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RASSEGNA STAMPA gennaio - giugno 2013
IL PICCOLO - DOMENICA, 30 giugno 2013
«No parcheggi in via Geppa o paghino anche le moto» -
PIANO DEL TRAFFICO
Il Piano del traffico è praticamente “varato” dal Consiglio comunale, ma
l’approvazione definitiva avverrà l’8 luglio e i componenti del Comitato del
Borgo Teresiano non demordono, sperano nella decisione dell’ultimo secondo:
chiedono per le vie Geppa e Galatti il mantenimento della Zona a traffico
limitato, meglio ancora che diventino area pedonale anche per la presenza di
numerosi alberghi, e in subordine che anche i numerosi motorini che parcheggiano
nella via siano sottoposti (come deciso per le auto dei residenti) al pagamento
di un affitto annuale, benché basso. La proposta di far pagare moto e motorini
in quell’area era stata accolta dalla Federazione della sinistra, che infatti
adesso (a discussione chiusa) minaccia di non votare il Piano del traffico non
solo se non verrà chiesto alla Regione il ripristino dei 2 milioni di euro per
il trasporto pubblico in modo da evitare il già avvenuto taglio delle linee
degli autobus, ma anche se non si accoglierà la richiesta di applicare una
“vignetta” da 15 euro annuali per il parcheggio dei motorini in centro storico.
L’emendamento è stato bocciato dal Consiglio comunale. Stretti tra le
trafficatissime vie della zona (Valdirivo, Roma, Filzi, Ghega) i residenti
lamentano di aver già tanto combattuto per la loro area, ottenendo negli anni
’90 che da via Geppa fossero dirottati gli autobus, perché le vibrazioni stavano
danneggiando le case, poi ristrutturate a prezzo di costosi mutui. I cittadini
reclamano il mantenimento «come a Udine e in ogni altra città» delle Zone a
traffico limitato, ma anche dai numerosi incontri con l’assessore alla Mobilità,
Elena Marchigiani, non hanno potuto ottenere soddisfazione. Affermano di aver
interpellato senza distinzione la circoscrizione e tutte le forze politiche
presenti in Consiglio. E adesso? Finito il tempo per le osservazioni, per gli
emendamenti, per le discussioni di aula, insistono sul peggioramento della loro
condizione «mentre il Piano del traffico è annunciato come migliorativo» e
puntano sull’ultimo strumento a disposizione: l’ordine del giorno. Purché
qualche consigliere lo presenti, l’8 luglio, giorno di votazione definitiva.
(g. z.)
SEGNALAZIONI - PARCHEGGI / 1 Pensate alle mamme
A proposito della creazione di nuovi parcheggi in diverse zone della città, voglio ricordare all’assessore Marchigiani che in data 18 novembre 2009 venne ripresentato alla Commissione comunale per le pari opportunità un progetto per la creazione di “Parcheggi rosa” già discusso in Commissione alcuni anni prima, con esito negativo, immagino in concomitanza con la presentazione del mai approvato piano del traffico. La necessità di creare i Parcheggi rosa” deriva dalla constatazione che le dimensioni degli stalli a pettine – penso in particolare a quelli di piazza Oberdan – sono talmente esigue da rendere difficile estrarre dalla macchina un bambino piccolo seduto nell’apposito seggiolino ancorato al sedile posteriore. La stessa cosa si può dire per le donne in avanzato stato di gravidanza, ovviamente impossibilitate ad eseguire contorsioni per uscire dall’abitacolo. Il problema non si pone per i parcheggi paralleli al cordolo del marciapiede, ma, tenuto conto della difficile reperibilità di posti liberi, sarebbe auspicabile che, come già realizzato in altre città italiane, si cercassero anche in via sperimentale soluzioni idonee a rendere più vivibile la città, soprattutto pensando al benessere dei più piccoli.
Rubina Menin
SEGNALAZIONI - PARCHEGGI / 2 I prezzi a San Giacomo
Vorrei invitare chi ha scritto la “lettera firmata” pubblicata su Il Piccolo del 23 giugno con titolo “San Giacomo tartassato” a riflettere sulle seguenti mie osservazioni, che sono le stesse che ho presentato in Consiglio Comunale quando la minoranza ha proposto le sue stesse obiezioni trattando dei posteggi in Campo San Giacomo. Nella zona intorno a Campo San Giacomo ci sono una decina di medici di Medicina generale (medici di famiglia) un oculista, un odontoiatra una dermatologa e un ginecologo, uno psicologo, due grossi supermercati, un supermercato del latte e dei suoi derivati, una decina di bar, una farmacia, tre banche, tralasciando i vari altri negozi di varia specie. Il parcheggio privato, cui si fa riferimento nella lettera, costa da subito 1,20 euro l’ora, mentre il Piano del traffico che stiamo approvando prevede, per i parcheggi a pagamento intorno alla piazza, la gratuità per la prima mezz’ora e successivamente 50 centesimi l’ora. Mi sembra giusto che chi debba solo andare a farsi ripetere una ricetta dal medico curante o debba prendere dei farmaci in farmacia o debba fare la spesa per risparmiare al supermercato o voglia prendersi un caffè al bar possa disporre di un sistema a rotazione rapida che gli consenta di trovare un posto dove parcheggiarsi per tempi brevi, possibilmente a costo zero. Tra l’altro così si agevola anche l’economia della zona e quindi il mantenimento del posto per chi lavora nei negozi e nei locali vicini alla piazza. Comprendo il dispiacere di chi ha il portone di casa prospiciente la piazza per la perdita della comodità di lasciare posteggiata l’auto per giorni sotto casa, ma invito anche a capire che una tale visione delle cose agevola solo pochi, costringendo altri cittadini, come ora accade, a spendere 1,20 euro all’ora ogni volta che desiderano o devono fare operazioni nei luoghi sopra citati. Con il nuovo sistema potranno invece farlo praticamente a costo zero. Non condivido pertanto l’affermazione di “lettera firmata”, laddove afferma: “Tanto per aggiungere una nota comica, si intende creare gli stalli nella zona di Campo San Giacomo, ossia a qualche metro dall’ingresso del park interrato che non mi risulta abbia mai registrato il tutto esaurito”, non trovando tanto comico il fatto che a qualcuno evidentemente pesano anche 1,20 euro/ora che lì si pagano perchè chi va al supermercato lo fa pensando di risparmiare qualche euro sulla spesa e chi va a farsi ripetere la ricetta o prescrivere esami clinici dal medico in genere lo fa per risparmiare qualche euro sui farmaci o sugli esami che gli sono necessari o perché ha difficoltà a prendere i mezzi pubblici. E non mi risulta che le banche o i bar o gli studi medici allocati intorno alla piazza regalino a costoro biglietti gratis per il parcheggio sotterraneo in questione.
Fabio Petrossi (Consigliere Comunale gruppo PD)
PIANO CASA FareAmbiente chiede incentivi ecosostenibili
FareAmbiente chiede alla Regione un piano casa efficace. Il coordinatore Fvg Giorgio Cecco auspica una seria politica che non pensi tanto a “rottamazioni”, quanto alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente attraverso incentivi per interventi ambientalmente sostenibili.
IL PICCOLO - SABATO, 29 giugno 2013
Furlanic: pronti a non votare il piano traffico
La Federazione della sinistra: «Contentino all’opposizione su Miramare,
bocciati i nostri emendamenti»
Piano traffico, la Federazione della Sinistra lancia l'ultimatum al sindaco
Cosolini. E indirettamente alla Regione. La goccia che ha fatto traboccare il
vaso è data da due degli 11 emendamenti che la Fds ha presentato alla
maggioranza senza trovare risposta. Il primo prevedeva una vignetta di 15 euro
annuali per il parcheggio dei motocicli nel centro storico, in modo da
disincentivare l'uso del mezzo privato a favore di quello pubblico. I fondi
ricavati sarebbero serviti a finanziare il servizio di trasporto pubblico
locale, ma l'emendamento è stato bocciato dall’aula. Il secondo emendamento la
maggioranza non l'ha recepito in partenza. Proponeva che il centro storico fosse
sudddiviso in tre zone per snellire il traffico interno, evitando che un
residente supponiamo di via Ghega andasse a parcheggiare in via Lazzaretto
Vecchio. Proposta che la maggioranza non ha giudicato equa per la differente
densità abitativa. Alla Fds il tutto non è andato giù. «Se la maggioranza di cui
facciamo parte non farà un passo indietro – dichiara Iztok Furlanic (anche
presidente del Consiglio comunale) siamo pronti a dare voto contrario al piano.
Al sindaco lanciamo un'ultima ancora di salvezza. Prima dell'8 luglio (data di
approvazione definitiva del piano in aula) incontri la presidente Serracchiani
per impegnare la Regione a garantire i fondi per il trasporto pubblico locale:
devono tornare a essere quelli del 2012, senza i tagli del 2013, pari a 582mila
km in meno, che corrispondono a 2,36 milioni di euro». «Dal sindaco – incalza il
segretario del Prc Antonio Saulle – vogliamo un atto sottoscritto con
Serracchiani davanti ad almeno un rappresentante di ogni gruppo di maggioranza».
«Il 18 luglio - aggiunge Peter Behrens della VI circoscrizione - la Regione si
appresta ad approvare l'assestamento di bilancio». Per la segretaria provinciale
Pdci Bruna Zorzini «spiace vedere le nostre richieste disattese a fronte del
contentino dato al centrodestra con l'eliminazione degli stalli blu di viale
Miramare». Secca la risposta del sindaco: «Il presidente del Consiglio sa quanto
me che la discussione sugli emendamenti è chiusa. Le risorse regionali è
scontato e doveroso che le chieda ma i miracoli non li posso pretendere neanche
dalla stimata Serracchiani. La coperta è stretta e non può coprire solo il
trasporto pubblico, ma anche per esempio sanità e politiche sociali». Anche per
l'assessore Elena Marchigiani l'impegno del Comune è scontato ma i livelli non
vanno confusi: «Il piano traffico compete al Comune, il trasporto pubblico alla
Regione».
Elena Placitelli
La Regione scatena la guerra agli Ogm
La giunta approva un emendamento alla manovra estiva che rafforza il
divieto di seminare organismi transgenici in Fvg
TRIESTE Nel rispetto delle indicazioni europee mirate a evitare la presenza
involontaria delle sementi “Frankenstein” nelle colture convenzionali e
biologiche, la Regione toglie altro ossigeno agli organismi geneticamente
modificati. Su proposta di Sergio Bolzonello arriva infatti il via libera della
giunta a un emendamento, da infilare in assestamento di bilancio, che rafforza
la posizione Ogm-free del Friuli Venezia Giulia. «Questa norma – spiega il
vicepresidente – farà sì che gli Ogm si potranno seminare ma solo a determinate
condizioni che in questa regione, però, praticamente non ci sono». Il dettato Ue
La delibera nasce dalla volontà dell’Europa di fare ulteriore chiarezza. Nel
luglio 2010 la Commissione interviene sottolineando che l’obiettivo delle misure
di coesistenza è anche di «evitare la presenza involontaria di Ogm in altri
prodotti, prevenendo la potenziale perdita economica e l’impatto della
commistione tra colture geneticamente modificate e non geneticamente
modificate». La precauzione Concretamente, ed è ciò che la giunta Fvg recepisce,
dato che alcune differenze a livello regionale, quali le condizioni climatiche,
la topografia, i modelli produttivi e i sistemi di rotazione delle colture o le
strutture aziendali, possono influenzare il grado di commistione, la Commissione
raccomanda di escludere nei casi dubbi la coltivazione di Ogm da alcune zone del
territorio, lì dove, si legge nell’emendamento regionale, «non è possibile
raggiungere un livello sufficiente di purezza». E ancora, per tutelare i
produttori biologici, la Regione impone tassativamente di restare sotto livelli
di commistione pari allo 0,9%. L’inosservanza delle nuove regole comporterà una
sanzione amministrativa da un minimo di 5mila a un massimo di 50mila euro. A
vigilare sul rispetto della norma sarà il Corpo forestale regionale. Riparto
cultura La giunta, su proposta dell’assessore alla Cultura Gianni Torrenti,
distribuisce poi 687mila euro a sostegno di 136 iniziative (23 in provincia di
Trieste per complessivi 122.960 euro, 9 nell’Isontino, un totale di 39.645 euro)
promosse da enti pubblici, associazioni culturali, sportive e di volontariato,
parrocchie, istituti di ricerca che operano nel campo delle attività culturali,
ricreative e sportive, della solidarietà e della promozione turistica. Si tratta
di contributi (fino a un massimo di 11mila euro), precisa Torrenti, previsti
secondo modalità indicate dal centrodestra che vanno ora superate «perché poco
oggettive». A partire dal 2014, anticipa l’assessore «la distribuzione delle
risorse sarà affidata non più solo a criteri generali ma a una commissione che
dovrà operare una valutazione puntuale e attenta della qualità dei progetti».
Assistenza agli stranieri Nel menu della giunta anche il recepimento
dell’accordo Stato-Regioni di fine dicembre 2012 che dà indicazione per la
corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria alla
popolazione straniera. Non c’è distinzione tra immigrati regolari e irregolari
(su cui si scatenò la polemica nel 2009 tra Lega Nord e Vladimir Kosic) ma, in
una Regione in cui l’assistenza era già comunque garantita anche per gli
stranieri, Maria Sandra Telesca, assicurando «attenzione su tutti i fronti»,
vuole evitare eventuali dubbi interpretativi sul territorio. Sostanzialmente,
spiega l’assessore alla Salute, «prendiamo atto che ci sono direttive che
impongono di dare attuazione in modo omogeneo a disposizioni mirate a tutelare
la salute di tutti in un’ottica di prevenzione». Fondi per la ricettivita Dopo
le semplificazioni nelle procedure per accedere ai prestiti del Frie, Bolzonello
ottiene infine anche l’approvazione del regolamento sulla concessioni di fondi
per le strutture ricettive. L’incentivo fissato dalla giunta è del 50% in conto
capitale della spesa ammissibile e secondo la regola del de minimis per somme
che vanno da 20mila a 400.mila euro.
Marco Ballico
IL PICCOLO - VENERDI', 28 giugno 2013
Consiglio, Cogliati Dezza lascia per incompatibilità
La presidente della Prima commissione costretta a scegliere dall’Ass
Triestina Al suo posto
arriva per il Pd Tiziana Cimolino, il medico con la
passione Bioest
Un medico se ne va e un medico arriva. Il profilo sanitario del Consiglio
comunale di Trieste non cambia. Maria Grazia Cogliati, direttore del Distretto 2
dell’Azienda sanitaria triestina, ha dovuto lasciare il posto di consigliere
comunale, eletta nel maggio del 2001 nelle file del Partito democratico (302
preferenze). E l’unico caso a Trieste, per ora, a finire sotto la scure del
decreto legislativo 39 (“norme anticorruzione”) che determina le condizioni di
incompatibilità tra gli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazione e
incarichi politici. Gli altri nomi a rischio (l’assessore Laura Famulari e il
capogruppo Giovanni Maria Coloni, entrambi del Pd) restano per ora al loro
posto. Maria Grazia Cogliati Dezza ha dovuto scegliere messa alle strette
dall’Azienda sanitaria che l’ha obbligata a decidere in 15 giorni. «Avrei potuto
anche andare in pensione - spiega la dottoressa -. Ma siccome era una scelta da
fare in 15 giorni non me la sono sentita di lasciare». Così non ha avuto dubbi
nel scegliere l’azienda sanitaria, a cui ha dedicato il lavoro di una vita
(soprattutto nell’ambito della lotta alle tossicodipendenze) alla carica di
consigliere comunale e alla presidenza della Prima Commissione che ora risulta
decapitata. Le dimissioni sono già state protocollate e il suo nome è già
sparito dal sito rete civica. «Sono triste. Lo ammetto. E ringrazio per tutti
gli attestati di stima che mi sono arrivati» dice Cogliati Dezza. Mi spiace
dover interrompere il mio lavoro in Consiglio e in Commissione. È un problema
che sta riguardando tutte le pubbliche amministrazioni d’Italia. Molti dicono
che la legge sia anticostituzionale visto che va a regolamentare situazioni
pregresse». Il problema è che l’Azienda sanitaria, a differenza di quella
ospedaliera per esempio, ha deciso di rilevare le incompatibilità presenti e
quindi ha chiesto al direttore del Distretto 2 di fare una scelta. La magra
consolazione è che in Consiglio comunale al posto di Cogliati Dezza entra un
altro medico. Tiziana Cimolino, prima dei non eletti del Pd con 165 preferenze,
è un medico di base. La dottoressa, classe 1960, porta in consiglio un’autentica
ventata di associazionismo e movimentismo. È organizzatrice da più di 20 anni di
Bioest, la fiera dell’associazionismo e dei prodotti biologici, membro del
direttivo di Legambiente di Trieste, attivista del movimento della Decrescita,
coordinatore provinciale del “Forum acqua bene comune” e da due anni del
progetto “Urbi ed Horti” (Orti comuni Trieste) da due anni. «Sono felice di fare
questa esperienza. Sono da tempo ai nastri di partenza. Come vedo questa
amministrazione? Su certe cose sta andando bene, su altre si potrebbe fare molto
di più» dice la neoconsigliera Cimolino con l’entusiasmo della neofita. Nel
cambio, in effetti, il Consiglio comunale comunque perde qualcosa. «Siamo
contenti di avere con noi la signora Cimolino - dice il capogruppo del Pd - ma
l’esperienza e le competenze della Cogliati non facilmente rimpiazzabili. È un
vero peccato. L’impoverimento riguarda tutto il Consiglio comunale».
Fabio Dorigo
LA VOCE.info - GIOVEDI', 27 giugno 2013
Se il rigassificatore è una “cattedrale nel mare”
L’Italia punta a diventare il più importante hub sud-europeo del gas. E
per questo nella Strategia energetica nazionale sono previste garanzie per la
copertura dei costi di costruzione delle infrastrutture necessarie. Le vicende
del rigassificatore al largo di Livorno non sono però incoraggianti.
UN CONTESTO INCERTO
I consumi di gas naturale continuano a diminuire, ma l’Italia si appresta a fare
un primo, esemplare, passo per diventare un hub del gas o meglio il principale
«hub sud-europeo»: insieme alla promozione di un mercato del gas competitivo,
integrato con l’Europa e con prezzi a essa allineati, questa è infatti la
seconda delle priorità individuate nella Strategia energetica nazionale (Sen),
varata in extremis, addirittura dopo le elezioni, dal gabinetto Monti.
Nella Sen l’hub è ritenuto un’opportunità che l’Italia può cogliere attraverso
una serie di investimenti mirati (infrastrutture strategiche). Il progetto,
però, sconta diverse criticità e, soprattutto un problema di fondo: la chiamata
in causa dei consumatori finali, che attraverso la bolletta del gas
finanzierebbero le nuove infrastrutture.
Delle criticità ne richiamiamo solo una, la maggiore, che invero riguarda
l’intera Sen, della quale è a dir poco dubbio il valore giuridico – e non è un
caso che il Parlamento, né dell’attuale né della scorsa legislatura, si sia
potuto esprimere sulla Sen. (1) Ciò mina irrimediabilmente ogni concreta
applicazione della Strategia che risulta caratterizzata da un elevatissimo, e
intrinseco, rischio regolatorio perché una regola vale tanto più quanto è certa
e duratura nel tempo. Davvero troppo ottimistico, infatti, ipotizzare che sui
numerosi atti che dovrebbero essere posti in essere affinché la Sen non resti
lettera morta, non ci siano ricorsi ai tribunali amministrativi (e non solo),
specie nei casi in cui si prevede la realizzazione di nuove infrastrutture.
L’INEVITABILE INCENTIVO
Tra le infrastrutture, nella Sen assumono un ruolo principe i terminali di
rigassificazione di Gnl. Tanto da prevedere iter autorizzativi accelerati e la
concessione di un fattore di garanzia, che assicuri una copertura dei costi di
investimento, anche qualora l’impianto non venga utilizzato. (2)
La scelta delle infrastrutture strategiche verrebbe effettuata attraverso
procedure a evidenza pubblica, secondo criteri trasparenti e non discriminatori
di costo-beneficio, relativamente alla capacità (intera o parziale) di
rigassificazione, offerta a terzi in regime regolato. Un procedimento complicato
che, viste anche le implicazioni che comporterebbe per il sistema tariffario su
cui verrebbe a gravare, sarà certamente preparato con cura.
Tuttavia, una infrastruttura strategica, sebbene ante litteram, parrebbe già
esserci: l’avveniristico terminale di rigassificazione al largo di Livorno, per
il quale la Olt, dopo aver rinunciato all’esenzione dal diritto di accesso di
terzi (la possibilità, dunque, di utilizzo esclusivo del terminale) vorrebbe
passare al regime regolato e beneficiare di un fattore di garanzia, anche se
depotenziato. Tanto prevede il documento di consultazione 237/2013/R/gas
dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas.
Il rigassificatore off shore al largo delle coste toscane entrerà in funzione
tra pochi mesi. Più che di incentivo, l’accesso al regime regolato e al fattore
di garanzia sembra avere tutte le caratteristiche di un aiuto, necessario perché
i fondamentali del mercato sono di molto cambiati.
La stessa Aeeg nel documento di consultazione scrive: «La rinuncia all’esenzione
da parte di un operatore comporta il riconoscimento del fatto che, per quel
determinato terminale, l’investitore ritiene che non sussistano più le
condizioni per un’allocazione a mercato della capacità, e dunque per la
sostenibilità economica a mercato dell’infrastruttura stessa».
CATTEDRALI NEL MARE
Perché, dunque, intervenire con regole di grande aiuto laddove il mercato e i
(denari) privati non ce la fanno? I motivi vanno ricercati sempre nel testo
della Sen. Uno però può essere subito spuntato: la sicurezza delle forniture.
Non è affatto detto che i rigassificatori siano utili sul piano della sicurezza
nella copertura della domanda giornaliera di gas, l’unica che in caso di freddo
particolarmente intenso a fine inverno, con capacità di erogazione degli
stoccaggi dimezzata, può destare qualche problema. (3) Ne abbiamo già scritto a
proposito dell’emergenza gas del febbraio 2012, quando condizioni meteo
eccezionalmente avverse impedirono le operazioni di scarico dalle navi metaniere
cosicché l’apporto dei due rigassificatori esistenti proprio nel momento di
massimo bisogno è stato minimo e sempre inferiore a quanto si è riusciti a
risparmiare con le misure emergenziali. È poi evidente che questo limite vale
tanto più quanto il terminale si trovi al largo: quello di Livorno sarà molto
lontano, invisibile dalla costa, un indubbio merito sul piano dell’impatto
paesaggistico.
Più incerta la questione relativa all’incremento della concorrenza. Un aumento
della capacità di import, tanto più se contrattualizzata a breve, contribuisce
ad aumentare la liquidità del mercato. Nel breve termine, però, la rinuncia
all’esenzione certifica che l’infrastruttura ben difficilmente sarà in grado di
far giungere gas in Italia a prezzi inferiori a quelli di mercato. Alto è quindi
il rischio che resti inutilizzata, come una (nuova) cattedrale nel deserto. E
troppe ne abbiamo già viste.
È dunque necessario che l’onere da pagare per i rigassificatori, anche qualora
rimanessero inutilizzati, sia inferiore ai benefici ottenibili. Qui ci si
avventura in un terreno piuttosto incerto (e opaco).
Nella Sen il costo di un rigassificatore da 8 miliardi di metri cubi (Gmc) viene
stimato in circa un miliardo di euro, con un costo addizionale annuo per il
sistema di 100-150 milioni di euro, nell’ipotesi estrema in cui l’incremento
rimanesse totalmente inutilizzato. Per i benefici, il ragionamento è il
seguente: «Considerato che la spesa per la sola materia prima gas è stimabile
complessivamente in circa 25 miliardi di euro l’anno, anche una contenuta
riduzione del prezzo del gas attribuibile all’apporto di liquidità offerto
dall’infrastruttura (in particolare con riferimento alla sola componente di
trasporto dall’Europa, che incide per circa 2,7 euro/MWh), rende più che
giustificabile l’investimento, dato che contribuirebbe a una riduzione della
bolletta gas complessiva dell’Italia fino a circa 1,5 miliardi di euro l’anno
(pari al delta costo di trasporto)».
Ma in verità, non ci sono elementi certi per poter dire che ci sia un
differenziale di prezzo strutturale di 2,7 €/MWh (pari al costo di arbitraggio
fisico dato dal costo di trasporto) tra il gas scambiato nel Nord Europa. Negli
ultimi mesi il differenziale – senza nessuna nuova infrastruttura – si è andato
sempre più riducendosi fino ad annullarsi. (4)
Ci auguriamo dunque che l’aiuto al rigassificatore al largo di Livorno, che
senza contare i costi per il collegamento alla rete, pare sia già costato 850
milioni a fronte di una capacita di soli 3,75 Gmc, sia solo un esperimento, una
“prima” a cui non seguano repliche.
Gionata Picchio e Antonio Sileo
(1) Per gli appassionati di questioni giuridiche
(2) In attuazione delle disposizioni contenute nell’art. 3 del Dlgs n. 93 del
2011.
(3) Nella stagione invernale la capacità di erogazione degli stoccaggi,
all’incirca pari a quella di due importanti gasdotti, diminuisce
progressivamente al diminuire del gas presente nei giacimenti.
(4) Come pure chiaramente scrive la Dg Energy nel recente Rapporto europeo sui
mercati del gas relativo al primo trimestre 2013.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 giugno 2013
Park Audace, rispunta il progetto - VIABILITÀ»I
CONTENITORI SULLE RIVE
Approvato dalla giunta, in aula entro luglio. Tante le prescrizioni alla
società pronta a investire 24 milioni
Dal profondo dell’oblìo con furore. Per la serie le cose capitano quando
meno te l’aspetti, l’amministrazione Cosolini tira fuori dal cassetto più
ammuffito, in cui era rimasta fin dall’epoca Dipiazza, l’idea di dire sì (un sì
comunque condizionato a una lunga serie di «prescrizioni» e «condizioni», tra
garanzie tecniche e contropartite economiche, affitti e fidi compresi in caso di
smottamenti e/o danni ai piedi di Palazzo Carciotti, Chiesa di San Nicolò e
Teatro Verdi) al Park Audace. Che è per la cronaca il mega-progetto
“sottomarino” sulle Rive da quattro piani interrati per 13 metri di profondità e
662 posti auto, tra canale di Ponterosso e molo Audace, prospettato
dall’investimento di 24 milioni (27 e mezzo, secondo le ultime stime degli
uffici comunali) voluto da Interparking Srl Venezia, costola italiana
dell’omonima multinazionale belga. Nei giorni scorsi la giunta comunale ne ha
rimesso in moto l’iter quattro anni dopo l’ultimo parere negativo del Consiglio
comunale (cui spetterà di nuovo, fra un mese, l’ultima parola) licenziando una
delibera complicatissima, coordinata politicamente dal sindaco, in cui hanno
messo bocca tre assessori (Marchigiani per l’Urbanistica, Dapretto per il
Demanio e Laureni per l’Ambiente). Tale delibera ora sarà esaminata e votata
dalla Quarta circoscrizione (competente sull’area, cui la norma attribuisce il
diritto di un parere, consultivo e non vincolante), poi imboccherà il percorso
decisivo di approvazione: dalla seduta della Sesta commissione Urbanistica e
Ambiente alla sessione “sovrana” del Consiglio comunale, prevista entro fine
luglio, prima della pausa d’agosto. Seguirà quindi un iter analogo di
concessione vera e propria, che l’amministrazione Cosolini ipotizza di poter
traguardare a novembre. A quel punto Interparking potrà partire col cantiere,
per il quale è prevista una durata di 24 mesi. Morale: il taglio del nastro,
senza clamorosi imprevisti, potrebbe essere celebrato nel 2016. L’anno delle
prossime amministrative. Si sta parlando, qui, di un percorso netto, presumendo
cioè l’assenza di ostacoli e cadute, a cominciare proprio dal voto di fine
luglio del Consiglio comunale, che sarà chiamato per l’appunto a confermare, o
meno, il nuovo corso tracciato dalla giunta Cosolini. Ma perché, ora, si è
cambiata idea? La storia è contorta ma lo sblocco si può banalizzare nel
sostanziale arretramento dell’area di cantiere e di futuro parcheggio interrato
verso il mare: da cinque che erano a tre metri e 20 di “sfondamento” oltre le
aiuole/marciapiede di riva Tre Novembre (il confine di proprietà comunale) in
corrispondenza di Palazzo Carciotti, e da otto e mezzo a sei metri e mezzo
davanti al Teatro Verdi. Tanto basta - si intuisce nella delibera - per
ammorbidire il netto no proferito dal Consiglio comunale sotto Dipiazza,
culminato allora nel rilievo secondo cui quello «sconfinamento», con relativo
svuotamento di frontemare, avrebbe potuto «comportare pericoli di dissesto
statico nel corso delle fasi di scavo, stante la specificità dei terreni e la
presenza di rilevanti masse di edifici antistanti che, come da tecniche
costruttive dell’epoca, si reggono su equilibrio delle masse e non con appoggi
su terreni consistenti». La promessa sta nell’ultima versione del progetto che
Interparking ha presentato l’estate scorsa, nel periodo delle conferenze dei
servizi convocate dall’Autorità portuale come capofila (la quota parte più
rilevante dell’opera ricade su sedime marittimo) e concluse, come si legge nella
delibera, con il sì di «tutte le autorità competenti (Regione compresa, ndr) ad
eccezione del Comune», che ha ritenuto di doversi prendere altro tempo. È stato
il tempo, quello dei mesi scorsi, in cui manager e tecnici di Interparking sono
venuti a Trieste per concordare con amministratori e dirigenti del Municipio una
soluzione della vicenda. Sindaco, assessori e tecnici del Comune si sono
convinti che, pur con un pacco di cautele, si può fare. Determinante è che si
convinca pura il Consiglio comunale.
Piero Rauber
Una strategia per liberare il lungomare dalle auto -
PARCHEGGI
Hanno senso oltre 650 posti vicini a Silos e Molo Quarto, da inaugurare in
scia al Park San Giusto? Ha senso sì, specie alla luce dell’abbandono dei
progetti davanti a Marittima e Sant’Antonio, e anche perché è acclarato che
quegli oltre 650 stalli saranno tutti a rotazione: ne è persuasa Elena
Marchigiani. «Così facendo - sottolinea l’assessore - si potenzia pure la
cintura cittadina dei parcheggi, incrementando l’offerta verso i migliori
standard europei, senza dimenticare che si va a completare un disegno teso a
liberare le Rive dalle auto in sosta in superficie». Nella delibera, in effetti,
«si ritiene opportuno contestualmente lo sgombero di un’adeguata quantità di
stalli a pagamento lungo il sedime dell’Autorità portuale sulle Rive, almeno nel
tratto compreso tra il canale di Ponterosso e l’Aquario, per un ammontare di
circa 350-400 posti auto». Per il resto, la Marchigiani fa capire che l’accordo
di massima con Interparking già c’è: «Le prescrizioni non sono state fatte per
rendere inattuabile il progetto, ma per tutelare la città di fronte a un’opera
che trascende l’ordinarietà. È più facile dire “no se pol”. Per noi “si può
ma...”». «Il progetto è migliorato, in particolare per quanto riguarda le
restrizioni dell’area di scavo verso il Carciotti - fa eco Mario Ravalico del
Pd, presidente della Sesta commissione Urbanistica - dopodiché va ricordato che
siamo ancora in una fase istruttoria». I grillini intanto si dicono «perplessi».
«Quali sono - scrivono Paolo Menis e Stefano Patuanelli - i vantaggi di avere un
altro contenitore a pochi metri da Silos e Park San Giusto, senza considerare
l’area di parcheggio del Molo Quarto? Qual è la visione della sosta in città?
Perchè i precedenti pareri tecnici "negativi" si sono trasformati in "positivi
con prescrizioni"? Faremo un approfondimento con i nostri esperti, soprattutto
per verificare se il progetto è in grado di tutelare la stabilità di Carciotti e
Verdi, e se preserva il livello di falda».
(pi.ra.)
Undici vincoli nella delibera - Marchigiani: non uno di
quei sì condizionati fatti apposta per innescare un no
Nove «prescrizioni» più due «condizioni»: 11 “vincoli”. Stavolta però -
rassicura l’assessore Marchigiani - non è uno di quei sì condizionati fatti
apposta per sbattere un no col sorriso in faccia all’interlocutore. Tant’è.
Interparking, se confermerà il suo interesse - il che pare scontato - avrà i
suoi “belli” impegni da onorare. Si parte dal consulente esterno per «l’alta
sorveglianza dei lavori in coordinamento col Comune», scelto dal pubblico e
pagato dal privato. E si prosegue - tanto per restare tra le prescrizioni più
sostanziose, al di là di quelle prettamente tecniche, legate anche ai criteri di
«sicurezza» - alla previsione «che la società provveda a sua cura e sue spese,
per tutta la durata della concessione, alla manutenzione ordinaria e
straordinaria della semicarreggiata delle Rive, nel tratto interessato dal
parcheggio interrato», fermo restando che non si potrà, neanche durante il
cantiere, scendere sotto le «due corsie per ogni senso di marcia». Ma il cuore
delle prescrizioni è che «l’atto di concessione prescriverà che al verificarsi
di cedimenti e/o spostamenti e/o fessurazioni su palazzi e/o manufatti edili,
stradali e fognari, ritenuti significativi dall’alta sorveglianza, la società
dovrà intervenire a proprie cura e spese, con un intervento immediato» di
«sospensione dei lavori» e di «contestuale consolidamento e ripristino». In caso
poi di «valutazione negativa» del Consiglio comunale e di «conseguente
cessazione della concessione, farà obbligo alla società di interrompere
definitivamente l’esecuzione del parcheggio e di ripristinare i beni contermini
nelle condizioni originarie tacitando qualsiasi richiesta risarcitoria». Per
questo l’amministrazione Cosolini si aspetta pure che Interparking «presenti
idonee fideiussioni assicurative o bancarie». Le «condizioni», come detto, sono
due soltanto, ma pesano. La prima ricorda che l’intervento è subordinato anche
ad «autorizzazioni della Soprintendenza per i Beni architettonici e
paesaggistici» retta dall’architetto Maria Giulia Picchione. La seconda è una
royalty: «Nell’atto di concessione dell’area comunale (oltre l’aiuola verso la
città, ndr) sarà determinato il canone che il Comune introiterà, tenendo conto
degli utili derivanti dagli stalli ricadenti nelle aree del demanio comunale».
(pi.ra.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 giugno 2013
«Piano traffico migliorato anche grazie
all’opposizione»
Cosolini tira le somme dopo la maratona in aula. Marchigiani: approccio
partecipativo, ampliate le pedonalizzazioni.
Sel: ma resta il vulnus dei 500mila chilometri tagliati
sul trasporto pubblico
Uscendo con un po’ anticipo dalla conferenza stampa di commento alla
megamaratona sul Piano del traffico, ormai licenziato dal consiglio comunale
dopo ben sette giorni di sedute anche fino a tarda sera con l’esame e il voto di
274 osservazioni e 382 emendamenti, il sindaco Roberto Cosolini ha sfiorato con
un paterno bacio sui capelli il suo assessore alla Mobilità, Elena Marchigiani,
che prima aveva lodato assieme agli uffici comunali «per un lavoro straordinario
per quantità, intensità, complessità, per l’altissimo grado di confronto e
condivisione» con cui è stato modellato ascoltando circoscrizioni, comitati,
gruppi, associazioni, cittadini. Citando l’ingegner Roberto Camus che aveva
redatto la bozza per la Giunta Dipiazza (rimessa in cassetto nel 2006 e poi nel
2008) i capigruppo di maggioranza, avvertendo che era dal 1998 che non si
metteva mano alla mobilità, se lo son detto da soli: «Ci vuole fegato a fare un
piano del traffico». «Ma - ha sottolineato Roberto Decarli (Trieste cambia)
annunciando “una città più godibile”- noi lo abbiamo avuto». Tutti hanno
ringraziato tutti, e Cosolini specialmente il consiglio comunale e anche le
forze di opposizione: «Al di là di qualche asprezza polemica, ostruzionismi
fuori luogo e fuori tempo, il dibattito ha migliorato il prodotto finale, certi
emendamenti sono stati accolti dalla giunta e di altri abbiamo lasciato la
paternità ai proponenti, ma tutto era da noi condiviso. Pagina faticosa, ma
bella, del consiglio comunale». Impregiudicato il voto finale dell’8 luglio
(intanto gli uffici approntano la bozza emendata), Cosolini ha registrato
«l’atteggiamento assai costruttivo del Movimento 5 stelle e di Un’Altra
Trieste». Per Marchigiani «un Piano del traffico dev’essere di tutti, non è una
camicia di forza, l’approccio di partecipazione è stato innovativo ed efficace,
anche se abbastanza temerario. Ma traghettiamo la città nel 21.o secolo puntando
su pedonalità, sostenibilità, salute». Contenta Marchigiani per i miglioramenti
venuti dall’aula: «Ampliata la pedonalizzazione su Cavana, via Madonna del mare,
via Imbriani verso corso Italia, introdotte le aree “ad elevata pedonalità” (via
Santa Caterina, via Crispi, via XXX Ottobre) dove potranno entrare solo
disabili, taxi e mezzi per carico e scarico: aiutiamo anche i commercianti.
Inoltre via Mazzini pedonale e ciclabile, ritoccate le zone di sosta a pagamento
come richiesto, e ampliata la “zona rossa” per residenti, sono felice
dell’esito». Cosolini: «Il parcheggio gratuito di fatto impedisce di
parcheggiare, perché il rapporto tra residenti e stalli è a volte di 7-8 a uno».
Giovanni Maria Coloni, capogruppo Pd, ha riepilogato l’apporto: «Riduzione delle
aree a pagamento, calo di tariffe, prima mezz’ora di sosta gratuita,
agevolazioni e sconti per i residenti in centro, 30 euro al mese ma il 15% in
meno pagando l’anno intero». Anche Mario Ravalico (Pd), presidente della sesta
commissione, rammentando le ben 16 sedute «a volte anche aspre», ha sottolineato
«un nuovo modo di concepire il rapporto tra eletti ed elettori». Iztok Furlanic
(Federazione della sinistra), il presidente del consiglio-fiume assieme al suo
vice Pd Alessandro Carmi, proprio come Sel ha abbassato la linea di fuoco: «Non
c’è nella storia recente del consiglio un’esperienza simile, sette giorni di
aula, con abnegazione di impiegati e verbalizzanti. Eravamo critici, ora
analizzeremo le modifiche per decidere come votare, però: congratulazioni».
Marino Sossi (Sel) ha annunciato «valutazione positiva». Però ha rimesso in
tavola il problema del calo di oltre 500 mila chilometri di percorrenza dei bus
a Trieste: «Due milioni di euro in meno dalla Giunta Tondo, bisogna ridiscutere
la cifra in Regione, questo è il vulnus del Piano del traffico. Comunque,
bisognava ascoltare la gente, fare una sintesi con gli interessi generali:
riconosco, è stato fatto». Accordo anche sul delicato tema dei disabili:
«Finalmente - ha commentato Mario Reali, ex dirigente dell’Azienda sanitaria e
consigliere di Sel - anche i disabili potranno scorrazzare in città. Giusto non
dare una deroga a tutti. Altrimenti non c’è più regola». Marchigiani, su questo,
molto ferma. Ma le azioni sono concordate con la Consulta dei disabili, che
approva.
Gabriella Ziani
Largo Granatieri un regolamento «Per la sosta si
pagherà» - IL CASO
E il famoso largo Granatieri, sotto i palazzi del Comune, investito da
polemiche per via dei “furbetti” lesti a parcheggiare nonostante le sbarre, e
per quel senso di privilegio che sembrava riservare ai “comunali”, e che ha
rischiato di sembrare un’isola intoccabile fra tutti i rivolgimenti del Piano
del traffico? Sarà a pagamento anche largo Granatieri. È l’unica cosa certa.
L’altra sera in consiglio comunale il tema è stato “buttato” in aula, per
preparare la prossima tornata, che avrà come tema proprio e solo il regolamento
di largo Granatieri. Che ha uno “status” particolare. «Con la Giunta Dipiazza
quello spazio di proprietà comunale - dice l’assessore Elena Marchigiani - è
stato trasformato in “bene indisponibile del patrimonio comunale”, dunque non è
strada pubblica, non è sottoposto al Codice della strada, pertanto non può
essere oggetto di Piano del traffico che riguarda strade pubbliche, aperte al
pubblico. Può essere gestito attraverso un regolamento, che infatti stiamo da
tempo scrivendo, e che andrà in consiglio. Come disciplinarne l’uso? Senza
dubbio sarà sosta a pagamento, sarebbe giusto riservare (comunque non
gratuitamente) qualche spazio a dipendenti e consiglieri comunali, soprattutto
perché i consiglieri arrivano per commissioni, e consigli, e poi devono
rientrare in fretta sul posto di lavoro. Potremmo studiare una cifra “a
forfait”. In questi giorni ci entra chi vuole, ma un domani nei giorni
lavorativi servirà al Comune, i sabati e le domeniche potrebbe essere aperto a
tutti».
(g. z.)
SEGNALAZIONI - AMBIENTE Il Rettore e il rigassificatore
Finalmente, lo dice anche il nuovo Rettore (che insegna ingegneria chimica ed ha un’eccezionale produzione scientifica): il rigassificatore causerebbe il raffreddamento e la clorazione della Baia di Muggia. Per evitarlo, occorrerebbe cambiare impianto, con un progetto che prevedesse di scaldare il liquido da -162 gradi a temperatura ambiente senza usare il mare. Ma si è voluto puntare al massimo guadagno senza curarsi dell’ambiente. Invece, al rischio per la popolazione non c’è rimedio tecnico, perché l’impianto e le navi gasiere sarebbero troppo vicini alla città e ad altri impianti a rischio di incidente rilevante (effetto domino). Ci voleva, perché pare proprio che a stendere una cortina fumogena sul rischio del rigassificatore siano state anche alcune relazioni del consorzio Cinigeo sull’effetto domino, che compromettono la nostra università (vedi http://www.konradnews.it/pdf_riviste/1_2013.pdf pagine 20 e 21).
Livio Sirovich, Marina Cabrini, Carlo Franzosini, Michele Giani, Renzo Mosetti, Lino Santoro, Ranieri Urbani
Cena sostegno Legambiente
Cena amici Legambiente alla Trattoria ex Moro, in via Ziliotto 1 stasera alle 20. Su prenotazione: 328-7908116 . Il prezzo comprende una quota a sostegno del Circolo Legambiente Verdeazzurro.
IL PICCOLO - MARTEDI', 25 giugno 2013
Piano del traffico, crescono ancora le zone pedonali e
i parcheggi liberi
Maratona di emendamenti in Consiglio comunale in vista dell’approvazione
prevista per l’8 luglio
In largo Granatieri resta lo status quo perché l’area è
a regime patrimoniale e non demaniale
A colpi di emendamenti si aggiungono ulteriori Zone a traffico limitato o
addirittura pedonali e spariscono altri parcheggi contornati di blu, cioé quelli
a pagamento. Con una maratona in aula che si protrae per tutto il giorno e in
cui non mancano le polemiche, il Consiglio comunale “aggiusta” ancora il Piano
del traffico che dovrà essere approvato lunedì 8 luglio. Alla fine un colpo di
scena: tutti gli emendamenti presentati su largo Granatieri che il sindaco aveva
detto di voler restituire all’uso pubblico, sono stati dichiarati inammissibili,
compresi quelli che prevedevano un pagamento a forfait per gli stessi
consiglieri comunali. È stato chiarito che l’area è in regime patrimoniale, non
demaniale e quindi non regolabile dal Piano del traffico. Subito in apertura
saltano le strisce blu in via Conconello e in via dei Salici, due strade
secondarie di Opicina come proposto da Everest Bertoli capogruppo del Pdl. Nel
frattempo la giunta ha già fatta propria la proposta di abbassare in periferia
la tariffa oraria da 60 a 50 centesimi con la prima mezz’ora gratuita. Poi
crescono le Zone a traffico limitato: passa quella proposta da Giovanni Barbo
(Pd) tra via Rossetti e via Zovenzoni adiacente al Politeama, poi quella in via
Machiavelli tra via Filzi e via XXX Ottobre di Franco Bandelli (Un’Altra
Trieste) che chiede e ottiene anche la pedonalizzazione di via Foschiatti tra
piazza Ospedale e via Fonderia e di via Madonna del mare tra via Cavana e via
del Bastione. La discussione si scalda sulle deroghe agli ingressi nelle aree
che sono o saranno vietate ai veicoli. Michele Lobianco (Fli) propone che anche
gli artigiani che devono eseguire interventi d’urgenza possano entrare nelle
Ztl, ma il voto viene rinviato. Poi Carlo Grilli (Udc) chiede che i disabili
possano entrare con il proprio mezzo nelle aree pedonali. Giovanni Maria Coloni,
capogruppo del Pd sostiene che non si può farlo «perché i disabili sono troppi».
Viene giù il finimondo. Lo stesso Grilli e poi Paolo Rovis, Piero Camber e
Everest Bertoli del Pdl parlano di espressione infelice e inaccettabile.
L’assessore Elena Marchigiani specifica che il regolamento già prevede specifici
permessi temporanei. Alla fine passa un emendamento proposto dal Movimento 5
stelle e che prevede l’introduzione di una serie di Ztl di penetrazione a
valenza pedonale in grado di assicurare l’avvicinamento all’area pedonale di
persone con disabilità in particolare in via Santa Caterina, in via XXX ottobre
e in via Machiavelli. La successiva polemica fomentata ancora da Bertoli si
incentra sui cosidetti “assi a tolleranza zero” dove l’amministrazione
preannuncia che la sosta vietata sarà perseguita con particolare severità. «Via
Caboto - ironizza Bertoli - la definirei un asse a tolleranza 3: su 10 veicoli
in sosta irregolare 7 devono essere multati, ma 3 no». Si continua sulla
falsariga sarcastica e nel mirino delle critiche dell’opposizione entrano le 5
fasi di applicazione del piano di cui però non si specificano né costi né tempi.
«Più tardi è, meglio è», commenta il pidiellino Maurizio Bucci. Gli emendamenti
proposti da Paolo Rovis e dimenticati dal capogruppo Bertoli sono riammessi
all’ultimo momento, ma vengono tutti bocciati. Uno chiedeva l’abolizione
dell’opzione che prevede la possibilità di un senso unico alternato con semaforo
in via Canalpiccolo, altri puntavano sull’estensione del parcheggio gratuito
domenicale in centro che viene garantito attualmente anche al sabato pomeriggio.
Silvio Maranzana
«Bus gratis per chi lo usa nel centro città»
Lega, emendamento accolto dalla giunta. Marchigiani: ma dobbiamo
interpellare Provincia e Regione
Viaggiare gratis sui mezzi pubblici, purché si salga e si scenda nell’ambito
della stessa corsa all’interno del perimetro compreso tra Rive, corso Italia,
via Carducci, piazza Oberdan, via Ghega e piazza della Libertà. È questa
l’inedita proposta presentata - sotto forma di emendamento al Piano del traffico
accolto e fatto proprio dalla giunta comunale - dai consiglieri comunali della
Lega Nord, Maurizio Ferrara (capogruppo) e Roberto De Gioia. «Nell’esprimere
forte criticità nei confronti del Piano che si sta delineando – ha detto
quest’ultimo ieri in una conferenza stampa (assente Ferrara per motivi di
salute) – perché si tratta di un compromesso, di un documento raffazzonato,
abbiamo pensato che garantire la gratuità del trasporto pubblico all’interno del
ring del centro città possa essere una buona soluzione, che non dovrebbe
comportare costi per la Trieste trasporti. Pochi sono disposti – ha aggiunto
l’esponente del Carroccio – a pagare il biglietto per tratte molto brevi,
preferendo l’automobile o le due ruote. Con la nostra proposta molti cittadini
potrebbero scegliere il mezzo pubblico – ha concluso - si ridurrebbe il numero
dei veicoli in movimento e il conseguente inquinamento». Una sorta di incentivo
all’uso dell’autobus dunque. «Ci è sembrata una buona idea, perciò l’abbiamo
inserita nel testo del Piano del traffico – ha commentato l’assessore Elena
Marchigiani – anche se bisogna ricordare che la competenza su questo aspetto
della mobilità urbana è della Provincia e che è necessario proporre la questione
alla Regione - in quanto si tratterebbe di un trasporto pubblico finalizzato
anche ai turisti - e ovviamente alla Trieste trasporti». De Gioia, essendo
consigliere della Lega Nord anche in Provincia, ha assicurato che presenterà lo
stesso testo all’assemblea di palazzo Galatti. «L’idea di De Gioia – ha risposto
subito Igor Dolenc, vicepresidente della Provincia – sarà esaminata, ma non è di
facile attuazione perché comunque si graverebbero le linee esistenti di un
ulteriore numero di utilizzatori non paganti, con rallentamenti e soste più
lunghe alle fermate».
Ugo Salvini
Nuovi lotti agli Orti urbani - E sul Carso sentieri
d’acqua - LA GIUNTA
Nuovi Orti urbani per i cittadini di Trieste. Il Comune ha recuperato e
ripristinato, pronta per la coltivazione, un’area degradata nella parte finale
di via Navali, dove saranno creati 25 nuovi spazi da orto da 40 metri quadrati
l’uno da assegnare con bando di gara secondo criteri di priorità. La delibera
presentata dall’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto è stata approvata
ieri dalla Giunta comunale, assieme a un’altra che apre (con certezza di
finanziamento, perché si tratta di fondi europei) prospettive assai interessanti
per le frazioni del Carso ma anche per i tanti triestini che lo frequentano. Si
tratta del progetto italo-sloveno “Carso-Kras” già attivo e dotato
complessivamente di circa 450 mila euro per il quale si dà adesso avvio
all’ultima fase: «Faremo un museo diffuso dell’acqua - spiega Dapretto -
rivitalizzando pozzi, abbeveratoi, stagni attorno ai quali creare un percorso
naturalistico speciale fra Gropada, Trebiciano e Basovizza, con nuova
cartellonistica ma anche arredo di panchine e tavoli per la sosta. Il
finanziamento di questo lotto è di 170 mila euro, ed è fuori dal patto di
stabilità quindi i soldi arriveranno e potremo spenderli, e stiamo facendo tutto
in fretta perché la rendicontazione deve essere conclusa nel 2014, dunque la
gara dovrà essere bandita quanto prima». Con le “tranche” precedenti erano stati
recuperati sentieri più o meno nelle stesse aree, sempre in coesione con i
progetti della zona confinante slovena. Anche il bando per i nuovi Orti urbani,
un’iniziativa che ha avuto grandissimo successo a Trieste, sarà pubblicato
nell’arco di poche settimane, «al massimo all’inizio di luglio - prosegue
Dapretto -, per destinare gli appezzamenti in cui è suddiviso il terreno, che è
stato restaurato col prezioso aiuto dei lavoratori cosiddetti “socialmente
utili”, dovremo fare una graduatoria che terrà conto delle associazioni onlus,
delle famiglie più numerose, della presenza di anziani, del reddito, della
vicinanza del luogo di residenza». La Giunta ha anche approvato la prosecuzione
dell’iniziativa commerciale di Coldiretti in piazza Vittorio Veneto, e infine ha
dato approvazione a due progetti già da tempo annunciati: il concorso di moda
Its e la mostra dell’artista croata Jagoda Buic.
(g. z.)
I pendolari protestano «Disagi in aumento» - TRASPORTI
TRIESTE Pendolari ancora sul piede di guerra. Nel sistema ferroviario
locale, nonostante il cambio di giunta, «i disservizi aumentano e la qualità
peggiora». E così il Comitato Alto Friuli decide di disertare la conferenza di
ieri della Regione a Udine dedicata al progetto “Mi.Co.Tra”, (Miglioramento dei
collegamenti transfrontalieri di trasporto pubblico), partito un anno fa tra la
città friulana e Villach. La protesta è contro l’attuale indirizzo
politico-amministrativo adottato dall’ente nei confronti di Trenitalia. Ciò che
non va è «l’approccio insufficiente assunto dalla giunta Serracchiani rispetto
alle problematiche ferroviarie», accusa il Comitato. «Grave è soprattutto il
silenzio della Regione sui problemi dei pendolari – viene puntualizzato – che
soffrono le vessazioni di una gestione “libera” di Trenitalia, che senza alcun
apparente controllo di sorta, sopprime sistematicamente alcuni collegamenti ogni
giorno. Non si capisce se questi disservizi siano causati da guasti al vetusto
materiale rotabile o invece afferenti alla mancanza di personale in ferie». Il
Comitato afferma di aver chiesto a Serracchiani a inizio giugno la convocazione
urgente del “Tavolo di Lavoro dei Pendolari”, senza ricevere segnali. Si
chiedono risposte su nuovi treni, rapporti con Trenitalia e investimenti, come
ad esempio i fondi delle penali contrattuali destinati al miglioramento del
servizio. Di qui l’invito alla Regione «ad evitare continui ed inutili scontri
dialettici e a lavorare seriamente nelle sedi competenti per favorire la vita di
chi, come noi, utilizza il treno ogni giorno per spostarsi». Ieri, invece, la
governatrice ha incontrato l’assessore carinziano ai Trasporti, Rolf Holub, per
porre le basi del futuro piano decennale tra Fvg e Carinzia. Un’iniziativa
pensata, in particolare, per accedere con maggiore facilità ai finanziamenti
europei per il settore. Serracchiani ha suggerito riunioni mensili per mettere a
punto la collaborazione; una proposta che rivolgerà anche al presidente della
Carinzia, Peter Kaiser, che vedrà oggi a Trieste per parlare di Euroregione, «il
contenitore ideale ai fini dello sviluppo dei trasporti transfrontalieri». Gli
altri obiettivi indicati da Serracchiani guardano alla Slovenia e all’Austria:
«Ho chiesto alle nostre Ferrovie se esiste la disponibilità per collegare
Trieste e Udine a Vienna».
(g.s.)
GOLETTA VERDE - Acque balneabili, due punti inquinati
Due punti delle acque del Friuli Venezia Giulia sugli otto
monitorati da Goletta Verde sono risultati «fuori legge»: in provincia di Udine
c’è il «forte inquinamento» riscontrato nel comune di Precenicco in
corrispondenza della foce del fiume Stella e in provincia di Gorizia sono invece
«inquinate» le acque presso la Foce Isonzo-via Punta Sdobba in comune di Grado.
La Regione, tuttavia, con l’assessore all’Ambiente Sara Vito, rassicura: «La
qualità delle acque balneabili marino costiere del Friuli Venezia Giulia è buona
e siamo nel pieno del rispetto dei valori: lo confermano i dati di Goletta e
dell’Arpa».
IL PICCOLO - LUNEDI', 24 giugno 2013
Un’altra tartaruga morta sulla spiaggia
Ancora una tartaruga marina morta della specie Caretta Caretta, la più
diffusa nel Mediterraneo, è stata avvistata e fotografata tra sabato e ieri
lungo la spiaggia dei Filtri di Aurisina. Si tratta di un esemplare di
dimensioni piuttosto ridotte, poco più di una quarantina di centimetri. Un’altra
carcassa di tartaruga era stata vista galleggiare solo un paio di giorni prima a
pochi metri dalla riva tra i Topolini e il Bivio di Miramare. In una giornata si
sole e di caldo l’animale privo di vita era stato avvistato e segnalato da
centinaia di bagnanti che si trovavano nella zona. Alla fine la carcassa era
stata recuperata da una pilotina della polizia di Stato. Tra domenica e lunedì
scorsi invece sempre nel golfo di Trieste erano stati notati due delfini che a
propria volta erano andati incontro a una tragica fine. Lunedì scorso un
esemplare era stato trovato morto e in alcune parti già scarnificato sulla
battigia della spiaggetta di Miramare poco prima delle scuderie del Castello.
Sul posto la polizia locale e un adedtto alla Guardia forestale per recuperare
la carcasse del cetaceo che risultava morto almeno una settimana prima. E
proprio il giorno prima un altro delfino era stato trovato morto sulle scogliere
di Umago. Quattro animali morti nel giro di pochi giorni e di poche miglia di
distanza, ma secondo Maurizio Spoto, direttore della Riserva marina di Miramare,
non esiste un filo comune che possa legare i quattro episodi, né tantomeno una
causa da far risalire all’acqua particolarmente sporca di questi ultimi giorni.
«Si tratta di morti - spiega Spoto - avvenute a giorni di distanza l’una
dall’altra e per cause evidentemente diverse. Il gran caldo gonfia gli organi
interni degli animali morti e fa salire le carcasse a galla o le manda ad
arenarsi sulle spiagge».
(s.m.)
Elettrica in car sharing, si comincia a Napoli
Per il debutto disponibili 40 Renault Twizy. Ecco come funziona il
servizio e i costi dell’abbonamento
Una scommessa vinta. Dopo sei mesi di sperimentazione con numeri in
crescendo parte ufficialmente la prima realtà italiana, e la seconda a livello
europeo, di micromobilità urbana completamente elettrica. Si chiama Bee e si
tratta del green mobility sharing promosso dalla partnership tra la società di
Napoli Nhp e la Renault. Avviato nella città partenopea, il servizio da aprile a
oggi ha contato ben 180 utenti e mette a disposizione dei clienti quaranta
quadricicli elettrici Twizy, destinati a diventare 70 entro il prossimo gennaio,
con i quali è possibile spostarsi liberamente sulle strade urbane. Per
usufruirne si può fare un abbonamento annuale pagando 30 euro (in promozione
fino all’estate rispetto alla tariffa base di 180 euro) oppure sfruttare altre
formule come il canone per tre giorni a 10 euro o l’affitto per l'intera
giornata senza limiti temporali a 36 euro. È sufficiente poi recarsi in uno dei
27 Bee Point dislocati in diversi punti della città per ritirare la propria
vettura dopo averla prenotata via internet sul sito www.bee.it, chiamando il
numero verde 800.969.887 o magari sfruttando le apposite applicazioni per
smartphone su piattaforma iOs e Android. Facendo i calcoli, il costo dell’auto
risulta alla fine di 15 centesimi al minuto e consente un risparmio notevole se
si considera l’abbattimento dei costi assicurativi, di manutenzione e di
carburante che si devono normalmente sostenere per una vettura di proprietà.
Senza contare che Bee è un servizio che potrà contribuire ad abbattere
notevolmente le emissioni nel traffico, oltre a fornire al tempo stesso una
testimonianza concreta sulle reali potenzialità della mobilità elettrica. «Con
una lunghezza di soli due metri e 32 centimetri e una larghezza di appena un
metro e 19 centimetri, Twizy – dice Francesco Fontana Giusti, direttore della
comunicazione di Renault Italia – è il mezzo ideale per la micromobilità in
sharing e l’intermodalità dei trasporti nei centri urbani». Dotato di
un’autonomia di circa 100 chilometri il quadriciclo della marca francese può
infatti trasportare due persone ed ha anche libero accesso nelle zone a Ztl e
alle corsie preferenziali.
Paolo Odinzov
VENERDÌ - Circolo Miani assemblea pubblica
Venerdì 28 giugno alle 18 in piazza Unità davanti al Municipio, il Circolo Miani, Servola Respira e il Coordinamento dei Comitati di Quartiere organizzano una manifestazione cittadina – Assemblea pubblica, in concomitanza con la riunione del Consiglio comunale, «sulla insostenibile e inaccettabile situazione della Ferriera». Nel mirino della manifestazione l’«inquinamento prodotto in dosi massicce dallo stabilimento oramai fuori ogni controllo» e la «colpevole e inscusabile inerzia degli organi di controllo, a partire da Regione, Provincia, Comune di Trieste, Arpa ed Ass, per finire con la Procura della Repubblica del Tribunale di Trieste».
Conferenza sulla lotta all’amianto - CASA DELLE CULTURE
- Sono sei milioni le persone a rischio. A seguire, spettacolo teatrale
Uno spettacolo teatrale e un incontro pubblico. Un doppio appuntamento alla
Casa delle culture di via Orlandini, domani pomeriggio, a partire dalle 18.30.
L’incontro pubblico si intitola “Le lotte a difesa dei beni comuni, per la
salute e per territori liberi dalle produzioni nocive”. Il tema è facilmente
intuibile: migliaia di morti causati dall’inquinamento industriale diretto
(emissioni industriali) o indiretto (discariche, aree durevolmente contaminate,
depositi di materiale nocivo). Qualche numero per comprendere l’emergenze: un
italiano su dieci vive in una zona ad alto inquinamento industriale. Un
bollettino di guerra. E le aree ad “alto rischio ambientale”, quelle dove sono
concentrate le industrie più inquinanti del Paese, corrispondono a duecento e
novantotto comuni in cui vivono quasi sei milioni di persone. Aree in cui
l’inquinamento di aria, suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee è
talmente grave da costituire un grave pericolo per la salute pubblica Se ne
parlerà, durante l’incontro pubblico, con: Adriano Tasso del Comitato “No smog”;
Alberto Prunetti, autore di “Amianto, una storia operaia”; Gianni Cavallini,
medico dell’Azienda sanitaria isontina, e Luca Tornatore, ricercatore e
astrofisico. Immediatamente dopo la fine del dibattito, “Amianto senza confini”,
lo spettacolo che porta la firma di Sabrina Morena con Giustina Testa. Si tratta
di una produzione TeatroBandus in collaborazione con Eara Onlus.
«Conversazioni sull’architettura» - STAZIONE ROGERS -
Incontro curato da Gigetta Tamaro e Lucia Krasovec Lucas
E’ dedicata a tre grandi architetto donna il cui percorso professionale si è
sviluppato attraverso il Novecento, la rassegna “Dalla cucina alla città –
conversazioni sull’architettura”, che sarà ospitato questo pomeriggio alle 18
alla Stazione Rogers, per festeggiare le 90 primavere dell’Ordine degli
architetti di Trieste. L’austriaca Margarete Schütte-Lihotky (1897) la francese
Charlotte Perriand (1903) e la goriziana Elvira Luigia Morassi (1903), figure di
spicco dell’architettura e del design, in un’epoca – attorno agli anni ’30 - non
certo incline a valorizzare il talento femminile. L’appuntamento curato da
Gigetta Tamaro e Lucia Krasovec Lucas in partnership con l’associazione
culturale Stazione Rogers e l’Aidia di Trieste apre uno sguardo sul lavoro e il
pensiero delle pioniere dell’architettura sociale e abitativa d’avanguardia.
“Dalla cucina alla città”, questo il tema al centro della conversazione con gli
architetti Gigetta Tamaro, Lucia Krasovec e Graziella Bloccari, sulle signore
“architettrici” che in comune oltre alla professione, hanno anche l’essere
vissute e aver lavorato fino alla soglia del nuovo millennio. Attraversando
tutto il ‘900. Alle 18.20 Esther Giani dell’Iuav di Venezia traccerà il profilo
della prima donna architetto austriaca con “Nella cucina di Francoforte”.
Seguita poi (18.40) dalla relazione di Miriam Panzeri dell’Università di Torino
“Charlotte Perriand - L’arte di vivere e di abitare”, e dal breve filmato degli
anni ’30 “Lezione di Le Corbusier”. Fabia Carini introdurrà invece alle 19.20 la
figura della prima donna a laurearsi in architettura al Politecnico di Milano
con ”Elvira Luigia Morassi – l’arte di progettare il quotidiano”. Ingresso
libero.
p.c
IL PICCOLO - DOMENICA, 23 giugno 2013
PIANO TRAFFICO » EMENDATO IN CONSIGLIO COMUNALE - Via le strisce blu a Miramare e in periferia -
PIANO DEL TRAFFICO - I nuovi parcheggi a pagamento: le
modifiche
La giunta accoglie le istanze dei “bandelliani” e del Pdl per crearsi un
percorso più facile. Il voto previsto per l’8 luglio
Cancellate alcune centinaia di nuovi parcheggi a pagamento in superficie
previsti inizialmente. Altri, invece, a tariffa rossa se ne aggiungeranno per la
riperimetrazione della zona ad agevolazione tariffaria per i residenti, che sarà
ampliata. Sono i primi effetti dei lavori del Consiglio comunale sul Piano del
traffico, uscito dal sabato trascorso nell’aula di palazzo Cheba largamente
scalpellato a colpi di emendamenti per quanto concerne il tema della sosta.
Modifiche proposte da vari gruppi consiliari, di maggioranza e di opposizione, e
in buona parte fatte proprie dalla giunta Cosolini. Si ripartirà domattina alle
10 per chiudere il cerchio su emendamenti e sub-emendamenti. Già calendarizzato,
poi, il gran finale con dichiarazioni di voto e votazione finale: appuntamento
per l’8 luglio, dopo che gli uffici comunali avranno riadattato gli elaborati.
Alcune certezze: l’assessore alla Pianificazione urbana, Mobilità e traffico
Elena Marchigiani ha detto sì alla cancellazione della previsione di sistemare
nuovi stalli a pagamento in viale Miramare (fra bivio e ingresso del park di
castello e parco), via San Marco, passeggio Sant’Andrea, via San Cilino, via
delle Settefontane e via Conti (per queste due vie, confermati gli spazi per la
soste a pagamento solo nei tratti che danno su piazza Perugino), via Pirano, via
Giulia, via Carpison, piazza della Cattedrale e via Capitolina. Su quest’ultima,
dunque, rimarranno esclusivamente quelli già esistenti. In via Combi, stalli blu
dimezzati: il Comune li prospetta ora solo nel segmento fra via Colautti e via
Muzio. Congelata a Roiano l’istituzione di quelli fra via Stock e largo Petazzi,
sino a quando non sarà prediposto il parcheggio nella zona della caserma. La
zona tariffaria agevolata per residenti (per i quali sarà introdotto il forfait
da 30 euro al mese, ma chi farà l’abbonamento annuale potrà godere di uno sconto
del 15%) sarà, come accennato, ampliata: spazi a tariffa rossa (oggi 1,40 euro
all’ora, in futuro 1,50 per i non residenti) che aumenteranno dunque - le vie
saranno definite dagli uffici nei prossimi giorni - nell’area compresa fra Rive,
piazza Libertà, via Ghega, piazza Dalmazia, via Carducci, piazza Goldoni, corso
Italia, via del Teatro romano, via dei Capitelli, via San Michele, via Galleria,
via della Cereria, via Tigor, via Ciamician, viale Terza armata, salita del
Promontorio, via Santa Giustina, via Franca e via Reni. Su via del Teatro
romano, via dell’Orologio e via del Mercato vecchio si prevede un unicum nel
segno della zona viola (1,65 euro all’ora oggi, 1,70 col nuovo Piano).
Variazioni anche sul fronte delle tariffe. La gialla manterrà il suo prezzo di 1
euro, non aumenterà più. Mentre quella blu verrà ridotta da 0,60 euro a 0,50
all’ora, con la prima mezz’ora di sosta comunque gratis. Rispetto al progetto
iniziale, la zona tariffaria passerà da gialla a blu in via Carducci, via San
Michele, via San Francesco - nei tratti riepilogati nel grafico qui sopra - e
via del Coroneo fra largo Piave e foro Ulpiano-via Zanetti. Prima ora gratuita,
inoltre, in tutte le aree a pagamento per le vetture munite di contrassegno per
i disabili: novità questa propiziata da un emendamento con primo firmatario
Carlo Grilli (Udc).
Matteo Unterweger
«Amplieremo la zona rossa a tutela dei residenti»
L’ASSESSORE MARCHIGIANI
«Con l’ampliamento della zona ad agevolazione tariffaria per i residenti, e
quindi nel contempo dell’area a pagamento con tariffa rossa per i non residenti,
eviteremo che alcuni cittadini si trovino a essere “cornuti e mazziati”»,
osserva l’assessore Elena Marchigiani. Riferendosi a quanti «abitano in certe
strade che avrebbero corso il rischio di essere utilizzate a sbafo per trovare
un posto auto gratuito e recarsi poi in centro. Un’esigenza manifestataci dalla
Quarta circoscrizione». «Sono stati accolti alcuni emendamenti di dettaglio che
contribuiranno a recepire preoccupazioni sollevate su situazioni molto
specifiche - è il commento di Pietro Faraguna del Pd -. Il Piano del traffico
non ne esce affatto rivoluzionato: resta invece rivoluzionario nel modo di
concepire la mobilità in città». Esulta Franco Bandelli (Un’Altra Trieste):
«Sono stati accolti i nostri emendamenti finalizzati a togliere la previsione di
sistemare stalli a pagamento in viale Miramare e via San Marco». Con il medesimo
obiettivo avevano presentato analoghe richieste Pdl, Fli e rispettivamente Fds e
Pd. I sei componenti del gruppo pidiellino gongolano per una serie di istanze
accolte, alcune direttamente attraverso loro emendamenti (quelli sulla
cancellazione dei nuovi stalli blu in via Giulia e via Carpison) e altre
presentate ma fatte proprie dalla giunta tramite atti a firma di forze politiche
diverse. «Questo è il lavoro che deve fare l’opposizione - affermano soddisfatti
i sei del Pdl in una nota congiunta sul loro operato -: risultati concreti per
la propria città!». Infine, il 5 Stelle Stefano Patuanelli: «Il piano si sta
peggiorando di molto in aula. Il giudizio complessivo lo daremo alla fine.
Eravamo partiti con un certo favore, ma se viene stravolto inizia a non piacerci
più...».
(m.u.)
Ciclisti in piazza, multa di via Filzi pagata
Iniziativa dimostrativa della Ulisse Fiab. Raccolti gli 84 euro per il
saldo dell’ammenda comminata per la bici legata al palo
La solidarietà a Trieste corre (anche) sulle due ruote a pedali. Chiedere
agli aderenti e simpatizzanti della Ulisse Fiab (associazione cicloturisti e
ciclisti urbani), protagonisti ieri mattino in piazza Verdi di una sorta di
blando “flash-mob”, denominato MOB2Park, e di una questua pubblica per invocare
i diritti e priorità della “mobilità nuova”. Una quarantina circa i ciclisti
accorsi al cospetto della sede postale (un numero inferiore di quanto
preventivato alla vigilia), reclutati anche dal tam-tam irradiato dal sito
Bora.La, un pacifico e contenuto raduno incentrato soprattutto sull’atto
dimostrativo a favore di Antonella Varesano, la triestina socia Ulisse “rea” di
aver posteggiato la propria bici legandola a un palo in via Filzi, atto multato
con la somma di 84 euro. L’intera cifra è stata raccolta con l’estemporanea
questua scattata attorno alle 11, maturata con il versamento di poco meno di 2
euro a testa tra i dimostranti e tradotta nel pagamento dell’ammenda. Multa
pagata e coscienza pulita. Si chiude così il primo atto dei ciclisti triestini
animati dalla pacifica rivolta ecologica, una missione che preclude tuttavia ad
altre battaglie, nuove priorità e costanti contatti con le istituzioni locali
sul tema del Piano del traffico. Gli aderenti alla Ulisse volevano insomma la
bici e ora pedalano anche sul fronte dell’impegno targato “mobilità nuova”, il
manifesto che parla di una moderna mobilità sostenibile e soprattutto alla
portata di tutti. Già, come? «Il nostro intento è quello di rendere la strada
veramente fruibile a tutte le categorie – ha specificato Lorenzo Mastropasqua,
presidente della Ulisse Fiab di Trieste – ovvero non solo ai ciclisti ma anche
ai pedoni e al trasporto pubblico. In questo ci stiamo adoperando da tempo,
collaborando con il Comune, proponendo vari spunti di possibile attuazione». Il
programma disegnato dalla Ulisse viaggia infatti su alcune prime ipotesi,
ribadite ieri all’interno della mobilitazione in piazza Verdi. Sarebbero tre i
punti chiave, i primi, partendo intanto dalla creazione di “Zone 30”, cioè il
limite di 30 all’ora nei centri abitati. L’altra proposta risiede nella
progettazione di corsie ciclabili in viale D’Annunzio mentre il terzo obiettivo
pratico si tradurrebbe nella possibilità del trasporto di almeno 10 biciclette a
bordo del Delfino Verde. Non è tutto. Oltre al piano pratico, emergono anche
ulteriori indicazioni che pedalano nello spazio dell’immaginario collettivo.
Stando a un’inchiesta svolta dalla Ulisse, il pregiudizio triestino nei
confronti della bicicletta non risiederebbe nel picco di salite cittadine,
quanto nella pericolosità dei tragitti. I muscoli insomma ci sono, serve più
“testa” nella lettura della mappa urbana.
Francesco Cardella
Tamponato a Barcola - Ciclista ferito traffico in tilt
Un incidente con protagonista un ciclista che ha riportato ferite a Barcola, ieri verso le 19, ha paralizzato il traffico nell’area. Lo sportivo è stato tamponato da una vettura, venendo sbalzato di sella e terminando il suo “volo” contro il lunotto di un altro veicolo. Fortunatamente il ciclista, soccorso dal Servizio 118, non ha riportato ferite gravi.
“No Smog”: «Ferriera sempre inquinante»
«La politica non sa fare altro che sostituire la siderurgia sporca con una
altrettanto sporca». È il commento di Alda Sancin, presidente dell'associazione
ambientalista "No Smog", ieri, alla notizia dell'interessamento del Gruppo
siderurgico cremonese Arvedi allo stabilimento di Servola. «Si sta profilando la
possibilità di un acquisto - ha detto - mentre la Ferriera continua e diffondere
nell'aria sostanze di vario tipo e il sindaco dichiara che sta facendo di tutto
per la riconversione». In scia il segretario di "No Smog", Adriano Tasso,
risponde all'assessore Umberto Laureni: «Oggi non ha accettato il nostro invito
perché offeso per una mia frase su Facebook, dove dicevo che ci prende per i
fondelli (in realtà, la frase era più colorita, ndr)». «Mi scuso - aggiunge
Tasso - ma lascio agli altri giudicare se la mia considerazione sia vera o
falsa». Il professor Pierluigi Barbieri, docente di Chimica ambientale
all’Università, ha poi illustrato i risultati di uno studio: «Le concentrazioni
di benzene nell’aria dentro e fuori le case di Servola sono più alte in quelle
più prossime agli impianti».
(u. s.)
Ferrovie, il rebus della Tav fino a Trieste -
La TAV
Venezia-Trieste-Lubiana
Squilibri e inefficienze dei trasporti a Nordest. Il percorso di
superfice Aurisina-Divaccia via d’accesso alle reti slovena e croata
TRIESTE Rispetto a vent’anni fa, le grandi aree metropolitane italiane oggi
sono collegate dalla Alta velocità, quella Tav assurta agli onori delle cronache
solo per le parti non realizzate. In pratica, tutto il sistema urbano che
gravita sull’area tirrenica,Torino-Milano-Bologna-Firenze-Roma-Napoli, è ormai
connesso dalla ferrovia veloce, come in Europa. E il resto? Niente! La intera
dorsale adriatica tal quale vent’anni fa. I flussi mostrano come tutti gli
investimenti siano andati ai passeggeri. Per le merci invece un crollo
verticale, dal venti al sette per cento del traffico nazionale. Una attività in
via di estinzione, il contrario che in Europa. Per contro, il traffico merci
stradale è enormemente aumentato, più a Nordest che altrove, buono per il cash
flow delle autostrade, assai meno per le auto, che in proporzione pagano molto
di più dei camion e usurano molto di meno il manto. Quale la spiegazione? Il
Nordest è la porta italiana per l’ Europa Centro Orientale, là dove le economie
crescono e generano gli aumenti di traffico merci. Quello che ci ritroviamo
sulle strade. Dunque un paese squilibrato tra ovest ed est, tra gomma e ferro,
tra passeggeri e merci. In pratica un paese a due velocità nella innovazione del
trasporto. Forse che il Nordest è solo terra di transito, economicamente
marginale? Al contrario, è stato una locomotiva trainante che ora ha perso
slancio, fiducia e imprese. Un ciclo si è esaurito e uno nuovo dovrà aprirsi. A
traino dei mercati esterni o come prodotto di una strategia propria? Qui le
risposte si divaricano. Per alcuni si tratta solo di attendere fiduciosi la
ripresa, e tutto tornerà come prima. Nel frattempo avanti coi cantieri stradali.
Per altri invece si tratta di concepire uno scenario nuovo, in cui imprese e
territorio vadano a braccetto in Europa, anche grazie al trasporto. Un Nordest
non più periferia padana ma anello per la nuova Europa, via terra e via mare,
con imprese che si internazionalizzano e chiedono infrastrutture, intermodalità
e logistica, a supporto di nuove catene del valore da innestare sulla base
industriale che esiste, e che vuol crescere da protagonista. Ha a che fare la
ferrovia con tutto ciò? Ovviamente si, ma deve darsi un programma che raccolga
economia e politica attorno ad un disegno, italiano ed europeo, come finora non
è stato. Cominciamo dalla Tav, di cui molto si è scritto e niente si è fatto,
azzoppando l’idea stessa di asse transpadano, cuore di quel corridoio V divenuto
poi Mediterraneo, che fino a Verona dispone di progetto, ma più oltre ha
smarrito il senso del suo scopo. Che è quello di servire la metropoli diffusa
del Veneto, impraticabile alla velocità di trecento km/ora, con fermate ogni 30
chilometri. Possibile invece sopra i duecento, ma affiancato alla linea storica,
come accade tra Venezia e Padova. Con due miliardi, venticinque milioni al km,
meno della metà della Tav, l’opera è invece fattibile. Più oltre, tra Venezia e
Trieste, una linea oggi scarica per metà, il discorso cambia. Qui la componente
passeggeri ha un duplice scopo: saldare due bacini di mobilità regionale e
sottrarre Trieste alla perifericità padana. Per la qual cosa il tracciato
balneare veneto ad alta velocità è solo un diversivo grafico che allontana la
soluzione e aggrava il problema. E dopo Trieste? Al corridoio per Budapest la
Slovenia non ha proprio mai pensato. L’unico interesse nazionale è connettere il
porto di Koper ai mercati del Centro Europa, via Graz e Klagenfurt. In questo si
trova associata, in alleanza competitiva, ai porti del Napa, dove ognuno ha un
mercato transalpino da raggiungere attraverso adeguate tracce ferroviarie.
Quelle per collegare i varchi portuali coi valichi alpini. Che a Nordest sono
Brennero e Tarvisio, con la Pontebbana che tra un decennio andrà a regime,
quando l’Austria avrà completato il Koralm e il Semmering, i due tunnel oggi in
cantiere. E’ questo l’odierno scenario, mutato rispetto a vent’anni fa. Lo
scambio interno europeo oggi avviene su rotte prevalenti Nord–Sud, mentre i
traffici Est Ovest dispongono ormai di un nuovo bypass a nord delle Alpi: da
Lione a Budapest via Strasburgo, Monaco e Vienna. Con quest’ultima ritornata al
centro della Mittel Europa, come piattaforma logistica, ferroviaria e aerea. L’
ipotesi di asse transpadano come bypass sud europeo, privo ancora dei suoi
tunnel, ne trasforma il compimento in problema tutto italiano. Emerge invece la
scommessa dell’ Adriatico, che si candida a gateway multi porto del Centro
Europa, rivolto al Mediterraneo e al Sud Est Asiatico. In sostanza la radice Sud
del corridoio Adriatico Baltico, vera novità della strategia europea del
trasporto al 2030. La Venezia Trieste diviene così la dorsale posta alle spalle
dei porti, capace di assorbirne flussi, fino a tre volte quelli odierni. Da
questa prospettiva, concreta e realistica, scende la strategia ferroviaria del
Nordest del prossimo decennio. Con ottocento milioni, la stessa cifra del tunnel
subacqueo della Tav tra Mestre-Tessera, si può portare la velocità a 180 km/ora,
con duecento tracce disponibili, per un quarto passeggeri, lenti e veloci, e il
resto merci. Tanto basta infatti a ripristinare la linea dei Bivi a Mestre, a
collegare il Marco Polo con la rete veneta, a quadruplicare il Bivio San Polo, a
raddoppiare la Palmanova Udine, prosecuzione sud della Pontebbana. Oltre a un
bel numero di passaggi a livello soppressi. Infine una novità: un tracciato di
superficie da Aurisina per Divaccia consentirebbe l’accesso alle reti slovena e
croata, evitando costi, rischi e tempi del lungo tunnel carsico. Ma in capo a
chi porre questa strategia? Di certo ai porti per catturare le merci. Agli
operatori ferroviari per servire i nuovi flussi commerciali, ripristinando anche
i collegamenti passeggeri con l’area danubiana. Nel raggio dei cinquecento
chilometri, i treni veloci di oggi competono con l’auto e coi low cost. Purché
qualcuno li faccia correre, come fa la austriaca Obb. Ma c’è un problema di
regia. Questa spetta alle Regioni. Friuli Venezia Giulia e Veneto devono
ribaltare quel rapporto di perifericità, politica, geografica e ferroviaria che
ha determinato la paralisi degli ultimi due decenni. Non farlo costerebbe caro.
Franco Migliorini
Atti di un seminario a porte chiuse sul tema, rinviato
“sine die”
Il testo di Franco Migliorini che leggete in questa pagina avrebbe dovuto
essere parte integrate del seminario a porte chiuse "I corridoi baltico e
mediterraneo: una possibile sinergia". I corridoi in questione sono in sostanza
gli itinerari ferroviari a Alta velocità Torino-Trieste (mediterraneo) e
Adriatico-Baltico (via Tarvisio). Il seminario seminario era stato convocato per
il 21 giugno in Camera di commercio a Trieste, a cura del Comitato Transpadana
(di cui il presidente della Camera, Antonio Paoletti, è co-presidente). Ma il
seminario è saltato e rinviato “sine die”. Vi avrebbero dovuto partecipare il
commissario governativo per il corridoio mediterraneo (Bortolo Mainardi), i
governatori Luca Zaia e Debora Serracchiani, oltre ai presidenti delle Autorità
portuali di Venezia (Paolo Costa) e di Trieste (Marina Monassi). Conclusioni a
cura di Laurens Brinkhorst (coordinatore del cosiddetto Corridoio mediterraneo).
Di progetti tanti e di denari buttati di più, di decisioni prese manco una da
decenni. Vedremo se e quando il seminario sarà riproposto e se il Friuli Venezia
Giulia sarà capace di farsi valere.
La metropolitana del Nordest una risorsa verso l’Europa
- L’INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
Prospettive della mobilità e della logistica in Friuli Venezia Giulia: la
sfida per la nostra regione, se vuole rimanere in Europa, comporta l’uscita
dall’isolamento per aprirsi ad Austria e Slovenia. Scali merci e porti devono
interagire (in una logica di rete europea), con gli smistamenti di Cervignano,
Lubiana e Villaco, per fornire un’offerta competitiva a livello europeo. Per i
viaggiatori relazioni Intercity con Monaco di Baviera, Vienna, Budapest,
Zagabria e Lubiana possono unire l’Italia con l’Europa, allacciando direttamente
a Padova le stazioni di Trieste e Udine per offrire alla clientela relazioni
dirette con la capitale. Improcrastinabile è la rivisitazione degli orari del
Nordest, informata all’integrazione, nella piena collaborazione delle quattro
imprese di trasporto (Oebb, Sj, Fs e Fuc) interessate a un’offerta competitiva
che, per essere tale, deve necessariamente fondarsi sull’intermodalità e sulla
comune rete di vendita: la clientela, sia merci che viaggiatori, è interessata
all’offerta globale più che al singolo vettore per valutarne la convenienza. Per
questo deve poter contare su un comune servizio commerciale (marketing,
informazione, promozione, vendita e assistenza post-vendita), efficiente e
capillare per essere efficace, a servizio della clientela reale e potenziale,
nazionale ed estera. Anche nel Friuli Venezia Giulia il faro cui guardare è
l’integrazione dei trasporti (tecnica e tariffaria), realizzata dalla Provincia
di Bolzano, risultata soddisfacente per tutti i viaggiatori (locali, turisti,
professionisti e studenti): tutti gli utenti hanno diritto a un servizio
dignitoso; le imprese hanno l’interesse a fornirlo, se si decidono ad
abbandonare la logica dell’economia assistita per promuovere una sana gestione
imprenditoriale con risultati tangibili nell’offerta competitiva, rivolta a
tutta la clientela. Solo così c’è sviluppo e si combatte la recessione, anche
nel campo della mobilità e della logistica. Per le merci, ma anche per i
passeggeri, sono da tempo chiaramente individuate le opere aventi carattere di
priorità per il Friuli Venezia Giulia, immediatamente realizzabili in funzione
anticongiunturale (lavoro subito e non alle calende greche): bivio San Polo, il
maggiore collo di bottiglia della Regione; metropolitana leggera (progetto per
la rivitalizzazione del nodo ferroviario di Trieste ai fini del traffico
portuale e del servizio viaggiatori metropolitano), vitale sia per le merci che
per i passeggeri, opera già finanziata con la giunta Illy e cancellata con la
giunta Tondo; Cormons-Redipuglia (alternativa meno onerosa al raddoppio della
Cervignano-Udine, funzionale al pieno sfruttamento della Pontebbana e alla
realizzazione del progetto della metropolitana transfrontaliera Adria-A,
complementare alla metropolitana leggera); stazione di Ronchi aeroporto (di
modesto impegno finanziario, ma essenziale per un efficiente servizio
integrato). Per i viaggiatori invece è necessario: allacciarsi a Padova (Mestre
comporta l’inversione di marcia) per le relazioni nazionali ed internazionali.
Senza la necessità di impegnativi interventi infrastrutturali, ma solo
intervenendo nell’impostazione degli orari, esiste l’opportunità di effettuare
concretamente per la prima volta il collegamento diretto con Roma di Trieste e
Udine, inserendo anche la nostra regione nella “metropolitana che unisce
l’Italia”; attestare a Gorizia i convogli della Transalpina che attualmente si
fermano a Nova Gorica e a Trieste Campo Marzio quelli della Meridionale che
arrivano a Sesana. Senza una visione coordinata con le ferrovie a contatto,
informata all’integrazione dei servizi, sia sul piano della produzione che a
livello commerciale, la nostra regione è condannata a permanere nell’isolamento
in cui l’ha precipitata l’ondivaga politica governativa in tema di trasporti e
la mancanza di orientamento al mercato nella massima impresa del nostro Paese
che considera nemiche le ferrovie europee e non preziose alleate per poter
fornire servizi competitivi e vendibili.
AMBIENTE - La Vito promuove le acque della regione
«Il livello di qualità delle acque marine del Friuli Venezia Giulia è molto buono e la partenza della Goletta Verde per il suo annuale tour nelle acque italiane da Lignano Sabbiadoro contribuisce al rilancio di quest'affascinante attrattiva naturale». Lo ha affermato l'assessore regionale all'Ambiente, Sara Vito, intervenendo a un dibattito.
La magia dei falò di S. Giovanni in piazza Volontari
Giuliani - EVENTI»LA FESTA PER IL SOLSTIZIO D’ESTATE
Dal pomeriggio i laboratori per la produzione delle tradizionali corone
di fiori e in serata note e danze greche e balcaniche. Al tramonto, il fuoco
benaugurante
Il fascino e la magia dei fuochi di San Giovanni in pieno centro cittadino.
È questo il programma della Pro Loco San Giovanni Cologna e del nuovissimo
Gruppo per la valorizzazione della piazza Volontari Giuliani per oggi. A due
passi da via Giulia, sarà proprio la piazza a ospitare un fuoco solstiziale
della tradizione. I falò accesi nei campi la notte di San Giovanni, considerati
propiziatori e purificatori, erano un consuetudine nelle borgate e nei rioni
periferici triestini. L’iniziativa di allestirli in centro rappresenta una
novità davvero inusitata. L’ennesima azione di un gruppo di cittadini che stanno
lavorando dall’inizio dell’anno per adottare una piazza particolare, incastonata
tra la frenesia del traffico di via Giulia e una delle più belle e antiche
passeggiate del capoluogo, viale XX Settembre, oggi condiziona eccessivamente
dal transito veicolare e dal parcheggio selvaggio. Prendendo esempio
dall’associazione Andandes, protagonista dell’utilizzo in chiave sociale e
comunitaria del giardino di via San Michele, il Gruppo per la valorizzazione di
piazza Volontari Giuliani s’impegna nella proposta di nuovi appuntamenti per
richiamare in quest’area triestina residenti e cittadini. L’obiettivo è di far
rivivere uno spazio pubblico scambiando idee, organizzando eventi, promuovendo
progetti e valorizzando il confronto tra le persone. Dopo la Festa dei fiori e
la Festa di maggio, il comitato organizzatore ritorna dunque con il fascino e la
magia dei fuochi di San Giovanni. L’evento inizierà già nel pomeriggio - alle 18
- con la collaborazione di Trieste Altruista, del Multicultura Center Trieste,
degli agricoltori della sigla Union e dei rioni di San Giovanni e Sottolongera
con i loro prodotti orto frutticoli e vinicoli. Per gli appassionati del
folklore, verranno proposti dei laboratori per la produzione delle tradizionali
coroncine di fiori da appendere sull’uscio di casa per proteggersi dal maligno.
Dalle 20, musica e danze greche con i Charoumenes, e danze balcaniche con i
Kolonaokolo. «Si cenerà sul posto e il consiglio è di portarsi seggiole e sacchi
a pelo - suggerisce Luciano Ferluga per il comitato organizzatore. Accenderemo
il fuoco in piazza all’imbrunire con l’aiuto fraterno e competente dei pompieri
volontari, e festeggeremo assieme la notte più misteriosa dell’anno. Sarà un
evento che sarà apprezzato particolarmente dai più piccini: il gioco in piazza
sotto gli occhi dei genitori aiuterà intere famiglie a ricostruire un rapporto
sereno con una parte della città che può e deve essere vissuta pienamente nella
quotidianità». Per informazioni, il telefono è il 3382118453.
Maurizio Lozei
Ballate e “pulizie” a Campo Sacro - PROSECCO
“Trieste on sight-Esperimenti di cittadinanza” dalle 9 Info su
www.arciserviziocivilefvg.org
Questo è l’ultimo giorno anche per “Trieste on sight-Esperimenti di
cittadinanza”, la manifestazione promossa Arci Servizio civile in collaborazione
con il Comune all’ostello Amis di Campo Sacro. Gli appuntamenti di oggi
prevedono dalle 9 alle 13 il “Camp puliamo una dolina”; dalle 9 alle 17 “Baby
adventure-Battesimo della sella”. Alle 10 “Alternativa Bike adventure”, pedalata
ecologica aperta a tutti di 15 km per i sentieri del Carso. Alle 10, laboratorio
di yoga. Alle 13, ballate folk irlandesi e americane con i Drunken Sailors e
dalle 15.30 alle 17, “Girandolart”, con la realizzazione delle “macchinine a
soffio”. Alle 17 “I giovani incontrano le istituzioni”, a cura della Regione.
Alle 19, stage di danze popolari balcaniche. Alle 20 spettacolo del gruppo
folkloristico serbo Vuk Karadzic. Alle 21, si chiude con il concerto
latino-americano dei Chiriké (nella foto). Ingresso libero.
IL PICCOLO - SABATO, 22 giugno 2013
Arvedi prepara il piano-ponte con siderurgia pulita a
Servola
Cosolini: «Si tratta di un progetto che durerà alcuni anni prima della
riconversione definitiva»
In atto la valutazione economica, entro metà luglio i
dettagli al Tavolo nazionale sulla Lucchini
Un progetto che abbia una durata di medio termine per inserire la Ferriera
di Servola con l’altiforno e la produzione di ghisa, ma presumibilmente senza
l’utilizzo della cokeria, all’interno del ciclo siderurgico delle acciaierie
Arvedi. Il Gruppo di Cremona, che già controlla quattro aziende nel Nord Italia
centrate su attività siderurgiche primarie e di trasformazione, ne sta valutando
la sostenibilità economica dopo aver avanzato una manifestazione di interesse
che è già stata inoltrata al commissario straordinario Piero Nardi. Nelle
settimane scorse emissari di Arvedi sarebbero già stati all’interno dello
stabilimento di Servola per verificare lo stato degli impianti, in realtà
alquanto vetusti. Che l’interesse di Arvedi sia ufficiale e sia già stato
formalizzato lo ha comunicato giovedì il direttore delle risorse umane del
Gruppo Lucchini Riccardo Grilli ai rappresentanti di fabbrica. Ieri questa
prospettiva è stata dibattuta nel corso di un’assemblea tenutasi all’interno
dello stabilimento alla quale hanno partecipato anche i rappresentanti sindacali
delle segreterie nazionali dei metalmeccanici: Gianni Venturi della Fiom-Cgil,
Guglielmo Gambardella della Uilm, Alberto Monticco di Fim-Cisl e Gabriele
Bazzaro della Failms. Successivamente i sindacalisti hanno avuto uno scambio di
opinioni a porte chiuse in una sala dell’albergo Savoia Excelsior con le
isttituzioni: presenti il vicepresidente della Regione Sergio Bolzonello, il
sindaco Roberto Cosolini con l’advisor per la riconversione Francesco Rosato e
la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. Al termine il sindaco
ha chiarito che quello di Arvedi sarebbe un progetto ponte della durata di
alcuni anni in attesa presumibilmente di una riconversione definitiva dell’area
che non è però ancora all’orizzonte. «Il Piano industriale che presenterà Arvedi
- ha però specificato Cosolini - dovrà contenere interventi sostanziali per
l’eliminazione delle emissioni ambientali». «Attualmente esistono dotazioni
tecnologiche in grado di fare una siderurgia pulita - spiega Fabio Borini
(Fiom-Cgil) - è chiaro che a Servola si tratta di buttare via parecchi elementi
e di ricostruire buona parte delle strutture con dotazioni avanzate». Secondo
quanto riferisce Borini, il commissario Piero Nardi che aveva chiesto tre mesi
di slittamento per la presentazione del piano industriale della Lucchini, ha
ottenuto per ora due mesi di proroga: dal 17 giugno al 17 agosto, ma potrebbe
presto chiederne ulteriori due. Non si potrà però attendere il 17 agosto per
conoscere qualche dettaglio in più delle intenzioni di Arvedi su Servola. La
legge sulle aree di crisi industriale complessa, su cui riferiamo a parte, dà
infatti tre mesi di tempo per la presentazione di un progetto di rilancio. «Il
progetto Arvedi dovrà essere sostanzialmente svelato entro la prima quindicina
di luglio - specifica Borini - allorché sarà convocato a Roma un Tavolo
nazionale sul Gruppo Lucchini che potrebbe portare a galla anche manifestazioni
d’interesse per Piombino». «L’interesse di Arvedi è ufficiale - specifica
Cristian Prella della Failms - ma non vi è ancora alcuna certezza
sull’acquisizione, né tantomeno sul salvataggio di tutti i posti di lavoro: è
questo il motivo per cui l’assemblea con i lavoratori si è svolta in un clima
freddino». «Sulla tutela dei posti di lavoro si impegneranno personalmente anche
i segretari nazionali dei metalmeccanici», specifica Franco Palman della Uilm.
Intanto la legge sulle crisi industriali complesse, il piano europeo sulla
siderurgia, entrambe con la possibilità di attingere finanziamenti, e
l’interesse di Arvedi sono le gambe su cui deve mettersi a correre il rilancio
dell’area di Servola.
Silvio Maranzana
«Area di crisi industriale complessa» - Ora è legge -
DECRETO CONVERTITO
E proprio ieri la Camera ha approvato la conversione in legge del decreto
che in extremis ha inserito anche Trieste, oltre a Piombino, tra le aree di
crisi industriale complessa: è una delle gambe fondamentali sulle quali
costruire il futuro non solo dell’area di Servola, ma anche di un pezzo
consistente dell’economia triestina. Contestualmente il governo ha fatto proprio
un ordine del giorno presentato dall’onorevole Sandra Savino del Pdl (che da
assessore regionale aveva coordinato il Tavolo sulla Ferriera) che impegna lo
stesso governo «a valutare l’opportunità, nei limiti dello stanziamento di
bilancio già previsto di definire il più presto possibile l’apporto finanziario
dello Stato al progetto di riconversione e riqualificazione industriale
dell’area industriale di Trieste, in modo da definirne con esattezza contenuti e
limiti». Inoltre la parlamentare triestina ha chiesto all’esecutivo di «valutare
l’opportunità di incrementare le risorse del Fondo per lo sviluppo sostenibile,
sia in termini assoluti, sia in termini di quota da destinare agli interventi di
crisi industriale». Da ieri è scattata un’altra lotta contro il tempo, ancora
più stringente, poiché dal momento della conversione in legge vengono dati tre
mesi di tempo per la presentazione del progetto. «Nell’ambito del processo di
riconversione di Servola - precisa ancora Savino - è assolutamente prioritario
individuare fin da subito il concorso finanziario dello Stato in quanto
l’efficacia stessa del progetto è legata all’effettività dell somme a
disposizione». Savino nel corso del suo intervento ha lanciato anche un appello
all’aula su quella che è la situazione dell’economia triestina «che - ha detto
la deputata del Pdl - oggi più che mai non può permettersi di perdere i quasi
mille posti di lavoro legati all’attività della Ferriera e al suo indotto».
Savino ha anche ricordato l’impegno congiunto delle istituzioni locali che
«stanno cercando di garantire un futuro ai lavoratori progettando lo sviluppo
economico e industriale della città, ma anche dando allo stesso tempo una
risposta chiara e inequivocabile ai cittadini sul fronte del diritto alla
salute».
(s.m.)
Trieste-Capodistria tra le «priorità»
Ordine del giorno approvato alla Camera sulla ripartizione dei fondi per
le ferrovie
Anche il collegamento “Trieste - Capodistria - Divaccia”, così definito, è
stato incluso tra le priorità che il governo si darà nella ripartizione di fondi
per l’infrastruttura ferroviaria nazionale. Ciò, si legge in una nota, grazie a
un ordine del giorno presentato dai deputati del Pd, Brandolin, Rosato, Blazina,
Coppola e Malisani e approvato dalla Camera. «A noi interessa in modo
particolare il collegamento ferroviario tra i due porti di Trieste e
Capodistria», specifica il triestino Ettore Rosato.Ma la Slovenia, proprio
temendo di essere tagliata fuori dalle grandi linee internazionali, si è sempre
dichiarato favorevolmente unicamente a un collegamento per passeggeri tra
Trieste e Capodistria. Nell’ambito del Corridoio Lisbona-Kiev, l’Italia punta
anche sul tratto Trieste-Divaccia (il che non viene specificato nell’odg),
mentre la Slovenia è favorevole per ragioni facilmente comprensibili al
rafforzamento della Capodistria-Divaccia. Tra gli altri interventi sono stati
inclusi anche la circonvallazione ferroviaria esterna di Udine, il bivio San
Polo di Monfalcone e il raddoppio della Cervignano-Udine. Il provvedimento, che
reca disposizioni urgenti per l’infrastruttura ferroviaria nazionale autorizza
la spesa di 120 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2024 per il
finanziamento degli investimenti relativi alla rete infrastrutturale ferroviaria
nazionale, da attribuire con delibera Cipe, con priorità però per la
prosecuzione dei lavori relativi al terzo valico dei Giovi e per il
quadruplicamento della linea Fortezza-Verona di accesso Sud alla galleria di
base del Brennero. «Accanto a questi interventi - ha aggiunto l’onorevole
Giorgio Brandolin - è ora previsto che si valutino anche la realizzazione di
interventi localizzati all’incrocio tra il Corridoio mediterraneo e il Corridoio
Adriatico-Baltico».
Piano traffico, taglio di stalli blu
Via alcuni dei nuovi parcheggi a pagamento in via Settefontane e a San
Giacomo. Bagarre in Consiglio
Il Comune taglia sul blu. Annunciando di essere pronto a ridurre, nelle zone
di via delle Settefontane e di San Giacomo, il numero di nuovi stalli a
pagamento in arrivo con quel Piano del traffico oggetto in questi giorni delle
attenzioni del Consiglio comunale. L’annuncio dell’assessore alla Pianificazione
urbana, Mobilità e traffico Elena Marchigiani è arrivato ieri in uno dei momenti
di pausa dei lavori consiliari, ripresi alle 11 (orario contestato da Pdl e Fli)
dopo la chiusura attorno alle 3.20 della notte precedente. L’analisi delle
osservazioni, con gli emendamenti in scaletta a ruota, è poi continuata sino a
tardi, con il Pdl lanciato in una tattica di interventi a ripetizione fra
Everest Bertoli, Claudio Giacomelli, Paolo Rovis e Piero Camber (pure il finiano
Michele Lobianco ha preso la parola a più riprese), che maggioranza di
centrosinistra e alcuni componenti dell’opposizione - Un’Altra Trieste e 5
Stelle su tutti - non hanno gradito affatto bollandola come “puro
ostruzionismo”. Tornando agli stalli blu previsti nel nuovo Pgtu e che
l’amministrazione si accinge a cancellare, sono state parzialmente accolte le
istanze contenute nella raccolta di 2.507 firme promossa dal gruppo di
commercianti e abitanti della zona di via delle Settefontane, via Conti e piazza
Perugino che ieri mattina Marchigiani si è recata a incontrare. «Posto che tutto
passa per il Consiglio comunale, abbiamo deciso, sulla base delle richieste -
spiega l’assessore -, di optare per confermare su via delle Settefontane e via
Conti i parcheggi a pagamento solo nei tratti che danno su piazza Perugino.
Rimarrà solo una “L”, insomma: vedremo se funziona. Caso analogo per via San
Marco: via i previsti stalli blu, che sistemeremo solo in Campo San Giacomo».
Altre “aperture”: «Nelle zone di parcheggi a pagamento con tariffa blu,
concordiamo sulla prima mezz’ora di sosta gratuita e poi va bene che il costo
orario passi da 0,60 euro a 0,50». Cinquanta centesimi. Sul Piano del traffico è
intervenuto anche il sindaco Roberto Cosolini. Sui contenuti: «Non è un piano
dei parcheggi a pagamento, ma vuole invece valorizzare il contesto urbano e le
zone pedonali. E ora alcune centinaia di nuovi posti a pagamento saranno tolti
dalla bozza». E sull’atteggiamento del Pdl: «Un esempio di cattiva politica. I
cittadini sperano che i consiglieri lavorino e portino risultati, non che si
lascino andare a esibizioni muscolari di cattivo gusto». Dibattito acceso e
clima teso in aula, con Piero Camber momentaneamente espulso ieri mattina. Così
Patrick Karlsen (Cittadini): «Il piano del traffico è un progetto di grande
livello, che migliorerà la mobilità di Trieste. È significativo che
un’opposizione da tempo senza idee sappia contrapporvi soltanto infantili
pagliacciate, sterili questioni pregiudiziali e un irresponsabile
ostruzionismo». Gli fa eco Roberto Decarli (Trieste cambia): «Ma possono essere
credibili i quattro gatti rabbiosi in tuta mimetica che tentano in tutti modi di
bloccare il percorso del Piano?». Dal canto suo Paolo Rovis, in tuta mimetica in
Consiglio, osserva: «Un Piano pieno di incongruenze e difetti, che snobba
perfino le preoccupate e puntuali contrarietà di Trieste Trasporti».
Sull’«ostruzionismo del Pdl», dall’opposizione i grillini Paolo Menis e Stefano
Patuanelli: «Atteggiamento incomprensibile, pretestuoso e infantile. I cittadini
chiedono alle forze politiche responsabilità e capacità di decidere». Duro
Franco Bandelli (Un’Altra Trieste) sugli ex colleghi di partito: «Solo
demagogia, un circo. Questo è un circo». Infine, per il Pd, il capogruppo
Giovanni Maria Coloni: «I cittadini devono conoscere lo spettacolo che il Pdl
sta conducendo in quest’aula, ove ha portato sacchi di immondizie, inscenato
pagliacciate, ripicche e atteggiamenti gravemente irrispettosi che hanno
costretto il presidente a provvedimenti drastici».
Matteo Unterweger
«La centrale di Fianona 3 sarà una fabbrica di morte»
FIUME In 40 anni di attività, la termocentrale a carbone Fianona 3 ucciderà
almeno 680 persone a causa delle sue emissioni nocive e in più provocherà
annualmente 2600 attacchi di asma. Questa specie di bollettino di guerra è
contenuto nell’analisi che per conto di Greenpeace è stata compiuta da un gruppo
di esperti in materia, studio che si basa sulle metodologie dell’Agenzia europea
per l’Ambiente. I risultati dell’analisi sono stati presentati alla prima
udienza del processo a carico del ministero croato dell’Ambiente, denunciato
dalle associazioni Azione verde e Istria verde, come pure da un gruppo di
cittadini dell’Albonese. La denuncia è partita dopo che il dicastero ha
rilasciato la cosiddetta licenza ecologica per il lavoro della centrale azionata
a carbone, processo che si celebra al Tribunale amministrativo di Fiume.
«Abbiamo diritto, noi abitanti di questa area istriana – hanno spiegato gli
albonesi – ad una vita sana e ad un ambiente pulito. Tutti gli studi riguardanti
il carbone parlano di combustibile assai dannoso per l’uomo e il suo ambiente. È
scandaloso che il ministero dell’Ambiente abbia proposto che la corte rigetti lo
studio di Greenpeace sostenendo vi siano dei vizi procedurali. L’analisi, così
il dicastero, non era stata presentata in sede di pubblico dibattito del
progetto Fianona 3 e tanto basterebbe a chiedere la sua invalida. Al ministero
non si sono sognati di smentire i risultati del documento, ben sapendo che
quanto emerso dallo studio si basa su metodi scientifici e dunque molto seri e
affidabili». A rivolgersi ai giornalisti è stato anche Zoran Tomi„, responsabile
di Greenpeace per la Croazia. «Il progetto Fianona 3 che prevede l’uso del
carbone significherà la perdita di vite umane, minori condizioni di salute per
l’uomo in una vasta zona e danni all’ambiente. È qualcosa di inaccettabile,
soprattutto quando si sa che la Croazia è ricca di fonti di energia rinnovabile,
come il sole e il vento».
(a.m.)
“TRIESTE ON SIGHT” A CAMPO SACRO
Seconda giornata all’ostello Amis di Campo Sacro di
“Trieste on sight-Esperimenti di cittadinanza”, manifestazione aperta a tutti
promossa da Arci Servizio civile in collaborazione con il Comune. Ecco il
programma di oggi: dalle 9 alle 17 il “Camp puliamo una dolina”; “Baby
Adventure”, percorso didattico-campo scuola di mountain bike; “Battesimo della
sella”, per far salire sul cavallo chi non ha mai provato l’esperienza. Alle 10,
laboratorio di cucina, preparazione di piatti tipici di Portogallo, Spagna,
Polonia, Serbia ed Emilia Romagna. Alle 11 laboratorio di compostaggio. Dalle 15
alle 18 “Girandolart” (si fabbricheranno oggetti eolici improvvisati). Alle 16
laboratorio di capoeira. Alle 17, “Servizio civile sfida comune: la stiamo
perdendo?, a cura di Arci. Alle 19.45, spettacolo teatrale “La bicicletta di
Bashir”, di e con Gianni Calastri, musica dal vivo di Marzio Dal Testa, per la
giornata mondiale del rifugiato. Alle 20.30, concerto di Orkestrada Circus e The
Authentics. Info su www.arciserviziocivilefvg.org.
IL PICCOLO - VENERDI', 21 giugno 2013
«Il Piano traffico rischia di essere azzerato»
Pdl: mancano documenti previsti per legge, agevole un eventuale ricorso
al Tar di singoli o associazioni
«Questo piano del traffico rischia seriamente l’annullamento nel caso
dovesse essere impugnato al Tar da singoli cittadini o associazioni». In quello
che si è già annunciato come un vero e proprio attacco frontale da parte del Pdl
in sede di discussione dell’elaborato in Consiglio comunale, dove sono all’esame
ben 350 emendamenti (due terzi dei quali firmati Pdl) oltre a 250 osservazioni,
ad accendere la miccia è stato ieri mattina in conferenza stampa il capogruppo
Everest Bertoli. «La legge parla chiaro: quando vengono presentate opere
rilevanti o nuove linee di trasporto pubblico, ed è il caso del bus navetta
verde, il tutto deve essere accompagnato da un rapporto costi-benefici. Cosa
alla quale l’amministrazione comunale non ha provveduto, adducendo la
giustificazione ridicola che si tratta solo di un’ipotesi». Ma l’offensiva dei
rappresentanti del Pdl non si ferma qui: nel mirino c’è ovviamente l’aumento dei
parcheggi a pagamento, soprattutto nelle zone periferiche della città, ma anche
la crescita delle tariffe, la chiusura al traffico di alcune vie strategiche e
le relative ripercussioni su commercio e trasporto pubblico. «Ma siamo sicuri
che Trieste aveva veramente bisogno di un piano del traffico? - si chiede
ironicamente Piero Camber -. Direi piuttosto che era necessario un piano
parcheggi, visto che non sappiamo ancora quante sono le soste libere per
automobili e motorini che si verranno a perdere con questi provvedimenti. Siamo
di fronte a finte agevolazioni, come il forfait mensile per i residenti del
Borgo Teresiano: l’amministrazione ancora una volta non si dimostra attenta alle
reali esigenze dei cittadini». L’opposizione annuncia battaglia dura, anche sul
fronte del trasporto pubblico, dove finiscono nel mirino il previsto
accorpamento di alcune linee dei bus e l’aumento delle distanze tra le fermate.
«Crescono gli stalli a pagamento per favorire l’uso dei mezzi pubblici - attacca
Manuela Declich -. Ma in realtà vediamo solo un aumento dei costi e una
diminuzione delle corse e del servizio, che si traducono in lunghe attese alle
fermate per gli utenti, soprattutto quelli più anziani». Sotto attacco anche gli
studi che hanno ispirato il nuovo piano. «Nei modelli previsionali sui
comportamenti dei cittadini si è tenuto conto del tempo di percorrenza ma non
del costo - spiega il vice capogruppo Claudio Giacomelli -. Questo significa che
ci troviamo di fronte ad un salto nel buio. E poi non sappiamo nulla sui costi
globali di questo piano e delle relative opere, come le piste ciclabili».
L’ultima stoccata arriva ancora da Bertoli: «Sappiamo che la richiesta di
aumentare le tariffe dei parcheggi a pagamento è arrivata da Saba Italia: che un
gestore privato proponga questo aumento è legittimo, ma che l’amministrazione
comunale lo accetti è invece preoccupante».
Pierpaolo Pitich
E l’aula già si incaglia sulle “osservazioni” - IL
DIBATTITO IN consiglio comunale
Baruffa anche tra i berlusconiani: il capogruppo dimentica gli
emendamenti di Rovis
Prima che scatti l’ora dei 380 emendamenti al Piano del traffico, è il
momento delle 250 osservazioni, ma il Consiglio comunale si impantana già a
quella numero 8 che pure nella sostanza vede tutti d’accordo: maggioranza e
opposizione. L’ha posta un cittadino di nome Andrea Corbato che spiega di
abitare in salita Montanelli e chiede se non sia possibile che anche Trieste,
come altri Comuni, in particolare Grado, prevede parcheggi a tariffe agevolate
per i residenti con abbonamenti annuali/mensili. L’assessorato alla
Pianificazione urbana nella controdeduzione risponde che l’osservazione può
considerarsi accolta in quanto recepita negli elaborati di Piano con abbonamenti
annuali a 360 euro su tutte le aree a pagamento. Secondo Piero Camber, Everest
Bertoli, Paolo Rovis e Maurizio Bucci del Pdl e Franco Bandelli di Un’Altra
Trieste con una risposta di questo tipo in fase attuativa si potranno prevedere
soltanto abbonamenti annuali e non mensili. Non è d’accordo l’assessore Elena
Marchigiani. Seguono distinguo e urla, interruzioni, riunioni dei capigruppo e
del Pdl. La battaglia più cruenta sembra in realtà consumarsi all’intero dei
berlusconiani con i 30 emendamenti proposti da Paolo Rovis che il suo capogruppo
Everest Bertoli si è dimenticato di presentare. L’alterco tra i due incomincia
sommessamente in aula, prende toni più alti nella riunione volante dei
consiglieri pidiellini dove si sente urlare anche la parola «farabutto» e
continua a parole e gesti in aula. Frattanto si presentano una decina di
commercianti e abitanti delle vie Settefontane e Conti e piazza Perugino che
portano 2507 firme contro i parcheggi a pagamento in zona. L’assessore
Marchigiani accetta di incontrarli, ma il capogruppo del Pd Giovanni Maria
Coloni rifiuta un ulteriore sospensione e verso i consiglieri volano insulti:
«Vergogna, siete qui per i cittadini». Alla fine il dirigente Mauro Silla che
funge in aula da segretario generale chiarisce che nella fase attuativa del
Piano per quanto riguarda gli abbonamenti al parcheggio per i residenti, in base
alla stessa controdeduzione, alla dicitura “annuale” si potrà aggiungere quella
“mensile”.
(s.m.)
Una “Parenzana” multimediale - Partenza da muggia il 28
giugno
On line la guida sul sito Viaggiare Slow. Tesseramento a gonfie vele
MUGGIA Proseguono le attività curate da Viaggiare Slow, di concerto con il
Comune di Muggia, per rilanciare la Parenzana, antica linea ferroviaria
trasformata oggi in una pista ciclabile di 120 chilometri nel cuore dei
suggestivi panorami dell’Istria. Prossima escursione in calendario: il 28, il 29
e il 30 giugno, con partenza da Muggia, tappe a Buie e Montona ed arrivo a
Parenzo. La partecipazione è riservata ai soci, e agli organizzatori stanno
arrivando molte richieste di “tesseramento”. «Bisogna affrettarsi – avverte
Fabrizio Masi, dell’associazione – perché ci sono ancora pochissimi posti». La
pedalata collettiva segue altri appuntamenti recenti: con “Bimbinbici 2013”,
alla presenza di trecento giovanissimi, si era inaugurata la ciclovia Rio
Ospo-Laghetti delle Noghere; la manifestazione “Ciclando tra i golfi”, svoltasi
una settimana fa durante la settimana velica, aveva condotto settanta turisti
dalla cittadina rivierasca sino a Capodistria. «Intanto continuiamo a promuovere
la nostra guida sulla Parenzana: dopo Trieste, Muggia e Pordenone faremo tappa a
Isola, Buie e perfino a Milano», annuncia Masi. La versione multimediale del
testo, che sarà tradotto in sloveno, croato e tedesco, è online sul sito di
Viaggiare Slow. A breve verrà resa nota la data dell’escursione notturna
muggesana su due ruote, programmata per quest’estate. Di turismo lento, uno dei
cavalli di battaglia dell’amministrazione comunale, si è parlato nei giorni
scorsi all’interno di una trasmissione andata in onda su un’emittente televisiva
slovena a proposito dell’Alpe Adria Trail, percorso di trekking che attraversa
tre Stati (Carinzia, Italia e Slovenia) per giungere proprio a Muggia.
Nell’intervista concessa al programma, il sindaco Nesladek ha esposto nuovamente
la strategia di sviluppo abbracciata dall’ente: valorizzazione sostenibile del
territorio per un turismo “della lentezza” che funga da spinta per la
cooperazione transfrontaliera. Tuttavia c’è ancora molto da fare: «Alcuni giorni
fa – segnala Masi – due importanti tour operator nazionali, che spostano dai 700
agli 800 cicloturisti tra Trieste e Muggia, sono rimasti a riva poiché il
Delfino Verde non può ospitare più di due biciclette. Auspichiamo che le pedane
per il trasporto delle due ruote vengano installate presto sul traghetto, come
annunciato recentemente».
Davide Ciullo
BLOG di Aris Prodani - GIOVEDI', 20 giugno 2013
“Rigassificatore di Trieste : infrastrutture
energetiche di interesse comunitario” Interrogazione dd 18 giugno 2013
Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro per lo Sviluppo
economico.
- Per sapere
- premesso che:
la Direzione energia della Commissione Ue ha indetto una consultazione pubblica,
iniziata il 20 giugno 2012 e conclusa il 4 ottobre dello stesso anno, sulla
lista dei potenziali Progetti di Interesse Comunitario nell’ambito della
proposta di regolamento sugli orientamenti per le reti transeuropee di
infrastrutture energetiche;
nella lista è presente il progetto dalla Gas Natural per un impianto di
rigassificazione del metano liquido (GNL) a Zaule, nel porto di Trieste;
il 28 marzo 2013 c.a. WWF Friuli Venezia Giulia e Legambiente Trieste hanno
inviato all’organo comunitario, sebbene la procedura di consultazione fosse già
conclusa, una documentazione per chiedere lo stralcio dall’elenco del
rigassificatore di Zaule;
le associazioni ambientaliste hanno sottolineato alcuni aspetti che non
sarebbero stati menzionati nelle informative del governo italiano. In
particolare, sono state segnalate cinque criticità:
1) il progetto presentato da Gas Natural è incompleto, perché manca il
collegamento via gasdotto del terminale di rigassificazione del GNL con la rete
dei metanodotti;
2) il terminale GNL di Zaule fa parte di un complesso di progetti di
infrastrutture energetiche che insistono sulla medesima area geografica (la
porzione settentrionale del Golfo di Trieste) e che sono strettamente
interconnessi tra loro, ma sono stati sottoposti separatamente ed
indipendentemente alla procedura VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) del
Ministero dell’Ambiente in assenza di una pianificazione energetica complessiva
e quindi senza nessuna Valutazione Ambientale Strategica ai sensi della
Direttiva 2001/42/CE;
3) La procedura di VIA è stata viziata da numerose gravi irregolarità, compiute
sia dalla società proponente, sia dagli organi ministeriali competenti;
4) il ministero dell’Ambiente italiano ha avviato, alla
fine di dicembre 2012, un “supplemento istruttorio” sulla VIA relativa al
progetto di Zaule, riconoscendo quindi l’inadeguatezza della valutazione
effettuata allora. Tale supplemento istruttorio è tuttora in corso;
5) Ai numerosi rilievi sull’incompletezza degli studi ambientali presentati
dalla società proponente del progetto, già formulati in occasione delle
osservazioni nell’ambito della procedura VIA, si sono aggiunti ulteriori
elementi di criticità ambientale, emersi dall’esame del progetto definitivo del
terminale GNL, il quale presenta rilevanti modifiche rispetto a quello
sottoposto alla procedura VIA, tanto da giustificare la richiesta di
annullamento della VIA del 2009;
il 21 maggio c.a. Ion Codescu, direttore della sezione A1 della Direzione Affari
legali e Coesione della Direzione generale Ambiente della Commissione Ue, ha
risposto alle associazioni facendo presente che la Commissione Ue continua a
valutare tutte le informazioni sulla realizzazione di rigassificatore di Zaule,
nell’ambito dell’indagine EU Pilot 755/09/ENVI, in via di ricezione sia dalle
autorità nazionali che dai cittadini;
Codescu ha fatto poi presente che “fino ad ora non è emersa nessuna prova di un
violazione del diritto comunitario, perché tra l’altro nessun autorizzazione è
stata ancora concessa e la costruzione non è iniziata per nessuno dei progetti”.
Infine, il direttore ha concluso sostenendo che la Commissione terrà conto delle
informazioni fornite nel quadro dell’inchiesta in corso, e che l’elenco dei
progetti delle infrastrutture energetiche di interesse comunitario non è stato
ancora approvato ed è quindi suscettibile di modifiche;
le associazioni ambientaliste hanno inviato la stessa documentazione ai membri
delle Commissioni ambiente ed energia del Parlamento Europeo, auspicandosi che
il governo Letta non continui ad appoggiare il progetto del rigassificatore
proposto da Gas Natural a Trieste;
il Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare del Governo
Monti, Corrado Clini, nel mese di aprile c.a. ha firmato un decreto che sospende
per sei mesi l’efficacia della Valutazione di impatto ambientale (VIA) sul
progetto presentato dalla Gas Natural. Il provvedimento ha accolto il parere
contrario della Commissione Via del dicastero che ha recepito a sua volta i
pareri contrari del Comitato portuale di Trieste e dalla Regione Friuli-Venezia
Giulia. Il decreto, quindi, prende atto delle mutate situazioni del traffico
marittimo triestino e delle prospettive di potenziamento previste dal Piano
regolatore portuale.
Il rigassificatore, se realizzato con le modalità progettate dalla Gas Natural,
non sarebbe compatibile con il traffico portuale attuale e con gli sviluppi
futuri
-: se il Governo intenda eliminare il progetto del rigassificatore di Zaule
dall’elenco delle possibili infrastrutture energetiche di interesse comunitario.
PRODANI - RIZZETTO
IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 giugno 2013
Trieste on sight, tre giorni di dibattiti e concerti -
SUI TEMI DELLA SOSTENIBILITÀ
“Esperimenti di cittadinanza” in programma da domani nel campo scout di
Campo Sacro
Non una sagra ma una tre giorni dedicata ai temi della sostenibilità. È il
concetto sul quale hanno insistito ieri gli organizzatori di “Trieste on Sight –
Esperimenti di cittadinanza”, manifestazione che si terrà da domani a domenica
nell’ostello Amis di Campo Sacro a Sgonico. Sarà una «festa-incontro con
concerti, mostre, workshop, dibattiti, appuntamenti, libri e installazioni
aperta a tutti». Vi si sono impegnati Comune, Arci Servizio Civile, Circolo
Verdeazzurro, Legambiente e Consorzio italiano di solidarietà. Il villaggio di
Sgonico avrà all’interno cinque aree: “Cittadinanza attiva e partecipazione” a
cura di Arci Servizio Civile, “Festa della Musica” (Arci), “Girandolart” (Museo
della Bora), “Feste virtuose” (Legambiente), “La giornata mondiale dei
rifugiati” (Consorzio italiano di solidarietà – Ics). A illustrare il programma
sono intervenuti l’assessore comunale per l’Educazione, Antonella Grim, i
presidenti regionale e provinciale di Arci Servizio Civile, Giuliano Gelci e
Costanza Iannone, del Circolo Verdeazzurro Legambiente, Lucia Sirocco e del
Consorzio italiano di solidarietà Riccardo Trulla. L’apertura del villaggio è
fissata per domani alle 16, con un benvenuto con prodotti equosolidali. Alle 17
incontro sul tema “Cercare lavoro senza perdersi”. Dalle 19 Festa della Musica.
Alle 19.30 inaugurazione delle mostre fotografiche. Alle 20 “Speleo Award 2013”,
rassegna video di speleologia. Sabato dalle 9 alle 17 “Puliamo una dolina”,
iniziativa seguita da un campo scuola di mountain bike. Sempre il sabato, tra
gli appuntamenti della mattinata un laboratorio di cucina con preparazione di
piatti tipici di Portogallo, Spagna, Polonia, Serbia ed Emilia-Romagna. Dalle 15
alle 18 “Girandolart”, festa del vento e della fantasia. Alle 16 Laboratorio di
Caponeria. Alle 17 “Servizio Civile sfida comune: la stiamo perdendo?”. Alle
19.45 verrà proposto “I ricordi di Bashir” di e con Gianni Calastri del Teatro
di Nascosto di Volterra. Lo spettacolo narra la storia di un rifugiato afgano
che attraversa l’occupazione russa, l’arrivo dei talebani e la fuga in Europa.
La musica dal vivo è di Marzio Del Testa. Alle 20.30 è in programma il concerto
di Orkestrada Circus e The Authentics. Oltre alla ripetizione di alcune
iniziative, domenica alle 10 si terrà un laboratorio di Yoga seguito alle 13 da
ballate folk irlandesi e americane con i Drunken Sailors. Dalle 15.30 alle 17
“Girandolart”. Alle 17 “I giovani incontrano le istituzioni”. Alle 19 uno stage
di Danze popolari balcaniche seguito alle 20 dallo spettacolo del gruppo
folkloristico serbo “Vuk Karadzic”. Alle 21 infine il concerto dei Chirikè.
Tutti gli appuntamenti sono gratuiti.
Ugo Salvini
Piano traffico “sepolto” da 351 emendamenti - Partenza
difficile
Iniziata ieri la discussione, sentito il promotore di una petizione per
il Borgo Giuseppino
Il Piano urbano del traffico approda in consiglio e la battaglia si
prospetta lunga e difficile. Entro le 16 di ieri, orario in cui si chiudeva la
presentazione degli emendamenti, erano 351 i documenti depositati agli uffici
dell'assessorato di Elena Marchigiani. E ieri è stata anche la giornata del voto
su una delle tante istanze presentate dai cittadini, la petizione di 400 firme
per la revisione dell'organizzazione degli spazi di sosta nel borgo Giuseppino:
un'iniziativa che ha trovato un plauso unanime da parte delle forze politiche ma
che poi è stata bocciata con 24 voti contrari (11 a favore e 3 astenuti) dai
ranghi della maggioranza. Una bocciatura che, come ha sintetizzato il
consigliere Roberto Decarli, «non si basa sui contenuti della petizione, ma sul
fatto che quegli stessi contenuti verranno poi esaminati in sede di dibattito
sul Piano del traffico nel suo insieme». La petizione è stata presentata dal
rappresentante del comitato promotore Enrico Corubolo. L'assessore Marchigiani
ha rilevato «la ragionevolezza delle richieste, che verranno sicuramente
discusse in sede di emendamenti». Il Pdl ha deciso invece di appoggiare da
subito i firmatari: il consigliere Paolo Rovis ha annunciato il suo voto
favorevole perché «le richieste sono in sintonia con alcuni dei 250 emendamenti
presentati dal Pdl». Tra i contrari anche il M5S («la proposta riguarda una sola
area in un piano che va inteso globalmente») e Un'Altra Trieste («buona parte
della petizione è stata già recepita dal dibattito in commissione»). Marchigiani
ha poi presentato la filosofia di fondo del piano: «Si basa su uno "scheletro"
duro, attinente ai temi di vivibilità, pedonalità, mobilità dolce, trasporto
pubblico locale. C'è poi una "pelle" di temi derivati, più malleabile, su cui si
può lavorare molto: tra questi anche quello della sosta». Il pidiellino Everest
Bertoli ha poi presentato una pregiudiziale, richiedendo il ritiro della
delibera «per mancanza, tra le altre cose, di valutazioni finanziarie, del
bilancio dei parcheggi e per carenze in ambito trasporto pubblico». Il
segretario generale Mauro Silla ha risposto: «che gli elementi devono essere
inclusi nei piani esecutivi, non nel piano generale», contestando anche le altre
osservazioni del Pdl. Franco Bandelli di Un'Altra Trieste giudica la mossa del
Pdl «demagogia»: «Cercano così di coltivare un bacino di voti che non li segue
più. Le ultime sei elezioni l'hanno dimostrato». La successiva bocciatura della
pregiudiziale al voto ha suscitato un acceso dibattito. All'inizio
dell'assemblea il consigliere del Fli Michele Lobianco ha consegnato
all'assessore un'automobile di plastica con un cartello indicante le criticità
del Piano. Scherzo che l'assessore ha accolto con un sorriso non entusiasta.
Bicicletta multata, tutti in Posta con un euro - SABATO
LA MANIFESTAZIONE DI PROTESTA
L’organizzatrice: la sanzione è solo uno spunto, servono gli stalli per
le due ruote
A questo punto non è una «battaglia antimulta, non lo è mai stata». Diventa,
piuttosto, una «battaglia di civiltà», questo sì: se vogliamo città pulite,
economicamente sostenibili, un posticino per le bici dovremo pur trovarlo. E i
ciclisti dovremo pur “sopportarli”. Così Antonella Varesano, la proprietaria di
quella due ruote agganciata a un palo sul marciapiede di via Filzi e sanzionata
per questo con 84 euro di multa, si è inventata un appuntamento che in realtà
vuole diventare un progetto. Esportabile, magari. L’appuntamento è sabato alle
11, in piazza Verdi. Tutti in bicicletta, e forniti di 1 euro. Per poi mollare
la due ruote, fare una manciata di passi e andare a pagare il bollettino della
municipale alle poste lì davanti. Annunciato un centinaio di
pedalatori-benefattori. «Perché non c’entro più io, spiega la Varesano, il
problema non è la multa in sé, è solo lo spunto. L’emergenza reale sono gli
stalli: a Trieste semplicemente non ci sono. O meglio, da quanto mi risulta ci
sono, sono stati ordinati dal Comune, ma sono bloccati dalla Soprintendenza.
Ora, capisco che certe zone siano da proteggere, ma provate ad andare fuori
dalla stazione centrale: bici rotte ovunque, e senza stalli. Perché? Cosa c’è lì
da tutelare?». E siccome il nodo parcheggi è un problema parecchio diffuso in
Italia, quello che spera Antonella - e l’associazione Ulisse Fiab, di cui è
un’iscritta e che sta seguendo da vicino il progetto piste ciclabili a Trieste -
è che proprio dalla nostra città possa partire un movimento che faccia capire
che un posto sulle nostre strade se lo meritano pure le biciclette. Il che
significa posteggi e mai più pali, strade sicure e non autostrade, piste
ciclabili realizzate e non solo promesse (leggi il progetto del Comune del
tracciato a “pi greco”, 85 km di viabilità dalle Rive alle vie Giulia e Cumano),
e un pizzico di buonsenso e pazienza da parte di chi si muove con il motore,
inquinando. Tutti. «Sabato può partecipare chiunque: ciclisti, famiglie,
consiglieri comunali, esponenti della giunta, è l’invito della Varesano. Avremo
anche un banchetto mobile, nel senso che porteremo una bici con un tavolino per
chi volesse iscriversi a Ulisse. Ah, lo dico in anticipo: non servono permessi
per questo...». Insomma, ecco le istruzioni per l’uso: ritrovo in piazza Verdi,
con 1 euro in tasca. Bici incolonnate «modello asburgico», e poi tutti in posta
a colpi di un euro a pagare la multa. E povero quell’impiegato che si ritroverà
sabato mattina a contare 84 monetine...
Donatella Tretjak
Giunta, scivolone sulla Tares - Il regolamento sulle
sanzioni è risultato illegittimo: Cosolini costretto a ritirarlo
L’amministrazione Cosolini batte in ritirata sulla Tares. E in aula rimedia
una figura non propriamente da ricordare. Una figuraccia. L’opposizione, il Pdl
in questo caso con il vicecapogruppo Claudio Giacomelli, prova l’affondo e va a
segno. Istantanee dal Consiglio comunale dell’altra sera. Il sindaco Roberto
Cosolini, quando è ormai sera tardi, decide così - non senza fastidi - di
ritirare la delibera relativa al Regolamento comunale sul tributo sui rifiuti e
sui servizi destinato a rimpiazzare la Tarsu. Ri-ti-ra-ta. «L’è tutto da rifare»
avrebbe detto il compianto Gino Bartali, fuoriclasse del pedale, con quella sua
indimenticabile parlata toscana. E in effetti l’iter, ora, è da rifare.
Dall’inizio, dal passaggio in giunta sino all’approdo in Consiglio comunale
passando per i pareri delle circoscrizioni e per la tappa in commissione.
L’ennesimo boccone amaro per la gestione cosoliniana dell’ultimo periodo: prima
del “caso Tares”, in aula l’amministrazione era stata costretta in maggio a
rimangiarsi (per ripartire) il Regolamento del canone di occupazione di spazi e
aree pubbliche (il problema qui si era avuto sui pareri tecnici degli uffici
sugli emendamenti) e prim’ancora la delibera delle tariffe degli impianti
sportivi. Ritirate. L’altro ieri, il nuovo stop. Tutto in meno di un mese. Per
il primo cittadino, già alle prese con i mal di pancia di Sel in maggioranza
(non ultimo il voto contrario dei vendoliani proprio sul Piano economico e
finanziario del Servizio gestione dei rifiuti urbani) e dell’ex Idv Paolo Bassi
e con la prospettiva di quella che sul Piano del traffico si annuncia come una
nuova battaglia in aula, una battuta d’arresto di cui volentieri avrebbe fatto a
meno. Ma cos’è successo martedì sera nell’aula di Palazzo Cheba? Sono passate da
un po’ le 22, quando Claudio Giacomelli del Pdl prende la parola, per chiedere
al segretario generale Filomena Falabella una verifica sulla delibera al
“capitolo” sulle sanzioni. «Nel Regolamento proposto si prevedeva come sanzione
per dichiarazione omessa o infedele, rispetto all’immobile - spiega lo stesso
pidiellino - e al numero di persone che vi abitano, una cifra rispettivamente
dal 100% al 200% e dal 50% al 100% del tributo dovuto, con un minimo di 50 euro.
Mentre la legge nazionale del 2011 si riferisce invece, per la quantificazione,
al tributo non versato». Su queste discrepanze ha eccepito Giacomelli. «Un
inghippo - rileva l’esponente del Pdl - non solo formale, ma sostanziale: se un
contribuente chiamato a pagare 120 euro di Tares ne avesse versati solo 100, con
il Regolamento approdato in aula la sanzione sarebbe stata infatti calcolata sul
totale di 120. Mentre le norme prevedono invece lo sia sul non versato, cioè,
nell’esempio in questione, sui 20 euro». Una differenza di base di 100 euro.
Falabella, al rientro in aula, ha spiegato che il Regolamento, se approvato,
sarebbe dovuto necessariamente passare per una modifica in seconda battuta. A
quel punto, imbufalito, Cosolini ha deciso: meglio ripresentare il tutto
sostituendo quel “dovuto” con “non versato”. Anche se questo costerà un nuovo
valzer burocratico a partire dall’adozione della delibera corretta in giunta.
L’approvazione «deve avvenire prima di quella del bilancio di previsione 2013, a
sua volta da approvare entro il 31 luglio - fa il punto l’assessore al Bilancio,
Matteo Montesano -. Poi, regolamento e tariffe della Tares vanno comunicati al
ministero entro 30 giorni dal termine dell’approvazione del bilancio stesso.
Cioè non oltre i successivi 30 giorni». Intanto, il Regolamento sulla Tares ad
oggi non c’è e la delibera che definisce le tariffe è stata a sua volta
congelata (non può essere votata senza il via libera al Regolamento). Il tutto
mentre il Piano economico e finanziario sul servizio è stato già licenziato dal
Consiglio.
Matteo Unterweger
“Sabati ecologici”, 300 metri cubi di rifiuti raccolti
nei CENTRI ITINERANTI
Buoni risultati per i Sabati ecologici: sono stati recuperati in totale 300
metri cubi di rifiuti. Questo il dato fornito da AcegasAps al termine
dell’ultimo appuntamento, tenuto sabato scorso nell’area di parcheggio della
Rotonda del Boschetto, con l’iniziativa “Sabati ecologici” voluta dal Comune e
da AcegasAps «per migliorare la raccolta differenziata e contrastare l’ancora
diffuso fenomeno dell’abbandono indiscriminato di rifiuti ingombranti sulla
pubblica via». I “Sabati ecologici” hanno proposto per i primi tre sabati di
giugno l’allestimento di centri di raccolta itineranti in tre zone della città:
nella sede della Protezione vivile in Località Santa Croce; nell’area di
parcheggio nei pressi della Risiera di San Sabba; e infine nell’area di
parcheggio della Rotonda del Boschetto. «Grazie alla grande partecipazione dei
triestini - si legge in una nota di AcegasAps - i risultati dell’iniziativa sono
stati molto soddisfacenti». I 300 metri cubi sono stati totalizzati tra
ingombranti misti (mobilio, materassi, legno, ferro...), frigoriferi, grandi
elettrodomestici, inerti, ramaglie e scarti da giardini, piccoli
elettrodomestici, monitor e televisioni, pneumatici, pitture e vernici. E ancora
bombolette spray, olio da cucina, olio motore, oltre a batterie per
autotrazione, lastre di vetro, lampade al neon. AcegasAps ricorda che i quattro
centri di raccolta permanenti in servizio nel territorio di Trieste sono situati
a San Giacomo, in via Carbonara 3 (tel. e fax 040.772688, aperto dal lunedì al
sabato dalle 7 alle 19 e domenica dalle 8 alle 13); a Roiano in via Valmartinaga
10 (tel. e fax 40.4526337, aperto dal lunedì al sabato dalle 7 alle 19); a
Opicina, in Strada per Vienna 84/a, (tel 040.212368, aperto dal lunedì al sabato
dalle 7 alle 19); e in Campo Marzio, via Giulio Cesare 10, aperto dal lunedì al
sabato dalle 6 alle 18.
Più di quattrocento treni soppressi in tre mesi - IL
CALVARIO DEI PENDOLARI
TRIESTE Oltre 400 treni soppressi in tre mesi, dal 10 marzo all’8 giugno.
Praticamente una media di almeno 130 convogli cancellati in 30 giorni. È
l’allarme lanciato ieri dal Comitato dei pendolari del Friuli Venezia Giulia,
che sul proprio blog ha pubblicato la lista nera dei disservizi ferroviari. «Il
monitoraggio è stato effettuato quotidianamente – spiega la portavoce Cristina
Sartor -, tramite il sito delle Ferrovie "Viaggiatreno”, che permette di
verificare in tempo reale quali treni stanno circolando, quali sono in ritardo e
quali invece sono stati cancellati». Fra le linee maggiormente coinvolte, la
Trieste – Udine e la Trieste – Venezia, in buona sostanza gli assi principali su
cui ogni giorno fa affidamento la gran parte dei pendolari. «La situazione sta
diventando insostenibile – incalza Sartor -, non sappiamo neppure se la causa
delle soppressioni dipenda dalla vetustà dei treni o piuttosto dalla mancanza di
personale. Di certo questa situazione ci rende penosa la vita, quando invece
avremmo solo bisogno di un trasporto affidabile e puntuale». Un tema caro anche
al Comitato lavoratori e utenti dei servizi pendolari, che ieri, mentre a
palazzo si riuniva la Commissione trasporti, si è presentato in piazza Oberdan,
sotto la loggia del Consiglio, con una piccola delegazione di pensionati,
studenti e impiegati. Fra loro anche il coordinatore per i trasporti di
Legambiente Fvg, Andrea Wehrenfennig., seppur «a titolo personale». «Chiediamo
un’inversione di rotta nella politica regionale dei trasporti – afferma il
pensionato Dario Visintini -. L’uso individuale dei mezzi di trasporto comporta
devastanti conseguenze per l’uomo e per l’ambiente. La necessaria revisione dei
piani di trasporto locale e delle infrastrutture deve dare la priorità ai
cittadini». Tra le varie istanze, si chiede la pubblicazione, sul sito della
Regione, dei dati relativi all'afflusso dei mezzi pubblici, un bando di gara per
il Trasporto pubblico locale non al massimo ribasso e la completa integrazione
tariffaria tra treni, autobus e corriere, con tanto di tessera regionale da
utilizzare su tutti i mezzi pubblici. E ancora, trasporti a chiamata nelle aree
poco servite e nelle ore notturne. Istanze che sono state prese in
considerazione dall’assessore Mariagrazia Santoro, seppur con le dovute
premesse: «Anche se non ancora in maniera formale - puntualizza - le competenze
su trasporti, mobilità e infrastrutture sono in capo alla presidente Deborah
Serracchiani. Non appena si è insediata, questa giunta ha comunque preso atto
del forte disagio percepito dagli utenti del trasporto locale, in primis dai
pendolari. Stiamo vagliando forme di mitigazione per dare risposte in tempi
brevi. E per quanto riguarda le legittime istanze mosse in piazza dal Comitato,
esse verranno presentate alla presidente per valutarle nel merito e dare
risposte adeguate».
Elena Placitelli
Di nuovo a migliaia i gamberi nel torrente della Val
Rosandra
Bressi: decimate dalle estati calde le trote che li falcidiavano Ok il
ritorno della specie, l’acqua è in buone condizioni
Per le trote erano un cibo prelibato soprattutto quelli che avevano pochi
giorni di vita: piccoli, croccanti e saporiti. Ma alla fine i gamberi d’acqua
dolce (nome scientifico Austropotamobius pallipes) hanno vinto la loro battaglia
e sono tornati a popolare in forze il torrente Rosandra dove di recente sono
stati anche ripetutamente fotografati. «Non si erano mai estinti del tutto -
spiega Nicola Bressi, direttore dei Civici musei scientifici - ma la loro
popolazione negli anni più recenti si era estremamente ridotta proprio perché
falcidiata dalle trote che erano state artificialmente immesse nel torrente, non
si sa bene da chi. Alla lunga però a perdere sono state proprie le trote a
propria volta decimate dalle estati calde e secche, in particolare quella del
2003, ma anche quella del 2012: il Rosandra si asciuga quasi completamente e
nelle poche pozze che rimangono questo pesce non riesce a vivere anche perché a
essere immessa non era stata la trota marmorata, caratteristica appunto dei
bacini fluviali adriatici, bensì quella appenninica». L’unico pesce rimasto a
popolare il Rosandra è così la sanguinerola, di piccola taglia, che prende il
nome dalla colorazione rosso sangue che assume il ventre del maschio. «Ma questa
nuova proliferazione del gambero, che del resto si può trovare anche nell’alto
corso del rio Ospo, è una notizia positiva - specifica Bressi - anche perché
significa che l’acqua è in buone condizioni. È una sorta di astice in miniatura,
anche se con una colorazione grigio marrone, nuota a colpi di coda e va
all’indietro con un’andatura caratteristica, a gambero appunto. Le femmine
trattengono sotto il ventre i piccoli per un po’ di tempo anche quando le uova
sono già schiuse e ne danno alla luce un centinaio alla volta. Presto i gamberi
si nutrono da soli, sono predatori e vanno a caccia di vermi, piccoli insetti e
girini». L’Austropotamobius può raggiungere i 12 centimetri di lunghezza e i 90
grammi di peso e i maschi sono più grandi delle femmine. Nella seconda metà del
Novecento in molti bacini le popolazioni di questo gambero, presente in gran
parte d’Europa - dall’Inghilterra alla Dalmazia, dalla Liguria al Portogallo -
si sono ridotte o sono addirittura scomparse. La sottospecie italiana è
considerata a forte rischio di estinzione e il fatto che sia tornata a popolare
il Rosandra è considerato dai naturalisti in modo estremamente positivo. (s.m.)
AGRICOLTURA Sit in e proteste contro gli Ogm
Da Roma al Friuli Venezia Giulia, dopo la semina pordenonese di mais transgenico, fioccano le levate di scudi. Oggi alle 14.30, in piazza Montecitorio, scenderà in piazza la “Task force no Ogm” in difesa del made in Italia. Sempre oggi ma alle 11, davanti al Palazzo della Regione di via Sabadini, ci sarà un sit in creativo - replica locale della manifestazione nazionale - organizzato da Aiab, Legambiente, Wwf, Slow food e altre associazioni. L’obiettivo della mobilitazione è «salvare ambiente ed cibo italiano dal pericolo di contaminazione da Organismi geneticamente modificati».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 giugno 2013
Rigassificatore, dialogo ambientalisti - Ue - DOPO IL
PRESSING FAVOREVOLE DI PASSERA
È in navigazione verso le coste toscane quello che sarà il terzo impianto
in Italia
«L’elenco dei progetti delle infrastrutture energetiche di interesse
comunitario non è stato ancora approvato ed è quindi suscettibile di modifiche».
È la risposta che i funzionari della Direzione generale Energia di Bruxelles
hanno dato a Wwf e Legambiente del Friuli Venezia Giulia preoccupati dopo che
«il ministro Passera ma non solo - si legge in una nota delle associazioni
ambientaliste - aveva agito da scatenato supporter del progetto». In effetti,
evidentemente su input di Passera, Paola Arbia dirigente della Divisione
relazioni comunitarie del ministero aveva inviato una lettera a Monika Zsigri,
direttore generale per l’Energia della Commissione europea per ribattere ai
rilievi fatti dalla Slovenia contro l’inserimento dell’impianto di Zaule tra gli
impianti europei strategici. «Wwf e Legambiente, saputo dell’iniziativa del Mise
- prosegue la nota - hanno informato la Direzione Energia di Bruxelles sulle
svariate problematiche ambientali e di sicurezza del progetto omesse o
sottovalutate nelle procedure seguite dai competenti organi italiani, così come
sui contenziosi legali tuttora in corso e sulle crescenti opposizioni della
cittadinanza e degli enti locali. Le due organizzazioni hanno potuto così
rendersi conto che quasi nulla di tutto ciò era noto a Bruxelles, poiché il Mise
aveva deliberatamente omesso di informare la Commissione europea, senza essere
minimamente contrastato dal Ministero dell’Ambiente». Wwf e Legambiente
concludono auspicando che «il nuovo Governo e in particolare i ministri dello
Sviluppo economico, Zanonato e dell’Ambiente, Orlando non proseguano nell’opera
di appoggio (e nell’omissione di informazioni) e marchino perciò una netta
distanza rispetto a quanto fatto dai loro predecessori». Il primo passo in
questa direzione dovrebbe essere la richiesta che il rigassificatore di Zaule
non venga inserito nell’elenco delle infrastrutture energetiche di interesse
comunitario. E frattanto arriverà in Italia a metà luglio il terminal di
rigassificazione Fsru Toscana che il 2 giugno, trainato da due rimorchiatori ha
lasciato il cantiere navale di Drydocks world Dubai e che sarà posizionato a 22
chilometri dalla costa toscana tra Livorno e Pisa. Dopo il suo arrivo il
terminal sarà dapprima collegato alle sei ancore già installate, poi alla
condotta sottomarina per il trasporto del gas rigassificato già completata da
Snam Rete Gas. L’inizio dell’attività avverrà nell’ultimo trimestre dell’anno.
Fsru Toscana sarà il terzo rigassificatore italiano dopo quelli di La Spezia e
Rovigo.
Silvio Maranzana
«Parcheggi salati? Ma 22.300 restano liberi» - PIANO
TRAFFICO » LA STRENUA DIFESA DELLA SUA IDEATRICE
L’assessore Marchigiani «Un prelievo di 1700 su 24mila stalli. Favorevole
alla prima mezz’ora dI sosta gratuita»
BORGO TERESIANO Per 30 euro al mese hanno il posto garantito, quei soldi nella
zona rossa sarebbero bastati per pagare appena 21 ore
LA FILOSOFIA DEL PROGETTO Non è stato studiato per fare cassa, non vogliamo
vessare la gente e non è immodificabile. Abbiamo sempre ascoltato tutti
Di reazioni, richieste e proteste si accende ogni momento una lucetta nuova
sulla mappa della città. I nuovi 1700 parcheggi a pagamento previsti nel Piano
del traffico che oggi inizia il suo percorso in Consiglio comunale sono sotto
accusa da destra, e questo si capisce, ma anche da parti della sinistra che
governa il Municipio. Più calmi adesso gli abitanti del borgo Teresiano: i 30
euro al mese nella ex Zona a traffico limitato li hanno infine accettati. Per
quella cifra possono parcheggiare tutto il giorno e tutti i giorni, ma se
lasciano lo spazio qualcun altro potrà fermarsi in centro. «Con quei soldi
avrebbero pagato, nella “zona rossa” dove si trovano, 21 ore di sosta, ne hanno
invece 321, tanto è cosa favorevole che adesso molti ci chiedono le stesse
condizioni...». L’assessore all’Urbanistica, alla mobilità e al traffico Elena
Marchigiani passa al contrattacco: «No, non è un piano per fare cassa coi
parcheggi. No, non è un piano per vessare la gente in tempi di crisi. No, non è
un piano immodificabile». Vera e propria attivista delle consultazioni a largo
raggio, porta il suo Piano del traffico in aula disposta adesso ma anche a
posteriori non solo ad accogliere emendamenti dell’opposizione (o magari della
maggioranza, come si legge qui sotto), ma anche ad ascoltare gli ulteriori
rilievi che pur dopo sequenze infinite di dialoghi incrociati continuano a
emergere. «Se al Bivio di Miramare - dice - si vedrà che gli interessi dei
cittadini ad avere la riviera tutta a libera sosta è prevalente sugli interessi
collettivi (favorire anche i turisti che non hanno dove fermarsi), allora lo
faremo. Ma, prima, un po’ di conti: i parcheggi liberi nelle aree di città in
cui il Piano prevede l’istituzione del pedaggio - prosegue l’assessore - sono 24
mila. Non certo pochi. Adesso a pagamento ce ne sono 1100. Se ne aggiungono
1700. Arriviamo dunque a 2800 (poco più del 10%) con 23.300 liberi. E dei 2800
ben 1200 sono a tariffa agevolata per residenti». Qual è lo spirito
dell’operazione? Rivendicare il diritto di suolo, pareggiare le condizioni degli
abitanti (certi con macchina in strada come se la strada fosse di loro
proprietà, altri già costretti a sborsare alte cifre per il parcheggio), aiutare
i commercianti sveltendo il flusso dei potenziali clienti? «Un combinato di
tutto questo» secondo Marchigiani. Dall’incrocio esce però la natura prevalente
dell’azione di governo: movimentare, in effetti, le zone commerciali ampliando
per contro quelle pedonali. E si scopre che un’altra novità “facilitatrice”
potrebbe essere introdotta molto facilmente. Le circoscrizioni dell’altipiano (a
Opicina e Basovizza arrivano stalli a 0.60 euro all’ora) hanno infatti chiesto
che la prima mezz’ora di sosta sia gratuita. Un compromesso che all’assessore
pare «un’idea ottima, se la si volesse estendere anche alla città io sarei
assolutamente d’accordo. Si aiuta così il commercio, con ricambio di soste
davanti ai negozi e maggiore accessibilità. Chi si fermasse un’ora e mezza
pagherebbe solo 0.60 euro. E i residenti, la sera, avrebbero il posto a
disposizione per sè». Anche in zone più di periferia, che si sono dichiarate a
vocazione meno intensamente commerciale, il Comune è disposto a rivedere le
decisioni. Per esempio in via Settefontane «dove è stato notato che le necessità
del commercio sono meno pressanti e il cittadino prevale». Insomma Marchigiani
“apre” a successive modificazioni. Anche dopo, a piano approvato. «La mediazione
- avverte - si può trovare ancora, il test non finisce qui, è un processo in
divenire, per migliorare la qualità complessiva della vita. La cosa importante è
ampliare le zone pedonali, rivitalizzare ampie parti di città: ci sono sempre
più richieste in questo senso. Un tratto di via con quattro posti in più o in
meno a pagamento conta davvero poco. Possiamo limare». Il compromesso finale è
conservare la fisionomia del progetto senza essere autoritari, e rispondere ai
piccoli interessi senza cedere sui principi. Con punto di domanda finale: perché
mai le moto dilagano in una moltiplicazione infinita di parcheggi e tutti
gratuiti? Perché non far pagare anche a loro? Marchigiani ironizza: «Si può
morire per molto meno... Lascio la decisione alle democratiche scelte del
Consiglio comunale».
Gabriella Ziani
Terza circoscrizione: tutti contro il Pgtu meno il capo
del Pd
Avranno pure mero ruolo consultivo, ma anche i parlamentini di quartiere,
talvolta, possono lanciare segnali politici pesanti. Fa specie la spaccatura di
maggioranza, causa sempre Piano del traffico, in Terza circoscrizione. Un ordine
del giorno del Pdl contro il «mancato coinvolgimento nell’adozione finale del
Piano», per quegli stalli blu al Bivio, è passato infatti all’unanimità.
All’unanimità tranne uno: Giancarlo Ressani, il capogruppo del Pd, rimasto solo
mentre colleghi di partito e schieramento hanno votato col centrodestra.
L’estensore dell’ordine del giorno, il capogruppo del Pdl Michele Babuder,
sottolinea appunto il «consenso pressoché unanime poiché, seppur la
circoscrizione sia stata interpellata nel corso della redazione della bozza del
nuovo Pgtu ed alcune osservazioni dell’ente siano anche state recepite dalla
giunta, il parlamentino rionale non ha potuto conoscere né esprimersi sulla
bozza definitiva». «Babuder - spiega Ressani - l’ha presentato come fosse un
documento tecnico, in cui si chiede la ridiscussione, in realtà l’ordine del
giorno ha una valenza assolutamente politica poiché vuole veicolare il messaggio
che non c’è stata partecipazione, il che non è vero visto che abbiamo fatto otto
o nove incontri con l’assessore Marchigiani, cui poi spetta il lavoro di
sintesi. È facile dire di no, più difficile portare a termine un Piano del
traffico, se lo ricorda il centrodestra, che peraltro non adottò alcun processo
partecipativo».
(pi.ra.)
Federazione della sinistra pronta a dire no
Furlanic e Andolina: contrari se non passano i nostri emendamenti.
Un’Altra Trieste: valuteremo in aula
Il no è secco, articolato, motivato. I due consiglieri comunali della
Federazione della sinistra, il capogruppo Marino Andolina e Iztok Furlanic
(quest’ultimo anche presidente del Consiglio comunale), ieri hanno bocciato il
Piano del traffico «perché va a incidere negativamente sulla vita dei
cittadini». E hanno preannunciato che in aula voteranno no - nonostante la FdS
sostenga la maggioranza - «se non saranno accolti, almeno nella sostanza, i
nostri 11 emendamenti». «Il trasporto pubblico – ha sintetizzato Furlanic - ha
già subìto un taglio di 500mila chilometri quest'anno e ancor più drastico sarà
quello del 2014; la bicicletta non può essere la soluzione. Un piano che limita
la possibilità di parcheggiare liberamente nelle periferie per favorire i
gestori privati non potrà mai trovare il nostro sì e non può far parte di un
progetto presentato da una giunta di centrosinistra». Per recuperare i due voti,
la maggioranza dovrà correggere il piano e «dedicare i nuovi introiti derivanti
dai parcheggi a pagamento al trasporto pubblico. Non vorremmo trovarci – ha
continuato Furlanic - con autobus strapieni che passano troppo raramente».
Infine una proposta inedita: la vignetta per le due ruote. «Proponiamo un
bollino – così Furlanic – dal costo di 10/15 euro all’anno, senza il quale i
possessori di due ruote non potranno parcheggiare in centro». L'obiettivo per la
FdS è di disincentivare l'uso del mezzo privato a favore del pubblico, con un
centro cittadino «da dividere in tre zone, così che ciascuno possa godere
dell'agevolazione nel pagamento degli stalli solo per la propria area di
residenza». Andolina ha sottolineato di «essere d'accordo sull'ampliamento delle
aree pedonali, però per gli anziani come me le annunciate novità porteranno a
modifiche nelle abitudini di vita e un progetto di questo tipo, adottato in
assenza di una motivazione sufficiente, non è accettabile, sembra piuttosto un
pretesto per aumentare gli introiti del Comune». Il consigliere circoscrizionale
Peter Behrens ha spiegato che «favorire il trasporto pubblico quando esso tende
a scomparire significa mettere in ulteriore difficoltà chi lo deve utilizzare
per forza». Paolo Geri, della Terza circoscrizione, ha ricordato che «da tempo
proponiamo soluzioni alternative a Marchigiani, senza ottenere risposte». Sempre
ieri si sono espressi gli esponenti di Un’Altra Trieste, dicendosi pronti alla
discussione in aula, dove valuteranno di volta in volta come votare sui singoli
punti «perché non abbiamo preconcetti». «Nel tempo abbiamo ottenuto
significativi risultati su questi temi - ha detto Alessia Rosolen - e diamo atto
all'assessore Marchigiani di avere avuto il coraggio di mettere mano a un
problema che le giunte precedenti avevano sempre avuto paura di sfiorare.
Presenteremo numerosi emendamenti, frutto delle richieste del territorio». «Non
siamo per un no pregiudiziale - ha detto Bandelli - ma i nostri emendamenti sono
vincolanti». Li hanno illustrati alcuni consiglieri circoscrizionali: si va dal
no alla zona a traffico limitato in via di Roiano all’opposizione all'inversione
del senso di marcia di via Madonnina.
Ugo Salvini
SEGNALAZIONI - La via Nordio è rinata da quando è
diventata una zona a traffico limitato - IL DIBATTITO SULLA ZTL
Sono un imprenditore e nel 2005 ho acquistato un locale commerciale dove
esercito la mia attività. Via Nordio si trovava come si può vedere dalla prima
foto. Dal 2008 siamo diventati Ztl (zona a traffico limitato ad alta
pedonalizzazione) in pratica possono accedere i veicoli per carico e scarico
merci e i veicoli dei disabili. Come potete vedere dalla seconda foto la via è
cambiata in meglio, si sono persi alcuni parcheggi liberi ma è aumentata la
qualità della vita. Tutti i negozi hanno ripreso vita e sono stati affittati o
venduti e anche gli appartamenti hanno aumentato di valore.
Giorgio Calcara
Comune, i “rifiuti” di Sel e Bassi mettono a rischio la
maggioranza
Sel chiede un nuovo chiarimento politico. Il capogruppo: «Non escludo la
nostra uscita dalla giunta»
Il sindaco Cosolini: «Capisco Sossi ma non Bassi che
deve decidersi se stare dentro o fuori»
Piovono “rifiuti” dalla maggioranza sulla giunta comunale. Tre rifiuti da
Sel e uno dal gruppo misto dove è approdato Bassi dopo il dissolvimento
dell’Italia dei valori. “Rifiuti” è il termine corretto visto che si tratta del
voto sul piano economico finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani
per il 2013 che prevede un aumento del 10% della Tares, la tassa sulle
“scovazze” che prende il posto della Tarsu. Un aumento che in realtà è un
anticipo che il Comune verserà ad AcegasAps per far decollare la raccolta
differenziata che a Trieste resta lontana dalla soglia europea. Il piano è stato
approvato all’una di notte con 21 voti a favore e 15 contrari. Tra i contrari
c’è una fetta di maggioranza: Sel in blocco e un pezzo di quello che reste
dell’Idv. Tanto basta per farne un caso politico. Nessuno vuole parlare di crisi
per ora anche se ormai c’è più di una catenella ai servizi sociali a dividere il
centrosinistra da Sinistra ecologia e libertà. Tra il partito di Vendola e la
giunta i rapporti sono logorati da tempo anche se l’assessore di Sel, Umberto
Laureni, resta fisso al suo posto. «Votano contro solo quando sanno di non fare
danni alla maggioranza» fa notare Everest Bertoli, capogruppo del Pdl. Un gioco
delle parti. Il chiarimento è comunque avviato. Oggi si riunisce il direttivo
provinciale di Sel e lunedì si terrà l’incontro di maggioranza del
centrosinistra. «Diciamo che c’è una dialettica molto forte con questa giunta,
ma non parliamo di crisi o uscita dalla maggioranza. Per ora mi fermo qua. Siamo
dialettici» mette le mani avanti il coordinatore provinciale di Sel Fulvio
Vallon. «Siamo in difficoltà, ma tentiamo di tenere una posizione dialettica.
Noi vogliamo incontrare al più preso il nuovo segretario del Pd. Bisogna mettere
in chiaro un po’ di cose a partire dai programmi. Non escludo a priori l’uscita
alla maggioranza. A quel punto anche Laureni dovrà trarne le conseguenze» spinge
Marino Sossi, capogruppo comunale, uno dei tre che ha votato contro. Tuttavia
c’è ancora uno spazio dialettico prima di arrivare a tanto. Da Hegel in poi la
dialettica è tutto. L’ex sindacalista della della Cgil non arriva a dire che era
più a sinistra l’amministrazione di Dipiazza, ma non manca di far notare che
all’epoca non c’era la “catenella” al welfare. «E il partito che deve decidere.
Io resto uno della vecchia guardia. Ero nel Pci quando c’era Berlinguer. E,
tanto per essere chiari, sulla pagine Facebook ha postato una sua frase: «Io
sono comunista. Da giovane ho fatto una scelta di vita: stare dalla parte dei
più deboli, degli sfruttati, dei diseredati, degli emarginati. E lo farò fino
alla fine della mia vita». Le catenelle sono avvisate. E anche il sindaco che
per ora sta a guardare senza agitarsi più di tanto. «Sel dice che la maggioranza
non è una caserma. Sono d’accordo. Ma vale per tutti. Capisco il malumore di
Sossi. Marino ha maturato una diffidenza storica nei confronti di Acegas. Ma
credo possa essere superata» assicura il primo cittadino. Del resto il piano dei
rifiuti trova l’appoggio dell’assessore Laureni, espressione di Sel. «Ho preso
atto che c’è questa differenza di posizione, ma è così sconvolgente. Sel è
favorevole alla differenziata. Io ho fiducia nel piano approvato. Il partito non
condivide questa cambiale in bianco data da Acegas. E forse non ha tutti i torti
visto il passato di Acegas» dice l’assessore. Non sarà però il “caro scovazze”
ad archiviare la maggioranza di centrosinistra. Per ora. L’unico problema, in
tono minore, riguarda l’ex dipietrista Paolo Bassi. «Deve decidersi se sta
dentro o fuori la maggioranza» tuona il sindaco. «Il suo atteggiamento è
incomprensibile. Ieri ha votato una pregiudiziale assieme al Movimento 5
Stelle». La scelta di Bassi non cambierà comunque i rapporti di forza della
maggioranza. «Io e Sossi siamo amici. Capisco il suo mal di pancia. Ma troveremo
un rimedio» dice il sindaco. Forse basta una salto in farmacia. Ce n’è una
proprio sotto il Municipio.
Fabio Dorigo
Waldy Catalano: «Tre milioni dati all’AcegasAps a piè
di lista»
«Tre milioni all'Acegas a piè di lista...». Waldy Catalano (nella foto con
Laureni), responsabile lavoro di Sel ed ex segretario della Cgil, offre la
sintesi sulla nuova “tassa delle scovazze”. «Una maggioranza di "strucabotoni"
in Consiglio comunale - scrive sul suo profilo Facebook - ha approvato un
aumento del 10% della tassa sui rifiuti (ora Tares) a fronte di un piano di
incremento della raccolta differenziata dei rifiuti, presentato da Acegas. Piano
con gravi lacune in merito alla giustificazione di tale aumento, così come sul
raggiungimento degli obiettivi. Acegas ha chiesto e ottenuto tale cifra in
anticipo (“no ste rider”), quale precondizione per avviare l'incremento della
raccolta differenziata richiesto dal Comune». Geniale. «E desso tutti sti schei,
tra l'altro, va in una società in cui el comun de trieste conta sempre meno.
Geniale» commenta Enrico Maria Milic. (fa.do.)
«Meno lavoro per AcegasAps ma costi più alti per i
triestini» - IL PDL
L’aumento della Tares è «ingiustificato e rischia di mettere sul lastrico
decine di piccole aziende locali, oltre che provocare ulteriori disagi per i
cittadini più anziani». Il Pdl si è espresso con forte critica ieri sul Piano
rifiuti 2013 presentato dalla giunta Cosolini. Per il capogruppo Everest Bertoli
«la Tares è un capriccio da 3 milioni. La giunta, già decisa una raffica di
aumenti, ora alza del 10% la Tares a carico dei triestini per la differenziata e
per il 2014 ci sarà un ulteriore aumento per arrivare al 20%». «L'umido sarà
portato in un deposito provvisorio – ha detto Piero Camber - da dove 600
autotreni l'anno al prezzo di 89 euro più Iva a tonnellata saranno portati a
Maniago. Spariranno 800 piccoli cassonetti surrogati da 275 tre volte più
grandi. Perciò il lavoro per AcegasAps calerà ma noi pagheremo di più. E sarà
meno agevole per tutti raggiungere i cassonetti nuovi, mentre il tasso di
remunerazione per AcegasAps sarà del 12,07». Paolo Rovis ha sottolineato che
«bisognerebbe spazzare di più le strade e abbiamo presentato un emendamento,
ovviamente bocciato». Maurizio Bucci ha parlato dell’inceneritore: «L’impianto
ha tre linee di lavoro che produce energia. Se l’umido sarà trasferito fuori
città dovremmo assumerci l'onere di accogliere immondizie che arrivano da altre
città per mantenere gli attuali livelli di produzione. Si spinge una
differenziata per l'umido che oggi è un lusso». Per Manuela Declich «i
cassonetti caleranno con disagio per i cittadini, soprattutto i più anziani».
«Nel 2012 il Comune ha superato i 121 milioni d’incasso fra tasse, tributi e
imposte – ha rilevato Claudio Giacomelli - nel 2011 erano stati 96 milioni. Nel
2013 supereremo i 130, cifra mai vista in città. Il Comune evidentemente non ha
tagliato le spese». (u.s.)
SEGNALAZIONI - RIFIUTI - Diritti e doveri
Alcune forze politiche si schierano contro l’aumento dell’imposta per la raccolta dei rifiuti invocando la crisi che già colpisce pesantemente le risorse delle famiglie. Quegli stessi paiono però non domandarsi quale sia la causa della scarsa percentuale di raccolta differenziata che a Trieste si raccoglie. La colpa può essere forse del governo della città? Dei soliti politici? Ebbene no, purtroppo in questo caso è solo colpa di tutti coloro che non si prendono cura di differenziare i rifiuti. Eppure non si dirà che è un compito gravoso! Naturalmente, per la noncuranza e pigrizia di tanti pagano tutti e per chi è in maggiori difficoltà l’aumento previsto pesa di più. C’è quindi anche un aspetto di equità in questo dovere. Mi pare che i cittadini siano molto più inclini a conoscere i propri diritti che i propri doveri: ne è causa anche una certa politica che parla molto di diritti, ma dei doveri non fa cenno. Ma si è sempre in tempo per cominciare. La faccenda della differenziata viene proprio utile allo scopo: è un dovere differenziare a tutela dell’ambiente e affinché tutti si paghi di meno. Se non si riesce a convincere i cittadini con le campagne di sensibilizzazione, ben vengano le riduzioni tariffarie per coloro che differenziano: le aspettiamo, soprattutto perché potranno convincere anche i più riottosi che differenziare è non solo utile, ma anche conveniente.
Caterina Dolcher
IL PICCOLO - MARTEDI', 18 giugno 2013
Gli stalli per le biciclette: mai arrivato l’ok
definitivo - LA BUROCRAZIA
Una delle questioni in campo tra Comune e Soprintendenza ai beni
architettonici ha un titolo a prima vista minimale: stalli per biciclette. Però
è da 6 mesi (7 considerando i colloqui preliminari) che non si arriva al punto.
«Stiamo ancora lavorando - spiega l’assessore all’Urbanistica Elena Marchigiani
-, adesso ci è stato chiesto di produrre dei veri e propri “rendering” su come
si situeranno questi sostegni per bici nei luoghi che abbiamo indicato. È un
lavoro cospicuo. Lo stiamo finendo. E speriamo di arrivare a un accordo...». Il
Comune vuole favorire le biciclette, e ha anche interpellato tutte le categorie
economiche prima di dare il via al progetto. Ha concordato con negozianti e
altri la tipologia di stallo più adatta e sicura. Trovato l’assenso, è stato
scelto il modello. E il 18 gennaio l’incartamento è arrivato alla soprintendente
Maria Giulia Picchione. Che ha chiesto integrazioni e altri chiarimenti.
L’autorizzazione per i supporti è arrivata ad aprile. Ma non c’è ancora
l’assenso sulla mappa. Dove si possono allestire i park per due ruote? Il
progetto prevede che esercenti, o uffici, possano creare il proprio punto fisso
di sosta, e in tal senso ci sarà un bando al quale gli interessati dovrebbero
rispondere. Non pagherebbero l’uso di suolo pubblico, ma in cambio dovrebbero
regalare due stalli al Comune per le aree di sua pertinenza. Con targhetta del
donatore, una sorta di sponsorizzazione. E qui cominciano i nuovi problemi: è
necessario trovare uno schema di autorizzazione che non costringa in seguito i
privati a ulteriori tortuose lungaggini autorizzative solo per parcheggiare una
bici di passaggio. Quanti mesi ancora per veder finita la storia?
(g. z.)
«Nuove strisce blu? Un salasso per la gente» - PDL
ALL’ATTACCO
Sull’aumento del numero dei parcheggi a pagamento decisi dalla giunta sarà
battaglia, sia in consiglio comunale, sia nei rioni «dove sono già iniziate
raccolte di firme per opporsi a questa scellerata proposta dell’esecutivo». Ad
annunciarlo è stato ieri il consigliere comunale del Pdl, Paolo Rovis,
accompagnato da due consiglieri circoscrizionali dello stesso partito, Lucrezia
Chermaz e Cristian Puntaferro. «Oggi i parcheggi a pagamento portano nelle casse
del Comune circa 2,5 milioni di euro all'anno. Se entrerà in vigore la proposta
dell’assessore Elena Marchigiani – ha aggiunto - tale cifra sarà raddoppiata. Il
tutto a carico dei cittadini, per i quali questa novità si tradurrà in un
autentico salasso. Come Pdl ci opporremo in consiglio comunale fin subito. Le
scelte – ha concluso Rovis - sono fatte per mettere in difficoltà i piccoli
commercianti ed esercenti. Questo succede quando a fare gli assessori sono
persone che non hanno alcuna esperienza di contatto col territorio». Com’è noto
la proposta della giunta riguarda nuovi parcheggi “blu” a Miramare, a Roiano,
nel Borgo Teresiano e in quello Giuseppino, oltre che in vari punti della
periferia. «A Miramare – ha sottolineato Lucrezia Chermaz - si andrebbe a
penalizzare attività, come gli stabilimenti balneari, già in difficoltà.
Raccolte di firme per protestare sono iniziate subito. Lo stesso discorso vale
per quanto concerne la via Settefontane – ha incalzato Cristian Puntaferro -
dove é già difficilissimo trovare posto per le automobili. Va a finire che avere
un mezzo privato diventerà un lusso che molti non potranno sopportare». Contrari
alla proposta della giunta si sono dichiarati, a nome dei loro colleghi del
rione, due commercianti di via Settefontane, Graziella Malisa e Donato Piccioli:
«La crisi é pesante – hanno ribadito - se aggiungiamo i balzelli sui parcheggi
moriremo come attività. Speriamo che l'amministrazione cambi idea».
Ugo Salvini
«Plastica “usa e getta” riciclabile» - INDICAZIONI DI
ACEGASAPS
Piatti e bicchieri monouso nella «differenziata degli imballaggi»
«Piatti e bicchieri monouso in plastica sono riciclabili e da conferire
nella raccolta differenziata degli imballaggi in plastica». Lo puntualizza in
una nota, volta proprio a fare «maggiore chiarezza sulla raccolta differenziata
degli imballaggi in plastica», AcegasAps, che vale dal primo maggio 2012. «Dallo
scorso anno - si legge nella nota stampa - piatti e bicchieri “usa e getta”
possono avere nuova vita ed essere riciclati assieme a bottiglie di acqua
minerale o bibite, flaconi e barattoli per prodotti alimentari, per l’igiene
personale o di prodotti per le pulizie senza i simboli di sostanze pericolose,
vaschette per alimenti anche in polistirolo, vasetti dello yogurt, vaschette
porta uova, sacchetti per cibi surgelati, film di imballaggio e tutti gli altri
imballaggi in plastica, assieme ai quali devono essere conferiti». Occhio però:
«La raccolta differenziata della plastica riguarda solo gli imballaggi», quindi
«solo bicchieri e piatti “monouso”, mentre piatti e bicchieri in plastica dura
che possono essere utilizzati in modo duraturo devono continuare ad essere
gettati nei contenitori per i rifiuti indifferenziati. Stessa destinazione anche
per le posate in plastica e i bastoncini per mescolare le bevande calde poiché
non possono essere considerati imballaggi. Analogamente non sono considerati
imballaggi e dunque non vanno gettati nella plastica giocattoli, strumenti da
cucina, cd o dvd con relative custodie, accendini, penne, appendiabiti e altri
oggetti in plastica, che devono essere conferiti assieme ai rifiuti
indifferenziati. Piatti e bicchieri in materiali compostabili, come mater-bi o
Pla, invece, devono essere conferiti nei contenitori per la raccolta dei rifiuti
organici».
Aula in subbuglio sulla Tares Sel e Bassi pronti a dire
“no”
Consiglio comunale proseguito sino a notte fonda per il voto sulla
gestione del servizio rifiuti urbani. Aumento dei costi del 10%: la maggioranza
si divide
Un emendamento per decidere. Per capire se votare con o contro la propria
maggioranza. Il gruppo di Sel - composto dai consiglieri Marino Sossi, Daniela
Gerin e Mario Reali - più l’ex Idv oggi nel Gruppo misto Paolo Bassi a ieri sera
in Consiglio comunale erano pronti a esprimersi contro il Piano economico
finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani per il 2013 presentato
dalla giunta Cosolini. In pratica, contro il prospettato aumento del 10%
(rispetto allo scorso anno) delle risorse che il Comune verserà nelle casse di
AcegasAps, divenuta come noto parte del Gruppo Hera, per il lavoro in questione.
Incremento che si tradurrà per i cittadini in bollette per la Tares più costose,
mediamente del 10%, rispetto alla vecchia Tarsu. Sel e Bassi hanno presentato un
emendamento chiedendo, in sintesi, di limare il provvedimento, fermandosi al
+3%. La proposta della giunta, in termini assoluti, è di pagare ad AcegasAps per
il servizio 28 milioni e 978mila euro più Iva. «Vedremo come andrà il voto sul
nostro emendamento e ci regoleremo di conseguenza», ha chiarito una volta di più
Sossi. Sindaco Cosolini e alleati di centrosinistra avvisati. Ma, in ogni caso,
garantiti dai numeri: anche con il voto contrario dei vendoliani e di Bassi,
maggioranza a 21 contro 19 (ipotizzando un’opposizione compattamente per il “no”
con i suoi 15 elementi presenti, unico assente Roberto Antonione). I lavori in
Consiglio si sono protratti sino a notte fonda, le votazioni pure, nonostante la
seduta si fosse aperta poco dopo le 17 di ieri pomeriggio. Sospesa quasi subito
per un’oretta, peraltro, dopo un’articolata pregiudiziale grillina targata Paolo
Menis, cui gli uffici - attraverso il segretario generale Filomena Falabella -
hanno ritenuto di rispondere assicurando di aver predisposto documenti
sufficientemente esaustivi. L’assessore all’Ambiente Umberto Laureni ha promesso
all’assemblea «un impegno molto forte» da parte del Comune «a verificare i
risultati e qualsiasi mancanza» nell’ambito del servizio di AcegasAps. Critiche
dall’opposizione: «Sulla base delle tabelle ministeriali - le parole di Paolo
Rovis del Pdl -, per alcuni soggetti come le banche la tassa sui rifiuti
diminuirà, ma per altri, e mi riferisco a bar, ristoranti o ai botteghini di
frutta e verdura l’incremento sarà del 300-400% rispetto al 2012. A questo
massacro, la giunta aggiunge un ulteriore aumento». Così il suo collega di
partito Claudio Giacomelli: «In un biennio quest’amministrazione farà pagare ai
cittadini 250 milioni di euro di tributi». Mentre Paolo Bassi dalla maggioranza:
«Questo piano non ci fornisce tutti gli elementi per giudicare se il servizio
sia adeguato o meno». Poi ancora Sossi ha ricordato il protocollo siglato dai
sindaci nell’operazione AcegasAps-Hera e che parla di «misure volte
all’abbattimento delle tariffe e all’incremento occupazionale». Critico anche
Lobianco del Fli («scelta non coerente con i tempi») mentre Giovanni Maria
Coloni del Pd ha espresso «fiducia a giunta e tecnici».
Matteo Unterweger
Mare più pulito ma la Croazia ci batte -
La qualita' dei nostri mari
Migliora la qualità delle acque soprattutto in Adriatico. Il Veneto “al
top”
ROMA Migliora la qualità delle acque italiane, soprattutto in Adriatico. Ma
quelle croate, nella fattispecie dalmate, ma anche istriane, sono ancora
inavvicinabili. E sulla sponda italiana il Veneto e la Romagna, con il 100% di
acque conformi a un livello eccelletente sono sopra il Friuli Venezia Giulia.
Nel complesso “bollino blù” di qualità alle acque italiane: i mari, ma anche i
fiumi e i laghi del Belpaese, sono infatti promossi nella maggioranza dei casi a
pieni voti per salubrità ai fini della balneazione. Il 96,6% delle acque di
balneazione è risultato infatti a norma nel 2012, con un incremento del 4,7%
rispetto al 2011. Il dato emerge dal Rapporto 2013 del ministero della Salute
sulla qualità delle acque di balneazione presentato dal ministro Beatrice
Lorenzin. Nonostante il dato positivo, nella classifica l’Italia resta però
dietro paesi come Croazia, Grecia e Portogallo. Il Rapporto ha anche censito la
presenza di 61 punti di balneazione non conformi e si basa sui dati forniti
dalle Regioni su 5509 punti di balneazione, di cui 4880 costieri e il resto
lacustri o fluviali (rappresentano più di un quarto di tutti quelli registrati
in Europa). La classificazione delle acque è definita sulla base delle
concentrazioni di Enterococchi intestinali ed Escherichia coli come riportato
nella nuova Direttiva Ue del 2006. I dati sono più che positivi: la percentuale
di acque di qualità “eccellente” sulla base delle analisi è l’85,1%, mentre il
10,9% è “buona” o “sufficiente”. Il nostro Paese si piazza così al di sopra
della media europea, ma risulta tuttavia dietro a Cipro e Lussemburgo, che hanno
il 100% di punti di balneazione eccellenti, e anche dietro Malta, Croazia,
Germania, Grecia e Portogallo. Va però precisato, rilevano gli esperti, che
l’Italia ha un’estensione costiera tra le maggiori, con circa 8000 km di coste.
Quanto alla classifica regionale, due sono le Regioni che hanno il 100% di acque
conformi ad un livello “eccellente”, ovvero Emilia Romagna e Veneto, mentre i
punti di balneazione peggiori sono per le zone costiere quelli dell’Abruzzo (la
percentuale di conformità è dell’84.75%) e per le zone interne quelli del Lazio
(sono conformi per il 75%). «Non solo c’è stato un miglioramento, ma siamo
praticamente tra i primi in Europa per la balneabilità delle acque marine e
anche per lo stato delle acque interne», ha commentato Lorenzin.
Carcassa di un delfino morto sulla spiaggia di Miramare
Il decesso risalirebbe a due settimane fa: era ormai senza coda e con la
pelle a brandelli La marea l’ha portato dalle acque slovene. Altro esemplare
trovato senza vita a Umago
Un delfino morto, probabilmente da due settimane, è stato trovato ieri sulla
spiaggetta delle Scuderie all’interno della Riserva Marina di Miramare. Era in
uno stato pietoso, senza un pezzo di coda e con la pelle a brandelli, segno che
nel lungo periodo in cui è rimasto morto in mare è stato mangiato da altri
pesci. Almeno questa è la spiegazione che danno i biologi marini dell’Area
protetta. I quali hanno subito allertato i vigili urbani, il servizio sanitario
e veterinario dell’Azienda sanitaria triestina. Da una prima analisi risulta
essere un tursiope, o delfino dal naso a bottiglia (come viene definito), un
cetaceo odontoceto cioè appartenente alla famiglia dei Delfinidi. Si tratta del
mammifero più studiato, e più conosciuto, e quello più utilizzato nei delfinari
per la grande abilità di questo esemplare di compiere acrobazie fuori
dall’acqua. Utilizzato anche perché è una specie di delfini che sopporta più di
altri la cattività. Delfini cioè che vengono “addestrati” per lo spettacolo e
che attirano la curiosità dei bambini, e non solo. Il delfino trovato esanime
era di oltre due metri di lunghezza. Aveva ben poco del suo aspetto originale:
il lungo periodo in cui è rimasto morto in mare lo aveva cambiato notevolmente:
la coda era quasi sparita e la pelle era a brandelli. Secondo i biologi della
Riserva marina era probabilmente morto da un paio di settimane, la marea poi lo
aveva trasportato in uno dei più bei posti marini d’Italia. Probabilmente è
arrivato da una zona al largo della Slovenia, dove esiste una popolazione
stanziale di delfini. Secondo gli studiosi non esistono, comunque, delfini
legati a un’area di mare così ristretta ma animali che si muovono in un areale
più ampio (golfo di Trieste, Croazia settentrionale) che comprende anche le
acque slovene. E proprio nei pressi di Umago è stata trovata nei giorni scorsi
un’altra carcassa di delfino morto. In mattinata, dopo la denuncia, l’intervento
immediato dei vigili urbani e del Servizio sanitario e veterinario che hanno poi
prelevato un campione per l’esame del Dna del delfino. Una volta terminate
queste pratiche “burocratiche” il cetaceo, o meglio quello che è rimasto, è
stato ritirato dal Servizio di smaltimento speciale. E ieri mattina, proprio
mentre erano in atto i soccorsi al delfino morto, si sono rivisti per pochissimo
tempo tempo Gergios e Armani (chiamati così per la loro “eleganza”), i due
delfini della specie Tursiops truncatus, che da qualche giorno frequentano le
acque prossime alle falesie di Duino. Si sono fatti vedere per pochissimo tempo.
Una semplice apparizione, una toccata e fuga per riprendere la via verso
Barcola. I due esemplari sono molto conosciuti dai ricercatori che da anni ormai
si occupano di fotografare, catalogare e registrare i comportamenti dei cetacei
che popolano le acque del Golfo di Trieste. Secondo quanto hanno potuto
documentare i ricercatori dell’Area protetta, si tratta di una coppia di adulti
di medie dimensioni che sono stati osservati per la prima volta agli inizi di
maggio nelle acque slovene al largo di Pirano e successivamente nei pressi
dell’Area marina protetta di Miramare. Una settimana fa si sono fatti vivi al
largo del castello di Miramare prima di spostarsi verso quello di Duino. Sono
dunque diventati due star, ogni loro comparsata attira l’attenzione di studiosi
o di semplici curiosi, intenti a prendere la tintarella.
Ferdinando Viola
I biologi ai diportisti: restare con le barche ad
almeno 200 metri
Una segnalazione e un invito che arrivano dall’Area marina protetta di
Miramare: i diportisti che dovessero incontrare i delfini o altri cetacei
durante le uscite in barca devono di mantenersi ad almeno 200 metri dagli
animali, non devono cercare di avvicinarli ma osservarli senza disturbare, se
possibile anche spegnendo eventualmente il motore per evitare rumori eccessivi.
I biologi dell’Area protetta chiedono poi di segnalare eventuali avvistamenti,
meglio se la segnalazione è corredata da fotografie da riportare all’Amp di
Miramare (numero di telefono 040224143, e-mail info@riservamarinamiramare.it,
sito internet www.facebook.com/AMP Miramare) o alla Capitaneria di Porto di
Trieste (numero di telefono 040676611).
Tavola della Pace - Quattro deputati dicono no agli F-35
Serena Pellegrino (Sel), Giorgio Zanin (Pd) Aris Prodani e Walter Rizzetto (M5s) sono i primi quattro deputati del Friuli Venezia Giulia che hanno aderito alla campagna “No F-35” promossa in tutta Italia affinché la Camera voti la cancellazione del programma per la costruzione e l’acquisto dei «costosissimi cacciabombardieri». A darne notizia è la Tavola della pace del Friuli Venezia Giulia che, con Alessandro Capuzzo, invita tutti gli altri deputati regionali a sottoscrivere all’appello ricordando che «gli ordigni nucleari stoccati ad Aviano potranno essere trasportati proprio dagli F-35».
IL PICCOLO - LUNEDI', 17 giugno 2013
L’isola di Cherso “scatena” la guerra contro i
cinghiali
Decisa l’installazione di un maxi-recinto elettrificato per fermare le
incursioni che distruggono le greggi ovine
IL pastore elettronico Potrebbe consentire un rilancio dei caseifici locali
CHERSO L’idea è venuta ai responsabili della Cooperativa agricola di Cherso
e si propone di limitare la dannosa attività dei cinghiali che in quest’isola
quarnerina distruggono colture e uccidono ogni anno centinaia di agnelli, per
cibarsi delle loro interiora. Nelle prossime settimane sarà installato il
cosiddetto pastore elettrico, un recinto che – grazie all’elettricità – terrà
lontani i cinghiali da un’area di 250 ettari, situata nelle vicinanze della
statale Faresina–Lussingrande, tra l’incrocio per lo scalo traghetti di Smergo e
la chiesa di San Salvatore. Questa zona adibita a pascolo e teatro di quotidiane
scorribande da parte degli irsuti animali (specie alloctona per Cherso) è stata
visitata nei giorni scorsi da rappresentanti della ditta austriaca BiopharmVet,
che fornirà la recinzione. «Il progetto comporterà un investimento di circa 100
mila kune (13 mila e 390 euro) – è quanto puntualizzato dal direttore della
cooperativa, Mateo Feraric – e ci attendiamo un supporto finanziario della
Regione quarnerino – montana. Crediamo che il cosiddetto pastore elettrico ci
garantirà una maggior tutela dai cinghiali, permettendo ai pastori la ripresa
della produzione di formaggio ovino». Giova ricordare che agli inizi degli anni
80 del secolo scorso l’isola di Cherso aveva ben sette caseifici dislocati in
altrettante piccole località, con il formaggio ovino di Cherso che era molto
apprezzato e ricercato. Attualmente la produzione è modesta e riguarda un esiguo
numero di isolani. Visto però che la rivitalizzazione dell’olivicoltura a Cherso
ha dato risultati molto significativi, alla cooperativa agricola di Cherso
intendono dare una scossa alla produzione di formaggi che potrebbe regalare
grosse soddisfazioni agli isolani. «Per farlo – ha aggiunto Feraric – dobbiamo
affrancarci dal problema dei cinghiali, che esiste da ormai trent’anni, causato
da un’errata politica nei confronti del turismo venatorio a Cherso. Invito i
sindaci di Cherso e Lussino, Kristijan Jurjako e Gari Cappelli, ad essere più
concreti nel risolvere la pluridecennale questione, che ha quasi distrutto
l’ovinicoltura sull’isola». Intanto gli esperti hanno constatato che i danni
agli agnelli sono minori durante la stagione della raccolta delle olive. Nei
mesi in questione, a portarsi negli oliveti è un elevato numero di persone la
cui presenza incute paura ai cinghiali e vede quest’ultimi evitare tali aree.
Ogni anno nel gregge della cooperativa nascono circa 2 mila agnelli, di cui
200–300 vengono puntualmente fatti a pezzi dai cinghiali.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - DOMENICA, 16 giugno 2013
«Arvedi intende salvare la siderurgia a Servola»
Il sindaco conferma: manifestazione d’interesse trasmessa al commissario
Se le trattative andranno in porto, salvi pressoché tutti i posti di lavoro
La conferma arriva direttamente dal sindaco Roberto Cosolini: «Il cavalier
Giovanni Arvedi ha presentato una manifestazione d’interesse per acquisire la
Ferriera di Servola che è già stata inoltrata al commissario del Gruppo
Lucchini, Piero Nardi». Il core business del gruppo cremonese Arvedi è
costituito da attività siderurgiche primarie e di trasformazione con 4 aziende
situate nel Nord Italia, volumi di circa 3,2 milioni di tonnellate, un fatturato
consolidato di 2.345 milioni di euro nel 2011 e 2.529 dipendenti. È stato
Francesco Rosato, ex direttore a Servola e oggi consulente del Comune per la
riconversione dell’area, ad aver “intercettato” l’interesse di Arvedi e ora dà
alcune anticipazioni: «È in corso una due diligence sui costi della gestione
economica del ciclo a caldo che presuppone il mantenimento dell’altoforno con
interventi per la riduzione delle emissioni nell’ambiente a carico del
compratore. La ghisa invece potrebbe essere importata con dismissione della
cokeria. Ma il progetto di Arvedi - precisa Rosato - prevede anche lo sviluppo
di attività logistica con l’utilizzo del terminal dove il Gruppo farebbe
arrivare migliaia di tonnellate di rottami di ferro da trasportare poi nelle
acciaierie in Lombardia. Sono però in corso ancora valutazioni sul mercato della
ghisa e soprattutto va risolta la prosecuzione del Chip 6». Un equilibrio
economico sarebbe infatti raggiungibile solo se la Ferriera potrà continuare a
vendere i gas refusi alla centrale Elettra se a propria volta questa potrà
continuare a beneficiare degli sconti governativi previsti dal Cip6. Il
passaggio di mano potrebbe avvenire senza soluzione di continuità poiché il
piano prevede un contratto d’affitto d’azienda nell’attesa che siano definiti
prezzi e modi per la vendita. Ma c’è anche dell’altro. «Una seconda
manifestazione d’interesse è già stata inoltrata al commissario - aggiunge
Rosato - ed è stata avanzata da Siemens ferroviaria che vorrebbe insediarsi
nelle officine di Servola per eseguire manutenzione di materiale ferroviario
anche per conto terzi». Questo secondo caso comporterebbe ricadute molto
inferiori sul versante occupazionale, ma se entrambe le proposte si
concretizzassero, pressoché tutti i posti di lavoro sarebbero salvi. C’è anche
una società austriaca che intende impiantare un’attività metalmeccanica, ma in
questo caso la trattativa si è momentaneamente fermata sul nodo bonifica. Entro
giugno il piano di Rosato sarà definito e già ai primi di luglio il futuro di
Servola potrebbe essere chiaro».
Silvio Maranzana
Gli abitanti non ci stanno: «Ma questa non è
riconversione»
«No, non ci siamo proprio - sbotta Alda Sancin, presidente dell’associazione
“No smog” che da anni si batte contro l’inquinamento a Servola - riconversione
significa chiudere la Ferriera e aprire una fabbrica di caramelle o
cioccolatini». Gli abitanti del rione non vorrebbero nemmeno prendere in
considerazione l’ipotesi di una prosecuzione dell’attività siderurgica. «Forse -
specifica Sancin - sarebbe accettabile soltanto radere al suolo la fabbrica,
bonificare tutta l’area e ricostruire uno stabilimento secondo i criteri più
innovativi, come avviene ad esempio in Germania. Ma a dirla tutta, nemmeno
questo sarebbe accettabile poiché ammesso e non concesso che esista una
siderurgia pulita, questa deve essere fatta chilometri fuori dalla città e non a
150 metri dai condominii come invece accade a Servola».
(s.m.)
«La Tares? Costa troppo a Trieste» - PRESA DI POSIZIONE
DEL MOVIMENTO 5 STELLE
Menis e Patuanelli bocciano il piano AcegasAps: «Da riformulare»
Tares, no grazie. «Tasso di remunerazione del capitale spropositato, scarso
miglioramento della raccolta differenziata e aumento del 10% dei costi del
servizio» Il Movimento 5 Stelle boccia il piano economico finanziario presentato
da AcegasAps. I consiglieri comunali Paolo Menis e Stefano Patuanelli mettono le
mani avanti. Dopo il rinvio di qualche giorno fa, infatti, lunedì andranno
all'esame del Consiglio comunale di Trieste due delibere relative al costo di
gestione dei rifiuti e alle collegate tariffe della nuova Tares, il tributo che
deve coprire integralmente i costi del servizio svolto da AcegasAps. «Il piano
economico finanziario presentato da AcegasAps - attaccano i consiglieri del M5S,
è carente sotto il profilo dei dati e delle informazioni, prevede un tasso di
remunerazione del capitale spropositato (12%), ipotizza uno scarso aumento della
raccolta differenziata che passerebbe dal 28 al 30% e - ciliegina sulla torta -
presenta un aumento del 10% dei costi del servizio. E quindi? «Per questi motivi
chiederemo al Consiglio comunale di non approvare questo piano economico
finanziario e di chiedere ad AcegasAps di riformularlo», spiegano Menis e
Patuanelli che rilanciano: «Come avviene anche per il servizio idrico, sappiamo
che la remunerazione del capitale investito non è un costo per il gestore e non
dovrebbe venir caricata sulle spalle dei cittadini. Su questa posta, tuttavia
prevista dalla legge, AcegasAps ci chiede per quest'anno 2,8 milioni calcolato
sulla base di un tasso di remunerazione del 12%. È un tasso irreale che la
giunta comunale non può accettare supinamente. Dimezzandolo il risparmio per i
cittadini ammonterebbe a 1,4 milioni».
Cozze mediterranee al piombo
Allarme del rapporto ambiente dell’Onu: c’è anche Trieste. L’Ogs:
«Concentrazioni nell’area portuale»
TRIESTE Erosione delle coste, inquinamento da metalli pesanti e rifiuti,
specie invasive, pesca eccessiva: sono queste le grandi minacce con cui il Mar
Mediterraneo e anche l’Italia devono fare i conti. Specie d’estate, quando
milioni di turisti si riversano sulle spiagge. A fare il punto sullo stato di
salute dell’ambiente del “Mare Nostrum”, fra le 25 aree del mondo al top per
ricchezza di biodiversità, è un rapporto dell’Unep/Map, il braccio per il
Mediterraneo del programma Onu per l’ambiente. Secondo il rapporto, circa un
quarto delle coste del bacino soffre del fenomeno dell’erosione, incluse alcune
aree di grande valore ecologico, come il Mar Ligure, la costa tirrenica
dell’Italia e il Delta del Po. Sono 1.500 i km delle coste europee del
Mediterraneo trasformati in coste “artificiali”, in aree come la Sardegna, i
mari Adriatico e Ionico: 1.237 km dei quali occupati solo dai porti dell’Ue. Sul
fronte inquinamento, il quadro non è confortante: il 37% degli insediamenti
costieri con oltre duemila abitanti nel Mediterraneo non dispone di un impianto
di trattamento dei reflui e il problema interessa anche l’Italia, in particolare
la Sicilia. Un fattore preoccupante è poi la presenza di tracce di metalli
pesanti, specie piombo e mercurio, nei sedimenti costieri e nella tipica cozza
mediterranea (Mytilus galloprovincialis). Il piombo è stato rilevato nei mitili
dove i sedimenti sono contaminati, in genere vicino a scarichi industriali,
portuali e urbani, anche lungo la costa occidentale dell’Italia, fra il Golfo di
Genova e Napoli, oltre che sulla costa Nord della Sicilia (Palermo) e nella
parte meridionale della Sardegna (Portoscuso). Nel Mar Adriatico, livelli
elevati di piombo sono stati registrati nella laguna di Venezia e nelle aree
dove si riversa il Po, oltre che nel Golfo di Trieste. Qui la situazione è molto
differente da zona a zona. In quella portuale il piombo è sicuramente presente
nei sedimenti ma ci sono aree del nostro golfo assolutamente incontaminate. Da
un punto di vista biologico, come spiega la dottoressa Marina Cabrini dell’Ogs
la situazione non è così allarmante. «La quantità della catena trofica è molto
simile da noi come in Slovenia e Croazia. È diminuito il plancton - spiega - si
pensa anche per la diminuzione della concentrazione di fosfati nei detersivi.
Non è diminuito il pesce anche se non si assiste più a fenomeni di acque
colorate così come avvenne nel 1984 a Barcola, sulla riviera triestina, dove
sembrava di essere di fronte a un prato inglese». Questo però non significa che
non ci sia inquinamento. La tendenza generale comunque sembra sia quella della
diminuzione delle concentrazioni di metalli pesanti. La spazzatura costituisce
una minaccia importante anche per le specie marine del Mediterraneo, con la
plastica in pole position. A livello mondiale la stima è che i rifiuti in mare
ogni anno uccidano oltre un milione di uccelli marini e 100.000 mammiferi e
tartarughe. Nel Mediterraneo particolarmente colpite sono le tartarughe marine,
che scambiano la plastica per la loro preda e le meduse.
Mauro Manzin
Le meduse aumentano a causa del caldo e diventano
predatrici dei pesci appena nati
Aumentano le meduse, non solo nel Mediterraneo, diventando predatori e dei
pesci appena nati, di cui sono diventate ghiotte. Il fenomeno non è legato solo
al caldo estivo ma dipende anche dalla sovra-pesca che riduce la competizione
con gli altri esseri marini e da altri fattori. A dirlo uno dei massimi esperti
mondiali, Ferdinando Boero, docente di biologia marina all’università del
Salento e ricercatore del Cnr, sintetizzando un recente studio sulle meduse
della Fao di cui lui stesso è autore. «Le meduse mangiano uova e larve dei pesci
nutrendosene fino allo stadio giovanile - afferma Boero - e creando una rivalità
all’inizio del ciclo biologico». Poi, il problema della sovra-pesca: «Con lo
sfruttamento degli stock ittici c’è sempre meno competizione, meno pesci e meno
competizione per le meduse che aumentano. Dobbiamo - suggerisce l’esperto -
considerarlo nei modelli di studio della pesca».
Riparte la sfida degli Ogm - Semina pubblica a Vivaro
Fidenato mette a dimora il mais transgenico nel suo campo pordenonese
Imponente schieramento delle forze dell’ordine. Mini-protesta di dissidenti
DAI GRILLINI A COLDIRETTI Da più fronti partono critiche all’agricoltore
“ribelle”
VIVARO Polizia, carabinieri, vigili urbani. E anche la celere di Padova. Un
deterrente tanto inevitabile quanto inutile. Si temevano proteste. Si
ipotizzavano manifestazioni di dissenso. Si temevano addirittura provocazioni e
scontri. Previsioni smentite. Tutto è filato liscio con buona pace delle forze
dell’ordine e, soprattutto, di Giorgio Fidenato destinato a passare alla storia
come il primo agricoltore che ha seminato mais transgenico in Italia, sfidando
anche una recente decisione del nostro Parlamento. La “vittoria” di Fidenato.
Forte, infatti, del decreto di dissequestro del tribunale di Pordenone che fa
presagire una sentenza di assoluzione per la semina di mais Ogm risalente ormai
all’aprile 2010, ieri Fidenato ha messo a dimora le sementi “incriminate” nel
campo antistante la caserma Forgiarini. In quello stesso terreno che nell’agosto
di tre anni fa fu preso d’assalto dai disobbedienti proprio quando le pannocchie
erano pronte per essere raccolte. E ieri mattina, prima della semina sui tremila
metri quadrati di supeficie, erano in molti a scommettere che le piante non
arriveranno a maturazione. Probabilmente, ne è consapevole anche lo stesso
Fidenato, che comunque è andato all’incasso di un successo sicuramente
simbolico, ma di certo insperato fino a poche settimane fa. Nessuna protesta.
Nessuno garantisce l’“incolumità” di quella semina per i prossimi mesi. «Quelle
pannocchie non saranno mai raccolte», sentenzia un agricoltore. Era questo uno
degli argomenti più gettonati tra quanti hanno assistito alla semina. Fidenato
non ci pensa. Comunque vada, per lui è un successo anche perché ha potuto
realizzare il suo sogno senza contrasti. Nessuna protesta organizzata, si
diceva. Solanto alcuni dissidenti, qualche esponenti del M5S tra i quali la
consigliera regionale Eleonora Frattolin e l’immancabile Graziano Garzit, ex
presidente dell’Aprobio e agricoltore biodionamico. Imponente la presenza delle
forze dell’ordine, tra cui Polizia di Stato in assetto antisommossa - sul posto
anche il questore di Pordenone, Sergio Cianchi - e Carabinieri del Comando
provinciale. Le forze dell’ordine temevano la presenza di no-global e movimenti
ambientalisti che, invece, non sono arrivati. Attacco alla Coldiretti. Dura la
presa di posizione di Garzit secondo cui quanto avvenuto ieri a Vivario «è la
fase finale di un disastro annunciato. In 50 anni di monocoltura i nostri
terreni hanno perso il 3/4 per cento di sostanza organica. Colpa della
monocoltura e delle sirene come quella degli Ogm». «Balle - è la secca replica
di Fidenato che in questa battaglia, oltre che dall’Associazione agricoltori
federati, di cui è presidente, è spalleggiato dal Movimento Libertario, ieri
presente con il presidente bergamasco Leonardo Facco – perché qui in molti
barano. Credo sia doveroso ripetere che su 800 mila ettari di terreni coltivati
a mais, in Italia vengono utilizzati 800 mila chilogrammi di antiparassitari.
Un’enormità. Uno scandalo. Ma queste cose la Coldiretti le nasconde e non le
dice. E non le dicono neppure i media quando affrontano questo problema». «In
Regione - è il commento della consigliera regionale del M5S, Frattolin –
spingeremo affinché venga applicata la clausola di salvaguardia approvata di
recente dal Senato. È vero che c’è la sentenza europea cui Fidenato si sta
aggrappando, ma è altrettanto assodato che in Italia vige la legge 5 del 2005
che prevede l’autorizzazione nazionale per la semina degli Ogm. Oggi siamo qui
soltanto per manifestare il nostro sacrosanto dissenso». La Frattolin parla
mentre Fidenato sale sul trattore per dare il via alla semina che si è svolta
davanti a duecento persone, tra cui soprattutto sostenitori dell’iniziativa e,
come detto, pochi dissidenti che si sono limitati a esporre alcuni striscioni
tra i quali campeggiava la scritta provocatoria “Pianta canapa - più posti di
lavoro, più soluzioni ambientali. Questa è una soluzione innovativa. No Ogm”.
«Nel mondo – ha affermato Fidenato, dopo la semina delle sementi transgeniche e
parlando da un palco improvvisato sopra un carro – c’è spazio per tutti».
Domenico Pecile
“Invasati”, tutti pazzi per i fiori - Torna il
mercatino del verde orto botanico
Torna “Invasati, tutti pazzi per i fiori”. Secondo appuntamento dunque,
all’Orto botanico di via Marchesetti 2 (sul colle di San Luigi), dalle 10 alle
19, con l’atteso mercatino del giardinaggio e orticoltura. L’iniziativa è
promossa dai musei scientifici del Comune di Trieste ed è stata ideata per
essere soprattutto un momento di incontro, confronto e scambio di esperienze e
di materiali fra giardinieri non professionisti, appassionati e dilettanti.
Così, all’interno dell’Orto botanico, ogni partecipante (ricordiamolo,
esclusivamente privati e onlus) potrà esporre e proporre in scambio o in vendita
piante o parti di esse, talee, semi, bulbi, rizomi, terricci, vasi nonché libri
di giardinaggio. Insomma: il giardino, il terrazzo, la casa sono invasi da
piante e fiori? Amici e parenti sono saturi delle nostre piante? I nostri fiori
sono particolari e bellissimi e vorreste condividerli con altri appassionati
giardinieri? I vostri pomodori sono i più dolci del mondo? Allora è proprio il
momento di partecipare a “Invasati”. O quanto meno di buttarci un occhio, per
curiosità (o magari per “invidia” per chi ha il pollice funesto). A dir la
verità, l’appuntamento si ripeterà ancora la terza domenica di settembre, sempre
accompagnato da eventi collaterali che offriranno altrettante occasioni
d’intrattenimento al pubblico che vorrà partecipare alla manifestazione.
Intanto, però, ecco il programma di oggi a partire da questa mattina: dalle 10
alle 12 si farà attività teorico-pratica sulla “Fertilità del suolo: cura e
gestione” (a cura di Marco Valecic); invece dalle 11 alle 12 letture al
femminile del gruppo Le Voci (a cura dell’associazione Luna e l’Altra). Passiamo
al pomeriggio: dalle 16 alle 17 un appuntamento per i bambini dai 3 agli 8 anni
con le “Letture a tutta natura” (a cura del servizio biblioteche civiche con i
volontari del progetto “Nati per leggere”); e subito dopo, alle 17, musica dal
vivo grazie agli allievi della Glasbena matica. Infine, l’evento clou, quello
del mercatino: dalle 10 alle 19 c’è l’interessantissimo e divertentissimo
“SemeBaratto” dove si scambieranno semi particolari, locali e preziosi che
chiunque potrà portare e barattare con altre varietà. All’Orto botanico di via
Carlo de’ Marchesetti 2 si può arrivare con autobus diretti della linea 26
oppure con i bus 6, 9 e 35 con fermata nella piazza Volontari Giuliani, salendo
poi a piedi lungo l’ottocentesca Scala San Luigi e Campo San Luigi (o scendendo
alla fermata successiva di via Margherita e salendo poi a piedi per Scala
Margherita, via Pindemonte, Bosco Biasoletto). Per ulteriori informazioni sui
prossimi appuntamenti della manifestazione si può telefonare allo 040-360.068, o
inviare una mail alla casella di posta elettronica
ortobotanico@comune.trieste.it. Il biglietto d’ingresso all’Orto botanico, per
l’occasione e per l’intera giornata, sarà di 2 euro.
Sgonico, definito il programma di “Trieste Sight”
Definito ormai il programma di "Trieste on Sight-esperimenti di
cittadinanza»: la kermesse si terrà dal 21 al 23 giugno all'ostello Amis di
Campo Sacro nel comune di Sgonico sul carso triestino, organizzato da Arci
Servizio Civile Trieste, in collaborazione con il Comune di Trieste e il
patrocinio della Regione, della Provincia e del Comune di Sgonico. Si tratta di
tre giorni di concerti, mostre, workshop, campeggio, area di benessere,
dibattiti, libri, ambiente, cavalli e bici, arte, spazio bambini e molto altro.
IL PICCOLO - SABATO, 15 giugno 2013
Dal centro alle periferie: i nuovi stalli blu -
PIANO DEL TRAFFICO »LA “MAPPA”
La bozza del documento urbanistico prevede l’istituzione di ulteriori
1.700 parcheggi a pagamento in superficie. Ecco dove
Ad oggi sono vie lungo le quali si parcheggia senza dover sborsare un
centesimo. Fra qualche mese, a Piano del traffico approvato, diverranno invece
passo dopo passo colorate di blu. Blu come il colore degli stalli a pagamento,
destinati a passare dagli attuali 1.115 a 2.781 nel territorio comunale. Un
destino messo nero su bianco dagli uffici municipali su indicazione della giunta
Cosolini e che dovrà passare al vaglio del Consiglio comunale, con sedute già
programmate per mercoledì, giovedì e venerdì prossimi dopo l’iter in
Commissione. L’assemblea di palazzo Cheba potrebbe dunque anche apportare dei
cambiamenti al Piano che prospetta nuovi parcheggi a pagamento in superficie in
centro, nelle periferie e nelle frazioni dell’Altipiano. Le novità sono
riassunte nel grafico qui a fianco. Zona viola Qualcosa, comunque, rimarrà
immutato sotto il profilo dello status. Come ad esempio in via del Teatro romano
e via Punta del forno, dove la zona viola resterà tale. Con la sua tariffa
pronta però a passare da 1,65 euro all’ora a 1,70 (gli adeguamenti tariffari
scatteranno a loro volta con l’entrata in vigore del Piano). Ma di viola si
tingeranno pure gli stalli sino a via dell’Orologio e via del Mercato vecchio,
oggi colorati di rosso proprio come il vicino tratto di via Cadorna, che a sua
volta diverrà completamente a tariffa rossa sino a piazza Venezia mentre oggi lo
è solo per il tratto fino a via Boccardi e da lì a via Venezian vige invece la
gialla. Zona rossa Borgo Teresiano e proprio Borgo Giuseppino, dove gli stalli
blu sono destinati a passare rispettivamente da 236 a 355 e da 155 a 999, sono
le aree in cui il rosso diventerà il colore dominante per gli spazi parcheggio.
Nel primo caso, allargandosi pure a largo Panfili (oggi “giallo”) e oltre,
mentre nel secondo arrivando a lambire Campo Marzio e ad abbracciare in salita
largo Papa Giovanni XXIII e dintorni. Cambierà volto, dal punto di vista
tariffario, anche l’area ex Bianchi cioè piazzale Straulino e Rode: zona rossa
come su buona parte delle Rive nella parte interna, non quella sul mare. Zona
gialla Nei punti cittadini leggermente più defilati rispetto al cuore del centro
storico, la tariffa gialla si espanderà a macchia di leopardo fra via del
Coroneo (nelle vicinanze del Tribunale), via Carducci, via San Francesco e pure
in via San Michele. Ma nell’abbondanza di aggiunte, ecco alcune conferme: come
per la zona attorno all’Ospedale Maggiore, sotto Foro Ulpiano, o a San Giusto in
via Capitolina che partendo da piazza della Cattedrale vede allungarsi la
porzione di stalli gialli sino a via del Monte. Sulle mappe del Comune, viene
colorata di uguale tinta pure la stessa piazza della Cattedrale. Ma in merito
l’assessore alla Pianificazione urbana Elena Marchigiani assicura: «No, è un
errore. Nella piazza non ci saranno parcheggi a pagamento». E, in questa calata
di stalli da utilizzare a suon di inserimenti di monetine negli appositi
erogatori di ticket, ci sono anche delle eccezioni: ridiventano “gratis” gli
spazi di piazza Oberdan, via Beccaria, via San Lazzaro e via San Maurizio
(questa in ossequio al prospettato status di zona a elevata pedonalità). Oltre a
piazza Ponterosso, oggetto di riqualificazione. Zona blu Invariata, in
prospettiva, la tariffa da 60 centesimi all’ora nelle zone blu, che il Comune
intende creare anche a Opicina, Prosecco e Basovizza, e ancora a Chiarbola, San
Giacomo, in via Combi, a San Giovanni e pure fra bivio e Parco di Miramare
(prima dell’area park al servizio dei turisti diretti proprio a Miramare).
Ampliamento blu, inoltre, a Roiano, dove la zona a pagamento già esiste in largo
Roiano.
Matteo Unterweger
«Il forfait sarà vantaggioso per i residenti»
L’assessore Marchigiani difende i contenuti del Pgtu. «Un lavoro nel
segno della partecipazione»
«Ci sono le tariffe agevolate per i residenti». Elena Marchigiani non si stanca di ripeterlo. L’assessore comunale alla Pianificazione urbana, Mobilità e traffico, che in questo periodo la bozza del Piano generale del traffico urbano (Pgtu) se la sogna probabilmente anche di notte, ribadisce il concetto e la scelta del Comune: garantire, quando il Piano entrerà in vigore, la possibilità ai residenti di Borgo Teresiano e Borgo Giuseppino di parcheggiare nei circa 1.200 stalli della zona rossa a fronte di un forfait mensile da 30 euro. «Attualmente - ragiona Marchigiani - un residente nelle zone oggi a tariffa rossa da 1,40 euro all’ora spende per 21 ore di parcheggio 29,40 euro. Cioè sostanzialmente quello che pagherà per il forfait, che gli darà però la possibilità di posteggiare l’auto su questi stalli per 12 ore da moltiplicare per 26 giorni. Cioè per 312 ore». Altro punto su cui si sofferma l’assessore: «Per le zone blu, che saranno sistemate in punti connotati dalla presenza di vari esercizi commerciali, le circoscrizioni hanno proposto di istituire per la prima mezz’ora la sosta gratis negli stalli in questione. Una proposta che credo potrà essere approvata. Vorrei sottolineare l’importanza della partecipazione nell’iter per l’approvazione di questo Piano». E sul tema, i consiglieri circoscrizionali del Pdl Roberto Dubs e Alberto Polacco tornano all’attacco: «In che termini è stato applicato l’articolo 7 del Codice della Strada che consente l’estensione degli stalli a pagamento solo in aree di particolare pregio urbanistico? Come si può ritenere via Combi, Sant’Andrea e San Giacomo zone di particolare pregio urbanistico e di chiara valenza turistica?».
(m.u.)
Battaglia sulla Tares Sel prende le distanze dagli
aumenti previsti
Lunedì il dibattito in Comune sulla tassa per i rifiuti Ritocchi del 10%:
l’opposizione, Sossi e Bassi contrari
Slitta a lunedì in Consiglio comunale la “guerra delle scovazze”, che però
va a toccare la tasca di tutti i cittadini. E rischia di aprirsi ancor di più la
ferita all’interno del centrosinistra che contraddistingue i rapporti in
particolare tra il Pd e Sel. Se l’altra sera sulla mozione del centrodestra (tra
i firmatari c’era anche Piero Camber del Pdl, omesso nella cronaca di ieri)
contro l’utilizzo delle maestre nei centri estivi di luglio e agosto, Marino
Sossi di Sel si era astenuto anziché opporsi, stavolta è lui stesso,
spalleggiato anche da Paolo Bassi del Gruppo misto, a proporre una mozione che
va contro l’indirizzo della giunta (al cui interno Sel ha anche un proprio
rappresentante: Umberto Laureni). «Nell’ambito dei quasi 29 milioni di euro che
il Comune dà a Acegas per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti - spiega
Sossi - vi è anche una quota di un milione e 300mila euro che dovranno servire
per incominciare la raccolta dell’umido, e in particolare per l’acquisto delle
attrezzature, dei camion, dei contenitori di una raccolta che però non è ancora
partita. Questi soldi però andranno a gravare sui cittadini e sulle imprese che
in media si vedranno aumentare la Tares, rispetto a quanto era la vecchia Tarsu,
del 10%. Noi chiediamo invece che gli aumenti siano contenuti nella misura
massima del 3% e che questi ulteriori soldi ad Acegas vengano dati dopo che si
sarà verificato che la raccolta dell’umido effettivamente funzionerà. Acegas non
è certo un’azienda esangue e inoltre non ha fatto le assunzioni di personale che
aveva promesso di fare». «Il nostro obiettivo - specifica l’assessore al
Bilancio, Matteo Montesano - è di arrivare entro il 2014 a una quota di
differenziata del 40% sul totale, oggi siamo ancora fermi al 28%. Quando però
avremo raggiunto lo scopo, caleranno le spese per il conferimento dei rifiuti al
termovalorizzatore e di conseguenza potranno anche esserci riduzioni sulla
tassa. Meglio dunque proiettarci in questa direzione per avere benefici più
avanti. Inoltre stiamo approntando dei meccanismi premiali per i cittadini che
effettivamente contribuiranno alla raccolta differenziata. Potrebbe essere un
sistema di bollini da caricare sulla tessera sanitaria, comunque un meccanismo
che stiamo approntando e che consentirà di pagare una tassa più bassa». «In
realtà - sostiene Everest Bertoli, capogruppo del Pdl - sono 3 i milioni in più
che il Comune verserà ad Acegas. Noi voteremo contro poiché è assurdo che in un
periodo di gravissima crisi come questa si continuino a gravare i cittadini di
nuove tasse o di tasse aumentate e poi va rilevato che la delibera con il
regolamento che la giunta aveva preparato non includeva la raccolta dell’umido:
una grave dimenticanza».
Silvio Maranzana
Chi, oltre all’ambiente, guadagna con la differenziata?
- LA LETTERA DEL GIORNO di Pino Podgornik
L’assessore Laureni ha tracciato la strada per la futura raccolta
differenziata: 2014 raccolta anche dell’umido e in seguito quella del porta a
porta. Mettendo in risalto la complessità di tale operazione con la promessa di
premiare chi si comporta bene (cosa vuol dire comportarsi bene?) senza punire
oltre misura il cittadino(vuol dire forse che finora siamo stati puniti?).
L’approccio per esporre il problema dell’immondizia mi pare positivo, solamente
vorrei sapere, e credo come me tutti i triestini, cosa vuol dire premiare e non
punire. Dovrebbe spiegarsi meglio e mettere sul tavolo esempi concreti, e non
solo parole, per come favorire il cittadino in termine di risparmio. Non ho mai
creduto alla generosità spicciola, e tanto meno quando ci sono in ballo soldi
pubblici. Mi ricordo delle promesse di anni fa, quando eravamo agli albori della
differenziata: minor esborso pecuniario. E invece anno dopo anno l’odiata
tariffa aumentava con un picco da un anno all’altro del 27% (vero sindaco
Dipiazza?). Quindi basta promesse, ma proposte concrete! Ora la nostra
differenziata è al 28% e i parametri europei prevedono una percentuale del 65%.
Mi pare utopistica l’idea di giungere a questo strabiliante risultato in pochi
anni, forse in 2 lustri (10 anni) potremo arrivare a tal percentuale. Vogliono
rivedere le tariffe ed accomunare i metri quadrati e i componenti della
famiglia? Mi pare più che corretto. Perchè un nucleo familiare di una o due
persone deve pagare come uno di 4 o 5? Più componenti uguale a più immondizie,
mi pare logico. Dovrebbe esserci un aumento medio del 10%, ma non parlano mai di
calare la tariffa con le vendite della carta, del vetro, delle lattine e della
plastica? Ricordiamoci bene che con poche bottiglie di plastica si fa un “pile”
(di marca) di decine di euro. Ho una curiosità decennale: a chi vanno i proventi
dell’attuale raccolta differenziata della carta ecc. ecc.? Non mi dicano i
politici che l’ambiente è il solo beneficiario. Per me, potrebbe essere il primo
a ottenere vantaggi, ma i secondi sono sicuramente certi imprenditori. Sarebbe
interessante sapere quanto pagano le materie recuperate con la nostra (almeno la
mia) raccolta; questi soldi dovrebbero essere dati come rimborso al contribuente
tartassato e mai premiato. Sono gradite risposte soddisfacenti e subitanee,
altrimenti: riciclata, no grazie!
Ferriera, spuntano acquirenti L’altoforno potrebbe
restare
Compratori stimolati dai fondi Bei accessibili per modernizzare gli
impianti La pista più accreditata riporta ad Arvedi. Sindacalisti convocati ma
“muti”
La Ferriera dopo la Ferriera. L’altoforno in attività, così come la macchina
a colare e l’intero reparto a caldo, fatta eccezione probabilmente per la
cokeria, per diversi anni ancora. E la produzione della ghisa che non si ferma.
Un’ipotesi che certamente creerà sollievo nei dipendenti e nelle loro famiglie,
ma che potrebbe creare nuovi timori a molti abitanti di Servola e dei rioni
vicini starebbe prendendo corpo. I rappresentanti dei lavoratori hanno le bocche
cucite, ma le voci all’interno dello stabilimento girano da giorni: almeno un
compratore con intenzioni più che serie avrebbe bussato all’uscio della Lucchini
con lo scopo specifico di mantenere la produzione siderurgica a Trieste. E c’è
di più: dalla direzione dell’azienda sarebbe in partenza la convocazione ai
rappresentanti di fabbrica per un incontro da tenersi mercoledì prossimo:
all’ordine del giorno comunicazioni su possibili acquirenti. I sindacalisti si
limitano ad affermare: «Continuiamo a spingere affinché tutti gli impianti siano
mantenuti in produzione finché non sarà pronta un’alternativa che non lasci a
casa nemmeno un lavoratore». E si tratta di 800 persone: quasi 500 della
Ferriera e oltre 300 dell’indotto. Lo stesso Francesco Semino direttore agli
Affari generali del Gruppo Lucchini, alla domanda: «È confermato che Servola
chiuderà?», non conferma. Nelle ultime settimane il panorama, piatto fino a poco
fa, è decisamente mutato sia con il varo del decreto che inserisce Trieste nelle
aree di crisi industriale complessa che con l’action plan sulla siderurgia
dell’Unione europea. «Il piano - ha dichiarato il vicecommissario Antonio Tajani
- presenta molti aspetti che possono essere applicati dai singoli Stati e in
Italia, in particolare nel caso dell’Ilva e in quelli di Trieste e di Piombino.
Lo Stato potrebbe ad esempio intervenire con i fondi Bei (Banca europea per gli
investimenti) per la tutela della salute dei lavoratori o attraverso aiuti
finalizzati alla riqualificazione ambientale e all’occupazione». La Bei potrebbe
prendere in considerazione le richieste di finanziamento a lungo termine per
progetti volti ad assicurare la conformità degli impianti alle direttive sulle
emissioni industriali con le migliori tecnologie possibili. Si tratterebbe della
cosiddetta «siderurgia pulita», un’ipotesi di riconversione caldeggiata in
particolare dalla Fiom al Tavolo della Regione che era coordinato dall’attuale
deputato Sandra Savino. «Tutto questo - ha commentato Francesco Semino in un
incontro a Piombino - visto che siamo alla ricerca di nuovi investitori, non può
che aumentare l’interesse per la nostra azienda». Le illazioni danno come il più
accreditato tra gli acquirenti il gruppo Arvedi. Già nell'estate 2007 il gruppo
di Cremona che produce laminati, tubi e nastri di acciaio aveva pensato a uno
sviluppo dell'area servolana anche in chiave di logistica ed energia ventilando
la possibilità della presentazione di un progetto industriale in grado comunque
di segnare una svolta ambientale e di travalicare anche le date del 2013 e del
2015. Le trattative si erano però interrotte nello stesso autunno in attesa di
un «chiarimento ambientale». Altre piste, che sembrebbero però avere ben minore
consistenza, porterebbero rispettivamente alla friulana Danieli e a un gruppo
austriaco. I sindacalisti confermano solo un’assemblea all’interno dello
stabilimento venerdì prossimo con la presenza di rappresentanti nazionali.
Silvio Maranzana
Rinvio di 3 mesi per il Piano del commissario
E frattanto il commissario straordinario del Gruppo Lucchini Piero Nardi
(foto) ha chiesto al ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato una
proroga di tre mesi per la presentazione del nuovo Piano industriale del gruppo.
Il Piano doveva essere presentato a giugno, ma evidentemente i fatti nuovi
avvenuti in queste ultime settimane hanno scombussolato i progetti sia per
quanto riguarda Trieste che Piombino. Oltretutto era trapelato che la prima
ipotesi prevedeva per Servola la chiusura in tempi molto brevi, sebbene legata
ai progetti di riconversione per l’area che comunque non si sarebbero
concretizzati in tempi utili. Ora però l’ipotesi della chiusura potrebbe cadere.
Il ministro però, come hanno fatto sapere ieri dalla Lucchini, non ha ancora
risposto riguardo alla richiesta di proroga avanzata da Nardi.
Al Revoltella - L’inquinamento atmosferico e del cibo
Alle 15.45, all’auditorium del Museo Revoltella, convegno su “Ambiente e salute: inquinamento atmosferico e delle catene alimentari, interferenze sul genoma umano e rischi per la salute”. Con Ernesto Burgio, pediatra, e Pierluigi Barbieri, chimico.
Horti in mercato
Alle 10, al mercato coperto di via Carducci 36, torna “Horti in Mercato”. Un luogo per informarsi sulle iniziative in corso, sui posti da coltivare o per offrire il proprio orto. Un luogo dove fare incontri tematici sui temi dell’orto. Per informazioni ci vediamo al banchetto oppure via mail orticomunitrieste@gmail.com, cell. 328/7908116 .
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 14 giugno 2013
RIGASSIFICATORE DI TRIESTE-ZAULE - WWF E LEGAMBIENTE A
BRUXELLES: “GRAVI ILLEGITTIMITÀ NELLE VALUTAZIONI SUL PROGETTO”
Le associazioni hanno avviato un dialogo con la direzione energia di
Bruxelles, finora poco informata sulle svariate problematiche ambientali e di
sicurezza del progetto, chiedendone lo stralcio dall’elenco di quelli di
interesse comunitario.
Poco o nulla si sa a Bruxelles sui problemi sollevati dal progetto del
rigassificatore, proposto da GasNatural nel sito di Trieste-Zaule. Questo perché
le informazioni giunte ai competenti organi comunitari (Direzione generale
energia, in particolare) sono quelle del Ministero italiano per lo Sviluppo
Economico che, con il ministro Passera ma non solo, ha agito in realtà da
scatenato supporter del progetto e della società proponente.
Se n’è avuta una prova con il tentativo di inserire il progetto di Zaule
nell’elenco delle infrastrutture energetiche di interesse comunitario. Tentativo
dovuto alla tenace opera di lobbying del MISE, che ha stupito gli stessi
funzionari europei.
WWF e Legambiente, saputo dell’iniziativa del MISE, hanno informato la DG
energia di Bruxelles sullo stato del progetto e sulle svariate problematiche
ambientali e di sicurezza, omesse o sottovalutate nelle procedure seguite dai
competenti organi italiani, così come sui contenziosi legali tuttora in corso e
sulle crescenti opposizioni della cittadinanza e degli enti locali,
manifestatesi in svariate occasioni. Le due associazioni hanno così potuto
rendersi conto che quasi nulla di tutto ciò era noto a Bruxelles, poiché il MISE
aveva deliberatamente omesso di informare la Commissione Europea, senza essere
minimamente contrastato dal Ministero dell’ambiente.
WWF e Legambiente hanno perciò fornito alla DG energia della Commissione
un’ampia documentazione, tradotta anche in inglese, sia sulle numerose
violazioni di Direttive europee sull’ambiente e la sicurezza, riscontrate nel
progetto e nei processi valutativi finora svolti, sia sulle azioni legali
pendenti (in particolare contro il decreto VIA del 2009), sia sulle posizioni
contrarie al progetto da parte di tutti gli enti locali (Comuni, Provincia e
Regione), sia infine sulle varie manifestazioni di piazza contro il progetto di
GasNatural svoltesi a Trieste dal 2006 al 2012.
I funzionari della Commissione hanno ringraziato le associazioni per le
informazioni fornite, fino ad allora ignote a Bruxelles, esprimendo sorpresa per
la posizione totalmente ed acriticamente favorevole al progetto da parte del
MISE. E’ stato assicurato che quanto fornito dagli ambientalisti sarà
attentamente valutato dai competenti organi comunitari, i quali peraltro hanno
limitati poteri di intervento nei confronti dei Governi nazionali. E’ stato
anche precisato che l’elenco dei progetti delle infrastrutture energetiche di
interesse comunitario non è stato ancora approvato ed è quindi suscettibile di
modifiche.
WWF e Legambiente hanno inviato la medesima documentazione anche ai membri delle
Commissioni ambiente ed energia del Parlamento Europeo, riscontrando in
particolare l’interesse del gruppo parlamentare dei Verdi.
Le due associazioni auspicano che il nuovo Governo, ed in particolare i ministri
dello Sviluppo Economico, Zanonato, e dell’ambiente, Orlando, non proseguano
nell’opera di appoggio (e nell’omissione di informazioni) relativa al progetto
del rigassificatore proposto da GasNatural, e marchino perciò una netta distanza
rispetto a quanto fatto dai loro predecessori, Clini e (soprattutto) Passera. Il
primo passo concreto in questa direzione dovrà essere naturalmente
l’eliminazione del progetto di Trieste-Zaule dall’elenco delle infrastrutture
energetiche di interesse comunitario.
WWF FVG - LEGAMBIENTE FVG
IL PICCOLO - VENERDI', 14 giugno 2013
Mobilitazione in Slovenia, firme contro il
rigassificatore
Un’associazione ambientalista attacca sia la politica italiana sia i
partiti di Lubiana: «Non fanno abbastanza per impedire che l’impianto di Zaule
possa entrare nella lista europea delle priorità infrastrutturali»
In Slovenia l’associazione ambientalista Alpe-Adria Green (Aag) ha
cominciato a raccogliere firme per una petizione con cui impedire l’inclusione
del rigassificatore di Zaule - progettato dalla spagnola Gas Natural - nella
lista dei progetti prioritari di interesse comune (Pci).
Vojko Bernard, presidente di Aag, ha dichiarato in una conferenza stampa a
Capodistria, che nonostante il governo italiano abbia momentaneamente
accantonato l’idea del rigassificatore, un’inclusione dello stesso nella lista
europea significherebbe un via libera di fatto alla costruzione sia del
terminale on-shore che di quello off-shore.
Bernard ha espresso in merito anche una critica verso la politica slovena
imputandole di non interessata abbastanza al tema dei rigassificatori nel golfo
triestino. «È evidente come la Slovenia, ovvero i partiti, siano indifferenti al
destino di questo lembo dell’Adriatico e alla sicurezza degli abitanti di questa
zona» ha concluso Bernard.
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 14 giugno 2013
Svelato lo studio sismologico francese sulla zona di
Krško - WWF e Legambiente: “Si pronuncino OGS e gli uffici regionali competenti”
Dopo la richiesta inviata ai ministeri croati e sloveni, Lubiana ha
pubblicato lo studio sul proprio sito. “Ora – affermano le associazioni - tocca
agli enti preposti analizzarlo e divulgarne al pubblico contenuti e
valutazioni”.
Il Governo sloveno ha finalmente divulgato lo studio sismologico sull’area
di Krško, redatto dall’IRSN (Istituto per la Radioprotezione e la Sicurezza
Nucleare) francese, studio inizialmente “secretato” dalla società Gen Energija
che gestisce la centrale nucleare. Lo annunciano WWF e Legambiente, che dopo
aver appreso la notizia della secretazione – e delle conseguenti polemiche in
Slovenia e Croazia – si erano rivolte ai competenti ministeri sloveni e croati,
chiedendo la diffusione dello studio, per metterlo a disposizione della comunità
scientifica internazionale.
Si era appreso infatti che lo studio, svolto dall’istituto francese in vista del
progetto per la costruzione di una seconda centrale nucleare a Krško, accanto a
quella esistente, era giunto a conclusioni negative, per l’elevata sismicità
della zona. Da ciò la decisione iniziale di tenerne riservato il contenuto, come
aveva riferito anche la stampa italiana.
Le due associazioni ambientaliste alla fine dello scorso mese di aprile si erano
perciò rivolte direttamente ai Ministeri dell’ambiente e dell’economia di
Slovenia e Croazia, chiedendo che lo studio venisse divulgato, perché le
conseguenze ambientali di un incidente alla centrale nucleare inevitabilmente
coinvolgerebbero anche il territorio italiano ed i suoi abitanti.
Alla fine di maggio rispondeva il Ministero sloveno delle infrastrutture e della
pianificazione territoriale – Direttorato per l’energia, rendendo disponibile
nel proprio sito web lo studio francese ed altri documenti geologici sull’area
di Krško.
WWF e Legambiente hanno quindi segnalato ciò all’OGS – Istituto Nazionale di
Oceanografia e Geofisica, al Servizio geologico e alla Protezione civile della
Regione Friuli Venezia Giulia, chiedendo a questi enti di analizzare la
documentazione fornita e di divulgare al pubblico le proprie valutazioni in
merito.
Una nota nello stesso senso è stata inviata anche alla Presidente della Regione,
Debora Serracchiani, ed agli assessori regionali all’ambiente ed energia, Sara
Vito, e alla protezione civile, Paolo Panontin.
“E’ necessario – osservano i presidenti regionali di WWF e Legambiente, Roberto
Pizzutti ed Elia Mioni – che su una questione tanto rilevante si apra un
approfondito dibattito scientifico ed i cittadini siano adeguatamente informati,
poiché l’elevata sismicità della zona di Krško solleva rilevantissimi problemi
di sicurezza non soltanto in rapporto al progetto della nuova centrale nucleare,
ma anche per quella esistente. Se si pensa che Krško dista circa 130 km in linea
d’aria dal territorio italiano - Chernobyl oltre 1.300 km - è del tutto evidente
che un grave incidente alla centrale sloveno-croata, magari causato da un evento
sismico, implicherebbe conseguenze potenzialmente catastrofiche anche per
l’Italia, a cominciare dal Friuli Venezia Giulia.”
Le due associazioni ricordano di essersi opposte in varie occasioni, ad esempio
in sede di osservazioni per la VAS (Valutazione Ambientale Strategica) sul Piano
Energetico della Slovenia, alla costruzione di una nuova centrale nucleare a
Krško e di aver chiesto anche la chiusura della centrale esistente, che si
vorrebbe invece mantenere in funzione fino al 2043, quando l’impianto avrà
raggiunto i 60 anni di età.
WWF FVG - LEGAMBIENTE FVG
IL PICCOLO - VENERDI', 14 giugno 2013
In arrivo 1.700 nuovi posti “blu” - PIANO DEL TRAFFICO
» LA MAPPA DEI PARCHEGGI
Posteggi esterni a pagamento da 1.115 a 2.781: 1.200 dedicati ai
residenti del centro a prezzi politici
PARCHEGGI A PAGAMENTO IN SUPERFICIE: LE PREVISIONI DEL NUOVO PIANO DEL TRAFFICO
Un progetto (il Piano del traffico) per due rivoluzioni: i
nuovi sensi di marcia (via Madonnina in discesa, giusto per dirne una) ma anche
(anche e soprattutto, a questo punto, visti i numeri) i nuovi parcheggi a
pagamento in superficie (al netto di quelli disponibili negli impianti coperti)
sparsi tra centro e periferie. Posti blu che - stando alle proiezioni generali,
subordinate poi agli aggiustamenti dei piani «di dettaglio» - a Trieste sono
destinati a salire, nel loro complesso, da 1.115 a 2.781. Gli stalli a cielo
aperto non liberi, dunque, più che raddoppiano in una botta sola. Anche se,
grosso modo, restano la metà dei 5mila e più - come fanno sapere dal gestore
locale Aps Holding - che già esistono ad esempio a Padova, città analoga per
numero di abitanti (poco più di 200mila) benché non altrettanto analoga per
conformazione ed estensione di suolo e asfalto (che lì è decisamente maggiore).
È ad ogni modo una proliferazione davanti alla quale parte delle opposizioni, in
primis il Pdl, grida già alla forzatura politica di cui faranno le spese «le
tasche delle famiglie». Ciò mentre l’amministrazione Cosolini - per bocca
dell’assessore competente, Elena Marchigiani - ribatte invitando a guardare
«oltre la mera numerologia» e sostenendo che una fetta di quegli stalli,
nell’ordine delle 1.200 unità, pari al 43%, è concepita per venire incontro con
«tariffe forfettarie agevolate» proprio ai residenti delle zone centrali. Ma,
dibattito politico a parte, quello del nuovo Piano del traffico sarà comunque un
parto gemellare, tra la revisione radicale della viabilità e il nuovo corso dei
parcheggi in superficie. E la nascita è ormai vicina. Questo parto - sotto forma
di esame del Consiglio comunale per la definitiva approvazione - è
calendarizzato a partire da mercoledì prossimo (sono previste tre serate
consecutive fino a venerdì 21, potrebbero bastare come anche no) e costituisce
l’ultimo atto di una gestazione iniziata nel febbraio del 2012, col primo
passaggio in giunta Cosolini. Se però la rivoluzione dell’assetto viario era già
ben che nota, la novità dei parcheggi a raso a pagamento ha assunto
ufficialmente una dimensione in queste ultime ore, mercoledì pomeriggio,
nell’ultima delle commissioni consiliari propedeutiche al voto dell’aula. Lì
l’assessore Marchigiani - «su nostra insistenza nei giorni precedenti»,
puntualizza Everest Bertoli da capogruppo del Pdl - ha dispensato ai commissari
una relazione sulla «sosta». Tale relazione - premettendo che a Trieste ci sono
circa 40mila posti auto totali, di cui 26mila in superficie - conferma le voci
della vigilia: gli stalli blu a raso aumenteranno, e di parecchio, di circa
1.700 unità. Spariranno i 250 gratuiti per residenti nelle Ztl, finora - si
legge - «l’unica agevolazione rivolta ai residenti», quantificati in 1.500
nuclei familiari, per un rapporto di un parcheggio ogni sei famiglie. Nel
poderoso incremento di posti a pagamento, la relazione stima in 1.200 quelli
«ricompresi nella fascia rossa del centro storico», corrispondenti a un bacino
di residenti di 2.600 nuclei. Il rapporto parcheggio-famiglie diventa così di
uno a due, poco meno, ma viene introdotto un forfait, ancorché politico: «un
canone annuale di 360 euro che consente la sosta su tutte le aree a pagamento
gestite da Amt (Esatto, ndr). Trenta euro al mese senza garanzia di un posto.
Che diventano 62 euro e mezzo, sempre al mese, con garanzia di “posto fisso” per
i residenti delle zone attorno al Silos, al Maggiore e al Giulia, ovvero tre
impianti non più a cielo aperto, non più pubblici, perché sono quelli in
concessione a Saba Italia.
Piero Rauber
La novità pure nei rioni e sul Carso - Individuate vie
«a tolleranza zero»: i divieti di sosta saranno pesantemente puniti
Ma il cielo, pardon l’asfalto, è sempre più blu. E quindi sempre meno
bianco, meno ricco di posti liberi, gratuiti. La fredda matematica, in assenza
di cifre esatte, induce a pensare che il saldo negativo di stalli liberi in
città possa aggirarsi sulle 2mila unità, considerando i quasi 1.800 che da
gratuiti diventano a pagamento e i 302 in meno (ma alcuni di questi nascono già
blu, quindi la stima non può che essere grossolana) citati dalla relazione
allegata al Piano del traffico. «Potrebbero essere molti di più posto che il
nuovo Piano del traffico prevede la creazione di nuove corsie preferenziali per
i mezzi pubblici ad esempio», incalza sempre Bertoli. Meno posti bianchi, ma
anche meno posti pirata, se è vero che una relazione tecnico-introduttiva
individua alcune strade in cui entrerà in vigore il pugno di ferro. Si chiamano
«assi a tolleranza zero» sui quali, letteralmente, «la sosta abusiva non può
essere tollerata». Il divieto di sosta sarà dunque punito senza nemmeno mezzo
occhio chiuso, da parte dei vigili, in via Oriani, largo Barriera, via del
Bosco, via Cicerone, via Coroneo, via Polonio, via Gatteri, corso cavour, via
Carducci (tra piazza Goldoni e via Battisti), via Galatti, via Milano, via
valdirivo, via Rittmeyer, via Pauliana e piazza Libertà. Tutte strade centrali.
Ma la rivoluzione, come si nota nella tabella in alto, si farà anche un po’ più
in là. Nuovi stalli blu sono previsti infatti a San Vito (137), verso San Giusto
(da 31 a 104), e ancora tra San Giacomo, via Settefontane, Chiarbola e San
Giovanni (da 30 a 222), tra Roiano e Barcola (da 44 a 109), e fin
sull’altopiano: si pagherà il parcheggio, e sarà un esercizio inedito, persino a
Opicina (165), Basovizza e Prosecco (70 per borgo).
(pi.ra.)
Il Pdl: l’auto così diventa un lusso La replica: la
città un diritto di tutti - LE REAZIONI
La relazione tecnico-introduttiva del Piano del traffico annuncia - come già
riportato di recente dal Piccolo - un aumento delle tariffe orarie, con una
maggiorazione fino al 50% dalla terza ora di sosta. «Se molti si aspettavano
come priorità del Piano del traffico le problematiche del traffico o la qualità
dell’aria - scrive in una nota Everest Bertoli - ne resterà deluso. La vera
priorità che l’amministrazione Cosolini sta portando avanti è quella
dell’introduzione di un ennesimo balzello, da Opicina a Prosecco, dal Borgo
Teresiano al Giuseppino, da Miramare a San Giacomo, da San Giovanni a via Fabio
Severo, da via Carpison a San Francesco, da via San Michele a via Combi, da via
Settefontane a via San Marco passando quindi per piazza Perugino. Un filo
“rosso” collega e accomuna tutti i rioni triestini: i parcheggi a pagamento su
strada. Il loro aumento è semplicemente spaventoso, quasi il 250% in più. Se a
questo aggiungiamo anche l’aumento delle tariffe orarie, il quadro per le tasche
delle famiglie triestine è davvero da film horror, da “profondo rosso”. Ci
avevano promesso un piano di sinistra e non sono venuti meno al loro impegno. La
macchina è un lusso. Chi la vuole deve pagare». «Ci tengo a premettere - ecco la
replica dell’assessore Elena Marchigiani - che l’esatto calcolo per via è
demandato a successivi progetti esecutivi particolareggiati: i numeri potranno
variare a seconda delle esigenze di un maggior numero di posti per disabili
piuttosto che di aree di carico/scarico merci nelle zone più commerciali. È
chiaro che i dati, se non contestualizzati e presi in termini assoluti, possono
far saltare sulla sedia. Invito però ad esaminare la questione in termini
relativi, tenendo cioè presente dei 1.200 posti sui quali sono previste forti
agevolazioni per i residenti, quelle forti agevolazioni che non esistevano in
epoca precedente, quando vigeva il pensiero unico, il codice binario del
parcheggio sì, parcheggio no. La nostra scelta è frutto di un lavoro equilibrato
e partecipato, tanto che per esempio abbiamo trasformato, ascoltando i
residenti, la prima idea delle cinque ore gratuite, e poi via con 60 centesimi
l’ora, in un forfait da 30 euro al mese. Siamo all’interno di una precisa
strategia politica che ha come obiettivo il miglioramento della vivibilità
cittadina, dirottando nei contenitori chi viene da fuori. Per me non c’è solo il
diritto al parcheggio, ma c’è soprattutto quello di poter accedere ai servizi
della città. Lo spazio pubblico è un diritto di tutti, non è area di parcheggio
di pochi».
(pi.ra.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 giugno 2013
La giungla della differenziata, com’è difficile essere
ecologici - LA LETTERA DEL GIORNO di Laura Piccini
Il dilemma differenziazione. Dove lo butto? Ho partecipato a una recente
festa scolastica, organizzata all’insegna dell’ecologia, nella quale ci si
prefiggeva di differenziare i rifiuti: principalmente piatti e bicchieri -
comprati per l’occasione rigorosamente ecologici -, altre vettovaglie in carta,
plastica e alluminio, bottiglie di plastica, tappi, nonché resti di cibo. È
stato fatto il possibile per preparare contenitori ben distinti:
indifferenziata, carta ecartone, plastica e poi lattine e vetro. Più due
raccoglitori a parte: per i piatti in mater-bi (in pratica biodegradabili, e da
conferire nell’umido quindi, come da istruzioni reperite da Acegas il giorno
prima) e un contenitore per i bicchieri di plastica ecologici, che avevano una
sigla sconosciuta e dei quali veramente non sapevamo al momento che fare. Ho
dovuto constatare che la maggior parte dei partecipanti alla festa ha avuto
grosse difficoltà a differenziare correttamente i rifiuti. Un po’ per
disinteresse - e questo ovviamente non depone a favore del senso civico dei
cittadini della nostra città - ma anche per scarsa conoscenza, il che portava a
molti dubbi su come differenziare correttamente. Alcuni esempi: le posate e i
bicchieri in plastica (non ecologici), dove vengono buttati? Nella plastica o
nell’indifferenziata? A molti forse il quesito sembrerà sciocco, per logica
andrebbero nella plastica. Ma l’Acegas conferma che questi rifiuti vanno
nell’indifferenziata. Il cartone della pizza, i tovaglioli di carta usati, i
vassoi di carta sporchi di cibo: vanno gettati nel contenitore della carta?
Acegas dice di no: “Non conferire carta unta di grassi e oli, salviette e
fazzoletti, carta oleata e plastificata”. Naturalmente, se una persona queste
cose non le conosce prima, ha inevitabili difficoltà ad agire correttamente. Il
risultato della giornata è stato il seguente: alcuni di noi “presidiavano” i
contenitori, ci facevamo consegnare i rifiuti per poterli differenziare
correttamente. Vi posso assicurare che è stato difficile convincere qualcuno che
le posate in plastica andavano nell’indifferenziata! Alla fine della giornata i
piatti in mater-bi e i bicchieri in plastica ecologica sono stati portati al
deposito di rifiuti di Opicina, il resto è finito correttamente nei vari
cassonetti. I tappi sono stati raccolti a parte, così come il pane avanzato, che
un volontario si è portato via per le galline. Insomma, un successo, ma ottenuto
con fatica. Dal sito Acegas si può trovare con una certa facilità la scheda
“Come conferire i rifiuti”, assieme a un glossario sui principali simboli
riportati sulle confezioni, che però non è di facilissima lettura. Risulta quasi
illeggibile una volta stampato. Se si vuole che aumenti la percentuale di
raccolta differenziata, secondo me il cittadino va informato meglio e di più. Il
depliant “Come conferire i rifiuti” deve essere ripensato in termini grafici più
semplici e chiari, anche per i nostri concittadini stranieri, e distribuito casa
per casa. Non guasterebbero anche degli inserti pubblicitari su quotidiani
locali o a mezzo cartellone, un po’ sullo stile della recente, bella iniziativa
di Acegas per conferire gli ingombranti nei giorni di sabato alle varie aree
preposte.
ACEGASAPS - In tanti al Sabato ecologico
Un’ottantina di metri cubi di rifiuti ingombranti sono stati raccolti nel corso del “Sabato ecologico” al centro di raccolta allestito nell’area parcheggio della Risiera di San Sabba, grazie - commenta AcegasAps promotore dell’iniziativa con il Comune - a una notevole partecipazione dei triestini. Obiettivo dei Sabati ecologici è quello di migliorare la raccolta differenziata e contrastare l’abbandono indiscriminato di rifiuti ingombranti sulla pubblica via. Prossimo appuntamento sabato 15 giugno nell’area di parcheggio della Rotonda del Boschetto, dove si trova la sede della Sesta circoscrizione, sempre dalle 9 alle 17.
GREEN STYLE.it - MERCOLEDI', 12 giugno 2013
Detrazione 50% fotovoltaico: come ottenerla
Con gli incentivi del Quinto Conto Energia ormai esauriti, diventa ancora
più allettante la prospettiva di godere della detrazione del 50% sull’acquisto
dei pannelli fotovoltaici, recentemente rinnovata dal Consiglio dei Ministri. Ma
come fare per ottenere l’agevolazione?
Ecco un promemoria della procedura da seguire:
1.Nel caso in cui le norme sulle condizioni di sicurezza nei cantieri lo
prevedano, prima di iniziare i lavori di installazione dell’impianto occorre
inviare, con raccomandata A.R., una comunicazione preventiva all’Azienda
Sanitaria Locale competente;
2.Fondamentale, inoltre, che le spese per l’acquisto e l’installazione dei
pannelli fotovoltaici siano pagate con bonifico bancario o postale, che devono
contenere la causale del versamento, il Codice Fiscale dell’utente che effettua
il pagamento e il Codice Fiscale (o numero di partita Iva) di chi lo riceve;
3.Al momento della dichiarazione dei redditi, poi, bisogna indicare i dati
catastali identificativi dell’immobile e, se i lavori sono effettuati dal
detentore, gli estremi di registrazione dell’atto che ne costituisce titolo e
gli altri dati richiesti per il controllo della detrazione. Non è più previsto,
invece, l’invio obbligatorio della comunicazione di inizio lavori.
Una volta richiesta la detrazione, infine, occorre conservare una serie di
documenti:
◦abilitazioni amministrative relative alla tipologia di lavori da realizzare
(concessione, autorizzazione o comunicazione di inizio lavori) o, se non
previste, una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà in cui sia
indicata la data di inizio dei lavori e sia indicato che gli interventi di
ristrutturazione realizzati rientrano tra quelli incentivati;
◦domanda di accatastamento se l’immobile non è ancora censito;
◦ricevute di pagamento dell’Imu, se dovuta;
◦per gli interventi riguardanti parti comuni di edifici residenziali: delibera
di approvazione dell’esecuzione dei lavori e tabella millesimale di ripartizione
dei costi;
◦comunicazione preventiva trasmessa all’ASL (se obbligatoria);
◦fatture e ricevute fiscali relative alle spese sostenute;
◦ricevute dei bonifici di pagamento.
È importante in ogni caso ricordare che per la detrazione del 50% viene
riconosciuta solo in caso di pannelli fotovoltaici installati per soddisfare
bisogni energetici per uso domestico. Non è possibile godere del bonus se è
previsto un utilizzo commerciale dell’energia prodotta, cioè se l’impianto abbia
potenza superiore a 20 kw o se, “pur avendo potenza non superiore a 20 kw, non
sia posto a servizio dell’abitazione”.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 giugno 2013
Vito sbarra la porta al rigassificatore «Nessun dietro
front»
L’assessore all’Ambiente: «Va seguito l’indirizzo del territorio» E nella
sua Direzione e all’Arpa prepara il valzer dei dirigenti
TRIESTE Dal piano energetico a una revisione della legge sul carburante,
dalla mappa sui rischi idrogeologici, al monitoraggio sui siti industriali più
critici come la Ferriera di Trieste. Nel mezzo l’ipotesi di un ricambio della
dirigenza all’interno dell’assessorato. Parla Sara Vito, da poco alla guida
dell’Ambiente nella giunta Serracchiani. L’assessore conferma il no al
rigassificatore e la contrarierà all’allargamento della centrale di Krsko in
Slovenia. «La partita del nucleare non interessa questa amministrazione». E
sulla possibile riapertura della discarica di Cormons ribadisce: «Non è un punto
del nostro programma». Assessore, quali sono le priorità che si è data? Abbiamo
una serie di sfide che si presentano, alle quali dobbiamo dare risposte. In
particolare una nuova programmazione a 360 gradi, a cominciare dal piano
dell’energia, delle acque e delle immissioni. Ma anche il rischio idrogeologico,
uno strumento innovativo di cui ci doteremo per avere una mappatura delle
criticità. Cercherò inoltre di migliorare il dialogo con il ministero e le altre
Regioni che hanno buone esperienze nel settore e che possiamo prendere come
esempio. Il ministro Orlando ha promosso un tavolo con tutti gli assessori
all’Ambiente d’Italia, sarà un importante momento di confronto. Lavorerà anche
su un ricambio dei dirigenti del suo assessorato? Il ragionamento è aperto. Arpa
compresa? Sull’Arpa, per ora non abbiamo fatto nessun ragionamento. Ma
incontrerò a breve i responsabili anche per la parte progettuale. Entrando nel
merito delle priorità in cosa consisterà il piano energetico? Un nuovo strumento
programmatorio che ci consentirà di capire in che direzione va la regione e qual
è la nostra idea di sviluppo. Su questo abbiamo un piano innovativo in linea con
le politiche Ue. Confermato il no al rigassificatore a Trieste? Come ha detto la
Serracchiani no al rigassificatore, si segue l’indirizzo del territorio. E
l’ipotesi allargamento della centrale di Krsko in Slovenia? Non è sicuramente la
partita del nucleare a interessare questa amministrazione, anche perché c’è
stato un referendum in cui i cittadini avevano espresso il proprio pensiero in
maniera chiara. Lei ha annunciato modifiche alla legge per gli sconti sul
carburante, cosa modificherà? Un argomento molto sentito dalla popolazione,
sulla normativa apriremo un ragionamento assieme all’assessore Peroni per la
parte finanziaria. Vedremo se si può migliorare la norma. Per la Ferriera, oltre
all’inserimento dello stabilimento tra le crisi industriali complesse in Italia,
cosa si farà sul fronte ambientale? Stiamo lavorando per dare attuazione
all’accordo di programma e l’Arpa ha fatto un’elaborazione di dati. È un tema
annoso, se ne parla da tanti anni. Io ho due grandi obiettivi: la tutela della
salute e dei posti di lavoro. In tema di rifiuti Trieste continua a registrare
dati lontani dalle aspettative: sulla raccolta differenziata è al 29%, ben
lontana dall’atteso 40%. Il discorso dei rifiuti rientra in un piano regionale,
che dobbiamo rivedere. Un documento che va completato, ma la partita vera è
ridurli e incentivare la raccolta differenziata per raggiungere buoni obiettivi.
La discarica di Pecol dei Lupi di Cormons si riapre? Nel programma elettorale
noi abbiamo scritto che non siamo a favore delle discariche, non sono un punto
del nostro programma. Vi state ponendo il problema dell’impatto ambientale di
grandi opere come la Palmanova-Manzano e la Gemona-Sequals? Un argomento che
riguarda le infrastrutture e che segue la presidente Serracchiani in prima
persona. L’attenzione sarà globale.
Gianpaolo Sarti
DOMANI - Piano del traffico in Consiglio comunale
È convocato per domani con inizio alle 18.30 il Consiglio comunale. All’ordine del giorno tra le altre delibere l’approvazione del Piano generale del traffico, l’approvazione delle aliquote Imu 2013, e quella del Piano economico finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani. La fase deliberativa inizierà alle 19 dopo quella dedicata alle domande di attualità.
Primorski Dnenvik - MARTEDI', 11 giugno 2013
Questione slovena nel processo per la “Pulizia” della Val
Rosandra.
Il funzionario del comune di San Dorligo della Valle - Dolina ottiene
l'annullamento dell'atto di comparizione a causa delle mancata traduzione
completa dei documenti.
IL PICCOLO - MARTEDI', 11 giugno 2013
“Pulizia” della Val Rosandra - Processo rinviato
Rinviato al 23 settembre il processo sullo scempio della Val Rosandra in
sono imputati l’ex vicepresidente della Giunta regionale Luca Ciriani, il
direttore regionale della Protezione civile, Guglielmo Berlasso, i funzionari
Cristina Trocca e Adriano Morettin e Mitja Lovriha, caposervizio dell’area
ambiente di San Dorligo. Tutti accusati a vario titolo di distruzione
dell’habitat di un sito protetto, oltre che della violazione del decreto
legislativo in materia ambientale, e per la contravvenzione relativa,
quest’ultima «cancellata» dal pm Antonio Miggiani dopo l’eccezione
dell’impossibilità della sussistenza della doppia accusa sollevata dalle difese.
Il giudice Marco Casavecchia ha accolto anche l’eccezione preliminare sollevata
dall’avvocato Luca De Pauli per Berlasso e Trocca sul mancato rispetto del
termine a comparire. Il processo è stato quindi aggiornato per una nuova udienza
fissata al 23 settembre. Nel frattempo è stata stralciata su richiesta del
difensore Andrea Frassini la posizione di Mitja Lovriha per la mancata
traduzione in sloveno di alcuni atti richiamati nell’avviso di conclusione delle
indagini e nel capo di imputazione.
Savino: umido porta a porta costi forti a carico dei
cittadini - LA PARLAMENTARE PDL SUI RIFIUTI
Da Sandra Savino, parlamentare Pdl e coordinatore provinciale del partito,
netto no ai «costi inaccettabili» caricati «sulla schiena dei cittadini» per la
raccolta differenziata dei rifiuti, quella dell’umido soprattutto, annunciata in
tutta la città a partire dal 2014. «La questione non è solo quella di contestare
l’ennesimo aumento dell’imposizione fiscale proveniente dal Comune - attacca
Savino - quanto quella di prendere atto di un oggettivo fallimento di quelle che
erano state le promesse del centrosinistra in campagna elettorale e, in secondo
luogo, di contrastare una serie di obiettivi che appaiono, per i costi che
comportano, a dir poco improbabili, come ad esempio la raccolta porta a porta».
Savino poi punzecchia l’assessore comunale Umberto Laureni: «Ricordo le parole
ingenerose e sprezzanti che fra l’altro proprio l’attuale assessore all’ambiente
rivolgeva in tema di raccolta differenziata all’amministrazione precedente,
salvo oggi ritrovarsi con una tassa lievitata e con la percentuale della
raccolta differenziata sotto il 30%». Certificato il fallimento, prosegue
Savino, non è il caso di perseverare. «Nonostante questa lezione - continua la
parlamentare - adesso si parla, da parte dell’amministrazione comunale, di
raccolta porta a porta dell’umido, ignorando forse che in una città di quasi
200mila abitanti con la morfologia di Trieste questo tipo di scelta porterebbe a
un imponente aumento dei costi, che ricadrebbero sulla schiena dei cittadini già
abbondantemente spremuti da tutte le altre tasse. Quindi, come già evidenziato
dai consiglieri comunali del Pdl, questa della giunta municipale è una è una
proposta irricevibile, in contraddizione con il buon senso e con i tempi che
stiamo attraversando».
Impiantisti ok anche senza scuola
Il governo corregge il decreto Monti. Confartigianato: «Salve tante
imprese»
Fatta la legge, se ne fa un’altra per cancellare la precedente. Ma con
questo provvedimento gli impiantisti dell’”energia verde” sono salvi: potranno
continuare a lavorare anche senza essere in possesso del titolo di studio, e
perfino senza formazione. A Trieste son contenti: decine e decine di imprese il
cui titolare non aveva fatto scuole professionali, ma semplicemente “imparato il
mestiere”, avrebbero dovuto chiudere l’azienda se questa estate fosse entrato in
vigore il decreto legge del governo Monti. Il severissimo Monti non aveva fatto
una cosa sbagliata, sono norme richieste dalla Ue, su cui spesso l’Italia è in
deplorevole ritardo, ma la norma era così “tranchant” che non aveva tenuto conto
delle conseguenze reali, avrebbe tagliato fuori dal lavoro schiere di
installatori impedendo loro di lavorare coi pannelli fotovoltaici, uno dei pochi
settori (incentivati) che non conosce crisi. E così Confartigianato ha fatto
partire una protesta durissima, che è sfociata nel decreto legge 63 dello scorso
4 giugno. Entro il 31 ottobre però le Regioni dovranno attivare comunque
programmi di formazione per chi installa impianti a fonti rinnovabili e fare una
lista di fornitori di formazione. «Sono stati rimessi in gioco tutti gli
impiantisti già operanti sul mercato indipendentemente dal titolo di studio -
rimarca Enrico Eva, direttore di Confartigianato a Trieste -, e un tanto è stato
fatto per evitare che i lavori attualmente in corso subissero dei seri
contraccolpi civilistici, e conseguentemente per evitare il “fallimento” a
catena di parecchie imprese del settore per mancanza di requisiti. Magari dopo
30 anni di attività».
IL PICCOLO - LUNEDI', 10 giugno 2013
Rifiuti, su i costi del servizio In bolletta il 10% in
più - AMBIENTE»LE CIFRE
L’aumento arriverà con il saldo di novembre e corrisponde a quanto dovuto
dal Comune ad Acegas. Raccolta dell’umido per tutti a partire dal 2014
LE RAGIONI DELLA SPESA Più soldi per lo spazzamento, da ampliare anche la
raccolta del verde dai giardini privati. Delibera giovedì in aula
IL DIBATTITO CONSILIARE La critica del Pdl: più quattrini da sborsare, sono
scelte politiche che non condividiamo. M5S: numeri non chiari
Il servizio di raccolta differenziata dei rifiuti è destinato a cambiare nei
prossimi due anni. Costerà il 10% in più: il primo aumento già a novembre in
bolletta con il “saldo” 2013. Ci sono parametri europei da rispettare e questo
comporterà diversi “mal di pancia” ai triestini. Un “assaggio” si è avuto
venerdì quando la delibera di giunta contenente il Piano economico finanziario
del servizio di igiene urbana per il 2013 - con i vari allegati - è stata
presentata ai componenti della Seconda e Terza commissione consiliare, presente
l’assessore al Bilancio, Matteo Montesano. Il Piano non è piaciuto
all’opposizione, mentre da parte della maggioranza non ha ricevuto particolari
applausi. E giovedì la delibera va in Consiglio: i cambiamenti in teoria sono
possibili ma nel concreto (quasi) irrealizzabili. Al di la delle buone
intenzioni e delle belle parole di Montesano l’accordo tra Comune e Agegas (ma
ormai Hera) è blindato. E non c’è più tempo per modificarlo. Due le novità:
l’aumento del costo del servizio che pagheranno tutti i triestini, e
l’introduzione della raccolta dell’umido per tutti nel 2014; per arrivare negli
anni successivi al “porta a porta”. Una rivoluzione per Trieste. Quest’anno il
Comune di Trieste pagherà all’Acegas Aps 28.978.000 milioni, il 10% in più
rispetto al 2012. L’incremento è dovuto ai nuovi costi dello spazzamento,
all’ampliamento delle raccolte differenziate dedicate al verde (sfalci e
ramaglie dei giardini privati) e all’umido (quest’anno ancora solo per le grandi
utenze), agli investimenti per l’avvio dal primo trimestre del 2014 della
raccolta dell’umido per tutti, e alla nuova modalità di copertura dei costi
generali della Società. Alle spese sono legati gli obiettivi che Comune e Acegas
prevedono per il 2013 e, in prospettiva, per il 2014. Il primo è incrementare la
raccolta differenziata arrivando al 30,4% contro il 28,4% dell’anno scorso con
la conseguente diminuzione dei rifiuti trasportati a termovalorizzazione del 2%
(da 68.388 tonnellate del 2012 a 67mila di quest'’anno). «Siamo molto lontani -
ha sottolineato Montesano - dalla normativa europea che invita ad arrivare entro
quest’anno al 65%. Obiettivo irraggiungibile anche nel prossimo anno, ma siamo
in ottima posizione per l’altro obiettivo, cioè nella non produzione dei
rifiuti». Ma l’altra novità riguarda la raccolta dell’umido che dal primo
trimestre del 2014 interesserà tutta la città, non solo le grandi utenze. Non
sarà ancora “un porta a porta”: verranno posizionati degli appositi contenitori
in varie zone della città. Questo il percorso individuato da Comune e Acegas.
Nei prossimi mesi sarà avviata la realizzazione “di una stazione di trasferenza”
come burocraticamente e scritto nel Piano, un luogo cioè dove depositare
l’umido: la “stazione” è stata individuata in via Calcina, nella zona
industriale Ovest di Trieste, vicino al termovalorizzatore. Da qui poi l’umido,
con camion e contenitori appositi, verrà trasportato nell’inceneritore di
Maniago. Nel frattempo saranno acquistati mezzi e contenitori necessari per
questo tipo di raccolta. Saranno tolti circa 800 contenitori per la raccolta
indifferenziata di piccola volumetria (1100 litri) e contemporaneamente saranno
posizionati nuovi contenitori di grande volumetria (3.200 litri). Molte le voci
contrarie, soprattutto dall’opposizione. Il Pdl con Maurizio Bucci, Claudio
Giacomelli e Paolo Rovis: «Hera, e non più Acegas è una società che offre dei
servizi. Le scelte e gli obiettivi le fa il Comune. L’aumento del costo e la
raccolta dell’umido sono scelte politiche che ha fatto la maggioranza che noi
non condividiamo». Paolo Menis (Cinquestelle): «Alcuni numeri della delibera non
sono chiari. Chiarisca l’assessore Laureni». Molti dubbi anche da parte della
maggioranza: Marino Sossi ha chiesto di rivedere il piano industriale di Acegas.
Giovedì ultimo round in Consiglio, quello decisivo.
Ferdinando Viola
Da Tarsu a Tares: famiglie numerose penalizzate
L’anno scorso era Tarsu la tassa comunale sull’immondizia, quest’anno si
chiama Tares il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi. Tocca all’assessore
comunale al Bilancio Matteo Montesano (foto) far quadrare i conti. Ora infatti
non si pagherà più soltanto in relazione ai metri quadrati della propria
abitazione, ma anche in rapporto al numero dei componenti della famiglia o
comunque di chi nell’abitazione ci vive. La tassa cioè è calibrata sulla
“produzione” di rifiuti. Quanto ciò sarà “salato” lo si scoprirà appena a
novembre quando arriverà il saldo. Sono già arrivati gli avvisi per gli acconti
che da pagare entro il 31 maggio e il 31 luglio. E sono uguali all’anno scorso.
Il saldo di novembre sarà più salato per l’aumento del 10 per cento del
servizio.
«Necessario arrivare al porta a porta»
Laureni: investimenti indispensabili, dobbiamo raggiungere i parametri
previsti dall’Ue
Hanno più volte chiesto la sua presenza, ma l’assessore all’Ambiente Umberto
Laureni era “introvabile”: «Non mi ero imboscato, stavo seguendo un’altra
riunione. Ma c’era Montesano, l’assessore giusto perchè si parlava soprattutto
di numeri». La delibera che conteneva il Piano economico finanziario del
servizio di gestione dei rifiuti urbani per il 2013, presentato alla Seconda e
Terza commissione consiliare, non prevedeva la presenza dell’assessore
all’Ambiente. «Ne parleremo giovedì in Consiglio - aggiunge Laureni - e prima
ancora incontrerò le varie componenti consiliari. So che c’è delusione nella
maggioranza e molte critiche da parte della minoranza». «L’aumento dei costi -
sottolinea ancora - è dovuto anche agli investimenti fatti per l’avvio della
raccolta dell’umido il prossimo anno. Capisco le proteste, l’umido ha costi alti
e non porta utili. Noi però dobbiamo arrivare alla fine del 2014 al 40-41% della
raccolta differenziata complessiva, umido compreso. Ce la possiamo fare perchè
l’obiettivo previsto dalle norme europee è il 65%». Un prendere o lasciare
dunque la delibera... «No, sui costi e sugli obiettivi, e in particolare sulla
raccolta dell’umido, approfondiremo tutti gli aspetti. Giovedì in Consiglio
sentiremo le proposte che arriveranno dall’aula. Bisogna arrivare al porta a
porta nei prossimi anni e raggiungere così il 65% complessivo. Non è facile in
una città così complessa come Trieste. Ma dobbiamo fare insieme tutti gli
sforzi. Premiando chi si comporta bene, non sempre e solo punire».
(fe. vi.)
Energia - Vito rilancia lo sviluppo sostenibile
«La vera sfida consiste nel pensare ad un modello di sviluppo sostenibile che con coraggio veda la Regione protagonista di scelte innovative». Lo ha affermato l’assessore all’Ambiente Sara Vito intervenendo al convegno “Ripensare l'idroelettrico: energia rinnovabile o energia da rinnovare?”, promosso da Legambiente.
IL PICCOLO - DOMENICA, 9 giugno 2013
Progetto Cava Faccanoni - Undici anni per riempirla -
ANCHE IL VERDE DA RIPRISTINARE
Una boccata d’ossigeno per le imprese edili, la medicazione di una “ferita”
sul bastione carsico, un nuovo parco pubblico. Tutto questo potrebbe produrre
l’intervento innescato da una delibera della giunta comunale per la
“rinaturalizzazione” morfologica e naturalistica della Cava Faccanoni. Entro due
settimane il Comune emetterà il bando per individuare il costruttore e gestore
dell’impianto per il trattamento (selezione e triturazione) degli inerti oltre
che delle terre e rocce da scavo che potranno essere conferiti nella cava. Starà
al concessionario fare i progetti definitivo ed esecutivo oltre a tutte le
procedure per mettere il sito in attività presumibilmente all’inizio
dell’autunno 2014. Poi, secondo una stima ottimistica, ci vorranno undici anni
per colmare e riportare a livello la cava e riconfigurare il versante collinare
dato che saranno necessari un milione e 500mila metri cubi di materiale.
L’ultimo strato dovrà recare il ripristino del verde, ma spetterà a una futura
giunta comunale, che non sarà nemmeno la prossima, stabilire nel dettaglio cosa
fare in quell’area che a quel momento sarà completamente recuperata. L’impegno
di spesa previsto è di 3 milioni e 600mila euro che il gestore ammortizzerà
incassando gli oneri dovuti da ogni camion che conferirà il materiale di scarto.
Anche al Comune comunque spetterà un chip. I dettagli del prospettato intervento
sono stati illustrati ieri dall’assesssore comunale ai Lavori pubblici Andrea
Dapretto affiancato dall’ingegnere progettista Fredi Luchesi e dai dirigenti
comunali Giovanni Svara e Elisabetta Gamba. I primi a trarre giovamento
dall’opera dovrebbero però essere i costruttori e l’edilizia in generale che sta
attraversando un momento di fortissima crisi. Infatti Donatello Cividin,
presidente dell’Ance, presente all’incontro, ha espresso grande soddisfazione
per la possibilità di avere «dopo quarant’anni e più, un sito (guai a chiamarlo
discarica) dove portare i materiali di scavo delle varie opere edilizie senza
doversi recare in provincia di Gorizia o addirittura in Friuli con spese non
indifferenti di gasolio, considerato oltretutto che i camion partono pieni, ma
tornano vuoti». Anche quella di Cava Faccanoni è come tante a Trieste una
questione annosa e mai risolta. È stato ricordato un progetto addirittura del
1974 che puntava e realizzare un residence universitario. «L’ipotesi finale più
verosimile potrebbe essere la realizzazione di un parco aperto alla cittadinanza
- ha specificato Dapretto - certamente non vi sarà alcuna speculazione
immobiliare». Come hanno spiegato i tecnici, i materiali di conferimento saranno
esaminati (e respinti se non in regola) e quindi, attraverso le attrezzature
dell’impianto, ripuliti e resi adatti per una «delicata opera di
rinaturalizzazione del sito».
Silvio Maranzana
Saranno riversati materiali di scavo dagli edili
Il progetto preliminare già realizzato dall’ingegner Fredi Luchesi viene
posto a base della gara che sta per essere bandita del Comune per Cava
Faccanoni. Ma il Comune era di fronte anche a un’alternativa: puntare sul
conferimento di solo terre e rocce da scavo, ma ciò avrebbe implicato tempi
molto lunghi soprattutto per il fatto che non sono in fase di realizzazione
molte grandi opere e il rischio conseguente che la gara andasse deserta, oppure
includere anche gli inerti associandoli a impianti per il trattamento che
potranno ad esempio triturare materiali di demolizione: è stata scelta
quest’ultima opzione.
“Liberate” le acque della Sacchetta - Pulizia dei
fondali: riemersi motorini, fornelli da campeggio, pali e anche un wc
Scalette, vasi, bottiglie, ferraglia, pneumatici, pali e segnali stradali.
Ma anche biciclette, motorini, seggiolini e fornelli da campeggio. E proprio per
non farsi mancare nulla, una porta da pallanuoto e un wc. Non stiamo parlando
della merce in esposizione in un fornitissimo centro commerciale, ma di una
incredibile serie di oggetti che sono stati restituiti dal mare grazie
all’iniziativa di pulizia dei fondali che ha interessato lo specchio d’acqua
della Sacchetta, l’ultimo tratto di mare delle Rive triestine, andata in scena
ieri mattina. L’occasione è stata quella della giornata internazionale per la
conservazione del mare, il “World Ocean Day”, e ha visto per protagonisti un
centinaio di volontari appartenenti alla Società Triestina Sport del Mare e alla
Lega Navale Italiana, cui si è aggiunto il supporto dei professionisti del
Circolo Sommozzatori Trieste. La “missione” è iniziata alle 10 precise, con il
briefing di coordinamento tra tutti gli addetti ai lavori, ed è continuata
attraverso una doppia fase di intervento, davanti all’immancabile folla di
curiosi. Da una parte una trentina di sommozzatori che a turno si sono adoperati
per liberare i fondali dall’inquinamento antropico provocato dai più disparati
oggetti finiti in mare. Dall’altra parte, a terra, un gruppo di altrettanti
volontari appartenenti alle due società organizzatrici dell’evento, che hanno
provveduto a raccogliere tutto il materiale riaffiorato per poi accatastarlo in
un apposito container adibito allo smaltimento dei rifiuti. «È stata una
giornata speciale, un’iniziativa che possiamo archiviare con grande
soddisfazione, condita dal successo di partecipanti e di pubblico - ha
commentato Guido Benci, presidente della Triestina Sport del Mare -. Il
messaggio è che il mare è una risorsa estremamente importante da rispettare, in
modo particolare in una città di grande tradizione marinara: auspichiamo maggior
attenzione da parte di tutti in questo senso». La giornata mondiale degli Oceani
è nata nel 1992 ed è poi stata riconosciuta ufficialmente dall’Onu: la filosofia
di base è la salvaguardia delle grandi distese d’acqua del pianeta, minacciate
dall’inquinamento. «Quello della pulizia dei fondali è un progetto che la nostra
società porta avanti in proprio già da una decina d’anni e che qui abbiamo
deciso di ampliare - precisa Paolo Scubini, presidente della Lega Navale -. Il
tema del rispetto per l’ambiente in generale e quello della cura del mare in
particolare fanno parte del nostro statuto e dunque del nostro dna. Una
iniziativa che vogliamo riproporre anche in futuro con ulteriori novità».
Pierpaolo Pitich
IL PICCOLO - SABATO, 8 giugno 2013
«Ma via XXX Ottobre resterà nel traffico» - LA PROTESTA
La “Notte bianca” scontenta i rappresentanti del “Comitato dei 500”, gruppo
sorto spontaneamente un paio di mesi fa per chiedere la pedonalizzazione del
tratto di via XXX Ottobre compreso fra le vie Valdirivo e Milano, che però nel
nuovo Piano traffico in via di elaborazione sembra destinato a rimanere luogo di
transito per moto e autoveicoli. Pubblici esercenti, commercianti e residenti
della zona vorrebbero trasformata quell’area in piccola oasi in mezzo al Borgo
Teresiano, in grado di ospitare sedie e tavolini. A maggior ragione in
un’occasione come stasera. Partiti con molto entusiasmo, approdando lo scorso
aprile con la loro proposta nell’aula della giunta comunale, quelli del Comitato
si ritrovano con il nulla di fatto. Le 500 firme raccolte a sostegno della loro
richiesta sembrano non trovare accoglimento nemmeno in occasione della serata di
oggui. «Confidavamo in un esperimento – dice Margaux Iozsa, prima firmataria
della petizione – soprattutto alla luce del fatto che altri tratti di via XXX
Ottobre, come quello che porta in piazza Oberdan, o l’altro che sfocia in piazza
Sant’Antonio Nuovo, stasera saranno pedonalizzati. Inoltre i colleghi esercenti
le cui attività si affacciano su quelle strade – aggiunge – sono stati avvisati
per tempo dall’amministrazione e hanno così potuto prepararsi per cogliere al
volo questa opportunità. Noi invece ci sentiamo dimenticati. Abbiamo chiesto e
ottenuto un incontro con l’assessore Elena Marchigiani – conclude Margaux – ma
all’ultimo momento, a giochi oramai fatti, perciò ci dovremo rassegnare a una
situazione che ci penalizza». «Quel tratto di via XXX Ottobre è nevralgico –
ribatte Marchigiani – perché collega due arterie di grande traffico: una, via
Valdirivo, in cui si convoglia la circolazione in direzione Rive; l’altra, via
Milano, che va in direzione opposta. Bisogna anche pensare ai portatori di
handicap, ai tassisti, alle esigenze di tutte le categorie perciò un nodo di
collegamento ci deve essere. Del resto il Piano traffico cui stiamo lavorando
non prevede la pedonalizzazione di quel pezzo di via XXX Ottobre, e lo potrà
eventualmente diventare solo dopo precisa e attenta analisi tecnica. Capisco
l’importanza delle 500 firme, che peraltro non mi sono mai arrivate
ufficialmente – conclude Marchigiani – ma non possiamo modificare uno studio a
ogni richiesta».
Ugo Salvini
Agricoltura - Gli ambientalisti dicono no agli Ogm
Una lettera al vicepresidente Bolzonello per sollecitare maggiore chiarezza di comunicazione circa l'illegalità in Regione di semine Ogm. A firmarla i rappresentanti di Wwf, Legambiente e Associazione italiana agricoltura biologica all’indomani del dissequestro delle sementi Ogm di proprietà di Giorgio Fidenato autorizzato dai giudici. «Tale dissequestro - continuano gli ambietalisti - può far intendere che ora la loro semina è legale, mentre, come l'assessore ha dichiarato dopo la revoca del regolamento attuativo, nella nostra regione il divieto previsto dalla legge 5/11 è ancora in vigore».
NEXTVILLE.it - VENERDI', 7 giugno 2013
Detrazioni 50% e 65%: ecco cosa cambia
Sono in vigore da ieri 6 giugno 2013 le modifiche al meccanismo delle
detrazioni fiscali introdotte con il Dl 63/2013 di recepimento della direttiva
2010/31/Ue sulla prestazione energetica nell'edilizia.
Prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale circolavano diverse bozze
del decreto legge, creando confusione e allarmi spesso ingiustificati tra gli
operatori del settore. Ora, dal momento che abbiamo a disposizione il testo
definitivo (fatta eccezione per le eventuali modifiche che arriveranno in fase
di conversione in Legge del Dl), possiamo tentare di fare un po’ di chiarezza.
Proroga del 50% ed estensione ai mobili da arredo
L’articolo 16 del Dl 63/2013 aggiunge altri sei mesi di tempo alla scadenza
naturale delle detrazioni del 50% per gli interventi di ristrutturazione
edilizia. Si potrà quindi usufruire di questa detrazione per le spese sostenute
fino al 31 dicembre 2013. Inoltre, fino alla stessa data, si potrà includere tra
le spese detraibili l'acquisto di mobili per l'arredo dell'immobile oggetto di
ristrutturazione, per un massimo di 10 mila euro (in pratica si concede un bonus
di 5.000 euro).
A partire dal 1° gennaio 2014 la percentuale del 50% tornerà al “normale” 36%.
Ricordiamo infatti che Decreto legge 201/2011 (convertito in Legge 214/2011) ha
reso stabile il 36%, inserendolo nel Dpr 917/1986 (Testo Unico delle Imposte sui
Redditi).
Proroga differenziata per il 55% e aumento della percentuale detraibile
L’articolo 14 del Dl 63/2013 prevede che, a partire dal 6 giugno 2013 (data di
entrata in vigore del decreto legge) e fino al 31 dicembre 2013, le spese per
interventi di efficientamento energetico potranno beneficiare di una percentuale
di detrazione del 65% anziché del 55%.
Sono escluse dall’accesso alle detrazioni le spese (detraibili comunque con il
55% fino al 30 giugno 2013) sostenute per:
• gli interventi di sostituzione di impianti di riscaldamento con pompe di
calore ad alta efficienza;
• gli interventi di sostituzione di impianti di riscaldamento con impianti
geotermici a bassa entalpia;
• la sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore
dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria.
L’esclusione di queste tre tipologie di interventi è dovuta al fatto che esse
sono già incentivate dal Conto termico (Dm sviluppo 28 dicembre 2012).
L’articolo 14 del Dl 63/2013 prevede una percentuale di detrazione del 65% anche
per interventi di efficientamento energetico “relativi a parti comuni degli
edifici condominiali … o che interessino tutte le unità immobiliari di cui si
compone il singolo condominio”. In questo caso, per beneficiare del 65% c’è
tempo fino al 30 giugno 2014.
Per ulteriori approfondimenti, vi consigliamo di consultare le pagine del nostro
sito, prontamente aggiornate alle ultime novità.
Riferimenti
• Detrazioni fiscali del 65% (ex 55%) per interventi di efficienza energetica su
edifici esistenti
in Nextville (Incentivi e Bandi)
• Detrazioni fiscali 50% (ex 36%) per ristrutturazioni edilizie
in Nextville (Incentivi e Bandi)
• Dl 4 giugno 2013, n. 63 Recepimento direttiva 2010/31/Ue sulla prestazione
energetica in edilizia e proroga detrazioni fiscali del 55% e 50% per
efficientamento energetico e ristrutturazioni degli edifici
in Nextville (Osservatorio di normativa energetica)
• Conto termico: gli incentivi per l'efficienza energetica e le rinnovabili
termiche
in Nextville (Gestione incentivi)
Filippo Franchetto
IL PICCOLO - VENERDI', 7 giugno 2013
Gas a Veglia, tornano gli sceicchi
Visita di una delegazione del Qatar al sito di Castemuschio. Ma è forte
anche l’interesse statunitense
FIUME Si rifà sotto il Qatar per la costruzione del rigassificatore a
Castelmuschio (Omisalj), nell’isola di Veglia. In questi giorni una delegazione
economica del ricchissimo emirato arabo è stata a Castelmuschio, visitando il
sito dove dovrebbe sorgere il terminal metanifero che, a differenza del defunto
progetto di Zaule, nel Quarnero incontra i favori delle municipalità locali,
come pure delle autorità statali croate. La rappresentanza era composta da
esponenti di tre compagnie energetiche, la Qatar Petroleum, la Qatargas-a e la
Qatar Electricity & Water Company. Ad attendere gli ospiti esponenti del governo
croato, della Regione quarnerino–montana e il direttore di LNG Croazia, Jurica
Medun. Dopo la visita, nessuno ha voluto rilasciare dichiarazioni ufficiali, ma
già l’arrivo sull’isola altoadriatica sta a significare che il Qatar guarda con
attenzione al rigassificatore, alla sua costruzione (affare da un miliardo di
euro) e gestione. Come noto, settimane fa era stata diffusa la notizia che l’
Emirato non era più interessato al megaimpianto isolano e ne sarebbe stata prova
il mancato arrivo a Fiume – a inizio maggio – delle massime autorità qatariote,
che avrebbero dovuto assistere all’inaugurazione della moschea. Da fonti
ufficiose del ministero dell’Economia croato, si è venuto comunque a sapere che
la delegazione quatariota ha voluto conoscere da vicino il progetto vegliota,
facendo da apripista ad una delegazione a livello ministeriale che dovrebbe
visitare la Croazia nei prossimi mesi, per tentare di arrivare all’intesa finale
con Zagabria. Gli operatori economici qatarioti hanno fatto tappa anche nella
centrale termoelettrica di Urinj, negli immediati dintorni di Fiume. L’impianto
sarà prossimamente sottoposto a lavori di ristrutturazione ed entro il 2017,
così l’Azienda elettrica croata, utilizzerà il metano. La termocentrale fiumana,
spesso chiamata in causa per l’inquinamento prodotto, passerà da una potenza di
320 a 600 megawatt. Produrrà corrente elettrica a costi ridotti e con minori
danni per l’ambiente quarnerino. Tornando al rigassificatore vegliota, al
ministero croato dell’Economia hanno confermato che il Qatar non è l’unico
interessato all’investimento. Vi è in gioco anche la compagnia statunitense
ExxonMobil, che ha già fatto sapere di ambire allo sfruttamento di giacimenti
petroliferi e metaniferi in Adriatico.
Andrea Marsanich
TRIESTE ON SIGHT
Arci servizio civile, nell’ambito dell’iniziativa “Trieste on sight”, organizza al polo di aggregazione giovanile Toti, in via della Cattedrale la Festa della musica, un festival “speciale”, che si articolerà dalle 18 alle 23. Tutti i concerti in programma verranno aperti dalle più interessanti realtà musicali emergenti del territorio.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 giugno 2013
Gnl, Ue possibilista «ma non a Zaule»
La Ue, per bocca del commissario all’Ambiente, che è uno sloveno, Janez
Potocnik, si dice ancora possibilista sul progetto del rigassificatore
triestino, ma nel contempo ci mette un bel freno, quanto meno nella sua
collocazione originaria di Zaule, e lo fa sulla base della sospensione del
decreto di Via disposto dall’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini, a fronte
del parere espresso dall’Autorità portuale e da tutti gli enti triestini,
secondo cui l’impianto di Gas Natural impedirebbe lo sviluppo del porto.
Sospendendo l’autorizzazione ambientale (concessa nel 2009), in cui era stata
data un’indicazione precisa: o Gas Natural trova una collocazione diversa per il
rigassificatore, o l’Autorità portuale rivede i piani di sviluppo dei traffici.
Le due cose insieme sono incompatibili. Ma in Europa sono state prese in
considerazione pure le opposizioni di natura ambientale e in materia di
sicurezza che sono state espresse in questi anni da amministrazioni locali,
associazioni ambientaliste e gruppi di studio specifici. Nonché naturalmente
dalla Slovenia. A farsi interprete del problema l’eurodeputato veneto Andrea
Zanoni (Idv, iscritto nel Parlamento europeo all’Alleanza dei democratici e
liberali per l’Europa animalista e ambientalista e membro della commissione
Ambiente). Zanoni ha interessato il commissario Ue all’Ambiente. Che è, appunto,
lo sloveno Janez Potocnik. Il quale ha detto che «la Commissione continuerà a
seguire attentamente gli sviluppi del caso per assicurare il pieno rispetto
delle disposizioni del diritto Ue». Ma si profila tuttavia uno snodo politico
estremamente rilevante. Entro la fine di quest’anno o l’inizio del prossimo
l’Europa stilerà l’elenco dei progetti di interesse comune nell’ambito della
predisposizione della rete energetica Ten-E. E Potocnik ha avvertito: «Il
progetto di Zaule potrebbe esservi incluso. Ma l’effettiva inclusione sarà
subordinata ad esempio all’esito della ricerca di un nuovo sito per il progetto
o di un’altra soluzione al problema ambientale, nonché alle relative
comunicazioni alla Commissione nei tempi prestabiliti». Era in vista del piano
energetico europeo che l’ex ministro allo Sviluppo, Corrado Passera, era andato
a Bruxelles poco prima che il governo Monti decadesse dalle sue funzioni,
proprio per raccomandare l’inclusione dell’impianto triestino. Potocnik,
interprete anche della fortissima opposizione slovena, ma soprattutto citando il
decreto Clini, dice che valgono le indicazioni del ministero italiano: o si
cambia posto, o cambiano le condizioni. E comunque in fretta, in tempo per
l’inclusione nel piano energetico. «Il tentativo di inserire il rigassificatore
di Zaule - commenta Zanoni - fra le 13 infrastrutture energetiche prioritarie
del Piano per una rete energetica europea integrata costituisce un goffo e
maldestro tentativo di bypassare le opposizioni italiane e slovene nonché la
normativa comunitaria. Fortunatamente il commissario ha rimesso le cose a posto
frenando l’irruenza sospetta dell’allora ministro allo Sviluppo economico
Corrado Passera».
La Giornata dell’ambiente saluta - PALACHIARBOLA
Giornata mondiale dell’ambiente dalle 10 PalaChiarbola
Ultimo appuntamento a chiusura della Giornata mondiale dell’ambiente istituita
dall’Onu (nella foto, uno spettacolo teatrale sul riciclo), e quest’anno
promossa per la prima volta anche a Trieste a cura del Comune, della Provincia e
dall’Ass. L’evento, dedicato a bambini, ragazzi ed educatori, si terrà al
PalaChiarbola dove, alle 10, avrà luogo la premiazione delle scuole vincitrici
di un concorso nell’ambito del Progetto di Agenda 21, coordinato dall’Azienda
sanitaria in collaborazione con Comune e Querciambiente Eco–Space, che ha visto
la “costruzione” di originali contenitori per la differenziata ideati e
realizzati dagli stessi ragazzi (oggetti messi in mostra nei giorni scorsi alla
Camera di commercio). A premiare i giovani, gli assessori comunali
all’Educazione Antonella Grim e all’Ambiente Umberto Laureni, il “Nobel” Filippo
Giorgi e uno staff di animatori di Zelig.
GREEN STYLE.it - MERCOLEDI', 5 giugno 2013
Detrazione 50% ristrutturazioni edilizie, le novità
Oltre all’ecobonus per le riqualificazioni energetiche, il Consiglio dei
ministri ha recentemente varato una proroga della detrazione fiscale per le
ristrutturazioni generiche, che a questo punto rimarrà in vigore fino al 31
dicembre 2013 (prima dell’intervento del Governo Letta, la misura era in
scadenza il 30 giugno).
In attesa della pubblicazione del Decreto in Gazzetta
Ufficiale, vediamo quali sono le principali novità:
Aliquota detraibile
La percentuale di spesa detraibile resta fissata al 50%. Era stato il Governo
Monti a portare l’aliquota a questo livello, innalzando la precedente quota che
era stabilita al 36% della spesa sostenuta dal contribuente.
Il tetto di spesa
Anche in questo caso, nessun cambiamento: la spesa massima su cui calcolare la
detrazione resta di 96.000 euro. Il massimo credito di imposta di cui può godere
il contribuente, quindi, è pari a 48.000 euro (il 50% di 96.000). Prima delle
novità introdotte nella precedente legislatura, il tetto di spesa era
esattamente della metà.
Incentivi anche per il fotovoltaico
Lo sconto Irpef per le ristrutturazioni edilizie vale per tutti gli interventi
di manutenzione ordinaria e straordinaria per quanto riguarda le seguenti voci:
◦progettazione, consulenza, perizie;
◦esecuzione dei lavori;
◦acquisto dei materiali;
◦messa in regola degli impianti elettrici e degli impianti a metano;
◦relazione di conformità dei lavori;
◦imposte e altri costi burocratici (Iva, imposta di bollo, concessioni,
autorizzazioni, denuncia di inizio lavori);
◦oneri di urbanizzazione.
La principale novità riguarda la possibilità di detrarre la spesa sostenuta per
l’acquisto di cucine e altri mobili in muratura destinati all’abitazione da
ristrutturare. Come già previsto in passato, il bonus è disponibile anche per
chi acquista pannelli fotovoltaici per la propria abitazione ma rinuncia agli
incentivi del Quinto Conto Energia.
Possono godere della detrazione tutte le persone fisiche che hanno
ristrutturato, entro il 31 dicembre 2012, un immobile di cui sono proprietari,
affittuari o usufruttuari, oppure coloro che acquistano un immobile
ristrutturato da imprese di costruzione o cooperative entro il 30 giugno 2013
(ma la ristrutturazione dev’essere conclusa sempre entro il 31 dicembre 2012).
La durata delle rate
A differenza dell’ecobonus del 65%, che può essere riscattato solo in 10 rate
annuali, la detrazione Irpef del 50% viene “spalmata” su periodi diversi a
seconda della tipologia di contribuente che ne usufruisce. Più nel dettaglio, lo
sconto può essere recuperato in:
◦10 anni per tutti i contribuenti con meno di 75 anni di età;
◦5 anni per i contribuenti con meno di 80 anni;
◦3 anni per i contribuenti con più di 80 anni.
Le altre novità
Rispetto a quanto previsto finora, il nuovo provvedimento prevede la decadenza
dell’obbligo di trasmettere la comunicazione di inizio lavori al Centro
operativo di Pescara. Occorre comunque conservare le fatture o le ricevute
fiscali relative alle spese detraibili, nonché le ricevute dei bonifici come
attestazioni dei pagamenti.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 giugno 2013
Riduzione di Co2, primo passo al Carciotti
Con un grado in meno di riscaldamento, consumi di metano scesi del 4%.
Sinergia fra i vari enti
Abbassare del 20% le emissioni di Co2 a Trieste entro il 2020, coinvolgendo
tutti i grandi consumatori di carburanti e riscaldamento. È l’obiettivo del
progetto europeo “Piano di azione per l’energia sostenibile” sottoposto al
“Patto dei sindaci” che anche Roberto Cosolini ha firmato nel giugno dello
scorso anno e che per il Comune ha portato a due primi risultati: fare
l’inventario di tutte le emissioni in città, misurare quanto una correzione
nell’uso dei combustibili può portare di buono (un grado in meno di
riscaldamento a palazzo Carciotti ha determinato il 4% in meno di consumo di
metano) e convogliare tutti gli enti del territorio ai medesimi impegni, cosa
che è avvenuta ieri sotto la guida degli assessori Umberto Laureni (Ambiente),
Elena Marchigiani (Urbanistica), Andrea Dapretto (Lavori pubblici), Edi Kraus
(Sviluppo, assente per convalescenza). Hanno partecipato («con grande
convincimento» dice Laureni) Regione, Provincia, Acegas-Hera, Trieste Trasporti,
Ater, Azienda sanitaria, Azienda ospedaliero-universitaria, Università, Area di
ricerca, Ezit e Autorità portuale. Nel frattempo il Comune ha chiesto a
Bruxelles una proroga per la presentazione del progetto finale, che scade
altrimenti a fine mese. Perché manca il voto del Consiglio comunale. Per
determinare la quantità di Co2 prodotta sul territorio è stata fatta una analisi
che però fa base sui dati del 2001. Dai quali si ricava una quantità totale di
emissioni pari a 928.425 tonnellate di anidride carbonica “sparata” nella nostra
aria. Dati molto vecchi, non si sa se in 12 anni le cose sono migliorate o
peggiorate, in tutti i casi Trieste si impegna entro il 2020 a calare di almeno
185.685 tonnellate la quantità di Co2. Che cosa c’è da fare? Riqualificare
edifici e impianti, installare misure di risparmio energetico, pianificare la
mobilità, sensibilizzare l’opinione pubblica (i privati), produrre energia da
fonti rinnovabili. «Il primo esperimento è stato sugli uffici di palazzo
Carciotti - spiega Laureni - e dal prossimo anno sarà esteso ad altri 41 edifici
comunali». Gli altri enti dovranno fare altrettanto, ricordando che il Porto
(grande inquinatore) aveva già firmato con l’ex ministro dell’Ambiente, Corrado
Clini, un progetto per abbattere le emissioni delle navi che, ferme in rada,
devono tuttavia tenere i motori accesi. Previsto un sistema di alimentazione
elettrica, ma ieri non se ne è parlato nel dettaglio.
(g. z.)
Sito inquinato, Edison deve pagare 5 anni dopo
Il Tar conferma l’ordine della conferenza dei servizi del 2008 sulla
messa in sicurezza delle acque di falda
Causa vecchia, oneri nuovi. Edison Spa - da titolare di una striscia Ezit
sul mare a Sud del Canale navigabile, verso Muggia, ai confini del comprensorio
dell’ex raffineria Aquila, dunque in perimetro Sin, il Sito inquinato
d’interesse nazionale - si ritrova chiamata oggi, a cinque anni dall’emissione
di un ordine mai eseguito e anzi contestato in sede giudiziaria, alla «messa in
sicurezza di emergenza delle acque di falda» che ricadono nella propria
striscia. Vige infatti - secondo una recentissima sentenza del Tar, il Tribunale
amministrativo regionale - il principio che a intervenire in via d’urgenza, per
evitare che un dato inquinamento si propaghi, debbano essere i proprietari o
gestori di un’area in quanto «soggetti obbligati», a prescindere che
dell’inquinamento siano pure i «soggetti responsabili» o meno, fatta però salva
poi la facoltà di questi di tentare di rivalersi in sede civile su quelli che
considerano, al contrario, i veri responsabili. La sentenza in questione data 31
maggio 2013 e rigetta il ricorso presentato nel 2009 dagli avvocati Nicola
Bassi, Simona Viola, Mario Bucello e Giovanni Borgna proprio per conto di Edison
contro i ministeri dell’Ambiente, dello Sviluppo economico e del Lavoro, la
Regione, il Comune di Muggia e l’Istituto superiore di Sanità. Tale ricorso, in
particolare, impugnava, chiedendone l’annullamento, di una decisione presa in
una delle innumerevoli conferenze dei servizi sul Sin tenutesi negli anni al
Ministero dell’Ambiente, nella fattispecie quella del 18 giugno del 2008:
nell’occasione, al punto 5 del verbale, era stato imposto appunto a Edison -
anche alla luce di quattro rilevamenti Arpa per altrettanti sforamenti dei
limiti di legge di Mtbe (metil-ter-butil etere) - «non solo di continuare a
monitorare le acque di falda ma altresì di adottare misure di messa in sicurezza
di emergenza». Davanti a quest’ordine Edison, come detto, aveva optato per la
battaglia legale, sulla scia di una precedente vinta nel 2005 sempre in sede di
giustizia amministrativa, quando era stato «rilevato che la ricorrente non era
responsabile dell’inquinamento della falda», desumendo, tra le altre cose, come
l’inquinamento derivasse dalla striscia di terra a monte rispetto alla sua, cioè
dall’area ex Silone divenuta Shell. La Silone-Shell si era a sua volta
costituita a giudizio (con gli avvocati Antonella Capria, Teodora Marocco,
Francesco Schizzerotto e Massimiliano Bellavista) ma il Tar ne ha stralciato la
posizione giacché, si legge nella sentenza, «se con essa si intende sostenere la
responsabilità della Silone sarà in altra sede che le dovrà essere espressamente
richiesta la rifusione delle spese di messa in sicurezza». Il Tar, insomma, in
questo caso bada alla sostanza, a quelli che ritiene essere i doveri del
titolare di un’area in un dato momento, non dei suoi predecessori né dei vicini
di casa, perché quella è, eventualmente, altra materia. «Le prescrizioni
impartite alla ricorrente - recita la sentenza - non sono conseguenti a una
qualche responsabilità ambientale ad essa attribuita. Se si considera che le
predette misure tendono alla messa in sicurezza d’emergenza delle aree è logico
che tale premessa non faccia cenno a “soggetti responsabili” ma a “soggetti
obbligati”. Tale attività prescinde quindi da ogni addebito di responsabilità
nei confronti del soggetto onerato». Il pronunciamento si chiude con la condanna
di Edison al pagamento di 4mila euro di spese processuali al Ministero
dell’Ambiente e di altri 2mila all’Istituto superiore di sanità.
(pi.ra.)
“Aula Blu”: arriva la barca-scuola
Oggi, per la Giornata mondiale dell’Ambiente, due mini-crociere da piazza
Unità
Oggi e domani anche Trieste celebrerà per la prima volta la Giornata
mondiale dell’Ambiente istituita dall’Onu, con iniziative congiunte di Comune,
Provincia e Azienda sanitaria, in collaborazione con AcegasAps, Arpa, Larea,
Ufficio scolastico regionale, Wwf area marina di Miramare, Camera di Commercio,
Querciambiente-Ecospace, Slow Food, Unicef, Museo della bora, Edilmaster, Descò,
Cir-food. Protagonisti in prima linea saranno bambini e ragazzi, educatori e
comitati di genitori, con laboratori, letture verdi, mostre e piccoli mercatini
“in tema” organizzati appunto nelle scuole. Nei luoghi pubblici le principali
manifestazioni prenderanno avvio alle 10, nella Sala matrimoni di piazza Unità,
con la cerimonia conclusiva del Premio Julius Kugy 2013 che, indetto annualmente
dalla Provincia e rivolto alle scuole, ha affrontato il tema delle “tre erre:
riuso, riciclo, recupero”. Nel pomeriggio, la sede centrale sarà ancora piazza
Unità, dove, tra le 15 e le 18, si svolgerà il curioso laboratorio di riciclo
creativo intitolato “Il giardino di Piazza Grande” che punterà a ricreare, con
l’impegno dei bambini e dei ragazzi dei Ricreatori - ma aperto a tutti i
cittadini che vorranno cimentarvisi - nientemeno che le antiche aiuole della
piazza di fine ‘800 rifatte con plastiche e altri materiali. Contemporaneamente
si svolgeranno anche un “percorso di educazione alla mobilità” con la polizia
locale per bambini dai 4 ai 10 anni, una “sfilata in piazza con eco-abiti”,
anch’essa piuttosto curiosa vista la fattura degli abiti con materiali di
riciclo (a cura di Querciambiente), nonché, tempo permettendo, due “mini
crociere nel Golfo” in partenza sempre da piazza Unità con il catamarano
didattico “Aula Blu”, a cura del Wwf - Area marina protetta di Miramare. Questa
con “Aula Blu”, e con il suo referente, il professor Pino Ferraro dell’Istituto
Bergamas,, sarà una vera e propria lezione all’aria aperta e in mezzo al mare:
un’uscita sul campo per familiarizzare con gli strumenti di navigazione,
monitorare le condizioni meteo-marine, interpretare il paesaggio, osservare da
vicino, da questo autentico laboratorio galleggiante, gli animali marini. Oggi
pomeriggio “Aula Blu” sarà perciò ormeggiata alla Scala Reale davanti a piazza
Unità per accogliere a bordo ragazzi e studenti ma anche, per quanto possibile,
tutti i curiosi e i cittadini interessati. Alle 15.30 e alle 16.30 partiranno le
due mini-crociere gratuite e aperte a tutti. Non sono previste prenotazioni, ma
i posti naturalmente saranno limitati
(040-224147 ; gianna@riservamarinamiramare.it ).
GREEN STYLE.it - MARTEDI', 4 giugno 2013
Detrazione 65% efficienza: cosa cambia
Il Consiglio dei ministri ha prorogato la detrazione fiscale prevista per
gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, la cui scadenza era
prevista inizialmente per il 30 giugno, innalzando l’aliquota dall’attuale 55%
al 65%. Vediamo in dettaglio cosa cambia e cosa c’è da sapere per usufruire
dell’agevolazione.
Le scadenze
Il nuovo ecobonus sarà in vigore dal 1 luglio al 31 dicembre 2013 per gli
interventi di riqualificazione effettuati da privati. La scadenza è fissata
invece al 30 giugno 2014 per i lavori di ristrutturazione attuati da condomini e
che riguardino almeno il 25% della superficie dell’involucro. Secondo uno studio
Cna-Cresme, il decreto che introduce le proroghe potrebbe determinare un aumento
del 4,3% delle richieste di detrazione.
L’aliquota
Il decreto prevede una detrazione dell’imposta lorda per una quota pari al 65%
degli importi a carico del contribuente (inizialmente era circolata la voce di
un possibile aumento fino al 75%). Contrariamente a quanto richiesto da diverse
associazioni di settore, che speravano di vedere dimezzati i tempi di recupero
del bonus, il credito potrà essere riscattato dai contribuenti in 10 quote
annuali di pari importo, esattamente come accade adesso con il 55%.
Gli interventi incentivati
Queste sono le misure di efficientamento interessate dalla nuova versione
dell’ecobonus:
◦Solare termico (in alternativa alla detrazione del 65%, il solare termico può
usufruire degli incentivi del Conto Energia Termico);
◦Impianti di climatizzazione alimentati da caldaie a condensazione;
◦Interventi di isolamento termico di muri esterni e sottotetti;
◦Riqualificazione energetica generale degli immobili;
◦Interventi sulle parti comuni degli edifici (in questo caso il bonus resta in
vigore fino al 30 giugno 2014).
Gli interventi esclusi
La proroga dell’agevolazione non vale per gli interventi di sostituzione di
impianti di riscaldamento con pompe di calore ad alta efficienza e impianti
geotermici a bassa entalpia, nonché per la sostituzione di scaldacqua
tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua
calda sanitaria.
La scelta del Consiglio dei ministri, infatti, è stata quella di concentrare la
misura sugli interventi strutturali a carico dell’involucro edilizio, giudicati
più “idonei a ridurre stabilmente il fabbisogno di energia”. La decisione di
escludere le pompe di calore ha già determinato la reazione delle associazioni
di settore, convinte che il Conto Energia Termico non sia sufficiente come mezzo
di incentivazione di questa tecnologie.
I limiti di detrazione
Se l’aliquota cresce, diminuiscono invece i tetti di spesa detraibile fissati
per ciascun tipo di intervento. Nel dettaglio, i limiti diventano:
◦92.307,69 per il solare termico;
◦46.153,84 per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con
impianti dotati di caldaia a condensazione;
◦92.307,69 per le strutture opache verticali (pareti isolanti o cappotti),
quelle orizzontali (coperture e pavimenti) e le finestre comprensive di infissi;
◦153.846,15 euro per la riqualificazione energetica generale degli edifici.
La copertura economica
L’ecobonus costerà allo Stato 200 milioni l’anno per i prossimi 10 anni. Le
somme necessarie a finanziarlo saranno in parte recuperate dall’aumento dell’Iva
e in parte – per quanto riguarda gli interventi realizzati dai condomini – dal
Fondo Rotativo per Kyoto.
IL PICCOLO - MARTEDI', 4 giugno 2013
Il futuro della Tav innesca lo scontro tra Lega e Sel
TRIESTE Prima il botta e risposta tra Serracchiani e Mainardi, ora lo
scontro a distanza tra Lega e Sel. Al centro delle schermaglie, ancora una
volta, il progetto dell’Alta velocità ferroviaria. Progetto sul quale, denuncia
il Carroccio, stanno emergendo le prime, evidenti tensioni all’interno della
maggioranza. «La Tav è una priorità per la presidente Serracchiani - afferma il
segretario Matteo Piasente - . Per il capogruppo di Sel Giulio Lauri, invece, è
un progetto insostenibile economicamente e sbagliato concettualmente. La
maggioranza in Regione si è già spaccata?». «È bastato che il commissario
Mainardi sfiorasse l’argomento per scatenare reazioni opposte - continua
Piasente -. Serracchiani e Lauri abbiano dato interpretazioni molto diverse alle
parole del commissario Mainardi. La storia a sinistra si ripete: Illy aveva la
palla al piede di Rifondazione Comunista con Antonaz e Franzil, Serracchiani ha
Lauri e il gruppo di Sel. C’è poi un’ulteriore elemento di divisione: la lista
dei Cittadini, con un capogruppo, Paviotti, sicuramente distante dalle posizioni
di Lauri. Una storia che si ripete: ciclicamente - conclude Piasente - le
coalizioni di centrosinistra si scontrano sui grandi temi, a iniziare dalle
infrastrutture». Immediata la replica dell’esponente di Sel. «La Lega dovrebbe
avere rispetto per le preoccupazioni e le richieste del territorio -
contrattacca - e dovrebbe essere interessata alla volontà di quei Comuni che,
per la Tav, chiedono di valutare innanzitutto l'opzione zero, cioè il
potenziamento della linea esistente per i treni a 200 all'ora anziché una nuova
linea ad alta velocità a 300 all'ora. Piasente si confronti sulle proposte di
oggi, scoprirà che non ci sono differenze fra le richieste avanzate dalla
Presidente Serracchiani a Mainardi ed al governo e quello che sostiene Sinistra
ecologia libertà».
In salvo i collegamenti con Milano e Villaco
La giunta stanzia 2,7 milioni per prorogare i servizi su rotaia verso il
capoluogo lombardo e l’Austria
TRIESTE Anche quest'anno la Regione pagherà 2 milioni di euro per garantire
i collegamenti ferroviari da Trieste e Udine con Milano e Roma. Nel corso
dell'ultima seduta di giunta, su proposta dell'assessore alle Infrastrutture
Mariagrazia Santoro, l'esecutivo regionale ha approvato la delibera che
“prenota” la somma di 2 milioni di euro per la proroga 2013 dei collegamenti
ferroviari. Si tratta di fatto di una riproposizione di quanto già fatto negli
ultimi anni dopo che con la legge finanziaria 2010 è stata autorizzata la spesa
(il tetto massimo indicato dalla legge è di 3 milioni) per avere questi
collegamenti ferroviari. La delibera conferma infatti, anche per l'anno in
corso, il proseguimento della convenzione tra la Regione e la divisione
Passeggeri di Trenitalia. Sottoscritta il 9 dicembre 2010 (e poi sempre
prorogata), la convenzione impegna Trenitalia, a fronte di una compensazione
economica da parte della Regione, ad assicurare, il prolungamento da Mestre fino
a Trieste di una coppia di treni diretti da e verso Milano e il prolungamento
fino a Udine di una coppia di collegamenti diretti da e verso Roma. È stato
confermato, in virtù di una delibera approvata negli scorsi giorni dalla giunta
regionale, sempre su proposta dell'assessore alle Infrastrutture Santoro, e che
prende atto dei contenuti di una convenzione condivisa con le Ferrovie Udine
Cividale, anche il proseguimento sino a dicembre 2013 del collegamento tra Udine
e la città austriaca di Villaco. Sviluppatosi dal giugno 2012, il servizio
ferroviario tra il capoluogo friulano e la carinziana Villaco, (che attraversa
Gemona, Venzone, Carnia, Pontebba, Ugovizza, Tarvisio Bosco Verde,
Thoerl-Magler, Arnoldstein, Villach Warmbad e Villach Westbf) è frutto della
collaborazione tra le Regioni Friuli Venezia Giulia e Carinzia, della
FUC-Ferrovie Udine Cividale, di Trenitalia e delle Ferrovie austriache/OBB,
nell'ambito del progetto Ue “Micotra- Miglioramento dei collegamenti
transfrontalieri di trasporto pubblico”. Per il proseguimento del servizio
ferroviario (da Udine a Tarvisio Bosco Verde) la Regione Friuli Venezia Giulia
ha stanziato con la legge finanziaria 2013 risorse pari a 659 mila euro, mentre
nella tratta da Tarvisio a Villaco la copertura finanziaria è assicurata dai
partner del Land della Carinzia.
(r.u.)
Progetto Punta Olmi giunta contraria: «Troppo cemento»
MUGGIA La genesi del nuovo Piano regolatore, a Muggia, si intreccia con
alcuni propositi di investimento già avanzati sul territorio. Dopo le analisi e
la fase partecipativa, dovrebbe arrivare a stretto giro di posta il via libera
della giunta ai progettisti del Comune e dello studio di San Vendemiano per il
disegno della bozza. Ecco la “roadmap”: i tecnici avranno 60 giorni di tempo per
completare il lavoro, che dovrà essere avallato entro 45 giorni, cui se ne
aggiungeranno 15 per eventuali integrazioni e modifiche. Dopodiché ci vorrà il
parere tecnico ambientale della Regione, che verrà rilasciato entro ulteriori 60
giorni. Seguirà l’adozione del documento, che rimarrà comunque aperto a
osservazioni ed opposizioni da parte dei consiglieri comunali e dei portatori
d’interesse (proprietari di particelle) per un periodo di tempo ancora non
definito. Il nuovo Prg, dunque, verrà approvato soltanto nei primi mesi del
2014. Eppure, quello che può apparire come un lunghissimo iter si configura per
alcuni come una corsa contro il tempo. È il caso delle cosiddette “Muje
turistiche”, costanti interlocutori della “squadra” di Nerio Nesladek. Questi
potrebbero essere costretti a rivedere (al ribasso) le proprie ambizioni in
seguito all’avvento di una variante maggiormente orientata all’ambientalismo e
alla conservazione del suolo, come a più riprese annunciato. «È una gara a chi
arriva primo», ammette il vicesindaco e assessore alla pianificazione
territoriale, Laura Marzi. In ballo c’è soprattutto il Piano attuativo comunale
di iniziativa privata “Punta Olmi”. Sull’area verde, affacciata al mare, esiste
da tempo una consistente proposta turistica della famiglia Sandali: si era
parlato di 90 mila metri cubi di alberghi e case vacanze, oltre a campi da golf
e parcheggi. Il piano particolareggiato, curato dall’architetto Giovarruscio, è
tornato in pista alcuni giorni fa, con alcuni ritocchi (riduzione della quota
volumetrica alberghiera a 50 mila metri cubi). Avvenuta la pubblicazione
dell’iniziativa sul Bur e sul sito internet del Comune di Muggia, si è aperta la
procedura di Valutazione ambientale strategica: durerà almeno 180 giorni, e i
primi 60 saranno dedicati ai rilievi di tutti i soggetti interessati, pubblici e
privati. Entro il 20 luglio, quindi, anche i cittadini potranno dire la loro
sulle “carte” disponibili in rete. L’amministrazione, dal canto suo, mantiene
una posizione ferma: «Non accetteremo questo intervento, le cui proporzioni sono
state ridotte ma rimangono decisamente fuori dai parametri che abbiamo indicato
nelle direttive del prossimo Prg», afferma Marzi. La vicesindaco non vuole
parlare di cubature, ma si dice fiduciosa su un’adozione della variante che
“anticipi” la conclusione della Vas su punta Olmi: «Riusciremo sicuramente a
porre le nostre condizioni, fermo restando che l’opzione zero non ci
appartiene». No alla cementificazione di punta Olmi; sì al «riutilizzo e alla
ristrutturazione degli immobili esistenti: penso alla casa dell’Arciduca e al
bagno della polizia, sui quali stiamo ragionando».
Davide Ciullo
Sabati ecologici: rifiuti raccolti a Santa Croce
Ottimo risultato per il primo appuntamento dei “Sabati Ecologici”, che
propongono dei “centri di raccolta itineranti” voluti dal Comune di Trieste e da
AcegasAps, per migliorare la raccolta differenziata e contrastare l’ancora
diffuso fenomeno dell’abbandono indiscriminato di rifiuti ingombranti sulla
pubblica via. Sabato scorso, infatti, notevole è stata la risposta dei cittadini
che, tra 9 e le 17 alla sede della Protezione Civile in località Santa Croce
hanno conferito un centinaio di metri cubi di rifiuti: 60 mc di ingombranti
misti (mobilio, materassi, legno, ferro, ecc.), 15 mc di frigoriferi, 10 mc di
grandi elettrodomestici (cucine economiche, lavatrici ecc.), 2 mc di inerti, 5
mc ramaglie e scarti da giardini, 2 mc di piccoli elettrodomestici (pc, radio,
ecd.), 2 mc monitor e televisioni, 2 mc di pneumatici, 1 mc pitture e vernici, 2
fustini di olio da cucina e olio motore, oltre a batterie per autotrazione,
lastre di vetro, lampade al neon. Il prossimo appuntamento è per sabato 8 giugno
nell’area di parcheggio presso la Risiera di San Sabba con accesso da via Rio
Primario. Il conferimento è sempre previsto dalle 9 e le 17.
Risorse in calo, tagli al Centro servizi volontariato -
L’ANNUNCIO DEL NEOPRESIDENTE
TRIESTE I tagli alle spese condizionano tutti i settori, anche quelli che
avrebbero maggior bisogno di risorse, come il mondo del volontariato. Oggi però
non si possono fare eccezioni, perciò anche il Centro interprovinciale servizi
volontariato del Fvg dovrà tener conto di questa dura realtà. Ne è consapevole
Sergio Silvestre, appena eletto alla presidenza del Centro, con quattro voti
contro l’unica preferenza che è invece andata all’altro candidato, il triestino
Pierpaolo Gregori. Napoletano di nascita ma residente ad Azzano Decimo da più di
30 anni, Silvestre, che rimarrà in carica fino al 2016, sarà chiamato a far
quadrare «un bilancio – spiega - che si preannuncia caratterizzato da un netto
taglio delle risorse sulle quali abbiamo finora potuto far conto, garantendo al
contempo i necessari servizi alle circa 1.500 organizzazioni che fanno
volontariato in regione». Il Centro interprovinciale servizi di volontariato
Friuli Venezia Giulia (Csv-Fvg) è un'associazione di associazioni, senza fini di
lucro, nata nel 2000, anno nel quale il Comitato di gestione del Fondo speciale
per il volontariato deliberò di istituire il Centro servizi. Il sostegno
finanziario arriva dalle Fondazioni bancarie grazie alla legge 266/91. Ma in un
momento di crisi come questo, le risorse a disposizioni sono sempre più
risicate. «Abbiamo davanti a noi una scadenza importante, quella del 31
dicembre. Entro quella data – precisa Silvestre – il Comitato di gestione del
fondo speciale dovrà decidere se rinnovare l’incarico al Csv-Fvg anche per il
prossimo triennio. La sfida, quindi, è apportare tutte le necessarie riduzioni.
Punteremo soprattutto all’eliminazione delle spese correnti, per quanto
possibile, coinvolgendo le varie associazioni».
(u.s.)
GRADO - Il fascino delle oasi in tredici scatti -
Aironi, cigni e fenicotteri nel calendario delle tedesca Schuff Thomann
GRADO L’oasi della Valle Cavanata a Fossalon, la splendida laguna di Grado e
l’oasi faunistica della Cona che, per competenza territoriale, vede interessati
i Comuni di Grado, San Canzian d’Isonzo e Staranzano, sono in questi ultimi anni
diventate un veicolo di promozione turistica di prim’ordine. A godere dei
panorami offerti da questi “gioelli” non sono, infatti, solamente gli
appassionati di birdwatching o gli amanti della natura in senso stretto, ma
anche visitatori alla ricerca di vacanze in grado di offrire, oltre alla
spiaggia, piste ciclabili, cultura enogastronomica e paesaggi suggestivi.
Requisiti che a Grado proprio non mancano. Perché allora non promuovere il
turismo anche attraverso un calendario fotografico capace di immortalare le
bellezze naturalistiche delle oasi e della laguna? L’idea è della fotografa
naturalistica Margitta Schuff Thomann, tedesca di nascita ma gradese d’adozione,
che, anticipando i tempi, propone sin d’ora un calendario di grande formato con
13 immagini, compresa la copertina (si possono fare anche singoli quadretti), di
uccelli e ambiente a dir poco spettacolari. Troviamo così fenicotteri, aironi
bianchi e rossi, il cigno reale, il pettirosso, il martin pescatore, le rondini,
i gruccioni e la volpoca. Tutte immagini scattate fra la Laguna di Grado, la
Valle Cavanata e l’Isola della Cona.
(an.bo.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 3 giugno 2013
«Ferriera, un retroporto dedicato alla logistica»
Zanonato: l’inserimento di Trieste nel decreto sulle aree di crisi
permette di immaginare a Servola anche attività diverse rispetto al passato
«Per risolvere il problema della Ferriera di Servola penso alla possibilità
di realizzare in quell’area nuove attività logistiche di retroporto». Secondo il
ministro alle attività produttive Flavio Zanonato, che ieri ha rappresentato il
Governo alle celebrazioni del 2 giugno al Sacrario di Redipuglia, non ci sono
altre strade per il futuro dell’area siderurgica. «Abbiamo avviato un percorso
con il governatore Debora Serracchiani e il sindaco di Trieste Roberto Cosolini
che ho incontrato anche oggi - ha spiegato il ministro - la Ferriera fa parte
del gruppo Lucchini e in un primo momento era previsto un decreto che prevedeva
soltanto Piombino nel sistema delle aree di crisi complesse. Ora c’è anche
Trieste e si può intervenire anche per cose diverse dalla precedente attività
produttiva in modo tale da continuare a utilizzare imprese e lavoratori in nuove
attività per il futuro». Lo stesso governatore Serracchiani, a margine, sul nodo
Ferriera ha confermato: «Il grosso problema ci è stato risolto, salvo sorprese
il decreto dovrebbe passare, poi dovremo affrontare il resto delle questioni:
infrastrutturazione, bonifiche e riqualificazione. Non è solo un problema di
risorse, ma anche di priorità». Sempre sul tema della logistica il ministro
Zanonato, facendo capire appoggiare la linea di Serracchiani che ha ribadito di
voler puntare a «un’unica Autorità portuale per il sistema dei porti» per
sviluppare le potenzialità in questo settore della regione-cerniera con il
Centro-Europa, ha confermato di voler seguire da vicino le nuove direttive
giunte dalla Commissione europea dei trasporti. Una strategia che mette Trieste
tra i 20 porti prioritari della Ue destinati a “godere” di una nuova politica di
semplificazione burocratica e di autonomia finanziaria che permetteranno di
aumentare traffici e liberare risorse finanziarie da destinare a nuove
infrastrutture. Una scelta della Ue per liberare i porti del Nord ormai intasati
e a rischio paralisi. «Il potenziamento delle infrastrutture dei porti, compreso
quello di Trieste, fa parte della politica della Ue che noi condividiamo - ha
spiegato Zanonato - perchè la logistica è una delle chiavi dello sviluppo
economico. La realizzazione di tutta una serie di opere pubbliche, oltre a
portare lavoro, renderà più efficienti i trasporti garantendo costi più bassi e
soprattutto tempi più rapidi per i viaggi delle merci». Ma secondo il ministro
non basterà questo, bisognerà pensare anche a risolvere il problema della
lentezza delle procedure e della burocrazia: «Entro giugno presenterò un decreto
di semplificazione burocratica - ha annunciato - ed è un punto di estrema
importanza. Spesso si confonde questo tema con il fatto che non ci si voglia
prendere delle responsabilità. C’è un pezzo di burocrazia che si risolve
semplificando le norme vecchie, un altro spostando la responsabilità dal
pubblico al soggetto che vuole intervenire. Non si può arrivare a un punto in
cui il pubblico autorizza una cosa che non controlla: serve un cambio culturale
e di mentalità».
Giulio Garau
Serracchiani ribatte a Mainardi sull’Alta velocità
TRIESTE Lui, il commissario straordinario per la tratta Venezia-Trieste
della Tav Bortolo Mainardi, le rinfaccia di «cadere dalle nuvole» e di
dimenticare la concretezza del progetto dell’Alta velocità? Lei, Debora
Serracchiani, ribatte per le rime, ricordando le perplessità espresse dallo
stesso Mainardi, in passato, sulla fattibilità dell’opera. «È stato proprio il
commissario, nell’agosto 2012, sottolineando i costi “eccessivi e inaccettabili”
dal punto di vista economico e ambientale della Tav Mestre-Trieste, a dire “no
alla Tav e sì al potenziamento dell’attuale linea - replica Serracchiani -.
Nessuno ha detto che la Tav non si può fare qui. Io invece ho sempre ribadito
che per il Friuli Venezia Giulia è fondamentale avere collegamenti ferroviari
veloci ed efficienti, per i passeggeri e per le merci, e che la tratta
Venezia-Trieste rientra tra le priorità su cui intervenire subito. La Regione
condivide in linea di principio l’opzione del quadruplicamento della linea, ma
soprattutto il potenziamento immediato della linea esistente, a partire
dall’intervento puntuale sui colli di bottiglia. Proprio per questo vorremmo
conoscere in dettaglio il progetto di quadruplicamento della linea
Trieste-Venezia, e magari cominciare un confronto sugli investimenti immediati
necessari per i potenziamenti». Secondo Serracchiani «serve molta chiarezza
quando si parla di questo argomento: il progetto cui si riferisce il commissario
Mainardi risale al 2010 ed è ancora in attesa dell’esito della valutazione
d’impatto ambientale, e non ha nulla a che vedere con il quadruplicamento della
linea esistente, di cui lo stesso Mainardi è fautore». Sulla stessa linea Giulio
Lauri di Sel. «Nella posizione del commissario c'è ancora molta confusione,
presente probabilmente anche nel governo. Bisogna dire con chiarezza che il
progetto della Tav, per il quale purtroppo sono già stati spesi molti milioni di
euro, viene definitivamente accantonato».
Il M5S dice no alle grandi opere - L’INTERVENTO
Bianchi: «Pericolose per la saluta dei cittadini e dell’ambiente»
TRIESTE Un attacco deciso contro le grandi opere - dal rigassificatore agli
elettrodotti - e ad un “sistema” che vorrebbe imporle dall’alto senza
coinvolgere adeguatamente i cittadini. A sferrarlo ieri la capogruppo del
Movimento 5 Stelle Elena Bianchi. «Le scelte relative alle grandi
infrastrutture, a partire dai maxi elettrodotti - ha affermato Bianchi a
Palmanova -, sono figlie di un modello di sviluppo vecchio che non tiene conto
delle attuali tendenze del mercato. Oltre a essere un pericolo per la salute dei
cittadini, andrebbero infatti a deturpare irrimediabilmente un territorio che,
se giustamente valorizzato, contribuirebbe a rendere la nostra regione un
gioiello ancor più pregiato di quanto già non sia». Il richiamo, quindi, è una
maggior attenzione al territorio. La stessa invocata anche da un’altra esponente
del gruppo “grillino”, la consigliera Ilaria Dal Zovo, che incalza la giunta
Serracchiani sull’annoso problema delle bonifiche nella laguna di Grado e
Marano. «L’esecutivo Serracchiani deve predisporre il prima possibile il Piano
di gestione, fermo dal 2007, per difendere la natura e contrastare gli
insediamenti speculativi - afferma Dal Zovo -. Sulla Laguna di Marano e Grado
incombono problemi, vecchi e nuovi, di capitale importanza: la pesca, la coltura
dei molluschi, il turismo, i dragaggi dei canali, la bonifica dei siti inquinati
e la previsione di diversi insediamenti speculativi. È indispensabile pertanto -
conclude -, disporre il prima possibile di un adeguato Piano di gestione che
guidi i processi decisionali».
Fogne abusive nel Fugnan il Comune dice basta
Dopo le segnalazioni da parte di Goletta Verde oggi finalmente il via ai
lavori per la bonifica del torrente che inquina le acque del porto di Muggia
MUGGIA Stop alle immissioni irregolari all’interno del torrente Fugnan. Dopo
le segnalazioni giunte la scorsa estate da parte di Goletta Verde, riguardo al
materiale inquinato da colibatteri fecali, indicatori di presenza di scarichi
fognari attivi di natura residenziale, con particolare riguardo per la foce del
torrente muggesano, partiranno oggi i lavori promossi dall’amministrazione
Nesladek per mettere mano alle infiltrazioni abusive che stanno
contraddistinguendo il corso d’acqua. «Dalla verifica svolta con grande
efficienza dalla sezione operativa di AcegasAps, è emerso un elemento
significativo ed esplicativo della situazione in essere: sono state, infatti,
individuate condotte fognarie impropriamente riversanti il loro contenuto
all'interno del corso d’acqua», ha spiegato il Comune. Il lavoro di Acegas è
stato completato con l'analisi delle acque alle varie altezze dell'asta
torrentizia che hanno confermato l'inquinamento crescente subito dopo le varie
immissioni irregolari e con la stesura di una stima sommaria dei costi di
ripristino che porterà ad una spesa di circa 35mila euro. Ottenuta quindi una
mappatura completa, e approfittando di alcune economie sui lavori in corso lungo
strada per Fontanella, si è resa concreta la possibilità di intervento grazie ad
un’intesa con AcegaAps, che si è resa disponibile a far eseguire tali lavori
alla ditta operante, la Mari e Mazzaroli. In passato l'amministrazione aveva
richiesto ad AcegasAps una videoispezione del tratto interrato del torrente – il
tratto, cioè, che passando da via Forti scende su via XXV Aprile per poi passare
su via Mazzini, via Roma e sfociare accanto al lastrico Caliterna. Da lì la
conferma delle immissioni irregolari. L’intervento interesserà vari punti del
torrente fino alla foce. Il Comune ha già anticipato che si impegnerà per creare
meno disagi possibili alla circolazione stradale nei tratti interessati dalle
operazioni. I tempi previsti per il completamento sono di circa un mese salvo
ordinanze di chiusura e meteo permettendo. «L’amministrazione si è impegnata sin
da subito con l’obiettivo di giungere al superamento della problematica
ambientale legata al corso d’acqua Fugnan - ha commentato l’assessore
all’Ambiente Fabio Longo -. Con questo intervento dovremmo avere sanato quasi
definitivamente il problema, anche se il condizionale è purtroppo d'obbligo
poiché lo stesso è oggetto di infiltrazioni da impianti privati di smaltimento
malfunzionanti che risultano di difficile/impossibile individuazione». Insomma:
la guerra agli scarichi abusivi non sarà facile da vincere.
Riccardo Tosques
SEGNALAZIONI - Traffico - Sì alla pedonalizzazione
Ho un’attività commerciale vicino a largo Barriera ma non sono tra i 17 operatori che si sono messi a disposizione dei contrari al nuovo Piano del traffico, diventando punto di raccolta delle firme per contestare la pedonalizzazione di alcune vie della zona. Anzi, io sarei disposta a raccogliere firme per sostenere l’iniziativa del Comune, che a mio parere va a favore dei negozi, della viabilità e della riqualificazione della zona. Va a favore di abitanti e di tutti i negozi, in quanto l’effetto fa sì che i benefici ricadano anche nell’area che circoscrive quella limitrofa al traffico vera e propria. Ricordo la levata di scudi contro la pedonalizzazione, anni fa, di piazza della Borsa e di via San Nicolò che, secondo i detrattori, avrebbe portato alla desertificazione della zona: è avvenuto esattamente il contrario. Certo, qualsiasi cambiamento in questa città del “no se pol” porta a una prima reazione di ingiustificata paura davanti al ribaltamento di abitudini consolidate nel tempo. Ma forse è ora di cambiare pagina.
Susanna Gallinotti
Letture, animazioni e mostre: Giornata dedicata
all’ambiente - MERCOLEDÌ
Anche Trieste celebrerà mercoledì per la prima volta la Giornata mondiale
dell’Ambiente istituita dall’Onu. Nutrita la serie di manifestazioni che si
protrarranno anche giovedì, con la partecipazione di vari enti locali
nell’intento di sottolineare l’impegno del territorio per la tutela del bene
comune. Bambini e ragazzi di scuole e servizi educativi cittadini saranno in
piazza con laboratori, “letture verdi”, mostre, mercatini e passeggiate, per
dichiarare «guerra agli sprechi e allo spregio della natura» e lanciare un
chiaro messaggio agli adulti. Molti gli appuntamenti, in gran parte coordinati
dalle équipe educative e scolastiche della due giorni promossa da Comune,
Provincia e Ass con il supporto di varie realtà. In calendario tra l’altro
mercoledì alle 10 nella Sala matrimoni di piazza Unità la cerimonia conclusiva
del Premio Julius Kugy per le scuole dedicato quest’anno alle “Tre erre: riuso,
riciclo, recupero, insieme per aiutare l’ambiente”. Nel pomeriggio in piazza
Unità tra le 15 e le 18, il laboratorio di riciclo creativo “Il giardino di
Piazza Grande” che punterà a ricreare le antiche aiuole della piazza di fine
‘800 con plastiche e altri materiali. In contemporanea un percorso di educazione
alla mobilità con la Polizia Locale per bambini dai 4 ai 10 anni, una sfilata in
piazza con eco-abiti e - tempo permettendo - una mini crociera nel Golfo con il
catamarano didattico Aula Blu, a cura del Wwf-Area Marina Protetta di Miramare.
Inoltre, sempre mercoledì, animazioni e iniziative in molte scuole e servizi
educativi cittadini. Alle 18 al Miela la cerimonia di consegna degli attestati
di Slow Food alle scuole partecipanti, che sono riuscire a far qualificare
Trieste come la città più virtuosa per gli orti scolastici. Contestualmente
verranno presentati i progetti ambientali didattici per il prossimo anno
scolastico. Giovedì alle 10 al PalaChiarbola la premiazione delle scuole
vincitrici nell’ambito del progetto di Agenda 21 per la raccolta differenziata.
SGONICO Trieste on sight
Dal 21 al 23 giugno avrà luogo, a Campo Sacro (nel comune di Sgonico) l’«esperienza di cittadinanza» Trieste on sight: tre giorni di concerti, mostre, workshop, area benessere, dibattiti, editoria, ambiente, equitazione e bike, arte, spazio, bambini, infogiovani e installazioni artistiche. Info: Arci Servizio civile 040-761683 - 040-761683
IL PICCOLO - DOMENICA, 2 giugno 2013
Barriera senza automobili - Ok da cittadini e
negozianti
Prove di pedonalizzazione, successo fino alla pioggia del pomeriggio
L’assessore Marchigiani: «Così ridiamo vita e decoro alle aree degradate»
Stavolta nemmeno la pioggia che nel pomeriggio non ha potuto fare a meno di
tornare, è riuscita a rovinare le “Prove di pedonalizzazione” sperimentate dal
Comune che a differenza di quanto accaduto tre settimane fa nell’area attorno al
viale XX settembre, ieri nella zona tra largo Barriera e l’ospedale Maggiore
hanno registrato grande successo e approvazione sia da parte dei cittadini che
dei commercianti. I tavolini all’aperto dei caffé che da qualche tempo
tappezzano anche settori di largo Barriera e il gazebo con le panche allestito
dall’associazione ciclista Ulisse Fiab hanno contribuito a ravvivare
un’atmosfera che con l’avanzare della mattinata si faceva sempre più
movimentata. In via Foschiatti discreto via vai nei molti locali pubblici,
mentre un cartellone che pubblicizzava sconti del 10% e la domenica di apertura
in un negozio poteva campeggiare in mezzo alla strada. Sembrava addirittura
architettonicamente interessante la prospettiva di via San Maurizio sgombra di
automobili. Soltanto la via Fonderia, breve e pressoché priva di punti
commerciali appariva deserta, abitata unicamente dalla pattuglia della polizia
locale in bicicletta costituita di recente. Clima ancora più vivace nelle pur
strette via della Sorgente e delle Erbette dove già molto presto erano pronti
gli apertivi offerti da due locali, erano visibili una piccola mostra con
oggetti di antiquariato e modernariato e una rassegna di quadri e all’aperto,
mentre una profumeria e un fornitore di parrucchieri ed estetiste presentavano
nuove fragranze e offrivano trattamenti di make-up. Più tardi la giornata è
proseguita con letture colorate per bambini dai 3 agli 8 anni e con un
concertino di musica jazz. Favorevoli, a parte qualche rara eccezione, i
commenti dei commercianti. «È andata benissimo - la considerazione della signora
Renata, titolare della profumeria Guerin - l’affluenza della gente è stata
cospicua e continua con grande curiosità per le applicazioni di make-up che
abbiamo potuto effettuare all’esterno almeno fino al primo pomeriggio, finché
non è purtroppo arrivata la pioggia. Credo comunque che in prospettiva le
pedonalizzazione di quest’area offrirà migliori opportunità ai negozi della zona
e a noi in particolare soprattutto se ci permetteranno ancora di effettuare
dimostrazioni e attività all’esterno». Grande soddisfazione anche alla storica
Osteria ai maestri. «Molti clienti e certamente più del solito - ha affermato la
titolare, Micaela - chiudere quest’area al traffico non sarà affatto male, anzi
spero che lo facciano a breve e prima del previsto perché anche noi non potremmo
che risentirne in modo positivo. Ma a beneficiarne sarà senz’altro tutta la zona
che godrà di maggior decoro». Sorridevano già al mattino in largo Barriera
l’assessore alla mobilità Elena Marchigiani e il vicesindaco Fabiana Martini.
«Da quest’area mi è stata consegnata una petizione che chiedeva la
pedonalizzazione corredata da ben 1.100 firme - ha commentato Marchigiani - Con
i commercianti abbiamo avviato una trattativa per far sì che in certe fasce
orarie possano entrare per ritirare la merce comprata anche i semplici
cittadini. Fatto salvo questo, credo che le novità possano favorire tutti».
Silvio Maranzana
Oggi si replica con il mercatino - stessa zona
Le “prove di pedonalizzazione” nella stessa area continueranno anche oggi
dalle 10 alle 19 per cui rimangono in vigore tutti i divieti di sosta. Numerosi
anche gli eventi previsti. Dalle 8.30 alle 13 in largo Barriera, Campagna amica
Trieste, mercatino agricolo a cura di Coldiretti. In via delle Erbette e in via
della Sorgente invece dalle 10.30 Art plen air con esibizioni di artisti
all’opera. Il pubblico è invitato a partecipare colorando e dipingendo con gli
artisti. Ancora, esposizione di oggetti di antiquariato-modernariato,
abbigliamento vintage etnico e cose d’altri tempi. Dalle 10 alle 16 Nails bar e
prove di make-up con un omaggio per tutti i clienti. Locali aperti dalle 10 alle
18.
E i ciclisti chiedono vie a 30 all’ora
“Vivi la strada” è la denominazione che l’amministrazione comunale ha dato
alla sperimentazione che precede l’entrata in vigore del nuovo Piano del
traffico. «La creazione di nuove zone pedonali e di zone a traffico limitato è
stata progettata anche per ridare decoro a zone oggi degradate - ha spiegato
l’assessore alla Mobilità, Elena Marchigiani - Anche con lo scopo di far
rivivere negozi e locali che oggi stanno soffrendo». Si tratta anche di far
rientrare nel perimetro del centro cittadino aree come quelle del Viale XX
settembre, o ancor più di largo Barriera, che oggi sembrano essere state spinte
in periferia. Ma si tratta anche di ridare decoro, vivibilità e di ridurre
l’inquinamento «e a questo scopo - ha aggiunto Marchigiani - si è pensato di
limitare il corso Saba alla circolazione soltanto dei mezzi pubblici». Ma in
questo quadro rientra anche l’iniziativa di trasformare la bicicletta per i
triestini «da mezzo di divertimento e di scampagnate sul Carso a normale mezzo
di locomozione per gli spostamenti in centro e nelle periferie della città»,
come affermano i responsabili di Ulisse Fiab che in collaborazione con la
polizia locale ieri in largo Barriera hanno tenuto la lezione gratuita e aperta
a tutti sul tema della sicurezza e della positiva convivenza tra gli utenti
della strada: ciclisti e pedoni accanto a automobilisti e motociclisti. «Perché
sembrerà incredibile - hanno spiegato - ma non sono le salite e nemmeno la bora
che fanno sì che in città le biciclette sebbene aumentate negli ultimi anni
siano ancora molto poche, bensì la questione della sicurezza, il timore cioé di
subire incidenti stradali». Da qui anche la proposta di applicare su qualche via
cittadina il limite di velocità di 30 chilometri all’ora.
(s.m.)
Ussai (5 Stelle): «La Regione rilevi le centraline di
Elettra»
Alcune centraline di rilevamento della qualità dell’aria non sono di
proprietà dell’Arpa. Le stazioni in via Pitacco e in via Svevo e a Muggia sono
di proprietà di Elettra Produzione srl, società che opera nello stabilimento
della Ferriera di Servola. Il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle
Andrea Ussai con un’interrogazione alla giunta Serracchiani chiede se non sia
opportuno acquisirle. «L’impianto rappresenta una delle principali fonti di
alterazione ambientale nella provincia di Trieste - sostiene il consigliere -.
Più volte nel corso degli anni si sono verificate difformità fra i dati forniti
dalle centraline gestite da Elettra e quelli provenienti dalle stazioni Arpa,
collocate anche a breve distanza, come hanno messo in evidenza anche alcune
indagini della Procura. Per questo - aggiunge Ussai - ho depositato
un’interrogazione a risposta scritta, all’assessore regionale all’Ambiente Sara
Vito e al direttore dell’Arpa Lionello Barbina, per sapere se ritengono
opportuno procedere all’acquisizione pubblica immediata di tutte le stazioni
private di rilevamento della qualità dell’aria site in regione. Un provvedimento
che dovrebbe riguardare, in particolare, le centraline che si trovano nelle
vicinanze della Ferriera di Servola».
Mainardi “bacchetta” la presidente sulla Tav
Il commissario straordinario: «Non può cadere dalle nuvole, Alta velocità
confermata anche in Fvg»
TRIESTE «La presidente Debora Serracchiani non può cadere dalle nuvole, la
Tav si fa anche in Friuli Venezia Giulia. E per realizzare l’Alta Velocità per
passeggeri e Alta Capacità per le merci, per quanto riguarda la tratta da
Venezia a Ronchi di mia competenza, si sta lavorando a tracciati diversi da
quelli finora progettati». Bortolo Mainardi, commissario straordinario per la
linea AV-AC Venezia- Trieste, ribatte alle dichiarazioni della governatrice.
L’ex europarlamentare, esprimendo forti perplessità in relazione alla
costruzione dell’opera in regione, aveva annunciato l’avvio di una accordo con
il governo per chiedere risorse (500 milioni di euro) utili ad ammodernare la
rete ferroviaria esistente. In particolare i “colli di bottiglia” di
Trieste-Mestre, del bivio San Polo a Monfalcone, della Udine-Cervignano e di
Campo Marzio. «Premesso che io penso che abbiamo bisogno di Tav – chiariva la
presidente –, registro che da una parte non c’è ancora il finanziamento statale,
dall’altra c’è un commissario per il progetto che ci dice che tra Venezia e
Trieste non ci sarà l’opera, ma la quadruplicazione dell’esistente. Quindi,
nell’ipotesi in cui il governo faccia scelte diverse rispetto all’Alta velocità
in Fvg, come pare, Roma si deve assumere l’impegno di togliere i colli di
bottiglia così possiamo avere treni veloci». Parole a cui Mainardi risponde a
stretto giro di posta. «Nessuno ha detto che la Tav non si può fare qui –
osserva il commissario – i Corridoi sono confermati. Non è vero che non ci sono
i progetti per la nuova linea AV-AC Venezia –Trieste, ci sono dal dicembre del
2010, costati circa 22 milioni di euro e di cui circa 6 milioni provengono da
contributi Ue. Chiariamoci una volta per tutte – osserva– non soltanto il
governo italiano , ma è sopratutto l’Unione Europea che ha programmato i
Corridoi numero 3 Mediterraneo e 1 Baltico-Adriatico». I quali, ricorda il
commissario, «passando da Venezia arrivano a Trieste e poi da Udine per Vienna
fino a Helsinki». Mainardi ha scritto un mese fa alla presidente dandole la
propria disponibilità a illustrare lo stato dell’iter procedurale sulla tratta
AV-AC fino a Ronchi. Anche perché, ci tiene a sottolineare il commissario, il
governo italiano conferma l’importanza strategica dei Corridoi e quindi anche
della tratta in regione e al momento si sta pensando a tracciati diversi da
quelli già progettati; ipotesi che non farebbero che confermare il corridoio
sulla linea ferroviaria attuale. «Ma prima riqualificando l’esistente –
puntualizza Mainardi – collegando l’aeroporto, superando la stazione di Mestre e
quadruplicando il bivio S.Polo-Monfalcone». E ancora, «raddoppiando
Palmanova-Udine ed eliminando i circa 30 passaggi a livello. E poi – conclude –
pensare al quadruplicamento come realizzato sulla Mestre-Padova». (g.s.)
Sorpresa, sono quattro i baby-falconi nati nell’area
del Rilke
Lo zoologo Perco: da una coppia anche cinque uova ma è rarissimo che
sopravvivano in numero così elevato
Li avevamo lasciati in tre, a lisciarsi le penne e attendere col becco
all'insù la preda catturata da mamma o papà. E invece la natura quest'anno si è
fatta letteralmente in quattro sfornando dapprima Rainer, poi Maria, quindi
Rilke e infine Andrea: l'ultimo arrivato della prolifica covata, inizialmente
sfuggito all'osservazione degli esperti, che nei giorni scorsi avevano contato
solo tre pulcini. I baby falconi pellegrini, venuti alla luce questa primavera
nell'area del sentiero Rilke, di proprietà dei principi della Torre e Tasso,
sono stati ribattezzati così da Fabio Perco, zoologo e consulente dell'area
protetta, e Maurizio Rozza, consigliere comunale e maresciallo della Polizia
ambientale territoriale. I due nei giorni scorsi sono riusciti a immortalare,
con un potente obiettivo e mantenendosi a debita distanza per non arrecare alcun
disturbo, il vivace quartetto. Che, come noto, nella “palestra” della riserva
naturale regionale si sta cimentando in una privatissima scuola di volo, sotto
il vigile controllo dei genitori. Tre dei nomi affibbiati ai baby falconi
rappresentano naturalmente l'omaggio al poeta delle Elegie duinesi, mentre il
quarto appellativo, Andrea, è stato suggerito da Rozza per la sua versatilità:
nome tra i più diffusi al mondo, perché declinato al femminile e maschile, «si
presta al caso nostro – dice - poiché al momento non è ancora possibile
stabilire con esattezza il sesso dei quattro piccoli». «Si tratta di una covata
eccezionale – chiarisce dal suo canto Perco – perché se è vero che una coppia di
Pellegrini può arrivare a produrre quattro o cinque uova, è ben raro che ne
escano e poi sopravvivano addirittura quattro individui. Ora i giovani falconi
dovrebbero avere un mese, al massimo un mese e mezzo di vita. E sono i genitori
a nutrirli, portando loro il cibo da una a tre volte al giorno». I piccoli in
fase di crescita stanno completando l'apprendistato per afferrare la patente di
volo, che li porterà a diventare abili e forti al pari degli altri adulti, noti
per le spettacolari picchiate a oltre 300 chilometri orari sulla preda. «I
giovani falconi – racconta il consulente della riserva - erano posati su un
torrione roccioso, a distanza uno dall'altro. Utilizzando il teleobiettivo, solo
in un caso si è riusciti a cogliere due soggetti insieme nella medesima foto.
Che si tratti di giovani è evidente per il mantello brunastro, il petto barrato
e, in generale, il disegno a macchie verticali delle parti inferiori. Gli adulti
infatti già dopo il secondo anno di vita possiedono il classico mantello
superiore color ardesia, il petto bianco e delle barre orizzontali sulle parti
inferiori». I baby rapaci invece presentano su molte penne, in particolare
quelle caudali, il tipico largo bordo chiaro. «Volano già molto bene – prosegue
Perco -, anche con vento sostenuto. Ancora difficile identificarne il sesso,
nonostante le dimensioni siano ormai prossime a quelle dei soggetti adulti, in
cui le femmine appaiono nettamente più grandi dei maschi». Di qui l'ambiguità
dei nomi attribuiti: Rainer, Maria, Rilke e Andrea. L'incubazione delle uova (da
tre a cinque) dura di norma poco più di un mese e l'involo avviene a circa 40-45
giorni di vita. Le uova schiudono a distanza di 24 ore o più l'una dall'altra.
Il primo insediamento riproduttivo fu accertato alla riserva Rilke nel 1987, in
coincidenza con l'ordinanza di divieto di arrampicata. Il Pellegrino continuò a
prosperare fino al 1992, anno di nidificazione mancata per l'arrivo in zona del
gufo reale. Ma dal 2009 la situazione è cambiata. Ultima nota: nell'area del
castello si è di recente riprodotto con successo anche l'edredone (Somateria
mollissima), anatra marina nordica molto appariscente e un tempo rarissima nel
Mediterraneo. Nutrendosi di molluschi, gli esemplari frequentano assiduamente le
coste rocciose e i galleggianti delle mitilicolture.
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - SABATO, 1 giugno 2013
Riconversione di Servola è corsa contro il tempo
Sindacalisti irremovibili: «La Ferriera non si chiude finché non c’è
l’alternativa»
Il sindaco Cosolini: «La squadra delle istituzioni
adesso è più solida e motivata»
Innescare una gara contro il tempo per preparare il progetto di
riconversione che deve essere presentato entro tre mesi dalla conversione in
legge del decreto sulle crisi industriali complesse e poi stoppare ogni
tentativo di chiusura dello stabilimento finché il progetto non verrà portato
concretamente a termine, cioé fino al 2017. «Questa è ora la nostra battaglia -
afferma Franco Palman (Uilm), storico componente delle Rsu della Ferriera di
Servola - ma non deve essere la battaglia del sindacato, deve essere la
battaglia dell’intera città». L’inserimento in extremis di Trieste nel decreto
che già riguardava Piombino, è stato accolto con sollievo e giudicato un passo
indispensabile per costruirsi un futuro anche dagli oltre 800 lavoratori (quasi
500 della Ferriera e oltre 300 dell’indotto), ma il suo valore è esclusivamente
propedeutico poiché di per sè non è foriero né di contenuti né di forti
finanziamenti. Umberto Salvaneschi, segretario interprovinciale di Fim-Cisl
tratteggia i prossimi appuntamenti decisivi: convocazione a Roma nella prima
settimana di giugno per un’anticipazione da parte del commissario Piero Nardi
del suo piano per la Lucchini che dovrà essere presentato il 22 giugno, varo il
5 giugno a Bruxelles da parte della Commissione europea dell’action plan per la
siderurgia, riconvocazione da parte della nuova giunta regionale del Tavolo che
dovrà portare all’Accordo di programma sulla riconversione, conclusioni a fine
giugno dell’operazione di scouting su nuovi investitori avviata da Francesco
Rosato come advisor del sindaco Cosolini. «È molto probabile - sostiene Palman -
che Nardi sia partito prevedendo per Servola la chiusura quasi immediata,
probabilmente entro il 2013, ma dopo questo atto del governo che sostanzialmente
equipara Trieste a Piombino non può essere così. È notorio che l’azienda
continua a perdere, ma è da anni che succede, la ghisa si vende ancora e bisogna
tirare avanti finché non c’è l’alternativa. I lavoratori devono uscire da una
parte ed entrare dall’altro. Non è detto che ciò non si possa fare gradualmente:
nell’area dell’ex acciaieria, ad esempio, si potrebbe situare qualche nuovo
insediamento industriale fin da subito». «Bisogna preparare il futuro con tutti
gli impianti di Servola in produzione - ammonisce Salvaneschi - non possiamo
permettere di far scendere l’incidenza dell’industria sul Pil provinciale
dall’attuale misero 10% al 7% come accadrebbe se si chiudesse la Ferriera».
«Chiediamo venga convocato al più presto il tavolo della Regione - afferma
Matteo Cernigoi dell’Ugl - i lavoratori della Ferriera sono allo stremo delle
forze: già alla precedente giunta l’Ugl aveva proposto una via d’uscita, ci
auguriamo che il nuovo governo del Fvg possa finalmente ascoltarci». E Sandra
Savino, deputato del Pdl ringrazia i presidenti delle Commissioni Lavori
pubblici e Ambiente, Giuseppe Marinello e Altero Matteoli per aver ascoltato le
sue insistenze e aver inserito Trieste nelle aree di crisi complessa. «La strada
per il rilancio industriale e occupazionale del sito di Servola è ancora lunga e
difficile - conclude il sindaco Roberto Cosolini - ma la “squadra” delle
istituzioni appare ora più solida e motivata».
Silvio Maranzana
«Nessuna proposta negli ultimi due mesi»
«Rispetto a fine marzo, in questi ultimi mesi per Servola non si sono
aggiunte manifestazioni di interesse. Comunque il mio lavoro prosegue fino a
fine giugno». Questa dichiarazione fatta ieri da Francesco Rosato che sta
lavorando al progetto di riconversione come consulente del Comune, non fa
accendere grandi entusiasmi. Anche perché Rosato aggiunge: «Logicamente tutti i
potenziali investitori pretendono che la bonifica del sito sia fatta
preventivamente, non a spese loro». Dalle consultazioni dei mesi scorsi è emerso
l’interesse di un’azienda austriaca che si occupa di laminazione a freddo per il
capannone dell’ex acciaieria, di una joint venture italo-straniera per un
service per l’industria ferroviaria e di un’azienda di produzione che per il
trasporto della merce prodotta vorrebbe utilizzare la banchina.
Tram in coma, per i binari neanche un euro in bilancio
Raccolta di firme e appelli dai cittadini “tagliati fuori”. Il Comune:
solo ipotesi per trovare i soldi. Trieste trasporti: la linea non muore, se
funziona la teniamo
«Anziani malandati, mamme con carrozzine o con bambini in braccio arrancano
lungo la salita carichi di borse della spesa, studenti con zaini pesantissimi,
chi può è costretto in barba a qualsiasi economia a usare l’auto, ma non si sa
dove posteggiare e adesso una via è chiusa per lavori Acegas, e pochi possono
permettersi di appesantire il proprio bilancio con una spesa fissa per taxi».
Chi sono questi derelitti, che alla lettera accompagnano una lista di 58 firme?
Quelli che gli altri considerano la “top class” immersa nel verde di Scorcola,
protetta da ville con giardino e allietata da alberi, fiori e canto di uccelli
nonché se capita da splendida vista sul golfo. E invece no, questi sono gli
orfani del tram, dallo scorso settembre casa loro (non “coperta” dalla linea 2
del bus sostitutivo) è un eremo diventato scomodo. Per loro, per i tragitti
piazza Dalmazia-Opicina, ma anche per i turisti deprivati di un pezzo forte
della città, la domanda va posta: che ne è del tram fermo per restauri, con ampi
tratti di binario da rifare? Che ne è dei soldi che mancano per fare i lavori?
Che cosa medita Trieste Trasporti per questa linea problematica e costosa,
mentre deve tagliare linee del bus causa drastico calo di finanziamenti
regionali? I cittadini parlano di “diritto alla mobilità” («cosa direbbe un
qualsiasi mortale dell’emisfero ricco se all’improvviso gli dicessero che da
domani l’energia elettrica non arriverà più?» è la domanda a effetto), reclamano
di aver comprato anni addietro casa in zona perché era “servita” e forse di
doverla un giorno svendere se il tram (ormai anche “bene culturale” assieme al
suo tracciato) non farà degno ritorno. «È il Comune che non può chiudere il suo
bilancio e dunque non può spendere i soldi del restauro della linea - risponde
l’assessore provinciale Vittorio Zollia -, e pure la Provincia ha i suoi
problemi, speriamo risolti entro giugno. Stiamo valutando di istituire dei
buoni-taxi per i residenti, ma i soldi sono pochi, è un problema reale». «Lo so
che ci sono tanti problemi - afferma Edi Kraus, assessore comunale allo Sviluppo
economico -, ne ho parlato con la circoscrizione, il costo per la sostituzione
delle tratte di binario è superiore ai 680 mila euro previsti. A oggi nel
bilancio questi soldi non ci sono, non sono scritti». E allora è chiaro: il tram
non sarà mai più attivo, e non solo per questa estate. «Non dico questo -
ribatte Kraus -, i lavori alla funicolare sono in corso, e vorremmo risolvere
almeno in parte i disagi dei cittadini, l’autobus 2 non copre le loro necessità
e neanche quelle dei turisti. Stiamo studiando come trovare soldi, valuteremo
con la Regione». Serracchiani aveva già promesso interessamento. Più
rassicuranti notizie arrivano da Trieste Trasporti, che però non ha poteri sui
binari: «Certo che terremo attivo il tram quando riprenderà a funzionare -
assicura l’amministratore delegato Cosimo Paparo -, ci costa di più la linea
sostitutiva di bus, perché fa più chilometri: la clientela apprezza il tram, il
numero di passeggeri è soddisfacente, è un mezzo attrattivo e stiamo studiando
tariffe differenziate per residenti e turisti. Ora che è fermo - prosegue Paparo
- non solo il personale è rimasto in azienda, ma si sta occupando molto di
manutenzione straordinaria alle vetture, anche al loro interno. Abbiamo
investito 100 mila euro. Noi speriamo solo che il Comune trovi molto presto le
risorse per riattivare la linea».
Gabriella Ziani
Elezioni CSV - Silvestre neo-presidente del Centro Volontariato
Sergio Silvestre è il nuovo presidente del Centro Servizi Volontariato regionale. Ad eleggerlo il Consiglio direttivo riunitosi giovedì. Silvestre, attivo da anni nel campo del volontariato anche a livello nazionale, sarà affiancato nella sua nuova attività dal vice Gianpiero Licinio, appena riconfermato a capo dell’associazione Tetraplegici.
Tre giorni con “Terrafest 2013” per la sostenibilità
permanente - SAN DORLIGO DELLA VALLE
Una manifestazione per celebrare la natura, con laboratori, incontri ed
escursioni all'aria aperta. Dal 7 al 9 giugno torna Terrafest, giunta alla
quarta edizione, in programma sul Monte Celo, a San Dorligo della Valle. «Terrafest
2013, dal titolo “sostenibilità permanente”, metterà l'accento sulle soluzioni
emergenti nei settori rurali e urbani per una gestione sostenibile, tradizionale
e olistica delle risorse locali – spiegano gli organizzatori - con particolare
interesse a stimolare i processi di apprendimento, il concetto di miglioramento
dell'ambiente sociale e l'interazione con le realtà produttive». Il programma si
aprirà venerdì alle 10 con laboratori di pratiche sostenibili, camminate,
escursioni e un pranzo con scampagnata. I partecipanti potranno imparare a
preparare la lisciva, una sorta di detersivo naturale, ma anche mantenere al
meglio le piante da balcone e d'appartamento, conoscere e curare gli animali da
cortile, e scoprire le erbe selvatiche commestibili. Alle 19.30 spazio allo
spettacolo “La siora del zogo”. Sabato dalle 10 “Transition day”, forum di
discussione aperto agli iscritti, e ancora l'esposizione e la vendita di
prodotti locali, alcuni in arrivo dalla vicina Slovenia. Alle 18 “Dialoghi in
cerchio”, appuntamento educativo per famiglie sulla vita ecosostenibile e alle
19 lo spettacolo “Anime in formAzione”. Domenica si inizia alle 11, con un
laboratorio di intonaco ecologico, seguito dall'attività didattica dedicata ai
semi e poi si prosegue con la “Cucina pirolitica”, l'”Economia della felicità”,
per finire in serata con il gruppo folkloristico sloveno “Kulturno Drustvo Na
Borjaci” con favole e racconti legati alla vita agricola e del bosco. Terrafest
si ispira alla tradizione orale della agricoltura, trasmissione nel tempo della
memoria, spesso non scritte, di eventi sociali o storici, di usanze, di valori,
di credenze e pratiche condivise, di costumi, di superstizioni e leggende, che
ogni generazione, dopo aver appreso, conservato, modificato dalla precedente,
trasmette alle generazioni successive. La manifestazione è aperta a tutti e
negli anni scorsi ha registrando grande successo tra le famiglie, triestine e
non solo. Chi desidera partecipare o ricevere informazioni sulla tre giorni di
eventi può contattare il numero 3271233889 o le mail thecircle@zoho.com e
info@cesnet.it.
Micol Brusaferro
KYOTO CLUB - VENERDI', 31 maggio 2013
Confermate detrazioni efficienza energetica, dal 55
salgono al 65%
Sale al 65% dall'attuale 55% la detrazione fiscale per gli interventi di
riqualificazione energetica degli edifici e viene prorogata fino a fine anno e
per 12 mesi per i soli interventi sui condomini. La detrazione al 50% sulle
ristrutturazioni semplici è estesa fino a dicembre ed allargata a mobili e
adeguamenti antisismici nelle zone a rischio.
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 31 maggio 2013
Dalle grandi opere alle opere utili, a cominciare dalla
viabilità.
Positiva assunzione di impegni della Presidente Serracchiani per superare
progetti contestati. Abrogare le leggi che hanno aiutato un’illusione ideologica
Il dibattito appena concluso dal Consiglio regionale sulle linee
programmatiche della Presidente Serracchiani consegna un valore formale ad
alcuni impegni dichiarati nella campagna elettorale.
Fra questi Legambiente FVG vuole sottolineare, con soddisfazione, quelli
relativi alla sospensione delle procedure per il collegamento autostradale
Cimpello-Sequals-Gemona e per il collegamento Manzano – Palmanova, che
l’associazione ha contestato in questi anni, insieme a comitati ed enti locali,
con osservazioni, convegni e varie iniziative. Altrettanto vale per la volontà
di rivisitazione della variante di Dignano.
Al di là degli strumenti e delle motivazioni amministrative che consentiranno,
ci si augura, di rinunciare a questi progetti, auspicabilmente senza ripetere le
storie infinite del Ponte sullo Stretto che muore e rinasce ad ogni cambio di
governo e continua a costare milioni senza che un mattone sia stato posato,
resta la decisione di rinunciare a scelte progettuali e priorità che sembravano
fare la differenza fra declino e futuro per la Regione.
A questo vanno aggiunte le dichiarazioni del commissario straordinario per la
TAV Mestre-Trieste, Bortolo Mainardi, rese recentemente a conclusione
dell’incontro con i Sindaci della Bassa friulana, per cui l’unica via
praticabile nel futuro è il potenziamento dell’attuale tratta Venezia-Trieste e
la TAV non è più all’orizzonte delle cose praticabili e realistiche. Un altro
equivoco, ed una sbagliata e strumentale interpretazione di cosa sia un
corridoio europeo di mobilità, fonte di conflitti per un decennio è così finito
nel nulla.
Legambiente FVG si augura che stia finendo il tempo di questi “grandi progetti”
di opere pubbliche gettate con demagogia e violenza sopra il territorio e le
comunità locali. Che si apra un tempo nel quale sia possibile discutere per
decidere quali siano le opere pubbliche prioritarie ed in grado di creare
crescita sostenibile ed occupazione. Che ci sia l’applicazione delle procedure
partecipative previste dalle direttive comunitarie e dal buon senso, per evitare
– come nel caso della TAV – scontri ideologici e per ascoltare le parti sociali
e le comunità locali, utilizzando anche l’opzione zero o la possibilità di
cambiare strada cammin facendo.
Oltre alle scelte giuntali ed amministrative servono, infine, anche decisioni
legislative.
Legambiente invita, in particolare, ad abrogare quelle norme che hanno, negli
anni passati, subordinato la pianificazione generale del territorio regionale
alle scelte di creare corsie privilegiate per le grandi opere di viabilità. Non
sono servite, come la moltiplicazione dei commissari, ad accelerare quasi niente
e possono sempre costituire una tentazione per le scorciatoie.
Legambiente FVG onlus
IL PICCOLO - VENERDI', 31 maggio 2013
Ferriera inserita in extremis nel decreto sulle aree di
crisi
L’impianto di Servola con un emendamento va in coda al decreto Piombino
sulla siderurgia. A legge approvata, tre mesi di tempo per il progetto
Un treno preso in extremis: il Governo ha inserito, attraverso un proprio
emendamento, anche Trieste nel decreto relativo alle aree di crisi della
siderurgia (decreto su Piombino). Ora tocca alle istituzioni pubbliche e private
(Comune, Provincia, Regione, Porto, aziende e naturalmente Lucchini), fare la
loro parte. In fretta perchè c’è poco tempo per definire il processo di
riconversione e di riqualificazione dell’intera area della Ferriera: una volta
approvata la legge, entro tre (più uno) mesi deve essere presentato il progetto,
entro 9 approvato e nel giro di tre anni portato concretamente a termine. Pena
la decadenza. Si è già perso troppo tempo. Ci sono finanziamenti milionari e
ammortizzatori sociali che hanno un termine preciso. Conti alla mano, se la
(peggiore) politica non ci si mette di mezzo, nel 2017 Servola cambierà
completamente volto. A parte i commenti positivi di tutti alla decisione del
Governo, il punto fondamentale ora resta il riutilizzo di quell’area. Rimane la
posizione della Fiom, diversa dalle altre organizzazioni sindacali, ribadita
anche ieri dal segretario Stefano Borini: «In mancanza di un progetto vero si
deve comunque pensare alla siderurgia puntando anche sugli aiuti europei».
Mentre tutte le forze politiche, che hanno tergiversato parecchio prima di
chiedere lo stato di crisi, sono orientate a una riconversione e una
riqualificazione che vada d’accordo con l’ambiente. «Una buona notizia -
sottolinea il sindaco Roberto Cosolini -. Il ministro Zanonato aveva assunto
questo impegno il 10 maggio all'incontro promosso dalla presidente Serracchiani
a Trieste. Questo evidenza come finalmente le istituzioni riescano a marciare
con efficacia, tempestività e coesione per affrontate la situazione della
Ferriera. Da sindaco in passato, avevo più volte evidenziato la necessità di
questo cambio di passo assumendo, tra l'altro, l'iniziativa di incaricare
l'ingegnere Francesco Rosato per un supporto tecnico al nostro lavoro. La strada
per il rilancio industriale e occupazionale del sito di Servola è ancora lungo e
difficile ma la “squadra” delle istituzioni appare più solida e motivata. Ci
sono delle manifestazioni di interesse. Oggi bisogna accelerare su progetti
organici». «Abbiamo qualche strumento in più - afferma Ettore Rosato (Pd) - che
dobbiamo usare bene. Bisogna che le istituzioni pubbliche e private seguano una
sola strada. Non partiamo da zero. Dobbiamo andare avanti con un progetto che
veda in quell’area la logistica e nuove imprese. E soprattutto trovare
imprenditori pronti a investire». Per l’assessore e vicepresidente regionale
Bruno Bolzonello la decisione del Governo rispecchia quanto la presidente
Serracchiani aveva chiesto al ministro Zanonato: «Ora al lavoro, la Ferriera non
è un problema solo di Trieste ma di tutta la Regione». Soddisfazione anche dalla
parlamentare Sandra Savino (Pdl): «Il provvedimento rimedia a un grave errore
compiuto dal governo Monti, che aveva escluso la Ferriera di Servola da un
intervento nazionale finalizzato alla riqualificazione delle attività
industriali e portuali e del recupero ambientale. Si tratta di un segnale
incoraggiante».I parlamentari M5S del Friuli Venezia Giulia cantano vittoria.
Per il senatore grillino Lorenzo Battista «è stato recepito l'emendamento e
l'ordine del giorno che avevo presentato. Spero che questo sia il primo passo
per le bonifiche e la riconversione della Ferriera di Servola». «Inizia un
percorso importante per Trieste che dimostra la volontà del Governo di andare in
una certa direzione - aggiunge il deputato 5 Stelle Aris Prodani -. Ora dobbiamo
mantenere alta l'attenzione per favorire la soluzione alla grave crisi
lavorativa ed occupazionale di Servola».
Ferdinando Viola
Vie pedonali, ora in largo Barriera
Continuano i test del Comune: traffico vietato, animazione, musica ed
eventi
Continuano le “prove di pedonalizzazione” delle aree interessate dal
provvedimento disposto nel nuovo Piano generale del traffico. Tra gli obiettivi
prioritari del Comune vi è infatti una considerevole estensione delle aree
pedonali e delle zone a traffico limitato ad alta valenza pedonale, promuovendo
la mobilità pedonale e ciclabile. È proprio per sensibilizzare la cittadinanza,
dopo la “prova" partita l'11 maggio con le cosiddette “ali del viale XX
Settembre” (vie Crispi, Nordio, del Toro), sabato e domenica l’esperimento si
effettuerà nell'ambito contiguo a largo Barriera (vie della Sorgente, Erbette,
Foschiatti, San Maurizio, Fonderia). A parte le vie della Sorgente ed Erbette
che verranno trasformate in zone pedonali “pure”, per tutte le altre strade
interessate dalle prove si prevede la trasformazione in zone a traffico limitato
a elevata valenza pedonale. «Sono due diverse tipologie di zone - precisa
l'assessore Marchigiani – con caratteristiche differenti, per dare risposta a
esigenze differenti. Nelle zone pedonali la circolazione è vietata a tutti i
veicoli a eccezione di quelli in servizio di emergenza, delle biciclette e dei
possessori di accessi carrabili all’interno delle stesse. Nelle Ztl a elevata
valenza pedonale, invece, tali restrizioni vengono in parte “ammorbidite” per
consentire anche l'accesso (oltre alle tipologie ammesse nelle zone pedonali)
anche dei veicoli a servizio di persone con limitate capacità motorie, dei
veicoli del trasporto pubblico collettivo (laddove sono previste corsie
riservate), dei taxi e dei veicoli a servizio di carico e scarico delle merci».
«Quando si opera in aree con attività commerciali di grana più minuta e con una
più frequente necessità di trasporto merci – continua Marchigiani – occorre
tenere presenti queste necessità. Un Piano del traffico non può essere un mero
disegno fatto a tavolino. Il mio obiettivo non è stravolgere le caratteristiche
commerciali delle zone, piuttosto di aiutare, con una riqualificazione dello
spazio della strada, tali attività affinché possano godere di un maggiore flusso
di persone». La pedonalizzare comporta l'eliminazione di posti-auto in strada,
quindi con il Park Saba Italia è stata predisposta un'offerta scontata. Per
“Vivi la Strada!” sono previste tantissime iniziative nelle vie della zona, come
esposizioni di opere d’arte, oggetti di antiquariato e modernariato, lezioni di
sicurezza stradale, cosmesi, alimentazione, aperitivi, prove di make-up,
animazioni di profumeria, letture per bambini da 3 a 8 anni, musica, jazz e
negozi conm orario continuato. Per agevolare pulizia e allestimento, lungo le
vie interessate la chiusura al traffico veicolare e alla sosta sarà predisposta
e dalle 9 di sabato alle 19 di domenica.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 maggio 2013
Vie pedonali l’esperimento nel weekend - ZONA BARRIERA
Prove di pedonalizzazione sabato dalle 10 alle 23 e domenica dalle 10 alle
19 nell’ambito del nuovo Piano del traffico, con l’iniziativa del Comune “Vivilastrada”.
Via le auto nell'ambito contiguo a Largo Barriera (vie della Sorgente, Erbette,
Foschiatti, San Maurizio, Fonderia), numerose le iniziative di animazione in
programma nelle due giornate. A parte le vie della Sorgente ed Erbette che
verranno trasformate in zone pedonali “pure”, per tutte le altre strade
interessate dalle prove di pedonalizzazione si prevede la trasformazione in zone
a traffico limitato a elevata valenza pedonale. In una nota, intanto,
l’assessore all’Urbanistica Elena Marchigiani interviene sulle 164 firme
raccolte contro la pedonalizzazione di via Crispi e limitrofe. «Le
pedonalizzazioni nell’area ai lati del Viale porteranno via nemmeno un centinaio
di posti liberi (non certo i 400 cui si fa riferimento)», precisa l’assessore,
scrivendo che «per le vie in questione si prevede la trasformazione di zona a
traffico limitato a elevata pedonalità: saranno quindi consentite le aree di
carico e scarico; i residenti che abbiano un garage nell’area potranno
ovviamente entrare; potranno entrare taxi e persone con diversa abilità».
Proprio «per facilitare i residenti nell’accesso a un posto auto garantito a un
prezzo modico e fortemente calmierato rispetto a quello attuale 62,50 euro al
mese» il Comune ha poi siglato un accordo con Saba Italia per il contenitore di
via della Pietà.
Rete idrica, ogni giorno persi 60mila metri cubi
d’acqua
Il direttore strategie e sviluppo di AcegasAps
Enrico Altran: «Dispersioni dovute alla vetustà delle
condotte. Varato piano innovativo per contenere le fuoriuscite»
Un progetto innovativo di monitoraggio e risanamento dell’intera rete idrica
provinciale mirato al contenimento delle dispersioni d’acqua e al tempo stesso
al risparmio di energia elettrica, una delle voci che incidono maggiormente
nelle tariffe a carico dell’utente. È questa la scommessa che AcegasAps sta
portando avanti da qualche tempo e che viene denominata “Distrettualizzazione
della rete di distribuzione”: in pratica si tratta di un procedimento che
consiste nell’isolare determinati tratti della rete idrica, sui quali vengono
fissati dei dispositivi elettronici in grado di stabilire la quantità di acqua
che entra ed esce dalle condotte, al fine di realizzare degli interventi per
abbassarne nei punti critici la pressione, che poi è la variabile strettamente
collegata alle dispersioni idriche. Un progetto pianificato nell’arco di quattro
anni e già inserito in una domanda di finanziamenti comunitari nell’ambito del
progetto transfrontaliero Ipa Adriatico. «In un primo momento l’idea era quella
di intervenire contemporaneamente con la sostituzione delle condotte sia sulla
rete gas sia su quella dell’acqua, ma poi abbiamo constatato che l’operazione si
presentava troppo invasiva e portava con sé pesanti ripercussioni su traffico e
viabilità oltre che sulle realtà economiche e commerciali della città», spiega
Enrico Altran, direttore strategie e sviluppo AcegasAps. «Dunque è stato
cambiato l’approccio in corso d’opera, attraverso microscavi che definirei
“chirurgici” e che consentono di abbassare la pressione dell’acqua e di limitare
le perdite, che peraltro in questo modo vengono più facilmente individuate:
tutto questo comporta non solo il risanamento della rete idrica, ma anche il
contenimento degli oneri di esercizio e un importante risparmio di energia
elettrica che non può che portare effetti benefici sulle bollette a carico del
consumatore». Lo stato di salute della rete idrica provinciale non è certo dei
migliori, in quanto la maggior parte delle condotte in essere risale agli anni
Venti ed in alcuni casi ha superato il secolo di vita. Per la statistica sono
1.100 i chilometri complessivi di condotte, 100 dei quali riguardano la rete
primaria. La dispersione è piuttosto alta e si aggira sul 40 per cento, peraltro
in linea con la media nazionale. Questo significa che su un trasporto
giornaliero in città di 150mila metri cubi d’acqua, sono 60mila quelli che
riguardano le dispersioni idriche: dati che, rapportati su scala annuale,
parlano di oltre 21 milioni di metri cubi d’acqua di perdite su circa 54 milioni
complessivi. «Le dispersioni idriche dipendono sia dalla vetustà delle condotte
ma anche dalla particolare morfologia del nostro territorio - continua Altran -.
Con questo progetto innovativo, già partito in alcune zone dell’Altipiano, le
più problematiche sul fronte della maggior pressione dell’acqua, ci proponiamo
nei prossimi quattro anni di monitorare e risanare gran parte delle rete,
cercando di risolvere il problema delle dispersioni nell’ordine di grandezza del
12 per cento». Parallelamente AcegasAps, già da alcuni anni, ha introdotto, per
quel che riguarda le condotte private, la cosiddetta polizza per le perdite
occulte, quelle cioè non visibili, causate da fatti accidentali o fortuiti,
quali corrosione o gelo. In questo caso è l’assicurazione a coprire il maggior
costo del consumo d’acqua imputabile alla dispersione che aveva fatto lievitare
l’importo della bolletta dell’utente, a carico del quale rimane comunque la
riparazione del guasto. Sono circa una ventina ogni mese in città i casi
segnalati di perdite occulte, mentre i costi annuali della polizza sono di 2
euro e 92 centesimi per uso domestico e di 6 euro e 57 centesimi per altri usi.
Pierpaolo Pitich
Scempio in Val Rosandra - Diecimila firme all’Ue -
CONSEGNATE
Andrea Zanoni, eurodeputato dell’Italia dei Valori e membro della
Commissione ambiente, salute e sicurezza alimentare al Parlamento europeo,
insieme a Massimiliano Morelli e Alessandro Severi del Comitato per la difesa
della Val Rosandra, ha consegnato 9.603 firme alla presidente della Commissione
petizioni dell’Europarlamento Erminia Mazzoni raccolte per chiedere un
intervento sul disboscamento sull'alveo del torrente Rosandra. «È stato rovinato
uno dei siti Natura 2000 più belli del Friuli Venezia Giulia. Questo scempio
deve essere un monito affinché simili disastri non avvengano più» ha commentato
Zanoni, famoso anche per le sue campagne animaliste. «La natura è unica e
dobbiamo preservarla. Lo sviluppo economico deve rispettare questo equilibrio»
ha affermato Morelli. «Abbiamo raccolto quasi 10mila firme per condannare questo
disastro di fronte all'Europa e affinché la zona venga ristabilita» ha aggiunto
Severi. «La Commissione europea ha già chiesto alle autorità italiane di fornire
chiarimenti sul disboscamento» fa sapere Zanoni. Probabile un’infrazione a
carico dell’Italia.
Servola - Iniziative ambientali del Circolo Miani
Il Circolo Ercole Miani domani nella sede di via Valmaura 77 organizza alle 12 una conferenza stampa con i portavoce dei Comitati di quartiere e di “Servola Respira”, per illustrate le nuove iniziative organizzate per sottolineare l’insostenibilità di una situazione che colpisce la salute e la qualità della vita di decine di migliaia di persone.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 maggio 2013
Piano del traffico di sinistra? Il Pdl: «Ci sono solo
testi fatti bene o male» - IL CASO
«Nessun preconcetto o pregiudizio nei confronti del Piano del Traffico anche
se, oggi )ieri, ndr) in commissione, l’assessore (Elena Marchigiani, ndr) ha
dichiarato che si tratta di “un piano di sinistra”. Non esistono piani di destra
o sinistra, cara assessore, ma esistono piani fatti bene o male». Lo scrive il
capogruppo del Pdl Everest Bertoli in una nota. «Stiamo esaminando
dettagliatamente il Pgtu - aggiunge - e ascolteremo cittadini, categorie e
associazioni per cogliere le proposte migliorative. Il gruppo del Pdl è
intenzionato a proporre una serie di emendamenti migliorativi che, se saranno
accolti, sicuramente vedranno un voto favorevole da parte nostra». I capigruppo
di circoscrizione, sempre del Pdl, Roberto Dubs e Alberto Polacco vanno giù
duro: «Se confermato quanto appreso, ovvero che l’assessore Marchigiani ha
affermato che il Piano del traffico è un piano di sinistra, siamo di fronte ad
un’affermazione gravissima. Dare una connotazione politica così forte ad una
progettualità che tocca tutti i cittadini è ascrivibile solo a chi dimostra per
l’ennesima volta di confondere i triestini con gli studenti di un’aula
universitaria e la scrivania dell’assessorato con una cattedra».
Via Crispi pedonale, 164 firme per il “no”
Consegnata al Comune una petizione contro le novità previste per la zona
dal nuovo Piano traffico
Il nuovo Piano del traffico continua a infiammare gli animi dei triestini.
Da ultimo, ecco le 164 firme raccolte contro la pedonalizzazione di via Crispi e
delle strade attigue. Nell’arco di qualche giorno la petizione ha fatto il giro
dei negozi riuscendo a muovere consensi in controtendenza, visto che mai come in
questo momento la limitazione al traffico veicolare viene percepita come assai
utile sia al giro dei clienti sia alla qualità di vita degli abitanti. E invece
sono almeno due i motivi che hanno spinto verso l’ok la petizione, consegnata
proprio ieri negli uffici comunali. Innanzitutto la perdita, da parte dei
residenti, dei parcheggi gratuiti finora disponibili lungo le vie aperte al
traffico: almeno 400, secondo i conti degli abitanti. In secondo luogo, la
sensazione dei firmatari che l'amministrazione voglia favorire, con questa
operazione, gli interessi di Saba Italia Spa, proprietaria del parcheggio di via
Pietà. Andiamo con ordine. Il nuovo Piano prevede la pedonalizzazione di via
Crispi, fino all’intersezione di via Timeus, e delle vie attigue (San Zaccaria,
del Toro, Nordio, San Maurizio, Fonderia e Foschiatti). Secondo la promotrice
della petizione, Cristiana Berritta, «oltre a comportare l’eliminazione di
stalli stimabili in 400 unità, questa operazione non prevede il diritto di
carico e scarico per i residenti, né prezzi calmierati come si è invece
stabilito per i Borghi Teresiano e Giuseppino, ove i residenti pagheranno 30
euro al mese per parcheggiare nel loro quartiere». Ecco il nodo più dolente:
«L’accordo raggiunto con Saba Italia Spa – si legge nella nota - oltre a
prevedere un costo mensile di 62,50 euro, verrà applicato solo ai residenti che
abitano entro 250 metri dal parcheggio di via Pietà, il che esclude le vie
Crispi, San Zaccaria, del Toro, Nordio e Slataper. Chi risiede qui non solo
perderà i parcheggi liberi (il cui diritto è sancito dal Codice della Strada) ma
dovrà anche pagare prezzo pieno in quello che diventerà l’unico parcheggio
disponibile della zona». Da qui lo sprone al Comune a rivedere il Piano affinché
«la pedonalizzazione non violi i diritti dei residenti a poter accedere alle
proprie abitazioni, ad avere parcheggi gratuiti o a prezzi calmierati».
«Altrimenti – chiosa l’abitante - la pedonalizzazione diventa utile a risanare
le casse di Saba Spa. Nulla che debba comunque aver a che fare con l’interesse
pubblico di un Comune».
Elena Placitelli
Kranjska Gora dice no a “South Stream”
Prime difficoltà per il megaprogetto di South Stream in Slovenia, un affare,
lo ricordiamo, da 30 miliardi di euro targati Gazprom. Il tracciato previsto nel
tratto sloveno dovrebbe passare attraverso la valle di Kranjska Gora per poi
giungere in Italia a Tarvisio. Ebbene la popolazione della valle sta fortemente
osteggiando tale tracciato. Il sindaco di Kranjska Gora, Jure Žerjav e il suo
vice Jože Zupancic porteranno davanti al consiglio comunale la proposta di
indire un referendum popolare proprio sul passaggio del metanodotto attraverso
la valle che ospita, lo ricordiamo, un importante appuntamento di Coppa del
mondo di sci alpino nonché nella vicina Planica una tappa, sempre della Coppa
del mondo, di salto con gli sci. Il rischio è che la società Plinovodi che
gestirà il tratto sloveno di South Stream se ne infischi dell’esito (scontato)
del referendum per cui al Comune temono di gettare i soldi (per il referendum)
nel cestino. La popolazione potrebbe togliere il proprio veto solamente se il
metanodotto transitasse lungo la loro valle molto in profondità. «Ma mi sembra -
spiega il sindaco - che così non sarà». Analoghe difficoltà il progetto le sta
incontrando anche in Bulgaria.
(m. man.)
SEGNALAZIONI - Energia - Il nucleare non basta
Ben vengano, come si augura il tecnico Vardabasso, nuovi approfondimenti scientifici, ricerca e confronti pubblici su un tema, l’energia, così importante, strategico, direi vitale, per il presente ed ancor più per il futuro; anche per chiarire posizioni tanto convinte quanto superficiali, come quella dello stesso Vardabasso, secondo il quale la crisi dell’economia e dei posti di lavoro, in Italia, sarebbe da imputare alla mancanza del nucleare, mentre ci sono paesi che ne dispongono, in crisi ancor più grave, come ad esempio la Spagna; per chiarire se effettivamente il sentito problema del caro energia (elettrica) sia da imputare alla mancanza del nucleare e come mai un Paese a noi vicino, come l’Austria, facendone a meno, mantenga tariffe più basse; e come mai, anche nel caso delle forniture di acqua e gas, in Italia, le bollette siano comunque spesso più care che altrove. Di argomenti da chiarire, quindi, ce ne sarebbero molti; statistiche serie (come i piani energetici nazionale e regionale, base imprescindibile per una seria pianificazione di fabbisogno e strategia), investimenti nella ricerca sulle tecnologie (anche per ridurre gli sprechi), sostenibilità ambientale e razionalizzazione, dovrebbero essere effettivamente una priorità, in un paese che, invece, con la nota lungimiranza che contraddistingue la classe dirigente, pubblica e privata, continua ad aspettare, in balìa degli eventi, vittima della sua stessa decadenza socio-economico-culturale e preda degli sciacalli.
Lorenzo Tissini
IL PICCOLO - MARTEDI', 28 maggio 2013
Battaglia su Porto Vecchio in Consiglio
Presentate quattro mozioni, passa quella della maggioranza che vuole un
nuovo soggetto giuridico pubblico
A svolgere la regìa dell’intera operazione di recupero e riutilizzo del
Porto Vecchio sia un soggetto giuridico pubblico da costituire per questo scopo.
È questo il punto fondante della mozione della maggioranza di centrosinistra
approvata ieri sera dal Consiglio comunale con 25 voti favorevoli e 9 contrari.
Sull’annosissimo tema del Porto Vecchio la battaglia si è combattuta fino a
tarda sera incentrata su addirittura un poker di mozioni, perlopiù contrapposte,
presentate dai gruppi politici apparsi ancora una volta su questo argomento più
spaccati della città stessa. Gli altri due punti conclusivi del documento di
maggioranza impegnano il sindaco e la giunta a promuovere la concertazione tra
tutti gli enti coinvolti «a favorire interventi di investimento per integrare
l’area negli interessi generali di Trieste» e, pur salvaguardando le attività
portuali che ancora si svolgono quali l’Adriaterminal, «ad adottare tutti gli
atti necessari per l’auspicato spostamento anche parziale del Punto franco
dall’area del Porto Vecchio». Ma la mozione è finita sotto gli strali del Pdl
che ha ritrovato una verve dialettica che negli ultimi tempi aveva perso. «Non è
un’area sottoposta alla volontà del Comune», ha esordito Paolo Rovis. «In
sostanza il documento del Pd si esprime a favore della ricerca di un investitore
unico - ha aggiunto Maurizio Bucci - ma le istituzioni si sono già espresse a
favore di una portualità allargata; affermare che quell’area non deve essere
porto, ma città, è dire una cosa fuori dal tempo». «Tutti i progetti globali
sono falliti - ha concluso Piero Camber - oggi si torna giustamente allo
spezzatino perché l’idea di un unico nuovo grande quartiere cittadino è franata»
E ha concluso anche con l’affondo contro il nuovo soggetto giuridico: «Non
farebbe altro che allungare i tempi». Pietro Faraguna del Pd ha contrattaccato:
«Sono politici i vincoli che impediscono lo sviluppo dell’area che non può più
essere portuale. Per questo il Punto franco è un ostacolo». Inaspettatamente in
appoggio a questa tesi è arrivato Roberto De Gioia della Lega Nord: «Da
vent’anni il Porto Vecchio non è più porto, va sottratto all’Autorità portuale,
ma temo che lì non si muoverà nulla finchè il sindaco non sarà anche presidente
del porto come prevede la città metropolitana». Invano Marino Sossi (Sel) ha
evidenziato la necessità di trovare un punto di sintesi, mentre il suo partito a
propria volta ha presentato una mozione che è passata e che impegna il Consiglio
a delegare alla terza commissione un’operazione di approfondimento di tutti gli
aspetti che riguardano il Punto franco e più in generale il Porto Vecchio. Il
Movimento 5 stelle da parte sua con un documento, che però è stato bocciato, ha
chiesto di fare pressioni sul Governo affinché finalmente emetta il decreto
attuativo per quel che concerne il regime di Punto franco. Non è passata la
mozione del centrodestra che chiedeva che venisse fatta piena chiarezza
giuridica sulle prerogative del Punto franco e che chiedeva al sindaco di
valutare le richieste di spostamento dell’area franca valutandone gli effetti
economici per la città.
Silvio Maranzana
Piano del traffico: i privilegi di pochi, l’interesse
dei più - LA LETTERA DEL GIORNO di Antonella Varesano
Sono la signora che il 22 maggio ha preso la multa di 84 euro in via Filzi
1. Ho 53 anni, mi chiamo Antonella Varesano e non è mia intenzione restare
anonima (per questo ho postato personalmente la mia bici su Fb), è la multa ad
essere anonima non io. Ringrazio tutti i ciclisti per la solidarietà in rete e
principalmente ringrazio l’associazione Ulisse Fiab di Trieste, di cui faccio
parte dal 2000, per il sostegno, l’impegno e l’aiuto nei confronti di chi come
me ha deciso di fare della bici uno stile di vita. Cari triestini, andare in
bici non è semplice... ci sono tante salite, si prende spesso la pioggia, i pesi
sono un bel problema e quando, su un leggero falsopiano, una macchina ci
costringe a frenare, dimenticando di fare un atto di gentilezza per lasciarci
passare, ci sentiamo ridicoli e abbattuti a dover riprendere la pedalata...
eppure al di là di questi stereotipi ogni ciclista ama la propria bicicletta e
questo, lo so, è difficile da spiegare. Un ciclista non agisce contro la legge
perché è parte di una comunità di cui rispetta le regole e di cui vuole elevare
la qualità della vita, ma se queste regole non sono coniugate con il buon senso
e si vede costretto a legare la bici a un palo (dal 1984 a oggi mi hanno rubato
3 bici) per la mancanza di stalli in zona, che cosa accade? L’accanimento
specifico di quella giornata nel dare la multa alla mia bici devo ancora
capirlo... non intralciava il passaggio anzi nei pali intorno 6 bici erano
legate senza multa, che cosa aveva la mia di diverso proprio non lo so. Sì certo
un errore si può fare, mi rendo conto, 84 euro però in questi periodi di crisi
di lavoro sembrano una provocazione, un accanimento, se volete uno scherzo... la
sanzione equipara infatti il mio veicolo a due ruote a un Suv! Spero che il
dialogo, già intrapreso dal nostro vicesindaco Fabiana Martini con l’Ulisse
Fiab, continui in modo proficuo e colgo l’occasione per chiederle pubblicamente
un incontro sui temi a noi cari: la collocazione degli stalli, che per problemi
della Sovrintendenza e non del Comune sono chiusi in un magazzino da mesi;
l’avvio di proposte per regolamentare le sanzioni del Codice stradale riguardo
le biciclette magari cercando di equipararle ai mezzi a 2 ruote come sono e non
alle automobili; favorire il dialogo tra ciclisti, esercenti e pedoni che spesso
richiedono l’intervento dei vigili e vedono la bici come un ostacolo invece di
un alleato. Il coinvolgimento di consiglieri di tutte le parti politiche per far
sì che il piano del traffico in discussione in questi giorni mantenga nella sua
stesura finale le attenzioni alla ciclabilità al momento previste, senza che
queste strumentalizzino il tema. Attendo poi, con interesse, l’incontro sulla
sicurezza promosso da Ulisse-Fiab in collaborazione con i vigili urbani di
sabato 1 giugno, dove potremo pacatamente discutere delle sorti della mia multa,
che nel rispetto delle regole, dichiaro da subito di voler pagare. Un saluto a
tutti i ciclisti amici del pianeta!
SEGNALAZIONI - TRAFFICO Privilegi e diritti
Sono una cittadina residente nella zona di Via Carducci, quella interessata dal nuovo Piano del traffico, nell’ambito del quale – in via sperimentale - il Comune sta organizzando alcuni week end di pedonalizzazione di alcune vie, coinvolgendo alcuni operatori in un interessante programma di animazione. Non si è neppure realizzata ancora (anche a causa del maltempo) la fase sperimentale della pedonalizzazione che già gli alfieri del No se pol (o meglio del No se devi) sono entrati in azione, attivando addirittura una petizione per opporsi al progetto, coinvolgendo 17 attività economiche che fungono da punti di raccolta delle firme, anche se poco hanno a che fare con la problematiche, o quando addirittura ne potrebbero essere i primi beneficiari. E qua sta il problema: un Consiglio comunale (eletto dai cittadini) vara un nuovo Piano del traffico, lo sottopone al parere delle Circoscrizioni (elette dai cittadini) e a una numerosa serie di soggetti a vario titolo interessati, ne riscontra l’approvazione e subito un’altra parte di cittadini si ribella contestando le decisioni, innescando una conflittualità senza fine. Solo che le contestazioni nascono come sempre dalla volontà di conservare piccoli vantaggi personali, in una visione gretta ed egoistica della convivenza cittadina, senza nemmeno sforzarsi di intuire che il mondo va in un’altra direzione, che reclama cambiamenti di atteggiamenti e di visioni, in una ottica di migliorare la socialità cittadina in una visione globale, che guarda sia all’aspetto residenziale che all’habitat in cui si sviluppano le attività economiche. E qui, in questa area, parliamo di attività economiche che sono effettivamente “di servizio” ai residenti e che con la loro presenza presidiano un’atmosfera di vitalità, proprio quando il panorama cittadino è rattristato da una serie crescente di insegne di chiusura. Dimenticando questo, pensando solo al problema di dove parcheggiare l’auto (la propria, ovviamente, non quella degli altri), allarmandosi per rumori assordanti generati dall’afflusso di chi sa quante migliaia di persone con un ottimismo tutto strumentale e assolutamente non realistico), inventando l’impossibilità perfino di accedere alle proprie abitazioni con bagagli pesanti (così tacciando di ignoranza chi ha progettato il Piano, che ovviamente si sarà preoccupato di questo aspetto, se non altro dovendo prevedere sempre la possibilità di accesso per i mezzi di soccorso), ebbene dimenticando tutto questo ci sono persone che raccolgono firme per presentare una petizione di opposizione al nuovo Piano del traffico, confermando il permanere nella nostra città di una larga fascia di benpensanti senza pensieri, che se ne infischiano del futuro della propria città e di come va organizzata modernamente la sua vivibilità guardando agli interessi complessivi, alla logistica della viabilità, al contenimento delle emissioni nocive, ad una immagine di pulizia e di efficienza quanto mai necessaria in questa area centrale che ho citato. Vivendo in quella zona, non ho mai notato iniziative così solerti per denunciare invece la trascuratezza della pulizia delle strade, diventate spesso vere discariche, mentre proprio alcuni (e pochi) commercianti dell’area provvedevano in proprio alla pulizia per difendere un decoro che evidentemente agli innamorati del No se devi risultava indifferente, abbagliati solo dalla possibilità di parcheggiare sotto casa, magari lasciando ferma l’auto per settimane. Io mi auguro che l’iniziativa del Comune e dell’assessore competente vada avanti, così come saggiamente è stata impostata e plaudo – alla fine - anche all’iniziativa per la petizione di opposizione, perché consente di identificare gli operatori che si prestano ad appoggiare una posizione di retroguardia (miopi perfino di fronte ai propri interessi aziendali) e domani di conoscere anche i nomi dei cittadini firmatari, per vedere quanti si prestano pretestuosamente, senza magari aver nessun interesse diretto, ad alimentare una conflittualità solo per il gusto di opporsi a chi fa qualche cosa, a chi capisce che solo cambiando le cose si può imboccare la strada del miglioramento.
Mirsada Reparati
SEGNALAZIONI - Trasporti Ma le piste dove sono?
Di piste ciclabili si parla molto, ma dopo due anni esatti da quando si è insediata l’attuale giunta comunale non si è visto nulla di concreto. Peggio, è stata dimezzata l’unica pista ciclabile urbana esistente nel comune, quella che dalla Stazione portava a Barcola. Ora ci sono solamente due monconi a senso unico, dal cavalcavia verso la stazione e dal cavalcavia verso Barcola. Le norme tecniche infatti impongono giustamente delle dimensioni minime per tali manufatti e non c’erano i requisiti per una pista bidirezionale. In questi tratti c’è l’obbligo per i ciclisti di percorrere la pista ciclabile, percorso in verità pieno di asperità causate dalle radici degli alberi che hanno sollevato l’asfalto. Sarebbe tanto più semplice trasformare la pista ciclabile - cioè a corsie separate per pedoni e bici - in pista ciclopedonale, vale a dire bici e pedoni insieme, in modo che gli appassionati della bici da strada possano sfrecciare lungo viale Miramare nelle corsie delle auto, cosa che peraltro devono fare comunque viaggiando nell’altra direzione, e venendo in questo caso a cadere l’obbligo di percorrenza della pista, obbligo che sussiste solo in presenza delle piste ciclabili, cioè a corsie distinte dai pedoni. Le famiglie con i bambini potrebbero viaggiare sicure dalla stazione a Barcola in entrambe le direzioni, con tutta sicurezza per i pochi pedoni. Del resto anche l’altra pista esistente, la ciclopedonale delle Rive, vede i ciclisti fare lo slalom tra i pedoni, in questo caso numericamente ben presenti, spesso pure contrariati dal passaggio delle biciclette perché convinti di trovarsi su un marciapiede, con il Comune che fa di tutto per aumentare i rischi, posizionando una struttura pubblicitaria proprio nel punto più stretto, di fronte il Salone degli Incanti, lasciando solo ottanta centimetri per il passaggio di biciclette e pedoni in entrambi i sensi, tra cassonetti e chioschi del bus. L’amministrazione comunale non ha compreso che la bici è un mezzo di trasporto per andare a lavorare, e non solamente per fare scampagnate la domenica, i ciclisti hanno tutto il diritto di viaggiare veloci, ma senza rischiare di uccidere un pedone. Sulle Rive il viaggiare in strada comporta il rischio concreto di finire schiacciati da uno dei numerosi Tir che le percorrono, vista la larghezza limitata delle corsie, oppure di finire con le ruote nelle caditoie dell’acqua, argutamente posizionate con larghe aperture longitudinali al senso di marcia. Chissà quanti anni serviranno ancora per avere delle vere piste ciclabili in centro, e non solo vaghi progetti solamente di facciata.
Giampaolo Bressan
Parcheggi selvaggi a Bioest, multe a raffica
Automobilisti imbufaliti ma qualche macchina nell’area dell’ex Opp era
posteggiata sulle aiuole
Raffica di multe a Bioest. Una sanzione sul parabrezza, l’amara sorpresa dei
visitatori di ritorno dalla fiera andata in scena sabato e domenica nel parco di
San Giovanni. Non trovando parcheggio all’arrivo, hanno approfittato delle
aiuole tra gli alberi, ai margini della stradina che taglia verticalmente il
verde giardino dell’ex Opp. Una scelta discutibile, se non altro alla fiera che
fa dell’ambientalismo il suo manifesto. «Per un evento così importante
chiuderanno un occhio», avrà immaginato qualcuno, non prima di aver girovagato
in lungo e in largo in cerca di un posteggio. Ma il pensiero troppo ottimistico
non ha incontrato la clemenza dei vigili che, penna e taccuino, hanno punito i
trasgressori senza tanto tergiversare. E alla fine sono fioccate le proteste.
Qualcuno lamenta un non meglio precisato “ordine di ripristino” che i vigili
avrebbero scritto sulla multa, forse per invitare l’automobilista a sistemare
l’erba schiacciata dalle ruote. «Mi sono trovato appiccicato al parabrezza una
multa di 40 euro – tuona Giovanni Bon -, ma non è tanto il danno economico,
quanto la consapevolezza che gli interventi punitivi potrebbero essere
sostituiti più efficacemente da altri accorgimenti». E giù l’elenco: «Eccezion
fatta per gli espositori, il transito delle auto al parco potevano anche
chiuderlo, se solo avessero istituito una navetta per permettere a tutti di
spostarsi agilmente all'interno del parco. A maggior ragione se la fiera è
frequentata da anziani, famiglie con bambini e visitatori che giungono fin dalla
Slovenia. Non solo: perché non intensificare i collegamenti dei bus dal centro
città agli ingressi, in alto e in basso, del parco, agevolando l’afflusso degli
anziani, dei bambini, delle persone disabili o comunque prive di mezzi propri?»
A dirsi scandalizzata anche un’altra visitatrice, di nome Laura: «Quando sono
arrivata non c’era più posto per parcheggiare e ognuno si sistemava come poteva.
Il fatto che i vigili siano arrivati solo dopo, lascia pensare a una manovra
costruita appositamente per fare cassa». Agli occhi degli organizzatori,
l’episodio merita invece di essere ridimensionato: «Solo alcune auto sono state
multate – mette le mani avanti Tiziana Cimolino di Bioest -. Ognuno può dire la
sua, ma gli automobilisti sanzionati avevano lasciato il mezzo sull’erba o
comunque dove il passaggio del bus era ostacolato. L’afflusso è stato buono,
soprattutto domenica, grazie al bel tempo, e ogni padiglione è dotato di un
certo numero di stalli. Parlare solo di multe – chiosa – non è il miglior modo
per descrivere la fiera, organizzata in un parco non ancora ben valorizzato.
Grande il successo che ha per esempio avuto il tema dell'anno, incentrato sulla
nascita e il bambino».
Elena Placitelli
IL PICCOLO - LUNEDI', 27 maggio 2013
Un corso di “permacultura” per le città del domani -
ORGANIZZATO DA BIOEST DAL GRUPPO “DECRESCITA FELICE”
MUGGIA Il corso di orticoltura ecologica organizzato a Muggia dal gruppo
“Decrescita Felice” insieme a Bioest, denominato “Assicurati un raccolto”, è
giunto al tema della permacultura. Le tre lezioni teorico- pratiche sull’ampio
argomento si sono svolte però non nel comune rivierasco ma a Trieste, nel
comprensorio di San Giovanni, per tre giorni, dal 24 maggio a ieri. Il docente
era d’eccezione: Mattia Pantaleoni, proveniente dall’accademia nazionale della
permacultura, progettista e consulente. In cosa sono consistiti gli incontri? Lo
spiega Jacopo Rothenaisler, presidente dell’associazione ambientalista Impronta
Muggia: «La permacultura è un metodo integrato per progettare sistemi
equilibrati, sostenibili ed estetici. L’obiettivo è seguire l’insegnamento della
natura: applicando principi e strategie proprie di questo metodo è possibile
ripristinare l’equilibrio dei sistemi che stanno alla base della nostra vita».
In Italia si è iniziato a parlare di permacultura nel 2000: il concetto riunisce
spunti provenienti da aree molto diverse quali l’architettura, la biologia, la
zootecnia. «Tutti gli amministratori pubblici – sottolinea Rothenaisler –
dovrebbero seguire un corso di questo tipo, perché su tali basi si può costruire
un sistema grande quanto il proprio balcone, giardino, quartiere o addirittura
come la propria città». Attraverso determinate tecniche, secondo gli esperti in
materia, una comunità sarebbe in grado – a lungo termine – di assicurarsi
l’autosufficienza per quanto riguarda la produzione di cibo ed energia in loco.
Di qui la definizione di resilienza, cioè la capacità della comunità di
resistere ad un evento traumatico che rischia di metterla in ginocchio ed
affamarla. «È opportuno iniziare ad intraprendere questa strada: comunque la si
pensi, questo è il secolo in cui esauriremo il petrolio», sostiene Rothenaisler.
Apprendimento attivo, principi etici, osservazione sul campo, pianificazione: il
corso comprendeva tutto questo, ed altro ancora.
Davide Ciullo
IL PICCOLO - DOMENICA, 26 maggio 2013
Nel Pdl chiarimenti a muso duro Si riparte dal no al
Piano traffico
Toni a tratti molto accesi nella riunione-fiume del coordinamento.
Di Rovis l’intervento più critico mentre il “caso
revisori” del Comune ha fatto alzare la tensione tra Marini e il duo
Bertoli-Giacomelli
Se le sono cantate per tre ore e mezza, perché tanto è durato l’altra sera
il coordinamento provinciale del Pdl riconvocato dopo quasi un anno. Pochi,
però, confessano d’aver sentito acuti e voci grosse una sopra l’altra,
nonostante l’assolo di Paolo Rovis, criticissimo verso la gestione delle più
recenti campagne elettorali (presumibilmente anche perché scottato dalla sua
esclusione dalle liste per le regionali), e nonostante i coltelli volati durante
la discussione sul “caso revisori” (Giamporcaro fuori dal collegio comunale e
Mazzi dentro col Pdl che si è fatto beffare da un accordo sotterraneo tra
Un’altra Trieste, Lega e franchi tiratori del centrosinistra) tra Bruno Marini
da una parte e Everest Bertoli e Claudio Giacomelli, il capogruppo e il suo vice
in Municipio, dall’altra. Ma, ora che hanno finito di cantarsele, nel partito la
musica è cambiata, si è fatta più armoniosa di com’era negli ultimi mesi, prima
di quelle tre ore e mezza. E qui sì che tutti si affannano a sottolinearlo. A
giurare, appunto, che la musica è cambiata. In meglio. La seduta spiritica del
Pdl, dunque, è servita a qualcosa. I berluscones hanno battuto un colpo, e
probabilmente sono pronti, adesso, a batterne più d’uno. Bersagli: Roberto
Cosolini e l’amministrazione comunale di centrosinistra. Perché è a Palazzo
Cheba - fanno capire un po’ tutti - che va ingaggiata la vera lotta politica. I
bisbigli della vigilia - che raccontavano di un ticket Sandra Savino - Piero
Tononi, ovvero coordinatrice e vice vicario, preparati a dare una scossa ai
consiglieri comunali nella prospettiva di un’opposizione più cattiva - si sono
tradotti alla fine in un breve comunicato di resoconto della serata, nel quale,
guarda caso, si parte dal Piano del traffico. Materia comunale, fino a prova
contraria. Il coordinamento (come si legge a lato, ndr) ha deciso infatti di
convocare prossimamente una «riunione allargata» di consiglieri comunali e
circoscrizionali per imbastire insieme una strategia per combattere il documento
fin qui redatto dall’amministrazione Cosolini e prossimo al vaglio dello stesso
Consiglio comunale. Tutto, o quasi, è passato appunto per un comunicato. Metodo
mutuato evidentemente dal Pd, dove son maestri nel chiudersi a riccio per poi
parlare con una voce sola quando i temi sul tavolo scottano. «È stato un momento
di chiarimenti importante, dove si è fatta politica seria, anche nelle migliori
famiglie può capitare di mandarsi a quel paese», riferisce Piero Camber, il solo
dei big con Sergio Dressi - oltre al fratello Giulio, che nemmeno c’era ma non è
una novità, questa, ai coordinamenti - a non aver preso la parola, così almeno
raccontano i dietro le quinte. «È stata una riunione lunga, proficua e serena,
in cui il coordinamento ha espresso apprezzamento per il lavoro dei consiglieri
comunali, invitando tutti i colleghi a prendere esempio da noi», aggiunge dal
canto suo Bertoli. «Non sono autorizzato a parlare», la chiude subito Rovis, il
quale poi, nel pomeriggio, s’affida a mente fredda a un comunicato personale,
annunciato peraltro ai colleghi, per smentire le voci che lo vorrebbero in
partenza dal Pdl, destinazione Fratelli d’Italia. «La mia stima per Crosetto -
scrive Rovis - è cosa nota fin da quando si opponeva in Parlamento ai devastanti
provvedimenti del governo Monti. Tuttavia, sono da sempre convinto che le
battaglie per affermare idee e proposte si combattono lealmente all’interno del
proprio partito. Continuerò a portare il mio contributo di proposte e idee.
Consapevole che potrei, talvolta, risultare scomodo». «Ma chi ricerca silenzi e
oziosa comodità si trovi un intimo salotto vellutato, non un partito di grande
rappresentanza popolare», il messaggio di Rovis, che - si dice - abbia avuto il
fegato di portare dentro il coordinamento, sotto forma di critica, le malizie
che circolano a proposito di un Pdl “impegnato” a perdere le regionali pur di
non far diventare Dipiazza vicegovernatore. «Il mio intervento - si limita a
dire Marini - è stato in parte volutamente provocatorio perché preferisco un
coordinamento lungo, aspro e schietto, piuttosto che un coordinamento
cloroformizzato. Siamo un grande partito, e in un grande partito ci sono più
punti di vista. Non siamo mica il Partito liberale di Maurizio Facchettin».
Ovvero lo storico fedelissimo di Antonione. Il nemico che stava in casa e che
ora, quello sì, è fuori. @PierRaub
Piero Rauber
Fareambiente «Risparmio energetico
Contributi da prorogare» FareAmbiente chiede la proroga degli incentivi pubblici per l’efficientamento energetico nei progetti di ristrutturazione edilizia. Al momento In Fruli Venezia Giulia il 60% degli edifici ricade nella classe “G”, ovvero la meno efficiente.
Un anno di impegno nella difesa della natura con il
bando dell’Arci - PER I RAGAZZI
Un’opportunità, una bella opportunità per tutti i ragazzi, su cui davvero
farci un pensierino. Scade il prossimo 10 giugno il termine per presentare la
domanda all’Arci servizio civile, la più grande associazione italiana dedicata
esclusivamente al servizio civile, che mette a disposizione dei giovani
l’opportunità di dedicare un anno a favore di un impegno nell’ambito della
promozione di una cultura di pace e solidarietà, di educazione e promozione
culturale e alla pratica sportiva, di salvaguardia e tutela dell’ambiente. Anche
nella nostra città sono davvero tanti i ragazzi che ogni anno aderiscono,
riuscendo a conciliare l’attività svolta con lo studio. Perché l’esperienza
vale, e in nessun caso si può parlare di anno “perso”. Lo scorso 13 maggio, in
particolare, è uscito il bando Servizio civile solidale rivolto a giovani
esclusivamente di 16-17 anni, che ha visto l’Arci del Friuli Venezia Giulia
partecipare con tre progetti a Trieste, per un totale di diciotto posti. Tutti i
giovani interessati possono presentare la domanda direttamente alla sede locale,
con l’inizio del servizio che prenderà il via a luglio. L’impegno richiesto ai
ragazzi? È di trecento sessanta ore distribuite nell’arco dell’intero anno
scolastico, compatibile naturalmente con lo studio in classe. Tra l’altro, è
previsto un riconoscimento economico: si tratta di 892 euro e 38 centesimi, che
di questi tempi possono sempre far comodo. Qualsiasi informazione si può
ricevere direttamente alla sede dell’Arci di via Fabio Severo 31, al seguente
numero telefonico: 040-761683 . Oppure c’è il sito
www.arciserviziocivilefvg.org, oppure ancora si può scrivere una mail a trieste@arciserviziocivile.it.
Ricordiamo che gli ambiti di impiego dei ragazzi sono: educazione e promozione
culturale, educazione alla pratica sportiva, difesa ecologica, tutela e
incremento del patrimonio forestale, tutela e salvaguardia del patrimonio
storico, artistico, culturale e ambientale, politiche della pace e diritti
umani. Ultima annotazione: sul sito Internet di riferimento si possono trovare
anche i dettagli sui singoli progetti e le iniziative avviate in città e in
regione.
Micol Brusaferro
Estate sopra e sotto l’acqua per scoprire la
biodiversità - EVENTI»A MIRAMARE
Da giugno a settembre l’Area marina protetta di Miramare propone una
serie di appuntamenti per grandi e piccoli: sea watching, laboratori tattili e
trekking
L’Area marina protetta del Wwf di Miramare si prepara a un’estate ricca di
eventi e prima di annunciare i dettagli dei singoli appuntamenti ricorda agli
appassionati del mare le iniziative per la bella stagione, tra conferme e
novità. Dalla fine della scuola fino a settembre, l’Area e il suo centro visite
all’interno del parco di Miramare cambieranno orario, per aprire al pubblico
ogni giorno e offrire attività eco-ricreative sia sul promontorio di Grignano e
sia nelle acque protette sotto il castello. Non mancherà il consueto
appuntamento con il sea watching per grandi e per bambini, che prevedono
escursioni in mare con maschera, pinne e snorkel, organizzato anche nell’ambito
dei centri estivi settimanali diurni o residenziali, che accompagneranno i
ragazzini dagli otto anni in su alla scoperta della biodiversità marina del
golfo di Trieste attraverso uscite, giochi sul mare, fotografie subacquee volute
anche per valorizzare l’importanza di conservare la natura e fruire del mare in
modo sostenibile. Per gli “snorkeller” più esigenti il mese di agosto sarà
dedicato ad approfondire, in quattro appuntamenti a cadenza settimanale, le
peculiarità di alcune famiglie di organismi marini che vivono nelle acque di
Trieste. Si comincerà con incontri teorici con le guide del Wwf, per proseguire
con un’uscita in mare per osservare da vicino le bellezze del mondo sommerso.
Anche i subacquei (muniti di brevetto) sono i benvenuti alla riserva dove,
sempre accompagnati dallo staff, potranno scegliere tra escursioni da terra,
dalla barca e ancora al tramonto, nella suggestiva atmosfera del crepuscolo. Ai
più piccoli invece, non ancora in grado di utilizzare la maschera e il tubo,
Miramare dedica una giornata alla settimana, per tutta l’estate. Il lunedì
infatti sarà il giorno delle “Impronte nel mare”, un appuntamento di
avvicinamento all’acqua tra laboratori tattili e piccole e grandi scoperte
nell’acqua bassa della spiaggia protetta di Miramare, pensato per i piccoli dai
5 anni in su. La vera novità dell’estate infine, pensata per i più avventurosi,
sarà il “Trekking con le pinne”, veri e propri percorsi naturalistici a piedi,
lungo la costiera, per scoprire il meglio della natura carsica e mediterranea,
accompagnati da una guida naturalistica, fino a scendere e concludere la
giornata osservando i fondali. Tutti i programmi aggiornati e i dettagli delle
attività, sono disponibili sul sito www.riservamarinamiramare.it o sulla pagina
Facebook della Riserva, ma è anche possibile ricevere notizie aggiornate via
mail scrivendo a promozione@riservamarinamiramare.it.
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - SABATO, 25 maggio 2013
Grado promuove a metà il “villaggio” di Zamparini - Il progetto Vivere in laguna illustrato durante l’incontro organizzato da Il Piccolo
La Regione chiede garanzie, mentre il Comune strappa 11
milioni dalla proprietà
GRADO Il progetto “Vivere in Laguna” da 800 milioni di euro un sogno per
“pochi intimi” o una reale opportunità per la comunità di Grado e la scommessa
turistica del Friuli Venezia Giulia? Su questo interrogativo di fondo ieri
pomeriggio, all’Auditorium Biagio Marin, si è sviluppata la tavola rotonda
organizzata da “Il Piccolo”, in collaborazione con NordestEuropa editore,
moderata dal direttore della testata giornalistica Paolo Possamai. E alla
sequela di garanzie su uno sviluppo turistico in grado di portare Grado a
livelli internazionali espresse dall’imprenditore Maurizio Zamparini e di un
piano a misura di ambiente e d’avanguardia tecnologica, si sono fatte avanti
chiare richieste di “compensazione”. Il vicepresidente della Regione, Sergio
Bolzonello, chiamato dal pubblico per le conclusioni lo ha evidenziato: «Il
rilancio economico-produttivo ed il mantenimento dei posti di lavoro è un
obiettivo centrale. Il turismo attuale è superato, mostra i segni
dell’incapacità ad aumentare le presenze. Se il progetto Zamparini rimarrà un
investimento separato dal contesto di sviluppo per Grado, non ci interessa. Se
vuole avere gambe va inserito in un quadro di riqualificazione generale, in una
cornice come minimo regionale». Incipit della serata all’insegna della polemica.
Il direttore Possamai non aveva neppure iniziato a illustrare scopo e modalità
della tavola rotonda che è stato interrotto: «È una presentazione “a scatola
chiusa”, privata di dibattito». Possamai ha sottolineato con determinazione: «La
tavola rotonda si propone di presentare il progetto, dando la parola a esponenti
istituzionali, imprenditoriali, sindacali. Ascoltiamo di cosa si tratta. Mi
auguro che possa essere l’inizio di una serie di approfondimenti. Un piano di
tale portata va reso pubblico e devono essere palesi gli interessi soggettivi e
collettivi». I “dissidenti” (rappresentanti di Liber@, ndr) hanno lasciato
l’auditorium. Il progetto è stato tratteggiato da due esperti, Emanuele Boscolo,
docente di diritto amministrativo dell’università di Como, e l’architetto David
Palterer. Boscolo ha evidenziato il modello urbanistico frutto del partenariato
tra privato e pubblico. Ha parlato dell’accordo sottoscritto nel 2009 tra il
Gruppo Zamparini e il Comune di Grado, per il quale «la cura dell’interesse
pubblico non viene meno». La “cifra” di questa alleanza, ha concluso, è la
convergenza tra istanza pubblica e privata. Palterer ha evidenziato il ruolo
dell’architettura che «non può ignorare la memoria stratificata» del territorio
di Grado e l’esatta comprensione del luogo dove si va ad operare. Il presidente
regionale di Legambiente, Elia Mioni, lo ha premesso: «Non sono contro questo
progetto per posizione precostituita. Tuttavia, non riesco a percepire tra
queste immagini di fiori, natura e rispetto dell’ambiente l’effettiva portata di
questo ampliamento urbano. Il problema è il rapporto tra questo imponente
progetto, non l’unico sul tappeto, e gli effetti in termini di raddoppio della
popolazione e delle volumetrie. Mi chiedo perchè invece non puntare sul recupero
dell’esistente?». «Abbiamo un centro fino a Città Giardino ormai edificato.
Difficile pensare a micro-interventi privati. Valle Cavarera rappresenta uno
sviluppo per il futuro». E alla domanda a proposito del “rapporto di forza” tra
pubblico e privato, ha risposto: «Non verrà detto “sì” a tutto. Non siamo qui
per promuovere il piano-Zamparini, nè speculazioni. In questo momento di crisi
economica, guardiamo allo sviluppo turistico e a nuovi posti di lavoro. Abbiamo
strappato 11 milioni di euro alla proprietà. Abbiano ottenuto 54 appartamenti
che saranno dati in affitto agevolato ai gradesi. E non si tratta di case
popolari. Maricchio poi ha scandito: «Valle Cavarera non sarà una Milano 2.
Abbiamo l’obbligo di vigilare. Del resto si tratta di un terreno rimasto
edificabile da 35 anni: dove eravamo prima?». Il progetto Zamparini prevede
1.000 nuovi posti di lavoro. Il segretario regionale della Cisl, Giovanni Fania
ha osservato: «La disoccupazione in regione è ai massimi storici. È necessario
un serio ragionamento sul futuro. Il turismo può diventare importante, ma dev’essere
compatibile con la qualità della vita dei residenti e dell’ambiente. Tuttavia la
regione non può permettersi oggi di dire “no” a tutto. La prospettiva di mille
posti di lavoro è una speranza per un’occupazione seria e stabile soprattutto
per i giovani». Il presidente di Confindustria di Udine, Adriano Luci, ha fatto
riferimento al progetto di turismo industriale integrato: «Questo progetto - ha
detto - può dare sviluppo a Grado e a tutta la regione. All’imprenditore va
permesso di operare, ma non può prescindere dal rispetto delle regole,
dall’etica e dalla passione, che qui mi sembra stata espressa». «Sono gradese
d’adozione, conosco profondamente questo territorio. È stato l’amore per la mia
terra e i miei ricordi a farmi scendere in campo. Ma sono 8 anni che sto
cercando di tradurre in realtà questo sogno per l’Isola. Il progetto è stato
modificato: più verde, più piste ciclabili, le terme all’avanguardia. Voglio
portare a Grado i turisti internazionali». Da Possamai una domanda diretta: a
fronte di 800 milioni di euro, qual è il business-plan di questa operazione? E
Zamparini: «Ci sono sacche di liquidità spaventose nel mondo. Sono in contatto
con imprenditori molto importanti, li porterò a Grado quando l’iter del progetto
sarà concluso. Però spiegatemelo: dove lo mettete il rischio di impresa che ho
affrontato e sto affrontando?».
Laura Borsani
SEGNALAZIONI - CONCONELLO Obiettivo strategico
In relazione all’articolo del 13 maggio scorso, nel quale si dava notizia dell’esposto denuncia del signor Mario Galli nei confronti dell’Amministrazione comunale accusata di omissione d’atti d’ufficio per non aver ancora attuato la rimozione e lo spostamento delle antenne di Conconello, voglio precisare che l’amministrazione, che condivide in pieno i contenuti e le preoccupazioni del signor Galli, vuole risolvere in modo definitivo il problema delle antenne situate a Conconello. Gli assessorati all’ambiente e all’urbanistica sono infatti fortemente impegnati nell’avviare la procedura di delocalizzazione di tutte le antenne dell’abitato di Conconello nel nuovo sito posto sul Monte Belvedere nella zona “Z3b”, così come individuata dalla Variante n. 97/2007 del Piano regolatore generale comunale. Sull’argomento, nel corso dell’ultimo anno, sono state indette dal Comune di Trieste delle Conferenze di servizi istruttorie che, per la prima volta, hanno visti riuniti attorno ad un unico tavolo tutti i Ministeri competenti, la Regione Fvg, l’Arpa-Fvg, gli altri enti interessati alla problematica nonché i soggetti proponenti. In quella sede sono state affrontate le diverse problematiche sollevate dal progetto unitario presentato dai proponenti per il nuovo sito, quanto la zona prescelta è sottoposta a vincoli di varia natura (paesaggistico, idrogeologico, Zps, Sic, Natura 2000). Per tale motivo i tempi entro cui potrà avvenire lo spostamento non sono ancora quantificabili. Per quanto riguarda la situazione attuale si conferma che il Comune ha richiesto all’Arpa misure del campo elettrico in banda stretta per meglio definire i contributi delle diverse emittenti (che negli anni hanno in molti casi cambiato ragione sociale e/o punto di trasmissione), e procedere, se del caso, verso quelle risultate maggiormente responsabili. A prescindere dall’esito di tali misure, in nome di quel principio di massima precauzione che deve essere adottato anche (e soprattutto) nei confronti dell’inquinamento elettromagnetico e la scelta del Comune resta comunque quella di delocalizzare tutte le emittenti presenti nell’abitato di Conconello, e ciò potrà avvenire una volta che si siano realizzate le nuove infrastrutture sul monte Belvedere. Per questa amministrazione comunale si tratta di un obiettivo strategico per il quale, rassicuri il signor Galli, si sta lavorando con grande impegno.
Umberto Laureni (Assessore all’Ambiente Comune di Trieste)
IL PICCOLO - VENERDI', 24 maggio 2013
Nuovo Piano traffico, parcheggi più cari - URBANISTICA
»SOSTA A PAGAMENTO
Previsti incrementi delle tariffe orarie negli stalli in superficie: dai
5 centesimi in più della zona viola ai 20 della gialla
il balzello aggiuntivo Prospettato anche un ulteriore aumento del 50% dalla
terza ora in poi, confermato il forfait mensile per i residenti
Aumenterà sì le zone pedonali, ma farà salire anche le tariffe per la sosta
a pagamento in superficie. Il Piano del traffico continua a muovere i passi che
lo porteranno, fra giugno e luglio, all’approvazione in Consiglio comunale e,
con le varie novità in chiave viabilistica e urbanistica, propone pure una
revisione tariffaria per gli stalli blu a cielo aperto. L’ha confermato ieri
mattina l’assessore alla Pianificazione urbana, Mobilità e traffico del Comune,
Elena Marchigiani, a margine della presentazione dell’accordo con Saba Italia di
cui si riferisce nell’articolo a fianco. Parcheggiare l’automobile a pagamento
all’aperto, una volta che il Piano avrà completato pure le tappe della sua fase
attuativa, costerà di più. Nella zona viola, la centralissima (oggi interessa
gli stalli di via del Teatro romano e via Punta del forno, ma in futuro si
amplierà a via dell’Orologio e via del Mercato Vecchio) e per questo anche la
più onerosa per l’utenza, si passerà da 1,65 euro all’ora a 1,70. Saltino da
cinque centesimi. Nella zona rossa, il cui ticket orario attuale prevede
l’esborso di un euro e 40 centesimi, il balzello sarà da 0,10: con cifra finale
di 1,50 euro all’ora. Di rosso vestiti sono attualmente gli spazi di via Cadorna
(da via Boccardi a via del Mercato vecchio), via del Mercato Vecchio, piazza
Ponterosso, e nel Borgo Teresiano via Machiavelli, via Torrebianca e
trasversali. Da Piano la zona rossa si estenderà ancora lungo il Borgo
Giuseppino e in quello Teresiano. Più marcato ancora l’aumento per la zona
gialla, destinata - nelle intenzioni dell’amministrazione Cosolini - a vedere la
sua tariffa passare dall’odierno costo di un euro all’ora all’1,20 previsto.
Naturalmente, anche questi cambiamenti, come tutto il Piano del traffico,
saranno oggetto di discussione e di votazione in sede di Consiglio comunale.
“Gialli” sono oggi gli stalli attorno a largo Panfili, nell’area di largo
Barriera Vecchia e sul colle di San Giusto: secondo la bozza del Pgtu questa
tinta andrà a interessare le aree subito all’esterno del perimetro del centro
storico. Nessuna variazione, infine, per la zona blu, vigente in largo Roiano
con i suoi 60 centesimi all’ora. La stessa, da nuovo Piano del traffico, sarà
sistemata in punti caratterizzati dalla presenza di varie attività commerciali
nelle zone di Roiano, Chiarbola, San Giovanni, Miramare, Basovizza, Prosecco e
Opicina. «E stiamo valutando la proposta giunta dalle circoscrizioni di
consentire la sosta gratuita per la prima mezz’ora nelle zone blu - ricorda
Marchigiani -, proprio in modo da favorire gli acquisti “mordi e fuggi” nei
negozi». Non è finita. Perché nell’ambito di questa revisione, entra un
ulteriore nuovo dettaglio. Il Comune sta pensando infatti, di applicare nelle
zone viola, rossa e gialla (esclusa dunque la sola blu), una maggiorazione del
50% della tariffa a partire dalla terza ora di sosta in poi. Ciò significa, ad
esempio, che per la zona viola si andranno a pagare - nel caso di approvazione
degli adeguamenti - 2,55 euro dopo averne sborsati già 3,40 per le due ore
precedenti (1,70 più 1,70). Conto totale per tre ore di parcheggio negli stalli
più costosi della città: 5,95 euro. Una pizza. Effetto 50% per la terza ora in
zona rossa: due euro e 25 centesimi. E in zona gialla: 1,80. Il Comune spinge
sul minor uso dei mezzi in centro e anche sull’utilizzo dei parcheggi in
struttura. Va inoltre ricordato infine che il Piano del traffico prevede
l’introduzione del forfait mensile da 30 euro riservato ai residenti per la
sosta nelle aree a pagamento del Borgo Teresiano e del Borgo Giuseppino.
Matteo Unterweger
Accordo Comune-Saba Italia - Nei contenitori invece
arrivano le agevolazioni per i residenti
Si pagherà la cifra di 750 euro all’anno per sistemare l’auto dentro le
strutture di via della Pietà, del Silos e di via Giulia.
L’offerta entrerà in vigore con l’attuazione del Pgtu
Accordo fra Comune e Saba Italia per garantire ai residenti tariffe
agevolate nei parcheggi in struttura che la società in questione gestisce. Si
partirà con il park di via della Pietà vicino all’Ospedale Maggiore, seguiranno
a ruota quelli del Silos (a fianco della stazione ferroviaria) e di via Giulia
(subito dopo il centro commerciale). L’offerta sarà riservata ai residenti in
un’area definita da un raggio di 250 metri nelle vicinanze dei diversi
contenitori. Potranno sistemare la loro automobile al coperto per 750 euro
all’anno. Cioè poco più di 62 euro al mese. «Due euro al giorno, mentre oggi la
tariffa è di un euro e cinquanta centesimi all’ora. Si punta a favorire
l’utilizzo delle strutture per migliorare la vivibilità e la sicurezza delle
strade e degli spazi della zona», ha sintetizzato l’assessore Elena Marchigiani,
presentando l’operazione. «L’introduzione di questi prezzi agevolati - ha
continuato la responsabile della Pianificazione urbana nella giunta Cosolini -
avverrà contestualmente all’attuazione del Piano del traffico». Scatteranno cioè
via via che le novità previste dallo strumento urbanistico entreranno
concretamente in vigore. La presentazione della convenzione si è tenuta non a
caso in via Nordio, all’angolo con via Crispi, punti destinati a tramutarsi in
zone a traffico limitato a elevata pedonalità e relativamente vicini al
parcheggio di via della Pietà. «Le ali di viale XX settembre e le vie del Borgo
Teresiano saranno tra le prime a partire con le novità del Pgtu, perché nelle
stesse non vi è promiscuità con il trasporto pubblico locale», è stata la
puntualizzazione di Marchigiani. Che ha confermato inoltre come fra gli
obiettivi del Piano vi sia anche quello di dare un aiuto alle attività
economiche, cioè a negozi ed esercizi pubblici. Dal canto suo, Giulio Torres,
responsabile territoriale di Saba Italia, nell’osservare come quello del Piano
del traffico sia un tema delicato, ha sottolineato l’importanza di armonizzarlo
«con interventi sulla sosta che lo rendano praticabile». E in questo senso vanno
lette le sperimentazioni in essere, avviate contestualmente ai test pedonali
programmati dal Comune da maggio in poi (sin qui una sola giornata, con il
secondo weekend rinviato per maltempo all’1 e 2 giugno). Proprio nei primi due
finesettimana di giugno, sempre in concomitanza con le prove di pedonalizzazione
calendarizzate (rispettivamente nella zona attorno a largo Barriera e poi tra
via Mazzini, corso Italia e la parte alta del Borgo Teresiano), Saba Italia
proporrà nuovamente la tessera prepagata di 165 ore al costo di 40 euro, ovvero
0,24 euro l’ora, e la tariffa giornaliera da 7 euro per il sabato e la domenica.
(m.u.)
Trasporto ecologico bocciato: bici multata in via Filzi
Era agganciata a un palo, non dava fastidio a nessuno eppure la
proprietaria dovrà pagare 84 euro. I vigili urbani: «Un errore, come sanzionare
il vento»
Era lì, sola, innocua. Agganciata a un palo sul marciapiede di via Filzi.
Osservava il traffico, in attesa della sua proprietaria. Non disturbava: non era
sulle strisce, non impediva il passaggio. Timida e discreta, era lì, mercoledì.
Non chiedeva niente a nessuno, anzi: orgogliosa della sua ecologicità, guardava
di sottecchi gli “altri”: macchine, motorini, quad... Quanto inquinamento. Lei
no, lei è la protagonista della mobilità sostenibile, quella stessa mobilità su
cui intende puntare il Comune con i suoi 85 chilometri di nuove piste ciclabili.
Un bell’incremento, visti i 5 attuali. Eppure vallo a spiegare che la bici fa
bene, e fa bene a tutti: a chi pedala e a chi usa i pedali, perché un pizzico di
inquinamento lo respira pure lo scontroso automobilista triestino. Ma niente da
fare: quella due ruote non passa inosservata, pure se lì non dà fastidio a
nessuno. Quasi a nessuno: perché passa la polizia municipale, solerte, anche
troppo. Multa le autovetture vicine. E seppure la povera bici sia agganciata
stretta stretta al suo palo, attaccata o quasi al cordolo del marciapiede,
l’integerrimo vigile inesorabilmente stacca dal suo blocchetto il foglio delle
sanzioni: 84 euro di multa. Per divieto di sosta. Questo sì che è scrupolo. Lo
stesso che ha mosso la mano di chi ha sanzionato e “giustamente” allontanato da
piazza Unità, a dicembre, l’ippotrainato San Nicolò, “catturato” mentre
distribuiva cioccolata calda e dolciumi ai bimbi. Così la foto della bici
multata, una delle tante a dir la verità, ha fatto il giro di Facebook e la sua
proprietaria, Lella Varesano, si è arrabbiata parecchio. Ma il buonsenso, dov’è
finito? «Comprendo lo stupore, è stato un errore», ammette il vicecomandante
della polizia municipale Luciano Momic. «Secondo il codice della strada la bici
è un veicolo, quindi sul marciapiede non può starci a meno che non ci sia la
rastrelliera. D’altra parte, però, se vogliamo avere una città a misura di
pedone e non abbiamo le rastrelliere, bisogna essere tolleranti. In più, visto
che la bici non era targata e nemmeno c’era accanto la sua proprietaria, è stato
come sanzionare il vento. Non potrà mai andare a buon fine quella multa. A quel
punto, se la bici avesse dato davvero fastidio, se ostacolava i pedoni, o i
disabili, o le carrozzine, meglio rimuoverla». «Non vorrei che questo episodio
disorientasse i triestini: l’amministrazione comunale ha dimostrato con i fatti
di voler promuovere la ciclabilità e la pedonalità», aggiunge Fabiana Martini,
vicesindaco e assessore alla Polizia urbana. «È stato un malinteso, io per prima
non ho difficoltà ad ammettere che qualche volta in bici infrango la legge: è
vero, mancano gli stalli e allora si sopperisce con altri sistemi». Già: in fin
dei conti, se multiamo quattro ruote, due ruote e quattro zampe, cosa rimane di
ecologico e sostenibile?
Donatella Tretjak
«Acquario, tagliata l’erba spuntano i pescatori»
Per il consigliere del Pdl Gretti «bisognava dare priorità alla ciclabile
dell’Ospo»
Il Comune di Muggia: «Pulizia obbligata, troppi ratti.
Chi va lì sa che è inquinato»
MUGGIA A cosa serve lo sfalcio del verde di un sito inquinato interdetto al
pubblico? È il quesito che diversi muggesani si sono posti in questi giorni dopo
aver visto l’intervento effettuato all’interno del terrapieno Acquario. E anche
se l’estate tarda ad arrivare, l’area, notoriamente inquinata, è di nuovo presa
d’assalto dai pescatori. Torna dunque a far discutere Acquario, croce (molto) e
delizia (molto meno, almeno per ora) del territorio muggesano, area in cui sono
stati riscontrati quantitativi di elementi inquinanti quali ferro, piombo,
cadmio, manganese, mercurio e arsenico, ben oltre i limiti di legge. Sulla
recente opera di pulizia effettuata da parte dell’amministrazione comunale che
ha rimosso le erbacce presenti, è intervenuto il consigliere comunale del Pdl
Christian Gretti. «Le priorità sono alla base di una corretta gestione della
manutenzione territoriale, per cui ci chiediamo a cosa serva lo sfalcio del
verde di un sito interdetto al pubblico quando, ad esempio, sulla nuova pista
ciclabile dell’Ospo la natura sta prendendo il sopravvento sulle corsie di
marcia», chiede l’esponente del centrodestra. La risposta da parte della Giunta
Nesladek non è tardata ad arrivare. «Siamo dovuti intervenire per effettuare una
pulizia del terrapieno a causa della presenza di ratti e nidi di rettili non ben
identificati, quindi abbiamo voluto tutelare le abitazioni site davanti al
terrapieno», spiega l’assessore alla Promozione della città Stefano Decolle. Da
qui la spiegazione sulle modalità dell’intervento: «Gli operatori comunali che
sono intervenuti nell’area, su disposizione dell’amministrazione, hanno operato
all’interno del mezzo meccanico e hanno lavorato per non più di un’ora e mezzo
al giorno proprio per tutelare la propria incolumità». E sulla presenza dei
pescatori? «Il sito Acquario risulta delimitato molto chiaramente, recintato sul
lato strada e interdetto sugli altri lati con appositi dissuasori e cartelli -
spiega Decolle -. È stata data ampia pubblicità sul tipo e concentrazione degli
inquinanti presenti e su come avviene la possibile contaminazione. Infine, sono
state date indicazioni alla polizia municipale di effettuare la vigilanza sul
sito: a fronte di un luogo in cui non è possibile entrare per sbaglio chi vi
accede lo fa consapevole del rischio a cui si espone». Evidentemente i branzini
di notevoli dimensioni che pare vengano pescati nell’area valgono più di
qualsiasi possibile sanzione. E più della propria salute.
Riccardo Tosques
Escursione notturna in cima al Lanaro declamando versi
- TREKKING e poesia
Nessuna velleità di compiere un’impresa. Alla base della “Notte dei
camminanti”, iniziativa organizzata dall’associazione di promozione sociale La
Corte, c’è la volontà di dare nuove prospettive al semplice del camminare.
L’associazione, in quasi un anno di attività, ha fatto dell’outdoor education
una propria bandiera, riconoscendo nelle attività all’aria aperta una forte
valenza educativa. «Niente di epocale – chiarisce il vicepresidente
dell’associazione Riccardo Taddei - , non si tratta di fare il primo passo sulla
luna, bensì di sfruttarla quando è piena per fare una camminata sotto il suo
bagliore». Nella notte fra domani e domenica, infatti, La Corte accoglierà tutte
le persone che, intenzionate a fare un’esperienza diversa, inizieranno a
muoversi a piedi per raggiungere i 544 metri della vetta del Monte Lanaro,
partendo dall’ex Opp di San Giovanni, teatro della 20.a edizione del Bioest,
fiera a vocazione naturale. Con il sottotitolo “dal tramonto all’alba”, la
camminata porterà i partecipanti a coprire 19 chilometri di strade e carrarecce,
con 700 metri di dislivello in salita e 500 metri in discesa. «Invitiamo ogni
persona a portare con sé una poesia – continua Taddei - , un brano scritto di
proprio pugno o l’estratto di un testo noto. Sarà l’occasione per esaltare le
suggestioni che la notte» Prima di raggiungere il Lanaro, dalla cui cima
attendere insieme la nascita del nuovo giorno, la variegata comitiva effettuerà
alcune tappe, «per accogliere nuovi compagni di viaggio, leggere qualche brano e
consumare insieme qualche genere di conforto». La partenza è prevista alle 20,
orario in cui il sole scende a ovest e colora di rosso la città. La prima sosta
è fissata a Trebiciano, attorno alle 22.30. Da qui, superato l’Abisso, si
proseguirà sul sentiero Cai numero 3, raggiungendo la dolina dei Druidi, a
Fernetti, e, successivamente, il Monte Orsario. La Rocca di Monrupino, posta a
418 metri sopra il mare, sarà l’ultima tappa prima dell’ascesa finale, dove
fermarsi in caso di brutto tempo, vicino alla strada e a un centro abitato. «La
partecipazione è gratuita – precisa Taddei - . Solo ai minorenni, per ragioni
assicurative, verrà richiesto il tesseramento associativo. Consigliamo
’abbigliamento adatto, una coperta e generi di conforto».
Luca Saviano
Acqua, sostenibilità e conflitti - TAVOLA ROTONDA
Oggi alle 16 alla Sissa in via Bonomea 265 Sessione organizzata dagli
studenti del master in comunicazione
Acqua, una risorsa da rispettare: se ne parla oggi alla Sissa alle 16 nell’aula
005 della sede di via Bonomea 265. Guerre per l’acqua, ma anche per preservare
questo bene. Una tavola rotonda alla Scuola internazionale superiore di studi
avanzati, gratuita e aperta al pubblico, approfondirà il tema da più punti di
visita insieme ad alcuni esperti internazionali. L’accesso all’acqua è
importante e si aggiunge a una lista si problematiche: lo sfruttamento
economico, la responsabilità sull’inquinamento e la tutela dell’ambiente. Di
tutto questo si parlerà nella sessione tematica organizzata dagli studenti del
master di comunicazione della scienza della Sissa con Luca Martinelli, del
mensile Altraeconomia, Maria Rusca che lavora per l’Unesco e Daniel Gustavo
Nieto Yàbar dell’Istituto nazionale di oceanografia. Modera Vincenzo Belluomo.
GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 23 maggio 2013
La detrazione al 55% per l’efficienza energetica verrà confermata dal Governo Letta.
La notizia tanto attesa trova conferma nelle parole del
ministro per lo Sviluppo Economico Flavio Zanonato, che dal palco di
Confindustria assicura la presenza del bonus fiscale anche per l’intero 2013.
Rinviata quindi l’attuale scadenza prevista per il 30 giugno.
L’intesa sulla detrazione fiscale al 55% sugli interventi di efficientamento
degli immobili è stata raggiunta dal responsabile allo Sviluppo Economico
insieme con il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. Come ha affermato lo
stesso Zanonato:
Con il ministro dell’Economia ho concordato la conferma, almeno per tutto il
2013, della detrazione fiscale del 55% per gli interventi di efficienza
energetica negli edifici.
C’è però attenzione per quanto riguarda le “rimodulazioni” ipotizzate da
Zanonato nel proseguo del suo discorso e che sembrano preludere a nuovi assetti
per quanto riguarda i bonus fiscali:
Alcune rimodulazioni potranno essere introdotte per ridurne il costo diretto sul
bilancio dello Stato e intensificarne l’efficacia sulle tecnologie più avanzate,
eliminando inoltre alcune sovrapposizioni con altre forme di incentivazione
pubblica.
Occorre infine dare stabilità a questo strumento anche per evitare pericolosi
rallentamenti nella tabella di marcia verso gli obiettivi europei al 2020.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 maggio 2013
Piano traffico, via i bus da piazza Tommaseo
Tecnicamente accoglibile per il Comune la richiesta della Comunità greco
orientale
Mezzi pubblici, l’ultima parola alla Provincia. Pista
ciclabile lungo via Mazzini
Lo spostamento in altra sede del capolinea degli autobus 10 e 17 (e della 4,
che lì sosta nelle ore serali e nei giorni festivi) in conseguenza della
pedonalizzazione di piazza Tommaseo anche nel tratto antistante via San Nicolò.
E poi, altro tema, la creazione di una pista ciclabile lungo via Mazzini, che il
nuovo Piano del traffico prospetta riservata ai pedoni. Sono queste due
richieste giunte al Comune sotto forma di osservazioni da parte di cittadini, e
mirate a integrare la bozza del nuovo strumento urbanistico che il Municipio
punta a portare all’approvazione in Consiglio comunale fra giugno e luglio.
Entrambe le istanze sono state giudicate tecnicamente ammissibili dagli uffici
comunali. Per la questione autobus e piazza Tommaseo, però, l’ultima parola
spetterà alla Provincia, che ha la competenza sul trasporto pubblico locale. A
inviare questa richiesta - ha fatto sapere ieri l’assessore comunale con delega
alla Pianificazione urbana, Mobilità e traffico, Elena Marchigiani - è stata la
Comunità greco orientale, la cui chiesa di San Nicolò e Santissima Trinità si
trova proprio in Riva III Novembre e si affaccia su piazza Tommaseo. Davanti al
luogo di culto (nel palazzo vi è anche la sede della Comunità), oggi si fermano
per lo stop “lungo” gli autobus. Varie, poi, le osservazioni che chiedono la
realizzazione di uno spazio ad hoc per le biciclette in via Mazzini. Sono le
ultime novità emerse dall’iter che il Piano del traffico targato amministrazione
Cosolini sta affrontando in Sesta commissione consiliare (chiamata a valutare
274 osservazioni in tutto, di cui 230 tecnicamente accoglibili), riunitasi anche
ieri. Prossimo appuntamento in programma: venerdì alle 10 in sala giunta.
«Rispetto alle indicazioni contenute nel Pgtu - fa il punto l’assessore
Marchigiani - sono soluzioni fattibili. Ma in particolare su quanto concerne i
possibili spostamenti di capolinea degli autobus, la competenza è della
Provincia. Che sul tema ha quindi l’ultima parola assieme alla Trieste
trasporti». E sull’ipotesi di un eventuale ritorno del capolinea della 10 in
piazza Venezia, l’esponente della giunta Cosolini, osserva: «Abbiamo valutato la
possibilità, un comitato di cittadini l’ha proposto, ed è stato effettuato un
sopralluogo con Provincia, Trieste trasporti e AcegasAps. C’è un vincolo: la
pavimentazione con i masegni è inidonea a sopportare il carico degli autobus in
sosta lì. Altre possibilità sono al vaglio, la logica è di continuare a operare
per la migliore fruizione dell’area di piazza Venezia. E per trovare una
soluzione alla richiesta del comitato». «Lo spostamento dei capolinea dalla zona
antistante la chiesa della Comunità greco orientale - dice dal canto suo
Vittorio Zollia, assessore provinciale a Trasporti e infrastrutture - è alla
nostra attenzione. Posto che sul trasporto pubblico locale, il Piano del
traffico fornisce indicazioni di tipo generale ed è poi la fase attuativa a
definirle in base anche a chilometraggio e costi. Se potremo, certamente
effettueremo lo spostamento». Sempre su piazza Tommaseo, anche il presidente
della Sesta commissione del Comune, Mario Ravalico (Pd), ritiene l’osservazione
«più che accoglibile. Per due motivi: è necessario riqualificare quell’area in
chiave di zona pedonale visto il suo pregio paesaggistico e architettonico,
anche per la presenza della chiesa. E inoltre l’ubicazione del capolinea lì è un
po’ “disgraziata” per i cittadini: non c’è una pensilina e specie in inverno -
conclude - si aspetta l’autobus senza riparo dalla pioggia e dalle raffiche di
bora».
Matteo Unterweger
Marchigiani: «Al lavoro anche per il commercio»
«Le esigenze di commercianti ed esercenti sono all’attenzione del Comune di
Trieste. E nel dettaglio, siamo al lavoro nell’ambito del nuovo Piano del
traffico anche sulla definizione delle zone dove sistemare le aree per il carico
e lo scarico merci. Lavoro questo che sarà completato nel corso della fase
attuativa del Piano». L’assessore comunale Elena Marchigiani rassicura così il
mondo locale del commercio e degli esercizi pubblici dopo le richieste
indirizzatele da più parti di attenzione per le attività economiche disseminate
nelle varie zone del centro cittadino. Marchigiani, peraltro, ha sottolineato
nelle scorse settimane come l’incremento delle zone pedonali previsto dal Pgtu
(+44% rispetto all’attuale situazione) sia stato pensato anche per dare un aiuto
proprio al mondo del commercio e degli esercizi pubblici.
(m.u.)
«Servola tra le aree di crisi, iter a buon punto»
Cosolini a Roma da Zanonato: «Alta l’attenzione del ministro, si potrà
accelerare sulla riconversione»
il monito del deputato Savino (Pdl): sul futuro della Ferriera e dei lavoratori
è necessaria una unità di intenti che comprenda anche le forze sindacali
La procedura per l'inserimento di Trieste nelle aree di crisi complesse,
«anche grazie all'interessamento dell'amministrazione regionale, sta evolvendo
secondo gli impegni concordati nella recente riunione tenutasi a Trieste il
passato 10 maggio». Lo assicura il Comune dopo l’incontro che ieri il sindaco
Roberto Cosolini, accompagnato dal consulente per la riconversione Francesco
Rosato, ha avuto a Roma con il ministro dello Sviluppo economico Flavio
Zanonato. All'ordine del giorno c’era proprio la questione dello stabilimento
siderurgico di Servola. Durante il colloquio (nel quale si è anche parlato dei
processi di rinnovamento sostenibile delle città, tra cui Trieste, nell’ambito
dei progetti smart cities) è stato fatto il punto sulla procedura. «L'attenzione
del ministro verso il problema della Ferriera è decisamente alta - conferma il
sindaco - il che, pur nella assoluta complessità e difficoltà della situazione
di crisi, fa sì che tutte le istituzioni interessate possano procedere in modo
coordinato e accelerato, con l’obiettivo di una riconversione strategica per il
futuro industriale e occupazionale di Trieste». Il 10 maggio scorso Zanonato
aveva assicurato la volontà di inserire «anche Trieste nel decreto sulle aree di
crisi industriale complessa già fatto per Piombino che sta per essere discusso
in commissione al Senato. Se ciò non sarà possibile - aveva aggiunto il ministro
- faremo un nuovo decreto ad hoc per la Ferriera di Servola». Sempre ieri
intanto il senatore grillino Lorenzo Battista ha presentato in Senato un
emendamento al disegno di legge di conversione del decreto-legge 43 del 2013
«che ha come obiettivo quello di riconoscere l'area industriale di Trieste come
area di crisi industriale complessa». Battista giudica «estremamente urgente
accelerare il processo di riqualificazione complessiva del sito siderurgico
della Ferriera: solo attraverso operazioni di bonifica sostenibili possiamo
rilanciare il settore produttivo, fornendo al contempo ai lavoratori impegnati
nell'area prospettive occupazionali durature». Da ricordare che intanto si è
evidenziata in questi giorni una spaccatura a livello sindacale tra Fiom da una
parte e Fim e Uilm dall’altra, con la Fiom che insiste sulla siderurgia pulita
mentre le altre sigle sono pronte a parlare anche di riconversione sottolineando
(come ha fatto Franco Palman della Uilm) come la battaglia vera sia quella per
il lavoro. «Sul tema del futuro della Ferriera di Servola e dei lavoratori dello
stabilimento è necessaria un’unità d’intenti che comprenda anche le forze
sindacali»: con queste parole interviene il deputato del Pdl Sandra Savino. «È
opportuno fissare la priorità - continua Savino - che non può che essere quella
di avviare un piano indirizzato a garantire lavoro e reddito a chi oggi a
Servola è dipendente della Lucchini e del suo indotto». Secondo il deputato
pidiellino «questo obiettivo va perseguito accanto a quello della tutela della
salute pubblica e quindi alla scelta di una soluzione sì produttiva, ma allo
steso tempo che abbia un impatto sostenibile sull’ambiente».
«Le antenne saranno spostate da Conconello» - DOPO
L’ESPOSTO-DENUNCIA DI UN CITTADINO
Laureni: obiettivo strategico del Comune, nuove strutture sul monte
Belvedere
«La scelta del Comune resta comunque quella di delocalizzare tutte le
emittenti presenti nell’abitato di Conconello, e ciò potrà avvenire una volta
che si siano realizzate le nuove infrastrutture sul monte Belvedere. Per questa
amministrazione comunale si tratta di un obiettivo strategico». A parlare è
l’assessore comunale all’ambiente Umberto Laureni, che risponde in questi
termini all’esposto-denuncia annunciato qualche settimana fa da Mario Galli, un
abitante di Conconello. Galli ha deciso di agire dopo che altri abitanti avevano
formalmente inviato al sindaco la richiesta di indicare i tempi previsti per la
delocalizzazione delle antenne dal centro abitato. Ricevendo però soltanto
«risposte interlocutorie» dall’assessore Laureni, aveva precisato Galli. Ora
dunque arriva la risposta da parte del Comune accusato di omissione d’atti
d’ufficio per non aver ancora attuato la rimozione e lo spostamento delle
antenne di Conconello. L’amministrazione, «che condivide in pieno i contenuti e
le preoccupazioni del signor Galli - precisa Laureni - vuole risolvere in modo
definitivo il problema delle antenne situate a Conconello. Gli assessorati
all’ambiente e all’urbanistica sono infatti fortemente impegnati nell’avviare la
procedura di delocalizzazione di tutte le antenne dell’abitato di Conconello nel
nuovo sito sul Monte Belvedere nella zona “Z3b”, così come individuata dalla
variante 97/2007 al Piano regolatore generale». Sul tema nell’ultimo anno il
Comune ha indetto due Conferenze di servizi istruttorie «che per la prima volta
hanno visti riuniti attorno ad un unico tavolo tutti i ministeri competenti, la
Regione, l’Arpa, gli altri enti interessati alla problematica e i soggetti
proponenti». A quel tavolo sono state affrontate le diverse problematiche
sollevate dal progetto unitario presentato dai proponenti per il nuovo sito, «in
quanto la zona prescelta è sottoposta a vincoli di varia natura. Per questo
motivo - aggiunge Laureni - i tempi entro cui potrà avvenire lo spostamento non
sono ancora quantificabili». Quanto alla situazione attuale, il Comune conferma
di avere richiesto all’Arpa «misure del campo elettrico in banda stretta per
meglio definire i contributi delle diverse emittenti e procedere, se del caso,
verso quelle risultate maggiormente responsabili». A prescindere dall’esito di
queste misurazioni, «in nome di quel principio di massima precauzione che deve
essere adottato anche (e soprattutto) nei confronti dell’inquinamento
elettromagnetico, la scelta del Comune resta comunque quella di delocalizzare
tutte le emittenti nell’abitato di Conconello», ribadisce Laureni. Un obiettivo
al quale «si sta lavorando con grande impegno».
Come vivere in modo naturale seguendo i consigli di
Bioest - FIERA
Torna per la sua ventesima edizione Bioest, la fiera dei prodotti naturali,
delle associazioni ambientaliste, culturali e del volontariato che anche
quest’anno si terrà nella verde cornice del Parco di San Giovanni sabato 25 e
domenica 26 maggio. Tema di quest’anno, ma filo conduttore di Bioest da sempre,
sarà la “rivoluzione commestibile” che può rendere un insediamento urbano una
“edible city”: gli oltre 80 tra artigiani e piccoli produttori che prenderanno
parte alla fiera, provenienti dall’Italia ma anche dall’estero, sono
rigorosamente dediti al biologico e al biocompatibile, per promuovere ancora una
volta l’idea di consumo consapevole e sostenibile. La fiera, presentata ieri
presso la sede della Provincia, è organizzata dall’associazione Bioest e prende
spunto, spiegano gli organizzatori Tiziana Cimolino, Sergio Senni e Andrea Starz,
dalle fiere paesane o meglio ancora dall’agorà, luogo del commercio e dello
scambio, ma anche della discussione e del confronto. Proprio per questo a tutti
gli espositori è richiesto non tanto di vendere, ma soprattutto di presentare le
proprie attività, spiegando quali sono i materiali impiegati e in cosa consiste
la lavorazione. Ma il segreto di Bioest, come sottolinea Igor Dolenc,
vicepresidente della Provincia, che sostiene l’iniziativa mettendo a
disposizione gli spazi del Parco di San Giovanni, è “la preziosa rete di
collaborazioni tra associazioni che gli organizzatori hanno saputo creare
intorno a questa fiera”: sono ben 50 le associazioni di volontariato e
ambientaliste coinvolte, che animeranno la manifestazione con tanti appuntamenti
a tema, dai laboratori per bambini all’apicoltura, con l’assaggio del miele
prodotto dalle api che vivono nel Parco, dal giro in carrozza con cavalli e
asini all’incontro dedicato alle mamma interessate a saperne di più sul parto
naturale, fino all’assaggio di piatti realizzati da un “biocuoco” con sementi
antiche. Non mancherà la musica, con le percussioni africane dei Mamaya, l’ethno
folk dei Tiresia’s Folk Bruch, i Benandanti e le loro musiche dal mondo, il
cantautore Adriano Doronzo con Max Cernecca, le “musiche d’altri luoghi”
proposte da Irene Brigitte e Giovanni Settimo, il reggae con influenze blues dei
Bush Doctors. Ma ci saranno anche momenti di danza, con il corpo di ballo della
scuola di danze greche della Comunità Greco-Orientale e Officine Artistiche, che
proporrà uno spettacolo di danza e percussioni africane. E poi teatro, con lo
spettacolo a cura di Laboraquae “La Siora del Zogo”, passeggiate per conoscere
le erbe del Parco, conferenze, laboratori di yoga, meditazione, Tai Chi, canti e
tecniche di riequilibrio energetico, mini corsi di massaggio. Tra le conferenze
si segnala quella dedicata alla “nuova agricoltura: bio, sociale e solidale”
organizzata dai GAS triestini con la partecipazione di Luca Martinelli (Altraeconomia),
e quella sulla “Permacultura”, con Matteo Pantaleoni, una filosofia di
progettazione per accostarsi alla terra in modo sostenibile. Per il programma
complessivo della manifestazione, che prevede un intero weekend d’iniziative,
sarà utile consultare il sito bioest.org.
Giulia Basso
Leonardo - RAI3 - MERCOLEDI', 22 maggio 2013
Piccoli impianti nelle stazioni di servizio per ritrasformare in gas il metano liquefatto ed erogarlo.
E autocisterne che dovranno rifornire questi minirigassificatori. (vedi il servizio)
La novità è recente, diluita all'interno di una circolare del Ministero degli Interni che, dando per scontata l'autorizzazione, parla delle prescrizioni tecniche per il trasporto e lo stoccaggio diffuso del metano liquido sul territorio nazionale. Ma l'ipotesi di una deregulation del settore in un territorio, come quello italiano, già congestionato di impianti pericolosi, allarma gli stessi sindacati dei vigili del fuoco, che da anni denunciano difficoltà a esercitare i loro controlli. E scatena le proteste dei comitati che si battono contro i rigassificatori di ogni dimensione. Anima del no, il professore triestino Marino Valle, uno dei massimi esperti di serbatoi criogenici, quelli, cioè, dove il gas è tenuto in fase liquida da temperature che arrivano a 162 gradi sottozero. Valle sostiene che il cedimento di uno di questi termos, anche di soli 100 metri cubi, come previsto dalla circolare, può provocare un disastro. E queste immagini, prese da Internet, che mostrano un'autocisterna tamponata in Cina mentre trasportava 20 tonnellate di metano liquido, confermano i timori. La rottura del contenitore causa il passaggio di stato del fluido che diventa gas, dilatandosi di quasi 600 volte. Nel filmato si vede chiaramente che la nube si espande per una trentina di secondi, rendendo praticamente ciechi tutti coloro che ne sono investiti, e poi, attinta da un qualsiasi innesco - un mozzicone, una scintilla - esplode e polverizza ogni cosa intorno e al suo interno. Uno scenario, secondo Valle, che le distanze di sicurezza previste per gli impianti dei distributori - una trentina di metri dalle abitazioni e l'impossibilità di prevenire gli incidenti delle cisterne circolanti su strada - rendono ora possibile e probabile a fronte dell'innovazione introdotta in un contesto di traffico già congestionato e caratterizzato da gravi incidenti. E la recente tragedia di Livorno, con i suoi 33 morti, è lì a ricordarlo, anche se in quel caso si trattava "solo" di gpl.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 maggio 2013
Ferriera, sindacati spaccati sul futuro dello
stabilimento
Uilm contro Fiom: un errore parlare di siderurgia a tutti i costi, la
lotta da fare è per la garanzia del lavoro. Fim: disponibili a discutere di
riconversione
La posizione della failms «Guardare a un futuro non meglio identificato non
serve, bisogna affrontare l’emergenza: la situazione è disperata
«Basta con le stupide ideologie di qualcuno. Il primo problema è
salvaguardare i livelli occupazionali e di garantire la continuità retributiva
di quanti lavorano in Ferriera». La dichiarazione formale a sancire la
spaccatura del fronte sindacale sul tema Servola, con Fiom-Cgil da una parte e
Fim-Cisl e Uilm-Uil dall'altra, è arrivata ieri per bocca di Franco Palman,
esponente delle Rsu della Ferriera. «So che le mie parole saranno pesanti - ha
esordito l’esponente Uilm - ma ora basta. Oggi a questo tavolo manca una sigla -
ha detto alludendo alla Fiom - e noi vogliamo fare chiarezza. Parlare di
siderurgia a tutti i costi, come fa qualcuno (Gianni Venturi, coordinatore
nazionale Fiom per la siderurgia, a Trieste lunedì, ndr) è un errore: bisogna
dedicarsi a una lotta per la garanzia del lavoro». Per Antonio Rodar, segretario
provinciale Uilm, «bisogna arrivare a un accordo di programma per affrontare il
tema delle aree inserite nelle crisi complesse, per non trasformare la Ferriera
in un pezzo del museo di storia industriale del Paese. Occorre rispondere subito
ai lavoratori ripensando a quell'area come elemento industriale, assicurando la
continuità dei salari per i lavoratori. E non dimentichiamo la Sertubi che per
la Duferco rappresentava un'azienda in perdita, mentre per il gruppo indiano che
l’ha rilevata è stata un'opportunità diventata strategica sul piano commerciale.
Sarà prioritario garantire continuità lavorativa anche a quell'area». Umberto
Salvaneschi, segretario provinciale della Fim, ha toccato un altro tasto molto
delicato. «Chiediamo per quale ragione Trieste non è stata inserita nel novero
delle aree di crisi industriale complessa, ciò che oggi ci obbliga a rincorrere
per cercare un percorso di rientro. I politici che dovevano occuparsi del
problema dov'erano? La riconversione della Ferriera è un tema su cui da tempo
siamo disponibili a discutere. Perché non si riesce a farlo? Con la
cancellazione della Ferriera il Pil locale scenderebbe sotto il livello di
guardia, perciò bisogna restare nella realtà e trovare una soluzione in base
allo status quo. Per noi non è una soluzione la progressiva riduzione dei posti
di lavoro e lo stesso assessore comunale Umberto Laureni ha verificato che
l'inquinamento è in calo, perciò si può procedere con la cantierizzazione di
progetti validi». Salvaneschi ha poi voluto fare un parallelo con Piombino,
altro polo siderurgico in difficoltà: «In Toscana l'industria è difesa da tutti
i politici, a Trieste non è così». Tema questo ripreso da Cristian Prella,
esponente delle Rsu di Servola e segretario della sigla autonoma Failms: «Stiamo
cercando di sensibilizzare i politici perché la situazione è disperata. Oggi
dobbiamo affrontare l'emergenza. Parlare di cosa si potrà fare in un futuro non
meglio identificato non serve, bisogna guardare all'oggi. Stiamo offrendo una
possibilità alla politica locale che potrebbe rilanciare Trieste. Senza
Ferriera, la città sarà diversa». Pronta la replica di Stefano Borini,
segretario della Fiom locale: «Rispetto le opinioni di tutti perché questa è la
democrazia, ma evidentemente qualcuno non vuole vedere la realtà. In Austria, a
Linz, si è attuato con successo un processo di riconversione di uno stabilimento
siderurgico a impatto ambientale zero. Noi contiamo di poterlo replicare a
Trieste. Spiace per chi non ci crede, ma ci confronteremo».
Ugo Salvini
Salviamo il Mediterraneo dall’inquinamento
Da oggi per tre giorni, all’Università di Trieste, con tecnici di vari
Paesi, si studia come limitare le emissioni industriali
L’Università di Trieste studia come ridurre l’inquinamento del Mediterraneo.
A partire da oggi, per tre giorni fino a venerdì, il Dipartimento di Ingegneria
e Architettura di piazzale Europa sarà la sede di “Horizon 2020”, un corso
sponsorizzato dalla Comunità europea che vede l’Università di Atene impegnata a
creare nei paesi affacciati al Mediterraneo le condizioni per abbattere i
livelli di inquinamento. Nell’edificio C1, il personale tecnico dei ministeri di
Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Palestina e Tunisia
apprenderà le tecniche per dotarsi di strumenti necessari a monitorare le
emissioni industriali dei loro territori tentando di avvicinarsi ai limiti
imposti dall’Ue. Una legge europea già impone ad ogni Paese membro di far
dichiarare alle aziende che usano determinanti inquinanti qual è il livello
delle loro emissioni. E ora con questo progetto - diversi partner coinvolti, tra
cui l’Agenzia di protezione ambientale dell’Onu (Unep), l’Unesco e il Wwf - si
chiede anche ai Paesi non membri dell’Unione europea di provare a fare lo
stesso. Come? Insegnando ai partecipanti come implementare i data base necessari
a monitorare le emissioni di materiale inquinante, che poi verranno forniti alle
aziende coinvolte. Buona parte delle lezioni saranno tenute dal professore
Maurizio Fermeglia, ingegnere chimico direttore della Scuola di dottorato in
nanotecnologie di Trieste (nonché candidato rettore per il post- Peroni), che ha
spinto perché l’iniziativa facesse tappa a Trieste: «Prima di arrivare a ridurre
i livelli di inquinamento del Mediterraneo – spiega - è necessario capire qual è
lo stato attuale , coinvolgendo dunque anche tutti quei Paesi che non fanno
parte dell’Europa: agire solo dal versante europeo sarebbe pressoché inutile.
Ecco perché fornire anche agli altri Paesi affacciati al Mediterraneo lo stesso
strumento di monitoraggio, che verrà poi distribuito a ognuna delle aziende
comprese in una lista stilata in base al tipo di produzione». I settori
coinvolti vanno dall’estrazione del petrolio alla produzione di energia mediante
centrali elettriche e a gas, dalla produzione di fertilizzanti, alle aziende
chimiche. Alle ditte coinvolte verrà fornito un supporto informatico disponibile
in rete e libero (open source), per facilitarne la dotazione. Le sostanze
inquinanti di cui spiegare il tipo di utilizzo e il livello di smaltimento sono
anch’esse inserite in una lista in cui troviamo ad esempio ammoniaca, benzene e
atrazina. «In sostanza – riprende Fermeglia – illustreremo ai partecipanti il
funzionamento del sistema informatico e le metodologie per fare in modo che ogni
azienda possa prevedere qual è il livello di inquinanti emessi con la loro
produzione. Per riuscire ad abbattere il livello di inquinamento del
Mediterraneo entro il 2020, capire qual è il carico di emissioni di un
determinato Paese è un passaggio obbligatorio». «Se negli Stati Uniti o nel Nord
Europa - conclude il docente - il processo è facile perché il metodo adottato è
lo stesso in tutti i Paesi, nell’area del Mediterraneo è più difficile perché
insistono sistemi politici diversi. Ci sono casi, come la Turchia, interessata a
entrare in Europa e dunque ad omologarsi, ma per ottenere un risultato davvero
concreto bisogna coinvolgere fin da subito tutti i Paesi affacciati al
Mediterraneo, altrimenti le misure adottate comunque dall’Europa resteranno
sterili».
Elena Placitelli
“Trieste on Sight” con musica e teatro - SGONICO
Questo il programma di "Trieste on Sight- esperimenti di cittadinanza" che
si terrà dal 21 al 23 giugno 2013 all'Ostello Amis di Campo Sacro (Sgonico).
Venerdì 21 giugno: Festa della musica con band emergenti e Radio Fragola DjSet.
Sabato 22 Orkestrada Circus (pizziganfolk) Authentics (ska & reggae). Domenica
Chiriké (america latina) teatro. E ancora sabato ore 20 “La bicicletta di Bashir”
di e con Gianni Calastri (Teatro di Nascosto). Sabato e domenica poi “La piccola
festa del vento e della fantasia”. Domenica 23 alle 10 pedalata ecologica per i
sentieri del Carso, puliamo una dolina.
NATURA - Conferenza naturalistica
Oggi alle 17.45 nella Sala Baroncini Sergio Dolce terrà la
conferenza Un naturalista sulle Alpi Giulie seguita dal film La foresta di
Tarvisio; organizza il Circolo Amici del dialetto triestino insieme
all’associazione Italia-Austria. Ingresso libero. La fauna delle Giulie denota
un alto livello di biodiversità con grandi mammiferi (cervo, capriolo e
stambecco sul gruppo del Montasio) e di piccola taglia come gatto selvatico e
lepre alpina, mustelidi come donnola, martora, faina; è confermata la presenza
dell’orso bruno e della lince. Fra gli uccelli rapaci c’è l’aquila reale,
l’astore, la poiana e molti altri; i tetraonidi sono presenti col gallo cedrone,
la pernice bianca e la coturnice, simbolo del Parco Naturale delle Alpi. In
tutto sono stati censiti un centinaio di uccelli in gran parte nidificanti. I
rettili vivono in zone assolate ma mai a grandi altezze; gli anfibi tra cui la
salamandra, il rospo comune e smeraldino e la rana verde prediligono le zone
umide nei fondovalle.
Palmer: «Dovremo cambiare insieme al clima»
Oggi, alla Sissa, il celebre meteorologo inglese spiegherà temperature,
precipitazioni, effetto serra
TRIESTE Dai fondamenti della meccanica quantistica agli eventi caotici dei
cambiamenti climatici. È la traiettoria singolare di Timothy N. Palmer, il
climatologo inglese che oggi, alle 17.30, nell'aula magna della Sissa, sarà
protagonista della nona Sciama Lecture. Un appuntamento pressoché annuale che la
Sissa e la Oxford University portano avanti dal 2002 in memoria di Dennis
Sciama, il grande cosmologo teorico che ha lasciato dietro di sé una
straordinaria discendenza di allievi tra Cambridge, Oxford e appunto Trieste,
dove è stato responsabile del settore di astrofisica della Sissa dal 1982 fin
quasi alla vigilia della morte, avvenuta nel 1999. Sessant'anni, docente alla
Oxford University, presidente della Royal Meteorological Society, Tim Palmer è
coinvolto in prima persona nell'Ipcc, il panel internazionale di esperti che
pubblica i periodici inquietanti rapporti sullo stato del clima. Dice: «Il
prossimo rapporto, il quinto, verrà diffuso alla fine di quest'anno. Io sono il
“review editor”, il revisore, del capitolo dedicato ai cambiamenti climatici in
tempi brevi, dell'ordine di dieci-trent'anni, sia antropici sia naturali». Come
va inteso il recente annuncio della stazione delle Hawaii, sulla sommità del
Mauna Loa, che la percentuale di anidride carbonica nell'atmosfera ha raggiunto
400 parti per milione, la più elevata in tempi storici di cui abbiamo traccia?
«Non è un punto critico, ma è il segnale che è importante fare il possibile per
limitare la concentrazione di anidride carbonica prodotta dall'impiego dei
combustibili fossili, responsabile dell'effetto serra. Al tempo stesso, dovremo
anche decidere come adattarci ai cambiamenti climatici attuali e futuri. Non si
tratta solo di un aumento delle temperature medie, ma anche di cambiamenti nel
regime delle precipitazioni. E per conoscere come evolverà la situazione avremo
bisogno di computer più potenti di quelli attuali». Spiega Tim Palmer: «Simulare
e prevedere il clima che verrà presenta enormi difficoltà. Il clima è un sistema
molto complesso, servono computer estremamente potenti per risolvere le
equazioni che lo descrivono. Un esempio: non siamo ancora in grado di simulare
l'effetto delle formazioni nuvolose nei modelli climatici globali». Palmer ha
cominciato la sua carriera scientifica con Dennis Sciama («uno scienziato
appassionato, un comunicatore superbo», ricorda) occupandosi di problemi di
meccanica quantistica, che oggi sembra offrire una descrizione della realtà
fisica apparentemente intoccabile. Ma è davvero così? «Io credo fortemente che
vi sia qualcosa d'altro al di là della meccanica quantistica. Qualcosa di
deterministico. La conoscenza dei sistemi dinamici non-lineari che ho acquisito
attraverso gli studi sul clima mi ha suggerito nuove prospettive con cui
affrontare questo annoso problema della fisica. Ne parlerò nella conferenza alla
Sissa».
Fabio Pagan
L’energia è troppo cara e le fabbriche chiudono -
L’INTERVENTO DI GIANFRANCO VARDABASSO
Mi riferisco all’articolo apparso sul Piccolo dal titolo: "II problema vero
è il costo dell’energia", dove un industriale di Bergamo lamenta gli alti costi
dell’energia in Italia. Egli paga l’energia elettrica a 0,255 €/kWh mentre il
costo in altri paesi d’Europa, come ad esempio in Francia è di 0,16- 0,18 €/kWh.
Sul costo di un singolo kWh, trattandosi di piccoli numeri non vi si fa caso, ma
la differenza è deI40%!Una cosa è mettere in conto 100.000 € di energia altro è
140.000. Poco tempo fa, ascoltando un’intervista televisiva ad un lavoratore
dell’Alcoa, fabbrica che ha chiuso i battenti in Sardegna, questi annoverava tra
i meriti pregressi degli operai di quella azienda quello di aver compattamente
votato contro il nucleare, ai tempi del referendum. Probabilmente si potrà dire
lo stesso di quelli della Bridgestone di Bari, e molti altri. Evidentemente quel
lavoratore non si rendeva conto di quel che diceva. Ora, se ben capisco, le
maestranze, di entrambe queste industrie, rischiano il licenziamento perché le
loro fabbriche chiudono. Ma perché chiudono? In entrambi i casi la proprietà
annovera, tra le varie cause, principalmente quella degli eccessivi costi
dell’energia in Italia. Purtroppo ciò che dicono è vero. L’energia nel nostro
paese costa dal 25 al 40% in più rispetto alla maggior parte dei paesi europei
che si sono dotati di centrali nucleari. Anzi la compriamo a maggior prezzo da
questi. La perdita del posto di lavoro, è cosa drammatica, rischia di rovinare
famiglie intere, mi metto nei loro panni e rabbrividisco. Ma quei signori che ai
tempi del referendum blateravano sulla competitività dell’eolico, del geotermico
e altre soluzioni futuristiche, e che hanno convinto i più a seguirli, dove
sono? Ai cancelli dell’Alcoa o della Bridgestone non si sono visti. I sindacati
indicano nella proprietà i “criminali” che cinicamente chiudono l’industria.
Devono ricordare però che anche loro si sono schierati contro il nucleare. Sotto
l’emozione del momento, (Cernobyl e Fukushima) per ben due volte abbiamo
abbandonato questa strada. Ora non dobbiamo troppo stupirci, visto che le
multinazionali non sono delle onlus, ma mirano al profitto, che scelgano le
soluzioni che reputano più convenienti, dove cioè l’energia costa di meno. Leggo
che è di questi giorni l’inaugurazione di una centrale a pannelli fotovoltaici
della potenzialità di 60 Megawatt in Emilia. Ciò sembrerebbe un trionfo
dell’antinucleare. Ma si faccia attenzione, il dato come presentato è
fuorviante: il parametro indica solo la potenzialità massima dell’impianto che,
se si raggiungerà, sarà probabilmente solo il giorno di ferragosto alle 14.00,
sempre che non piova. Una centrale solare come è intuitivo è inattiva di notte,
cala molto il suo rendimento se il cielo è coperto, come accade per lo più
d’inverno, proprio quando la richiesta di energia è massima. Una centrale
nucleare può operare invece quasi costantemente, giorno e notte, alla massima
potenzialità. Si sarà notato che nei dibattiti politici non compaiono quasi mai
tecnici. Chissà perché questi vengono così poco consultati? Eppure su queste
questioni dovrebbero essere i più ascoltati. Molti di noi si sono fatti
ammaliare dalle soluzioni alternative proposte da oratori sicuramente in buona
fede ma che parlavano più con l’emozione del momento che con competenza tecnica
ed economica. Il risultato è questo: le nostre fabbriche chiudono. Qualcuno
vorrà essere così onesto da spiegare anche agli operai deII’Alcoa e della
Bridgestone il perché.
IL PICCOLO - MARTEDI', 21 maggio 2013
Piste ciclabili, in progetto 85 km
Tracciato a “pi greco” dalle Rive alle vie Giulia e Cumano. Marchigiani:
fondi già stanziati dalla Regione
Trieste entro la fine dell’anno potrebbe avere 85 chilometri di piste
ciclabili. È questo l’annuncio dato ieri dall’assessore comunale all’urbanistica
Elena Marchigiani: «Un incremento notevole – ha precisato – considerando che
oggi ne abbiamo solo 15». Dei nuovi 85 chilometri, 64 avrebbero carattere
turistico, 21 funzione di collegamento urbano. Trieste potrebbe perciò diventare
una città-simbolo nell’ambito della cosiddetta “Mobilità dolce”. «Una modalità,
quella dell’utilizzo della bicicletta – ha ripreso la Marchigiani – che si
inserisce in un nuovo concetto di uso della città che tiene conto delle esigenze
delle categorie più deboli sotto questo profilo, vale a dire i bambini, gli
anziani, i portatori di handicap, cioè tutti coloro che si muovo lentamente».
Per la realizzazione del progetto devono concretizzarsi però due condizioni: che
la Conferenza dei servizi, in programma venerdì prossimo, approvi la scelta e
che si superi, a livello nazionale, l’attuale blocco rappresentato dal patto di
stabilità. Nel dettaglio, Trieste sarebbe attraversata da un enorme tracciato a
forma di “pi greco”, costituito da un asse costiero che va da viale Miramare ai
Campi Elisi, e da due elementi perpendicolari a esso e paralleli fra loro che
entrano nel tessuto urbano. Uno arriva a San Giovanni lungo via Giulia, l’altro
giunge in via Cumano dopo avere attraversato viale D’Annunzio. Il progetto non
incontrerebbe nemmeno problemi di finanziamenti «perché la Regione ha già
stanziato 258mila dei 344mila euro necessari per l’opera, la quale – ha
continuato Marchigiani – rientra nella più generale discussione che dovrebbe
portarci a dotare la città del nuovo Piano regolatore entro novembre». Un
ulteriore vantaggio sarebbe rappresentato dal fatto che alle piste ciclabili si
farebbe spazio senza intaccare la quantità di parcheggi attualmente disponibile
per automobili, scooter e motociclette, anzi. «Da uno studio fatto – ha
sottolineato l’assessore – il totale degli stalli delle zone interessate
destinati alle vetture, che attualmente sono 496, salirebbero a 508, quelli per
moto e scooter aumenterebbero da 121 a 136, mentre per i disabili si avrebbero
15 posti in luogo dei 13 esistenti allo stato attuale. Trieste terminal
passeggeri e Sovrintendenza – ha proseguito Marchigiani – hanno già espresso
parere favorevole, perciò siamo ottimisti. Puntiamo a un utilizzo dello spazio
pubblico che sia aperto e sicuro per tutti, anche per chi si muove più
lentamente come pedoni e ciclisti». Luca Mastropasqua, presidente della sezione
di Trieste di Ulisse Fiab, l’associazione che promuove l’uso delle biciclette,
ha ricordato che «Trieste è inserita nel progetto europeo “Eurovelo”, che
prevede una rete continentale per ciclisti sia turisti sia residenti. Il
prossimo primo giugno – ha aggiunto – organizzeremo una mattinata dedicata
all'insegnamento del corretto uso in città delle biciclette, con la presenza dei
vigili urbani, in largo Barriera».
Ugo Salvini
Il futuro della Ferriera: «Niente riconversione ma
siderurgia pulita»
Un convegno della Fiom per rilanciare la produzione prendendo come
esempio il modello di Linz
IL PROGETTO DEI SINDACATI Borini: di fronte al fatto che non c’è alcun piano
definitivo per Servola noi poniamo, allora, una questione industriale
«Un Paese che non fa il ferro è una Paese arretrato. Non ci sono cetrioli
(surrogato vegetale, ndr)che tengano». Tonino Pantuso, della Rsu della Ferriera
di Servola, sintetizza con poche colorite parole la posizione della Fiom
sull’impianto siderurgico di Servola. Ferriera era, Ferriera è e Ferriera sarà.
Riconversione? No, grazie. La Fiom nazionale rilancia sulla siderurgia per
l’impianto di Servola. E lo fa dopo le ultime uscite del ministro allo Sviluppo
economico, Flavio Zanonato che, oltre ad essere un fan del nucleare. è anche un
sostenitore dell’acciaio made in Italy. «Noi siamo qui convinti che la questione
della Ferriera di Servola e del polo siderurgico triestino fa parte di una
questione strategica nazionale» chiarisce Gianni Venturi, coordinatore nazionale
della Fiom Cgil per la siderurgia arrivato a Trieste per sostenere la tesi
siderurgica sul «futuro dei lavoratori del polo siderurgico triestino Ferriera -
Sertubi». «Riqualificazione e non riconversione» come precisa con pignoleria
nominalistica Stefano Borini, segretario provinciale della Fiom. «Di fronte al
fatto che non c’è alcun progetto definitivo su Servola, alle visioni di una
riconversione logistica dell’area noi poniamo una questione industriale. Trieste
non può essere esclusa aprioristicamente da un piano nazionale ed europeo della
siderurgia». A partire dall’inserimento di Trieste, promesso dal ministro, nel
decreto di Piombino come area di crisi complessa. «Nessuno si salva da solo -
ripete più volte Venturi -: La vicenda di Trieste deve stare dentro la questione
della siderurgia italiana. Serve al più presto un tavolo nazionale su questo. Il
sistema regge solo se offre un ciclo integrato dell’acciaio. E l’unico posto in
Italia dove si fanno i pani di ghisa è Trieste». La siderurgia di cui parla la
Fiom ha poco o nulla a che vedere con quella che si fa attualmente a Servola. La
sfida sul mercato globale si vince solo puntando sulla qualità e
sull’ecosostenibilità. Anche perché, come ricorda il responsabile nazionale
della Fiom, in Europa c’è una sovracapacità produttiva di acciaio pari a 50
milioni di tonnellate, l’intera produzione della Germania che è il maggiore
produttore europeo (subito dopo c’è l’Italia). «La siderurgia e l’ambiente
possono coesistere», assicura la Fiom. Esiste una siderurgia pulita e neppure a
troppi chilometri di distanza. Silvia, ricercatrice al Sincrotone («È passata
dai fotoni al coke» dice Borini), racconta del caso di Linz, in Austria, dove un
impianto siderurgico funziona in pieno centro città e convive con scuole e campi
sportivi attorno. «La Ferriera di oggi è nociva per tutti, abitanti di Servola e
lavoratori, Ma Linz ci dimostra che si possono ridurre le emissioni del 90%
ottenendo inoltre un risparmio energetico sulla produzione». È il modello da
studiare a cui eventualmente ispirarsi. Il problema è il tempo che, nel caso di
Trieste, non è una variabile indifferente. È piuttosto una corsa contro il
tempo. «L’azienda è ormai tecnicamente fallita e gli enti locali non hanno le
idee chiare su cosa vogliono» spiega il segretario provinciale della Cgil
Adriano Sincovich. Trieste non sa cosa vuol fare da grande. Neppure l’Italia.
Solo che bisogna scegliere in fretta. «Abbiamo sei mesi di tempo. Non di più»
dice Borini.
Fabio Dorigo
«Inserire Servola nell’area di crisi complessa» -
INTERROGAZIONE DEI GRILLINI
I deputati Prodani e Rizzetto chiedono al ministro Zanonato di attivare
le procedure Ue
Un’interrogazione al ministro dello sviluppo economico Zanonato è stata
presentata dai deputati Aris Prodani e Walter Rizzetto (M5S) sul futuro della
Ferriera Lucchini di Servola. «Vogliamo sapere - spiegano i parlamentari del
Friuli Venezia Giulia - se il ministro intenda riferire sull’esito della tavola
rotonda di alto livello sull’acciaio tenutasi recentemente a Bruxelles, che ha
visto la partecipazione anche del sottosegretario allo Sviluppo economico
Claudio De Vincenti. Il vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani ha
assicurato che la Ferriera di Servola sarà inclusa nel prossimo Piano Ue per la
siderurgia». Ricordando che il 5 giugno prossimo la Commissione europea
approverà l’action plan sulla siderurgia, che interessa anche il gruppo
Lucchini, Prodani e Rizzetto chiedono se il ministro Zanonato «intenda attivarsi
per avviare le procedure in corso per l’effettivo inserimento dello stabilimento
nell’area di crisi complessa, favorendo così la soluzione a una grave crisi
lavorativa e occupazionale in grado di minare il tessuto produttivo di Trieste».
MUGGIA - Cigui: «Dal nuovo Prg più slancio
all’economia»
Il referente dell’omonima lista pungola l’amministrazione su due fronti:
turismo e urbanistica
MUGGIA Se dovesse attribuire un voto ai primi diciotto mesi di Nesladek-bis,
sarebbe sei meno. Tradotto in giudizio: «L’alunno ha le capacità, ma non si
applica a sufficienza». Paolo Cigui, ristoratore e referente dell’omonima lista
civica, non è tenero con l’amministrazione di centrosinistra di Muggia. «Troppo
poco è stato fatto – afferma secco – sui temi cruciali per il futuro della
città: turismo, commercio, economia». Le motivazioni per cui oggi la Lista Cigui
critica il governo della cittadina, stringi stringi, sono le medesime che aveva
addotto al mancato appoggio alla coalizione rivelatasi vincente alle comunali
del 2011. Configuratasi come “lista ombra”, attiva nella quotidianità ma avulsa
dalla bagarre elettorale, non aveva riscontrato nel programma di Nerio Nesladek
una progettualità a medio e lungo periodo; e non la ritrova nemmeno oggi. «La
politica – dichiara Cigui – dovrebbe fornire vitalità alle amministrazioni, far
girare a mille un motore potente come quello del Comune di Muggia, il quale
invece rimane fermo su marce basse». La nuova squadra, secondo il capolista –
che dice di guardare con interesse alla visione politica di Renzi – «pur
mostrando interessanti potenzialità e individualità, ha dato vita sinora a pochi
progetti». «Sono state profuse molte energie, ma non si è concretizzato nulla»,
precisa Cigui. Ogni riferimento al progetto Pisus è tutt’altro che “puramente
casuale”. Punto cardine dell’analisi dell’imprenditore: il turismo, vero e
proprio volano per la crescita economica. «Le bellezze paesaggistiche come la
nostra costa non vengono valorizzate e promosse nel migliore dei modi. Non c’è
più cura dei sentieri: penso al sito archeologico del Castelliere, ma anche al
disboscamento selvaggio dell’Arciduca durante l’estate scorsa». Come fare, in
tempi di bilanci assai avari? «Si devono trovare formule di cooperazione tra
pubblico e privato: la regia di settori tanto importanti può essere delegata
soltanto in parte alle associazioni, che hanno tanta buona volontà, ma difettano
dell’opportunità politica per risolvere i problemi. La sensazione è che vengano
abbandonate a se stesse, con molte incombenze che rimangono a loro carico»,
segnala Cigui. «Se riuscissimo a trattenere a Muggia soltanto una minima parte
di quei 10 milioni di turisti che nel 2012 hanno visitato il Friuli Venezia
Giulia, tutto il territorio ne trarrebbe linfa vitale; ma c’è bisogno di fare
vera “accoglienza”». Da questo punto di vista, il ristoratore ripone speranze
nel nuovo Piano regolatore, che dovrebbe vedere la luce entro l’anno. Positiva,
fa notare, l’apertura dimostrata dalla giunta nei confronti della partecipazione
di varie categorie di cittadini. Sarà tuttavia necessario, nel prossimo futuro,
venire incontro alle esigenze dei privati anche attraverso una semplificazione
dei regolamenti urbanistici: «Occorre allentare i legacci burocratici e
razionalizzare l’archivio delle pratiche, riunendolo in un’unica sede e
informatizzandolo: tutto questo si può fare», sostiene Cigui. L’esponente della
“lista ombra” riserva il suo ultimo appunto allo sport, lanciando una sorta di
allarme: «La gestione attuale penalizza economicamente quelle realtà che
rilanciano i settori giovanili, privilegiando viceversa un’unica prima squadra.
L’attività sportiva andrebbe incentivata in considerazione delle sue positive
ricadute sociali e culturali, soprattutto sui più piccoli».
Davide Ciullo
“Puliamo una dolina”, iscrizioni avanti tutta
PROSECCO L'utilizzo delle doline carsiche quali discariche abusive è un
fenomeno purtroppo molto diffuso. ”Puliamo una Dolina” - iniziativa del Circolo
Verdeazzurro Legambiente Trieste in collaborazione con l’associazione Monte
Analogo e la Commissione Grotte E. Boegan - vuole portare una luce nel buio e
segnalare in modo puntuale e dettagliato le situazioni di rischio e indicare le
possibili soluzioni. L’iniziativa si propone di bonificare almeno in parte le
discariche abusive in una dolina, in ogni caso di documentarle, valutarne il
grado di pericolosità e di individuare i possibili rimedi, proponendoli poi
all’opinione pubblica e alle Amministrazioni Locali. Si farà la pulizia di una
dolina carsica, in un'area tra Prosecco, Rupinpiccolo e Borgo Grotta Gigante.
“Puliamo una Dolina” verrà proposta dal 21 al 23 giugno 2013, nell’ambito
dell’iniziativa “Trieste on sight – esperienze di cittadinanza” promossa da Arci
servizio civile (una tre giorni di concerti, mostre, workshop e dibattiti
all’Ostello Amis di Campo Sacro-Prosecco), grazie al lavoro di sinergia del
Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste, l’Associazione Monte Analogo, la
Commissione Grotte E. Boegan di Trieste e in collaborazione con il Gruppo
Comunale Volontari Protezione Civile Comune di Trieste. Le iscrizioni al camp,
che prevede la possibilità di pernottamento in tenda o in ostello, sono aperte
all’Arci servizio civile di via F.Severo 31 a Trieste (tel. +39 040 761683 +39
3409943166 www.arciserviziocivilefvg.org – trieste@arciserviziocivile.it )
ALLE 11- Bioest, si presenta l’edizione 2013
Oggi alle 11 a palazzo Galatti, sede della Provincia di Trieste, il vicepresidente provinciale, Igor Dolenc, presenta l’edizione 2013 di Bioest, insieme a Tiziana Cimolino, Sergio Senni e Andrea Starz, organizzatori della rassegna. Bioest si svolge sabato 25 e domenica 26 maggio all’interno del parco di San Giovanni.
Come vivere a spreco zero: le “ricette” di Andrea Segrè
- Incontro a Prepotto
Il libro di un eco-economista Andrea Segrè “Vivere a spreco zero” pubblicato
da Marsilio editore sarà protagonista di un incontro stasera a Duino Aurisina.
Alle 21 all’Azienda agricola Zidarich, località Prepotto 23, per il ciclo di
incontri “Trieste ritorna al futuro tra Europa e Nordest”, organizzato dal
“Piccolo” con NordestEuropa editore e GreenWeek, l’autore Segrè ne parlerà con
il sindaco di Trieste Roberto Cosolini; coordinerà il direttore del “Piccolo”
Paolo Possamai.I posti in sala sono limitati: per avere garanzia di accesso è
sufficiente confermare la propria presenza scrivendo a segreteria@veneziegreen.it
o al numero 0498757589, int. 18. «Il concetto stesso di spreco zero porta a una
nuova visione nel rapporto fra ecologia ed economia – spiega Segrè - dove la
seconda è parte integrante e quindi declinazione conseguente della prima. Spreco
zero è anche il leit motiv della nostra campagna europea “Un anno contro lo
spreco”, da alcuni mesi attiva capillarmente sul territorio grazie a uno
strumento che si chiama Carta Spreco Zero, sottoscritto da centinaia di sindaci
come quelli di Padova, Milano, Napoli, Torino, Venezie, Trieste, Bologna e
altri. La Carta impegna i primi cittadini a misure concrete di abbattimento
degli sprechi sul territorio amministrato». Ieri a Padova si è tenuto un grande
forum con 1000 sindaci italiani e ed europei. La “Carta a Spreco Zero” nasce da
un’idea di Andrea Segrè e Last Minute Market e ha avuto come primi firmatari, lo
scorso anno durante la prima edizione di Trieste Next, salone europeo della
ricerca scientifica, il sindaco Roberto Cosolini, il governatore del Veneto Luca
Zaia e l’allora governatore del Friuli Venezia Giulia Renzo Tondo. Ecco l’elenco
dei Comuni firmatari della provincia di Trieste: Duino Aurisina, Monrupino,
Muggia, Sgonico, Trieste. Per la provincia di Gorizia: Farra d’Isonzo, Gorizia,
Grado, San Canzian d’Isonzo. É partita dunque la “Green Week delle Venezie”,
settimana dedicata ai temi della sostenibilità nel Nord Est. La manifestazione,
promossa da Nordesteuropa Editore e VeneziePost con la collaborazione, tra gli
altri, del Comune di Trieste, del Polo Tecnologico di Pordenone e, come media
partner de “Il Piccolo”, si inserisce nelle iniziative di sostegno della
candidatura di Venezia con il Nordest a Capitale Europea della Cultura 2019. Nel
suo saggio “Vivere a spreco zero” Segrè annota: «Questo è un auspicio semplice e
necessario. Un verbo e due parole messe in fila per enunciare una piccola
rivoluzione, non solo grammaticale. Una visione che si traduce in azione e
prefigura la via d’uscita da una crisi economica, ecologica, etica, estetica,
che non solo sembra senza fine ma è anche estrema nelle sue profonde e crescenti
disuguaglianze. Questa volta – racconta Segrè – volevo calarmi nella realtà e
nelle dinamiche più vive dello spreco: grazie a un’indagine dell’Osservatorio
Waste Watcher, da qualche settimana attivo nell’ambito di Last Minute Market,
sappiamo che il 42 per cento del totale degli sprechi, ovvero ben 76 kg pro
capite per anno, si materializza all’interno delle mura domestiche: si tratta,
in peso, del 25 per cento della spesa».
IL PICCOLO - LUNEDI', 20 maggio 2013
Mandracchio pulito, in azione i sub
MUGGIA Copertoni, vecchie reti da pesca e altri manufatti. È il bottino
raccolto durante l’operazione di pulizia del mandraccio organizzata
dall’associazione sportiva dilettantistica Diportisti Muggia in collaborazione
con l’associazione sportiva dilettantistica Scuba Tortuga e con il Comune di
Muggia. L’operazione di pulizia dello specchio acqueo del mandracchio ha seguito
l’appuntamento “Puliamo Muggia”, la giornata di volontariato ambientale
all’insegna della partecipazione attiva nel prendersi cura della propria città
svoltasi domenica 5 maggio. La pulizia a terra da parte della comunità era stata
accompagnata, anche in quell’occasione, da un’azione a mare realizzatasi in una
pulizia sottocosta del lungomare muggesano. Nella pulizia del mandracchio è
intervenuto un gruppo di subacquei coordinati dalla Scuba Tortuga di Muggia,
realtà che ha già collaborato alla pulizia nei fondali del Canale Ponterosso a
Trieste. Questi due appuntamenti, non sono stati soltanto un momento di raccolta
dei tanti rifiuti che sporcano il territorio muggesano, ma anche un gesto
concreto ed un input a non dimenticare che la città è la vera casa di ognuno. E
domenica prossima la sezione muggesana degli scout faranno un’operazione di
gardening, piantando alcuni fiori in varie zone pubbliche del territorio.
Riccardo Tosques
IN COMUNE - Pista ciclabile sulle Rive
Si presenta il progetto Questa mattina alle 12, nella Sala Riunioni del Municipio, si terrà la presentazione del “Progetto di pista ciclabile Rive”, legato al nuovo riassetto urbanistico generale pensato dall’esecutivo Cosolini per il territorio cittadino. Interverrà l’assessore comunale alla Pianificazione Urbana, Mobilità e Traffico, Elena Marchigiani.
IL PICCOLO - DOMENICA, 19 maggio 2013
Gli sceicchi “mollano” il rigassificatore di Veglia
Il Qatar, dopo aver manifestato interesse, si sfila dal progetto di
Castelmuschio Il governo croato avvia contatti con la ExxonMobil per le ricerche
in Adriatico
FIUME A fare scattare l’allarme è stato il mancato arrivo a Fiume – benché
annunciato – di una delegazione di imprenditori del Qatar, i cui componenti
avrebbero dovuto assistere nei giorni scorsi all’inaugurazione del centro
islamico. I solitamente bene informati, mass media locali in testa, hanno
collegato l’assenza ad una qualche forma di disimpegno dei qatarioti nei
riguardi del rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), nell’isola di Veglia,
progetto che vede o vedrebbe in prima fila l’emiro del Qatar, al-Thani. Nei mesi
e negli anni scorsi le massime autorità qatariote avevano manifestato uno
spiccato interesse verso il terminal metanifero isolano, dicendosi pronti non
solo a far giungere a Veglia il metano dell’emirato, ma anche a costruire il
megaimpianto nordadriatico, investimento che dovrebbe ammontare a circa un
miliardo di euro. Sollecitato dai giornalisti a spiegare a che punto sia il
progetto le trattative croato – qatariote, il ministro dell’Economia croato,
Ivan Vrdoljak, non si è tirato indietro. «Posso confermare ufficialmente che i
colloqui con le autorità dell’emirato sono ancora in piedi. Nei mesi a venire
sapremo qualcosa di concreto e la direzione in cui muoverci. Il progetto non è
in pericolo e non appena avremo individuato l’investitore interessato alla
costruzione, passeremo alla realizzazione del rigassificatore». Dalle parole di
Vrdoljak si è capito che Zagabria non punta le sue chance unicamente sul Qatar,
lasciando le porte aperte anche ad altri potenziali investitori. Proprio in
questo senso va rilevato l’interesse dell’americana ExxonMobil, confermato da
uno dei più stretti collaboratori di Vrdoljak, Ante Ramljak. «La compagnia
statunitense vorrebbe impegnarsi in lavori di ricerca e sfruttamento degli
idrocarburi nelle acque adriatiche. Ci ha fatto sapere che ambisce anche
all’approntamento del rigassificatore vegliota». Ramljak ha ripetute le parole
espresse recentemente a Fiume dal vice ministro dell’Economia, Alen Leveric, che
soffermandosi sul piano governativo di investimenti, aveva reso noto che l’ExxonMobil
si era fatta avanti per la realizzazione dell’infrastruttura Lng a Veglia. I
contatti dunque tra Zagabria e Doha in relazione al rigassificatore sono ancora
vivi, ma intanto gli americani stanno alla finestra e con tante ambizioni. Anche
in Croazia c’è la volontà di non dipendere troppo dal metano russo e dai
continui dissapori in questo campo tra Mosca e l’Ucraina. Il terminal Lng
permetterebbe all’ex repubblica jugoslava l’agognata autonomia energetica.
Andrea Marsanich
Da Zara a Sebenico arriva il metano - LA NUOVA
INFRASTRUTTURA
Inaugurato il troncone che parte da Benkovac e arriva a Dugopolje Il
plauso del ministro
SPALATO La Dalmazia a metano. Nei giorni scorsi il ministro dell’Economia
croato, Ivan Vrdoljak, ha inaugurato il segmento di gasdotto Benkovac–Dugopolje,
quarta e penultima fase della metanizzazione in questa regione adriatica. Il
troncone inaugurato da Vrdoljak ha una lunghezza di 96 chilometri e mezzo ed
allaccia Benkovac, nell’ entroterra di Zara, e Dugopolje, piccola località alle
spalle di Spalato. I lavori di costruzione, durati un anno e mezzo, sono venuti
a costare 278 milioni di kune, circa 36 milioni e 730 mila euro. Grazie
all’infrastruttura, così il ministro nel corso della cerimonia, si creano i
presupposti per erogare metano (estratto dai giacimenti sottomarini al largo di
Pola) alle utenze domestiche e industriali delle regioni di Zara, Sebenico e
Spalato. «Il metano avrà un’importanza eccezionale per i dalmati – ha aggiunto
Vrdoljak – perché permetterà non solo il riscaldamento durante la stagione
invernale, ma anche il lavoro dei climatizzatori nel corso dell’estate». Dopo
essere giunto a Dugopolje, il metanodotto finirà la sua “corsa” a Spalato, opera
che dovrebbe essere completata entro un massimo di dodici mesi. All’inizio del
2014, le prime utenze della contea spalatina potrebbero cominciare ad utilizzare
il gas. Intervenendo all’inaugurazione, Marin Zovko, direttore generale di
Plinacro (principale distributore di gas in Croazia), ha precisato che il
metanodotto Bosiljevo–Spalato comporterà investimenti per un totale di un
miliardo e 115 milioni di kune, che al cambio fanno 152 milioni di euro. «Questo
gasdotto – parole di Zovko – attraversa sei regioni croate, ha una lunghezza di
290 chilometri e la sua costruzione è stata finanziata al 50 per cento da
Plinacro, mentre per l’altra metà si è ricorso a prestiti concessi dalla Banca
europea per gli Investimenti». Da aggiungere che a Fiume è stata inaugurata la
nuova stazione di rifornimento di gas naturale, situata in via Milutin Barac (ex
Pioppi) e venuta a costare poco meno di un milione e 200 mila euro. Il
distributore rifornirà i nuovi autobus della municipalizzata fiumana Autotrolej
(entrati ieri in servizio) e i cittadini che utilizzano vetture a gas. I pullman
dell’Autotrolej alimentati a gas naturale compresso sono di colore verde e blu.
(a.m.)
Serracchiani accelera sul piano energetico
L’aveva annunciato in campagna elettorale e ora, da neo governatrice, è
pronta a mantenere la promessa. Quella di dotare al più presto il Fvg di un
Piano energetico adeguato ai fabbisogni del territorio. Uno strumento, ha
ribadito ieri Debora Serracchiani, indispensabile sia per tutelare l’ambiente
sia per dare giuste risposte al mondo produttivo e economico. «Nei nostri primi
impegni - ha annunciato la governatrice, intervenendo ad “Eos”, il salone sul
tema della sostenibilità ambientale e del carbon footprint in corso alla Fiera
di Udine - abbiamo messo entro l’anno il piano energetico regionale, al quale
sono collegati anche il piano dei rifiuti e il piano straordinario che riguarda
l’idrogeologico e l’utilizzo delle acque». «Il piano energetico, che dovrà tener
conto dei nostri fabbisogni - ha continuato Serracchiani - significa
naturalmente anche rivedere il sistema delle infrastrutture elettriche, cercare
di abbattere il costo dell’energia per le nostre imprese e anche guardare con
attenzione all’efficientamento energetico, visto che In Italia si sprecano circa
6 mld di euro l’anno in energia utilizzata male».
Nre Research ospite a Bruxelles - Presentata
l’innovativa tecnologia che recupera materiali riciclabili
AZIENDA TRIESTINA DALLA COMMISSIONE EUROPEA
La Nre Research, società triestina insediata nel comprensorio di Area
Science Park e che è operativa nel settore energia e ambiente, ha partecipato a
Bruxelles, presso la Commissione europea, alla tavola rotonda organizzata dal
Joint Research Centre (Jrc) “Scientific support to Key Enabling Technologies (KETs)
and Innovative SMEs”. Un incontro dedicato alla presentazione delle tecnologie
chiave per il futuro e al loro ruolo nelle politiche di sviluppo dell’Europa:
Nre Research ha preso parte all’evento in qualità di relatore sul tema
dell’energia, con Ana Eremija, responsabile di Nre per le politiche europee,
accompagnata all’incontro anche dall’ad Pietro Nider e dal responsabile
finanziario Marco Pieri. Eremija ha illustrato l’innovativa tecnologia
dell’impianto “Waste & CO2 Buster plant” messa a punto dalla società per il
trattamento dei rifiuti solidi urbani, attraverso il sistema di recupero
idro-meccanico dei materiali riciclabili con digestione anaerobica multifase.
Durante la presentazione sono stati rimarcati i benefici che questa tecnologia
può rendere in termini di minori costi ambientali ed economici.
Bonifiche ancora in stallo L’Ezit aspetta la Regione
Un anno è trascorso dalla firma dell’accordo di programma con Clini, ma
nulla è stato fatto. L’Ente zona industriale non può agire senza un incarico
formale
Dodici imprese hanno risposto al bando dell’Ezit che vuole sondare 200 metri
quadrati in una zona della Valle delle Noghere per capire se i residui di
idrocarburi che affiorano sul terreno sono il segnale di un inquinamento più
profondo o no. I lavori saranno assegnati dopo che due dei candidati avranno
fornito i chiarimenti documentali che mancano. Ma questo è niente: l’Ezit da
tempo sta facendo i suoi passi sulla via della bonifica del famoso Sito
inquinato nazionale, e ha anche avuto l’approvazione dal ministero dell’Ambiente
per il progetto di analisi completa del Sin. Ha fatto tutto quel che poteva, in
collaborazione con l’Arpa, dopo che l’efficacissima azione dell’ex ministro
Corrado Clini aveva portato aria nuova a Trieste, e soprattutto sbloccato in via
definitiva la terribile questione del Sin triestino che dura irrisolta dal 2001.
Tanto che il 25 maggio dello scorso anno tutti gli enti territoriali avevano
firmato (pieni di felicità dopo 11 anni di battaglie e tormenti) un accordo di
programma di estrema chiarezza, che definiva obiettivi e compiti di ciascuno
(Regione, Provincia, Ezit, Autorità portuale, Comune, Arpa, ministero, privati),
assegnava le risorse, e a ogni paragrafo raccomandava tempi brevi e celerità di
esecuzione. Per poter rendere presto usabili le aree industriali. Da quando è
stato varato il governo Letta, Clini è rientrato al ministero dell’Ambiente come
direttore generale della Divisione per lo sviluppo sostenibile, il clima e
l’energia, e a Trieste intanto a distanza di un anno non si è messo mano a
niente. Perché la Regione non ha mai inviato a Ezit la delega ad agire.
«Dovremmo firmare una convenzione con le aziende insediate che non hanno già
fatto la bonifica per conto proprio - spiega Paolo De Alti, il direttore -, ma
non possiamo prendere l’iniziativa senza un formale incarico dalla Regione, né
potremmo invadere la proprietà privata per i sondaggi dei terreni senza una
formale delega a farlo. Tecnicamente invece potremmo cominciare a lavorare
domani mattina. Anche i soldi ci sono, 10 milioni assegnati già nel 2001 dal
ministero alla Regione, e 5 milioni per questo primo lotto che comprende anche
l’analisi di rischio». Come si sa, per legge se il rischio per la salute è
basso, un medio inquinamento non impedisce di usare i terreni per uso
industriale. Passata dunque la felicità, e felicitatisi tutti con l’ottimo ed
efficacissimo ministro, le carte firmate sono tornate a stare in cassetto: prima
l’attesa che la Corte dei conti ratificasse l’accordo, e questo è accaduto a
settembre 2012 (comunque quattro mesi dopo) e poi niente, come se nulla fosse
mai accaduto. E intanto è nato il lamento nuovo, perché Trieste è scesa all’8%
del Pil di industria, un livello considerato al di sotto del limite di
sopravvivenza di ogni economia. Senza menzionare un altro determinante aspetto
della questione: qui ci sono lavori urgenti da fare e soldi pronti da spendere,
tutti gridano alla crisi e al declino, ma basta una sola inerzia e ogni cosa
resta lettera morta all’infinito.
Gabriella Ziani
Top secret i nomi di due aziende pronte a insediarsi
Una start up in ambito tecnologico avanzato uscita da Area science center di
Trieste e una ditta di logistica di Monza. I nomi? Top secret. Si tratta delle
due nuove aziende che recentemente hanno chiesto di insediarsi a Trieste
nell’ambito dell’Ente zona industriale. Una novità annunciata dal presidente
dell’Ezit Dario Bruni (nella foto). Sempre in tema di Sito di interesse
nazionale, tra le aree che devono essere ancora bonificate vi è anche quella di
fronte allo stabilimento di Pasta Zara: per 40mila metri quadrati sui 100mila
complessivi dell’area in questione ha già avanzato una manifestazione
d’interesse la Camera di commercio. Che lì vorrebbe insediare il Polo logistico,
includendovi anche la collocazione del nuovo Mercato ortofrutticolo, la cui sede
attuale è quella di Campo Marzio.
Dietrofront sul Porto Vecchio a “spicchi”
Monassi (Authority): «Meglio piccole concessioni, ma se c’è anche chi
vuole tutta l’area deciderà il Comitato portuale»
«Lo spezzatino non è un feticcio». La frase, che si riferisce al Porto
Vecchio, viene pronunciata dalla presidente dell’Authority Marina Monassi e
alcuni la interpretano come un mezzo dietrofront. «È vero che preferirei dare
piccole concessioni - precisa la presidente - ma se veramente si farà avanti
anche un investitore che chiederà tutta l’area (esclusa logicamente la zona
Greensisam, l’Adriaterminal e la parte museale) prospetterò l’alternativa al
Comitato portuale e sarà il Comitato a decidere». Per presentare le
manifestazioni d’interesse, in base al bando di avviso esplorativo firmato solo
qualche giorno fa, c’è tempo fino al 23 luglio. «Già una decina di soggetti
interessati si sono fatti avanti - ha confidato la presidente - in particolare
per quanto concerne il Molo Terzo». Il 10 luglio è fissata al Tar l’udienza di
Portocittà che chiede che la concessione sia dichiarata nulla (in particolare
per la persistenza del Punto franco) e finché la causa non sarà chiusa nuove
concessioni non potranno essere date. Coloro che avranno inviato le
manifestazioni saranno poi invitati alle procedure di gara che dunque si presume
non conterrà delimitazioni sugli spazi. Ma la battaglia, ammesso che si faccia
avanti anche un ipotetico concessionario unico, esploderà ben prima, anzi è già
in atto. La sede finale naturale e designata sarà dunque il Comitato portuale di
cui va dato atto alla presidente di averlo reso completamente trasparente con
l’apertura ai mezzi d’informazione di tutte le sedute. «Le piccole concessioni,
soprattutto se non precedute da un disegno strategico entro cui vadano a
collocarsi come tessere di un mosaico - ha commentato il sindaco Roberto
Cosolini - non possono valorizzare e recuperare zone oggi non appetibili da un
punto di vista imprenditoriale. Rischiamo di rimanere sideralmente lontani da
quelle lungimiranti operazioni di trasformazione fatte con alto tasso strategico
e forte professionalità che hanno rivitalizzato il waterfront di tante città del
mondo». É una posizione che vede concorde anche la presidente della Provincia
Maria Teresa Bassa Poropat. «La scelta del concessionario unico - afferma - è
essenziale non solo per avere una visione strategica complessiva di sviluppo, ma
anche affinché vengano realizzati con una certa speditezza i sottoservizi, le
infrastrutture, le opere di viabilità necessari a tutto il comprensorio. Se un
investitore ha in concessione tutta l’area fa preventivamente questo, come
intendeva farlo Portocittà, ma non si può certo chiederlo a un piccolo singolo
concessionario». Esattamente opposta invece è l’opinione di Guido Valenzin,
presidente degli spedizionieri del porto che nella sua relazione annuale agli
iscritti, ha strigliato le amministrazioni locali attaccandole, così come anche
la precedente presidenza dell’Authority, proprio per quanto riguarda il Porto
Vecchio. «È un dato di fatto - ha affermato Valenzin - che progetti di riuso di
aree significative del Porto Vecchio che tenevano conto dei vincoli esistenti
(Sovrintendenza beni architettonici, regime doganale di Punto franco, beni
demaniali marittimi) sono stati scartati da chi aveva altri obiettivi e non ha
concluso nulla. Questo voler fare “quello che si vuole” invece di “quello che si
può fare subito” ci ha portato alla situazione di stallo attuale che si scontra
ormai con la grave crisi finanziaria e del credito in atto: a questo punto non
possiamo continuare a illuderci che soggetti privati possano sopportare il peso
finanziario di un progetto di riutilizzo complessivo dell’area». Ma è un
discorso che può essere anche rovesciato: ci fosse stata un minimo di volontà
politica comune di spostare il Punto franco, quel soggetto c’era già.
Silvio Maranzana
I grillini: «Ora i benefici del punto franco»
«Il Governo emani immediatamente il decreto ministeriale, dimenticato per 19
anni, per rendere effettivi i vantaggi doganali» dei punti franchi del porto di
Trieste. A chiederlo, con una mozione alla Camera, sono i deputati del Movimento
5 Stelle del Friuli Venezia Giulia Aris Prodani e Walter Rizzetto, per i quali
la mancanza di questo decreto sta «causando incertezza sull’applicazione della
normativa di agevolazione riservata ai punti franchi triestini». Sulla questione
è intervenuto anche il consigliere comunale triestino M5S Paolo Menis, chiedendo
«perchè in tutti questi anni nessun parlamentare triestino ha mosso un dito» e
annunciando per lunedì sera «una mozione analoga nel consiglio comunale». Sul
fronte del punto franco la città resta politicamente divisa. C’è chi ne chiede
l’abolizione o meglio lo spostamento e chi vuole appena cercare di attivare lo
strumento.
Ma Italia Nostra sposa lo “spezzatino”
«No a speculazioni sul terrapieno di Barcola, sì a restauri leggeri e a
spazi per gli spedizionieri»
«Il Punto Franco va mantenuto all'interno del Porto Vecchio, dove sono
necessari restauri leggeri e soprattutto non s'ha da fare la speculazione
edilizia sul terrapieno di Barcola». L'opinione è quella di Italia Nostra
(sezione di Trieste) che, dunque, dà pubblicamente pieno appoggio alla proposta
di “spezzatino” da parte dell'Autorità portuale per le concessioni in Porto
Vecchio, dopo che l'attuale concessionaria (Maltauro, Rizzani De Eccher, Intesa
San Paolo e Sinloc) ha deciso di ritirarsi e di chiedere l'annullamento della
gara. L'area in questione, secondo Italia Nostra, è unitaria urbanisticamente e
culturalmente, ma non omogenea dal punto di vista del riuso. Come conviene,
quindi, procedere? «Con restauri leggeri, come avvenuto a Stoccolma oppure ad
Amburgo - rispondono Giulia Giacomich e Marcello Perna, rispettivamente ex e
attuale presidente della sezione triestina dell'associazione. E, tanto per
essere precisi, tocca all'ingegner Roberto Sasco, segretario provinciale Udc,
spiegare più nel dettaglio cosa si potrebbe fare in Porto Vecchio, seguendo la
cosiddetta “variante Barduzzi” al Piano regolatore: «Il problema di un porto con
un Punto Franco non è la possibilità di entrarci, ma cosa farci dentro. Secondo
noi l'area di Greensisam è collegata alla città e ha una destinazione
direzionale, l'Adriaterminal deve continuare ad operare come attività portuale.
Va sviluppata l'offerta culturale – continua Sasco – con il Polo museale, vanno
rimessi i rimorchiatori, va sviluppata la nautica da diporto e non importa se si
dice che ci sono troppi posti barca. Vanno messi a disposizione spazi per gli
spedizionieri e soprattutto non sposiamo la speculazione di villette vista mare
sul terrapieno di Barcola: lì si dovrebbero fare attività ludiche, verde
pubblico e balneazione. A Trieste servono posti di lavoro e questo è un ottimo
modo per ottenerli». Ma Portocittà (cioè i costruttori Maltauro e De Eccher, non
proprio gli ultimi arrivati nel loro settore) sostiene che non si possano
realizzare attività economiche redditizie nei vecchi magazzini sottoposti a
vincolo. È una società di incompetenti o di persone in malafede? «Noi non
vogliamo andare contro Portocittà – risponde il presidente Perna – ma diciamo
che stanno facendo la loro politica, che noi non condividiamo». «Da quando
Portocittà ha discusso la concessione è cambiato il mondo – rincara la dose
Sasco – oggi le prospettive sono diverse. Non servono più megainterventi firmati
da architetti star. E comunque il Punto Franco va mantenuto per sfruttarne le
opportunità».
Riccardo Coretti
Green Week, sindaci in trincea per combattere gli
sprechi - L’INIZIATIVA DI ANDREA SEGRÈ
Sono 5 i sindaci triestini e 4 i goriziani che hanno finora sottoscritto la
Carta a Spreco Zero e che saranno domani al Teatro Verdi di Padova per il primo
Forum dei sindaci a Spreco Zero. Sono attesi mille sindaci provenienti da tutta
Italia e 40 studiosi del progetto europeo Fusions. «Le adesioni stanno crescendo
quotidianamente – afferma la coordinatrice della Green Weeek delle Venezie,
Viviana Cattelan –. E proprio nei giorni scorsi abbiamo ricevuto adesioni di
Comuni importanti come quella del sindaco di Milano Giuliano Pisapia o di
piccoli Comuni come Castellavazzo (Belluno)». La “Carta a Spreco Zero” nasce da
un’idea di Andrea Segrè e Last Minute Market e ha avuto come primi firmatari, lo
scorso anno durante la prima edizione di Trieste Next, salone europeo della
ricerca scientifica, il sindaco Roberto Cosolini, il governatore del Veneto Luca
Zaia e l’allora governatore del Friuli Venezia Giulia Renzo Tondo. Ecco l’elenco
dei Comuni firmatari della provincia di Trieste: Duino Aurisina, Monrupino,
Muggia, Sgonico, Trieste. Per la provincia di Gorizia: Farra d’Isonzo, Gorizia,
Grado, San Canzian d’Isonzo. Domani, quindi inizia la “Green Week delle Venezie”,
settimana dedicata ai temi della sostenibilità nel Nord Est. La manifestazione,
promossa da Nordesteuropa Editore e VeneziePost con la collaborazione, tra gli
altri, del Comune di Trieste, del Polo Tecnologico di Pordenone e, come media
partner de “Il Piccolo”, si inserisce nelle iniziative di sostegno della
candidatura di Venezia con il Nordest a Capitale Europea della Cultura 2019.
Durante il forum di domani al Teatro Verdi di Padova ci sarà anche il “pranzo a
spreco zero”: ciò che non verrà consumato sarà portato alle mense popolari. Il
Forum potrà essere seguito in live streaming su www.lanuovaecologia.it o su
www.veneziegreen.it. Nel corso della settimana “green” saranno anche premiate le
esperienze imprenditoriali virtuose in tema di sprechi. Il premio Radical Green,
promosso dal Polo Tecnologico di Pordenone e da Nordesteuropa Editore, verrà
consegnato alle 10 best practices delle Venezie. Tra i numerosi eventi previsti
fino al 26 maggio che si occuperanno dei vari temi legati alla sostenibilità
(acqua, rifiuti, sviluppo economico, turismo), quello della cittadinanza attiva
e sostenibile sarà ospitato a Trieste dove sarà presentato il nuovo libro di
Andrea Segrè, “Vivere a Spreco Zero. Una rivoluzione alla portata di tutti”
(Marsilio Editore). La presentazione si terrà martedì, con inizio alle 21,
all’azienda agricola Zidarich a Duino Aurisina (Località Prepotto 23).
All’incontro, coordinato dal direttore de “Il Piccolo” Paolo Possamai, sarà
presente anche il primo cittadino di Trieste Cosolini. La Green Week si
concluderà domenica 26 maggio con una grande festa in un luogo incantato della
Val di Sella, nel comune di Borgo Valsugana dove si trova Arte Sella: è prevista
l’inaugurazione di due nuove opere. In questa occasione il violoncellista Mario
Brunello, direttore artistico musicale, racconterà ai visitatori il suo legame
con Arte Sella.
Trebiciano non vuole antenne - Petizioni consegnata al
sindaco cosolini
Raccolte 400 firme su 500 abitanti. «Troppo vicine alle scuole»
TRIESTE Quasi 400 firme, su circa 500 residenti. E’ il risultato
ragguardevole ottenuto dalla petizione lanciata dagli abitanti di Trebiciano (ed
abbracciata anche da alcuni borghi circostanti) contro l’installazione di una
nuova antenna Telecom nel centro del paese, a poche centinaia di metri dalla
scuola dell’infanzia e da quella elementare. “Antenne a Trebiciano? Non se ne
sente la necessità!” si legge nel testo della petizione, presentata al Comune di
Trieste una ventina di giorni fa. I cittadini non si sono limitati ad opporsi
alla costruzione di un nuovo ripetitore, ma hanno richiesto anche la rimozione
del traliccio Vodafone realizzato recentemente nel paesino. «Si è giunti a
questa conclusione dopo animati confronti su chi fosse a favore, una sparuta
minoranza, e chi contro», si spiega nell’esposto. «La raccolta di firme ha
coinvolto tutta la comunità, molto sensibile a questo tema che riguarda la
salute di residenti, bambini, ragazzi e operatori dell’asilo e della scuola
elementare; l’opposizione a nuove antenne a Trebiciano è stata quasi unanime».
Il benessere prima di tutto, insomma. Ma «si è riscontrata una particolare
sensibilità anche per la conservazione di questo angolo di Carso, già devastato
da interventi fatti in passato quali discarica, oleodotto, elettrodotto,
autostrada, Area di Ricerca». «Firmando la petizione, la comunità di Trebiciano
ha espresso chiaramente la volontà di non subire ulteriori servitù e spera, anzi
ne è certa, che questa volontà possa essere recepita dalla sensibilità del
Sindaco Roberto Cosolini e dei suoi collaboratori». Altrimenti, come fa
presagire l’ostinazione sin qui dimostrata dai residenti, si andrebbe
probabilmente incontro a nuove proteste. La mobilitazione era iniziata a marzo,
quando a Trebiciano e dintorni si era sparsa la voce della richiesta inoltrata
al Comune dalla Telecom. La Comunella locale, raggruppamento di varie realtà
associative, aveva proposto di erigere l’antenna nel cortile del “Ljudski Dom”
(Casa del popolo), al fine di incassare i proventi dell’affitto del terreno e
finanziare così le molteplici attività – sportive, culturali, ricreative –
presenti a Trebiciano. Il dissenso dei cittadini è stato intransigente: prima
gli appelli («Non vendiamo la nostra salute per 900 euro al mese»), poi le
firme, raccolte di casa in casa da dodici volontari. Ora, il Comune avrà 45
giorni di tempo per verificare l’autenticità delle sottoscrizioni ed altrettanti
per incontrare eventualmente il primo firmatario, avviando una discussione in
merito. A settembre, probabilmente, arriverà un responso.
Davide Ciullo
IL PICCOLO - SABATO, 18 maggio 2013
Marchigiani sul Piano traffico: «Più 44% di zone
pedonali» - LA BOZZA IN COMMISSIONE
«Uno degli obiettivi generali del nuovo Piano è supportare le forme di
mobilità “dolce”, ossia pedonale e ciclabile», lo sottolinea Elena Marchigiani,
assessore comunale a Pianificazione urbana, Mobilità e traffico, riguardo al
nuovo Piano generale del traffico urbano, attualmente all’esame delle
commissioni consiliari. «Sostenere la mobilità “dolce” - prosegue Marchigiani -
significa minor traffico, permettendo a chi può farlo di muoversi a piedi e in
bicicletta in sicurezza, minor inquinamento sia atmosferico sia acustico,
recupero degli spazi pubblici urbani, in una parola miglior vivibilità di
quartieri e rioni. Significa anche maggiori occasioni di riqualificazione
commerciale di parti per certi versi dimenticate della città, nelle quali le
attività economiche oggi versano in uno stato di grave sofferenza. Significa
ampliare il circuito delle mete turistiche. Significa costruire le occasioni per
ricominciare a vivere le strade come spazi a disposizione di tutti, non solo
delle automobili». Nel concreto, il Piano propone un ampliamento delle aree e
dei percorsi pedonali basato sui collegamenti con i principali impianti di
parcheggio a corona del Borgo Teresiano e sull’individuazione di aree che
possono essere soggette a una buona fruibilità pedonale nelle periferie. «Nello
specifico - aggiunge l’assessore -, nelle zone centrali della città, il Piano
propone l’incremento delle aree pedonali esistenti, +44%, nell’ottica di
individuare una vasta zona utilizzabile quasi esclusivamente dai pedoni, ma che
sia al tempo stesso ben servita dai mezzi pubblici. Così, l’area compresa tra il
Canale di Ponterosso e piazza Unità viene per gran parte pedonalizzata; i
principali interventi riguardano via Mazzini e via Imbriani». Altri interventi
di pedonalità riguardano poi l’area attorno a largo Barriera: via della Sorgente
(e la vicina via delle Erbette), «una zona caratterizzata dalla fitta presenza
di un tessuto commerciale ancora vivace, ma che necessita di essere
ulteriormente supportato, e che vede altresì la presenza di locali
caratteristici noti e ben frequentati. In queste vie la circolazione sarà
vietata a tutti i veicoli - illustra Marchigiani -, a eccezione di quelli in
servizio di emergenza e delle biciclette». Sostenere la mobilità dolce significa
anche tenere conto delle esigenze delle persone con diversa abilità e - nel
contempo - dare risposta alle necessità degli esercizi commerciali, ricorda
l’esponente della giunta Cosolini: «Per dare risposte efficaci a queste domande
ed esigenze, nel Piano sono state introdotte le Ztl a elevata valenza pedonale,
incrementate del 150%». Nelle Ztl a elevata valenza pedonale è consentito
l’accesso ad alcune categorie e servizi: carico/scarico delle merci, veicoli al
servizio dei disabili, trasporto pubblico collettivo e individuale. Queste zone
sono previste dal Piano nelle cosiddette “ali del viale XX Settembre”: vie San
Zaccaria, del Toro, Nordio, Paduina (nel tratto tra il Viale e via Crispi) e su
via Crispi (tra via Carducci e via Timeus), nonché nelle vie Foschiatti, San
Maurizio e della Fonderia. «Particolare attenzione è stata inoltre rivolta anche
a garantire agevolazioni ai residenti nelle aree e zone direttamente interessate
dagli interventi di pedonalizzazione - conclude Marchigiani -: sia attraverso le
agevolazioni tariffarie previste per la sosta in strada nei Borghi Teresiano e
Giuseppino, un euro al giorno, sia tramite la previsione di tariffe agevolate
all’interno dei principali impianti di parcheggio, cioè Silos, via della Pietà e
via Giulia, per un ammontare mensile di circa 60 euro». A proposito di
pedonalizzazioni, la prossima “prova” è in programma l’1 e il 2 giugno, nelle
vie Foschiatti, San Maurizio, Fonderia, Sorgente, Erbette. Nel fine settimana
successivo, in occasione della Notte bianca dell’8 giugno, ci si sposterà invece
nel cuore della città, con via Mazzini, via Imbriani, corso Italia chiuse al
traffico nelle ore serali e con esse anche via XXX Ottobre, via Torrebianca e
via del Lavatoio.
La carica dei mille sindaci “in lotta” contro gli
sprechi
TRIESTE Lunedì inizia la “Green Week delle Venezie”, settimana dedicata ai
temi della sostenibilità nel Nord Est. La manifestazione, promossa da
Nordesteuropa Editore e VeneziePost con la collaborazione, tra gli altri, del
Comune di Trieste, del Polo Tecnologico di Pordenone e, come media partner, de
“Il Piccolo”, si inserisce nelle iniziative di sostegno della candidatura di
Venezia con i l Nordest a Capitale Europea della Cultura 2019. La Green Week si
aprirà ufficialmente lunedì al Teatro Verdi di Padova, alla presenza di mille
sindaci da tutta Italia per il primo forum dei “Sindaci a spreco zero”.
L’iniziativa nasce a seguito del lancio della “Carta a Spreco Zero”,
sottoscritta in prima battuta durante Trieste Next dal sindaco di Trieste
Roberto Cosolini, dal governatore del Veneto Luca Zaia e dall'allora presidente
del Friuli Venezia Giulia Renzo Tondo; il documento ha visto già la firma di
oltre 300 sindaci italiani. Durante il forum di lunedì ci sarà anche il “pranzo
a spreco zero”: ciò che non verrà consumato sarà portato alle mense popolari. Il
Forum potrà essere seguito in live streaming su www.lanuovaecologia.it o su
www.veneziegreen.it. Nel corso della settimana “green” saranno anche premiate le
esperienze imprenditoriali virtuose in tema di sprechi. Il premio Radical Green,
promosso dal Polo Tecnologico di Pordenone e da Nordesteuropa Editore, verrà
consegnato alle 10 best practices delle Venezie. Tra i numerosi eventi previsti
fino al 26 maggio che si occuperanno dei vari temi legati alla sostenibilità
(acqua, rifiuti, sviluppo economico, turismo), quello della cittadinanza attiva
e sostenibile sarà ospitato a Trieste dove sarà presentato il nuovo libro di
Andrea Segrè, “Vivere a Spreco Zero”. La presentazione si terrà martedi’, con
inizio alle ore 21, presso l’azienda agricola Zidarich. Al dibattito,
organizzato in collaborazione con il quotidiano “Il Piccolo”, sarà presente
anche il sindaco di Trieste, Roberto Cosolini.
(r.u.)
Ripuliamo il Carso, l’iniziativa di Nord Est 4x4 e
Acegas
TRIESTE L’Associazione sportiva dilettantistica Nord Est 4x4, assieme al
Comune di Trieste e con la collaborazione fornita da AcegasAps, nei due ultimi
fine settimana di maggio, (a partire da oggi e domani a seguire sabato 25 e
domenica 26 maggio) realizzerà un’azione di recupero e pulizia del Carso. I
volontari del Club, adeguatamente preparati per quest’iniziativa, si
cimenteranno nel recupero dei materiali che si trovano in più punti del Carso,
consentendo così ai mezzi di AcegasAps di effettuare la raccolta. Il materiale
caricato sui camion, verrà diviso per tipologia in modo da poter differenziare i
rifiuti, con il doppio risultato di recupero e riciclo. Nell’area “ex
Polveriera” di via Brigata Casale, concessa in locazione dal Comune di Trieste,
la Nord Est 4X4 utilizza un’ampia zona adibita a campo scuola per i corsi di
guida tenuti dagli istruttori della Scuola Nazionale di Fuoristrada UISP-CNAU,
corsi che sono rivolti ai rappresentanti delle forze dell’ordine e naturalmente
a tutti coloro che intendono avvicinarsi al mondo dell’off-road. Negli anni
passati e fino al 2012 il Club ha organizzato il Raduno “Alle Porte dell’Est”,
calamitando l’attenzione di diverse centinaia di appassionati, valorizzando e
facendo conoscere ai partecipanti la realtà locale, le tradizioni, la cultura e
l’offerta turistica del territorio. Anche quest’anno il team organizzativo del
Club si è attivato per realizzare il prossimo raduno “Alle Porte dell'Est”,
manifestazione che è stata programmata per il prossimo 10 novembre. E proprio
nella fase ricognitiva al raduno si è potuto costatare quanti siano i rifiuti e
i materiali di vario genere, depositati o abbandonati da persone incivili lungo
i sentieri del Carso. Da qui è partita l’operazione “Carso Pulito” che inizierà
oggi e domani, per ripetersi poi anche nell’ultimo fine settimana di maggio
(sabato 25 e domenica 26).
IL PICCOLO - VENERDI', 17 maggio 2013
Tav, ratifica trattato in 15 giorni
Accelerazione sull’accordo internazionale italo-francese per la linea ad
altà velocità Torino-Lione
TORINO La Tav Torino-Lione accelera. Entro «le prossime due settimane», ha
assicurato il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, la ratifica del trattato
siglato dai governi di Italia e Francia approderà in Parlamento. La questione
sarà discussa nel Consiglio dei ministri del 24 maggio. Ieri si è insediata a
Roma la task force sulla Tav, voluta dallo stesso Lupi. L’organismo definirà le
“opere di riqualificazione” della Valle di Susa e coordinerà la comunicazione di
tutte le istituzioni pubbliche coinvolte. Nel frattempo il governo rimarca il
«fermo impegno» di «seguire con la massima attenzione - ha precisato il
sottosegretario Rocco Girlanda - il regolare adempimento delle prescrizioni
connesse alla realizzazione» del cunicolo esplorativo di La Maddalena, il tunnel
geognostico che da alcuni mesi si sta scavando a Chiomonte. «Allo stato attuale
- ha detto Girlanda, rispondendo in Senato ad un’interpellanza di Marco Scibona
(M5S) - la società Ltf (Lyon Turin Ferroviaire, ndr) ha inoltrato al ministero
dell’Ambiente le tavole progettuali relative a 68 prescrizioni che hanno
consentito l’inizio dei lavori del cunicolo esplorativo di La Maddalena». Dal
movimento No Tav arriva un sarcastico commento all’ipotesi di reato formulata
dalla Procura di Torino per l’assalto di due notti fa al cantiere: «A meno che
un compressore sia considerato un operaio del cantiere, un macchinario annerito
è un pò poco per giustificare un tentato omicidio». Nei prossimi giorni il
ministro Lupi visiterà il cantiere di Chiomonte e incontrerà i sindaci della
Valle di Susa. Lunedì, invece, si terrà a Torino la prima riunione della task
force, di cui fanno parte il ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, la
Regione Piemonte, la Provincia di Torino, i sindaci dei tre Comuni direttamente
interessati dai cantieri della nuova ferrovia (Susa, Bussoleno e Chiomonte) e il
commissario di governo Mario Virano. «I primi obiettivi - spiega Barbara Bonino,
assessore ai Trasporti della Regione Piemonte - sono quelli di portare al Cipe
un cronoprogramma di interventi e relative risorse, necessarie ad avere la
copertura sia in termini di cassa che di competenza». Allo studio anche una
finestra normativa «che consenta agli enti locali interessati dai lavori di
uscire dal patto di stabilità». Tra i compiti della task force «ci sarà anche
l’ascolto degli enti locali. Manterremo - dice ancora Bonino - un confronto
costante con tutti i Comuni, a prescindere dal loro inserimento all’interno dei
gruppi di lavoro». Nel frattempo si è appreso che sono 123, fra il 2010 e il
2012, i fascicoli aperti dalla Procura di Torino per reati commessi a margine di
iniziative del movimento No Tav. Il dato si riferisce ai procedimenti “contro
noti”. Le iscrizioni nel registro degli indagati sono state in tutto 707. Alcune
persone sono state chiamate in causa in più procedimenti.
Accordo sul progetto alternativo della Tav
I sindaci trovano l’intesa per l’ammodernamento della rete esistente.
Critiche al senatore Sonego
TORVISCOSA Via libera dei sindaci della regione allo studio di fattibilità
che prevede il riammodernamento e il potenziamento della linea ferroviaria
esistente, abbandonando il progetto della nuova linea Alta velocità/ Alta
capacità Venezia–Trieste del 2010. Il commissario straordinario per la
Venezia–Trieste, Bortolo Mainardi, alla fine è riuscito a mettere d’accordo i
sindaci del Fvg per la redazione di uno studio di fattibilità che preveda la
saturazione e l’ammodernamento della linea ferroviaria esistente: costo 380
milioni di euro per circa 50 chilometri, a fronte dei 4,7 miliardi di euro del
progetto del 2010 del tracciato Alta velocità/Alta capacità che dovrebbe
attraversare il Friuli Venezia Giulia. Successivamente si provvederà alla sua
quadruplicazione. Resta però la “perplessità” espressa in merito dagli
amministratori di Latisana, Palazzolo, Muzzana, che ritengono incompatibile con
la struttura urbana dei loro paesi questo progetto in quanto l’attuale linea
attraversa zone a forte concentrazione abitativa. Questi Comuni avevano siglato
un protocollo con la Regione Fvg, che prevedeva delle compensazioni al passaggio
del tracciato parallelo all’autostrada A4 Venezia–Trieste. Decisamente
favorevoli Torviscosa, Cervignano, Palmanova, Bagnaria, Villa Vicentina, Ruda,
Fiumicello, Gonars, Porpetto, Teor, Pocenia, e Ronchis, ma anche San Canzian,
Turriaco e Castions di Strada. Mainardi, nell’incontro con gli amministratori
dei 17 comuni coinvolti dal tracciato, si è presentato con piglio deciso e, dopo
aver spiegato quanto fatto in Veneto, ha subito messo in tavola le sue carte. Ha
infatti proposto due opzioni: andare avanti con il progetto di Rfi del 2010 o,
come seconda opzione, riammodernare la linea ferroviaria esistente oggi
utilizzata al 40% delle sue possibilità pensando già al suo quadruplicamento in
vista dello sviluppo dei traffici futuri, ma anche in relazione al progetto del
Corridoio 1, meglio conosciuto come l’Adriatico Baltico. Ha però chiesto ai
sindaci una risposta decisa entro la fine della discussione, «per uscire con le
idee chiare dall’incontro», risposta che alla fine ha ottenuto. Ad aprire
l’incontro il sindaco di Torviscosa Roberto Fasan, che ha sottolineato
l’inopportunità dell’uscita del senatore Ludovico Sonego, che sulla stampa ha
affermato che il commissario non serve e non ha titoli per convocare i sindaci.
«Sonego – ha detto – afferma che tutto deve essere risolto in chiave politica,
se questo significa tagliare fuori i sindaci, ebbene noi non ci stiamo». Fasan,
esprimendo parere favorevole, ha chiesto però il mantenimento degli interventi
di mitigazione al rumore lungo il tracciato della linea ferroviaria.
(f.a.)
«Il petrolio di Trieste alimenta un terzo del mercato
tedesco»
Ulrike Andres, presidente di Tal e ad di Siot: «Nel terminal più sbarchi
per rifornire la raffineria di Karlsruhe»
I länder più ricchi - Coperto il 100% di Baviera e Baden Wuerttemberg - No al
gas in porto La baia di Muggia non è adatta per questi progetti
TRIESTE Un terzo della Germania verrà approvvigionato dal petrolio sbarcato
nel terminal Siot di Trieste. Il gruppo Tal, gestore del più importante
oleodotto europeo con 42 milioni di tonnellate all’anno, sta mantenendo
l’impegno assunto alla fine del 2012: aumentare il flusso di greggio che arriva
nelle “pipelines” del porto giuliano e che viene poi inoltrato verso Austria,
Cechia, Germania. L’obiettivo strategico di questa “offensiva” petrolifera è
soprattutto una città tedesca nel Land del Baden-Wuerttemberg: Karlsruhe, che
ospita un importante impianto di raffinazione, in passato solo parzialmente
raggiunto dal greggio adriatico. L’Austria è già “coperta” per il 90%, la Cechia
lo sarà al 50% rispetto al precedente 30%. I numeri del primo quadrimestre 2013
confermano la volontà di Tal: da gennaio ad aprile sono già affluiti 13,3
milioni di tonnellate, con una crescita del 36% rispetto all’analogo periodo del
2012. Ulrike Andres, nella duplice qualità di presidente della Tal e di
amministratore delegato della Siot, è protagonista di questo cambio di velocità.
Austriaca, sposata e madre di due figli, una carriera manageriale nel gas e nel
petrolio, un biennio di presidenza dell’Aegpl (European association of liquified
gas companies)a Bruxelles, Ulrike Andres è buona conoscitrice del business
energetico. Tant’è che l’hanno messa a capo del Consorzio energia di Trieste.
Presidente, quali fattori hanno determinato la maggiore competitività
dell’approdo triestino? Il primo fattore è che il terminal di Marsiglia non
alimenta più gli impianti di Karlsruhe, dove si è scelto di puntare
completamente su Trieste, ritenuta più veloce ed efficiente. Questa decisione
comporta che un Land importante come il Baden-Wuerttemberg venga approvvigionato
al 100% dal greggio sbarcato in Adriatico. Laddove si consideri che la Baviera
era già servita al 100%, si comprende come un terzo della Germania dipenda dal
petrolio veicolato dal Tal. Ma questo è solo un aspetto della nostra strategia
di crescita nell’Europa centro-orientale: infatti contiamo di portare al 50% la
quota detenuta nella Repubblica Ceca. Questo rafforza le ragioni
dell’investimento su Trieste. Dal 1967 la nostra presenza a Trieste è forte e
costante. Rappresentiamo il 75% del traffico portuale, abbiamo un centinaio di
dipendenti diretti cui s’aggiungono 500 posti nell’indotto. Ogni nave significa,
tra tasse e servizi, 75 mila euro. Ogni anno 70 milioni di euro vengono
conferiti dalla Siot al sistema economico italiano. L’obiettivo è incrementare
il traffico del 20%, portando 500 navi. Trieste supererà Marsiglia e diventerà
il primo porto petrolifero del Mediterraneo, mentre in Europa solo Rotterdam
movimenta volumi maggiori. Non temete la concorrenza di alternative energetiche
al petrolio? Perlomeno per altri vent’anni il petrolio non avrà forte
concorrenza, soprattutto per quanto riguarda i mezzi di trasporto. Anche se,
indubbiamente, il mercato dell’energia sta cambiando: si trova gas in abbondanza
e questo giova al prezzo. Si comincia a estrarre davanti alle coste della
Croazia, Stati Uniti e Qatar sono già importanti esportatori. Grandi gasdotti,
come “Nabucco” e “South Stream”, riforniranno l’Europa occidentale, che spero
sappia diversificare i mercati di acquisto e non commetta l’errore nel quale era
caduta l’Ucraina. Ma è anche vero che vengono scoperti, per esempio negli Usa e
in Canada, nuovi giacimenti di petrolio: l’approvvigionamento si manterrà su
buoni livelli, il prezzo non dovrebbe subire grandi scostamenti, nonostante i
maggiori costi dovuti all’estrazione sottomarina. A proposito di gas,cosa pensa
riguardo l’eventuale realizzazione di un rigassificatore vicino al vostro
terminal? Dubito che Trieste sia il luogo più adatto per operazioni di questo
tipo. Basta osservare le caratteristiche e le dimensioni della baia di Muggia.
Penso che sarebbe più opportuno un impianto “offshore”. E comunque un eventuale
rigassificatore non dovrà in alcun modo condizionare il movimento delle
petroliere dirette al terminal Siot. Vorrei, inoltre, vedere il progetto di Snam
sulla “sea-line”: ritengo che tutte questi proposte dovrebbero essere vagliate
contestualmente. Però Trieste ha bisogno di nuove leve di sviluppo. Chiuderà
anche la Ferriera... Certo, ma la leva esiste già ed è il porto. Mi pare che
Trieste abbia un po’ perso i contatti con l’Europa centro-orientale, che
preferisce utilizzare le banchine di Amburgo. Quando parlo di porto, mi
riferisco al traffico commerciale, non alle gasiere ... Mi sembra che proprio
dal punto di vista portuale la vicina Capodistria si muova più velocemente di
Trieste, questo mi fa un po’ male.
Massimo Greco
«Traffici in Alto Adriatico: prospettive di forte
crescita» - LO STUDIO PRESENTATO IN COMUNE
I traffici nei porti dell’Alto Adriatico sono destinati a crescere a tal
punto che nel 2015 si giungerà alla saturazione della capacità portuale
esistente e nel 2030 di quella in fase di realizzazione. Questo è il dato più
nuovo, e più ottimista, portato dal docente dell’Università di Trieste Romeo
Danielis e dal consigliere dell’Aiom (Agenzia imprenditoriale operatori
marittimi) Danilo Stevanato alla riunione della Terza commissione del Consiglio
comunale sulla portualità. Nel complesso, però, il quadro tracciato dai tecnici
ai consiglieri non è dei più esaltanti. Il professor Danielis ha presentato uno
studio realizzato in base a dati del 2007 sul sistema portuale regionale, ovvero
la struttura e il retroterra economico dei tre hub del Friuli Venezia Giulia.
Sollecitato più volte dai consiglieri, Danielis ha assicurato che, pur
fondandosi su informazioni antecedenti alla crisi, lo studio è ancora attuale:
«Il sistema delle aziende che operano in ambito portuale non è sostanzialmente
mutata». Secondo i tecnici dell’Università le aziende legate ai porti nel 2007
erano circa 480, «il 50% delle quali si occupano di attività portuali in senso
stretto». Di queste 433 operanti a Trieste, anche se nella maggior parte dei
casi si trattava di aziende multilocalizzate, magari con sedi o filiali in aree
non portuali, come la Lombardia o la Svizzera. Il 41,9%, inoltre, lavorava
principalmente al di fuori dei confini fisici dei porti: «Un segno del carattere
“regionalizzato” di queste realtà - ha detto Danielis -, articolate sul
territorio». Lo studio stabiliva inoltre a quota ottomila il numero di addetti
del sistema marittimo e portuale regionale, inseriti in un indotto più ampio di
19mila. Principali datori di lavoro: gli enti pubblici come, ad esempio, le
autorità portuali. Stevanato ha presentato i risultati del suo studio, parallelo
a quello dell’ateneo ma successivo di un anno, che ha portato a risultati
affini. Il consigliere Aiom ha presentato anche le previsioni scritte in testa
all’articolo. Al termine della presentazione è seguita una discussione tra i
consiglieri. Paolo Rovis del Pdl ha rilevato: «Secondo i dati presentati, il
movimento merci nel porto di Trieste fra il 1967 e il 2011 è passato da 8,6 a 13
milioni di tonnellate. Neanche raddoppiato in cinquant’anni. Il peso della
portualità nell’economia regionale è ormai inferiore a quella dell’artigianato.
Possiamo davvero vedere nel porto il futuro del territorio?». Il consigliere
grillino Paolo Menis ha risposto con una riflessione: «Per rispondere dovremmo
disporre di un’analisi comparativa con i sistemi portuali delle altre regioni,
che tenga conto anche degli investimenti fatti a Trieste e altrove nel corso dei
decenni». Per Un’altra Trieste Franco Bandelli ha rilevato come nei porti
nord-europei esistano ancora compagnie portuali pubbliche, a differenza che in
Italia: «Là è un sistema che funziona. Se il pubblico potesse agire così anche
da noi, sarebbe un miracolo».
(g.tom.)
Tajani: «La Ferriera inserita nel piano Ue per la
siderurgia»
L’annuncio del vicepresidente della Commissione europea Serracchiani a
Roma: «Sarà area industriale complessa»
L’Unione europea prende misure concrete per risolvere il caso della Ferriera
di Servola. Infatti il nuovo Piano Ue per la siderurgia che verrà presentato a
inizio giugno «riguarderà sicuramente anche Trieste». Lo ha assicurato il
vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani al termine dell’incontro
della tavola rotonda di Alto livello sull’Acciaio tenutasi a Bruxelles, dove per
l’Italia ha partecipato il sottosegretario allo sviluppo economico Claudio De
Vincenti. Il presidente della Regione Debora Serracchiani aveva infatti chiesto
la scorsa settimana a Tajani di inserire la Ferriera di Trieste nel piano per la
siderurgia in preparazione a Bruxelles. «Si tratta di un piano-ombrello sotto
cui gli stati membri possono agire con azioni concrete» per gli impianti
nazionali, ha spiegato il commissario Ue, sottolineando di avere già parlato del
caso del sito triestino anche con il precedente governatore. «Faremo tutto il
possibile con il governo italiano - ha assicurato Tajani - perché il sito di
Trieste continui a produrre acciaio e a dare occupazione ai suoi lavoratori».
Secondo Tajani «la ristrutturazione può sostenere il progresso economico e
sociale, ma - ha sottolineato - si devono anticipare i cambiamenti strutturali»,
e questo è fattibile «se le aziende prendono misure correttive e se le autorità
pubbliche aiutano a creare le condizioni giuste». Due temi centrali del piano
per l’Italia, ha fatto presente il sottosegretario allo Sviluppo economico
Claudio De Vincenti. E proprio il sottosegretario ha incontrato ieri a Roma la
presidente Serracchiani. «Con De Vincenti abbiamo affrontato la parte operativa
di quel processo che deve portare al riconoscimento della Ferriera di Servola
come area industriale di crisi complessa - ha spiegato Serracchiani al termine
dell’incontro con l’esponente del governo -, a seguito degli impegni presi a
Trieste dal ministro Zanonato». Riferendosi alle parole del vicepresidente della
Commissione Ue, Serracchiani ha sostenuto che «soluzioni per la Ferriera di
Servola sono possibili solo con l’impegno congiunto a livello europeo, nazionale
e locale». La neo eletta presidente della Regione ha poi ripercorso i precedenti
della questione in sede europea: «In una risoluzione dello scorso dicembre – ha
ricordato Serracchiani - il Parlamento europeo si è pronunciato sulla crisi
dell’industria siderurgica Ue invitando la Commissione a monitorare da vicino
gli sviluppi futuri in alcuni stabilimenti, tra i quali anche Trieste, la cui
integrità è a rischio, per assicurare la competitività del settore siderurgico
europeo e i livelli occupazionali». Ora, ha auspicato Serracchiani, non resta
che sperare che le promesse di Tajani vengano presto tradotte in pratica:
«Accolgo dunque con speranza l’annuncio del Commissario Tajani, che - ha
concluso - ho già invitato a Trieste per un sopralluogo alla Ferriera e un
incontro con i portatori d’interesse».
Giovanni Tomasin
IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 maggio 2013
Nuovo bando su Porto Vecchio mentre pende il giudizio
del Tar
La presidente dell’Authority Monassi firma l’avviso esplorativo per
raccogliere nuove manifestazioni di interesse: «Meglio se più concessioni a
soggetti diversi». La querelle legale con Portocittà è in corso
Riparte da zero la riqualificazione del Porto Vecchio. La presidente
dell’Authority Marina Monassi ha firmato l’altra sera il bando di avviso
esplorativo volto a ottenere nuove manifestazioni d’interesse per gli
insediamenti nell’area. Sarà affisso oggi o domani all’Albo pretorio del Comune
e prevede come termine per l’invio delle presentazioni la data del 23 luglio.
Tutto ciò mentre è ancora pendente il ricorso al Tar di Portocittà, la società
costituita da Maltauro, Rizzani de Eccher, Sinloc e Banca Intesa, che ha chiesto
che l’atto di concessione venga dichiarato nullo. L’udienza doveva essere
fissata ai primi di luglio, ma potrebbe anche slittare. «I legali delle due
controparti stanno trattando - conferma infatti Enrico Maltauro, amministratore
delegato del Gruppo - ma per definire la nostra uscita. Le condizioni ostative
infatti (il Punto franco in primis, ndr) sono sempre le medesime per cui non
vedo spiragli per un nostro rientro. Quanto all’avviso per nuove manifestazioni
d’interesse non intendo commentare e comunque non ci vedo nulla di scandaloso».
«Non potevo perdere tempo - spiega Monassi - del resto è Portocittà stessa a
chiedere che la sua concessione venga annullata. In pendenza di giudizio non
posso dare le concessioni, ma nessuno mi impedisce di raccogliere nuove
manifestazioni d’interesse, alcune delle quali del resto sono già arrivate e
riguardano in particolare soprattutto il Molo Terzo». In realtà la questione
Porto Vecchio riparte, ma con una filosofia molto diversa rispetto al passato e
che sta già scatenando polemiche. «Chiaro che se arriva il sultano del Brunei e
stando nelle regole riempie il Porto Vecchio d’oro sono disposta anche a dare
una concessione unica - spiega infatti Monassi - ma non è il metodo che
prediligo. Preferisco dare più concessioni a soggetti diversi: la ritengo la
strada più giusta e più rapida». E su questo metodo definito “spezzatino”
piovono subito gli strali del sindaco Roberto Cosolini: «Sono fermamente
contrario a questo modo di procedere. Dubito che le piccole concessioni,
soprattutto se non precedute da un disegno strategico entro cui vadano a
collocarsi come le tessere di un mosaico, possano valorizzare e recuperare zone
oggi non appetibili da un punto di vista imprenditoriale. Non dubito che alcune
manifestazioni di interesse arriveranno, ma si concentreranno su alcune aree qua
e là a macchia di leopardo e lasceranno tanti altri siti nell’attuale degrado.
Quello che mi preoccupa - conclude il sindaco - è che rischiamo di rimanere
sideralmente lontani da quelle lungimiranti operazioni di trasformazione fatte
con alto tasso strategico e forte professionalità che hanno rivitalizzato il
watefront di tante città del mondo».
Silvio Maranzana
La soluzione “a spezzatino” non piace al sindaco -
Diversità di vedute
L’atto firmato dalla presidente Monassi, e di cui l’Authority non ha
comunicato i dettagli, è un avviso esplorativo affinché soggetti interessati
esprimano il proprio interesse a partecipare alla gara sulla riqualificazione
del Porto Vecchio che verrà indetta successivamente. Come tale, non è stato
discusso in nessuna seduta del Comitato portuale al quale invece la stessa
presidente aveva puntualmente riferito del procedere del contenzioso con
Portocittà. Causa che non impedisce ora a Monassi di pubblicizzare l’avviso, ma
che invece l’aveva sconsigliata di prendere parte a un’audizione dinanzi al
Consiglio comunale sul futuro dello stesso Porto Vecchio e che era stata
disertata anche dagli stessi responsabili di Portocittà. Per quanto riguarda
l’antico scalo triestino, si tratta dell’ennesima ripartenza dopo le funeree
esperienze passate che portavano i nomi di Polis 1, Polis 2, Bonifiche, Trieste
futura, Trieste expo, Portocittà e forse altri ancora. Ma questa ripartenza
evidenzia subito una divaricazione: da un lato il procedimento che prevede
l’assegnazione di numerose piccole concessioni “a spezzatino” privilegiato dalla
presidente dell’Authority, dall’altro l’esigenza di un concessionario unico
preferito dal sindaco.
Un ente per i punti franchi o perderemo tutti i
benefici - L’INTERVENTO DI FRANCESCA TREVISAN (avvocato)
È impressionante la moltitudine di persone che intervengono nella materia e
la serie infinita dei dibattiti che si succedono sul tema del "Porto Franco sì -
Porto Franco no", del Territorio extradoganale, del Territorio internazionale e
vantaggi e svantaggi del regime obbligatorio previsto dal Trattato di Pace,
nonchè delle facoltà di scegliere da parte dell'operatore il regime che gli è
più favorevole, eccetera. Mi sono di nuovo imbattuta sul Piccolo nel resoconto
di un incontro avvenuto con professori, rappresentanti degli spedizionieri ed ex
responsabili del Terminal contenitori. La pervicacia nel perseguire un suicidio
economico è prerogativa di questa città, che si avvita sul problema della
scelta, non capendo che quest'ultima è sottratta alla disponibilità locale, e
che l'unica scelta legittima è quella di operare immediatamente "secundum legem".
Ma aggiungo che questo teatrino su una risorsa economica già sperimentata con
successo nel passato non è un fatto isolato; purtroppo l'inizio di tale
situazione si dipana attraverso l'inadempimento dello Stato italiano di un
obbligo formalmente vincolante della costituzione del free port, a cui lo Stato
italiano avrebbe dovuto conferire banchine, attrezzature, magazzini e
territorio, in ottemperanza all'assolvimento del debito di guerra italiano nei
confronti delle potenze vincitrici in credito di tale obbligazione. Con
magnifica previsione giuridica l'Associazione italiana di diritto marittimo (Aidim)
aveva, negli anni '95, proposto una bozza di legge sulla costituzione del Porto
franco di Trieste come Ente territoriale pubblico con potestà normativa,
nell'ambito del quale avrebbero dovuto venir esercitate le consuetudini
internazionali sulle prerogative dei porti franchi, nei limiti e con i vincoli
dell'Allegato 8° nei punti da 1 a 20. La costituzione di questo ente avrebbe
sottratto la materia del contendere agli opinionisti, ai miglioristi, ai
politici, agli speculatori, ai concessionari sostenitori della portualità
allargata e, sicuramente, il Porto franco di Trieste avrebbe potuto operare
proficuamente con l'ausilio esterno del contributo obbligatorio dello Stato
italiano a mantenerlo allineato ai porti franchi internazionali e competitivo
con gli stessi. Sono favole i raffronti con le situazioni di altri porti franchi
europei, perchè questi ultimi sono frutto delle rispettive decisioni nazionali
e, pertanto, modificabili dalle stesse e assoggettati al Trattato di Roma del
1957. Il Porto Franco di Trieste non è operazione autonoma nè dello Stato
italiano, nè della Comunità europea, ma è dipeso dall'esito disastroso, per l'
Italia ed in particolare per Trieste e della Venezia Giulia, della 2.a guerra
mondiale, per cui è stata imposta come riparazione e sanzione di guerra la
costituzione del Porto Franco e l'obbligo dell'Italia, vinta per quanto
considerata cobelligerante, di mantenerlo al servizio delle bandiere di tutto il
mondo, senza, fra l'altro, la possibilità di esigere tasse per i servizi in esso
compiuti. Ricordo ancora che la proposta di legge avanzata dall'Aidim prevedeva
per necessità commerciali l'allargamento del regime di porto franco a tutto
l'insediamento urbano, costituendo, in tal maniera, legittimamente "Trieste
città franca". Altro che il mendicare, alcuni lustri fa, con il cappello in mano
alla matrigna Comunità Europea la possibilità di costituire un centro
finanziario off shore, o sognare un impossibile Territorio Libero. Ma, mi
domando, come fanno delle persone dotate di buon senso, preposte alla guida
politica ed economica di una città dotata di economia asfittica, colpita da un
regresso demografico preoccupante, in cui nulla decolla, a continuare a
dissertare su un oggetto impossibile, ingannando i cittadini amministrati? Il
Porto Franco di Trieste, una volta legittimamente costituito, non potrebbe dar
adito ad alcuno spostamento di aree perchè l'atto costitutivo del Free Port
prevede in maniera inderogabile, per il regime del diritto internazionale, il
mantenimento dei due punti franchi "Vecchio e Nuovo" nelle superfici del 1939,
aree su cui insisterebbe il Free Port stesso. Spostarli con o senza la
costituzione dell'Ente significherebbe perdere tutte le opportunità che le
potenze vincitrici hanno offerto ad una nazione vinta ma considerata, in virtù
della resistenza partigiana, considerata quale cobelligerante.
Carso: “Puliamo una dolina” Ecologia, musica, workshop
Sono aperte le iscrizioni all'iniziativa “Puliamo una dolina”, in programma
dal 21 al 23 giugno, una tre giorni di concerti, mostre, workshop e dibattiti
all’ostello Amis di Campo Sacro a Prosecco, organizzata dal Circolo VerdeAzzurro
della Legambiente di Trieste, in collaborazione con l’associazione Monte Analogo
e la Commissione grotte E. Boegan, con Arci Servizio civile, e rivolta ai
ragazzi. «L'utilizzo delle doline carsiche come discariche abusive è un fenomeno
purtroppo molto diffuso. I danni provocati all'ambiente carsico e alle risorse
idriche profonde sono incalcolabili. “Puliamo una dolina” - spiegano i promotori
- vuole portare una luce nel buio e segnalare in modo puntuale e dettagliato le
situazioni di rischio e indicare le possibili soluzioni. L’iniziativa si propone
di bonificare almeno in parte le discariche abusive in una dolina, in ogni caso
di documentarle, valutarne il grado di pericolosità e di individuare i possibili
rimedi, proponendoli poi all’opinione pubblica e alle amministrazioni locali».
L'operazione di sgombero dei rifiuti verrà effettuata in un'area tra Prosecco,
Rupinpiccolo e Borgo Grotta Gigante. Si comincia venerdì 21 giugno alle 19 con
un incontro, seguito dalla presentazione e inaugurazione della mostra
fotografica “Il Carso classico, l’acqua e l’uomo” e un evento in ricordo dello
speleologo Franco Tiralongo. Alle 20 “Speleo Award 2013”, rassegna video. Sabato
22 giugno al via la pulizia vera e propria, dalle 9 alle 18, che proseguirà
anche domenica. Chi desidera aderire o ricevere semplicemente informazioni può
contattare l'Arci Servizio civile ai numeri 040-761683 o 3409943166, via mail a
trieste@arciserviziocivile.it. L'iniziativa è realizzata nell’ambito di “Trieste
on sight – esperienze di cittadinanza”. «“Trieste on sight” comprende
appuntamenti nelle vie e nelle piazze, in strutture istituzionali e in aree non
convenzionali della città e vedrà il progetto “terminale” proprio a Prosecco –
sottolineano gli organizzatori - in quanto si tratta di un camp, dove i giovani
avranno a disposizione a costi convenzionati la possibilità di soggiornare in
campeggio o in ostello. Più di una rassegna, di un festival o di un semplice
insieme di iniziative, “Trieste on sight” vuole manifestare concretamente lo
spirito, l’entusiasmo e i talenti di una città in trasformazione, in cui i
giovani sono i protagonisti». “Puliamo una dolina” gode del patrocinio di
Regione, Provincia e Comune di Trieste, con la collaborazione del Gruppo
comunale volontari Protezione civile.
Micol Brusaferro
Trieste nella top 10 delle idee verdi - La Green Week
delle Venezie premia Epoca per la “casa ecologica” di via Giustinelli
C’è anche Epoca - la società di sviluppo immobiliare di Alessandro Beltrame
e il suo team triestino, promotrice di Panorama Giustinelli, noto ai più per
essere l’innovativo progetto di “casa ecologica” in zona San Vito - tra le dieci
imprese selezionate per la prima edizione del Premio Radical Green, ideato
nell’ambito della Green Week delle Venezie (20-26 maggio 2013) tesa appunto a
sostenere le migliori “pratiche green” delle Venezie. La cerimonia di
premiazione è in programma martedì 21 maggio, a partire dalle 17, presso il Polo
Tecnologico di Pordenone. «Il Premio nasce dalla constatazione che più che mai
in questo periodo è necessario scommettere sull’innovazione, sulla conoscenza e
sull’identità di un territorio», sottolinea Filiberto Zovico, direttore della
Green Week delle Venezie. «La scelta di premiare dieci tra le migliori
esperienze di sostenibilità da una parte sottolinea le eccellenze del nostro
territorio e dall’altra sostiene la qualità e la forza del Made in Italy anche
nei prodotti green», aggiunge il responsabile del Premio Radical Green, promosso
dallo stesso Polo Tecnologico di Pordenone e da Nordesteuropa Editore, con Bcc
Pordenonese, Officinae Verdi, in collaborazione con Distretto del Mobile,
Distretto Comet e Unione Industriali di Pordenone. Ad aprire il Premio un
convegno, promosso da eAmbiente, su come si sviluppa l’impronta green di un
prodotto. Seguirà, quindi, la cerimonia di premiazione: a consegnare i premi
Michelangelo Agrusti, presidente dell’Unione Industriali Pordenone, Sergio
Bolzonello, vicepresidente della Regione, e Giovanni Pavan, presidente della
Camera di Commercio di Pordenone. Beltrame e il suo team - si legge in una nota
stampa inviata dagli organizzatori - «sono sicuri che Panorama Giustinelli sia
destinato a diventare un caso di eccellenza: hanno voluto riunire in un unico
progetto il meglio dell’innovazione in tema di “abitare”», tra cui la «domotica
avanzata». Panorama Giustinelli è un passo avanti verso nuovi scenari urbani in
cui convivono legno e cemento armato, in cui l’aria, la luce, il suolo parlano
tra loro per produrre energia, in cui un contenitore storico fa da paravento ad
uno ad alto tasso tecnologico. La Green Week è promossa da Nordesteuropa Editore
e VeneziePost con la collaborazione dei comuni di Padova, Trieste, Schio,
Trebaseleghe, Castellavazzo, con il Consorzio Contarina, eAmbiente, Il Polo
Tecnologico di Pordenone, Arte Sella, Confindustria Veneto, Confartigianato e
Cna Vicenza. Tra i media partner anche Il Piccolo.
A Santa Croce torna il “Sabato ecologico” - ALTIPIANO
OVEST
ALTIPIANO OVEST Dopo il successo dello scorso anno, l’AcegasAps ripropone
l’iniziativa del “Sabato ecologico” che prevede la raccolta differenziata sul
territorio dell’Altipiano Ovest e nelle circoscrizioni sesta e settima. «È una
notizia importante – afferma per il primo parlamentino il presidente Roberto
Cattaruzza – che va incontro alle richieste dei nostri residenti. L’anno scorso
il punto di raccolta dei rifiuti ingombranti e differenti era stato individuato
a Prosecco; quest’anno – continua il presidente – abbiamo chiesto all’AcegasAps
di individuarlo nell’area di Santa Croce». Per ragioni di incompatibilità ai
criteri di raccolta è stato scartato il sito posto nei pressi del campo
sportivo. Ora la circoscrizione è stata invitata a suggerirne uno nuovo.
«Riteniamo che il cortile dell’ex ricreatorio di Santa Croce, oggi sede
provinciale della Protezione civile, abbia i requisiti funzionali richiesti dai
tecnici dell’ex municipalizzata – sostiene Cattaruzza – perché ampio,
accessibile e dotato di fondo completamente pavimentato». Il “Sabato ecologico”
a Santa Croce è previsto sabato 1 giugno. L’orario di apertura per portarvi i
rifiuti è dalle 9 alle 17. Una volta definita l’area in accordo con i capi zona
dell’AcegasAps, questa provvederà alla posa di un numero di contenitori di
volumetria idonea alle varie tipologie di rifiuti. Sarà garantita la presenza di
un addetto dell’azienda che presidierà l’area e informerà l’utenza
sull’iniziativa e le recenti novità sulla raccolta differenziata. AcegasAps
provvederà inoltre a preparare delle brochure che verranno trasmesse alle
circoscrizione in formato pdf in modo da poter essere diffuse sul territorio.
Per informazioni, la mail della circoscrizione di Altipiano Ovest è
Primacircoscrizione@comune.trieste.it, e il telefono è lo 040-225956 .
Maurizio Lozei
“Adottiamo la piazza” Festa a San Giovanni - Sabato il rione si “riprende” lo spazio in vista dell’estate
Prove generali di adozione di una piazza – quella dei Volontari Giuliani, per la precisione – in vista di quella stagione estiva dove trovare spazi ricreativi per l’infanzia diventa un autentico problema dopo la chiusura dell’anno scolastico. Archiviata positivamente la Festa di Primavera, la Pro Loco di San Giovanni Cologna assieme a diverse associazioni torna nel cuore di via Giulia, in piazza dei Volontari Giuliani, per l’organizzazione di un pomeriggio dedicato a grandi e piccini. L’appuntamento per la Festa di maggio è per sabato 18 maggio, con inizio alle 16. «Sono invitati non solo i residenti ma tutti i cittadini – spiega Luciano Ferluga, portavoce della Pro Loco - per verificare come si possa lavorare insieme per l’adozione di una piazza giardino che possiede spazi e numeri per favorire il dialogo tra la gente e offrire delle risposte ai bisogni della comunità. Tra le iniziative previste, la richiesta ai più piccoli di immaginare e disegnare “il giardino dei loro sogni”, pieno di fiori, piante e giochi. La festa di maggio della Pro Loco sarà un nuova occasione per consentire agli intervenuti di ragionare sulle questioni relative alla mobilità sostenibile, al nuovo Piano del Traffico, alle modalità di “pedibus” e di piste ciclabili destinate a promuovere stili di vita per una cultura della salute e della vivibilità». Il programma della manifestazione è molto articolato. Accanto ai giochi e ai disegni dei più piccoli, l’ampia piazza verrà animata da una esposizione di prodotti orticoli provenienti dagli orti di San Giovanni e dintorni, con assaggi di prodotti naturali. È prevista pure l’esposizione di piante da giardino e da balcone e di una serie di attrezzi necessari alla cura di orti e campagna. La cultura del verde sarà ulteriormente promossa con informazioni sugli insetticidi naturali: la pratica del compostaggio del terreno verrà approfondita dai volontari di Legambiente. La Riserva marina di Miramare metterà a disposizione materiali sull’educazione e la tutela ambientale. In tempi di crisi cresce l’arte del baratto; così anche in piazza Volontari Giuliani verranno allestiti dei banchetti riservati allo scambio e ricambio di libri, a cura della stessa Pro Loco e di “Trieste Altruista”. Alle 17.30 spettacolo teatrale curato dai gruppi dell’”Armonia” e “Quei de Scala Santa”. Seguirà alle 18.30 la presentazione del libro “Civico orto botanico e bosco del Farneto”. A concludere musica e danze al calar del sole. Per informazioni il telefono è 338/2118453 , la mail prolocosgc@libero.it
Maurizio Lozei
piano regolatore
Incontro pubblico sul piano regolatore allo Sportello ambiente del
Multiculturaenter di via XXX Ottobre 8/a alle 19.30. Info: 338/2118553.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 maggio 2013
La Bandiera blu ritorna a sventolare a Grado e Lignano
-
le bandiere blu 2013
Le due spiagge nell’elenco delle perle turistiche del Paese Tra i punti
di forza la qualità del mare e i servizi agli ospiti
GRADO Grado e Lignano si confermano tra le “perle” del turismo balneare
dell’Italia, ottenendo ancora una volta la Bandiera Blu assegnato dalla
Fondazione per l’educazione ambientale. Un riconoscimento prestigioso che, ha
spiegato il presidente fondazione Claudio Mazza, va a premiare «due località con
tradizioni culturali legate in particolar modo all’accoglienza e all’attenzione
ambientale». Per Grado si tratta della 24.a bandiera ottenuta su 27 edizioni
che, unitamente alla località di Moneglia in Liguria, fa dell’Isola del Sole la
migliore in Italia in fatto di numero di vessilli conquistati. Lignano isserà,
invece, il prestigioso vessillo blu per il 23.o anno. Soddisfatti, naturalmente,
gli amministratori comunali e gli operatori di Grado e di Lignano. E altrettanto
soddisfatte le centinaia di migliaia di turisti che frequentano ogni anno le due
spiagge del Friuli Venezia Giulia. La Bandiera Blu, infatti, ha molti
significati e certifica diversi requisiti: dalla perfetta balneabilità delle
acque (la verifica avviene tramite le analisi degli ultimi 4 anni effettuati
dalle aziende sanitarie o dalle agenzie regionali per la protezione
dell’ambiente), alla validità del “sistema” spiaggia (intesa sia in termini di
strutture e attrezzature e sia di vivibilità e sicurezza), fino ad arrivare al
massimo rispetto in campo ambientale e alla promozione di questi valori
soprattutto verso il pubblico dei più giovani. Vale a dire coloro che, in
futuro, amministreranno le città o in ogni caso potranno continuare a usufruire
del mare, della sabbia, persino dell’aria. Di rilievo la presenza del
depuratore, la raccolta differenziata e la valorizzazione della aree
naturalistiche. L’esempio sono la Valle Cavanata e il Caneo per Grado e l’oasi
di Marano ma anche le splendide lagune di Grado e Marano. Per quanto riguarda
Grado punti di favore sono stati anche le due spiagge per i cani, il servizio di
salvataggio anche con l’utilizzo di “bagnini” a quatto zampe cani e soprattutto
l’eliminazione delle barriere architettoniche, tanto che nelle spiagge può
accedere senza difficoltà anche chi ha problemi di deambulazione. Nella spiaggia
principale gestita dalla Git, tra l’altro, vigono delle agevolazioni notevoli,
con la totale gratuità per l’accompagnatore. Un parametro nuovo che verrà tenuto
in maggior considerazione in futuro è poi quello legato alle politiche
energetiche comunali. «Anche quest’anno – ha aggiunto il presidente della
federazione Claudio Mazza – la nostra campagna, portata avanti da tante
località, è risultata positiva tanto che il numero dei riconoscimenti è
aumentato. Grazie anche al miglioramento continuo dimostrato da tante spiagge. A
qualcuno abbiamo inviato, invece, la segnalazione diretta su alcuni punti deboli
che vanno risolti, pena l’esclusione». Le località italiane che potranno far
sventolare la Bandiera Blu sono attualmente 135 (l’anno scorso erano 131). Ma,
nell’elenco, sono state inserite nove nuove realtà – tra queste citiamo
Francavilla al Mare, Fermo e Carrara -, a fronte dell’eliminazione di altre. Va
detto, fra l’altro che le 135 località riconosciute meritevoli rappresentano
complessivamente 248 spiagge (2 in più del 2012), che a loro volta corrispondono
a circa il 10 per cento delle spiagge premiate a livello internazionale. Come
curiosità va segnalato l’ingresso nell’elenco delle Bandiere Blu fra del
Trentino Alto Adige con il Lido della località lacustre di Levico Terme.
Rispetto al 2012 scompaiono invece dalla lista Marina di Gioiosa Jonica in
Calabria e Pozzallo in Sicilia. Complessivamente la regione che detiene il
maggio numero di località con la Bandiera Blu è la Liguria con ben 20; a seguire
ci sono le Marche con 18 e la Toscana con 17. A conclusione della cerimonia
svoltasi ieri nella sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il
presidente della Fee Italia, Claudio Mazza, ha ricordato a quanti hanno la
responsabilità di amministrare e di portare sviluppo a un territorio, la scelta
obbligata di puntare per il futuro sul turismo sostenibile».
Antonio Boemo
In Friuli Venezia Giulia premiati undici approdi
GRADO Garantire la qualità e la quantità dei servizi erogati ma nel pieno
contesto della compatibilità ambientale è la linea di fondo che da un po’ di
anni a questa parte ha indotto la Fee ad assegnare la Bandiera Blu anche agli
approdi. Il Friuli Venezia Giulia riconferma gli 11 approdi premiati lo scorso
anno. Bandiere Blu che vanno a riconoscere i porti e gli approdi di tutta la
costa. Per il secondo anno consecutivo l’unico approdo a non figurare
nell’elenco dei premiati del Friuli Venezia Giulia – in precedenza lo era stato
- è quello di Marina di Aquileia. Premiati invece l’approdo della Lega Navale
Italiana di Trieste e, per la provincia di Gorizia, Porto San Vito di Grado e l’Hannibal
di Monfalcone. Ben più numerosi, invece, gli approdi friulani riconosciuti
meritevoli di far sventolare la Bandiera Blu. Quattro sono di Lignano
Sabbiadoro: Marina Uno, Marina di Punta Verde, Marina Punta Faro e Darsena Porto
Vecchio. Aprilia Marittima ne conta, invece, tre: Marina Punta Gabbiani, Marina
Aprilia Marittima e Marina Capo Nord. Uno, infine, va a San Giorgio di Nogaro
con destinazione Marina Sant’Andrea. Da evidenziare il fatto che come numero
complessivo di approdi premiati il Friuli Venezia Giulia segue solamente la
Liguria che ne conta 15. Nettamente staccata al terzo posto la Sardegna con 8
approdi seguita dalle Marche con 7 approdi. Il Veneto ne conta solamente 5 alla
pari della Toscana e della Campania. Solo due, quelli dell’Emilia Romagna e del
Lazio mentre un solo approdo a testa è stato riconosciuto meritevole in
Basilicata, Puglia e Abruzzo.Complessivamente quest’anno in Italia sono stati
premiati con la Bandiera Blu 62 approdi, che hanno dalla loro non solo le
indispensabili strutture a terra ma anche delle ulteriori attrezzature e servizi
destinati alla miglior accoglienza dei diportisti.
(an.bo.)
Univillage, gran finale fra musica e diritti
Si conclude oggi all’ateneo triestino la “tre giorni” che ha visto
alternarsi dibattiti, workshop e spettacoli
Giornata di chiusura oggi per Univillage, la tre giorni di “musica, spazi e
diritti” in scena per il terzo anno di fila all’Università degli studi di
Trieste. Spazi urbani abbandonati, occupazioni di case sfitte, rapporti con la
mafia e diritto di accesso all’acqua sono soltanto alcuni dei temi di cui si
parla da due giorni nei vari edifici di piazzale Europa. E anche per la giornata
odierna, diversi sono gli argomenti con cui il festival (promosso dal circolo
Arci della Casa dello studente e dalla Lista di sinistra) si avvia alla
conclusione. Con un finale tutto danzante, dalle 20 nel piazzale interno
dell’ateneo, animato dall’alternative rock dei Welcome Coffe, il turbolento folk
dei Figli di Puff, il collaudatissimo funk dei Gang Band e i Rockers Dub Master
al servizio dei Dubwise’n’Jungle. Oggi si inizia con il workshop
dell’associazione BloopersLab, impegnata a far fare i primi passi nella
produzione audiovisiva. Di mattina le lezioni nell’aula 2B dell’H3, poi si
impara sul campo filmando il festival. Nel primo pomeriggio, appuntamento in
aula 1B dell’H3 con la proiezione di “Voci nel buio”, il celebre film su Rozzol
Melara girato dal triestino Rodolfo Bisatti. Alle 15.30 (al secondo piano di
Matematica) il workshop della Sinaptica Laptop Orchestra, che vede il gruppo di
studenti del Conservatorio Tartini illustrare la percezione visiva dei suoni.
Alle 16 nell’aula 1C dell’H3 si parla del diritto degli omosessuali a vedersi
riconoscere la genitorialità, nell’incontro “Genitori gay: dignità negata”, con
il Circolo Arcobaleno Arcigay-Arcilesbica. Di seguito Mathieu Scialino dei
Comitati per l’acqua promuove la petizione “Ice” per il diritto dell’accesso
all’acqua in tutti i Paesi dell’Unione Europea (http://www.acquapubblica.eu/ ).
Alle 17, nel giardino di Economia e commercio, i membri di Ascia parleranno poi
della legalizzazione di canapa e cannabis, e a seguire si racconteranno le
“Storie di precariato”, in collaborazione con Nidil Cgil e ConsorzioScenico. E
tanti sono stati gli argomenti di discussione nei primi due giorni di festival.
L’abbandono degli spazi urbani di Trieste è stato uno dei temi più gettonati.
Partecipi le associazioni e i gruppi portatori di diverse pratiche di
valorizzazione, dall’occupazione all’autorecupero, dall’acquisto al censimento
di spazi sfitti. Invitati a parlarne Marco Barbariol (Manifetso), Riccardo
Bermani, (Ca’ Tron di Venezia), Lorenzo Trapani (R.d.C. Bologna), Asia-Usb, il
gruppo anarchico Germinal e l’associazione Kallipolis. E gli “Spazi pieni di
Nulla” sono stati anche oggetto di un workshop fotografico coordinato da Vanja
Macovaz e Giulia Bellemo. L’arte della fotografia è poi servita alla padovana
Claudia Guido per ripercorrere “Licenza di tortura”, la mostra che immortala i
familiari di Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi e Riccardo Rasman, solo per
ricordare alcune delle undici vittime di abusi da parte delle forze dell’ordine.
Ieri si è poi tornati a parlare di mafia con Libera, di violenza contro le donne
con il Goap e di partecipazione dei detenuti con la Duemilauno. Protagonisti
ieri sera infine gli attori del ConsorzioScenico, alle prese con “Bilal”, tratto
dal romanzo che ha reso famoso il giornalista dell’Espresso Fabrizio Gatti per
aver ripercorso di nascosto il tragitto di un immigrato dall'Africa all’Italia.
Elena Placitelli
Battere lo spreco e cambiare rotta con Andrea Segrè -
SOCIETA'
Il nuovo libro del docente triestino a Bologna propone una rivoluzione
alla portata di tutti
Un nuovo libro di Andrea Segrè, intitolato “Vivere a spreco zero”, esxce
pubblicato da Marsilio editore. Anticipiamo il capitolo intitolato “Durare” per
gentile concessione. di ANDREA SEGRÈ Che mondo è quello in cui viviamo? E quanto
può durare? Un mondo che deve mantenere la sua musica – la vita – allungando le
note e la loro risonanza come si fa con il pedale del pianoforte (sustain in
inglese). La chiave, dunque, è la sostenibilità (meglio ancora il francese
durabilité): durare, mantenersi nel tempo, di generazione in generazione, essere
capaci di adottare una visione-azione di lungo periodo, sia in campo economico
sia ecologico, per tenere conto dei diritti di chi verrà dopo di noi e delle
conseguenze future delle nostre azioni odierne. Le risorse naturali con le quali
soddisfi amo i nostri bisogni fondamentali – il suolo, l’acqua, l’energia – non
sono infinite e neppure scarse, come sostiene qualcuno. Se dobbiamo consumarle –
ci servono per vivere – dobbiamo anche consentire il loro rigenerarsi nel tempo,
che altro non è se non il compimento della sostenibilità. La società sostenibile
deve, dunque, rinnovarsi continuamente. Rinnovare, ossia ricercare e
sperimentare senza posa nuovi prodotti, processi, tecnologie. Ma a che scopo,
per andare dove e come? È questo il punto da definire e da cui avviare un
percorso non solo per guardare oltre, altrove nel tempo e nello spazio, ma anche
per comprendere il presente, ciò che succede intorno a noi. È l’obiettivo di
questo libro: raccontare una realtà a prima vista lontana e irraggiungibile ma
che, a ben vedere, mettendo nero su bianco una serie di esperienze e una gamma
di azioni concrete, è già viva e operante. Per poter compiere questo esercizio,
quello che propongo, paradossalmente, è di andare alla fi ne del percorso,
cominciando a riflettere su un fenomeno assai negativo nella percezione comune:
lo spreco. Di cibo, di acqua, di tempo, di vite, di risorse: c’è sempre
qualcosa, o qualcuno, che si spreca. La stessa parola «spreco» contiene in sé
una lettura risolutiva. Basta dividerla in due e aggiungere un meno e un più al
punto giusto, andando ad accrescere l’«-eco», la parte positiva. Dobbiamo
ridurre l’eccesso, il surplus, il troppo e far crescere la casa (eco), quella
grande (natura) e piccola (uomo). Lo «zero» numera, al minimo, l’obiettivo. Che
in questo modo diventa il più alto, pur essendo il più basso in assoluto. Vivere
a spreco zero si gioca, dunque, fra due sostantivi che sono la base dello stare
al mondo: sostenibilità e rinnovabilità, ovvero durare e rigenerare. Una società
fatta di donne e uomini che, nella riduzione al minimo assoluto dello spreco,
dello sperpero, del surplus, dell’eccedenza, dell’inutile, del di più, vive (sta
al mondo, appunto) per durare nel tempo rinnovandosi continuamente. Un’altra
utopia? Sì, se vogliamo, ma nell’accezione positiva del termine: non «utopismo»,
dunque, ma un orizzonte. L’orizzonte è irraggiungibile. Cammino due passi e di
due passi si sposta. Mi avvicino di dieci e di altrettanti si allontana. E
allora, potrebbe chiedersi legittimamente qualcuno, a cosa serve l’utopia? A
continuare a camminare6. Verde. Il colore della natura, delle forze equilibrate,
della speranza, dell’incontro fra sistema economico e risorse naturali. In
natura non esistono disoccupati e neppure rifiuti: tutti svolgono un ruolo e gli
scarti degli uni diventano materie prime per gli altri, in un sistema a cascata
in cui nulla va sprecato.
IL PICCOLO - MARTEDI', 14 maggio 2013
Presentata la mappa delle piste antincendio - A
SUPPORTO DELLA PROTEZIONE CIVILE
È una rete di 558 km di sentieri che permette a uomini e mezzi di
inoltrarsi nei boschi
Sono ben 558 i chilometri di sentieri e piste che attraversano il territorio
rurale della provincia di Trieste finalmente catalogati e messi in rete, con
l’obiettivo di rendere più sicuro e agevole il compito di chi è chiamato a
spegnere gli incendi. A completare questo imponente lavoro sono stati i
componenti del Gruppo comunale dei Volontari della Protezione civile e
antincendio boschivo, 54 persone in tutto. «Lo scorso anno – ha precisato il
coordinatore del Gruppo, Bruno Tribuson, nel corso della presentazione del
prezioso documento informatico, avvenuta alla presenza del vicesindaco, Fabiana
Martini e del comandante della Polizia locale, Sergio Abbate – abbiamo
effettuato ben 33 interventi per un totale di 1.200 ore. Quando dobbiamo
operare, la velocità di esecuzione è fondamentale – ha aggiunto – perciò la
conoscenza del territorio, dei percorsi, la loro ampiezza, la possibilità di
muoversi con autobotti o altri mezzi indispensabili per lo spegnimento, sono
decisivi per ottenere un buon risultato. La redazione di una mappa molto
dettagliata e funzionale, con una puntuale divisione dei sentieri e delle piste
in base alla loro percorribilità – ha concluso – rappresenta un passo in avanti
per una maggiore sicurezza di tutti». Formalmente il documento predisposto si
chiama “Censimento delle piste forestali della provincia di Trieste a fini
antincendio boschivo e realizzazione di una cartografia tematica”. Il primo
strumento del genere vide la luce già negli anni ’90, e si trattava di un
supporto cartaceo, basato sulle conoscenze dell’epoca. Dal 2008 tutto è cambiato
grazie alla tecnologia, in particolare i palmari, gli I Pad, il sistema gps.
«Nel settembre 2011 – ha ricordato Tribuson – abbiamo iniziato un lavoro di
mappatura totale che si è concluso in questi giorni ma che necessiterà di
progressivi aggiornamenti. Il territorio – ha sottolineato - cambia
continuamente. Una pista poco battuta viene cancellata nel tempo dalla natura
stessa. Una piccola può diventare invece grande in virtù di un attraversamento
piu frequente». Shaula Martinolli, componente del Gruppo ed esperta in materia,
ha evidenziato la «collaborazione con l'Università, in particolare con il
Dipartimento di matematica e geoscienze», precisando che «da quest'anno la guida
è bilingue ed è utile anche nell’attività di ricerca persone disperse». Nel
corso dell’appuntamento è stato anche specificato che «esistono protocolli di
collaborazione con i volontari sloveni, realizzati dalla Protezione civile della
Regione, perché gli incendi non conoscono confini».
Ugo Salvini
Ecco perchè l’amianto è così pericoloso e nocivo per
l’uomo
Un’equipe di ricercatori di Elettra, dell’Ospedale Burlo Garofolo e
dell’Università di Trieste, fa luce sui meccanismi alla base della tossicità
dell’amianto. Frutto di un’innovativa analisi su campioni di tessuto polmonare
provenienti da pazienti esposti all’amianto, gli ultimi risultati ottenuti dal
gruppo triestino, in collaborazione con ricercatori del sincrotrone francese
Esrf e dell’Università di Udine, mettono in luce il ruolo fondamentale del ferro
nello sviluppo del mesotelioma e conquistano le pagine di Scientific Reports,
rivista del gruppo Nature. Amianto e mesotelioma pleurico sono termini
drammaticamente legati. Il primo è un minerale ampiamente utilizzato in edilizia
fino a pochi anni fa per il suo basso costo e la sua eccezionale resistenza al
calore. Il secondo, un tumore particolarmente aggressivo della pleura (la parete
interna del torace che riveste i polmoni) che ha nell’esposizione all’amianto il
suo principale fattore di rischio. La pericolosità dell’amianto è infatti legata
alla sua struttura fisica: le sue microscopiche fibre sono facilmente inalabili
e possono depositarsi nei polmoni causando diverse malattie fra cui l’asbestosi
(presenza di cicatrici nel tessuto polmonare), il tumore al polmone e, appunto,
il mesotelioma. I meccanismi precisi che spieghino la potenza cancerogena
dell’amianto, non sono tuttavia del tutto chiari, anche se la tendenza delle
fibre – già riscontrata in diversi studi - ad assorbire il ferro circostante
alterandone l’omeostasi, ovvero l’equilibrio, sembra essere una caratteristica
fondamentale alla base della loro tossicità. «Indice inequivocabile
dell’esposizione all’amianto – spiega Clara Rizzardi, medico dell’Università di
Trieste - è la formazione dei cosiddetti corpi dell’amianto, o corpi
dell’asbesto nel tessuto polmonare. Strutture, queste, che nascono dalla
deposizione attorno alle fibre d’amianto di ferro libero, proteine che
trasportano il ferro, mucopolisaccaridi e altri materiali». «Un tentativo -
prosegue - dei macrofagi polmonari (cellule deputate alla difesa del tessuto) di
isolare l’intruso avvolgendolo con una sorta di conchiglia ma, d’altra parte, un
enorme serbatoio di ferro che, in quantità eccessiva e se liberato, può
risultare tossico per il Dna cellulare». Per far luce su questi meccanismi, gli
autori dell’articolo hanno condotto una serie di analisi su campioni di tessuto
polmonare conservati all’ospedale di Monfalcone e provenienti da pazienti
esposti all’amianto. «Grazie a una combinazione di tecniche basate sulla luce di
sincrotrone (la microscopia e la spettroscopia a raggi X) in grado di
fotografare in una sorta di mappa chimica la distribuzione degli elementi
presenti – spiega Alessandra Gianoncelli di Elettra – abbiamo evidenziato
importanti correlazioni fra la morfologia e la chimica dei corpi dell’asbesto e
del tessuto polmonare circostante».
Triestino trasforma lo spreco zero in business
L’imprenditore Jacopo Muzina ha inventato il primo sito italiano di spesa
last minute di alimentari e casalinghi
Ottimizzare gli scarti per evitare gli sprechi, traendone anzi vantaggio:
questa è la formula vincente di risparmio alimentare ideata, in tempi di crisi,
dal giovane imprenditore triestino Jacopo Muzina. È nato così
www.LastMarketPrice.com, primo sito internet social e-commerce italiano per la
spesa last minute di alimentari e casalinghi, vicini alla data di scadenza o
provenienti da rotazioni di magazzino, oppure di merce impacchettata in
confezioni danneggiate o con cambi di etichette. Un nuovo modo di fare la spesa,
con un “clic” in direzione risparmio, da cui sia consumatore che produttore
traggono beneficio. Ambedue infatti rileveranno una diminuzione di costi, perché
il primo pagherà di meno il prodotto e il secondo non dovrà affrontare
l’ingombro di merce inutilizzata in magazzino. Con un ringraziamento da Madre
Natura per lo spreco evitato. «Operando nel mercato agro-alimentare - racconta
infatti Muzina - mi ero trovato con merce ferma in magazzino, che non aveva
rotazione e non era scaduta. Le uniche due soluzioni erano vendere direttamente
la merce al consumatore o aspettare che scadesse e poi smaltirla con ulteriori
costi». Qual era la scelta giusta? LastMarket Price, iniziata un anno e mezzo
fa. Dopo la vincita del premio “Ripartiamo dalle Idee”, promosso da Armando
Testa, Corriere della Sera, Bocconi e Intesa Sanpaolo per lanciare nuove startup,
Muzina, in collaborazione con la Bocconi, ha rivoluzionato da gennaio la
piattaforma, inizialmente in versione di prova, traducendola in business
funzionante. Grazie alla divertente ed efficace grafica disegnata dall’agenzia
Testa, che ha anche promosso sul Corriere la pubblicità “Drizza le orecchie alla
Spesa” con il sito protagonista, l’utente può navigare con semplici funzioni
adatte a tutti. Ogni prodotto dispone infatti di tutte le informazioni
necessarie, tra cui l’Application GeoBarg, scaricabile gratuitamente da Apple
Store, che geolocalizza tutti gli annunci di prodotti più vicini all’utente
nell’arco di 100 chilometri. Ma in che modo funziona questo sito? I venditori,
cioè produttori, grossisti e operatori di mercato si devono registrare e hanno
così l’opportunità di promuovere il prodotto attraverso aste last-minute o di
dare alla merce un prezzo fissato o di proporre entrambi i sistemi, esattamente
come funzionano gli altri siti di aste sul web. Dall’altra parte dello schermo i
compratori possono essere di qualsiasi tipo: privati, mense, associazioni
benefiche, esercenti, trader e società di catering. Il venditore può invece
avvalersi di “Soluzioni su misura” di LastMarketPrice, che invita produttori e
grossisti a richiedere un’analisi ad hoc per poi valutare assieme qual è la
soluzione migliore per gestire il magazzino. «Finora i riscontri sono
interessanti sia in termini di visualizzazioni che di utilizzo», afferma Muzina,
che ha già in mente gli obiettivi futuri: internazionalizzare la piattaforma,
aprendosi al mercato globale, così “il consumatore risparmia e il pianeta è
salvo”.
Benedetta Moro
SEGNALAZIONI - Differenziata Isole ecologiche e deroghe
Gentile signora Cossu, la ringrazio per la testimonianza e per il suo impegno nel conferimento dei rifiuti in modo differenziato nonostante le difficoltà riscontrate. Effettivamente in alcune zone della città le isole ecologiche non sono previste. Queste infatti sono composte, nella quasi totalità dei casi, dai grandi contenitori (da 2400 - 3200 litri) che vengono svuotati con il sistema a operatore unico (mono-operatore). Le zone prive di isole ecologiche sono essenzialmente quelle servite dai contenitori più piccoli (da 240 a 1100 litri), nelle quali salvo rare eccezioni, non si è giudicato conveniente o tecnicamente possibile in talune situazioni, collocare contenitori per la raccolta differenziata. In questi casi in sostanza il costo di vuotatura sarebbe spropositato rispetto ai risultati ottenibili in termini di materiale raccolto (e questo a discapito di tutti). Ad ogni buon conto c’è da dire che quasi il 90 % della popolazione è servita da un’isola ecologica completa, ovvero ne ha una a disposizione entro 300 metri dalla propria abitazione. Inoltre ci sono anche numerosi contenitori per carta, plastica o vetro/lattine collocati singolarmente. Come esposto nell’articolo che ha letto sul quotidiano “Il Piccolo”, i risultati sono inferiori alle aspettative e questo nonostante la copertura del territorio, come sopra evidenziato, sia decisamente notevole. Lei purtroppo rientra tra quel 10 % dei cittadini che hanno delle scomodità nel conferimento in modo differenziato dei propri rifiuti. A tal proposito le rammento (anche se sono sicuro che grazie all’impegno dimostrato non ne vorrà tener conto…) che, ai sensi del vigente regolamento di Nettezza urbana, chi non ha un’isola ecologica a disposizione entro 300 metri dalla propria abitazione è esentato dall’obbligo di conferimento in modo differenziato dei rifiuti. Relativamente alla sua proposta di collocare un’isola ecologica presso ogni fermata bus, non ritengo che questa sia utile in quanto sono pochi i cittadini che trasportano i propri rifiuti con i mezzi pubblici, mentre i contenitori vengono di norma collocati il più vicino possibile ai luoghi di produzione. Per quanto concerne le isole ecologiche di Barcola, premesso che quelle a monte servono oltre che le case anche i locali della zona, mi risulta che ce ne siano a sufficienza anche lato mare. Con riferimento alla Sua segnalazione dei contenitori per la differenziata spesso pieni alla Rotonda del Boschetto, provvederemo senz’altro a girarla all’Acegas-Aps affinchè vi ponga rimedio.
Umberto Laureni Assessore all’Ambiente Comune di Trieste
Dibattito - Il nuovo Piano regolatore
Al Multicultura Center di via Valdirivo 30, giovedì alle 19.30 con ingresso libero incontro sul tema “Il Piano regolatore incombe. Cosa sappiamo e cosa vorremmo sapere dal nuovo Piano regolatore attualmente in elaborazione da parte del Comune di Trieste.” Vengono auspicati apporti informativi e suggerimenti in materia.
IL PICCOLO - LUNEDI', 13 maggio 2013
Esposto sulle antenne di Conconello
Mai avvenuto l’annunciato spostamento a monte Belvedere. E un cittadino
denuncia
Il Comune non ordina lo spostamento delle antenne di Conconello. E ora
arriva l’esposto denuncia da parte di un abitante del piccolo centro riguardo al
quale il Comune nello scorso 2011 aveva annunciato la rimozione e lo spostamento
dei tralicci da Conconello a monte Belvedere. A firmare l’esposto è Mario Galli.
Lo ha fatto dopo che altri abitanti avevano formalmente inviato al sindaco, per
due volte a distanza di un anno, la richiesta dell’indicazione dei tempi
previsti per la delocalizzazione delle emittenti dal centro abitato, «ma ho
ricevuto dall’assessore all’Ambiente - afferma - soltanto risposte
interlocutorie, senza previsioni di tempi e senza che risulti deliberato nessun
provvedimento di effetto pratico ed immediato. Trattandosi di materia inerente
la tutela della pubblica salute, per la quale la nostra legislazione prevede la
doverosità e l’indifferibilità dei relativi procedimenti amministrativi, per
questo è stata presentata alla Procura una denuncia per omissione di atti di
ufficio». Spiega: «La legge attribuisce senza equivoci ai Comuni le
responsabilità relative alla vigilanza e al controllo sugli impianti
radiotelevisivi del territorio, allo scopo di garantire il rispetto dei limiti
di esposizione dei campi elettromagnetici e delle misure di cautela, precisando
che gli impianti che superano o concorrono a superare i limiti e i valori
stabiliti devono essere dismessi e trasferiti». In pratica, secondo Galli «il
concetto che siano fuori legge tutti gli impianti che concorrono a superare i
limiti evidentemente non è stato recepito dal Comune di Trieste, che sostiene di
dover prima individuare chi sfora per poter intervenire e continua pertanto a
richiedere all’Arpa l’esecuzione delle laboriosissime e costosissime misure di
campo elettrico in banda stretta, che determinano per ogni punto il contributo
delle singole emittenti». Ma in realtà è stato invece dimostrato dalle
precedenti misurazioni come nell’abitato di Conconello nessuna delle emittenti
singolarmente superi i valori di legge ma tutte insieme concorrano a superarli,
con effetti di reciproca interazione che determinano localizzate situazioni di
intensità di campo elettromagnetico particolarmente elevate. L’Arpa inoltre ha
risposto al Comune in varie occasioni che prima di procedere a una nuova
campagna di misure in banda stretta era necessario eseguire la rimozione delle
emittenti abusive, situate oltretutto in una zona di vincolo ambientale e
paesaggistico. Il risultato è che nel punto di Trieste dal quale si gode uno dei
panorami mozzafiato, il livello di inquinamento elettromagnetico è molto
elevato. Nel corso di un incontro con i rappresentanti della passata
amministrazione comunale alcuni cittadini avevano presentato alla Commissione
trasparenza il lungo elenco di vittime dell’inquinamento elettromagnetico. Ma i
tralicci sono rimasti dove sono. E ora è arrivato l’esposto denuncia.
(c.b.)
Antenne a Santa Barbara - La società non demorde
Il Comune di Muggia ha ricevuto la documentazione supplementare richiesta
Forse presto una nuova conferenza dei servizi ma gli abitanti restano contrari
DUINO AURISINA Andrà in porto il progetto di installazione di un nuovo
traliccio sul monte Castellier, contro il quale gli abitanti di Santa Barbara si
battono da mesi? È ancora presto per dirlo, ma qualcosa si sta muovendo. Gli
uffici del Comune di Muggia hanno ricevuto la documentazione supplementare che
avevano richiesto alla società veneta proponente (proprietaria di tre emittenti
radiofoniche, una delle quali possiede due frequenze); qualora le informazioni
fornite siano soddisfacenti, dovrà essere convocata entro tre mesi una nuova
Conferenza dei servizi, che includerà l’Arpa, l’Azienda per i servizi sanitari,
la Regione e il ministero dello Sviluppo economico. Da lì uscirà il verdetto.
L’assessore muggesano all’ambiente, Fabio Longo, svela un retroscena che
potrebbe rivelarsi decisivo: «Esiste una divergenza di vedute sostanziale tra i
tecnici ministeriali e quelli regionali: i primi vorrebbero dare il proprio
parere dopo aver misurato le emissioni elettromagnetiche a opera finita, mentre
la Regione punta a convincerli a esprimersi prima, sulla base dei documenti
acquisiti dalla Conferenza». Il dicastero, infatti, è tenuto ad accertarsi – in
seguito ad accordi internazionali – che le nuove antenne non producano
interferenze nella vicinissima Slovenia. Qualora queste si registrassero, il
traliccio resterebbe inattivo. Viceversa, il Comune di Muggia è pronto a sposare
l’altra linea: se la società non fornisce adeguate garanzie, non si costruisce
nulla. Ecco perché, annuncia Longo, al privato verrà fatto sottoscrivere un
documento che vincoli l’installazione dell’impianto al rispetto di un parametro
che riguarda le emissioni. «Abbiamo adottato il principio di precauzione
contenuto in una risoluzione del Consiglio europeo, che impone di non superare
la soglia di 0,6 volt/ metro». Il valore corrisponde a un decimo di quello
indicato dalla legislazione italiana, di manica molto più larga (limite di 20
volt/metro, soglia di attenzione di 6). In ogni caso, l’ultima parola spetta al
ministero. Alessandro Drole, membro del comitato anti-antenne di Santa Barbara,
commenta: «Il Comune sta cercando di coordinare le istanze dei residenti secondo
un’ottica di male minore che non può soddisfarci, anche se siamo consapevoli che
la legge non consente grandi margini di manovra né a noi né alla stessa
amministrazione. E poi rendiamoci conto che il parco archeologico del
castelliere di Elleri, frequentato anche dalle scolaresche, ha una valenza
culturale e didattica che soccomberebbe al presunto “interesse pubblico” di cui
si fa portatrice la società privata interessata a costruirvi un’antenna».
Pertanto, conclude Drole, «intendiamo sollecitare la Soprintendenza e i
ministeri competenti a intervenire per difendere questo patrimonio, oltre alla
nostra salute, evitando peraltro antipatici contenziosi di interferenze con i
vicini sloveni».
Davide Ciullo
IL PICCOLO - DOMENICA, 12 maggio 2013
Traffico, piove sulle prove - Zone pedonali senza
pedoni
Il maltempo ha caratterizzato la chiusura dell’area tra il Viale e
Barriera L’assessore Marchigiani: «Strada giusta, miglioreremo l’arredo urbano»
Prove di desertificazione. La pioggia forte e incessante ha creato ieri
mattina un effetto shock sui test per il nuovo Piano del traffico che proprio
domani incomincia il proprio iter in Consiglio comunale con l’illustrazione in
Commissione. La momentanea eliminazione dei veicoli dalle vie Crispi, Toro,
Nordio e San Zaccaria ha sortito la perversa equazione di eliminare dalla stessa
zona anche i pedoni che pure, nonostante il tempo inclemente, erano numerosi in
circolazione. «Non passiamo per questa via che è deserta, passiamo di là che
almeno c’è movimento», la frase testuale detta da un uomo che ha così convinto
la moglie a saltare via Nordio. Ne è uscita esaltata la mentalità sbagliata, che
ieri dato il maltempo aveva qualche scusante in più, che una buona parte dei
triestini conserva e che proprio questo Piano del traffico si prefigge di
cambiare: arrivare con l’auto fin davanti al negozio o al bar di destinazione.
Di conseguenza tutti si sono concentrati dove le macchine potevano arrivare e
lungo la via Ginnastica e la via Carducci si sono formate code probabilmente più
lunghe dei sabati normali e si sono ripetute le soste vietate o in seconda fila.
Agenti della polizia locale scesi da tre macchine vigilavano all’incrocio di via
Carducci dove pure erano state posizionate anche le transenne per impedire la
svolta in via Crispi. Poco più su a tentare di consolare i commercianti ed
esercenti perlomeno interdetti davanti ai propri negozi e ai propri locali, a
loro volta deserti, il coraggioso assessore alla mobilità Elena Marchigiani.
«Purtroppo non sono l’assessore che decide il meteo, o forse è meglio perché
altrimenti sarei assediata dai postulanti, ma sono ottimista: questa è la strada
giusta anche le nuvole prima o poi si apriranno». È accaduto parzialmente
qualche ora più tardi tanto che, dopo l’annullamento e il rinvio alla settimana
prossima della presentazione del corso BeneinBici e della rivista Bc-Amici della
bicicletta, sono stati offerti i previsti aperitivi e in via Nordio nel
pomeriggio si è svolta la manifestazione “Nati per leggere” e le letture con i
bambini. «Le preoccupazioni dei commercianti - ha commentato Marchigiani - sono
legate soprattutto ai timori sulle operazioni di carico e scarico, ma li ho
rassicurati che si potranno fare perché previste. L’ideale sarebbe procedere poi
alla ripavimentazione dell’area, ma sono operazioni dai costi improponibili in
questo periodo. Però inseriremo nuovi elementi di arredo, panchine e con il
regolamento sui dehors anche i locali potranno contribuire all’attrattività
dell’area e quindi useremo una serie di nuove colorazioni: un modo più
innovativo e meno costoso di abbellire la città». «Marchigiani gioca al piccolo
urbanista sulla pelle di cittadini e commercianti - ha lamentato il consigliere
circoscrizionale del Pdl Roberto Dubs - Trieste non è la cavia su cui
sperimentare le teorie degli architetti urbanisti radical chic». Ma il prossimo
week-end le sperimentazioni continuano. Sabato 18 dalle 10 alle 23 e domenica 19
dalle 10 alle 19 sarà la volta delle vie Foschiatti, San Maurizio, Fonderia,
Sorgente, Erbette e di largo Barriera.
Silvio Maranzana
Sorridono i residenti: «Ora si respira»
Se i commercianti hanno alcune perplessità, alcuni residenti vedono più di
buon occhio l’idea di vedere le vie dove abitano chiuse al traffico. «Gli
immobili subirebbero una rivalutazione – osserva Dina Paoletich, residente in
via Crispi – senza tener conto che anche l’aria che respiriamo aprendo le
finestre sarebbe più respirabile». Felici le mamme per i loro bambini: «Scendere
lungo via Crispi con il passeggino è impossibile, – evidenzia Sonia Smillovich –
se spariscono le macchine sarà più semplice». La zona transennata ieri mattina,
causa anche la pioggia, non era molto frequentata. Anzi, tranne i vigili urbani,
i frequentatori di qualche bar e i tecnici del Comune, tra quelle viuzze non
circolava anima viva. Forse con una bella giornata di sole e qualche genere di
intrattenimento un po’ di curiosità avrebbe potuto richiamare in zona i passanti
del viale o della vicina via Carducci. Ma la pioggia ha rovinato l’esperimento,
va ripetuto con il bel tempo. «Purtroppo nelle laterali di viale XX Settembre –
spiega Alessandro Gasparini, residente della zona – il commercio non esiste più.
Quindi mi chiedo se non fosse stato più opportuno creare box auto e lasciare
libertà di traffico». Qualcuno ieri ha evocato tutti i Santi del Paradiso
facendo decine di giri tra una via e l’altra prima di trovare parcheggio: «Qui è
già drammatico trovare un buco dove sistemare la macchina – valuta Giulia
Colussi – se ora ci chiudono anche queste vie siamo a posto». Una zona da sempre
congestionata e chi non ha un box deve girare a lungo o rassegnarsi a prendere
una multa per divieto di sosta.
(l.t.)
Negozianti delusi: «Dimezzati gli incassi»
Unica voce contraria Fulvio Benussi del Menarosti: «Così si fanno
risplendere zone in difficoltà»
«In un normale sabato di cattivo tempo solitamente incassiamo il doppio.
Tragga l’amministrazione le sue conclusioni». La responsabile del grande negozio
all’angolo tra via Crispi e via del Toro, “Coiffure Service”, non vede di buon
occhio l’esperimento avviato ieri dal Comune. E come lei neppure la proprietaria
del locale Ferdi, Monica Campanella: «Oggi incassi dimezzati – osserva – con un
minor passaggio dei clienti abituati a ordinare vassoi di tartine e poi a
passare velocemente qui davanti in macchina a ritirare la merce». «O viene fatta
una vera pedonalizzazione come in via San Nicolò o in via Cassa di Risparmio con
pavimentazione nuova e arredi – valuta Claudio Ellero del salone di acconciature
di via del Toro, “Claudio Hair Style” – o non serve a nulla. La zona va resa
bella, accogliente, piacevole da percorrere a passeggio altrimenti perché
dovrebbero passare di qua?». Perplesso Giovanni Cottur dell’omonimo negozio di
via Crispi, punto di riferimenti degli amanti delle due ruote. «Se l’idea e
quella solo di chiudere al traffico senza una reale riqualificazione di almeno
di via Crispi e di una bella asfaltatura delle vie parallele – avverte – sono
contrario». Favorevole invece Fulvio Benussi del ristorante Menarosti secondo il
quale «è ormai provato che la pedonalizzazione fa risplendere zone in difficoltà
o poco vissute. Dunque – aggiunge il ristoratore – ben venga il via libera del
Comune alla chiusura al traffico di alcune vie». Quello che va anche evidenziato
è che la parte bassa di via Crispi, quella più vicina a via Carducci e alla
risistemata via Muratti, ha il manto stradale e i marciapiedi completamente
dissestati, rattoppati. «Non sono contrario alle pedonalizzazioni – dice Claudio
Allegretto dell’ottica di via del Toro – ma temo forti ripercussioni sul
traffico e sulle possibilità di parcheggio». «Qui i clienti sono abituati a
passare in macchina – spiega la titolare di Ferdi - e per la mia attività l’idea
di dover limitare l’arrivo dei mezzi per caricare e scaricare la merce davanti
al locale e al laboratorio sarebbe un disastro». A monitorare l’andamento della
mattinata anche il consigliere comunale del Pdl, Paolo Rovis. «Trovo sia un
provvedimento senza senso – valuta l’ex assessore al turismo – senza tener conto
che la prova di oggi, visto che le previsioni meteorologiche avvertivano da
tempo di una giornata un po’ piovosa, forse andava rinviata».
Laura Tonero
Nuovo piano del traffico, addio parcheggi gratis in
tante vie - LA LETTERA DEL GIORNO di Cristiana Berritta
Il piano del traffico in fase di approvazione prevede la trasformazione
delle vie San Zaccaria, del Toro, Nordio, San Maurizio, Fonderia e Foschiatti in
Z.T.L. (zona a traffico limitato) mentre via Sorgente verrà pedonalizzata.
Questo cambiamento comporterà la perdita totale dei posti auto gratuiti
esistenti sulle citate vie, posti già cronicamente carenti per i residenti. In
questi giorni verrà fatta una prova di pedonalizzazione, e già in tal caso i
vari divieti di sosta hanno reso impossibile trovare parcheggio a chi abita in
zona. Chiedo al sindaco ed all’assessore competente cosa intendono fare per
risolvere questo grave problema dato che, ad oggi, non ho letto alcuna notizia
in merito all’intenzione di quantomeno calmierare i prezzi dei parcheggi a
pagamento per i residenti in loco, come è invece stato previsto per il Borgo
Teresiano, distante solo pochi metri dalla zona di cui parlo. Mi domando: il
Comune ha fatto il conto dei parcheggi che si perderebbero (stiamo parlando di
centinaia di posti)? Il parcheggio vicino all’Ospedale Maggiore ha una capienza
adeguata a coprire la pletora di posti che verranno cancellati con un tratto di
penna? Uso la macchina raramente, mi muovo a piedi o con i mezzi pubblici
nonostante gli ultimi tagli abbiano reso eufemisticamente affollate le linee, ma
a volte devo spostarla e quando succede la tempistica per trovare parcheggio
varia da mezz’ora a due ore e mezza, con buona pace del risparmio e della lotta
all’inquinamento. L’articolo 7 del Codice della Strada sancisce il dovere del
Comune, ove abbia creato parcheggi a pagamento, di riservare nella stessa zona o
in una nelle immediate vicinanze un’area adeguata di parcheggi gratuiti: cosa
intende fare il Comune per rispettare il dettato normativo ed i diritti dei
residenti?
SEGNALAZIONI - Rifiuti / 1 I perché del fallimento
Intervengo in merito alla nota di Lucia Sirocco, presidente di Legambiente, comparsa sulle Segnalazioni del 5 maggio, e relativa alla raccolta dei rifiuti a Trieste. Prima di tutto una precisazione. Nelle mie dichiarazioni diffuse a mezzo stampa, dopo aver detto che sono profondamente insoddisfatto della percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti della città, ho affermato di non ravvisare colpe specifiche nelle azioni di Comune e Acegas-Aps in quanto ci stiamo muovendo all’interno di un piano che è stato adottato e pubblicizzato. Del piano risultano già attuate le piazzole ecologiche, la raccolta dei cartoni per gli esercizi commerciali, del verde per le case con giardino e dell’umido per le grandi utenze. Poiché questo piano non ha fino ad ora ottenuto i risultati previsti in termini di differenziata e non ha determinato nessun salto nella qualità percepita del servizio offerto ai cittadini, ho confermato che stiamo facendo con Acegas-Aps una profonda riflessione sui motivi di questo fallimento. Solo con questa analisi autocritica avrà senso procedere con ulteriori fasi di raccolta differenziata, tra le quali la prima sarà proprio quella dell’umido, grazie alla quale dovremmo superare la percentuale del 40%. Le problematiche e le scelte collegate al Termovalorizzatore di via Errera richiederebbero un discorso complessivo e articolato, mi limito a ricordare che nella città di Padova, citata dalla Sirocco come esempio positivo, c’è l’inceneritore, e che i comportamenti cosiddetti virtuosi di molti comuni si basano sul conferimento in altra sede (anche all’estero) della frazione indifferenziata. E tornando al nostro caso, per la frazione indifferenziata (sperabilmente in fase di riduzione ma sempre consistente) cosa propone Legambiente? Di aprire una discarica, andando contro tutti i moderni orientamenti dei Paesi più avanzati a livello ambientale? Oppure di conferirla in una discarica o a un inceneritore al di fuori del territorio del comune? Oppure ancora di adottare, in una città ventosa come Trieste, i sacchetti per la raccolta porta a porta, come fatto con successo in altre realtà del Friuli Venezia Giulia o del Veneto? Si rassicuri la presidente Sirocco: i diversi problemi sollevati dalla gestione dei rifiuti a Trieste sono ben tenuti presenti dall’amministrazione comunale, sia in termini di qualità del servizio sia ponendo precise garanzie di risultato nelle future azioni di raccolta differenziata. Il confronto con Acegas-Aps è in corso e toccherà molti possibili interventi, dalla logica (finalmente!) dei meccanismi premiati per i cittadini virtuosi, a una rinnovata campagna di sensibilizzazione dei cittadini e delle categorie economiche, fino alla scelta di segnalare i responsabili di comportamenti scorretti, individuati con una vigilanza che è già in essere ma che dovrà essere maggiormente vissuta come una minaccia concreta. Sarà cura di questa amministrazione, una volta individuate sia le azioni correttive di una situazione che io per primo giudico insoddisfacente sia le nuove (onerose) fasi di raccolta differenziata, organizzare una riunione con le associazioni ambientaliste per un concreto confronto, visto che gli obiettivi sono comuni e ci vedono dalla stessa parte della barricata.
Umberto Laureni (assessore Ambiente, Energia, Riqualificazione ambientale dei siti inquinati, Agricoltura e pesca del Comune di Trieste)
SEGNALAZIONI - Rifiuti / 2 Programmazione insufficiente
Abbiamo letto con tanta attenzione l’ennesimo richiamo di Legambiente sul fatto che la raccolta differenziata a Trieste non decolla, anzi ci pone agli ultimi posti a livello di Friuli Venezia Giulia, la nostra associazione è reduce da un incontro e sull’ambito della pulizia complessiva e la raccolta differenziata con l’assessore comunale all’ambiente Laureni. Abbiamo posto il problema che anche secondo noi pieni di speranza attendevamo la nuova giunta, ma nulla si è ancora notato in miglioramento, ci sono diversi problemi, ma abbiamo anche rilevato molta assenza di educazione civica nei cittadini. Però è proprio quando ciò capita, che, l’istituzione al di là della repressione a volta controproducente è però anche tanto difficile da realizzarsi. In antecedente ci era stato assicurato che si erano preparati 20 agenti preposti a questo compito, ma se ciò è vero, non si sono mai visti. Vi indicheremmo alcuni fatti che concorrono sicuramente ad aggravare il tutto: la programmazione della pulizia a vie o rioni non coincide con il servizio di asporto del contenuto dei cassonetti che spesso a causa di un’unica presenza nel mezzo, quando fuoriesce nessuno raccoglie e viene sparpagliato per tutta la strada. A volte le persone trovano i cassonetti già pieni e quindi non ritornano a casa con l’immondizia e non cercano nemmeno un altro cassonetto, ma depositano il loro sacchetto a terra, tanto ci sarà sempre qualche fesso che lo porta via. Noi a fronte di tutto ciò e di altre caratteristiche come ad esempio i cassonetti che si aprono con la bora o sono mal ancorati e ce li ritroviamo in mezzo alla strada con il pericolo di un incidente, abbiamo ripresentato all’assessore la nostra proposta, che non l’ha rifiutata, ma ha semplicemente constatato che ci vuole buona volontà e determinazione per applicarla. In sintesi noi abbiamo affermato che sarebbe importante coinvolgere di più la gente con un’azione di responsabilizzazione, che però possa produrre a risultati qualche vantaggio economico, ad esempio ponendo da rione a rione sperimentalmente degli obiettivi. Senza repressione si potrebbe raggiungere migliori risultati di oggi, poiché ognuno sentirebbe di dover diventare parte di una comunità educante nei confronti degli altri richiamandoli civilmente all’importanza di ottenere degli sconti.
Vincenzo Cutazzo (vicepresidente Lega Consumatori)
Mense scolastiche: declassato il menu - Via il cibo
biologico - COMUNE » I TAGLI ALLA SPESA
Un provvedimento necessario per esigenze di bilancio L’assessore Grim:
«Spero sia una soluzione temporanea»
Si fa un gran parlare dei ristoranti pieni, che in Italia sarebbero il
simbolo di una crisi che non c’è. La crisi, però, diventa all’improvviso una
realtà ben più concreta quando va a colpire anche il menu servito ai bambini
nelle scuole. Succede a Trieste, dove il Comune ha deciso di rinunciare ai
prodotti biologici e solidali nelle mense scolastiche per far quadrare il
bilancio. La misura è stata annunciata ufficialmente nei giorni scorsi tramite
una comunicazione del dirigente d’area Enrico Conte ai presidi degli istituti
coinvolti. «Con la presente - vi si legge - si comunica che, in conseguenza
degli obblighi cui è tenuta l’amministrazione comunale per rispettare la
normativa in materia di Patto di stabilità interno per le Regioni a statuto
speciale, si è reso necessario contenere la spesa relativa all’appalto per il
servizio di mensa scolastica». Da qui la scelta di tagliare i cibi biologici: «I
vincoli imposti al Bilancio di previsione 2013 che verrà approvato dal Consiglio
comunale entro maggio - prosegue Conte - hanno reso necessario ridurre alcune
delle prestazioni contrattuali degli appalti in oggetto, tramite la sostituzione
con prodotti convenzionali dei prodotti attualmente forniti come biologici ed
equo solidali». Il dirigente d’area garantisce comunque che i prodotti
sostitutivi saranno «d’alta qualità» e che la variazione resterà in vigore dal
primo aprile al 31 dicembre del 2013. «Appunto, la prima cosa che va detta è che
si tratta di una misura temporanea». L’assessore comunale all’Educazione
Antonella Grim mette le mani avanti: «Purtroppo si è resa necessaria una manovra
temporanea, anche noi dobbiamo contribuire al pareggio di bilancio. Ne abbiamo
parlato anche in giunta e speriamo di riuscire ad anticipare il termine della
sospensione a settembre. In tal caso, visto che in estate i ragazzi non vanno a
scuola, le ripercussioni sarebbero minime. Faremo tutto il possibile per
farcela». Secondo l’assessore la rinuncia al piatto “bio” era l’unica via
perseguibile per la riduzione delle spese: «Tutte le aree sono chiamate a
razionalizzare e non ho voluto toccare in nessun modo il numero di pasti erogati
con l’appalto mensa. Questa era l’unica manovra che potevamo fare». Ma la
qualità del prodotto sarà comunque accettabile, assicura il Comune: «Il livello
rimane molto buono - dice Grim -. Non c’è nessuna preoccupazione dal punto di
vista della salute dei bambini e del valore nutrizionale. Il nuovo menu è stato
sottoposto anche al parere della dietista che segue l’assessorato». L’appalto
mensa del Comune vale 9 milioni di euro l’anno, una cifra notevole, e il taglio
del biologico in questa seconda metà del 2013 dovrebbe portare a un risparmio di
180mila euro. «Non è facile contribuire al bilancio e al contempo mantenere
tutti i servizi - dice Grim -. A dire il vero stiamo riuscendo a incrementarli:
a settembre apriremo un nuovo servizio mensa e un servizio di nido. Si tratta di
un piccolo miracolo». La rinuncia al “bio” non va letta, sottolinea l’assessore,
come un retrocedere del Comune «dalle scelte fatte in direzione della
sostenibilità ambientale e dell’educazione alimentare». Il taglio riguarderà
tutti le strutture scolastiche dipendenti dal Comune: primarie e secondarie di
primo grado, scuole dell’infanzia statali, nidi e scuole dell'infanzia comunali.
A queste si aggiunge il servizio di integrazione scolastica nei ricreatori.
Giovanni Tomasin
Fare Ambiente FVG «Energia: preoccupano le scelte della Croazia»
«Chiediamo che il Governo, la Regione puntino a trattare
in un contesto unitario allargato con i paesi vicini tutta la strategia
energetica» dichiara Giorgio Cecco coordinatore regionale di Fare Ambiente a
margine della notizia che la Croazia sta avviando l'iter per la liberalizzazione
della ricerca ed estrazione delle risorse naturali come il metano ed il
petrolio.
INZIATIVA AMBIENTALISTA - Ritorna a giugno “Puliamo una dolina”
“Puliamo una dolina”, iniziativa del Circolo Verdeazzurro
Legambiente Trieste, riguarderà un'area tra Prosecco, Rupinpiccolo e Borgo
Grotta Gigante. Verrà proposta dal 21 al 23 giugno 2013, nell’ambito di “Trieste
on Sight“ promossa da ArcI Servizio Civile (una tre giorni di concerti, mostre
dibattiti all’Ostello AMIS di Campo Sacro-Prosecco).
IL PICCOLO - SABATO, 11 maggio 2013
Zanonato: «Un decreto per Servola»
Il ministro dello Sviluppo economico in città: «Trieste tra le aree di
crisi complessa per riconvertire la Ferriera»
«Inseriremo anche Trieste nel decreto sulle aree di crisi industriale
complessa già fatto per Piombino che sta per essere discusso in commissione al
Senato. Se ciò non sarà possibile faremo un nuovo decreto ad hoc per la Ferriera
di Servola». Il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato è arrivato
ieri a Trieste per rassicurare la presidente della Regione Debora Serracchiani,
il sindaco Roberto Cosolini oltre alle autorità locali, i parlamentari e i
rappresentanti dei lavoratori. Per qualche verso, il ministro è entrato anche
nel dettaglio: «La cokeria deve essere sicuramente chiusa e l’area bonificata,
ma gli operai potranno lavorare nelle operazioni di bonifica e poi essere
coinvolti nelle nuove attività che si insedieranno su quel sito. Per l’altoforno
la problematica è più complessa, per la ghisa infatti vi sarebbe anche una certa
richiesta, ma i prezzi sono fuori mercato. Il decreto per Trieste semplificherà
le procedure, creerà una sinergia con i privati, darà strumenti normativi e
programmatici, potrà favorire spostamenti e nuovi insediamenti produttivi,
permetterà il riutilizzo dei lavoratori, ma anche un più facile accesso agli
ammortizzatori sociali, potrebbe anche portare alla nomina di un commissario ad
hoc». Particolare quest’ultimo che ha innescato un largo sorriso di Debora
Serracchiani intenzionata ad abolire il commissario per la Terza corsia. E la
presidente ha sottolineato la celerità con cui il ministro Zanonato ha accolto
il suo invito seguendo del resto alla venuta a Trieste del responsabile
dell’Ambiente, Andrea Orlando, mobilitati dopo che era sembrata paradossale
l’esclusione di Trieste dal decreto per Piombino. Serracchiani, vista
l’esperienza da parlamentare europeo, ha anche informato di aver scritto una
lettera al vicecommissario europeo Antonio Tajani chiedendogli che Servola sia
uno dei siti italiani che rientreranno nel Piano europeo sulla crisi della
siderurgia. «Chiederemo fondi per la riconversione anche all’Europa - ha detto
il ministro - e comunque il governo cercherà di dare una mano per la bonifica,
si potrebbe anche togliere un pezzo di investimenti dal Patto di stabilità, però
è logico che la soluzione ottimale sarebbe che ci pensasse l’imprenditore che
subentrerà». Finalmente sembra si stia cominciando a stringere i tempi perché il
commissario straordinario del Gruppo Lucchini, Piero Nardi, presente
all’incontro assieme al direttore Affari generali del gruppo Francesco Semino,
ha confermato che lo stabilimento di Servola non arriverà al 2015. Il 22 giugno
Nardi presenterà il piano industriale di riconversione per la Lucchini (che per
Servola dovrebbe appunto prevedere lo stop della produzione), mentre già il 5
giugno Tajani illustrerà l’action plan europeo e, ancora, già entro le prossime
due settimane il governo dovrebbe convocare un tavolo unico di crisi nazionale.
A tutto ciò si aggiunge l’Accordo di programma preparato nel corso di una serie
di incontri convocati dalla precedente giunta regionale e che sta per essere
integrato con una serie di rilievi fatti dai rappresentanti sindacali. Questo
accordo include i primi contenuti da inserire nella cornice normativa e
procedurale che dovrebbe venire appunto dal decreto. L’operazione di scouting
fatta da Francesco Rosato, consulente del Comune per la riconversione di Servola
ha già prodotto una serie di contatti con imprenditori, in particolare
austriaci, che hanno manifestato interesse per l’insediamento nell’area nello
specifico per quanto riguarda attività di manutenzione e service per l’industria
ferroviaria e attività metallurgiche di trasformazione secondaria cioè
esclusivamente con ciclo a freddo sia nell’ambito dei minerali non ferrosi come
rame e alluminio, che degli acciai. L’intervento di Zanonato non ha però
convinto il Movimento 5 stelle. «Esprimiamo forte preoccupazione per
l’incertezza manifestata dal ministro per quanto riguarda l’inserimento della
Ferriera fra le aree in situazione di crisi industriale complessa - hanno detto
i parlamentari del M5S Aris Prodani, Walter Rizzetto e Lorenzo Battista -.
Zanonato ha detto infatti che se il Governo non riuscisse a modificare il
decreto in essere per lo stabilimento di Piombino con un emendamento per la
Ferriera, solo allora sarà costretto a fare un nuovo decreto per la situazione
triestina. Ha invocato inoltre la necessità di approfondimenti senza indicare le
tempistiche per affrontare una situazione che riteniamo assolutamente urgente».
Silvio Maranzana
«Siderurgia europea in crisi globale» - concorrenza
«L’entrata nel mercato di produttori di ghisa e di acciaio di aree del mondo
dove i costi sono decisamente più bassi hanno via via messo in crisi le nostre
aziende. La situazione richiede quindi un intervento articolato». Lo ha detto il
ministro per lo Sviluppo economico Flavio Zanonato, secondo cui «la situazione
che stanno attraversando la Ferriera di Trieste e lo stabilimento di Piombino è
in qualche modo emblematica di una situazione che coinvolge tutta la siderurgia
europea. A giugno ci sarà un tavolo in cui si affronterà questa partita con il
vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani». «Si parlerà - ha
aggiunto - di tutta la siderurgia e del momento che attraversa l’Italia, che
abbiamo già conosciuto anche con la vicenda dell’Ilva». Secondo Zanonato, a
Trieste oltre a fornire una certa preoccupazione la questione ambientale
collegata all’attività della Ferriera, va considerato che gli stessi macchinari
all’interno della Ferriera di Servola sono obsoleti e in sostanza superati.
Porto Vecchio, facile spostare il Punto franco
L’audizione degli esperti Borruso e Stevanato in Terza commissione del
Consiglio comunale
«Il Punto Franco dal Porto Vecchio si può spostare, va spostato e si può
farlo semplicemente con un dpr o con un decreto interministeriale». Sono state
queste alcune delle risposte che Giacomo Borruso docente di Economia dei
trasporti all’università e Danilo Stevanato consigliere dell’Aiom (Agenzia
imprenditoriale operatori marittimi) hanno dato ieri mattina ai componenti della
Terza commissione, quella dedicata alle politiche economiche, del Consiglio
comunale riunitasi sotto la presidenza di Marco Toncelli e alla presenza
dell’assessore alle attività produttive Edi Kraus. «La trasferibilità è assodata
- ha affermato Borruso - perché la zona franca è un regime delle merci e non del
territorio». «Il porto è qualcosa di vivo - ha aggiunto Stevanato - qui si
restringe, lì si allarga». E i siti dove poter trasferire l’area franca sono
stati ribaditi dagli stessi consiglieri: il terminal di Fernetti, la zona delle
Noghere, quella della Ferriera di Servola dove anche il particolare regime
doganale potrebbe costituire un attrattore per nuovi investitori nell’ambito
della riconversione. A queste Borruso ha aggiunto ancora l’ex Aquila. Ma il
Porto Vecchio non è più idoneo a essere porto? Stevanato ha ricordato che all’Adriaterminal
le operazioni che vengono fatte proficuamente sono quelle di transhippment, non
essendoci più validi collegamenti stradali e ferroviari e che in futuro si
potrebbe al massimo pensare di far arrivare traghetti passeggeri che hanno poco
pescaggio. Non è sembrato però di questo avviso Ampelio Zanzottera, intervenuto
come rappresentante degli spedizionieri e dei terminalisti: «I traffici dal
Porto Franco Vecchio sono stati cacciati via - ha affermato - e non sono state
accolte nemmeno attività in ambito cantieristico. C’era un cantiere che
costruisce yacht che intendeva insediarsi. Fa arrivare gli scafi dalla Cina per
cui il regime di Punto Franco gli calzava a pennello: ebbene, la sua domanda è
stata respinta». Una cosa è apparsa chiara anche negli interventi dei
consiglieri: nessuno vuole abolire le aree franche in Porto Nuovo, «perché i
vantaggi indubbiamente ci sono, anche se minori rispetto al passato e inferiori
a come qualcuno vorrebbe far credere e mai è stato emanato lo specifico
regolamento». La questione dunque si pone esclusivamente per il Porto Vecchio
dove sono falliti tutti i progetti di rilancio dell’area che hanno preceduto
l’ultimo, quello di Portocittà. E Borruso li ha ricordati: Polis 1, con la fuga
di Generali a Mogliano Veneto, Polis 2, Bonifiche, Trieste futura, Trieste expo,
senza contare il progetto del Centro offshore.
(s.m.)
Bus, 2 milioni di passeggeri in meno -
Trieste Trasporti, le cifre del bilancio
Presentati i dati del bilancio 2012 della Trieste trasporti. Calo di
utenti dovuto a risparmi o più furbetti?
A Trieste quando si parla di autobus i numeri sono sempre di dimensione
pazzesca (ogni giorno i bus trasportano 200 mila cittadini, praticamente
l’intera città) ma il bilancio 2012 di Trieste Trasporti, approvato lo scorso 23
aprile e presentato ieri, ne ha anche di inediti, a partire dal fatto che il
minore finanziamento regionale di 2,2 milioni (il 4,2%) di euro ha già fatto
“tagliare” da marzo in qua secondo il piano della Provincia 400 mila chilometri
circa di percorrenza, e tuttora sarebbero da tagliare ancora 200 mila e non si
sa come fare e dunque il piano definitivo sarà (forse) pronto appena per il varo
dell’orario estivo che parte il 9 giugno. A seguire un’altra novità il cui
significato è ancora da esplorare: tra 2011 e 2012 si è registrato un calo di
ben 2 milioni di passeggeri (il 2,8%), passati da 70 milioni e 130 mila a 68
milioni e 143 mila (arrotondando). L’azienda del trasporto locale presume che la
crisi costringa a risparmiare anche sui biglietti del bus (in crollo gli
abbonamenti alla “rete”), ma teme che si tratti invece della moltiplicazione dei
“furbetti” che, per crisi o per altro, non pagano la corsa. Ieri nella sede di
via dei Lavoratori il bilancio è stato illustrato dal presidente Giovanni Longo
e dall’amministratore delegato Cosimo Paparo, e commentato da Adriano Del Prete
(presidente dell’Amt in liquidazione che è uno dei soci, partecipata del Comune)
e dall’assessore al Bilancio, Matteo Montesano. Il Cda al completo, fra l’altro,
in sintesi con l’approvazione del bilancio è stato per intero riconfermato in
attesa della gara regionale per il trasporto pubblico che dovrebbe avviarsi nel
2015. La cifra più significativa comunque è quella dell’utile: 3,9 milioni
abbondanti dopo le imposte, frutto della vendita dei bus che per contratto
vengono ogni anno sostituiti con altri nuovi di zecca. I soci (Amt al 60% e
Arriva Italia al 40%) percepiranno un sostanzioso dividendo, di 110 euro per
azione, per un totale di 3.740.000 euro. Perché dunque, dovendo tanto tagliare a
causa dei minori introiti, Trieste Trasporti distribuisce gli utili e non colma
invece con questi le perdite, salvando il servizio? «Non è possibile - hanno
spiegato Longo e di seguito Montesano direttamente - perché quei soldi servono
al Comune, vanno alla spesa corrente, servono per pagare servizi essenziali, e
in questo 2013 sono indispensabili per raggiungere il pareggio di bilancio».
Dunque a ulteriori tagli gli utenti «si dovranno rassegnare» anche se per
l’estate le linee 6 e 36 verranno assicurate per intero. Intanto anche i
dipendenti (calati in un anno da 832 a 824, tutti fra i conducenti passati da
611 a 603) continuano a protestare per la riorganizzazione, ma l’azienda da un
lato dice che «in altre regioni va ma molto peggio con tagli fino al 10%» e
dall’altro espone le cifre del Premio di risultato distribuite, in ugual misura,
nel 2011 e 2012, pari a 1,4 milioni di euro, «il che significa - ha precisato
Paparo - 2800 euro per un manutentore, 2200 per un autista, 2000 per un
impiegato, cioé una mensilità in più oltre alle 14 normali».
Gabriella Ziani
“Portoghesi”, due multe all’ora - In un anno elevate
12mila sanzioni. Il parco mezzi è il più giovane d’Italia
Gli autobus triestini sono «i più giovani d’Europa», anche nel 2012 ne sono
stati acquistati 33 nuovi (per 9.397.000 euro). Hanno in media un’età inferiore
ai 4 anni, con ottime ricadute sul minore inquinamento, sull’esistenza di pedane
(il 99,6%) e di aria condizionata (il 100%). «In Italia la media è di 12 anni -
hanno detto ieri i vertici di Trieste Trasporti - e in Europa di 6,7». Questa
flotta di 273 mezzi nel 2012 ha percorso oltre 13 milioni di chilometri. Ognuno
dei 603 autisti ha guidato per 22 mila. A una velocità media però che non supera
i 14,7 km all’ora, «perché il traffico e le soste selvagge non consentono
miglioramenti». In calo, è ovvio, i dati del tram, fermo da mesi per restauro
(dai 23.603 chilometri del 2011 ai 16.460 del 2012), mentre cala anche il numero
di passeggeri del trasporto marittimo: da 80.675 a 70.914. Persi 9.759 utenti
con un tracollo soprattutto nella tratta più frequentata, la Trieste-Muggia,
passata da 64.784 paganti a 56.496 (-8.288). Sarà che anche qui aumentano i
“portoghesi”? Usando le norme del nuovo contratto perfino gli autisti potrebbero
essere chiamati a far da controllori, mentre è già in azione personale di
controllo “in borghese”. La media finora è di due multe all’ora, e di 12 mila
euro di sanzioni all’anno. Ma che la crisi invece ci sia in ogni “voce” di
bilancio è detto perfino nel calo della pubblicità sulle fiancate: 300 mila euro
incassati nel 2012, il 10-15% in meno rispetto al 2011 e la tendenza resta
negativa.
(g. z.)
Aree pedonali tra Viale e Barriera, test al via
Si parte oggi dalle vie Crispi, del Toro, Nordio e San Zaccaria.
Iniziative collaterali e promozioni-parcheggio
Oggi c’è il primo appuntamento con “Vivi la strada. Prove di
pedonalizzazione”, l’iniziativa del Comune per favorire una nuova cultura
dell’abitare la città, promuovendo la mobilità pedonale e ciclabile nell’ambito
del percorso che porterà all’approvazione del Piano del traffico. Le prove di
pedonalizzazione inizieranno nelle zone limitrofe a viale XX settembre e largo
Barriera. Oggi appunto, dalle 10 alle 23, sarà pedonale l’area delle vie Crispi,
del Toro, Nordio e San Zaccaria. Dalle 10.30 alle 12, in via Crispi, a cura di
Ulisse Fiab, si terrà la presentazione del corso “Beneinbici” e della rivista Bc
- Amici della bicicletta (www.rivistabc.com). Alle 12, in via del Toro, sarà
offerto un aperitivo dal ristorante Menarosti, mentre dalle 17 alle 19, in via
Nordio, angolo viale XX Settembre, ci sarà l’appuntamento con “Nati per
leggere”e le letture floreali per bambini da tre a otto anni, e ancora “Una
fiaba tira l’altra” e il Laboratorio creativo con la fiorista Cecilia, che
aiuterà i bambini a preparare un mazzetto di fiori speciali per la festa della
mamma. Infine alle 19, sempre in via Nordio, l’aperitivo poetico offerto dai
negozi della zona. L’iniziativa è organizzata dal Comune (aree Città e
territorio, Polizia locale, Risorse economiche e Sviluppo economico, Cultura e
sport, Educazione) con la collaborazione di IV e V Circoscrizione, Associazione
Le Ali del Viale, Coldiretti, Confcommercio, Cut Centro Universitario Teatrale,
Fipe, Saba, Ulisse, Ures, esercizi e attività commerciali della zona. Per
agevolare i lavori di pulizia a cura di AcegasAps e l’allestimento delle
iniziative promosse dai pubblici esercizi, lungo le vie interessate dalle prove
di pedonalizzazione la chiusura al traffico veicolare e alla sosta sarà
predisposta dalle 8.30 alle 23. In previsione di nuove agevolazioni successive
all’approvazione del nuovo Piano del traffico - si legge in una nota del Comune
- nelle giornate dell'11 e 12 maggio, per il parcheggio dell'Ospedale Maggiore,
Saba Italia offre la possibilità di acquistare una tessera prepagata di 165 ore,
con validità di 45 giorni, al costo di 40 euro (0,24 euro all'ora), o un’altra
sempre di 165 ore, ma con validità di tre mesi, al costo di 45 euro (0,27 euro
all'ora). In entrambi i casi le tessere consentono l’utilizzo più volte al
giorno, di volta in volta, pagando solo le ore effettivamente utilizzate. Chi
non fosse interessato a tale offerta, nelle sole giornate dell'11 e 12 maggio,
la tariffa massima per un intero giorno di sosta continuativa presso il
parcheggio sarà fissata a 7 euro (chi sosterà meno ore, per un ammontare
complessivo inferiore a 7 euro, pagherà invece la tariffa oraria standard).
Prossimi appuntamenti con le prove di pedonalizzazione sabato 18 e domenica 19.
Muggia inaugura con “BimbimBici” la ciclabile dell’Ospo
Il nuovo tratto di pista porta da Rabuiese verso i laghetti delle Noghere.
Progetto in collaborazione con la Slovenia
MUGGIA «Un piccolo grande passo per permettere agli amanti delle biciclette
di attraversare in grande serenità il nostro territorio». Loredana Rossi,
assessore ai Lavori pubblici, è entusiasta. Dopo circa dieci mesi di lavori
domani alle 10.45 s’inaugurerà il nuovo tratto della ciclovia Rio Ospo-Laghetti
delle Noghere. Il tracciato, sito nell’area di Rabuiese e lungo poco meno di due
chilometri, collega l’ex provinciale alla strada che porta ai laghetti e
prosegue fino al confine con il territorio appartenente al Comune di San Dorligo
della Valle. Ma l’amministrazione Nesladek non nasconde la propria aspirazione.
«Con un ulteriore tratto di 500 metri la strada si allaccerebbe alla Parenzana
ed è proprio questo il nostro obbiettivo», confessa la Rossi. L’infrastruttura
della ciclabile del Rio Ospo è stata realizzata dal Comune di Muggia nell’ambito
del progetto Carso-Kras, finanziato nell’ambito del Programma per la
cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, dal Fondo europeo di
sviluppo regionale e dai fondi nazionali, per un totale complessivo pari a 130
mila euro. All’inaugurazione in programma sulla strada per i laghetti delle
Noghere (sullo slargo in fondo alla strada) prenderanno parte il sindaco di
Muggia, Nerio Nesladek, e il rappresentante del Comune di Sesana, lead partner
del progetto strategico per la gestione sostenibile delle risorse naturali e
coesione territoriale. Ma oltre al Comune di Sesana al progetto collaborano i
seguenti partner: Comuni di Divaccia, Comeno, Erpelle-Kozina, Miren-Kostanjevica,
Agenzia di sviluppo territoriale del Carso e Brkini, Istituto per le foreste
della Slovenia, Gal Carso, Comuni di Trieste, Monrupino, Duino Aurisina,
Province di Trieste e Gorizia, Direzione centrale risorse rurali, agroalimentari
e forestali–Servizio del corpo forestale regionale. Poco prima
dell’inaugurazione, il luogo della cerimonia verrà raggiunto dai giovanissimi
ciclisti (bambini dai 4 anni in su e accompagnatori) aderenti alla
manifestazione nazionale denominata “BimbimBici 2013”, organizzata da Ulisse
Fiab, dall’associazione sportiva dilettantistica Viaggiare Slow e dai Donatori
di sangue Trieste, in collaborazione con il Comune di Muggia. Poiché il punto di
ritrovo dei partecipanti, dal quale partirà la manifestazione per farvi ritorno
alle 13–13.30 circa, sarà il piazzale Caliterna (ritrovo alle 9.30, la
partecipazione per bimbi e ragazzi è del tutto gratuita; info su
www.ulisse-bici.org e www.viaggiareslow.it), nella giornata di domani dalle 7
alle 18 sarà istituito il divieto di sosta con rimozione forzata per tutti i
veicoli, eccetto per i veicoli di soccorso e emergenza, su tutta l’area del
lastrico. “BimbimBici” è una manifestazione nazionale promossa da dalla
Federazione italiana amici della bicicletta tesa a promuovere la mobilità
sostenibile e a diffondere l’uso della bicicletta tra i giovani e giovanissimi.
La manifestazione si concretizzerà in una allegra pedalata in sicurezza lungo le
vie cittadine e nel territorio urbano, che si svolge ogni anno nel mese di
maggio ed è rivolta principalmente a bambini e ragazzi, ma è aperta a tutti i
cittadini. L’evento è una vera e propria occasione di festa e di rivincita per
tutti quegli utenti deboli delle strade che vivono quotidianamente la città come
luogo riservato ad utenti forti (in primo luogo gli automobilisti). A
conclusione dell’evento in programma, dalle 11.15 alle 12 si terrà una visita
guidata al biotopo naturale dei laghetti delle Noghere. «La manifestazione dei
“BimbimBici” darà ovviamente un tocco suggestivo in più all’inaugurazione della
ciclabile - sottolinea l’assessore Rossi - così come la visita ai laghetti. Ora
confidiamo nel bel tempo in modo tale che questa sia davvero una festa per
tutti». Realizzata nei termini previsti l’opera si presenta ora come
un’ulteriore trampolino di lancio per allacciarsi alla ciclabile sorta sulla
vecchia Parenzana, per fare così di Muggia il nuovo centro del cicloturismo
italiano e internazionale alle porte dell’Istria.
Riccardo Tosques
SEGNALAZIONI - Biciclette - Impariamo dall’Olanda
Seguendo in televisione le recenti corse ciclistiche che si sono svolte in Belgio e Olanda, ho provato una grande invidia verso tutti coloro che pedalano su quelle bellissime piste ciclabili posizionate in molti casi su entrambi i lati della strada, lunghe decine e decine di chilometri. Si vedono famiglie con bambini e sono molto rispettate dagli altri utenti del traffico normale. In attesa di vedere anche nella nostra città e in periferia qualcosa del genere, pregherei chi di competenza provvedere almeno a riassestare certe nostre strade, come per esempio il tratto della provinciale 1 che va da Opicina a Basovizza. Ci sono dei tratti veramente pericolosi, non solo per le biciclette, ma anche per gli scooter.
Vincenzo Tauceri
Pescherecci, l’olio di frittura sarà il nuovo
carburante
Dopo uno studio finanziato dalla Regione, le barche dei pescatori per
risparmiare hanno ottenuto l’ok per usare il nuovo carburante.
Lascerà solo un odore di patatine
Il salso che ti entra nelle narici, il profumo iodato degli scogli sferzati
dalla bora, quel sentore di mare che chiudi gli occhi, respiri a fondo, e dici:
«Sono a Trieste». Scordatevelo. Se va come dicono, chiuderete gli occhi e
direte: «Sono da McDonald’s». Magari qualche marmocchio sarà anche contento, ma
i vecchi lupi di mare? La faccenda sta in questi termini. I responsabili delle
cooperative di pescatori, guidati da quel geniaccio di Guido Doz, uno che
riuscirebbe a vendere perfino il ghiaccio agli esquimesi, hanno letto da qualche
parte che l’olio esausto delle friggitrici usate nelle sagre (e Dio solo sa
quante se ne fanno a Trieste ogni estate) può diventare un ottimo - e
convenientissimo - carburante per i motori dei pescherecci. Non è uno scherzo,
il comunicato è ufficiale e ben documentato. Dunque: gli scarti di frittura
delle sagre, opportunamente trasformati in biodiesel, potranno alimentare i
motori dei pescherecci della flottiglia triestina aderenti alla Associazione
generale delle cooperative italiane del settore agro-ittico (così la definizione
ufficiale), più brevenmente Agci-Agrital. Dopo uno studio finanziato dalla
Regione - dice il comunicato dell’intraprendente presidente Doz - alcuni
pescatori si stanno preparando a diventare produttori e utilizzatori di
biocarburanti provenienti da sagre, ristoranti, ittiturismi, trattorie e
friggitorie. L’idea è geniale: il peschereccio esce con lampare e saccaleva,
pesca calamari e sardoni, porta il tutto alla sagra del rione e con l’olio usato
per venderti il fritto misto ci manda avanti la barca per la pescata successiva.
Le prime prove sui pescherecci sono state effettuate utilizzando gli scarti di
olii provenienti dalla festa del pesce di campi Elisi e trasformati in biodiesel
da un impianto chimico di una ditta specializzata. Il risparmio, se le cose
vanno in porto, sarà notevole: la flottiglia triestina consuma 400mila litri di
gasolio all’anno. Se si pensa che negli ultimi anni il gasolio per la pesca è
passato dai 0,39 euro al litro agli attuali 0,80 il risparmio sarebbe evidente
perché, tolti i 10mila euro per la costruzione dell’impianto di trasformazione,
si spenderebbero solo 12 centesimi al litro per il trattamento. Uguale:
trecentomila euro all’anno di risparmio sui 400mila attuali. Il 75 per cento.
Doz si è offerto di provare il biodiesel sulla sua barca e assicura che i motori
non hanno avuto problemi: «Sono state ridotte le emissioni di gas - scrive di
suo pugno - e dagli scarichi usciva un leggero odore di patatine fritte». Unico
problema: in Italia, quando trovi un modo per non pagare le tasse, il fisco si
allerta subito. Ma anche a questo Guido Doz ha pensato già. «Bisogna ancora
verificare l’iter da affrontare con l’Agenzia delle Dogane di Trieste - ammette
- ma credo che non ci saranno problemi visto che i carburanti e lubrificanti per
la pesca sono esenti da Iva e accise». Tiè. Insomma, il vecchio detto secondo il
quale “il pesce nuota tre volte: nell’acqua, nell’olio, nel vino” andrà rivisto.
Perché anche l’acqua avrà un retrogusto di fritolìn. Il vino, speriamo, no. E
dopo il “tocio” a Barcola doccia con la varechina.
Livio Missio
Commercio equo oltre il 2015: il Comune c’è
«Creare un contesto globale basato sulla giustizia, l’equità e lo sviluppo
sostenibile, in cui ogni persona possa vivere nel rispetto dei diritti umani e
soddisfare il proprio potenziale di vita senza povertà. E basato sui tre
pilastri dello sviluppo sostenibile: sociale, ambientale, economico, per
assicurare che tutti mettano in campo politiche coerenti con lo sviluppo.
Supportare iniziative finalizzate a uno sviluppo sostenibile tra governi,
autorità locali, imprese e cittadini/consumatori». Sono questi gli indirizzi
della Dichiarazione della Campagna internazionale “Commercio Equo oltre il 2015”
firmata ieri in municipio dal sindaco Roberto Cosolini, alla presenza del
vicesindaco Fabiana Martini e dei rappresentanti di “Botteghe del Mondo”, Marija
Besdnjak e Paolo Albanese, presidenti rispettivamente di Senza Confini-Brez Meja
e dell’associazione Mosaico. Dichiarazione che rientra negli “Obiettivi del
Millennio dopo il 2015” e che sarà inviata, insieme alle altre raccolte nelle
pubbliche amministrazioni e società civili, dal Movimento globale del Commercio
Equo e Solidale, ai leader dei governi mondiali che s’incontreranno a New York
nel settembre 2013, nell’ambito dell’Assemblea delle Nazioni Unite per definire
il quadro globale futuro delle politiche di sviluppo. In sostanza, con la
sottoscrizione della Dichiarazione, ci si impegna ad avviare all’interno
dell’ente e sul territorio comunale un processo di informazione e di formazione
per sensibilizzare la cittadinanza al Commercio Equo e Solidale, per mezzo di
azioni e iniziative concrete.
Programma tutto natura per i giovani del Fai -
Presentata la ricca agenda di iniziative da maggio a novembre
È dedicata all’Alma mater declinata in una variopinta tavolozza di colori e
sapori, la rassegna “Ritorno alla Terra” 2013 promossa dal Fai Giovani Fvg, la
falange della young generation – soci tra i 18 e i 40 anni - del Fondo Ambiente
Italiano, il sodalizio impegnato nella tutela del patrimonio ambientale del
Belpaese. Filo conduttore degli appuntamenti che da questo mese e fino a
novembre proporrà una ricca cornucopia di eventi, madre natura a tutto tondo.
Prodotti agroalimentari, ambiente, escursioni fuori porta ma anche alla scoperta
dei tesori architettonici cittadini, degustazioni, pellicole a tema, laboratori
per bambini e, ciliegina sulla (bio)torta, anche una maratona: questa in sintesi
la ricetta work in progress confezionata dai soci del gruppo giovani per
sostenere con iniziative culturali, sportive e sociali il Fai. Giovedì 16 maggio
debutto “sotto terra”: alle 19.30, infatti (appuntamento 15 minuti prima
difronte al civico 11 di via Fabio Severo, prenotazioni entro il 13 allo
040.3476081) si va in perlustrazione dell’affascinante “Kleine Berlin”, la rete
di gallerie sotterranee costruite durante la seconda Guerra Mondiale che fungeva
da rifugio antiaereo per civili – la parte italiana – e da deposito quella
tedesca. Aperitivo “al fresco” il 21 giugno per celebrare il solstizio d’estate
in un giardino pubblico cittadino. È richiesto il dress code bianco e la serata
promette atmosfere rilassate, stuzzichini e bevande naturali. Sempre a giugno,
visita guidata, riservata ai soci, alla scoperta di un gioiellino liberty non
accessibile al pubblico, ovvero il neo restaurato oratorio in stile Secession
viennese della Ss. Trinità del palazzo vescovile di via Cavana. A luglio in
collaborazione con la Cappella Underground, proiezione in anteprima nazionale di
una pellicola sul patrimonio agroalimentare. Attorno a metà settembre con la
riapertura delle scuole, laboratorio di “arte vegetale” per bambini, per
imparare a creare opere d’arte con patate, carote e tuberi-stampino, intinti nei
colori. Seguiti nel percorso vegetal-didattico ospitato all’istituto Nordio dal
docente di decorazione Romano Schnabl. La farina e la sua lavorazione sarà al
centro della visita a fine settembre al Mulino Moras di Trivignano Udinese, una
delle rare aziende ancora in attività. Happening tra sport, cultura e
divertimento: ritorna il 13 ottobre, la domenica della Barcolana, la “FaiMarathon”,
la kermesse aperta a famiglie, sportivi, giovani, bambini e – come precisano –
anche ai cani, per scoprire passeggiando, correndo o pedalando il territorio del
Friuli Venezia Giulia. Chiude a novembre la rassegna, l’incontro dedicato a una
delle storiche eccellenze del territorio, il caffè. Dettagli e informazioni al
numero 040.3476081 oppure visitando il profilo Facebook del Gruppo Fai Giovani
Fvg.
Patrizia Piccione
Come conoscere le erbe selvatiche, gemme del Carso -
SLOW FOOD
L'associazione Slow food organizza incontri che mettono il cibo al centro
dei propri interessi. Fine prioritario, appunto, porre all'attenzione quei
prodotti che sottintendono alla filosofia del "buono, pulito, giusto", che
permette a coloro che vi si avvicinano, una conoscenza approfondita, all'opposto
del fast food, cioè del mangiare veloce e fine a se stesso. Dopo i recenti
incontri aventi per tema il tè e il caffè a breve, ben quattro appuntamenti
sulle "tecniche di cucina" che si svolgeranno in un locale di Basovizza dal 16
al 21 maggio. Fra le iniziative svolte dal Convivium di Trieste, ora una nuova
simpatica proposta della rete giovani della Condotta triestina. Oggi alle 9.30,
ritrovo in piazza Oberdan, per l’iniziativa "Gemme preziose". Si tratta di un
itinerario lungo i sentieri del Carso alla scoperta delle erbe spontanee
commestibili. L'ingrediente segreto della ricetta culinaria si cela dove meno te
lo aspetti, il trucco sta nel riconoscerlo, affermano gli organizzatori.
Nascoste, profumate, amarognole o dolcissime, le erbe commestibili crescono in
maniera selvatica nel nostro altipiano. La passeggiata naturalistica alla loro
scoperta, avverrà con la preziosa assistenza di Francesca, che sarà la guida
professionale al rinvenimento di quelle edibili e più aromatiche. Il Carso
sorprenderà gli escursionisti che accetteranno la gustosa proposta, assistendo a
una lezione di cucina completamente al di fuori del consueto. Itinerario e altre
informazioni utili possono essere viste in www.facebook.com/ oppure nella pagina
internet www.slowfoodtriestegiovane.it Gli organizzatori hanno individuato
recentemente il percorso più adatto a soddisfare al meglio ogni curiosità
sull'argomento e permettere di cogliere le "Gemme più preziose" della
vegetazione, da cui il nome dell'evento. Il luogo di inizio della camminata
dovrà essere raggiunto autonomamente, anche se vi è la possibilità di aggregarsi
a coloro che metteranno a disposizione il proprio mezzo. Per chi volesse, la
mattinata verrà conclusa con un pranzo in una tipica osmiza carsolina. La
partecipazione è aperta a soci e non, che avranno così la possibilità di aderire
al sodalizio.
Gianni Pistrini
SEGNALAZIONI - rifiuti Multe e disservizi
Ciclicamente il problema dei rifiuti e del loro riciclaggio torna e riguarda tutti noi ed il nostro ospitale pianeta. Ho letto, senza troppo stupore, che la nostra provincia è all’ultimo posto in regione ed anche quella di Padova (Acegas come noi) ci surclassa abbondantemente doppiandoci. Credo che ciò non sia dovuto all’evidente recessione economica, eventualmente dovrebbe essere il contrario, ma anche crocefiggere solo il cittadino, mi pare ingiusto ed eccessivo. È troppo facile per l’Acegas ed il Comune incolpare qualcuno per nascondere le proprie colpe, ma così è purtroppo. Le multe per la mancata raccolta differenziata sono pesanti, vanno dai 150 ai 500 euro, ma per poterle staccare, i servizi delle Municipalizzate dovrebbero essere al top, con un’offerta completa che va dal cassonetto fino alla sua vuotatura. Così spesso non è. Sintetizzo l’accaduto. Ho visto un signore, piuttosto contrariato (mi sono accorto poi del perché), con un sacchetto stracolmo di materiale plastico, che invece di depositarlo nel cassonetto della differenziata, lo gettava in quello delle normali immondizie. Doveva essere multato se visto da un solerte vigile urbano? In questo caso credo proprio di no ! Il perché è presto detto : il cassonetto per la raccolta della plastica era strapieno e circondato inoltre da decine di sacchetti di plastica per terra. Succede talvolta anche per la carta e per il vetro. Questo spiacevole e fastidioso vedere si potrebbe evitare con una semplice raccomandazione agli operatori ecologici che giornalmente rimuovono le immondizie: segnalare sempre i luoghi dove i cassonetti della differenziata sono pieni . Semplice no?
Pino Podgornik
PULIZIA DEL BOSCO
Habitat-Microaree, oggi viene organizzata la terza edizione di Differenziamoci, una giornata dedicata alla pulizia della zona boschiva sul retro delle case Ater di via Forti a Borgo S. Sergio. Ritrovo ore 9.30 davanti al bar Flaminio in via Forti n. 36. Attrezzatura da portare: guanti, carriole, pale e tanta buona volontà. In caso di maltempo l’evento si svolgerà lo stesso.
IL PICCOLO - VENERDI', 10 maggio 2013
CAMPAGNA INTERNAZIONALE - Adesione del Municipio
a“Commercioequo”
Oggi alle11.30 in Municipio si terrà la presentazione dell’ adesione del
Comune di Trieste alla Campagna internazionale “Commercioequo oltre il 2015–Fair
trade beyond”, che coinvolge enti, pubbliche amministrazioni e organizzazioni
della società civile.
Come evitare lo spreco alimentare - GIOVANI
IMPRENDITORI
Oggi la conferenza di Jacopo Muzina Il suo progetto ha già vinto un premio
“Non si butta via il cibo!” A risolvere il problema degli alimenti sprecati
quotidianamente nel mondo ci ha pensato Jacopo Muzina, giovane imprenditore
triestino: per non gettare via inutilmente i prodotti vicini alla scadenza, ha
creato www.LastMarketPrice.com, il primo sito internet social e-commerce
italiano per la spesa last minute di prodotti di tipo alimentare o per la casa,
di bevande e cosmesi, che sono vicini alla scadenza o che provengono da
rotazioni di magazzino; oppure merce impacchettata in confezioni danneggiate. Lo
slogan? “Così il consumatore risparmia e il pianeta è salvo”. Il progetto ha
vinto nel 2012 il premio “Ripartiamo dalle Idee”. Oggi a Venezia, in occasione
della “Digital week”, promossa dall’Università Cà Foscari, Muzina interverrà
alle 11 (Cà Giustinian de’ Vescovi, Dorsoduro 3246) all’evento “I-Food: il mondo
digitale visto dall’ottica food&beverage”.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 maggio 2013
Amianto alla Grandi Motori Il pm: manager da processare
Chiesto il rinvio a giudizio per omicidio colposo plurimo a carico di 4
dirigenti in carica tra il ’71 e il 2000.
L’inchiesta riguarda i decessi per mesotelioma di 8 ex
dipendenti
Sono soltanto i vertici della Grandi Motori ex Italcantieri - così sostiene
il pm Matteo Tripani, che ne ha chiesto il rinvio a giudizio - i responsabili
dei decessi di otto dipendenti, che avevano lavorato lì tra il 1971 e il 2000,
causati dall’esposizione all’amianto mentre costruivano i motori per le navi
nello stabilimento triestino. Conoscevano fin dagli anni Sessanta la
pericolosità dell’amianto e nulla hanno fatto per impedire che venisse
utilizzato, e neppure hanno informato i lavoratori sulla pericolosità per la
loro salute. Si tratta di Alberto Guglielmotti, residente a Torino, direttore
generale della Gmt tra il 1970 e il 1977, di Manlio Lippi, che risiede a
Monfalcone ed è stato dal 1977 al 1984 presidente e amministratore delegato
della società, di Enrico Bocchini, residente a Cesena e presidente del Cda di
Fincantieri dopo l'incorporazione della Gmt nella stessa (operazione datata
1984), e infine dell’ex presidente di Confindustria Trieste Corrado Antonini,
che dal 1984 in poi in Fincantieri ha ricoperto vari ruoli di vertice: direttore
generale e amministratore delegato prima e poi, dal 1994, presidente. Il
sostituto procuratore Tripani li accusa appunto, a vario titolo, di omicidio
colposo plurimo, ma anche di una serie di violazioni riguardanti la prevenzione
negli ambienti di lavoro. L’udienza davanti al gip Laura Barresi è stata fissata
per venerdì 24 maggio. In particolare il pm Tripani contesta ai quattro ex
dirigenti e manager di non aver adottato all’ epoca - nel periodo cioè fra il
1971 e il 2000 all’interno dello stabilimento di Bagnoli della Rosandra - le
misure utili a garantire la tutela della salute dei lavoratori e in particolare
quelle relative all’utilizzo delle mascherine con gli appositi filtri, alla
sistemazione dell’amianto in ambienti separati e alla dotazione negli ambienti
di lavoro di impianti fissi e mobili per l’aspirazione. Nell’indagine il pm si è
avvalso della consulenza del medico del lavoro Pietro Gino Barbieri, di Brescia,
e dell'igienista industriale Patrizia Legittimo, di Firenze, la cui opera si è
sommata a quella portata avanti parallelamente dall’Azienda sanitaria di Trieste
con il Dipartimento di prevenzione diretto da Valentino Patussi. La morte degli
otto lavoratori è avvenuta per mesotelioma pleurico, tumore che ha un tempo di
latenza molto lungo. Secondo il pm Tripani la loro malattia sarebbe derivata
proprio dall’esposizione all’ amianto e dai mancati accorgimenti di sicurezza
che invece i dirigenti del periodo 1971-2000 dello stabilimento - in qualità di
legali rappresentanti di Gmt fino al 1984 e di Fincantieri da lì in poi -
avrebbero dovuto garantire. L'inchiesta era partita sulla base di una
segnalazione dell'Azienda sanitaria.
Corrado Barbacini
Dal saldatore al carpentiere: morti di lavoro - NOMI E
MANSIONI
Otto morti per l’amianto, otto storie di sofferenza e di lavoro. Silvio
Ianderca, classe 1932, è morto nel 2008. Aveva lavorato all’officina. Giuseppe
Jugovaz era nato nel 1948. È morto nel 2006. Era saldatore. Dario Fano avrebbe
oggi 73 anni. L’amianto lo ha ucciso nel 2010. Lavorava come carpentiere. Lucio
Taboga, classe 1936, aveva prestato servizio anche lui nell’officina. È morto
nel 2011. E poi ancora altri due saldatori, Marcello Bembi e Aldo Melon. Uno
morto nel 2009, l’altro nel 2008. Infine Roberto Zanolla e Antonio Giurco,
entrambi classe 1927. Il primo aggiustatore, il secondo impiegato.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 maggio 2013
Test pedonali al via fra Viale e Barriera
Questo sabato e poi nel weekend del 18 e 19 maggio anticipazioni di Piano
del traffico condite da animazioni e iniziative
Marchigiani spiega: «In estate altre prove nel Borgo Teresiano»
Primo appuntamento nelle vie Crispi, Nordio, del Toro e San Zaccaria
Il centro cosiddetto di serie B al centro dell’attenzione cittadina. Le
prove di quella pedonalizzazione che sarà il fulcro del nuovo Piano del traffico
adottato la scorsa settimana dalla giunta comunale partono da quell’area, più o
meno compresa tra il viale XX settembre e largo Barriera, che negli ultimi
decenni è gradatamente scivolata fuori dagli itinerari dello shopping e della
movida. Per due sabati di fila, l’11 e il 18 maggio e per una domenica, il 19,
in quest’area verranno fatte le prime “prove di pedonalizzazione” accompagnate
da una serie di eventi e attività di animazione con lo scopo appunto di
rivitalizzare una zona da dove allo stesso Comune sono giunte segnalazioni di
negozi e locali in difficoltà. Il calendario delle chiusure e degli happening è
stato presentato ieri dall’assessore alla Mobilità e traffico Elena Marchigiani
che a margine ha ribadito che sarà proprio in quest’area, forse già prima del
prossimo autunno che partiranno le pedonalizzazioni definitive per estendersi
poi l’anno prossimo nella zona clou, quella di via Mazzini e corso Italia.
Dunque, sabato 11 dalle 10 alle 23 saranno pedonalizzate le vie Crispi, del
Toro, Nordio e San Zaccaria. Sabato 18 dalle 10 alle 23 e domenica 19 dalle 10
alle 19 sarà invece la volta delle vie Foschiatti, San Maurizio, Fonderia,
Sorgente, Erbette e largo Barriera. Per agevolare i lavori di pulizia a cura di
Acegas-Aps e l’allestimento delle varie iniziative lungo queste vie però la
chiusura al traffico dei veicoli e alla sosta scatterà già alle 8.30 di sabato
11 e rimarrà in vigore fino alle 23, mentre nel week-end successivo entrerà in
vigore alle 9 di sabato 18 maggio per proseguire senza soluzione di continuità
fino alle 19 di domenica 19. Molte le iniziative previste per favorire le
passeggiate e qualche acquisto. Sabato 11 in via Crispi dalle 10.30 alle 12
presentazione del corso BeneinBici e della rivista Bc-Amici della bicicletta a
cura di Ulisse Fiab, alle 12 in via del Toro aperitivo offerto dal ristorante
Menarosti. Sempre in via Nordio dalle 17 alle 19 “Nati per leggere”, letture con
i bambini a cura dell’area Cultura e sport del Comune e del laboratorio arte
floreale Bibidibobidibu e alle 19 aperitivo poetico offerto dai negozi di via
Nordio. Sabato 18 invece in largo Barriera dalle 10.30 alle 12 prima lezione
gratuita del corso BeneinBici a cura di Ulisse Fiab e della Polizia locale, alle
18 Flash-mob intermezzo da Il gabbiano di Anton Cechov a cura del Centro
universitario teatrale e dalle 17 alle 19 ancora “Nati per leggere”. Domenica 19
invece in largo Barriera, Campagna amica triestina: un mercatino agricolo a cura
della Coldiretti. In occasione delle prove di pedonalizzazione e in prospettiva
del nuovo Piano del traffico, Saba Italia ha varato tariffe agevolate per il
parcheggio dell’Ospedale maggiore. «I test di pedonalizzazione - ha annunciato
l’assessore Marchigiani - proseguiranno nel corso dell’estate spostandosi
nell’area del Borgo Teresiano e non soltanto in via Mazzini in occasione della
Notte bianca e della Notte dei saldi e poi a settembre in occasione della
Giornata della mobilità coinvolgeranno nuovamente largo Barriera oltre a via
Settefontane».
Silvio Maranzana
Il documento in commissione
Sul Piano del traffico che dovrebbe essere approvato dal Consiglio comunale
prima dell’estate sono state convocate una serie di sedute della Sesta
commissione consiliare dal suo presidente Mario Ravalico d’intesa con lo stesso
presidente del Consiglio comunale. Questo il calendario che è stato fissato:
lunedì 13 maggio il Piano verrà illustrato a partire dalle 9 nell’aula del
Consiglio comunale, mentre il giorno dopo sempre alle 9 e nella stessa sede
proseguirà l’illustrazione e vi sarà anche la discussione. L’esame delle
osservazioni verrà fatto nel corso di due sedute che si terranno nella sala
comunale di via Capitelli 8, mercoledì 15 alle 9 e venerdì 17 ancora alle 9. Le
due riunioni dedicate alle osservazioni si chiuderanno alle 11. Il presidente
Ravalico ricorda che «i 25 allegati costituenti parte integrante e sostanziale
della proposta di deliberazione sono disponibili nel supporto informatico
(cd-rom) che viene consegnato a ciascun componente della Commissione e a tutti i
capigruppo tramite le segreterie di maggioranza e di opposizione consiliare,
mentre le osservazioni vengono consegnate anche in forma cartacea».
Zanonato: «Trieste nelle aree di crisi»
«Trieste ha tutti i requisiti per venir inserita nel decreto del governo
sulle crisi di area industriale complessa». Lo ha ribadito il ministro dello
Sviluppo economico Flavio Zanonato ai 27 sindacalisti e operai triestini che
ieri a Roma hanno partecipato alla manifestazione nazionale dei lavoratori del
Gruppo Lucchini in amministrazione controllata da dicembre di cui fa parte anche
la Ferriera. Lo stesso Zanonato ha confermato la sua presenza a Trieste venerdì
pomeriggio per fare il punto sulla riconversione di Servola. Un corteo si è
snodato dietro lo striscione «Siderurgia sì! Sicurezza sì» contro il rischio di
chiusura degli stabilimenti di Piombino, Trieste, Condove (Torino) e Lecco. Una
delegazione unitaria di Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm ha incontrato alla Camera la
presidente Laura Boldrini che si è impegnata a sollecitare il governo ad aprire
entro giugno un tavolo di confronto con le imprese e i sindacati per il rilancio
del settore dell’acciaio utilizzando anche i fondi europei per produrre nel
rispetto dell’ambiente e della salute dei lavoratori. Lo ha detto il leader
della Fiom Maurizio Landini al termine dell’incontro avuto con Boldrini.
«Apprezziamo - sottolinea il segretario Fim-Cisl di Trieste Gorizia Umberto
Salvaneschi - l’impegno che Boldrini ha assunto di costituire quanto prima un
tavolo nazionale sulla siderurgia per rilanciare il comparto, salvaguardare e
creare nuova occupazione. Ora però crediamo che anche le istituzioni del
territorio, anche regionale, del Friuli Venezia Giulia debbano attivarsi per
recuperare il troppo tempo che si è perso su questa partita».
SEGNALAZIONI - ALTA VELOCITA' - Soluzioni europee
Nella nota “Porto Vecchio – La soluzione ferrovia” (segnalazione, 25 aprile) il signor Sergio Callegari ricorda tra l’altro una mia dichiarazione nella quale, a Suo dire, avrei auspicato “che le merci nella futura alta velocità passassero prima per Divaccia, poi per Capodistria, per arrivare infine a Trieste”. Assolutamente non era questo il senso della mia dichiarazione il cui contenuto, per corretta informazione, riporto qui di seguito. All’inizio del 2010 era stata proposta dallo staff di progettazione una nuova ipotesi di tracciato per la linea ferroviaria ad alta velocità/alta capacità genericamente definita Trieste-Divaccia. Il percorso ipotizzato da Villa Opicina prosegue per Divaccia e da lì raggiunge Capodistria; qui entravo nel merito proponendo che nel tratto verso Capodistria, lungo la valle del Risano, venisse realizzata una biforcazione che da un lato si dirigesse verso Capodistria e dall’altro rientrasse in Italia (in zona Rabuiese) per attestarsi nell’area del Porto nuovo. I principali risultati positivi di questa possibile soluzione consisterebbero nel collegamento di Trieste con la rete ad alta velocità/alta capacità, nell’eliminazione di lavori devastanti nel sottosuolo triestino, previsti nelle ipotesi precedenti e nella tutela della Val Rosandra che non verrebbe interessata in alcun modo dai lavori. All’eventuale obiezione che con questo tracciato le merci da e per il porto di Trieste dovrebbero percorrere un tratto in territorio sloveno, dico solo che le problematiche, anche di carattere tariffario, del momento attuale si affrontano e si risolvono in un quadro europeo, molto diverso dal contesto nel quale abbiamo vissuto in queste terre nel ventesimo secolo. Sarebbe molto pericoloso per il futuro di Trieste non rendersene conto.
Mario Ravalico consigliere comunale Pd
Multicultura Center - Conferenza sul verde e sugli orti comuni
Il Multicultura center organizza domani dalle 18.30 al suo Sportello ambiente di via XXX Ottobre un incontro pubblico sul tema degli orti comuni, dedicato a chi vuole un orto, lo vuole condividere, ama il verde e i prodotti naturali, e magari vuole coltivare da sè le verdure da portare in tavola. Per informazioni, telefonare al numero 338.2118453.
IL PICCOLO - MARTEDI', 7 maggio 2013
Ferriera, emissioni in calo «Servola meno inquinata»
L’assessore Laureni: «L’azienda ha rispettato le prescrizioni del sindaco
Gli abitanti in zona a rischio sono passati da oltre mille a qualche decina»
Erano più di mille appena un anno fa, adesso si sono ridotte a qualche
decina soltanto. Sono le persone esposte in modo pericoloso alle emissioni di
benzopirene dalla cokeria della Ferriera di Servola. «La Lucchini ha
effettivamente messo in atto quanto chiesto dall’ordinanza del sindaco il 12
ottobre con le nuove prescrizioni - ha annunciato ieri in una conferenza stampa
l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni - e l’area dove si verificano gli
sforamenti del tetto di un nanogrammo per metrocubo di benzopirene si è
fortemente ristretta nel giro di qualche mese: nei primi bimestri del 2012
comprendeva buona parte del rione di Servola e qualche zona di Valmaura
coinvolgendo anche più delle mille persone che avevamo stimato. Già da fine 2012
è limitata a un paio di case soltanto di via Pitacco». Per stimare l’area
“inquinata” l’Arpa (ieri presente con i tecnici Fulvio Daris e Fulvio Stel) ha
utilizzato la catena modellistica “Callmet-Callpuff” raccomandata dall’Agenzia
nazionale statunitense per l’ambiente. «Si evince - viene rilevato nella
relazione che l’Arpa in data 29 aprile ha inviato al Comune - come l’area con
concentrazioni uguali o superiori a un nanogrammo per metrocubo si sia
notevolmente ridotta passando dai primi quattro bimestri agli ultimi due. In
base alle informazioni attualmente disponibili, derivanti sia dalla rete di
monitoraggio che dalle simulazioni numeriche, questa riduzione nelle
concentrazioni sembra essere ascrivibile non solo a peculiarità meteorologiche,
quanto a un’effettiva riduzione delle emissioni derivanti dalla cokeria. In
particolare, il rapporto osservato tra le concentrazioni previste, con emissione
stimata costante per l’intero anno, e quelle osservate presso la stazione posta
a San Lorenzo in Selva risultano più che dimezzate passando dai primi quattro
bimestri agli ultimi due. Queste considerazioni sembrano confermate
dall’andamento delle concentrazioni di benzene, anch’esso inquinante emesso dai
processi industriali associati alla cokeria dello stabilimento siderurgico. Le
concentrazioni di benzene rilevate presso la stazione di San Lorenzo in Selva
hanno iniziato a diminuire in maniera sistematica a partire dalla seconda metà
del 2012 raggiungendo valori confrontabili con quelli del 2009 dopo due anni di
valori particolarmente elevati». A dire il vero, gli ultimi dati disponibili si
riferiscono a gennaio 2013. In via San Lorenzo in Selva la concentrazione di
benzopirene era effettivamente molto bassa (0,6), ma raggiungeva i 3,4
nanogrammi per metrocubo in via Pitacco.
Silvio Maranzana
Ma persistono incidenti e malessere della gente - LE
REAZIONI
La riduzione delle emissioni di benzopirene dalla cokeria non rende però
meno drammatica la questione dell’inquinamento legato alla Ferriera di Servola.
«Le lamentele degli abitanti continuano in maniera incessante - ha affermato
l’assessore Laureni - e in particolare le segnalazioni di malfunzionamenti e di
emissioni che vengono fatte alla polizia locale. E poi anche recentemente si
sono verificati eventi incidentali di una certa gravità». Di particolare allarme
quanto accaduto all’interno dello stabilimento il 24 aprile. Quel giorno si è
verificata una violenta deflagrazione in un elettrofiltro per la decatramazione
che si trova alla sommità di un silo all’interno della cokeria che ha mandato in
frantumi i vetri di alcuni fabbricati e ha provocato un botto uditosi in mezza
città. Solo per fortuna nessun operaio era in quel momento nei pressi. La
Lucchini ha dovuto inattivare il filtro con una procedura laboriosa e non priva
di qualche rischio e la Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta. «Si è
trattato di un evento imprevedibile? - ha chiesto retoricamente Laureni -. No,
era un’eventualità conosciuta e l’azienda doveva essere attrezzata per impedire
che si verificasse. Per questo persiste il timore che non venga tenuto al
massimo il livello delle manutenzioni e che, soprattutto in questa fase
travagliata della vita dell’azienda, vi siano possibili difficoltà gestionali
nello stabilimento». Eventi come questo, ma anche il fatto che le centraline
registrano la media delle emissioni al massimo nell’arco di una giornata e non i
picchi che si concentrano in pochi minuti, fanno sì che «nonostante il calo
delle emissioni - ha specificato l’assessore - la persistenza degli
imbrattamenti, dei cattivi odori e la situazione di frustrazione psicologica che
si è creata nel rione di Servola e non solo abbiano provocato negli abitanti una
situazione di disagio psicofisico che deve essere considerato come una reale
patologia». E lo hanno dimostrato anche due interventi nel corso della stessa
conferenza stampa di ieri. Il primo di Luigi Pastore, dipendente della Ferriera
oltre che sindacalista, che ha ribadito di essersi ammalato lavorandovi
all’interno «perché i primi a non vedere la propria salute tutelata - ha
ribadito - sono proprio gli operai». E poi quello di Alda Sancin, presidente
dell’associazione ambientalista “No smog”, che ha posto soprattutto un quesito:
«Chi controlla che l’azienda metta effettivamente in atto le prescrizioni
contenute nell’Autorizzazione integrata ambientale?». Laureni, che ha annunciato
che tra un mese il Comune emetterà altre prescrizioni da aggiungere all’Aia in
vigore e che scadrà nel febbraio 2014, ha ammesso che «i controlli pubblici per
il rispetto dell’Aia sono obiettivamente inefficaci». Anche Giorgio Cecco di
Fareambiente rileva che «i dati sul benzopirene non attenuano la preoccupazione
per la salute pubblica».
(s.m.)
Oggi sciopero nello stabilimento e manifestazione a
Roma
Otto ore di sciopero oggi alla Ferriera di Servola, indetto da Fim-Cisl,
Fiom-Cgil, Uilm e Failms, come conferma Franco Palman (foto) delle Rsu. «Il
futuro della Lucchini e della siderurgia italiana non può più attendere». Con
questo slogan anche una delegazione di lavoratori triestini parteciperà alla
manifestazione dei dipendenti del Gruppo Lucchini questa mattina a Roma. Dalle
10.30 a piazza Santi Apostoli si terrà un presidio e una rappresentanza
sindacale sarà ricevuta dal presidente della Camera, Laura Boldrini.
L’iniziativa, spiegano i sindacati in una nota, è stata assunta contro «lo
smantellamento della produzione di acciaio a ciclo integrale», per
«l’eco-innovazione dei processi e delle produzioni siderurgiche» e per «dare un
futuro» agli stabilimenti del Gruppo che ha stabilimenti, per l’appunto, a
Piombino, Trieste, Condove (Torino) e Lecco.
MUGGIA - I due comitati insieme contro le antenne
abusive
MUGGIA «Non è mai esistita una guerra tra rioni: la solidarietà nel
contrastare il proliferare di antenne abusive (e non) è perfettamente viva nei
due comitati, anche senza l'auspicio della giunta Nesladek». Il comitato
antiantenne di Santa Barbara fa chiarezza sulla situazione attuale e sui
progetti futuri per evitare che in tutto il territorio vengano installate nuove
antenne anche se attualmente “non c'è nessun accordo con il comitato di
Chiampore per la delocalizzazione delle antenne a Muggia”. Il comitato di Santa
Barbara ha sempre sostenuto e ribadisce la necessità di salvaguardare la salute
pubblica mediante «l’eliminazione degli impianti che superano i limiti di legge
con le loro emissioni, e non mediante la delocalizzazione degli impianti abusivi
e quelli più inquinanti in zone maggiormente isolate come affermato da Claudio
Poropat, uno dei referenti di Chiampore», spiega il Comitato. Allo stesso tempo
non vi è alcuno dubbio da parte del Comitato di Santa Barbara sulla necessità di
intervenire «urgentemente e decisamente su Chiampore, il più bel colle di
Muggia, ora rovinato sia esteticamente che sanitariamente». Ma per fare ciò si
ritiene che il problema «vada risolto e non semplicemente trasferito in altre
zone del territorio» senza tener conto delle loro peculiarità storiche,
naturalistiche e paesaggistiche. Oggi infatti si propone da parte di un ente
privato la realizzazione di un traliccio alto ben 30 metri su Monte Castellier
di Santa Barbara, nelle immediate vicinanze di un'area archeologica per la
valorizzazione della quale sono stati già investiti circa ben 600mila euro di
denaro pubblico che sono stati impiegati per consolidare la fruizione del sito
ai turisti scolaresche e semplici cittadini. Da qui i dubbi del Comitato di
Santa Barbara: «Quale insegnante vorrà mai tenere una lezione ai suoi alunni
sotto un traliccio di 30 metri incombente sulle loro teste? Quale sensazione
avranno i turisti? Di certo non quella di una politica coerente e di una grande
attenzione delle istituzioni preposte: se Muggia vuole dotarsi di prerogative
turistiche, non ci sembra questo il modo di dimostrarlo». Il Comitato di Santa
Barbara ha poi espresso la convinzione che sia molto difficili il controllo
dell'inquinamento da elettrosmog provocato dalle antenne sulla popolazione,
anche se le stesse vengono dislocate in zone isolate come preposto, a causa
della limitata estensione del territorio muggesano, unita all'alto tasso della
sua urbanizzazione. E poi la stoccata alle istituzioni: «Dispiace constatare
che, nonostante i numerosi rilevamenti effettuati dall'Arpa confermino
sforamenti nelle emissioni di antenne (oltretutto abusive), non vi sia tutt'oggi
un tangibile interessamento nè da parte della stessa, nè da parte dell'Ass del
territorio riguardo la salute dei cittadini: viene tristemente spontaneo pensare
che l'opinabile concetto della "pubblica utilità" di antenne prevalga sulla
salute degli abitanti». Insomma, «a stare tra due fuochi non è il Comune ma i
cittadini, costretti da interessi privati a subire decisioni che riguardano la
salute della collettività».
Riccardo Tosques
Incontro Orti Comuni a Trieste
Incontro pubblico presso lo Sportello ambiente del Multicultura center di via XXX Ottobre 8/a dalle 18.30, giovedì con ingresso libero. Il tema: Orti comuni a Trieste. L’incontro intende rispondere ai seguenti quesiti: hai un orto da condividere? Ti piace il verde? Ti piacciono i prodotti naturali? coltivare da te le verdure da portare a tavola.
Ogm, una risorsa fra mito e realtà
Morgante: «Si tratta di una tecnologia che non è stata presentata
correttamente al pubblico»
Possiede una solida esperienza sugli Ogm, costruita fra l’Italia e gli Stati
Uniti, dove ha vissuto molte delle polemiche sorte attorno alle modifiche
dell’ingegneria genetica. Direttore un gruppo di ricerca statunitense che ha
studiato approfonditamente il genoma del mais, oggi, Michele Morgante, ordinario
all’Università di Udine, guida un team di scienziati che studiano il genoma di
vite, pesco e agrumi. I primi prodotti agroalimentari geneticamente modificati
hanno iniziato a diffondersi più di 25 anni fa. Quali erano i sentimenti e le
aspettative dei ricercatori, all’epoca? Se vogliamo essere precisi, i primi
prodotti geneticamente modificati li ha fatti la natura stessa, riassortendo in
modo casuale i geni nelle piante. L’uomo, con la mutagenesi con radiazioni
ionizzanti prima e l’ingegneria genetica poi, ha velocizzato un processo che
continua ancora oggi a verificarsi spontaneamente. Quanto alle aspettative:
forse sono state eccessive, tanto è vero che – dopo 25 anni – non siamo riusciti
a modificare caratteri agronomici complessi come la resistenza alla siccità o la
maggiore produttività, ma solo caratteri semplici quali la tolleranza a un
erbicida o la resistenza a un insetto. Che cosa è cambiato, dunque, in questi
anni? Abbiamo più geni di un tempo, e abbiamo affinato le tecnologie di
laboratorio, eliminando la selezione con antibiotico che, giustamente,
preoccupava l’opinione pubblica. Ma in termini di prodotti effettivamente
disponibili non sono stati fatti passi da gigante. Qual è la differenza tra quel
che fa la natura quotidianamente riassortendo i geni a caso, e quel che fa
l’uomo in laboratorio? La natura è più fantasiosa dell’uomo e i genomi delle
piante sono assai dinamici e variabili. Il genoma del mais, per esempio, è un
esempio di innovazione, dal momento che questa pianta produce da sé, di
generazione in generazione, nuove proteine di fusione (ricombinanti). L’uomo,
quando modifica, procede con i piedi di piombo. Una virtù degli Ogm e un loro
limite. La virtù: oggi possiamo introdurre modifiche molto precise, e
controllare gli effetti sull’intero genoma. Il limite: è una tecnologia che non
è mai stata presentata correttamente al pubblico, ma sempre con argomenti di
parte. Gli Ogm sono una risorsa o l’ennesimo strumento di profitto per le
multinazionali? Direi che sono una risorsa per l’agricoltura del futuro. Non
possiamo pensare che si continui a coltivare come in passato.
Cristina Serra
Organismi viventi nati trent’anni fa in Europa
Il 19 maggio del 1983 sulla rivista “Nature” il primo articolo che
trattava l’argomento
Compiranno trent’anni il 19 maggio, e per celebrare questa data la rivista
Nature ha deciso di dedicar loro un numero monografico, ricco di dati, commenti
e informazioni storiche. Vale la pena ricordare che sono nati ufficialmente in
Europa: il primo articolo uscito su Nature (il 19 maggio 1983, appunto) in cui
si descrive la metodica usata per trasferire un gene chimerico, cioè misto, in
cellule vegetali è firmato da ricercatori belgi di Gent e tedeschi di Colonia.
Gli Ogm a uso agroalimentare, cioè gli organismi geneticamente modificati usati
in agricoltura, sono ormai più che adulti, sia per come si sono evolute le
tecnologie che li producono, che per le conoscenze emerse sui genomi in questi
decenni. E tuttavia sono ancora sospesi in un limbo etico, pur non essendo né
buoni, né cattivi. Il grande pubblico, infatti, ha ormai accolto del tutto le
biotecnologie a uso medico: le biotecnologie “buone” che producono farmaci come
l’insulina (approvata nel 1982 e oggi prodotta pressoché solo con l’ingegneria
genetica), antitumorali, vaccini e ormoni. Questo stesso pubblico continua,
invece, a essere profondamente diviso sulle biotecnologie vegetali, quelle
“cattive” che producono gli Ogm, dei quali teme gli effetti sulla salute e
sull’ambiente. Un Ogm, tanto per capirci, è un organismo vivente (vegetale o
animale) nel cui Dna è stato inserito un gene proveniente da un organismo
diverso (vegetale o animale), sì da far produrre al primo una nuova proteina, o
da far comparire una caratteristica prima assente. Inizialmente, e con una certa
ingenuità, gli scienziati si erano illusi di poter dotare a piacere ogni varietà
di pianta di caratteristiche diverse. Non è stato così, e a oggi sono
praticamente solo due i caratteri nuovi usati, caratteri piuttosto semplici
quali la tolleranza a un erbicida e la resistenza ad alcuni parassiti. Tuttavia,
la diffusione che gli Ogm hanno avuto dall’inizio della loro storia fa
riflettere: nel 2009, l’85 per cento del granturco coltivato negli Stati Uniti
era geneticamente modificato. Altrettanto valeva per il 90 per cento del cotone
prodotto in USA, Australia, Sud Africa. Mentre nel 2011, erano almeno 14,5 i
milioni di agricoltori che, in 25 paesi del mondo, coltivavano piante gm
(cotone, granturco, soia, una varietà di colza chiamata canola, alfalfa, papaia
e pochi altri). Da qualche anno, inoltre, anche in alcuni paesi africani un
numero sempre maggiore di contadini sta optando per le biotecnologie verdi (con
un incremento annuo medio del 12-18 per cento).
(cri.s)
Oggi al Revoltella di scena il genoma - l’incontro
“Ogm, tra mito e realtà”, è il primo incontro, domani alle 18 al Museo
Revoltella, del ciclo “Science & the City”. Ospite il docente all’Università di
Udine Michele Morgante. Noto a livello internazionale per le sue attività nel
campo delle biotecnologie agrarie, fondatore e direttore scientifico
dell’Istituto di genomica applicata, Morgante ha partecipato in prima linea al
progetto di sequenziamento del genoma della vite, e più recentemente del pesco e
degli agrumi. Con lui dialogherà con Vittorio Venturi dell’Icgeb, esperto di
modificazioni genetiche. A condurre l’incontro sarà la giornalista scientifica
Cristina Serra.
Nel catino di San Dorligo c’è anche il “sito inquinato”
della Siot - la lettera del giorno di Boris Gombac
Il rigassificatore non si farà perché in contrasto con lo sviluppo del
porto. Così hanno sentenziato Marina Monassi, presidente dell’Autorità portuale,
e Ulrike Andres, presidente e amministratore delegato della Siot nonché
presidente della Tal. D’un tratto hanno riscoperto la zona franca del porto di
Trieste e la possibilità di avere vantaggi tali da incrementare l’afflusso di
nuovi arrivi di petrolio con un cospicuo aumento di attracchi al molo petroli,
così da superare i 40 milioni di tonnellate annue, limite difficilmente
sostenibile per le attuali strutture. Una pensata speculare alla
cartolarizzazione inserita nei bilanci dello Stato a copertura di spese certe in
previsione di possibili futuri introiti... L’odore acre di zolfo che impregna
l’aria nel catino di San Dorligo della Valle per il direttore della Siot non
rappresenta un pericolo per la salute della cittadinanza, né tantomeno la
vicinanza dei serbatoi alle case e ai capannoni dell’adiacente zona industriale
e artigianale con la presenza di industrie alimentari – sempre più rare –
rappresenta un fattore di preoccupazione. L’installazione dei 32 serbatoi della
Siot era incompatibile con il territorio sin dall’inizio, come lo è
incompatibile oggi. Si profila pertanto la necessità di una loro riduzione, con
lo smantellamento iniziale di quelli ubicati vicino ai centri abitati di
Lacotisce e Mattonaia e alle arterie stradali, con una progressiva diminuzione
delle superfici operative che portino a una capacità di stoccaggio in funzione
dei sette serbatoi di Lentig-Ingolstadt, così da non confondere lo stoccaggio
con l’aggiotaggio. La presenza della Siot pone seri interrogativi sulla
necessità di bonificare il terreno alla luce delle riserve mondiali di greggio e
alle fonti energetiche alternative, e questo è compito degli attuali
amministratori ma ancor di più di coloro che il prossimo anno, con il rinnovo
del consiglio comunale, andranno a sostituire l’attuale giunta. Non vorremmo
trovarci fra trent’anni ad affrontare il problema delle bonifiche dei siti
inquinati con la Siot in chiusura. In quest’ottica, le dichiarazioni rilasciate
dalla signora Andres sull’operato della Siot nel rispetto dell’ambiente e a
garanzia dei massimi livelli di sicurezza andrebbero interpretate come impegno
della Tal a iniziare una seria programmazione di riduzione delle capacità
operative della tank farm, soprattutto per la sua ubicazione in un territorio
sempre più urbanizzato e accessibile solo dal lato mare. Tale realtà rappresenta
per la popolazione locale un pericolo pari alla presenza del rigassificatore nel
golfo di Muggia. L’impegno della Siot però non si ferma alle sole previsioni di
un futuro aumento del numero di attracchi delle petroliere nel golfo di Muggia
perché la società si è impegnata a garantire, a fronte degli aumenti relativi
alle tasse portuali e dei diritti marittimi, il mantenimento dei piani di
sviluppo dei traffici concernenti i prodotti petroliferi al fine di coprire
l’aumento degli stessi per 550 mila euro. Una solidarietà prorompente tra
imprenditori, un esempio di sinergie tra Autorità portuale e utenza, da esibire
quale modello di integrazione operativa che andrà verificato a fine anno, quando
lo spauracchio del rigassificatore sarà metabolizzato dall’opinione pubblica.
Insomma: siamo davanti a una gestione inaccettabile del porto franco, frutto di
scelte inadeguate e contraddittorie che potrebbero preludere a vanificare la
riesumazione dell’Allegato VIII del Trattato di pace di Parigi del 1947, garante
in materia di generale libertà di acceso, transito e uguaglianza di trattamento
nel godimento delle franchigie, soprattutto se certe scelte vanno a intaccare
l’approvvigionamento energetico alternativo.
IL PICCOLO - LUNEDI', 6 maggio 2013
Ferriera, dopo Orlando in campo Zanonato: «Assomiglia
all’Ilva»
Il neoministro allo Sviluppo economico è atteso qui venerdì e prospetta
un possibile inserimento tra le «crisi complesse»
Lo pensavano in molti. Da mesi. E lui, ora ministro, l’ha detto: «La
Ferriera di Trieste assomiglia all’Ilva per i vari problemi che la coinvolgono e
che sono gli stessi che si riscontrano a Piombino». Flavio Zanonato, nominato
dal premier Letta responsabile dello Sviluppo economico a Palazzo Chigi, con
ogni probabilità sarà a Trieste venerdì prossimo; manca solo la conferma. Lo ha
chiamato la nuova presidente della Regione Debora Serracchiani. Dopo aver
trascinato l’altro giorno in città il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando,
anche lui un volto inedito nell’esecutivo delle larghe intese, la governatrice
sta cercando di giocare questa carta anche con l’ormai ex sindaco di Padova. Che
Roberto Cosolini conosce bene, vista la partecipazione comune in AcegasAps. In
ballo qui, adesso, c’è un fatto di non poco conto: la possibilità di inserire lo
stabilimento siderurgico triestino nell’elenco nazionale delle “crisi
complesse”. Il precedente governo, in pratica, se n’era dimenticato. Ora per la
fabbrica della Lucchini si prospetterebbe una svolta: Zanonato si presenta a
Trieste paragonando la Ferriera all’Ilva. Con tutto ciò che ne potrebbbe
conseguire, in termini di responsabilità che Roma dovrebbe assumersi in vista di
un inserimento dell’area tra i casi più problematici che investono il Paese. Di
più: il ministro ha anche fatto sapere «di essersi sempre tenuto in contatto»,
in queste prime giornate da ministro, «con la presidente della Regione Friuli
Venezia Giulia Debora Serracchiani e con il sindaco di Trieste Roberto Cosolini
per capire quale possa essere lo sblocco della situazione. C’è il problema - ha
ricordato ancora Zanonato - di vedere se si riesce a riconoscere uno stato di
crisi complessa. Assomiglia all’Ilva - ha ribadito - e spero che lo sia negli
aspetti positivi e cioè che sia un’azienda produttiva». Una risposta potrebbe
arrivare proprio venerdì, con la vista del ministro. Ma l’aria (di cambiamento)
che tira a Servola e dintorni si era fatta sentire già sabato scorso con la
visita nel capoluogo del collega dell’Ambiente Andrea Orlando. A nemmeno
ventiquattr’ore dalla presentazione della nuova giunta, Serracchiani si era
presentata in Regione davanti ai giornalisti per chiedere al governo che sia
emanato «un provvedimento per inserire il sito (della Lucchini, ndr),
analogamente a quanto accaduto a Piombino, tra le crisi industriali». Al fianco
della presidente c’era proprio Orlando. Che aveva affermato: «Il modello di
Piombino è quello giusto e occorrerà trovare lo strumento normativo più
opportuno». Per poi aggiungere che «i problemi ambientali e quelli produttivi
non devono entrare in corto circuito». Per questo «agiamo nel rispetto delle
indicazioni del precedente ministro sul cronoprogramma per il risanamento». Il
ministro ha accolto la richiesta di Serracchiani sull’ipotesi di inserire la
Ferriera tra le crisi nazionali, dichiarando che la possibilità «va presa
seriamente in considerazione. Va deciso il rango normativo». Il pressing della
Regione e del Comune potrebbe portare a uno sblocco del caso Ferriera, sempre
più «simile» a quanto è accaduto a Taranto?
Gianpaolo Sarti
Cosolini lo aspetta: «È l’occasione per accelerare»
Cosolini nutre una certa attesa nella visita del ministro. «Sarà l’occasione per mettere a punto le procedure necessarie per le cosiddette aree di crisi complessa - spiega il sindaco - e credo che ne abbiamo tutti i titoli». Inoltre, aggiunge il primo cittadino, «vogliamo aggiornare il ministro sul fatto che siamo a buon punto per i contenuti dell’accordo di programma. Entro maggio vogliamo la convocazione congiunta con i ministeri di Sviluppo economico e Ambiente per definire il percorso dell’accordo». E davanti a una crisi «irreversibile, con il lavoro dell’ingegner Rosato riusciamo a evitare che scatti la logica dei due tempi: il risanamento e la riconversione, mentre noi creiamo appunto le condizioni affiché le attività si mettano subito in moto».
(g.s.)
Come assicurarsi un raccolto - Prima iniziativa del
circolo Decrescita nella campagna muggesana
MUGGIA La messa a dimora di 15 viti, l’accatastamento di legname, la
creazione di due bancali per il sinergico. È stato un fine settimana di lavoro
per il circolo della Decrescita Felice di Muggia riunitosi per dar vita
concretamente alla riscoperta del lavoro biologico e del contatto con la terra
attraverso il motto “Assicurati un raccolto”. La nascita di questo approccio
all’agricoltura risale al 2 Febbraio 2012, giorno in cui al Caffè del Teatro
“Verdi” si è costituito di fatto l'associazione di promozione sociale della
Decrescita Felice. Come previsto dallo statuto si è poi istituito un Gruppo di
Acquisto Solidale (Gas). Il lavoro da parte del team ha visto una crescente
attività orticola. Lo scorso aprile erano stati impiantati patate, fagioli,
piselli, cipolla e aglio a dimora. E anche qualche vite. Ma il Gas muggesano non
è soltanto agricoltura. Nell’oratorio Parrocchiale di San Giovanni recentemente
è stato allestito un Mercatino dei prodotti selezionati dai Gruppi di Acquisto
Solidale di Trieste e Muggia. In vendita scarpe, magliette, polo, sciarpe e
borse. In quel caso la cooperativa sociale Polis aveva effettuato una vendita
straordinaria di pane biologico, fatto con grano coltivato in regione. Tornando
ai corsi di orticoltura ecologica questi erano stati anticipati anche da lezioni
teoriche e pratiche. Tra le attività portate avanti si ricorda la distribuzione
delle arance in cui conoscere il produttore, «significa avere la tracciabilità
del prodotto perché il passaggio produttore-consumatore è diretto». Fondamentale
quindi «evitare passaggi intermedi, produttore - commerciante - grossista -
grande distribuzione organizzata» significa «poter acquistare al giusto prezzo
per chi ha lavorato la terra». L’operato del Gruppo di Acquisto Solidale ha
visto durante questi mesi un incremento dei propri affiliati e simpatizzanti con
una notevole presenza di under 18 che assieme ai propri genitori hanno
contribuito al lavoro della realizzazione della pergola dell’associazione. In
attesa a breve di vederne i frutti concreti.
Solidarietà, volontari in assemblea - TRIESTEALTRUISTA
Assemblea di TriesteAltruista alle 17.30 Info al 3355945470
Alle 17.30, nella sede dei soci di Banca Etica di via Donizetti 5, assemblea
ordinaria dell’associazione TriesteAltruista. Il 2012 ha visto i volontari di
TriesteAltruista impegnati a consolidare l’associazione a Trieste ed è riuscita
farsi conoscere attraverso i suoi progetti pubblicati sul sito e su Facebook.
Progetti che hanno coinvolto oltre 350 persone, dimostrando così che azioni
“altruiste” possono essere portate a termine anche da chi non ha molto tempo
libero. Anche l’anno 2013 dovrà essere un anno che vedrà l’associazione
impegnata a promuovere nuove iniziative che riescano a coinvolgere sempre più
cittadini e a moltiplicare nuovi progetti di “servizio”. L’invito va in
particolare ai soci fondatori e a chi aveva iniziato questa avventura e che per
motivi diversi non ha potuto partecipare più assiduamente alle attività ma che
in questa occasione può far reincontrare tutti, magari per una semplice
conclusiva bicchierata.
CURIOSITY ALTERBLOG - DOMENICA, 5 maggio 2013
LA SCONVOLGENTE VERITA’ SULLA RAFFINAZIONE DELLA FARINA BIANCA RAFFINATA
Se non hai mai sentito parlare di alimentazione
naturale, quello che leggerete potrebbe davvero sorprendervi, ed è probabile che
vada ad intaccare delle convinzioni profonde sul cibo che ci portiamo dietro
dalla nascita, e che la nostra tradizione italiana non ci aiuta di certo a
smussare.
Per farina bianca raffinata intendo la farina che abitualmente è presente
sulle nostre tavole sotto forma di pane, pasta e dolci.
Questo tipo di prodotto industriale che non ha quasi più niente di naturale è
stato privato di 2 parti fondamentali del seme del grano: La crusca all’esterno
ed il germe all’interno (l’embrione).
Una dieta basata principalmente su questo prodotto è la causa principale di
malnutrizione, costipazione, stanchezza e numerose malattie croniche.
Se ci pensi bene si tratta di un prodotto abbastanza recente, il pane comune
infatti fino a poco tempo fa esisteva esclusivamente in forma integrale.
Solo negli ultimi 50 – 60 anni è stato introdotto il pane bianco, simbolo di un
progresso economico e tecnologico che non ha tenuto conto della salute degli
esseri umani.
Un grano troppo impoverito
Negli anni ’50 inoltre il frumento è stato vittima di profonde trasformazioni
genetiche da parte dei più grandi agronomi italiani. La ricerca genetica, di un
frumento che garantisse grosse produzioni e resistentissimo agli eventi esterni,
ha creato un grano troppo impoverito, quasi completamente privo di sostanze
nutritive.
Farine arricchite
Addirittura sono nate delle farine arricchite proprio per soccorrere alla
mancanza di questi nutrienti. Quindi le grosse industrie di raffinazione del
grano aggiungono 4-5 vitamine e minerali inorganici, pensando così di compensare
le 15-20 o più sostanze che si trovano nella crusca e nel germe. (senza
considerare le fibre…)
Ma vediamo su cosa influisce il consumo eccessivo di farina bianca:
Più prodotti raffinati una persona mangia più insulina deve essere prodotta
dall’organismo.
L’insulina favorisce il deposito di grasso, il passaggio ad un rapido aumento di
peso e di trigliceridi elevati, che può portare a malattie cardiache. Nel tempo,
il pancreas diventa così carico di lavoro che la produzione di insulina si
blocca, e ipoglicemia (poco zucchero nel sangue) o diabete vengono a galla.
Non è un caso che il diabete sia una delle malattie più diffuse negli ultimi
decenni. Ci sono bambini che nascono già diabetici negli Usa a causa degli
errori alimentari dei loro genitori e in Italia la percentuale di celiachia e
intolleranza al glutine (presente nel frumento) cresce ogni anno del 10 %.
Inoltre la farina di grano raffinata è il combustibile che alimenta le infezioni
e gli alti livelli di zucchero nel sangue creando un terreno fertile per batteri
dannosi ed un conseguente indebolimento del sistema immunitario.
Ma non è tutto qui, purtroppo la situazione è anche peggio
Perché il colore del pane bianco è così bianco,
quando la farina di grano da cui è stato prelevato non lo è?
Il motivo è semplice: la farina usata per fare il pane bianco è sbiancata
chimicamente, proprio come quando usi la candeggina per sbiancare i tuoi
vestiti.
Così, quando mangi il pane bianco, mangi anche i residui chimici degli
sbiancanti.
I mulini industriali usano prodotti chimici differenti per lo sbiancamento, ma
sono tutti abbastanza nocivi.
Eccone alcuni: l’ossido di azoto, di cloro e nitrosyl e perossido di benzoile
miscelato con sali chimici vari.
Un agente sbiancante, l’ossido di cloro, combinato con le proteine qualunque
siano, ancora rimaste nella farina, produce allossana.
L’allossana è velenosa, ed è stata utilizzata per produrre il diabete in animali
da laboratorio. L’ossido di cloro serve anche ad allungare la durata di
conservazione della farina, ma non è propriamente salutare.
Inoltre, nel processo di produzione di farina bianca, la metà degli acidi grassi
insaturi, che sono ad alto valore alimentare, si perdono nel processo di
fresatura , e praticamente tutta la vitamina E è perduta con la rimozione di
germe di grano e crusca.
Come risultato, il resto della farina del pane bianco che si acquista, contiene
solo proteine di scarsa qualità e amido modificato.
Ma non è tutto per quanto riguarda la perdita di sostanze nutritive.
Circa il 50% di tutto il calcio, il 70% di fosforo, l’80% di ferro, il 98% di
magnesio, il 75% di manganese, il 50% di potassio, e il 65% del rame vengono
distrutti.
Se questo non fosse abbastanza grave, circa l’80% di tiamina, il 60% di
riboflavina, il 75% di niacina, il 50% di acido pantotenico, e circa il 50% di
piridossina sono inoltre persi.
E non è ancora finita…
Gli zuccheri semplici e i carboidrati raffinati (farina bianca, pasta, lavorati,
cibi devitalizzati, etc..) richiedono poco metabolismo ed entrano nel flusso
sanguigno rapidamente.
improvviso aumento di zuccher
Il pancreas, l’organo che regola la quantità di insulina che viene rilasciata
nel sangue, è indaffarato dall’ improvviso aumento di zuccheri.
Il risultato di tutto questo è una forte diminuzione della glicemia (solitamente
entro un’ora), e una conseguente sensazione di letargia, confusione mentale,
debolezza e senso falso di “fame!
Tutti questi problemi portano una forte acidità
che considero una delle cause principali di ogni malattia.
Come se non bastasse, questo fa in modo che lo zucchero causi l’aumento di peso,
non solo a causa del suo innaturale contenuto calorico, ma in realtà perché
altera il metabolismo!
Che cosa significa ciò?
Ecco cosa significa: se due gruppi di persone sono alimentate con lo stesso
numero esatto di calorie, ma un gruppo prende le sue calorie dello zucchero e da
prodotti raffinati, mentre l’altro gruppo consuma le calorie sotto forma di
cereali integrali, frutta e verdure, il primo gruppo aumenta di peso, mentre
l’altro no.
Questa constatazione ci viene da studi pubblicati da parte del Ministero della
Salute degli USA
Farina bianca ”arricchita”
Come abbiamo visto quindi poche sostanze nutritive sintetiche sono aggiunte
nuovamente alla farina bianca che viene poi chiamata “arricchita”.
In realtà non c’è stato alcun reale “arricchimento” del prodotto originale, ma
l’inganno e la distruzione della vita di una delle tante creazioni perfette che
troviamo in natura.
I ratti di laboratorio di solito muoiono in una settimana-dieci giorni,
quando sottoposti ad una dieta a farina bianca raffinata.
Ultimo avvertimento:
Falsi cereali integrali
Non lasciarti ingannare da prodotti che vengono pubblicizzati come cereali
integrali, ma effettivamente non lo sono. Possono avere una qualche quantità di
cereali integrali all’interno, ma ci possono essere un sacco di altri
ingredienti inutili e malsani.
Per esempio, se il pane è morbido, è molto difficile che sia davvero integrale.
Assicurati di leggere tutti gli ingredienti con cura su tutti i prodotti che
compri.
Se hai ancora la tendenza a mangiare cereali, acquista soprattutto cereali
integrali in chicchi, ce ne sono di innumerevoli qualità e tutti buonissimi.
da altrainformazione.it
IL PICCOLO - DOMENICA, 5 maggio 2013
Rifiuti, senza il porta a porta la differenziata rimane
un flop
L’INTERVENTO DI LUCIA SIROCCO - presidente Circolo Verdazzurro
Legambiente - Trieste
Ragioniamo sui dati della raccolta differenziata. Dunque: nel 2010 il
20,09%, nel 2011 il 24,05, nel 2012 il 28,72 e nei primi tre mesi del 2013 il
29,31%. In questi numeri - divulgati di recente sui media - il drammatico flop
della raccolta differenziata dei rifiuti urbani a Trieste. Mentre a Padova, dove
il servizio di raccolta e smaltimento è gestito da Acegas-Aps come a Trieste, si
arriva al 45% e al 75% dov’è attiva la raccolta porta a porta. Imbarazzante
soprattutto il confronto con il resto del Friuli Venezia Giulia: nel 2011, come
si evince dai dati dell’Arpa, la raccolta differenziata in provincia di Gorizia
raggiungeva il 59,51%, il 59,89 in quella di Udine, il 73,95 in quella di
Pordenone. Media regionale: 55,80%, bassa proprio per colpa di Trieste… Ma se
nelle altre province della Regione le cose vanno molto meglio, non dipenderà
forse anche dal fatto che lì non ci sono inceneritori? È utile inoltre ricordare
che l’obiettivo minimo di raccolta differenziata, prescritto dalle direttive
europee, è (ormai era...) il 65%, da raggiungere entro la fine del 2012!
Stupisce dunque un pochino, di fronte all’eloquenza dei numeri, l’affermazione
dell’assessore comunale all’Ambiente Laureni riportata dalla stampa, secondo cui
nel flop della raccolta differenziata a Trieste «non ci sono colpe specifiche
del Comune o dell’Acegas». Ma di chi sarebbero allora, di grazia, le colpe?
Ricordando che di Acegas, oltretutto, il Comune di Trieste è da sempre
l’azionista di maggioranza, cioè il padrone? Sembra si tenti di scaricare le
responsabilità del clamoroso e imbarazzante fallimento su non meglio precisati
deficit di informazione e sulla pigrizia dei cittadini. Il Comune, con notevole
battage mediatico, aveva peraltro stabilito severe sanzioni pecuniarie (da 150 a
500 euro) a carico di chi smaltisce scorrettamente e non differenzia i rifiuti:
quante multe sono state effettivamente comminate? Esiste davvero un sistema di
controllo che permetta di individuare i trasgressori? Oppure tutto si risolve
alla maniera delle grida manzoniane ? Va rimarcato il fatto che solo con una
seria raccolta differenziata anche della frazione organica (l’umido, insomma)
dei rifiuti urbani, gli obiettivi prescritti dalle norme possono essere
raggiunti. Questa frazione, composta in gran parte di acqua, pesa infatti per
circa il 40% sul totale dei rifiuti. E del resto è alquanto irrazionale che
anche l’umido finisca nell’inceneritore, il quale si ritrova così a “bruciare”
l’acqua! Legambiente lo segnala da molti anni e del resto i dati di cui abbiamo
parlato prima sui risultati raggiunti nelle altre province, lo dimostrano.
Basterebbe copiare. Come basterebbe copiare il metodo della raccolta porta a
porta, anche questo propugnato da anni dalla nostra associazione e adottato con
successo in moltissime realtà del Friuli Venezia Giulia e del resto d’Italia,
senza incaponirsi con le sole isole ecologiche, il cui fallimento è sotto gli
occhi di tutti. Poi, certo, anche serie campagne informative, l’applicazione
(reale, però...) di sanzioni, sono utili e anzi indispensabili a raggiungere gli
obiettivi europei. Come indispensabile, anzi doverosa, appare l’adozione di una
tariffa anch’essa “differenziata”, per premiare chi produce meno rifiuti e li
differenzia correttamente, e penalizzi invece chi non lo fa: utopia? A Trieste
sembrerebbe di sì. Se ai tempi dell’amministrazione Dipiazza, pervicacemente
ostile alla raccolta differenziata, le sollecitazioni degli ambientalisti
cadevano sistematicamente nel vuoto, con la nuova amministrazione (in carica
ormai da due anni) ci si attendeva un atteggiamento diverso. Che invece, alla
prova dei fatti, finora non c’è stato. Non è troppo tardi, però, per rimediare.
Proponiamo perciò al sindaco e all’assessore competente di aprire un confronto
serio, riunendo attorno a un tavolo i soggetti interessati (Acegas-Aps,
associazioni ambientaliste, categorie economiche) con l’obiettivo di stilare un
programma concreto che consenta di raggiungere gli obiettivi di raccolta
differenziata previsti dalle direttive europee. Niente di stratosferico.
Basterebbe copiare i buoni esempi di altre città, con orografia comparabile alla
nostra.
Il valore del Boschetto nelle pagine di un libro
Presentato in Comune un volume che ha lo scopo di far riscoprire ai
triestini gli spazi verdi
Un volume agile e ricco di cenni storici e di dettagliate schede su tutte le
principali “presenze” botaniche, ma anche di importanti richiami alla fauna,
nonché corredato di piantine e di descrizioni di percorsi e sentieri dei due più
preziosi polmoni verdi che Trieste possiede pur in ambito urbano e a pochi passi
dalla città: tutto questo c’è nelle oltre 100 pagine – fresche di stampa – della
pubblicazione “Civico Orto Botanico e Bosco Farneto – Percorsi naturalistici”,
edita con i contributi del Comune di Trieste e del Comitato promotore delle
Giornate dell’Agricoltura, pesca e forestazione, e coordinata dalla naturalista
e medico per l'ambiente, Tiziana Cimolino. Il volume è stato presentato in
Municipio dall’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, autore anche di una
“intensa” e personalissima prefazione, il vicesindaco di Dolina-San Dorligo
della Valle Antonio Ghersinich in rappresentanza del Comitato promotore delle
Giornate dell’Agricoltura con il direttore tecnico Gaia Tamaro, la coordinatrice
del progetto Tiziana Cimolino, Nicola Bressi direttore dei Civici musei
scientifici di Trieste, Fabio Tercovich del Centro didattico naturalistico di
Basovizza del Corpo forestale regionale e da rappresentanti di Legambiente,
Bioest e della Pro Loco di San Giovanni-Cologna che hanno collaborato per la
riuscita dell’iniziativa. L’obiettivo di questo libro è di far riscoprire a
tutti i cittadini l'Orto Botanico e il Bosco Farneto (più comunemente noto come
“Boschetto”), spazi verdi urbani che rappresentano per molti cittadini l'unica
occasione per venir a contatto con la natura. Spazi che per la loro peculiarità
e unicità devono essere tutelati e rispettati, ma prima di tutto conosciuti e
amati. Oltre all’aspetto di ricerca e classificazione sistematica, l’Orto
Botanico assume anche il ruolo di conservazione, coltivazione e riproduzione di
piante officinali, tessili e alimentari, varietà orticole locali, flora
spontanea ed endemica, piante acquatiche e palustri, piante succulente. Il parco
urbano si estende per circa 100 ettari (di cui 80 oggi risanati). «Il volume -
ha detto Laureni - sarà divulgato nelle scuole, e poi nelle sedi museali e fra
le associazioni naturalistiche e ambientalistiche cittadine che potranno anche
utilizzarlo come utilissimo supporto alle loro attività. Intendiamo anche
trarne, appena possibile, una seconda edizione e, nel frattempo e quanto prima,
pubblicarne i testi anche nella Retecivica del Comune affinchè siano accessibili
a tutti».
Orlando stoppa Berlusconi e porta la Ferriera a Roma
Il titolare dell’Ambiente: «Il Cav abbia il senso della misura sulla
Convenzione» E poi promette di inserire Servola nell’elenco nazionale delle
crisi complesse
TRIESTE Da Palazzo Chigi un altro no alla nomina di Berlusconi alla
presidenza della Convenzione per le riforme. L’altolà è del ministro
dell’Ambiente Andrea Orlando, primo esponente del nuovo governo Letta ad
approdare in Friuli Venezia Giulia per affrontare tutta una serie di annose
questioni, già in cima all’agenda della neo presidente della Regione Debora
Serracchiani. Dal «caso» Trieste, con i nodi rigassificatore, Ferriera e Porto
oltre che i progetti sulla centrale di Krško, alla vicenda della Caffaro. La
governatrice, a pochi giorni dal sua elezione e a nemmeno ventiquattr’ore dalla
nomina della giunta, ha strappato la prima promessa a Roma: inserire lo
stabilimento siderurgico della Lucchini nell’elenco nazionale delle crisi
complesse. Ancora in stand-by il piano regolatore del Porto. Il no al Cav La
giornata del ministro comincia con l’appuntamento nel palazzo del Governo dal
prefetto Garufi. Orlando è accompagnato da Serracchiani che si porta appresso
buona parte del suo nuovo esecutivo e parlamentari eletti in Fvg, oltre che i
sindaci di Trieste e Muggia, Cosolini e Nesladek, la presidente della Provincia
Poropat, la presidente dell’Autorità portuale Monassi, il commissario
straordinario del Gruppo Lucchini, Nardi, e sindacati. Una prima visita
ufficiale per la giunta che culmina con la conferenza stampa di rito e le
dichiarazioni sull’ipotesi di affidare all’ex premier Berlusconi la presidenza
per la Convenzione delle riforme. «È importante che ognuno abbia il senso della
misura - commenta l’esponente del governo Letta - alcune proposte non
corrispondono all’esigenza di una pacificazione». Una doccia fredda che segue lo
stop di Renzi e Fassina. «È una scelta che competete al Parlamento - chiarisce
Orlando, augurandosi che l’organismo suggerito dai saggi incaricati da
Napolitano «sia guidato da una persona in grado di unire le forze politiche». La
centrale di Krško Se sul nucleare il ministro ricorda «che c’è già stato un
referendum», Serracchiani coglie la palla al balzo per ribadire la posizione
contraria della Regione a un progetto di raddoppio della centrale slovena di
Krško: «Non se ne parla». La saga rigassificatore e Porto Il ministro conferma
la sospensione delle procedure per il rigassificatore nel golfo di Trieste, «un
atto doveroso», già comunicata dall’ex ministro Clini pochi giorni fa. Anche
perché «sarà difficile trovare un equilibrio» tra le esigenze di
approvvigionamento energetico e quelle portuali della città. «In un corridoio
come quello di Trieste non ci può passare di tutto, bisogna decidere», afferma
il ministro. Tuttavia «le decisioni non vanno prese separatamente ma costruite
attorno ad un tavolo con gli altri Paesi interessati». Ma, ripete la
governatrice, «questo è un mare nel quale bisogna implementare la portualità».
Entro l’estate il ministro ritornerà nel capoluogo per coinvolgere nelle scelte
Regione e Paesi dell’Alto Adriatico. Tutto fermo sul fronte del Porto. «Il piano
regolatore è ancora in fase istruttoria - spiega in conferenza stampa un
funzionario del ministro - l’Autorità portuale deve inviarci altre integrazioni
per la definizione totale di impatto e rapporto ambientale». Ferriera crisi
nazionale «Il modello di Piombino è quello giusto e occorrerà trovare lo
strumento normativo più opportuno», osserva Orlando. Ma i problemi ambientali e
quelli produttivi «non devono entrare in corto circuito». Per questo «agiamo nel
rispetto delle indicazioni del precedente ministro sul cronoprogramma per il
risanamento». La Regione ha chiesto al ministro Orlando e al ministro per lo
Sviluppo economico Zanonanto (che sarà in Fvg nei prossimi giorni), che sia
emanato un provvedimento per inserire il sito, analogamente a quanto accaduto a
Piombino, tra le «crisi industriali». Orlando dichiara che la richiesta «va
presa seriamente in considerazione. Va deciso il rango normativo». La Caffaro La
bonifica del sito inquinato di Torviscosa, che ha coniugato «risanamento
dell’ambiente e rilancio produttivo e dell’ occupazione, è una delle pochissime
amministrazioni straordinarie conclusasi con successo: un caso che qualifica una
regione virtuosa come il Fvg». È il giudizio condiviso da Serracchiani e Orlando
al termine del sopralluogo alla Caffaro con la visita dell’area su cui sorgerà
un nuovo impianto per la produzione di cloro-soda su iniziativa di Halo Industry,
società nata da Bracco, Gruppo Bertolini e Friulia. La presidente e il ministro
confermano «il massimo impegno» per completare le ultime procedure ambientali
mancanti necessarie alla costruzione del nuovo impianto.
Gianpaolo Sarti
Decisioni «condivise» sul rigassificatore nel golfo. Il
porto di Trieste resta in stand by - I nodi
La Regione sollecita il governo a inserire la Ferriera tra le crisi
industriali nazionali. «La richiesta va presa seriamente in considerazione. Va
deciso il rango normativo», dichiara Orlando. Orlando conferma la sospensione
delle procedure per il rigassificatore nel golfo di Trieste, tuttavia ritiene
che le decisioni vadano condivise « con gli altri Paesi interessati». Porto
ancora in stand-by. «Il piano regolatore è in fase istruttoria - spiega un
funzionario ministeriale - l’Authority e deve inviare altre integrazioni
ambientali». Serracchiani e Orlando confermano l’impegno a completare le
procedure ambientali necessarie alla costruzione del nuovo impianto di
cloro-soda alla Caffaro.
Diecimila in piazza: stop alle auto - CORTEO A MILANO -
Maxi manifestazione di cittadini per una nuova mobilità urbana
MILANO Sono più di diecimila le persone che ieri pomeriggio hanno preso
parte alla manifestazione «L’Italia cambia strada», promossa da una rete di
associazioni riunite sotto la sigla «Mobilità nuova». L’invito al corteo,
partito dalla Stazione centrale, hanno aderito migliaia di cittadini decisi a
imprimere una svolta. Pedoni, pendolari e ciclisti hanno sfilato in corteo fino
a piazza del Duomo per protestare contro il dominio delle auto. Presente anche
il neosottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti Erasmo D’Angelis, che
ha scelto la manifestazione per il suo debutto. In occasione dell’evento è
iniziata anche la raccolta firme per una legge di iniziativa popolare che
vincoli almeno tre quarti delle risorse statali e locali diponibili per il
settore trasporti a opere pubbliche che favoriscano lo sviluppo del trasporto
collettivo e individuale non motorizzato. «Oggi - si legge nel comunicato
diffuso dalla Rete per la Mobilità nuova, «il 75% delle risorse pubbliche del
settore vengono impiegate per soddisfare il 2,8% della domanda di mobilità
(questa è infatti la quota di spostamenti quotidiani superiori ai 50
chilometri)». Agli interventi nelle aree urbane, al pendolarismo, al trasporto
pubblico locale, alla ciclabilità e al trasporto individuale non motorizzato
«vengono lasciate le briciole». La Rete per la Mobilità nuova riunisce 150
associazioni, tra cui Libera, Slow Food, Legambiente, Touring club italiano,
Coldiretti, Salvaiciclisti, Fiab, Uisp e Genitori anti smog.
IL PICCOLO - SABATO, 4 maggio 2013
LEGAMBIENTE - «Amore per le bici e trasporto pubblico
in calo pure in città»
Trasporto pubblico al palo anche a Trieste, almeno stando alla “fotografia”
delle eco-performance delle città scattata da Legambiente con l’indagine
“Ecosistema Urbano”. Che mostra un Paese fortemente indietro nel trasformare le
sue città in “Smart City”: poche isole pedonali e piste ciclabili in crescita ma
ancora lontane anni luce dagli standard europei, nonostante la ritrovata
passione degli italiani per le due ruote. «La mobilità alternativa nel Belpaese
- affermano gli ambientalisti - si scontra con disservizi e carenze
infrastrutturali. Il risultato è il crescente ricorso all’auto che inquina
l’aria dei centri urbani». Dalla ricerca, giunta alla 20.a edizione, emerge un
trasporto pubblico che non decolla e anzi perde passeggeri, con 83 viaggi
all’anno per abitante fatti sugli autobus nel 2011 contro i 97 del 1994. Tra le
grandi città, se Roma nel 2003 vantava 499 viaggi per abitante all’anno, oggi
arriva appena a 519 viaggi. Così come Milano, che da 404 viaggi del 2003 si
attesta a 456. Il trend è addirittura in calo a Catania, Palermo e Trieste,
mentre migliorano Firenze e Padova. La conseguenza è il maggiore ricorso
all’auto, anche se sul fronte delle polveri sottili il quadro non è a tinte
fosche.
Pronto il piano che fotografa l’inquinamento
Il passaggio in giunta comunale a metà mese. Per la prima volta definite
quantità e responsabilità
Non abbiamo speranze concrete per la Ferriera, ma avremo un piano-città
contro l’inquinamento che per la prima volta rende noti, e mette nel mirino, i
distinti inquinamenti industriali (e non solo) di Trieste. È il lavoro che
l’assessore all’Ambiente, Umberto Laureni, assieme all’Arpa e all’Azienda
sanitaria, ha fatto nell’arco di 10 mesi, da quando nel maggio 2012 promosse la
prima conferenza su “Come sta Trieste?”. Molti esperti tecnici e sanitari vi
parteciparono e dissero cose anche mai sentite, e perfino assai allarmanti: per
esempio, furono sciorinate notizie niente affatto rassicuranti sulle conseguenze
per la salute dei cittadini a carico dei vari agenti inquinanti di cui è
accertata la presenza a Trieste. Il piano, che diventerà una delibera di Giunta
a metà mese, «definisce tutte le azioni da adottare da parte
dell’amministrazione - spiega Laureni -, a partire naturalmente dai disegni
maggiori, il Piano regolatore e il Piano del traffico, dove sono già inserite
misure concrete per accentuare i processi di pedonalizzazione e facilitare l’uso
alternativo delle biciclette». Ma la vera novità sarà che per la prima volta,
sulla scorta del “Piano dell’aria” realizzato dall’Arpa, verranno rese note le
quantità di “sporco” che producono sia le aziende ciascuna per la sua parte, e
sia il traffico di automobili, il riscaldamento, e gli altri agenti di
emissione. Non solo la Ferriera. Inoltre questo documento di programmazione
prenderà impegni circa l’inquinamento acustico urbano e l’inquinamento da
antenne. «Vogliamo normare in modo serio la grande partita dell’inquinamento
atmosferico» dice l’assessore. Per adesso però non rende noti in anticipo i
contenuti di questo indice di capitoli, perché aspetta, per ufficializzarli, che
il documento intero venga approvato dalla Giunta comunale. Contenendo
provvedimenti di natura tecnica, «potrebbe bastare una delibera di Giunta senza
che diventi una delibera di Consiglio comunale». E assessori e sindaco si
prevede che possano affrontare l’argomento o nella seduta del 13 maggio o in
quella successiva del 17.
(g. z.)
Lotta ai cinghiali: la Provincia propone reti e recinti
- DANNI AD AGRICOLTORI E ALLEVATORI DEL CARSO
TRIESTE Quasi un migliaio di capi abbattuti in tutta la provincia nel 2012,
il doppio rispetto l’anno precedente. Eppure i cinghiali continuano a
imperversare da Duino sino al Breg sandorlighese. A rimetterci agricoltori ed
allevatori. «Sulla questione si discute tanto, ma nessuno riesce a trovare il
bandolo della matassa. L’anno scorso – afferma Benjamin Zidarich, viticoltore di
Prepotto – mi hanno ripulito diverse vigne. In un ettaro vitato, ho raccolto
solo quattro cassette d’uva. E non li fermi nemmeno con recinzioni o muretti. E’
un problema serio che si somma alle altre difficoltà quotidiane che siamo
chiamati a affrontare, dalla siccità al mercato in sofferenza. Qualcuno deve
prendersene carico». Dall’altra parte della provincia la situazione non è
diversa. «Scavano tra gli olivi buche di mezzo metro – spiega Rado Kocjancic – e
arrivano addirittura a divellere alcune piante. L’anno scorso ho provato a
contenerli con il “pastore elettrico” (recinzioni per animali elettriche), ma
senza risultato. Potrebbe essere una soluzione predisporre delle reti di tipo
edilizio, ma vi sono contro indicazioni dal punto di vista paesaggistico». «Ho
rinunciato a denunciare i danni subiti – afferma Andrej Ferfoglia, viticoltore e
operatore agrituristico dell’alta collina roianese – visto che i risarcimenti
sono irrisori. Sicuramente diversi cinghiali sono stati abbattuti dalla guardie
provinciali, ma i piani in deroga non sono stati sufficienti». «Il problema c’è
– interviene per la Coldiretti il direttore provinciale Ivo Bozzato – e
specialmente nel comprensorio triestino si fa sentire con particolare
insistenza. Nonostante gli abbattimenti, la popolazione di cinghiali appare
consistente e agguerrita. Nella provincia di Gorizia si è cercato di porre
rimedio chiedendo all’Ispra di permettere la caccia a tutte le ore del giorno e
della notte così come da tempo si pratica nella vicina Slovenia». «Stiamo
monitorando con grande attenzione questa criticità – afferma Igor Dolenc
assessore all’Agricoltura – concordando con le amministrazioni comunali di
lavorare sulla prevenzione. Che in spiccioli significa la posa in opera di
dissuasori, reti e recinti per respingere questi animali. Da anni poi segnaliamo
la necessità che la Regione predisponga finalmente un Piano Faunistico che ponga
obiettivi e misure, uno strumento fondamentale per definire la gestione della
fauna selvatica».
Maurizio Lozei
La pulizia di Muggia inizia da Porto San Rocco
Domani l’iniziativa del Comune : all’opera i volontari che raccoglieranno
i rifiuti a terra e lungo la costa
MUGGIA Una domenica al servizio della propria città, da volontari, per
migliorarne l’aspetto e la vivibilità, a beneficio dell’intera comunità. Il
Comune di Muggia ha lanciato un’iniziativa che sta già raccogliendo consensi e
adesioni: “Puliamo Muggia”, in programma domani domenica, sarà un’azione
collettiva “simbolica, ma anche estremamente concreta, mirata a promuovere
l’attenzione verso il proprio territorio”. Il lavoro a terra sarà accompagnato
da un’azione “a mare”, e precisamente una pulizia sottocosta del lungomare
muggesano. La giornata avrà inizio alle 9 a Porto San Rocco, punto di ritrovo
dei volontari che saranno poi distribuiti nelle diverse aree di intervento,
sotto il coordinamento della squadra rivierasca della Protezione civile. Attorno
alle 13.30 si concluderà la pulizia a terra, con l’organizzazione del trasporto
dei rifiuti raccolti negli appositi contenitori forniti da Italspurghi Ecologia,
società che gestisce il servizio di nettezza urbana a Muggia. All’opera di
sensibilizzazione della cittadinanza al rispetto dell’ambiente, per quanto
riguarda l’abbandono dei rifiuti nelle acque, parteciperanno una decina di
subacquei coordinati dall’Asd Scuba Tortuga di Muggia, realtà che ha già
collaborato alla pulizia dei fondali del Canale Ponterosso, a Trieste. Il gruppo
sarà costituito in maggioranza dagli allievi agenti della Scuola di polizia “V.
Raiola”, che concluderanno il proprio corso con un’immersione decisamente unica
nel suo genere. «La mobilitazione per “Puliamo Muggia”– commenta l’assessore
alla cura e alla promozione della città, Stefano Decolle – non può prescindere
dalla responsabilizzazione di ciascuno di noi nella quotidianità. Nella giornata
di domenica ci occuperemo principalmente delle zone a mare, attraverso gesti
concreti che favoriscano la valorizzazione della costa, ma l’impegno vero è
quello che si esprime tutti i giorni nel preoccuparsi del proprio ambiente». «Ci
auguriamo un’ampia partecipazione dei cittadini, che rafforzi un messaggio
condiviso di tutela del territorio, per una città pulita che non accetta gesti
di inciviltà», è l’appello di Decolle. Il pensiero, in questo caso, corre ai
recenti episodi di abbandono di mobili e oggetti inutilizzati nei pressi di
cassonetti delle immondizie. A tal proposito, piazza Marconi ricorda che esiste
un servizio di smaltimento dei rifiuti ingombranti a domicilio. “Puliamo Muggia”
avrà un seguito l’11 maggio, quando l’associazione Acat sistemerà i bordi della
Parenzana nel tratto vicino al confine di Rabuiese. La propria partecipazione si
può comunicare all’Ufficio relazioni con il pubblico oppure alla Consulta
Giovani del Comune di Muggia.
Davide Ciullo
IL PICCOLO - VENERDI', 3 maggio 2013
SEGNALAZIONI - Rigassificatore Nessuno dorma
Trieste dovrebbe dormire sogni tranquilli: il ministro dell’Ambiente Clini, qualche giorno prima di passare la mano, ha scoperto l’esistenza delle direttive internazionali Imo sulla sicurezza del traffico marittimo in prossimità di rigassificatori e, coerentemente, ha bloccato il rilascio della Via per il rigassificatore. Ma se le direttive Imo, secondo il ministro, hanno (avrebbero) impatti significativi sul traffico portuale di Trieste nel caso dell’impianto off-shore, non si capisce come non possano non averli nel caso dell’impianto di Zaule che pure ha ottenuto la Via dallo stesso ministero. Si dirà che il ministro ha provvisoriamente sospeso la Via rilasciato al progetto di Zaule, ma è difficile immaginare quale sostanziale modifica possa esser introdotta nel progetto per renderlo definitivamente omologabile. E se il ministro Clini, in un tardivo soprassalto di resipiscenza, s’è ricordato delle norme Imo, che dire della locale capitaneria di porto che non ha ancora fatto proprie le stesse direttive recepite dalla capitaneria di Chioggia per il rigassificatore di Porto Viro, quasi che Trieste e Chioggia si trovino agli antipodi? E che dire dei pareri espressi dalla direzione regionale dei vigili del fuoco, quando è di tutta evidenza che, nel caso di Zaule, ci si trovi di fronte a un impianto a rischio d’incidente rilevante? Se poi vogliamo sorvolare (in quanto materia da aula giudiziaria) sugli esiti di certi tavoli tecnici regionali ove, a quanto sembra, si verbalizzano, “falsificandoli”, i pareri espressi dai rappresentanti delle comunità locali, non è possibile passare sotto silenzio la sicumera con cui il ministro dello Sviluppo Passera ha sempre sostenuto la realizzazione di un rigassificatore a Trieste, quasi fosse una sorta di postulato, avulso da una seria riflessione sulle tecnologie proposte per la realizzazione dell’impianto. Quindi, a fronte dell’endemica cialtronaggine, per non parlar d’altro, delle strutture pubbliche di gestione del territorio, è bene, forse, che a Trieste nessun dorma e si mantenga una vigile attenzione affinché, nell’indifferenza generale, non passino progetti destinati a immiserire le già scarse risorse dell’economia cittadina.
Aurelio Slataper
il volume - Presentazione del libro sull’Orto botanico
Oggi alle 10.30, nella Sala giunta municipale, si terrà la conferenza stampa di presentazione del volume “Civico Orto Botanico e Bosco Farneto – Percorsi naturalistici”, realizzato con il contributo del Comune di Trieste e del Comitato promotore Pripravljalni Odbor.
COSTRUIRE UNA NUOVASOCIETA'
Presentazione del libro di Bruno Giorgolo “Riferimenti universali per
costruire una nuova società” alle 18, in via Donizetti 5/a, al Circolo di
Legambiente. Il libro sarà presentato da Lucia Sirocco, presidente del circolo
di Legambiente Trieste con la partecipazione dell’autore (Bruno Giorgolo) e di
Annamaria Alberti coofondatrice del Movimento universalista di cui il testo
funge da manifesto.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 maggio 2013
Ferriera esclusa dalle “crisi complesse”
Il decreto del governo Monti beneficia solo Piombino. Savino:
«Gravissimo». Rigassificatore, il neoministro Orlando presto a Trieste
Trieste, la Ferriera di Servola, la bonifica, il miraggio della
trasformazione di una fabbrica agonizzante che inquina e forse potrebbe chiudere
già quest’anno, e che va avanti fra un incidente e l’altro non saranno
finanziati dallo Stato nell’ambito del programma sulle “crisi complesse”. Il
governo Monti, nelle sue ultime ore, ha “stoppato” il rigassificatore ma anche
escluso Servola da un provvedimento che, invece, ha concesso solo a Piombino
«per lo sviluppo urgente del suo porto», per «risolvere gravi situazioni
d’inquinamento» e «le criticità ambientali», per «garantire uno sviluppo
sostenibile» e non da ultimo per garantire « il mantenimento e il potenziamento
dei livelli occupazionali dell’area siderurgica». Questo è successo nonostante
da tutti i “tavoli” ministeriali fosse venuta nei mesi scorsi esplicita
rassicurazione che la crisi del gruppo Lucchini sarebba stata inclusa per
intero, Piombino e Trieste, fra le “crisi complesse”, magari con l’Ilva di
Taranto. Lo aveva chiesto la Regione: ultima “chance” di fretta quando le cose
per la Ferriera avevano cominciato a precipitare davvero. Il decreto 43 del
Consiglio dei ministri è stato pubblicato il 26 aprile, in vigore dal 27:
«Riconoscimento dell’area industriale di Piombino come area di crisi industriale
complessa e disposizioni necessarie al suo rilancio». Il presidente della
Regione Toscana viene nominato commissario per un anno, tutti gli enti
firmeranno un accordo di programma entro 30 giorni, gli investimenti di Stato,
Regione e Comune fino al limite di 40,7 milioni di euro saranno esclusi per il
2013 dal patto di stabilità. Reagisce con durezza, da Roma dove si varava il
governo Letta, la neosenatrice Pdl Sandra Savino, fino all’inizio di marzo
assessore regionale alle Finanze con una delega di fatto raccolta in corsa a
gestire la spinosissima questione della Ferriera. Con numerose puntate al
ministero. Dove aveva chiesto appunto l’inclusione di Trieste nelle “crisi
complesse”. «Ultimo atto del governo dei tecnici? Aver escluso la Ferriera -
commenta annunciando un’interrogazione al neoministro allo Sviluppo economico
Flavio Zanonato, già informato dei fatti e in attesa del “dossier” -, se non si
pone rimedio a questo grave danno inferto alla città e alla regione le
conseguenze sarebbero deleterie per la riconversione dello stabilimento:
mancanza di accesso a fondi statali e nessuna possibilità di utilizzare
strumenti normativi di vantaggio, il che renderebbe gli enti locali isolati e
senza mezzi. Eppure erano stati presi precisi impegni. Chiederò, con gli altri
parlamentari triestini, ragione di ciò al ministro». Il successore allo Sviluppo
economico del tecnico Corrado Passera, il Pd padovano Flavio Zanonato, ha già
detto che se ne occuperà. Il deputato del Pd Ettore Rosato commenta:
«Disattenzione che va sistemata, è il brutto regalo dell’ultimo governo
nazionale e dell’ultimo governo regionale». E la nuova presidente della Regione,
Debora Serracchiani, si trova subito sul tavolo anche il caso Ferriera. «Non ci
rassegniamo al fatto compiuto - scrive Serracchiani -, né a che Trieste subisca
un colpo così ingiusto e pesante. Ho già parlato personalmente col nuovo
ministro allo Sviluppo economico Flavio Zanonato, per metterlo al corrente, e
gli ho inviato una nota ufficiale chiedendogli che la Ferriera di Trieste sia
riconosciuta quale area di crisi industriale complessa. Questa esclusione -
aggiunge - decisa nell’ultimo Consiglio dei ministri del governo Monti è anche
l’ultimo regalo avvelenato che ci viene consegnato dal passato. Dobbiamo
purtroppo constatare che presso il precedente governo non sono stati fatti i
dovuti passi istituzionali e politici, e questo è il risultato». Del caso si
occupa subito il neoministro all’Ambiente Andrea Orlando, successore di Corrado
Clini. Parte immediatamente per un giro italiano nei luoghi di crisi ambientale.
Va subito a Piombino. Dove spiegherà i vantaggi del nuovo decreto.
Immediatamente dopo arriverà a Trieste. Ma non già per la Ferriera. «Il ministro
incontrerà le autorità di Trieste per esaminare i temi ambientali legati alle
strategie energetiche italiane e dell’Alto Adriatico». Insomma, si parlerà di
rigassificatore. E così, mentre il commissario straordinario della Lucchini ha
da mesi avvertito che forse la Ferriera non durerà oltre il 2013, il principale
sperato paracadute viene tolto da sotto i piedi. Non c’è ancora il
rigassificatore (e nessuno in realtà lo voleva) ma non c’è neanche l’aiutino di
Stato (che volevano invece tutti).
Gabriella Ziani
Meno scaramucce e pensiamo a sbloccare il Prg del Porto
- LA LETTERA DEL GIORNO di Fulvio Zonta
Cortese signor Callegari, sono il relatore nell’audizione alla VI
Commissione Consiliare tenuta lo scorso 15 aprile. Avevo trattato le criticità
di operare in una struttura vetusta e logora che a mio giudizio produrrebbe
extracosti fuori mercato rispetto a quelli offerti da una moderna logistica.
Alle sue osservazioni apparse sul giornale il 25 aprile le porgo queste contro
deduzioni: la Galleria di Circonvallazione serve principalmente per collegare
Trieste Campo Marzio alla linea per Venezia, Tarvisio e Villa Opicina; la
Galleria di Diramazione che collega Trieste Scalo alla Galleria di
Circonvallazione non ha un profilo P/C 410 sufficiente a contenere i treni RoLa
ovvero i Tir non passano; lo stesso dicasi per l’altra Galleria di Diramazione
all’uscita e delle seguenti verso Aquilinia che potrebbe essere l’impianto
adatto a ricevere questo tipo di treni; l’adeguamento delle sagome e dei binari
non è cosa che si faccia a buon mercato; in uscita da Trieste Scalo verso
Trieste C.M. c’è un’asperità che riduce la prestazione a 970 tonn. che
corrispondono a 16 carri ultrabassi. Si dovrebbe aggiungere anche il costo di un
mini bus navetta per gli autisti. Tenga conto che i treni per Salzburg
attualmente hanno 21 carri più la carrozza; le operazioni di manovra che lei
propone sono onerose e difficilmente assorbibili da una percorrenza così breve;
dal 2005 si usano rampe metalliche mobili al posto di quelle vetuste e fisse in
cemento armato; i carri ultrabassi sono tra i più costosi e delicati presenti
sul mercato, necessitano di raggi di curvatura di almeno 150 mt. ( specialmente
sui deviatoi), hanno pure altre limitazioni ; tra operazioni di carico,
estrazione dei materiali, prova freno, visita tecnica, sgancio locomotiva
all’arrivo e scarico i tempi morti per i camionisti sarebbero elevati; in
generale un treno completo si paga vuoto per pieno e dunque il costo della
tratta per unità di carico trasportata sarebbe elevato se non si raggiungessero
percentuali di riempimento elevate. È evidente che tale costo il camionista lo
dovrebbe ribaltare sul committente; in galleria usando la trazione diesel è
necessario attendere 30’ prima di far transitare un altro treno; secondo i dati
Adriafer il solo porto produce 300 treni al mese dunque almeno 10/12 al giorno
ai quali si aggiungono i traffici del chimico, quelli di grano e quelli
stagionali e si prevedono aumenti dei volumi nei prossimi mesi ; non ricordo che
i Consiglieri del M5S abbiano confutato le tesi esposte, ma solo richiesto due
precisazioni. Lei cita l’esempio del traffico RoLa Trieste-Salzburg. È stato un
progetto molto complesso con uno studio durato 18 mesi. E’ uscito un prodotto
che, Le assicuro, più governatori hanno invidiato ad Illy e cercato d’imitare.
Dal febbraio 2005 è stato un successo di Trieste che ha dimostrato di essere una
“Xe pol City” dove tutti hanno lavorato nella medesima direzione. Dall’ Agenzia
delle Dogane ad Alpe Adria ed Oekombi, dalla Guardia di Finanza alla Regione
Autonoma FVG, all’A.P. passando per i vettori RCA, Trenitalia, RFI, fino a Samer
Shipping & Co, Un Ro-Ro, Adriafer: tutti con il medesimo obiettivo. Se ho
dimenticato qualcuno me ne scuso. Ma il successo è stato anche frutto della
particolare nicchia in cui si operava che, invece, è mancata in altre esperienze
similari fallite in breve tempo od abortite prima di arrivare sul mercato.
Personalmente auspico si replichino altri casi di successo per far crescere il
porto e la città. Pochi giorni fa un trafiletto su Il Piccolo segnalava che i
dragaggi nel porto di Venezia si sono conclusi al costo di 250 milioni di euro.
Se smettessimo di sfinirci in scaramucce da retroguardia e mutuassimo dalla
città lagunare l'opera di lobbing forse potremmo vedere realizzata la
Piattaforma Logistica (300 mln) e magari approvato il Piano Regolatore del
Porto, che sembra giacere tranquillo in qualche cassetto romano da anni. Nel
frattempo potremmo invece chiederci: “Cui prodest?” Spero di essere stato
esauriente riuscendo a scalfire le sue certezze.
IL PICCOLO - MARTEDI', 30 aprile 2013
Dal Ministero dello sviluppo altro “no” al
rigassificatore
Negata l’autorizzazione all’impianto di Zaule sulla scorta della
sospensione già decretata per 6 mesi. Ultimo atto di Passera che deve piegarsi a
Clini
All’ultimo minuto prima di chiudere l’ufficio, quando la lista dei nuovi
ministri del governo Letta era forse già scritta, il ministero dello Sviluppo
economico retto da Corrado Passera ha sospeso l’autorizzazione già concessa al
rigassificatore di Gas Natural. Un secondo stop dopo quello, di 6 mesi,
decretato dal ministero dell’Ambiente e controfirmato dal ministero dei Beni
culturali. Questo ne è la diretta conseguenza e rimanda l’esame del problema
altrettanto a fra 6 mesi. A quella data o si sarà trovata un’altra collocazione
all’impianto per non impedire lo sviluppo dei traffici in porto (come dimostrato
dall’Autorità portuale che ha dato determinante parere negativo
all’insediamento), oppure al contrario il porto tornerà sui propri passi
ridimensionando il piano industriale di ampliamento, e riaprendo così la porta
alle navi gasiere. Se nessuna di queste condizioni alternative verrà
soddisfatta, il rigassificatore si troverà definitivamente espulso dalla baia di
Muggia per manifesta impossibilità. Un colpo di scena dopo l’altro, dunque,
proprio nell’attimo in cui si chiude l’esperienza del governo Monti, con
l’evidente dissenso tra i due ministri: Clini disposto ad ascoltare i “no” del
territorio e della Slovenia, con coraggiosi atti conseguenti, e Passera
incrollabilmente deciso a insediare il rigassificatore a Trieste, anche in
ultimo con una sortita a Bruxelles per far inserire il progetto nel piano
strategico europeo. Ma è stato Clini a condurre la partita. Prima riaprendo la
procedura di Valutazione d’impatto ambientale già concessa nel 2009, alla luce
dei nuovi dati previsionali del porto, quindi negando di fatto l’autorizzazione,
anche se “pro tempore”, per lasciare spazio all’esame delle due opzioni: o meno
porto, o un altro posto (ma quale?). Non solo, Clini subito dopo ha dato
semaforo rosso anche al secondo rigassificatore, quello al largo di Fossalon
proposto dalla tedesca E.On. E questo lascia a Trieste nel suo breve ma intenso
periodo da ministro, oltre alla soluzione del “dramma bonifiche” e a un percorso
avviato per la bonifica della Ferriera. Intanto non solo allo Sviluppo economico
c’è adesso Flavio Zanonato, l’ex sindaco Pd di Padova, ma è cambiata anche la
guida della Regione, con la Pd Debora Serracchiani contraria, mentre il
governatore Pdl Renzo Tondo era stato favorevole, salvo poi assecondare in
ultimo il vertice del porto. La nota spedita a Trieste comunica l’avvenuta
«sospensione del procedimento di autorizzazione alla costruzione ed esercizio
del terminale di rigassificazione di Gnl localizzato nel posto di Trieste,
località Zaule, in attesa della realizzazione delle condizioni risolutive della
sospensione di efficacia previste dal decreto di sospensione del 18 aprile
2013».
Gabriella Ziani
«Faremo una nuova riflessione» - LAURENI
La notizia è arrivata inattesa (e gradita) all’assessore all’Ambiente,
Umberto Laureni: sospesa anche dallo Sviluppo economico l’autorizzazione al
rigassificatore. «Il ministero - è il commento - ha preso atto del precedente
decreto del ministero dell’Ambiente. Atto estremamente importante. Se non si
troveranno altri siti, o non si modificherà il piano industriale del porto,
credo che la sospensione diventerà definitiva». E adesso? Sei mesi di tempo.
«Faremo una riflessione con gli enti locali, con l’Autorità portuale che è
l’elemento decisivo. Con la Regione e col governo dove in pochi giorni il quadro
è completamente cambiato. Parleremo coi nuovi ministri, col nuovo governatore.
Comincia per Trieste un lavoro molto duro».
Serracchiani: in questo mare solo portualità
Che si apra una prospettiva completamente nuova sul caso eclatante del
rigassificatore di Trieste lo ha già messo in chiaro, sulla scorta degli ultimi
decreti del ministro dell’Ambiente Clini, che ha coinvolto nei processi
decisionali anche il governo sloveno, la neopresidente del Friuli Venezia
Giulia. Appena eletta, Debora Serracchiani ha toccato il tema affermando: «Per
quanto mi riguarda il rigassificatore non è previsto, questo è un mare nel quale
bisogna implementare la portualità attraverso strategie anche con i porti degli
Stati vicini». Inoltre Serracchiani ha anche messo in guardia dalla possibilità
che, a insediare un rigassificatore, sia la vicinissima Capodistria: «Il nostro
governo - ha detto - deve vigilare».
Piano traffico, 522 stalli in più per motocicli
Ok della giunta comunale alla bozza del documento. Prende il via l’iter
consiliare per arrivare sino all’approvazione
Cinquecentoventidue. Tanti sono gli stalli in più per motorini, scooter e
moto che il nuovo Piano del traffico promette di sistemare in diversi punti
della città. La bozza del documento destinato a cambiare faccia all’assetto
urbanistico e di viabilità del centro cittadino è passata ieri in giunta. Dalla
prossima settimana inizierà il percorso in commissione, che potrebbe esaurirsi
nell’arco del mese di maggio. Questo è «l’auspicio» dell’assessore comunale alla
Pianificazione urbana, Mobilità e traffico Elena Marchigiani, posto che «il
Consiglio è sovrano», ricorda subito l’esponente dell’esecutivo Cosolini. E al
termine dell’esame da parte della Sesta commissione consiliare, il Piano del
traffico approderà nell’aula municipale per la discussione e la votazione
finale. L’iter per l’approvazione del documento, la cui versione ultima è un
risultato che Marchigiani definisce «corale», partecipato, oltre che completo
delle controdeduzioni ai pareri delle sette circoscrizioni e alle osservazioni
dei cittadini (circa 660 in tutto, ma di queste molte coincidenti come tema e
richieste: sono 280 quelle dai contenuti effettivamente non ripetuti), è dunque
cominciato ufficialmente. Gli stalli Come accennato, in città vi sarà un
incremento del numero di stalli riservati ai mezzi a due ruote. Rispetto alla
situazione attuale? «Il totale previsto è di circa 500 posti in più rispetto
all’esistente», assicura Marchigiani. Nel dettaglio: 25 se ne aggiungeranno
nelle aree fra borgo Teresiano, borgo Giuseppino e la zona di San Giusto, altri
84 distribuiti tra via Carducci, via Fabio Severo, via Battisti e le vie
collegate e infine ulteriori 413 attorno all’ospedale Maggiore, fra viale XX
Settembre, via Rossetti, via Pascoli e via Oriani. Altri ancora? Ma gli spazi
dove parcheggiare motorini o scooter potrebbero aumentare ancora, qualora il
Comune dovesse individuare dei punti lungo le strade cittadine dove eliminare
aree di divieto di sosta. Un’opzione in grado di assicurare un duplice
risultato: da un lato aumentando l’offerta di parcheggi, dall’altro andando a
«eliminare casi di sosta veicolare abusiva», specifica nuovamente Marchigiani.
Che aggiunge come il provvedimento sia di conseguenza utile anche «a migliorare
la fluidità della circolazione». L’analisi «La sosta per i motorini necessita
ovviamente di una riorganizzazione - spiega l’assessore Marchigiani -, a causa
principalmente delle nuove aree pedonali in progetto e di altri interventi di
riqualificazione urbana. Ciò non toglie - continua - che obiettivo del Piano non
è assolutamente quello di penalizzare questo tipo di mezzo, bensì di trovare per
i motocicli una nuova localizzazione, comunque prossima alle aree centrali e
compatibile con i nuovi interventi previsti dal documento». Nell’estate scorsa
l’associazione motociclisti aveva espresso le proprie preoccupazione per una
serie di interventi previsti dal Piano del traffico e per il collegato venir
meno di 300 stalli (fra via Santa Caterina, in particolare, via Imbriani nel
tratto tra corso Italia e via Mazzini, e infine via Foschiatti e via San
Maurizio). Marchigiani assicura nuovamente: «Il saldo sarà di 500 parcheggi per
motocicli in più nelle vie più centrali». Gli interventi effettuati Negli ultimi
mesi, il Municipio ha già provveduto a istituire nuove aree di parcheggio per i
veicoli a due ruote, in media con una quindicina di spazi per ciascuna. Sono
state piazzate in singoli tratti di via Canova, via Locchi, via d’Azeglio, via
del Mercato vecchio, via del Molino a vento, via Settefontane, via Vittoria,
piazza Tommaseo, via dei Lavoratori, via Giulia, via Rossetti, via Oriani, via
Manna, via Reni, via del Ronco, via San Francesco, via Fabio Severo e vicolo del
Castagneto. Le tariffe per residenti Confermata nel documento approvato dalla
giunta Cosolini l’introduzione del forfait mensile per i residenti per la sosta
nelle aree a pagamento (le esistenti e quelle che invece verranno istituite) del
Borgo Teresiano e del Borgo Giuseppino. Trenta euro al mese, il costo fissato.
Matteo Unterweger
Obiettivo, migliorare l’efficienza energetica
Incontri organizzati dall’Area Science Park il 17 maggio a Udine,
iscrizioni on-line entro oggi
Incontri diretti in cui discutere di sviluppo, ricerca e business nel
settore delle tecnologie per l'efficienza energetica degli edifici. È questo il
fulcro centrale del “technology dating” in programma a Udine venerdì 17 maggio
nell'ambito della fiera Eos - Exposition of Sustainability (17-20 maggio).
L'appuntamento, promosso da Area Science Park, partner dalla rete Enterprise
Europe Network, in collaborazione con Marie - Mediterranean Building Rethinking
For Energy Efficiency Improvement, progetto europeo che rappresenta la risposta
delle regioni dell'Europa Mediterranea al miglioramento dell'efficienza
energetica del patrimonio immobiliare, vedrà imprenditori e ricercatori
scambiarsi esperienze e punti di vista con l'obiettivo di gettare le basi di
future collaborazioni. Il “technology dating” è strutturato in incontri “one to
one” di 20 minuti ciascuno. Ogni azienda o gruppo di ricerca iscritto sceglie
chi incontrare in base alle proprie esigenze e ai propri interessi di business.
Al momento sono 60 gli iscritti, provenienti da Italia, Croazia, Slovenia,
Spagna e Francia. Sono attesi partecipanti anche da Austria, Croazia, Bulgaria,
paesi partner della rete Een che hanno aderito all'iniziativa. Presenti anche
centri di ricerca, agenzie internazionali e grandi gruppi come lo sloveno Petrol
che, oltre a lavorare nel settore oil&gas, si occupa di energie rinnovabili.
Iscrizioni all’evento entro oggi. Per gli iscritti al “technology dating” Area
Science Park, in collaborazione con la Camera di Commercio di Udine, organizza
giovedì 16 maggio due “company visit” in altrettanti importanti realtà del
territorio: Pilosio Spa, azienda leader nella produzione di attrezzature per il
mondo dell'edilizia e delle costruzioni, e Zero Energy Home by Le Ville Plus,
uno "smart green building" progettato e realizzato in partnership con
l'Università di Trento. La partecipazione a entrambe le giornate è gratuita,
registrazione sul sito: www.b2match.eu/energy-efficient-buildings. Chi fosse
interessato, avrà inoltre la possibilità di prendere parte il 17 maggio - sempre
nell'ambito della Fiera Eos - a un convegno internazionale, organizzato dal
progetto “Marie”.
Gli ambientalisti: «Lo studio francese su Krsko va reso
pubblico»
La secretazione dello studio francese sulla centrale di Krško (nella foto)
non piace a Legambiente e al Wwf. Le associazioni ambientaliste, infatti,
chiedono ai ministeri sloveni e croati, nonché al governo italiano e alla
Regione Friuli Venezia Giulia, di attivarsi per divulgare lo studio sulla
sicurezza nucleare «evidenzia un elevato rischio sismico nella zona di Krško».
La centrale nucleare, di proprietà al 50% di Slovenia e Croazia, aveva
commissionato il progetto di raddoppio della medesima. Il progetto, inserito nel
Piano energetico della Repubblica di Slovenia, prevede di costruire accanto
all’esistente centrale da 690 MW (entrata in funzione nel 1983) una nuova da
1.600 mw. «È inaccettabile – dicono i presidenti regionali di Wwf e Legambiente,
Roberto Pizzutti ed Elia Mioni – che un documento di tale importanza non venga
messo a disposizione di tutti gli interessati. Tra i quali interessati ci sono
ovviamente anche i cittadini del Friuli Venezia Giulia (Trieste dista 139 km in
linea d’aria da Krško, Gorizia 146)».
“TRIESTE ON SIGHT” - Quando un tweet avvicina i
cittadini al potere
Dibattito al Mib su democrazia e partecipazione tra istituzioni, terzo
settore e studenti
Per coinvolgere i giovani nella vita pubblica e renderli cittadini attivi e
consapevoli un tweet non basta, ma aiuta. È l’idea alla base di “Trieste on
sight”, l’incontro-dibattito promosso da Arci Servizio Civile con l’area
Educazione del Comune, che ieri al Mib ha riunito i principali esponenti della
vita pubblica cittadina, istituzioni e terzo settore, per discutere di
cittadinanza, democrazia e solidarietà insieme a un centinaio di studenti delle
superiori, chiamati a dire la loro a colpi di 150 caratteri sotto l’hashtag
“triesteonsight13”. «In questo 2013, anno europeo dei cittadini - ha ricordato
l’assessore Antonella Grim - il Comune si sta adoperando per portare avanti una
serie d’iniziative che aiutino a riflettere sul significato della cittadinanza
europea. E proprio in quest’occasione la Consulta giovanile chiede, come primo
atto, la reintroduzione dell’ora di educazione civica nelle scuole: è importante
formare dei cittadini attivi, che aiutino con il loro personale contributo le
istituzioni a fare il proprio lavoro». Per il sindaco Cosolini, che con il
vicesindaco Fabiana Martini contribuisce all’incontro con il tweet personale,
«mezzi come le assemblee partecipate e i social network aiutano a rompere il
muro tra governati e governanti. I cittadini non devono limitarsi ad esprimersi
soltanto in sede elettorale e i governanti devono dimostrare di servire la
comunità e non un esercizio del potere che si limiti all’accumulo di privilegi
personali. Solo così i cittadini si potranno riavvicinare alla politica».
L’incontro, a cui hanno partecipato anche associazioni impegnate nel sociale,
come l’Ics, Libera e Rime, ha fornito anche l’occasione per ribadire il valore
di un’esperienza come quella del servizio civile, che, ha sottolineato Nora
Rodriguez, dell’Arci Servizio Civile nazionale, «in questi ultimi anni ha subito
tagli consistenti al budget a disposizione e aprirà a maggio il bando per 18mila
giovani a livello nazionale, a fronte di una richiesta in continuo aumento». Il
programma di “Trieste on sight”, ricorda Giuliano Gelci, dell’Arci Servizio
Civile Fvg, proseguirà con la festa della musica, una rassegna di gruppi
emergenti in calendario per il 31 maggio e il 7 e il 14 giugno dalle 18 alle 23
presso il Centro di aggregazione giovanile “Toti”, e si chiuderà all’ostello di
Campo Sacro con una tre giorni di concerti, mostre, workshop e dibattiti. Per
chi volesse soggiornare lì, all’interno dell’ostello o con la propria tenda, è
possibile prenotarsi scrivendo a trieste@arciserviziocivile.it o telefonando
allo 040 761683oppure al 340 9943166 .
Giulia Basso
IL PICCOLO - LUNEDI', 29 aprile 2013
Legambiente: differenziata, il flop non è colpa dei
triestini
Non si scarichino le colpe del flop della raccolta differenziata sulla
pigrizia dei triestini. Eppoi, «se nelle altre province della regione le cose
vanno molto meglio, non dipenderà forse anche dal fatto che lì non ci sono
inceneritori?». Il monito e la domanda portano la firma del Circolo verdeazzurro
Legambiente di Trieste, per mano del presidente, l’architetto Lucia Sirocco, che
ha inviato una lettera aperta al sindaco Roberto Cosolini e all’assessore
all’Ambiente Umberto Laureni, dal quale è arrivata proprio negli ultimi giorni
l’ammissione via Piccolo di tale flop. «Nel 2010 il 20,09%, nel 2011 il 24,05,
nel 2012 il 28,72. Nei primi tre mesi del 2013 il 29,31%. In questi numeri
divulgati di recente - scrive Sirocco - il drammatico flop della raccolta
differenziata dei rifiuti urbani a Trieste. Mentre a Padova, dove il servizio di
raccolta e smaltimento è gestito da AcegasAps, come a Trieste, si arriva al 45%,
ed al 75% dov’è attiva la raccolta “porta a porta”. Imbarazzante soprattutto il
confronto con il resto del Friuli Venezia Giulia: nel 2011, come si evince dai
dati dell’Arpa, la raccolta differenziata in provincia di Gorizia raggiungeva il
59,51%, il 59,89 in quella di Udine, il 73,95 in quella di Pordenone. Media
regionale: 55,80%, bassa proprio per colpa di Trieste». «È utile ricordare -
incalza la dirigente di Legambiente - che l’obiettivo minimo di raccolta
differenziata, prescritto dalle direttive europee, è, ormai era…, il 65%, da
raggiungere entro la fine del 2012. Stupisce dunque un pochino, di fronte
all’eloquenza dei numeri, l’affermazione dell’assessore Laureni, secondo cui nel
flop della raccolta differenziata a Trieste “non ci sono colpe specifiche del
Comune o dell’Acegas”. Ma di chi sarebbero allora, di grazia, le colpe?
Ricordando che di Acegas, oltretutto, il Comune di Trieste è da sempre
l’azionista di maggioranza, cioè il padrone?». «Sembra - chiude Sirocco - si
tenti di scaricare le responsabilità del clamoroso ed imbarazzante fallimento su
non meglio precisati deficit di informazione e sulla pigrizia dei cittadini. Il
Comune, con notevole battage mediatico, aveva peraltro stabilito severe sanzioni
pecuniarie, da 150 a 500 Euro, a carico di chi smaltisce scorrettamente e non
differenzia i rifiuti: quante multe sono state effettivamente comminate? Esiste
davvero un sistema di controllo che permetta di individuare i trasgressori?
Oppure tutto si risolve alla maniera delle gride manzoniane?».
«Ferriera, la Lucchini tiri fuori tutte le carte
sull’ultimo scoppio»
Il Comune, con l’assessore all’Ambiente Laureni, reclama «una relazione
molto dettagliata». La Provincia aspetta l’Arpa
«Il Comune chiederà una relazione molto dettagliata a proposito
dell’incidente, i vertici della Ferriera sono già stati avvisati». L’assessore
comunale all’Ambiente Umberto Laureni non è intenzionato a lasciare che quanto
avvenuto mercoledì scorso alla Ferriera di Servola finisca nel dimenticatoio. Da
qui la scelta del Comune di rivolgersi direttamente alla Lucchini per avere
spiegazioni, un’iniziativa che va ad affiancarsi all’indagine aperta
dall’autorità giudiziaria per chiarire le cause dello scoppio che ha inquietato
tutta la città. «Abbiamo a che fare con un problema che si articola su tre
livelli - spiega l’assessore Laureni -: in primis si tratta di capire con
precisione che cosa è successo. A grandi linee lo sappiamo già, ma l’azienda
deve spiegare per filo e per segno la dinamica dell’incidente». Il secondo punto
è comunque quello che interessa di più la pubblica amministrazione: «Vogliamo
capire perché è successo», dice Laureni calcando l’accento sul «perché».
«All’origine ci sarà stato un errore, ci sarà stato qualche altro fattore, lo
vedremo: l’importante è sapere per quale motivo tutto ciò è avvenuto e fare in
modo che non si ripeta mai più». Il terzo punto su cui Laureni si sofferma è la
fase immediatamente successiva allo scoppio: «Ci interessa anche capire come
hanno funzionato i servizi di intervento d’emergenza - dice -. Possiamo già dire
che il riscontro è stato positivo: certo, i cittadini si sono preoccupati, ma i
soccorsi sono stati efficaci ed immediati. Eventi di questo tipo capitano, è
importante sapere che quando succede tutti gli operatori sono pronti a farvi
fronte». Per intanto l’omologo di Laureni in Provincia, l’assessore all’Ambiente
Vittorio Zollia, assicura che anche l’ente provinciale è pronto a fare la sua
parte: «Noi partecipiamo sempre con i nostri tecnici alle istruttorie che
vengono avviate in questi casi. Un incidente simile deve essere valutato da
diversi punti di vista: quello della sicurezza sul lavoro così come quello
ambientale. Va detto che su quest’ultimo punto la Provincia ha voce in capitolo
relativa, perché l’Aia la rilascia la Regione». Al momento, spiega Zollia,
l’Arpa non ha ancora richiesto alla Provincia di partecipare a un’istruttoria:
«È un procedimento che si avvia di routine in caso di incidenti - afferma - e se
dovesse venire attivato i nostri tecnici saranno ovviamente presenti. Vedo
inoltre che la Procura ha ritenuto opportuno avviare un’indagine al riguardo:
sono convinto che si arriverà a un chiarimento completo dell’episodio».
L’esplosione, lo ricordiamo, è scattata all’interno di un filtro per la
decatramazione collocato sulla cima di un silo all’interno della cokeria della
Ferriera. A pochi minuti dalla deflagrazione i pompieri sono intervenuti in
forze domando le fiamme e avviando il raffreddamento dell’area, volto a evitare
nuove e potenzialmente pericolose esplosioni. Sul posto sono anche intervenuti
gli esperti del nucleo Nbcr (nucleare biologico chimico radiologico) dei vigili
del fuoco, incaricati di verificare l’eventuale fuoruscita di sostanze
pericolose.
Giovanni Tomasin
«La Regione punti sull’eco-sviluppo» - FAREAMBIENTE
«Auspichiamo che nelle scelte della neoeletta governatrice Serracchiani ci
sia una seria politica ambientale e di sviluppo sostenibile per la nostra
Regione», dichiara il coordinatore regionale di FareAmbiente Giorgio Cecco,
triestino di orbita Pdl, che invita la nuova presidente del Friuli Venezia
Giulia a «lavorare per la valorizzazione e tutela ragionevole, reale e non
fondamentalista, per far partire la ripresa economica, con un adeguato piano
energetico e con un’ottimizzazione delle risorse, puntando ad un incremento
dell’industria verde, alla difesa dei prodotti tipici e di qualità, nonché di un
turismo responsabile».
IL PICCOLO - DOMENICA, 28 aprile 2013
«Via Madonna del mare ad alta pedonabilità» - LA
MEDIAZIONE
Lo ribadisce l’assessore Marchigiani intervenendo sulla “guerra” di
petizioni fra cittadini
Via Madonna del Mare diventerà una strada ad alta pedonabilità. Lo ribadisce
l’assessore Elena Marchigiani, che getta acqua sul fuoco nella guerra tra le due
petizoni contrapposte presentate dai cittadini. Quella che l’amministrazione ha
intenzione di portare domani in giunta, dove si comincia a discutere del nuovo
piano del traffico, è dunque una soluzione salva capre e cavoli, per mediare tra
il partito dei favorevoli alla pedonalizzazione della via e la fazione dei
contrari. «Entrambe le posizioni hanno una loro ratio – afferma Marchigiani -.
Quel tratto di strada è di difficile vivibilità, a causa dei marciapiedi troppo
stretti e nonostante la vicinanza delle scuole. Il nodo si inserisce nella
riorganizzazione viaria dell’area intera, che prevede di introdurre il senso
unico in discesa in via San Michele. A quel punto, tenendo conto delle esigenze
dei commercianti e dei residenti, pensiamo di chiudere l’accesso delle auto su
via Madonna del Mare, lasciando però il passaggio in salita ai disabili, alla
linea bus numero 24, alle ambulanze, ai taxi e ai necessari mezzi di pulizia.
Questa variazione al piano del traffico e le altre già deliberate, insieme alle
270 osservazioni presentate, verranno analizzate dalle commissioni e trasmesse
al Consiglio per l’approvazione finale. Tenendo prima conto del passaggio sul
bilancio – chiosa – l’intenzione è di portare il nuovo piano del traffico in
Consiglio a giugno e di approvarlo a luglio». A mediare tra le fazioni dei
cittadini il presidente della IV Circoscrizione comunale, Luca Bressan: «Abbiamo
avanzato una proposta assumendoci il ruolo di mediatori tra due aspettative dei
cittadini, legittime entrambe – commenta Bressan -, che chiedevano sia una
maggiore pedonabilità della via, vista la sua conformazione, sia il mantenimento
dell’attuale percorso della linea 24. Da qui la nostra proposta, per permettere
il transito ad autobus, taxi e mezzi di soccorso. Spero venga tenuta in dovuta
considerazione dal Consiglio comunale».
Elena Placitelli
SEGNALAZIONI - CITTA' - Traffico e posteggio
Il Comitato “dei 500”, abitanti ed esercenti del Borgo Teresiano, ha illustrato il suo obiettivo: pedonalizzare il tratto di via XXX Ottobre fra le vie Milano e Valdirivo, anticipando e arricchendo lo stesso Piano del traffico che il Comune sta “studiando” da circa due anni (!) e che viene così anticipato a spizzico con una marea di interventi di questo tipo, senza un quadro di riferimento generale se non quello di strozzare spietatamente il traffico veicolare. Motivo? Questo tratto, come tutti gli altri che sono già stati condannati, non sarebbe “funzionale” al traffico; anzi, andrebbe sicuramente a riqualificare la zona con panchine, piantine e lampioncini con il contributo (spero) degli stessi commercianti (cinesi) per non pesare sul “buco” di una dozzina di milioni nel bilancio comunale, visto che a forza di multe per divieto di sosta, sempre più esteso, non si riesce a superare i 5/6 milioni annui. Come si è già ampiamente dimostrato in questi anni, la cieca limitazione del traffico invece di lievitarlo lo fa morire, il commercio! Prova ne sia la catena ininterrotta di chiusure di negozi uno dopo l’altro proprio in centro, ancor prima della comparsa conclamata della famigerata crisi. Per non parlare del fastidioso ed esponenziale aggravarsi delle condizioni di traffico sui pochi assi ancora accessibili. Se parliamo di bar e di dehors il discorso cambia, come pure delle quattro “signore” che fanno shopping a tempo perso e lo struscio con le borse griffate sotto braccio. Ma non è con questo principio e una “oasi” che si risolvono i problemi della disoccupazione e della sopravvivenza non solo dei negozi del centro, ma nemmeno e a maggior ragione dell’intera città che, ricordo, è Trieste, non il paese delle meraviglie o di Bengodi, dove ci si continua a lamentare delle macchine “abusivamente” in sosta. Dove si dovrebbero mettere, “legittimamente”? Sui tetti delle case? Che si provi piuttosto a creare parcheggi adeguati e in posti strategici, come proposto e promesso per decenni; non a casa del diavolo, sotto terra o sotto il mare a prezzi usurai o a favore di società di lucro che sfruttano, con delega della pubblica amministrazione, il terreno - sopra e sotto - che apparteneva da sempre all’intera comunità: quella dei triestini che sono 200.000 ricordo, non 500! A meno che non si voglia far scomparire anche quelli, sostituendoli con amici, amanti delle isole e oasi. Ma che vadano nei paradisi tropicali, soprattutto quelli fiscali, quelli cioè che permettono loro gli “happy hour” senza l’angoscia di cercarsi un posto di lavoro per l’indomani. Altro che un parcheggio! Altro che panchine per pensionati o vandali “writers” o fontane tipo Giano bifronte o cascatelle come in piazza Goldoni o Vittorio Veneto, ideali per la doccia ai passanti, con il concorso della bora. Ah, dimenticavo: ma siamo a Trieste...
Bruno Benevol
Impegno e partecipazione (e anche tanta musica) con
“Trieste on sight” - IL PROGETTO PER I RAGAZZI DELLE SUPERIORI
Prove tecniche di convivenza, impegno e partecipazione. Si chiama “Trieste
on sight–Esperimenti di cittadinanza” ed è il progetto targato assessorato
all’Educazione e ricerca del Comune di Trieste, in collaborazione con Arci
Servizio civile, un percorso riservato agli studenti delle scuole superiori
della provincia e che punta alla realizzazione, su vari versanti sociali, di
opere e contributi che parlino di reale “consapevolezza civica”. Un quadro
teorico ancora da definire e che prevede di prendere forma nel primo incontro
previsto all’interno di “Trieste on sight”, quello di domani alle 10 nella sede
del Mib del Ferdinandeo, teatro di una sorta di “puntata zero” dal carattere
introduttivo. Corposo il quadro dei relatori attesi: assieme al sindaco di
Trieste, Roberto Cosolini, l’appuntamento al Mib vede la partecipazione anche
dell’assessore comunale Antonella Grim, del vicesindaco Fabiana Martini, Nora
Rodriguez e Gaia Tomassini dell’Arci e, ancora, Caterina Conti (Consulta
giovanile di Trieste) Gianfranco Schiavone (Consorzio italiano di solidarietà),
Carolina Stera (associazione Responsabilità impegno memoria educazione) e Milena
Radovancev del Comitato “Italia sono anche io”. Si parte in questo modo, con il
supporto del Centro servizi volontariato, di ManifesTSo 2020 e della Consulta
giovanile di Trieste, dando subito modo ai ragazzi di interagire con la task–force
di relatori, fruendo anche delle modalità tweet in tempo reale. In giugno
“Trieste on sight” preannuncia la seconda tappa, sulla carta incentrata su
aspetti meno virtuali e molto più utili. Le giornate sono quelle dal 21 al 23
giugno, la sede è l’ostello Amis di Prosecco, teatro di una possibile piccola
“Woodstock” giovanile, dove animare finalmente l’azione all’insegna della
“cittadinanza partecipativa” con opere di pulizia, rassegne, musica, sport e
mostre. “Trieste on sight” si avvale inoltre del sostegno logistico del polo
comunale di aggregazione Toti, entrato nel progetto anche con l’allestimento
della “Festa della musica” (31 maggio, 7 e 14 giugno), la fase di selezione per
la vetrina all’ostello di Prosecco. Informazioni: Arci tel. 040–761683 , Toti
040–3485818 .
(f. c.)
IL PICCOLO - SABATO, 27 aprile 2013
Ferriera, la pista della scarsa manutenzione
Le relazioni tecniche sullo scoppio di mercoledì inserite nel fascicolo
d’indagine aperto da tempo a carico del direttore Bonacina
Le relazioni dei vigili del fuoco, dei tecnici dell’Arpa e degli esperti
della Procura, a proposito dell’esplosione avvenuta mercoledì alla Ferriera,
sono da ieri parte integrante del corposo fascicolo d’indagine per il quale,
dallo scorso mese di novembre, è indagato per reati ambientali dal pm Antonio
Miggiani il direttore dello stabilimento Giuseppe Bonacina. L’inchiesta fa
ovviamente riferimento a svariati episodi oggetto di segnalazione e denuncia. La
causa di quanto accaduto mercoledì sarebbe stata individuata nella rottura di
alcuni pezzi della valvola dell’impianto di decatramazione, forse anche dovuta a
scarsa manutenzione. Si è rotta, in particolare, una flangia di tenuta nel
serbatoio dell’impianto. A seguito dell’innesco è scoppiato un incendio che ha
coinvolto l’area limitrofa. L’impianto è collocato a valle dei bariletti della
cokeria. A seguito del guasto sono entrate in funzione le fiaccole della cokeria
che hanno lo scopo di smaltire in sicurezza il gas nel momento in cui, proprio
per un’emergenza, com’è accaduto nell’occasione, non risulta possibile far
effettuare al gas stesso il normale percorso. Ma questo gas è particolarmente
ricco di sostanze inquinanti già sotto monitoraggio. E la prova indiretta delle
conseguenze di tale scoppio, secondo gli accertamenti disposti dal pm Miggiani,
sta nel fatto che tra le 13 e le 14 di mercoledì è stato registrato un picco
nella centralina di rilevazione di San Lorenzo in Selva. La situazione di
inquinamento - così risulta - si è protratta per meno di due ore. Infatti alle
16, secondo i dati dell’Arpa, c’è stato il cessato allarme. Il magistrato sta
valutando se quanto accaduto poteva effettivamente costituire un pericolo non
solo per l'ambiente a causa della fuoriuscita del gas di cokeria ma anche per le
persone che potevano essere nella zona. L'esplosione - è stato accertato - è
stata talmente fragorosa e violenta che a causa dell'onda d’urto sono andati
distrutti i vetri delle finestre delle costruzioni vicine. Altra prova indiretta
è il fatto che il boato è stato udito in tutta la città. Quanto accaduto è
ritenuto dalla Procura uno dei tanti cosiddetti episodi eclatanti relativi al
superamento delle concentrazioni di sostanze inquinanti registrate dalle
centraline di monitoraggio. Nell’indagine del pm Miggiani vengono interfacciati
i dati rilevati dalle centraline con gli episodi di guasti o incidenti come
avvenuto mercoledì, con gli esposti, le segnalazioni di disservizio provenienti
dalla Lucchini e i dati forniti dalla stessa azienda relativamente a quanto
previsto dall’Autorizzazione integrata ambientale. Dagli accertamenti disposti
sempre dal pm Miggiani è anche emerso che le fiamme sono state spente entro la
serata di mercoledì dopo il semaforo verde rappresentato proprio dalla
progressiva e consistente diminuzione di sostanze inquinanti nell’aria.
Corrado Barbacini
«Roma dica no al rigassificatore di Capodistria»
«Il nostro governo deve impegnarsi anche rispetto alla possibilità che il rigassificatore sia realizzato dalla Slovenia di fronte al porto di Capodistria». Lo ha dichiarato la presidente della Regione Debora Serracchiani a margine del convegno regionale della Cisl. La governatrice, in particolare, si è soffermata sull’arresto imposto al Via (Valutazione di impatto ambientale) da palazzo Chigi anche per il secondo rigassificatore nel golfo di Trieste. Lo stop al progetto off shore (una piattaforma di 273 metri) è arrivato l’altro ieri dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini con un decreto. «Per quanto mi riguarda - ha proseguito ancora la governatrice del Friuli Venezia Giulia - l’impianto non è previsto. Questo è un mare nel quale bisogna implementare la portualità - ha concluso Serracchiani - attraverso strategie anche con i porti degli Stati vicini».
“Trieste on sight”: per essere nuovi cittadini
consapevoli - STUDENTI DELLE SUPERIORI AL MIB
“Trieste on sight - Esperimenti di cittadinanza” è il titolo
dell’incontro-dibattito che si terrà a Trieste lunedì, con inizio alle 10, al
Mib di Largo Caduti di Nasiriya 1, con la partecipazione di un centinaio di
ragazzi delle scuole superiori della provincia, promosso dall’Arci Servizio
civile regionale in collaborazione con l’area Educazione del Comune e col
patrocinio di Regione e Provincia. L’evento - si legge in una nota
dell’amministrazione comunale - è anche «un momento di confronto con esponenti
delle istituzioni e del terzo settore, rappresentando un tassello fondamentale
all’interno di un percorso di sensibilizzazione degli studenti delle scuole
superiori nell’anno europeo della cittadinanza». All’incontro interverranno il
sindaco Roberto Cosolini, il vicesindaco Fabiana Martini, l’assessore
all’Educazione Antonella Grim, Nora Rodriguez e Gaia Tommasini dell’Arci
Servizio civile nazionale e regionale, Caterina Conti della Consulta giovanile,
Gianfranco Schiavone del Consorzio italiano solidarietà, Alda Krosi del Comitato
L’Italia sono anch’io, Marina Osenda di Libera, Giulia Mari dell’Associazione
Rime.
IL PICCOLO - VENERDI', 26 aprile 2013
Rigassificatore off-shore: un’altra bocciatura di Clini
Dopo aver stoppato l’impianto di Zaule, finisce nel mirino il progetto
dei tedeschi E.On. (al largo di Fossalon): mancano i dati sull’estensione della
zona di sicurezza
Fuori due. Dopo aver sospeso per sei mesi l’efficacia della Valutazione
d’impatto ambientale (Via) sul rigassificatore di Zaule, negli ultimi spiccioli
del suo mandato il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha stoppato anche il
rigassificatore off shore previsto nel golfo di Trieste il cui progetto era
stato ripreso dalla tedesca E.On. Un decreto dello stesso Clini, reso noto nel
giorno della Liberazione, stabilisce infatti che non è possibile rilasciare la
Via sull’impianto (una piattaforma lunga 273 metri e larga 109) che sarebbe
dovuto sorgere una manciata di km. al largo di Fossalon. Una retromarcia
sorprendente se si pensa che il ministero aveva già valutato favorevolmente la
Via nell’ottobre 2010 subordinandola comunque a una prescrizione: il nulla osta
nell’ambito della Valutazione ambientale strategica (Vas) transfrontaliera, una
decisione che coinvolge anche Slovenia e Croazia che però non si sono mai
pronunciate ufficialmente. Ed è soprattutto qui che infatti sta il problema.
«Allo stato degli atti - ha spiegato Clini - non è rilasciabile la Valutazione
d’impatto ambientale in quanto mancano i dati sulle conseguenze dell’istituzione
della fascia di sicurezza attorno all’impianto». Quest’area infatti potrebbe
estendersi anche alla Slovenia «e potrebbe condizionare in modo rilevante il
traffico marittimo nel porto di Trieste e nel golfo», In altre parole, osserva
Clini, «non sono disponibili i dati relativi all’estensione della zona di
sicurezza attorno al rigassificatore, come la cosiddetta safe zone, la
separation zone e il corridoio di sicurezza, anche in relazione con le direttive
dell’Imo, International maritime organization». A tal proposito Clini cita
l’esempio di un altro rigassificatore, uno degli unici due che sono attualmente
funzionanti in Italia, e cioé quello al largo di Porto Viro, in provincia di
Rovigo, in prossimità del delta del Po, per il quale la capitaneria di porto di
Chioggia ha stabilito, sulla base delle direttive Imo, prescrizioni di sicurezza
che se applicate al progetto offshore di Trieste, «avrebbero impatti
significativi sul traffico portuale di Trieste e sulle acque territoriali dei
Paesi vicini». Secondo il ministro Clini, l’impianto proposto dalla E.On «va
visto in una chiave complessiva insieme con altri progetti simili in corso in
Slovenia e in Croazia». È per questa ragione che ha scritto una lettera al
ministro dell’Ambiente sloveno Dejan Zidan affinché si considerino «le
problematiche ambientali dell’Alto Adriatico in un contesto unitario e allargato
che tenga conto anche della necessità di approvvigionamento e di
diversificazione energetica dei Paesi rivieraschi». Il sindaco Roberto Cosolini
ha accolto con soddisfazione quest’ulteriore decisione del ministro italiano. «È
da tempi non sospetti - ha rimarcato il sindaco - che vado dicendo in accordo
anche con le altre amministrazioni provinciali che il sistema dell’energia in
quest’area va affrontato nell’ambito di un tavolo trilaterale con la presenza di
Italia, Slovenia e Croazia per esaminare congiuntamente le questioni dell’approvigionamento
e della compatibilità ambientale, fatto salvo comunque che non si vada a
intralciare lo sviluppo dei traffici portuali di Trieste».
Silvio Maranzana
Via senza auto, guerra di petizioni - L’ipotesi di
pedonalizzare via Madonna del Mare divide residenti e commercianti
Guerra delle petizioni sulla pedonalizzazione di via Madonna del Mare.
Abitanti divisi in due fazioni contrapposte, in vista del nuovo Piano del
traffico che contempla variazioni all'accesso della strada di congiunzione tra
le vie San Michele e Venezian: da una parte il partito dei "no" alla chiusura
del traffico, dall'altra i sostenitori. Entrambe le correnti hanno preso forma
di sottoscrizioni, consegnate all'amministrazione. A mediare tra i due
litiganti, il presidente della IV Circoscrizione Luca Bressan, impegnato a
formulare una soluzione alternativa da porre all'attenzione dell'assessore Elena
Marchigiani. Ma finché il nuovo Piano non verrà approvato dal Consiglio
comunale, ogni fazione tira acqua al suo mulino. Portavoce del partito contrario
alla pedonalizzazione, la presidente del Comitato Città vivibile Marina Della
Torre. Ha consegnato una petizione firmata da 750 tra residenti e abitanti.
«Sappiamo - inizia - che non tutti sono d'accordo con noi ma ci sono tanti buoni
motivi per resistere alla pedonalizzazione della via. In primo luogo, se il
breve tratto della strada fosse chiuso alle auto, gli esercenti della zona
metterebbero tutti i tavoli all'esterno: dopo la lotta contro gli schiamazzi
dell'Etnoblog, ci ritroveremo un'altra volta a non dormire per colpa di musica e
rumori». «Non è l'unica ragione per cui crediamo che in via Madonna del Mare -
continua - il transito delle auto vada mantenuto: se non fosse così, i
commercianti locali, compresa la ferramenta di via Venezian e la farmacia di via
Cavana, si troverebbero tutto a un tratto in un vicolo cieco, a rischio calo di
vendite. Non è forse andata così al frutta e verdura all'angolo tra via Cavana e
piazza Hortis? Da quando la zona è diventata pedonale i clienti, se non sono
calati, rischiano la multa per mettere in auto la spesa. La pedonalizzazione di
via Madonna del Mare avrebbe dunque senso solo se Cittavecchia fosse servita di
parcheggi a buon prezzo. Altrimenti sarebbe la rovina: con il poco tempo a loro
disposizione, i clienti hanno bisogno di lasciare davanti al negozio lo scooter
o l'auto. In alternativa comincerebbero a servirsi in altre zone». Orientamento
opposto quello che i titolari del Bar Knulp, Fausto Vilevich e Massimo Vecchiet,
portano avanti con altri commercianti e residenti. «Di petizioni ne abbiamo
presentate due – puntualizza Vilevich -: la prima solo insieme ai commercianti
(Retrobottega, Sinfonia in due note, Tavernetta e Salumare), la seconda firmata
da 250 cittadini tra residenti e clienti. Sarebbe ipocrita dire che la
pedonalizzazione non ci interessa per la possibilità di mettere i tavolini
fuori. Bisogna comunque ricordare che questo progetto l'abbiamo anche condiviso
con l'associazione "Ulisse" dei ciclisti urbani, per la convinzione sia che non
si può contemplare il traffico in una città che vuole diventare davvero
turistica e vivibile, sia che le voci delle persone non possono essere
paragonate agli scarichi delle auto».
Elena Placitelli
L’esplosione in Ferriera sotto inchiesta
Il pm Miggiani accerterà le cause dell’incidente e i reali pericoli per
operai e cittadini. Il rapporto dei pompieri in Procura - Guai in serie
Un fascicolo sull’esplosione e l’incendio che si sono verificati l’altro
giorno nel reparto cokeria della Ferriera di Servola è stato aperto dal pm
Antonio Miggiani. Il magistrato che oggi riceverà la relazione dei vigili del
fuoco sta infatti valutando se quanto accaduto poteva effettivamente costituire
un pericolo non solo per l’ambiente a causa della fuoriuscita del gas di cokeria
ma anche per le persone che potevano essere nella zona. L’esplosione - è stato
accertato - è stata talmente fragorosa e violenta che a causa dell’onda d’urto
sono andati distrutti i vetri delle finestre delle costruzioni vicine. Prova
indiretta è il fatto che il boato sia stato udito in tutta la città. Non solo:
il pm Miggiani verificherà, tramite l’Arpa, se quanto accaduto sia anche dipeso
da una carenza di manutenzione dell’impianto stesso. La deflagrazione - così
hanno accertato i vigili del fuoco nella prima ricostruzione - è avvenuta in
particolare all'interno di un filtro per la decatramazione che si trova alla
sommità di un silo all'interno della cokeria stessa. I pompieri, subito
intervenuti con sette “partenze”, hanno spento le fiamme e poi, con non poche
difficoltà tecniche, sono iniziate le operazioni di raffreddamento dell’impianto
per evitare una nuova e ancor più devastante esplosione. Sul posto sono anche
intervenuti gli esperti del nucleo Nbcr (nucleare biologico chimico radiologico)
dei pompieri che hanno il compito di appurare eventuali fuoriuscite dal silos di
sostanze pericolose o dannose per la salute. A questo punto i tecnici della
Lucchini hanno agito direttamente sul filtro inattivandolo con l’azoto. Una
procedura complessa e soprattutto non priva di rischi. La fortuna, come detto, è
stata che al momento dell'esplosione nessun operaio si trovava in prossimità
della cisterna. Su quanto accaduto è intervenuto il deputato del Movimento 5
Stelle Aris Prodani. «L’esplosione avvenuta all'interno dello stabilimento della
Ferriera di Servola dimostra una volta per tutte che non possiamo più attendere
i tempi dei tavoli di concertazione indicati dalla politica. La situazione sta
degenerando sotto i nostri occhi», ha dichiarato il parlamentare. Ha aggiunto:
«Deve esserci una risposta immediata da parte dell'azienda. E se la Lucchini non
fornisce garanzie immediate in merito alla sicurezza dei lavoratori dello
stabilimento e della popolazione, devono essere gli amministratori locali a
prendere in mano la situazione con decisione per evitare che gli incidenti si
ripetano. A questo punto prima ancora della questione ambientale è prioritario
il tema della sicurezza. Per questo vogliamo sapere subito se le certificazioni
di sicurezza siano scadute o meno». Dello stesso tenore sono state fin da subito
le reazioni sindacali. «L’importante è capire come e perché è successo», ha
dichiarato Franco Palman, sindacalista della Uil e rappresentante della Rsu in
Ferriera. Assieme a Luigi Isaia della Fiom ha partecipato a un incontro subito
convocato con i vertici dello stabilimento. «Dobbiamo affrontare il problema
della sicurezza. Nei prossimi giorni avvieremo una serie di riflessioni proprio
per trovare una soluzione», ha spiegato Palman. Poi ha aggiunto che «chiederemo
un intervento definitivo per mettere in sicurezza la struttura all’interno della
cokeria»
Corrado Barbacini
A marzo in tilt il nastro trasportatore
L'ultimo, di quella che sembra ormai essere diventata una catena infinita di
guasti e rotture, si è verificato l’altra mattina. Con inquietante regolarità si
ripetono guasti, incidenti e problemi alla Ferriera. Appena un mese fa ad andare
in tilt era stato il nastro trasportatore che funge da collegamento per
l'alimentazione della cokeria. Un problema definito dall'ufficio stampa
nell’occasione come «normalissimo inconveniente di manutenzione ordinaria» che
era stato risolto comunque in poche ore dai tecnici dello stabilimento di
Servola. Avevano ripristinato il funzionamento del nastro trasportatore già
nella tarda mattinata.
I segreti dell’efficienza energetica degli edifici
Incontro promosso da Area Science Park nell’ambito di “Eos”, la fiera
sulla sostenibilità ambientale
Incontri diretti in cui discutere di sviluppo, ricerca e business nel
settore delle tecnologie per l'efficienza energetica degli edifici. È questo il
fulcro centrale del technology dating in programma a Udine venerdì 17 maggio
2013 nell'ambito della fiera Eos - Exposition of Sustainability (17-20 maggio).
L'appuntamento, promosso Area Science Park, partner dalla rete Enterprise Europe
Network, in collaborazione con Marie - Mediterranean Building Rethinking For
Energy Efficiency Improvement, progetto europeo che rappresenta la risposta
delle regioni dell'Europa Mediterranea al miglioramento dell'efficienza
energetica del patrimonio immobiliare, vedrà imprenditori e ricercatori
scambiarsi esperienze e punti di vista con l'obiettivo di gettare le basi di
future collaborazioni. Il technology dating è strutturato in incontri one to one
di circa 20 minuti ciascuno. Ogni azienda o gruppo di ricerca iscritto sceglie
chi incontrare in base alle proprie esigenze e ai propri interessi di business.
Al momento sono 60 gli iscritti, provenienti da Italia, Croazia, Slovenia,
Spagna e Francia. Sono attesi partecipanti anche da Austria, Croazia, Bulgaria,
paesi partner della rete Een che hanno aderito all'iniziativa. Presenti anche
centri di ricerca, agenzie internazionali e grandi gruppi come lo sloveno Petrol
che, oltre a lavorare nel settore oil&gas, si occupa di energie rinnovabili.
Iscrizioni all’evento entro il 30 aprile. Per gli iscritti al technology dating
Area Science Park, in collaborazione con l'Azienda speciale della Camera di
Commercio di Udine, organizza giovedì 16 maggio due company visit presso
altrettanti importanti realtà del territorio: Pilosio Spa, azienda leader nella
produzione di attrezzature per il mondo dell'edilizia e delle costruzioni, e
Zero Energy Home by Le Ville Plus, uno "smart green building" progettato e
realizzato in partnership con l'Università di Trento. La partecipazione a
entrambe le giornate è gratuita, previa registrazione sul sito: www.b2match.eu/energy-efficient-buildings.
Chi fosse interessato, avrà inoltre la possibilità di prendere parte il 17
maggio - sempre nell'ambito della Fiera Eos - a un convegno internazionale,
organizzato dal progetto “Marie”, focalizzato su pre commercial procurement e
appalti per soluzioni innovative come strumenti di sostegno all'innovazione del
settore dell'efficienza energetica degli edifici.
La “verde” Trieste ha solo 23 parchi - Censiti i
giardini in un libro a cura della Regione. Miramare appare ancora bella, manca
il castello di Duino
Ci scopriamo verdi, e qui non c’entrano per un attimo umori e tristezze
politiche, o attacchi di bile per come va il mondo. Siamo proprio verdi di
clorofilla, e in questa stagione straordinariamente fioriti. La Regione ha
appena pubblicato un libro magnifico che per la prima volta presenta un
censimento di parchi e giardini pubblici e privati del territorio, provincia per
provincia, frutto del progetto scientifico, sulla base di indicazioni
ministeriali, realizzato dal Centro regionale di catalogazione e restauro dei
beni culturali, con la collaborazione di “Rotary per la regione”, Associazione
dimore storiche friulane, Consorzio per la salvaguardia dei castelli storici del
Fvg e l’ufficio stampa regionale: “I parchi e i giardini storici del Friuli
Venezia Giulia, un patrimonio che si svela” contiene le schede tecniche e
storiche (con molte foto) di 152 parchi e giardini di 90 Comuni, e ne censisce
351 in 109 Comuni, un “work in progress” che potrà accrescersi se arriveranno
nuove segnalazioni. Immediatamente, e anche sulla scorta del testo introduttivo
di Francesca Venuto, si soppesano le differenze di Trieste rispetto al resto del
territorio, “verdissima” per importanti e numerosi parchi pubblici, frutto di
una storia prettamente urbana caratterizzata dalle immense fortune dei mercanti
ottocenteschi ma non solo, e poverissima (forse anche per alcune mancate
evidenze) di parchi privati degni di tal nome. Al contrario l’Udinese occupa i
due terzi del volume, la sua tradizione in parte nobiliare “veneta” e in parte
originata da ricchezze fondiarie ha lasciato sul campo decine e decine di ville
circondate da ettari di verde disegnato nei secoli secondo la moda del momento,
a tutt’oggi di proprietà privata. I numeri di sintesi di questo volume già lo
dicono: a Trieste 23 parchi e giardini segnalati come tali (altri 12 solamente
censiti), e a Udine 80. A Pordenone 25 e a Gorizia altrettanti. E mentre incombe
la disperazione collettiva per lo stato degradato in cui è finito il parco più
famoso, quello di Miramare, si scopre in questo libro che le foto relative sono
antecedenti al disastro: tutto è verde e fiorito mentre da un pezzo non è più
così. Per contro, c’è una macroscopica mancanza: assente del tutto (se non per
qualche foto nelle pagine introduttive) lo splendido parco del castello di
Duino. Come mai? All’epoca della campagna fotografica la proprietà dei Torre e
Tasso era in pessime condizioni a causa dei nubifragi invernali. Non si poteva
dedicargli una meritata scheda, con foto altrettanto vecchie? In ogni caso i
triestini dovrebbero sentirsi ricchi per la dovizia di parchi pubblici urbani:
Orto botanico, Basevi, Sartorio (con statue, padiglione, pozzo, serra, stagno),
Passeggio Sant’Andrea, piazza Hortis, piazza Libertà, piazzale Rosmini, villa
Bazzoni (dell’Istituto di fisica, prossimo a passare al Comune), villa Necker
(delle Forze armate), villa Cosulich, villa Engelmann, villa Tripcovich
(privato, con colonnati, pergolato, serre, terrazze e viali), giardino pubblico
de Tommasini, San Michele, parco della Rimembranza, Parco di San Giovanni (18
ettari, con 5000 varietà di rose), villa Revoltella (con cedri e cipresso
dell’Arizona), Farneto, villa Giulia, Stavropulos (del Comune ma abbandonato).
Fra i censiti ma non descritti appaiono (tra pubblici e strettamente privati)
villa Geiringer, villa Margherita, villa Sigmund, villa di Salita Trenovia,
villa Della Zonca, villa Carignani, villa Holt, casa Marussich. C’è lavoro per
giardinieri.
Gabriella Ziani
Un patrimonio realizzato nell’Ottocento - STORIA
A chi si deve il patrimonio di parchi oggi pubblici a Trieste? A partire dal
’700 e in maniera prorompente nell’800 alle ricchezze indotte dal porto e
dall’emporio internazionale: «Gli esponenti delle diverse comunità
etnico-religiose qui stabilitisi - scrive Francesca Venuto nel suo saggio sulla
storia del giardino in Fvg che introduce il volume edito dalla Regione -
cominciarono ad acquisire terreni e immobili negli immediati contorni urbani per
erigere, corredandole di giardini di delizia, ville di svago e riposo». Fra gli
esempi più eclatanti, la “Mont Bijoux” del governatore della città Pompeo
Brigido e villa Sartorio. Poi ci fu l’occupazione francese, ma anche in quei
pochi anni avvenne qualcosa, «in accordo con il mito democratico della
“promenade” si diede impulso alla sistemazione di aree verdi, come le piazze
alberate e i passeggi». Nacquero Sant’Andrea, Farneto e anche l’attuale viale.
In più s’era formata una squadra di studiosi specialmente dediti alle scienze
naturali, e da qui presero vita prima l’Orto botanico di via Marchesetti
(tuttora affascinante per rarità di piante e fioritura di peonie proprio in
questa stagione) e il Giardino pubblico, che non per niente è rimasto intitolato
allo studioso e “creatore” Muzio de Tommasini. Ma poi ci fu anche il
commerciante e studioso vicentino Nicola Bottacin , fondatore a Trieste della
Società di orticoltura, che attorno alla sua villa di gusto nordico a San
Giovanni (oggi bed & breakfast) creò un pittoresco giardino con padiglioni e
vegetazione, da cui presero spunto non solo Pasquale Revoltella per la sua villa
oggi elegante parco pubblico, ma anche Massimiliano d’Asburgo per creare il
parco di Miramare. Al quale, a catena, s’ispirò poi il castello di Duino secondo
il gusto di Marie von Thurn und Taxis che su quella rocca fiorita ospitò come si
sa Rilke e D’Annunzio. E anche Domenico Rossetti fu cultore, creatore e
scrittore di piante e giardini, in un’epoca in cui la ricchezza e la cultura
erano all’apice.
(g. z.)
A Farneto l’area più estesa - curiosità
Non ci sono a Trieste principesche proprietà fiorite, perché sul mare non
crescono rose, ma in compenso oltre all’enorme parco di San Giovanni la città
può vantare il parco più esteso di tutto il Friuli Venezia Giulia: è il parco
Farneto, di cui il censimento e il volume della Regione segnalano questo record,
con i suoi 91 ettari e mezzo. Documentato già nel 1533, e arrivato a possedere
nel 1785 ben 32.984 querce che anche proteggevano la città dalla bora, si
arricchì a inizio ’800 del passeggio alberato di congiunzione alla città voluto
da Domenico Rossetti, e più tardi del palazzo del Ferdinandeo. Ristrutturato nel
2000 con viali e sentieri, è segnalato anche per i suoi percorsi naturalistici e
storici.
Tra Horti Tergestini e «Fiori dappertutto» - Il Comune,
con alcuni partner, ha varato un ricco programma di valorizzazione - GLI
APPUNTAMENTI
Non è tutta storia, però. Trieste, che vuole ricostruirsi come identità “di
mare”, sta puntando molto sulla tradizione di terra. Già l’altra estate ci fu
una brillante idea per il museo Sartorio, quest’anno vige un intero programma
(del Comune con molti partner) intitolato “In primavera a Trieste” (fino al 30
maggio), mentre il progetto “Orti urbani”, che su Retecivica ha un suo sito
dedicato, prosegue con un intenso programma di appuntamenti in varie parti della
città e a Muggia, dove esperti spiegano i segreti del coltivare. Senza dire che
un’altra volta il tripudio floreale del parco di San Giovanni “Horti tergestini”
ha offerto la scorsa settimana conferenze e novità in tema, oltre che rarità
floreali, e che le fiere di viale XX Settembre hanno sempre grande successo. C’è
bisogno di natura, e il Museo Revoltella (fino al 30 maggio) offre un percorso
ragionato attraverso i suoi pittori alla scoperta di “Fiori dappertutto”. Al
sesto piano ha allestito la mostra di artisti moderni sempre sullo stesso tema
(“Primavere ribelli”). Restano ancora tre occasioni per seguire poi il ciclo “I
giovedì della primavera”, conferenze al Museo Revoltella che il 2, 9 e 16 maggio
saranno dedicate rispettivamente a “www.Il cercarose”, “Api a vista” e “L’arte
del fitorimedio” dopo che già sono stati presentati libri di sicuro interesse.
Stretta la collaborazione col Parco di San Giovanni, ormai giardino “cult”,
s’inserisce nel programma fino al 30 maggio “Fioriture al Roseto”, invito ad
ammirare le 5000 varietà di rose, ma ora anche una straordinaria serie di 5000
tulipani. Dal 1.o al 30 maggio quattro serate a tema “Rose, libri, musica,
vino”, titolo che dice già tutto. Non da ultimo, all’Orto botanico di via
Marchesetti fino al 30 maggio visite per la fioritura della collezione di
peonie, mentre il 10 maggio prende il via la nuova edizione di “Invasati, tutti
pazzi per i fiori”, con conferenze alle 10, installazioni “al femminile” alle
16, musica con la Glasbena matica alle 17. Si tratta del mercatino per
appassionati: si possono vendere e scambiare piante, semi, bulbi, terricci e
libri. Per il mercatino bisogna sottoscrivere una domanda, scaricabile dal sito
del Comune.
(g. z.)
Solo un volto nuovo in Consiglio comunale
Dipiazza lascia il posto all’ispettore Cannataro. Il Pd Ukmar mette in
lista d’attesa Tiziana Cimolino
Il Consiglio comunale di Trieste esce praticamente quasi indenne dalle
elezioni regionali. Resta imbottito di ex consiglieri regionali o di aspiranti
tali. Solo il Pdl vanta tra le fila gli ex di Piazza Oberdan Piero Camber e
Maurizio Bucci oltre ai consiglieri mancati Everest Bertoli e Claudio Giacomelli.
C’è poi l’ex Alessia Rosolen a cui, dopo il flop di Un’Altra Regione, resta uno
scranno comunale da condividere con Franco Bandelli. Tra gli ex di lusso di
qualche legislatura fa c’è anche Roberto De Gioia (Lega Nord). Il salto di
qualità è invece riuscito all’ex sindaco Roberto Dipiazza che lascia senza
rimpianto il suo posto all’ex ispettore di polizia Alfredo Cannataro. «Penso che
si debba fare bene una cosa alla volta», ha già fatto sapere Dipiazza a cui in
realtà il ruolo di consigliere comunale è sempre andato stretto. Una noia
mortale. «Questa giunta comunale sta portando avanti le cose già definite
durante il mio mandato» ripete ad ogni occasione. Meglio quindi lasciare al
poliziotto in pensione dal 1989 Cannataro, padre fondatore del Sap (sindacato
autonomo di polizia) il divertimento dell’aula comunale. Cannataro approda in
Consiglio con il titolo di ufficiale al merito della Repubblica ottenuto il 17
maggio 2012 . A piazza Oberdan il primo cittadino Dipiazza troverà, invece, il
fenomeno Emiliano Edera che, “dimesso” dalla giunta Cosolini con la scusa delle
regionali, è riuscito nell’impresa con la nuova casacca dei Cittadini per il
presidente dopo aver indossato quella dell’Italia dei valori di Dipietro e della
Lista di Primo Rovis (due volte eletto in Consiglio comunale). L’assessore più
negato del Comune di Trieste è riuscito a ottenere 810 preferenze, più di Gianni
Torrenti primo dei non eletti nelle liste del Pd. Misteri della politica. Il Pd
vanta l’altro consigliere comunale eletto in Regione: il vicecapogruppo Stefano
Ukmar, rappresentate della minoranza slovena. A differenza di Dipiazza e dello
statuto del partito (che prevede l’incompatibilità delle due cariche) Ukmar non
lascerà subito il posto in consiglio comunale. «Visto che ho seguito tutte le
vicende del piano regolatore vorrei rimanere fino alla sua adozione. Fino a
novembre. In modo anche di approvare il bilancio e il piano del traffico» spiega
il vicecapogruppo del Pd che poi, per prevenire ovvie critiche, aggiunte:
«Lascerò comunque le commissioni. Mi limiterò soltanto al gettone del Consiglio
comunale che poi intendo devolvere». La prima dei non eletti del Pd Tiziana
Cimolino, medico di base e coordinatrice del Forum per l’acqua, dovrà aspettare
altri 9 mesi. Lista d’attesa lunga quanto una gravidanza. «Ho già parlato con
lei», assicura Ukmar. Ma è d’accordo? «Credo di sì». Ma in Regione cosa andrà a
fare Ukmar? «Non ne ho la più pallida idea. Aspetto che qualcuno mi contatti».
(fa.do.)
Negli stagni a “caccia” di rane Ma è soltanto per
salvarle - EVENTI»L’INIZIATIVA
Domani si celebra la Giornata internazionale per la conservazione degli
anfibi I Tutori stagni organizzano visite guidate e giochi: appuntamento a
Ponziana
Domani verrà celebrata la quinta Giornata internazionale dedicata alla
conservazione degli anfibi e alla sensibilizzazione sul tema. La manifestazione,
che s’intitola “Save the frogs!”, ovvero “Salva le rane!”, è un evento
internazionale promosso e coordinato in Italia dalla Societas Herpetologica
Italica. In diverse sedi del Bel Paese saranno organizzate conferenze e
congressi dedicati proprio allo studio e alla conoscenza di questi animali.
Accanto agli approfondimenti didattici sono previsti diversi momenti ricreativi,
visite guidate e passeggiate serali alla scoperta di rane, rospi e altri anfibi.
«Sono azioni utili a far comprendere l’importanza di questi animali per
l’equilibrio degli ecosistemi – spiega Gaia Fior per il gruppo dei Tutori stagni
e zone umide del Friuli Venezia giulia che partecipa alla giornata. Nel contempo
l’iniziativa permetterà di far conoscere le minacce che stanno causando il loro
declino su scala globale». L’obiettivo dell’associazione Save the frogs e di
tutti i gruppi e le realtà di studiosi e ambientalisti che aderiscono a questa
giornata è quello di proteggere le popolazioni di anfibi e i loro habitat
naturali. Per farlo, non vi è modo più appropriato che diffondere conoscenza e
esperienze sulla loro vita e sulle loro funzioni in natura. I Tutori stagni e
zone umide hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa e promuovono nella loro
sede di Ponziana, situata nei pressi dell’infopoint Rodolfo Crasso della pista
ciclabile Cottur di via Orlandini, una giornata dedicata alla conoscenza sul
tema riservata sia ai più piccoli che agli adulti. Il programma prevede una
serie di giochi in tema “anfibio” per bambini e ragazzi; i partecipanti
riceveranno il patentino del piccolo tutore degli stagni. Agli adulti invece
verrà offerta una dettagliata spiegazione riguardante i diversi stagni presenti
lungo la pista ciclabile, e verrà effettuata una visita a quello più vicino
all’infopoint. Oltre alla presentazione fotografica delle diverse attività del
gruppo e dei diversi habitat provinciali, è prevista la proiezione di alcuni
video documentari che documentano il salvataggio dei rospi a San Dorligo della
valle. I volontari dell’associazione saranno presenti domani all’infopoint
ponzianino dalle tre del pomeriggio sino al tramonto. Per chui volesse maggiori
informazioni, c’è anche il sito all’indirizzo wwww.tutoristagni.it, e l’email
info@tutoristagni.it.
Maurizio Lozei
SEGNALAZIONI - Rifiuti - L’insuccesso della differenziata
Ogni tanto leggo sul Piccolo varie ipotesi sul perché non funziona la raccolta differenziata. L’ultima è di oggi: «Sono molto poco soddisfatto di quello che stiamo facendo, anzi sono decisamente deluso - afferma Umberto Laureni, assessore all’Ambiente -. Qualcosa evidentemente non funziona, in primis nell’informazione al cittadino. Non ci sono colpe specifiche del Comune o dell’Acegas, ma una riflessione va fatta. Il servizio ci costa ma i risultati non sono per niente buoni». Laureni incontrerà nei prossimi giorni i vertici dell’Acegas: «C’è comunque la necessità e la volontà da parte nostra di migliorare e rendere più usufruibile quello che è già stato fatto». Alla base (finora) dell’insuccesso c’è forse la poca informazione, oltre che una certa ritrosia al cambiamento. Molti triestini non sanno, ad esempio, come avviene la raccolta dei rifiuti. Il Comune ha ricordato più volte che esistono le “isole ecologiche stradali”... Le motivazioni sono anche altre, alcuni esempi: nei rioni di Longera e Sottolongera (dove abito), e in altre molte zone, non esistono contenitori per la raccolta differenziata e pertanto chi vuole fare la raccolta differenziata deve portare le borse con carta vetro e plastica in autobus superaffollati tra la gente che sbuffa per le borse, ma poi scende alla fermata della Rotonda del Boschetto e trova quasi sempre i contenitori della raccolta differenziata tutti pieni e quindi o si fa una salutare passeggiata con le borse fino ai prossimi contenitori oppure butta tutto nell’indifferenziata. Ebbene sì, sostenete che le isole ecologiche ci sono, per chi ha l’auto possono bastare, ma chi va in autobus dovrebbe aver la possibilità di poter trovare a ogni fermata del bus un’isola ecologica. Inoltre, dovrebbero esistere solo isole ecologiche: i triestini sono per loro natura pigri, e quindi se hanno sotto casa un cassonetto per l’indifferenziata difficilmente faranno 100 metri a piedi per utilizzare quelli per la differenziata. E poi mi chiedo: come mai in viale Miramare (tra il Cedas e il bivio) ci sono più isole ecologiche che case? Se sono pensate per i bagnanti estivi, almeno metteteli lato mare, altrimenti chi sarebbe quel pazzo che attraversa la strada in costume per gettare una lattina di birra nella differenziata? Scusate per lo sfogo, ma quando ci vuole, ci vuole.
Adriana Cossu
IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 aprile 2013
Ferriera, esplosione e fiamme in cokeria
Il botto all’ora di pranzo è stato percepito da mezza città. La
deflagrazione in un filtro per la decatramazione. Nessun ferito
Il sibilo del gas che esce dalla valvola e poi l’esplosione e l’incendio. È
successo ieri alla Ferriera di Servola. E solo per miracolo nessun operaio è
rimato ferito o peggio ustionato. L’ennesimo incidente si è verificato attorno
alle 13.30. Dopo il boato, che è stato distintamente udito in tutta la zona di
Servola, ma anche in centro città, dalle ciminiere della cokeria si sono levate
alte lingue di fuoco. È stata emergenza. Infatti in pochi minuti sono giunte
nello stabilimento ben sette partenze dei vigili del fuoco. I pompieri (una
ventina) assieme al personale della Lucchini hanno messo l’area in sicurezza.
Prima che potessero verificarsi altri pericolosi problemi causati dal gas da
cokeria ottenuto per distillazione secca di alcuni tipi di litantrace. La
litantrace viene distillata per produrre coke metallurgico, il gas risultante è
usato come combustibile, come reagente o come fonte di idrogeno. La composizione
è molto simile a quella del gas di città, ma con un contenuto di idrogeno più
alto. E quindi più pericoloso. La deflagrazione - così hanno accertato i vigili
del fuoco - è avvenuta in particolare all’interno di un filtro per la
decatramazione che si trova alla sommità di un silo all’interno della cokeria
stessa. I pompieri hanno spento le fiamme e poi, con non poche difficoltà
tecniche, hanno raffreddato l’impianto. A questo punto i tecnici della Lucchini
hanno agito direttamente sul filtro inattivandolo con l’azoto. Una procedura
questa non certo semplice e soprattutto non priva di rischi. La fortuna è stata
che al momento dell’esplosione nessun operaio si trovava in prossimità della
cisterna silo. «L’importante è capire come e perché è successo», ha dichiarato
Franco Palman, sindacalista della Uil e rappresentante della Rsu in Ferriera.
Assieme a Luigi Isaia, della Fiom ha partecipato attorno alle 15 a un incontro
con i vertici dello stabilimento. «Dobbiamo affrontare il problema della
sicurezza. Nei prossimi giorni avvieremo una serie di riflessioni», ha aggiunto
Palman. Poi ha spiegato che «chiederemo un intervento definitivo». Dal canto suo
in una nota l’azienda minimizzando ha rilevato che quanto accaduto «può
succedere secondo la casistica prevista dalle procedure». In pratica
l’esplosione e l’incendio si sono verificate, secondo la ricostruzione resa nota
dall’ufficio stampa della Lucchini «in fase di riavvio post manutenzioni.
Infatti si è subito attivato il dispositivo di sicurezza (con l’accensione delle
torce a batteria) e il principio d’incendio è stato immediatamente domato». Ma
poteva scapparci il morto.
Corrado Barbacini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 aprile 2013
È IL FERRO IL RESPONSABILE DELLA TOSSICITà DELL’AMIANTO
- STUDIO PUBBLICATO ALL’ESTERO
Ricerca di Sincrotrone, Sissa, “Burlo” e Università di Trieste: il
metallo è prodotto per autodifesa dal corpo
Un’equipe di ricercatori del Laboratorio di luce di sincrotrone Elettra,
dell’Ospedale Burlo Garofolo e dell’Università di Trieste ha “fatto luce” sui
meccanismi alla base della tossicità dell’amianto. Frutto di un’innovativa
analisi su campioni di tessuto polmonare provenienti da pazienti esposti
all’amianto, gli ultimi risultati ottenuti dal gruppo triestino, in
collaborazione con ricercatori del Sincrotrone francese Esrf e dell’Università
di Udine, mettono in luce il ruolo fondamentale del ferro nello sviluppo del
mesotelioma. Il risultato dello studio ha conquistato le pagine di “Scientific
Reports”, rivista del gruppo “Nature”. Amianto e mesotelioma pleurico sono
termini drammaticamente legati: il primo è un minerale ampiamente utilizzato in
edilizia fino a pochi anni fa per il suo basso costo e la sua eccezionale
resistenza al calore; il secondo, un tumore particolarmente aggressivo della
pleura (la parete interna del torace che riveste i polmoni) che ha
nell’esposizione all’amianto il suo principale fattore di rischio. La
pericolosità dell’amianto è infatti legata alla sua struttura fisica: le sue
microscopiche fibre sono facilmente inalabili e possono depositarsi nei polmoni
causando diverse malattie fra cui l’asbestosi (presenza di cicatrici nel tessuto
polmonare), il tumore al polmone e, appunto, il mesotelioma. «Indice
inequivocabile dell’esposizione all’amianto - spiega Clara Rizzardi, medico
dell’Università di Trieste - è la formazione dei cosiddetti corpi dell’amianto o
corpi dell’asbesto nel tessuto polmonare. Strutture, queste, che nascono dalla
deposizione attorno alle fibre d’amianto di ferro libero, proteine che
trasportano il ferro, mucopolisaccaridi e altri materiali. È un tentativo dei
macrofagi polmonari (cellule deputate alla difesa del tessuto) di isolare
l’intruso avvolgendolo con una sorta di conchiglia ma, d’altra parte, un enorme
serbatoio di ferro che, in quantità eccessiva e se liberato, può risultare
tossico per il Dna cellulare». Condotte analisi su campioni di tessuto polmonare
conservati all’Ospedale di Monfalcone, di pazienti esposti all’amianto. «Grazie
a tecniche con luce di sincrotrone - spiega Alessandra Gianoncelli di ”Elettra”
- abbiamo evidenziato importanti correlazioni fra la morfologia e la chimica dei
corpi dell’asbesto e del tessuto polmonare circostante». Il primo oggetto
d’osservazione è stato proprio il ferro.
IL PICCOLO - MARTEDI', 23 aprile 2013
Il “rifiuto” della differenziata - La raccolta sotto il
30% - AMBIENTE » RISULTATI MODESTI
Il Comune si era prefisso di arrivare al 40% in questo periodo, Padova è
al 45 e al 70 con il porta a porta.
Laureni: «Sono deluso, rivedremo i piani con Acegas»
Così non va. La raccolta differenziata a Trieste non decolla. E non per
colpa di Comune e Acegas, la mente e le “braccia” del servizio rifiuti. Nei
primi mesi del 2013 è arrivata a poco più del 29%, molto al di sotto delle
aspettative dell’amministrazione comunale che puntava al 40%, se non di più.
Sotto questo aspetto Trieste è in coda nella classifica dei comuni “virtuosi”, a
differenza di altre classifiche relative alla qualità della vita nelle quali la
città è sempre ai primi posti. Ecco dunque i dati che fanno piangere Comune,
Acegas, ambientalisti e molti triestini di buona volontà. Nel 2010 la
differenziata era al 20,09%; nel 2011 al 24,05%, nel 2012 al 28,72%. Nei nei
primi tre mesi di quest'anno è al 29,31%. Una crescita lenta dunque che non
accontenta le attese e i desideri degli amministratori. In molti altri comuni
non solo del Friuli Venezia Giulia ha raggiunto ben altri risultati. A Padova ad
esempio, visto che il servizio è sempre gestito da Acegas, la raccolta nei
bidoni su strada arriva al 45%, il porta a porta invece è al 75%. «Sono molto
poco soddisfatto di quello che stiamo facendo, anzi sono decisamente deluso -
afferma Umberto Laureni, assessore all’Ambiente -. Qualcosa evidentemente non
funziona, in primis nell’informazione al cittadino. Non ci sono colpe specifiche
del Comune o dell’Acegas, ma una riflessione va fatta. Il servizio ci costa ma i
risultati non sono per niente buoni». Laureni incontrerà nei prossimi giorni i
vertici dell’Acegas: «C’è comunque la necessità e la volontà da parte nostra di
migliorare e rendere più usufruibile quello che è già stato fatto». Alla base
(finora) dell’insuccesso c’è forse la poca informazione, oltre che una certa
ritrosia al cambiamento. Molti triestini non sanno, ad esempio, come avviene
raccolta dei rifiuti. Il Comune ha ricordato più volte che esistono le “isole
ecologiche stradali” destinate al conferimento dei rifiuti non riciclabili,
della carta, della plastica, del vetro e delle lattine; i centri di raccolta per
il conferimento dei rifiuti ingombranti, pericolosi, elettrici, inerti, legno,
metalli, materassi, mobili, suppellettili, ecc.; il prelievo a domicilio dei
rifiuti ingombranti; la raccolta porta a porta del “verde” dei giardini privati;
la raccolta degli imballaggi in cartone, presso alcuni punti, dedicato alle
attività commerciali; la raccolta del rifiuto “umido” riservato a ristoranti,
mense, supermercati, ecc. E soprattutto che questi servizi non comportano altri
pagamenti rispetto alla normale tassazione. «È certo - afferma l’ingegnere Paolo
Dal Maso, dirigente dell’Acegas - la differenziata ha avuto un leggero
incremento, il dato odierno del 29,31% potrebbe essere migliore nei prossimi
mesi. Ne discuteremo con il Comune. Sono loro la mente, noi siamo il braccio
operativo». Ma qualcosa che non va c’è sicuramente. «Certamente, ad esempio -
sottolinea ancora Dal Maso - la raccolta dei cartoni degli esercizi commerciali:
raccogliamo ancora poche quantità di materiale che poi invece troviamo buttate
sui marciapiedi, vicino ai cassonetti che impediscono il versamento dei rifiuti
normali. O come la raccolta del verde. Lo vediamo purtroppo anche in questi
giorni. Al servizio hanno aderito 1500 persone alle quali abbiamo dato un
contenitore dove depositare l’erba tagliata del giardino. Basta una telefonata e
noi passiamo a ritirarlo. Succede invece di vedere sacchi di erba buttati per la
strada o nei cassonetti. Stesso discorso per l’umido introdotto lo scorso luglio
e che riguarda mense, ristoranti, case di riposo. Anche in questo caso abbiamo
avuto poche adesioni sebbene il servizio sia gratuito». Insomma si tratta di
pigrizia dei triestini o della mancanza di informazioni? Esiste poi un
regolamento comunale che prevede l’obbligo di conferire “in modo opportunamente
separato e secondo le modalità definite dal gestore del servizio”, i rifiuti:
chi sgarra viene punito con una sanzione di 100 euro. Il conferimento di rifiuti
indifferenziati nei contenitori per la raccolta differenziata viene sanzionato
con 150 euro. Il conferimento nei contenitori stradali di rifiuti pericolosi,
speciali non assimilati, ingombranti, elettrici ed elettronici, liquidi, inerti,
parti di veicoli, comporta una sanzione di 500 euro. Alla fine della giostra,
una domanda: le multe vengono veramente comminate?
Ferdinando Viola
Trasporto locale con più treni veloci e bus
Il Piano regionale passa nell’ultima seduta di giunta: per conseguire gli
obiettivi ritenuti sufficienti i 140 milioni del 2010
TRIESTE Più treni (e più veloci) e più autobus (se non calano le risorse)
nel futuro del trasporto pubblico locale: questo è l'obiettivo del piano
regionale approvato nell'ultima seduta della Giunta regionale prima delle
elezioni. Quasi 200 pagine, più gli allegati, che fanno il punto della
situazione (l'anno di riferimento è il 2010) e tracciano gli scenari per il
futuro dei collegamenti. FERROVIA L'obiettivo è quello di incrementare i 3,28
milioni di chilometri all'anno, a cui si aggiungono 1,2 milioni di chilometri
“concorrenti” con il Veneto e 2,3 milioni di competenza statale. Si punta ad
aggiungere 300 mila chilometri regionali e 1 milione complessivi, portando a
casa le competenze della tratta Trieste–Udine–Venezia (oggi di competenza dello
Stato) e con esse le risorse che ammonterebbero a oltre 11 milioni di euro. Ma
c'è anche da razionalizzare il servizio, garantendo orari che si armonizzino
meglio con l'alta velocità a Mestre (per arrivare a Roma da Trieste e Udine oggi
si attende nella stazione veneziana circa un'ora) ma anche con la rete di bus
extraurbani per raggiungere località più piccole. E c'è la volontà di avere dei
treni regionali veloci (quindi con poche fermate intermedie) tra i principali
nodi regionali (Trieste–Udine in particolare) e collegamenti migliori con gli
Stati confinanti, in particolare con l'Austria (Trieste–Villach coordinata con i
tre per Vienna, Klagenfurt e Salisburgo) mentre per la Slovenia c'è da
raggiungere la connessione tra i sistemi ferroviari. GOMMA Il servizio,
extraurbano e urbano, viene considerato buono così com'è (o com'era, visto che
il piano si riferisce a un periodo precedente ai tagli apportati alle linee
urbane) e quindi non necessiterebbe di particolari revisioni. Si prevede
comunque un aumento dei chilometri aggiungendo ai complessivi 42 milioni circa
1,7 milioni di km, di cui 810 mila extraurbani e 950 mila di urbani: di questi
350 mila interesserebbero Trieste, 300 mila Udine, 200 mila Pordenone, e 100
mila distribuiti tra Gorizia e Monfalcone. Per migliorare il servizio viene
ipotizzata la possibilità di incrementare le corse su prenotazione (con
l'istituzione anche di un numero verde) oltre alla tariffazione integrata (che
riguarderebbe anche la ferrovia) con bigliettazione elettronica. Un
investimento, quest'ultimo, che ammonterebbe a 13-14 milioni di euro più 1,5
milioni all'anno di costi di gestione. SERVIZI MARITTIMI Dalle attuali 52 miglia
marittime all'anno di rotte per via mare, si punta ad arrivare ad un +25%,
aggiungendo 13 miglia marittime. In particolare il piano si prefigge di
prolungare la linea Trieste–Barcola–Grignano–Sistiana fino a Monfalcone e di
portare fino a Lignano la Trieste–Grado. In previsione si parla anche di una
linea che unisca il capoluogo regionale a Capodistria. Ad oggi il servizio via
mare viene considerato inefficace per la copertura. LE RISORSE Secondo il piano,
le risorse stanziate nel 2010, pari a oltre 140 milioni di euro, sono
sufficienti per garantire i servizi previsti dal documento. In particolare per i
servizi ferroviari l'efficientamento e l'aumento del traffico previsto bastano
per coprire l'aumento dei costi previsto (che comunque non arriva al milione di
euro) per raggiungere gli obiettivi. Quindi, anche nel caso di riduzione delle
risorse (nel caso peggiore si parla di un complessivo -20%), sarebbe possibile
migliorare il trasporto sui binari secondo le indicazioni del piano. Discorso
diverso per quanto riguarda il trasporto locale su gomma: in questo caso
l'eventuale “stallo” delle risorse al 2010 basterebbe per avere i servizi
previsti dal piano regionale. Nel caso di finanziamenti in calo, invece, si
dovrebbe procedere, come peraltro già si è fatto nel 2013, a ridurre le corse.
Roberto Urizio
Tra le ipotesi una tariffa differenziata per i non
residenti sul tram di Opicina
Tariffa differenziata per i turisti che usano il tram di Opicina? Ipotesi
prevista dal Piano regionale del Tpl. Nel tentativo di raggiungere l'obiettivo
del 35% nel rapporto tra i ricavi da traffico e i costi operativi, si parla
anche dell'ipotesi di un “ticket” turistico per utilizzare la tramvia da piazza
Oberdan a Opicina. «L’atteso incremento dei ricavi da traffico derivante dalle
ragionevoli previsioni di crescita della domanda per diversione modale dal
trasporto privato e in parte dai meccanismi di aggiornamento delle tariffe,
unito alla crescita dell’efficienza e produttività prevista dal Piano – è
scritto nel documento - rendono perseguibile il raggiungimento dell’obiettivo
del 35% del rapporto ricavi da traffico/costi operativi nell’ambito della durata
dell’affidamento. Sarà quindi valutata l’applicazione di tariffe differenziate
per non residenti per il Tram di Opicina», ipotesi estendibile anche «per i
servizi marittimi sulle direttrici di maggior interesse turistico».(r.u.)
Senza fermate dieci stazioni “minori” - Sulla
Monfalcone-Udine restano escluse Redipuglia, Mossa, Capriva: le meno usate
dall’utenza
Le altre linee interessate Sulla Monfalcone-Latisana “saltate” Muzzana e
Palazzolo sullo Stella. Sulla Cervignano-Udine 5 le strutture eliminate
TRIESTE Dieci piccole stazioni rimarrebbero senza treni. Il nuovo assetto
dei servizi ferroviari previsto dal Piano regionale del Tpl prevede treni
regionali veloci su alcune tratte (in particolare tra Trieste e Udine),
riducendo quindi le fermate intermedie. In questo modo restano fuori, sulla
tratta Cervignano–Udine, le stazioni di Strassoldo, Sevegliano, S. Maria La
Longa, S. Stefano Udinese e Lumignacco, sulla Monfalcone-Latisana, non vengono
servite le fermate di Muzzana del Turgnano e Palazzolo dello Stella mentre sulla
Monfalcone–Udine restano escluse Redipuglia, Mossa e Capriva. Queste fermate, si
sottolinea, sono quelle meno utilizzate dagli utenti. «Si tratta – viene
specificato nel piano – di un’esclusione temporanea, poiché si prevede che, al
variare delle condizioni di contesto meglio precisate nel seguito, le fermate
inizialmente non servite vengano reintegrate nel sistema». In ogni caso le
località che non verranno più raggiunte dai treni saranno servite «da un insieme
di corse automobilistiche configurate in modo tale da poter svolgere, con pari o
superiore livello qualitativo, le stesse funzioni del servizio ferroviario
temporaneamente sospeso». L'esclusione delle piccole stazioni è dettata, per
quelle collocata sulla tratta Cervignano–Udine, da motivi di capacità della
linea che non consentono di prevedere un servizio di treni regionali veloci e
nello stesso tempo capillari. Per quanto concerne Muzzana e Palazzolo, la
presenza su quella linea di due servizi veloci ogni di fatto “satura” la linea
impedendo che passino altri treni; le tre stazioni isontine, invece, risultano
già poco utilizzate attualmente e «non si è ritenuto opportuno portare a sistema
tali fermate inserendole nel servizio di tipo regionale; si è evitato così di
associare a questo servizio un tempo di percorrenza eccessivamente lungo e
quindi penalizzante per l’utenza diretta a Buttrio, Manzano e S. Giovanni per
motivi di lavoro». Le fermate inizialmente escluse dal servizio, si legge ancora
nel piano, «verranno reintegrate subordinatamente a realizzazione di interventi
infrastrutturali volti ad aumentare la capacità della tratta Cervignano–Udine e
al miglioramento delle prestazioni del materiale rotabile, tale da consentire
l’inserimento di ulteriori fermate senza un significativo aumento dei tempi di
percorrenza». (r.u.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 22 aprile 2013
«Dialogo in costruzione con la Soprintendenza» - GLI
ASSESSORI DAPRETTO E MARCHIGIANI
La responsabile della Pianificazione urbana in Comune: «Due i temi
principali che stiamo affrontando assieme.
Cioè il Regolamento sui dehors e la questione degli
stalli per le biciclette»
«Stiamo consolidando un atteggiamento più proficuo per entrambe le parti e
dopo il riavvio degli incontri stiamo affrontando vari argomenti. Spero che la
situazione si normalizzi». È il commento dell’assessore ai Lavori pubblici
Andrea Dapretto in merito ai tanti procedimenti concernenti la sua area di
competenza che devono passare al vaglio della Soprintendenza per i beni
architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia. «Certo - continua -
come tutti si rendono conto data la situazione economica il settore delle opere
pubbliche è parzialmente in stallo ma stiamo affinando i progetti». Dapretto
cita l’esempio dell’ex Meccanografico: «Il nostro progetto, evidentemente, non
era stato apprezzato. Così abbiamo apportato alcune modifiche da proporre alla
Soprintendenza per l’approvazione». Nei mesi scorsi vi erano state frizioni,
anche cospicue, tra operatori pubblici e privati e la soprintendente regionale
Maria Giulia Picchione. Con il presidente Fvg degli imprenditori edili (Ance)
Valerio Pontarolo ad accusare che solo il 30% delle pratiche veniva evaso, a
fronte di un 90% rivendicato dalla soprintendente stessa. Ora l’aria sembra
essere mutata e la collaborazione, almeno quella con l’amministrazione pubblica,
avviata in maniera propositiva, mentre il presidente provinciale dell’Ance
Donatello Cividin non ha riscontro di nuove lamentele dal settore privato. «C’è
una corretta collaborazione tra enti pubblici, come deve essere - specifica
Dapretto -. Con tale spirito stiamo affrontando temi quali gli stalli per le
biciclette e altri di arredo urbano». In merito interviene l’assessore alla
Pianificazione urbana Elena Marchigiani: «Con la Soprintendenza stiamo
costruendo un dialogo, un rapporto fertile». «Sono due i temi principali che
stiamo affrontando insieme alla Soprintendenza - racconta -: il Regolamento per
i dehors, gli spazi esterni dei pubblici esercizi, e gli stalli per le bici. Il
Regolamento è in discussione, per giungere a stenderne uno condiviso nei
principi. Per la mobilità sostenibile abbiamo invece proposto un progetto sia
per le ubicazioni attuali che per altre, nuove e meno centrali, per le “due
ruote” a pedali. Anche l’arredo urbano sarà studiato: un elemento di
riqualificazione importante». Nessuna novità invece, finora, per i chioschi di
Barcola. I titolari avevano affidato a un professionista un progetto di
allargamento degli stessi per dotarli di servizi igienici riservati al pubblico.
Sulla zona c’è il vincolo paesaggistico ma ancora nulla si sa sui passi compiuti
dal progetto.
(p.p.g.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 21 aprile 2013
Da piazza Oberdan a Barriera il centrocittà da
riconquistare
Negozi e locali in crisi perché la movida è limitata tra Ponterosso e
Cavana L’assessore Marchigiani: «Con le nuove pedonalizzazioni la zona rivivrà»
Recuperare un’ampia zona della città che nel giro di vent’anni da centro è
divenuta periferia: è l’impegno che si prendono amministratori pubblici e
responsabili delle categorie economiche. La zona è quella che va dal Borgo
Teresiano fino a Barriera Vecchia e che include antichi fulcri della socialità e
del commercio triestini quali piazza Oberdan, via Carducci e via Battisti, che
di giorno continuano a essere trafficati grazie alla presenza del palazzo di
giustizia, degli studi professionali, di banche e del Consiglio regionale, ma
che dopo le sette, otto di sera si desertificano e che comunque non sono più
meta delle passeggiate e dello shopping dei triestini, né tantomeno delle visite
dei turisti. Il fallimento della libreria Fenice ha una delle principali cause
in questa tendenza. Ma senza interventi immediati i casi critici rischiano di
estendersi a tappeto in tutta la zona. «È vero - afferma Bruno Vesnaver,
presidente provinciale della Fipe (pubblici esercizi) - la principale morìa di
locali negli ultimi anni si è registrata proprio in quell’area, fatta eccezione
per il Viale dove resistono gelaterie e locali per giovani. Ciò perché la movida
triestina si è spostata tutta nell’area tra il canale di Ponterosso, piazza
della Borsa, piazza Unità e Cavana coinvolgendo d’estate anche tutte le Rive
fino alla stazione Rogers. Sull’altro versante invece già in via San Lazzaro e
in via Imbriani si incomincia a sentire aria di crisi». Riconquistare al centro
storico un’area che comunque mantiene forti pregi architettonici è una delle
linee base del Piano del traffico che tra qualche mese verrà approvato dal
Consiglio comunale. «Un primo tassello importante - spiega l’assessore alla
Pianificazione urbana Elena Marchigiani - è stata la posa della passerella Joyce
sul canale che ha rimesso appunto in comunicazione la zona di piazza della Borsa
con il Borgo Teresiano. Sempre su questo versante con i fondi Pisus saranno
allargati i marciapiedi di via XXX Ottobre che verrà pedonalizzata. Proprio
attraverso piazza Oberdan l’area pedonale del centro sarà così collegata al park
di Foro Ulpiano. Se la nuova giunta regionale ci sbloccherà i fondi già
stanziati, procederemo anche alla riqualificazione di via Trento e largo Panfili
arricchendo anche l’arredo urbano». Altrettanto importanti però sono gli
interventi previsti dall’altro capo. «Molte vie attorno al Viale XX settembre
quali via Crispi, via Nordio, via del Toro, via della Sorgente, via Fonderia e
via San Maurizio saranno trasformate in vie ad alta pedonabilità, percorribili
solo da taxi, disabili e mezzi di carico e scarico. In questo modo - conclude
Marchigiani - contiamo di rivitalizzare anche via Battisti e una parte di via
Carducci che non possiamo logicamente chiudere al traffico».
Silvio Maranzana
il commercio - «Attrarre clienti con eventi e musica»
È stata soprattutto la pedonalizzazione, partita gradualmente proprio da via San Nicolò, piazza Unità e dalle sponde del Canale a provocare lo spostamento del centro cittadino di Trieste. Oltre agli interventi urbanistici cosa fare per recuperare e ricentralizzare le vecchie aree? «Esercenti e commercianti - afferma Vesnaver - dovrebbero consorziarsi, creare ad esempio serate bianche con locali tutti contemporaneamente aperti e concertini». Concorda Franco Rigutti, vicepresidente di Confcommercio: «Non si può sempre appellarsi alle pubbliche amministrazioni, i commercianti devono anche autotassarsi per creare eventi. Poi indubbiamente le autorità devono stoppare la realizzazione di nuovi centri commerciali».
(s.m.)
Via Battisti si ribella: dimenticati dal Comune
Isolati, dimenticati, abbandonati. È questo lo stato d’animo dei
commercianti triestini che operano nell’area immediatamente adiacente a quella
del centro storico: una zona che gravita intorno a via Battisti e limitrofe e
che da qualche tempo si trova nella situazione paradossale di essere sempre più
emarginata e periferica rispetto al cuore della città, pur trovandosi in realtà
a poca distanza dalle vie centrali. L’immagine che ne deriva è dunque quella di
una città spaccata in due e dove le distanze rischiano di venir ulteriormente
amplificate dalle direttive contenute nel nuovo piano comunale del traffico che
- è questo il timore dei commercianti - andrebbe a privilegiare, in termini di
pedonalizzazione e non solo, le aree del centro a scapito di quelle confinanti.
«Le istituzioni in generale non ne azzeccano una - tuona Flavio Marocchi,
titolare del pastificio “Mariabologna”, un secolo di storia alle spalle -. Per
loro esiste solo piazza Unità e dintorni. Un tempo via Battisti era considerata
un’arteria importante, adesso invece è sporca e trascurata, trattata insomma
peggio di una zona periferica». Sulla stessa lunghezza d’onda Maurizio Cella,
proprietario dell’omonima oreficeria: «Questa è già un’area difficile,
trafficata, dove le automobili non riescono a fermarsi: con i cambiamenti
annunciati la situazione sarà destinata a peggiorare. Ci vorrebbe più cura per
l’arredo urbano e più illuminazione: la gente qui non passa più, la zona è buia
e pericolosa». Stesso stato d’animo anche per Loredana Pulsador, del negozio di
abbigliamento “La Mosca Bianca” di largo Santorio: «Nel corso degli anni ci si è
dimenticati di questa parte della città che andrebbe invece rivitalizzata. Qui
fuori, solo per fare un esempio, al posto dei bottini della spazzatura, si
potrebbe creare un’isola pedonale con tavolini e sedie all’aperto». Si affida a
una metafora che fotografa bene la situazione Gianluca Tombacco, titolare della
storica “Enoteca Bischoff”: «Ci sentiamo come figli di un dio minore. Bisogna
riavvicinare le persone a questa zona che ormai è diventata pura periferia,
dimenticata da tutti e dove, di sera, non transita anima viva». Per Mauro
Carletti, del negozio sportivo “Il Campione”, serve un cambio di strategia: «Ci
sentiamo tagliati fuori. È come se ci fossero due città che viaggiano a velocità
diverse. Le iniziative che coinvolgono i negozi del centro storico, come la
notte dei saldi, devono essere allargate anche ad altre realtà, altrimenti non
se ne esce». Pensieri condivisi anche da Valentina Cesca, che conduce il negozio
di articoli da regalo in via San Francesco: «Ci troviamo nel limbo tra il centro
cittadino e la periferia. Serve sicuramente più cura per quest’area che si
presenta troppo trascurata. Una soluzione può essere quella di aumentare e
regolamentare i parcheggi, oppure rivoluzionare tutto e creare un megacentro
pedonale sulla scia di quanto fatto in altre città europee, come ad esempio
Vienna».
Pierpaolo Pitich
«E ora un progetto per il Mercato coperto»
Sopralluogo del Comune alla struttura di via Carducci. Cosolini:
«Pensiamo a come valorizzarlo»
Obiettivo rilancio. Questa l’intenzione del Comune per il Mercato coperto di
via Carducci, limiti imposti dal Patto di stabilità permettendo: i vertici del
Municipio hanno effettuato ieri mattina un sopralluogo sul posto. Il sindaco
Roberto Cosolini, presenti anche gli assessori ai Lavori pubblici Andrea
Dapretto, allo Sviluppo economico Edi Kraus e all’Ambiente Umberto Laureni - fa
sapere una nota dell’amministrazione comunale -, si è soffermato in via Carducci
a lungo per riscontrare le eventuali criticità all’interno della struttura. Gli
amministratori hanno incontrato e ascoltato i numerosi operatori che hanno la
loro attività commerciale dentro il mercato. Sono stati in tal modo valutati i
più immediati e necessari interventi di manutenzione in una sede - è stato detto
- che avrebbe notevoli potenzialità da sviluppare anche nel medio termine.
L’assessore allo Sviluppo Economico Edi Kraus, annunciando la convocazione a
breve della competente Commissione con gli operatori, ha evidenziato come questo
sia un primo importante passo per renderli partecipi delle future iniziative. In
un’ottica di lavoro condiviso insieme per un proficuo rilancio dello storico
Mercato coperto della città, la cui sede si trova per l’appunto nell’edificio di
via Carducci, progettato da Camillo Jona nel 1935 e inaugurato il 28 ottobre
1936 alla presenza del duca D’Aosta. Così Roberto Cosolini dopo il sopralluogo:
«La struttura è molto bella - le parole del sindaco - e va tenuto conto che fra
i cittadini c’è un ritorno, per quel che concerne i modi di consumo da parte
della gente, all’acquisto in strutture come i mercati, e vi è un’attenzione alla
“naturalità” dei prodotti, come quelli a chilometro zero. Dunque, al di là di
alcuni interventi di manutenzione necessari nell’immediato, ritengo si possa
costruire un progetto per valorizzare la struttura». Un progetto che, almeno per
il momento, dovrà tenere conto di una serie di paletti: «Di questi tempi, devo
aggiungere che va tenuto conto ovvviamente dei limiti imposti dal Patto di
stabilità. Il mercato - conclude Cosolini - è comunque vivace. Di pubblico che
vi accede ce n’è, e potrebbe essercene ancora di più. Rifletteremo su come
fare».
Banca Etica: un antidoto alla finanza malata - IL
RISPARMIO IN TEMPI DI CRISI -
i numeri di Banca Etica
MILANO La scoppio della bolla finanziaria sta mettendo in luce gli eccessi
raggiunti negli anni del boom da uomini d’affari e istituzioni che avevano perso
qualsiasi contatto con l’economia reale, con ricadute molto negative per i
risparmiatori. Di positivo nel marasma che si è venuto a creare c’è una maggiore
consapevolezza del passato nelle scelte di investimento e la crescita di un
fenomeno a lungo marginale nel nostro Paese come la finanza etica, con
riferimento non tanto agli interventi di microfinanza a sostegno delle comunità
più povere, ma agli investimenti in prodotti finanziari specializzati in
strumenti e società che fanno dell’etica l’asse portante del loro business. In
quest’ambito rientrano, ad esempio, i fondi comuni che scelgono i titoli in
portafoglio escludendo i produttori di armi e privilegiando le aziende che
tutelano l’ambiente nei cicli di produzione, per fare un esempio. Così come le
aziende quotate che redigono il bilancio ambientale e lo fanno certificare da
enti terzi. Esistono anche diversi indici internazionali che possono aiutare
l’investitore nelle scelte, il più importante dei quali è Sri, redatto dal Nyse
(la Borsa di New York). Secondo uno studio di Vigeo, società francese
specializzata nel settore, i fondi socialmente responsabili presenti nel solo
mercato europeo ammontavano a quota 900 a fine 2011, un dato che verosimilmente
è cresciuto negli ultimi mesi. Alla stessa data le 14 banche aderenti al network
Global Alliance for Banking on Values gestivano risparmi che superano i 26
miliardi di dollari e servivano oltre 10 milioni di clienti in 20 Paesi. Quanto
ai rendimenti di azioni e fondi comuni etici, le analisi sono discordanti
fortemente influenzate dai periodi storici analizzati. Destinare i propri
risparmi al settore non significa automaticamente avere maggiori possibilità di
guadagno: di certo c’è che gli investimenti etici sono tendenzialmente meno
volatili degli altri perché la responsabilità sociale d’impresa, il rispetto
dell’ambiente e il rifiuto della speculazione spingono a una minore assunzione
di rischi. La realtà italiana più importante su questo versante è la Banca
Popolare Etica, che nelle politiche di raccolta e impiego dei risparmi si
attiene a quattro principi base: un tasso di interesse che non segue
pedissequamente quello di mercato, ma compreso tra zero e un massimale fissato
dall’istituto di credito; una gestione trasparente della liquidità, che consente
al risparmiatore di conoscere i diversi passaggi del denaro; una politica degli
impieghi rivolta a valorizzare le persone. A fine febbraio Banca Etica ha
raggiunto un capitale sociale di 43,06 milioni di euro, con 38.095 soci e 805,9
milioni di risparmio. Presente nelle principali città italiane, l’istituto di
credito ha una filiale anche a Trieste (via del Coroneo 31/2), che conta 1.241
soci, di cui 1.106 persone fisiche e 135 persone giuridiche, con un capitale
sociale di 1,09 milioni di euro, raccolta di risparmi per 19,6 milioni e
finanziamenti concessi per 7,9 milioni. Banca Etica non può essere classificata
semplicemente come un istituto di credito, ma la sua funzione si estende anche
al campo sociale.
Luigi Dell’Olio
Banca Etica - Un manifesto per lo sviluppo
L’ultima iniziativa di Banca Etica è il manifesto “Cambiamo la finanza per
cambiare l'Italia!” che contiene cinque proposte al prossimo governo. Si parte
dal contrasto alla speculazione finanziaria, con le risorse della Tobin Tax
drenate verso welfare e ambiente, per proseguire con azioni di contrasto ai
paradisi fiscali, promozione dell’azionariato popolare (con la proposta di
ridurre la tassazione sui piccoli risparmi in modo da non penalizzare le
esperienze di democrazia economica e azionariato diffuso), separazione tra
banche commerciali al servizio dell’economia reale e istituti specializzati nel
trading,
DOMANI - Efficienza energetica: ricercatori Ogs su Rai 3
Tre ricercatori dell'Ogs animeranno la puntata di
Geoscienza di domani su Rai 3 (17.10). Michela Vellico, Alessandro Pavan e Rita
Blanos parleranno del progetto europeo Energy City per una valutazione
innovativa dell'efficienza energetica degli edifici.
FAReaMBIENTE «Un Tavolo del Mare per l’Alto Adriatico»
«La prossima amministrazione regionale attivi un Tavolo
del Mare visto l’allarme lanciato anche da uno studio internazionale sul fatto
che gran parte dei mari che circondano l’Italia è a rischio ed in particolare
l’Alto Adriatico». La richiesta è del coordinatore di FareAmbiente Giorgio Cecco
alla vigilia delle elezioni regionali.
SEGNALAZIONI - Ambiente Il progetto del Comune
Nella sua segnalazione del 15 aprile scorso il dottor Barbieri analizzava lo stato delle conoscenze e dei controlli dell’inquinamento industriale di Trieste, traendone una serie di giudizi ampiamente condivisibili. Barbieri chiedeva anche quale seguito abbia avuto l’impegno del Comune di Trieste ad “attivare una ricognizione delle criticitità ambientali dell’area Triestina, mirata ad identificare priorità e azioni”, impegno assunto a valle della “Conferenza sulla salute della città” del maggio 2012. Lo rassicuro. A giorni verrà reso pubblico il documento programmatico con le azioni per migliorare le diverse criticità ambientali di Trieste (inquinamento atmosferico, stili di vita, problematiche della città, dal traffico ai rifiuti) così come individuate in un proficuo confronto tra il Comune, la Provincia, l’Arpa, l’Azienda sanitaria e gli altri enti pubblici eventi competenza in materia. Si tratta di uno strumento operativo e di governo, nel quale grande risalto viene dato alla comunicazione verso e con i cittadini, che si spera trovi piena adesione politica da parte delle Amministrazioni che hanno partecipato alla sua elaborazione.
Umberto Laureni
IL PICCOLO - SABATO, 20 aprile 2013
Muggia, il 27 aprile parte il car-pooling per i giovani
Si tratta di un progetto pilota finanziato dalla Provincia: lo scopo è
creare una rete di volontari che accompagnino i ragazzi a casa in automobile
dopo le 22
MUGGIA Mancano meno di dieci giorni all’avvio del progetto pilota Trasporto
solidale a Muggia, finanziato dalla Provincia di Trieste e sostenuto dal Comune
rivierasco. La data di partenza potrebbe essere sabato 27 aprile. L’associazione
ExisT, cui è stata affidata la regia del sistema, attende di formalizzare
l’adesione degli autisti per dare il via ai trasporti notturni che permetteranno
ai ragazzi muggesani di ritorno da Trieste di rincasare gratuitamente e in
sicurezza. L’iniziativa, infatti, si rivolge alla fascia d’età 13-25 e in
particolare a coloro i quali, tutti i sabati sera, arrivano a Muggia con
l’ultimo autobus numero 20, quello delle 00.15. Dalle 22 in poi, nella
cittadina, i mezzi pubblici che collegano il centro ai borghi periferici non
sono più attivi, e – stando a quanto affermano gli amministratori – quel
servizio non è potenziabile. Si è deciso dunque di dare una mano in modo diverso
a tutti i genitori che si vedono costretti a recarsi in piazzale Foschiatti con
i propri mezzi per riaccompagnare i figli a casa. L’obiettivo del Trasporto
solidale è creare una rete di car-pooling, sistema di mobilità alternativa che
si avvale di mezzi di trasporto privato condivisi, per consentire agli
accompagnatori-candidati di avvicendarsi in una pratica turnazione e al contempo
limitare il numero di vetture impiegate, promuovendo la socialità e la
solidarietà tra i muggesani. Ogni sabato, dunque, sarà un diverso autista a
“recuperare” i giovani alla stazione delle autocorriere, per poi ricondurli alle
rispettive abitazioni seguendo un percorso che potrà essere concordato sul
momento. Per incentivare la partecipazione dei genitori interessati, e più in
generale dei volontari che vorranno entrare a far parte degli accompagnatori
“designati”, il Comune di Muggia indirà un bando di gara per l’individuazione di
sponsor che possano mettere a disposizione dei premi: si aspetta soltanto
l’ufficializzazione del numero del primo gruppo di autisti e fruitori dei
passaggi. «Sarà sufficiente registrarsi gratuitamente al servizio, nella sezione
Trasporto solidale sul sito exist-youth.eu, per avere la possibilità di inviare
un sms al numero della segreteria che organizzerà settimanalmente gli
“equipaggi”: la richiesta di ricevere il passaggio dovrà essere inoltrata entro
il pomeriggio del giorno precedente, dunque entro ogni venerdì», precisa Mattia
Vinzi, responsabile del coordinamento del progetto per l’associazione. «E per
accelerare le “iscrizioni” degli autisti, nei prossimi giorni intensificheremo
la campagna informativa a Muggia», annuncia Vinzi. Il modulo di adesione e il
regolamento sono disponibili anche allo sportello InformaMuggia di piazza
Marconi, tutti i martedì pomeriggio. Roberta Tarlao, assessore provinciale alle
Politiche giovanili, è in attesa di un primo riscontro: «Se l’iniziativa dovesse
riscuotere il successo che auspichiamo, estenderemo il servizio di trasporto
solidale anche ad altri comuni del Carso triestino», aveva dichiarato in sede di
presentazione del progetto.
Davide Ciullo
Ecosistemi marini a rischio Allarme rosso in Adriatico
Un’indagine internazionale voluta dall’Ue sceglie le aree da tutelare
entro il 2020
In serio pericolo anche la costa sud della Sicilia e
altre zone del Mediterraneo
TRIESTE La natura presenta il conto. Ed è decisamente salato. Gran parte dei
mari che circondano l’Italia sono a rischio e hanno la necessità assoluta di
essere messi sotto tutela entro il 2020. L’alternativa è il loro graduale
degrado. E sarebbe un vero atto di autolesionismo, considerato che il nostro
paese può ancora contare su un tesoro nascosto sotto i suoi mari. L’allarme è
stato lanciato da uno studio internazionale pubblicato dalla rivista Plos One
che suggerisce come i mari prossimi alle coste siciliane, il Nord Adriatico e il
Nord Tirreno, assieme ad altre aree del Mediterraneo, siano «di particolare
interesse conservazionistico». In altre parole devono essere protetti, pena la
perdita delle loro caratteristiche, l’alterazione dell’ecoambiente, la
sparizione della fauna. «Il fatto che ampi tratti delle coste italiane emergano
dalle analisi è il segno che la loro importanza da un punto di vista della
conservazione è ampiamente riconosciuta - commenta Simonetta Fraschetti
dell’Università del Salento, Unità Operativa del Consorzio Interuniversitario
per le Scienze del mare (Conisma), che ha rappresentato l’Italia nel team di 12
paesi - dall’altro lato però indica che ancora c’è molto da fare, e non c’è più
molto tempo, considerate le scadenze europee, visto che le pressioni crescono
mentre l’interesse verso l’ambiente sembra scemare in tempi critici da un punto
di vista economico». L’input della tutela è partito da Bruxelles. L’Europa,
spiega l’esperta, sta chiedendo ai singoli Stati che entro il 2020 venga posto
sotto regime di tutela il 10 % dei loro mari. Per lo studio sono state
sovrapposte 18 proposte di conservazione del mare avanzate da parte di diverse
organizzazioni ambientaliste per individuare le aree prioritarie in termini di
protezione in base a vari criteri, dalla pesca alla biodiversità alla presenza
di impatti particolarmente forti. Notazione interessante sull’Italia, dove la
“priorità nella priorità” è rappresentata dall’alto Adriatico, e quindi
indicativamente il tratto di mare che va dalle foci del Po al golfo di Trieste.
«Quest’area è particolarmente soggetta ad ogni tipo di pressione da parte
dell’uomo - conferma Fraschetti - ma è anche di particolare importanza
funzionale per tutto il Mediterraneo tanto da essere considerata un’area chiave
per il bacino posta dalla stessa Unione Europea fra le sue preoccupazioni
principali». «Nell’ambito dell’Alto Adriatico - racconta il direttore della
Riserva marina di Miramare, Maurizio Spoto - sarebbe importante sensibilizzare
il nuovo governo regionale a ripristinare la politica per le aree protette, con
un adeguato rifinanziamento. Queste, infatti, sono luoghi di sviluppo anche dal
punto di vista turistico. Sarebbe un passo avanti importante, ma vedo che la
spending review sulla conservazione sta facendo veramente poco.... Per quanto ci
riguarda - continua Spoto - cerchiamo di collaborare in network con altre aree
marine protette, che sono fonti di finanziamento anche con aspetti occupazionali
non trascurabili». In piena sintonia con questa linea anche la Fraschetta, che
vede nella protezione dell’ambiente marino anche un ritorno economico. «Ormai è
dimostrato da diversi studi che le aree marine protette ben gestite sono una
risorsa per l’economia - sottolinea -. I benefici andrebbero a un gran numero di
figure professionali, a cominciare dagli stessi pescatori». Alcuni progetti, tra
l’altro, esistono già. «Assieme all’Ogs - annota un altro ricercatore della
Riserva, Saul Ciriaco - ci stiamo muovendo sulla protezione delle trezze,
nell’ambito di un progetto Intereg. Si tratta di zone di fango piazzate nel
mezzo di un’area rocciosa, che creano un’importante discontinuità rispetto al
piattume del fondo e un ottimo substrato per la riproduzione degli organismi.
Esiste una proposta di sito di interesse comunitario per le trezze, già vagliato
dalla Regione, su segnalazione dell’Ogs e dell’Università di Trieste, che parte
da quelle davanti a Grado. Comunque un inizio».
Furio Baldassi
E Greenpeace difende la piccola pesca artigianale -
CAMPAGNA EUROPEA DELL’ARCTIC SUNRISE
CAPODISTRIA Nell’ambito della tournée europea di Greenpeace a favore della
pesca sostenibile, la nave Arctic Sunrise ha fatto tappa in questi giorni a
Capodistria. Mercoledì e giovedì gli attivisti dell’associazione ambientalista
internazionale hanno organizzato sulla nave una serie di incontri con i
pescatori e con i media per sensibilizzare l’opinione pubblica su come viene e
come invece, a loro giudizio, dovrebbe essere gestito il settore pesca
nell’Unione europea. Promuovere la piccola pesca artigianale e limitare la pesca
su scala industriale, hanno spiegato gli attivisti di Greenpeace, non e’ un
capriccio bensì una necessità. Dal punto di vista economico, meno del 20 per
cento dei pescatori europei copre l’80 per cento delle quote di pescato, e per
l’80 per cento dei pescatori che operano a livello artigianale diventa sempre
piu’ difficile sopravvivere sul mercato. Si tratta di un problema di
sopravvivenza che riguarda tutti: oggi si pesca più di quelle che sono le
capacità riproduttive del patrimonio ittico, che va lentamente ma
inesorabilmente scomparendo. E’ indispensabile, secondo Greenpeace, cambiare le
politiche e limitare dagli attuali 5 milioni a 3,5 milioni di tonnellate il
pescato annuo delle flotte europee. Sarebbe una quantità sufficiente per
soddisfare comunque buona parte delle esigenze del mercato, e nello stesso tempo
permetterebbe la riproduzione dei banchi, con benefici negli anni. La situazione
slovena, in questo contesto, è specifica. Per i pescatori, che già hanno ridotto
il pescato annuo dalle 6 mila tonnellate del 1990 alle sole 317 tonnellate del
2012, è ancora più importante che a livello europeo ci sia maggiore sostegno per
la pesca artigianale e sotto costa, altrimenti per questa attività non ci sarà
futuro. Pertanto, da Lubiana verso Bruxelles partirà una richiesta per ottenere
eccezioni nell’ambito della strategia europea. La tournée a favore della pesca
sostenibile ha avuto inizio in Romanua ed è proseguita in Bulgaria, Grecia,
Croazia e Slovenia. Oggi la Arctic Sunrise lascia Capodistria e parte verso
Trapani. L’iniziativa di Greenpeace coincide con le fasi finali della stesura e
dell’approvazione della strategia europea per la pesca per il periodo 2014-2020.
L’Arctic Sunrise, nei tre giorni di permanenza a Capodistria, è stata anche
visitata dal pubblico.
Franco Babich
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 19 aprile 2013
Campagna “Mobilità Nuova FVG: al centro le persone”
Oggi venerdì 19 aprile si è chiusa ufficialmente la raccolta delle
adesioni da parte dei candidati su temi della campagna ““Mobilità Nuova FVG: al
centro le persone” lanciata in vista delle elezioni regionali 2013.
Le associazioni promotrici della campagna ricordano ancora una volta quanto
siano necessari profondi cambiamenti nelle scelte e nelle politiche riguardanti
la mobilità quotidiana delle persone, sia in Regione Friuli Venezia Giulia che
in Italia.
La petizione nella sua versione on-line (www.change.org/mobifvg) e su carta ha
raccolto più di 2000 adesioni di cittadini che chiedono ai candidati un
cambiamento a favore di una Mobilità Nuova: un forte incremento della mobilità
collettiva, pedonale e in bicicletta, per un recupero di salute e socialità,
nella convinzione che l’attuale modello di mobilità presenti limiti forti e
ricadute negative sulla nostra qualità della vita.
Ben 51 candidati hanno raccolto il nostro appello e hanno pubblicamente
dichiarato quali impegni intendono assumersi. Fra questi vi sono tre candidati
alla carica di presidente: Bandelli, Galluccio e Serracchiani con l’unica
negativa eccezione di Renzo Tondo, governatore uscente al quale sembra non
essere interessati i temi della mobilità nuova.
Tra i candidati consiglieri aderenti spicca l’adesione della lista M5S che con
16 candidati è la forza politica che ha maggiormente prestato attenzione alla
campagna. Segue a ruota SEL con 12 candidati. Hanno poi aderito candidati di PD
(8), Cittadini per Debora Serracchiani (7) Lega Nord (2) IDV(2) e Altra regione
(1).
Spiace molto per la quasi totale assenza (a parte due candidati della Lega Nord)
del centrodestra che ha del tutto ignorato la campagna nonostante i ripetuti
inviti fatti a molti candidati. Sarebbe stato e sarà auspicabile che su temi di
buon senso quali la promozione della sicurezza sulle strade, di stili di vita
sani, del turismo sostenibile e della mobilità nuova si trovino delle
convergenze trasversali. Ricordiamo a tutti che la campagna non termina qui ma
entra in una nuova fase. Appena noto il risultato elettorale e la composizione
del nuovo consiglio le associazioni proponenti avranno cura di contattare chi
tra i 51 candidati sarà stato eletto per ricordare loro quanto si sono impegnati
a fare ed iniziare congiuntamente un percorso per la realizzazione degli impegni
presi.
Vorremmo anche continuare il dialogo con i candidati non eletti e con tutte le
forze politiche che hanno a cuore un modello di mobilità che metta al centro
della progettazione delle infrastrutture del nostro paese non più la
circolazione delle auto, ma i bisogni delle persone e quindi destinando maggiori
risorse per gli spostamenti a piedi e in bici, per il trasporto pubblico locale
e per il trasporto ferroviario regionale.
Ricordiamo infine che il 4 maggio a Milano si terrà la manifestazione nazionale
indetta dalla Rete per la Mobilità Nuova (che aggrega più di 120 associazioni).
E’ all’interno di questa iniziativa che la nostra campagna regionale si è mossa
e si muoverà per promuovere sempre più la mobilita nuova. Maggiori info sulla
rete e sulla manifestazione su http://www.mobilitanuova.it/
Le associazioni promotrici della campagna:
FIAB - Federazione Italiana Amici della Bicicletta, Legambiente, ISDE -
associazione italiana medici per l’ambiente, ACP -Associazione Culturale
Pediatri, WWF, U.N.I.Vo.C. - Unione Nazionale Volontari pro Ciechi e AIFVS -
Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada.
Riferimenti:
Andrea Wehrenfennig, cell. 3887219510
Stefano Cozzini, cell. 3200709983 http://www.mobilitanuovafvg.it info@mobilitanuovafvg.it
IL PICCOLO - VENERDI', 19 aprile 2013
«Trasporti penalizzati da Tondo» - “OFFENSIVA” DEL
CAPOGRUPPO SOSSI
Sel presenterà un esposto alla Procura sui gas dell’inceneritore
Rivedere il sistema del trasporto pubblico in città, «penalizzato da Tondo»,
e sottoporre l’inceneritore a «controlli della Procura della Repubblica, perché
il rischio inquinamento è elevato». Forte accelerazione di Sel su questi fronti
ieri, con l’intervento del capogruppo in Consiglio comunale Marino Sossi,
accompagnato da Dora Zappia, del coordinamento del partito. «Renzo Tondo – ha
ricordato Sossi – ha ridotto di 2,2 milioni di euro le risorse regionali per la
Trieste Trasporti. L’azienda e la Provincia hanno deciso di tagliare le linee e
i percorsi per 571mila chilometri, in modo da far fronte a questa riduzione di
fondi, senza tener conto delle esigenze della gente e di chi a gennaio ha
sottoscritto un abbonamento annuale». «Utili e progetti di acquisto per nuovi
mezzi hanno invece superato indenni la scure della giunta regionale. Il Comune –
ha aggiunto Sossi, capogruppo di Sel, partito di maggioranza in piazza
dell’Unità d’Italia – non può invitare i triestini a lasciare a casa le
automobili se non si organizza un buon servizio di trasporto pubblico».
«Auspichiamo che la prossima maggioranza regionale – ha concluso – affronti in
maniera diversa la distribuzione delle risorse sul territorio, perché Trieste,
unica città ad avere una vera rete di trasporto pubblico urbano, è la più
penalizzata». Sull’inceneritore, Sossi ha ricordato che «l’impianto nacque per
bruciare anche rifiuti provenienti da fuori città. Tutto questo però non può
diventare un facile espediente per riversare nell’aria scorie di ogni tipo».
«Perciò – ha ripreso Sossi – presenteremo un esposto affinché la Procura della
Repubblica vada a fondo nella verifica delle emissioni, aspetto su cui sono
anche da chiarire le eventuali responsabilità della dirigenza dell'AcegasAps».
Ugo Salvini
E adesso la Parenzana ha la sua guida - Oggi la
presentazione a Muggia: nel volume informazioni pratiche e tante curiosità
Uccisa e risorta. Morta per lentezza, resuscitata per lentezza. Sembra che
la Storia si sia presa gioco della Parenzana, o forse è questa stessa linea
ferroviaria a essersi “vendicata” della Storia. Perché dal 1902 al 1935 il treno
a scartamento ridotto che univa Trieste a Parenzo è stato il padrone assoluto di
quell’Istria interna che soffriva non poco di un certo isolamento, e che con
quei binari cercava il riscatto sociale, economico. Storico, anche. Ma era
lento, quel trenino. Troppo lento. Così, con lo sviluppo della gomma, con la
concorrenza delle corriere, non ci fu scampo. E il treno venne pensionato.
Trent’anni di gloria e tanti ricordi che l’hanno aiutato a restare in vita nella
memoria della gente. Poi i progetti, i fondi europei, e alla fine Italia,
Slovenia e Croazia ne hanno fatto una ciclovia (perfetta anche per chi ama il
trekking). Solo che bisogna sapere che esiste, la ciclovia. E magari ben oltre i
confini sloveni, croati, e di Trieste o di Muggia, punto di partenza della
pista. Problema risolto: oggi alle 18, in piazza Marconi a Muggia, verrà
presentata la guida “Ciclovia della Parenzana-Da Trieste a Parenzo lungo l’ex
linea ferroviaria” firmata da Donatella Tretjak e Guido Barella, giornalisti del
Piccolo, assieme a Fabrizio Masi ed Emiliano Lucchetta (Ediciclo Editore, 140
pagg, 15 euro). Una guida per scoprire il percorso con tutte le “info” del caso
(ristoranti, agriturismo, meccanici, bancomat, farmacie...), cartine e tante
curiosità per conoscere o approfondire quello che da Muggia a Parenzo l’Istria
può offrire: gastronomia, arte e architettura, natura, eventi. E tante storie:
da quelle dei piccoli traffici di confine (uno su tutti: i jeans, che fecero la
fortuna di molti commercianti triestini) all’affondamento del Rex davanti a
Semedella, dall’imperturbabile casa slovena oltre il confine con la Croazia al
ricordo di Tomizza, alla “scoperta” dei tartufi di Levade. Con un unico
obiettivo: far innamorare i lettori dell’Istria. E domenica alle 9.30, con
partenza da piazza Marconi, l’associazione ViaggiareSlow organizza la “Parenzana
for dummies”, per principianti insomma: una passeggiata a pedali per tutta la
famiglia di 32 km fino a Sicciole (info su www.viaggiareslow.it).
INQUINAMENTO E SALUTE
Oggi alle 17 nella sala Acli via san Francesco 4/1 scala “A”, la Lega consumatori organizza un incontro di informazione con il dottor Marijan Nabergoj e sul tema: Inquinamento dell’aria e conseguenze sulla nostra salute.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 aprile 2013
Sportello ambiente
Oggi incontro alle 18, con la giornalista Daniela Mosetti, presso lo sportello ambiente, al Multicultura center, via XXX Ottobre 8/a, a cura del Coordinamento Cittadini in Rete Trieste dice no al rigassificatore.
“Parenzana” grande amore tutti in bici da Muggia a
Sicciole
Domenica la pedalata di 32 chilometri lungo il tracciato dell’antica
ferrovia fino all’oasi naturale delle Saline dove c’è la festa in occasione del
patrono
L'appuntamento è domenica alle 9.30 in piazza Marconi, a Muggia, muniti di
casco protettivo, borracce alla mano, bicicletta propria e buon umore. Ad
organizzarlo è l'associazione Viaggiare Slow, con l'intento di far conoscere il
tracciato della ex ferrovia Parenzana, oggi ciclabile, arrivando fino alle
saline di Sicciole, subito dopo Portorose. L'invito è aperto a tutti. Non è
indispensabile avere una mountain bike: il percorso si snoda per 32 chilometri
quasi interamente asfaltati, è facile e accessibile anche a famiglie con bambini
(che possono partecipare con la propria bicicletta purché abbiano compiuto
almeno 8 anni). È previsto che la carovana a due ruote proceda a ritmi lenti,
con pause per permettere a tutti di godersi il tragitto e apprezzare il
paesaggio. Una volta arrivati a destinazione, chi non ha voglia di tornare
pedalando avrà a disposizione, fino a esaurimento posti, un servizio di
trasporto che riporterà partecipanti e biciclette a Muggia (il costo è di 10
euro, è consigliata la prenotazione). L'iscrizione alla manifestazione,
intitolata simpaticamente “Parenzana for dummies” - ovvero “per principianti” -
ha un costo di 5 euro, comprensivi di assicurazione, gadget e rinfresco finale
all'arrivo, previsto alle 12.30 circa nella splendida cornice delle saline
proclamate monumento culturale d’importanza nazionale. Negli oltre sei
chilometri quadrati di area, fulcro nel XIII secolo di un vero e proprio impero
dell'oro bianco, ci sono un museo e un ricco patrimonio naturale. Considerazione
che vale anche per l'area protetta della Val Stagnon (www.skocjanski-zatok.org),
una delle prime tappe della pedalata. Questa piccola oasi naturale s'incontra
prima di arrivare a Capodistria - dopo aver costeggiato il Rio Ospo, superato il
confine di Rabuiese e attraversato Scoffie e Decani - ed è un intreccio di
habitat salmastri e acqua dolce che arriva fino all’area di Bertocchi. I prati
umidi e le praterie palustri, i canneti e gli isolotti sono importanti per la
nidificazione e l’alimentazione di centinaia di diverse specie rare di volatili.
E di piante, come le alofite, presenti in terra slovena soltanto qui e nelle
saline di Strugnano e di Sicciole, tappe successive del percorso ciclabile.
Proseguendo verso Capodistria, si passa di fronte alla vecchia stazione
ferroviaria, ai piedi di Semedella, che oggi è un negozio di fiori. Si imbocca
quindi il lungomare asfaltato che porta a Isola, dove fino a pochi mesi fa si
poteva visitare un curioso museo della Parenzana, messo su da un appassionato
operaio della Mehano, azienda della cittadina che costruiva proprio modelli di
treni (oggi delocalizzata in Cina). Josip Mihelic, che dal 2012 ha deciso di
auto-pensionarsi per la sua attività volontaria di curatore e gestore, su
richiesta dell'ente del turismo locale, è ancora disponibile ad aprire ai
visitatori le stanzette dove ha allestito modellini di treni e curiose foto
d'epoca, binari originali della Parenzana e una mappa luminosa che indica il
percorso. Attraversate le due gallerie che portano a Strugnano, poi a Portorose,
Santa Lucia, oltrepassati il promontorio e il campeggio, si raggiungono infine
le Saline di Sicciole, dove questo fine settimana è in corso anche la Festa dei
Salinai, manifestazione celebrata ogni anno in concomitanza con il patrono di
Pirano, San Giorgio. Già da domani sono in programma diversi eventi organizzati
per celebrare le tradizioni locali legate al sale.
Cristina Favento
Domani la guida della ciclovia di Viaggiare Slow
Per chi fosse interessato ad approfondire il percorso, domani alle 18, nel
sotto portico di piazza Marconi, a Muggia, sarà presentata la guida “La
Parenzana in bicicletta. Da Trieste a Parenzo lungo la ex ferrovia istriana”,
pubblicata da Ediciclo editore e scritta da Donatella Tretjak, Guido Barella,
Emiliano Lucchetta e Fabrizio Masi, tutti membri dell'associazione Viaggiare
Slow che organizza la biciclettata di domenica. Ci si può iscrivere, a Trieste,
presso TheArtPhotoGallery (V. Diaz 22) e, a Muggia, presso La Rambla Viaggi
(Corso Puccini 21/b). Per informazioni: info@viaggiareslow.it; tel. 339 4150 897
, www.viaggiareslow.it. Per informazioni sul Museo Parenzana, contattare
l'Ufficio del turismo locale: www.izola.eu, tel. 00386-56401050 .
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 aprile 2013
Sul dopo-Ferriera quasi rissa tra sindacalisti e
istituzioni
Al Tavolo sulla riconversione Regione, Comune e Provincia accusati di
immobilismo dalle Rsu
Pronta la bozza dell’Accordo di programma ma va appena
discussa e approvata dal governo
Giunge fino al limite della spaccatura il fronte creato quasi un anno fa tra
istituzioni e rappresentanti dei lavoratori per guidare il processo di
riconversione dell’area di Servola. Nell’ultima riunione prima delle elezioni
del Tavolo presieduto dalla Regione, Roberto Cecchini (Ugl) e Luigi Pastore
(Failms) delle rsu della Ferriera alzano il tiro delle critiche: «Voi politici
non avete fatto nulla per dieci anni», «Cosa dovremmo dire ai lavoratori dal
momento che non esiste alcuna ipotesi concreta di rioccupazione? Voi li state
prendendo in giro», «Guadagnate 12mila euro al mese e gli operai, quelli che
hanno un lavoro, ne prendono 1.200». Angela Brandi assessore al Lavoro si alza
per andarsene, Sandra Savino oggi deputato del Pdl urla: «Fuori da questa sala
chi è venuto qui per fare comizi». Anche il sindaco Roberto Cosolini perde il
suo aplomb e poi chiede: «Se rompiamo, da domani chi sarà il vostro
interlocutore?». Sul Tavolo “plana” finalmente per opera della dirigente del
servizio Pianificazione dalla Regione, Maria Pia Turinetti la bozza dell’Accordo
di programma che dovrà appena essere trattato con i ministeri dello Sviluppo
economico e dell’Ambiente. Nel frattempo sarà cambiata la giunta regionale,
anche se non è escluso che sia nuovamente guidata da Renzo Tondo, e sarà
presumibilmente cambiato il governo. La bozza logicamente non dice né quando
chiuderà la Ferriera, né quanti lavoratori potranno essere riassorbiti, da chi,
come, quando e perché. «È un documento di pianificazione», precisa Francesco
Rosato, consulente del Comune. La precisazione non fa contento nemmeno Adriano
Sincovich, segretario provinciale della Cgil: «Se aveste agito più velocemente,
già oggi avremmo chiuso il cerchio. Nella nostra nota vi daremo le condizioni
per andare avanti». Franco Palman (Uilm) non trae deduzioni ottimistiche: «Gran
parte dei lavoratori finirà in un limbo, qui il punto principale sono le risorse
umane». E Cristian Prella (Failms) bacchetta ancora i politici: «Quali pressioni
avete fatto sull’azienda affinché assicuri la continuità produttiva finchè non
ci sarà l’alternativa?». La proposta, definita condivisa da Regione, Provincia e
Comune prevede due Accordi di programma separati. Il primo a breve-medio termine
con la suddivisione del sito in un’area di 65mila metri quadrati a fianco dello
Scalo Legnami che andrà ad ampliare la Piattaforma logistica di cui l’Autorità
portuale dovrebbe a breve appaltare il primo lotto e l’area rimanente destinata
ad attività logistico-industriali. In questa prima fase si definisce
l’intervento di riparazione dei terreni e delle acque da approvare in deroga
alle procedure di bonifica, si definiscono gli obiettivi di
reindustrializzazione e sviluppo economico-produttivo, si individuano gli
obblighi dei responsabili dell’inquinamento e dei proprietari del sito, si
definiscono le azioni che le pubbliche amministrazioni si impegnano a
finanziare, si costituiscono consorzi per l’attuazione di questi obblighi.
«Nell’accordo - ha precisato l’assessore Brandi - sarà inserito il Piano sociale
con la cassa integrazione straordinaria e poi la cassa per le aziende in
procedura concorsuale (incentivi, lavori socialmente utili, formazione)».
Silvio Maranzana
Una ditta austriaca punta all’ex acciaieria, poi un
service ferroviario
«Gli imprenditori entreranno in gioco solo se questa prima fase si metterà
in movimento», ha ammonito il sindaco Roberto Cosolini. Francesco Rosato, ex
direttore della Ferriera, ora consulente del Comune per la riconversione ha
precisato che esistono già tre progetti specifici di reindustrializzazione. A
margine ha specificato quanto già accennato qualche settimana fa. Nel capannone
dell’ex acciaieria potrebbe insediarsi un’azienda austriaca che si occupa di
lavori di laminazione a freddo. Per occupare le officine della Ferriera potrebbe
venir creata una joint venture tra una ditta italiana e una straniera per
costituire un service per l’impresa ferroviaria. Il retrobanchina potrebbe
essere occupato da un’azienda di produzione che potrebbe poi utilizzare il
terminal per il trasporto della merce prodotta.
«Via XXX Ottobre pedonale fra le vie Milano e
Valdirivo» - LA PROPOSTA DEL COMITATO “DEI 500”
Pedonalizzare anche il tratto di via XXX Ottobre fra le vie Milano e
Valdirivo. Questo l’obiettivo del Comitato “dei 500”, formato da mezzo migliaio
di cittadini che vivono e lavorano in quell’area, intenzionati a perfezionare il
progetto del Comune, che per il momento prevede la pedonalizzazione della via
limitatamente al tratto che va da piazza Oberdan a via Milano. «Si tratterebbe –
hanno spiegato ieri Margaux Iozsa e Stefano Bizjiak, promotori del Comitato – di
una miglioria rispetto a quanto previsto dal nuovo Piano del traffico e per
diversi motivi. Innanzitutto – hanno precisato – quel tratto della via XXX
Ottobre non è funzionale al traffico. In secondo luogo – hanno aggiunto Iozsa e
Bizjiak – gli utenti deboli potrebbero così avere a disposizione una via che
porta dal centro cittadino a piazza Oberdan e viceversa, evitando la rumorosa e
trafficata via Carducci. Infine, riqualificando la zona con panchine e arredo
urbano, si otterrebbe un ottimo risultato. Va anche ricordato – hanno concluso -
che la via XXX Ottobre è una delle poche con tutti i fori commerciali ancora
occupati da attività». L’idea del Comitato è stata subito accolta dai
consiglieri comunali del Pdl, Paolo Rovis e Claudio Giacomelli, che l’hanno
tradotta in una mozione «da trasformare in emendamento – hanno annunciato – se
non dovesse essere accolta subito dalla giunta, per essere discussa in sede di
dibattito in Consiglio sul nuovo Piano del traffico». La proposta è sostenuta
anche dai consiglieri circoscrizionali del Pdl Alberto Polacco, che opera nel
Quarto parlamentino, competente per territorio, e Lucrezia Chermaz della Terza
circoscrizione. «Considerando che il Piano prevede la trasformazione in
“percorso pedonale privilegiato” anche del tratto di via XXX Ottobre fra via
Valdirivo e piazza Sant’Antonio Nuovo – hanno ripreso Iozsa e Bizjiak –
approvando la nostra proposta, l’area diventerebbe una splendida oasi pedonale».
Come auspicano anche gli operatori commerciali e gli esercenti di piazza
Sant’Antonio, naturale prolungamento del percorso pedonale che parte da piazza
Oberdan, irritati dal fatto che «ci sono sempre troppi mezzi abusivamente
parcheggiati nelle zone della piazza che sarebbero invece riservate ai pedoni e
che circondano la fontana situata al centro».
Ugo Salvini
Confronto - Gli ambientalisti incalzano i candidati.
Tre dei quattro candidati alla presidenza della Regione hanno risposto alle 10 domande poste dalle associazioni ambientaliste Aiab-Fvg, Cai, Isde, Legambiente e Wwf. I quesiti hanno affrontato temi cari ai sodalizi: dall’ambiente all’ agricoltura fino alla salute. L’unico a non inviare le proprie risposte è stato il candidato del centrodestra Renzo Tondo. Hanno raccolto l’invito al confronto invece Saverio Galluccio, Franco Bandelli e Debora Serracchiani. Le risposte verranno ora pubblicate sui siti delle associazioni, pronte a verificare che il vincitore delle elezioni tenga fede agli impegni presi.
IL PICCOLO - MARTEDI', 16 aprile 2013
Pisus aiuta anche le imprese: 1,2 milioni - MOBILITÀ »
I PROGETTI -
le cifre
Contributi alle Pmi. E, grazie a fondi europei e comunali, lavori da
oltre 6 milioni dalla biblioteca civica a via XXX Ottobre
Un centro storico tirato a lucido, rimesso a nuovo e, l’assessore Elena
Marchigiani lo ribadisce più volte, finalmente all’altezza «delle grandi città
contemporanee». Nelle intenzioni del Comune sarà questo il risultato dei 5
milioni e 700mila euro per progetti Pisus che Trieste è riuscita a ottenere
dalla Regione e che provengono dai fondi europei Por-Fesr. Il progetto “Trieste
Attiva” è stato presentato ieri dagli assessori Elena Marchigiani, Andrea
Dapretto ed Edi Kraus: «Come previsto dal bando - hanno spiegato -, il lavoro si
articolerà su tre direttrici: la qualificazione urbana, il miglioramento
dell’offerta culturale e la promozione dell’imprenditorialità nel centro città».
Dal bike sharing ai pannelli fotovoltaici sul tetto della pescheria, dal marchio
di promozione turistica cittadino ai contributi per le piccole imprese, gli
interventi vanno a 360 gradi. Ce n’è anche per la Camera di commercio, che con
Pisus ottiene dei contributi per la messa a norma e in sicurezza della propria
sede. Gli interventi sul centro città Ampio è lo spazio per la mobilità
sostenibile. In città è prevista la costruzione di venti stazioni per un
servizio pubblico di biciclette, il bike sharing. Dieci di esse verranno
realizzate grazie ai fondi del Ministero dell’ambiente, le altre dieci saranno
finanziate al 71,85% tramite Pisus e per la restante percentuale dal Comune per
un totale di 390mila euro. La riqualificazione di via Duca d’Aosta con percorsi
pedonali costerà 90mila euro (anche in questo caso 71,85% Por). L’integrazione
della rete pedonale e ciclabile di via XXX Ottobre costerà invece 900mila euro
(73,85% Por): «Sarà un cardine del rilancio del Borgo Teresiano», dice
Marchigiani. Un altro punto che servirà a rendere più percorribile la città a
turisti e non solo è il recupero del percorso pedonale di collegamento tra il
giardino San Michele e San Giusto attraverso campagna Prandi: un lavoro da
169mila euro, al 39,71% fondi Por. L’ampliamento della rete wi-fi con il
collegamento a fibra ottica costerà 425mila euro, di cui 305mila dal Por.
Recupero di edifici La riqualificazione del piano terra di Palazzo Biserini,
sede della biblioteca civica, è forse il fiore all’occhiello dell’intervento:
due milioni e mezzo di euro coperti al 76,45% con Pisus. L’intervento si
collegherà al rifacimento dell’antistante piazza Hortis, «i cui spazi diverranno
una prosecuzione della biblioteca», spiega l’assessore Andrea Dapretto (200mila
euro al 71,85% Por). Mezzo milione di euro (al solito 71,85% Por) servirà invece
a coprire di pannelli fotovoltaici il palazzo della Pescheria. Gli interventi
per la Camera di commercio saranno pagati in parte con Pisus e in parte dalla
Cciaa stessa: la messa a norma dell’ascensore dell’edificio di piazza della
Borsa costerà 140mila euro (61,39% dal Por); la messa a norma dell’entrata
dell’edificio di via San Nicolò costerà 23mila 138 euro, al 75% coperti da Pisus.
Il sistema di videosorveglianza della sede della Cciaa costerà 79mila 860 euro e
sarà pagato al 35,87% con fondi Pisus. Promozione La certificazione dell’offerta
museale, il coordinamento tra musei pubblici e privati e l’istitutzione di
percorsi culturali tematici vale 190mila euro, al 71,85% Por. Il percorso per
bambini e ragazzi da piazza Cavana costerà invece 45mila euro. Circa 900mila
euro verranno invece investiti in varie operazioni di marketing territoriale:
«Si tratterà di capire quali sono i mercati a cui Trieste deve rivolgere la
propria proposta turistica - spiega Kraus - e di stabilirvi una presenza. Verrà
elaborato anche un marchio identificativo del turismo a Trieste». Un milione e
200mila euro (100% Por) verranno investiti in contributi a fondo perduto per le
piccole medie imprese cittadine. Quasi dieci milioni in risorse La soddisfazione
della giunta è palpabile: «Il Piano Città finanziato dal Ministero delle
Infrastrutture ha ottenuto 4 milioni che, sommati al Pisus, portano a 9 milioni
700mila euro le risorse esterne ottenute per merito e capacità». L’iter di
lavori sarà avviato dopo la stipula di una convenzione con la Regione per
l’erogazione dei fondi.
Giovanni Tomasin
Nuovi parcheggi “a rotazione” per disabili
Sono quelli personalizzati che vengono revocati: non più liberi ma
riservati a tutta la categoria
Novità per quanto riguarda i parcheggi per disabili. La giunta comunale, nel corso della riunione di ieri, ha approvato una delibera che, come recita un comunicato del Comune, «punta a migliorare la mobilità delle persone invalide, favorendo la possibilità di parcheggio per le loro automobili». In pratica i parcheggi personalizzati per disabili (quelli individuati da linee gialle e il cartello con indicata la targa del mezzo della persona con difficoltà) che dovessero eventualmente venire revocati (cosa che accade quando mutano le situazioni per il disabile-beneficiario), non saranno più riutilizzati come spazi di libero parcheggio ma saranno destinati a parcheggi generici per disabili. Salvo impedimenti di carattere tecnico, le classiche righe gialle personalizzate, che dovessero eventualmente venire revocate, resteranno sempre e comunque a beneficio delle persone disabili, non più però ad esclusivo uso di uno specifico mezzo ma a generica disposizione di tutti i mezzi dei disabili che ne hanno diritto. «Questo provvedimento - specifica la nota diramata dal Comune - punta di fatto a migliorare la mobilità delle persone invalide, favorendo non solo la loro facilità di parcheggio in prossimità delle proprie abitazioni, ma più in generale di migliorare la loro possibilità di spostamento in ambito urbano». Attualmente le sanzioni per chi posteggia il proprio veicolo a motore negli stalli riservati ai disabili senza averne diritto sono di 84 euro per le auto e 40 per ciclomotori e motocicli. Al conducente vengono poi decurtati due punti dalla patente di guida. Si ricorda che possono usufruire degli appositi spazi anche i veicoli che sono temporaneamente al servizio del disabile, purché siano dotati nell’occasione del contrassegno numerato, rilasciato dall’amministrazione comunale. Non sono validi i generici simboli di disabilità.
«Una nuova mobilità a favore delle persone» - APPELLO
DI UN GRUPPO DI ASSOCIAZIONI
Le associazioni promotrici della campagna “Mobilità Nuova Fvg: al centro le
persone”, che sono la Federazione italiana amici della bicicletta, Legambiente,
Associazione italiana medici per l’ambiente, Associazione culturale pediatri,
Wwf, Unione nazionale volontari pro ciechi e Associazione italiana familiari e
vittime della strada, ritengono che «siano necessari profondi cambiamenti nelle
scelte e nelle politiche riguardanti la mobilità quotidiana delle persone, sia
in Regione che in Italia». «Vediamo che grandi risorse economiche e tutta
l’attenzione della politica sostengono un modello invivibile di mobilità
motorizzata. Anche gli spostamenti brevi si fanno in auto e in motorino, il
trasporto pubblico viene colpito dai tagli ma non vengono tagliati gli
investimenti nelle grandi opere - prosegue una nota dei referenti della
associazioni, che sul tema ieri hanno organizzato una conferenza stampa -.
Ricordiamo anche il costo enorme del modello attuale di mobilità: nel decennio
2001-2010 in Italia 55.171 persone sono decedute, 3.115.850 sono rimaste ferite
in 2.208.778 incidenti e circa 300 miliardi di euro sono stati i costi sociali
associati. Vogliamo invece che al centro delle politiche e della spesa pubblica
vengano messi gli interessi concreti dei cittadini». Con la petizione on-line
(www.change.org/mobifvg) lanciata in vista delle elezioni regionali 2013 i
cittadini chiedono ai candidati «un cambiamento a favore di una Mobilità Nuova:
un forte incremento della mobilità collettiva, pedonale e in bicicletta, per un
recupero di salute e socialità». Finora oltre 1680 cittadini della regione hanno
sottoscritto la petizione. L’invito a impegnarsi su questi temi è stato accolto
da una quarantina di candidati consiglieri e ben tre candidati presidente su
quattro (Galluccio, Bandelli e Serracchiani) ma non dall’attuale presidente
Tondo».
«Ferriera, risposte oggi o è scontro»
Dal Tavolo della Regione i sindacalisti attendono l’Accordo per la
riconversione
«La Regione ci aveva promesso per il 4 aprile la bozza dell’Accordo di
programma per la riconversione dell’area di Servola, ci convocano ora con
preavviso di poche ore a una manciata di giorni dalle elezioni per un incontro
che sa di bluff elettorale. Ma se non avremo le risposte concrete che attendiamo
da mesi se non da anni, un minuto dopo la fine della riunione, alzeremo il
livello dello scontro». I sindacalisti della Ferriera per esprimere la loro
rabbia scelgono piazza della Borsa e piazzano provocatoriamente un tavolo
proprio in mezzo ai gazebi dei partiti. L’appuntamento a cui fanno subito
riferimento è per questo pomeriggio alle 15 nel palazzo della Giunta regionale
di piazza Unità di cui hanno avuto conferma appena ieri mattina. Tiziano Scozzi
(Fiom-Cgil), Franco Palman (Uilm), Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) e Cristian
Prella (Failms) sono sulla medesima lunghezza d’onda: «Non abbiamo nessuna
notizia dell’Accordo di programma, il decreto per inserire Trieste tra le aree
di crisi industriale complessa è fermo alla Corte dei conti, non esiste alcuna
certezza nemmeno per gli ammortizzatori sociali». «Il lavoro fatto dalle
istituzioni risulta completamente sterile», ha accusato Prella, Salvaneschi ha
illustrato quanto sia lunga un’operazione di riconversione («su cui pare
impegnarsi solo il consulente del Comune, Francesco Rosato») e di conseguenza
Scozzi ha ammonito: «È indispensabile che la Ferriera rimanga attiva a pieno
regime almeno per tre o quattro anni perché si trovi un’alternativa». I
lavoratori hanno invitato i loro rappresentanti a verificare l’inserimento
nell’Accordo di programma di cinque punti: progetto di riconversione di tutta
l’area con mantenimento dei livelli retributivi per i lavoratori di Ferriera,
indotto e Sertubi; mantenimento in esercizio degli impianti per poter accedere
ai contributi Ue; riqualificazione dell’area con attività siderurgiche di nuova
realizzazione e generazione sostenibile per l’ambiente; certezza di
ammortizzatori sociali e di forme di integrazione economica; definizione di
soggetti, risorse pubbliche e private che saranno a disposizione. E chiedono 9
mesi per la definizione del progetto e 36 per la sua realizzazione. «Finora la
protesta è stata colorita, ma civile - ha ammonito Palman - ma se continueranno
questi giochi meschini della politica, la situazione esploderà». (s.m.)
Per un futuro sempre più verde negli edifici
Oggi e domani all’Area di ricerca il progetto europeo per migliorare
l’efficienza energetica
Parola d’ordine: efficienza energetica negli edifici. Obiettivo: costruire e
garantire a tutti un futuro sempre più green, in cui la capacità di innovare,
inventare e anche riadattare quanto già esistente è fondamentale. È proprio su
questa scia che nasce il progetto europeo Emilie-Enhancing Mediterranean
Initiatives Leading Smes to innovation in building energy efficiency
technologies, che prende ufficialmente il via oggi e domani a Trieste, all’Area
di ricerca. Il progetto, finanziato dal programma di cooperazione transnazionale
“Mediterraneo”, vuole supportare il potenziale di sviluppo e le capacità di
innovazione delle piccole e medie imprese nell’ambito dell’efficienza energetica
degli edifici a livello transazionale, per contribuire attivamente a crescita,
competitività e occupazione dell’area del Mediterraneo. “Emilie” intende
sostenere l’innovazione attraverso la diffusione di nuove tecnologie e prodotti
nel settore dell’efficienza energetica degli edifici nel settore terziario. Il
progetto mira da una parte a individuare, testare e diffondere nuovi prodotti e
tecnologie, dall’altra intende sviluppare una pluralità di azioni a sostegno
delle piccole e medie imprese che ne rafforzino la competitività e l’innovazione
di prodotto e di processo. Imprese e centri di ricerca coinvolti organizzeranno
workshop tecnici mirati alla presentazione di nuove tecnologie mappate a livello
europeo e mondiale e testate nei vari paesi partecipanti. I workshop saranno
rivolti sia a imprese che a amministrazioni regionali e locali che si occupano
della gestione del patrimonio immobiliare pubblico e più precisamente di appalti
di ristrutturazione o di nuova edificazione. Saranno inoltre realizzate azioni
pilota, una in ogni Paese. Sono laboratori/impianti dimostrativi aperti alle
imprese. Il progetto che sarà realizzato in Italia è un impianto di “solar
cooling”, una tecnologia che consiste nell’abbinamento tra pannelli solari
termici e una macchina frigorifera, che permette di produrre freddo, sotto forma
di acqua refrigerata o di aria condizionata, a partire da una sorgente di
calore. Il “solar cooling” sfrutta il fatto che le ore della giornata (estiva)
in cui c’è la maggiore richiesta di freddo per il condizionamento degli edifici,
coincidono con la massima disponibilità di radiazione solare. “Emilie” nasce
sulla scia del Mediterranean Building Rethinking For Energy Efficiency
Improvement, progetto strategico finanziato dal Programma europeo di
cooperazione transazionale “Med” che rappresenta la risposta delle regioni del
sud Europa al miglioramento dell'efficienza energetica del patrimonio
immobiliare.
IL PICCOLO - LUNEDI', 15 aprile 2013
Ferriera, la Lucchini si ribella ma perde al Tar
L’azienda aveva presentato ricorso di fronte alle prescrizioni della
Regione sugli scarichi a mare
COSA DICE LA SENTENZA La proprietaria dell’impianto di Servola dovrà anche
versare 3mila euro. Legittimo il comportamento di Fvg
La lettera inviata dalla Regione alla Lucchini era secca e perentoria: a
Servola dovete attenervi alle prescrizioni dell’autorizzazione integrata
ambientale e contenere i cumuli di carbone all’interno delle aree destinate
assicurando la pulizia delle strade interne ed evitando ogni versamento a mare
di acque potenzialmente inquinate. Ma la Lucchini anziché prendere atto e
obbedire all’intimazione si è rivolta al Tar spiegando che l’autorizzazione
integrata ambientale prevede la realizzazione di un impianto di depurazione per
gli scarichi che coinvolgono le acque meteoriche e che la prescrizione è una
violazione anche perché non sussistono gli elementi dell’urgenza. Ma giudici del
Tar (presidente Umberto Zuballi, consiglieri Enzo Di Sciascio e Oria Settesoldi)
hanno dato torto alla Lucchini (rappresentata dagli avvocati Giovanni Borgna e
Guido Barzasi) che dovrà anche pagare 3mila euro di spese e di conseguenza
confermato la legittimità del comportamento della Regione che era presente in
aula con l’avvocato Gianna Di Danieli. Nelle motivazioni viene sottolineato il
principio secondo il quale «l’attività economica (della Lucchini, ndr) non possa
svolgersi che nel pieno rispetto delle normative di tutela ambientale e in
particolare di quelle specifiche per le lavorazioni in questione. La diffida -
si legge - va quindi inquadrata in quelle attività amministrative che implicano
un rapporto non solo di controllo ma in ultima analisi di continua
collaborazione tra il pubblico e il privato, al fine di tutelare l’ambiente e la
salute in piena e concreta applicazione dei principi europei e costituzionali».
In questo senso nell’ atto (che porta la data dello scorso 4 aprile) viene
rilevato «come non siano state ancora realizzate, in quanto non autorizzate dal
Comune, le opere riguardanti l’impianto di depurazione delle acque e le relative
vasche» e che «l’unica misura provvisoria già realizzata consiste in un muro di
contenimento dell’acqua piovana, il quale intende evitare il contatto tra il
mare e l’acqua meteorica che sia filtrata attraverso i cumuli di carbone». I
giudici infatti osservano che l’Arpa aveva verificato un accumulo di carbone
sulla strada che divide il parco e la banchina».
(c.b.)
SEGNALAZIONI - AMBIENTE Poche ricerche
L’inquinamento ambientale nuoce alla salute e la contaminazione nelle aree industriali rappresenta un ostacolo per le riconversioni produttive. L’identificazione e la rimozione degli elementi di pericolosità prioritari richiede chiarezza di visione, determinazione e tempismo. Purtroppo, il cambio di cinque assessori all’Ambiente nella giunta del presidente Tondo (Lenna, De Anna, Ciriani, Savino e adesso Fabbro) mostra confusione e una evidente sottovalutazione di questi temi. Recentemente, per poca fiducia, si è generato allarme anche per i rifiuti che arrivano al termovalorizzatore da fuori Trieste. Siamo in grado di rasserenare credibilmente gli animi? Conosciamo forse le ricadute sul territorio di diossine e metalli pesanti che tradizionalmente venivano associate all’incenerimento dei rifiuti? Auspicabilmente, gli impatti saranno contenuti o trascurabili, ma debbono esser misurati, perché i cittadini hanno diritto di sapere e possibilmente di essere rassicurati. Così non è. Ad oggi, inoltre, non risultano ancora pubblicati studi che valutino relazioni tra patologie e fattori ambientali per le aree triestine più critiche, che tutti vorremmo tranquillizzanti. Le lentezze nella realizzazione di azioni appropriate, anche di semplice coordinamento delle risorse esistenti, colpiscono chi presta attenzione a questi temi, indicando la necessità di riforme profonde nel governo ambientale ai vari livelli delle amministrazioni locali, regionali e comunali. L’assessore comunale Laureni nel maggio 2012 ha intrapreso una meritoria iniziativa, attivando una ricognizione delle criticità ambientali dell'area triestina, mirata a identificare priorità ed azioni, e se ne stanno attendendo gli esiti.
Pierluigi Barbieri
IL PICCOLO - DOMENICA, 14 aprile 2013
Clini: «Andavano considerati Comitato portuale e
Regione» - Intervento del ministro
Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini interviene per rettificare
affermazioni avanzate dal geologo Antonio Stefanon nell’ambito del dibattito
pubblico che da tempo vede al centro il progetto di rigassificatore da costruire
(o meno) nel Golfo di Trieste. «Stefanon nel suo intervento ha scritto diverse
bizzarre inesattezze che i lettori del “Piccolo”, abituati a essere informati
con correttezza, non meritano» inizia il ministro. «Non v’è alcun
rigassificatore ligure a Rossignano. Potrebbe essere utile al geologo - continua
il ministro - sapere che invece ce n’è uno a Panigaglia, nella Baia della
Spezia. Non appare in alcun atlante questa località Rossignano. C’è un progetto
non realizzato per un rigassificatore a Rosignano Marittimo (Rosignano, con una
esse). Ma Rosignano Marittimo non è in Liguria bensì a Sud di Livorno (in
Toscana)». «Il metano - precisa il titolare dell’Ambiente - arriva in Italia non
solo dalla Russia, ma anche da Libia, Olanda e Algeria. Non v’è alcun
metanodotto che origina in Tunisia». Smentendo quanto riportato da Stefanon. «I
rigassificatori non sono “preferibilmente progettati” al largo» aggiunge.
«Infine, Stefanon scrive, con pari cognizione di causa, delle “tardive
decisioni” del ministro uscente, che sono io. Non sono decisioni “tardive”. Il
geologo forse si è accorto solamente ora dei molti mesi di dibattito sul
progetto di Zaule che mi hanno coinvolto e i molti atti condotti dal ministero»
precisa. Poi, nella lettera per i lettori del “Piccolo”, una puntualizzazione:
«Il ministro dell’Ambiente è tuttora nel pieno delle sue funzioni, e quando il
10 dicembre scorso l’Autorità portuale ha presentato i dati sullo sviluppo
dell’attività marittima, il ministro aveva il dovere di assumere le iniziative
conseguenti, anche tenendo conto delle posizioni espresse in modo chiaro e
formale dal Comitato portuale e dalla Regione Friuli-Venezia Giulia». «Forse
qualcuno sperava che me ne andassi prima che la Commissione Via del ministero
concludesse il lavoro» conclude Corrado Clini.
Tutela del Carso, incontro transfrontaliero - SGONICO
SGONICO Utilizzare risorse finanziarie europee per rilanciare il territorio
in chiave turistica, economica e occupazionale. È il punto di partenza dal quale
partirà il Gruppo europeo di cooperazione territoriale (Gect), la persona
giuridica composta dai Comuni italo-sloveni nell’ambito del progetto strategico
"Carso-Kras", finanziato dal Programma per la Cooperazione Transfrontaliera
Italia-Slovenia 2007-2013, dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dai fondi
nazionali. Nella sala consigliare di Sgonico il sindaco Mirko Sardoc ha ospitato
i rappresentanti di altre sei realtà amministrative: Fulvia Premolin (Dolina),
Nerio Nesladek (Muggia), Vladimir Kukanja (Duino Aurisina), Marko Pisani
(Monrupino), Davorin Tercon (Sesana), Emil Grmek (Comeno). Assenti
(giustificati) i Comuni di Trieste, Divaccia e Hrpelje-Kozina. In quello che di
fatto è stato il quinto incontro valido per il forum dei sindaci dei Comuni del
Carso sono emerse le diverse questioni che le varie amministrazioni comunali
devono affrontare, su tutti le problematicche di carattere logistico sul Carso e
i loro "effetti su macro-micro livelli di vita" quali infrastrutture
ferroviarie, viabilità, sviluppo delle infrastrutture economiche e tutela delle
fonti energetiche ecocompatibili e rinnovabili. Tra i punti critici anche le
aree protette Natura 2000 e le altre direttive europee nell'ambito della tutela
dell'ambiente naturalistico. Il primo cittadino di Dolina Premolin ha messo in
risalto l'ottima sinergia con i comuni istriani sloveni e croati. E su tale
punto il sindaco muggesano Nesladek, ribadendo l'estesa contrarietà al
rigassificatore, ha auspicato un allargamento del Gect alla fascia costiera
slovena, in attesa dell'entrata dell'Ue della Croazia.
(r.t.)
Parola d’ordine: sostenibile Il rispetto della natura
al Lis - progetto italo-sloveno
Kit didattici per le scuole, giochi interattivi, una mostra multimediale,
transfrontaliera e itinerante dedicata alle energie rinnovabili, alla riduzione
dei consumi idrici e al riciclo dei rifiuti. All’Immaginario scientifico va di
moda il “verde”. Naturalmente sostenibile e adatto a scuole e famiglie. La
primavera “ecologica” al Science centre porta molte novità a cominciare
dall’apertura, da oggi al 9 giugno, della mostra multimediale “Ear-Energia Acqua
e Riciclo” allestita nella sezione Kaleido nell’ambito del progetto
transfrontaliero italo-sloveno Tessi (Teaching sustainability across Slovenia
and Italy) sui temi dell’energia, dell’acqua e dei rifiuti. Parole d’ordine,
sostenibilità e risparmio energetico. L’esposizione è concepita per essere
itinerante e “viaggerà” tra Trieste, Lubiana, Ferrara e Nova Gorica gettando un
ponte tra studenti italiani e sloveni impegnati sui temi della sostenibilità
ambientale. Il progetto – finanziato dal programma di cooperazione
Italia-Slovenia e che vede coinvolti oltre a Immaginario e Area Science Park
(che ne è coordinatore) anche le università di Ferrara, Nova Gorica e Slovenski
E-Forum – si rivolge in prima battuta alle scuole superiori attraverso
l’utilizzo di un kit didattico in italiano e sloveno e un concorso che premia
istituti e studenti che riescono a ottenere i maggiori benefici ambientali.
L’obiettivo? Promuovere azioni quotidiane concrete per rispettare e
salvaguardare l’ambiente. La mostra permetterà di vivere un’esperienza
multimediale, immersiva e interattiva, alla scoperta del risparmio energetico
attraverso l’utilizzo delle energie rinnovabili, della riduzione dei consumi
idrici e del riciclo dei rifiuti. Presenta 20 oggetti di uso comune visti
attraverso la lente dei costi energetici e in termini di acqua impiegata durante
la loro vita, dalla produzione allo smaltimento. Il kit - elaborato
dall’Immaginario nell’ambito del progetto – verrà distribuito a 300 classi
italiane e slovene e sarà lo strumento di sessioni sperimentali di gioco che gli
studenti potranno svolgere sotto la guida di insegnanti preventivamente formati.
Conterrà un multimetro ambientale polifunzione, un pannello fotovoltaico
policristallino, un misuratore di energia, un termometro digitale, una serie di
tubi e di microrubinetti e altri accessori e sarà corredato da un libretto
interamente dedicato a esperimenti semplici, da svolgere in classe con materiali
di facile reperibilità. Insomma, un piccolo “laboratorio in scatola” per
esperienze pratiche, nella filosofia del Lis, sul tema dell’energia, dell’acqua
e del riciclo. Sarà alla base di speciali incontri che l’Immaginario offrirà
alle scuole secondarie di secondo grado del territorio. A disposizione del
pubblico ci saranno anche due postazioni multimediali con giochi interattivi. Il
primo, dedicato al risparmio energetico, invita a testare le proprie conoscenze
sui consumi domestici, nei trasporti e nel campo industriale. Il secondo propone
un quiz sui temi dei consumi e della gestione delle acque: 3 minuti per
rispondere correttamente a 15 domande (via via più difficili). «Come dire che, -
conclude il direttore dell’Immaginario scientifico, Fabio Carniello - per
acquisire una cittadinanza sostenibile, non si devono fare errori perché non c’è
tempo da perdere». Info su www.tessischool.eu e www.immaginarioscientifico.it.
Oggi l’Immaginario rimarrà aperto dalle 10 alle 20.
Gianfranco Terzoli
Horti Tergestini, gli appuntamenti - SAN GIOVANNI
Horti Tergestini dalle 9 al tramonto Info su www.hortitergestini.it
Seconda e ultima giornata di Horti Tergestini (nella foto) oggi, al parco di San
Giovanni (dalle 9 al tramonto). Nell’occasione, l’università apre i musei. Come
il Museo nazionale dell’Antartide, che sarà aperto dalle 11 alle 16 con visita
guidata alle 15. Dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 il pubblico potrà visitare
anche il Museo di Mineralogia e Petrografia, che di norma è visitabile solo su
prenotazione. “Seguendo il filo rosso” con il laboratorio “Colori in gioco,
laboratori con l’arte” (dalle 10 alle 12), è invece la proposta del Mini Mu
Parco dei bambini San Giovanni (via Weiss 15). “Passeggiate nel parco tra storia
e arte” sarà infine il tema delle visite guidate gratuite nel parco previste
alle 11 e alle 16 con ritrovo quindici minuti prima della partenza di fronte
alla scalinata della chiesa del Buon Pastore.
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 13 aprile 2013
Sulla campagna “Mobilità Nuova FVG: al centro le
persone” - sabato 13 aprile, ore 11.30, Caffè San Marco, via Battisti 18,
Trieste
Le associazioni promotrici della campagna “Mobilità Nuova FVG: al centro
le persone”, che sono la FIAB - Federazione Italiana Amici della Bicicletta,
Legambiente, ISDE - Associazione Italiana Medici per l’Ambiente, ACP -
Associazione Culturale Pediatri, WWF, U.N.I.Vo.C. - Unione Nazionale Volontari
pro Ciechi e AIFVS - Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada,
ritengono che siano necessari profondi cambiamenti nelle scelte e nelle
politiche riguardanti la mobilità quotidiana delle persone, sia in Regione
Friuli Venezia Giulia che in Italia.
Vediamo che grandi risorse economiche e tutta l’attenzione della politica
sostengono un modello invivibile di mobilità motorizzata (anche gli spostamenti
brevi si fanno in auto e in motorino, il trasporto pubblico viene colpito dai
tagli ma non vengono tagliati gli investimenti nelle grandi opere).
Ricordiamo anche il costo enorme del modello attuale di mobilità: nel DECENNIO
2001-2010 IN ITALIA 55.171 PERSONE SONO DECEDUTE, 3.115.850 SONO RIMASTE FERITE,
IN 2.208.778 INCIDENTI E CIRCA 300 MILIARDI DI EURO SONO STATI I COSTI SOCIALI
associati.
Vogliamo invece che al centro delle politiche e della spesa pubblica vengano
messi gli interessi concreti dei cittadini che ogni giorno vanno al lavoro o a
scuola (i pendolari), e di tutti quelli che nell’attuale sistema di mobilità
costituiscono la cosiddetta “utenza non motorizzata” (ciclisti, pedoni, bambini,
anziani), mentre sono questi i modi di muoversi che riducono l’inquinamento da
traffico e i consumi di energia fossile, migliorano le nostri condizioni di
salute (obesità, patologie cardiovascolari e respiratorie, ecc.), favoriscono la
socializzazione dei bambini (pedibus) e degli anziani, nonché la sicurezza
sociale. Ad esempio la sicurezza sulle strade aumenterà se aumenteranno le zone
a 30 km/h, i percorsi e le piste ciclabili.
Con la petizione on-line (www.change.org/mobifvg) lanciata in vista delle
elezioni regionali 2013 i cittadini chiedono ai candidati un cambiamento a
favore di una Mobilità Nuova: un forte incremento della mobilità collettiva,
pedonale e in bicicletta, per un recupero di salute e socialità, nella
convinzione che l’attuale modello di mobilità presenti limiti forti e ricadute
negative sulla nostra qualità della vita.
Finora oltre 1680 cittadini della regione hanno sottoscritto la petizione mentre
l’invito rivolto ai candidati Presidenti e Consiglieri di dichiarare il proprio
impegno a realizzare una serie di obiettivi concreti se verranno eletti è stato
accolto da una quarantina di candidati consiglieri e ben 3 candidati Presidente
su 4 (Galluccio, Bandelli e Serracchiani) ma non l’attuale presidente Tondo.
Durante la conferenza stampa di oggi sono intervenuti i seguenti candidati, che
hanno sottoscritto gli impegni per la mobilità nuova: Rita Auriemma (SEL),
Roberto Crucil (Cittadini per Serracchiani), Fulvio Di Cosmo (indipendente
M5Stelle), Laura Marcucci (PD), Gian Carlo Murkovic (Cittadini per Serracchiani)
e Jacopo Zanardi (Movimento 5Stelle).
I candidati che non avessero ancora preso i loro impegni lo possono fare su:
http://www.mobilitanuovafvg.it sottoscrivendo alcune o tutte le proposte
concretamente realizzabili sui temi della campagna: Sicurezza sulle strade,
Trasporto Pubblico, Mobilità urbana, Turismo sostenibile, Pedonalità,
Ciclabilità e promozione del trasporto collettivo.
Gli impegni riguardanti la sicurezza sulle strade comprendono proposte molto
concrete: la Regione deve promuovere con apposite linee guida le zone 30,
rifinanziare i percorsi casa-scuola, dare particolare attenzione alla sicurezza
di pedoni e ciclisti, bambini e anziani nelle sue campagne di informazione ed
educazione stradale.
Per la mobilità urbana – come ha sottolineato Stefano Cozzini di Ulisse-FIAB –
proponiamo una nuova legge regionale sulla ciclabilità, finanziamenti per
l’intermodalità degli spostamenti (bici-trasporto pubblico, parcheggi bici)
oltre a misure per favorire il car sharing e istituire delle centrali di
mobilità che diano informazioni ai cittadini su tutte le opportunità di
spostamento, compresi i bike sharing e il car pooling. L’obiettivo è quello di
riequilibrare i modi di spostarsi in città (ora in Italia domina l’automobile)
in modo che le quote di spostamenti a piedi, in bici e coi mezzi pubblici
insieme superino la quota degli spostamenti in auto e in motorino.
Nell’ambito del trasporto pubblico – ha ricordato Andrea Wehrenfennig di
Legambiente – al primo posto sta la richiesta di revocare i recenti tagli, che
danneggiano i cittadini e in alcuni casi li obbligano a usare l’auto, poi si
richiede alla Regione di creare i servizi di trasporto a chiamata e offrire una
tessera unica regionale, dando anche agli utenti un’informazione unitaria grazie
alle nuove tecnologie. Chiediamo inoltre di recuperare la linea Gemona-Sacile e
bloccare ulteriori dismissioni della rete ferroviaria da parte di RFI.
Per finanziare questa nuova mobilità in un periodo di crisi – ha detto Dario
Predonzan del WWF – abbiamo proposto ai candidati di impegnarsi ad utilizzare
gli ingenti finanziamenti ora sprecati – anche dalla Regione – in progetti di
grandi opere infrastrutturali inutili e dannose, I cittadini hanno diritto a un
buon servizio di trasporto pubblico e la politica deve dare la priorità ai
bisogni dei cittadini.
Per il turismo sostenibile si chiede di incentivare l’offerta destinata al
turismo scolastico, di completare la rete delle ciclovie a livello regionale per
usi turistici, di promuovere tutte le forme di mobilità dolce nella promozione
del turismo in Regione.
Infine, la rappresentante di ISDE (Medici per l’ambiente), Alessandra Lepore, ha
ricordato le proposte per favorire la mobilità nuova anche come forma di
prevenzione primaria per la salute, la socialità e la sicurezza, diffondendo i
pedibus e le modalità di percorso casa-lavoro in bici, il trasporto pubblico e
il car pooling, modalità che porterebbero indubbi vantaggi anche dal punto di
vista economico.
La Regione dovrebbe impegnarsi anche nelle campagne internazionali, come la
Settimana Europea della Mobilità sostenibile.
Del resto la campagna "Mobilità Nuova FVG: al centro le persone" è stata
inserita fra le campagne per la mobilità urbana riconosciute dalla Commissione
Europea e pubblicizzate sul sito dotherightmix.eu
La campagna si inserisce in un grande movimento per la Mobilità Nuova a livello
nazionale, che segnerà la sua presenza con una grande manifestazione a Milano il
4 maggio 2013 “L’Italia cambia strada: pedali, pedoni e pendolari per una
mobilità nuova” e si collega ad altre iniziative in regione, come la
biciclettata che si terrà a Udine nel pomeriggio del 13 aprile per la sicurezza
sulle strade e la mobilità sostenibile.
Le associazioni promotrici della campagna:
FIAB - Federazione Italiana Amici della Bicicletta, Legambiente, ISDE -
associazione italiana medici per l’ambiente, ACP -Associazione Culturale
Pediatri, WWF, U.N.I.Vo.C. - Unione Nazionale Volontari pro Ciechi e AIFVS -
Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada.
Riferimenti:
Andrea Wehrenfennig, cell. 3887219510
Stefano Cozzini, cell. 3200709983
http://www.mobilitanuovafvg.it info@mobilitanuovafvg.it
IL PICCOLO - SABATO, 13 aprile 2013
Fondi Pisus, Muggia rimane all’asciutto Persi 4 milioni
di euro
Il sindaco Nesladek: «Ma il Piano di sviluppo andrà avanti» «È una
bocciatura politica» accusa il segretario del Pd Tomini
MUGGIA Qualcuno ci è rimasto male. I più, però, se l’aspettavano.
L’esclusione di Muggia dalla pioggia di finanziamenti milionari per la
realizzazione di Pisus (acronimo che sta per Piano integrato di sviluppo urbano
sostenibile) sta già offrendo le prime reazioni al vetriolo. Una storia con
esito negativo scontato, dicono dal Pd; bocciatura di stampo tecnico, e non
politico, replica il Pdl. Rimane il fatto che i 4 milioni e mezzo di euro
provenienti da fondi europei, a Muggia, non arriveranno. Anche se la giunta
Nesladek promette battaglia per avere giustizia e preannuncia che la
“rivoluzione urbana2 della cittadina, in un modo, oppure nell’altro, proseguirà.
PROGETTO La riqualificazione del piazzale della stazione delle autocorriere, la
costruzione della nuova biblioteca, il nuovo volto del piazzale ex Alto
Adriatico. Erano i tre capisaldi del progetto dell’amministrazione Nesladek. Un
progetto maturato circa quattro anni fa e poi esposto alla popolazione
nell’estate 2011. Apprezzamenti e contrarietà erano affiorati in tempo
brevissimo. Una petizione popolare con oltre 1000 firme contrarie aveva di fatto
bocciato l’idea di rivoluzionare la cittadina. MAGGIORANZA «Una storia di cui si
poteva già immaginare il finale. È solo una mossa elettorale da parte di chi
governa questa triste Regione. Oltremodo vergognoso aver dato poche settimane di
tempo per preparare il progetto e tenere a bagno maria i vari enti locali per la
decisione finale». Fulvio Tomini, segretario locale Pd, non ha affatto digerito
la bocciatura di Muggia. «Dal punto di vista del commercio non può che essere
considerato in modo negativo il non vedersi aggiudicato il finanziamento. Erano
previsti ben 700 mila euro per le piccole e medie imprese, che in un momento di
crisi quale quello attuale rappresentano una cifra indiscutibilmente importante,
specie se considerato che per l’80% erano coperti dal Progetto europeo», spiega
l’assessore al Commercio Stefano Decolle. «Nonostante si metta sempre l’accento
sul ruolo e il valore delle piccole comunità, non si evincono azioni
strategicamente significative. Ancora una volta si punta sulle città capoluogo,
con l’eccezione di Tarvisio, a discapito dei Comuni diversamente maggiori».
OPPOSIZIONE «La Regione ha privilegiato la qualità e la sostenibilità dei
progetti che prevedevano il maggior impatto e ritorno per i territori
interessati, a prescindere dalle amministrazioni che li hanno proposti. Infatti,
il piano di valutazione è stato tecnico e non politico». Claudio Grizon,
consigliere comunale Pdl, rigetta le accuse che Muggia sia stata “condannata” in
quanto retta da un’amministrazione di centrosinistra. «Quello redatto dalla
giunta non è mai stato il nostro progetto per rilanciare Muggia ma nessuno può
dire che la Regione ha voluto penalizzare la nostra cittadina: 19 milioni di
euro per 15 richiedenti erano comunque pochi. Il fatto politicamente rilevante
però è che è stato bocciato il progetto con cui la giunta Nesladek avrebbe
voluto caratterizzare il suo ultimo mandato». Per Daniele Mosetti, consigliere
comunale di Fratelli d’Italia, si tratta di «un ultimo posto nella graduatoria
che fa stridere i denti ricordando il grande lavoro svolto dalle associazioni,
dai singoli cittadini, dagli uffici pubblici e non fa che riflettere
l’incapacità della giunta Nesladek a gestire un bando così importante per il
nostro Comune che doveva esser il trampolino di lancio per una riqualificazione
della cittadina». FUTURO A delineare il futuro di tutti i progetti ideati dal
centrosinistra è il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek. «Il piano di sviluppo non
si chiude di certo con questo bando. Credendo tuttora nella validità del
progetto, non si può che restare amareggiati nel constatare, con oltre 200
progetti giudicati dalla commissione regionale, di essere stati inseriti nei
quindici Comuni della graduatoria ma non finanziati. Specie se, come
sembrerebbe, i fondi ci sono. Per questo abbracciamo, insieme a Ronchi dei
Legionari e Gradisca, la protesta guidata dal Comune di Monfalcone». Insomma:
non finisce qui.
Riccardo Tosques
E i commercianti festeggiano: «Non c’era condivisione»
Sfuma Pisus, ma i muggesani non si disperano. Dispiace per la mancata
erogazione dei contributi, ma una riqualificazione dei punti nevralgici della
cittadina – dicono – è ugualmente fattibile, e decisamente urgente. «Gli
amministratori devono sedersi attorno a un tavolo con noi e metter mano alla
nostra Muggia» è l’antifona che risuona dalle testimonianze dell’associazionismo
e delle categorie, «con o senza Pisus». Per qualcuno, e non da oggi, è persino
meglio senza. Tra questi c’è Jacopo Rothenaisler, presidente dell’associazione
ambientalista Impronta Muggia, tra i fautori del “referendum consultivo” contro
il progetto, indetto un anno fa. Il suo giudizio è rimasto immutato: «Pisus era
innanzitutto quello che è stato “nascosto” alla gente: la maggior parte della
spesa riguardava l’eliminazione della biblioteca e della sala convegni, che oggi
fanno parte del Centro culturale Millo, e la conseguente trasformazione di
quegli spazi in uffici comunali». Insomma, per Rothenaisler il Piano integrato
di sviluppo urbano sostenibile ruotava attorno al raddoppio della superficie
attualmente a disposizione dei dipendenti del Comune: altri 600 metri quadrati
di uffici. «Spendere più di 11 miliardi delle vecchie lire, nelle contingenze
attuali, per fornire alla città nulla che già non abbia in dotazione, progettare
di abbattere un intero immobile (la sede dei vigili, ndr) per costruire ex novo
una nuova biblioteca più piccola dell’attuale: in tempi “normali” questo
programma sarebbe stato archiviato come inutile». La chiosa di Rothenaisler è
ancor più “ruvida”: «Pisus dimostra, ed è una constatazione amara, che
l’apparato politico/amministrativo del nostro Comune non si occupa dei bisogni
dei cittadini». Andrea Spagnoletto, presidente della Pro Loco, la pensa in
maniera sostanzialmente diversa: «Mi ero già espresso in merito: Pisus conteneva
cose buone, altre meno buone ed alcune completamente inutili». Tra queste,
alcuni mesi fa, aveva citato il riassetto della stazione degli autobus e la
riconversione del piazzale ex Alto Adriatico in deposito delle corriere. «Brucia
invece aver perso un finanziamento tanto cospicuo, soprattutto per quelle parti
che riguardavano il miglioramento dell’ingresso a Muggia e le possibili
sovvenzioni (che erano state quantificate in un milione di euro, ndr) per i
nostri commercianti». La Pro Loco auspica che gli sforzi compiuti dagli uffici
tecnici di piazza Marconi e da tutti i portatori d’interesse, per mettere a
punto un piano che facesse del bene a Muggia, non vadano perduti. La palla passa
quindi in mano alla giunta Nesladek, che a più riprese aveva annunciato
l’intenzione di recepire alcuni punti di Pisus nella nuova variante al Piano
regolatore, a prescindere dal responso della Regione sui finanziamenti europei.
E i commercianti di piazzale Foschiatti, quelli che avevano raccolto quasi 1.200
firme contro lo smantellamento del deposito degli autobus, come accolgono la
novella? Cristina Pranzo, fioraia, vicepresidente di ViviMuggia, se la cava con
una battuta: «Peccato, ma per fortuna». «Forse il Comune si era visto costretto
ad agire in fretta, per non perdere il treno dei contributi: adesso c’è tempo
per fare le cose con calma e in maniera condivisa, perché un intervento di
risistemazione del piazzale è necessario», commenta l’imprenditrice. La famiglia
Tognetti, che gestisce il bar all’interno della stazione delle autocorriere, si
dice «felicissima: almeno potremo mantenere il nostro lavoro». La
riqualificazione? «Iniziamo dai servizi igienici, che sono inagibili». La voce
fuori dal coro proviene da un’altra commerciante della zona: «A me Pisus
piaceva; ora, però, rendiamo questi spazi un luogo di aggregazione, fruibile da
tutti».
Davide Ciullo
I palombari del Giglio ospiti di Mare Nordest - SI
PARTE CON LA PULIZIA DI PONTEROSSO
Tra i vari appuntamenti in programma tra oggi e domani per la seconda
edizione di Mare Nordest c’è pure la partecipazione del gruppo di sommozzatori -
i tre triestini Alessandro Damico, Pierpaolo Vergerio, Paolo Monfreda e i due
gradesi Yuri Bean e Giorgio Marchionne – che si collegheranno in diretta dalla
Micoperi 30, la piattaforma da 120 metri agganciata alla nave Costa Concordia
nelle operazioni di recupero al largo dell'isola del Giglio. La due giorni della
manifestazione dedicata al mare Adriatico come punto di incontro, organizzata
dalla “Trieste sommersa diving”, offre un programma ricco di eventi. Si parte
con la pulizia del canale di Ponterosso questa mattina alle 11. Una ventina di
sub sarà impegnata a ripulire i fondali e, grazie alle sofisticate tecnologie
messe in campo dall’Area marina di Miramare affiliata al Wwf, un robot invierà
su due schermi le immagini dei sommozzatori in azione. Poco più in là un
centinaio di bambini andranno in visita all'Aquario marino e parteciperanno al
concorso di disegno “Pulire il mare con un tocco di colore”, che sarà premiato
(domani in Stazione marittima) da Patrizia Maiorca, la figlia del grande
campione Enzo. Sempre nel pomeriggio di oggi davanti alla Vecchia Diga ci sarà
la gara di fotografia subacquea “Trofeo Moreno Genzo” alla quale parteciperanno
25 divers provenienti anche dalla Slovenia, Austria e Croazia. Dalle 15
inizieranno gli incontri divulgativi in Stazione marittima. Si parlerà di
cetacei, di sicurezza in mare e di squali bianchi. Domani ancora alla Stazione
marittima al mattino gli appuntamenti dedicati al mare e il collegamento in
diretta con i palombari che lavorano nelle acque davanti all'isola del Giglio
per recuperare la Concordia. Gli incontri si concluderanno pomeriggio con le
premiazioni del concorso dedicato ai più piccoli e del Trofeo Genzo e
l'intervento di Patrizia Maiorca.
IL PICCOLO - VENERDI', 12 aprile 2013
Progetti Pisus pronti al via: arrivati i fondi dalla
Regione
Oltre 5 milioni e mezzo destinati agli interventi di sviluppo urbano
sostenibile
L’assessore Marchigiani: «Possiamo cominciare subito.
Ci blocca il Patto di stabilità»
I soldi ci sono. I progetti pure. L’unico ostacolo è ora rappresentato da
Patto di stabilità. La Regione ha messo a disposizione del Comune di Trieste 5
milioni e 600 mila euro per la realizzazione dei Pisus, i Piani di sviluppo
urbano sostenibile. Finanziamenti attesi da tempo che sono arrivati alla vigilia
delle elezioni. Dei Pisus a Trieste se ne parla dal 2009. Dopo la pubblicazione
delle linee guida da parte della Regione, il Comune di Trieste ha messo insieme
un gruppo di lavoro composto da funzionari e da un consulente esterno per la
progettazione integrata territoriale. L’obiettivo è stato quello di incrementare
l’attrattiva del centro storico della città dal punto turistico-culturale
stimolandone lo sviluppo economico attraverso l’utilizzo delle sue risorse
“sostenibili” da un punto di vista ambientale. Ed eccoli dunque i progetti
integrati la cui realizzazione «potrebbe partire già domani». Si tratta di
progetti tra loro comunicanti attraverso i percorsi ciclo-pedonali e il servizio
biciclette pubbliche I quali prevedono prevedono le riqualificazione delle vie
Duca d’Aosta, XXX Ottobre e Ghega e il tratto tra piazza Venezia e piazza
Hortis. L’estensione del servizio gratuito “wi fi” in città permette poi di
fornire una quantità e una qualità di informazioni per agevolare così l’accesso
ai luoghi del commercio e del turismo anche da parte delle persone diversamente
abili, come gli ipovedenti che possono usufruire dei contenuti audio sia in
italiano che in altre lingue. E poi l’intervento sui musei pubblici attraverso
la loro certificazione in termini di qualità mettendoli in connessione con quei
privati attraverso un tavolo di coordinamento istituzionale. Ancora l’intervento
di riqualificazione del piano terra della biblioteca civica che, già interessata
dalla sperimentazione dell’emeroteca vedrà ampliare in essa questa attività a
beneficio dei ragazzi creando, con il giardino di piazza Hortis, un’unica area
dove persone di ogni età troveranno spazi, strumenti e stimoli culturali
pubblici e gratuiti. Altro progetto che va a integrarsi con gli altri e
l’installazione di una guaina fotovoltaica sul tetto del Salone degli Incanti,
contenitore cardine rispetto alla proposta culturale e scientifica della città,
cui si affiancherà il recupero dell’ex Magazzino Vini realizzando così un
ulteriore polo di attrazione per l’area fronte mare in zona Pisus. Per sostenete
la crescita delle presenze turistiche il Comune prevede la realizzazione di un
piano di marketing territoriale e una conseguente promozione turistica della
città sia a livello nazionale che internazionale grazie all’apporto della Cciaa
(beneficiaria del progetto) e delle antenne all’estero attivate tramite la rete
di Unioncamere. Il sistema camerale supporterà sia l’attrazione degli
investimenti, oltre alla promozione turistica, sia l’internazionalizzazione
delle imprese triestine. Allo stesso tempo è prevista la promozione di un centro
commerciale diffuso utile ad agevolare l’insediamento di servizi alle persone e
alle imprese dell’area di riferimento. «Per questi progetti già maturi abbiamo
9.600.000 euro, i 5.600.000 dei Pisus e il resto di Trieste Attiva - afferma
l’assessore Elena Marchigiani -. Siamo pronti a partire, ci potrebbe fermare
solo il Patto di stabilità. In questi mesi abbiamo fatto un buon lavoro in
coordinamento con i vari altri assessorati. E questo dimostra come la Regione
abbia voluto premiare le nostre idee. E in questa nostra attività abbiamo avuto
partner come la Camera di Commercio la Bic».
Ferdinando Viola
Piano per stimolare l’attrattiva turistica del
territorio
I Pisus sono dei Piani di sviluppo urbano sostenibile promossi
dall'Amministrazione regionale al fine di sostenere la realizzazione di
interventi volti ad aumentare l'attrattività del territorio urbano, stimolandone
lo sviluppo attraverso un efficiente utilizzo delle risorse. La Regione ha
inserito 15 Comuni nella graduatoria per ottenere i finanziamenti: Tarvisio,
Trieste, Pordenone, Gorizia, Maniago, Udine, Latisana, San Vito al Tagliamento,
Cividale, Manzano, Gradisca d'Isonzo, Monfalcone, Codroipo, Sacile e Muggia.
Solo per i primi quattro (Tarvisio, Trieste, Pordenone, Gorizia) sono arrivati i
soldi: si divideranno i 18,85 milioni di euro. A Trieste sono toccati 5milioni e
600 mila euro, a Tarvisio la somma maggiore, 6 milioni di euro; il resto tra
Pordenone e Gorizia.
Tornano gli “Horti tergestini” la mostra-mercato del
verde
Piante speciali, fiori coloratissimi, tante rarità, piccoli e grandi segreti
per curare ortensie, rose, bonsai o garofani, e un ospite speciale, il garden
designer Daniele Altieri, in arrivo dall'Inghilterra. Domani e domenica il parco
di San Giovanni ospita l'ottava edizione di Horti Tergestini, la mostra-mercato
dedicata a tutto ciò che riguarda il verde e il giardinaggio, in programma ogni
giorno, come tradizione, dalle 9 al tramonto, arricchita da un ampio calendario
di incontri, conferenze e laboratori. L'inaugurazione ufficiale si terrà sabato
alle 10. «Possiamo contare su molte particolarità, puntiamo sulla qualità degli
espositori, per attirare sia i tanti appassionati del settore, sia i
collezionisti – spiegano gli organizzatori – ricordiamo la presenza di Roberto
Taddei, titolare del più blasonato vivaio di ortensie d'Italia. Inoltre la
nostra terra è buona per gli ulivi, piante bellissime che si possono coltivare
anche in vaso, ma che non amano la solitudine. Giuliano Foligna dei Vivai
Facchini di Fano, che nel 2009 ottennero il premio ‘Mérites de Courson”, ci
svelerà tutti i trucchi per la loro riuscita. Un fiore che di vista conosciamo
tutti è il garofanino. Tanti, come potremo constatare grazie alla collezione di
Alessandro Magagnini, che li definisce piante facili per posti difficili,
difficili come un tetto da inverdire. Di questo ci parlerà Maurizio Crasso, che
lavora per una ditta triestina che realizza tetti verdi in giro per tutta
Europa. Ma Horti Tergestini offrirà anche una panoramica sugli arredi da
giardino e sull'abbigliamento e gli accessori per dedicarsi alla cura delle
piante». Ospite d'onore sarà quest'anno il garden designer Daniele Altieri, un
“cervello in fuga”, che da Capriva del Friuli si è trasferito per lavoro in Gran
Bretagna, con impegni anche in Giappone. Dopo l'inaugurazione interverrà
sull'argomento “Seminare un sogno: Le avventure di un paesaggista in
Inghilterra", raccontando come un biologo possa lasciare tutto per seguire un
sogno e realizzarlo, con grande successo e una buona dose di creatività. Spazio
anche ai più giovani. Nell'ambito del progetto OrtiTrieste del Comune sono
previsti laboratori ludico-didattici non stop: il gioca-orto, il seme-baratto,
il riconoscimento del canto degli uccelli e non solo. Novità dell'edizione 2013
il concorso fotografico “L'albero del cuore”, aperto a tutti. Non mancheranno le
occasioni di “apprendistato” sulle orchidee, sui bonsai, sul compostaggio, sulle
“erbacce” commestibili, sugli orti sociali urbani. Il programma completo di
tutti gli incontri è consultabile sul sito www.hortitergestini.it. L'ingresso
alla manifestazione è gratuito. L’evento è promosso e organizzato da Comune,
Provincia, Camera di commercio, Ass “Triestina”, Agricola Monte San Pantaleone,
Cooperativa sociale onlus – Associazione orticola del Friuli Venezia Giulia “Tra
Fiori e Piante” Onlus. La Provincia di Trieste in particolare ricorda la
presenza di uno stand dedicato a Carsiana e attività dedicate ai più piccoli al
Mini Mu. Continua inoltre la collaborazione coi musei universitari e con la Lipu.
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 aprile 2013
Il gas italiano “scalderà” Capodistria
La rete metanifera sarà collegata al metanodotto San
Dorligo-Ospo-Litorale. In futuro rifornirà anche Isola e Pirano
TRIESTE Il gas metano che scorrerà nella futura rete che rifornirà
Capodistria giungerà dall’Italia e, più precisamente, da San Dorligo della Valle
da dove la Snam Rete Gas farà partire un nuovo gasdotto lungo quattro chilometri
in direzione di Ospo. Qui l’infrastruttura sotterranea si aggancerà con quella
del Litorale sloveno. La Istrabenz plini che ha la concessione per la fornitura
di gas a Capodistria ha firmato un accordo con la società Plinovodi che si è
impegnata di realizzare nell’arco di tre anni il gasdotto che collegherà Ospo al
capoluogo del Litorale. Il progetto non era fin qui decollato perché la Slovenia
era incerta se far arrivare il metano a Capodistria da Aidussina oppure da Ospo.
A sbloccare l’empasse ci ha pensato proprio l’Italia che lo scorso anno ha
avvisato il Ministero dell’economia sloveno della decisione della Snam di
costruire il gasdotto San Dorligo della Valle-Ospo. Qualsiasi dubbio a Lubiana è
caduto e la scelta, dunque, è caduta su Ospo. «La traccia del gasdotto
Ospo-Capodistria è già definita - ha dichiarato alle Primorske Novice il
presidente della Istrabenz plini, Zorko Cerkvenik - ed è stato anche deciso il
punto in cui l’infrastruttura attraverserà il confine tra Italia e Slovenia». Il
gasdotto alimenterà così la rete di fornitura locale per Capodistria che la
Istrabenz plini sta realizzando nel capoluogo del Litorale da alcuni anni.
Finora sono pronti 15 chilometri della rete. Inizialmente la Snam Rete Gas aveva
calcolato circa 2,5 milioni di euro di costi aggiuntivi per realizzare l’intero
collegamento da San Dorligo della Valle. In seguito però le parti si sono
accordate affinché ciascuna società realizzasse la propria parte di tracciato
senza costi aggiuntivi. Successivamente la rete metanifera sarà estesa anche a
Isola e Pirano. Gli utenti dovranno pagare l’uso della rete di base ma il
gestore sarà libero. Gli esperti calcolano che ciascun utente con il metano
risparmierà circa il 30% di energia.
Mauro Manzin
Le tardive decisioni di un ministro uscente -
L’INTERVENTO DI ANTONIO STEFANON - Geologo marino
Grazie Clini! Ci voleva proprio un ministro dell’Ambiente con le valigie già
pronte ad assicurare al rigassificatore triestino il tempo per un ripensamento
ed una migliore ricollocazione? A mio avviso era difficile che la portualità
triestina potesse individuare dove far attraccare le navi gassiere moderne, in
continua espansione sia come numero che come dimensioni, che stanno superando i
300 metri in lunghezza e le 100mila tonnellate di stazza. Il fabbisogno di
energia elettrica dell’Italia è attualmente fornito al 50% dal metano, di cui
circa il 10% è dato dal nuovissimo rigassificatore nei pressi del delta del Po,
ad una decina di miglia da riva che produce circa 8 miliardi di metri cubi
all’anno. Escludendo quello ligure a Rossignano, in grado di accettare solo navi
di dimensioni modeste, il gas che ci arriva a completare il nostro fabbisogno
energetico proviene da gasdotti che nascono in Russia ed in Tunisia. È da loro
che praticamente dipende la nostra sicurezza energetica, che potrebbe essere
messa in crisi non da motivi tecnici ma politici. Poiché i paesi fornitori via
mare. A differenza del gas Gpl – più pesante dell’aria – che alimenta molte
autovetture, il metano è un gas naturale più leggero e che all’aperto sale e si
disperde naturalmente, e non può dare origine a disastri. È per questo che
l’incidente di Viareggio del 2009 probabilmente avrebbe avuto minori conseguenze
se invece di Gpl si fosse trattato di metano. Le navi gassiere che lo portano lo
mantengono liquido a ben -162 gradi centigradi ma a pressione ambiente. I
rigassificatori lo accolgono e lo immagazzinano liquido per poi trasferirlo a
terra come gas in pressione ai vari metanodotti. Non essendo tossico è
considerato un gas “verde” e come tale benvenuto anche nell’autotrazione. Data
la dimensione delle navi che lo trasportano, è determinante, la localizzazione
dei pontili d’ormeggio che – per motivi tecnici – sono necessariamente un
tutt’uno col rigassificatore. Pertanto essi sono preferibilmente progettati e
costruiti non a riva ma al largo, come quello del delta del Po, già riconosciuto
come il miglior rigassificatore al mondo costruito in cemento armato. Trieste è
addossata ai monti, e la sua portualità risente della mancanza di nuovo spazio a
riva. Ma il mare si allarga solo a qualche miglio più ad ovest, già a cominciare
dalla foce dell’Isonzo. Prima di dire che il golfo di Trieste, inizio naturale
del traffico con i paesi del nord-est non può ospitare un rigassificatore,
seguiamo il ministro Clini e ripensiamoci bene sulla sua ricollocazione. Le idee
e le proposte potrebbero essere già pronte.
Incontro sul rigassificatore
Oggi, incontro alle 18, con il biologo Federico Grim, al Multicultura Center, via XXX Ottobre 8/a, a cura del Coordinamento Cittadini in rete - Trieste dice no al rigassificatore.
SEGNALAZIONI - Energia - I triestini fra due fuochi
La notizia riportata dal Piccolo diceva: il raddoppio della centrale nucleare di Krsko (Krsko2) viene bocciato dall’Istituto nucleare francese il quale asserisce che: ”il terreno dove viene costruita è a rischio sisma”. Ma ecco, come per incanto entrare in gioco le parti interessate alla sua costruzione, dove il direttore generale della società Gen Energije che gestisce la centrale per conto dello Stato Sloveno ha dato l’ordine di “secretare” (ma perché?) la relazione francese inviandola all’analisi degli esperti e dei tecnici sloveni dell’Agenzia che si occupa della sicurezza del paese. È sicuramente giusto fare una verifica con controlli incrociati se le parti a contendere useranno la stessa matematica, le stesse formule e gli stessi metodi di ricerca, “altrimenti”, ognuno avrà i conti “giusti” ma difformi uno dall’altro. Detto questo, non bisogna dimenticare che Krsko (quella in attività) dista da Trieste solo 100 Km. E spero,che questa notizia non passi inosservata ai vari comitati antinucleare e ambientalisti. Abitando a Muggia, mi viene in mente che tutto questo ambaradan abbia una stretta analogia con le relazioni (inesatte) presentate dalla spagnola Gas Natural alle autorità competenti italiane, per la costruzione di un rigassificatore nel sito di Zaule nella baia di Muggia, contro il parere negativo dei cittadini, delle autorità di Trieste e provincia e dagli ambientalisti. Comunque la buona notizia di questi giorni è, che, il Ministro per l’Ambiente Clini ha sospeso con un decreto per 6 mesi l’efficacia della VIA e invita Gas Natural a trovare un altro sito (speriamo bene). Certamente in questo caso, ”la breve” distanza che separa Trieste e provincia dalla centrale nucleare di Krsko (quella in attività) e il rigassificatore in casa nostra mi fa pensare per gli abitanti di Trieste e provincia e, mi si lasci passare il termine, di essere tra due fuochi: uno nemico e uno amico, dove, noi che abitiamo nel “mezzo” potremmo rimetterci la pelle.
Piero Robba
SEGNALAZIONI - Trasporti - I dubbi sulla Tav
Rispondo all’interessante lettera di Luigi Bianchi sulla necessità della TAV. Se chiedessero a me come investitore di co-finanziare quest’opera rifiuterei perché dubito della sua utilità, e quindi della sua remuneratività. Il tarffico sulla linea ferroviara Torino-Modane è intorno ai 10 milioni di tonnellate, metà del suo potenziale, ed è in calo dal 1995. Il traffico su gomma non aumenta da molti anni e i trafori del Monte Bianco e del Frèjus sono utilizzati intorno al 35% delle proprie potenzialità (ricordo che il traforo del Monte Bianco è rimasto chiuso per 3 anni per i lavori di ammodernamento seguiti all’incidente del 1999 senza creare particolari disagi). Magari sbaglio a non investire... e allora è giusto che chi ha più fiuto di me scommetta il proprio obolo e ne ricavi lauti guadagni. Luigi Bianchi ad esempio farebbe bene a investire i propri risparmi in quell’impresa. Ma il problema è che Luigi Bianchi e i gli altri sostenitori del progetto non pensano affatto a investire i soldi propri, ciò che vogliono sono i soldi miei e degli altri inermi contribuenti. Se i fatti ci dicono che il traffico non è il problema, resta il discorso dell’inquinamento dovuto al traffico su gomma. Ebbene, se anche si annientasse il traffico di mezzi pesanti attraverso il Frèjus e sulla Torino-Bardonecchia (2300 veicoli al giorno) avremmo un meno 5% di camion sulle autostrade piemontesi e meno 2% in termini di traffico generico (camion + automobili). E se anche le autostrade rappresentassero metà del traffico complessivo avremmo una riduzione di emissioni del 1% in Piemonte, probabilmente di meno dello 0,1% a livello nazionale. Ricordo per contro che la costruzione di un opera di tali dimensioni e la modifica permanente della Val di Susa non sono operazioni a zero impatto ambientale. Siamo veramente sicuri che ne valga la pena?
Claudio Petrachi
Dipiazza: «Sdemanializzare Porto Vecchio» - INTERVENTO
DELL’EX SINDACO IN CONSIGLIO COMUNALE
«Sbagliato pensare che l’antico scalo possa tornare competitivo ospitando
traffici»
Sull’annosa questione del Porto Vecchio interviene l’ex sindaco e oggi
consiglie comunale e candidato al Consiglio regionale Roberto Dipiazza. «Una
storia infinita, quella del Porto Vecchio - afferma Dipiazza - che parte da una
visione sbagliata della competitività dell’antico scalo, che rincorre da decenni
progetti onerosi nel tentativo di collegarlo al Porto Nuovo. Ho voluto ricordare
alcune tappe di questa triste storia proprio in Consiglio comunale e che ora
riassumo perché hanno dell’incredibile. All’inizio degli anni Sessanta vengono
realizzati i “collegamenti di cintura”: un doppio binario, tutto in galleria,
che dal ponte in ferro di viale Miramare arriva a Trieste e passa sotto tutta la
città. Successivamente, si decide di realizzare l’Adriaterminal in Porto Vecchio
anziché in Porto Nuovo unica area idonea allo sviluppo dei traffici portuali,
sia per la profondità del mare che per il collegamento diretto con la Grande
Viabilità e la rete ferroviaria. Nel 2001 – ed ero appena stato eletto sindaco –
viene proposto di realizzare un tubone sottomarino per collegare Porto Vecchio e
Porto Nuovo: con le risorse stanziate solo per la fase progettuale decido invece
di rifare le Rive di Trieste, risolvendo il problema della viabilità cittadina.
Si pensa poi ad un altro tubone sotterraneo che da Prosecco scenda in Porto
Vecchio, sotto i pastini, fino alla Costiera. Infine, la candidatura di Trieste
all’Expo, con l’area del Porto Vecchio totalmente da riconvertire per
l’occasione (e per fortuna perdemmo, considerando i risultati disastrosi per
Saragozza)». «La storia - continua l’ex sindaco – sembrava giungere a un lieto
fine con l’aggiudicarsi (a seguito di una gara pubblica indetta dal presidente
dell’Autorità Portuale di allora, Claudio Boniciolli) della concessione alla
società Portocittà che si impegnava, con oltre un miliardo di investimenti, a
riconvertire 44 ettari di territorio. Molteplici le funzioni che dovevano
insediarsi in Porto Vecchio, tra le quali alberghi, negozi, spazi espostivi e
formativi, due porti turistici per ospitare oltre 360 imbarcazioni da diporto.
Emblematico fu l’abbattimento del muro in viale Miramare, con l’apertura della
bretella che collega facilmente Barcola a piazza Libertà, momento al quale
partecipai con entusiasmo ed emozione (in occasione dell'inaugurazione del
Magazzino 26)». «Come per ogni storia, c'è una morale - conclude l’ex sindaco -
questa preziosissima area va in primo luogo sdemanializzata per far sì che i
progetti (di Portocittà o di nuovi investitori) possano essere subito bancabili,
altrimenti si continuerà a sbagliare visione per il nostro futuro».
«C’è il Trattato del ’47» - MA I “GRILLINI” INSISTONO
«Vincoli giuridici a sostegno del Punto franco»
Di parere completamente opposto a quello dell’ex sindaco Roberto Dipiazza,
quello espresso sul Porto Vecchio dai consiglieri comunali del Movimento 5
stelle Paolo Menis e Stefano Patuanelli. «Sulla questione Porto Vecchio le
istituzioni, sindaco e presidente della Provincia in primis - affermano Menis e
Patuanelli - si ostinano a non capire che i punti fondamentali sono prima di
tutto giuridici e si concretizzano nel chiedersi se, come e dove sia possibile
spostare il Punto franco internazionale, e se così, chi può farlo e in quali
tempi». «L’altra sera nell’aula del Consiglio - sostengono i consiglieri
“grillini” - fatta eccezione per il nostro gruppo consiliare, si è negata la
vigenza del trattato di pace che regolamenta il Punto franco nel Porto Vecchio,
quando anche la stessa Portocittà ha basato il suo ricorso al Tar sull'esistenza
del documento firmato a Parigi nel 1947. In questo contesto è inutile fare voli
pindarici - concludono i due consiglieri di M5S - su come possa venir
trasformata quell'area che, per inciso, vedrà comunque come primo problema
quello della presenza di vincoli architettonici che ne limiteranno le possibili
trasformazioni. Un dato è certo: finora si è perseguita la strada sbagliata,
come dimostrano le concessioni rilasciate a Greensisam e a Portocittà».
Rifiuti riciclati, Rosato a processo
L’attuale consulente del Comune comparirà il primo luglio: smaltiva
illegalmente le scorie della Ferriera
Ferriera: una montagna di rifiuti pericolosi sono stati smaltiti in modo
illegale. Secondo il pm Pietro Montrone una responsabilità che si esplica nel
riciclaggio delle scorie e nella gestione di due discariche abusive all’interno
dello stabilimento va attribuita all’ingegner Francesco Rosato, già direttore e
attuale consulente del Comune per le dismissioni e la riconversione dello stesso
stabilimento siderurgico. Ieri il giudice Luigi Dainotti lo ha rinviato a
giudizio accogliendo le richieste del pm Pietro Montrone. Rosato è accusato
assieme a Vincenzo D’Auria, già responsabile del settore ecologia di Servola,
Walter Palcini, dipendente della ditta Refitalia e di Alessio Comper, dipendente
della società Sativa di Trento, di aver a vario titolo, ceduto, rivenduto e
trasportato, o comunque gestito abusivamente ingenti quantità di rifiuti
pericolosi proprio della Ferriera. Si tratta di almeno 10mila tonnellate di
veleni usciti dalla Ferriera di Servola tra il 2007 e il 2008 che, secondo le
indagini dei carabinieri del Noe, in realtà erano finiti in discariche non
autorizzate e non idonee a Trento, Montecchio Precalcino (Vicenza) e Piombino
(Livorno). L’udienza dibattimentale è stata fissata per il prossimo 1 luglio.
Rosato era finito agli arresti domiciliari nel febbraio del 2011. Era stato
raggiunto da un'ordinanza di custodia cautelare del gip di Grosseto. A mandarlo
libero dopo 24 giorni era stato il Riesame di Firenze che aveva accolto il
ricorso dei difensori, gli avvocati Giovanni Borgna e Michele Bontempi.
L'inchiesta, inizialmente della Procura di Grosseto, porta la data del febbraio
2010. Era scattata proprio con l'arresto dello stesso Rosato e degli altri
funzionari. Poi era stata trasferita per competenza territoriale a quella di
Trento e infine è approdata a Trieste. Asse portante erano state appunto le
intercettazioni telefoniche effettuate dai carabinieri del Noe che all'epoca
avevano permesso alla Procura di Grosseto di individuare una fitta rete di
rapporti sommersi per effettuare gli smaltimenti di rifiuti pericolosi in modo
facile e soprattutto senza grossi costi economici. All'inizio l'attenzione era
stata puntata su “Refitalia”, la ditta incaricata della gestione dei rifiuti
dell'impianto siderurgico di Servola. Poi il faro si era acceso direttamente
agli allora vertici della Ferriera di Servola. E proprio a Servola erano finiti
sotto la lente degli investigatori i registri delle spedizioni dei rifiuti che,
appunto, secondo l’accusa, erano stati falsificati. Un lifting alla bolla di
accompagnamento e agli altri documenti che era servito, sempre secondo l’accusa,
per declassare i rifiuti stessi col risultato che l’azienda committente otteneva
uno sconto rilevante e la ditta che si occupava dello smaltimento riusciva a
eliminare senza troppe grane i rifiuti velenosi in siti non adeguati. Sotto la
lente del Noe era finita anche la vasca delle dimensioni di 100 metri quadri e
profonda 10 metri che si trova all’impianto di depurazione della Ferriera. Una
“piscina” in cui venivano mixati rifiuti normali con quelli pericolosi.
Corrado Barbacini
L’ingegnere sta studiando un percorso per la
riconversione di Servola
Francesco Rosato , ex direttore della Ferriera è dallo scorso mese di
dicembre l’advisor scelto dal sindaco per mettere a punto la strategia di
riconversione dello stabilimento siderurgico. Il suo incarico che prevede un
compenso di 47mila euro è quello di predisporre un progetto e magari attrarre
nuovi investitori per la riconversione dell'area di Servola per la quale dovrà
essere posta particolare attenzione oltre che per il reinserimento dei
lavoratori, anche per la salvaguardia ambientale. Quella stessa tutela
ambientale che la stessa Ferriera guidata da Rosato è stata accusata di non aver
osservato. Per la quale l’ex direttore è stato rinviato a giudizio. Nei giorni
scorsi Rosato ha annunciato che «c'è un industriale straniero interessato a
impiantare un'azienda per la lavorazione a freddo dei metalli sull'area di
Servola e impiegherebbe numerose decine di lavoratori locali».
“PerCorsi”, quando l’orto diviene necessità e
divertimento - PROGETTO ITALO-SLOVENO SUL CARSO
Due grandi “njive” (particelle agricole) condivise dai carsolini con i
cittadini saranno il palcoscenico di un 2013 di socialità, divertimento ed
esperienza della nostra campagna. Partono questo fine settimana a Pliskovica
(poco oltre Duttogliano, in Slovenia), su una superficie di terra più ampia e
per il terzo anno consecutivo, i nuovi “perCorsi pratici” di Cibo. Sì che fanno
incontrare i cittadini con i luoghi, le case, i campi e la cultura del Carso.
L’obiettivo sociale di fondo è sviluppare l’amore per la campagna carsolina,
fonte pratica di vita, benessere e, per molti, anche di identità. Su una “njiva”
di 2.200 metri quadri si terrà il “perCorso dell’orto aromatico”, dove ogni
gruppo di partecipanti gestirà 100 metri quadri e riceverà 10 lezioni pratiche
sul campo, centrate sulla gestione e sul design di un orto fatto di salvia,
lavanda, santoreggia, timo e rosmarino. Il corso parte domenica alle 9,
all’apicoltura Petelin di Pliskovica. Su un’altra “njiva” nei pressi di
Pliskovica si terrà il “perCorso di orticoltura di base”, dove ogni gruppo di
partecipanti gestirà 150 metri quadri e riceverà 11 lezioni pratiche sulla cura
di patate, fagioli, piselli, cipolle, zucche e grano saraceno. Tutti i
“perCorsi” dureranno fino all’autunno. Questo è il terzo anno consecutivo dei
“perCorsi” e nei due anni precedenti sono passati oltre 140 iscritti. E per la
prima volta, i partner sono tanti e importanti: si tratta di Slow Food Trieste,
La bottega del mondo, l’ente Pepa s’Krasa, per lo sviluppo sostenibile del
Carso, l’Orto di Margot, e il Knulp. Per gli interessati ai “perCorsi” ecco i
riferimenti: sito Internet www.cibo.si, mail a editor@cibo.si, per il “PerCorso
dell’orto aromatico” Katrina Danforth 3496161356 e Tanja Godnic ( +386 31 267
529 ) e per quello di orticoltura Andrea Passerini 3396960622.
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 10 aprile 2013
Approvato il Piano di Governo del Territorio. L’iter è
stato uguale dall’inizio alla fine: nessuna condivisione, nessuna trasparenza,
nessun risultato.
Il disinteresse per temi come il consumo di suolo, la tutela del
territorio, la programmazione del futuro, sono evidenti di fronte al modo
burocratico e quasi carbonaro con il quale l'assessore Riccardi sta procedendo
verso l'approvazione del Piano di Governo del Territorio.
Al momento si sa di un parere dato a maggioranza dalla IV commissione
consiliare e di una legge omnibus che sancisce che il PGT, ancorchè approvato,
non entrerà in vigore prima di 18 mesi!
Insomma quella che doveva essere una riforma epocale per la corretta gestione di
tutto il sistema Regione si riduce a una proposta incerta, non condivisa con le
parti sociali, e approvata quando ormai la Giunta regionale è in disarmo, e la
stessa maggioranza nemmeno ne parla.
Quale eredità lascierà alla prossima Giunta e alla comunità regionale? Sarebbe
stato meglio interrompere i lavori alcuni mesi fa, in modo da consentire una più
approfondita e condivisa conclusione dei lavori nella prossima legislatura.
Ora rimangono irrisolti i nodi da tempo denunciati. L'assenza di alcun contenuto
paesaggistico o di alcun rapporto con il mai nato piano paesaggistico; una
indefinita proposta di divisione del territorio in Sistemi Territoriali Locali
che ha ricevuto il parere negativo del Consiglio delle Autonomie locali; una
confusa proposta di Carta dei Valori che dovrebbe essere lo strumento di tutela
principale del territorio e che invece rischia di essere uno strumento debole ed
inefficace.
Un'altra occasione sprecata, per poter dire di aver approvato un piano che in
realtà è ancora da terminare. Con questi metodi non si fa pianificazione e
programmazione, e quindi non si fa neppure sviluppo, men che meno sostenibile.
Legambiente FVG
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 aprile 2013
DUINO AURISINA - Mozione anti Tav in Consiglio
Oggi in aula il documento di Walter Ulcigrai (Lista Kukanja)
La nuova linea ad alta capacità ferroviaria, in gran parte interrata, che da
Aurisina dovrebbe attraversare il territorio carsico comunale, quello di
Sgonico, Monrupino e Sesana, sarà al centro del dibattito durante il Consiglio
comunale di oggi, dalle 9. Il consigliere della Lista Kukanja, Walter Ulcigrai,
presenterà una mozione affinché la massima assise possa esprimere la
“preoccupazione per il metodo antidemocratico con cui la decisione (di
predisporre la nuova linea, ndr), lesiva degli interessi delle comunità
interessate e in spregio delle determinazioni legittime delle stesse, è stata
assunta”. Ulcigrai sottolinea «l'assoluta assenza di un progetto economico e
finanziario che supporti in maniera seria il rapporto tra i costi di costruzione
di tale infrastruttura - un miliardo di euro, parrebbe - e i benefici nei tempi
di percorrenza dei treni nella tratta, di circa 4 minuti». Altresì rimarcando il
perdurare di una gravissima crisi economica che attraversa e coinvolge in
maniera profonda tutte le popolazioni. Perciò il Consiglio comunale di Duino
Aurisina sarà chiamato a ritenere “ingiustificata” la costruzione di una nuova
infrastruttura a servizio del traffico merci. E, “nella certezza che lo sviluppo
del traffico ferroviario resta la principale alternativa allo smisurato aumento
del numero degli autotreni che circolano sulle strade”, a proporre di
“sviluppare, nei tempi più brevi e con la condivisione delle amministrazioni e
delle collettività interessate, un progetto serio e finanziariamente
percorribile, di ammodernamento della linea ferroviaria esistente”. La mozione
di Ulcigrai impegna infine sindaco e amministrazione a intraprendere in tutte le
sedi ritenute opportune ogni azione necessaria a impedire iniziative
estemporanee, non condivise con gli enti interessati dall'opera: gli unici
referenti degli interessi delle collettività rappresentate.
(ti. ca.)
Camminata dalla Sacchetta in Porto Vecchio
Carlo Genzo dell’Associazione: «Una passeggiata simbolica attraverso il
cuore economico della città»
Prendere decisioni per il futuro della città, che siano «concrete e
ragionevoli. Superando contrasti e interessi di parte, partendo innanzitutto
dall’utilizzo del Porto Vecchio». Carlo Genzo, membro del direttivo di
CamminaTrieste, associazione che da più di vent’anni si batte per una diversa e
più naturale modalità di approccio al vivere quotidiano, partendo dalla primaria
necessità di ridare spazio ai pedoni e combattendo lo strapotere delle
automobili, ha sintetizzato così il pensiero del gruppo da lui rappresentato
ieri mattina. L'occasione era rappresentata dalla simbolica passeggiata che lui
stesso e una ventina di soci hanno compiuto di prima mattina dalla Sacchetta al
Porto Vecchio. Un lento attraversamento delle Rive a significare che «si tratta
di un’area - ha spiegato Genzo - che ha sempre costituito il cuore del
potenziale economico della città e che andrebbe rivalutata, lasciando da parte
inutili diatribe e difese di interessi che con Trieste e il suo futuro poco
hanno a che fare». Parlando del Porto Vecchio, l’esponente di CamminaTrieste ha
ricordato che «esso è stato per mezzo secolo lo strumento capace di dare lustro
e fama alla città a livello internazionale, oltre che la possibilità di
prosperare sul piano economico, conservando lo status giuridico di porto franco
al di fuori della cinta doganale, dapprima sotto l’amministrazione austriaca e
poi sotto quella italiana. Il tutto - ha precisato Genzo - assieme ad altri
quattro punti franchi della città e riconfermato dal Trattato di pace del ’47.
Dopo il trasferimento dei traffici nel Porto nuovo negli anni ’70 - ha aggiunto
- è iniziato un declino del Porto Vecchio, ma ciò che fa impressione è
soprattutto l’abbandono e il silenzio che lo caratterizzano oggi. Il riutilizzo
di quell’area - ha continuato - è fondamentale per il futuro sviluppo di
Trieste, attanagliata, come l’intero Paese, da una crisi economica di notevole
gravità. Se abbiamo frecce al nostro arco - ha fatto intendere Genzo - è giusto
utilizzarle. Più volte sono state formulate concrete proposte per il riuso di
tutti gli ambienti del Porto Vecchio - ha concluso - fra l'altro in buona parte
vincolati dalla Soprintendenza, in quanto esempi assai importanti di
architettura emporiale e industriale. Certo è che la permanenza del Porto Franco
pone pure evidenti limiti ad attività di attività di riconversione dell'area».
La passeggiata di ieri mattina ha visto l’adesione dello Spi-Cgil,
l’organizzazione della sigla sindacale che si occupa dei pensionati e dell’Auser
Pino, Burlo e San Giacomo. Ugo Salvini
IL PICCOLO - MARTEDI', 9 aprile 2013
Clini: «Meglio un rigassificatore assieme a Slovenia e
Croazia» - ENERGIA»L’IMPIANTO DI ZAULE
Il ministro spiega il congelamento della Via: «Non potevo firmare contro
lo sviluppo del porto
Ma non abbiamo chiuso le porte a Gas Natural: ha sei
mesi di tempo per cambiare ubicazione»
«In sei mesi Gas Natural avrà tutto il tempo per valutare e proporre per il
rigassificatore di Trieste un’ubicazione alternativa a Zaule o in subordine
l’Autorità portuale potrebbe riesaminare e riequilibrare le previsioni dei suoi
traffici. Ma la presentazione del progetto di un impianto off shore al quale
possano concorrere anche Slovenia e Croazia sarebbe auspicabile». Un paio di
giorni dopo la firma del decreto con il quale ha temporaneamente sospeso
l’efficacia della Valutazione d’impatto ambientale (Via) rilasciata nel luglio
2009 alla società catalana, il ministro dell’Ambiente Corrado Clini fa il punto
sul tormentato iter del più discusso impianto mai progettato sul territorio
triestino. Ministro Clini, le conclusioni della Commissione incaricata del
supplemento istruttorio sulla Via al rigassificatore di Zaule non ci sono o
comunque non paiono nette e inequivocabili. Non è vero, le conclusioni ci sono e
sono molto chiare. Si afferma che a fronte del tipo d’incremento di traffico
portuale previsto la realizzazione di un rigassificatore in quella
localizzazione non è possibile. Di conseguenza il via libera a quell’ubicazione
sarebbe andato a pregiudicare i piani di sviluppo del porto e più estensivamente
della città per cui ho ritenuto di non poterlo dare. Ciò però non significa una
bocciatura del progetto? Così com’era doveroso sentire il parere delle
amministrazioni locali, ho ritenuto altrettanto giusto che l’impresa potesse
proporre un’ubicazione alternativa per il rigassificatore, appurato
definitivamente che quella di Zaule non va bene. Ma se la proposta sarà fatta,
non si renderebbe anche necessario modificare il Piano regolatore del porto la
cui istruttoria è già in fase avanzata per l’approvazione? Non necessariamente,
potrebbe essere individuata un’area che non vada a interferire con lo sviluppo
del porto e comunque poi la valutazione su quali strumenti andare a modificare
spetterebbe alle autorità competenti e alle amministrazioni locali. Quanto a
Zaule, l’unico modo per mantenere quell’ubicazione, è modificare le strategie di
sviluppo da parte dell’Autorità portuale. Ora la procedura perlomeno slitta di
sei mesi o comunque il ministero dello Sviluppo economico (il ministro Passera è
dichiaratamente favorevole a Zaule) potrebbe convocare anticipatamente la
Conferenza dei servizi per l’Autorizzazione unica? Mi pare logico che non possa
accadere. Sostanzialmente dunque passate la “grana” al prossimo governo? Non
passiamo nulla al prossimo governo perché comunque non deve trattarsi di una
decisione politica. Semplicemente dopo le posizioni contrarie delle
amministrazioni locali e della Regione, non potevo essere io ad assumere una
decisione che sarebbe andata comunque ad incidere sui piani di sviluppo della
città. A livello ipotetico è stata avanzata in alternativa l’idea di un
rigassificatore off shore realizzato con la compartecipazione di Italia,
Slovenia e Croazia. Le sembra fattibile? Non so se esiste un’ipotesi concreta di
questo tipo. Dico però che non vi è dubbio che le scelte di insediamenti
energetici devono essere il risultato di valutazioni condivise. E soprattutto in
questo caso, quando sono in gioco tre Paesi dell’Unione europea che si dividono
lo spazio di un mare piccolo, ma in posizione altamente strategica. Se vi sono
proposte in questo senso siamo pronti a valutarle. Non è ancora accaduto? Io
stesso in un recente incontro bilaterale del governo italiano con quello sloveno
ho auspicato la possibilità di collaborazioni di questo tipo perché un impianto
del genere risulterebbe estremamente utile all’Italia: non si tratta solo di non
dipendere dal gas russo, ma soprattutto di pianificare gli approvigionamenti
energetici per uno sviluppo sostenibile.
Silvio Maranzana
Il naufragio della Costa tra i casi affrontati - IL
PERSONAGGIO
Corrado Clini, medico nato a Latina il 17 luglio 1947, è dal 16 novembre
2011 ministro dell’Ambiente, della tutela del territorio e del mare del governo
Monti, dopo essere stato per ben vent’anni, dal 1991 al 2011 direttore generale
dello stesso ministero dell’Ambiente, nell’ultimo periodo quando sottosegretario
del medesimo dicatesro era il triestino Roberto Menia. Il 30 gennaio 2012 si è
dimesso dalla carica di presidente di Area science park di Trieste la cui nomina
è espressa dal governo, carica dalla quale si era già sospeso al momento della
sua nomina a ministro. Dal 2003 al 2008 è stato anche vicedirettore dell’Agenzia
europea dell’Ambiente. Laureato in Medicina all'università di Parma nel 1972, si
è specializzato in Medicina del Lavoro a Padova e in Igiene e Sanità pubblica ad
Ancona. A Parma fu molto attivo nel Movimento studentesco. Nel febbraio 1969
partecipò alla protesta per la chiusura dei manicomi e all’occupazione della
casa di cura di Colorno. Aderì poi al “Movimento politico dei Lavoratori”,
piccolo partito fondato nel 1971 da Livio Labor per i cristiani del dissenso, di
cui per qualche tempo fu il principale esponente della città. Alle dimissioni
del Governo Monti, Clini ha annunciato che non si sarebbe candidato in quanto
impegnato ad affrontare problemi pressanti come il caso Ilva, il naufragio della
Costa Concordia e l'emergenza rifiuti a Roma e ha proposto un'Agenda Verde di
impegni per il Governo che sarebbe succeduto.
«Punto franco, siete voi che non concordate»
Il problema non è il governo, per spostarlo dal Porto Vecchio servono
istituzioni locali allineate
Dopo aver dato il contributo decisivo per la soluzione delle questione delle
bonifiche nel Sito di interesse nazionale della zona industriale di Trieste con
la firma il 25 maggio 2012 dell’Accordo di programma che sta per essere attuato,
il ministro dell’Ambiente Corrado Clini non solo ha momentaneamente “stoppato”
il rigassificatore di Zaule, ma si è anche impegnato nella questione della
riconversione dell’area di Servola. La Ferriera (500 dipendenti più altri 300
dell’indotto) a breve chiuderà. Cosa si sta facendo per la riconversione
dell’area e la salvaguardia dell’occupazione? Il governo è impegnato nel
progetto di bonifica. A breve convocheremo la Conferenza dei servizi finalizzata
alla messa in sicurezza e alla bonifica dell’area. La Regione ha un Tavolo
aperto per definire l’Accordo di programma per la riconversione che poi dovrà
essere condiviso e sottoscritto dallo stesso governo Certo, si tratta di un
altro passaggio fondamentale per porre le basi per una reindustrializzazione di
quel sito. La siderurgia pulita esiste? Sarebbe possibile impiantarla a Trieste?
La siderurgia pulita esiste, ma purtroppo il problema non è se esista o meno.
Bensì se ha o no un mercato. Sono queste le valutazioni che andranno fatte e che
potrebbero frenare un insediamento industriale di questo tipo a Trieste. Da cosa
partire dunque? Noi abbiamo già espresso l’esigenza che l’Autorità portuale
possa essere messa nelle condizioni di poter insediare fin da ora qualche
attività nell’area del Demanio, quella che è di sua competenza e che non è più
occupata dalle attività della Lucchini. È da qui che deve partire la
riconversione del sito. La stessa Authority ha affermato che una zona franca
nell’area della Ferriera potrebbe essere un incentivo determinante per attrarre
investitori. Condivide questa opinione? Non entro in questo argomento che mi
sembra stia completamente nell’ambito delle competenze portuali. Ma serve
l’avvallo del governo per spostare lì una parte di Punto Franco dal Porto
Vecchio? Non credo sia questo il problema. La questione è che per fare lo
spostamento serve che tutti in ambito locale siano favorevoli, e non mi pare sia
così.
(s.m.)
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Un continuo scaricabarile
L’“Autonomia responsabile” ampiamente proclamata in questi giorni di campagna elettorale non sembra essere stata la linea d’indirizzo seguita dalla giunta regionale nella faccenda del rigassificatore. È stato fatto di tutto per fare sì che le decisioni scomode venissero prese da altri, il più lontano da qui, a Roma o Bruxelles. Dopo un inconsueto “supplemento di istruttoria Via”, neanche il ministero dell’Ambiente se l’è sentita di prendere una posizione netta in merito alla fattibilità del progetto di Gas Natural. Saranno altri ad esprimersi, forse il Ministro stesso oppure funzionari di altri dicasteri. Resta il fatto che una parola pesante già l'ha espressa la nostra Autorità portuale, con la nota presa di posizione sulle interferenze tra impianto e traffici portuali. L’art. 18 della legge che disciplina l’ordinamento e le attività portuali (L. 84-94, aggiornata L. 24.12.2007, n. 247) indica che la gestione dei terminali marittimi è affidata mediante concessione ad imprese private autorizzate ad eseguire le operazioni portuali, previo un rigoroso controllo preventivo dei programmi e delle effettive potenzialità operative delle imprese che richiedono l'impiego esclusivo degli spazi demaniali. In tal senso il comma 6 di detto articolo impone all’Autorità portuale di accertare la sussistenza, in capo alle imprese richiedenti, di un programma “volto all’incremento dei traffici ed alla produttività del porto” preventivamente al rilascio della concessione. L’incremento del traffico di gasiere non andrà certamente nel senso di un aumento della produttività del porto, questo è certo. C’è da augurarsi che quanto espresso così chiaramente nei documenti di approfondimento dell’Autorità Portuale non venga smentito e smontato da qui in avanti. Il porto serve a Trieste, il rigassificatore agli spagnoli.
Carlo Franzosini
SEGNALAZIONI - Rifiuti - I medicinali nell’indifferenziata
In relazione alla nota del signor Aldo Ricci comparsa sulla rubrica "Segnalazioni" del 28 marzo scorso e relativa allo smaltimento dei medicinali scaduti, si conferma quanto gli è stato detto in farmacia e cioè che essi vanno smaltiti nel cassonetto dell'indifferenziata. Non risponde invece alla realtà la parte della risposta secondo cui "a Trieste non c'è raccolta differenziata, tutto va a finire nell'inceneritore!". Si tratta di una vera e propria leggenda metropolitana, che persiste ed è difficile da estirpare nonostante tutte le rassicurazioni e le dimostrazioni fornite, ed è probabile che, nel caso specifico, si sia trattato di una incomprensione. Risponde invece al vero che la città di Trieste ha una percentuale di raccolta differenziata molto bassa, per motivazioni di vario tipo su cui molto è stato detto e scritto e a cui l'amministrazione comunale dovrà far fronte sia con nuove tipologie di raccolta sia con nuovi e più efficaci momenti di informazione e sensibilizzazione. Sperando di avere risposto alle osservazioni del sig. Ricci, non resta che complimentarsi per il suo senso civico con l’auspicio che l’esperienza citata non faccia venir venga meno il suo impegno nell’attuare la raccolta differenziata.
Umberto Laureni - assessore all'Ambiente, Energia, Riqualificazione siti inquinati, Agricoltura e Pesca del Comune di Trieste
MUGGIA - Dossi e vie a 30 all’ora Il Piano mobilità
diventa sostenibile
Il futuro della viabilità a Muggia potrebbero essere anche le “zone 30” e i
dossi artificiali che fungono da dissuasori di velocità. In ciò consiste la
mobilità sostenibile menzionata più volte nel programma del Partito democratico
e ampiamente condivisa all’interno della maggioranza nel Consiglio comunale. La
cittadina rivierasca si presta a fungere da modello di un “ribaltamento” delle
gerarchie di utilizzo delle strade a favore delle categorie più deboli: pedoni e
ciclisti, bambini e anziani. Troppi morti e feriti sulle strade, traffico
insopportabile, inquinamento ambientale e acustico, negozi e altri servizi
sempre più lontani da casa, costi per muoversi sempre più alti: sono alcuni dei
punti deboli dell’attuale modello vigente in Italia, elencati nella campagna
“Mobilità nuova Fvg” promossa da Legambiente, Wwf e dagli Amici della bicicletta
(Fiab), dai Medici per l’ambiente (Isde) e dall’Associazione vittime della
strada (Aifvs), tra gli altri. «Chiediamo ai futuri amministratori del Friuli
Venezia Giulia di creare una mobilità nuova, collettiva, pedonale e in
bicicletta per un recupero di salute e socialità, per mettere al centro le
persone e migliorare la nostra qualità della vita», si legge sul sito web della
petizione, alla quale la candidata del centrosinistra, Debora Serracchiani, ha
già aderito. Limitazione della velocità a 30 chilometri orari in determinate
aree, messa in sicurezza dei percorsi casa-scuola, corsie riservate ai ciclisti,
azioni di sensibilizzazione rivolte agli automobilisti e agli altri fruitori
della strada sono alcuni dei punti formulati nella campagna. «L’adozione di un
Piano mobilità non è obbligatorio per una cittadina delle dimensioni di Muggia,
ma sono tutti provvedimenti che vorremmo recepire nel Piano regolatore»,
dichiara il consigliere comunale del Pd Marco Finocchiaro, coordinatore del
gruppo Territorio e ambiente e già autore di numerose mozioni in merito. Si
tratta di capire dove potrebbero sorgere i dissuasori, e di che tipo debbano
essere. Infatti, stando alle indicazioni della Prefettura, i dossi artificiali
possono essere posti in opera soltanto nelle strade residenziali – che non siano
“itinerari di attraversamento del centro abitato, percorsi da veicoli di
soccorso, di polizia o da linee di trasporto pubblico” – mentre altri sistemi di
rallentamento della velocità (ad effetto ottico, acustico o vibratorio) sono
installabili ovunque. L’intenzione della maggioranza sarebbe mettere a punto una
“tavola” aggiuntiva da allegare al Prg, nella quale le “zone 30” e quelle
residenziali (queste ultime con eventuali dossi) siano chiaramente indicate. Un
progetto di riqualificazione sostanziale riguarda via S. Giovanni, dove
potrebbero essere adottati sia il limite a 30, sia gli attraversamenti pedonali
rialzati. La piccola rivoluzione interesserebbe il centro, ma anche tutte le
altre strade in prossimità delle scuole. «Si può fare, ma sarebbe opportuna
anche una legge regionale che agevoli queste iniziative e distribuisca delle
risorse per la loro attuazione», dichiara Finocchiaro. «Peraltro – fa notare il
consigliere – sono decisamente meno dispendiose rispetto alla creazione delle
piste ciclopedonali, le quali verranno fatte, ma sugli assi principali di
ingresso e uscita da Muggia».
Davide Ciullo
Trebiciano, 320 firme per dire no alle antenne Telecom
TREBICIANO Dodici volontari che casa per casa hanno raccolto 320 firme. E
non è ancora finita. Prosegue a pieno ritmo la protesta dei residenti di
Trebiciano, in lotta contro il progetto dell’installazione di un traliccio
Telecom. «Noi non vogliamo nessuna antenna», tuona Roberta Pohlen che da tre
anni ha scelto di trasferirsi nella verde frazione dell’altipiano. «La nostra
petizione è giunta dopo un incontro con i cittadini e con un testo concordato
che in sostanza dice a chiare lettere che qui non vogliamo antenne», spiega
Laura Piccini, una delle promotrici più attive del Comitato dei residenti
antiantenne di Trebiciano. La sottoscrizione, alla quale manca ancora la
sottoscrizione dei genitori della scuola dell’infanzia e di quella primaria,
dovrebbe essere consegnata entro la fine di questa settimana all’ufficio
protocollo del Comune di Trieste. La decisione di ricorrere a una sorta di
consultazione popolare è giunta dopo la notizia che la Telecom avrebbe inoltrato
al Comune la richiesta di installare un traliccio nel centro del borgo a circa
200 metri dalla scuola dell’infanzia e a 350 da quella elementare, fatto che ha
scatenato l’ira dei residenti contrari all’antenna sia per motivi paesaggistici
- «e pensare che solo per cambiare il colore del proprio cancello, in base alle
norme attuali estremamente restrittive, bisogna fare decine di richieste»,
ricorda un residente -, sia per motivi legati al timore di ripercussione contro
la propria salute. Ma oltre alla Telecom, chi sarebbe interessato alla
realizzazione di un’antenna a Trebiciano? A quanto pare la Comunella, in quanto
beneficiaria del canone (ancora sconosciuta la cifra) che verrebbe imposto a
Telecom per occupare il suolo di proprietà dell’ente. La Comunella però pare non
aver fatto i conti con i residenti di Trebiciano che a breve consegneranno il
loro dissenso alla giunta Cosolini. Qui di nuove antenne non se ne se sente
proprio il bisogno. Anzi.
Riccardo Tosques
SEGNALAZIONI - verde pubblico Il giardino di via Cereria
Siamo due appartenenti al Comitato per la tutela del giardino di via Cereria. Giorni fa, su un quotidiano, è apparso un articolo molto bello: riguardava il legame tra guarigione da malattie severe ed esposizione dei malati al verde, fiori e piante. Già Ippocrate aveva studiato questo e per curare toglieva il malato dalla propria casa e lo portava in un ambito nuovo, naturale, verde, con uno scopo terapeutico e benefico. Si è visto da queste ricerche condotte in ospedali americani di varie città che le persone in ospedale con la stanza affacciata al parco guariscono prima con meno antidolorifici e con umore migliore. Ce ne rendiamo conto da soli, se ci ascoltiamo. A questo punto sorge una domanda: quando potrà il giardino di via Cereria essere aperto e fruibile? Quando potremo sederci sotto un ciliegio? Quando potranno i bambini della scuola Colonna accedere con pochi passi al prato, al sole del giardino?
Lorena Buttò e Pietro Da Dalt
IL PICCOLO - LUNEDI', 8 aprile 2013
Da luglio stop al Cip6 - Ferriera di Servola vicina
alla chiusura
La centrale Elettra rinuncia agli incentivi successivi I sindacati: «È il
segnale che la fine si sta avvicinando»
Il fantasma della chiusura della Ferriera di Servola rischia di
materializzarsi nel 2013. Secondo fonti sindacali nei giorni scorsi si è infatti
aggiunto un altro elemento che avvalora questa minaccia. «Abbiamo saputo -
riferisce Franco Palman, rappresentante del consiglio di fabbrica e componente
della segreteria provinciale della Uilm - che i responsabili della centrale
Elettra hanno chiesto al ministero dello sviluppo economico la risoluzione
anticipata della convenzione Cip6 e questo per noi, sebbene sia prevista in
argomento anche l’acquisizione del parere del commissario della Lucchini che
ancora non è stato dato, è un segnale estremamente preoccupante». E del resto lo
stesso commissario Piero Nardi al tavolo svoltosi a Roma nel gennaio scorso era
stato esplicito affermando che «alla luce della riduzione degli incentivi Cip6
(in seguito a un pronunciamento del Consiglio di Stato, ndr.), il termine del
2015 sarà certamente anticipato». Il Cip6 prevede sconti anche «per gli impianti
alimentati da combustibili di processo o residui o recuperi di energia». Ne può
usufruire la centrale Elettra, che alcuni anni fa è stata venduta dalla Lucchini
ad alcuni fondi di investimento inglesi, perché produce energia con i gas refusi
che produce la Ferriera che a propria volta trae profitti da questa vendita. Il
fatto è che i costi di questi incentintivi vengono finanziati mediante un
sovrapprezzo del 6-7% del costo dell’energia elettrica che viene addebitato
direttamente ai consumatori finali sulle bollette. È il motivo per cui alcuni
settori politici e in particolare Rifondazione comunista attraverso il suo
segretario provinciale Antonio Saulle ha chiesto «che quei soldi che alla fin
fine sono soldi pubblici vengano utilizzati per dare un futuro lavorativo
diverso ai 500 lavoratori della Ferriera e agli altri 300 dell’indotto. Perché è
follia che le aziende incassino i soldi e contemporaneamente mettano la gente in
strada». Secondo il calcolo di Rifondazione in ballo ci sarebbero 18 milioni: 12
per il 2013 e altri 6 per il primo semestre del 2014. In realtà la richiesta di
risoluzione anticipata della convenzione implica il versamento da parte del
ministero di un corrispettivo comunque inferiore a quelli che sarebbero stati
gli incentivi effettivamente ottenuti. Da notizie sindacali però Elettra avrebbe
approfittato della proroga al 31 marzo per le istanze di risoluzione per poter
avere la liquidazione del quantum rinunciando agli incentivi a partire dalla
data del primo luglio 2013. Il che farebbe temere una possibile graduale
cessazione dell’attività della Ferriera già a partire da quest’estate.
Silvio Maranzana
Siderurgia: il 5 giugno Bruxelles vara il piano -
LUCCHINI COINVOLTA
Il 5 giugno la Commissione europea varerà l’action plan per la siderurgia.
Lo ha annunciato nei giorni scorsi il commissario europeo all’industria Antonio
Tajani dicendosi pronto a usare tutta la forza politica della commissione per
dare risposte concrete al comparto con l’obiettivo di riportare al 20% del Pil
europeo entro il 2020, a partire proprio dall’acciaio, la produzione
manifatturiera, quella stessa produzione che nel Pil triestino è scesa sotto la
soglia del 10%. Fortemente interessata all’action plan europeo è proprio la
Lucchini che intende chiudere Servola. Ma a giugno lo stesso commissario del
gruppo Piero Nardi presenterà il piano industriale sul futuro della Lucchini.
Quanto a Trieste, attende ancora che sia firmato il decreto che la annovera tra
le aree di crisi industriale complessa, mentre in Regione, seppure negli ultimi
spiccioli di consiliatura, dovrà tornare a riunirsi il tavolo che le istituzioni
locali e le rappresentanze sindacali per ultimare la bozza di accordo di
programma per la riconversione dell’area di Servola da sottoporre poi allo
stesso governo nazionale, ammesso che ce ne sia uno. (s.m.)
Rigassificatore, il Tavolo tecnico a Edi Kraus:
«Incontriamoci» - DOPO LE PAROLE DELL’ASSESSORE
«Il Tavolo tecnico transazionale si mette a disposizione dell’assessore Edi
Kraus proponendo un incontro». Così, in una nota, Adriano Bevilacqua della
Uil-Vigili del fuoco, tra i fondatori del gruppo di docenti e tecnici del Ttt,
dopo la presa di posizione dell’assessore comunale alle Attività economiche
seguita alla netta frenata del ministero sul progetto del rigassificatore che
Gas Natural vorrebbe costruire a Zaule. Kraus ha bocciato eventuali nuove
localizzazioni, auspicando che un analogo stop riguardi anche i progetti
relativi alle acque che bagnano le vicine Slovenia e Croazia. «I lavori
scientifici, sviluppati dai componenti del Ttt autonomamente, sono stati
ampiamente illustrati ai governi sloveno e croato, a Regione, Provincia di
Trieste e Comuni di Trieste, Muggia e San Dorligo della Valle - prosegue la nota
-. Nell’interesse superiore per lo sviluppo energetico ed economico dell’Alto
Adriatico, auspichiamo che i lavori prodotti dal Tavolo vengano ora
valorizzati».
IL PICCOLO - DOMENICA, 7 aprile 2013
Kraus: «Stop ai rigassificatori anche in Slovenia e
Croazia»
L’assessore dopo il decreto del ministro Clini: «Un’altra localizzazione
alternativa a Zaule? Non se ne parla».
E lancia «un patto sulle infrastrutture» fra i tre
Paesi
«Localizzazioni alternative non sono nemmeno da prendere in considerazione».
Edi Kraus, che pure si era detto personalmente favorevole al rigassificatore ora
taglia la testa al toro: «Cosa cambierebbe - commenta - spostarlo due km più in
qua o cinque più in là? Non verrebbero certamente meno né la contrarietà né la
perplessità chiaramente manifestate da tutte le amministrazioni locali». Secondo
l’assessore che ha in mano le deleghe di tutti i settori economici cittadini,
sono dunque inutili i 180 giorni di tempo che l’assessore all’Ambiente Corrado
Clini ha dato a Gas Natural per proporre un’ubicazione diversa rispetto a Zaule.
Ma Kraus che è anche imprenditore e fa parte della componente etnica slovena di
Trieste va oltre, partendo dal presupposto che il primo luglio anche la Croazia
entrerà nell’Unione europea. «La stessa contrarietà a livello di popolazione
esiste - afferma - sia in Slovenia nei confronti di un progettato
rigassificatore a Capodistria che in Croazia rispetto all’impianto ipotizzato
sull’isola di Veglia. Approfittando del fatto che tutti e tre questi Paesi sono
in fase di spending review, hanno popolazioni che dimostrano sensibilità
ambientale, ma soprattutto fanno ormai parte integrante dell’Europa, concordiamo
uno stop comune di tutti i nuovi impianti e inauguriamo una nuova era di
sinergie». Ma in questo senso l’invito di Kraus va oltre i rigassificatori. «È
un ragionamento che andrebbe esteso alle grandi opere estremamente dispendiose e
fortememte impattanti. E allora diciamo congiuntamente stop sia alla
Trieste-Divaccia che alla Capodistria-Divaccia, così come alla costruzione di
nuovi terminal portuali. Consideriamo Trieste, Capodistria e Fiume un unico gate
sfruttando al massimo per vantaggio reciproco le infrastrutture già esistenti
eppure in alcuni casi sottoutilizzate». E per la necessità di una nuova
collaborazione con Slovenia e Croazia anche in campo energetico sotto l’ombrello
dell’Unione europea si sbilancia anche la presidente della Provincia Maria
Teresa Bassa Poropat, pur se con un approccio meno drastico da quello ora
assunto da Kraus. «Si proponga la realizzazione di un unico terminal di
rigassificazione, evidentemente in mezzo al mare - propone - da realizzarsi
congiuntamente dai tre Paesi, che possa recare vantaggio a tutti e tre e che non
crei situazioni di allarme ambientale». E quanto alla decisione del ministro
Clini di sospendere per sei mesi l’efficacia della Valutazione d’impatto
ambientale, parla di «decisione giusta, in coerenza con la posizione assunta
anche dalla Provincia di contrarietà a un impianto ubicato a Zaule anche perché
strozza lo sviluppo dei traffici portuali sui quali da sempre Trieste punta».
Sulla decisione di Clini, pareri diversi dentro Sel. La deputata Susanna
Pellegrino rileva che la mozione e l’interpellanza promosse da Sel con il Pd e
il M5S «hanno messo a nudo le problematiche del rigassificatore di Trieste»,
mentre per Giulio Lauri «quella di Clini più che uno stop sembra solo una pausa
elettorale. Più che uno sospensione - commenta - ci aspettavamo una revisione
netta del parere già espresso». Anche Mario Marin (Idv) rileva che «piuttosto
che ricercare un nuovo sito adatto a un vecchio progetto ormai superato sarebbe
meglio valutare altre soluzioni».
Silvio Maranzana
Il biologo: «Serviva solo agli spagnoli»
«L’“Autonomia responsabile” ampiamente proclamata in questi giorni di
campagna elettorale non sembra essere stata la linea d’indirizzo della giunta
regionale per il rigassificatore. È stato fatto di tutto affinché le decisioni
scomode venissero prese da altri, il più lontano da qui, a Roma o Bruxelles». È
questo il commento di Carlo Franzosini (foto), biologo marino a Miramare. «Ma
dopo un inconsueto “supplemento di istruttoria Via” - commenta Franzosini -
neanche il Ministero dell’Ambiente se l’è sentita di prendere una posizione
netta. Saranno altri ad esprimersi, forse il ministro stesso oppure funzionari
di altri dicasteri. Resta il fatto che una parola pesante già l’ha espressa
l’Autorità portuale con la nota presa di posizione sulle interferenze tra
impianto e traffici. Il porto serve a Trieste, il rigassificatore agli
spagnoli».
In marcia, è la domenica di Vivicittà - SPORT PER TUTTI
Si parte alle 10.30 da piazza della Borsa. Con un occhio all’ambiente
Si parte. Questa è la domenica di Vivicittà, la manifestazione non
competitiva dell’Unione italiana sport per tutti (Uisp), in programma nelle vie
del centro. Una trentesima edizione all’insegna della solidarietà e dell’impegno
a favore dell’ambiente. Lo slogan, infatti, è di quelli espliciti: “Riduco-riuso-riciclo”,
per sensibilizzare coloro che vi parteciperanno al problema della sovrabbondante
produzione di rifiuti. Ancora: ci sarà un banchetto con tutte le magliette delle
scorse edizioni e con una piccola offerta si potranno avere magliette storiche.
Il ricavato sarà devoluto in beneficenza all’Ong della Uisp chiamata “Peace
games” che in questo periodo sta proponendo in Palestina attività ricreative,
educative e sportive dedicate alle donne e alle adolescenti nel campo profughi
di Shu’fat. La partenza della marcia è fissata alle 10.30 da piazza della Borsa
(il ritrovo però è prima, alle 10). Il circuito comprende alcune vie interne di
Trieste, la nuova e discussa passerella sul canale, le Rive, passeggio
Sant’Andrea, viale Romolo Gessi. L’omaggio di quest’anno per i partecipanti sarà
una sacca personalizzata alla manifestazione. Il costo dell’iscrizione è di 5
euro e sarà possibile iscriversi fino alla partenza, in piazza della Borsa,
dalle 8.30 alle 10.30. Come ogni anno saranno premiati i gruppi più numerosi. La
manifestazione beneficia del patrocinio della Regione e della Provincia. Per
tutte le informazioni si può consultare il sito della Uisp, che è
www.uisp.trieste.it.
IL PICCOLO - SABATO, 6 aprile 2013
Clini “sospende” il rigassificatore per 6 mesi
Con un decreto il ministro blocca l’efficacia della Via rilasciata nel
luglio 2009 e invita Gas Natural a trovare un nuovo sito
Se non è una battuta d’arresto decisiva, forse anche definitiva, quanto
meglio ci assomiglia parecchio. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha
rifissato in un sol colpo i termini di tempo e anche di contenuto per il
progetto del rigassificatore proposto da Gas Natural. L’altro pomeriggio a Roma
ha infatti firmato il decreto con cui è stata sospesa per sei mesi l’efficacia
della Valutazione di impatto ambientale (Via) rilasciata nel luglio del 2009
alla società iberica relativamente all’impianto che la stessa vorrebbe costruire
nella zona di Zaule. Una frenata netta, secca, quella sancita da Clini. Il
decreto stabilisce nel contempo in 180 giorni il tempo a disposizione del
proponente per l’individuazione di una nuova localizzazione compatibile con il
nuovo Piano regolatore portuale. E quindi con tutto quello che lo stesso prevede
in termini di sviluppo e di conseguenza con la crescita dei traffici portuali
prospettata dall’Autorità portuale e recepita - con delibera - dalla Regione.
Gas Natural Rigassificazione Italia deve insomma trovare un altro sito,
alternativo a quello di Zaule, per portare avanti il proprio progetto. Una sorta
di missione impossibile, pare di capire, se si pensa alla sottolineata
incompatibilità fra l’attività futura del porto triestino e il passaggio in
golfo delle navi gasiere. Il decreto prevede anche una seconda possibile
soluzione, da definire nei 180 giorni: la rideterminazione da parte
dell’Authority delle sue previsioni di sviluppo del porto, in modo da creare le
condizioni per la presenza del rigassificatore. Significherebbe cioè, come
spiega il ministro Clini, «modificare il Piano regolatore portuale (il cui iter
di approvazione è peraltro ancora in corso, ndr) in modo da renderlo compatibile
con il progetto del terminale». Il che vorrebbe dire innestare la retromarcia
su: costruzione della piattaforma logistica, raddoppio del Molo Settimo,
realizzazione del terminal ro-ro a Muggia. Difficile ipotizzare stravolgimenti
del genere. «Quando si prende una strada, si va avanti», ha sintetizzato ieri
Marina Monassi, presidente dell’Autorità portuale. Giusto per mettere Gas
Natural sull’avviso. Il decreto ha recepito il parere espresso l’altro giorno
dalla Commissione Via del Ministero dell’Ambiente a conclusione dell’istruttoria
supplementare sul progetto, «effettuata sulla base del rapporto dell’Autorità
portuale di Trieste del dicembre 2012 sui programmi di sviluppo dello scalo - si
legge in una nota del ministero -. Durante l’istruttoria, la Commissione Via ha
anche acquisito i pareri contrari al progetto presentati dal Comitato portuale e
dalla Regione Friuli Venezia Giulia». Il documento è stato inviato al ministro
dei Beni culturali, Lorenzo Ornaghi, per la controfirma come previsto dall’iter.
Dal momento della sigla di Ornaghi scatteranno i 180 giorni a disposizione di
Gas Natural. Si finirà, presumibilmente, a ottobre e con un altro governo in
carica. La decisione definitiva spetterà quindi al prossimo esecutivo. Con buona
pace del ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, convinto
sostenitore del rigassificatore. Del decreto firmato da Clini, Passera è stato
informato con una lettera inviatagli dal ministero dell’Ambiente. Chissà come
l’avrà presa. Di certo diversamente dagli enti locali, che invece hanno a più
riprese e compattamente professato in via ufficiale la loro contrarietà
all’insediamento. «Il nuovo decreto – riassume il ministro Clini – sospende
l’efficacia della Via rilasciata nel luglio del 2009 e rinvia alla Gas Natural e
all’Autorità portuale la decisione di provvedere entro sei mesi a individuare
per l’impianto una localizzazione alternativa compatibile con il Piano
regolatore portuale, oppure a modificare il Piano regolatore in modo da renderlo
compatibile con il progetto del terminale». «Il provvedimento - aggiunge una
nota del ministero - prende atto delle mutate situazioni del traffico marittimo
a Trieste e delle prospettive di potenziamento delle attività previste dal Piano
regolatore portuale. Il rigassificatore, se realizzato con le modalità
progettate dalla Gas Natural, non appare compatibile con il traffico portuale
attuale e soprattutto con gli sviluppi futuri». Cosa accadrà alla fine se,
trascorsi i 180 giorni, Gas Natural non troverà un sito alternativo o se
l’Autorità portuale non modificherà Piano regolatore e prospettive di sviluppo?
O gli spagnoli rinunceranno al progetto o la Via del 2009 - si sussurra da Roma
- verrà revocata definitivamente. Qualora invece una nuova localizzazione
dovesse essere individuata, la procedura di valutazione si riaprirà dall’inizio.
Matteo Unterweger
«Decisivo il contributo degli enti locali»
Il provvedimento accolto favorevolmente dai sindaci di Trieste e Muggia
«La decisione di Clini è un buon segnale di attenzione al contributo dato
dagli enti locali sulle criticità che presenta il progetto di Gas Natural». Il
sindaco Roberto Cosolini approva l’iniziativa del ministro di sospendere
l’efficacia del Via anche se «modificare il piano regolatore portuale per
renderlo compatibile con il progetto del terminale sarebbe un errore»: «É meglio
che il Prp concluda il suo iter per il bene della città». Ma esclusa ormai
Zaule, si può trovare una localizzazione diversa per il rigassificatore? «Gas
Natural presenti un altro progetto - aggiunge Cosolini - che escluda criticità
su ambiente, sicurezza e movimentazione navi. E poi vediamo. Ribadisco: ci sono
atti ufficiali del Comune e della Provincia che dimostrano l’incompatibilità di
un rigassificatore nel porto di Trieste». Sulla stessa linea anche il sindaco di
Muggia, Nerio Nesladek: «La decisione del ministro Corrado Clini, che ha fatto
sicuramente un buon lavoro, è un passo in avanti, e spero decisivo, per sancire
la fine del rigassificatore a Trieste. Avevamo ragione noi, e io ho ripetuto più
volte che l’impianto era incompatibile con i traffici attuali e con quelli
previsti in futuro. Ora ci sono davanti a noi sei mesi di tempo per chiedere
fortemente che non si faccia a Zaule e neppure in un altro posto del porto. Qui
non c’è alternativa al rigassificatore». Nesladek lancia un appello: «Auspico un
confronto trilaterale con Italia, Slovenia e Croazia per discutere e decidere
sulle politiche ambientali ed energetiche del Nord Adriatico». Sel ha presentato
in Parlamento una mozione e un’interpellanza - con l’appoggio di Pd e 5 Stelle -
sugli aspetti problematici nel progetto del rigassificatore di Zaule, nonché
nelle procedure per la sua autorizzazione. «A fronte di un no ormai chiaro e
unanime - sottolineano la deputato Serena Pellegrino e Stefano Bertuzzi
candidato alle regionali - bisogna comunque vigilare se è vero che il ministro
per lo Sviluppo economico Passera, sta cercando ugualmente di forzare la mano a
livello europeo, provando a inserire il rigassificatore tra le infrastrutture
energetiche prioritarie, permettendogli dunque di usufruire di garanzie e
agevolazioni anche in caso di mancato funzionamento, con un costo notevole per i
contribuenti». «Il ministro Clini rinunci una volta per tutte all’idea di
realizzare un rigassificatore a Trieste». Lo afferma il capogruppo dell’Italia
dei Valori in Consiglio regionale, Alessandro Corazza. «La città - aggiunge
Corazza - non è compatibile con tale impianto per ragioni ambientali, di
sicurezza e di opportunità turistica, vero settore nel quale la Regione dovrebbe
impiegare le proprie risorse economiche. L’Italia dei Valori ha chiesto più
volte, in varie sedi, di rielaborare e aggiornare il Piano energetico nazionale
e regionale».
(fe.vi.)
Monassi: «Mi godo questo momento...» - Esulta l’AP
«Quando il ministro Clini fa una cosa, la fa bene, seriamente». Marina
Monassi, che sulla sua non partecipazione al prossimo Consiglio comunale sul
Porto vecchio preferisce non rilasciare dichiarazioni, spende più di una parola
invece sul decreto ministeriale che stoppa il progetto del rigassificatore di
Zaule. «Mi godo questo momento...», dice, senza nascondere un sorriso che si
percepisce nitidamente anche al telefono. «Il ministro ha colto i contenuti
delle nostre previsioni - prosegue la presidente dell’Autorità portuale -,
lasciando all’Authority il compito di incontrare Gas Natural per vedere se sia
possibile l’inserimento in altre zone di un eventuale terminale. E io mi rivedrò
con tutti», annuncia Monassi. Che ricorda poi: «Lo sviluppo del porto sarebbe
stato pregiudicato...», riferendosi all’ipotetica costruzione dell’impianto e
richiamando una volta di più l’incompatibilità fra rigassificatore e sviluppo
dei traffici portuali. Con gli spagnoli di Gas Natural, Monassi si incontrerà,
certo, ma «una delocalizzazione del progetto - osserva - non mi pare facile...».
(m.u.)
Muggia: alle regionali centrosinistra unito «No al
rigassificatore»
MUGGIA Giovedì è stato Serracchiani-day per i comitati provinciali del
centrosinistra. I candidati di Muggia e San Dorligo della valle alle prossime
elezioni regionali si sono riuniti nella cittadina istroveneta per presentare il
proprio programma e supportare la candidatura dell’europarlamentare democratica
alla presidenza del Friuli Venezia Giulia. Idee, riflessioni, proposte sono
legate dal filo rosso dell’ecologia e della valorizzazione dell’ambiente per
creare indotto turistico e occupazionale. Roberta Tarlao (lista Cittadini per
Debora Serracchiani presidente), assessore provinciale classe 1974, parte da una
“conditio” imprescindibile, cioè la battaglia al rigassificatore: «Sia quello di
Gas Natural, sia la versione di Endesa presentano tecnologie superate e sono
soltanto strumenti a disposizione delle società proponenti per fare cassa». La
pensa allo stesso modo Laura Marcucci (Partito democratico), 31 anni: «Dobbiamo
riappropriarci del territorio in chiave transfrontaliera, intensificare il
trasporto urbano ed extraurbano, e soprattutto liberare risorse: ormai i Comuni
della nostra provincia sono costretti ad aumentare le tasse senza poter
garantire i servizi». Per Norma Vidulich (Sinistra ecologia libertà), classe
1952, lo sviluppo può nascere direttamente dai patrimoni culturali e
naturalistici: «Musei, siti archeologici e parchi creano lavoro: sarebbe una
crescita soprattutto a beneficio dei giovani». Rita Auriemma (Sel), 49 anni, è
d’accordo: «Muggia può essere un vero e proprio ecomuseo, dove mettere a sistema
i vari aspetti di una biodiversità ricchissima». La sensibilità è alta anche sul
tema dell’impiego delle risorse. Tarlao abolirebbe in toto i rimborsi
elettorali, Auriemma riformerebbe radicalmente un «sistema perverso». Marcucci
fa appello a una maggior sobrietà anche durante la campagna elettorale e
vorrebbe reintrodurre i controlli applicati dalla giunta Illy: «Con Tondo siamo
passati da un sistema codificato a uno clientelare». Tarlao cita ad esempio i
finanziamenti “a parrocchia”, denunciando contestualmente il taglio dei
contributi al trasporto pubblico locale e la mancanza del criterio di vetustà
nell’assegnazione dei fondi per la ristrutturazione delle scuole, fortemente
penalizzante per tutta la provincia. Vidulich lancia l’allarme: «Bloccati dal
patto di stabilità, i Comuni non riescono più a pagare nemmeno i lavori di
manutenzione già assegnati». Tutte le candidate concordano sull’urgenza di una
nuova contrattazione tra Stato e regioni, improntata a una maggiore equità.
Marcucci attacca: «La verità è che questa amministrazione ha voluto “castigare”
i comuni e la provincia dove ha trionfato il centrosinistra». Un ulteriore
riferimento all’attualità consiste nella negazione dei contributi a Trieste
Next. A proposito del recupero di risorse, bocciata senza appelli la
Macroregione di Roberto Maroni, che secondo Tarlao «fagociterebbe e annullerebbe
la nostra specialità, che già fatichiamo a far valere», così come la proposta
leghista di trattenere il 75% delle tasse pagate in Lombardia sul suolo
regionale: «Ci dicano piuttosto come spenderebbero quei soldi», provoca Marcucci.
Nella mattinata di giovedì, inoltre, Debora Serracchiani ha visitato Muggia per
una nuova passerella elettorale con una delegazione provinciale del Partito
democratico, intrattenendosi con cittadini ed esercenti.
Davide Ciullo
Diminuire i servizi di trasporto è un atto
irresponsabile - LA LETTERA DEL GIORNO di Sergio Tremul (Presidente del Coped
Camminatrieste)
Ogni giorno assistiamo a interventi sul Piccolo in merito ai servizi sul
trasporto pubblico locale a Trieste e provincia. Bisogna ricordare che il
servizio non è solo la linea 6, pur con le ragionevoli osservazioni e proposte
avanzate dagli utenti in relazione a modifiche di linee e percorsi. Bisogna
precisare anche che le linee 29, 9 , 20, 21 sono frequentatissime dagli utenti
per non dire di tutti i servizi esistenti nell'ambito della provincia che
andrebbero semmai potenziati. La logica della riduzione dei servizi si
concretizza con il taglio imposto dalla Regione, che, per il trasporto pubblico
locale non ha fatto molto. La Provincia di Trieste e la Trieste Trasporti hanno
subito passivamente tale orientamento. Si tratta ora di affrontare nel suo
complesso la situazione del settore cercando un orientamento univoco e
Camminatrieste ha avanzato numerose proposte come contributo, ottenendo un
silenzio assordante. La vera questione ora, è come affrontare la situazione dei
servizi pubblici locali, la sfida dell'innovazione. Questo quadro potrebbe
essere ulteriormente completato dalla direttiva comunitaria relativa
all'aggiudicazione dei contratti di concessione, proposte dal Parlamento e dal
Consiglio Europeo al momento ancora in fase di discussione. Bisogna affrontare
questi servizi anche nel contesto delle città e per i diritti dovuti all'utenza.
Nella nostra Regione le leggi di richiamo del settore ci sono, e assieme bisogna
muoversi in questo contesto per dare soluzione a delle necessità dovute.
Diminuire i servizi pubblici è un atto di irresponsabilità che deve essere
superato. Una protesta su una linea non fa una forza, un intervento a favore del
trasporto pubblico locale e per tutti i servizi pubblici ne fa una ragione. Per
queste cose è necessaria la mobilitazione dei cittadini e delle Istituzioni a
difesa di questi diritti che riguardano tutte le città dell'Europa. Bisogna
partire con il piede giusto se vogliamo avere dei risultati positivi. Ma che
cosa è una città? Per quanto interessa qui, è un centro dove le relazioni umane
si possono intensificare, dove i rapporti sociali e culturali sono
potenzialmente più facili, dove gli scambi economici finiscono con l’essere,
almeno in parte, anche culturali e umani. Nella città sono disponibili i servizi
collettivi come in nessun altro luogo. Chi la abita e la frequenta deve essere
in grado di usare tutti questi servizi, raggiungibili velocemente qualunque sia
la loro eventuale lontananza. È cioè necessario che il cittadino goda di una
“mobilità” non svilita dalla insufficienza dei mezzi pubblici, da percorsi
tormentati e da un traffico che lo ferma e frusta i suoi tentativi di essere
parte viva della città. Su queste direttrici intende camminare Coped –
Camminatrieste nei prossimi mesi e avanza proposta di un tavolo comune ai vari
livelli interessati per dare maggiore respiro alle nostre città e garantire
all'utenza servizi sempre migliori.
Il Wwf boccia il nuovo Piano faunistico
Gravemente incompleto e non in linea con le indicazioni contenute nella
legge regionale e nazionale. Così il Wwf considera il progetto preliminare del
Piano faunistico regionale approvato dalla giunta. «Il progetto - afferma
l’associazione ambientalista - si occupa solo di specie cacciabili e non di
tutte le specie faunistiche, tanto meno di quelle di interesse comunitario,
contravvenendo così alle specifiche disposizioni della legge regionale 6/2008.
In particolare, mentre dedica significativamente 130 pagine alla valutazione dei
trofei degli ungulati, non una pagina è dedicata ai programmi specifici di
conservazione relativi a specie di fauna selvatica in difficoltà. Questa lacuna
rende di fatto il Piano un mero piano venatorio, contravvenendo lo spirito della
stessa legge». In secondo luogo, per il Ewf il Piano appare incompleto perchè «i
criteri per l’individuazione dei territori assoggettati a gestione faunistica e
per la determinazione dello sforzo di caccia sono datati o non rispondenti ai
requisiti previsti dalle leggi e dai documenti tecnici di gestione faunistica».
Istat: Trieste “capoluogo” del verde
Secondo un report la combinazione di parchi e aree tutelate è la più alta
del Nordest
Una città ricca di verde di qualità. Trieste è l’unico capoluogo provinciale
del Nordest in cui le percentuali di verde urbano e di aree naturali protette
sono al contempo superiori alla media nazionale: così dice il nuovo rapporto
Istat sul verde urbano, basato sui dati del 2011. Secondo lo studio del centro
statistico il verde urbano corrisponde al 4,7% del territorio comunale
triestino: la media nazionale è ferma al 2,7%. Il dato equivale a poco meno di
20 metri quadrati per abitante. Il verde cittadino è composto per oltre il 77%
dal cosiddetto “verde storico”, ovvero la aree tutelate dalla legislazione sui
Beni culturali. Insomma, un verde “di qualità”, presente a Trieste in una delle
percentuali più alte d’Italia. Per il resto si tratta al 5,2% di “verde
attrezzato” (aree adibite a piccoli parchi e giardini di quartiere con giochi
per bambini), al 2,9% di arredo urbano, allo 0,9% di aree sportive all’aperto e
al 6,3% di giardini scolastici. Il restante 7% corrisponde ad altri tipi di
verde. Nel resto della regione soltanto Pordenone dispone di una maggiore
percentuale di verde urbano (8,9%), ma di una fetta minore di verde storico.
Queste le valutazioni degli analisti di Istat sulla peculiarità di Trieste e
delle altre 11 città con caratteristiche simili: «Le 11 città che mostrano al
contempo incidenza delle superfici di verde urbano e delle aree naturali
protette superiori alla media nazionale (il 9,5 % dei capoluoghi) sono in
maggioranza centri urbani di medio-grandi dimensioni, e in sei casi si tratta di
grandi comuni: Genova, Trieste, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari. In molti
importanti centri metropolitani, infatti, le aree urbane includono ampie
superfici a verde urbano e aree naturali protette, disegnando contesti in cui
pur in corrispondenza di un rilevante peso dell’antropizzazione (tranne Mantova,
sono tutte realtà dove si rilevano tra le più elevate densità di popolazione a
livello nazionale) si è operato per preservare le dotazioni di verde grazie a
interventi di tutela e protezione». A livello nazionale Lodi e Matera sono le
città in cui tutte le componenti considerate presentano densità superiori alla
media dei comuni capoluogo. «Si tratta di realtà territoriali molto diverse -
spiega Istat -: alla componente rurale si somma nel caso del capoluogo lucano
l’assetto territoriale del verde urbano (15,8%); nel caso del poco esteso comune
di Lodi, aree protette che coprono oltre il 35% della superficie complessiva, si
completano con un 5% di superficie destinata a verde urbano».
(g.tom.)
In corsa con Vivicittà: solidarietà e ambiente - Il via domenica mattina alle 10.30 da piazza della Borsa
Sarà un’edizione all’insegna della solidarietà e dell’impegno a favore dell’ambiente quella di domenica prossima per “Vivicittà”, la manifestazione non competitiva dell'Unione italiana sport per tutti (Uisp), in programma nella mattinata nelle vie del centro. Per celebrare la 30.a edizione (“Vivicittà” nacque nel 1983), gli organizzatori di Trieste hanno voluto caratterizzare l’appuntamento con due iniziative del tutto particolari. Innanzitutto il richiamo alle tematiche dell’ambiente, con uno slogan molto esplicito: “Riduco-riuso-riciclo”, “per sensibilizzare i partecipanti – spiegano i responsabili dell’Uisp di Trieste - al problema della sovrabbondante produzione di rifiuti”. In parallelo, in via sperimentale, sarà avviata la Certificazione dell’Impegno ambientale. Un tema molto interessante per una città che da poco più di un anno ha iniziato a promuovere la raccolta differenziata. Sempre per festeggiare la 30.a edizione anche la seconda delle iniziative speciali di quest’anno. Per ricordare quelle passate ci sarà un banchetto con tutte le magliette delle scorse edizioni e con una piccola offerta si potranno avere magliette storiche. Il ricavato sarà devoluto in beneficenza all'Ong dell'Uisp chiamata “Peace games” che proprio in questo periodo sta proponendo in Palestina attività ricreative, educative e sportive dedicate alle donne e alle adolescenti nel Campo Profughi di Shu'fat. La partenza della marcia è fissata per le 10.30 di domenica da piazza della Borsa (ritrovo alle 10). «Vivicittà è partita nel 1983 – ribadiscono gli organizzatori - e da allora non si è più fermata. La corsa più grande del mondo continua a essere la protagonista dello sport per tutti – sottolineano - coinvolgendo atleti, sportivi della domenica, famiglie e bambini desiderosi solo di trascorrere un po' di tempo all'aria aperta lungo le vie cittadine e senza fretta». “Vivicittà” presta inoltre attenzione a diversi temi sociali: i diritti umani, il rispetto ambientale, l’uguaglianza sociale, la solidarietà internazionale tra i popoli, la mobilità pedonale, perché la libertà di muoversi non sia un privilegio di pochi ma dell'intera cittadinanza. Il circuito di domenica prossima comprende alcune vie interne di Trieste, la nuova e discussa passerella sul canale, le Rive, il Passeggio sant'Andrea, viale Romolo Gessi. L’omaggio di quest’anno per i partecipanti sarà anch’esso nuovo: una sacca personalizzata alla manifestazione. Il costo dell’iscrizione è di 5 euro a persona e sarà possibile iscriversi fino a sabato compreso presso gli uffici dell'Uisp, in via Beccaria 6, dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 17, domenica alla partenza in piazza della Borsa, dalle 8.30 alle 10.30. Come ogni anno saranno premiati i gruppi più numerosi. La manifestazione beneficia del patrocinio della Regione e della Provincia. Per tutte le informazioni si può consultare il sito www.uisp.trieste.it.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - VENERDI', 5 aprile 2013
Rigassificatore, supplemento Via pilatesco - La
Commissione non dà un parere netto, la Regione vota contro, alla fine deciderà
Passera
E alla fine sul rigassificatore si è sostanzialmente lavata le mani anche la
Commissione incaricata del supplemento di Via dal ministro dell’Ambiente Corrado
Clini. La risoluzione finale, approvata a grande maggioranza, da un lato
evidenzia l’impossibilità di prendere in esame ubicazioni alternative perché si
tratterebbe di rifare il Piano regolatore del porto (ma comunque la Via del 2009
aveva identificato Zaule come sito migliore), dall’altra concorda sul fatto che,
se confermate le ipotesi di crescita del traffico navale prospettate
dall’Autorità portuale, in concomitanza con l’afflusso delle navi gasiere
effettivamente si supererebbe l’indice d’impegno del canale Sud dello scalo
triestino. Quasi un colpo al cerchio e uno alla botte e comunque una posizione
non nettamente avversa all’impianto di Gas Natural tanto che l’ingegner Daniele
Tirelli che nell’ambito della cinquantina di esperti della Commissione
rappresentava la Regione Friuli Venezia Giulia, ha espresso un voto contrario
alla risoluzione stessa. «Se anche la si intende come una posizione contraria,
ma non è chiaro che sia così tantoché la definizione “lavarsi le mani” mi sembra
appropriata - ha commentato Tirelli - a parere mio e della Regione non è stata
sufficientemente contraria. Per rispettare dunque il parere della giunta
regionale che a propria volta aveva raccolto le nette opposizioni della
Provincia, dei Comuni e dell’Autorità portuale, mi sono sentito in dovere di
votare contro». La sintesi spetterà dunque allo stesso ministro Clini che dovrà
poi trasmettere il parere al Ministero dello sviluppo economico il quale
riconvocherà la Conferenza dei servizi chiamata a rilasciare l’Autorizzazione
unica. Tutto ciò ben sapendo come il ministro dello Sviluppo economico Corrado
Passera più di una volta si sia dichiarato estremamente favorevole all’impianto
di Zaule. A margine va anche rilevato, e lo ha fatto lo stesso Tirelli, come il
secondo dei quesiti posti dal ministro e cioè la compatibilità o meno con la
crescita del traffico portuale non sia in prima istanza materia del Ministero
dell’Ambiente e quindi sia solo marginalmente competenza di una Commissione che
valuta l’impatto ambientale. E frattanto i deputati Serena Pellegrino, Luigi
Lacquaniti, Claudio Fava e Michele Piras di Sel, Walter Rizzetto e Aris Prodani
di M5S e Tamara Blazina del Pd hanno presentato un’interpellanza al governo sul
mancato uso delle lingue italiana e slovena nel progetto di Gas Natural che è
stato redatto in alcune parti soltanto nelle lingue inglese e spagnola e
nonostante ciò è stato ammesso alla procedura di Via e quindi a quella
autorizzativa. Il Consiglio comunale di Trieste ha invece approvato
all’unanimità una mozione che impegna il sindaco a chiedere al presidente del
Consiglio la convocazione della Conferenza nazionale sull’energia offrendo la
città di Trieste come sede. Il presidente del Comitato “Nucleare e ragione”
Pierluigi Todaro in una nota sottolinea come la predisposizione di un Piano
energetico nazionale abbia importanti risvolti sulla città di Trieste
recentemente fatta oggetto di progetti strategici in campo energetico non
condivisi dalla popolazione».
Silvio Maranzana
Carnevale, Palio dei rioni fuori stagione - Domenica il
centro sarà invaso dalle maschere. Sfilata al via alle 15, scattano una serie di
divieti
Il centro di Trieste domenica sarà invaso da maschere e coriandoli anche se
siamo ad aprile. E’ in programma la sfilata dei gruppi rionali, valida per la
conquista del Palio Carnevale, rinviata a febbraio a causa del maltempo. Sarà la
22.a edizione del Corso mascherato, che prenderà il via alle 15 da piazza
Oberdan (ritrovo dei partecipanti un’ora prima) e si snoderà sul tradizionale
percorso lungo piazza Oberdan, vie Carducci e Gallina, piazza Goldoni, corso
Italia, piazza della Borsa, via Punta del Forno, Capo di piazza e piazza
dell’Unità d’Italia, dove seguiranno le premiazioni con intrattenimento
musicale. Sul percorso scatteranno i divieti di sosta e fermata fin dalle 8 del
mattino e di transito dalle 14.30, con la presenza sul posto dei vigili urbani
per gestire la situazione del traffico. Alcune linee del trasporto pubblico
subiranno variazioni del normale percorso. Otto i rioni che si contenderanno il
“Palio” 2013: oltre a Chiarbola, detentore, sfileranno l’esordiente Barcola,
Borgo San Sergio, Cologna, Roiano, San Giovanni, Servola, Valmaura. E' prevista
la partecipazione di rappresentanze e carri del Carnevale di Muggia e del
Carnevale del Carso. «Puntiamo a fare rete – spiega il presidente del Comitato
organizzatore del Carnevale di Trieste, Roberto De Gioia – in vista
dell’appuntamento con il Carnevale europeo che sarà a Trieste il prossimo anno».
Tornando all’appuntamento di domenica, De Gioia ha sottolineato che «sarebbe
stato un peccato, per quanti hanno lavorato, per le mamme che hanno cucito, per
i bambini, per chi ha profuso energie allestire un carro, per le stessa bande,
sciupare l'occasione di vivere una giornata di festa e allegria». Per i gruppi
autonomi non appartenenti ai rioni, le coppie e la maschere singole le
iscrizioni, gratuite, vanno fatte o rinnovate da chi si era iscritto a febbraio
nella saletta matrimoni del Comune di piazza dell’Unità oggi e domani (orario
10-12 e 15-18). E’ aperto intanto, allo Sportello ambiente di via XXX ottobre 8,
dalle 10 alle 21, il laboratorio per la creazione di un carro allegorico
intitolato «no al rigassificatore». Gli organizzatori forniranno materiale utile
per il travestimento a chi ne sia sprovvisto.
Ugo Salvini
Perché Porto Vecchio non può più funzionare come scalo
- La lettera del giorno di Roberto Barocchi (presidente dell’associazione
Triestebella)
Nel 1995 partecipai alla prima riunione della Commissione per la revisione
del piano regolatore del Porto, in qualità di direttore del Servizio dell
pianificazione territoriale regionale. In quella riunione dissi che il Porto
Vecchio, non più adatto a sostenere le moderne attività commerciali, doveva
divenire una parte della città con nuove funzioni. Calò un gelo. Non fui più
chiamato. Ma le cose cambiarono e nel 2002, divenuto presidente di Legambiente
Trieste, organizzammo assieme a Italia Nostra e WWF un affollato convegno sul
futuro del Porto Vecchio. Il nuovo presidente del Porto, avv. Maresca, ci aiutò
fornendoci gratuitamente una sala della Stazione Marittima. In quell’occasione
presentammo delle proposte che volli chiamare “Le 14 tesi sul Porto Vecchio e il
futuro di Trieste”, per significare che le propugnavamo con forza, memore delle
95 tesi che Martin Lutero aveva nel ‘500 affisso coraggiosamente sulla porta di
una chiesa. Con queste tesi noi proponevamo che il Porto Vecchio venisse
recuperato per divenire un nuovo centro direzionale, chiamato Porto della
cultura e della scienza. Ascoltata la lettura delle tesi, il sindaco Dipiazza
disse “Le firmo!”, venne al tavolo e le firmò. Da allora, però, nonostante tanti
piani e progetti, siamo al punto di partenza. Ma perchè il Porto Vecchio deve
essere riconvertito? Oggi non siamo più ai tempi in cui i camalli portavano i
sacchi e le balle con le carriole e le stivavano nei piani dei magazzini e le
sessolotte rinsaccavano le granaglie. Un porto moderno é fatto di grandi
piazzali dove si accatastano i container. Il Porto Vecchio poi é collegato con
la ferrovia, ma non con l’autostrada e oggi, volenti o nolenti, gran parte delle
merci viaggia su gomma. È poi assurdo che la città abbia due porti che la
stringono come una morsa lasciandole verso il mare la stretta finestra delle
Rive. Una volta i due porti erano collegati dal treno delle Rive che procedeva a
passo d’uomo, oggi non può più essere così: occorre un unico plesso portuale ben
integrato e ben collegato con la viabilità. Mantenere l’uso commerciale del
Porto Vecchio sarebbe come pretendere che le merci viaggino ancora sui carri a
cavalli. Invece questo luogo di grande valore storico può assumere funzioni
culturali, didattiche, scientifiche, museali, ricreative, di nautica da diporto,
come é avvenuto in altre città, quali Londra e Amburgo. Quanti anni o
generazioni dovranno ancora passare prima che ciò accada anche a Trieste?
SEGNALAZIONI - Porto Vecchio / 2 Il Porto Franco vero freno
”In conclusione, o si libera il Porto Vecchio dal Punto Franco oppure tale area è destinata a rimanere un corpo morto attaccato alla città come lo è stato da tanti decenni a questa parte.” È difficile non essere d’accordo con Giorgio Marangoni, quando afferma che il Porto Franco è il vero freno al futuro del Porto Vecchio (Il Piccolo del 23 marzo). La situazione era già chiara nel 1978, quando la percentuale di traffico ferroviario appannaggio del Pfv era largamente inferiore alle due cifre. Così come era evidente nel 1988, anno di pubblicazione dello studio Conetti–Longobardi, in cui si dava risposta a tutti gli interrogativi che l’Autorità Portuale pone oggi nuovamente ad un’ulteriore commissione di studio. L’origine della liquidazione del Pfv è legata all’incendio del Silos di Trieste Centrale (1994), occasione colta dalle FS per liberarsi dello storico impianto (poi ceduto alla Coop) anziché provvedere all’adeguamento funzionale alle nuove esigenze del traffico. Ma il colpo di grazia è del 2005, quando le FS colgono l’occasione del pensionamento dell’ultimo caposcalo di Trieste Centrale per disabilitare definitivamente dal servizio merci il Pfv: senza ferrovia un punto franco può ancora qualificarsi porto? Le cause occasionali vanno ricondotte tuttavia al lavoro preparatorio delle FS, che passa attraverso: la chiusura del Compartimento di Trieste (da sempre strumento essenziale per i traffici merci internazionali, anche quando era limitato al solo TLT); la localizzazione della centrale cargo del Nordest a Venezia (dove il traffico viaggiatori ha sempre assunto maggiore importanza) anziché a Trieste (dove il primato era appannaggio del settore merci); la chiusura delle agenzie commerciali merci di Trieste, Udine, Monaco di Baviera e Vienna (senza le quali la promozione del traffico e la vendita del prodotto treno diventano velleitarie). Tutti atti che hanno preparato il ritiro dal mercato merci del Gruppo FS nei traffici orientali, rinunciando al recupero di quelli perduti in conseguenza del conflitto nella ex-Jugoslavia e trascurando lo sviluppo reso possibile dal superamento dei confini e dallo sfruttamento delle nuove infrastrutture (Scalo di smistamento di Cervignano e raddoppio della Pontebbana, la più moderna linea di valico del Paese), giungendo a considerare non strategiche le linee orientali di collegamento con l’Europa (via Tarvisio, Gorizia e Trieste Opicina). Dopo 25 anni dallo studio Conetti–Longobardi non sono necessari ulteriori studi. È giunto il momento dei fatti. È necessario cogliere pertanto l’opportunità di spostare il punto franco da una realtà da tempo non operativa sull’intera area della linea Transalpina che parte da Trieste Campo Marzio, il che consentirebbe di far confinare il Porto di Trieste con la Slovenia, ottenendo concreti vantaggi sotto l’aspetto della gestione operativa e della valenza tariffaria e commerciale. Regione, Provincia e Comune dovrebbero avere un’unica parola, nel Capoluogo e nella Capitale, per ottenere quello spostamento che solo può consentire lo sviluppo dei traffici offerto dal regime di punto franco. Non mancano gli studi. Manca una visione unitaria. Trieste ed il Friuli Venezia Giulia hanno bisogno di fatti: il vero freno del Porto di Trieste è il mancato spostamento del Porto Franco.
Luigi Bianchi
SEGNALAZIONI - Porto Vecchio / 3 I fantasmi del passato
Mentre imperversa la discussione su come riutilizzare il Porto Vecchio non sarebbe male fare due passi lungo la strada che porta al Magazzino 26. Osservare il pesante degrado, i magazzini devastati, l’abbandono, le rive vuote. Forse basterebbe questo per rispondersi al perché il sindaco non ha spostato la Biblioteca Civica. Qualcuno potrebbe dirci quanti mercantili hanno attraccato negli ultimi dieci anni e magari come sono state portate via le merci, ricordandosi che 10.000 tonn. devono transitare per le rive su oltre 400 camion passando 800 volte davanti a Piazza Unità prima di imboccare la grande viabilità, oppure caricate su 12 treni: saremmo disposti ad accettare simile viavai quando già oggi turbano i 20 camion giornalieri che movimentano il terreno asportato da S. Giusto? È pur vero che i binari esistono, ma qualcuno si è premurato di controllare lo stato dell’armamento dopo decenni d’incuria e senza manutenzione? Basta passare per Viale Miramare e notare la vegetazione che è cresciuta tra le traversine in legno. Potremmo organizzare dei treni navetta con camion tipo RoLa? Servirebbero i carri più costosi, delicati, lenti e difficili da reperire sul mercato, due locomotive elettriche per trainarne 25, lunghe manovre di introduzione ed estrazione in Porto Vecchio e Porto Nuovo, due viaggi di mini bus per gli autisti, tre cambi di trazione, il tutto per portare poco più di 1/3 di merce rispetto alla massa trainata. Ovvero l’antitesi della moderna logistica ed a costi esorbitanti. In quale altra città europea si acconsente che un simile scempio perduri con il mancato utilizzo di una zona tanto appetibile? Da un decennio c’è un piano di sviluppo: che cosa aspettiamo ad attuarlo? Crediamo che a breve l’Adria Terminal sarà pieno di merci da spedire in tutta Europa? Che avremo file di industriali in attesa di iniziare chissà quale nuova impresa con il pantano nel quale stiamo affondando? Dal 1948 il mondo è cambiato, la logistica si è trasformata a velocità supersonica e noi continuiamo a crogiolarci con i fantasmi dell’Impero Austro Ungarico o con le prerogative che ci serberebbe l’Allegato VIII. Per intanto un senatore del M5S afferma che non vuole la speculazione. Pensa di aprire la sede di una ONG, oppure che l’Ater costruirà palazzi popolari? Orientativamente con che risorse? Ha sentito il sindaco che parla della scarsità di finanziamenti? Ha visto le buche nelle strade perché da troppo si è temporeggiato sull’asfaltatura? E l’altro parlamentare che negli Anni 90 non fu convinto dal Progetto Polis di Fiat e Generali. Avete letto bene, Generali & Fiat non due anonimi con una start up "grampa e scampa". Si demonizza tutto confondendo la ricerca del giusto ritorno economico con la più bieca speculazione. Origini politiche diverse, portano a simili discorsi demagogici e privi di pragmatismo. Per lo sviluppo portuale l’ex assessore regionale alle finanze guarda agli spazi delle Ferriera. Sarebbe interessante esponesse il costo per risanare l’area, la fonte dei finanziamenti, in quanto tempo realizzerebbe l’opera. Senza "project financing", o "business plan" solo poche parole semplici e chiare. Tutte risposte immagino facili, visto il suo cursus honorum. Con l’occasione sarebbe bene capire la ratio che ha convinto l’Autorità Portuale ad acquistare le aree di Prosecco? Forse un giorno potremmo ammirare i container stivati in quinta fila esposti d’inverno alla bora a 130 km/h ed i manovratori d’inverno in lotta con gli scambi ghiacciati? Ma qualcuno ha misurato i binari e visto se possono tenere treni da 750 metri, ovvero lunghi come i nuovi moduli europei auspicano? Oppure fatto il conto di quante locomotive servirebbero per portare un treno da 1600 tonnellate a Prosecco? Mentre il piano regolatore portuale dorme sereno a Roma e “Costruisci la tua piattaforma logistica” diventerà il prossimo war game della nuova Play Station4, c’è chi finanzia (oltre 100.000 euro) una ricerca sul flusso fluviale e chi propone un gruppo di lavoro per valorizzare il Porto Vecchio.
Fulvio Zonta
SEGNALAZIONI - Porto Vecchio / 4 Rispettare i trattati
Interessante la lettera di Fabio Dominicini su Il Piccolo del 21 marzo. In essa colui che scrive punta l’indice accusatore su un passato di “volontà di smantellamento sistematico e scientifico” del porto non a caso chiamato negli ultimi anni “vecchio”! Tra le righe si può comprendere quali siano gli esecutori di quel malsano lasciar andare ma non si leggono i nomi dei mandanti! Si vede che non desideravano entrare nei libri della storia... oppure, chissà, son tuttora viventi? Altra lettera interessante è quella di Massimo Giardina pubblicata il giorno prima. Interessante perché disquisisce, per quanto riguarda il porto di Trieste, sulle teorie di porto emporio e porto di transito, tacciando il primo di “amodernità”. Io penso che l’errore stia proprio nelle teorie di insegnamento che vanno a generalizzare anche ciò che invece è specialità. Lo ha scoperto, anche se in ritardo, la Maltauro che ha ben capito che la teoria cattedratica che pur l’aveva fatta siglare quel contratto, aveva invece un carattere del tutto particolare e di diritto internazionale. Privatizzare non vuol dire cercare di risolvere l’annoso dubbio se la nave va dove c’è la merce o la merce va dove c’è la nave, ma vuol dire farsi forza degli strumenti e non solo fisici di cui si dispone e metterli al servizio di una città agendo sul port marketing e sul marketing del territorio in modo da non lasciare che un porto tanto importante quale quello di Trieste rifiorisca di sole erbe. Sono convinto che dalle righe che seguono si potrà derivare che il porto di Amburgo citato nella lettera del signor Giardina non ha proprio lo stesso carisma del nostro. Cari signori, io credo che perdiate continuamente di vista che un trattato di diritto internazionale qual è un trattato di pace è ben superiore e vincolante rispetto a trattati bilaterali. E per Triste ne abbiamo avuti due di Trattati di pace e di diversa astrazione. Qualcuno sta dicendo, siamo alle solite... ebbene no! E vi spiego anche ciò che pochi sanno... e chi sa e sapeva preferisce “non sapere”. Il trattato di pace di Parigi del 1919 assicurava la continuazione e la sopravvivenza delle zone franche esistenti tra le quali vi era anche Trieste. Il Trattato di pace del 1947 confermava appieno la specialità del Porto Franco di Trieste; per non parlare poi, addirittura, del Trattato di Roma della Comunità Europea che nel 1957 la ribadiva. Non ultimo il Testo unico della legge doganale italiana del 1973, stabiliva che per i Punti franchi del porto di Trieste si applicassero le norme più favorevoli, richiamandosi proprio all’allegato VIII del trattato di pace. La stessa Italia è andata quindi a riconoscerne le specificità. Non solo ma vi è anche la riconferma nella legge di riordino della portualità nr. 84 del 1994 dove si richiama proprio alla specificità del porto di Trieste. Trieste ha perso negli ultimi 40 anni tutti “i treni” preferendo la vita di pensionati perché più governabile.
Diego Sivini
SEGNALAZIONI - Porto Vecchio / 5 Progetto sciagurato
Sono piuttosto sgomento nel leggere sul Piccolo le infelici affermazioni di molti nostri politici che, a braccetto da destra a sinistra, hanno appoggiato lo sciagurato progetto di Porto Città. Non capisco, o forse è meglio che non capisca, la tigna con la quale queste persone (che per decenni hanno “sgovernato” Trieste, contribuendo a ridurre nell’attuale stato pietoso la sua economia) si affannano ancora a difendere una delle più spregiudicate speculazioni edilizie mai tentate da queste parti e pure a danno di una zona portuale pregiatissima che qualunque altra città di mare ci invidierebbe! Ma la cosa che mi lascia maggiormente perplesso sono i numerosi editoriali e interventi di presunti “esperti”, molti dei quali a favore della morte definitiva delle attività portuali e industriali nel sito del Punto Franco Nord. Questi accampano argomentazioni e spiegazioni a dir poco bizzarre: c’è poco spazio, non c’è più la ferrovia, non ci sono i moli adatti… a volte mi domando se non parlino del porticciolo del Cedas! Premesso che siamo tutti d’accordo che i porti non sono più quelli di una volta e le tecnologie e modalità di imbarco e sbarco delle merci sono cambiate, affermare che il Porto Vecchio non abbia spazi mi sembra un’affermazione quanto meno avventata. Nessuno vuole trasformare il Porto Vecchio in un nuovo Molo VII ma è anche vero che si potrebbero acquisire nuove tipologie di merci da sbarcare e imbarcare oggi quasi o del tutto assenti sui moli di Trieste. Un semplice esempio può essere dato dal lucroso traffico di automobili e altri automezzi di nuova costruzione (molto diffuso nel porto di Capodistria) con il vantaggio che a differenza di quest’ultimo si potrebbero trasformare alcuni dei magazzini in enormi rimesse, stoccando al chiuso migliaia di autoveicoli invece di lasciarli all’aperto alle intemperie sotto provvisorie reti anti-grandine, un lusso che ben pochi porti si possono permettere! Sull’argomento ferrovie sarebbe poi da stendere un velo pietosissimo su quanto scritto e sentito in questi ultimi tempi dai volponi della nostra politica locale. La ferrovia a servizio del Porto Vecchio esiste ancora, c'è infatti uno scalo merci di notevoli dimensioni nei pressi di Trieste Centrale che potrebbe venir riattivato in tempi relativamente brevi.
Davide Raseni
Val Rosandra: Xydias al fianco di Bandelli
«Secondo noi non c’è una giustificazione umana possibile». Non hanno avuto
peli sulla lingua Spiro Xidyas e Franco Bandelli nel definire l’altra mattina lo
scempio della Val Rosandra. «A un anno da quell’intervento Un’altra Regione
vuole lanciare un messaggio forte alla cittadinanza, affinché nessuno
dimentichi», così Bandelli in una conferenza stampa con Paolo Silvari,
consigliere circoscrizionale, e con l’ospite d’eccezione: Spiro Dalla
Porta-Xydias, per l’appunto, scrittore, alpinista e cantore della Valle. A
introdurre la conferenza stampa è stato lo stesso Bandelli: «Siamo di fronte
all’arroganza del potere di un assessore che non vuole ammettere di aver
sbagliato e che, nonostante tutto, continua ad essere il vicepresidente della
giunta regionale. Perché un cittadino qualunque quando sbaglia paga, e lui no?».
A prendere la parola, come si diceva, anche Spiro Xidyas, il quale ha
sottolineato l’importanza turistica e naturalistica della zona, lasciandosi
andare ad un breve racconto del suo rapporto con la Valle, a partire dagli inizi
del secolo scorso fino ad oggi. La Val Rosandra, è stato ricordato, è un
territorio fatto per essere vissuto anche da chi ama lo sport, per chi lo
pratica come professionista o da semplice amante da vita sana e a contatto con
la natura, «una palestra a cielo aperto».
Escursione podistica per la tutela degli stagni carsici
- DOMENICA 7 APRILE
Per iniziativa dell’Associazione tutori stagni viene organizzata per la
giornata di domenica 7 aprile un’escursione podistica lungo la pista ciclabile
“Giordano Cottur”. Partenza dall’info point “Rodolfo Crasso” di via Orlandini
sino al rione di Altura, con ritrovo e partenza alle 10. La partecipazione è
gratuita e aperta a tutta la cittadinanza. Gli organizzatori sottolineano il
fatto che si tratta di una proposta che l’associazione ha ideato per permettere
anche a chi non utilizza la bicicletta di conoscere e apprezzare la nuova pista
ciclo-pedonale. La passeggiata offrirà l’occasione per fare delle soste in
prossimità di alcuni stagni prossimi alla pista, specchi d’acqua purtroppo
soggetti a inquinamento. I volontari l’associazione hanno già effettuato un
significativo intervento di pulizia straordinaria per lo stagno situato nei
pressi del ponte di via Alpi Giulie, curando l’asporto di rifiuti diversi, tra i
quali alcuni di grosse dimensioni, frutto dell’inciviltà di alcuni cittadini.
L’escursione sarà infatti anche una buona occasione per completare la pulizia
dei siti e il ripristino dei piccoli ma importanti corsi d’acqua. I Tutori
stagni, che come associazione sono stati fondati nell’aprile del 2011, si
dedicano alla tutela delle specie vegetali e animali selvatiche autoctone che
vivono e si riproducono nelle zone umide d’acqua dolce e salmastra, e di quegli
ambienti e della cultura e delle tradizioni a esse collegate. L’associazione è
impegnata in numerose azioni relative a biologia, ecologia, zoologia, botanica,
microbiologia, monitoraggio dei siti, metodi e tecniche di ripristino delle zone
umide minori. I Tutori Stagni saranno presenti anche alla manifestazione “Horti
Tergestini” in programma i prossimi 13 e 14 aprile, con un banchetto informativo
su stagni e anfibi. In questa occasione verranno pubblicizzate le prossime
uscite guidate organizzate dal gruppo. La prima è programmata nella serata (ore
18.30) del 14 aprile, a conclusione degli Horti Tergestini. Per contatti e
informazioni, la mail è info@tutoristagni.it , il sito www.tutoristagni.it , la
pagina Facebook: Tutori Stagni Fvg.
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 aprile 2013
RIGASSIFICATORE DI ZAULE - Wwf e Legambiente contro
Passera
«Vuole inserire il progetto tra quelli d’interesse comunitario»
Ennesina presa di posizione contro il progetto del rigassificatore nel Golfo
di Trieste, dopo gli avvertimenti lanciati dall’europarlamentare Andrea Zanoni e
dai deputati di Sel e Pd. «Il rigassificatore di Trieste-Zaule, proposto da
GasNatural, va cancellato dall’elenco dei Progetti di interesse comunitario»
riprendono il presidente regionale del Wwf Friuli Venezia Giulia, Roberto
Pizzutti e la presidente del circolo Legambiente di Trieste, Lucia Sirocco. I
due hanno inviato in merito una petizione alla Commissione europea – Direzione
generale energia. Il documento si riferisce all’operazione attuata dal Ministero
dello sviluppo economico, «che sta cercando di fare inserire il progetto della
multinazionale spagnola nell’elenco dei Progetti di interesse comunitario, che
dovrebbero far parte di un futuro regolamento sulle reti infrastrutturali
transeuropee (intese come elettrodotti, oleodotti, gasdotti e terminali di
rigassificazione del gas naturale liquefatto. «Risulta che il tentativo - si
legge in una nota dei due esponenti ambientalisti -, promosso per impulso del
ministro dello Sviluppo e infrastrutture Corrado Passera, sia sostenuto da forti
pressioni sugli organismi europei, pressioni che allo scopo di controbattere in
particolare le obiezioni avanzate dal governo sloveno sul progetto del
rigassificatore di Zaule, occultano le numerose criticità ed opposizioni
esistenti, sia da parte di enti locali, sia da parte di Ong e tecnici
indipendenti, rilevate in parte anche dallo stesso Ministero dell’ambiente». La
nota di Wwf e Legambiente ricorda perciò che il progetto di GasNatural fa parte
di un gruppo di progetti di infrastrutture energetiche per l’area triestina, «la
cui valutazione ambientale procede però in modo separato e scoordinato l’una
dall’altra, per di più in assenza di un Piano energetico nazionale (il che ha
permesso di evitare l’effettuazione di una Valutazione ambientale strategica
complessiva).
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - Una mozione al governo
È stata presentata nei giorni scorsi, alla Camera dei Deputati, una mozione fortemente voluta dai Deputati Serena Pelegrino e Ferdinando Aiello (Sel), eletti rispettivamente per il Friuli Venezia Giulia e la Calabria, e firmata dal Capogruppo Sel Gennaro Migliore e dai deputati Sel Celeste Costantino e dal deputato Pd Ernesto Magorno. Hanno collaborato alla stesura del documento, ognuno per le proprie competenze scientifiche, i professori di chiara fama Giorgio Trincas, Radoslav Nabergoj e Marino Valle, fornendo la propria esperienza scientifica maturata dopo oltre tre anni di analisi e studi nel Tavolo tecnico rigassificatori Trieste. Nella mozione si chiedono “Misure idonee ed urgenti al fine di congelare le procedure autorizzative per i rigassificatori on-shore insistenti sul suolo nazionale”. Prendendo ad esempio i progetti dei rigassificatori di Gioia Tauro e Trieste e le gravi anomalie procedurali in questi iscritte, (anomalie che avrebbero dovuto richiedere l’immediato annullamento delle procedure Via), i professori evidenziano che allo stato attuale, in assenza di un piano energetico nazionale e vista la diminuita richiesta di prodotto sul mercato, non si giustifica economicamente la costruzione di nuovi impianti. «Da anni sono disponibili soluzioni tecniche alternative al problema della rigassificazione di gas naturale liquefatto, per quanto attiene la fornitura diversificata di metano dallo “spot market” il gas va rigassificato in mezzo al mare, in acque internazionali, utilizzando soluzioni di pressoché nullo impatto ambientale e che abbiano come utenza i servizi energetici e le popolazioni croate, italiane e slovene dell’Alto Adriatico. per risolvere il problema di un rifornimento flessibile e diversificato devono essere applicate soluzioni impiantistiche da allocare in mare aperto che abbiano come requisiti primari di essere invisibili da terra, di essere lontane da città, aree industriali e centri turistici; di essere sicure, pulite, efficienti, economiche». Si chiede al governo di invitare con urgenza il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare a fronte delle gravi carenze evidenziate e delle sostanziali modifiche riscontrate - a revocare immediatamente, agendo in base al principio dell’autotutela amministrativa, le autorizzazioni concesse, riesaminando tutti i pareri acquisiti durante tali procedure, che recano un tal numero di prescrizioni e condizioni da configurarsi quali valutazioni negative sul progetto e quindi tali da porsi come pronunciamenti negativi sulla loro realizzabilità; a chiedere la revisione completa di tutta la progettazione e la rinnovazione integrale della procedura Via, viste le gravi carenze evidenziate e le sostanziali modifiche riscontrate posizionando le apparecchiature di processo dell’impianto in maniera diversa rispetto al progetto preliminare, rendendo così il progetto definitivo un elaborato sostanzialmente diverso dal progetto che era stato a suo tempo autorizzato; a subordinare ogni e qualsiasi ulteriore decisione in merito ad un piano energetico nazionale; a predisporre in tempi ristretti un piano energetico nazionale che sia adeguato alle esigenze del Paese e armonizzato, nel caso di Trieste, con quelle dei paesi europei immediatamente confinanti; a predisporre una norma che vincoli i funzionari preposti alle procedura di valutazione di impatto ambientale ai principi dell’etica della sicurezza, stabilendo i parametri di quale debba essere il rischio accettabile per un insediamento antropico sul territorio in funzione del modello si sviluppo sociale, economico ed ambientale che gli enti preposti al controllo amministrativo del territorio si saranno dati.
Adriano Bevilacqua
INCONTRO SUL RIGASSIFICATORE
Oggi, Rigassificatore Day, incontro alle ore 18, con il medico, Tiziana Cimolino, Isde, presso lo sportello ambiente, al Multicultura center, via XXX Ottobre 8/a, a cura del Coordinamento Cittadini in Rete - Trieste dice no al rigassificatore. Seguirà una riflessione sulle iniziative da intraprendere in opposizione al progetto di costruzione dei rigassificatori nel Golfo di trieste. Info: 338-2118453 triestedicenoalrigassificatore@hotmail.it.
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 3 aprile 2013
RIGASSIFICATORE DI TRIESTE - WWF E
LEGAMBIENTE ALLA COMMISSIONE EUROPEA: “Cancellare zaule dall’elenco dei Progetti
di Interesse Comunitario”
Il Ministero dello Sviluppo economico sta esercitando pressioni
sugli organismi europei affinché il progetto di Zaule venga inserito nella rete
di infrastrutture dell'UE.
La reazione delle associazioni.
Il rigassificatore di Trieste-Zaule, proposto da GasNatural, va cancellato
dall’elenco dei Progetti di Interesse Comunitario. Questa la conclusione di una
nota che il presidente regionale del WWF Friuli Venezia Giulia, Roberto Pizzutti
e la presidente del circolo Legambiente di Trieste, Lucia Sirocco, hanno inviato
alla Commissione Europea – Direzione generale Energia.
Il documento si riferisce all’operazione attuata dal Ministero dello Sviluppo
Economico, che sta cercando di far inserire il progetto della multinazionale
spagnola nell’elenco dei Progetti di Interesse Comunitario, che dovrebbero far
parte di un futuro regolamento sulle reti infrastrutturali trans europee (intese
come elettrodotti, oleodotti, gasdotti e terminali di rigassificazione del GNL).
Risulta che il tentativo, promosso per impulso del ministro dello sviluppo
economico e delle infrastrutture Corrado Passera, sia sostenuto da forti
pressioni sugli organismi europei, pressioni che – allo scopo di controbattere
in particolare le obiezioni avanzate dal Governo sloveno sul progetto del
rigassificatore di Zaule - occultano le numerose criticità ed opposizioni
esistenti, sia da parte di enti locali, sia da parte di ONG e tecnici
indipendenti, rilevate in parte anche dallo stesso Ministero dell’ambiente.
La nota di WWF e Legambiente ricorda perciò che il progetto di GasNatural fa
parte di un gruppo di progetti di infrastrutture energetiche per l’area
triestina, la cui valutazione ambientale procede però in modo separato e
scoordinato l’una dall’altra, per di più in assenza di un Piano Energetico
Nazionale (il che ha permesso di evitare l’effettuazione di una Valutazione
Ambientale Strategica complessiva). Di questi progetti, soltanto quello del
rigassificatore di Zaule ha concluso positivamente la procedura VIA nel 2009,
mentre per gli altri (gasdotto Trieste-Grado-Villesse di SNAM Rete Gas,
rigassificatore off shore nel Golfo di Trieste di E.On, centrale elettrica a
ciclo combinato da 400 MW di Lucchini Energia) le valutazioni sono ancora in
corso.
Le due associazioni ambientaliste rilevano inoltre che la VIA del 2009 sul
progetto di GasNatural è gravemente viziata da molte irregolarità (in palese
violazione delle Direttive europee in materia), tanto che contro il relativo
decreto dei ministri Prestigiacomo e Bondi è stato impugnato al TAR sia dagli
ambientalisti, sia dai Comuni di Muggia, Dolina e Capodistria, ai quali si è
affiancato di recente anche il Comune di Trieste. L’opposizione degli enti
locali è stata del resto ribadita più volte, anche di recente, nelle fasi di
valutazione del progetto successive alla VIA.
Lo stesso Ministero dell’ambiente, rilevano WWF e Legambiente, ha poi
riconosciuto l’esigenza di un “supplemento di istruttoria” sulla VIA del 2009,
anche in base a nuovi elementi sulle interferenze del progetto con le attività
del Porto di Trieste. Le associazioni avevano del resto segnalato più volte,
ribadendole nel dicembre 2012, le molte ragioni che dovrebbero indurre ad
annullare il decreto Prestigiacomo-Bondi.
Suscita perplessità anche la totale assenza di informazione sulla procedura di
evidenza pubblica europea, per la selezione dei Progetti di Interesse
Comunitario da inserire nella rete di infrastrutture dell'UE. Procedura aperta
sino al 20 settembre 2012, ma di cui nessuna delle ONG locali (e forse non solo
queste) era al corrente.
“E’ stupefacente – concludono Pizzutti e Sirocco – che un progetto
incredibilmente carente e dagli impatti ambientali estremamente negativi, come
quello di GasNatural, venga sostenuto a livello europeo da un ministro del
Governo italiano, fornendo agli organi comunitari informazioni lacunose e
fuorvianti ed ignorando sia le documentatissime obiezioni disponibili da anni,
sia le riserve manifestate da un altro ministero dello stesso Governo.”
La nota di WWF e Legambiente è stata inviata anche ai parlamentari europei, ai
ministeri italiani competenti e ad una serie di altri organismi interessati.
WWF - LEGAMBIENTE
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 aprile 2013
Via libera in commissione al Piano del territorio
TRIESTE Aree edificabili, utilizzo del suolo, pianificazione urbana, zone
residenziali e industriali, energia e ambiente. Ieri il Consiglio regionale,
alle battute finali di questa legislatura, si è riunito in Quarta Commissione
per assegnare parere positivo al Piano di governo del territorio (Pgt) del
Friuli Venezia Giulia predisposto dalla giunta. Previsto dalla legge regionale
sulla riforma della pianificazione territoriale in Fvg, il Pgi era stato
bocciato a fine settembre dal Consiglio delle Autonomie locali (Cal) ed è quindi
tornato al vaglio della Commissione che ha dovuto integrare il documento con
tutti i rilevi avanzati finora. L’iter istituzionale, con il via libera di ieri,
è dunque concluso. «Chi si troverà a governare la Regione nei prossimi anni –
osserva il presidente della Commissione, Alessandro Colautti (Pdl) – potrà
disporre di un piano, comunque modificabile, che ha già effettuato l’intero
percorso propedeutico, anche grazie a una norma inserita nella legge “omnibus”
(votata recentemente dall’aula, ndr). Senza questo provvedimento – chiarisce il
consigliere – il piano, che entrerà in vigore non prima del 2015, non potrebbe
agganciarsi a nulla. La norma – precisa ancora Colautti – consente ora di
passare alla parte operativa del piano: c’è un anno e mezzo per ragionarci
sopra». Il documento è suddiviso in due parti: la prima, denominata “Carta dei
valori” traccia sostanzialmente le linee guida su temi ambientali e storici del
Friuli Venezia Giulia; una sorta di “carta di identità” dell’intera regione.
L’altra parte è di tipo programmatico e definisce, a livello generale, le aree
edificabili e residenziali, di riuso e quelle dimesse. E, ancora, le zone
adibite a industria e artigianato, la pianificazione urbana e i “corridoi”
energetici. Spetterà ai singoli Comuni entrare nel merito dei settori
individuando i criteri operativi, secondo i livelli di pianificazione per area
vasta.
(g.s.)
Comune di Duino Aurisina - Incontri pubblici sul Piano regolatore
Il Comune di Duino Aurisina organizza degli incontri pubblici prima dell’approvazione della variante al Piano regolatore. Il calendario (ore 20): oggi al centro sportivo di Visogliano; domani alla Casa della pietra di Aurisina. Lunedì alla trattoria “Da Pino” di Medeazza, martedì 9 aprile, a Duino (sede dei cori), e mercoledì 10 alla Casa “Skerk” di San Pelagio.
Verso un futuro ecologico per le navi
Dal 2015 scattano nuovi obblighi, un progetto realizzato nella nostra
regione
Dal 2015 scatta l'obbligo per le navi di ridurre le emissioni inquinanti. Lo
prevedono le normative dell’International Maritime Organization. Inizialmente
per accedere nelle zone Eca (Emission Controlled Area), che comprendono Mar
Baltico e coste statunitensi, ma dal 2020 in tutto il mondo. L’industria navale
deve dunque affrontare la sfida per un futuro più ecologico. Per un trasporto
marittimo all’insegna della sostenibilità ambientale, in Friuli Venezia Giulia
otto partner, tra cui Area Science Park e Università di Udine e Trieste,
coordinati da Wärtsilä Italia, hanno dato vita al progetto NGShip, per
realizzare una nave ecologica, a gas naturale liquefatto (Gnl). «Considerato che
la densità energetica per metro cubo di gas è molto bassa, motivo per cui il gas
fa fatica ad affermarsi nel campo dell’autotrazione, perché servirebbero
serbatoi molto grandi, l’utilizzo del gas liquido è molto vantaggioso. Procura
vantaggi ambientali ed economici» spiega Rodolfo Taccani dell'Università di
Trieste. E in effetti, dallo studio di fattibilità di un impianto a gas naturale
liquefatto per una nave da carico di medie dimensioni, è emerso che è in grado
di eliminare totalmente l'emissione in atmosfera di ossidi di zolfo e
particolato e di ridurre del 25% le emissioni di CO2 e dell'85% gli ossidi
d'azoto. Ma non solo. L’obiettivo di salvaguardare l'ambiente si sposa anche con
l’intento di tagliare il costo del rifornimento delle navi legato ai carburanti
tradizionali, a base di olio combustibile. «Il suo costo infatti è inferiore ed
è destinato a scendere ulteriormente». Quindi, grazie all'utilizzo del Gnl è
possibile ridurre i costi di gestione della nave: «Abbiamo calcolato che il
risparmio può arrivare a 70 milioni di euro nell’arco di vita di una nave, che
mediamente si stima di 20 anni» precisa Taccani. NGShip, in pratica, prevede
l'installazione all’interno dello scafo di un serbatoio a pressione atmosferica
in grado di consentire lo stoccaggio di grandi quantitativi di gas liquido per
garantire la propulsione della nave. E per la produzione di energia elettrica,
l’utilizzo del metano in forma gassosa (il Boil Off Gas) attraverso una cella a
combustibile. In altre parole il gas viene convogliato direttamente all’interno
della cella a combustile che produce energia elettrica in grado di soddisfare i
fabbisogni energetici della nave, sia durante la navigazione che la permanenza
in porto. E, rilasciando in atmosfera prevalentemente acqua e calore, si
riducono al minimo le emissioni inquinanti. «Grazie all’utilizzo del gas,
dunque, è possibile realizzare navi non solo economicamente più vantaggiose ma
anche in grado di contribuire alla salvaguardia del pianeta» commenta
l'ingegnere Yves Bui della Wärtsilä Italia e coordinatore del progetto NGShip,
che aggiunge: «Impianti propulsivi di questo tipo possono essere installati su
diverse tipologie di navi: navi cisterna, rinfusiere, porta container ma anche
navi da crociera. E ora, su questo fronte, stiamo definendo i primi accordi
commerciali».
Simona Regina
Lezioni di agricoltura ecologica - MARINO VOCCI
PRESENTA FRANCESCO BONINI
Domani sera al Knulp in via Madonna del Mare 7 Come coltivare la terra con
semenze antiche
Domani alle 18.30 da Knulp, Marino Vocci di Slow Food presenta il contadino
Francesco Bonini, 35enne friulano, esperto di semenze antiche e che gestisce due
ettari di terra in maniera ecologica, permettendogli di essere autosufficiente
per oltre il 65% del cibo che consuma. Quella di giovedì è anche l'occasione per
presentare un corso gestito da Bonini, coltivatore in zona di Pordenone ma che
terrà da aprile in Carso un “percorso di agricoltura ecologica”. Il corso darà
in affidamento 150 metri quadri di terra per gruppo di partecipanti e 11 lezioni
pratiche tra aprile e ottobre. L'obiettivo per i corsisti sarà infatti, assieme
a imparare a prendersi in cura degli appezzamenti di terra, anche apprendere la
coltivazione di alcune piante alimentari tipiche. Per gli interessati al
perCorso: Andrea Passerini +39 339 6960622 Web: www.cibo.si - editor@cibo.si
IL PICCOLO - MARTEDI', 2 aprile 2013
TAV - Il sogno europeo che si infrange a Nordest
Viaggio lungo il tracciato del Corridoio V tra cantieri fermi e binari
inesistenti. I rebus della linea interrata a Trieste e del “niet” sloveno
Strada in salita - Sul progetto dell’Alta velocità ferroviaria pesa la
disorganizzazione dei porti e dei terminal intermodali
Gli ostacoli in FVG - Costi alti, tempi lunghi e il pericolo di un deturpamento
del paesaggio in un’area che deve fare i conti anche con la “tratta balneare”
TRIESTE Immaginavano di trovarsi in stazioni gremite, convogli zeppi e
cantieri crepitanti. «Tutto pronto per accogliere l’arrivo dell’ospite senza il
quale la festa non poteva avere inizio: la Tav». Invece? «Invece in alcuni
tratti non c’era nemmeno uno scheletro di rotaia…». Un “Binario morto”, come
sentenzia il titolo del libro-reportage di Andrea De Benedetti e Luca Rastello,
edito da Chiarelettere. «Allora a cosa serve il Corridoio 5?», si sono chiesti i
due giornalisti percorrendo per la prima volta l’intero itinerario Lisbona-Kiev.
Un viaggio in cui hanno verificato lo stato di avanzamento dei progetti e dei
lavori per la costruzione di un’infrastruttura che, nei piani Ue, dovrebbe
mettere in comunicazione l’Europa occidentale con quella orientale per garantire
promettenti sbocchi di mercato. Ma di fatto la Tav non esisterà mai perché i
binari ad alta velocità hanno spese di mantenimento che inciderebbero
pesantemente anche sul costo del trasporto merci. E i Paesi, inoltre, non la
vogliono. Le stesse linee interne esistenti sarebbero in perdita. La Tav
«interessa a pochi – è l’analisi – e non per la sua portata globale, ma per le
ricadute a brevissimo termine sull’economia locale». L’inchiesta andrebbe a
sfatare una “leggenda metropolitana” o, meglio, ferroviaria, ripetuta
recentemente dal ministro Passera, secondo cui la tratta Torino-Lione «pone
l’Italia al centro dell’asse verticale e di quello orizzontale» dei traffici
europei. È così? Un interrogativo in cui finisce, inevitabilmente, il nodo sulla
Val di Susa. E quel pezzettino fantasma che (non) collega Trieste alla Slovenia.
Il viaggio lungo l’asse Ovest-Est del continente comincia, naturalmente, dal
Portogallo. Che, di per sé, è già una porta chiusa. Visto che, documentano De
Benedetti e Rastello, con i suoi 16,7 miliardi di disavanzo accumulato tra il
2000 e il 2010 per gli enti statali che si occupano di trasporto, «il Paese non
ha alcuna intenzione né possibilità di assumere impegni per nuove opere». Il
corridoio rimarrebbe senza ingresso principale. La Spagna, tappa successiva del
reportage, è arrivata alla conclusione che l’alta velocità (l’Ave) che corre ad
esempio tra Madrid-Siviglia e Madrid e Andalusia e Madrid- Barcellona è
sottoutilizzata: non si recuperano nemmeno i costi d’investimento. Ecco il
tunnel della Torino-Lione, un “accanimento”, lo definisce Sergio Bologna,
esperto mondiale di logistica e consulente di Commissione europea e vari
ministeri. Un accanimento perché l’80% delle merci che entrano in Italia o ne
escono su rotaia transita dai valichi di Svizzera e Austria. «Dimostriamo di non
essere capaci di agganciarci a infrastrutture esistenti, realizzate da altri –
osserva Bologna – ma non ci facciamo problemi a chiedere all’Europa ulteriori
capitali per la Torino-Lione…». Su tutto, mette in luce il libro, grava il tema
dei nodi: la disorganizzazione di porti, terminal intermodali e magazzini che
crea congestione. «La velocità – è il ragionamento – senza una gestione logica
“crea ingorgo”». Il viaggio continua ancora in Italia tra Torino, Milano e
Brescia, con le previsioni su Pil, traffici in caduta, indagini su appalti,
espropri e la fioritura di frecce rosse e bianche a fronte dei tagli ai
collegamenti regionali. Per approdare a Mestre, con Veneto e Fvg alle prese con
il progetto di “alta velocità balneare”. Da Jesolo a Monfalcone con la linea
interrata sotto il Carso fino a raggiungere lo snodo di Divaccia in Slovenia.
Costi alti, tempi lunghi, paesaggio deturpato. «Il progetto naufraga –
ripercorrono De Benedetti e Rastello –. Trieste rifiuta il passaggio della linea
interrata e Unicredit si tira indietro dall’idea di triplicare Monfalcone. Poi?
Poi “il corridoio scompare”». Non esistono treni per la Slovenia: soppressi dal
dicembre 2011. «Il Piano delle infrastrutture sloveno esclude sia il tratto
della Trieste-Divaccia sia il collegamento tra i porti di Capodistria e di
Trieste», ricordano i giornalisti. Per raggiungere Lubiana e continuare in treno
verso l’Ucraina, si sa, bisogna prendere la corriera.
Gianpaolo Sarti
Reportage nel cuore del vecchio continente
“Binario morto, alla scoperta del Corridoio 5 e dell’alta velocità che non
c’è” (Chiarelettere, pag. 224 euro 12,90), è il libro-reportage in cui due
giornalisti, Andrea De Benedetti e Luca Rastello, hanno riportato i loro
“appunti di viaggio” dopo aver percorso il lungo e in largo il tragitto che
collega le città di Lisbona e Kiev. Punto di partenza e stazione di arrivo,
appunto, di uno dei corridoi europei attraversati da convogli ad alta velocità.
Andrea De Benedetti si occupa prevalentemente di sport, società e cultura per le
testate “GQ”, “Guerin Sportivo”, “il manifesto”. Il suo ultimo lavoro è “Val più
la pratica. Piccola grammatica immorale della lingua italiana”. Luca Rastello,
cronista del quotidiano “La Repubblica” e scrittore, nella sua carriera ha
diretto “Narcomafie” e “L’Indice” e ha lavorato per “Diario”. Ha pubblicato il
reportage sui Balcani “La guerra in casa”, il romanzo “Piove all’insù”, il
saggio “La frontiera addosso” e il libro testimonianza “Io sono il mercato.
Metodi e stile del perfetto narcotrafficante”.
TRASPORTI E AMBIENTE - Gabrovec (Us): “no” alla
galleria per l’Alta velocità in Carso
DUINO AURISINA A Duino Aurisina il primo “no” alla realizzazione di una
galleria sotterranea dell'Alta velocità che attraversi il Carso viene da Igor
Gabrovec, che considerata la proposta come “l'ultima trovata di Italferr”,
ulteriormente stigmatizzando il progetto come un autentico “paradosso”. In
primis perché comporterebbe un eccessivo esborso di denaro pubblico e poi perché
sarebbe preferibile ammodernare, semmai, il tracciato esistente che conduce a
Divaccia. I sindaci del Carso triestino si sono da poco visti recapitare la
documentazione relativa a una nuova proposta progettuale che vedrebbe la
costruzione di una nuova linea ferroviaria ad alta velocità, perlopiù
sotterrane, a collegamento tra la vecchia stazione di Aurisina e Divaccia,
passando attraverso – o meglio sotto - i comuni di Sgonico e Monrupino. «Un
progetto – sottolinea il consigliere regionale Gabrovec, candidato della
Slovenska skupnost alle prossime regionali – che costerebbe da solo circa 50
milioni di euro. Per un'ipotesi progettuale che, se realizzata, di euro ne
divorerebbe qualche miliardo. In tempi come questi - prosegue - è una follia,
soprattutto se si pensa che con cifre ben inferiori potremmo rimodernare la
linea ferroviaria esistente». A detta di Gabrovec la linea Aurisina-
Opicina-Sesana-Divaccia è “assolutamente sotto utilizzata”, cosa che negli
ultimi anni “ha portato all’abbandono e al completo degrado anche delle due
stazioni di Aurisina, Prosecco e Opicina”. «Piuttosto recuperiamo i manufatti
esistenti, risparmiamo all’ambiente e alla popolazione ulteriori scempi, e mi
riferisco alle conseguenze dello scavo di gallerie chilometriche in prossimità
di centri abitati o sotto il Carso, peraltro protetto da normative europee, e
altresì miliardi di euro dei contribuenti. E forse resterebbe finalmente qualche
briciola anche per dotare la ferrovia, così come il tratto dell'autostrada
contiguo ai centri urbani, di barriere fonoassorbenti e altre opere di
mitigazione acustica e visiva”.
(Ti. Ca.)
FareAmbiente: «Più parcheggi per le due ruote»
Bene il nuovo piano del traffico ma si riveda la distribuzione dei parcheggi
per moto e motorini. Questo il giudizio di Giorgio Cecco, coordinatore regionale
di FareAmbiente. Secondo Cecco, va bene sperimentare le varie soluzioni
predisposte, anche per ottimizzare e portare a fasi e in maniera graduale le
modifiche alla viabilità: «Ma attenzione a non posticipare troppo la fase
esecutiva, – fa presente il coordinatore del movimento ecologista – vista la
situazione attuale non certo ottimale, sotto molti aspetti». Il movimento
auspica che si presti attenzione alle osservazioni sui parcheggi per i
motocicli. «Nello specifico abbiamo evidenziato e condiviso le preoccupazioni
dei motociclisti: si prevede un incremento degli stalli, però concentrati
praticamente tutti sulle zone Ospedale, Tribunale o nel semicentro, escludendo
proprio le aree più critiche e più penalizzate, ovvero quelle del centro
storico, eliminando di fatto centinaia e centinaia di posti». FareAmbiente
chiede una modifica nel numero di stalli in questa zona, «che è il cuore
operativo e commerciale della città, utilizzando aree integrate con le nuove
zone pedonali e linee viarie, ottimizzando la fluidità, considerando la negativa
alternativa dell’automobile. Spesso chi usa il mezzo a due ruote lo fa per
necessità e di fatto, non utilizzando l’automobile, aiuta la viabilità cittadina
e non va penalizzato».
Legambiente “interroga” i candidati sul raddoppio di
Krsko
TRIESTE Non solo terza corsia della A4 e rigassificatore a Trieste. I
candidati alla presidenza della Regione dovranno pronunciarsi anche su un altro
tema “caldo”in materia di ambiente: il raddoppio della centrale nucleare di
Krsko, in Slovenia. A chiederlo sono gli esponenti di Legambiente che,
all’indomani della “bacciatura” del progetto da parte dell’Istituto francese per
la sicurezza nucleare, incalzano su questo argomento gli aspiranti governatori.
«Il report francese - osservano gli ambientalisti - conferma come l’area di
Krsko sia sensibile ai movimenti tellurici. Il previsto raddoppio, quindi, mondo
ambientalista, presenta elementi di forte pericolosità anche per il Fvg, che
dista 100 km in linea d’aria da Krsko. Legambiente pertanto chiede ai candidati
alla presidenza della Regione di esprimersi chiaramente contro questo progetto,
peraltro già bocciato dall’Austria, tenuto conto di quanto successo poco più di
un anno fa a Fukushima, in Giappone, e degli esiti dei referendum sul nucleare
svoltisi in Italia». Sul tema interviene anche il candidato consigliere di Sel
Giulio Lauri: «L’analisi dell’Istituto per la sicurezza nucleare francese
smentisce nettamente le convinzioni di Tondo che, ripetutamente, si è detto
favorevole alla costruzione della nuova centrale, ventilando addirittura un
sostegno economico da parte della nostra Regione, senza peraltro spiegare a che
titolo, e sulla base di quali informazioni o consulenze, si esprimesse in tal
senso. Ora gli esperti francesi mettono nero su bianco la pericolosità del
progetto. Tondo, quindi, ci ha messo di fronte all’ennesimo caso di supponenza
politica e di spregio dell’opinione pubblica. Oggi però - conclude Lauri - il
governatore uscente deve delle spiegazioni ai cittadini: con quale senso di
responsabilità espone le popolazioni del Friuli Venezia Giulia ad un simile
rischio sismico?».
Antenne a Muggia: verso un accordo Chiampore-S. Barbara
I due comitati spontanei si dicono pronti a sottoscrivere un “patto di
solidarietà” promosso dal Comune
MUGGIA Non sarà una “guerra tra rioni” il processo decisionale che porterà
alla delocalizzazione delle antenne a Muggia. Lo assicurano tutti: i comitati
spontanei di Chiampore e Santa Barbara, costretti dalla normativa vigente a
passarsi vicendevolmente la patata bollente, e anche l’amministrazione comunale,
che ha il delicato compito di far convergere le istanze verso un interesse più
generale. La strada verso quel “patto di solidarietà” tra cittadini più volte
auspicato dalla giunta Nesladek è tortuosa e piena di asperità, ma percorribile.
Le buone intenzioni, almeno, ci sono. La vicenda è nota: a Chiampore ci sono
troppi tralicci, alcuni dei quali abusivi. La necessità di “delocalizzare”, e
cioè semplicemente di spostare altrove gli impianti, è diretta conseguenza dei
massicci sforamenti registrati in quella frazione, dove l’inquinamento
elettromagnetico – secondo dati Arpa – tocca punte di 22,74 volt/metro su una
soglia di attenzione di 6: valori superiori di quasi dieci volte ai limiti
imposti dalla legislazione europea, nettamente più restrittiva rispetto a quella
italiana. «I rilevamenti del 2005 registravano 46 sforamenti rispetto ai 6
volt/metro che costituiscono il valore di attenzione da non superare nei centri
abitati – spiega Claudio Poropat, uno dei referenti del comitato antiantenne di
Chiampore – e la situazione attuale rende ancor più urgente una delocalizzazione
degli impianti abusivi e di quelli più inquinanti in zone maggiormente isolate».
Nel 2011 il comitato aveva avviato una larga petizione, raccogliendo 350 firme
in poche settimane, impedendo l’installazione di nuovi tralicci a Chiampore e
indicando tre luoghi alternativi: il Bosco della Luna, l’area che sovrasta Punta
Ronco e quella sottostante il Castelliere di Elleri. Proprio il monte Castellier,
nei pressi di Santa Barbara, è oggi il principale candidato. A tal proposito si
è già svolta una Conferenza dei servizi che include, oltre al Comune di Muggia,
l’Arpa, l’Asl e il Ministero dello sviluppo economico; tuttavia, parallelamente,
si sono levate le proteste dei residenti di quest’altra zona, fortemente decisi
a non “ereditare” le antenne di Chiampore. «Ma i rapporti sono positivi e
costruttivi», puntualizza Poropat: «È normale che gli interessi “localissimi”
non coincidano, ma c’è collaborazione». Lo conferma Alessandro Drole, membro del
comitato di Santa Barbara: «È imminente un nuovo incontro tra noi, i cittadini
di Chiampore e il Comune di Muggia; quest’ultimo ha richiesto un supplemento di
documentazione alla società proponente la nuova antenna radiotelevisiva, prima
di convocare una nuova Conferenza dei servizi». I residenti non si arrenderanno,
giura Drole; e potrebbero, a loro volta, impegnarsi in atti eclatanti come
petizioni e “class action”. Stretto tra i due fuochi c’è proprio il Comune: «Ci
siamo fatti promotori di un percorso condiviso – dichiara l’assessore
all’ambiente, Fabio Longo – poiché riteniamo che il problema dell’inquinamento
elettromagnetico investa l’intera comunità, e con tutta la comunità vada
discusso». La prossima Conferenza sul monte Castellier, fa sapere Longo, non è
ancora stata calendarizzata: «Vediamo i documenti e poi ne discuteremo: la norma
statale menziona il limite di 20 volt/metro, ma i tribunali civili di mezza
Italia stanno applicando i parametri comunitari, che impongono lo 0,6, da
ridurre nel medio termine allo 0,2». La disposizione – contenuta nella
risoluzione 1815 del maggio 2011 da parte del Consiglio europeo – si riferisce
alla telefonia mobile, ma Longo non ha dubbi: «È un principio di precauzione
applicabile anche alle antenne radio e tv». «La situazione è delicata – ammette
l’assessore – ma faremo fronte comune, e andremo a fondo sulla questione».
Davide Ciullo
“Pala in groppa, tutti in grotta” - E l’Abisso di
Padriciano risorge - EVENTI»L’INIZIATIVA
A organizzare le pulizie di primavera i volontari del Club alpino
triestino: in tre fine settimana via passeggini, pneumatici, bombole arrugginite
e... una Vespa
Passeggini sgangherati, pneumatici, bombole arrugginite, bidoni e
addirittura la carcassa di una Vespa rossa. Il tutto adagiato su strati e strati
di plastica, bottiglie, lattine e rifiuti di tutti i generi. Non è l’immagine di
una discarica a cielo aperto in una megalopoli sudamericana, bensì la triste
situazione che da decenni affligge l’Abisso di Padriciano. Una grotta verticale
a tre pozzi profonda 107 metri, diventata nel tempo un vero e proprio
immondezzaio sotterraneo. A fare le pulizie di primavera per ridare dignità alla
formazione ipogea, i volontari della sezione di speleologia del Cat, il Club
alpino triestino. Che in circa tre fine settimana tra aprile e maggio – con il
consenso del proprietario del terreno e il coinvolgimento di Comune, corpo
forestale e Acegas per lo smaltimento dei rifiuti - armati di corde, paranchi,
sacchi robusti, pale, maschere, attrezzi e collegamento telefonico, si caleranno
sul fondo per le operazioni di sgombro dei detriti. “Pala in groppa... e tutti
in grotta”, questo il nome del progetto di bonifica che vedrà impegnati per sei
giornate gli speleologi volontari del Cat. «Ci saranno le squadre che
scenderanno a turno sul fondo per smistare e differenziare i rifiuti, smontare
quelli più voluminosi e riempire i sacchi. Mentre i gruppi all’esterno saranno
invece incaricati di recuperare i sacchi fatti salire in superficie con un
sistema di paranchi, portarli in strada, dove verranno in seguito raccolti
dall’Acegas», spiega il responsabile di “Pala in groppa” Sergio Vianello,
iniziativa che si ispira al progetto nazionale di bonifica e recupero del
patrimonio ambientale sotterraneo “Puliamo il buio”. Visitando il sito
www.puliamoilbuio.it alla sezione Cra (cavità a rischio ambientale) stilata
dalla Società speleologica italiana dove sono censite per regione tutte le
grotte in pericolo, si scopre che su un totale di 445 cavità in pericolo, il
Friuli Venezia Giulia, ma soprattutto il Carso, detiene il poco lusinghiero
record di 197 cavità a rischio. Pozzi, abissi, caverne e voragini diventate
discariche underground, oppure non più accessibili poiché ostruite dai più
disparati materiali, alcune addirittura distrutte e altre persino “scomparse”.
«E se portare in superficie detriti e immondizia per dare una bella ripulita –
aggiunge Vianello - è relativamente semplice, più spinosa invece la questione
della bonifica delle grotte trasformate in contenitori per lo smaltimento di
sostanze tossiche inquinanti». Situazioni “velenose”, in cui bisogna intervenire
con ditte specializzate a costi elevati. Si parte il 20 aprile: chi può dare la
propria disponibilità può scrivere una mail a viagio@tin.it.
Patrizia Piccione
IL PICCOLO - DOMENICA, 31 marzo 2013
Piano traffico, test in serie - Si parte con le “ali”
del Viale - VIABILITÀ »LE STRATEGIE DEL COMUNE
Prima prova di nuove pedonalizzazioni per zone nel weekend dell’11 e 12
maggio
Via Mazzini off-limits e corso Italia chiuso ai privati
il 15 giugno e anche il 6 luglio
l’iter consiliare - La giunta punta ad avviare la discussione sulla bozza nelle
commissioni subito dopo le elezioni regionali del 21-22 aprile
la doppia anticipazione - Le date scelte per riproporre le simulazioni già
effettuate in centro coincidono con le due notti dello shopping
Nuove prove di Piano del traffico in vista. Si partirà a colpi di weekend,
nel mese di maggio. Ma in calendario l’amministrazione comunale ha anche delle
date in giugno, luglio e settembre. Occasioni per sperimentare quello che, entro
l’anno e “per fasi”, dovrebbe iniziare ad essere il nuovo assetto della
viabilità cittadina, posto che il via libera dovrà arrivare dal Consiglio
comunale al termine dell’iter consiliare. Percorso, questo, che la giunta
Cosolini ha in mente di avviare nell’immediato post-elezioni regionali del 21 e
22 aprile. In commissione e infine in aula arriverà la proposta finale
dell’esecutivo, completa delle controdeduzioni a pareri delle circoscrizioni e
osservazioni dei cittadini. È scontato che vi saranno poi alcuni aggiustamenti e
modifiche da emendamenti. I primi test Intanto, dopo le “prove” del settembre e
del dicembre scorsi, test parziali organizzati attorno alla costante della
chiusura al traffico di via Mazzini, tramutata - come vuole il Piano del
traffico disegnato dal Comune - in nuova isola pedonale, il Municipio ha in
programma un’altra serie di simulazioni, in diverse zone della città. E sempre
in prospettiva della futura attuazione del Pgtu, che avverrà «per fasi,
gradualmente», ricorda l’assessore comunale con delega a Pianificazione urbana,
Mobilità e traffico, Elena Marchigiani. È proprio la stessa componente della
giunta Cosolini a svelare come «dopo Pasqua» sia «in programma un incontro fra
Comune, esercenti e rappresentanti della Quarta e Quinta circoscrizione per
definire alcune prove di Piano del traffico». L’ufficializzazione delle data non
c’è ancora, evidentemente. Tuttavia le intenzioni sono note e Marchigiani non ne
fa mistero: si inizierà dalle «ali di viale XX Settembre, sul lato verso via
Ginnastica» che saranno rese pedonali nel weekend dell’11 e 12 maggio. Si tratta
di via San Zaccaria, via del Toro, via Nordio e via Paduina (sino a via Crispi).
Nel successivo finesettimana, operazione pedonale attorno a largo Barriera
vecchia, con via della Sorgente, via Foschiatti, via San Maurizio e via della
Fonderia. Altre prove La chiusura alla circolazione veicolare di via Mazzini e
la limitazione per corso Italia al solo transito di bus, taxi e mezzi
autorizzati con a bordo persone diversamente abili tornerà nuovamente e
momentaneamente d’attualità in giugno. Il 15, per la precisione, un sabato,
quando - e questa è un’ulteriore anticipazione che arriva da Marchigiani - a
Trieste si terrà la “Notte bianca” 2013. Discorso identico per il 6 luglio, un
altro sabato, data della “Notte dei saldi”, evento serale della giornata che
darà il via al periodo estivo delle vendite di fine stagione. In entrambe le due
giornate simili variazioni viabilistiche interesseranno inoltre il borgo
Teresiano, nella parte alta, quella attorno a via XXX Ottobre. Settimana della
mobilità Altra opportunità e altro test in settembre, quando dal 16 al 22 anche
a Trieste saranno attivate iniziative nell’ambito della Settimana europea della
mobilità sostenibile: sabato 21 sarà la volta della pedonalizzazione del tratto
basso di via Settefontane, che da piazza Perugino conduce in direzione Barriera.
Elevata pedonalità Nel nuovo Piano del traffico si prevede l’istituzione di
alcune “Zone a traffico limitato ad elevata valenza pedonale” (con transito
consentito solamente a bus, taxi, veicoli autorizzati con diversamente abili a
bordo e mezzi autorizzati al carico e scarico merci per le attività degli
esercizi pubblici). Questo dovrebbe diventare lo status proprio delle “ali” di
viale XX Settembre e delle vie intorno a largo Barriera vecchia. Ma
l’amministrazione pare intenzionata - sulla base dei suggerimenti raccolti dalle
osservazioni e dai pareri ricevuti - a valutare l’applicazione di questo tipo di
limitazione al traffico anche a via Madonna del mare (lungo la quale il
Municipio pensa di continuare a garantire solo il passaggio dell’autobus della
linea 24, tema che sarà comunque oggetto di confronto con Provincia e Trieste
trasporti) e al tratto di viale XX Settembre davanti al teatro Rossetti.
Matteo Unterweger
Marchigiani spiega: «Sì alle mediazioni se
migliorative»
«La volontà dell’amministrazione comunale è quella di trovare delle
mediazioni, venendo incontro alle istanze pervenute - fa il punto l’assessore
con delega alla Pianificazione urbana, Mobilità e traffico, Elena Marchigiani -.
Ci sono infatti alcune osservazioni rispetto alla bozza del Piano del traffico
sulle quali si può lavorare, per il perfezionamento e l’adeguamento dello
strumento». Posto che la filosofia di base, l’impronta politica, da cui è
partito il Piano stesso ovviamente non muterà: priorità a pedoni, biciclette e
trasporto pubblico, con il traffico privato da ridurre. Dalle circoscrizioni, la
bozza del Piano aveva incassato tre pareri favorevoli (I, II e VI) e quattro
contrari (III, IV, V e VII), oltre che ricevuto varie osservazioni.
(m.u.)
Borgo Teresiano, limite di trenta all’ora
Allo studio la possibilità di trasformare in centro oltre 400 parcheggi
da gratuiti a pagamento
Borgo Teresiano e borgo Giuseppino. Oltre a sistemarvi gli stalli a
pagamento dove i residenti potranno parcheggiare al costo di un euro al giorno,
il Comune sta ipotizzando di tramutare queste stesse aree in due “zone 30”,
ovvero imponendovi all’interno «il limite di velocità di trenta chilometri
all’ora per i mezzi in transito», spiega l’assessore comunale Elena Marchigiani.
La bozza del Piano del traffico prevede per le due zone in questione la
trasformazione di oltre 400 parcheggi da gratuiti a spazi a pagamento: nel borgo
Giuseppino, lungo le vie Lazzaretto vecchio, Cadorna, Diaz e dell’Università e
nel borgo Teresiano in via della Geppa, via Galatti e via Trento. E, sempre a
proposito di parcheggi a pagamento in superficie, anche recependo i pareri
giunti dalle circoscrizioni (in particolare quelli della Seconda e della
Quinta), l’amministrazione Cosolini sta pensando di istituire, in una serie di
punti del territorio comunale più periferici e dove però nel contempo c’è un
tessuto commerciale comunque radicato e consolidato, le zone tariffarie blu (da
0,60 euro all’ora) con la possibilità di parcheggiare gratuitamente per la prima
mezzora di sosta. Un modo per agevolare i cittadini che magari si fermano per
pochi minuti ad acquistare, per esempio, il pane, e anche gli stessi
commercianti, dai quali i clienti in auto potrebbero così recarsi con maggiore
tranquillità. Anche gli altri provvedimenti di ampliamento delle zone pedonali e
di limitazione alla circolazione veicolare in centro previsti dal Piano sono
pensati, dal Comune, sia per garantire una maggiore vivibilità degli spazi
urbani ai cittadini sia per favorire il lavoro di esercenti pubblici e
commercianti.
(m.u.)
«Il porto investe sull’area nuova Lasci ad altri usi
quella antica»
Per il sindaco Cosolini il Piano triennale delle opere e il Prg dicono
oggi la stessa cosa: «Il Punto franco serve solo in zona di commerci.
Il progetto di Byrne perfetto ma tardivo»
«Parlino i documenti, e taccia il resto». Dopo che in Comitato portuale è
stato approvato (all’unanimità) il nuovo Piano triennale delle opere in porto, e
dopo che l’architetto Goncalo Byrne ha rivelato al nostro giornale il progetto
che l’uscente Portocittà lo aveva, forse troppo tardi, incaricato di preparare
per Porto vecchio, il sindaco Roberto Cosolini ritiene che si sia scritta una
nuova pagina sulla rovente questione, e che tutti la debbano leggere e intendere
per quel che dice. «Il piano industriale del porto - afferma Cosolini -, da
tutti approvato, prevede investimenti nella piattaforma logistica, a Campo
Marzio per la rete ferroviaria, poi l’ampliamento del Molo VII e il terminal
ro-ro alla ex Aquila, ma non prevede alcun investimento su Porto vecchio: ed è
giusto e totalmente logico che qualsiasi possibilità di sviluppo del porto
riguardi l’area a Sud-Est. Il Piano regolatore e il Piano di sviluppo sono in
questo senso perfettamente in linea. Pertanto - prosegue il sindaco tornando
sulla nota insormontabile questione che ha infine fatto scappare i concessionari
- nessuno mette in discussione che il Punto franco sia una risorsa per il porto,
ma è un messaggio sbagliato e mistificante continuare a dire che l’utilità “per
il porto” ha qualche cosa che spartire con il Porto vecchio, dove è dimostrato
da decenni invece che non si può fare attività portuale. È un discorso che
dunque non sta in piedi». Richiamando anche lo sciopero dei portuali preoccupati
per il proprio futuro, Cosolini invita a «mettere il Punto franco dove serve»,
ma su Porto vecchio ad ascoltare piuttosto quella che definisce la «lucida
analisi dell’architetto Byrne, che ha chiaramente tracciato una possibile
visione del riuso complessivo dell’area, di grande valenza urbanistica,
ambientale e economico-sociale: con genio e con buon senso - aggiunge - Byrne,
forse chiamato troppo tardi per poter dare un disegno organico ancora utile a
Portocittà, ha fatto “tabula rasa” di qualsiasi tentativo di mettere in
relazione sviluppo con speculazione, e ha confermato che questa per Trieste è
una grande operazione di respiro europeo». La coerenza poi tra le destinazioni
d’uso dettate dal Piano regolatore di Porto vecchio (perfettamente vigente) e i
Piani di sviluppo portuali appena emessi portano il sindaco a un’esclamazione:
«Il tam-tam sul cortocircuito Porto franco-Porto vecchio-sviluppo del porto è
mistificante, e dunque è un grande paradosso in una città “ferma” com’è Trieste.
I concessionari di Portocittà possono avere avuto dei limiti, e aver forse fatto
degli errori, ma non facciamo adesso coincidere il loro disimpegno con il “de
profundis” per un progetto su Porto vecchio. Lo dico come sindaco: Trieste non
se lo può veramente permettere».
Gabriella Ziani
L’11 aprile in Regione si discute il caso
Comune-Greensisam - OPERE E ONERI
L’11 aprile in Regione si farà forse luce su un’altra questione controversa
all’interno di Porto vecchio, che di nuovo oppone il Comune all’Autorità
portuale, ma anche alla Regione stessa che si è offerta di mediare. Tema del
contendere stavolta è Greensisam, il concessionario dei primi 5 magazzini di
Porto vecchio cui manca, a 12 anni dalla firma della concessione, il “via
libera” definitivo alla possibilità tecnica di aprire i cantieri. Il Comune
intende l’area come “privata” e vuol chiedere dunque gli oneri di urbanizzazione
emanando un permesso a costruire. Greensisam, Regione e Autorità portuale
leggono i terreni come ancora demaniali ancorché in concessione, dunque esenti
da obblighi economici verso l’ente locale. L’Autorità portuale, in mezzo alla
“querelle”, ha già detto che pagherà in proprio le opere d’infrastruttura (i
progetti però sono ormai persi: li avrebbe dovuti realizzare Portocittà anche
per i “vicini”, e adesso ha mollato). Dunque la questione potrebbe essere solo
di principio e l’11 aprile di questo si parlerà in Regione. Cosolini a questo
punto intende esigere solo la formalità giuridica, e se sarà l’Autorità portuale
a realizzare le infrastrutture il Comune non chiederà oneri di urbanizzazione,
cioé soldi.
(g. z.)
SEGNALAZIONI - PORTO VECCHIO - Anni persi per scelte sbagliate
Torno a scrivere, dopo la risposta del direttore alla mia “replica” all’intervista con l’architetto Goncalo Byrne, proposta dal Piccolo il 27 marzo nelle pagine della cultura. Credo che l’architetto Byrne non conosca tutto il percorso di questa città per la rivalorizzazione del patrimonio del porto vecchio... e non credo che abbia letto tuta la letteratura sul tema del riuso degli ultimi quarant'anni, e penso sia giusto che senta altre voci e non faccia gli errori degli altri architetti. La replica è nel rispetto del lavoro di questo architetto che non deve andare verso il nulla, come è già successo in passato, e per informarlo su quello che è stato fatto e che si sta portando avanti. Quando il direttore Possamai sostiene che “se il punto franco implica un valore e non un ostacolo, non si capisce come mai il Porto Vecchio sia in rovina, mentre dovrebbe pullulare di attività economiche”, rispondo che abbiamo perso troppi anni proprio perché sono state fatte scelte sbagliate, perché la politica ha deciso la dismissione totale del distretto portuale storico! Sono stati impediti insediamenti di attività economiche e sono state di fatto bloccate le concessioni per aspettare un riuso impossibile. Questo è il principale errore. Lasciare vuoti e all’abbandono questi spazi ha portato all’estremo degrado. Ad Amburgo La Speicherstadt non è mai stata abbandonata e ancora oggi si usano i magazzini anche non restaurati. Il direttore scrive poi che, “ponendo pure che il Porto Vecchio fosse attraente per chi esercita attività portuale e terminalistica, sfugge attraverso quali modalità le merci potrebbero arrivare e ripartire da un luogo che è completamente incluso nel contesto urbano”. Il direttore chiede: «Forse che qualcuno immagina un via-vai di camion sulle rive o in viale Miramare?» Rispondo che questo è un riferimento a merci non unitizzate, esistono diverse tipologie di merci (esempio Attività Adriaterminal) e comunque le attività economiche e insediative possono riguardare anche altri settori, come spiega bene la variante Barduzzi. Inoltre la portualità “allargata” mette in campo più possibilità e comunque tuttora il porto vecchio viene richiesto per attività di deposito (vedi ad esempio il magazzino 19 e spazi antistanti). Il problema sta nell’individuare quali sono spazi e magazzini sono ancora utilizzabili per attività portuali/commerciali e/o deposito, così come prevedere altre funzioni compatibili. È un errore affrontare il progetto di riuso soltanto per la creazione di un Waterfront (ormai concetto obsoleto). Quanto al fatto che secondo il direttore "già oggi scandaloso, per una città preziosa quale Trieste, che vi siano i tir nel pieno del nucleo storico", osservo che bisogna tener conto della configurazione urbana di Trieste e delle scelte di una viabilità stretta non adatta al traffico veicolare pesante (bisogna sviluppare una viabilità interportuale e gli spazi retroportuali – vedi nuovo Prp). Questa è una città porto e come città porto deve svilupparsi e non devono disturbarci i Tir (che comunque non attraversano la città storica ma purtroppo le Rive). Mi meraviglierei invece dell’assenza dei Tir, che per fortuna dimostrano un certo traffico e attività del nostro porto e non solo. La cancellazione del Punto franco dallo scalo storico di Amburgo è il risultato di un processo (durato più di trent'anni). Ad Amburgo hanno agito intelligentemente, intanto non hanno mai abbandonato gli edifici storici, sono stati recentemente tutti allocati attraverso un’agenzia della stessa Autorità portuale (Hhla Immobilien), hanno creato l’Hafencity (il nuovo quartiere su spazi bonificati e ricostruiti secondo progettazioni alternative, tanto che è stata definita la Città ecologica più importante del mondo). Sono arrivati a questa scelta dopo un lungo e serio lavoro. Inoltre le progettazioni sono state affidate a molti architetti (famosi e non, anche giovani). Interventi articolati, non certo partoriti dalle parole di politici, che hanno permesso la maturazione delle scelte e che comunque hanno lasciano spazio a tutto. Esiste ancora oggi per esempio nella Speicherstadt, il più grande traffico mondiale dei tappeti persiani e di altre attività economiche (come anche sedi delle più importanti compagnie di navigazione, Teatri, Musei eccetera). A Fiume, che ha sicuramente un patrimonio ridotto, ma non meno importante, stanno lavorando per il riuso ma evidentemente non hanno ancora trovato una strada compatibile con il porto franco (non a caso Trieste e Fiume sono legate da uno stesso destino portuale). A Lubecca, differentemente, si è già affrontato il problema della riqualificazione, ma non si è ancora sicuri dell’abbandono del porto Franco. Il direttore del “Piccolo” scrive poi nella sua replica che “se l’architetto Caroli dai ballatoi del magazzino 26 sbirciasse verso il magazzino dirimpetto, potrebbe vedere le balle di fieno delle vacche là tenute dal concessionario Prioglio fino a nemmeno 5 anni fa; mi chiedo se abbia in mente di riportare le mucche in Porto Vecchio”. Certamente conosco i magazzini 24/25 e le balle di fieno. Qualcuno in passato ne desiderava l’abbattimento. Ma nessuno vuol tornare indietro. Mi sembra che la cessazione delle vecchie concessioni, così come la liberazione degli specchi acquei antistanti, faccia parte di un nuovo piano di sviluppo e Porto città stava lavorando per nuove funzioni. Mi sembra anche che l’Autorità portuale abbia mantenuto i patti. È chiaro che se si vogliono fare soltanto investimenti privati (con edifici bancabili) si perde tempo perché non è questa la strada giusta. Purtroppo anche qui la politica spesso ha fatto promesse impossibili. Questo bisogna valutarlo soltanto alla luce di nuove concessioni “non totalitarie” ma differenziate a seconda della diversità prestazionale degli edifici e degli spazi. Finora almeno dall’ultimo decennio del secolo scorso) non ne è stata data possibilità, non si accettavano le richieste perché si dava spazio a un unico processo. Oggi bisogna fare una riflessione su questo e procedere diversamente. Le opinioni di Byrne sono rispettabili, ma noi non vogliamo replicare i modelli di altri Waterfront, forse bisognerebbe illustrare i progetti e le intenzioni di altri architetti illustri che non sono state accettate dalla città e che ci hanno fatto perdere tempo. Non possiamo continuamente riprendere vecchi discorsi che hanno portato verso il nulla. Bisogna invece, per il bene di Trieste, cambiare direzione. Concludo richiamando il pensiero finale del direttore: «Sarò lietissimo se, tra 10 o 20 anni, Porto Vecchio sarà tornato a essere altro da un relitto, ma i presagi sono infausti: dopo la cacciata di Generali e l’Expo mancato, ecco che il fallimento con cui facciamo i conti oggi non credo rappresenti un fattore di accreditamento per investitori chiamati a una operazione titanica. Di sicuro, queste vicende finiranno nei libri di storia e chi ha amministrato il porto ne avrà parte e responsabilità». Ebbene, sicuramente i progetti devastanti del patrimonio storico non potevano essere accettati e comunque le responsabilità stanno in più luoghi. Soprattutto non bisogna individuare soltanto “investitori” ma ricercare percorsi e iter procedurali che coinvolgano più soggetti. La Centrale idrodinamica, la sottostazione elettrica, il magazzino 26, l’hangar 1, il magazzino delle idee, la palazzina ex direzione, la stazione marittima sono la prova di procedimenti differenti e vincenti e questi interventi non sono stati certamente resi possibili per merito di imprenditori privati. Mi sembra comunque, che in meno di dieci anni, non siamo stati fermi e credo che ora si apriranno nuove opportunità. Cerchiamo di lavorare per il porto vecchio e non per la politica, forse basteranno meno di dieci anni.
Antonella Caroli
Non ho molto da aggiungere, se non proporre telegraficamente alcune note: a) circa l’efficacia della gestione di Porto Vecchio basta guardare quel relitto urbano, poiché parla da sè; quanto a chi lo ha gestito, salvo il breve interludio di Claudio Boniciolli, vi è un filo di continuità che aiuta a illuminare le responsabilità b) chi parlava di off-shore e Borse merci, di imprese innovative hi-tech e di aziende interessate a lavorare merci in Porto Vecchio per via dei vantaggi doganali, sono in auge pure oggi; organizzano meeting e viaggi all’estero, workshop e simposi, ma di fatti manco l’ombra; segnalo che l’ultima impresa arrivata a Trieste si chiama Pasta Zara, correva l’anno di grazia 2003 c) all’architetto Caroli, che ha intrecciato i propri percorsi con illustri associazioni come Italia Nostra, manifesto tutto il mio raccapriccio quando dichiara che i Tir sulle Rive sono fisiologici. Chissà che ne pensa Italia Nostra? d) il tempo è galantuomo, sarei felice di essere smentito ma temo che tra 10 e anche 20 anni il Porto Vecchio sarà anche più preda della sfacelo
Paolo Possamai
Krško 2, una centrale a rischio sisma
Bocciato dall’Isitituto per la sicurezza nucleare francese il raddoppio
dell’impianto: una scossa e sarebbe catastrofe
TRIESTE La Slovenia sta puntando molto sul raddoppio della centrale nucleare
di Krško i cui lavori dovrebbero iniziare nel 2015 (crisi permettendo) e
scommette anche sull’interessamento di investitori stranieri nel progetto. Tutto
si sta svolgendo in gran silenzio, se ne parla poco e quando lo si fa è una
questione di sussurri. Come quelli che sono giunti in questi giorni dalla
Croazia (padrona per il 50% dell’impianto nucleare attuale) e riportati dal
quotidiano di Zagabria Jutarnji List. Ebbene lo studio realizzato dall’Istituto
francese per la sicurezza nucleare e radiologica proprio in vista della
costruzione della cosiddetta centrale di Krško 2 (1600 megawatt di potenza pari
a tre volte dell’impianto già esistente) fornisce un risultato inequivocabile:
la zona di Krško che sarebbe interessata dalla costruzione risulta essere molto
sensibile ai movimenti tellurici, per cui, concludono gli specialisti francesi,
il progetto di costruzione di Krško 2 andrebbe fermato. La relazione francese ha
creato grosso disappunto, nervosismo e imbarazzo in Slovenia al punto che Martin
Novšak, il direttore della società Gen Energija che gestisce la centrale per
conto dello Stato sloveno, ha immediatamente dato l’ordine di secretare la
relazione inviandola immediatamente all’analisi degli esperti e dei tecnici
sloveni dell’agenzia che si occupa della sicurezza nucleare del Paese. La Gen
Energija è la società capofila per il progetto di Krško due e ha dato vita a un
consorzio con di quattro società per approntare lo studio di fattibilità del
raddoppio della centrale nucleare esistente. L’Istituto francese per la
sicurezza nucleare è una di questa e già a fine gennaio ha consegnato la sua
relazione in cui, lo ripetiamo, si scrive molto chiaramente che in caso di
terremoto, visto il terreno particolarmente sensibile su cui andrebbe a
sussistere la centrale, si avrebbero conseguenze disastrose e ha quindi
consigliato di bloccare il progetto. Se della sicurezza di Krško è direttamente
interessata la regione Friuli-Venezia Giulia (dista a 100 km di distanza in
linea d’aria dall’impianto in Slovenia) ma anche l’intero Nordest, figuriamoci
la sensibilità che un simile tema esercita sulla Croazia e sulla capitale
Zagabria che dista solo 5 chilometri da Krško. Ma gli altri soci del consorzio
guidato da Gen Energija si dissociano dal punto di vista francese. L’Agenzia
slovena per la sicurezza nucleare sostiene, secondo fonti riservate, che
essendoci punti di vista così difformi sull’argomento bisognerà effettuare
ulteriori studi prima di trarre una conclusione definitiva. La Slovenia sostiene
che la relazione francese non parla di conseguenze disastrose, ad esempio, in
relazione alla centrale già esistente e visto che la nuova sorgerebbe su un’area
praticamente adiacente a quella interessata dall’impianto in funzione la cosa
deve essere ulteriormente approfondita. Di diverso avviso Hrvoje Perhari„, il
rappresentante croato nel consiglio di amministrazione della centrale nucleare,
il quale sostiene che la relazione francese parla anche degli attuali rischi e
pericoli inerenti a Krško 1 e il tutto è in fase di approfondimento. Davor Grgi„,
presidente della Società nucleare croata, è pienamente a conoscenza della
situazione e dichiara allo Jutranji: «Non è pensabile che la relazione francese
si preoccupi solo della nuova centrale nucleare e non esamini anche lo stato
della sicurezza di quella già esistente». Per ora il governo croato sul progetto
di Krško 2 non prende posizione mentre l’Austria ha già dato il proprio parere
negativo al raddoppio. I lavori di costruzione di Krško 2 dovrebbero partire nel
2015 e durare 4 anni. L’impianto avrà una “durata” di 60 anni, mentre Krško uno
avrebbe ancora 20 anni di “sopravvivenza”.
Mauro Manzin
Telefonini e dispositivi Wi-Fi: rischio salute
Indagine aperta dalla competente autorità Usa sui possibili effetti
negativi delle radiazioni
ROMA La Federal Communications Commission, l’autorità che in Usa si occupa
delle telecomunicazioni, ha aperto un’indagine sui possibili effetti delle
radiazioni di cellulari e dispositivi Wi-Fi. Lo ha annunciato la stessa
commissione con un comunicato, in cui specifica che il risultato potrebbe
portare ad una revisione dei limiti imposti attualmente. «La Commissione - si
legge nel documento pubblicato sul sito - cercherà commenti e pareri dalle altre
agenzie e da esperti di salute sulla eventuale necessità di aggiornare gli
standard e i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici dei dispositivi
mobili, in particolare per quello che riguarda i bambini». L’ultima revisione
degli standard risale al 1996, molto prima che l’uso del telefonino diventasse
così diffuso. Nel mondo si contano circa 5 miliardi di dispositivi, circa 100
milioni solo in Italia, quasi due a testa. Fino a questo momento non ci sono
state ricerche conclusive sui rischi da cellulare, anche se diversi studi hanno
trovato una possibile correlazione con alcuni tumori della testa. L’Oms nel 2011
ha però inserito i campi magnetici fra le sostanze che potrebbero essere
cancerogene, e anche l’agenzia Europea per l’Ambiente lo scorso 22 gennaio ha
lanciato l’allarme. «Anche se non esiste chiarezza scientifica sulla relazione
tra l’utilizzo del cellulare e tumori al cervello, da studi e ricerche è sempre
più solida l’evidenza di questo legame», ha spiegato Jacqueline McGlade,
direttore esecutivo dell’Aea. Il rapporto dell’Aea ricorda il caso dell’ultima
sentenza della Cassazione in Italia lo scorso ottobre, che ha riconosciuto «un
ruolo almeno concausale» all’uso massiccio del cellulare (cioè diverse ore al
giorno per un lungo periodo di anni), ad un manager malato di un tumore
all’orecchio. Nel rapporto dell’organismo europeo è quella degli adolescenti che
viene definita come la categoria a rischio, sia perchè l’organismo è più
vulnerabile sia per l’utilizzo scorretto, che li porta ad esempio a dormire con
il cellulare sotto al cuscino. Secondo alcuni studi il cellulare può rallentare
lo sviluppo cognitivo dei teenager, perchè ha un impatto maggiore su una
corteccia cerebrale più sottile e una testa più piccola, dove il cervello
continua a svilupparsi fino ai 20 anni. «Bando quindi alle stazioni Wi-Fi e a
cellulari accesi nella stessa stanza in cui si dorme e largo all’uso degli
auricolari», sostiene il direttore dell’Aea.
Konrad, 20 anni di informazione e lotta nel nome
dell’ambiente - La rivista festeggia
Porta il nome di un uomo, Konrad, perché vuole ricordare l’etologo
austriaco, che di cognome faceva Lorenz, al quale, nel 1973, fu assegnato il
Nobel per la medicina e la fisiologia quale riconoscimento per i suoi importanti
studi compiuti sul comportamento degli animali. Ma da vent’anni esatti per i
triestini rappresenta molto di più: è il mensile che, riportando le parole del
suo primo direttore, Graziano Benedetti, «fornisce informazione alternativa
sugli argomenti ambientalisti. Funzione ancora necessaria – aggiunge Benedetti
nel suo articolo di saluto, pubblicato sul numero del ventennale, in
distribuzione in questi giorni – perché le testate tradizionali spesso
tralasciano o non prendono in considerazione i continui, circostanziati
interventi degli ambientalisti sui più gravi e urgenti casi di scempio
perpetrato o progettato all’ambiente naturale». “Konrad” è dunque una sorta di
sentinella, di faro puntato sui sempre più frequenti attentati all’equilibrio
ambientale. Una presenza che è punto di riferimento per quanti amano la natura e
vogliono difenderla. «Sabato prossimo, il 6 aprile – annuncia il direttore
editoriale di oggi, Roberto Valerio, che collabora a stretto contatto con il
direttore responsabile, Dario Predonzan, noto soprattutto come esponente del Wwf
– festeggeremo questo primo ventennio del nostro mensile, perché era l’aprile
del 1993 quando cominciammo l’avventura editoriale che continua ancora oggi e
che per noi è un imprescindibile impegno». Una quarantina di pagine, ovviamente
stampate su carta riciclata, con foto a colori e su argomenti che possono essere
i più vari, purché legati e collegati alle problematiche ambientali. Sul numero
del ventennale si parla anche di attualità politica ed economica, come la nuova
“(H)era di Acegas-Aps”, delle baracche abusive alle foci dell’Isonzo, di
alimentazione, di medicina naturale, di salute. Ci sono le interviste ai
candidati alla presidenza della Regione, ovviamente messi sotto pressione su
argomenti che riguardano l’ambiente e la natura. Insomma, tutto ciò che può
fornire informazione per un vivere più sano e semplice, rispettoso della natura,
del mondo nel quale viviamo. Ma non manca lo spazio per un sorriso, con
spiritose vignette. «Sono stati vent’anni di fatiche ma anche di soddisfazioni –
riprende Valerio – che intendiamo proseguire». Ad aiutare direttore responsabile
ed editoriale un nutrito gruppo di collaboratori, alcuni con ruoli pubblici di
rilievo, come per esempio Lino Santoro, esponente triestino di Legambiente, in
prima fila nella lotta al rigassificatore, o lo stesso Graziano Benedetti, il
presidente del Wwf isontino, Claudio Siniscalchi, il matematico Giorgio Dendi,
Miriam Kornfeind, della Comunità di San Martino al campo. «Ci ritroviamo una
volta al mese – spiega Valerio – per decidere cosa pubblicare nel numero
successivo e poi via, ad approfondire notizie, cercare foto, spunti da proporre
per una riflessione sempre seria e ragionata, sottraendo tempo alla vita
privata, perché siamo volontari». E si spazia anche sul territorio dell’Isontino
e del Friuli, «perché la natura non conosce confini». «I costi di stampa li
copriamo con le inserzioni pubblicitarie – si legge in testata – ma Konrad non
esisterebbe se chi collabora non lo facesse a titolo gratuito».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - SABATO, 30 marzo 2013
Rigassificatore, Cosolini conferma la fiducia a Kraus -
La dichiarazione
Il sindaco: «Sul progetto di Gas Natural c’è libertà d’opinione. La
giunta è contraria»
L’assessore: «Non cambio idea, ma visto che tutti gli
enti locali sono negativi...»
«Non abbiamo parlato di basket» assicura Roberto Cosolini. E questa è già
una notizia. Il sindaco ha visto giovedì il nuovo assessore allo Sviluppo
Economico, l’imprenditore sloveno Edi Kraus appena rientrato da un viaggio di
affari Shangai. Era il primo incontro dopo la dichiarazione bomba del nuovo
assessore sulla bontà industriale del progetto di rigassificatore di Zaule di
Gas Natural. Entrambi, sindaco e nuovo assessore, si sono trovati d’accordo nel
definire la vicenda «una tempesta in un bicchiere d’acqua». Un fraintendimento.
Complice forse il fuso orario cinese. «L’equivoco è nato perché il 90 per cento
delle persone guardano i titoli dei giornali e non leggono l’articolo», spiega
il neo assessore allo Sviluppo economico. «Non fatemi delle polemiche inutili
che poi la gente mi salta addosso senza motivo» si premura stavolta
l’imprenditore sloveno. Una volta basta e avanza, insomma. «Non c’era niente da
chiarire. La linea del Comune sul progetto di Gas Natural a Zaule non cambia. Ma
non si può neppure impedire alle persone di esprimere un’opinione solo perché
diventato assessore del Comune. C’è un eccesso di rigidità su queste cose che
non condivido», taglia via il sindaco che conferma la fiducia piena
nell’assessore tecnico. «Giovedì pomeriggio abbiamo avuto solo uno scambio di
idee sulle cose da fare e ci siamo messi subito al lavoro», aggiunge Cosolini.
«Ci siamo visti e andiamo avanti», conferma Kraus. E pensare che qualcuno nella
maggioranza (Sinistra ecologia e libertà, per fare un nome) si era persino
spinto a chiedere le dimissioni prima ancora della nomina ufficiale (avvenuta il
25 marzo). L’accettazione di Kraus, visto che era in viaggio in Cina, è arrivata
solo il 28 marzo, giovedì scorso. «Io non potevo certo andare contro la giunta
comunale, provinciale e regionale che si sono espresse in modo negativo. Prima
cosa non ne ho la forza. Seconda cosa non sono così presuntuoso da dire che il
mio parere deve essere più forte di tutti gli altri», prova a spiegare
l’imprenditore sloveno. Ma perché allora tirare fuori il rigassificatore? «La
mia intenzione era di parlare di un modello. Punto e basta - aggiunge Kraus -.
Era un ragionamento di come si potrebbero attrarre dei capitali stranieri da
investire nell’industria. Nient’altro. Evidentemente ci sono anche degli altri
sistemi per attirare i capitali. Bisogno poi vedere nel tempo come si può fare e
come». Con il progetto di Gas Natural, evidentemente, sarebbe stato tutto più
facile portare soldi a Trieste. Ma, visto che nessuno lo vuole, tentiamo altre
strade». Archiviato il caso rigassificatore c’è solo da lavorare. «Il primo
tavolo da verificare sarà la problematica della Ferriera», dichiara Kraus che,
su invito di Cosolini, si è già visto giovedì con l’ingegner Francesco Rosato,
l’ex direttore di Servola diventato consulente del Comune, che l’ha aggiornato
sullo stato delle cose. «Inoltre ci siamo incontrati anche con i sindacati della
Ferriera che avevano chiesto un approfondimento sul primo report di Rosato»
aggiunge il primo cittadino che rivedrà Kraus martedì mattina. E al di là della
Ferriera? «C’è l’ordinaria amministrazione. Piano piano prenderemo in mano tutte
le tematiche più importanti che riguardano lo sviluppo economico di Trieste...
Devo prima conoscere gli uffici e il personale con il quale collaborerò nei
prossimi tre anni», annuncia l’assessore Kraus che, fa capire, ha tutta
l’intenzione di portare a termine il mandato. Si vedrà con il predecessore Fabio
Omero? «Spero di fare una chiacchierata con lui dopo Pasqua. L’ho già incontrato
un paio di volte» dice Kraus. Sicuramente non parleranno di basket.
Fabio Dorigo
Quelle royalties da dividersi con Lubiana
«Un rigassificatore potrebbe dare gas a prezzi concorrenziali attirando
aziende a Trieste, potrebbe favorire l’insediamento di una centrale elettrica a
gas, generare vapore da vendere all’industria, creare una catena del freddo per
aziende alimentari e farmaceutiche. Sarebbe certo un valore aggiunto, uno
strumento per attrarre investimenti. Non so se la localizzazione di Zaule sia
quella ideale, ma di certo un rigassificatore sarebbe utile e non capisco
nemmeno l’atteggiamento della Slovenia che si è messa subito contro e continua a
dipendere dal gas russo. Anche Lubiana farebbe meglio a ragionare e magari a
pensare di dividersi le royalties con Trieste». Così parlò l’assessore Edi Kraus
nell’intervista rilasciata al Piccolo e pubblicata il 24 marzo.
«La vecchia politica pro impianto di Zaule»
L’attacco di Alessia Rosolen e Franco Bandelli (Un’Altra Trieste) a chi
sponsorizza il terminale
Un duro attacco al neo assessore comunale Edi Kraus, che aveva manifestato
disponibilità alla realizzazione del rigassificatore di Zaule. «Qui non si parla
dell’istituzione di un senso unico o del regolamento di un giardino pubblico, ma
della politica energetica dei prossimi 50 anni». Altrettanta decisione nel
rivendicare l’autonomia di Trieste. «Stiamo perdendo il treno, a causa
dell’immobilismo della Regione, mentre la vicina Slovenia corre». Su questi due
fronti si è articolata ieri la conferenza stampa di cui sono stati protagonisti
Franco Bandelli, candidato presidente della giunta di piazza dell’Unità d’Italia
e Alessia Rosolen, consigliere uscente e candidata al consiglio regionale,
esponenti del movimento “Un’Altra Regione”. «L’esternazione di Kraus – hanno
commentato – è il risultato della vecchia politica, per la proposta, per il
rinnovamento, per dare risposte concrete, sta per arrivare Un’altra Regione».
«La crisi non aspetta – hanno detto cambiando tema – e mentre la Regione
Sardegna ha deliberato il regime doganale di Zona franca e Capodistria, a quanto
pare, non sarà da meno, qui siamo fermi. Quando arriverà il nostro turno – si
sono chiesti Bandelli e Rosolen - e quanti altri treni vogliamo perdere? Quanto
dobbiamo aspettare per rivendicare la nostra autonomia? Oltre un anno fa – ha
spiegato Rosolen – avevo sollecitato la giunta Tondo affinché desse l’avvio
all’iter previsto dalla legge n.122 del 2010 e dalla legge n.183 del 2011 che
istituiscono le cosiddette ‘Zone a burocrazia zero’. Si tratta – ha precisato –
di reali strumenti di sviluppo e crescita, nonché di mezzi per potenziare la
capacità di attrazione della nostra Regione, con il fine di promuoverne la
capacità di concorrenza con le aree più vicine. La giunta Tondo – ha accusato la
consigliera uscente - non ha saputo snellire le procedure che troppo spesso
imbrigliano lo spirito imprenditoriale del Friuli Venezia Giulia. Chiediamo – ha
concluso Rosolen – l’istituzione di queste zone anche in Friuli Venezia Giulia».
Bandelli si è soffermato sul tema dell’energia, che ha definito «un altro
capitolo nero di questa giunta. Nel programma di Tondo – ha sottolineato - non
c’è un solo accenno al rigassificatore o sull’approvazione di una legge
regionale sull’energia».
Energia rinnovabile, 57mila posti a rischio -
CONFARTIGIANATO
Una direttiva europea impone nuovi requisiti agli addetti nel
fotovoltaico e nelle biomasse
ROMA Dal primo agosto potrebbero trovarsi senza lavoro molti dei 57.000
installatori di impianti che operano nel settore dell’energia da fonti
rinnovabili: fotovoltaico, a biomasse, solare termico, pompe di calore e
geotermia. È quanto si legge in una nota di Confartigianato. «È il destino che
li attende in base al decreto legislativo 28/11 - spiega l’associazione - che
recepisce una direttiva europea e impone, quale requisito per poter effettuare
interventi di installazione nel settore delle rinnovabili, percorsi di
qualificazione professionale per i responsabili tecnici delle aziende (titolari
e dipendenti)». «Ma, mentre per i laureati e i diplomati agli istituti tecnici
la legge non prevede obblighi di formazione, e per i diplomati di scuola
professionale impone un corso di 80 ore - sottolinea Confartigianato - non c’è
alcun riferimento a titolari e dipendenti in possesso del titolo di studio della
scuola dell’obbligo e dell’esperienza maturata in anni di lavoro. In pratica a
questi imprenditori si nega sia il riconoscimento delle competenze acquisite sia
la possibilità di svolgere corsi di aggiornamento professionale». «Si tratta di
una disposizione assurda, inaccettabile e discriminatoria - denuncia il
presidente di Confartigianato Impianti, Giovanni Barzaghi - che impedisce di
lavorare a migliaia di imprenditori che da anni svolgono con competenza la
propria attività». «Soprattutto in questo momento di crisi - aggiunge Luca
Falco, delegato all’energia di Confartigianato - una norma come questa si
abbatte come una mannaia sulle imprese e sui lavoratori del settore
installazione impianti. Tutto il contrario di quanto servirebbe sia per favorire
l’occupazione sia per contribuire a sviluppare il settore delle energie
rinnovabili». Confartigianato Impianti è intervenuta presso il Ministero dello
Sviluppo Economico per sollecitare la modifica della legge «che - sottolinea il
presidente Barzaghi - presenta profili di incostituzionalità poichè crea una
barriera ingiustificata all’attività imprenditoriale, finendo per estromettere
dal mercato migliaia di aziende.
Piazza Volontari Giuliani - Festa di Primavera con 25 associazioni
Grande partecipazione alla Festa di Primavera in piazza Volontari Giuliani. Ben 25 le associazioni riunitesi nel giardino, con omaggi floreali, dolci in regalo. I numerosi ragazzi si sono divertiti con i classici giochi di gruppo e di Pasqua con Amiscout, Andandes, Orizzonti dell’Est e dell’Ovest. Momenti di narrazione in lingue straniere e banchetti ambientalisti.
SEGNALAZIONI - RIFIUTI Lo smaltimento dei medicinali
In riferimento alla segnalazione pubblicata in data odierna dal vostro quotidiano, a firma del signor Aldo Ricci (“Rifiuti – il problema dei medicinali”), l’Ordine dei farmacisti informa che, a seguito di una propria richiesta inoltrata agli inizi di marzo 2011, il Comune di Trieste comunicava che i medicinali scaduti provenienti dalle civili abitazioni dei privati cittadini sono definiti “rifiuti urbani” - ad eccezione di una particolare classe, quella dei farmaci citotossici e citostatici- e che, a norma di legge, possono essere smaltiti assieme a tutti gli altri rifiuti prodotti dai cittadini. Considerando il fatto che il Comune di Trieste non conferiva, nel marzo del 2011 i rifiuti ad una discarica, dove i medicinali avrebbero potuto contaminare l'ambiente, ma utilizzava un impianto di termodistruzione moderno ed adeguato, risultava inutile la raccolta differenziata domestica dei medicinali scaduti in quanto questi, una volta conferiti nei cassonetti, finivano direttamente nell'inceneritore non contaminando l'ambiente circostante. Per quanto indicato dal Comune di Trieste allo scrivente Ordine, è sufficiente, quindi, attenersi alle medesime norme che regolano il conferimento degli altri rifiuti urbani, ovvero utilizzare sacchetti per le immondizie da depositare all'interno dei cassonetti stradali, a cura dei cittadini. Rimane inteso che l’Ordine professionale è sempre a disposizione del Comune di Trieste (e di quelli della nostra Provincia) per monitorare la situazione ed intervenire qualora le modalità di smaltimento dei rifiuti urbani dovessero essere modificate.
Marcello Milani
IL PICCOLO - VENERDI', 29 marzo 2013
Rigassificatore: con Kraus in Comune si cambia la
rotta? - la lettera del giorno di Lucia Sirocco
C’era proprio bisogno di andarselo a cercare in Confindustria il nuovo
assessore comunale allo Sviluppo economico? La domanda sorge spontanea leggendo
l’intervista all’assessore Edi Kraus pubblicata sul Piccolo qualche giorno fa.
Intervista nella quale Kraus si dichiara favorevole al rigassificatore «pur
rispettando (bontà sua!) il parere della maggioranza dei cittadini che mi sembra
contraria». Una maggioranza di cui fa parte anche il sindaco che lo ha nominato
ed è certo più informata e consapevole del signor Kraus, il quale invece
trascura (come spesso i vertici di Confindustria sono usi fare...) ogni
considerazione di ordine ambientale, per ribadire i soliti slogan – privi di
contenuto e di rapporto con la realtà – sempre ripetuti dai sostenitori del
progetto di Gas Natural. Eccolo quindi dire che il «rigassificatore potrebbe
dare gas a prezzi concorrenziali attirando aziende a Trieste», anche se non si
capisce perché e come ciò dovrebbe avvenire (col rigassificatore di Porto Viro,
signor Kraus, non è avvenuto!) visti gli introiti garantiti ai gestori di questi
impianti anche se non dovessero rigassificare nulla, pagati - tra l’altro - con
il denaro che deriva dalle bollette a carico dei consumatori. Il neoassessore
continua citando il fatto che il rigassificatore «potrebbe favorire
l’insediamento di una centrale elettrica a gas» (ma signor Kraus, ne abbiamo già
una) e che potrebbe poi «generare vapore da vendere all’industria» (peccato che
un rigassificatore non generi affatto vapore, ma solo acqua fredda, la quale fa
danni all’ambiente marino), «creare una catena del freddo per aziende alimentari
e farmaceutiche» (lo sosteneva anche Gas Natural, senza però mai riuscire a
dimostrare l’interesse concreto di qualcuno. Nell’ampio dibattito svoltosi
sull’argomento almeno dal 2006 in poi (e che dev’essere sfuggito al signor Kraus),
sono emersi piuttosto gli ostacoli che la presenza del rigassificatore
genererebbe alle altre attività economiche. A cominciare dai traffici nel porto
di Trieste, come la stessa Autorità portuale ha di recente riconosciuto. Senza
dimenticare il turismo e la pesca, che certo verrebbero danneggiati dall’impatto
negativo sull’ambiente marino, legato allo scarico in mare di ingentissime
quantità di acque fredde e di cloro, con i conseguenti impatti negativi sulle
catene alimentari marine. Perché è questo il concetto che il signor Kraus fa
fatica a comprendere: il rispetto o il degrado dell’ambiente sono strettamente
correlati allo sviluppo dell’economia di un’area, ovvero al suo declino. Un
approccio moderno, e non ottocentesco, ai problemi economici, suggerirebbe di
tenerne conto. Concludiamo con una domanda al sindaco Cosolini, che tutti
ricordiamo lo scorso dicembre in prima fila nella manifestazione in piazza Unità
reggere lo striscione contro il rigassificatore: l’ingresso in giunta del
neoassessore prelude forse anche a una “correzione di rotta” nella posizione del
Comune di Trieste, finora fermo nell’opporsi al progetto di Gas Natural?
SEGNALAZIONI - Porto Vecchio - Si inizi dal recupero di quello che c’è
È doveroso intervenire, prima di ricominciare da capo con i soliti esempi di waterfront, con la rivendicazione di densità abitativa all’interno dell’area di Porto Vecchio, perché non si spopoli l’area nelle ore notturne e così via: lo sappiamo a memoria. Troppe volte abbiamo sentito questi discorsi e mi sia consentito di esprimere il mio dissenso da queste analisi, per il bene della città e le troppe distorsioni che da troppo tempo pullulano su Porto Vecchio e sul suo riuso. Credo che di dibattiti e di illustri architetti la città ne sia stufa. Forse non si conoscono abbastanza la storia e le vicende di Porto Vecchio per riprendere strade abbandonate e che finora non hanno vinto. Ci sono ancora casi in Europa, come il vecchio porto di Lubecca e di Fiume, dove vige ancora il porto franco, che attendono un processo di rivitalizzazione. A Lubecca già da tempo (dal 2000) i magazzini storici vengono utilizzati comunque. Certamente il nostro complesso monumentale è unico al mondo per la sua estensione e ricchezza per quanto riguarda il patrimonio di archeologia industriale, comprensivo anche di attrezzature elettromeccaniche (come gli scalandroni della Stazione marittima che oggi si trovano davanti al Magazzino 21, come l’Ursus, “il gigante del porto”, come la gru idraulica davanti al Magazzino 6) e soprattutto di impianti come la centrale idrodinamica con i suoi macchinari originari e la sottostazione elettrica di riconversione. Oggi la centrale idrodinamica ( così come il Magazzino 26), restaurata per merito non certo dei politici, è diventata il fulcro di attività espositive e di attrazione dei giovani, più di 15.000 visitatori dal giorno della sua inaugurazione (18 giugno 2012). Non bisogna riprendere discorsi perdenti e che non potranno dare futuro al distretto portuale storico di Trieste. Mi spiace che Portocittà, che è stata accolta con ampia collaborazione di molti, abbia poi chiuso le porte del Magazzino 26. Nonostante la Biennale diffusa (2011), che aveva dato impulso all’apertura degli spazi e della bretella che porta da largo Santos a viale Miramare, la fondazione di un comitato internazionale sul Porto Vecchio, e di un gruppo locale e nazionale di supporto che hanno seguito costantemente il percorso intrapreso e l’azione di diffusione in Europa (grazie a Italia Nostra), non si capisce perché si è persa la collaborazione e il percorso comune. Forse per intenzioni totalitarie che non lasciavano spazio a “idee differenti”, ma sempre della città. Forse perché si dà sempre una lettura politica ai fatti. Forse perché non si è ancora perso il vizio di strumentalizzare il porto. Spesso chi parla non ha studiato abbastanza, perché quando si ha consapevolezza delle questioni in essere si trovano soluzioni possibili. Perché si insiste sulla sdemanializzazione e sul porto franco quando si può agire anche in altro modo? Certo non c’è spazio per chi vorrebbe un waterfront su modelli estranei al nostro contesto e per chi pensa e si illude, ancora oggi, che basta togliere un cancello per trovare investitori. Noi non abbiamo bisogno di lezioni, sappiamo bene come andare avanti a cominciare da normative speciali per il restauro dei magazzini, insediare attività compatibili con la portualità, il commercio, il turismo culturale e i giovani. Bisogna conoscere gli iter procedurali, saper intervenire appropriatamente e al momento giusto, bisogna ammettere i propri errori e riprendere il discorso su Porto Vecchio alla luce degli eventi attuali, per non perdere tempo come si è sempre fatto dagli anni Settanta in poi. Ancora una volta si sbaglia l’approccio (troppo privatistico): non si inizia dai nuovi interventi, ma si comincia dal recupero dei magazzini storici, se un solo gruppo non ha la possibilità di intervenire sull’intero patrimonio si devono cercare sinergie con altri soggetti pronti a intervenire anche subito. Perché sono state escluse tutte le dichiarazioni di interesse? Sono forse lasciate nel cassetto? Non si poteva accelerare il progetto su tutta l’area invece che concentrarsi su poche? Chi ha scelto e deciso quella lunga procedura terminata con l’assentimento a un unico concessionario nel novembre 2010? Perché a tre anni avanzati dall’approvazione definitiva della variante Barduzzi (2007)? Prima di attaccare i vertici attuali dell’Autorità portuale bisogna conoscere il passato e i protagonisti del dibattito su Porto Vecchio che si è articolato in mille forme. Oggi si permettono tutti di intervenire e pontificare sul riuso. Possiamo dire che soltanto una decina di persone (professionisti e personaggi di cultura), l’associazione Italia Nostra, la stessa Autorità portuale e il ministero dei Beni culturali (con il Magazzino 26, l’hangar 1, e - nel gennaio 2004 - il polo museale) hanno dato il via al recupero (vedi anche l’iter della variante). Noi tutti abbiamo le idee chiare, siamo sempre pronti e stiamo già lavorando per il bene del porto e della città. Direi che è ora di finirla con i proselitismi e del pronunciamento di verità che stanno da una parte sola e che scelgono le strade sbagliate. Portocittà avrebbe dovuto valorizzare i contributi locali e non farsi incantare dalle false promesse.
Antonella Caroli (ex segretario generale Autorità portuale di Trieste)
Non sono riuscito a comprendere - e ovviamente è un mio limite - quale sia la tesi di fondo di questa “replica” all’intervista con l’architetto Goncalo Byrne, proposta dal nostro giornale il 27 marzo nelle pagine della cultura. Ma mi permetto di osservare alcune questioni, che per semplicità elenco di seguito: a) se il punto franco implica un valore e non un ostacolo, non capisco come mai il Porto Vecchio sia in rovina, mentre dovrebbe pullulare di attività economiche; b) ponendo pure che il Porto Vecchio fosse attraente per chi esercita attività portuale e terminalistica, mi sfugge attraverso quali modalità le merci potrebbero arrivare e ripartire da un luogo che è completamente incluso nel contesto urbano; forse che qualcuno immagina un via-vai di camion sulle rive o in viale Miramare? Forse che non è già oggi scandaloso, per una città preziosa quale Trieste, che vi siano i tir nel pieno del nucleo storico? c) Caroli cita Lubecca e Fiume, ma certamente ha presente che assai di frequente il caso di Trieste è stato affratellato a quello di Amburgo, che di recente ha cancellato il punto franco dal suo scalo storico; d) se l’architetto Caroli dai ballatoi del magazzino 26 sbirciasse verso il magazzino dirimpetto, potrebbe vedere le balle di fieno delle vacche là tenute dal concessionario Prioglio fino a nemmeno 5 anni fa; mi chiedo se abbia in mente di riportare le mucche in Porto Vecchio, dal momento che non trovo alcuna proposta concreta; e) concordo sulla necessità di evitare slogan e discorsi vaghi e generici, difatti di off-shore e di attrarre aziende per la lavorazione di merci in esenzione doganale, ma anche di calamitare imprese innovative high-tech di profilo internazionale o di borse merci, vi è chi discute da decenni e nulla nei fatti combina; f) non mi interessa qui analizzare le colpe di Portocittà o dell’Autorità portuale, l’intervista a Byrne proponeva il punto di vista di un architetto certo competente e di evidente equilibrio; g) sarò lietissimo se, tra 10 o 20 anni, Porto Vecchio sarà tornato a essere altro da un relitto, ma i presagi sono infausti: dopo la cacciata di Generali e l’Expo mancato, ecco che il fallimento con cui facciamo i conti oggi non credo rappresenti un fattore di accreditamento per investitori chiamati a una operazione titanica. Di sicuro, queste vicende finiranno nei libri di storia e chi ha amministrato il porto ne avrà parte e responsabilità.
(p.pos.)
Rete della telefonia mobile e sviluppo: vertice in
Comune
Vertice in Municipio sulla telefonia mobile e tematiche connesse. Su
iniziativa dell’assessore all’Ambiente del Comune, Umberto Laureni, alla
presenza dei dirigenti dell’Area Città e Territorio e dell’Arpa-Agenzia
Regionale per la Protezione Ambientale, si è tenuto un incontro con tutti i
gestori di telefonia mobile, nel corso del quale sono state trattate le
problematiche relative alla collocazione sul territorio comunale di impianti di
telefonia mobile e alla riconfigurazione di quelli esistenti, in funzione dei
piani di sviluppo della rete, al fine di poter fruire della nuova tecnologia di
trasmissione dati (Long Term Evolution) sempre più utilizzata dai cittadini.
Laureni, fermi restando il ruolo del Comune in materia di tutela della
cittadinanza dall’esposizione ai campi elettromagnetici e la piena disponibilità
al confronto con tutte le forze sociali interessate, ha ribadito la scelta
dell’amministrazione di porre in essere e valorizzare ogni forma di
collaborazione con i gestori e con l’Arpa, allo scopo di risolvere le
problematiche già esistenti e di prevenire quelle associate all’evoluzione
tecnologica della rete di telefonia mobile.
Banca Etica - Alle 18 in via Donizetti, 5/a
“Banca Etica al servizio dell’economia civile e i rapporti con i temi ambientali” è il titolo dell’incontro con Enrico Trevisiol, responsabile della filiale di Trieste di Banca Popolare Etica, che si terrà nella sede di Legambiente, in via Donizetti 5/a, con inizio alle 18. L’incontro è promosso dal circolo Verdeazzurro Legambiente ed ha lo scopo di illustrare le finalità ed il funzionamento di questo istituto bancario.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 marzo 2013
Rigassificatore, due “no” da Strasburgo e Camera -
Interrogazioni dell’eurodeputato Zanoni e di sel-pd
Ancora due prese di posizione, di fonte diversa ma convergenti sulla
sostanza, a sfavore del progetto del rigassificatore da costruire nelle acque
del golfo di Trieste.
«La Commissione europea accerti la possibile violazione da
parte del progetto delle direttive europee sugli incidenti rilevanti, sulla
procedura di Valutazione d’impatto ambientale (Via), di Valutazione ambientale
strategica (Vas)». Lo chiede con un’interrogazione Andrea Zanoni, eurodeputato
di Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa (Alde) e membro della
Commissione ambiente all’Europarlamento. «Ho chiesto anche se e con quali
procedure il rigassificatore può essere inserito e finanziato dall’Ue tra le
infrastrutture energetiche prioritarie, nonostante le opposizioni succitate»,
specifica l’eurodeputato di Treviso, noto animalista e ambientalista. Zanoni
infatti teme “colpi di mano” di funzionari del Ministero italiano a Strasburgo
per includere Zaule tra i progetti che, essendo classificati «prioritari»,
bypassino le opposizioni italiana e slovena. «Il progetto di rigassificatore di
gas naturale liquefatto proposto dalla multinazionale Gas Natural Fenosa
attraverso la Gas Natural Rigassificazione Italia Spa a Zaule - specifica Zanoni
- è accusato di costituire un potenziale danno ambientale, portuale e un rischio
d’incidenti catastrofici sia dagli abitanti della zona, Ong ambientaliste e
autorità locali, che dalla Repubblica di Slovenia. Il problema è già
all’attenzione del Parlamento europeo con le petizioni di Greenaction
Transnational e di Alpe Adria Green». Attualmente il Ministero dell’Ambiente
italiano ha in corso una nuova procedura di Via ai sensi della direttiva
2011/92/Ue. «Nonostante tale procedura di valutazione non sia ancora conclusa -
accusa l’europerlamentare veneto - il ministro italiano dello Sviluppo
economico, Infrastrutture e Trasporti Corrado Passera, ha dichiarato alla stampa
che il rigassificazione si deve fare a tutti i costi». Frattanto martedì scorso
è stata presentata alla Camera una mozione, voluta dai deputati Serena Pelegrino
e Ferdinando Aiello (Sel), eletti rispettivamente per il Friuli Venezia Giulia e
la Calabria, e firmata dal capogruppo Sel Gennaro Migliore e dai deputati Sel
Celeste Costantino e Pd Ernesto Magorno. Nell’istanza si chiedono «misure idonee
e urgenti al fine di congelare le procedure autorizzative per i rigassificatori
on-shore insistenti sul suolo nazionale». La mozione si basa su studi dei
«professori di chiara fama» Giorgio Trincas, Radoslav Nabergoj e Marino Valle.
«Gli esperti - si legge in una nota dei firmatari - evidenziano che allo stato
attuale, in assenza di un piano energetico nazionale e vista la diminuita
richiesta di prodotto sul mercato, non si giustifica economicamente la
costruzione di nuovi impianti. Da anni sono disponibili soluzioni tecniche
alternative. Il gas va rigassificato in mezzo al mare, in acque internazionali,
utilizzando soluzioni di pressoché nullo impatto ambientale».
Ferriera e rifiuti L’udienza Rosato slitta al 10 aprile
È stata rinviata dal giudice Luigi Dainotti al prossimo 10 aprile l’udienza
per la decisione relativa al rinvio a giudizio dell’ ex direttore della Ferriera
Francesco Rosato, attuale consulente del Comune per le dismissioni e la
riconversione dello stabilimento. In quell’occasione ci saranno la discussione e
le eventuali repliche dei difensori, gli avvocati Giovanni Borgna e Michele
Bontempi. Sotto accusa oltre a Rosato anche Vincenzo D’Auria, già responsabile
del settore ecologia, e Walter Palcini, dipendente della ditta Refitalia.
Secondo il pm Pietro Montrone hanno a vario titolo ceduto, rivenduto e
trasportato, o comunque gestito abusivamente ingenti quantità di rifiuti
pericolosi proprio della Ferriera. Rosato era stato raggiunto nel 2011 da
un’ordinanza di custodia cautelare del gip di Grosseto ed era rimasto
“ristretto” agli arresti domiciliari per 24 giorni. A mandarlo libero era stato
il Riesame di Firenze. In particolare l’ex direttore della Ferriera è accusato
di aver consentito la miscelazione dei rifiuti e di falso ideologico, collegato
all’uso di analisi chimico-fisiche che per il pm sono state vistosamente
taroccate nei dati finali in modo da abbassare il valore inquinante dei rifiuti
e i relativi costi di smaltimento. Lunedì scorso Rosato è stato assolto dal
giudice Paolo Vascotto in un altro processo di inquinamento riguardante il suo
ruolo di direttore della Ferriera. In particolare era accusato dal pm Maddalena
Chergia del superamento dei limiti di legge relativi all’autorizzazione per il
funzionamento e l’attività dello scarico dello stabilimento di Servola.
(c.b.)
Piazza Perugino, tra i rifiuti abusivi spunta pure
l’eternit
Dopo elettrodomestici, mobili e intere camere gettate vicino ai bidoni delle
immondizie, da qualche giorno in via Luciani, a pochi passi da piazza Perugino,
è stata abbandonata sul marciapiede una tettoia in eternit. A segnalare i
rifiuti, sistemati di notte, alcuni cittadini preoccupati, tanto più che da un
paio di giorni il materiale è stato isolato con un nastro, ma non è stato ancora
rimosso. La copertura, spezzata in vari punti, è stata accatastata a ridosso di
una casa circa una settimana fa, proprio davanti ai contenitori delle immondizie
che si trovano all'incrocio con via Matteotti. Con la bora, soffiata nelle
giornate di maltempo, alcuni pezzi sono finiti anche sotto le automobili
parcheggiate. «Capita in continuazione - spiega un residente - lasciano
qualsiasi cosa perché è una strada un po' defilata, passano probabilmente di
notte e scaricano. Abbiamo visto un po' di tutto in questi mesi, mobilio,
televisori, lampadari, materassi e anche passeggini o carrozzine. Forse andrebbe
posizionata qualche telecamera, visto che proprio in questo punto sembra una
discarica a cielo aperto, e le persone andrebbero sanzionate, soprattutto quando
si tratta di scarti come questa tettoia che, a quanto pare, sembra un rifiuto
che andava smaltito in modo adeguato». Ma è in tutta la zona che prosegue
l'abitudine poco educata di lasciare rifiuti ingombranti sui marciapiedi, invece
di destinarli ai grandi centri di raccolta. Segnalazioni sono già arrivate in
passato, ma senza alcuna soluzione. Sempre su via Luciani, accanto alla tettoia,
nei giorni scorsi sono stati lasciati persino un'aspirapolvere, con una serie di
sacchetti pieni, volati poi sulla strada portati dal vento, e ancora un intero
armadio e scarti di materiale edile. Qualche via più in su, in una trasversale
di via Revoltella, fa bella mostra un letto matrimoniale, appoggiato su un muro,
sempre nei pressi di alcuni bidoni di immondizie, mentre nella vicina via
Ghirlandaio c'è chi ha lasciato quel che resta di una vecchia cucina. Su via
Gambini sono apparsi nei mesi scorsi anche una lavatrice e qualche materasso.
Per quanto riguarda i rifiuti ingombranti si può fare riferimento ai servizi di
recupero e ai centri raccolta dell'AcegasAps: le giornate e gli orari sono
consultabili sul sito www.gruppo.acegas-aps.it. Sono situati in via Carbonara 3,
via Valmartinaga 10, strada per Vienna 84/a, in via Giulio Cesare 10 e a Duino.
Micol Brusaferro
In piazza Unità - Presidio di Greenaction contro i rifiuti speciali
Si terrà alle 17, in piazza Unità, il presidio di Greenaction Transnational “Liberiamo Trieste dai rifiuti italiani”. Cinquantamila tonnellate di rifiuti speciali - fa sapere Greenaction - in arrivo dalla Campania e dal Veneto finiscono all’inceneritore di via Errera: per questo andrebbero verificate non solo le emissioni in atmosfera ma anche la loro presenza nel suolo.
SEGNALAZIONI - Rifiuti - Il problema dei medicinali
Recentemente ho dovuto fare una cernita nella cassettina dei medicinali che nel tempo è diventato un “cassettone” poiché con l’avanzare dell’età e degli acciacchi le prescrizioni variano ed aumentano tanto che ci si ritrova con scatole di medicinali smezzate, altre scadute, altre ancora buone ed intonse ma non usufruibili perché sostituite. A questo punto bisogna eliminarle, ma dove? Mi sono rivolto in farmacia e mi è stato detto che potevo gettarle nel cassonetto degli scarti non recuperabili in quanto... “a Trieste non c’è raccolta differenziata, tutto va a finire nell’inceneritore!”. Sono rimasto allibito poiché in famiglia da quando è stata proposta la raccolta differenziata l’abbiamo sempre seguita con attenzione massima: carta con carta, plastica con plastica, vetro con vetro e così via. Mi sono sentito cretino e tradito e ciò nonostante avessi già sentito questa voce inquietante, se vera. Poi si aprono i cassettini della memoria: Trieste ha un livello bassissimo di “differenziata” e allora dov’è la civilissima Trieste? Rientra anche questo nel fatidico “no se pol?” e allora uno comincia ad arrabbiarsi perché si accorge di essere preso in giro! Pago un sacco di soldi di tassa specifica, devo dividere i rifiuti, perdere un sacco di tempo e portarli all’”isola” più vicina e poi tutto si annulla, se è vero è pazzesco e truffaldino. Signori del Comune, signori dell’Acega c’è qualcuno che si degna di darmi una risposta? Ancora una cosa, su un foglietto informativo di un medicinale, dopo la prima vicenda, ho trovato scritto che ... “i medicinali non più utilizzati vanno consegnati in farmacia!”. Siamo in piena confusione, sarebbe opportuno che l’associazione Farmacisti informasse i propri aderenti sui comportamenti più consoni.
Aldo Ricci
San Dorligo, repulisti del verde esuberante: ordine del
sindaco
SAN DORLIGO DELLA VALLE Con l’arrivo della primavera e la rapida crescita di
cespugli e arbusti, si rende necessaria un’attenta manutenzione delle diverse
sedi stradali. A tale proposito il Comune di San Dorligo ha da poco emesso una
ordinanza che regola la manutenzione della vegetazione lungo le direttrici
pubbliche. Lo ha annunciato il sindaco Fulvia Premolin in un incontro pubblico
sui temi della gestione del verde urbano e del paesaggio organizzato a Domio
dalle associazioni Triestebella, Italia Nostra, Legambiente e Tra fiori e
piante. L’ordinanza comunale prevede la pulizia del verde in eccesso in caso di
occultamento della segnaletica stradale, l’invasione della pavimentazione, la
compromissione della sicurezza di circolazione. Al patrimonio verde di proprietà
comunale appartengono le alberature di strade municipali e dei parchi. Su questo
argomento il tecnico dei giardini Giorgio Valvason ha illustrato come piantare
correttamente un albero e soprattutto come procedere in caso di potatura,
partendo dal presupposto che un albero sano non dovrebbe essere comunque potato.
È stato notato come spesso le potature vengano effettuate con metodi impropri,
con il risultato di rovinare gli alberi non solo esteticamente, ma di aumentarne
la precarietà e, pertanto, di favorirne l’eventuale caduta. Alberi e arbusti
possono essere utilizzati per risanamenti e migliorie paesaggistiche e
strutturali. A tale proposito Giuliano Sauli, presidente dell’Associazione
italiana per l’ingegneria naturalistica, ha documentato diversi esempi di
rinverdimento di cave, importanti arterie stradali e coperture di edifici. Con
l’aiuto di documentazioni storiche, Sauli ha illustrato poi la trasformazione
del paesaggio nel versante a valle della Val Rosandra e del ciglione carsico
compreso nei comuni di Dolina e di Muggia. La serie di interventi è stata
conclusa dall’agronomo Paolo Parmegiani, con l’osservazione di come il verde
coltivato, oltre a creare reddito, risulti parte integrante di un paesaggio
reale fonte di benessere per tutta la comunità.
Maurizio Lozei
ATTO CAMERA, mozione 1/00012 - MERCOLEDI', 27 marzo 2013
Nella sostanza di chiede di revocare tutte le autorizzazioni concesse di chiedere la revisione completa di tutta la progettazione.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 marzo 2013
MUGGIA - Prg: anche da Marzi (Sel) un secco no ai
grillini
Il vicesindaco respinge le proposte sul riutilizzo a fini turistici delle
zone inquinate
MUGGIA Dai vertici del Comune di Muggia arriva un altro “niet” alle proposte
avanzate dal Movimento 5 stelle durante la fase partecipativa di redazione della
nuova variante al Piano regolatore. Stavolta, a respingere i contributi dei
grillini è Sinistra ecologia libertà, rappresentata a piazza Marconi da Laura
Marzi, vicesindaco e assessore alla pianificazione territoriale: «L’idea di una
riconversione turistica della zona Teseco, ad Aquilinia, ci trova nettamente
contrari». Il giudizio, lapidario, deriva dalle medesime ragioni già espresse
dal sindaco Nesladek e dal gruppo consiliare del Partito democratico: anzitutto
l’area è inquinata, e quindi non adatta a fini ricreativi e ambientalistici, e
per di più essa rappresenta una potenziale risorsa occupazionale per il
territorio. No al parco acquatico, no alla spiaggia, no al ponte girevole sul
canale navigabile, che nel disegno del Movimento fungerebbe da bretella di
collegamento dei percorsi ciclopedonali muggesani e triestini. Per Sel, come per
il Pd, le zone Ezit ed ex Aquila devono rimanere industriali. «Siamo
naturalmente sensibili alla difesa dell’ambiente, contrari al consumo del suolo,
ma anche consapevoli del fatto che è necessario dare delle risposte alla
questione fondamentale del lavoro», argomenta Marzi. La partita più importante
del Prg di Muggia si gioca proprio su questo delicato crinale: l’urgenza di
conciliare lo sviluppo industriale e la protezione del contesto naturalistico,
istanza irrinunciabile per i partiti di maggioranza del Consiglio comunale
rivierasco. «Governiamo insieme, e dunque le nostre visioni sono abbastanza
affini a quelle del Pd», spiega Marzi. Tra le priorità dell’agenda di Sel vi
sono da sempre la lotta alle speculazioni edilizie, da realizzarsi evidentemente
tramite politiche edilizie piuttosto stringenti, la salvaguardia dei terreni
agricoli e il recupero delle reti viarie per i pedoni e i ciclisti. «Ma –
prosegue Marzi – non possiamo limitarci a questo, così come non possiamo
immaginare di reagire alla crisi soltanto con il turismo locale: la
disoccupazione è grave, e occorre affrontarla incentivando le attività portuali
e di logistica». Le linee guida sono quelle di Nesladek: lavorazione delle merci
in transito, eventuale spostamento di parte della zona franca, collegamento con
il porto di Capodistria, magari la trasformazione della piana delle Noghere in
una moderna zona di distribuzione agroalimentare. “Ricette” che non possono
prescindere da un contrasto incondizionato al rigassificatore di Zaule, come
sottolinea la vicesindaco: «Le dichiarazioni di apertura al progetto da parte
del neo-assessore allo sviluppo economico della giunta Cosolini, Edi Kraus, sono
molto gravi». Laura Marzi conferma l’intenzione della giunta di recepire il
progetto Pisus anche nell’eventualità della mancata approvazione dei
finanziamenti regionali, con lavori da eseguire a tranche negli anni. E per
quanto riguarda lo sviluppo della costa: «Non siamo per l’opzione zero, crediamo
in uno sviluppo che passi per il recupero e la valorizzazione dell’esistente,
per l’agriturismo e per lo “slow tourism”». Intanto, anche l’opposizione si
prepara a formulare la propria proposta sul nuovo Prg: Claudio Grizon informa
che sono in corso riunioni tra il coordinamento e il gruppo consiliare del Pdl.
Davide Ciullo
Una linea di lido con pista per bici tra Barcola e
città
La sagoma lasciata dalla storia sulla città resta impressa nelle pietre ma
non di meno nei vuoti. E il vago concetto di “fascino straordinario” che tanto
di frequente viene chiamato in causa per Trieste, ha a che fare con il dato
ambientale, geografico, topografico, con architetture di standard elevato e
estesamente diffuso. Una sorta di matrice che rende coerente il volto urbano e
che ha tratti di straordinarietà, in particolare, nell’opera di Matteo Pertsch.
Ma non è in questione “solo” l’edificato: il fascino di Trieste ha a che vedere
in primis con ciò che precede e attornia l’architettura, ossia con i vuoti
urbani configurati in forma di viali, Rive, piazze (di frequente abitate da
monumenti e fontane, come si conviene a una capitale). Nel gioco dei vuoti
Trieste ha uno dei suoi sigilli identitari. La porosità urbana come specchio
della porosità sociale che ha reso metropolitana, inclusiva e multi-etnica
Trieste appunto da Maria Teresa in avanti. La riflessione di Gonçalo Byrne su
Porto Vecchio – per quanto possa apparire stravagante in chi pratica il mestiere
di costruire – parte appunto dal tema dei vuoti urbani e dal loro senso, dalle
loro possibili nuove funzioni mirando a «un fortissimo investimento nella
riqualificazione dello spazio pubblico». Porto Vecchio catalizza al suo
perimetro traghetti, pullman, treni, autobus. Ma nel corpo dell’antico scalo
l’architetto portoghese dice che occorrerebbe «privilegiare la mobilità dolce,
riducendo al minimo anche la velocità delle auto, di sicuro senza usare mai il
fronte affacciato al mare per parcheggiare la auto». Byrne non affonda il colpo,
ma è evidente che allude allo sfacelo delle Rive ridotte a tangenziale percorsa
da camion e ai parcheggi sistemati a bordo d’acqua. La fascia urbana più
preziosa assegnata alle funzioni meno nobili. E un muro di lamiere che separa
Trieste dal suo tesoro incommensurabile: il mare. Sulla linea di costa Byrne,
invece, pensa a una pista ciclabile continua da Miramare alla città, dentro al
terrapieno di Barcola e dentro a Porto Vecchio, dove attrezzare magari «una
linea di lido come a Barcellonetta». Perché in Porto Vecchio andrà considerato
un mix di funzioni, un ciclo di vita che tenga dentro lavoro legato al mare,
residenza, ricerca, uffici. Tema complesso, perché concretamente per esempio i
magazzini di stoccaggio, con i loro 40 metri di profondità e le loro finestre
piccole, sono di ardua adattabilità alle moderne esigenze di residenza o di
ufficio. Tant’è che Byrne dice che «non è affatto semplice trovare risposta alla
domanda relativa alla vita interna che potranno accogliere i vecchi magazzini.
Non possiamo chiudere la questione in una immagine nostalgica». Accanto ai
magazzini ottocenteschi, per i quali è fin troppo ovvio parlare di filologico
restauro, andrebbero poi «previste con una certa densità nuove residenze, con
intensità che potrebbe essere anche inferiore a quanto previsto dal Piano
regolatore. Funzione che mi interessa per assicurare all’area un ciclo di vita
nell’arco dell’intera giornata». Tasto dolente dell’intera operazione,
l’edificazione di nuove residenze sul terrapieno di Barcola. Tasto dolente e
insieme punto di leva formidabile per gli oppositori al progetto. Ma Byrne
replica che «il progetto deve andare in direzione di una sostenibilità durevole»
e che ormai in architettura «non si fa più nulla senza il prefisso eco,
parametro della ragionevolezza di una città capace di evolvere guardando alla
qualità ambientale e di vita dei suoi abitanti. Nessuno parla più in Occidente,
di modelli stile Shanghai o Dubai, ma di pezzi di città dove la qualità viene
sedimentata e fondata su sostenibilità economica, sociale e ambientale». Byrne
non appare granché sorpreso delle tensioni esistenti a Trieste tra le differenti
fazioni che interpretano Porto Vecchio in letture differenti e anzi antitetiche.
Ricorda, rifacendosi alla sua esperienza diretta, che pure a Lisbona il recupero
del fronte d’acqua si è giocato su un «continuo conflitto e confronto» tra chi
reggeva il governo della città e la locale Autorità portuale. «Ma infine anche a
Trieste occorre un luogo dove il privato investitore, la città tramite i suoi
rappresentanti democratici, l’Autorità portuale dialoghino e mettano insieme le
esigenze di tutti» aggiunge l’architetto. Che lascia sospeso il suo stupore
dinanzi all’inconsapevolezza con cui Trieste vive lo stallo su Porto Vecchio. E
sottolinea che «è indispensabile un master plan, che definisca l'assetto
urbanistico. E poi un piano economico finanziario che proietti la fattibilità
dell’intervento lungo la linea del tempo, poiché i costi di recupero sono
importantissimi. Una gestione del procedimento dove va ricercata la convergenza:
questo è il segreto di tutte le grandi operazioni immobiliari. Il recupero di
Barcellona, per esempio, dipende dalla convergenza in sede politica, rispetto
alle riflessioni proposte da tecnici, storici, giuristi e articolate da
investitori». Mentre Byrne richiama la necessità di un solido master plan, che
rifletta in chiave unitaria su una partita urbanistica propriamente di valenza
europea, l’Autorità portuale provincialisticamente vagheggia lo spezzettamento
di questo impareggiabile unicum in una gassosa nuvola di concessioni.
Paolo Possamai
Byrne: «Trieste non chiuda il suo cuore dietro un muro»
«Dovreste interrogarvi sul fatto che questo è l'ultimo porto antico di
impianto monumentale da recuperare in Europa. Una opportunità immensa di
rifondare la centralità e il destino di Trieste. Una opportunità grande quanto
la responsabilità storica di saperla cogliere». Gonçalo Byrne non ha
l’attitudine, lo stile, nemmeno il tono di voce del polemista o dell’archistar
militante. Soppesa le parole, il suo periodare in italiano è elegante quanto
efficace. Senza eccessi, persuaso che la forza delle cose basta a interrogare
intelligenze e coscienze. Chissà se basta, però, nella Trieste carica di decenni
di disillusioni, di incanti e verità tradite. Ma l’architetto portoghese, che
qualche mese fa è stato incaricato dal concessionario Portocittà di studiare il
Porto Vecchio di Trieste e ne stava immaginando il futuro possibile, ancora
rifiuta l’idea – anzi: la realtà – che il processo sia già abortito e che non
sarà chiamato a redigere alcun progetto. Portocittà, infatti, chiede al Tar di
dichiarare la “nullità” del contratto con l’Autorità portuale. Un fallimento
ancora, sorta di ulteriore pietra miliare di una strada che conduce al baratro.
Ma Byrne prova comunque a ragionare, a discutere degli argomenti che hanno
generato la rottura del contratto e, soprattutto, prova a illuminare la boa che
Trieste ha dinanzi alla sua rotta storica: sulla boa sta scritto “Porto
Vecchio”. Prendiamo in esame da principio la questione del Punto franco, che
secondo Portocittà va spostato perché impedisce la realizzazione di qualsivoglia
progetto di recupero urbano e che, invece, a parere dell’Autorità portuale è una
peculiarità triestina da salvaguardare. «Il Punto franco esiste in altre città
di mare – dice Byrne - ma non nei centri cittadini. Difficile tenere attività di
portualità pesante nel tessuto urbano perché implica lo spostamento di camion e
treni, oltre che attività di dogana e l’esclusione sostanziale dalla città.
L’isola di Madeira per esempio ha un punto franco, ma non sta mica a Funchal
ossia nella città storica. Il Punto franco è funzionale alla manipolazione di
merce, ma come si fa a pensare che sia possibile in pieno centro città? Non
sarebbe più semplice e sensato spostare il Punto franco nel porto nuovo? Ma chi
può essere così fuori dalla storia da pensare di sequestrare ancora il porto
antico di Trieste, da tenerlo chiuso rispetto alla città? Il Punto franco per
propria pretende un recinto chiuso. Possibile che Trieste non abbia altri spazi
diversi da Porto vecchio dove mettere il punto franco?». Va da sé che Byrne pone
domande retoriche, che a suo avviso dovrebbero avere una risposta semplicissima.
Tanto più in una città che è piena di contenitori vuoti e di aree senza
destinazione alcuna. Ma nella città di Penelope, nulla è semplice e tutto sempre
ritorna da capo come in un infinito e allucinato gioco dell’oca. E che importa
se nel frattempo la città sta franando e negando la sua storia e il suo destino
possibile? Byrne legge il caso-Trieste come una sorta di fotogramma. Fotogramma
prezioso e a suo modo unico, ma tuttavia frammento di un film. Un quadro di una
galleria che tiene dentro nella lettura di Byrne, oltre ai casi celebri e più
citati di Amburgo o Genova, anche le vicende di recupero di water-front
concepite per Ile de Nantes, Vancouver, Buenos Aires, Auckland. E ovviamente
chiama in causa altri casi come Lisbona e Barcellona, in cui ha avuto parte
diretta. Al grande architetto portoghese interessa rimarcare come «l’economia
sia oggi essenzialmente un fenomeno urbano», poiché se è vero che «i grandi
centri di produzione economica sono le aree metropolitane», ecco che la fascia
costiera da Marsiglia a Valencia configura un arco urbano, così come il segmento
chiamato Bos-Wash (Boston-Washington). Ma qui viene la sottolineatura e il
parallelo con Trieste: tutti i casi di recupero di water front sopra detti
comportano «il dispiegamento di potenzialità del motore urbano e la generazione
di una interna capacità di attrazione economica». Solo chi non vuol vedere,
dunque, può pensare di tenere il motore racchiuso tra mura. Tale è la
condizione, anzi lo status giuridico del Porto Vecchio triestino finché permane
il regime di Punto franco, poiché - per dirla con Byrne - l’antico scalo
triestino è stato per forza di cose isolato dalla città, con una vita sua tipica
delle fabbriche. Trieste e Porto Vecchio sono stati sempre separati da un muro.
Ma partecipano della medesima straordinaria potenza di storicità e di identità.
«Qui e lì si respira una eccezionale esperienza urbana di ambito europeo – dice
Byrne - una delle più importanti tra ‘700 e '800. A me pare che il piano del
borgo Teresiano sia molto simile, nella sua impronta illuministica e nella sua
porosità urbana, alla Lisbona immaginata dal marchese di Pombal per la
ricostruzione della città distrutta dal terremoto del 1755. Ebbene, la
connessione tra Porto vecchio e Borgo Teresiano è già scritta nelle mappe della
città, poiché il sistema di vuoti lasciati fino a oggi entro lo scalo ha una
fortissima continuità con la trama della città storica. Ovvio che le scale sono
diverse, perché la rete delle strade e degli slarghi era determinata dalle
esigenze delle attività industriali. Ma quel che emerge dalla lettura
urbanistica è una predisposizione incredibile in chiave di riuso a fini urbani».
Byrne ha conosciuto da vicino il caso di Lisbona poiché per motivi professionali
e di docenza ne ha approfondito il ridisegno della fascia portuale. Ma
l’architetto portoghese ha lavorato anche al recupero della linea d'acqua a
Lagos (in Algarve); per 3-4 anni ha fatto parte della giuria che, per conto del
Comune, discuteva con i progettisti gli elaborati per il water front di
Barcellona; ha studiato il recupero dei magazzini più vecchi del porto di Buenos
Aires; attualmente sta predisponendo il piano urbanistico di Algeri. Dentro a
questo excursus di straordinaria ricchezza, le vicende dell’organismo urbano di
Trieste, fatto di due parti sin qua separate e però già perfettamente
intrinsecamente interconnesse, l’hanno appassionato. Dice che la storia di Porto
Vecchio «ha potenzialità straordinarie se non uniche». E poiché «nessuno può
presumere di possedere il passepartout di un fenomeno tanto complesso come una
città», e poiché «occorre sempre ascoltare e non pensare di avere l’unica chiave
interpretativa», Goncalo Byrne ha deciso di dedicare proprio al Porto Vecchio, e
in particolare all’area in concessione a Adriaterminal, il corso che tiene al
Politecnico di Milano. Vuole ascoltare e parlare con i giovani che seguiranno il
corso di uno dei luoghi urbani “più affascinanti e derelitti” dell’Europa di
oggi. Il workshop inizia a aprile. Oltre che per architetti, urbanisti e storici
vi sarebbe materia anche per psichiatri. Agli uni e agli altri, potremmo
sottoporre un tema ulteriore: come mai tanti sigilli identitari di Trieste -
dalla rovina di tanti palazzi di Pertsch, ai monumenti itineranti, fino alle
fontane private tutte dell'acqua, fino appunto al Porto Vecchio - sono stati
occultati o vilipesi?
PAOLO POSSAMAI
Idee nel rispetto del paesaggio e dell'innovazione
Gonçalo Byrne, nato a Alcobaça nel 1941, laureato alla facoltà di
architettura di Lisbona nel 1968, ha avuto un’importante carriera accademica
come professore ospite in molte università europee (Venezia, Losanna, Napoli,
Lovanio University, Barcellona, Graz, Pamplona, Coimbra, Alghero) e statunitensi
(Harvard in America). Alcuni suoi lavori sono stati presentati in esposizioni a
New York, Trevi, Lubiana, Messina, Lucca, Como, San Marino, Lisbona, Oporto,
Milano, Venezia e Vicenza. La ricerca incessante di una relazione appropriata
tra rispetto per il territorio, la sua storia e le esigenze di trasformazione
caratterizza l’opera di Gonçalo Byrne. Nel suo lavoro si fondono i tratti più
caratteristici di una cultura progettuale che ha saputo far tesoro delle più
significative esperienze compiute dall'architettura contemporanea, senza tradire
la tradizione ed i contesti locali. Rigore formale, intuito, soluzioni
commisurate alle esigenze, semplicità esecutiva hanno contribuito
all’affermazione dell’architettura di Byrne.
TriestePrima.it - MARTEDI', 26 marzo 2013
PRESENTATA OGGI AL PARLAMENTO UNA MOZIONE PER "CONGELARE" IL RIGASSIFICATORE
Roma: Parlamentari SEL e PD chiedono, assumendo
l’esperienza dei Professori Giorgio Trincas, Marino Valle e Radoslav Nabergoj,
di congelare le procedure autorizzative per i rigassificatori on-shore
insistenti sul territorio nazionale.
E’ stata presentata stamane, alla Camera dei Deputati, una mozione fortemente
voluta dai Deputati Serena Pelegrino e Ferdinando Aiello (SEL), eletti
rispettivamente per il Friuli Venezia Giulia e la Calabria, e firmata dal
Capogruppo SEL Gennaro Migliore e dai deputati SEL Celeste Costantino e dal
deputato PD Ernesto Magorno.
Hanno collaborato alla stesura del documento, ognuno per le proprie competenze
scientifiche, i professori di chiara fama Giorgio Trincas, Radoslav Nabergoj e
Marino Valle, fornendo la propria esperienza scientifica maturata dopo oltre tre
anni di analisi e studi nel Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste.
Nella Mozione si chiedono “Misure idonee ed urgenti al fine di congelare le
procedure autorizzative per i rigassificatori on-shore insistenti sul suolo
nazionale”. Prendendo ad esempio i progetti dei rigassificatori di Gioia Tauro e
Trieste e le gravi anomalie procedurali in questi iscritte, (anomalie che
avrebbero dovuto richiedere l’immediato annullamento delle procedure VIA), i
Professori evidenziano che allo stato attuale, in assenza di un piano energetico
nazionale e vista la diminuita richiesta di prodotto sul mercato, non si
giustifica economicamente la costruzione di nuovi impianti.
“Da anni sono disponibili soluzioni tecniche alternative al problema della
rigassificazione di gas naturale liquefatto, per quanto attiene la fornitura
diversificata di metano dallo ‘spot market’ il gas va rigassificato in mezzo al
mare, in acque internazionali, utilizzando soluzioni di pressoché nullo impatto
ambientale e che abbiano come utenza i servizi energetici e le popolazioni
croate, italiane e slovene dell’Alto Adriatico. per risolvere il problema di un
rifornimento flessibile e diversificato devono essere applicate soluzioni
impiantistiche da allocare in mare aperto che abbiano come requisiti primari di
essere invisibili da terra, di essere lontane da città, aree industriali e
centri turistici; di essere sicure, pulite, efficienti, economiche”.
Si chiede al governo di in invitare con urgenza il Ministero dell’Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare a fronte delle gravi carenze evidenziate
e delle sostanziali modifiche riscontrate - a revocare immediatamente, agendo in
base al principio dell’autotutela amministrativa, le autorizzazioni concesse,
riesaminando in tutti i pareri acquisiti durante tali procedure, che recano un
tal numero di prescrizioni e condizioni da configurarsi quali valutazioni
negative sul progetto e quindi tali da porsi come pronunciamenti negativi sulla
loro realizzabilità;
a chiedere la revisione completa di tutta la progettazione e la rinnovazione
integrale della procedura VIA, viste le gravi carenze evidenziate e le
sostanziali modifiche riscontrate posizionando le apparecchiature di processo
dell’impianto in maniera diversa rispetto al progetto preliminare, rendendo così
il progetto definitivo un elaborato sostanzialmente diverso dal progetto che era
stato a suo tempo autorizzato;
a subordinare ogni e qualsiasi ulteriore decisione in merito ad un piano
energetico nazionale;
a predisporre in tempi ristretti un piano energetico nazionale che sia adeguato
alle esigenze del Paese e armonizzato, nel caso di Trieste, con quelle dei paesi
europei immediatamente confinanti;
a predisporre una norma che vincoli i funzionari preposti alle procedura di
valutazione di impatto ambientale ai principi dell’etica della sicurezza,
stabilendo i parametri di quale debba essere il rischio accettabile per un
insediamento antropico sul territorio in funzione del modello si sviluppo
sociale, economico ed ambientale che gli Enti preposti al controllo
amministrativo del territorio si saranno dati.
IL PICCOLO - MARTEDI', 26 marzo 2013
Il Pd bacchetta Edi Kraus «I nuovi parlino meno»
Caso rigassificatore, il consiglio al neoassessore del segretario Russo.
Decarli: chi è in conflitto si autoesclude. Nesladek: parole stupefacenti e
inaccettabili
Poche parole ne scatenano una valanga. No, non può un assessore freschissimo
di nomina parlare del più e del meno, anche se il sindaco lo scusa. «Sì al
rigassificatore», quando la battaglia conclamata e concorde è per il no? Parole
di frattura politica che pesano uscendo dalla bocca del prescelto per lo
Sviluppo economico, l’imprenditore Edi Kraus. L’alleato di maggioranza Sel ha
già minacciato di chiederne le dimissioni prima ancora che entri in Municipio. E
pur essendo il Pd l’anima più massiccia di questa coalizione, e il partito che
produce il sindaco, l’appena eletto senatore Francesco Russo che ne è il
segretario provinciale non fa, nemmeno lui, un solidale e veloce saltino sopra
quelle parole: «Consiglio bonariamente ai neoassessori di esternare meno - dice
infatti Russo da Roma -, di attendere, e di entrare, prima di parlare, in
sintonia con gli indirizzi del centrosinistra, della Giunta e del sindaco.
Diciamo che quello di Kraus è stato uno scivolone comunicativo. Penso che sarà
recuperato e che la sintonia con Cosolini sarà poi totale, la linea del Pd certo
non cambia sul rigassificatore. Non nascondo - aggiunge il senatore Pd spostando
lo sguardo sul grande “ribaltone” in Giunta - che la città guarda con molta
attenzione alle nuove scelte del sindaco, con l’attesa che aiutino la città a
riprendersi dalla crisi. Questo “turn over” di assessori si spiega nell’ottica
del miglioramento, per aumentare i giri di una Giunta che forse erano troppo
lenti». Ma, a proposito, che lettura dare alla sostituzione di cinque assessori
su dieci in soli due anni di governo? E di un Pd che perde proprio l’assessore
del Pd, Fabio Omero, predecessore appunto di Kraus? Russo: «Sono scelte che
spettano al sindaco, i partiti non ci hanno messo né becco né bocca. Ci
confronteremo nei prossimi giorni con Cosolini. E la prova di questa serenità e
di questo distacco è che non rivendichiamo l’uscita dalla Giunta di un assessore
Pd: noi siamo a disposizione. Peraltro il “turn over” - prosegue Russo - non mi
scandalizza, dall’elezione del sindaco la situazione politica e quella della
città sono cambiate in modo inimmaginabile, e dunque ci sta un cambio di passo
con volti nuovi (anche sindaci precedenti, in epoche più stabili, hanno fatto
cambi). So che molti avrebbero preferito in Giunta qualche figura più giovane, e
più orientata al territorio, ma io - conclude il segretario - lascio parlare i
fatti». Dall’area della maggioranza sale il biasimo severo di Roberto Decarli,
capogruppo di Trieste cambia con Cosolini, che smorza la bocciatura solo
spostandola sul piano dell’irrealtà: «Un assessore non può in alcun modo agire e
comportarsi in conflitto con le decisioni prese dal sindaco, dalla Giunta, ma
soprattutto dalla maggioranza del Consiglio comunale, se così fosse di fatto
l’assessore in questione si autoescluderebbe da questa amministrazione - scrive
Decarli -, quindi queste dichiarazioni di Kraus non mi preoccupano, sono state
fatte più dall’imprenditore, anche se avrebbe dovuto avere un po’ più di
attenzione sull’argomento, dato che è ormai membro di Giunta. Ma chi vuole
strumentalizzare il tema stia tranquillo, perché io sono tranquillo». Non è
affatto tranquillo però il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, il primo a
scendere in battaglia assoluta contro il rigassificatore: «Dichiarazioni
inaccettabili, stupefacenti quelle dell’assessore, fatte oltretutto con la
superficialità di chi non conosce il problema, ignoranza che non ci si può
aspettare da una persona con le sue responsabilità. «Dirò di più - prosegue
Nesladek irritato -, affermazioni anche preoccupanti, se Kraus dimostra di non
conoscere nemmeno quanto è stato fatto in tanti anni. Sono assolutamente
convinto che non è questa la posizione di Cosolini, e finché un tanto rimane
graniticamente certo, mi dispiace solo di dover contestare un collega. Che tra
l’altro ha però una delega non da poco, com’è quella allo Sviluppo economico. Ma
deve essere ben chiaro che ha parlato a titolo personale. Rimangono ugualmente
parole inopportune, ma non sposteranno di un millimetro le posizioni
istituzionali, che devono restare ferme su una linea ben tracciata».
Gabriella Ziani
“Tavolo tecnico”: «Sirovich parla a titolo personale»
«Il Tavolo tecnico rigassificatori non è un gruppo ambientalista o un
partito politico, è nato per esaminare scientificamente i possibili rischi
costituiti dai rigassificatori: il geologo Livio Sirovich, che si è
spontaneamente dimesso dal Ttr il 15 febbraio 2012, parla pertanto a titolo
personale». Lo afferma Adriano Bevilacqua, della Uil-Vigili del fuoco del Fvg,
tra i fondatori del gruppo di docenti e tecnici “analisti” dei progetti di Gas
Natural. Sirovich (candidato consigliere regionale di Sel) ha espresso forti
critiche alle dichiarazioni di Edi Kraus sul rigassificatore e Bevilacqua scinde
le posizioni : «Sirovich ha prevalentemente analizzato il progetto di bonifica
del sito del rigassificatore. Il Tavolo ha sempre collaborato con tutte le
pubbliche amministrazioni del territorio, con la Slovenia e la Croazia, e tutte
le segreterie dei partiti politici, fornendo esclusivamente informazioni
scientifiche».
Per Rovis (Pdl) un’opinione non fa scandalo
Ma dal centrodestra Marini e Declich attaccano: da piangere, da ridere. I
grillini: dov’è la competenza?
Un paladino al suo fianco il nuovo assessore Kraus, reo di non odiare il
rigassificatore, lo trova. Sta nel centrodestra, nella figura di un suo
predecessore allo Sviluppo economico della Giunta Dipiazza. Paolo Rovis (Pdl):
«Non condivido l’opinione del neoassessore ma non mi scandalizza, come non mi
scandalizza alcuna legittima opinione personale: trovo stucchevoli e degni di
miglior causa gli attacchi che subisce da settori della “sua” maggioranza.
Contro il progetto di Gas Natural si è già espresso con atti ufficiali l’intero
Consiglio comunale, la questione per il Comune è perciò chiusa. In mezzo a tanta
quotidiana finzione - aggiunge Rovis - apprezzo l’onestà intellettuale e la
sincerità di Kraus, avere una posizione minoritaria (peraltro condivisa dagli
industriali e da parte dei sindacati) non implica la compressione del diritto di
esprimerla». Altro centrodestra invece non perde l’occasione per attaccare:
«Forse per il gelo, Cosolini e Kraus non hanno avuto il tempo di confrontarsi
sull’aspetto più importante: i programmi - affermano dal Pdl Bruno Marini,
candidato consigliere regionale, e Manuela Declich, consigliere comunale -.
Ormai il discorso sul rigassificatore, a livello locale e regionale, è morto e
sepolto, Ma il nuovo assessore Kraus evidentemente non lo sa, o non gli
interessa, costringendo il povero Cosolini ad arrampicarsi sugli specchi dicendo
che il suo assessore parlava di rigassificatori in generale. Siamo alle
barzellette, se non fossimo in drammatica crisi ci sarebbe solo da ridere,
invece o si piange o si fa una considerazione seria: il sindaco ha completamente
perso il suo ruolo di garante dell’unità dell’indirizzo politico della sua
coalizione, ma quel che più sconcerta, anche della sua Giunta». Dall’Idv decide
di parlare Mario Marin, coordinatore provinciale e candidato consigliere
regionale: «Quel progetto è cassato, ma se concordiamo con Cosolini che la
coalizione non è una caserma, è altrettanto vero che gli accordi politici che
determinano l’appartenenza a una coalizione devono avere valenza assoluta. Né
siamo d’accordo che la linea per garantire la miglior scelta delle persone sia
la lontananza dai partiti, le persone scelte devono garantire competenza ma
anche rispetto per le promesse politiche. Confidiamo che il nuovo assessore
Kraus possa fugare rapidamente le preoccupazioni fatte nascere a tutti». In
campo grillino si mette in dubbio la competenza. «La posizione del Comune
fortunatamente è stata già espressa - commenta il neodeputato Aris Prodani -,
sono parole che forse non influiranno (ci mancherebbe) ma che comunque non
dimostrano compattezza. Kraus ha magnificato le “royalty” per il territorio? Ma
quali? Io c’ero alla riunione alla Camera di commercio, dove la stessa Gas
Natural ha detto: “Non abbiamo mai parlato di royalty”. Speriamo sia un passo
falso dettato da ... da non so cosa in realtà». «Ma il nuovo membro della Giunta
- incalzano dal M5S i consiglieri comunali Paolo Menis e Stefano Patuanelli - sa
che il territorio si è già espresso? Sa di che cosa parla? Qual è la sua
competenza sui rigassificatori? Cosolini tenta un’imbarazzata difesa d’ufficio
sostenendo l’assessore parlava a titolo personale. Ma l’intervista era
all’assessore, non all’imprenditore. Chiederemo chiarimenti in Consiglio. Certo
che - concludono i grillini - tra l’atteggiamento del ministro Passera e le
dichiarazioni del neoassessore la nostra preoccupazione sale».
(g. z.)
Giovedì - No al rigassificatore, incontro al Multicultura
Giovedì “Rigassificatore Day”: incontro alle 18 con il chimico ambientale Lino Santoro allo sportello ambiente, al Multicultura center, via XXX Ottobre 8/a, a cura del Coordinamento Cittadini in Rete – Trieste dice no al rigassificatore. Seguirà una riflessione sulle iniziative da intraprendere in opposizione al progetto rigassificatore nel golfo.
Il porto di Trieste e la regione vittime dei governi e
di Tondo - L’INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
Per Trieste e il Friuli Venezia Giulia il 2013 non ha recato novità in
termini di mobilità e logistica: la musica non è cambiata, sia per i viaggiatori
che per gli spedizionieri. Soppressioni e gravi perturbazioni del traffico
viaggiatori sono ormai pratica quotidiana, mentre proseguono chiusure di scali
merci e di raccordi industriali; anche lo scalo di smistamento di Cervignano
(unico al Nordest dei cinque nodi della rete merci nazionale) ha chiuso i
battenti, nel silenzio delle autorità e del mondo economico. Ma il Fvg non è
isolato nello scadimento del servizio ferroviario: anche le altre regioni sono
colpite dal deterioramento del traffico metropolitano e nazionale fuori
dall’alta velocità. Tutti sono vittime delle decisioni – nella Capitale – di
scaricare sulle regioni l’onere del servizio ferroviario senza lavorare per
l’integrazione. All’origine della deriva della rotaia nazionale sta la scelta di
contratti di programma regionali, decretando la separazione fra traffico
metropolitano, nazionale ed internazionale: una vera e propria regressione
culturale (fuori dalla visione europea dei trasporti), in senso contrario
all’obiettivo di passare dal coordinamento all’integrazione. Ormai il Gruppo Fs
ha deciso di concentrare l’attenzione sulla sola alta velocità, rinunciando a
sfruttare le sinergie con tutta la rete per fornire offerte credibili – a
valenza commerciale – di relazioni dirette di tutti i capoluoghi con la
capitale, come sempre avvenuto dalla nascita delle Fs, e come suggerisce una
sana visione commerciale di marketing. Per il Fvg, in questo quadro di
regressione, c’è un’ulteriore penalizzazione: il Gruppo Fs ha decretato non
strategiche le relazioni internazionali con Austria (Tarvisio Udine Venezia) e
Slovenia (Trieste-Opicina Ronchi-Aeroporto Venezia) relegandole a linee
regionali per eleggere Venezia Mestre a capolinea del Nord Est. Si tratta del
ritorno alla progetto “ T-Rami secchi “ degli anni ’60 (oggi promosso a
metropolitana che unisce l’Italia), risalente all’Europa divisa dalla Cortina di
ferro, che non prevedeva i corridoi europei, lanciati da Delors come strumento
dell’unificazione ferroviaria continentale, in funzione di mobilità e logistica
europee. La nostra Regione, in definitiva, è vittima dell’attuazione di un
progetto datato, fuori dalla visione dell’integrazione europea: caduti i
confini, realizzata la nuova Pontebbana (la più moderna linea di valico del
Paese), che avrebbe consentito di migliorare in termini di velocità commerciale
le relazioni internazionali viaggiatori e in termini di capacità e regolarità
quelle merci, la risposta del Gruppo Fs è stata la progressiva eliminazione dei
residui collegamenti viaggiatori con Austria e Slovenia, seguita dal ritiro dal
mercato merci per limitare l’attenzione ai soli treni completi, trascurando
porti e raccordi industriali. Ma il Fvg non è vittima solo della Capitale. Anche
l’amministrazione regionale ha le sue responsabilità. La Giunta Tondo-Riccardi
ha accettato passivamente la cancellazione del finanziamento alla cosiddetta
Metropolitana leggera (in realtà progetto per la rivitalizzazione del nodo
ferroviario di Trieste ai fini del traffico portuale e del servizio viaggiatori
regionale), che torna d’attualità come base per lo sviluppo del progetto Adria-A
per il servizio metropolitano transfrontaliero; ha ottenuto lo sganciamento
della terza corsia dal tracciato dell’alta velocità che avrebbe consentito
notevoli risparmi; ha accettato di pagare alle Fs la relazione Udine-Roma fuori
dal contratto di programma; ha annullato la gara ferro-gomma per il servizio
viaggiatori regionale; ha pure assecondato le Fs nella liquidazione di
Alpe-Adria, strumento commerciale essenziale per il Porto di Trieste e per la
logistica regionale. Ci sono precise responsabilità, nella capitale e nel
capoluogo, a livello politico, amministrativo e aziendale. L’unica speranza è
che il nuovo governo metta gli uomini giusti al posto giusto, al fine di
recuperare una politica dei trasporti informata ai criteri di coordinamento ed
integrazione in una visione europea di mobilità e logistica: i confini sono
caduti da tempo, è giunto il momento di recuperare una politica di sviluppo dei
traffici transfrontalieri (oggi monopolizzati dalla gomma) nelle aree
metropolitane, sia per le merci che per i passeggeri. Solo così sarà possibile
una rivisitazione dei servizi viaggiatori nell’area metropolitana ed il recupero
dei traffici merci perduti a seguito del conflitto nella ex-Jugoslavia. C’è
largo spazio per una seria politica di sviluppo per cargo e passeggeri.
IL PICCOLO - LUNEDI', 25 marzo 2013
Rigassificatore, il caso Kraus Sel: «Chiarisca o si
dimetta»
Terremoto nella maggioranza dopo le dichiarazioni del nuovo assessore
allo Sviluppo economico (peraltro non ancora insediato). La difesa di Cosolini
Esordio alla grande per il nuovo assessore allo Sviluppo economico della
giunta Cosolini, Edi Kraus. Non è nemmeno entrato nella sala ovale e già è al
centro di tutte le attenzioni: qualcuno della maggioranza comunale è pronto a
chiederne le dimissioni. Diventa celebre in poche ore, l’imprenditore Kraus, per
aver affermato come prima cosa che il rigassificatore sarebbe una buona
opportunità economica per Trieste. Proprio adesso che il fronte del “no” (di cui
il Comune è la pattuglia di testa) si è incredibilmente compattato, dopo il
fondamentale parere negativo dell’Autorità portuale, asseverato perfino dalla
Regione. Sel con la sua segreteria provinciale si dice “esterrefatta” e guida la
rivolta, chiedendo «una ferma e dettagliata precisazione da parte della Giunta
comunale, in seguito alla quale si riserva di valutare - dice la nota del
partito che esprime l’assessore all’Ambiente, Umberto Laureni - le più opportune
azioni da intraprendere, compresa, in caso di mancata smentita del neoassessore,
la richiesta di dimissioni dello stesso». Per Laureni sono solo «considerazioni
personali», per il sindaco «la classica tempesta triestina in un bicchier
d’acqua», ma Sel dice che le considerazioni dell’assessore «contrastano in modo
stridente con tutta la condotta fin qui tenuta in merito dalla Giunta Cosolini»,
giudica le affermazioni di Kraus sui benefici che l’impianto avrebbe per Trieste
di «disarmante superficialità», nota l’assenza di «una parola sulla sicurezza
della città, sul futuro inquinamento del mare e sulle conseguenze negative sui
traffici portuali: l’assessore Kraus dimentica che la città è un porto». Laureni
non commenta Sel, ma prende le distanze da Kraus: «È una legittima opinione
personale, nettamente contraria è l’opinione della Giunta, che poggia su quattro
delibere approvate e un ricorso al Tar. A ultima riprova, proprio nello stesso
giorno in cui avveniva la nomina di Kraus - prosegue Laureni - il sindaco ha
firmato un nuovo documento in risposta al ministero dell’Ambiente che chiedeva
un parere sui documenti inviati dall’Autorità portuale, per completare il nuovo
procedimento di Via. La risposta al ministero è che l’Autorità portuale ha
perfettamente ragione, che è noto come ci sia in Italia un generale minor
fabbisogno di gas, che l’Italia non ha ancora un piano dell’energia su cui far
base, e che anche gli Usa pensano di dirottare quantitativi di gas in Europa.
Piuttosto - è l’opinione dell’assessore - dobbiamo subito formalmente
intervenire a Bruxelles dove il ministro Passera sta cercando di far passare
come “strategico” l’impianto di Zaule: discutibili passi in avanti da parte di
un governo dimissionario, non si può agire con un colpo di mano». Il sindaco
Roberto Cosolini prima di tutto quieta la platea, difende il neonominato e ne
prende però le distanze: «È la classica tempesta in un bicchier d’acqua, Kraus
dice che “in generale” i rigassificatori servono, prende atto che la città è
contraria, e riconosce che esistono dubbi sulla eventuale collocazione
dell’impianto. Peraltro nella sua bella intervista ha messo a fuoco i nodi dello
sviluppo di Trieste e le sue criticità: far esplodere tempeste su una posizione
personale è come non voler vedere il resto». Ma poi Cosolini tira fuori le
unghie di fronte alla minaccia di Sel, e così anche marca più nettamente la
presa di distanza dalle “opinioni personali”: «Qualcuno - afferma -, quando non
ha voluto ascoltare il sindaco, ha detto che una coalizione non è una caserma.
Oggi a mia volta ricordo lo stesso concetto. Si può esprimere un punto di vista,
senza che questo cambi la linea del Comune. Noto - conclude il sindaco -, che
tutti chiedono assessori autonomi, esperti, competenti, con un “pedigree” il
meno possibile segnato dall’appartenenza politica. Ma poi, non appena proprio
per questo esprimono un punto di vista, tutti pronti a gridare “aiuto, aiuto”».
Gabriella Ziani
Attese a giorni le valutazioni del ministero
E mentre il tema infiamma di nuovo il contesto politico, il progetto del
rigassificatore di Gas Natural sta per concludere a Roma l’ultimo atto
autorizzativo, quel supplemento d’istruttoria sulla Valutazione d’impatto
ambientale voluta dal ministro ora uscente dell’Ambiente, Corrado Clini. È
possibile che questa stessa settimana l’iter si concluda con un parere tecnico
definitivo. Ad arricchire il fascicolo sono arrivati il “pesante” parere
negativo dell’Autorità portuale, supportato da un voto del Comitato portuale,
cui si è aggiunta una nota di merito della Regione, dapprima favorevole, che ora
ha preso nota di questa presa di posizione: «Il rigassificatore nella Baia di
Zaule sarebbe d’impedimento allo sviluppo del porto e dei suoi traffici».
«Il “no” già espresso da atti formali in aula»
Coloni: «Pd e centrosinistra nettamente contrari». Bandelli: «Dal
Consiglio parere negativo»
Nemmeno il Pd tace sul caso rigassificatore gradito al neoassessore Edi
Kraus, «a scanso di equivoci» come subito scrive il capogruppo in Consiglio
comunale Giovanni Maria Coloni: «Il Pd ribadisce e conferma la posizione
nettamente contraria sul progetto di rigassificatore a Zaule, che Pd e
maggioranza hanno espresso più e più volte sia in atti formali (linee
programmatiche, deliberazioni consiliari, mozioni) e sia anche in altre
modalità». Coloni cita le criticità messe da tempo a verbale: «Tutela
ambientale, traffico marittimo, inadeguatezza del sito di Zaule,
indeterminatezza di eventuali benefici economici». Sgombrato il rischio di
equivoci, Coloni esprime invece «disappunto» sul ministro uscente Passera che
«non sembra tener conto del parere contrario espresso dalle amministrazioni
locali e anzi in “zona Cesarini” del suo mandato si prende anche la briga di
rivolgersi all’Unione europea». Il capogruppo Pd peraltro apprezza tutte le
altre considerazioni di Edi Kraus «su porto, bonifiche, Ferriera: riflessioni
molto significative e interessanti che potranno sicuramente essere - scrive
Coloni quasi a voler scansare ulteriori fughe in avanti - oggetto di prossimi
approfondimenti e di costruttivo confronto con le forze politiche e sociali
della città». «Vorremmo ricordare al sig. Kraus - è l’opinione di Franco
Bandelli, consigliere comunale di Un’Altra Trieste e candidato presidente della
Regione - che il Consiglio comunale ha espresso parere negativo all’unanimità
(tranne l’astenuto Michele Lobianco e l’assente Roberto Dipiazza) su questo
ecomostro. Che cosa ne pensa Cosolini che ha voluto Kraus in Giunta? Che cosa ne
pensa la candidata del centrosinistra Debora Serracchiani che in più occasioni
ha detto no all’impianto? Noi continueremo a opporci in tutti i modi». Dura pur
nella forma cortese è la reazione di Livio Sirovich, geologo, scrittore,
candidato consigliere regionale con Sel, membro del Tavolo tecnico
rigassificatori della Uil vigili del fuoco: «Assessore Kraus, la vorrei pregare
di spiegare su quali documenti progettuali, analisi tecniche, pareri di esperti
lei basi le sue opinioni sul rigassificatore: io ho studiato quasi tutti i
documenti - scrive Sirovich -, le sue opinioni non hanno attinenza con la realtà
dell’opera proposta. Il rigassificatore condizionerebbe negativamente i destini
economici della città, per ragioni di sicurezza, di ambiente, di sviluppo del
porto. Piano regolatore, raddoppio del molo VII, terminal traghetti alle Noghere
nascerebbero morti. Sono rimasto particolarmente colpito - prosegue - dalla
totale assenza di accenni alla sicurezza, mi chiedo se conosce le relazioni
tecniche dei 25 docenti e ricercatori raccolti nel Tavolo tecnico». Infine
Sirovich contesta anche l’invito a essere favorevole che Kraus ha rivolto alla
Slovenia: «Ho interloquito a fondo col ministro sloveno all’Ambiente e con il
suo staff, e anche con quello croato, e non ho rilevato la carenza di
ragionamenti che lei sottolinea. Infine mi permetto di dire - chiude Sirovich -
che lei ha il dovere di dirci da chi, quando e come ha saputo che ci sarebbero
delle “royalty” da spartire. A me non risulta, e comunque non cancellerebbero
affatto le terribili carenze del progetto».
(g. z.)
Legambiente incalza i big della politica
Avviare un dibattito pubblico sui costi della terza corsia autostradale. Rivedere il Piano regionale delle infrastrutture. Eliminare i progetti delle “strade inutili”. Sono alcune delle sollecitazioni lanciate da Legambiente ai protagonisti della campagna elettorale per il voto di aprile. «Ai candidati - affermano i vertici dell’associazione ambientalista - chiediamo che, se eletti, si impegnino ad avviare una vera procedura aperta alla società regionale, e non solo “al Palazzo”, di conoscenza dei costi, di chi paga, e di cosa si taglia anche a causa degli impegni per la terza corsia».
IL PICCOLO - DOMENICA, 24 marzo 2013
Kraus: «Rigassificatore, perché no?»
La ricetta dell’assessore allo sviluppo economico: meno grandi progetti,
più investitori stranieri
Con il gruppo Aquafil di Arco di Trento nel 1993-1994 ha privatizzato
l’industria chimico tessile Julon di Lubiana in quello che è stato e rimane
ancora oggi il più importante investimento italiano in Slovenia. I 100 milioni
di euro investiti hanno portato nel 2012 a un fatturato di 225 milioni in
un’azienda che ha 520 dipendenti. Ma come direttore generale della Julon guida
anche altri due impianti in Slovenia e precisamente a Celje (170 dipendenti) e a
Senozece (30 dipendenti) e un altro in Croazia, a Oroslavje (280 dipendenti).
Sono alcune credenziali del triestino Edi Kraus, l’imprenditore (nel gruppo
Aquafil ha anche investito) e manager al quale il sindaco Roberto Cosolini ha
affidato la delega più delicata, quella allo Sviluppo economico, in anni in cui
di sviluppo a Trieste, ma anche altrove, se ne vede ben poco. Da un architetto
insegnante qual è Fabio Omero la distanza è profonda e lo si vede subito da una
questione capitale, il rigassificatore sul quale Kraus si dice, senza remore
«favorevole, pur rispettando il parere della maggioranza dei cittadini che mi
sembra contraria». Assessore Kraus, com’è nata l’intesa con Cosolini e
l’affidamento dell’assessorato? Antica amicizia nata con il basket che ci ha
fatti incontrare e scontrare già con le squadre giovanili. Io sono stato
giocatore e poi presidente, il più giovane presidente italiano di serie B, dello
Jadran, la seconda squadra triestina, ma sono stato anche consigliere della
Federbasket regionale. Ma le ha fatto un bell’assist con questo incarico
cruciale per il futuro della città, ma improbo? Il momento è drammatico perché
la crisi generale ha investito da ultimo anche il terziario su cui si basa gran
parte dell’economia cittadina. L’edilizia è ferma e le mini-imprese che hanno
portato i piccoli imprenditori a rischiare sono in estrema difficoltà tanto da
non poter più pagare gli stipendi ai pochi dipendenti. Perdipiù, trattandosi
appunto di aziende piccole, non fanno notizia, eppure costituiscono una rete
molto ampia nel tessuto economico cittadino. Anche l’industria sta franando.
Dopo la Sertubi sta per chiudere la Ferriera di Servola. Che fare? Bisogna avere
fiducia nell’operazione di scouting che sta facendo Francesco Rosato. Certo
l’ipotesi logistica non sarebbe sufficiente. É l’industria che fornisce valore
aggiunto e alla fine risulta trainante anche per il settore dei servizi che
altrimenti a propria volta si deprime. Ma per fare industria bisogna fare
investimenti e ragionare a lungo termine. Trieste anche storicamente è stata una
città a vocazione puramente mercantile per cui gli industriali bisogna attirarli
da fuori dal momento che grandi capitali di rischio oggi a Trieste esistono meno
di sempre. Porto Vecchio potrebbe essere l’occasione del rilancio? Innanzitutto
bisogna avere chiaro se la città vuole una riconciliazione con il mare, ma
questo mi pare già scontato. Poi però il problema va affrontato diversamente:
non è l’intervistato di turno, me compreso, che deve dire cosa fare. Ma bisogna
vedere cosa consentono o no di fare innanzitutto i Piani regolatori. Quindi la
prospettiva va ribaltata: qui si è partiti dall’aspetto della progettazione
architettonica, ma è invece la sostenibilità economica dell’investimento che va
valutata. Esistono società internazionali specializzate che possono valutare il
ritorno economico, è a queste che bisogna affidarsi. C’è un’altra questione
ancora: il ritorno economico non può certamente essere garantito dal settore
pubblico, bisogna allora puntare sui privati. Ma per attrarli deve essere
offerta massima libertà all’interno del sito, il che tradotto significa che
perlomeno bisogna spostare il Punto franco e allora sì tutta l’area potrà
divenire polo di attrazione. Il rigassificatore invece non può aiutare
l’economia triestina? Al contrario, e parlo anche da imprenditore di un settore
che si occupa anche di energia. Adesso tutti fanno a gara ad essere contrari e a
parlare di bomba ecologica, ma bisogna parlare con maggiore cognizione di causa
e fare un ragionamento di più largo respiro. Un rigassificatore potrebbe dare
gas a prezzi concorrenziali attirando aziende a Trieste, potrebbe favorire
l’insediamento di una centrale elettrica a gas, generare vapore da vendere
all’industria, creare una catena del freddo per aziende alimentari e
farmaceutiche. Sarebbe certo un valore aggiunto, uno strumento per attrarre
investimenti. Non so se la localizzazione di Zaule sia quella ideale, ma di
certo un rigassificatore sarebbe utile e non capisco nemmeno l’atteggiamento
della Slovenia che si è messa subito contro e continua a dipendere dal gas
russo. Anche Lubiana farebbe meglio a ragionare e magari a pensare di dividersi
le royalties con Trieste. L’unico problema che sembra potersi avviare a
soluzione è quello del sito inquinato e delle bonifiche? Sì, ho avuto questa
sensazione anche negli incontri con la giunta di Confindustria Trieste di cui
faccio parte. Il problema non è più questo, bensì fornire agli imprenditori
qualche vantaggio in più. C’è anche la questione della concorrenza slovena con
una fiscalità più ridotta e il costo del lavoro inferiore. È un falso problema.
L’imprenditore quando fa un investimento deve pensare al lungo periodo. Ormai la
programmazione e la robotizzazione fanno sì che il costo del personale non
incida in modo sostanziale. Poi c’è la massa critica: ad esempio se le navi
arrivano in massa si abbattono i costi fissi ed è addirittura più conveniente
servirsi del porto di Trieste che di quello di Capodistria. Cosa fare dunque per
risollevarsi? Lasciar perdere i grandi progetti come l’ex Corridoio quinto e
darsi subito da fare per attrarre capitali dall’estero. Trieste è stata grande
quando ha saputo invogliare imprenditori stranieri. Ci sono le condizioni: un
primo arrivo importante può innescare sbarchi a catena e ridare fiducia alla
città intera.
Silvio Maranzana
IL PICCOLO - SABATO, 23 marzo 2013
Rigassificatore, pressing di Passera sull’Ue a
Bruxelles
Braccio di ferro con l’Ambiente che però Clini nega Il caso denunciato da
Nesladek in Comitato portuale
Un blitz a Bruxelles del ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera
per calare dall’alto il rigassificatore di Zaule. Voci diffusesi ieri in città
parlavano addirittura di uno scambio vivace di opinioni sull’argomento con il
ministro dell’Ambiente Corrado Clini, quest’ultimo nelle vesti di “frenatore”.
Clini al telefono ha negato l’episodio: «Non mi risulta assolutamente. Per il
rigassificatore di Trieste è ancora in corso il supplemento di Valutazione
d’impatto ambientale. Non appena, a breve, sarà concluso, darò informazioni». La
posizione completamente favorevole di Passera all’impianto triestino non è certo
un mistero. Già il 22 luglio scorso il ministro in un’intervista al Piccolo
aveva dichiarato che «l’impianto va fatto, al più presto e a tutti i costi». Gli
ultimi sviluppi della questione sono stati portati all’attenzione del Comitato
portuale ieri mattina dal sindaco di Muggia Nerio Nesladek: «Da fonti
istituzionali slovene ai massimi livelli - ha riferito - ho appreso che il
Ministero italiano dello sviluppo economico sta tentando un’azione di lobby
nell’ambito dell’Unione europea per far inserire il rigassificatore di Zaule tra
gli impianti strategici e presumibilmente per ottenere per la sua realizzazione
anche finanziamenti comunitari. Come comune di Muggia mi faccio promotore di
raccogliere tutte le delibere contrarie approvate da tutti gli enti locali che
invierò a Bruxelles». In effetti sul web è anche reperibile la lettera con la
quale Paola Arbia, dirigente della Divisione relazioni comunitarie e mercato
interno dell’Energia, ribatte ai rilievi fatti dalla Slovenia contro
l’inserimento del rigassificatore triestino nella lista delle infrastrutture
energetiche prioritarie per il post 2020 che verranno contemplate dal “Piano per
una rete energetica integrata” che è in corso di elaborazione a Bruxelles. Paola
Arbia invia la propria comunicazione, evidentemente su input del ministro
Passera, all’ungherese Monika Zsigri che è il direttore generale per l’Energia
della Commissione europea. Il Piano viene elaborato da funzionari europei per
gruppi di Stati e per il caso triestino a essere chiamati in causa sarebbero
Italia, Slovenia, Croazia, Austria e Ungheria. Nei rilievi che Arbia fa alla
Slovenia, il fatto che non sarebbero stati esplicitati quali criteri previsti
dal regolamento Ten-E non sarebbero stati rispettati dal progetto, come Lubiana
obbietta, e che non viene portato alcun elemento tale da richiedere una
rielaborazione del progetto. La lettera si conclude dicendo che il
rigassificatore di Zaule è totalmente nel territorio italiano per cui
l’approvazione della Slovenia non è richiesta ai fini della sua inclusione tra
gli impianti strategici.
Silvio Maranzana
«Forse la settimana prossima il verdetto»
«È possibile che gli esiti del supplemento di Via sul rigassificatore di
Zaule si conoscano già la settimana prossima». Lo ha riferito ieri al Comitato
portuale l’ingegner Eric Marcone dell’Authority. «Ci sono stati chiesti
eventuali ultime controdeduzioni da inviare al ministero nel giro di 48 ore - ha
detto Marcone - dopodiché l’istruttoria sarà chiusa». «Ci siamo mossi di nuovo
con il Ministero dell’Ambiente e stiamo facendo pressioni», ha aggiunto la
presidente dell’Authority, Marina Monassi.
Porto, opere per 387 milioni ma molti da reperire
Approvato l’aggiornamento del Piano industriale, servono finanziatori per
il Molo Settimo e il terminal Ro-ro alle Noghere
Opere per complessivi 387 milioni di euro sono previste dal Piano
industriale di rilancio pluriennale 2011-2018 il cui aggiornamento è stato
approvato ieri all’unanimità dal Comitato portuale. Lavori per 34 milioni e
833mila euro sono compresi nell’aggiornamento per l’anno 2012 e tra le opere già
avviate vi sono la bonifica di parte dei terreni dell’area ex Esso, la
caratterizzazione dell’area marino-costiera interna al Sin, il potenziamento
dell’ex Arsenale San Marco e il Polo museale in Porto Vecchio. In programmazione
anche il potenziamento dell’equipment al Molo Settimo e un raccordo stradale tra
Porto nuovo e Scalo Legnami. Altri fondi serviranno tra l’altro per la
progettazione dell’ampliamento della banchina Nord del Molo Settimo,
dell’allungamento del molo Bersaglieri della Stazione marittima e dei lavori di
risistemazione delle aree, recentemente acquisite, dell’ex stazione di Prosecco.
Per gli interventi di grande infrastrutturazione la maggior parte dei
finanziamenti risultano però ancora da acquisire. Questi interventi riguardano
il terminal Ro-ro alle Noghere, l’allungamento del Molo Settimo e del Molo
Bersaglieri, un nuovo Magazzino frigo al Molo Quinto, il nuovo Terminal
ferroviario di Campo Marzio. Il Programma delle opere, secondo quanto risulta
dal documento dell’Authority, grazie all’aumento dei traffici e
all’aggiornamento dei diritti marittimi potrà essere integralmente realizzato
entro il 2018 senza alcun ricorso a finanziamento esterni (mutui) con
l’esclusione però dell’allungamento del Molo Settimo e del terminal Ro-ro alle
Noghere, che del resto sono i due interventi maggiori, per complessivi 239,5
milioni di euro per i quali si prevede l’intervento dello Stato o di un altro
finanziatore. La Piattaforma logistica per la quale dopo Pasqua verranno fatti
gli inviti per esplicitare le offerte ai soggetti che hanno inviato la
manifestazione d’interesse, è già computata finanziariamente e non è stata
inserita nel piano delle Opere da realizzare. La spesa dunque è così ripartita:
129,7 milioni dell’Autorità portuale, 15,2 milioni di finanziamenti specifici,
2,7 milioni dai concessionari e 239,5 milioni da reperire. «Il decreto
ministeriale del gennaio scorso - ha commentato Marina Monassi - ci impone di
aumentare le tasse portuali. Non possiamo esimerci, ma compenseremo i costi
sotenuti dagli operatori realizzando a nostre spese le opere di
infrastrutturazione portuale che si renderanno necessarie».
(s.m.)
Authority al contrattacco per chiedere i danni a
Portocittà - PREPARA LA MEMORIA PER L’AVVOCATURA DELLO STATO
Per il Piano regolatore il mese prossimo al ministero gli ultimi
elaborati, poi deve pronunciarsi anche Lubiana
L’Autorità portuale sta redigendo una memoria che verrà utilizzata
dall’Avvocatura distrettuale dello Stato per chiedere i danni a Portocittà, la
società che ha presentato ricorso al Tar affinché sia dichiarata nulla, a causa
dell’insistenza del Punto franco, la concessione sul Porto Vecchio. Portocittà,
a propria volta, ha chiesto la restituzione dei canoni già pagati e la rifusione
delle spese già sostenute (a suo dire una decina di milioni di euro). Lo ha reso
noto nell’ambito del Comitato portuale la stessa Authority che ha anche diffuso
una nota in cui si ricorda che la variante per il Porto Vecchio è già stata
adottata dal Comitato portuale nel 2005 e approvata dalla Regione con
pubblicazione sul Bur il 10 ottobre 2007. «Si configura - viene sottolineato -
in un ampliamento della destinazione d’uso consentita del Porto Vecchio, cioé
della funzione portuale-commerciale, in quanto prevede l’insediamento anche di
altre funzioni complementari o comunque di supporto allo sviluppo della funzione
portuale-commerciale (artigianale di servizio, nautica da diporto, attività
produttive legate alla nautica, diportistica a carattere sporuivo, direzionale,
espositiva, formazione-ricerca, servizi alle attività scolastiche e
universitarie, balneare, ricettiva, parcheggio, attività a carattere
associativo-ricreativo). «Il nuovo Piano regolatore portuale - si fa rilevare -
per quanto riguarda il Porto Vecchio non fa altro che confermare i contenuti e
le disposizioni della Variante già vigente senza introdurre alcuna modifica.
Pertanto il lungo iter di approvazione che il nuovo Piano regolatore sta
compiendo non può in alcun modo costituire freno all’attuazione degli interventi
in Porto vecchio». E rispondendo a una domanda del sindaco Roberto Cosolini, la
presidente Marina Monassi e il direttore tecnico Eric Marcone hanno fatto il
punto sull’inter del Piano regolatore generale del porto. «Ad aprile - ha
specificato Marcone - consegneremo gli elaborati definitivi suppllettivi
richiesti dal Ministero dell’Ambiente alla Commisssione per la Via-Vas che poi
trasmetterà il Piano alla Slovenia per la necessaria valutazione
transfrontaliera che dovrebbe presumibilmente chiudersi entro fine anno. A quel
punto non mancherà che il via libera da parte della Regione che però non prevede
ulteriori valutazione tecniche».
(s.m.)
Il Porto Franco vero freno del futuro di Porto Vecchio
- l’opinione di GIORGIO MARANGONI (Segretario regionale Federmar Cisal)
Sorprende che ancora al giorno d’oggi coloro che intervengono sul futuro del
Porto Vecchio si addentrino in elucubrazioni di vario genere, tutte sì
pertinenti ma secondarie rispetto al problema di fondo, ossia l’esistenza del
Punto Franco che copre quell’area. Perché, fin tanto che il Porto Vecchio sarà
sottoposto a tale regime doganale e quindi, tra l’altro, alla limitazione
dell’accesso delle persone, ben difficilmente si riuscirà a trovare soggetti
disposti ad investire capitali per iniziative in quella sede. La riprova? È di
questi giorni la rinuncia alla concessione settantennale già acquisita da parte
della PortoCittà, la quale, aldilà delle prese di posizione o giustificazioni di
questa o di quella istituzione e di quello che si pontifica in giro, se ne va
proprio in quanto non è stata risolta la questione Punto Franco, sul cui stallo
gravano precise e pesanti responsabilità sia istituzionali sia politiche.
Qualche anno addietro, Boniciolli, da Presidente dell’Autorità Portuale, aveva
tentato di superare l’ostacolo proponendo di trasferire il Punto Franco a
Fernetti, trovando però su tale ipotesi, nonostante il parere favorevole degli
altri soggetti interessati (Regione, Provincia e Comune di Muggia), una
insormontabile ed inspiegabile resistenza da parte della Camera di Commercio e
del suo Presidente, Paoletti. Non se ne fece nulla ed oggi, davanti
all’abbandono di PortoCittà, riprende la solita solfa sulla destinazione d’uso
del Porto Vecchio, tra chi lo vuole ancora adibito all’attività portuale con
relativo Punto Franco e chi invece propugna il suo “ritorno alla città”
attraverso una serie di progetti da realizzare. I primi, a dire il vero, non
dimostrano molta dimestichezza e conoscenza di cosa significhi e richieda oggi
l’attività portuale: alti fondali, ampi spazi, infrastrutture viarie e
ferroviarie estese ed efficienti. Esiste tutto questo in Porto Vecchio? No,
senza contare le inevitabili ed infinite difficoltà e vertenze che sorgerebbero,
qualora si procedesse, per l’abbattimento di magazzini coperti da vincolo, ma
che così, come sono strutturati, non servono allo stoccaggio ed alla
movimentazione delle merci. Costi di realizzazione? Pazzeschi per i tempi che
corrono, il che sarebbe come dire “scusate, abbiamo scherzato”. Quanto al Punto
Franco, il cui pregio è di consentire la lavorazione delle materie e
l’esportazione dei prodotti finiti in esenzione doganale, che senso ha
mantenerlo allo stato attuale quando ormai è diventata una prassi comune quella
degli imprenditori italiani che vanno ad impiantare i loro stabilimenti in altri
paesi sia europei che extraeuropei a condizioni, compresa la manodopera, di gran
lunga migliori e più convenienti di quelle che potrebbero trovare in Porto
Vecchio, per l’appunto. Quanto ai secondi, non necessitano né referendum né
ulteriori verifiche: già da tempo, infatti, le istituzioni con il Piano
Regolatore ed i cittadini di Trieste hanno delineato il destino del Porto
Vecchio in un futuro ed in progetti al servizio della città. Il rischio è che
nell’ampiezza delle iniziative prevalga quella componente incline ad assecondare
la speculazione edilizia, il che non è da escludere tenuto conto dei sostegni
politici ed economici che il partito dei costruttori gode e può mettere in
campo. Tuttavia, bisogna andare avanti, evitando che ciò accada. In conclusione,
o si libera il Porto Vecchio dal vincolo del Punto Franco oppure tale area è
destinata a rimanere un corpo morto attaccato alla città come lo è stato da
tanti decenni a questa parte.
Muggia, questa sera castello al buio per un’ora -
L’iniziativa è stata adottata per celebrare “L’ora della Terra”, appuntamento
del Wwf
Intanto il Comune procede alla sistemazione dell’illuminazione pubblica
con i nuovi led
MUGGIA Un'ora senza luci per celebrare “L'ora della Terra”. Come da
tradizione oggi dalle 20.30 alle 21.30 il Castello di Muggia spegnerà le luci
partecipando al classico appuntamento globale promosso da Wwf. «Saranno sessanta
minuti simbolici per ricordare a ciascuno di noi l’importanza della salvaguardia
del nostro pianeta sulla strada della sostenibilità a partire dal nostro
piccolo», ha dichiarato l’assessore all'Ambiente Fabio Longo. «L’Amministrazione
è sempre stata attenta alle problematiche ambientalistiche ed anche quest’anno
non poteva che aderire a questa iniziativa che non è solo un forte segnale di
interesse per il futuro del pianeta e un’adesione ad un’azione globalmente
condivisa contro i cambiamenti climatici, ma anche un momento propositivo che
evidenzia la valenza dell’impegno concreto a partire dai piccoli gesti», ha
aggiunto l'esponente della giunta Nesladek. E il discorso della luce rimane uno
dei più importanti all'interno della cittadina rivierasca. Poco tempo fa i
residenti di Stramare avevano evidenziato la carenza di illuminazione in un'area
lunga circa 100 metri costellata da abitazioni private e negozi. «Stiamo
monitorando tutte le situazioni possibili sia per l'incremento di nuovi pali e
la sostituzione di vecchie tecnologie con led e altre novità destinate al
risparmio», ha spiegato il Comune. Dal Municipio sono state poi sciorinate le
cifre che hanno contraddistinto l'implementazione dei punti luce nel territorio.
Dal 2000 i punti luce gestiti da Acegas sono passati da 1000 a 1817, dal 2008 a
oggi sono stati sostituiti i vecchi punti luce con led per un totale di 1007
ripartiti tra Acegas ed EnelSole. «I lavori per l'installazione dei punti luce
vanno di pari passo con le nuove energie – aggiunge il Comune – e non bisogna
mai dimenticare che nel 2012 il costo della bolletta per l'energia elettrica è
stato di 300mila euro, cifra considerevole che deve far ricordare i costi
dell'illuminazione, visto anche negli ultimi 5 anni il costo dell'energia
elettrica ha subito un incremento del 40%, che solo per il 2012 è stata del
24%». Tenendo conto poi che Muggia ha oltre 50 km di strade e 2800 punti luce
complessivi, il Comune ha infine voluto rimarcare le modalità per le
segnalazioni dell'illuminazione pubblica. «In caso di guasti o interruzione
della fornitura o segnalazioni di pericolo, per velocizzare la soluzione,
ricordiamo ai cittadini che la via più rapida non è contattare il Comune bensì
il numero verde Acegas 800.15152, indicando poi il numero del palo o/e la via
interessata». L'amministrazione Nesladek ha poi evidenziato come circa due
settimane fa sia stato ripristinato il palo della luce abbattuto la scorsa
estate da un camion bulgaro in zona Mandracchio. «L'assicurazione ha tardato un
po' a pagare i danni – concludono dal Municipio - ma fortunatamente la
situazione è tornata alla normalità».
Riccardo Tosques
Festa di Primavera
Oggi si svolgerà in piazza Volontari Giuliani la Festa di primavera per grandi e piccini: dalle 14.30 giochi animazioni, spazi di interculturalità e animazioni didattiche, il ritorno del verde e delle rondini; a cura di varie associazioni con il coordinamento della proloco San Giovanni Cologna. Info 338-2118453
IL PICCOLO - VENERDI', 22 marzo 2013
«Rigassificatore pericoloso» - Secondo il geologo
Sirovich è spinto da interessi economici
Documentazione insufficiente, analisi superficiali, gravi zone d’ombra
nell’iter di approvazione. Il geologo Livio Sirovich non ha usato mezzi termini
ieri, parlando in un pubblico incontro, della procedura che sta portando
all’approvazione del progetto per la costruzione del rigassificatore di Zaule.
«Il progetto – ha sottolineato - è basato su studi inattendibili, insufficienti
e inadeguati. Per esempio – ha ricordato - ci sono traduzioni dallo spagnolo
all'italiano inattendibili, che stravolgono le conclusioni». Sirovich non l’ha
detto, ma dal complesso delle sue valutazioni sembra sia in atto una sorta di
congiura pur di veder edificata un’opera definita dal relatore
«pericolosissima». «E ciò che sconcerta – ha detto ancora – è che anche i vigili
del fuoco, ai quali ci siamo rivolti per ottenere risposte circa i rischi per la
città in conseguenza di un’esplosione che purtroppo rientra nella casistica dei
rigassificatori, stanno ritardando, senza ragione apparente, il loro parere».
Sirovich ha fatto capire che «esistono forti interessi economici che vanno oltre
queste perplessità. Nel novembre del 2012 – ha concluso - il Comitato tecnico ha
elaborato il nulla osta di fattibilità, ultimo passaggio prima dell'inizio dei
lavori, pur in presenza di assoluta carenza di analisi per esempio nella
simulazione degli incidenti». Il geologo ha ricordato che «il gas liquido tali
casi esce alla potenza di 80 atmosfere, si raffredda ed esplode. Poi c'è la
propagazione del calore causata dal movimento migratorio delle parti più calde e
infine la formazione di una nuvola, che si muove col vento e poi, a contatto con
l'ossigeno, può esplodere».
(u.s.)
Ciriani a giudizio il 10 giugno: non lascio
L’assessore regionale sarà processato dopo le elezioni per lo scempio
compiuto in Val Rosandra
La data è quella del 10 giugno. È stato fissato per le 12.30 di quel giorno
il processo sullo scempio della val Rosandra che vedrà sul banco degli imputati
- davanti al giudice Marco Casavecchia - l’assessore regionale alla sanità Luca
Ciriani ma all’epoca all’ambiente (candidato nelle liste del Pdl nella
circoscrizione di Pordenone alle regionali), il direttore regionale della
Protezione civile Guglielmo Berlasso, i funzionari Cristina Trocca e Adriano
Morettin e Mitja Lovriha, caposervizio dell’area ambiente e lavori pubblici. A
fissare la data del processo è stato lo stesso giudice Casavecchia che ha preso
atto della citazione diretta del pm Antonio Miggiani, il magistrato titolare del
fascicolo. Si esprimerà nei prossimi giorni il gip Luigi Dainotti al quale il pm
Miggiani ha chiesto l’archiviazione delle posizioni di Fulvia Premolin e Antonio
Ghersinich rispettivamente sindaco e vice di San Dorligo e di Luca Bombardier,
titolare della ditta specializzata, i cui dipendenti, in forza di un contratto
con la Protezione civile tra il 24 e il 25 marzo dello scorso anno, un sito
ecologicamente protetto della provincia di Trieste. All’atto della citazione il
pm Miggiani si appresta a indicare anche le cosiddette parti offese. Si tratta
della Regione Friuli Venezia Giulia, del Comune di San Dorligo e della Provincia
di Trieste. Sarà anche valutata la costituzione di parte civile del Wwf
nazionale. Infatti l’operazione Alvei puliti era finita poi sotto la lente della
procura proprio dopo un esposto del Wwf in cui si parlava di danni ambientali
irreparabili provocati con la scusa dell'urgenza. Intanto il vicepresidente
regionale Ciriani annunciando che non ritirerà la sua candidatura a consigliere
regionale nelle file del Pdl per la circoscrizione di Pordenone, ha dichiarato:
«Non capisco perchè dovrei fare un passo indietro. Noi abbiamo agito come in
tante altre occasioni per la pulizia degli alvei. Adesso si ricorda questo, ma
si dimentica che fino a qualche mese fa gli alvei rischiavano di scoppiare, di
creare immensi danni». «Le procedure sono state rispettate», chiosa il difensore
Caterina Belletti. Dello stesso tenore la dichiarazione dell’avvocato Luca Ponti
per conto del direttore della protezione civile Berlasso: «Dimostrerò l’assoluta
estraneità del mio assistito nel corso del processo».
(c.b.)
Duino, stop nei paesi ad altre cementificazioni
Nuove tendenza in campo urbanistico al vaglio della Seconda commissione
Nessun salasso-Imu a chi rinuncia all’edificabilità del proprio terreno
DUINO AURISINA Azzeramento del salasso-Imu per i cittadini che hanno chiesto
e quindi otterranno di non vedere più classificato il proprio terreno come
edificabile e stop a ulteriori cementificazioni nei paesi: gli ambiti a
progettazione unitaria, nelle intenzioni della giunta comunale, andranno
cancellati. Queste sono solo due delle proposte che la maggioranza Kukanja vuole
portare avanti in sede di approvazione della Variante 27, in aula il prossimo
Consiglio comunale. Proposte che però, a sentire il consigliere Maurizio Rozza,
presidente della Seconda commissione consiliare, avranno immediate ricadute
positive, in primis per i giovani imprenditori agricoli. Ora, infatti, il costo
di terreni agricoli prossimi a zone edificabili, ovvero ai margini del paese
come per esempio a Santa Croce, ha raggiunto apici siderali: 30 euro a metro
quadrato, quando il prezzo corrente non supera i 5-6 euro, considerato che gli
appezzamenti in zone carsiche necessitano di miglioramenti fondiari. Non solo,
l'eliminazione di taluni ambiti a progettazione unitaria le cui prescrizioni
sono troppo vincolanti potrebbe servire a sbloccare situazioni di stallo. «È il
caso – ancora Rozza - di un'area a Santa Croce che prevede tra i vincoli
l'edificazione di un parcheggio in un’ex dolina: i costi dell'opera non valgono
l'intervento. Si preannuncia dunque come una seduta “calda” l'odierna Seconda
commissione. Non solo per il tema - si affronterà appunto la Variante 27 al Prgc,
adottata nel 2011 dal precedente esecutivo di centrodestra e ora in approvazione
dall'attuale maggioranza di centrosinistra -, ma anche per la partecipazione,
pare, di alcuni esponenti del costituendo M5s di Duino Aurisina. Che pur non
sedendo nella massima assise ha ottenuto alle ultime elezioni una pioggia di
voti, superando alla Camera perfino il Pd (1.599 preferenze versus 1.537). I
grillini annunciano infatti guerra aperta soprattutto su due fronti: la
trasparenza e le questioni ambientali. Punto focale dell'odierna seduta sarà,
secondo Rozza (Gruppo misto), capire «cosa vogliamo fare da grandi», cioè
iniziare a considerare un nuovo sviluppo del territorio e «immaginarlo come sarà
tra 20-30 anni». Insomma trasformazioni di rilievo, se non stravolgimenti, dello
spirito della “27”, almeno così come concepito dal centrodestra, che però aveva
sempre motivato la modifica al Prgc «esclusivamente per dare una risposta
concreta ai cittadini rimasti esclusi dalla “24-25” di costruire una casa, per i
propri figli, accanto alla loro». L'allora capogruppo del Pd e oggi vicesindaco
Massimo Veronese aveva invece all'epoca criticato la «lottizzazione selvaggia».
Le nuove proposte saranno presto esposte alla cittadinanza con incontri nelle
frazioni.
Tiziana Carpinelli
In soccorso al pianeta: pronte quindici ricette -
CONFERENZE»STAZIONE ROGERS
Domenica primo incontro: relatore l’antropologa Lucilla Spini
Quindici incontri domenicali per discutere della tutela del nostro pianeta
nelle sue infinite sfaccettature. È l’idea alla base di “Gaia, che passione”, il
corposo programma di conferenze organizzate da Stazione Rogers per il 2013, che
partiranno domenica e proseguiranno, dopo la pausa estiva, fino al prossimo
dicembre. Un’iniziativa, quella di Stazione Rogers, che è stata messa in piedi,
racconta il presidente Gianni Torrenti, contando sulla rete di relazioni
interpersonali sviluppate con i singoli relatori degli incontri in programma,
che hanno acconsentito a partecipare a costo quasi nullo, accontentandosi spesso
di un rimborso spese forfettario. «È un impegno etico prima di tutto –
sottolinea anche la vicepresidente Gigetta Tamaro -: nonostante i tagli alla
cultura noi andiamo avanti, mettendoci tutta la passione che possediamo, perché
siamo davvero convinti che del nostro pianeta non si parli mai abbastanza». I
dialoghi tra discipline dedicati a Gaia saranno suddivisi in cinque momenti
tematici: il sistema vivente, la “riflessione sui comportamenti”, la “ricerca
delle buone pratiche”, il rapporto tra l’architettura e il territorio che la
ospita e la “riconciliazione” con il nostro pianeta. Primo appuntamento domenica
alle 11 con l’antropologa, esperta di conservazione della biodiversità e di
politiche ambientali internazionali, Lucilla Spini, che parlerà de “L’anno
internazionale dell’acqua. Etica e cooperazione alla biodiversità.” Seguirà, il
7 aprile, l’incontro con l’esperta di comunicazione Lella Varesano e con
l’attrice e regista Barbara Della Polla. Con lo scienziato Filippo Giorgi,
vincitore con Al Gore del Premio Nobel per la pace 2007, si discuterà invece il
14 aprile. Il sociologo Khaled Fouad Allam sarà ospite di Stazione Rogers il 5
maggio, per raccontare al pubblico cosa significhi “essere giovani a Tunisi e al
Cairo”. Il 19 maggio sarà la volta della psicoterapeuta e psicanalista Silvia
Amati, che proporrà un dialogo sul “perché accettiamo l’inaccettabile”. Con
Cosimo Monteleone si discuterà invece, il 2 giugno, dell’architetto americano
F.L. Wright. Seguirà, il 9 giugno, un dialogo con Mateo Kries, direttore del
Vitra Design Museum. Gli incontri proseguiranno con Antonella Gallo, Federica
Zanco Fehlbaum, Benno Albrecht, Mauro Giacca, Franco Rotelli, Maria Grazia
Cogliati Dezza, Pippo Ciorra e Paolo Rumiz, che chiuderà il ciclo il prossimo 17
novembre. Il calendario completo di “Gaia che passione” è disponibile sul sito
web di Stazione Rogers, stazionerogers.eu.
Giulia Basso
ORTI URBANI
Oggi dalle ore 17 alle 19, il Comune di Trieste organizza un seminario pubblico sul tema degli orti urbani, presso la scuola Morpurgo di Scala Campi Elisi 4 (accesso carrabile da via Carli angolo via Locchi), presente l’architetto Anna Nisi del Servizio Spazi Aperti e Verdi Pubblici, che esporrà – attraverso il “diario dell’orto” – le tecniche per creare un orto sociale urbano.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 marzo 2013
Val Rosandra devastata, Ciriani a giudizio - IL CASO »
CHIUSA L’INCHIESTA
Citazione diretta per l’assessore regionale , il direttore della
Protezione civile Berlasso e tre funzionari
FULVIA PREMOLIN Il pm Miggiani ha chiesto l’archiviazione per il sindaco di San
Dorligo e per il suo vice Ghersinich e per il titolare della ditta
COSA RISCHIANO Per questo genere di reati il codice penale prevede fino a 18
mesi di arresto o nella migliore delle ipotesi una pesante sanzione
L’assessore regionale alla sanità Luca Ciriani (candidato del Pdl nella
circoscrizione di Pordenone alle regionali), il direttore regionale della
Protezione civile Guglielmo Berlasso, i funzionari Cristina Trocca e Adriano
Morettin e Mitja Lovriha, caposervizio dell’area ambiente e lavori pubblici di
San Dorligo, compariranno davanti al giudice per rispondere dello scempio della
Val Rosandra compiuto tra il 24 e il 25 marzo dello scorso anno. Lo ha disposto
il pm Antonio Miggiani che li ha citati direttamente chiedendo al giudice la
fissazione dell’udienza al più presto possibile. Lo stesso pm ha indicato al gip
Luigi Dainotti che vanno archiviate le posizioni di Fulvia Premolin e Antonio
Ghersinich, rispettivamente sindaco e vice di San Dorligo e di Luca Bombardier,
titolare della ditta specializzata i cui dipendenti, in forza di un contratto
con la Protezione civile, hanno raso al suolo una delle tra le zone
ecologicamente protette della provincia di Trieste. Ma - è bene chiarirlo - il
giudice Dainotti non si è ancora espresso e ha chiesto al pm l’intero fascicolo
sulla devastazione del sito protetto. Secondo il pm Miggiani, Premolin e
Ghersinich sarebbero stati presi in contropiede dalla Regione e dalla Protezione
civile e non avrebbero avuto nemmeno il potere di fermare quella che
ironicamente era stata chiamata la calata degli Unni su San Dorligo. Una calata
avvenuta alla presenza dell’assessore Ciriani (allora aveva la delega
all’ambiente) giunto in elicottero per vedere dall’alto l’effetto della motosega
selvaggia. Siamo dunque all’ultimo atto istruttorio dell’inchiesta innescata da
un esposto del Wwf nazionale in cui si parlava di danni ambientali irreparabili
provocati con la scusa dell’urgenza. Le proteste avevano invaso il web e gli
“esposti” presentati alla Procura anche dai vertici regionali di Lega Ambiente e
da numerose persone indignate per la devastazione, avevano avuto il merito di
richiamare l'attenzione degli inquirenti su quanto era accaduto in quell'area
protetta. Erano state anche chieste le dimissioni di Luca Ciriani che oltre alla
carica di vicepresidente della Regione aveva anche il ruolo di assessore
all'Ambiente. Ai cinque indagati (che dopo la notifica del decreto di fissazione
assumeranno la veste di imputati) il pm contesta due ipotesi di reato definite
dagli articoli 733 e 734 del codice penale. La prima - per chi distrugge un
habitat all'interno di un sito protetto o lo deteriora compromettendone lo stato
di conservazione - prevede la pena dell'arresto fino a 18 mesi e un’ammenda non
inferiore a tremila euro. La seconda ipotesi di reato contestata dalla Procura
di Trieste ai politici, agli amministratori e ai tecnici che hanno agito in Val
Rosandra prevede come sanzione solo una pena pecuniaria peraltro piuttosto
“salata” per chi ha distrutto o deturpato le "bellezze naturali" di luoghi
protetti. In testa alla lista, come detto, c’è il nome dell’assessore Ciriani.
Che firmando il decreto del 16 marzo 2012 aveva autorizzato l'operazione “alvei
puliti”, facendolo secondo l'accusa «in mancanza di urgenza e dello stato di
emergenza e pertanto utilizzando impropriamente e illegittimamente i poteri
della Protezione civile». «Normale manutenzione», aveva infatti dichiarato
Ciriani durante un’ intervista al Tg3 regionale. A definire il quadro
dell'accusa erano state le perizie del biologo Dario Gasparo e del professor
Ezio Todini, docente di idrologia e costruzioni dell'Università di Bologna. I
due consulenti del pm avevano parlato di danno ambientale importante perché ha
riguardato un ambiente comunitario. L'intervento era stato effettuato - a
seguito di una serie di sopralluoghi promossi dal Comune, dalla Protezione
civile e dalla Comunella - per pulire l'alveo del torrente. Scopo dichiarato,
mettere in sicurezza in caso di piene o di eventuali inondazioni, le vite e i
beni del residenti. In totale si erano riversati nella valle 200 “volontari” da
tutta la regione. E alla fine era rimasta solo desolazione.
Corrado Barbacini
Le perizie: «Deturpato il paesaggio»
«Se il taglio degli alberi avesse riguardato un terreno privato credo, che
con quello che è successo, sarebbe già stata sequestrata l'area. Il danno è
grave come hanno rilevato esperti di chiara fama come Dario Gasparo, Livio
Poldini e Nicola Bressi. Addirittura è stato sbagliato anche il periodo per
effettuare quel tipo di intervento», aveva dichiarato subito dopo l’operazione
Alvei Puliti l’avvocato Alessandro Giadrossi, presidente del Wwf di Trieste che
aveva presentato l’esposto. Aveva aggiunto «L'intervento della Protezione civile
regionale è stato ingiustificato ed errato. È avvenuta la distruzione della
vegetazione ripariale con deturpamento dei suoi valori paesaggistici e
alterazione ambientale di un'area tutelata naturalisticamente e
paesaggisticamente. Sono stati tagliati molti alberi anche di grandi dimensioni
ed è stato compromesso l'habitat della “foresta a galleria” che garantiva
ombreggiamento e ossigenazione alle specie ivi presenti, con disturbo
all'avifauna quale picchio rosso maggiore, picchio verde, ballerina bianca e
gialla, merlo acquaiolo».
Piazza Volontari Giuliani, festa anti-smog - Sabato
(replica il 13 aprile) pulizie, addobbi e laboratori artistici su iniziativa
“dal basso” dei residenti
Una piazza-giardino da strappare alle grinfie dell’inquinamento, delle auto
e dell’incuria. È una vera e propria oasi nel caos trafficato di via Giulia
quella piazza Volontari Giuliani che residenti e associazioni del territorio
intendono rivitalizzare e riproporre quale spazio di incontro e aggregazione.
Punto di partenza, l’organizzazione della manifestazione “Festa di primavera -
cittadini e associazioni in movimento” che si terrà in due date diverse, sabato
23 marzo e sabato 13 aprile. «Mentre le circoscrizioni paiono assopite e il
Comune rimane alla finestra, la gente si rimbocca le maniche e ritorna in strada
per dare nuovo valore a una piazza giardino che già qualche anno fa venne
salvata dall’edificazione di un mega-parcheggio. Quest’area verde cittadina
merita un destino migliore - afferma Luciano Ferluga, coordinatore della “Pro
Loco Amici rione di San Giovanni Cologna”, tra gli animatori dell’iniziativa -
così come lo meritano i triestini, con particolare riguardo a quelli che qui
risiedono. In primavera si risveglia la natura con i suoi fiori e i suoi colori.
Noi vogliamo partire da qui e ridare dignità alla piazza per farla diventare la
nostra “agorà” e ritrovarci per fare delle cose e scambiare delle idee. Non è
possibile continuare a vivere con le auto che sgommano sull’uscio di casa. E,
non ce ne voglia nessuno, specialmente gli animali, non siamo disponibili a
continuare a fare lo slalom tra i bisognini di quadrupedi mal gestiti». La Festa
della primavera in piazza Volontari Giuliani avrà carattere di spontaneità e
gentilezza: pulire l’area e le aiuole, l’impianto di fiori, addobbi sugli
alberi, laboratori e letture animate, attività ludico-artistiche, relazioni e
approfondimenti sull’opera di volontari ambientalisti e tanto altro ancora,
all’insegna della fantasia e della voglia di stare assieme. «Le adesioni sono
tante - spiega la signora Fabia Bellese - e ognuno ci metterà del proprio per
rendere migliore la piazza, perché tutti sono mossi dalla voglia di avere luoghi
più belli e vivibili». Anche alcune associazioni ambientaliste avrebbero già
dichiarato la propria disponibilità a partecipare all’evento. Il programma della
manifestazione sarà ancora oggetto di implementazione; organizzatori,
associazioni e residenti si sono incontrati per ulteriori dettagli proprio in
questi giorni nel piccolo centro di aggregazione rionale di via S. Cilino 40/2.
«Per la rinascita di piazza Volontari Giuliani - riprende Ferluga -
un’ispirazione giunge certamente dalla bella esperienza maturata
dall’associazione “AnDanDes” nell’utilizzo del giardino pubblico di via San
Michele. È importante però che gli amministratori capiscano che la Festa di
primavera non vuole essere una manifestazione una tantum. I residenti desiderano
riappropriarsi degli spazi pubblici senza soffrire i tempi burocratici degli
enti all’insegna di una semplice progettazione partecipata. Non è più tempo di
calare progetti dall’alto senza interpellare i cittadini contribuenti».
Maurizio Lozei
Incontro sul piano traffico e Prg - il confronto
Il Piano regolatore, su cui i passi sono da muovere in fretta perché a
novembre scadono le salvaguardie, e il Piano del traffico che ha un iter di
uguale complessità, sono stati al centro delle consultazioni di ieri pomeriggio
tra le forze di maggioranza e il sindaco. Posta la consegna del silenzio, si sa
comunque che è stata affrontata più in concreto la questione di quale azione
mettere in campo concretamente e presto su Porto vecchio, dopo l’annunciata
decisione di Cosolini di avviare una consultazione pubblica della città circa il
futuro di quell’area tormentata, su cui pende adesso il ritiro dei concessionari
di Portocittà. Si sarebbe ieri parlato non di un referendum che non è nelle
dirette potestà comunali indire, ma appunto delle modalità di una ampia
consultazione con le categorie economiche, e non solo, di Trieste. La domanda di
base per il Comune è sempre quella, però: «Porto, oppure città?». Sul Piano
regolatore il cronoprogramma prevede che fra poche settimane il documento
urbanistico venga discusso nelle commissioni, in vista dell’atto di adozione che
obbligatoriamente deve avvenire entro l’anno. Altrettanto per il Piano del
traffico: fra un paio di settimane la discussione in commissione, di seguito
nuovi incontri con le circoscrizioni, cui spetterà poi di esprimere un nuovo e
definitivo parere. Restano da sciogliere alcuni degli ultimi problemi sollevati
da cittadini o da quartieri, dopo che molte delle osservazioni arrivate
nell’ampia fase di consultazione erano state già accolte.
La lunga storia dello smantellamento di Porto Vecchio -
la lettera del giorno di Fabio Dominicini
L’opinione espressa su Il Piccolo il 16 marzo dai due eletti al Parlamento e
Senato, Rosato e Russo, sicuramente non dobbiamo considerarla un dogma. Tuttavia
sono perfettamente in linea con il loro pensiero quando affermano: “No alla
residenzialità in Porto Vecchio! Ne abbiamo di appartamenti sfitti a Trieste....
con una popolazione in continuo calo! I due eletti non fanno altro che
confermare quanto in questi ultimi anni, sia il Comitato portuale, sia il
Consiglio comunale, hanno votato e cioè la Variante del Porto Vecchio ed il
Piano regolatore generale del Porto. In entrambe le delibere non era prevista,
anzi era vietata, la residenzialità e tutti, istituzioni e concessionari, ne
erano perfettamente al corrente. Sono anche d’accordo che negli ultimi 40 anni
non si è fatto alcunchè in Porto Vecchio, ma è doveroso precisarne le ragioni e
ve lo dice uno che per oltre 50 anni ha lavorato con il Porto Vecchio.
Dall’inizio degli anni ’70 (allora politicamente imperavano la quintuplice
all’Ente Porto/Magazzini Generali ed il Pci nella Compagnia portuale), quando
ancora banchine e magazzini erano in piena attività di navi e merci, è iniziato
lo smantellamento sistematico e scientifico. I “capi hangar“ per esempio avevano
ricevuto tacite disposizioni di non effettuare più riparazioni, ripristini e
manutenzioni, non si cambiavano neppure le lampadine bruciate e se si guastavano
le gru (ancora a pressione idrica) venivano definitivamente “scartate“. Il
raccordo ferroviario fu disabilitato e le stazioni di confine furono avvisate
che lo scalo ferroviario del Porto Vecchio era cancellato e quindi non si
potevano più inoltrare convogli. Di dragaggi per il mantenimento di adeguati
fondali neppure parlarne! Praticamente si era dato inizio ad un subdolo
programma che precludeva l’inizio di una gigantesca speculazione edilizia.
Tralasciamo entrare in argomento che tale disegno ha poi provocato una lotta
muro contro muro fra i fautori della speculazione ed i strenui difensori delle
attività portuali, che si è protratta per decenni senza vincitori, né vinti, ma
arrecando solamente danno a tutti. Probabilmente gli eletti Rosato e Russo sono
troppo giovani per conoscere nei particolari questi avvenimenti, ma possono
prender nota che l’immobilismo di 40 anni ha avuto origine in questo modo. Ad
altra puntata il commento sul referendum popolare proposto dal sindaco Cosolini.
Rigassificatore Il ricercatore contrario
Oggi incontro alle 18 con il ricercatore scientifico in ambito geologico-sismico Livio Sirovich allo Sportello ambiente del Multicultura center di via XXX Ottobre 8/a, a cura del Coordinamento cittadini in Rete – Trieste dice no al rigassificatore. Seguirà una riflessione sulle iniziative da prendere contro il progetto di costruzione dei rigassificatori nel Golfo.
Quale ambiente ci sarà nel 2020? Convegno aperto alle
scuole - SISSA
La scienza progredisce a ritmo vertiginoso, la tecnologia oramai fa parte
del vivere quotidiano, gli sviluppi della biologia e della medicina stanno
contribuendo a migliorare e ad allungare la vita delle persone. Tutto questo
però comporta un prezzo in termini di consumo energetico e d’inquinamento.
L’ambiente di conseguenza soffre, perché in parallelo aumentano i consumi. Al
centro di questa rivoluzione c’è l’uomo, chiamato a governare questo processo,
cercando un equlibrio nella sostenibilità. Di tutto questo si parlerà oggi, a
partire dalle 9, nella sede della Scuola internazionale di Studi avanzati, in
via Beirut 2, nell’ambito di un convegno intitolato “Uomo, tecnologia, scienza e
ambiente 2020”, organizzato di concerto fra il Centro di Fisica teorica, la
stessa Sissa, la fondazione per il progresso e la libertà delle scienze, il
Lions club Trieste host. «Le domande – spiegano gli organizzatori – sono: quale
sarà la vita fra una decina d’anni? Come si farà a conciliare crescita e
sostenibilità, rispetto per l’ambiente?» Per dibattere del tema, cercando
risposte adeguate, interverranno i professori Giuseppe O. Longo del Dipartimento
di elettrotecnica, elettronica e informatica dell’Università di Trieste, Gianni
Dal Maso, ordinario di Calcolo delle variazioni e vice direttore della Sissa,
l’ingegner Bruno Murari, inventore del microchip che ha fatto la fortuna dell’iphone,
Roberto Siagri, presidente e amministratore delegato della Eurotech e l’ingegner
Carlo Poloni della Esteco. All’appuntamento sono stati invitati a partecipare
gli studenti delle classi terze, quarte e quinte delle scuole superiori della
città di ogni indirizzo. E’ prevista la presenza di circa mezzo migliaio di
partecipanti.
(u. s.)
Nuova cultura dell’ambiente
Una nuova cultura dell’ambiente: è il tema di un convegno in programma oggi dalle 17 alle 19 nell’Aula magna dell’Associazione Italo-Americana di via Roma 13. Relatori: Gianpaolo Dabbeni, docente di lingue e letterature straniere (Trieste) e Tiziana Brecevic, amministratore Anaci (Trieste).
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 marzo 2013
Un industriale straniero si fa avanti per Servola
Si occupa di metallurgia a freddo e può assorbire numerose decine di
lavoratori Sono indicazioni contenute nel report di Francesco Rosato, advisor
del Comune
«C’è un industriale straniero interessato a impiantare un’azienda per la
lavorazione a freddo dei metalli sull’area di Servola. Impiegherebbe numerose
decine di lavoratori locali». Francesco Rosato, ex direttore della Ferriera e
ora advisor scelto dal sindaco per mettere a punto la strategia di
riconversione, si lascia sfuggire qualche prima novità del suo lavoro di
scouting. Ieri ha illustrato la prima parte del suo report ai rappresentanti
della Regione e della Provincia. «Non ho detto quasi nulla in più rispetto
all’anticipazione del report fatto la settimana scorsa al Tavolo ufficiale -
riferisce ora - si tratta dei riscontri di una prima fase di lavoro, il mio
incarico è di sei mesi, terminerà appena a giugno per cui conto di arricchirlo.
Lunedì mi confronterò con gli stessi rappresentanti dei lavoratori e in base
alle loro domande potrò fornire ulteriori dettagli». Il timore dei sindacati è
che per rimpiazzare i 500 posti di lavoro della Ferriera, e i 300 dell’indotto,
senza contare i 200 della Sertubi, venga ricavato unicamente un terminal
portuale in grado di assorbire un numero minimo di persone. «Credo che non sarà
così - ribatte Rosato - contatti concreti e specifici vi sono stati sia con
imprenditori italiani che stranieri per attività di tipo industriale. I campi
d’applicazione sono quelli che ho già annunciato: aziende per la manutenzione e
i service dell’industria ferroviaria, attività metallurgiche di trasformazione
secondaria a freddo di materiali non ferrosi quali rame e alluminio e di
trasformazioni sempre a freddo di acciai, e poi aree direzionali. L’opportunità
migliore - specifica l’advisor del Comune - sembra venire proprio da questo
industriale straniero: l’interessamento c’è, ma certo la trattativa è appena da
fare». E comunque Rosato ribadisce che per attuare la riconversione «vi sarà
bisogno di un forte contributo di risorse pubbliche». Per tentare di ottenerle,
com’è stato ribadito anche ieri dalle istituzioni, è indispensabile completare
entro i primi di aprile la bozza di Accordo di programma, che dovrà contenere
anche un piano sociale di ammortizzatori per coprire i tempi morti tra la
chiusura della Ferriera e il funzionamento a regime delle nuove attività, e che
poi verrà sottoposto al governo anche se al momento non si sa bene quale. È già
stato definito che per completare questa bozza il Tavolo in Regione si
riconvocherà ai primi di aprile. Per inserire Trieste tra le città fruitrici di
una tranche di finanziamenti è necessario che il decreto che la annovererà tra
le aree di crisi industriale complessa, già varato dal governo uscente, venga
avallato dalla Corte dei conti dov’è invece attualmente ancora fermo. L’Accordo
di programma assieme al percorso di risanamento ambientale, secondo quanto lo
stesso Rosato ha già illustrato, va a costituire le due condizioni esterne per
attuare la riconversione. Priorità operativa da affrontare sarà il
decommissioning degli impianti che includerà anche la rimozione delle scorie e
dei materiali e potrà protrarsi per 18-24 mesi. Passata questa fase, le aree
retrostanti alla banchina (30-40 mila metri quadrati) saranno utilizzabili
subito dopo la messa in sicurezza per lo stoccaggio e le lavorazioni di merci
che arriveranno via mare. Nel retrobanchina le prima cantierazioni potrebbero
avvenire già tra 6 o 9 mesi. L’area complessiva sarà suddivisa in 7-8 zone
utilizzabili a stralci.
Silvio Maranzana
Il mito del Porto Franco e l’esempio di Amburgo -
L’INTERVENTO DI MASSIMO GIARDINA
Leggo sul Piccolo l’intervista al neosenatore aderente al Movimento 5 stelle
Lorenzo Battista. Il senatore Battista sostiene nella sua intervista che «Porto
Vecchio può dare molti posti di lavoro». Purtroppo le cose non stanno così, o
almeno la creazione del lavoro cui il senatore si riferisce, non può avvenire
con le attività da lui pensate. L’idea che il Porto Vecchio può generare posti
di lavoro nasce da un concetto di porto-emporio che ormai è quasi impossibile da
vedere in qualsiasi parte del mondo. Banalmente, con riferimenti qualunquistici
e approssimativi, si vuole ipotizzare un’attività di manipolazione delle merci
all’interno dell’ambito portuale; ma le produzioni non avvengono più da almeno
cinquant’anni all’interno dei porti, bensì sono svolte in aree ben distanti
dalle banchine. I porti emporio sono stati trasformati in porti di transito,
dove l’elemento fondamentale è la velocità. Un porto è più efficiente quanto più
velocemente svolge le operazioni portuali. Inoltre, se una volta all’interno dei
porti il fattore produttivo fondamentale era il lavoro, adesso, ai giorni
nostri, tutti i sistemi portuali esistenti al mondo sono influenzati dai
capitali investiti nell’attività. La legge 84/94 di riforma portuale ha avuto il
merito di aprire un settore strategico per l’economia italiana al mondo privato.
Gradatamente, però in modo particolarmente lento a Trieste, si è passati da una
portualità di natura pubblica, dove le inefficienze e i costi di gestione erano
diventati ormai insostenibili ad una gestione estremamente più efficiente basata
sulla logica della concorrenza e dell’apertura ai mercati derivante della
globalizzazione. Molti porti, anche italiani, ma soprattutto europei hanno
saputo approfittare delle occasioni che dalla fine degli anni ottanta fino ai
primi anni di questo secolo si sono presentati all’interno dell’industria
portuale. Trieste, o meglio la portualità triestina, non è riuscita a godere
appieno delle possibilità che si son presentate in quegli anni. Sicuramente
tante sono le cause per cui non si è riusciti ad avere un vantaggio dalla
situazione che si era creata, ma il motivo fondamentale dell’assenza del porto
di Trieste dal panorama mondiale del trasporto marittimo va ricercata
principalmente nel mantenimento di queste posizioni ormai superate a favore di
una strutturazione del mercato basata su logiche globali e non risalenti ai
tempi di Carlo V e alla patente di Porto Franco del 1719. Un’ultima
considerazione in merito al progetto Polis riesumato dal neo-senatore.
L’accostamento fatto risulta sbagliato in quanto Fiat e Generali, quando avevano
proposto il progetto avevano studiato il modo per risolvere il problema del
Porto Franco come dimostra il lavoro del tempo redatto dal professor Conetti.
Una cosa però è sicura: progetto Polis e Punti Franchi sono tra loro
inconciliabili, credo che il senatore dovrà farsi un po’ di chiarezza sul tema.
Infine una riflessione. Ad Amburgo dal primo gennaio di quest’anno la zona
franca è stata sospesa. Poiché in quel porto sull’estuario di un fiume si
movimentano più di 8 milioni di Teu si può ipotizzare che la zona franca non
serviva a nulla? * Ricercatore universitario dipartimento di Scienze economiche
Università di Trieste
SEGNALAZIONI - PORTO VECCHIO/1 L’alibi dei vincoli
Finalmente sta iniziando a venire fuori la verità sull’“affare Porto Vecchio”. Dopo gli interventi del senatore Battista si accodano altre dichiarazioni: oggi tutti sono contrari alla speculazione edilizia, alla costruzione di appartamenti e villette in Porto Vecchio. Oggi è contrario anche chi, non molto tempo fa, ha proposto alla Camera una legge per sdemanializzare le aree del Punto Franco Vecchio (anzi, di tutto il porto), che, se approvata, avrebbe spalancato le porte alla speculazione immobiliare e alla costruzione di appartamenti e villette. Oggi si afferma che nel Porto Vecchio “vanno collocati edifici pubblici, musei, istituzioni scientifiche e culturali e imprese ad alta tecnologia” e non appartamenti e villette. Condivido totalmente questa affermazione, ma, stando con i piedi saldamente a terra, mi chiedo: dove si trovano i soldi? Chi metterà i soldi necessari per il recupero e la trasformazione dei magazzini da destinare a edifici pubblici, musei, eccetera? Non vedo la fila di benefattori, privati o pubblici. E, a mio parere, è chiaro che musei, istituzioni scientifiche e culturali, eccetera, possano stare senza problemi nel Porto Franco (ci stanno anche in altre zone franche del mondo). Per inciso, sinceramente, non ho capito perché il Comune di Trieste abbia rinunciato a spostare la Biblioteca Civica al magazzino 26. Mi chiedo se prima di assumere questa decisione il Comune abbia chiesto all’Autorità portuale, alla Dogana, alla Capitaneria di Porto, se e quali problemi ci sarebbero stati per il pubblico ad accedere a una biblioteca posta nell’ambito del Punto Franco Nord). Incomincia ad emergere che il vero problema sono i vincoli della Sovrintendenza che rendono insopportabilmente costoso e antieconomico il recupero e il riuso dei magazzini del Punto Franco Nord. Ma questo non si può dire perché questi vincoli sono stati lo strumento usato per motivare l’impossibilità a riutilizzare, almeno in parte, aree del Punto Franco Nord per attività portuali. Da ultimo, è opportuno chiarire che per ricollegare il Punto Franco Nord alla rete ferroviaria è sufficiente che RFI ripristini uno scambio in Stazione Trieste centrale; tutti gli altri binari necessari sono ancora al loro posto. Un tanto per chiarezza di informazione ai cittadini di Trieste, la maggioranza dei quali sembrerebbe (dal recente sondaggio de Il Piccolo) più interessati ad avere posti di lavoro che a poter passeggiare in riva al mare dalla Sacchetta a Miramare.
Ampelio Zanzottera
SEGNALAZIONI - PORTO VECCHIO/2 - Referendum inutile
Seguo da decenni con attenzione la complessa vicenda del Porto Franco di Trieste e ho letto nel quotidiano “Il Piccolo” di data 17 marzo la proposta del sindaco, Roberto Cosolini, di indire un referendum della cittadinanza sul Porto di Trieste, ovvero dovrebbe essere chiesto ai cittadini la loro opinione sulla possibilità di urbanizzarlo (“riappropriamoci del porto” è uno slogan alquanto obsoleto !) oppure mantenerlo con le funzioni sue proprie ed aperto “agli usi pubblici del mare”. Faccio presente che, da un punto di vista giuridico e nella fattispecie de quo di diritto internazionale, è completamente ininfluente l’esito dei desiderata dei cittadini i a seguito di detto referendum, in quanto il Porto Franco Internazionale di Trieste è sanzionato da Trattato Internazionale e, dacché io sappia, nessuno Stato, oggetto di trattato, può unilateralmente modificarlo mediante referendum nè tanto meno mediante un referendum di una città relativamente piccola e consuetudinariamente inascoltata da parte del Governo centrale. Aggiungo e penso che la maggioranza delle persone di buon senso preferiscano una città economicamente ricca ed aperta ai traffici internazionali, come lo ha dimostrato Trieste stessa costruita sulla base di intraprese marittime e commerciali quanto più ampie e vaste all'epoca, piuttosto che godere di una passeggiata sulle rive, estremamente gradevole, ma che non comporta alcune ricchezza per la città ed anzi rappresenta l'immagine di un crepuscolo irreversibile per una città, che non avendo alcuna possibilità di espansione nell'entroterra, può e deve puntare tutta la sua futura ricchezza sul rinnovamento della sua emporialità marittima.
Francesca Trevisan
SEGNALAZIONI - PORTO VECCHIO/3 - Togliamo lacci e lacciuoli
Se siamo consapevoli che ormai la possibilità di poter ottenere finanziamenti pubblici per far rivivere il Porto Vecchio non esiste, poiché detti finanziamenti sono ormai purtroppo da diverso tempo ridotti al lumicino, e che un futuro emporiale non sia più proponibile sia per gli irremovibili vincoli sugli immobili che per la mancanza di collegamenti gomma/rotaia adeguati per supportare le notevoli esigenze della Portualità del terzo millennio per immaginare quindi un futuro per quest’area penso che non ci rimane che un’unica via “togliere i lacci e lacciuoli” che incombono sulla libera fruizione dell’area per consentire il suo possibile riuso in chiave Cittadina. Riuso in chiave cittadina perseguibile soltanto se chiaramente nel rispetto e la tutela dell'aspetto esteriore degli immobili presenti nel variegato Complesso Emporiale, quest'area dovrebbe essere liberata da vincoli sia di Punto Franco che Demaniali. Punto Franco che potrebbe essere opportunamente trasferito in altri siti posti a Est del nostro frontemare e magari all’occorrenza anche ampliato andando, sia a recuperare ampi spazi al mare che modificando la destinazione d’uso a fini portali di alcuni siti industriali dismessi o in via di probabile prossima dismissione, le aree che si andrebbero a recuperate a Est sarebbero certamente molto più adeguate sia per dimensioni che per le caratteristiche/potenzialità dei collegamenti gomma/rotaia disponibili attuali/futuri, elementi questi assolutamente indispensabili per consentire al nostro Scalo di poter incrementare le sue potenzialità e metterlo realmente nella condizione di essere in grado di assecondare le notevoli crescenti esigenze dei flussi merceologici e dei vettori che l'Armamento sta mettendo in linea sulle rotte internazionali. Soltanto se liberata da lacci e lacciuoli l’area del Porto Vecchio sarebbe realmente fruibile e si creerebbero le condizioni minimali per sperare di poter generare nuovi e significativi stimoli ed interessi tra i potenziali investitori/imprenditori privati, per far si possa intraprendere un percorso che la porti a divenire una parte integrale della Città e per consentire quindi che questo nostro gioiello immobiliare ereditato dal passato possa finalmente un bel giorno lasciate alle spalle le deleterie e spesso strumentali contrapposizioni del passato ritornare a pulsare giorno e notte, per generare nuove economie e lavoro per il nostro territorio. Parte integrale cella Città in cui sia consentito l'insediamento di tutte le attività normalmente previste nel resto dell'area urbana Triestina, siano esse - museali - congressuali - artigianali - manifatturiere - alberghiere - abitative - Istituzionali - commerciali - ricreative - parchi tematici - aree espositive –, immaginando pure anche il possibile ulteriore sviluppo di attività marinare con la realizzazione di una moderna Stazione Marittima, soluzione questa che ci consentirebbe di sfruttare una nostra straordinaria opportunità “poter riunire in un unico ambito logistico funzionale” le varie tipologie di trasporto legate alla mobilità delle persone "Stazione Ferroviaria - Stazione Autocorriere - Terminal Crociere" ed il tutto adeguatamente supportato da notevoli aree a disposizione sia per poter gestire adeguatamente la logistica che da destinare a parcheggi d'interscambio per i turisti in transito.
Giuliano Brunello Zanitti
SEGNALAZIONI - PORTO VECCHIO/4 - Le colpe di Rossetti
Fa specie leggere la risposta data da Giorgio Rossetti al neo senatore Battista sulla questione del Porto Franco di Trieste. In primis si nota l’arroganza con cui il Rossetti invita il senatore Battista ad informarsi meglio presupponendosi lui si informatissimo sulla questione in oggetto. Quando poi afferma da quale articolo dell’allegato VIII del Memorandum di Londra il senatore Battista deduca ci possano essere delle agevolazioni sulle attività portuali dimostra quanto poco abbia invece lui studiato l’argomento e quanto poco prenda in considerazione le forme di protesta e i movimenti che si stanno creando intorno alla questione del porto franco internazionale di Trieste. Quello che lascia ancora più sconcertati è la morale finale della sua considerazione e cioè che la logica che ispira questi movimenti è : non pagare le tasse. Il rilancio delle attività portuali, la creazione di posti di lavoro, l’attrattività di un porto franco che sfrutti al massimo le sue peculiarità non sfiorano minimamente la mente di Rossetti. Concludo sempre più convinto che siano proprio personaggi come Rossetti che hanno ridotto Trieste e il suo porto nelle condizioni che oggi tutti noi conosciamo.
Geremia Liguori consigliere comunale Sel - Muggia
Porto Vecchio: uno stallo superabile, basta che “se
vol” - La lettera del giorno di Sergio Callegari
Ho letto sul Piccolo un interessante intervento su Porto Vecchio del sindaco
Roberto Cosolini. Data la situazione di stallo con l'uscita di Portocittà dal
programma di rinnovamento del Porto Vecchio occorre stabilire cosa vogliono
farne i cittadini e per questo occorre un referendum popolare. Bene,
indiciamolo! E poi coi risultati del voto crede di combinare qualcosa?
Supponiamo che il voto sia: facciamo il Porto Vecchio area privata commerciale.
A Roma cosa crede che ci dicano: sì, fate pure? Intanto c'è un trattato
internazionale che vi stabilisce il porto franco. In quell'area ci puoi andare
solo se vi lavori e con un tesserino, perché i doganieri la controllano. Bisogna
togliere il porto franco dunque e non basta una decisione del prefetto o del
sindaco o dell'Autorità portuale. Ci vuole una decisione ministeriale e
probabilmente pure a livello europeo. Questo si doveva fare già agli inizi del
1990 quando si capì che là non c'era più futuro a meno che fossero fatti
rilevanti lavori di scopo. E infatti si costruì l'Adria Terminal e si pensò di
interrare tutte le aree tra i moli. Se ne interrò uno ma non si andò oltre,
perché si capì che era difficile collegare il tutto all'autostrada del Carso. Da
qui cominciò il suo declino. Ora mi domando: vale la pena manifestare la volontà
popolare in questo caso? Nel 1978 a Trieste furono raccolte 65mila firme per
introdurre qui una zona franca integrale dal movimento politico Lista per
Trieste. Furono depositate sul tavolo del Presidente Pertini, il socialista più
amato dal popolo italiano, perché venissero discusse in Parlamento. Non lo
furono mai perché Pertini (il beneamato) non se ne curò affatto. Cosolini crede
che ora le cose siano differenti? Io sono certo che i nostri politici a Roma,
sia di destra che di sinistra, abbiano difeso gli interessi della città. Ma
volere non significa potere e noi ci siamo sempre scontrati con poteri più forti
di noi. Ora supponiamo che a Roma ci dicano di sì, che si può fare. Se a
Maneschi dopo 16 anni di progetti, carte, modifiche ancora non si concede di
iniziare i suoi lavori, quanto ci vorrà a Portocittà (o chi per loro) per
costruire club velici, alberghi, foresterie, residenze di lusso eccetera? Me lo
dice Cosolini? Allora lasciamo che resti porto e che possa lavorare, perché per
me si può! Nel suo dire rilevo alcune inesattezze : Il Porto Vecchio è sempre
collegato alla ferrovia per cui non occorre ripristinare nulla. Le banchine non
sono da rifare , vanno bene così. Circa i magazzini tutelati dalle Belle Arti,
il progetto In.Co. del 1983 prevedeva di mantenere le facciate intatte
(pregevoli, diceva) ma demolire tutti i solai interpiano perché sostenuti da
troppe colonne che ostacolano il traffico di deposito e porvi a pianterreno
scaffalature metalliche atte a supportare le merci palettizzate. Cosa mai fatta!
Ci sarebbe però da fare un po' di dragaggio, questo sì! Col rifacimento delle
Rive, volute dal sindaco Dipiazza non si può più permettere il transito di
camion, pena la paralisi del traffico cittadino. Però a nessuno di lorsignori è
venuto in mente che per detto traffico interportuale si può usare la ferrovia,
sfruttando la galleria di circonvallazione. I Tir si trasferiscono in Porto
Nuovo via ferrovia e da qui alla Grande viabilità e viceversa. Invece di
spendere una marea di soldi per formare un porto al posto delle vecchia ferriera
occorrono molto meno qui per accogliere in riva i traghetti per la Grecia,
Albania e Turchia. Questo “se pol se se vol”!
Centrale A2a: sì alla mozione Rozza (Sel)
DUINO-AURISINA Sulla questione della centrale termoelettrica A2a,
l'esponente della maggioranza Maurizio Rozza, di recente fuoriuscito da Sel e
ora confluito nel Gruppo misto, ma sempre saldamente alla presidenza della
Seconda commissione consiliare (Ambiente e territorio), ha incassato un primo
importante risultato. Passata ai voti del Consiglio, la mozione da lui
presentata sul punto ha infatti dato mandato al sindaco Vladimir Kukanja di
“promuovere e attivare, anche attraverso la collaborazione con le altre
amministrazioni dell’area interessata dagli impatti, tutte le azioni atte alla
salvaguardia della salute dei cittadini, alla tutela dell’ambiente e al rispetto
del protocollo sottoscritto nel 2004”, che prevedeva la metanizzazione dei
gruppi dell'impianto A2a. Rozza aveva sottolineato come “centrali alimentate al
pari di quella monfalconese hanno impatti pesanti in termini di emissioni di Co2
e di inquinanti: sia per la tipologia di alimentazione che per la potenza, tra i
più inquinanti d'Italia e d'Europa”. Il consigliere inoltre aveva puntato
l'indice contro l'effetto cumulativo con le emissioni degli scarichi dei veicoli
che transitano sulla A4 a ridosso dei centri abitati. E il passo successivo,
ora, è misurare queste situazioni: «Faremo incontri con i cittadini – dice Rozza
- e chiederemo ad Apa un monitoraggio decente. La scelta del carbone – prosegue
- è indecente. I costi sociali supereranno di gran lunga i benefici
occupazionali. E in una seria analisi costi-benefici questo non può non
emergere». Quanto al monitoraggio, l'esponente del Gruppo misto, rileva che «se
Arpa non è disponibile o non riesce a effettuarlo, bisognerà trovare un altro
soggetto disponibile a monitorare. Mi pare comunque che nell'ambito
dell'università di Trieste ci siano risorse ottime. E indipendenti. Quello che
io chiedo – propone dunque Rozza - è un monitoraggio che indaghi da subito
l'inquinamento di aria e suolo a partire dalla fascia territoriale che risulta
abitata ai bordi dell'autostrada, con particolare riguardo alle località di San
Giovanni di Duino, Duino, Aurisina e Sistiana».
(Ti. Ca.)
Appello ambientalista all’Unione europea contro la
centrale a carbone “Fianona 3”
È nato l’Appello per l’Istria, un’iniziativa finalizzata a sensibilizzare
l’Europa contro il progetto della centrale elettrica a carbone Fianona 3
ritenuta devastante per l’ambiente. Ne sono promotori il deputato laburista
istriano Nansi Tireli e l’ex deputato dietino Dino Debeljuh. «Visto che in
Croazia le iniziative e proteste contro il progetto di Fianona 3 non hanno avuto
esito - hanno spiegato i promotori ai giornalisti - non ci rimane che
sensibilizzare l’opinione pubblica europea, tenuto conto che l’inquinamento
atmosferico non conosce confini». I due hanno invitato i cittadini non solo
croati ma anche di Italia, Germania, Austria e del resto d’Europa ad alzare la
voce contro il progetto alla quale il governo croato non intende rinunciare.
«Allo stesso tempo - hanno aggiunto Tireli e Debeljuh - mandiamo a dire ai
potenziali investitori che in Istria e in Croazia non sono i benvenuti».
(p.r.)
Incontro contro il rigassificatore
Domani alle 18 incontro con il ricercatore scientifico Livio Sirovich al Multicultura center di via XXX Ottobre 8/a, a cura del Coordinamento cittadini in Rete – Trieste dice no al rigassificatore. Seguirà una riflessione sulle iniziative da intraprendere in opposizione al progetto nel Golfo.
GREENSTYLE.it - MARTEDI', 19 marzo 2013
Detrazioni IRPEF 50% fotovoltaico, conferma
dall’Agenzia delle Entrate
Dopo aver risposto ad un consulente, confermando che è possibile usufruire
delle detrazioni fiscali per l’installazione di un impianto fotovoltaico,
l’Agenzia delle Entrate ha ribadito questa possibilità anche in una risposta
ufficiale a Confindustria ANIE. Secondo l’Agenzia l’installazione del
fotovoltaico è a tutti gli effetti una ristrutturazione edilizia, tanto quando i
lavori di rifacimento degli impianti elettrici, termici e idraulici, per tanto
si può detrarre il 50% della spesa dal computo dell’IRPEF.
L’Agenzia, però, ricorda che la detrazione non è compatibile con gli incentivi
del Quinto Conto Energia, mentre lo è con il ritiro dedicato e lo scambio sul
posto. Maria Antonietta Portaluri, direttore generale di ANIE, spiega perché la
scelta di non chiedere gli incentivi e di usufruire delle detrazioni fiscali
possa essere vantaggiosa:
Peraltro il contribuente che intende beneficiare della detrazione non dovrà
produrre particolare documentazione che attesti il risparmio energetico, in
quanto, anche in base alle indicazioni del MISE, la realizzazione dell’impianto
a fonte rinnovabile comporta in sé un miglioramento della prestazione energetica
dell’edificio e quindi non è necessario produrre alcuna certificazione, con
notevoli effetti quindi di semplificazione e riduzione di oneri.
Valerio Natalizia, presidente del Gruppo Imprese Fotovoltaiche Italiane (GIFI),
spiega invece perché questo pronunciamento sia importante per le aziende che
producono i pannelli solari:
Il settore fotovoltaico ha richiesto e sollecitato questo pronunciamento e lo
accoglie con estremo favore. Ha infatti il merito di fare chiarezza tra gli
operatori e i cittadini, soprattutto in un momento in cui l’industria nazionale
fotovoltaica già soffre i numerosi cambiamenti normativi intervenuti e il calo
nella domanda per il conseguimento delle tariffe incentivanti del Conto energia.
A proposito di Quinto Conto Energia, proprio oggi si apre il secondo registro
del GSE per gli impianti sopra i 12 KW. Un registro che probabilmente durerà
anche meno del previsto perché siamo già quasi arrivati ai 6,7 miliardi di spesa
annua per incentivi al fotovoltaico previsti dalla legge.
Ora, in un momento in cui tutti criticano gli incentivi e persino il presidente
di Assoelettrica Chicco Testa ritiene che gli incentivi abbiano fatto male, più
che bene, al fotovoltaico, è lecito fare una considerazione. ANIE ha fatto
richiesta di chiarimenti ad ottobre 2012, cioè ben 5 mesi fa.
Se avesse avuto risposta subito, visto che molto spesso la detrazione è più
conveniente degli incentivi, è assai probabile che oggi non ci troveremmo con un
contatore fotovoltaico che segna già 6,6 miliardi di euro di spesa annua. Come
si è spesso detto: ad ammazzare le rinnovabili in Italia è anche l’immancabile
lentezza della burocrazia.
Peppe Croce (Fonte: ANIE)
IL PICCOLO - MARTEDI', 19 marzo 2013
Da Duino al Carso un albergo diffuso con il nuovo Prg
Le linee guida della giunta Kukanja: interventi liberi nei centri storici
ma stop al consumo del territorio
di Tiziana Carpinelli w DUINO AURISINA L'intero centro storico di un borgo
antico che diventa un hotel orizzontale, con bed&breakfast, stanze rustiche o
lussuose immerse in paesaggi intatti nella natura del Carso e della costa e
tesori del passato. Ma con vista mare. Si può trapiantare il felice modello
dell'albergo diffuso, che dal terremoto del 1976 ha fatto rinascere la Carnia e
i paesi montani della nostra regione, sul litorale triestino? Secondo la giunta
comunale di Duino Aurisina sì, l'idea è fattibile. Un po' casa e un po'
pensione, una formula turistica ideale per chi non ama i soggiorni in hotel, la
nuova soluzione in tema di ospitalità potrebbe diventare una realtà. Partendo
infatti dalla necessità di rimettere mano al Piano regolatore, l'amministrazione
Kukanja pensa di agevolare la nascita di questa nuova offerta sul territorio
comunale, così offrendo la chance della creazione di nuove attività e posti di
lavoro in loco. Lo spiega il vicesindaco e assessore all'Urbanistica Massimo
Veronese, che contemporaneamente annuncia la necessità di “adottare una nuova
variante generale”. Entro aprile, intanto, è fissata la discussione finale sulla
variante 27, inserita all’interno del Puc (Piano unico comunale) che, nei mesi
scorsi, ha dato vita a un serrato dibattito tra centrosinistra e opposizione.
Adottata da quest'ultima nel precedente esecutivo Ret (espressione politica del
centrodestra), dunque seguendo orientamenti propri, dovrà ora essere approvata
dall'attuale maggioranza di centrosinistra, che in merito ha da sempre visioni
differenti. Superato questo scoglio, però, si aprirà la grande riflessione sul
Piano regolatore comunale. Lo ribadisce Veronese che detta l'agenda in tema di
Urbanistica. «Il Comune di Duino Aurisina - spiega - necessita di una nuova
variante generale: è dal 2000, infatti, che il territorio si trova a doversi
confrontare con una quarantina di ambiti diversi, soltanto quattro o cinque dei
quali sono stati effettivamente approvati nel corso di dodici lunghi anni. Non
solo: di questi ultimi, un paio appena hanno poi registrato l'avvio dei
cantieri, come per esempio è avvenuto alla Baia di Sistiana. Quindi – prosegue
il vicesindaco Veronese – dopo la votazione della variante 27 si andrà entro
l'anno a varare gli indirizzi per la nuova variante generale, che terrà conto di
due linee guida essenziali. La prima: gli ambiti devono essere drasticamente
ridotti, anche perché le diverse direttive regionali prevedono si arrivi entro
il 2020 a un “consumo zero” del suolo e dunque alla non concessione di ulteriori
cubature a scopo edificatorio, limitando lo sfruttamento ai soli spazi
esistenti. E la seconda? «Stiamo pensando a una modifica della normativa sui
centri storici - zona A – replica il vicesindaco di Duino Aurisina - e quindi a
una loro liberalizzazione, anche seguendo metodologie innovative, magari con il
supporto di un gruppo di lavoro e di ascolto. Penso alla necessità di
trasformare stalle e fienili in abitazioni: oggi la normativa è piuttosto
stringente e non concede alcuna flessibilità. Ciò consentirebbe di riconvertire
tali strutture in stanze e b&b, creando una sorta di albergo diffuso, sul
modello carnico». Che ne sarà, invece, della quarantina di ambiti? «Valuteremo
di caso in caso – conclude Veronese - ma andranno eliminati per lasciare spazio
a servizi, come pachi, pratiche scoperte sportive e posteggi, oppure a spazi
verdi. Vedremo di borgo in borgo come affrontare il problema». Vi sono diverse
criticità con le quali il Comune dovrà confrontarsi. Innanzitutto l'ambito A3,
vale a a dire il piano particolareggiato della Cernizza, “rimasto sulla carta” e
il piano particolareggiato del porto del Villaggio del pescatore. Ma prima si
dovrà procedere alla votazione della Variante 27, tra meno di un mese.
SEGNALAZIONI - Ponterosso - Passerella stonata
La moderna passerella che sarà inaugurata sul Canal Grande é bella, ma come si rapporta con il luogo? Di norma, quando si inserisce un nuovo manufatto in un contesto antico, è bene che abbia forme moderne, belle di per sè, per significare che non entra in competizione con l’esistente, e anche perchè é giusto che ogni epoca abbia le sue forme architettoniche. Un’altra possibile soluzione consiste nel dare al nuovo elemento forme simili a quelle esistenti nel contesto antico (mimesi), ma in tal caso si rischia di ottenere uno spiacevole effetto di falso. Il ponte di Calatrava a Venezia é sicuramente bello e non stona affatto. Ma il ponte veneziano si trova isolato sull’ansa di un canale. Il caso di Trieste è diverso. Per fare un esempio, le Rive di Trieste sarebbero state più belle se fossero state sistemate secondo il progetto vincitore del concorso del 2002 che prevedeva lampioni ipermoderni, ma se oggi volessimo aggiungere un altro lampione a quelli finti antichi collocati dalla precedente amministrazione, dovrebbe avere la stessa forme degli esistenti, se no apparirebbe come “un zocolo e una scarpa”, insomma stonerebbe. La passerella forma con i due ponti esistenti e il parapetto di via S. Spiridione – Filzi una successione in cui é l’unico elemento moderno. Appare quindi un po’ stonata rispetto agli altri manufatti e oltretutto la sua forma e snellezza in confronto alla forma massiccia dei ponti le danno un aspetto di provvisorietà. In questo particolare caso meglio sarebbe stato darle un aspetto più simile a quello degli altri ponti, magari solo nei materiali: pietra e ferro, anche se probabilmente sarebbe costata di più. I progettisti, poi, non si sono accorti che i parapetti in vetro diventano opachi se sono sporchi, coperti di brina o battuti dal sole; in questi casi sono molto meno trasparenti delle ringhiere in ferro.
Roberto Barocchi presidente di Triestebella
Camminatrieste: «Bus, i tagli ledono l’interesse di
tutti»
I bus e i servizi del Tpl, il Trasporto pubblico locale, rappresentano
«conquiste volute da tutti» e i tagli appena operati sono a loro volta la
testimonianza che oggi queste conquiste non sono più «sostenute
sufficientemente». Lo denuncia in una nota firmata dal presidente, Sergio
Tremul, il Coped-Camminatrieste, che si proclama «molto preoccupato per la
situazione riguardante il taglio dei servizi pubblici in atto» in contrasto col
«diritto che è alla base della Carta europea del Pedone. «I bus, nelle città,
sono una necessità inderogabile per l’utenza», scrive Tremul. Necessità che
«ora» è «negata da provvedimenti derivanti dalla crisi. I provvedimenti
restrittivi a Trieste e nella Regione, ma anche nel Paese, danno un segnale
inequivocabile» di una «tendenza pericolosa. Istituzioni che non avvertono
questi passaggi sono destinate a uscire dalla scena perché non sanno reagire o
non ne hanno voglia. La protesta è più che legittima e non potrà mancare in
presenza del perdurare di una condizione contro l’interesse dei cittadini e la
vivibilità delle città, Trieste compresa».
Autobus, modificate le linee ma non le pensiline per la
gente - La lettera del giorno di Ronald Küchler
Leggo nell'articolo "Trasporto pubblico: le modifiche..." del 15
marzo/03/2013 le novità invero negative circa il servizio che Trieste Trasporti
propone a partire da lunedì 18/03! Tra queste rilevo che viene spostata la
fermata della linea 6, dall'attuale ubicazione, in Viale Miramare a fianco della
Stazione, in comune con la linea 8 e con quelle dell'altopiano, al capolinea
delle linee 20 e 21 che si trova in Piazza Libertà, in prossimità dell'imbocco
della Via Ghega (dove una volta c'era la mensa comunale)! Provvedimento, a mio
modesto avviso, assolutamente cervellotico per le ragioni che cerco di
sintetizzare al massimo, confidando che sia sufficientemente conosciuta l'area
di Piazza Libertà. 1) Attualmente le persone in attesa del bus potevano
usufruire, in caso di maltempo, della comoda protezione offerta dalla pensilina
della stazione ferroviaria. Nel nuovo sito alla data di oggi manca qualsiasi
riparo dalle intemperie (ne sanno qualcosa coloro che oggi utilizzano le linee
20 e 21)! 2) Considerato che molti viaggiatori della linea 6 arrivano in città
con il treno (per esempio i dipendenti degli uffici regionali di Via Giulia tra
i quali quelli dei trasporti!), l'attuale posizione della fermata consente di
effettuare con la massima comodità il trasbordo dalla rotaia alla gomma
(percorso breve per spazio e tempo e, soprattutto, protetto). Da ieri devono: a)
dirigersi verso le uscite della stazione su Piazza Libertà (dove sono ubicati i
capolinea delle linee 17/ e 23; b) scendere nel sottopassaggio (e te lo
raccomando, viste tutte le segnalazioni che sono state fatte negli anni!) c)
uscire sul marciapiede delle fermate 1 e 19 (scala stretta e già trafficata con
gli utenti delle altre linee); d) arrivare (finalmente) al marciapiede delle
linee 20 e 21, magari in una giornata di bora e pioggia (che goduria!). È
scontato che i più temerari attraverseranno la piazza dribblando il traffico
automobilistico con rischio di finire diritti in ospedale piuttosto che alla
meta designata! Nel tempo impiegato per compiere questo lungo tragitto (circa un
centinaio di metri per circa 3 o 4 minuti non di corsa affannata) nel frattempo
è già transitato il bus della linea 6 per cui si deve aggiungere l'intervallo di
15' (già previsto secondo i nuovi orari pubblicati) per il passaggio successivo.
In totale circa 20' di maggior tempo di percorrenza per giungere alla meta.
Potrebbe essere opportuno che Tt spieghi meglio le ragioni che hanno determinato
questa scelta, che come ho evidenziato in premessa mi pare assolutamente in
controtendenza all'uso del mezzo pubblico.
Legambiente - Nuovo esposto contro Edipower
Legambiente ha inviato in secondo esposto alla Procura di Tolmezzo per completare le informazioni e le valutazioni di Legambiente sul caso dello svaso del Lago di Sauris. Nel mirino i lavori eseguiti dalla Edipower, accusata di non aver saputo controllare il flusso fangoso dopo che questo ha superato i limiti previsti e ammessi.
IL PICCOLO - LUNEDI', 18 marzo 2013
Il “massacro” del paesaggio e i sì della Sovrintendenza
L’INTERVENTO DI BRUNO CAVICCHIOLI - presidente del Comitato per la
salvaguardia del patrimonio urbano di Trieste
Nell’epoca della spending review ci sentiamo di dare un contributo di idee
per eliminare parte degli sprechi del moloch statale: tra gli enti inutili da
sopprimere crediamo si possano tranquillamente annoverare sia le Direzioni
regionali ai Beni artistici e ambientali sia le derivate Soprintendenze e, di
strada, anche il relativo ministero. Si tratta di organismi incapaci di operare
per il fine per cui sono stati istituiti sia in Italia (con il massacro infinito
del paesaggio e delle città storiche) e sia a Trieste. Per cui, che ci siano o
no, è lo stesso. Ci riferiamo, ovviamente, alla distruzione sistematica e
programmata delle pavimentazioni storiche che, all’inizio del ’900, facevano di
Trieste la città più lastricata d’Europa con i suoi 73.857 metri di masegni e
all’assalto delle vie e piazze cittadine e di edifici monumentali da parte di
sedicenti architetti. Trieste, nei secoli scorsi, ha avuto la fortuna di godere
dell’opera di progettisti quali Sommaruga, Geiringer, Fabiani, Zaninovich,
Mosco, Fonda, Nordio, Berlam e così via che si sono ispirati allo Jugendstil,
alla scuola wagneriana, agli stili neoclassico, rinascimentale, gotico,
veneziano, fiorentino, lasciando in eredità a noi una città bellissima (fino a
poco tempo fa) che amministratori scriteriati stanno riducendo a quello che sul
Piccolo è stato mirabilmente definito un “patchwork” prodotto dall’insipienza e
dalla mancanza di idee dei tecnici, ai quali sarebbe rischioso affidare la
progettazione di un muretto a secco. Il primo responsabile di questo squallore è
il Comune di Trieste che, sotto la guida di tre sindaci diversi, ha distrutto
quello che era patrimonio della città e, probabilmente, dell’umanità. E il tutto
è avvenuto – e avviene – in presenza di leggi per una volta chiarissime,
particolarmente il decreto legislativo 42 del 2004. E siamo al paradosso: negli
oramai 14 anni di lotta, il nostro Comitato ha sollecitato decine di volte gli
organismi citati a porre fine allo scempio; Direzione regionale e Soprintendenza
inviavano al sindaco ben cinque lettere (copie in nostro possesso) sollecitanti
il rispetto della legge e la tutela dell’arredo urbano e poi, quest’ultima,
approvava tranquillamente i progetti fantasiosi, che avrebbe dovuto bocciare,
tesi a “riqualificare” aree che invece si sarebbe dovuto “restaurare” e basta.
Né è servito il ricorso a tutti gli organi dello Stato; quando il ministero si è
mosso è stata roba da ridere: invece di inviare un ispettore ha chiesto lumi al
direttore regionale dell’epoca il quale rispondeva, ovviamente, che tutto andava
bene. Del pari inutili i numerosi ricorsi alla procura e alla magistratura
contabile per danno erariale. Avevamo nutrito molte speranze con l’avvento della
nuova giunta, particolarmente quando vi erano stati inseriti gli architetti
Marchigiani e Dapretto dimostratisi, purtroppo, fotocopie dei loro predecessori
quando hanno affermato che «i masegni appena toccati si rompono, sono disuguali,
ne è difficile la ricollocazione, sono pericolosi per i sottili tacchi delle
signore, ostacolano la deambulazione dei disabili».... A novembre avevamo
sollecitato una tavola rotonda al direttore Martines per chiarire, una volta per
tutte, la valenza delle leggi di tutela; nel corso del successivo incontro, cui
avevano partecipato Italia Nostra, Wwf, altre associazioni oltre all’assessore
Dapretto, avevamo dimostrato che i masegni erano solidissimi se non trattati a
colpi di benna, che in Slovenia e Croazia venivano accuratamente rimessi al loro
posto, che erano in sintonia con la città e duravano dall’Ottocento,
contrariamente alle piastrelle che si stanno sbriciolando sotto i piedi dei
passanti e che, comunque, la legge li tutelava. Avevamo sollecitato la revisione
del folle progetto di piazza Ponterosso e vie limitrofe dov’è previsto di tutto
e di più tra cui un innaturale filare di alberelli che dividerebbe la piazza in
due, privandola dell’originale armonia, confortati in questo anche dal parere di
altri architetti tra cui Pirzio Biroli e Barocchi. Abbiamo assistito di recente
al lievo dei masegni: non se ne è rotto alcuno. Caricati sui camion sono
partiti, forse per i depositi comunali (non esiste un libro di carico/scarico),
quindi è chiaro che si possono ricollocare. Di recente abbiamo sollecitato la
Direzione regionale a chiarire in merito ai lastricati la valenza del Codice
Urbani, pregato per la quarta volta il sindaco di poter visitare i depositi
lapidei: non ci si è stato risposto e si procede con testarda tenacia alla
distruzione vandalica di un bene unico della città. Siamo costretti a rivolgerci
a Strasburgo e preparare il ricorso al Tar.
IL PICCOLO - DOMENICA, 17 marzo 2013
Servola, investitori contattati - Rosato illustra il
report sulla riconversione a istituzioni e lavoratori
Ed è la riconversione dell’area di Servola che seguirà alla chiusura della
Ferriera, l’ipotetico secondo driver dopo il Porto Vecchio per il rilancio
industriale e commerciale della città. Martedì il Comune e in particolare il
consulente Francesco Rosato illustrerà il proprio report che include anche
un’operazione di scouting di possibili nuovi investitori, a Regione e Provincia.
Un paio di giorni dopo, presumibilmente giovedì, il piano verrà discusso con i
sindacati, i rappresentanti di fabbrica e un gruppo di lavoratori della
Ferriera. «Quelle fatte da Rosato non sono ipotesi teoriche - commenta il
sindaco Roberto Cosolini - ma risultati di contatti già avvenuti. Certo ora per
trattare effettivamente con gli investitori bisogna creare le precondizioni che
si sostanziano soprattutto nell’Accordo di programma che va sottoposto al
governo uscente se non ci sarà un nuovo esecutivo». I contatti avvenuti
riguardano industrie ferroviarie e di lavorazioni a freddo dei metalli. Alla
Corte dei conti è frattanto ancora fermo il decreto che fa rientrare Servola nei
casi di crisi industriale complessa rendendola destinataria di finanziamenti che
comunque non saranno ingenti. Rosato anche al Tavolo di lunedì in Regione ha
sottolineato invece come «serve un forte contributo di risorse pubbliche. E
l’Autorità portuale in una nota ha precisato che la riconversione potrà avvenire
attraverso un percorso su due livelli: «prima la messa in sicurezza che per le
aree demanianiali potrà prevedere l’acquisizione da parte dell’Authority di
risorse pubbliche, mentre per le aree in proprietà (della Lucchini, ndr.) sarà a
carico del soggetto privato investitore con immediata fungibilità dell’esistente
lay-out per le attività industriali-portuali; poi lo smantellamento degli
impianti e la graduale bonifica da realizzarsi contestualmente al rifacimento o
potenziamento della banchina e delle altre infrastrutture».
(s.m.)
Stabulario, via ai lavori Inutili gli ottomila “no”
Petizione del Comitato, anche dal Consiglio comunale mozione di
contrarietà
La struttura universitaria realizzata con 480mila euro
giunti da Roma e Regione
Scienza e cuore, un corpo a corpo. Ricerca e etica. Cittadini e leggi.
Animaletti usati per la ricerca. L’Università, il ministero dell’Università, il
Comune, la Regione. E un gruppo che si chiama “Comitato di liberi cittadini per
la difesa degli animali” che aveva raccolto 8000 firme per ottenere che l’ateneo
non ristrutturasse i suoi 500 metri quadrati di stabulario. Quella “stalla” per
topi, ratti e altri animali su cui si fanno esperimenti prima di farli
sull’uomo, prima di decidere se un farmaco o una tecnica sono utili e
compatibili con le cure. La lotta è fra questi, ma per il Comitato una battaglia
persa: i lavori si faranno, con i 480 mila euro arrivati in parte dal ministero
e in parte dalla Regione. «Muri di tortura» li definisce il Comitato che aveva
già ottenuto l’approvazione di una mozione contraria dal Comune di Trieste e una
legge sulla “buona ricerca” dalla Regione per iniziativa nel 2010 dell’Udc
Giorgio Venier Romano, presidente della Commissione sanità. «Gesto
antidemocratico - aggiunge il Comitato - quello del rettore che lo scorso 7
marzo si è rifiutato di incontrarci chiedendo di spedire le firme per posta».
«Io dialogo - è la secca risposta di Francesco Peroni -, ma non mi relaziono con
il fanatismo, il confronto in questi casi è inutile». Il responsabile dello
stabulario, il professore di Fisiologia Paolo Battaglini (Dipartimento di
scienze della vita) risponde nel merito nell’intervista qui sotto. Tecnicamente,
il delegato del rettore per l’edilizia universitaria Aurelio Marchionna fa la
cronaca delle decisioni per un’opera da tempo inserita nel Piano triennale delle
opere, relativa a quell’edificio “R” di via Valerio diventato un caso delicato:
«Il progetto iniziale era di rifare l’edificio, ma ci vorrebbe il doppio dei
soldi, perciò le sale interne verranno solo rivestite di un involucro che evita
le infiltrazioni, mentre già abbiamo rimosso l’amianto. Avremo una situazione
igienico-sanitaria ottimale. La progettazione esecutiva è in corso». Secondo
Battaglini la struttura “ospita” qualche centinaio di topi e ratti, a volte
«qualche ranocchia». Che, acquistati da ditte specializzate, dopo essere stati
sperimentati restano come allevamento di nuovi esemplari. Il Comitato, che non
vuole pagare «con soldi pubblici e dunque anche i nostri» quello che denomina
“lager per animali”, e la Lav, hanno protestato per la presenza anche di
«pulcini, conigli e opossum». Denunciando successive “eutanasie”, scagliandosi
contro l’idea che «il 92% dei farmaci che superano i test sugli animali
finiscono nel cestino», e anche contro il Comitato etico regionale istituito lo
scorso dicembre sulla scorta della legge Venier Romano: «Ne facevano parte lo
stesso Battaglini e il preside di Veterinaria di Udine, dunque in conflitto
d’interessi». Usano lo stabulario i ricercatori di Farmacologia, Chimica,
Medicina, ma lo spazio può essere anche affittato da esterni per progetti di
ricerca «comunicati in regime di autocertificazione o esplicitamente autorizzati
dal ministero della Salute», cui ogni 31 marzo devono essere inviati tutti i
registri relativi alle attività svolte, che preventivamente passano invece
attraverso il Comitato etico dell’ateneo, il cui parere è vincolante .
Gabriella Ziani
«Non possiamo ancora eliminarlo» - IL RESPONSABILE -
Battaglini: chi contesta ha molte ragioni ma a oggi non c’è alternativa
Prof. Paolo Battaglini, stabulario contestato. Lei, il responsabile, come
risponde? Dico che i contestatori hanno ragioni da vendere. Però lo usate e
rinnovate? Eticamente: non dovrebbe esistere. Nessuno vuol far del male agli
animali. La differenza è che “loro” dicono eliminiamo lo stabulario subito,
“noi” rispondiamo che ancora non possiamo permettercelo. Per i prodotti
cosmetici è già proibito il test su animali. Per la ricerca applicata, per
testare pomate o altri farmaci si possono usare cellule umane, una cute
artificiale. Se invece voglio sapere che cosa fanno cellule staminali inserite
nella testa di una persona, devo saperlo prima. Lo abbiamo provato sui topi.
Provocano tumore. Che devo fare, mi chiedo. Nessuna speranza allora? No, col
tempo e con la ricerca si trovano buone azioni sostitutive. Tutte quelle
alternative all’uso degli animali derivano peraltro dalle ricerche fatte proprio
in laboratori come il nostro. Ma la sensibilità c’è, la componente emotiva c’è,
ed è indiscutibile. Siamo tutti d’accordo, ma ancora non ce la facciamo senza...
Perché è da ristrutturare lo stabulario dell’università? È in cemento armato ma
le strutture interne che suddividono in maniera mobile gli ambienti sono
fatiscenti. Per disinfestare dobbiamo usare prodotti troppo forti. C’è rischio
di infezioni per gli animali. Sono delicati. Geneticamente modificati.
L’ambiente dev’essere quello di una sala operatoria. E infatti rivestiremo le
sale con uno speciale linoleum come quello delle sale operatorie. Avremmo voluto
buttarlo giù e farlo nuovo, ma la seconda “tranche” di soldi dalla Regione non è
arrivata. Quante “sale” ci sono? Una ventina. Le più critiche sono quelle che
ospitano gli animali. Ne rifacciamo 6-7, vorremmo arrivare a 11-12. Quanti e
quali animali? Ratti e topi, ogni tanto pulcini e ranocchie. Qualche centinaio.
Li acquistiamo da ditte specializzate, privi di qualunque infezione, li allevano
sterili se serve, poi dopo li alleviamo noi. Nati in cattività, non possono
essere liberati in natura, trasportati, e così via. Sono trattati coi guanti,
creda.
(g. z.)
Tecnologia e ambiente - Un convegno
Uomo, Tecnologia, Scienza, Ambiente 2020: è il tema di un convegno in
programma giovedì dalle 9 in via Beirut 2 a Miramare, nell’aula della Sissa.
Organizzato da Ictp, Sissa, Fondazione internazionale per il progresso e la
libertà delle scienze, Lions club Trieste Host Distretto 108 TA 2, l’incontro è
aperto al pubblico ma indirizzato soprattutto ai giovani che si affacciano al
mondo del lavoro e agli interessati a una visione di quello che potrà essere il
futuro più prossimo. Sono state invitate a partecipare le classi terze, quarte e
quinte delle scuole superiori cittadine. Questi alcuni degli argomenti trattati:
i progressi della scienza e soprattutto della tecnologia è in costante
accelerazione, i risultati sono sotto i nostri occhi, assistiamo a continui
mutamenti, un’evoluzione che è diventata la normalità quotidiana. Computer
sempre più potenti e diffuse reti di comunicazione hanno esteso a livello
planetario le nostre possibilità d’informazione e di relazione interpersonale.
Gli sviluppi della biologia e della medicina stanno contribuendo a qualità e
durata della vita. E ancora, le ricerche in fisica e astrofisica ci consentono
una crescente comprensione della natura e dell’universo. Dopo l’introduzione del
giornalista scientifico Fabio Pagan e il saluto delle autorità, la prima
relazione (alle 10) di Giuseppe O. Longo del Dipartimento di Elettrotecnica
elettronica informatica dell’Università di Trieste. Poi Gianni Dal Maso (alle
10.30), ordinario di Calcolo delle variazioni e vicedirettore della Sissa. Alle
11.30 intervento di Bruno Murari, inventore del chip che fa “girare” la Wii;
alle 12 Roberto Siagri, presidente e amministratore delegato Eurotech. L’ultimo
intervento, prima di domande e conclusioni, di Carlo Poloni presidente Esteco.
CARICHE - Italia Nostra - Nuovo direttivo
L'assemblea dei soci della sezione triestina di Italia Nostra ha rinnovato, a scadenza triennale, la composizione del direttivo e le cariche. Il nuovo presidente è Marcello Perna, vice Franco Zubin e Giulia Giacomich. L'associazione ha in programma tra l’altro «la tutela della città storica contro le deformazioni della sua immagine e la tutela del comprensorio storico del Porto vecchio».
IL PICCOLO - SABATO, 16 marzo 2013
Monassi contro Maltauro carte pronte per il divorzio
Martedì Portocittà ufficializzerà il ritiro, la parola andrà agli
avvocati. L’Authority nomina una commissione internazionale per utilizzare al
meglio il Punto franco
La via per il divorzio è stata tracciata. Marina Monassi, presidente
dell’Autorità portuale e Enrico Maltauro, amministratore delegato di Portocittà,
sono rimasti a colloquio per due ore giovedì pomeriggio alla Torre del Lloyd con
l’obiettivo di delineare la exit strategy della società che nel 2010 aveva
ottenuto la concessione per la trasformazione del Porto Vecchio. Un addio
talmente certo che proprio ieri pomeriggio la stessa Authority ha diffuso una
nota in cui annuncia che sta costituendo «una Commissione di esperti
internazionali incaricata sia di analizzare e approfondire in tempi brevi le
possibilità di sviluppare nuovi aspetti normativi del Porto franco di Trieste
derivanti da una più completa attuazione delle prerogative stabilite dallo
specifico Allegato VIII al Trattato di Parigi del 1947, sia di formulare in
merito le necessarie proposte pratiche». Il nastro delle battaglie degli ultimi
anni è stato dunque completamente riavvolto e comincia a girare nel verso
diametralmente opposto rispetto a quelle che erano sembrate le speranze della
maggior parte dei triestini compatti dapprima dietro un sindaco di centrodestra,
Roberto Dipiazza e poi dietro uno di centrosinistra, Roberto Cosolini e che
sognavano uno scalo antico trasformato nella più prestigiosa parte della Trieste
del futuro. Ma è proprio l’esistenza della zona franca in tutta l’area del Porto
Vecchio secondo Portocittà a non rendere bancabile il progetto ed è stato questo
il motivo fondamentale che ha spinto il concessionario a prefigurare il proprio
ritiro. Ora Monassi e Maltauro non parlano, ma le opposte posizioni traspaiono
dai rispettivi staff. «Se anche c’era qualche possibilità di riannodare i fili,
l’Authority ha dimostrato rigidità estrema nel non volerlo fare», l’accusa del
concessionario. «La separazione è causata dalla loro infedeltà», la replica
dalla Torre del Lloyd. La concessione era stata affidata dopo una gara quando ai
vertici del porto sedeva Claudio Boniciolli. Martedì dunque, a meno che nel
week-end non succeda la fine del mondo, i soci di Portocittà già convocati in
assemblea per quella data sanciranno ufficialmente la rottura e nella giornata
stessa la parola passerà ai rispettivi legali: l’avvocato Alfredo Biagini di
Venezia per il concessionario e i legali dell’Avvocatura distrettuale dello
Stato per l’Authority che a propria volta hanno già fissato un confronto.
Difficile che si arrivi a una risoluzione consensuale del contratto senza
passare per le aule della giustizia amministrativa e di quella civile. In ballo
vi sono i 10 milioni già spesi e i canoni già versati da un lato e le penali
dall’altro. Non solo, ma annesso vi è un ulteriore problema: Portocittà avrebbe
dovuto fare le opere di infrastrutturazione anche per Greensisam, l’altro
concessionario, che ha in carico in primi cinque magazzini e le aree adiacenti.
Con la rivoluzione appena avvenuta anche nei ranghi dei deputati e dei senatori
triestini, difficile che si torni a sentir parlare di spostamento del Punto
franco. «I lavori della Commissione internazionale - spiega la nota
dell’Autorità portuale - dovranno produrre progetti concreti che l’Authority,
quale ente amministratore del Porto franco di Trieste, sottoporrà doverosamente
alle istituzioni competenti di livello regionale, nazionale e internazionale». E
riguardo al Punto franco, sottolinea che «la crisi di lavoro rende urgente
sviluppare al massimo queste prerogative speciali del porto di Trieste al
servizio della città, del Paese e della Comunità europea». Sui vantaggi di cui
possono fruire le imprese di logistica e di produzione di beni e servizi a
Trieste, avvalendosi del regime di Punto franco verrà anche redatto un manuale
divulgativo sintetico.
Silvio Maranzana
«In Porto Vecchio da 40 anni nessuno fa nulla»
I parlamentari Pd replicano al M5S: lavoriamo assieme, anche noi contrari
alla speculazione immobiliare
Ettore rosato Le agevolazioni previste dai trattati si possono spostare Pensare
alla portualità non ha senso con i vincoli posti sui magazzini
Francesco Russo Giusto fare chiarezza legislativa sull’area, ma non culliamoci
nelle favole: basta con l’alibi che ha permesso l’immobilismo
«Il Punto franco non è la soluzione, è il problema». I parlamentari
triestini del Pd, il deputato Ettore Rosato e il senatore Francesco Russo,
ribattono punto su punto (Punto franco su Punto franco) alla presa di posizione
del Movimento 5 Stelle dopo l’intervista al senatore Lorenzo Battista sullo
stato del Porto Vecchio. Il Porto di Amburgo, secondo porto container d’Europa,
per esempio, ha deciso di sopprimere il Punto franco a partire dal primo
gennaio. «Difficile pensare ai tedeschi come autolesionisti - attacca Rosato -.
Dobbiamo fare l’interesse della città e l’interesse del Porto. Dobbiamo
distinguere la difesa del Punto franco dal nodo del dove collocarlo. Noi siamo
per la difesa del Punto franco. Il problema è dove collocarlo». Il Punto Franco
Nord (come è chiamato il Porto Vecchio) è nel posto sbagliato. «In Porto Vecchio
da 40 anni nessuno fa niente. A esclusione dell’Adria Terminal non c’è alcunn
interesse a utilizzare quel pezzo di porto come punto franco visto che non è
collegato con le infrastrutture ferroviarie. Inoltre non ha le moderne tipologie
di portualità con i magazzini vincolati dalla Soprintendenza e le banchine
inadeguate» spiega Rosato. «Se per 40 anni non è successo nulla ci sarà un
motivo - aggiunge Russo -. Non possiamo cullarci nelle favole. E il Punto
franco, mi spiace per il M5S, è un’alibi per decenni di immobilismo. Sono
d’accordo con loro sulle necessità di fare chiarezza giuridica. Uscire dalla
logica delle carte bollate. Ma detto questo i colleghi grillini devono decidere
se stanno con chi ha bloccato la città per tutti questi anni o con chi vuole
rompere questa spirare e aprirsi finalmente al futuro. Porto Vecchio è la chiave
di volta per la rinascita di Trieste». Che fare allora? Su un punto (non franco)
i parlamentari del Pd concordano con le posizioni dei 5 stelle: «Nessuna
speculazione immobiliare. Niente seconde case. Su questo siamo perfettamente
d’accordo. In quell’area, da restituire alla città, vanno collocati edifici
pubblici, musei, istituzioni scientifiche e culturali e imprese ad alta
tecnologia. Il recupero urbano è il contrario della speculazione edilizia. Non
residenze, ma spazi pubblici. Dobbiamo lavorare assieme per una rinascita del
chilometro oggi più prezioso che c’è oggi nel Mediterraneo», apre Rosato.
Aggiunge Russo: «Dobbiamo lavorare assieme per il rilancio della città. I
problemi di Trieste sono tali che non ha senso dividersi. Sottoscrivo il no
totale e assoluto a ogni forma di speculazione immobiliare. Neppure noi vogliamo
appartamenti in Porto Vecchio».
(fa.do.)
Antenna Telecom? «No, grazie» Comunella bocciata dalla
gente - ASSEMBLEA A TREBICIANO
TREBICIANO Antenne? No, grazie. Né nel centro del paese, né nei dintorni:
«ne abbiamo abbastanza». Gli abitanti di Trebiciano si opporranno
all’installazione di un nuovo impianto Telecom per la telefonia mobile con una
petizione popolare, che faranno valere dinanzi al Comune di Trieste. È questo il
verdetto dell’animata assemblea tenuta giovedì sera in una gremita sala del
“Ljudski dom”, la Casa del popolo del borgo carsico, dalle associazioni locali e
da un centinaio di cittadini. Alcuni di essi sono giunti anche dai paesi vicini
e sembrano fortemente intenzionati ad irrobustire le fila del dissenso, a
giudicare dall’esasperazione che hanno espresso durante l’incontro. Ora si
raccoglieranno le sottoscrizioni, ma di fatto è come se Trebiciano (insieme agli
abitati circostanti) avesse già deciso: «Non venderemo la nostra salute per 900
euro al mese», è stata una frase ripetuta più volte, e a gran voce, dai
partecipanti all’assemblea. È quella, infatti, la cifra approssimativa che
sarebbe potuta entrare nelle casse della Comunella locale, antico raggruppamento
di realtà associative e piccoli proprietari, qualora essa avesse messo a
disposizione il cortile interno della Casa del popolo per l’insediamento della
nuova antenna. La Comunella beneficia di un usufrutto su quel terreno, e di
conseguenza avrebbe avuto diritto a riscuotere i proventi dell’affitto. Di qui,
la proposta rivolta ai cittadini: visto che la legge impone ai concessionari di
erigere ripetitori per garantire una buona copertura di segnale sul territorio,
tanto vale “tenerci in casa” la nuova antenna e mettere quei soldi a
disposizione del paese, sostenendo in tal modo le molteplici attività che
trovano sede nella Casa del popolo (dallo sport al complesso bandistico,
passando per i circoli culturali). Questa soluzione “di compromesso”, secondo la
Comunella e il presidente della circoscrizione Altipiano est, Marco Milkovich,
avrebbe trovato ragione anche in una distorsione della legislazione in materia,
che permette alle società di telefonia mobile di accordarsi direttamente con i
privati per l’individuazione dei siti dove far sorgere i tralicci. «Se oggi
diciamo di no, domani potrebbero costruirne un altro dieci metri più in là», è
stato fatto notare. E invece ha vinto la linea “intransigente”, anche perché il
luogo in oggetto dista poco più di un centinaio di metri dalla scuola
dell’infanzia e da quella elementare. Tuttavia, i rappresentanti delle
associazioni hanno affermato di non voler ridurre la questione ad una mera
disputa tra salute e denaro: «In linea di principio, siamo tutti contrari»,
hanno sottolineato. La proposta della petizione, dunque, ha riscosso un consenso
pressoché unanime. I residenti sono convinti di poter bloccare l’iter, ma anche
di riuscire a preservare altre zone circostanti da eventuali installazioni
future, facendo leva sul vincolo ambientale che “copre” buona parte di esse:
«Chiederemo al Comune di elaborare un piano antenne chiaro, che abbia
l’obiettivo di difendere la salute dei cittadini». E la società calcistica “Primorec”?
La banda “Viktor Parma”? Il circolo giovanile e la Comunella? «Faremo delle
contribuzioni volontarie, pagheremo una quota per farle sopravvivere»,
annunciano. Ma dopo l’impianto della Vodafone, realizzato da poco in paese, di
altre antenne non vogliono nemmeno sentir parlare.
Davide Ciullo
IL PICCOLO - VENERDI', 15 marzo 2013
Lucchini, sei settimane per capire il post-Ferriera -
NIENTE INVESTITORI Semino: nessuna trattativa per il settore industriale
Il Gruppo commissiona uno studio a una società di Genova: l’obiettivo è
verificare quanti operai e per quanto tempo impiegare nello smantellamento degli
impianti
Sei settimane per verificare quanti operai potranno essere impiegati e per
quanto tempo nello smontaggio degli impianti della Ferriera di Servola e quanto
l’azienda potrà ricavare dalla vendita di parte di questi impianti e dei
rottami. L’incarico, che dovrà essere completato in questo ristretto lasso di
tempo, è stato commissionato dal commissario straordinario del Gruppo Lucchini
Piero Nardi alla società d’ingegneria D’Appolonia di Genova. Lo ha comunicato
ieri al Tavolo sulla riconversione il direttore Affari generali della Lucchini
Francesco Semino (Nardi non è arrivato) mentre il palazzo della Regione di
piazza Unità dove si svolgeva l’incontro, protetto da un cordone di poliziotti,
era sotto assedio di un centinaio di dipendenti armati di fischietti, tamburi e
bandiere. «Potrà essere questa la prima attività fonte di lavoro nel momento in
cui la Ferriera chiuderà - ha detto Semino - ma per questa operazione di
decommissioning abbiamo bisogno di sapere le ore-uomo necessarie, i costi
associati e più in generale la manodopera e i mezzi indispensabili ai fini della
dismissione oltre ai possibili ricavi ottenibili dalla vendita di alcune parti.
I tempi sono abbastanza stretti». La Lucchini accelera dunque sulla chiusura di
Servola il cui iter da ieri è sostanzialmente avviato e non ha rasserenato
eccessivamente gli animi una nota diffusa nel pomeriggio dallo stesso Semino che
ha precisato che «l’affidamento dell’incarico a D’Appolonia non significa voler
anticipare i tempi di chiusura dello stabilimento di Trieste che restano quelli
più volte comunicati e cioé entro il 2015. Lo studio - ha aggiunto - può essere
un contributo alle istituzioni, un riferimento in più per capire se tale
attività possa rappresentare un’opportunità occupazionale per i lavoratori». Ma
quanto “ossigeno” ha ancora la Servola spa, per quanti mesi è ancora in grado di
sopravvivere? Quali economie il Gruppo Lucchini in amministrazione straordinaria
è in grado di mettere in campo per scongiurare una chiusura a breve, prima che
qualsiasi alternativa sia all’orizzonte? Incalzato da Franco Palman (Uilm),
Semino non ha delineato un orizzonte temporale. «Ci sono le risorse per la
continuità produttiva in piena sicurezza - ha risposto - ma al momento non ho
tempi da dare». Ma sul futuro, il rappresentante del Gruppo Lucchini ha detto
anche qualcosa di più e che non fa presagire nulla di buono per il futuro. «Il
bene reale che mettiamo a disposizione è la proprietà delle aree, anche se ai
fini della riconversione sarà necessario un approfondimento di istruttoria con
il Ministero dei Beni ambientali. Ma l’unico settore per il quale ci sono giunte
manifestazioni di interesse riguarda la logistica, abbiamo avuto contatti reali
soltanto per valorizzare questa funzione del comprensorio, non vi è mai stata
alcuna possibilità di avviare una trattativa per attività di tipo industriale.
Comunque vi sono due ambiti che potrebbero essere oggetto di sviluppi immediati,
senza necessità di dover per forza attendere il 2015: il primo è appunto la
banchina che non è saturata e dove possono venir aggiunti traffici, il secondo è
il capannone dell’acciaieria dove può essere avviato un progetto di riutilizzo».
Silvio Maranzana
QUATTRO ORE DI SCIOPERO E UN CORTEO
É stata Angela Brandi, assessore al Lavoro della Giunta Tondo a presiedere
il Tavolo sulla riconversione di Servola. Sandra Savino ex assessore a
Programmazione e finanze nel frattempo eletta alla Camera dei deputati, ha
voluto comunque presenziare all’incontro posticipando la sua partenza per Roma.
Attorno al tavolo i rappresentanti di tutte e cinque le sigle sindacali che
contano iscritti nello stabilimento: Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm, Ugl e Failms.
Dopo un’assemblea di prima mattina, sono state proclamate quattro ore di
sciopero e un corteo composto da un centinaio di lavoratori partito dalla
Ferriera con bandiere e striscioni ha percorso le Rive per presidiare poi il
palazzo della Regione. Presenti anche le Rsu della Sertubi e della Linde,
società che tratta gas compressi e liquefatti e che opera accanto alla Ferriera.
In piazza Unità Franco Palman (Uilm), Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) e Cristian
Prella (Failms) hanno relazionato al megafono sull’esito poco soddisfacente
dell’incontro.
«Logistica o industria? Serve unitarietà» - SINDACATI
«Il capannone dell’ex acciaieria di Servola potrebbe ora essere utilizzato
anche per dei depositi». La frase pronunciata ieri al Tavolo sulla riconversione
da Francesca Trampus, direttore sezione Demanio dell’Autorità portuale ha fatto
sobbalzare i sindacalisti sulle sedie. «L’Autorità portuale deve chiarire la
propria posizione - aveva intimato già in precedenza Stefano Borini (Fiom-Cgil)
- perché controlla il 60% delle aree su cui insiste il comprensorio. Se intende
utilizzare l’ex acciaieria a servizio dell’attività logistica crea tre nuovi
posti di lavoro, se invece lì viene insediata una nuota attività produttiva i
posti di lavoro che si creano sono almeno cento». «Lo logistica deve essere al
servizio dell’industria», ha ammonito anche Marco Stolfa (Ugl). «Qual è la
posizione dell’Autorità portuale? - aveva chiesto Adriano Sincovich (Cgil) - è
indispensabile che Trieste abbia una posizione unitaria al tavolo nazionale». Il
pericolo che la città si spacchi, com’è sua consuetudine anche sul binomio
industria - logistica, c’è tutto e non l’ha fugato una nota che anche l’Autorità
portuale (che aveva in progetto di trasferire sulla banchine di Servola parte
del traffico di bramme di ferro che ora si svolge all’Adriaterminal, ndr.) ha
diffuso nel pomeriggio ribadendo la propria posizione a favore «di una
destinazione logistico-industriale». L’Authority si dice «disposta a valutare un
piano industriale e un programma di attività, assistito da idonee e precise
garanzie, finalizzato anche all’incremento dei traffici portuali e industriali,
della produttività del comparto e dei relativi livelli occupazionali. In questo
quadro - specifica l’Autorità portuale - si dovranno prendere in considerazione
regimi di concessione per le aree demaniali e di locazione per quelle di
proprietà / patrimonio a lungo termine (oltre i 50 anni) con ipotesi che
garantiscano ai possibili soggetti interessati alla gestione indipendenza nello
svolgimento delle operazioni logistico - industriali». L’Authority pensa in
sostanza di destinare «una parte del complesso alla logistica e una parte
retrostante ad attività di lavorazione industriale».
(s.m.)
Tagli ai bus, scatta la fase 2 - TRASPORTO PUBBLICO»LE
MODIFICHE
Nuovi orari in vigore da lunedì. Soppressa
la 36. Sparisce anche la 21 ma solo nei festivi
Autobus, si cambia ancora. Da lunedì entra in vigore la seconda tornata di
cambiamenti nelle linee e negli orari dopo quella inaugurata per i soli giorni
festivi il 17 febbraio. Sono modifiche che Trieste Trasporti definisce
“sperimentali”, ma intanto bisogna prenderne nota. Nella tabella a fianco
pubblichiamo oggi i nuovi orari in vigore nei giorni feriali. Seguiranno le
modifiche dei giorni festivi e del sabato. I tagli. Il piano di riduzione,
clamoroso per la sua portata in termini di chilometri all’anno, pari a 412 mila,
si è imposto per il taglio dei finanziamenti da parte della Regione, che sulla
provincia di Trieste pesano per oltre 2,3 milioni di euro. Il “taglio”, tradotto
da euro a chilometri, era stato matematicamente calcolato in 582 mila. Ma la
Provincia, cui è delegato il trasporto locale, ha rispolverato il principio
secondo cui si fa “un po’ per uno”, e ha lasciato a Trieste Trasporti di
assorbire al proprio interno il costo dei restanti 170 mila chilometri.
Grignano. Certe linee vengono soppresse, altre diminuiscono la frequenza il che
significa che alla pensilina si aspetterà per più minuti. La novità più
sostanziosa che si stende sui giorni sia feriali che festivi è la soppressione
della linea 36, quella famosissima “del mare”, che portava a Barcola e
soprattutto a Miramare e a Grignano, e che fra l’entusiasmo dei bagnanti era
stata qualche anno fa portata a coprire il tragitto fin da via Battisti, e non
più solo dal capolinea di piazza Oberdan. Adesso la linea 36 sparisce. Il suo
lavoro sarà assorbito dalla linea 6, in partenza da piazzale Gioberti a San
Giovanni, che tocca Barcola ma da lunedì prosegue anche per Grignano. Con
ritorno sul medesimo percorso. Fermate. In più c’è per il 6 una variazione di
fermata in zona stazione centrale. Eliminata quella su viale Miramare (lato
arrivi). E inaugurata invece una sosta nuova alla pensilina in mezzo a piazza
Libertà, a fianco del capolinea dei bus 20 e 21. Muggia. Per chi abita a Muggia
o la frequenta, non passerà inosservata la soppressione della linea 21, ma solo
nei giorni festivi. È sostituita dal percorso della 20 (stazione centrale-Muggia),
che coprirà anche Borgo San Sergio in sostituzione del bus cancellato. E farà
nuove fermate sia sulla ex statale 55 (al centro commerciale Freetime) e sia al
centro commerciale Arcobaleno dove le nuove soste sono due. L’attuale fermata
delle linee 47 e 49/ invece, in località Farnei, verrà osservata solo in
direzione Trieste. Chi va verso Muggia dovrà prestare attenzione. Valmaura.
Anche la linea 19 (da via Puccini a stazione centrale) viene soppressa nei
giorni festivi. E sarà sostituita dal percorso della linea 52 (circolare da e
per piazzale Valmaura con percorso piazzale Cagni, vie Puccini, Zandonai,
Giarizzole, Rossi, Miani). Si inaugura da lunedì una deviazione per via Mascgani,
via Benussi, via Flavia, piazzale Cagni, Strada vecchia dell’Istria, piazzale
Giarizzole. Le attese. Ma come si fa a ricalcolare chilometri, tempi, risparmi,
percorrenze, tenendo salvaguardati i percorsi e le necessità (anche di lavoro)
dei cittadini, che a Trieste usano l’autobus più che in ogni altra città del
Friuli Venezia Giulia, con 70 milioni di utenti all’anno? Con metro e clessidra
sono state diradate le corse, così da mettere in strada meno mezzi. I percorsi
restano uguali. E così nei giorni solo feriali otto linee saranno meno
frequenti. Chi dirada prima. Da lunedì è meglio tenere d’occhio i nuovi orari
(pubblicati qui sopra) per le linee 1, 5, 37, 48 che saranno meno frequenti
nell’arco d’orario da mezzogiorno alle 14.30. In certi casi si tratta di
variazioni minime (per la 1 per esempio transito ogni 10 minuti invece che 8-9,
per la 5 ogni 10 anziché ogni 8). In altri invece la tabella oraria si sentità
di più. La linea 37 (da Largo Barriera a Cattinara, Altura, Borgo San Sergio,
via Flavia, via Molino a vento e rientro in Barriera) già si aspettava l’autobus
per un quarto d’ora. Ora si passa a 20 minuti. Lo stesso vale per la 48 (stesso
percorso). Chi dirada dopo. Altre linee diradano il passaggio da metà pomeriggio
a sera (17.30-20.30). È questo il caso della 11 (Ferdinandeo-piazza della Borsa)
con 1 solo teorico minuto di attesa in più (da 7 a 8 minuti), della 22 fra
Cattinara e stazione centrale (da 9 a 11 minuti) e della 29 (piazza
Goldoni-Sottoservola) che passa a una frequenza di 8 minuti anziché di 6. Le
motivazioni. Si chiederà certamente ogni interessato perché proprio la sua linea
abituale sia stata colpita dai “tagli”. La risposta è stata data dalla
Provincia. Ogni percorso è stato monitorato. Nei luoghi e nelle ore in cui è
stato verificato un uso dell’autobus da parte di scarsi utenti, lì è arrivata la
matita rossa. Per salvaguardare invece orari e linee di massiccio uso da parte
di scuole e lavoratori.
Gabriella Ziani
Ore “morbide” e di punta: gli adeguamenti nel resto
della regione
Quelle colpite si chiamano “ore morbide”. Appartengono nell’arco della
giornata alle fasce di minore utilizzo del mezzo pubblico da parte dei
cittadini. In tutta la regione le Province hanno dovuto adeguare il loro piano
dei trasporti pubblici locali. Dappertutto dichiarando che sono state
salvaguardate con attenzione le ore molto meno morbide, quelle “di punta”, e
limati invece i percorsi extraurbani e i servizi stagionali (specialmente
estivi) che magari in anni passati erano stati accresciuti per rispondere alla
maggiore richiesta, o per invogliare la popolazione a servirsi del mezzo
pubblico piuttosto che dell’automobile privata. Se Trieste sulla carta deve
tagliare 582 mila chilometri (e ha già operato per oltre 400 mila), 300 mila
sono caduti sulla provincia di Pordenone, e 700 mila sull’ampia provincia di
Udine, corrispondenti a un minore finanziamento di di 1,7 milioni di euro,
mentre per Trieste il taglio è di 2,3 abbondanti.
La Muggia che verrà sposando l’ambiente con traffici e
turismo
Un centinaio di persone al Forum conclusivo sul nuovo Prg Adesso inizia
il lavoro per comporre tutti gli interessi in gioco
MUGGIA Un centinaio di persone ha presenziato al Forum conclusivo della fase
partecipativa relativa alla stesura del nuovo Piano regolatore di Muggia,
tenutosi mercoledì scorso nel teatro Verdi di via san Giovanni. È stata
l’occasione, dopo quasi due mesi di iter condiviso, per fare il punto sulle
proposte raccolte durante le consultazioni con il pubblico e gli addetti ai
lavori. La giunta Nesladek esprime soddisfazione, ma il vero lavoro – quello di
“composizione” degli interessi in gioco – inizierà proprio ora. Alcuni numeri:
154 iscritti, tra cui 74 cittadini, 34 tra amministratori e tecnici, 15 realtà
economiche; 528 i visitatori della mostra che ha ospitato per un mese gli
elaborati realizzati dai funzionari del Comune e della Veneto Progetti durante
la fase “preliminare” della variante, quella di analisi del territorio. Quattro
macroscenari, 19 progetti strategici, innumerevoli idee. Ecco alcune delle
principali, emerse nel corso dei molteplici tavoli operativi. Ambiente Tutti
d’accordo sulla necessità di porre un deciso freno al consumo del suolo. Le
priorità consistono nei boschi urbani (Arciduca, Zindis, Vignano, Monte d’Oro),
da tutelare non soltanto per crearvi degli itinerari ma anche al fine di
scongiurare i rischi di dissesto idrogeologico, e nella cosiddetta “rete
ecologica”, contemplata come un’opportunità per il legnatico e per avviare un
modello produttivo simile a quello delle Comunelle carsiche. I cittadini
insistono sulla risistemazione della rete ciclabile, da realizzarsi attraverso
un’assidua manutenzione e il collegamento della stessa tramite nuove bretelle.
Abitare L’obiettivo di un’edilizia sostenibile è condiviso: i professionisti
suggeriscono di favorire la ristrutturazione di edifici esistenti, anziché
costruire ex novo, e caldeggiano l’introduzione di bonus per la riqualificazione
energetica; i cittadini ribadiscono un irremovibile “no” alle antenne e agli
ecomostri. Chi, a Muggia, sposerà la causa dell’edilizia sostenibile potrà
probabilmente godere di incentivi sia volumetrici sia fiscali. Si sono
registrate forti pressioni per un contenimento della residenza, oltre
all’urgenza di ripristinare la rete fognaria e all’auspicio di
un’implementazione della “cittadella dello sport”. Gli abitanti vorrebbero un
centro città più “funzionale”. Mobilità I muggesani desiderano una strada
costiera diversa: ciclabile, non invasa dai parcheggi, con aree adeguatamente
attrezzate alla balneazione, locali e servizi. Bocciata a priori l’idea del
senso unico, si spera di sbloccare il sito Acquario e di “riconquistare” il
Bagno della Polizia. Cittadini e tecnici vorrebbero migliorare l’accesso alla
cittadina, ma sulle modalità operative i punti di vista divergono: ad esempio,
si è registrata incertezza sul parcheggio dei camper al molo Balota e su
un’eventuale pedonalizzazione del “mandracchio”. Gli amministratori hanno
annunciato l’istituzione delle “zone trenta” e una razionalizzazione dei
parcheggi, soprattutto nel centro abitato. Sviluppo Si sono raccolte proposte
diversificate, e suggestive, per il turismo costiero: dal parco verde di Punta
Sottile e Punta Grossa, ideato dagli ambientalisti, ad una “via del mare” che
offra attività a terra e in mezzo al golfo. Si giungerà intanto ad una mappatura
delle zone di maggior pregio naturalistico, con la possibile apertura di nuovi
sentieri. Con riferimento al porto e alla logistica, i due temi caldi saranno il
terminal ro-ro e una riconversione delle attività che abbia una ricaduta
economica locale. Ma laddove si prospettano grandi investimenti, ecco riproporsi
un dilemma tuttora irrisolto: è possibile conciliare la conservazione del
territorio e uno sviluppo turistico, per quanto all’insegna della sostenibilità?
Davide Ciullo
Val Rosandra, la situazione un anno dopo - INCONTRO AL
CAFFÈ SAN MARCO
Si intitola “Lo scempio della Val Rosandra un anno dopo: azioni legali,
situazione attuale e futuro della riserva» l’incontro pubblico in programma
questo pomeriggio alle 17.30 al Caffè San Marco su organizzazione di alcune
associazioni ambientaliste. Si parlerà delle azioni legali in corso (sulla
vicenda è aperta anche un’inchiesta), e della conclusione della raccolta di
firme per la petizione europea a sostegno della denuncia di infrazione e
consegna delle firme a Bruxelles. La situazione attuale della Val Rosandra sarà
illustrata in un video di Max Morelli. Previsti poi una relazione sulla ricerca
condotta dagli studenti di Botanica Applicata dell'Università cittadina e un
intervento del docente emerito di ecologia vegetale Livio Poldini sul futuro
dell’area. A seguire la proiezione a cura dell’associazione Monte Analogo del
film “Rosandra, principessa della Valle”.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 marzo 2013
«Rigassificatore, la Regione non ha detto no»
Il Wwf: la delibera non esplicita il parere ma prende atto dei documenti
dell’Autorità portuale
«Non esiste alcun “no” della giunta regionale al progetto del
rigassificatore, proposto da Gas Natural nel sito di Trieste-Zaule». Lo scrive
il Wwf, dopo aver esaminato il testo della delibera approvata pochi giorni fa
dall’esecutivo Tondo. La quale, «intervenendo nello strano “supplemento
istruttorio” inventato dal ministero dell’Ambiente sul decreto Via del 2009 -
prosegue la nota dell’associazione ambientalista -, si limita a “prendere atto”
del documento inviato dall’Autorità portuale al ministero l’11 febbraio 2013, in
cui si evidenziano i problemi di compatibilità tra il rigassificatore e
l’incremento previsto del traffico petrolifero al terminale Siot». Il che,
prosegue la delibera, conferma «la sussistenza di forti criticità in merito alla
coesistenza tra rigassificatore e previsioni di sviluppo del Porto».
Nell’illustrare a parole il documento, la scorsa settimana, l’ormai ex assessore
regionale Sandra Savino (neo-eletta in Parlamento) era stata piuttosto netta:
«La Regione - aveva detto - ha rivalutato nell’ambito della Via la
documentazione, integrandola con lo studio effettuato all’Autorità portuale sui
traffici portuali. Gli uffici regionali del Servizio di valutazione impatto
ambientale hanno acquisito i dati, analizzandoli. Alla luce di questi elementi,
è emerso come le due cose (sviluppo del porto e rigassificatore, ndr) non
possano coesistere. Di questo la Regione informerà ora il ministero». Nella
delibera si cita il parere richiesto (ma non arrivato) alla Capitaneria di
porto. Il Wwf lo rileva: «La giunta regionale si limita a considerare
“rilevanti” gli elementi esposti dall’Autorità portuale, ma si guarda bene
dall’esprimere un giudizio esplicito in merito, scaricando anzi sulla
Capitaneria di Porto l’onere di pronunciarsi sugli aspetti relativi alla
sicurezza, ma solo quella della navigazione. Stupisce che la delibera menzioni
solo i pareri “interni” ricevuti da alcuni uffici regionali, ma non dedichi
neppure un cenno alle osservazioni ricevute dal Wwf. Consegnate l’11 febbraio,
mentre la relazione del Servizio Via, base della delibera, è datata 22
febbraio». «La giunta - aggiunge il Wwf - ha preferito appiattirsi sulla
richiesta del ministero, limitata all’aspetto delle interferenze tra il progetto
di Gas Natural e l’incremento previsto del traffico di petroliere. Ignorando le
questioni segnalate dalle associazioni ambientaliste, sia le pesanti
responsabilità ministeriali e della stessa Regione nell’averle sottovalutate o
ignorate. Salvo poi cercare di spacciare mediaticamente il proprio “non parere”
per un “no”. Evidenti le finalità elettoralistiche dell’operazione, dopo che per
anni il governatore e vari esponenti della giunta regionale si erano espressi a
favore». Oggi intanto è previsto alle 18 un incontro sul rigassificatore con il
biologo dell’Area marina di Miramare Carlo Franzosini al Multicultura center di
via XXX Ottobre 8/a.
Piano dei bus verso la fase 2 - Ma i sindacati non ci
stanno - TRIESTE TRASPORTI
È atteso a breve il secondo capitolo della ristrutturazione del trasporto
pubblico locale. Dopo la soppressione di molte linee nei giorni festivi arriverà
l’accorpamento di tragitti anche nei giorni feriali. Un taglio complessivo di
oltre 400 mila chilometri all’anno concordato tra Provincia e Trieste Trasporti
a seguito del consistente taglio di finanziamenti regionali. Una residua quota
di risparmi è stata lasciata però a carico dell’azienda, per non incidere oltre
misura sul servizio ai cittadini. I sindacati però hanno protestato con forza, e
tornano a far sentire le proprie ragioni. Hanno chiesto un incontro urgente al
sindaco Cosolini, all’assessore allo Sviluppo, aziende partecipate e controllate
Fabio Omero, alla presidente della Provincia Poropat e all’assessore a
Pianificazione, viabilità, infrastrutture e trasporti Vittorio Zollia. Filt-Cgil,
Uiltrasporti, Faisa-Cisal, Ugl, Autoferrotranvieri di Trieste Trasporti non
accettano lo stato di cose e denunciano nuovamente: «Lavoratori costretti a fare
straordinari, soppressione di ulteriori posti di lavoro nonostante la grave
crisi occupazionale».
Fondi europei, 13 progetti slittano di un altro anno
Gli ex Pisus ricontrattati tra Stato e Regione lo scorso dicembre a causa
dei ritardi Piste ciclabili, fotovoltaico al Salone degli incanti, marketing
turistico in attesa
Tredici progetti per la città di cui faremo per la seconda volta in tempo a
dimenticarci. E moltissimi miliardi di euro di fondi europei che non vengono
spesi. Che lo Stato ha ricontrattato con Bruxelles. Rimodulando la quota di
partecipazione finanziaria nazionale. Ridefinendo i progetti ritardatari di
tutte le Regioni, la nostra compresa, che però ha siglato il nuovo profilo
appena nel dicembre scorso. Adesso questa sezione di fondi europei, che fa parte
della dotazione Por-Fesr 2007-2013, già denominata Pisus, è diventata “Piano di
azione coesione” e negli atti parlamentari se ne trova una dettagliata (ancorché
complicata) descrizione. Mentre tutti piangono giustamente la crisi, miliardi su
miliardi di euro restano dunque congelati per l’incapacità di farseli dare: e la
nostra Regione è fra quelle. I Pisus, presentati da 19 Comuni della regione,
hanno avuto ben tre rinvii dei termini per il completamento dell’istruttoria.
L’ultimo è fissato al 21 marzo. L’assessore allo Sviluppo (e ai progetti
comunitari) Fabio Omero ormai per ricordarsi di quali cose il Comune voleva
dotarsi con questi soldi, gli unici cui può accedere mentre il bilancio cede di
20 milioni in un anno, deve andare a ricercare il documento con la lista.
L’unica cosa certa è che, se i soldi arrivano (in tutto erano inizialmente
previsti 18 milioni su questo fronte), ci sarà uno slittamento di un anno per il
completamento dei lavori. Non più dicembre 2014, ma dicembre 2015. Secondo
paradosso. L’Europa dà i soldi ma lo Stato deve cofinanziare, e così a valle
anche la Regione, e anche i Comuni. Ma essendo tutta l’impalcatura in stallo il
Comune non può anticipare l’avvio delle opere per conto proprio. Dunque restano
fermi anche i denari triestini già stanziati. Altro che patto di stabilità.
Forti proteste sono già venute dal Comune di Muggia, cui appena adesso sono
state richieste integrazioni di documenti. Omero invece non sa più nulla
dell’istruttoria: «Non abbiamo nessuna notizia, tranne che probabilmente la fine
lavori sarà prorogata al 2015. Ma arriveranno i soldi? E quando? Non sappiamo le
scadenze. E per esempio per il piano di marketing turistico abbiamo in cassa il
70% della cifra che occorre, ma se partiamo a farci le cose da soli poi perdiamo
il finanziamento». Oltre all’azione di marketing, con l’ideazione di un logo
“Trieste”, il Comune aveva affidato agli ex Pisus la pista ciclabile tra le vie
XXX Ottobre e Ghega, tra piazza Venezia e piazza Hortis, la ripavimentazione del
giardino di quest’ultima piazza, la creazione di una “piazza coperta” nel
cortile interno della Biblioteca civica (già sgomberato in previsione), il
servizio di “bike sharing” nelle future aree pedonalizzate, ma anche un impianto
fotovoltaico sul Salone degli incanti, e un percorso pedonale tra via San
Michele a San Giusto nella cosiddetta “campagna Prandi”, più una ulteriore
estensione del servizio gratuito “wi fi” per i collegamenti a Internet in città.
E per finire, c’era anche l’attivazione del “centro commerciale diffuso”, con
programmi di animazione cittadina a servizio delle piccole e medie imprese, e
cioé del commercio. Nel frattempo bisognerebbe soprattutto prenotare i Por-Fesr
2014-2020. Omero: «Servono progetti presentati collettivamente dagli enti del
territorio, una riunione l’abbiamo già fatta, ma ora attendiamo di essere
convocati dall’assessore regionale De Anna. Il periodo elettorale certo non
aiuta».
Gabriella Ziani
SEGNALAZIONI - FERROVIE - Metropolitana scomparsa
“La nostra immagine è cambiata”, secondo Mauro Moretti intervistato il 28 gennaio da La Repubblica. Ma le risposte date al Piccolo di Trieste tre giorni dopo confermano che la sostanza nelle FS non è cambiata: “Il porto non ci ha dato risposte... si va dove si fanno i soldi... se Trenitalia perde le gare regionali debbo licenziare il personale”. Giustamente Paolo Possamai il 4 febbraio su A&F di Repubblica commenta l’allergia di Moretti alla concorrenza nelle ferrovie: ”...ma scopriamo venti anni dopo l’annuncio delle gare che dobbiamo prevedere clausole che evitino pesanti disagi sociali?”. In realtà il Porto di Trieste ha risposto tre anni fa – Claudio Boniciolli presidente – dichiarando irricevibile il progetto presentato (tramite Trenitalia) dal concessionario del Molo VII che danneggia gli altri spedizionieri: Porto e Ferrovia devono garantire parità di trattamento a tutta l’utenza. Dal momento che le FS hanno riproposto il vecchio progetto (vendendolo come nuovo), i terminalisti hanno opportunamente suggerito gli adeguamenti atti a fornire la piena fruibilità dell’impianto a tutti i clienti, attuali e potenziali, del Porto di Trieste, che non sono solo Trenitalia-Cargo (interessata unicamente ai treni completi) e TMT (orientata esclusivamente ai container). La triste vicenda del Porto di Trieste è emblematica della ambigua situazione delle FS, dove sia rete che impresa rispondono ad un’unica regia (quella dell’ad massimo), in palese conflitto di interessi, viste le distinte missioni di RFI e di Trenitalia. L’ad di FS, anziché lanciare proclami, farebbe bene invece a tirare fuori dal cassetto la Metropolitana leggera (progetto per la rivitalizzazione del nodo ferroviario di Trieste ai fini del traffico portuale e del servizio viaggiatori), funzionale al progetto Adria-A dell’area metropolitana transfrontaliera giuliano-carsica; dovrebbe precisare se ha provveduto al rifinanziamento dell’opera (immediatamente cantierabile) cancellato all’atto del subentro in Regione di Tondo a Illy. Trieste e il Friuli Venezia Giulia hanno bisogno di fatti e non di parole, devono affrontare il presente e sono più interessati alla sostanza del servizio ferroviario (merci e viaggiatori) che all’immagine delle FS e del suo Amministratore delegato.
Luigi Bianchi
SEGNALAZIONI - SAN LUIGI - Pochi parcheggi
In relazione all’articolo “San Luigi, rimessi a posto strade e marciapiedi” di mercoledì 6 marzo vogliamo innanzitutto ringraziare l’amministrazione comunale e la circoscrizione competente per quanto fin qui svolto a seguito delle richieste dei residenti. Tuttavia rileviamo che gli interventi puntualmente elencati nell’articolo non riguardano il tratto basso di via Biasoletto (salvo la creazione di 2 o 3 posti macchina ) dove è situato nelle immediate vicinanze l’orto botanico, struttura pubblica priva di parcheggio, e dove la gran parte di coloro che si recano in città dall’altopiano vanno a lasciare il proprio veicolo. Siamo particolarmente preoccupati a fronte delle dichiarazioni dell’assessore Marchigiani che auspica “i triestini inizino ad abituarsi all’idea di lasciare l’auto nei parcheggi della prima periferia, finora sotto utilizzati, per raggiungere il centro con mezzi pubblici”. Riteniamo che non possa essere una drammatica assenza di parcheggi ad abituare gli automobilisti ad utilizzare i contenitori periferici spostandosi poi con gli autobus, perchè tutto ciò alla fine penalizza solo i residenti della zona senza ottenere alcun risultato in termini di “cambio di abitudini” di quei triestini che preferiscono il mezzo privato a quello pubblico. Ci auguriamo quindi che agli ottimi interventi già svolti ne seguano altri, questa volta nella parte bassa della suddetta via che resta in costante crisi.
Jacopo Burra - seguono 28 firme
Illuminazione pubblica rinnovata Si fa spazio la
tecnologia Led
Oltre due milioni di investimento per il Comune, tecnici di AcegasAps al
lavoro in sei zone tra centro e periferia.
Effetto “bianco” e con meno luce. Omero: è
un’impressione, rispettati tutti i parametri
È un po’ come mettere a confronto una stampa di vecchia data e una foto
digitale. La prima butta sul giallo. La seconda se ne esce bianchissima. Come
gli scatti di ieri e di oggi, gli scorci notturni della città sono destinati a
cambiare. E sempre perché la tecnologia galoppa. Quest’anno, dopo i primi mossi
nel 2012, l’illuminazione pubblica a tecnologia Led di ultima generazione - che
fa luce sulle strade consumando meno corrente, spendendo meno in manutenzione e
riducendo il cosiddetto inquinamento luminoso messo al bando dalle normative
europee - farà a Trieste nuovi, più convinti e più numerosi passi avanti. Là
dove AcegasAps installerà nel corso del 2013 i nuovi Led - su mandato del
Comune, cui compete un investimento mirato di oltre due milioni sui tre e mezzo
programmati tra rinnovi e manutenzioni straordinarie della rete - al calar del
sole si diffonderà un’illuminazione bianca al posto di quella gialla data dalle
tradizionali luci al sodio. L’accelerazione, dopo i primi test compiuti due anni
fa a Muggia, è incoraggiata dal fatto che proprio nel 2011 la tecnologia ha
fatto passi da gigante. Gli effetti collaterali, come i costi di sostituzione e
la tenuta, sono andati via via attenuandosi. Le diverse zone che i tecnici della
multiutility e i responsabili dell’amministrazione cittadina hanno individuato e
progettato nella cornice del piano 2012 di rinnovo dell’illuminazione pubblica,
da realizzarsi appunto nel 2013, sono sostanzialmente sei, per un totale di 639
nuovi punti luce, di cui 431 proprio a Led. Si tratta anzitutto di Borgo San
Nazario, alle porte di Prosecco, via dei Porta e poi Giardino Basevi a San
Giacomo, per rendere fruibile e sicuro il transito tra via San Giacomo in Monte
e il comprensorio scolastico di via Veronese. Per il resto si fa rotta su Borgo
San Sergio, su via Fabio Severo, tra via Coroneo e via Cologna verso
l’Università, e sulla soprastante via Valerio, tra l’imbocco dell’ex Opp e Cava
Faccanoni. Questi ultimi tre interventi sono altrettanti “secondi lotti”,
costituiscono cioè la prosecuzione di lavori di rinnovo dell’illuminazione
pubblica già avviati. Nell’anno passato - durante il quale, in base al piano
2011, sono stati piazzati 529 nuovi punti luce di cui 315 a Led - AcegasAps ha
operato su cinque fronti: Cattinara e Villa Engelman, eppoi soprattutto i tre
“primi lotti” di Borgo San Sergio, di via Valerio, tra l’Università e l’Opp, e
via Fabio Severo, tra piazza Dalmazia e via Coroneo. È stato quest’ultimo -
completato a ridosso di fine anno - il lavoro più consistente e visibile: qui le
vecchie tesate tra le case sono state sostituite da pali in acciaio con
braccetti dotati di tirantino e corpi illuminanti integrati a Led. Il progetto -
si legge in un comunicato della multiutility - ha richiesto la realizzazione di
1.600 metri di cunicolo sotterraneo, parzialmente su sedime di marciapiede a
propria volta rinnovato, e la posa di 48 pali nuovi e 48 nuovi punti luce. Le
novità, come è noto, non sono mai franche da critiche. Proprio da via Fabio
Severo, nel tratto già oggetto della rivoluzione, sono piovute diverse
segnalazioni sul Comune. «Di primo acchito - spiega l’assessore con delega alle
partecipate Fabio Omero - la serie di Led dà l’impressione di illuminare meno di
prima. Il fatto è che la luce, ora, si concentra verso il basso e non si
riverbera sugli edifici circostanti, verso l’alto. Da un punto di vista
strettamente tecnico, siamo in pieno nei parametri richiesti dal Codice della
strada e, contemporaneamente, nelle rigide normative anti-inquinamento
luminoso». C’è effettivamente un cono d’ombra, in via Fabio Severo, dovuto a una
“campata” troppo lunga. Si rimedierà con un punto luce in più, promettono sia in
Municipio che da Acegas. Cos’è in fondo un punto luce sui circa duecento che,
finora, l’arrivo dei Led e il conseguente risparmio energetico già
consentirebbero di aggiungere in città, ai 23mila esistenti, senza dover
spendere un euro in più di corrente?
Piero Rauber
Anche i semafori in sostituzione, altri 21 entro agosto
Si vede molto meno. Ma vale lo stesso, dato che il Comune stima, a regime,
cioè a rinnovo completato, un risparmio di corrente di 83mila euro l’anno. La
tecnologia Led sta venendo in grande soccorso anche per tagliare i costi del
funzionamento dei semafori. Da AcegasAps fanno sapere che 13 impianti completi
sono già stati realizzati, e altri 21 saranno ultimati entro agosto di
quest’anno. A quel punto il rinnovo avrà toccato le 650 lanterne a Led, pari al
45% del piano di sostituzione complessivo. Risparmi sì, investimenti zero. La
possibilità di intervenire senza costi aggiuntivi - si legge in una nota del
Comune - deriva da una attenta analisi effettuata da AcegasAps e dal Servizio
mobilità sulle reali esigenze di rinnovo, evitando di sostituire gli arredi
semaforici che sono ancora in ottime condizioni e/o di recente sostituzione e
consentendo così di individuare una economia di spesa. «Questo piano - così
l’assessore competente Elena Marchigiani - permette in concomitanza un risparmio
energetico e ambientale, un risparmio economico in favore della collettività, ma
anche un miglioramento tecnico, dato che offre l’opportunità di intervenire
sulla risincronizzazione e sui tempi del giallo, là dove necessario, per venire
incontro alle esigenze degli utenti della strada e migliorare le condizioni di
sicurezza. In un momento di crisi, occorre cercare di ottenere, con ogni singola
azione, una pluralità di risultati».
(pi.ra.)
Muggia: niente bilancio, niente cantieri
L’attività comunale paralizzata per l’incertezza finanziaria. Non si può
spendere e molte imprese rischiano il crac
MUGGIA Il blocco di tutte le opere pubbliche e il fallimento di molte
piccole e medie imprese che lavorano a queste opere. È lo spettro che a Muggia
aleggia in attesa della delibera che la Regione dovrà rilasciare entro fine mese
legata al nuovo di Patto di stabilità. Una situazione che attualmente sta
bloccando centinaia di Comuni, in ostaggio in pratica delle decisioni
dell'amministrazione Tondo. «Non possiamo approvare il bilancio perché non
conosciamo ancora esattamente gli obblighi che ci imporrà il nuovo patto di
stabilità cui dovranno sottostare tutti i Comuni della Regione che quindi si
trovano, nella quasi totalità, nelle nostre condizioni», conferma preoccupato il
sindaco muggesano Nerio Nesladek. La giunta regionale si è impegnata a
rilasciare una delibera entro il 31 marzo che preciserà questi obblighi. Una
notizia parzialmente positiva. «Siamo molto preoccupati per l'introduzione di
queste nuove norme che potrebbero rappresentare il blocco di tutte le opere
pubbliche e il fallimento di molte piccole e medie imprese che lavorano a queste
opere – stigmatizza Nesladek -. E fa arrabbiare il fatto che queste opere
verrebbero bloccate anche se, come noi e come altri Comuni, esistono già i
finanziamenti per realizzarle». In pratica i soldi ci sono, ma le opere non si
possono fare. Uno stop kafkiano che sta coinvolgendo tantissimi settori: dal
sociale, allo sport, dal turismo ai lavori pubblici. «Questo è gravissimo, è uno
stop a tutti gli sforzi per fare opere pubbliche e contemporaneamente rilanciare
l'economia. Per noi tutto è ancora più grave in quanto molti finanziamenti (si
pensi ad esempio alla risistemazione di via di Crevatini, quasi un milione di
euro, ndr) ci derivano da progetti europei e perfino questi sono stati inseriti
in questo scellerato patto». Secondo le stime raccolte dal sindaco di Muggia gli
italiani sono i terzi contribuenti in Europa per i progetti transfrontalieri “e
rischiamo di dover restituire i finanziamenti ricevuti che saranno poi
utilizzati da altri Stati. Una beffa oltre al danno”. Ma ci sono ancora degli
spiragli di apertura? «Siamo ancora in tempo per modificare questo patto sia con
azioni che la Regione può assumere autonomamente, ad esempio la decisione di
togliere i finanziamenti europei dal patto, sia con un confronto molto serrato e
deciso con lo Stato che deve modificare le sue pretese”, ricorda Nesladek. Per
il primo cittadino rivierasco “finora la Regione non ha mostrato sufficiente
determinazione. Non è una questione politica. Tutti i sindaci, siano di
centrodestra che di centrosinistra, concordano che la Regione deve confrontarsi
con lo Stato e ottenere un ammorbidimento del patto». Altrimenti? «Altrimenti i
Comuni imploderanno». Non è dello stesso avviso Claudio Grizon, coordinatore
comunale del Pdl: «È inutile attaccare la Regione come fa Nesladek quando il
patto di stabilità è un provvedimento nato in Europa a cui ogni singolo Stato
deve sottostare. Il Partito democratico, di cui il sindaco di Muggia è un
autorevole rappresentante locale, è stato il principale sostenitore del governo
Monti che ha reso ancor più rigidi i parametri del Patto che Regioni, Province e
Comuni devono rispettare. La Regione Fvg consapevole, della difficoltà del
momento, ha reso disponibili ulteriori 90 milioni di euro rispetto alla
Finanziaria che verranno ripartiti tra Comuni e Province. Quindi il vero
problema, seppure confermo come il Comune di Muggia sia stra i più virtuosi del
Fvg, poiché si è speso e investito poco negli anni precedenti, è che ora si
andrà a spendere e investire ancor meno. Il tutto per rimanere nei parametri».
Riccardo Tosques
Il “sogno proibito” della Costa dei Barbari -
BILANCIO / DUINO AURISINA
L’ente locale si può impegnare solo per dodicesimi e quindi addio ai
progetti di largo respiro
DUINO AURISINA Patto di stabilità, che tradotto significa: un vero e proprio
grattacapo per un comune di 8.600 anime come Duino Aurisina. Per il momento,
infatti, la spending review ha costretto l'amministrazione Kukanja a “congelare”
almeno due sogni nel cassetto: vedere l'avvio delle due riserve naturali delle
Falesie e della Costa dei Barbari. Progetti lungamente accarezzati, autentici
leit-motiv nell'ultima campagna elettorale per le amministrative. Lo afferma
l'assessore al Bilancio, Lorenzo Corigliano: «È uno strumento diabolico, che
paralizza gli investimenti in opere pubbliche». Si riferisce ai nuovi criteri
del saldo di competenza mista, che obbligano per legge i Comuni a spendere
risorse in opere e manutenzioni solo in caso di entrate accertate nell’anno
relativo all’effettiva spesa (se un Comune deve spendere 100 nel 2013, 100
devono entrare in cassa tramite entrate in conto capitale, come contributi,
finanziamenti o alienazione). «Non possiamo votare il bilancio - rammenta
Corigliano - fintanto che la Regione non approverà il rapporto del saldo di
competenza mista, atteso entro la fine di questo mese: solo a questa scadenza,
infatti, il Comune sarà autorizzato, nell'arco di 60 giorni, a varare il
documento economico». Si farà dunque maggio, ma con quali conseguenze? «Semplice
– replica l'assessore - sarà trascorsa buona metà dell'anno, durante la quale
l'ente locale avrà potuto impegnare solo un dodicesimo della spesa prevista per
quel capitolo, sociale o legato alle opere pubbliche che sia». Insomma: un
Comune quasi condannato all'ordinaria amministrazione. «Ogni mese facciamo i
conti con risorse centellinate – sottolinea Corigliano – e questo vincola una
nuova amministrazione, qual è la nostra, a compiere piccoli passi. Quelli
essenziali». Gli esponenti dell'esecutivo di centrosinistra si sentono
"penalizzati soprattutto sotto il profilo politico", poiché non possono compiere
delle scelte: «Ogni assessore - spiega - aspira naturalmente a realizzare i
propri progetti, con i quali si è impegnato verso l'elettorato. Insomma ha delle
idee e desidera attuarle, ma per ognuna di queste c'è la necessità di una
copertura economica. E se non si può redigere il bilancio, non si può
concretizzare un bel niente. Per carità – conclude Corigliano – mi rendo conto
che ogni piccolo Comune si trova nella medesima situazione, ma dubito che i 90
milioni di euro messi a disposizione dalla Regione riescano a garantire una
copertura sufficiente. Siamo comunque riusciti come maggioranza a dare una
risposta su scelte in tema di Tares e Imu, con il varo di nuovi regolamenti che
esprimono agevolazioni per le famiglie e per chi versa in situazione di disagio.
Ma anche in tema di lavori di pubblica utilità, che hanno dato lavoro a chi è in
mobilità. Purtroppo, non abbiamo le mani libere per fare ancora di più».
Tiziana Carpinelli
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 13 marzo 2013
RIGASSIFICATORE DI TRIESTE - IL WWF: “NON ESISTE ALCUN
“NO” DELLA GIUNTA REGIONALE AL PROGETTO DI GASNATURAL”
Lo afferma l’associazione dopo aver esaminato il testo della delibera di
giunta. E denuncia: “Desaparecide le nostre osservazioni”.
Non esiste alcun “No” della Giunta regionale al progetto del
rigassificatore, proposto da GasNatural nel sito di Trieste-Zaule. Lo afferma
con forza il WWF, dopo aver esaminato il testo della delibera n. 352 del 6 marzo
2013 (scaricabile dal sito della Regione: www.regione.fvg.it).
La delibera, infatti, intervenendo nello strano “supplemento istruttorio”
inventato dal ministero dell’ambiente sul decreto VIA del 2009, si limita a
“prendere atto” del documento inviato dall’Autorità portuale di Trieste al
Ministero dell’ambiente l’11 febbraio 2013, nel quale si evidenziano i problemi
di compatibilità tra il rigassificatore e l’incremento previsto del traffico
petrolifero al terminale SIOT.
Il che, prosegue la delibera, conferma ”la sussistenza di forti criticità in
merito alla coesistenza tra rigassificatore e previsioni di sviluppo del Porto”.
“Su questi aspetti – prosegue la delibera - pare fondamentale la valutazione
della competente Capitaneria di Porto di Trieste preposto alla sicurezza della
navigazione”. Capitaneria che era stata interpellata in proposito dalla Regione,
senza alcun esito: a tutt'oggi, per quanto ci è dato sapere, questo è l'unico
organo che ancora non ha fatto pervenire alcun parere in merito.
Tutto qui. La Giunta regionale si limita quindi a considerare “rilevanti” gli
elementi esposti dall’Autorità portuale, ma si guarda bene dall’esprimere un
giudizio esplicito in merito, scaricando anzi sulla Capitaneria di Porto l’onere
di pronunciarsi sugli aspetti relativi alla sicurezza (ma solo quella della
navigazione).
Stupisce che la delibera menzioni soltanto i pareri “interni” ricevuti da alcuni
uffici regionali, ma non dedichi neppure un cenno alle osservazioni ricevute dal
WWF. Eppure queste erano state consegnate l’11 febbraio scorso, mentre la
relazione del Servizio VIA – che è la base della delibera – è datata 22
febbraio.
Il WWF segnalava (per l’ennesima volta) molte altre criticità, relative ad
aspetti ambientali assai rilevanti, trascurati anche dal Ministero dell’ambiente
nel decreto VIA ministeriale del 2009: ad esempio l’impatto sull’ecosistema
marino dovuto allo scarico delle acque fredde e alla formazione di sostanze
organo-clorurate tossiche. Ma anche l’utilizzo di dati fuorvianti e studi
manipolati da parte di GasNatural, la mancata valutazione contestuale del
gasdotto Trieste-Grado-Villesse (indispensabile al funzionamento del
rigassificatore), le rilevanti modifiche del progetto intervenute dopo il
decreto VIA ministeriale, ecc.
Tutti elementi, secondo il WWF, sufficienti a convincere sull’opportunità di
annullare il decreto suddetto, come l’associazione insieme a Legambiente ha
chiesto già lo scorso dicembre, in un articolato documento inviato ai ministeri
competenti, alla Regione ed agli enti locali interessati.
In vece la Giunta regionale ha preferito appiattirsi pedissequamente sulla
richiesta del Ministero dell’ambiente, limitata all’aspetto – rilevante ma non
certo decisivo dal punto di vista del “supplemento istruttorio” sulla VIA –
delle interferenze tra il progetto di GasNatural e l’incremento previsto del
traffico di petroliere. Ignorando invece sia le questioni ambientali – note da
tempo – segnalate dalle associazioni ambientaliste, sia le pesanti
responsabilità ministeriali e della stessa Regione nell’averle sottovalutate o
ignorate.
Salvo poi cercare di spacciare mediaticamente il proprio “non parere” (l’ultimo
di una serie, cominciata con il non parere” sulla VIA del 2007) per un “No” al
progetto. Evidenti le finalità elettoralistiche dell’operazione, dopo che per
anni il presidente della Regione e vari esponenti della Giunta si erano espressi
con molta enfasi (e non poca arroganza) a favore del progetto di GasNatural.
Le osservazioni del WWF sul “supplemento istruttorio” sono state comunque
inviate anche ai ministeri competenti ed agli enti locali interessati, nonché
alla Commissione europea, segnalando tra l’altro le tante anomalie di un
procedimento amministrativo sul progetto di GasNatural, che contraddice principi
fondamentali stabiliti dalla Direttive europee in materia di VIA, trasparenza e
partecipazione nei processi valutativi.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 marzo 2013
Rigassificatore, la schiuma sulla spiaggia di
Boccasette - la lettera del giorno di Edvin Glavina
Nel dibattito ancora in corso in relazione al rigassificatore che si
vorrebbe costruire a Zaule, mi permetto di portare una piccola testimonianza
personale, relativa alle possibili conseguenze per l’ambiente. Una ventina
d’anni fa in occasione di interventi di manutenzione sulle petroliere nel sud
del Giappone (Shimonoseki), mi capitava di imbarcare a mezzo di elicottero
passando sopra le piattaforme di rigassificazione, là esistenti, vari chilometri
al largo dalla costa. Tutte le volte che le ho sorvolate ho notato che erano
circondate da un’imponente chiazza bianca (presumibilmente tre volte
l’impianto). All’apparenza si trattava di schiuma. Ho saputo che ci sono dubbi e
polemiche in merito alle schiume comparse sul lido di Boccasette, sulla costa
rodigina, in prossimità del rigassificatore di Porto Viro. Questo, come gli
impianti giapponesi e come quello progettato a Trieste, è a circuito aperto,
scarica cioè in mare l’acqua clorata (ma si trova comunque una dozzina di km al
largo). Allego un’immagine significative della spiaggia di Boccasette. C’è da
tenere presente che davanti al Giappone si spalanca l’Oceano Pacifico, con
profondità anche di centinaia di metri. Il Nordadriatico è in una situazione
molto diversa. Ammesso e non concesso che il rigassificatore porti dei vantaggi
alla popolazione del Friuli-Venezia Giulia, i danni potenziali per la costa
cittadina, e per Grado e Lignano potrebbero essere molto maggiori. Occorre
tenerli presenti, visto che la partita non è chiusa: si dice che le autorità
locali sono contro il progetto; ma è noto che l’ente decisore è quello
ministeriale.
Parcheggi, no di Nesladek al piano Impronta Muggia
Il sindaco smentisce con una nota di aver mai sposato le idee di
Rothenaisler «È un progetto astratto, nessuno sgombero delle automobili dal
centro»
MUGGIA Il piano parcheggi rivoluzionario, proposto da Impronta Muggia nell’alveo del nuovo Piano regolatore, non si farà. Nessuna “cancellazione” totale di posti macchina dal centro, nessuna navetta sostitutiva, nessuno scossone alla viabilità nella cittadina rivierasca. Così si apprende dalle dichiarazioni ufficiali del Comune di Muggia all’indomani della diffusione del piano studiato dagli ambientalisti che prevedeva, tra gli altri provvedimenti, lo “sgombero” delle automobili in sosta dal centro abitato e la pedonalizzazione dello stesso. Il sindaco, Nerio Nesladek, a quella proposta non vuole essere associato in alcun modo. E la motivazione è la seguente: «Appare, più che ambiziosa, decisamente astratta», nonostante rientri nel solco delle direttive di giunta che guidano il lavoro dei progettisti, nelle quali si parla esplicitamente di “mobilità sostenibile”, menzionando in particolare l’obiettivo di “ridurre quote significative di traffico privato, liberando il territorio dalla presenza invasiva delle auto, in termini di spazio e di inquinamento prodotto”. Il “disegno” di Impronta Muggia, che al momento è sul tavolo dei progettisti del Comune e della società di San Vendemiano incaricata della redazione della nuova variante, non vedrà mai la luce. O, perlomeno, non nella sua versione originale, così come elaborata e resa nota dal presidente dell’associazione, Jacopo Rothenaisler. L’ipotesi in oggetto, ha dichiarato Nesladek, «è solo una delle molteplici proposte pervenute all’amministrazione dalle diverse realtà del territorio che hanno preso parte alla fase partecipativa dell’iter relativo al nuovo Prg; parimenti a tutte le altre sarà oggetto di analisi e valutazione, nel rispetto delle direttive dell’amministrazione». Tuttavia, stando all’esame “preliminare” del sindaco, essa «presuppone costi che l’ente non è in grado di sostenere, e modalità operative non praticabili». Nesladek prosegue: «Per quanto la razionalizzazione dei parcheggi nel centro della cittadina sia uno dei nostri indirizzi, è impensabile togliere 462 posti auto pensando di risolvere la situazione con degli stalli “a famiglia” o delle navette circumnaviganti l’intera area abitata». In ciò consiste, in effetti, il piano parcheggi ideato da Impronta: principalmente, si sarebbero eliminati gli stalli attualmente esistenti in centro città (188), nella zona est (175) e nei pressi del porto (99), “liberando” dalle automobili in sosta una quindicina di vie e destinando a posti macchina per i residenti gli spazi in prossimità del cantiere Alto Adriatico, di via Battisti, dell’area ex Enel e del campetto in viale XXV Aprile, oltre al parcheggio Caliterna. Ma, sostiene Nesladek, «la fattibilità e la sostenibilità economica sono aspetti imprescindibili, anche per un ragionamento di questo tipo». «Di certo – puntualizza poi il sindaco – l’attuale piano parcheggi necessita di essere rivisto al fine di raggiungere la maggior condivisione possibile a beneficio dei residenti, ma anche delle attività commerciali, dei fruitori delle stesse e dei turisti». Gli obiettivi primari? «Incrementare la qualità urbana e la sicurezza stradale, per la convivenza di pedoni, biciclette e veicoli: ci concentreremo in particolare sulle “zone 30” e sui percorsi ciclopedonali urbani». Oggi, a partire dalle 16 al teatro Verdi di via san Giovanni, si svolgerà il Forum conclusivo sulla “fase partecipativa” di redazione del Prg. Sarà l’occasione per fare un primo, significativo punto della situazione.
Davide Ciullo
Wwf, a passeggio sul sentiero Rilke - DOMENICA - Due
ore tra scorci di terra e di mare. Prenotazioni entro venerdì
Domenica sul Rilke sarà già primavera. Grazie alla Passeggiata naturalistica
gratuita, sia in italiano che in lingua slovena, promossa dal Comune di Duino
Aurisina in collaborazione con il Wwf Area Marina Protetta di Miramare
“Primavera alle porte… sul sentiero Rilke”, che accompagnerà i visitatori in un
percorso sul sentiero intitolato all'autore delle "Elegie Duinesi" per osservare
la natura che si risveglia ai primi calori primaverili. Un viaggio di due ore
sospesi tra specie carsiche caratteristiche e microcosmi di Mediterraneo, tra
scorci di terra e di mare. Attraverso gli occhi esperti dell'ornitologo Paolo
Utmar e della botanica specializzata in fisiologia vegetale Tadeja Savi, si
potrà scoprire l’incredibile ricchezza di biodiversità di questo spettacolare
tratto di costa, con una visita in lingua italiana e - per chi lo desiderasse e
al raggiungimento di un numero minimo di partecipanti - una in lingua slovena.
La passeggiata, destinata ad adulti e famiglie, permetterà ai partecipanti di
concentrarsi sugli aspetti morfologici della Riserva Naturale delle Falesie di
Duino e di scoprire anche due diversi mondi animali. «Saremo in presenza della
fauna caratteristica della falesia – spiega Utmar -, ma dato il periodo potremo
anche ammirare alcune specie migratrici: in questi giorni per esempio sono state
avvistate le prime rondini e non è escluso potersi imbattere nella visione di
stormi di gru in rotta di migrazione. Il Rilke in questo senso rappresenta
infatti un “balcone” privilegiato». Prenotazioni (entro venerdì e fino ad
esaurimento dei posti disponibili) al 3339339060 (dalle 9 alle 18) oppure
scrivendo a
carso@riservamarinamiramare.it.
Gianfranco Terzoli
SEGNALAZIONI - AMBIENTE - Differenziata impossibile
Alcuni giorni fa ho partecipato ad un incontro informativo sulla raccolta differenziata delle “scovaze” Il responsabile della Italspurghi , concessionaria della raccolta nel Comune di San Dorligo della Valle, ha esposto le modalità con cui i cittadini avrebbero dovuto differenziare le varie tipologie di rifiuti per raggiungere le percentuali imposte dall’Europa. Se non raggiungeremo la percentuale stabilita incorreremo in sanzioni e aumenti delle tasse per la raccolta dei rifiuti. Dall’esposizione delle modalità con cui il cittadino deve differenziare correttamente i rifiuti, mi sono reso conto della difficoltà ad attuare questo sistema lodevolissimo ma troppo macchinoso per ottenere risultati apprezzabili. Il Comune di San Dorligo della Valle ha distribuito a tutti i residenti un alfabeto dei rifiuti con le modalità di raccolta per ognuno di essi. Leggendolo attentamente si capisce benissimo che non tutta la plastica va inserita nei cassonetti prestabiliti perché ci sono diversi tipi di plastica che vanno ripartiti con modalità diverse, come ad esempio le cassette della verdura, bottiglie di acqua, i sondini, le siringhe usate, le posate e i piatti di plastica non vanno nello stesso contenitore. Questo vale anche per la carta che non andrà raccolta tutta assieme ma separata in base alla sua composizione chimica, come la separazione degli scontrini fiscali dai giornali, la carta assorbente da cucina o tovaglie e tovaglioli in carta dai vassoi in materiale cartaceo, i cristalli non vanno col vetro, ecc,ecc… Sono convinto che la raccolta differenziata con queste disposizioni è pura utopia. Chi fa la differenziazione dei rifiuti sono persone dotate di senso civico e buona educazione ma messe di fronte a tali incombenze saranno tentate anche loro a non farla più. Ho la sensazione che lo scopo di queste disposizioni sia quello di far naufragare un progetto lodevole per giustificare l’aumento delle tasse sulla raccolta dei rifiuti. A mio modesto parere, i rifiuti posso essere una fonte di enorme guadagno se riciclati in modo corretto. Ma per farlo, bisognerebbe prima di tutto ottenere la partecipazione spontanea dei cittadini non mettendoli in difficoltà con le diverse tipologie di rifiuti. Basterebbe imporre la divisione dei rifiuti umidi da tutti gli altri. Successivamente l’umido sarà trasformato in carburante e compost per l’agricoltura. Tutto il resto, dopo essere stato lavato, andrà ripartito da personale qualificato a cui si potrebbero aggiungere alcuni volontari attualmente detenuti per piccoli reati. Tutti sappiamo che la plastica è un derivato del petrolio ma forse non tutti sanno che da un chilo di plastica si ricava circa un litro di olio diesel, che una volta raffinato diventa benzina. In Giappone vendono già delle macchine poco più grandi di una lavatrice, che trasformano la plastica in carburante. E allora chiedo ai signori governanti: Invece di tassarci per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, perché non utilizzate le tecnologie esistenti per farci risparmiare se non arricchire, trasformando in oro un bene prezioso quali sono le scovaze?
Vito Tota
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 12 marzo 2013
Lanciata la prima fase della campagna “Mobilità Nuova FVG: al centro le persone” promossa da un gruppo di associazioni del FVG in vista delle prossime elezioni regionali del 21 aprile.
Si tratta di UNA PETIZIONE su web (www.change.org/mobifvg) rivolta a tutti i cittadini per chiedere ai candidati un cambiamento a favore di una Mobilità Nuova: un forte incremento della mobilità collettiva, pedonale e in bicicletta , per un recupero di salute e socialità, nella convinzione che l’attuale modello di mobilità presenti limiti forti e ricadute negative sulla nostra qualità della vita.
Coordinamenti e sedi regionali delle Associazioni promotrici (FIAB - Federazione Italiana Amici della Bicicletta, Legambiente, ISDE - associazione italiana medici per l’ambiente, ACP -Associazione Culturale Pediatri, WWF, U.N.I.Vo.C. - Unione Nazionale Volontari pro Ciechi e AIFVS - Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada) stanno preparando la seconda fase che prenderà il via il 21 marzo e sarà rivolta unicamente ai candidati a Presidente della Regione e consiglieri.
Sul sito www.mobilitanuovafvg.it ciascun candidato potrà sottoscrivere alcune o tutte le proposte concretamente realizzabili sui temi della campagna: Sicurezza sulle strade, Trasporto Pubblico, Mobilità urbana, Turismo sostenibile, Pedonalità, Ciclabilità e promozione del trasporto collettivo. Le sottoscrizioni dei singoli candidati aderenti saranno visibili sul sito via via che giungeranno.
Ciò consentirà a tutti gli elettori di orientarsi consapevolmente al voto per quel che riguarda i temi sulla mobilità e gli impegni presi dai candidati.
Inoltre ad elezioni concluse, si potrà verificare quali saranno i consiglieri eletti che porteranno nei lavori del consiglio regionale le istanze di una mobilità nuova.
Riferimenti:
per contatti:
Lorenzo Colautti 328 4646449
Stefano Cozzini 320 0709983
IL Sole 24ORE - MARTEDI', 12 marzo 2013
Il Governo frena sui rigassificatori
Preme la crisi, si consuma di meno, si usa
meno energia, si spera nella ripresa
IL PICCOLO - MARTEDI', 12 marzo 2013
Rigassificatore: il modello di Rotterdam
Due esperti: «In Olanda il quartiere più vicino è al limite dal raggio di
4,4 km. Qui è tutta la città dentro i 4,4 km» (i
due grafici)
Perché un rigassificatore come quello proposto
a Zaule da Gas Natural si può fare a Rotterdam ma non a Trieste? Sulla domanda
«legittima» - posta tra l’altro da Gianfranco Badina, comandante marittimo ed ex
professore al Nautico nonché meteorologo, in una lettera apparsa sulle
Segnalazioni nell’ambito di un dibattito che si protrae da tempo - Livio
Sirovich e Carlo Franzosini, il primo ricercatore in rischio sismico-geologico e
il secondo biologo marino, intervengono ancora una volta. Lo fanno corredando il
proprio ragionamento con due immagini elaborate da Sirovich (il copyright nel
caso olandese è del Porto di Rotterdam) mirate a evidenziare le differenze. Ai
due esperti sembra che «le immagini parlino da sole: a Rotterdam il più vicino
quartiere residenziale si trova al limite dal raggio di 4,4 chilometri. A
Trieste, dentro i 4,4 chilometri ricade quasi tutta la città, i quartieri
popolari di piazzale Giarizzole sono a poche centinaia di metri». C’è poi il
problema della via di fuga «che in caso di emergenza» - ed è una condizione
indispensabile anche da quanto risulta dai documenti progettuali - «una gasiera
deve potere imboccare da sola, senza rimorchiatori, verso il mare aperto».
Secondo Badina, rilevano Sirovich e Franzosini, la permanenza delle gasiere
all’ormeggio non porrebbe problemi al traffico di altre navi. Nel caso estremo,
commentano i due esperti, in cui il canale di uscita fosse occupato da una
petroliera che sta raggiungendo il pontile, la gasiera in fuga andrebbe a
incagliarsi da qualche parte nella baia di Zaule. «Ma ribaltiamo la domanda:
esiste un impianto al mondo, costruito in tempi recenti, che disti appena 400
metri o o poco più dalle abitazioni civili? Indipendentemente da quanto lunga
sia la via di fuga, qui la gasiera incontra il centro di abitato (Muggia) lungo
la via di fuga stessa dove rischia di arenarsi. A Rotterdam no, a Barcellona no,
nella baia di Tokyo no», insistono i due esperti citando altri esempi di
rigassificatori. Sirovich e Franzosini si soffermano infine sui concetti di
pericolosità e rischio, laddove la prima consiste nella probabilità di un
incidente, il secondo è rappresentato dalle conseguenze che l’incidente potrebbe
causare: perdita di vite umane e danni materiali. Allora, se «la pericolosità a
Trieste somiglierebbe a quelle di Rotterdam, Boston e Tokyo, viceversa il
rischio a Trieste sarebbe molto più elevato a causa dell’estrema vicinanza a
industrie pericolose e a centri densamente popolati, nonché per gli impedimenti
alla fuga delle gasiere. Con il fatto che il pericolo intrinseco delle gasiere è
basso, si nasconde il fatto che il rischio complessivo a Zaule è molto alto».
Inutile anche, concludono i due, citare l’impianto di Tokyo come esempio di
compatibilità mare-rigassificatori: «Quella baia è lunga 70 km e nel punto più
stretto misura circa 9 km, ossia 13 volte la distanza tra la diga Rizzo e la
riva del muggesano. E ha inoltre fondali più profondi». Una nuova puntata così
si inserisce nel dibattito su cui a livello istituzionale pochi giorni fa la
Regione ha contribuito con il proprio no definitivo, in attesa che il ministero
dell’Ambiente si pronunci dopo il supplemento di istruttoria aperto in merito
alla Valutazione d’impatto ambientale.
All’Europarlamento la strage dei cinghiali
L’avvelenamento degli 11 cinghiali dell’11 marzo scorso a pochi passi
dall’Osservatorio astronomico di Basovizza approda all’Europarlamento. Il
deputato Andrea Zanoni, vice presidente dell’Intergruppo per il Benessere degli
animali, ha affermato: «Chi ha compiuto questa strage è un delinquente senza
scrupoli che mette a rischio anche cittadini, bambini e animali da compagnia.
L’avvelenamento costituisce un doppio reato: configura sia il maltrattamento di
animali sia l’uso di esche e bocconi avvelenati, che è vietato dalla Legge sulla
caccia 157/92 e sanzionato penalmente». Per Zanoni chi ha compiuto la strage è
«gentaglia criminale. Invito il Corpo forestale a compiere indagini minuziose.
Con quei bocconi saranno di sicuro stati uccisi altri animali, difficili da
recuperare perché più piccoli come tassi, volpi, rapaci». Aggiunge Zanoni:
«Sodalizi e cittadini, vigilate. Chiunque sappia qualcosa, informi agli
inquirenti. Se s’insiste, i risultati arrivano». Zanoni si riferisce alla multa
di 15mila euro comminata a due uomini che nel 2010 avevano ucciso col veleno
oltre 10 cani.
Battaglia dell’antenna a Trebiciano divisa fra i soldi
e la salute
I genitori dei bambini dicono no: troppo vicina alle scuole Le
associazioni: teniamola noi, così avremo i rimborsi
TREBICIANO Se la legge impone ai concessionari di telefonia di erigere nuovi
ripetitori per garantire una buona copertura del segnale sul territorio, tanto
vale che sia l’intera comunità locale, piuttosto che un singolo privato, a
goderne i benefici in termini di riscossione di affitto per l’area interessata
dalla realizzazione del nuovo impianto. Così ragionano le diverse realtà
associazionistiche e parte della comunità della frazione di Trebiciano, dove a
breve sorgerà una nuova antenna della Telecom. Di fronte alla notizia, sono già
diversi i residenti preoccupati per il possibile impatto negativo che il nuovo
ripetitore potrebbe causare alla salute delle persone, con particolare riguardo
per i piccoli alunni delle centrali scuole d’infanzia e dell’obbligo. L’antenna
infatti sorgerebbe davanti alle scuole. Per approfondire la questione e aprire
un’ampia discussione sul tema, è stata organizzata per la giornata di giovedì 14
marzo, alle 20.30, un’assemblea pubblica nella Casa del Popolo (Ljudski dom) di
Trebiciano. «È un modo di operare improntato alla trasparenza che nelle
precedente amministrazione non trovava riscontro – sostiene Marco Milkovich,
presidente della circoscrizione di Altipiano Est – e che evidenzia la volontà di
rintracciare nella comunità un’ampia convergenza nella condivisione di una
scelta non facile ma obbligata. È da questa realtà che dobbiamo partire –
continua Milkovich. Abbiamo appreso con un certo anticipo che la Telecom deve
realizzare una nuova antenna destinata a coprire l’abitato di Trebiciano,
soprattutto nell’ottica del potenziamento alla nuova tecnologia di quarta
generazione Lte. E dunque ritengo sia preferibile che, di fronte al presunto
danno ambientale, la nostra comunità possa beneficiare di anche di qualche
vantaggio economico». In buona sostanza il presidente ha cercato di favorire
l’espressione dei diversi punti di vista in merito alla scomoda costruzione.
Accanto alle preoccupazioni e ai timori dei singoli, è emerso anche il parere
delle diverse realtà associazionistiche locali, espressione dell’intera
comunità. Tra queste le società culturali e sportive “Primorec”, il complesso
bandistico “Viktor Parma”, il circolo giovanile, il coro “Krasje”, la locale
Comunella. Circoli e gruppi che hanno sede nella Casa del Popolo, struttura che
assorbe ingenti contributi per gestione e manutenzione ora non più coperti dagli
enti pubblici. «Perché dunque non ospitare la nuova antenna nel giardino della
Casa del Popolo – riprende Milkovich – in modo da raccogliere quei proventi di
locazione altrimenti destinati alle tasche di un privato? Si riuscirebbe così a
attutire costi e spese nella gestione della Casa del Popolo a beneficio di tutti
i residenti della frazione». Peccato che la sede da loro proposta disti a sua
volta dal plesso scolastico non più di un centinaio di metri. In attesa del
confronto di giovedì, circoscrizione e realtà locali hanno effettuato a sostegno
delle proprie tesi delle misurazioni presso l’impianto Vodafone appena
realizzato nel paese. Secondo quanto raccolto, le radiazioni emanate
dall’antenna risulterebbero minime, inferiori a 1 volt/metro, rispetto a quelle
tra i 10 e 23 volt/metro emesse dai cellulari che purtroppo anche i bambini
utilizzano. Probabilmente pure quelli che frequentano l’elementare di Trebiciano.
Una risposta indiretta - dicono - ai timori di coloro che nutrono forti
preoccupazioni per la salute dei piccoli alunni causata dalla futura antenna.
Come dire: male non fa anche se è vicina alle scuole, e se i diritti arrivano
nelle nostre tasche, anzichè in quelle di qualche privato, tanto meglio. Ma
quanto? Da precedenti casi si può ipotizzare un rimborso di mille euro al messe.
Maurizio Lozei
Il mare è abitato da troppe specie “aliene”
Le nostre acque contaminate da organismi e animali non autoctoni,
complici navi e acquisti on-line
Anche il mare ha la sua forma di globalizzazione, a volte pregiata ma troppo
spesso anche avvilita da “incursioni” che ne turbano equilibrio e stabilità.
Questo il tema, dipinto tra scienza e costume sociale, al centro del secondo
appuntamento della rassegna organizzata dall’associazione ambientalista “Mare
Vivo” in collaborazione con il Gruppo Scupina 85, tappa a cura del ricercatore
biologo Peter Schulze, del docente Guido Bressan e di Marino Vocci, andata in
scena ieri nella Sala Visavì dell'Hotel Duchi. “Specie Aliene nei nostri mari”
il titolo, molto colorato ma ben poco fantascientifico, scevro da un indirizzo
extraterrestre, legato anzi a un quadro sin troppo attuale e reale dei mari che
avvolgono l'Adriatico e il Mediterraneo, contaminati negli anni dal transito e
dall'insediamento di organismi più propriamente definibili “specie non
indigene”. Da dove arrivano? Dati alla mano, i viatici principali delle altre
specie nel Mediterraneo sarebbero le acque di zavorra delle navi (“ballast
waters”), l'acquacoltura, l'acquariologia, il fouling (incrostazioni che si
annidano nelle chiglie delle navi o nelle prese di scarico) mentre la “casa
madre” degli spostamenti ingrati sarebbe il Canale di Suez, la carovana
marittima di prima classe dove viaggiano le specie che costituiscono circa il
50% del totale che approdano da queste parti. Più problema che risorsa quindi.
Lo conferma il parere del ricercatore Peter Schulze. «Va precisato che non tutte
le specie non indigene sono invasive, alcune si adattano, certo, ma il più delle
volte – sottolinea il biologo triestino – le specie più diffuse ed evidenti
risultano anche le più dannose». Il fenomeno ha dato vita a una mappa per quanto
riguarda l'Italia. Le specie “aliene” contano la maggiore concentrazione nel
Golfo di Venezia (una quarantina le tipologie presenti), poi a distanza figura
il Golfo di Taranto (24 specie) mentre il “ bronzo” è per il Mar di Sicilia. È
un problema che confonde legislazione, cultura e aspetti della bio–geografia. Al
di là dei dati e delle ricerche, ieri nel corso della conferenza si è accennato
molto al ricorso delle “politiche comuni”, appello non meglio identificato per
una coesione di intenti, socio–politici e ambientali, per fare fronte a questa
silenziosa invasione. «Sono necessarie campagne di sensibilizzazione per i
cittadini – ha aggiunto Peter Schulze -: ad esempio, anche per quanto riguarda
l'acquisto di specie esotiche marine on-line, che incluse sconsideratamente
nell'ambiente potrebbero causare dei danni. Inoltre basta adottare normative di
controllo per le navi». Prossima tappa della rassegna il 25 aprile, ancora con
un focus sulla cultura marittima, da scoprire o reinventare.
Francesco Cardella
L’energia elettrica spiegata ai profani - DALLA A ALLA
Z
Un utile libro-guida del triestino Sergio Fontanot, per 35 anni ingegnere
dell’Enel
Generazione fotovoltaica, elettricità dalle biomasse, gestione delle reti,
il gas naturale, ma anche l'Accordo di Kyoto o il mercato elettrico italiano.
Sono tutti argomenti di estrema attualità e sempre più all'attenzione del
singolo cittadino. Ma sono anche termini dei quali spesso non si conosce il
significato o la portata nell'ambito delle politiche ambientali. Un libro,
scritto in modo sufficientemente semplice tale da essere compreso anche dai poco
esperti della materia, è disponibile da gennaio per le edizioni “21mo secolo”.
Ed è un libro scritto da un triestino, Sergio Fontanot, che di “Energia
elettrica, mercato, ambiente” - questo il titolo del volumetto – se ne intende.
L'ingegner Fontanot, infatti, vanta dalla sua parte una carriera di 35 anni
all'Enel, conclusa come responsabile della funzione commerciale alla Direzione
distribuzione Triveneto. La formazione sui temi del nuovo mercato, dopo la
laurea all'Università di Trieste (dove è stato anche docente dal 2003 al 2009),
Sergio Fontanot la deve all'Universitaets Seminar der Wirtschaft di Colonia, in
Germania, dove ha anche ricevuto l'onorificenza di Maestro del lavoro. Quella
che viene definita “una guida per navigare informati” inizia con un richiamo ai
concetti di energia e potenza per poi passare al capitolo sulle fonti
energetiche e a quello sugli impianti di generazione elettrica industriale. Una
specie di introduzione per poter poi spiegare i concetti che stanno alla base
dei nuovi modi di produrre energia: quelli legati alle cosiddette “fonti
rinnovabili”. Come funziona un generatore eolico? Come facciamo a ricavare
energia elettrica dal sole attraverso i tanto nominati “impianti fotovoltaici”?
Cos'è la produzione elettrica da biomasse? E la “risorsa” idrogeno, perchè non
la sfruttiamo? Sono tutte domande alle quali il testo cerca di dare una risposta
per quanto possibile semplice, sempre con un occhio a ciò che accade oggi nel
mondo. Una parte consistente della guida è dedicata alle reti per il trasporto
dell'energia, facendo riferimento ai consumi elettrici nazionali, all'Accordo di
Kyoto e ai suoi meccanismi applicativi. Un capitolo spiega invece, il mercato
elettrico italiano, le regole tariffarie, l'Autorità per l'Energia elettrica e i
problemi di gestione: ancora temi che ci riguardano da vicino ma che spesso
risultano alquanto sconosciuti. Nell'appendice del libro troviamo qualche pagina
anche sul gas naturale, argomento “caldo” a Trieste e dintorni per la questione
del rigassificatore di Zaule. In breve si può avere un'idea di cos'è il Gnl,
come vine commercializzato, trasportato e utilizzato.
Riccardo Coretti
IL PICCOLO - LUNEDI', 11 marzo 2013
Frenata sulla Capodistria-Divaccia: «Inutile il
raddoppio»
TRIESTE «Contrordine compagni». Chi l’ha detto che il raddoppio della linea
ferroviaria Capodistria-Divaccia sia così strategico per il futuro della
Slovenia? A instillare il seme del dubbio è proprio il ministro delle
Infrastrutture (del governo Janša in carica solo per l’ordinaria
amministrazione) Zvonko Cernac. Nel corso di una sua visita a Pirano il
ministro, infatti, ha dichiarato che bisogna seriamente ripensare se
l’infrastruttura ferroviaria sia veramente utile a fronte degli 1,3 miliardi di
euro che verrebbe a costare. Secondo il ministro per il porto di Capodistria
sarebbe molto più importante velocizzare e aumentare la capacità della linea
esistente fino a 130-150 treni al giorno. Con la modernizzazione entro il 2015
si raggiungerà la quota di 103 convogli ferroviari al giorno. C’è ancora tempo
per pensarci su con attenzione, sostiene ancora Cernac, e il compito di svolgere
le opportune valutazioni spetta agli esperti. Ma c’è di più. Secondo il
responsabile delle infrastrutture, infatti, con la modernizzazione della linea
attuale si riuscirebbe a garantire al porto di Capodistria il numero di convogli
soddisfacente fino al 2020. Egli ha altresì ricordato che nell’attuale
situazione economica per il raddoppio della Capodistria-Divaccia sarebbero
garantiti non più di 52 milioni di euro i quali andrebbero perduti se non
venissero convogliati su altri obiettivi infrastrutturali. In futuro, ha
concluso Cernac, non bisognerà solo assicurare la realizzazione dei principali
progetti infrastrutturali, ma sarà indispensabile costruirli «in modo razionale
e in base alle necessità reali». Chiaro il messaggio lanciato al nuovo nascituro
governo sloveno che comunque dovrà rimettere mano alle dissestate finanze dello
Stato e decidere con oculatezza i futuri investimenti.
(m. man.)
Via le auto dal centro Muggia prepara il nuovo piano
traffico
Le proposte di Impronta Muggia coincidono con quelle avanzate dal
sindaco. Progettisti al lavoro: «Si può fare»
MUGGIA Potrebbe essere oggetto di una rivoluzione urbanistica, almeno per
quanto riguarda i parcheggi e la mobilità, nel centro e in prossimità di esso.
Dalla fase partecipativa dell’iter relativo al nuovo Piano regolatore è uscita
una proposta che, se approvata, comporterebbe una significativa riorganizzazione
degli spazi e dei flussi di traffico nella zona nevralgica della cittadina. I
promotori sono gli ambientalisti, e in particolare l’associazione Impronta
Muggia; il disegno, al momento, è sul tavolo dei progettisti del Comune e della
società di San Vendemiano cui è affidata la redazione della prossima variante al
Prg. Soltanto un’idea? Al momento sì, ma è un’idea che piace agli addetti ai
lavori, anche perché si inserisce nel solco delle direttive emanate dalla giunta
Nesladek tre anni fa. L’obiettivo è sgombrare il centro dalle automobili; lo
strumento essenziale è il piano parcheggi, che gli ambientalisti propongono di
modificare sostanzialmente. Come? Anzitutto eliminando gli stalli attualmente
esistenti in centro città (188), nella zona est (175) e nei pressi del porto
(99). In tal modo, si libererebbero strade che ora sono largamente adibite a
soste, quali viale XXV Aprile (sul lato destro), via D’Annunzio (sul lato
sinistro) e via Roma. In tutto, verrebbero “cancellati” 462 posti auto. Sarebbe
un grosso problema, soprattutto per i residenti, già costretti sovente a lunghi
giri “perlustrativi”; Impronta Muggia lo risolverebbe riservando uno stallo per
ogni famiglia in prossimità del cantiere Alto Adriatico, in via Battisti e
presso l’area ex Enel e il campetto (viale XXV Aprile), oltre al parcheggio
Caliterna (interrato). Nei calcoli dell’associazione, si arriverebbe così ad un
sostanziale pareggio. Rimarrebbero fuori le “seconde macchine” e i non
residenti, per i quali occorrerebbe individuare delle zone da destinare a
parcheggi ad alta rotazione. I cittadini che vivono nel centro storico sarebbero
costretti a lasciare i propri mezzi alle porte della città, ma – stando al
progetto di Impronta – troverebbero ad attenderli una navetta che percorrerebbe
tutto il lungomare sino a Porto San Rocco, girando attorno all’intera area
abitata. Il piano è ambizioso, ma essenziale ai fini della pedonalizzazione del
centro, «dove abbiamo le scuole, il teatro, le strutture sportive e il giardino
pubblico: praticamente l’intera vita della nostra comunità», spiega Jacopo
Rothenaisler, presidente dell’associazione. «A Pirano funziona così – prosegue
l’ambientalista – perché apprezzare l’ordine altrui e non provare a realizzarlo
in casa nostra?». In questa cornice, senza automobili, Impronta Muggia
suggerisce di allestire una corsia ciclopedonale che dal lungomare Venezia si
congiunga a viale XXV Aprile e a via Mazzini, includendo via Roma, via Battisti
e via D’Annunzio e completando il progetto di restituzione del centro abitato ai
cittadini. «Stiamo vagliando le proposte e quella di Impronta è aderente alle
linee guida, particolarmente innovative poiché pongono l’ambiente e il paesaggio
al primo posto», dichiara l’architetto Pietro Cordara (Veneto progetti). Sulla
prospettiva di rivoluzionare il piano parcheggi, Cordara esprime un cauto
ottimismo: «Bisognerà valutare i costi e discutere coi privati; data
l’estensione limitata del territorio muggesano, tuttavia, potrebbe essere
realizzabile».
Davide Ciullo
Con una operazione assai discutibile oggi il Piccolo mi associa ad una proposta di Impronta Muggia (Rossini/Rotenheisler, credo con il placet del Movimento 5 Stelle di Muggia) che è molto strampalata oltre che insostenibile. Quelle non sono assolutamente le nostre proposte. Si parla di un fantasioso piano parcheggi che sta solo nella testa di qualcuno e nella voglia di qualche giornalista di "fare notizia" magari enfatizzando il ruolo di qualche vecchio amico e "compagno". Leggetelo quell'articolo, approvatelo o meno, ma sappiate che non è assolutamente quello che io penso. Dopo il ponte girevole sul canale navigabile, la spiaggia nella zona ex Aquila, questa è la terza proposta del nuovo che avanza. Se si può definire il capo di Impronta Muggia "il nuovo che avanza..."
Nerio Nesladek (sindaco di Muggia)
Pesce coniglio e noce di mare Adriatico sempre più
“alieno” . Conferenza
Sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche, inquinamento dei mari: chi più
ne ha, più ne metta. Ma non è finita, perché adesso il nostro mare è sotto
pressione per un nuovo attacco: quello delle “specie aliene”. Se ne parla nel
secondo appuntamento di “Adriatico: una storia scritta sull’acqua”, conferenza
promossa e organizzata dall’Associazione ambientalista Marevivo con la
collaborazione del Gruppo 85. L’incontro si svolge questo pomeriggio alle 18,
nella sala degli incontri del Vis a Vis-Grand hotel Duchi D’Aosta, in piazza
dello Squero vecchio 1. Il ciclo di incontri affronta argomenti connessi
all’economia, la natura, la cultura e il paesaggio del mondo del nostro mare
Adriatico. Ma il titolo di questo appuntamento è, appunto, “Specie aliene nei
nostri mari”, con l’introduzione di Guido Bressan, che è docente all’università
di Trieste e già direttore del laboratorio di Biologia marina di Aurisina, e
l’intervento del biologo Peter Schulze mentre Marino Vocci modererà l’incontro.
La comparsa delle cosiddette specie aliene (cioè non autoctone) nel Mediterraneo
e in particolare nelle acque che bagnano le nostre coste è un fenomeno che sta
assumendo una rilevanza (purtroppo) sempre maggiore. Queste specie, che siano
animali o vegetali, sono comunque altamente invasive. In pratica, stanno
lentamente colonizzando le superfici acquee, in certi casi sostituendosi
addirittura alle specie locali. Rappresentano, quindi, una delle più grandi
minacce alla biodiversità del nostro pianeta. Ma non è finita: perché alcuni
“alieni” causano danni anche alla pesca e altre ancora, direttamente, alla
salute dell’uomo. Questo tipo di “invasori” si presenta con nomi fra i più
curiosi, fra cui pesce coniglio, pesce flauto e noce di mare. Hanno attraversato
il canale di Suez, viaggiato come “clandestini” nelle acque di zavorra dei
natanti o sono state introdotte tramite l’acquacoltura. Alcune specie aliene
possono non sopravvivere, sopravvivere solo in cattività con l’aiuto dell’uomo,
oppure adattarsi in maniera eccellente al nuovo habitat. In questo caso
prosperano e si riproducono entrando in competizione con le specie del luogo, o
autoctone. Se la convivenza si fa eccessiva spesso ne risentono proprio
quest’ultime, soccombendo. La conferenza di oggi pomeriggio illustrerà, con
l’ausilio di immagini, le principali vie d’ingresso delle forme viventi nel
nostro specchio d’acqua e tratterà alcuni casi di studio sia nel mar
Mediterraneo che nell’Adriatico. La presenza delle specie estranee, che è un
problema correlato alla globalizzazione, va esaminato dagli studiosi, ma dev’essere
anche portato all’attenzione di tutti perché rappresenta un problema non meno
rilevante della pesca eccessiva o, come si diceva all’inizio, dell’inquinamento
dei mari.
Gianni Pistrini
IL PICCOLO - DOMENICA, 10 marzo 2013
Pisus, dal sogno alla beffa - La Regione non risponde
Arrivata l’ennesima richiesta di integrazione di progetti già dettagliati
e precisi che il Comune di Muggia aveva presentato quasi un anno fa per i
finanziamenti
MUGGIA Doveva essere il trampolino di lancio per una riqualificazione della
cittadina. È diventata oramai una barzelletta dai contorni prettamente
politico-elettorali. Eppure la parola Pisus, acronimo per Piano integrato di
sviluppo urbanistico sostenibile, aveva acceso come poche altre volte gli animi
dei muggesani. La riqualificazione del piazzale della stazione delle
autocorriere, la nuova biblioteca, il nuovo volto del piazzale ex Alto
Adriatico, tutto passava per questo Piano integrato da 4 milioni e mezzo di
euro, una cifra enorme, finanziata dall'Unione Europea attraverso la Regione.
Dall'amministrazione Tondo, oramai, arrivano solamente delle inverosimili
richieste di integrazioni al progetto consegnato quasi un anno fa dal Comune di
Muggia. Le ultime, in ordine di tempo, riguardano la riproposizione degli stessi
dati in pagine differenti, oppure l'inserimento dei progetti con l'Iva su tutti
i fogli allegati. Ex novo sono poi state richieste le indicazioni catastali e
tavolari sulle opere pubbliche già previste. Un magma di burocrazia che sta
trascinando con sé tutta la buona fede di chi ha operato per questo progetto
che, è corretto ricordarlo, sicuramente ha registrato anche tanti oppositori
all'interno della stessa Muggia. «Pisus a questo punto potrebbe non farsi»,
aveva profetizzato l'assessore alla Promozione della città Stefano Decolle, tra
i più strenui difensori della rinascita urbanistica della cittadina. E in
Municipio oramai è da tempo non sospetto che la teoria del “non arriverà una
risposta sino a poco prima alle elezioni” sta coinvolgendo il pensiero di tanti.
Ora però c'è il rischio che bisognerà aspettare ben oltre la tornata elettorale
regionale. Alla fine dello scorso settembre l'assessore regionale alle Attività
produttive Federica Seganti aveva indicato come i giochi si sarebbero risolti
entro metà ottobre. «Abbiamo ricevuto dei progetti particolarmente corposi,
anche se a volte non del tutto omogenei tanto che in alcuni casi abbiamo dovuto
chiedere delle integrazioni», ricordava l'esponente leghista. Inizialmente
Muggia rientrava tra i “virtuosi”, con un progetto ben documentato. Fonti non
ufficiali confermano che i progetti – più numerosi di quanto ci si potesse
aspettare – sono molto diversificati tra loro. Alcuni risultano essere
approssimativi e con diverse carenze. Altri, e tra questi rientra il Pisus
muggesano, sono stati eseguiti in maniera impeccabile. «Ci teniamo a
sottolineare che il Comune ha presentato tutta la documentazione impiegando
tantissime ore di lavoro svolto internamente, senza affidarsi a ditte esterne
come invece fatto da altre amministrazioni», spiegavano da Piazza Marconi. Ora
invece dalla Regione continuano a giungere richieste di integrazioni. Muggia si
adegua. Ma la pazienza e la fiducia stanno iniziando a venire meno.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - SABATO, 9 marzo 2013
Il nuovo piano del traffico studiato a misura di
cittadino - L’INTERVENTO DI ELENA MARCHIGIANI *
Colgo l'occasione offertami da alcune segnalazioni apparse di recente sul
Piccolo per fornire ulteriori informazioni su uno dei principali obiettivi del
nuovo piano del traffico, in procinto di iniziare il proprio iter in consiglio
comunale. Mi riferisco a un deciso cambiamento di rotta in tema di mobilità. Una
nuova rotta, quindi, che intende convintamene favorire diverse forme di mobilità
“dolce”. Per quanto riguarda il nuovo piano del traffico, la previsione è di
applicare tali principi non solo alle aree prossime alle zone pedonali già
esistenti nel centro storico. Tutto l'ambito compreso tra viale XX Settembre,
via Carducci e l’area antistante l’Ospedale Maggiore fino a Largo Barriera è
parimenti oggetto di grande attenzione, nell’ottica di estenderne e migliorarne
la fruibilità da parte di pedoni e ciclisti. Si tratta, infatti, di una zona
caratterizzata da una fitta presenza di attività commerciali di scala rionale,
di locali caratteristici noti e ben frequentati da triestini e turisti che
tuttavia non risultano adeguatamente valorizzati a causa della presenza spesso
disordinata di veicoli in transito o in sosta. In particolare, per supportare il
piccolo commercio e migliorare la qualità dell'ambiente di vita, il nuovo piano
del traffico prevede la trasformazione di via della Sorgente e della vicina via
delle Erbette in “area pedonale”. In tali vie la circolazione sarà quindi
vietata a tutti i veicoli, a eccezione di quelli in servizio di emergenza.
D'altra parte, la volontà di non creare particolare disagio alle persone con
limitate o impedite capacità motorie porterà – in contemporanea all'istituzione
della nuova area pedonale – all'individuazione di un numero adeguato di stalli
riservati nelle zone immediatamente adiacenti. Se si parla di mobilità ”dolce” e
di utenza debole, massima attenzione deve essere infatti rivolta a consentire
l’accesso da parte di chi presenti difficoltà motorie. Per questo, in prossimità
delle “aree pedonali”, sono state individuate altre tipologie di aree tese
sempre a favorire la pedonalità, garantendo però allo stesso tempo l’ingresso
delle persone con diversa abilità. Mi riferisco nello specifico alle “zone a
traffico limitato ad elevata valenza pedonale” che, per funzione e componenti di
traffico ammesse a circolare e sostare, consentono di tenere in debita
considerazione le esigenze di uno spettro più ampio di categorie di utenti della
strada. Zone siffatte sono previste nelle cosiddette “ali del viale”, ovvero
nelle vie San Zaccaria, Toro, Nordio, Paduina (nel tratto tra il Viale e via
Crispi) e sulla stessa via Crispi (nel tratto tra via Carducci e via Timeus),
nonché nelle vie Foschiatti, San Maurizio e della Fonderia. Esse hanno lo scopo
di garantire uno spazio principalmente interdetto alla circolazione dei veicoli.
Uno spazio che verrà così restituito al servizio di pedoni e ciclisti, la cui
riqualificazione potrà concorrere alla rivitalizzazione degli esercizi
commerciali presenti in queste stesse vie, come ripetutamente richiesto. In tali
zone la circolazione sarà vietata a tutti i veicoli, a eccezione di quelli in
servizio di emergenza, dei mezzi delle forze dell’ordine, dei velocipedi, dei
veicoli a servizio di persone con limitate o impedite capacità motorie (che
possono effettuare la sosta nelle aree appositamente individuate e, al di fuori
di tali aree, la fermata e la breve sosta per l’accompagnamento del disabile),
dei taxi, dei veicoli a servizio del carico/scarico delle merci (regolamentato
in termini di spazi e orari). Chiaramente, trattandosi appunto di zone in cui –
consentitemi l’espressione – deve “vincere il pedone”, i veicoli autorizzati a
circolare dovranno comunque adottare una velocità e un comportamento adeguati al
rispetto della mobilità pedonale presente. A tal fine, la fase di attuazione del
Piano del Traffico sarà accompagnata dall’individuazione di zone a velocità
limitata (quelle che in gergo tecnico avvengono chiamate “zone 30”). L’impatto
di queste scelte su attività economiche, qualità della vita e salute dei
residenti non potrà che essere positivo. Ed è proprio nell’intento di rendere i
cittadini ancora più consapevoli e partecipi di un simile cambiamento che entro
l’amministrazione intende a breve organizzare alcune sperimentazioni in tema di
pedonalità, proprio partendo da alcune delle zone qui richiamate. Zone non
interessate dal transito dei bus, per le quali tali misure risultano quindi più
facilmente e rapidamente attuabili. * Assessore alla Pianificazione urbana
mobilità e traffico del Comune di Trieste
PUBBLICAZIONE - “Cittadini” e rigassificatore
Il gruppo regionale Cittadini-Libertà civica ha presentato la pubblicazione “Dal rigassificatore di Trieste all'elettrodotto del Friuli: le verità negate. Informativa ragionata sulla questione della strategia energetica regionale”. La pubblicazione - si legge in una nota - sarà distribuita gratuitamente nelle edicole, ed è scaricabile sul sito www.libertacivica.org.
TREBICIANO - Un’antenna Telecom? La Comunella: sì. Gli
abitanti: no
Allarme antenne a Trebiciano. In questo caso, diversamente da quello
muggesano, si parla di telefonia mobile, e non di antenne radiotelevisive. Ma
tant’è: i residenti non ne vogliono sapere, e si sono già riuniti per concordare
le modalità della protesta. Giovedì 14 marzo si ritroveranno nuovamente,
all’interno della Casa del popolo del paesino carsico, alle 19.30. L’obiettivo
dei promotori è raccogliere una rappresentanza di cittadini più ampia possibile,
considerato che Trebiciano ne conta poco più di cinquecento; gli inviti saranno
presto recapitati nelle cassette delle lettere. Da cosa derivano le perplessità?
Presto detto: il traliccio, stando alla richiesta che Telecom avrebbe inoltrato
al Comune di Trieste, dovrebbe venire a sorgere nel centro del borgo. Più
precisamente, a cinque metri dalla strada principale, ma soprattutto a 200 (in
linea d’aria) dalla scuola dell’infanzia e a 350 da quella elementare. Una
prospettiva giudicata inaccettabile dalle famiglie che, peraltro, vivono in
un’area sottoposta a vincolo paesaggistico e affermano di essere abituate a fare
i conti con le restrizioni che ciò comporta. Un’antenna, anche di medio
voltaggio, sarebbe percepita in quella zona come una minaccia alla salute e un
elemento di deturpamento del paesaggio. L’irritazione dei residenti è dovuta
anche alle modalità con le quali sono venuti a conoscenza della vicenda. Anziché
organizzare una sorta di “referendum”, a Trebiciano si sarebbero effettuate
consultazioni private, all’oscuro di parte della popolazione. L’interlocutore
del Comune, stando a quanto riferiscono i cittadini, sarebbe la Jus
(“Comunella”) locale, una delle piccole organizzazioni territoriali d’antico
insediamento disseminate nel territorio carsico provinciale, e beneficiarie di
concessioni su alcuni terreni. Questa, di concerto con i funzionari comunali,
avrebbe indicato la possibile zona d’installazione del nuovo ripetitore. Ma i
cittadini sono pronti a costituirsi in un comitato, e si dicono convinti che
l’opposizione sarà quasi unanime. In nessun paese del Carso triestino,
sostengono, si è pensato di costruire un’antenna nelle immediate vicinanze del
centro e delle scuole. Giovedì, forse, se ne saprà di più.
Davide Ciullo
Il verde pubblico
Per iniziativa di Triestebella, Italia Nostra, Legambiente e Trafioriepiante, alle ore 11 nella sala conferenze dell’hotel Sonia a Domio Giorgio Valvason parlerà delle buone pratiche di gestione del verde urbano: come piantare, come potare. Interverranno Paolo Parmegiani, agronomo e Giuliano Sauli, presidente nazionale Aipn.
Workshop ecologico
L’Arci dalle 9.30 alle 15 e domani dalle 9.30 alle 18 al Circolo Arci Officina in via Manzoni 9-11 organizza un laboratorio Ri.Pallet, workshop dedicato al materiale di recupero per eccellenza: il pallet di legno. Ingresso riservato ai soci Arci e con previa iscrizione, scrivendo a: trieste@arcitrieste.org.
IL PICCOLO - VENERDI', 8 marzo 2013
Rigassificatore, il no della Regione - Parere
definitivo della giunta Tondo: l’impianto è incompatibile con i traffici
portuali
Lo sviluppo del porto di Trieste esclude la presenza del
rigassificatore. L’eventuale traffico delle gasiere non può integrarsi nello
scenario complessivo che verrà nel golfo triestino. Dati, forniti dall’Autorità
portuale, alla mano, le due cose «non possono coesistere». La Regione sposa la
conclusione già messa nero su bianco dalla Torre del Lloyd e lo fa con un nuovo
atto ufficiale, deliberato l’altro giorno dalla giunta. Un documento che
approderà al più presto a Roma, posandosi sul tavolo del Ministero dell’Ambiente
ed entrando così nel faldone inerente il supplemento di istruttoria sulla
Valutazione d’impatto ambientale. Integrazione formale aperta - nell’ambito
dell’iter burocratico per l’autorizzazione unica all’opera - per volontà del
ministro Corrado Clini alla fine dello scorso anno, decisione presa sulla base
dei dati resi noti dall’Authority e considerata inoltre la posizione espressa
compattamente dal territorio per il “no” al progetto. A proposito, il documento
della Regione va a rafforzare la categorica contrarietà all’impianto proposto da
Gas Natural ribadita a più riprese dai Comuni di Trieste, Muggia e San Dorligo
della Valle e dalla Provincia. «La Regione - spiega l’assessore regionale
all’Ambiente, Sandra Savino - ha rivalutato nell’ambito della Via la
documentazione, integrandola con lo studio effettuato all’Autorità portuale sui
traffici portuali. L’analisi degli uffici regionali del Servizio di valutazione
impatto ambientale ha acquisito i dati, analizzandoli. Alla luce di questi
elementi, è emerso come le due cose (sviluppo del porto e rigassificatore, ndr)
non possano coesistere. Di questo, la Regione informerà ora il ministero».
L’assessore in carica ancora per una manciata di giorni prima dell’insediamento
in Parlamento a Roma da neo-eletta senatrice, rivela un altro dettaglio
contenuto nel documento regionale, laddove «il presidente Tondo auspica in prima
battuta uno sviluppo portuale» per il golfo di Trieste. Un nuovo “no” pesante,
dunque, al progetto del terminale di rigassificazione che la società spagnola
Gas Natural vorrebbe costruire nella baia di Zaule. E per il quale la Via era
stata concessa nel 2009 dall’allora governo Berlusconi, con il ministro Stefania
Prestigiacomo. A dicembre Clini, ministro di quel governo dei tecnici in sella
ancora per pochi giorni, aveva disposto la riapertura dell’istruttoria per
integrazioni. Da ultimare in 45 giorni. Lunedì scorso lo stesso Clini ha
preannunciato l’arrivo delle conclusioni della commissione nel giro di due
settimane. In mezzo, rimane l’incognita del passaggio di consegne con la
formazione del nuovo governo ancora in alto, altissimo mare. Dopo la pronuncia
ministeriale sulla Via, l’iter proseguirà con il suo passaggio conclusivo: sarà
a quel punto il Ministero dello Sviluppo economico a prendere, d’intesa con la
Regione, la decisione sull’autorizzazione unica finale al progetto. E saranno
presumibilmente non solo un altro governo nazionale ma anche un’altra giunta
regionale (le elezioni per la Regione sono in calendario il 21 e 22 aprile
prossimi) a dare l’ultima parola. Nella consapevolezza che il territorio si è
già ampiamente espresso per il “no” al progetto.
Matteo Unterweger
«Il punto franco inibisce l’accesso al pubblico in
porto»
Nelle motivazioni del ricorso al Tar i concessionari citano le rinunce
della Biblioteca Civica e dell’Icgeb
«Oggetto impossibile». Questo era diventato per i soci di Portocittà il terreno
vasto e difficile di Porto vecchio per il cui restauro complessivo, così da
destinare 44 ettari ad attività non più portuali, ma «turistiche, economiche e
culturali» (per ciò stesso rivolte al pubblico) avevano concorso al bando
dell’Autorità portuale già nel 2008, vincendolo, e firmando la concessione di 70
anni nel novembre 2010. Una carta che oggi con un ricorso al Tar intendono farsi
stracciare, «per nullità». Perché il Punto franco mai spostato «limita l’accesso
del pubblico», con ciò non solo contraddicendo le previsioni di un Piano
regolatore approvato già nel 2007 con queste diverse destinazioni “civili”, ma
impedendo ai concessionari «la gestione economica dell’area attraverso la quale
si sarebbero dovuti generare i flussi di cassa necessari per ammortizzare il
capitale investito nella fase di riqualificazione». Questi sono alcuni dei punti
salienti del ricorso che Portocittà ha depositato al Tar del Friuli Venezia
Giulia. Ieri i soci hanno pubblicamente spiegato perché si sono sentiti chiudere
in un “cul de sac”: «È mancata la logica consequenzialità tra gli atti in
precedenza approvati e la “liberazione” dell’area, col Punto franco il progetto
non ottiene finanziamenti, anche la Banca d’investimenti europea si è tirata
indietro...». I concessionari lo avevano detto più volte ma ancora l’altro
giorno in Comitato portuale molti hanno espresso “incredulità” di fronte a
questa motivazione, mentre l’Autorità portuale ha sostenuto che il Punto franco
non è in alcun modo d’impedimento. Ma Portocittà, con i suoi soci costruttori (Maltauro
e Rizzani-de Eccher) e bancari (Sinloc, Banca Intesa e consociate) dopo due anni
e mezzo è arrivata a conclusioni drammaticamente opposte e nel ricorso espone
anche motivi giuridici che possano avvalorare la richiesta di “nullità”
dell’atto concessorio: «È nullo per impossibilità giuridica dell’oggetto il
contratto relativo a beni che per essere situati in una particolare zona possono
avere solo una certa destinazione e non altra». A dimostrazione, la società cita
il caso del Comune che ha dovuto rinunciare al trasferimento della Biblioteca
civica, perché l’area è a rischio di chiusura al pubblico per il regime
giuridico che vi persiste, e il caso dell’Icgeb, l’istituto scientifico che si
occupa di biotecnologie e ingegneria genetica che ha tentato di trasferirsi
nell’area, ma per gli stessi motivi ha dovuto rinunciare. Il ricorso lo
esplicita: «Contrasto tra la tipologia di progetto da realizzare e la peculiare
fattispecie giuridica interessante la zona». Non conta che il Punto franco fosse
cosa nota nel 2010, ma che nel tempo «l’impossibilità» diventi «assoluta e
definitiva». E chiedendo la “nullità” del contratto, si vuole anche la
restituzione dei canoni fin qui pagati. Nonché la rifusione delle spese
sostenute: «ingiustificato arricchimento di un soggetto a danno di un altro»,
«diminuzione patrimoniale subìta dall’esecutore della prestazione resa in virtù
del contratto invalido». Portocittà sostiene che i suoi progetti «accresceranno
il patrimonio dell’amministrazione con conseguente depauperamento dei
ricorrenti».
Gabriella Ziani
«Una commissione tecnica internazionale» - LA CHIEDONO
I “GRILLINI”
«Non c’è diversità di idee nel Movimento 5 stelle sul Porto vecchio: esiste
un Punto franco internazionale e l’area è demaniale, questi sono vantaggi
competitivi da sfruttare, altri invece vogliono eliminarli per farsi abbindolare
da meri progetti speculativi come quello di Portocittà». Lo scrivono Paolo Menis
e Stefano Patuanelli, consiglieri comunali del M5S: «Bisogna coinvolgere la
popolazione e creare una commissione tecnica internazionale che crei il percorso
per far riprendere le attività produttive».
Cronistoria di un progetto che era iniziato nel 2007 -
TRA POLEMICHE INFINITE
Dall’approvazione del Piano regolatore alla scelta dei concessionari.
Le mostre e l’”off shore”, le risoluzioni parlamentari
e i pareri dei ministri, i convegni e l’epilogo
Porto vecchio resta al palo, ma ha alle spalle una lunga e faticosa storia.
Eccone gli ultimi capitoli. I precedenti. Falliti i tentativi di Polis
(Assicurazioni Generali) e Trieste futura (prospettiva dell’Expo), le cose
cambiano nel 2007: approvazione della variante di Piano regolatore dell’area.
Destinazioni d’uso: porticcioli, nautica, alberghi, istituti scientifici,
commercio. 2008. Parte il bando (Claudio Boniciolli all’Authority) per cercare
un concessionario.Le risposte sono ben 42. 2009. Il 16 giugno è scelto il
progetto di Maltauro, Rizzani-de Eccher, Sincloc, Banca Intesa. Nel novembre
nasce la società Portocittà. 2010. Si firma la concessione, per 70 anni. Il
termine dei lavori: 2020. In Comitato portuale il “sì” di tutti tranne Camera di
commercio e Associazione agenti marittimi. 2011. In un convegno (Marina Monassi
all’Authority) è presentato dal preside di Architettura Giovanni Fraziano
un’ipotesi di progetto con case residenziali. È polemica: «Cambiare i progetti
vuol dire bloccare tutto». La Soprintendenza dice che il Punto franco impedisce
i previsti porticcioli. L’allora ministro Galan visita Porto vecchio: «Punto
franco? Porto il caso a Roma». Il ministro degli Esteri, Frattini, certifica:
«Il Punto franco si può spostare». A luglio si inaugura al Magazzino 26 la
Biennale diffusa di Sgarbi. Euforia: «Si apre la città proibita». In ottobre
Portocittà presenta il plastico con il Porto vecchio del futuro e si studiano
idee per “non chiudere”. 2012. L’Autorità portuale organizza un convegno a Roma
per pubblicizzare i vantaggi del Punto franco. La Camera di commercio allestisce
progetti di “off shore” e Borsa merci in Zona franca per Porto vecchio. Al
Magazzino 26 mostra su Nereo Rocco, ma tramonta il progetto del Comune di
trasferire lì la Biblioteca civica: l’apertura è parziale e temporanea. I
parlamentari triestini Rosato (Pd), Menia (Fli), Antonione (Misto) in accordo
col sindaco ottengono una risoluzione del governo: «Il Punto franco si può
spostare». Il centrodestra fa approvare in Senato un ordine del giorno per
ottenere i regolamenti del Punto franco. Portocittà dà segni di malessere:
«Punto franco, un ostacolo». Non passa in parlamento un ordine del giorno
(Rosato) per la sdemanializzazione del Porto vecchio. 2013. Portocittà annuncia
che se ne va.
(g. z.)
Discarica allo Scalo Legnami: tutti assolti
Imprenditori e artigiani erano accusati di aver scaricato rifiuti
speciali falsificando le carte
Una costosa bolla di sapone. Questo si è rivelata per la stragrande
maggioranza degli indagati l’inchiesta del pm Maddalena Chergia sullo
smaltimento di rifiuti “speciali” nella maxi discarica dello Scalo legnami,
abilitata ad accogliere e riciclare solo rifiuti non pericolosi, provenienti da
scavi e demolizioni. «La contestazione mossa non è procedibile perché a seguito
delle indagini svolte non sono emerse responsabilità», aveva scritto il pm
Maddalena Chergia nella richiesta di archiviazione parziale presentata alla
cancelleria del gip nel gennaio del 2010. Ieri il giudice Paolo Vascotto ha
messo la parola fine assolvendo Diego Romanese e Cataldo Marinaro, titolari
all’epoca della Isp Riciclati di Monfalcone. Ma anche Mario Leone, Damano Purger,
Paolo Rosso, Demmi Avanzi, Paolo Marinig, Enrico Tiberio, Sebastiano Pugliafito,
Cataldo Marinaro, Livio De Carli e Igor Comari. Erano difesi da una nutrita
schiera di avvocati: Nereo Battello, Antonio Florean, Riccardo Cattarini,
Alessandro Carbone, Andrea Frassini, Sergio Mameli, Luca Maria Ferrucci, Luigi
Genovese e Alessandro Cuccagna. Nell’inchiesta è stato coinvolto anche
l’imprenditore edile Raffaele Bruno. Nell’ottobre del 2010 è uscito indenne
versando allo Stato un assegno circolare di 13 mila euro. Era accusato di aver
trasportato in una discarica non autorizzata l'asfalto rimosso dalla
pavimentazione delle rive di Trieste prima di avviarne il rifacimento su
incarico del Comune. L'avvocato Riccardo Seibold aveva chiesto che il
costruttore fosse ammesso all'oblazione come prevede la legge e l’allora
presidente del gip Raffaele Morvay aveva accolto l'istanza. Così il reato è
stato dichiarato estinto. I fatti risalgono al 2007. A denunciare quello che era
stato definito uno scempio ambientale e che aveva riguardato un'area delle
dimensioni di quattro campi di calcio, erano state le bollette di trasporto dei
rifiuti che gli investigatori della Guardia di finanza e della Forestale avevano
sequestrato nel corso delle indagini. Documenti che venivano di volta in volta
compilati indicando che si trattava di rifiuti speciali e che poi, una volta
giunti a destinazione, secondo le ipotesi d’accusa venivano corretti
«degradandoli» a normali detriti di scavo, semplici materiali inerti. Un
semplice “trucco” con penna e bianchetto che è consistito nella sostituzione di
un numero di codice. In pratica dal centro città in pochi chilometri i rifiuti
bituminosi cambiavano «targa» e diventavano calcinacci. Ma in realtà il processo
ha dimostrato che non si era trattato di correzioni. Piuttosto di adeguamenti a
normative che cambiavano con ritmi vorticosi. Insomma, nessun inquinamento,
nessuno scempio. Tutti assolti.
(c.b.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 marzo 2013
«Punto franco, una muraglia» - I concessionari di
Portocittà spiegano i motivi del ricorso. «Mancato il gioco di squadra»
Collasso di Porto vecchio: parlano i concessionari. Gli autori del clamoroso
abbandono di un’epocale, mai realizzato, e per la terza volta fallito, recupero
di 44 ettari oggi morti. Che cosa c’è dietro?, si chiedono alcuni. Anche se
Portocittà ha parlato chiaro con ricorso al Tar. Chiedendo la nullità della
concessione siglata nel 2010 a causa del persistere sull’area del regime di
Punto franco. Al “forum” che si è svolto al Piccolo, all’indomani di un teso
Comitato portuale in cui il “gran rifiuto” è stato messo a processo, hanno dato
risposte Antonio Rigon (Banca Sinloc), presidente di Portocittà, Enrico Maltauro,
amministratore delegato, Luca Fantin, direttore immobiliare del gruppo
Rizzani-de Eccher. C’è un altro “vero” motivo per cui vi siete ritirati?
MALTAURO: Partiamo dal ricorso: chiediamo la nullità della concessione. Non è un
ritiro, un abbandono. Abbiamo constatato difficoltà insormontabili, esiste un
Punto franco che impedisce alla società di sviluppare il progetto previsto dal
Piano regolatore. Esiste una contraddizione fondamentale tra l’obiettivo della
società, ma anche della comunità locale, e la possibilità pratica di
realizzarlo. In queste condizioni il progetto non è bancabile, non può ottenere
i finanziamenti. Ma firmando la concessione eravate al corrente della
situazione, e nel documento non si citano condizioni vincolanti sul tema.
MALTAURO: Certo che lo sapevamo. Ma siccome il Punto franco è in palese
contrasto con la volontà politica di sviluppare il Porto vecchio facendolo
diventare parte integrante della città, pensavamo che questa situazione sarebbe
stata ovviamente superata. Invece si è verificato un “italico” conflitto di
competenze. Il Porto da solo non poteva assumersi l’obbligo di togliere un
vincolo che è di competenza del ministero degli Affari esteri. E voi vi siete
fidati al buio? MALTAURO: Il nostro errore forse è stato un eccesso di
imprenditorialità, di speranza e visione del futuro. Ci siamo fidati della
logica, delle volontà espresse. Abbiamo messo tempo e denaro. Ma in termini
normativi e istituzionali ora non vediamo uno sblocco. Chi ha mancato, in questa
partita? MALTAURO: Ha mancato il sistema italiano. Il ministero degli Esteri, il
presidente del Consiglio, il Demanio, il Porto: presenze scarse. Il Comune non
ha le competenze, nonostante la sua buona volontà. Il Porto incide in modo non
determinante. La Regione non è stata di ostacolo, ma neanche attiva, forse non è
il suo ruolo. Come mai due così grandi aziende partono senza una “corazza”
giuridica di protezione? Vi sarete ben consultati con dei legali... MALTAURO:
Certo, ci siamo consultati. Ma ancora adesso vedo che in Comitato portuale si
dicono parole in libertà. Tante concessioni e a piccoli clienti? “Morto un Papa
se ne fa un altro”? L’assessore regionale Riccardi afferma che dovete “scoprire”
altre vostre carte. MALTAURO: Guardi, quando le banche mi dicono che esistendo
il Punto franco il progetto non è bancabile, non basta? Lo abbiamo scritto
all’Autorità portuale il 18 dicembre. Perché il Comune non ha potuto traslocare
al Magazzino 26 la Biblioteca civica? Perché l’area rischia di essere richiusa.
Ho detto o no il mio sgomento quando è stata chiesta la sospensione solo per un
altro anno? Però siete rimasti ad aspettare gli eventi? MALTAURO: Sì, ma dopo
due anni e mezzo vediamo che si è alzata una muraglia. Abbiamo mandato una
lettera che non era un documento di modesta entità. Indicava elementi
significativi di tipo “ostativo”. E non si può sempre avere come risposta un
“vedremo, faremo”, o qualche soluzione fantasiosa. Noi abbiamo fatto
un’operazione-verità. In questi giorni vediamo che ognuno sta dicendo la sua, ma
il nostro piccolo merito è questo: aver fatto l’operazione-verità. La vostra
decisione arriva a pochi mesi dalla clausola che vi consente la rescissione. Se
l’aveste presa un anno fa le cose sarebbero state diverse? MALTAURO: Sì, ma a
nostro beneficio, Avremmo avuto meno spese. Abbiamo cercato invece in tutti i
modi, anche con presenza proprio fisica, di sviluppare un approccio
contrattuale, ragionieristico. Altrimenti non avremmo neanche firmato... Ma
adesso è come se mi dicessero: “Perché non ti sposi più con quella signorina?”.
E io dovrei rispondere: “Perché è morta”. Ma che cosa avevate ricavato dai
pareri legali prima di firmare? Sapevate che anche a causa del Punto franco anni
fa era, per esempio, saltato il progetto dell’Expo? MALTAURO: La giurisprudenza
non è chiarissima. Però lo spostamento del Punto franco sì, è possibile, su
questo avevamo più di un parere e del resto esistono anche dei fatti. Se
Greensisam (il concessionario dei primi magazzini di Porto vecchio, ndr) ha
ottenuto una sospensione di 90 anni, quanto dura la sua concessione, vuol dire
che si può. La soluzione era quella. Contando sulla generale volontà espressa,
stavamo in guardia, certo, ma fidando nella volontà politica. Pensando che le
cose si sarebbero risolte in un tempo ragionevole. Per questo avevamo messo in
conto l’apertura dei cantieri per novembre 2013. Nel frattempo: bonifica dei
terreni, accordi con la Soprintendenza, progetti... Però avrete a un certo punto
compreso che l’Autorità portuale attivamente promuoveva proprio il Punto franco,
e tuttora lo difende? RIGON: Forse all’inizio non era così chiaro. Convocati dal
prefetto prima della Biennale diffusa, lì si era parlato in altri termini. C’era
un consenso massimo sulla “rimozione” dell’ostacolo. In quella sede neanche l’Ap
aveva detto che il Punto franco deve rimanere. Ma poi furono esplicitamente
propagandati l’”off shore”, la Borsa merci... MALTAURO: Esatto. E trovo anche
bizzarro che su aree date in concessione si parli senza il concessionario. È
come se dessi in affitto un appartamento e poi decidessi io chi bisogna invitare
a cena. Dirò di più. Quel convegno, a Roma, per pubblicizzare il Punto franco,
creò grande sconcerto non solo a noi, ma alla Bei (Banca europea
d’investimenti), che noi avevamo invitato a Trieste per creare un fondo
d’investimento strategico per questa città. A Roma la Bei sentì discorsi
opposti. Una Dubai a Trieste? Discorsi proprio privi di ogni realismo. RIGON:
Abbiamo cercato di vedere sempre la buona fede. Ma quando la Bei arrivò a
Trieste, chiamammo tutti. Il sindaco venne all’incontro, l’Autorità portuale
delegò, non so, un ragazzo. C’erano cose più importanti da fare si vede. E mai
vi siete detti queste cose? Mai chiariti “de visu”? MALTAURO: Ci fu una riunione
con Autorità portuale, sindaco, Pierluigi Maneschi (concessionario di Greensisam),
per far partire una “road map”. La cosa poi decadde. Non ne è rimasto nulla?
MALTAURO: Nulla. Chi avrebbe dovuto agire, e come? MALTAURO: Preso atto della
richieste della Bei, si sarebbe dovuto far convergere una serie di atti
amministrativi, che traducessero indirizzi pubblici e volontà di sviluppo dei
concessionari. Se queste cose vengono poi trasformate in convegni sul Punto
franco, o addirittura veniamo a sapere che in Senato si presentano proposte per
formalizzare i regolamenti attuativi del Punto franco, allora è chiaro: sono
certificati di morte per noi, e di vita per il Punto franco. E non siete subito
passati al contrattacco, a protestare? MALTAURO: Ognuno ha il suo modo di
attaccare. Noi concessionari siamo l’imbuto finale di un ventaglio di soggetti.
Abbiamo portato grandi banche, Cassa depositi e prestiti, Intesa, Bei, ci
abbiamo messo la faccia, la responsabilità personale, fisica e morale diretta:
tutti a fare i furbi, a mestare? Evidentemente eravamo in buona fede e la
confusione è dall’altra parte. Voi avete avuto l’impressione che anche l’ordine
del giorno del Senato abbia avuto origine in Autorità portuale? MALTAURO: Sì, è
la verità. RIGON: Un progetto così grande ha bisogno di coesione tra i vari
soggetti istituzionali. Serve il gioco di squadra. Il risultato si è visto. Ci
sono state persone di buona volontà (e, sottolineo, due sindaci, di
Gabriella Ziani
«Speculazioni edilizie? Ci abbiamo rimesso dieci
milioni di euro»
Il presidente Rigon: «Si sono fatti avanti numerosi investitori Sono
scappati per l’incertezza del quadro legislativo»
Avevate trovato investitori per Porto vecchio? MALTAURO: Tantissimi.
Alberghi, attività commerciali, catene di supermercati, “marine”, yacht, case di
cura, case di riposo, studentati, residenze turistiche e civili. L’Icgeb,
istituto scientifico sotto l’egida delle Nazioni unite. Tutti meravigliati dalla
bellezza, tutti fuggiti di fronte all’evidente difficoltà legislativa. Sul Punto
franco non si ottiene neanche un mutuo dalle banche. RIGON: Tanti son venuti a
vedere. Ma prima di firmare vogliono vedere il quadro autorizzativo. Dopo i
“crac” finanziari del 2008 tutti sono diventati prudenti, anche di fronte a una
prospettiva di alta redditività. Restano a guardare, da lontano. MALTAURO: Nel
frattempo, in un mondo finanziario spaventosamente complesso, nell’ immobiliare
sono nate migliaia di alternative d’investimento: tutto è in vendita.... Una
parte di città vi ha accusato di essere speculatori, “cementieri”. Voi non avete
mai esposto progetti, tranne un plastico “povero”, e così non avete dato il
pallone all’avversario? MALTAURO No, il nostro progetto è totalmente rispondente
al Piano regolatore. Non prevede mezzo metro cubo di più, noi anzi ne avremmo
tolto qualcuno. Case di lusso? Non esistono. Per le bonifiche a Barcola abbiamo
fatto l’analisi di rischio, abbiamo già pronti e approvati i progetti per i
porticcioli, e quello per le infrastrutture. Accolgo con umiltà solo
l’osservazione che tutto questo poteva essere comunicato meglio all’esterno.
RIGON: C’è una parte monumentale da restaurare: ci rimetti e basta. Abbiamo
portato qui i vertici nazionali dell’”housing sociale” (come fare residenze per
studenti, trovando finanziamenti?), interessato “Fabrica”, Cassa depositi e
prestiti, Fincantieri. Come presentare un progetto se ancora non c’è
l’esecutore? È solo marketing, è prendere in giro le persone. Quanto avete
speso? Se il ricorso al Tar viene accolto contate di recuperare tutto? MALTAURO:
Comunque ci perdiamo. Abbiamo speso circa 10 milioni più l’investimento
immateriale di lavoro. RIGON: Chiuderemo con perdite. Speriamo almeno di veder
valorizzato ciò che lasciamo. Crediamo ci possa essere riconosciuto di essere
stati messi in un “cul de sac”, speriamo di recuperare almeno i canoni di
concessione pagati. Perché non avete accettato in società l’imprenditore veneto
Francesco Fracasso? RIGON: Ottimo imprenditore: porte sempre aperte. Ma c’era
già una tale confusione che le sue belle idee non avrebbero trovato un contesto,
una controparte coesa. Ci ha portato idee per le quali serve un “sistema-città”.
Siete o no rimasti stritolati in una morsa di conservazione tipicamente
triestina? MALTAURO: Sì, credo sia corretto. Ma è una logica che faccio fatica a
capire. Il denaro e tutto il resto si ha facendo, mai “non facendo”. Non mi
spiego i fatti metafisici. Ora sareste disposti a ridiscutere la vostra uscita?
MALTAURO: È prematuro parlarne. C’è una posizione tecnica da approfondire. C’è a
breve una sentenza del Tar sul Punto franco (che chiede anche la nullità della
concessione a Portocittà, ndr). Insomma è una pietra tombale per Trieste? Terzo
progetto fallito su Porto vecchio. MALTAURO: Deve esserci un’evoluzione. Serve
un organismo che rappresenti gli interessi della città: l’Icgeb sarebbe stato
non speculazione, ma un alto dividendo sociale, fanno 40 convegni all’anno. Si
potrebbero fare case per giovani artisti: a Berlino funziona. Ma vorrei dare una
notizia... La dica. MALTAURO: Dal 1.o gennaio il porto di Amburgo non è più
Punto franco. E muove 9 milioni di teu, e nessun imprenditore è scappato. Come
hanno riqualificato il porto vecchio? Hanno deciso che non è più porto, spostato
il Punto franco, creato un consiglio di amministrazione pubblico per la
gestione, fatto un “masterplan” e assegnato i lotti da urbanizzare.... RIGON: Ci
sono due vie d’uscita. Si possono anche assegnare i terreni a canoni bassi a chi
mette su locali di scommesse. Non è nell’interesse pubblico, ed è incompatibile
col nostro Dna. Ma si può fare. Se arrivano invece altri come noi, con la Banca
d’investimenti europea, dovranno trovare una città coesa. Che magari dica anche
no. Però lo dica subito.
(g. z.)
«Un parco da Punta Sottile a Punta Grossa»
Rothenaisler (Impronta Muggia): «Così si potrebbero ricevere fondi della
Comunità europea»
MUGGIA Decine di proposte sono state avanzate durante le consultazioni
organizzate nell’ambito della cosiddetta “fase partecipativa” di redazione del
nuovo Piano regolatore di Muggia. Spetta ora ai progettisti, seguendo le
direttive della giunta, mettere a punto la nuova variante; ma le indicazioni
emerse dai tavoli operativi sono molto chiare. Tra le realtà più vivaci si sono
confermate le associazioni ambientaliste, interessate a maggior ragione da un
progetto che – è stato più volte affermato – dovrà imporre una netta decrescita
del consumo del suolo. Per ritrarre il quadro attuale, Impronta Muggia sfodera
dati impressionanti: se nel 1960 i due terzi del territorio (cioè 10 chilometri
quadrati su 15) erano agricoli, oggi il terreno adibito a quelle attività è
ridotto a pochi ettari; se allora esistevano a Muggia 2.070 edifici, nel 1991
sono diventati 5.330 e oggi sono ancor di più. Il presidente dell’associazione,
Jacopo Rothenaisler, lancia l’allarme: «A parità di abitanti, che sono rimasti
poco più di 13 mila, occupiamo il 300% del suolo che occupavamo negli anni
Sessanta». Secondo l’ex sindaco, l’ambientalismo è oggi una necessità, prima
ancora che una scelta. Per la fascia collinare muggesana, fa notare
Rothenaisler, «l’urgenza principale non è più nemmeno salvaguardare il
paesaggio: ci stiamo giocando la sicurezza». L’ambientalista si riferisce al
fango e alla mota che invadono le strade e i cortili delle abitazioni, da Punta
Sottile a Farnei, dopo ogni pioggia; e alle frane importanti che hanno già
interessato la Strada per Lazzaretto. «Occorre introdurre una norma specifica di
salvaguardia che impedisca in tutto il territorio collinare anche gli aumenti di
volumetria previsti dal “piano casa” regionale – sostiene Rothenaisler – per far
sì che quel territorio ridiventi agricolo, ripristinandone anche i percorsi
storici, a beneficio della comunità». Gli studi di Impronta Muggia hanno
rilevato che la zona ovest della riviera (nella foto, delimitata in rosso) è
l’unica ad aver conservato spazio e verde relativamente incontaminati, in
seguito ad una pianificazione turistica mai decollata. Gli ambientalisti
propongono di tutelare il comprensorio trasformandolo in un parco naturalistico,
che potrebbe non limitarsi a Punta Sottile ma estendersi sino a Punta Grossa,
conglobando il territorio compreso tra San Bartolomeo ed Ancarano, incluse
Barisoni e Chiampore. L’idea è realizzare un parco verde transfrontaliero,
potendo in tal modo concorrere all’utilizzo di fondi comunitari. Anche perché
«gli studi sulla viabilità dell’ingegner Novarin escludono che quella zona possa
sopportare nuovi flussi di traffico, e ciò rende incomprensibile la
progettazione degli interramenti da San Rocco a Punta Olmi e nell’area Acquario,
con una previsione di più del 30% della superficie occupata da centinaia di
posti macchina».
Davide Ciullo
L’ultima assemblea sulla variante al Prg di Muggia
MUGGIA Con l’incontro riservato ai cittadini, tenutosi giovedì scorso, si
sono ufficialmente concluse le consultazioni organizzate dal Comune di Muggia
sul nuovo Piano regolatore, che sta prendendo forma in maniera sempre più
consistente. La data nella quale saranno rese note, con dovizia di particolari,
le caratteristiche della nuova variante è mercoledì 13 marzo. Per quella data
infatti la giunta guidata dal sindaco Nerio Nesladek e i progettisti danno
appuntamento a tutti gli interessati al teatro Verdi di via san Giovanni, a
partire dalle 16, per il Forum conclusivo. Intanto, si sono raccolte
osservazioni e proposte: dai cittadini, ma anche dalle associazioni (culturali,
ambientaliste, sportive), dai tecnici (dipendenti comunali e ordini
professionali) e dalle realtà economiche (commercianti, ristoratori, investitori
a vario titolo). Una “macchina partecipativa” messa in moto un mese fa, che ha
coinvolto la bellezza di 160 iscritti ed ha consentito a tutta la cittadinanza
di prendere visione degli elaborati messi a punto dai progettisti di San
Vendemiano, che sono rimasti in esposizione sino a metà febbraio negli spazi
allestiti dall’ente. Ora inizierà, per i vertici e per i professionisti del
Comune e della ditta veneta, un certosino lavoro di “composizione” degli
interessi in gioco, che dovranno essere conciliati ed integrati nel progetto di
variante che discende dalle direttive espresse dalla giunta Nesladek tre anni
fa. Non sarà facile trovare le convergenze, anche perché si è annunciato di
voler porre un freno deciso al “consumo” del suolo, non volendo tuttavia
rinunciare alla realizzazione della “vocazione turistica” della città.
All’interno dei quattro scenari esaminati (l’ambiente, l’abitare, la mobilità e
lo sviluppo) sono state avanzate, dai partecipanti ai tavoli tematici, decine di
proposte ed istanze, anche configgenti tra di esse. «Bisognerà fare
un’equilibratura – conferma l’architetto Alberto Menegante, del servizio
comunale di pianificazione territoriale – ma su alcuni temi c’è condivisione: la
necessità di migliorare la qualità urbana, dal punto di vista architettonico e
funzionale; riorganizzare la mobilità, migliorando l’ingresso alla città e il
collegamento delle piste ciclopedonali; valorizzare la costa, tutelando
l’integrità dell’ambiente e scongiurando i rischi di dissesto idrogeologico».
Muggia, dunque, è consapevole che la decisiva “partita del turismo” si giocherà
tra Zindis e Punta Sottile; ma, assicura Menegante, «l’indirizzo prevalente è un
turismo sostenibile, e non eccessivamente volumetrico». Lo conferma Laura Marzi,
vicesindaco con delega all’urbanistica: «La ricerca di contributi per uno
sviluppo della costa a fini turistici è certamente tra gli obiettivi
dell’amministrazione, e trova ampio consenso; dovremo intervenire, però, nel
rispetto della natura». Il vicesindaco Marzi esprime soddisfazione per la larga
partecipazione, e fiducia sulla riuscita di un Piano regolatore che risponda
alle esigenze e alle preferenze segnalate dalla comunità muggesana: «Molte di
queste corrispondono alle linee guida che hanno ispirato il nostro lavoro»,
spiega. Il 13 marzo sarà tutto più chiaro.
(Da.. Ci.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 marzo 2013
«Rigassificatore, parere entro due settimane»
Clini: attendo il rapporto della commissione tecnica sull’istruttoria Già
scaduto il termine di 45 giorni fissato dalla riapertura della Via
«Non sono in grado di dire nulla nel merito perché non ho ancora visto le
conclusioni della commissione. Le aspetto in questi giorni. Ci vorranno meno di
due settimane, credo: sulla base del rapporto che mi arriverà prenderò una
decisione». Lo ha dichiarato ieri il ministro dell’Ambiente Corrado Clini. La
decisione da prendere riguarda la Via, la valutazione d’impatto ambientale. Il
progetto su cui dare un giudizio è quello del rigassificatore di Zaule proposto
da Gas Natural. È stato lo stesso Clini a riaprire alla fine dello scorso anno
(la comunicazione è stata anticipata via fax alla Regione il 27 dicembre) la
procedura istruttoria, stoppando così l’iter burocratico per l’autorizzazione
unica all’opera. La Via a Gas Natural era già stata infatti concessa nel 2009
alla società spagnola (ministro allora era Stefania Prestigiacomo), ma sull’onda
del deciso e più volte ribadito no degli enti locali, e soprattutto alla luce
della ferma presa di posizione dell’Autorità portuale che da ultimo ha
dichiarato incompatibile l’impianto e le sue gasiere con lo sviluppo degli altri
traffici, l’iter è stato riaperto. Con un termine di 45 giorni per il
supplemento istruttorio. I 45 giorni sono appunto scaduti. Ma come detto dal
ministro Clini, una decisione è attesa a breve. Mentre Gas Natural al momento
preferisce mantenere il silenzio, resta ovviamente difficile che sia il governo
in carica a poter dire una parola definitiva sull’impianto. Se anche la
procedura in corso si concludesse con un ok (ma alla luce di scenari che non
sono più quelli di anni fa il parere potrebbe anche cambiare rispetto a quello
positivo datato 2009, aveva già detto Clini nelle scorse settimane), potrebbe
uscirne un’autorizzazione con una serie di prescrizioni più o meno pesanti
(prescrizioni del resto già contenute nel documento datato 2009). In ogni caso
dovrebbe essere poi il ministero dello Sviluppo economico, d’intesa con la
Regione, a concedere o meno l’autorizzazione unica finale al progetto. Scenari
mutati, si diceva. Tra i documenti “forti” all’esame dei tecnici ministeriali
c’è infatti il no del Comitato portuale al rigassificatore, votato quasi
all’unanimità e supportato da uno studio commissionato dall’Authority sulle
prospettive di crescita del traffico portuale di qui al 2020. Uno studio che fa
concludere alla Torre del Lloyd senza alcun dubbio come il traffico delle
gasiere sia incompatibile con quello delle altre navi. Nel fascicolo del
supplemento istruttorio si sono aggiunti da gennaio in poi i pareri di ribadita
contrarietà dei Comuni di Muggia, San Dorligo, Trieste («Abbiamo riformulato le
nostre osservazioni», commenta l’assesssore all’ambiente Umberto Laureni) e
della Provincia. Mentre la Regione nella sua delibera di fine gennaio ha
preferito prendere atto delle previsioni dell’Authority, sottolineando però come
non siano suffragate - a oggi - da dati oggettivi. E invitando il ministero
dell’Ambiente a considerare «la portata e il contenuto delle osservazioni» degli
enti locali, fermi sul no come detto. A breve, comunque, si dovrebbe avere un
altro tassello sulla vicenda. Una vicenda iniziata nel 2004, quando Gas Natural
presentò il progetto, e protrattasi per anni tra posizioni politiche altalenanti
fino al maturare del no dal territorio.
Paola Bolis
SERVIZIO CIVILE Arci, attivo il nuovo sito web
Arci Servizio Civile comunica che da questo mese è attivo il sito www.arciserviziocivilefvg.org «che permetterà una comunicazione più veloce e aggiornata avendo sempre come obiettivo principale quello di veicolare l’importanza della partecipazione attiva alla vita civica e quotidiana». Info: Arci Servizio Civile, via Fabio Severo 31, tel. 040 761683 begin_of_the_skype_highlighting 040 761683 GRATIS end_of_the_skype_highlighting - trieste@arciserviziocivile.it.
IL SOLE24ORE - MARTEDI', 5 marzo 2013
Rigassificatori, Trieste in attesa
Due settimane al massimo. L'esito del supplemento di Via richiesto dal ministro Corrado Clini per il rigassificatore di Zaule si conoscerà entro 15 giorni.
IL PICCOLO - MARTEDI', 5 marzo 2013
L’energia? La recuperiamo dai rifiuti
Impianto progettato dalla Nre Research, insediata in Area. Riuso
meccanico: zero emissioni di fumi
Un impianto per il trattamento dei rifiuti solidi urbani, capace di
“convertirli” per il 90% in energia. Lo ha progettato la società Nre Research,
insediata all’interno del comprensorio di Area Science Park - nello specifico
negli edifici di Elettra Sincrotrone scpa - e di recente invitata a un workshop
riservato alle migliori realtà innovative italiane dal Ministero dell’Ambiente.
Tre su un totale di 23, quelle partite dal territorio del Friuli Venezia Giulia:
oltre a Nre Research, anche Its (Innovative technological systems) con base al
polo di Gorizia, e CEnergy, spin-off dell’ateneo triestino. Presente anche Area
con i suoi vertici. A Roma, gli “invitati” sono stati messi a contatto con un
gruppo statunitense, integrato anche da partner italiani ed europei, che
gestisce fondi di investimento ed è operativo proprio nel settore della green
economy: Cleantech Group. L’eccellenza triestina è stata presentata e ora il
dialogo è aperto, finalizzato a convincere gli investitori (tra cui Gdf Suez,
Ikea GreenTech, Veolia, Carbon Trust, E.On, Telecom Italia) a puntare sulla
proposta di Nre Research. In questo senso, un secondo appuntamento è già
previsto per aprile, a Bilbao. Spiega Marco Pieri (a Roma assieme a Pietro Nider
e Massimo Maffione per la Nre), responsabile del settore finanziario della
società, costituita nel 2011 e attiva anche al fianco di un’azienda israeliana
che si avvale di queste tecnologie: «L’impianto di Tel Aviv garantisce energia
all’intero aeroporto della città. Noi operiamo nello sviluppo tecnologico per il
trattamento dei rifiuti solidi urbani e per la “cattura” di anidride carbonica».
Cosa propone Nre Research? «Il nostro progetto è di un impianto per il
trattamento e recupero dei rifiuti, riciclo e riuso meccanico (non c’è
combustione, ndr) senza emissione di alcun fumo e con un indice di recupero del
90% per tutti i materiali: solo il 10% di rifiuto va a finire in discarica.
Ricordo peraltro che entro il 2020, su indicazione dell’Ue, devono essere
dismessi gli attuali termovalorizzatori». E sul lavoro avviato, lo staff della
società sta continuando a operare per apportarvi ulteriori migliorie: «Assieme
all’Università di Trieste e all’Ogs stiamo procedendo a un’implementazione
dell’impianto che consente di lavorare alla cattura di Co2 attraverso una
coltura di alghe - aggiunge Pieri -, che si nutrono proprio di anidride
carbonica e, una volta seccate, generano biocarburante e bioenergia. Un
super-risparmio, anche sul fronte della raccolta differenziata, e margini di
guadagno enormi. L’impianto è infatti basato sulla separazione del rifiuto in
acqua in base al peso specifico. Poi vi sono altri percorsi di selezione: dei
mega-phon dividono la carta dal nylon e dalla plastica leggera, calamite
individuano i materiali ferrosi. Infine - conclude -, vi è anche una parte
manuale di selezione».
Matteo Unterweger
Udine, impianto pilota di estrazione “verde”
La struttura, inaugurata al dipartimento di Scienze degli alimenti,
utilizza fluidi supercritici
È stato inaugurato al dipartimento di Scienze degli alimenti dell’Università
di Udine l’“impianto pilota di estrazione con fluidi in fase supercritica”.
L’impianto, che si basa su una tecnologia verde, eco-compatibile e a basso
impatto ambientale, è in grado di estrarre sostanze naturali da materiale
vegetale anche costituito da scarti dell’industria agro-alimentare, ottenendo
sostanze naturali purissime, i cosiddetti “nutraceutici”, il cui consumo
contribuisce al mantenimento dello stato di salute e alla prevenzione di diverse
patologie. L’acquisto dell’ impianto pilota, è stato parzialmente finanziato dal
Progetto Ager bando 2009 per l’Enologia. Sarà utilizzato non soltanto
dall’ateneo per l’attività di ricerca e didattica, ma anche messo a disposizione
di aziende del territorio che, attraverso la collaborazione con l’Università di
Udine potranno conoscere, valutare ed eventualmente adottare nei propri processi
produttivi questa tecnologia innovativa. «Grazie a questo nuovo impianto – ha
sottolineato il rettore Cristiana Compagno – l’Università di Udine potrà mettere
a disposizione del tessuto imprenditoriale il più avanzato know-how delle
“tecnologie verdi”, contribuendo così a un reale progresso tecnologico
all’insegna della sostenibilità del sistema agro-alimentare». L’impianto pilota
utilizza fluidi supercritici, che appartengono alla categoria dei solventi
verdi, eco-efficienti, non tossici per l’uomo, perché non lasciano residui
nocivi negli estratti, né dannosi per l’ambiente. «I fluidi supercritici – ha
spiegato Carla Da Porto, responsabile dell’impianto e coordinatore scientifico
del progetto Ager - sono una valida alternativa all’uso dei solventi organici,
noti per cancerogenicità, tossicità ed emissione nell’ambiente di composti
organici volatili (voc) e, non ultimo, per le onerose e complesse operazioni di
smaltimento che richiedono dopo l’uso. L’anidride carbonica è il fluido
supercritico più utilizzato in quanto raggiunge le condizioni critiche
facilmente, è economica, sicura, non danneggia lo strato di ozono, non contamina
prodotti e ambiente ed è riciclabile dopo il recupero dell’estratto». In
particolare, «l’applicazione dei fluidi supercritici ai sottoprodotti
dell’industria agro-alimentare – dice Da Porto - costituisce il primo passo per
attivare la filosofia della bio-raffineria, ossia della trasformazione
sostenibile di biomasse in una ampia gamma di bio-prodotti (alimenti, mangimi,
prodotti chimici, materiali) e di bioenergia».
IL PICCOLO - LUNEDI', 4 marzo 2013
Foreste e cambiamenti climatici - SALA BARONCINI
“Foreste e cambiamenti climatici” alle 17.30 Via Trento 8
Durante l’estate dell’anno scorso la siccità che interessò il Carso provocò
la morte di un gran numero di alberi a causa della formazione di emboli gassosi
nel sistema vascolare delle piante. Per assorbire l’anidride carbonica
necessaria alla fotosintesi gli alberi sono costretti a perdere nell’atmosfera
grandi quantità di acqua, che viene sostituita dall’acqua assorbita a livello
del terreno e trasportata fino alle foglie attraverso la fittissima rete
vascolare. Ma se il suolo diventa arido la tensione cui è sottoposta l’acqua nel
sistema vascolare diventa via via più elevata, fino a portare alla rottura della
colonna d’acqua nelle “tubature” della pianta. “Foreste e cambiamenti climatici:
gli alberi rischiano di morire di sete?” è il titolo dell’incontro che Andrea
Nardini terrà alle 17.30 nella sala Baroncini per conto di Italia Nostra,
Legambiente, Trafioriepiante e Triestebella.
IL PICCOLO - DOMENICA, 3 marzo 2013
Nuovo direttivo di Legambiente la Sirocco confermata al
vertice
Rafforzare la base associativa, continuare l’impegno sull’urbanistica (in
particolare sui nuovi piani regolatori di Trieste e Muggia), proseguire la
battaglia contro il progetto del rigassificatore di GasNatural e contro la Tav
sul Carso, valorizzando anche la collaborazione con altre associazioni. Queste
le linee guida per l’attività del circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste,
decise dall’assemblea svoltasi nei giorni scorsi. Dopo l’approvazione del
bilancio l’assemblea ha eletto il nuovo Direttivo del circolo, che rimarrà in
carica per i prossimi tre anni ed è composto da: Lucia Sirocco (confermata
presidente), Oscar Garcia Murga (vicepresidente), Ettore Calandra (segretario),
Tiziana Cimolino e Paolo Calandra.
«Discarica di inerti alle porte della Val Rosandra»
«Come si fa a parlare al rifugio Premuda di migliore qualità della vita e di
turismo consapevole senza chiedersi com'è possibile che la Provincia di Trieste
ed il Comune di San Dorligo della Valle abbiamo deciso di autorizzare, alle
porte della Riserva naturale regionale della Val Rosandra in località
Sant'Antonio in Bosco, la realizzazione di un impianto di recupero di rifiuti
inerti non pericolosi per una capacità annuale di 100mila tonnellate, pari a
66.670 mq destinati alla commercializzazione, per un transito gionaliero di 13
autotreni da 20 tonnellate. Attività in contrasto con il Prgc e le norme
tecniche di attuazione che subordinano la zona interessata all'approvazione di
un Prpc». Se lo chiede provocatoriamente Boris Gombac, capogruppo della lista di
opposizione “Uniti nelle tradizioni” riferendosi alla recente visita del
presidente della commissione ambiente del comune di Duino Aurisina, “che avrebbe
dovuto indirizzare la sua sensibilità ambientalista per prevenire l’ennesima
violenza su un fazzoletto di terra delimitato entro i confini del comune di San
Dorligo”. «Maurizio Rozza - scrive Gombac in una nota - avrebbe potuto
informarsi, prima di venir in trasferta in Val Rosandra, dal suo vicesindaco
nonchè responsabile per l'urbanistica ed edilizia privata nel Comune di San
Dorligo della Valle, Massimo Veronese, se il pensiero di Alexander Langer avesse
avuto modo di influire su un diverso utilizzo del territorio per una migliore
qualità della vita ed un turismo consapevole, prima che l'inchiesta sulla Val
Rosandra assuma aspetti ancor più sconcertanti».
IL PICCOLO - SABATO, 2 marzo 2013
Rosandra, bonifica dell’alveo verso il mare
Tornano le ruspe nel tratto verso la foce intasato da detriti e ramaglie.
Nessun pericolo per il parco
SAN DORLIGO DELLA VALLE Le ruspe sono tornate in azione sul Rosandra. Questa
volta però la riserva naturale regionale è stata risparmiata. Il Comune di San
Dorligo ha infatti assegnato i lavori per il progetto degli interventi di
sistemazione e pulizia dei torrenti Rosandra, Sant'Antonio e Dolina.
L'intervento costato 800mila euro è stato approvato dalla Regione la quale, poi,
ne ha affidato l'esecuzione al Comune con lo strumento della delegazione
amministrativa. Con deliberazione della Giunta comunale è stato approvato il
progetto esecutivo e sempre a cura del Comune è stata espletata poi la
successiva gara d'appalto che ha visto l'assegnazione dei lavori alla Società
industriale lavori Sauris (Sils) di Udine. I lavori hanno interessato la parte
dei corsi dei torrenti sita vicino la Siot, in zona Mattonaia. Un'opera
necessaria e richiesta dai residenti che ora dovrebbe protrarsi sino alla foce
del Rosandra passando per Francovec. Contemporaneamente la Regione ha comunicato
l'inizio dei lavori che interesseranno oltre al torrente Rosandra, anche il Rio
Ospo dal confine di Stato al confine comunale oltre che il tratto terminale di
un impluvio demaniale lungo la strada provinciale 23 di Baredi. I lavori poi si
estenderanno coinvolgendo anche il torrente Rabuiese e rio San Sebastiano nel
Comune di Muggia e potranno avere la durata di un anno, in funzione delle
condizioni meteorologiche e logistiche. A seguito degli avveri eventi meteorici
del settembre 2010, l'intera valle delle Noghere aveva sofferto di allagamenti e
le arginature del Rio Ospo erano state interessate da un'importante onda di
piena che ha trasportato ingenti quantità di materiale legnoso, ostruendo
pericolosamente le sezioni idrauliche nei tratti di valle, mettendo in pericolo
le attività industriali e viabilità presenti. «Preso atto che le strutture
arginali del rio Ospo, nonché l'alveo, sono invase dalla vegetazione occludendo
in parte la sezione idraulica dello stesso e compromettendo localmente la
stabilità strutturale degli argini e delle opere esistenti - spiega la Regione -
si ritiene prioritario avviare le operazioni di manutenzione ordinaria con la
finalità di garantire l'adeguato livello di sicurezza da possibili tracimazioni
delle acque o cedimenti degli argini». Il progetto di manutenzione è stato
redatto dal Servizio difesa del suolo della direzione centrale ambiente, energia
e politiche per la montagna per l'importo di euro 37 mila 814 euro. I lavori
riguarderanno la pulizia degli argini lato fiume dell'alveo con operazioni di
taglio e sfalcio pergarantire il buon regime idraulico delle sezioni con
l'asporto delle piante vecchie e il ripristino degli degli argini.
Riccardo Tosques
SEGNALAZIONI - Ambiente - Bonifiche e impresa
È giusto, che i terreni da bonificare sia a Trieste che in provincia per dare spazio ad insediamenti industriali, magari che producano prodotti di nicchia, siano depurati prima possibile. Sono d’accordo con gli ambientalisti che fanno pressing verso il ministero dell’Ambiente affinchè risolva questo annoso problema. Ma, se non ci sono i soldi necessari per risolverlo e gli imprenditori vogliono insediarsi, e devono magari pagarsi la bonifica del terreno che vogliono occupare. A questo punto, preferiscono emigrare insediando le loro aziende all’estero (Slovenia – Austria ecc. ecc.) dove oltre i ben noti benefici fiscali non esiste il problema delle bonifiche. Ci sono nelle nostre zone, aree dove c’erano insediamenti industriali che hanno prodotto per più di 50 anni inquinando sicuramente fino al” centro della terra”, che nemmeno con la più fervida fantasia di Julies Verne con le sue macchine fantastiche, in un viaggio verso la massima profondità della terra, non troverebbe la zona dove il terreno non è inquinato. Se, questo insistere a voler giustamente bonificare a tutti i costi e i soldi non ci sono, e i lavori non si faranno forse mai , continueremo a perdere imprenditori, lavoro e occupazione. Una mia “personale considerazione”, per porre fine a questo annoso problema è di cementare tombando quelle aree, forse con una minor spesa e tempi più rapidi. Fare le cose semplici è complicato meglio farle difficili così non le fai più.
Piero Robba
IL PICCOLO - VENERDI', 1 marzo 2013
Adriatico e Ionio, insieme due eccellenze da Unesco -
EVENTI»IL FORUM INTERNAZIONALE
Si apre domani alla Marittima la Biennale Habitat, che punta alla
valorizzazione delle aree. In programma anche la Scuola di cucina e laboratori
per i più piccoli
L’olio extravergine d’oliva inteso come “Filo d’oro della pace tra le
culture adriatiche e ioniche del Mediterraneo” sarà il tema portante del VII
Forum della Biennale Habitat, manifestazione internazionale itinerante per lo
sviluppo economico sostenibile, la tutela e la valorizzazione dei territori
della Macroregione adriatico-ionica con lo scopo di ottenere il riconoscimento
per Adriatico e Ionio di patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco, che si
terrà domani alle 10 alla Marittima nell’ambito di “Olio Capitale”. All’incontro
su “Extravergine: qualità senza confini”, organizzato in sinergia con Regione e
Camera di commercio, interverranno i presidenti di Federparchi Europark,
Giampiero Sammuri, e dell’Ilya Chamber of Commerce (Grecia), Konstantinos
Nikoloutsos assieme ad altri esperti di vari Paesi dell’Adriatico. Dopo i saluti
del presidente camerale, Antonio Paoletti, è previsto un confronto sui diversi
aspetti della cultura dell’olio extravergine: salute, tecnologie ecosostenibili,
agricoltura e tutela del paesaggio e delle aree protette, mercati d’oltreoceano.
Ci sarà spazio pure per l’arte: Fedele Boffoli presenterà la clip poetica
“Chronos” dedicata all’immortalità dell’anima e realizzata con immagini di ulivi
antichi. «L’obiettivo – rivela la presidente di Biennale Habitat, Annika
Patregnani - è la valorizzazione del “sistema Adriatico-Ionico”. La sua
conoscenza verrà messa in rete con la prospettiva di realizzare un network delle
eccellenze dei territori». Tra gli eventi collaterali si segnala la Scuola di
cucina dove ai fornelli si susseguiranno noti chef di importanti ristoranti che,
utilizzando gli extravergini presenti all’evento, terranno lezioni di cucina per
il pubblico proponendo piatti che spazieranno tra le cucine moderna, antica e
tradizionale. In cabina di regia, la Federazione italiana cuochi presieduta da
Emilio Cuk (l’elenco completo degli eventi è sul sito www.oliocapitale.it).
Sabato e domenica dalle 16 alle 17, per avvicinare i bimbi al mondo dell’olivo e
dell’olio, si terrà l’iniziativa “Pianta il tuo olivo, crescerà con te”.
Assistiti da un agronomo che spiegherà loro le caratteristiche dell’olivo,
saranno i piccoli partecipanti under 12 a piantare un piccolo albero messo a
disposizione dal Vivaio Trevisan in un vasetto che potranno portarsi a casa.
L’Oil bar oggi, domani e domenica dalle 17 alle 19 con registrazioni in
reception ospiterà “Impariamo l’arte dell’assaggio”, mini corsi di degustazione
guidate con le spiegazioni degli assaggiatori dell’Ascoe.
Gianfranco Terzoli
San Dorligo, conferenza a difesa dei rospi
SAN DORLIGO DELLA VALLE Rane e rospi: come proteggerli. Il comune di San
Dorligo della Valle, in qualità di Ente gestore della Riserva regionale naturale
della Val Rosandra, in collaborazione con l’associazione tutori stagni e zone
umide del Friuli Venezia Giulia, organizza per oggi, ore 18, una conferenza sul
tema “Dolina e i suoi anfibi, scegliamo di proteggerli”, nel Centro Visite della
Riserva Naturale della Val Rosandra a Bagnoli della Rosandra . Ogni anno tra
febbraio e marzo, nelle campagne fra Dolina e Caresana, inizia la migrazione per
migliaia di rospi e rane che si dirigono verso gli stagni a deporre le uova. «È
un segno che alimenta ottimismo e speranza, significa infatti che questo piccolo
territorio mantiene intatto il suo valore naturale» spiegano gli organizzatori.
Purtroppo queste antiche rotte migratorie sono ormai interrotte da strade
asfaltate e il traffico automobilistico causa ogni anno delle vere e proprie
stragi di questi utili preziosi animali. Soprattutto durante quelle 3-4 ore che
seguono il crepuscolo (fra le 18 e le 22) nelle sere umide o piovose, gli
automobilisti che transitano su queste strade possono schiacciare in pochi
minuti anche centinaia di animali che percorrono la carreggiata.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 febbraio 2013
«Ferriera, prima l’alternativa poi la chiusura»
Messe a punto in un incontro lavoratori-istituzioni le richieste da fare
lunedì al commissario Nardi
«La chiusura della Ferriera di Servola va differita, attuata per comparti e
comunque dopo che saranno pronte le alternative per la rioccupazione dei
lavoratori». È quanto sindacalisti e rappresentanti delle istituzioni
chiederanno al commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi all’incontro
previsto per le 17.30 di lunedì in Prefettura. Il piano industriale di Nardi
sarà pronto a giugno, ma Francesco Semino, direttore degli Affari societari e
generali di Lucchini ha anticipato quello che per la gestione commissariale
sembra un assunto imprescindibile: vendita dei siti produttivi di Piombino,
Lecco e Condove e chiusura di quello di Trieste. Chiusura sentenziata
oltretutto, con il 2015 come termine massimo, dalle stesse istituzioni locali.
Decine ieri in piazza Unità le braccia alzate dei lavoratori della Ferriera che
chiedevano al Consiglio di fabbrica di partecipare al summit preparatorio in
Prefettura al quale sono stati ammessi in quindici soltanto e dal quale sono
stati esclusi per motivi non specificati gli stessi giornalisti. «La Regione non
ha mai parlato di una chiusura tout court né intende accettarla - ha affermato
l’assessore Sandra Savino eletta lunedì in Parlamento - stiamo preparando un
accordo di programma per la riconversione ma è necessario negoziarlo con il
governo che deve anche emanare il decreto che inserisce Servola tra le aree di
crisi industriale complessa il che ci aprirà la strada a finanziamenti,
incentivi e ammortizzatori. Non abbiamo tempo da perdere per cui è
indispensabile che sia il governo uscente a convocare a Roma i Tavoli sulla
Lucchini e sul Caso Trieste che aveva già promesso per metà febbraio.» «É
necessario che ora le istituzioni facciano pressing corale sul governo affinché
il decreto venga varato immediatamente», ha aggiunto Antonio Rodà, segretario
provinciale Uilm. Perlomeno all’incontro di ieri le istituzioni hanno risposto
coralmente: il Comune con il sindaco Roberto Cosolini, l’assessore Fabio Omero e
il consulente Francesco Rosato, la Provincia con la presidente Maria Teresa
Bassa Poropat e l’assessore Adele Pino, la Regione con la stessa Savino e la
dirigente Maria Pia Turinetti, Confindustria, Autorità portuale e Ezit. Alla
fine è spettato a Franco Palman (Uilm) relazionare ai lavoratori su quanto
accaduto tentando di tenerli buoni almeno fino a lunedì. «La chiusura dovrà
avvenire contestualmente alla riconversione - ha detto Palman - e fino
all’ultimo dovranno essere salvaguardati in azienda i livelli di sicurezza.»
(s.m.)
SEGNALAZIONI - Ferriera/1 - L’ambiente e la finanza
Di quale consulente ha bisogno il Comune di Trieste per affrontare sul serio il problema della Ferriera di Servola? Un problema, è bene ricordare, in primo luogo ambientale e sanitario: per i gravissimi fenomeni di inquinamento, da benzo(a)pirene, Pm10, diossine rilevati da anni e sempre negati dai dirigenti della Ferriera e della Lucchini; e per i danni sanitari che l’inquinamento produce non soltanto agli abitanti del rione circostante, ma all’intera città e agli altri centri, Muggia in primis. Sembrerebbe ovvio, in un Paese normale e in una città normale, per un Comune affrontare la questione partendo da questo. Invece, la determina del dirigente comunale, con la quale è stata affidata una consulenza a Francesco Rosato “per la valutazione e studio dell’insediamento industriale nell’area Ferriera di Servola”, non menziona alcun aspetto ambientale o sanitario. Secondo la convenzione allegata alla determina, infatti, si dovrebbe analizzare: la riqualificazione economica dell’area della Ferriera; le caratteristiche e i profili del personale impiegato per la riqualificazione e l’aggiornamento tecnico dello stesso; i possibili investimenti alternativi alla siderurgia; lo sviluppo di attività imprenditoriali connesse ad attività logistiche portuali; i possibili investitori nazionali o internazionali interessati all’area della Ferriera; i possibili programmi di parternariato pubblico-privato. Ci saremmo aspettati da questa amministrazione che l’incarico puntasse sulla salvaguardia dell’occupazione e sull’individuazione di attività compatibili con l’ambiente, invece le competenze che vengono richieste al consulente sono sostanzialmente di tipo imprenditoriale-finanziario, omettendo gravemente qualsiasi riferimento ai contenuti di tipo ambientale, anche se è verosimile il prescelto conosca perfettamente il tipo e la quantità delle emissioni inquinanti dell’impianto, essendone stato responsabile diretto per lungo tempo. Pensiamo che proprio dalla soluzione delle questioni ambientali bisognerebbe partire per risolvere finalmente il problema di questo stabilimento obsoleto e insostenibile da ogni punto di vista. La questione delle emissioni, ma ancora di più quella della bonifica del sito in cui la Ferriera sorge (e senza la quale - ricordiamolo - nessun’altra attività industriale o logistica potrà mai essere insediata), dovrebbero avere lo stesso spazio all’interno di un disciplinare d’incarico che vuole restituire ai cittadini un pezzo del loro passato industriale. Legambiente non può infine dimenticare che già in passato un consulente fu ingaggiato dal Comune (sindaco Riccardo Illy) per occuparsi del futuro produttivo della Ferriera, senza produrre - lo stiamo vivendo - alcun risultato, tant’è che lo stabilimento inquina come prima. Si trattava di Giovanni Gambardella, già amministratore delegato dell’Ilva di Taranto...
Lucia Sirocco - Presidente circolo Verdeazzurro
Legambiente Trieste
SEGNALAZIONI - Ferriera/2 - Troppe idee, nessuna strategia
Mai come in queste ore sentiamo forte il dovere morale, personale e umano, di rivolgere (non solo a parole) il massimo della solidarietà alle maestranze tutte, alle loro famiglie, impegnate nella tortuosa e indecifrabile vicenda relativa alla Ferriera di Servola. Da mesi più di mille famiglie vivono nella totale incertezza, incandescente situazione quotidiana priva di qualsiasi prospettiva futura. Su tale tema la città è completamente spaccata in varie fazioni, orientata su varie opzioni, nessuna visione concreta (leggesi uno straccio minimo di programma concreto e immediato) nel breve, medio termine. Un appello forte, a tutti coloro i quali da oggi in poi rappresenteranno le massime istituzioni parlamentari: fate presto e bene, ovvero sappiate far massa critica, squadra coesa, abbiate la lungimiranza di dare a questo importante settore industriale cittadino una parvenza di futuro operativo per tutte le maestranze. Se corrispondesse al vero che - a chiusura della Ferriera - Servola tornerà a respirare, altrettanto è vero che, senza una prospettiva concreta relativa al futuro, Trieste soffocherà in maniera drammatica senza avere la possibilità di dare risposte concrete a questa forza lavoro massiccia. Troppe valigie in partenza alla ricerca di opportunità di lavoro vero, pochi posti di lavoro vero in arrivo. Ci stiamo davvero rendendo conto di dove stiamo andando a parare? Non è azzardato dire, in questo caso, “gradita risposta”.
Fulvio Chenda
Muggia, tornano le ruspe nel bosco dell’Arciduca
I lavori ordinati dalla Regione erano stati sospesi dopo le proteste
della gente Il Comune: opera da terminare per la sicurezza, ma senza più danni
ambientali
MUGGIA Massima sicurezza, minima invasività. Sarà questo il leit motiv
dell'intervento di manutenzione nel bosco dell’Arciduca, lavori sospesi nel
giugno dell'anno scorso in seguito alle proteste di residenti e ambientalisti.
«I lavori necessitano ora di essere conclusi, non solo in vista della bella
stagione e del rischio incendi ma anche nel rispetto delle esigenze dei vegetali
e dell'habitat» spiega il Municipio. A meno di imprevisti le ruspe torneranno in
azione entro il mese di marzo. Per prevenire gli incendi e limitarne i danni la
Regione aveva predisposto nel 2012 un piano di risistemazione delle piste
forestali regionali. Nel piano di difesa del patrimonio forestale dagli incendi
si evidenzia che “ai fini dell'attuazione del Piano, si considerano opere e
mezzi per la prevenzione ed estinzione degli incendi boschivi, la formazione di
viali tagliafuoco e la costruzione di piste e sentieri per l' accesso e l'
attraversamento delle zone boscate, nonché il loro miglioramento e
manutenzione”. I viali tagliafuoco sono considerati dunque opere di prevenzione
molto importanti per contenere gli incendi e rientrano in un piano generale
regionale che prevede l’intervento urgente di Protezione civile per la
sistemazione e l’adeguamento funzionale di piste forestali esistenti sul
territorio di Muggia a salvaguardia della pubblica incolumità. La zona del Bosco
dell’Arciduca rientra nelle zone previste dal Piano e, in tal senso, sarà
oggetto di un intervento di manutenzione con particolare interessa per “lavori
di ripristino e adeguamento funzionale ai fini antincendio della viabilità
forestale”. A tale proposito si è svolto un incontro tra l’assessore alla
Protezione civile Giorgio Kosic, il funzionario del Corpo forestale-Ispettorato
agricoltura e foreste Gorizia-Trieste Valter De Monte, il reggente della
sottosezione di Muggia del Cai-Società alpina delle Giulie Luciano Comelli e il
coordinatore della squadra di Protezione Civile di Muggia Fabrizio Braico. In
considerazione della valenza paesaggistica dell’area del Bosco dell'Arciduca si
è concordato per un’azione che limiti gli interventi al minimo possibile
compatibilmente con la sicurezza. L’intervento prevede, quindi, il ripristino
della carreggiata col taglio della vegetazione (rami, sterpaglie, rovi ed erbe
infestanti) per permettere interventi veloci e in condizioni di sicurezza di
tutta l’area in caso di incendio. In questo scenario, grande disponibilità è
stata quella dimostrata dalla squadra di Protezione Civile del Comune di Muggia,
che si è offerta di prendersi cura del frequente sfalcio dei viali tagliafuoco
nel loro margine esterno in modo da garantire lo stesso obiettivo riducendo,
però, al minimo l’intervento di potatura. «Grazie al confronto tra i vari
portatori di interesse che gravitano sull'area si è raggiunto come risultato un
intervento che coniugherà salvaguardia del territorio, sicurezza e minima
invasività - ha commentato l’assessore alla Protezione civile Giorgio Kosic -.
Di questo non posso che ringraziare la disponibilità dei funzionari regionali e
l'attaccamento alla tutela del territorio naturale muggesano di un'associazione
quale la sezione Cai di Muggia e della squadra comunale di Protezione Civile e
Aib».
Riccardo Tosques
Assemblea dei soci - Nuovo direttivo di CamminaTrieste
L’assemblea dei soci di CamminaTrieste ha confermato Margherita Hack presidente onorario dell’Associazione. Alla presidenza - si legge in una nota - è stato eletto Sergio Tremul, vicepresidenti sono stati nominati Luigi Bianchi ed Elisabetta Flego, amministratore Giovanni Macuglia. Nel direttivo Teresa Catalano, Daniele Furlan, Carlo Genzo, Renato Kneipp, Maria Glavina, Erica Sancin, Fabio Venturin.
Presentazione rivista konrad
Alle 18 allo sportello ambiente di via 30 Ottobre 8/A, presentazione pubblica del numero di febbraio di Konrad, nota rivista ambientalista. Nello stesso sportello si possono ancora ritirare i formulari per la raccolta firme sulla petizione popolare contro il rigassificatore, denominata “Trieste dice no al rigassificatore”. Verranno anche discusse le iniziative da intraprendere prossimamente in città su questo argomento. L’invito è divulgato dal Coordinamento “Cittadini e associazioni in rete Trieste dice no al rigassificatore” e da altre associazioni. Info: e-mail triestedicenoalrigassificatore@hotmail.it.
GREENSTYLE.it - MERCOLEDI', 27 febbraio 2013
Hub del gas, approvato il gasdotto
Grecia-Albania-Italia
Il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al disegno di legge sulla
ratifica dell’accordo Albania-Grecia-Italia del 13 febbraio, relativo al
gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP). Il tubo, lungo circa 800 chilometri tra
parte terrestre e marina, dovrebbe portare 10 miliardi di metri cubi l’anno di
gas estratto in Azerbaigian. In teoria già a partire dal 2017.
Si tratta di un gasdotto quasi gemello, ma rivale, del collegamento ITGI
(Interconnettore Turchia-Grecia-Italia). Con l’altro gasdotto il TAP non
condivide solo una buona parte del tragitto (ITGI scavalca l’Albania, TAP no) e
la portata di gas che è identica, ma anche i problemi.
Se il TAP dovrebbe avere come punto d’arrivo italiano la spiaggia di San Foca,
in provincia di Lecce, l’ITGI dovrebbe arrivare nel golfo di Otranto, a pochi
chilometri di distanza. In entrambi i casi, quindi, il gas entra in Italia dalla
Puglia e viene immesso nella rete Snam e, in vista di entrambi i progetti, Snam
aveva progettato il potenziamento della Rete Adriatica.
Ma la Rete Adriatica ha appena subito lo stop della Conferenza dei Servizi della
Regione Abruzzo, che ha negato l’Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) alla
centrale di compressione del gas di Sulmona.
Vinca il TAP o vinca l’ITGI (quest’ultimo, tra l’altro, usufruisce di svariate
decine di milioni di euro in contributi europei), il gas che arriverebbe in
Italia non avrebbe dove andare. Alla faccia dell’hub del gas previsto dalla
Strategia Energetica Nazionale del Governo Monti.
Ma c’è anche un altra recente novità nel panorama energetico, questa volta
europeo, che rischia di far diventare il TAP assolutamente inutile: oltre
all’inaugurazione del gasdotto Nord Stream (linea diretta del gas tra Russia e
Germania, scavalcando Polonia e Ucraina), c’è la recente apertura della Germania
allo shale gas.
Che segue a ruota l’altra apertura, da parte dell’Inghilterra, e i seri dubbi
francesi sul fracking del gas di scisto. Nella presentazione sintetica del TAP,
infatti, leggiamo che
È improbabile che il gas da scisti bituminosi diventi una delle principali fonti
di energia in Europa nel prossimo futuro; l’unico modo di ottenere una fonte di
approvvigionamento sicura e diversificata è il trasporto del gas mediante
gasdotto da zone di produzione a media distanza come dal mar Caspio e poi da
regioni ancora più lontane, come il Medio Oriente.
Ora, se Inghilterra, Germania e (forse) Francia aprono le porte allo shale gas
l’UE sarà inondata di metano che ridurrà drasticamente la necessità di ricorrere
all’importazione dall’estero. Ancor di più, anche se dovesse restare tutto in
Italia il gas azero servirebbe a poco. Sempre dalla presentazione del TAP
leggiamo che:
Due degli azionisti TAP – EGL e E.ON Ruhrgas – hanno investimenti significativi
nella generazione di energia alimentata a gas in Italia. Per E.ON Italia, che al
momento ha nel paese 1.400 dipendenti e vanta una capacità di generazione di 5,9
GW, il gasdotto rappresenta la possibilità di espandersi e offrire tariffe per
gas ed elettricità più concorrenziali.
Nel contempo, gli impianti all’avanguardia a ciclo combinato di EGL Italia, che
già forniscono 1.778 MW di elettricità in Italia, consentiranno all’azienda di
avvantaggiarsi dell’intera catena produttiva.
Il problema, però, è che nel 2012 la quota del termoelettrico nel mix energetico
nazionale è scesa del 6% a causa della crisi economica e, soprattutto, della
concorrenza delle rinnovabili. Eolico e fotovoltaico in primis.
Ancor di più: se già così come siamo il gas in più non serve, se non abbiamo
speranze di venderlo all’estero, si aggiunga anche il fatto che nella Strategia
Energetica Nazionale di Corrado Passera si auspica il passaggio del gas estratto
in Italia dall’attuale 10% al 14-15%.
Altro gas, quindi, che non serve a nulla. Vero è che la crisi prima o poi finirà
e i consumi risaliranno di un po’, ma se un Governo mette nella stessa Strategia
Energetica Nazionale due gasdotti gemelli e l’aumento delle estrazioni nazionali
ci sono solo due possibili spiegazioni.
O non sa fare i conti, o il vero business non è il gas in sé ma
l’infrastruttura, la grande opera: tubi da una parte e siti di stoccaggio
dall’altra.
Peppe Croce - Fonte: Euractiv, TAP
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 febbraio 2013
Blitz degli operai della Ferriera alle Torri -
MANIFESTAZIONE E OCCUPAZIONE SIMBOLICA
Protesta di un centinaio di dipendenti contro la chiusura, poi sono
rientrati a Servola
Un’assemblea arrabbiata, la proclamazione seduta stante di un’ora di
sciopero e la discesa in strada per bloccare a scopo dimostrativo il traffico
davanti al centro commerciale delle Torri d’Europa prima di far ritorno
all’interno dello stabilimento. Così nel primo pomeriggio di ieri gli operai
della Ferriera di Servola hanno scaldato i muscoli «per quelle che saranno le
plateali dimostrazioni dei prossimi giorni in cui la città imparerà a
conoscerci», per usare le parole di Franco Palman, rappresentante di fabbrica e
componente della segreteria provinciale della Uilm. «Ormai dentro la fabbrica la
pazienza ha superato il limite - ha precisato il sindacalista - anche perché la
questione della sicurezza è diventata estremamente delicata dal momento che la
Lucchini non investe più nemmeno in questo settore». I dipendenti lo hanno
nuovamente fatto rilevare ieri al direttore Giuseppe Bonacina durante
un’occupazione simbolica della direzione. Piero Nardi, il commissario
straordinario del Gruppo Lucchini incaricato dal governo ha frattanto confermato
la propria presenza a Trieste per lunedì 4 marzo giornata in cui incontrerà alle
17.30 in Prefettura i rappresentanti dei lavoratori. Già stamattina alle 11 nel
Palazzo del governo di piazza Unità sindacalisti e membri del consiglio di
fabbrica avranno un nuovo confronto con i rappresentanti delle istituzioni
locali: Regione, Provincia e Comune che gli operai accusano di non aver concluso
nulla per la riconversione della Ferriera e il riassorbimento al lavoro dei
dipendenti. Secondo quanto ha ribadito nei giorni scorsi il direttore degli
affari societari e generali di Lucchini, Francesco Semino, il piano industriale
del commissario che sarà pronto a giugno prevederà la vendita dei siti
produttivi di Piombino, Lecco e Condove e invece la chiusura di Servola.
L’incontro di oggi è stato indetto dal prefetto Francesca Adelaide Garufi che
aveva già ricevuto i lavoratori nei giorni scorsi. La Regione doveva predisporre
una bozza di Accordo di programma per la riconversione entro marzo. Lunedì però
l’assessore regionale a Programmazione e finanze Sandra Savino che presiedeva
l’apposito Tavolo è stata eletta deputato per conto del Pdl.
(s.m.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 26 febbraio 2013
Il Comune insiste e punta su “Ortinsieme”
Trieste fa un altro passo avanti nel processo innovativo di valorizzazione
dei luoghi urbani verdi, contro il degrado e per la loro tutela: dopo il
progetto sugli orti urbani “Urbi et Horti”, il Comune amplia il raggio d’azione
e sostiene “Ortinsieme”, per confermarsi “città della qualità ambientale”. Il
nuovo progetto si inserisce nell’ambito del Piano di zona 2013/2014 che prevede
interventi di promozione della salute e di prevenzione della disabilità
dell’anziano. “Ortinsieme” sarà presentato dall’associazione Bioest alla Regione
per la richiesta di finanziamento. Da rilevare che, dopo la pubblicazione sul
sito della Rete civica del Comune del portale www.orti.trieste.it (che contiene
tutte le informazioni utili a diffondere la conoscenza e la condivisione delle
iniziative in atto), ha preso il via un intenso programma di seminari pubblici
sul tema dell’orticoltura/orticultura urbana per vivere nuove esperienze di
condivisione e collaborazione, organizzati in collaborazione tra diversi servizi
del Comune di Trieste, il progetto Urbi et Horti, Bioest, Aiab e altre
associazioni. Gli incontri sono tenuti da esperti che raccontano come
organizzare e come gestire piccoli orti biologici nel rispetto dell’ambiente e
della natura, attraverso varie attività che si svolgono in diverse sedi (sala
Millo, a Muggia; e a Trieste, all’auditorium della scuola Morpurgo; sala Villas
del comprensorio ex Opp; sala incontri del museo di Storia naturale; Orto
botanico, in via Marchesetti). Il calendario degli incontri è pubblicato sul
sito
www.ortitrieste.it.
«Valle Cavarera, Zamparini non ha il diritto di
costruire»
Legambiente fa riferimento a una recente sentenza del Consiglio di Stato:
«L’area interessata del progetto urbanistico non è a vocazione residenziale»
GRADO «Non esistono “diritti edificatori”, né “vocazioni edificatorie” di
suoli non ancora edificati. Lo stabilisce una recente sentenza del Consiglio di
Stato». Lo afferma Legambiente Fvg a seguito della delibera della giunta
comunale di Grado che ha dichiarato conclusa la fase di consultazione relativa
alla procedura di valutazione ambientale strategica (Vas) per Valle Cavarera
riguardante il progetto “Vivere in laguna” del gruppo Zamparini. Legambiente
spiega che la sentenza 6656/2012 del Consiglio di Stato «ribadisce che non
sussiste alcun diritto a edificare su terreni ancora privi di urbanizzazioni
facendo riferimento a interpretazioni delle leggi vigenti che, ignorate da
tecnici e amministratori piegati al volere di imprenditori senza scrupoli, hanno
contribuito al pesante e ingiustificato consumo di suolo». La presa di posizione
è conseguente a quanto deciso dal Comune di Monteroni di Lecce, che nel nuovo
Piano regolatore ha destinato a verde privato un’area precedentemente destinata
a zona di completamento. Il proprietario del terreno ha fatto ricorso al Tar,
che lo ha la ha respinto. S’è appellato quindi al Consiglio di Stato, che ha
confermato la sentenza del Tar. «Un’analogia che ben si adatta alla situazione
di Grado – dice Legambiente - dove aleggia il progetto “Zamparini city” che, se
realizzato, riverserà sull’Isola un milione di metri cubi di cemento. Anche qui
non c’è alcun diritto acquisito a edificare». Legambiente ricorda che nel
convegno di Liber@ nell’ottobre 2011 aveva indicato la possibilità per il Comune
di Grado di stabilire le direttive per un nuovo piano regolatore con effetto di
salvaguardia sulle aree coinvolte e l’adozione dello strumento urbanistico
conseguente. «Certo se, come accaduto a novembre 2011, il sindaco viene scoperto
a recarsi a cena da Zamparini, che ha enormi interessi economici a Grado, ci
sono poche speranze - affermano gli ambientalisti - che l’amministrazione possa
essere disposta almeno a studiare questa via». Legambiente ricorda la denuncia
presentata alla Commissione delle Comunità europee per una possibile infrazione
del diritto comunitario, relativamente al fatto che la Variante 15, gestita con
rapidità inconsueta dall’allora commissario straordinario Blarasin, sia stata
dichiarata non sostanziale, per evitare che già in quella fase fosse attivata
una procedura di Vas che avrebbe dovuto avviare una verifica completa e un
dibattito pubblico. Gli ambientalisti riassumendo i problemi dell’«inutile e
dannoso progetto» stigmatizzano l'esistenza di «un percorso amministrativo di
dubbia correttezza».
Antonio Boemo
Speculazione conto vs finanza etica
Alle 18, alla sala conferenze del centro servizi volontariato, in galleria
Fenice 2 (III piano), l’Accri organizza un incontro aperto al pubblico sul tema
“Speculazione finanziaria versus finanza etica”. L’incontro, che tratta un tema
di scottante attualità, sarà condotto da Alice Pesiri, di Banca Etica.
IL PICCOLO - LUNEDI', 25 febbraio 2013
Rigassificatore, ma perché a Rotterdam si può e qui no?
- l’intervento di GIANFRANCO BADINA
Non so se rattristarmi o inorgoglirmi per le bordate inviatemi. Nonostante
avessi fatto presente che nei riguardi del rigassificatore non fossi né
favorevole né contrario e che, con il mio intervento volevo solamente confutare
la tesi che la presenza di navi metaniere potessero ostacolare il traffico
attuale o futuro del porto di Trieste, non sono stato capito. Sono rimasto
amareggiato dalla tecnica messa in atto, per screditarmi, da Carlo Franzosini,
Daniela Mosetti e Livio Sirovich. È un sistema usato normalmente dai politici e
consiste nell’estrarre una frase da un contesto molto più lungo che spesso può
apparire in contrasto con l’idea di base del costrutto. Nel mio caso è stata
usata una frase tratta da un lungo ed articolato intervento, apparso in altra
sede, che quindi i lettori del Piccolo non conoscono e non possono giudicare. Lo
scenario raffigurava una nave metaniera, integra, che doveva abbandonare gli
ormeggi per non essere coinvolta in un incidente avvenuto negli impianti a
terra. Quindi nessuna perdita o pericolo di incendio a bordo. Dopo aver preso in
esame tutta una serie di possibilità si accennava alla decisione estrema, in
mancanza di altre alternative, di un incaglio volontario. Su tutti i trattati di
navigazione è riportata la possibilità di tale manovra onde evitare una
situazione di pericolo quasi certo e grave. Quindi nessuna nave in fiamme
davanti a Muggia, per avvicinarsi alla quale bisogna invece dirige verso il
canale delle petroliere. Complimenti! Agli stessi ricordo che la misurazione di
una distanza può differire se non sono identici i punti di partenza e di arrivo.
Nel caso in questione il punto di partenza è il centro di Hook of Holland, il
Museo Atlantik e gli insediamenti a lui prossimi, o altro? Quello di arrivo è
l’ormeggio 1, quello 2, i depositi a terra, o la nave in evoluzione davanti
all’ormeggio? Sono stato accusato di non conoscere le distanze di sicurezza. È
stato affermato che le normative internazionali impongono una distanza di
rispetto di 3 miglia dalle navi gasiere e quindi la presenza di una metaniera
nel Vallone di Muggia avrebbe bloccato totalmente il porto di Trieste per tutta
la durata della permanenza della suddetta unità al terminale Gnl. Ora apprendo
con soddisfazione che è dato per scontato che nel Beerkanaal di Rotterdam decine
di navi transitano ogni giorno a poche centinaia di metri dal terminal di quel
rigassificatore. A Trieste sono rare le navi che transitano all’altezza di Zaule
e potrebbero in ogni caso, mantenere una opportuna distanza di sicurezza. Nella
stessa segnalazione si afferma che le navi gasiere all’ormeggio presso il
terminal “mantenengono una via di fuga diretta e rapida verso il mare aperto”.
In realtà non è affatto così. Dopo aver abbandonato il Kleine Beerkanaal la
metaniera deve percorrere le 6 miglia del canale compreso tra la diga foranea
NoorderHoolfd e la costa fino al fanale Lage Vuurtoren Maasmond (dove transita
tutto il traffico in arrivo e in partenza da Rotterdam). A questo punto ha
raggiunto il Mare del Nord che però é poco profondo in prossimità della costa
quindi deve procedere per altre 6 miglia lungo il Maasgeul fino alla Maas Centre
Light Buoy e a da qui imboccare l’Eurogeul, lungo 25 miglia, e percorrerlo
almeno in parte. Credo proprio che la situazione a Trieste sia migliore. In
conclusione, quale era il risultato da verificare? Riesce il porto di Rotterdam
a conciliare la presenza delle navi gasiere con il suo enorme traffico
marittimo? I dati dicono di sì. E allora perché ciò non sarebbe possibile a
Trieste in presenza di un traffico centinaia di volte meno intenso e più
defilato? Se poi gli esempi di Rotterdam e della baia di Tokio non sono adeguati
possiamo prendere in esame quello di Boston dove le navi metaniere transitano
lungo il fiume Mystic a poche centinaia di metri dall’Aereoporto Logan e dai
palazzi del centro città fino all’ormeggio di Everett posto a poco più di 600
metri dal quartiere di Charlestown. Per terminare vorrei porre una domande agli
esperti: cosa può capitare agli abitanti dei rioni popolari di via Flavia e via
Capodistria in caso di un incidente al possibile rigassificatore di Zaule? Io
penso di saperlo perché quando ero imbarcato sulle gasiere, molti anni fa,
facevamo degli esperimenti per conto della Chevron rilasciando in mare quantità
sempre crescenti di metano liquido per registrarne gli effetti, ma desidererei
una spiegazione scientifica.
IL SOLE 24 ORE - DOMENICA, 24 febbraio 2013
RIGASSIFICATORE - Trieste aspetta il "verdetto"
Sono gli ultimi giorni di attesa per la complessa vicenda del rigassificatore di Zaule, nel porto di Trieste, iniziata nel 2004 con la presentazione al ministero delle Attività produttive dell'istanza di avvio dell'iter autorizzativo. Il progetto dalla multinazionale spagnola Gas Natural prevede un investimento a capitale privato superiore ai 500 milioni per la costruzione di un terminale destinato a ricevere gas naturale liquefatto che, riportato allo stato gassoso, verrebbe immesso nella rete nazionale.
Il procedimento di Via, valutazione di impatto ambientale,
si è concluso nel 2009 e a fine 2012 è arrivata l'Aia, l'autorizzazione
integrata ambientale. Poi l'empasse con la richiesta di supplemento istruttorio
firmata dal ministro dell'Ambiente Corrado Clini, mentre il Mise ribadiva la
strategicità dell'opera. La parola definitiva era attesa per la metà di
febbraio, ma ancora non si hanno notizie. Nel frattempo è cresciuta
l'opposizione: quella dell'Autorità portuale, per la quale il rigassificatore
«non è compatibile con lo scalo triestino, che registra traffici navali
movimento merci e passeggeri in continua crescita», ma anche delle associazioni
ambientaliste. Alla fine di gennaio – mentre scorrevano i 45 giorni concessi dal
ministero per il supplemento di Via – sette consiglieri regionali della
circoscrizione triestina hanno rivolto un appello al presidente della Repubblica
di Slovenia, Borut Pahor: «Oggi l'ultimissimo tratto dell'Adriatico è minacciato
dal possibile insediamento di un rigassificatore, la cui presenza nuocerebbe
pesantemente all'ecosistema marino. Tra Istria e Veneto, dove già il Po scarica
il portato della pianura padana, c'è molta meno acqua di quanto si possa
pensare...un'area dove esiste già un impianto di rigassificazione, quello di
Porto Viro, l'unico in questa parte del Mediterraneo. È al largo, a ciclo
aperto, con scarico in mare di acqua gelida e di pesanti quantità di
cloroderivati, con schiume che si depositano sulla costa a 17 km di distanza».
La Slovenia, dal canto suo, non nasconde l'irritazione: «È dal 2006 che il
nostro Paese sta richiamando l'attenzione dell'Italia sugli effetti
transfrontalieri negativi dei progetti per i terminali di rigassificazione. La
Repubblica di Slovenia è del parere che l'analisi degli effetti che
provocherebbe la costruzione del terminale Zaule non abbia raggiunto risultati
soddisfacenti e che gli effetti transfrontalieri siano stati minimizzati o
trascurati dal punto di vista della sicurezza generale, ambientale, turistico»,
scrive l'ambasciatore Iztok Mirošic. Entro pochi giorni si saprà se la decisione
sarà favorevole o contraria: sullo sfondo resta la paventata richiesta di
risarcimento danni da parte di Gas Natural, ma anche il deficit energetico e i
costi della bolletta in una regione dove l'approvvigionamento costa in media il
30% in più rispetto al resto dell'Europa.
Barbara Ganz - Il Sole 24 Ore
IL PICCOLO - DOMENICA, 24 febbraio 2013
Nel Piano traffico “zone 30” a misura di bici -
INCONTRO CON L’ASSOCIAZIONE cicloturistica
Aree a velocità limitata e pista ciclabile tra i progetti del Comune
discussi con Ulisse-Fiab
Mobilità urbana e uso della bici al centro dell’incontro tenuto tra il
Comune - il sindaco Roberto Cosolini, il vicesindaco Fabiana Martini e
l’assessore alla pianificazione urbana Elena Marchigiani – e una delegazione
dell’associazione Ulisse-Fiab guidata dal presidente Luca Mastropasqua. Cosolini
ha sottolineato come il piano del traffico e in generale l’azione del Comune
siano volti a incrementare la mobilità sostenibile in città. Molti progetti però
sono legati anche al confronto con altri enti. Ad esempio per la pista ciclabile
lungo le Rive è in corso da tempo - ha ricordato il sindaco - un confronto con
l’Autorità portuale. All’esame della Soprintendenza invece il progetto che il
Comune ha redatto per collocare stalli per biciclette. Già questi primi
provvedimenti assieme all’avvio del “bike sharing” (bici a noleggio) dovrebbero
consentire di raggiungere a breve il primo dei traguardi fissati
dall’associazione di utenti della bicicletta e fatto proprio dalla Giunta,
quello cioè di «incrementare almeno del 5% annuo gli spostamenti urbani in
bicicletta nei giorni feriali». Marchigiani ha ribadito di volere inserire nel
Piano del traffico alcune aree a velocità massima per le auto di 30 km/h, in
attuazione della campagna “Salvaiciclisti” cui il Comune ha aderito, in
particolare all’interno dei “borghi storici” Teresiano e Giuseppino oltre che in
alcuni specifici punti di rioni e periferie. Marchigiani ha accolto anche la
proposta di redigere ogni anno un documento pubblico sullo “stato d’avanzamento”
delle iniziative per il progressivo ampliamento della viabilità ciclabile,
rilanciandola nella chiave di un periodico monitoraggio sulla viabilità
cittadina e i suoi problemi, da realizzare in collaborazione tra Comune e
associazioni. Prospettive e problemi, ha precisato l’assessore, dovranno venire
costantemente riesaminati e aggiornati, oltre che essere oggetto di
comunicazione sempre più diretta alla cittadinanza in varie occasioni, a partire
dalla Settimana Europea della Mobilità. Il vicesindaco Martini ha sottolineato
l’utilità di una o più campagne informative e ha ricordato l'attività
sperimentale del “gruppo ciclomontato” della Polizia locale attivato lo scorso
settembre: verrà nuovamente proposto con il ritorno della bella stagione. Il
Comune sta inoltre attendendo l'esito dell'adesione al Progetto di mobilità “con
biciclette a pedalata assistita” proposto dal ministero dei Trasporti. I
rappresentanti di Ulisse-Fiab - recita una nota del Comune - hanno sottolineato
i progetti da realizzare.
«Ponterosso, niente rispetto per la storia della
piazza» - ITALIA NOSTRA E COSAPU SUL PROGETTO
Giacomich: invece di recuperare i masegni in buone condizioni si è deciso
di sistemare le solite piastrelle sottili e fragili.
Gli alberi da posizionare non sono mai esistiti
nell’area
Una modifica al progetto comunale di riqualificazione di piazza Ponterosso
che «non rispetta l’integrità e l’immagine storica della piazza, anzi ne deforma
l’identità». È la richiesta portata avanti dalla sezione triestina di Italia
Nostra e dalle associazioni per la salvaguardia dell’ambiente e del territorio.
Nello specifico, le associazioni puntano il dito sulla sostituzione dei masegni
originali con l’arenaria e sulla sistemazione di un filare di sette alberi lungo
via Roma, che andrebbe a separare visivamente le due parti della piazza. «Invece
di recuperare i masegni storici che sono in buone condizioni e che
riporterebbero l’antica dignità alla piazza, si è deciso di sistemare le solite
piastrelle sottili e fragili, lasciando i masegni solo ai lati e intorno alla
fontana», attacca Giulia Giacomich, presidente di Italia Nostra Trieste: «Gli
alberi poi posizionati in quella direzione andrebbero a intaccare visivamente il
concetto di piazza unica: il filare non è mai esistito storicamente nell’area e
dunque non ha nessun senso che sia sistemato lì». Italia Nostra si appella
all’articolo 9 della Costituzione sulla tutela del paesaggio e al Codice dei
Beni culturali, né manca di rifilare una stoccata alla passerella pedonale che
ha portato a «una deformazione prospettica e paesaggistica del Canale». Per
Giacomich «il centro storico non dev’essere alterato nelle sue caratteristiche
originarie e qualunque intervento deve essere giustificato da un’assoluta
necessità. Diverso il discorso per la parte moderna della città, dove al
contrario sono ammessi interventi di trasformazione nelle periferie, che spesso
sono frutto di un’urbanistica priva di una visione globale». Concetti ripresi e
ampliati da Bruno Cavicchioli, presidente di Cosapu (Comitato per la
salvaguardia del patrimonio urbano), per il quale all’origine c’è un equivoco di
fondo. «Nel caso di piazza Ponterosso non si tratta di una riqualificazione, ma
del restauro di un bene che è tutelato - spiega Cavicchioli -. Da anni
denunciamo lo sperpero del patrimonio della città: 200mila masegni sono andati
distrutti, pari a oltre73 mila metri quadri. E pensare che Trieste ai primi del
Novecento era la città più lastricata d’Europa». A sottolineare l’aspetto
giuridico della questione l’avvocato Marcello Perna, del direttivo di Italia
Nostra, secondo cui «tutto il sistema normativo di tutela dei beni culturali è
incentrato sulla “ratio” di conservazione e preservazione del bene. Se dunque
ogni amministrazione decide di trasformare i beni secondo i propri gusti, alla
fine è inevitabile andare incontro ad un pasticcio che nulla ha a che vedere con
la visione originale».
Pierpaolo Pitich
Costiera, il piano Semerani è riemerso dai cassetti
Costato 200mila euro e mai adottato, il lavoro dell’urbanista ridisegna
la linea del Golfo che va da Duino fino a Muggia, con passeggiate a mare e
funicolari
DUINO AURISINA «Non può esserci sviluppo di progetti sulla linea costiera senza l'integrazione con i piani triestini». Questo perché, condividendo i due territori un'ampia striscia di golfo, non può accadere che l'uno non sappia cosa fa l'altro. Quindi le due amministrazioni comunali di centrosinistra non solo possono, ma devono, correre in tandem. «E allora un buon punto di partenza – ha sottolineato il vicesindaco e assessore all'Urbanistica Massimo Veronese – è senz'altro rappresentato dal Piano particolareggiato della Costiera dell'architetto Semerani, che purtroppo finora non ha avuto seguito». Colpo di scena durante l'assemblea alla Casa della pietra. Quasi come un prestigiatore, il numero due di Duino Aurisina ha estratto dal cilindro un progetto rimasto per anni nel cassetto e che acceso dibattito aveva innescato a livello politico, soprattutto nel capoluogo. Si tratta infatti del corposo (200 pagine) “Piano territoriale regionale particolareggiato della costiera triestina e muggesana”, commissionato dalla Regione a Luciano Semerani nel 2000. Il lavoro (costato oltre 200mila euro) analizzava e ridisegnava l’intera fascia litoranea dalle Foci del Timavo al Lazzaretto, con l'obiettivo di stendere, per la prima volta, un piano valido e omogeneo per i Comuni di Duino Aurisina, Trieste e Muggia. Così definendo il livello di trasformabilità delle aree, le zone da vincolare e gli interventi di valorizzazione, altresì fornendo linee di indirizzo in materia di pianificazione e progettazione. Il piano, arricchito da una novantina di tavole, steso in collaborazione con undici professionisti, avrebbe dovuto essere adottato dai Comuni di Trieste, Muggia e Duino-Aurisina. Ma così non è stato. Tra le altre cose, prevedeva la realizzazione di un percorso pedonale a livello del mare da Sistiana a Grignano, la costruzione di alcune funicolari per agevolare il lavoro di agricoltori e viticoltori, il declassamento della strada a tipo turistico. Tradotto: drastico abbassamento dei volumi di traffico. E anche una pista ciclabile sul lato a mare. Ora, a quanto pare, si pensa di ripartire da lì per affrontare di nuovo la questione della Costiera. Come spiegato dal vicesindaco Massimo Veronese, i progetti sul litorale «devono essere integrati anche con il Comune di Trieste. Per questo – ha chiarito – abbiamo incontrato il suo assessore alla Pianificazione urbana, che in sede di nuova variante al Piano regolatore, ha voluto conoscere i progetti di Duino Aurisina sulla fascia costiera». Quanto ai progetti locali, l'amministrazione affronterà entro l'anno «la criticità dell'Ambito A3 della Cernizza: il piano particolareggiato, pur approvato, è rimasto per anni sulla carta. Credo – ha sottolineato Veronese – sia arrivato il momento di intervenire: si andrà a votare una variante e a rivedere il piano visto che non si è fatto nulla. Infine sarà da affrontare anche il piano particolareggiato del porto del Villaggio del Pescatore: c'è l'intenzione di portarlo quanto prima in Consiglio, ma il suo presupposto essenziale è la deliberazione della variante 27, che ad aprile andrà al voto. Abbiamo tutte le prescrizioni: manca solo l'intesa per la gestione turistica con il Demanio marittimo».
Tiziana Carpinelli
Legambiente attacca il Piano acque - STRUMENTO
URBANISTICO
Sotto accusa la scarsa attenzione al patrimonio montano e alla laguna
TRIESTE Una moratoria delle concessioni idroelettriche e nuovi criteri per
le procedure di assegnazione. Sono alcune delle richieste avanzate da
Legambiente in relazione al Piano regionale di tutela delle acque depositate da
Legambiente. Un piano, secondo gli ambientalisti, da rivedere ino modo
sostanziale per non rischiare di compromettere il delicato patrimonio
idrogeologico del Friuli Venezia Giulia. Di qui la decisione dell’associazione
di far sentire la propria voce, portando dieci osservazioni all’attenzione della
quarta commissione, attualmente impegnata a definire l’iter del piano. In primo
piano, nel cahier de doleance stilato dagli ambientalisti, la questione dei
prelievi idrici a scopi idroelettrici. «Questione - si legge in una nota - che
sta assumendo le dimensioni di un vero e proprio attacco ingiustificato alle
ultime risorse idriche ancora disponibili in montagna, senza che vi sia una
ragionevole motivazione, diversa dalla speculazione privata, legata alla
fruizione dei certificati verdi e dei bonus contributivi e amministrativi per
chi vuole fare energia rinnovabile». Nelle osservazioni, infine, Legambiente
rilancia il tema della salvaguardia della laguna di Grado e Marano - al quale il
Piano delle acque dedicherebbe «un’attenzione generica e insufficiente con
riguardo al tema dell’inquinamento da mercurio che appare fortemente
sottovalutato” -, e alla delicata questione dei depuratori già esistenti sul
territorio regionale.
«Ferriera, garanzie dal nuovo governo» - Fiom
all’attacco: continuità produttiva da assicurare nel gruppo, infruttuoso il
tavolo regionale
Riconvocare con urgenza il tavolo regionale sulla Ferriera per arrivare a un
accordo di programma: un tavolo al quale però dovranno sedersi anche il Governo
e l’azienda per garantire un futuro ai lavoratori di Servola. Parte da questa
riflessione l’intervento di Stefano Borini, segretario provinciale della Fiom,
che ha fatto il punto della situazione a quasi un anno di distanza dalla sigla
del protocollo d’intesa. «In dodici mesi si è lavorato male e il bilancio del
tavolo regionale è decisamente infruttuoso - attacca Borini -. Tutte le
istituzioni locali hanno deciso di andare per la loro strada senza interloquire
con Governo e azienda. Le preoccupazioni da noi manifestate a suo tempo si sono
rivelate esatte, perché in un anno non è stato prodotto nulla di concreto. Serve
cambiare passo e direzione: pur in una situazione generale preoccupante, non
solo non si è intensificato il confronto, ma addirittura gli ultimi due incontri
programmati sono saltati». Borini punta il dito in particolare contro la Regione
che «non ha stanziato un euro sulla questione bonifiche, segno che Trieste è
stata degradata da capoluogo a livello di risorse regionali». Per il segretario
provinciale della Fiom non si può affrontare la questione fuori dal Gruppo
Lucchini, in quanto si andrebbero a perdere le risorse economiche messe a
disposizione a fine anno dall’Unione Europea a favore della siderurgia, e i
benefici derivanti da una legge nazionale che prevede aiuti per le situazioni di
crisi complesse. «Non ci si può permettere di rinunciare agli ammortizzatori
sociali e a tutte le risorse economiche necessarie per intraprendere un percorso
di riconversione - continua Borini - . Un percorso che non escluda la
possibilità di insediamento delle attività siderurgiche di nuova generazione
compatibili con la questione ambientale, sulla scia di quanto già accaduto in
altri Paesi europei». Ma intanto i tempi stringono, il futuro della Ferriera è
sempre più incerto e la situazione dell’intero comparto industriale è
allarmante. «Negli ultimi dodici mesi questo territorio ha prodotto un autentico
salasso - conclude Borini -. La città è in crisi in tutti i settori,
dall’alimentare al metalmeccanico. I numeri sono impietosi: il Pil è crollato al
10 per cento e i disoccupati hanno raggiunto quota settemila. È ora di finirla
con il rimpallo delle responsabilità. Il nuovo Governo dovrà affrontare da
subito la questione Ferriera, garantendo la continuità produttiva all’interno
del Gruppo Lucchini fino al completamento delle prospettive occupazionali. Da
parte nostra saremo al fianco dei lavoratori riuniti nel Comitato di lotta per
individuare una strategia comune omogenea».
Pierpaolo Pitich
Via libera serbo al gasdotto South Stream
Dopo l’inizio dei lavori sul fronte russo avanza il progetto
Gazprom-Eni-Wintershell-Edf in direzione Slovenia e Italia
BELGRADO Dopo l’inizio dei lavori sul fronte russo, con la cerimonia della
posa della prima pietra della stazione di compressione di Anapa il 7 dicembre,
South Stream continua a fare passi avanti. Passi avanti ancora sulla carta, va
detto, ma che fanno intuire che il progetto è attuale e sentito, soprattutto nei
Paesi che saranno in futuro attraversati dal super-gasdotto di Gazprom, Eni,
Wintershall ed Edf. A fare la parte del leone dal punto di vista dell’impegno
realizzativo è al momento la Serbia, terza tappa nel passaggio del gas dalla
Russia direzione Europa, via Mar Nero, Bulgaria, Serbia appunto, Ungheria,
Slovenia e Italia. Serbia dove la commissione parlamentare per l’Economia, lo
Sviluppo regionale, il Commercio, il Turismo ed l’Energia ha prima disegnato i
contorni del passaggio di South Stream sul territorio serbo, mentre il
Parlamento ha approvato il 20 febbraio la nuova legge che ha dichiarato di
«interesse nazionale» il gasdotto russo. Una definizione che permetterà allo
Stato di velocizzare la realizzazione di dello “Juzni Tok”, sostenendo anche i
costi “extra” per l’esecuzione del progetto. «Circa 8.000 ettari di terreni
dovranno essere espropriati» al più presto per posare le tubature, ha
specificato l’agenzia di stampa serba Tanjug dopo che la commissione ha reso
noto i dettagli del piano di espropri. Il tutto, a un costo salato per Belgrado,
che dovrà sborsare ad agricoltori e proprietari terrieri circa 24 milioni di
euro in indennizzi. Milioni pesanti per un Paese colpito dalla crisi e da un
debito pubblico in crescita, ma il governo «ha riservato 75 milioni di euro dal
bilancio» per le espropriazioni, ha assicurato il viceministro dell’Energia,
Petar Stankovic. Stankovic che ha ricordato che anche il «partner russo», che
controlla il 51% della joint-venture che realizzerà il tratto in Serbia, ha
allocato lo stesso ammontare di risorse, di fatto raddoppiando il totale a
disposizione. Espropriazioni che saranno “velocizzate” proprio grazie alla nuova
legge che «accelera gli espropri» e semplifica i passaggi burocratici da
compiere sul fronte appalti, ha aggiunto l’agenzia Tanjug. E che soprattutto
conferisce «lo status di progetto d’interesse nazionale» a South Stream, avevano
in precedenza previsto Alexey Miller, amministratore delegato di Gazprom, e
Dusan Bajatovic, direttore generale dell’ente pubblico Srbijagas, partner del
progetto in Serbia, annunciando allo stesso tempo che «i documenti
ingegneristici» per la costruzione del gasdotto «stanno per essere predisposti».
Segno che la “luce verde” diverrà presto reale, almeno per quanto riguarda la
Serbia. Almeno in Serbia perché, nella vicina Bulgaria, crescono i dubbi
sull’impatto ambientale di South Stream, che – da progetto -, dovrebbe penetrare
nel territorio dopo la posa del tratto sotto il Mar Nero e della costruzione
della stazione di pompaggio vicino a Varna, situata nei pressi della perla
paesaggistica e naturale della spiaggia di Pasha Dere. Da qui le preoccupazioni
degli ambientalisti locali. Ma Gazprom, con un comunicato, ha provato a
tranquillizzarli, chiarendo che il gasdotto sarà interrato e che non metterà a
rischio la natura e il turismo. «È anche importante notare», ha aggiunto Gazprom,
che «South Stream trasporterà gas naturale, non petrolio o derivati, il
combustibile più environment-friendly al mondo». Ma «le élite politiche» dei
Balcani, Sofia inclusa, «hanno influenza limitata sull’implementazione del
progetto» e tutto – malgrado le resistenze degli ecologisti – sembra procedere
«secondo l’agenda russa», scrive l’istituto di analisi svizzero International
Relations and Security Network.
Stefano Giantin
«Quattro cavalli nella neve senza un riparo»
In un terreno a Borgo Grotta Gigante. Denuncia dell’Enpa: il proprietario
dà loro soltanto da mangiare
Senza un ricovero sotto al quale ripararsi dal freddo, dalla pioggia, dalla
neve o dal sole cocente: soprattutto dal vento, che in questi giorni soffia a
tratti fortissimo e tagliente. Così da tempo vivono quattro cavalli in un
terreno a Borgo Grotta Gigante. A denunciare la situazione è l’Enpa, l’Ente
nazionale protezione animali sollecitato dalle segnalazioni di alcuni residenti
della zona. «I cavalli non sono denutriti, non stanno male – osserva il
presidente dell’ente animalista, Gianfranco Urso – ma è inevitabile che vedere
quegli animali esposti alle intemperie urti la normale sensibilità di chi li
vede». A chiamare l’Enpa sono stati alcuni residenti del complesso edilizio
delle Girandole. Specialmente in questi giorni con la neve, il gelo e la bora in
molti hanno segnalato quei quattro equini esposti al vento e il freddo. «La
persona proprietaria del terreno viene a dare loro da mangiare – raccontano
alcune persone che vivono a Borgo Grotta e che da tempo stanno monitorando lo
stato degli animali – ma per il resto sono lì abbandonati a se stessi. Abbiamo
avvisato l’Enpa e anche la Forestale». «Ci hanno riferito – continuano – che per
una questione territoriale il problema è di competenza della sezione della
Forestale di Duino Aurisina. Domani mattina ci premureremo di avvisare anche
loro». Quei cavalli non sono da corsa, sono da lavoro, da compagnia. Lo stato in
cui sono obbligati a passare le loro giornate ha lasciato perplesso il
presidente dell’ente animalista di via Marchesetti. «Dopo avere visto di persona
i cavalli e le condizioni nelle quali vengono tenuti – dichiara – ho segnalato
il fatto all’Azienda sanitaria e a chi di competenza». «Nel terreno che ospita
quegli animali c’è una sorta di tettoia dove sono sistemati degli attrezzi da
lavoro – spiega Urso –: impossibile che lì quelle quattro bestie trovino un
riparo». Pur non avendo in evidenza la segnalazione dell’Enpa, Corrado
Abatangelo, responsabile della Struttura veterinaria dell’Azienda Sanitaria,
sostiene invece non sussista nel caso specifico dei quattro cavalli di Borgo
Grotta alcun presupposto per maltrattamento di animali. E per avvalorare la sua
tesi perlomeno opinabile cita anche fattori burocratici, che come troppe volte
cozzano contro il buon senso. «Quella sorta di tettoria è il massimo che la
Forestale lasci costruire in quel luogo – osserva il veterinario – e quando
soffia la bora verranno sistemate delle balle di fieno in modo da creare una
sorta di riparo, di parete». Secondo Abatangelo quei quattro cavalli sono «meno
infelici di quelli dell’ippodromo». Peccato che il vento sia davvero gelido in
questi giorni.
Laura Tonero
Un orto dentro il parco
Alle 10.30 appuntamento al roseto dentro l’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni: l’incontro è aperto a tutti e in particolare per chi è interessato a creare e curare un orto dentro il parco di San Giovanni.
IL PICCOLO - SABATO, 23 febbraio 2013
Mappa degli edifici vuoti: oltre 900mila metri quadri
Primi risultati delle indagini fatte per il Piano regolatore: dalle case
alle caserme Offerta in esubero, più di un alloggio ogni due abitanti. Spesso
grande e vetusto
Coi suoi occhi ciechi e due brandelli rotti di tela attraverso i quali
entrano pioggia e neve i piani alti di palazzo Ras in piazza Oberdan sono
l’emblema di un fenomeno allarmante a Trieste di cui appena adesso si sta
facendo la mappatura, con enormi e sconcertanti sorprese: i palazzi dismessi. Ma
anche gli alloggi sfitti e la quantità sovrabbondante di appartamenti rispetto
alla popolazione in drastico calo. Per 6,5 milioni palazzo Ras è stato
acquistato nel 2010 dal fallimento Alikè, e ad aggiudicarsela è stata la Claren
immobiliare che fa capo alla Veneto Banca con sportelli al pianterreno: erano
previsti uffici e prestigiosi attici, e invece è rimasto solo il prestigioso
palazzo con una fila di finestre chiuse da tavole di legno e un’altra fila
spalancata. Il vero allarme viene dal patrimonio dismesso “segreto”, indagato
coi questionari distribuiti dall’assessorato all’Urbanistica nelle fasi di
consultazione per il nuovo Piano regolatore. I primi risultati sono stati
elaborati, la mappatura è in evoluzione: «Escluse le grandi aree, e dunque solo
in termini di edifici - dice l’assessore Elena Marchigiani - a Trieste abbiamo
individuato 90 mila metri quadrati di edifici dismessi». Quasi il doppio di
Campo Marzio più Fiera (51 mila metri). Siamo già a 140 mila in disuso e
abbandono. «Cui vanno sommati i 240 mila metri quadrati delle caserme di Banne e
di via Rossetti. Benché ancora del Demanio, sono pur sempre strutture del
territorio». E la somma si alza a 380 mila metri quadrati. Con tutte le prudenze
che la materia merita, ma in un’ottica di programmazione, nel computo entra il
possibile futuro “vuoto” dell’area della Ferriera in chiusura: 349.460 metri
quadrati. Siamo a 730 mila. Senza contare i 158 mila di magazzini vuoti in Porto
vecchio, e i 48 mila da buttar giù e riedificare. Col che saliamo a 936 mila,
poco distanti dunque da 1 milione di metri quadrati deserti. «Poi ci sono
alloggi e negozi - prosegue Marchigiani -, dove abbiamo dati di diversa fonte,
solo indicativi finché a settembre non avremo dall’Istat i definitivi del
censimento 2011: dal censimento 2001 risultavano 7419 alloggi vuoti su 111.313
abitati. Secondo i dati 2011 dell’anagrafe invece le unità vuote sono 11 mila a
fronte di 102 mila occupate». Il 10%. «Può esserci del “nero” non evidente -
prosegue l’assessore -, comunque la città ha un patrimonio edilizio vetusto, con
forte edificazione fra gli anni ’50 e ’70, e non ci sono soldi per i restauri».
Ma c’è dell’altro a rendere critico il quadro: «A Trieste c’è più di un alloggio
ogni due abitanti». Dunque una sovrabbondanza che stupisce. Non basta constatare
che, anche se la popolazione cala, il numero di famiglie è in aumento perché
sempre più piccole o composte da una sola persona. Infine, gli appartamenti sono
anche grandi: «Il 40% ha più di 80 metri quadrati e ben il 20% oltre i 100».
Marchigiani: «Incentivi? Impossibile. Col Piano regolatore potremo solo creare
una normativa che aiuti i privati, e faciliti al massimo le trasformazioni
davvero radicali che servono. Un intervento piccolo ma diffuso che potrebbe
essere di immenso e veloce vantaggio anche per il settore edilizio tanto in
crisi».
Gabriella Ziani
Favorire gli affitti con l’aiuto dell’Agenzia - il
progetto
Un numero enorme di case vuote, e però tanta gente che cerca casa. Ma resta
fuori dalle assegnazioni Ater (o deve aspettare anni) e non può pagare gli
affitti al prezzo di mercato. Per questo in Comune si sta lavorando, assieme
alla Fondazione CrTrieste che è uno degli enti di garanzia economica, per
rivitalizzare l’«Agenzia per l’affitto», un’iniziativa varata nel 2009 tra
Comune e Ater ma con la partecipazione dei Comuni di Muggia e San Dorligo, di
associazioni di propritari di casa, di sindacati come Sunia, Sicet e Assocasa,
con rappresentanze delle agenzie immobiliari, dell’associazione degli
amministratori di condominio, e pure di fondazione Caccia Burlo e Acli. Il
meccanismo di vicendevole convenienza attribuito sia all’inquilino a reddito
basso e sia al proprietario di alloggio, con allegato un fondo di garanzia
economica per morosità, sfratto e danneggiamento, sta per passare a una fase più
strutturata. L’assessorato all’Urbanistica (Elena Marchigiani) e quello alle
Politiche sociali (Laura Famulari) stanno ridiscutendo il protocollo d’intesa
innanzitutto con la Fondazione CrTrieste. Per rendere il meccanismo, che ha
nell’Ater un suo punto di riferimento e raccolta di domanda-offerta, più
strutturato ed evidente. «Ci sono persone che hanno perso il lavoro, o separate,
in grave difficoltà di fronte a un affitto alto, e altre che al contrario per
vari motivi non danno in locazione l’alloggio di proprietà: farli incontrare di
più risolverebbe i problemi degli uni e degli altri». Il regolamento attuale con
i moduli per le domande e ogni indicazione utile si trova sul sito Retecivica
del Comune, scegliendo “Sociale” dal menù di sinistra e di seguito “Agenzia per
l’affitto”. Nella foto: l’edificio in abbandono di piazza Sansovino.
(g. z.)
«Chiuso», da via Madonnina a San Giovanni
La ricerca strada per strada è stata avviata dal gruppo di architetti di
ManifeTs2020
In via Madonnina, triste salita di passaggio tra piazza Barriera vecchia e
piazza Sansovino, il 60-70% di edifici, specie quelli commerciali fronte strada,
sono vuoti. La stessa percentuale in via Settefontane. Via Crispi si avvia nella
stessa direzione. In piazza Sansovino c’è da anni un intero enorme edificio di
cinque piani completamente abbandonato e in decadenza. Nel parco di San
Giovanni, pur così riqualificato, enormi padiglioni ex Opp e di grande valore
architettonico sono ancora “morti”: quasi una decina, compreso quello adiacente
il restaurato istituto Gregoretti, e poi quelli siglati “P”, e ”L”, l’ex casa
dominicale, la ex chiesetta e così via. E anche nella nobile via Rossetti è
saltato fuori un complesso di cinque piani di cui ben quattro sono rimasti vuoti
da tempo. Sono i primi risultati del lavoro “strada per strada” intrapreso lo
scorso novembre dal giovane gruppo di architetti dell’associazione ManifeTs2020
con finanziamento della Fondazione CrTrieste, convenzionati con il Comune per il
parallelo lavoro di mappatura lanciato in vista del Piano regolatore. Racconta
il vicepresidente Marco Svara: «A queste prime evidenze possiamo aggiungere la
ex Sadoc di viale D’Annunzio vuota da anni, l’ex club Charlie di fronte alla
cava Faccanoni, l’ex night club situato nei pressi della galleria di Grignano
sulla costiera, e tante altre cose che “mapperemo” di qui in avanti, andando a
piedi per ogni via abbiamo finora visto appena un quinto della città, e ogni
volta abbiamo un collega che controlla i dati del catasto, che trova i
proprietari pur nel rispetto della privacy». I motivi per i quali interi stabili
restano inutilizzati sono i più vari, ma nella maggioranza dei casi sono andati
“a esaurimento” senza che nessuno avesse la possibilità di restaurarli. «Da
quando il nostro lavoro è diventato noto - prosegue Svara - succede il processo
contrario, e cioé che sono i proprietari a contattare noi, a informarci di avere
case inutilizzate e a dirci: “Vi racconto com’è andata...”. Per esempio, non ci
sono i soldi per metterle a norma, manca una piccola cifra per dare avvio ai
lavori, oppure i progetti sono bloccati dalla Soprintendenza, e anche quando ci
sarebbero i soldi per la ristrutturazione questa non si può fare». In altri casi
ancora il proprietario confessa che non sono le risorse il problema, manca però
l’idea di che cosa fare del proprio immobile. Nel dubbio, niente: la situazione
del mercato immobiliare è troppo incerta e anche complessa. E così i 9
dell’associazione, ma 22 “stipendiati” per il lavoro, che stanno comprando
software sofisticati per poter mettere poi la mappa del «bello degradato» su
Internet, in modo sperabilmente da creare incrocio tra domanda e offerta, si
stanno rendendo già conto non solo del problema edilizio, ma anche di quello
“umano” che c’è dietro.
(g. z.)
Controlli lungo la Cernizza no alle spiagge “private” -
DUINO
DUINO AURISINA È ufficiale: con l'arrivo della bella stagione partiranno
controlli capillari e severissimi, da parte della Polizia marittima, sugli
accessi a mare e recinzioni abusive che secondo esponenti della maggioranza
Kukanja e anche alcuni cittadini sarebbero stati rispettivamente ostruiti e
innalzati negli ultimi trent'anni dai proprietari delle ville sulla Cernizza. Lo
hanno confermato il vicesindaco di Duino Aurisina, Massimo Veronese, e il
capogruppo di Sel, Maurizio Rozza, nel corso di un'affollata assemblea indetta
dal partito di Vendola e da Ecodem, presente alla Casa della Pietra di Aurisina
con il responsabile Saul Ciriaco. La notizia è emersa durante un vivace
dibattito che ha affrontato alcuni dei progetti, tra i quali quelli della Costa
dei Barbari e del Villaggio del Pescatore, relativi alla striscia di litorale
che si affaccia sul golfo. «Proprio alla luce degli interventi sulla stampa e
delle pubbliche denunce dell'amministrazione – ha spiegato il consigliere Rozza
– la Polmare ci ha dato conferma del suo interessamento alla questione e che
appurerà quanto prima, con i mezzi via mare, l'esistenza di costruzioni non
conformi sul demanio marittimo o addirittura abusive». Si tratta, in buona
sostanza, del secondo capitolo della già ribattezzata “guerra alle spiagge
privatizzate”, che come fine ultimo ha la restituzione di piccoli arenili alla
collettività, così regalando ai cittadini nuovi sbocchi al mare. Come infatti
già rammentato lo scorso dicembre da Rozza, "il fronte mare deve restare,
comunque e sempre, libero al transito". Ergo, secondo il presidente della
Seconda commissione consiliare, tutte quelle recinzioni abusive, quegli scivoli
non autorizzati, insomma quelle strutture tese a “privatizzare” un tratto di
costa per impedirne la frequentazione dei bagnanti o dei natanti in approdo
vanno rimosse. Insomma, stop alla spiaggia fai-da-te di chi, avendo preso casa
sul mare, si è col tempo “appropriato” di un pezzo di lido: ora, come assicurato
dalla Polizia, partiranno le verifiche vere e proprio per restituire, dal
Villaggio del Pescatore a Marina d'Aurisina, una battigia realmente sgombera.
Qualche cittadino, presente all'assemblea, ha infatti riferito di “scalette
esistenti per garantire una via pubblica al mare che sono cancellate dai
proprietari di ville per impedirne l'accesso alla spiaggia”. Spiaggia che in
questo modo resterebbe raggiungibile solo ai fortunati proprietari di
un'imbarcazione privata. Sempre per Rozza potrebbe essere interessante
recuperare la spiaggia del Villaggio del Pescatore, oltre il pescaturismo, di
fatto il primo esempio di macchia mediterranea nelle zone più settentrionali del
Paese.
Tiziana Carpinelli
«Ferriera, chiusura già prevista» - LUCCHINI - Semino:
«La scelta in merito al polo è chiara e nota da tempo»
«Vogliamo una risposta immediata sul nostro futuro», aveva dichiarato
giovedì Franco Palman, esponente della Uilm al termine dell’incontro con il
prefetto, i sindacalisti e una rappresentanza di 15 lavoratori della Ferriera di
Servola. La richiesta di «risposta» era arrivata dopo che il direttore degli
affari societari e generali di Lucchini Francesco Semino aveva dichiarato al
Piccolo l’intenzione, da parte del commissario del Gruppo Piero Nardi, di
procedere alla vendita in blocco di Lucchini escludendo Trieste. E proprio ieri
la risposta - in realtà una conferma - è arrivata. Piombino, Condove in
provincia di Torino, e Lecco: saranno questi tre i siti inseriti nella vendita
in blocco della Lucchini. Semino lo ha riconfermato, durante una visita a un
sito produttivo accanto a Nardi e a Giovanni Bajetti. Semino ha confermato così
quanto già detto nei giorni scorsi: «La Ferriera di Servola non sarà inclusa nel
pacchetto di aziende di cui è prevista la vendita in blocco. La scelta è
abbastanza chiara - ha però precisato Semino - dato che è ormai di dominio
pubblico da diverso tempo che è prevista la chiusura del sito entro il 2015,
risulta quindi chiaro che difficilmente oggi un compratore riterrebbe attraente
una proposta simile». «Quale sarà l'immediato futuro del sito - ha detto ancora
Semino a Siderweb - verrà chiarito entro giugno, mese in cui scadranno i sei
mesi concessi al commissario straordinario per la stesura di un nuovo piano
industriale. Ribadisco che quando si parla di vendita in blocco della Lucchini
ci si riferisce all'acciaieria di Piombino e poi ai siti produttivi di Lecco e
di Condove in provincia di Torino».
Opicina chiede all’Att di creare un hub dal Carso alla città - ALTIPIANO OVEST
OPICINA Chi risiede nelle frazioni a est dell’Altipiano Carsico avverte la necessità di calibrare in modo diverso il servizio di trasporto pubblico. Lo sostiene la seconda circoscrizione che, sul tema, ha avuto modo di avanzare alcune proposte alla Giunta provinciale in un incontro organizzato dal parlamentino nella sede del centro civico di Opicina. Ai rappresentanti di Palazzo Galatti la circoscrizione ha esposto una serie di questioni ritenute prioritarie per lo sviluppo del comprensorio a est del Carso. Diverse le criticità evidenziate per il sistema viario, per il rilancio dell’agricoltura e della zootecnia, per tentare di dare risposta alla contrazione dei consumi e alla gravissima situazione dell’occupazione, problema che tocca in particolare la fascia giovanile. Dal presidente del parlamentino Marco Milkovich è stato inoltre posto l’accento sulla necessità di migliorare il trasporto pubblico. A fronte del nuovo taglio del servizio causato dal Patto di stabilità, la circoscrizione lancia una proposta per rivisitare e razionalizzare le linee che assicurano il trasporto lungo l’area di Altipiano Est. «La proposta parte dal presupposto che tutti i bus che collegano la città all’altipiano percorrono l’asse stradale “via Fabio Severo – via Coroneo – via Valerio. La nostra idea – continua Milkovich – è di creare lungo questo itinerario una o due super linee a alta frequenza con autobus snodati che concluderebbero il servizio facendo capolinea in corrispondenza dello spiazzo esistente allo svincolo esistente all’altezza dell’ex cava Faccanoni». In quella area – sostengono i consiglieri circoscrizionali – si potrebbe concretizzare un vero e proprio “hub”, sorta di nodo di smistamento da dove le diverse linee che collegano il centro al Carso, ovvero la 3, la 4, la 39 e la 51, ripartirebbero alla volta delle frazioni dell’altipiano. Per raggiungere questo obiettivo che consentirebbe un notevole risparmio chilometrico con l’abbattimento dei costi per il carburante, potrebbe essere più che un ipotesi il potenziamento e l’allungamento della corsa della 17 che attualmente fa capolinea di fronte all’entrata a monte dell’ex Opp. Alla Giunta provinciale è stato inoltre evidenziato la mancanza di un bus che colleghi le borgate di Altipiano Est con il comprensorio di Dolina e la zona industriale. Una carenza risolvibile con la creazione di una nuova linea, oppure di un collegamento tra l’ipotizzato nodo di Faccanoni e quello già esistente a Cattinara.
Maurizio Lozei
Proteste a Muggia contro le antenne di Santa Barbara
Manifestazione in via Roma dei residenti nella frazione Il Comune
replica: «Niente è deciso ma la salute è di tutti»
MUGGIA Quando in ballo c'è la salute dei nostri figli, non c'è freddo né
neve che possano fermarci». Spirito battagliero e ferreo. Ma sempre dai toni
civili. Si sono presentati così oltre 70 cittadini muggesani che ieri mattina in
via Roma hanno manifestato la loro preoccupazione e la loro rabbia per il
progetto di un nuovo traliccio da istituirsi in località Santa Barbara.
Rumorosi, muniti di cartelli e megafono, monitorati da Polizia municipale,
Carabinieri, Ps e Digos, i manifestanti hanno scelto di dar voce alla loro
protesta durante la riunione della Conferenza dei servizi (presenti Arpa, Asl,
Ministero dello Sviluppo economico) capeggiata dal Comune di Muggia. «Ci era
stato promesso un incontro pubblico per illustrarci per bene il progetto di
questo nuovo traliccio per emittenti radiotelevisive alto 30 metri che dovrebbe
sorgere sul Monte Castellier, a un centinaio di metri dalle abitazioni e in
prossimità degli scavi archeologici di Elleri: la promessa però non è stata
mantenuta», raccontano all'unisono alcuni membri del comitato spontaneo
formatosi per dire no all'ennesima antenna nel territorio di Muggia. Ascoltando
le voci dei cittadini si scopre che la notizia della possibile nascita del
traliccio era emersa in modo informale ad inizio gennaio. Alcuni solerti
residenti avevano poi deciso di scavare a fondo sulla vicenda scoprendo che la
notizia era fondata. Una prima riunione era stata organizzata lo scorso 26
gennaio nella scuola di Santa Barbara alla presenza di circa 130 persone, tra
cui l'assessore all'Ambiente Fabio Longo e il vicesindaco Laura Marzi. Da lì è
partita una raccolta firme che ha coinvolto ben 370 persone. «A tutt'oggi noi
non conosciamo i dettagli di questo progetto che pende sopra le nostre teste,
anche se sappiamo che l'area interessata appartiene a un privato e che il
contratto è in vigore già da due anni», racconta Roberto Canziani. «Temiamo che
l'amministrazione comunale abbia deciso di non costruire più antenne a Chiampore
per poterle installarle a Santa Barbara», racconta Mara Ciacchi. La salute è una
valore di tutti, dividerci sarebbe una cosa subdola», apostrofano convinti
Alessandro Drole e Donatella Di Candia. «Eppure è da due anni che esiste questo
contratto di locazione, perché è emerso solamente adesso?» si chiede ancora la
Ciacchi. Tra i cittadini in prima linea troviamo anche Emanuele Romano,
candidato alle elezioni politiche nazionali nelle fila del Movimento 5 Stelle:
«Nel Prgc è chiaramente scritto che a Santa Barbara non si possono installare
antenne. Il Comune dovrebbe saperlo». Sulla delicata vicenda è subito
intervenuto il Comune. «Preme innanzitutto chiarire che nulla è stato ancora
deciso e che il progetto, giunto agli uffici comunali poco prima di Natale, è in
attesa di essere approvato dalla Conferenza dei servizi di cui stamane (ieri,
ndr) si è svolto un incontro non definitivo». Il Municipio evidenzia poi che «il
tema della delocalizzazione delle antenne radiotelevisive non coinvolge, solo i
cittadini di Chiampore e, nell’ipotesi del Monte Castellier, quelli di Santa
Barbara, ma tutta la comunità: la salute è una priorità che il Comune vuole e
deve garantire a tutti». Il territorio muggesano però, aggiunge il Comune
«presenta delle caratteristiche che pongono degli evidenti limiti e che non
offrono un gran numero di siti alternativi in possesso di tutti i requisiti
necessari. Tra le alternative al vaglio il monte Castellier è effettivamente il
luogo che sembra rispondere maggiormente a tutti i criteri richiesti, ma finché
non si avranno i dati tecnici precisi che il Comune di Muggia ha richiesto, non
è pensabile ogni altra riflessione».
Riccardo Tosques
Parola d’ordine: salviamo le rondini - CONFERENZE
“Liberi di volare” e Wwf pronti con una campagna di sensibilizzazione
Recuperare e salvaguardare rondini e rondoni (e non solo loro), specie in
difficoltà a causa nostra. Così, l’associazione Liberi di volare ha organizzato
questo pomeriggio alle 18 un incontro con Francesco Mezzatesta, del comitato
scientifico del Wwf nazionale, per avviare una collaborazione. Liberi di volare,
infatti, unica in Italia, si è già distinta per progetti di recupero e
salvaguardia di specie, appunto, in difficoltà. L'incontro si terrà al Centro
servizi volontariato di galleria Fenice 2. Tra gli scopi della collaborazione,
quello di sostenere alcuni progetti come la conservazione dei siti di
nidificazione di specie aviarie in forte calo a causa della urbanizzazione. E
poi creare nuovi siti di nidificazione, secondo tecnologie all’avanguardia, nel
campo dell’edilizia biocompatibile, già adottate in altri Paesi europei. Diverse
specie di rondoni, pipistrelli, passeri e codirossi vivono nelle nostre città e
dipendono, per riprodursi, dalle nostre case. Questi animali utili all’uomo sono
protetti sia dalle leggi nazionali italiane che dalle normative dell’Ue. Liberi
di volare lavorerà con Mezzatesta per una sensibilizzazione a carattere
nazionale su questi temi, con il coinvolgimento di più realtà impegnate nella
tutela dell’ambiente. Durante l’incontro, il rappresentante del Wwf illustrerà
anche documenti inediti, elaborati dall’Unione tedesca degli Amici della terra,
già tradotti in più lingue (compreso l’italiano) per la salvaguardia delle
specie animali delle aree urbane.
Miramare con la bassa marea? Allora tutti a “caccia” di
pesci - Laboratori
L’avete già visto Miramare con la neve? E “senza acqua”? Beh, questo fine
settimana pare che il meteo dia più di qualche possibilità a chi se lo fosse
perso senza fiocchi e senza “mare”. Perché gennaio e febbraio è il periodo,
almeno qui nell’Alto Adriatico, della massima escursione del livello dell’acqua:
cioè, tradotto in parole povere, il nostro mare “arretrerà” di 60 centimetri. Ma
non “arretrano” molti animali: per questo, domani alle 14.30, il Wwf dell’Area
marina protetta di Miramare dà appuntamento ad adulti e famiglie con bimbi con
“Quello che il mare dimentica”, passeggiata guidata sulla spiaggia protetta
della Riserva. Cosa si lascia alle spalle il mare quando si ritira dal
bagnasciuga? Alghe, patelle, pomodori di mare e perfino pesci che riescono a
resistere per qualche ora senz’acqua. La passeggiata lungo il bagnasciuga vi
porterà a scoprire quanti e quali organismi hanno fatto della capacità di
adattamento il loro punto di forza per sopravvivere in ambienti “estremi”.
Insomma, i biologi del Wwf condurranno un’avventurosa visita guidata per
scoprire, con la massima delicatezza e attenzione, quali organismi hanno deciso
di rimanere “all’asciutto” sulla spiaggia aspettando il ritorno del mare.
Ritrovo alle 14.30 al castelletto di Miramare. Portarsi scarpe comode. Se
proprio il tempo non consentisse la visita, appuntamento rimandato a -
presumibilmente - il 10 marzo. Invece, domani mattina alle 11, l’appuntamento è
dedicato ai bambini, perché torna “mare.in.rima”, il laboratorio creativo tra
immagini e parole per parlare di organismi non ancora incontrati durante il
“Bestiario tattile”: non più squali, delfini e tartarughe (che reincontremo
peraltro più avanti!) ma curiosi organismi meno conosciuti, minuscoli e quasi
invisibili. Come alcune specie che nuotano semitrasparenti nelle acque del
nostre mare. Chi sono e come vivono? Beh, lo scopriremo domenica, tenendo a
mente che anche i più piccoli sono importanti nella catena alimentare.
Ricordiamo anche che l’attività si svolge all’interno del castelletto di
Miramare e dura un’ora e mezza circa. Ancora un’altra informazione per chi è
appassionato delle attività del Wwf: si stanno già raccogliendo le prenotazioni
per il mese di marzo per la visita guidata all’acquedotto Randaccio di San
Giovanni di Duino. Un modo davvero particolare e suggestivo, per grandi e
piccoli, per conoscere il lungo viaggio dell’acqua dalla sua captazione
all’impianto dell’acquedotto, lungo le condotte fino a Trieste. Il prossimo
appuntamento, in questo caso, è in programma sabato 30 marzo, alla mattina. Chi
volesse maggiori informazioni o volesse prenotare la visita può telefonare al
3339339060, oppure può inviare una mail all’indirizzo di posta elettronica
carso@riservamarinamiramare.it. E marzo è anche il mese in cui si celebra la
Giornata mondiale dell’acqua (il 22) e l’Ora della Terra promossa dal Wwf in
tutto il mondo (il 23).
IL PICCOLO - VENERDI', 22 febbraio 2013
Ferriera, i sindacati delusi sono sul piede di guerra -
PER LA RIQUALIFICAZIONE NEGATA
«È il fallimento della politica. Se non riceveremo a giorni
rassicurazioni si potrebbe assistere a un grosso schiaffo: non saremmo noi i
colpevoli»
«Vogliamo una risposta immediata; sul nostro futuro il vuoto è totale.
Questa è l’incoscienza della politica ma se questa stessa non interverrà
adeguatamente, potrebbe subire un grosso schiaffo». Franco Palman, esponente
della Uilm, va giù duro nel commentare il dopo-riunionre al termine
dell’incontro di ieri tra il prefetto, i sindacalisti e una rappresentanza di 15
lavoratori della Ferriera di Servola. All’indomani delle notizie sulla scelta,
ormai se non certa probabile, di chiudere anzichè riqualificare lo stabilimento
siderurgico commissariato, gli animi sono comprensibilmente surriscaldati. «Dopo
le dichiarazioni rilasciate dall’addeto stampa Francesco Semino - continua
Palman - vogliamo assolutamente una risposta immediata, la prossima settimana:
altrimenti a quel punto siamo “liberi tutti” ma di certo la responsabilità delle
conseguenze, e sono certo al caso ce ne sarebbero, non potrebbero essere
imputate a noi». Il rappresentante della Uilm evidenzia come nel Triestino a un
2012 già negativo stia seguendo un 2013 «devastante, con il 10% della
produttività sul territorio»: «Ancora il 4 dicembre scorso, all’ultimo tavolo
sul Protocollo d’intesa che dovrebbe dare vita all’Accordo di programma per la
riqualificazione, la salvezza della fabbrica, si è assistito a un nulla di
fatto. Ora la doccia fredda, gelata». «Non volevamo finora neppure considerare
l’eventualità di rimanere con la sola opzione degli ammortizzatori sociali
previsti per i lavoratori - conclude il sindacalista -, puntavamo a una qualche
riconversione ma ora lo spettro sta diventando realtà. E monta la tensione, c’è
molta rabbia, non c’è più fiducia nell’azienda». Posizioni e sentimenti codivisi
da tutte le componenti sindacali. «Emerge - osserva Umberto Salvaneschi della
Fim-Cisl - ciò che da tempo temevamo; la situazione è chiara in tutta la sua
gravità. E con le elezioni incombenti e i tempi per la formazione del nuovo
governo la nostra condizione si aggrava. Sembra di non avere alcun “paracadute”
se non quelli sociali, non risolutivi». Per il rappresentante dei lavoratori «le
dichiarazioni di questi giorni fatte dai responsabili dell’azienda, sia sul
Gruppo Lucchini che su Trieste, sono in pieno contrasto con le precedenti. Entro
martedì vogliamo chiarimenti; il commissario Piero Nardi deve venire qui a
spiegare la sua linea».
(p.p.g.)
Orti sociali, corsi e incontri per futuri (e bravi)
contadini - EVENTI»L’INIZIATIVA
Comune e associazioni promuovono fino a settembre una serie di
approfondimenti dalle piante officinali all’organizzazione del suolo.
E si può diventare pure apicoltori
C’è il sito, e ci sono gli appuntamenti. A partire da oggi. Insomma,
continuano a pieno regime le attività formative sul tema degli orti sociali
urbani, di cui il Comune di Trieste da più di un anno si è fatto promotore. Il
concetto è semplice: recuperare una tradizione, quella agricola, per ben
nutrirsi e magari pure risparmiare. Nel nome della socialità. Così, dopo la
pubblicazione su Internet del portale www.orti.trieste.it (che contiene tutte le
informazioni utili a diffondere la conoscenza e la condivisione delle iniziative
in atto), prende il via oggi un intenso programma di seminari pubblici sul tema
orti e natura, organizzati in collaborazione tra il Comune di Trieste, il
progetto Urbi et Horti, Bioest, Aiab e altre associazioni come Cittaviva. Gli
incontri saranno tenuti da esperti che racconteranno come organizzare e gestire
piccoli orti biologici nel rispetto dell’ambiente e della natura anche con
visite e corsi all’aperto all’Orto botanico. Si parte, oggi, come detto:
appuntamento dalle 17 alle 19, alla sala Millo di Muggia, con un seminario su
“Introduzione all’agricoltura sostenibile: il suolo e la sua fertilità”. Stessa
ora e stesso poso venerdì 1 marzo quando l’argomento sarà l’orto biologico
mentre l’8 marzo (sempre a Muggia) si parlerà di quello biodinamico. E l’8
marzo, ore 17.19, appuntamento anche alla scuola Morpurgo di viale Campi Elisi
con una conferenaza su “Agricoltura sostenibile e biologica, per noi e per l’ambiente-Il
terreno e le sue funzioni”. Il 15 e il 22, invece, si dibatterà del fabbisogno
delle piante, delel irrigazioni e del compostaggio e, a seguire, della
preparazione di un orto, di come organizzare gli spazi, i materiali per
l’irrigazione e gli attrezzi utili. E ad aprile, prima di Horti Tergestini, due
incontri di nuovo alla sala Millo: il 5, dedicato a piante spontanee e
officinali, e il 12 ecco l’introduzione all’apicoltura. Ad ogni modo, il
calendario degli incontri (che proseguiranno fino a settembre) è pubblicato sul
sito www.ortitrieste.it. Nello stesso sito si trova la scheda d’iscrizione per
quanto riguarda i corsi organizzati dal Comune. L’accesso ai corsi è libero e
gratuito, fino a esaurimento dei posti disponibili. Verrà però data priorità a
chi abbia compilato la domanda di iscrizione all’interno della quale si potranno
esprimere quesiti e richieste particolari su tematiche che potranno essere
argomento di discussione o venire trattate più approfonditamente nei corsi
stessi. Attività, incontri e seminari che si integreranno con altre importanti
iniziative in programma in città, come Horti Tergestini (13-14 aprile) e
Invasati (19 maggio, 16 giugno e 15 settembre).
IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 febbraio 2013
«Ferriera: non si vende, si chiude» Il commissario
cancella Servola
Il pr Semino anticipa le conclusioni del programma operativo di Nardi che
sarà pronto a giugno
Si preannuncia bollente il confronto in città con i
rappresentanti sindacali, previsto a inizio marzo
«La Ferriera di Servola non verrà venduta, sarà chiusa». Nel giorno in cui i
duri della cokeria si mettono alla guida dell’ultima battaglia, dalla Lucchini
commissariata esce per la prima volta la parola “chiusura” per Servola. «Il
commissario Piero Nardi e il suo collaboratore Gianfranco Bajetti non rilasciano
dichiarazioni, ma un po’ di chiarezza sulla situazione di Trieste posso farla io
- dice inaspettatamente Francesco Semino che continua a gestire le relazioni
pubbliche - quando il commissario sia al Ministero dello sviluppo economico che
dinanzi al Consiglio comunale di Piombino ha affermato che la Lucchini non sarà
venduta a spezzatino, smentendo le voci circolate fino ad allora, bensì verrà
ceduta in blocco, si riferiva logicamente all’acciaieria di Piombino e poi ai
siti produttivi di Lecco e di Condove in provincia di Torino. Ma non a Trieste:
la Ferriera di Servola ha una storia completamente diversa ed è già stato deciso
che non verrà venduta, bensì sarà chiusa». Soltanto poche ore prima, come
riferiamo qui sotto, gli operai avevano insediato due affollati presidi di
protesta davanti ai cancelli dello stabilmento: sia sulla via San Lorenzo in
Selva che all’entrata dello Scalo Legnami con la parola d’ordine: «La Ferriera
non chiuderà finché non sarà stato trovato un altro lavoro per tutti i
dipendenti». È circolato anche l’annuncio, fatto dai sindacalisti, di un arrivo
di Nardi a Trieste per i primi di marzo. E Semino conferma l’indiscrezione:
«Probabilmente il commissario risponderà positivamente alla richiesta fatta dai
sindacati attraverso il prefetto di Trieste anche se la data non è stata ancora
fissata». Si prevede un confronto bollente dal momento che c’è il rischio che la
Lucchini intenda sfilarsi completamente da qualsiasi responsabilità sul
dopo-Ferriera a Trieste. Per questo il Mise aveva deciso di convocare entro metà
febbraio - ma evidentemente lo farà, forse, appena il prossimo governo - due
Tavoli separati: uno incentrato sul Gruppo Lucchini e l’altro solo su Servola. I
sindacalisti avevano già subodorato il pericolo e avevano ammonito le
controparti a non considerare Trieste disgiunta dal resto del Gruppo. Ma quando
è prevista la chiusura di Servola? «Al momento non c’è una data - risponde
Semino - e neanche è ancora noto il piano complessivo. È certo però che il
commissario ha sei mesi per predisporre il programma operativo e il piano
industriale per i quali dovrà rispondere al giudice e anche al comitato di
sorveglianza. E i sei mesi scadranno a giugno». È possibile dunque che subito
dopo giugno il commissario intenda far scattare il programma di dismissione
della Ferriera. A fare da garante durante l’amministrazione straordinaria è
stato nominato il Comitato di sorveglianza che è presieduto da Corrado Calabrò e
di cui fanno parte anche Vincenzo Nastasi e Carlo Mirabile, mentre in
rappresentanza delle banche spetta a Mps e Unicredit nominare un membro
ciascuno. Da qualche settimana inoltre Nardi è affiancato da uno stretto
collaboratore: si tratta appunto di Gianfranco Bajetti, ex manager
Duferdofin-Ducor. E lo stesso Bajetti ha affermato nei giorni scorsi che «le
potenzialità commerciali del gruppo sono rimaste intatte». Si è riferito in
particolare a rotaie, vergelle e barre, prodotti che non escono da Servola ma
che riguardano solo Piombino e Lecco. «Nel settore ferroviario in particolare -
ha annunciato - 50mila tonnellate di materiale sono state esportate negli
Emirati Arabi, mentre nell’ultimo semestre la Lucchini si è aggiudicata commesse
per altre 300mila tonnellate, sempre nel campo delle infrastrutture
ferroviarie».
Silvio Maranzana
Muggia: è partita la centrale a biomasse
L’impianto serve la scuola elementare De Amicis ma in futuro riscalderà
anche il vicino asilo nido
MUGGIA La centrale a biomasse a servizio della scuola elementare "De Amicis"
è entrata ufficialmente in funzione. “La conclusione di piccoli lavori di
finitura permetterà la definitiva rimozione del cantiere, ma la struttura è
operativa”, confermano dal Municipio. L’impianto, che in prospettiva coinvolgerà
anche il vicino asilo nido "Iacchia", funziona a cippato (legno sminuzzato) ed
ha una potenzialità di 360 Kw. Come noto il progetto ha incontrato e superato
diverse problematiche dal suo nascere ad oggi. Inizialmente vinto dalla ditta
Limes di Bassano del Grappa, è stato successivamente messo in discussione per
presunti vizi di legittimità rilevati dalla Rti Cristoforetti Servizi
Energia-Cpl Concordia Società Cooperativa di Trento, aggiudicatasi poi la nuova
procedura con la Concordia di Concordia sulla Secchia di Modena. La
realizzazione dell’impianto ha poi subito dei ritardi rispetto a quanto
preventivato dall'amministrazione comunale dovuti al fatto che l'offerta
presentata proponeva diverse modifiche sostanziali e migliorative rispetto al
progetto originario quali, tra le altre, l'interramento completo dell'impianto,
novità che ha permesso di recuperare superficie di gioco per i bambini, e la
realizzazione di un sistema unificato di teleriscaldamento per il vicino asilo "Iacchia"
oltre alla bonifica della centrale termica. «Molti più interventi, quindi, di
quelli inizialmente previsti ma a tutto vantaggio dei giovani studenti»,
puntualizza il Comune. Un intervento all’insegna del risparmio energetico e
dell’uso di fonti rinnovabili negli edifici pubblici, che si appoggerà alla
caldaia esistente solo in caso di picchi di consumo o di manutenzioni della
nuova caldaia o di qualsiasi altra problematica al fine di garantire come
priorità il benessere dei piccoli muggesani. Con un importo contrattuale di
circa 313mila euro l'impianto rientra dunque nell'ottica di risparmio energetico
fortemente voluta dall’amministrazione Nesladek. E sempre in questo scenario
rientra l’istallazione a costo zero, grazie al "Conto energia", di una serie di
pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica su tutti gli
edifici comunali ove fosse possibile. Degli otto installati cinque si trovano
proprio in edifici scolastici: la scuola “N.Sauro”, la scuola con lingua
d'insegnamento slovena “A.Bubnic” e l’asilo “Iacchia”, l’asilo “Il Biancospino”
e la scuola “A.Loreti”.
Riccardo Tosques
Meno bus significa disagi, inquinamento e disordine -
la lettera del giorno - Carlo Genzo presidente CamminaTrieste
Quello che si temeva è purtroppo accaduto! Meno linee bus a Trieste, meno
corse, con conseguenti attese più lunghe e veicoli più affollati. Nonostante
l’evidente crisi economica, CamminaTrieste considera con molta preoccupazione
queste modifiche, ritenendo che un efficiente e adeguato servizio di trasporto
pubblico urbano sia essenziale per una città ordinata, meno inquinata e a misura
umana, come dovrebbe essere Trieste. Un utilizzo adeguato del servizio di
trasporto pubblico può ridurre la circolazione dei veicoli privati, diminuire
l’inquinamento chimico dell’aria, limitare l’inquinamento acustico, e ridurre i
rischi derivanti da incidenti sulla strada. Il trasporto pubblico urbano è un
fondamentale servizio sociale, la cui importanza va valutata non solo in base al
rendiconto economico dell’azienda. Un suo indebolimento vanificherebbe in buona
misura anche le innovazioni che il Comune di Trieste intende adottare col nuovo
piano generale del traffico urbano (Pgtu), che prevede, tra l’altro,
l’introduzione di numerose corsie preferenziali per i bus nell’ambito cittadino.
Va inoltre considerato l’aumento dei prezzi su biglietti e abbonamenti: i
fruitori di questi ultimi risultano due volte danneggiati, sebbene frequentatori
più assidui del servizio pubblico, in quanto costretti a sostenere costi
maggiori per un servizio peggiore. A maggior ragione tale penalizzazione si
ripercuote sugli abbonati annuali, avendo essi stipulato un contratto durante il
corso del quale il servizio subisce una evidente riduzione. CamminaTrieste
intende adoperarsi per introdurre correttivi alla manovra ora effettuata, che
limitino il disagio alla popolazione, andando anche incontro ai detentori di
abbonamenti per i quali dovrebbero essere previsti sconti adeguati, oltre a
tariffe speciali per varie categorie, come studenti, giovani, lavoratori,
anziani o nullatenenti. Con l’ampliamento della quota passeggeri con abbonamento
si potrebbero forse limitare i danni della manovra restrittiva, incentivando il
mezzo pubblico, migliorando così la mobilità e dello stato di salute della
città.
Esposti e inchieste sulla diga di Sauris
Nel mirino l’operazione di svaso eseguita da Edipower che ha provocato la
caduta a valle di montagne di detriti
Procura al lavoro Il magistrato Giancarlo Buonocore ha confermato l’apertura di
un fascicolo sulla base delle segnalazioni degli ambientalisti
TRIESTE L’operazione di svaso della diga del Lumiei, comune di Sauris, è
finita prima del previsto. Già domani Edipower chiuderà i cantieri, mentre i
sindaci del territorio verificheranno l’esito dell’intervento. Ma, sin d’ora,
sindaci ed ecologisti sono convinti che non tutto è andato seconda programma.
Troppi detriti scesi a valle, al punto che in Regione, ieri la Conferenza dei
servizi, si considera necessario un «ripristino ambientale». E c’è pure
l’interessamento della Procura di Tolmezzo che, sollecitata da due esposti (uno
di Wwf e Legambiente, che chiedono il vaglio delle ipotesi di reato di
«disastro, uccisione di animali e lavori in alveo non autorizzati»,l'altro del
Comune di Preone), ha aperto un’inchiesta. Era stato il nucleo idroelettrico
udinese di Edipower a informare nel novembre scorso la Provincia e i Comuni di
Sauris, Ampezzo e Socchieve dell’intenzione di procedere a pulizia e controllo
dell’infrastruttura nei primi mesi dell’anno. La società aveva anticipato
un’azione per la diminuzione del livello delle acque sino alla quota minima di
regolazione, 905 metri, cui sarebbe poi seguita la procedura di svuotamento (di
circa 1,2 milioni di metri cubi) sino alla base della diga mediante l’apertura
dei bocchettoni. Dopo il ruscellamento del torrente Lumiei, così informava
Edipower, i tecnici avrebbero infine provveduto con lance con acqua a forte
pressione a rimuovere i sedimenti a fondo lago. Già a inizio febbraio, però, le
associazione ambientaliste hanno voluto vederci chiaro. A entrare subito nel
mirino, così scrive il Wwf in una nota di lunedì 11, è «la totale mancanza di
trasparenza e partecipazione con cui è stato condotta un’operazione di tale
portata». Operazione «che avrebbe richiesto l’evidenza pubblica di una
valutazione di impatto ambientale». Gli ambientalisti, sospettando che il Lumiei,
visto il colore assunto dalle acque, fosse usato come una discarica, e rilevando
l’interessamento a valle pure del Tagliamento, hanno chiesto il piano di
gestione delle operazioni di svaso del lago e le relative prescrizioni, oltre al
dato preciso inerente la quantità totale di materiale da asportare e gli esiti,
«forniti con cadenza quotidiana», dei monitoraggi biologici, chimici, fisici
effettuati sulle acque e sul fango. Nei giorni successivi è pure arrivata la
decisione di rivolgersi alla magistratura tolmezzina. Il procuratore Giancarlo
Buonocore ha confermato l’apertura di un’indagine conoscitiva sulle operazioni
gestite da Edipower. A occuparsene il sostituto Letizia Puppa in collaborazione
con gli ufficiali di polizia giudiziaria del Corpo forestale regionale. La
risposta della società? Secondo Edipower l’aumento dei solidi sospesi lungo il
Lumiei e il Tagliamento si deve a portate d’acque provenienti da monte ben
superiori ai livelli del periodo. Ma, a seguito dell’abbassamento delle
temperature, la situazione sarebbe poi migliorata. Nell’attesa della verifica di
autorizzazioni e lavori effettuati da parte della Procura, ieri in Regione si è
tenuta la Conferenza dei servizi per l’aggiornamento degli enti interessati.
Oltre ai funzionari di Palazzo erano presenti gli enti di controllo regionali,
il referente del ministero delle Infrastrutture Santoro, i sindaci di Sauris,
Ampezzo, Socchieve, Preone, Enemonzo e Villa Santina (questi ultimi tre
inizialmente non coinvolti si sono ritrovati sui loro territorio il materiale
fuoriuscito dalla diga), Edipower ed Ente Tutela Pesca. Chiuso il cantiere, si è
deciso di effettuare domani un sopralluogo sulle aree oggetto dei lavori, in
particolare sull'alveo del Tagliamento dove sono state realizzate le opere di
sedimentazione del materiale fluitato. Martedì 5 marzo è inoltre riconvocata una
nuova Conferenza per la condivisione dei piani d'intervento presentati da
Edipower per le attività di ripristino ambientale.
Marco Ballico
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 20 febbraio 2013
Rigassificatore di Trieste - Il WWF:
“Nel “supplemento istruttorio” del ministro Clini è fuorviante considerare
soltanto le interferenze con il traffico navale”.
L’associazione: “Si proceda all’azzeramento di
tutte le procedure autorizzative in corso. Troppi i documenti pasticciati e
illegittimi nella sostanza”.
Non può fondarsi soltanto sulle interferenze del rigassificatore,
proposto a Trieste da GasNatural, con il traffico portuale il “supplemento
istruttorio” deciso alla fine di dicembre dal Ministero dell’ambiente.
Lo scrive il WWF in un documento inviato ai ministeri competenti, alla Regione
ed agli enti locali coinvolti (Comune e Provincia di Trieste), nonché alla
Commissione Europea.
L’associazione ambientalista sottolinea l’anomalia di una procedura, come quella
del “supplemento istruttorio”, che ha per oggetto un decreto del luglio 2009 (il
VIA favorevole firmato dagli allora ministri Prestigiacomo e Bondi), sulla
legittimità del quale sono state sollevate da più parti innumerevoli critiche.
Tant’è vero che sono almeno sei i ricorsi e gli atti di intervento al TAR del
Lazio per chiederne l’annullamento.
Il WWF ricorda le principali anomalie degli studi prodotti da GasNatural per
quella procedura VIA, segnalate nelle osservazioni degli ambientalisti fin dal
2006-2007 e poi riprese nei ricorsi al TAR: l’insufficiente valutazione delle
alternative tecnologiche e localizzative, le sommarie e contraddittorie le stime
sull’impatto dello scarico di acqua fredda nella baia di Muggia, l’utilizzo di
dati fuorvianti per la stima di alcuni impatti, mancata valutazione
dell’immissione nell’ambiente di composti tossici, dovuta all’uso di cloro come
anti-fouling, la mancata valutazione degli impatti complessivi del
rigassificatore sull’ecosistema marino, ecc.
Tutti argomenti sui quali la Commissione VIA del ministero dell’ambiente ha
preferito “sorvolare”, al punto che alcune osservazioni degli ambientalisti
(come alcuni pareri dei Comuni) non sono neppure menzionate nel decreto VIA
finale.
Vanno anche ricordate, aggiunge il WWF, le anomalie “strutturali” della
procedura di valutazione sul progetto di GasNatural e attribuibili al Ministero
dell’ambiente:
l’aver separato assurdamente la valutazione del rigassificatore da quella del
gasdotto (ancorché i due impianti non possano funzionare l’uno in assenza
dell’altro); l’aver accettato che la VIA sul rigassificatore e quelle sul
gasdotto e sulla centrale elettrica da 400 MW di Lucchini Energia procedessero
separatamente (benché si tratti di infrastrutture strettamente connesse l’una
all’altra); l’aver omesso di imporre una nuova procedura VIA sul
rigassificatore, dopo che erano emerse molte importanti modifiche del progetto
rispetto a quello valutato nel 2006-2009 (spostamento dei serbatoi e del pontile
di attracco delle metaniere, previsione di un nuovo elettrodotto da 132 kV,
istituzione del SIC “Area marina di Miramare” (che imporrebbe una nuova
valutazione di incidenza, in ossequio alla Direttiva europea in materia).
Non basta. Il WWF ricorda che gli approfondimenti ed il dibattito, svoltisi
anche dopo il decreto VIA del 2009, hanno evidenziato le molte alternative,
disponibili e già realizzate in vari Paesi, rispetto alla tecnologia che
utilizza l’acqua di mare, scelta da GasNatural per il progetto di Trieste. Tra
queste, le navi rigassificatrici, che possono funzionare anche a circuito
chiuso, cioè producendo a bordo il calore necessario, senza produrre impatti
negativi sull’ambiente marino.
Sono emersi infine, dall’esperienza dell’impianto off shore di Porto Viro,
problemi rilevanti legati alla dispersione di cloro nell’aria, oltre che alla
formazione di schiume imbrattanti, fenomeni anche in questo caso all’uso
dell’acqua di mare come veicolo di calore per la rigassificazione.
Da ciò la conclusione dell’associazione ambientalista, che giudica riduttivo e
pericoloso fondare il “supplemento istruttorio” sui soli aspetti relativi alle
interferenze del progetto di GasNatural con l’incremento del traffico navale
previsto dall’Autorità portuale di Trieste.
Ben più logico sarebbe, a giudizio del WWF, procedere all’azzeramento di tutte
le procedure autorizzative in corso (per il gasdotto, la centrale elettrica,
l’elettrodotto), nonché del decreto VIA del 2009 sul rigassificatore, come WWF e
Legambiente avevano chiesto già nel dicembre 2012.
“Bisogna fare pulizia – conclude il presidente del WWF Friuli Venezia Giulia,
Roberto Pizzutti – di un insieme di documenti amministrativi oltre modo
pasticciati, della cui sostanziale illegittimità il ministero dell’ambiente deve
finalmente prendere atto. Ed è anche ora che di questioni energetiche si cominci
finalmente a ragionare in modo serio, non rincorrendo i progetti di qualche
multinazionale, ma dotandosi di un Piano Energetico degno di questo nome, che
dev’essere valutato in modo trasparente e partecipato, come prescrivono le
Direttive europee”.
WWF-FVG
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 febbraio 2013
Duino, arriva in Consiglio la variante anti-cemento
Al via il dibattito sulle modifiche al piano regolatore volute dalla
maggioranza Nessuna nuova zona di espansione edilizia e avvio del percorso
ciclopedonale
DUINO AURISINA Atteso a giorni il parere di Arpa, si avvicina il capolinea
del Consiglio comunale per la variante 27. Lo annuncia il vicesindaco e
assessore all'Urbanistica, Massimo Veronese: «Arrivati a questo punto,
l'amministrazione comunale ha intenzione di accelerare l'iter per arrivare a una
discussione in aula ad aprile di queste modifiche al Piano regolatore di Duino
Aurisina». In pratica se ne riparlerà tra due sedute di Consiglio (quella di
febbraio si terrà la prossima settimana). Il confronto nella massima assise sarà
comunque preceduto da «approfondimenti nella commissione consiliare competente»,
vale a dire la Seconda, presieduta dal consigliere Maurizio Rozza, nonché da
«incontri pubblici coi cittadini presso ogni frazione coinvolta dall'iter,
dunque tra le altre Malchina, Ceroglie, Precenicco e San Pelagio». In ballo,
infatti, ci sono questioni molto importanti e, secondo quanto trapela, scelte
“pesanti” per l'amministrazione. Che, secondo quanto riferito dal vicesindaco
Veronese, ha la risoluta intenzione di evitare la creazione di nuove zone di
espansione edilizia. «La variante 27 – spiega il numero due di Duino Aurisina –
interverrà su tre versanti: il primo, quello relativo alle opere pubbliche,
consentirà alla Provincia di Trieste di avviare finalmente i lavori di
realizzazione del percorso ciclopedonale da Sistiana a Duino, così creando un
nuovo collegamento ambientalmente sostenibile per la viabilità cittadina; il
secondo, sui nuovi ambiti di progettazione unitaria, interesserà le aree di
Slivia, Aurisina Santa Croce, Ceroglie e Visogliano; il terzo invece riguarderà
i singoli terreni su cui costruire per esigenze familiari». «Ora – prosegue
Veronese – mentre su quest'ultimo capitolo non ci sono veti di sorta, sugli
ambiti di progettazione unitaria questa amministrazione la vede in maniera
diametralmente opposta rispetto al precedente esecutivo Ret, favorevole a dare
il la a iniziative edilizie in zone ampie del territorio purché vincolate a una
realizzazione della rete di sottoservizi e strade interamente a carico del
privato. Il nostro punto di vista è invece quello di mantenere la conservazione
del suolo, anche in recepimento degli indirizzi della Regione, la quale aveva
raccomandato a non cementificare ulteriormente il territorio di Duino Aurisina
se l'operazione non è supportata da ragioni di espansioni demografiche,
attualmente inesistenti». «Insomma – conclude Veronese – un conto è costruire
una casa per motivi familiari, un conto è dare il via a interi complessi
edilizi. Per questo è intenzione dell'amministrazione Kukanja eliminare gli
ambiti di progettazione unitaria. Data la delicatezza del tema l'amministrazione
condurrà in ogni frazione interessata delle riunioni per illustrare nel
dettaglio progetti e orientamenti della giunta, in vista del Consiglio comunale
di aprile». Si prospettano dibattiti corposi, alla luce delle costanti
sollecitazioni dell'opposizione di centrodestra, nei mesi scorsi, a portare in
aula la variante.
Tiziana Carpinelli
“Il futuro della costa”, dibattito alla Casa della
Pietra di Aurisina
«Il futuro della costa» è il titolo dell'iniziativa pubblica programmata per
domani alle 17 alla Casa della Pietra di Aurisina. Si tratta di una tappa
importante del percorso partecipativo verso una pianificazione condivisa del
territorio, punto cardine programmatico della nuova amministrazione comunale di
Duino Aurisina. Verranno illustrati progetti e problematiche del tratto costiero
che va dal Villaggio del Pescatore al confine con il Comune di Trieste, ma
verranno soprattutto ascoltate le idee, le proposte e le critiche di cittadini e
delle associazioni del territorio. Il dibattito sul futuro della costa alla Casa
della Pietra è organizzato EcoDem e Sinistra ecologia e libertà. Parteciperanno
tra gli altri il vicesindaco di Duino Aurisina Massimo Veronese e il consigliere
di Sel Maurizio Rozza.
LISTA INGROIA - Ferrovie Nuova linea
Oggi alle 17.30 all’antico Caffè San Marco di via Battisti nel quadro della campagna elettorale della lista Ingroia - Rivoluzione Civile, Lino Santoro e Alessandro Capuzzo introdurranno, presenti alcuni candidati, per «una riflessione sul progetto di linea ferroviaria Capodistria-Divaccia, sulla base delle osservazioni pervenute dagli attivisti del Movimento NoTav di Val Susa, Claudio Cancelli e Luca Giunti». La nuova linea infatti«comporta dei problemi sul confine, nel muggesano e ancor più all'altezza di Bottazzo in Val Rosandra - si legge in una nota - biotopo alpino al livello del mare una parte del quale é Zona protetta di livello europeo».
L’esperienza di Basaglia raccontata con l’obiettivo
Le immagini di Claudio Ernè e Sergio Serra alla Fototeca
La lotta di Franco Basaglia, la sua pacifica rivoluzione che ha avuto come protagonista Trieste si racconta con le immagini, meglio che con le parole. Con il reportage “Morire di classe”, realizzato da Gianni Berengo Gardin insieme a Carla Cerati nel 1969, che racconta l’ospedale psichiatrico dall’interno delle quattro mura. Con il manifesto fotografato da Mark Edward Smith nel 1973, che recita “Marco Cavallo lotta per tutti gli esclusi”, con gli scatti di Neva Gasparo all’interno del Laboratorio P, quelli che documentano l’abbattimento dei cancelli e la festa popolare al passaggio del corteo di Marco Cavallo per la città. Ma anche con gli intensi primi piani di Basaglia realizzati da Claudio Ernè, che invitano a leggere tra le irregolarità di quel viso i pensieri di una mente non convenzionale. Di tutti questi scatti, che si possono rivedere sul web, all’indirizzo deistituzionalizzazione-trieste.it/archivioFoto/index.php, si parlerà nell’ambito dell’incontro “L’esperienza di Franco Basaglia attraverso l’obiettivo”, a cura di Claudio Ernè e Sergio Serra, in programma oggi alle 17.30, nella sala “Bobi Bazlen” di palazzo Gopcevich. L’appuntamento fa parte del ciclo di conversazioni “Interno con figure”. La funzione sociale della fotografia, che testimonia più di quanto possano osare le parole, che alza il velo su realtà scomode che si preferirebbero ignorate, la fotografia come mezzo per ricordare e far scoprire ai giovani quello che è accaduto 44 anni fa: saranno questi i temi esplorati da Claudio Ernè e Sergio Serra, insieme al ricordo e alla ricostruzione di un’esperienza storica, che Trieste deve sempre, con tenacia e orgoglio, ricordare. La fotografia servirà stavolta come lente per una riflessione sull’esperienza di Franco e Franca Basaglia, sulla storia del disagio mentale, sulle condizioni dei manicomi, su quanti hanno lavorato insieme negli anni dal 1969 al 1978, quando finalmente arrivò la prima conquista, con l’approvazione della legge 180/78. Nel 1969 fu proprio la forza delle immagini del reportage “Morire di classe”, che per la prima volta si insinuava all’interno dell’ospedale psichiatrico goriziano, fotografandone i pazienti, a catturare l’attenzione degli italiani e contribuire in modo fondamentale alla costruzione di quel movimento d’opinione che sfociò infine con l’approvazione della legge 180, dieci anni più tardi. Scrivono Francesco Parmegiani e Michele Zanetti nella biografia di Basaglia: «A Gorizia Basaglia è stato in grado di cominciare la ristrutturazione organizzativa dell’istituzione psichiatrica ponendo al centro, questo il dato fondamentale, la persona del malato; una ristrutturazione in cui ogni forma di violenza nei confronti dei ricoverati, contrabbandata fino ad allora come terapia, fosse abolita».
Giulia Basso
IL PICCOLO - MARTEDI', 19 febbraio 2013
«Silenzio assenso di Tondo sul rigassificatore» -
UN’ALTRA TRIESTE
Bandelli: «Non si parla più del progetto. Chiediamo alla Regione una
posizione chiara»
«Il rigassificatore? Chi ne parla più. Sono mesi ormai che sul progetto di
Gas Natural è calato il silenzio. Soprattutto da parte del presidente della
Regione, Renzo Tondo». La denuncia arriva dagli esponenti di Un’altra Regione, e
attuali consiglieri di Un’altra Trieste, Franco Bandelli e Alessia Rosolen. Che
aggiungono: «Nelle ultime settimane il dibattito sul rigassificatore sembra
essersi spento. Mancano pochi giorni alla fine del periodo dell’istruttoria
supplementare Via, decisa da Clini a gennaio. Il tempo passa, Roma si muove e ci
sembra che Tondo e i suoi stiano a guardare, in attesa del verdetto finale». Il
dubbio, - «anzi qualcosa di più di un dubbio» - di Bandelli e Rosolen è che a
Trieste succeda come a San Ferdinando in Calabria dove il “Decreto sviluppo” di
Monti (passato al Senato nell’agosto del 2012 con 216 voti favorevoli, 33
contrari, 4 astenuti) ha di colpo accelerato l’iter dell’impianto locale di
rigassificazione, bypassando le obiezioni del Consiglio superiore dei lavori
pubblici, che per ben due volte ne aveva bloccato la sua autorizzazione, vista
la mancanza di un autorizzazione Vas e la natura sismica dell'area. «A questo
punto - affermano gli esponenti di Un’altra Regione - siamo molto preoccupati
per Trieste: a oggi tutto ciò che ha saputo fare la Regione è lasciare che sia
Roma a decidere per il nostro territorio. In cinque anni di governo il
presidente Tondo e la sua giunta, per quanto concerne il rigassificatore, non
hanno mai agito attraverso atti amministrativi. Al contrario i Comuni, fra cui
quello di Trieste, hanno preso chiara posizione. Ora tocca alla Regione.
Soprattutto in prossimità delle elezioni regionali chiediamo a Tondo una chiara
posizione in merito all’impianto voluto da Gas Natural. Se non parla il suo è
silenzio assenso all’impianto». Come sottolineato nella mozione presentata a
dicembre scorso dai capigruppo del Consiglio comunale, il rigassificatore fa
parte di un progetto complessivo di polo energetico regionale, poiché è
collegato ad altri impianti altamente a rischio: gasdotto (parte da Zaule e si
collega a Villesse, attraversando tutto il golfo di Trieste), turbogas,
elettrodotto (attraversa tutto il Carso e si collega all’elettrodotto aereo di
Redipuglia), cabina di lancio (centrale a gas che gestisce la distribuzione di
gas nella rete nazionale), impianti che interessano non solo Trieste, ma tutta
l’area regionale. «Delle sue azioni, o meglio delle sue non azioni, - sottolinea
Bandelli - Tondo dovrà dunque rispondere non solo agli elettori triestini, ma a
quelli di tutta la regione. In Friuli non può dire facciamo il rigassificatore e
non l’elettrodotto e a Trieste affermare l’esatto contrario. Sia più serio».
(fe. vi.)
Con “Pedibus” alla scuola Giotti si va camminando
Prosegue fino a venerdì la “Settimana promozionale Pedibus” in tutte le
classi della scuola elementare Giotti dell’Istituto comprensivo Tiziana Weiss.
L’obiettivo è coinvolgere insegnanti e genitori perché sempre più bambini
assieme a mamma e papà vadano a scuola a piedi lasciando a casa l’auto. E oggi
nuovo appuntamento con “Pedibus” (partenza alle 7.40, ritrovi: rotonda di
Rozzol, capolinea del bus 18 in via Cumano, e scala Bonghi). A tutti gli alunni
sono stati consegnati gli avvisi contenenti le informazioni per partecipare a
questo evento che coinvolgerà per un’intera settimana bambini, genitori e
insegnanti. Oggi e domani cammineranno con loro il vicesindaco di Trieste, gli
assessori comunali ai Lavori pubblici, all’Educazione, all’Ambiente e alla
Mobilità e Traffico, nonchè il presidente della VI Circoscrizione e altri
consiglieri circoscrizionali.
Allarme a Borgo San Nazario, cinghiali davanti
all’asilo
PROSECCO Che zampettino tra orti e giardini della periferia triestina
grufolando in cerca di tuberi e altre radici non è certo una novità, ma destano
certa inquietudine quelle segnalazioni che li danno ormai abitudinari
frequentatori dei cassonetti per la raccolta delle immondizie situati davanti la
scuola materna “Silvestri” di Borgo San Nazario. I cinghiali sono ormai di casa
in quella contrada, nella vicina Prosecco e, inevitabilmente, in quei
terrazzamenti e campagne coltivate sottostanti questa frazione e la contigua
Contovello. Non è raro poi vederli attraversare in fila indiana, senza troppo
scomporsi, quel tratto di via San Nazario che conduce alla Napoleonica,
direttrice quotidianamente frequentata da centinaia di escursionisti. «È una
situazione che giorno dopo giorno si sta rivelando sempre più pesante», scrive
il presidente della circoscrizione di Altipiano Ovest, Roberto Cattaruzza,
rivolgendosi direttamente al vicepresidente e assessore provinciale
all’Agricoltura Igor Dolenc. «Nei nostri borghi la presenza del cinghiale è
sempre più frequente – continua Cattaruzza – per nulla intimorito dalla presenza
umana. Oltre ai gravi danni provocati a diversi impianti vitati dei nostri
agricoltori, abbiamo raccolto le segnalazioni di diverse persone anziane che
risiedono nella periferia di Prosecco, Borgo San Nazario e Contovello. Cittadini
che non si fidano più di uscire di casa all’imbrunire, quando diversi grossi
esemplari di suini selvatici iniziano una vera e propria “ronda” alla ricerca di
cibo». Quel che più spaventa però è la comparsa di almeno cinque pelosi quattro
zampe di fronte alla scuola materna di Borgo San Nazario, a qualche metro dalla
principale arteria stradale. La presenza dei cinghiali, rincara Cattaruzza, sta
mettendo in crisi la piccola ma vitale economia agricola locale che,
faticosamente, cerca di reimpostare sul ciglione carsico una viticoltura di
qualità. La situazione di disagio è stata evidenziata all’ente provinciale, al
quale si chiede di rintracciare delle soluzioni adeguate, prima che si
verifichino degli incidenti.
Maurizio Lozei
Alle Ferrovie servono solo Rfi e Trenitalia -
l’intervento di LUIGI BIANCHI
Il confuso processo di passaggio delle Ferrovie dello Stato, da azienda
autonoma a ente pubblico economico per approdare infine ad holding, ha prodotto
un mostro, con un’unica regia, che è alla base della deriva della rotaia
italiana. Ferrovie dello Stato italiane spa ha il 100% di otto società (Rfi,
Trenitalia, Italferr, Ferservizi, Fs-Sistemi urbani, Fs-Logistica, Fercredit,
Busitalia), e il 59,99% di due partecipate (“Grandi Stazioni”, con Benetton,
Caltagirone, Pirelli e Sncf e “Centostazioni”, con Save dell’Aeroporto di
Venezia, a cui sono stati assegnati gli impianti per 40 anni). Trenitalia,
abbandonata la rete di vendita decentrata delle agenzie commerciali merci e
viaggiatori nelle regioni e all’estero, ha istituito tre divisioni nazionali
(Passeggeri nazionali ed internazionali, Passeggeri regionali, Cargo) e
acquisito partecipazioni in società tedesche (Tx-Logistik per le merci e
Netinera per i viaggiatori) e in una decina di società nazionali ed estere, in
pratica limitando il suo campo d’azione alla sola Alta Velocità per il servizio
viaggiatori e ai soli treni completi per quello merci. La proliferazione di
tante società (tutte con consigli di amministrazione che vanno da 11 a 3
componenti e collegi sindacali da cinque a tre membri), lungi dal produrre
l’aumento dei prodotti del traffico grazie a una gestione manageriale di stile
privatistico e, soprattutto, dall’avviare la riconversione modale a favore della
rotaia (obiettivi dell’impresa che dal 1905 ha la missione di promuovere “il
trasporto di persone e cose”, garantendo all’economia nazionale la competitività
della rotaia come contributo alla catena logistica italiana) ha prodotto il
topolino del ritiro dal mercato, merci e viaggiatori, inventando la filosofia
del servizio universale a carico dell’erario. No, l’economia del Paese non ha
bisogno di tante società, che hanno finito per portare al grave deterioramento
qualitativo del servizio ferroviario, peggioramento grave per i passeggeri e
gravissimo per le merci, non avvertito dal grande pubblico dei viaggiatori, ma a
cui sono molto sensibili spedizionieri, porti e imprese (tutte le imprese,
perché i costi di trasporto incidono direttamente sull’unità prodotta). Per
l’economia nazionale sono necessari, e sufficienti, due soli strumenti, con
distinta responsabilità. 1- Un’azienda di Stato (sì, un’azienda autonoma come
erano le Fs), in cui ricondurre tutte le attività di carattere infrastrutturale
e di produzione dell’intera rete, anche quelle legate allo sfruttamento
commerciale delle stazioni, che deve essere finalizzato alla valorizzazione e
all’arricchimento dei servizi complementari per i viaggiatori, sganciandolo
dalla sola logica speculativa rivolta al consumatore, introdotta da Grandi
Stazioni e Centostazioni. 2- Una società di trasporti, in cui ricondurre tutte
le attività commerciali (marketing, informazione, promozione, vendita,
assistenza post-vendita), idonea a organizzare la vendita del prodotto treno,
sia per le merci che per i viaggiatori, con una visione multimodale, tornando
all’impostazione promozionale propria di un’impresa orientata al mercato,
nazionale ed estero, quale l’aveva progettata Mauro Ferretti e portata a
compimento da Giuseppe Pinna. Tutte le altre società e tutte le partecipate non
servono: costituiscono solo un pesante fardello e un enorme spreco che il Paese
non si può permettere. È ancora attuale la missione affidata nel 1905 da
Giolitti alle Fs “Trasporto di persone e cose”? Rientra nella missione andare a
Praga per risanare le stazioni della Repubblica Ceca quando si chiudono stazioni
e linee della rete nazionale? Rientra nei compiti delle Fs utilizzare Italferr
(società di progettazione ferroviaria) per operare sul mercato internazionale
quando viene trascurata l’attività sugli impianti italiani? Rientra
nell’interesse del Paese acquisire dalle Ferrovie Tedesche Db, con finanziamento
pubblico, la partecipazione in Netinera (trasporto regionale in Germania) ”per
consolidare la presenza sul mercato internazionale dove già opera con
TX-Logistik nel trasporto merci”, quando il trasporto regionale italiano è stato
ridotto come sanno bene non solo i pendolari ma tutti i viaggiatori? La stessa
acquisizione, a carico dell’erario, di Tx-Logistik quale attinenza ha con
l’obiettivo della riconversione modale a favore della rotaia?
IL PICCOLO - LUNEDI', 18 febbraio 2013
«Tassa rifiuti, aumento folle e da ridurre»
A Trieste il 30% in più rispetto ai costi del servizio. Cosolini: «Se
resta così, soldi per la differenziata»
È lecito che il Comune ci faccia pagare non il 100% dell’asporto rifiuti, ma
il 130% della spesa, e solo per ragioni tecniche? Perché i triestini dovrebbero
spendere solo per via delle circostanze una tassa invisibile, non prevista, non
destinata ad alcunché? E cioé quello 0,30 euro per metro quadrato, imposto senza
distinzioni dal governo con l’introduzione della Tares, di fronte al fatto che
nel resto d’Italia i cittadini pagavano finora (per inadempienza dei Comuni)
appena il 60-70% del costo? È questo che accadrà a Trieste, per ragioni
bassamente tecniche, se non si troveranno soluzioni per abbassare la cifra. In
sede tecnica, il Comune lo ha già detto: «La maggiorazione non si può evitare,
il “di più” servirà a colmare i buchi di bilancio». Ma al sindaco Cosolini non
sfugge che, politicamente, sarebbe un bell’abuso. «È un aumento folle - dice -,
una percentuale enorme, cercheremo il modo per abbassare la cifra, se invece
dovremo imporla, nessun euro intascato in più andrà a scopi diversi: saranno
soldi investiti sulla raccolta differenziata». Oggi si terrà in Comune una
riunione tra il sindaco, il nuovo assessore al Bilancio Matteo Montesano, e
l’Ufficio tributi per capire se è possibile abbassare l’entità della precedente
Tarsu, così da raggiungere il 100% della copertura dei costi con quel
coefficiente di 0,30 euro per metro quadrato. Venerdì saranno a Trieste i
vertici di AcegasAps e Hera, e ci sarà anche il nuovo direttore generale. «Se
non sarà possibile far rientrare il livello del tributo, quel 30% in più -
aggiunge Cosolini - non sarà dal Comune usato per scopi diversi che non siano i
rifiuti, con l’avvio entro il 2013 della raccolta differenziata “porta a porta”,
che dappertutto ha dei costi iniziali, e solo a regime produce risparmi e dunque
minore tassazione per gli utenti». Dice il sindaco di non avere «nessuna
intenzione» di far planare aumenti ingiustificati sui cittadini, «però questa
norma non dipende da noi». Peraltro il bilancio 2013 è ancora da scrivere perché
coi tagli si è arrivati al fondo ma i milioni di euro mancanti non sono coperti:
«Stiamo ancora tentando di non aumentare l’Imu per quest’anno, e ancora
attendiamo che la Regione decida su che cosa fare del patto di stabilità, da cui
molte cose discendono». Anche AcegasAps non ha chiuso ancora il piano
economico-finanziario, lo sta appunto ancora discutendo col Comune. Dalla
cifra-base del costo del servizio discenderà la cifra-base da applicare al costo
della Tares. A Lega Nord e Pdl che hanno accusato il governo Monti di aver
introdotto la Tares rispondono infine i consiglieri Coloni (Pd), Decarli
(Trieste cambia), Karlsen (Cittadini-libertà civica): «Basta campagna elettorale
sulla testa dei cittadini. La tassa, su cui il Comune deve ancora compiere le
scelte possibili per dare applicazione nel modo più equo possibile, è stata
introdotta - scrivono i consiglieri di centrosinistra - da un parlamento uscente
dove la maggioranza dei seggi era ed è detenuta proprio da Pdl-Lega Nord».
(g. z.)
Consiglio comunale sul rigassificatore - Monrupino
Gli impianti di rigassificazione progettati per Trieste: quello di Gas
Natural a Zaule e quello di E.On in mezzo al golfo saranno argomento di
discussione, in seguito alla presentazione di una mozione trasfrontaliera, anche
nella prossima seduta del Consiglio comunale di Monrupino che si riunirà domani
alle 18.30. Tra gli altri argomenti che verranno trattati, modifiche statutarie
alla società per azioni Acquedotto del Carso, la conferma del Comitato promotore
delle Giornate dell’agricoltura, pesca e forestazione e comunicazioni del
sindaco.
Sempre scarsi i finanziamenti per il trasporto pubblico
- intervento di SERGIO TREMUL (segretario Camminatrieste)
Il Parlamento europeo ha chiesto nel 2011 l’elaborazione di iniziative che
promuovano gli spostamenti a piedi o in bicicletta
C’è una guerra di comunicati in questi giorni in merito alla situazione del
trasporto pubblico locale e sue limitazioni al servizio. Non succederà niente e
chi parla di tagli sarebbe meglio che parli in merito al servizio erogato
secondo le leggi regionali vigenti. Nella nostra città e nelle città della
regione, il servizio bus, anche se esistente in modo particolare a Trieste, non
è stato mai trattato con la dovuta attenzione. Se la Regione intendesse farlo
dovrebbe attuare il Piano regionale integrato dei Trasporti; questa potrebbe
essere la finestra che si apre per dare a Trieste, Gorizia, Udine e Pordenone
quel tipo di servizio che meritano. Quando si parla di scarsità di
finanziamenti, nel trasporto pubblico locale questi sono stati sempre scarsi.
Quando si parla di “guerra di campanile Udine-Trieste”, si evita di raccontare
le cose come stanno. Altro problema che va collegato al trasporto pubblico
locale è una mobilità urbana sostenibile che significa un ordinamento delle
città dove convivono trasporto pubblico locale, mezzi privati e pedoni
nell'ambito possibile del territorio esistente. A questo riguardo, se
rapportiamo la presenza di automobili e moto in città con l'occupazione di tanti
posti non dovuti, significa che all'interno della mobilità bisogna trovare lo
spazio possibile e non quello impossibile. In merito alle vittime della strada,
alla sosta selvaggia e al traffico caotico, poniamo di seguito anche questa
realtà. Nel 2012 in Italia 4.000 morti per incidenti stradali (diranno che sono
diminuiti) e poi quanti feriti e invalidi. Nel 2013, gennaio, pirati della
strada a volontà, a Trieste incidenti si verificano continuamente e la velocità
è una delle prime cause. Esiste una storia delle vittime della strada presente
in numerose pubblicazioni e riviste specializzate: nell'agosto 1896, una signora
quarantacinquenne è stata la prima vittima della strada da veicolo a motore. Il
medico legale disse: «Una cosa del genere non deve succedere mai più!». Ma
successe ancora. Da allora circa 25 milioni di persone sono state uccise in
incidenti stradali. Se gli indici attuali continueranno, si stima che un altro
milione e 170 mila persone moriranno ogni anno - due persone per ogni minuto del
giorno - e altre 10 milioni di persone saranno ferite o menomate. È un problema
di tale grandezza che ha portato molti a considerare se gli inventori delle
macchine a motore avevano un'idea di che cosa stavano per scatenare sul mondo.
Nel XX secolo la morte per incidente stradale è diventato per il mondo
occidentale un'epidemia. Le statistiche dipingono un quadro tetro, il 70% delle
morti su strada avviene nei paesi in via di sviluppo, il 65% delle persone
uccise sono pedoni. La maggior parte delle persone ferite o uccise negli
incidenti stradali non sono occupanti dei veicoli: stavano camminando, andavano
in bicicletta o su altri veicoli non motorizzati. Queste e tante altre
considerazioni, che potrebbero essere documentate, danno un quadro di
prospettiva gravissimo e che in particolare in Europa e nel nostro Paese, se non
verranno prese misure necessarie, andremo incontro a seri problemi. Il 15
dicembre 2011, il Parlamento europeo ha chiesto la predisposizione di incentivi
alla scelta di mezzi di trasporto e di mobilità sostenibili, fisicamente attivi,
sicuri e salutari e l'elaborazione di iniziative che promuovono gli spostamenti
a piedi e in bicicletta, soprattutto nei centri urbani, con il contestuale
sviluppo di infrastrutture sicure per i pedoni e ciclisti. Questa è stata anche
una linea di comportamento da oltre 20 anni da parte di Coped - Camminatrieste.
TROPPO LENTA LA DIFFUSIONE DELLE ELETTRICHE - NOI E
L’AUTO - RUBRICA di GIORGIO CAPPEL
Correva l’anno 1978 quando pubblicavo su questo giornale uno dei miei
primissimi articoli. Il titolo era “Il regno di Re Pistoncino” . Il riferimento
era alle auto elettriche, già esistenti allora, anche se agli albori,
pronosticando che non avrebbero avuto successo a breve perché le case
automobilistiche avevano investito molto su nuovi motori endotermici (a
pistoni), e quindi non erano favorevoli all’irruzione dei motori elettrici. Vedo
che sono stato buon profeta, ma mi meraviglio che ai tempi nostri la diffusione,
pur se significativamente iniziata, sia ancora tanto lenta ed il posseso di
un’auto elettrica resti ancora un’eccezione. Indubbiamente uno dei problemi
delle elettriche “pure” è quello della ricarica (si dovrebbe già pensare, almeno
nelle rimesse condominiali, di predisporre una presa con contatore
personalizzato), ma i motori ibridi già da tempo in commercio, potrebbero essere
un’eccezionale via di mezzo. Non vi sono problemi di ricarica e si può
recuperare energia in frenata. Non dimentichiamo che in tempi di crisi (a dire
il vero li ricordiamo troppo spesso) sganciarci il più possibile dal petrolio
non può che essere cosa buona e giusta. L’energia elettrica, infatti, viene
ricavata anche da fonti rinnovabili e non solo dal petrolio o dal carbone. E
questo non vale solo per l’Italia, ma per il mondo intero. Quello che non
capisco è perché nessuno abbia mai pensato ai pannelli fotovoltaici da applicare
sul tetto delle vetture elettriche di serie. Il costo, non certo modesto,
verrebbe ammortizzato in poco tempo. Confido nel prossimo futuro e spero di
essere ancora buon profeta, e questa volta in positivo. Ho sentito parlare di un
imminente campionato mondiale di Formula 1 con vetture elettriche. Ritengo che
questo aiuterebbe molto, a livello psicologico, per finalmente partire alla
grande. Per finire ricordo che, oltre ai vantaggi ecologici globali sopra
richiamati, la diffusione delle auto elettriche ridurrebbe di molto anche
l’inquinamento puntuale, quell’odore caratteristico (puzza) che, pur se di
impatto minore rispetto agli anni passati, sentiamo quando usciamo di casa
(ovviamente in città).
IL PICCOLO - DOMENICA, 17 febbraio 2013
«Ambiente, Servola è peggio di Taranto»
Nosmog: nel 2012 superato di quattro volte il limite di benzoapirene,
dalle istituzioni nessuna decisione
«Il problema inquinamento a Servola ha raggiunto nel 2012 livelli record.
Sul fronte del benzoapirene abbiamo superato di quattro volte il limite
consentito: si può dunque affermare che, dati alla mano, la nostra situazione è
peggiore di quella di Taranto». Non ha usato giri di parole Adriano Tasso,
segretario dell’Associazione ambientalista Nosmog, che ieri ha fatto il punto
sulla questione ambientale nell’affollato incontro pubblico cui hanno
partecipato anche alcuni esponenti politici, e l’assessore comunale all’ambiente
Umberto Laureni. Ventuno i protocolli elaborati da Nosmog negli ultimi 12 mesi,
due gli esposti presentati alla Procura della Repubblica che portano il numero
complessivo a quota 17. Eppure, sostiene ancora Tasso, «a un anno esatto
dall’entrata in vigore della legge regionale sui limiti di benzoapirene, nulla è
cambiato. Le istituzioni non hanno mai preso una decisione concreta e il sindaco
in particolare si dimostra lento nell’attuare i provvedimenti necessari». Nel
mirino dell’associazione c’è naturalmente la Ferriera, la cui situazione,
precisa ancora Tasso, «è in questo momento estremamente pericolosa sul fronte
ambientale: ci troviamo di fronte a una carenza di risorse di cui risentono gli
aspetti della manutenzione e del controllo dell’impianto». L’associazione ha
dunque deciso di portare avanti da sola la propria battaglia, rilevando i valori
di inquinamento con risorse e strumenti personali. Da nove mesi sono attivi
dieci punti di rilevazione della soglia del benzene nelle varie zone di Servola,
che hanno già riscontrato valori superiori alla norma. Da un mese è stata
installata una centralina per le polveri sottili, mentre è in fase di
elaborazione un’analisi di eventuale presenza di diossine sul terreno. «Siamo
stufi di non conoscere i dati reali sulla salute pubblica che vengono
inspiegabilmente secretati - ha chiosato Tasso -. Non ci fidiamo più di nessuno:
è ora di finirla che sulla questione ambientale ci sia un continuo frazionamento
e nessun dialogo ai tavoli istituzionali. Sul rigassificatore ad esempio la
Regione si è lavata le mani in modo vergognoso, scaricando le responsabilità
sullo Stato». Tematiche alle quali Laureni ha risposto così: «Stiamo procedendo
con un piano complessivo di risanamento, attraverso direttive che vanno nella
direzione di un reale miglioramento ambientale. Servola vive una situazione
particolare e paga soprattutto, a fronte di una legge che si basa sul lungo
periodo, gli episodi acuti di inquinamento di breve durata». Pierpaolo Pitich
Fogar: «Laureni non ha mosso un dito, lasci
l’assessorato» - IL PRESIDENTE DEL CIRCOLO MIANI
La richiesta di sollevamento dall’incarico dell’assessore comunale
all’Ambiente Umberto Laureni, ma anche l’invito ai triestini di disertare le
urne in vista delle elezioni politiche, nonché un appello rivolto a tutti i
cittadini per salvare il Circolo Miani. Non si fa mancare nulla Maurizio Fogar
nella conferenza stampa indetta nella sede di via Valmaura, dove non risparmia
bordate, rigorosamente bipartisan, alla classe politica locale. «Il bilancio
dell’assessorato all’Ambiente è una sequenza di fallimenti - attacca Fogar -.
Non mi riferisco solo al problema Ferriera, che rimane lo scandalo assoluto, ma
anche a tutte le altre emergenze ambientali, per le quali nulla è stato fatto.
Non solo Laureni non ha mosso un dito, ammettendo tra l’altro che è stato
buttato via un anno in questo senso, ma non è stato nemmeno capace di mantenere
le promesse che lui stesso aveva fatto, dimostrando tra l’altro di conoscere
poco o nulla delle normative in questione. Per tutte queste ragioni è ora che
l’assessore all’Ambiente se ne vada a casa il prima possibile per il bene della
città». La risposta del diretto interessato non si è fatta attendere. «Fogar si
trova a suo agio solo nel suo ambiente ed ha bisogno di un gruppo di sostegno -
controbatte Laureni -. Usa la parola ma ha sempre disertato ogni confronto che
gli avevo proposto. Con una battuta, diciamo che in questo senso ricorda un po’
Grillo e un po’ Berlusconi». Il presidente del Circolo Miani ha poi esortato al
non voto i concittadini in vista delle elezioni per il Parlamento, puntando
sulla delegittimazione della classe politica locale. «Non vogliamo avere più
niente a che fare con questa gente, sia di destra che di sinistra, che non ha
spessore, né idee, né tantomeno programmi - ha tuonato Fogar -. Da almeno
quindici anni la situazione è sempre la stessa e non cambia mai. Non ha nessun
senso andare a votare, tanto si è capito che si andrà verso l’ingovernabilità e
tra un anno si dovrà tornare alle urne». Infine Fogar si è rivolto alla
cittadinanza per un aiuto concreto al Circolo Miani che rischia lo sfratto da
parte dell’Ater dalla sede di via Valmaura: «Dal 2007 non riceviamo contributi
regionali e i nostri appelli alle istituzioni sono passati nell’indifferenza più
totale - ha concluso Fogar -. Chiediamo a tutti di darci una mano in vista
dell’udienza del 25 febbraio, affinché questa sede e questo Circolo possano
rimanere un punto di riferimento a difesa dei diritti dei cittadini».
(p.p.)
Meno corse nei giorni festivi, scatta il piano
Finanziamenti regionali ridotti, la domenica spariscono varie linee: si
risparmiano 410mila chilometri
ATTENZIONE ALLE NOVITÀ La tratta soppressa avrà il percorso inglobato in quella
che resta attiva: la 34 accorpata alla 1, la 5 coprirà il tragitto della 18
attesi altri provvedimenti Il più ampio piano di riordino toccherà molte altre
corse e sarà predisposto per scaglioni a partire dal mese di marzo
Da oggi scatta il nuovo piano dei trasporti locali, ridotto a causa del calo
di finanziamento da parte della Regione: 6 milioni sul territorio regionale,
quasi 2,4 per Trieste. Il risparmio si traduce in minori corse, meno bus in
strada, soppressione e unificazione di linee, per un totale che dovrebbe essere
di ben 582 mila chilometri all’anno. Dalle contrattazioni tra Provincia e
Trieste Trasporti è uscita una modifica che tendenzialmente non influisce sulle
più usate linee dei giorni feriali, ma prima di tutto “tocca” gli orari e le
corse festive. E da oggi partono le novità. Con questa domenica infatti prende
avvio la prima “tranche” del piano che prevede la soppressione nei giorni
festivi di 39/ e 49/ (da Aurisina e da Muggia verso Cattinara). Nei giorni
feriali la frequenza sarà ridotta. Ecco le linee che subiscono invece
variazioni. L’autobus che viene soppresso avrà il suo percorso parzialmente
inglobato in quello che resta attivo. Così la linea 1 ingloba la 34 che nei
festivi sparisce. Percorso: da Stazione centrale a via Svevo. La 5 farà anche le
veci della 18, andando da Roiano a via Cumano, e proseguendo poi per un tragitto
che comprende anche piazza Ospitale, piazza Goldoni, via Mazzini, via Filzi e
via Udine. Altrettanto soppressa la linea 16 da piazza Oberdan. Partirà dallo
stesso capolinea (che è comune) solo la 15, che una volta arrivata a Campo
Marzio allungherà la corsa fino ai Campi Elisi (zona Pam). Unificazione anche
per la 30 (che rimane) e la 28 (che scompare): il percorso è da via Locchi a
Stazione centrale. E altrettanto per la linea 41 che ingloba la 40: da Stazione
centrale a Domio e Dolina, con alcune corse che prolungano fino alle frazioni di
San Giuseppe, Sant’Antonio, Moccò, Prebenico, Caresana. Tolta quest’ultima linea
che ha partenze più dilazionate, le altre partono con frequenza di 20 minuti.
Con questi provvedimenti, ha spiegato la Provincia, il risparmio di chilometri
ottenuto è di 410 mila. È stato demandato a Trieste Trasporti di trovare al
proprio interno gli ulteriori tagli, equivalenti al costo dei 170 mila
chilometri residui. Per le informazioni dettagliate, i nuovi tracciati sono sul
sito www.triestetrasporti.it. Si può come sempre chiamare il numero verde
800.016675 (attivo nei feriali). Il più ampio piano di riordino, che toccherà
molte altre linee, sarà organizzato per scaglioni, e comunque a partire da
marzo.
(g. z.)
I sindacati: «E noi lavoreremo senza riposi» - LA
PROTESTA
Le sigle: nessun esubero ma una riorganizzazione che colpisce anche i
turni domenicali
«Non si può rispondere a questi tagli a catena Stato-Regione-Provincia con
un calcolo tutto ragionieristico dei chilometri di percorrenza da tagliare,
serve una visione strategica con un Piano urbano della mobilità. Prima di
rendere operativa ogni ipotesi di riduzione del servizio di trasporto pubblico
tutta la materia deve essere approfondita dal Consiglio comunale, anche in
relazione al ruolo del Comune, azionista di riferimento di Trieste Trasporti».
Questa è l’opinione del gruppo consiliare di Sel e della segreteria provinciale
sul riordino del trasporto pubblico locale. Ma a protestare più di tutti sono i
sindacati dei lavoratori, Cgil, Cisl, Uil, Faisa-Cisal e Ugl. A fronte del
taglio di finanziamenti e chilometri di percorrenza Trieste Trasporti non ha
messo in strada nessuno dei 36 “esuberi” di cui 26 tra i conducenti, che in
totale sono circa 200. Ma ha rivoluzionato dicono tutte le sigle il loro lavoro
incidendo fortemente sul giorno libero infrasettimanale (che sparisce), sulle
ore straordinarie (mezz’ora in più al giorno, pagata, per 90 dipendenti) e
soprattutto sulle domeniche, dove il turno più favorevole è di guidare l’autobus
una volta sì e una volta no. Turno che hanno soprattutto gli assunti prima del
2005, i più anziani. «Gli altri che speravano di arrivarci, non lo avranno -
dicono i sindacati -, alcuni lavoreranno 2 domeniche su 3, e i più giovani
dovranno lavorare tutta la settimana. Da 79 giorni liberi complessivi ne restano
solo 52. Pur restando dei bus fermi specie nei festivi, Trieste Trasporti fa
lavorare di più, non di meno, 90 persone. Non è strano? Capitalizza questo
lavoro, anche in vista della prossima gara europea per il rinnovo del contratto
con la Regione, che sarà avviato a fine del 2014: ma grazie a questa turnazione
l’azienda guadagna quasi 2500 giornate di riposi abbattuti, pari a quasi 600
mila euro di utili. Mentre ai lavoratori il contratto è scaduto da 6 anni e i
contratti di secondo livello da 20...». Denunciato anche il non rispetto di un
protocollo firmato proprio in Regione, secondo il quale nessuno avrebbe fatto
“passi avanti” senza accordo. «Invece Trieste Trasporti telefona direttamente a
casa ai conducenti per informarli del nuovo orario - dicono i sindacati -, e in
questo modo sopravanza con comunicazioni dirette la concertazione
sull’organizzazione del lavoro, che è obbligatoria». Dunque il piano è scattato,
e la trattativa si è sospesa di fatto. I sindacati studiano che fare, a questo
punto.
(g. z.)
IL PICCOLO - SABATO, 16 febbraio 2013
Tares, la quota di maggiorazione servirà a coprire i
tagli al bilancio
È stata istituita per coprire i costi di luce pubblica, a Trieste già a
carico dei cittadini.
Ancora misteriose le cifre da pagare perché AcegasAps
non ha presentato al Comune il suo conto economico
La maggiorazione che graverà sulla prossima Tares, ex Tarsu, tassa sui
rifiuti, a Trieste non coprirà come la legge intendeva i costi di luce pubblica
e altri servizi ma di fatto sarà una “supertassa” che tampona i tagli di
bilancio subìti dal Comune. Perché da noi, perfettini e bravi, quei costi
“invisibili” erano già stati addebitati da anni al cittadino. Con la Tarsu
pagavamo il 95-97% di ogni costo, cosa che ora viene imposta a tutti i Comuni.
Che infatti paventano terribili aumenti. La maggiorazione “servizi” è di indice
0,30 (aumentabile con voto del consiglio comunale a 0,40), quindi fatta base 100
la tassa di un appartamento o negozio, il costo sarà di 130. E il Comune, che
però nel frattempo perde il 10% di addizionale, che all’utente verrà dunque
risparmiata, si terrà quei soldi come guadagno. Di quanto sarà? Posto che la
superficie tassabile (case, uffici, negozi, capannoni) è a Trieste di quasi 12,4
milioni di metri quadrati, per il Comune la maggiorazione vale almeno 3,7
milioni di incasso. Ieri la seconda commissione consiliare, presieduta dal Igor
Svab (Pd), ha ricevuto le informazioni che da tempo (come ha sottolineato il
leghista Maurizio Ferrara) cercava: come sarà questa Tares, in agenda per aprile
e invece slittata a luglio? Sono pronti i calcoli? Ai consiglieri comunali ha
dato risposte Donatella Di Candia del servizio Finanza, tributi, partecipazioni
societarie e controllo qualità dei servizi, in luogo del direttore di area
Vincenzo Di Maggio. E la prima risposta è no. Non si sa quanto ciascuno dovrà
pagare. Ancora si aspetta che Acegas-Aps presenti il suo conto economico. È da
questa base (costi del servizio) che discenderanno le cifre: sui metri quadrati,
e sul numero di persone che abitano l’appartamento. Tassa più equa per Trieste,
si era detto: pagherà di più chi produce più rifiuti. Ma anche i supermercati,
finora era tassata solo l’area di carico e scarico, ora tutta la superficie.
Pagheranno di più negozi di ortofrutta e similari. La legge prevede un premio
fino al 20% per il cittadino che fa molta raccolta differenziata. Ma a Trieste
non si sa come misurarla. «Prevedo che per fare cassa si porterà l’indice a
0,40, così dopo la stangata Imu di giugno ci sarà la stangata della Tares» ha
sottolineato Piero Camber (Pdl), chiedendo notizie su sconti per le Ater. «Ogni
sconto - ha risposto Di Candia - potrà essere deciso in sede politica dal
consiglio comunale, ma per legge dovrà trovare copertura in altre voci, non
sulla Tares». Così Carlo Grilli (Udc) si è speso per le famiglie numerose:
«Dovrebbero pagare meno». Ma Iztok Furlanic (Federazione della sinistra) ha
notato la prima contraddizione: «Deve pagare di più chi più sporca». E la
seconda: «Un Comune che risparmia perché ha tutte le luci a led si tiene la
maggiorazione?». Risposta tecnica: «La maggiorazione è fissa, non va secondo
spesa. Servirà a coprire i tagli».
Gabriella Ziani
“Single”, meno spesa Ortofrutta e fiori i più
tartassati - PRIME INDICAZIONI
«Perché una discoteca o un night-club devono avere un coefficiente Tares
inferiore a una famiglia di 3 persone, dove il terzo magari è il neonato?». È la
perplessità espressa ieri in commissione da Everest Bertoli, capogruppo Pdl. Ma
molti consiglieri sono trasecolati su una scoperta: i coefficienti per calcolare
la nuova tassa-rifiuti sono diversi per Nord, Centro e Sud Italia. Più alti a
Nord, e decrescenti. Pagherà di meno, in casa, chi ha famiglia piccola. Per i
“single” il coefficiente della parte variabile sarà da 0,6 a 1, per una famiglia
con 6 o più persone balzerà a 3,4 salvo non sia scelta l’opzione massima di 4,1.
Quanto alle categorie non domestiche, il coefficiente di produzione rifiuti più
alto è assegnato a ortofrutta, pescherie, fiori e piante, pizza al taglio: da un
minimo di 58,75 a un massimo di 92,55 (a discrezione dei Comuni). Per avere un
paragone, le attività industriali con capannoni di produzione oscillano fra 3,13
e 7,53. Questo è il numero di chilogrammi di rifiuti prodotti per metro quadrato
che si ipotizza categoria per categoria per definire la parte variabile della
tassa. Quella “fissa” è più bassa, per ortofrutta e simili va da 7,17 a 11,29.
Dalla somma arriverà il conto, che il Comune spedirà precompilato.
(g. z.)
Duino, allarme per le emissioni della centrale di
Monfalcone
Una mozione del consigliere Sel Maurizio Rozza denuncia il pericolo
esistente per la salute pubblica «È uno degli impianti più inquinanti d’Italia e
d’Europa. I suoi fumi cadono a chilometri di distanza»
DUINO AURISINA La questione della centrale termoelettrica di Monfalcone, che
da qualche mese agita assai le acque della politica isontina, finisce per
diventare motivo di preoccupazione per la salute pubblica a Duino Aurisina, alla
luce della prossimità dell'abitato all'impianto. Lo denuncia una recente mozione
depositata in municipio dal consigliere di Sel Maurizio Rozza, esponente della
maggioranza di centrosinistra e presidente della Seconda commissione. Nel suo
documento, che probabilmente sarà inserito già all'ordine del giorno del
prossimo Consiglio comunale, a fine mese, Rozza chiede sia dato mandato al
sindaco Vladimir Kukanja di «promuovere e attivare, anche attraverso la
collaborazione con le altre amministrazioni dell’area interessata dagli impatti,
tutte le azioni atte alla salvaguardia della salute dei cittadini, alla tutela
dell’ambiente e al rispetto del protocollo sottoscritto nel 2004», che prevedeva
la metanizzazione dei gruppi. Rozza si dice «allarmato» per la «mancanza di un
piano energetico nazionale e regionale che dia indicazioni chiare sulle modalità
di sviluppo della produzione energetica nel nostro paese» e sottolinea come «la
centrale, entro marzo, in forza di una normativa europea, dovrebbe dismettere i
gruppi alimentati ad olio combustibile, mentre il piano industriale presentato
lo scorso novembre da A2a non è esaustivo nell'esplicitare le intenzioni della
società nei riguardi dell'impianto di Monfalcone». «Centrali alimentate come
quella monfalconese – spiega ancora il consigliere - hanno impatti pesanti in
termini di emissioni di CO2 e di inquinanti. Quello di Monfalcone, sia per la
tipologia di alimentazione che per la potenza, è uno degli impianti più
inquinanti d'Italia e d'Europa. Per essere più precisi, lo studio redatto nel
2011 dalla EEA colloca quell'impianto tra i 662 più inquinanti d'Europa, i quali
complessivamente contribuiscono per il 75% agli impatti ambientali totali. Per
anni i sindaci dei comuni della Provincia di Trieste hanno totalmente ignorato
gli impatti potenziali della centrale sui propri territori e sulle popolazioni
che vi risiedono, quasi che il confine dell'ex dazio fornisse una barriera
invalicabile alle problematiche che hanno origine oltre il Locovaz».
«Esattamente lo stesso strano fenomeno psicosociale – aggiunge - che ha fatto sì
che Trieste a tutt'oggi non abbia un piano di emergenza nucleare per i rischi
intrinsechi alla presenza della centrale di Krsko, pur trovandosi nella prima
fascia di rischio. Il confine di Stato doveva fermare gli atomi slavi sprovvisti
di propusnica! In realtà la ciminiera di A2a dista da San Giovanni e dal
Villaggio del Pescatore circa tre chilometri e mezzo. Gli stessi che distanziano
l'impianto da Staranzano e San Canzian d'Isonzo, con la differenza che questi
ultimi sono da anni impegnati sulla questione. Duino Aurisina, invece, si
ritiene fuori dal problema». «I 150 metri di altezza del camino della centrale –
conclude Rozza - fanno sì che alcuni degli inquinanti potenzialmente più
pericolosi precipitino a chilometri di distanza. Certo, probabilmente i venti
prevalenti ci graziano molto più dei comuni del mandamento, ma d'altra parte
andrebbe considerato, e finalmente monitorato, l'effetto cumulativo con le
emissioni degli scarichi dei veicoli che transitano sulla A4 a ridosso degli
abitati di San Giovanni, Sistiana e Aurisina. E sommato al potenziale impatto di
uno dei 662 impianti più "pesanti" d'Europa contribuisce a creare qualcosa di
cui forse non occorrerà preoccuparsi, ma di cui certamente dobbiamo occuparci».
Tiziana Carpinelli
Rapotez: continuerò a chiedere giustizia
Arrestato nel 1955, torturato per giorni, a lungo in cella ingiustamente:
«Non ho perdonato nessuno»
La storia di Luciano Rapotez è diventata, si può dire, un caso di scuola
concreto per chi vuole occuparsi di reati legati alla tortura. Per questo è
stata scelta dalla Camera penale di Trieste come argomento su cui ieri è stato
costruito un dibattito in tema di diritti umani e ruolo del difensore nel
processo penale. Questioni tra l'altro di grande attualità perché più volte
l'Italia è finita sotto la lente di Amnesty international e della Corte europea
dei diritti dell'uomo che ha condannato il nostro Paese per le condizioni
disumane delle persone carcerate. Ecco che le vicende passate da Rapotez sono un
simbolo per portare avanti una battaglia di civiltà e utile strumento in materia
deontologica per gli avvocati. Accusato ingiustamente di aver ucciso nel 1946 il
gioielliere Giusto Trevisan, la fidanzata e la domestica, Rapotez, comunista ed
ex partigiano, viene arrestato nel 1955 e barbaramente torturato dalla polizia
per 5 giorni e 4 notti, senza né acqua né cibo, privato del sonno. Alla fine,
stremato, è costretto a firmare un foglio in cui confessa di aver ucciso. Varca
le porte del carcere dove resterà rinchiuso, seppur innocente, per tre anni: nel
1960 l'assoluzione definitiva per insufficienza di prove. Ancora oggi Rapotez,
ultranovantenne, combatte la sua battaglia contro le ingiustizie, contro lo
Stato che in questi 58 anni non ha mai riconosciuto le torture, né tantomeno lo
ha risarcito. «Un caso complesso – lo ha definito l'avvocato Alessandro
Giadrossi -dal carattere storico perché il movente era legato a un motivo
politico, ma divenuto anche caso politico perché Rapotez fin da subito accusa i
suoi aguzzini». La questione si inserisce anche nel percorso che ha portato alla
Dichiarazione dei diritti universali dell'uomo del 1948 e alla Convenzione
europea dei diritti dell'uomo del ’50, ha spiegato lo storico Marcello Flores d'Arcais:
«Il rispetto e la dignità della persona trovarono all'epoca un posto nuovo. Il
diritto a non essere torturati è inderogabile e non dovrebbe essere mai messo in
discussione». Del resto, negli anni in cui Rapotez fu rinchiuso, Trieste viveva
una storia travagliata: «Era una città difficile – ha detto la storica Gloria
Nemec – profondamente frammentata dal punto di vista politico, nazionale e
sociale. Una mano forte era calata negli ambienti cosiddetti slavocomunisti,
aree da cui potevano venire forme di criminalità politica». Resta
l'interrogativo su come può muoversi un avvocato su un terreno come quello della
tortura. Per l'avvocato e senatore Nereo Battello la soluzione oggi è «battersi
perché venga introdotto tempestivamente il reato di tortura e trattamento
inumano e degradante». Rapotec ancora in prima fila nella sua battaglia non
smette di dire: «Combatterò sempre per chiedere che sia fatta giustizia perché
non ho perdonato nessuno».
Ivana Gherbaz
Tutela dell’ambiente, ci pensano i bambini
Nel protocollo “Emissione 0” gli impegni presi dagli alunni delle scuole
Suvich, Mauro e Filzi-Grego
Duecento bambini e bambine, tre scuole e una missione comune: adottare buone
pratiche per ridurre le emissioni di anidride carbonica e tutelare l’ambiente. I
bambini fanno “verde” la scuola. E lo hanno già messo nero su bianco con un
protocollo stilato e fatto firmare a classi, insegnanti, cuoche e addetti alla
mensa, bidelli, genitori e Comune. Il documento si intitola “Scuola ad
E@missione 0” e riassume gli impegni presi dagli alunni delle quinte
dell’Istituto comprensivo San Giovanni (Suvich, Mauro e Filzi-Grego). Elaborato
nell’ambito di un progetto partito lo scorso anno e finanziato dal bando
“Progettazione e realizzazione di laboratori sull’educazione al Consumo
consapevole” del Comune, è stato presentato ieri alla “Mauro” nella giornata
“M’illumino di meno”, promossa dalla trasmissione Caterpillar di Radio Due.
Insieme al biologo marino Franco Zuppa i bambini più grandi hanno presentato il
protocollo ai compagni delle terze: sorta di lascito morale per trasmettere il
valore dell’etica responsabile e del rispetto ambientale. «Il successo del
progetto si vede tanto nell’adozione concreta di prassi virtuose quanto nel
passaggio di testimone ai più piccoli - ha commentato l’assessore all’Educazione
Antonella Grim - Obiettivo centrato, lo scambio di esperienze tra i ragazzi
sulle buone abitudini e sull’attenzione ai consumi consentirà loro, crescendo,
di diventare cittadini migliori». Sono stati i bambini a illustrare il testo del
protocollo. Dopo aver appurato, annotando tutti i dati su specifiche schede,
come in una sola settimana il totale degli studenti delle quinte avesse prodotto
oltre 2 tonnellate di anidride carbonica («Un elefante pesa 2 tonnellate:
abbiamo messo nell’aria un elefante di gas nocivi»), i ragazzi hanno avviato
varie iniziative: pulizia del giardino scolastico, raccolta differenziata,
sostituzione di succo e bevande con acqua del rubinetto. «Inoltre abbiamo
proposto di fare il compostaggio nella mensa e acquistare bidoni per la raccolta
della plastica». Attenzione poi a chiudere bene i rubinetti nei bagni, a
spegnere le luci in classe, a consumare più frutta e verdura, a mangiare tutto
quanto proposto dalle cuoche e utilizzare prodotti a km zero, ad andare a scuola
a piedi, curare l’orto nel giardino della scuola... Tutto per raggiungere una
riduzione dell’1% delle emissioni di Co2 e un aumento del 5% dei cespugli della
scuola entro lfine anno scolastico. I bambini hanno anche raccontato come è
cambiata la loro vita: «Ora sto attenta a risparmiare: spengo sempre le luci e
non spreco la carta», spiega Emma; «Io giro a piedi e a casa ho impostato il
computer per ridurre gli sprechi», continua Nicolò. E Matteo: «Ho ridotto l’uso
dei giochi elettronici.. E alla scuola media chiederò sia fatta la raccolta
differenziata».
Vanessa Maggi
Al rifugio Premuda la convention naturalistica di Sel -
San Dorligo
SAN DORLIGO La mobilità sostenibile come via verso una migliore qualità
della vita ed un turismo consapevole. Sarà sulla traccia del pensiero di
Alexander Langer, uno dei fondatori dei movimenti politici ecologisti europei,
che si svolgerà "Più lento, più profondo, più dolce", l'incontro previsto per
domani alle 11.30 al rifugio "Mario Premuda". All’evento parteciperanno il
presidente nazionale di FederTrek Paolo Piacentini, la candidata Sel al Senato
Grazia Francescato, la candidata Sel alla Camera Serena Pellegrino e il
presidente della Commissione Ambiente del Comune di Duino Aurisina Maurizio
Rozza. L'incontro sarà l’occasione per ascoltare le istanze di operatori e
appassionati del settore nonché per illustrare le priorità di Sinistra Ecologia
Libertà per il governo nazionale e regionale. Il meeting naturalistico sarà
preceduto da un breve trekking lungo la Via delle Acque, con sosta nel luogo
dell’intervento “Alvei Puliti” operato dalla Protezione Civile del Friuli
Venezia Giulia nel marzo dello scorso anno tuttora sotto inchiesta da parte
della magistratura. La passeggiata, aperta a tutti, partirà alle 9.30 dal
Rifugio Premuda.
(ri.to.)
IL PICCOLO - VENERDI', 15 febbraio 2013
Festivi con meno bus: ecco la mappa - Si parte domenica
- LA POLEMICA
Cancellate 2 linee, rivoluzionate altre 10 che diventano 5 con gli
accorpamenti. Diventa stabile l’orario dell’estate
E adesso a che ora parto? Quando arrivo? Quanto dovrò aspettare l’autobus
alla mia fermata? E quale autobus se alcuni sono soppressi? Le prime domande dei
“clienti” sono queste, anche se il riassetto del trasporto pubblico locale sotto
il peso di 410 mila chilometri effettivi di corse da tagliare per assorbire 2,36
milioni di euro in meno assegnati a Trieste parte cautamente col programma dei
“festivi”. Da domenica si cambia: 10 linee “rivoluzionate”, 2 cancellate.
Trieste Trasporti ha diffuso ieri il dettaglio dei nuovi percorsi. Entro domani
provvederà a sostituire le tabelle orarie affisse alle fermate. Percorsi e anche
orari in dettaglio sono pubblicati sul sito www.triestetrasporti.it. Il numero
verde 800.016675 rimarrà attivo anche domani che è sabato dalle 8.30 alle 12.30.
Per informazioni c’è poi la sede di via dei Lavoratori 2, Ufficio relazioni col
pubblico. La novità principale scaturita dagli accordi fra Provincia e azienda
è, come si sa, che nei giorni festivi di molte linee che hanno un percorso più o
meno coincidente una ne salta. E in più vengono cancellate la “39/” (Aurisina-Cattinara)
e la “49/” (Muggia-Cattinara) che finora la domenica facevano una sola corsa. I
due bus avranno anche minore frequenza nei giorni feriali. L’autobus unico in
parte recupera anche il percorso di quello soppresso. Chi ha buona consuetudine
col mezzo pubblico, ma anche una ferrea memoria, potrebbe già da ora sapere a
che ora si parte e ogni quanti minuti si sale, perché le variazioni sono
fotocopia dell’orario in vigore d’estate. Unica eccezione: la fusione della
linea 41 (che rimane) con la 40 (che di domenica sparisce) è una novità,
sperimentata solo una volta all’anno per il 1.o maggio, e penalizzerà i
tracciati per le frazioni carsiche di San Giuseppe, Sant’Antonio, Moccò,
Prebenico e Caresana con partenza e arrivo alla Stazione centrale. In dettaglio,
ecco che cosa accadrà da domenica 17, e poi di seguito in ogni giorno festivo.
Da mettere a mente è quale linea viene soppressa, per non aspettare invano il
numero che non arriverà. Vengono unificati i percorsi di 1 con 34, di 5 con 18,
di 15 con 16, di 30 con 28, oltre appunto ai 40-41. Tra 1 e 34 prevale la 1.
Parte dalla Stazione, fa il suo normale giro, poi integra con via Pirano, via
Baiamonti, ponte Soncini, via della Pace, qui va sulle tracce della 34, e infine
sulle vie Paisiello, della Pace, Baiamonti e Svevo. Da dove prosegue con il suo
normale itinerario. La linea 5 la domenica “mangia” la 18. Partenza da Roiano,
percorso normale fino a piazza Perugino, e poi si aggiungono viale D’Annunzio,
piazza Foraggi, viale Ippodromo, via Cumano (al ritorno stesse tappe, fermando
anche in piazza Goldoni, e vie Mazzini, Filzi, Udine, fino al rientro a Roiano).
Chi la domenica vorrà andare in autobus fino ai Campi Elisi non troverà più, in
piazza Oberdan, il bus 16. È inglobato nel 15. Con quale giro? Fino a Campo
Marzio quello normale della linea 15, da Campo Marzio prosecuzione per le vie
Franca, Colautti, e le altre tipiche della 16, e arrivo ai Campi Elisi zona Pam.
Da dove si prosegue (percorso circolare) per raggiungere nuovamente piazza
Oberdan. Così la linea 30 sopprime la 28 e in parte ne copre il tragitto, con
partenza da via Locchi e giro allungato sulle vie Filzi, Commerciale, Giaggioli,
e Commerciale, Rittmeyer, Ghega, Cellini, con arrivo in Stazione. Da Stazione,
il percorso è quello consueto della 30. Arriviamo alla 41, che ingloba la 40.
Parte dalla Stazione e fa il normale percorso fino a Domio, con alcune corse -
specifica Trieste Trasporti - per San Giuseppe, Sant’Antonio e Moccò. Tocca
Bagnoli e Dolina, e solo “alcune corse” proseguiranno fino alle frazioni di
Prebenico e Caresana. Così anche nel percorso inverso. Molte altre modifiche
sono nella tabella di “prosciugamento” delle corse, in certi casi si è deciso
per un numero minore di mezzi su strada, che comporterà in alcune fasce orarie
un intervallo di passaggio più lungo. Più attese, insomma. Ma se ne riparlerà a
marzo, quando scatterà la fase 2. Quella che anche unifica l’autobus 6 con il 36
da San Giovanni fino a Grignano.
Gabriella Ziani
Ma quanto ci costa ogni km?
Ma quanto ci costa un chilometro percorso dal bus? E i tagli al servizio
concordati tra Giunta provinciale e Trieste Trasporti sono giustificati? Se lo
chiede polemicamente Francesco Cervesi, consigliere provinciale di Un’Altra
Trieste. «La Regione ha ridotto di 2 milioni, su circa 50, il trasferimento a
Trieste Trasporti - scrive -, ma non sarebbe meglio che l’azienda e i suoi molto
ben pagati manager amministrassero meglio eliminando sprechi, inefficienze e
super-stipendi?». Poi la matematica: «Per 50 milioni di euro annui, 13 milioni
di chilometri percorsi, quasi 4 euro a chilometro - aggiunge il consigliere -,
cui si aggiungono i proventi di biglietti e abbonamenti per 20 milioni, totale:
78 milioni di euro. Dunque ogni chilometro costa 6 euro. Ma il noleggio di un
camion con autista, gasolio, autostrada, spese generali e utile d’impresa si
aggira su 1,5 euro a chilometro. Ai cittadini Trieste Trasporti costa 4 volte
tanto? Senza che i suoi autisti abbiano uno stipendio quadruplo?».
«Inquinamento, il 20% delle Pm10 è causato dalle navi
in porto»
L’Arpa: dai grandi scafi in rada o comunque coi motori accesi anche il
30% del biossido di azoto
Presentato il nuovo piano di azione comunale, centro
chiuso in via preventiva ma solo nei pomeriggi
Nessuno sarebbe tranquillo per aver chiuso la finestra dopo che aria velenosa è
entrata in casa. Preferirebbe farlo prima. Ma finora il traffico in città veniva
sospeso appunto dopo che picchi di polveri sottili avevano invaso i polmoni
della gente, e per almeno 3 giorni. Una logica di legge, cui i sindaci erano
obbligati, e che adesso invece cambia radicalmente. Primo comandamento:
prevenire. Grazie al nuovo Piano di azione comunale (Pac), redatto sulla scorta
di quello regionale, ma in virtù soprattutto della tecnologia di cui è dotata
l’Arpa: un sistema informatico di ultima generazione in grado di “miscelare” con
un modello fotochimico previsioni meteo e dati sulla qualità dell’aria che
tengono conto anche delle emissioni provenienti dalla Slovenia. In modo da
sapere con anticipo se Trieste nei giorni a venire sarà incappucciata di smog
per almeno 3 giorni, o di più. E chiudere così il centro alle macchine “non eco”
per evitare che si verifichi il picco dei veleni. Una chiusura solo pomeridiana,
però. L’analisi dei dati fin qui raccolti solo dalle centraline (che rimangono
utili sentinelle, ma di fatto superate per le fasi decisionali) ha dimostrato
che Trieste è “sporca” nel pomeriggio. Forse perché la mattina si circola molto.
Ma in questo modo la chiusura preventiva consentirà a tutti di andare a scuola e
al lavoro, e di entrare in città dall’esterno, senza l’incubo del “perimetro”
recintato. Il nuovo Pac è stato presentato ieri dall’assessore all’Ambiente,
Umberto Laureni, dal direttore tecnico dell’Arpa, Fulvio Daris, dal responsabile
Arpa del Centro regionale di modellistica ambientale, Fulvio Stel. Il quale ha
definito «un incubo» fare previsioni su Trieste. Perché è un ambiente
mutevolissimo per orografia e meteorologia, e infiltrato da almeno quattro fonti
di inquinamento, però mitigate a volte e a sorpresa da brezze e da bora, le
“pulitrici”. Dai responsabili dell’Arpa è arrivata ieri una nuova certezza. Tra
gli inquinanti soliti, come traffico, riscaldamento e notoriamente industria,
Trieste ha anche il porto. Quanto inquina il porto? «Molto, le navi ormeggiate o
ferme in rada, che devono tenere motori accesi, procurano alla città il 20% del
totale di polveri sottili, e il 30% di biossido di azoto, frutto della
combustione». Da ora in poi le misurazioni continue dell’Arpa, con questo
software in uso anche al ministero dell’Ambiente, avvertiranno il Comune e i
suoi organi tecnici se nei giorni successivi è previsto inquinamento oltre i
limiti di legge. Se questo è annunciabile per uno o due giorni, l’ordinanza del
sindaco sarà solo intessuta di “raccomandazioni”: non usate la macchina,
riscaldate meno le case, non fate jogging, non portate fuori i bimbi. Se la
“preview” sarà di 3 giorni sotto smog, oppure di 3 giorni, con interruzione di
uno solo, e poi ripresa, scatterà il provvedimento numero due: centro città
chiuso al traffico nel pomeriggio dalle 15 alle 20. Per 3 giorni, oppure 5, o
quanto occorre. Fino a nuovo, seguendo l’Arpa. Per alti livelli di ozono, che si
verificano solo d’estate, e di cui è responsabile l’azione chimica provocata dal
sole, sarà sufficiente la raccomandazione a non uscir troppo di casa. «È un
cambiamento radicale, perché la salute si preserva con la prevenzione» ha detto
Laureni. Per Daris, «un sistema molto innovativo, quello delle centraline
sistemate in poche zone è ormai superato, noi avremo il polso di tutte le aree,
in una città complessa, con mare, Carso alle spalle, brezze e venti, inversioni
termiche». Anche in questo campo dunque una città speciale, faticosa: «Un
piccolo universo dentro l’universo più grande» l’ha definita Stel, spiegando
come questo software “indovino” sia stato sviluppato negli Usa già 15 anni fa, e
sia oggi «il più diffuso al mondo». È in sostanza un centro di calcolo. Si
buttano dentro il meteo, calcoli di simulazione chimica specifici, la quantità
di emissioni nota, ed esce il verdetto.
Gabriella Ziani
La nuova frontiera: la difesa dalle polveri
ultrasottili
Con le Pm10 dovremmo aver ormai familiarizzato, non si possono superare le
concentrazioni di polveri sottili oltre i 50 microgrammi per metro cubo al
giorno, 35 gli sforamenti consentiti all’anno. Ma per l’assessore all’Ambiente,
Umberto Laureni (foto), è un limite di vigilanza ormai superato, come ben sa la
letteratura scientifica. Le più insidiose polveri, da cui per ora nessuno ci
protegge, sono molto più piccole, sono le Pm2,5. «Quando pubblicheremo gli atti
della conferenza sulla salute relativa ai dati ambientali - ha detto ieri
Laureni - ci sarà anche un decalogo che prenderà in considerazione la difesa
dalle polveri più sottili. Perché la scienza ormai ce lo ha detto: non c’è un
vero limite al di sotto del quale le particelle sono innocue per la salute».
Dunque l’appello ai cittadini è di essere responsabili: ascoltare le
informazioni, agire secondo i consigli di prudenza.
Costiera, viadotto abusivo Quattro rinvii a giudizio
L’infrastruttura è stata realizzata per collegare una villa sul mare alla
strada Saranno processati la proprietaria, il direttore dei lavori e gli
esecutori
A guardarla dal mare non è una semplice strada che scende verso la spiaggia
dal costone della Costiera all’altezza di Santa Croce, ma è una sorta di
viadotto di cemento armato lungo 140 metri che, secondo il pm Antonio Miggiani,
è stato costruito abusivamente e in spregio a ogni vincolo paesaggistico, per
collegare la strada statale a una villetta al numero 88. Si tratta dell’abuso
edilizio e ambientale più grande mai registrato nella Costiera. Per questo
motivo la proprietaria della costruzione (tutt’ora sotto sequestro) e anche
coloro i quali l’hanno realizzata sono stati citati direttamente davanti al
giudice. Si tratta di Giuseppa Ruggiero, 63 anni, originaria di Salerno; e di
Bruno De Curtis, 75 anni, Rocco Leone, 43 anni, e Massimo Rauber, 54 anni.
L’udienza è stata fissata per il prossimo 22 maggio. La donna è accusata di aver
realizzato una strada carrozzabile (comprendente il viadotto) avente una
lunghezza complessiva di 240 metri non solo «in totale difformità rispetto al
progetto approvato e modificando in modo irreversibile l’assetto del territorio
e alterando le bellezze naturali di luoghi soggetti a speciale protezione».
Bruno De Curtis perché in qualità di direttore dei lavori «non ha esercitato
alcun controllo sulle opere edilizie». E gli ultimi due, Leone Rocco e Massimo
Rauber per aver realizzato di fatto l’opera ritenuta abusiva. Il viadotto era
stato scoperto dai forestali di Duino nella scorsa estate. Lo avevano
fotografato dal mare e poi avevano effettuato tutti i controlli e le verifiche
inviando quindi un’approfondita relazione al pm Miggiani. Poi era stato
effettuato il sopralluogo. «Opere di restauro per 300mila euro», era stato
scritto sul cartello appeso sul cancello esterno della proprietà di Giuseppa
Ruggiero. Ma secondo la procura per raggiungere la casetta collocata a pochi
metri dal mare i circa 300 scalini in pietra non potevano essere un'opzione
valida anche se la proprietaria è invalida al 77 per cento. Da qui la decisione
di far costruire, abusivamente secondo il pm Miggiani, una strada suddivisa in
due tronconi: il primo lungo 98 metri, con tanto di piloni di sostegno che
termina il suo corso nel primo tornante; il secondo di circa 140 metri, con
cordoli, cemento armato e scoli per l'acqua. Insomma il viadotto di cemento
armato con tanto di piloni ben visibile dal mare. Al momento del sequestro
l’assessore Elena Marchigiani aveva dichiarato: «Dopo la segnalazione è stata
effettuata un'ordinanza di sospensione dei lavori. Le autorizzazioni siano
arrivate da chi ha governato la città prima di noi».
Corrado Barbacini
“M’illumino di meno 2013” - Immaginario scientifico
Comune e Arci insieme contro l’inquinamento
Oggi è il giorno di “M’illumino di meno”, un’intera giornata all’insegna del
risparmio energetico in cui si invitano Comuni, associazioni, scuole, aziende e
case di tutto il nostro Paese ad aderire applicando azioni virtuose per
sensibilizzare i cittadini alla razionalizzazione dei consumi. E alla campagna
promossa dalla trasmissione radiofonica di Rai-Radio2 Caterpillar aderisce anche
il Comune di Trieste che, in coordinamento con Acegas-Aps, spegnerà
simbolicamente l’illuminazione di alcuni edifici: per un’ora (dalle 17.30) le
luci dei lampioni di piazza Unità e successivamente, dal tardo pomeriggio fino
alla prima mattina di domani, si oscureranno le luci del municipio, del Salone
degli incanti, di Monte Grisa, del monumento di piazza Goldoni e le luci in
piazza Vittorio Veneto. Sempre in piazza Unità, alle 18, i giovani volontari
della Croce rossa italiana organizzeranno un flash mob: saranno accese tante
candeline che formeranno il simbolo della Cri. Ma ci sono anche altri
appuntamenti in città. Ad esempio, all’Immaginario scientifico, che propone
un’apertura straordinaria serale e gratuita - dalle 20 alle 23 - con attività
per bambini e famiglie. Quindi: alle 20 ci sarà “Un po’ di luce sulla luce”, il
laboratorio rivolto alle famiglie (bambini a partire dagli 8 anni) in cui si
indagano i comportamenti delle fonti luminose. Poi c’è “Terra di notte”: ai
bimbi dai 5 ai 10 anni è riservato il laboratorio che, sempre alle 20, invita i
piccoli ad assemblare un circuito elettrico capace di illuminare una tascabile
“Terra di notte”. Un modo per parlare dell’inquinamento luminoso. Ed eccoci a
“Bagliori di risparmio”: riflettori puntati sulle pratiche del risparmio
energetico. I laboratori sono disponibili fino a esaurimento dei posti ma si
consiglia la prenotazione. Infine, l’Arci Trieste che in collaborazione con il
Circolo Officina promuove (dalle 15 alle 19) un aperitivo a sostegno della
campagna “M’illumino di meno”: parola d’ordine prodotti a chilometro zero e
basso consumo energetico. Si potranno quindi assaporare delizie locali come un
tagliere di salumi e formaggi dell’altipiano serviti con miele biologico,
tortilla a chilometro zero e zuppa rustica con fagioli, accompagnati da un
calice di vino e dalle note del concerto in acustico di Stefano Schiraldi e
Laura Comuzzi. Necessaria la prenotazione a trieste@arcitrieste.org. Tutti gli
incontri si svolgeranno nella sede del Circolo Officina, in via Manzoni 9.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 febbraio 2013
Bus, corse “tagliate” e linee unificate -
AUTOBUS, QUESTE LE VARIAZIONI COL PIANO DI RISPARMIO
Da domenica scatta per gradi il nuovo piano, figlio dell’austerity
Accorpate la 6 e la 36 sulla riviera, ridotte alcune tratte per Cattinara
Corse di autobus unificate, o con tempi di attesa più lunghi in certe fasce
orarie, linee che nei giorni festivi si diradano. Da domenica 17 cala su Trieste
la riforma del trasporto urbano, figlia diretta dei tempi economicamente flosci,
per cui a livello regionale son venuti a mancare 6 milioni di euro, e Trieste
avrà una decurtazione di 2,36 milioni, che corrispondono a 582 mila chilometri
di percorrenza. Più dei 571 mila previsti fino a solo poco tempo fa. Il piano,
ormai deciso e definitivo anche se non è stata raggiunta l’intera copertura
chilometrica da abbattere, prende applicazione per scaglioni successivi. Da
domenica partono solo le variazioni che riguardano i giorni festivi. Sono state
limate soprattutto certe linee periurbane, e specie quelle dove il controllo del
numero di passeggeri per corsa ha dato risultati minimi (7-10 persone), per
esempio i “39/” e 49/” tra Aurisina, Carso e Cattinara, e Muggia-San Dorligo e
altrettanto l’ospedale di Cattinara. Sparisce la corsa festiva, il risparmio
annuo sarà di 124 mila chilometri. Di forte impatto la fusione delle linee 6 e
36, che rende definitiva anche d’inverno la modifica introdotta per l’estate.
Tempo di attesa: 15 minuti, ma di 10 sulla tratta piazzale Gioberti (San
Giovanni) verso Stazione centrale: 100 mila chilometri risparmiati. Il
provvedimento varato dalla Provincia parte dal dato di fatto che l’aumento Istat
che la Regione avrebbe dovuto corrispondere alle aziende di trasporto pubblico
per il 2013 sarebbe dovuto essere del 6,2%, pari a 136 milioni di euro, e che la
Regione ne ha finanziati invece 130 mila. Da qui i tagli, con pesanti timori
anche per la tenuta dell’occupazione (e non solo del servizio pubblico).
«Abbiamo seguito, nella trattativa con Trieste Trasporti - spiega Vittorio
Zollia, assessore provinciale - criteri molto precisi: non toccare le fasce di
orario che coprono servizi scolastici o di lavoro, incidendo quindi piuttosto
sui giorni festivi; usare maggiormente linee fin qui poco utilizzate,
tagliandone altre sugli stessi collegamenti; tagliare collegamenti aggiuntivi,
organizzati grazie all’utilizzo della cifra derivante dal ribasso d’asta della
pregressa gara europea; rendere effettive modifiche già collaudate nel periodo
estivo». Fatte le somme dei chilometri, ma anche dei minutaggi perché ci saranno
fasce d’orario in cui certe linee allungheranno i tempi di attesa alla
pensilina, è risultato un risparmio di 410 mila chilometri. Distanti dalla cifra
finale di 582 mila. «Siamo ancora in trattativa con Trieste Trasporti - risponde
Zollia -, abbiamo chiesto che una parte dei tagli se li accolli l’azienda
stessa. Che si faccia carico insomma, per una quota, del risparmio che viene
richiesto». Ciò non significa però che Provincia e “TT” taglieranno corse un po’
per uno. Il traffico dei bus è stato definito. I risparmi “aziendali” dovranno
essere trovati altrove. E i sindacati, come vedremo, un’idea già ce l’hanno, che
non dispiace nemmeno al Comune, azionista di riferimento. Sullo sfondo, al
momento scongiurato ma non ancora con una firma sotto un documento, c’è
l’esubero paventato di 26 dipendenti a Trieste. «Ci siamo battuti per un accordo
generale - prosegue Zollia - che mantenga anche la situazione occupazionale, ma
è ancora aperta la discussione su che cosa taglierà Trieste Trasporti per
coprire l’equivalente dei 170 mila chilometri». Se non sui chilometri, e non sui
dipendenti, le opzioni aperte restano i risparmi di gestione, il calo degli
utili, una revisione stipendiale per le alte funzioni che potrebbe essere la
vera novità. «Se questa condivisione non sarà accettata - prevede Zollia -
toccherà a noi ridurre ancora il servizio, con conseguenze più pesanti per
l’utenza, che già adesso con questi interventi molto prudenti certamente in
alcuni settori ne risentirà». Intanto la riduzione dei finanziamenti fa base su
gennaio, ma un mese e mezzo senza riduzione di chilometri costa come nel 2012.
La spesa in più sarà da recuperare. «Da inizio anno il servizio è rimasto uguale
- ragiona l’assessore -, e dunque dovremo pagarlo per intero, cercando nel corso
dell’anno o compensazioni altrove, oppure fondi della Provincia al momento tutti
da trovare». Tra le certezze non scardinate da questo smagrimento c’è
l’assicurazione di Trieste Trasporti che non verranno modificati gli accordi che
prevedono un annuale acquisto di autobus ecologici di ultima generazione per
“pulire” le emissioni inquinanti, una politica che ha fatto del parco-bus
triestino uno dei più nuovi in circolazione.
Gabriella Ziani
«Corriere piene e attese più lunghe»
Le perplessità dei sindacati Usb. Zollia: il servizio urbano più ampio
della regione
Con la revisione del piano-bus ci saranno in lavoro 30 conducenti di meno.
Meno corse, meno linee, bus più colmi, tempi di attesa più lunghi. Questo
segnala il sindacato Usb. L’assessore provinciale Vittorio Zollia certifica che
i “passaggi” sui bus triestini sono di 70 milioni di utenti all’anno, «da soli
ne facciamo di più che in tutto il resto della Regione, abbiamo il più ampio
servizio urbano». E ai tavoli di contrattazione questo vien fatto pesare:
Trieste è sempre guardata dalle altre province come un costo da abbattere. Per
salvare la rete, sono stati tagliati alcuni snodi, ed ecco alcuni dettagli (il
quadro completo è in tabella). Le linee “39/” e “49/” che collegano
rispettivamente Aurisina e Muggia all’ospedale di Cattinara, istituite come
aggiuntive, vengono dimezzate: un solo autobus al posto di due, e soppressione
della corsa festiva. Secondo la Provincia, entrambi «non erano mai entrati nelle
abitudini». Da gennaio a novembre 2012 si sono contati 12,4 passeggeri a corsa
sulla linea di Aurisina e 7,6 su quella da Muggia. Su Muggia sarà inoltre di
rilievo l’accorpamento tra linea 20 e 21 nei giorni festivi (19 mila chilometri
tagliati). Un altro cambiamento importante è l’unificazione dei bus 15 (piazza
Oberdan-Campo Marzio) e 16 (Oberdan-Campi Elisi) nei giorni festivi. Da due
mezzi per linea si passerà a 3 sulla 15, il cui percorso verrà prolungato fino a
viale Campi Elisi. In piazza Oberdan, vista la parziale coincidenza di percorso
fino a via Colautti, l’attesa poteva essere ridotta a 10 minuti, con
l’accorpamento sarà obbligatoriamente di 20. Se le variazioni dei festivi
partono già da domenica, tutto l’intero assetto sarà consolidato a partire da
marzo e sia Trieste Trasporti che la Provincia si apprestano a fornire
dettagliate informazioni ai cittadini. E quella che certamente attirerà di più
l’attenzione (posto che linee fondamentali come la 9 non vengono toccate) sarà
quella relativa all’unificazione di linea 6 con linea 36. Quindi un solo autobus
da San Giovanni fino a Grignano. I sindacati hanno fatto i conti: «L’utenza
troverà di fatto il 27% in meno di capacità complessiva di trasporto e il 27% di
affollamento in più».
(g. z.)
Petizione di 2250 firme: «Meno soldi ai dirigenti»
L’iniziativa dei sindacati è stata accolta dal sindaco Cosolini:
«Sacrifici per tutti, per i vertici ma anche per i dipendenti. I posti di lavoro
sono stati salvaguardati»
Tagliate gli utili di Trieste Trasporti, e anche gli stipendi dei suoi
dirigenti. Con questa perentoria invocazione i rappresentanti del sindacato
Unione sindacale di base hanno presentato all’assessore comunale Fabio Omero una
petizione firmata da 2250 cittadini «che chiedono - riferisce Willy Puglia,
coordinatore regionale dell’Usb - di evitare il peggioramento dei servizi, visto
che per il prossimo anno la Regione ha già preannunciato una ulteriore riduzione
del finanziamento, pari al 12%». In allegato, pesanti giudizi su alcuni vertici
di Trieste Trasporti «anche per comportamento antisindacale». Per Willy Puglia
l’assessore Omero «ha già deciso di accogliere quanto richiesto dalla
petizione». «Ma non è proprio così - obietta il sindaco Roberto Cosolini -, il
sindacato riferisca correttamente: noi soci di maggioranza diremo in assemblea
che i sacrifici, quando sarà chiaro il quadro economico ancora in elaborazione,
devono farli tutti, e dunque sì, faremo la proposta che qualche sacrificio sia
distribuito anche sui compensi dei dirigenti. Del resto avevamo già ottenuto la
decurtazione del 30% per gli amministratori, e siamo ormai a un compenso minimo
per chi ha la responsabilità di amministrare una “spa”». Ma quando in ballo ci
sono tagli che si spostano da un tavolo all’altro, le cose non sono così
semplici. E infatti Cosolini preavverte: «Come si arriverà ad assorbire i tagli
sarà frutto di una decisione condivisa. Teniamo conto di un importante risultato
già ottenuto: non solo l’occupazione è salva in Trieste Trasporti, ed è certo
che a seguito del ridimensionamento del servizio non ci saranno esuberi, ma sono
stati anche confermati i dipendenti a tempo determinato. Però questo non vuol
dire - prosegue il sindaco - che tutti gli istituti contrattuali debbano essere
mantenuti così come sono. Avverto i sindacati: per questi tempi di crisi alcuni
sono ridondanti, per esempio questa azienda mi risulta avere un “monte ore” per
permessi sindacali eccessivo». Avere, e dare. Questo si troveranno di fronte i
sindacati. Cosolini lo rimarca: «Se limature sono necessarie, non è solo sui
dirigenti che vanno spalmate, dei quali peraltro io non conosco ancora
l’ammontare di retribuzione, ma su tutto e anche su tutti». E un ultimo punto
Cosolini mette in piattaforma, già in risposta alla provocazione: «Se qualcuno
chiede che si taglino gli utili di Trieste Trasporti, è meglio che cambi
impostazione, perché quegli utili non vanno ad arricchire un’azienda privata, ma
finiscono in un bilancio del Comune, già decurtato di 20 milioni di euro, che
serve per dare servizi, quindi tagliare gli utili a Trieste Trasporti non fa un
dispetto a un investitore, significa tagliarli ai cittadini di Trieste».
(g. z.)
Ma è scongiurato un nuovo aumento dei biglietti
No, per tamponare i tagli regionali non saranno ulteriormente aumentati i
biglietti dell’autobus. Il ritocco a biglietti e abbondamenti è scattato a
inizio 2013, ma di fronte ai “tagli da colmare” non si sa mai. La Provincia
smentisce decisamente: «Non ci pare assolutamente opportuno in un momento di
crisi come questo aumentare i costi per i cittadini per compensare un minore
corrispettivo da parte della Regione».
«Il tram per ora è salvo, il vaporetto forse»
La Provincia: in sede di trattativa ci è stato fatto pesare il suo costo.
In futuro si vedrà cosa fare
Il budget di Trieste Trasporti, col taglio di oltre 2 milioni di
trasferimenti dalla Regione, scende da 80 a 78 milioni, considerata anche la
ventina che l’azienda guadagna con biglietti e abbonamenti dei cittadini e la
quota che incassa con la vendita annuale del 33% del parco-bus usato, per
l’acquisto contestuale di nuovi mezzi. Nascosto in queste cifre, e anche nel
piano dei tagli, c’è il prezioso e ammalato tram di Opicina. Sempre gestito da
Trieste Trasporti. Che fine farà? «Il tram è salvo - assicura l’assessore
provinciale ai Trasporti Vittorio Zollia -, ma certo al tavolo regionale di
trattativa ci è stato fatto pesare: costa». Costa e al momento è ancora fermo
per nuovi importanti aggiornamenti sia delle cabine elettriche e sia di alcune
tratte di rotaia. Il punto interrogativo si proietta sul futuro: non solo ai
sindacati, evidentemente, ma ancor prima alla Provincia l’assessore regionale
Riccardo Riccardi ha già preannunciato il taglio ulteriore del 2014, pari al
12%. Mentre tutte le politiche amministrative puntano con incessante “moral
suasion” a usare sempre di più i mezzi pubblici... Ma non finisce qui, perché
Trieste, nel contesto regionale, porta anche un altro peccato, quello di avere
il mare, e dunque anche trasporti via mare. Altrettanto gestiti da “TT”. E qui
la partita è tutta da giocare. La linea del “Delfino verde” Muggia-Trieste e
ritorno, diventato da tempo un autobus di mare anche per studenti e lavoratori,
non sembra affatto in pericolo. Troppo consolidato come servizio, concorrenziale
rispetto allo scomodo e lento assetto viario e anche ai tempi degli autobus. Ma
ben altra questione, ancora da discutere, riguarderà fra breve la linea
Trieste-Barcola-Grignano-Duino, prettamente estiva. Molto turistica. Nel senso
che, quand’anche non fosse stracolma di utenti a ogni ora, è quasi un “must” per
una città come Trieste, con approdo non distante da piazza Unità e una certa
tensione a migliorare l’afflusso e il servizio turistico. Zollia non si
sbilancia: «Tenteremo - dice per ora - di attivare la linea anche quest’anno,
noi siamo del tutto convinti che sia necessaria». Ma poi si dovranno fare i
conti. Forse in estate non sarà stato ancora riassorbito neanche il maggior
costo delle “corse piene” di gennaio e febbraio, su cui però si estende già la
decurtazione economica, partita a gennaio.
(g. z.)
MUGGIA - Urbanistica all’esame dei ragazzi
Il Consiglio dei bambini valuterà (giocando) il Piano regolatore
MUGGIA Un Consiglio dei piccoli che parteciperà attivamente al processo del
Piano regolatore. È la novità proposta dal Comune di Muggia, unico nella
provincia ad aver ottenuto un contributo di 6 mila euro dalla Regione, per
realizzare il Consiglio dei bambini e ragazzi. Il laboratorio si svolgerà
durante i prossimi tre mesi nei quali, guidati da animatori e con la
supervisione, i bambini e i ragazzi si confronteranno, sulle tematiche del Piano
regolatore, ragionando sul proprio territorio, in modo ludico e divertente.
Domani alle 17.30, nella Sala “G. Negrisin” di piazza Marconi, sarà possibile
formalizzare l’iscrizione al laboratorio e si potranno inoltre incontrare gli
animatori e gli architetti con cui lavoreranno e giocheranno cogliendo
l’occasione per ulteriori chiarimenti sulle modalità di partecipazione,
sull’organizzazione e gli orari. Formalmente il Consiglio sarà costituito da una
rappresentanza ottenuta a sorteggio e composta da tre bambini (uno di terza, uno
di quarta ed uno di quinta) per ogni sezione di scuola primaria (De Amicis
–tempo normale e tempo pieno, Zamola, Loreti e Bubnic) e da una rappresentanza
formata per elezione diretta dei ragazzi e costituita da sei alunni della scuola
media Nazario Sauro. La partecipazione al laboratorio comporterà una decina di
incontri: ci sarà una prima fase di ascolto e di osservazione, e una successiva
di elaborazione pratica con la realizzazione di disegni, modellini ed altro
materiale. In seguito ai ragazzi più grandi sarà chiesto di preparare un
documento sarà presentato e discusso nel Forum del Piano regolatore.
(ri.to.)
Alla riscoperta del biologico: un corso a Muggia
MUGGIA Dopo il successo registrato a Trieste, approdano anche a Muggia i
corsi di orticoltura ecologica all’insegna dello slogan “Assicurati un
raccolto”. Organizzata dal Gruppo di acquisto solidale Decrescita felice,
Bioest, Italia Nostra e comitato Danilo Dolci, con la partecipazione dei due
comuni, l’iniziativa proseguirà fino a settembre con una ventina di lezioni,
teoriche e pratiche. Primo appuntamento domani alle 17 nella sala Millo di
Piazza della Repubblica: saranno illustrate le modalità di svolgimento dei corsi
a beneficio di chi ha già aderito e di chi è interessato a farlo. Due gli
obiettivi principali del progetto. «Riallacciare un rapporto tra la comunità e
la terra, con i requisiti della sostenibilità e della naturalità, e riavvicinare
la comunità stessa alle produzioni locali, prima fra tutte quella alimentare»,
spiega Jacopo Rothenaisler, fondatore e presidente dell’associazione
ambientalista Impronta Muggia. Sull’onda lunga della “riscoperta” del biologico
e del suo ruolo all’interno della legislazione europea, l’iniziativa sta
incontrando interesse: «Prima ancora della presentazione ufficiale – rivela
Rothenaisler – contiamo già una quarantina di iscritti: le persone vogliono
prendere contatto con la produzione del cibo nel rispetto di quella naturalità
abbandonata, e anzi devastata, dalle industrie». Per farlo, non basta metter
mano alla terra e non vale l’improvvisazione. Sono necessarie delle conoscenze
basilari che verranno fornite nell’arco di dieci incontri gratuiti e aperti a
tutti, senza necessità di prenotazione. Consulenti ed esperti, dal 22 febbraio
ai prossimi due mesi, faranno luce su temi delicati quali il concetto di
agricoltura sostenibile, gli orti biologici, biodinamici e biosinergici, le
piante spontanee e officinali, l’apicoltura, la permacultura. Le lezioni
teoriche proseguiranno anche per tutto maggio, con l’analisi degli insetti
utili, i semi antichi e le coltivazioni autoctone, l’orto sul balcone e l’orto
coi bambini. Intanto, da marzo a settembre, si svolgeranno i corsi pratici,
riservati agli iscritti: undici sabati dedicati all’orticoltura sostenibile, con
lezioni tenute dall’agronomo muggesano Cristian Trani nell’orto “Decrescita
felice”, 1.400 metri quadrati di terreno nei pressi dei laghetti delle Noghere.
Davide Ciullo
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 febbraio 2013
Savino sulla Ferriera: «Tavolo del governo» - Lucchini
La visita a Monfalcone del ministro Passera è stata anche l’occasione di un
rapido confronto con l’assessore regionale alle Finanze Sandra Savino, che ha
sollecitato l’esponente del governo sul tema caldo della Ferriera di Servola.
«Ho voluto ribadire di persona al ministro alle attività produttive
l’improrogabile necessarietà dell’apertura in sede ministeriale di un tavolo
dedicato alla Lucchini di Servola - spiega Savino. Un tavolo istituzionale, con
le parti sociali, gli enti locali e l’impresa, che deve essere agganciato a
quello nazionale, che comprende anche Piombino, e a quello europeo, a cui fanno
capo tutte le crisi sulla siderurgia, istituito a Bruxelles su iniziativa del
vicepresidente della Commissione Taiani. Ma oggi è stata anche l’occasione per
rafforzare il concetto che proprietà aziendale e istituzioni debbono dialogare e
negoziare in ordine alle prospettive di chiusura e di conversione dell’impianto.
La Lucchini infatti ha una responsabilità diretta, sia sul fronte ambientale,
sia su quello occupazionale».
SEGNALAZIONI - Rigassificatore Non copiamo gli errori
Caro capitan Gianfranco Badina, dopo aver letto la sua replica sulla rubrica delle segnalazioni del 7 febbraio ,volevo confermare quanto da lei affermato a riguardo il porto commerciale di Rotterdam. Nel 1977 ero imbarcato su una portacontainers di una compagnia di navigazione nazionale, che faceva scalo a Rotterdam prima di intraprendere il lungo viaggio verso l’Australia. E in effetti da quanto lei illustra, e io ho visto di persona, a voler fare un paragone, il molo VII sta al porto commerciale di Rotterdam come un ormeggio di pedalò sta al molo VII. E, a chi non avesse avuto la possibilità di esserci stato, posso assicurare che la proporzione non è una esagerazione. Neanche con la creazione del molo VIII riusciremmo ad avvicinarci alla realtà di quel porto. Già all’epoca, quando il nostro molo VII era entrato in attività solo da qualche anno, ho potuto vedere a Rotterdam la flotta norvegese effettuare le operazioni di carico e scarico di container in modo del tutto autonomo per ridurre i tempi di sosta, perché dotata di proprie attrezzature a bordo idonee a queste operazioni. Un altro mondo. Però, per quanto concerne la presenza di un impianto di rigassificazione che dista solamente 1.800 metri dal primo paese, trovo che questo non sia un buon motivo per accondiscendere alla presenza di un impianto simile nel nostro golfo. Fosse anche la stessa distanza minima dalle prime abitazioni (ma come lei ben sa così non è) il fatto che ne sia stato creato uno in altro sito non costituisce precedente, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza e l’incolumità dei residenti, ignorando volutamente poi i dettagli dei danni causati dal continuo lavaggio delle linee dell’acqua di mare mediante ipoclorito di sodio (varechina, tanto per intenderci) per evitare la formazione di flora e fauna all’interno dei tubi di aspirazione e scarico. Inoltre, e lei lo sa certamente, il nostro golfo ha una profondità massima di 20 metri e riceve una corrente marina molto lenta che sale dalle coste dell’Istria e lambisce la nostra costa per poi scendere verso il litorale adriatico. La domanda che mi pongo è: sarà sufficiente a mitigare i danni causati dall’ipoclorito di sodio? Viceversa, considerata la profondità della baia di Tokyo e le correnti provenienti direttamente dall’oceano, la diluizione dell’acido di conserva dell’impianto sarà di gran lunga migliore che non nel nostro modesto specchio d’acqua. Egregio capitan Badina, ma se qualcun altro vuol farsi del male da solo perché dovremmo seguirne l’esempio? La prego di riconsiderare la questione in tutti i suoi aspetti, non solo nella tolleranza e compatibilità del traffico marittimo commerciale con tutte le altre attività. Faber est suae quisque fortunae...
Nevio Poclen
Venerdì luci spente in Municipio - “MI ILLUMINO DI
MENO”
Il Comune aderisce all’iniziativa di Caterpillar sul risparmio energetico
Buio in sala, nelle case e nelle piazze. Lo spettacolo del risparmio va in
scena venerdì, data di “Mi illumino di meno”, iniziativa a cura della
trasmissione radiofonica di Radio 2 “Caterpillar”, adottata anche quest'anno su
scala nazionale e nel capoluogo ancora dal Comune di Trieste e AcegasAps.
Piccoli gesti per nuove e concrete fonti di risparmi energetico. Il manifesto
della manifestazione è questo, condensato in un pomeriggio di decisi appelli e
forti gesti simbolici, da trasmettere nelle case, nelle aziende e soprattutto
tra i giovani, il versante su cui Comune e AcegasAps puntano maggiormente in
chiave di investimento culturale. Il 15 febbraio si parte dalla mobilità
alternativa (bicicletta, bus, camminata) sino ad una maggiore attenzione sullo
spreco del cibo. Il punto focale permane tuttavia quello della energia,
distribuita tra consumi domestici, come illuminazione, riscaldamento e cottura.
Comune e AcegasAps vogliono fare la loro parte, supportati per l'occasione anche
dai volontari della Croce Rossa. Venerdì, dalle 17.30 e per un'ora, si
oscureranno le luci del Municipio, del Salone degli incanti, al santuario di
Monte Grisa, del monumento a colonna in piazza Goldoni e in piazza Vittorio
Veneto. In piazza Unità poi, a cura di una squadra formata dai volontari della
Croce Rossa, è previsto una sorta di flash-mob, un siparietto collettivo sul
tema, probabilmente incentrato sulla accensione di fiaccole e candele, fonti mai
passate di moda. Il Comune mette ora a disposizione un servizio gratuito di
assistenza su normative e e incentivi sul risparmio energetico (0406758552) a
Passo Costanzi 2, stanza 508/bis.
(fr.ca.)
SPORTELLO ENERGIA - MARTEDI', 12 febbraio 2013
DETRAZIONI FISCALI. Al 50% anche per impianti
fotovoltaici - ENERGIA RINNOVABILE. In casa anche senza pannelli »
Gli incentivi del 5° Conto Energia per gli impianti fotovoltaici
finiranno nei prossimi mesi. Le stime circolanti in rete – pur incerte –
prevedono il loro esaurimento entro fine marzo o al massimo maggio di
quest’anno. Superato l’importo di 6,5 miliardi di euro di incentivi, manca poco
al raggiungimento del limite massimo di 6,7 miliardi che farà scattare gli
ultimi 30 per poter accedere agli incentivi (vedi
qui il contatore fotovoltaico GSE).
Una volta esauriti gli incentivi in vigore, in mancanza di un nuovo Conto
Energia, c’è la possibilità di usufruire, anche per l’installazione di impianti
fotovoltaici, delle detrazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie (50% per
gli interventi realizzati e pagati entro il 30 giugno di quest’anno, dopodiché
si tornerà alla detrazione del 36% – per approfondimenti vedi la
Guida per le ristrutturazioni edilizie). A patto che si rinunci alle
tariffe del conto energia.
In questi mesi però la possibilità di accedere alle detrazioni è stata frenata
dal comportamento differente tra diverse sedi dell’Agenzia delle Entrate. Alcune
lo hanno negato, altre hanno espresso parere positivo all’accesso alle
detrazioni per il Fotovoltaico.
Serviva un chiarimento, che il portale specializzato QualEnergia.it aveva
chiesto all’Agenzia nei mesi scorsi. Ora la
risposta è arrivata (il 15 gennaio), tramite
l’ufficio stampa. Il riferimento normativo è il nuovo articolo 16 bis del TUIR
(il Testo Unico delle Imposte sui Redditi) che include tra gli interventi
detraibili le “opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici con
particolare riguardo all’installazione di impianti basati sull’impiego delle
fonti rinnovabili di energia”. Ora è essenziale che l’Agenzia delle Entrate
ribadisca a tutti con specifica circolare.
La possibilità di detrarre i costi degli impianti fotovoltaici non è ovviamente
cumulabile con gli incentivi del 5° Conto Energia attualmente in vigore, ma è
cumulabile con lo Scambio sul Posto, ossia la valorizzazione dell’energia non
auto consumata ed immessa in rete dal cittadino.
Ad oggi per impianti da 3 kW il Conto Energia resta, sebbene di poco, l’ipotesi
migliore, mentre per impianti medi (ad es. di 20 kW) abbandonare la tariffa GSE
in favore della detrazione sembra un’ottima idea.
Nel prossimo futuro, specie per gli impianti di piccola dimensione, la
detrazione fiscale unita alla costante diminuzione dei costi di installazione
permetterà un tempo di rientro dall’investimento simile a quello che si poteva
ottenere con i gli incentivi dei Conti Energia che si sono susseguiti negli
ultimi anni, con il vantaggio di un costo di investimento iniziale di molto
inferiore.
La possibilità di abbinare impianti fotovoltaici a pompe di calore o altri
interventi di riqualificazione energetica renderà sempre più vantaggioso
investire nel risanamento energetico delle nostre abitazioni, anche alla luce
del nuovo Conto Termico illustrato in questa della newsletter (clicca
qui).
IL PICCOLO - MARTEDI', 12 febbraio 2013
Secco no al rigassificatore dalle sei società nautiche
- MUGGIA
MUGGIA Limitazioni sulla libera circolazione dei natanti, forte impatto
ambientale e ricaduta negativa sulla qualità della vita dei cittadini. Con
queste tre motivazioni le sei società nautiche di Muggia si sono riunite per
esprimere unanimemente “parere assolutamente contrario” al progetto di
realizzazione del rigassificatore di Zaule. I sodalizi che raccolgono ben oltre
1000 soci hanno dunque stilato un documento per accodarsi all'ampio partito del
no all'impianto di rigassificazione. Il documento è stato firmato da Ladi
Cociani (Circolo della Vela), Fabio Vascotto (Pullino), Roberto Sponza (Yacht
Club Ps Rocco), Bruno Steffè (Marinaresca), Sergio Burlin (San Bartolomeo) e
Gianni Macovez (Diportisti Muggia). Le società esprimono preoccupazioni legate
in particolar modo agli aspetti ambientali tra cui si segnalano su tutti “i
problemi legati alla circolazione delle acque marine utilizzate per il
riscaldamento del gas liquefatto”. Inoltre “il prelievo e le modifiche sia
chimiche che fisiche dell'acqua marina in un bacino ristretto dai limitati
fondali e dalle modeste correnti, quale il Vallone di Muggia, si aggiungerebbero
in forma massiccia agli inquinanti già esistenti: presenza di altri scarichi di
acque industriali, civili, polveri di carbone e impianti di raffreddamento che
utilizzano acqua di mare dalla Ferriera di Servola, scariche dei troppo pieni
degli impianti di depurazione e trattamento acque reflue”. Le società poi hanno
espresso preoccupazione poiché “l'impianto andrebbe a inserirsi tra altri
impianti industriali a rischio di incidente rilevante e possibile effetto
domino, con aree attigue di altissima densità abitativa”. Infine hanno
evidenziato come “destinare la quasi totalità del Vallone di Muggia e più in
generale del Golfo di Trieste a polo energetico farebbe decadere l'interesse da
parte dei cittadini delle associazioni e anche degli imprenditori a investire
sul settore sociale, turistico e dello sviluppo sostenibile del territorio, con
una gravissima ricaduta sulla qualità della vita di tutta la cittadinanza”.
(ri.to.)
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE / 1 Distanza di sicurezza
Ringrazio il signor Badina per la gentile risposta alla mia segnalazione del 29 gennaio scorso, in quanto mi sembra che le sue argomentazioni vadano a confermare quanto da me sostenuto. Difatti nella segnalazione pubblicata il 7 febbraio egli dice di essersi riferito solo al traffico marittimo, per cui, mi sembra di capire, il suo sostegno al rigassificatore sarebbe giustificato semplicemente dal fatto che una gasiera possa essere in grado di entrare e uscire dalla baia di Muggia. Nessun cenno invece né sulle caratteristiche del progetto nè sulla sicurezza (della popolazione, delle attività contigue, degli altri natanti, ecc.) né sull’inquinamento del mare e delle relative conseguenze sulla salute della popolazione e sulle altre attività ad esso legate. Nella stessa segnalazione vengono indicate pure le dimensioni della baia di Tokio, confermando che essa è enormemente più vasta di quella di Muggia, per cui, a mio avviso, ogni confronto tra le due è improponibile ed assolutamente inopportuno. Per quanto riguarda l’impianto di Rotterdam egli precisa che esso è stato costruito su un’area bonificata (quindi artificiale) che io ho chiamato semplicisticamente isola. La sua descrizione però conferma che il rigassificatore è stato costruito su un’area artificiale, creata su mare aperto, lontano dal centro del porto e della città. Sito completamente diverso da quello previsto per Trieste e quindi, anche in questo caso, il confronto lo ritengo assolutamente improponibile. Per finire, egli indica in 1800 metri la distanza delle case più vicine all’impianto contro i 5000 metri da me accennati. Forse la mia consultazione di Google è stata imprecisa, ma anche i 1800 metri sono una distanza superiore a quella considerata come “distanza minima di sicurezza in caso di incidente” che sarebbe, secondo gli studi messi a disposizione dal TtrT, di 1500 metri. Nel nostro caso abbiamo le abitazioni a 400 metri, cioè all’interno dell’area di massima pericolosità. È quindi mia opinione che prima di sostenere o meno un impianto soggetto a rischio rilevante, come è il rigassificatore di Zaule, bisognerebbe prendere in considerazione ogni suo aspetto, dalle caratteristiche del progetto all’interferenza che il suo funzionamento avrebbe nei confronti dell’ambiente (marino ed atmosferico), della sicurezza e delle altre attività economiche della zona. Ciò è già stato fatto, accuratamente, da un gruppo di studiosi della nostra città che hanno dato il loro contributo al TtrT, il quale, assieme ad altre associazioni, sta informando, da lungo tempo, loro sì correttamente, i cittadini e le autorità. Per non approfittare ancora di Segnalazioni gradirei approfondire la discussione direttamente con il signor Badina qualora egli volesse contattarmi telefonicamente.
Silvano Baldassi
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE / 2 Differenze con Rotterdam
Care Segnalazioni, al grido di “anche Rotterdam ha il suo rigassificatore” il signor Badina riporta più e più volte il caso del terminal “Gate” per dimostrare la compatibilità tra il progetto spagnolo in baia di Zaule ed il porto industriale; l’impianto olandese diventerebbe così il modello da seguire. Nel suo ultimo suo intervento (7 febbraio) egli omette però alcuni importanti dettagli e sbaglia completamente le proporzioni degli spazi disponibili. La grande isola/penisola artificiale di Maasvlakte – su cui sorge Gate – è posta all’ingresso dei bacini portuali di Rotterdam. La particolare localizzazione del terminal – affacciato sul Mare del Nord e appena fuori dall’estuario della Mosa – permette alle gasiere di attraccare direttamente in un canale dedicato (il “Kleine beer-canal”) mantenendo una via di fuga diretta – e rapida - verso il mare aperto. Per di più, le porta-container in transito sono separate dall’attracco delle navi gasiere da una nuova penisola artificiale di circa 1500 metri. Oltre a tutte queste strutture di “sicurezza passiva”, l’Autorità Portuale olandese ha assegnato una rigida finestra oraria – dalla mezzanotte alle quattro del mattino – entro la quale è atteso l’arrivo delle navi Gnl. Durante le manovre di avvicinamento e attracco al canale separato, il restante traffico viene temporaneamente “congelato” per minimizzare il rischio di collisione. Parliamo adesso di distanze: il quartiere più vicino al terminal Gate (Hoek van Holland, quasi 10.000 abitanti) non dista “solamente 1800 metri”, ma circa 4300 da (digitare “Hoek van Holland” in Google per controllare). A Trieste, in 1800 metri si arriva oltre i quartieri popolari di via Flavia, via Capodistria etc., e in 4300 in piazza Unità e a Rozzol Melara. Cos’altro dire, del signor Badina? È sempre lui che, nel dissertare di temi di sicurezza nel nostro porto, affermava: «Non credo che sia indispensabile mantenere il canale di accesso al porto petroli libero durante la sosta di una metaniera». Alla domanda su cosa fare se una petroliera diretta alla Siot dovesse cedere il passo a una gasiera in emergenza, rispondeva «Si potrebbe anche, in estrema ratio, far incagliare la supergasiera, senza grossi danni data la bassa velocità ed il fondale fangoso del Vallone». Dunque, ai suoi occhi, la soluzione è semplice: se il canale è occupato da una petroliera vicina al pontile, la gasiera, magari a rischio di incendio o fuga di gas, la si manda ad incagliare da qualche parte davanti a Muggia. Geniale.
Carlo Franzosini, Daniela Mosetti, Livio Sirovich
“Strage” di alberi nei boschi di Longera
La protesta dei residenti: «Erano piante sanissime, altro che vecchie. È
stato come in Val Rosandra»
Da qualche giorno a questa parte tra gli abitanti del rione non si parla
d’altro. Lungo le vie, alla fermata degli autobus, nei punti di ritrovo del
quartiere. Ma di cosa? Di quello che i residenti hanno già definito, usando una
metafora indubbiamente forte, uno scempio che ricorda da vicino quello compiuto
lo scorso anno in Val Rosandra, seppur rapportato in scala rionale. Ci troviamo
al confine tra i rioni di San Giovanni e Sottolongera, esattamente
all’intersezione tra via Napoleone Cozzi e Strada per Longera, dove sorge uno
spazio verde di proprietà dell’Ater. Ebbene, nei giorni scorsi, l’area è stata
oggetto di un intervento di pulizia radicale, che è consistito nell’abbattimento
di una ventina di alberi, tra i quali platani, tigli, robinie e pini marittimi.
Il problema è che i residenti di via Cozzi e quelli delle case popolari di
Strada per Longera si aspettavano un semplice intervento di ordinaria
manutenzione, come del resto accaduto negli anni passati, l’ultimo in ordine di
tempo la scorsa estate, con la potatura dei rami pericolanti e la relativa messa
in sicurezza dell’intera area verde. Ed invece si sono ritrovati con la brutta
sorpresa di uno spazio divenuto improvvisamente deserto. Non solo, ironia della
sorte, l’unica cosa rimasta sul terreno, oltre ad un paio di alberi
sopravvissuti al disboscamento, sono le immondizie e la presenza dell’edera, che
si arrampica sui muri e aggredisce gli arbusti. «Ci è stato riferito che gli
alberi tagliati erano vecchi e pericolanti, noi residenti invece siamo sicuri
che si trattava di piante sanissime, il cui unico problema era la presenza
dell’edera, che poi era la sola cosa da togliere e che invece è rimasta - sbotta
Federico Vascotto, portavoce della protesta del rione -. L’area adesso si
presenta desolatamente spoglia, peraltro piena di immondizie e di rifiuti
ingombranti. Uno spettacolo decisamente poco edificante per tutti i cittadini».
Dunque residenti sul piede di guerra per quello che loro stessi hanno definito
un intervento inopportuno ed esagerato. «Quegli alberi offrivano fresco d’estate
e riparo durante l’inverno, oltre che presentare una vista naturale impagabile -
spiega Massimiliano, che abita nel rione -. Adesso invece ci troviamo di fronte
ad un’area brulla e degradata». Alla luce di quanto accaduto, gli abitanti del
rione chiedono ora un intervento che possa quantomeno porre rimedio, sia pur
parziale, alla situazione, con la piantumazione di nuovi alberi e la
riqualificazione dell’intera zona. Lamentele e richieste alle quali risponde
Enzo Macchiussi, dirigente dell’area gestionale Ater. «Quando mettiamo in atto
interventi di questo tipo significa che ci troviamo di fronte ad alberi malati e
pericolosi per la pubblica incolumità - precisa Macchiussi -. Siamo pronti a
riqualificare l’area».
Pierpaolo Pitich
“M’illumino di meno”, al Lis si impara a risparmiare
energia - EVENTI»L’INIZIATIVA A GRIGNANO
Venerdì l’Immaginario scientifico partecipa alla giornata nazionale con
giochi e laboratori per bimbi e adulti sulla sostenibilità ambientale e
l’inquinamento
“M’illumino di meno”, la giornata nazionale per il risparmio energetico
ideata dal programma Caterpillar di Radio Due, si festeggerà venerdì anche a
Trieste con una serie di iniziative votate alla sensibilizzazione su questo
tema. Non c’è annata più azzeccata per farlo, visto che un consumo consapevole
dell’energia non aiuta soltanto l’ambiente, ma anche il portafoglio. Un’ottima
idea è quella di partire con l’educazione dei più piccoli: ecco allora che
l’Immaginario scientifico propone un’apertura straordinaria serale con attività
speciali dedicate al risparmio energetico. “M’illumino di meno, mi diverto e
imparo di più”, questo il nome dell’iniziativa, aprirà per l’occasione le porte
del Lis di Grignano dalle 20 alle 23, con la possibilità di visitarlo in
un’atmosfera di giocosa penombra, accompagnati da una serie di attività e
laboratori, alcune riservate ai bambini, altre alle famiglie e al pubblico,
proposte esclusivamente in questa occasione e dedicate al tema dell’energia e
del consumo consapevole. A Trieste inizierà alle 20 il laboratorio rivolto alle
famiglie “Un po’ di luce sulla luce”, in cui adulti e bambini avranno la
possibilità di indagare i comportamenti della luce e delle fonti luminose,
sperimentandone alcune applicazioni. Alla stessa ora si potrà partecipare a
“Terra di notte”, laboratorio ludo-didattico riservato ai bambini da 5 a 10
anni, sempre con inizio alle 20, che insegnerà ai più piccoli ad assemblare un
semplice circuito elettrico capace di illuminare una tascabile “Terra di notte”:
un modo per spiegare il concetto di inquinamento luminoso. Infine, con “Bagliori
di risparmio” ci si concentrerà sulle pratiche della sostenibilità e del
risparmio energetico, esplorando insieme al personale dell’Immaginario l’area
museale, che ospita la grande postazione interattiva promossa da Ecolamp, il
Consorzio senza scopo di lucro che si occupa proprio della raccolta e del
trattamento delle sorgenti luminose a basso consumo esauste. Oltre
all’installazione Ecolamp, l’area accoglie un grande modello prodotto dal Ceta,
il Centro di ecologia teorica e applicata di Gorizia: attraverso queste
postazioni si accompagneranno i visitatori in un percorso dedicato al consumo
consapevole dell’energia e al rispetto dell’ambiente. I laboratori, disponibili
fino a esaurimento dei posti, sono gratuiti, ma si consiglia la prenotazione sul
sito web dell’Immaginario. Non serve invece prenotare per la visita serale al
Science Centre, che per l’occasione proporrà al pubblico le sue tre sezioni
espositive (Kaleido, Fenomena e Cosmo) con visita guidata al planetario.
Giulia Basso
IL PICCOLO - LUNEDI', 11 febbraio 2013
Piano di tutela delle acque e Grande Guerra in
Consiglio - LAVORI DELLE COMMISSIONI
TRIESTE Provvedimenti per garantire l’esercizio del diritto allo studio,
interventi a tutela del patrimonio idrogeologico, commemorazioni legate al
centenario della Grande guerra. Sono alcuni degli argomenti che approderanno, da
domani, all’attenzione delle commissioni consiliari. Ad aprire le danze, saranno
i lavori della quarta commissione a cui, domattina, i componenti della giunta
Tondo illustreranno la delibera per l'adozione definitiva del progetto di Piano
regionale di tutela delle acque. Nella giornata di domani sono già
calendarizzati gli interventi di una settantina di soggetti interessati, tra
ambientalisti, amministratori ed esperti in materia idrogeologica. Giovedì a
riunirsi sarà invece la sesta commissione, chiamata ad esaminare una proposta di
legge per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico e culturale della
Prima Guerra mondiale. Il provvedimento in questione prevede, tra i vari punti,
anche una serie di interventi per la promozione delle celebrazioni dell'inizio
del conflitto.
IL PICCOLO - DOMENICA, 10 febbraio 2013
Ecco i rimborsi “referendari” dell’acqua
Nella bolletta estiva le somme tariffate come “remunerazione del
capitale”, ma per le famiglie non supereranno i 6 euro
TRIESTE Tempo che arrivi l’estate e l’utente idrico italico potrà riavere in
bolletta gli importi che indebitamente le imprese erogatrici avevano caricato
sulle tariffe, con riferimento alla remunerazione del capitale investito, dal 21
luglio al 31 dicembre 2011. Cioè, dopo che il referendum, tenutosi il 12-13
giugno dello stesso anno, aveva abrogato proprio tale onere tariffario.
L’Autorità per l’energia, che è competente anche per il servizio idrico, ha
deliberato il 31 gennaio scorso, assistita da un parere espresso dal Consiglio
di Stato, che gli enti d’ambito (nel Friuli Venezia Giulia si chiamano Consulte
d’ambito) hanno 120 giorni di tempo (quindi andiamo alla fine di maggio) per
studiare quanto e come restituire al cliente. Poi la proposta degli enti volerà
in piazza Cavour a Milano, all’attenzione dell’Authority, per il vaglio
definitivo. Risultato finale presumibile: sarà la bolletta estiva a prevedere e
contenere il rimborso. Rimborso che, secondo fonti ufficiose AcegasAps, per
l’utenza familiare media dovrebbe aggirarsi attorno ai 5-6 euro, ma che potrebbe
essere ben più significativo per le aziende che hanno ingenti impieghi idrici.
Sembra tutto facile ma in realtà non lo è. Perchè la restituzione dell’indebita
voce tariffaria s’intreccia con la presentazione delle nuove tariffe idriche da
parte degli stessi enti d’ambito, che abbiamo già incontrato. Entro il 31 marzo
gli enti debbono trasmettere all’Autorità le proposte tariffarie, che terranno
conto del nuovo metodo transitorio indicato dalla stessa Authority presieduta da
Guido Bortoni, sulla base delle direttive Ue. A tale riguardo Bruxelles
stabilisce che la tariffa, secondo il principio full cost recovery, deve coprire
i costi finanziari, i costi ambientali, i costi delle risorse. Il metodo
transitorio, inserito dall’Autorità, interviene retroattivamente dal 1°gennaio
2012 al 31 marzo 2013. Quindi, se il referendum del giugno 2011 ha eliminato il
riferimento all’”adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, la
nuova tariffa dovrà comunque tener presente l’onere finanziario del capitale
investito. E se la remunerazione abolita dal referendum era una quota fissa pari
al 7%, la nuova misura sarà invece variabile. Per cui, alla fine della giostra,
il gestore con una mano darà e con l’altra prenderà: per l’utente il guadagno
non sarà certo di quelli che cambiano la vita. E infatti il Forum dei movimenti
per l’acqua segue con preoccupato interesse l’evolversi della partita
tariffaria, al punto da chiedere le dimissioni dell’Autorità, accusata di
reinserire surretiziamente quanto eliminato dal voto referendario.
Massimo Greco
Il nuovo schema sui consumi idrici dovrà essere
depositato il 31 marzo
In Friuli Venezia Giulia si chiamano Consulte d’ambito e hanno sostituito i
vecchi Ato, che erano stati costituiti con la Legge regionale 13/2005. Dal
1°gennaio di quest’anno le Consulte d’ambito hanno così ereditato funzioni e
rapporti giuridici delle precedenti Autorità d’ambito. I nuovi organismi sono 5:
quattro hanno sede nei comuni capiluogo (Trieste, Udine, Gorizia, Pordenone),
una opera a cavallo del Veneto (provincia di Treviso) e dello stesso Friuli
Venezia Giulia. La Consulta, competente per Trieste, è di fatto incardinata
all’interno dell’amministrazione comunale giuliana ed è presieduta dallo stesso
sindaco Cosolini, mentre la direzione è affidata a Edgardo Bussani. Entro il 31
marzo prossimo venturo la Consulta dovrà elaborare uno schema tariffario, che
sarà frutto del lavoro del gestore e delle pubbliche amministrazioni
interessate, e lo dovrà mandare all’Autorità per l’energia.
Allergie da cosmetici, campagna informativa
Stanziati dal ministero 123mila euro da destinare alla prevenzione. Al
via corsi per medici e farmacisti
TRIESTE Sensibilizzazione e sorveglianza per contrastare la diffusione dei
cosmetici contraffatti e il rischio di allergie correlate. La giunta regionale
ha ricevuto un finanziamento di 123 mila euro dal ministero della Sanità per
attivare programmi di educazione sanitaria e prevenzione pensati ad arginare il
fenomeno. L’iniziativa è rivolta prevalentemente a medici e farmacisti del
territorio, chiamati a sollecitare i cittadini a un utilizzo consapevole dei
prodotti e a segnalare possibili effetti nocivi sulla salute. La delibera,
votata dall’esecutivo, è stata proposta dall’assessore alla Sanità Luca Ciriani.
Il Friuli Venezia Giulia ha ottenuto lo stanziamento sulla base di un bando di
gara nazionale e ora potrà rafforzare la rete di controlli su un tema «poco noto
ma reso sempre più centrale anche in relazione alle nuove norme nazionali che
impongono la farmaco-sorveglianza sui cosmetici», precisa una nota della giunta.
Il punto di partenza è la constatazione che, complice il mercato globalizzato,
«la diffusione dei cosmetici non a norma o contraffatti non è affatto marginale
e interessa anche il nostro Paese. Gli effetti avversi, nell’utilizzo
quotidiano, sono generalmente sottovalutati» dalla popolazione, si legge nel
testo della delibera varata dall’esecutivo regionale. La somma sarà gestita
dalle tre realtà che in Fvg sono maggiormente specializzate in materia:
l’Azienda sanitaria n°6 “Friuli Occidentale” in collaborazione con la n°2
“Isontina”, a cui si aggiunge l’Azienda ospedaliero di Trieste. Il progetto si
sviluppa innanzitutto nell’informazione sui pericoli derivanti da cosmetici
contraffatti; a questo proposito le strutture sanitarie friulane, che
riceveranno un totale di 43 mila e 106 euro, si dedicheranno a una campagna di
educazione sanitaria. Nell’iniziativa rientra, in particolare, la realizzazione
di un cortometraggio da recapitare alle farmacie del Friuli Venezia Giulia. Con
una somma analoga il territorio goriziano, invece, avrà il compito di preparare
materiale divulgativo e si occuperà della formazione nei confronti dei medici.
Da Trieste, che potrà contare su 41 mila e 103 euro, infine, partirà un’indagine
epidemiologica sugli accessi al Pronto soccorso causati da problemi
dermatologici. Inoltre il capoluogo avrà il compito di realizzare un protocollo
ad hoc per facilitare le cure per i pazienti con sospette allergopatie da
cosmetico.
(g.s.)
«Iva anche alle associazioni onlus» - DENUNCIA DI
LOBIANCO
Mozione in Consiglio dell’esponente Fli: il sindaco annulli l’imposta
«Che vi siano difficoltà a reperire 25 milioni di euro per chiudere il
bilancio è un problema, ma che l'amministrazione Cosolini, non sapendo più cosa
fare, rastrelli soldi anche alle associazioni sportive, culturali a carattere
"onlus" imponendo l'Iva ai contratti di locazione e parificandole così alle
realtà a fine di lucro, fatto inusitato, è davvero un altro passo falso di
questa amministrazione, ed ahimè non l'ultimo». Lo afferma Michele Lobianco,
consigliere comunale di Fli che annuncia, per domani sera una una mozione
urgente in Consiglio comunale. Lobianco afferma di aver saputo da più parti che
verrà applicata l’Iva ai contratti di locazione delle associazioni onlus, tra le
quali le società culturali, sportive, ricreative a carattere sociale ecc…«Ora
tale provvedimento mai applicato sinora - scrive l’esponente di Fli - associa lo
stesso trattamento fiscale delle realtà commerciali, imprenditoriali a fine di
lucro a quelle onlus in un difficile momento delle realtà associative triestine
che vedono sensibilmente diminuito l’apporto di contributi pubblici finalizzati
alle loro attività». «L’introduzione dell’Iva addizionata al canone d’affitto -
sottolinea ancora Lobianco - metterà in forte crisi molte associazione locatarie
limitandone la loro attività se non minandone il percorso associativo stesso.
Sono consapevole - aggiunge - delle difficoltà di bilancio ma questo non possano
essere risolte con provvedimenti iniqui e fortemente penalizzanti». Pertanto il
consigliere di Fli con la sua mozione intende impegnare il sindaco e l’assessore
ad annullare l’imposizione Iva per i canoni di locazione alle associazioni onlus
locatarie del Comune di Trieste.
Torna Alpi Giulia Cinema E la montagna diventa un set -
EVENTI»LA RASSEGNA
Giovedì al Miela inizia il festival che testimonia le imprese di
alpinisti e speleologi Il 28 febbraio il Caffè San Marco ospita la passerella
finale con le premiazioni
L’alpinismo che diventa racconto, la speleologia che trasmette emozioni.
L’arte abbraccia la montagna e dà vita alla seconda parte dell’edizione 2013 di
“Alpi Giulia Cinema”, la numero 23 per gli annali, rassegna promossa
dall’associazione culturale Monte Analogo. Tre gli appuntamenti distribuiti a
febbraio, due al teatro Miela, l’ultimo, in chiave cerimoniale, allestito al
Caffè San Marco. Si parte giovedì al Miela, appunto, teatro di una serie di
proiezioni legate al cinema di montagna in campo internazionale. Vernice alle
18, con il film “The wizard apprentice” (Repubblica Ceca), per la regia di Petr
Pavlicek, incentrata sulle vicende di Adam Ondra, arrampicatore, sportivo,
amante della montagna intesa come parametro non solo agonistico. Alle 21 è la
volta di “Hardest of the Alps”, del regista Damiano Levati, movie on the road
sulle tracce degli alpinisti che hanno fatto epoca. A seguire l’opera tedesca
“Outside The box–A female tale”, la storia di due amazzoni dell’arrampicata
giunte a confronto. E inoltre il corto statunitense “Cold”, di Anson Fogel e, a
chiusura della maratona cinematografica del 14 febbraio al Miela, altre due
pellicole italiane, “Linea Continua” e “Linea 4000”. Giovedì 21 febbraio si
replica occupandosi di speleologia con la tappa “Helles Bells Speleo Award
2013”, promossa in collaborazione con la Commissione Grotte Boegan di Trieste.
Giornata al Miela articolata in due tornate: la prima dalle 18 alle 20, con la
prima giostra di video, documenti e proposte, l’altra dalle 21 sino alle 23
circa, con una seconda robusta porzione di opere e testimonianze che avvolgono
uomini, progetti e imprese in chiave speleointernazionale. Un dozzina le
pellicole attese, per buona parte italiane ma con contributi che provengono
anche dai versanti dell’avventura in Messico e in Slovacchia. Il sipario sulla
23esima edizione della rassegna cinematografica targata Monte Analogo cala nella
gironata di giovedì 28 febbraio, al Caffè San Marco, salotto dalle 20.30 delle
premiazioni e della passerella finale dei protagonisti. Il Premio Alpi Giulie
Cinema è riservato nello specifico agli autori originari delle regioni alpine,
dal Friuli Venezia Giulia alla Slovenia e Carinzia, impegnati nelle saghe
narrative che coinvolgono la montagna attraverso i segni dello sport, la
ricerca, l’avventura. La serata prevede anche l’assegnazione di un premio
speciale, quello intitolato alla memoria di Luigi Medeot, direttore della
rivista “Alpinismo Goriziano”, e riservato al miglior soggetto.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - SABATO, 9 febbraio 2013
«I soldi del Cip6 per la riconversione» - IL FUTURO
DELLA FERRIERA
Secondo Rifondazione comunista si possono ottenere 18 milioni
Farsi anticipare gli ultimi 18 milioni del cosiddetto Cip 6 e con questi
finanziare la bonifica dell’area della Ferriera e la sua riconversione
industriale. É quanto propone Rifondazione comunista attraverso il suo
segretario provinciale Antonio Saulle e il responsabile settore lavoro Paolo
Hlacia. «Il Cip 6 è sostanzialmente una sovratassa sulle bollette - spiega
Hlacia - che paghiamo tutti quanti. Sarebbe allora sacrosanto che quei soldi,
che alla fin fine sono soldi pubblici, venissero utilizzati per dare un futuro
lavorativo diverso ai 500 lavoratori della Ferriera e gli altri 300
dell’indotto. Perché è follia che le aziende incassino i soldi e
contemporaneamente mettano la gente in strada.» Ma il Cip 6 è anche un
provvedimento contestato che il Consiglio di stato ha recentemente ridotto anche
con effetto retroattivo. Nonostante questo garantirebbe 12 milioni all’anno alla
centrale Elettra che alcuni anni fa è stata venduta dalla Lucchini ad alcuni
fondi d’investimento inglesi. Ma Elettra ottiene il contributo solo grazie al
fatto che produce energia con i gas refusi che le fornisce la Ferriera. Secondo
Saulle e Hlacia si tratterebbe di conseguenza di farsi anticipare dallo Stato i
12 milioni del Cip 6 previsti per il 2013 più altri 6 del primo semestre 2014 e
utilizzarli appunto per la riconversione dell’area a fini logistico-industriali.
«Qualsiasi nuova destinazione si decida di dare al comprensorio, anche se si
vorrà utilizzarlo come terminal logistico, comunque c’è bisogno di soldi e molti
- aggiunge Saulle - per la bonifica, l’infrastrutturazione dell’area e l’avvio
delle nuove attività. Ma finorà non si sono visti né imprenditori, né progetti,
né soldi: eppure è su questo che si gioca il futuro dell’area, di tanti
lavoratori e di una grande fetta dell’economia triestina, non certo
sull’opportunità e o meno di una consulenza a Rosato. Rifondazione comunista -
conclude il segretario provinciale - è impegnata a sviluppare un confronto serio
per individuare indirizzi per lo sviluppo industriale ed economico. Il tempo
delle responsabilità è arrivato. Quindi, se il sindaco vuole assumersi la
responsabilità di spendere 50mila euro per una consulenza faccia pure. Abbia
però la serietà di non far perdere alla città i milioni del Cip 6 pagati da
tutti i contribuenti onesti.» Intanto però le elezioni politiche sono ormai alle
porte e non ci sono notizie di convocazione al Ministero dello sviluppo
economico né del Tavolo specifico che doveva essere incentrato proprio sulla
questione di Trieste e nemmeno di quello più generale sul Gruppo Lucchini. A
giorni dovrebbe essere l’assessore a Programmazione e finanze Sandra Savino a
convocare il Tavolo in Regione che dovrebbe definire l’Accordo di programma per
la riconversione.
(s.m.)
Muggia, settanta le osservazioni al Piano regolatore
Il documento urbanistico potrà essere visionato dai cittadini fino al 17
febbraio. Molto alta finora la partecipazione
MUGGIA Debutto con successo della fase partecipativa nella redazione del
nuovo Piano regolatore di Muggia, avviata un mese fa dalla giunta Nesladek sotto
forma di “tavoli” riservati ai cittadini e a tutte le categorie in grado di
esprimere dei pareri. Le iscrizioni alle consultazioni, concluse in concomitanza
con il primo Forum generale, sono state oltre 130. Una settantina di persone ha
aderito all’iter nelle ultime due settimane, sintomo evidente di un interesse
della comunità muggesana su come viene utilizzato e servito il territorio. Una
mobilitazione tanto massiccia da costringere i tecnici comunali a spostare la
sede del forum, inizialmente individuato nella sala Negrisin, nella più capiente
sala Millo. La quale si è presentata subito gremita. Semplici cittadini,
associazioni, ordini professionali: tutti rappresentati e accomunati dalla
voglia di saperne di più sul futuro urbanistico di Muggia. E mentre gli incontri
assumeranno le caratteristiche di gruppi tematici, che si terranno il 19 e il 21
febbraio prima del forum conclusivo programmato per il 28, gli elaborati
(l’analisi della variante, gli scenari strategici, la bozza di Piano struttura)
rimarranno in visione per il pubblico sino al 17 febbraio in sala Negrisin. Nei
giorni 12 e 14 i muggesani potranno anche confrontarsi con i progettisti,
presenti in loco. La sfida lanciata dall’amministrazione comunale, insieme alla
“squadra” di San Vendemiano, è al contempo ambiziosa e rischiosa: si tratta di
trovare una convergenza soddisfacente tra le esigenze di sviluppo della
cittadina – sempre evidenziate da maggioranza e opposizione – lungo direttrici
produttive, logistiche e turistiche e la necessità di preservare l’ambiente da
abusi edilizi simili a quelli verificatisi negli ultimi decenni. La giunta,
insomma, ha messo in cima alla propria agenda la lotta al “consumo” del suolo,
nonostante il sindaco abbia a più riprese affermato di non volersi accontentare
di una conservazione statica dello stesso. Sviluppo sostenibile è la formula
chiave, ma per realizzarlo bisogna mettere tutti d’accordo. Ed è facile
immaginare che nessuno farà sconti. Tra gli interlocutori più vigili c’è
l’associazione ambientalista Impronta Muggia, il cui fondatore e presidente
Jacopo Rothenaisler si era già espresso a favore di chiare e decise politiche di
decrescita. Nel corso dell’incontro, l’ex sindaco ha ribadito di essere
favorevole alle direttive della giunta, ma anche di volersi assicurare che il
redigendo Prg non se ne discosti troppo. «Bisogna considerare – ammonisce
Rothenaisler – che anche la cosiddetta “opzione zero” non è tale, poiché risulta
condizionata dal Piano casa regionale che consente ampliamenti significativi:
dobbiamo renderci conto che territorio da cementificare non ce n’è più». Ma
Rothenaisler ha riservato l’osservazione più “piccata” alla classe politica,
rappresentata «soltanto in minima parte» all’interno del forum: «L’aspetto più
grave è stato dover constatare che alcune persone che abbiamo eletto non hanno a
cuore il compito amministrativo più importante del loro mandato». Un’accusa
condivisa dalla vicesindaco Laura Marzi, che auspica una maggior adesione dei
consiglieri ai prossimi tavoli, ma esprime ugualmente la soddisfazione per la
partecipazione al primo incontro: «La fase partecipativa è il punto di forza del
percorso che abbiamo intensificato a partire dal mese di giugno – ha dichiarato
Marzi – per disegnare un futuro che risponda in primis alla comunità e al
territorio, inteso come bene collettivo da salvaguardare».
Davide Ciullo
«Energia, meno costi per le aziende» - IL CONSORZIO
PROMOSSO DA CONFINDUSTRIA
La presidente Andres: «Risparmio complessivo da 800mila euro»
Il Consorzio Energia promosso da Confindustria Trieste con il primo gennaio
ha iniziato la fornitura di energia elettrica alle 60 aziende consorziate alle
nuove condizioni economiche definite a giugno del 2012. «Le trattative hanno
confermato il nuovo trend che si sta determinando nella definizione dei prezzi
dell’energia elettrica e del gas naturale - ha affermato Ulrike Andres,
presidente del Consorzio -. Il prezzo dell’energia elettrica sul mercato
all’ingrosso si determina infatti sulle principali piattaforme di trading il cui
valore è influenzato da quattro fattori: andamento dell’economia e aspettative
della domanda, prezzo del petrolio (per l’Europa il Brent), cambio euro/dollaro
e infine prezzo della borsa elettrica italiana definito dal Gestore dei mercati
energetici». L’energia elettrica, insomma, è ormai considerata una materia prima
come le altre principali “commodities”, il cui prezzo varia di fatto
quotidianamente. «Da ciò deriva che è molto importante monitorare nel corso dei
mesi l’andamento dei prezzi all’ingrosso dell’energia elettrica, seguirne
l’andamento, per poi andare a chiudere le trattative nel periodo nel quale si
ritiene il prezzo dell’energia elettrica abbia raggiunto un livello ottimale»,
osserva Andres, che aggiunge: «Per il 2013 abbiamo anticipato la chiusura della
trattativa a giugno. Con i dati di costo a consuntivo del 2012, che hanno
risentito di un trend in aumento del prezzo del petrolio e della borsa elettrica
che a febbraio aveva fatto i conti con l’emergenza gas, i costi nel 2013 saranno
inferiori a quelli dello scorso anno di circa l’8-9%». «Tenuto conto – conclude
Andres – che il prezzo della componente energia rappresenta poco più del 50% del
costo finale, devono essere conteggiati gli altri costi del sistema elettrico
stabiliti dall’Authority. La diminuzione effettiva, che dovrà tener conto
dell’aumento del valore degli oneri di sistema, sarà di circa il 3-4%. Nel
complesso, quindi, l’attività del consorzio nel 2013 consentirà di ottenere un
minor costo per le aziende aderenti stimato in circa 800mila euro rispetto al
2012».
IL PICCOLO - VENERDI', 8 febbraio 2013
Paoletti accelera: nel 2015 pronto il sito alle Noghere
E il presidente della Camera di commercio Antonio
Paoletti, appena giunto ieri pomeriggio alla fiera di Berlino, ha subito
annunciato una forte accelerazione per quanto concerne la nuova piattaforma
agroalimentare di Trieste che in realtà troverà collocazione all’interno del
Comune di Muggia. «Sarà la Camera di commercio – ha annunciato Paoletti - ad
acquistare dall’Ezit il terreno di 40mila metri quadrati già identificato alle
Noghere. Era già stato comprato dal Comune di Trieste e poi rivenduto. La
prossima settima incontrerò nuovamente il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, ma
la giunta camerale ha già deliberato l’acquisto, mentre il prezzo potrà essere
fissato soltanto dopo le caratterizzazioni che dovranno quantificare l’entità
della bonifica necessaria.» Ciò che conforta in questo caso è che trattandosi
sostanzialmente di padiglioni i lavori potranno essere molto celeri. «Dato per
scontato che tutto il 2013 se ne andrà per le complesse fasi burocratiche
italiane – commenta Paoletti - la realizzazione potrebbe partire già all’inizio
del 2014 (l’area già apparirebbe inquinata in modo molto superficiale) e i
lavori potrebbero chiudersi in 12 mesi. Dal 2015 dunque il trasferimento che
libererebbe anche l’area pregiata di Campo Marzio.
(s.m.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 febbraio 2013
L’Anm: «Ferriera, la magistratura ha agito» - LETTERA
DI PETRUCCO TOFFOLO
«Tre i sequestri effettuati negli anni, con prescrizioni imposte per
ridurre le emissioni»
«Lo stabilimento è stato sequestrato per tre volte ed è stato restituito
solo a seguito del rispetto di articolate prescrizioni dettate dai consulenti
della Procura e del Gip». Lo sottolinea con forza, in una nota ufficiale, il
giudice Francesco Petrucco Toffolo, presidente della Giunta esecutiva sezionale
per il Friuli Venezia Giulia dell’Associazione nazionale magistrati. L’Anm si
riferisce alla Ferriera di Servola, ribadendo come la magistratura a Trieste sia
intervenuta più volte con azioni incisive a fronte delle emissioni nocive
rilevate. I tre sequestri di cui scrive Petrucco Toffolo sono stati disposti,
alla luce degli sforamenti riscontrati (emissioni diffuse in due casi, diossina
nell’altro), tra il 2001 e il 2006 su richiesta del pm Federico Frezza, titolare
in Procura dei fascicoli sulla Ferriera in quegli anni. «In uno dei tre casi -
prosegue Petrucco Toffolo - il sequestro disposto dal Gip (e non per
“imbrattamento”) comportò la chiusura totale per ben 14 mesi del reparto
agglomerazione, che venne restituito solo quando le modifiche adottate, e la cui
efficacia fu oggetto di una puntuale verifica peritale, garantirono il rispetto
del limite stabilito dalla legge regionale per le emissioni di diossina (limite
che è inferiore alla metà di quello vigente nel resto d’Italia)». In Friuli
Venezia Giulia, infatti, è stato fissato a 0,4 nanogrammi per metrocubo. Ed
entro quel livello, attraverso il rispetto delle prescrizioni definite dal
perito consulente del pm Frezza, vennero riportate le emissioni. Il documento
dell’Anm ribatte con decisione «all’articolo di Adriano Sofri sulla Ferriera»,
«pubblicato su Repubblica» a metà gennaio. La replica puntualizza che, a fronte
delle emissioni nocive, provvedimenti concreti da parte della magistratura sono
stati presi e interventi effettuati. «Nel caso più recente - aggiunge ancora la
nota dell’Anm -, il dissequestro avvenne solo a seguito dell’esecuzione di
lavori per oltre 6 milioni di euro. La proprietà accettò di svolgere i lavori
come da relazione del consulente tecnico d’ufficio, senza alcuna contestazione
né richiesta di modifica». Per una riduzione, così, delle emissioni aeree nel
minimo da 165 a 48 tonnellate di polveri all’anno e nel massimo da 551 a 143.
Nella relazione del consulente Marco Boscolo erano stati dettagliatamente
indicati gli interventi da realizzare: contenuti che, peraltro, vennero poi
inseriti anche nell’Aia. Inoltre va ricordato pure che la misurazione del
benzoapirene a Servola è stata avviata nel 2007 proprio su iniziativa del pm
Frezza e a spese della Procura stessa. «Sul fronte epidemiologico - conclude
Petrucco Toffolo - è stato anche per effetto delle iniziative giudiziarie che
gli enti locali hanno finalmente elaborato uno studio sulla mortalità dei
lavoratori: se i risultati, per fortuna, non sono allarmanti come quelli di
Taranto, ciò è dovuto anche al fatto che la magistratura si è attivata, ha
individuato ed imposto prescrizioni e ha ottenuto risultati».
(m.u.)
Costa dei Barbari un chilometro in più di spiaggia
pubblica
Presentato in Comune il progetto di recupero ambientale L’accesso al sito
sarà modificato per la sicurezza
DUINO AURISINA Un chilometro netto di spiaggia in più. Mille metri di
ciottoli e onde che, di fianco alla gratuitissima striscia di Castelreggio e ai
meno sparagnini lidi di Caravella e Porto piccolo, ampliano notevolmente
l'offerta di mare e sole a Sistiana. Con la nuova oasi di Costa dei Barbari,
dove c'è la volontà di creare un parco regionale, con fulcro nella verde lecceta,
per attrarre un turismo ambientalmente sostenibile, Duino Aurisina guadagna
ancora spazi da deputare all'ombrellone e aspira a diventare, contando anche
sulla spiaggetta di Duino, Filtri, Ginestre e Marina d'Aurisina, il baricentro
delle vacanze sui litorali regionali. Almeno è questo emerso dalla
presentazione, in sede di Seconda commissione, del progetto preliminare sulla
riqualificazione di Costa dei Barbari, passata in mano al Comune. Punto di
partenza del recupero ambientale, che per questo lotto d'intervento conta su un
contributo di 847.500 euro, lo studio sulla pericolosità geostatica compiuto dal
geologo Santo Gerdol. Il professionista ha distinto diverse zone di criticità e
classificato lo stato di conservazione dei manufatti nell'ex cava. E dalle sue
osservazioni sono scaturite coraggiose modifiche nelle vie d'accesso al sito. In
primo luogo, nel progetto preliminare elaborato dall'architetto Paolo Vrabec,
con Mario Smrekar, Maurizio Spoto e Roberto Odorico, si è stabilito di demolire
la scalinata in pietra che dalla Costiera ora conduce alla spiaggia, in quanto a
rischio geostatico: non solo per l'elevata pendenza dell'ultimo tratto, ma
perché il percorso poggia su materiali estratti dalla cava e dunque non
costituisce una base solida di ancoraggio. La futura scalinata d'accesso sarà
invece realizzata sfruttando l'antica discenderia, tra ciglione e mare, un tempo
adibita al trasferimento su rotaie della pietra. Lungo il manufatto in
calcestruzzo, ancorato alla roccia sottostante, sarà realizzata una scala in
elementi metallici elettrosaldati della bellezza di 392 gradini, con
pianerottoli di riposo posti a lato. All'altezza del Belvedere sarà creata una
terrazza panoramica, con pannelli e dispositivi multimediali che forniranno
informazioni ai turisti. L'altro sistema di collegamento al mare sarà un
percorso pedonale che avrà inizio con la carrareccia, un tempo a servizio della
cava. I fondi non consentono di arrivare con l'opera fino a Marina d'Aurisina,
ma sarà recuperato comunque un chilometro di spiaggia, con la contestuale
riqualificazione del pontile da adibire ad attracco per barche. La camminata
sarà a 3 metri e mezzo sul mare, con una naturale barriera frangiflutti da un
lato e dall'altro, a monte, murature in pietra arenaria o gabbionate in
pietrame, per contrastare la caduta di massi. Saranno quindi restaurati anche i
muri a pettine e gli impianti delle tramogge. Infine, in corrispondenza al
collegamento tra il percorso interno a Portopiccolo e il sentiero pedonale sul
lungomare, saranno creare un’isola ecologica e toilette. Il punto individuato
sfrutterà la vicinanza ai sottoservizi del comprensorio. Sul punto il
consigliere Andrea Humar, che ha apprezzato nel suo complesso il progetto, ha
espresso perplessità, chiedendo che i wc siano inseriti in area più prossima
alla spiaggia, per agevolare i bagnanti. Humar ha altresì raccomandato che, con
le economie d'intervento, si realizzino tutte le opere possibili. Anche Giorgio
Ret, che in polemica con la conduzione della commissione, era uscito sbattendo
la porta, ha spronato l'ente a portare avanti il più possibile i progetti, per
non perdere fondi. Il consigliere Edvin Forcic ha invece sottolineato la
conquista di un chilometro di spiaggia in più, spronando affinché si metta mano
ai regolamenti per evitare musica e frastuono in spiaggia, ma lasciando libero
l'accesso da Porto Piccolo a tutti, con un settore dedicato anche ai naturisti.
Tiziana Carpinelli
L’invasione del “no-profit” A Trieste 2915 imprese
L’Istat ha realizzato il primo censimento: ogni 71 abitanti c’è un ente
che si dedica a malati, anziani, sport, musica, bimbi e “single”. Una galassia
molto poco nota
Le imprese produttive a Trieste sono circa 4500 o poco meno, ma ancora un
piccolo sforzo e saranno superate in quantità dalla selva di quelle “no profit”,
“onlus”, di volontariato, dalle associazioni, dalle fondazioni. Un fenomeno
gigantesco e poco noto. Folle di persone che lavorano gratis. Eppure muovono
molti soldi. Per la prima volta emerge un numero quasi certo della loro
consistenza: 2915. In una città di 207.800 abitanti, ogni 71 cittadini c’è un
gruppo così generoso da prendersi cura di qualcun altro o di qualcosa: disabili,
anziani, psicolabili e sofferenti psichiatrici, bambini prematuri, bambini
operati, bambini orfani, ciechi e sordi, malati di rene, da ictus, di
reumatismi, spastici, dislessici e emopatici, celiaci, alcolisti, ma anche cani
e gatti abbandonati, viaggi e musicoterapia, lingue straniere, benessere e
solidarietà, musica celtica, studenti, genitori separati, divorziati, stranieri,
e poi danza e sport, scout e musica d’operetta, perfino “single”,
autoconoscenza, tempo libero con materiali come aquiloni e fresbee. Per la prima
volta l’Istat ha promosso un censimento obbligatorio di questa realtà,
appoggiandosi alle Camere di commercio, e con multe salate per chi si fosse
rifiutato di rispondere entro i termini del 20 dicembre (da 512 a 5184 euro).
Finora è saltata fuori solo la consistenza del fenomeno, le schede sono in
elaborazione, «ma abbiamo fatto fatica perfino noi a individuare tutti - spiega
Alessandro Delfrate, responsabile del settore Finanze, promozione e statistica
della Camera di commercio -, oltre che con gli elenchi ufficiali disponibili ci
siamo aiutati anche con Internet...». Il numero trovato a Trieste è unanimemente
considerato “enorme”, e saltando il fatto che lo scorso ottobre l’Agenzia delle
entrate ha pizzicato qualcuno che, avendo e mantenendo un’attività remunerata,
ha ben pensato di trasformarsi in “onlus” per godere degli immensi vantaggi
fiscali, questo mondo è una ragnatela fatta di grandi, piccoli e minimi. La
stessa Fondazione CRTrieste è un “no profit”, ma per legge deve destinare un
quindicesimo dei propri utili alle associazioni di volontariato registrate in
Regione (che non sono tutte, la galassia è frastornante). «Tra “onlus” e non
onlus sono 7000 su tutto il territorio regionale e almeno 600 a Trieste, dove
con un calcolo al ribasso si può dire che siano occupate almeno 36 mila persone,
ormai con gravi problemi di cambio generazionale» dice Pierpaolo Gregori,
presidente della Federazione regionale volontariato nata nel 2009 e membro del
Cda su nomina della Provincia nel Centro servizi volontariato del Fvg con sede
anche a Trieste. È stato calcolato che in Italia dal 2002 al 2011 le Fondazioni
bancarie abbiano distribuito al no-profit ben 13 miliardi di euro, Trieste ne
aveva avuti 2 nel 2009 ma da allora il contributo è sceso della metà per via dei
rendimenti “da crisi” dei patrimoni. Coi soldi dei soli associati certo non si
vive e non si lavora, per quanto gratis. Per le associazioni di volontariato
iscritte a registro, e sotto il governo della Regione, il Csv che in galleria
Fenice ha ben 19 dipendenti fornisce vetture (di proprietà), fax, consulenze,
fotocopie e quant’altro serve. Tutto gratis. «Ma poi ci sono le no-profit non
registrate - conclude Delfrate -, fra queste troviamo i partiti politici, i
sindacati, enti di ambito ecclesiastico, associazioni di categoria, di studio e
di ricerca, di istruzione, inoltre cooperative sociali, di mutuo soccorso...
Finalmente, per la prima volta, tutti verranno allo scoperto».
Gabriella Ziani
«Elezioni regionali, più attenzione all’ambiente» -
PRESENTATO UN DECALOGO
Wwf: con Illy e Tondo una «lunga notte», dalla Regione per il settore
solo lo 0,03% delle risorse
Riqualificazione delle risorse umane, una più accorta pianificazione e spese
più oculate. Tre temi, ritenuti tra i più urgenti, attinti da una sorta di
decalogo redatto dal settore “ambiente”, quello targato Wwf, sceso in campo per
rivendicare un ruolo fondamentale in vista delle prossime elezioni regionali.
Dieci i settori chiave proposti, da studiare e concretizzare ma non prima di
aver archiviato la così definita «lunga notte dell'ambiente», in atto da almeno
due legislature: prima con Illy, reo per il Wwf di una concezione «novecentesca»
(ambientalismo sintomo di nemico); e poi con Tondo, accusato di placida
indifferenza e anzi di «cultura provinciale». Qualche stoccata, varie proposte
sono state avanzate nella sede dell’associazione a cura del vicepresidente Guido
Pesante, presenti rappresentanti locali di grillini, Italia dei valori e Pd. Il
Panda sottolinea la pochezza del sostegno ricevuto dai finanziamenti regionali,
che ammontano secondo la stima di Pesante, appena allo 0,03% delle risorse
disponibili. Ambiente come piattaforma di rilancio sociale e di antidoto alla
crisi in atto. Di questo è apparso sicuro il vicepresidente regionale del Wwf,
affermando che «non si può pensare di risolvere una crisi, che è economica,
ambientale e sociale allo stesso tempo, con gli stessi strumenti e perpetuando
le stesse scelte che l'hanno prodotta». Tre intanto le priorità disegnate dagli
ambientalisti. Si parte con il tema della governance, cioè delle risorse umane
che stando a Guido Pesante racchiude da tempo un «impoverimento ad ogni livello,
con dirigenti di rado all'altezza». Capitolo spese. Per i quadri del Wwf
regionale, la prossima legislatura non dovrebbe ignorare la situazione, definita
«drammatica», di alcuni siti verdi del territorio, versanti boschivi, parchi
(anche marini) e riserve, relegati tra le spese inutili. Prioritaria anche una
nuova pianificazione, un processo che latita da anni e che attualmente propone
aspetti ritenuti «obsoleti e gerarchicamente sbagliati». Non è tutto.
Evidenziati dal Wwf anche la necessità di investire nell’ambiente e di andare a
una svolta culturale. In primo piano anche il tema della biodiversità - con la
salvaguardia e potenziamento di aree protette – l'innovazione nel campo della
agricoltura e una moratoria per lo sfruttamento di nuovi corsi d'acqua destinati
alla produzione idroelettrica. E ancora, interventi sul traffico ai fini del
miglioramento della qualità dell'aria, una nuova scala energetica regionale
dotata di fonti rinnovabili e l'archiviazione della politica montana segnata
«dalla monocultura dello sci da discesa», ritenuta anche essa teatro di
fallimenti e degrado.
(fr.car.)
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE Esempi poco calzanti
Care Segnalazioni, vi chiedo cortesemente ospitalità ancora una volta in nome del mio diritto replica alla segnalazione del signor Silvano Baldassi apparsa nel numero del 29 gennaio. Il Baldassi mi accusa di non dire tutta la verità senza essere a conoscenza delle realtà che vuole confutare. Il mio intervento riguardava solamente il traffico marittimo e la sua compatibilità con la presenza di rigassificatori. Che attinenza ha la profondità delle acque della Baia di Tokio e la distanza degli impianti di rigassificazione dalle zone urbane con il traffico marittimo? In realtà la baia di Tokio è uno degli specchi d’acqua più trafficati e popolosi del mondo: ha una superfice di ben 1320 km/2 e vi si affacciano i porti di Yokohama (il principale scalo di cabotaggio del Giappone), quello di Tokyo (dedito principalmente alla pesca) ed il porto di Chiba che gestisce un impressionante traffico di merci tali da porlo alle spalle della sola Singapore come secondo porto mercantile del mondo. Tutto l’enorme traffico di navi (circa 40.000 all’anno), comprese le gasiere, per entrare nella baia deve passare per l’imboccatura dove deve impegnare la zona di separazione del traffico (larga poche centinaia di metri, che divide il traffico in entrata da quello in uscita)) che va dal “Uraga (Traffic Route) West Tokyo Wan Vessel” al “Traffic Service Center Signal Station”. Non so dove Baldassi ha preso le informazioni sul porto di Rotterdam che cita. Io ci sono stato e lo assicuro che non è così. Chiamare il sito dove è posizionato il terminal “isola” è del tutto riduttivo e fuorviante dal momento che ci arriva un’autostrada, la “Europaweg n. 15”. Si tratta invece del vasto impianto portuale denominato «Maasvlakte» che si estende su centinaia e centinaia di ettari ed è stato costruito a partire dal 1960 con la bonifica dei terreni del Mare del Nord. All’interno dell’Europort, a poca distanza dal terminal Gn è presente uno dei più grandi terminal containers del mondo (al cospetto del quale il nostro molo VII impallidisce) ed un porto petroli. Tutte le navi in partenza o in arrivo dagli ormeggi di detti terminals (Yangtzehaven, Europahaven, Amazonehaven, Mississippihaven, 6e Petroleumhaven e 8e Petroleumhaven) transitano, attraverso il Beerkanal, a breve distanza dalle attrezzature del rigassificatore. Il Beerkanal sbocca nell’ultimo tratto del fiume Maas confluendo nel traffico in arrivo ed in partenza da tutti gli ormeggi del Porto di Rotterdam. Non centra nulla con le mie affermazioni sul traffico ma solamente per amore di verità: il quartiere di Hoek van Holland (quasi 10.000 abitanti) dista solamente 1800 metri.
Gianfranco Badina
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 febbraio 2013
Smog, centro chiuso alle auto in base alle previsioni
meteo
Il nuovo Piano d’azione comunale rovescia il metodo: strade off-limits
non dopo gli sforamenti di Pm10, ma prima che salga l’allarme.
Laureni: misura da attuare sempre e solo al pomeriggio
Prevenire è meglio che curare. Saggezza popolare. Sarà così anche per lo
smog. Trieste si appresta a una rivoluzione della chiusura al traffico per
inquinamento. La decisione non avverrà più dopo gli sforamenti ripetuti delle
polveri sottili, ma preventivamente, affidandosi alla previsioni meteorologiche.
Il cambio di paradigma nel piano antismog si chiama Pac (Piano d’azione
comunale). L’ha deciso l’assessore comunale all’Ambiente, Umberto Laureni, che
da tempo predica l’inutilità della chiusura al traffico a inquinamento già
avvenuto e certificato dalle centraline. E così, dopo averlo annunciato in
un’intervista, ha presentato ieri alla Commissione ambiente del Comune il «Piano
di azione comunale (Pac) in applicazione del Piano d’azione regionale, in
materia di inquinamento atmosferico da polveri sottili (pm10), da ossido di
azoto, da ozono». Il passaggio in Commissione, su scelta dell’assessore, avviene
prima del passaggio in giunta previsto per lunedì 11 febbraio. Nel frattempo ci
saranno anche gli incontri con le categorie interessate (commercianti e
ambientalisti) e un approfondimento con i vigili urbani (chiamati poi ad
applicare il Pac). Un percorso di condivisione a cui l’assessore tiene
particolarmente. La presentazione ufficiale è prevista per il 14 febbraio. In
pratica il Pac scatta subito. «Una vera rivoluzione rispetto al passato» spiega
Laureni. Sempre che le previsioni meteo ci azzecchino. «Prima si chiudeva la
stalla quando le mucche erano già scappate» spiega con una metafora contadina il
consigliere Paolo Rovis (Pdl). L’esempio rende l’idea anche se risulta arduo
pensare alle mucche come polveri sottili. «Il Pac agisce in maniera preventiva,
cioè sulla base delle previsioni della qualità dell’aria e si attiva quando è
prevista una sequenza contigua di superamento dei limiti» si legge nel testo.
«Le previsioni sono quelle elaborate dall’Agenzia regionale per la protezione
ambientale». Prima, invece, si interveniva quando l’aria era già inquinata.
Quello che resta uguale è la zona di chiusura al traffico. Cambia tutto il
resto. Il Pac scatterà sempre e solo di pomeriggio (dalle 15 alle 20). Merito
della brezza marina che a Trieste concentra l’inquinamento da polveri sottili al
pomeriggio. «È una caratteristica della città. Qui nei pomeriggi prevalgono le
brezze dal mare che spingono l’inquinamento della città verso l’interno» spiega
l’assessore. Il Pac, con relativa chiusura al traffico del centro cittadino,
scatterà solo nel caso di previsioni che indicano il superamento delle
concentrazioni di polvere sottili per almeno tre giorni consecutivi. Transenne
sì, transenne no. Il dilemma su come segnalare l’area di chiusura al traffico ha
impegnato ieri per circa mezz’ora la commissione. Alla fine la soluzione
potrebbe essere “friulana”. «Sono stato a Udine diverse volte per studiare come
fanno loro. E la soluzione adottata con segnaletica mobile ma che non chiude
completamente al traffico potrebbe fare al caso nostro» spiega Laureni. Basta
non far sapere che si copia da Udine. Non ci si limiterà solo alla chiusura al
traffico automobilistico. Sono previste anche altre azioni a partire dalla
riduzione da 20 gradi a 18 della temperatura interna alle unità immobiliari. Qui
si proverà a sensibilizzare gli amministratori di condomini. «Vogliamo
collaborare cercando di fare crescere anche una cultura del risparmio
energetico» dice Laureni. Non si tratta solo di salute ma anche di soldi.
«L’abbassamento di un grado a Palazzo Carciotti ha prodotto un risparmio di
6mila euro» dice l’assessore. Non trascurabili in tempo di crisi.
Fabio Dorigo
Il lavaggio delle carreggiate misura inutile
Il lavaggio delle strade? Non serve come norma antismog. La rivelazione
(dopo anni di lavaggi sfrenati di vie e viali cittadini) è arrivata ieri
mattina, poco dopo mezzogiorno, nella VI Commissione consiliare di Trieste
presieduta da Mario Ravalico. E stato l’assessore comunale all’Ambiente, Umberto
Laureni, ingegnere ambientale, a confessare, con un certo imbarazzo, la verità
fornitagli dall’Arpa (Agenzia regionale per la protezione ambientale). Lavare le
strade, servizio svolto da AcegasAps, non serve un granché. «L’avevamo previsto,
l’Arpa sostiene che serve a molto poco e quindi abbiamo tralasciato questa
azione. Anch’io sono rimasto sorpreso» dice l’assessore pronto a rendere
pubblica tutta la documentazione. Un po’ come dire che fumare alla lunga fa bene
alle vie respiratorie. Un mondo alla rovescia. «Non ci posso credere», ha
dichiarato l’ex assessore all’Ambiente Maurizio Ferrara che aveva sollevato il
problema del mancato lavaggio della strade del nuovo Piano di azione comunale
contro lo smog: «Sono sorpreso - ha concluso -. Mi sento preso in giro. E chi
ripaga i costosi e inutili lavaggi fatti in tutti questi anni? Abbiamo speso una
marea di soldi. Se quello che sostiene l’Arpa è vero, a questo punto deve
intervenire la Corte dei conti». Una strada, in questo caso, non lava l’altra.
«Lucchini, il commissario al tavolo regionale» -
L’ALLARME E LA RICHIESTA
I sindacati: accordo di programma in stallo, sul futuro della Ferriera
serve chiarezza subito
Le istituzioni, il prefetto si adoperino per far partecipare il commissario
straordinario del gruppo Lucchini al tavolo regionale sulla Ferriera. Perché la
presenza di Piero Nardi a Trieste potrà contribuire a eliminare quella “doppia
velocità” alla quale viaggiano i tavoli di Trieste e di Roma, e a fare chiarezza
sul futuro - e su quale futuro - dello stabilimento siderurgico. Lo stabilimento
deve rimanere agganciato agli altri del gruppo, pena la perdita di possibili
ingenti fondi europei che potrebbero servire per la riconversione del sito. Una
riqualificazione e riconversione su cui i sindacati non sono contrari a
costruire un accordo di programma, «che non escluda» però «a priori la
prosecuzione di attività siderurgiche di nuova generazione e compatibili con
l’ambiente e che comunque siano di carattere prevalentemente industriale». È
questa la posizione che in una nota tengono i sindacati - Rsu e Fim, Fiom, Uilm,
Ugl e Failms - e che hanno espresso con forza anche durante l’assemblea pubblica
con gli operai dell’altra sera (cui hanno partecipato anche il sindaco Roberto
Cosolini e la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat), preceduta
da un incontro a palazzo del Governo nel quale le sigle hanno chiesto al
prefetto di verificare la possibilità di avere Nardi a Trieste. Se il tempo
dello stop per lo stabilimento si avvicina pericolosamente, «a oggi l’unica
garanzia per continuare a dare occupazione ai dipendenti della Ferriera e del
suo indotto è rappresentata dalla continuità produttiva» della fabbrica. «In
sicurezza», precisano i sindacati paventando sempre maggiore disattenzione da
parte del gruppo stritolato dai debiti alla manutenzione dello stabilimento.
Tavolo nazionale che è «importante e ineludibile» proseguire, ma anche - è la
richiesta dei sindacati - «la conferma dell’attivazione immediata del tavolo
nazionale di Trieste come già annunciato» dal sottosegretario allo Sviluppo
economico Claudio De Vincenti. Il percorso teso alla costruzione dell’accordo di
programma «dopo un anno di sporadici incontri è a un punto di stallo, con poche
proposte ancora da condividere ed elaborare e nessuna certezza per l’occupazione
dei lavoratori» drammaticamente in mezzo al guado: da un lato una possibile
chiusura anticipata dello stabilimento, dall’altro ancora nessun orizzonte
concreto se non gli ammortizzatori sociali. Il tavolo regionale cui
auspicabilmente parteciperà Nardi dunque «in tempi rapidissimi - chiudono i
sindacati - dovrà rispondere riguardo ai tempi della continuità produttiva, agli
investimenti da destinare per garantire una produzione in sicurezza e alla
strategia del gruppo sul sito di Trieste».
Muggia, Santa Barbara non vuole ereditare i tralicci di
Chiampore
A breve un’assemblea pubblica che sarà organizzata dal Comune L’assessore
Longo garantisce: «Procedura trasparente»
MUGGIA Tralicci “arroventati” a Muggia. Al centro dell’attenzione, stavolta,
una nuova antenna (radiotelevisiva) che dovrebbe sorgere sul monte Castellier,
nella zona di Santa Barbara. Il condizionale è d’obbligo, poiché il progetto –
fanno sapere da piazza Marconi – è arrivato in Municipio soltanto il 21
dicembre. La richiesta del privato dovrà essere vagliata dagli uffici e quindi
approvata da una Conferenza dei servizi che includerà, oltre al Comune di
Muggia, anche i pareri dell’Arpa, dell’Asl e del Ministero dello sviluppo
economico. L’iter, insomma, è da poco entrato nel vivo. Ma le mobilitazioni sono
già iniziate. I residenti a Santa Barbara hanno dato vita, alcuni giorni fa, ad
una riunione animata cui hanno preso parte, in rappresentanza
dell’amministrazione, la vicesindaco Laura Marzi e l’assessore all’ambiente
Fabio Longo. Sono state espresse, come di consueto, preoccupazione e
sensibilità. Il problema centrale è la delocalizzazione delle antenne. Il Comune
è tenuto ad assicurare un’adeguata copertura sul territorio di sua competenza,
monitorando al contempo le emissioni ed evitandone concentrazioni eccessive. Se
queste raggiungono livelli preoccupanti, bisogna intervenire: accorpando le
antenne su strutture comuni o all’interno di siti comuni, secondo il cosiddetto
principio di minimizzazione; oppure, più semplicemente, dislocandole altrove.
Tutto ciò si scontra spesso con l’opposizione ferrea degli abitanti delle zone
interessate, secondo la cosiddetta sindrome “Nimby”: letteralmente, “non nel mio
cortile”. Il Comune vorrebbe invece parlare alla coscienza collettiva, e a tal
fine ha annunciato un’assemblea pubblica da tenersi a breve, allargata a tutti i
cittadini e alla presenza dei tecnici che parteciperanno alla Conferenza dei
servizi; la quale, a sua volta, sarà convocata entro la fine di febbraio.
L’urgenza di “delocalizzare” è una diretta conseguenza dei massicci sforamenti
registrati a Chiampore, dove i cittadini si sono costituiti in un comitato
autonomo e si battono da anni per i propri diritti e contro l’inquinamento
elettromagnetico. Quest’ultimo, secondo i dati dell’Arpa, tocca punte di 22,74
volt/metro su una soglia di attenzione di 6: valori superiori di quasi dieci
volte ai limiti imposti dalla legislazione europea, nettamente più restrittiva
rispetto a quella italiana. Di qui la decisione ferma, da parte del Comune, di
bloccare tutti i lavori a Chiampore, “dirottando” le antenne da un’altra parte.
Ma dove? Il monte Castellier sembrerebbe in effetti la localizzazione più
opportuna. Ammesso (e non concesso) che tra qualche settimana i residenti dicano
sì. E che la medesima opinione venga espressa dalla Conferenza. Di certo, come
conferma l’assessore Longo e come detta il regolamento varato due mesi fa,
nessuna nuova antenna potrà sorgere a Chiampore e dintorni; dove, peraltro, è
ancora in piedi il traliccio abusivo utilizzato per le frequenze di Radio
Birikina e Radio Sorriso. Probabilmente toccherà al Comune abbatterlo, con la
possibilità di rivalersi in seguito sui due gestori. E a Santa Barbara, giura
Longo, la procedura sarà del tutto trasparente: «Non approveremo nulla prima di
aver parlato con gli abitanti della zona, e con tutti i cittadini interessati».
Davide Ciullo
GREENSTYLE.it - MARTEDI', 5 febbraio 2013
Alberi monumentali: approvata legge per la tutela
Una legge per tutelare gli alberi monumentali. È la novità introdotta
dalla Gazzetta Ufficiale del 1 febbraio 2013 e che impone ai Comuni di attuare
un censimento delle piante secolari, in modo da monitorare nel tempo il loro
stato di salute. Chi danneggerà o, peggio, abbatterà gli alberi censiti sarà
sottoposto a una multa fino a 100.000 euro.
La nuove legge, approvata definitivamente dal Parlamento lo scorso dicembre,
prevede inoltre che il 21 novembre di ogni anno si celebri la Giornata nazionale
degli alberi, un momento dedicato alla sensibilizzazione e all’informazione dei
cittadini sull’importanza del verde pubblico. A proposito di aree verdi,
inoltre, le amministrazioni comunali dovranno rispettare dei nuovi standard
minimi, garantendo la conservazione di “cinture verdi” intorno alle zone urbane.
Commentano Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, senatori del Pd:
Secondo le poche stime disponibili, in Italia vi sono oltre 20.000 alberi di
importanza monumentale, nei quali l’elevato pregio ambientale si accompagna al
fatto di simboleggiare eventi storici, identità territoriali, storie e leggende
secolari. Ora finalmente questo patrimonio potrà essere conosciuto nelle sue
reali dimensioni e soprattutto difeso adeguatamente.
Il provvedimento appena pubblicato in Gazzetta prevede che siano le Regioni,
entro i prossimi sei mesi, a stabilire i criteri per i quali le piante potranno
essere dichiarate “monumentali”. I Comuni avranno poi altri sei mesi di tempo
per realizzare il censimento.
A partire dagli anni ’80, in realtà, il Corpo Forestale aggiorna costantemente
una lista degli “alberi di notevole interesse”, che al momento comprende circa
22.000 esemplari, comprese 150 piante“di eccezionale valore storico o
monumentale”. È il caso, ad esempio, del Castagno dei Cento Cavalli a
Sant’Alfio, con il suo tronco di 22 metri di circonferenza. Il parco Besana di
Sirtori, in provincia di Lecco, ospita invece un liriodendro alto 50 metri,
mentre l’oleastro di San Baltolu di Luras ha un’età stimata di oltre 2.000 anni
(non a caso è alto 15 metri e ha una circonferenza del tronco di quasi 12
metri).
L’elenco della Forestale, però, non ha, per così dire, alcun valore giuridico in
sé, nel senso che non rappresenta, da solo, un elemento a tutela degli alberi
che ne fanno parte. Finora spettava infatti alle Sovrintendenze, vista la lista
degli “alberi di notevole interesse”, porre eventuali vincoli su determinati
alberi, ma le piante che si trovano all’interno di proprietà privata potevano
essere abbattute senza conseguenze legali. Una situazione destinata finalmente a
cambiare grazie alla nuova legge per la tutela degli alberi monumentali.
Silvana Santo
IL PICCOLO - MARTEDI', 5 febbraio 2013
L’auto sulle strisce blu diventa un lusso
Vistoso calo di introiti per i park a pagamento nel 2012: Saba registra
un -15% rispetto all’anno precedente, -10% per Ttp sulle Rive. Amt ha perso
462mila euro
Un drammatico calo in tutta la città. I triestini risparmiano sul
parcheggio a pagamento. O usano meno la macchina. Enormi contenitori restano
vuoti per metà. La collegata del Comune Amt ha perso da un anno all’altro 462
mila euro di introiti, Saba Italia il 15% tra park multipiano e stradali, e Ttp
che governa Molo IV e tutte le Rive denuncia il 10% di incasso in meno rispetto
al 2011. Proprio mentre il Comune si prepara ad aumentare i posti a pagamento
nell’ambito del suo Piano del traffico, i report 2012 assestano un altro colpo
al bilancio: «Se quei soldi non entrano così, dovranno entrare da qualche altra
parte» è il commento mesto dell’assessore alla Pianificazione e alla mobilità
Elena Marchigiani, che però subito ne aggiunge un altro lieto: «Si vede che
tutti hanno imparato a usare meno la macchina». Che è una delle direttive
dell’amministrazione, di tipo ambientalista e “slow”, ma di questi tempi cultura
e natura confliggono perché i margini di manovra sono stretti in un vicolo
angusto. Le cifre però parlano molto chiaro. Amt (appena assorbita da Esatto)
aveva staccato nel 2011 poco meno di 1 milione e mezzo di ticket (1.481.985), e
nel 2012 ha visto il crollo a 1.220.862, con una diminuzione di oltre 260 mila
biglietti di sosta. Che si sono tradotti in un incasso di 2.321.702 euro. Cifra
che nel 2011 era stata invece di 2.784.533 euro. Sulle Rive non si direbbe che
avanzino parcheggi liberi, ma il risultato, come afferma Franco Napp,
amministratore delegato di Trieste terminal passeggeri, è stato molto inferiore
alle aspettative, mettendo a segno un 10% in meno, anche se cifre la società non
ne vuol fare: «Siamo dei privati, sono informazioni riservate». La stessa cosa
dice Giulio Torres, direttore di Saba Italia che ha 5 grandi parcheggi
multipiano in città più gli stalli sulla pubblica via delle zone adiacenti, ma
il risultato è serio: calo del 15%. Con criticità così evidenti che «se non si
parla di perdita in termini assoluti, certo siamo in perdita rispetto al nostro
piano economico - prosegue il direttore - ed è impensabile pensare a
investimenti, mentre è urgente rivedere progetti e patti col Comune: le tariffe
“esterne” sono ferme dal 1998». Marchigiani: «Saba Italia ci ha proposto, con
l’introduzione del Piano del traffico, abbonamenti dimezzati per i residenti che
accedono per la prima volta, a 750 euro, e trimestrali da 220, bimestrali da
160, per spostare le auto nei “contenitori”». Non c’è, secondo Torres, una zona
che si salvi di tutte quelle, strategiche, in cui sono situati i grandi
parcheggi, neanche dopo la recente apertura del nuovo park in via Pietà, di
fronte all’ospedale Maggiore, zona dannata per un posto macchina. «Il park di
via Pietà ha cannibalizzato quello di Foro Ulpiano - lamenta il direttore -,
sono a pochi isolati di distanza, e comunque al mattino in via Pietà sono
occupati 4 piani su 6, e al pomeriggio solo 2. Il Silos alla stazione è quello
che sta peggio, resta sempre vuoto un piano e mezzo, e al Giulia per la verità è
peggio ancora perché sono sempre vuoti 3 piani. Il Giulia ha subìto l’apertura
del centro commerciale Torri d’Europa, si è spostato da allora il 45-50% del
nostro traffico in parcheggio». In questa classifica del “peggio”, Torres a ogni
stazione scende però più in giù, perché quando si passa al grande contenitore
davanti al Tribunale è questo che diventa “il peggiore”: «Di pomeriggio non c’è
nessuno». In campo San Giacomo, l’ardito e recente scavo sotto la chiesa «vede
traffico solo del rione, e le vendite vanno male: su 80 box solo 30 quelli
acquistati». Torres sottolinea anche che a Trieste l’andirivieni è garantito
quasi solo dai residenti (poco turismo da fuori), per cui le 150 mila macchine
si travasano da una zona all’altra, ma il risultato non cambia. In via Pietà
sono stati istituiti parcheggi a pagamento per le moto (ben 70 mila in
circolazione), ma ciò che si chiede è una diversa politica: «Far pagare di più
la sosta all’esterno: ora per 2,5 ore il costo è di 2 euro in strada e di 5 al
coperto. Studiare formule nuove per residenti, per le notti e i festivi.
Rivedere la viabilità con accessi più chiari e immediati. Sanzionare di più le
soste selvagge, che continuano...».
Gabriella Ziani
Piano del traffico I posteggi a pagamento salgono da
790 a 1200
La “trasformazione” di oltre 400 stalli oggi gratuiti, da via Cadorna a
via dell’Università fino a via Trento
La questione dei parcheggi a pagamento nel centro storico previsti dal nuovo
Piano del traffico continua a far discutere, dividendo i cittadini e animando il
dibattito politico. La petizione sottoscritta da oltre 700 residenti del centro
storico è stata ieri oggetto di discussione nella riunione della sesta
commissione consiliare in Municipio. Due le richieste fondamentali contenute nel
documento: il mantenimento della sosta libera nelle zone in cui il Piano ha
previsto nuovi stalli a pagamento; e un drastico ridimensionamento delle tariffe
per i residenti. Firmatari accontentati a metà in quanto, se sul fronte tariffe
l’amministrazione comunale ha corretto già da tempo il tiro passando dalle
quattro ore giornaliere gratuite a una proposta forfettaria per i residenti pari
a un euro al giorno (360 all’anno), sul fronte numerico invece, gli stalli blu
nel centro storico passano dagli attuali 792 a complessivi 1200. Sono dunque più
di 400 i parcheggi che da gratuiti si trasformano a pagamento: nello specifico
si tratta dell’area del borgo Giuseppino, da via Lazzaretto Vecchio a via
Cadorna, da via Diaz a via dell’Università e di quella del Borgo Teresiano, dove
peraltro saranno eliminate le zone a traffico limitato, da via Geppa a via
Galatti, fino a via Trento. «Diciamo che l’amministrazione comunale ci è venuta
incontro in parte - ha chiosato Paolo De Mottoni, portavoce dei residenti -. Un
passo in avanti è stato fatto, ma la questione resta aperta e noi contiamo di
avvicinare ulteriormente le posizioni». Come detto il dibattito è stato oggetto
di schermaglie politiche tra consiglieri comunali di maggioranza e opposizione.
Per Everest Bertoli (Pdl) «non si può continuare a tartassare i cittadini in
periodi già molto difficili sul fronte delle tasse», mentre secondo Franco
Bandelli di Un’altra Trieste «il punto focale è la mancanza di un contenitore di
parcheggi sulle Rive». Michele Lobianco di Fli ha espresso «forti perplessità
sull’eliminazione delle zone a traffico limitato». Maurizio Ferrara della Lega
Nord e Paolo Rovis del Pdl hanno infine chiesto delucidazioni su «quelli che
saranno i numeri definitivi degli stalli a pagamento nel centro storico». A
raccogliere tutte le osservazioni l’assessore comunale al traffico Elena
Marchigiani. «La nostra proposta non va solo ad aggiungere nuovi stalli a
pagamento, ma mira anche a estendere la tariffa agevolata per i residenti agli
stalli già in essere a tariffa piena, aumentando notevolmente le possibilità di
trovare parcheggio - ha spiegato Marchegiani -. Non solo, con la nuova tariffa
l’introito preventivato dall’amministrazione comunale cala di un milione di
euro, proprio in virtù dell’intento di non gravare sulle famiglie residenti. Non
dimentichiamoci poi che il fine ultimo del nuovo Piano è quello di creare una
città più vivibile, e in questo senso il traffico veicolare e le aree di sosta
non possono occupare caselle di alta priorità».
Pierpaolo Pitich
Polacco e Dubs (Pdl): ma il documento slitta a dopo il
voto regionale
Il possibile slittamento dell’approvazione del Piano del traffico fa
insospettire Alberto Polacco e Roberto Dubs, capigruppo Pdl rispettivamente
della IV e V circoscrizione, che hanno presentato un’interrogazione al riguardo.
«Abbiamo saputo in via informale della volontà dell’amministrazione Cosolini di
far slittare l’approvazione del Piano del traffico a dopo le elezioni regionali
2013, quindi probabilmente se ne riparlerà a maggio; evidentemente qualcuno,
accortosi delle proteste manifestate da tantissimi cittadini, si è reso conto
della possibilità di perdere consensi in vista di un appuntamento elettorale
così importante. Proprio per questa ragione - annotano Polacco e Dubs - abbiamo
chiesto in via ufficiale se la notizia corrisponda al vero rimarcando il fatto
che il Comune ha posto un termine ben preciso e stretto per le osservazioni dei
cittadini e delle circoscrizioni che hanno bocciato il Piano a causa delle
mancate risposte sulle questioni più importanti, come la sosta a pagamento non
soltanto nel Borgo Giuseppino ma anche sul colle di San Vito, la viabilità
alternativa una volta resa a senso unico via S. Michele e la viabilità nel Borgo
Teresiano (vista la volontà di pedonalizzare corso Italia), la chiusura al
traffico di gran parte di via Roma e, infine, l’aumento della sosta a pagamento
in via S. Marco. Pertanto - concludono i due consiglieri - chiediamo
ufficialmente al Comune se, stando così le cose, non ritenga opportuno aprire
una nuova fase di confronto con la cittadinanza e le circoscrizioni per
migliorare il documento da portare poi in consiglio comunale».
Legambiente: no ai tagli sul trasporto pubblico - FONDI
DECURTATI
Come conseguenza dei tagli a cascata (dallo Stato alla Regione, dalla
Regione alle Province e Comuni), si prospettano massicci tagli nell’offerta del
trasporto pubblico: 570 mila km in meno solo a Trieste (su 13 milioni di km
all’anno), cioè una rilevante riduzione del servizio (meno corse) e il rischio
della riduzione del personale. Questo però mentre le tariffe sono aumentate
dell’8,5% rispetto all’anno precedente. Legambiente auspica che il Piano del
traffico venga approvato quanto prima dal Comune (e con la prevista
realizzazione di nuove corsie preferenziali), “ma se vogliamo che i cittadini
usino di più il servizio pubblico dobbiamo migliorare l’offerta e non
peggiorarla - scrive l’associazione -. Per coprire le fasce orarie del servizio
notturno e festivo e per soddisfare meglio le esigenze degli utenti delle aree
periferiche (Carso e Comuni minori), abbiamo da tempo proposto l’istituzione di
servizi di trasporto a chiamata (compito che spetta alla Provincia), in
sostituzione dei servizi con bus normali poco utilizzati. In questi giorni sta
partendo un progetto di bus a chiamata per le ore serali e notturne a Vicenza,
il che dimostra che si possono attivare miglioramenti anche in periodi di crisi.
Anche la Regione - sottolinea Legambiente - deve intervenire nei confronti della
disastrosa gestione da parte di Trenitalia”. Legambiente che, infine, invita i
cittadini a firmare la petizione lanciata dall’Usb contro il taglio del
trasporto pubblico.
«Ferriera, il problema non è solo del Comune» - LA
SEGRETARIA DEL PDCI
Zorzini: non si vuole tener conto che a Roma si parla di vendita e di
continuità produttiva
La consulenza esterna semestrale affidata dal Comune all’ex direttore della
Ferriera Francesco Rosato per le possibilità di riconversione dell’area
siderurgica? «C'ero anch'io alla riunione di maggioranza con il sindaco
Cosolini, quando si è parlato dell'opportunità e del metodo usato nell'affidare
la consulenza», interviene la segretaria provinciale del Pdci Bruna Zorzini, che
scrive di aver fatto notare in quella sede - oltre al «metodo» a suo giudizio da
criticare - anche il fatto che «ritenessi sbagliato che solo l'amministrazione
comunale si facesse carico del problema» Ferriera. Condotto «nell’ottica delle
dismissioni della fabbrica e futura bonifica del sito con conseguente
riconversione dell'attività, date per buone le offerte degli investitori che
Rosato avrebbe contattato», il problema infatti «potrebbe provvedere solo in
parte a salvaguardare le unità lavorative impiegate nella Ferriera e il suo
indotto. Se si volesse veramente risolvere la questione in questa maniera -
aggiunge Zorzini - ci sarebbe comunque bisogno di disponibilità finanziarie
consistenti e sinergie che potessero mettere insieme tutte le istituzioni
interessate. Anche se negli anni e nelle varie campagne elettorali queste
ultime, in primis la Regione, hanno dimostrato la loro incapacità in materia».
Mai come ora, comunque, «c'è la necessità di pensare a una soluzione nel suo
complesso», prosegue Zorzini, «che non deve dare per scontata la possibilità di
poter continuare un'attività siderurgica pulita come già in altri europei
succede. Se è vero che a Roma si parla di vendita e continuità produttiva dei
presidi siderurgici, perché da noi non se ne vuole tenere conto? È una risposta
che alla città e ai lavoratori della Ferriera, che vivono in maniera drammatica
questi momenti, deve essere data».
Il viaggio dei rifiuti, così i bimbi imparano a
rispettare la natura - EVENTI»L’INIZIATIVA
AcegasAps e Wwf promuovono quattro visite guidate all’inceneritore di
Zaule I ragazzi osserveranno da vicino trattamento e smaltimento delle
immondizie
Nel 2011 nei Comuni dove AcegasAps esegue i servizi di raccolta (Trieste e
Duino Aurisina) sono stati prodotti 483 chili di rifiuti pro-capite (25.826
tonnellate di rifiuti differenziati e 79.165 di indifferenziati). I primi sono
stati destinati a processi di riciclo industriale, gli altri, assieme a quelli
indifferenziati provenienti da altri Comuni, sono stati avviati a recupero
energetico tramite il termovalorizzatore, producendo da 158.804 tonnellate di
rifiuti 102,7 GWh di energia elettrica. Per mostrare dove vanno i rifiuti non
differenziati e fornire informazioni utili a incentivare una riduzione nella
produzione dei rifiuti a monte (a partire dalla scelta degli acquisti) e una
maggior motivazione nel fare la raccolta differenziata a valle, AcegasAps apre
al pubblico l’impianto di termovalorizzazione di via Errera, offrendo un
servizio di quattro visite guidate gratuite settimanali la prima delle quali si
terrà giovedì (e a seguito delle numerose richieste, si accettano già
prenotazioni per quelle successive). Il servizio visite, promosso da AcegasAps e
condotto assieme allo staff del Wwf, mira a far conoscere il percorso dei
rifiuti dal camion della nettezza urbana al forno di combustione. I
termovalorizzatori come l’impianto di via Errera, entrato in esercizio nel 2000
con le prime due linee e nel 2004 con la terza, utilizzano infatti come
combustibile i rifiuti: il calore è sfruttato per produrre vapore a pressione
destinato a usi civili o industriali, oppure per produrre energia elettrica.
Nonostante a Trieste ormai da anni sia stato realizzato un passo fondamentale
verso una gestione sostenibile dei rifiuti, eliminando definitivamente il
ricorso alla discarica e siano state attuati nuovi servizi per incentivare la
raccolta differenziata, è necessario realizzare un notevole incremento delle
percentuali di rifiuto differenziato, accrescere l’igiene e il decoro del
territorio. La visita, della durata di un’ora, si sviluppa all’interno e
all’esterno dell’impianto ed è aperta a sigoli cittadini, gruppi e scuole. È
previsto un momento di formazione iniziale e il percorso all’interno
dell’impianto permette di osservare da vicino le diverse fasi di trattamento e
smaltimento, visitando alcune sale di particolare interesse come quella di
controllo, l’area che ospita le linee dei forni dove avviene la combustione e
infine gli impianti per il trattamento dei fumi. Per prenotare è necessario
contattare AcegasAps scrivendo a comunicazione@acegas-aps.it. Per ulteriori
informazioni si può contattare il Wwf di Miramare, scrivendo a carso@riservamarinamiramare.it
o telefonando al 3339339060.
Gianfranco Terzoli
Impariamo a differenziare
Dalle 16 alle 18, a “Il ponte” del Distretto sanitario di via Valmaura 59,
incontro sulla raccolta differenziata tenuto da Francesca Dragani, energy
manager e responsabile ambientale dell’Ass 1 in collaborazione con il personale
dell’area ambientale e gli operatori della cooperativa Querciambiente.
L’obiettivo è imparare a differenziare nel modo più corretto e utile perché si
riducano sia l’inquinamento che le spese. L’incontro è stato organizzato
nell’ambito del Programma Habitat-Microaree di Valmaura, è a ingresso
libero ed è aperto a tutta la cittadinanza.
Rigassificatore - L’esempio Rotterdam
Mi è capitato di parlare con un vecchio amico che lavora nel porto di Rotterdam. Dopo un po’ il discorso è caduto sul rigassificatore e lui ha affermato che Trieste doveva avere una economia molto florida per poter rifiutare un investimento di 500 milioni di euro. Grande è stata la sua sorpresa quando gli ho fatto presente che la città stava invece decadendo: la popolazione diminuiva, molte attività commerciali stavano chiudendo, alcune realtà industriali avevano smesso la produzione, altre stavano per essere dismesse, il porto metteva in cassa integrazione i dipendenti. Il suo stupore è stato ancora più grande nell’apprendere che tra chi non voleva il terminal in questione c’era anche l’Autorità portuale. Ha ricordato come a Rotterdam (uno dei più grandi porti al mondo con un traffico di più di 35.000 navi all’anno) l’Autorità di quel porto ha facilitato in tutti i modi l’insediamento del rigassificatore, denominandolo con un nome altisonante “Porta del gas per l’Europa”, dal momento che ogni metaniera che fa scalo nel porto lascia decine di migliaia di euro. Denaro che poi può venir impiegato per migliorare le altre strutture. Ha aggiunto che dopo poco più di un anno dall’inizio delle attività del rigassificatore il bilancio è positivo ed esistono già richieste per affiancare al terminal delle attività in grado sfruttare la catena del freddo.
Gianfranco Badina
IL PICCOLO - LUNEDI', 4 febbraio 2013
Laureni: la consulenza affidata a Rosato non l’ho
condivisa
L’assessore: «Ho appreso la notizia dai media, tutto chiarito Polveri
sottili? Chiusura preventiva al traffico»
«So cosa vuol dire discutere con gli abitanti di Santa Croce e di Bagnoli
della Rosandra di progetti di discariche e di stoccaggi provvisori di manufatti
in cemento-amianto. Parlare con la gente non è affatto semplice, può essere
spiacevole...». Umberto Laureni , nato il 6 luglio 1946 a Trieste, ingegnere
chimico, docente universitario, è da sempre un convinto assertore del confronto
diretto. A viso aperto. Tanto più ora che è assessore all’Ambiente, Energia,
Riqualificazione Ambientale dei siti inquinati, Agricoltura e Pesca per conto di
Sel di cui però non ha la tessera. «Mai avuto tessere di partito». «Sicuramente
non lo faccio per prestigio e neppure perché ambizioni politiche. Ma solo per
chi ha fiducia in me...» È vero, confermo. Ho difficoltà a resistere a uno che
mi fa capire che potrei essere utile. Ha scelto il confronto totale con la città
anche sui temi più spinosi. Non deve essere facile. Non è facile ma tengo duro.
Credo che la gente apprezzi la scelta di spiegare tutto e non nascondere nulla.
«Il progetto più importante è sicuramente far sì che questa città abbia un
progetto. Ovvero sappia cosa vuole fare da grande...» Uso questa frase molto
spesso. Credo che questa città non possa pensare di avere tutto e il contrario
di tutto. Non può essere polo energetico e porto turistico commerciale allo
stesso tempo. Si è dichiarato sorpreso per l’estrema povertà nel quale la
precedente amministrazione ha relegato l’ufficio Ambiente... L’ufficio Ambiente,
in termine di personale, conta 12 persone su 2600 del Comune. Produciamo molto
carta. Dopo il suo arrivo è cambiato qualcosa? Ho cercato di motivare le
persone. E ho assunto con contratto a termine un ingegnere che si occupa di
risparmio energetico. E sto preparando un progetto complessivo per l’ambiente.
«C’è un isolamento fortissimo di Trieste. La Regione e lo Stato devono credere
in più in questa città...» Lo confermo. In questo isolamento gioca un forte
ruolo la tendenza dei triestini a farsi male da soli... Degli inguaribili
masochisti... Non facciamo sistema. Udine riesce a farlo, Trieste no. C’è ancora
posto per la Ferriera di Servola nel futuro di Trieste? Per questa Ferriera no.
Ha scritto Adriano Sofri: «La differenza tra Taranto e Trieste sta nelle
dimensioni: non delle città, che si somigliano e si assottigliano allo stesso
modo precipitoso, ma delle fabbriche. L'Ilva ha 12 mila dipendenti, la Ferriera
450. E poi la magistratura: a Taranto ha preso in mano il destino cittadino, a
Trieste no». Condivide questa lettura? La scelta dei magistrati di Taranto di
sequestrare l’impianto è stata una scelta coraggiosa, ma ha creato anche delle
tensioni fortissime. Sempre Sofri: «La Ferriera sta addosso a Trieste quanto e
più dell'Ilva ai Tamburi tarantini. È difficile capacitarsi di una città piena
d'intelligenza e di competenze che abbia lasciato correre per tanto tempo,
quando non abbia screditato chi denunciava». Accetto questa critica. Se siamo
arrivati a questa situazione è giusto che la magistratura faccia una verifica a
360 gradi sulle responsabilità. Non guardando in faccia nessuno. E soprattutto
non considerando i controllori pubblici persone che possono restare al di fuori
dalla mischia. Qualche mese fa in Commissione ha fatto autocritica: «Abbiamo
perso un anno di tempo. Potevamo fare qualcosa di più e non l’abbiamo fatto.
Abbiamo sottovalutato la gravità del problema. Il Comune non ha una strategia
industriale per la città»... La crisi della Ferriera è piombata con grande
rapidità. Ormai rotola verso una fine prossima (sicuramente prima del 2015). Io
ho fatto una riflessione ad alta voce che era in primo luogo una forte
autocritica. Tutti dobbiamo metterci in discussione. Non era né acida e neppure
non dovuta. Ho forse sbagliato i tempi e la sede. Il sindaco non ha apprezzato
la sua autocritica costruttiva: «Non abbiamo sottovalutato un bel niente...».
Ribadisco: ho sbagliato il posto e il modo. Non i contenuti. Nell’autocritica è
più marxista-leninista del sindaco... Insisto: non era il posto e non era il
modo. A proposito della consulenza affidata all’ex direttore della Ferriera,
indagato, Francesco Rosato cognato del segretario del Pd Francesco Russo. La
ritiene opportuna? La scelta di una persona esterna è giusta. Con Rosato si sono
sbagliati i modi e i tempi. Io, per esempio, l’ho appreso dai media. Per questo,
piuttosto che fare iniziative personali, ho chiesto a Sel di farsene carico come
problema politico. E così è stato fatto. Non volevo rimanesse una cosa tra me e
il sindaco. Non ha condiviso il modo in cui è stato nominato Rosato? No. Non era
stato informato di questa scelta? No. Nel modo più assoluto. Ha pensato di
dimettersi? Ho preferito avviare un chiarimento politico, anche se molti miei
amici dopo la notizia della nomina di Rosato non mi rivolgono più la parola.
«Con Laureni mi sono chiarito, ho dovuto farlo per salvaguardare un clima di
squadra che si basa sulla solidità del rapporto umano», ha dichiarato il
sindaco. Tutto chiarito? Il chiarimento c’è stato e ha fatto bene alla giunta.
Il rigassificatore: pericolo scongiurato? Direi proprio di no. Gas Natural farà
di tutto per resistere. Io credo però che se saranno confermati i dati di
traffico portuale forniti dall’Authority, Porto e rigassificatore sono
assolutamente incompatibili. Il ministero dell’Ambiente ne dovrà prendere atto.
E la centrale a biomassa di Opicina? La procedura è in corso, ma il progetto mi
fa un po’ ridere. Visto che parliamo tanto di chilometro zero, come si può
pensare di produrre energia con l’olio di palma proveniente dal Centro Africa?
La raccolta differenziata a Trieste. Il “cambio culturale” che lei aveva
promesso non c’è stato. Il problema culturale resta. Io ormai sono diventato
come un barbone: guardo dentro tutti i cassonetti e vedo spesso cose non
giustificabili. Omero ha detto che forse tra due anni raggiungeremo il 45%. Lei
aveva scommesso sul 65% (la quota europea) entro il 2012? Purtroppo ogni tanto
perdo qualche scommessa. D’ora in poi non mi azzarderò più a fare previsioni
così ottimistiche. Che dire allora? Questa non è una città che si comporta male
sui rifiuti. Faccio una domanda: è più virtuosa Trieste che, con il suo
inceneritore e la sua raccolta differenziata al di sotto del 30%, non porta
fuori provincia neanche un grammo di rifiuti, o Udine che esporta i suoi rifiuti
nell’Est Europa? Viva l’inceneritore allora. L’ex sindaco Dipiazza aveva
ragione? La nostra non cultura di cittadini nella raccolta differenziata deriva
sicuramente dal fatto che siamo stati abituati che intanto si brucia tutto. È
una mentalità difficile da sradicare. Certo, bisogna verificare altre modalità
di raccolta: spingere di più per l’umido e valutare la possibilità del porta a
porta. Sono cose però che non si fanno da un giorno all’altro. E, finché avrò un
inceneritore che funziona, al di là delle sanzioni europee, trovo la situazione
attuale accettabile. Trieste, nonostante la bora, è la maglia nera per le
polveri sottili: nel 2012 ben 46 sforamenti. L’allarme è del Wwf... È la
dimostrazione che il nostro sistema di rilevamento funziona bene. Ci sarà una
novità. Le do un’anticipazione... Dica... A breve ci saranno i nuovi piani di
azione comunale sull’inquinamento urbano che daranno delle risposte più
preventive sull’inquinamento da polveri sottili. Lei sostiene che serve a poco
chiudere al traffico dopo gli sforarmenti... Esatto. Serve a poco o nulla.
Meglio sarebbero delle chiusure preventive affidandosi al meteo? È quello che
faremo. Chiudere al traffico preventivamente in base alle previsioni
meteorologiche. Una cosa rivoluzionaria. «A dire la verità non ricordo episodi
divertenti da assessore. Non c’è nulla che mi abbia fatto ridere...». Lo
considero un lavoro. Molto appassionante, ma non da riderci sopra. L’assessore
Dapretto invece ricorda una serata in cui lei si è esibito in canti con i
colleghi Edera e Consoli... Devo dire una cosa: Edera e Consoli sono
completamente stonati. Va ancora per funghi? Sì. Mi piace. Sono un grande
micologo. (Laureni non ride mai, neppure alle sue battute, non ha pause di
riflessione, risponde sempre puntale con lo stesso tono di voce. Un vero
tecnico)
Fabio Dorigo
«Hobby ecologici? Il tennis tavolo e la micologia»
«Sono nato e vissuto a Trieste, ho moglie e un figlio, ingegnere ambientale
a Barcellona. Amo la fotografia, il cinema, il tennis tavolo e la micologia (in
ordine casuale). Attualmente sono professore a contratto presso la facoltà di
Ingegneria di Trieste, dove insegno “La sicurezza e l’igiene nei luoghi di
lavoro”». L’autoritratto elettorale di Umberto Laureni, candidato di Sel alle
ultime amministrative (118 preferenze), è rivelatore. «Dopo la laurea (1971) -
racconta Laureni - ho fatto parte del gruppo di lavoro che ha progettato per
conto del Comune di Trieste il sistema di smaltimento fuori costa delle acque
fognarie della città. Dal ‘74 al 1980 ho fatto parte come esperto volontario del
Comitato di quartiere di San Sabba. Nel 1981 ho elaborato uno studio tecnico
basato su modelli di dispersione che si esprimeva contro il terminale carboni da
15 milioni di tonnellate previsto nel porto di Trieste. Nel 1986 sono stato
l’esperto tecnico del Comitato per il “no” alla centrale a carbone da 1320 MW
prevista in valle delle Noghere. Nel 1990 ho coordinato lo studio Artis che ha
valutato (con esito negativo) la compatibilità per il territorio di Trieste di
quattro nuovi stabilimenti per lo stoccaggio di Gpl. Nel 1995-96 ho coordinato
la stesura del piano regionale amianto». Come curriculum per un assessore
all’Ambiente dovrebbe bastare...
Fareambiente «Soprintendenza, ci vuole buon senso»
Rispetto della legge e tutela non vanno messi in discussione, ma ci vuole buon senso, afferma Giorgio Cecco coordinatore regionale di FareAmbiente, riguardo la questione della Soprintendenza regionale.Cecco ritiene che «certe posizioni possano avere l’effetto contrario con un blocco anche delle attività sostenibili, creando un danno alla collettività».
Dieci lezioni pe diventare orticoltori
MUGGIA Chi vuole imparare a produrre il proprio cibo è invitato a
partecipare al corso teorico e pratico di orticoltura ecologica didattica ,
aperto al pubblico. 10 lezioni di orticoltura ecologica a Muggia (Piazza della
Repubblica 4 - Sala G. Millo), il venerdì dalle 17 alle 19. Calendario lezioni:
22 febbraio: Introduzione all'agricoltura sostenibile; il suolo e la sua
fertilità ; 1 marzo: Orto biologico; 8 marzo: Orto biodinamico; 15 marzo: Orto
sinergico; 5 aprile: Piante spontanee e officinali ; 12 aprile: Introduzione
all'apicultura; 19 aprile: Introduzione alla permacultura; 3 maggio: Insetti
utili; 17 maggio: Semi antichi e coltivazioni autoctone; 24 maggio: Orto sul
balcone . Orto con i bambini.
Lettera di Badina a LEGAMBIENTE - DOMENICA, 3 febbraio 2013
Controreplica del comandante Badina alla
Il Badassi mi accusa di non dire tutta la verità senza
essere a conoscenza delle realtà che vuole confutare. Il mio intervento
riguardava solamente il traffico marittimo e la sua compatibilità con la
presenza di rigassificatori. Che attinenza ha la profondità delle acque della
Baia di Tokio e la distanza degli impianti di rigassificazione dalle zone urbane
con il traffico marittimo? In realtà la baia di Tokio è uno degli specchi
d'acqua più trafficati e popolosi del mondo: ha una superficie di ben 1320 km/2
e vi si affacciano i porti di Yokohama (il principale scalo di cabotaggio del
Giappone), quello di Tokyo (dedito principalmente alla pesca) ed il porto di
Chiba che gestisce un impressionante traffico di merci tali da porlo alle spalle
della sola Singapore come secondo porto mercantile del mondo. Tutto l’enorme
traffico di navi (circa 40.000 all’anno), comprese le gasiere, per entrare nella
baia deve passare per l’imboccatura dove deve impegnare la zona di separazione
del traffico (larga poche centinaia di metri) che va dal “Uraga (Traffic Route)
West Tokyo Wan Vessel” al “ Traffic Service Center Signal Station”
Non so dove Badassi ha preso le informazioni sul porto di Rotterdam che cita. Io
ci sono stato e lo assicuro che non è così. Chiamare il sito dove è posizionato
il terminal “isola” è del tutto riduttivo e fuorviante dal momento che ci arriva
un’autostrada , la “Europaweg n.15”. Si tratta invece del vasto impianto
portuale denominato “Maasvlakte” che si estende su centinaia e centinaia di
ettari ed è stato costruito a partire dal 1960 con la bonifica dei terreni del
Mare del Nord. All’interno dell’Europort, a poca distanza dal terminal GN è
presente uno dei più grandi terminal containers del mondo (al cospetto del quale
il nostro molo VII impallidisce) ed un porto petroli. Tutte le navi in partenza
o in arrivo dagli ormeggi di detti terminals (Yangtzehaven, Europahaven,
Amazonehaven, Mississippihaven, 6e Petroleumhaven e 8e Petroleumhaven)
transitano, attraverso il Beerkanal, a breve distanza dalle attrezzature del
rigassificatore. Il Beerkanal sbocca nell’ultimo tratto del fiume Maas
confluendo nel traffico in arrivo ed in partenza da tutti gli ormeggi del Porto
di Rotterdam.
Non centra nulla con le mie affermazioni sul traffico ma solamente per amore
della verità: il quartiere di Hoek van Holland (quasi 10.000 abitanti) dista
solamente 1800 metri.
Gianfranco Badina.
Egregio sig. Badina,
Legambiente e' impegnata da sempre contro questo progetto obsoleto che, oltre a costituire un pericolo per l'ambiente, ignora le piu' elementari norme di sicurezza. Dal 2001 in poi gli stati occidentali hanno adottato nuove norme per prevenire eventuali atti terroristici, come quello alla SIOT di Trieste nel 1972. Le regole imposte dall' International Maritime Organization prescrivono, per i nuovi terminali di rigassificazione, una “zona di sicurezza” definita come “uno spazio di mare attorno alla nave gasiera, in cui non è permesso alcun tipo di traffico marittimo” (Circolare IMO n. SN1/Circ.257 del 11/12/2006). Gli esempi sono infiniti: i 2.000 metri di raggio imposti dalla Capitaneria di Chioggia per il rigassificatore off shore (Ord. 63/2008, prescrizioni IMO e governative); i 500 m imposti nel porto di Cameron, Golfo del Messico, USA nel 2004; 900 m per Cook, Alaska; 450 sia a Chesapeake, Norfolk Virginia, sia a Bradwood, Washington. In più, si sta affermando la prescrizione di una fascia di mare larga altrettanto, sempre sgombra per consentire alla gasiera – in caso di incidente durante lo scarico - di allontanarsi senza rimorchiatori.
Mancano invece “zone di sicurezza” di questo tipo per
rigassificatori risalenti a decine d’anni fa e quindi le città vicine sono poco
tutelate. Questo perché l’introduzione a posteriori delle zone di sicurezza
causerebbe la chiusura degli impianti o il declassamento dei porti preesistenti.
Tipico il caso del porto di Barcellona “dove - si lamenta - il traffico continua
normalmente anche in presenza di navi gasiere”. Più virtuosa Boston dove “viene
limitato tutto il resto del traffico marittimo nonché chiusi i ponti stradali e
modificate le rotte dell’aeroporto internazionale, nel mentre la Guardia
costiera assicura - a pagamento - scorta in mare e con elicottero alle gasiere”
(Atlantic LNG and CNG Symposium, Halifax, 2005).
Altro punto fermo: “le misure di mitigazione del rischio devono essere più
severe in aree urbane rispetto a contesti rurali”; abbiamo usato espressioni
della Guardia costiera americana (pag. 28 del Compendio dell’Aspen per il
governo della California, 2005), ma vivaddio ormai sono concetti scontati (anche
se non per tutti).
Ettore Calandra
segretario del Circolo LEGAMBIENTE Trieste
IL PICCOLO - DOMENICA, 3 febbraio 2013
Legambiente: nella consulenza si ignora l’aspetto
sanitario - LA POLEMICA
La polemica non si placa. Dura presa di posizione di Legambiente sulla
consulenza affidata dal Comune all’ingegner Francesco Rosato sulla riconversione
della Ferriera. Legambiente, come è suo costume, va giù in maniera pesante: «Di
quale consulente ha bisogno il Comune di Trieste per affrontare sul serio il
problema della Ferriera di Servola? Un problema in primo luogo ambientale e
sanitario. Per i gravissimi fenomeni di inquinamento, da benzo(a)pirene, PM10,
diossine, ecc. rilevati da anni e sempre negati dai dirigenti della Ferriera e
della Lucchini», è scritto nel comunicato. «Per i danni sanitari che
l’inquinamento produce non soltanto agli abitanti del rione circostante, ma
all’intera città ed agli altri centri, Muggia in primis. Sembrerebbe ovvio, in
un Paese normale e in una città normale, per un Comune affrontare la questione
partendo da questo, posto che la tutela della salute pubblica ha almeno pari
dignità rispetto ad ogni altro interesse, lavoro compreso. Invece, la determina
del dirigente comunale, con la quale è stata affidata una consulenza all’ing.
Francesco Rosato “per la valutazione e studio dell’insediamento industriale
nell’area Ferriera di Servola”, non menziona alcun aspetto ambientale o
sanitario». «Ci saremmo aspettati da questa amministrazione che l’incarico
puntasse sulla salvaguardia dell’occupazione e sull’ individuazione di attività
compatibili con l’ambiente, invece le competenze sono di tipo imprenditoriale».
Nuovo “Konrad”, inserto sul rigassificatore
Un Konrad tutto nuovo lanciato nella «battaglia, forse finale, contro il
rigassificatore». Il mensile a distribuzione gratuita, che festeggerà quest’anno
i 25 anni di vita, ha cambiato veste grafica e formato, aumentando il numero
delle pagine. Il numero 183 di febbraio, distribuito in questi giorni, è stato
presentato dall’editore Roberto Valerio e dal direttore responsabile, Dario
Predonzan. Stampato in 18mila copie, il numero contiene tra l’altro un inserto
di 25 pagine dedicato all’impianto proposto da Gas Natural. «Vi si trovano
articoli scritti da un nutrito pool di esperti Sono stati aggiornati gli scenari
sul mercato del gas e le tecnologie a minore impatto ambientale per il trasporto
e la trasformazione del Gnl. Vengono poi documentati gli impatti (schiume e
rilascio di cloro) manifestatisi a Porto Viro da quando quell'impianto di
rigassificazione é entrato in funzione». Il nuovo inserto vuole essere - hanno
chiarito Valerio e Predonzan – «come già i precedenti, in primo luogo uno
strumento per diffondere» e approfondire informazioni. L’inserto contiene anche
un appello «a sostenere le azioni legali già attuate e quelle prossime future,
che le principali associazioni ambientaliste (Wwf, Legambiente e Italia Nostra)
hanno messo in campo per bloccare definitivamente l’iter autorizzativo del
progetto di GasNatural.
Caso Soprintendenza, l’Ance ribatte agli ambientalisti
TRIESTE «Ma quale Paese del Bengodi? Difendendo certe scelte della
Soprintendente Picchione si fa male all’ambiente». Valerio Pontarolo, presidente
regionale dell’Ance, rimanda al mittente le accuse di Wwf e Italia Nostra
secondo cui chi si scaglia contro la Soprintendenza vuole ripristinare una
situazione di carenza di controlli. «Noi siamo un’associazione seria – assicura
Pontarolo – e ci basiamo su numeri e dati oggettivi». Pontarolo cita i numerosi
ricorsi al Tar che hanno visto soccombere la Soprintendenza, nel mirino di
categorie e sindaci per la troppa rigidità. «Le sentenze del tribunale
amministrativo sono inequivocabili – sostiene il presidente regionale dell’Ance
– e si parla senza mezze misure di eccesso di potere e di arroganza
amministrativa». Secondo Pontarolo «le affermazioni delle associazioni
ambientalisti non meriterebbero nemmeno risposta ma se veniamo tirati in ballo
ci sentiamo in dovere di difenderci. Perché – si chiede il rappresentanti dei
costruttori – difendere a oltranza una dirigente che ha perso tutte le cause al
Tar?». L’Ance ha inoltrato un esposto alla Corte dei Conti, «sulla base di
pareri concordanti di fior fior di giuristi». Pontarolo ricorda come Picchione
abbia bloccato «ristrutturazioni e manutenzioni che fanno solo del bene al
territorio e all’ambiente, arrivando al caso limite di fermare un intervento di
bonifica dall’amianto. Chi la difende distrugge l’ambiente?» attacca il
presidente regionale dell’Ance che invita le associazioni ambientaliste «a
leggersi le carte prima di parlare di Paese del Bengodi. Se lo hanno già fatto
evidentemente sono in malafede. Noi abbiamo ben presente la situazione: la
filiera dell’edilizia si è sempre mossa nei limiti normativi e nel rispetto
dell’ambiente che riteniamo sacrosanto. Il nostro obiettivo – conclude Pontarolo
– è quello di migliorare e valorizzare il territorio, non certo quello di
depauperarlo».
(r.u.)
«Anche in Italia una multiutility per l’energia verde»
Il senatore Usa McDowell, consulente di Obama, studia il progetto con
l’economista triestino Andrea Segrè
di Luigi Dell’Olio wBOLOGNA «Sulle tecnologie per la sostenibilità
energetica l’Italia ha sviluppato un know-how eccezionale, che può esportare in
tutto il mondo, Stati Uniti compresi». É la convinzione di Harris McDowell,
senatore americano del Delaware consulente per le energie alternative del
presidente Obama, che in questi giorni ha visitato il Caab di Bologna (Centro
agro-alimentare), presieduto dal professore triestino Andrea Segrè. McDowell sta
studiando con Segrè, impegnato in una campagna europea contro lo spreco
alimentare, la possibilità di importare anche in Italia une progetto sviluppato
nel Delaware, quello della Sustainable Energy Utility, una vera e propria
municipalizzata per l'energia sostenibile che punta al risparmio di energia per
coprire i costi di riconversione degli edifici senza farli gravare sui
cittadini. Il Caab di Bologna in questi mesi si è dotato di un impianto
fotovoltaico da 100mila metri quadrati creato nel principale mercato di
redistribuzione nazionale, con fatturato di circa 600 milioni di euro (indotto
incluso) e 2mila persone impiegate quotidianamente. Senatore McDowell, nel suo
incarico di consulente per il presidente Barack Obama sulle energie rinnovabili
avrà girato il mondo. Che impressione ha tratto dalla visita al Caab? Mi ha
molto colpito l’approccio olistico adottato dalla struttura. Non si è pensato
solo a produrre energia rinnovabile, che rende di fatto autosufficiente tutta la
struttura, ma si è adottato uno schema di lavoro coordinato che punta anche alla
riduzione degli sprechi in materia di cibo e acqua, all’aumento dell’efficienza
nel lavoro alla mobilità sostenibile. Il tutto con attenzione alle ricadute
ambientali e sociali nel territorio. Non ci sono esperienze simili negli Usa?
Nulla con questa complessità. É la dimostrazione che l’Italia ha saputo
sviluppare negli anni livelli di eccellenza in questo settore: se le aziende
soffrono sul versante interno a causa della recessione, vedo per loro ampi spazi
di crescita all’estero, compresi gli Stati Uniti. Vede altre possibilità di
collaborazione tra Italia e Stati Uniti? Sono qui anche per porre le basi di un
accordo commerciale fra Bologna e il Porto di Wilmington, situato nel Delaware
(sull'estuario dell’omonimo fiume, ndr), il più importante degli Usa per
l’importazione di frutta fresca. A breve sarà possibile svolgere direttamente
nel Porto di Wilmington le procedure fitosanitarie che finora impedivano alle
mele e alle pere italiane di sbarcare negli Usa. I prossimi giorni le
delegazioni tecniche si metteranno al lavoro per predisporre il memorandum degli
adempimenti da prevedere per una veloce attivazione di questo nuovo corridoio
commerciale. Ci sono invece progetti americani che possono essere replicati qui
da noi? Un progetto che reputo interessante è proprio la Sustainable Energy
Utility, municipalizzata per l'energia sostenibile che punta al risparmio di
energia per coprire i costi di riconversione degli edifici senza farli gravare
sui cittadini. L’iniziativa prevede l’emissione di obbligazioni che coprono
completamente il costo del rinnovo e adattamento degli edifici: finora sono
state collocate obbligazioni per 73 milioni di dollari. Negli Usa uno dei temi
caldi sul fronte energetico riguarda lo shale gas, che invece in Europa si
scontra con molte resistenze per l’impatto sull’ambiente conseguente alla
fratturazione idraulica delle rocce, con timori diffusi di nuovi terremoti.
Ritiene che si possa trovare un punto di equilibrio su questo fronte? Il gas
ricavato dalle rocce scistose sta cambiando i parametri energetici negli Stati
Uniti, riducendone la dipendenza dall’import. Tuttavia i miei sentimenti sul
tema sono contrastanti: lo shale gas può offrire risposte al fabbisogno
energetico nel breve e nel medio periodo, ma il focus sarà sempre sulle fonti
rinnovabili.
IL PICCOLO - SABATO, 2 febbraio 2013
«Roma tratta per vendere Lucchini - Qui si vuole
chiudere la Ferriera»
Allarme di Fiom, Fim e Uilm: «Al ministero si punta a continuare
l’attività siderurgica, per Trieste invece la fabbrica è morta.
Serve chiarezza, il tavolo sia spostato qui. Lunedì
assemblea, istituzioni invitate
«Esploderà la rabbia sociale, la rabbia degli operai che hanno subìto
violenza psicologica da 17 anni, e non sarà colpa dei sindacati, ma delle
istituzioni che ancora all’ultimo minuto, alla vigilia di un accordo a Roma non
hanno saputo trovare una soluzione per la Ferriera e per i lavoratori, a Roma si
parla di vendita in blocco della Lucchini, a Trieste invece di chiusura di
questo stabilimento, ma noi non ci accontenteremo della cassa integrazione, non
spegneremo le macchine, qui si girano a vuoto le pagine di un libro su cui non
c’è più spazio per scrivere niente». Ieri i sindacati di Servola hanno lanciato
la sfida alla città e ai governanti, invitano tutte le istituzioni a una
assemblea con gli operai, nel Circolo aziendale lunedì alle 17, e in precedenza
alle 11 andranno dal prefetto a chiedere che si chiami a Trieste il commissario
straordinario del gruppo Lucchini Piero Nardi, e che il “tavolo” del ministero
si sposti qui, faccia a faccia, «perché a Roma si dice una cosa, e da noi
un’altra: fabbrica già chiusa...». Cgil-Fiom con le Rsu Luigi Isaia e Tiziano
Scozzi, Fim-Cisl con Umberto Salvaneschi e Uil-Uilm con Franco Palman hanno
raccontato di un incontro “vis-à-vis” con il sottosegretario del ministero dello
Sviluppo economico Claudio De Vincenti che conduce le trattative a Roma: «Ci ha
confermato che la nostra situazione, per la volontà dei politici, diverge da
quella che si sta costruendo per il gruppo dove si punta a vendita e continuità
produttiva: “Voi siete in una situazione diversa”. Ha detto di non aver mai
sentito parlare di spostamento in area Ferriera del Punto franco, e di
considerare percorribile solo la riconversione in piattaforma logistica, per la
quale però “è tutto ancora da fare”». Se la Ferriera di Servola verrà fatta
uscire dall’accordo nazionale Lucchini, la Fiom (ha avvertito il segretario
Stefano Borini) non firmerà: «È impensabile restare da soli. Produrre,
riconvertire, bonificare: servono comunque soldi europei e un programma
nazionale finanziato». Così i sindacati mostrano l’esasperazione di chi ha
rammentato per anni l’urgenza di non arrivare alla fine della strada senza
alternative, e si tirano da parte: «Vedremo quale istituzione lunedì sarà
assente, senza il coraggio di affrontare direttamente gli operai». Nessun
ostacolo alla consulenza data dal Comune all’ex direttore Francesco Rosato: «A
noi interessano solo gli eventuali risultati, però una consulenza per trovare
investitori doveva essere data 10 mesi fa, adesso è tardi. Il Comune l’ha
cercata, ma era compito della Regione». Lunedì c’è Berlusconi a Trieste, i
sindacati andranno anche lì, ma la sfiducia è massima: «Siamo di nuovo con la
Ferriera in campagna elettorale, Tondo a parlar con noi non viene, e l’assessore
Savino legittimamente ormai starà pensando al suo seggio sicuro alla Camera».
Gabriella Ziani
«Ormai siamo senza materie prime e pezzi di ricambio» -
I RETROSCENA
«Che la fabbrica stia declinando lo sente uno che ci lavora dentro - hanno
raccontato i sindacati con un forte appello affinché l’Italia tutta non rinunci
al settore siderurgico costringendosi a importare -, siamo ormai senza materia
prima, l’arrivo di una nave col carbon fossile è stato rimandato per ben tre
volte, speriamo attracchi nei prossimi giorni, ma quando questa sarà arrivata,
non sappiamo se ne arriverà una prossima. Dentro, in fabbrica, si raccolgono
materiali qua e là per riempire i forni. Se si rompe un pezzo, non c’è con che
cosa da sostituirlo. Nessuno ci rifornisce, e i fornitori stessi, da quando la
Ferriera è in “default” di debito, non si fidano». Cassa integrazione in deroga,
l’altro giorno, per 22 lavoratori di una azienda dell’indotto. «E il presidente
degli industriali dice “fare squadra” perché l’industria è scesa al 10% del Pil?
È fuori tempo massimo». Non invitato alla conferenza stampa di Cgil, Cisl e Uil
(e se ne lamenta) l’Ugl concorda con la preoccupazione: «Assurdo pensare che
senza liquidità l’azienda garantisca la sicurezza dei lavoratori. Attendiamo il
riconoscimento della situazione di crisi complessa da parte del ministero, e non
ci addentriamo nella vicenda della consulenza all’ex direttore Rosato: marginale
e di propaganda elettorale parlarne».
Gli ambientalisti difendono la Soprintendenza
Wwf e Italia Nostra si schierano contro l’Ance e scrivono ad Ornaghi:
«Giusto il rigore della Picchione»
TRIESTE Le associazioni ambientaliste insorgono contro «la campagna
denigratoria dei costruttori». «La Soprintendente non sta facendo altro che
applicare la progettazione paesaggistica negli ambiti dove è prevista per legge,
cosa che in Friuli Venezia Giulia non è quasi mai stata fatta». Contestata dai
costruttori edili regionali, che la accusano di portarli al fallimento con i
suoi veti, incassata la perplessità di vari sindaci, tra cui il triestino
Cosolini, Maria Giulia Picchione trova una sponda inaspettata negli ecologisti a
tempo pieno. Il tutto si traduce in una lettera urgente al Ministro ai beni
culturali Lorenzo Ornaghi per scongiurare il passaggio delle competenze della
Soprintendenza alla Regione Friuli Venezia Giulia e contro il fuoco incrociato e
bipartisan contro la Soprintendente Maria Giulia Picchione che nelle ultime
settimane si è fatto sempre più intenso. A spedirla, per la seconda volta in
quattro mesi, sono stati ieri i presidenti delle sezioni regionali di Italia
Nostra e WWF, Luciana Boschin e Roberto Pizzutti. «Ci sentiamo costretti a
ricordarLe – scrivono i due presidenti al ministro Ornaghi - che in più di
trent’anni in Friuli Venezia Giulia non si è mai fatta una corretta
pianificazione/progettazione paesaggistica, a partire dalle clamorose
inadempienze un’amministrazione regionale che non solo non si è dotata di piano
paesistico (di cui alla legge Galasso del 1985), ma non ha più, praticamente, un
piano urbanistico regionale (dopo quello del 1978) e ha deliberato un
incredibile rovesciamento della gerarchia di pianificazione, sovraordinando, con
la legge regionale 16/2008, il piano delle opere di viabilità rispetto alla
pianificazione urbanistica generale». «In questo contesto di totale assenza di
pianificazione paesaggistica – continuano Boschin e Pizzutti - , l'uso
protratto, in passato, della mancata revisione delle autorizzazioni
paesaggistiche da parte della Soprintendenza, ha messo in atto una tendenza al
declino della qualità dei progetti. Ora che, in seguito all'arrivo della
Soprintendente Picchione, il controllo viene ripristinato, è ovvio che le
categorie interessate manifestino il disagio per aver perso il paese del
bengodi».
SEGNALAZIONI - Edilizia - I “funghi” del Cedas
Non molto tempo fa vi avevo scritto in merito alle nuovissime costruzioni che stanno sorgendo come funghi nei pressi della salita Cedas a mare in quel di Barcola, chiedendo, mi pare a questo punto al vento, chi avesse permesso la costruzione di diversi “residence” che offendono il territorio e la natura. Di risposte dai vari governi comunali che si sono succeduti nemmeno l’ombra. Era logico! Omertà più che assoluta! Probabilmente nessuno trova il tempo di leggere le segnalazioni, in questo periodo hanno altro da fare, i loro interessi sono altrove, e la “licenza” di rovinare l’ambiente è ormai cosa superata. Non voglio ergermi a paladino o a un “Bravehart” di cinematografico ricordo in difesa della natura, non ne sono all’altezza e non ho alcun seguito, ma le mie convinzioni, credo, le posso esternare senza timore di essere smentito. Dicono che bisogna guardare sempre avanti, però in questo specifico caso bisogna fare l’opposto. Ho scoperto, devo dire senza molta difficoltà, che tutte queste costruzioni sono state autorizzate sia dalla giunta Illy che da quella Dipiazza. Quindi, posso dedurre che le decisioni “contro natura” sono state bipartisan; su queste cose non esiste alcuna belligeranza. Inoltre sono venuto a conoscenza che, oltre alla politica che fa le delibere, bisogna procurarsi il benestare fella Sovrintendenza, che in questo frangente mi pare sia stata del tutto assente, oppure totalmente cieca al negativo impatto che queste case avrebbero e stanno avendo su un territorio così naturale e bello. Questo il passato e il presente, e il futuro prossimo cosa riserva alla salita Cedas a mare? Parlo già di fine anno o forse qualche mese prima. Dovranno essere abbattuti ancora centinaia di alberi e verranno costruite 5 o 6 complessi residenziali, si vedrà altro ferro (gru) e poi altro cemento in mezzo al verde rimasto, un ulteriore spettacolo a dir poco indecente ed offensivo alla natura. Tutti gli appartamenti di gran interesse vengono fatti per la gioia dei pochi che hanno disponibilità finanziaria o per incentivare l’industria edilizia che sta incontrando una crisi mai provata in passato? Se volessi ancora una risposta precisa e sincera, a questa mia domanda, da coloro che hanno avallato i permessi di costruzione, rimarrei molto deluso, ne sono certo. Manifestazioni più o meno bellicose non si fanno per queste “case e cose”, non siamo in presenza della Tav che può favorire o sfavorire, a seconda dei punti di vista, una miriade di persone; qui, quelli che godranno di queste piacevoli abitazioni non saranno molti, ma l’impatto negativo sull’ambiente sarà sempre innegabilmente enorme.
Pino Podgornik
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 1 febbraio 2013
Ferriera e Comune di Trieste (passando per l’ing. Rosato)
(Lucia Sirocco - presidente Legambiente Trieste)
Di quale consulente ha bisogno il Comune di
Trieste per affrontare sul serio il problema della Ferriera di Servola?
Un problema, è bene ricordare, in primo luogo
ambientale e sanitario.
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 1 febbraio 2013
SOPRINTENDENZA, APPELLO URGENTE DI WWF E
ITALIA NOSTRA A ORNAGHI: “IN FVG LA TUTELA PAESAGGISTICA E' INESISTENTE:
DELETERIO DELEGARLA ALLA REGIONE”
Le associazioni contro la campagna denigratoria dei costruttori:
“La Soprintendente non sta facendo altro che applicare la progettazione
paesaggistica negli ambiti dove è prevista per legge, cosa che in Friuli Venezia
Giulia non è quasi mai stata fatta”.
Una lettera urgente al Ministro ai beni culturali Lorenzo Ornaghi per
scongiurare il passaggio delle competenze della Soprintendenza alla Regione
Friuli Venezia Giulia e contro il fuoco incrociato e bipartisan contro la
Soprintendente Maria Giulia Picchione che nelle ultime settimane si è fatto
sempre più intenso e sconcertante: a spedirla, per la seconda volta in quattro
mesi, sono stati questa mattina i presidenti delle sezioni regionali di Italia
Nostra e WWF, Luciana Boschin e Roberto Pizzutti.
“Ci sentiamo costretti a ricordarLe – scrivono i due presidenti al ministro
Ornaghi - che in più di trent’anni in Friuli Venezia Giulia non si è mai fatta
una corretta pianificazione/progettazione paesaggistica, a partire dalle
clamorose inadempienze un’amministrazione regionale che non solo non si è dotata
di piano paesistico (di cui alla legge Galasso del 1985), ma non ha più,
praticamente, un piano urbanistico regionale (dopo quello del 1978) e ha
deliberato un incredibile rovesciamento della gerarchia di pianificazione,
sovraordinando, con la legge regionale 16/2008, il piano delle opere di
viabilità rispetto alla pianificazione urbanistica generale”.
“In questo contesto di totale assenza di pianificazione paesaggistica –
continuano Boschin e Pizzutti - , l'uso protratto, in passato, della mancata
revisione delle autorizzazioni paesaggistiche da parte della Soprintendenza, ha
messo in atto una tendenza al declino della qualità dei progetti. Ora che, in
seguito all'arrivo della Soprintendente Picchione, il controllo viene
ripristinato, è ovvio che le categorie interessate manifestino il disagio per
aver perso il paese del bengodi e che la classe politica di tutti gli
schieramenti, in piena campagna elettorale, se ne faccia portavoce e
amplificatore”.
“In questa situazione – concludono i due presidenti - reputiamo perciò quanto
mai inopportuno il passaggio delle competenze dalle Soprintendenze alla Regione;
si manifesta invece le necessità di coprire gli incarichi vacanti e di una
permanenza più lunga dei Soprintendenti in regione, anche quando si impegnano
con rigore come la Soprintendente Picchione”.
Infine, una proposta operativa per migliorare la funzionalità della
Soprintendenza, già formulata dalle associazioni in altre occasioni: favorire
forme di collaborazione ammissibili tra Ministero e Regione, ad esempio con il
comando di personale da Regione a Soprintendenza, alle dipendenze funzionali del
Soprintendente competente.
WWF-FVG - Italia Nostra
IL PICCOLO - VENERDI', 1 febbraio 2013
«Su Rosato non cambio idea» - Il sindaco Cosolini
difende fino in fondo la sua scelta. «Il rimpasto? Prima delle regionali»
Il cortocircuito politico innescato dalla consulenza all’ex direttore
della Ferriera Francesco Rosato con Sel che puntava i piedi minacciando di
uscire dalla maggioranza, un rimpasto in giunta che si annuncia sofferto, la
satira sul ponte nano mai digerita: un minestrone di problemi che rischia di
avvelenare la vita alla giunta Cosolini. Sindaco, per rompere il ghiaccio dica
innanzitutto una cosa di sinistra. La prima che le viene in mente, così
rassicura i suoi compagni di cordata... Una cosa di sinistra? Al di là della
divergenza di opinioni su questo specifico caso, considero l’emergenza lavoro
una priorità assoluta. Bene, allora procediamo. C come consulenza. Era proprio
necessario affidarla a Francesco Rosato? Non si immaginava di poter creare tutta
questa tempesta? Era necessaria. Avevamo bisogno di una persona con competenze
tecnico-industriali per essere parte attiva nel processo di riconversione della
Ferriera. L’amministrazione non aveva risorse umane di questo tipo, altri enti
non si sono mossi e allora abbiamo deciso di fare noi... Proprio sicuro di aver
fatto la cosa giusta? L’assessore all’ambiente Laureni non avrà certo fatto
salti di gioia.... Con Laureni mi sono chiarito, ho dovuto farlo per
salvaguardare un clima di squadra che si basa sulla solidità del rapporto umano.
Il Comune non chiede a Rosato di essere il garante del processo ambientale ma di
diventare un supporto nella fase di riconversione contando sul fatto che conosce
bene il sito e sulle relazioni che ha costruito in questi anni. D’accordo, ma
visto che la Ferriera è stata spesso sotto tiro per i danni ambientali che crea,
non si sarebbe comunque facilitato la vita prendendo un esperto da qualche altra
parte? Era la strada più semplice. Rosato, però, non ha mica il mandato di
allungare la vita alla Ferriera. Ha il compito, ripeto, di collaborare per
trovare delle possibilità e dei progetti che ci consentano di avviare la
riconversione. Non è magari un nome che le è stato suggerito? È una scelta
esclusivamente mia, me ne assumo tutte le responsabilità. E poi ci conosciamo da
troppi anni, dal 2004. Una scelta pericolosa che può portare a una rottura.
Nella riunione di maggioranza di mercoledì, tuttavia, sarebbe stato più
conveniente ritirare il contratto di consulenza, appallottolarlo e buttarlo nel
cestino da una certa distanza come si faceva a scuola nei momenti di noia...
Premesso che da ex cestista i cestini a scuola li centravo quasi sempre, penso
che bisogna andare avanti così. Rosato ci serve, ci sono prossimamente dei
passaggi decisivi come il tavolo tecnico strappato a Roma per Trieste. Questioni
in piedi troppo importanti per cambiare adesso. Detto questo, comprendo le
ragioni di chi all’interno della maggioranza la pensa diversamente. Legittimo. A
Sossi, per esempio, mi lega un rapporto di amicizia e di stima. C come Crisi.
Metta che Sel alla fine decida di uscire da questa compagine: avrebbe i numeri
per continuare ma sarebbe una maggioranza un po’ zoppa.... Certo, ma non
accadrà. Al di là dei numeri, c’è bisogno di una maggioranza che abbia un patto
vero e solido. R come rimpasto. Lo aveva annunciato per la fine di questo mese.
Trieste non merita di restare un anno intero senza un assessore alla cultura a
tempo pieno.... Lo faremo molto presto. Diciamo che l’attuale assessore alla
cultura (la delega ce l’ha Cosolini ndr.) non vedrà la primavera. Lo faremo
prima delle elezioni regionali. A chi mi subentrerà voglio fornire un quadro di
bilancio certo su cui operare. Allora quando? Presto, forse anche prima delle
politiche. Per la cultura si fa il nome dell’assessore Omero, forse finora
schierato fuori ruolo. Fuori ruolo? Nooo. Sta lavorando bene tenuto conto che è
impegnato su un campo difficile. Un compito a volte ingrato come l’aveva
l’assessore Sonego con Illy. Come dire niente cultura a Omero, a chi tocca
allora? Un’idea c’è, niente nomi per ora. A proposito di cultura, che fine ha
fatto il consulente Miracco? Lavora, lavora. Su alcuni appuntamenti per il
2013-14, con tutte le difficoltà derivanti dai tagli. Su quali progetti? Mah,
adesso dovrei appena vedere in ufficio, non saprei di preciso... Torniamo al
rimpasto, qualche assessore non sarà più in giunta a Pasqua? Ma io sono
soddisfatto di questa giunta. Se prendevo persone più esperte si sarebbe detto
che era ora di finirla con i vecchi marpioni; io ho puntato sul rinnovamento.
Logicamente ci sono più difficoltà di percorso ma non è una giunta debole.
L’avvocato Consoli, dicono da più parti, starebbe per lasciare: sarebbe stanco e
stufo di lottare con un bilancio che si restringe di giorno in giorno... Consoli
sta facendo uno sforzo straordinario per conciliare la sua attività di avvocato
a quella di assessore. Un lavoro eccellente sotto il profilo qualitativo. Non ha
risposto. Per ora è con noi. P come....Vediamo se indovina. Porto?. Sbagliato,
come ponte. Non querelerete mica il mago Casanova per il suo sketch sul ponte
corto? Vedrete, faremo una bella festa per l’inaugurazione cercando di non
cadere in acqua... Al di là di qualche esagerazione, in effetti è l’ora di
cogliere l’aspetto scherzoso della questione. Alcune gags sono esilaranti. Tutti
liberi allora, si può ridere sulle disgrazie del ponte corto... Ma non è
corto.... Potevamo forse gestirla meglio a livello comunicativo, bisogna però
rispettare il lavoro di assessori e dirigenti. Ma la satira ci sta se non è
volgare. Ancora P, come.... Porto? Ancora acqua, Picchione, ormai un must... È
vero che la butterebbe giù dal suddetto ponte metaforicamente parlando? La
Soprintendente sta bloccando mezza città... Non butterei mai nessuno dal ponte.
Vorrei invece confrontarmi con lei per trovare un punto di incontro. Sono
preoccupato perché se si fermano le opere si frena anche l’economia e non
abbiamo quindi le risorse per conservare la bellezza. F come....Finley. Tutti
quei soldi buttati per un gruppo di ragazzetti in tempi di spending review. Mike
Sponza sostiene che a Trieste c’erano fior di musicisti pronti a suonare gratis
o quasi. I musicisti triestini hanno suonato quest’estate e non gratis.
Giustamente sono dei professionisti e si fanno pagare. I Finley? Mi hanno
riferito che la piazza non era deserta... Anzi. E poi il cachet incide al
massimo sul 20% della spesa. C come concessione. Quante probabilità ci sono che
ad aprile i concessionari di Porto Vecchio battano in ritirata? Mi auguro
nessuna. Stando al gioco dei numeri penso che ci sia il 65% delle probabilità
che il progetto vada in porto e il 35% che se ne vadano. Ma bisogna andare
avanti a tutti i costi. Per il bene della città.
Maurizio Cattaruzza
Sel e Idv nei ranghi: «Ma che sia l’ultima»
Rifondazione riflette
Il segretario dei vendoliani Vallon: «Ora un cambio di passo» Furlanic:
«Conseguenze in Consiglio? No, in sede elettorale»
Contrordine compagni. Non è tempo di crisi. Dopo la grazia ricevuta in
Consiglio comunale nella notte tra lunedì e martedì, col risicatissimo 19-17 in
suo favore agevolato da due astensioni (dell’Idv) e tre assenze (una di sinistra
e due di centrodestra), Roberto Cosolini ritrova i numeri che gli consentono di
continuare a governare la città con una maggioranza politica degna. Il primo
cittadino, insomma, non rischia per ora l’onta della sfiducia, con tutte le
conseguenze immaginabili. A patto che non si ripresenti più un altro caso
Rosato, mettono le mani avanti gli ingro-vendoliani. I numeri della fiducia,
d’altronde, glieli rendono proprio loro. Gli stessi che avevano minacciato di
toglierglieli, e che in un caso (i tre voti contro di Sel nella lunga notte di
lunedì scorso) glieli avevano tolti per davvero. In quella circostanza, tanto
per cominciare, l’Idv si era astenuta. Ora rientra nei ranghi, come conferma il
capogruppo Paolo Bassi: «Non apriremo una crisi per una nomina che pur
continuiamo a ritenere inopportuna. Ci auguriamo, per il bene dei lavoratori,
che alla fine il sindaco abbia ragione. Non vogliamo che sia la fine di una
maggioranza bensì l’inizio di un confronto più aperto all’interno della stessa
quando si tratta di individuare figure terze». Ma Cosolini, soprattutto,
recupera Sel. Che in cambio, da lui, reclama più sinistra. E, come si fa coi
bambini, gli ricorda che questa è l’ultima che gli fa passare. «Non faremo -
sentenzia il segretario dei vendoliani Fulvio Vallon - la crisi sul caso Rosato.
Prendiamo atto che il sindaco non fa passi indietro. Noi neanche, la nostra
criticità verso il consulente, e non verso la consulenza in sé, permane. Che
questa però divenga l’occasione per un ragionamento sul grado di radicalità e
cambiamento che questa maggioranza politica è in grado di esprimere. Non ci
sembra che la nomina di Rosato esprima grande novità. Deve esserci la volontà di
trovare un differente approccio nelle decisioni. Non stiamo lì seduti dalla
parte del sindaco, a prescindere». Morale: ad oggi la maggioranza esiste, e
resiste. Gli unici due voti che non sono formalmente ripresi, e che restano
sospesi, ma che a questo punto non sono più decisivi, sono quelli di
Rifondazione, da dove invece insistono: «Il sindaco è convinto di giocare questa
carta?», si chiede in effetti il segretario Antonio Saulle parlando di Rosato.
La risposta è che se la giochi da solo?. «Eh sì», risponde lo stesso Saulle, che
poi spiega: «Di persone giuste al momento giusto ne ricordiamo eccome, e penso a
Gambardella, per esempio». Quanto alla permanenza nella maggioranza dei due
consiglieri eletti nel cartello della Federazione della sinistra, per il
segretario di Rifondazione «la questione resta aperta, non è stata ancora
affrontata fra di noi». Ma a sinistra del Pd sapevano o no che Rosato sarebbe
diventato consulente? «Ne parlò il sindaco in una riunione di maggioranza -
ricorda sempre da Rifondazione Iztok Furlanic, presidente del Consiglio comunale
- ma evidentemente pochi compresero, perché pochi evidentemente sapevano che
Rosato era sotto inchiesta, o che era parente di un esponente del Pd. Comunque -
sibila in fondo Furlanic - più che in Consiglio comunale, le conseguenze si
potranno far sentire in sede elettorale». @PierRaub
Piero Rauber
Guerra di campanile tra Udine e Trieste sui fondi ai
bus - LA POLEMICA
TRIESTE Nel giorno delle celebrazioni esplode la “guerra” di campanile tra
Trieste e Udine sui fondi al trasporto pubblico assegnati dalla Regione. Settore
in cui l'ente esercita la propria autonomia statutaria. Alle polemiche sollevate
dal presidente della Provincia friulana Pietro Fontanini, che invitava i
sindacati «a scendere in campo per rivendicare trattamenti equi» perché il
capoluogo giuliano «è favorito», risponde il consigliere regionale del Pdl, il
triestino Piero Tononi. «Sorprende, ma fino ad un certo punto, che il presidente
della Provincia di Udine attacchi ancora una volta Trieste – sottolinea – in
questo caso invitando i sindacati a scendere in piazza per rivendicare maggiori
risorse sul trasporto locale friulano rispetto a quello triestino». Fontanini
aveva elencato una serie di numeri per avvalorare le proprie affermazioni: nella
provincia friulana il chilometraggio del trasporto pubblico raggiunge i 16,2
milioni, mentre nel territorio giuliano, che ha una superficie minore, è di 19,5
milioni. «Com’è stata pensata questa suddivisione?», chiede il leghista. In
questo quadro i fondi assegnati a Trieste ammontano a 47 milioni, contro i 39 di
Udine, pari a 200 euro per abitante nel capoluogo giuliano e 73 in quello
friulano; a 224.411 euro per chilometro quadrato a Trieste e 8.061 di Udine. Ma
Fontanini ignorerebbe, a detta dell’esponente del Pdl, alcuni fattori che
distinguono le due aree della regione: la particolare morfologia del territorio
e il tasso di anziani nella popolazione, «fattori che contraddistinguono la
città di Trieste rispetto al Friuli e che da sempre sono incidenti nella
distribuzione dei fondi in tema di servizio pubblico». «Fa specie – continua
Tononi – che a ridosso delle elezioni il presidente si svegli e riscopra un
animo movimentista contro una regione amministrata anche dal partito a cui lui
stesso appartiene».
(g.s.)
Il ritorno della foca monaca - L’animale protetto, dopo
le molestie dei turisti, riappare a Capo Promontore: è una femmina adulta
CHERSO Tranquilli. La foca monaca avvistata negli ultimi anni sulla costa
nordoccidentale dell’isola di Cherso e nella grotta Mala Kolombarica a Capo
Promontore, a sud di Pola, è viva e vegeta. La conferma, assai gradita, giunge
dai responsabili dell’associazione croata denominata “Foca monaca mediterranea”
che sta seguendo con bravura e passione l’esemplare altoadriatico: la conferma
“vivente” che il mammifero ad alto rischio d’estinzione è ancora presente nelle
acque dell’ Adriatico. Dal 25 al 28 gennaio scorsi, la foca monaca è stata
monitorata a Capo Promontore, in collaborazione con i colleghi del gruppo “Foca
monaca” di Roma, guidati da Emanuele Coppola. Nella grotta è stata posizionata
una videocamera che ha dato ottimi risultati con l’animale ripreso nelle sue
faccende quotidiane. «Il filmato è davvero stupendo e molto nitido – ha spiegato
la biologa Jasna Antolovic, presidente di “Foca monaca mediterranea” – e ci
consente di avere un gran numero di dati sul mammifero. Abbiamo constatato che è
un esemplare di femmina adulta e che, in base ai segni sulla schiena, è anche
stata sessualmente attiva. Dopo che è uscita dalla grotta, abbiamo raccolto le
sue feci che studieremo in un laboratorio microbiologico mentre l’esame del Dna
sarà effettuato negli Stati Uniti». A febbraio il gruppo di studio guidato da
Antolovic lavorerà nell’isola di Cherso: si tratta di un progetto che avrà lunga
durata perché prenderà visione di un ampio tratto costiero dove più volte è
stata avvistata la foca monaca, specie nell’area che va da Lubenizze a San
Biagio. «Abbiamo le prove scientifiche – ha concluso la biologa – che il
mammifero non è qui per caso. Ha scelto questa porzione dell’Adriatico
settentrionale come sua dimora. Ciò depone a favore delle acque quarnerine e
istriane e delle loro risorse, il che andrebbe valorizzato anche dal punto di
vista turistico». Sin d’ora, comunque la biologa Antolovic, assieme ai colleghi
italiani e croati, ha stilato una lista delle cosiddette tane attive della foca
in cui sono stati rinvenuti peli, feci, unghie e altro materiale biologico
dell’animale. Per queste cavità sarà chiesto alle autorità di adottare misure di
tutela affinché la foca non sia molestata (o peggio) da diportisti, villeggianti
oppure occasionali passanti. Non sarebbe la prima volta: lo scorso luglio,
mentre l’esemplare si riposava tranquillamente su una spiaggia isolata, quattro
turisti hanno deciso di “circondarla” e di osservarla da vicino, troppo vicino.
C’era persino qualcuno in acqua, munito di maschera e boccaglio per poterla
guardare, quando sarebbe fuggita. Non paghi, i quattro hanno preso a parlare ad
alta voce, a spruzzarla con acqua di mare, a infastidirla. La foca monaca non ha
gradito, nemmeno un po’, abbandonando la spiaggia e cercando un altro rifugio.
La legge croata, in verità, è severa. E prevede multe fino a 80 mila kune, pari
10.654 euro, per chi molesta un animale tutelato.
Andrea Marsanich
IL PROGETTO “Urbi et horti” - Le prospettive
Oggi alle 17.30 nella sala del Consiglio comunale si terrà la presentazione di “Urbi et horti, città e orti”, i risultati del progetto e le azioni future, da parte del Comune e delle varie associazioni coinvolte. Sono invitati a partecipare quelli che hanno già partecipato al progetto di coltivazione di un appezzamento di un’area, quanti desiderano farlo, quanti hanno terreni abbandonati o sottoutilizzati che desiderano condividere.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 31 gennaio 2013
Rigassificatore, summit sul supplemento di Via
All’Autorità portuale cinque ore di riunione con i funzionari del
Ministero dell’Ambiente
Un incontro segreto di cinque ore sul rigassificatore alla Torre del Lloyd,
sede dell’Autorità portuale, con Mariano Grillo direttore generale per le
valutazioni ambientali del Ministero dell’Ambiente. Si è svolto ieri tra
mezzogiorno e un quarto e le cinque e un quarto del pomeriggio e vi hanno preso
parte anche alcuni funzionari della Commissione che sta svolgendo il supplemento
d’istruttoria sulla Valutazione d’impatto ambientale (Via) e che per confermare
il giudizio positivo dato nel 2009 oppure per trasformarlo in negativo hanno
tempo 45 giorni che scadranno prima di metà febbraio. Al centro della
discussione la delibera sul supplemento di Via già predisposta dalla giunta
regionale e che prima di sollevare una serie di perplessità sulla possibile
coesistenza tra nuove infrastrutture portuali e l’impianto di Gas Natural a
Zaule, sostanzialmente afferma che non sono stati portati dati oggettivi a
sostegno di una presunta crescita di traffico al terminal Siot per cui su questo
punto sarebbero da ritenersi sostanzialmente valide le valutazioni fatte dalla
Regione relativamente alla Via che nel 2009 si era conclusa in modo positivo
riguardo al rigassificatore nel sito di Zaule. «Su questo punto però - fa
rilevare l’assessore provinciale Vittorio Zollia, presente all’incontro assieme
ai rappresentanti delle altre amministrazioni interessate dal progetto - ho
evidenziato come le 500 petroliere del 2013 non siano una stima ipotetica, come
afferma la Regione, ma siano traffico già realmente acquisito. Di conseguenza ho
invitato i tecnici della Regione presenti a modificare la delibera.» In questo
senso l’Autorità portuale si è impegnata a fornire all’amministrazione regionale
ulteriori dati concreti sulla crescita dei traffici per implementare lo studio
che pure era stato elemento determinante per la riapertura del procedimento di
Via. Intanto però il tempo lavora a favore del fronte contrario al
rigassificatore. È chiaro ormai che, anche se la procedura di Via dovesse
risolversi entro metà febbraio con un parere nuovamente positivo, il Ministero
dello sviluppo economico che è quello che deve emettere l’Autorizzazione unica a
favore di Gas natural, non potrà farlo prima delle elezioni e presumibilmente
dunque non sarà Corrado Passera il ministro che deciderà. Ancora, c’è pure da
acquisire preventivamente la Valutazione d’impatto ambientale sul metanodotto
Trieste - Grado - Villesse che dovrebbe collegare l’impianto alla rete generale
e il cui iter non è ancora concluso e sarà infine necessario arrivare all’intesa
con la Regione che a propria volta potrebbe anche non essere più guidata da
Renzo Tondo. Ieri intanto lo stesso Zollia e gli assessori dei Comuni di Trieste
e Muggia, Umberto Laureni e Fabio Longo, sono tornati a evidenziare la propria
contrarietà al progetto. Del resto è la stessa Regione a specificare nella
delibera che «qualora si verificasse l’aumento di petroliere previsto e
dichiarato dall’Autorità portuale nel 2013 (più di 500) costituirebbe un dato
rilevante nella valutazione di sostenibilità di coesistenza tra rigassificatore
e previsioni di sviluppo del porto.»
Silvio Maranzana
«Basta coi tentennamenti dell’amministrazione Tondo» -
INSORGONO I SINDACI COSOLINI E NESLADEK
La Regione, che riguardo al rigassificatore di Zaule doveva raccogliere i
vari pareri sul territorio prima di esprimere la propria posizione al Ministero
dell’Ambiente che ha in corso il supplemento di istruttoria sulla Valutazione
d’impatto ambientale è finita nuovamente nel mirino delle critiche da parte
delle amministrazioni locali. Vittorio Zollia, assessore provinciale
all’Ambiente, ha espresso apertamente le proprie critiche nel summit di ieri
all’Autorità portuale, e ha detto di aver percepito da parte dei tecnici della
Regione presenti, Raffaela Pengue e Giovanni Petris, la disponibilità a
sottoporre ai referenti politici l’ipotesi di modificare la delibera. Ma sul
documento della giunta Tondo è negativo il commento del sindaco di Trieste
Roberto Cosolini: «Una delibera in linea con quella che è sempre stata la
posizione ondivaga sul rigassificatore tenuta dal presidente Tondo secondo il
quale dapprima l’impianto bisognava farlo a tutti i costi, poi ci ha messo una
pietra tombale sopra, quindi vi ha tirato una riga sotto, ancora dopo ha detto
di non essersi mai pronunciato non avendo mai fatto una delibera, e così avanti.
Senza considerare che aveva promesso una giornata di consultazione con le
amministrazioni e le associazioni locali e non ha rispettato l’impegno. Al
contrario la giornata odierna ha riservato una grande novità sul rigassificatore
- sottolinea Cosolini - ed è il pronunciamento di Pierluigi Bersani contro
quell’impianto in quella posizione. Non mi dispiacerebbe se diventasse premier.»
Sulla stessa linea il sindaco di Muggia Nerio Nesladek: «Fino a 6 mesi fa la
Regione era ciecamente favorevole all’impianto, poi ha incominciato a dire tutto
e il contrario di tutto. Ora contesta le previsioni di crescita del traffico
marittimo che vengono fatte dall’organismo preposto, ciò l’Autorità portuale e
non si capisce su quali basi lo faccia visto che alla base di tutto c’è uno
studio fatto da tecnici. Da parte nostra non possiamo che ribadire i numerosi
motivi di contrarietà.» «Il presidente Tondo e la sua giunta - afferma invece il
consigliere regionale del Pd Sergio Lupieri - rimandano sostanzialmente il
pallino al ministero dimostrando una volta di più tutti i loro limiti e le
contraddizioni che li hanno sempre accompagnati. Tondo dovrebbe mandare a Roma
un no deciso - conclude Lupieri - invece questo suo atteggiamento ambiguo denota
la scarsa attenzione che ha per Trieste e per il suo territorio.» E intanto ogni
giovedì, a partire da oggi, si terrà dalle 18 alle 20 in via XXX Ottobre 8/a il
“Rigassificatore day” «quale momento d’incontro e di confronto di idee per la
progettazione di nuove iniziative contro la costruzione del rigassificatore.
L’iniziativa è aperta alle associazioni e ai cittadini che potranno anche
firmare l’apposita petizione popolare contro il rigassificatore.
(s.m.)
Caso Rosato, Sel resta in bilico Nessuno fa un passo
indietro - COMUNE » VERTICE SENZA SBOCCHI
Vivace confronto all’interno della maggioranza. Il sindaco non ritira la
consulenza e i vendoliani si appellano alla base.
Cosolini: «Una messa a punto». Sossi: «La situazione è
ancora complicata»
C’è un nodo politico che rimane ancora irrisolto. E ha il nome di Sel.
Sinistra ecologia e libertà, forza di maggioranza nel centrosinistra che in
Comune sostiene il sindaco Roberto Cosolini. La riunione di coalizione,
convocata ieri per un chiarimento sul “caso Rosato”, si è chiusa con un Marino
Sossi, capogruppo dei vendoliani nell’assemblea municipale, tutt’altro che
soddisfatto. Tanto da affermare, dopo quasi un’ora e mezza di confronto a
palazzo Cheba: «Venerdì (domani, ndr) è in programma un’assemblea pubblica per
iscritti e simpatizzanti di Sel nella nostra sede in via Martiri della Libertà.
Lì ci confronteremo e decideremo come andare avanti in una situazione che resta
complicata». Il bivio: «Decideremo se uscire dalla maggioranza o restarci -
aggiunge Sossi -. Ma o cambia l’impostazione dei rapporti in maniera netta
oppure, che noi si sia fuori o dentro, continueremo a non stare zitti». Il tema
del faccia a faccia, come noto, era l’affidamento da parte del Comune all’ex
direttore della Ferriera, Francesco Rosato, dell’incarico di assistenza tecnica
per la valutazione degli aspetti economico-ambientali relativi alla
riconversione industriale dell’area dello stabilimento di Servola. Consulenza su
cui il centrosinistra ha mostrato una diversità di vedute sfociata nel voto di
lunedì notte in Consiglio comunale, con Sel a esprimersi assieme all’opposizione
contro la scelta dell’amministrazione, l’Idv ad astenersi e la Federazione della
Sinistra - con Iztok Furlani› - fedele alla maggioranza per “questioni di
metodo” in attesa del vertice di ieri. La riunione tanto attesa ha confermato in
primis un dato: le perplessità - legate principalmente al coinvolgimento di
Rosato nell’inchiesta giudiziaria sulle discariche abusive proprio nell’area
della Ferriera di Servola - sono rimaste tali in chi già le aveva esternate,
mentre la convinzione di chi si era sempre speso a favore della decisione del
Comune non è stata scalfita. Nessuna retromarcia. Presenti al vertice, oltre al
citato Sossi per Sel, il sindaco Roberto Cosolini e l’assessore allo Sviluppo
economico Fabio Omero, per il Pd Giovanni Maria Coloni e Pietro Faraguna, per
l’Idv Paolo Bassi, la Federazione della Sinistra con il segretario provinciale
di Rifondazione comunista Antonio Saulle, l’omologa per i Comunisti italiani
Bruna Zorzini Spetic e il presidente del Consiglio comunale Iztok Furlani›, per
Trieste cambia Roberto Decarli e il presidente della “civica” Fabio Samec e
infine Patrick Karlsen dei Cittadini. Un impegno è stato comunque definito
all’unanimità. La coalizione si confronterà più spesso. «Abbiamo condiviso - fa
il punto il sindaco - che va migliorato il metodo con discussioni più tempestive
e complete, e maggiore continuità. Quanto alla gestione dei lavori in aula, le
questioni vanno verificate prima». In modo da evitare fratture come quella di
lunedì notte. «Abbiamo fatto una messa a punto», rileva ancora Cosolini.
L’operazione di rinsaldamento politico del dialogo fra le parti muove già verso
un appuntamento calendarizzato: «Ci rivedremo - aggiunge il primo cittadino -
nel pomeriggio dell’11 febbraio per definire le priorità del 2013. In ogni caso,
facciamo tesoro di quest’esperienza». Per il sindaco, insomma, il «momento di
crisi» (nella sua stessa definizione) è archiviato. Ma la bufera sarà davvero
passata completamente? A sentire Sossi, non del tutto: «Da parte nostra è giunta
la richiesta di un altro approfondimento politico, per capire come si va avanti
sui temi dell’economia cittadina e sull’occupazione. La consulenza - ritorna al
tema di scontro politico il capogruppo di Sel - ha creato più problemi di quanti
già ne avevamo. Credo sia stato un errore. Su alcune cose non esistono patti: la
sinistra va ricostruita su alcune impostazioni di fondo». E in ultimo: «Resta
alta in ogni caso l’attenzione. Rosato - conclude Sossi - dovrà produrre un
piano nel rispetto della salvaguardia dell’occupazione e di attività più
compatibili con l’ambiente».
Matteo Unterweger
Furlanic (Fds): «Sulla Ferriera sta lavorando solo il
Municipio» - IL POST-RIUNIONE
«Un confronto costruttivo». Così Giovanni Maria Coloni, capogruppo del Pd,
definisce il vertice di maggioranza di ieri a lavori conclusi. Parole e tono di
voce sono molto diversi da quelli che connotano le dichiarazioni di Marino Sossi
(Sel). «Abbiamo anche registrato che le diverse valutazioni sulla questione sono
rimaste tali - prosegue Coloni -. E si è comunque convenuto di cogliere
l’occasione per verificare le modalità per stare in maggioranza». Garantita, in
sintesi, una maggiore continuità di confronto. Non a caso, il centrosinistra si
rivedrà per una nuova verifica proprio sul tema Ferriera-Rosato. E l’11
febbraio, come annunciato dal sindaco, saranno fissate le priorità 2013 della
coalizione. Nel post-confronto, il presidente del Consiglio comunale, Iztok
Furlani› (Fds) ha voluto mettere in evidenza un aspetto in particolare: «Visto
l’immobilismo degli altri, c’era il rischio che a restare con il cerino in mano
fosse il Comune, l’unico che sta tentando di fare qualcosa». Stilettata con
implicito destinatario la Regione. E pure Roberto Decarli (Trieste cambia)
sottolinea l’opera dell’amministrazione Cosolini: «Si sta affrontando il
problema della Ferriera in maniera approfondita e determinata, con
super-attenzione. E continueremo a incontrarci come maggioranza per tenerlo in
evidenza». Rischio-crisi passato, dunque, per il centrosinistra in Comune?
Secondo Patrick Karlsen (Cittadini) sì: «La riunione è stata positiva perché
l’allarme (sul problema politico, ndr) è rientrato. E la situazione sarà
gestibile attraverso una serie di passaggi. Sel? Non sta a me giudicare -
riflette concludendo Karlsen - ma mi pare che il sindaco abbia rassicurato tutti
in merito al modo in cui affrontare le cose».
(m.u.)
Principio di incendio Allarme in Ferriera - SUBITO
DOMATO
Allarme per un principio di incendio all’altoforno della Ferriera di Servola
ieri mattina. L'allarme è scattato poco prima delle 8, quando il centralino dei
vigili del fuoco di vial d’Alviano ha ricevuto una chiamata perché nell'impianto
di Servola si stava sviluppando un incendio. Le squadre sono partite subito, ma
quando i vigili del fuoco sono arrivati sul posto le fiamme erano state già
spente dal personale della Ferriera. Pochissimi i danni, tanto che - a quanto
pare - non è stato neppure necessario mettere in sicurezza gli impianti. Ancora
in corso di accertamento le cause che hanno scatenato l'allarme e il principio
d’incendio.
Sin, via alle bonifiche Interessa 12 aziende e il
centro all’ingrosso
Avviate le analisi di rischio, su un’area di 318mila metri Gara vinta da
imprese di Marghera e Brescia
In questo mare generalizzato di guai forse un antico problema triestino si
sta parzialmente risolvendo: ampi terreni “off limits” causa inquinamento e
delimitazione nel perimetro del Sin, Sito inquinato nazionale, a distanza di
oltre 10 anni potranno a breve tornare disponibili. L’Ezit ha affidato i lavori
di seconda verifica e poi di “analisi del rischio” su 318 mila metri quadrati
del suo perimetro. A vincere la gara (col 54% di ribasso) è stata l’associazione
di imprese tra Selc-Società cooperativa di Marghera e Indam-Laboratori srl di
Brescia. Strettissimi i tempi, tra un mese e mezzo dovrebbe essere nota la mappa
dell’inquinamento, e anche la sua natura, di conseguenza là dove si trovassero
inquinanti inerti e non pericolosi per le attività industriali migliaia di metri
quadrati potrebbero tornare in uso. Dei 318 mila metri quadrati di proprietà
Ezit 115 mila sono edificabili, destinati ad attività produttive, il resto
riguarda strade, raccordi ferroviari, aree verdi, capannoni esistenti. A questa
ampia porzione se ne unisce un’altra, di 75 mila metri quadrati, che invece è di
proprietà privata. Singoli appezzamenti (dai 934 metri quadrati ai 16 mila) sono
stati dall’Ezit venduti tra 2006 e 2011 a 12 aziende che avevano necessità di
ampliarsi o spostarsi. «Era l’epoca in cui lo “sblocco” del Sito inquinato
ancora non c’era - spiega il direttore di Ezit, Paolo De Alti -, e dunque i
terreni furono ancora venduti al prezzo, non di mercato, di 18 euro al metro.
Anche gli imprenditori rischiavano: procedure, costi, incertezze sulla durata
della bonifica. Nessuno di loro è ancora riuscito a venirne a capo con le
proprie forze, e quindi abbiamo sottoscritto una convenzione per cui è Ezit a
occuparsi di tutti i procedimenti, i privati poi ci rifonderanno le spese».
Nella porzione che appartiene all’Ente zona industriale ci sono anche i 56 mila
metri quadrati cosiddetti “ex ortofrutticolo”, quei terreni cioè che
l’amministrazione Dipiazza aveva acquistato per trasferire il mercato
all’ingrosso e che poi l’amministrazione Cosolini ha provveduto a rivendere.
Proprio in quell’area la Camera di commercio ha opzionato 35-40 mila metri per
la costruzione di un Centro per l’ingrosso destinato a merci varie. Che ha
urgenza di realizzare altrimenti vanno a scadenza i finanziamenti regionali. Le
altre porzioni di terreno sono state acquistate da Autodemolizioni Adriano
(11.585 metri quadrati), Innocente & Stipanovich (4536), Roberto Knez (5527),
Unicar (934), Progetto 3000 (16.167), Trieste auto (4665), Dean auto (2221), Aei
(1831), Samauto (2709), Progit (3574), Solagro Noghere (12.146), Italesse
(8266), e inoltre Teseco già proprietaria di aree adiacenti ha comprato un
corridoio di 6000 metri quadrati come via di accesso all’area Hc (da anni
destinata a un centro commerciale). «Contiamo di concludere entro la primavera
l’analisi di rischio - afferma De Alti - che ci consentirà finalmente di
conoscere l’effettivo inquinamento e renderà possibile la stima di costi e tempi
necessari per la bonifica e/o messa in sicurezza, fornendo così a proprietari e
auspicabili investitori un quadro preciso di possibilità e sviluppo dell’area».
Anche la Camera di commercio saprà allora quanto pagare per i terreni che l’Ezit
le cederà. Invece, dopo gli accordi del maggio scorso col ministero
dell’Ambiente, firmati a Trieste dallo stesso ministro Clini, nulla si è mosso
per tutto il resto della vastissima area del Sin. A occuparsi delle procedure
dev’essere sempre l’Ezit, «ma stiamo ancora aspettando dalla Regione, che pure
ha i finanziamenti - conclude De Alti - l’atto di “delegazione amministrativa”
che ci autorizzi ad agire in sua vece». E tra poco sarà passato un anno.
Gabriella Ziani
Inchiesta Ue sui rifiuti campani - DENUNCIA DI
GREENACTION TRANSNATIONAL
L’inceneritore di Trieste ne aveva smaltito 25mila tonnellate
L’Unione europea, su denuncia presentata da Alpe Adria Green (Slovenia),
Greenaction Transnational (Trieste) e il comitato Legamjonici (Taranto-Italia),
ha avviato un’inchiesta sullo smaltimento dei rifiuti dell’emergenza della
regione Campania e inceneriti anche a Trieste. Ne dà notizia Greenaction
transnational rilevando che «nella denuncia congiunta gli ambientalisti sloveni,
croati, italiani avevano evidenziato che l’operazione di esportazione dei
rifiuti campani è stata eseguita in regime di emergenza straordinaria che
permetteva (e continua a consentire) di eludere completamente la legislazione
comunitaria». «In questo modo - sostiene Greenaction transnational - l’emergenza
campana è stata semplicemente distribuita, esportandola, in altre aree e
innescando situazioni critiche a livello transfrontaliero, come nel caso di
Trieste dove i rifiuti incontrollati di Napoli e della Campania - spesso frutto
della “particolare” gestione nel settore della camorra - sono stati bruciati nel
locale inceneritore comunale situato a tre chilometri in linea d’aria dalla
Slovenia. Nonostante le proteste dei cittadini e le richieste di chiarimento di
Slovenia e Croazia almeno 25mila tonnellate di rifiuti campani si sono così
“volatilizzate” e senza che venisse nemmeno data risposta sulla destinazione
finale delle ceneri. Il tutto in base ad accordi economici in base ai quali le
amministrazioni pubbliche locali hanno il massimo interesse a recepire e
smaltire la maggior quantità possibile di “munnezza” campana pagata a
tonnellata. Naturalmente a scapito della salute dei propri concittadini».
RIFIUTI: DA LUGLIO ARRIVA LA TARES E CI COSTERÀ DI PIÙ
- RUBRICA CONSUMATORI di LUISA NEMEZ
L’inizio del pagamento della Tares è fissato a luglio. Non è il caso di
sfregarsi le mani pensando di aver risparmiato sei mesi di tassa sui rifiuti
perché trattasi nient’altro che di una dilazione di pagamento in quanto la Tares
è in vigore a tutti gli effetti dal primo gennaio, per cui l’importo annuale
resta invariato e si procederà o con acconti e saldo finale a fine anno oppure
con rate raddoppiate. La sofferta gestazione di questa nuova tassa (nuova per il
nome), figlia della manovra “salva Italia”, non è che abbia portato consiglio:
infatti, come la Tarsu e la Tia, verrà calcolata sull’80% della superficie
catastale dell’immobile e non sul numero degli occupanti l’abitazione. Ma anche
qui, se il Comune non è ancora in possesso di questo dato e dovrà attendere il
trasferimento dei dati catastali, avverrà un successivo conguaglio come ci hanno
abituato ormai le bollette energetiche. Non è tutto. La nuova tassa, applicabile
e riscossa dai Comuni, che oltre ai rifiuti è finalizzata a finanziare pure i
“servizi indivisibili” (cioè manutenzione delle strade e illuminazione
pubblica), peserà notevolmente sulle tasche dei cittadini. Leggiamo, da studi
compiuti dalla Cgia di Mestre, che la Tares si trascinerà dietro circa due
miliardi in più della precedente Tarsu e Tia, il che equivale a un esborso medio
per le famiglie pari al 29% circa. Una domanda però ricorre spontanea: finora
come erano coperti questi “servizi indivisibili”? Lo slittamento a luglio della
prima rata della Tares ha ottenuto il “plauso vigile” di tutti i settori del
Parlamento. Più che di “plauso vigile” sarebbe meglio parlare di “plauso
prudente”: con le elezioni alle porte nessuno ha voglia di assumersi il peso di
nuovi gravami fiscali che hanno inciso pesantemente sulla nostra economia, per
cui la prudenza ha suggerito di mettere mano a questa tormentata vicenda con
l’intento di correggere e modificare la Tares allo scopo di alleggerire il
cittadino che, ora, come, ora, è il più tassato e tartassato dell’Unione
europea. Anche perché, com’è formulato il decreto, si corre il serio rischio di
sollevare contenziosi su una tassa, che in realtà è una tariffa, associata a
un’imposta sui servizi comunali. Caro rifiuti: quanto ci costi. C’è chi paga e
chi ci guadagna.
«Eurosocietà per la Trieste-Capodistria»
Moretti lancia la proposta per sbloccare le resistenze. E sollecita la
liberalizzazione ferroviaria nei terminal marittimi
TRIESTE Primo punto: liberalizzare la manovra ferroviaria nei porti europei
e, in particolare, italiani, perchè costa troppo e perchè è vittima di troppi
condizionamenti “corporativi”. Secondo punto: la tratta ferroviaria
Trieste-Capodistria non è importante solo per l’area territoriale
alto-adriatica, ma per tutto il Paese, perchè non pensare a una società di
diritto europeo per gestirla? Terzo punto: è ben vero lo squilibrio modale nel
trasporto merci nazionale, ma le Fs hanno risanato il comparto e stanno
recuperando quote di traffico. Ieri a Trieste, in occasione di un euroconvegno
del gruppo socialista- democratico a Strasburgo, Mauro Moretti, amministratore
delegato delle Ferrovie, non ha smentito la sua radicata fama di interlocutore
poco incline al minuetto diplomatico, sollecitato dalle domande di Paolo
Possamai, direttore del “Piccolo”. E così Moretti ha subito polemizzato con i
facili liberalizzatori, che però non liberalizzano le reti terminali ferroviarie
negli scali marittimi. «Operare nel raggio di pochi chilometri a Trieste - ha
ricordato - costa quanto arrivare al Brennero. Bisogna che le Autorità portuali
si concentrino sull’attività di regolazione e lascino perdere le gestioni». E,
viaggiando tra banchine e binari, Moretti ha insistito, come si diceva, sulla
rilevanza della Trieste-Capodistria, per la quale ha proposto, con una
provocazione che è piaciuta al giurisperito Maurizio Maresca, la costituzione di
una società di diritto europeo, per dribblare barriere e ostacoli opposti da
appartenenze nazionali. Un’operazione del genere - gli ha fatto sponda Maresca -
ha un precedente nell’aeroporto di Basilea. Pungolato sulla scarsa presenza di
Trenitalia sul merci, Moretti ha replicato su due livelli argomentativi.
Innanzitutto ha sottolineato che Trenitalia, su un fatturato di un miliardo,
perdeva nel cargo 800 milioni, «perchè tutti con le Ferrovie ci guadagnavano».
Nel 2012, con ricavi superiori al miliardo, il “rosso” è stato invece limitato a
30 milioni e, se non fosse per l’incidenza negativa del traffico domestico,
all’estero (25% del totale) Trenitalia riesce addirittura a guadagnare. Moretti
ha lamentato gli inesistenti incentivi a supporto dell’utilizzo ferroviario per
il trasporto merci, a differenza di quanto accade per il vettore stradale, che
dallo Stato riceve un miliardo annuo. Dall’altra parte della “barricata”, in
rappresentanza dell’autotrasporto, gli ha risposto Eleuterio Arcese, presidente
di Anita, con un lungo quaderno di doglianze: il cattivo e dispendioso
funzionamento del “combinato” camion-treno (soprattutto sulla linea del
Brennero), il maggior costo del gasolio, il dumping che agevola gli autisti
est-europei (un gap da 2mila euro). Intanto giungevano notizie da Bruxelles
sulle nuove regole Ue in tema di liberalizzazioni e di separazione
servizio/rete: Moretti critico, i costi europei lieviteranno tra i 6 e i 15
miliardi.
(m.gr.)
«Il porto non ci ha dato risposte E che ci fanno le
Generali in Ntv?» - IL NUMERO UNO DELLE FERROVIE
TRIESTE Ingegner Moretti, che fine ha fatto il protocollo, risalente a un
anno fa, per potenziare il servizio ferroviario nel porto di Trieste? Era un
nostro progetto che aveva e ha bisogno dell’Autorità portuale triestina, padrona
delle aree e dei binari. Dall’Ap non abbiamo ottenuto una vera e propria
risposta, abbiamo ricevuto - diciamo così - una replica laterale, ovvero “dateci
l’area vicino alla stazione centrale”. Ma sul merito niente, sia che si parlasse
di come sistemare il ro-ro o del collegamento con Capodistria. Vediamo allora se
per i viaggiatori triestini c’è qualche consolazione. La Venezia-Trieste sarà
rafforzata? Intendiamoci: con la liberalizzazione del servizio ferroviario, si
va dove si fanno i soldi. Purtroppo la Venezia-Trieste non è una tratta facile,
non serve grandi centri e quindi non si fanno grandi numeri. Eppure Giuseppe
Sciarrone, amministratore delegato del vostro concorrente Ntv, ha detto che la
nuova compagnia verrà a Trieste. Che venga. Voleva andare anche a Bari, poi mi
pare che abbia rinunciato alle tracce. Ma arriverà ad Ancona. Perchè nelle
Marche c’è Della Valle. E a Trieste ci sono le Generali, azioniste di Ntv. Non
ho capito perchè un gruppo assicurativo stia dentro a un’impresa ferroviaria, ma
è un problema cui dovrà rispondere Greco (ad Generali, ndr). Non vedo la
coerenza con la mission aziendale, è un mistero divino. Sono perplesso perchè le
Fs sono un buon cliente delle Generali, alle quali versano ogni anno 70 milioni
di premi. I vertici di Ntv hanno anche detto che sono intenzionati a partecipare
alle gare per il trasporto regionale, quei “pendolari” motivo di frequenti
contestazioni per Trenitalia. Nell’intervento, fatto qui a Trieste, ho posto una
domanda precisa: se Trenitalia perderà le gare regionali, dove metterò i
dipendenti, che afferiscono al servizio perso? Posso spostare i treni da una
regione all’altra, ma non posso farlo con il personale. Allora lo debbo
licenziare. E’necessario prevedere clausole sociali che evitino pesanti disagi
sociali. La linea ad alta velocità Milano-Venezia ha risorse sufficienti per
realizzare lavori fino a Brescia. E poi? E poi bisognerà approvare i progetti e
non è cosa facile, perchè ogni amministrazione ha qualcosa da eccepire. La
realizzazione di queste infrastrutture implica un coordinamento istituzionale
che oggi non esiste. Il collegamento Trieste-Lubiana langue. Prima di parlare di
realizzazioni vanno concluse le progettazioni. In linea di massima i rapporti
italo-sloveni, per quanto riguarda il trasporto ferroviario,.sono buoni, anche
se rimane qualche criticità nel risolvere antiche vicende di miglioramento dei
passaggi infrastrutturali verso i porti. Il proseguimento del Corridoio V si
giova di un alto livello istituzionale, perchè fa parte di accordi intervenuti a
livello statale. Da Bruxelles stanno giungendo notizie sul “pacchetto ferrovie”
elaborato dalla Commissione Ue in tema di liberalizzazioni e di separazione
rete/servizio. Cosa ne pensa? Non si capisce più se le direttive Ue sono regole
per aiutare l’economia o camicie di forza. Il rischio, se parliamo di
separazione rete/servizio, è che i costi per le ferrovie europee lievitino da 6
fino a 15 miliardi. Il giudizio sulle decisioni europee è invece positivo per
quanto riguarda le liberalizzazioni e la creazione di un’Autorità unica del
settore. A proposito di politiche di trasporto, alle Fs interessa acquisire
Alitalia? No comment.
Massimo Greco
Tondo si schiera contro la Soprintendenza
Il governatore sposa la linea dell’Ance e avverte il ministero: «Pronto a
guidare la protesta dei costruttori a Roma»
Pressing su Ornaghi - Non spetta a me decidere se si debba sostituire Picchione
oppure portarla a più miti consigli Ma qualcosa va fatto
TRIESTE Renzo Tondo è pronto a guidare la protesta contro la Soprintendenza
regionale. Atto dovuto, ha spiegato ieri il presidente della Regione al
ministero per i Beni e le Attività culturali, a tutela di un comparto, quello
dell’edilizia, che addebita al rigore dell’architetto Maria Giulia Picchione il
blocco di lavori in Fvg per 500 milioni di euro. È il presidente regionale
dell’Ance Valerio Pontarolo a riferire dell’interessamento di Tondo. Il
governatore, che già aveva contatto i costruttori una settimana fa per
approfondire la questione – da una parte la titolare della Soprintendenza
regionale afferma che le pratiche licenziate con parere favorevole sono il 95%,
dall’altra l’Ance conta non più del 30% di via libera –, ha preso in mano il
telefono e trasmesso a Roma l’ultimatum: risolvete la questione o la protesta
esploderà. Tondo, a colloquio con la segreteria generale del ministero Ornaghi,
ha parlato di «situazione esplosiva» e chiesto un intervento immediato. «Se si
debba procedere a sostituire la soprintendente o a portarla a più miti consigli
lo deciderà Roma, ma qualcosa va fatto al più presto», spiega Pontarolo. In caso
contrario, è l’avvertimento di Tondo, partirà dal Friuli Venezia Giulia una fila
di pullman con i lavoratori in protesta. E, a capo, ci sarà proprio il
presidente della Regione. L’Ance non dimentica di rilevare che l’intervento
della politica a difesa di un settore già messo in seria difficoltà dalla crisi
è trasversale. Sempre ieri anche Gianfranco Moretton, uno dei leader del
progetto montiano in Fvg, ha telefonato a Pontarolo e lo ha invitato a un
colloquio con Mario Monti in occasione della visita del Professore in regione. E
c’è poi l’interrogazione di Ettore Rosato, deputato Pd, in cui si chiede a
Ornaghi un intervento «per verificare se l'eccessivo rigorismo della
Soprintendenza Fvg possa integrare gli estremi per la contestazione del danno
erariale». Danno erariale di cui l’Ance chiede verifica anche alla Corte dei
conti viste le sentenze del Tar (al momento sei, ma se ne attendono altre)
favorevoli ai ricorsi di società che si sono ritenute penalizzate dalle mancate
autorizzazioni paesaggistiche dell’ufficio ministeriale: chi intende realizzare
pannelli fotovoltaici a Bagnaria Arsa, chi elevare una canna fumaria a Buttrio,
chi sostituire la copertura di un capannone a Pavia di Udine, chi costruire una
autorimessa a Trieste. Progetti che hanno ora il via libera del Tribunale
amministrativo, intasato da numerosi altri ricorsi, mentre la Soprintendenza è
chiamata al rimborso di spese e competenze giudiziali. «Nelle sentenze –
ricordano i costruttori – si leggono parole come “illogicità”,
“contraddittorietà” e “arroganza amministrativa” in riferimento ai pareri
espressi dalla Soprintendenza». «Non sappiamo se la politica, in tempo di
elezioni, si occupa del caso solo per fare bella figura con gli elettori o
perché ha realmente compreso la portata del problema – osserva infine Pontarolo
–, ma a noi interessa che il risultato venga raggiunto. Sempre nel pieno
rispetto dei vincoli ambientali e archeologici, stia tranquillo l’architetto
Picchione». In attesa delle prossime puntate, in Regione si ribadisce
l’obiettivo di acquisite le competenze amministrative della Soprintendenza ai
Beni architettonici, «non per diminuire la tutela del nostro patrimonio – spiega
l’assessore Riccardo Riccardi per bocca della collega Sandra Savino in risposta
a un’interrogazione del leghista Enore Picco –, ma per meglio gestire la
burocrazia connessa. Di concerto con la Commissione paritetica, troveremo le
soluzioni legislative e amministrative più idonee per portare in capo alla
Regione le competenze». A condividere la sollecitazione leghista anche il
consigliere regionale del Pdl Paolo Santin: «È una vergogna che un ufficio
statale continui a bloccare tutto con procedure che vanno a dir poco a rilento».
Marco Ballico
Una “company” per sviluppare gli itinerari in
bicicletta
UMAGO Si può benissimo affermare che sia stata la Parenzana a dare il via
allo sviluppo del cicloturismo in Istria. Buona parte del percorso dell’antica
ferrovia a scartamento ridotto infatti è stata recuperata e messa in funzione
degli appassionati che hanno colto al volo l’occasione di pedalare lungo un
paesaggio veramente suggestivo. Ma non bisogna fermarsi qui se si vuole
mantenere il passo con la tendenza in Europa, dove ci sono oltre 60 milioni di
ciclisti. È nata così l’idea di costituire la Dmc, ossia la Destination
management company che si occuperà del rilancio di questa forma di turismo. In
merito hanno deciso i vertici delle maggiori aziende turistico alberghiere della
Regione, ossia Istraturist di Umago, Maistra di Rovigno, Laguna e Riviera Adria
di Parenzo, Laguna di Cittanova, Arenaturist di Pola e dell’Ente regionale di
soggiorno al recente incontro con il ministro del turismo Veljko Ostoji„. Alla
riunione è emerso che nel 2012 per lo sviluppo del cicloturismo in Istria sono
stati spesi 600 mila euro. Per l’anno in corso sono stati concordati
stanziamenti ancor più cospicui visto che il settore è in grado di produrre sui
450.000 pernottamenti. I compiti primari nel piano di sviluppo sono la creazione
di una rete unificata in Istria delle piste ciclabili che faccia da collante
alle isolate iniziative di carattere locale, la definizione della strategia di
marketing e il piazzamento del prodotto sul mercato. Si calcola che la Dmc
inizierà a operare tra due mesi. Sarà diretta da Martin Cotar ex ciclista
professionista e già direttore del progetto sul rilancio della Parenzana con i
fondi europei. Per tutti gli appassionati, dunque, si apriranno presto nuovi
percorsi per scoprire un volto diverso dell’Istria.
( p.r.)
Ambiente, al via la campagna per l’efficienza
energetica - IN COMUNE E PROVINCIA
Il Comune di Trieste, la Provincia di Trieste e Gorizia e l’Anaci Friuli
Venezia Giulia (Associazione nazionale amministratori condominiali e
immobiliari), a fianco di Domotecnica-Divisione Condomini, hanno presentato la
campagna di diagnosi energetica gratuita nel corso del convegno intitolato
“Efficienza energetica in condominio con impianto di riscaldamento
centralizzato”. L’evento è stato aperto dagli interventi di Vittorio Zollia e
Mara Cernic, assessori alle Politiche ambientali rispettivamente della Provincia
di Trieste e di quella di Gorizia, e di Andrea Dapretto, assessore ai Lavori
pubblici del Comune di Trieste. Il progetto si prefigge l’obiettivo di ridurre
l’inquinamento degli impianti di riscaldamento dei condomini centralizzati: una
campagna annuale di diagnosi energetica offrirà a tutti gli amministratori
condominiali presenti al convegno la diagnosi energetica gratuita del proprio
parco condomini per conoscerne esattamente il reale stato di efficienza. Durante
il convegno si è tenuta anche un’introduzione sulle nuove prescrizioni normative
in tema di certificazione, diagnosi energetica dei condomini e sugli strumenti
per la valutazione dell’efficienza energetica in condominio con impianto
centralizzato. Il programma avviato da Domotecnica si colloca perfettamente
nell’azione dell’amministrazione comunale di Trieste: secondo il giudizio
dell’assessorato ai Lavori pubblici, infatti, un monitoraggio su vasta scala del
patrimonio immobiliare diviene un momento fondamentale per la valutazione
tecnica delle opere migliorative che si possono mettere in atto a favore del
contenimento energetico. Un passo necessario, insomma, per aumentare la
conoscenza e la consapevolezza di quanto moltissimi edifici siano delle macchine
energivore.
Trieste Trasporti, con i tagli la periferia diventa un
ghetto LA LETTERA DEL GIORNO di Giorgio Uboni - Sindacato pensionati Cgil
Esplode nuovamente la questione dei trasporti urbani a Trieste. Sicuramente
un problema, data la crisi economica e i risparmi necessari. Ma, come sempre, il
problema vero è dove tagliare, dove colpire. Rivisitare il sistema, in accordo
con il sindacato, è un passo doveroso e legittimo. Ma la partita dei trasporti
non è solo problema di razionalizzazione dei costi aziendali, è anche un
problema sociale. Stiamo parlando di un servizio, pagato in varie forme da tutti
i cittadini, che dev’essere attento alle esigenze della popolazione. Se è vero,
e così è, che Trieste è una città di anziani, che la sua conformazione collinare
crea pesanti problemi di spostamento, l’attenzione massima va posta proprio ai
residenti in periferia, soprattutto agli anziani; è impensabile ridurre i
collegamenti centro-periferia alle domeniche o alle ore non di punta (ma per chi
non di punta?), aumentare così le difficoltà di mobilità urbana, favorire una
volta di più la trasformazione della periferia in ghetto destinato a chi non può
spostarsi con mezzi propri, a piedi o in taxi. Di una periferia, per di più,
sempre più deprivata di negozi, servizi vari e punti di incontro e ritrovo. Se è
vero che socializzare è una esigenza sentita da tutti, è troppo poco favorita
nei fatti. Giusto pedonalizzare il centro, ma come raggiungerlo se si riducono
quei servizi che già oggi sono al limiti della sufficienza? Pensando addirittura
di sopprimere quel bus-navetta al cimitero di Sant’Anna, così gradito e
utilizzato dagli anziani. Si risolverà così il problema del bilancio
dell’azienda? Ancora: il nuovo Piano del traffico e lo sviluppo della città sono
elementi collegati. In questa ottica, il trasporto pubblico è un fattore
importante, ma non solo per i cittadini anziani e gli abitanti delle periferie.
Da anni molti hanno giustamente sottolineato che una strada da battere consiste
nel favorire il rapporto, se non proprio l’integrazione, tra la città e gli
ospiti dei nostri centri di ricerca e dell’università. Lo si favorisce tagliando
i trasporti nelle ore serali e nei giorni festivi? Non proprio! Ecco perché
chiediamo a tutta la città, oltre che alle amministrazioni competenti, un
approfondimento della materia e un’individuazione di quelle che sono le vere
priorità dei cittadini e dello sviluppo, partendo da questo nel rivedere
l’assetto del servizio, non da una ragionieristica valutazione di risparmi
possibili con tagli al servizio e al personale. Si parla tanto di crescita e di
sviluppo, si finisce poi per cadere nei ridimensionamenti che instaurano spirali
recessive, che causano danni e non soluzione ai problemi veri: vivere meglio e
fornire sviluppo alla città.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 gennaio 2013
Regione: «Sul rigassificatore deve decidere il
ministero»
Delibera della giunta Tondo che evita di assumere una posizione netta. Nè
sì nè no
Dice di non avere sufficiente documentazione sulle
criticità espresse dall’Authority
La Regione non ritiene documentato il previsto aumento di petroliere Siot
nella baia di Zaule che potrebbero “cozzare” con le gasiere di Gas Natural. Nè
quello di navi commerciali in porto in conseguenza delle infrastrutture previste
dal nuovo Piano regolatore portuale. Pertanto oggi non ritiene che queste
“novità” siano in grado di ribaltare le valutazioni sull’impatto ambientale del
2007 circa la convivenza nella Baia di Zaule con il rigassificatore. Una
delibera di otto pagine risponde alla richiesta di supplemento di istruttoria
del ministero dell’Ambiente, avviata dopo che l’Autorità portuale ha prodotto a
fine 2012 documenti espliciti su entrambi i mutamenti di scenario. E dopo che in
Comitato portuale è stato votata quasi all’unanimità (Comuni di Trieste e Muggia
e Provincia in testa) una delibera che, per questi motivi, e sulla base di uno
studio che proiettava la crescita dei traffici commerciali al 2020, dava “nulla
osta” all’Autorità portuale stessa di esprimere un “no” al ministero dello
Sviluppo economico, in sede di autorizzazione unica a Gas Natural: gasiere
ostacolo insuperabile allo sviluppo dei traffici. La delibera regionale si
limita a ricordare le osservazioni (non il parere tecnico, che non ci fu)
espresso dalla Regione nel 2007 nel procedimento per la Valutazione d’impatto
ambientale. Disse allora che un parere motivato non si poteva dare, perché Gas
Natural non aveva presentato un adeguato piano dei rischi, descrivendone le
mancanze. Analogamente oggi soltanto «pone all’attenzione del ministero» i
pareri negativi degli enti locali, e altre due questioni da valutare. La prima:
non c’è compatibilità tra i documenti urbanistici, il Piano regolatore del porto
(ancora in esame) non prevedere un rigassificatore. La seconda: se il ministero
dell’Ambiente chiede (come infatti ha chiesto) il suggerimento di una eventuale
diversa localizzazione del rigassificatore, è evidente che, se si sposta,
l’impianto va messo da tutt’altra parte, non “un po’ più in là”. Pertanto il
progetto sarebbe da rifare completamente. E tutto l’iter amministrativo. La
Regione insomma smonta la tesi dell’Authority, condivisa in pieno dal
territorio. E dice che l’aumento attuale dei traffici non sposta le analisi già
predisposte da Gas Natural per la Via precedente. Nulla c’è da aggiornare
dunque. Fino all’altro giorno lo scenario, gravato dai netti dissensi degli enti
locali e di ampie fasce d’opinione, sembrava compattato dopo l’atteso parere
dell’Authority. Che era uscito all’ultimo minuto, ma in maniera estremamente
forte. Col supporto a favore perfino del rappresentante in Comitato portuale del
ministro delle Infrastrutture (notoriamente a favore del rigassificatore a
Trieste). Ma il pezzo forte, e cioé l’analisi dei traffici, e lo sviluppo del
porto («auspicato dalla Giunta regionale» dice la delibera), viene dalla Regione
depotenziato come strumento di valutazione. Servono «ulteriori adeguati studi»,
e le conseguenti valutazioni della Regione «devono essere integrate nelle
opportune sedi non attinenti specificamente la materia della Valutazione
d’impatto ambientale». Sembra in questa partita d’intravedere i tentativi
tecnici del ministero dell’Ambiente (Corrado Clini) di ripensare il processo di
autorizzazione, con il concorso infine di tutti gli enti, e la tendenza
riconfermata della Regione di appoggiare piuttosto gli intenti del ministero
dello Sviluppo (Corrado Passera).
Gabriella Ziani
Roma ha dato solo 20 giorni per il parere Consulti a
raffica - L’ISTRUTTORIA
Un intenso, urgente scambio di documenti anche via e-mail per far più
presto. È l’accelerazione che il ministero dell’Ambiente ha posto alla Regione
dal 12 dicembre scorso per il “supplemento d’istruttoria” sul procedimento di
Valutazione d’impatto ambientale (Via), già concluso positivamente nel 2009. A
base della decisione, i documenti inoltrati l’11 dicembre dall’Autorità
portuale: il rigassificatore ammazzerebbe i traffici navali in aumento. Il
ministero dà tempo 45 giorni per una eventuale revisione del precedente parere.
Ma impone alla Regione solo 20 giorni di tempo per esprimersi in merito. La
Regione si attiva e chiede i documenti all’Autorithy, che li invia il 3 gennaio.
Assessori e direttori centrali vengono allertati a fornire subito il proprio
contributo. Il 7 gennaio viene richiesto un parere alla Capitaneria di porto. In
pochi giorni la Giunta riceve pareri a raffica dalle Direzioni centrali:
Attività produttive l’8 gennaio, Infrastrutture il 10, Salute l’11, Risorse
rurali il 9, dai Comuni di Trieste, Muggia e San Dorligo e dalla Provincia
sempre l’11. «Non è pervenuta alcuna risposta - riferisce la delibera regionale
- dalla Capitaneria di porto di Trieste».
Sportello rigassificatore
Ogni giovedì, a partire da domani, dalle 18 alle 20 in via XXX Ottobre 8/a, è attivo lo sportello “Rigassificatore day”, momento d’incontro e confronto di idee per la progettazione di nuove iniziative contro la costruzione del rigassificatore.
Federacciai: il gruppo Lucchini non scomparirà
Il gruppo Lucchini, in amministrazione controllata dallo scorso dicembre, «è
difficile che possa scomparire». È quanto afferma il presidente di Federacciai
Antonio Gozzi, che ha sottolineato come «Lucchini ha prodotto 1 milione di
tonnellate di prodotti finiti, ha un suo mercato e quindi è difficile che possa
scomparire». «Lasciamo che il commissario Nardi - ha aggiunto - presenti il
piano industriale». Piero Nardi è stato nominato commissario straordinario della
Lucchini dal ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera lo scorso 21
dicembre, poche ore dopo la richiesta di amministrazione straordinaria da parte
dell’azienda di proprietà di un gruppo di banche subentrate alla russa Severstal
che ha quartier generale a Brescia e oltre alla Ferriera di Servola, conta sulle
fabbriche di Piombino (Livorno) e Condove (Torino).
Caso Rosato, la maggioranza perde pezzi - COMUNE » LA
SPACCATURA
Sel si associa alla mozione del Pdl contro il consulente, che non passa
per due voti. Cosolini: «Momento di crisi»
E OGGI LA VERIFICA Vertice tra i capigruppo della coalizione di centrosinistra e
il sindaco per tentare di ricucire lo strappo
Dalle parole ai fatti. Ai voti. E alla spaccatura, tanto sofferta quanto
fragorosa: la maggioranza di centrosinistra perde i pezzi quando in Consiglio
comunale si va alla conta sul “caso Rosato”. Sono quasi le 2 della notte fra
lunedì e ieri, quando l’assemblea municipale affronta la questione
dell’affidamento, da parte del Comune all’ex direttore della Ferriera,
dell’incarico di assistenza tecnica per la valutazione degli aspetti
economico-ambientali relativi alla riconversione industriale dell’area dello
stabilimento di Servola. Una consulenza molto discussa, giudicata da più parti
inopportuna per il coinvolgimento di Rosato nell’indagine sulle discariche
abusive nello stesso comprensorio dell’impianto siderurgico servolano. Il voto
sancisce quello che anche Roberto Cosolini in persona ammette essere «un momento
di crisi» nella maggioranza. Sel si schiera con tutti e tre i suoi
rappresentanti (Marino Sossi, Daniela Gerin e Mario Reali) al fianco
dell’opposizione, esprimendosi a favore di una mozione urgente che impegna il
sindaco a «proporre all’ingegner Rosato, alla luce degli eventi in cronaca in
questi giorni, l’opportunità di rinuncia all’incarico» o, nel caso di mancata
rinuncia e conferma della consulenza, a convocarlo «in pubblica audizione
affinché illustri» il percorso intrapreso. L’Italia dei valori si astiene e il
centrosinistra perde così un altro tassello, mentre l’unico esponente della
Federazione della Sinistra rimasto in aula, il presidente del Consiglio comunale
Iztok Furlani› sceglie di rimanere fedele alla coalizione per “questioni di
metodo”. Finisce con uno scarto di soli due voti (38 i votanti su 41: assenti
Roberto Dipiazza, Manuela Declich del Pdl e Marino Andolina della Fds): 19 “no”
e 17 “sì”, più i due dell’Idv Paolo Bassi e Cesare Cetin astenuti. Il documento
non passa e il centrosinistra (che in partenza conterebbe in aula su 25
consiglieri su 41, sindaco incluso) si salva per il rotto della cuffia. Ma il
segnale, pesantissimo, rimane. Anche perché la mozione, presentata dal Pdl in
prima battuta, era stata emendata proprio da Sinistra ecologia libertà. Libertà
anche di mettere nero su bianco la richiesta di invitare Rosato alla rinuncia.
L’emendamento chiave, il passaggio politicamente centrale era stato cioè
inserito da una forza che, sulla carta, sostiene il sindaco. Ma che, in una
notte di fine gennaio, si è schierata contro di lui. «Il Sel è nato a sinistra
del Pd recuperando antichi valori persi per strada - parte il vendoliano Marino
Sossi -. Noi crediamo che sul fatto che vi sia un’indagine in corso non si possa
fare finta di niente. E pensiamo che Rosato non sia l’unica persona al mondo in
grado di ricoprire questo ruolo. Una situazione che poi si aggrava, minimamente
o tanto dipende dalle valutazioni, per una parentela (Rosato è il cognato del
segretario provinciale del Pd, Francesco Russo, ndr): una consulenza
assolutamente inopportuna». Questo pomeriggio, alle 18.30, sindaco e capigruppo
di maggioranza si ritroveranno faccia a faccia per un chiarimento. «Ribadiremo
la nostra posizione - spiega Sossi -. Sarebbe stato meglio confrontarci prima
del Consiglio comunale, anche la domenica precedente: era naturale che la cosa
sarebbe uscita. Ora bisogna trovare una sintesi, altrimenti proporremo
un’assemblea pubblica per i nostri iscritti e simpatizzanti in cui effettuare un
ragionamento e decidere se uscire dalla maggioranza o restarvi ma in maniera
dialettica». Prima del voto sul contenuto, uno “scontro” si era acceso nella
riunione dei capigruppo chiamati a valutare l’urgenza dell’atto. E lì, la
maggioranza era andata sotto 20 a 19 (voto ponderale), con Sel e Idv assieme
all’opposizione. Risultato: mozione subito in discussione. Così Paolo Bassi,
capogruppo dell’Idv, sull’astensione: «Come già detto nei giorni scorsi, siamo
perplessi sulla scelta (di Rosato, ndr) anche alla luce delle notizie emerse.
Detto ciò, non abbiamo ritenuto, considerato l’incontro di domani (oggi, ndr),
di dare un voto contrario e fortemente critico verso l’operato del sindaco.
Vogliamo poterci confrontare». Solo domenica scorsa, Iztok Furlanic aveva
bollato come «inopportuna» la consulenza, in aula ha però votato con la
maggioranza. Il perché: «Continuo a considerare l’affidamento inopportuno - è la
posizione del presidente dell’assise comunale -, ma si tratta di una questione
di metodo. Sarebbe stato giusto eventualmente presentare la mozione dopo
l’incontro di maggioranza, nel caso di mancato raggiungimento della quadra».
Matteo Unterweger
Clini: «Competente per quell’incarico» - NESSUN
COMMENTO POLITICO
«So che è una persona molto esperta, qualificata. E io faccio parte di quel
gruppo di persone che mette le competenze davanti a tutto». Il ministro
dell’Ambiente, Corrado Clini, è stato informato del dibattito e delle polemiche
innescati dalla notizia della consulenza affidata dal Comune all’ex direttore
della Ferriera, Francesco Rosato. E, infatti, risponde puntualmente a domanda
diretta sul discusso incarico. Il suo è un messaggio chiaro: la competenza prima
di tutto. «Considero che le altre valutazioni siano poco importanti se come
amministrazioni pubbliche abbiamo il supporto di persone competenti e in grado
di dare suggerimenti di merito su problematiche che sono complesse», aggiunge il
ministro, che la situazione della Ferriera di Servola la conosce molto bene
essendo sceso in campo in prima linea - visto il ruolo istituzionale - per la
definizione del percorso di riconversione del comprensorio. Un problema, per
l’appunto, molto complesso. Quanto alle «altre valutazioni», cioè le perplessità
espresse da alcuni esponenti del mondo politico locale (non solo con
dichiarazioni ma anche attraverso il voto in aula, come riferiamo nell’articolo
qui a fianco) sull’opportunità di scegliere Rosato alla luce del suo
coinvolgimento nell’inchiesta giudiziaria sulle discariche abusive all’interno
dell’area dello stabilimento di Servola, Clini non si esprime. Così come non si
sbilancia neanche quando gli si chiede nello specifico se abbia saputo degli
screzi in seno a quel centrosinistra che è coalizione di maggioranza in
Consiglio comunale: «Non sono un politico - osserva - e non mi faccio
condizionare dalle cose che dicono i partiti. Si tratta - ribadisce il ministro
ancora in riferimento a Francesco Rosato - di una persona che sa di cosa parla».
Parole che suonano quasi come un messaggio indirizzato a Roberto Cosolini.
Considerazioni che assomigliano a un invito al primo cittadino a proseguire con
decisione lungo la strada intrapresa con l’affidamento dell’incarico, nonostante
le questioni sollevate anche da forze politiche alleate. Ma Corrado Clini non
assegna questa finalità alle proprie affermazioni: «No, no, nessun messaggio per
il sindaco - precisa subito il ministro - che peraltro mi pare stia facendo
bene, ed è un partner importante - conclude - come ha dimostrato nell’arco di
tutto quest’anno».
(m.u.)
Coloni: «Prima di tutto il bene della città»
Il capogruppo Pd: ma in campagna elettorale c’è chi fa valutazioni
diverse. Bertoli: la frattura resta
«Credo che in ogni famiglia, in ogni coalizione solida vi siano dei momenti
di crisi. E ieri (nella notte fra lunedì e martedì, ndr) abbiamo vissuto
sicuramente un momento di crisi». Roberto Cosolini non nasconde la testa sotto
la sabbia. Prende atto di pensarla «diversamente da Sel» sul tema della
consulenza a Francesco Rosato, ma rilancia: «Da subito lavoreremo per superare
questo momento, ne discuteremo». «C’è un problema di metodo - è l’analisi del
primo cittadino - nel senso che da un lato è giusto che il sindaco assicuri, e
credo di averlo fatto fin qui, il massimo grado di coinvolgimento e condivisione
della maggioranza, specie su scelte delicate come questa. Dall’altro penso che,
come io rispetto le preoccupazioni legate alle diverse identità nella
coalizione, anche il Consiglio debba rispettare il sindaco nella sua funzione di
guida. Ritengo giusto - aggiunge - essere criticato se c’è chi non è d’accordo.
Ma preferirei si trovasse una soluzione assieme piuttosto che le cose vengano
manifestate nel modo in cui è avvenuto». Sulla mozione in sé: «Se fosse passata
a maggioranza, ne avrei tenuto conto». Al fianco del sindaco, il Pd: «La
situazione della Ferriera sta precipitando - ricorda Giovanni Maria Coloni,
capogruppo dei “democratici” -. Il Consiglio comunale aveva chiesto al sindaco
di andare anche al di là delle dirette attribuzioni del Comune e lui si è preso
l’onere di farlo. Per difendere l’occupazione, per quanto possibile, e tutelare
l’ambiente: interessi diversi che in questo dramma vanno però assieme. Siamo in
campagna elettorale - prosegue - ma c’è un bene superiore: la città. Spiace che
vi siano state diverse valutazioni in maggioranza finora per lo più sugli organi
di informazione». E sulle quali, sottolinea Coloni, «ognuno si prende le sue
responsabilità». Era stato il Pdl a proporre la mozione (poi emendata da Sel e
che ha spaccato la maggioranza), ribadendo il giudizio sulla consulenza
(«inopportuna») e impegnando il sindaco a convocare Francesco Rosato per fargli
illustrare pubblicamente il suo operato. «Si è aperta ufficialmente in aula - è
il commento del pidiellino Everest Bertoli dall’opposizione - la crisi della
maggioranza combattuta tra legalità, etica, moralità e decisioni del sindaco che
si assume tutta la responsabilità della consulenza onerosa data all’ingegner
Rosato. Alla fine a salvarla arrivano l’astensione dell’Idv ma soprattutto la
Federazione della Sinistra con Furlani› che vota a favore di questa consulenza.
La sostanza non cambia: la maggioranza scende a soli 19 voti». «Si è consumata
definitivamente un’alleanza politica di fatto mai esistita - dice Michele
Lobianco (Fli) - tra componenti coraggiose della maggioranza, vedi Sel, e altre
un po’ meno, Idv e Fds, che hanno comunque decretato la fine di un percorso
condiviso. Da ora la giunta Cosolini navigherà a vista e nella nebbia più
fitta».
(m.u.)
Val Rosandra, chiuse le indagini Il pm: questi gli otto
responsabili -
In testa agli indagati il vicegovernatore Ciriani, tra gli altri il
sindaco di San Dorligo Premolin
Verso la richiesta di rinvio a giudizio per distruzione
di habitat all’interno di un sito protetto
Sono otto le persone che il pm Antonio Miggiani ha indicato come
responsabili di quello che da molti è stato definito lo scempio della Val
Rosandra, compiuto il 24 e 25 marzo dello scorso dagli uomini della Protezione
civile. In testa alla lista del provvedimento di «chiusura indagini» - di fatto
preludio alla richiesta di rinvio a giudizio - che il pm Miggiani ha fatto
notificare agli indagati e ai relativi avvocati c’è il nome del vicepresidente
della Regione, Luca Ciriani, che firmando il decreto del 16 marzo 2012 aveva
autorizzato l’operazione “Alvei puliti”, facendolo secondo l’accusa «in mancanza
di urgenza e dello stato di emergenza e pertanto utilizzando impropriamente e
illegittimamente i poteri della Protezione civile». A definire sostanzialmente
il quadro dell’accusa sono state le perizie del biologo Dario Gasparo e del
professor Ezio Todini, docente di idrologia e costruzioni dell’Università di
Bologna, nominati dal pm e al centro di contestazioni da parte dei difensori
degli indagati in quanto consulenti ritenuti vicini al Wwf. L’inchiesta del pm
Miggiani è infatti scattata dopo un esposto presentato proprio dalla segreteria
nazionale del Wwf. Dopo quello di Ciriani nel provvedimento di chiusura indagini
compaiono i nomi di Guglielmo Berlasso, direttore regionale della Protezione
civile indicato come «firmatario della relazione tecnica in cui veniva proposta
l’operazione in carenza dei presupposti di legge»; e poi quelli del sindaco e
del vicesindaco di San Dorligo della Valle, Fulvia Premolin e Antonio Ghersinich,
candidatisi quattro anni fa in un raggruppamento di centrosinistra. Il pm ha
indicato tra gli accusati anche il geometra Mitja Lovriha, caposervizio
dell’area ambiente e lavori pubblici del Comune di San Dorligo nel quale erano
stati abbattuti decine di alberi di alto fusto, distruggendo un habitat che
faceva parte di un sito protetto. Gli ultimi nomi sono quelli di Cristina Trocca
e Adriano Morettin, funzionari della Protezione civile regionale; e infine
quello di Loris Bombardier, titolare della ditta specializzata di Arta Terme che
aveva provveduto materialmente al taglio degli alberi, praticamente radendo al
suolo tutta l’area. Il pm Miggiani contesta due ipotesi di reato indicate dagli
articoli 733 e 734 del Codice penale. La prima prevede, per chi distrugge un
habitat dentro un sito protetto o lo deteriora compromettendone lo stato di
conservazione, la pena dell’arresto fino a 18 mesi e un’ammenda non inferiore a
3mila euro. Il secondo reato fa riferimento a una sanzione, piuttosto salata,
per chi ha distrutto o deturpato luoghi protetti con varie modalità di
intervento. Tutti gli accusati, come prevede il Codice di procedura penale,
hanno 20 giorni di tempo dal momento della notifica per chiedere di essere
interrogati o inviare al pm, tramite gli avvocati, memorie o documenti. Poi il
fascicolo Val Rosandra entrerà nelle competenze del giudice per le indagini
preliminari al quale spetterà la valutazione della probabile richiesta di rinvio
a giudizio da parte del pm.
Corrado Barbacini
Dalla vicenda giudiziaria ai contrattacchi politici
Il vicepresidente della Regione Luca Ciriani ha sempre
respinto con forza le accuse. Lo aveva fatto, qualche mese fa, anche in una
conferenza stampa convocata a Palmanova nella sede regionale della Protezione
civile davanti a una numerosa platea gremita di volontari. Aveva detto Ciriani
ipotizzando interferenze politiche: «Non siamo qui a chiedere una tutela
diversa, non abbiamo problemi a difenderci. Ma chiediamo che le regole valgano
per tutti». Il procuratore Michele Dalla Costa nell’occasione aveva seccamente
replicato: «Noi non facciamo processi politici». E poi aveva precisato:
«Indaghiamo sulle denunce presentate». Sulla vicenda giudiziaria si è anche
espresso il giudice Luigi Dainotti rigettando l'istanza di incidente probatorio
da parte dei difensori del vicepresidente della Regione Luca Ciriani e dando via
libera definitivo alla perizia dei consulenti tecnici del pm Miggiani.
«Il Pil non cresce con le Grandi opere» - La scrittrice
Simona Baldanzi spiegherà perché la Tav in realtà non porta lavoro
APPUNTAMENTO VENERDì ALLA SCUOLA INTERPRETI
Sarà ospite venerdì a Trieste la scrittrice Simona Baldanzi per dire “no”
alle grandi opere. Questa l’ultima strategia che il Comitato lavoratori utenti
per i servizi essenziali di Trieste ha intrapreso con l’obiettivo di promuovere
«un’idea di sviluppo alternativa a una crescita del Pil basata sulla Tav e sulla
politica degli armamenti», afferma il portavoce, Dario Visintini. Lo scopo
dell'incontro pubblico “No pil” (in programma venerdì alle 17 nell'aula magna
della Scuola interpreti di via Filzi) è di promuovere un concetto diverso di
crescita del Pil, favorendo una politica di lavori pubblici «più essenziali di
quanto lo siano le grandi opere – riprende il portavoce - Non dobbiamo smettere
di pensare a un volano di sviluppo - afferma - ma ci sono molte alternative che
possiamo percorrere senza controindicazioni. È insomma inutile spendere miliardi
di euro per grandi opere devastanti per il territorio. Meglio ripensare la
politica di trasporti regionale, oggi impegnata a spingere solo l’uso massiccio
di auto, la terza corsia e l'Alta velocità. Non abbiamo forse più bisogno di una
nuova rete idrica piuttosto che della Tav?». Per la scrittrice Baldanzi, già
vincitrice dei premi “Miglior esordio” di Fahrenheit radio Rai tre e Minerva
letteratura di impegno civile, sarà l’occasione di presentare l’ultimo suo libro
“Mugello Sottosopra” (Ediesse, 2011), dedicato a Pietro Mirabelli, il minatore
calabrese morto schiacciato da un masso, nel 2010 in Svizzera, mentre scavava il
tunnel più lungo del mondo, nel cantiere dell'Alta velocità. «Prima come
laureanda in Scienze politiche poi come ricercatrice sulla sicurezza del lavoro
per l’Asl di Firenze – spiega l’autrice – ho sintetizzato in questo volume 10
anni di lavoro a stretto contatto con i lavoratori impiegati nei cantieri della
Tav nel Mugello. A chi dice che le grandi opere servono per dare lavoro, porto
l’esempio delle condizioni di vita di questi trasfertisti del Sud, veri e propri
minatori moderni. Un parallelismo dunque tra la devastazione del territorio e
quella del lavoro nei cantieri». Per il Comitato sarà anche l’occasione di fare
rete con le altre realtà locali che aderiscono all’iniziativa: Sinistra critica,
Casa delle culture, Coordinamento donne, Comitato acqua bene comune, No debito,
No Tav e Legambiente. Parteciperà anche la Fiom. Interverranno infine anche il
ferroviere addetto alla sicurezza, Dante De Angelis, e il docente di Fisica
dell’ambiente all’Università di Siena, Iole Pinto.
Elena Placitelli
L’innovazione nei trasporti - L’ateneo triestino nel
progetto finanziato dall’Europa
Il dipartimento di Ingegneria e architettura (Dia) dell’Università degli
Studi di Trieste partecipa al progetto “Enhancing the transfer of Intelligent
Transportation System innovations to the market (T-Trans)” –
www.ttransnetwork.eu - finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del
settimo Programma quadro. Fino al novembre 2014 ricercatori e studenti del Dia,
sotto la supervisione dei professori Lorenzo Castelli e Giovanni Longo, si
occuperanno di analizzare la portata dell’innovazione nel campo dei Sistemi di
trasporto intelligenti (Intelligent transportation systems - Its), individuando
per quattro specifici casi di studio, le loro fasi di sviluppo tecnologico e il
“time to market”, il profilo di rischio e le fonti di finanziamento. I casi di
studio oggetto del progetto T-Trans sono: “Smart grid”: connessione, carica e
stoccaggio di energia. Uso efficiente di sistemi di controllo intelligenti per
la gestione della batteria e della rete elettrica. Integrazione intelligente dei
veicoli elettrici nelle reti di distribuzione per mezzo di tecnologie
dell'informazione e della comunicazione; “Revenue management” per il trasporto
merci. Applicazione graduale delle tecniche di revenue management (gestione dei
ricavi) nel mercato del trasporto merci, con particolare attenzione al trasporto
aereo; Intermodalità intelligente. Analisi delle principali tecnologie per le
Unità di Trasporto Intelligenti (Intelligent Transport Unit - ITU) al fine di
aumentare l'efficienza, la sostenibilità e la trasparenza delle catene
logistiche qualora siano disponibili informazioni in tempo reale. Definizione di
servizi avanzati di informazione per il trasporto merci in Europa con Unità di
Trasporto Intelligenti in grado di interagire con l'ambiente circostante e di
prendere decisioni in maniera autonoma; Tecnologie per la rete ferroviaria.
Impiego di nuove tecnologie per aumentare in modo efficiente le prestazioni
della rete ferroviaria europea, offrendo così la possibilità di soddisfare le
crescenti esigenze del traffico merci; Nei giorni scorsi si è svolto, all’ateneo
triestino, il primo incontro sullo stato di avanzamento del progetto. Xavier
Leal, Research&Development Manager dell’Universidad Autonoma de Barcelona e
coordinatore del progetto, nella prima giornata dei lavori, si è detto convinto
che «il progetto T-Trans contribuirà a fornire “best practices” e linee guida
per promuovere e facilitare lo sviluppo del mercato di prodotti e servizi
innovativi nel campo dei Sistemi di Trasporto Intelligente nonché a creare le
basi per una rete dell’innovazione che ne favorisca la diffusione a livello
europeo. I primi nodi pilota di questa rete verranno realizzati in Macedonia
Centrale (Grecia), Galizia (Spagna) e Lettonia». Oltre all’Università di Trieste
e l’Universidad Autonoma de Barcelona, gli altri partner del consorzio sono Lgi
Consulting (Parigi, Francia), Atos Spain (Barcellona, Spagna), Dnv Kema
International (Arnhem, Paesi Bassi), Sernauto (Madrid, Spagna), Fraunhofer
Center for Maritime Logistics and Services (Amburgo, Germania), Intelspace
Innovation Technologies (Salonicco, Grecia) e Transport and Telecommunication
Institute (Riga, Lettonia).
Alla “Millo” il forum sul Piano regolatore
Costruiamo insieme il Piano regolatore”. È questo il titolo
dell'appuntamento indetto per domani dall'amministrazione comunale di Muggia per
affrontare pubblicamente il futuro del Piano regolatore generale comunale
attraverso un vero e proprio forum generale. Alla luce dell'elevato numero
d’iscritti l'appuntamento, previsto alle 17.30, si svolgerà nella Sala Millo
invece che nella Sala Negrisin. L'esposizione degli elaborati di analisi e degli
scenari progettuali si svolgerà quindi nella sala comunale d'arte “G.Negrisin”
di piazza Marconi sino al 17 febbraio con i seguenti orari. Da martedì a
venerdì, 10-12 e 17-20, sabato e domenica 10-13 e 17-20. A tale proposito i
progettisti saranno a disposizione dei cittadini il 5, 7, 12 e 14 febbraio dalle
17 alle 19. Per ulteriori informazioni si può contattare il Servizio
pianificazione territoriale del Comune di Muggia al numero di telefono 040 -
3360442 begin_of_the_skype_highlighting 040 - 3360442 GRATIS
end_of_the_skype_highlighting o via mail all'indirizzo nuovoprgc@comunedimuggiats.it.
IL PICCOLO - MARTEDI', 29 gennaio 2013
Ferriera, Rosato consulente Anche il centrodestra
sapeva
Savino: «Informata dal sindaco a dicembre ma la cosa riguarda solo il
Comune» Piero Camber: «È l’ex dirigente, avrebbe dovuto collaborare a titolo
gratuito»
«È vero, lo sapevamo. Già a dicembre, non ricordo in quale giorno, il
sindaco Cosolini ci disse che avrebbe preso quale consulente per la
riconversione di Servola Francesco Rosato.» Sandra Savino, assessore regionale a
Programmazione e finanze, ma anche coordinatore provinciale del Pdl, non si
nasconde dietro un dito: anche il centrodestra che al Comune è all’opposizione,
così come la stessa maggioranza di centrosinistra, fin da dicembre era a
conoscenza dell’incarico all’ex direttore della Ferriera indagato per le
discariche abusive e cognato del segretario provinciale Pd. Nessuno però ha
avuto nulla da ridire finché la notizia non è stata pubblicata sul Piccolo il 18
gennaio e ha scatenato le proteste solo di Lega Nord, Movimento 5stelle, Sel e
Rifondazione comunista. «In autunno al Tavolo per la riconversione di Servola
che presiedo in Regione - ricorda Sandra Savino - era emersa l’opportunità di
affidarsi a un manager esperto come advisor. Avevo affermato che in tempi di
spending review la questione era da valutare, poco dopo però, a dicembre, il
sindaco mi ha informata che aveva dato la consulenza a Rosato per conto del
Comune, non potevo certo intromettermi. Anche ora non ho nulla da commentare,
non è il consulente del Tavolo sulla riconversione, è il consulente del Comune.»
«Non esiste l’istituto della censura di un’amministrazione nei confronti di
un’altra amministrazione», concorda Piero Camber, consigliere comunale e
regionale del Pdl che però non rinuncia a una censura personale e politica:
«Rosato è stato per anni direttore della Ferriera di Servola, quindi partecipe
di scelte che hanno portato lo stabilimento in uno stato di forte passività. Se
ora è a conoscenza di soluzioni per rilanciare l’area dal punto di vista
industriale oppure è a contatto con imprenditori disposti a venire a investire
sul sito era suo dovere morale riferirne agli amministratori cittadini in modo
completamente gratuito se non altro per non lasciare per strada cinquecento
dipendenti dei quali era stato alla guida. É assurdo dare 47mila euro che non
sono tanti, ma nemmeno pochi, non a una celebrità internazionale, ma all’ex
direttore triestino. «Consulenza inopportuna» anche secondo il consigliere
regionale Pdl Piero Tononi, che non aggiunge null’altro.
Silvio Maranzana
Summit prima a Trieste poi a Roma - LA RICONVERSIONE
DELL’AREA DI SERVOLA
Al di là della polemica sul consulente scelto dal Comune, i tempi per il
progetto di riconversione dell’area di Servola sono strettissimi: la Ferriera
infatti secondo quanto ha comunicato a sindacati e istituzioni il commissario
straordinario della Lucchini Piero Nardi, dovrà chiudere ben prima del 2015. «A
giorni riconvocherò in Regione il Tavolo per la riconversione - ha annunciato
ieri l’assessore Sandra Savino - perché dobbiamo stilare una bozza dell’Accordo
di programma da presentare al Governo a metà febbraio».
«Il Municipio ha bisogno di questo supporto» - IN
CONSIGLIO
La risposta dell’assessore Omero al grillino Menis. Che ribatte: «Una
scelta inopportuna»
Il Comune ha «bisogno di una persona che è un interlocutore riconosciuto a
tutti i livelli» nel campo della siderurgia. L’amministrazione Cosolini, per
voce dell’assessore allo Sviluppo economico Fabio Omero, conferma una volta di
più: nessuna marcia indietro sulla consulenza all’ingegner Francesco Rosato,
l’ex direttore della Ferriera di Servola cui il Municipio ha affidato un
incarico per la valutazione degli aspetti economico-ambientali inerenti la
riconversione industriale dell’area dove sorge lo stabilimento stesso. La
posizione del Comune è stata ribadita ieri sera in Consiglio comunale, quando
Omero ha risposto alla domanda d’attualità - l’unica in programma (i lavori sono
poi ripresi, dopo un’interruzione di una quarantina di minuti, con all’ordine
del giorno la delibera sui dehors) - posta dal capogruppo del MoVimento 5
Stelle, Paolo Menis. In realtà, tre quesiti condensati tutti assieme: il
grillino ha chiesto se «il sindaco e la giunta erano a conoscenza del
procedimento penale di cui è oggetto l’ingegner Rosato?», se a proposito
ritengano «opportuno affidare un incarico a chi ha pendenze giudiziali per
questioni collegate?», e infine se l’amministrazione abbia «intenzione di
revocare l’affidamento dell’incarico e, se sì, quali costi comporti la revoca?».
«Le risposte credo siano già state ampiamente date dal sindaco e nei giorni
scorsi anche dal sottoscritto», ha premesso Omero. Poi, nel dettaglio: «Il
sindaco, ma credo tutti quanti siamo a conoscenza dell’inchiesta cui è
sottoposto l’ingegner Rosato. Sull’opportunità - ha proseguito l’assessore -, è
semplice: l’incarico non riguarda attività connesse con ciò che è oggetto
dell’inchiesta in corso». L’esponente della giunta ha inoltre ricordato
l’incontro del 22 gennaio scorso al Ministero dello Sviluppo economico a Roma
sulla situazione della Lucchini, dove era presente anche lo stesso Rosato e in
cui si è ragionato anche sul percorso per «avviare la dismissione della
Ferriera» e sull’«ipotesi di riutilizzo dell’area». «Per i motivi detti e per il
ruolo di supporto tecnico» nella definizione di uno «sviluppo industriale legato
alla logistica» del comprensorio della Ferriera, ha detto Omero, il Comune ha
«bisogno» di Rosato. Non certo soddisfatto delle risposte, Menis: «È difficile
sostenere che la consulenza non sia attinente ai fatti per cui Rosato è chiamato
a rispondere. Le discariche abusive erano nell’area oggetto di riconversione e
di consulenza. C’è una stretta attinenza. È un incarico inopportuno - ha
concluso il grillino - per questioni giudiziarie». Domani pomeriggio, intanto,
il sindaco Roberto Cosolini incontrerà i capigruppo della maggioranza per
chiarire «definitivamente la questione», come lui stesso aveva annunciato.
(m.u.)
SEGNALAZIONI - Ferriera - Una consulenza discutibile
Non mi dilungherò troppo, avrei timore di esagerare pur sapendo di essere nel giusto. Mi riferisco all’articolo comparso sul nostro giornale venerdì scorso titolato “Bonifica della Ferriera: consulenza a Rosato”. Dire che la notizia è vergognosa è riduttivo e che al peggio non ci abitueremo mai è la cosa più gentile che in questo momento mi sento di scrivere. Chiedo ai nostri dipendenti comunali (li paghiamo noi, con i nostri soldi), e mi riferisco alla giunta che ha firmato la delibera, perché abbiano scelto il signor Rosato come consulente per le bonifiche della Ferriera. Dov’è la verità, quale sarà? Ma quella vera. Non dicano per cortesia, che era l’unica persona competente per risolvere la questione, anche i bambini sanno che non è così. Il sindaco e gli assessori competenti devono darci una risposta. La pretendiamo. È un nostro diritto e un loro dovere. Dopo il danno anche la beffa... e sempre a spese nostre. Vergogna!
Danila Petronio
Multa di 72mila euro del Comune ad Acegas: non spazzava
le strade
È la somma di tre penali applicate alla multiutility per inadempienze
contrattuali. Anche per i rifiuti solidi
Oltre 72mila e 800 euro. Tanto deve AcegasAps al Comune di Trieste per
inadempienze contrattuali relative alla gestione del servizio di igiene urbana
che ha in affidamento dal giugno del 1999. La cifra totale - precisamente
72.815,62 euro - è frutto della somma delle penali applicate alla multiutility
dall’amministrazione comunale per una serie di mancanze, principalmente inerenti
lo spazzamento e il diserbo delle strade, riscontrate nel corso degli
accertamenti effettuati. Verifiche di cui si sono occupate le guardie ambientali
del Municipio: l’ufficio Controllo qualità e servizi ha quindi formalizzato le
sanzioni. E tre sono le determine dirigenziali datate 2013 che le riepilogano.
La prima, quella che include il quantum più corposo per l’ex municipalizzata (di
cui peraltro il Comune di Trieste è azionista), si riferisce a violazioni
rilevate nel corso del 2011: l’importo complessivo delle penali è risultato pari
a 58.444,12, per inadempienze su spazzamento strade, servizio di emergenza,
diserbo e raccolta di rifiuti solidi. Nel caso specifico, nella determina
comunale viene rilevato come «ad oggi la società non ha provveduto a versare gli
importi dovuti», con la conseguente disposizione di «trattenere» la cifra in
questione «dalla prima rata» del corrispettivo in pagamento all’AcegasAps per il
servizio di igiene urbana. A tal proposito, è stata stabilita l’emissione di una
nota di debito. Le altre due determine dirigenziali, invece, riguardano
situazioni accertate dalle guardie ambientali, nei loro sopralluoghi, nel 2012,
lo scorso anno. In una viene definita l’applicazione di una penale da altri
9.772,62 euro, legata a episodi in cui è stata riscontrata la mancata opera di
«diserbamento della pubblica via», si legge nel documento. Non sono cioè state
messe in atto le operazioni volte ad «assicurare l’assenza sul sistema viario
comunale di arbusti ingombranti, sterpaglia o erbacce, attività che dovevano
aver luogo entro il 2° giorno dalla segnalazione di disservizio». Ma nonostante
le contestazioni formali inoltrate dal Municipio ad AcegasAps, evidentemente i
problemi non sono stati risolti in tempo. I casi in questione - nel periodo fra
il 20 aprile e il 3 luglio scorsi - hanno interessato le vie Petracco, Morpurgo
e Orlandini. L’altra determina ha sancito una sanzione da 4.598,88 euro per
mancati interventi di spazzamento di rifiuti giacenti a terra dalle strade,
nell’intervallo di tempo compreso tra il 2 gennaio e il 16 novembre del 2012. E
qui, l’elenco delle vie è più lungo: in giornate diverse sono state infatti
segnalate situazioni non rispondenti a quanto previsto dal contratto di servizio
in via dell’Istria, via Flavia, via Castaldi, viale D’Annunzio, via Catullo,
viale Terza Armata, viale Romolo Gessi, via Battera, via Locchi, passeggio
Sant’Andrea, viale Tartini, via D’Angeli, via Valmaura, via Della Croce, piazza
Hortis e viale XX Settembre. «Il disservizio è perdurato, in ciascuno dei casi
contestati, oltre i termini contrattualmente definiti», viene evidenziato nel
documento del Comune.
Matteo Unterweger
Omero: «Va garantito un buon servizio»
«I controlli da parte delle guardie ambientali rientrano in un’attività di
routine da parte dell’Ufficio Controllo qualità e servizi del Comune», spiega
l’assessore comunale con delega alle società partecipate, Fabio Omero. Il quale,
relativamente alle tre determine dirigenziali che stabiliscono l’applicazione di
penali per inadempienze contrattuali nei confronti di AcegasAps (per una cifra
totale di oltre 72.800 euro), aggiunge poi: «Va detto che si è ragionato anche
in termini preventivi, con i solleciti - sottolinea Omero -, ma non sempre ciò
ha funzionato. Peraltro - conclude l’esponente della giunta guidata dal sindaco
Cosolini - non è nostro interesse multare AcegasAps, lo è invece far sì che ci
sia un buon servizio per i cittadini».
(m.u.)
SEGNALAZIONI - Gas Natural / 1 E la città si è svegliata
Grazie Gas Natural, veramente e sinceramente grazie Gas Natural ! Finalmente vedo una città viva, interessata e cosciente in tutte le fasce d'età. È il risveglio d’una coscienza collettiva, aggregata da un argomento in “Comune”. In base alla legge Seveso riconosciuta, ampliata e applicata internazionalmente, non si sarebbe neppure dovuto iniziare e avvallare l'iter e i relativi balletti politici poiché nel caso di un insediamento nel bacino indicato, non possono coesistere fabbriche e attività che impiegano o producono materiali tossici o infiammabili elargendo sostanze pericolose, cancerogene e nanoparticelle vicine o non a distanza di sicurezza dai centri abitati, strade e superstrade come nella zona “prescelta” di Zaule - vedi fabbrica di Acetaldeide, contenitori di petrolio della Siot, navi petroliere, l’inceneritore, la Ferriera di Servola, il cementificio - senza contare i relativi blocchi navali e di qualsiasi altro natante nel caso giungessero le gasiere... Grazie Gas Natural, grazie a voi. Trieste alza la testa!
Roberto Rozzi
SEGNALAZIONI - Gas Natural / 2 Ma Tokio è un’altra cosa
Per fare disinformazione non è necessario raccontare bugie, basta dare informazioni incomplete e dire mezze verità. Porto ad esempio l’intervento del signor Badina sui rigassificatori, pubblicato sul Piccolo di qualche giorno fa: egli dice che nella baia di Tokyo ci sono cinque rigassificatori e vi transitano ogni anno 35.0000 navi. È vero, però non dice che che la baia di Tokyo è lunga 60 chilometri e larga 20 (un centinaio di volte più grande rispetto a quella di Muggia), che la profondità del mare va da zero a 80 metri per poi precipitare nell’oceano, profondo 8000 metri (ricambio dell’acqua enormemente superiore a quello che si avrebbe nel nostro golfo), che la città di Tokyo si trova dalla parte opposta della baia (a circa 20 chilometri dai rigassificatori più vicini), che le altre località abitate si trovano a una distanza tale dagli impianti da essere sufficientemente protette in caso di incidenti. Stesso discorso andrebbe fatto anche per le altre località da lui menzionate e allora si capirebbe molto bene che il sito di Zaule è improponibile. Concludo con un altro esempio: non è corretto dire solamente che a Rotterdam c’è un rigassificatore e che il traffico marittimo non ne viene in alcun modo intralciato. Bisognerebbe almeno dire che l’impianto si trova su un’isola, che l’accesso delle navi gasiere segue un percorso diverso da quello seguito dal resto del traffico marittimo, che il centro del porto si trova a una ventina di chilometri dall’impianto e che per quanto riguarda la sicurezza della popolazione, bisognerebbe specificare che le più vicine località abitate si trovano ad almeno 5 chilometri da esso.
Silvano Badassi
IL PICCOLO - LUNEDI', 28 gennaio 2013
Il sindaco: «Soltanto con Rosato può decollare il
dopo-Ferriera»
Cosolini difende la scelta del consulente: «Possiede le conoscenze che il
Comune non ha Russo è suo parente, non il contrario.
Mi spiegherò con la maggioranza che però era già al
corrente»
Dare un colpo d’ala al progetto di reindustrializzazione dell’area di
Servola che rischiava di impantanarsi in inconcludenti mozioni e in astratti
tavoli politici, dotare l’amministrazione di conoscenze e strumenti dei quali
non dispone, assicurarsi appoggi professionali in modo non oneroso. Il Comune di
Trieste ha offerto una consulenza di sei mesi per 47mila euro a Francesco
Rosato, ex direttore della Ferriera coinvolto in un’inchiesta penale per le
discariche abusive e cognato di Francesco Russo, segretario provinciale del Pd e
capolista al Senato (“particolari” che negli ultimi giorni hanno scatenato una
bufera politica) per centrare questi obiettivi. Lo ha affermato ieri al ritorno
dal Messico il sindaco Roberto Cosolini sottolineando che «è stata una scelta
unicamente mia, ma comunicata con nome e cognome del consulente ai capigruppo di
maggioranza, di cui qualcuno che ora protesta evidentemente era distratto, in
una riunione di fine novembre o inizio dicembre». Partiti e consiglieri comunali
devono decidersi secondo Cosolini: o presentano mozioni che invitano il sindaco
a disinteressarsi del rilancio industriale della città per concentrarsi sui
marciapiedi, gli asili nido e l’assistenza, o se al contrario propongono
documenti che spingono il primo cittadino a impegnarsi sulla riconversione della
siderurgia devono permettergli di farsi affiancare da esperti «perché il Comune
non è né il Ministero dello sviluppo economico né la Regione - afferma Cosolini
- e aveva bisogno di una persona che come Rosato avesse una conoscenza tecnica
del sito, della posizione dello stabilimento di Servola all’interno del Gruppo
Lucchini, che fosse tecnicamente in grado di valutare le ipotesi di
riconversione, che fosse in contatto con soggetti imprenditoriali da coinvolgere
per il dopo Ferriera». Cosolini ammette che si poteva anche scegliere un altro
manager, «ma sarebbe venuto da fuori Trieste e sarebbe costato molto di più.
Quei 47mila euro a Rosato invece sono accettabili perché metà se ne andranno in
tasse e i biglietti dell’aereo per Roma, ad esempio, se li è pagati di tasca
sua». Sulle tre contestazioni base, il sindaco tenta di replicare puntualmente.
Ex direttore della Ferriera? «Che lo stabilimento andasse male non era certo
colpa sua. È come se all’ex presidente della Triestina Fantinel fosse data una
consulenza sul Rocco, è stato detto, ma Fantinel è paragonabile a Mordashov, lui
semmai era l’allenatore». Indagato e forse già oggi rinviato a giudizio. «Sono
garantista e comunque la sua consulenza non ha nulla a che fare con aspetti
ambientali». La parentela con il segretario Pd. «Lo conosco da ben prima di
conoscere Russo. Dunque per me è Russo che è parente di Rosato. Non credo che
Russo sia così potente da aver imposto Rosato a Mordashov come direttore della
Ferriera o a Danieli come manager della sua industria dove operava ultimamente.
Il fatto è che si tratta di un manager di rilievo internazionale. Comunque
martedì o mercoledì - annuncia il sindaco - convocherò i capigruppo della
maggioranza e ritengo che la questione potrà essere definitivamente chiarita».
Silvio Maranzana
Ma proprio oggi il gip potrebbe decidere il suo rinvio
a giudizio
Ma proprio oggi Francesco Rosato, in qualità di ex direttore della Ferriera
di Servola potrebbe essere rinviato a giudizio per l’accusa di aver gestito
abusivamente ingenti quantità di rifiuti ritenuti pericolosi. Rosato è stato
chiamato a comparire dinanzi al gip Luigi Dainotti che dovrà decidere sulla
richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal pm Pietro Montrone oltre che nei
confronti di Rosato anche di Vincenzo D’Auria, ex responsabile del settore
Ecologia di Servola, di Walter Palcini dipendente della ditta Refitalia e dfi
Alessio Comper dipendente della società Sativa di Trento. Asse portante
dell’inchiesta dei carabinieri del Noe, 17 intercettazioni telefoniche tramite
le quali era stata individuata una fitta rete di rapporti sommersi per
effettuare gli smaltimenti di rifiuti pericolosi senza grossi costi economici.
Confindustria: uomo giusto, basta polemiche
«Lo stabilimento sta per chiudere, non si poteva perdere altro tempo per
studiare la situazione»
E per ribadire il consenso sulla consulenza affidata dal sindaco a Francesco
Rosato, Confindustria Trieste e il suo presidente Sergio Razeto hanno emesso
ieri una lunga nota. «Ai tavoli sul futuro della Ferriera di Trieste convocati
dalla Regione - si legge - Confindustria Trieste ha più volte sottolineato
l’opportunità che le istituzioni si facessero affiancare da un esperto che
potesse dare un concreto e fattivo contributo per l’individuazione di un
percorso di riconversione e reindustrializzazione del sito. La situazione che
riguarda l’impianto, infatti, necessita di un intervento tempestivo, anche alla
luce delle dichiarazioni dei giorni scorsi del Commissario straordinario del
Gruppo Lucchini Pietro Nardi, che ha affermato che la chiusura dello
stabilimento triestino potrebbe avvenire prima della data stabilita del 2015».
«In quest’ottica, dunque - prosegue il comunicato - l’Associazione ha valutato
positivamente la decisione del Comune di avvalersi della consulenza di Francesco
Rosato. In primo luogo, in quanto Rosato ha lunga esperienza nel settore e può
pertanto approcciarsi con cognizioni specifiche a un progetto di riconversione
industriale che abbia luogo a partire da un insediamento siderurgico. In secondo
luogo, perché egli conosce già l’impianto e le caratteristiche distintive,
positive e negative, proprie dell’area in cui si trova». «Alla luce di ciò -
sono le conclusioni che traggono gli industriali triestini - la figura
individuata rappresenta una scelta qualificata e condivisibile, perché grazie
alle competenze nel settore e alla conoscenza del territorio può dedicarsi da
subito all’identificazione di un progetto di riconversione e
reindustrializzazione, senza la necessità di un periodo di indagini e
approfondimenti preventivi. Un tale periodo preliminare infatti sottrarrebbe
tempo prezioso in un contesto in cui non ce n’è molto a disposizione: la
consulenza ha una durata complessiva di soli sei mesi e la situazione del
settore, sia nazionale che locale, richiede la massima urgenza
nell’individuazione dei canali che possano facilitare l’attrazione di
investimenti e l’avvio, nei tempi più stretti possibili, di un percorso di
riconversione». Operazione ambiziosa in una situazione territoriale molto
particolare. «Il percorso si inserisce - afferma ancora Confindustria Trieste -
nell’ambito di un quadro articolato e complesso, che deve tenere presente
l’esigenza di permettere l’insediamento di nuove realtà industriali sul
comprensorio in cui attualmente insiste la Ferriera di Servola, la tutela delle
aziende dell’indotto e il mantenimento dei livelli occupazionali diretti e
indiretti dell’area. Per tutte queste ragioni - conclude la nota -
l’Associazione ritiene che non si debba lasciare spazio ad alcun genere di
polemica ma cogliere la nomina come opportunità per le amministrazioni di
avvalersi di un contributo tecnico per arrivare a impostare una proposta
progettuale proficua per il territorio».
INCONTRO - Diritti dei popoli e ambiente
Legambiente, Amnesty International e il Comitato pace convivenza e solidarietà Danilo Dolci promuovono un incontro su "I diritti dei popoli e l´ambiente: l´esperienza del Tribunale permanente dei Popoli” oggi alle 17 in via Filzi 14. Dopo il saluto del vicesindaco Fabiana Martini interverranno Gianni Tognoni, segretario generale del Tpp, Laura Renzi, coordinatrice delle campagne di Amnesty International Italia e Óscar García Murga di Legambiente Trieste.
IL PICCOLO - DOMENICA, 27 gennaio 2013
Rigassificatore, dirigente smentisce il ministro
Passera
Giorgio Lillini, responsabile in regione del Dicastero per le
infrastrutture: «Strada a 250 metri, case a 400 e il metanodotto interferisce
con le navi»
Ad alzare il velo su una montagna di controindicazioni e di perplessità
insite nel progetto di Gas Natural a Zaule ora ci si mette anche colui che
formalmente è l’uomo di Corrado Passera a Trieste. Il ministro delle
Infrastrutture e dello sviluppo economico è stato il più risoluto nell’affermare
che «il rigassificatore va realizzato a Trieste e nel più breve tempo
possibile». Ma Giorgio Lillini, responsabile dell’Ufficio tecnico e opere
marittime per il Friuli Venezia Giulia, diramazione locale del ministero, ha
messo nero su bianco un lungo elenco di osservazioni che fanno seguito alle
dichiarazioni rilasciate al Comitato portuale di cui lo stesso Lillini fa parte.
In quell’occasione il dirigente aveva tra l’altro evidenziato che «nessun
rigassificatore al mondo ha distanze da abitazioni e infrastrutture quali una
superstrada urbana simili a quelle del proposto impianto di Trieste». Ora
aggiunge, facendo riferimento ai documenti del progetto: «Si osserva che
nell’allegato 3 all’elaborato “Aggiornamento studio effetto domino” le aree per
le quali sono prevedibili effetti anche letali includono la superstrada e
lambiscono le più vicine abitazioni, ma tale fatto non è considerato rilevante
ai fini della sicurezza unicamente in base alla classe di probabilità degli
eventi e non in base alla possibilità che tali eventi si realizzino. La
superstrada è a soli 250 metri dai serbatoi e la casa più vicina a soli 400
metri. Si evidenzia che sebbene nel rapporto di sicurezza si dichiari di
utilizzare per la valutazione dei rischi un approccio deterministico, si ricorra
poi alla statistica per scartare gli eventi con classe di probabilità inferiori
a 10 alla meno 5». Ma le carenze sembrano essere anche altre. «Esaminato il
rapporto di sicurezza e i suoi aggiornamenti - rileva Lillini - si rileva che in
nessuna delle sue parti si trova la valutazione dei rischi per le possibili
perdite di gas liquido in acqua da parte delle navi gasiere sia incidentali che
intenzionali.» E ancora: «In nessuna delle sue parti si trova la valutazione
della idoneità del canale navigabile a permettere la navigazione delle gasiere
fino all’accosto del rigassificatore compatibilmente con il resto del traffico
marittimo. Più in generale il rapporto di sicurezza non propone l’assetto e la
regolamentazione che saranno necessari per l’esercizio del terminale sotto il
profilo marittimo e della navigazione». Il giudizio è perlomeno altrettanto
critico quanto al metanodotto Trieste-Grado-Villesse che dovrebbe allacciare
l’impianto alla rete generale, di cui si lamenta che la Valutazione d’impatto
ambientale sia ancora in corso, mentre avrebbe dovuto essere fatta
congiuntamente con quella inerente l’impianto essendo le due strutture
«inscindibilmente connesse». In proposito Lillini afferma: «Il tracciato del
metanodotto attraversa un canale marittimo e tutti gli specchi acquei dal canale
navigabile alle dighe foranee con una sicura interferenza con la navigazione
portuale e con la sicurezza delle aree a terra limitrofe. In atti risulta una
“analisi di interferenza delle attrezzature per la pesca a strascico con la
condotta e analisi di interferenza di àncora con la condotta” facente parte
dello studio di impatto ambientale, ma le conclusioni sono alquanto generiche e
fondate su affermazioni del tipo “l’evento di aratura di un’àncora è quindi
irrilevante ai fini della sicurezza della condotta”. Comunque non esiste uno
specifico rapporto sulla sicurezza che analizzi il tema sotto tutti gli aspetti
e fondato su una progettazione definitiva».
Silvio Maranzana
«Incompleto anche il progetto della bonifica»
E Gas Natural secondo un’altra serie di rilievi avanzati dall’ingegner
Giorgio Lillini (foto), non ha nemmeno presentato un progetto definitivo di
bonifica dell’area. «Il progetto dell’impianto è definitivo - sottolinea Lillini
- ma dell’area a terra (una ex discarica) c’è solo un progetto preliminare di
bonifica, pertanto l’esecuzione delle opere a terra risulta basata su previsioni
di massima della bonifica. Dell’area a mare invece - prosegue il dirigente - è
stato redatto solo un piano di caratterizzazione (approvato?), ma la
caratterizzazione non è stata eseguita. Pertanto lo stato di fatto del progetto
non è completo e l’esecuzione dei dragaggi, che dovrebbero essere usati per
l’imbonimento di parte dell’area su cui sorgerà l’impianto, risulta condizionato
dagli esiti della caratterizzazione.»
(s.m.)
Rosato: chi mi contesta fa scappare gli investitori - L’ex direttore della Ferriera: incarico dal sindaco, la Regione al corrente da tempo
Senza chiarezza non proseguo, nessuno meglio di me sa
cosa si possa fare a Servola
«La consulenza mi è stata offerta direttamente dal sindaco, che alcuni mesi
fa ha chiesto la mia disponibilità a supportare l’amministrazione nel percorso
di riconversione industriale della Ferriera. La Regione ne è da tempo a
conoscenza». Francesco Rosato, l’ex direttore dell’impianto di Servola, è a dir
poco sorpreso dal caso politico scatenato dall’incarico della durata di sei mesi
che il Comune gli ha affidato: assistenza tecnica per la valutazione degli
aspetti economico-ambientali in tema di riconversione industriale dell'area
della Ferriera. Contro quella consulenza si sono levate le critiche di Lega
Nord, Movimento 5stelle, Sel e Rifondazione Comunista: nel mirino
l’inopportunità di conferire l’incarico all’ingegnere, indagato in un’inchiesta
penale della magistratura per le discariche abusive nell’ambito dello stesso
comprensorio. «Nei prossimi giorni presumo ci saranno dei chiarimenti politici –
dice Rosato - in base a quanto dirà il sindaco deciderò se ci sono i presupposti
per proseguire con l’incarico. Non sono a disposizione a tempo indeterminato: se
emergerà che è venuta meno la necessaria unità di intenti - evidenziata anche da
una delibera approvata dal Consiglio comunale - di puntare alla riconversione di
quel sito, valuterò il da farsi. Non ho cercato io questa consulenza, avendo
diversi altri progetti in cantiere. E non sono pro o contro nessuno, non essendo
il mio un ruolo politico». Rosato è al lavoro per il Comune da fine dicembre.
«In meno di un mese sono stati attivati tre contatti, uno a livello
internazionale e due a livello nazionale – spiega – la prossima settimana ho in
programma altri due incontri». Ma l’ex direttore di Servola chiarisce di non
voler proseguire al buio: «Senza le spalle coperte non vado da nessuna parte,
senza chiarezza da parte dell’amministrazione rischiamo di farci ridere dietro.
È inutile presentarsi a grossi investitori e attrarli in questo percorso se ci
sono ancora delle perplessità». La sensazione dichiarata è che «stia venendo
meno la volontà di affrontare il problema». «Chi sta protestando - sostiene
Rosato - ha probabilmente obiettivi lontani dagli interessi di crescita, di
tutela ambientale e occupazionali della città. Io gli operai della Ferriera li
conosco di persona, il loro futuro, così come quello di Trieste, non può non
starmi a cuore». Quanto all’inchiesta sulle discariche abusive, «questa è una
consulenza di pianificazione industriale – precisa Rosato - nulla a che vedere
con lo smaltimento dei rifiuti. Sull’indagine relativa ai cumuli di fanghi
all’interno della Ferriera verosimilmente sarò rinviato a giudizio. Affronterò
questo procedimento a testa alta facendo valere le mie ragioni, come ho sempre
fatto». Ma ci sono poi anche i legami familiari con Francesco Russo, segretario
provinciale del Pd e capolista al Senato. «Vero - dice - io e Russo siamo
cognati ma non vedo chi ne abbia tratto vantaggi. Russo non c’entra. Quanto
pattuito dalla determina (si tratta di 47.795 euro, ndr) comprende iva e tutte
le spese: non è di certo l’importo quindi ad avermi fatto accettare l’incarico.
Fino ad oggi ho trovato aziende che mi hanno pagato molto di più». Rosato è
stato direttore della Ferriera dal 2003 al 2009; e dal 2009 al 2011 direttore
industriale della Lucchini. «Credo che nessuno conosca quanto me cosa sia
possibile o meno fare in quell’area», dichiara: «Cosolini per la Ferriera ha
fatto il primo gesto politico coraggioso: ha chiamato un manager con conoscenze
in materia di mercato, professionalità, costi». Rosato ricorda come il 22
gennaio, nel vertice a Roma il governo sia stato chiaro sul fatto che
finanziamenti per quella riconversione arriveranno solo se coesisteranno due
fattori: progettualità imprenditoriale e intervento di privati.
Laura Tonero
La lega nord torna a chiedere il passo indietro
Ma la Lega Nord continua a sparare sul sindaco Cosolini per la consulenza
sulla Ferriera affidata al l’ex direttore Francesco Rosato. Il consigliere
comunale Maurizio Ferrara invia al sindaco una seconda lettera aperta usando il
piano dell’ironia. «Roberto - il consiglio di Ferrara - chiudi anche questa
volta la polemica con intelligenza, fai un apprezzabile passo indietro e
formalizza quello che la gente ironicamente ricorderà come “l’incarico corto”.
In fin dei conti, come non hai misurato tu l’ormai famoso “ponte corto”, non
avrai neppure calcolato le distanze parentali dal prossimo senatore del Partito
democratico». Un altro attacco viene sferrato dal segretario provinciale della
Lega, Pierpaolo Roberti: «Apprendo dai giornali che Rosato è anche cognato del
segretario triestino del Partito Democratico: un periodo particolarmente
fortunato per tutta la famiglia – ironizza Roberti - visto che in due settimane
sono piovuti dal cielo prima il posto da capolista al Senato per Francesco Russo
e poi una consulenza da 50mila euro per Francesco Rosato. Da quando si è
insediata la Giunta Cosolini, abbiamo visto affidare incarichi di rilievo ad
amici e supporter della maggioranza che amministra il Comune per centinaia di
migliaia di euro: certo ormai la cosa non desta più stupore, ma continua a
suscitare l’indignazione in chi come noi crede che la gestione della cosa
pubblica non sia un affare di famiglia. Il primo cittadino deve non solo
ritirare la delega, ma un chiarimento e possibilmente delle scuse a tutti i
triestini.»
Capiarea con Cosolini: «Ok, consulente giusto» - DENTRO
LO STABILIMENTO
La lettera: «Noi già nell’agosto 2012 chiedemmo un tecnico per salvare
l’industria»
Nella querelle su Rosato prendono posizione a favore della decisione del
sindaco i tredici capiarea della Ferriera che hanno inviato una lettera al
ministero della Sviluppo economico e alle amministrazioni locali. «Già noi
dipendenti in epoca non sospetta (agosto 2012) - affermano - chiedemmo che le
istituzioni identificassero una personalità tecnico-gestionale in grado di poter
proporre un piano di reindustrializzazione del sito della Ferriera, una persona
che conoscesse l’area, il processo produttivo, il territorio e soprattutto
inserita nel settore industriale privato: avevamo capito, forse prima di altri,
che muoversi per tempo è sinonimo di buona gestione. Riconosciamo con dovuta
correttezza - scrivono di conseguenza - la coraggiosa scelta del sindaco di
arrivare all’incarico di consulenza di cui oggi alcuni esponenti di forze
politiche non in grado di formulare proposte concrete e tangibili confutano il
proposito e attaccano in maniera ottusa e strumentale la persona. Noi crediamo
invece che la strada intrapresa sia quella più idonea, più verosimile per
entrare nel merito delle questioni, non solo con sparate propagandistiche a
scopi puramente personal-elettoralistici per potersi accaparrare qualche
seggiolina in più a nostre spese. Va pertanto al sindaco e a quanti credono in
questa scelta - affermano senza mezze misure - il nostro sostegno proprio nella
consapevolezza dell’interesse complessivo: per il lavoro, per l’impresa, per la
società nel suo complesso.» Ma i capoarea contestano anche l’immagino di una
Ferriera che continua ad accumulare perdite: «Lo stabilimento non è certamente
allo sfascio, non è sicuramente condannato alla perdita economica, è purtroppo
vittima di un sistema di gestione del Gruppo Lucchini molto poco industriale
degli ultimi due anni. Le continue dichiarazioni sulle perdite strutturali del
nostro stabilimento nascondono la volontà di arrivare a una chiusura in tempi
molto brevi, senza tener conto dei risultati molto positivi nell’arco degli
ultimi anni: dal 2003 al 2010 con la sola esclusione del 2009. Le perdite
economiche di quell’unico anno furono causate da una fermata degli impianti. Le
scelte dichiarate - accusano infine i capiarea - non lasciano spazio alla
ricerca di un’efficienza produttiva ed economica, ma aprono solo alla via più
semplice della dismissione. Noi chiediamo invece un percorso condiviso affinché
si possano conciliare le diverse esigenze (posti di lavoro, economicità
d’impresa, attività industriale, territorio), un atto di impegno industriale
perchè crediamo fermamente che ogni attività produttiva sia un bene collettivo
inalienabile. Chiediamo dunque ai nostri vertici e alle istituzioni di cercare
vere alternative agli attuali asset impiantistico-produttivi.»
Discariche abusive l’ingegnere davanti al gip - DOMANI
IN TRIBUNALE
Il caso Rosato si sposta nel palazzo di Giustizia. E approda in Tribunale
proprio nel momento in cui divampa la polemica sull’opportunità della consulenza
da 47 mila euro sulla riconversione industriale della Ferriera affidata
all’ingegnere, già direttore dello stabilimento. Domani Francesco Rosato
comparirà davanti al gip Luigi Dainotti in veste di ex direttore della Ferriera
coinvolto nell’inchiesta sulle discariche abusive. Con il manager anche Vincenzo
D’Auria, già responsabile del settore ecologia e Walter Palcini, dipendente
della ditta “Refitalia”. Davanti al pm Pietro Montrone si discuterà del
contenuto di 17 intercettazioni telefoniche che i carabinieri del Noe avevano
effettuato nell’inchiesta relativa alla gestione delle discariche all’interno
dello stabilimento di Servola. L'inchiesta, inizialmente della Procura di
Grosseto, porta la data del febbraio 2010. Era scattata con l’arresto dello
stesso Rosato e degli altri funzionari. Poi era stata trasferita per competenza
territoriale a quella di Trento e infine è approdata a Trieste. Il pm Pietro
Montrone, diventato magistrato titolare del fascicolo, nelle scorse settimane ha
chiesto il rinvio a giudizio per Rosato, D'Auria, Palcini e Alessio Comper,
dipendente della società Sativa di Trento, con l’accusa di avere a vario titolo
ceduto, ricevuto e trasportato o comunque aver gestito abusivamente ingenti
quantità di rifiuti ritenuti pericolosi. Asse portante dell'inchiesta dei
carabinieri del Noe erano state appunto le intercettazioni telefoniche che
all'epoca avevano permesso alla Procura di Grosseto di individuare una fitta
rete di rapporti sommersi per effettuare gli smaltimenti di rifiuti pericolosi
in modo facile e soprattutto senza grossi costi economici. All'inizio
l'attenzione era stata puntata su “Refitalia”, la ditta incaricata della
gestione dei rifiuti dell'impianto siderurgico. Poi il faro si era acceso
direttamente agli allora vertici della Ferriera di Servola.
(c.b.)
“Stasera li butto”, grandi e piccoli a lezione di
raccolta differenziata - TEATRO VERDI DI MUGGIA
Sapere dove e come gettare l’immondizia senza incorrere in sanzioni e
tormentarsi in “dubbi amletici”? La compagnia Teatrobàndus, giocando anche con
richiami ai classici shakespeariani, alle 17 al teatro Verdi di Muggia, propone
il suo nuovo spettacolo brillante, “Stasera li butto”, dedicato al tema
dell’educazione alla raccolta differenziata. La nuova piéce prosegue
coerentemente un filone dopo lo spettacolo itinerante “Fiuto per il rifiuto.
Storie (triestine) da riciclare” pensato per le famiglie e l’allestimento per i
più piccoli “Dove ti butto?” presentati nelle scorse stagioni. A interpretare
“Stasera li butto” sono gli attori Isaura Argese, Riccardo Beltrame, Andrea
Germani e Julian Sgherla, il testo è della compagnia Teatrobàndus così come la
regia. «Anche in “Stasera li butto” – spiega Julian Sgherla – l’obiettivo è
quello di spiegare al pubblico, in modo divertente, come si svolge la raccolta
differenziata nelle nostre zone e ricordarne le regole e i vantaggi per
l’ambiente e per tutti noi. Stavolta però la trama, in modo vivace e ironico,
porta gli spettatori, allo stesso tempo, anche nella magia del palcoscenico e
nel mestiere dell’attore. Protagonista di “Stasera li butto” è infatti una
compagnia di attori che, specializzata nel portare in scena il repertorio
shakespeariano e nell’affrontare personaggi come Amleto, Otello e Macbeth,
improvvisamente viene costretta dalla produzione a preparare uno spettacolo ben
più calato nella nostra quotidianità e che parla... di immondizie. Quando il
capocomico dà agli attori la notizia del curioso allestimento ne restano quasi
scioccati ma, seppure recalcitranti, non resta loro che prendere in mano
l’insolito copione e gettarsi in questa nuova avventura». “Stasera li butto”
così, oltre a illustrare via via, in modo non noioso, i meccanismi della
raccolta differenziata, diventa anche il racconto di una giornata di prove della
compagnia. Gli attori, dapprima un po’ troppo “abbottonati” e affezionati a
sentirsi recitare con un linguaggio più poetico e “altisonante”, cominciano a
divertirsi e a comprendere che i legami tra il teatro classico e quello
“popolare” non sono poi così distanti, soprattutto se si sta portando al
pubblico un messaggio utile e importante. La compagnia teatrale Teatrobàndus è
nata nel 2006 dall’idea di giovani attori che, dopo essersi diplomati
all’Accademia teatrale della Contrada, hanno deciso di unire forze per creare e
realizzare la propria idea di teatro, spaziando tra gli autori e i generi, anche
dalla commedia dell’Arte al teatro per i bambini e i ragazzi. Domenica a Muggia
la biglietteria del Verdi apre un’ora prima dello spettacolo.
Annalisa Perini
Ferrovie, separare rete-impresa primo passo per il
rilancio - l’intervento di LUIGI BIANCHI
“Patto Alitalia – Ferrovie? Violerebbe la concorrenza”: l’affermazione del
responsabile di Ntv ”Italo” sul Corriere della Sera del 28 dicembre sembra non
cogliere che alla base della concorrenza tra le imprese di trasporto sta la
competitività dell’offerta commerciale multimodale. Infatti Giuseppe Sciarrone
ammette di non condivisione l’idea di Lorenzo Necci in ordine ad “una sorta di
Iri dei trasporti”. Ma il problema non è quello di ricondurre sotto un unico
tetto la produzione dei singoli vettori; deve essere colta invece l’esigenza di
un servizio commerciale in grado di fare un’offerta globale. Il viaggiatore, ma
anche lo spedizioniere, non è interessato al singolo segmento bensì all’intero
percorso, frutto della collaborazione di tutti i vettori coinvolti. Con la
nascita della ferrovia, per affrontare la capillarità, si avverte subito
l’esigenza del servizio di collegamento alle stazioni, inizialmente realizzato
con la trazione animale, prima dell’avvento della gomma. I servizi
automobilistici sono gli eredi di carri e carrozze che hanno assicurato
prontamente il porta a porta ferroviario. Ma con la ferrovia nasce anche il
servizio cumulativo (interno, internazionale, ferroviario - marittimo, lacuale)
per stipulare un unico contratto di trasporto e rilasciare un unico recapito di
viaggio (ed un’unica lettera di vettura per le merci). Il cliente apprezza un
solo documento a garanzia dell’offerta globale. Nel 1972 a Monaco di Baviera
viene perfezionato il sistema del biglietto unico coinvolgendo tutti i vettori,
anche non ferroviari e pubblici, nel contratto di trasporto unico, che finisce
per essere adottato progressivamente in tutta Europa, salvo che in Italia, dove
le Fs, in una vera e propria regressione culturale, dividono il contratto di
trasporto (e quindi il biglietto) all’interno della stessa impresa: anche oggi
Trenitalia si ostina a proporre biglietti separati in conseguenza di tale
improvvida decisione, fuori da ogni logica commerciale, nell’era della
telematica che facilita grandemente l’emissione di un unico documento di
trasporto. Quindi produzioni separate, realizzate al meglio dai singoli vettori,
ma accordi commerciali perfettamente compatibili con la concorrenza che avviene
a livello di offerta globale multimodale per promuovere la vendita dei prodotti
delle singole imprese. Non a caso Giuseppe Pinna, ultimo vero direttore
commerciale delle Fs, aveva affrontato le problematiche delle lunghe distanze in
una logica di collaborazione del vettore aereo, come realizzato con successo
dalle Ferrovie tedesche che, negli anni ’80, contribuirono a concentrare il
traffico sui maggiori aeroporti germanici collegando con treni dedicati gli
scali minori, con reciproco vantaggio dei due vettori, aereo e ferroviario. La
deriva della rotaia italiana, all’origine del degrado del trasporto ferroviario
nazionale, è il risultato di un confuso approccio a privatizzazioni, a carico
dell’erario, di ampi settori del servizio ferroviario statale e della
proliferazione di società partecipate, che non va confuso con il processo di
liberalizzazione deciso a livello comunitario. Infatti, la condizione per la
promozione di sane imprese di trasporto, in grado di proporre un servizio
globale multimodale, è la netta separazione tra rete ferroviaria - Rfi – e
impresa pubblica – Trenitalia - dal momento che lo Stato deve garantire la piena
fruibilità dell’intera rete a tutte le imprese abilitate (pubbliche e private,
nazionali ed estere) su un piano di perfetta parità, in modo che tutte possano
concorrere alla riconversione modale a favore della rotaia in una logica di
coordinamento ed integrazione e non di scontro e di separazione, come purtroppo
avvenuto fino ad oggi per opera di chi considera le altre ferrovie concorrenti e
non necessarie alleate per portare alla rotaia viaggiatori e merci, per
contribuire efficacemente al miglioramento della mobilità e della logistica con
un servizio competitivo a livello europeo. Il compito, prioritario per un
ministro che si decida a far uscire dalle secche il piano generale dei
trasporti, non può essere affrontato da chi si ostina a considerare una iattura
la separazione della rete dall’impresa di trasporto. Anche nel nostro Paese non
manca chi può farsi carico con responsabilità di un impegno così gravoso.
IL PICCOLO - SABATO, 26 gennaio 2013
Ferriera: il consulente del Comune è cognato del
segretario Pd
Rosato è sposato con la sorella di Russo. Il democratico: incarico dato
dal sindaco, non ne sapevo nulla ma l’obiettivo di salvare posti è condiviso.
Poco elegante giocare sui lavoratori per un pugno di
voti
Non solo ex direttore della Ferriera, quella che adesso sembra accumulare
ogni mese quasi tre milioni di euro di debiti, non solo indagato in un’inchiesta
penale della magistratura per le discariche abusive nell’ambito dello stesso
comprensorio, ma anche cognato di Francesco Russo, segretario provinciale e
attualmente anche capolista al Senato del Pd, il partito del sindaco il quale
l’ha nominato con una determina dirigenziale. Si moltiplicano, quasi come per un
miracolo alla rovescia, i motivi di perplessità sulla consulenza da 47.795 euro
affidata dal Comune a Francesco Rosato, il manager che dovrebbe predisporre un
progetto e magari attrarre nuovi investitori per la riconversione dell’area di
Servola per la quale dovrà essere posta particolare attenzione oltre che per il
reinserimento dei lavoratori, anche per la salvaguardia ambientale, quella che
la stessa Ferriera guidata da Rosato è stata accusata di non aver osservato.
Sotto il tiro ad alzo zero di Lega Nord, Movimento 5stelle, ma anche di Sel e
Rifondazione comunista che pure fanno parte della maggioranza al Comune, era
stato lo stesso Russo a mettere nero su bianco la difesa della consulenza a
Rosato, senza del resto esplicitare il proprio vincolo di parentela. «La figura
individuata insieme a tutte le forze politiche della maggioranza (particolare
poi negato dagli altri partiti del centrosinistra) - aveva scritto Russo - non
ha e non avrà nessun compito legato alle tematiche ambientali ma è stata scelta,
anche dopo avere verificato il gradimento di numerose realtà economiche, sociali
e sindacali, in quanto considerata la più qualificata per portare a Trieste
quegli investimenti imprenditoriali che la città non ha saputo attrarre negli
ultimi decenni». Credeva così di aver sgombrato il campo da ogni equivoco, ma la
consulenza a Rosato sembra una sorta di matrioska con questioni di dubbia
eleganza e di opportunità che si possono sfogliare come un carciofo: sotto
quella del passato di ex direttore c’è l’inchiesta penale, sotto quest’ultima la
parentela con il “capopartito” in città del sindaco. Ieri Russo ha dapprima
scelto la strada dell’ironia: «Colpa mia? Semmai colpa di mia sorella se da 15
anni Rosato è mio cognato». Poi per un attimo ha tentato di prendere le
distanze: «É stata una decisione presa dal sindaco di cui non ero assolutamente
a conoscenza. Se Cosolini avesse chiesto consiglio a me, probabilmente lo avrei
dissuaso dallo scegliere mio cognato sapendo le grane che sarebbero potute
derivarmi». Alla fine Russo cambia ancora registro: «È stata fatta la scelta
migliore che si potesse fare, si tratta di un manager stimato a livello
nazionale e internazionale, sul quale è stato manifestato apprezzamento sia da
parte di Confindustria che dei sindacati. L’obiettivo del sindaco è lo stesso
del Partito democratico: salvare il posto di lavoro di mille persone che già ad
aprile rischiano di trovarsi in strada. Una persona va giudicata per ciò che fa,
bisogna attenderlo alla prova e poi eventualmente parlare. Ciò che è veramente
poco elegante e opportuno è fare gossip giocando sulla pelle di mille persone
per qualche misera frazione di percentuale elettorale». E a favore della scelta
di Rosato intervengono con una lettera alle istituzioni tutti i capo-area dello
stabilimento. «Riconosciamo la coraggiosa scelta del sindaco - affermano - di
arrivare all’incarico di consulenza di cui oggi alcuni esponenti di forze
politiche non in grado di formulare proposte concrete e tangibili ne confutano
il proposito e ne attaccano in maniera ottusa e strumentale la persona. Noi
crediamo invece che la strada intrapresa sia quella più idonea per entrare nel
merito delle questioni.»
Silvio Maranzana
Affari di famiglia legali ma inopportuni - LO SCIVOLONE
Lo scivolone politico c'è tutto. Dietro all'inopportuna consulenza per la
bonifica della Ferriera di 47.795 euro (determina 5985 del 31 dicembre 2012) c'è
la triangolazione giunta Cosolini-Francesco Rosato-Francesco Russo. Affari di
famiglia dal momento che il sindaco (o per chi per lui) ha assegnato l’incarico
al cognato del segretario provinciale del Pd e adesso in corsa anche per un
posto al Senato. Senza scomodare l’anagrafe, l'ex direttore della Ferriera (che
ora si è messo in proprio) è il marito di Rosa Russo, sorella di Francesco.
Nulla di illegale, per carità, tuttavia è una consulenza che puzza lontano un
miglio di svarione politico. Quantomeno è una grossolana ingenuità commessa nel
momento in cui la campagna elettorale è in fase di decollo. Da qui l’irritazione
e la contrarietà di Sel, pronta a mettere in discussione la permanenza in giunta
del suo assessore Laureni. E qui l'imbarazzo si moltiplica per cento, visto che
quest'ultimo ha la delega all'ambiente e si occupa proprio dei danni provocati
dall'inquinamento della Ferriera attraverso analisi e perizie proprio ai tempi
in cui Francesco Rosato era direttore dello stabilimento di Servola. E martedì a
Roma, assieme a Omero, c'era non l'assessore all'ambiente Laureni ma Francesco
Rosato nella nuova veste di consulente-bonificatore. Formalmente per «attrarre
investitori». Un'incongruenza macroscopica, un pasticciaccio per dirla con Gadda
che rischia di avere ripercussioni dentro e fuori la maggioranza. Le
vicissitudini giudiziarie dell'ex direttore della Ferriera (sempre comunque
legate all'impianto di Servola) sono solo un elemento in più in questo assurdo
teatrino che sa di masochismo politico-amministrativo. Appena sbarcherà
dall'aereo che lo ha riporterà a Trieste, il sindaco Cosolini dovrà spiegare
cosa lo ha spinto ad affidare questa consulenza a Francesco Rosato. Consulenti e
periti di solito non sono di parte, c’erano sicuramente in giro per l’Italia
validi esperti del settore che nulla hanno mai avuto da spartire con la
Ferriera. Insomma è come se Cosolini avesse affidato una ipotetica
ristrutturazione del Rocco a Stefano Fantinel, ex presidente della Triestina. Il
sindaco rientra dal Messico ma difficilmente in questo momento andrà al massimo.
Né a gonfie vele.
(m.cat.)
«Ricordiamoci di Gambardella» - Kocijancic: il manager
fu incaricato da Illy, risultato sotto gli occhi di tutti
«Destano non poca sorpresa le dichiarazioni fatte dal segretario provinciale
del Pd, Francesco Russo, sulla volontà di confermare la consulenza (da 47 mila
euro per sei mesi) per favorire la riconversione della Ferriera, all’ex
direttore dello stabilimento, Francesco Rosato». Ad affermarlo è Igor
Kocijancic, consigliere regionale di Rifondazione comunista. «Non riesco a non
sorprendermi - afferma Kocijancic - di quanto il segretario del Pd abbia la
memoria corta. Infatti non potrà non ricordare che a fine anni Novanta l’allora
sindaco Riccardo Illy affidò all’allora ex ad dell’Ilva Taranto, Giovanni
Gambardella, una consulenza mirata ad affrontare la trasformazione privatistica
delle municipalizzate, ma soprattutto atta a risolvere i punti di crisi
(Ferriera di Servola, Lloyd Triestino, Arsenale San Marco) per un importo
complessivo di 200 milioni di lire (oggi 100mila euro abbondanti). Gambardella
mantenne poi il suo ruolo di “advisor” privilegiato di Illy anche quando questi
divenne Presidente del Fvg e affidò a “Omnia”, società di Gambardella, una
consulenza per affrontare il nodo riconversione Ferriera. L’importo complessivo
di quella consulenza (eravamo ormai nel 2004) era di 168mila euro: Gambardella
produsse quattro relazioni trimestrali che dubito siano state lette da più di
dieci persone, mentre sull’efficacia del tutto è sufficiente guardare al
deterioramento del tessuto industriale cittadino degli ultimi 15 anni. Russo non
faccia torto alle nostre intelligenze. Ritenere che l’ex direttore della
Ferriera possa individuare interlocutori in grado di garantire un’efficace
intervento di riconversione, quando non ci sono riusciti sindaci, presidenti di
Regione, e vari ministri significa o avere un fine senso dell’umorismo o
prendere in giro la gente. Vero è che Rosato, rispetto a Gambardella costa molto
meno. Ma è opportuno - conclude Kocijancic - spendere di questi tempi 47mila
euro per niente?»
«Confronto su un nuovo sistema produttivo» -
RIFONDAZIONE COMUNISTA
Saulle: la posta in gioco è l’intera città. Cip6, soldi da dirottare su
bonifiche e riconversione
Un Consiglio comunale «che si impegni in un’azione di coinvolgimento
pubblica e ampia, capace di condizionare positivamente la Provincia, la Regione
e il Governo centrale per dare a Trieste un futuro di sviluppo, perché la posta
in gioco è l’intera città e non chi oggi, transitoriamente, la rappresenta».
Antonio Saulle, segretario provinciale di Rifondazione comunista, ha formulato
questa richiesta ieri, al termine di una disamina della difficile situazione
economica della città, con specifico riferimento alla componente industriale.
«Trieste sta correndo un grosso rischio – ha detto – e vogliamo essere
propositivi, evidenziando i punti deboli che si dovranno affrontare per
garantire una fase di crescita». Dopo aver spiegato che «il giudizio critico su
Francesco Rosato, ex direttore dello stabilimento di Servola nominato consulente
per la riconversione della Ferriera, non riguarda la persona» ma nasce dal fatto
che «origina sensazioni negative, rendendo difficile il compito che lo attende»,
Saulle ha definito la vicenda Sertubi «un’operazione meramente finanziaria e
immobiliare», ricordando che «la concessione a Maneschi di cinque magazzini in
Porto Vecchio per 99 anni, nei primi 12 non ha portato ad alcun risultato».
Passando poi ad altri temi, il segretario di Rc ha chiesto «la messa in salvo
delle risorse finanziarie previste dal Cip6 che sono, attualmente, oggetto di
trattativa fra Lucchini ed Elettra. Per un accordo di programma servono soldi
spendibili, va perciò rinnovata la richiesta alla Prefettura di intervenire
presso il Governo, per dirottare il contributo Cip6 dalle tasche di Lucchini ed
Elettra al fondo per le bonifiche e la riconversione del sito. Gli unici
soggetti che vanno risarciti sono i cittadini, i lavoratori e la città». Sul
porto, il segretario di Rc ha evidenziato che «non ci sono legami fra sviluppo e
aumento dei traffici e lo dimostra il fatto che nonostante la crescita degli
scambi in Molo VII non ci sono state ricadute occupazionali, il che significa
solo che è ulteriormente migliorata la produttività dei lavoratori. La realtà è
che si continua a operare col principio del massimo ribasso – ha proseguito - e
il sindaco Roberto Cosolini queste cose le conosce, visto che siede nel Comitato
portuale». Dopo aver spiegato che «diventa indispensabile confrontarsi su un
nuovo sistema produttivo», il segretario di Rc è tornato sulla Ferriera.
«Bisogna garantire la continuità produttiva – ha concluso - e prima di chiudere
l’impianto bisognerà trovare un’alternativa industriale capace di sostituirlo».
Ugo Salvini
I sindacati bocciano Trieste Trasporti «L’azienda è in
salute, la riorganizzazione annunciata è estremamente parziale e fuorviante»
Turn-over bloccato, 30 autisti di troppo, 570mila chilometri da cancellare.
Trieste Trasporti fa le sue scelte “giustificate”, dicono i dirigenti, dai tagli
della Regione ai fondi per il trasporto pubblico urbano che vede l’azienda con
due milioni e 313mila in meno. Scelte fortemente contestate dallee sigle
sindacali Filt Cgil, Fit Cisl Uiltrasporti, Faisa-Cisal e Ugl in quanto
«estremamente parziali e fuorvianti». «Trieste Trasporti - affermano i sindacati
- tace parecchie informazioni e ne fornisce altre che differiscono da quelle
reali». Le organizzazioni sindacali hanno altri numeri che dimostrano invece la
buona salute dell’azienda triestina di trasporto: «Innanzitutto l’utile di
bilancio dello scorso anno è stato di più 3.700.000 di euro; il taglio del
corrispettivo equivale a 2.262.106 euro, e quindi rimarrebbe comunque un utile
di più di 1.400.000 euro senza bisogno di ridurre il servizio». Il problema poi
per i sindacati è un altro e non di poco conto: «Chi ha acquistato l’abbonamento
e l’ha pagato ancora più caro dello scorso anno ha stipulato un contratto con la
Trieste Trasporti, vedendosi però ridotto un servizio per cui ha già pagato;
dov’è la Provincia che dovrebbe essere il garante del servizio? Certo i soldi
degli abbonamenti annuali sono già stati incassati ed anche i biglietti sono
rincarati». In più le organizzazioni sindacali affermano di essere in possesso
di un documento proposto dall’azienda in cui, «contrariamente a quanto
dichiarato dal presidente dell’azienda, si chiedono soldi ai propri dipendenti
attraverso una ristrutturazione dei turni, lavorando di più gratis ma anche
ridiscutendo accordi che sono stati frutto di contrattazioni e sacrifici per
ogni dipendente». «Il piano stilato da Trieste Trasporti - è il giudizio dei
sindacati - non prospetta il salvataggio degli esuberi, ma prevede di crearne
altri con l’unico obiettivo di arrivare alla gara di affidamento con meno
personale possibile. E con i dirigenti esclusi dalla “cura dimagrante”. Questi
sono dati scritti nero su bianco. La Trieste Trasporti e la sua dirigenza non
rinuncia a nulla, e guai paragonarla ad una grossa azienda del nord Italia la
cui dirigenza ha limitato il proprio stipendio mensile a “soli” 5.000 euro
mensili; stiamo parlando del consiglio di amministrazione della Trieste
Trasporti che costa più di un milione di euro. La richiesta di ridurre
l’attività di tutti e sei sindacati e dei responsabili della sicurezza sotto il
ricatto del licenziamento dei 35 esuberi è un chiaro attacco che ha lo scopo di
eliminare l’unica difesa di cui i lavoratori dispongono».
(fe. vi.)
«Sul rigassificatore pesa il Trattato del 1947» -
INCONTRO A BRUXELLES
Greenaction alla Commissione Ue per le petizioni: «Sul porto manca la
sovranità dell’Italia»
Il rigassificatore non si deve fare «perché mancano troppi elementi di
valutazione, soprattutto per quanto concerne il rischio per la popolazione
residente, che fra l’altro non ha potuto esprimersi; e in quanto manca la
sovranità dell’Italia sul porto, ancora soggetto al controllo delle Nazioni
unite in base al Trattato di pace del ’47, tuttora in vigore e alla Risoluzione
dell’Onu numero 16». È stato esplicito ieri Roberto Giurastante, responsabile di
Greenaction Transnational, membro di Alpe Adria Green ed esponente di Trieste
libera, rete ambientalista italo-sloveno-croata, nel relazionare sull’esito
dell’incontro svoltosi a Bruxelles, davanti alla Commissione dell’Unione europea
competente per le petizioni. «Martedì si è discusso della violazione da parte
dell’Italia della direttiva Seveso, cioè sulla sicurezza degli impianti
industriali a rischio – ha detto – e della vertenza, tuttora insoluta, che
riguarda la sovranità sul porto di Trieste. È dal 2006 che combattiamo e
finalmente si vedono i primi risultati. La Commissione ha recepito le nostre
istanze. C'è un conflitto internazionale – ha aggiunto Giurastante - relativo
alla realizzazione di impianti a rischio nell'Alto Adriatico. La Commissione ha
spiegato che non ci sono motivi per intervenire, in quanto non c'è stata
concreta violazione delle norme comunitarie. Ma noi non siamo d'accordo – ha
incalzato il dirigente ambientalista - perché non è stata garantita l'adeguata
informazione ai cittadini. Uno dei maggiori rischi è l'effetto domino originato
dalla presenza di altri impianti a rischio». Per Greenaction e Alpe Adria Green
«è stata riaperta l'inchiesta per mancanza di dati». Giurastante ha poi puntato
l’attenzione su un altro tema: «Il porto internazionale di Trieste, in base alla
normativa vigente, a nostro parere non è sotto la sovranità di un solo Paese: e
allora come si può avviare una procedura di autorizzazione da parte dell'Italia?
La Commissione fornirà entro alcuni mesi una risposta sullo status giuridico del
porto internazionale di Trieste – ha concluso - anche perché, per modificarlo,
bisogna sollevare il problema alle Nazioni unite».
Ugo Salvini
«Soprintendenza, a Tondo chiederò grande attenzione» -
TONONI: D’ACCORDO CON ROSATO
Ettore Rosato deputato Pd, Piero Tononi consigliere regionale Pdl.
Politicamente distanti ma allineati su Maria Giulia Picchione, soprintendente ai
Beni architettonici. Rosato in Parlamento ha presentato un’interrogazione in cui
chiede al ministro Ornaghi di verificare «l’eccessivo rigorismo della
Soprintendenza». Tononi ora concorda. «Sono molti i professionisti arrivati a
rifiutare lavori di progettazione quando comportino un parere della
Soprintendenza. Inutile investire su progettazioni che poi vengono
sistematicamente bocciate, facendo perdere tempo e denaro a professionisti,
clienti e alla Commissione paesaggio del Comune che si vede ogni volta ribaltare
dalla Soprintendenza i pareri positivi sulle pratiche paesaggistiche». Tononi
nota che il Comune «opera con tempestività e professionalità» per vedersi poi
pollice verso da palazzo Economo. «Sono d’accordo» con l’azione di Rosato a
Roma, chiude Tononi, «facendo presente che non sono solo i costruttori a
soffrire, ma anche i professionisti, gli architetti. Chiederò la massima
attenzione» sul tema «al presidente Tondo, presenterò un’interrogazione».
Orti urbani, fase due Nuovi appezzamenti e un sito web
dedicato
Dopo la sperimentazione su 14 aree già riqualificate terreni da coltivare
nelle vie Navali, Tominz e Cumano
Se sia stato l’orticello di Michelle Obama, sorto all’ombra della Casa
Bianca, o le pressanti necessità dettate dal sempre più oneroso carrello della
spesa è difficile dirlo. Ma trend o bisogno che sia, di certo gli orti urbani,
piccoli appezzamenti coltivati in pieno centro cittadino, stanno spopolando in
tutt’Italia, da Palermo a Torino. E a Trieste si tiene il passo, con un forte
impegno dell’amministrazione comunale che dopo il lancio del progetto pilota
“Urbi et Horti”, partito la scorsa primavera grazie a Bioest e molte altre
associazioni cittadine, e di tutta una serie di attività sperimentali,
educative, di riqualificazione e di promozione sociale, dà ora il via ufficiale
alla fase due del piano, aprendo un sito web dedicato - è stato annunciato ieri
in una conferenza stampa in Comune cui hanno partecipato tra gli altri gli
assessori Elena Marchigiani, Andrea Dapretto, Antonella Grim e Umberto Laureni -
dove tutte le iniziative già attivate e i programmi futuri vengono messi a
sistema. All’indirizzo ortitrieste.it si trovano da oggi informazioni sulle
varie branche del progetto, che da quando è partito ha coinvolto sempre più
attivamente cittadini, associazioni, scuole, case di riposo, con il duplice
obiettivo di riqualificare aree verdi degradate o inutilizzate; e di favorire la
socialità e coinvolgere sempre di più la cittadinanza nella gestione e
valorizzazione degli spazi pubblici. Coltivare un orto è salutare ad ogni età:
migliora la qualità della vita dal punto di vista alimentare, psicologico e
psicomotorio. Risultati incoraggianti si sono avuti con il progetto Orto
Giardino Terapeutico, attivo al Centro per l’anziano di via De Marchesetti e al
Centro Diurno di via Weiss e in partenza anche a Casa Capon (Opicina): per gli
anziani l’orto spesso è un modo per riavvicinarsi al passato contadino, per i
soggetti con disabilità diventa uno spazio multisensoriale di contatto con la
natura. Mentre ci si impratichisce con piante e ortaggi, si approfondiscono
nozioni di botanica, si studiano geometrie per gli spazi coltivati, ci si
avvicina all’astronomia con il calcolo delle fasi lunari per la semina e il
raccolto. Se per gli anziani è un ritorno al passato, per bambini e ragazzi di
città diventa una sorprendente scoperta: non a caso sono 45 le strutture
educative, dai nidi alle scuole secondarie, coinvolte nel progetto di Slow Food
Orto in Condotta, partito lo scorso settembre, con 14 orti in via di attivazione
e un percorso formativo triennale per gli insegnanti curato proprio da Slow
Food. Dopo la sperimentazione di successo dei primi 14 orti sociali urbani in
Strada di Fiume (sul sito web si trova anche il diario di questa esperienza),
riqualificati attraverso 5mila ore di lavoro socialmente utile e affidati per 18
mesi, attraverso apposita graduatoria, a famiglie, anziani e associazioni, sono
in via di apertura nuovi orti in via Dei Navali, via dei Tominz, via Cumano. Si
struttureranno sulla base del modello già avviato: spazi di circa 60 metri
quadrati con collegamento alla rete idrica, facile accessibilità e capanni
condivisi per le attrezzature. E presto a fissare definitivamente modalità di
richiesta e utilizzo degli orti urbani arriverà un nuovo regolamento degli spazi
verdi urbani, ma è prevista anche una revisione degli strumenti di
pianificazione urbanistica che terrà conto di queste nuove realtà.
Giulia Basso
VOCE ARANCIO - VENERDI', 25 gennaio 2013
Vivere senza rifiuti (o quasi)
Scoprite la storia di John Newson, un cittadino britannico, diventato
famoso per essere il primo uomo ad impatto zero.
Impatto zero. Sostenibilità, impatto ambientale, riciclo sono temi verso cui
l'opinione pubblica dimostra fortunatamente sempre maggiore sensibilità. E così
la notizia dell'impresa riuscita a un tranquillo cittadino britannico ha fatto
subito il giro del mondo: nel corso di un anno ha prodotto un solo sacchetto di
rifiuti. Insomma, non proprio un uomo a impatto zero, ma quasi.
Imballaggi addio. Lo riferisce il tabloid ingese , che racconta anche come John
Newson, questo il nome dell'”eco-eroe”, abbia raggiunto l'importante traguardo.
Il primo passo è stato eliminare carne e pesce dalla dieta. Con qualche
dispiacere per la gola, forse, ma col grande vantaggio di non dover più avere a
che fare con centinaia di imballaggi di ogni tipo e forma. La maggior parte dei
rifiuti prodotti dagli esseri umani sono proprio le confezioni degli alimenti, e
Newson lo aveva capito.
Faccio tutto io. Il secondo passo è stato provvedere da sé, per quanto
possibile, al proprio fabbisogno alimentare. E nel modo più semplice: coltivando
frutta e verdura nell'orto dietro casa ed evitando, anche in questo caso,
l'acquisto di prodotti confezionati. Un consistente vantaggio per il
portafoglio, mentre il livello dei rifiuti restava ancora a zero, visto che
eventuali scarti finivano nella cassetta per il compostaggio, in attesa di
diventare concime per le prossime colture.
Non si butta niente. Beh, anche impegnandosi con l'autoproduzione non si possono
fare miracoli, e così Newson ha comunque dovuto vedersela con carta, plastica,
vetro, metalli, cartone: la questione è stata risolta separando meticolosamente
ogni materiale con pazienza certosina, avviando agli appositi centri cittadini
quelli riciclabili e riutilizzando, per quanto possibile, quelli che non lo
erano.
Bagaglio appresso. Addirittura, per smaltire i tetrapack alimentari, Newson, che
non era soddisfatto del servizio di riciclo della sua città (Balsall Heath,
Birmingham) si è rivolto a quelli di Bristol e Londra, giudicati più efficienti.
A questo proposito, però, il Mirror trascura di spiegare in che modo, e quindi
con quale impatto ambientale, sia avvenuto il trasferimento nelle due città, che
distano rispettivamente 85 e 115 miglia da Birmingham: più o meno 137 e 185
chilometri. Sappiamo però che Newson le portava con sé quando andava in visita
da amici: qualunque sia stato il mezzo di trasporto, dunque, il viaggio non era
organizzato solo per quello scopo.
Regole precise. Con questi semplici accorgimenti – pochi, ma osservati
scrupolosamente – Newson ha riciclato tra l'80 e il 90% dei rifiuti contro un
modesto 31,5% della sua città (la media inglese è del 30%) e alla fine dell'anno
ha mostrato alla stampa, con giusto orgoglio, il suo unico, solitario sacchetto
di spazzatura. Un esempio da seguire? Sicuramente, soprattutto da chi abita in
campagna o in una villetta con giardino. Per chi vive in condominio le cose sono
meno semplici, ma vale comunque la pena tentare.
Sfuso è meglio. Partiamo dalla prima regola, ridurre gli imballaggi. Si può
fare, almeno in parte, preferendo gli alimenti freschi a quelli confezionati:
comprando la carne dal macellaio (compatibilmente con il prezzo, naturalmente)
non ci si deve portare a casa anche l'imballo. Stesso discorso per frutta e
verdura che si possono acquistare anche al supermercato, preferendo però la
merce sfusa ed evitando quella confezionata sui vassoi di polistirolo.
Piccole scorte. Aiutano a eliminare le confezioni anche i formaggi e i salumi da
banco, affettati al momento. Durano meno, ma non è necessariamente uno
svantaggio: mangiati freschi sono sicuramente più buoni e in più si evita di
stipare il frigo con scorte che andranno facilmente a male. Ma non sono da
comprare neppure le confezioni monodose, che hanno una percentuale d'imballo in
rapporto al cibo contenuto molto alta. Molto meglio le confezioni famiglia: si
risparmia e quello che non si consuma subito si può congelare.
L'acqua del sindaco. A casa c'è un sistema molto semplice per eliminare una
montagna di rifiuti di plastica: non comprare acqua minerale in bottiglia. Se
proprio non vi piace quella del rubinetto (che è altrettanto sana) applicate un
filtro e se la volete gasata acquistate un gasatore. Il principio vale anche per
i detersivi liquidi, che sono disponibili alla spina nei negozi specializzati e
in molte catene di supermercati. Il flacone lo si porta da casa: si inquina e si
spende di meno. Per l'igiene personale, invece, scegliete le saponette al posto
del sapone liquido.
Più dura meglio è. Infine, ma è quasi inutile ricordarlo, evitare – come la
peste, si potrebbe aggiungere – tutti i prodotti usa e getta: piatti, bicchieri
e posate di plastica, rasoi senza testina intercambiabile, tovaglioli di carta e
così via. Vale anche per la borsa della spesa, naturalmente: dev'essere di
stoffa o comunque riutilizzabile e bisogna portarla da casa.
Serve ancora. Seconda regola, riutilizzare. Era un concetto ben presente ai
nostri nonni ma che noi, figli del consumismo, abbiamo dimenticato. Siamo
abituati a pensare che un oggetto abbia un solo possibile utilizzo mentre il più
delle volte può essere reimpiegato. Un'idea semplice semplice? Le vaschette di
gelato che si comprano al supermarket sono fatte per stare in congelatore:
perché non riutilizzarle per surgelare? E ancora: l'oblò della vecchia lavatrice
è di vetro termoresistente e grazie alla forma concava può trovare facilmente
impiego in cucina. Le possibilità, specialmente se con risvolti “artistici”,
sono moltissime e su internet si trovano infiniti esempi. L'unico limite è la
fantasia.
Fino alla fine. Riutilizzare è anche sinonimo di non sprecare, il che impone
un'altra semplice regola di comportamento: usare gli oggetti fino in fondo. Fino
alla fine della loro vita o fino a quando proprio non ci servono più. Vale anche
in cucina con gli avanzi di cibo, che prima di essere buttati possono – e devono
– essere riutilizzati in mille modi, diventando a volte perfino più gustosi
della preparazione originale. I più creativi si possono spingere ancora più in
là, arrivando a qualche “uso estremo” degli alimenti, per esempio fabbricando da
sé il sapone con la farina avanzata e l'aggiunta di soda caustica (attenzione
alle ustioni però!). Oppure ottenendo, sempre con la farina fatta bollire
nell'acqua, un valido sostituto della colla vinilica.
Seconda vita. Ridotto quello che si può ridurre, riutilizzato quello che si può
riusare, i rifiuti riciclabli vanno affidati ai servizio di smaltimento e
riciclo della propria città, nella speranza che possano iniziare presto una
nuova vita. I presupposti ci sono tutti: dopo le panchine, i maglioni sintetici
e altri oggetti fatti con il la plastica delle bottiglie, ora è la volta delle
abitazioni. A Brighton, in Inghilterra, sorgerà un'intera casa costruita solo
con materiali di scarto: i lavori dovrebbero concludersi a maggio. Insomma, è
quello che a buon diritto si può definire un progetto davvero eco-sostenibile.
IL PICCOLO - VENERDI', 25 gennaio 2013
Crisi taglia-bus: meno corse in ore non di punta e
festivi - MOBILITÀ » LA FATICOSA RIORGANIZZAZIONE
Trieste Trasporti prevede invece di salvare gli orari sensibili per
scuole e uffici Ultima parola alla Provincia. Trenta esuberi: tavolo sindacale
per evitare uscite
la riduzione delle risorse L’ad Paparo (foto) sta rimodulando la gestione con un
-4,2% di fondi regionali, pari a una decurtazione di due milioni e 313mila euro
LA proposta DEL CDA Il presidente Longo (foto) tratta con le sigle dei
lavoratori per rifare i contratti integrativi e tenere i livelli occupazionali
Turn-over bloccato, non si discute. Anzi. Ballano 30 autisti di troppo. E
pure 570mila chilometri da cancellare da subito: siamo nell’ordine dei 50mila
giri della “10”, Valmaura-Rive e ritorno. Ai piani superiori della Trieste
Trasporti è tempo di scelte. E trattative. Con sindacati e Provincia. I tagli
causa crisi della Regione ai fondi per il trasporto pubblico urbano - tagli che
a Trieste hanno ridotto il cosiddetto corrispettivo di servizio 2013 dagli
attesi 53 milioni e 455mila euro a 51 milioni e 142mila, per un saldo di due
milioni e 313mila in meno - non fuggono alla dottrina industriale. Meno soldi
uguale meno personale e meno servizi. Ma se per il personale - precisano il
presidente Giovanni Longo e l’amministratore delegato Cosimo Paparo - il
management della Spa pubblica sta tentando una terza via (la ridiscussione dei
contratti integrativi aziendali, con un possibile sacrificio del premio di
risultato che per alcuni è una quindicesima) prospettando la possibilità di non
lasciare per strada nessuno da qui al 2015, per i servizi non c’è trattativa che
tenga. Saranno tagliati. La soluzione che ne deriverà - non appena Trieste
Trasporti avrà chiuso i conti con la Provincia in quanto ente gestore del
contratto di servizio - comporterà molto probabilmente, più che una soppressione
di linee (non ora almeno), una revisione dei tragitti e delle fermate di alcune
(specie in zone battute da più d’una linea) e soprattutto un sensibile ribasso
della loro frequenza, in particolare alla domenica e in quelle fasce orarie non
di punta che, tecnicamente, si chiamano morbide: grosso modo tra le 11 e
mezzogiorno, e tra le 16 e le 18, e preferibilmente là dove non salgono già oggi
più di dieci passeggeri a corsa. Chiarisce Longo: «Non saranno toccate, giacché
rientrano nei servizi garantiti, le corse nelle ore di punta casa-lavoro e
viceversa in prossimità di scuole, uffici e fabbriche». I sacrifici, prima
ancora che nelle periferie ai confini del Carso, perché lì subentra pure un
«servizio sociale», dovrebbero essere fatti - esempio numero uno - alla
domenica: un’ipotesi è quella di «trasferire gli orari festivi estivi anche
d’inverno». Ipotesi - mettono le mani avanti Longo e Paparo - perché poi
l’ultima parola spetta alla Provincia, «la controparte contrattuale che emana il
provvedimento amministrativo». Un provvedimento, tra parentesi, atteso a breve.
E, in un certo senso, anche caldeggiato, in Trieste Trasporti: «I tagli stanno
decorrendo dal primo gennaio, ma noi, finché non c’è quell’atto, continuiamo a
erogare il servizio come l’anno scorso». E siccome i tagli ammontano, come
detto, a due milioni e 313mila euro, il conto è presto detto: la vacatio costa
quasi 200mila euro al mese. C’è però una parte di dolori che la Spa può tentare
di curarsi in casa: le ripercussioni sul personale. Premette Paparo: «La
riduzione dei fondi regionali si aggira sul 4,2%. Ne consegue che, dai 13
milioni di chilometri che ci vengono richiesti dal contratto, dobbiamo prevedere
di tagliare una percentuale corrispondente vicina a 570mila chilometri.
Banalizzando, poiché un autista copre mediamente 22mila chilometri l’anno,
saremmo a 26 esuberi. Una trentina considerando il concomitante allegerimento
delle strutture amministrative». Rilancia Longo: «Ma lasciare oggi per strada 30
persone, in un quadro economico e sociale come questo, l’azienda preferirebbe
non farlo. Non ci sono pensionamenti in vista, la legge Fornero li ha
posticipati. Avremmo in tasca la soluzione, visto che i contratti di 23
dipendenti a tempo determinato scadono a giugno. Ma siamo orientati a
confermarli. E abbiamo chiesto alle organizzazioni sindacali, trovando
interesse, di considerare la possibilità di cambiare certe regole dei contratti
integrativi sull’organizzazione del lavoro. Non chiediamo di lavorare di più per
gli stessi soldi, ma di ridiscutere turni, domeniche di servizio e limiti ai
permessi sindacali». @PierRaub
Piero Rauber
In un mare di conti si resta in attesa che ritorni il
Tram
Il budget annuale di Trieste Trasporti scende da 80 milioni a 78. Esso si
compone per due terzi della voce «corrispettivo», i soldi che la Regione gira
alla Provincia per il contratto di servizio che ammontano oggi a 51 milioni. Il
resto è dato dai 20 milioni provenienti dagli incassi sui biglietti e sugli
abbonamenti e dalle cosiddette «partite straordinarie», nell’ambito delle quali
la voce grossa la fa la plusvalenza tra l’introito dato dalla vendita di 33
mezzi usati e l’ammortamento pluriennale spalmato sull’acquisto di altrettanti
bus ecologici. A fronte di una flotta sempre più nuova resta l’old-fashion del
Tram, fermo da settembre per la sostituzione delle pulegge, la revisione della
cabina elettrica di via Marziale e la sostituzione delle rotaie tra Obelisco e
Banne e sulla curva della Chiesetta. Arrivederci, come si sa, in primavera,
verso aprile.
(pi.ra.)
Caso Picchione, il Pd chiede l’intervento del ministro
Ornaghi
Interrogazione di Rosato: «Verifichi se l’eccessivo rigore della
Soprintendente sconfini nel danno erariale»
I numeri non coincidono. Se la titolare della Soprintendenza regionale,
architetto Maria Giulia Picchione, afferma che le pratiche licenziate con parere
favorevole sono state il 95%, il Comune di Trieste e l’Ance (Associazione
regionale dei costruttori)hanno fatto i conti e la loro somma è anni luce
diversa dalla sua: sono il 70% le pratiche rigettate dalla Soprintendenza. Con
tutte le conseguenze in termini di opere pubbliche, lavoro, occupazione e
perdita finanziaria. «Dall’insediamento della nuova responsabile nel maggio del
2012 - afferma l’Ance - la Soprintendenza ha approvato solo tre lavori su dieci,
un migliaio di opere pubbliche in tutti i comuni della regione, fermando lavori
per 500 milioni, con il rischio di cassa integrazione per circa 5mila operai».
Un rigorismo spinto all’eccesso e accuse circostanziate che Maria Giulia
Picchione minaccia di controbattere in Tribunale. Prima però dovrà rispondere al
ministro per il Beni e Attività culturali, Lorenzo Ornaghi, “informato” delle
vicende triestine e regionali da Ettore Rosato. Il parlamentare del Pd,
candidato anche alle elezioni di febbraio, in un’interrogazione, chiede al
ministro un intervento «per verificare se l'eccessivo rigorismo della
Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia possa integrare gli estremi per la
contestazione del danno erariale». Rosato scrive che, da quando la Picchione si
è insediata, la Soprintendente «ha imposto a un eccessivo rigorismo nella
valutazione delle istanze». Il 70% delle autorizzazioni chieste è stato
rigettato. Tra le opere che non hanno ricevuto il nulla osta per i lavori -
ricorda l’esponente Pd - compare anche il progetto di riuso dell'edificio
abbandonato dell'ex meccanografico «che l'Amministrazione comunale di Trieste
intendeva portare a termine in linea con la nuova pianificazione urbanistica
vigente». «Le poche autorizzazioni rilasciate - si legge nell’interrogazione -
contengono un elevato numero di prescrizioni che, di fatto, rendono
irrealizzabile l'opera. Questo eccesso di diniego nelle autorizzazioni sta, tra
l'altro, danneggiando molti cittadini che, adottando una condotta volta al
risparmio energetico e alla tanto citata green economy, sarebbero intenzionati
ad installare sulla loro abitazione, i pannelli fotovoltaici. La provincia di
Trieste, nel 2010, aveva indetto un bando per incentivare l'installazione di
pannelli fotovoltaici, ma ad oggi risulta che sia tutto ancora fermo in attesa
di una autorizzazione positiva che stenta a giungere». Nessuno mette in dubbio
la salvaguardia e la tutela del patrimonio paesaggistico e ambientale,
sottolinea ancora Rosato, «ma questo rigorismo è stato di fatto sanzionato dal
Tribunale amministrativo regionale in molti dei ricorsi che sono stati avanzati
avverso i numerosi rigetti. I ricorsi persi dalla Soprintendenza riguardano
molte aree della regione e pesano sulle casse dell'ente per le spese di giudizio
e per le spese legali della controparte delle quali è condannata a farsi
carico». E poi c’è l’esposto, da parte dell’Ance, alla Procura della Corte dei
conti con il quale si chiede l'avvio delle indagini preliminari «per l'eventuale
contestazione del danno erariale derivante dai provvedimenti di diniego sui
progetti edilizia, poi annullati in sede giudiziaria amministrativa». Rosato
perciò domanda al ministro Ornaghi se è a conoscenza della situazione di stallo
che si è venuta a creare in regione e se ritenga di dover intervenire, anche
attraverso l'emanazione di circolari ministeriali, «al fine di definire con
chiarezza e univocità le linee guida che le Soprintendenze devono seguire nello
svolgimento delle loro competenze, e i limiti della loro discrezionalità così da
conciliare la necessaria tutela del patrimonio paesaggistico e ambientale con le
altre esigenze urbanistiche, ed evitare una disomogenea applicazione delle norme
sul territorio nazionale».
Ferdinando Viola
«Consulenza in Ferriera, speculazioni elettorali» - LA
POLEMICA - Fim-Fiom-Uil preoccupati solo per la chiusura anticipata
dell’impianto di Servola
Mentre oggi alle 11.30 alla casa del Popolo di Servola Rifondazione
comunista ha convocato una conferenza-stampa per esprimere tutta la sua
contrarietà alla consulenza affidata dal Comune all’ex direttore Francesco
Rosato, i sindacati sembrano pensarla diversamente anche se loro vedono la
questione in un’ottica diversa dove la preoccupazione numero uno è costituita
dal lavoro che verrà a mancare prima del 2015, data inizialmente fissata per la
dismissione dell’impianto. «A fronte della grave situazione generale in cui
versa il gruppo Lucchini, vista la recente riunione svoltasi il 22 gennaio Fim,
Fiom e Uilm esprimono una forte preoccupazione visto lo stato generale e di
prospettiva dello stabilimento di Servola. Appare evidente che visto quanto
annunciato dal nuovo commissario Nardi riguardo le perdite nei valori economici
definite strutturali, non trovano a nostro avviso evidenze di riscontro.
«Infatti, evidenziamo che lo stato di passività denunciato non può non essere
considerato quale frutto di una gestione non confacente al contenimento delle
perdite in quanto legata soprattutto al deficit dell’intero gruppo e non solo
dello stabilimento di Servola . «A tal fine noi sindacati ci impegnamo a portare
il proprio contributo nelle riunioni dell’istituito tavolo nazionale per la
siderurgia Triestina costituito in sede ministeriale nel quadro della crisi di
area industriale complessa dichiarata dal governo e denunciata anche in sede di
parlamento europeo, impostazione questa che valutiamo positivamente. Poi il tono
cambia. «Inversamente, valutiamo legittima ma inutile la posizione assunta da
alcune forze politiche a livello locale nel polemizzare sulla nomina da parte
del Comune di Trieste di un consulente che coadiuvi la giunta in carica nella
ricerca di soluzioni industriali ed occupazionali alla crisi siderurgica.
Infatti tenendo debitamente conto della gravità della situazione che potrebbe
sfociare anche con l’annunciata chiusura anticipata dello stabilimento prima
della data stabilita del 2015 crediamo che di tutto ci sia bisogno meno di
approfittare della situazione per polemiche inserite solo in una logica di
campagna elettorale. «Crediamo quindi - concludono FIo, Fim e Uil - che allo
stato attuale anche perchè le istituzioni non hanno espresso alcun tipo di
soluzione alternativa e vista l’assoluta mancanza di tempo, tali discrasie
politiche potrebbero risultare determinanti nel precipitare della crisi mettendo
a grave repentaglio la stabilità di mille famiglie della nostra città.
Rigassificatore, audizione Ue - GREENACTION - La
Commissione petizioni mantiene aperta l’inchiesta sui due progetti
Rimane aperta l’inchiesta del Parlamento europeo sui progetti dei terminali
di rigassificazione nel Golfo di Trieste. È la decisione della Commissione
petizioni dopo l’audizione di Roberto Giurastante all’Europarlamento.
Giurastante in rappresentanza di Greenaction Transnational e di Alpe Adria
Green, oltre che quale autore di due delle tre petizioni in discussione, ha
evidenziato la criticità di entrambi i progetti per i rigassificatori: quello
nel porto di Trieste e quello off-shore, nel mezzo del Golfo di Trieste, davanti
le coste slovene. Per entrambi i progetti è stata denunciata la violazione delle
procedure di “Via-Vas” comunitarie e il mancato coinvolgimento nella valutazione
d’impatto ambientale della Croazia (in procinto di entrare nell’Unione europea)
con la quale Italia e Slovenia condividono il Golfo di Trieste. Giurastante ha
inoltre sollevato la questione dello “status giuridico” del Porto di Trieste,
riconosciuto e tutelato dal Trattato di Pace del 1947 quale Porto libero franco
internazionale, regolamentato dall’Allegato VIII del Trattato che ne garantisce
a tutte le Nazioni (cioè alla comunità internazionale) l’uso libero,
indisturbato e senza discriminazioni. L’articolo 2 dell’Allegato VIII del
Trattato di Pace stabilisce che: «L’istituzione di zone speciali nel Porto
libero sotto la giurisdizione esclusiva di uno Stato qualunque è incompatibile
con lo status del Territorio libero e del Porto libero». Secondo il vecchio
documento il Porto libero di Trieste non sarebbe quindi assoggettabile alla
giurisdizione italiana.
Come e perché cambia il clima
Il clima sta cambiando? Sì e le ragioni non sono imputabili solo
all’inquinamento, come si è soliti fare. La risposta allarmante ma viene dal
professor Gianguido Salvi, del dipartimento di Geoscienze dell’Università di
Trieste, ospite ieri presso il Circolo Ufficiali dell'Esercito. Insieme a Arturo
Pucillo dell’Osmer e Luca Cadez, presidente di Legambiente Gorizia, ha esposto
le ricerche fin qui condotte, i risultati attuali e le prospettive future di una
realtà climatica globale in forte e rapida evoluzione. Evoluzione in negativo:
«La tendenza è quella di cercare le cause nell’inquinamento umano, nell’effetto
serra. Ma il vero motore del cambiamento climatico è l’esorbitante crescita
demografica - spiega il prof. Salvi - I 7 miliardi di uomini sommati ai circa 6
miliardi di animali da allevamento che popolano la terra oggi costituiscono una
biomassa immensa». Biomassa che ha innalzato i livelli di anidride carbonica
come mai negli ultimi ottocentomila anni: ciò significa, per la terra, maggior
calore e dunque maggior energia e, di conseguenza, effetti meteorologici più
imponenti e distruttivi - si pensi alle alluvioni e agli uragani che, di
recente, hanno devastato diverse aree nel pianeta. Gli studi portati
all’attenzione del pubblico, spiega Salvi, arrivano dalle stazioni di ricerca
dell’Antartide: «Cilindri di ghiaccio di 3200 metri prelevati dalla calotta e
sezionati hanno permesso di studiarne le bolle d’aria intrappolate all’interno».
I risultati delle analisi sono evidenti a partire dalla fusione della
Groenlandia e della calotta artica che consente l’esistenza delle temperature
favorevoli alla vita umana sulla terra. «Con lo scioglimento dei ghiacciai
potrebbe alzarsi il livello del mare: parliamo di 18-20 cm nei prossimi 60
anni». Tale prospettiva vedrebbe sommersa l’intera Europa. Un altro rischio
sarebbe di veder interrompersi la corrente del Golfo: «Ripiomberemmo in un’era
glaciale, con clima siberiano al nord e forti migrazioni verso sud per trovare
forme di sostentamento», prosegue Salvi.
Vanessa Maggi
GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 24 gennaio 2013
Efficienza energetica edifici, procedura di infrazione
per l’Italia
L’Italia rischia di incorrere in pensanti sanzioni da parte dell’Unione
europea a causa delle proprie inadempienze in tema di efficienza energetica
degli edifici.
La Commissione Ue ha infatti trasmesso al Governo
italiano – ma anche a quelli di Bulgaria, Grecia e Portogallo – i pareri
motivati relativi alla procedura di infrazione aperta per la mancata
ottemperanza alla Direttiva 2010/31/Ue, dedicata appunto all’efficienza
energetica degli edifici.
In particolare, i paesi inadempienti non hanno rispettato l’obbligo che impone
loro di indicare e far rispettare i requisiti minimi di efficienza per gli
edifici nuovi e quelli già esistenti. L’inadempienza, inoltre, riguarda la
mancata predisposizione di un sistema regolare di controlli a carico dei sistemi
di riscaldamento e di climatizzazione, anch’esso previsto dalla direttiva
sull’efficienza in edilizia.
Non solo. L’Italia non ha ancora recepito l’obbligo che le impone di fare in
modo che entro il 2021 tutti i nuovi edifici rientrino nella categoria dei
cosiddetti “edifici a energia quasi zero”. Ancora più eclatante, forse, il
ritardo nell’applicazione delle norme in materia di certificazione energetica
degli edifici.
Un problema, quest’ultimo, confermato da una recente indagine del sito
Immobiliare.it, secondo la quale soltanto il 53% degli annunci di vendita o
affitto contiene correttamente l’indicazione della classe di efficienza
energetica dell’appartamento o dell’edificio in questione.
La causa principale starebbe, secondo gli esperti, nel protrarsi di una
consuetudine tutta italiana, già più volte contestata da Bruxelles: bypassare
l’obbligo di far redigere l’Attestato di certificazione da parte di un tecnico
abilitato attraverso un’autocertificazione che assegna all’immobile la classe G,
ovvero la più energivora. Una pratica messa al bando da un recente decreto del
ministero dello Sviluppo Economico ma che evidentemente continua ad essere
utilizzata da molti proprietari negli annunci, almeno fino al rogito o alla
stesura del contratto d’affitto.
Tutte mancanze che ora rischiano di esporre il nostro paese a pesanti sanzioni.
Se entro due mesi l’Italia non dimostrerà alla Commissione europea di aver
definitivamente rimediato, rischiamo il deferimento dinanzi alla Corte di
Giustizia Ue, che potrebbe appunto comminarci nuove e salate multe.
Silvana Santo
IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 gennaio 2013
No al rigassificatore, appello a Lubiana
Iniziativa di un gruppo trasversale di consiglieri regionali capitanati
da Kocijancic (Rifondazione)
E un invito a difendere l’Alto Adriatico dalla «minaccia» del
rigassificatore a Zaule viene fatto con una lettera al presidente della
Repubblica di Slovenia Borut Pahor da parte di un gruppo trasversale di
consiglieri regionali “capitanati” da Igor Kocijancic di Rifondazione comunista.
A Pahor viene chiesto di «adoperarsi in tal senso in sede europea» e si
sottolinea che «in quest’ottica sarebbe auspicabile un ragionamento in termini
di strategie energetiche e ambientali di tutti gli Stati che si affacciano
sull’Alto Adriatico includendo anche la Croazia che vorrebbe realizzare un
rigassificatore sull’isola di Veglia». La lettera è stata firmata anche dai
consiglieri regionali del Pd Franco Codega, Igor Gabrovec e Sergio Lupieri, da
Stefano Alunni Barbarossa (Cittadini), Alessia Rosolen (Un’altra Regione) e
Edoardo Sasco (Udc) che chiedono a Pahor di ricevere una delegazione di
rappresentanti istituzionali del Friuli Venezia Giulia per una migliore
illustrazione del problema. I consiglieri prendono spunto dalla considerazione
che con l’avvento dell’Unione europea si sono aperti scenari fatti anche di
possibili obiettivi comuni. «Uno di questi, chiaro e immediato - si sottolinea
nella lettera - è sotto gli occhi di tutti. L’ultimo tratto dell’Adriatico è
minacciato dal possibile insediamento di un rigassificatore la cui presenza
nuocerebbe pesantemente all’ecosistema marino. In merito sono state espresse
dichiarazioni inequivocabili e all’apparenza irrevocabili dal ministro italiano
Corrado Passera. Tra l’Istria e il Veneto, dove già il Po scarica il portato
della Pianura padana c’è molta meno acqua - si fa rilevare - di quanto si possa
pensare: l’area delimitata tirando una retta tra Chioggia e Promontore contiene
solo il 4 per mille dell’intero volume idrico dell’Adriatico. E vi esiste già un
impianto di rigassificazione, quello di Porto Viro, l’unico attivo in questa
parte del Mediterraneo. È al largo, a ciclo aperto, con scarico in mare di acqua
gelida e di pesanti quantità di cloroderivati.» «Di questo quattro per mille -
proseguono i consiglieri regionali - solo una piccolissima parte è quella
compresa tra Grado e Punta Salvore dove, quasi baricentricamente, verrebbe
collocato un rigassificatore che prevede di utilizzare quotidianamente 800mila
metricubi d’acqua. I gravi e comuni danni all’ambiente che ne deriverebbero sono
stati esaminati da un Tavolo tecnico transnazionale di cui fanno parte anche
scienziati dell’istituto Jozef Stefan di Lubiana. Crediamo - concludono i
politici triestini - che non debba venir realizzata un’opera progettualmente
obsoleta, pesantemente impattante e fuori da ogni logica sia di collocazione sia
di strategia energetica visto il prossimo arrivo del gasdotto South Stream.»
(s.m.)
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Divertente ottimismo
Ho letto con interesse l’articolo pubblicato il giorno 11 gennaio su Il Piccolo circa il parere negativo espresso dal Comitato Portuale al contestatissimo progetto per il rigassificatore di Zaule. Di per sè l’esito di questa votazione non è una gran notizia. Essa, infatti, si colloca nel filone delle opinioni espresse da persone ed istituzioni molto in vista in città ed in Regione, ma anche da semplici cittadini, che vedono un pericolo in tale realizzazione. La notizia bomba, a mio giudizio, è invece un’altra: la motivazione a sostegno di tale decisione, «Nel 2020 golfo intasato: transito navi in aumento». Il virgolettato con il suo contenuto di grande ottimismo sarebbe persino divertente, considerando il contrasto con la realtà attuale ed osservando la situazione economico-demografica di Trieste e della sua penosa agonia, che dura da molti decenni e che sta vedendo scomparire anno dopo anno molte realtà industriali importanti e la cui crisi fa parte della quotidianità consolidata di questa città. Sembrerebbe, però, che da una analisi tecnica scaturita da uno studio dell’Università di Roma tre, il porto avrà per il 2020 una autentica esplosione di traffici, fino a 2900 passaggi di navi all’anno (rendendoli incompatibili con il nuovo via-vai di navi gasiere)... qualora però, si eseguissero tutte le opere contenute nel Piano regolatore del porto: realizzazione della piattaforma logistica, raddoppio del Molo VII, ampliamento del molo VII, terminal ro-ro di Muggia ed altro. Considerando che il 2020 sembra lontano ma in realtà è alle porte, siamo proprio sicuri che tutte opere progettate nel Piano regolatore del porto si faranno, e presto? Per vederne gli effetti nel 2020 bisognerebbe cominciare a costruire qualcosa oggi stesso, soprattutto per il bene della città ed anche per non far apparire la questione del rigassificatore l’ennesimo pretesto per discutere (magari cambiando idea a seconda dell’umore della piazza) senza concludere nulla.
Francesco Lubini
Ferriera, il Pd blinda Rosato: «Scelto per attirare
investimenti»
Il partito del sindaco, per voce del segretario Russo, non accontenta
l’ala sinistra della maggioranza
Il vendoliano Vallon: aspettiamo Cosolini ma si prenda
atto che la consulenza in città non è condivisa
Il partito del sindaco - lascia intuire il segretario Francesco Russo - non
farà un passo indietro. Il Pd confermerà la consulenza da 47mila euro per sei
mesi, sulla riconversione della Ferriera, all’ex direttore della fabbrica
Francesco Rosato, poiché è l’uomo giusto al momento giusto per un obiettivo caro
a tutti, in primis a sinistra: la tenuta dell’occupazione. I vendoliani, gli
alleati che più di tutti hanno reclamato quel passo indietro e che esprimono
l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, giurano invece - per bocca del loro
segretario Fulvio Vallon - che non ne faranno uno avanti. Non appena Cosolini
scenderà dall’aereo (il suo ritorno è in programma nel week-end) e convocherà il
vertice di maggioranza sul caso Rosato, preteso dall’ala sinistra, Sel tornerà a
chiedere la «revisione» di quella consulenza, «inopportuna» perché l’ex
direttore della Ferriera è sotto inchiesta per le discariche abusive nel
comprensorio servolano. Le due parti, dunque, non si schiodano. Eppure già si
danno appuntamento, implicitamente, a metà strada. Potenza e magìa della
politica, specie se sotto elezioni. Pare di capire che ai vendoliani potrebbe
anche andar bene che il Pd, o il sindaco, poco importa, si prendano la briga di
chiarire, pubblicamente, che l’affidamento della consulenza a Rosato è stata una
scelta loro. E non della coalizione. «In città non si respira grande
condivisione rispetto a tale scelta, ne vogliamo prendere atto o no?», sibila
Vallon. Andiamo però con ordine. All’indomani degli strali piovuti dal fronte
ingro-vendoliano, lo staff del sindaco puntualizza: non è che lui non voglia
rispondere, ma non può, perché si trova in una zona del Messico in cui il
telefonino non prende. Poco male. Già la sera prima, annusati i venti di crisi,
Russo e Cosolini erano riusciti a parlarne. Arriva, così, un intervento scritto
del segretario: «Nessun problema in maggioranza. L’obiettivo condiviso è la
salvaguardia dei posti di lavoro. Comprendo alcuni dei malesseri ma credo
nascano soprattutto da incomprensioni che, non ho dubbi, saranno chiarite nei
prossimi giorni col ritorno del sindaco. Tutte le forze politiche della
maggioranza hanno condiviso fin dall’inizio la necessità di una figura che
aiutasse le amministrazioni pubbliche, anche a fronte dell’inerzia della giunta
Tondo, ad individuare interlocutori in grado di garantire un’efficace intervento
di riconversione. La figura individuata insieme non ha e non avrà nessun compito
legato alle tematiche ambientali ma è stata scelta, anche dopo avere verificato
il gradimento di numerose realtà economiche, sociali e sindacali, in quanto
considerata la più qualificata per portare a Trieste quegli investimenti e
quelle competenze imprenditoriali che la città non ha saputo attrarre negli
ultimi decenni. Di fronte all’emergenza Ferriera il centrosinistra è unito
rispetto ad un obiettivo prioritario: salvare l’occupazione, garantire il futuro
industriale, evitare il dramma sociale che seguirebbe al destino di centinaia di
operai senza lavoro». «Non ho niente da eccepire su quanto di ecumenico scrive
Russo, chiariremo col sindaco», reagisce a voce Vallon. Ma Sel sapeva? La scelta
è stata fatta insieme? «In maggioranza - risponde il segretario vendoliano - si
sono fatti dei ragionamenti su ciò che serviva, sul ruolo del consulente». Non
sul nome? «Mi basta ricordare - mette le mani avanti Vallon - che il documento
d’affidamento è una determina dirigenziale e non un atto
amministrativo-politico, non una delibera». Quindi? «Avremo piacere di discutere
serenamente col sindaco come dice Russo», ancora il segretario di Sel. Ma la
richiesta di revisione resta? «Sì, vedremo se ci verrà esposta la volontà di una
conferma o meno, o di una ridefinizione dell’incarico». @PierRaub
Piero Rauber
L’incarico con una determina: nella forma è atto
tecnico non politico
La consulenza alla ditta dell’ingegner Francesco Rosato (nella foto a
sinistra) viene affidata da una determina dirigenziale, datata 31 dicembre. Un
atto formalmente tecnico e non politico, dunque. A sostenerne la validità è
immediatamente l’assessore allo Sviluppo economico Fabio Omero, cui dà man forte
pure l’ex dipendente della Ferriera Roberto Decarli, oggi esponente della civica
di Cosolini. Le critiche più feroci vengono da entrambi gli schieramenti: dalle
opposizioni non allineate di grillini e leghisti ma soprattutto dagli alleati
del Pd, il partito del sindaco in carica, Sel e Rifondazione. I vendoliani nelle
ultime ore hanno messo sul piatto il destino del loro assessore, all’Ambiente
peraltro, Umberto Laureni. I neoingroiani, col segretario di Rifondazione
Saulle, hanno ammonito: se non salta Rosato, gli equilibri di maggioranza
diventano «imprevedibili».
(pi.ra.)
Sel attendista ma Sossi non nasconde l’impazienza... -
GLI UMORI
«Rifondazione comunista per la Federazione della Sinistra (cartello
elettorale che comprende anche i Comunisti italiani, ndr) giudica positivamente
le prese di posizione contrarie all’incarico di consulenza assegnata dal Comune
a Francesco Rosato espresse sia da quanti hanno responsabilità di governo ed
amministrazione pubblica, sia da coloro che democraticamente si collocano oggi
all’ opposizione». Così scrive, dando appuntamento a una conferenza stampa del
proprio partito domani sul post–Ferriera, il segretario di Rifondazione Antonio
Saulle, ex leader Fiom, uno che davanti al mancato ritiro di quella consulenza
evoca scenari politici «ad oggi imprevedibili». Il suo partito, in Consiglio
comunale, esprime due teste. Altre due si contano nel gruppo, tuttora esistente,
dell’Italia dei Valori, a sua volta «critico» su Rosato e ansioso di incontrare
Cosolini al suo rientro per la famosa «verifica di maggioranza». Ma se Sel si
raffredda, dunque, quattro ipotetici voltafaccia a Cosolini in corso di mandato
non bastano per la crisi di una maggioranza, che, in linea teorica, al massimo
scenderebbe da 25 a 21 consiglieri su 41. C’è però la variabile rappresentata da
Marino Sossi, il capogruppo vendoliano, pure lui ex dirigente Cgil, che non fa
nulla - dopo esser venuto a sapere dell’intervento di Russo - per nascondere la
propria, di crisi. Una crisi personale che potrebbe farsi politica: «Io non sto
in una barca che mi porta mio malgrado dove mi aveva assicurato che non mi
avrebbe portato. Credevo che stare in una maggioranza significasse condividere
certi valori...».
(pi.ra.)
Mamma e commerciante di pannolini “bio” - L’INIZIATIVA
Chiara Iesu ha aperto un punto vendita specializzato in prodotti del
settore per l’infanzia
In tempi di crisi le parole d’ordine sono proporre nuove idee da una parte e
risparmiare dall’altra. Unendo i due obiettivi è nato a Trieste il primo negozio
che punta su pannolini biodegradabili e riutilizzabili. Il punto vendita, aperto
da novembre in campo San Giacomo 14/C da Chiara Iesu, si chiama Professione
Mamma. «È il primo negozio a Trieste e in Regione specializzato in questo tipo
di prodotti. Ho avuto un bambino 16 mesi fa, da lì è nata la necessità di
trovare pannolini che costassero poco a qualità ottima. Dopo una ricerca su
internet ho trovato uno spaccio di pannolini aperto in diverse città - racconta
Chiara – da qui l’idea di proporre qualcosa di nuovo. Spero di sensibilizzare la
gente sull’utilizzo soprattutto di pannolini biodegradabili e lavabili, a tutela
dell’ambiente e sicuri per i bambini. Inoltre spero di riportare a Trieste la
clientela che si rifornisce in Slovenia, proponendo anche pannolini “classici”
ma a basso costo, non di marca ma di qualità». Sono tanti i genitori a
rivolgersi al negozio, anche grazie a un passaparola attivato tra mamme su
Facebook. «Anche se -dice Chiara – i triestini per indole sono abitudinari, ma
poco alla volta qualcosa si sta muovendo». In vendita Chiara propone anche
abbigliamento in cotone biologico in aggiunta a fasce e marsupi sempre con uno
sguardo “bio”. In cantiere poi il progetto di una possibile collaborazione con
gli enti locali. «Ho chiesto al Comune di valutare la richiesta di
sensibilizzare sull'uso dei pannolini lavabili incentivandone l'acquisto con
bonus o con una riduzione sulla Tarsu per le famiglie che li usano. Trieste è
uno dei pochi comuni in regione che non offre incentivi come questi – sottolinea
Chiara - e anche a livello nazionale le città che hanno approvato aiuti simili
sono tante. Attendo una risposta, spero sia positiva».
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 gennaio 2013
Ferriera, chiusura più vicina
Secondo il commissario Nardi non si arriva al 2015. Agevolazioni per area
di crisi complessa
Si avvicina paurosamente la data di chiusura della Ferriera di Servola. Al
primo confronto svoltosi ieri a Roma con i rappresentanti dei lavoratori e delle
istituzioni delle città in cui hanno sede unità operative del Gruppo Lucchini il
commissario straordinario Piero Nardi ha affermato che per la dismissione dello
stabilimento triestino non potrà assolutamente essere mantenuta la data prevista
del 2015. Una sentenza del Consiglio di Stato ha infatti modificato anche con
valore retroattivo fissato all’inizio di quest’anno le tariffe del cosiddetto
Cip 6 in base al quale la Ferriera riusciva a vendere i gas di scarico dei
prodotti di lavorazione, non rendendole più competitive. Se a ciò si aggiungono
i 3 milioni di euro al mese di debiti che Servola accumula si ha il quadro di
uno stabilimento sostanzialmente già fallito e in ulteriore forte perdita il che
rende probabile la chiusura già a fine anno. Una situazione che ha messo in
forte apprensione i quasi 500 dipendenti della Ferriera (da subito i contratti a
tempo determinato e quelli interinali non verranno rinnovati) e i 200
dell’indotto. Nell’ambito dello stesso incontro svoltosi al Ministero per lo
sviluppo economico il sottosegretario Claudio De Vincenti e il direttore
generale Giampiero Castano hanno affermato che Trieste ha le carte in regole per
essere inserita tra le “aree di crisi industriale complessa” e che il decreto
ministeriale sarà portato già domani alla Conferenza Stato-Regione. Le domande
giunte sono 147, ma non tutte potranno essere accolte e complessivamente in
ballo per questa fase ci sono 680 milioni di euro. In questa ottica a Roma entro
metà febbraio verrà aperto un Tavolo specifico sulla questione di Trieste che
andrà ad affiancarsi e coesisterà con quello più generale sul Gruppo Lucchini.
In sede romana dunque potrà essere sottoscritto l’Accordo di programma con la
Regione e le amministrazioni locali per affrontare la partita della dismissione
dello stabilimento, della bonifica della zona e della reindustrializzazione
dell’area di Servola. È stato anche ribadito dal Mise che in casi come questo di
aziende in amministrazione controllata gli ammortizzatori sociali per i
dipendenti possono protrarsi per tre anni. Da parte sua il Gruppo Lucchini,
presente a Roma anche con il direttore pubbliche relazioni Francesco Semino ha
manifestato il proprio impegno ad accompagnare il processo di dismissione dello
stabilimento triestino mettendo in atto forme di integrazione degli
ammortizzatori sociali integrando in questo modo il Protocollo d’intesa. Chiaro
però che la chiusura così ravvicinata non collimerà con i tempi della
reindustrializzazione e nel frangente rischiano di bruciarsi tutti e tre gli
anni di ammortizzatori creando in città una situazione sociale difficilmente
gestibile dato che la deriva è già incominciata con la sostanziale chiusura di
Sertubi e i suoi quasi 150 cassintegrati. Comunque gli amministratori regionali
e triestini hanno espresso soddisfazione per l’esito dell’incontro partendo
anche dal concetto che le risorse statali anche se non particolarmente
consistenti, potranno calamitare capitali privati. «Il governo - ha affermato
l’assessore regionale Sandra Savino - ha assicurato il proprio impegno e la
disponibilità di risorse per superare la grave crisi manifatturiera in cui versa
il territorio triestino e anche per supportare nuovi progetti di investimento,
nuove occasioni di occupazione e interventi di risanamento ambientale». Giudizio
complessivamente positivo dalla presidente della Provincia Maria Teresa Bassa
Poropat e dall’assessore Adele Pino presente a Roma. «Sono giunti elementi di
chiarezza - ha affermato Pino - che rafforzano le istituzioni locali nel
convincimento che l’accordo di programma e il decreto di area di crisi
industriale complessa sono l’unico percorso possibile per individuare nuove
realtà industriali interessate a investire a Trieste». Soddisfatto anche
l’assessore comunale Fabio Omero: «Il governo ha dimostrato di avere ben
presenti le criticità del territorio e ha riconosciuto come da Trieste siano
arrivate ben precise sollecitazioni per affrontare la questione di Servola e la
crisi industriale del territorio: è in questo quadro che per Trieste è stato
predisposto il decreto che riconosce lo status di “area di crisi industriale
complessa”.
Silvio Maranzana
«La società sarà venduta in blocco» - Smentite le
illazioni della vigilia
Il commissario straordinario Piero Nardi (foto) ha tentato di rassicurare su
una questione preliminare: l’unitarietà degli impianti Lucchini. A differenza
dalle anticipazioni uscite nei giorni scorsi, Nardi ha affermato che verrà
effettuato il tentativo di vendere il Gruppo nella sua interezza e non a pezzi.
Resta da vedere come questa possibilità, se si realizzerà, potrà conciliarsi con
la questione Servola dal momento che è stato affermato che, a differenza di
quanto accadrà a Piombino, lo stabilimento sarà dismesso prima del 2015.
Ottimismo a Piombino
Secondo il sindaco di Piombino (dove si trova il più grande stabilimento
della Lucchini), Gianni Anselmi l’inserimento della sua città nel decreto per le
aree di crisi industriale complessa potrà essere «un altro tassello» per il
rilancio del territorio, così come lo smantellamento a Piombino della Costa
Concordia. «La vicenda della Concordia potrebbe essere un’utile leva per fungere
da acceleratore sui problemi infrastrutturali del porto per il rilancio della
nostra economia», ha detto.
«Va tutelata la continuità produttiva» - I timori delle
organizzazioni sindacali che ancora non intravedono un futuro dopo la
dismissione
Ma per i sindacati confederali c’è almeno un 50 per cento di negativo da
quanto emerso dal confronto al Mise con il commissario del Gruppo Lucchini Piero
Nardi. «Abbiamo appreso con timore dell’intenzione del commissario di anticipare
la chiusura dello stabilimento di Servola rispetto alla data prevista del 2015 -
affermano Stefano Borini (Fiom-Cgil), Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) e Antonio
Rodà (Uilm) - da parte nostra ribadiamo la necessità che venga salvaguardata la
continuità produttiva». Sostanzialmente, dicono, non può esserci un buco di anni
tra la chiusura di una fabbrica e l’auspicabile riapertura di un’altra. E qui
parte anche un attacco a Regione, Provincia e Comune. Borini è il più esplicito:
«Le nostre amministrazioni hanno dato un’impronta localistica a tutta la
questione, mentre noi sindacati abbiamo appreso con favore l’intenzione del
commissario di vendere il gruppo in blocco e non a pezzi e del governo di
favorire anche le politiche di settore con il mantenimento dei cicli produttivi
integrali anche in ambito siderurgico. A Piombino, rispetto a quanto avvenuto a
Trieste, i politici hanno mantenuto un approccio molto più aperto». «I nostri
amministratori pubblici insistono molto sull’Accordo di programma per la
riconversione - aggiungono Salvaneschi e Rodà - ma i Tavoli che si sono
susseguiti in Regione finora non hanno prodotto assolutamente nulla di concreto.
Rischia di aprirsi un futuro fatto solo di ammortizzatori sociali, sarebbe molto
meglio se si facesse uno sforzo comune per assicurare la continuità produttiva.»
(s.m.)
Venti di crisi a sinistra del Pd «Via la consulenza a
Rosato»
Sel mette sul piatto il destino di Laureni, il proprio assessore in
giunta Cosolini Saulle (Rifondazione): senza retromarcia «conseguenze ad oggi
imprevedibili»
Bomba sociale e adesso pure mina politica, sopra la quale la maggioranza
cittadina si ritrova a ballare pericolosamente. Sulla Ferriera tirano venti di
crisi. Il quadrante di provenienza è quello ingro-vendoliano, da dove si reclama
il ritiro della consulenza da 47mila euro per sei mesi affidata alla ditta
dell’ex direttore della fabbrica Francesco Rosato. Non perché - mettono le mani
avanti dall’ala sinistra - lui è l’ex direttore, ma perché è sotto inchiesta
nell’ambito del fascicolo della Procura sulle discariche abusive nel
comprensorio siderurgico. Fatto quindi «inopportuno», aggettivo che si sente
ripetere spesso in questi giorni di presentazione di liste elettorali. Siamo al
reclamo perentorio, non più alla cortese richiesta. I vendoliani di Sel, con una
nota della segreteria provinciale retta da Fulvio Vallon, mettono sul piatto il
destino in giunta del loro assessore all’Ambiente, Umberto Laureni, che per la
cronaca ieri a Roma non c’era. Non solo: in Consiglio comunale, i vendoliani
sono tre. Cui si aggiungono due rifondatori della Fds. E il segretario
provinciale di Rifondazione Antonio Saulle non fa nulla per nascondere che, se
sulla consulenza il Comune non farà marcia indietro, «è molto probabile che, in
maggioranza, si aprirà un dibattito forte dalle conseguenze ad oggi
imprevedibili». Già, la maggioranza. In Consiglio ha, di default, 25 teste su
41. E, eventualmente, 25 meno cinque già fanno 20 su 41. Se ci mettiamo che pure
l’altro gruppo da due consiglieri dell’Italia dei valori, di questi tempi pur
ballerino, sta meditando sulla «criticità» della consulenza e invocando più o
meno come Sel e Fds «una verifica di maggioranza» - per dirla alla Paolo Bassi,
il capogruppo Idv - il quadro è dipinto: se Cosolini non appena torna dal
Messico nel week-end non risolve in un modo o nell’altro la grana intestina, la
minaccia è che l’ala sinistra lo porti alla conta. Sel, come si diceva, torna
alla carica, caricando in una nota la propria richiesta, e così «alla luce delle
notizie relative alla vicenda giudiziaria, che vede quale imputato l’ingegner
Rosato, ritiene che, al di là del suo percorso professionale, tale situazione
sia incompatibile con l’incarico di consulente tecnico per la riconversione
della Ferriera. Sel ritiene pertanto necessaria, d’intesa con l’assessore
Laureni, la revisione della decisione che ha portato a conferirgli tale
incarico». «Nulla da dire - spiega a voce Laureni - sulla competenza e sulla
conoscenza della Ferriera della persona né sull’orientamento ad affidarle la
consulenza, che riflette la necessità di essere subito operativi. Però questa è
una stagione in cui bisogna dare messaggi molto chiari a livello di
opportunità». Ma Laureni sapeva? «Preferisco non affrontare questo discorso, c’è
la nota della segreteria», taglia corto l’assessore. La consulenza, per la
cronaca, viene sancita da una determina dirigenziale, e non di un dirigente che
risponde politicamente a lui. «Abbiamo fatto un briefing con l’assessore e il
capogruppo Sossi - riferisce Vallon - e ne è venuta fuori quella nota. Non è un
vezzo di Sel, ma l’interpretazione di malumori diffusi. Un passo sbagliato ci
può stare, basta correggerlo». Ma se Cosolini confermasse l’incarico? «Noi
pensiamo - ribatte il segretario vendoliano - che visto l’accordo che c’è tra
noi questa ipotesi non esista. Il sindaco non arriverà a dirci “questa è la
minestra, mangiatela o pazienza”. Il nostro è un rapporto molto proficuo, siamo
sempre la seconda forza della coalizione». «Come Fds - aggiunge Saulle - stiamo
lavorando per chiedere la convocazione di un Consiglio comunale sul superamento
della siderurgia. Quanto alla consulenza ne parlerò con Furlanic e Andolina, ma
la mia posizione, per ora personale, è che è in gioco il tema di un possibile
conflitto d’interessi o di una mancata imparzialità su temi che riguardano la
salute e l’ambiente» @PierRaub
Piero Rauber
Pastore: «Il Comune ripari all’errore»
Anche il sindacalista colpito da un linfoma maligno spera che
l’amministrazione cambi esperto
C’era uno speciale spettatore a distanza ieri nella difficile trattativa per
dare un futuro ai lavoratori della Ferriera di Servola. «Tranquilli, non solo
sono ancora in questa valle di lacrime, ma ho tante idee e spero di potermi
programmare un futuro», annuncia con la consueta simpatia Luigi Pastore che
specifica di essere ancora rsu della Ferriera per conto del sindacato Failms pur
non mettendo più piede nello stabilimento. Nell’ottobre scorso con una lettera
choc aveva annunciato di avere un linfoma maligno all’apparato respiratorio dopo
aver lavorato per tredici anni a Servola, ultimamente al parco ghisa. «Sono
finito sul Sole 24, su Repubblica, su Panorama e su Visto», riferisce quasi
contento. «Auguro tutta la fortuna possibile ai miei colleghi - commenta - ma
ero pressoché certo che la Ferriera non sarebbe arrivata al 2015. Ci sono 500
persone che ora rischiano di trovarsi in mezzo alla strada e tutto ciò contro la
Costituzione che afferma che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro».
Pastore, origini pugliesi, 58 anni, sposato con due figli, riferisce di trovarsi
ora in “Infortuni” e di aver ottenuto una rendita mensile di 460 euro, ma che
sta ancora valutando assieme a un avvocato se e come fare causa alla Lucchini
per la malattia che l’ha colpito. «Debbo dunque affermare - commenta - che prima
deve venire la salute e poi il lavoro. Ma devo anche dire ai colleghi
sindacalisti di fare veramente i sindacalisti fino all’ultimo. Anche la vertenza
Sertubi io non l’avrei condotta in quel modo, avrei detto: o tutti o nessuno, e
in questo modo avrei salvato un maggior numero di posti di lavoro». E c’è anche
rabbia in Pastore, in particolare per la nomina a consulente del Comune sulla
riconversione di Servola dell’ex direttore della Ferriera Francesco Rosato. «É
la persona meno indicata per svolgere questo ruolo, è di parte, è stato anche
indagato dalla magistratura. Il Comune ha fatto un grave errore, doveva prendere
un consulente esterno. Spero proprio che il sindaco Cosolini ci ripensi». Ma
Luigi Pastore non solo continua a occuparsi di politica e economia leggendo i
giornali, navigando su Internet, scrive e partecipa anche a riunioni sindacali
fuori dallo stabilimento. Ma ciò che lo assorbe di più in questo momento è un
progetto che può apparire non solo ambizioso, ma anche, secondo le sue stesse
parole, «folle». «Assieme al regista di origini triestine Francesco Gusmitta e
ad altri esperti del settore - afferma - stiamo preparando il progetto per
realizzare a Trieste una Città del cinema. Cinecittà a Roma è in crisi, ne hanno
fatta una nuova a Torino e va bene. Noi puntiamo ad acquisire un grande
capannone in Zona industriale, Trieste è una città molto adatta a questo scopo.
A regime potrebbero occuparsi fino a cinquemila persone partendo da molti operai
espulsi dalla Ferriera. Ho lavorato al parco ghisa a Servola, potrei anche fare
il meccanico alla Città del cinema di Trieste»
(s.m.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 22 gennaio 2013
Clini: «Troppo superficiale il via libera a Gas
Natural»
Il ministro dell’Ambiente ha presieduto in Prefettura un summit sul
progetto: «A metà febbraio la pronuncia su Zaule, ma un rigassificatore è
indispensabile»
Il rigassificatore si allontana da Zaule. «Capiremo a metà febbraio, quando
saranno scaduti i 45 giorni del supplemento di istruttoria per la Valutazione di
impatto ambientale, se potrà essere già questo governo a dare l’Autorizzazione
unica per quella Piattaforma tecnologica e logistica di rigassificazione che
dovrà comunque sorgere nell’Alto Adriatico.» Lo ha dichiarato ieri a Trieste il
ministro dell’Ambiente Corrado Clini che ha partecipato a un summit in
Prefettura sul progetto di Gas Natural, ma la possibilità appare molto flebile.
«La Valutazione d’impatto ambientale conclusasi in modo positivo nel luglio 2009
è stata rilasciata in modo affrettato - ha affermato il ministro - perché non ha
preso in considerazione i dati previsionali sullo sviluppo dello scalo che pure
erano già noti perlomeno dal maggio precedente. Bisognava invece valutare più
attentamente sia le dimensioni dei traffici che le destinazioni d’uso delle
varie aree. I dati non possono rimanere cristallizzati ed essere quelli di sette
anni fa quando Gas Natural ha presentato il progetto. Per cui oggi è
completamente privo di senso affermare che la localizzazione identificata non
presenta elementi di pericolosità dal punto di vista ambientale perché si sta
ragionando su uno scenario vecchio di sette anni. Ma d’altro canto - ha
sottolineato Clini - anche nel Piano regolatore del porto per il quale la
Valutazione d’impatto ambientale (Via) e la Valutazione ambientale strategica
(Vas) sono ancora al vaglio del mio ministero non prevede il rigassificatore. E
anche questo è intollerabile, cioé, come si direbbe in parole povere, che la
mano destra non sappia ciò che fa la sinistra.» Eppure il ministro Clini ha
anche negato che la localizzazione di Zaule sia stata già scartata sebbene si
siano già pronunciati in maniera negativa il Comune di Trieste e i Comuni
minori, la Provincia, l’Autorità e il Comitato portuale, associazioni
ambientaliste, comitati di cittadini e di esperti e bene o male alla fine anche
lo stesso governatore Renzo Tondo. «Bisogna attendere che tutti i dati siano
stati valutati - ha precisato Clini - e a questo scopo la Commissione del mio
ministero un lasso di tempo di 45 giorni che non sono ancora scaduti.» Al
termine la nuova Via si potrebbe concludere con un parere stavolta negativo,
com’è più probabile, oppure potrebbe ribadire il parere positivo. Risulta
comunque pressoché impossibile che possa essere questo governo a dare
l’Autorizzazione unica. Ma il ministro ha tenuto anche a precisare che gli studi
supplementari, il procedere con i piedi di piombo, il prendere tutte le cautele
e le misure di sicurezza necessarie riguardano la localizzazione del
rigassificatore, ma non mettono in forse l’opportunità di farlo. «Localizzazioni
alternative dovranno essere proposte dalle imprese - ha affermato - potrebbero
anche essere off shore oppure al di fuori del territorio del Comune di Trieste,
ma va ribadita la strategicità di una Piattaforma per la rigassificazione del
gas nell’Alto Adriatico.» All’incontro di ieri hanno partecipato tra gli altri
il prefetto Francesca Adelaide Garufi, gli assessori regionali a Programmazione
e finanze Sandra Savino, alle Infrastrutture di trasporto Riccardo Riccardi,
l’assessore comunale Umberto Laureni, l’assessore provinciale Vittorio Zollia e
la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi che con lo studio sulla
crescita dei traffici portuali ha portato l’elemento determinante a innescare la
sostanziale riapertura della Valutazione d’impatto ambientale.
Silvio Maranzana
Emissioni Co2 Autamarocchi firma l’accordo per ridurle
- CON IL GOVERNO
Prima del summit sul rigassificatore, il ministro dell’Ambiente Corrado
Clini ha firmato con Oscar Zabai titolare di Autamarocchi, una delle principali
aziende italiane di autotrasporto, un accordo per la riduzione delle emissioni
di Co2 e dell’impatto sull’ambiente dei trasporti su gomma. «Un litro di gasolio
produce 2.630 grammi di Co2 - ha affermato Zabai con grande trasparenza - noi
(la flotta è di oltre 600 camion) che consumiamo 19 milioni di litri di gasolio
all’anno produciamo 50mila tonnellate di Co2. Per cui ci è d’obbligo impegnarci
per ridurre le emissioni usando veicoli di nuova tecnologia, facendo un’attenta
manutenzione dei mezzi e orientandoci verso trasporti intermodali, cioé non solo
su strada.» Clini ha reso noto che il suo ministero ha già firmato accordi per
l’analisi dell’impronta ambientale con un’ottantina di aziende italiane di tutti
i principali settori produttivi, dalla Pirelli alla Lamborghini solo per fare
qualche esempio, ma anche con Italo, cioé Nuovo trasporto viaggiatori, la
principale società ferroviaria privata per il traffico passeggeri.
(s.m.)
Sel: Ferriera, inopportuna la consulenza a Rosato -
SOSSI CHIEDE UN VERTICE DI MAGGIORANZA
Continua il fuoco incrociato sulla consulenza affidata per una durata di sei
mesi a Francesco Rosato, l’ex direttore della Ferriera che il Comune ha chiamato
a svolgere attività di assistenza tecnica per la valutazione degli aspetti
economico-ambientali in tema di riconversione industriale dell’area di Servola.
Nei giorni scorsi, dopo la Lega, a intervenire con forza erano stati
Rifondazione comunista e Movimento 5 stelle. Ora è Sinistra ecologia e libertà a
farsi avanti, per voce del capogruppo in Comune Marino Sossi. «Al rientro del
sindaco (attualmente all’estero, ndr) chiederemo la convocazione di un vertice
di maggioranza con giunta e capigruppo: obiettivo, verificare assieme
l’opportunità di proseguire con questa consulenza». Opportunità che Sel comunque
già rigetta «sulla scorta dei dati che abbiamo», ovvero in considerazione delle
pendenze giudiziarie di Rosato, del quale la procura ha chiesto il rinvio a
giudizio nell’inchiesta sulla gestione delle discariche abusive all’interno
dello stabilimento di Servola. Consulenza «inopportuna» dunque, giudica Sel, ma
non solo per le vicende giudiziarie: «Più in generale - aggiunge Sossi -
riteniamo che esista sì la necessità da parte del Comune di avvalersi di
supporti specifici di professionisti sul tema della riconversione, ma crediamo
anche che esistano altri casi del genere andati a buon fine - Bagnoli in
Campania, tanto per citarne uno - ai quali guardare». Casi e persone: secondo
Sossi il o i professionisti cui affidare consulenze andrebbero ricercati «fuori
città, per restare essenzialmente nel merito del problema tecnico ma anche per
uscire da una cultura provinciale che si connette a intrecci di possibili
personalizzazioni e strumentalizzazioni». Proprio ieri l’assessore allo sviluppo
economico Fabio Omero aveva risposto alle critiche precisando che la consulenza
a Rosato «riguarda il processo di dismissione e riconversione dell’area e non
l’inquinamento pregresso. Rosato è un professionista che conosce la realtà
industriale italiana».
LUCCHINI - Oggi l’incontro con il commissario
Ci sarà anche Francesco Rosato, neoconsulente del Comune per la Ferriera,
all’incontro che stamani a Roma sindacalisti e rappresentanti delle
amministrazioni triestine avranno con Piero Nardi, nominato commissario del
Gruppo Lucchini dal ministro Corrado Passera. Nardi presenterà il suo piano di
lavoro per la cessione del Gruppo: dall’incontro è atteso anche un
pronunciamento sulla dismissione di Servola. Da quanto trapelato Nardi sta
preparando la cessione a blocchi del gruppo con la vendita a diversi acquirenti
dei principali quattro rami d’azienda. Ma per quello Trieste la situazione è più
complicata che per Piombino e Lecco: gli enti locali hanno previsto la
dismissione dell’impianto considerato obsoleto e inquinante.
IL PICCOLO - LUNEDI', 21 gennaio 2013
Rigassificatore, Clini si pronuncia su Zaule
Oggi summit in Prefettura con il ministro dell’Ambiente: all’esame anche
localizzazioni alternative
L’addio al sito di Zaule o addirittura l’addio a qualsiasi localizzazione on
shore nell’ambito della provincia di Trieste. Un orientamento in questo senso
riguardo al rigassificatore potrebbe arrivare già questa sera al termine del
summit che il ministro dell’Ambiente Corrado Clini presiederà alle 17 in
Prefettura. In queste prime settimane di gennaio la Regione ha raccolto
l’ennesima serie di pareri da tutte le amministrazioni locali e in particolare
da parte del Comune di Trieste e della Provincia, stavolta per quanto concerne
la compatibilità o meno del progetto, così come previsto dalla società catalana
Gas Natural, e il traffico del porto con particolare riferimento alla sua
crescita futura soprattutto in relazione alle nuove infrastrutture che
dovrebbero sorgere: il raddoppio del Molo Settimo, la Piattaforma logistica, il
nuovo terminal traghetti, ma anche riguardo all’aumento delle petroliere al
terminal della Siot che già quest’anno saranno ben cinquecento. In base allo
studio commissionato dall’Autorità portuale, nel 2020 lo spazio acqueo dinanzi
al canale navigabile di Zaule sarà saturo con il passaggio di 2.900 navi
all’anno. È il motivo per cui il 10 gennaio anche il Comitato portuale ha
bocciato il rigassificatore e adesso sulla medesima linea, com’era del resto
ampiamente prevedibile, si sono schierate le amministrazioni locali. «Questo
pomeriggio in Prefettura - afferma l’assessore comunale all’Ambiente Umberto
Laureni - la Regione dovrà evidenziare tutti i nuovi pareri negativi raccolti al
ministro Clini.» E del resto lo stesso presidente della Regione Renzo Tondo ha
affermato nei giorni scorsi: «Se è vero che il rigassificatore mette in
discussione il futuro dello scalo, ciò evidentemente non è accettabile perché il
porto deve certamente avere la priorità.» Ma ciò non significa affatto l’addio a
un impianto di rigassificazione nell’Alto Adriatico che lo stesso Clini ha
definito fortemente strategico. Ma proprio il ministro ha esplicitamente
sottolineato che «è necessario verificare se non debbano essere prese in
considerazione localizzazioni alternative a quella di Zaule» e ha annunciato
anche che il supplemento d’istruttoria «prenderà anche in considerazione
ubicazioni alternative e varrà anche per la Via (Valutazione d’impatto
ambientale) in corso sull'altro progetto di rigassificatore: quello proposto
dalla tedesca E.On. in mezzo al golfo, più o meno al largo di Staranzano. Clini
ha concordato con il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, al quale
spetterebbe di dare l’Autorizzazione unica dopo aver sentito la Regione, un
periodo di 45 giorni. Non è stato però definitivamente chiarito se i 45 giorni
valgono in sè come supplemento d’istruttoria o siano appena propedeutici a
questo supplemento che nel merito dovrebbe riconsiderare la localizzazione di
Zaule, ma soprattutto valutare nel contempo siti alternativi eventualmente in
accordo con la stessa Gas Natural e inoltre concludere l’esame dell’impianto di
E.On per fare poi la scelta finale, ma difficilmente in tempi rapidi. Tutto il
percorso da stasera potrebbe finalmente essere più chiaro.
Silvio Maranzana
Il commissario: così venderemo la Lucchini
Domani Piero Nardi si pronuncerà anche sulla dismissione di Servola.
Ancora polemiche su Rosato
Il primo incontro con l’uomo che chiuderà la Ferriera di Servola. I
sindacalisti e i rappresentanti delle amministrazioni triestine lo avranno
domani alle 10 a Roma, al Ministero dello sviluppo economico dove Piero Nardi,
il neocommissario del Gruppo Lucchini nominato dal ministro Corrado Passera
presenterà il suo piano di lavoro. Da quanto è già trapelato, Nardi sta
preparando la cessione a blocchi del gruppo con la vendita a differenti
acquirenti dei quattro principali rami d’azienda. Ma se per il laminatoio di
Lecco è venuto a galla l’interessamento del gruppo Acciaierie venete e per il
maxistabilimento di Piombino qualche compratore dovrebbe saltar fuori, la
situazione è molto più complicata a Trieste dove le amministrazioni locali hanno
previsto la dismissione dell’impianto siderurgico perché considerato obsoleto e
inquinante. «Importante per noi sarà battere i pugni sul tavolo - afferma
Umberto Salvaneschi, segretario provinciale di Fim-Cisl - perché la questione
Lucchini non venga limitata, com’è stato finora a livello nazionale, alla sorte
di Piombino e perché a Servola non si proceda a una chiusura anticipata rispetto
alla prevista scadenza del 2015 il che renderebbe non attuabile la riconversione
dal momento che i progetti alternativi non sono ancora maturati». Come ribadisce
l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, è essenziale anche che abbia
dato gli esiti previsti sul fronte del contenimento delle emissioni ambientali
il Piano di interventi straordinari messi in atto dalla Lucchini dopo l’ultima
serie di prescrizioni emesse dal Comune. «L’Arpa è in ritardo nella trasmissione
dei dati sull’inquinamento, non abbiamo ancora nemmeno quelli complessivi di
novembre - afferma Laureni - quando li avremo, potremo verificare». All’incontro
di domani a Roma parteciperà anche Francesco Rosato, l’ex direttore della
Ferriera al quale il Comune ha affidato una consulenza sulla riconversione
industriale dell’area, la cui nomina però è sotto un fuoco incrociato di
contestazioni. Dopo Lega, Rifondazione comunista e Movimento 5 stelle, è sceso
in campo il sindacato autonomo Failms. «Siamo contrari sotto l’aspetto morale -
afferma il segretario provinciale Giulio Frisari - soprattutto per il rapporto
conflittuale avuto in passato con Rosato sulla questione ambientale e sulla
sicurezza nei posti di lavoro». Ancora, va giù dura l’associazione No smog con
la presidente Alda Sancin: «Rosato è l’uomo a cui è stato concesso di convincere
le istituzioni che i dati della centralina di via San Lorenzo in Selva, ben
peggiori di quelli registrati nel rione Tamburi a Taranto. non dovessero essere
presi in considerazione». Perciò No smog definisce i servolani «bechi e bàstonai».
Silvio Maranzana
Omero: serviva un professionista preparato
Su Rosato, questa la replica l’assessore comunale Fabio Omero: «La
consulenza riguarda il processo di dismissione e riconversione dell’area e non
l’inquinamento pregresso. È con questo obiettivo che domani a Roma Regione,
Comune e Provincia intendono chiedere al Governo l'avvio dell'accordo di
programma sulla base del decreto per le aree di crisi industriale complessa.
Accordo che per avere successo avrà la necessità di intercettare imprenditori
industriali interessati a investire a Trieste. Rosato - così Omero - è un
professionista che conosce la realtà industriale italiana. Non parlerà in nome
del Comune, ma ci accompagnerà nell'individuazione delle soluzioni
imprenditoriali più rispondenti al territorio in termini di occupazione e
innovazione. Di questa scelta mi assumo tutta la responsabilità da assessore
allo sviluppo economico». A dar manforte all’amministrazione interviene il
consigliere di Trieste cambia, Roberto Decarli: «Il Comune attraverso la
consulenza» a Rosato «tenta di evitare le inevitabili e gravi conseguenze che si
avrebbero con la possibile fermata della Ferriera senza alternative.»
(s.m.)
Val Rosandra - conferenza
Oggi alle 16.30 ed alle 18, nella Sala Chersi dell’Unione degli Istriani in via Silvio Pellico 2 a Trieste, Sergio Dolce terrà una videoconferenza dal titolo: “La Val Rosandra, una valle montana in fronte all’Adriatico”.
IL PICCOLO - DOMENICA, 20 gennaio 2013
«Servola, il sindaco revochi la consulenza a Rosato» -
RIFONDAZIONE E GRILLINI ALL’ATTACCO
Il segretario provinciale di Rifondazione comunista Antonio Saulle, il
consigliere comunale Marino Andolina, la commissione ambiente dello stesso
partito e il circolo “Jure Canciani” di Servola contestano con una nota «nel
merito e nel metodo la decisione assunta dalla Giunta comunale di assegnare un
contratto a progetto di circa 50mila euro per un semestre a un dirigente
inquisito.» Si tratta di Francesco Rosato, ex direttore dello stabilimento della
Lucchini «attualmente sotto indagine per le discariche abusive presenti
all’interno dell’impianto. Se l’intendimento è quello di volersi avvalere di
competenze anche su aspetti che solo Rosato conosce e che agli altri sono
ignoti, la cosa avrebbe anche una sua rilevanza - affermano Saulle e Andolina -
ma una questione di trasparenza e opportunità avrebbe voluto che la scelta
ricadesse su un esperto assolutamente non coinvolto in alcun modo nell’inquinato
pregresso addebitabile allo stabilimento siderurgico e di specchiata
imparzialità, avvedutezza e senso di responsabilità (ovvero super partes). In
basi a tali considerazioni che saranno da noi approfondite in seguito sul
territorio e con i lavoratori, chiediamo che sia immediatamente revocato
l’incarico, anche alla luce delle recenti dichiarazioni della magistratura, a
Francesco Rosato». «Ricordiamo altresì - concludono i rappresentanti di
Rifondazione comunista - che all’inizio della campagna elettorale l’attuale
sindaco si era impegnato come garante della salute pubblica dei cittadini e dei
lavoratori a realizzare tutta una serie di misure al fine di perseguire la
tutela della stessa salute e dell’ambiente e uno sviluppo economico finalizzato
alla conservazione dei posti di lavoro, in netta discontinuità con la Giunta che
l’aveva preceduto». Si dicono «allibiti di fronte alla nomina di Francesco
Rosato nel ruolo di consulente per la riconversione della Ferriera di Servola»
anche Paolo Menis e Stefano Patuanelli, consiglieri comunali del Movimento 5
stelle. «Come può Cosolini (perchè è lui il fautore, anche se la nomina è stata
fatta con determina dirigenziale) - affermano - pensare di affidare le sorti dei
lavoratori e dei cittadini colpiti dall'inquinamento a colui che è stato
direttore della Ferriera e che in passato è stato rinviato a giudizio
nell'inchiesta sulla gestione delle discariche abusive proprio all'interno dello
stabilimento di Servola?» «Come poi l'avvocato di Rosato possa affermare che il
suo cliente “presto verrà prosciolto” - sostengono ancora i due consiglieri di
Cinquestelle - ci appare alquanto misterioso. Lo stesso avvocato è anche il
difensore della Lucchini. Allora la domanda sorge spontanea: il consulente del
Comune è stato nominato dal Comune oppure è stato indicato dalla Lucchini?»
Guariniello: amianto, disastro ambientale
Il magistrato: rischi per tutta la cittadinanza. Dalla Costa: qui banca
dati garantita dall’autorità giudiziaria
«I rischi legati all’amianto non riguardano soltanto i lavoratori, ma tutti
i cittadini. Si tratta di un problema di stretta attualità presente in ogni
angolo del mondo. Quando si esaminano le accuse ai vertici delle imprese non c’è
da considerare solo l’omicidio colposo, ma anche un altro reato poco conosciuto,
che è quello di disastro ambientale, non sempre immediatamente percepibile ma
che al contrario si realizza in un arco di tempo prolungato». Ha esordito con
questo concetto il magistrato Raffaele Guariniello, Sostituto procuratore della
Repubblica di Torino e già pubblico ministero nello storico processo ai vertici
della Eternit di Casale Monferrato, nel suo intervento alla conferenza giuridica
organizzata dall’Eara, l’associazione europea per i rischi dell’asbesto, alla
Stazione Marittima e moderata dal giornalista del Corriere della Sera Giampiero
Rossi. Un dibattito nel corso del quale è stata sottolineata la necessità di un
forte coordinamento tra tutti gli attori che concorrono alla soluzione del
problema amianto. Esaminata in modo particolare l’esigenza della creazione di
una Procura nazionale in materia di amianto ed altri rischi ambientali, tema che
ha dato il titolo allo stesso convegno. «Nel nostro Paese ci sono luoghi in cui
i processi non si fanno nemmeno e dunque c’è il senso di una giustizia negata -
ha continuato Guariniello -. In sostanza l’autorità giudiziaria è ancora
insufficiente e inadeguata: ecco allora la necessità di una super Procura
nazionale per la sicurezza sul lavoro, con la peculiarità della partecipazione
attiva, nel senso che deve fare i processi, sullo stile di quello che è il
modello francese. In Italia ci sono 120 procure ed è comprensibile come, sotto
il profilo organizzativo, non sia possibile condividere e portare alla soluzione
questo tema così complesso: se non ci decidiamo a passare dalle parole ai fatti
non otterremo mai nulla». Durante il dibattito attenzione specifica è stata
riservata all’analisi del territorio regionale, particolarmente esposto ai casi
di amianto, su tutti quelli tristemente noti della Fincantieri di Monfalcone e
della Grandi Motori di Trieste, tanto che le province di Trieste e di Gorizia
risultano tra quelle più colpite in Italia da malattie legate all’amianto, nello
specifico il mesotelioma polmonare, con 50 casi registrati ogni anno contro i 5
di media nazionale. «Il problema maggiore è quello della conoscenza dei fatti e
dell’acquisizione di informazioni nel corso delle indagini - ha detto Michele
Dalla Costa, Procuratore della Repubblica di Trieste -. A Trieste abbiamo creato
una sorta di banca dati sotto la garanzia dell’autorità giudiziaria: si tratta
di archivi informatici che si scambiano continuamente le informazioni e che sono
in grado di ricostruire la storia di ogni singolo individuo. Va sottolineato
però - ha aggiunto Dalla Costa - come ci sia una estrema difficoltà
nell’individuare la responsabilità penale attraverso i segmenti di vita
lavorativa, così come nel fare un processo alla politica industriale». Concetti
questi ripresi anche da Caterina Aiello, Procuratore della Repubblica di
Gorizia. «Nella nostra provincia sono oltre duemila le denunce arrivate per
malattie correlate all’amianto, il che significa un lavoro lungo e complicato
vista anche la latenza elevata della malattia. Ecco dunque la necessità di un
pool stabile che possa esaminare le migliaia di documenti: in sintesi serve una
Procura nazionale, con una prassi investigativa rafforzata ad hoc, che possa
dimostrare l’esposizione colpevole all’amianto e impedire in questo modo le
conflittualità dei vari processi e le difformità che ne derivano».
Pierpaolo Pitich
Bonificato il vagone radioattivo - Fermato a Opicina il
27 dicembre, potrà ora ripartire verso Udine
È stato bonificato il vagone radioattivo giunto il 27 dicembre scorso nella
stazione di Villa Opicina. Una lunga operazione, resa difficile dal vento che
tirava in quelle ore sul Carso.La bonifica, supervisionata da tutti gli organi
competenti, Arpa in testa, ha permesso di isolare l’elemento radioattivo dal
materiale ferroso contenuto nel carro di provenienza ungherese. Secondo alcune
voci si sarebbe trattato di un piccolissimo ingranaggio di cobalto con cui in
passato sarebbero stati prodotti gli orologi in Russia. Voci smentite dalla
struttura operativa semplice (Sos) fisica ambientale dell’Arpa, la quale ha
parlato piuttosto di una microsorgente radioattiva usata in campo medico e
industriale: «Qualcosa di microscopico che dà origine a radiazioni e che non può
assolutamente essere ricondotto all’ingranaggio di un orologio o comunque a un
oggetto sagomato», ribatte la responsabile del compartimento ambientale
dell’Arpa, Concettina Giovani. Indipendentemente dalla natura dell'oggetto
incriminato, l’importante è che il vagone sia bonificato: la microsorgente
radioattiva è stata isolata e consegnata alla ditta autorizzata Campoverde,
presente a tutta l’operazione. Dopo 20 giorni di stop forzato, il vagone (che
era subito stato messo in sicurezza in un apposito binario della stazione
ferroviaria di Villa Opicina) potrà proseguire la sua corsa verso il parco merci
di Udine, dove era originariamente diretto. Come detto, l’operazione è durata
diverse ore. «Per trovare la microsorgente radioattiva – spiega Giovani -
abbiamo impiegato delle ore, con le dovute precauzioni del caso e le divise
bianche dei Ris, che per intenderci sono le tute previste dalla legge per non
farsi contaminare. Prima con un “ragno” abbiamo prelevato e appoggiato tutto il
materiale ferroso su un telo. Abbiamo agito secondo la prassi. Vedendo che dal
cumulo di materiale non emergeva niente, mettevamo da parte il ferro già
vagliato e ne tiravamo fuori altro dal carro. Alla fine la particella
incriminata era talmente piccola da essere rimasta sul fondo del vagone». Con i
tecnici dell’Arpa e la ditta incaricata dello smaltimento, hanno seguito
l'operazione di bonifica anche vigili del fuoco, carabinieri e polizia
ferroviaria.
(el.pl.)
Muggia, slitta ancora il centro commerciale “Valle
delle Noghere”
La Teseco chiede al Comune una proroga per i lavori di urbanizzazione.
Nell’area interessata c’è amianto
MUGGIA La nascita del Centro commerciale “Valle delle Noghere” dovrà ancora
attendere. Martedì 22 gennaio alle 17.30 la seduta straordinaria del Consiglio
comunale di Muggia darà molto verosimilmente l’ok alla richiesta da parte della
società di Teseco di posticipare i progetti per le opere di urbanizzazione
primaria. La cosiddetta “grande struttura di vendita” è stata infatti bloccata
dal ritrovamento di amianto nel terreno. In una nota giunta lo scorso 20
dicembre la Teseco ha evidenziato come le attività previste non si possono
avviare a causa della “necessità di concludere il risanamento dei lotti per la
presenza di amianto, non rilevato in fase di caratterizzazione”. Ma non solo.
L’altra motivazione per chiedere una dilazione delle tempistiche è data
“dall’impossibilità di interrompere la viabilità di servizio costituita dalla
strada esistente nell’area interessata dagli interventi fino al completamento
delle opere di immobiliare Nordest Spa che la utilizzerà come via di accesso
secondaria al cantiere”. Una volta ricevuta la nota l’assessore alla
Pianificazione territoriale del Comune di Muggia Laura Marzi ha dunque
formalmente proposto alla Teseco una proroga di 12 mesi dalla scadenza
originaria per l’approvazione di opere di urbanizzazione e di 24 mesi dalla
scadenza originaria per l’esecuzione del progetto di opere di urbanizzazione. A
conti fatti dunque il Consiglio comunale dovrà decidere di modificare il termine
ultimo per la presentazione dei progetti al fine della loro approvazione entro
il 28 gennaio 2014. La realizzazione ed il collaudo del tutto invece slitteranno
come termine massimo entro il 28 gennaio 2015. La proroga difficilmente verrà
bocciata dal Consiglio e darà quindi tempo a Teseco e Immobiliare Nordest (ossia
i due soggetti attuatori) per portare avanti i lavori in zona Noghere. Ad oggi i
progetti che daranno vita al nuovo centro commerciale non sono noti. Nella
convenzione stipulata tra Teseco, Immobiliare Nordest e Comune di Muggia vi sono
però alcuni vincoli. Tra questi però vi sono alcune opere di urbanizzazione
primaria che dovranno essere realizzate gratuitamente. L’Immobiliare Nordest si
è impegnata a creare un’area da destinarsi a verde attrezzato di uso pubblico e
pista ciclabile per una superficie non inferiore a 34mila 10 metri quadrati. Per
quanto concerne Teseco l’impegno è la realizzazione di un’area da destinarsi a
rimboschimento e tutela e protezione della zona residenziale per una superficie
non inferiore a 26mila 577 metri quadrati, nonché una pista ciclabile. Poco meno
di un mese fa l’area delle Noghere era stata indicata nel bilancio di previsione
della Camera di commercio di Trieste per ospitare la realizzazione di un’altra
importante struttura, ossia il nuovo centro commerciale all’ingrosso da anni
prospettato dal presidente Antonio Paoletti. Scartata l’ipotesi di costruirlo su
un terreno che comprende già tre edifici (da acquistare) situato nella zona di
pertinenza della Wärtsilä nel Comune di San Dorligo della Valle, è stato invece
raggiunto un accordo con Ezit per la cessione di 35-40 mila metri quadrati
proprio nella Valle delle Noghere, dove poter mettere così a frutto i quasi 4
milioni di euro già assegnati dalla Regione nel 2008 con finanziamento
pluriennale. «Il sito - afferma il bilancio di previsione 2013 - si ritiene
assolutamente idoneo per realizzare il Centro all’ingrosso, anche in
considerazione del fatto che si tratta di area da valorizzare e sviluppare». Il
Consiglio di amministrazione dell’Ezit, il 20 settembre scorso, si è espresso
favorevolmente e ha manifestato la più ampia disponibilità a cedere un lotto
industriale, secondo modalità e forme ancora da valutare.
Riccardo Tosques
Il volontariato è flessibile con “Triestealtruista.org”
Il sito propone varie iniziative alle quali dare la disponibilità quando
si ha tempo Castellano: uno strumento in più per consentire a tutti di portare
un contributo
È l’unica flessibilità che piace. È l’unico “contratto a progetto” che
piace. È il nuovo volto del volontariato: si dà la disponibilità quando si può,
scegliendo un’iniziativa che magari comincia e termina nell’arco di una
giornata. E la formula dell’impegno-nonimpegno riscuote successo. Soprattutto,
anche se pare un controsenso, invoglia a impegnarsi di più. Poco ma spesso. «La
crisi sta facendo cambiare pelle al mondo del volontariato - afferma Andino
Castellano, presidente di TriesteAltruista -. Partiamo da alcuni dati emersi
dalla ricerca annuale del Centro servizi volontariato di Milano: anche se il
numero complessivo di chi si impegna è in aumento, il numero dei volontari nelle
organizzazioni attive sul territorio diminuisce (-2%), così com’è in netto calo
il numero di persone che fanno attività sistematica (-14%). Invece i “saltuari”
sono in aumento del 36% con una media nazionale di 5 ore alla settimana di
“servizio”». Queste le buone nuove: la cattiva è la difficoltà, drammatica, da
parte delle organizzazioni sul fronte ricambio generazionale (oltre a un
reperimento dei fondi, pubblici e privati, stile missione impossibile). Una
soluzione però c’è e arriva da TriesteAltruista, che sulla scia di
MilanoAltruista e Romaltruista (affiliate al network internazionale HandsOn,
presente in 250 città di 12 Paesi, 30 milioni di ore in altruismo, appunto)
propone il volontariato “flessibile”. «Nessuno, tranne gli anziani, ha più
tempo. Ma coloro che lo vogliono donare devono avere l’opportunità di provarci.
Un esempio? Le quattro ore alla cena di Natale alla Comunità di Sant’Egidio
facendo i camerieri, il pomeriggio trascorso alle Torri d’Europa per la raccolta
fondi a favore di Telefono azzurro, la potatura delle rose al parco di San
Giovanni: 38 persone con forbici e cesoie. Perché il volontariato - aggiunge
Castellano - non è solo assistenza, è di più: il no profit è uno spazio che
permette di esprimere il lato migliore della propria personalità, di convogliare
tante energie positive verso una sola direzione, a vantaggio di tutti». Nessuna
formazione specifica, quindi, solo tanta buona volontà. Si apre il sito,
www.triestealtruista.org, si curiosa tra le iniziative, ci si iscrive online,
poi si viene contattati. E si va, si fa. «La nostra formula non si contrappone
al modello di volontariato prevalente, bensì lo vuole integrare per dare la
possibilità a tutti i cittadini di contribuire positivamente alla soluzione dei
problemi sociali della comunità in cui vivono». Un anno di vita e
TriesteAltruista ha già raggiunto oltre 200 persone, 30 i progetti messi in
cantiere. Con un buon successo tra i giovanissimi. «Stiamo riscuotendo un grosso
interesse tra i 20-25 anni, gli universitari. È invece sparita, ma è un problema
dell’intero Stivale, la generazione dai 35 ai 45 anni, quelli che stanno ancora
cercando un lavoro dignitoso e magari di mettere su famiglia. Posso lanciare un
appello? Avremmo bisogno di un aiutino per la gestione del sito. Se qualche
informatico, particolarmente “altruista”, volesse darci una mano...».
Donatella Tretjak
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Rischi sottovalutati
Nel rispondere all’articolo di Danilo Taino riteniamo necessario ribadire ancora una volta concetti espressi diverse volte. Andiamo con ordine e innanzitutto guardiamo all’approvvigionamento di gas. L’articolo riporta che, rinunciando al progetto di Gas Natural per un rigassificatore a Trieste, si regala il mercato del gas italiano ai russi. Ciò non è assolutamente vero, essendo la nostra nazione tra quelle che vanta la migliore diversificazione delle fonti di approvvigionamento del gas, che ci arriva grazie a quattro diversi metanodotti e due rigassificatori da Algeria (primo fornitore), Russia, Libia, Quatar, Paesi Bassi, Norvegia ed Egitto (fonte: Autorità per l’energia elettrica ed il gas). In secondo luogo, una puntualizzazione sull’attività portuale. Il punto non è che lo sviluppo dell’attività del porto interessa terreni dove è previsto l’insediamento del rigassificatore. Diversamente, invece, sarebbe l’attività delle navi gasiere (il progetto ne prevede circa 100) che, dovendo rispettare le norme internazionali di sicurezza, bloccherebbero di fatto per molti giorni al mese l’attività del porto. Secondo il progetto l’impianto andrebbe insediato in un’area a ridosso della città, area del porto che già oggi gode di notevoli traffici, che verrebbero irrimediabilmente compromessi. Nelle documentazioni presentate da Gas Natural, inoltre, non sembrano opportunamente considerate le attività a rischio attualmente presenti nelle aree vicine quali, ad esempio, i serbatoi di petrolio della Siot, già colpiti da un grave attentato nel 1972 e che a tutt’oggi costituiscono obiettivo appetibile. Le tecnologie economiche ma antiquate previste per l’impianto e la connessa centrale a turbogas comporterebbero inoltre notevoli impatti sull’ambiente marino e sulle vicine aree antropizzate. Il problema è la posizione individuata per la sua costruzione, collocata vicina all'edificato esistente e in un'area portuale ristretta, che necessita di spazi adeguati per la movimentazione delle navi. Tutto questo sarebbe assolutamente in contrasto con le politiche di sviluppo del porto e della città stessa. Infine: la risposta alla proposta di Gn non a casa mia”(NYMBY). La questione è invece molto semplice: se non ci sono le condizioni richiesta dalla normativa, il rigassificatore non si può e non si deve costruire. E guardando a questo aspetto, vogliamo dimenticare che questo rigassificatore verrebbe approvato in assenza di una Valutazione Ambientale Strategica? E soprattutto, visto che viene tirata in ballo proprio la città di Trieste, dimentichiamo ancora una volta di dare peso non solo alle autorità locali ma all’opinione della popolazione? È ritenuto civilmente possibile bypassarla? Per legge, a quanto pare, no.
Paola Sabia Federico Grim
IL PICCOLO - SABATO, 19 gennaio 2013
Dopo Trieste il Friuli Si allarga il fronte
anti-Soprintendenza
Contrattacco dell’Ance: «I conti dell’architetto Picchione non tornano.
Da maggio 2012 approvati solo 3 lavori su 10»
TRIESTE Ribadiscono i loro numeri. E appoggiano sul tavolo i documenti
giudiziari: l’esposto alla Procura della Corte dei conti Fvg per presunto danno
erariale e le sei sentenze del Tar favorevoli ai ricorsi contro la
Soprintendenza regionale. Cifre e carte che spingono i costruttori a confermare
la bocciatura dell’operato di Maria Giulia Picchione, l’architetto che, secondo
l’Ance, «ha approvato solo il 30% delle opere in Friuli Venezia Giulia» e che
invece, parole sue sul Piccolo di ieri, afferma di avere licenziato «il 95% di
pratiche con parere favorevole» «I conti non tornano – ribatte il presidente
regionale dell’Associazione costruttori edili Valerio Pontarolo –, probabilmente
Picchione non tiene conto delle svariate prescrizioni che, di fatto, bloccano i
lavori». Le sentenze del Tar «Il Soprintendente vuole querelare tutti? Non so su
che basi, le sentenze del Tar parlano chiaro», prosegue Pontarolo. Sentenze sui
ricorsi presentati da società penalizzate dalle mancate autorizzazioni
paesaggistiche dell’ufficio ministeriale. C’è chi intende realizzare pannelli
fotovoltaici a Bagnaria Arsa, chi elevare una canna fumaria a Buttrio, chi
sostituire la copertura di un capannone a Pavia di Udine, chi costruire
un’autorimessa a Trieste. Progetti che hanno ora il via libera del Tar, intasato
da numerosi altri ricorsi, mentre la Soprintendenza è chiamata al rimborso delle
spese e competenze giudiziali, nonché del contributo unificato, un totale dai 2
ai 3mila euro per ciascuna vertenza persa. «Nelle sentenze - rimarca ancora
l’Ance - si leggono parole come “illogicità”, “contraddittorietà” e “arroganza
amministrativa” in riferimento ai pareri espressi dalla Soprintendenza
regionale». Il metodo Picchione” Esempi che sono solo la punta dell’iceberg di
un metodo, quello di Picchione che, afferma l’Ance, «dall’insediamento nel
maggio 2012 ha approvato solo tre lavori su dieci, un migliaio di opere
pubbliche in tutti i Comuni Fvg, per un importo, calcolato per difetto,
indicativamente di 500 milioni e con il rischio di altri 5mila operai costretti
alla cassa integrazione». In conferenza stampa a Udine, presenti i sindaci di
Sacile Roberto Ceraolo e di Spilimbergo Renzo Francesconi, nel ruolo di
vicepresidente Anci, organizzazioni sindacali, artigiane e ordini professionali,
l’associazione evidenzia in particolare i dati di Trieste: da maggio a settembre
solo 143 pareri favorevoli su 437 pratiche trasmesse in Soprintendenza, mentre
sono stati 116 i pareri con prescrizioni «spesso impossibili da attuare».
Secondo Pontarolo, «pure il direttore regionale Giangiacomo Martines
faticherebbe a comprendere questo comportamento». Conseguenze pesanti Non ci
voleva davvero, sottolinea ancora il presidente Ance Fvg: «È un colpo mortale in
un periodo di feroce crisi per il settore». Gli stop della Soprintendenza,
spiega Pontarolo citando un’indagine dell’Istituto Tolomeo Studi e ricerche
condotta da Paolo Feltrin, sono pesantissimi: «A ogni milione di euro di lavori
non eseguiti corrispondono 14 operai non occupati e 180mila euro di mancati
introiti per la fiscalità regionale». Di qui l’esposto presentato l’altro ieri
alla Corte dei conti: «Chiediamo almeno una verifica su un presunto danno
erariale». Le competenze in Fvg Ma c’è anche un altro fronte da seguire, quello
delle competenze in materia di paesaggio e beni architettonici che la Regione
vorrebbe vedersi assegnare dallo Stato. Pontarolo, in contatto già da qualche
settimana con il governatore Renzo Tondo e il presidente della Paritetica Manlio
Contento, ha ricevuto ieri pure la telefonata di Debora Serracchiani che ha
manifestato uguale interesse, al punto di avere già sensibilizzato il segretario
nazionale del Pd Pierluigi Bersani. Si tratta, almeno in questo caso, di un
progetto politico bipartisan. Recessione a NordEst A margine il presidente
nordestino dell’Ance Donato Riccesi parla di un settore «in piena recessione,
con la conseguente cessazione di migliaia d’imprese. In Veneto – prosegue
Riccesi –, dove il patto di stabilità ha pesato di più, la situazione è peggiore
rispetto al Friuli Venezia Giulia».
Marco Ballico
«Ferriera, consulenza offensiva» - LEGA ALL’ATTACCO DEL
COMUNE
Roberti: soldi pubblici all’ex direttore dell’impianto sotto indagine
«La nomina di Francesco Rosato a consulente per la Ferriera è inopportuna e
offensiva». Il segretario provinciale della Lega Nord Pierpaolo Roberti contesta
duramente - e lo fa in una nota - la decisione del Comune di affidare lo studio
per la riconversione della Ferriera al suo ex direttore. Il contratto avrà una
durata di sei mesi per un’impegno di spesa da parte dell’amministrazione
municipale pari a 47.795 euro. «L’indicazione di Rosato - attacca Roberti - è
una mancanza di rispetto nei confronti dei triestini e in particolare dei
cittadini di Servola, che ogni giorno convivono con il problema
dell’inquinamento causato dall’impianto, senza dimenticare chi di Ferriera si è
ammalato o è morto. Con questo - continua il segretario leghista - non sto
assolutamente mettendo in discussione le competenze dell’ennesimo consulente
assoldato dalla giunta Cosolini, ma contesto fermamente il principio di
adoperare soldi pubblici per pagare l’onorario a un tecnico per nulla nuovo alla
Ferriera: Rosato infatti non solo ne è l’ex direttore, ma si trova attualmente
sotto indagine per le discariche abusive emerse sotto lo stesso impianto di
Servola». Roberto parla di «un’operazione poco chiara e certamente indicativa
della scarsissima sensibilità dell’amministrazione comunale nei confronti dei
cittadini: dubito - conclude il segretario leghista - che Rosato sia l’unico
professionista capace di fornire una consulenza adeguata in materia; ciò che
appare invece senz’altro fuori luogo è la decisione della giunta di affidare
l’incarico una persona chiamata a rispondere su un’ipotesi di reato collegata al
medesimo sito».
IL PICCOLO - VENERDI', 18 gennaio 2013
Bonifica della Ferriera: consulenza a Rosato
Il Comune ha affidato l’incarico all’ex direttore dell’impianto di
Servola Per sei mesi di lavoro percepirà 47.795mila euro. Farà valutazioni
ambientali
Con la determina 5985 del 31 dicembre 2012 il Comune di Trieste affida alla
ditta dell’ingegnere Francesco Rosato l’attività di assistenza tecnica per la
valutazione degli aspetti economico-ambientali in tema di riconversione
industriale dell’area della Ferriera di Servola. L’impegno di spesa da parte
dell’amministrazione comunale è di 47.795 euro, iva inclusa. Durata del
contratto: 6 mesi. «Il ruolo di Rosato – spiega Fabio Omero, assessore comunale
allo Sviluppo Economico - sarà quello di accompagnare l’amministrazione, con un
supporto tecnico, in questa partita della dismissione dello stabilimento e di
ricerca di soluzioni alternative». «Mercoledì ho partecipato alla prima riunione
in Regione – riferisce lo stesso Rosato –, il 22 parteciperò a quella a Roma e
poi inizieremo a programmare un percorso. Tutta l’attività mira alla ricerca di
condizioni che rendano quel sito il più produttivo possibile nell’ottica di
preservare i posti di lavoro». Rosato è l’ex direttore della Ferriera. Per un
anno ha poi lavorato per la Danieli e oggi ha uno studio di consulenza in
proprio. Lo stesso Rosato ad oggi imputato in quanto la procura ne ha chiesto il
rinvio a giudizio nell’inchiesta sulla gestione delle discariche abusive proprio
all’interno dello stabilimento di Servola. Del caso se ne sta occupando il gup
Luigi Dainotti, che ha ora disposto una perizia sulle intercettazioni
telefoniche sulle quali si era innescata l’indagine. «Non ci sono novità in
merito, – specifica l’avvocato di Rosato, Giovanni Borgna – ma non risulteranno
esserci state delle irregolarità, presto verrà prosciolto». Il legale entra
anche nel merito della consulenza affidata al suo cliente. «Questa – afferma
l’avvocato - è l’ultima chance per salvare l’industrializzazione a Trieste
evitando che questo territorio diventi un pensionato. L’obiettivo è quello di
mantenere in quel sito industriale un minimo di industrializzazione». «Se Rosato
ce la fa – conclude il legale –, forse mille famiglie non finiranno sul
lastrico. È un passo importante, delicato, l’alternativa è quella di un disastro
sociale». Il Comune evidenzia la necessità di un supporto con particolare
riguardo alla valutazione sui possibili investimenti alternativi alla
siderurgia, su possibili programmi di partenariato pubblico e privato nonchè
sulla possibilità di sviluppo di iniziative logistiche in ambito portuale.
Rientra ora nei compiti di Rosato la ricerca di possibili investitori nazionali
e internazionali anche con un ruolo diretto di promozione e di eventuale
intervento. “L’analisi – si legge nel contratto stipulato tra il professionista
e il Comune - dovrà comprendere, sia in chiave descrittiva che in chiave di
possibile sviluppo, una valutazione in termini di costi e benefici della
redditività dell’impianto, delle possibilità e degli oneri necessari per una sua
conversione industriale, ed un concreto e sostenibile progetto di
riqualificazione dell’intera area”. Inoltre, l’indagine dovrà comprendere la
valutazione degli oneri connessi alla gestione delle maestranze, valutando i
percorsi di riqualificazione necessari per un loro sviluppo professionale.
L’esperienza maturata da Rosato all’interno dello stabilimento triestino va
evidentemente a soddisfare la necessità dell’amministrazione comunale che, vista
la specificità della situazione della Ferriera, ha inteso affidare una
consulenza che “richiede – sottolinea la determina di affidamento dell’incarico
- conoscenze e competenze tecniche particolari di valutazione e studio
dell’insediamento industriale compatibile con il quadro normativo vigente in
materia di protezione e sicurezza del lavoro e dell’ambiente”.
Laura Tonero
«Città ferma per colpa mia? Una campagna denigratoria»
Il Soprintendente ai beni architettonici passa al controattacco dopo le
accuse dell’Ance e del Comune: «Tutte falsità, ho licenziato il 95% delle
pratiche»
Pronto, dottoressa Picchione? Sì... chi parla? Sono un giornalista del
Piccolo.... Scusi, non sento bene... Sono un giornalista del Piccolo, volevamo
sapere come replica alle accuse dei costruttori e dell’amministrazione comunale.
Sostengono che lei stia bloccando ogni progetto, che a Trieste è tutto fermo....
E chi lo dice? Sempre i costruttori e il Comune... Ma a quale domanda devo
rispondere? A questa. Come replica alle accuse? La situazione è molto chiara.
Tutto quello che viene detto e scritto sul mio conto e sul mio operato non
corrisponde al vero. Ah, no? No. Pensi che la percentuale delle pratiche
licenziate con parere favorevole è superiore al 95 per cento. Prima del mio
arrivo eravamo fermi al 5%, in quattro mesi abbiamo fatto un grande lavoro. Dal
lunedì al venerdì mi fermo in ufficio anche fino alle 21. Davvero? I dati che le
ho appena comunicato sono inconfutabili, non so perché nessuno si sia preso la
briga di chiamarmi prima che uscissero tutti quegli articoli diffamatori.
Veramente noi l’abbiamo cercata anche nei giorni scorsi per una replica ma lei
non si è fatta trovare. Il cellulare, con numero da lei stessa fornito,
risultava inaccessibile. Impossibile, certo che se mi cercate in Soprintendenza
di venerdì alle 19 sarà difficile trovarmi. Scusi, ma non lavorava fino alle 21?
Sì ma non al venerdì e comunque sono sempre reperibile al cellulare. È sempre
aperto, come vede rispondo a tutti a qualsiasi ora... Non ci risulta, noi
l’abbiamo cercata nei giorni scorsi... Adesso ho risposto. Ma non si preoccupi,
querelerò il giornale e tutti quelli che nei vostri articoli mi hanno diffamato.
Sono state dette tante falsità. Mi permetta, dottoressa Picchione, ma l’Ance
sostiene che in regione sono fermi lavori per 500 milioni... Non è così, questo
lo dicono i costruttori. La realtà è che sono vittima di un meccanismo di
fandonie. Ma ripeto, querelo tutti. E con i ricorsi del Comune nei confronti dei
suoi provvedimenti come la mettiamo? Anche l’amministrazione si lamenta... Ah
sì? Eppure ho qui davanti l’agenda. Non ho mai negato un appuntamento agli
assessori e ai funzionari pubblici. L’assessore Dapretto, per esempio, l’ho
sempre ricevuto. Bene, verificheremo... Faccia pure. Ma allora chi sostiene che
un sacco di pratiche sono ferme o vengono respinte si inventa tutto? Guardi, con
quei pochi funzionari che ho a disposizione facciamo il possibile e anche di
più. Come le dicevo lavoriamo fino a tarda sera. Sono molto amareggiata perchè
io credo nel rapporto con le istituzioni, non è giusto attaccarmi in questa
maniera. Allora, dottoressa, secondo lei alla Soprintendenza ai Beni
architettonici non ci sono problemi... Io ricevo tutti, compatibilmente alle
esigenze d’ufficio. Non posso fermare tutti gli altri miei lavori per dedicarmi
al ricevimento. Se si vuole questo... Abbia pazienza, ma perfino il suo capo, il
direttore generale dei Beni culturali Giangiacomo Martines l’ha censurata
ammettendo che il “contenzioso è a livelli patologici” e che avvierà una
approfondita indagine. Parole sue... È allora sempre convinta che non ci siano
problemi tra la città e la Soprintendenza? Dubito che abbia detto questo. Come,
scusi? Dubito che l’abbia detto e se l’ha detto dovrà dirlo a me. Non ne avete
mai parlato? Mai. Allora secondo lei non ci sono problemi. Grazie dottoressa,
buonasera... Buonasera e guardate che vi querelo.
Maurizio Cattaruzza
Muggia, il nuovo Prg in visione dal 31 gennaio
A fine mese il primo forum generale in sala Negrisin, poi altri gruppi
tematici ma già venerdì prossimo gli elaborati saranno esposti alla popolazione
MUGGIA I lavori sul nuovo Piano regolatore di Muggia, aperti ai cittadini e
alle categorie interessate, entreranno nel vivo a fine mese. Quattro le date da
cerchiare in rosso sul calendario: il 31 gennaio, alle 17.30 nella sala Negrisin
di piazza Marconi, si terrà il primo forum generale; il 19 e il 21 febbraio si
svolgeranno i gruppi tematici; il 28 febbraio avrà luogo il forum conclusivo,
durante il quale si tireranno le somme sulla variante che – accompagnata dalla
Vas (Valutazione ambientale strategica) – approderà nei mesi successivi in
Consiglio comunale per la votazione. Ma, prima, tutti saranno messi nelle
condizioni di saperne di più su ciò che è stato prodotto dalla giunta Nesladek e
dai progettisti di San Vendemiano durante la fase di analisi del territorio,
conclusasi un mese fa. Mercoledì 23 gennaio, proprio nella sala Negrisin, si
inaugurerà infatti l’esposizione di tutti gli elaborati: l’analisi della
variante, gli “scenari” di cui si è parlato nelle scorse settimane, la bozza di
Piano struttura. Sarà presto tempo, insomma, di vederci più chiaro sullo
strumento che governerà le politiche urbanistiche di Muggia nei prossimi anni.
Anzi, di “disegnarlo insieme”, come recita lo slogan dell’amministrazione. E
l’interesse del pubblico inizia a crescere: «Le adesioni ai tavoli operativi
sono al momento più di cinquanta: siamo soddisfatti, considerato che le
iscrizioni rimarranno aperte sino al 31 gennaio, giornata dedicata al primo
forum», dichiara la vicesindaco con delega alla pianificazione territoriale,
Laura Marzi. Il primo incontro, aperto a tutta la cittadinanza, costituirà anche
l’occasione di specificare le procedure di partecipazione ai tavoli successivi.
L’organizzazione delle consultazioni sarà su base categoriale: associazioni
(culturali, ambientaliste, sportive ed altre), amministratori e tecnici
(dipendenti comunali, ordini professionali, Ezit, Trieste Trasporti), attività
economiche (commercianti, ristoratori, investitori a vario titolo). I residenti,
oltre ad essere convocati per i due forum generali, troveranno spazio anche
all’interno dei gruppi tematici, con modalità ancora da definire. «Discuteremo
nel dettaglio i diciotto progetti strategici messi a punto nell’ambito dei
quattro scenari esaminati, che costituiscono i cardini delle direttive del 2009:
l’ambiente, l’abitare, la mobilità e lo sviluppo» illustra Marzi. Sui pannelli
che verranno installati nella sala, i cittadini troveranno le linee guida
anticipate a dicembre (stop al consumo del suolo, sviluppo sostenibile,
integrazione transfrontaliera, rilancio del mare e del porto), esposte con
maggior dovizia di particolari. La “mostra” si protrarrà sino al 17 febbraio e
si avvarrà della presenza dei progettisti in date precise: il 29 gennaio e poi
il 5, il 7, il 12 e il 14 febbraio.
Davide Ciullo
«Riscoperta la ciclabile sulle Rive»
Esprime «compiacimento» il consigliere regionale del Pdl Maurizio Bucci sul
fatto che l’assessore comunale al Traffico, Elena Marchigiani, a quasi due anni
dal suo insediamento, «abbia scoperto il progetto per la realizzazione della
pista ciclabile sulle Rive. Progetto pronto sotto ogni aspetto e anche
finanziato dalla Regione, fa notare Bucci, che non necessitava di alcuna nuova
misurazione ma che oggi, causa ritardi e dinieghi, rischia di perdere la
disponibilità economica regionale in un momento, come ha pubblicamente osservato
l’assessore, il Comune di Trieste non ha progettazione e fondi». «Registro
finalmente la disponibilità della Trieste Terminal passeggeri a concedere la
revisione degli spazi, inizialmente negati per motivi davvero imbarazzanti e
richiamati al principio di sicurezza della movimentazione delle navi da
crociera, argomento di certo indiscutibilmente a me ben noto sotto ogni
profilo», dichiara, concludendo, l’esponente del Pdl.
Nuovo regolamento sui contributi Le domande entro il 15
febbraio - APPROVATO DAL CONSIGLIO COMUNALE
Supporto economico, assegnazione delle sale espositive per mostre,
coorganizzazione di progetti, iniziative e manifestazioni, patrocini e anche
fornitura di targhe e coppe, di libri, oppure ancora la concessione gratuita o a
tariffa ridotta di altre sale. Sono i tipi di intervento che il Comune potrà
destinare ad associazioni senza fini di lucro - culturali, sportive, operanti
nel campo dell’aggregazione sociale, dell’assistenza, dello sviluppo economico e
turistico, dell’impegno civile, in ambito educativo e ricreativo - sulla base
del nuovo Regolamento per la concessione di contributi e altri vantaggi
economici e per la coorganizzazione di eventi, approvato dal Consiglio comunale.
Saranno assegnati in base all’esito di una comparazione fra le richieste, che
verranno valutate dalle Aree comunali competenti attraverso una serie di
criteri. Solo per giudicare le iniziative culturali - e questa è una delle
principali novità del documento - sarà istituita dalla giunta una commissione a
composizione mista interna ed esterna. «Sarà formata da dipendenti comunali che
operano nel settore della cultura - ha spiegato in merito il sindaco Roberto
Cosolini - e integrata da esterni, non retribuiti, per gli ambiti in cui
riterremo. In tutto, 5-6 persone, non di più». I vari criteri per la concessione
di contributi a iniziative e manifestazioni vanno dal carattere di originalità
alla sua rilevanza territoriale (locale, nazionale e internazionale), dalla
capacità di autofinanziamento (che deve essere pari almeno al 40% della spesa
totale) al radicamento sul territorio, con integrazioni specifiche settore per
settore. Per ogni voce c’è un range di punteggio: la somma totale determinerà la
posizione in graduatoria e quindi il quantum in arrivo. Il nuovo regolamento
viene applicato già per quest’anno: le nuove richieste vanno presentate entro il
prossimo 15 febbraio. Data limite, in riferimento al 2013, anche per confermare
o integrare le domande già consegnate in base alla precedente regolamentazione.
Dal prossimo anno e per quelli successivi, invece, la scadenza sarà fissata al
31 ottobre. La richiesta può abbracciare non solo i dodici mesi dell’annata
successiva ma anche i primi tre di quella ancora seguente. Ad esempio: per un
evento da organizzare nel 2014 o anche entro fine marzo 2015, la domanda dovrà
pervenire in municipio non oltre il 31 ottobre del 2013. Sono state previste
alcune deroghe: per eventi legati a particolari periodi dell’anno come quello
delle festività natalizie, Capodanno o l’estate verranno predisposti avvisi ad
hoc; per patrocini, fornitura di targhe e coppe, e concessioni agevolate di sale
basterà muoversi entro 30 giorni prima della data di svolgimento
dell’appuntamento; quanto alle domande presentate fuori termine, potranno essere
valutate nel caso di residue risorse disponibili oppure prese in considerazione
se non prevedibili o motivate da esigenze sopravvenute e comunque sempre qualora
nelle casse comunali vi siano eventuali somme ancora assegnabili. «Rispetto al
regolamento precedente - spiega Cosolini -, ora in questo ci sono criteri e
modalità che prima non erano esplicitati. Quindi, o non c’era valutazione o
questa avveniva senza un chiaro percorso. Inoltre, abbiamo affiancato ai
contributi in denaro, quelli di servizio: ad esempio, con le sale che mettiamo a
disposizione saranno abbattuti dei costi». Il nuovo regolamento - come anche il
fac simile per le domande - sarà disponibile da oggi stesso sulla home page
dello spazio web del Comune, all’indirizzo www.retecivica.trieste.it.
Matteo Unterweger
La Croazia si aggancia a South Stream per il gas russo
TRIESTE Anche la Croazia si aggancia a South Stream. Dopo essere rimasta
fuori dal progetto iniziale, visto che la pipeline transita dalla Serbia
direttamente in Ungheria, il governo di Zagabria si è immediatamente messo in
moto per cercare di correre ai ripari e partecipare all’importante progetto per
la fornitura di gas dalla Russia caucasica verso l’Europa evitando il “nodo
scorsoio” dell’Ucraina che già in passato ha creato non pochi problemi di
approvvigionamento. E così il presidente di Gazprom, Alexej Miller e il
presidente della società croata Plinacro hanno firmato un accordo per la
realizzazione di un bretella che collegherà la Croazia a South Stream in terra
serba. Il gasdotto sarà lungo 100 chilometri e collegherà (andata e ritorno) il
sito di Sotin in Serbia con quello di Ba›ko Novo in Croazia. L’investimento sarà
di 60 milioni di euro (metà a carico di Gazprom e metà a carico di Plinacro) e
permetterà l’aflusso di 2,7 miliardi di metri cubi di gas all’anno verso la
Croazia. Plinacro guiderà la costruzione del gasdotto da Sotin a Slobodnica dove
l’opera si collegherà con la rete metanifera croata. La realizzazione del
gasdotto viene letta in Croazia come l’inizio di una nuova fase nei rapporti
bilaterali tra Zagabria e Mosca. La Croazia, infatti, avrebbe avuto accesso lo
stesso al gas di South Stream attraverso il poco utilizzato gasdotto che collega
il Paese ex jugoslavo all’Ungheria, ma l’accordo di ieri con Gazprom mette la
Croazia al riparo per quanto riguarda la sicurezza delle forniture energetiche e
dovrebbe anche portare a una diminuzione del prezzo del gas, il che andrebbe a
tutto vantaggio dei consumatori croati. L’arrivo in Croazia di nuovi fornitori
di gas, infatti, ha già determinato un calo delle tariffe. Ma Gazprom ha già
fatto sapere di essere pronta a scendere sul mercato con un prezzo ancora più
basso e cioè a 2,29 kune il metro cubo.
(m.m.)
Blitz nel campo di mais Ogm, 23 attivisti a processo -
GREENPEACE SUL BANCO DEGLI IMPUTATI
PORDENONE Si è aperto ieri a Pordenone il processo a carico di ventitre
attivisti di Greenpeace responsabili del “blitz”, con tanto di taglio di piante
di mais, in un campo Ogm di Vivaro, in provincia di Pordenone. Blitz messo a
segno il 30 luglio del 2010. Dei due capi di imputazione è stato archiviato il
reato di danneggiamento, mentre rimane in piedi l’accusa di invasione arbitraria
di terreno agricolo al fine di occupazione e danneggiamento, con rinnovo della
notifica agli imputati, per cui l’udienza è stata spostata al prossimo 14 marzo.
Per Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura di Greenpeace, «a oltre
due anni di distanza, sono le persone che hanno puntato il dito sul problema
delle coltivazioni illegali a essere sotto processo, quando in realtà grazie a
quell’ intervento si è posto fine alla contaminazione in atto». Gli attivisti
erano entrati nel campo per isolare e mettere in sicurezza le parti superiori
delle piante di mais che stavano producendo polline transgenico. A dar vita al
blitz, iniziato attorno alle sette del mattino, giovani italiani, tedeschi,
sloveni, ungheresi. Gli ambientalisti avevano tagliato la parte superiore delle
piante di mais Ogm, la parte che produce il polline e favorisce la
contaminazione su vasta scala. L'operazione era riuscita prima dell'intervento
delle forze dell'ordine che avevano poi bloccato e fermato gli attivisti.
Immediata, anche in quell’occasione, la difesa dei vertici di Greenpeace: «Le
forze dell’ordine hanno bloccato un lavoro di decontaminazione dell'area - aveva
commentato allora Federica Ferrario - che avrebbero dovuto effettuare loro già
settimane fa. Il polline sta contaminando il mais dei campi circostanti: chi
pagherà i danni agli agricoltori friulani?».
GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 17 gennaio 2013
Città più inquinate d’Italia 2013: la classifica di
Legambiente
Nelle città italiane si respira davvero una brutta aria. L’allarme arriva
dall’edizione 2013 di Mal’aria di Città, la tradizionale campagna di Legambiente
che monitora la qualità dell’aria nei centri urbani d’Italia. Grave, in
particolare, la situazione delle polveri sottili: delle 95 città incluse nella
classifica “PM10 ti tengo d’occhio” sono ben 51 quelle che hanno superato il
tetto di 35 giorni di sforamento del valore medio giornaliero (50
microgrammi/metro cubo) stabilito dalla legge.
Ecco la classifica delle 10 città peggiori per quanto riguarda le concentrazioni
di PM10:
Alessandria (123 giorni fuori legge)
Frosinone (120 giorni)
Cremona (118 giorni)
Torino (118 giorni)
Parma (115 giorni)
Vicenza (114)
Brescia (106)
Milano (106)
Verona (103)
Bergamo (99)
Se il Nord Italia, in particolare la Pianura Padana, si conferma come l’area più
critica dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico, note dolenti arrivano
anche dal Centro-Sud: 85 giorni di superamento a Napoli, 64 a Cagliari, 57 a
Roma e 55 a Palermo. Quanto ai valori del famigerato PM2,5 (polveri con diametro
inferiore ai 2,5 micron), sono poche le città in cui i dati sono effettivamente
disponibili, nonostante il monitoraggio sia obbligatorio già a partire dal 2011.
Nella metà dei centri urbani con informazioni disponibili, Legambiente ha
trovato valori fuori norma soprattutto a Torino, Padova e Milano. Preoccupa
anche la situazione degli ossidi di azoto, fuorilegge in 24 città sulle 83
monitorate, e dell’ozono che risulta troppo elevato in 44 delle 78 città
controllate dall’associazione nel suo rapporto Ecosistema Urbano. Da non
trascurare, infine, gli elevati livelli di rumore cui sono esposti i cittadini
di quasi tutte le principali città italiane.
Leggi la classifica 2012 del rapporto Ecosistema Urbano
Commenta la direttrice generale di Legambiente, Rossella Muroni:
Il 2012 si chiude con una conferma sugli elevati livelli di inquinamento
atmosferico che respiriamo nelle città italiane e lo smog è destinato a
caratterizzare anche l’anno appena cominciato. A chiedere all’Italia misure
risolutive per ridurre l’inquinamento atmosferico a fine anno è stata pure
l’Europa con una sentenza della Corte di giustizia nei confronti del nostro
Paese.
Quanto alle cause principali di livelli così elevati di smog, il Cigno indica
prima di tutto il traffico veicolare e i riscaldamenti, cui si deve l’emissione
di polveri fini, ossidi di azoto, dei precursori dell’ozono o di altri
inquinanti come gli idrocarburi policiclici aromatici o il monossido di
carbonio. Fuori dai centri urbani, contribuiscono alla contaminazione anche i
processi industriali e di produzione di energia.
La soluzione, secondo Legambiente, consiste nell’inasprire i controlli e
nell’attuazione di una serie di misure per promuovere l’efficienza energetica,
la mobilità sostenibile e la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Aggiunge Rossella Muroni:
Quello che serve, ancor prima dei singoli provvedimenti è una capacità politica
di pensare e di immaginare un modo nuovo di usare il territorio, un altro tipo
di mobilità a basso tasso di motorizzazione e con alti livelli di efficienza e
soddisfazione, spazi pubblici più sicuri, più silenziosi, più salutari, più
efficienti, dove si creino le condizioni per favorire le relazioni sociali, il
senso del quartiere, della comunità. Provvedimenti immediati, come la riduzione
della velocità a 30 chilometri orari in ambito urbano o la creazione di aree car
free nei pressi delle scuole, permetterebbero un rapido miglioramento della
situazione e predisporrebbero a nuovi e più strutturali interventi, come la
progettazione di un piano di rete ciclabile portante, la ridefinizione degli
spazi urbani, la diffusione all’interno delle aree urbane del meccanismo del
road pricing e del park pricing, fino alla riduzione del parco auto circolante.
Silvana Santo - Fonte: Dossier Mal’aria di Città 2013
IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 gennaio 2013
Rio Martesin, residenti contro il Comune
Area da ripristinare, Comitato pronto alla denuncia. Ma i costruttori
hanno avviato un contenzioso
Tra l’incudine e il martello. È questa la posizione in cui oggi si trova il
Comune: tra i costruttori che vorrebbero realizzare dei nuovi edifici nella
vallata roianese di Rio Martesin; e il comitato spontaneo di residenti che,
forti di una sentenza del Consiglio di Stato che bloccò l’intervento edilizio,
chiede il rispetto della successiva ordinanza comunale che in base alla sentenza
imponeva il ripristino del preesistente. Così il nuovo confronto tra cittadini e
pubblici amministratori nella riunione voluta dalla Commissione consiliare
Trasparenza ha evidenziato una volta di più la difficile situazione in cui si
trova il Municipio. I residenti della vallata di Rio Martesin si dicono pronti a
denunciare il Comune se in tempi ragionevoli (non più di un paio di mesi) non
verrà fatta rispettare l’ordinanza del 28 marzo 2011 con la quale il Comune
impose alla Gestione Italiana Appartamenti srl (Gia) di ripristinare il
preesistente. I progetti edilizi della Gia vennero stoppati nel dicembre del
2010 da una sentenza del Consiglio di Stato che, dando ragione al ricorso di un
gruppo di residenti, bloccava la costruzione di 7 palazzine per un totale di 109
appartamenti. La sentenza imponeva il rispetto dei terrazzamenti (pastini) e la
revoca delle concessioni edilizie, sconfessando uffici comunali, costruttori e
Tar e dando ragione a coloro che nei tre progetti vedevano un impatto
insopportabile per l’ultima enclave verde posta tra i rioni di Gretta e Roiano.
Successiva alla sentenza, appunto, l’ordinanza comunale che dettava il
ripristino dell’area. I residenti si dicono preoccupati per la sicurezza della
vallata. L’alveo del torrente, spiegano, ospita materiali che devono essere
rimossi, e risulta privo di una vasca di decantazione; è un corso d’acqua a
rischio di esondazione in caso di forti rovesci. E risulta in pessime condizioni
il ponte che collega i due versanti della vallata. Il comitato evidenzia ancora
come sul fronte di Gretta debba essere definita e conclusa l’opera di
consolidamento del versante. «Il Comune ha ereditato una situazione davvero
difficile» – ha sottolineato l’assessore comunale Elena Marchigiani - «Sussiste
infatti un contenzioso con la ditta Gia che ha citato il Municipio per oltre tre
milioni di euro per non aver potuto esercitare il diritto di costruzione.
L’amministrazione – assicura ancora Marchigiani – s’impegnerà per fare chiarezza
e attende ulteriori documentazioni da parte del comitato». «Rilasciando a suo
tempo le concessioni edilizie – ha affermato il presidente della Commissione
Stefano Patuanelli - il Comune si è posto nelle condizioni di debolezza rispetto
a un privato, e non ha la forza per imporre l’ordinanza. Pertanto si rendono
necessari ulteriori approfondimenti. Come chiudere la partita? Una strada
potrebbe essere quella di una transazione tra Comune e costruttori...»
Maurizio Lozei
L’Ance alla Corte dei conti contro la Soprintendenza
Caso Picchione, i costruttori del Fvg chiedono indagini su eventuali
danni erariali denunciando troppi “no” ai progetti edilizi e un contesto
operativo di incertezza
L’associazione dei costruttori regionale (Ance) ha presentato un esposto
alla procura della Corte dei conti con il quale chiede «l’avvio di indagini
preliminari per la contestazione dell’eventuale danno erariale derivante dai
provvedimenti di diniego sui progetti edilizi da parte della Soprintendenza ai
beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, i pareri negativi
negli ultimi mesi sono stati circa del 70% e aggravano - dice la nota dell’Ance
- la situazione di un comparto che ha perso oltre 5000 addetti, mentre
contribuiscono a creare un contesto operativo di incertezza con cui
professionisti, imprese e amministrazioni pubbliche debbono quotidianamente
misurarsi». Domani alle 11, nella sede di Confindustria Udine in palazzo
Torriani, gli “Stati generali delle costruzioni del Friuli Venezia Giulia”
illustreranno «la gravissima situazione che si sta verificando in Friuli Venezia
Giulia dopo l’aumento esponenziale dei dinieghi (o pre-dinieghi) sottoscritti
dalla Soprintendenza». Si inasprisce ancora, dunque, la forte contrapposizione
tra Soprintendenza, enti pubblici e categorie professionali: la soprintendente
ai Beni architettonici Maria Giulia Picchione ha esplicitato, dopo le prime
proteste a poca distanza dal suo insediamento lo scorso luglio, il proprio
atteggiamento di rigore, l’adesione stretta al Codice dei beni culturali, la sua
esigenza di avere sul tavolo “pratiche complete” e non deficitarie di documenti
per poter esprimere un parere motivato in campo architettonico e paesaggistico,
aveva lamentato non solo le carenze gravi di personale di cui soffre l’ufficio
ma anche un archivio in palazzo Economo senza puntuali archiviazioni e la
mancanza (dall’architetto subito colmata) di un “database” con le date di arrivo
dei progetti da esaminare e le date di scadenza entro cui il parere della
Soprintendenza è obbligatorio per non scadere nella cattiva pratica del
“silenzio-assenso”. Tuttavia, dopo che nei mesi scorsi si erano registrate anche
interrogazioni in Consiglio regionale, e mentre i costruttori lamentano
«progetti fermi per 500 milioni in Friuli Venezia Giulia», il Comune di Trieste
con sindaco e assessori (non dunque una categoria coi propri legittimi
interessi) ha manifestato l’altro giorno dissenso verso «i pareri al 70%
negativi senza una chiara e condivisa linea di indirizzo», e il direttore
regionale dei Beni culturali Giangiacomo Martines ha subito dopo definito
«patologico e non ulteriormente tollerabile il livello di contrapposizione tra
la Soprintendenza e le autorità del Friuli Venezia Giulia», impegnandosi
«un’indagine approfondita anche a nome del ministero dei Beni culturali per
capire che cosa sia successo in questi ultimi sei mesi. Sarà mio dovere - ha
aggiunto Martines - verificare che anche la dottoressa Picchione come tutti i
suoi predecessori sia disponibile al dialogo e al confronto attraverso il Tavolo
tecnico previsto dal nostro ordinamento». Picchione, in alcun modo raggiungibile
nei giorni scorsi per una replica immediata alle contestazioni, ha in seguito
affermato di non volersi mettere in contraddittorio con nessuno, annunciando
piuttosto azioni legali contro le critiche mosse al suo operato.
Prg interattivo grazie a Insiel Già 22mila “visite”
Il sistema informatico “PrgEvo” per la visualizzazione interattiva dei piani
regolatori comunali online realizzato da Insiel Spa su richiesta della Regione,
ha registrato 60mila accessi durante il 2012: è il bilancio tracciato dalla
società informatica dopo un anno di attività, che ha visto l’installazione del
servizio innovativo in 64 comuni della regione. “PrgEvo” permette a cittadini,
tecnici comunali, professionisti e imprese di «conoscere - spiega Insiel - la
destinazione urbanistica delle diverse aree e la normativa di riferimento
comodamente on line. Il progetto è stato ideato per rilanciare la competitività
del territorio comunale grazie all’ausilio di strumenti e tecnologie di
avanguardia». Trieste spicca su tutti con i suoi 22mila accessi. Ogni giorno il
numero di mappe fornite sul sito è stato di circa 100mila. Il mese in cui si
sono registrati più accessi è stato ottobre, con 8450 visite.
Villa Ara, park sotterraneo da 113 posti
Già aperto il cantiere, lavori per 3 milioni della Riccesi. Il polo
sportivo sarà interamente rifatto, 40 parcheggi al Centro
Ma che fine hanno fatto gli impianti sportivi ospitati nel complesso di
Villa Ara? La domanda se la saranno posta tutti coloro che di recente hanno
varcato la soglia dello storico centro di aggregazione giovanile della città
situato in via Monte Cengio e fondato quasi sessant’anni fa dai Padri Gesuiti.
In effetti i campi di calcio, basket e pallavolo sono improvvisamente scomparsi
dall’orizzonte per lasciare il posto a un unico cantiere in cui sono all’opera
ruspe e macchine scavatrici tra cumuli di terra, transenne ed attrezzi da
lavoro. Uno scenario decisamente inusuale che si spiega con la messa in moto del
progetto che prevede la costruzione di un parcheggio interrato per un totale di
113 box auto, in fase di realizzazione da parte della Riccesi Spa. L’impresa, in
virtù di un accordo siglato lo scorso anno con la Provincia Veneta della
Compagnia di Gesù, provvederà anche a ricavare 40 posti macchina a servizio del
centro giovanile, oltre a riqualificare le aree in superficie dell’intero
complesso sportivo. L’opera, dal costo complessivo di tre milioni di euro, sarà
conclusa nell’arco di diciotto mesi, dunque nella primavera del 2014. «Non si
tratta assolutamente di un intervento invasivo, che anzi avrà un impatto molto
basso - precisa Lucia Riccesi, amministratore dell’impresa di costruzioni
Riccesi Spa -. Soprattutto non ci saranno contraccolpi di nessun genere per il
centro giovanile che, al contrario, dall’opera di riqualificazione ricaverà
tutta una serie di benefici, grazie alla creazione di impianti sportivi nuovi di
zecca e conformi alle normative vigenti, con i tempi di esecuzione che saranno
pienamente rispettati. Gli altri parcheggi invece verranno messi in vendita e
destinati ai privati per lo più residenti, ovviando in questo modo alla cronica
carenza di posti auto in quella zona». Nel frattempo, come spiega Claudio Scabar,
direttore del cantiere e un passato importante come portiere di calcio nelle
giovanili della Triestina e poi nel Cremcaffè, sono già state realizzate le
opere propedeutiche all’ottimizzazione della viabilità, attraverso la
redistribuzione delle corsie per il traffico veicolare che coinvolgono via Fabio
Severo, specificatamente nell’incrocio con via Marconi e vicolo Castagneto, a
partire dall’installazione dell’isola pedonale fino alle segnalazioni
semaforiche, che consentiranno di regolarizzare il flusso delle auto dirette al
parcheggio sotterraneo con quelle in arrivo dalle altre direzioni.
Parallelamente sono state rimosse e demolite le strutture preesistenti e
realizzate le opere di sostegno dei muri perimetrali, attraverso l’installazione
dei micropali con profili in acciaio che serviranno al contenimento in fase di
scavo. La prossima settimana, compatibilmente con le condizioni meteorologiche,
si partirà con la seconda fase, quella dell’intervento sotterraneo: si arriverà
a una profondità di tre metri e mezzo con la creazione di un piano unico, per
una superficie totale di oltre quattromila metri quadrati. Dunque, dopo la
grande ristrutturazione messa in atto una quindicina di anni fa, quando nasceva
uno dei primi campi di calcio in erba sintetica della città, Villa Ara è pronta
adesso a cambiare nuovamente volto e a rifarsi il trucco in vista di un
compleanno importante, quello dei sessant’anni di vita, pur a fronte del
sacrificio di dover sospendere per un anno e mezzo la parte sportiva del
complesso frequentato ogni giorno da centinaia di ragazzi. Viene portato avanti
invece regolarmente il punto di riferimento principale del Centro giovanile,
quello dell’attività pastorale che si sviluppa attraverso la formazione umana e
cristiana. «Si tratta di un intervento che porterà a un rilancio importante
dell’intera struttura in un’ottica cittadina - assicura Giovanni Spina,
direttore del Centro di aggregazione e formazione giovanile dei Padri Gesuiti -.
I campi di calcio, basket e pallavolo saranno rifatti completamente con
materiali di ultima generazione e potremo disporre di nuovi spazi aggiuntivi,
tra cui una zona riservata ai bambini più piccoli e ai loro genitori, per
sviluppare la sfida educativa in sinergia con le famiglie. Si tratta nello
specifico di un progetto al quale teniamo molto e che viene portato avanti
grazie al lavoro di due figure fondamentali, come quelle di padre Federico
Pelicon e di fratel Federico Masiero. Credo che, una volta terminati i lavori,
sarà difficile trovare un altro Centro di aggregazione così significativo a
Trieste. E sarà anche il modo migliore - chiude Spina - per spegnere le 60
candeline di un’attività pastorale, iniziata molto tempo fa ma che rimane sempre
viva e attuale».
Pierpaolo Pitich
SEGNALAZIONI - Porto - Mancano le idee
Fino a quando si crederà che l’abolizione del punto franco e la sdemanializzazione del distretto storico portuale risolva la sua riconversione vuol dire che non si “è studiato” abbastanza e che non si è trovata la giusta strada. Cortei e manifestazioni che richiamano alla politica anni settanta, quando determinante era lo sviluppo industriale, la ricollocazione del capitale sul territorio e la salvaguardia della classe operaia. Ora non abbiamo più questi obiettivi, non abbiamo neppure la classe dei “lavoratori”, e tutti vanno verso il nulla pur di affermare se stessi e l’area politica di appartenenza. Quando si impedisce il confronto democratico vuol dire che non si vogliono risolvere i problemi , perché l’individuazione delle controparti non può essere condizionato da un’appartenenza politica. Facciamo finta di non vedere, senza valorizzare, chi invece sul porto si impegna e comprende le procedure. Sono bastate due donne, Marina Monassi e Ulrike Andres, ad allarmare i politici sul rigassificatore, forse più importanti di cento manifestazioni. Invece di continuare con le provocazioni e con emendamenti a “sorpresa”, con passerelle effimere che secondo alcuni potranno rivitalizzare borghi storici urbani, bisogna dimostrare di essere in grado di contribuire al superamento della crisi e di avere le idee chiare su quale sia la procedura per la rivitalizzazione e il riutilizzo del porto vecchio. Far credere che da una parte ci siano i buoni e dall’altra i cattivi, vuol dire creare delle illusioni per cittadini che non sanno più dove vivere e a chi affidarsi. Quante volte, in periodo elettorale, si è parlato della Ferriera e del porto vecchio? Perché invece di ostentare falsi obiettivi ci si impegna concretamente nella risoluzione dei problemi. Sicuramente la Centrale Idrodinamica, la sottostazione elettrica, il magazzino 26 e il molo IV non sono stati salvati dalla politica, ma da persone che si sono impegnate ricercando procedure e finanziamenti. Questi episodi sono la prova che per cambiare le condizioni di degrado del porto vecchio, bisogna seguire altre strade e altri percorsi. Occorre capire quali sono le “nuove attività produttive” determinanti e insediative di nuove professionalità anche nel distretto storico portuale. Vi chiedo soltanto cosa pensate di fare dopo aver abolito il punto franco, aver sdemanializzato l’ area, pensate di procedere immediatamente con i restauri dei magazzini storici? Chi ne sopporterà i costi? Si è già individuata la procedura autorizzativa per il riuso? Quanti anni dovrà ancora restare in abbandono il patrimonio storico portuale? Lo capiscono anche i bambini che si stanno dicendo bugie.
Antonella Caroli Palladini (ex segretario generale dell’Autorità portuale)
Parcheggi sulle Rive da “stringere” per far posto alle
bici
Primo vertice tra Comune, Ttp, Regione e Autorità portuale Segnaletica da
riscrivere o vanno persi posti e pedaggi
Frenano prima di scontrarsi muso a muso. Ma auto e biciclette a Trieste
fronteggiano adesso, con le nuove politiche sulla mobilità, la prima vera
intrusione delle due ruote ecologiche nel campo finora libero e incontrastato
delle “quattro” che spadroneggiano, e ormai è chiaro dovranno stringersi per far
posto. È cominciato infatti il confronto, una vera e propria conferenza dei
servizi cui partecipano Comune, Autorità portuale, Trieste terminal passeggeri
(Ttp) che gestisce i parcheggi sulle Rive, e Regione, per trovare un accordo
sulla nuova pista ciclabile prevista da Miramare ai Campi Elisi nell’elaborato
del nuovo Piano del traffico. Il percorso, tracciato sulla parte interna del
marciapiede sulle Rive lato mare, che contrassegna l’ampio spazio per i pedoni
(ma attualmente consente in promiscuità anche il transito con le bici), è
evidentemente destinato a sconfinare sugli stalli blu a pagamento in concessione
sul lungomare a Ttp, particolarmente appetibili per la veloce rotazione
specialmente nel tratto “top”, quello davanti a piazza Unità. E Ttp l’ha fatto
ben presente al Comune. L’altro giorno l’incontro tecnico si è avvicinato però a
una soluzione pacifica. «La pista, pur essendo prevista in tutti i piani
urbanistici in accordo con quelli del porto - dice l’assessore all’Urbanistica,
Elena Marchigiani - toglie spazio ai parcheggi, ma Ttp ha dimostrato, al di là
delle problematicità tecniche che ci siamo impegnati a risolvere, una comunione
d’intenti su questa progettazione: specie per il settore crocieristico,
altrettanto gestito da Ttp, piace anche alla società l’idea che i turisti scesi
dalla nave trovino pronti stazioni di “bike sharing” e piste ciclabili per
avviarsi in visita alla città». Nei giorni precedenti l’incontro, Comune e Ttp
hanno fatto un sopralluogo, metro alla mano. «Abbiamo verificato - prosegue
Marchigiani - che basterà ridisegnare la segnaletica a terra, i posti persi
saranno veramente pochi, si è scoperto che le corsie per l’ingresso delle auto
al posto di parcheggio sono ancora più grandi rispetto ai limiti di norma, e gli
stalli a spina di pesce sono più grandi anch’essi». Dunque basterà stringersi e
smagrirsi, e gli uffici comunali si sono messi al lavoro per il ridisegno, che
sarà presentato alla prossima conferenza tra tutti gli enti, a metà di febbraio.
La pista ciclabile peraltro, ricorda l’assessore, è già finanziata dalla
Regione, «e margini per lavorare ce ne sono, nemmeno noi vogliamo ledere gli
interessi di Ttp, perché li consideriamo non solo suoi legittimi, ma anche della
città. Ce la stiamo mettendo tutta per arrivare a un risultato positivo». Questa
ciclabile con una corsia propria, protetta, sarebbe la prima interamente
“cittadina”, e la prima non ospitata da un marciapiede largo, cosa che appunto
avviene sulle Rive ma anche per un consistente tratto a Barcola. Nel contesto
del Piano del traffico, per la “silhouette” che acquisisce se letta in relazione
con gli altri due tronconi messi in progetto, in direzione via Giulia fino a San
Giovanni, e viale D’Annunzio verso via Cumano, la pista è stata definita “a pi
greco”, e ne costituisce la base, nonché anche il primo lotto.
Gabriella Ziani
SEGNALAZIONI - Società - Regalatevi la prudenza
Stai meditando su quale regalo fare, originale e utile, magari equo e solidale, ecologico e a portata di crisi? Ulisse-Fiab ne consiglia uno facilissimo: riduci la velocità quando guidi. Rallentare salva vite umane, ridurre la velocità aumenta la sicurezza sulla strada, rende la città più vivibile, e sorpresa... non fa perdere tempo. Non ti basta? E allora aggiungi il risparmio: una guida più lenta ma più fluida (senza accelerazioni e stop) fa risparmiare in benzina, riduce i costi sociali dovuti agli incidenti stradali (nel 2008 265 euro pro capite nel solo Fvg). E infine una città più sana e sicura facilita la mobilità a piedi e in bici. La moderazione del traffico è una delle grandi sfide della mobilità urbana sostenibile. Se rallenti metti in moto un circolo virtuoso che fa un regalo a tutti! Anzi chiedilo anche tu come regalo. Non aver paura di essere accusato di essere retrogrado e contrario allo sviluppo, la mobilità del futuro è intelligente, non si sviluppa... si evolve!
Stefano Cozzini (direttivo Ulisse-Fiab)
Servizio civile Il nuovo bando a primavera
A causa dei tagli ai fondi del Servizio civile da parte dei governi
Berlusconi e poi Monti, nel 2012 non c’è stato l’annuale bando per partecipare
al Servizio civile nazionale. Lo ricorda l’Arci, annunciando che il prossimo
bando uscirà a primavera, con l’inizio del Servizio civile previsto per
settembre 2013. Possono fare domanda tutti i cittadini italiani di età tra i 18
anni (compiuti) e i 29 anni (non compiuti alla pubblicazione del bando). Ai
volontari selezionati in servizio civile, per la durata di un anno, spetta un
riconoscimento economico di 433,80 euro netti al mese, corrisposti direttamente
dall’Ufficio nazionale Servizio civile. Chi è interessato può inviare una e-mail
a trieste@arciserviziocivile.it o telefonare alla sede allo 040-761683
begin_of_the_skype_highlighting 040-761683 GRATIS end_of_the_skype_highlighting,
lasciando nome, cognome, età, numero di cellulare e indirizzo di posta
elettronica. La segreteria contatterà gli interessati all’uscita del bando
indicando i progetti presenti di Arci Servizio civile e fissando un eventuale
colloquio informativo. Informazioni su
www.arciserviziocivile.it
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 gennaio 2013
Morti per l’amianto alla Gmt, 4 indagati
Almeno otto operai sono deceduti per mesotelioma. Tra i dirigenti sotto
accusa l’ex presidente Confindustria Antonini
Quattro persone sono indagate nell’ambito dell’inchiesta della Procura della
Repubblica di Trieste sulla morte per mesotelioma pleurico di almeno otto operai
che nel periodo fra il 1971 e il 2000 avevano lavorato nello stabilimento della
Grandi Motori Trieste venendo esposti all’amianto. Gli indagati sono Alberto
Guglielmotti, residente a Torino, direttore generale della Gmt tra il 1970 e il
1977; Manlio Lippi, che risiede a Monfalcone ed è stato dal 1977 al 1984
presidente e amministratore delegato della società; Enrico Bocchini, residente a
Cesena e presidente del cda di Fincantieri dopo l’incorporazione della Gmt nella
stessa (operazione datata 1984); e infine l’ex presidente di Confindustria
Trieste Corrado Antonini, residente a Roma e che dal 1984 in poi in Fincantieri
ha ricoperto vari ruoli di vertice: direttore generale e amministratore
delegato, poi dal 1994 quello di presidente (quest’ultima è la sua veste attuale
in seno all’azienda). L’ipotesi di reato a carico dei quattro è quella di
omicidio colposo plurimo. La Procura di Trieste ha inviato loro gli avvisi di
conclusione delle indagini. Il pm Matteo Tripani, titolare dell’inchiesta,
contesta ai quattro di non aver adottato all’epoca - nel periodo cioè fra il
1971 e il 2000 all’interno dello stabilimento di Bagnoli della Rosandra - le
misure utili a garantire la tutela della salute dei lavoratori e in particolare
quelle relative all’utilizzo delle mascherine con gli appositi filtri, alla
sistemazione dell’amianto in ambienti separati e alla dotazione degli ambienti
di lavoro di impianti fissi e mobili per l’aspirazione. Il sostituto procuratore
contesta loro, inoltre, la mancata sostituzione dell’amianto con materiale
alternativo. Operazione questa che per i periti nominati dalla Procura di
Trieste sarebbe stato possibile effettuare: il pm Tripani si è avvalso della
consulenza del medico del lavoro Pietro Gino Barbieri, di Brescia, e
dell’igienista industriale Patrizia Legittimo, di Firenze, la cui opera si è
sommata a quella portata avanti dall’Azienda sanitaria di Trieste con il
Dipartimento di prevenzione diretto dal dottor Valentino Patussi. La morte degli
otto lavoratori è avvenuta (alcuni decessi anche nel 2011) per mesotelioma
pleurico, tumore che ha un tempo di latenza molto lungo. Secondo l’ipotesi del
pm Tripani la loro malattia sarebbe derivata dall’esposizione all’amianto e dai
mancati accorgimenti di sicurezza che invece i dirigenti del periodo 1971-2000
dello stabilimento - in qualità di legali rappresentanti di Gmt fino al 1984 e
di Fincantieri da lì in poi - avrebbero dovuto garantire. Nella provincia di
Trieste, quando si registra la morte di un lavoratore che è stato esposto
all’amianto, viene disposta automaticamente l’autopsia. L’inchiesta è partita
sulla base di una segnalazione dell’Azienda sanitaria. La Procura di Trieste sta
indagando anche su altri casi di decessi - pare siano sei - per mesotelioma
pleurico di lavoratori della Grandi Motori. Appresa la notizia della notifica
degli avvisi di chiusura delle indagini, la Fincantieri - attraverso il suo
ufficio stampa - ha osservato ieri: «Rispettiamo l’operato della magistratura e
non ci sottrarremo, fino a quando saremo in grado di farvi fronte, alla
corresponsione delle somme che eventualmente saremo chiamati a risarcire.
Dobbiamo però precisare che se oggi Fincantieri deve difendersi nelle sedi
preposte da accuse che, se accolte, causerebbero irreparabili danni patrimoniali
all’azienda, tali da metterne in discussione la sua stessa sopravvivenza, i
fatti cui si fa riferimento risalgono a molto tempo fa, talvolta decenni. Da
allora sono cambiati non solo tecnologie, materiali, metodi di lavoro e
conoscenze scientifiche, ma anche e più volte, il corpo dirigente e tecnico
della società. Fincantieri ha sempre operato nel rispetto delle norme di legge,
con tecnologie d’avanguardia e secondo gli standard del tempo».
Matteo Unterweger
Razeto: «Materiali banditi da anni Investito nella
tutela dei lavoratori»
«Una volta si usava l’amianto, o materiali che lo contenessero, ora sono
anni e anni che sono stati banditi». Lo ha detto, ieri, il presidente e Ceo di
Wärtsilä Italia, Sergio Razeto, commentando la notizia della chiusura delle
indagini della Procura di Trieste. Wärtsilä e i suoi dirigenti non sono
indagati, e il periodo oggetto dell’indagine si chiude prima dell’insediamento
della multinazionale finlandese nello stabilimento di Trieste della ex Gmt.
Razeto, che è anche presidente di Confindustria Trieste, ha voluto ricordare che
«al primo posto delle preoccupazioni, Wärtsilä ha proprio la salute dei
lavoratori. Se non c’è salute non c’è efficienza, non c’è niente». Razeto ha
anche riferito di non ricordare «grossi eventi» di bonifica da amianto, dopo
l’insediamento. «Sono state eliminate delle guarnizioni, ma non avevamo un
ambiente così inquinato - ha precisato -, è il materiale che veniva usato in
passato che è dannoso».
Provincia, «il piano del territorio ci cancella»
Voto negativo al documento di programmazione regionale: indica “Aree
vaste” prima di ogni riforma
È dal 2009 che la Regione ha il compito di creare un Piano del governo del
territorio (Pgt), una tappa per anno e adesso è all’esame degli enti locali per
le osservazioni alla Valutazione ambientale strategica: il Consiglio provinciale
(con l’assenza in aula di tutto il Pdl) ha votato unanimemente “no”, 14 voti su
14 presenti. «Netta contrarietà» perché il documento prefigura un governo del
territorio per “Aree vaste”, suppone però 11 entità territoriali a presidiarlo,
e mai nomina le Province pur dando indicazioni su compiti che ora le sono
delegati. «Esigenza di una indispensabile preventiva riforma normativa
dell’ordinamento delle Autonomie locali» richiede la Provincia di Trieste,
definendo subito dopo «improponibile l’adozione del piano in una fase di
chiusura della legislatura». Il testo era stato già bocciato dalla Conferenza
delle Autonomie locali. «Il parere è solo consultivo - spiega l’assessore
provinciale Vittorio Zollia -, ma questo Piano ha gravi carenze nelle sue norme
tecniche, si parla di una “governance” affidata ad Aree vaste, ma che cosa sono?
Quale forma giuridica hanno?». «C’è una incongruenza di fondo - esplicita la
presidente Maria Teresa Bassa Poropat -, che è intanto di buon senso: questo
Piano deve seguire, non precedere la riforma delle Province, e quest’Area vasta
che cos’è? Certi compiti sovracomunali non possono essere lasciati ai singoli
Comuni, ma guarda caso l’ente Provincia non è mai nominato. Inoltre è mancato
del tutto un dialogo partecipativo». In allegato Poropat respinge il piano di
riforma Pedicini sulla riforma-abolizione delle Province, che si riaffaccia:
«Resterebbero tali e quali, ma senza presidente e senza assessori, con un
sindaco in testa, a rotazione ogni due mesi. Ma che senso ha? Questa è una
proposta offensiva e basta». Il Piano del territorio è un corposissimo documento
che ciascuno può leggere trovandolo sul sito della Regione, al settore Ambiente
e territorio. Scopi e analisi sono di grande interesse (lo riconosce anche
Zollia: «Una buona base conoscitiva»). Si scopre come Trieste abbia flussi più
attrattivi che “in partenza”, che sia in testa per realtà culturali e
scientifiche ma non per innovazione, si riconosce il deficit infrastrutturale,
con pericolo di marginalizzazione, si ammette che il territorio tutto (piccolo,
con processi di invecchiamento, ridotta mobilità) ha avuto «uno sviluppo
disordinato degli insediamenti», anche se «non come in Veneto», ma abbastanza da
far perdere «ruolo e funzione alle città». E ha ben 30 impianti industriali «a
rischio di incidente rilevante». Il Fvg insomma è straordinarmento ricco (alta
scolarità, enorme patrimonio culturale, parchi scientifici, molte zone naturali
protette), ha molte opportunità da sviluppare (sistema montano, turismo, caserme
dismesse, aumento di traffici, corridoi multimodali, trasferimento alle imprese
di scoperte scientifiche) ma è anche “minacciato”. C’è il rischio che i vari
Corridoio 5 e linea Tav che dovrebbero collegarci al mondo «solo distruggano
l’ambiente, senza ricadute positive sul tessuto economico». Che senza queste
però si cada nella marginalità. Che «per l’incapacità di riconvertire apparati
produttivi verso settori innovativi si vada verso una perdita di competitività
del sistema economico», e qui si traduce facilmente “Ferriera”. Ma la Regione
aggiunge anche: i sempre maggiori tagli alla spesa pubblica impongono «la
capacità di agire in sinergia col privato».
(g. z.)
«Sviluppo del porto negato dal rigassificatore» - LA
REPLICA
Uil vigili del fuoco-Tavolo tecnico: traffici in sofferenza per almeno 4
giorni alla settimana
Gianfranco Badina «ha mai sentito parlare di distanze di sicurezza? Parrebbe
di no, a leggere quanto sostiene». La replica arriva dal Coordinamento regionale
Uil Vigili del fuoco - Tavolo tecnico rigassificatori, a firma di Adriano
Bevilacqua su testo di Giorgio Trincas, docente universitario e membro del
Tavolo tecnico. Badina, comandante marittimo ed ex docente all’istituto Nautico,
ha sostenuto in sostanza che il rigassificatore non ostacola altre navi ed è
compatibile con lo sviluppo del porto. Molti rigassificatori onshore in effetti
sono installati in porti e zone industriali. «Ma questi progetti appartengono al
passato remoto, quando la percezione dei rischi e le normative erano deboli.
Oggi esistono soluzioni che consentono di produrre gas al largo della costa, con
sistemi a circuito chiuso, che attraverso pipelines sotto il fondale marino
potrebbe essere immesso nella rete nazionale». Se si utilizzassero le soluzioni
navali «come in anni recenti in Corea del Sud, Usa, Belgio e Italia (Livorno,
Falconara) non occorrerebbe costruire a Zaule i due serbatoi di stoccaggio del
gas liquido da 160mila metri cubi di capacità che presumibilmente sarebbero alti
55 metri con diametro di 81 metri». Il Tavolo ricorda che dei requisiti
normativi richiesti «a quanto ci risulta non esiste traccia nella documentazione
di Gas Natural relativa all’impianto di Zaule». Quanto agli aspetti normativi
navali, «è vero - continua il Tavolo tecnico-Uil vigili del fuoco - che
l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa della sicurezza umana in
mare, l’Imo, non ha ancora uno specifico comitato» sui rigassificatori. «Ma ha
risposto con raccomandazioni sempre più stringenti. In ogni caso le norme Imo
impongono che, per tutto il tempo necessario allo scarico del gas, le navi
metaniere devono avere la prua al mare e i motori attivati, con il canale
navigabile libero, per potersi allontanare immediatamente senza attendere i
rimorchiatori in caso di incidente e/o incendio a bordo o in banchina. Come
potrebbe essere gestita un’emergenza con il canale di navigazione impegnato, ad
esempio, da una petroliera?» Quanto alle distanze di sicurezza, «i 200 metri
standard sono relativi alla presenza nelle vicinanze del rigassificatore di
altri manufatti che possano determinare un effetto domino. Ma quando parliamo
delle navi gasiere, le distanze di sicurezza sono ben altre: 500 metri per
Cameron (Golfo del Messico), 900 per Cook (Alaska), 450 metri sia a Chesapeake
(Norfolk Virginia)... più una congrua fascia di mare sempre libera». Secondo il
tavolo tecnico dunque «il Porto di Trieste sarebbe quanto meno in sofferenza per
quattro giorni alla settimana».
SEGNALAZIONI - Rigassificatore Volontà popolare
Finalmente la volontà popolare riguardo alla costruzione del rigassificatore sarà soddisfatta, si spera. L’autorità portuale e il comitato preposto ad una valutazione globale di quest’opera si sono espressi: parere negativo alla sua costruzione, quasi all’unanimità. Capitaneria e Regione assenti! Ciò vorrà dire qualcosa? La cosa è collegata (volutamente) anche allo Stato o a chi ci governa in Regione? Hanno fatto come Ponzio Pilato? Dopo tante opposizioni popolari condite da manifestazioni interrotte anche da lucchetti «birichini» e dopo tante segnalazioni contrarie all’idea «interessata» di Gas Natural, la presidente dell’autorità portuale signora Monassi, si è sbilanciata e ha parlato a nome dei presenti. Le motivazioni che ha esternato riguardo alla non facile fattibilità del contestato progetto mi convincono appena appena. Ha parlato di una crescita esponenziale di traffici per gli anni futuri, e ciò verrebbe impedito se il rigassificatore fosse costruito. Speriamo che sia vero l’avvento di tutto questa straordinaria mole di lavoro. Ritardo, sempre in ritardo, e per fortuna non a tempo scaduto. Poteva muoversi prima, la signora Monassi, e non aspettare tutto questo convulso periodo d’incertezza e poteva informarsi molto tempo prima (vedi presso il porto di La Spezia) dei pro e dei contro che potevano accompagnare quest’opera desiderata da pochi e rifiutata, anche con il cuore, da quasi tutta la popolazione.
Pino Podgornik
ANSA.it - MARTEDI', 15 gennaio 2013
Otto morti per amianto alla Grandi Motori, indagati 4
dirigenti - Accusati di omicidio colposo, casi a Trieste dal 1971 al 2000
Fascicoli processi manipolati, 26 ordinanze a Napoli
La Procura della Repubblica ha concluso le indagini su otto decessi per
mesotelioma pleurico di lavoratori della Grandi Motori Trieste. Secondo quanto
appreso dall'ANSA, le notifiche di conclusioni indagini sono andate a 4 ex
dirigenti, indagati per omicidio colposo e cooperazione colposa. Le esposizioni
a amianto vanno dal 1971 al 2000.
Gli indagati sono il direttore generale della Grandi Motori (GMT) negli anni dal
1970 al 1977, il presidente e amministratore delegato della Grandi Motori dal
1977 al 1984, il direttore generale e amministratore delegato di Fincantieri
(Divisione Grandi Motori) dal 1984 al 1992 e un membro del consiglio di
amministrazione di Fincantieri dal 1984 al 1994. La Procura contesta ai quattro
di non aver posto in essere misure per la sostituzione dell'amianto, di non aver
dotato gli ambienti di lavoro di impianti fissi e mobili per l'aspirazione e di
non aver posto l'amianto in ambienti separati. Ancora, ai lavoratori non sono
state date informazioni sui pericoli e nemmeno fornite le mascherine.
I lavoratori morti per amianto erano attivi in vari reparti: saldatori,
collaudatori e attività manutentiva. La proprietà dello stabilimento della
Grandi Motori è più volte passata di mano: dal 1966 al 1972 è stato di Fiat-Iri,
dal 1972 al 1982 di Grandi Motori Trieste (dal 1975 totalmente trasferita
all'Iri), dal 1984 al 1998 di Fincantieri, dal 2000 é della multinazionale
finlandese Wartsila.
La Procura della Repubblica di Trieste ha ancora in corso un filone di indagini
per altri sei casi di decessi per mesotelioma pleurico di lavoratori della
Grandi Motori. Secondo quanto appreso dall'ANSA, tre dei sei decessi sono
recenti. Gli altri tre casi sono stati riaperti dal Giudice delle indagini
preliminari alla luce dell'inchiesta della Procura, dopo un'iniziale
archiviazione per carenza di motivazione.
"E' difficile indicare le responsabilità" per esposizione da amianto, nel
territorio di Trieste, essendoci o essendoci state "molte attività" a rischio.
Lo ha ricordato il Procuratore generale della Procura della Repubblica di
Trieste, Michele Dalla Costa, commentando con l'ANSA la chiusura delle indagini
per i decessi per mesotelioma pleurico di otto lavoratori della Grande Motori.
Dalla Costa ha messo in evidenza che il fascicolo rappresenta un primo caso in
cui si è riusciti a circoscrivere le responsabilità. I reati sono omicidio
colposo e cooperazione colposa tra gli stessi indagati.
IL PICCOLO - MARTEDI', 15 gennaio 2013
Guariniello e Procura per l’amianto - SABATO CONVEGNO
ALLA MARITTIMA
Il magistrato torinese parla della repressione dei reati ambientali
“Una Procura nazionale per l’amianto e altri rischi ambientali” è il tema
del convegno che si svolgerà sabato alle 9 nella sala Oceania della Stazione
marittima alla presenza del sostituto procuratore di Torino Raffaele
Guariniello, pm nel processo contro i vertici della ThyssenKrupp per il rogo del
2007 e l’anno scorso contro quelli della “Eternit” di Casale Monferrato.
Guariniello parlerà alle 9.15 e al suo intervento faranno seguito quelli dei
procuratori della Repubblica di Trieste, Michele Dalla Costa, e di Gorizia,
Caterina Aiello. A seguire prenderanno la parola Valentino Patussi dell’Ass 1
Triestina responsabile del gruppo di progetto “Libro bianco Amianto” e Maria
Genovese dello studio legale Kostoris&associati. In chiusura il dibattuto
pubblico e la redazione del documento finale. «Nell’ottica del necessario
coordinamento tra Procure - la domanda di fondo alla base dell’iniziativa - può
essere utile o necessaria una Procura nazionale sulla sicurezza e salute nei
luoghi di lavoro?». Il dibattito sarà moderato dal giornalista Giampiero Rossi.
GREENSTYLE.it - LUNEDI', 14 gennaio 2013
Fotovoltaico: detrazione Irpef 50% per installazione impianti
L’Agenzia delle Entrate ha fatto finalmente chiarezza sulla possibilità di usufruire delle detrazioni IRPEF in caso di installazione di un impianto fotovoltaico.
Da tempo si è fatta strada l’ipotesi di rinunciare agli
incentivi del Quinto Conto Energia, ormai molto scarsi e difficili da ottenere,
per percorrere la strada delle detrazioni.
Nella maggior parte dei casi si ottiene un risparmio, tramite la detrazione
fiscale, inferiore al guadagno ottenibile con gli incentivi al fotovoltaico. Ma
si tratta di una procedura molto più snella e semplice, un’alternativa da
prendere in considerazione considerato anche il fatto che il Quinto Conto
Energia è agli sgoccioli.
Tuttavia, questa strada è stata per mesi ostacolata dal comportamento incoerente
di molte sedi dell’Agenzia delle Entrate: ci sono contribuenti che sono riusciti
ad ottenere la detrazione e altri che se la sono vista rifiutare dalla propria
agenzia territoriale di competenza. Serviva, quindi, un pronunciamento ufficiale
dell’Agenzia Centrale. È arrivato, per fortuna.
Dal gruppo di discussione FER – Fonti Energetiche Rinnovabili su Linkedin,
infatti, apprendiamo che un consulente ha ricevuto risposta dalla sede centrale
alla richiesta di chiarimenti avanzata per conto di un suo cliente. Dalla
risposta si evince che gli impianti fotovoltaici, qualora non siano incentivati
con il Conto Energia, possono usufruire delle detrazioni IRPEF fino al 50% (solo
fino a fine giugno 2013, poi si passa al 36%) ma non della detrazione al 55%
come ristrutturazione energetica dell’edificio. Spiega l’Agenzia:
L’installazione di pannelli fotovoltaici per la produzione dell’energia
elettrica, quindi, può rientrare nell’agevolazione, ma in questo caso
l’elettricità prodotta non può essere incentivata attraverso il cosiddetto
“Conto Energia”, previsto dal decreto Ministeriale 5 luglio 2012 (Quinto Conto
Energia).
Tali impianti, infatti, non potevano beneficiare della detrazione del 55% sul
risparmio energetico, in quanto l’articolo 1, comma 346, Legge 27 dicembre 2006,
n. 296, incentiva l’installazione di “pannelli solari” esclusivamente “per la
produzione di acqua calda”, non rientrando tra gli interventi di
riqualificazione energetica.
Detta in sintesi: il fotovoltaico non viene considerato come una tecnologia
utile alla riduzione dei consumi elettrici dell’abitazione, ma come un vero e
proprio impianto di produzione di energia. Non rientra quindi nel novero degli
impianti detraibili al 55%, ma solo al 36-50%. Possono chiedere la detrazione
fiscale:
proprietari o nudi proprietari;
titolari di un diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione o
superficie);
locatari o comodatari;
soci di cooperative divise e indivise;
imprenditori individuali, per gli immobili non rientranti fra i beni strumentali
o merce;
soci di società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice e soggetti
a questi equiparati, imprese familiari, alle stesse condizioni previste per gli
imprenditori individuali;
il familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile oggetto
dell’intervento di ristrutturazione, purché sostenga le spese e siano a lui
intestati bonifici e fatture.
Si spera, adesso, che le detrazioni IRPEF possano fare da “ammortizzatore
fiscale” alla fine del Quinto Conto Energia. Tra l’altro il vantaggio è doppio,
dopo l’altro pronunciamento dell’Agenzia delle Entrate che chiarisce che i
guadagni ottenuti con gli incentivi dei vari Conti Energia vanno inseriti nel
computo dell’IRPEF sotto la voce “Altri redditi”.
Spetta ora ai commercialisti mettere in ordine i pezzi del mosaico e non fare
errori. Solo così il fotovoltaico italiano potrà restare in piedi per qualche
altro mese, in attesa della a lungo prospettata grid parity.
Peppe Croce - Fonte: Linkedin
LA REPUBBLICA - LUNEDI', 14 gennaio 2013
I malati della Ferriera, l'Ilva del Nord-Est
Tra gli operai di Trieste: "I tumori sono amentati del 50%".
Su 2.142 operai che hanno lavorato qui in 20 anni ben 300 hanno avuto la diagnosi di gravi sindromi polmonari
LUIGI PASTORE, è nato a Barletta, ha 57 anni, è perito
agrario, lavora da operaio alla Ferriera di Trieste da 14 anni, e fino a 4 mesi
fa. Perché 4 mesi fa ha scoperto di avere un linfoma di MalT, e quando lo
incontro sta per finire un ciclo di chemio "pesantissima", poi dovrà ripeterla
ogni due mesi. "Ho pensato: viene il cancro proprio a me, che sono quello che
rompe... Poi ho ripensato che attorno a me i miei amici andavano in pensione e
dopo pochi mesi morivano. E guarda che si andava in pensione giovani, per
l'esposizione all'amianto. In questi giorni di festa mi hanno telefonato due che
lavorano con me: uno ha un tumore al cervello, uno allo stomaco".
Sono venuto a Trieste spinto da una serie di motivi. È uscita, commissionata
dalla Procura, una certificazione sulla diffusione dei tumori polmonari negli
anni dal 1974 al 1994 fra i lavoratori della Ferri
era: superiore del 50 per
cento alla media fuori dalla fabbrica. 300 su 2.142. Una proporzione allarmante.
Però è allarmante anche che dati simili vengano compilati (sui documenti Inail e
Inps) oggi, e che si aspetti l'analisi epidemiologica che arrivi ai nostri
giorni. E la Ferriera sta addosso a Trieste quanto e più dell'Ilva ai Tamburi
tarantini.
È difficile capacitarsi di una città piena d'intelligenza e di competenze che
abbia lasciato correre per tanto tempo, quando non abbia screditato chi
denunciava. Un altro motivo mi ha spinto. A Taranto mi ero sentito ripetere
tante volte: "Ci trattano così perché stiamo qui, in fondo all'Italia: nel nord
non avrebbe potuto succedere". Non è vero. Sono equanimi, sfruttatori e
inquinatori. Succede a Seveso, a Mantova, a Brescia, a Casale... Succede a
Trieste.
La Ferriera, già Italsider, poi Pittini, poi Lucchini e Rubashov, poi delle
banche, è oggi affidata a un commissario governativo, Piero Nardi. Racconta
Pastore: "Ho lavorato in cokeria, altoforno, qualità, e da ultimo al parco
ghisa. Il mio linfoma, guarda, non fumo da 15 anni, vita regolare, i dottori
dicono che non hanno la prova ma il MalT non è da fumo, io penso alle diossine
emesse alla qualità, sotto il camino 5. L'Inail mi ha riconosciuto la malattia
professionale, prima la broncopatia, ora il linfoma. E non è facile, tutti
badano all'economia. La loro economia: nessuno che pensi che la mia chemio costa
13 mila euro. Gli operai sono anche strani, hanno paura di farsi le visite per
non scoprirsi malati. Io appena avuta la mia diagnosi ho fatto una specie di
comunicato".
Ogni posto così ha un matto fissato. Qui si chiama Maurizio Fogar, è l'animatore
del Circolo Miani. È ascoltato dagli uni, inviso agli altri: "Un allarmista",
"Con lui non si può parlare: ripete sempre le stesse cose". È vero, è una
Cassandra, ripete da quindici anni che la Ferriera va chiusa, che sta lì solo
per speculare e far ammalare, sospetta ovunque complicità o omissioni, deride
"esperti" che scambiano il benzene col benzopirene. Solo che, alla luce dei
fatti - la Ferriera ridotta da 2 mila a 450 dipendenti, e vicina a spegnersi,
senza un serio piano di bonifica e conversione, la Sertubi fallita, l'allarme
sulle malattie, soprattutto infantili - forse aveva ragione, con la sua
fissazione.
A Trieste ha vissuto un medico (e scrittore) illustre e generoso, Renzo Tomatis,
che diresse il Centro tumori di Lione - e vi morì nel 2007. Ricorda fiero Fogar:
"Nella sua ultima uscita, era in pensione, parlò della salute a Trieste al
Circolo Gerbec a Servola: 'Siccome vedo in sala Maurizio Fogar, colgo
l'occasione per scusarmi per il colpevole ed omissivo comportamento dei miei
colleghi sul dramma della Ferriera in tutti questi anni...'".
La differenza fra Taranto e Trieste sta nelle dimensioni: non delle città, che
si somigliano e si assottigliano allo stesso modo precipitoso, ma delle
fabbriche. L'Ilva ha 12 mila dipendenti, e quasi 20 mila con le ditte, la
Ferriera 450, e un migliaio sì e no con le ditte. E poi la magistratura: a
Taranto ha preso in mano il destino cittadino, a Trieste no. Quando le denunce
hanno avuto un seguito, il reato perseguito era l'"imbrattamento", passibile di
una contravvenzione, come le scritte murali di Mario che ama Maria. (Nel 2010
furono bensì arrestati dirigenti della Ferriera Lucchini, e sequestrata una
discarica abusiva di 360 mila tonnellate di rifiuti speciali e tossici, che
interrano un vasto tratto di mare: ma l'iniziativa veniva dalla Procura di
Grosseto).
Li trovo, Fogar e gli altri, davanti a un supermercato a ridosso della Ferriera,
con le scatole da scarpe, chiedono di sottoscrivere un euro. In capo a tre
giorni ne avranno raggranellati 800, buoni per le bollette più incombenti. Sono
militanti inusuali, un medico, un'impiegata comunale, un operaio, un poliziotto,
una maestra, un ufficiale marittimo. E Mario, ex postino, fuoruscito da due
tumori, che andò a Roma a fare le selezioni da Bonolis e cadde alla domanda se
Madonna avesse mai cantato in italiano: voleva dire no, disse sì, e tornò
indietro, senza la vincita che avrebbe devoluto al Circolo.
Il Circolo sta in uno stanzone sul tetto, dal quale si domina - per così dire -
la fabbrica, se ne fronteggiano fumi e vapori colossali, si spazza la polvere
nera - "imbrattamento" - si guardano i bambini dell'asilo nido che giocano nel
cortile. Si vedono anche i camini del cementificio e dell'inceneritore, tutti
vicini, e il tratto di mare nel quale si vorrebbe piazzare un rigassificatore, a
completare l'opera - ne ha scritto per Repubblica Paolo Rumiz. Fa freddo, le
discussioni si fanno coi cappotti indosso, c'è un gran disordine di libri e
ritagli, ma anche due piccoli acquari di pesci benvoluti. Fogar non smette mai
di ricordare inesorabilmente date, episodi, dichiarazioni. La siderurgia è da
tempo solo un pretesto, dice: l'acciaieria trasportata in Russia nel 2004,
altoforno e cokeria servono solo a giustificare la Centrale di cogenerazione che
utilizza i gas di risulta e, grazie alle agevolazioni "ecologiche", vende
l'energia elettrica a tre o quattro volte il prezzo ordinario, a spese del
consumatore.
Una siderurgia che si morde la coda: esiste per produrre gas nocivi che siano
impiegati a generare energia da vendere a tariffe maggiorate perché ha impiegato
i gas nocivi. È l'affare che protrae l'esistenza della Ferriera, oltre a un
altro regalo colossale, il privilegio di usare la banchina non solo per il
carico e scarico di minerali, ghisa e coke, ma per terzi: un porto in
concorrenza, la più conveniente, col vero porto, anche lui in piena crisi. Oltre
che il serbatoio di voti, sempre più striminzito, ma ancora capace di far gola
in una città in cui il lavoro agonizza.
Ma a questo punto la manovra politica è un esercizio di equilibrismo: promettere
la continuazione della produzione e la sua cessazione, il lavoro e la salute,
non insieme, ma spartiti, il lavoro agli uni e la salute agli altri, e peggio
per tutti. A stare al ministro Clini - il quale ha dato un ultimatum di un mese
per mettersi a norma, e se no dismissione: il mese è già passato - la Ferriera
dovrebbe chiudere da un momento all'altro. (A proposito: Clini si specializzò in
medicina del lavoro con una tesi sulla cokeria triestina).
Pastore: "Credi a me, a norma non c'è nemmeno un bullone. L'Italia ha bisogno di
siderurgia, ma pulita. Questa è finita: e non è che la chiudano le istituzioni,
come avrebbero dovuto, si spegne da sola, per esaurimento, e questa fine mi
turba. Hanno raschiato il fondo del barile, e se ne vanno per non pagare le
bonifiche. Non le farà nessuno. Io sono in malattia, ma sono tuttora Rsu, ho
fatto il mio dovere. Ti faccio un esempio: si portavano le tute a casa, le mogli
che le lavavano potevano ammalarsene. Ho ottenuto il lavaggio alla cokeria, poi
agli altri reparti e alle ditte esterne. Non è vero che gli operai non segnalano
le cose che non vanno.
Io non le segnalo a voce, e anche quando fu introdotto un modulo dall'azienda,
in mano all'operaio restava solo uno scontrino, io facevo la copia della
denuncia e la faxavo. Voglio rientrare per controllare che le cose siano a
posto: col commissariamento vanno via le ditte, gli operai dovranno fare anche
il loro lavoro, la fabbrica diventerà più pericolosa. Già, come diciamo noi,
mettevano il fil di ferro, ora taglieranno corto".
ADRIANO SOFRI
IL PICCOLO - LUNEDI', 14 gennaio 2013
«Il rigassificatore non ostacola le altre navi»
Secondo il comandante Badina ex insegnante del Nautico, è compatibile con
lo sviluppo del porto
«Incredulità e stupore». Sono i sentimenti che dice di aver provato
Gianfranco Badina, comandante marittimo ed ex professore all’Istituto Nautico,
ma molto più noto in città come meteorologo, sentendo le «motivazioni con le
quali l’Autorità portuale ritiene che la presenza di un rigassificatore nella
baia di Zaule rappresenti un ostacolo allo sviluppo, previsto nei prossimi anni,
del traffico del porto». Relativamente a Molo VII e futuri Molo VIII e
Piattaforma logistica, Badina rileva che le navi in arrivo e in partenza da tali
ormeggi non utilizzerebbero il canale Sud, quelle delle petroliere, «e tutte le
banchine in questione si troverebbero a più di 3mila metri dal previsto impianto
di rigassificazione». Badina contesta anche l’affermazione secondo cui nel 2020
potrebbero esserci annualmente 2.900 navi in transito nel Canale Sud. «É
difficile che ciò si verifichi - afferma - perché significherebbe che la Siot
dovrebbe lavorare con quattro petroliere costantemente all’ormeggio il che è
impossibile perché uno dei quattro ormeggi deve sempre essere libero e dovrebbe
anche raddoppiare l’attuale numero dei traghetti.» Ma se anche così fosse,
Badina afferma comunque che «il Canale verrebbe impegnato per non più di 5-6 ore
al giorno per cui l’operatività sarebbe pienamente assicurata. I traghetti
infatti non avrebbero necessità di impegnare il canale e qualora lo facessero il
loro tempo di permanenza sarebbe limitato.» Il comandante fa poi esempi di porti
ben più importanti e trafficati di Trieste. «A Shanghai, il più grande porto del
mondo, il rigassificatore è situato a poche centinaia di metri da un
notevolissimo terminal container che conta una sessantina di gru ponte eppure
non ostacola il traffico delle altre navi. Nella baia di Tokyo dove transitano
35mila navi all’anno ci sono cinque rigassificatori e non sono di ostacolo
all’imponente traffico marittimo. Solo nel settembre 2012 sono arrivate
cinquanta navi gasiere. A Rotterdam, il più grande porto europeo, il
rigassificatore è posizionato all’inizio del canale di accesso al porto dove
l’anno scorso sono transitate 33.600 navi, evidentemente senza problemi. A
Zeebrugge, porto belga con un trraffico di 8.800 navi, il terminal è situato in
prossimità dell’ingresso del porto e non crea alcun ostacolo all’attività dello
scalo. Marsiglia-Fos, primo porto mediterraneo assieme a Genova con 90 milioni
di tonnellate di merci movimentate, ospita due terminali di rigassificazione. A
Barcellona, il maggior porto spagnolo, il terminal è in prossimità
dell’imboccatura del porto attraverso il quale passano ogni anno 8mila navi. È
mai possibile - conclude Badina - che solo a Trieste un rigassificatore crei
problemi insormontabili?»
(s.m.)
MUGGIA - Nesladek replica alle accuse sul Prg: «Io
guardo avanti»
A Muggia il redigendo Piano regolatore è già pomo della discordia nelle aule
della politica. Tutti hanno voglia di “verde” e di sostenibilità: residenti,
progettisti, amministratori. E, stando almeno alle dichiarazioni ufficiali, la
maggioranza come l’opposizione. Ma da qui a mettersi d’accordo su cosa fare, ce
ne passa. Nella cittadina istroveneta i lavori sono entrati nel vivo: tra questo
mese e il prossimo i tavoli operativi aperti a cittadini e portatori d’interesse
daranno forma concreta al nuovo documento che, accompagnato dalla Valutazione
ambientale strategica, dovrà essere votato dal Consiglio comunale nei mesi
successivi. Sinora sono state annunciate soltanto le linee guida, assieme a
molte buone intenzioni. Ma tanto è bastato per accendere la polemica tra il Pdl
e la giunta Nesladek, accusata dal consigliere di opposizione Claudio Grizon di
dispensare divieti e di “fare gli interessi di pochi”. Ebbene, il sindaco non ha
esitato a difendersi. Anzi, è andato al contrattacco. «Dimostra coraggio un
certo centrodestra muggesano, quello dell’era Gasperini, nel parlare di Piano
regolatore», ha scritto infatti il primo cittadino Nerio Nesladek sul suo blog,
affermando di non volersi dilungare sui “guasti al territorio causati da quella
gestione”. «Con questa nuova variante cerchiamo di guardare avanti, verso le
nuove esigenze che oggi, con altre sensibilità, la comunità esprime» ha ribadito
il primo cittadino, rispedendo al mittente le critiche di Grizon secondo le
quali il Prg non sarebbe mai stato una vera priorità del centrosinistra, posto
che non venne concretizzato nel mandato precedente. Il coordinatore del Pdl
muggesano aveva anche denunciato un presunto assillo – da parte dell’attuale
amministrazione – di impedire un’alterazione del tessuto sociale, che potrebbe
modificare le sorti elettorali future. Nesladek liquida la questione con ironia,
aprendo invece le porte a nuovi residenti: «Chi vorrà allargare la propria
abitazione o costruirne una per i figli non deve temere, e non mancheranno
nemmeno le possibilità di dare una casa a chi non ce l’ha». Tuttavia, saranno
privilegiate le ristrutturazioni, e «fermeremo il consumo dissennato del suolo:
basta con le lottizzazioni selvagge, basta fare cassa a discapito del
territorio». Un punto sul quale il sindaco si sofferma è l’apertura di Muggia
all’insediamento di nuovi imprenditori che collaborino nell’espressione della
“vocazione turistica” della città. Stop alla cementificazione, nella visione di
Nesladek, non significa conservazione statica del territorio, ma sviluppo
sostenibile. Lo ribadisce ancora una volta, rispondendo a Grizon che lo aveva
invitato a proporre politiche che attraggano maggiori investimenti, poiché
sviluppare la costa senza l’apporto dei privati sarebbe impossibile: «Vorrei
ricordargli – provoca Nesladek – che il centrodestra affidò agli “amici degli
amici” la realizzazione del progetto Acquario, col risultato di bloccare tutto
per tredici anni». «Se lo spirito del buon padre di famiglia e dell’attento
imprenditore invocato da Grizon è lo stesso che ha dimostrato il centrodestra in
passato, allora siamo a posto» controbatte il sindaco, insistendo sulla
necessità di voltare pagina. In quale modo, dovrà essere presto svelato. Anche
perché la “fase partecipativa” è già iniziata.
Davide Ciullo
Duino, guerra del Comune alle spiagge “privatizzate”
L’amministrazione vuole monitorare tutte le recinzioni abusive sulla
costa per restituire l’agibilità della battigia. Via alle verifiche con la
Capitaneria
DUINO AURISINA «Il fronte mare deve restare, comunque e sempre, libero al
transito». Ergo, ragiona Maurizio Rozza, presidente della Seconda commissione
consiliare, tutte quelle recinzioni abusive, quei scivoli non autorizzati,
insomma quelle strutture tese a “privatizzare” un tratto di costa per impedirne
la frequentazione dei bagnanti o dei natanti in approdo vanno rimosse. Stop alla
spiaggia fai-da-te di chi, avendo preso casa sul mare, si è col tempo
“appropriato” di un pezzo di lido: partiranno le verifiche per restituire, dal
Villaggio del Pescatore a Marina d'Aurisina, una battigia effettivamente libera.
Dunque l'amministrazione Kukanja scalda i muscoli in vista della prossima
stagione balneare e si appresta a verificare tutt'una serie di situazioni che,
di fatto, limitano il godimento di un bene - il mare e soprattutto la costa -
che appartiene alla collettività. Lo spiega l'esponente della maggioranza Rozza
(Sel): «La legge stabilisce che la battigia, cioè la striscia di 5 metri tra la
risacca e l'arenile, debba restare libera al transito: idealmente, un cittadino
deve poter percorrere la penisola da Genova a Trieste, senza soluzione di
continuità. Il provvedimento, naturalmente, risponde a ragioni di sicurezza: un
marinaio o un bagnante in difficoltà, costretto ad approdare su un tratto di
costa, non può trovare riparo sulla terraferma e rischiare di finire in bocca a
un rottweiler, perché un residente ha deciso di privatizzarsi la spiaggia». E
quindi? «Andremo a costituire un tavolo – replica - con l'autorità competente,
ovvero la Capitaneria di porto, per attuare una verifica su tutte le situazioni
esistenti, così da capire se i manufatti presenti, come la recinzione di una
spiaggia attigua a una villa di Duino, siano stati autorizzati e da chi.
Provvedendo, nel caso di strutture abusive, a dar corso alla loro rimozione per
ripristinare la situazione originaria». In questo giro di vite Rozza propone
un'alleanza con Trieste, poiché anche in zona Filtri e sulla rimanente costa,
potrebbero esserci situazioni da accertare. «Sicuramente una strategia comune
con il capoluogo regionale – sottolinea il presidente della Seconda commissione
consiliare – potrebbe essere utile anche in una chiave di valorizzazione delle
coste, per istituire un parco naturale, in grado di convogliare i finanziamenti
regionali, non pochi in questo settore. Inoltre potrebbe costituire un ottimo
volano turistico». Sempre in un'ottica di salvaguardia, potrebbe essere
interessante recuperare la spiaggia del Villaggio del Pescatore, oltre il
pescaturismo, che rappresenta, da un punto di vista naturalistico, il primo
esempio di macchia mediterranea. «Se il porticciolo di Monfalcone vanta il
primato del punto più a nord del Mediterraneo, cercando di sfruttarlo a fini
turistici, noi potremmo senz'altro avanzare il primato della prima macchia
mediterranea, presente proprio in quel punto, per la presenza di lecci e
vegetazione tipica».
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - DOMENICA, 13 gennaio 2013
Recupero dei terrazzamenti sotto Contovello
TRIESTE Forse il 2013 sarà l’anno buono per consentire alla Provincia di
dare inizio al progetto di recupero di parte dei terrazzamenti del costone
carsico sottostanti l’abitato di Contovello. Grazie al parere favorevole al
progetto dalla Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio e per il
patrimonio, tutti i tasselli necessari a permettere l’intervento dovrebbero
essere al loro posto. Il condizionale è d’obbligo, visto che l’azione di
recupero, annunciata a più riprese anche la scorsa legislatura, non è riuscita
mai a decollare per diversi problemi e cavilli. Il progetto dovrebbe ora
consentire all’agricoltura di riprendere piede e di consolidarsi lungo le
campagne del ciglione carsico, almeno per quella parte di territorio sottostante
Contovello. L’intervento della Provincia prevede la ristrutturazione di due
strade interpoderali, oggi ridotte a minimi sentieri, per un totale di circa 800
metri. Oltre all’allargamento dei percorsi necessario per consentire ai mezzi
agricoli di muoversi tra le varie pastinature, è programmata la creazione di
alcune piazzole utili all’inversione di marcia di trattori e motofalciatrici, e
di una serie di punti di raccolta per l’acqua piovana che potrà utilmente essere
utilizzata per l’irrigazione. Sono queste le campagne dove sino a metà Novecento
si raccoglieva la Glera, il vitigno fondamentale nella produzione di quel
leggendario e spumantato “Proseker”, esportato nella corte imperiale viennese.
Vino che, denominato “Prosekar”, è ritornato a nuova vita secondo il metodo
antico grazie all’impegno del produttore Edi Kante. Il progetto di ripristino
voluto da Palazzo Galatti va proprio in questa direzione: consentire ai
proprietari dei fondi sottostanti Contovello di dar vita a quel “rinascimento”
vitivinicolo di quelle campagne del costone carsico altamente votate alla
pratica agricola per clima, esposizione al sole, composizione del terreno.
L’importo complessivo per la ristrutturazione delle strade interpoderali e il
consolidamento dei terrazzamenti è di 1.686.156 euro che risultano a
disposizione dell’ente. A carico della Regione vi sono 510mila euro; altri
439mila appartengono al Fondo Trieste.
Maurizio Lozei
Italia Nostra: «Passerella, vicenda grottesca» - Bucci
(Pdl): «Se la zelante Soprintendenza dirà sì alla modifica delle sponde saremo
all’incoerenza»
Non si placa la polemica sulla passerella “ristretta” di Ponterosso. Una
vicenda “veramente grottesca”, come la definisce Italia Nostra. «Grottesca -
afferma in una nota la presidente Giulia Giacomich - non solo per lo
straordinario errore di calcolo che ha bloccato i lavori, ma perché è stata ben
poco comprensibile la motivazione che ha determinato la scelta di realizzare
quel ponte; come poco comprensibile è stata la puntigliosa determinazione delle
amministrazioni comunali nel volerlo realizzare contro il parere qualificato di
molti architetti. In più forzando, di fatto, l’iniziale decisione della
Direzione regionale ai Beni culturali che sottoponeva la realizzazione del ponte
a una verifica di validità dopo cinque anni». Italia Nostra contesta le
dichiarazioni dell'assessore ai lavori pubblici Andrea Dapretto, che ha
annunciato un adeguamento delle sponde del canale all’estremità del ponte: «Le
modifiche da apportare sulle sponde non possono risolversi in ulteriori
interventi sulla struttura del canale che creino altre deturpazioni, che non
siano approvati dalla Soprintendenza con la revisione dei provvedimenti
autorizzativi e che comportino costi aggiuntivi». «Aspetto il soprintendente
sulla riva del Canale», afferma invece Maurizio Bucci, consigliere comunale e
regionale del Pdl. «Se la dottoressa Picchione (la soprintendente, appunto)
approverà la modifica dei masegni e delle sponde del canale - aggiunge Bucci -
presenterò formale esposto al ministero dei Beni culturali sull'incomprensibile
comportamento del funzionario. Un funzionario che sta vivendo male il suo
posizionamento a Trieste bloccando il 70% dei progetti con enorme danno
economico allo sviluppo della città nella speranza di essere trasferita in altro
luogo. Se la "signora censore", come ricordava una vecchia e storica canzone di
Edoardo Bennato, boccia il posizionamento di panchine, wc provvisori e progetti
urbanistici con evidente eccesso di inspiegabile zelo, ora se decidesse di
autorizzare, per un imbarazzante errore di calcolo, le sponde del Canale, allora
saremmo alla "sagra dell'incoerenza”». Il segretario della Lega Nord, Pierpaolo
Roberti, si rivolge invece al sindaco Cosolini. «Mi sono già espresso sul ponte
- scrive l’esponente leghista - che ritengo quantomeno superfluo, ma ci passo
sopra. Ora però non posso non entrare nel merito della sua realizzazione. Spero
di avere una risposta celere e precisa: stiamo davvero scaricando le colpe dei
ritardi, e conseguenti possibili aumenti di costi, sull'inverno e sulle sponde
asimmetriche o c'è un responsabile in seno all'amministrazione? Nel caso la
risposta fosse la seconda, come appare evidente, chiedo ed esigo, prima ancora
come triestino, che ci dica chi è il responsabile e che questa persona paghi».
Bic e Friulia “alleati” per lo sviluppo dell’energia
pulita
TRIESTE Riduzione delle emissioni, maggiore utilizzo delle fonti rinnovabili
e sviluppo economico attraverso le energie pulite. Sono gli obiettivi del
progetto “Sistema integrato di governance energetica regionale” che, sotto la
regia della Regione, è stato affidato a Bic Incubatori Fvg e Friulia con la
collaborazione dei centri di ricerca. «Ci prefiggiamo di sviluppare, potenziare,
e far crescere imprenditorialità e nuove professionalità – spiega il presidente
di Bic, Lino Vattovani – con un'attenzione particolare allo start up di nuove
iniziative e di nuovi progetti innovativi, in relazione alle opportunità e ai
vantaggi di poter affrontare rapidamente le nuove sfide». Il progetto mira a
intercettare i nuovi modelli energetici sia sul piano ambientale che dal punto
di vista imprenditoriale, in particolare nel settore dell’accumulo e stoccaggio
di energia che, è stato sottolineato nel corso dell’incontro, nel giro di una
decina anni porterà a fatturati di centinaia di milioni di euro con
ripercussioni nella mobilità (auto elettriche) e nell’energia domestica. Accanto
al Sistema Integrato è stato sviluppato dal Ceta di Gorizia una piattaforma per
le cosiddette “smart cities” che vedrà il Medio Friuli protagonista di un
progetto pilota, scelto insieme ad altri tre a livello europeo, per creare una
rete infrastrutturale energetica a sostegno dello sviluppo sostenibile.
Complessivamente, tra il 2012 e il 2020, l’Ue finanzierà questo genere di
progetti con circa 13 miliardi di euro. Obiettivo della programmazione è quello
di coinvolgere anche le regioni e i Paesi vicini, «ponendo il Fvg come modello
della sperimentazione e applicazione di sistemi innovativi», ha sottolineato il
presidente della IV Commissione del Consiglio regionale, Alessandro Colautti. La
Regione nell’ultima legge di bilancio ha finanziato questi progetti con 100 mila
euro oltre ad avere predisposto, tramite l’assessore Savino, una delibera di
generalità per affidare la progettazione a Bic e Friulia.
(r.u.)
Centrale termoelettrica Il territorio vuole garanzie -
PROGETTO A2A A MONFALCONE
MONFALCONE Il territorio è deciso a giocarsi fino in fondo la partita con
A2A sul futuro della centrale termoelettrica di Monfalcone. Pur non nascondendo
la preoccupazione per la propria situazione di debolezza nella contrattazione
con un vero e proprio colosso dell'energia. Nell'incontro promosso venerdì sera
da Legambiente per spiegare alle istituzioni la propria visione alternativa per
lo svecchiamento della centrale (un mix di gas, rinnovabili, produzioni legate a
tecnologie innovative), il presidente della Provincia Enrico Gherghetta ha
annunciato l'istituzione di un tavolo tecnico “indipendente”. Cioé finanziato
dalla stessa Provincia. L'obiettivo del gruppo, coordinato dal Ceta e che vedrà
partecipare esperti dell'Università di Nova Gorica e delle associazioni
ambientaliste, sarà quello di «delineare una serie di scenari rispetto ai quali
interloquire con A2A». «Sono convinto - afferma Gherghetta - che il progetto da
attuare debba avere tre livelli di sostenibilità: ambientale, sociale ed
economica». Il presidente della Provincia comunque ribadisce come, rispetto al
protocollo Endesa del 2004, che prevedeva una potenza installabile di 1.200
Megawatt totali, la decisione di A2A di mantenere i 340 delle sole attuali
sezioni a carbone è in ogni caso un elemento positivo. «Bisogna però ragionare
su ciò che rimane - sottolinea -, tenendo presente che, in assenza di un nuovo
progetto, i gruppi a carbone possono comunque rimanere in esercizio fino al
2017». Solo se, però, ha rilevato nel corso dell'incontro l'assessore comunale
all'Ambiente Walter Pin, si doteranno di un denitrificatore entro il marzo del
2014, come previsto dalla vigente Autorizzazione integrata ambientale. Tra le
variabili di una partita molto complicata, ha ammonito Pin, c'è però anche la
dismissione di Krsko entro il 2023. «Se dalla rete regionale spariranno i 5mila
Gigawatt ora anno importati dalla Slovenia - ha detto -, allora il progetto di
Monfalcone diventa superstrategico. Quello che mi preoccupa è che il tempo
lavora contro di noi». Il sindaco Silvia Altran ha invece da parte sua ribadito
l'esigenza di garantire sicurezza della salute dei cittadini e dell'ambiente
anche nell'immediato. Il mercato, italiano e regionale, è però in forte
evoluzione e l'aumento dell'utilizzo delle fonti rinnovabili sta iniziando a
farsi sentire, come ha sottolineato il responsabile scientifico di Legambiente
Fvg Giorgio Cavallo, mentre le centrali a turbogas, come quella da 800 megawatt
di Torviscosa, sono per lontane dal pieno utilizzo. In regione il 65%
dell'energia elettrica che transita in rete è richiesto dall'industria. Nello
stesso tempo il 20% di quella prodotta in Friuli Venezia Giulia lo è grazie a
impianti idroelettrici, il 4-5% dal fotovoltaico, il 3% dalle biomasse e un
altro 3-4% dalle biomasse impiegate nella centrale di Monfalcone e nell'impianto
di Gorizia.
(l.b.)
IL PICCOLO - SABATO, 12 gennaio 2013
Rigassificatore, dopo i no a Zaule rispunta quello in
mezzo al golfo
Si tratta di un piattaforma di 273 metri al largo di Fossalon proposta
dalla società tedesca E.On
La Via del governo già conclusa in modo positivo, manca
ancora l’assenso di Slovenia e Croazia
Il no espresso giovedì dal Comitato portuale che fa seguito ai no ripetuti
della Provincia di Trieste, dei Comuni di Trieste, Muggia e e San Dorligo della
Valle, alla «pietra sopra» del governatore Tondo, alle numerose proteste di
cittadini e ambientalisti, potrebbe aver dato la mazzata finale al
rigassificatore così come concepito da Gas Natural e così come previsto sulla
terraferma in località Zaule. Ma, morto un rigassificatore se ne fa un altro? In
effetti c’è un secondo progetto che avanza «sottotraccia» ed è quello che la
tedesca E.On ha ripreso dalla spagnola Endesa. Si tratta di un impianto off
shore inizialmente previsto all’incirca 13 km. a Ovest di Trieste, più o meno 12
km. al largo davanti a Fossalon. Poi, proprio per motivi legati alla sicurezza
della navigazione, quelli che potrebbero dare il colpo mortale al
rigassificatore di Zaule, è stato spostato 6 km. a Sud-Ovest rispetto alla
collocazione originaria e ora verrebbe a trovarsi a 600 metri dalle acque
territoriali italiane, ma a soli 2 km. sia da quelle slovene che da quelle
croate. È un particolare che tiene ancora il progetto in sospeso perchè per il
resto il Ministero italiano dell’Ambiente nell’ottobre 2010 ha dato già il
proprio parere favorevole all’impianto in sede di Valutazione d’impatto
ambientale, ma ha posto però una condizione: che ci sia il via libera anche in
sede di Valutazione ambientale strategica (Vas) transfrontaliera, una decisione
che coinvolge sia la Slovenia che la Croazia. «Ma né Lubiana né Zagabria -
afferma l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni che conferma il nulla
osta da parte del governo italiano, ma subordinato all’assenso internazionale -
risultano essersi ancora pronunciate.» Ma Laureni non esclude da parte del
governo italiano il gioco dell’illusionista: concentrare tutta l’attenzione sul
progetto di Zaule, per poi calare a sorpresa dalla manica l’asso del progetto
off shore. In era Dipiazza, quando l’ex sindaco vedeva con maggior favore
proprio l’ipotesi di Gas Natural, il consiglio comunale di Trieste si era già
espresso due volte per il no, con due delibere votate per la precisione nelle
sedute del 28 luglio 2006 e del 18 gennaio 2007. La presentazione del progetto
da parte di Endesa al ministero risaliva al febbraio 2006. Ma un diniego plurimo
è stato pronunciato anche dal consiglio comunale di Grado, oltre che per il
fatto che le tubature del gasdotto riemergerebbero a Fossalon, anche per
l’impatto perlomeno psicologico che l’impianto produrrebbe sulle migliaia di
turisti e bagnanti. Poi però c’è stato il via libera da parte del Comitato
tecnico regionale che del resto ha dato il proprio assenso anche al
rigassificatore di Zaule. E infine, nell’ottobre 2010, come detto, la Via con la
prescrizione però dell’assenso internazionale. La battaglia per i
rigassificatori a Trieste è stata un derby iberico fino a quando, nel 2007, la
madrilena Endesa, battendo la stessa Gas Natural, non è stata acquistata dai
tedeschi di E.On, uno dei più grandi gruppi energetici al mondo con 80 mila
dipendenti in più di 30 Paesi e un fatturato nel 2011 di 113 miliardi di euro.
La società costituita per occuparsi del rigassificatore nel golfo di Trieste è
la Terminal Alpi Adriatico con sede a Monfalcone. Il terminal sarebbe costituito
da una struttura lunga 273 metri e larga 109 poggiata sul fondo marino con una
capacità di movimentazione di 8 miliardi di metricubi di gas all’anno. È
previsto un traffico annuale di 85 metaniere. L’impatto termico logicamente
risulterebbe meno grave data la lontananza dalla costa. Il gradiente termico
sarebbe di un grado fino a una distanza di 100 metri, mentre a un km. la
variazione sarebbe compresa tra uno e due decimi di grado.
Silvio Maranzana
«Pronti a esaminare progetti alternativi» -
Cosolini e Bassa Poropat aprono a nuove soluzioni. Il 21 vertice in Prefettura
con il ministro Clini
E un nuovo summit sul rigassificatore di Trieste è stato programmato per
lunedì 21 in Prefettura alla presenza del ministro per l’Ambiente Corrado Clini.
Ne dà notizia l’assessore provinciale Vittorio Zollia, mentre la presidente
Maria Teresa Bassa Poropat rileva come dopo il pronunciamento del Comitato
portuale «tutti gli enti locali si sono espressi contro l’impianto di Zaule con
motivazioni forti. Già da anni - rileva Bassa Poropat - la stessa Provincia
aveva manifestato timori rispetto al traffico portuale sollecitando un
pronunciamento da parte della Capitaneria di porto che poi non è arrivato. Ora
le proiezioni presentate dall’Autorità portuale se anche fossero eccessivamente
ottimistiche, mettono comunque in rilievo un’assoluta e oggettiva incompatbilità
con un impianto a Zaule non fosse altro per il forte aumento di petroliere al
terminal della Siot.» D’altro canto però la presidente rileva come la Provincia
non sià in termini preconcetti contraria ai rigassificatori, ma sia invece
«pronta a valutare qualsiasi impianto alternativo con localizzazioni
alternative.» È una posizione questa dell’apertura all’esame di altri progetti
già espressa dallo stesso sindaco Roberto Cosolini che invece riguardo
all’impianto di Zaule afferma che: «Già i ripetuti no da parte del Consiglio
comunale di Trieste hanno dato una mazzata decisiva al progetto di Gas Natural,
mazzata rafforzata dai no delle altre amministrazioni sebbene - aggiunge
polemicamente il sindaco - io abbia cambiato opinione una volta soltanto e
lontano dalle campagne elettorali, mentre il presidente Tondo ha già cambiato
idea dieci volte e sempre sotto elezioni.» «Il nostro no su Zaule è netto e
perentorio - aggiunge l’assessore comunale Laureni - e non convince
l’argomentazione del presidente degli industriali Razeto sulla manodopera
impiegata per la costruzione. È un progetto da 600 milioni che impiegherebbe
pressoché la stessa manodopera usata per l’ipermercato delle Cooperavive di
Duino costato 20 milioni. E dopo due anni quei lavoratori tornerebbero a essere
disoccupati. Ma su altri progetti - aggiunge l’assessore - la nostra non deve
essere una risposta emozionale anche perché siamo consci che il settore
dell’energia può offrire ipotesi di sviluppo alla città.» All’ulteriore no
espresso dal Comitato portuale plaude anche l’Italia dei Valori con il
coordinatore provinciale Mario Marin. E del rigassificatore di Zaule si parlerà
oggi anche a “Ambiente Italia” programma in onda dalle 12.55 su Raitre.
(s.m.)
E anche Muggia si esprime di nuovo contro - DELIBERA
PASSATA ALL’UNANIMITA' IN CONSIGLIO
«Infrante le direttive comunitarie che impongono di consultare la
popolazione»
Anche Muggia ha detto di nuovo al rigassificatore di Zaule. Ieri infatti il
Consiglio comunale muggesano ha espresso parere sfavorevole in merito alla
pronuncia di compatibilità ambientale richiesta agli enti locali nell’ambito del
supplemento istruttorio del procedimento di Via (Valutazione d’impatto
ambientale) avviato dal Ministero dell’ambiente sull’impianto. Una delibera
votata all’unanimità, che suggella l’unione d’intenti dimostrata negli ultimi
anni dalle forze politiche muggesane nell’opposizione al progetto di Gas
Natural. Dimenticate alcune “scaramucce” del passato, i consiglieri si sono
riuniti ieri in un’assemblea straordinaria e il documento è stato inviato in
serata alla Regione, che a sua volta – preso atto delle decisioni dei Comuni –
dovrà inoltrare il proprio responso al Ministero dell’ambiente entro il 15
gennaio. Un “no” secco che recepisce alcune indicazioni del Comitato portuale
che discende soprattutto da valutazioni già effettuate in passato. Otto i punti
cardine. Il primo è l’assenza della Vas (Valutazione ambientale strategica), che
è invece richiesta – assieme alla Via – per tutte le proposte varianti al Piano
regolatore portuale e al Piano regolatore generale di Trieste. Inoltre, il
Comune di Muggia ha osservato che il rigassificatore e il metanodotto di
collegamento sono stati fatti oggetto di due distinti procedimenti di Via,
quando invece le due opere vanno considerate un “unicum”. E che sono state
infrante le direttive comunitarie che impongono la richiesta del parere della
popolazione. È stata riscontrata la negligenza di Gas Natural anche sui problemi
connessi all’inquinamento atmosferico e a quello elettromagnetico derivanti
dall’elettrodotto di collegamento alla centrale di Padriciano, posto che nella
zona è già stata riscontrata una concentrazione eccessiva di polveri sottili;
così anche per la contaminazione dei terreni e delle acque, in relazione al Sito
inquinato di interesse nazionale. Manca, ha rilevato il Comune, anche la
proposta di un sito alternativo e della cosiddetta “opzione zero”, anch’essa
prevista dalle normative europee.
Davide Ciullo
Soprintendenza, bocciati sette progetti su dieci - BENI
ARCHITETTONICI»IL CASO
Ma il rigorismo della titolare Picchione ha portato gli uffici a perdere
al Tar 4 cause in pochi mesi. I giudici: «Eccesso di diniego» e «intollerabile
arroganza»
L’ASSESSORE DAPRETTO Niente centro culturale all’ex Era in Campo Marzio, negati
panchine e stalli per bici. Mancano dialogo e condivisione di indirizzi
IL SINDACO COSOLINI Segnali di opposizione sistematica, sono preoccupato: se il
diniego è immotivato crea danni economici pesanti Serve ragionevolezza
Il 70% delle autorizzazioni paesaggistiche per opere di edilizia privata
viene rispedito al mittente con un diniego della Soprintendenza ai beni
architettonici, che dall’insediamento lo scorso luglio della nuova titolare,
l’architetto Maria Giulia Picchione, si segnala in tutta la regione per un
rigorismo davvero spinto. Ma spinto anche oltre i limiti poiché in pochi mesi la
Soprintendenza ha perso quattro cause al Tar, con annullamento delle sue
delibere, in un caso addirittura per “eccesso di diniego” e “intollerabile forma
di arroganza dell’azione amministrativa” come hanno detto i giudici nella
sentenza. Alla vigilia di Natale la Soprintendenza ha spedito al Comune di
Trieste un diniego particolarmente importante. No al progetto realizzato dagli
uffici dei Lavori pubblici per il riuso dell’abbandonato edificio dell’ex
Meccanografico in riva Traiana, quello andato a male con il fallito progetto Era
di un centro per l’arte e la fotografia. «Con poco più di un milione - racconta
l’assessore Andrea Dapretto - volevamo realizzare un centro culturale moderno,
aperto, giovanile, flessibile a più iniziative anche dedicate a un mondo
sperimentale, era un progetto avanzato, davvero un buon lavoro, abbiamo cercato
di trasformare la lunga infilata di finestroni, e ci è stato risposto che invece
procura rottura della simmetria in facciata e che mal si adatta al contesto
urbano. Rottura di simmetria? Anche il barocco la fece, e fu un nuovo stile...
Era solo un’operazione di minima, per dare vita a un contenitore vuoto». A
proposito di “waterfront” in crisi di identità, e soprattutto di contenitori
appunto vuoti. E di riuso dell’esistente: le parole d’ordine del momento. «Il
problema - conclude Dapretto - è che mancano dialogo con la città e condivisione
sulle linee di indirizzo. Ci sono stati bocciati anche le panchine in città e
gli stalli per biciclette. Io cerco di avere un colloquio, ma è sempre quasi
impossibile». I ricorsi persi dalla Soprintendenza riguardano varie zone della
regione. Uno perché ha rilasciato parere negativo molto tempo dopo una
conferenza dei servizi decisoria alla quale peraltro non aveva partecipato. Un
altro perché dava diniego a un’opera già autorizzata in precedenza. Un terzo
perché imponeva pannelli fotovoltaici “del medesimo colore del tetto e non
riflettenti”, che il ricorrente (e i giudici amministrativi) hanno detto non
esistere sul mercato, e un quarto “per travisamento dei fatti”, perché si
imponeva una certa posizione di un comignolo, sbagliandone la descrizione. Ogni
volta 3000 euro di rimborso spese a carico dell’ente. «La cosa più preoccupante
- afferma l’assessore all’Urbanistica Elena Marchigiani - è che un gran numero
di pareri negativi vanno in contraddizione con la pianificazione vigente (Piano
regolatore, Piano del centro storico, Piano del colore). Noi controdeduciamo, ma
intanto i lavori restano fermi. E una gran parte di pareri positivi contiene
talmente tante prescrizioni che di fatto l’opera diventa impossibile da
realizzare. Grave è che non ci sia una certezza di criteri, e in questo contesto
di tremenda crisi economica un atteggiamento poco chiaro e iperconservativo
impedisce di crescere culturalmente insieme e di dare risposte alla città.
Riuso, riqualificazione urbana? Ma come? Noi comunque in questo dialogo
speriamo». Ieri l’architetto Maria Giulia Picchione non era in alcun modo
raggiungibile per una riflessione su questi dati di fatto, mentre la questione è
direttamente anche all’attenzione del sindaco Roberto Cosolini: «Sono molto
preoccupato di fronte a questa serie di segnali di bocciatura sistematica,
spesso non motivata. È logico che siamo disponibili al dialogo, ma serve una
ragionevolezza nell’applicazione dei vincoli. Se c’è un errore architettonico o
paesaggistico, il “no” è doveroso, ma quando è immotivato crea un danno
economico pesante». Nei giorni scorsi il Comune ha presentato in Soprintendenza
il Regolamento per il famoso “piano dei déhor”. Sperando molto in un confronto,
temendo molto un diniego.
Gabriella Ziani
Impossibile anche sistemare i wc chimici
La prima delusione arrivò subito, con un indiscutibile “no” ai bagni chimici
da sistemare in qualche discreto angolo del centro città per arginare eventuali
importune necessità dei festaioli nottambuli del weekend. Per il Comune, una
bella pensata igienizzante. Con una ditta disposta a portare le “gabbie” mobili
il sabato e a riportarle via il lunedì. Ma per la Soprintendenza retta da Maria
Giulia Picchione (foto) quasi un obbrobrio. In concomitanza, un altro no a
sistemare una batteria di panchine in prossimità di musei o in altri luoghi dove
specialmente i turisti avrebbero trovato una buona occasione per sostare sempre
nel centro di Trieste. Approvato invece il disegno di un angolo arredato sotto
il Museo Revoltella, anche qui con possibilità di seduta. Ma il progettino non
si è ancora realizzato in concreto.
Cividin: «Fermi lavori per 500 milioni» - Il presidente
provinciale dell’Ance: «La situazione è molto grave, serpeggia il malcontento»
L’Ance, associazione dei costruttori, sta lavorando assieme all’Anci,
associazione dei Comuni, per incrociare i rispettivi dati e avere un quadro
complessivo della critica situazione relativa ai progetti edilizi bloccati, che
anche a livello regionale è - come a Trieste - del 70%, senza paragoni col
passato, confermano i costruttori. «È stato fatto un calcolo ponderato - afferma
Donatello Cividin, presidente dell’Ance triestina - secondo cui in Friuli
Venezia Giulia c’è l’equivalente di 500 milioni di lavori edilizi non licenziati
a causa di queste istruttorie fermate». Le categorie sono in forte agitazione da
tempo, e adesso costruiscono la mappa di tutte le pratiche. Come per il Comune,
anche per la categoria professionale il dato critico in più («che ci lascia
basiti», commenta Cividin) riguarda quelle autorizzazioni che vengono rilasciate
con una fila di correzioni, «tali - dice il costruttore - da rendere
impraticabile il progetto». L’Ance è a conoscenza di ulteriori ricorsi
depositati al Tar da privati cittadini, ma non ancora esaminati dal Tribunale
amministrativo. «Il malcontento serpeggia - aggiunge Cividin -, e se prima
qualsiasi problema veniva vissuto con una certa pazienza, oggi nel momento in
cui si lavora pochissimo la situazione è molto grave, e si tratta di poi solo di
interpretazioni». Perché, sottolinea l’associazione dei costruttori, tutti i
progetti vengono comunque esaminati in prima battuta nei Comuni, e quello di
Trieste è dotato di una commissione paesaggistica, che fa il proprio esame
avendo a parametro leggi e linee-guida ufficiali, secondo le quali già fa la
prima scrematura dei progetti. Di fatto, sono anche questi professionisti a
venir bocciati.
(g. z.)
A Servola fa male anche lo stress - COMMISSIONE
COMUNALE
L’Ass1: «Le persone non sono centraline, soffrono i continui disagi»
Nell’area di Servola gli inquinanti (Pm10 e benzoapirene) sono stati l’anno
scorso ben al di sopra dei limiti di legge, ma anche se l’inquinamento specifico
è difficile da tradurre in numero di eventuali malati in più fra la popolazione,
il diffuso inquinamento ambientale è di per se stesso motore di rischio per la
salute. E soprattutto «l’essere umano non può essere assimilato a una
centralina, è un insieme ben più complesso, lo stress in queste condizioni non
può essere rappresentato da pochi fattori, ma da un insieme che comprende
inquinamento anche del mare e del suolo, percezione soggettiva di subirlo,
constatazione di costante imbrattamento, percezione di odori, rumori, e vista di
fumi che anche modifica i comportamenti limitando la libertà individuale,
comportando una situazione di stress che determina di fatto una alterazione
dello stato di salute». Questi alcuni punti dell’articolata risposta che il
Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria ha esposto in Consiglio
comunale, nel corso di una audizione alla prima Commissione, convocata per dare
risposta alla mozione urgente firmata per il Pd dal consigliere Fabio Petrossi
che chiedeva dati più aggiornati su Ferriera e Servola, e che siano resi
pubblici i risultati dell’Osservatorio ambiente e salute Fvg 2008-2010. Specie
dopo la diffusione di allarmanti dati relativi però al 1994. L’Azienda sanitaria
ha ricordato di aver inviato a ripetizione note di diffida sul rischio per la
salute a Servola: cinque nel 2007, due nel 2008 e una per anno dal 2009 al 2012
specie in relazione a benzene, polveri e Ipa. Ripetendo il concetto che la
salute viene compromessa non dai singoli giorni di sforamento, ma dalla
continuità. E avvertendo: «Secondo parametri dell’Oms, a Servola potrebbe
esserci un malato di tumore in più ogni 13 anni con una popolazione esposta di
10 mila abitanti, ma la stima è assolutamente riduttiva, tiene conto solo degli
Ipa e non degli altri inquinanti provenienti dallo stabilimento». E poi c’è lo
stress, «una concausa di patologie ambiente-correlate». Un’indagine per misurare
la perdita di salute da stress «appare pertanto - ha detto in aula il
Dipartimento di prevenzione - opportuna».
(g. z.)
GREENSTYLE.it - VENERDI', 11 gennaio 2013
Elettricità in Italia: da rinnovabili un quarto
produzione 2012
Il consumo elettrico degli italiani scende ancora, ma diventa più verde.
Secondo gli ultimi dati di Terna nel 2012 abbiamo consumato 325.259 GWh, contro
i 334.640 GWh dei dodici mesi precedenti. Questa richiesta è stata soddisfatta
per l’86,8% da produzione nazionale e per il restante 13,2% da importazioni.
La produzione nazionale, nel 2011, ha fatto registrare un contributo dalle
rinnovabili (energia idroelettrica, geotermoelettrica, eolica e fotovoltaica)
pari al 19,7%. Tale contributo nel 2012 è salito al 25,4%. Un quarto della
produzione nazionale di energia elettrica, quindi, è stato da fonte rinnovabile.
Nell’anno appena finito, in pratica, c’è stato un boom di fotovoltaico (+71,8%)
e di eolico (+34,2%), mentre è sceso l’idroelettrico (-8,2%), il termoelettrico
(continua la crisi: -6,3%) e il geotermoelettrico (-1,4%). Nel complesso la
produzione nazionale di energia elettrica è scesa del 2,3%.
Andando nel dettaglio si notano due cose interessanti. La prima è che sud e
isole producono elettricità per il nord, di fatto accollandosi i costi
ambientali della produzione di un’energia che non consumano.
Dalla Sicilia, in tutto il 2012, sono partiti 1,25 miliardi di KWh di energia,
dal sud Italia ne sono usciti 15,8 miliardi, dalla Sardegna 1,63 miliardi (oltre
a 640 milioni di KWh ceduti alla Corsica). Tutta questa energia è andata a
sfamare il centro-nord, che ha pure importato parecchio dall’estero.
La seconda cosa interessante è che l’idroelettrico continua a non essere quasi
per nulla sfruttato per domare le bizze di produzione delle rinnovabili. Le
centrali idroelettriche a serbatoio, con un bacino superiore e uno inferiore,
potrebbero essere utilizzate per sfruttare gli eccessi di produzione non
prevedibili dell’eolico e del fotovoltaico.
L’energia prodotta da queste due fonti rinnovabili può essere usata per pompare
in alto l’acqua, accumulando così energia che si potrebbe rilasciare in rete
quando serve. Questo, tra le altre cose, calmiererebbe notevolmente i prezzi
dell’energia elettrica perché ridurrebbe gli squilibri tra domanda e offerta e
le importazioni.
Ma nel 2012, a fronte del boom delle rinnovabili, il tasso di utilizzo delle
centrali a serbatoio non è quasi per nulla cresciuto: a fronte di un crollo di
tutto l’idroelettrico (quindi anche quello senza il pompaggio tra due bacini)
che è passato dai 47.202 GWh prodotti nel 2011 a 43.322 GWh nel 2012, l’energia
utilizzata per i pompaggi (cioè per essere accumulata nel bacino superiore degli
impianti e poi utilizzata quando serve) è salita di pochissimo: da 2.539 a 2.627
GWh.
Giova ricordare che, in Italia, la quasi totalità degli impianti idroelettrici a
pompaggio è di proprietà dell’ex monopolista ENEL.
Peppe Croce - Fonte: Terna
IL PICCOLO - VENERDI', 11 gennaio 2013
Bocciato il rigassificatore - Il no del Comitato
portuale (solo due astenuti e un contrario): «Incompatibile con i traffici»
L’Autorità portuale da ieri è ufficialmente capofila del fronte del “no” al
rigassificatore. La presidente Marina Monassi dice «andrò fino in fondo». Ieri
ha ottenuto quasi all’unanimità dal Comitato portuale voto favorevole a una
delibera che le conferisce mandato a esprimere parere negativo all’impianto di
Gas Natural in sede di conferenza dei servizi decisoria. Quella conferenza che
il ministro Clini ha differito di 45 giorni dalla data prevista del 19 gennaio
chiedendo un supplemento di istruttoria sulla Valutazione d’impatto ambientale
già concessa. I tempi supplementari hanno messo freneticamente al lavoro lo
staff di via von Bruck. Carte e documenti hanno rivelato incongruità e
difformità nel procedimento. Tanto che la relazione tecnica sui futuri flussi di
traffico una volta realizzati piattaforma logistica, raddoppio dei moli e
terminal ro-ro a Muggia, è diventata solo di importante supporto. Si sono
ravvisate ben altre ragioni per un motivato diniego. Prima che cominciasse
questo importante Comitato portuale Monassi ha quasi minacciato: «Il nostro voto
vale per uno ma in conferenza dei servizi siamo in 20: voglio da tutti un parere
motivato e scritto, voglio vedere chi avrà il coraggio di firmare con nome e
cognome e col sangue, non con uno schiribizzo illeggibile, che si può fare, che
tutto va bene». A parte l’immensa mole di traffico futuro che l’analisi tecnica
ha dettagliato (come detto a parte), si è scoperto che il porto aveva un Piano
della sicurezza rimasto incompleto: «Lo faremo adesso in velocità spaventosa».
Che la spagnola Gas Natural il 20 novembre 2008 ha comunicato il subentro di Gas
Natural Italia, la quale l’11 settembre 2009 ha aderito alla procedura
autorizzativa semplificata, con ciò stesso interrompendo la validità dei pareri
già espressi. Che il gasdotto Snam viaggia con autorizzazioni tutte sue e invece
il procedimento dovrebbe essere unico (Monassi: «Ora vado contro rigassificatore
e gasdotto insieme, ho dato la mia contrarietà ed è dopo questa raccomandata a
Clini che il ministero ha fermato la Via»). Inoltre, che Snam ha nel frattempo
cambiato progetto, prevedendo un gasdotto più in profondità nel mare, il quale
sarebbe pericoloso perché agganciabile dalle àncore. Una lettera che denuncia
«l’incompatibilità» è stata spedita il 5 aprile scorso a ministero dell’Ambiente
e a Snam. Che riceve un “no” anche sugli espropri già avviati: «Il terreno
demaniale non può subire gravami, e quello patrimoniale è al suo servizio».
Monassi ha riferito che a La Spezia un rigassificatore “piccolo” sta
costringendo l’Autorità portuale a disdettare anche le ultime piccole
concessioni perché gasiere e traffico civile non riescono a convivere: «La
Spezia è quella che mi aiuta di più». Per converso, è stata definita “ambigua”
la relazione della Capitaneria di porto. Che ieri era, come la Regione, assente.
E la cosa non è piaciuta per niente al sindaco di Muggia Nerio Nesladek
(entusiasta dopo anni di battaglie: «Oggi si dà il “de profundis”, il sigillo
che chiude un lungo percorso») e alla presidente della Provincia Maria Teresa
Bassa Poropat. Ma un altro colpo di scena è arrivato in Comitato portuale. Il
rappresentante del ministero delle Infrastrutture-Genio civile Giorgio Lillini
(che a Venezia aveva firmato invece l’ok all’impianto di Porto Viro) ha dato
“pollice verso”, nonostante la posizione forte del ministro Passera. Ha
presentato una relazione che sarà inviata a Roma con la delibera dell’Ap:
mancano un rapporto di sicurezza, un piano delle bonifiche e la verifica sismica
di legge, le caratterizzazioni non sono state eseguite, non sono calcolati i
“rischi intenzionali” (attentati), manca una valutazione sul passaggio
contemporaneo di gasiere e navi, non si dimostra che il terminale non impedirà
lo sviluppo del porto. Infine: trascurato «l’effetto domino, il fatto che
l’impianto è a 250 metri da una superstrada e a 400 metri da abitazioni civili».
La contestazione dei “no gas” è diventata da ieri una inequivocabile posizione
istituzionale. Alla Torre del Lloyd la delibera che dà mandato all’Autorità
portuale di voto negativo a Roma ha visto 14 favorevoli, un solo contrario,
Domenico Miceli in rappresentanza delle imprese ferroviarie («È un suicidio
legale»). Astenuti Paolo Battilana per Confindustria («è un impianto strategico,
aspettiamo le decisioni del ministero puntando a un terminale che non intralci
lo sviluppo del porto») e Edoardo Filipcic a nome degli agenti marittimi
(«mancano troppe informazioni, non si può dire sì o no»).
Gabriella Ziani
«Nel 2020 golfo intasato: transito di navi in aumento»
- Previsto in futuro il passaggio di almeno 2900 imbarcazioni l’anno nel canale
Uno studio commissionato da Monassi a un docente di trasporti
dell’università Roma Tre dice che con la piattaforma, raddoppi moli e ro-ro non
ci saranno spazi
Negli ultimi minuti, dopo anni di travaglio pubblico, tutto il quadro si
ribalta e si compatta attorno alla “discesa in campo” dell’Autorità portuale sul
rigassificatore, e ieri il Comitato portuale ha portato a galla una esplicita
critica al possibilismo della Capitaneria di porto («una relazione da cui non si
capisce niente» il commento a margine della presidente Monassi) e per contro il
disvelamento del parere pesantemente contrario al progetto di Gas Natural del
rappresentante del ministero delle Infrastrutture, ma per volerci mettere la
famosa “pietra sopra” sarà forse determinante lo studio prospettico sui traffici
che la stessa Autorità portuale ha ordinato a un docente di trasporti
dell’Università Roma Tre e che ieri è stato presentato prima del voto,
anticipato dai dati statistici attuali: «Nel 2012 aumento di 410 mila teu, +4,6%
nonostante la crisi, dal 2004 a oggi siamo passati da 170 mila a 411 mila».
L’analisi tecnica ha proiettato la situazione portuale al 2020, simulando
l’avvenuta realizzazione di tutto quello che il Piano regolatore del porto
prevede: la piattaforma logistica (12 ettari di banchine in più), il raddoppio
del molo VII, l’ampliamento del molo VIII, il terminal ro-ro a Muggia, l’approdo
di navi alle banchine riconquistate dalla Ferriera, il forte incremento dei
traffici che servono la Siot e il metanodotto. Risultato: lo spazio acqueo del
canale navigabile di Zaule, oggi non saturo, domani avrebbe 2900 navi all’anno,
ovvero un aumento di passaggi del 400%. Lo studio ha anche prodotto una
ricostruzione oraria di arrivi e partenze per tutte le tipologie di navi.
Risultato clamoroso: l’occupazione del canale passando dal 17% al 62% con
l’arrivo di 100 navi gasiere all’anno che hanno bisogno di una sosta minima di
3,5 ore e devono avere pure la precedenza sarebbe tale da creare «code di navi
in attesa». Code, dice l’esperto, «non facilmente riassorbibili». Insomma un
ingorgo pazzesco. Che non darebbe alle navi commerciali certezza di orario e di
movimento, causando perciò in via diretta «l’inefficienza del porto». L’analisi
è stata condotta secondo un criterio deterministico, è stato detto, mentre ora è
stata chiesta anche una seconda versione “probabilistica”, ma si è certi che
tecnicamente non darà risultati granché differenti. L’assessore comunale Umberto
Laureni ha chiesto se «ci sono terminalisti che potrebbero scappare da Trieste»
e l’Autorità portuale ha risposto che più d’uno, perplesso, ha già chiesto
informazioni operative. Per Nerio Nesladek, sindaco di Muggia, «questo studio
dimostra che l’impianto di Gas Natural ostacola tutto, è evidente che una
piattaforma logistica si costruisce non per farci entrare tre beccaccini, ma per
aumentare i traffici portuali, e anzi - ha aggiunto - ora avremo la
responsabilità di realizzare quei nuovi progetti, altrimenti l’opinione pubblica
ci potrebbe rimproverare anche solo quei 50 posti di lavoro persi con Gas
Natural...». Nesladek ha colto l’occasione per offrire la piana delle Noghere a
più ampi sviluppi: «Rivediamone la destinazione d’uso, è zona centrale per
allargare le attività portuali e retroportuali, per stoccaggio ma anche
semi-lavorazione di merci. Ragionando - ha aggiunto - sui punti franchi...». C’è
in campo però, come da ipotesi dello stesso ministro Clini, la possibilità di
solo “spostare” altrove l’impianto e l’approdo delle gasiere (ciò che spera
Confindustria, perorando energia a più buon prezzo per le imprese locali). Ma
dove? Nessuno si è espresso ieri in concreto, incombevano decisioni forti e
preliminari, ma nella cerniera degli interventi la presidente ha scherzato col
paradosso: «In Porto vecchio...».
(g. z.)
Nessuna tutela del’Avvocatura di Stato per un’eventuale
causa - CURIOSITÀ
L’Avvocatura dello Stato non assisterà l’Autorità portuale nel caso Gas
Natural facesse causa per danni contro il blocco dell’iter di autorizzazione.
«Dovremo rivolgerci al Foro civile» ha annunciato Monassi. Il ministro Clini ha
appena reagito con durezza a minacce e accuse di avere posizioni preconcette:
«Gas Natural ha sbagliato ministro, gli unici preconcetti che mi si possono
addebitare sono quelli verso l’arroganza e la maleducazione». Ma qualcuno se ne
preoccupa. Gianpiero Fanigliulo, rappresentante dei lavoratori portuali Uil (e
anche presidente di Alpe-Adria): «Un voto che “mette una pietra sopra” - citando
Tondo - non può portare a richieste di danni da parte di chi è solo un
“aspirante” concessionario. Però dobbiamo essere certi di una protezione. Perché
l’Avvocatura se ne tira fuori? Difenda l’Ap la nostra libertà di voto». E il
voto non è mancato.
Riccardi: «Condivido la linea dell’Autorità portuale» -
L’ASSESSORE IMPEGNATO IN VERIFICHE TECNICHE
Regione e Capitaneria i grandi assenti. Il comandante Bon: «Motivi di
famiglia». Più possibilista nella sua relazione
Regione assente. Capitaneria di porto assente. «Di fronte a una decisione
così istituzionale e importante, sarebbe un dovere esserci, certi pareri
comportano responsabilità per il futuro di Trieste e della regione» sono le
parole messe a verbale nella Torre del Lloyd ieri mattina. Gli assenti che cosa
dicono? Goffredo Bon, direttore marittimo del Friuli Venezia Giulia e della
Capitaneria di porto di Trieste: «Avevo gravi motivi di salute in famiglia a
impedirmi di essere presente, comunque ho inviato la mia relazione sulla
sicurezza della navigazione. Nella quale dico che già solo l’aumento di navi
previsto col futuro terminal ro-ro alle Noghere causerebbe la necessità di
ridisciplinare tutte le ordinanze per l’intero traffico portuale, in presenza
anche dell’aumentato traffico delle navi Siot, che hanno bisogno di 200 metri
liberi ai pontili». Non ritiene dunque la Capitaneria “incompatibile”, come
votato dal Comitato portuale, l’arrivo di 100 gasiere all’anno con l’aumento dei
traffici commerciali messo in previsione? «No». «La mia non era un’assenza
tecnica, se fossi stato presente la mia opinione non sarebbe stata distante da
quella dell’Autorità portuale, di cui condivido le preoccupazioni sul
rigassificatore - ha spiegato nel pomeriggio l’assessore regionale Riccardo
Riccardi, delegato di Tondo in Comitato portuale -, la nostra priorità dev’essere
la funzionalità e la sicurezza del porto che ho sempre considerato
l’infrastruttura strategica per il futuro del Friuli Venezia Giulia. Il porto -
ha marcato Riccardi anche in una nota - viene prima di ogni altra cosa, e io non
ero presente proprio perché impegnato a sviluppare gli approfondimenti tecnici
richiesti dal ministero dell’Ambiente: una cosa è un’opinione politica, altra
cosa è supportarla per un parere tecnico. Stiamo completando l’istruttoria per
addivenire a una posizione formale della Regione». E così la mattina è stata
piuttosto occupata da riunioni in assessorato, proseguite nel pomeriggio «in
coerenza con le posizioni del presidente» aggiunge l’assessore, e cioé
s’intuisce sulla via di quel «mettiamoci una pietra sopra» detto proprio a
Trieste da Tondo pubblicamente.
(g. z.)
HANNO DETTO - Tondo: «L’impianto di Zaule bisogna farlo
in fretta»
Il governatore lo sosteneva il primo luglio 2008. Ma a zigzagare tra
no-si-ni è anche il centrosinistra
Le parole hanno un peso. A volte “piuma”. Imbarazzi, cambi d’opinione, il
gioco del detto non detto. La politica è davvero l’arte del possibile. A
“surfare” per primo tra sì-no-ni, il presidente della Regione Renzo Tondo. Che
davanti all’Associazione degli industriali di Trieste, il 1 luglio 2008, a una
manciata di mesi dalla sua elezione a governatore della Regione, dichiara:
«Bisogna realizzare il rigassificatore a terra». Il 9 settembre la svolta: no
all’impianto marino, sì a quello a terra. Il 23 novembre 2012, alla Conferenza
dei servizi in Regione, vengono giudicati “immotivati” i no di Comune e
Provincia. Fino al colpo di scena del 22 dicembre: «Sul rigassificatore tiriamo
una riga sotto e ripartiamo da zero». Ma non è che la presidente della Provincia
Maria Teresa Bassa Poropat non sia mai “scivolata”. Fiera oppositrice oggi,
entusiasta alla firma del decreto che dà il via libera alla Gas Natural nel
2009. «Ho sempre espresso un parere favorevole all’impianto di Zaule. Ferme
restando le garanzie sulla sicurezza, considerate le ricadute sul territorio,
sarebbe assurdo non accogliere la notizia con soddisfazione». Era il 16 luglio
di quattro anni fa. E poi c’è il parlamentare del Pd Ettore Rosato. Da
sottosegretario agli Interni (27 agosto 2006), parla di una «battaglia dura» per
portare il rigassificatore a Trieste: «Non bisogna perdere tempo, quest’impianto
serve al Paese e alla regione, è necessario muoversi subito». Rigassificatore da
realizzare a mare o a terra? «Meglio spingere per entrambi». Il 6 dicembre 2012
il tono è tutt’altro. Interrogazione in Parlamento al ministro dello Sviluppo
economico Corrado Passera, acceso sostenitore del progetto: «Non ci dobbiamo
rassegnare, sono ottimista sulla possibilità di far ragionare questo governo»,
dichiara. Cosolini all’inizio è cautamente favorevole. Nel 2008, da segretario
del Pd, lascia una porta aperta. Il 6 giugno 2008 afferma: «Sul rigassificatore
adotteremo il metodo Agenda 21, coinvolgendo tutte le categorie per poi prendere
una decisione». Il “ni” diventa quasi no nel 2010 di fronte alle prospettive di
un “superporto” sostenuto da Unicredit: «Se aumentano le navi in golfo, diviene
problematico convivere con le limitazioni imposte dalle gasiere»: è il 14
aprile. Da sindaco, Cosolini passa a un motivato no: «Gas Natural non ha mai
dato risposte chiare, non mi convince più». E il numero uno della Camera di
commercio? Non pervenuto. Nel 2006 Antonio Paoletti dice: «Non abbiamo tutti gli
elementi su ricadute economiche e occupazionali». Nel 2007 pragmaticamente
condivide il parere negativo che intanto arriva dal sindaco di allora, Roberto
Dipiazza: «Se le ricadute economiche non sono tali da giustificare il sacrificio
della città, mi va bene il no». A lungo neutrale la presidente dell’Autorità
portuale Marina Monassi, che solo di recente ammette: «Col rigassificatore
dovremo cambiare i piani industriali». Ora la netta posizione contraria: «Il
terminale è incompatibile con lo sviluppo del porto».
(d.t.)
OGGI CONSIGLIO COMUNALE A MUGGIA
Oggi, alle ore 15.30, il Consiglio comunale di Muggia si riunirà per
ribadire il “no” al rigassificatore di Zaule progettato da Gas Natural,
motivandolo adeguatamente. La convocazione d’urgenza è arrivata appena due
giorni fa. Una solerzia che trova ragione nella scadenza imminente del termine
dato al Comune per esprimersi sul supplemento istruttorio del procedimento di
Via (Valutazione d’impatto ambientale) avviato dal Ministero dell’ambiente.
«Si pedonalizzi il tratto davanti al Rossetti»
La richiesta dei residenti fatta propria dalla Circoscrizione che ha
chiesto al Comune di “accelerare”
Carta canta: pedonalizzare al più presto il tratto del viale davanti al
“Rossetti”. La richiesta dei residenti di vedere riqualificato il tratto alto
del viale è decennale, ma l’altro ieri ha preso corpo nero su bianco. Il
Consiglio della IV Circoscrizione ha approvato all’unanimità un documento per
chiedere al Comune di non far slittare ulteriormente l’opera, dandone una
copertura di fondi certa e non più procrastinabile. La riqualificazione del
tratto tra le vie Rossetti e Ireneo della Croce, è d’altronde compresa nel piano
triennale delle opere. I lavori, di 2,5 milioni di euro, dovevano partire nel
2012 ma sono saltati perché dipendeva dai fondi regionali che poi non sono
arrivati entro l’assestamento di bilancio. Da qui il timore che si rimandi alle
calende greche e la necessità dei residenti di riprendere posizione, visto che
di quest’opera se ne parla dal 2001 e che già nel 2009 avevano sottoscritto in
400 una petizione. «La zona scarsamente curata nonostante sia sede del Teatro
Rossetti, uno dei più prestigiosi palcoscenici italiani – insorge il presidente
di Circoscrizione, Luca Bressan-. Pur rientrando nelle aree ad “elevata valenza
pedonale”, non risulta interessato da alcun intervento di pedonalizzazione,
un’evidenza che ha acuito il malcontento dei residenti e commercianti.
Considerando che si perderebbero solo 8 stalli e che quel tratto di strada non è
particolarmente trafficato, si chiede di tenere fede a quanto previsto nel Piano
delle opere, procedendo in tempi rapidi all’inizio dei lavori di
riqualificazione». A farsi portavoce tra i commercianti, Serena Carpani: «Già ai
tempi delle elezioni scrivemmo una lettera ai candidati sindaci per chiedere al
più presto la pedonalizzazione di questo tratto del Viale degradato. Dopo la
chiusura di vari negozi (“La gabbia” e “Bang&Olufsen” per esempio), non si
trovano commercianti disposti a insediarsi. Al loro posto proliferano le sale
giochi con il loro giro di frequentazioni. Per non parlare dei marciapiedi
inesistenti. Eppure con il teatro il Viale ha un valore storico e culturale:
basti pensare all’albero secolare su cui un tempo giravano le carrozze con gli
spettatori: dopo essere stato tagliato non è più stato sostituito». Compiaciuti
per l’iniziativa della Circoscrizione i vertici del Politeama: «La
pedonalizzazione non può che valorizzare l'intera zona. Importante che
impreziosisca l’area, senza nulla togliere sul piano della raggiungibilità del
teatro da parte del pubblico».
Elena Placitelli
Presidio contro il taglio ai trasporti pubblici -
INIZIATIVA DI USB
«No al taglio del trasporto pubblico, sì al taglio dei profitti
stratosferici di Trieste Trasporti». L’Usb (Unione sindacale di base) ha
organizzato una serie di iniziative, e una raccolta di firme per i tagli della
Regione al trasporto pubblico nel 2013. «Si tratta - afferma Willy Puglia - di
un taglio del 4% a Trieste Trasporti, cioè 2.260.000 milioni in meno rispetto
all’anno scorso. L’azienda dice di essere così costretta a tagliare bus, servizi
e personale. Calcolando in 570 mila i chilometri in meno. In pratica avremmo
meno bus in servizio, meno corse sulle linee, autobus ancora più stracolmi e
tempo di attesa più lunghi alle fermate. E poi 27 autisti in esubero. Questo
significa che a tanti lavoratori precari non verrà rinnovato il contratto». Ieri
in piazza Libertà il primo presidio organizzato dall’Usb con una raccolta di
firme. La petizione chiede alla Provincia, in qualità di Organismo di vigilanza
e controllo del trasporto pubblico, e al Comune di Trieste, socio di
maggioranza, un intervento per evitare il peggioramento della qualità e la
riduzione del servizio di trasporto pubblico conseguente alla cancellazione di
570mila chilometri di percorrenza dei mezzi pubblici. E di compensare il taglio
dei finanziamenti regionali con il prelievo degli utili di bilancio di Trieste
Trasporti con il taglio degli stipendi dei dirigenti aziendali. Nei prossimi
giorni sono in programma altri due presidi, sempre dalle 9.30 alle 12.30 e dalle
16.30 alle 19.30: il primo mercoledì 16 in piazza Goldoni e martedì 22 in Largo
Barriera. La prima risposta dei cittadini, ieri di fronte alla stazione
ferroviaria, è stata più che positiva. In poche ore sono state raccolte 600
firme. «La gente era interessata alla protesta - aggiunge Puglia -. Come
sindacato insisteremo su un punto anche nei prossimi giorni. Trieste Trasporti
nel 2011 ha chiuso il bilancio con un utile di 3.700.000 milioni, i due massini
dirigenti dell’azienda hanno ciascuno uno stipendio di 300mila euro. Si cominci
a tagliare questo e investire gli utili nei servizi e nel personale. Quest’anno
è previsto un aumento dell’8% sui biglietti e sugli abbonamenti. Non è così che
si rilancia il trasporto locale».
(fe. vi.)
La Capodistria-Divaccia a pochi metri da Vignano
L’opposizione muggesana preoccupata per i problemi ambientali causati dal
raddoppio della linea ferroviaria. L’assessore: «Scriveremo alla Regione»
MUGGIA La nuova linea ferroviaria Capodistria-Divaccia passerà lungo il
confine territorio di Muggia: per ora però il Comune non ha preso in
considerazione tale possibilità. «È grave che il Consiglio comunale non sia sia
espresso su un tema così delicato consegnando la delibera entro i termini
previsti come richiesto dalla Regione", spiega il consigliere comunale del Pdl
Claudio Grizon. L'assessore all'Ambiente di Muggia Fabio Longo replica: «Il
sindaco Nesladek invierà una lettera alla Regione». Come emerso dalla relazione
della Provincia sulla procedura di Valutazione dell’impatto ambientale (Via)
transfrontaliera nell’area del viadotto a Plavia di Montedoro, a nord del
confine si trova il paese di Vignano. Il ministero delle Infrastrutture e del
Territorio della Repubblica di Slovenia specifica che in questa zona
attualmente, sul versante sloveno del confine, non vi sono fonti di rumore che
possano influire sul territorio italiano. «Con la realizzazione dell’opera
l’impatto acustico, senza provvedimenti di mitigazione, aumenterà anche sul lato
italiano del confine a Vignano». Inoltre rl cantiere ed il tracciato del secondo
binario disteranno circa 300 metri dagli edifici più vicini sul lato italiano
del confine con l’abitato di Vignano. «Per ridurre l’impatto acustico
nell’abitato di Vignano, durante il funzionamento della linea, si ritiene
necessario realizzare una barriera di protezione acustica di 2,5 m altezza».
Durante la realizzazione dell’opera l’inquinamento atmosferico, sull’area del
cantiere per la realizzazione del secondo binario, sarà determinato dalle
emissioni di Pm10, mentre le concentrazioni in aria di altri inquinanti saranno
sensibilmente ridotte. “La maggior causa delle emissioni di Pm10 sarà dovuta al
trasporto di materiali e di terre da scavo, nonché alle operazioni sui cantieri
a cielo aperto e sul viadotto a Plavia". Da evidenziare che "i lavori della
parte di tracciato scoperto verranno eseguiti nelle ore diurne, lo scavo delle
gallerie 24 ore su 24". Non trascurabile poi il discorso legato al possibile
impatto ambientale alle falde acquifere sotterranea che potrebbero interessare
anche i laghetti Noghere. «"Nonostante tutti questi temi il sindaco Nesladek non
ha dato modo al consiglio di discutere e votare un proprio parere, avocando a se
in modo inopportuno la competenza di esprimere un parere sul progetto», spiegano
i consiglieri provinciali del Pdl Claudio Grizon e Viviana Carboni, i quali
hanno anche stigmatizzato anche "l'atteggiamento curioso double face del governo
sloveno che quando si tratta di ostacolare il progetto sul rigassificatore di
Gnl si oppone in ogni modo, mentre quando si tratta di un suo progetto per una
infrastruttura con un forte impatto ambientale minimizza».
Riccardo Tosques
Edilizia, come far rinascere le città - REVOLTELLA
“Accento: 100 minuti di idee&musica” alle 16 Info su http://piazzadellarchitettura.wordpress.com
Cento domande sull’abbandono edilizio. Se ne discute oggi alle 16 ad “Accento:
100 minuti di idee&musica per un manifesto sul riuso urbano”, l’appuntamento
all’auditorium del Revoltella che è il primo di una serie di eventi collaterali
della manifestazione “Piazza dell’architettura”. Un evento che indaga le
questione dell’abbandono edilizio e che vuole raccogliere materiali e contributi
per la costruzione di una piattaforma nazionale sul riuso urbano. Dieci oratori
avranno a disposizione 7 minuti ognuno per esporre i loro pensieri, raccontare
il proprio lavoro, la propria visione filosofico-urbanistica, per un totale di
70 minuti. Al termine di ogni intervento, tre minuti di musica live, per
ulteriori 30 minuti in note. Che, con i 70 di dialogo tra platea e palcoscenico,
chiudono il cerchio dei 100 minuti di spettacolo e di idee, soprattutto.
L’appuntamento è curato da Manifetso 2020 e Salone Gemma.
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 10 gennaio 2013
PIANO DI GOVERNO DEL TERRITORIO - IL WWF: “UNA SCATOLA
VUOTA”
Il PGT avrebbe dovuto porre rimedio a 35 anni di gestione anarchica del
territorio delegata alla pianificazione comunale. Invece, non fornisce alcun
indirizzo e demanda tutto ad una pianificazione d’area vasta nemmeno prevista
dalle normative vigenti.
Il WWF Fvg in questi giorni ha depositato le osservazioni al nuovo Piano
regionale denominato “Piano del Governo del Territorio - PGT, lo strumento che,
dopo 35 anni, dovrebbe sostituire il vecchio Piano Urbanistico Regionale
Generale - PURG del 1978, per riorganizzare una situazione urbanistica che in
Regione risulta datata e oramai priva di contenuti.
“Ma ancora una volta – denuncia l’associazione – ci troviamo di fronte ad un
Piano che non pianifica proprio niente, che evita di dare indirizzi concreti e
norme prescrittive demandando a futuribili piani di area vasta la pianificazione
vera e propria. Insomma un guscio vuoto”.
Il PGT, fa notare il WWF, avrebbe dovuto porre rimedio all’anarchia urbanistica
che ha caratterizzato gli ultimi decenni. Durante la gestione del Purg, infatti,
sono mancate le normative prescrittive che tutelassero gli indirizzi forniti
dallo stesso Piano e politiche attuative che tenessero conto dell’evolversi
delle dinamiche territoriali. In assenza di tali normative, in questi anni la
gestione del territorio è stata delegata completamente alla pianificazione
comunale, soggetta alle pressioni di interessi privatistici spesso accontentati
per fini elettorali, ottenendo un disegno del territorio regionale anarchico e
disorganizzato, che di fatto ha disatteso le indicazioni del PURG.
“In questo contesto – spiega il responsabile pianificazione e paesaggio del WWF
Fvg Gianluca De Vido - il nuovo PGT, invece di riempire le lacune normative che
in questi anni hanno caratterizzato la pianificazione regionale, invece di
fornire indirizzi stringenti e azioni precise per raggiungere gli obiettivi, li
rimanda a piani successivi, che di fatto rischiano di non vedere mai la luce in
quanto non previsti dalle norme vigenti, e non individua nemmeno i ruoli e le
competenze dei soggetti che dovrebbe fornire tali indirizzi nella pianificazione
sub regionale”.
Il WWF segnala poi altre due preoccupanti aspetti. Innanzitutto il PGT rimanda a
dopo la propria approvazione la stesura di un piano che dovrebbe essergli invece
preliminare perché sovraordinato come quello paesaggistico, alterando così la
scala gerarchica della pianificazione territoriale. Un’anomalia tutta nostrana,
peraltro aggravata dalla recente approvazione del Piano delle infrastrutture e
dei trasporti, che invece avrebbe dovuto sottostare al Piano paesaggistico e al
PGT e non viceversa.
Ma soprattutto il PGT introduce il concetto della compensazione e della
pianificazione “negoziata” tra pubblico e privato che è di fatto previsto dal
“Bilancio di sostenibilità territoriale”, e che in definitiva riduce la
pianificazione ad una trattativa-scambio tra l’Ente e la controparte privata,
nella quale gli oneri di urbanizzazione vengono sostituiti da alcuni servizi a
vantaggio (per lo più presunto) della comunità. Esiste insomma il rischio, ma
secondo il WWF è quasi una certezza, che tali processi inneschino in realtà
delle speculazioni colossali.
In conclusione, l’associazione del Panda rileva come nell'iter del PGT sia
mancato un vero processo partecipativo per la redazione del Piano, procedura che
dovrebbe garantire la possibilità di apportare cambiamenti allo strumento di
pianificazione in fase di valutazione. Invece le tappe della partecipazione sono
state saltate a più pari e gran parte delle istanze avanzate dai portatori di
interessi istituzionali - in particolare quelle della Soprintendenza che
rilevava come il Piano paesaggistico regionale debba deve essere predisposto in
via prioritaria rispetto al PGT - non sono state considerate.
Di qui la richiesta, avanzata ufficialmente dall’associazione alla Regione, di
rivedere integralmente il processo di partecipazione del Piano del Governo del
Territorio.
WWF FVG
IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 gennaio 2013
Rigassificatore, Clini: no alle scorciatoie
Il ministro replica alle accuse di Gas Natural: «Serve un supplemento
d’istruttoria per localizzazioni alternative»
«È necessario verificare se non debbano essere prese in considerazione
localizzazioni alternative a quella di Zaule.» Lo rileva in relazione al
rigassificatore di Trieste, con una nota emessa ieri pomeriggio, il ministro
dell’Ambiente Corrado Clini che replica duramente alle accuse lanciate nei
confronti delle amministrazioni italiane dalla società proponente, la catalana
Gas Natural. «I dati forniti dall’Autorità portuale sul traffico 2011 e 2012 nel
porto industriale e quelli previsti sullo sviluppo del Piano regolatore portuale
- sostiene Clini - sono sostanzialmente diversi da quelli considerati dalla Via
(Valutazione d’impatto ambientale). E tenuto conto che la realizzazione del
terminale non è ancora stata autorizzata dall’autorità competente (Ministero per
lo sviluppo economico) è necessario aggiornare e riconsiderare i dati di
contesto del periodo 2006-2009 sui quali è stata elaborata la Via, per accertare
se le attività portuali consolidate nel 2011-2012 e quelle previste dal Piano
regolatore, siano compatibili con il terminale.» Sono questi i motivi per i
quali potrebbero venir prese in considerazione «localizzazioni alternative»
secondo il ministro che però non parla mai di ipotesi di rinuncia all’impianto.
Clini sostiene infatti che «l’Alto Adriatico e Trieste rappresentano un’area
strategica per la realizzazione di infrastrutture energetiche a servizio dei
Paesi dell’Europa centrale e orientale, anche in considerazione delle
trasformazioni in corso in particolare nel sistema energetico della Germania. In
questo contesto - sottolinea il ministro - assumono un ruolo rilevante le
infrastrutture per la fornitura di olio e gas e certamente gli impianti di
rigassificazione possono rappresentare una piattaforma strategica.» Va ricordato
che in ambito petrolifero ad esempio, attraverso la Siot passa il 100% del
fabbisogno energetico della Baviera. Gas Natural aveva attaccato anche il
governo italiano sostenendo che «le dichiarazioni del ministro Clini si
inseriscono nel solco di una contestazione parziale e preconcetta portata avanti
dagli oppositori dichiarati del progetto e come tali sono destinate, ove
effettivamente implementate, a confluire in provvedimenti gravemente illegittimi
che questa società non potrà esimersi dal censurare in tutte le sedi
amministrative, civili, penali competenti, con conseguente rivendicazione del
ristoro del danno ingiusto arrecato.» «È evidente che Gas Natural ha sbagliato
ministro - replica Clini - perché gli unici preconcetti che mi si possono
addebitare sono quelli verso l’arroganza e la maleducazione.» Eppure è proprio
procedendo come vorrebbe Gas Natural che, secondo il ministro dell’Ambiente, il
rigassificatore di Trieste rischia di fare la fine di quello di Brindisi dove la
British Gas ha gettato la spugna dopo aver atteso per 11 anni un’autorizzazione
che non è mai arrivata. Perché la Via rilasciata per Zaule nel 2009 non è
sufficiente ai fini delle autorizzazioni ambientali dato che «secondo la
direttiva 2001/42/Ce i piani e i programmi che definiscono il contesto nel quale
si inserisce il progetto devono essere sottoposti alla Valutazione ambientale
strategica (Vas). Ed è questo un buon motivo ulteriore per il supplemento di
istruttoria.» Supplemento che, è stato annunciato a inizio anno, si esaurirà in
45 giorni, prenderà anche in considerazione ubicazioni alternative e varrà anche
per la Via in corso sull’altro progetto di rigassificatore: quello in mezzo al
golfo della tedesca E.On. «Localizzazione, progettazione e gestione degli
impianti - precisa Clini - devono corrispondere in modo puntuale alle normative
europee e nazionali in materia di Via e Vas, anche tenendo conto che l’Alto
Adriatico è uno spazio condiviso da tre Stati membri dell’Ue. Altrimenti i
progetti saranno destinati a lunghi contenziosi nazionali e internazionali come
nel caso di Zaule: non è certo responsabilità di questo ministro dell’Ambiente
se la mancanza di Vas del progetto di Zaule è da tempo un dossier all’esame
della Commissione europea che resta in attesa delle decisioni delle autorità
italiane prima di avviare una procedura di infrazione. Per evitare che a Trieste
si riveda il “film” del rigassificatore di Brindisi - conclude Clini - la strada
maestra è di applicare le norme senza scorciatoie e di usare il buon senso.»
Silvio Maranzana
COMITATO PORTUALE
Un altro no al rigassificatore di Zaule dovrebbe arrivare dal Comitato
portuale che si riunirà questa mattina alle 11. Il Comitato ha infatti già
trattato la questione dell’impianto del corso dell’ultima seduta dell’anno
scorso il 18 dicembre, ma la discussione non aveva potuto concludersi con un
voto in quanto non era stato ancora presentato lo studio completo
sull’accresciuto traffico commerciale del porto con aumento di petroliere,
traghetti, navi da crociera e portacontainer, che la società incaricata, la
Technital ha concluso proprio nei giorni scorsi. Già la bozza riassuntiva però
palesava l’incompatibilità con un nuovo traffico di gasiere nel caso sia
confermata l’ubicazione dell’impianto a Zaule. Del resto è stata proprio una
lettera della presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi che evidenziava
il problema a indurre il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ad aprire un
supplemento d’istruttoria sulla Valutazione d’impatto ambientale che risale al
2009.
Ambientalisti portano carbone al governatore
Alla riapertura degli uffici regionali,una delegazione di cittadini vestiti
da Befane con tanto di parrucche, maschere, scope e striscione si è recata al
palazzo della giunta di piazza Unità per consegnare al presidente Renzo Tondo un
classico sacco di carbone. L’iniziativa è stata dei gruppi “No al
Rigassificatore” di Trieste, Muggia, Capodistria e dei barcaioli del Rio Ospo
«Il meritato regalo - si legge in una nota - è stato assegnato in funzione del
ruolo del presidente Tondo nel tira e molla in merito al progettato
rigassificatore di Trieste. L’evento è avvenuto con tutti i crismi che prevede
il protocollo in materia - si legge ancora nella nota - in quanto era pervenuta
agli organizzatori la formale lettera di accreditamento. Essendo noto che il
presidente è persona cortese e pronta all’ascolto ha accettato lo scherzo così
come è nel suo stile». Sul sacco di carbone consegnato a Tondo è stata
riprodotta questa frase: «Forza Presidente Tondo, portaci a casa la
cancellazione del rigassificatore di Trieste come impegno elettorale». E in
occasione dell’Epifania sul molo Audace, che gli stessi organizzatori chiamano
molo San Carlo, è stato acceso un “rigassificarul”. «La direzione presa dal fumo
- dicono ancora gli organizzatori - ha dimostrato che sussiste ancora il
pericolo che venga decisa la costruzione del rigassificatore».
Rigassificatore: convocato d’urgenza il consiglio
comunale
Il sindaco di Muggia Nerio Nesladek ha convocato ieri, d’urgenza, una seduta
straordinaria del consiglio comunale, che si riunirà domani alle 15,30.
All’ordine del giorno il supplemento istruttorio del procedimento di Via avviato
dal ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare riguardante
il progetto di rigassificazione di Gnl a Zaule.
Ferriera e salute Se ne parla oggi in commissione
“Situazione sanitaria della popolazione triestina e in particolare dei residenti di Servola”. Per analizzare questo tema, in relazione al quale il consigliere comunale del Pd Fabio Petrossi ha presentato una mozione urgente, si riunirà stamattina alle 9 nella sala giunta del Municipio la prima commissione consiliare (sanità), chiamata ad approfondire il testo presentato dall’esponente Pd. Domani invece alle 9 (sempre nella sala giunta del palazzo di piazza Unità) a riunirsi sarà la conferenza dei capigruppo convocata dal presidente dell’aula Iztok Furlanic. La riunione servirà a mettere a punto l’ordine dei lavori della prossima seduta del Consiglio comunale, che si terrà lunedì prossimo. Da trattare anche la proposta di delibera sulla nomina del Collegio dei revisori dei conti del Comune per il periodo 2013-2016, che comporterà un impegno di spesa pari a 206mila euro. Proprio un inghippo burocratico (la mancanza dell’autocertificazione delle candidature, obbligatoria per legge) ha fatto slittare a lunedì la convocazione del Consiglio, originariamente prevista per lunedì scorso. Il nuovo Collegio verrà dunque eletto nella seduta della prossima settimana.
Provincia, bando per eliminare l’amianto
L’ente eroga contributi ai privati con un tetto massimo di 2mila euro per
rimuovere il materiale dannoso
La Provincia di Trieste ha emanato il quinto bando per favorire la rimozione
dell’amianto. Pur nella consapevolezza delle scarse risorse di bilancio,
l’assessorato provinciale all’ambiente non è rimasto inattivo di fronte a una
questione così sentita. E’ stato quindi pubblicato un nuovo bando per assegnare
ai soggetti privati, contributi fino al 50% della spesa sostenuta, con un tetto
massimo per singolo intervento di 2 mila euro. I primi quattro bandi hanno
permesso di asportare complessivamente 1.770 chili di amianto e in particolare:
3.731 metri quadri di copertura, 839 metri di colonna o camino, 5 cappe della
cucina. Sono state 129 le domande pervenute per un totale preventivato di
344.983, 15 euro dei quali liquidati al momento 114.239,50 euro. Per il 2013,
l’Amministrazione ha anche individuato un gruppo di ditte autorizzate e resesi
disponibili a rimuovere e smaltire con costi massimi prefissati e a mantenerli
invariati fino alla fine dell’anno. Le domande possono pervenire sino al 31
marzo 2013. Possono accedere agli incentivi i soggetti privati, proprietari o
affittuari autorizzati dal proprietario (siano essi persone fisiche o
giuridiche) di fabbricati ed edifici civili con presenza di amianto, che
intendano eliminare detto materiale. Possono essere ammessi al contributo gli
interventi di rimozione e successivo smaltimento di manufatti contenenti amianto
in matrice legata ed amianto in fibra libera esistenti sul territorio
provinciale, in particolare: per amianto in matrice legata sono ritenuti
ammissibili interventi inerenti la rimozione di lastre o pannelli piani o
ondulati, utilizzati per la copertura di edifici o fabbricati accessori e come
pareti divisorie non portanti; tegole, canne fumarie e di esalazione, cappe di
aspirazione, serbatoi per contenere acqua o altro, forni, stufe, pannelli di
protezione caloriferi, fioriere, utilizzati in ambito domestico o condominiale;
per amianto in fibra libera sono ritenuti ammissibili interventi riguardanti la
rimozione di isolamenti di tubature e di impianti termici o altri manufatti per
la cui rimozione risulta necessaria la frantumazione del manufatto e l’adozione
di provvedimenti di contenimento delle fibre eventualmente aerodisperse. Non
sono ammessi a contributo gli interventi di inertizzazione/incapsulazione. Si
ricorda che piccole quantità di inerti con possibile presenza di amianto - per
il cui asporto non deve essere eseguito alcun intervento di frattura, taglio,
ecc. - possono essere conferiti dai cittadini nei centri di raccolta
dell’Acegas-Aps di via Carbonara, 3 a Trieste e di Strada per Vienna, 84/a ad
Opicina, contenuti in robusti sacchi neri chiusi.
Discarica a cielo aperto nel Bosco Farneto - IL CASO -
In via dei Battigelli un ammasso di elettrodomestici, inerti e rifiuti di ogni
tipo
Uno sconcio. Non c’è altro sostantivo per definire il degrado in cui versa
quella parte del Bosco Farneto che circonda la via dei Battigelli, alle porte
del quadrilatero di Rozzol Melara. Una discarica a cielo aperto che purtroppo
non ha nulla da invidiare alle bidonville che caratterizzano tante parti del sud
del globo. Via dei Battigelli collega via Carlo De Marchesetti alla frazione di
Longera. Sottostante il paese, la strada appare circondata da pastinature
prevalentemente coltivate; un paesaggio, in sostanza, ordinato e gradevole. Il
degrado appartiene invece al tratto che sale verso Melara dopo aver superato il
torrente di fondo valle. Alla destra di via dei Battigelli svettano alcune alte
grate di protezione per la scarpata sovrastante il rio. Ciononostante c’è
qualcuno che si diletta a lanciarvi oltre ogni sorta di rifiuto. La situazione
appare però allarmante nemmeno un centinaio di metri più a monte. All’imbocco
del sentiero che, a mezza costa, porta nel cuore del Farneto tenendosi, ben
alto, a una cinquantina di metri dal letto del torrente, l’escursionista trova
una vera e propria discarica. Disseminati, a monte e a valle, centinaia di
elettrodomestici in disuso, inerti, materiali di risulta, plastica e rifiuti di
ogni tipo. E basta addentrarsi ancora lungo il sentiero per scoprire che per un
lungo tratto si continua a camminare tra il ciarpame e il vetro rotto. Per la
quantità di immondizie e di rifiuti ingombranti disseminati lungo le scarpate,
vien da presumere che siano stati diversi “padroncini” impegnati in
ristrutturazioni edilizie a disfarsene senza rivolgersi alle diverse depositerie
comunali facilmente raggiungibili. Depositerie che dal lunedì al sabato sono
aperte ininterrottamente dalle 7 alle 19 (in via Giulio Cesare dalle 6 alle 18;
quella di via Carbonara funziona anche la domenica mattina dalle 9 alle 12). E
quindi non vi sono scuse per chi continua a abbandonare gli ingombranti nei
solchi vallivi periurbani. Tuttavia la vergognosa discarica di via dei
Battigelli non è l’unico punto del parco Farneto in degrado. Per capire quanto
poco alcuni cittadini risultino sensibili e educati al rispetto del patrimonio
pubblico, basta dare un’occhiata ai dintorni della piazzola di parcheggio vicina
all’entrata di Villa Revoltella, zeppi di rifiuti e plastica. E pensare che in
diverse amministrazioni della Pianura padana si incentivano i privati a
ricostituire i boschi sacrificati alla scriteriata agricoltura estensiva. A
Trieste i polmoni verdi del Boschetto e di Villa Giulia da qualcuno non vengono
apprezzati per quell’incalcolabile valore ambientale e sociale che
rappresentano.
Maurizio Lozei
Agevolazioni per le case a misura di pipistrello
Duino Aurisina: il presidente della Seconda commissione Rozza avanza
proposte per una edilizia “verde”
DUINO AURISINA Il 2013 si apre all'insegna della sostenibilità ambientale a
Duino Aurisina, dove il consigliere di maggioranza, Maurizio Rozza, presidente
della Seconda commissione consiliare, si appresta a sottoporre all'organismo
alcune innovative proposte: in sostanza sgravi sugli oneri di urbanizzazione a
chi costruisce riducendo il più possibile gli impatti, in termini di emissione
di anidride carbonica, consumo dell'acqua e delle fonti energetiche. Ma anche
precisi obblighi di salvaguardia, per chi ristruttura, dei nidi di rondini,
balestrucci e rondoni: non si potrà arrecare loro danno o si dovrà inserire un
nido artificiale. L'importante tema sarà trattato specificatamente in alcuni
punti da introdurre nel nuovo "Regolamento sull'edilizia sostenibile". In
arrivo, per i cittadini, potrebbe dunque esserci una concreta possibilità di
risparmio e incentivo all'utilizzo di impianti “verdi”. «L'obbiettivo del
regolamento – annuncia il presidente Rozza - è quello di smorzare, e in alcuni
casi annullare, gli effetti dell'aumento degli oneri di urbanizzazione, oneri
dovuti per chi costruisce, introducendo significativi sgravi per chi investe
sull'ambiente. In questo momento di grave difficoltà dei lavoratori
dell'edilizia mi pare importante puntare su innovazione e ricerca applicata. Un
aumento dei costi di urbanizzazione, senza alcun provvedimento di indirizzo,
infliggerebbe un'ulteriore mazzata al comparto, coinvolgendo ulteriori posti di
lavoro». Gli sgravi proposti “arriveranno fino al 50% degli oneri di
urbanizzazione secondaria”, mentre gli incentivi “saranno valutati assieme agli
operatori del settore, verificando che siano commisurati ai maggiori costi
derivanti dalle opere che comportano”. Questi ultimi saranno divisi in due
capitoli: gli interventi a favore di acqua, aria, suolo; e gli interventi per
l'ecologia urbana. Nel primo rientrerà, per esempio, la realizzazione di
cisterne per la raccolta dell'acqua piovana, con un punteggio massimo a chi crea
- oltre all'impianto per l'irrigazione di giardino ed orto - anche un impianto
idraulico "non potabile" all'interno dell'edificio, per tutti i servizi che non
necessitano di potabilizzazione. «Le opere di scavo e ripristino per la posa
delle cisterne interrate – chiarisce l'esponente di Sel - saranno inserite tra
quelle che non necessitano di concessioni o autorizzazioni, con la sola clausola
che non comportino movimenti terra all'esterno del fondo pertinenziale
all'immobile». Ma nel capitolo potranno rientrare anche l'utilizzo di impianti
di riscaldamento a legna a basse emissioni, di isolamenti dell'edificio che ne
consentano l'inclusione in classi A e A+, di impianti solari termici connessi
con le apparecchiature che utilizzano acqua calda (lavatrici o lavastoviglie),
di impianti solari energetici con dimensionamento superiore al potenziale
assorbimento dei servizi e di sistemi di illuminazione a led. «Nella parte
dedicata all'ecologia urbana – conclude Rozza - faranno invece punteggio l'uso
di metodologie atte a favorire l'insediamento di chirotteri (pipistrelli) nella
struttura, di mattoni realizzati per l'insediamento di colonie di rondoni e la
realizzazione dei muri di recinzione in pietra carsica non compattata da
cemento, utile a favorire la presenza di molte specie indispensabili al
mantenimento di una buona ecologia urbana». Infine, per chi ristruttura edifici
- considerato che rondini, balestrucci e rondoni sono specie protette - sarà
introdotto l'obbligo ai proprietari di salvaguardare l’integrità dei nidi.
Tiziana Carpinelli
MAMMA CINGHIALE È AGGRESSIVA SE HA I PICCOLI - RUBRICA
- ANIMALI di FULVIA ADA ROSSI
Uno è rosa e con peluria bianca e corta, l’atro ha zanne e denti aguzzi:
maiale e cinghiale sono molto diversi all’apparenza, ma in realtà la loro
parentela è molto stretta. Il maiale domestico (Sus domesticus), detto anche
suino o porco, è un animale le cui origini sono ritenute antichissime; è
presente in vari continenti da tempo immemorabile, ritrovabile in dipinti e
bassorilievi. Si ipotizza che la domesticazione del suino sia avvenuta in Cina,
circa 7.000 anni fa. Dal punto di vista alimentare, il ruolo del maiale è sempre
stato ritenuto importantissimo da tutte le popolazioni; è possibile infatti
trovare numerosi riferimenti letterari al suino e al suo allevamento presso gli
antichi egizi, greci e romani. Il cinghiale, come il maiale, è un mammifero
artiodattilo della famiglia dei Suidi, e appartenente alla specie Sus scrofa.
Ciò vuol dire che se un cinghiale maschio si accoppia con un maiale femmina
nascono piccoli che a loro volta si potranno accoppiare e far nascere altri
figli. E lo stesso vale se un cinghiale femmina si accoppia con un maiale
maschio. L'aspetto fisico di un cinghiale è molto simile a quello di un maiale:
hanno entrambi un corpo tozzo, una testa piuttosto grande, un collo corto e le
orecchie dritte. Alto alla spalla un po’ meno di un metro, lungo 1,50 metri, il
cinghiale può raggiungere il peso di 180 kg. Le zampe sono corte e sottili, la
testa è allungata con occhi piccoli e orecchie grandi; la vista è poco acuta, ma
l'olfatto e l'udito sono molto sviluppati. I maschi usano i canini, sporgenti su
entrambe le mascelle, per la difesa e l'offesa. La pelle è rivestita di setole
sparse di colore marrone e solo di inverno da peli corti e setole lunghe e
fitte. Sulla nuca si trova una criniera e la coda è stretta e pendula. Il maiale
viene immaginato rosa biancastro, ma essendo una specie allevata ne esistono
molte varianti che si esprimono in stazze e colori diversi. I cinghiali hanno i
denti canini che, nei maschi, formano robuste e lunghe zanne incurvate lunghe
fino a dieci centimetri, (nelle femmine sono ridotti ma comunque presenti): le
utilizzano come arma per lottare contro altri maschi durante la stagione degli
accoppiamenti e come elemento di attrazione. Se state passeggiando nella macchia
all'imbrunire durante l'estate, potreste fare un incontro con una femmina che si
porta dietro la cucciolata: attenzione, la madre è molto protettiva con i suoi
piccoli e potrebbe aggredire voi o il vostro cane.
A Grado “Zamparini City” resta senz’acqua
Monito del Wwf regionale: «I servizi idrici non saranno in grado di soddisfare
le nuove richieste»
GRADO «I servizi idrici, stradali e di fognatura della città non saranno in
grado di sopportare la richiesta derivante da tutte le nuove lottizzazioni
previste in città. Ora IrisAcqua ci dà ragione». A lanciare il monito è il Wwf
regionale che rilancia la denuncia della multiutility isontina sul fatto che la
rete idrica dell’Isola d’oro, affollata a dismisura, e contro ogni regola del
buon senso, di seconde case, è sottodimensionata e a rischio sono anche gli
impianti fognari che d’estate devono servire oltre 80mila presenze fisse. Un
allarme, rispetto ai nuovi progetti di lottizzazione, che il Wwf sta lanciando
da tempo. «In merito alle reti di acquedotto in progetto - sottolinea il Wwf -
nulla osta l’allacciamento alle reti di acquedotto esistenti, fatto salvo che
allo stato attuale non può essere garantita la fornitura idrica in caso di
picchi stagionali». Perchè è così, ricorda l’associazione ambientalista, come ha
già scritto lo scorso novembre IrisAcqua al Comune di Grado che aveva chiesto
alla multiutility un parere nell’ambito della procedura di Valutazione
ambientale strategica del Piano particolareggiato d’iniziativa privata di Val
Cavarera, la cosiddetta “Zamparini City”. «È quanto diciamo da tempo e ora la
multiutility isontina ce lo conferma – attacca il Wwf –: le reti idriche attuali
non sono in grado di sostenere la pressione di una lottizzazione destinata a
svilupparsi su una superficie di circa 493mila metri quadrati per un totale di
circa ulteriori 394.400 metri cubi di cemento da destinare a residenze
turistiche, ricettive, commerciali e direzionali: una lottizzazione che, insieme
alle altre urbanizzazioni previste in città (comparto A e comparto B Sacca dei
Moreri, Valle Cavarera e Primero), comporteranno l’insediamento di nuovi 7mila
abitanti». «E quello della carenza d’acqua – continua l’associazione - sarà solo
uno dei problemi causati dal sovrautilizzo degli attuali servizi, dimensionati
su una città di 8.600 abitanti (che d’estate diventano 80 mila): come abbiamo
segnalato in tutti i documenti che abbiamo presentato sulle nuove lottizzazioni
di Grado, una volta realizzate tutte queste cubature, i 7mila potenziali nuovi
turisti andranno a riempire ulteriormente le già affollate spiagge, i servizi e
le due sole strade di accesso alla città, mentre nel resto dell’anno ci sarà un
milione di nuovi metri cubi pressoché abbandonato».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 gennaio 2013
Rigassificatore, no degli ambientalisti sloveni
Alpe Adria Green contro il commissario Ue, il connazionale Potocnik:
«Problema gestito con inefficacia»
Continua anche oltreconfine la battaglia per il no al rigassificatore di
Zaule: stavolta tocca agli ambientalisti sloveni di Alpe Adria Green attaccare
il Commissario Ue per l'Ambiente, il connazionale Janez Potocnik. La pesante
critica dell'organizzazione ambientalista fa riferimento a una lettera,
sottoscritta dalla direttrice Affari legali della Commissione, Marianne Wenning,
in relazione ai problemi di impatto ambientale dei terminali di rigassificazione
e del gasdotto progettati per essere costruiti nel golfo di Trieste. Secondo
Alpe Adria Green «i contenuti della lettera dimostrano che il Commissario
Potocnik e i suoi uffici gestiscono questo problema con scandalosa debolezza e
inefficacia». Gli ambientalisti sloveni ritengono infatti siano state accettate
informazioni ufficiali provenienti dall'Italia, secondo le quali nei progetti
non vi sono le irregolarità e le carenze denunciate proprio dagli ambientalisti
italiani e sloveni. «Ma la Commissione – recita una nota stampa di Alpe Adria
Green - non ha accertato se tali informazioni ufficiali italiane siano vere e
complete. La Commissione di Potocnik dichiara di sapere che Gas Natural ha
modificato i progetti, e che tali modifiche non sono state comunicate né alla
Commissione, né alla Slovenia. Ma la Commissione non ha chiesto di conoscere
queste modifiche. La Commissione di Potocnik afferma che potrà dare un parere
definitivo sull'esistenza o meno delle violazioni soltanto dopo le decisioni
definitive delle autorità italiane. Ma le decisioni definitive sono i permessi
di costruzione che la Commissione dovrebbe impedire». Per questi motivi gli
ambientalisti ritengono che questi comportamenti ledano gli interessi della
popolazione italiana e slovena e quelli dell'Unione Europea, e ritengono di
dover chiedere chiarimenti allo stesso Commissario, per conoscere quali uffici
ministeriali italiani abbiano hanno fornito alla Commissione informazioni
fuorvianti. «Tali informazioni – rileva la nota stampa - sono ora smentite
ufficialmente da una lettera del 19 dicembre con cui il ministro italiano
dell'Ambiente Corrado Clini ha comunicato alle autorità di Trieste di avere
disposto, su informazioni e richiesta della presidente dell'Autorità portuale di
Trieste Marina Monassi, il riesame degli impatti ambientali dei due
rigassificatori e del gasdotto. Alpe Adria Green dichiara di apprezzare
l'operato rigoroso del ministro Clini e della presidente Monassi, al quale Gas
Natural ha ora reagito minacciando ufficialmente denunce penali e cause civili
per danni contro chiunque la ostacoli: cioè contro i governi, le amministrazioni
locali e le popolazioni della Repubblica Italiana e della Repubblica di
Slovenia». Il riferimento conclusivo è al supplemento di istruttoria con il
quale il ministro Clini ha deciso di riaprire la Via (Valutazione di impatto
ambientale) sui progetti dei due rigassificatori: quello di Zaule e quello
offshore.
Riccardo Coretti
Gas Natural sbarca in Algeria
Il gruppo spagnolo Gas Natural ha annunciato di aver concluso un accordo con
il gruppo pubblico algerino Sonatrach per l'acquisto a 62 milioni di euro del
10% del capitale di Medgaz, società di progetto del gasdotto fra l'Algeria e
l'Europa. L'annuncio arriva a meno di due settimane dall'accordo di vendita con
due altri grandi azionisti del progetto, le spagnole Iberdrola (20%) e Endesa
(12%), che lasciano il capitale di Medgaz a favore di Belge Fluxis. «L'acquisto
di questa partecipazione - informa una nota di Gas Natural - è associato al
trasferimento del 10% della capacità di trasporto del gasdotto a Gas Natural
Fenosa», pari a 800 milioni di metri cubi all'anno.
Dubs (Pdl): «Sondaggio su Prg fasullo»
Pesante accusa del consigliere della V circoscrizione Roberto Dubs (Pdl) nei
confronti della giunta Cosolini sul Prg. «I dati raccolti dagli stagisti assunti
dal comune (ex allievi dell’ assessore Marchigiani ) sono totalmente
inattendibili : sindaco e funzionario lo confermano davanti ad una platea di
oltre 200 persone. Al questionario on line ed anche a quello cartaceo sul Prg la
stessa persona poteva rispondere anche mille volte alterando i risultati finali
della consultazione. Lo hanno confermato il sindaco ed il funzionario del Comune
davanti ad una folta platea del Ridotto del Verdi rispondendo a una precisa mia
domanda». «È talmente elementare la procedura che consente ad un singolo utente
di esprimersi un unica volta sullo stesso sondaggio web che è difficile
attribuire ad una semplice distrazione questa grave anomalia che ha alterato
tutti i dati della consultazione” - spiega il consigliere Dubs, il quale si
chiede anche che attendibilità può avere questa fase di ascolto se ogni
cittadino poteva esprimere il suo parere anche 100 volte di seguito sul
sondaggio internet e magari altrettante sul sondaggio cartaceo? Mi auguro che
alla luce di tutto questo non si tenti di giustificare le scelte scellerate che
ritroveremo nel Piano con un uso strumentale dei dati un sondaggio farlocco».
La Costa dei Barbari si ispirerà al modello delle
Cinque Terre
L’assessore Rozza anticipa le linee -guida del nuovo parco Con qualche
frecciata al ministro dell’Ambiente Clini
DUINO AURISINA Non più una pista bianca di pietra con incastonate luci
algide, magari a led. Quello della Costa dei Barbari, area protetta, dovrà
essere un sentiero del tutto compatibile con l'ambiente circostante, da
valorizzare secondo una filosofia diversa dallo spirito che ha plasmato le varie
Lignano, Grado o Milano Marittima. Se proprio un paragone deve essere fatto,
allora va inseguito piuttosto il modello ligure delle Cinque Terre. Così, la
prima grande rivoluzione del progetto che concerne la meravigliosa striscia di
litorale nostrano potrebbe essere proprio l'eliminazione dell'illuminazione
artificiale sulla futura strada di collegamento tra Portopiccolo e l'ex hotel
Europa di Marina d'Aurisina. Lo sostiene Maurizio Rozza, esponente di Sel e
presidente della Seconda commissione consiliare: «Con il finanziamento
assicurato dal ministro all'Ambiente Corrado Clini, lo stesso che si preoccupa
dell'attività industriale dell'Ilva, circostanza curiosa per chi riveste quel
ruolo, forse più consona al dicastero dell'Industria, si possono fare cose più
utili rispetto a una passeggiata a mare illuminata a giorno. Peraltro, per il
tipo di turismo che s'intende ricreare in zona, un turismo sensibile alla
conservazione dell'ambiente, ai prodotti e alle strutture ricettive originari
dei luoghi, certe luci provocano solo fastidio, poiché interferiscono con
l'habitat e le specie naturali presenti sul territorio». Eppure, sottolinea
sempre Rozza, «la prima premura di Clini, che ha posto tale vincolo, è stata
proprio questa strada illuminata: l'auspicio nostro è che il prossimo Ministro
all'Ambiente faccia cadere la condizione. A mio avviso – prosegue – con quei
soldi si potrebbero fare molte altre cose, per esempio mettere in sicurezza le
strade a rischio frana, per evitare che pezzi di costone piombino sulla testa
del bagnante». Sul fronte spiagge, anche in questo caso l'ispirazione va alle
Cinque Terre: rispetto della natura in primis. E mantenimento anche di un'area
dedicata al naturismo. «Perché non va scordato – rimarca Rozza – che la spiaggia
più pulita della nostra provincia è proprio quella frequentata dagli amanti
della tintarella integrale». Ma molte cose vanno decisamente migliorate, come
tutta la situazione a monte della Costa dei Barbari: «I parcheggi a pagamento
sulla strada, dalla rendita ridicola, vanno in parte eliminati per dare spazio a
un chiosco su vista panoramica che venda prodotti tipici e possa anche fare
della musica, in quanto in quella zona non può infastidire nessuno. L'attività
potrebbe essere affidata a un giovane di qui, con l'obbligo però a mantenere
pulita l'area, così scoraggiando il via vai continuo della zona, ormai più
simile a una casa d'appuntamenti che a un'area di sosta, con tutte le
conseguenze del caso in termini di immondizia. Mi fa piacere che le persone
facciano sesso sicuro, ma è inaccettabile il massiccio rinvenimento tra i
cespugli di preservativi usati come pure i comportamenti contrari alla pubblica
decenza». Di recente Regione e Comune hanno siglato un accordo di programma che
sancisce il ripristino ambientale della zona costiera, per uno stanziamento di
1,7 milioni di euro, ripartito a metà tra i due enti. Un’operazione mirata al
consolidamento e alla riqualificazione del tratto di mare, a preservare fauna e
flora autoctone, nonché a recuperare antichi manufatti e a creare una riserva
naturale, usufruibile solo per la balneazione. La Regione ha già stanziato 847
mila euro delle risorse statali: la rimanente parte sarà finanziata dal Comune
con fondi propri.
Tiziana Carpinelli
All’elettrodotto di Terna manca solo una firma -
ENERGIA - Decreto ministeriale per l’Udine-redipuglia
TRIESTE Siamo oltre i 60 giorni “intimati” a luglio dal presidente della
Danieli Giampietro Benedetti, ma la lunga trama autorizzativa dell’elettrodotto
380 kV Udine Ovest-Redipuglia è finalmente giunta all’ultima firma. Manca solo
l’autografo di un dirigente del ministero dello Sviluppo Economico sul decreto
autorizzativo: dovrebbe trattarsi di un passaggio meramente tecnico, per cui -
confidano a Terna - la crisi governativa e la relativa imminenza elettorale non
dovrebbero rallentare il corso dell’evento. Chiusa la conferenza dei servizi,
ottenuta dalla Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia l’intesa sul progetto,
Terna attende a giorni il via libera del Mise per partire con l’operazione.
Operazione che prevede tre stadi d’azione: i bandi di gara per la fornitura di
servizi e materiali, l’asservimento delle aree interessate, il progetto
esecutivo dei lavori. Terna, cui è demandata la realizzazione dell’opera,
calcola che orientativamente dalla firma ministeriale alla conclusione
dell’intervento trascorreranno circa tre anni, quindi l’elettrodotto Udine
Ovest-Redipuglia, salvo intoppi, verrà completato tra la fine del 2015 e
l’inizio del 2016. Terna vi investirà 100 milioni e prevede di dar lavoro a una
decina di imprese per oltre 300 addetti. Riepiloghiamo ora le ragioni - non
sempre di unanime sentire, come attesta la decennale durata dell’impervio
percorso autorizzativo - che hanno motivato la necessità di costruire la nuova
infrastruttura. C’è innanzitutto un problema tecnico: le due linee a 380 kV,
attualmente operanti in regione, risalgono a oltre trent’anni fa, mentre il
fabbisogno energetico del Friuli Venezia Giulia è più che raddoppiato. Nel 2011
- documenta Terna - il deficit elettrico friulo-giuliano, cioè la differenza tra
produzione e consumo nel territorio, ha raggiunto il 10%. Quindi nel 2003 i 40
km dell’elettrodotto vennero inseriti nel Piano di sviluppo della rete di
trasmissione nazionale, approvato dall’allora governo Berlusconi. La nuova
realizzazione implica la demolizione di 110 km di linee elettriche obsolete,
l’eliminazione di quasi 400 vecchi tralicci, l’affrancamento dalle serviù per
367 ettari di territorio. C’è un motivo di carattere economico: Terna stima che
la convergenza di maggiore qualità, sicurezza ed efficienza nella gestione della
rete determinerà un risparmio di oltre 60 milioni di euro annui per il sistema
nazionale, 2/3 dei quali derivanti dall’eliminazione dei cosidetti “colli di
bottiglia” che intasano il trasporto elettrico. Le centrali di Torviscosa e
Monfalcone saranno allora in grado di immettere ulteriori 600 mw di capacità
produttiva. Come ricordavamo all’inizio, nel luglio ’12 il leader della Danieli,
Benedetti, la mise giù dura, minacciando di investire 350 milioni in Croazia
anzichè nella Bertoli Safau a Cargnacco, qualora non si fosse dato celermente
seguito alla costruzione dell’elettrodotto, fattore essenziale per
l’approvvigionamento energetico dello stabilimento siderurgico friulano. Gli
ultimi conti di Terna riguardano i nove mesi del 2012, che vedevano il gruppo,
guidato da Flavio Cattaneo e presieduto da Luigi Roth, migliorare i principali
indicatori: ricavi a quasi 1,3 miliardi (+6,9% rispetto al gennaio-settembre
’11)), ebitda a oltre un miliardo (+9,5%), ebit a 718 milioni (+10,4%), utile
netto “adjusted” a 355,5 milioni (+15,6%).
Massimo Greco
IL PICCOLO - MARTEDI', 8 gennaio 2013
Più verde, meno auto: il Prg “disegnato” dai triestini
- URBANISTICA»CHIUSA LA FASE CONSULTIVA
Presentati i risultati dell’indagine promossa dal Comune in vista della
redazione del documento. Compilati 4mila questionari, 8mila gli accessi al sito
del Comune
L’ASSESSORE MARCHIGIANI Una mole di opinioni e suggerimenti di cui
l’amministrazione terrà conto nella stesura del piano che avverrà adesso zona
per zona
IL SINDACO COSOLINI Gli interessi non sempre possono essere coincidenti ma le
idee dell’amministrazione si concretizzano nelle linee guida del lavoro
Una città che si scopre ansiosa di avere più spazi verdi e soprattutto
attrezzati per i bambini, che è entusiasta al 96% per le energie alternative,
che sogna di fare giardinaggio per il verde pubblico, va soprattutto a piedi e
coi mezzi pubblici (e tutte le auto in giro di chi sono?), che considera il
problema della casa difficile quasi solo per via di appartamenti troppo vetusti
e troppo grandi, ma che di fronte a questo sogno idilliaco, sposato a una
visione di futuro legata (come da tendenze nell’aria) su turismo, cultura e
scienza, confessa al 74% di trovare deludente la prospettiva economica della
città. Questa è la sintesi dell’indagine conoscitiva promossa dal Comune per
raccogliere, nel più grande e articolato processo di moderno “ascolto” che si
ricordi, le opinioni di base per la formulazione del nuovo Piano regolatore. Un
raduno di opinioni generalizzate e per settore (categorie produttive,
associazioni, circoscrizioni) che soprattutto voleva testare non tanto i
“desiderata” segreti dei cittadini, ma il consenso o meno sulle linee di
indirizzo elaborate dal Comune stesso, dal sindaco e dall’assessore
all’Urbanistica Elena Marchigiani. Un consenso incassato a pieno perché nessuna
persona anche di solo medie buone intenzioni può seriamente essere contraria a
sostenibilità ambientale, riuso del territorio e degli edifici degradati,
qualità del paesaggio e mobilità sostenibile. E i risultati (questi e molti
altri in più) sono stati presentati ieri al Ridotto del Verdi, peraltro tutti i
dati sono disponibili sul sito Retecivica, alla voce Urbanistica o direttamente
“Nuovo Prgc”. Prima di tutto Cosolini e Marchigiani hanno messo in luce la
politica distintiva di questa amministrazione, il rovescio esatto di quella
scelta per il Prg da Dipiazza: prima il segreto totale, che molto fece
infuriare, e ora un mastodontico raduno di opinioni preventive, «di cui si terrà
conto» ha detto Marchigiani, ma il sindaco onestamente ha riconosciuto che sulle
pianificazioni urbane ci sono anche interessi non coincidenti. Produrre, che pur
sarebbe urgente, può cozzare col sogno di un’oasi verde. I numeri comunque sono
interessanti: 2500 questionari in carta, 1500 online, 8000 accessi al sito del
Comune, 7 riunioni circoscrizionali, 28 rappresentanti di categorie economiche
riuniti a discutere e 155 rappresentanti di enti, associazioni, organizzazioni,
da cui sono arrivati 32 contributi scritti di suggerimenti. Un lavoro immenso
che ha coinvolto anche “stagisti” universitari. Ampi i ringraziamenti alle «alte
professionalità del Comune, cui è giusto fare ricorso in momenti di criticità
economica». Ma come sarà questo Piano regolatore? Ancora non si sa, la fase di
“scrittura” zona per zona comincia ora, le tendenze sono di avvicinare le
strutture scientifiche al tessuto cittadino, di ampliare i parcheggi, di creare
punti di interscambio fra auto e bus, o bicicletta, di mappare (lavoro già
iniziato) gli edifici vuoti, di collegare il centro con le periferie e Trieste
coi Comuni circostanti, e con la confinante Sesana. Se dai contributi tecnici si
evidenziano esigenze e idee allargate, dal questionario dei cittadini emerge
forse anche il target che ha scelto di rispondere: il più attento, attivo,
partecipativo, computerizzato. In una città di anziani infatti (e Marchigiani
che deve scrivere il futuro lo ha sottolineato con soddisfazione) è emersa come
prima esigenza quella di “spazi liberi attrezzati”, e attrezzati “per bambini e
famiglie”. Il che è anche un buon risultato, visto che a Trieste rischiano di
essere minoranza e dunque meno urgenti da soddisfare. Cosolini, che sul nuovo
Prg si è giocato in parte le elezioni raccogliendo l’eredità del progetto finito
male, ha dato ieri anche totale copertura politica a quanto fatto finora e a
quanto soprattutto emergerà dai dettagli sostanziali: «Le idee di questa
amministrazione non sono, come spesso accade, astratte, ma si ritrovano tutte
dentro il suo Piano regolatore».
Gabriella Ziani
L’approvazione in aula entro novembre
Il viaggio del nuovo Piano regolatore è iniziato l’11 novembre 2011 con
l’approvazione in Consiglio comunale delle nuove direttive e la contestuale
fissazione delle nuove salvaguardie (impossibilità di agire sul territorio in
attesa della nuova pianificazione) che avranno durata di due anni, cioé fino al
novembre di quest’anno. A maggio 2012 sono partiti le consultazioni
circoscrizionali e il questionario per tutti i residenti, a luglio le riunioni
coi gruppi di professionisti, i sindacati, le associazioni, gli enti economici,
gli Ordini professionali, in autunno l’immensa mole di dati è stata analizzata.
Ieri la presentazione pubblica che chiude le consultazioni. Entro l’estate il
Prg sarà scritto e “tabulato”. Il Consiglio comunale deve approvarlo entro la
scadenza di novembre.
Tante domande, nel mirino anche la Ferriera
E c’è chi ha fatto notare che al sondaggio online una stessa persona
poteva rispondere più volte
La sala del Ridotto era quasi esaurita. Tanta gente per sentire i risultati
della grande consultazione sul Prg, ma nessuna domanda al di sopra di qualche
casalinga curiosità, in certi casi inappropriata: «Vi rendete conto che le
circoscrizioni hanno quasi tutte bocciato questo piano?». «Si trattava del Piano
del traffico». «Che cosa farete di viale XX Settembre?». «Lo diremo quando si
parlerà anche di altre vie, non meno importanti». E la domanda più urgente è
arrivata alla fine: «Che cosa intendete fare per le panchine in pietra di piazza
Venezia? Ci sono stata seduta un’ora e mi si è gelato il sedere». Il sindaco è
stato sorridente: «Beata lei che è riuscita e gelarsi appena dopo un’ora...». I
problemi di pianificazione, su cui l’assessore Marchigiani ha vedute, lessico ed
eloquio professionali e professorali, non si sono rivelati all’altezza di quelli
più sentiti. Per esempio, come isolare i quartieri che confinano con industrie
inquinanti. Senza nomi, naturalmente, ma la Ferriera era evocata. E come mai non
si è mai parlato del porto? «Abbiamo detto “mare” - ha risposto Cosolini -, il
porto sta sul mare. Lo sviluppo di Trieste viene dal Porto nuovo, e per quanto
mi riguarda anche dal Porto vecchio, ma qui “mi taccio”...». E perché aggiungere
parcheggi se in Europa ormai si va a piedi nei centri cittadini? È previsto un
piano di emergenza ed evacuazione? Rimetterete in luce i torrenti interrati? Un
cittadino ha messo in dubbio il sondaggio on line: vero o no che, volendo, la
stessa persona avrebbe potuto rispondere più volte? Attimo di incertezza. Poi la
sincerità: «Teoricamente sì, ma...». Neanche il Comune può credere a una
“partecipazione” perfino compulsiva.
(g. z.)
In Porto Vecchio la chiave per la Trieste del futuro
Razeto (Confindustria): «Lì si innescherà un processo virtuoso per la
provincia» Ma Fedriga (Lega) contesta il sondaggio del Piccolo: no alle case e
ai ristoranti
Ha innescato subito un dibattito, in particolare sul modello di sviluppo
economico della città, il sondaggio commissionato dal Piccolo - realizzato da
Tolomeo Studi e ricerche - e pubblicato nei giorni scorsi. I cittadini hanno
espresso il loro gradimento sulla giunta comunale, il proprio orientamento
politico e l’opinione sui maggiori temi socio-economici. La questione cruciale è
il recupero di Porto Vecchio, ritenuto importante dal 93% dei triestini.
«Trieste ha la caratteristica di attorcigliarsi su se stessa - ammonisce Sergio
Razeto, presidente di Confindustria Trieste - ma proprio dal Porto Vecchio
potrebbe arrivare la spinta per innescare un circolo virtuoso. Giustamente sono
state date concessioni a lunga scadenza, 70 anni, la sdemanializzazione è un
falso problema, ora è importante spostare una parte del Punto franco e dovrebbe
essere l’elemento determinante intanto per attirare capitali e mettere in piedi
i cantieri edili.» «Alla domanda “Lei è favorevole al riutilizzo dello scalo?”
avrebbe potuto rispondere sì anche il 100% degli intervistati - commenta Piero
Camber (Pdl) - Ma la domanda da fare era: “Lei per Porto Vecchio propone un uso
portuale oppure residenziale?”» In realtà Camber non tiene conto di un dato: la
domanda del sondaggio partiva infatti da una premessa, che fungeva da aspetto
dirimente: «Il sindaco Cosolini ha promosso una marcia in Porto Vecchio per
sensibilizzare sulla necessità di recuperare l’area.» Ma sullo stesso punto
glissa e picchia duro anche Massimiliano Fedriga, deputato della Lega Nord: «Si
sta insinuando che esiste una sola possibile alternativa: o facciamo anche case
oppure tutto resta fermo. Ma non è e non deve essere così, perché il Porto
Vecchio dovrebbe essere riservato a imprese che si occupano della lavorazione
delle merci, a insediamenti di terziario avanzato in connessione con attività
logistiche, il tutto favorito proprio dall’esistenza del Punto franco che
potrebbe richiamare imprenditori internazionali. I porti nautici credo che
portino ben poca occupazione, non voglio poi nemmeno pensare a ristoranti e
locali con tutti gli stabili sfitti che esistono in tutte le altre zone della
città. Ecco anche chi la pensa così, cioé come me, ha risposto “sì” a quel
sondaggio”. Va da sè che l’interpretazione di Fedriga è soggettiva e del tutto
in contrasto con le analisi del pool di ricerca che ha eseguito il sondaggio.
Magari i triestini hanno visto che i vantaggi (presunti) del punto franco non
hanno condotto a nulla in decenni e decenni? Ma la maggioranza dei triestini si
è espressa anche contro il rigassificatore e Ettore Rosato, deputato del Pd, ne
avoca tutto il merito al centrosinistra . «Io sono convinto - afferma - che il
rigassificatore di Gas Natural grazie alla nostra opposizione sia morto e
sepolto. Certo, fosse stato per il governatore Tondo sarebbero forse già
cominciati i lavori, così come voleva il ministro Corrado Passera. Ma la Regione
anche sulla questione della riconversione della Ferriera ha dato qualche segno
di vita nelle ultime settimane solo perché stiamo entrando in campagna
elettorale. Prima per anni assenza assoluta di iniziative e di proposte. Ma io
ritengo che il sondaggio sia stato molto utile - prosegue il deputato Pd -
perché ha dimostrato che le linee lungo le quali si sta muovendo il sindaco
Cosolini su questioni base quali Porto Vecchio, rigassificatore, Ferriera
corrispondono alle idee della grande maggioranza dei triestini. E lo dimostrano
anche i quesiti strettamente politici: la politica deve fare di più ma se c’è un
partito che è in grado di fare più degli altri, questo è il Pd.» «Facile essere
in vantaggio, come lo è oggi il centrosinistra - ribatte Piero Camber - quando
non c’è una vera e propria alternativa. Vedremo quando ci sarà l’anti-Cosolini
se il responso sarà lo stesso.»
Silvio Maranzana
«Puntare su green economy e logistica» - Sincovich
(Cgil): il modello di sviluppo con il terziario all’85% del Pil è arrivato al
capolinea
ATTIRARE IMPRENDITORI Secondo il segretario del sindacato per fare
un’operazione di marketing del territorio è necessario creare una società
consortile
LA RISORSA DEL TURISMO Si faccia finalmente il Parco del mare - dice Camber
(Pdl) - e si collochino le collezioni di de Henriquez nella Piccola Berlino
Potrà allora sopravvivere o addirittura vivere bene la Trieste del futuro
dal momento che la maggioranza relativa (45,3%) dei cittadini intervistati nel
sondaggio ritiene addirittura che il peggio debba ancora arrivare? «Il sistema
economico di Trieste così come ha resistito per una serie di decenni con il
terziario spinto all’85% del Pil è giunto al capolinea - ammonisce Adriano
Sincovich, segretario provinciale Cgil - proprio a fine mese abbiamo in
programma un seminario di approfondimento per verificare come il processo di
dismissione della Ferriera possa associarsi a un programma di
reindustrializzazione dell’area, se può innescarsi un rapporto virtuoso tra le
filiere dell’innovazione e settori della logistica, se vi sono possibilità di
insediamento e sviluppo in zona per la green economy. Per fare una ficcante
operazione di marketing è necessario creare una società consortile, già
ipotizzata per la riconversione di Servola, con un comitato di pilotaggio
pubblico, ma che abbia competenze e operatività di tipo privato-manageriale.»
«Le obiezioni al rigassificatore riguardano la sicurezza dell’impianto e su
questo aspetto non sono un esperto - replica il presidente Razeto - ma i
vantaggi sarebbero innegabili a cominciare dalle imprese edili coinvolte per
finire con lo sfruttamento della cosiddetta “catena del freddo” al di là degli
addetti e dell’indotto. Ma più in generale bisogna creare le condizioni
favorevoli ad attrarre imprenditori.» «É facile - prosegue il ragionamento
Fedriga - basta attuare quanto chiede la Lega e cioé che il 75% delle tasse che
si pagano al Nord rimanga sul territorio: in questo modo si potrebbe creare una
fiscalità di vantaggio sia per attrarre imprenditori che per non farli scappare.
Attualmente infatti la pressione fiscale per le imprese in Italia raggiunge il
63% del reddito, mentre in Slovenia si ferma al 34%.» «In effetti un nuovo
modello di sviluppo economico per Trieste non esiste - è l’opinione di Piero
Camber - ma le industrie pulite esistono e potranno insediarsi a Servola solo se
l’area sarà cementata perché se si pensa di bonificare non si finirà mai. Poi il
turismo è senz’altro un’ottima risorsa a patto che esistano dei forti
attrattori: bisogna finalmente fare il Parco del mare tanto caro a Paoletti e
collocare parte della collezione de Henriquez nelle gallerie della Piccola
Berlino per farne un forte polo di turismo storico accanto alla Risiera e alla
Foiba di Basovizza.»
(s.m.)
I laghetti delle Noghere a tre aziende-sponsor
Pasta Zara, Montedoro Freetime e Italspurghi si impegnano a curare il
verde, sorvegliare e tenere pulito l’ambiente. Senza un euro di costi per il
Comune
MUGGIA C’è fermento attorno alla valle delle Noghere. Tra la
riqualificazione delle zone di pregio naturalistico, le procedure relative al
Sito inquinato di interesse nazionale e le prospettive di nuovi insediamenti,
tutto fa pensare che la vasta area sarà in cima alla lista delle priorità della
giunta Nesladek per il 2013. La sfida è nota: rendere non soltanto servibili, ma
anche appetibili le zone interessate dalle bonifiche agli occhi delle realtà
produttive e commerciali, senza trascurare (anzi, valorizzando) quegli “spicchi”
di suolo che sono considerati parte del patrimonio ambientale del comune. I
laghetti Con riguardo a quest’ultimo aspetto, sono stati affidati gli incarichi
per la cura dei laghetti delle Noghere. Dichiarati biotopo naturale con decreto
regionale undici anni fa, i dodici ettari che costituiscono nel complesso
l’unica piana alluvionale istriana hanno alle spalle una storia travagliata.
Utilizzati lungamente come discarica, nel 2006 il Comune di Muggia li acquisì
dall’Ezit e pianificò la creazione di un centro visite, collegato al circuito
ciclistico internazionale dell’ex Parenzana, che tutelasse e mettesse in risalto
la flora e la fauna del luogo. Nonostante il ridestato interesse pubblico, i
laghetti hanno continuato a fungere da immondezzaio per automobilisti dotati di
scarso senso civico, i quali periodicamente vi hanno depositato mucchi di
pneumatici consumati. Il luogo, insomma, necessita tuttora di una cura più
assidua. Di qui, la promozione di tre bandi con la formula della
sponsorizzazione, cioè a costo zero per l’amministrazione: pulizia del verde e
risistemazione dei sentieri, sorveglianza, vuotatura e sostituzione dei cestini
per la raccolta dei rifiuti. Ad aggiudicarsi gli incarichi, con durata
triennale, sono state rispettivamente Pasta Zara Spa, il centro commerciale
Montedoro Freetime ed Italspurghi Ecologia Srl. Le aziende esporranno il proprio
logo nel sito web dei laghetti delle Noghere ed eseguiranno i lavori per conto
del Comune di Muggia. La zona industriale Intanto Nerio Nesladek, in prima linea
nella battaglia che ha condotto alla riapertura delle consultazioni sul
rigassificatore, spinge per dare forma e contenuto ad una proposta alternativa
di sviluppo. E il “focus” si concentra proprio sulla piana delle Noghere:
«Questa zona – scrive il sindaco in una nota personale – si affaccia sul mare in
continuità con le aree portuali, in particolare con il terreno ex Aquila
destinato ad ospitare il nuovo terminal ro-ro, e con il canale navigabile; è
servita dalla grande viabilità e dalla nostra rete ferroviaria, e a pochissimi
chilometri c’è quella slovena, raggiungibile senza sventrare montagne o
distruggere ambienti naturali». Ma c’è di mezzo il sito inquinato, e non solo.
«Leggiamo di aste deserte e imprenditori in fuga: così, da opportunità, la
localizzazione confinaria si trasforma in “iattura”», sostiene Nesladek. La
ricetta? Avviare una seria politica di fiscalità di vantaggio per tenere testa
alla concorrenza slovena e aprirsi al contempo alla cooperazione
transfrontaliera, sino a prefigurare una sorta di “gestione mista” dell’area
industriale. Trecentomila metri quadrati sono già disponibili, e un accordo di
programma li destina alla realizzazione di un nuovo grande centro commerciale.
Ma il sindaco fa capire che la situazione è ancora molto incerta. «Di questo, e
di altro, dovremo presto discutere – conclude Nesladek – se non vogliamo che
qualcuno inizi a pensare che perfino un rigassificatore era meglio di niente».
Davide Ciullo
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE Posizione travisata
Ho letto con molta attenzione la lettera “Rigassificatore: Trieste non una preda da violentare” a firma di Adriano Verani, rispetto alla quale vorrei fare tre brevi considerazioni. 1) Condivido senz’altro l’opinione del lettore circa il grande ruolo che sta assumendo sia per i credenti che per i non credenti l’episcopato di monsignor Crepaldi, il quale effettivamente “si sta mettendo sulla scia del suo grande predecessore Santin”. 2) Il signor Verani sostiene di aver appreso dalla stampa dell’incontro presso la centrale idrodinamica del Porto Vecchio; si capisce così come possa sostenere che il vescovo e il questore Padulano abbiano permesso l’ingresso dei manifestanti. Cosa non affatto vera perché tutti i presenti sanno che né il questore Padulano, peraltro non presente quella sera, né l’arcivescovo abbiano permesso l’ingresso di nessuno giacché, quella sera si è verificata l’irruzione in sala di un centinaio di manifestanti che hanno di fatto impedito lo svolgersi tranquillo e ordinato dell’incontro previsto. 3) Si sostiene nella lettera di Verani che “il consigliere regionale Marini ha espresso la sua preferenza per i convegni blindati con invito: pare che abbia compreso poco”. Quando mai avrei espresso la mia preferenza per i convegni blindati con invito? Ciò non corrisponde affatto a verità giacché, sia sul il Piccolo che sulle televisioni locali ho espresso invece tutto il mio sconcerto per il modo del tutto incivile, provocatorio e intimidatorio con il quale si è voluto impedire un momento di discussione e di confronto sereno e pacato sul tema dell’ambiente e in particolare su quello del rigassificatore.
Bruno Marini consigliere regionale Pdl-Fvg
IL PICCOLO - LUNEDI', 7 gennaio 2013
Il caso Ferriera arriva all’attenzione del Parlamento
Ue - APPROVATA UNA RISOLUZIONE
IL COMMISSARIAMENTO - I sindacati attendono il confronto con Nardi
delegato dal governo a gestir e la Lucchini
La questione della Ferriera di Servola è all’attenzione del Parlamento
europeo. I deputati di Strasburgo hanno infatti approvato una proposta di
risoluzione in cui sostanzialmente fanno pressione sulla Commissione europea
affinché sia riservata attenzione al comparto siderurgico continentale e siano
salvaguardati i livelli occupazionali. Il problema è tanto più complicato a
Trieste dove in realtà si tratta di riconvertire una siderurgia ormai datata e
di forte impatto ambientale che quasi nessuno vuole sopravviva al 2015.
All’articolo 10 della risoluzione il caso Trieste è comunque citato assieme ad
altri due italiani: quelli di Piombino, dove la Lucchini ha lo stabilimento
principale, e quello di Terni e poi ad altre situazioni difficili che si vivono
nelle acciaierie di Florange, Liegi, Targoviste, Schifflange, Campia Turzii,
Rodange e Otelo Rosu. Il Parlamento invita la Commissione a «monitorare da
vicino gli sviluppi» in questi stabilimenti dove «la sopravvivenza nella forma
attuale è a rischio, onde assicurare la competitività del settore siderurgico
europeo e la sua importanza in quanto settore occupazionale non siano
minacciate.» L’importanza della risoluzione, proposta dal Ppe, viene
sottolineata dal consigliere comunale Roberto Decarli, sempre attento alle
questioni industriali locali, che riferisce anche di come abbia avuto un assenso
bypartisan, sebbene lontano dall’unanimità. Per la precisione i voti favorevoli
sono stati 351, quelli contrari 125, mentre gli astenuti sono stati 34. In
particolare il Parlamento chiede che la Commissione «fornisca un quadro dei
cambiamenti nel comparto siderurgico in Europa e proceda a un’attenta
riflessione sulle iniziative a medio e lungo termine per sostenere e preservare
l’industria siderurgica». Ma il Parlamento si dice anche convinto che «la
ripresa economica europea dipenda anche da un’industria manifatturiera più
forte, in cui l’acciaio svolga un ruolo chiave, e che gli investimenti nella
ricerca e nell’innovazione siano fondamentali per il ruo rilancio e il suo
rinnovamento, accoglie con favore l’iniziativa della Commissione da elaborare un
piano d’azione per il settore siderurgico entro il 2013, ma sottolinea la
necessità che sia presentata il prima possibile». Invita inoltre la Commissione
«ad adottare misure concrete per ridurre i costi energetici nel medio e lungo
termine in particolare per le industrie ad alta intensità energetica e a
incoraggiare la costituzione in consorzi di imprese». Nelle premesse si
sottolinea anche che «il settore si trova ad affrontare una forte concorrenza
nel mercato globale e che le industrie ad alta tecnologia, di cui il settore
siderurgico è un esempio, sono considerate un modello di know how tecnologico e
devono quindi essere protette adottando misure immediate per evitare la loro
delocalizzazione al di fuori del territorio dell’Ue». Una situazione questa che
ha portato alla sostanziale chiusura della Sertubi come fabbrica da parte
dell’indiana Jindal. Sul piano locale intanto si attende la convocazione da
parte dell’assessore regionale a Programmazione e finanze Sandra Savino per la
prosecuzione del Tavolo che dovrebbe protare alla predisposizione dell’Accordo
di programma per la riconversione dell’Area di Servola al quale dovranno aderire
anche i Ministeri allo Sviluppo economico e all’Ambiente. I rappresentanti dei
lavoratori attendono anche che sia fissata la data dell’incontro con Piero
Nardi, il commissario straordinario nominato dal ministro Passera dopo che il
Gruppo Lucchini è stato posto in regime di amministrazione straordinaria.
Silvio Maranzana
Manifestazione contro il rigassificatore - sul molo Audace
IL PICCOLO - DOMENICA, 6 gennaio 2013
SONDAGGIO - Ferriera e rigassificatore: coscienze in
crisi però è no
Servola, priorità a salute e ambiente ma il 55% è per la riconversione
graduale Gnl, i contrari doppiano i pro ma il 40% parla di utilità. Più dubbi
nel centrodestra
Rigassificatore? No grazie. Ferriera? Vi. Non su due piedi, però. Perché
Trieste, in questo momento, non può permettersi il lusso, il trauma, di perdere
di botto tra i 500 e il migliaio di posti di lavoro. La coscienza della città
che viene a galla nella parte del sondaggio dedicata ai grandi temi industriali
oscilla tra la priorità che si chiama salute ambiente e la mano sul cuore per
l’emergenza-occupazione. La maggior parte dei triestini infatti non vuole il
rigassificatore (siamo sul 60%) e al tempo stesso non vuole più la Ferriera. Per
quest’ultima, tuttavia, la soluzione più gettonata è «una chiusura graduale,
riconvertendo lo stabilimento ad un’altra attività»: la sposa il 55%. Soltanto
l’1,9% non ha o non esprime un’opinione mentre quelli che vorrebbero che la
fabbrica sopravvivesse oltre la Lucchini - il 22,5% - superano addirittura i
concittadini che si schierano per lo stop immediato e la bonifica: si tratta di
un 20,7% che trova punte tra gli under 35 (25,4%), i laureati (26,2%), i
lavoratori autonomi (28,1%), e i residenti della Settima circoscrizione di
Servola (30,4%). L’allungamento della vita dell’impianto siderurgico, per
contro, è sentito parecchio tra i triestini orientati a votare Pdl, Lega e altre
forze di destra (29,8%), così come tra quelli che preannunciano la loro
preferenza alle elezioni per i partiti che stanno a sinistra del Pd (27,8%),
mentre la via di mezzo graduale è preferita tanto proprio nel Pd (64,8%) quanto
al centro (61,1%). Se invece la domanda cambia, e viene chiesto di mettere in
ordine d’importanza «la salvaguardia dei posti di lavoro», «dell’ambiente» e
«della salute dei cittadini», l’ultima voce viene al primo posto per il 48,6%
(il picco è dei grillini col 57,4%) cui si abbina un 10,7% pro-ambiente. La
tenuta dell’occupazione è priorità per il 34% (il 6,8% non si esprime), e qui
sopra la media sono decisamente gli elettori di centro (40,1%) e di centrodestra
(45,7%). «Sul tema del lavoro - così l’analista Cristodoro - prevale la
preoccupazione dovuta all’inquinamento. A sinistra l’ambiente rientra in una
visione valoriale a prescindere dal contesto, a destra è importante sì ma
rientra in una percezione del sé, di una qualità della propria vita legata a
molteplici fattori tra cui appunto l’economia». I due punti di vista, seppur in
un quadro di sostanziale rifiuto dell’opera, si demarcano anche di più quando si
parla del rigassificatore. I contrari sono il doppio dei favorevoli: il 59,6
dispensa un giudizio tra l’«abbastanza» (17,1%) e il «molto negativo» (42,5%),
mentre il 29,8% ne offre uno tra il «molto» (7,8%) e l’«abbastanza positivo»
(22%), e il 10,7% se ne sta zitto. Per il 61,8%, poi, l’impianto rappresenta,
«molto» (47,2%) o «abbastanza» (14,6%), «una minaccia per l’ambiente e per la
salute dei cittadini». Oltre a un 8,7% che non si esprime, il 29,4% invece è
«poco» (17,2%) o «per nulla d’accordo» (12,2%). Ma se la domanda gira, gira pure
un po’ la percentuale delle avversità al progetto. Il 40,7% in effetti, per un
+11,3% rispetto a quel 29,4% per cui non è una minaccia, lo ritiene «utile per
il rilancio del territorio, con la creazione di nuovi posti di lavoro»: il 19%
ne è «molto» convinto, il 21,7% «abbastanza». Da tale media del 40,7% si
discosta al ribasso l’elettorato di sinistra (28,5%) e quello grillino (36,8%).
Nel Pd si riallineano pian piano al 38% mentre i sostenitori dei partiti di
centro e quelli del centrodestra ci credono ben di più, rispettivamente col
46,8% e addirittura col 56,9%. E proprio nel centrodestra si registra, in
proposito, il tasso più alto di giudizi «molto» o «abbastanza» positivi sul
rigassificatore: il 43,3% contro un 40,5% di «abbastanza» o «molto» contrari più
una marea, ben 16,1%, di agnostici. «Anche nel caso del rigassificatore - la
chiosa di Cristodoro - l’ambiente, la salute e la sicurezza sono prioritari
davanti al bivio con l’occupazione, con accenti diversi a seconda delle fette di
elettorato. I grillini e i sostenitori della sinistra sono molto contrari
all’opera, via via che ci si sposta a destra le percentuali si fanno sfumate».
(pi.ra.)
In Germania record di pannelli solari - ENERGIA
Nel 2012 in Germania si è raggiunto il record di installazione di pannelli
solari: lo comunica il ministero dell’Ambiente aggiungendo tuttavia che nel
quarto trimestre c’è stato un calo a causa del taglio degli incentivi. La
capacità installata è aumentata oltre i 7,6 Gigawatt, battendo il record
precedente di 7,5 Gw del 2011 e di 7,4 Gw del 2010 e di gran lunga oltre i
2,5-3,5 Gw che Berlino vorrebbe vedere ogni anno. Il boom del solare è stato
alimentato dalle generose tariffe, garantite per 20 anni, con l’obiettivo di
sostituire le fonti fossili.
L’Istria “capitale” dell’energia pulita
In funzione a Canfanaro la più grande centrale solare croata: 4.256
moduli fotovoltaici capaci di “sfamare” 3.500 famiglie
ROVIGNO A Canfanaro, località dell’entroterra di Rovigno dove alcuni anni fa
si è trasferita la storica fabbrica tabacchi, è entrata in funzione a regime di
collaudo la maggiore centrale elettrica solare in Croazia. Si estende su una
superficie di 21 mila metri quadrati sulla quale sono stati collocati 4.256
moduli fotovoltaici dell’azienda Sharp. Ed è in grado di produrre, a regime, 1,2
milioni di kilowatt all’anno sufficienti ad alimentare 3.500 nuclei familiari.
Nel progetto l’azienda Petrokov di Zagabria, che fa riferimento al fondatore e
proprietario Krunoslav Petrokov, ha investito due milioni di euro. Il sindaco di
Canfanaro, Sandro Jurman, annuncia intanto con soddisfazione che entro il mese
la centrale verrà inaugurata ufficialmente. Non basta: «Siamo ben lieti di
offrire tutto il nostro sostegno all’investitore che intende costruire una
seconda centrale dello stesso tipo. I lavori dovrebbero iniziare entro la
primavera prossima». L’investimento, a detta di Krunoslav Petrokov, verrà
recuperato nell’arco di dieci anni, poi arriveranno i guadagni. Tuttavia,
osserva l’imprenditore, «non riesco a comprendere il motivo per cui ci fanno
pagare 300 mila euro per l’allacciamento della centrale alla rete di
distribuzione della Hep, l’azienda elettrica di Stato, un costo non previsto in
altri paesi». La Petrokov, tra l’altro, ha già collocato una centrale solare sul
tetto del suo palazzo nel rione di Santa Chiara a Zagabria: questa ha la potenza
di 400 kilowatt e l’investimento è stato di 1,2 milioni di euro. Zlatko Bukovac,
direttore della Soltech, azienda che si occupa di consulenza nel settore delle
fonti di energia rinnovabili, osserva intanto che nella Repubblica ceca, paese
che ha meno ore di sole all’anno, sono già in funzione 2.000 centrali solari
mentre in Croazia si stanno compiendo i primi timidi passi. Che nel paese il
percorso sia tutto in salita, in effetti, lo dimostra l’esempio del comune di
Barbana. Anche qui è prevista la costruzione di una centrale solare ma sulla
strada dell’investitore ci sono una serie di ostacoli burocratici di difficile
comprensione.
(p.r.)
Vagone radioattivo isolato a Opicina
Un vagone radioattivo trascorre le festività fermo alla stazione di Villa
Opicina, e per quanto sia stato individuato e messo in sicurezza subito dopo
Natale, nel giorno dell’Epifania ancora non si sa ancora niente del suo
eventuale smaltimento. Dal comando provinciale di Trieste, dicono di non aver
avuto più notizie in merito gli stessi vigili del fuoco che ne hanno dato
l’ordine di copertura. Si tratta di un carro pieno di rottame ferroso, che il 27
dicembre scorso è giunto scoperto nella stazione ferroviaria di Villa Opicina.
La notizia è trapelata soltanto ora. Si sa che il vagone "incriminato" proviene
dall’Ungheria ed ha varcato il confine Sloveno a bordo di un treno merci che
grosso modo ogni giorno percorre quella tratta diretto a Udine. È prassi che,
nella stazione di Villa Opicina, una ditta incaricata si occupi di effettuare i
controlli di routine sui vagoni che compongono i treni appena approdati in
Italia: ed è proprio in questo modo che il 27 dicembre stesso la società
Multiproject s’è accorta dell’anomalia radioattiva: effettuando le misurazioni
sul treno importato, ha il rilevato che il rottame ferroso contenuto nel vagone
ha un valore di radiazione superiore ai limiti di legge. Sempre secondo la
società incaricata dei controlli, esso non costituirebbe comunque pericolo per
il personale impiegato nelle manovre del treno. Quello stesso giorno viene
comunque immediatamente avvisata la ditta fornitrice Inrail di Genova (che ha
acquistato il carro in Ungheria) oltre a tutti gli organi competenti: le
Ferrovie dello Stato, l’Arpa regionale e il comando provinciale dei vigili del
fuoco. Sono proprio questi ultimi ad effettuare ulteriori misurazioni sul
perimetro esterno del vagone, appurando l’anomalia che la ditta Multiproject
aveva riscontrato all'arrivo del treno. Come succede spesso in questi casi, è
probabile che responsabile della radioattività - individuata sul materiale
ferroso contenuto nel vagone incriminato - sia dovuta alla presenza del cobalto
60. Il 29 dicembre, i pompieri ordinano che il vagone venga messo in sicurezza
sul binario apposito della stazione di Villa Opicina e che esso venga altresì
coperto con un telo impermeabile. Un'operazione, quest'ultima, messa in atto con
molta probabilità per evitare possibili spargimenti di polvere contaminata.
Dallo stesso comando provinciale arrivano però anche le rassicurazioni dei
pompieri, i quali sottolineano che il vagone non costituisce pericolo né per le
persone, né per l’ambiente né tanto meno per il canile di Villa Opicina,
considerato abbastanza lontano dal binario.
Elena Placitelli
Piano regolatore, il bilancio sulla lunga “fase di
ascolto” - DOMANI AL RIDOTTO DEL VERDI
Si svolgerà domani, dalle 17, nella sala del “Ridotto” del teatro Verdi, la
presentazione a città, enti, categorie, ordini e associazioni, da parte del
sindaco Roberto Cosolini e dell’assessore alla Pianificazione urbana Elena
Marchigiani, degli esiti della “fase di ascolto” che ha accompagnato nello
scorso anno la prima parte del percorso verso il nuovo Piano regolatore generale
del Comune di Trieste. Il Consiglio comunale aveva approvato il 22 novembre 2011
le direttive per la progettazione del nuovo Piano con le relative salvaguardie.
L’allora neoeletta amministrazione municipale voleva, come ha dichiarato più
volte, redigere uno strumento urbanistico del tutto nuovo e innovativo, «capace
di confrontarsi con alcuni dei temi al centro della riflessione sulla
pianificazione e sulla città contemporanea: perseguire lo sviluppo sostenibile;
contenere il consumo di suolo; recuperare, riqualificare, rifunzionalizzare
l'esistente; promuovere la qualità dell'ambiente e del paesaggio; incentivare
una mobilità sostenibile». E nel contempo anche un Piano che si venisse a
formarsi attraverso un reale percorso di “ascolto attivo” dei cittadini di
Trieste. Ecco allora i ben tre momenti distinti di “ascolto”: quelli rivolti ai
cittadini e alle circoscrizioni (tramite presentazioni pubbliche e diffusione di
questionari), quelli dedicati ai diversi “portatori di interesse” (con incontri
e tavoli tecnici con gli ordini professionali e le categorie più specificamente
coinvolte, come costruttori e associazioni ambientaliste) e quelli con le altre
categorie economiche, i comitati e le associazioni di cittadini. Una fase dunque
necessariamente molto ampia e variegata, sviluppata tra maggio e luglio dello
scorso anno, che si è rivelata non meno importante e significativa del lavoro
“direttamente” svolto in questi mesi dagli Uffici comunali e in particolare
dall’Ufficio di Piano, impegnato nella redazione di un ampio repertorio di
analisi, con il supporto di larga parte dei Servizi dell’amministrazione
municipale e dei professionisti esterni incaricati degli studi relativi sia
all’andamento demografico del territorio, sia alla compatibilità geologica,
geomorfologica e idrogeologica. Ora, l’incontro pubblico di domani sarà appunto
dedicato alla “restituzione” e illustrazione degli esiti di questa lunga fase,
opportunamente rielaborati dall’Ufficio di Piano, insieme agli stagisti delle
Facoltà di Architettura e di Ingegneria dell’Università di Trieste che avevano
partecipato all’organizzazione delle “settimane di ascolto” svolte nelle
Circoscrizioni.
IL PICCOLO - SABATO, 5 gennaio 2013
Rigassificatore, 45 giorni per la nuova Via
Il ministero dell’Ambiente indica tempi rapidissimi, ma la localizzazione
potrebbe essere un’altra
Sarà fulmineo, considerati gli usuali tempi romani, il supplemento di
istruttoria riguardo la Valutazione di impatto ambientale per il rigassificatore
di Zaule. La procedura infatti dovrà concludersi entro 45 giorni. Lo ha
stabilito il Ministero dell’Ambiente e ne dà notizia in una lettera che, datata
3 gennaio, è stata inviata al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero
dei Beni culturali, alla Regione, alla Provincia, al Comune di Trieste e
all’Autorità portuale. Se ne deduce che lo studio supplementare dovrà essere
terminato attorno a metà febbraio e potrebbe anche concludersi, a sorpresa, con
l’indicazione di un sito alternativo, presumibilmente sempre all’interno
dell’area triestina. Nella lettera ministeriale viene infatti anche spiegato che
la Commissione incaricata dovrà provvedere tra l’altro «all’analisi di
ipotizzabili alternative localizzative» con l’approfondimento del decreto Via
già emesso nel 2009 e «ad espletare gli incombenti istruttori anche in ordine a
eventuali profili occorrenti in materia di Vas (Valutazione ambientale
strategica).» Si specifica ancora che la Commissione dovrà considerare «i dati
attualmente indicati» dall’Autorità portuale, vale a dire l’incremento generale
dei traffici nel porto, le previsioni di crescita nella misura di oltre il 20%
dei traffici petroliferi all’oleodotto Siot, le progettate realizzazioni della
Piattaforma logistica e del nuovo Terminal traghetti ro-ro. Per pronunciare il
proprio definitivo no al rigassificatore, il Comitato portuale si riunirà
probabilmente giovedì prossimo. Lo studio commissionato alla Technital
sull’accresciuto traffico commerciale (petroliere, traghetti, navi da crociera,
portacontainer) non era infatti pronto in occasione dell’ultima seduta, il 18
dicembre. Già la bozza riassuntiva faceva però presagire l’incompatibilità con
un intenso traffico di gasiere. E del resto proprio la lettera inviata dalla
presidente dell’Authority Marina Monassi, che metteva in luce queste difficoltà,
è stata l’elemento determinante che ha indotto il ministro per l’Ambiente
Corrado Clini a riaprire la procedura di Valutazione d’impatto ambientale per il
rigassificatore on shore proposto da Gas Natural a Zaule e ad aggiungere
elementi per quella in corso sul progetto di Endesa che prevede un
rigassificsatore off shore, in mezzo al golfo. Sul tema rigassificatore inoltre
il presidente della Regione Renzo Tondo ha annunciato una giornata di ascolto
delle istituzioni e associazioni interessate dal progetto. La Conferenza dei
servizi a Roma per l’Autorizzazione unica, che spetta al Ministero sentita la
Regione, non potrà tenersi, come ipotizzato, il 17 gennaio, ma potrebbe anche
slittare di un mese soltanto.
Silvio Maranzana
Con la Tares il Comune perderà 3,2 milioni
Dal tributo sui rifiuti le casse dello Stato reclamano 0,30 euro al metro
quadrato
Servono per illuminazione e strade: all’ente locale
restano i lavori ma non i soldi il caso
Con la nuova tassa sui rifiuti Tares il Comune perderà 3,2 milioni di euro.
Soldi addebitati ai cittadini nella misura di 0,30 euro per metro quadrato
dell’abitazione, come imposta giustificata con la copertura dei costi
dell’illuminazione pubblica e della manutenzione strade. Ma cifra che lo Stato
reclama invece per sè (senza reclamare però anche i costi delle amministrazioni
locali). Ha deciso così il governo Monti nell’istituire la Tares, e il guadagno
per i bilanci nazionali è stato calcolato di 1 miliardo di euro. «Una cosa
scandalosa» non esita a dire Vincenzo Di Maggio, direttore del Servizio
finanziario e dei tributi del Comune. Alle amministrazioni restano le spese,
vengono sottratti i soldi. In alternativa, il decreto Sviluppo dà mano libera ai
sindaci di elevare questa imposta a 0,40 euro al metro, trattenendo per sè gli
0,10 restanti. Cosa che a Trieste non è stata ancora fatta, non è per ora
annunciata, ma c’è un regolamento per la Tares ancora in fase di scrittura. È
dunque possibile sapere quanto pagherà adesso una famiglia con 4 componenti in
100 metri quadrati? E quanto chi sta da solo in 200 metri? No. È ancora in
elaborazione il piano finanziario di AcegasAps, poi sulla base dei costi
definitivi sarà un algoritmo a distribuire il prezzo, usando i dati catastali e
quelli sul numero di abitanti per famiglia che si stanno già incrociando per
formare la base della bolletta. “Più equa”, come è stato annunciato, proprio
perché tiene conto delle due variabili. Un’altra cosa certa però è che la
differenziazione del tributo sarà massima per gli esercizi commerciali. «Sono
previste 30 categorie di negozi e varietà di ristoranti - spiega Di Maggio -, il
verduraio probabilmente pagherà di più, e pagheranno diversamente una pizzeria
coi tavoli a sedere e una pizzeria “take away”, e ancora diversamente un
ristorante vero e proprio. Ci sono parametri codificati per categoria, che
consentono di fotografare nel mondo più dettagliato la presumibile reale
quantità di rifiuti prodotti». Un incontro con la Fipe si è già svolto, tutti
attendono adesso i dettagli. È certo però che a Trieste non ci saranno gli
aumenti pazzeschi annunciati nel resto d’Italia, perché qui la Tarsu
elevatissima già copriva il 100% delle spese dell’asporto rifiuti e anche altre
voci, obbligo diventato, con Monti, ineludibile già da ora (e non dal 2014).
Qualche anno fa abbiamo subìto per questo un aumento del 27% della Tarsu. «Siamo
stati virtuosi - commenta Di Maggio -, obbedienti alle leggi: nella Tarsu erano
già inserite per intero oltre che le spese variabili dell’asporto rifiuti anche
le spese fisse come l’ammortamento per i costi dell’inceneritore, o
dell’acquisto dei camion. In altre città la tassa sui rifiuti copriva anche solo
il 70%, e adesso si corre ai ripari. Ma in realtà a rimetterci, anche da noi,
sarà sempre il cittadino: con meno risorse, meno servizi».
Gabriella Ziani
Nella Tarsu c’era un balzello “fasullo”
Non lo sapevamo, ma nella Tarsu abbiamo fin qui pagato un’addizionale del
15% “fasulla”. Di cui il 10% andava al Comune, e il 5% alla Provincia. Era un
contributo per “l’ex Eca”, una filiera di aziende dei rifiuti. Che non esiste
più. Bella sorpresa davvero, che salta fuori adesso con le leggi sulla Tares. Il
nuovo tributo sopprime l’obolo all’ex Eca. Dunque noi che paghiamo la tassa
comunque saremo sollevati dall’addizionale, nella quota però del 10%. E il
Comune perderà l’introito aggiuntivo. Ma non la Provincia. Il decreto Monti
infatti riconosce a questi enti (che era sul punto di sopprimere o almeno di
dimezzare) il diritto di riscuotere il restante 5% «per l’esercizio delle
funzioni di tutela, protezione e igiene dell’ambiente».
E la “differenziata” procura lo sconto Ma piccolo
piccolo
Misterioso ancora l’importo della Tares (i bollettini arriveranno a
marzo-aprile), ma è certo che potremo avere uno sconticino. Il cittadino si
chiede: «Se sono obbligato alla raccolta differenziata, che ricicla e vende i
rifiuti, perché pago sempre alla stessa maniera?». Il regolamento del Comune,
quando ci sarà anche il bilancio certo della raccolta 2012, prevederà una
percentuale di sconto. Ma come calcolata? «È una favola che chi più differenzia
meno paga, bisognerebbe pesare i rifiuti di ogni famiglia - dice il dirigente
comunale Vincenzo Di Maggio -, più realisticamente, dobbiamo presumere che
“tutti” lo facciano perché è legge, ma di fatto? Se nel 2012 avessimo ottenuto
il 32% di differenziata, potremmo dare uno sconto del 3%. Invece sarà dell’1%,
per “coprire” chi non differenzia». Messaggio chiaro: più differenziata c’è, più
scende il costo.
«Capodistria-Divaccia poco chiara» - La Provincia
chiede alla Slovenia nuovi documenti sulla futura linea ferroviaria
Su proposta della giunta guidata da Maria Teresa Bassa Poropat, il consiglio
provinciale ha espresso il parere sulla procedura di Valutazione dell’impatto
ambientale (Via) transfrontaliera avviata dalla Slovenia sul progetto relativo
alla linea ferroviaria Capodistria-Divaccia. Le osservazioni della Provincia, il
cui parere non è vincolante, riguardano tre ambiti: acque, Carso e impatti
visivi. Per quanto concerne le acque, “considerato che l’esecuzione dei lavori
in Slovenia influenzerà anche il territorio italiano – si legge nel documento
approvato ieri - si ritiene necessario che Lubiana fornisca uno specifico
studio. In esso – prosegue il testo - si devono evidenziare le problematiche e
le azioni che la Slovenia intende adottare per assicurare che, sia in fase di
cantiere sia in quelle di esercizio, le acque mantengano le caratteristiche di
idoneità alla vita dei pesci e non si verifichi un peggioramento rispetto a
quanto riportato nel Piano di tutela delle acque adottato dalla Regione. Che si
esegua uno studio – continua il documento - che certifichi l’assenza di
contaminazione delle falde derivante dalla realizzazione dell’opera e
l’eliminazione dei rischi per il sistema acquifero anche dal punto di vista
microbiologico”. Il consiglio provinciale chiede inoltre che siano forniti
“tutti gli elementi progettuali utili a garantire che le acque del Timavo
possano continuare a essere utilizzabili per soddisfare il fabbisogno idrico di
Trieste”. Sul fronte della protezione del Carso, nel documento approvato ieri,
“si ritiene utile siano effettuati gli approfondimenti necessari al fine a
ridurre il rischio di compromissione dell’habitat”. Infine, gli impatti visivi.
“Si richiede – spiega il documento - si forniscano tutti i dettagli riguardanti
il reale impatto paesaggistico, quali un modello di visuale prima e dopo la
costruzione, perché altrimenti non si può che esprimere un giudizio negativo su
un’opera che si evidenzia da subito essere ad alto impatto paesaggistico. Non
riteniamo condivisibili sotto questo aspetto – conclude il testo - le
affermazioni in base alle quali il viadotto andrà a dare un’immagine
caratteristica e riconoscibile al territorio”. L’assessore provinciale per
l’Ambiente, Vittorio Zollia, al termine della seduta ha posto l’accento sugli
aspetti paesaggistici e visivi recati dal noto viadotto «che assumerà – ha
osservato - un impatto rilevante e visibile dall’intero golfo. Le
giustificazioni finora presentate appaiono insufficienti».
u. s.
Torna “Horti in mercato”, per mangiare e vivere sano -
APPUNTAMENTI
Al mercato coperto di via Carducci il punto di incontro tra contadini e
consumatori
Primo sabato del mese e allora torna oggi, tutto il giorno a partire dalle
10 al mercato coperto di via Carducci, “Horti in mercato”, il punto di incontro
(e di conoscenza) tra i triestini, le associazioni e i contadini per creare
nuove possibilità di crescita del progetto comune e nuovi volontari. Un luogo
(all’interno della rotonda del mercato dove già si trova l’associazione Il
giardino del biologico) dove ognuno di noi può trovare risposte su qualità,
metodi e luoghi di coltivazione dei prodotti orticoli di stagione e può
acquistarli a un prezzo simbolico di volta in volta deciso dai “produttori
contadini”, favorendo così una filiera di appartenenza del territorio. Un modo
per accorciare la distanza tra chi vuole produrre, anche se in maniera
amatoriale e chi mangia ma vuole farlo in maniera consapevole e attenta.
Inoltre, si possono effettuare scambi di prodotti, semi, piantine e di ricette.
Un luogo per informarsi sulle iniziative in corso, su posti da coltivare o per
offrire il proprio orto. Un luogo, insomma, dove incontrarsi due volte al mese,
il primo e il terzo sabato di ogni mese, appunto. Ecco, tutto questo è il
progetto degli orti sociali urbani, intitolato “Urbi et Horti”: piccoli campi da
coltivare incastonati tra le case, nei rioni, per condividere l’arte, anche
terapeutica, della coltura e per una gestione comune dei beni. Con il sostegno
della Regione e il patrocinio del Comune, il progetto è stato realizzato da un
gruppo di associazioni, alcune delle quali fanno parte della Rete di economia
solidale, con capofila Bioest, Italia Nostra, il Comitato Danilo Dolci, l’Anglat
(associazione per la mobilità dei disabili), l'Associazione italiana agricoltura
biologica e le microaree dell’Azienda sanitaria. Ma l’obiettivo non è solo
creare degli orti urbani in cui coltivare la terra bensì utilizzare gli spazi
cittadini per tornare a condividere saperi e conoscenze, e mettere in relazione
le persone, forse la cosa più importante. Il successo, finora, è assicurato: ci
stanno provando tutti, anziani, giovani, soprattutto famiglie. Certamente è la
crisi, forse è - anche - la volontà di una migliore qualità ambientale. Che poi
altro non significa se non salute.
IL PICCOLO - VENERDI', 4 gennaio 2013
NUOVO PIANO REGOLATORE - Spazio alla “voce” dei cittadini
Lunedì alle 17, nella sala del Ridotto del Teatro Verdi, il sindaco e l’assessore alla Pianificazione Urbana, Mobilità e Traffico presenteranno i risultati della fase di ascolto, che ha accompagnato il percorso d’analisi del nuovo Piano regolatore generale del Comune di Trieste. L'elaborazione del nuovo Piano è tra gli intenti prioritari della giunta, che il 22 novembre 2011 ha visto approvate dal Consiglio comunale le direttive per la progettazione del nuovo strumento urbanistico generale comunale e le relative salvaguardie. Salvaguardie la cui scadenza è stabilita entro due anni.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 gennaio 2013
Rifiuti, in arrivo la Tares «Una tassa più equa» -
AMBIENTE » I TRIBUTI CHE CAMBIANO
Tra marzo e aprile saranno spediti i bollettini. L’assessore Omero spiega
i criteri: pagherà di più che sporca di più. Incrociati i dati catastali con
quelli anagrafici
Il vecchio anno è andato nella spazzatura al solito prezzo, almeno questa
non è aumentata, ma il 2013 non smentisce il segno dei tempi e si apre con la
tassa nuova sui rifiuti, la Tares, che sostituirà la Tarsu, e ingloberà anche i
“servizi”, da cui il cambiamento di sigla. La legge che la istituisce è
nazionale, porta la firma del governo Monti, ma sta ai Comuni determinarla
facendo somme e sottrazioni e anche qualcosa in più: finalmente calcolare anche
gli abitanti di un appartamento, e non solo i suoi metri quadrati. Poiché i
rifiuti sono provocati dagli umani, e non dai pavimenti calpestabili. E dunque
si farà un po’ di giustizia. Quella che già era assicurata alle città vigilate
dalla Tia (tariffa), e che invece penalizzava i Comuni vincolati alla Tarsu
(tassa), tra cui Trieste, con cifre altissime, perfino triple per certe famiglie
rispetto alla pur vicina Udine. La buona notizia è che il Comune, inaugurando la
terza versione e definitiva è uguale per tutti, e cioé il Tributo comunale su
rifiuti e servizi “Tares”, non alzerà le aliquote, e questo suona rassicurante
anche per alberghi, negozi e attività produttive che già sono sotto pressione. E
cercherà di non farlo anche nella seconda parte dell’anno quando è in programma
un altro cauto (ma decisivo) avanzamento della raccolta differenziata, con
l’introduzione dei cassonetti per l’umido, dal luglio scorso sperimentali solo
per mense, supermercati e grandi ristoranti . Con la Tares, che in senso
generale è annunciata come molto più costosa, a Trieste non è stato invece
necessario, una volta tanto, aumentare il costo, per il semplice motivo che
l’operazione era stata fatta in precedenza. Il tributo infatti porta a
compimento un principio di base: chi paga il servizio rifiuti deve farlo per
intero, al 100%, e non lasciare una quota a carico delle municipalizzate, delle
multiutility, e in ultima analisi dei Comuni. Chi sporca paga, proprio come per
i siti inquinati. «E a Trieste il 100% della spesa per l’asporto è già a carico
del cittadino - rivela l’assessore Fabio Omero -, e lo sono anche i cosiddetti
servizi di pertinenza dell’amministrazione comunale, che riguardano il lavoro
degli uffici, le guardie ambientali e altri costi specifici». Dunque avremo la
piacevole illusione di non pagare di più, semplicemente perché lo stiamo già
facendo rispetto ad altri. Con ciò non è detto che tutti pagheranno come prima,
perché nuclei familiari più numerosi in un’abitazione piccola vedranno lievitare
la bolletta, e al contrario nuclei piccoli in appartamenti grandi avranno una
diminuzione. «I dati - dice Omero - sono già stati elaborati in collaborazione
tra uffici anagrafici del Comune ed Esatto, i ricalcoli sono stati fatti
incrociando i dati anagrafici con quelli catastali». Così un’altra cosa da tener
presente è che noi cittadini, della Tares, non dobbiamo preoccuparci
personalmente: il bollettino aggiornato, riveduto e corretto sarà spedito
direttamente a casa, così come prima ci era recapitato quello della Tarsu.
Arriverà tra marzo e aprile. «Sarà più equa della Tarsu» ammette Omero. Ma il
piano economico-finanziario del 2013 di AcegasAps (ora associata a Hera), che si
sta elaborando proprio in questi giorni, porta in sè un segnale di avvertimento
e un punto di domanda: se si vuole (come si deve) avviare la raccolta
differenziata dell’umido serviranno ben 4 milioni in più. Come trovarli senza
alzare il tributo? Ecco un altro bel problema già pronto.
Gabriella Ziani
La raccolta a Trieste è una corsa a ostacoli - I NUMERI
Negli ultimi 8 mesi dello scorso anno con la “differenziata” sono state
raccolte 17 mila tonnellate di rifiuti divisi per tipologia, il che significa
2125 per mese, con un netto incremento rispetto ai primi quattro mesi
deludentissimi del 2012, quando la separazione dei rifiuti aveva superato di
poco le 1220 tonnellate mensili, segnalando solo un 8% di aumento rispetto al
periodo precedente, quando differenziare non era obbligo di legge. Siamo quasi
al raddoppio, raggiunto faticosamente, con le progressive “rampogne” del Comune
e soprattutto con l’introduzione della raccolta degli imballaggi per i negozi e
del verde a domicilio per chi ha il giardino. Infine dallo scorso luglio è stato
introdotto in via sperimentale, per 140 utenti particolari come mense,
ristoranti di grande dimensione, case di riposo, anche il differenziato “umido”,
quello che spaventa di più, il più seccante per i cittadini e costoso per chi
gestisce il servizio. La fase di avvio, con contenitori di color marrone
aggregati alle cosiddette “isole ecologiche”, cioé le serie di cassonetti
destinati a contenuti diversi, è costata 227 mila euro. E quali risultati ha
dato? L’assessore Fabio Omero ha i dati riferiti a tre mesi, da luglio a
settembre del 2012. Quei cassonetti chiusi con lucchetto, e addirittura
segnalati dalle targhette dei titolari, hanno raccolto solo 32 tonnellate, un
po’ meno di 11 al mese. Ma che sia poco o molto è difficile da dire,
considerando l’esiguo numero di “sperimentatori” costretti a mettere da parte
carta, vetro, lattine e plastica, e anche i rifiuti di cucina. Cosa forse più
facile in ambienti di ristorazione collettiva che non in casa. Dove, però, il
temuto cassonetto speciale è in arrivo.
(g. z.)
Nel quadrilatero di Melara sperimentato il “porta a
porta”
L’obbligo della raccolta differenziata è stato introdotto a Trieste il 1.o
giugno 2011, con un ritardo storico in regione, quando già a Gorizia era entrato
in pieno vigore perfino l’umido separato. Dal luglio 2012 è invece è cominciata
la sperimentazione dell’umido per la grande ristorazione collettiva, con tre
prelievi alla settimana. Solo poco prima, in aprile, Comune e AcegasAps avevano
invece avviato il “porta a porta” per 500 utenti con giardini, per la raccolta
differenziata delle ramaglie, con l’acquisto di 2500 contenitori specifici. In
mezzo, e per gradi, è stata perfezionata la raccolta di cartoni e imballaggi dei
negozi, con la definizione di spazi sulla pubblica via, segnalati da contorni di
colore giallo. Nel complesso di Rozzol Melara è stato invece sperimentato anche
il “porta a porta”, vista la sua compatta configurazione architettonica.
Differenziata, l’umido costa 4 milioni - Nel secondo
semestre AcegasAps dovrebbe partire con questa seconda fase tra mille incognite
Il dilemma si presenterà presto: come aumentare del 15-20% la raccolta
differenziata introducendo anche l’umido separato, senza aumentare le tasse per
un costo che proprio in questi giorni ha preso consistenza, e fa aumentare il
“budget” di ben 4 milioni di euro (rispetto ai 29 attuali)? Secondo quesito:
come risparmiare, se non eliminando dalla città i cassonetti più belli e di
minore impatto, quelli bassi e verdi presenti in alcune zone del centro, che
però richiedono camion piccoli per il ritiro, con due sole persone a bordo, e
dunque costano di più? E ancora c’è una terza incognita: come non scontentare
tante persone anziane, costrette in questo caso a fare anche più di 300 metri di
strada coi sacchi in mano per “differenziare” nei cassoni grigi? Far pagare un
costo in denaro a tutti, o un costo sociale ad alcuni? In mezzo ci sta la
riuscita dell’operazione. Perché è a tutti evidente, nonostante le dichiarate
intenzioni del Comune di multare i disobbedienti (difficili da cogliere con il
sacco in mano, più che con le mani nel sacco) che se il cassonetto è troppo
lontano il senso civico ha una immediata ribellione. «Nel secondo semestre del
2013, o forse negli ultimi tre mesi dell’anno - prevede l’assessore delegato
Fabio Omero - dovremo introdurre la separazione dell’umido, ma solo in strada,
al “porta a porta” non ci siamo ancora, ed è un’operazione molto complessa,
perché ogni casa e condominio si dovrebbero organizzare per mettere in strada il
contenitore comune in giorni prefissati. Un contenitore però che le case non
sanno nella maggioranza dei casi nemmeno dove tenere, gli spazi tecnici nei
condomini non esistono più oppure sono stati privatizzati. A Padova - prosegue
Omero - AcegasAps ha già introdotto il sistema dell’umido differenziato,
all’inizio ha incontrato grandissime difficoltà, ma poi via via sempre più
quartieri hanno chiesto che il servizio fosse esteso». Perché quando ci si
abitua, tutto è meno odioso e meno faticoso. Ma se i traguardi imposti
dall’Unione europea danno l’obbligo del 65% di raccolta differenziata, e Trieste
è da sempre agli ultimi posti in Italia e all’ultimo in regione (partiva da un
misero 22%), qualcosa dovrà pur fare in questa peraltro difficile città piena di
salitelle, scalinate, vicoli, zone impervie, abitanti anziani. Anche se occorre
pur dire che le sfilate di enormi e scomodi cassonetti di latta che occupano
consistenti porzioni di bordo strada non sono affatto in linea con le politiche
di abbellimento della città anche se la bruttezza è mascherata con le parole,
poiché si chiamano “isole ecologiche”. E per le persone di statura media
implicano anche uno sforzo fisico che non sempre è sufficiente a raggiungere il
risultato. «È vero - conclude Omero -, dovremo studiare un modo per mascherarli
un po’...».
(g. z.)
Wwf: nel 2012 inquinamento inaccettabile
Inquinamento atmosferico: a Trieste, nel 2012, è stato superato il limite di
35 sforamenti annui e per il Wwf, a questo punto, «servono interventi coordinati
tra i Comuni contermini e politiche di contenimento del traffico urbano più
coraggiose». Il 2012 ha registrato qualche giornata di sforamento in meno
rispetto al 2011 ma le buone notizie finiscono qui: perché l’anno appena
concluso è stato di nuovo un anno nero per le polveri sottili, quella nube
invisibile ma dannosissima alla salute delle persone che avvolge le nostre città
e che nei principali centri del Friuli Venezia Giulia ha ampiamente superato i
limiti stabiliti dalla normativa in materia. La situazione più drammatica – come
rivelano i dati riportati dalle centraline dell’Arpa - è ancora una volta quella
di Trieste, dove gli sforamenti di Pm10 hanno raggiunto quota 46: siamo ben
oltre i 35 episodi che rappresentano il tetto massimo di sforamenti annui al
limite di 50 ug al metro cubo fissati dalle normative nazionali e comunitarie.
«Si tratta di numeri ancor più preoccupanti - fa notare il presidente regionale
del Wwf Roberto Pizzutti - se si considera che, come evidenziano numerosi studi
in materia, i danni alla salute iniziano molto prima dei 50 microgrammi, ossia
già a 20 o 30 microgrammi, e aumentano gradualmente con l’aumento delle
concentrazioni di inquinanti. La Regione, quindi, dovrebbe implementare il
trasporto pubblico su gomma e su ferro. Infine – conclude Pizzutti - non ci
stancheremo mai di ripetere che la difesa della qualità dell’aria non può che
passare attraverso campagne di informazione e formazione dei cittadini,
l’incentivazione dei trasporti alternativi all’auto e una decisa politica di
limitazione del trasporto privato in auto, vedi car pooling (la condivisione
delle auto private) e car sharing (l’autonoleggio a ore), che soprattutto in
tempi di recessione economica, come quella che stiamo vivendo, può rivelarsi una
scelta di buon senso e di convenienza oltre che di tutela della salute e
dell’ambiente».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 gennaio 2013
Marcia della pace ricordando le Leggi razziali - CORTEO
PARTITO DALLA SINAGOGA
Boris Pahor, fiori alla lapide che in stazione ricorda i convogli partiti
per i campi di sterminio
Si è rinnovata ieri, giornata di Capodanno che la Chiesa dcattolica dedica
alla pace nel mondo, la Marcia della pace. Partita stavolta non come di consueto
dal colle di San Giusto ma dalla sinagoga di piazza Giotti: una scelta dettata
dal fatto che in questo 2013 ricorre il 75° anniversario dall'annuncio delle
leggi razziali del fascismo, dato da Benito Mussolini in piazza Unità il 18
settembre del 1938. La Marcia ha sfilato lungo il centro cittadino toccando vari
luoghi significativi per la realtà multiculturale e religiosa della città: dalla
lapide che sulla facciata del conservatorio Tartini ricorda la rappresaglia
nazista lì ricordata, a quella posta sulla parete della stazione centrale in via
Flavio Gioia a ricordo delle persone partite da Trieste per i campi di
sterminio: qui lo scrittore Boris Pahor, intervenuto alla cerimonia, ha deposto
un mazzo di fiori. La Marcia, dopo le soste davanzi al tempio
evangelico-luterano in largo Panfili, a quello greco-ortodosso in via San
Nicolò, a quello serbo-ortodosso in via San Spiridione, si è conclusa davanti
alla chiesa di Sant’Antonio nuovo nell'omonima piazza. Come si diceva all’iniziagiva
ha partecipato Boris Pahor, tra gli altri presenti anche Aurelio Juri,
appartenente alla Comunità italiana d’oltreconfine, al quale è stato conferito
il premio Danilo Dolci per essersi adoperato, come sindaco di Capodistria, per
la pace a salvaguardia dei suoi concittadini, nel corso della guerra del 1991.
Alla fine della Marcia, alle 18 in Sant’Antonio nuovo il vescovo Giampaolo
Crepaldi ha celebrato la messa della Pace. Il presule si è riferito nella sua
omelia al messaggio di papa Benedetto XVI che a a sua volta riprende le parole
di Gesù: «Beati gli operatori di pace, perchè saranno chiamati figli di Dio».
«La pace, dono di Dio e opera dell'uomo - ha citato Crepaldi - "concerne
l’integrità della persona umana ed implica il coinvolgimento di tutto l’uomo. È
pace con Dio, nel vivere secondo la sua volontà. È pace interiore con se stessi,
e pace esteriore con il prossimo e con tutto il creato. La negazione di ciò che
costituisce la vera natura dell’essere umano, nelle sue dimensioni essenziali,
nella sua intrinseca capacità di conoscere il vero e il bene e, in ultima
analisi, Dio stesso, mette a repentaglio la costruzione della pace. Senza la
verità sull’uomo, iscritta dal Creatore nel suo cuore, la libertà e l’amore
sviliscono, la giustizia perde il fondamento del suo esercizio"». Il vescovo ha
infine lanciato un appello per la liberazione di Asia Noreen Bibi, donna
cristiana detenuta da tre anni nel carcere pachistano di Sheikhupura con
l’accusa di blasfemia: «La sua liberazione - ha detto - sarebbe un atto di
civiltà e un luminoso gesto di pace».