsa che rende vivibile l'ambiente che ci circonda». Quella di venerdì è la terza conferenza del ciclo di incontri culturali sul verde urbano ed extraurbano organizzato dall’associazione.
 

 

SEGNALAZIONI - Piazza Libertà - PROGETTO/1
 

Egregio signor Sindaco, lei ci convocò il 9 dicembre 2009 per comunicarci la sua intenzione di rivedere in maniera sostanziale il progetto di piazza Libertà. Ci disse che intendeva creare una maggior condivisione con la città, realizzando un progetto partecipato di migliorie alla piazza che avrebbe mantenuto intatto il giardino, tenendo conto anche delle osservazioni e delle proposte presentate dal Comitato e dalle Associazioni ambientaliste.
Dopo prolungato silenzio, abbiamo appreso dalla stampa (Il Piccolo del 31 dicembre 2010) che la progettazione di piazza Libertà è ripartita, pertanto attendiamo che lei dia seguito alla promessa di coinvolgerci nella discussione del progetto durante la fase di stesura.
Sara Ferluga - portavoce per Il Comitato per la Salvaguardia del Giardino Storico di Piazza Libertà
 

 

SEGNALAZIONI - Un altro concorso - PROGETTO/2
 

Sul Piccolo abbiamo letto che, dopo aver ritirato il criticatissimo progetto per la sistemazione di piazza Libertà, il Comune ora vara un altro progetto che non ci è dato di conoscere, ma che secondo le parole del sindaco dovrebbe essere migliore. Ma c’è il problema di fare presto, per non perdere i fondi statali.
Se il Comune avesse subito adottato il progetto dello studio Zagari vincitore del concorso per la sistemazione delle Rive tenutosi nel lontano 2001, magari la piazza sarebbe già sistemata. Il progetto Zagari, infatti, riguardava oltre alle Rive anche piazza Libertà e, con una soluzione bella e rigorosa, prevedeva di ampliare il giardino storico unendolo alle altre due parti centrali, quella della sala Tripcovich e quella in cui era un tempo la mensa comunale. La grande area verde così formata avrebbe assunto un più degno aspetto e funto anche da rotatoria migliorando la circolazione dei veicoli.
Inspiegabilmente l’amministrazione Dipiazza decise indirne un nuovo concorso (quanto è costato ai contribuenti? E la Corte dei Conti lo sa?) con il risultato di scegliere un progetto che, per ricavare una specie di sagrato davanti alla stazione, prevedeva di ridurre il giardino storico con il taglio di numerosi alberi e un percorso tipo pista di go–kart per le automobili. Per mitigare la sparizione dei grandi alberi il progetto prevedeva la piantagione di nuovi su parte di due lati della piazza, vicino agli edifici, con un risultato discutibile sotto il profilo storico (la piazza non ha mai avuto alberature sui marciapiedi), architettonico (alberare parte dei marciapiedi sarebbe il classico uno zoccolo e una scarpa), arboricolturale (gli alberi dei viali devono avere sufficiente spazio per lo sviluppo delle radici e delle chiome, altrimenti saranno sofferenti e si dovrà intervenire con frequenti e dannose potature per costringere le chiome in poco spazio).
Ci volle una lunga azione di protesta e la raccolta di circa 10.000 firme per convincere il sindaco a cambiare idea. Ma si vede che egli non si è ricordato del progetto vincitore del concorso delle Rive, nonostante che a sua firma sia apparso ancora nel 2002, su una ricca pubblicazione dei risultati del concorso allegata alla rivista Domus, un ampio panegirico intitolato «Una nuova immagine di Trieste».
Roberto Barocchi

Alessia Cividin

Alenka Franceschini

architetti associazione Triestebella

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 10 gennaio 2011

 

 

Martines: Berlusconi non va sconfessato sui colibrì - Il direttore regionale dei Beni culturali corregge il soprintendente: resteranno in Italia
 

«Bisogna sanare gli abusi edilizi e le situazioni illegali ma dobbiamo rispettare il parere del presidente del Consiglio». Già allertato il ministro Bondi
È grande guerra sui minuscoli colibrì. Il direttore regionale dei Beni culturali, Giangiacomo Martines, corregge parzialmente il soprintendente ai beni storici e artistici, Luca Caburlotto, assolutamente deciso a sfrattare il Centro di Stefano Rimoli nel parco di Miramare («16 abusi contro beni demianiali, gpl a rischio di scoppio e incendio») e a rispedire in Olanda gli uccellini nonostante l’ordine di trattenerli in Italia arrivato direttamente da Silvio Berlusconi per intercessione di Vittorio Sgarbi.
«Gli abusi che il soprintendente ha riscontrato nel Parco dovranno essere ripristinati, e tutte le situazioni non a norma dovranno trovare una composizione - afferma Martines -, non sono in discussione la stima per Caburlotto e il suo corretto impegno alla salvaguardia del bene demaniale, ma nessun funzionario dello Stato vuole mancare di rispetto al presidente del Consiglio che ha dato precisa indicazione affinché questa specie protetta resti in Italia, e possibilmente a Trieste. Non credo - aggiunge Martines che annuncia per questa settimana una riunione con tutti gli enti e le persone coinvolte, compreso il ministero dell’Ambiente, per arrivare a una composizione del problema - che il soprintendente abbia inteso usare espressioni meno che deferenti nei confronti del presidente Berlusconi, bensì ha certamente manifestato un grande disagio di fronte a questa situazione. In nulla viene sminuito il rilievo che ha mosso come soprintendente, poi altra cosa, diversa, è l’indicazione arrivata dal primo ministro».
«Io vado avanti lo stesso - aveva affermato Luca Caburlotto - perché sono rispettoso delle leggi, uguali per tutti, anche per i possessori di colibrì». Nessuna presa d’atto della telefonata di Berlusconi a Rimoli: il premier si era addirittura dimostrato entusiasta dopo aver sentito la storia da Sgarbi, che l’era andato a trovare (così il critico ha raccontato ieri in un articolo sul ”Giornale”) soprattutto per parlargli delle scandalose chiusure dei musei statali durante le feste. Temendo di annoiarlo con minuzie, come i colibrì di Trieste, Sgarbi ha invece scoperto che Berlusconi è amante della rara specie: ha i colibrì nel parco della sua villa di Antigua.
Diventata la questione un affare di Stato (e non solo per la mancanza di fondi), il ministro Sandro Bondi ha preso contatto con Martines, dando precisa indicazione affinché si «esplori il problema» e si «concerti una soluzione». Ed è quanto Martines, con Caburlotto, Rimoli, la Forestale, il ministero, i Vigili del fuoco, la direttrice di Miramare, Rossella Fabiani, si appresta a fare mettendo sul tavolo anche un’ultima proposta: «Vittorio Sgarbi, direttore del polo museale veneziano, si è offerto al caso di portare i colibrì in Veneto - aggiunge il direttore regionale -, e anche questa proposta sarà tenuta in considerazione».
Punto essenziale che Martines ribadisce è che «i colibrì non debbano patire alcun disagio, il ministro all’Ambiente Prestigiacomo e il Comando della Forestale di Roma su questo sono stati tassativi, inoltre è importante che questa specie protetta e molto rara resti in Italia. Indipendentemente dai colibrì, poiché è altra questione, le irregolarità riscontrate dovranno, magari con il tempo, essere sanate, bisognerà raggiungere il rispetto delle norme là dove Caburlotto ha riscontrato anomalie».
Già entro la prossima settimana Martines s’impegna a presentare a Berlusconi e a Bondi un progetto risolutivo: «Sono certo che Rimoli sarà contento dell’interessamento che Bondi ha dimostrato, e che sarà collaborativo per una soluzione a breve, e a lungo termine. Il ministro conosce Miramare, la Riserva marina con tante specie protette, tutti consideriamo così particolare che all’ombra di Massimiliano ci siano due siti per la protezione della fauna».
Ieri dei colibrì a rischio di sfratto si è parlato nell’edizione meridiana del Tg1 e in un programma del primo pomeriggio, sempre su Raiuno. Dove, ma guarda il caso (ed era proprio tale) c’erano due ospiti speciali: Vittorio Sgarbi stesso assieme a Margherita Hack, l’altra grande paladina delle minuscole creature. Ed è partito l’ennesimo appello.
GABRIELLA ZIANI
 

 

Hack: «I triestini si fanno rubare un tesoro» - Appello anche agli enti locali: «Bastano 100mila euro per mantenere il Centro»
 

«La vicenda dei colibrì di Miramare sta diventando la storia di un assurdo ripicco. Perché si devono regalare i colibrì all’Olanda? Se la struttura di Miramare non è a norma, si cerchi di sanare le irregolarità che si sono accumulate non per colpa di Rimoli quanto dell’inerzia delle autorità preposte». Prende di nuovo la parola Margherita Hack, che si appella anche ai triestini. «Perché regalarli all’Olanda - insiste - quando anche l’Università di Udine sarebbe disposta ad accoglierli, purchè le si assicuri i 100 mila euro l’anno necessari per mantenimento e funzionamento della struttura? Perché tanta inspiegabile fretta di sfrattare questa struttura dopo anni di apprezzamenti? Non c’è almeno un rigurgito di orgoglio campanilistico da parte dei triestini - autorità, cittadini, associazioni - di farsi defraudare di una struttura di interesse ambientalistico, di ricerca etologica, senza protestare?». Chiamati in causa, dopo il rimbrotto a chi non ha provveduto prima, sono gli enti locali: «Non mi si dirà che fra Comune, Provincia e Regione sia impossibile trovare qualche centinaio di migliaia di euro per mettere a norma la struttura o per portarla in località adeguata non demaniale ma comunale o regionale. Qui non si tratta di violare la legge per ordine del padrone, ma di applicarla con un minimo di buon senso, data l’importanza scientifica, e l’abnegazione di chi l’ha creata e sostenuta, e che malgrado le reiterate promesse da parte delle autorità, non per colpa sua non ha ottenuto che le carte fossero messe a posto».
 

 

«Portiamoli a Venezia, nel parco della Bortolotti e di Elton John» - «L’Italia non può rinunciare a un dono ricevuto da un ministro di un altro Paese»
 

La proposta di Vittorio Sgarbi «Ho parlato anche con Letta, lo Stato deve fare la sua parte»
«È un’assenza totale di senso dello Stato rinunciare a un dono che un ministro di Stato ha fatto proprio allo Stato. I colibrì non devono andare all’estero. Ma che cosa fai di un regalo? Lo butti?». Irrompe, dopo la presa di posizione ufficiale del direttore dei Beni culturali Giangiacomo Martines, Vittorio Sgarbi in diretta per contestare le decise affermazioni del soprintendente Luca Caburlotto sull’inderogabile necessità di sfrattare strutture e colibrì da Miramare.
Ma non solo. Sgarbi, che ha interessato alla questione Berlusconi scoprendo che il premier era assolutamente sensibile al problema, e che ieri ha parlato dei fatti triestini su Raiuno con Margherita Hack, fa una proposta ufficiale, proponendo, nelle sue vesti di soprintendente del Polo museale veneziano, una sede alternativa (italiana) per le bestiole, grazie a una proposta privata, liberale, appena ricevuta. E ha appena messo in contatto il sottosegretario alla presidenza, Gianni Letta, con l’ex soprintendente Fabrizio Magani, il predecessore «a interim» di Luca Caburlotto, e ora in Abruzzo.
«Letta, dopo l’intervento di Berlusconi - riferisce Sgarbi - aveva manifestato qualche timore a spendersi su Miramare, perché è aperta un’inchiesta della magistratura. Allora ho interpellato Magani, il quale ha assicurato invece che tutto si può risolvere, e dunque ho messo in contatto Letta e Magani».
Quanto alla eventuale sede alternativa (italiana) per i colibrì, il critico-soprintendente ha ricevuto la spontanea offerta di Francesca Bortolotto, proprietaria dell’hotel Bauer a Venezia e del Palladio-Bauer alla Giudecca: «È una mecenate, e alla Giudecca ha anche un parco, che tra l’altro confina con la proprietà di Elton John. È pensabile che lei e Elton John non troveranno quelle poche migliaia di euro che servono per le serre dei colibrì? Ma che un privato debba fare le funzioni dello Stato! Mi domando - prosegue polemico Sgarbi - se non si riesce a venire a capo del problema di 80 colibrì che cosa siamo capaci di fare per il terremoto dell’Aquila?».
Ultima notizia. Lo stesso Sgarbi ha impegnato anche il il vertice nazionale dei Vigili del fuoco, circa il contestato posizionamento della bombola di gas che riscalda la serra. «Lo Stato - conclude - deve dare un segnale importante».

(g.z.)
 

 

SEGNALAZIONI - A chi giova la Tav - PROGETTO
 

Leggo su Il Piccolo che sono passate ben due settimane dalla presentazione del progetto della Tav a Trieste e che «non tutti giurano d’averlo ricevuto per tempo». Manca ancora poco per il parere di pubblico e amministratori, poi si darà il via. Via a un’opera da finire in 17 anni (che non ci stupiremmo nel veder lievitare). Diciassette anni! Solo questo dato dà la misura dell’urgenza. E ci dice un’altra cosa: quali siano gli interessi in ballo. Quelli del porto? Così dicono i sostenitori, in effetti il porto avrebbe bisogno di un’intensificazione delle infrastrutture ferroviarie. Ma può il nostro Molo 7 aspettare altri 17 anni prima di commercializzare in maniera intensiva con il Centro-Est Europa? Quanti anni di lavori sono previsti per il raddoppio della Koper-Divaccia? Sei-sette. Naturalmente non si tratta di fare a gara a chi arriva prima, ma di ponderare le potenzialità dell’esistente e di come renderlo funzionale in tempi utili. Nel progetto si è stralciato il tunnel della Val Rosandra ma si mantiene una galleria di 12 km a ridosso della costiera. La linea alta, come previsto dai critici della Tav, è stata inclusa nel progetto con la sua bella fermata a Opicina. Pare che questo lotto correrà parallelo agli scavi carsici in costiera e, con buona pace dell’auspicato raddoppio Aurisina-Sesana, si prevedono altri tunnel e altri viadotti.
Riflettevo su questo: a chi giova tutto questo bendiddio?
Stefano Scarpa
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 9 gennaio 2011

 

 

PERONI SUL CASO RIGASSIFICATORE «Inutile insultare il rettore, l’università resta libera Non è strumento politico»
 

«L’Università non è utilizzabile come strumento di parte politica: è libera, laica, autonoma, indipendente, e il rettore non ha potestà di orientare i singoli soggetti che la abitano, questo dice la Costituzione. E noi siamo felici che sia così, è inutile insultare il rettore». Drastica risposta di Francesco Peroni nella pesante «querelle» innescata da Uil-Vigili del fuoco, Wwf e Legambiente che appendono al collo dell’ateneo due accuse: aver annacquato le domande dei cittadini sul rigassificatore nell’ambito del gruppo di lavoro istituto come «mediatore tecnico» dalla Provincia e aver avallato uno studio sull’«effetto domino» che l’impianto di Gas natural potrebbe (o meno) innescare in caso di incidente nella baia di Zaule.
Domanda. Dopo il botta e risposta resta in campo la domanda: se un docente presta consulenza esterna a titolo personale, l’Università ne risponde o no? Sul punto divergono le opinioni. Associazioni: certamente sì. Rettore: assolutamente no.
Paradossi. «Se un docente di Giurisprudenza fa anche l’avvocato - insiste Peroni con esempio portato al paradosso - e assume la difesa di Priebke, non per questo il suo ateneo può essere accusato di difendere il nazismo. Se Margherita Hack è favorevole al nucleare, non per questo l’Università è d’accordo sulle centrali nucleari. Qui c’è una confusione allucinante - prosegue -, come ho già ufficialmente chiarito il gruppo tecnico-scientifico istituito su impulso della Provincia ha favorito una interlocuzione, tecnicamente consapevole, tra cittadinanza e Gas natural, attività che avrebbe dovuto tradursi nella pubblicazione delle risposte a cura dell’ente promotore. Non mi risulta siano state redatte ”relazioni”».
Domino. Peroni afferma di non conoscere quella sull’«effetto domino», che le associazioni accusano di essere inaffidabile. Non è firmata, dicono, ma è scritta su carta intestata del Consorzio interuniversitario nazionale per l’ingegneria delle georisorse (Cinigeo). Chiede Livio Sirovich, geologo componente del «Tavolo sul rigassificatore», altrettanto formato da altri esperti docenti universitari: «L’Università si assume la responsabilità morale e tecnica di quanto scritto da un consorzio che del nome del nostro ateneo fa parte del suo biglietto da visita? Quali passi ha esperito il rettore, da tempo avvertito della situazione, per fare chiarezza su un argomento che riguarda la sicurezza di migliaia di triestini e muggesani?».
Esterni. «Mi rifiuto di parlare se non di fatti specifici e chiari - risponde Peroni -, ammesso che esista questa relazione, e io non lo so, si tratta di un’attività di consulenza esterna, che posso benissimo ignorare, e io non ne rispondo: un libero scienziato, che legittimamente si presenta come docente della tale università, non trasferisce la sua posizione sull’istituzione, e il rettore ha l’unico ruolo di tutelare l’indipendenza dei singoli. Io rispondo del tavolo tecnico istituzionale voluto dalla Provincia, ma non della libera consulenza dei singoli. La Costituzione traccia confini precisi tra istituzioni di ”alta cultura” e istituzioni di indirizzo politico: confini che non possono essere sacrificati, pur nella cogenza di questioni di grande impatto sociale, se non al prezzo di compromettere quell’indipendenza e quell’autonomia che per una comunità scientifica sono condizioni essenziali».
Consulenze. «Io mi sono occupato proprio dei problemi della sicurezza - risponde Enrico Nobile, componente del gruppo di lavoro dei ”traduttori di domande” dei cittadini per la Provincia, docente di Fisica tecnica industriale a Ingegneria - , ho ascoltato anche i gruppi portatori di interesse, ho cercato di omogeneizzare le domande (solo 70): mandare a Gas natural testi lunghi e contorti avrebbe inficiato la possibilità di ottenere risposte complete. Domande ”addolcite”? Io direi ”compattate”. Partecipando come università, mai ho espresso opinioni personali. Accusare la consulenza del Cinegeo? Una svista, credo. In ogni caso gli enti scientifici non possono sostituirsi a Regioni, Province e Comuni, e nemmeno a società accreditate a livello internazionale proprio per esaminare in modo autonomo e obiettivo progetti della portata di un rigassificatore. Gli enti devono nominare un ”pool” di esperti che scelga la società terza, che poi viene pagata dal committente». Dunque, secondo Nobile, liti inutili, perché tutto è appena da fare.

(g. z.)
 

 

Scuola di Banne: «Chiuse le aule dove c’è radon» - La dirigente scolastica a Rossi: «Bambini non esposti a esalazioni - Ci sono i rapporti dell’Arpa»

 

L’annuncio che l’amministrazione comunale intende costruire ex novo scuola materna ed elementare di Banne, aggiungendo un corpo nuovo a quello esistente, e senza bisogno di spostare i bambini durante il cantiere, suscita una reazione di ferma perplessità da parte della dirigente scolastica Rita Manzara Sacellini. «Quegli edifici - aveva tra l’altro sottolineato l’assessore all’Educazione, Giorgio Rossi - hanno il radon».
«Non è assolutamente vero che a Banne i bambini respirino esalazioni o siano soggetti ad alcun rischio legato alla presenza del radon - scrive in una nota Manzara Sacellini -, infatti, le parti dell'edificio scolastico interessate al problema sono state rese inagibili da più di un decennio. Negli altri piani dell'edificio, non esiste il problema (la documentazione che lo attesta, regolarmente rilasciata dall'Arpa, è agli atti della Direzione e visionabile da chiunque ne faccia richiesta). All’esterno, invece - prosegue la dirigente scolastica -, com'è noto anche ai profani, il problema non esiste».
Ma anche le modalità edilizie ipotizzate non trovano consenso: «Spiace constatare che si ipotizzi di risolvere il problema con soluzioni ”drastiche” e impraticabili, a meno di ipotizzare impossibili sistemazioni di parecchie centinaia di minori per un tempo di attesa di ... (?), invece di progettare interventi di ristrutturazione a lotti con l'obiettivo di garantire, nel contempo, per quanto possibile, il funzionamento (a settori) delle strutture scolastiche che devono continuare a rispondere alle esigenze di una numerosissima utenza».
Quanto alla citazione dell’Istituto comprensivo dell’Altipiano, la dirigente specifica che «comprende 13 plessi di scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di I grado ubicati a Opicina, Banne, Prosecco e Basovizza per un totale di 990 alunni, annovera unicamente scuole con lingua d'insegnamento italiana. Sull'Altipiano, infatti, sono presenti anche due Istituti che comprendono scuole con lingua d'insegnamento slovena: la Direzione didattica con lingua d'insegnamento slovena e la scuola secondaria di I grado con lingua d'insegnamento slovena Kosovel-Levstik: ciascuna di tali istituzioni ha una specifica Direzione», che non è quella di Rita Manzara.
 

 

Caburlotto: «Caro Berlusconi, sui colibrì decido io»
 

Deciso il soprintendente: «A Miramare commessi reati e abusi edilizi, gli uccellini in Olanda entro gennaio»
«Nella struttura di Rimoli c’è una bombola di Gpl, in caso di scoppio finisco in galera. Devo far rispettare le leggi»
Berlusconi comanda in diretta, Caburlotto chiude il telefono. Regge l’ondata e non si sposta di un centimetro.
Non saranno i colibrì di Miramare minacciati di sfratto a far deflettere un soprintendente che sulla incredibile vicenda di Miramare manda al premier, e pure al suo celebre amico Vittorio Sgarbi, una risposta in pochi ma chiari punti, il cui succo è uno solo: decido io.
«Berlusconi può pure dire - afferma Luca Caburlotto -, ma io vado avanti tranquillo come prima, per me tutti sono uguali davanti alla legge, anche se posseggono colibrì, e io sono anzitutto rispettoso della legge: per la formazione avuta dai miei genitori, per educazione e anche per studio visto che sono ferratissimo sulle leggi relative al patrimonio artistico. Qui con Stefano Rimoli siamo di fronte - aggiunge - a ben 16 reati contro proprietà del demanio storico-artistico, a furto di acqua dal 1998, ad abusi edilizi, a danni all’erario. E inoltre - dice come un fiume in piena - io sono destinatario di una ingiunzione della Procura, su mandato dei vigili del fuoco, secondo cui la bombola di Gpl nella struttura di Miramare ”è a rischio di scoppio e di incendio”. Scoppio e incendio nel parco di Miramare? Se lì succede qualcosa sono io ad andare in galera».
Dunque arrivando a Berlusconi, via Sgarbi, Rimoli non ha per niente vinto la partita, nonostante l’inevitabile punteggio messo a segno nel match mediatico. «Ci sono norme dello Stato - persiste il soprintendente - che distinguono in modo netto il ruolo di indirizzo politico e il ruolo gestionale, che vanno tenuti separati. Io rispetto le indicazioni politiche date dal ministro Sandro Bondi, ma sono assolutamente responsabile unico delle mie scelte quando sono di competenza delle mie attribuzioni dirigenziali». Inutile dunque scomodare Berlusconi, non c’entra nello schema, Miramare non è affar suo: «Non sa i retroscena, sa quello che racconta Rimoli».
I colibri potrebbero prendere la via dell’Olanda a partire da metà gennaio. Lunedì ci sarà col soprintendente e varie autorità un incontro risolutivo. Ma Caburlotto è scandalizzato anche quando gli si parano davanti le piccole vite degli uccellini, che sarebbero in pericolo: «Qualcuno si è preoccupato - chiede - quando sono stati portati dal Perù a Trieste, sradicati dal loro ambiente naturale? Sono forse morti allora? Non morirà nessun uccellino. Il trasporto, costosissimo, sarà a cura e a spese dell’ente che li riceverà, e tutto viene organizzato con enti scientifici di livello nazionale, col ministero dell’Ambiente e la Forestale, e vanno dove saranno veramente garantiti».
Prima di riassumere la lunga serie di pesanti contestazioni che pendono sul capo di Rimoli (e non solo) il soprintendente mette un’altra pietra in tavola: «Pende un ricorso al Tar del Lazio, Rimoli pretende che i colibrì siano proprietà dello Stato. Ma se sono dello Stato è proprio lui a non avere voce in capitolo».
Caburlotto ha reiterato un’ingiunzione di sfratto del capannone nel parco di Miramare il 18 dicembre, col termine di 10 giorni. Tutti i limiti sono scaduti. «Se non si allontana - minaccia il soprintendente - ci sarà uno sgombero coattivo non appena i colibrì sono in salvo. Rimoli non ha consegnato il documento di cui solo parla, relativo alla sicurezza della bombola di Gpl, vale la perizia dei vigili del fuoco e c’è un procedimento penale in corso: io non posso aspettare un solo giorno a risolvere la situazione. La convenzione col ministero dell’Ambiente è stata revocata nel 2002, da allora Rimoli sta lì e non paga, dal ’98 prende l’acqua per la serra e non la paga, ha creato gabbie con supporto in calcestruzzo (abuso edilizio), ha alterato serre originali dell’800: dovrà non solo andarsene, ma ripristinare tutto come stava».
Dietro l’angolo un problema ulteriore, più allargato. I soprintendenti che in questi anni hanno tollerato la situazione potrebbero avere qualche problema per omessa vigilanza. E a catena tutti i finanziatori dell’impresa colibrì.
GABRIELLA ZIANI
 

 

Orsi, pronto un piano di ripopolamento in Fvg - Nei boschi rimasti solo 10 maschi, che migrano in Slovenia per accoppiarsi
 

Le femmine ”libere” sono cinque sul Nanos e una a Kranjska Gora. In Fvg ne servirebbero almeno quattro
L’UNIVERSITÀ DI UDINE HA ELABORATO UN PROGETTO CONTRO L’ESTINZIONE IN REGIONE
TRIESTE A.A.A. orsi bruni cercasi. In Friuli Venezia Giulia, infatti, di esemplari ce ne sono solo dieci: tutti maschi e alla costante rincorsa, nel periodo degli accoppiamenti, del solito gruppetto di sei femmine residenti nei vicini boschi sloveni. Una situazione che «rischia di portare all’estinzione di questo mammifero nella nostra Regione», avvisano gli studiosi dell’Università di Udine, che stanno lavorando a un nuovo progetto di ripopolamento dei monti friulano-giuliani, attraverso l’”adozione” di animali provenienti dalla Slovenia.
Lo spiega bene Stefano Filacorda, ricercatore della facoltà di Medicina veterinaria delll’ateneo udinese, a capo di un team di esperti che lavorano al monitoraggio e allo studio dei grandi mammiferi in Regione. «Al momento - afferma Filacorda - abbiamo proposto il progetto al Parco delle Dolomiti friulane. Purtroppo si tratta di percorsi lunghi e in salita: sensibilizzare le comunità locali sulla necessità di potenziare la presenza di questi animali sul territorio non è facile, spesso si incontrano molte ostilità, perché la gente è diffidente e gli orsi vengono visti come potenziali pericoli per le persone e le coltivazioni. Ma noi andremo avanti, perché crediamo che il progetto di ripopolamento, simile a quello avviato in Trentino all’inizio degli anni Duemila, sia l’unica strada per garantire la sopravvivenza della comunità del Friuli Venezia Giulia. I costi non sarebbero nemmeno proibitivi - spiega ancora il professor Filacorda -. Servirebbero quattro femmine da portare nei nostri boschi, che potrebbero essere prese dalla vicina Repubblica per complessivi 40mila euro. A questi andrebbero sommati circa 15mila euro annui per i costi di monitoraggio, e ulteriori spese per organizzare incontri con le comunità locali e diffondere materiale informativo sulle caratteristiche di questa specie».
I pochi orsi che popolano i boschi carnici e il Carso triestino sono orsi bruni (non di tipo marsicano): dalla Grecia al Trentino ce ne sono circa 2.500, concentrati soprattutto tra Slovenia e Croazia. «Lì sono resistiti meglio alle guerre e alle malattie - spiega ancora Stefano Filacorda -. Gli orsi sono molto fedeli alle terre d’origine: si ricordano da dove provengono e tentano sempre di tornare lì». Secondo l’esperto il più grande problema è rappresentato dall’autostrada Trieste-Lubiana: «ha diviso in due le comunità di orsi sloveni, isolando un gruppo di circa 25 individui, di cui sei femmine, a nord dell’autostrada; mentre la stragrande maggioranza di questi mammiferi vive a sud. È difficilissimo e pericoloso per loro attraversare l’autostrada. Senza contare che in Slovenia la caccia è legale».
«Purtroppo - continua l’esperto - la comunità di riferimento per gli orsi del Friuli Venezia Giulia è proprio quella, molto esigua, che risiede a nord. Il risultato è che i nostri dieci esemplari, nel periodo degli amori, corrono dalle sei femmine slovene per accoppiarsi, sempre con le stesse: cinque sul monte Nanos e una a Kranjska Gora».
Orse inevitabilmente destinate a un superlavoro, visto che a farsi avanti non sono solo i mammiferi italiani, ma anche i connazionali. «Per ripopolare i nostri boschi si dovrebbero prendere almeno quattro femmine dalla grande comunità residente a sud dell’autostrada, tra Slovenia e Croazia».
Ma al di là del progetto di ripopolamento cui lavorare per il futuro, cosa sta facendo la nostra Regione, oggi, per la tutela di questo peloso quadrupede? «Esiste un progetto di gestione e monitoraggio degli orsi sul territorio tra Italia e Slovenia - spiega l’assessore regionale con delega alle Risorse forestali Claudio Violino - che ha come obiettivo studiare questo mammifero e salvaguardarlo». Umberto Fattori, del servizio Caccia, pesca e ambienti naturali, e responsabile del progetto, spiega: «Si tratta di ”Life Plus Arctos-Conservazione dell’orso bruno”. È cofinanziato dall’Ue e coinvolge molte Regioni italiane per complessivi 5 milioni di euro. Il Fvg partecipa con un investimento totale di 388mila euro in quattro anni, dal 2010 al 2014. L’obiettivo è monitorare gli orsi e i loro spostamenti, attraverso delle tecniche non invasive, come ad esempio il prelievo del pelo, e la successiva elaborazione dei dati, scambiati poi con le altre Regioni e gli Stati confinanti».
Un fondamentale aiuto nel monitoraggio del territorio lo dà, infine, la Forestale, come spiegato da Emilio Gottardo, direttore del servizio del corpo forestale regionale, che contribuisce alla salvaguardia dell’animale sul nostro territorio.
ELISA COLONI
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 8 gennaio 2011

 

 

«Rigassificatore, il silenzio degli enti scientifici» - Bevilacqua, Legambiente e Wwf: escano allo scoperto e ci informino sui rischi

NUOVE POLEMICHE - interventi di Adriano Bevilacqua, Dario Predonzan e Oscar Garcia.

Uil-Vigili del fuoco, Wwf e Legambiente chiamano all'appello le istituzioni della città, soprattutto quelle scientifiche, sulla questione del rigassificatore «finora colpevolmente assenti su un tema che riguarda il futuro di Trieste». A formulare la richiesta, i cui contorni sono misti a una critica piuttosto pesante, sono stati ieri Adriano Bevilacqua, segretario provinciale della sigla confederale per i Vigili del fuoco, Dario Predonzan, esponente dell'associazione ambientalista e Oscar Garcia, in rappresentanza di Legambiente. «Il processo informativo sull'impianto di rigassificazione - hanno detto Bevilacqua, Predonzan e Garcia - deve diventare quello che finora non è stato e cioè un supporto per i cittadini, che devono essere coinvolti nell'iter decisionale». In particolare, Bevilacqua ha parlato di «inscindibile rapporto fra etica e scienza. A Trieste abbiamo un nutrito gruppo di istituzioni scientifiche, tutte di prestigio internazionale, spesso definite un vanto della città. Allora - ha proseguito - devono essere loro le prime a chiarire tutti gli aspetti di rischio, per il momento tenuti nascosti, impliciti nella costruzione di un impianto come quello della Gas Natural». Predonzan ha ricordato che «mentre Comune di Trieste e Regione sono stati del tutto immobili, la Provincia ha fatto il tentativo di allestire un tavolo di confronto, che però si è limitato a girare alle istituzioni scientifiche i quesiti posti dalla popolazione, senza fornire un'opinione o entrare nel merito. Specialmente l'Università - ha sottolineato l'esponente del Wwf - ha assunto il ruolo di tramite, limitandosi però a trasmettere passivamente le domande dei cittadini». In chiusura, Garcia ha chiesto: «Se ci vantiamo di avere a Trieste grandi poli scientifici e poi li usiamo così, o meglio non li usiamo, a cosa serve averli qui?», ricordando che «Gas Natural è stata già condannata in altri Paesi per violazione dei diritti umani». (l'articolo)
Ugo Salvini
 

 

PIANO REGOLATORE - «Le diffide? Nessun obbligo per Pacor» - Edera: «Prima possibile documento di nuovo in aula»
 

La spiegazione del segretario generale Terranova in Trasparenza

Nessun obbligo da parte del presidente del Consiglio comunale, nella fattispecie il repubblicano Sergio Pacor, di comunicare l’arrivo delle diffide riguardanti il Piano regolatore ai consiglieri. E la decisione di discutere del «tema alla prima conferenza dei capigruppo disponibile, con l’impegno di riportare in aula in tempi brevi il Prg», come riferisce Emiliano Edera (Lista Primo Rovis), presidente della commissione Trasparenza in Comune. È quanto emerso, dopo quasi due ore di discussione, al termine del confronto di ieri in Trasparenza fra i commissari, Sergio Pacor e il segretario generale del Municipio Santi Terranova.
«Pacor e soprattutto Terranova - riepiloga Edera - hanno chiarito che le diffide erano rivolte in prima persona al presidente e non ai consiglieri comunali e che in tal senso non c’era l’obbligo da parte dello stesso di darne comunicazione al Consiglio comunale». Il dibattito è poi continuato, sino a mettere in luce «la volontà comune - prosegue Edera - dei consiglieri di maggioranza e di opposizione di portare immediatamente la questione alla prima capigruppo disponibile, al fine di valutare con estrema urgenza l’ipotesi di portare in tempi brevi al voto il Piano regolatore. Personalmente annuncio fin d’ora che il mio voto sarà negativo». L’urgenza è quella, spiega Edera, di uscire dalla «situazione di impasse che i cittadini ma anche il mondo delle imprese, considerata la difficilissima situazione economica del momento, stanno vivendo».
Il capogruppo di Un’altra Trieste Bruno Sulli è tornato sul ruolo di Pacor: «Il presidente è stato eletto dal Consiglio comunale, con cui deve stare sempre in contatto e che deve proteggere, facendo sì anche il passacarte e il postino... Pur non essendoci alcun obbligo, sarebbe stato opportuno comunque darci comunicazione delle diffide. Quanto al problema del Prg nel suo complesso, vogliamo andare al voto al più presto. Ma prima - conclude il “bandelliano” Sulli - dovremo esprimerci sull’invio del parere geologico alla Regione. Il mio gruppo si asterrà perché il documento arriva sempre dallo stesso geologo».
«Il consigliere Sasco - aggiunge dal canto suo Antonio Lippolis (An-Pdl) - ha convocato la Sesta commissione lunedì con all’ordine del giorno la relazione geologica e martedì per avere risposte e indicazioni dall’Avvocatura comunale su come il Consiglio comunale debba muoversi in merito alle diffide». Dal leghista Maurizio Ferrara è giunta la proposta di richiedere la presenza del sindaco Roberto Dipiazza alla riunione dei capigruppo, in qualità di assessore all’Urbanistica, per avere chiarimenti sulla legittimità dell’atto.
Proprio con il primo cittadino non è tenero, infine, Marco Toncelli del Partito democratico: «Da quanto appreso in commissione il pallino è in mano all’assessore all’Urbanistica. È quindi evidente che il sindaco non può più trincerarsi dietro a false scuse solo per sopravvivere goffamente alla sua sempre più risicata maggioranza: o con un atto di lealtà e coraggio verso la città tutta chiede di riportare in discussione la delibera oppure - conclude Toncelli -, continuando in questa dannosa impasse, dichiari onestamente di aver fallito nel proprio mandato».

(m.u.)
 

 

«Non ci sono solo i colibrì di Miramare» - Wwf e Lipu chiedono al premier più fondi per le specie a rischio
 

I colibrì di Miramare vanno sistemati, ma le priorità della fauna sono altre. Dopo la telefonata di Silvio Berlusconi a Stefano Rimoli, direttore del Centro colibrì, e la mezza dichiarazione d’amore della scienziata di sinistra Margherita Hack, felice per l’interessamento del premier alla sorte dei preziosi re dell’impollinazione, insorgono le associazioni animaliste WWF e LIPU: «Siamo contenti che il presidente del Consiglio si preoccupi dei volatili del Castello, ma non è questa l’unica emergenza della nostra fauna».
Garantire sostegno economico al Centro colibrì di Miramare, insomma, non è sufficiente. In una nota, infatti, gli attivisti fanno le loro considerazioni soprattutto alla luce del recente taglio di fondi del Ministero dell’Ambiente, 60% di finanziamenti in meno rispetto a tre anni fa. E sperano che Silvio Berlusconi si possa dedicare anche ad altre priorità della conservazione della natura. «I tagli stanno condizionando non solo il sostegno al Centro colibrì di Trieste - scrivono le associazioni - ma di molte altre strutture, comprese quelle che gestiscono beni pubblici per conto delle istituzioni».
Gli animali protetti in queste strutture, come aquile, falchi, lupi, orsi, tartarughe e cetacei, sarebbero a tutti gli effetti di legge considerati “patrimonio dello Stato”: «In Italia mancano strutture adeguate ad accogliere e gestire l’enorme numero di animali sequestrati o recuperati dalle forze dell’ordine e dalle associazioni di volontariato. Questa carenza mette in difficoltà le azioni di polizia giudiziaria preposte alla tutela degli animali e alla repressione di trafficanti e bracconieri», scrivono.
E aggiungono: «Speriamo che Berlusconi, oltre ai colibrì, pensi a una strategia complessiva di conservazione della biodiversità, che necessita di ben altre risorse e strumenti rispetto a quelli attuali, oltre che della piena volontà dello Stato di far valere le proprie prerogative spesso malamente cedute, come nel caso del Parco Nazionale dello Stelvio o delle tante deroghe venatorie poste in essere dalle Regioni».
Pur non togliendo nulla ai colibrì, anzi incoraggiando misure atte a tutelarli, LIPU e WWF chiedono a Berlusconi che venga posta in essere l’adeguata dotazione finanziaria necessaria all’implementazione della strategia nazionale sulla tutela della biodiversità e al funzionamento dei suoi capisaldi.
 

 

Proposta bipartisan anti-Ogm - Pronto un documento per la salvaguardia delle colture tradizionali
 

IL PRIMO IMPEGNO PER I CONSIGLIERI DOPO LA PAUSA NATALIZIA
TRIESTE L’attività del Consiglio regionale ripartirà dagli Ogm. La prossima settimana tornano a lavorare le Commissioni in piazza Oberdan e, in mezzo a una serie di audizioni (sul progetto di ampliamento della centrale di Somplago e sull’attuazione del Piano di sviluppo rurale) ci sarà l’illustrazione della proposta di legge bipartisan (la firmano Pdl, Lega, Pd, Idv, Cittadini e Rifondazione) ”Norme in materia di tutela della biodiversità e dei prodotti agroalimentari di qualità e tradizionali del territorio regionale dall’emissione deliberata in ambiente di organismi geneticamente modificati”. La proposta di legge «esclude che possano effettuarsi emissioni deliberate o utilizzazioni nelle normali attività agricole di piante e animali transgenici sui terreni a cielo aperto», lasciando quindi la possibilità di svolgere questo tipo di attività soltanto in «eventuali strutture sperimentali, perfettamente isolate e separate dall’esterno, tali da impedire il rilascio e la diffusione di materiale genetico modificato e la conseguente contaminazione delle colture non ogm, convenzionali, tipiche e biologiche».
Viene inoltre introdotto il divieto di somministrare cibi ottenuti da organismi geneticamente modificati nelle mense scolastiche, ospedali e luoghi di cura, nelle mense degli uffici pubblici di competenza regionale. Sul tema c’è già una proposta di legge, firmata da Giorgio Venier Romano (Udc), Roberto Marin (Pdl), Paolo Ciani e Roberto Asquini (Misto) sulla coesistenza fra agricoltura convenzionale, biologica e quella che propone l’utilizzo di organismi geneticamente modificati.
Si parte con gli ogm ma le Commissioni e l’aula hanno un elenco di oltre cinquanta provvedimenti indicati dai vari partiti come prioritari. Durante una delle ultime riunioni dei capigruppo a dicembre i diversi gruppi politici hanno presentato la loro ”lista della spesa” che include 53 tra proposte e disegni di legge. Tra le priorità c’è la riduzione dei costi della politica che, dopo l’assaggio in Finanziaria, prevede altre puntate: Pdl, Lega, Pd, Idv e Cittadini hanno depositato o annunciato le loro proposte di legge, compresa quella, già presentata dai democratici, per la riduzione del numero di consiglieri, indicata come necessaria anche dal presidente del Consiglio regionale Maurizio Franz nella conferenza stampa di fine anno. Tra i disegni di legge della Giunta c’è il riordino delle partecipate, la riforma della disciplina sull’artigianato e le norme in tema di telecomunicazioni. Già pronti per la discussione in aula i provvedimento sul finanziamento al sistema universitario e le norme sulle attività estrattive, stralciate dalla legge di manutenzione. Ancora da depositare la proposta di legge in tema di caccia mentre la Lega porta come sua priorità la riforma del servizio idrico integrato. Anche l’opposizione ha i suoi cavalli di battaglia: il Pd ha posto come proprie iniziative di legge prioritarie le norme per smantellare il ”welfare padano” e favorire l’integrazione dei cittadini immigrati e la riforma degli enti locali, Cittadini e Italia dei Valori insistono con la norma sulle nomine già portata avanti nella scorsa legislatura.
Roberto Urizio

 

 

Tremila oche siberiane alla Cona - ECCEZIONALE ONDATA MIGRATORIA LUNGO LA FOCE DELL’ISONZO
 

Gli esemplari sono arrivati alla fine dell’anno per svernare nella Riserva
MONFALCONE Lo spettacolo è servito, per la gioia di esperti e appassionati di bird-watching: quasi tremila esemplari di oche provenienti anche dalla Siberia sono giunti tra Natale e Capodanno a svernare alla Foce dell’Isonzo, nell’area della Riserva regionale della Cona. Ciò che si staglia è un panorama di eccezionale pregio naturalistico e dalla significativa consistenza, considerata la particolarità di questa categoria di uccelli, presente con almeno sette specie, la cui permanenza è prevista anche nel mese di febbraio. Un’ondata migratoria inedita, uno spettacolo della natura che sta riscuotendo l’interesse di numerosi birdwatchers, almeno un centinaio provenienti da tutta Europa. Un’opportunità nel segno dell’ecoturismo e di interesse scientifico. In questi giorni non sono mancate anche le visite di appassionati appartenenti all’associazione ”Cona” che documentano con attenzione il fenomeno. Provengono dall’Italia, ma anche dall’Austria e dalla Slovenia. Quanto sta accadendo alla Riserva è stato inoltre già inserito nel sito della Stazione biologica della Cona (www.sbic.it), per la divulgazione pubblica.
La particolarità è legata al consistente flusso migratorio di queste oche, in genere tra le specie più riluttanti agli spostamenti, ma che quest’anno, spinti dal freddo intenso e dalla copertura nevosa che interessano le aree centro-europee, specie la pianura di Hortobagy, in Ungheria, hanno raggiunto le zone umide dell’Alto Adriatico. Si parla di circa 15mila esemplari, diffusi tra il Friuli Venezia Giulia, il Veneto e l’Emilia Romagna. E tremila, dunque, hanno trovato riparo alla Riserva dell’Isonzo. La specie più numerosa giunta fino alla Riserva dell’Isonzo è l’Oca lombardella.

(la.bo.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 7 gennaio 2011

 

 

RISPOSTE SUL RIGASSIFICATORE DI ZAULE del Gruppo di lavoro tecnico-scientifico istituito dalla Provincia di Trieste

 

"UIL-Vigili del Fuoco, WWF FVG e Legambiente si appellano al Gruppo di lavoro tecnico-scientifico istituito dalla Provincia di Trieste e agli Enti che li hanno designati (Area Science Park-Università di Trieste-OGS-SISSA) affinchè il “processo informativo” sull'impianto di rigassificazione di Trieste-Zaule diventi quello che non è stato finora: un servizio di supporto tecnico-scientifico per cittadini".

"Gli Enti appartenenti al Gruppo di lavoro tecnico-scientifico istituito dalla Provincia di Trieste (Area Science Park-Università-OGS-SISSA), che possono svolgere il loro quotato compito grazie alle tasse che la comunità paga per mantenerli, rendano ai cittadini un vero servizio di supporto tecnico-scientifico sulla scottante questione dei rischi inerenti la realizzazione dell'impianto di rigassificazione di Zaule".
E' la richiesta avanzata con forza oggi, venerdì 7 gennaio, nel corso di una conferenza stampa congiunta da UIL VVFF, WWF e Legambiente in seguito alla risposta - giudicata evasiva - del Magnifico Rettore dell'Università degli Studi di Trieste, Francesco Peroni, ad una lettera aperta inviata dal coordinatore regionale UIL-Vigili del Fuoco, Adriano Bevilacqua, dal responsabile energia e trasporti del WWF FVG, Dario Predonzan e dal presidente di Legambiente Trieste, Lino Santoro, ai Responsabili dei cinque Enti scientifici. Vi si rimarcava come tali istituzioni - e in particolare l'Ateneo triestino - avessero "consentito che il proprio nome continuasse e continui a comparire nella carta intestata di fondamentali relazioni riguardanti la sicurezza dell'impianto ("Effetto Domino"); relazioni per altro anonime e non firmate da nessuno, ma notoriamente redatte da un docente triestino, con risultati non controllati e comunque fuorvianti perché illustrati da carte topografiche antiche o modificate, non riportanti né l'adiacente terminal petrolifero né altre industrie chimiche e infiammabili; carenze indegne di un paese civile".
"L´opinione pubblica (e noi con essa) - si legge nella lettera firmata dalle tre sigle - confida che le massime Istituzioni super partes (in quanto pubbliche) non si sottraggano al loro dovere etico di fornire collaborazione e valutazioni oneste, indipendenti, serie e scientificamente garantite, che tutelino gli interessi di sicurezza e ambientali della collettività".
"Nella nostra lettera - hanno ribadito Bevilacqua, Predonzan e Santoro - chiedevamo una cosa semplice: che gli enti in indirizzo - in primis l´Università - «rendessero non un servizio passivo di trasmissione acritica di atti (i quesiti dei cittadini) ma un vero servizio di supporto tecnico-scientifico ai cittadini».
La lettera denunciava l'intollerabile situazione in cui versano la correttezza dell'iter e l'informazione sul progetto del rigassificatore.
Ci riferiamo sia alla partecipazione dei quattro enti scientifici all´iniziativa in oggetto, sia alla regìa da parte della Provincia di Trieste, svolte con modalità che ci spingono a fare appello al dovere etico degli stessi Enti".
Nella sua riposta, Peroni scrive che "Non risulta che siano state redatte "relazioni" su carta intestata recante il sigillo dell'Università, quest'ultima, per parte sua, ha contribuito al lavoro del "gruppo di lavoro tecnico-scientifico" con l'apporto di uno studio di sicura qualificazione scientifica e di competenza pertinente alla materia trattata. E osserva come "l'Ateneo abbia, nell'occasione, inteso concorrere all'interlocuzione nei confronti della comunità interessata, con quell'approccio di oggettività (ossia, indipendenza e scientificità) che gli compete e senza sconfinare in ruoli di indirizzo politico".
UIL VVFF, WWF e Legambiente replicano invitando il Rettore "a riconsiderare la sua risposta alla luce di alcuni punti". In primo luogo in base al fatto che - secondo Bevilacqua, Predonzan e Santoro - "tali enti scientifici non si sono limitati a trasmettere passivamente le domande dei cittadini, ma hanno operato attivamente per renderne parecchie molto meno precise e quindi meno efficaci. Avrebbero cioè lavorato "contro" i cittadini (tradendo - a loro parere - il dovere etico delle istituzioni da essi rappresentati e anche quello personale)".
Come esempio citano un brano delle domande rivolte ai proponenti del rigassificatore di Trieste nella forma "rielaborata" dai quattro enti scientifici (tratto dal documento «Domande e Richieste Pervenute [...] Promosso dalla Provincia Di Trieste» di 14 pp.).
"Dal testo completo della domanda, riportato in Appendice – affermano Bevilacqua, Predonzan e Santoro - ci si può rendere conto di come il quesito sia stato reso consapevolmente inefficace". "Perché - si chiedono - l'Università si è prestata in questo modo?".
Adriano Bevilacqua, Dario Predonzan e Lino Santoro ripercorrono la storia del Gruppo di lavoro. "Nell´inazione sia del Comune, sia della Regione in fatto di informazione responsabile, dopo lunghissima gestazione (oltre 6 mesi) con delibera del 18/1/2010 la Provincia di Trieste fece un passo per favorire almeno un minimo di informazione del pubblico, sempre più disorientato tra le indiscrezioni sulle gravissime carenze progettuali e la presunta pericolosità dell´impianto, da una parte, e le espressioni di plauso dell´on. Roberto Menia e addirittura di acritico e disarmante entusiasmo del Sindaco di Trieste dall´altra, condito da dichiarazioni non commentabili (1 novembre 2008: «dovesse saltare in aria il rigassificatore, avremmo eventualmente qualche ferito»; 28 novembre 2009: «se salta il mio rigassificatore, sentiamo un botto»).
Appena nel 2010, dopo che la procedura VIA sul progetto era stata conclusa nel luglio 2009, la Provincia ha avviato un "processo informativo" rivolto alla popolazione.
Spaccata fra Presidente favorevole e alcuni consiglieri di maggioranza contrari, e soggetta a pressioni di ogni tipo, la Provincia - continuano Bevilacqua, Predonzan e Santoro - decise di istituire un "Gruppo di lavoro tecnico-scientifico" composto da rappresentanti delle Istituzioni da loro guidate con il compito non di mettere a disposizione della collettività le loro competenze specialistiche, per controllare che tutto fosse stato gestito nel rispetto dell´ambiente e della sicurezza delle popolazioni, ma semplicemente con l´incarico di girare alla società proponente il rigassificatore le domande dei cittadini, dopo averle "coordinate e ridefinite in modo scientifico", e senza esprimere alla fine un proprio parere pro veritate".
Singolari secondo Bevilacqua, Predonzan e Santoro anche alcune designazioni. "Colpisce che - essendo le problematiche di sicurezza ed ambientali del rigassificatore e delle navi gasiere legate al mare - nessuno dei designati sia specialista in discipline oceanografiche, fisiche, chimiche e biologiche, o di ingegneria idraulica e navale. Nonostante la vicinanza di industrie e di intensive urbanizzazioni, manca anche uno specialista dell´effetto domino (incidenti-incendi a catena fra impianti limitrofi) e della cosiddetta, fondamentale, "Normativa Seveso".
La raccolta dei quesiti dei cittadini è stata realizzata attraverso il sito internet della Provincia dall´11 marzo al 12 aprile 2010.
Sono pervenute circa 70 domande, tutte chiare e non bisognose di chissà quale traduzione, molte ben documentate, evidentemente scritte da persone che hanno studiato i progetti.
Altro materiale veniva consegnato alla Provincia dal WWF. Quattro associazioni ambientaliste (WWF, Legambiente, Greenaction Transnational, NoSmog) domandavano inoltre alla Presidente della Provincia e al coordinatore del Gruppo di lavoro tecnico-scientifico, Francesco Russo che agli enti competenti (Ministeri dell´ambiente e dei Beni culturali, Regione, Comitato regionale dei VV.F.) venisse chiesto conto delle numerose e gravissime irregolarità sia della progettazione (dati ambientali falsati, calcoli e cartografie "addomesticati" compresi), sia dell´iter di valutazione del progetto.
Salvo sporadiche voci nulla di preciso si è più saputo finché, il 24 novembre, si è letto che «Abbiamo trasmesso le domande a GasNatural una decina di giorni fa»; 7 mesi di lavoro del Gruppo di lavoro tecnico-scientifico - si chiedono Bevilacqua, Predonzan e Santoro semplicemente per girare le domande a GasNatural?". Chi sta prendendo in giro i cittadini?". "Magnifico Rettore, Presidenti e Direttori - concludono Bevilacqua, Predonzan e Santoro - possono Loro tollerare che le Loro Istituzioni vengano coinvolte in questo sospetto?".
UIL VIGILI DEL FUOCO - LEGAMBIENTE - WWF

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 7 gennaio 2011

 

 

Tav, i lettori si scatenano su facebook «Ci aspettano 17 anni di scavi e camion»
 

QUASI TUTTI NEGATIVI I COMMENTI SUI SITI DEL GIORNALE
L’Alta velocità solleva, tra gli internauti, un muro di dubbi e perplessità. Nel prolifico mondo web non si fa attendere la moltiplicazione di commenti e, soprattutto, la levata di scudi in difesa dell’ecosistema carsico alla pubblicazione di alcune anticipazioni sul tracciato Ronchi-Trieste della Tav, il cui progetto preliminare è stato depositato nei giorni scorsi da Italferr. Tra i commenti e i post apparsi sia sul sito del quotidiano che su facebook prevale lo scetticismo. Se sul social network il dibattito è presto partito per la tangente, toccando lo ”scippo” del Superporto e l’esodo degli acquirenti triestini oltre confine, sul portale del quotidiano è emersa soprattutto la richiesta di maggiori delucidazioni. «Per favore, fateci vedere le planimetrie del progetto», la supplica di bongio1960. Che incalza: «Le velocità indicate sono medie? Di progetto? Massime? Quanto sarà grande la nuova stazione o moderno ”posto di movimento” di Aurisina? Sostituirà "Bivio" o "Aurisina - S. Pelagio"? Il viadotto di 13 campate (o casade) serve a superare che cosa? Quindi arrivati con la Tav a 200 km/h a Aurisina, saliremo sulla metropolitana leggera che a 60 km/h ci porterà nel tubone a Campo Marzio?». Emmetieffe, invece, prefigura scenari apocalittici: «Avremo 17, se va bene, anni di camion, scavi, danni alle grotte, alle falde acquifere, miliardi di euro spesi per nulla...». «La città soffoca - conclude - e si sognano treni che ci portino in capo al mondo in tre minuti. Ma mettete una linea normale per Ronchi, piuttosto! Altrimenti, al massimo, avremo torme di milanesi che verranno ad inquinarci il mare, d’estate».
Non in tutti, però, prevale il pessimismo: alessandroxy, per esempio, ritiene utile la Tav. «Ci son ben 22 km di gallerie - sostiene - ma la cosa non è impressionante, infatti in Spagna i chilometri sono addirittura il doppio, eppure lì ci si muove veloci, comodi. Chi è contrario all’Alta velocità evidentemente non comprende una tale priorità, e non si muove molto, per questo non la desidera. Io stesso non uso quasi mai il treno, ma sarei disposto anche a pagare di più per spostarmi più rapidamente». Istria54 la butta in caciara: «Ciò, muli! E una bela ferovia che parti da Monfalcon e la arriva in stazion passando per la costiera? Ma no per la strada proprio a livel del mar! Sistiana mare, i filtri, Miramar, Barcola...Altro che 20 minuti, un fulmine! E podemo anche far el bagno de estate, senza far i scalini».
Lapidaria, triestinapatoca01: «La Tav non s’ha da fare». Poi però spiega: «Un lavoro inutile, costosissimo - pagheremo noi, non i fondi europei...in cambio avremo il Carso e le sue meraviglie galleri sotterranee rovinate o distrutte». Più pragmatico tltrieste: «Basta che la fazi, e alla sveltà. Non podemo perder "sto treno"».

(ti.ca.)

 

 

«Prg, non è giusto che Pacor diventi il capro espiatorio» - IN VISTA DELLA COMMISSIONE TRASPARENZA
 

Il capogruppo dell’Unione di Centro del Consiglio Comunale di Trieste Roberto Sasco in merito alla richiesta di dimissioni del presidente del consiglio comunale Sergio Pacor formulata dalle opposizioni, esprime perplessità sulla richiesta in quanto in tal modo Pacor costituirebbe il capro espiatorio di numerosi errori e disservizi che lo scrivente ha più volte evidenziato. E’ evidente che la “macchina amministrativa” necessita di una revisione generale. «In particolare - sostiene Sasco - la riorganizzazione del comparto del personale comunale, predisposta dalla giunta comunale, purtroppo senza alcun coinvolgimento dei gruppi consiliari di maggioranza ed opposizione, non viene condivisa dall’Unione di Centro per metodi e contenuti e purtroppo penalizza comparti determinanti per l’attuazione di una riforma amministrativa seria ed al passo con i tempi, che ridefinisca i ruoli dirigenziali e valorizzi i cosiddetti “quadri” che costituiscono il vero scheletro portante dell’ente local».
«Gli errori commessi nel corso dell’iter di adozione della variante generale al Prg che hanno portato a numerose diffide e denunce, l’annullamento del permesso di costruzione nella zona del Rio Martensin, gli errori di carattere sindacale avvenuti nel settore della vigilanza urbana ed altro ancora rischiano seriamente di obbligare l’amministrazione comunale a rifondere nei prossimi anni danni pecuniari per milioni di euro», è la chiosa finale di Sasco.
 

 

«Volevano portare i colibrì in Olanda» - SCAMPATO IL PERICOLO, IL DIRETTORE DELLA RISERVA SI TOGLIE QUALCHE SASSOLINO
 

Rimoli: «Mi dispiace di aver scomodato Berlusconi, ma qui nessuno si muoveva»
Dopo il colpo di scena berlusconiano, la solidarietà. Per esprimerla a Stefano Rimoli, direttore del Centro colibrì di Miramare, apparentemente salvo dopo le dichiarazioni del primo ministro. si è mosso ieri dalla Germania nientemeno che Geer Scheres, direttore del Vogel Park di Walsrode, vicino ad Amburgo, il più grande parco avicolo del mondo. Salito sul primo aereo, ha voluto esprimere direttamente al collega triestino la sua soddisfazione e annotare che «chi è interessato ai colibrì può solo incentivare il centro di Trieste, unico posto al mondo dove stanno bene al di fuori del loro habitat naturale e da dove sarebbe un crimine portarli via».
«Mi dispiace di aver dovuto disturbare il presidente Berlusconi – commenta adesso lo stesso Rimoli, vistosamente rilassato – per una questione che poteva essere brillantemente risolta dalla politica locale, visti anche gli insignificanti costi di gestione del centro stesso ma così almeno è stato ottenuto un risultato...».
In effetti i rischi di chiusura, con i pesanti annessi e connessi ventilati dal soprintendente Caburlotto nella passata settimana, c’erano tutti. Così come è certo che la vicenda stava per essere risolta con la classica, e sotterranea, soluzione all’italiana. «Il parlamentare leghista Massimiliano Fedriga – racconta Rimoli – mi ha confermato di aver appreso direttamente dal ministro Prestigiacomo che ci si stava preparando a spedire i colibrì in Olanda. Una fonte olandese mi ha detto che c’erano interessi clientelari e che qualche funzionario italiano aveva già promesso questi colibrì ad alcune strutture straniere, ma a questo punto è inutile polemizzare, dopo lo scampato pericolo».
Rimoli prende l’occasione anche per ringraziare il professor Piero Susmel dell’Università di Udine, «che da anni collabora con noi ed è stato il prima ad affontare l’argomento con il suo ex collega Sgarbi (che aveva insegnato per un certo periodo nell’ateneo friulano ndr)».
Altre certezze. La corrente del Centro non verrà staccata il prossimo 15 gennaio come ventilato. L’intervento dei massimi vertici ha ovviamente raffreddato anche l’intervento di aziende come AcegasAps, che avrebbe dovuto staccare la spina. «Ho già avvisato la Monassi», precisa Rimoli al riguardo. Assolutamente singolare si presenta infine il processo di normalizzazione del Centro, anche se nell’Italietta attuale non ci si può più stupire di nulla. Come ha detto Berlusconi e confermato Sgarbi la vicenda sarà gestita dalla Soprintendenza, i beni diventeranno patrimonio dello Stato e dovrebbe essere la stessa Soprintendenza a finanziare la moratoria. Un colpo non da poco per Caburlotto che non troppi giorni fa aveva ammonito Rimoli ricordando che «in uno stato di diritto non è che il possesso di vari colibrì consenta la deroga alle leggi, anche penali». E aveva stigmatizzato il fatto che lo studioso avesse avuto la revoca della concessione già nel 2002 e un ordine di sgombero nel 2006 mai fatto eseguire, lamentando il mancato pagamento della concessione. «Dovremmo chiedergli indietro i soldi dal 2002 ad oggi, perché ha causato un danno erariale». D’accordo che la legalità è ormai diventata un optional, ma la penserà ancora così?
FURIO BALDASSI

 

 

COLIBRI' - Volontari a Miramare per 300 euro - I ricercatori che accudiscono gli uccelli. 12mila mail di solidarietà
 

In pochi giorni le offerte dei sostenitori hanno superato il tetto dei 4000 euro, mentre le e-mail di protesta, inviate dagli animalisti al Ministero dell'Ambiente e alla Forestale, pare siano circa 12.000. Una cosa è certa, la situazione dei colibrì ospitati nelle Serre Storiche del Parco di Miramare continua a far notizia, tanto più dopo l'effetto "Premier", l'intervento di Silvio Berlusconi in persona, sceso di recente in campo, su assist di Vittorio Sgarbi, a tutela della colonia di uccelli che hanno rischiato lo sfratto da Trieste ed un biglietto di sola andata verso poco limpidi lidi di Olanda. Cullato dagli animalisti, corteggiato dalla scienza ma annoverato anche nei testi delle credenze popolari. Il colibrì resta una sorta di "divo" del suo genere, forte di alcune caratteristiche che ne fanno un modello di unicità in natura, anche per il suo retaggio mistico. Gli antichi Atzechi erano propensi ad adorare un dio dalle sembianze di un "colibrì azzurro", innalzandone un tempio, ma a codificandolo anche in chiave di reincarnazione, soprattutto dei guerrieri morti in battaglia. In una piana del Perù il popolo Nazca lo ritrassero invece in un disegno visibile solo da eccezionali altezze, alimentando così strali leggendari cari specialmente ai cultori della ufologia. Dalle parti del Centro colibrì di Miramare si parla invece solo di scienza, zoologia, cura e protezione della specie. "Stiamo parlando di un vero alieno - sottolinea senza indugio Stefano Rimoli, resposabile del Centro colibrì di Miramare - abbiamo ancora molto da scoprire, di sicuro risulta vitale per l'impollinatura di circa l'85% delle piante dell'Amazzonia, con la conseguente importanza che riveste in campo scientifico». L'attività del centro curato da Rimoli, da anni in collaborazione con il docente Piero Susmel dell'Ateneo di Udine, campa letteralmente anche sulla passione di un pugno di quasi volontari, anzi di veri "missionari", almeno da come vengono etichettati dai permessi di soggiorno. Sono veterinari, zootecnici, esperti del settore, qualificati certo ma precari, costretti vivere della ospitalità dei colleghi, percependo al mese dei bonus che spesso non superano i 300 euro.
L'eco della vitalità del lavoro dello staff di Rimoli, ancor prima di Silvio Berlusconi, aveva solleticato inoltre l'interesse diretto della first lady della Repubblica dell'Ecuador, Pierina Correa, intervenuta con una lettera al Quirinale per sottolineare la valenza della sede triestina e il desiderio di una visita sul posto. Una visita diplomatica ancora da concordare ma che potrebbe acquisire a breve un nuovo pretesto. Ben quattro femmine incinte di colibrì di Miramare sono in procinto di partorire, tra meno di una settimana.
Francesco Cardella
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 gennaio 2011

 

 

Dipiazza: «La Tav troppo vicina alla città Attenti ai costi, bisogna trovare i soldi» - il progetto della TAV
 

Non è sorpreso dal percorso disegnato da Italferr, perché di un paio di sondaggi ad hoc tra Santa Croce e strada del Friuli, che evocano futuri scavi proprio sotto il ciglione carsico, lui era al corrente. Non è nemmeno ottimista. Né per i tempi, né per i costi. E, per giunta, non è neanche tanto d’accordo - pur rispettandola - con la scelta di scendere così tanto abbasso, verso il centro: «Fosse stato per me avrei tirato una riga a metà strada, tra qui e Gorizia, dritta verso Lubiana. Colpa dei soliti provincialismi, di queste fobie secondo cui se col Corridoio 5 ci passano un po’ più sopra ci tagliano fuori». Roberto Dipiazza, da sindaco della città in cui termina la Ronchi-Trieste, prende con le pinze - senza snobbarlo - il progetto preliminare di Italferr. Quello che corre su suolo giuliano per 23.345 metri, di cui 21.669 in galleria - sotto Ceroglie, Malchina, Slivia, Santa Croce, Campo Sacro, Prosecco, Piscianci e Villa Giulia, punto d’innesto con la ”cintura” esistente per Campo Marzio - e alla luce del sole soltanto in prossimità dello snodo di Aurisina
La prima reazione non è di chi viene preso in contropiede. «Avete presente - attacca Dipiazza - la seconda curva di strada del Friuli che abbiamo sistemato?». Il tornante Moncolano? «Sì quello. Esattamente lì sotto - fa sapere il sindaco - i tecnici delle Ferrovie hanno promosso dei sondaggi». Non gli unici. Il secondo punto, dove si è già lavorato per la fattibilità della Tav, è «all’altezza della stazione ferroviaria di Santa Croce, 70 metri sotto».
Ora però, dopo le ”rivelazioni”, Dipiazza ci tiene alle sue «considerazioni politiche». Via con un carico da novanta: «Finanziato oggi è il progetto, non l’opera. Stiamo parlando di aria, diluita in 17 anni e mezzo di cantieri, ma fra il progetto esecutivo, la gara europea e il resto arriviamo a 27 anni. Mi auguro che i danari necessari possano essere trovati, ma viste le difficoltà oggettive che l’Europa continuerà ad affrontare nei prossimi anni non sono ottimista. E occhio, anche, a studiare per bene i costi di gestione. Il tunnel della Manica insegna».
Ok, e il percorso? «Sarei passato più a Nord. È finita l’era in cui il treno deve passarti sotto casa». Sì ma così il Porto sarebbe stato ancor più by-passato... «Macché - ribatte Dipiazza - non sarebbe stato un problema. Con una decina di chilometri di collegamento specifico in più si sarebbe collegato pure il Porto». L’ultima battuta, tranciante, Dipiazza la riserva all’eventualità - descritta nel preliminare senza perderci sopra troppo inchiostro - di un collegamento tra Campo Marzio e la stazione centrale. Si torna ai binari davanti alla marittima? «Queste sono idee, non progetti. Come il ponte fra Muggia e Trieste, il bucone da Prosecco a Porto Vecchio, il tunnel sott’acqua tra Porto Vecchio e Porto Nuovo». Memorabili incompiute.
PIERO RAUBER
 

 

Gli ambientalisti: «Progetto assurdo Distruggeranno il nostro Carso» - EVIDENZIATI NUMEROSI ”VIZI”
 

Battaglieri, stizziti, pronti a tutto. Gli ambientalisti, i primi a spulciare il corposo progetto preliminare dell’Alta velocità depositato da Italferr per la tratta Ronchi-Trieste, sono già sul piede di guerra e annunciano azioni in ogni sede per contrastare quelli che a loro dire sarebbero ”vizi” in piena regola. Neanche il salvataggio della Val Rosandra, il cui sventramento era previsto nel precedente piano, placa gli animi entro il Wwf, che parla di «opera faraonica dagli esisti incerti». E punta il dito contro i rischi ambientali cui si va incontro forando il carso, già di per sé costellato di cavità, e aggredendo ecosistemi fragili come quelli presenti nel sottosuolo. Critici anche i grillini, che per bocca di Paolo Menis, esprimono contrarietà al progetto «che distruggerebbe il carso e la nostra città, non avrebbe tempi certi di realizzazione e non starebbe in piedi neppure sotto l’aspetto economico».
Ma l’attacco più virulento arriva da Dario Predonzan, il quale evidenzia come lo ”spezzettamento” del progetto preliminare, suddiviso in tre tronconi che hanno determinato a loro volta un indipendente avvio delle rispettive procedure di Via, abbia l’obiettivo di sminuire l’impatto e depotenziare le opposizioni al progetto della Tav tra Venezia e Trieste. Predonzan denuncia alcune «gravi carenze», in primis «l’assenza di una valutazione costi-benefici, pur imposta per legge a tutte le opere pubbliche». «Si tratta di un progetto assurdo - prosegue -, che non risolve le criticità del sistema ferroviario in Friuli Venezia Giulia o in Veneto. Anzi lascia sul piatto gli interventi utili. Interventi modesti, dal Wwf già da tempo indicati, come il potenziamento dell’attuale rete col collegamento Trieste-Capodistria e il raddoppio delle linee Aurisina-Monfalcone». «Invece con questo progetto - conclude - non si sa neppure come proseguirà il tracciato ad est, né i tempi di realizzazione di quest’opera faraonica».

(ti.ca.)
 

 

Premolin: «Risparmiata la Val Rosandra» Ret: «Coinvolgerò tutti» - I SINDACI DELL’ALTIPIANO
 

Tira un sospiro di sollievo, Fulvia Premolin, prima cittadina di San Dorligo della Valle. «Anzi, più d’uno», come s’affretta ad aggiungere. La Val Rosandra è salva, non sarà infilzata dallo spuntone della Tav e questo per lei è «più di una vittoria». Chi invece si appresta, cartine alla mano, a inforcare gli occhiali e a verificare direttamente sul posto, coi propri tecnici, gli speleologi e i volontari della Protezione civile, il tracciato dell’Alta velocità è il sindaco di Duino Aurisina Giorgio Ret. «Ho già provveduto - dice - a distribuire copia del dischetto consegnato da Italferr a tutti i consiglieri comunali e ho convocato tra dieci giorni riunione dei capigruppo e Seconda commissione per discutere il progetto preliminare, che intendo condividere il più possibile con l’opposizione e, naturalmente, con tutti i cittadini». «A tal proposito - aggiunge - in ogni borgo indirò delle assemblee e farò distribuire materiale esplicativo tra la popolazione, in modo da favorire l’informazione capillare». Il sindaco di Duino Aurisina non ha ancora avuto modo di esaminare a fondo la mole considerevole di documentazione e tuttavia, sulla base delle riunioni propedeutiche alla formalizzazione del tracciato, esclude che vi possano essere grossi problemi.
«Intanto i tratti che attraverseranno il Comune - osserva - sono tutti al di fuori dei centri abitati e, per quanto riguarda gli espropri, non mi risulta coinvolgano zone sensibili, vale a dire aree coltivate a vigneti o campi. Nella maggior parte dei casi dovrebbe trattarsi di aree boschive, in capo alle Comunelle». Ret dichiara infine di aver già ricevuto le osservazioni svolte dagli speleologi e si ripromette di esaminarlo a breve. «Al prossimo Consiglio comunale - commenta il sindaco di Sgonico Mirko Sardoc - mi confronterò con tutti i consiglieri sul tema. Intendo sapere a che profondità verranno condotti gli scavi e, soprattutto, che fine faranno i materiali estratti dal suolo per realizzare le gallerie. Altro punto importantissimo: dove saranno poste le condutture di aerazione, visto che il tracciato sarà sotterraneo?». Sardoc si dice soddisfatto che l’Alta velocità non abbia sfiorato la Grotta Gigante e tuttavia esprime preoccupazione per il tratto successivo, quello legato allo studio di fattibilità, attualmente ancora un’incognita. La presidente della Provincia di Trieste Maria Teresa Bassa Poropat, come del resto gli altri amministratori locali, ammette di aver ricevuto solo recentissimamente il plico di Italferr e dunque manifesta disappunto per l’accavallamento della spedizione con le festività di dicembre. Detto ciò, spiega di non avere al momento dati di valutazione e tuttavia sottolinea come la realizzazione del percorso ferroviario non sia affatto esente da rischi, data la specificità del territorio e i conseguenti pericoli di danneggiamenti.
TIZIANA CARPINELLI
 

 

Ronchi: binari o stazione interrata - PASSAGGI A LIVELLO DA ELIMINARE
 

Interrare gli assi ferroviari della linea verso Udine eliminando i passaggi a livello di Selz e di Vermegliano con la realizzazione della relativa stazione sotto il piano stradale. L’obiettivo è quello di azzerare ogni impatto per l’intero attraversamento della linea ferroviaria del territorio di Ronchi dei Legionari. È la proposta espressa dall’amministrazione ronchese e sostenuta dalla Provincia di Gorizia, nell’ambito del piano Alta velocità-Alta capacità, per il quale è stato presentato da Rete ferroviaria italiana il progetto preliminare. La Provincia, dunque, non intende limitarsi a segnalare le ”interferenze”, ossia ostacoli e criticità non rilevati dal piano di Rfi e richiesti in relazione alla procedura di impatto ambientale per la tratta Ronchi-Trieste. La volontà, infatti, è quella di assumere una posizione ufficiale e di esprimere un parere autonomo, nel segno di un impegno che tengaconto delle esigenze del territorio. Un «atto politico forte», come l’ha definito il presidente Enrico Gherghetta, che si sostanzierà attraverso il coinvolgimento dei Comuni interessati e di tutte le forze politiche, fino ad approdare in Consiglio provinciale con l’approvazione di un ordine del giorno, frutto della concertazione con i territori. Il presidente Gherghetta è lapidario: «La Provincia di Gorizia sarà a fianco degli enti locali, in particolare dei Comuni di Monfalcone e di Ronchi dei Legionari, per appoggiare le istanze e le opzioni che scaturiranno dall’analisi approfondita del progetto preliminare presentato in questi giorni da Rfi».
Gherghetta va oltre: «La Provincia già ora si dichiara totalmente d’accordo a sostenere a spada tratta l’idea proposta dal Comune di Ronchi per l’interramento della linea ferroviaria verso Udine. Non intendiamo, infatti, limitarci a segnalare le interferenze, cioè quelli che noi riteniamo essere degli ostacoli non rilevati dal progetto di Rfi, ma vogliamo coinvolgere gli enti locali, attraverso il Patto territoriale per lo sviluppo, per esprimere una chiara posizione ufficiale». Il presidente evidenzia: «Non va sottovalutato, ed è stato accolto con piena soddisfazione, il fatto che, diversamente dall’orientamento originario di Rfi, si interverrà sulla tratta ferroviaria esistente. È un grande risultato». «Solo tre anni fa - continua Gherghetta -, quando avevo perorato la causa circa l’insostenibilità della chilometrica galleria attraverso il nostro Carso, fui sottoposto a un vero e proprio processo da parte degli apparati preposti. Ora constato con soddisfazione che avevo ragione. È un successo che deve essere fatto proprio da tutti coloro che hanno avuto la forza ed il coraggio di assumere un approccio critico, convinti che la fretta è cattiva consigliera e che la Legge Obiettivo non accelera nulla, se non la rabbia propria delle comunità ”bypassate” dalle scelte strategiche che interessano il loro territorio».
«Alla luce del piano preliminare - aggiunge Gherghetta - si può constatare come questo metodo non abbia proprio pagato. Le opere infrastrutturali, specie di questa portata, vanno condotte cercando il consenso e la condivisione. Non è più tempo di forzature».
Ghergetta si sofferma sulla prevista sistemazione del bivio di San Polo: «La riorganizzazione della tratta esistente - spiega - permetterà, a fronte di una spesa di qualche decina di milioni di euro, di garantire un’asse ferroviario funzionale soprattutto al futuro traffico di teu in relazione al superporto di Monfalcone».

(la.bo.)
 

 

Prg in stallo, l’opposizione chiede la testa di Pacor - ARIA DI TEMPESTA IN COMMISSIONE TRASPARENZA
 

«Il presidente del Consiglio ci deve spiegare perché non sono arrivate ai consiglieri le diffide dei cittadini»
«Siamo pronti a chiedere le dimissioni del presidente del consiglio Sergio Pacor se non avremo spiegazioni accettabili. La vicenda delle diffide mai recapitate ai consiglieri comunali aggiunge ulteriori ombre a quel pasticciaccio che già era ed è il piano regolatore». L’opposizione di centrosinistra fa quadrato e affonda il colpo nel prg delle polemiche. E lo fa allestendo sul tamburo una riunione della commissione trasparenza per domattina, anticipando la pausa consiliare che scade il 10 gennaio. «Quello della diffide mai arrivate è un aspetto grave – ha detto ieri mattina il presidente della Trasparenza Emiliano Edera – ma la madre di tutte le battaglie è quella contro la gestione del piano regolatore che ha portato all’impasse assoluta. Siamo subissati di telefonate da parte dei cittadini – si è infervorato Edera – che vorrebbero delle certezze dal Comune. Questo stallo non penalizza solo noi ma i triestini e le imprese. Eppure in questa vicenda Dipiazza, non fornendo risposte su niente, ha cercato di scaricare le colpe dei ritardi e delle mancate risposte sul consiglio comunale, che non c’entra niente». Per la cronaca, le dieci diffide sono così divise: cinque arrivano dall’Ordine dei geologi, tre dalla società Arc Edil e due dall’avvocato Fusco quale legale rappresentante di un’altra società.
«Le diffide datate settembre e portate a nostra conoscenza solo il 21 dello scorso dicembre – ha detto dal canto suo Iztok Furlanic di Rc – dovevano esserci comunicate per tempo, ma a parte quello resta la considerazione che il piano regolatore dovrà essere per forza di cose il primo atto del futuro sindaco, chiunque esso sia». Il verde Racovelli, sempre in materia urbanistica, ha preso lo spunto dalla recente conclusione della vicenda di Rio Martesin. «Il Consiglio di Stato ha detto chiaramente che è obbligatorio il ripristino di pastini e terrazzamenti laddove siano stati distrutti. Per questo motivo ho chiesto agli uffici di farmi sapere quante siano al momento attuale le richieste di licenze edilizie che prevedono sbancamenti...».
Il diretto interessato, Sergio Pacor, preso nella bufera della contestazione, contesta la ricostruzione dei fatti. «Avevo dato personalmente ordine – racconta Pacor – che la diffida ricevuta a settembre venisse mandata in copia nelle caselle dei consiglieri. Le seconde due diffide sono state passate all’avvocatura, chiedendo loro, anche in questo caso, di diffonderle in copia ai consiglieri quando fosse maturato il parere. Forse quel parere non è arrivato, non so. Di sicuro – incalza Pacor – non esiste la figura del presidente del consiglio che fa il postino. E comunque le diffide, se non notificate personalmente ai diretti interessati non hanno alcun effetto. Lo si era già chiarito in sede di conferenza dei capigruppo. Io non ho in mano il dossier delle diffide – conclude Pacor – le giro semplicemente all’ufficio legale e così ho fatto anche stavolta».
Il problema, però sembra essere a monte. «Le diffide ricevute danno comunque la misura di come questo prg sia stato condotto male – ha detto Roberto Decarli dei Cittadini – a iniziare dalla secretazione dei lavori in commissione. La cosa singolare è che, contrariamente a quello che è stato detto, l’opposizione non ha mai ostruito o ostacolato il percorso del prg. Tutto quello che è successo è stato creato dalla stessa maggioranza, a partire da quell’incarico illegittimo all’Università che inficia tutto il percorso».
«È il momento di dire anche – ha osservato Marco Toncelli del Pd – che i dieci anni di Dipiazza sindaco hanno prodotto ben poco per lo sviluppo della città. Trieste è interessata da problemi pesanti, sotto il profilo economico, ma il Comune sembra disinteressarsene completamente. Berlusconi ha detto l’altro giorno che se una squadra di calcio va bene, va bene tutto il Paese. Dipiazza, invece, fa i capricci sulla sua futura collocazione sostenendo di essere un valore aggiunto. A questo punto mi chiedo quale».
FURIO BALDASSI
 

 

Berlusconi: «Salverò i colibrì di Miramare» - SITUAZIONE SBLOCCATA A SORPRESA, EVITATO LO SFRATTO
 

Su suggerimento di Sgarbi, il premier chiama Rimoli: «Metterò io le cose a posto»
«Pronto, sono Silvio Berlusconi...». Stefano Rimoli, responsabile del Centro colibrì di Miramare, deve aver pensato ieri mattina a uno scherzo atroce quando al cellulare è echeggiata la voce del premier. Messo nell’angolo dalle contestazioni della Soprintendenza, ormai rassegnato a veder partire (e probabilmente morire) i suoi animaletti, lo studioso non credeva quasi alle sue orecchie quando si è trovato a interloquire con il capo del governo. «Mi ha chiesto di spiegargli la nostra storia – racconta ancora emozionato – e mi ha detto che conosce bene il colibrì, che è uno dei suoi animali preferiti e che è importantissimo per l’impollinazione».
Convenevoli a parte, è arrivato anche il riconoscimento che Rimoli pensava ormai di non poter neanche più chiedere. «Dobbiamo essere orgogliosi che ci sia lei – mi ha detto Berlusconi – aggiungendo che ci invidiano il nostro Centro e di raccontare pure che il presidente Berlusconi da questo momento se ne occupa personalmente è che nessuno dovrà permettersi di toccare questi colibrì. A non lasciare dubbi ha anche aggiunto che il Centro è una benemerita istituzione della Repubblica e opera per conto dello Stato italiano, che farà immediatamente una sanatoria e una convenzione».
Una conferma immediata arriva nientemeno che da Vittorio Sgarbi, che conosceva da tempo la vicenda, è attivo nel gestire i rapporti del Centro con l’Università di Udine, e ne ha reso partecipe il primo ministro. «Eravamo a Venezia – conferma il critico d’arte e parlamentare – e mi è arrivato proprio in quel momento il dossier sulla vicenda di Miramare. Tra l’altro Berlusconi ha colibrì nella sua villa di Antigua, li conosce bene... A quel punto ho messo di mezzo anche la Brambilla, animalista e pure lei presente. Del resto era una situazione assurda, non capisco a che pro bisognava liberare i colibrì se poi ne sarebbero morti la metà... Chiamerò Caburlotto (il soprintendente triestino ndr) per fare una moratoria».
La vicenda, poco prima dell’intervento berlusconiano, si era arricchita di particolari quasi gialli, come racconta lo stesso Rimoli. «Ero venuto a sapere – polemizza lo studioso – da un mio amico che è direttore di un grande zoo tedesco quale sarebbe stata la fine dei colibrì. Eravamo a un passo da un accordo preliminare col governo italiano in base al quale gli animali sarebbero stati spediti in Olanda e da lì smistati in quattro giardini zoologici... Finora avevo cercato invano di saperlo dalla Forestale e da tutti. Mi chiedo: devo venirlo a sapere da un mio collega tedesco?!?».
La curiosità finale apre invece scenari inimmaginabili di solidarietà bipartisan. Margherita Hack, particolarmente vicina alle sorti del Centro dei suoi preziosi ospiti, potrebbe trovarsi a dover abbracciare, magari solo virtualmente, Silvio Berlusconi se sulla vicenda calerà effettivamente il lieto fine. «È vero – scherza Rimoli – me l’ha detto lei personalmente quando le ho raccontato della telefonata. Ha detto più o meno che se Silvio salverà i colibrì lo abbraccerà e io l’ho riferito al premier...». «Confermo – aggiunge un divertito Sgarbi – e devo dire che almeno apparentemente non ha palesato reazioni...».
FURIO BALDASSI
 

 

CamminaTrieste in Comune - INCONTRO CON IL MOBILITY MANAGER
 

Rapida approvazione del Piano del traffico e maggior attenzione verso i piani particolareggiati rionali. Sono le richieste formulate dalla delegazione dell’associazione CamminaTrieste durante l’incontro avuto con il mobility manager del Comune Giulio Bernetti. Al dirigente il sodalizio ha chiesto anche più impegno sul fronte del trasporto pubblico e della mobilità pedonale. Sollecitazioni a cui Bernetti ha risposto manifestando disponibilità ad organizzare altri incontri e ricordando che l’iter del Prg prevede consultazioni anche con la cittadinanza.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 gennaio 2011

 

 

Tav, 22 chilometri di gallerie sul Carso - Il tracciato da Aurisina e Sgonico scende sul costone per raggiungere Villa Giulia
 

QUASI INTERAMENTE SOTTO TERRA IL TRATTO PROVINCIALE - il tracciato della TAV in provincia di Trieste
Di sventrare la Val Rosandra non c’è traccia. Primo perché lo sconfinamento è fermo allo studio di fattibilità e le carte si ”interrompono” quindi sotto Villa Giulia, nelle viscere comprese tra via Commerciale, strada per Opicina e via Fabio Severo, incontrando la circonvallazione ferroviaria esistente già collegata alla linea storica fino a Campo Marzio. E poi chissà, un domani fino alla stazione centrale. Secondo perché, in ossequio evidentemente alla recente intesa italo-slovena, quelle stesse carte evocano in «uno scenario successivo... la realizzazione della AV/AC Aurisina-Divaccia mediante un nuovo raccordo». Accordo che dovrebbe, per l’appunto, disegnare il nostro pezzetto transfrontaliero del Corridoio 5 Lisbona-Kiev lungo la ”diretta alta” via Villa Opicina.
La Tav, però, qualcosa da sventrare su suolo triestino ce l’ha lo stesso: sono quasi 22 chilometri tra Carso ”puro”, ciglione costiero e alta periferia cittadina. Dei 23 chilometri e 345 metri di tragitto previsti per il momento entro i confini provinciali, infatti, ben 21 chilometri e 669 metri si sviluppano in gallerie. E son gallerie nuove, da fare. A prevederle è il progetto preliminare della tratta Ronchi-Trieste che Italferr (della famiglia Ferrovie dello Stato) ha depositato «per la pubblica consultazione presso» i ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali nonché la Regione in vista della procedura di Via, la Valutazione d’impatto ambientale. Un documento infinito, inoltrato anche agli enti territoriali coinvolti per le osservazioni del caso. Con il ”giallo” che non tutti giurano d’averlo ricevuto per tempo (si legga l’articolo a destra, ndr).
LO SNODO DI AURISINA L’unica parte triestina della Tav immaginata alla luce del sole - e pure questa preceduta da altri 9.705 metri di tunnel, di cui 144 ancora in terra monfalconese, sotto Ceroglie, Malchina e Slivia - porta allo snodo di Aurisina. Qui l’attuale stazione è destinata a farsi sostituire da un moderno «posto di movimento», detto così in gergo tecnico, «che garantisce l’interconnessione tra la linea AV/AC, che termina in corretto tracciato con l’attuale linea per Villa Opicina, e i binari della linea storica Trieste - Villa Opicina». Già perché in prossimità dello snodo di Aurisina - e questo è il cuore del progetto che interessa casa nostra - la strada ferrata che oggi si biforca dirigendosi a destra verso il lungomare (fino alla stazione centrale), e a sinistra verso Villa Opicina (fino alla circonvallazione per Campo Marzio o verso la Slovenia), diventa una... triforcazione. La nuova Tav infatti, dopo aver già lasciato il bivio tradizionale per Trieste centrale, poco prima di Santa Croce e Bristie scavalca un ponte tra la vegetazione, con luce unica di 46 metri, per poi abbandonare anche l’altra tratta tradizionale diretta a sinistra, destinazione Opicina. Quest’ultima, passando per uno svincolo a sua volta nuovo di zecca, supera un viadotto a doppio binario di 13 campate, il più lungo di tutta la Ronchi-Trieste.
IL DOPPIO TUNNEL La Tav, invece, a quel punto s’inabissa verso destra, dentro il ciglione costiero, per non riaffiorare più: siamo all’imbocco della ribattezzata ”galleria 7”, lunga 12.158 metri, con inclinazioni massime del 12,5%, che rappresenta il tratto conclusivo dei 36.634 metri della stessa Ronchi-Trieste. Essa attraversa, stando sempre al progetto preliminare di Italferr, ancora 1.126 metri in Comune di Duino-Aurisina prima di sconfinare per altri 1.176 metri in quello di Sgonico, tra Santa Croce e Campo Sacro, dove tra l’altro il tunnel da unico diventa a doppia canna, per restarci fino all’epilogo del percorso. Dopodiché la nuova Tav corre tutta sotto la cresta carsica che domina il mare: da Prosecco fin dietro Barcola, Gretta e Roiano, deviando quindi nuovamente verso l’alto sotto i pastini di Piscianzi per dirigersi verso il parco di Villa Giulia. È qui che, a 130 metri dal livello di superficie, la nuova Ronchi-Trieste incrocia, senza che i treni superino mai in quel preciso tratto i 60 all’ora, la cosiddetta ”linea di cintura merci”: si tratta della circonvallazione ferroviaria esistente, che di suo garantisce già oggi il collegamento lungo la linea storica alle Rive, fino ala Campo Marzio. Da lì non è specificato quale sarà la velocità massima di crociera consentita, cosa che invece è messa nero su bianco per la tratta ”pura” Ronchi-Trieste: sono 200 orari ad eccezione dell’ingresso e dell’uscita dallo snodo di Aurisina, dove si va dai 60 ai 160, e dello stesso incastro nella ”cintura merci”, dove ci si ferma appunto a 60.
I TEMPI DI CANTIERE C’è scritto al contrario, questo sì, quali dovrebbero essere i tempi di realizzazione per fare tutta la tratta Ronchi-Trieste, inclusa «la variante della linea storica Aurisina - Villa Opicina necessaria» per il compimento della tratta transfrontaliera ”alta”, che con ogni probabilità slitta ancora più avanti. E sono tempi calcolati non da oggi, bensì da quando partirà il primo cantiere del primo lotto. 17 anni e mezzo, mese più, mese meno. «La costruzione dell’opera - si legge infatti nelle carte despositate in Regione e in due ministeri, e presentate poi agli enti pubblici e privati interessati - avverrà in tre fasi distinte», le quali si sviluppano da Ovest a Est. Quindi il completamento della parte triestina chiude l’intera partita. Si parte dal monfalconese. La prima fase - calcolata in 1.120 giorni, tre anni - prevede «il quadruplicamento del tratto di linea storica Venezia-Trieste compreso tra il bivio di San Polo e l’attuale stazione di Monfalcone», con tanto di adeguamento anche di un primo pezzo della Pontebbana, la Trieste-Udine. La seconda fase - stimata in 1.925 giorni, quasi cinque anni e mezzo - è dedicata al segmento fino ad Aurisina, con la stazione di Ronchi connessa all’aeroporto, la trasformazione dello snodo di Aurisina con la prima conseguente «interconnessione», cioè con il nuovo svincolo verso destra direzione strada ferrata tradizionale, sul lungomare, e non solo fino alla stazione centrale di Trieste ma anche, attraverso una sintetica ”ambizione”, fino a Campo Marzio.
La terza e ultima fase è quella che coinvolge più propriamente il pezzo giuliano della Tav: e qui si parla addirittura di 3.249 giorni - nove anni belli pieni - per tutta la ”galleria 7” e le opere di contorno, compresa appunto la variante AV/AC per Villa Opicina. Quella col viadotto a 13 campate prima di Bristie.
PIERO RAUBER
 

 

TAV - Il percorso sfiorerà 108 grotte - Alcune potrebbero creare problemi tecnici. Da rivedere linee elettriche e tubature
 

Prevista l’eliminazione del passaggio a livello nei pressi di San Pelagio
La Tav su terra triestina dev’essere infilata nella pancia dell’altopiano come fosse una cannuccia da nascondere nell’Emmental. Facendo attenzione ai buchi.
Sono ben 108, infatti, le cavità naturali carsiche che il progetto preliminare, per lo meno, sfiora da Lisert a Villa Giulia. E qui sfiora sta per ”rientra” in un raggio di rispetto di circa 200 metri dalla linea del tracciato.
Tra i plichi oceanici preparati da Italferr ampio spazio viene dato proprio ai possibili imprevisti desunti dal Catasto regionale grotte e declarati dalla stessa Federazione speleologica triestina, chiamata in causa evidentemente come parte tecnica.
Di queste, 39 non interferiscono con il percorso ipotizzato attualmente, 21 «sono quelle a cui rivolgere particolare attenzione in quanto cavità preistoriche o utilizzate nella Prima guerra mondiale o ad alto valore ambientale», 26 «sono quelle per cui viene chiesto, dalla Federazione speleologica, la salvaguardia degli ingressi con opere di protezione». È che poi ci sono anche 22 «grotte che possono interferire con i tracciati e creare problemi tecnici agli scavi». Senza contare che l’entità delle incognite potrebbe pure essere superiore, dato che «solamente il 20% delle posizioni topografiche degli ingressi delle grotte contenute nel Catasto regionale è stato eseguito con tecniche Gps».
Nella lista nera spunta ad esempio l’Abisso del ciclamino profondo 70 metri, nei pressi di Aurisina, distante si presume 40 metri dal tracciato, o la Grotta delle Torri di San Pelagio, dallo sviluppo di 214 metri, stimata a 30 metri dai binari. O, ancora, la Grotta Sorpresa e la Grotta del Bidone, nomen omen, entrambe collocate sulla cintura dello snodo di Aurisina, «cavità da riesplorare - si legge nella relazione - e da verificare con sistemi Gps perché ubicata nella prossimità dei cameroni di interconnesione tra le linee Aurisina-Trieste e Trieste-Divaccia». Per questo «la Federazione speleologica triestina chiede a Rfi di essere messa a conoscienza, in anticipo, dei programmi di perforazione a scopo di indagine geologica del progetto, al fine di poter scambiare, nel reciproco spirito di collaborazione, informazioni su potenziali situazioni a rischio».
Ma il progetto preliminare - come si desume dalle comunicazioni delle Fs agli enti locali - ”interferisce” letteralmente, tra Medeazza e Aurisina, anche con sette impianti di rete energetica esistente. Sono due linee elettriche aeree dell’Enel, altrettanti segmenti dell’oleodotto interrato della Siot e tre pezzi di gasdotto della Snam. Ultima grana: l’attuale passaggio a livello tra la stazione di Aurisina e San Pelagio è stato nominato e va eliminato.

(pi.ra.)
 

 

TAV - È arrivato ”scaglionato” il plico di Italferr - Ricevuto dagli enti in giorni diversi La versione di Ret
 

Quando non ci mette lo zampino la burocrazia, a incastrare i bastoni tra le ruote è il lungo ponte natalizio. Solo così si spiega come sono caduti dalle nuvole alcuni amministratori, comunali e provinciali, che fino all’altro giorno ammettevano candidamente di non aver ricevuto alcun plico da Italferr né di manifestare la più pallida idea sui contenuti del progetto preliminare relativo alla nuova linea dell’Alta velocità. Gli organici a minimo regime negli uffici pubblici, forse sommati a lievi ritardi nella consegna della posta, hanno fatto sì che al Comune di Trieste e agli inquilini di Palazzo Galatti rimanesse temporaneamente incognita la lettura della missiva spedita da Italferr. E precisamente la consultazione del dischetto contenente tutte le indicazioni sul tracciato. «Non abbiamo ricevuto nulla» era la dichiarazione-fotocopia che usciva dagli enti locali. Questo, quando invece i colleghi del confinante Isontino stavano già mettendo in moto la macchina organizzativa per approntare le osservazioni da contrapporre al documento. Al fine di segnalare eventuali ”interferenze”, ostacoli e criticità sul territorio non rilevate dallo studio. Insomma, Murphy ne avrebbe da dire.
Intanto, stando a quanto trascritto sul bando apparso lo scorso 22 dicembre oltre che su Il Piccolo anche su altri organi di stampa, «chiunque abbia interesse, previa consultazione degli elaborati depositati, può far pervenire entro 60 giorni dalla data di pubblicazione del presente avviso, le proprie istanze, pareri e osservazioni inerenti detto progetto, in forma scritta a tutti gli enti». E allora forse giova ricordare che dal 22 dicembre a oggi sono già trascorsi quattordici giorni, due settimane. Ne restano a disposizione, in vista della Valutazione d’impatto ambientale (Via), ancora quarantasei. Tic tac, tic tac: le lancette scorrono. Il primo dei sindaci a farsi avanti, convocando l’opposizione, già pronto a verificare direttamente sul territorio la portata dell’effettivo tracciato è il sindaco di Duino Aurisina Giorgio Ret, il quale però sulla scadenza dei termini per le osservazioni offre un’interpretazione divergente: «Fa fede la data del protocollo. Io ho ricevuto il plico appena lunedì sera: avevo il personale in ferie. La lettera potrebbe esser giunta venerdì, ovvero a San Silvestro, ma non ho materialmente avuto la possibilità di esaminarlo prima». Ma anche Ret ha ragione: gli enti coinvolti non devono esprimersi in merito alla Via bensì sulle cosiddette ”interferenze” del progetto lunego i territori di propria competenza.
TIZIANA CARPINELLI
 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI', 4 gennaio 2011

 

 

Così lo "standby" nelle case manda in rosso la bolletta - Dal pc alla tv è impossibile spegnere gli elettrodomestici, spesso fuori norma.

 

Playstation e X-box spenti o accesi consumano cinque volte di più di un frigorifero
Standby o non standby, il consumo corre ininterrotto sul filo. Imprevisto e sommesso, silenzioso, impercettibile. Tranne che a fine mese quando la bolletta, nonostante computer, tv, frigo, radio o lavatrice siano stati usati poco o niente, diventa improvvisamente salatissima. Salatissima e amara come il nostro stupore di utenti a volte distratti. Convinti, avendoli lasciati in standby, di aver risparmiato. Persuasi, erroneamente, che se uno tiene spento o non usa i videogames non paga energia. Tutto sbagliato, da rifare, cambiando comportamenti e con un occhio attento ai saldi di gennaio per evitare di comprare scontato un prodotto che pagheremo in realtà ben più caro in bollette di energia, perché il 30 % non è a norma. A dirlo sono studi fatti a livello europeo da diverse università in collaborazione col Politecnico di Milano, e Legambiente che, sul sito Viviconstile.org, detta una sorta di vademecum sullo standby, su come risparmiare in casa e fare acquisti senza pericoli.
Secondo una indagine europea, infatti, le apparecchiature collegate in rete, spente o non in uso, consumano comunque l'11 per cento di tutta l'elettricità che usiamo durante l'anno per una spesa di ben 60 euro a famiglia. Una dose di kilowatt pari all'energia prodotta da otto grandi centrali termoelettriche. Per evitare consumi eccessivi che finiscono per inquinare, dal 2010 una direttiva europea prevede che gli apparecchi in vendita quando sono in modalità spenta o stand by non debbano superare 1w di potenza assorbita. La realtà è
ben diversa: il 30 % è fuorilegge. Lo dice un'inchiesta del Politecnico che, nell'ambito del progetto europeo di monitoraggio di politiche energetiche Salina, ha analizzato 6mila prodotti in vendita.
Come dire, si vendono macchinari che fanno spendere più del previsto, che consumano più di quanto la legge consenta. I più voraci anche spenti sono le fotocopiatrici, stampanti laser, decoder della nuova tv digitale, i router per collegarsi in rete, i televisori soprattutto i videogiochi e persino le macchinette del caffè espresso che hanno consumi enormi in standby, pari a 15 euro l'anno. Ma il cahier de doléances non finisce qui.
Playstation 3 e X-box, racconta Legambiente, sia da spenti che da accesi assorbono quasi la stessa quantità di energia, consumando 5 volte di più di un frigorifero efficiente. Lasciarle accese può costare 250 euro l'anno. Tra i televisori, alcuni modelli con grande schermo consumano anche il triplo rispetto a una TV tradizionale, e con lo standby acceso usano in un anno tanta energia quanto tre lavatrici tra le meno efficienti.
Comportamenti che significano centinaia di euro sprecati: lasciare il computer acceso 24 ore al giorno può costare 130 euro l'anno, cui vanno aggiunti altri 20 se si lasciano accese anche le casse e 43 euro se non si spegne il monitor Lcd. Questi i risultati dell'indagine del Policlinico su base europea e in Italia? "Le cose non vanno meglio", conferma Andrea Poggio vicedirettore di Legambiente, "visto che il nostro paese non ha fatto nulla per favorire l'adozione della direttiva. Così c'è il rischio che durante i saldi di gennaio ci si porti a casa prodotti che iper consumano, fuori norma, convinti invece di fare un affare. Bisogna quindi leggere bene le etichette, c'è n'è una proprio dedicata al consumo energetico. Per gli elettrodomestici che si hanno già a casa il consiglio è invece di acquistare una bella ciabatta dotata di interruttore e ricordarsi di spegnerla. Perché il vero problema sono quegli elettrodomestici che tu credi di aver spento e quindi di non consumare e che invece anche non attivi, come i videogiochi, usano energia alla grande".
Spegnere per risparmiare, spegnere per non inquinare. Chiudendo gli apparecchi quando non si utilizza internet si risparmierebbero un miliardo in Europa, e soprattutto 3.5 milioni di tonnellate di CO2 emessa per produrre l'energia necessaria.
CATERINA PASOLINI

 

 

dal sito FORUMNUCLEARE.IT - MARTEDI', 4 gennaio 2011

 

 

ELENCO INCIDENTI NUCLEARI DI CUI SI HA NOTIZIA (aggiornato al 2008)

 

(e in un mondo che mette in carcere il signor Assange, chissà di quanti incidenti non sappiamo nulla)
1952 Chalk River (Canada). L’errore di un tecnico provocò una reazione che portò alla semidistruzione del nocciolo del reattore.
1952 Usa. Un incidente con reattore Argon. 4 morti accertati.
1955, febbraio, Atlantico. La nave appoggio Fori-Rosalie della Royal Navy affonda nell’Atlantico 1500 recipienti contenenti ciascuno una tonnellata di residui atomici a 1.600 Km dalle coste inglesi e a 2.000 metri di profondità.
10 marzo 1956 - Mar Mediterraneo. Un bombardiere B-47 precipita nel Mediterraneo con a bordo due capsule di materiale fissile per la realizzazione di bombe nucleari.
27 luglio 1956 - Gran Bretagna. Un bombardiere B-47 in Gran Bretagna slitta sulla pista e va a colpire un deposito contenente sei bombe nucleari.
1957, ottobre. Windscale (GB). Fusione del nocciolo (l’incidente più grave che possa accadere in una centrale). Il reattore viene inondato. Fuga di radioattività pari al 1/10 della bomba atomica di Hiroshima. La nube radioattiva arriva fino in Danimarca. La radioattività su Londra si eleva 20 volte oltre il valore naturale (Londra dista da Windscale 500 km). Il consumo di latte è vietato in un raggio di 50 km (ogni giorno vengono gettati 600.000 litri di latte).
7 ottobre 1957 -Sellafield (Gran Bretagna) (scala Ines 5). Nel complesso nucleare di Windscale in Gran Bretagna, dove si produce plutonio per scopi militari, un incendio nel nocciolo di un reattore a gas-grafite (GCR) genera una nube radioattiva imponente. I principali materiali rilasciati sono gli isotopi radioattivi di xenon, iodio, cesio e polonio.La nube attraversa l’Europa intera. Sono stati ufficializzati soltanto 300 morti per cause ricondotte all’incidente (malattie, leucemie, tumori) ma il dato potrebbe essere sottostimato.
Settembre 1957 - Kyshtym (Unione Sovietica) (scala Ines 6). In una fabbrica di armi nucleari negli Urali, una cisterna contenente scorie radioattive prende fuoco ed esplode, contaminando migliaia di chilometri quadrati di terreno con una nube di 20 milioni di curie. Il rilascio esterno di radioattività avviene a seguito di un malfunzionamento del sistema di refrigerazione di una vasca di immagazzinamento di prodotti di fissione ad alta attività. Vengono esposte alle radiazioni circa 270mila persone. Si stimano per le conseguenze dell’incidente oltre 100 morti.
1958 Usa. Un incidente a Oak Ridge: 12 persone investite dalle radiazioni.
1958 zona Urali (Urss). Catastrofe nucleare a causa dell’esplosione di un deposito di scorie radioattive. Centinaia di morti. Decine di migliaia di contaminati. Migliaia di km ancora oggi recintati.
3 gennaio 1961 – Idaho Falls (USA). A seguito di un incidente in un reattore sperimentale di Idaho Falls negli Stati Uniti, muoiono tre tecnici.4 luglio 1961 – URSS. La fuoriuscita di radiazioni per un guasto al sistema di controllo di uno dei due reattori di un sommergibile atomico sovietico provoca la morte del capitano e di sette membri dell’equipaggio.
1961, 4 luglio. URSS. La fuoriuscita di radiazioni per un guasto al sistema di controllo di uno dei due reattori di un sommergibile atomico sovietico provoca la morte del capitano e di sette membri dell’equipaggio.
1964 Usa. Incidente al reattore Wood River: un morto.
1964 Garigliano (Italia). Guasto al sistema di spegnimento di emergenza del reattore. Si è andati vicino alla catastrofe.
5 dicembre 1965 – Isole Ryukyu (Giappone). Un jet militare americano A-4E con a bordo una bomba all’idrogeno B-43 scivola in mare da una portaerei statunitense vicino alle isole giapponesi Ryukyu.
17 gennaio 1966 – Palomares (Spagna). Un B-52 statunitense con quattro bombe all’idrogeno B-28 entra in collisione con un aereo cisterna durante il rifornimento in volo. I due aerei precipitano e tre bombe a idrogeno (bombe H) cadono nei pressi di Palomares, mentre la quarta cade in mare. L’esplosivo di due delle tre bombe, a contatto col suolo, detona spargendo su una vasta area plutonio e altro materiale radioattivo. In tre mesi vengono raccolte 1.400 tonnellate di terra e vegetazione radioattiva che vengono portate negli Stati Uniti. Mentre i militari statunitensi sono forniti di tute protettive, gli spagnoli continuano a vivere tranquillamente e a coltivare i terreni. Un monitoraggio effettuato nel 1988 su 714 abitanti ha rivelato in 124 di loro una concentrazione di plutonio nelle urine di gran lunga superiore ai livelli normali.
5 ottobre 1966 – Detroit (USA). Il nucleo di un reattore sperimentale situato in un impianto vicino a Detroit si surriscalda a causa di un guasto al sistema di raffreddamento
1966 Ottobre, Lagoona Beach (Usa). Alcune piastre di protezione si staccano e bloccano il circuito di raffreddamento del reattore autofertilizzante Enrico Fermi (61 Mw) per cui si ha surriscaldamento; il dispositivo di arresto automatico non funziona; il reattore riprende la sua attività soltanto nel 1970; e nel 1972 viene fermato definitivamente.
1967 Trino Vercellese (Italia). Fessurazione di una guaina d’acciaio di una barra di combustibile con conseguente chiusura della centrale per 3 anni. Per buona parte di questo tempo la centrale ha scaricato nelle acque del Po trizio radioattivo.
1967 Francia. Fusione di elementi combustibili nel cuore del reattore di Siloe (Grenoble). Ciò provoca la liberazione di Iodio 131 e Cesio 137 nell’acqua di raffreddamento del reattore. Si liberano gas radioattivi nell’aria.
21-01-68 Groenlandia un B-52 si schiantò sul ghiaccio a pochi chilometri dalla base militare di Thule, sulla costa nord-occidentale della Groenlandia (territorio danese), la base più settentrionale delle forze armate americane, centro nevralgico del sistema di radar che proteggevano il paese durante la guerra fredda.
A bordo del bombardiere c’erano quattro bombe atomiche. Tre vennero recuperate, una non venne mai trovata, nonostante le ricerche anche sottomarine. L’incidente fu tenuto segreto per 40 anni.
1968 Den Haag (Olanda). Per un «errore tecnico» si libera nella centrale Up 2 del materiale radioattivo. La radioattività nell’aria della città supera di 100 volte i limiti «accettabili».
1968 Gennaio, Chooz (Belgio). Grave incidente nel reattore ad acqua leggera. La riparazione è durata 2 anni e 2 mesi. Nel 1970 il reattore è guasto di nuovo.
10 marzo 1968 – Oceano Pacifico. Il sottomarino K-219 affonda nel Pacifico. A bordo ha tre missili nucleari e due siluri a testata nucleare.
27 maggio 1968 – Oceano Atlantico. Un sottomarino statunitense con a bordo due siluri a testata nucleare affonda nell’Atlantico.
21 agosto 1968 – Groenlandia. Un B-52 statunitense precipita in Groenlandia. Tre bombe all’idrogeno che si trovavano a bordo esplodono e 400 grammi di plutonio-239 si disperdono nell’ambiente. L’area viene successivamente bonificata da oltre 500 uomini inviati dalla Danimarca e da 200 militari statunitensi. Nei venti anni successivi, 100 dei danesi che avevano partecipato all’intervento si ammalano di cancro, altri di gravi malattie tra cui la sterilità.
1968 Agosto, Brenìllis (Spagna). La centrale si blocca completamente. La riparazione è durata 3 anni.
1968 Francia. Il reattore di Monts Arreé si arresta per un incidente. Periodo di riparazione: 3 mesi.
1969 Garigliano (Italia). Sette arresti alla centrale per guasti.
1969, febbraio. Latina (Italia). Arresto alla centrale di Latina per mancanza di alimentazione alla strumentazione (a marzo si avrà ancora un grosso guasto alla stessa centrale).
1969, gennaio. Lucens (Svizzera). Dopo sole 7 ore di funzionamento si ha surriscaldamento con rottura di guaine ed infiltrazione di acqua contaminata nel sotterraneo. La grotta contenente la centrale è stata murata definitivamente.
1969 Germania. Per fessurazioni molteplici delle turbine il reattore Gundremmingen sul Danubio viene chiuso per 3 anni.
1969 Usa. Incendio nel reattore di Rocky-Flats. Durante l’incendio si perde plutonio.17 ottobre 1969 – San Laurent (Francia). Un errore nelle procedure adottate per la gestione del combustibile provoca una fusione parziale a un reattore nucleare raffreddato a gas.
1970 Belgio. Altro incidente nel cuore del reattore di Chooz.
1970 Chicago (Usa). L’impianto Edison perde 200.000 litri di acqua contaminata.
1970 Usa. Il reattore da 600 Mw Dresden 2 sfugge completamente al controllo per 2 ore per un guasto ad una apparecchiatura di controllo.
12 aprile 1970 – Oceano Atlantico. Il sottomarino sovietico K-8 affonda nell’Atlantico con a bordo due reattori e due siluri a testata nucleare.
1971 Den Haag (Olanda). Rottura di un tubo per il convoglia-mento di acqua radioattiva.
1971 Kansas. Si scopre che la miniera di sale scelta per lo stoccaggio delle scorie radioattive, al riparo dell’acqua, è piena di buchi e l’Aec (Ente americano per l’energia nucleare) è costretto a improvvisare dei piani di stoccaggio in superficie.
1971 Francia. Fournier rivela in «Charlie Hebdo» n. 14 che un tecnico del centro nucleare di Saclay ha tentato, due anni prima, di suicidarsi dando fuoco al laboratorio in cui lavorava.
1972 Francia. Due militanti del gruppo ecologico «Survivre et vivre» scoprono che più di 500 fusti di residui radioattivi su 18.000 conservati all’aperto al centro di ricerche nucleari di Saclay, hanno larghe fenditure che lasciano così sfuggire la radioattività.
1972 Francia. Un operaio portoghese che non conosce i segnali di pericolo lavora parecchie ore in una sala irradiata del centro di Saclay.
1972 Francia. Ancora al centro di Saclay sfuggono dieci metri cubi di liquidi radioattivi.
1972 USA. Due lavoratori nell’impianto di Surry muoiono per l’esplosione dei tubi di un sistema di sicurezza mentre ispezionano tubi già difettosi.
1973 Hanford (Usa). La Aec ammette che nei 15 anni precedenti si sono verificati 15 incidenti in cui si sono liberati liquidi radioattivi per un totale di 1.600.000 litri.
1973 Marzo, Chinon (Francia). Arresto definitivo della centrale nucleare di Chinon I, dopo soli 11 anni di funzionamento. Di fatto la centrale ha mosso le turbine per 43.000 ore, ossia per 5 anni.
Aprile 1973 – Isole Hawaii (USA). Fuga radioattiva nel sottomarino statunitense Guardfish alle Hawaii. Cinque marinai dell’equipaggio vengono contaminati dalle radiazioni.
1973 Settembre, La Hague (Francia). Fuga di gas radioattivo. 35 lavoratori sono contaminati di cui 7 gravemente.
1973 Settembre, Windscale (GB). Nell’officina di ritrattamento si ha un rigetto di radioattività. 40 lavoratori sono contaminati.
1973 Novembre, Hanford (Usa). Si ha la diciassettesima fuga di liquidi radioattivi. Gli accumuli di plutonio in una fossa vicino alla città sono così grandi da rendere possibile una reazione a catena.
1973 Dicembre, Usa. Di 39 reattori, negli Usa, 13 sono fuori servizio. Brown’s Ferry lavora al 10%, Peach Botton al 2%, Connec 2 al 20%.
1973 Den Haag (Olanda). 35 addetti agli impianti sono intossicati (7 in modo molto grave). Nubi di gas radioattivo si diffondono per 15 minuti sulla campagna.
1974 – Mar Caspio. Fonti di stampa segnalano un’esplosione in un impianto atomico sovietico a Shevchenko, nel Mar Caspio.
1974 Aprile, Austria. Qualcuno contamina volontariamente il treno Vienna-Linz con Iodio 131 e Iodio 113. Dodici persone vengono ricoverate. Gli autori dell’attentato non sono mai scoperti.
1974 Maggio, Casaccia (Italia). Si spacca un recipiente contenente plutonio. Non si sa altro.
1974 Maggio, Usa. L’Usaec comunica che 861 anomalie si sono prodotte nel 1973 nei 42 reattori in funzione; che 371 avrebbero potuto essere serie e che 18 lo furono realmente (di cui 12 con fuga di radioattività).
1974 Usa. Una nube radioattiva di trizio si forma per una fuga di gas da un condotto della centrale di Savannah Mirex, in Carolina. La nube va lentamente alla deriva ad una altezza di 70 metri.
1974 Francia. A 60 anni dall’avvio di una fabbrica di radio, nonostante il suo smantellamento, si libera ancora una radioattività significativa. L’acquirente del terreno di Gyf-sur-Yvette sul quale la fabbrica è situata scopre in vari punti fonti radioattive che superano 50 volte la dose massima consentita.
1974 Usa. Da un’inchiesta risulta che più di 3.700 persone che avevano accesso ad armi atomiche hanno dovuto essere licenziate. Motivi: demenza, decadimento intellettuale, alcolismo.
1974 Belgio. L’acqua della condotta Visé, captata nel Pletron, contiene da 2 a 3 volte più radon 22 (gas radioattivo) del massimo ammesso per una popolazione adulta vicina ad una centrale.
1975 Gennaio, Usa. Viene ordinata la chiusura di 23 reattori per guasti nel sistema di raffreddamento, vibrazioni anormali e piccole fughe di gas radioattivo.
Inverno 1974/75 – Leningrado (URSS). Una serie di incidenti viene segnalata nell’inverno tra il 1974 e il 1975 presso la centrale nucleare di Leningrado, in Unione Sovietica. Tre morti accertati.
1975 Marzo, Brown’s Ferry (Usa). Per cercare correnti d’aria nella cabina di comando della centrale viene usata una candela che appicca il fuoco a tutti i cavi elettrici bloccando tutti i sistemi di sicurezza. Si riesce a rimediare fortunosamente (per un resoconto più dettagliato di questo grave incidente vedi il «Corriere della sera» del 2/7/1977, p. 3.). Secondo il calcolo delle probabilità questo incidente può verificarsi in un caso su mille miliardi, eppure!
1975, 19 novembre. Germania. Muoiono 2 operai nel reattore di Gundremmingen. I due dovevano riparare una valvola. Escono 4 litri di vapore radioattivo ad una pressione di 60 atmosfere e ad una temperatura di 270°C.
22 novembre 1975 – Mare Mediterraneo. Una portaerei e un incrociatore americani entrano in collisione nel Mediterraneo a causa del mare agitato. Come in altri casi non è accertata, ma probabile, la fuoriuscita di materiale nucleare in seguito all’incidente.
7 dicembre 1975 – Lubmin (Repubblica Democratica Tedesca). Un cortocircuito nell’impianto della Centrale di Lubmin, sul litorale baltico nella Germania Orientale, provoca una parziale fusione del nucleo del reattore.
1976 Gennaio, Germania. Sempre a Gundremmingen la neve caduta in abbondanza spezza le linee elettriche che convogliano l’energia prodotta nel reattore. Questo, spento con la procedura d’emergenza, fu soggetto ad una tale pressione interna che le valvole di sicurezza si aprirono e liberarono vapore radioattivo.
1976 Windscale (GB). Il reattore contamina di Iodio 131 centinaia di miglia di territorio.
1976 Ottobre Tallin (Urss). Salta in aria una centrale atomica sotterranea: almeno cento persone sono morte. Le autorità sovietiche negano ma dopo il 25 ottobre, e per una settimana almeno, il quotidiano russo ha pubblicato una decina di necrologi ogni numero (Per un resoconto più dettagliato di questo incidente vedi «Panorama» de 30/11/1976, p. 145.).
1977 Bulgaria. Nella centrale di Klozodiy, a causa di un terremoto, salta la strumentazione di controllo del reattore. Grazie ai tecnici che sono riusciti a fermare la reazione, l’Europa ha evitato conseguenze gravissime.
1977 Aprile, El Ferrol (Spagna). Fuga radioattiva. Più di 100 persone contaminate.
1978 Maggio, Caorso (Italia). Il giorno del collegamento della centrale con la rete elettrica (26 maggio ‘78) si sono avute fughe limitate nel reparto turbine. Ci sono valvole che non tengono, strutture portanti, come i tiranti che sostengono i tubi del gas radioattivo, mal progettati con calcoli sbagliati.
28 marzo 1979 - Three Mile Island (Harrisburgh, Usa) (scala Ines 5). Il surriscaldamento di un reattore, a seguito della rottura di una pompa nell’impianto di raffreddamento, provoca la parziale fusione del nucleo rilasciando nell’atmosfera gas radioattivi pari a 15mila terabequerel (TBq). Vengono evacuate 3.500 persone.
7 agosto 1979 – Tennessee (USA). La fuoriuscita di uranio arricchito da una installazione nucleare segreta provoca la contaminazione di oltre 1.000 persone. Vengono registrati nella popolazione valori di radioattività fino a cinque volte superiori alla norma.
Agosto 1979 – Erwin (USA). Oltre 1.000 persone vengono contaminate a seguito di una fuga radioattiva in un centro di ricerca nucleare, fino ad allora rimasto segreto, a Erwin, negli Stati Uniti.
Marzo 1981 – Tsuruga (Giappone). 280 persone vengono contaminate a causa di una fuga di residui radioattivi nella centrale di Tsuruga, in Giappone. Un mese dopo le autorità comunicano che 45 operai sono stati esposti a radioattività nel corso delle operazioni per la riparazione della centrale.
1982 USA. Nella centrale di Giuna, uno dei tubi del sistema refrigerante sì fessura e scarica acqua bollente radioattiva.
1982 USA. Dopo l’incidente di Giuna si scoprono in altre sette centrali oggetti di metallo dimenticati nelle condotti. Molti impianti sono così fermati perché ritenuti poco sicuri.
Novembre 1983 – Sellafield (Gran Bretagna). Lo scarico di liquidi radioattivi nel Mare d’Irlanda provoca la reazione di cittadini ed ecologisti, che sollecitano la chiusura della centrale nucleare di Sellafield, in Gran Bretagna.
10 agosto 1985 – URSS. Un’esplosione devasta il sottomarino atomico sovietico Shkotovo-22: muoiono dieci membri dell’equipaggio esposti alle radiazioni.
6 gennaio 1986 – Oklahoma (USA). Un operaio muore e altri 100 restano contaminati a seguito di un incidente che si sviluppa in una centrale atomica in Oklahoma, negli Stati Uniti.
26 aprile 1986 - Cernobyl (Ucraina) (scala Ines 7). L’incidente nucleare in assoluto più grave di cui si abbia notizia. Il surriscaldamento provoca la fusione del nucleo del reattore e l’esplosione del vapore radioattivo, che sotto forma di una nube pari a un miliardo di miliardi di Bequerel si disperde nell’aria. Centinaia di migliaia di persone, soprattutto nella vicina Bielorussia, sono costrette a lasciare i territori contaminati. L’intera Europa viene esposta alla nube radioattiva e per milioni di cittadini europei aumenta il rischio di contrarre tumori e leucemia. Non esistono ancora oggi dati ufficialie definitivi sui decessi ricollegabili alla tragedia.
1986, 4 maggio (una settimana dopo il disastro di Chernobyl). Hamm-Uentrop, Germania Ovest. Un esperimento in un impianto da 300 megawatt THRT-300 PBMR (reattore a letto di sfere) nella Germania Ovest ha causato la fuoriuscita di materiale radioattivo dopo che uno dei letti di sfere è stato immesso nel condotto utilizzato per portare carburante al reattore. Il tentativo di rimuovere l’ostruzione creatasi ha danneggiato il condotto e causato il rilascio di radionuclidi. Radiazioni sono state misurate per circa due kilometri intorno al reattore.
6 ottobre 1986 – Oceano Atlantico. Il sottomarino K-219 affonda nell’Atlantico con 34 testate nucleari a bordo.
1989 Finlandia. Avaria nel sistema di controllo nella stazione di Olkiluoto.
1990 Germania. Infiltrazione di tritio nella stazione nucleare di Kruemmel.
1991 Finlandia. Spegnimento manuale dovuto ad un incendio nella stazione di Olkiluoto.
1991 Germania. Incidente durante il rifornimento di carburante nella stazione di Wuergassen.
Febbraio 1991 – Mihama (Giappone). La centrale riversa in mare 20 tonnellate di acqua altamente radioattiva
24 marzo 1992 – San Pietroburgo (Russia). A seguito della perdita di pressione nell’impianto di Sosnovy Bor nei pressi di San Pietroburgo, fuoriescono e si disperdono in atmosfera iodio e gas radioattivi.
Novembre 1992 – Forbach (Francia). Un grave incidente nucleare causa la contaminazione radioattiva di tre operai. I dirigenti dell’impianto vengono accusati l’anno successivo di non aver approntato le misure di sicurezza previste.
1992 Germania. Avaria nel sistema di raffreddamento nella centrale di Brunsbuttel.
13 febbraio 1993 – Sellafield (Gran Bretagna). Fuga radioattiva nell’impianto di riprocessamento di Sellafield. La densità massima di radionuclidi dello iodio consentita viene superata di oltre tre volte.
17 febbraio 1993 - Barsebaeck (Danimarca). Uno dei reattori della centrale di Barsebaeck viene temporaneamente fermato a causa della fuoriuscita accidentale di vapore radioattivo.
Aprile 1993 – Siberia (Russia). Un incendio nel complesso chimico di Tomsk-7 colpisce un serbatoio di uranio. Risultano contaminati circa 1.000 ettari di terreno. La nube radioattiva si dirige verso zone disabitate.
23 marzo 1994 – Biblis (Germania). Centrale nucleare di Biblis: una falla nel circuito primario di un reattore fa uscire liquido altamente contaminato.
28 giugno 1994 – Petropavlosk (Russia). Fuga di materiale radioattivo nella baia di Seldevaia a causa della rottura di un deposito a Petropavlosk.
1995 Germania. L’Alta Corte tedesca decide che la licenza di attività concessa alla stazione di Mülheim-Kärlich è illegale, a causa della mancata considerazione, in fase di concessione, del rischio di terremoto nella zona.
Settembre 1995 – Kola (Mare di Barents). L’energia elettrica della centrale di Kola viene staccata per morosità e vanno fuori uso i sistemi di raffreddamento. Incidente solo sfiorato, grazie all’intervento del comandante della base.
Novembre 1995 – Cernobyl (Ucraina) (scala Ines 3). Un’avaria al sistema di raffreddamento del reattore n.1 di Cernobyl causa un incidente nel quale la radioattività si disperde e contamina gli operai impegnati nella manutenzione.
8 dicembre 1995 – Monju (Giappone). Due tonnellate di sodio liquido e altro materiale radioattivo fuoriescono dal reattore nucleare prototipo di Monju nella prefettura di Fukui a causa di un malfunzionamento al sistema di raffreddamento. L’impianto è costituito da un reattore autofertilizzante a neutroni veloci FBR.
Febbraio 1996 – Dimitrovgrad (Federazione Russa). Un addetto causa la rottura della valvola di sicurezza di uno dei reattori del centro di ricerche atomiche di Dimitrovgrad. Fuoriesce una nube radioattiva contenente soprattutto radionuclidi di manganese.
1997 Germania. Un treno trasportante liquido nucleare deraglia di fronte alla stazione di Kruemmel.
Marzo 1997 – Tokaimura (Giappone). Un incendio e un’esplosione nel reattore nucleare nell’impianto di ritrattamento nucleare di Tokaimura contamina almeno 35 operai.
Giugno 1997 – Arzamas (Russia). Un incidente nel centro ricerche di Arzamas porta i materiali radioattivi sull’orlo di una reazione a catena. Si sviluppa una nube radioattiva a seguito della quale muore il responsabile dell’esperimento.
Luglio 1997 – La Hague (Francia). Il comune di Amburgo denuncia presenza di radioattività nell’acqua scaricata nella Manica dall’impianto di trattamento francese di La Hague. La Francia smentisce, ma il presidente della Commissione di controllo si dimette.
Settembre 1997 – Urali (Russia). Sugli Urali si scontrano un trattore e un camion che trasporta isotopi radioattivi. Da due container fuoriesce liquido pericoloso contenente iridio 192 e cobalto 60. Nell’area la radioattività sviluppata è 25 volte superiore al limite consentito.
1 maggio 1998 – Catena delle Alpi. Le autorità di controllo francesi scoprono elevati livelli di contaminazione da cesio 137 sulle Alpi, causati dal passaggio di rottami ferrosi provenienti dall’Europa dell’Est.
1999, 8 Gennaio, Francia. Centrale di Cruas Meysse, 65 persone evacuate dopo che si sono accese le luci d’allarme radioattivo.
1999, 11 Marzo, Francia. Centrale del Tricastin, un contaminato.
1999, 16 Giugno, Russia. Centrale di Seversk, 2 contaminati per fuga radioattiva.
1999, 23 Giugno, Ucraina. Centrale di Rivno, principio incendio.
1999, 4 Luglio, Ucraina. Centrale di Zaporozhie (Ucraina), bloccato un reattore per precauzione.
1999, 12 Luglio, Giappone. Centrale Tsuruga, bloccato reattore per una perdita acqua.
1999, 17 Luglio, Ucraina. Centrale di Cernobyl, 3 operai contaminati.
30 settembre 1999 - Tokaimura (Giappone) (scala Ines 4). Un incidente in una fabbrica di combustibile nucleare attiva una reazione a catena incontrollata. Viene accertato che si tratta di un errore umano: due operai hanno trattato materiali radioattivi in contenitori non idonei. Tre persone muoiono all’istante, mentre altre 439, di cui 119 in modo grave, vengono esposte alle radiazioni. Vengono ricoverati in 600 ed evacuati 320mila abitanti della zona.
1999, 2 Ottobre, Ucraina. Centrale di Khmelitskaya, blocco del reattore per malfunzionamento.
4 ottobre 1999 – Wolsong (Corea del Sud). Una fuoriuscita di acqua pesante durante lavori di manutenzione della Centrale di Wolsong causa l’esposizione alle radiazioni di 22 operai impiegati presso l’impianto.
5 ottobre 1999 – Centrale di Loviisa (Finlandia). Viene segnalata una perdita di idrogeno nell’impianto di Loviisa, sulla costa Finlandese. Secondo i tecnici della centrale c’è stato un pericolo di incendio e perdite. La situazione, secondo gli addetti, è rimasta comunque sotto controllo.
8 ottobre 1999 - Rokkasho (Giappone). Una piccola quantità di materiale radioattivo fuoriesce da un deposito di scorie a Rokkasho, nella prefettura giapponese di Aomori. Le radiazioni provengono da due fusti arrivati dalla centrale nucleare di Ekushima.
20 ottobre 1999 – Superphenix (Francia). Un incidente tecnico ritarda lo smantellamento del reattore a neutroni rapidi Superphenix di Creys-Malville (Isere), nel Sud-Ovest della Francia. Nell’operazione di scarico del reattore un inconveniente tecnico a una puleggia per l’estrazione delle cartucce di combustibile arresta la fase di scarico del materiale radioattivo.
18 novembre 1999 – Torness (Scozia). Un Tornado della Raf in esercitazione precipita in mare di fronte alla centrale nucleare di Torness in Scozia a meno di ottocento metri dall’impianto. Un grave incidente è sfiorato per un soffio.
1999, 27 ottobre, USA. “I bambini statunitensi residenti vicino le centrali nucleari di New York, New Jersey e Florida hanno nei denti un “radioisotopo” (lo stronzio 90) che li espone ad un rischio tumore molto alto”. Così Ernest Sternglass, professore di radiologia all’università di Pittsburgh ha esordito nell’ultima conferenza stampa del progetto no-profit di “radioprotezione e salute pubblica”. Lo sconcertante risultato è stato ottenuto dai ricercatori statunitensi che hanno analizzato 515 bambini residenti negli Stati di New York, New Jersey e Florida. I livelli di radioattività rilevata nei campioni, raccolti dal 1979 al 1992, erano molto vicini a quelli osservati a metà degli anni ‘50 quando Stati Uniti e Unione Sovietica, in piena guerra fredda, si dilettavano negli esperimenti con le armi invisibili. Secondo i responsabili del progetto i livelli di radioattività dovevano invece essere scesi intorno allo zero. “Se gli esperimenti nucleari sia di superficie, sia sotterranei sono effettivamente terminati, i primi sospetti cadono sui reattori nucleari e sui relativi incidenti”, ha detto Sternglass, che ha aggiunto: “II mondo è troppo piccolo per gli incidenti nucleari”. I responsabili del progetto attribuiscono parte di questa radioattività al disastro avvenuto nel 1979 a Three Mile Island e a quello di Chernobyl nel 1986. Ci sono documenti federali che testimoniano la fuga nucleare dal reattore di Suffolk (New York) nei primi anni ‘80.
13 dicembre 1999 – Zaporozhe (Ucraina). Il primo dei sei reattori nucleari della centrale ucraina di Zaporozhe viene fermato per il malfunzionamento dei uno dei segnalatori di eccessiva pressione.
5 gennaio 2000 – Blayais (Francia) (scala Ines 2). Una tempesta provoca un incidente alla centrale di Blayais, nella Gironda, dove due dei quattro reattori vengono fermati. L’acqua invade alcuni locali della centrale: danneggiati pompe e circuiti importanti
27 gennaio 2000 – Giappone. Un incidente a una installazione per il riprocessamento dell’uranio in Giappone provoca livelli di radiazione 15 volte superiori alla norma in un raggio di circa 1,2 miglia. Funzionari locali segnalano che almeno 21 persone sono state esposte alle radiazioni.
15 febbraio 2000 – Indian Point (USA). Una piccola quantità di vapore radioattivo fuoriesce dal reattore Indian Point 2 vicino alla cittadina di Buchanan sul fiume Hudson, località a circa 70 chilometri da New York. La perdita di gas radioattivo costringe la società che gestisce l’impianto a chiudere la centrale e a dichiarare lo stato di allerta. La perdita è di circa mezzo metro cubo di vapori radioattivi.
2000, 16 giugno. Germania. Gradualmente, ma senza esitazioni, la Germania metterà al bando l’energia nucleare. Una dopo l’altra, nell’arco di 32 anni, le 19 centrali nucleari tuttora attive sul suolo tedesco saranno chiuse. Sui tempi dello smantellamento si è raggiunto un compromesso: il governo chiedeva 30 anni, gli industriali 35, se ne impiegheranno 32 per ogni stabilimento. Il primo che chiuderà sarà il più vecchio: la centrale di Obrigheim, aperta nel 1968, si spegnerà nel 2001. L’ultima, invece, nel 2021, sarà quella di Neckarwestheim-II, nel Baden-Wuerttemberg, che produce 1.269 Megawatt. Inoltre entro il luglio 2005 sarà proibito il trattamento delle scorie nucleari. Al momento le centrali nucleari tedesche producono il 33,5 per cento del fabbisogno energetico nazionale.
2001 Germania. Esplosione di una parte dell’impianto di Brunsbuettel.
10 aprile 2003 – Paks (Ungheria) (scala Ines 3). L’unità numero 2 del sito nucleare di Paks (costituito da quattro reattori è l’unico in Ungheria a 115 chilometri da Budapest) subisce il surriscaldamento e la distruzione di trenta barre di combustibile altamente radioattive. Solo un complesso intervento di raffreddamento scongiura il pericolo diun’esplosione nucleare, limitata ma incontrollata con gravi conseguenze per l’area intorno a Paks.
17 ottobre 2003 – Arcipelago de La Maddalena (Italia). Sfiorato incidente nucleare: il sottomarino americano Hartford s’incaglia nella Secca dei Monaci a poche miglia dalla base di La Maddalena dove solo l’abilità del comandante riesce a portare in porto il mezzo avariato. Il licenziamento di alcuni militari induce a pensare che il rischio corso non sia stato risibile.
9 agosto 2004 – Mihama (Giappone). Nel reattore numero 3 nell’impianto di Mihama, 350 chilometri a ovest di Tokyo, una falla provoca la fuoriuscita di vapore ad alta pressione che raggiunge i 270 gradi provoca quattro morti tra gli operai. Altri sette lavoratori vengono ricoverati in fin di vita. E’ l’incidente più tragico nella storia nucleare del Giappone. La centrale viene chiusa.
9 agosto 2004 – Shimane (Giappone). Scoppia un incendio nel settore di smaltimento delle scorie in una centrale nella prefettura di Shimane.
9 agosto 2004 – Ekushima-Daini (Giappone). L’impianto viene fermato per una perdita d’acqua dal generatore.
Aprile 2005 – Sellafield (Gran Bretagna). Viene denunciata la fuoriuscita di oltre 83mila litri di liquido radioattivo in 10 mesi a causa di una crepatura nelle condotte e di una serie di errori tecnici.
Maggio 2006 – Laboratori Enea di Casaccia (Italia). Fuoriuscita di plutonio, ammessa solo quattro mesi dopo, che ha contaminato sei persone addette allo smantellamento degli impianti.
Maggio 2006 – Mihama (Giappone). Ennesimo incidente con fuga di 400 litri di acqua radioattiva nella ex centrale nucleare di Mihama.
26 luglio 2006 – Oskarshamn (Svezia) (scala Ines 2). Corto circuito nell’impianto elettrico della centrale a 250 chilometri a sud di Stoccolma per cui due dei quattro generatori di riserva non sono stati in grado di accendersi. Vengono testate tutte le centrali nucleari del Paese e quella di Forsmark viene spenta.
7 ottobre 2006 – Kozlodui (Bulgaria). Viene intercettato un livello di radioattività venti volte superiore ai limiti consentiti e le verifiche portano a scoprire una falla in una tubazione ad alta pressione. La centrale, che sorge nei pressi del Danubio, scampa a una gravissima avaria. Secondo la stampa locale la direzione cerca di nascondere l’accaduto e di minimizzarlo nel rapporto all’Agenzia nazionale dell’Energia Atomica
Gran Bretagna 2007
John Large, dipendente della centrale nuclare di Suffolk decide, che Dio lo benidica, di andare a fare il bucato nella lavanderia della centrale stessa
Oibò! c’è acqua sul pavimento? perde una lavatrice? No! perde la centrale nucleare!
migliaia di litri di liquido radioattivo dispersi in ambiente, e se il tale non avesse deciso di fare il bucato in capo a qualche ora la centrale sarebbe potuta esplodere perchè nessun sensore aveva segnalato anomalie
la notizia non è stata molto pubblicizzata
28 giugno 2007 – Kruemmel (Germania). Scoppia un incendio nella centrale nucleare di Krummel, nel nord della Germania vicino ad Amburgo. Le fiamme raggiungono la struttura che ospita il reattore e si rende necessario fermare l’attività dell’impianto. In pochi mesi si verificano avarie anche nelle centrali di Forsmark, Ringhals e Brunsbuttel.Secondo il rapporto 2006 del ministero federale dell’Ambiente, l’impianto di Kruemmel è il più soggetto a piccoli incidenti tra le 17 centrali. Stando ai piani di uscita dal nucleare, fissati in una legge del 2002, il reattore dovrebbe essere spento al più tardi nel 2015.
16 luglio 2007 – Kashiwazaki (Giappone). La centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa, la più grande del mondo che fornisce elettricità a 20 milioni di abitanti, viene chiusa in seguito ai danneggiamenti provocati dal terremoto. L’Agenzia di controllo delle attività nucleari giapponesi ammette una serie di fughe radioattive dall’impianto, ma precisa che si tratta di iodio fuoriuscito dal una valvola di scarico. Il direttore generale dell’AIEA, Mohammed El Baradei, dice che il sisma: “è stato più forte di quello per cui la centrale era stata progettata”. Il terremoto provoca un grosso incendio in un trasformatore elettrico, la fuoriuscita di 1.200 litri di acqua radioattiva che si riversano nel Mar del Giappone e una cinquantina di altri incidenti. Si teme che la faglia sismica attiva passi proprio sotto la centrale.
4 GIUGNO 2008 - Krsko ( Slovenia) Alle ore 17.38 ora italiana il sistema d’allerta dell’Ecurie (European Community Urgent Radiological Information Exchange) ha ricevuto un’informativa dalla Slovenia su un incidente alla centrale nucleare di Krsko, 130 km in linea d’aria da Trieste. La comunicazione è stata trasmessa a tutti i 27 Stati membri dell’Unione. Le prime notizie sembrano relativamente rassicuranti: pare non via sia stata una fuoriuscita di sostanze radioattive dalla centrale. Sono state attivate le procedure di spegnimento del reattore, dopodiché sarà possibile, secondo un portavoce della Nek, la società che gestisce la centrale, verificare le cause dell’incidente. Quello che non è rassicurante è il silenzio informativo delle tv: praticamente su tutte le principali testate sul web la notizia campeggiava giustamente in prima pagina, ma in tv niente, niente alla lettera. Nessun programma è stato interrotto, nessuno ha pensato di aprire una finestra informativa. Neppure Emilio Fede che, quando non fa il propagandista, come giornalista sa il fatto suo e di solito su avvenimenti del genere ci si butta a pesce, bruciando spesso la concorrenza con ottime dirette. Eppure la notizia era ghiotta, ghiottissima, senonaltro in termini di ascolti. Ma in tv sono rimasti tutti zitti. Sarà forse perché il governo Berlusconi ha deciso di rilanciare il nucleare in grande stile, e questa notizia sarebbe stata una grandissima “seccatura”? Del resto non è la prima volta che la centrale slovena di Krsko è al centro di polemiche per la sua pericolosità: già nel 2005 la parlamentare dei verdi Luana Zanella aveva presentato una interrogazione piuttosto inquietante. Le conseguenze in caso di fall-out radioattivo alla centrale di Krsko sarebbero drammatiche: la nube radioattiva potrebbe raggiungere Trieste in sole due ore e, complessivamente, sarebbero colpite circa 30 milioni di persone di cui circa 5 milioni a rischio di vita immediato (dati forniti dall’associazione “Amici della Terra”).
07-07-2008 PARIGI - L’Autorità per la sicurezza nucleare francese ha chiesto in mattinata a Socatri, società satellite del colosso energetico Areva, di sospendere l’attività del suo sito di trattamento nella centrale nucleare di Tricastin, nel sud della Francia, e di prendere “misure immediate di messa in sicurezza”. Dagli impianti di Socatri, a Tricastin, si era verificata lunedì scorso una fuoriuscita di acque contenenti uranio, con parziale riversamento nei fiumi circostanti.
11/07/2008 STOCCOLMA- Un incendio si è verificato oggi sul tetto di una turbina nella centrale nucleare di Ringhals, situata a 60 chilometri da Goteborg, nella Svezia occidentale. Secondo i responsabili dell’impianto, l’incendio è stato rapidamente spento senza che il reattore potesse costituire in alcun momento una vera minaccia.”La nostra equipe di pompieri è riuscita a spegnere le fiamme in pochi minuti” ha dichiarato Gosta Larsen, portavoce della centrale. L’incendio è stato provocato dagli operai che lavoravano con alcune torce sul tetto dell’edificio e che hanno involontariamente dato fuoco allo stesso. “Non c’é stato niente di drammatico”, ha aggiunto Larsen, riconoscendo però che una fitta nube di fumo ha invaso il sistema di ventilazione della turbina, facendo scattare gli allarmi anti-incendioesterni che hanno provocato l’arrivo immediato di altre squadre di pompieri locali.La centrale nucleare di Ringhals possiede quattro reattori e produce il 20% circa dell’elettricità consumata in Svezia.
16-07-2008 FALDA CONTAMINATA NEI PRESSI DELLA CENTRALE DI TRICASTIN
10 giorni dopo la fuoriuscita da un impianto di acque usate contenenti 8,2 grammi al litro di uranio naturale. Il problema stavolta non sono però le acque auperficiali dei fiumi Gaffiere e Lauzon, in cui secondo i dati dell’Istituto di radioprotezione e sicurezza nucleare (Irsn) c’é una “diminuzione regolare del livello di uranio”, ma 4 punti di prelievo d’acqua in profondità, falde freatiche e pozzi privati, in cui la concentrazione di uranio supera la soglia massima fissata dall’Organizzazione mondiale della sanità di 15 microgrammi per litro.
18/07/2008Fuoriuscite di acque contaminate 18-07-2008 Fuoriuscite di acque contaminate da elementi radioattivi, “senza impatto sull’ambiente”, sono state registrate in un impianto della Areva a Romans-sur-Isere, nel dipartimento della Drome, nel sud-est della Francia. Lo ha reso noto stamane l’Autorithy francese per la sicurezza nucleare.
21/07/2008 Francia, nuova fuga radioattiva: 15 operai contaminati 21-07-2008Quindici operai dell’impianto nucleare di Saint Alban, nella regione dell’Isere (sud della Francia), sono stati contaminati dalla fuoriuscita di liquido radioattivo. Lo riferisce Electricité de France (Edf), l’azienda elettrica francese. «Gli operai sono stati leggermente contaminati nel corso di un intervento di manutenzione su un cantiere dell’unità produttiva numero due», ha indicato un responsabile della direzione. L’incidente non è stato classificato dall’Agenzia di sicurezza nucleare.
02/08/2008 Nucleare: forse fuga da nave Usa Acqua potenzialmente radioattiva puo’ essere fuoriuscita da un sommergibile nucleare americano in navigazione nel Pacifico per mesi.Lo ha reso noto in serata la CNN, riportando fondi ufficiali della Marina. La perdita e’ stata scoperta mentre il sommergibile nucleare, il Houston (che aveva navigato tra Guam, le Hawaii ed il Giappone), era in un porto delle Hawaii per la manutenzione.
06/08/2008 incidente in francia a tricastin 06-08-2008 Tricastin, nel sud della Francia, fa parlare di sé quest’estate per un incidente, anzi un’anomalia: a luglio - ma si è saputo solo oggi - ci sarebbero state troppe emissioni di scorie di carbonio 14 alla fabbrica Socatri (Areva) sul sito in cui già quattro volte è scattato l’allarme. Lo ha annunciato l’ASN, Autorità di sicurezza nucleare. Si tratterebbe, in realtà, della prima anomalia in ordine temporale, essendo stata appurata il 4 luglio, durante il trattamento delle scorie. In quella fase, stando all’ASN, ci sarebbe stato “un superamento, per il mese di giugno, del limite di rifiuti gassosi mensili di carbonio 14″.
21/08/2008 Pierrelatte, fuoriuscita di uranio PARIGI, 23 AGO - Una piccola fuoriuscita di uranio e’ stata scoperta due giorni fa nei pressi della centrale nucleare di Pierrelatte, nel sud della Francia. La fuoriuscita e’ stata rilevata da alcuni operai a lavoro su una canalizzazione interrata delle reti di acque della societa’ Comurhex che non era piu’ utilizzata. La prefettura del dipartimento Drome ha parlato di ”un impatto ambientale marginale”, dopo una ispezione dei tecnici dell’ authority per la sicurezza nucleare. 24/08/2008incidente nucleare a Vandellos SpagnaMADRID, 24 AGO - L’impianto nucleare Vandellos II in Catalogna, nel nord-est della Spagna, e’ stato fermato per un incendio, che e’ stato domato. Secondo le autorita’ spagnole ‘alle 08:49 un incendio e’ divampato nel generatore elettrico, e alle 10:30 e’ stato completamente spento. Tutti i sistemi di sicurezza dell’impianto hanno funzionato come previsto, e ora la centrale e’ ferma e in condizioni stabili’. L’impianto e’ stato costruito nel 1980, la sua autorizzazione scade nel 2010. 26/08/2008 Fleurus, Fuga radioattiva verificatasi in un istituto che produce radioisotopi per uso medico a Fleurus, località ad una cinquantina di chilometri a sud di Bruxelles, nella zona di Charleroi. L’incidente risale allo scorso fine settimana, ma solo ora le autorità competenti hanno deciso di avvertire la popolazione. Per le vie della cittadina di Fleurus - circa 20 mila abitanti -, per iniziativa del sindaco, auto della polizia con altoparlanti hanno diffuso appelli alla prudenza, raccomandando agli abitanti, che vivono entro un raggio di cinque chilometri dal luogo dove è avvenuta la fuga, di non consumare la frutta e la verdura dei loro giardini, né di bere l’acqua piovana o il latte delle loro fattorie fino ad un nuovo ordine. , l’incidente era stato classificato al livello 3 (guasto grave) della scala internazionale Ines, che comprende 7 livelli
24/09/2008 CHERBOURG (F) - Un incidente nucleare di “livello 1″ su una scala internazionale da 0 a 7, con un “versamento di materiale”, è avvenuto all’interno di un impianto per il riprocessamento del combustibile atomico a La Hague, nella regione della Normandia, nel nord-ovest della Francia. Lo rende noto il gruppo nucleare Areva che gestisce l’impianto, aggiungendo che l’incidente “non ha avuto alcuna conseguenza sul personale né sull’ambiente”.
L’incidente, fa sapere l’Areva, è avvenuto il 24 settembre scorso. comunicato il 10/10/2008
La società in un comunicato scrive che l’incidente è “accaduto durante il riempimento di un contenitore di plutonio” ed è consistito nello “straripamento del contenitore”. “Il materiale (fuoriuscito) è rimasto confinato all’interno del perimetro all’interno del quale si svolgeva l’operazione. I lavori di riempimento è stata interrotta e il materiale (fuoriuscito) è stato recuperato”, scrive Areva.
Si tratta del quarto incidente di livello 1 registrato nello stesso stabilimento dall’inizio del 2008.

intervento di Stefano

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 4 gennaio 2011

 

 

Tav, da Venezia a Ronchi in 43 minuti - L’Alta velocità correrà a 250 chilometri all’ora, da Trieste al Veneto tempi dimezzati
 

INCERTI ANCORA I TEMPI DELLA REALIZZAZIONE. NELL’AREA DI CERVIGNANO SI SCENDE A 200 ALL’ORA
TRIESTE Dall’aeroporto Marco Polo di Venezia a Ronchi dei Legionari in 43 minuti passando lungo la costa veneta. Oppure in poco meno di 40 minuti, se il percorso affiancherà l’autostrada anche nella regione contermine. Sono questi i tempi ipotizzati dal progetto preliminare della linea ad alta capacità che collegherà Venezia a Ronchi e poi, oltre, Ronchi con il confine con la Slovenia attraversando l’altipiano carsico triestino. Definirla ad alta capacità è obbligatorio, dal momento che il progetto prevede che i treni non superino i 250 chilometri orari: in Friuli Venezia Giulia ci saranno anche alcuni punti sotto i 200 chilometri orari.
ALTA CAPACITÀ Il concetto di Alta capacità punta ad aumentare il numero di treni che possono circolare su una data linea e quindi l’aumento di velocità è parziale, raramente supera i 220 chilometri orari. Il tetto limite è comunque 250 chilometri orari. Da questa velocità, per poi superare i 300 orari, si inizia a parlare di alta velocità. Ma non sarà questa la conformazione della linea a nordest, né in Friuli Venezia Giulia né in Veneto. La Regione di Luca Zaia dovrà confrontarsi con le popolazioni locali su due ipotesi: quella costiera e quella che fiancheggia l’autostrada. La prima è 10 chilometri più lunga della seconda e questo si tradurrebbe in qualche minuto in più di viaggio.
IL TEMPO Il progetto della ferrovia dall’aeroporto di Venezia a Ronchi (in collegamento con lo scalo aereo giuliano) prevede che un passeggero potrà coprire la distanza in 43 minuti. Aggiungendone un’altra decina si arriverà a Trieste: la tratta che oggi si percorre in circa due ore, quindi, si percorrerà nella metà del tempo. Il tempo tra i due scali aeroportuali sarà importante anche per la prossima alleanza tra Regione Friuli Venezia Giulia e Save.
IL PROGETTO Il preliminare, sia per quel che riguarda la tratta veneta che per quel che riguarda la tratta in Fvg (da Portogruaro a Ronchi), è stato trasmesso dalle Regioni alle amministrazioni comunali. I sindaci della Bassa friulana, i principali interessati, hanno ricevuto allegati e dischetti - «sono più di 500 pagine», spiega chi ha già dato un’occhiata – il 29 dicembre. A loro per ora è stato chiesto di valutare le interferenze previste dal tracciato elaborato da Rfi. Per quel che riguarda i contenuti ovvero il dettaglio della linea nei singoli territori, si attende il confronto con la Regione. Va sottolineato che i tempi per lo sviluppo e la realizzazione dell’opera rimangono comunque ancora incerti.
L'ACCORDO «Per noi fa fede ancora l’accordo sottoscritto con la Regione il 4 febbraio del 2008 – ricorda Pietro Paviotti, sindaco di Cervignano -. Da allora non c’è più stato un confronto aperto con la Regione, perché la nuova giunta ha detto che si sarebbe attenuta a quanto sottoscritto con la precedente. Ora che il progetto è stato predisposto ci aspettiamo un nuovo incontro». Stessa attesa anche da Mario Pischedda, il sindaco di Villa Vicentina che non sottoscrisse il protocollo d’intesa con l’allora assessore Lodovico Sonego. «L'assessore Riccardi ci ha detto chiaramente che quel protocollo sarebbe stato rispettato per cui, anche se non l’abbiamo sottoscritto, ci attendiamo di ritrovarne i contenuti. Ripartiremo da là».
IL PROTOCOLLO Il documento, che ha quasi tre anni di vita, ha comunque subìto una modifica in corso d’opera: lo sganciamento tra linea ferroviaria e terza corsia. Se così non fosse stato fatto i cantieri sulla A4 sarebbero ancora un miraggio. Il protocollo Sonego – la nuova giunta ha scelto comunque di lavorare in continuità con la precedente – metteva nero su bianco gli interventi in materia di mitigazione ambientale (come per esempio una mappatura acustica da parte dell’Arpa un anno prima dei cantieri per poi verificare nel tempo il livello di rumore), ma anche i vincoli legati alla velocità. Per Cervignano, per esempio, (uno dei punti più delicati del tracciato perché la linea dovrebbe rafforzare l’esistente) il protocollo prevedeva che: i treni passeggeri non superassero i 200 chilometri orari, la realizzazione di un tunnel trasparente nel viadotto per eliminare i rumori, le barriere antirumore in stazione e interventi di mitigazione nei tratti ”urbani” della linea.
MARTINA MILIA

 

 

Il progetto consegnato agli enti locali - RFI HA PRESENTATO IL PRELIMINARE IN TEMPO PER IL FINANZIAMENTO UE
 

Due mesi per segnalare criticità mentre parte la Via, poi parola al Cipe
TRIESTE Il progetto preliminare è stato consegnato alle amministrazioni locali che ora hanno due mesi di tempo per esaminarlo e proporre correzioni, oltre a essere inviato all’Ue entro il termine previsto del 31 dicembre: i finanziamenti europei per la progettazione definitiva dovrebbero essere così in cassaforte, ma la Tav Venezia-Trieste rimane ancora in alto mare. E ciò soprattutto per le incertezze sul tracciato nel territorio del Veneto. Chiaro che il Friuli Venezia Giulia è legato a doppio filo alle ambiguità venete che potrebbero ritardare l’intera opera, eppure Trieste soprattutto, cosa di cui molti politici non sembrano rendersi conto, ha un interesse particolare ad accelerare la realizzazione dell’Alta capacità perché la Slovenia preme per una rapida realizzazione del tratto Capodistria-Divaccia e il progetto Unicredit per il superporto farà convogliare finanziamenti sullo snodo monfalconese di San Polo. Il porto di Trieste rischia così di rimanere strozzato nella tenaglia e morire per asfissia.
«La presentazione del progetto è un passaggio importante anche per pianificare al più presto il tratto Trieste-Divaccia», fa infatti notare l’assessore regionale alle Infrastrutture e trasporti Riccardo Riccardi il quale sottolinea che il nuovo studio di Rfi «evita lo sventramento di Trieste. Ma non cade dall’alto - aggiunge - bensì è frutto di un’operazione di dialogo con il territorio che ora continuerà con un forte coinvolgimento degli enti locali». Comuni e Province hanno infatti ora sessanta giorni di tempo per segnalare eventuali ”interferenze”, cioé ostacoli e criticità sul territorio non rilevati dallo studio.
Una fase che si presenta complicata soprattutto in Veneto, com’è stato immediatamente rilevato dall’assessore alla viabilità Renato Chisso: «Il progetto così com’è non va bene - ha affermato - Se non prevede stazioni per le spiagge è da rivedere». Lo studio di Rfi ha preso infatti in considerazione il tracciato basso, e non quello originario che correva parallelamente all’autostrada, ma l’Alta velocità non prevede alcuna fermata tra l’aeroporto Marco Polo, ultimo stop in Veneto, e Trieste. Ma ora Chisso è chiaro: «A Rfi abbiamo chiesto che ci venga consegnato anche lo studio di fattibilità che è già stato realizzato su itinerari alternativi».
Ripensamenti che potrebbero far perdere tempo prezioso perché, come fanno rilevare da Rfi, «la Valutazione d’impatto ambientale è stata aperta e il Ministero ha avviato l’iter istruttorio che dovrà portare all’approvazione del progetto da parte del Cipe».
Per il tratto Ronchi-Trieste, la questione anche se non ancora completamente definita, sembra meno controversa. «Sarò in ufficio oggi per un’analisi più dettagliata dei documenti che ci sono stati consegnati - ha annunciato ieri Riccardi - ma è certo che il tracciato previsto dal progetto preliminare non si discosta granché dall’ultima versione divulgata». La Tav dunque non sventrerà Trieste, non si inabisserà in galleria a Santa Croce per correre sotto la città, sotto Gretta, San Giovanni e Cattinara in particolare e avvitarsi attorno alla Val Rosandra, bensì viaggerà lungo la direttrice definita alta, lungo l’asse Ronchi - Aurisina - Opicina - Sesana - Divaccia e i 33 chilometri inizialmente previsti in galleria si ridurranno a meno di una decina. Per penetrare in città e soprattutto agganciarsi al porto di Trieste utilizzerà la già esistente cintura di circonvallazione cittadina. Su questa alternativa, Italia e Slovenia sono già d’accordo.
Da subito, secondo dati forniti dallo stesso Riccardi, l’Alta capacità permetterebbe il passaggio di un traffico annuale dal porto di Trieste di 560 mila teu che potrebbero diventare addirittura tre milioni e mezzo dopo gli interventi a San Polo e il raccordo con la cintura di circonvallazione.
SILVIO MARANZANA
 

 

SEGNALAZIONI - Rio Martesin salvo - EDIFICAZIONI
 

Il comitato «Salviamo via del Pucino e via Plinio» esprime grande soddisfazione per la sentenza pronunciata dal Consiglio di Stato che ha così salvato Rio Martesin dalla speculazione edilizia del cemento che sta ormai invadendo la nostra città.
Il Comitato ha partecipato alle manifestazioni dei cittadini abitanti nella zona e appoggiato numerose iniziative volte a sensibilizzare gli organi competenti sul pericolo di iniziative private per la costruzione di edifici di notevole entità di cui peraltro la nostra città non ha bisogno considerato il calo demografico già assodato.
Noi speriamo che finalmente si metta la parola fine all’iter del piano particolareggiato presentato a suo tempo dal promotore dell’iniziativa signor Mocnik riguardante una vasta area adiacente al bivio via del Pucino-via Plinio, a suo tempo definita nel Piano regolatore comunale dall’amministrazione Illy come zona C2, cosiddetta zona a vincolo paesaggistico ambientale. La variante adottata nell’agosto 2009 dal Consiglio comunale (amministrazione Dipiazza) ha negato l’edificabilità dell’area, ciononostante il signor Mocnik continua a invocare ingiustizie perpetrate a suo danno dagli organi istituzionali della città.
Va precisato che si tratta di un piano particolareggiato per un pesante insediamento abitativo consistente nella costruzione di 10 ville con relativa ripidissima strada di accesso e noi residenti in zona, ben consapevoli che ogni nuova edificazione, grande o piccola, implica inevitabilmente la costruzione di strade di accesso, scavi per la posa di pozzi perdenti, installazione di recipienti Gpl in quanto la zona non è servita da collegamenti di alcun tipo, abbiamo intenzione di procedere con ogni mezzo per impedire il massacro del costone.
La zona è preziosa per la peculiarità del paesaggio, delle specie arboree e zoologiche e presenta forte rischio idrogeologico (ricordiamo gli smottamenti nel 1995 nell’area vicina alle gallerie di Miramare? E della frana vicino all’Hotel Riviera? E preoccupanti smottamenti avvenuti di recente?).
Non basta sapere che tra i siti già censiti nell’attuale Catasto frane della Regione (in tutto 26), la nostra via del Pucino viene classificata al posto n. 8 e la zona di Grignano al n. 7?
Noi vogliamo contare sulle decisioni che verranno adottate dal Consiglio comunale nell’approvazione del nuovo piano regolatore al fine di fermare la cementificazione della costiera in generale poiché riteniamo che nessuno dovrà permettere che le logiche affaristiche, di proprietari di terreni e dei costruttori prevalgano sull’interesse collettivo. Soltanto in questo modo si potrà tutelare l’integrità dell’ambito costiero che di Trieste costituisce l’identità.
Rosa Bertozzo per il Comitato «Salviamo via del Pucino e via Plinio»
 

 

SEGNALAZIONI - «Tra via Crispi e via Paduina, degrado e immondizie come a Napoli» - IL PROBLEMA
 

Ecco qui sotto una delle immagini che ho scattato alle 9 e alle 19.30 di domenica 19 dicembre, che testimoniano come all’angolo fra via Crispi e via Paduina, scene purtroppo viste in altre parti d’Italia, si possano presentare anche sotto casa nostra.
Per tale critica situazione, antecedente all’ondata di neve, innanzitutto bisogna ringraziare i servizi comunali preposti: alle 11 di domenica, di fronte a tale situazione insostenibile, dopo telefonate di segnalazione, il camion Acegas n° 231 si era presentato in via Crispi, aveva vuotato i cassonetti all’incrocio fra la stessa e la via Xydias e, dopo essersi reso conto della situazione all’angolo con via Paduina, aveva pensato bene di proseguire la sua corsa senza «alleggerire» i cassonetti delle foto. Inoltre alle 17.40 della stessa giornata il piccolo mezzo Acegas n°195 sempre della stessa azienda è passato in via Crispi, ha constatato la situazione, ha dichiarato che «ci volevano due camion» ma alle 19.30 nulla era stato ancora fatto.
Ma i ringraziamenti vanno estesi anche al nuovo locale recentemente aperto in viale XX Settembre al posto della storica gelateria che scarica costantemente e giornalmente la propria immondizia (sia in sacchi neri sia in cartoni e scatole non compresse, così da poter occupare più spazio e di quantità ovviamente ben superiore a quella giornaliera di una comune famiglia) in cassonetti destinati agli abitanti della zona.
Se con grande battage pubblicitario si è reclamizzata l’apertura di tale locale, nulla si è fatto o si è pensato di fare per razionalizzare una zona che continua ad essere sempre più terra di nessuno: la zona a traffico limitato di via Paduina è tale solo sulla carta (dopo le 20 essa rappresenta esclusivamente il parcheggio selvaggio dei frequentatori dei locali posti in Viale e nella stessa via, mentre prima delle 20 è parcheggio quasi esclusivo di alcuni gestori degli stessi locali che non si peritano, dopo lo scarico di merce, di spostare i loro veicoli – i vigili urbani rappresentano un miraggio sia prima che soprattutto dopo le 20); la mancanza cronica non solo di posti auto per i residenti ma persino di posti moto; la costante confusione notturna della clientela di pub e locali della zona - che offrono anche intrattenimenti musicali in locali non insonorizzati (con conseguenti danneggiamenti, rumori molesti, deiezioni umane ecc.) - che ovviamente impedisce il riposo agli abitanti.
Non bastava: a tutto ciò si aggiunge ora questo spettacolo edificante che ben dispone l’abitante della zona nei confronti delle autorità competenti e che fa apprezzarne la professionalità e la prontezza d’intervento.
Massimiliano Waiglein

 

 

SEGNALAZIONI - Rifiuti in orbita - PROPOSTE
 

Vanno sostenute con og ni mezzo le raccolte differenziate di rifiuti. Non ci sono ancora cassonetti utilissimi per l'alluminio, che è il più riciclabile, come per il legno, per «l’umido», e per i vecchi televisori i centri di raccolta sono stracolmi.
Il depuratore fognario di Trieste, posto nel cuore della città fra le vie Baiamonti e Svevo dove ci sono tre enormi vasche stracolme di feci dei 210.000 triestini, andrebbe perlomeno ricoperto, o il flusso fatto convogliare a mare nella tubazione preesistente fino al largo. Nel mare c’è una fauna coprofoga e la natura sa molto bene come difendere se stessa.
Napoli ha la fortuna di avere il Vesuvio, perché non fare una rampa adeguata a far scaricare la monnezza nel fuoco del vulcano? Obietteranno: c’è il «Parco del Vesuvio». Si sospende fino a esaurimento calamità, tanto ci sono solo case abusive intorno al vulcano. Obietteranno che i fumi sarebbero nocivi per l’ambiente: e non sono altrettanto nocivi gli incendi sparsi dove sia la ndrangheta e sia i cittadini protestanti bruciano di tutto producendo fumi incontrollati e incontrollabili? Il Vesuvio, come l’Etna e Stromboli hanno la fortuna di avere il mare vicino, per purificare i fumi basterebbero spruzzatori agricoli di acqua di mare per lavarli dalle impurità. I carichi di spazzatura, che producono fumi tossici, potrebbero anche essere bombardati da aerei con acqua di mare nelle bocche dei vulcani e nelle falde di lava, poi i fumi andrebbero lavati con i canadair, sempre con acqua di mare, per far precipitare le polveri tossiche.
Per le scorie atomiche ultra pericolose perché non spedirle con razzi nei buchi neri del cosmo? I costi sarebbero altissimi, suppongo. Ho letto poi che gli scienziati hanno trovato un’altra soluzione fattibile e sostenibile, relativamente facile: spedire i rifiuti atomici sul Sole, ma hanno detto che ciò non sarebbe facilmente monitorabile, anche se effettivamente possibile.
Luciano Stilli

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 3 gennaio 2011

 

 

La sfida di Durban: 30% di gas in meno nel 2020 - Il futuro dell’ambiente si giocherà alla prossima Conferenza del clima in Sudafrica
 

Nel 2011 previsti tagli del 42% agli investimenti ”verdi” in Italia Così è a rischio la sopravvivenza di molti parchi e riserve naturali
ROMA La questione ambientale, in Italia, nell’ultimo anno «si è molto indebolita» e ha scontato la «difficoltà amministrativa, gestionale e di ruolo, in cui è caduto il ministero dell’Ambiente». È il bilancio con il segno meno che il Wwf delinea per l’ambiente nel 2010, un anno da dimenticare secondo l’associazione ambientalista.
Dalla bocciatura dell’associazione, che circostanzia le motivazioni di questo giudizio in ogni settore, dalle aree protette all’energia, si salva solo l’impegno che l’Italia ha profuso per la realizzazione della Convenzione della Biodiversità. Nel 2010, è stata approvata la strategia nazionale ma si attende ancora la cabina di regia Stato-Regioni.
AREE PROTETTE E PARCHI Il Wwf lancia l’allarme sul taglio del 42% dei finanziamenti previsti dalla legge di Stabilità e dal Bilancio di previsione 2011 del ministero dell’Ambiente, e rileva che ci sono stati «atti che mettono in discussione la stessa esistenza della rete delle aree protette», come per il Parco nazionale dello Stelvio, declassato a parco interprovinciale, con un’appendice regionale. Analogo discorso per le Riserve regionali siciliane, «dove sono stati messi in discussione i contratti di gestione esistenti».
CACCIA Su questo fronte l’organizzazione ha riscontrato nel 2010 segnali preoccupanti, come il tentativo di inserire nella Legge comunitaria 2009 una norma che cancella i termini di inizio e fine della stagione venatoria. Dopo dure proteste è stata inserita, invece, una misura positiva per la tutela della fauna e il rispetto delle direttive europee.
CAMBIAMENTI CLIMATICI Il Wwf ha ricordato che i ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, ad ottobre, hanno firmato il decreto per attivare il Fondo rotativo destinato a finanziare le misure per l’attuazione del Protocollo di Kyoto. «Nonostante ciò, nella legge di Stabilità non c’è nemmeno un euro destinato al Fondo». Anzi, per il clima, nel bilancio del ministero dell’Ambiente ci sono 31,7 milioni di euro, 3,7 milioni in meno rispetto al 2010.
MINISTERO DELL’AMBIENTE Nel 2010 il Wwf ha rilevato «l’agonia» del dicastero, a cui, in tre anni sono state ridotte di due terzi le dotazioni economiche. Tagli «talmente gravi da mettere in discussione il ruolo stesso di questo ministero».
NUCLEARE In questo ambito c’è una generale situazione di incertezza dovuta ai ritardi e alle divisioni interne alla maggioranza, come per il caso dell’Autorità nazionale.
RISCHIO IDROGEOLOGICO Per il 2011, le risorse destinate gli interventi di prevenzione sono «praticamente azzerate», secondo il Wwf. Le risorse destinate alle Autorità di Bacino per interventi di difesa suolo ammontano nel 2011, a soli 32,7 milioni di euro. Nel 2010, il ministero aveva assegnato 175 milioni di euro.

Dopo la cocente delusione della Conferenza sul clima di Copenhagen, è venuto l’insperato, anche se non totale, successo di Cancun. In Messico, tre donne - Patricia Espinosa, Christiana Figueras e Margaret Mukahanana-Sangarwe - hanno lavorato con competenza e passione all’obiettivo di evitare un altro fallimento. Si aprono così, nel 2011, buone prospettive per la Conferenza di Durban in Sudafrica. Primo dato di fondo: il cambiamento climatico è inequivocabile, è opera dell’uomo nell’era industriale. Risultato: temperature più elevate, mari più alti e acidi, coste sommerse e falde salinizzate, ghiacciai ridotti in montagna, foreste degradate, una biodiversità impoverita e deserti che avanzano (anche in Paesi come l’Italia). Dunque, fine dei ”negazionismi”.
Fra i motivi di soddisfazione del dopo-Cancun spicca la ripresa dei discorsi sui livelli di riduzione dei gas-serra e la creazione di un Technology Mechanism per contrastare ovunque i processi di degradazione. I protocolli di Kyoto vengono rivitalizzati per diventare, con Durban, operativi.
Strategica la creazione di un Fondo verde per il clima per 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020. Esso sarà co-gestito alla pari fra Paesi sviluppati e non. «La decisione riguardante le emissioni conseguenti alla deforestazione - commentano al Wwf - non ha incluso tutto ciò che avremmo desiderato, ma garantisce una solida base per fare avanzare processi credibili».
Alla vigilia si temeva che l’Ue non spingesse molto in questa direzione (l’Italia era riluttante), e invece essa ha assunto una vera e propria leadership proponendo di portare al 30% la riduzione delle emissioni per il 2020, grazie a Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna, coinvolgendo di più i privati. Certo, ci sono pure le ombre: mancano obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni per il 2020, sono stati rimandati impegni a lungo termine, debole risulta la volontà di grandi inquinatori come Usa e Cina, e invece la necessità di contenere il riscaldamento globale appare impellente.
Al di là del tema dominante del cambiamento climatico dovuto a inquinamento e surriscaldamento, ci sono altre questioni strategiche da affrontare. Il 2010 è stato l’anno di uno dei più grandi disastri petroliferi del mondo con la marea nera dilagata fino al Golfo del Messico. Insistere (come si sta facendo anche davanti alle coste siciliane) nel trivellare il mare appare sempre più pericoloso. La salute dell’ambiente del pianeta non ha bisogno di altre ”bombe” ecologiche. E il discorso vale anche oggi, al di là di quanto sostengono i nuclearisti, per gli impianti più vecchi e per tutti i depositi di scorie radioattive, anche di quelle più recenti che nessuno sa come smaltire in sicurezza.
Una prospettiva nuova può aprirla l’impiego massiccio di un terzo idrocarburo: lo shale gas, ricavato da rocce porose americane, all’origine di una prima rivoluzione che ha fatto cadere i prezzi del metano russo.
Una terza via energetica dunque? In Italia, Paese fortemente dipendente dal gas, lo dobbiamo sperare. Con una gamma più ricca di fonti poco o nulla inquinanti quali metano, shale gas e rinnovabili, potremmo raggiungere il 2030, epoca delle centrali nucleari di quarta generazione, alimentate dal torio, minerale abbondante che brucia largamente anche le proprie scorie.
Ma ci vuole una politica per l’ambiente. In Italia, invece, essa si è indebolita fino a latitare. Deboli i controlli sui maxi-impianti eolici, sulle mafie che spesso li inquinano, sulle gratuite deturpazioni del paesaggio. Tagliati gli investimenti (anche di pura sopravvivenza) per i grandi ”polmoni” rappresentati dai parchi nazionali e regionali e da altre aree protette, fondamentali per lo stesso assetto idrogeologico in un Paese sempre più fragile e franoso.
E per finire il quadro, non si può dimenticare un’altra questione fondamentale: la gestione dell’acqua, il suo uso plurimo: se essa viene privatizzata, avremo in tutto il mondo, e anche da noi, un bene primario più costoso. In certi Comuni italiani il caro-acqua invece imperversa fruttando pingui profitti ai privati. Una grave distorsione da raddrizzare nel 2011.
VITTORIO EMILIANI

 

 

Realacci: la vera emergenza è la spazzatura - Dobbiamo produrre meno rifiuti e puntare sulla differenziata, ancora poco diffusa
 

L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE ONORARIO DI LEGAMBIENTE
ROMA «La questione ambientale nel 2011 si pone prepotentemente: tutti i problemi connessi - rifiuti, acqua, energia, nucleare - vanno affrontati e risolti perché l’ambiente è la nostra speranza e il nostro futuro. L’ambiente oggi necessita di una politica di difesa ed è la chiave per uscire dalla crisi. È su di esso che l’Italia deve scommettere per essere competitiva nel mondo». Ermete Realacci, ambientalista, presidente onorario di Legambiente, esponente del Pd, si sofferma nell’analisi delle questioni ambientali più urgenti che il Paese dovrà fronteggiare nell’anno appena iniziato.
Le immondizie a Napoli non sono un problema isolato. Lo smaltimento dei rifiuti è un tema urgente per tutto il Paese. L’emergenza rifiuti in Campania dura da 15 anni, nel frattempo sono almeno dieci i clan che hanno fatto affari con la spazzatura. In Italia l’organizzazione del ciclo dei rifiuti sarebbe anche buona, ma la raccolta differenziata è quasi assente da Roma in giù, fanno eccezione solo alcuni piccoli comuni virtuosi, come Salerno, Pollica e Mercato San Severino. Questi comuni dimostrano che la differenziata si può fare anche al Meridione, dove però restano il problema della criminalità organizzata e quello dell’assenza di una filiera della raccolta. Ora, la Regione che più rischia di essere sommersa da cumuli di immondizia è la Sicilia, e si aggraverà anche la situazione di Roma con la chiusura della discarica di Malagrotta.
Cosa si fare dunque? È un problema che possiamo risolvere. Bisogna partire da una minore produzione di immondizia. Per esempio, il divieto dell’utilizzo dei sacchetti di plastica per la spesa sembra una piccola cosa, in realtà eliminerà dalla circolazione un materiale che non è biodegradabile. Inoltre è necessaria la messa in pratica di una politica dei rifiuti che costruisca una filiera dello smaltimento.
Il 2011 sarà l’anno del referendum contro la privatizzazione dell’acqua pubblica. Cosa accadrà? L’acqua e il suo utilizzo richiedono molta attenzione. Non credo si possa dire che la privatizzazione della gestione dell’acqua sia una cosa positiva. Ma non me la sento nemmeno di difendere la gestione pubblica: le enormi perdite nella rete dei nostri acquedotti sono dovute a responsabilità pubbliche. Vedremo il risultato della Corte costituzionale, ma non penso che il referendum raggiungerà il quorum.
Le centrali nucleari diventeranno realtà in Italia? Come affrontare il problema energetico? Il nucleare è una grande bufala. E non credo che in Italia riusciranno a realizzarlo. Il nucleare è stato propagandato come una fonte di energia a basso prezzo. Ma non è così: i costi di costruzione delle centrali nucleari e quelli di smaltimento delle scorie sono altissimi, tra l’altro pochi sanno che in bolletta continuiamo a pagare 400 milioni di euro l’anno per le scorie del vecchio nucleare. Puntiamo piuttosto sul risparmio energetico e su fonti rinnovabili, come il solare termico.
 

 

Il sacchetto di plastica va in pensione - LEGAMBIENTE - Con le nuove buste riciclabili risparmieremo 180mila tonnellate di petrolio
 

Una rivoluzione che salverà i mari
ROMA Addio ai vecchi sacchetti di plastica, qualli con cui tutti siamo stati abituati per anni a fare la spesa al supermercato. Sacchetti che da sempre ”infestano” il mondo: in Europa ogni anno ne vengono utilizzati circa 100 miliardi, il 25% dei quali dagli italiani, pari a 20 miliardi di buste all’anno. Un dato che dovrebbe cambiare proprio adesso, visto che dall’1 gennaio 2011 i sacchetti di plastica sono stati messi al bando (un divieto che avrebbe dovuto scattare all’inizio del 2010, ma poi posticipato di un anno). A sostituirli arrivano oggi nuovi sacchetti riciclabili.
«Dagli anni Ottanta in poi ci siamo sempre di più lasciati andare all’usa e getta, perdendo alcune sane abitudini rimaste invece, almeno in parte, in altri Paesi europei», afferma Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente. «È stato un cambiamento di abitudini troppo sbrigativo, che ci ha fatto smantellare la filiera del vuoto a rendere. Oggi - sottolinea Ciafani - con la messa al bando dei sacchetti di plastica dobbiamo recuperare alcune delle sane abitudini di un tempo».
L’ambiente non può che trarne giovamento: «Sostituendo con 10 sporte riutilizzabili i 300 sacchetti di plastica che ogni italiano consuma all’anno, risparmieremo più di 180mila tonnellate di petrolio e altrettante di emissioni di CO2, ma soprattutto eviteremo di disperdere nei campi, lungo le rive dei fiumi, nei mari, plastica indistruttibile», aggiunge Ciafani.
Legambiente, già nel novembre scorso, in previsione
dell’auspicato divieto agli ”shopper” in polietilene, aveva fatto votare la gentè. Erano stati organizzati un centinaio di ”seggi” all’uscita di supermercati e centri commerciali. Sulla scheda veniva chiesto di indicare l’alternativa preferita al sacchetto di plastica, con tre opzioni: la vecchia sporta della nonna, i sacchetti in bioplastiche e i sacchetti di carta. «Il risultato è stato - ricorda Ciafani - che il 75% ha scelto la vecchia e buona sporta della nonna nelle sue diverse varianti, dalla borsa alla retina».
I sacchetti di plastica sono utili per poche ore, ma producono danni per un tempo lunghissimo: un sacchetto resta infatti nell’ambiente anche per secoli, da un minimo di 15 anni a un massimo di 1000 anni secondo l’Agenzia europea per l’Ambiente.
Le stime parlano di una commercializzazione annua mondiale di circa 1000 miliardi di sacchetti: anche se solo una frazione di questi viene dispersa nell’ambiente, provoca la morte di milioni di pesci, balene, delfini, tartarughe e altri animali. L’Unep stima in un milione il numero di uccelli marini uccisi.

 

 

«Miramare, i colibrì non devono patire»
 

Giangiacomo Martines è tornato a Trieste «quando stava emergendo» il caso dei colibrì di Miramare, in via di sfratto dal centro. «Sono state ravvisate dalla Sovrintendenza situazioni di illegittimità rappresentate anche all’Avvocatura dello Stato - commenta - quindi penso che lo sfratto sia stato un atto dovuto. D’altra parte l’impegno del sovrintendente è fare in modo che i colibrì, specie protetta, non abbiano a patire alcun danno da questo disagio».
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 2 gennaio 2011

 

 

Marini: tempo scaduto per il rigassificatore - L’esponente del Pdl: tanti proclami ma pochi passi avanti, la città ha ben altri problemi da risolvere
 

DIPIAZZA: IL PROGETTO È UN’OPPORTUNITÀ
«Dopo quasi cinque anni di tante chiacchiere e pochi fatti, di molti pareri negativi e ben poche garanzie sui vantaggi per il nostro territorio, di innumerevoli studi sull'incompatibilità ambientale e scarse rassicurazioni, mi chiedo: ha ancora senso parlare di un impianto di rigassificazione nel golfo di Trieste?». È la domanda-chiave di una nota del consigliere regionale del PdL Bruno Marini.
«Dalla prima volta che abbiamo discusso e bocciato i progetti per la costruzione dei rigassificatori on shore di Gas Natural e off shore di Endesa - rileva Marini - sono passati quattro anni e mezzo. L'iter dei due impianti ha fatto ben pochi passi, tanto che Gas Natural ha ottenuto il via libera da parte del Governo, ma è fermo anche a causa del contenzioso aperto con la Slovenia, mentre Endesa ha ricevuto solo recentemente parere positivo dalla commissione Via del ministero dell'Ambiente». E poi «se il rigassificatore fosse stato di vitale importanza credo che le pratiche si sarebbero accelerate». Ora poi che Roberto Menia non è più sottosegretario «non c'è nessun triestino che segua in prima persona l'iter dei progetti».
«Viene quindi spontaneo chiedersi - prosegue l'esponente del Pdl - che senso ha realizzare un rigassificatore, quando il Consiglio comunale ha espresso parere negativo in ben due occasioni? Quando i due Comuni minori di Muggia e San Dorligo hanno anche consegnato oltre 4mila firme contrarie al prefetto? Quando associazioni ambientaliste serie come il Wwf continuano a parlare di danni irreversibili per l'ecosistema del Golfo? Quando gran parte dei cittadini non è favorevole?».
Quanto ai benefici economici ventilati per i triestini, «che ne è stato delle royalties che Gas Natural avrebbe dovuto pagare al Comune in contanti? Quante sono effettivamente le possibilità che AcegasAps entri nella società e con quali quote, tenendo conto che il 15-20% sarebbe troppo poco e che un'ipotesi concreta sarebbe pari ad almeno un terzo del capitale sociale? È stato mai quantificato il risparmio economico che ne ricaverebbero i triestini in termini di bollette meno care? Quanti sono i posti di lavoro che andrebbero ricavati a Trieste? Nessuno hai risposto seriamente». Infine, «non mi pare lineare l'idea di inserire una struttura di questo tipo al posto della Ferriera - dice Marini - e trovo contraddittorio puntare allo sviluppo turistico e nel contempo pensare a 500 gasiere all'anno nel golfo».
Marini ricorda che il sindaco Dipiazza ha fatto del progetto rigassificatore «uno dei capisaldi della sua azione politico-amministrativa e ora si avvia a concludere il suo secondo mandato senza che nulla di concreto sia stato definito, né a livello locale, né a livello nazionale. Vale ancora la pena perdere ancora tempo con un progetto irrealizzabile, quando la nostra città ha ben altri problemi con i quali confrontarsi?», chiude Marini secondo il quale «sembra proprio che l’idea di un rigassificatore nel golfo abbia fatto il suo tempo».
Interpellato, Dipiazza replica: «Le royalties? Si trattano quando si chiude un progetto. I tempi? Vorrei vedere l’iter sviluppato a suo tempo per la Siot, posto che mi fa ridere sentire che finora non è stato fatto nulla. In ogni caso, io credo che il rigassificatore sia un’opportunità per bonificare un’area inquinata. L’iter va avanti - chiude Dipiazza - e un domani, se anche non ci fosse Gas Natural, ci sarà un progetto pronto per essere realizzato».
 

 

SEGNALAZIONI - Il regalo di via Martesin  - CITTÀ
 

Caro Babbo Natale, grazie. Lo so che sei stato tu a salvare la valle di Rio Martesin. La notizia mi è arrivata proprio a Natale! Puoi essere stato solo tu a fermare quelle ruspe che stavano rovinando una zona verde che tutti gli abitanti di Roiano e Gretta stavano perdendo. Hai fatto proprio bene! Certo che per costruire dove c’è un torrente, dov’è previsto un sentiero naturalistico, dove il passaggio è bellissimo, ma si devono distruggere dei verdi terrazzamenti, bisogna essere dei furbacchioni prepotenti! Anche un bambino sa che 1812 + 3620 + 7553 fa più di 10.000 mc e allora bisogna chiedere la Via (Valutazione d’impatto ambientale). Non basta dividere un progetto e fingere che siano tre.
Come hanno fatto quei furboni a darla a bere ai tecnici del Comune? Lo capirei anch’io che una legge nazionale che consente di edificare senza Via fino a 40.000 mc si utilizza solo «in mancanza di norme vigenti regionali». La nostra Regione ha delle norme adatte. E allora perché i furbastri hanno fatto finta di non sapere? Anche un bambino insomma avrebbe capito che non si doveva dare il permesso di costruire, la legge lo vietava. I responsabili del Comune no. Quelli che hanno dato le concessioni sembra che non abbiano capito. E i consiglieri comunali che si erano riuniti in assemblea proprio per fingere di risolvere questo problema? Neppure loro. Né quelli della maggioranza, che però hanno fatto una solenne e ridicola promessa: chiedere all’impresa di costruire un pochino di meno (!); né quelli dell’opposizione che erano poco informati (tranne uno per fortuna). Accipicchia, mi aspettavo almeno che guardassero la piantina, che consultassero qualche riga di quello che dice la legge. Niente.
Purtroppo i bambini capirebbero anche che se a difendere la più grande zona verde di Roiano e Gretta, anzi di tutta Trieste, si sono impegnate solo poche persone, c’è da preoccuparsi per il futuro. Capirebbero anche che dai grandi c’è da aspettarsi di tutto. Sarebbero capaci anche di credere e di far credere che il golfo di Trieste con grandi navi cariche di gas è più bello... Allora Babbo Natale, ti chiedo già adesso un regalo per il prossimo anno. Fa in modo che a Trieste arrivino piuttosto navi cariche di merci e di turisti.
Rosario Formica
 

 

 

 

 

 

 

 

 

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