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IL PICCOLO - VENERDI', 31 dicembre 2010

 

 

Piazza Libertà, progetto rivoluzionato - Niente alberi tagliati, ampliati i marciapiedi. Corsa contro il tempo per non perdere i fondi statali
 

PER LA RIQUALIFICAZIONE È PREVISTA UNA SPESA DI 3,8 MILIONI DI EURO
Gli alberi secolari non saranno toccati e nemmeno le direttrici principali della viabilità. Ma il progetto di riqualificazione di piazza Libertà, status quo a parte, va avanti. Anzi, accelera per non perdere i fondi ministeriali (3,8 milioni di euro) e anche per accogliere in modo adeguato quello che sarà il ”nuovo Silos”.
IL TAVOLO Nei giorni scorsi, infatti, gli enti coinvolti si sono incontrati per condividere il progetto definitivo, che deve seguire anche le nuove indicazioni contenute nella delibera approvata dalla giunta Dipiazza. Spetterà alla conferenza dei servizi, in programma a gennaio, approvarlo dando così il via libera a redigere il progetto esecutivo.
I PROGETTISTI Il lavoro spetta ai vincitori del bando: l’associazione temporanea composta dall’ingegner Klaus Plattner dello studio Bauburo, associazioni ingegneri di Bolzano e dagli studi degli architetti Stanislao Fierro di Bolzano, Luciano Lazzari, Paolo Zelco e Fabio Zlatich di Trieste.
I TEMPI Solo che prima di mettersi al lavoro bisognerà attendere la condivisione di tutti i soggetti, su ogni dettaglio, per arrivare così al bando di gara e all’assegnazione dei lavori. Il tempo limite è quello dell’estate prossima. «Stiamo valutando ogni aspetto e il progetto è sottoposto anche a chi deve dire qualcosa in tema di finanziamento», spiega Marina Cassin, architetto del Comune. Più esplicito il sindaco Roberto Dipiazza: «Bisogna fare presto, ma non possiamo permetterci di sbagliare un progetto - dice - che riqualifica un’area molto importante che, assieme, è l’ingresso e l’uscita della città».
LA FILOSOFIA Scartato il divieto di transito davanti all’ingresso della Stazione ferroviaria, andando così a creare un’area pedonale, per «non far diventare piazza Libertà un budello - dice Dipiazza - rimpicciolendo di fatto il giardino» la riqualificazione si concentra necessariamente su due aspetti: allargamento dei marciapiedi e definizione di nuovi sottopassi.
I MARCIAPIEDI Ecco che l’allargamento dei camminamenti davanti alla Stazione centrale e intorno al giardino storico, però, comporteranno la revisione delle attuali fermate degli autobus. Non a caso la Trieste trasporti ha già sollevato alcune perplessità, che Dipiazza pensa di risolvere facilmente: «Hanno 19 stalli, ne vogliono 21... troveremo una soluzione». In ballo anche la sosta dei pullman turistici, dopo il restringimento delle aree.
L’ASCENSORE È l’accessibilità pedonale all’intera piazza Libertà il nodo principale da risolvere e qui, stando alle ultime indicazioni del progetto definitivo, oltre all’allargamento dei marciapiedi sono previsti anche degli ascensori nella rete di sottopassaggi. Una possibilità che in realtà non è vista di buon occhio da tutti i soggetti coinvolti nella riqualificazione, proprio per la delicatezza dell’impianto.
LA SOPRINTENDENZA Nei prossimi giorni arriveranno negli uffici comunali le indicazioni più attese: quelle della Soprintendenza. Bocche cucite negli uffici di piazza Libertà, ma nel tavolo tecnico sono state sollevate alcune perplessità. Il problema riguarda l’area davanti all’ingresso del Porto Vecchio e la sala Tripcovich che, a quanto pare, la Soprintendenza chiede di valorizzare per dare lustro al portale d’ingresso.
IL PORTO VECCHIO Anche in questo caso Dipiazza conta di trovare la quadra durante la conferenza dei servizi. «Il problema sta a monte: lì i camion un domani non dovranno passare, sai quante volte hanno sbattuto contro i portali di ingresso al Porto Vecchio... - dice il sindaco - Quella è un’area che deve essere completamente recuperata, ma sono convinto che troveremo un’intesa con la Soprintendenza».
LA VIABILITÀ Il traffico veicolare, come detto, manterrà la direzione degli attuali flussi. Ma la viabilità subirà diverse modifiche sostanziali, a cominciare dal tratto in direzione via Ghega (attualmente riservato al trasporto pubblico) che sarà aperto ai mezzi privati. I parcheggi a rotazione sul lato viale Miramare, invece, saranno ridotti: confermati gli stalli a pettine adiacenti agli edifici, cancellati quelli esterni.
PIETRO COMELLI

 

 

Ma l’apertura del cantiere è in ritardo di due anni - L’obiettivo originario era di completare l’opera entro la fine del 2009 - ITER TRAVAGLIATO
 

Nel novembre del 2007, una volta ultimato il progetto preliminare, era stato definito «il più importante cantiere della città» in proiezione 2008. Definizione firmata dall’allora assessore comunale con delega ai Lavori pubblici Franco Bandelli. L’obiettivo dichiarato dal Municipio, all’epoca, era quello di cantierare piazza Libertà «entro giugno» (del 2008 evidentemente), per concludere così l’opera entro il 2009 e non rischiare di perdere il finanziamento complessivo da 3 milioni e 800mila euro in arrivo per 2 milioni e 360mila euro dal Ministero delle Infrastrutture e per l’altro milione e mezzo dalla Regione. Il 2008, il 2009 e oramai anche il 2010 sono trascorsi. Senza che, in piazza Libertà, nulla sia cambiato. Per il progetto definitivo ora si attendono le indicazioni della Soprintendenza mentre i soldi sono ancora lì, vincolati all’intervento.
La riqualificazione, nella sua prima versione approvata dal Consiglio comunale nel maggio del 2008, si era attirata gli strali degli ambientalisti e del Comitato di cittadini contrari all’abbattimento anche di uno solo degli alberi secolari della piazza. Inizialmente si era fatta largo la voce di dieci, dodici “tagli”. Intanto, un percorso di aggiustamenti guidato dall’amministrazione comunale rispetto alla versione iniziale del progetto stava prendendo il via. Sul fronte della protesta, si era contestualmente sviluppata una corposa raccolta di firme, arrivata fino alla quota di diecimila sottoscrizioni contrarie al taglio degli alberi. Così Bandelli nell’ottobre del 2008: «Delle attuali 54 piante, soltanto 7 verranno tagliate. Una di queste è già destinata a morire perché afflitta da una malattia certificata da un agronomo di Treviso mentre altre due verranno trapiantate in un’altra zona verde della città».
Il tempo passa e si sbarca nel 2009. «Il più importante cantiere» della città per il 2008 viaggia dunque in ritardo. È il gennaio dell’anno scorso quando l’assessore Bandelli parla di «eliminazione di cinque alberi centenari mentre gli altri verranno reimpiantati in posizione diversa». Nell’aprile successivo riferisce di aggiustamenti al progetto che «tendono a salvaguardare una quota maggiore di piante, in quanto recepiscono il vincolo della Soprintendenza di mantenere com’è l’attuale perimetrazione del giardino storico». Si segnala inoltre la modifica che toglie una corsia sul lato via Ghega per recuperarla come via preferenziale per i bus sul fronte stazione. Il 2009 è anche l’anno del burrascoso addio fra lo stesso Bandelli e la giunta Dipiazza, con le dimissioni dell’assessore. Il sindaco decide così di fare proprie anche le incombenze sui Lavori pubblici. Passano le settimane e si arriva al 2010, che proprio oggi si chiude. In febbraio Roberto Dipiazza dichiara su piazza Libertà: «Sto facendo delle modifiche, gli alberi non li togliamo più». Posizione ribadita un mese più tardi. Il Comune - emerge - è in trattativa con la Soprintendenza per la definizione della nuova e definitiva versione del restyling. L’urgenza con cui era stato presentato il progetto tre anni fa è un lontano ricordo.

(m.u.)
 

 

Il sindaco: non possiamo permetterci di sbagliare
 

«Piazza Libertà, oggi, non è un bel vedere. È un progetto che non possiamo permetterci di sbagliare...». Roberto Dipiazza è a fine mandato, ma su quella zona «l’ingresso e l’uscita della città, mi raccomando» - ripete fino allo sfinimento - è pronto a giocarsi la faccia. «Non è una bellezza infinita, anche se nel corso degli anni alcune cose sono state fatte», dice il sindaco. Ricordando lo spostamento degli ambulanti, la demolizione dell’edificio nel giardino adiacente a Sissi e la sua riqualificazione.
Davanti alle proteste per l’abbattimento degli alberi secolari - previsto nel primo progetto, quando la delega ai Lavori pubblici l’aveva Franco Bandelli - ha fatto un passo indietro e adesso quella piazza la vuole «più grande e con le aiuole spartitraffico in mezzo alle strade, una serie di sottopassi percorribili e non indecorosi come quelli di adesso». Eppure c’è voluto tanto tempo, anzi ci vorrà ancora del tempo prima di vedere la nuova piazza Libertà. Una lotta contro il tempo, con l’angoscia di perdere i fondi ministeriali. «Sì ci abbiamo messo più del dovuto, ma ricordiamoci che qui se si sbaglia rischiamo - insiste ancora Dipiazza - di compremettere l’ingresso e uscita della città. Adesso siamo a buon punto, la sintesi delle varie posizioni espresse alla conferenza dei servizi sarà la soluzione giusta».

(p.c.)
 

 

«Rio Martesin, la politica deve recitare il mea culpa» - Giorgi: è stata succube dei poteri forti Racovelli: i terreni sbancati vanno ripristinati immediatamente
 

DOPO LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO
Ripristinare subito strutture e paesaggio preesistenti, facendo in modo che a rimettere le cose a posto siano le imprese già impegnate sul terreno. Questo al Comune i cittadini del comprensorio di Rio Martesin, riuniti ieri nel cuore della vallata roianese in un incontro pubblico organizzato dal consigliere comunale dei Verdi Alfredo Racovelli. L’incontro si è tenuta sul disastrato ponticello che collega vicolo rio Martesin al versante di Scala Santa, uno degli elementi strutturali pesantemente compromessi dai lavori di preparazione alla realizzazione di quei tre progetti edilizi bloccati dalla recente sentenza del Consiglio di Stato che sconfessa in un colpo solo Comune, Soprintendenza, Tar regionale.
In un’area tipicamente rurale, rappresentata da terrazzamenti circondati dal bosco su pendenze da brivido, e dai collegamenti stradali simili a sentieri montani, avrebbero dovuto sorgere sette palazzine per un totale di 109 appartamenti. Un intervento edilizio di rilievo sull’ultima graziosa enclave verde di Roiano. «La sentenza del Consiglio di Stato che revoca alle imprese le concessioni edilizie è una vittoria clamorosa del comitato cittadino – ha affermato Racovelli, che ha seguito la vicenda sostenendo la causa dei residenti – e ci dice che la rendita fondiaria si può sconfiggere. È un risultato eccezionale, se si pensa che da diversi anni Trieste sconta politiche urbanistiche scellerate a favore di una lobby che agisce indipendentemente dal colore politico».
Secondo Racovelli i mali sarebbero iniziati già nel 1997, giunta Illy, con la redazione della Variante 66 al Piano regolatore che successivamente l’amministrazione Dipiazza avrebbe contestato solo a parole, permettendo reiterate speculazioni edilizie. Il consigliere ha ricordato come la giunta in carica ha autorizzato 127 concessioni edilizie solo qualche giorno prima della presentazione della nuova variante, oggi peraltro agonizzante.
«La politica deve recitare il mea culpa di fronte a questa sentenza – è intervenuto il consigliere comunale del PdL Lorenzo Giorgi - ammettendo da una parte di essere succube dei “poteri forti” che esistono in città, e dall’altra di doversi impegnare per amministrare al meglio le risorse umane comunali». Giorgi ha presentato una mozione al Consiglio comunale che invita il sindaco a impegnarsi affinché le imprese costruttrici provvedano al riassetto di vicolo Rio Martesin, strada privata a uso pubblico, al ponticello e ai diversi pastini intaccati. Senza impegnare i soldi della collettività.
Maurizio Lozei
 

 

Il Wwf: Tav fatta a fette - RFI NEL MIRINO
 

TRIESTE Il progetto della Tav Venezia-Trieste è stato spezzato ”dolosamente” in tre tronconi. Lo afferma il Wwf regionale denunciando lo stratagemma del ”salami slicing” che Rfi ha adottato, affettando la Tav «per cercare di sminuire l’impatto e depotenziare le opposizioni al progetto Venezia-Trieste». I tre tronconi, la Venezia-Portogruaro, la Ronchi-Trieste e la Portogruaro-Ronchi, hanno infatti iniziato la procedura Via in modo indipendente: il Wwf chiede di imporre a Rfi l’accorpamento.
 

 

«Colibrì sfrattati, atto di arroganza» - Hack: è reato causare la morte di animali di specie protette
 

A difesa dei colibrì di Miramare scende in campo anche Margherita Hack. La nota astrofisica, professore emerito dell'Università di Trieste e socio nazionale dell'Accademia dei Lincei, lo fa attraverso una lettera aperta. Rivolta evidentemente alle istituzioni, in primis al governo, alle associazioni animaliste e ambientaliste, ma anche alla città di Trieste tutta. «Il Centro europeo per la salvaguardia dei colibrì, di cui fa parte la struttura situata nel parco di Miramare, dovrebbe essere un fiore all'occhiello per Trieste - scrive la Hack -, e invece per non si capisce quale ragione, la si vuol trasferire, dove non si sa, destinando a morte quasi certa i colibrì». «Il tutto - è il primo affondo della scienziata - senza che le autorità cittadine, l’Enpa e le numerose associazioni animaliste e ambientaliste facciano sentire la loro voce. Eppure causare la morte di animali appartenenti a specie in via di estinzione è reato».
Margherita Hack chiede si trovi una soluzione adeguata. «Se la presenza di questa struttura, sede di ricerca e didattica etologica, nonché attrazione turistica unica in Italia disturba tanto, si provveda prima a trovare un'altra sistemazione idonea, si ripristino i modesti fondi per quello che è centro di vitale importanza per l'ambiente e solo dopo si potrà pensare di trasferire con tutte le dovute cautele uccellini così importanti e così delicati». Perché su un punto, rimarca la Hack, non si possono fare sconti: «Non si può certo pretendere di sfrattarli (i colibrì, ndr) entro il 10 gennaio prossimo, con un atto di estrema arroganza».
Anche considerato che, mette in evidenza l’astrofisica, «questi minuscoli uccelli sono importanti per la salvaguardia del nostro pianeta. Infatti il colibrì è l'impollinatore dell'85% di tutte le piante e alberi presenti in Sud America. Senza il colibrì le piante non potrebbero più riprodursi, i principali polmoni verdi della Terra, e cioè le foreste dell'Amazzonia, quelle Andine e la Mata Atlantica scomparirebbero nell'arco di tre generazioni, meno di un secolo, con danni irrecuperabili - sottolinea - per il clima e la respirabilità del nostro pianeta».
Andando a ritroso nel tempo, alla primavera del 2009, la Hack aggiunge inoltre: «Eppure per molti anni autorità locali e nazionali hanno visitato il centro ed espresso il loro apprezzamento per l'opera appassionata e disinteressata del direttore Stefano Rimoli. Poco più di un anno fa il segretario della Commissione ambiente del Senato, Andrea Fluttero in un documento ufficiale del 2 aprile 2009 “esprime apprezzamento per l'importante lavoro svolto” e decide di “supportare la presentazione del presente dossier” alle istituzioni italiane». Non è tutto: «Il 28 aprile 2009 il senatore Fluttero accetta l'incarico di membro del Consiglio di amministrazione del Centro colibrì e di ambasciatore del Centro per le istituzioni della Repubblica italiana. Un comportamento ben diverso - attacca la Hack - da quello tenuto dal ministro per l'Ambiente Prestigiacomo, evidentemente ignara dell'importanza che il Centro ha proprio per l'ambiente». L’astrofisica ne ha anche per la stessa Trieste e per la sua «vocazione masochista, che tende a cancellare molte iniziative che ne potrebbero fare centro di turismo culturale». Il riferimento è anche a Fest, «festival della scienza e dei libri scientifici, cancellato dopo due anni che lo avevano visto affollato di espositori e di visitatori e che sarebbe potuto diventare un importante evento paragonabile al festival della scienza di Genova, che attrae ogni anno migliaia di visitatori e di famosi scienziati e divulgatori».
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente, ancora per tutto il mese di novembre, saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia in via Roma 22 tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30 (tel. 366-5239111, www.legambientetrieste.it.
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 30 dicembre 2010

 

 

TAV A NORDEST - Il WWF: “ASSURDO SUDDIVIDERE IN TRE PEZZI LA PROCEDURA VIA”.
 

L’associazione ambientalista chiede a Ministeri e Regioni di imporre a RFI l’accorpamento dei progetti presentati tra Venezia e Trieste.
“Salami slicing” (affettare il salame): così è noto a livello europeo lo stratagemma adottato da RFI per cercare di sminuire l’impatto e depotenziare le opposizioni al progetto della TAV tra Venezia e Trieste.
Il progetto preliminare della nuova linea ferroviaria è stato infatti suddiviso in tre tronconi, che hanno iniziato la procedura VIA in modo indipendente l’uno dall’altro: la tratta Venezia – Portogruaro (progetto e studio di impatto ambientale consegnati il 22 dicembre, soltanto alla Regione Veneto), la tratta Ronchi del Legionari – Trieste (progetto e studio consegnati il 22 dicembre, solo alla Regione Friuli Venezia Giulia) e la tratta Portogruaro – Ronchi dei Legionari (progetto e studio saranno consegnati entro il 31 dicembre a entrambe le Regioni). Dalla consegna degli elaborati e dalla pubblicazione dei relativi annunci sui giornali, decorrono i 60 giorni a disposizione del pubblico per la presentazione delle osservazioni.
I progetti sono però, evidentemente, parte di un tutto inscindibile, per la semplice ragione che l’uno non avrebbe alcun senso né funzione, in assenza degli altri. Lo scopo della suddivisione in tre tronconi è quindi soltanto quello di cercare di deviare l’attenzione delle comunità locali – Comuni in primis – sul pezzetto di linea che riguarda i rispettivi territori, facendo perdere di vista l’insieme.
Si vuole cioè che cittadini, Comuni, associazioni, ecc. si esprimano soltanto sul frammento di TAV che tocca da vicino casa propria, chiedendo magari limitati spostamenti della linea o “compensazioni” locali, senza metter naso nella strategia complessiva che sta a monte del progetto e ragionare sugli impatti globali (ambientali ed economici) dell’opera. E’ questa la logica perversa della “Legge Obiettivo”, all’origine della progettazione delle linee TAV (e non solo di queste) e che fa a meno di qualsiasi pianificazione nel settore trasporti: la “politica del fare” qualunque cosa, comprando magari il consenso delle comunità locali e prescindendo dalla valutazione se si tratti di opere utili e sostenibili.
Come se non bastasse, la procedura VIA sulla TAV a Nordest denuncia altre gravi carenze:
1) manca, negli elaborati presentati da RFI, la valutazione costi-benefici, pur imposta per legge a tutte le opere pubbliche; carenza tanto più grave in quanto si tratta di un’infrastruttura il cui costo era stimato già nel 2006 pari a quasi 5,2 miliardi di Euro per la tratta Venezia Trieste (oggi la stima sarebbe verosimilmente superiore);
2) nel sito internet del ministero dell’ambiente, a tutt’oggi (30 dicembre 2010), non c’è traccia degli elaborati consegnati da RFI e anzi nella sezione dedicata alla VIA si legge che non c’è “nessun progetto sottoposto a VIA in fase di osservazione da parte del pubblico” (benché, come detto, RFI abbia consegnato alle Regioni progetti e studi per due tratte già il 22 dicembre)!
3) per poter visionare il materiale, i cittadini devono quindi rivolgersi agli uffici regionali (ma in Veneto trovano soltanto quello della Venezia – Portogruaro e in Friuli Venezia Giulia solo quello della Ronchi Trieste), mentre i Comuni finora non risulta abbiano ricevuto alcunché.
Il WWF ha chiesto perciò ai Ministeri competenti (ambiente, infrastrutture e beni culturali) e alle Regioni interessate di:
1) imporre a RFI l’accorpamento dei tre progetti e delle relative procedure VIA in un'unica serie di elaborati ed un unico procedimento, rinunciando al “salami slicing”;
2) completare gli elaborati per la VIA con l’indispensabile analisi costi-benefici;
3) avviare una nuova procedura VIA sul progetto unitario della linea TAV Venezia – Trieste, annullando quelle avviate in modo scorretto sulle “fette di salame” tra il 22 e la fine di dicembre;
4) mettere a disposizione del pubblico, nei propri siti internet, tutta la documentazione di RFI, contestualmente alla pubblicazione degli annunci sui giornali prescritta per legge.
“Si tratta – commenta il WWF – del minimo indispensabile per riportare il progetto della TAV a Nord est entro un quadro di legalità procedurale e amministrativa. Ferme restando, naturalmente, le obiezioni di fondo sul concetto stesso che sta alla base di quest’opera: inutilità della TAV quando le linee ferroviarie esistenti hanno ancora ampi margini di capacità non utilizzata, migliorabile con limitati interventi di ammodernamento/potenziamento; enorme impatto ambientale delle opere previste; colossale impegno finanziario che non c’è alcuna certezza di poter sostenere; nessuna ragionevole prospettiva sui tempi di realizzazione dell’opera; assenza totale di un quadro strategico e di un modello di esercizio dell’infrastruttura che ne giustifichi la realizzazione.”
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 dicembre 2010

 

 

Poldini: dopo Rio Martesin più tutela dei terrazzamenti - IL BOTANICO
 

«La sentenza del Consiglio di Stato sui tre progetti per Rio Martesin, che ha bloccato i costruttori obbligandoli a rifondere le spese ai ricorrenti e a ripristinare le aree, diventa un precedente fondamentale per tutta la provincia in termini di tutela del territorio e del paesaggio». Lo sostiene Livio Poldini (foto), professore emerito dell’Università cittadina che da anni si occupa dello studio e della tutela degli ambienti naturali.
«Tra le motivazioni della sentenza – afferma Poldini – c’è l’importante riferimento alla tutela delle zone naturali e rurali caratterizzate da notevoli pendenze e pastinature. E la zona di Martesin, come gran parte del territorio provinciale, presenta terrazzamenti in abbondanza, fondamentali per il mantenimento dei versanti e per la costruzione di un paesaggio unico».
Il Consiglio di Stato – continua Poldini – «si ispira chiaramente a un elemento legislativo sinora colpevolmente trascurato dalla gran parte dei Piani regolatori fatti in Italia, e anche in città, dal dopoguerra a oggi: l’articolo 9 della Costituzione, che tutela il paesaggio come bene dello Stato». Secondo lo studioso la conservazione e il consolidamento delle pastinature della provincia, lungo gran parte delle colline attorno a centro città e sul costone carsico da Barcola a Duino, non sono solo elementi distintivi del paesaggio, ma strutture fondamentali per la realizzazione di colture agricole pregiate e per la difesa del territorio da frane ed erosioni dovute a quei corsi d’acqua sempre più tombati e incapaci di drenare acque. Non sarebbe un caso, per Poldini, che smottamenti e frane si verifichino da tempo con più insistenza proprio nelle aree caratterizzate dal suolo arenaceo e sottoposte a continui e rinnovati assalti da parte dell’edilizia.
«Terrazzamenti e aree boscate – sostiene lo studioso – vanno protetti dall’invadenza delle costruzioni, volumi sempre più consistenti che rischiano di compromettere la stabilità dei versanti. Sarebbe accaduto anche per la valle di Rio Martesin se il Consiglio di Stato non si fosse pronunciato».
Maurizio Lozei
 

 

Mobilità urbana, un convegno - LE PROSSIME INIZIATIVE DI FAREAMBIENTE
 

«Ci sono grandi opportunità ma servono progetti reali e più sinergie per un vero sviluppo sostenibile. Fondamentale la diffusione di una cultura che veda le opportunità di sviluppo, ma anche attenta alla sostenibilità ambientale». Lo ha detto ieri Giorgio Cecco, coordinatore regionale del movimento ambientalista FareAmbiente, tracciando un bilancio dell'attività svolta nel 2010. A gennaio è in programma con la collaborazione del Comune un convegno sulla mobilità urbana cui seguirà uno sullo sviluppo sostenibile.
 

 

Il primo gennaio torna la Marcia della pace - LA MANIFESTAZIONE PARTIRÀ DAL PIAZZALE DI SAN GIUSTO
 

Il Comitato pace convivenza e solidarietà "Danilo Dolci" e la Tavola provinciale per la Pace e la Democrazia con altre associazioni promuovono per sabato primo gennaio, Giornata Mondiale della pace istituita da Paolo VI, la Marcia della pace, che partirà dal piazzale di San Giusto alle 15.45. Quest’anno la giornata viene celebrata da Benedetto XVI con un messaggio dedicato alla”Libertà religiosa, via per la pace”.
Dopo avere ricordato le guerre e le persecuzioni che si susseguono nel mondo, gli organizzatori invitano a partecipare a «manifestare per la pace, che è possibile, coltivando semi di convivenza, nella giustizia e nel rispetto dei diritti di ciascuno». Con la marcia del primo gennaio si vuole rilanciare la vocazione di Trieste a essere «”laboratorio di pace”».
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì 10-12, venerdì 17-19. Tel. 366-5239111

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 dicembre 2010

 

 

Magazzino vini, giù il lato mare - Partiti i lavori di restauro - Il muro era irrecuperabile. Gli altri saranno invece asportati e ricollocati
 

Se fosse una persona malata, si potrebbe dire che le hanno amputato una gamba per salvare il resto del corpo. È solo un ex magazzino per le botti di vino, ma negli anni gli è toccato diventare il personaggio-palazzo più importante della parte storica di Trieste. E ora finalmente, prima dello scadere di un ulteriore suo anno di periclitante vita, i lavori del ripristino sono effettivamente iniziati.
Ironia del destino: sono iniziati con una demolizione. Proprio quell’atto da cui per tanto tempo è stato preservato. Ma a forza di aspettare, discutere e rimandare il famoso Magazzino vini stava passando da rudere salvato a rudere morto per sfinimento delle sue strutture murarie, ormai ridotte alla porzione di una trina consunta, a rischio di crollo completo.
L’impresa Riccesi, che con la Imprefond e la Trevi in associazione è stata scelta lo scorso settembre dalla Fondazione CRTrieste per realizzare il completo rifacimento della struttura, con la salvaguardia dei muri esterni imposta dalla Soprintendenza, in questi giorni ha demolito il lato mare, e una porzioncina di muro d’angolo verso la ex Pescheria dove perfino il terreno di base era diventato cedevole: pezzi ormai irrecuperabili.
Verranno invece asportati per essere alla fine ricollocati allo stesso posto, come segno del tempo e della storia, e come richiesto dalla Soprintendenza, i muri degli altri tre lati, sul fronte rive e sui lati. Contorneranno la struttura in vetro che rappresenterà il piano «emergente» di nuova edificazione.
Per adesso comunque i lavori (che dureranno oltre due anni) riguarderanno il primo lotto: escavazione e realizzazione di due piani interrati, da 1300 e 1800 metri quadrati da destinare rispettivamente a spazio espositivo e parcheggio. Nella seconda fase, che avrà tempi di realizzazione più veloci, la costruzione della parte elevata, sempre di 1300 metri quadrati di superficie, da riservare a uffici, negozi, sale riunioni. Per il primo lotto la Fondazione CRTrieste ha messo a bilancio 7 milioni e 800 mila euro.
«Finalmente anche il brutto tempo si è interrotto e dei lavori, iniziati già all’inizio di novembre, si vede il primo risultato - afferma Paolo Santangelo, segretario generale della Fondazione CRTrieste -, anche il freddo non è d’aiuto, ma certo era ora che si potesse dare avvio all’impresa». Lunga è stata anche la fase di scelta dell’impresa, con successive richieste di approfondimento sugli aspetti tecnici, perché si tratta di ricavare piani interrati in riva al mare, e altre riflessioni sono seguite, per un completo affinamento del piano d’intervento.
È dal 2001 che la sorte di questa costruzione torna ciclicamente al centro di progetti lanciati e dismessi, dalla prima idea di Dipiazza, sindaco per la prima volta, di buttare giù l’obbrobrio che guastava le rive, all’acquisto dalle Coop fatto dalla Fondazione per favorire gli intenti del momento (un centro congressi), alla retromarcia e all’attesa mentre infuriava il dibattito sul Parco del mare, e infine alla decisione ultimativa del presidente della Fondazione CRTrieste, Massimo Paniccia, di rompere ogni indugio cittadino e di realizzare quella sede per se stessa.
GABRIELLA ZIANI
 

 

MAGAZZINO VINI - Progetto da 15 milioni di euro - L’INVESTIMENTO DELLA FONDAZIONE CRTRIESTE
 

Il completo restauro e rifacimento del Magazzino vini costerà in tutto 15 milioni di euro. Una cifra cospicua che la Fondazione CRTrieste ha deciso di investire dapprima su sollecitazione del Comune, e poi autonomamente visto l’abbandono progressivo dei progetti municipali: centro congressi, struttura a supporto del Parco del mare («purché senza vasche»). L’acquisto dalle Coop, nel 2005, era già costato 3 milioni. Nel 2008 era stato aperto il primo cantiere, subito però bloccato. Per proteggere l’esile struttura rimasta, e cioé i diroccati muri perimetrali, l’ex magazzino fu anche impacchettato con un’alta protezione bianca, subito oggetto di graffiti, ma anche scardinata su un lato dalla caduta di un lampione a causa della forte bora. Ora, a presidio, erano rimaste impalcature metalliche.
 

 

Al bando le borse di plastica Scatta dal primo gennaio la carica dei sacchetti ”bio” - LA LEGGE STA PER ENTRARE IN VIGORE
 

Materiali più costosi, già pronta la grande distribuzione Paoletti: stipuleremo contratti di gruppo coi produttori
Smaltimento delle vecchie scorte scaglionato per settori fino al 31 dicembre 2011 - Nessuna proroga all’applicazione, ma al momento mancano i decreti attuativi
Sarà solo questione di abitudine, ma ci si può aiutare. Un’idea potrebbe essere quella di appiccicare un biglietto alla porta di casa con la scritta ”shopper”.
Dal primo gennaio, nei supermercati e in tutti i negozi dove fino a oggi sono stati utilizzati, i sacchetti di plastica saranno visti come intrusi e fuori moda. Al loro posto stanno arrivando eserciti di buste biodegradabili, shopper di tela o di polipropilene, cioè sacchetti di plastica ”spessa” riutilizzabili praticamente all’infinito.
Il Consiglio dei ministri ha deciso di non concedere ulteriori proroghe all’entrata in vigore della legge che proibisce l’uso delle borsette usa e getta (e inquina) dal primo gennaio 2011 in poi. Per i cittadini tutto questo significherà spendere qualche centesimo in più, alla cassa del supermercato, per comprare sacchetti biodegradabili o, nella più auspicabile delle ipotesi, portarsi sempre dietro quelli in tela, cotone o plastica resistente: li compri una volta e durano anche anni.
Se per i consumatori la svolta ecologista è psicologica ancor prima che pratica, lo stesso vale per i commercianti che, allo stesso modo, dovranno fare i conti con le loro tasche: i sacchetti in ”Mater-Bi”, biodegradabili, sono più costosi rispetto alla plastica. Per gli esercenti così come per gli utenti.
Antonio Paoletti, presidente della Camera di commercio, commenta: «I commercianti triestini stanno accogliendo bene il cambiamento e molti di loro si sono già attrezzati per distribuire sacchetti ecologici. Per far fronte alle spese, che per i negozianti saranno indubbiamente più alte, stiamo pensando di chiedere ai fornitori dei preventivi per gruppi di acquisto. Vogliamo, in sostanza, stipulare dei contratti di massa con le aziende produttrici di sacchetti in Mater-Bi. A capo del contratto ci sarebbe la Camera di commercio - chiude Paoletti - con l’obiettivo di far sì che i vari gruppi di acquisto possano ottenere offerte il più possibile vantaggiose».
I supermercati e la grande distribuzione, così come numerosi piccoli commercianti, sono già pronti al passaggio dalla plastica al cartone, al bio o alla stoffa. Ma non ci si deve aspettare che, dal primo gennaio, le buste di plastica - quelle che impiegano oltre 200 anni per decomporsi, pericolose per l’ambiente - spariscano completamente dalla circolazione.
Nel decreto milleproroghe, varato dal governo lo scorso 23 dicembre, non c’è infatti traccia di decreti attuativi e non si può quindi parlare di legge a tutti gli effetti. Incerti sono dunque anche i parametri sanzionatori per chi ”sgarra”.
E c’è di più: il Milleproroghe prevede lo smaltimento delle scorte di plastica entro il 30 aprile 2011 per il sistema della distribuzione, entro il 31 agosto per le grandi strutture di vendita e fino al 31 dicembre per i negozi al dettaglio, le medie strutture di vendita e gli esercizi di vicinato. Significa, dunque, che numerosi commercianti avranno ancora un anno di tempo per adeguarsi e, nel frattempo, continueranno a insacchettare alimenti e oggetti con la plastica.
Conforta, però, che molti di loro si siano già portati avanti: «È già da diversi mesi che i negozianti al dettaglio triestini hanno iniziato a vendere shopper ecologiche. Chiaro che il passaggio riguarderà principalmente il settore alimentare», spiega Donatella Duiz, presidente provinciale dell’Associazione commercianti al dettaglio. «Nei negozi di abbigliamento e di oggettistica i commercianti si sono attrezzati da tempo con buste di cartone, che diventerà molto utile accumulare in previsione della raccolta differenziata. Lo stesso discorso - chiude Duiz - vale per i sacchetti biodegradabili, che serviranno per smaltire i rifiuti organici».
SILVIA ZANARDI
 

 

«Frutta e verdura nei coni di carta» - Una negoziante: sarebbe bello tornare ai vecchi cesti di vimini
 

«Che ci sarà mai di così traumatico? Faremo come si faceva una volta: arrotoleremo arance, mele e pere in un cartoccio a forma di cono. Lo si faceva fino a quarant’anni fa, non vedo perché non lo si possa fare anche adesso».
Valeria Craievich, titolare di un negozio di ortofrutta in via Boccardi 5, lo dice indicando la cassa e la calcolatrice: «Anni fa non c’erano nemmeno queste. I conti si facevano a mano ed era tutto nella norma. Se si può progredire così in fretta, non deve essere difficile fare qualche passo indietro. O no?»
Per la signora Craievich, iniziare a dimenticarsi le resistenti, ma nocive, borse di plastica non sarà un trauma, anzi: «Già me le vedo le signore venire da me con la borsa di stoffa. O magari con un cesto di vimini forte e capiente, sarà come tornare indietro nel tempo». E inizia a sognare che, fra qualche anno, si inizino magari a vedere sempre meno bottiglie di plastica e contenitori usa e getta.
«Da cosa nasce cosa - commenta ancora la signora Craievich - ma intanto questo è già un bel passo avanti. Mi sembra che, in generale, i cittadini abbiano accolto bene il divieto di usare le buste di plastica. E chi dovesse storcere il naso, si abituerà».
La venditrice di frutta e verdura di via Boccardi sta aspettando che i fornitori le portino le nuove buste biodegradibili. I suoi sacchetti di plastica sono ancora lì, in mezzo alle cassette di legno: «Io uso molto quelli di carta, a essere sincera. Certo è che la plastica è impermeabile e, quando piove, è l’ideale per non danneggiare la merce. Ecco, questa è forse una delle pecche più grandi dei nuovi sacchetti biodegradibili: non sono altrettanto resistenti alle intemperie».

(s.z.)
 

 

Marchetti (Coop): abbiamo iniziato a proporre le buste ecologiche e l’impatto è stato buono - Ma per i ”piccoli” ci vorrà tempo
 

Nei supermercati c’è chi invece da mesi offre lo shopper ecologico
Molti cadono dalle nuvole. Altri precisano: «Ci pensa l’azienda». C’è chi ne ha sentito parlare ma non ha ancora provveduto. Gennaio è in arrivo, ma non tutti i commercianti triestini sembrano preparati allo stop alle borsette di plastica di cui gli italiani sono, secondo Coldiretti, i maggiori consumatori d’Europa.
«Io non so niente, è l’azienda che ci deve fornire quelle biodegradabili», dice una commessa del ”Cad” vicino a piazza Unità. Il minimarket continua a distribuire buste di plastica e di quelle ecologiche non c’è traccia. Lo stesso accade in vari piccoli negozi di alimentari del centro, che rimandano a un titolare che «al momento non c’è», dando l’impressione di sapere poco o nulla della sostituzione.
I più preparati sono i supermercati delle grandi catene. Despar, Pam, Bosco, Cooperative operaie e Coop Nordest sono attivi da mesi e hanno riempito i magazzini di shopper di tutti i tipi: di carta, di cotone, di polipropiline, di juta. «Due mesi fa abbiamo iniziato a distribuire le borse alternative e l’impatto con la clientela è stato buono», dice Livio Marchetti, presidente di Cooperative operaie di Trieste, Istria e Friuli. Le Coop triestine le vendono a prezzi più competitivi rispetto alle cugine del Nordest: «Quelle in stoffa e in polipropilene costano 80 centesimi, contro gli 85 delle Coop Nordeest, e quelle biologiche standard, in amido di patata, di mais o fecola, 10 centesimi, contro 15», spiega Daniela Rondella dell’ufficio acquisti: «Abbiamo in arrivo un carico di 50 mila borsette bio per i primi di febbraio. Per ora i costi vengono riassorbiti per intero dall’azienda ma bisognerà vedere a quanto ammonterà il prezzo delle materie prime, peraltro già alle stelle».
Dieci centesimi per un sacchetto biodegradabile (questo il suo prezzo medio) sono quasi il doppio rispetto a quanto un consumatore ha speso finora per le buste di plastica: «Per questo puntiamo a sponsorizzare quelle rigide, che costano 80 cent al massimo, sono impermeabili e durano molto di più», spiega Fabio Bosco, presidente dell’omonima catena di supermercati. «Le abbiamo lanciate cinque anni fa e hanno avuto grande successo», aggiunge. Lo stesso stanno facendo nei vari supermercati Pam della città, dove da sei mesi sono già in distribuzione tutte le possibili alternative alla plastica.
Anche Fabrizio Cicero, delle affiliazioni Despar in regione, afferma che a Trieste la catena sta sperimentando il Mater-Bi da mesi. «Prima di distribuire soltanto sacchetti bio, tuttavia, ci dobbiamo preoccupare di smaltire tutte le giacenze di plastica che abbiamo nei magazzini». «Sulla sostituzione della plastica - affermano infine da Coop Nordest - abbiamo investito fin dalla primavera del 2009 e abbiamo un assortimento vario di sporte per la spesa».

(s.z.)
 

 

Sfratto a gennaio per i colibrì di Miramare - Il responsabile del Centro, Stefano Rimoli: «La politica non ha voluto fare delle scelte»
 

IL SOPRINTENDENTE CABURLOTTO: NUMEROSE LE VIOLAZIONI, FINORA C’È STATO TANTO PERMISSIVISMO
Nuovo capitolo nella vicenda dei colibrì del parco di Miramare. Il soprintendente Luca Caburlotto, di fatto, ha sfrattato gli animali. Lo annuncia il responsabile del centro, Stefano Rimoli: «Entro dieci giorni gli animali dovranno essere trasferiti, anche con l’uso della forza, con la scusa che il bombolone del Gpl non ha il certificato protezione incendi. La ditta Tuttogas ha presentato da tempo un progetto finanziato da Udine per l’ottenimento di questo certificato ma la Soprintendenza risponde che non è intenzionata a regolarizzare il bombolone, l’unico interesse è di sfrattare i colibrì».
Come spesso succede in questa storia, da piazza Libertà arriva una versione che, se conferma in effetti la notifica dello sfratto, sull’altro fronte apre squarci notevoli sulla stessa regolarità dell’intero Centro colibrì. «Quello del bombolone — commenta il soprintendente – non è che l’ultimo atto di una vicenda molto, molto complessa. Quello che mi sento di dire da subito, però, è che in uno stato di diritto non è che il possesso di vari colibrì consenta la deroga alle leggi, anche penali. In tal senso ci sono state numerosissime violazioni, totalmente trascurate da chi mi ha preceduto. Per certi versi questa storia presenta realmente degli aspetti surreali...».
Il perché Caburlotto lo spiega subito dopo, ricordando che l’intera questione è stata contornata da «tutta una serie di abusi». «Basti dire che non abbiamo mai risposto a Tuttogas perché mai abbiamo chiesto un loro progetto! E quanto al bombolone, ancora lo scorso 16 novembre i vigili del fuoco avevano denunciato la sua irregolarità e pericolosità. Oltre a tutto è una situazione non sanabile perché non può essere interrato, pena danni alle radici degli alberi circostanti. Rimoli, inoltre, ha avuto la revoca della concessione già nel 2002 e nel 2006 aveva ricevuto dall’allora direttore regionale Ugo Soragni un ordine di sgombero, poi mai fatto eseguire. Dal 2002 ha smesso di pagare la concessione, sia in quota fissa (6 milioni delle allora lire) che in quota percentuale sugli ingressi. Dovremmo chiedergli indietro i soldi dal 2002 ad oggi, perché ha causato un danno erariale». E ancora: «La mancata vigilanza gli ha consentito di fare questo. Visto tanto permissivismo e tolleranza, lui evidentemente si è sentito legittimato a fare quel che ha fatto».
Anche sul possibile trauma degli animali, ormai destinati a sicuro trasloco «ma non prima del 10 gennaio», Caburlotto mette i punti sulle ”i”. «I colibrì sono proprietà demaniale, non di Rimoli, lo Stato non vuole farli morire e in tal senso il Corpo forestale ha tutta la capacità per poterli trasportare nella loro futura destinazione». Già nota, pare, e non sarà Trieste.
Rimoli, ormai sfiduciato, scarica tutte le colpe «su una politica che non ha voluto fare delle scelte». «La cosa ridicola, paradossale quasi, è che mentre una discreta parte del partito al govermo, il Pdl, vorrebbe evitare una soluzione traumatica, un’altra parte dello stesso colore vuole tagliar corto, e per bocca dell’on. Fiorella Ceccacci Rubino, persona molto vicina al presidente Berlusconi, si scaglia contro la Soprintendenza e la Forestale dichiarando che «i colibrì rimarranno a Trieste». Non manca una battuta, finale, neanche su Caburlotto. «Il soprintendente? Sarà certamente anche lui un grande servitore dello Stato – annota Rimoli – ma in questa vicenda stanno cercando di strumentalizzarlo. Gli avranno fatto credere che il Centro colibrì non è un’istituzione ma una semplice associazione posta a cura di interessi privati, e lui ci sarà cascato».
FURIO BALDASSI
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19, e a Muggia, in via Roma 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30. Tel. 366/5239111, www.legambientetrieste.it.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 28 dicembre 2010

 

 

Racovelli: mille ostacoli per avere dal Comune gli atti su Rio Martesin - GIORGI: LA POLITICA NON HA FERMATO IL PIANO

 

”Un bellissimo regalo di Natale”.
Con queste parole i consiglieri comunali Lorenzo Giorgi e Alfredo Racovelli, rispettivamente del Pdl e dei Verdi, hanno accolto la notizia che il Consiglio di Stato ha cancellato le autorizzazioni a costruire sei palazzine nelle valle di Rio Martesin. Le due imprese romane, ”Airone 85” e ”Gestione italiana appartamenti”, non potranno realizzare i cento alloggi progettati dall'architetto Fabio Assanti. Anzi, la sentenza obbliga i due costruttori della capitale a ripristinare i pastini dell’area abbattuti dalle ruspe nella scorsa estate assieme a decine di alberi.
«Mai più bel regalo natalizio fu fatto, soprattutto per i residenti e in particolare per le tre persone che hanno avuto la forza, la caparbietà e la volontà di andare fino in fondo, ricorrendo alla Giustizia per bloccare quello che la politica, ahimè, non era riuscita a fermare».
Il ricorso vittorioso al Consiglio di Stato porta la firma dell’avvocato Gianfranco Carbone, che ha seguito il problema di Rio Martesin fin dalle prime battute.
«Ero presidente della Terza Circoscrizione - sostiene Giorgio in una nota - quando iniziai la battaglia per scongiurare un’operazione edilizia spudorata, che seppure lecita dal punto di vista amministrativo grazie al cementificatorio piano regolatore di Riccardo Illy, era completamente fuori di qualsiasi contesto di ragionevolezza. Avrebbe dovuto sorgere una sorta di transatlantico di cemento dove oggi ci sono caprioli, cinghiali, bosco, prati ed una particolare flora e fauna».
Il consigliere Alfredo Racovelli ricorda tutti i rinvii e le resistenze che aveva dovuto superare per ottenere negli uffici comunali la documentazione sulla lottizzazione di Rio Martesin. «In vicende come queste temo i colpi di coda di chi ha perso la battaglia legale. L’esperienza mi insegna che la battaglia potrebbe non essere conclusa del tutto. Ecco perché organizzerò la prossima settimana una manifestazione pubblica per fare il punto su quanto stava per accadere e che i giudici hanno fermato».

(c.e.)
 

 

Naufragio del Prg, esultano i contadini del Carso - PROSECCO. ASSOCIAZIONE AGRICOLTORI: «LA VARIANTE SNOBBAVA I NOSTRI BISOGNI»
 

PROSECCO Dal piccolo ma agguerrito mondo agricolo triestino l’ennesimo naufragio della nuova variante al Piano Regolatore Comunale triestino è stato accolto senza particolari apprensioni ma con una forte speranza per il prossimo futuro. «Ci eravamo espressi negativamente a più riprese su quel documento incapace di guardare al nostro settore con un minimo di comprensione e pragmatismo – afferma Edi Bukavec, segretario dell’Associazione Agricoltori/Kmecka Zveza –. Per quel che ci riguarda l’auspicio è che con il prossimo strumento urbanistico comunale si riesca finalmente a guardare al territorio e all’agricoltura come realtà concrete e operative».
A detta del segretario dell’Associazione Agricoltori, la variante “affondata” trascurava completamente le esigenze degli imprenditori carsolini e le specificità di tutto il territorio. Nelle osservazioni a suo tempo enunciate dall’organizzazione sul nuovo strumento urbanistico, erano due i punti giudicati prioritari, soprattutto alla luce di quell’accordo di programma siglato nella primavera di quest’anno con il Ministero dell’Agricoltura e la Regione Autonoma a seguito dell’istituzione della doc interregionale “Prosecco”.
«Mi riferisco innanzitutto alla riqualificazione del costone carsico – riprende Bukavec – un intervento dalla valenza economica ma anche ambientale e idrogeologica. La Regione e il ministero competente si sono impegnati per il recupero di quest’area, strategica sotto il profilo agricolo, ma anche fondamentale per la stabilizzazione di versanti a rischio di frane e smottamenti».
Secondo l’Associazione Agricoltori la nuova variante non teneva conto pure di quel master plan per lo sviluppo del Primario triestino che prevede il potenziamento delle colture pregiate e delle attività affini e collaterali che già esistono sul territorio. «L’adozione della nuova variante al Prg è iniziata male e sta finendo peggio – interviene Dimitri Zbogar, presidente della Coldiretti provinciale. Il guaio è che a rimetterci sono sempre i cittadini e gli operatori. Per quel che ci riguarda, è necessario aggiungere che anche questo strumento urbanistico ha avuto poca considerazione per il nostro comparto, privo di una visione complessiva capace di tutelare non solo l’edilizia ma anche chi lavora la terra».
Maurizio Lozei
 

 

Il mega-piano dei trasporti va all’esame della giunta - Domani l’adozione definitiva Tra le novità previste una spa ferroviaria regionale
 

TRIESTE Ha superato l’esame della commissione e quello delle autonomie locali. E adesso il nuovo piano regionale delle infrastrutture di trasporto, della mobilità delle merci e della logistica - l’ambizioso ”moloch” che definisce le strategie di breve, medio e lungo periodo del Friuli Venezia Giulia - è pronto per il passo successivo: l’adozione in giunta. Riccardo Riccardi, l’assessore competente, conferma: domani porterà nell’ultima seduta dell’anno, cui seguirà la tradizionale conferenza stampa del presidente, il super-piano che punta a diminuire il traffico su gomma, potenziando i traffici su ferro e i collegamenti con i centri logistici e i porti del Friuli Venezia Giulia. Molte le novità ”pesanti” a partire dalla previsione di una holding ferroviaria che metta insieme risorse pubbliche e private, Trenitalia e Alpe Adria, sotto il cappello della Regione e, a fronte di investimenti miliardari per la viabilità e la portualità, colmi il deficit attuale dei collegamenti retroportuali. Il piano, come prevede la legge del 2007, comprende un ”quadro conoscitivo” del sistema infrastrutturale e della logistica del territorio, incluse le relazioni con gli ambiti circostanti, ma soprattutto declina le finalità e gli obiettivi, le cartografie sullo stato di fatto e di progetto, nonché le norme di attuazione. Non solo: il piano, accompagnato dalle valutazione ambientale strategica, mette ordine e unisce per la prima volta i trasporti alla mobilità. E, come ripete Riccardi da tempo, non solo fissa nero su bianco la previsione di spesa, ma anche la copertura finanziaria dei progetti da realizzare. Tra questi non manca quello ambizioso di una società ferroviaria regionale che - a fronte della crescita del traffico merci su rotaia ma anche del dispimpegno del vettore nazionale Trenitalia Cargo spa - possa offrire maggiori opportunità agli scali portuali garantendo condizioni di competitività al sistema merci.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 27 dicembre 2010

 

 

Rio Martesin, stop dal Consiglio di Stato - Annullati i permessi a costruire, da ripristinare le condizioni originarie dell’area verde
 

È salva la valle di Rio Martesin, l’ultima enclave verde situata tra Scala Santa e Monte Radio.
Il Consiglio di Stato ha annullato i tre permessi a costruire rilasciati dal Comune di Trieste il 13 luglio 2009 a due società romane, la ”Airone 85 srl” e la ”Gestione italiana appartamenti srl”. Volevano costruire sei palazzine con cento appartamenti e centinaia di metri di strade di collegamento.
Ma la colata di cemento è stata fermata grazie all’intervento di tre cittadini che non hanno mai mollato la presa: Dario Ferluga, Luciana Comin e Giorgio Bragagnolo hanno cercato alleanze nel deserto della politica ma non hanno raccolto quasi nulla. Hanno agito allora a livello legale, ma il Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia ha dato loro torto confermando il buon diritto delle due imprese.
I tre cittadini sono ricorsi in appello a Roma con l’avvocato Gianfranco Carbone e il Consiglio di Stato ha accolto il loro ricorso. La sentenza, ormai definitiva, è stata depositata in cancelleria il 23 dicembre scorso e ribadisce quanto la gente che abita in quella zona dell’estrema periferia di Gretta aveva sempre sperato.
Niente cemento, niente palazzine, niente nuove strade. Solo verde perché l’area a pastini situata tra Rio Martesin e Rio Carbonera non può essere edificata. Lo ha ribadito anche il nuovo Piano regolatore mentre il precedente non era stato così tassativo, ponendo però dei seri limiti alle edificazione. Ora, le due società romane che hanno già compiuto massicci e costosi lavori di disboscamento e di scavo con il relativo ”movimento terra”, dovranno ripristinare l’area che volevano ”valorizzare”, riportandola alle condizioni originarie. Se non lo faranno e se il Comune non dovesse intervenire, ci sarà la forza della legge a costringere l’amministrazione pubblica e le due società romane. In questa evenienza, peraltro remota, non è nemmeno esclusa l’entrata in scena della Procura della Corte dei Conti.
Sono due i motivi per cui sono stati annullati dal Consiglio di Stato i tre ”permessi a costruire” per complessivi 11.300 metri cubi. Il primo motivo chiama in causa il Comune e dice che l’intero progetto di Rio Martesin doveva essere valutato nella sua unitarietà. Suddividendolo in tre parti, è stata dribblata l’altrimenti indispensabile necessità di valutazione di impatto ambientale su tutta la lottizzazione dell’area.
I giudici del Consiglio di Stato hanno anche sottolineato che nella concessione del ”permesso a costruire” è stata violata una norma speciale che imponeva e impone la salvaguardia dei pastini. In altri termini le palazzine avrebbero dovuto rispettare l’andamento a gradoni del terreno. Nel progetto presentato dalle due società romane e di cui il Comune non poteva non essere a conoscenza, non c’è traccia di questo.
«Qui si decidono le sorti della nostra valle - aveva affermato pochi mesi fa Dario Ferluga parlando a nome del Comitato sorto nel rione - ma i triestini devono sapere che il tentativo di salvare dalla speculazione edilizia la nostra area è un problema che coinvolge tutta la città».
Certo è che confidando nella decisione favorevole del Tar, ma senza tener conto del fatto che il giudizio di appello era ancora pendente a Roma, le due società hanno completamente disboscato un’area verde che non doveva essere toccata e che si erano in qualche modo impegnate a rispettare fino alla sentenza definitiva.
«Siamo di fronte a una devastazione, all’uso della mano pesante» aveva sostenuto il comitato di quartiere. Gli unici a raccogliere a livello politico la protesta erano stati il consigliere ”verde” Alfredo Racovelli e il collega Lorenzo Giorgi del Pdl: «Abbiamo avuto i primi assaggi delle porcate edilizie previste per questa valle. Attila non avrebbe saputo fare di meglio».
CLAUDIO ERNÈ
 

 

RIO MARTESIN - «Ora il sindaco ci dia una mano» - SODDISFATTO IL PORTAVOCE DEI RESIDENTI
 

Il primo successo i residenti di vicolo Martesin e via Giusti l’avevano centrato qualche anno fa contro il progetto dell’intervalliva – il “tubone” - che prevedeva interventi faraonici tra i rioni di Gretta e Roiano. Il secondo è stato propiziato dal Consiglio di Stato. «Il più bel regalo di Natale che abbia mai ricevuto in vita mia – dice per il comitato Dario Ferluga – e penso di interpretare i sentimenti di tutta la nostra comunità».
I membri del Comitato si riuniranno stasera per decidere sui prossimi passi. «È necessario ora che gli enti preposti provvedano al ripristino delle strutture già intaccate da chi aveva iniziato i lavori preparatori. Mi riferisco – continua Ferluga - al riassetto di vicolo Rio Martesin, strada privata a uso pubblico, al ponticello di raccordo tra i due versanti, ponte a uso pubblico demaniale, e ai tre terrazzi già intaccati. Inoltre vogliamo sapere cosa si farà delle macerie della casa abbattuta presso il ponte sul versante di Scala Santa, cemento e altri materiali non ancora smaltiti».
I cittadini chiederanno l’intervento del sindaco. «In questa vicenda – spiega Ferluga – Dipiazza è stato un ostaggio nelle mani di coloro che intendevano cementificare la valle. Ora può e deve finalmente darci una mano. Il ruolo della circoscrizione? Si sono dimostrati contrari alle edificazioni, ma alla resa dei conti si sono defilati tutti, maggioranza e opposizione. Se siamo riusciti a far valere le nostre ragioni – conclude Ferluga – lo dobbiamo solo a due persone: il consigliere comunale Alfredo Racovelli e l’avvocato Gianfranco Carbone».
Maurizio Lozei
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 24 dicembre 2010

 

 

Prg depennato dalle sedute municipali - Lega e parte della maggioranza chiedono di togliere il tema dall’ordine del giorno
 

Il Piano regolatore verrà tolto dall’ordine del giorno dei prossimi consigli comunali. Questa almeno la proposta della Lega, votata anche da metà maggioranza (Udc, Un’Altra Trieste, Fli). Due ore di dibattito in commissione capigruppo hanno coronato ieri con questa conclusione, e con la decisione di indire una commissione Trasparenza il 7 gennaio (quando molti saranno ancora in ferie), l’impressionante groviglio da azzeccagargugli che è ormai il Piano regolatore su cui non c’è più né maggioranza politica né vera prospettiva tecnica. Dopo le ultime burrasche in aula, la situazione è sempre più confusa.
Il presidente del Consiglio, Sergio Pacor, ha tenuto in cassetto le diffide di privati e costruttori che accusano il Comune di danneggiarli «per inerzia»? I consiglieri ottengono la «Trasparenza», ma Pacor spiega che non erano destinatari di quelle carte. Della relazione geologica rifatta, dopo che la prima è stata bocciata per vizio procedurale fino al Consiglio di Stato, i consiglieri devono votare una delibera perché il testo sia inviato in Regione? Chi dice sì, chi no, chi obietta «non ho visto il testo», chi con la lente nota il rischio insito in una frase coi verbi al tempo presente (che danno responsabilità piena ai consiglieri) e non al tempo passato (che la sposterebbe sui tecnici). Piero Camber (Pdl) individua la via stretta per cui i consiglieri si sfilano dalle responsabilità individuali, riescono a mandare in Regione la nuova relazione geologica, a fare le correzioni urbanistiche ormai da molti richieste, senza per questo annullare il piano «e riaprire la strada a 160 mila metri cubi di cemento, 20 piani particolareggiati più 20 concessioni edilizie». Per Camber la soluzione è un’altra: mandare in Regione il piano e farselo rimandare indietro «perché troppo modificato: in questo modo le salvaguardie non cadono, cosa che invece avviene se è il Comune ad annullare il suo stesso atto».
Ma Roberto Sasco (Udc), che Camber stesso accusa di secondi fini in queste battaglie, dà il Prg «per defunto». Maurizio Ferrara (Lega Nord) domanda: «Se il piano è legittimo perché Dipiazza non lo porta all’approvazione? E se non lo è prima o poi arriveranno ricorsi: illegittime anche le salvaguardie». Fabio Omero (Pd) è arrabbiato: «Eravamo informati sulle diffide? Non è vero. Controprova: ci fanno votare lo studio geologico proprio per tutelarci contro queste. C’è uno scaricabarile, e gli uffici (di cui lo stesso sindaco a luglio disse di non fidarsi più) ci hanno presi per il fiocco».
I dubbi tracimano. Raffaella Del Punta (Pdl): «Sulla delibera ”geologica” non ho votato perché non sono arrivata in tempo al pulsante, politicamente sono d’accordo di mandare avanti il Prg, ma tecnicamente non credo si possano votare atti mai visti, specie delibere che si basano su diffide, anche quelle mai viste».

(g. z.)
 

 

Bandelli al sindaco: «Riconosca gli errori» - IL PIANO REGOLATORE INCAGLIATO
 

«Il sindaco ritiri il piano regolatore, dia una tregua alla salvaguardia, che non vuol dire cementificazione, ma una seppur parziale soluzione alle criticità occupazionali che hanno colpito il settore dell’edilizia, si tranquillizzino così i piccoli proprietari e si riequilibrino i rapporti con gli Ordini professionali, costretti in alcuni casi al ricorso amministrativo». Franco Bandelli, l’ex assessore ora a capo di Un’altra Trieste, lancia «l’ultimo appello» sul Piano regolatore: «Sindaco, riconosca gli errori, non ci costringa a votare contro. Io per primo - scrive Bandelli - riconosco di averne commesso quando ero ancora in Giunta, perché all’atto delle esposizioni delle linee-guida ero convinto che questo Piano regolatore potesse dare una risposta agli interessi generali e non solo a quelli di pochi. Dipiazza deve prendere atto che la situazione è impraticabile».
Mentre il Prg è quanto mai incagliato su questioni formali, legali e procedurali, le posizioni politiche (divergenti anche nella maggioranza) si radicalizzano e i «bandelliani» optano per una ri-adozione del piano, «necessaria per dotare la città di uno strumento che non venga messo in discussione dalle decine di ricorsi di cui diverrebbe oggetto dal giorno dopo della sua approvazione. L’aver trasformato il Prg nell’ultima spiaggia di fine mandato costringe oggi - aggiunge Bandelli - ad agitare lo spettro della ”cementificazione selvaggia”, più un giudizio di merito che non il tenore di una valutazione tecnica».
 

 

Veglia, ”Adria Lng” rinuncia al rigassificatore - Il consorzio chiude l’ufficio di Zagabria, il mercato sconsiglia il maxi investimento
 

MA SI STA PIANIFICANDO UN IMPIANTO OFF-SHORE, PIÙ PICCOLO, SEMPRE NEL GOLFO DI FIUME
CASTELMUSCHIO Più che un arrivederci, un addio. L’altro giorno è stato chiuso l’ufficio croato del Consorzio Adria Lng, che anni fa aveva ottenuto dal governo dell’allora premier Ivo Sanader i diritti di concessione per la realizzazione e la gestione del maxi rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), sull’Isola di Veglia.
”Adria Lng” era ”calata” in Croazia nel 2006, con l’intento di fare entrare in funzione il terminal metanifero nel 2014. L’anno scorso la data di inaugurazione era stata spostata al 2017 e si era chiaramente intuito che il consorzio stava per disimpegnarsi, dopo avere valutato l’andamento negativo del mercato europeo del gas, flessione (-6%) proseguita anche quest’anno.
La chiusura dell’ufficio croato, situato a Zagabria, ha fatto capire che il consorzio ha praticamente rinunciato a questo grande progetto in campo energetico. Il gruppo è composto dalla tedesca E.On Ruhrgas, dall’austriaca Omv, dalla francese Total e dalla slovena Geoplin.
L’informazione che ”Adria Lng” ha deciso di chiudere i battenti al suo punto di riferimento in Croazia è stata diffusa dai responsabili di ”Plinacro”, il principale distributore di gas nel Paese, che, con la compagnia petrolifera Ina e l’Azienda elettrica statale, sarebbe dovuto entrare prossimamente nel consorzio, occupando così la quota riservata a imprese croate.
«Adria Lng non ha però intenzione di ritirarsi dalla Croazia – hanno spiegato ai giornalisti – ma di mettersi in posizione di stand by, cercando nel prossimo futuro altre soluzioni». La stessa cosa è stata ribadita, tramite un comunicato, dalla concessionaria, la quale ha fatto presente che il Consorzio Adria Lng continuerà a lavorare in Croazia, anche se in modo diverso rispetto a quanto avvenuto finora. «Abbiamo inoltrato la richiesta di licenza per l’utilizzo del suolo pubblico – si legge nela nota –. Quanto la riceveremo avrà la durata di due anni. Nel frattempo i soci del consorzio dovranno decidere in via definitiva se intendono, e in quale misura, investire a Castelmuschio».
Goran Francic, direttore del Settore sviluppo della ”Plinacro”, ha dichiarato ieri che la sua azienda sta pianificando – quale impianto alternativo – la costruzione di un piccolo rigassificatore offshore, sempre nelle acque del Golfo di Fiume.
Il terminal, destinato chiaramente ad accogliere navi gasiere, costerebbe sui 50 milioni di euro, circa 16 volte in meno del megaimpianto previsto a Castelmuschio.Avrebbe però una minore capacità di rigassificazione, fra i 6 e gli 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Il rigassificatore di ”Adria Lng”, se fosse entrato in funzione, avrebbe potuto produrre annualmente fino a 15 miliardi di metri cubi.
ANDREA MARSANICH
 

 

 

 

NEXTVILLE.it - GIOVEDI', 23 dicembre 2010

 

 

Fotovoltaico, slitta al 31 gennaio invio asseverazione chiusura lavori impianti
 

Nello schema di Dl cd. "milleproroghe" approvato dal Consiglio dei Ministri il 22 dicembre 2010, novità per gli impianti fotovoltaici che vogliono godere delle tariffe del Conto energia 2010 (più favorevoli di quelle del 2011).
L'articolo 20 dello schema di decreto-legge sposta al 31 gennaio 2011 il termine per inviare all'Autorità che ha rilasciato l'autorizzazione all'impianto, al gestore di rete e al Gestore dei servizi energetici (Gse) l'asseverazione di un tecnico abilitato che certifica l'avvenuta chiusura lavori sull'impianto (articolo 2-sexies, Dl 3/2010, convertito in legge 41/2010).
Invariati al 31 dicembre 2010 sia il termine per finire i lavori sia quello per comunicarne l'avvenuta conclusione. Lo schema del "milleproroghe", infatti, sposta al 31 gennaio 2011 solo il termine per inviare agli enti preposti l'asseverazione del tecnico abilitato. Tale asseverazione, prima della proroga, doveva essere inviata insieme alla comunicazione, e cioè entro il 31 dicembre.
(Redazione normativa Reteambiente)
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 dicembre 2010

 

 

Piano regolatore, la maggioranza va in frantumi - No di An, bandelliani e opposizione, la Lega non vota: studio geologico rinviato in commissione
 

La mozione proposta da Sulli (Un’altra Trieste) Dipiazza: «Prima di esprimersi vogliono vedere le carte? Mi pare ragionevole, l’aula è sovrana...»
Piano regolatore generale comunale. Prgc. Piano, appunto. Piano. Non c’è fretta. La politica triestina sembra essersi bloccata sulla prima parola. E il Piano non procede. Va avanti e indietro. Il numero della variante, la 118, non prometteva bene fin dall’inizio. Un numero da pronto soccorso. E gli infortuni a questo Prgc non sono mancati. L’ultimo è avvenuto l’altra sera in Consiglio comunale. Una fermata a sorpresa che ha mandato in frantumi quello che resta della maggioranza di centrodestra. In discussione c’era una banale ”presa d’atto”. Una delibera consiliare che avrebbe certificato l’esistenza del nuovo studio geologico (elaborato il 15 settembre scorso) e la sua ”trasmissione” (proprio così) alla Regione. Nulla di trascendentale. Una ”presa d’atto” propedeutica alla riadozione e all’approvazione del Prgc variante 118. Ordinaria amministrazione. Tanto che prima del Consiglio l’opposizione di centrosinistra non escludeva una ”astensione” natalizia. Un piccolo regalo al sindaco Roberto Dipiazza all’ultimo Natale sul più alto scranno del Municipio. E, infatti, lui si è presentato puntale in aula a ritirare il regalo e a fare gli auguri.
A rovinare la festa ci ha pensato il solito Bruno Sulli, esponente di Un’Altra Trieste, che ha presentato una mozione d’ordine (come è nella tradizione della destra) chiedendo il rinvio in Commissione del nuovo studio geologico visto che nessuno in Consiglio l’aveva visionato. In pratica si trattata di una ”presa d’atto” al buio. «Io voglio votare quello che vedo. Non voto alla cieca», spiega Sulli. Così la sua mozione di rinvio alla Commissione urbanistica è stata messa in votazione palese.
Il risultato? Incredibile: 23 voti favorevoli, 14 contrari, un ”non votante”. La maggioranza disintegrata. Dissolta come neve al sole. Fedeli al sindaco Dipiazza, che ha votato contro il rinvio, sono rimasti una pattuglia di pidiellini capitanati da Piero Camber, la Lista Dipiazza, il repubblicano Sergio Pacor (presidente del Consiglio), l’Udc Roberto Sasco (che ha votato solo per dovere di squadra), Di Tora e Minisini del gruppo misto. Attorno alla mozione di Sulli si è coagulata una strana maggioranza: oltre all’opposizione (Pd, Rifondazione, Cittadini, Lista Rovis e Verdi) si sono ricompattati i ”nemici per la pelle” (un passato comune in An), Un’altra Trieste di Franco Bandelli e la ricostituita An. La Lega - presente il solo capogruppo Maurizio Ferrara - non ha partecipato al voto.
Miracoli del Prgc triestino. Ma non è l’unica stranezza. La mozione Sulli ha diviso politicamente persino la coppia Piero Camber e Raffaella Del Punta. Quest’ultima, abile avvocato, ha scelto di non votare. «Strana questa cosa» butta lì in una nota il capogruppo dei Cittadini Roberto Decarli.
Dipiazza, ovviamente, non ha apprezzato il ”pacco” dono. «È andato su tutte le furie» assicurano i presenti. Il giorno dopo tuttavia lui sdrammatizza: «Non è successo niente. Hanno solo voluto rinviare in commissione la delibera. Il Consiglio è sovrano, ragazzi miei...» filosofeggia il sindaco. E poi aggiunge: «Vogliono vedere le carte prima di votare. Mi sembra ragionevole, Anch’io sulle armi ho chiesto il rinvio in Commissione». Tutto qua. Magari. Basta solleticarlo un po’ e allora torna fuori il solito Dipiazza, il sindaco che, se serve, sa prendere a calci anche la segnaletica stradale: «Io amo fare le cose. Quando entro in Consiglio comunale per me è un lavoro, Per qualcuno invece è un piacere in termini di perdita di tempo». A lui, si sa, il ”cazzeggio” politico non è mai andato a genio, soprattutto se lo obbliga a mangiare tardi. «Dopo il Consiglio sono andato a cenare fuori. Era meglio se andavo a cena prima. Capito il concetto. Se devo perdere tempo...».
E la maggioranza che non c’è più? E le dimissioni che qualcuno evoca come ulteriore ”presa d’atto”? Dipiazza fa spallucce. «Mi mancano quattro mesi da sindaco. Se do le dimissioni domani mattina pensi che personalmente mi cambi qualcosa? Non sono all’inizio del mandato. Il primo dicembre sono 14 anni che faccio il sindaco...». E allora? Allora resta. La maggioranza non è più davvero un suo problema.
FABIO DORIGO
 

 

PRG - «Non ci sono i numeri il sindaco si dimetta» - Cosolini infila il coltello nella piaga: nel centrodestra solo arroganza e litigiosità
 

«Il voto dell’altra sera non ha fatto altro che mettere in luce tutte le incongruenze del Piano regolatore, silurato senza possibilità di appello. Di solito, quando un esecutivo si ritrova a essere in minoranza, inizia seriamente a pensare alle dimissioni. È ciò che dovrebbe fare anche il sindaco, poiché è ormai evidente che non esiste più una maggioranza Dipiazza».
Inasorabile l’affondo di Roberto Cosolini, candidato - dopo la vittoria alle primarie - del centrosinistra alle prossime elezioni comunali. E l’analisi dell’ultimo scampolo di attività dell’amministrazione risulta, a suo dire, impietoso. Si chiude, secondo l’ex assessore regionale, un «anno complicato, certamente non buono per Trieste». Al punto che elencare i progetti falliti, non realizzati o cassati equivale a «leggere un necrologio»: si va dalla Piattaforma logistica al progetto Unicredit, passando attraverso il Parco del mare, le bonifiche del sito inquinato, il Piano regolatore, lo stallo dei centri monomarca e la deficitaria raccolta differenziata.
«Cividin - afferma Cosolini riprendendo le parole del presidente Ance - ha perfettamente ragione: manca una strategia globale. I tanti progetti esistenti vanno inquadrati. E alle difficoltà va dato un nome e un cognome, quello delle persone che tengono ferma la città, quando questa avrebbe proprio bisogno di muoversi». Cosolini punta il dito in primis contro le scelte di nomina per il porto: «Dipiazza, Antonione, Dressi e Monassi, ovvero quattro nomi di centrodestra e non tre nomi di manager di levatura nazionale per far decollare lo scalo giuliano». «Il quadro complessivo è che si litiga su tutto, unicamente sulla base di quelle logiche di potere per le quali la politica è una torta da spartire a seconda delle coalizioni. Infatti, come sostiene giustamente il presidente di Confindustria Razeto, manca lungimiranza. Ma, aggiungo io, nel centrodestra in compenso abbondano i candidati». Nel centrosinistra invece, chiude Cosolini, «il candidato c’è, come pure la coesione all’interno dello schieramento, dove i programmi si condividono con i cittadini, le categorie e tutti i portatori di interessi».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

Sasco: così la variante è defunta - Camber (Pdl): ha vinto il partito del cemento. Omero (Pd): un pasticcio
 

L’ESPONENTE UDC: NON RESTA CHE LA STRADA DELLA RIADOZIONE
«Uno spettacolo vietato ai minori». Piero Camber, capogruppo del Pdl in Consiglio comunale, vorrebbe inserire l’ultima seduta dell’aula sul Prgc in una fascia protetta. La sua diagnosi, di parte, è impietosa. «Purtroppo al momento ha vinto il partito del cemento. E il mondo della politica più che mai si spacca in tre: quelli che vogliono governare avendo in evidenza il bene della collettività; le solite opposizioni che dicono sempre e comunque di no; e coloro che pensano solo ad apparire, preoccupati di non venir riconfermati alle elezioni della prossima primavera». Siamo già in campagna elettorale e allora si può persino - parole sue - sacrificare una piano regolatore «che diminuisce l’edificabilità di 600mila metri cubi».
Antonio Lippolis, capogruppo di An, non si lascia incantare dalla polemica. «Sul Prgc c’è davvero biosogno di chiarirsi le idee. La situazione non è proprio sotto controllo come qualcuno vorrebbe far credere. Ci sono varie sentenze. Vogliamo capire se tutto è in regola». E il partito del cemento? E la strana maggioranza con Un’Altra Trieste? «Non ci interessa. Vogliamo che le cose siano fatte bene. Tutto qua».
Bruno Sulli, capogruppo di Un’Altra Trieste, non ci sta a essere iscritto da Camber al partito del cemento: «Camber non sa dire altro che schiochezze. Ha vinto il partito dei cittadini. Noi vogliamo la riadozione del piano regolatore. Una riadozione fatta bene e non alle spalle dei cittadini». Una linea condivisa anche a sinistra. «Siamo di fronte a una grande pasticcio - attacca Fabio Omero, capogruppo del Pd -. Lo studio geologico dovrebbe essere propedeutico alla adozione di una variante al Piano regolatore. Noi invece ci troviamo di fronte a uno studio geologico che va in Regione dopo che la variante è stata adottata». Un po’ come nel mondo all’incontrario di Alice. «È sicuramente incongruo. E la cosa non è stata chiarita dagli uffici. Siamo al gioco allo scaricabarile tra Comune e Regione. A mio giudizio se ne esce solo attraverso una riadozione della variante. L’iter deve ripartire dall’inizio» aggiunge Omero. «Altro che partito del cemento! Quello di Camber è un luogo comune - spiega il capogruppo democratico -. La verità è che dentro la maggioranza di Dipiazza c’è più di un partito che vuole affossare questo piano regolatore». La Lega nord, come riferisce Maurizio Ferrara, «ha staccato il cartellino e non ha partecipato al voto». «Come abbiamo sempre detto - ribadisce - non intendiamo avere nulla a che fare con questo Piano regolatore: la nostra è una scelta di assoluto distacco».
Secondo Roberto Sasco, per il quale «Camber ha sbagliato come un pivellino», la «variante è defunta e l’unica strada perseguibile è la riadozione del Piano». «Un’ipotesi da me avanzata ancora sei mesi fa - sottolinea - quando anche l’opposizione, con molto senso di responsabilità, si era dichiarata disponibile a lavorare in tal senso». Sasco però ha votato a favore, l’altra sera. «Certo e l’ho sempre detto che il mio appoggio a Dipiazza non sarebbe venuto meno fino all’ultimo giorno di consiliatura: non intendo retrocedere sul punto, anche se mi piace rimarcare che i risultati raggiunti dal sindaco non si devono a lui solo, bensì a tutta la squadra. E dunque non è il caso che la Lista Dipiazza si prenda tutti i meriti». Ad aver scatenato il peggiore degli scenari possibili, l’altra sera, potrebbe aver peraltro contribuito lo stesso Sasco, che solo qualche ora prima del voto aveva provveduto a distribuire ai 18 consiglieri della commissione da lui presieduta le dieci diffide giunte per il contestato Prgc. «È stato un mio preciso dovere rendere edotti i consiglieri - chiarisce - perché tutti potremmo essere chiamati a rispondere personalmente a tali atti. Io non li ho ancora letti e ne ignoravo l’esistenza, fino all’altro giorno. Anzi, reputo gravissimo l’essere rimasto all’oscuro di ciò».

(fa.do. e ti.ca.)
 

 

Entro il 2011 la pista ciclabile sulle Rive - Il progetto, fermo da tempo, è stato sbloccato con le intese sul Prg portuale
 

Costerà 344mila euro e congiungerà la stazione a passeggio Sant’Andrea
Entro Natale dell’anno che verrà le Rive si potranno attraversare in bicicletta senza più dover sfidare il traffico. La giunta Dipiazza infatti, approvandone il progetto preliminare con relativo accantonamento di 344mila euro, ha sbloccato l’iter della nuova pista ciclabile tra la stazione dei treni e Campo Marzio, in prossimità di piazzale Chino Alessi: qui il percorso per le due ruote proseguirà poi per il marciapiede di passeggio Sant’Andrea, sotto il piccolo parco dell’Ariston, in cosiddetta modalità ”promiscua” coi pedoni fino a largo Irneri. Sarà, questo, un decisivo mattoncino in mano all’amministrazione cittadina, che nel frattempo avrà cambiato sindaco, per finire di costruire l’ambizioso e ormai attempato progetto di un unicuum ciclabile da Barcola alla Slovenia via Carso.
LA PROSPETTIVA Un pezzo tra viale Miramare e piazza Libertà, in effetti, già c’è. E quello transfrontaliero - di competenza della Provincia, che da Ponziana, all’incrocio tra via Orlandini e via Gramsci, sale verso Draga Sant’Elia sopra la Val Rosandra - pure. Una volta che sarà realizzato proprio il segmento stazione-Sant’Andrea, ecco che l’ultimo sforzo - per reperire fondi, disegnare e rendere agibile un percorso senza soluzione di continuità per le biciclette - si concentrerà sull’ultimo e solo anello mancante: quello tra largo Irneri e Ponziana, per il quale esiste già un’ipotesi di massima che interesserebbe le vie von Bruck, San Marco e D’Alviano.
LO SCOGLIO Il Comune per intanto ha ripreso in mano, come detto, il primo dei due lotti, quello delle Rive, costretto - come ricorderanno di certo gli appassionati delle due ruote in città - a una lunga ibernazione, anche a causa delle resistenze della Trieste Terminal Passeggeri, chiamata a sacrificare alcuni dei suoi stalli a pagamento in area demaniale per far spazio alla pista ciclabile tra piazza Unità e l’ex Pescheria. «È un problema che abbiamo risolto - spiega Roberto Dipiazza, in questo caso da assessore all’Urbanistica e ai Lavori pubblici - nell’ambito delle intese Comune-Authority sul Piano regolatore portuale». L’anno scorso, insomma, lo scoglio - traducibile nella perdita di un numero di stalli compreso indicativamente tra 12 e 20 - è stato oltrepassato affrontandolo assieme a partite colossali per il futuro del territorio come Porto Vecchio e Piattaforma logistica, giacché allora la gestione dei parcheggi su area demaniale marittima in mano a Ttp era un affare esclusivo proprio dell’Autorità portuale, in quanto (allora) proprietaria del 100% delle quote della stessa Ttp.
L’OCCASIONE Risolta la questione, era presumibile che la pista ciclabile tra la stazione e Campo Marzio fosse andata avanti per il suo percorso burocratico in coda all’approvazione del Piano del traffico. Invece la precede. La Regione infatti, che aveva messo sul piatto ancora nel 2003 258mila euro per finanziare l’opera, ha chiesto di stringere i tempi in ottica rendicontazione. «Con nota 18 novembre - si legge nella delibera approvata dalla giunta Dipiazza - la Direzione Infrastrutture, Pianificazione e Lavori pubblici della Regione ha chiesto di trasmettere entro 30 giorni gli elaborati progettuali». E così è stato, visto che il preliminare degli uffici municipali era praticamente pronto. Il Comune di suo impegna altri 86mila euro ed ecco che a breve sarà bandita la gara d’appalto per disegnare e costruire, là dove serve, il percorso ciclabile.
IL PERCORSO Un percorso che - come si legge nella relazione tecnica - avrà generalmente (ad eccezione delle strettoie in prossimità di svincoli ed edifici come ad esempio l’ex Magazzino vini) una larghezza di due metri e mezzo (il che garantirà due carreggiate per il doppio senso di marcia) e attraverserà sei semafori e altrettanti incroci. Si passerà, andando con ordine, per la bretella dietro corso Cavour, proseguendo tra le siepi fino al parcheggio che precede la Stazione marittima: la soluzione dei bordi ”naturali” - come fanno notare dagli uffici del mobility manager Giulio Bernetti - consentirà, in particolare, di non alterare la prospettiva nei pressi di piazza Unità. A quel punto la pista per le biciclette correrà lato mare, a destra del marciapiede esistente, che farà così da divisorio rispetto alla strada per i mezzi motorizzati. Da riva Grumula, poi, il tracciato la prenderà larga per le vie Ottaviano Augusto e Giulio Cesare, aggirando l’attuale Mercato ortofrutticolo, per poi rientrare sul marciapiede sinistro di passeggio Sant’Andrea attraversando piazzale Alessi.
IL SINDACO «Ormai ci siamo», annuncia fiero il sindaco. «Possiamo presumere - prosegue - che tra un anno la città sarà dotata finalmente di un percorso ciclabile sulle Rive, che costituirà poi la base per il collegamento con la pista che parte da San Giacomo e arriva in Slovenia. Un bell’esempio di sinergia con la Provincia».
PIERO RAUBER
 

 

Le immondizie? Tra le più care d’Italia Ravidà: «Ma da anni non ci sono aumenti»
 

SMALTIMENTO RIFIUTI: TARSU DA 309 EURO, IL DOPPIO DI PORDENONE
Nella classifica dello smaltimento dei rifiuti Trieste condivide con Livorno il decimo posto tra le città più care d’Italia. A Trieste con la Tarsu (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) e a Livorno con la Tia (tariffa di igiene ambientale) una famiglia tipo ha pagato nel 2009 la bellezza di 309 euro all’anno, praticamente quasi il doppio di Pordenone (153 euro) per restare in Friuli Venezia Giulia. La media nazionale è di 233 euro (72 euro in meno che a Trieste). A leggere le nove città più costose che precedono il capoluogo giuliano si fa la spola tra Sicilia e Campania con una puntata nella capitale: Napoli (453), Benevento (439), Siracusa (407), Roma (398), Caserta (393), Catania (365), Salerno (345), Agrigento (336) e Taranto (313). Il monitoraggio, pubblicato dal Sole 24Ore, è stato elaborato da Cittadinanzaattiva. Il messaggio è chiaro: il servizio rifiuti costa di più dov’è più inefficiente. E, ovviamente, costa di meno dove funziona meglio.
«A Trieste però non ci sono i rifiuti per strada», mette subito in chiaro Giovanni Battista Ravidà, assessore alla Risorse economiche e finanziarie ed economato del Comune. Ed è vero. Neppure a Pordenone, però. E neppure a Brescia (128 euro), Cremona (139) e Novara (162), nominato due anni fa «comune riciclone». E probabilmente neppure a Isernia (122 euro) e Matera (125) che guidano la classifica delle città più economiche sul fronte dell’immondizia. Tutti centri dove la raccolta differenziata viaggia a livelli europei. A Trieste, invece, siamo ancora all’anno zero o quasi. Nel 2009 la differenziata si è attestata al 21,30%. Nel 2008 il dato era pari al 20,33%, nel 2007 al 18,21%. Stando all'ultimo rapporto dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, nel 2008 in Friuli Venezia Giulia la produzione pro capite di rifiuti urbani è diminuita (-1,8%) rispetto all'anno precedente. Il livello di raccolta differenziata si attesta al 43% del totale dei rifiuti prodotti in regione (fonte: Ispra 2010), a fronte di una media nazionale del 31%. «La vera raccolta differenziata parte il prossimo anno. E in fase iniziale avrà bisogno di forti investimenti» spiega l’assessore.
A livello regionale, Trieste è la ”regina” incontrastata della tassa dei rifiuti. Si paga di più e si ricicla di meno. Nel 2009 in Friuli Venezia Giulia la spesa media annua del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani è incrementata del 4,5%, arrivando a costare 231 euro, in linea con la media nazionale (233 euro). In particolare, a Trieste la Tarsu costa 309 euro, 27 in più rispetto alla Tia che si paga a Gorizia, 127,5 euro in più di Udine e 156 in più di Pordenone. Dallo studio emerge inoltre che a più di dieci anni dal decreto Ronchi del 1997, solo Gorizia e Udine sono passate dalla Tarsu alla Tia (la tariffa al contrario della tassa ha come obiettivo il pagamento dell’effettivo servizio utilizzato e quindi si basa sulla quantità di rifiuti prodotti). «La situazione per ora è bloccata. Non è detto che il passaggio alla Tia sia automaticamente più conveniente per i cittadini» aggiunge Ravidà.
Per ora ci si può consolare con i ”non aumenti”. Rispetto al 2008 Gorizia ha fatto registrare il più alto incremento tariffario (+15,6%), seguita da Pordenone (+3,2%). I costi sono rimasti invariati a Udine e Trieste. «La nostra Tarsu è ferma ad alcuni anni fa. E da quanto mi risulta molti Comuni hanno aumentato quest’anno le tariffe» spiega Ravidà a consolazione dei triestini. Immondizie care, ma sganciate dall’inflazione.

(fa.do.)
 

 

Tav, approvata la Mestre-Ronchi Sud - In Veneto osteggiato il tratto costiero. Vertice sulla Trieste-Divaccia con gli sloveni
 

VIA LIBERA AL PROGETTO PRELIMINARE
TRIESTE Il progetto preliminare della tratta Mestre-Ronchi Sud è approvato. E le risorse comunitarie, dunque, assicurate. Riccardo Riccardi archivia con soddisfazione il vertice con ministero e ferrovie sulla Tav: «I tempi imposti dalla Ue sono stati rispettati, ora potrà partire la fase di ascolto dei soggetti interessati, in primis gli enti locali». Un passaggio per niente secondario in Veneto, dove l'attuale previsione di un tracciato costiero rimane fortemente osteggiato dal territorio. E non è escluso debba venire modificato.
Il primo obiettivo, sottolinea Riccardi, è però raggiunto. La conferma arriva a Trieste nel corso della riunione tra l'assessore regionale ai Trasporti, il responsabile per le Reti transeuropee del ministero Roberto Ferrazza e il direttore per gli investimenti di Rfi Matteo Triglia. «Grazie a Rfi - sottolinea ancora Riccardi -, si è riusciti a rispettare la scadenza del 31 dicembre 2010 indicata da Bruxelles».
Ieri infatti Italferr, per conto delle Ferrovie italiane, ha pubblicato l'avviso di avvio della procedura di valutazione d'impatto ambientale (Via) delle fasi progettuali preliminari Mestre-Aeroporto Marco Polo e Aeroporto-Portogruaro nonché della tratta Ronchi Sud-Trieste. Il prossimo 30 dicembre, sempre in tempo utile, il percorso si concluderà con la pubblicazione di un ulteriore avviso per la Portogruaro-Ronchi.
Sulla Tav veneto-friulgiuliana partirà nei prossimi mesi la consultazione sul progetto con il territorio. Nella nostra regione, come da programma, il tracciato sarà affiancato all'autostrada. In Veneto, invece, i dubbi rimangono gli stessi di sempre. Il progetto realizzato da Rfi è arrivato ieri a Venezia in una cassa di due metri quadri che ha sfidato l'acqua alta. «Intendo esaminarle presto ma con calma - è il primo commento dell'assessore alle politiche della mobilità Renato Chisso -, ma in ogni caso abbiamo finalmente una base concreta rispetto alla quale articolare le aspettative e le convenienze del territorio». Il tracciato è quello che risponde alle prime indicazioni della Regione Veneto, il cosiddetto «basso», ma Chisso fa sapere: «Abbiamo fatto studiare a Rfi delle soluzioni alternative e consegneremo anche quelle al territorio, entro fine anno in Cd, per avviare il confronto con le comunità locali».
«La stella polare di quest'opera - prosegue Chisso - è il fatto che deve creare benefici per il territorio. Ecco perché, se l'ipotesi studiata è quella indicata dai giornali ovvero con stazione all'aeroporto di Venezia ma senza stazioni intermedie, non ci va bene».
L'alternativa fatta studiare dalla Regione di Luca Zaia è l'affiancamento all'autostrada attraverso il potenziamento della linea esistente. Una ipotesi che secondo alcuni rischierebbe di rallentare la procedura della terza corsia, ma su questo la struttura commissariale esclude ripercussioni. «Lo sganciamento delle due procedure fu deciso proprio per evitare questo problema», ricorda Riccardi nel ruolo di vicecommissario.
Sempre ieri a Trieste ha avuto pure luogo luogo il secondo incontro operativo del «Common executive Body» Italia-Slovenia per la realizzazione della porzione transfrontaliera della Tav. Guidato da Ferrazza e dal direttore per la parte ferroviaria del ministero dei Trasporti sloveno Ljubo Zerak, il Ceb ha discusso e analizzato il progetto di prefattibilità della linea secondo la «variante alta» decidendo di portarlo all'attenzione della riunione del 25 gennaio a Lubiana del Comitato intergovernativo Italia-Slovenia, alla presenza anche dei funzionari Ue. (m.b.)
 

 

Messe fuorilegge le buste di plastica - Al 5 per mille 400 milioni, non aumenta il biglietto del cinema
 

VARATO DAL CONSIGLIO DEI MINISTRI IL DECRETO MILLEPROROGHE
ROMA Dallo stop alle buste di plastica alla liberalizzazione del Wi-Fi, dai 400 milioni destinati al 5 per mille ai 100 per i malati di Sla. Tra le misure contenute nel decreto milleproroghe approvato ieri dal Consiglio dei ministri, l’addio ai ”sacchetti della spesa” sarà forse quello che più inciderà nell’immediato sulle abitudini degli italiani.
Guerra alla plastica. Negozi, supermarket, mercati di strada, non potranno più consegnare la merce negli ”shopper” di plastica dal primo gennaio 2011. In pensione, quindi, quella che fu considerata una delle massime innovazioni del secolo passato: i sacchetti, come noi li conosciamo, verranno sostituiti da equivalenti realizzati in materiale biodegradabile o carta, mentre qualcuno sceglierà di portarsi la borsa da casa. «È una grande innovazione - ha commentato il ministro Stefania Prestigiacomo, che si è opposta all’introduzione dell’ennesima proroga - che segna un passo in avanti di fondamentale importanza nella lotta all’inquinamento, rendendoci tutti più responsabili in tema di riuso e di riciclo». «È un risultato importante non solo per la salvaguardia dell’ambiente, ma anche per chi scommette sull’innovazione e sulla chimica verde", ha sottolineato Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd.
Wi-Fi ”libero”. La liberalizzazione del Wi-Fi è stata inserita nel decreto su richiesta del ministro dell’Interno Roberto Maroni. Viene comunque mantenuta la necessità di ottenere una licenza del questore per gli internet point. Soddisfatti i ministri Renato Brunetta e Giorgia Meloni. D’ora in poi in ogni luogo pubblico potremo connetterci liberamente alla rete. Plauso anche dall’opposizione: «Finalmente il governo ha deciso di non rinnovare il decreto Pisanu che regolamentava l’accesso alle connesioni Wi-Fi» ha dichiarato il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro.
5 per mille. Via libera a 400 milioni di euro per il 5 per mille. Nel provvedimento si legge che: «Le risorse complessive destinate alla liquidazione della quota del 5 per mille nell’anno 2011 sono quantificate nell’importo di euro 400 miliomi; a valere su tale importo, una quota pari a 100 milioni di euro è destinata a interventi in tema di sclerosi amiotrofica per ricerca e assistenza domiciliare dei malati». I fondi 2011 comprendono: 100 milioni già stanziati nella legge di stabilità, 100 già assegnati nella stessa Finanziaria per i malati di Sla che vengono convogliati nella voce 5 per mille, ma restano a disposizione della questione sclerosi. Tagli per 50 milioni all’editoria e per 45 all’emittenza radio-tv, 50 milioni da risorse nell’ambito del patto di stabilità e 55 da risorse non spese.
«Il governo ha mantenuto gli impegni», dice Maurizio Lupi del Pdl mentre Vincenzo Vita (Pd) commenta che i tagli all’editoria sono di «una gravità inaudita». «Un tale modo di procedere evidenzia l’arbitrarietà di scelte non coerenti e il totale disinteresse per chi amministra aziende in gravi situazioni finanziarie», dice il presidente Fieg Carlo Malinconico.
Il decreto dice sì agli incentivi al cinema, ma ignora Pompei e Fondo dello spettacolo. Confermati per sei mesi gli incentivi per il settore cinematografico senza aumenti del biglietto, mentre una bozza inizialmente prevedeva una conferma per tutto il triennio 2011-2013 a fronte del rincaro dei biglietti di un euro. Aumento che è stato escluso dai ministeri dell’Economia e dei Beni culturali.
MONICA VIVIANI
 

 

 

 

VOCE ARANCIO - MERCOLEDI', 22 dicembre 2010

 

 

DIFFERENZIATA - Un’altra raccolta è possibile (sottoterra)
 

Arriva dalla Svezia un nuovo sistema di smaltimento dei rifiuti sotterraneo. Intanto anche l’Italia sperimenta nuove frontiere del riciclo e impone maxi multe per gli incivili
FINESTRE Racconta la storica Eva Cantarella che gli antichi romani gettavano i rifuti dalla finestra o, nel migliore dei casi, li abbandonavano lungo le vie della città. «Se esci per le strade di notte ogni finestra che si apre è una minaccia di morte: tutto quel che puoi fare è augurarti che si limitino a gettare solo il loro vaso da notte» (Giovenale, Satire, III).
MULTE Natale 2010: scatta il 25 dicembre la maxisanzione per i privati che abbandonano rifiuti per strada o li buttano in mare o nei fiumi: va da 300 a 3.000 euro e raddoppia se i rifiuti sono pericolosi (prima si andava da 25 a 150 euro e da 105 a 620). Le nuove norme sono previste dal disegno di legge che recepisce l’ultima direttiva europea sui rifiuti.
ROMA Roma antica era già una metropoli e non poteva permettersi le continue epidemie generate dall’immondizia. Così ai manovali edili era stato affidato il compito di tenere la capitale pulita, gestendo gli addetti alla viis purgandis, cioè la pulizia delle strade. C’erano poi carri stercoris exportandi che portavano via i rifiuti da Roma. I risultati erano così scarsi che quando il Tevere si gonfiava più del solito rigettava nelle strade della città tutto quello che era stato scaricato nelle fogne. Comprese vecchie carcasse di animali.
CAMION Due millenni e molte innovazioni tecnologiche dopo, le metropoli del pianeta non hanno ancora trovato la soluzione definitiva al problema dei rifiuti e sono percorse quotidianamente da camion carichi di pattume non poi così diversi dagli antichi carri stercoris. Forse, però, questi camion sono destinati a estinguersi presto, sconfitti dall’ultima idea nel campo del “waste management”: la gestione sotterranea dell’immondizia.
SOTTERRANEI Parliamo di ultima idea anche se la tecnologia su cui si basa esiste già da qualche decennio e in Scandinavia, dove nella gestione dei rifiuti sono all’avanguardia, molte città hanno adottato il nuovo sistema. La novità è che adesso la vogliono tutti, da Londra a Barcellona, passando per Montréal, che inaugurerà la sua rete di immondizia sotterranea nel 2012.
POSTA PNEUMATICA Il sistema, di concezione svedese (il leader di questa tecnologia è la Envac), si basa sul funzionamento della vecchia posta pneumatica, con cui si trasportavano documenti da un piano all’altro degli uffici prima che l’e-mail eliminasse la necessità di tanta movimentazione di carta. In pratica i sacchi dei rifiuti, opportunamente differenziati (tra carta, plastica e generici), devono essere buttati dai cittadini in colonnine sparse lungo le strade, che sono poi i punti di accesso alle condotte sotterranee.
TUBI I sacchi buttati nei punti di raccolta scendono sotto terra in contenitori speciali. Quando questi contenitori si riempiono (dei sensori rilevano quanto sono colmi) si attiva il sistema di aspirazione che trascina i rifiuti nei tubi sotterranei di mezzo metro di diametro, facendoli viaggiare a 70 chilometri orari.
DESTINAZIONE La destinazione dei rifiuti è una centrale di smistamento, dove i mezzi degli spazzini li aspettano per portare tutto verso la discarica (o l’inceneritore, o il centro di riciclaggio). Lungo il percorso speciali filtri a carboni attivi provvedono a eliminare polveri e cattivi odori dall’aria prima di restituirla all’ambiente. Mentre dai computer, a distanza, gli addetti controllano che tutto funzioni a dovere. Ad esempio i canadesi saranno “controllati” direttamente da Stoccolma.
OVUNQUE Un sistema del genere si può applicare in qualsiasi città. Serve un centro di colonnine ogni 150-250 persone e il punto di smistamento dei rifiuti deve essere nel raggio di 2 chilometri dai punti di raccolta. In pratica ogni quartiere avrebbe un’area dove arrivano i mezzi che trasportano i rifiuti verso la loro destinazione finale.
VANTAGGI I vantaggi sono evidenti. Il traffico dei camion dei rifiuti si riduce del 90%, e così diminuisce l’inquinamento atmosferico prodotto dai mezzi di trasporto ma anche quello dei rifiuti stessi, che non marciscono più nei cassonetti. Si elimina il rumore di tutti i camioncini carichi di immondizia, si eliminano i problemi che questi causano al traffico e ai parcheggi. Spariscono i (brutti) cassonetti e al loro posto compaiono le molto più gestibili colonnine.
COSTI Dal punto di vista economica l’installazione del sistema costa più dell’avvio di una raccolta secondo i metodi tradizionali. Ad esempio Montréal spenderà 8,5 milioni di euro. Però la gestione è più economica, perché riduce drasticamente i costi del personale: servono addetti alle centrali di smistamento e persone che controllino, ma sono molte meno rispetto a quelle dei camioncini. In 10-12 anni il sistema pneumatico – tra costi iniziali e gestione – diventa più economico di quello tradizionale.
HELSINKI Helsinki lancerà un nuovo sistema pneumatico per il pattume per l’area residenziale Jätkäsaari: il meccanismo coprirà 16 mila case e 6 mila uffici, per un terreno di 20 ettari. I punti di raccolta saranno 350 e e avrà una capacità giornaliera per 22 mila chili di rifiuti in un’area dove ci sono 6,4 milioni di chili all’anno.
CHIAVI Alle reti pneumatiche si possono abbinare anche altri meccanismi capaci di migliorare la raccolta. Ad esempio nella città olandese di Zoetermeer, dove i punti di raccolta sono più di mille, i cittadini hanno una chiave elettronica con cui accedono alle colonnine. Il comune pesa i rifiuti di ogni cittadini e su questi dati basa le sue richieste di tasse.
ASINI A Castelbuono, in provincia di Palermo, la raccolta differenziata si fa con gli asini. Sono i somari a trasportare i rifiuti. L’iniziativa, spiega il sindaco, Mario Cicero, nasce perché gli asini «sono economici ed emettono meno gas rispetto ai camion». Ma la Lav (Lega anti-vivisezione) non è molto contenta.
TORRI Anche in Italia qualcuno sta per sperimentare le ultime frontiere della raccolta dei rifiuti. La milanese Oppent ha fatto un progetto innovativo per la torre Eurosky, disegnata dall’architetto Franco Purini nell’ambito del progetto Business Park Europarco per Roma, che dovrebbe essere pronto nel 2012.
EUROSKY L’impianto di Eurosky prevede tre bocchettoni per la raccolta differenziata (carta, plastica e generico) che si trovano a ognuno dei 28 piani della torre. Gli inquilini getteranno lì i loro sacchi, che scenderanno fino a sottoterra dove c’è un apparecchio che li compatterà organizzandoli per il trasporto. Senza cattivi odori nel palazzo.
BORSA L’economista Francesco Forte propone, intanto, una soluzione «di mercato» per risolvere il problema immondizia. L’idea è creare una Borsa dei rifiuti, secondo il principio di «internalizzare le diseconomie esterne tramite contratti, minimizzando i costi delle transazioni». La borsa dei rifiuti sarebbe una Borsa merci, con la differenza che la domanda fornirebbe all’offerta merci da eliminare. Sul lato della domanda ci sarebbero comuni e consorzi di comuni, sul lato dell’offerta le imprese che smaltiscono rifiuti con inceneritori, termovalorizzatori o discariche. I comuni pagherebbero le aziende per ogni quintale di immondizia da smaltire, tenendo conto anche della tipologia, le aziende pagherebbero un canone annuo per insediarsi sul territorio. Un comune non soddisfatto del servizio che riceve potrebbe rivolgersi ad altre aziende nelle zone vicine.
CONTROCORRENTE Forte accoglie anche l’ipotesi controccorrente di alcuni esperti, secondo i quali raccolta differenziata può essere abolita, in quanto siti specializzati possono differenziare la raccolta promiscua mediante apparati tecnologici basati su nastri trasportatori con calamite e altri selezionatori, il più semplice dei quali è costituito dal metodo idraulico: le plastiche galleggiano, i vetri affondano ecc.
GUADAGNI Anche senza una Borsa qualcuno con i rifiuti ci guadagna già. Il comune di Monza, premiato da Legambiente tra i Comuni Ricicloni, incassa un milione e mezzo di euro all’ anno di profitti della raccolta differenziata. Il guadagno è abbastanza per «consentirci di non aumentare la tassa sui rifiuti da diciotto anni», spiega l’assessore all’Ambiente Giovanni Antonicelli.
PLASTICA La plastica stoccata dai monzesi è così pura che pare andare a ruba. Ne comprano soprattutto i cinesi, che hanno bisogno di migliaia di tonnellate di plastica ogni giorno.
COMPITI Il compito dei cittadini è quello di differenziare bene. I consorzi che raccolgono e avviano al riciclo pagano ogni anno centinaia di migliaia di euro alle amministrazioni locali per il costo del servizio, cioè per il ritiro dei rifiuti separati. Chiedono però che la percentuale di “impuro” non superi certi limiti, molto bassi per vetro e carta, un po’ più alti (attorno al 15 per cento) per plastica e alluminio. Se il comune non è virtuoso i contributi diminuiscono, con grave danno per le casse della città.
DIVIETI I sacchetti di plastica che si usano per contenere quanto differenziato in casa non devono essere gettati nei contenitori stradali dedicati alle frazioni diverse dalla plastica o dall’organico (se sono biodegradabili). Diversamente alterano la qualità delle raccolte differenziate.
CONFUSIONE Le lampadine, il cristallo e la ceramica non devono finire tra i rifiuti di vetro. I cartoni delle pizze non possono finire con la carta, e nemmeno i fazzoletti e i tovaglioli usati, e pure gli scontrini, che sono in carta termica e non vanno bene. Mentre tra la plastica non devono esserci piatti e posate di plastica, biro, buste della spesa, o giocattoli e soprammobili.
GIOCATTOLI Per Natale bidogna fare particolare attenzione alle confezioni dei giocattoli per i bambini dove abbondano plastica e cartoni di ogni genere: è opportuno separare adeguatamente la plastica dal cartone.
FINE «Nel dubbio meglio gettare nell’indifferenziato. La differenziata è infatti un mezzo, non un fine. Il vero fine è il riciclo» (Giuseppe Rossi, presidente del Corepla, il consorzio per il riciclo della plastica).
KAMIKATSU L’isola giapponese di Kamikatsu, dove sono arrivati a differenziare i rifiuti in 34 tipi diversi: i contenitori di bottiglie di plastica sono diversi da quelle di pet, i bicchieri di vetro sono distinti dalle bottiglie. Qualcuno ha fatto presente che la benzina consumata dagli abitanti dell’isola per portare ai centri di raccolta tutti questi sacchi diversi vanifica il risparmio di gas serra che sarebbe derivato dal semplice incenerimento dei rifiuti.
CIBO Fra Natale e l’Epifania finiranno nella spazzatura, solo in Italia, circa 500mila tonnellate di rifiuti alimentari, per un totale di 80 euro buttati a famiglia. La stima è della Cia, la Confederazione italiana agricoltori.

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 dicembre 2010

 

 

Maggioranza battuta sul Piano regolare - Il presidente del Consiglio Sergio Pacor candidato sindaco per i repubblicani
 

Prg nuovamente ”indigesto” alla maggioranza. Ad andare di traverso è stata ieri sera la delibera di presa d’atto della trasmissione alla Regione dello studio geologico sul nuovo piano regolatore. Una mozione d’ordine, presentata da Bruno Sulli (Un’Altra Trieste) ha chiuso anzitempo il dibattito rimandando il parere alla Commissioni Urbanistica. «Non poteva votare al buio qualcosa che non conoscevamo» spiega Sulli. Ventitrè i voti favorevoli (con l’opposizione hanno votato Un’Altra Trieste, i finiani e il leghista Maurizio Ferrara) e 13 i contrari (quella che restava in aula della maggioranza). La votazione, che ha mandato su tutte le furie il sindaco Roberto Dipiazza. è stata voluta dal capogruppo del Pdl Piero Camber. Roberto Sasco (Udc), che ha votato contro per non danneggiare il sindaco, non ha mezze parole: «Camber ha fatto un autogol colossale. Increbile per uno della sua esperienza politica.»
Spunta, intanto, un’altra candidatura a sindaco per il centrodesta. È quella di Sergio Pacor avanzata dalla direzione provinciale del Pri di Trieste, che precisa di essere «organicamente collegata al Popolo della Libertà e al centro destra». Il partito ricorda come Pacor, avvocato, nato nel 1938 e attuale presidente del Consiglio comunale, sia un «noto professionista triestino, profondo conoscitore dell'apparato comunale sia sotto il profilo del personale che per le aree e servizi.
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 21 dicembre 2010

 

 

Consegnata al Parlamento la proposta di legge d’iniziativa popolare per lo sviluppo dell’efficienza energetica e le fonti rinnovabili

 

Legambiente: “no al nucleare, sì alle rinnovabili per uscire dalla crisi economica e climatica”
Sono state consegnate oggi alla Camera le firme raccolte per la proposta di legge d’iniziativa popolare “Sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili per la salvaguardia del clima” promossa dal Comitato SI alle energie rinnovabili, NO al nucleare.
“Ci siamo dedicati con impegno a far sottoscrivere questa proposta - ha dichiarato questa mattina Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, associazione che fa parte del Comitato - perché riteniamo di primaria importanza che l’Italia adotti, finalmente, politiche capaci di spingere l’innovazione energetica. Chiediamo una legge che dia certezze e regole chiare e un impegno deciso del governo anche sul versante dell’efficienza e del risparmio”. Ed è questo quello che sollecitano anche le migliaia di cittadini che hanno voluto sostenere la proposta di legge, su tutto il territorio nazionale.
“Oggi - ha aggiunto Cogliati Dezza - è possibile raggiungere obiettivi più ambiziosi, come anche l'accordo di Cancun richiama, spostando gli obiettivi fissati dall’Unione europea per il 2020 al 30% delle riduzioni di CO2. E’ giunto il momento di accelerare in questo senso, senza perdere altro tempo, per recuperare i troppi ritardi accumulati nel settore. Molti comuni italiani già producono più energia elettrica di quanta ne consumino, grazie a nuovi impianti solari, eolici, geotermici, idroelettrici e da biomasse, e sono la dimostrazione di come l’impiego delle rinnovabili risulti vantaggioso per i cittadini. Puntare sulle fonti pulite è una straordinaria opportunità che dobbiamo assolutamente cogliere per uscire dalla crisi economica e per gettare le basi per uno sviluppo durevole e sostenibile. Senza riaprire al nucleare, rispetto al quale sono tuttora irrisolte le questioni di sicurezza e di stoccaggio delle scorie”.
L’ufficio stampa Legambiente
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 21 dicembre 2010

 

 

Consiglio comunale occupato, accusate undici persone - MANIFESTAZIONE CONTRO LA FERRIERA
 

«Noi abbiamo vinto, il sindaco Roberto Dipiazza ha perso».
Questo aveva affermato Maurizio Fogar, leader del «Circolo Ercole Miani» quando il 29 giugno scorso era uscito dal Municipio al termine dell’occupazione della saletta adiacente l’aula del Consiglio comunale.
Ora a poco più di sei mesi di distanza da quella dichiarazione, la Procura della Repubblica ha ”presentato il conto” a tutti i manifestanti che con l’occupazione volevano richiamare per l’ennesima volta l’attenzione delle autorità sulle emissioni prodotte dalla Ferriera di Servola.
Il pm Federico Frezza, in base all'inchiesta svolta dalla Polizia urbana, ha chiuso le indagini che coinvolgono undici persone accusate di concorso in occupazione della ”sala consigliare del Municipio di Trieste”, dalla nottata del 26 giugno alla serata del giorno successivo ”nonostante fosse stato loro intimato di lasciarla».
Oltre a Maurizio Fogar sono coinvolti, Enzo Gabersi, Rosetta Maria Zimmerman, Sergio Gullini, Gloria Cattaruzza, Franco Suman, Claudio Starc, Marina Kocevar, Guerrino Fili, Cristina Carbi e Fulvio Montecalvo. La loro difesa è stata assunta dall’avvocato Alberto Coslovich.
 

 

Fogar in aula per truffa ”spara” sulla politica - L’EX PRESIDENTE DEL MIANI SOTTO PROCESSO PER I 100MILA EURO PERCEPITI DALLA REGIONE
 

Secondo la difesa nessuno si è messo in tasca un soldo: solo un problema formale
«Sono stato autista dell’Act per mia scelta. Quando Giovanni Spadolini era segretario del Partito repubblicano a cui anch’io ero iscritto, mi è stato offerto un posto di giornalista nella sede Rai e io ho rifiutato. Vivo del poco denaro che la mia famiglia mi assicura».
Lo ha dichiarato ieri Maurizio Fogar parlando come imputato nell’aula del Tribunale in cui è chiamato a difendersi da due accuse: la truffa e il falso ai danni dell’Amministrazione regionale. Le due ipotesi di reato si riferiscono ai centomila euro percepiti tra l’11 marzo 2005 e lo stesso giorno del 2006 dal Circolo ”Ercole Miani” di cui all’epoca Fogar era presidente. La Regione si è costituita in giudizio come parte offesa dal reato ed è rappresentata in aula dall’avvocato Mauro Cossina che ieri ha posto all’imputato un’unica domanda chiedendogli di cosa vive.
«Non ho telefoni dell’ultimissima generazione, non indosso abiti di Gucci» ha risposto l’imputato, raccontando anche di vicissitudini private, nell’ambito delle quali ha detto di aver visto morire un ragazzo di soli 18 anni. L’interrogatorio di Maurizio Fogar, che si è snodato per più di un’ora, era stato chiesto dal difensore, l’avvocato Guido Fabbretti, ma anche dal legale della Regione e da quello di Giorgio De Cola, a cui era stato attribuito indebitamente il ruolo di componente del direttivo del Circolo Miani. «È stata una attestazione falsa, fatta a mia totale insaputa» ha sempre sostenuto De Cola che dopo aver scoperto l’uso indebito del proprio nome ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica. Questo atto ha innescato l’indagine, sfociata nel processo che si sta celebrando davanti al giudice Giorgio Nicoli.
Anche il pm Federico Frezza avrebbe potuto chiedere di interrogare l’imputato ma non si è avvalso di questa facoltà. Ieri però di fronte alle numerose divagazioni con cui Fogar ha supportato spesso la propria autodifesa, il rappresentante dell’accusa ha chiesto al presidente di intervenire, per limitare i tempi delle dichiarazioni, in quanto queste, a suo dire, andavano al di là di quanto contestato nel capo di imputazione.
«L’imputato può dire a propria autodifesa anche di aver visto un gatto che vola», ha affermato il giudice Giorgio Nicoli richiamandosi alle norme del Codice di procedura. E in effetti Maurizio Fogar ha compiuto un ampio volo ricognitivo su un paio di decenni della vita politica triestina, un volo che a tratti si è rivelato acrobatico: picchiate e cabrate che non hanno risparmiato nè la destra, nè la sinistra e in alcuni casi anche un esponente politico-amministrativo triestino che non può più difendersi perché è morto da alcuni anni.
A livello tecnico-giuridico l’autodifesa dell’ex presidente del Circolo Miani ha spiegato che la gestione aveva assunto forme assembleari, che le decisioni venivano assunte da un’assemblea che si riuniva con assiduità e frequenza. Poi era venuta la richiesta della Regione di esibire i verbali delle decisioni assunte per autorizzare il versamento dei contributi, ed era stato provveduto nell’ambito del quadro istituzionale-formale che il circolo si era dato da anni e che in precedenza non aveva suscitato nessuna richiesta di chiarimenti o di esibizione di documenti. «Non avevo nessun segreto, nessun pudore» ha affermato Fogar che ha detto di sentirsi del tutto innocente. E il suo avvocato fin dall’apertura dell’inchiesta ha voluto precisare che nessuno si è messo in tasca un soldo. Il problema, a suo dire, è stato solo di forma.
CLAUDIO ERNÈ
 

 

«Tav veneta, Rfi consegni subito le tre varianti del tracciato»
 

Lo chiede Confindustria del Fvg Obiettivo: scongiurare ritardi in caso di stop all’ipotesi litoranea
TRIESTE Il conto alla rovescia è ampiamente agli sgoccioli: l’Europa attende il tracciato della Tav nordestina entro il 31 dicembre, pena la decadenza dei finanziamenti. E Confindustria del Friuli Venezia Giulia, ben sapendo che il tracciato veneto è il più controverso, auspica che Rete ferroviaria italiana ”consegni” a Bruxelles non solo l’ipotesi ”balneare”, quella che vede la Tav attraversare la zona delle bonifiche, ma anche le due varianti «già studiate a livello di fattibilità»: l’una in affiancamento all’autostrada A4 e l’altra alla linea storica. Ad affermarlo, rispondendo alla lettera aperta dell’ex assessore regionale Lodovico Sonego, il presidente di Confindustria Alessandro Calligaris: «Questo servirebbe ad evitare che la valutazione di impatto ambientale respinga immediatamente il progetto lungo la costa senza avere alternative da prendere subito in esame». A fronte delle perplessità di Sonego sulla variante alta della tratta transfrontaliera Trieste-Divaccia, invece, Calligaris difende l’accordo italo-sloveno siglato a Trieste in ottobre, alla presenza del coordinatore europeo Laurens Jan Brinkhorst: «Il nuovo accordo non discende unicamente dalla volontà slovena ma è anche frutto di una ferma opposizione da parte delle istituzioni regionali, e segnatamente del Comune di trieste, all’attraversamneto della Val Rosandra. Naturalmente, non so se la soluzione allo studio sia la migliore dal punto di vista trasportistico ed ambientale, ma bisogna riconoscerle il merito di aver sbloccato la situazione. Confindustria Fvg e Transpadana sono naturalmente disponibili per approfondimenti e promozione di iniziative a supporto del dialogo istituzionale».
 

 

Nel decreto ”milleproroghe” atteso anche il 5 per mille - SERVONO 400 MILIONI
 

ROMA Decreto ”milleproroghe” in dirittura d'arrivo: il provvedimento che viene varato a fine anno per consentire lo slittamento di alcune scadenze, potrebbe essere esaminato dal consiglio dei ministri domani.
La tanto attesa proroga per tutto il 2011 per il 5 per mille, uno degli strumenti di finanziamento del volontariato e della ricerca, dovrebbe essere inserita nel decreto. Secondo quanto si apprende, i tecnici del ministero dell'Economia sarebbero al lavoro per reperire le necessarie risorse, pari a circa 400 milioni. Non si tratterebbe di fondi aggiuntivi ma di soldi che verrebbero spostati da altre voci di spesa.
«Aspettiamo per vedere se sarà così. Siamo prudenti, anche perchè non sarebbe la prima volta che poi i fatti smentiscono le intenzioni», commenta Andrea Olivero, portavoce del Forum del Terzo settore.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 20 dicembre 2010

 

 

TAV - Venezia-Ronchi, il progetto è pronto - Rfi lo presenta domani alle Regioni e al ministero delle Infrastrutture
 

IL PIANO PRELIMINARE DELLA LINEA ALTA VELOCITÀ-ALTA CAPACITÀ - Gli atti vanno inviati all’Ue entro l’anno
TRIESTE Il progetto è pronto. Rfi dovrebbe presentare alle Regioni e al Ministero il preliminare della linea ad alta velocità-alta capacità tra Venezia a Ronchi entro domani. Poi, dopo Natale, il progetto relativo alla Ronchi-Trieste, il tutto per arrivare a trasmettere gli atti a Bruxelles entro fine anno, come richiesto dall'Europa. Pena, la perdita dei finanziamenti.
Al di là delle scadenze formali, il viaggio della Tav friul-veneta si preannuncia un'Odissea. Da un lato c'è la necessità di un commissario che tagli tempi e conflitti: le Regioni lo hanno chiesto tre mesi fa, ma Roma sembra aver insabbiato la lettera dei presidenti di Veneto e Friuli Venezia Giulia. Dall'altro c'è l'affaire ”tracciato”, che si gioca in terra veneta ma che rischia di ripercuotersi a est. La scelta della giunta Zaia di fare retromarcia rispetto all'ipotesi di un tracciato costiero – osteggiato con forza dai Comuni, al di là del colore politico - riapre la porta all'affiancamento con l'autostrada. Ma questa scelta, all'alba dei primi cantieri della terza corsia, rischia di creare qualche problema anche all'autostrada.
IL COMMISSARIO Per recuperare il tempo perduto, Luca Zaia e Renzo Tondo, lo scorso 22 settembre, avevano inviato al governo la richiesta di nominare un commissario straordinario per l'alta velocità. Un commissario che, proprio per l'urgenza della domanda, ha già un nome e cognome: Bortolo Mainardi, l'architetto bellunese già commissario straordinario delle infrastrutture del Nordest ai tempi del ministro Lunardi, consulente di Tondo per la terza corsia e consigliere nel cda di Anas. A tre mesi, di quella richiesta urgente, nessuna notizia. «Mainardi ha tutto il diritto di fare il commissario, io e Tondo abbiamo già deciso», dichiarava dieci giorni fa Zaia. «Non mi resta che credere - aveva aggiunto - che la nostra lettera si sia incagliata in qualche ufficio romano».
Un pensiero non distante dalla verità visto che il 7 ottobre, pochi giorni dopo la richiesta dei governatori, dal ministero dell'Economia, a firma di Giulio Tremonti, era partita una nota, diretta al ministero delle Infrastrutture, che confermava il favore del Mef alla richiesta dei presidenti e invitava il ministero di Altero Matteoli - la procedura commissariale prevede l'intesa tra i due dicasteri - a fare lo stesso. Da allora, però, nessun passo avanti.
Cosa è accaduto? C'è forse un veto sul commissario scelto dalle Regioni? «Non lo so - dice contattato Mainardi -. Posso solo conformare che ad oggi non ho ricevuto alcun incarico».
IL PROGETTO Il ruolo del commissario, nei disegni delle Regioni, dovrebbe servire a tagliare i tempi della procedura e anche - almeno per quel che riguarda il Veneto - a guidare quel processo di condivisione col territorio che deve portare al consenso sociale sull'opera. Se in Friuli Venezia Giulia questo lavoro è stato fatto preventivamente dalla Regione, il Veneto deve ripartire da zero, e da un tracciato che non è quello ipotizzato inizialmente.
AFFIANCAMENTO Il fatto che la giunta Zaia debba virare sul tracciato, il più possibile affiancato all'autostrada, riapre antiche questioni che legano la vicenda Tav a quella della terza corsia. Se entrambe le Regioni hanno deliberato lo sganciamento tra la procedura autostradale e quella ferroviaria, per accelerare la realizzazione della terza corsia, è pur vero che costruire prima l'autostrada e poi la ferrovia pone il problema dei costi dei cavalcavia che andrebbero realizzati una prima volta e rifatti una seconda. La maggiorazione, qualche anno fa. era stata stimata in 300 milioni di euro.
Martina Milia
 

 

«Aree protette, meno soldi che per il parcheggio a Sella Nevea»
 

ALLARME DEL WWF SULLA CARENZA DI RISORSE DESTINATE ALLE RISERVE NATURALI
TRIESTE Allarme del Wwf sulla mancanza di fondi per le aree protette nella Finanziaria regionale. «Per l’intero settore parchi, riserve e aree protette, stanziati meno fondi di quelli che per costruire il solo parcheggio di servizio alla funivia di Sella Nevea», è l'accusa dell'associazione ambientalista, che mette sotto la lente i fondi destinati, dal 2001 in poi, dalla Regione alla tutela dell'ambiente. «Dati alla mano, il bilancio 2011 mantiene il taglio di stanziamenti per il complesso dei due parchi regionali, e lo inasprisce per le riserve naturali, i biotopi, Rete natura 2000 (da 300 a 200 milioni di euro) – spiega il Wwf - . Per gli anni 2012 e 2013 le previsioni sono ancora più cupe: 170 milioni in meno per il Parco delle Prealpi Giulie (dagli attuali 740 ai 570 del 2012), 290 in meno per il Parco delle Dolomiti Friulane (da 920 a 630), altri 170 in meno per le riserve naturali (che nel 2012 arriveranno a 130 milioni di euro)».
Secondo il Wwf, parchi, aree protette, riserve naturali, e tutela dei beni ambientali e paesaggistici, come nel 2010, si vedranno confermare tagli drastici delle risorse pari al 45%, passando dai 5.392mila del 2009 ai 2.925mila del 2011.
«Si tratta di cifre risibili che parlano da sole se paragonate ad altre spese». Diventano quindi solo «vane parole», denuncia il Wwf, le dichiarazioni della giunta regionale che «nella relazione programmatica al bilancio 2011 riconosce ai principi della sostenibilità la triplice funzione di migliorare la qualità della vita, di contribuire allo sviluppo socioeconomico e di tutelare l’ambiente.

(e.o.)
 

 

SEGNALAZIONI - Ceneri dei rifiuti - INCENERITORE
 

Una domanda destinata probabilmente a restare senza risposta: quante sono e dove vengono smaltite le ceneri delle 150 mila tonnellate di rifiuti bruciate ogni anno nei forni di Monte San Pantaleone?
Dario Marini
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 19 dicembre 2010

 

 

Precenico, il giudice del Tar dice no all’antenna - Sentenza a sfavore della Ericsson. Ret: «Hanno vinto i cittadini, proporremo altri tre siti»
 

DUINO AURISINA Quel traliccio di 24 metri per la telefonia mobile, a Precenico, non s'ha da fare. Lo ha stabilito, in sette pagine di sentenza, il giudice relatore Rita De Piero che ha respinto il ricorso presentato al Tar dal colosso svedese della Ericsson contro il Comune di Duino Aurisina, per ottenere l'annullamento del parere negativo espresso dalla locale commissione paesaggistica sull'installazione dell'antenna.
Esultano i cittadini del borgo carsico: avevano smosso mari e monti, agitando petizioni e scatenando pubbliche proteste, per scongiurare il traliccio. E gongola anche il sindaco Giorgio Ret, che a marzo 2009 si era perfino rivolto all'allora ministro delle Telecomunicazioni Claudio Scajola, nel tentativo di risolvere la spinosa questione. Due i motivi di preoccupazione addotti dalla popolazione: sanitari, per l’eventuale danno alla salute, in particolare dei bambini, esposti in maniera continuativa alle emissioni elettromagnetiche, ed economici, per il deprezzamento degli immobili confinanti.
Il giudice De Piero ha dichiarato il ricorso «improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse». Lo scorso settembre, infatti, era stato approvato il Piano comunale per la localizzazione degli impianti fissi per la telefonia mobile (adottato nel novembre 2009), che non prevede attualmente la possibilità di posizionare il traliccio nel luogo prescelto dall’azienda e che non era stato mai stato impugnato dalla stessa. «Questo - commenta il sindaco Ret - era l’ultimo contenzioso rimasto in piedi sul fronte delle antenne e siamo contenti si sia risolto a nostro favore: non si tratta di essere intransigenti, per carità, anche perché i cittadini spendono parecchi soldi per il telefonino a causa dell’interferenza del segnale sloveno e dunque c’è la necessità di un impianto in loco, tuttavia il sito individuato al centro del paese proprio non andava bene. Di concerto con i residenti, si sono proposte altre tre aree, più idonee». «Al momento, comunque, non risultano ulteriori richieste di inserimento di nuovi tralicci sull’intero territorio comunale», conclude il primo cittadino.
A difendere l'amministrazione, davanti al Tar, l'avvocato Loredana Bruseschi Samengo. La vicenda aveva avuto inizio nell'aprile 2007, quando Ericsson aveva presentato al Comune un'istanza di autorizzazione a realizzare un impianto da inserire in un'area ricompresa nel sito Sic ”Carso Triestino e Goriziano” e Zps ”Aree carsiche della Venezia Giulia”. La domanda, da prassi, era stata assoggettata alla procedura di valutazione di incidenza, che la Regione aveva avallato. L'area dove l'impianto avrebbe dovuto sorgere è classificata, sotto il profilo urbanistico, E5, dunque di preminente interesse agricolo e sottoposta sia a vincolo idrogeologico e ambientale. A luglio 2008, quindi, il colosso svedese aveva abbandonato il progetto e presentato nuova istanza, che prevedeva lo spostamento dell'impianto alcune decine di metri più in là. A quel punto la commissione paesaggistica aveva richiesto un supplemento di documentazione e infine aveva ritenuto che il posizionamento dell'antenna non fosse coerente con le caratteristiche dello sky-line del sito e disturbasse la percezione del paesaggio circostante.

(ti.ca.)
 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - Nessun dibattito
 

A leggere la replica di Nomisma (9/12/10) sul rigassificatore c’è da restare a bocca aperta. Chi c’era può testimoniare che varie affermazioni dei relatori – per prime quelle sulle distanze fra rigassificatori e centri abitati - hanno destato reazioni fra il pubblico, che chiedeva di poterle discutere subito o alla fine. Per tre volte, il dr Bianchi ha ripetuto: «non si fanno domande, non è previsto dibattito, i relatori saranno a disposizione del pubblico solo durante il pranzo».
Nel dopo conferenza, tre docenti-ricercatori del Tavolo tecnico dei Vigili del fuoco UIL hanno discusso con lui delle distanze di sicurezza. Abbiamo notato che le immagini erano illeggibili, alcune erano sbagliate, gli impianti vicini a città sono solo quelli più antichi che infatti costituiscono fonte di preoccupazione internazionale, le distanze devono aumentare se - come a Trieste - ci sono anche altri impianti pericolosi; infine: Nomisma non ha menzionato il blocco del porto per ragioni di sicurezza, una tragedia per l’economia di Trieste (blocco viceversa ammesso dietro le quinte).
L’ad di Nomisma si è scusato di essere solo un economista, e non un esperto di rigassificatori, e per due volte ha precisato di aver «semplicemente usato le distanze per fare un’osservazione di tipo antropologico (testuale) non di sicurezza». Lasciamo l’interpretazione al lettore. L’intervento del responsabile Gas Natural Garcia Armesto sponsor della conferenza era così scontato («tutto OK» mentre non è così) che, non essendo previsto dibattito, il pubblico se n’è andato.
Nella sua dura replica, Nomisma non ha invece speso una parola per la testimonianza del sindaco di Portovenere Nardini (rigassificatore di Panigaglia). In tono accorato, Nardini ha parlato di «calvario del mio Comune di fronte all’arroganza del gestore», di «esperienza estremamente negativa», «nessuna ricaduta positiva sul territorio», «siamo in contenzioso con la proprietà, che paga 30.000 euro di Ici, mentre l’Agenzia delle Entrate ha accertato 400.000», «ci è costato un vincolo urbanistico assoluto su tutta la baia, che ha impedito qualsiasi sviluppo».
Adriano Bevilacqua - Uil Vigili del Fuoco FVG

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 18 dicembre 2010

 

 

Siot, si cambia: dall’Austria il nuovo Ad - Ulrike Andres alla guida di Tal Italia. Le Rsu: segnale forte di internazionalizzazione
 

NUOVO VERTICE DA GENNAIO
Era triestino, sarà austriaco, in ossequio tanto al principio generale della globalizzazione quanto alla prospettiva specifica del cross-border merger, la fusione transfrontaliera di Tal Italia (più nota qui come Siot), Tal Austria e Tal Germania, le tre consorelle che gestiscono fra l’altro l’oleodotto transalpino tra il porto di Trieste e il centro Europa. A cambiare identità e origini, col nuovo anno, sarà proprio il top-manager della Siot, la Società italiana per l’oleodotto transalpino. All’attuale direttore generale e amministratore delegato nato e cresciuto ”in casa”, il pensionando Adriano Del Prete (si legga in proposito l’intervista a destra, ndr), subentrerà la dirigente austriaca Ulrike Andres, la quale dal primo gennaio, per intanto, perché così ha deciso il Cda della Siot lo scorso 7 dicembre, assumerà il ruolo di direttore generale.
LA DOPPIA NOMINA «A partire da questa data - si legge in una comunicazione aziendale ”a tutto il personale Tal” - avrà inizio il processo di cambiamento che vedrà il passaggio di consegne tra il signor Del Prete e la signora Andres, che verrà anche presentata ai rappresentanti delle principali autorità ed organizzazioni sindacali». Ma, questo, per l’alta dirigente Tal, non sarà l’unico incarico che decorrerà dal primo dell’anno. «Il dottor Kurt Schubert - aggiunge infatti la comunicazione firmata dallo stesso Schubert e dal presidente Sanders Schier - allo scopo di potersi concentrare sulle altre attività Omv (il colosso austriaco socio Tal, ndr) non occuperà più il ruolo di secondo managing director della Tal Austria. Di conseguenza gli azionisti della Tal Austria hanno nominato la signora Andres anche secondo managing director della Tal Austria con effetto dalla stessa data». Siot e consorella austriaca insomma avranno la stessa testa pensante, preludio forse a un iter d’accentramento in una sola stanza dei bottoni di tutto l’universo Tal, il che renderebbe meno italiana, ancorché triestina, e più internazionale, la regia Siot.
IL CURRICULUM Ma chi è Ulrike Andres, donna dal nome apparentemente ruvido, la quale succede oltre tutto a un uomo come Del Prete che, nel ricevere i ringraziamenti pubblici dell’azienda e gli auguri di «ogni bene per il suo futuro» in quella stessa comunicazione ai dipendenti, lascia alla compagnia il ricordo «della sua incrollabile tenacia»? È una moglie e una madre (ha due figli), conosce sei lingue e non risulta essere una scelta imposta bensì condivisa su suolo italiano. Vanta in effetti un background infinito, che così è sintetizzato nella stessa comunicazione aziendale: «master in Marketing e finanza internazionale presso la facoltà di Economia dell’Università di Vienna, ha frequentato numerosi corsi in Finanza e gestione strategica a Fontainebleau e Losanna. Durante la sua carriera professionale ha ricoperto differenti posizioni commerciali e strategiche in Austria, Brasile, Regno Unito, Repubblica Ceca e Paesi Bassi. Dal 2000 ha ricoperto la posizione di managing director delle attività in Austria di Primagaz, società che fornisce gas di petrolio liquefatto a clienti in tutto il paese. Contemporaneamente è stata responsabile dello sviluppo strategico delle attività in Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. Parallelamente, nel 2009 ha assunto la posizione di presidente di Aegpl (l’associazione europea delle compagnie di gas di petrolio liquefatto, ndr)».
I LAVORATORI Tra i lavoratori della Siot, intanto, si respira attendismo, se non addirittura ottimismo, a sentire Peter Tanghetti, della segreteria delle Rsu interne: «Non esistono pregiudiziali. Anzi, c’è qui un buon fermento, nell’attesa di conoscere la signora Andres e i suoi punti di vista su quest’azienda. Chiaramente si tratta di un grosso salto, un segnale molto forte in chiave di internazionalizzazione, abbiamo sempre avuto italiana, d’altronde, almeno una delle due parti del timone tra direttore e ad. Si prospetta dunque un cambiamento importante, che per ora è vissuto con un’aspettativa comunque positiva».
PIERO RAUBER

 

SIOT - La società
 

La Siot ha un centinaio di dipendenti e movimenta l’85% delle merci che arrivano via mare. Nel 2006 ha ”festeggiato” la miliardesima tonnellata sbarcata, pari a 16mila petroliere attraccate, ognuna delle quali innesca un giro di 60mila euro circa. Il petrolio che viaggia nell’oleodotto vale il 100% del fabbisogno energetico della Baviera, l’85% dell’Austria, il 50% del Baden-Württemberg (il land di Stoccarda) e il 25% della Repubblica Ceca.
 

 

Giù una delle due antenne di Monte Radio - Traliccio non riparabile dopo 80 anni, trasmettitori concentrati sull’altro
 

Se ne va, o quantomeno si modifica, un pezzo di storia della città. Dopo quasi ottant’anni una delle due grandi antenne di Monte Radio, quella più a Sud, si appresta a scomparire. Il traliccio non è più in condizioni da permetterne l’utilizzo in sicurezza o da consentirne la riparazione.
Rimarrà l’altra antenna, quella più a Nord, anche se abbassata di alcuni metri. Su di essa verranno concentrati i trasmettitori di Radiouno in onde medie e di Radio Trieste A (la rete in lingua slovena).
Mercoledì scorso un'enorme gru è stata montata sul colle di Monte Radio, accanto alle grandi antenne. I residenti, preoccupati, hanno pensato al posizionamento dell'ennesima antenna per telefonini. In realtà la gru viena utilizzata per gli interventi sui grandi tralicci della Rai effettuati da Raiway, l’azienda del gruppo che si occupa della manutenzione degli impianti.
I tecnici impegnati nei lavori hanno iniziato a operare, come detto, mercoledì mattina, sospesi a un’altezza di alcune decine di metri e con temperature che sfioravano i cinque gradi sotto lo zero. I lavori proseguiranno per alcune settimane.
La storia delle due grandi antenne di Monte Radio è intimamente legata alla nascita dell’emittente di Trieste dell’Eiar, nei primissimi anni Trenta.
Come si legge nei ponderosi volumi sulla Storia della radiodiffusione scritti da Guido Candussi, per anni direttore delle sede Rai di Trieste, i lavori per la costruzione dell’emittente triestina dell’Eiar partirono nel settembre 1930, e le trasmissioni iniziarono il 3 agosto 1931. Si trattò però di prove tecniche: il via ufficiale avvenne il 28 ottobre dello stesso anno.
La scelta della zona dove collocare le antenne avvenne dopo una visita, nel 1930, del direttore generale dell’Eiar Raoul Chiodelli, e del consigliere delegato Gian Giacomo Ponti. Assieme alle autorità locali, dopo aver preso in esame aree a Montebello, Opicina e Prosecco, optarono per il colle di Triestenico, in località Gretta di Sopra, a 220 metri sul mare, un terreno di 50mila metri quadri che l’Eiar acquisto dal conte Alessandro Economo.
Gli edifici tecnici destinati al trasmettitore e quelli accessori vennero realizzati dall’impresa costruzioni dell’ingegnere Dante Fornasir, su progetto dell’Ufficio tecnico della Sip (capogruppo dell’Eiar).
Le due torri, altre rispettivamente 86 e 82 metri, e distanti 120 metri l’una dall’altra, furono invece costruite dalle Officine Savigliano e fissate ad appositi basamenti di cemento armato. Progettate per resistere alla pressione della bora fino a velocità di 240 chilometri orari, queste torri sostenevano, tramite appositi cavi isolati, un’antenna a forma di T, grazie alla quale la voce di Radio Trieste arrivava fino ai Paesi dell’Europa centrale e balcanica.
La stazione di Monte Radio, dove venne installato un impianto trasmettitore prodotto dalla Compagnia Marconi (che aveva sede a Londra), fu poi collegata alla sede dell’Eiar in piazza Oberdan, nell’allora palazzo della Telve, attraverso un fascio di cavi telefonici.
GIUSEPPE PALLADINI (ha collaborato Laura Tonero)
 

 

L’Eni batte Mosca: dal 2011 fornirà il gas alla Croazia - La compagnia nazionale petrolifera Ina: «Abbiamo scelto il partner migliore e al miglior prezzo»
 

BELGRADO Una vittoria per l’Italia e uno smacco per Mosca. Prirodni Plin, società del gruppo INA – la compagnia petrolifera nazionale croata, controllata dagli ungheresi di Mol e dal governo di Zagabria – ha annunciato di aver siglato un accordo con l’italiana Eni per la fornitura di gas alla Croazia a partire dal 1 gennaio 2011. Il contratto impone a Eni di assicurare 750 milioni di metri cubi di gas all’anno, ovvero il 40% del fabbisogno di Zagabria. Il restante 60% viene fornito alla Croazia da suoi giacimenti nell’Adriatico. «Dopo una gara trasparente e in competizione aperta – si legge in un comunicato emesso da Ina – abbiamo raggiunto l’obiettivo di individuare un fornitore molto affidabile, ai prezzi migliori». All’appalto avevano partecipato anche la tedesca E.On e il vecchio partner russo di Zagabria, la russa Gazprom. Dopo 10 anni, Mosca perde così un prezioso alleato nella lotta per il controllo energetico nei Balcani.
L’affare Eni-Croazia – spiega Ina – è andato in porto «anche grazie a un accordo sulla flessibilità delle quantità di gas da ricevere attraverso due linee di fornitura, quella via Slovenia e quella in fase di completamento attraverso l’Ungheria». Per Zoltan Aldott, presidente del consiglio d’amministrazione, «Ina ha da sempre cercato di assicurare alla Croazia forniture di gas sicure e ininterrotte durante la stagione invernale. Scegliere Eni come fornitore prova quanto Ina sia impegnata nel difendere i rifornimenti ai cittadini croati e all’industria nazionale».
Le reazioni russe all’uscita forzata dal mercato croato non si sono fatte attendere. «Zagabria rinuncia al nostro gas a favore dell’Eni», scrive l’autorevole quotidiano economico Kommersant. «I Paesi europei hanno iniziato a sganciarsi da Gazprom, vogliono rimpiazzare il gas russo. Ina è stata la prima, ma ne potrebbero seguire altre», commenta preoccupato al «Sole24ore russo» l’analista Valery Nesterov. Secondo il Kommersant, «Gazprom ha abbassato l’offerta per pareggiare quella di Eni, ma non è bastato. Forse la riduzione del prezzo accordata agli italiani è una sorta di «pagamento» ad Eni per la partecipazione al progetto South Stream», commenta caustico l’esperto Michael Korchemkin.
STEFANO GIANTIN
 

 

Il ciglione carsico come le Cinque Terre: via al recupero - I 300mila euro della Regione serviranno a riqualificare i terreni per contrastare le frane
 

DUINO AURISINA Il ciglione carsico come le Cinque Terre: paradiso delle colture doc. A questo obiettivo ambizioso, punta il sindaco Giorgio Ret che all’indomani della notizia sullo stanziamento di 300mila euro, da parte della Regione, per finanziare il progetto provinciale di recupero delle infrastrutture dei terrazzamenti e delle campagne tra Contovello, Prosecco, Santa Croce e Marina d’Aurisina, sprizza entusiasmo da tutti i pori.
La possibilità, a questo punto concreta, di riqualificare e consolidare, con tali fondi, i sentieri interpoderali dell’area, favorendo la messa a regime di ingranaggi virtuosi, come la produzione autoctona e selezionata di olii, vini e alimenti è da sempre perseguita dal primo cittadino di Duino Aurisina. Che anzi lancia un appello agli enti, trovando (una volta tanto) sponda anche nel consigliere comunale e provinciale del Pd Massimo Veronese, suo antagonista - perchè all’opposizione - in aula, affinché tali contributi siano dati direttamente agli operatori agricoli o alle Comunelle.
«In questo modo - spiega - potrebbero recuperare l’attività nelle campagne sottostanti il ciglione carsico e contemporaneamente attuare quei sistemi di difesa dal dissesto idrogeologico che per anni hanno posto al riparo i terreni dall’erosione degli agenti atmosferici. Oggi, mancando questi sistemi, ci troviamo invece costretti a dover considerare anche le ipotesi di frane improvvise e smottamenti».
«Non solo - prosegue Ret - consentendo agli attori principali di agire direttamente è possibile innescare una produzione economicamente vantaggiosa, in grado di garantire un autosostentamento. L’unica soluzione per impedire che i terreni restino nuovamente abbandonati è di consentire agli agricoltori di riprendere la coltivazione di viti e olivi, in modo da ottenere dei ricavi adeguati».
I contributi pubblici dovrebbero servire dunque ad allargare e consolidare i percorsi interpoderali, a convogliare le acque a scopo irriguo, a provvedere alla sistemazione fondiaria e alla bonifica, così da valorizzare le potenzialità agricole, ambientali, economiche e turistiche della provincia. «Sono perfettamente d’accordo col sindaco - chiosa il consigliere del Pd Veronese - tant’è che anch’io solleciterò l’assegnazione dei fondi agli operatori agricoli e alle Comunelle, proprietari dei terreni. Si tratta, quindi, di attendere le prossime variazioni di bilancio provinciale, previste a febbraio».
A sottolineare come il recupero del ciglione carsico s’innesti perfettamente con la riqualificazione dell’area della Costa dei Barbari è poi il vicesindaco di Duino Aurisina Massimo Romita: «Abbiamo inserito nel Piano triennale delle opere 1 milione e mezzo di euro per rilanciare la zona con strutture e interventi tesi potenziare la costa. Così facendo l’intera comunità ne trarrà beneficio e sotto il profilo turistico e sotto il profilo economico. Penso alla possibilità di migliorare finalmente l’accesso a Canovella de’ Zoppoli. In fondo anche questo tipo di investimento crea occupazione».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 17 dicembre 2010

 

 

Bonifiche, tandem Ezit-Camera di commercio - SIGLATO UN ACCORDO QUADRO TRA I DUE ENTI
 

Fondi e uso del laboratorio camerale per velocizzare caratterizzazioni e liberare terreni
Rifiutano l’Accordo di programma sulle bonifiche limato dal ministero perché - come ribadisce il presidente della Confartigianato Dario Bruni da numero uno dell’Ezit - «le risorse certe di quell’accordo sono i 235 milioni a carico dei privati, ma è il pubblico ad aver inquinato, ad aver venduto i terreni e a chiedere adesso i danni ambientali». Ora, però, le categorie economiche ne varano un altro, di accordo, e per conto loro. Un accordo che non ha la pretesa - lasciano intendere i firmatari - di sostituirsi a quello ministeriale, ma che punta, quello sì, a dare un contributo ”sburocratico”. È mirato per dirla alla Antonio Paoletti, il presidente della Camera di Commercio, «a velocizzare, e a favorire tanto per cominciare, l’insediamento di nuove attività produttive attraverso la restituzione agli usi legittimi di quelle aree, inserite nel Sin, che le analisi del rischio sanciranno eventualmente non essere pericolose. Potremmo farcela a chiudere tutto in due anni, completamento delle caratterizzazioni compreso, risparmiando tra gli otto e i 12 mesi».
LA FIRMA Ieri, infatti, la Camera di Commercio e l’Ezit hanno sottoscritto un Accordo quadro, in materia di «procedure attuative» per le bonifiche. Un patto anti-immobilismo che prevede la messa a disposizione, da parte dell’ente presieduto da Paoletti, del proprio laboratorio chimico-merceologico (che guarda caso si sta trasferendo dal palazzo camerale di via San Nicolò all’ex quartier generale dell’Utat di via Travnik, in zona industriale) per un ruolo di coordinamento tecnico dei campionamenti dei terreni del Sin. Le analisi dei terreni, in effetti, coinvolgono più interlocutori: l’Ezit, che la legge indica come il delegato unico pubblico alle bonifiche, il soggetto privato che si aggiudicherà la gara per i campionamenti bandita dall’Ezit, e l’Arpa, l’ente istituzionale deputato alla validazione di quei campionamenti.
IL CHIP Non è solo un fatto di operatività, ma è pure di soldi: la Camera, recita l’Accordo quadro, mette sul piatto un milione e mezzo di euro - già accantonato in virtù di aumenti ad hoc sulle quote associative, un po’ come per il fondo camerale destinato al Parco del mare - per contribuire alle spese per il completamento delle caratterizzazioni del Sin a cura dell’Ezit (mancano 250 ettari su 500) ma soprattutto per l’avvio delle successive analisi del rischio, con particolare riguardo alle aree di cui sono titolari le imprese che aspettano di partire con nuove atttività.
LO SPRONE Un chip, questo, come fanno capire ancora i firmatari, che vuole diventare uno ”sprone” nei confronti di chi i soldi dello Stato per finire il Piano di caratterizzazione (e basterebbero tre milioni dopo il milione già versato) li ha già ma non è ancora, tecicamente, nelle condizioni di girarli all’Ezit. Quel ”chi” è la Regione. «Stiamo attendendo - sottolinea Bruni - lo sblocco dei restanti 10 milioni di euro stanziati dalla legge regionale 15 del 2004 per realizzare le caratterizzazioni. Sappiamo che la Regione si sta attivando con disponibilità. Ma per intanto non si poteva più aspettare. Con il nostro Accordo quadro, si può proseguire concludendo da subito l’analisi del rischio sui 250mila metri quadrati già caratterizzati da Ezit, Teseco e altri privati. Inizia, insomma, il percorso di ”liberazione” di quelle aree in cui la presenza di inquinanti potrebbe rientrare sotto i limiti di legge, in termini di pericolosità. Sono aree, in effetti, a destinazione industriale, mica a vocazione di verde pubblico». «In questi anni - la chiosa dello stesso Paoletti - le imprese hanno sofferto di un doppio danno. Chi voleva vendere vendeva male, sottoprezzo. E chi voleva investire metteva a garanzia dei capannoni che, ai fini di un mutuo, valevano poco. Bene, ora anche il sistema bancario può vedere l’inizio della fine di questa situazione a dir poco precaria»
PIERO RAUBER
 

 

BONIFICHE - Il placet

 

«Come fa un dottore a fare una diagnosi se prima non ha visitato il paziente? Ugualmente dobbiamo chiederci come si può giudicare inutilizzabile un’area a fini industriali prima di averci svolto l’analisi del rischio». Ha ”metaforizzato” il proprio intervento, ieri, Paolo Rovis, l’assessore allo Sviluppo economico di Dipiazza, partecipando all’incontro stampa in cui Paoletti e Bruni hanno firmato ”in diretta” l’Accordo quadro, e mettendoci così il cappello politico-istituzionale del Comune. Oltre a Rovis, tra gli altri, c’erano il direttore dell’Ezit, Paolo De Alti, e l’ingegner Turello, esperto del laboratorio chimico camerale.
 

 

«Tav veneta in ritardo» Il Pd lancia l’allarme - I TERMINI SCADONO A FINE ANNO
 

TRIESTE «Il tempo passa inesorabile e rischiamo di trovare un’amara sorpresa sotto l’albero, se la giunta regionale del Veneto continua a tenere sigillato il progetto della tratta Venezia-Trieste della Tav». L’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani lancia l’allarme in vista della scadenza del 31 dicembre, termine fissato dalla Commissione europea per la consegna dei progetti della Tav nella tratta Venezia-Trieste. «Da Giancarlo Galan a Luca Zaia, la gestione della partita Tav è stata improntata a una sottovalutazione, le cui conseguenze appaiono evidenti ora che si è alla stretta finale: il centrodestra, dopo aver perso anni di tempo prezioso, continua a non mostrare un minimo di responsabilità».

 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 16 dicembre 2010

 

 

Rinnovabili: approvato dal Consiglio dei ministri lo schema di decreto

 

Il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema del decreto legislativo sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. In via preliminare è stato approvato anche uno schema di decreto legislativo che recepisce la direttiva 2009/28 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili'.
Il provvedimento – secondo quanto riporta la nota stampa del Consiglio dei ministri - mira al potenziamento e alla razionalizzazione del sistema per incrementare l'efficienza energetica e l'utilizzo di energia rinnovabile ed ha fra gli obiettivi principali quello di diminuire gli oneri 'indiretti' legati al processo di realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, così da potere intervenire riducendo i costi specifici di incentivazione.
Secondo Legambiente, le criticità principali dello schema di decreto approvato dal Governo sono il taglio troppo drastico ed elevato dei certificati verdi nella fase transitoria; la fumosità delle procedure a regime; le aste al ribasso soprattutto con tempi previsti per l’emanazione dei decreti attuativi troppo lunghi; la questione del fotovoltaico nelle aree agricole che sarebbe di fatto impedita nella formulazione del Governo. Anche la troppa discrezionalità lasciata alle Regioni nell’applicazione della semplificazione normativa (di cui andrà comunque verificata l’efficacia e l’intreccio con le linee guida recentemente approvate) rappresenta un punto critico, così come la necessità di approfondire e migliorare le parti relative al termico e più in generale all’efficienza energetica.
L'esame della Conferenza unificata è iniziato e il Parlamento si dovrebbe esprimere entro il 12 gennaio.

 

 

Gse, regole piu' chiare per il nuovo conto energia

 

Il Gestore dei Servizi Energetici (Gse) ha redatto un nuova guida che chiarisce i criteri e le regole tecniche per la presentazione, valutazione e gestione della documentazione inviata all’ente per ottenere gli incentivi per impianti fotovoltaici, ai sensi del Decreto interministeriale del 6 agosto 2010. Con questo documento il Gse vuole rendere trasparente e chiara l’intera fase di istruttoria tecnico amministrativa, finalizzata alla verifica dell’esistenza dei requisiti richiesti e all’individuazione della pertinente tariffa da riconoscere.
Il documento è diviso in tre sezioni. Nella prima vengono illustrate le definizioni e le regole, queste ultime direttamente derivate dalla normativa di riferimento, utilizzate nella fase di valutazione delle richieste; nella seconda parte si esplicitano le tre principali fasi in cui si divide il processo di riconoscimento degli incentivi: presentazione richiesta, valutazione documentazione e comunicazione esito. Nell’ultima sezione è infine descritto il passaggio dall'ammissione agli incentivi alla stipula della convenzione tra Gse e Soggetto Responsabile.
Nel documento si legge che per la procedura per il miglioramento della prevedibilità delle immissioni dell’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili relativamente alle unità di produzione non rilevanti, sia per impianti fotovoltaici che per impianti fotovoltaici a concentrazione, di potenza superiore a 200 kW, è necessario compilare uno specifico modulo on-line per la raccolta delle informazioni tecniche di impianto. La guida specifica anche le modalità per la compilazione dei moduli on line.
Il testo integrale è disponibile sul sito del Gse a questo
indirizzo
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 dicembre 2010

 

 

«Cemento selvaggio se viene rifatto il Prg» - Il direttore generale Terranova: «Salterebbero tutti i vincoli, anche l’intesa sulla piattaforma logistica»
 

Secondo gli uffici è più facile dare seguito all’iter del Piano regolatore presentato in aula per l’adozione nell’agosto del 2009

Concedono ai politici il libero arbitrio. Non prima, però, di aver fatto loro sbirciare l’inferno, cioè che accadrebbe se si mettessero a rifare il Piano regolatore: cadrebbero i vincoli anti-cemento introdotti con la variante 118, cioè il Prg adottato il 6 agosto del 2009 ma non ancora approvato, e si aprirebbe un vuoto normativo tale da mettere persino in discussione certezze acquisite come i progetti per la Piattaforma logistica e il depuratore. Meglio insomma portare a casa, e rendere definitivamente vigente, proprio la variante 118, fanno capire i dirigenti del Municipio in una lettera indirizzata il 9 dicembre a Roberto Dipiazza - in quanto sindaco e primo membro del Consiglio comunale - e firmata a nome dei manager coinvolti da Santi Terranova, il supercapo degli uffici, dall’alto della sua doppia qualifica di segretario e direttore generale. Una lettera che ha il tenore delle motivazioni di una sentenza, che vengono depositate a tempo debito. In effetti, la loro sentenza, i dirigenti l’avevano anticipata sinteticamente lo scorso mese: si può procedere, nonostante tutto. E ora, come detto, spuntano i perché.
LA RISPOSTA Davanti al trivio che ha dominato la seconda parte di quest’anno - provare ad approvare la variante 118 prima delle elezioni, stracciarla e riadottarne un’altra, o aspettare pilatescamente che ad occuparsene sia il prossimo Consiglio comunale - i manager si sono dunque sbilanciati, onorando così le pretese dei politici stessi. Secondo i quali, se l’iter del Prg si era arenato a palazzo, tra imbarazzi e figuracce, la colpa era proprio dei tecnici.
LA PREMESSA Terranova, sin dal suo incipit, punta il dito verso la strada che ritiene sia quella con meno ostacoli: «il prosieguo dell’iter di approvazione della 118» è infatti «allo stato attuale possibile e legittimo, oltre che opportuno». Un prosieguo che, ammette Terranova, deve procedere con l’«esame delle osservazioni pervenute» - dunque in un clima di apertura da parte del Consiglio nei confronti delle famose «1141 fra osservazioni ed opposizioni presentate entro i termini di legge» - ma soprattutto con l’approvazione preliminare, da parte del Consiglio medesimo, di quello che gli uffici considerano il documento riparatore. Quale? «La presa d’atto - scrive il supermanager, allegando un’apposita delibera da sottoporre all’assemblea di piazza Unità - dello studio geologico di data 15 settembre», da inoltrare poi a stretto giro alla Regione per «il parere di competenza».
LA NOVITÀ Si tratta del nuovo studio geologico affidato dal Comune al proprio geologo interno dopo la sentenza del Consiglio di Stato che aveva dato ragione al ricorso dell’Ordine dei geologi contro il commissionamento dello studio originario all’Università. Ebbene, sostiene Terranova, tale nuovo studio, essendo stato redatto proprio «in ottemperanza alla sentenza», è andato a sanare le uniche censure giuridiche che avevano reso debole il Prg. «Conseguentemente - tranquillizza la relazione dei dirigenti - non risultano elementi ostativi all’approvazione del Piano».
I RISCHI Tutt’altra musica, per Terranova, risuonerebbe a palazzo in caso di riadozione. «Con tale decisione - recita il parere degli uffici - cessa inevitabilmente la salvaguardia della variante 118 e ritorna in vigore la 66». A quel punto «sono necessari minimi 200 giorni per arrivare alla nuova riadozione», senza contare che nel frattempo si libererebbero dalle salvaguardie anti-cemento 50 progetti per complessivi 159mila metri cubi, riaumenterebbe la «potenzialità edificatoria» in un milione e 200mila metri quadrati di suolo cittadino, e dovrebbero essere addirittura ridiscussi alcuni pilastri del Dipiazza-bis, di cui quattro clamorosi. Primo: il Piano particolareggiato del centro storico perché è «strumento attuativo della variante 118». Secondo: la Piattaforma logistica perché «la mancata approvazione della 118 comporta il venir meno del recepimento dell’intesa del Porto». Terzo: il park San Giusto perché «le previsioni della variante 119 a ciò preposta sono conseguenti alle previsioni della 118». Quarto: il depuratore di Servola perché «il ritorno alla variante 66 mette in difformità l’adeguamento del depuratore alle direttive europee sulle norme antinquinamento».
PIERO RAUBER
 

 

PRG - «C’è il rischio di cause e ricorsi» - LE REAZIONI A LIVELLO POLITICO - Il vecchio percorso urbanistico non piace a Sasco (Udc)
 

Ma siamo proprio sicuri che il ritorno alla variante 66, quella di Illy tanto per capirsi, porti più cemento della conferma della 118, quella di Dipiazza? L’Udc Roberto Sasco, da presidente della Sesta commissione, lascia aperto l’interrogativo, facendo capire di rimanere freddo innanzi alla ”tesi Terranova”. «Nella relazione degli uffici - snocciola a sua volta dati Sasco - si parla di un totale di 50 progetti in salvaguardia, per complessivi 159mila metri cubi. Pure alcune zone miste strategiche inserite nella 118, per esempio, valgono da sole cubature importanti: la Fiera 134mila metri cubi, Banne 135mila, il Burlo poi 279mila...». «Non sono un fan della variante 66 - mette le mani avanti il centrista - però ritengo che la riadozione sia l’unica soluzione che può evitare il rischio di impugnazioni, cause e ricorsi. Scorporare il Prg che dovrebbe invece rimanere un’unicuum, come si intende fare stando alla relazione degli uffici, schiuderebbe situazioni complesse dal punto di vista giuridico». Ma tutte le controindicazioni elencate da Terranova? «Sono problemi risolvibili - replica Sasco - con singole delibere. Il porto? Mi pare sia più un problema politico che tecnico». «Non ritengo possibile - fa eco il capogruppo del Pd Fabio Omero - che si rischi di bloccare la Piattaforma logistica. In Comune abbiamo recepito le intese del Porto, dovremmo semplicemente rifarlo. Anche il discorso del depuratore sarebbe affrontabile con una delibera-stralcio. Mi lascia poi perplesso anche quella previsione dei 200 giorni per la riadozione di un nuovo Prg. Una delibera con nuovi indirizzi e nuove salvaguardie si potrebbe farla un minuto dopo la delibera di annullamento della variante 118». Ad ogni modo il Pd non sbatte la porta alla proposta di Terranova: «Se fossero tolte le discusse destinazioni edilizie dell’ex caserma di Banne, del quadrivio di Opicina e dei campi golf di Padriciano - conferma Omero - e se si dichiarasse che le aree strategiche sono soggette a pianificazione pubblica, potremmo anche essere per l’approvazione di questa variante, cui servirebbe a quel punto solo una correzione, con una variante della variante, nella prossima consiliatura».
Soddisfatto invece, oltre al sindaco, il capogruppo azzurro Piero Camber: «Devo ancora confrontarmi con il mio partito - spiega - ma personalmente sarei del parere di Terranova, cioè di procedere con l’approvazione. Che sia, occhio, un’approvazione a maglie larghe, che consenta l’accoglimento di più opposizioni possibili». E qui c’è subito una mano tesa nei confronti dell’alleato leghista, il più deluso dalla ”tesi Terranova”, dato che era stato proprio il Carroccio a spingere più di tutti per la riadozione facendosi addirittura approvare in Consiglio, a inizio estate, una mozione in questo senso. «Non tengo in considerazione - sbotta il capogruppo padano Maurizio Ferrara - le parole degli uffici, visti gli errori che hanno commesso e che hanno messo in difficoltà il Consiglio. Per me la relazione in questione è aria fritta». Però... «Nonostante per noi il Prg adottato sia sotto il profilo tecnico illegittimo - chiosa lo stesso Ferrara - politicamente potremmo anche pensare di approvarlo, se venissero accettate tutte e tre le nostre pregiudiziali: il no al campo nomadi e all’intesa su Banne nonché la restituzione ai cittadini delle aree (le pertinenze verdi di proprietà rese inedificabili dalla 118, ndr) sottratte ingiustamente». Ebbene, sul terzo punto c’è l’apertura di Camber, il primo è stato già assodato. E il secondo? Sentite la relazione di Terranova: «Qualora il Consiglio comunale decidesse di non recepire il cambiamento di destinazione di alcuni immobili facenti capo alle intese raggiunte con gli enti competenti, l’intesa rimarrebbe valida per gli altri immobili». Se salta Banne, dunque, l’accordo colDemanio sul resto è salvo. E la Lega, ma anche An, potrebbe così essere accontentata. (pi.ra.)
 

 

PRG - Dipiazza: «Avanti con l’approvazione» - «Sarà il Consiglio a decidere ma penso di avere i numeri»
 

Tre settimane fa, quand’aveva risposto con una provocazione alla provocazione del centrosinistra, facendo propria la mozione che puntava a sfiduciarlo come assessore all’Urbanistica, Roberto Dipiazza se n’era uscito con una promessa che sapeva un po’ pure di minaccia, specie per la sua maggioranza così divisa e attendista sul Prg: «Riporterò subito in Consiglio comunale il Piano regolatore». Per la politica, tre settimane, possono essere subito. Ecco così che la promessa-minaccia diventa realtà, visto che ieri il parere degli uffici firmato da Terranova già circolava tra i membri della Sesta commissione, quella competente appunto in materia di Urbanistica. La delibera con la presa d’atto del nuovo studio geologico del geologo interno, necessaria secondo la dirigenza municipale come ”sanatoria” giuridica, sarà infatti sottoposta proprio a quella commissione lunedì prossimo, per poi approdare in Consiglio il giorno seguente e finire così, come impone la legge, in Regione già prima di Natale. A quel punto - sempre che fili tutto liscio - il Prg potrà essere esaminato dallo stesso Consiglio per l’eventuale approvazione definitiva a iniziare dal mese di febbraio (i tempi di ”reazione” della Regione sono infatti di un mese). Tecnicamente, dunque, il Prg potrebbe anche vedere la luce entro la fine del Dipiazza-bis, a meno di un’election-day con le comunali abbinate al voto politico nazionale già a marzo. Se però non si verificasse quest’ultima ipotesi, i tempi ci sarebbero. E il sindaco in carica potrebbe così rispedire al mittente, ovvero al Consiglio comunale, le critiche d’immobilismo sul Prg. «Sono soddisfatto della relazione di Terranova - taglia corto, infatti, Dipiazza - perché mi permette di portare avanti l’iter, come sostenevo peraltro essere possibile. Dopodiché sarà il Consiglio sovrano a decidere... ma credo che avrò i numeri tanto per dirla alla Berlusconi di questi ultimi giorni...», scherza il sindaco mandando evidentemente messaggi cifrati ai suoi, visto che le cronache degli ultimi mesi ricordano che a sponsorizzare la pista dell’approvazione della variante 118 adottata nel 2009 erano rimasti solo i berluscones di Piero Camber e, ovviamente, la Lista Dipiazza. Perfino le riserve regionali alla 118 che in molti avevano agitato anche nella maggioranza - ne è persuaso in effetti Terranova - «così come formulate» non obbligherebbero «la riadozione in quanto la riadozione viene prescritta eventualmente dalla Regione, in sede di verifica del recepimento delle riserve regionali, qualora le stesse non vengano superate dalle controdeduzioni predisposte dal Comune».

(pi.ra.)
 

 

PRG - Omero: «Stalli blu in via Combi, strano...» - La risposta del sindaco: «Mai fatto gli affari miei, ma sempre quelli dei cittadini»
 

Se Roberto Dipiazza, come pensano in tanti, è un ”berluschino”, nel senso di ”piccolo Berlusconi”, eccogli allora servito, così di striscio, il tormentone che travolge invece quotidianamente il suo stesso leader nazionale: la polemica sul conflitto d’interessi.
Sibila infatti il blog di Fabio Omero, che evoca Bersani: «Ma sarà pur ora di avere un po’ di senso di responsabilità e di pensare seriamente - scrive il capogruppo dei democrats in Consiglio comunale citando le parole dette dal segretario nazionale del suo partito appena lo scorso sabato - veramente al nostro Paese e non alla propria bottega!». Ebbene, punzecchia Omero: «Se ora cambiassimo “Paese” con “Trieste”, l’affermazione resterebbe valida». Perché? «Nella bozza del Piano del traffico - racconta il capogruppo del Pd di Trieste - è prevista l’introduzione di zone di sosta a pagamento in piccole aree a forte interesse commerciale con la tripla finalità di eliminare le soste abusive, agevolare il turn-over giornaliero per gli esercizi commerciali e garantire una risorsa notturna di sosta per i residenti. Provvedimenti di questo tipo sono già stati sperimentati in città, per esempio in Largo Roiano, ed hanno ricevuto apprezzamento sia da parte dei residenti che da parte dei commercianti; in questo contesto si sono proposte anche alcune aree di sosta a pagamento nella zona più commerciale dei centri di Opicina e Basovizza. Ma non solo a Opicina e Basovizza. Avete presente via Combi? Anche lì c’è un supermercato e proprio lì è comparso il blu della sosta a pagamento».
Non gli scappa mai di dire, a Omero, che il supermercato di via Combi di cui si tratta è quello del Dipiazza imprenditore. Il sindaco, interpellato per una risposta anche sul blog di Omero, oltre che sulla relazione pro-118 di Terranova, sprizza indignazione: «Usare delle indicazioni contenute in un Piano del Comune per far credere che io possa essermi favorito (è successo anche poco tempo fa con le dichiarazioni del segretario dell’Unione slovena Peter Mocnik sulle destinazioni urbanistiche di via del Pucino e via Plinio, nei pressi del terreno del sindaco, ndr) è semplicemente una cavolata. Non ne posso più, di queste illazioni. Chi ha il sospetto, ha il difetto... Scrivetelo. Sono stanco, e sono offeso. Finiamola di dire che chi è in politica è lì per curare i propri affari, sennò finisce che un giorno prenderò qualcuno a calci nel sedere».
«Faccio il sindaco da 14 anni, sapete? E in questi 14 anni - sbotta ancora Dipiazza - non ho mai fatto i cavoli miei, ma soltanto i cavoli dei miei cittadini». I cavoli, insomma, non sono quelli in vendita nel suo supermercato...

(pi.ra.)
 

 

Diossina dall’inceneritore, gli atti alla Consulta - Le fuoriuscite superiori ai limiti erano state misurate nell’inverno di tre anni fa
 

PER IL GIUDICE LEGGE NON CHIARA: PROCESSO SOSPESO, CARTE INVIATE A ROMA. MONASSI TRA GLI IMPUTATI
Dall’inceneritore di via Errera alla Corte costituzionale.
Il giudice Paolo Vascotto ha sospeso ieri il processo nato dalle fuoriuscite di diossina superiori ai limiti di legge, misurate nell’inverno di tre anni fa all’estremità del camino dell’impianto gestito dall’AcegasAps e ha inviato gli atti ai giudici costituzionali.
Il magistrato nel groviglio di leggi, Decreti e Codici che regolano questa materia, ha individuato dei ”profili” che in astratto potrebbero violare due articoli della Carta fondamentale della Repubblica: l’eguaglianza fra cittadini e gli effetti diversi di leggi che puniscono in modo diverso fatti analoghi. Il problema di costituzionalità era stato sollevato in una precedente udienza dall’avvocato Giovanni Borgna: a suo giudizio, il Decreto legislativo numero 128 promulgato nel giugno scorso ha introdotto nuove possibilità per le oblazioni che, se accolte, estinguono il reato. Ma il contenuto del Decreto supera quanto disposto dalla legge 152/06 e dalla Norma speciale 133/05 che regolano, anzi regolavano le emissioni degli inceneritori urbani, norme a cui si è richiamata nel corso dell’inchiesta sull’impianto di via Errera, il pm Maddalena Chergia. Esiste inoltre la norma specialissima della legge 59/05 che disciplina gli impianti soggetti a dichiarazione integrata ambientale, come accade per l’inceneritore gestito dall’AcegasAps.
In sintesi il giudice Paolo Vascotto inviando gli atti alla Corte costituzionale ha affermato che la legge non è chiara. Anzi che ci troviamo di fronte a un groviglio da districare. Quando tutto sarà stato chiarito il processo potrà ricominciare: ma Marina Monassi, direttore generale dell’AcegasAps, Paolo Dal Maso, responsabile della Divisione ambiente, Stefano Gregorio, direttore dell’inceneritore e Francesco Giacomin, già amministratore della società, dovranno attendere almeno un anno prima di sapere se potranno essere ammessi all’oblazione o dovranno affrontare il dibattimento pubblico.
Nella precedente udienza attraverso i loro difensori - Sergio Mameli, Tiziana Benussi, Paolo Pacileo e Giovanni Borgna - avevano chiesto di poter versare allo Stato 40 mila euro a testa per essere ammessi all’oblazione.
L’inchiesta e il processo ora sospeso sono nati dalle misure effettuate dall’Arpa all’estremità del camino. Il livello fissato dalla legge per le emissioni di diossina era stato superato a la procura aveva fermato due delle tre linee di smaltimento 4 dei rifiuti, ritenute potenzialmente pericolose per la salute pubblica. L’Acegas aveva dovuto dirottare per quasi quattro mesi lontano da Trieste e dall’Isontino, i rifiuti raccolti nei due capoluoghi di provincia. Il blocco delle due linee era risultato devastante sul piano economico: era costato all’AcegasAps, al Comune di Trieste e indirettamente ai cittadini cinque milioni di euro. Ai danni economici era seguita l’inchiesta penale e il processo che, proprio per il groviglio provocato dai nostri legislatori, non riesce né ad avviarsi, né a chiudersi. L’episodio più inquietante di emissione di diossina, risale al 20 dicembre 2006 con 0,970 nanogrammi per metro cubo d’aria. Dieci volte più del valore limite. Altri sforamenti erano stati misurati il 21 dicembre 2006, l11 e il 12 gennaio 2007 con rispettivamente 0,189, o,300 e 0,200 nanogrammi per metro cubo d’aria.

(c.e.)

 

 

 

 

SpeziaPolis - MERCOLEDI', 15 dicembre 2010

 

Il TAR del Lazio oggi boccia il rigassificatore di Agrigento, domani l’ampliamento di quello di Panigaglia?
 

Il TAR del Lazio in una recentissima decisione ha bocciato la autorizzazione rilasciata al rigassificatore di Porto Empedocle. Le motivazioni della decisione del TAR si fondano principalmente sul mancato invito del Comune di Agrigento nelle conferenze dei servizi propedeutiche alla autorizzazione (come previsto dalla vigente normativa in materia).
Ora secondo il TAR Lazio se è vero che il rigassificatore di Porto Empedocle è collocato nel Comune di Porto Empedocle è altrettanto certo che una piccola ma significativa parte dei lavori di costruzione di tale impianto riguardano il territorio del Comune di Agrigento sia sotto il profilo della competenza territoriale che dell’impatto ambientale. Quindi anche il Comune di Agrigento andava coinvolto nelle conferenze dei servizi al fine di rappresentare motivazioni ed interessi specifici dei cittadini di tale Comune, motivazioni ed interessi che non possono, sempre secondo il TAR del Lazio, essere sostituiti dalla partecipazione, alle suddette Conferenze, della Provincia di Agrigento, in quanto citiamo dalla decisione del TAR: “la idoneità della rappresentanza provinciale può essere affermata al fine di veder per suo tramite valutati e considerati gli interessi delle popolazioni di un territorio più ampio di quello direttamente interessato alla realizzazione dell’impianto e dunque coinvolto in maniera comunque mediata, ciò non può valere – in via sostitutiva – per le popolazione ripetesi insediate su territorio direttamente coinvolto. Né, del resto, potrebbe escludersi una pur legittima valutazione dell’ente territoriale più ampio, che così ritenga di dare prevalenza a determinati interessi della collettività provinciale unitariamente riguardata a scapito di una o più collettività di ambito comunale.”
La sentenza si fonda su quanto affermato sia dalla legge che disciplina la procedura di autorizzazione dei rigassificatori (articolo 8 legge 340/2000) che la disciplina sulla VIA che come è noto prevede che vengano coinvolti nella procedura di valutazione di impatto e di autorizzazione del rigassificatore:
Gli enti che per le loro competenze o responsabilità in campo ambientale, possono essere interessate agli impatti sull'ambiente del rigassificatore (lettera s) comma 1 articolo 5 dlgs 152/2006)
I Comuni il cui territorio sia anche solo parzialmente interessato dal progetto o dagli impatti della sua attuazione.
Afferma infatti la sentenza del TAR Lazio: “la partecipazione alla Conferenza di servizi si mostra necessaria per quei comuni il cui territorio è interessato dalla realizzazione del progetto nonché dai connessi impatti ambientali, relativamente alla localizzazione degli impianti, opere o interventi principali ed agli eventuali cantieri o interventi correlati”.
Ora se da Porto Empedocle passiamo a Panigaglia vediamo che questa sentenza potrebbe essere un precedente interessante anche per il rigassificatore spezzino. Infatti nelle Conferenze dei servizi convocate fino ad ora e per il momento sfociate nel decreto di valutazione di impatto ambientale positivo sull’ampliamento del rigassificatore di Panigaglia i Comuni interessati, quali La Spezia e Lerici, secondo i principi e e gli indirizzi normativi sopra esposti, non sono mai stati convocati. Non ci sono dubbi sul fatto che sia l'arrivo delle navi gasiere, che il dragaggio necessario del golfo della Spezia, per non parlare del rischio di incidente industriale diretto ed indiretto riguardino anche questi Comuni.
Tutto ciò potrà insieme con le altre motivazioni che abbiamo già rilevato qui essere oggetto di impugnativa da parte dei suddetti Comuni, sempre che gli amministratori degli stessi si sveglino dal torpore e dalla confusione che sembra avvolgere da tempo il ceto politico amministrativo locale sulla vicenda del rigassificatore.
Pubblicato da Marco Grondacci a 22:33

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 dicembre 2010

 

 

Superporto a Monfalcone, Trieste tagliata fuori - La rete Fs insufficiente a garantire uno sviluppo adeguato dello scalo giuliano
 

UNICREDIT - Il primo lotto in funzione nel 2016. Oltre un miliardo d’investimento Capacità di 2 milioni di teu nel 2025 e di 3,2 a regime entro il 2033
MOLO VII - Anche se ampliato non potrebbe movimentare più di 1,2 milioni di teu nell’arco dell’anno
La struttura condizionata dalla concorrenza tra Maersk e gruppo Maneschi
TRIESTE Una banchina di 1.750 metri con fondali di 16 metri e mezzo in grado di ospitare contemporaneamente 4 navi da 8mila teu lunghe fino a 340 metri oppure 3 navi da 13mila teu lunghe quasi 400 metri, e un’area per lo stoccaggio dei container di oltre 166 ettari. Il primo settore del terminal entrerà in funzione già nel 2016 e sarà subito in grado di movimentare 350mila teu che diverranno un milione nel 2020, pressoché alla fine della seconda fase di lavori, 2 milioni nel 2025 fino a raggiungere i 3,2 milioni di teu entro il 2033.
L’INVESTIMENTO. Sono i numeri astronomici del nuovo gateway europeo dell’Alto Adriatico che il colosso finanziario Unicredit in partnership con Maersk, primo vettore al mondo nell’ambito dei container, ha progettato di collocare a Monfalcone in una formulazione definitiva che prevede la pressoché totale esclusione di Trieste. L’investimento complessivo è previsto in un miliardo e 29 milioni di euro ai quali vanno aggiunti altri 119 milioni per miglioramenti alle infrastrutture al di fuori dell’area portuale. L’impegno diretto di Unicredit è di 775 milioni (435 per la prima fase e 340 per la seconda).
Il piano Unicredit ha riscontrato grande favore nell’ambito del governo. Il Consiglio dei ministri forse già nella prossima seduta approverà l’intesa Stato-Regione che permetterà in tempi immediatamente successivi di nominare un Commissario straordinario che sovrintentenderà a tutte le fasi del progetto garantendo il rispetto dei tempi, condizione primaria per centrare la scommessa alla base di tutta l’operazione: il dirottamento in Mediterraneo con risparmio di tempi, costi e emissioni inquinanti, di una quota dei traffici che oggi intercorrono tra il Far East e gli scali del Nord Europa.
IL MOLO SETTIMO. Per realizzare questo rovesciamento delle rotte, rilevando che esiste un’ampia porzione di mercato contendibile rappresentata dall’area che si estende dalla Francia Sud-orientale, alla Svizzera, alla Baviera, all’Austria e all’Europa dell’Est, Unicredit e il gruppo Ap Moller Maersk hanno promosso un gate duale polarizzato a Ovest a Vado ligure e a Est nella piastra logistica del Friuli Venezia Giulia che inizialmente doveva comprendere anche Trieste.
«Teoricamente Trieste potrebbe essere ancora inclusa nel progetto - ha affermato ieri Massimo Pecorari responsabile project & commodity finance di Unicredit - ma il Molo Settimo ha un altro concessionario e cioé la To Delta di Pierluigi Maneschi (che recentemente ha affermato al Piccolo di non voler cedere la concessione, ndr.)». Vi sono anche problemi strutturali connessi alla ferrovia e il terminal triestino, anche se ampliato, non potrebbe mai essere in grado di movimentare più di 1,2 milioni di teu all’anno. Trieste ha probabilmente perso l’occasione di esercitare perlomeno il ruolo di sede direzionale dell’operazione nel momento in cui per opposizione della classe politica cittadina, vera o presunta, è stata abbandonata l’idea di creare un’Autorità portuale regionale unica.
LE ROTTE. Avanti tutta su Monfalcone dunque con una rotta alternativa già tracciata e che prevede partenze dalla Corea, da Shanghai, da Hong-Kong con toccate a Tanjung, Port Jelang e Jeddah e Port Said e nessun’altra tappa in Europa. Sulla tratta Far East - Monaco si risparmieranno 9 giorni di viaggio e 340 euro a teu rispetto ai porti del Northern range.
La strategia Unicredit si basa su tre elementi chiave: la necessità di realizzare le infrastrutture di Corridoio in tempi certi; il rispetto dei principi europei di concorrenza, di libero accesso e di tutela dell’affidamento (mercato regolato); l’alleanza industriale con gli operatori di traffico ferroviario e marittimo nella realizzazione delle infrastrutture. Da qui l’alleanza con il Gruppo Maersk.
Il terminal sarà innovativo e completamente automatizzato. La gru scaricherà il container dalla nave su un veicolo automatizzato che porterà il container nell’area di stoccaggio. Una gru automatizzata (Asc) collocherà il container su una pila. L’Asc scaricherà il container dalla pila e lo caricherà su un trattore che lo porterà nella zona del tracciato ferroviario. Una gru su rotaia collocherà i container sui treni lunghi 750 metri che li porteranno nelle principali destinazioni del Centro e dell’Est Europa.
Per realizzare il terminal sono previsti lavori di dragaggio per complessivi 9,3 milioni di metri cubi nel bacino di approdo, nel bacino di manovra e nel canale che avrà poi una profondità di 16,5 metri. Negli spazi a terra vi saranno aree apposite anche per i container refrigerati, per i container vuoti, otto binari ferroviari di 750 metri, silos per le auto e anche un terminal multipurpose.
L’OCCUPAZIONE. Sarà Apm terminals, il braccio terminalistico di Maersk a gestire direttamente la banchina di Monfalcone. «È essenziale per noi il rispetto dei tempi prospettati, ma in questo senso la garanzia è rappresentata proprio dalla nomina del commissario - ha affermato ieri Carlo Merli, amministratore delegato di Apm terminals Italia - anche perché nel frattempo la concorrenza non starà ferma». Ma ha anche confermato che oltre a Maersk line accordi potranno riguardare altri tra i principali carriers del mondo. E in questo senso è già rimbalzato il nome di Msc, secondo vettore mondiale del settore.
Nei prossimi tempi UniCredit confronterà il modello con la business community del comparto (Assoporti, Confindustria, Confitarma, Agenti Marittimi, Associazione spedizionieri, sindacati ecc.) e con la comunità scientifica.
A regime il terminal occuperà 600 dipendenti che però potranno essere 350 già nel 2016. Ma a cascata oltre alle attività portuali tradizionali si svilupperanno nuove filiere ad alto valore aggiunto quali centri di assemblaggio, centri di ricerca, strutture commerciali e showroom.
SILVIO MARANZANA

 

 

Porti, Monrupino si impegna a ”denuclearizzare” Trieste
 

MONRUPINO Il Comune di Monrupino si impegna a sostenere la richiesta di derubricazione di Trieste dall’elenco dei Porti militari nucleari. Questa la decisione emersa durante l’ultima seduta del Consiglio comunale che all’unanimità si è espresso per sostenere il «Trattato di non proliferazione nucleare» e la ratifica parlamentare del nuovo statuto regionale per la pace e contro le armi di distruzione a massa. L’amministrazione comunale, preso atto che il Porto di Trieste è inserito nell’elenco dei porti messi a disposizione del governo italiano per ospitare navi e sommergibili a propulsione nucleare di flotte alleate ha deciso poi di aderire alla campagna promossa dalla città di Hiroshima «per la liberazione di tutto il mondo dalle bombe atomiche».

(r.t.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 14 dicembre 2010

 

 

Gasdotto Trieste-Villesse, stop della giunta Tondo - Nella delibera emergono perplessità sulla sicurezza nella parte a mare nel tratto davanti a Muggia
 

UN PROGETTO ESSENZIALE PER IL COLLEGAMENTO AL RIGASSIFICATORE Un mese e mezzo fa le riserve espresse dalla Commissione Via del ministero dell’Ambiente, ora lo stop della giunta Tondo. L’esecutivo regionale ha negato il parere di compatibilità ambientale al gasdotto Trieste-Villesse proposto da Snam Rete Gas. Un progetto essenziale per garantire il collegamento tra il rigassificatore di Zaule e la rete nazionale del gas, ma ritenuto dai tecnici non sufficientemente completo e condivisibile. Un’opera insomma troppo carente, anche sotto il profilo della sicurezza, per poter aspirare ad un convinto via libera da parte della Regione.
Le perplessità sono state messe nero su bianco in un relazione istruttoria stilata dai tecnici, poi confluita nella delibera approvata pochi giorni fa dalla giunta. Delibera che, in tredici pagine zeppe di osservazioni scientifiche, contesta un’infinità di aspetti dello Studio di impatto ambientale elaborato da Snam per le due tranche del gasdotto: la tratta a mare Trieste-Grado (che richiederà la posa di condotte da 80 centimetri di diametro e 27,3 km di lunghezza), e la parte a terra Grado-Villesse (tubi di 105 centimetri di larghezza e poco meno di 20 km di lunghezza).
I primi rilievi - che, in molti punti, ricalcano le prescrizioni contenute nel decreto della Commissione Via del ministero arrivate lo scorso ottobre - chiamano in causa proprio la parte a mare, sottolineando l’esistenza nel progetto «di significative criticità in merito agli impatti su diverse matrici ambientali». A mancare prima di tutto, secondo gli estensori della relazione istruttoria, sono le indicazioni sulle operazioni di bonifica all’interno del Sin di Trieste. La prima tratta del gasdotto, così come l’intero impianto gnl di Gas Natural, ricade infatti nel perimetro dell’area inquinata. Eppure, nonostante questo, non vengono specificati nelle carte progettuali né l’entità né le possibili modalità di trattamento e smaltimento dei materiali inquinanti.
Allo stesso modo, secondo la Regione, mancano precise garanzie sulla sicurezza dell’opera. «Il tracciato - si legge nella delibera - presenta aspetti particolarmente critici per quanto riguarda il rischio di possibili incidenti, sia in relazione all’attraversamento del metanodotto di molte zone sensibili, sia per la vicinanza di altre importanti infrastrutture in particolare nel tratto all’interno della baia di Muggia, sia per la presenza di un intenso traffico portuale».
Esistono poi tutta una serie di perplessità di carattere ambientale: la fase di posa e di affossamento delle condotte infatti, secondo i tecnici, potrebbero compromettere l’ecosistema marino. Inoltre gli effetti diretti ed indiretti delle due operazioni, a causa dei rischi di contaminazione legati alla dispersione di sostanze inquinanti, rischierebbero di avere «possibili ripercussioni riguardanti gli aspetti della salute umana». Un pericolo, secondo la Regione, non sufficientemente indagato dalle simulazioni effettuate da Snam che, peraltro, «non sono completamente condivise e avallate dagli Enti tecnico-scientifici consultati».
Giudizi poco teneri, quindi, che portano dritti alla conclusione: «La giunta, all’unanimità, delibera di non poter esprimere parere di compatibilità ambientale sul progetto per la realizzazione del metanodotto Trieste-Grado-Villesse (...), non risultando evidenziata nella documentazione presentata l’assenza di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e ambientale». Un verdetto che verrà ora comunicato al ministero dell’Ambiente assieme alla segnalazione di una serie di ulteriori prescrizioni ritenute imprescindibili: dalla presentazione di una dettagliata campagna di rilievi geofisici alle integrazioni all’Analisi del rischio, fino ad un nuovo studio di simulazione della diffusione dei sedimenti e del rilascio degli inquinanti. Comunicazioni che, a questo punto, esauriscono il lavoro della Regione sul ”caso” rigassificatori. Sia sull’impianto gnl a terra di Gas Natural, sia sul terminal off shore di E.On (ex Endesa) con relativo metanodotto, infatti, la Regione si era già espressa nel 20007 dando, in entrambi i casi,parere interlocutorio.
MADDALENA REBECCA
 

 

Nel documento anche i ”no” di sei comuni - Enti locali critici sul metanodotto - Oltre al capoluogo e alla cittadina rivierasca contraria pure San Dorligo
 

Non solo rilievi tecnici, simulazioni e analisi scientifiche. Nella relazione istruttoria sul metanodotto Snam funzionale al rigassificatore di Gas Natural stilata dagli esperti regionali del Servizio Via della Direzione centrale per l’ambiente e l’energia, sono confluiti anche i pareri espressi dai Comuni sul cui territorio è previsto il passaggio delle condotte. Pareri che hanno fatto vincere nettamente il fronte dei no. A pronunciarsi in maniera non favorevole sul progetto Snam, infatti, sono stati i Comuni di Trieste, San Dorligo, Muggia, Grado, Fiumicello e Villesse. Gli unici via libera al passaggio del metanodotto sono arrivati invece dai Consigli comunali di San Canzian e di Ruda. Realtà, quest’ultima, che ha però vincolato il parere favorevole all’accoglimento di alcune richieste puntuali: l’impegno della società a rinforzare e proteggere, a proprie spese, la conduttura nel punto d’intersezione con la nuova statale, e la garanzia della presenza di un archeologo durante gli scavi, vista la presenza di possibili reperti romani nella zona.
Le perplessità espresse dalla fetta più consistente dei Comuni interpellati hanno evidentemente ispirato alcune delle rigorose prescrizioni inserite nella delibera regionale e comunicate a Roma. È il caso, ad esempio, della richiesta fatta a Snam di predisporre uno specifico studio delle possibili interferenze delle attività svolte durante la fase di cantiere con le attività di pesca nelle zone di Muggia e Grado. O dell’indicazione di istituire una ”Commissione ripristini”, che dovrà vigilare durante la realizzazione del metanodotto, che non vengano messi a rischio la morfologia e la vegetazione dei territori attraversati dalle condutture. Alla Commissione, in particolare, andrà presentato sia il cronoprogramma delle varie fasi realizzative sia il progetto dei lavori di ripristino con un’attenzione specifica ai corsi d’acqua, alle aree boschive, ai prati e, ancor di più, alle zone di pregio naturalistico come la Riserva naturale della Foce dell’Isonzo o l’area di elevato valore ecologico del Banco di Muggia.
Gli enti locali inoltre, si legge chiaramente nella delibera, andranno tutelati anche sul piano della circolazione stradale. Al fine di contenere l’impatto sul traffico, quindi, prima dell’avvio dei cantieri andrà concordato un piano di viabilità ordinaria. Inoltre andranno concordate con i Comuni interessati le modalità di intervento in caso di interferenze nelle opere con le infrastrutture a rete del territorio e con la viabilità. (m.r.)
 

 

Capodistria-Divaccia, il raddoppio porterà 5 milioni di merci per il porto - Il costo è di 900 milioni. L’opera sarà ultimata nel 2018
 

PRESENTATO IL PROGETTO DELLA FERROVIA
CAPODISTRIA La modernizzazione della ferrovia Capodistria–Divaccia è assolutamente necessaria. Inoltre, se si vogliono sfruttare appieno le potenzialità di crescita del Porto di Capodistria e la posizione geostrategica della Slovenia - area in cui si incrociano gli assi paneuropei Est–Ovest (corridoio 5 Barcellona–Kiev) e Nord–Sud (corridoio 10 Vienna–Salonicco) – si deve procedere quanto prima alla costruzione del secondo binario sulla stessa tratta. Lo hanno ribadito ieri a Capodistria il sottosegretario sloveno ai trasporti Igor Jakomin e il responsabile della Direzione per gli investimenti nella rete ferroviaria slovena Andrej Godec, che su iniziativa del Club dei deputati del Litorale hanno presentato al pubblico il progetto di ammodernamento della Capodistria–Divaccia.
Costruita nel 1968, la tratta in questione è ormai obsoleta e rischia di diventare una strozzatura nel traffico ferroviario nazionale e di ostacolare invece che favorire lo sviluppo del porto. Il processo di ammodernamento è stato pertanto già avviato. Nella prima fase, che sta per concludersi, è stata sostituita la segnaletica luminosa. Nella seconda, che si concluderà nel 2014, saranno ristrutturati e allargati la stazione merci di Capodistria e le stazioni di Erpelle–Cosina e Divaccia. Saranno inoltre regolati tutti i passaggi a livello.
La terza fase, che dovrebbe essere completata nel 2017, al più tardi nel 2018, consiste invece nel raddoppio della tratta. Già le prime due fasi, hanno spiegato i due ospiti, dovrebbe permettere di aumentare i traffici: i treni potranno essere più lunghi (si passerà da 650 a 750 metri) e più frequenti, da 72 a 82 al giorno. Questo dovrebbe consentire al Porto di Capodistria di spedire su rotaia non gli attuali 9, ma ben 14 milioni di tonnellate di merci all'anno e di diventare un punto di riferimento ancora più importante per i mercati del centro e dell'Est Europa. Il problema del finanziamento della seconda fase di ammodernamento della Capodistria–Divaccia è già risolto. Il costo dei vari interventi ammonta a 128 milioni di dollari, di cui 68 sono fondi comunitari. Il via libera da Bruxelles è stato dato lo scorso settembre. Questo è peraltro il primo progetto di intervento nell'infrastruttura ferroviara slovena approvato e cofinanziato dall'Unione europea. L'ammodernamento comunque non basta e per Lubiana resta prioritario il raddoppio del binario su questa tratta. Si tratta di soli 27 chilometri, ma sono fondamentali per collegare il Porto di Capodistria alla grande viabilità europea. Il costo di questo progetto ammonta a 900 milioni di euro, e anche qui Lubiana conta di poter sfruttare almeno in parte i fondi europei. I preparativi sono a buon punto: più dell'80 per cento dei terreni sui quali si articolerà il nuovo percorso sono stati già acquistati e i primi lavori potranno essere avviati entro poche settimane. Il raddoppio della Capodistria – Divaccia sarà uno dei progetti edili più costosi e complicati della recente storia slovena: su 27 chilometri, più di venti attraverseranno otto gallerie e due viadotti per salire dal mare all'altipiano carsico.
Gli interventi nell'infrastruttura ferroviaria, si spera, dovrebbero fare della Slovenia un'importante piattaforma logistica per buona parte dell'Europa centrale e sudorientale.
FRANCO BABICH
 

 

Fianona 3, lavori al via nel 2011 - Un’operazione da 800 milioni di euro. Manca il partner strategico
 

L’ANNUNCIO DEL DIRETTORE DELL’ENTE ENERGETICO CROATO BEGOVIC
PISINO Zagabria intende accelerare i tempi di costruzione della centrale termoelettrica Fianona 3 in seguito alla crescente domanda di energia elettrica nel paese. I lavori inizieranno già nel 2011, come concordato ieri nel capoluogo amministrativo dell'Istria, all'incontro tra le delegazioni al massimo livello della Hep, l'ente elettrico di stato con in testo il direttore Leo Begovic e della Regione, guidata dal governatore Ivan Jakovcic. Contrariamente alla ferma opposizione espressa alcuni anni fa all'uso del carbone d'importazione come combustibile (ricordiamo che la stessa Dieta democratica istriana di cui Jakovcic è leader aveva raccolto migliaia di firme in calce alla petizione contro il carbone) Jakovcic ora sembra aver cambiato idea. Sarei più contento se il futuro impianto venisse alimentato a gas naturale che ci passa praticamente sotto il naso, ha detto, però abbiamo ricevuto forti rassicurazioni che in seguito alle nuove tecnologie le emissioni nell'atmosfera saranno praticamente dimezzate. Jakovcic ha annunciato che per maggior sicurezza l'Istria commissionerà lo studio d'impatto ambientale a istituzioni completamente neutrali, senza escludere quelle straniere. Se i dati non collimeranno con quelli fornitici dalla Hep ha precisato Jakovcic, vorrà dire che qualcuno gioca sporco per cui ci opporremo al progetto con tutte le forze. La Fianona 3 della capacità di 500 Megawatt sarà inaugurata nel 2016 e andra a sostituire la vecchia Fianona 1 che da anni funziona a singhiozzo. Per la realizzazione del progetto il cui valore è di 800 milioni di euro, non è stato ancora individuato il partner strategico, quello che investirà la maggior parte del capitale. Nella Fianona 2 in funzione da 10 anni,il partner è tedesco mentre per la nuova centrale molto probabilmente sarà istriano. Stiamo parlando del Gruppo Adris di Rovigno, il cui nucleo è rappresentato dalla Fabbrica tabacchi che oltre a farsi strada nel turismo sembra interessata a investire nel settore elettroenergetico. Una possibilità che Jakovcic gradisce molto. È preferibile ha spiegato, che il Gruppo Adris investa il suo capitale in Istria piuttosto che altrove. Contro il progetto della nuova centrale a carbone si stanno intando mobilitando gli ambientalisti, che ritengono il carbone devastante per l'ambiente. Nella migliore delle ipotesi affermano alcuni esperti, la Fianona 3 sprigionerà nell'atmosfera non meno di un milione di tonnellate di diossido di carbone all'anno. Dal canto suo il dottor Lucijan Mohorovic non si stanca di ripetere che la combustione del carbone ha effetti dannosi sulla salute umana specie delle gestanti e dei neonati. E la sua tesi trova riscontro nell'alto tasso di malformazioni che colpiscono i bambini nati nella zona delle termocentrali.

( p. r. )
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 13 dicembre 2010

 

 

Rischi industriali, il Comune avvia la campagna informativa - COINVOLTE LE FAMIGLIE DI SERVOLA
 

Sta per partire la campagna informativa sui rischi industriali lanciata dal Comune. Nei prossimi giorni le famiglie residenti vicino alla Ferriera di Servola riceveranno degli opuscoli con le principali norme di comportamento da osservare in caso di incidenti nello stabilimento. La campagna è prevista da un decreto legislativo che, recependo una direttiva europea, prescrive gli obblighi a carico delle amministrazione in materia di controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose e l’obbligo di informare i cittadini dei rischi a cui sono esposti.
Il Comune ricorda comunque che la probabilità del verificarsi di un incidente considerato rilevante dalla legge è piuttosto rara, specie alla luce delle prescrizioni a carico dei gestori degli stabilimenti e delle autorità pubbliche in materia di sorveglianza e controllo delle attività a rischio.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 12 dicembre 2010

 

 

«No al canile a Fernetti in un’area di pascolo» - La protesta degli ambientalisti contro il Comune: «Facciamolo a Basovizza o a Sgonico»
 

SI OPPONGONO AL PROGETTO, SU QUEL PRATO ORA CI SONO LE PECORE - «Non è vero che i lavori stanno per partire, non ci sono i soldi»
Per il momento ci pascolano le pecore. Il terreno è stato dato in affitto dalla Comunella di Opicina ad un pastore alla fine di maggio. L'area di 29 mila metri quadrati che si trova nei pressi di Fernetti, individuata dal Comune per realizzare il nuovo canile, è ancora recintata con una rete elettrificata, mentre davanti all'ingresso, sbarrato da tre tronchi, campeggia la scritta “proprietà privata divieto di accesso alle persone non autorizzate”. Ieri le associazioni di cittadini e ambientalisti - Difesa Opicina, Il Capofonte, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Triestebella e Wwf – hanno organizzato un sopralluogo per ribadire ancora una volta la loro opposizione al progetto per il nuovo canile comunale. «Esistono alternative ragionevoli – ha spiegato Dario Predonzan responsabile regionale del Wwf. Questo territorio rappresenta dal punto di vista paesaggistico un luogo di gran valore, ancora integro e unitario, composto da doline e un'area vasta boschiva, ed è soggetto a vincoli anche idrogeologici. Le alternative potrebbero essere la ex caserma della Guardia di Finanza nei pressi del valico di Basovizza oppure lo scalo bestiame di Sgonico. Il canile dovrebbe avere dimensioni limitate, perché i cani vanno adottati e non devono essere oggetto di speculazioni. Sull'area esiste poi l'incertezza sulla rivendicazione del diritto di proprietà da parte di Usi civici e Comunelle». E proprio su questo aspetto che si è soffermato Stefano Ukmar, consigliere comunale del Pd, che dice di voler fare un esposto in Procura: «Non è vero che i lavori stanno per partire perché i soldi non ci sono. È tutta una bufala creata ad hoc per ottenere i fondi della Regione, che sono vincolati all'inizio dei lavori. Si è approfittato della recinzione per dire che il progetto è stato avviato, ma non è così, non c'è alcun cartello che indica la data di inizio lavori e la Regione è stata ingannata. Distruggere poi tre ettari di terreno vergine sembra un'assurdità quando ci sarebbero altri luoghi dove realizzare un canile». Ukmar poi tira in ballo la vicenda che ha coinvolto il Comune di Trieste e la Comunella di Opicina: «C'è una causa in piedi tra Comune e la Comunella di Opicina, ma nonostante tutto il progetto è stato approvato dai vertici della Comunella senza però farlo passare ai voti dell'assemblea. Come si può costruire un canile su di un'area contestata? Tutto questo va fermato. «Ad alimentare la polemica anche i rappresentanti degli Usi civici di Opicina, Paolo Milic e Giovanni Cola: Ìl Comune – dicono – vuole dare la gestione del canile alla Comunella, l'affittanza del terreno invece spetterebbe a noi. Ma la struttura andrebbe realizzata altrove, nella ex polveriera di Grotta Gigante ad esempio, che sarebbe immediatamente utilizzabile».

(i.gh.)
 

 

Istria, a Barbana la prima centrale a energia solare - ENTRERÀ IN FUNZIONE A GIUGNO
 

POLA A Barbana, località a Nord di Marzana sulla vecchia strada costiera che porta a Fiume, si sta costruendo la prima centrale elettrica solare in Croazia. La struttura ubicata nella zona industriale di Barbana–Krvavci dovrebbe entrare in funzione nel giugno 2011 e fornire 1,2 milioni di kilowatt/ore all'anno. La potenza nominale sarà di un megawatt: per farsi un'idea si può dire che la futura Fianona 3 sarà 500 volte più potente. Il progetto è attuato da un vero esperto nel settore elettroenergetico. È Werner Schoissengeier, un tempo direttore dell'azienda ”Va Tech” che un tempo costruiva centrali elettriche di vario tipo nell'ex Jugoslavia e nel mondo. Per il progetto delle centrali solari ha fondato a Zagabria la società ”Amnis Energija”. Oltre che a Barbana intende costruirne altre nove lungo la costa adriatica fino a Ragusa, della potenza complessiva di 7 megawatt, in grado di fornire corrente elettrica a 2.600 nuclei familiari. In totale l'investimento è di 22 milioni di euro. Interessante notare che i pannelli solari ricopriranno la superficie di 50mila metri quadrati. Tornando alla centrale di Barbana, sembra che la sua energia verrà distribuita agli utenti nella stessa zona industriale. L'amministrazione comunale del sindaco Denis Kontosic non nasconde la soddisfazione per questo progetto di cui mette in evidenza il grado zero d’inquinamento dell'ambiente.

(p.r.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 11 dicembre 2010

 

Replica all’articolo “Evento scientifico” - il Piccolo — 09 dicembre 2010 pagina 25 sezione: TRIESTE
 

A leggere la dura replica dell’Ad di Nomisma, Prof. Alessandro Bianchi, comparsa sulle “Segnalazioni” del 9 Dic, in merito all’”evento scientifico” andato in scena lo scorso sabato, 4 dicembre, presso lo Starhotel Savoia Excelsior Palace, sul tema della rigassificazione, c’è da restare sbalorditi. Chi era presente a tale “evento” può tranquillamente testimoniare che le affermazioni dei relatori - le sue in primis - sulle distanze fra i rigassificatori ed i centri abitati hanno destato la reazione del pubblico, che ha chiesto immediatamente di potersi confrontare sull’argomento.
Tutti hanno sentito per almeno tre volte il Prof. Bianchi ripetere che «non si fanno domande, non è previsto dibattito e che i relatori saranno a disposizione del pubblico solo durante il pranzo».
Nel dopo conferenza, tre docenti-ricercatori del Tavolo Tecnico Rigassificatori dei Vigili del Fuoco della UIL lo hanno avvicinato per discutere sul modo in cui aveva trattato il problema delle distanze di sicurezza: una sfilza di immagini da Google in cui non si riuscivano nemmeno a leggere i dati numerici. Nell’occasione gli abbiamo rappresentato che: 1) le distanze da lui citate erano sbagliate almeno per alcuni impianti (fra cui Barcellona), 2) alcuni impianti (ad esempio: Boston), costruiti 30-40 anni fa, si trovano oggi a poche centinaia di metri di distanza dalle case di abitazione, 3) oggi, la sensibilità al rischio è fortunatamente migliorata, non per niente quegli impianti - abbiamo citato il simposio di Halifax del 2005 - sono fonte di preoccupazione internazionale, 4) le distanze di sicurezza aumentano se, come a Trieste, i rigassificatori sono vicini ad altri impianti pericolosi, 5) non aveva citato il fatto che la presenza delle navi gasiere blocca, per ragioni di sicurezza, le attività portuali.
E’ utile che il pubblico sappia che l’Ad di Nomisma si è gentilmente scusato per essere solo un economista, e non un esperto di rigassificatori. Per due volte, egli ha precisato di aver «semplicemente preso il parametro distanza per fare un’osservazione di tipo antropologico [testuale] senza pretesa di trattare la sicurezza, solo un’osservazione antropologica». Lasciamo l’interpretazione al lettore.
Quanto allo «specifico intervento tecnico sul progetto di Gas Natural a Trieste, a cura del responsabile Ciro Garcia Armesto» (sponsor della conferenza), questi si è limitato ad affermare che ogni cosa è stata fatta a puntino (mentre così non è, vedi: www.uilvvf.fvg.it/ttrt.html). Tanto scontato è subito apparso quest’ultimo intervento, che –non essendo previsto dibattito- buona parte del pubblico se n’è andata.
Sarebbe forse stato utile che, nella sua replica, l’Ad di Nomisma avesse speso almeno una parola per la testimonianza -davvero drammatica- del Sindaco di Portovenere Massimo Nardini (il cui comune ospita il rigassificatore di Panigaglia), che in tono accorato ha raccontato il «calvario del suo Comune di fronte all’arroganza del gestore» parlando di: «esperienza estremamente negativa», «nessuna ricaduta positiva sul territorio», «contenzioso con la proprietà, che paga 30.000 euro di ICI, mentre l’Agenzia delle Entrate ne ha accertate 400.000», «il vincolo urbanistico assoluto su tutta la baia, che ne ha impedito qualsiasi sviluppo».
Adriano BEVILACQUA - Coordinamento Regionale UIL Vigili del Fuoco
 

 

IL MATTINO di Padova - SABATO, 11 dicembre 2010

 

Rigassificatore: «Il governo ci ha bidonato» - Niente sconti ai veneti per la benzina, nonostante le promesse fatte da Galan e dai leghisti
 

VENEZIA. Per una volta leghisti e pidiellini veneti vanno d'accordo: Roma ha tirato il bidone al Veneto. Il governo del Cav ha varato il 29 ottobre scorso un decreto che istituisce il fondo per la riduzione del prezzo dei carburanti nelle Regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi. La misura gratifica la Basilicata e l'Emilia Romagna, quest'ultima per via delle piattaforme a 20 miglia dalla costa. Niente al Veneto, che pure ha accettato il rigassificatore, cioè un palazzone alto 47 metri, posizionato molto più vicino, a 8 miglia da Porto Levante. Una beffa sanguinosa, un blitz, di cui in giunta regionale a Venezia nessuno sapeva. E a Roma meno ancora, benché i parlamentari veneti siano decine e i ministri addirittura 4. E se lo sapevano non hanno mosso un muscolo. In particolare non lo ha mosso Giancarlo Galan, che da presidente del Veneto celebrava il rigassificatore come una delle mega-realizzazioni della sua presidenza, assieme al Passante e al Mose. Grandi opere pubbliche che dovevano garantirgli la ricandidatura. Non erano solo aspettative personali. Erano progetti sui quali la giunta regionale aveva costruito concrete aspettative. Al punto che lo stesso Galan, nel 2008, ad un convegno sul federalismo fiscale organizzato a Gubbio, aveva lanciato una proposta: istituire una «addizionale veneta» sui guadagni della Terminale Adriatico, società formata da Qatar Petroleum ed Exxon Mobil (45% ciascuna) e dalla Edison (10%), gestori dell'impianto. Galan copiava la proposta dalla Sicilia, regione che si trattiene l'accisa sulla benzina raffinata nell'isola. Perché il Veneto non può finanziarsi con il rigassificatore? L'idea è rimasta campata per aria. Galan è passato ad altro e Luca Zaia è tagliato fuori dal tavolo che decide: lo sostiene non un suo avversario ma il senatore Piergiorgio Stiffoni, leghista. «Se il Veneto è stato beffato, il Polesine lo è doppiamente - denuncia il consigliere regionale del Pd Graziano Azzalin -. Il megaimpianto è uno sfregio ambientale che danneggia attività fondamentali come la pesca ed il turismo, permette all'Italia di ottenere il 10% del fabbisogno energetico, aumenta dal 7 al 10% le royalties dovute allo Stato ma non prevede ritorno per i cittadini

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 11 dicembre 2010

 

 

Tav ”litoranea”, Veneto in retromarcia - RISPUNTA L’IPOTESI DI AFFIANCAMENTO ALL’A4
 

Zaia: la scelta del tracciato va decisa con i Comuni. E una fermata deve esserci
PORDENONE «La Tav si farà in Veneto come in Friuli Venezia Giulia». Ma come? Il tracciato, in territorio veneto, è tutto da definire. Luca Zaia, il presidente della Regione, non scioglie affatto le riserve. «Il tracciato basso è una scelta del 2006 che ho ereditato» ci tiene a ricordare, non casualmente, a margine dell’inaugurazione del casello dell’A28 di Godega di Sant’Urbano. E aggiunge: «Quel tracciato è sempre stato spacciato come una decisione a vantaggio del territorio. Ma, se il territorio non vuole che passi di là, non ha senso. La decisione andrà rivista e concordata con i comuni interessati».
L’assessore veneto ai Trasporti Renato Chisso, grande supporter del tracciato basso, fa a sua volta (e per primo) un passo indietro, riaprendo all’ipotesi di un affiancamento con l’autostrada A4. Del resto, Zaia non vuole rivolte e se entro fine anno presenterà alla Ue il tracciato individuato da Italferr, «che ancora non ho visto», per rispettare la scadenza imposta dall’Europa, su quello che sarà il vero progetto fa intendere che «è tutto ancora da decidere». Un punto però lo mette: «La ferrovia dovrà avere una stazione, una fermata, diversamente saremmo dei vassalli, pagheremo il prezzo pesante di un’opera senza averne i benefici». Zaia sa bene che «non avere la Tav significa essere tagliati fuori» ed è per questo che non vuole fare passi indietro rispetto agli impegni presi: «Un attraversamento est-ovest del nord Italia serve e il Corridoio 5 deve trovare completamento su rotaia. Non avere la Tav significa essere tagliati fuori. Un taglio che, in prospettiva, si percepirà tra 15 o 20 anni».
Ma dire sì al tracciato litoraneo, quello caro all’assessore Chisso e alla precedente giunta Galan, significa creare una sollevazione popolare. I sindaci che hanno fatto le barricate sono, in molti casi, di centrodestra. «Noi vogliamo questo attraversamento - insiste Zaia - e ne discuteremo con i cittadini in maniera assolutamente serena e tranquilla. Non c’è nulla di già deciso e quindi è inutile creare le Val di Susa e i comitati ad hoc semplicemente perché c’è qualche tornata elettorale in qualche comune».
Il tracciato alto, quello che va verso la “riabilitazione”, segue il modello del Friuli Venezia Giulia: affiancamento il più possibile alla rete autostradale. E non a caso il presidente Tondo, sollecitato dai cronisti, precisa: «Per noi non ci sono problemi. Proseguiamo sul tracciato di affiancamento all’autostrada». La scelta dei vicini di casa, però, diventa determinante: il finanziamento riguarda la tratta Venezia–Trieste e in quanto tale i due tracciati sono strettamente legati. Dopo il 31 dicembre, quindi, in Veneto dovrà partire la difficile operazione per cercare il consenso sociale.

(m.mi.)
 

 

SEGNALAZIONI - Ferrovia regionale - TRASPORTI
 

La ferrovia regionale è una soluzione a portata di mano. La nostra regione, infatti, ha tutti gli strumenti per dare una risposta alle ferrovie nazionali, attraverso offerte commercialmente credibili, sia per i viaggiatori sia per le merci.
Per lavori e costruzioni può contare sulla collaudata esperienza di Autovie Venete, per la rete c’è la realtà della Udine-Cividale, per il commerciale cargo e raccordi la società Alpe Adria, nata per la promozione dei traffici internazionali.
Ci sono quindi gli elementi essenziali per seguire l'esempio della Provincia di Bolzano, che ha realizzato il primo esempio in Italia di trasporto integrato, partendo dalla ricostruzione della Merano-Malles Venosta (abbandonata dalle Fs come ramo secco), poi inserita come divisione ferroviaria nell’azienda automobilistica Sad, con pieno successo.
Ma il perseguimento dell’obiettivo comporta un sostanziale adeguamento nella politica dei trasporti della regione.
Infatti, l’esempio seguito attualmente non è quello dell’Alto Adige.
Prevale l'adeguamento alla negativa esperienza del Gruppo Fs, che creando una molteplicità di società, non riesce a ricondurre la singola missione nel gioco di squadra, subendo, come conseguenza della conflittualità, un peggioramento del servizio, sia nelle merci che nei viaggiatori.
In particolare, la mancata netta distinzione tra ruolo della rete e quello dell’impresa di trasporto ha portato ad una denuncia di infrazione alle direttive comunitarie sul traffico ferroviario.
Per i passeggeri, infatti, il Fvg ha finito per accettare passivamente le imposizioni delle Fs per il finanziamento delle relazioni con valenza commerciale, ha abbandonato il percorso per giungere alla gara con un concessionario unico strada-rotaia, che è il presupposto per giungere ad un servizio integrato, in grado di scongiurare le vere e proprie aberrazioni tariffarie recentemente denunciate.
Anche per le merci, anziché concentrare il servizio commerciale nella propria partecipata Alpe Adria, che ha dato buona prova nella promozione del cargo internazionale, la nostra regione, con le Fs, dirotta il traffico verso società private concorrenti e nega il doveroso finanziamento paritario.
Si copia anche da noi lo stato confusionale nella gestione delle società che è alla base della grave crisi delle ferrovie italiane.
Ma non è mai troppo tardi per aggiustare il tiro.
A questo punto s’impone un viaggio di studio a Merano per studiare la positiva esperienza della Provincia Autonoma, che è stata in grado di offrire un servizio integrato appetibile sia per la mobilità locale che per i turisti, dimostrando che il treno con il servizio pubblico non è il mezzo di chi non ha alternative, ma ha anche una valenza commerciale.
Luigi Bianchi
 

 

Beppe Grillo in soccorso ai colibrì - Undicimila mail di solidarietà. Rimoli: «Attendo una risposta dal Ministero»
 

Dalla guerra burocratica a quella informatica. Stefano Rimoli non molla. Suo malgrado, assicura. Quella per salvare i colibrì del parco di Miramare è diventata a questo punto la madre di tutte le battaglie, ma a Roma non si muove foglia. Ed ecco dunque che una delle fonti d’informazione meno controllabile, quella sul web, diventa un’incredibile ”clava” per smuovere i burocrati della capitale. «È bastato che Beppe Grillo, sul suo blog, lanciasse l’allarme colibrì – racconta il ricercatore – ed è partita una campagna di e-mail inimmaginabile, da tutto il mondo. Noi stessi, al nostro sito ne riceviamo quattro al minuto e siamo arrivati oltre le 11mila. A un certo punto mi hanno telefonato quelli del Tg5 per capire cosa stava succedendo, erano invasi dalla posta elettronica. Hanno detto che non era mai successa una cosa del genere...».
Rimoli, al di là del piacere per la solidarietà ricevuta, sembra preoccupato. Non vuole passare per il Gianburrasca che mette alla berlina tutti i limiti dell’italico governo, anche se sta succedendo proprio questo. «Mi ha contattato l’inviato del Guardian – racconta – e mi ha scritto il Times, ma io desidero precisare che non sto cercando lo scontro con il ministero! Il Ministro Prestigiacomo aveva promesso in settembre una soluzione anche con sponsor privati, aveva poi dichiarato che avrebbe salvato i colibrì entro il 15 novembre, ma non ha fatto nulla ed io ho aspettato altre tre settimane prima di dare l’allarme. Credo di aver dimostrato una grandissima pazienza, diplomazia e disponibilità. L’opinione pubblica internazionale mi accusa di aver aspettato troppo tempo prima di dare l’allarme, ma ho risposto che ho fiducia nel ministro. Ho ancora fiducia, ma nell’attesa di una soluzione ho l’obbligo morale di dare l’allarme».
Tra le righe si intuisce quello che, a queste latitudini, è noto da sempre. I tempi romani non sono quelli triestini, nè lo è la sensibilità. Intanto, sul piano legale, è stata inoltrata l’istanza di dissequestro dei laboratori, ultimo ”regalino” della capitale. Un’operazione che sembrava studiata a tavolino per spossare le ultime resistenze. Ma, a quanto si vede, non è andata proprio così. Dice Rimoli: «Ho il timore che la Prestigiacomo sia come me una vittima, vittima di alcuni burocrati che le fanno credere che “la situazione è sotto controllo” e che “la Forestale sa cosa fare”. Nulla di più falso. Se i colibrì oggi sono vivi, se Trieste non è ancora passata alla storia per essere la città che ha sterminato le ultime coppie di colibrì ex-situ del mondo, non è per merito dello Stato ma solo ed esclusivamente per la dedizione dei dieci ricercatori che vanno avanti ad accudirli con le elemosine della gente e senza paga.... Se il ministro davvero vuole salvarli ci dica come, visto che nè la Forestale nè noi lo sappiamo. Dica come intende salvare questi colibrì visto che non possono essere trasferiti da Trieste senza condannarli a morte certa». Nell’attesa di segnali di fumo romani, Rimoli invita chiunque voglia donare 1 euro con il proprio cellulare, a farlo: basta solo chiamare il numero 899.799.790 e la cifra arriva al Centro colibrì. È possibile anche sottoscrivere l’appello per salvare i colibrì sul sito www.centrocolibri.com
FURIO BALDASSI
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 10 dicembre 2010

 

 

La Regione ”salva” i treni. Nessun caro-biglietti - LO ASSICURA RICCARDI DOPO L’INCONTRO CON I VERTICI DI TRENITALIA
 

TRIESTE Né tagli di treni né aumenti dei biglietti. La Regione conferma i 2 milioni di euro di contributi e ”salva” i collegamenti principali da e per il Friuli Venezia Giulia: «Grazie all’intervento finanziario della Regione non ci saranno soppressioni con l’introduzione del nuovo orario invernale, in vigore da domenica 12 dicembre. Sono infatti riconfermati tutti i collegamenti diretti Eurostar Trieste-Milano e Udine-Roma: come previsto il Friuli Venezia Giulia manterrà invariata rispetto al 2009-2010 l’offerta passeggeri. E non ci saranno neppure aumenti tariffari: i prezzi dei biglietti rimarranno quelli attuali». A garantirlo, a conclusione dell’incontro con Gianfranco Battisti, direttore della Divisione passeggeri nazionale e internazionale di Trenitalia, l’assessore regionale alle Infrastrutture e ai Trasporti Riccardo Riccardi. Tra Battisti e Riccardi, ieri, si è svolto un meeting a porte chiuse per siglare il proseguimento della convenzione tra Trenitalia e Regione per i treni diretti Eurostar e Intercity. Meeting di cui Riccardi si è detto soddisfatto, perché in un periodo di crisi «a differenza di altre regioni, costrette a subire tagli significativi, in Friuli Venezia Giulia la situazione si manterrà pressoché uguale a quella dell’anno scorso». Riconfermati anche i collegamenti con Napoli e Lecce: non verranno soppressi né l’Intercity notturno Trieste-Lecce né l’Intercity Trieste-Napoli, con l’unica differenza che per il collegamento delle 7.04 da Trieste verso il capoluogo partenopeo sarà introdotto il cambio a Roma, anche se con un analogo tempo di percorrenza. E se rimangono irrisolte le criticità legate ai cambi nella stazione di Mestre per gli interregionali diretti a Trieste e Udine, l’assessore fa sapere che «nel corso del 2011 è previsto un miglioramento della situazione infrastrutturale in prossimità del nodo di Mestre, che consentirà nel 2012 di migliorare le coincidenze a Mestre sulla base di un nuovo progetto di orario, attualmente in fase di definizione, nell’ambito del nuovo piano regionale del Trasporto pubblico locale».
Giulia Basso
 

 

Impianti a rischio: incontro a Muggia - IL 15 DICEMBRE
 

MUGGIA Si terrà il prossimo 15 dicembre alle 17 al palasport di Aquilinia di via Zaule 91 un incontro pubblico per la diffusione delle informazioni relative alle misure di sicurezza da adottare e alle norme di comportamento da osservare in relazione ai pericoli derivanti da impianti soggetti a rischio d’incidente rilevante con possibili ripercussioni sul territorio comunale.
Il Comune di Muggia informa al riguardo che per maggiori chiarimenti ci si può rivolgere al Servizio Ambiente e Sviluppo energetico di via Roma 22 oppure telefonare allo 040 3360405/ 3360413.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 dicembre 2010

 

 

Trieste-Capodistria procede il progetto per la rete sui binari - Lo studio preliminare sul collegamento sarà effettuato dall’italiana Rfi assieme a Lubiana
 

il tracciato

TRIESTE Fa passi avanti sulla carta il collegamento ferroviario Trieste - Capodistria, tratto fondamentale per creare una metropolitana leggera tra Friuli Venezia Giulia, Slovenia e Veneto, ma anche per mettere in collegamento i due porti dell’Alto Adriatico che appartengono a due Stati diversi, ma la cui distanza, una manciata di chilometri, è inferiore a due banchine di uno stesso porto del Nord Europa. Dato che sembra purtroppo probabile che il tratto Capodistria - Divaccia verrà realizzato prima della Trieste - Divaccia il collegamento tra i due scali potrebbe risultare di vitale importanza per il porto di Trieste.
Ora lo studio preliminare sul collegamento ferroviario tra Trieste e Capodistria sarà realizzato dalla Regione Friuli Venezia Giulia attraverso una convenzione con Rete ferroviaria italiana (Rfi) e con il coordinamento da parte di Inziativa centroeuropea assieme al Ministero dei Trasporti della Repubblica di Slovenia.
«Per la prima volta la tratta ferroviaria tra Trieste e Capodistria - sottolinea l’assessore regionale a Infrastrutture e Trasporti Riccardo Riccardi - è stata prevista in un documento ufficiale da parte slovena. Si tratta sicuramente di un successo maturato all’interno dei proficui rapporti di collaborazione tra il Friuli Venezia Giulia e la Slovenia. La Trieste - Capodistria - ha aggiunto Riccardi - è un’opera di rilievo strategico in grado di mettere in collegamento le due città e soprattutto le due piattaforme logistiche».
La metropolitana leggera è stata inserita nel programma europeo Interreg Italia - Slovenia per gli anni 2007-2013 con dotazione complessiva di 3,3 milioni di euro per portare a termine la fase di progettazione preliminare. L’opera rientra nel progetto ”Adria A” finanziato dall’Unione europea. La metropolitana leggera è concepita in una logica intermodale e transfrontaliera con il coinvolgimento di Friuli Venezia Giulia, Veneto e Slovenia. Questa infrastruttura, che utilizzerà in gran parte un anello ferroviario già in buona parte esistente permetterà di collegare non solo Trieste e Capodistria, ma anche Gorizia con Nova Gorica e l’entroterra sloveno e i tre aeroporti di Ronchi dei Legionari, Venezia e Lubiana.
Sarà necessario progettare e realizzare solo alcuni tratti mancanti dell’anello, tra cui appunto quello fra Trieste e Capodistria. In questo caso, lo studio di fattibilità, il cui costo sarà suddiviso a metà tra Regione e Ministero sloveno (650 mila euro a testa), prenderà in considerazione le alternative del percorso, le possibili fermate intermedie e il loro impatto sul territorio, l’adeguamento agli standard attuali di sicurezza sulla linea già esistente (ma da tempo non utilizzata) nella cintura ferroviaria triestina. Da parte slovena si studierà anche un possibile spostamento della stazione ferroviaria passeggeri di Capodistria verso il terminal marittimo del porto. Per il completamento della metropolitana, bisognerà progettare e realizzare ancora la cosiddetta ”lunetta” di Gorizia, il collegamento con Nova Gorica, l’elettrificazione della sezione Nova Gorica - Sesana.
SILVIO MARANZANA
 

 

Sull’elettrodotto Redipuglia-Udine polemica con Terna - IL COMITATO DEL NO REPLICA
 

TRIESTE Secondo il comitato che si oppone all'elettrodotto da realizzare nella tratta fra il comune di Redipuglia (Gorizia)e l’area di Udine Nord «la replica di Terna alla conferenza stampa con la quale abbiamo reso noto di aver presentato un esposto all'Autorità per l'energia è stata un autogol».
Perchè, dicono gli esponenti del comitato in una nota diffusa ieri alla stampa, «Terna non ha replicato alle nostre contestazioni ma ha minacciato una querela: una intimidazione bella e buona - ha aggiunto ieri il Comitato - estesa all'incauto giornalista che si fosse limitato a dare voce al solo Comitato, perchè sia ben chiaro a tutti che a toccare i potenti si rischia l'osso del collo».
«Ma è altrettanto evidente che se il semplice adire ad una autorità preposta al controllo dei potentati suscita una immediata reazione minacciosa - ha detto oggi il Cominato - ci vuole poco a capire che si è già di fronte alla più plateale riconferma di un abuso di posizione dominante».
Infine secondo il Comitato «Terna ha ammesso che le immagini utilizzate nella ridondante pubblicità non riflettono un caso similare a quello definito nel progetto Redipuglia-Udine ovest, bensì raffigurano un ben più modesto elettrodotto lombardo.»
«Noi che lo sapevamo - ha concluso il Comitato - ma abbiamo preferito che ad ammetterlo fosse la Terna stessa, è così e stato».
 

 

SEGNALAZIONI - Evento scientifico - PRECISAZIONI
 

Su “Il Piccolo” di domenica 5 dicembre scorso è stato ammesso alla pubblicazione un articolo con titolo e contenuto falsi e lesivi dell’immagine della prestigiosa società di ricerca e consulenza NE Nomisma Energia, che rappresento e amministro: “solo uno spot pubblicitario per il progetto di Zaule” si legge, oltre che “Neanche un intervento sull’insediamento nel nostro Golfo” (a pagina 15).
La prego per giustizia di voler pubblicare che:
NE Nomisma Energia ha organizzato nella città di Trieste un evento unico nel suo genere, di primissimo livello scientifico e grande completezza, offrendo una profonda divulgazione scientifica sulle tematiche di sicurezza e impatto territoriale dei rigassificatori seguendo un triplice approccio: la prospettiva teorica affidata ad illustri docenti delle Università di Perugia, Padova, Enna e Pisa; l’esperienza di responsabili di aziende di costruzione e gestione di rigassificatori in Europa quali il gestore dell’impianto di Sagunto, Enel e Gas Natural Rigassificazione Italia; ed, infine, il concreto vissuto di sindaci responsabili di comunità locali nazionali ed internazionali che ospitano impianti di rigassificazione (Porto Venere, Porto Empedocle e Sagunto);
il contributo economico di Gas Natural nulla toglie alla scientificità e all’indipendenza dell’evento, come invece insinuato nel primo titolo e nel corso dell’articolo: la molteplicità e ricchezza di contributi scientifici e il prestigio dei relatori è sufficiente a fugare ogni dubbio; NE Nomisma Energia è leader indiscusso nella ricerca, consulenza e formazione nei campi dell’energia e dell’ambiente a favore delle principali istituzioni pubbliche e private;
nel corso del seminario è stato previsto (contrariamente a quanto affermato nel medesimo articolo) uno specifico intervento tecnico sul progetto di Gas Natural a Trieste, a cura del responsabile Ciro Garcia Armesto.
Infine, sempre contrariamente a quanto affermato nell’articolo, spazio per la discussione vi è stato, e la rinuncia al contraddittorio non è certo attribuibile ai relatori, posto che nessuna domanda è pervenuta dall’auditorio;
NE Nomisma Energia continua a ritenere che Trieste meriti seminari “di valenza nazionale” e di grande portata culturale, al pari di Bologna, Milano, Roma, Bari, Potenza e altre città dove hanno fatto tappa i nostri eventi formativi, nonostante atti di inciviltà mai riscontrati in precedenza.
Prof. Alessandro Bianchi - amministratore delegato/CEO NE Nomisma Energia
 

Desidero fare osservare solo un paio di dati: il giornale ha dato puntuale resoconto del convegno; non potevamo né volevamo esimerci dal rappresentare anche le posizioni di chi contesta il rigassificatore. La lettera trova cittadinanza sul giornale, come naturale che sia nel gioco democratico, senza nulla togliere al fatto che siamo persuasi di non aver alcun appunto da pigliare.
Sono come lei convinto che Trieste meriti che le grandi questioni dello sviluppo siano materia di sereno approfondimento e non di scontro e men che meno di chiacchiericcio politico, ma ciò nulla ha a che vedere con la censura di chi la pensa diversamente.

(p. pos)
 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 9 dicembre 2010

 

 

Un anno di galera a chi ostacola i cacciatori. Il disegno di legge è in Senato - Fra i firmatari anche il "nostro" Giulio Camber.
 

In galera chi ostacola i cacciatori. Così come aveva annunciato, il senatore Pdl Valerio Carrara ha presentato un disegno di legge che mira ad inserire nel Codice penale il reato di "ostacolo ed impedimento agli atti di caccia, di pesca ed alle attività degli impianti di cattura della fauna selvatica".
La stragrande maggioranza degli italiani è contraria alla caccia. Tuttavia, sempre che la legge venga approvata, chi disturba i cacciatori andrà incontro ad un anno di carcere e 2.400 euro di multa.
Nella relazione che accompagna la proposta di legge, il senatore Carrara scrive che la caccia è "patrimonio culturale tramandato di padre in figlio, elemento di una tradizione legata fortemente alla terra ed ai valori della ruralità". Bisognerebbe chiedere dei "valori della ruralità" ai contadini che si ritrovano i cacciatori praticamente fin sull'uscio di casa. Ma andiamo avanti. Sempre secondo il senatore, "l'attività venatoria risponde (...) ad esigenze di carattere tecnico-gestionale" ed è diventata "efficace strumento di regolazione della fauna". Ovvero, egli trasforma il fucile in benemerito strumento che impedisce ai fagiani e ai caprioli di diventare troppo numerosi: in realtà la natura ha assegnato questo compito alle volpi e ai lupi. Ecco dunque, dice in sostanza il senatore, la necessità di punire chi distrugge gli appostamenti di caccia o va in giro con sirene e campanacci affinchè la selvaggina fugga davanti alle doppiette. La pena adeguata, secondo lui, è l'arresto fino a sei mesi o l'ammenda fino a 1.200 euro in caso di azione individuale. Arresto fino a un anno e 2.400 euro di multa se due o più persone disturbano la caccia.

Carrara aveva già firmato la mozione con cui un gruppo di senatori Pdl chiedeva l'uscita dell'Italia dall'accordo europeo sulle energie rinnovabili.

Il disegno di legge per punire chi disturba i cacciatori, oltre alla sua, reca le firme dei senatori Tommassini, Asciutti, Stancanelli, Possa, Fosson, Pinzger, Colli, Cuffaro, Gramazio, Digilio, Esposito, Bonfrisco, Bodega, Massidda, D'Ambrosio Lettieri, Firrarello, Camber, Benedetti Valentini, Orsi, Coronella, Lenna, che siedono sui banchi di Pdl, Fli, Lega e Udc-Svp-Autonomie.

Trovo giusto ricordarsene per quando si andrà a votare. 

Sul sito del Senato il fascicolo del disegno di legge 2306 per punire chi disturba i cacciatori: firmatari, relazione introduttiva e testo.

Dott. Dario Gasparo

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 dicembre 2010

 

 

«Dire no al rigassificatore» - Illustrati gli studi dei docenti universitari  -  IL TAVOLO TECNICO ALLA QUARTA COMMISSIONE REGIONALE - AUDIZIONE
 

Il progetto per il rigassificatore di Zaule di Gas Natural va respinto. Lo hanno detto alla quarta commissione regionale i componenti del Tavolo tecnico rigassificatori Trieste, che da tempo mette in guardia sui pericoli dell’impianto, sulle imprecisioni del progetto, sui rischi per la baia di Muggia già sede di molti impianti.
L’audizione, chiesta dall’opposizione, era stata sconsigliata da Maurizio Bucci (Pdl), ieri comunque assente per problemi di salute: «La Regione - dice Bucci - può intervenire solo dopo che il ministero si è pronunciato, anche l’audizione era più opportuna dopo». Sergio Lupieri (Pd) ne ha tratto invece conclusioni non solo in tema di sicurezza: «Nei prossimi anni il trasporto di gas liquefatto comincerà a calare, la rete di metanodotti realizzata (South Stream, Nabucco, Albania, Algeria) sarà sempre più efficiente e il trasporto via mare più costoso e meno sicuro. Continuiamo a discutere di qualcosa che sempre più appartiene al passato e che sta in piedi solo grazie agli incentivi nazionali, né certi né definitivi: la Regione non deve ignorare - ha aggiunto - il contributo della comunità scientifica, questo progetto è arrivato già superato e vetusto e certo non è adeguato alla baia di Muggia».
Pericolo per l’effetto domino di eventuali incidenti, danni all’ambiente per il raffreddamento del mare, carenze di documentazione, traduzioni non conformi agli originali, cartine geografiche da cui sono stati cancellati impianti esistenti, barriere che non fermano gli inquinanti, errate valutazioni del vento, tossicità derivante dal cloro in mare, errate valutazioni sulla manovrabilità delle navi: queste alcune delle criticità ribadite dai docenti universitari. Il presidente della commissione, Alessandro Colautti (Pdl) ha dato garanzia che «quanto ascoltato non resterà lettera morta, ma sarà materiale di dibattito politico e sarà trasmesso alla Direzione regionale competente».
Il Tavolo sui rigassificatori con Wwf e Legambiente nei giorni scorsi ha anche inviato una lettera a Università, Sissa, Ogs, Area di ricerca, Provincia sugli esiti raggiunti dal gruppo tecnico-scientifico che doveva girare a Gas Natural le domande dei cittadini depositate sul sito della Provincia, contestando documenti prodotti per Gas Natural da esponenti dell’università.
 

 

«Prg da approvare prima che scada la salvaguardia»

 

Ambientalisti: sì al documento con modifiche, sennò si torna al piano del ’97. Dipiazza: lo porterò presto in aula
«Bisogna approvare il Piano regolatore, e con le giuste modifiche frutto delle osservazioni non solo delle associazioni ambientaliste, ma anche della Soprintendenza (coincidenti), altrimenti dal 6 agosto 2011 verrà superato il periodo di salvaguardia, tornerà in vigore il pessimo piano urbanistico del 1997, e non si potranno più fermare decine di progetti edilizi giacenti». È l’appello di Wwf, Italia nostra, Italiabella e Legambiente che ieri in una conferenza stampa hanno richiamato l’amministrazione comunale all’azione.
E il sindaco Roberto Dipiazza conferma: il Prg va in aula molto presto. «So che è ben visto dalle associazioni, ma non dai costruttori - afferma -, io comunque domani presento un mio documento ai capigruppo di maggioranza, e poi anche ai gruppi di opposizione, perché sono il sindaco di tutti e anche il Piano regolatore è di tutti. Dirò che se non approviamo questo documento si tornerà a poter edificare per 160 mila metri cubi, si bloccheranno il depuratore e altre cose. Dunque io lo porto all’approvazione, subito dopo questi incontri. Chi vuol votare vota, e chi non vuole non vota. Ognuno in democrazia sceglie. Ma io potrò affermare di averci messo la mia volontà».
Dunque una chiamata finale alle forze politiche, mentre le osservazioni «sono ancora da votare» dice il sindaco, dunque il piano «potrebbe ancora modificarsi». Quanto ai punti-chiave di contestazione: «Se non verrà votata la destinazione di Banne, pazienza, resterà la caserma abbandonata, non sono le intese col Demanio a impedirlo, né io ci muoio sopra».
Resta da capire come è stato risolto il problema dei geologi, che hanno vinto fino al Consiglio di Stato una causa per errori procedurali. Dipiazza: «Su questo nessuna dichiarazione, è questione delicata e in questo momento ci sono atti in viaggio».
Mancano dunque pochi giorni, forse, a sciogliere i dubbi espressi dalle associazioni ambientaliste. Che avevano manifestato disagio per il silenzio che circonda l’importante documento e la sua difficile strada: «È ignoto l’esito delle osservazioni, non si sa quale soluzione il Comune abbia scelto dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha dato ragione all’Ordine dei geologi, il sindaco ha annunciato che nonostante tutto porterà il Prg in Consiglio all’approvazione definitiva, ma nulla si sa».
Questo ha osservato Dario Predonzan (Wwf), e il dibattito poi è sceso nei particolari con le richieste (ormai condivise non solo dai partiti di opposizione, ma anche da larghe fasce della maggioranza comunale) di intervenire con sostanziali modifiche, accogliendo le osservazioni che le sollecitano: zone strategiche (Burlo, Fiera, mercato ortofrutticolo, ecc.) da riportare alla pianificazione pubblica, eliminazione della destinazione di Banne appunto a polo residenziale-turistico, altrettanto per la cittadella del golf a Padriciano, eliminazione delle zone ”C” di espansione, viste le previsioni di riduzione demografica, no al canile in una zona di pregio naturalistico a Fernetti, no al cimitero per animali a Cologna per le medesime ragioni, revisione dell’articolo 11 delle Norme di attuazione che fa salvi piani attuativi privati anche solo ”adottati” in fase di votazione del Prg.
In più si è chiesta maggiore attenzione per il paesaggio, e in questo senso è arrivata la richiesta (non contenuta in alcuna delle osservazioni depositate) di mantenere comunale villa Cosulich con il suo parco, che il Prg invece destina a zona turistica, cioé da alienare.
Di questi argomenti si sono fatti interpreti, oltre al responsabile urbanistica per il Wwf Dario Predonzan, il presidente di Legambiente, Lino Santoro, la presidente regionale di Italia Nostra, Luciana Boschin, e l’architetto Roberto Barocchi, presidente del Club Triestebella. Proceduralmente, hanno detto questi tecnici, tutto è ancora possibile variare. Per villa Cosulich invece sarebbe necessaria una «variantina» successiva al nuovo Prg: i consiglieri in questa fase possono solo accogliere osservazioni, non proporre modifiche nuove.

(g. z.)

 

 

Energia pulita dal depuratore di Servola - Il cogeneratore da 300 cavalli di potenza soddisfarà il fabbisogno di 75 famiglie
 

INAUGURATO L’IMPIANTO, PRODURRÀ 1400 MWH ELETTRICI ALL’ANNO
Dalle fogne cittadine arriva energia pulita: 1.400 Mwh elettrici e 2.500 Mwh di calore all’anno (il fabbisogno praticamente di 75 famiglie triestine). Merito del nuovo cogeneratore del depuratore di Servola, 300 cavalli di potenza, messo in funzione ieri dal sindaco Roberto Dipiazza dopo la benedizione con l’acqua santa del cappellano Paolo Rakic. E merito dei triestini che provvedono quotidianamente a fornire la rete fognaria di materia prima. «Io escluso» tiene a precisare Dipiazza a scanso di ogni possibile conflitto di interesse.
La precisazione arriva durante l’inaugurazione-show. Enrico Altran, direttore della divisione Acqua/Gas di Trieste dell’AcegasAps, ha appena finito di dire che questa produzione di energia, che utilizza quale combustibile il biogas prodotto dai fanghi di depurazione (fino a ieri bruciati nell’atmosfera con fiamma libera), contribuiscono democraticamente tutti i cittadini di Trieste. «Io sono escluso - precisa il sindaco -. Dal Comune ricevo solo l’acqua. Non sono collegato alle fognature. Scarico a perdere nel mio giardino. Quindi non contribuisco». Risate.
L’ingegner Altran prova a proseguire ma suona il telefonino una prima volta. È in linea l’amministratore delegato di AcegasAps Cesare Pillon che si scusa in diretta della sua assenza adducendo una riunione importante proprio riguardante il depuratore di Trieste. «È una scusa. Basta un po’ di pioggia e questi non si muovono» commenta ad alta voce Dipiazza. Altran incassa («Sono licenziato» scherza) e prosegue spiegando che il cogeneratore, ovviamente, ha bisogno di un apporto costante di acque reflue (quelle prodotte principalmente dagli scarichi fognari del centro cittadino, circa i due terzi) e che la produzione di biogas è legata alle diverse condizioni stagionali (d’estate per esempio c’è meno gente in città). Tanto che qualcuno suggerisce al sindaco un’ordinanza... «Delle ordinanze speciali si occupa lui» interviene indicando l’assessore allo Sviluppo Paolo Rovis, ieri costretto a fare da spalla allo show del sindaco. Altran tenta di riprendere il filo del discorso ma suona di nuovo il telefonino. È in linea il vicepresidente di AcegasAps Manlio Romanelli. Stavolta Dipiazza si appropria del cellulare e risponde direttamente: «Per cosa ti paghiamo? Per essere qua..» attacca il sindaco. E poi rivolto alla platea: «Sostiene che gli hanno detto adesso dell’inaugurazione. La solita efficienza». E così Romanelli arriva giusto in tempo per il taglio del nastro tricolore e l’avvio effettivo del cogeneratore (che avviene al primo colpo anche se con due giri a vuoto).
Prima però c’è l’illustrazione tecnica del ”bestione” da parte dell’ingegnere Eleonora Umek che ha seguito da vicino la direzione lavori del cogeneratore. «L’impianto - spiega - è in grado di alimentare parte dei macchinari in esercizio presso il depuratore, in particolare alcuni impianti di pompaggio...». Dipiazza ascolta incantato tanto da dichiararsi pronto a rottamare all’istante il suo assessore allo Sviluppo: «Fra lei e Rovis scelgo lei» dichiara senza tentennamenti.
Non è ancora finita. Per alcuni coraggiosi c’è pure un buffet «profumato» da alcuni biogas non ancora intercettati dal nuovo cogeneratore. Nell’aria resta anche la promessa di Dipiazza sull’avvio delle procedure per la realizzazione del nuovo depuratore. «Così dal quarto posto per la qualità della vita (la classifica del Sole 24Ore) potremmo tornare al primo» assicura il sindaco. Depurarsi fa bene anche alle città.
FABIO DORIGO
 

 

Treni soppressi nel Fvg il ministro Matteoli: solo tratte poco usate

 

L’assessore Riccardi: adesso puntiamo invece su puntualità e pulizia con i nuovi convogli
TRIESTE «Eventuali limitazioni di tratte in Friuli Venezia Giulia sono state decise solo alla luce di basse frequentazioni riscontrate su certe linee ma, comunque la clientela friulana dispone di molteplici soluzioni alternative di viaggio con interscambio nella stazione di Venezia-Mestre». Lo ha affermato il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Altero Matteoli quasi a far intendere come sia naturale o comunque sia conseguenza diretta del mercato il fatto che certe linee e certi servizi italiani si fermino a Mestre senza raggiungere l’estremo lembo Nordorientale d’Italia.
La presa di posizione di Matteoli è avvenuta a seguito di un’interrogazione presentata dal senatore del Pdl Ferruccio Saro che aveva posto all’attenzione del ministro «la scommessa dei collegamenti ferroviari ancora più necessari anche in vista dei lavori sull’autostrada A4 per la realizzazione della terza corsia». Saro aveva sottolineato come «i link di ultima generazione siano indispensabili per non tagliare fuori l’euroregione Friuli Venezia Giulia dalla competizione con gli altri Paesi». Infatti nelle ultime settimane una serie di allarmi si sono accavallati, in vista del nuovo orario invernale di Trenitalia che entrerà in vigore domenica, prima per la temuta soppressione, alla fine scongiurata, del treno notturno Trieste-Lecce e poi per il fatto, questo reale, che sia stato effettivamente cancellato l’ultimo tratto del Trieste-Napoli che giungerà solo fino a Roma.
Matteoli ha anche ricordato che programmazione e gestione dell’offerta dipendono dalla Regione i cui rapporti con Trenitalia sono regolati, al pari delle altre regioni, da un contratto di servizio. E sostanzialmente d’accordo con le considerazioni del ministro si dice l’assessore regionale alle Infrastrutture e ai Trasporti, Riccardo Riccardi. «Sulle linee a lunga percorrenza - afferma Riccardi - non ho notizia di soppressioni sostanziali. Non si può d’altronde nemmeno pensare oggi di tenere in piedi servizi per i quali non ci sia perlomeno un parziale ritorno dal mercato. Gli stessi collegamenti diretti con Roma e con Milano non riuscirebbero ad autosostentarsi economicamente se non intervenisse la Regione».
Sono altre ora le sfide, secondo Riccardi, nell’interesse dei passeggeri e dei cittadini. «Riguardano - precisa l’assessore - la puntualità e la pulizia. Sono sfide che riusciremo a vincere con il rinnovo del parco rotabile che prevede l’entrata in servizio complessivamente di dodici nuovi treni tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012».

(s.m.)
 

 

A Trenitalia le ferrovie regionali tedesche - Oggi l’ok definitivo all’acquisizione della rete locale dal gruppo britannico Arriva
 

BERLINO Ormai è quasi fatta, Trenitalia è a un passo dall'acquisizione di Arriva Deutschland, la rete di trasporti regionali tedesca della britannica Arriva (gruppo Deutsche Bahn): a confermare le indiscrezioni di stampa circolate ieri è stato lo stesso presidente del consiglio di fabbrica della società, Hans-Juergen Hauschild, secondo il quale adesso manca solo il via libera del consiglio di sorveglianza della casa madre (Db), che si riunirà oggi a Berlino. Se l'operazione andrà in porto, come sembra, per la società delle Fs si tratterà della prima grande acquisizione europea prevista nell'ambito del piano di espansione dell'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, il quale in una recente intervista aveva preannunciato la trasformazione dell'azienda «da preda a predatore». Secondo Hauschild i vertici di Arriva Deutschland hanno comunicato al consiglio di fabbrica la firma dell'accordo di vendita, che è subordinato solo al nullaosta del consiglio di sorveglianza di Deutsche Bahn.
Le ferrovie tedesche, come è noto, hanno rilevato il gruppo Arriva lo scorso agosto per 2,8 miliardi di euro e sono state costrette dall'Autorità antitrust a mettere sul mercato le attività nazionali, racchiuse appunto nella controllata Arriva Deutschland. Si tratta di un portafoglio di società di trasporti (treni e autobus) di tutto rispetto: nel 2009 la società, circa 3.500 dipendenti, presente in gran parte dei 16 Land tedeschi, ha fatturato 460 milioni di euro, circa il 3% in più rispetto ai 446 milioni dell'anno precedente.
Intervistato dall'agenzia di stampa Dpa, Hauschild non ha voluto rivelare il prezzo concordato, ma secondo la Dpa l'unico altro concorrete in gara - un consorzio formato dal gruppo francese Veolia alleato al fondo Antin - aveva messo sul piatto circa 370 milioni di euro e il vertice Deutsche Bahn ha sempre detto che avrebbe scelto l'offerta migliore.
Per il momento, nè le Fs, nè la Deutsche Bahn hanno voluto commentare la notizia. La Dpa, intanto, scrive che il comitato dei lavoratori di Arriva Deutschland aveva espresso dubbi su Trenitalia a causa dell'alleato della società delle Fs, il fondo franco-lussemburghese Cube.
 

 

«Servizio civile, attività a rischio» - PARTITA LA RACCOLTA DI FIRME, BANCHETTO IN VIA SAN NICOLÒ
 

Erano quasi 46 mila nel 2006, oltre 19 mila quest'anno, rischiano di essere non più di 12 mila nel 2011 i volontari avviati al servizio civile in Italia. Questi i dati emersi nel corso della conferenza stampa che si è tenuta ieri nella sede provinciale delle Acli di via San Francesco su iniziativa della Conferenza nazionale degli enti di servizio civile (Cnesc), che ha voluto mettere in evidenza «il contributo fondamentale che l'esperienza del servizio civile ha offerto anche nella nostra regione per la realizzazione di molti progetti di utilità sociale» e denunciare «i rischi che il nostro territorio correrebbe in assenza di volontari».
Nel corso dell'incontro - al quale sono intervenuti rappresentanti delle Acli, della Confcooperative-Federsolidarietà, della Caritas, di Arci Servizio civile, dell'Azienda sanitaria di Trieste, oltre al deputato Ettore Rosato, ai consiglieri regionali Edoardo Sasco e Franco Codega, ai consiglieri comunali Roberto Sasco, in rappresentanza dell'assessore Grilli, e Tarcisio Barbo e al sindaco di Cimolais Rita Bressa - è stata anche presentata una petizione attraverso la quale chiedere al Governo che nel prossimo documento di programmazione economica e finanziaria 2011-2013 vengano previsti stanziamenti utili all'avvio di almeno 40 mila giovani su base annua e alle Regioni e alle Province autonome che prevedano propri stanziamenti aggiuntivi.
A sostegno di quest'iniziativa sono già state consegnate ieri 23mila firme al Presidente Napolitano, mentre altre saranno raccolte sabato dalle 16 alle 19 in via San Nicolò. Una mobilitazione, quella messa in atto dai vari enti che in questi anni hanno accolto i giovani volontari, che non mira solo a tutelare l'opera prestata in questi quasi quarant'anni nell'ambito dell'aggregazione, della marginalità, del sostegno alle fasce più deboli, dell'ambiente, della tutela del patrimonio artistico, della promozione culturale e della protezione civile, ma anche a salvaguardare i giovani, «principali vittime di questa ghigliottina» - si legge in un nota - «ai quali - in un contesto caratterizzato da una crisi di futuro e di speranza, che sempre più necessita di solidarietà - veniva offerta attraverso quest'esperienza una prospettiva di crescita e un percorso di formazione a una cittadinanza piena, che oggi non sembrano meritare l'attenzione di chi è al governo».
 

 

Avanza la marea dei rifiuti albanesi Devastata anche l’Isola Lunga - Gravemente inquinato il perimetro della spiaggia di Saharun
 

ZARA Dopo Sabbioncello, Meleda e Curzola, anche l’Isola Lunga, nell’arcipelago zaratino, è stata colpita dalla marea di rifiuti provenienti dall’Albania. L’ “onda lunga” di immondizie di ogni tipo, causata dalle forti sciroccate delle settimane scorse, si è abbattuta su una delle spiagge di sabbia e ghiaia fine più belle di tutto il versante orientale dell’ Adriatico, trasformandola in una ripugnante discarica a cielo aperto. Parliamo della spiaggia di Saharun, situata nella parte settentrionale dell’Isola Lunga, un paradiso di circa un chilometro di lunghezza, ben noto anche ai diportisti di Trieste e del Nordest italiano.
È stato il vice presidente della Regione di Zara, Gianni Bunja, a lanciare l’allarme nel corso della seduta di ieri della giunta municipale: «Tutto il perimetro della spiaggia di Saharun – ha precisato Bunja – risulta gravemente inquinato da rifiuti giunti dall’Albania, gli stessi che due settimane fa avevano invaso una vasta area della Dalmazia meridionale. Questa incantevole spiaggia è sotto le ingerenze dell’ Istituto pubblico per la gestione delle aree naturali protette della Contea di Zara».
Il vicezupano Bunja, che è anche presidente dello Staff regionale per la Tutela e il Salvataggio, ha aggiunto che le operazioni di risanamento a Saharun cominceranno non appena lo permetteranno le condizioni meteomarine. La zona è interessata da giorni da scirocco e mare mosso, che rendono impossibile l’opera di ripulitura. A Saharun c’è di tutto: centinaia e centinaia di chili di bottiglie di vetro e plastica, sacchetti di plastica, rami e soprattutto materiale sanitario utilizzato e dunque altamente inquinante. Quasi una catastrofe ambientale per un sito che il mese scorso, alle Giornate del Turismo croato, tenutesi a Rovigno, ha ricevuto il primo premio quale spiaggia più bella riguardante le aree insulari più distanti dalla terraferma. Il riconoscimento è finito nelle mani di Mirko Djindjic, direttore del suddetto istituto pubblico zaratino. Tornando a Saharun, va detto che questo lido è in regime di tutela per la biodiversità del paesaggio e del mare, una spiaggia stupenda per la sua posizione e la bellezza paesaggistica. Nei campionamenti effettuati durante l’anno in corso, la qualità delle sue acque è stata definita di elevata qualità. Viene puntualmente pulita all’ inizio delle stagione estiva ed è tra le destinazioni più amate anche dagli zaratini. A causa della sua posizione, situata com’è lungo le coste che guardano verso l’Italia, ogni anno (specie in novembre) Saharun deve fare i conti con i rifiuti provocati dalle sciroccate.
Quest’anno però il quantitativo di immondizie è perlomeno triplicato ed è stata chiamata ancora una volta in causa l’Albania. Infatti, le etichette di bottiglie, serbatoi, medicinali sono scritte in albanese.
Come da noi già scritto, il weekend compreso tra il 26 e il 28 novembre aveva portato centinaia di tonnellate di rifiuti albanesi nella penisola di Sabbioncello e nelle isole di Meleda e Curzola. La montagna di immondizie, o gran parte di essa, è stata rimossa, finendo nelle apposite discariche, mentre Zagabria ha chiesto spiegazioni ufficiali a Tirana per un fenomeno non nuovo, che però quest’anno ha assunto proporzioni spaventose.
ANDREA MARSANICH

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 7 dicembre 2010

 

 

IV Comm: audizione su progetto rigassificatore di Zaule (TS)

 

(ACON) Trieste, 07 dic - RC - Il progetto del rigassificatore triestino a Zaule va respinto. Lo hanno affermato gli studiosi componenti il Tavolo tecnico rigassificatori Trieste (TTRT) alla presidenza della IV Commissione consiliare, illustrandone i rischi industriali, antropici e ambientali, incluse diverse incongruenze dei dati.
Tra le prime ragioni che portano i componenti del TTRT a dire no vi sono il tipo stesso di impianto che si vuol costruire (un terminale fisso di ricezione e rigassificazione terrestre di tipologia già superata) nonché la sua collocazione all'interno di una città, sulla riva di un bacino con scarso ricambio d'acqua; problemi di sicurezza e del cosiddetto effetto domino (incidenti industriali a catena, come gli incendi che possono innescarsi dal rigassificatore, navi gasiere comprese); il raffreddamento e la clorazione dell'acqua della baia.
Quest'ultimo tema è rilevante sotto due aspetti: la possibilità dell'impianto di funzionare (l'acqua non deve gelare nelle tubature); l'eventualità che l'ambiente subisca danni causati dal raffreddamento o dalla sterilizzazione conseguente all'immissione di cloro.
Non ultimo, il Tavolo ha ravvisato carenze nella documentazione consegnata alla Regione, incluse traduzioni non conformi agli originali, fondamentali per il parere della Giunta sull'impianto e in particolare per il rilascio della valutazione di impatto ambientale (VIA).
I professori hanno quindi parlato di cartine geografiche da cui è stata tolta la presenza dei depositi costieri, barriere che non fermano gli inquinanti, danno ambientale tra i 3,5 e i 5,5 milioni di euro, prove del vento che non considerano la caratteristica della bora di non essere costante, temperature dell'acqua calcolate su dati di un bacino più profondo di quello della baia di Zaule.
Ma anche tossicità delle sostanze derivanti dal cloro e conseguente abbattimento dei batteri marini e dunque del loro ruolo protettivo nei confronti del mare, studio climatico condotto con scarsa conoscenza delle maree e soprattutto delle correnti locali, temperature invernali considerate più alte rispetto alla realtà con ricadute sulla durata dei periodi critici per la sicurezza dell'impianto, possibilità che il gas esploda, invalidità dei dati anche riferiti alla sicurezza navale quanto a loro manovrabilità e accesso al porto.
Da parte del presidente della IV Commissione, Alessandro Colautti (Pdl), la garanzia che quanto ascoltato non resterà lettera morta, ma sarà materiale di dibattito politico e sarà trasmesso alla Direzione regionale competente.
Aurora Mischi - Organizzazione - Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 7 dicembre 2010

 

 

Acciaierie Beltrame interessate alla Ferriera - Sopralluoghi anche a Piombino e a Lecco. Tavolo in Regione, operai in corteo: «Nessun progetto»
 

In una certa tensione, e con gli operai in piazza impegnati in uno sciopero di otto ore, si sono svolti ieri in Regione nuovi stati generali sulla situazione della Ferriera di Servola, con il presidente Renzo Tondo, tre assessori, Comune, Provincia, Arpa, azienda e sindacati. Il grande assente era un nome: quello del possibile acquirente del gruppo Lucchini, e di conseguenza dello stabilimento triestino, di cui da tempo si suggerisce l’esistenza, e che potrebbe accompagnare la chiusura.
Sindacati e anche Regione (la Ferriera ha affermato di non conoscere i candidati acquirenti) hanno sollecitato il sindaco Roberto Dipiazza, che di queste prospettive si è fatto interprete e garante, a portare alla luce quel nome, affinché il complesso e ormai troppo lungo caso-Ferriera, sempre più incerto, trovi approdo concreto quanto meno sulle valutazioni da fare.
Nonostante i silenzi ufficiali, si sa che interessata all’acquisto della Lucchini (ora in mano all’industriale russo Alexey Mordashov e comunque gravata da oltre 700 milioni di debito con le banche) è il grande gruppo delle Acciaierie Beltrame, con sede a Vicenza e rami d’azienda a Milano, Monaco, Zurigo, in Francia, in Belgio, in Lussemburgo e in Romania, per un totale di oltre 2600 dipendenti.
L’interessamento sarebbe in corso da qualche tempo, con sopralluoghi di Beltrame a Piombino e al laminatoio di Civate (Lecco). A Piombino, sede principale del gruppo Lucchini, il sindaco della città toscana avrebbe già apprezzato questa soluzione, preferibile alla seconda opzione in campo, quella del fondo americano Apollo. S’era ventilato anche l’interesse del gruppo Danieli di Buttrio, ma le indiscrezioni maggiori fanno propendere appunto per il colosso vicentino degli acciai, «vicino di casa» del gruppo Maltauro, che ora ha acquisito grandi interessi a Trieste nella riqualificazione di Porto vecchio.
L’intera partita comunque (anche quella emersa ieri in Regione sulla situazione occupazionale) è legata alla ristrutturazione del debito Lucchini. Una riunione a Roma è già saltata, il prossimo appuntamento è per gennaio, e comunque in mezzo c’è la quasi certa crisi di governo con ciò che comporta. Così anche il «summit» di ieri, che poi si è prolungato con un’audizione dal prefetto dei sindacati e di una delegazione di operai, è stata rimandata al prossimo mese e anno.
Il corteo degli operai (partecipazione del 60% degli attivi e comunque di quasi tutto il turno mattutino) è sceso attraverso il centro città, bloccando il traffico in via Mazzini e non solo. Poi si è fermato sotto la Regione con striscioni e fischietti. L’esasperazione è grande. «Si torna alla situazione di nove mesi fa, e sono stati nove mesi di sofferenze, il lavoro della Regione fin qui è stato modesto, non c’è uno straccio di progetto certo, c’è il rischio che la situazione precipiti, ho chiesto che il ”tavolo sul lavoro” non si chiuda perché qui devono entrare in campo prospettive di avvio di un’industria innovativa che possa sostenere il reddito, questione dirimente» commenta Stefano Borini, segretario provinciale Fiom-Cgil, comunque interessato al fatto che è stata coinvolta Friulia: supporto tecnico e finanziario.
Aggiunge Borini: «Non si può chiudere questa fabbrica nel pieno della crisi, ma questa è la grande responsabilità che i politici si son presi, e ora devono onorarla. Anche la lista di possibili lavori alternativi scritta da Dipiazza non ha oggi più alcun senso, di quell’elenco non resta nulla».
Deluso Luigi Pastore (Fialms-Cisal): «Niente di costruttivo, ci prendono in giro da anni, mentre la Ferriera ormai senza più investimenti diventa più pericolosa e meno competitiva. Siamo stufi di tavoli. C’è il serio rischio che un giorno non arrivi più la paga agli operai, e allora sì arriveranno per tutti i problemi veri».
GABRIELLA ZIANI
 

 

Tondo: la crisi non è solo a Servola - I sindacati: incontro riassuntivo. Il governatore: garantiti gli ammortizzatori - Con enti locali Arpa e azienda
 

Il presidente della Regione, Renzo Tondo: «La crisi non è solo alla Ferriera, in Regione ci sono tanti altri cui pensare». I sindacalisti: «Noi non siamo ”gli altri”».
Con queste battute un po’ acide (seppure Tondo ha poi ammansito il concetto dicendosi più vicino agli operai in piazza che ai lavoratori che combattono per 100 euro in più al mese) si è aperto ieri l’ennesimo mega-incontro in Regione sulla fabbrica di Servola dove tutti i protagonisti, dagli enti locali all’Arpa e all’azienda, hanno fatto il punto della situazione, coi sindacati a dire: «Ci voleva uno sciopero per dare uno scossone». Nei giorni scorsi era stata sensibilizzata la Prefettura, dove di nuovo ieri a fine mattinata i sindacati si sono rivolti chiedendo una mediazione.
Ma quelle parole, e l’impianto giudicato puramente riassuntivo della riunione, ha acceso Franco Palman, delle Rsu (Uil), che è uscito, ed è sceso fra gli scioperanti: «Un’arroganza da Medioevo - afferma -, la politica che ci ha portato in questa situazione è lontana anni luce dalla realtà, e abdica al suo dovere di tutelare il cittadino. Io - prosegue il sindacalista - sono andato via perché, confesso, avrei potuto vomitare o peggio su quel tavolo, adesso abbiamo chiesto aiuto alla Prefettura: l’unica fiducia l’abbiamo in quel palazzo là». Venerdì in Ferriera c’è un’assemblea, per Palman «comincia l’odissea, è un fatto di civiltà».
La Regione, rappresentata anche dagli assessori Federica Seganti (Attività produttive), Angela Brandi (Lavoro), Sandra Savino (Finanze) ha ribadito il programma già steso a suo tempo in vista della chiusura: una legge regionale per reperire fondi anche europei, un accordo di programma col governo, progetti di formazione per gli operai, cassa integrazione per chiusura, e cassa integrazione straordinaria e mobilità per i lavoratori dell’indotto, per un biennio. Infine: lavori socialmente utili, incentivi a imprese che assumono e a lavoratori che «si mettono in proprio».
Seganti ha riferito di un incontro a livello nazionale su tutto il gruppo Lucchini a tema occupazione: «Incrociando le dita - ha detto - a Trieste dovremmo essere piuttosto tranquilli». Ha aggiunto: «Per stabilire i contenuti dell’accordo di programma abbiamo bisogno di qualcuno che valuti la percorribilità dei progetti, e Friulia potrebbe avere questo ruolo», assieme a un rappresentante del ministero dello Sviluppo. «La Regione - ha aggiunto Tondo -, non è un imprenditore, ma continueremo a intervenire e a garantire gli ammortizzatori sociali». (g. z.)
 

 

Qualità della vita, Trieste perde il primato - La città eccelle per spettacoli, letture e tempo libero. Penalizzata da lavoro e affari
 

Trieste perde il primato nell’annuale classifica sulla qualità della vita elaborata dal Sole 24 Ore. L’addio alla vetta è anche un addio al podio: il capoluogo del Friuli Venezia Giulia si attesta per il 2010 in quarta posizione, alle spalle di - nell’ordine - Bolzano, Trento e Sondrio. Nel 2009 aveva chiuso al primo posto, davanti a Belluno e ancora a Sondrio. Questo sentenzia la graduatoria aggiornata all’anno che va a concludersi. Il quadro sulle 107 province italiane finite sotto la lente di ingrandimento ha preso forma grazie ai dati raccolti in sei settori (a loro volta articolati in altri specifici sei indicatori ciascuno): tenore di vita, affari e lavoro, servizi e ambiente, popolazione, reati e infine tempo libero.
COSA VA Godereccia, fra i momenti dedicati alla lettura, alla buona tavola, allo sport e alle tante occasioni di assistere a spettacoli (con 12.603,5 appuntamenti ogni 100mila abitanti, dato riferito al 2009, Trieste fa meglio di tutte le altre concorrenti). Nel complesso al tempo libero: solo Rimini è messa meglio. Dotata di servizi, aspetto su cui incide il vertice ottenuto nella sezione infrastrutture (è stato utilizzato l’indice Tagliacarne che non include i porti) e che si spiega anche con le dimensioni contenute del territorio provinciale, cosa che fa lievitare la percentuale complessiva di dotazioni. Veloce nella gestione della giustizia (solo Asti evade più cause). Ricca, se è vero che solo Milano la precede per depositi bancari per abitante (30.847 il dato triestino, 34.262 quello milanese), confermando una caratteristica già nota nonostante nella sezione del tenore di vita dopo un paio di anni Bologna le abbia scippato la medaglia d’oro costringendola all’argento. E ancora istruita, dall’alto del primo posto per numero di laureati ogni mille giovani fra i 25 e i 30 anni (l’indice dice 102,46). Questa è Trieste nei suoi aspetti positivi, secondo la ricerca del Sole 24 ore. Ma il quadro non è tutto roseo.
COSA NON VA La provincia giuliana è quella più vecchia. L’ultima piazza per numero di over 65 sul totale della popolazione attiva (la statistica si riferisce al 2009) lo sentenzia: l’indice di 46 è ben lontano da quel 21 che regala a Napoli la prima posizione nella speciale classifica. Magra consolazione questa per la provincia campana, fanalino di coda della “generale” dopo il penultimo posto di dodici mesi fa. Trieste arranca anche sul fronte della densità demografica: con 1.116,7 abitanti per chilometro quadrato è 105.a, seguita solo da Milano e proprio da Napoli. Note dolenti giungono poi dalla sezione affari e lavoro, dove gli effetti della crisi si sono fatti sentire. Al settembre del 2010, infatti, Trieste è penultima per numero di imprese registrate ogni 100 abitanti: 7,15. Peggio ha fatto solamente Ascoli Piceno con 6,28. Alto pure il riscontro generato dai fallimenti conteggiati ogni 1000 imprese, nel periodo dall’ottobre dello scorso anno al settembre del 2010. L’indice che emerge dice 30,40: seguono Roma (33,10), Napoli (38,10) e, ultima, Siracusa (44,80).
IL SINDACO «Bolzano e Trento sono province autonome, lo sappiamo - commenta il primato perso il sindaco Roberto Dipiazza -. Pertanto, direi che possiamo considerarci secondi, con Sondrio davanti. Su tutti i parametri figuriamo nelle prime posizioni». Ma il primo cittadino non nasconde come vi sia una sofferenza nel settore del lavoro: «Se avessimo maggiore imprenditorialità saremmo primi in assoluto - afferma Dipiazza -. La questione comunque non fa capo al Comune. Alla fine, possiamo essere orgogliosi dei risultati ottenuti».
MATTEO UNTERWEGER
 

 

 

 

L'AltraAGRIGENTO.IT - LUNEDI', 6 dicembre 2010

 

 

Convegno Rigassificatore, blitz ambientalista. Il sindaco di Panigaglia: "è stata una esperienza assolutamente negativa, business solo per la società".

 

Mentre il Sindaco di Porto Empedocle Calogero Firetto relazionava in video-conferenza con Trieste, (per 15 minuti), sull’esperienza maturata al Comune di Porto Empedocle per la costruzione del rigassificatore, 3 ignoti incappucciati hanno versato un sacco nella hall dell’albergo Savoia che ospitava il convegno di Nomisma Energia.
L’appuntamento scientifico triestino, cui hanno preso parte i massimi esponenti delle grandi società operanti nel settore energetico, Eni, Enagas e GasNatural, è servito per fare il punto sull’impatto sociale e sulla sicurezza di questi impianti di rigassificazione cui sono previste diverse realizzazioni in varie città europee ma la contestazione si è fatta sentire anche a Trieste nella hall dell'albergo dove alcuni sacchi di terriccio misto a letame sono stati sparsi da tre persone incappucciate che poi sono fuggite. Con un messaggio anonimo i tre hanno precisato di aver gettato ”cinquanta chili di ottimo letame equino contro il progetto del rigassificatore e contro il convegno”.
Per il rigassificatore di Zaule, a Trieste, si prevedono circa 70/80 posti di lavoro a pieno regime, più 300 per l'indotto: una vera miseria che mal si rapporta alla stessa opera mastodontica a massimo impatto ambientale che dovrebbe essere costruita a Porto Empedocle.
In riferimento, invece, ai paventati effetti negativi sulla pesca e sulla temperatura del mare, Ciro Garcia Armesto, project manager di Gas Natural Rigasificazione Italia ha spiegato che la concentrazione del cloro nell’acqua di mare sarà dieci volte inferiore al limite di legge, «con un impatto tracurabile sull’ambiente marino», e ha poi smentito un possibile raffreddamento delle acque della baia perchè «avrebbe un impatto negativo anche sul funzionamento del rigassificatore».
Così racconta il quotidiano "Il Piccolo" di Trieste: "Se a Trieste il rapporto (scarso) che Gas Natural ha con la popolazione è stato più volte criticato, non altrettanto sta accadendo a Porto Empedocle, dove l’Enel sta per avviare la costruzione di un rigassificatore di capacità analoga a quello progettato per Zaule (8 miliardi di metri cubi di gas all’anno). «Fin dall’inizio – ha rimarcato Giuseppe Luzzio, responsabile per l’ Enel dei grandi progetti infrastrutturali – va costruito il rapporto con il territorio. Il problema è essere accettati, e lo si risolve con trasparenza e informazione. Il consenso – ha aggiunto – va creato dal basso. Bisogna scordarsi che, avute tutte le autorizzazioni, si possa partire calando il progetto dall’alto».
Restando in tema di impatto sociale, Massimo Nardini, sindaco di Porto Venere (La Spezia), nel cui territorio sorge il rigassificatore di Panigaglia, di proprietà dell’Eni e di cui si sta progettando il raddoppio, ha parlato di «esperienza negativa». Un impianto sorto 40 anni fa (e fino a pochi mesi fa l’unico operante in Italia), partito con una logica diversa da quelle attuali, che negli anni è rimasta tale. «Una logica nazionale – ha osservato Nardini – che ha trasformato il rigassificatore in un business per la società, senza la minima ricaduta per il territorio. Anche 40 anni fa si parlava di catena del freddo e di cogenerazione, ma sono rimaste lettera morta».
Al termine del convegno duro il commento di Wwf, Legambiente e Uil-Vigili del fuoco, espresso in una conferenza stampa al termine del seminario svoltosi all’Hotel Savoia e raccontato da una intervista tratta da "Il Piccolo". «E’ quantomeno curioso – hanno rilevato le tre associazioni – che una società con un passato prestigioso come Nomisma promuova a Trieste un seminario sui rigassificatori, di valenza nazionale, senza che nello stesso sia previsto un solo intervento sul progetto presentato da Gas Natural per il sito di Zaule. Ancor più singolare – hanno aggiunto – è che il seminario sia patrocinato dal Comune, ”con il contributo (finanziario) di Gas Natural”, ma che sul progetto che interessa la città non sia stata prevista alcuna discussione».
La spiegazione di ciò, sempre secondo Wwf, Legambiente e Uil-Vigili del fuoco, sta nel fatto che fatto che «Gas Natural e i suoi sponsor politici, in primis il sindaco di Trieste, non se la sentono di affrontare un contraddittorio sul rigassificatore, conoscono le obiezioni tecniche sul progetto ma non sono in grado di controbatterle, e preferiscono deviare l’attenzione sugli asseriti benefici economici e sui casi di impianti operanti in altri contesti ambientali, del tutto diversi e non paragonabili con quello triestino». Le tre associazioni criticano poi l’uso che la Provincia ha fatto del nome delle più prestigiose istituzioni scientifiche triestine (Università, Ogs, Area Science Park e Sissa) per il ”processo informativo” sul rigassificatore, «promosso oltre tutto molto tempo dopo la conclusione della procedura di Via (valutazione d’impatto ambientale) sul progetto. È stato inventato un meccasismo assurdo – sottolineano – in base al quale i cittadini formulavano le domande, che dovevano poi essere ”tradotte in linguaggio scientifico” da un gruppo di lavoro ad hoc, e quindi trasmesse a Gas Natural per le risposte. Un po’ come chiedere all’oste, ma in linguaggio scientifico, se il suo vino è buono».
Le polemiche in tutta Italia aumentano mentre a Porto Empedocle la costruzione del rigassificatore sembra ogni giorno di più una certezza, ma c'è attesa per la sentenza del Tar che potrebbe ribaltare tutto.
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 6 dicembre 2010

 

 

Qualità della vita, Trieste slitta al 43° posto - Studio ItaliaOggi-Sapienza: Trento la provincia dove si vive meglio, Napoli la peggiore
 

È Trento la provincia italiana dove si vive meglio, mentre quella di Napoli, complice anche l’emergenza immondizie, è quella con la peggior qualità della vita, simbolo di un Mezzogiorno che fa segnare quasi un tonfo. Nonostante le recenti dichiarazioni del sindaco Dipiazza, più volte confermate, non è che Trieste stia benissimo: in un anno la nostra provincia è infatti scivolata dal 19° al 43° posto, con una perdita secca di 24 posizioni tutta da analizzare, in mancanza di dati precisi. La segue a un solo punto di distanza Gorizia mentre Udine manca di poco la Top ten ed è all’11° posto.
Questa in sintesi la fotografia scattata da Italia Oggi e dall'Università La Sapienza con la dodicesima indagine sulle province italiane, che ha inteso valutare la qualità della vita analizzando 9 voci particolari: ambiente, affari e lavoro, criminalità, disagio sociale e personale, popolazione, servizi finanziari e scolastici, sistema salute, tempo libero e tenore di vita. A sorpresa si sono comportate bene le province delle grandi realtà urbane, con Torino e Roma che sono svettate sulle altre, riuscendo a guadagnare rispettivamente 40 e 25 posizioni rispetto all'anno scorso:
Trento, provincia autonoma, sopravanza tutte le altre realtà territoriali facendo il bis del 2002, imponendosi nella top ten su Mantova, Belluno, Bolzano, Pordenone, Siena, Cuneo, Sondrio, Aosta e Parma. La prima posizione della provincia di Trento per qualità della vita, sottolineano gli autori dell'indagine, si spiega con le buone performance archiviate negli ambiti affari e lavoro, ambiente, popolazione e servizi finanziari e scolastici. Da sottolineare anche, nella nostra regione, la grande rincorsa della provincia di Pordenone, quinta, che rispetto all'anno scorso recupera addirittura 32 posizioni; allo stesso modo di Aosta, risalita di 34 posti.
Come nel 2009 anche quest'anno è la provincia di Napoli a occupare il posto di fanalino di coda della classifica, simbolo tuttavia di un Mezzogiorno - viene sottolineato - che fa segnare un ulteriore arretramento, cancellando i buoni risultati del 2009, quando era emerso un gruppo di province con caratteristiche omogenee (Campobasso, Foggia, Bari, Potenza e Matera) in cui la qualità della vita veniva giudicata accettabile.
In termini complessivi, informa l'indagine, le province in cui la qualità della vità è buona o accettabile sono 55 (contro le 57 dell'anno scorso); le realtà in cui è invece scarsa o insufficiente sono 48 (2 nel Nord-Ovest, 1 nel Nord-Est, 9 nel Centro e ben 36 nell'Italia meridionale e insulare).
 

 

ISTRIA - Interesse del Gruppo Adris per la centrale Fianona 2 - Proposta una joint venture a supporto del progetto del valore di 800 milioni
 

POLA Dopo essersi ricavato un ruolo di primo piano nel comparto turistico non solo istriano ma croato in genere, la Fabbrica tabacchi di Rovigno o meglio il Gruppo Adris di cui è la struttura portante, intende investire forti capitali nel progetto della nuova centrale termoelettrica Fianona 3. L'impianto della potenza di 500 Megawatt dovrebbe entrare in funzione nel 2016 e rimpiazzare l'ormai obsoleta Fianona 1. Il presidente della regione Ivan Jakovcic si è detto entusiasta di quanto dichiarato recentemente da Ante Vlahovic, numero 1 del Gruppo Adris e ha proposto subito la fondazione di una joint venture a supporto del progetto, del valore pari a 800 milioni di euro. Ne farebbero parte l'Adris, la Regione Istriana e l'Ente elettroenergetico di stato che comunque non si è ancora pronunciato sull'iniziativa.Meglio un partner croato, ancor meglio se istriano in progetti del genere, ha dichiarato Jakovcic che ha già informato dell'idea la premier Jadranka Kosor e il ministro dell'economia Djuro Popijac dai quali ha incontrato grande sostegno. A proposito del combustibile da usare, Jakovcic ha ribadito di preferire sicuramente il gas naturale, però non è più tanto contrario al carbone alla luce delle nuove tecnologie antiinquinamento.
(p.r.)
 

 

SEGNALAZIONI - Porto storico
 

A parere della nostra associazione, l’azione dell’Autorità portuale riguardo ai beni culturali del Porto in questi ultimi anni è stata carente e inadeguata agli impegni di restauro e di valorizzazione che le erano stati richiesti. Durante la visita al Porto Vecchio dello scorso ottobre, in occasione del meeting internazionale sul patrimonio portuale e industriale del Friuli Venezia Giulia, i partecipanti non hanno visto traccia dell’inizio lavori alla Centrale idrodinamica, malgrado il restauro fosse stato finanziato già da anni; inoltre è stata delusa un’aspettativa generale da parte degli studiosi e degli enti culturali che da anni si interessano al Porto Vecchio di Trieste e ai suoi prestigiosi edifici storici.
Ci auguriamo vivamente che la prossima amministrazione voglia dare un’attenzione molto maggiore al patrimonio storico portuale della città, ormai all’attenzione della comunità internazionale, e voglia avviare un’utile collaborazione con la nostra associazione nell’interesse generale.
Giulia Giacomich - presidente Italia Nostra sezione di Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 5 dicembre 2010

 

 

Blitz degli ambientalisti, letame sui rigassificatori
 

Tre uomini incappucciati hanno versato un sacco nella hall dell’albergo. Nel dibattito le garanzie di Gas Natural
La contestazione non è arrivata nella sala del seminario sull’impatto sociale e la sicurezza dei rigassificatori, ieri mattina all’Hotel Savoia. Si è comunque manifestata in maniera plateale nella hall dell’albergo, dove alcuni sacchi di terriccio misto a letame sono stati sparsi da tre persone incappucciate che poi sono fuggite. Con un comunicato anonimo, firmato ”Sardoni nostrani e canoce rabiose”, gli autori del gesto hanno precisato di aver gettato ”cinquanta chili di ottimo letame equino contro il progetto del rigassificatore e contro il convegno”.
Un incontro, quello di ieri, organizzato da Nomisma Energia, che ha prodotto una messe di dati tecnici sui rigassificatori, ad opera di esperti e docenti universitari di diversi atenei, ma dal quale non sono emerse novità sullo stato di avanzamento del progetto che Gas Natural intende realizzare a Zaule.
Interpellato a margine del seminario, Ciro Garcia Armesto, project manager di Gas Natural Rigasificazione Italia, si è limitato a dichiarare: «Stiamo lavorando con la Regione, che si è espressa in modo positivo sul progetto, per arrivare quanto prima alla conferenza dei servizi. Stiamo discutendo su aspetti tecnici, e restiamo in attesa che si definisca il programma della conferenza».
Nella sua relazione, che ha concluso il convegno, Garcia Armesto è ritornato su aspetti già noti, a cominciare dai 30-40 milioni per la bonifica dell’area e dai 550 milioni di investimento (il 70% si riverserà sull’economia locale durante la costruzione), per proseguire con i 1.500 posti di lavoro nei tre anni di lavori e con i 130 milioni di entrate fiscali che l’investimento produrrà. A regime i posti di lavoro saranno invece 70-80, più 300 per l’indotto, e l’impatto economico e fiscale ammonterà a 30 milioni l’anno.
In tema di sicurezza il project manager di Gas Natural ha precisato che l’azienda ha effettuato tutti i passi necessari con il comitato tecnico regionale. «Per noi che lavoriamo da tanti anni nel gas – ha sottolineato – la sicurezza è una priorità».
Quanto ai paventati effetti negativi sulla pesca e sulla temperatura della baia di Muggia, Garcia Armesto ha spiegato che la concentrazione del cloro nell’acqua di mare sarà dieci volte inferiore al limite di legge, «con un impatto tracurabile sull’ambiente marino», e ha poi smentito un possibile raffreddamento delle acque della baia perchè «avrebbe un impatto negativo anche sul funzionamento del rigassificatore».
Se a Trieste il rapporto (scarso) che Gas Natural ha con la popolazione è stato più volte criticato, non altrettanto sta accadendo a Porto Empedocle, dove l’Enel sta per avviare la costruzione di un rigassificatore di capacità analoga a quello progettato per Zaule (8 miliardi di metri cubi di gas all’anno). «Fin dall’inizio – ha rimarcato Giuseppe Luzzio, responsabile per l’Enel dei grandi progetti infrastrutturali – va costruito il rapporto con il territorio. Il problema è essere accettati, e lo si risolve con trasparenza e informazione. Il consenso – ha aggiunto – va creato dal basso. Bisogna scordarsi che, avute tutte le autorizzazioni, si possa partire calando il progetto dall’alto».
Restando in tema di impatto sociale, Massimo Nardini, sindaco di Porto Venere (La Spezia), nel cui territorio sorge il rigassificatore di Panigaglia, di proprietà dell’Eni e di cui si sta progettando il raddoppio, ha parlato di «esperienza negativa».
Un impianto sorto 40 anni fa (e fino a pochi mesi fa l’unico operante in Italia), partito con una logica diversa da quelle attuali, che negli anni è rimasta tale. «Una logica nazionale – ha osservato Nardini – che ha trasformato il rigassificatore in un business per la società, senza la minima ricaduta per il territorio. Anche 40 anni fa si parlava di catena del freddo e di cogenerazione, ma sono rimaste lettera morta».
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

«Separare i serbatoi dagli impianti» - Uguccioni sulla sicurezza: «Nessun grave incidente nel dopoguerra» - I sistemi di protezione
 

È più sicuro un rigassificatore sulla costa o al largo? Una risposta in assoluto non c’è, perchè, come ha spiegato Severino Zanelli, ordinario al Dipartimento di Ingegneria chimica e chimica industriale all’Università di Pisa, «la migliore protezione è mettere una distanza di sicurezza con l’impianto, cosa più facile in mare aperto. Peraltro i migliori sistemi di protezione sono più facilmente realizzabili a terra, in quanto su quelli in mare i serbatoi sono molto addossati al rigassificatore. Bisogna cercare di rendere indipendenti le due strutture, serbatoi e impianti di rigassificazione».
Quanto ai possibili incidenti, Zanelli si è soffermato sullo sversamento di Gnl in mare o a terra, con la formazione di una nube. «L’incidente può avvenire per il distaccco dei bracci di carico – ha spiegato – che vengono chiusi in sei, sette secondi; pochi ma sufficienti perchè esca una quantità non banale di gas. È però impossibile – ha aggiunto – che si formi un’evaporazione improvvisa della nube, in quanto anche da prove risulta essere un fenomeno progressivo che avviene a velocità valutabile».
A trattare più in dettaglio il tema degli incidenti è stato Giovanni Uguccioni, responsabile delle analisi di sicurezza per la società di consulenza ingegneristica D’Appolonia di Genova. «Incidenti rilevanti, che abbiano coinvolto la popolazione, dal dopoguerra ad oggi non si sono verificati», ha rimarcato.
E passando in rassegna il ”catalogo” dei disastri ha spiegato che l’esplosione della nave gasiera non è possibile perchè il gas esplode solo se miscelato con aria. Perdite dalla nave possono avvenire solo se un’altra grande unità la colpisce sulla fiancata e a velocità elevata.
Il rilascio di gas dalle tubazioni è possibile, ma non è mai avvenuto, ha poi sottolineato Uguccioni. L’esplosione dei serbatoio di stoccaggio non è possibile in quanto non contiene ossigeno. Come non lo è la perdita da un serbatoio, visto il doppio contenitore (interno in acciaio speciale ed esterno in cemento armato). «Questo è un evento – ha precisato – che le norme dicono di non considerare».
Infine, il cosiddetto ”roll over” (il Gnl si mescola nel serbatoio e forma grandi quantità di gas), ha spiegato sempre Uguccioni, è controllabile con l’immissione di gas fresco e con valvole di sicurezza adeguate.

(gi. pa.)
 

 

«Solo uno spot pubblicitario per il progetto di Zaule» - LEGAMBIENTE E WWF - «Neanche un intervento sull’insediamento nel nostro golfo»
 

«Pubblicità indiretta per sponsorizzare il progetto del rigassificatore di Gas Natural a Zaule». Un giudizio senza appello quello di Wwf, Legambiente e Uil-Vigili del fuoco, espresso in una conferenza stampa al termine del seminario svoltosi all’Hotel Savoia.
«E’ quantomeno curioso – hanno rilevato le tre associazioni – che una società con un passato prestigioso come Nomisma promuova a Trieste un seminario sui rigassificatori, di valenza nazionale, senza che nello stesso sia previsto un solo intervento sul progetto presentato da Gas Natural per il sito di Zaule. Ancor più singolare – hanno aggiunto – è che il seminario sia patrocinato dal Comune, ”con il contributo (finanziario) di Gas Natural”, ma che sul progetto che interessa la città non sia stata prevista alcuna discussione».
La spiegazione di ciò, sempre secondo Wwf, Legambiente e Uil-Vigili del fuoco, sta nel fatto che fatto che «Gas Natural e i suoi sponsor politici, in primis il sindaco di Trieste, non se la sentono di affrontare un contraddittorio sul rigassificatore, conoscono le obiezioni tecniche sul progetto ma non sono in grado di controbatterle, e preferiscono deviare l’attenzione sugli asseriti benefici economici e sui casi di impianti operanti in altri contesti ambientali, del tutto diversi e non paragonabili con quello triestino».
Le tre associazioni criticano poi l’uso che la Provincia ha fatto del nome delle più prestigiose istituzioni scientifiche triestine (Università, Ogs, Area Science Park e Sissa) per il ”processo informativo” sul rigassificatore, «promosso oltre tutto molto tempo dopo la conclusione della procedura di Via (valutazione d’impatto ambientale) sul progetto. È stato inventato un meccasismo assurdo – sottolineano – in base al quale i cittadini formulavano le domande, che dovevano poi essere ”tradotte in linguaggio scientifico” da un gruppo di lavoro ad hoc, e quindi trasmesse a Gas Natural per le risposte. Un po’ come chiedere all’oste, ma in linguaggio scientifico, se il suo vino è buono».
 

 

Andolina: Ferriera, futuro segnato - CANDIDATO A SINISTRA
 

«La Ferriera è da troppo tempo argomento delle campagne elettorali a Trieste, con strumentalizzazioni, promesse e impegni regolarmente non rispettati. D’altra parte è un argomento centrale per quanto riguarda la salute, la sicurezza sul posto di lavoro e la possibilità di ridefinire lo sviluppo di Trieste con una appropriata presenza industriale». Lo sostiene Marino Andolina, candidato di Allenza della sinistra per il Comune.
«Sono certo – sostiene – che i lavoratori della Ferriera, dopo dieci anni di “insicurezza” , abbiano il sacrosanto diritto di avere certezze per il loro futuro lavorativo e il loro reddito debba essere garantito in tutte le fasi di questa vicenda. Ho iniziato una serie di approfondimenti incontrando il responsabile delle relazioni esterne della Ferriera dott. Semino, cominciando quindi dalle affermazioni della azienda in modo diretto e non riportate dai giornali o riferite da politici».
Andolina aggiunge ancora di aver chiesto un parere qualificato al Presidente dell’Autorità Portuale Claudio Boniciolli, «a margine di una intervista che mi ha concesso un certo confronto con operai, sindacati, cittadini dei comitati di quartiere, associazioni ambientaliste».
«Riassumendo molto brevemente l’incontro con il rappresentante dell’azienda ho l’impressione che per l’impianto siderurgico di Servola il destino sia segnato e che i tempi siano ormai stretti visto che le date sono il 2015 , ma anche il 2013».
 

 

Acqua, associazioni in piazza contro la privatizzazione - INIZIATIVE IN DECINE DI CITTÀ
 

ROMA Libertà di rubinetto. La rivendicano «per un bene primario, l'acqua, che deve restare pubblico» cittadini e Forum dei movimenti pro-referendum scesi in piazza ieri, a Roma come in decine di altre città e con un presidio studentesco a Foligno, per scandire sotto centinaia di palloncini blu a simboleggiare le gocce del patrimonio idrico a rischio di volare via, che «l'acqua è un diritto. La privatizzazione ce lo toglie. Fermiamoli».
Questo lo slogan portante della manifestazione a Roma, scandita al grido di «Acqualecosto» da circa 400 presenti. Il nucleo principale della protesta riguarda il cosiddetto Decreto Ronchi che - ad avviso del Comitato sul referendum per l'acqua pubblica - «negherebbe il diritto alla ”pubblicizzazione” della risorsa». Scesi in piazza a Roma i Verdi, nonchè Paolo Cento e Loredana De Petris della presidenza nazionale di Sel - Sinistra ecologia libertà. «La moratoria sul Decreto Ronchi - hanno affermato Cento e De Petris - è un atto di democrazia e di rispetto per evitare di pregiudicare l'effetto del referendum abrogativo che dovrà tenersi la prossima primavera», su richiesta di un milione e 400mila firmatari. «Noi Verdi - annuncia il presidente Angelo Bonelli - abbiano scritto al governo e ai presidenti di Camera e Senato per chiedere l'immediata sospensione del Decreto Ronchi». «Una battaglia di democrazia che va assolutamente vinta» scrive nel suo blog Luigi De Magistris, eurodeputato Idv. Per l'ex pm, «è importante, in attesa del referendum, ottenere la sospensione di tutti i processi di privatizzazione in atto e la moratoria sulle scadenze del decreto Ronchi».
Di parere opposto il vicepresidente di Federutility Mauro D'Ascenzi. «Il secondo quesito - afferma - potrebbe portarci a una situazione da Corea del Nord o forse da Iran: obbligherebbe alla sola forma pubblica mentre con il terzo quesito si avrebbe il blocco degli investimenti» dal momento che sarebbe «assurda» la richiesta di «far gravare la gestione sulla fiscalità generale». Insomma, sintetizza D'Ascenzi, ci ritroveremmo di fronte «a un rischio per il settore idrico; è sbagliato pensare che dal 2012 ci sarà una totale gestione privata». Per lui «l'obbligo di affidare mediante gara, non significa necessariamente privatizzare».
 

 

Volontariato, emergenza giovani A rischio il ricambio nelle Ong - Oggi Giornata internazionale La rete dei Centri di servizio: «Puntare su scuola e stage»
 

ROMA Emergenza giovani nelle organizzazioni di volontariato. Nel nostro Paese i volontari junior sono in calo e in prospettiva c'è un reale rischio per il ricambio. Il reclutamento delle ”nuove leve” negli ultimi tempi è difficile e problematico, non c'è tempo per la formazione e l'accoglienza di ragazzi e ragazze. Soprattutto non appare come la priorità delle organizzazioni. La denuncia - una sorta d’allarme - arriva alla vigilia della Giornata internazionale del volontariato di oggi, dal CsvNet, rete dei centri di servizio di volontariato.
I dati Istat parlano chiaro: negli ultimi sei anni i volontari con meno di 29 anni, iscritti alle associazioni, sono calati in modo significativo, dal 30% al 22%. «Ancora troppo spesso - dice il presidente di CsvNet Marco Granelli - i giovani non sono accolti nelle associazioni come risorse importanti: si chiede impegno, rispetto dei tempi, investimento nell'esperienza senza dare spazi di formazione e crescita». L’inevitabile conseguenza è che i giovani o non si avvicinano al settore o quando anche lo fanno, poi mollano.
Non sono invogliati, nè seguiti. Attualmente «non c'è ricambio». Le associazioni di volontariato - prosegue Granelli - «hanno tanti problemi» e non danno spazi e accoglienza ai giovani; sono troppo impegnate nelle loro attività, alle prese con il precariato e quindi con meno disponibilità dei volontari adulti, con la crisi che riduce le risorse e aumenta i bisogni degli utenti. Insomma non c'è tempo. «Eppure - osserva ancora il presidente - per quella che è la nostra esperienza, se ben sensibilizzati e coinvolti, i giovani hanno molta voglia di dedicarsi al volontariato e sanno mettersi in campo. Questa carenza di giovani può diventare un problema per il futuro».
La strategia del CsvNet è: scuola e stage. Lo scorso anno gli operatori dei centri di servizio per il volontariato hanno promosso l’attività volontaria in oltre 1.800 scuole, sono stati coinvolti 163mila studenti, 4.680 docenti, quasi 2.900 organizzazioni. Gli stage organizzati sono stati 740. «Questa è la strada maestra - osserva Granelli - con gli stage si semina molto. Noi stiamo aumentando questo tipo d’interventi. È importante parlarne a scuola non solo per il volontariato stesso ma per la costruzione fra i giovani del senso sul bene comune. Una ricerca realizzata a Biella su una ventina di anni di stage ha verificato i comportamenti a distanza di chi ha seguito stage e chi no. Si è visto che fra chi li ha svolti emergeva un comportamento pro-sociale tre volte migliore. A esempio, leggeva di più i giornali, c'era più attenzione verso la politica e la partecipazione. E poi vanno coinvolti i docenti».
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 4 dicembre 2010

 

 

Convegno Nomisma sui rigassificatori. UIL–VVF, Legambiente e WWF: “Pubblicità indiretta e ingannevole per il progetto di GasNatural a Trieste”.
 

(sintesi della conferenza stampa di sabato 4 dicembre 2010)
“Pubblicità indiretta e ingannevole per sponsorizzare il progetto del rigassificatore di Trieste-Zaule di GasNatural.”
Questo il giudizio di UIL – VVF, Legambiente e WWF, espresso “a caldo” in una conferenza stampa tenutasi subito dopo la conclusione del seminario su “Rigassificatori: impatto sociale e sicurezza”, tenutosi questa mattina all’Hotel Savoia di Trieste.
E’ infatti quanto meno curioso che una società con un passato prestigioso come Nomisma promuova proprio a Trieste un seminario sui rigassificatori di valenza nazionale, senza che nello stesso sia previsto un solo intervento sul progetto presentato da GasNatural per l’impianto nel sito di Trieste-Zaule.
Ancor più singolare, che il seminario sia patrocinato dal Comune di Trieste “con il contributo (finanziario - NdR) di GasNatural”, ma che sul progetto che interessa questa città non sia prevista alcuna discussione!
E’ verosimile che ciò avvenga in quanto GasNatural ed i suoi sponsor politici (in primis il sindaco di Trieste):
non se la sentono di affrontare un contraddittorio sul rigassificatore progettato nel sito di Zaule
conoscono le obiezioni tecniche al progetto, ma non sono in grado di controbatterle
preferiscono deviare l’attenzione sugli asseriti benefici economici e sui casi di impianti operanti in altri contesti ambientali, del tutto diversi e non paragonabili a quello triestino
UIL – VV.F., Legambiente e WWF, insieme a numerosi scienziati e ricercatori triestini hanno scritto perciò ai tecnici relatori del seminario, con l’obiettivo di renderli consapevoli di come sia stato condotto l’iter relativo all’impianto progettato a Trieste e invitandoli a riflettere sull’uso strumentale della loro presenza da parte di organizzatori e sponsor: sono stati coinvolti di fatto in uno spot promozionale indiretto, a favore di un progetto di cui i tecnici medesimi ignorano tutto (criticità ambientali, irregolarità nell’iter, ampio contenzioso legale aperto).
Un utilizzo in fondo non molto dissimile, rispetto a quello che la Provincia di Trieste ha inteso fare del nome delle più prestigiose istituzioni scientifiche triestine, per il “processo informativo” sul rigassificatore, promosso oltre tutto “a babbo morto”, cioè molto tempo dopo la conclusione della procedura VIA sul progetto di GasNatural.
E ciò dopo che nei tre anni e mezzo, nel corso de i quali si è svolta detta procedura, la Provincia non era stata in grado di pronunciarsi in alcun modo sull’impatto ambientale del progetto.
Non solo: è stato inventato un meccanismo assurdo, in base al quale i cittadini formulavano le domande, che dovevano poi essere “tradotte in linguaggio scientifico” da un gruppo di lavoro ad hoc e quindi trasmesse a GasNatural (!) per le risposte.
Un po’ come chiedere all’oste – ma in linguaggio “scientifico”…- se il suo vino è buono.
E’ grave, secondo UIL-VVF, Legambiente e WWF, che Università, OGS, Area Science Park e SISSA si siano prestati a questa operazione, inviando i propri rappresentanti a partecipare al “gruppo di lavoro” citato (anche chi, come la SISSA, non dispone di alcuna competenza in merito).
In conclusione è stato annunciato che, nel prossimo futuro, verrà promosso a Trieste un seminario a valenza nazionale sulle tante irregolarità e falsità di cui sono costellati gli studi e le valutazioni ambientali sui progetti di rigassificatori presentati in varie parti d’Italia.
Adriano Bevilacqua UIL-VVF - Lino Santoro LEGAMBIENTE - Dario Predonzan WWF

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 4 dicembre 2010

 

 

8 domande sul futuro di Trieste - Legambiente incontra le forze politiche e sociali della citta’
 

Buona presenza di pubblico alla manifestazione organizzata ieri dal Circolo Verdeazzurro al teatro di san Giovanni, alla quale erano state invitate le forze politiche e sociali per parlare del futuro di Trieste.
L'ambiente e' stato l'argomento principale delle 8 domande che sono state rivolte a Marino Andolina, Roberto Cosolini, a Paolo Menis e Alessandro Metz.
Prima del dibattito, moderato dal presidente del Circolo della Stampa, Roberto Weber, e' stato proiettato il film sul rigassificatore di Zaule realizzato per Legambiente dal prof. Daribor Zupan.
Ha aperto la manifestazione l'intervento di Luciano Ferluga presidente della Pro Loco di San Giovanni-Cologna, segnalando i molti problemi del quartiere ai quali le forze politiche dei vari schieramenti non hanno ancora saputo dare soluzione.
Sulle piste ciclabili si sono dichiarati tutti favorevoli anzi, Andolina ha dichiarato di voler modificare la viabilita’ delle rive in tal senso.
Pieno accordo anche sulla raccolta differenziata porta a porta che e’ l’unico sistema che potrebbe garantire il raggiungimento di quel 65 % previsto dall’Unione Europea per il 2012.

Tutti hanno sottolineato la necessità di migliorare da subito i collegamenti ferroviari con il resto d'Italia e i paesi vicini, utilizzando la rete esistente ma facendo pesare Trieste e la Regione nei confronti di Trenitalia, che sta interrompendo tutti i collegamenti sia per la lunga distanza che per i pendolari.
Contrarieta' unanime ai progetti dei rigassificatori anche se Cosolini ritiene opportuno valutare con attenzione quello off-shore che perlomeno non comporterebbe i problemi legati alla sicurezza.

Sulla Ferriera Metz ha dichiarato con fermezza l’esigenza di chiusura immediata mentre gli altri si sono espressi per l’avvio di un accordo programmatico sull’esempio di Cornigliano, doverosamente preceduto da un iter partecipativo.

Antonio Saulle della FIOM-CGIL ha ribadito la posizione del sindacato di mettere al primo posto la salute ma ha pure riaffermato l’esigenza di ricollocare i dipendenti della Ferriera.
Livio Sirovich dell'OGS ha sottolineato l’esigenza di coinvolgere i cittadini sulle scelte che possono compromettere l’ambiente, nel rispetto di quanto previsto da Agenda 21.
Dario Predonzan del WWF, a proposito del piano regolatore, ha chiesto il nome del prossimo assessore all’edilizia, con chiaro riferimento a quanto fatto dal sindaco Illy.
Sono inoltre intervenuti Roberto Jodice di Area Science Park, Luciana Boschin di Italia Nostra, Alda Sancin del Comitato No Smog, Annamaria Mozzi del Coordinamento Piuverdemenocemento, Tiziana Cimolino del Forum per l'Acqua Pubblica e altri esponenti di comitati e cittadini interessati alle questioni ambientali della nostra citta'.
Il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, ha concluso la manifestazione ribadendo la necessita’ di incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili mentre purtroppo il governo sta pensando di ridurre  il rimborso del 55% prolungandolo a 10 anni e nel contempo pianifica la realizzazione di 4 o 5 centrali nucleari in controtendenza con il resto del mondo. Sarebbero invece da eliminare gli incentivi anomali del CIP6 che premiano anche la produzione di energia degli inceneritori, delle raffinerie e della stessa ferriera, sottraendo risorse alle fonti alternative. Oggi ci troviamo di fronte a una priorità indiscutibile: i cambiamenti climatici. Questi si possono contrastare solo con l’efficienza energetica e con le rinnovabili. Tramite questa battaglia si raggiunge anche il doppio risultato di dare una buona risposta alla crisi economica, non solo per le nuove filiere industriali, ma anche per ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento energetico. La partita delle rinnovabili ha bisogno, oltre che di regole certe, di una visione strategica per il futuro del Paese. Ridurre le emissioni e la dipendenza energetica, favorire lo sviluppo di un’economia a basse emissioni di CO2, sostenere la diffusione di stili di vita, personali e collettivi, a zero emissioni, nei trasporti e nell’edilizia, investire nella ricerca di tecnologie sempre più avanzate sia per l’efficienza energetica che per la produzione di energia rinnovabile, rappresentano la risposta più intelligente e più efficace per contrastare i cambiamenti climatici e per rispondere alla crisi economica. Tutto ciò passa obbligatoriamente attraverso la generazione distribuita sul territorio, che vuol dire eliminazione delle megacentrali, vicinanza tra luogo della produzione e luogo del consumo di energia, massima flessibilità e articolazione nell’approvvigionamento energetico a seconda delle caratteristiche del territorio. Senza tutto ciò anche la battaglia contro il nucleare diventa meno credibile.
Occorre superare il fabbisogno dei combustibili fossili quali petrolio, carbone e gas che, comunque, rimane una fonte di energia meno inquinante delle altre ed e’ assolutamente preferibile alla follia del nucleare. In Italia sarebbero necessari al massimo 4 o 5 rigassificatori e non i 12 che hanno gia’ ottenuto il VIA dal governo. La delibera 178/2005 dell’Autorita’ dell’Energia prevede di finanziare quasi completamente gli eventuali mancati introiti dei rigassificatori. Per questo motivo in Italia ben 15 sono state le richieste di costruzione di questi impianti il cui costo potrebbe esserci imputato in bolletta. Il terminal off-shore avrebbe sicuramente meno problemi di quello di Zaule, magari adottando i piu’ moderni sistemi di rigassificazione a bordo. Trieste ha bisogno di migliorare la visione strategica del proprio futuro. Non si puo’ continuare a vivere alla giornata, affrontando le emergenze solo quando queste si presentano. Nella classifica di Ecosistema Urbano, realizzata annualmente da Legambiente, Trieste e' scesa di ben 18 posizioni a causa del bassa percentuale di raccolta differenziata, al mancato trattamento delle acque reflue e alle perdite nella rete di distribuzione dell'acqua potabile che, unica in tutto il nord Italia, raggiunge il 55 %.

Occorre pianificare meglio lo sviluppo nel rispetto dell’ambiente e del territorio, privilegiando la vocazione mercantile della citta’, del porto, del mondo scientifico. A questo proposito Cogliati Dezza ha sottolineato l’eccellenza del nostro polo scientifico, che e’ stato recentemente premiato da Legambiente. Alla ditta Cimteclab di Padriciano e’ stato infatti assegnato il Premio Innovazione Amica dell’Ambiente 2010 per una scoperta relativa a dei polimeri derivanti da resine dell’anacardo che presentano caratteristiche fisiche migliori di quelle tradizionali derivanti dal petrolio.

Circolo Verdeazzurro LEGAMBIENTE di Trieste
 

 

IL PICCOLO - SABATO, 4 dicembre 2010

 

 

Ferriera in sciopero: « Regione inconcludente trattative per la vendita non trasparenti» - IL CASO PASSA A SEGANTI, BRANDI RIASSUME LE PROSPETTIVE
 

Sul debito Lucchini riunione rinviata
La Ferriera proclama un giorno di sciopero, il 6 dicembre, contro «l’inconcludenza della Regione, che avrebbe dovuto dare una risposta all’eventuale deteriorarsi della situazione di Servola, e invece dallo scorso marzo non ha prodotto assolutamente nulla». Lo ha deciso un’assemblea, anche sulla scorta del fatto che a Roma il tavolo tra ministero dello Sviluppo e proprietà (azionista di maggioranza è l’industriale russo Alexey Mordashov) sulla ristrutturazione del debito del gruppo Lucchini è stato rimandato a gennaio.
Non chiara i sindacati giudicano anche la prospettiva del nuovo acquirente, annunciata dal Comune: «Si parla di trattative riservate, e non giudicabili, non c’è trasparenza» ha detto Stefano Borini, segretario provinciale della Fiom-Cgil. Il sindaco Dipiazza ribatte: «Non bisogna scioperare ora, stiamo lavorando per il futuro di quell’area industriale».
Ma intanto proprio in Regione il caso Ferriera prende nuove strade. La Giunta l’altro giorno ha deciso di affidare la materia all’assessore Federica Seganti, in vista di un gruppo formato da più assessori. La competenza attuale però è di Angela Brandi, succeduta ad Alessia Rosolen dopo le sue polemiche dimissioni. Proprio Rosolen aveva organizzato tavoli di studio e percorsi organizzativi per allestire la chiusura della Ferriera e la ricollocazione dei dipendenti. I quali hanno già fatto un presidio in municipio, e continuano a mandare ultimatum. Adesso, lo sciopero.
Di fronte a ciò proprio ieri Brandi ha emesso una lunga nota, in cui riassume il piano di lavoro allestito per la Ferriera: accordo di programma tra Regione, ministero dello Sviluppo, proprietà, una legge regionale, formazione per chi perde il lavoro,consorzio di soggetti privati e pubblici per indirizzare i lavoratori a bonifiche, logistica, produzione di beni e servizi, cassa integrazione straordinaria, mobilità per un biennio, lavori socialmente utili.
 

 

Uil: nell’area di Servola una centrale per il riciclo
 

Convertire la Ferriera all'attività di riciclo dei materiali. È questa la proposta, non nuova per Trieste, fatta propria ieri dalla Uil provinciale durante una conferenza stampa. Il progetto, frutto dell'esperienza maturata con l'organizzazione del Tavolo tecnico rigassificatori Trieste da Adriano Bevilacqua e Aurora Mischi, ha elaborato una nuova prospettiva di sviluppo industriale capace di tutelare interessi della società civile, lavoratrice e imprenditoriale. «L'area della Ferriera, circa 35mila metri quadrati - ha spiegato Vincenzo Timeo, della segreteria provinciale Uil metalmeccanici - potrebbe ospitare un capannone per operare nel riciclo dei rifiuti. Siamo nella prospettiva della cosiddetta green economy - ha aggiunto - che riguarda la parte secca dei rifiuti e che a Servola potrebbe accogliere come operatori centinaia di persone».
Com'è noto, la chiusura della Ferriera è prevista per il 2015. E «partendo dall'eccellenza del Centro Riciclo di Vedelago, in provincia di Treviso - ha ricordato Adriano Bevilacqua, della Uil dei Vigili del fuoco - la volontà è di proporre un progetto concreto come quello del riciclo. Il materiale che si può ricavare da una lavorazione dei rifiuti rimane oggetto di valore molto richiesto dall'industria. L'impiego della raccolta differenziata è un obbligo di convenienza e organizzazione economica - ha detto Bevilacqua - poiché capace, partendo da investimenti contenuti, di produrre materia prima a costi competitivi e con meccanismi virtuosi d'impatto ambientale».
Franco Palman, delle Rsu, ha evidenziato che non c'è più conflitto fra lavoro e interesse della popolazione a un'atmosfera pulita.

(u. s.)
 

 

Un talk show più che una sfida tra candidati -  Centrosinistra verso il 12 dicembre - PRIMARIE

 

Stravagante incontro tra Cosolini, Andolina e Metz allargato al grillino Menis

Doveva essere il primo confronto pubblico dei tre candidati a sindaco in lizza per le primarie del centrosinistra ed invece si e trasformato in un talk show nostrano modello Ballarò, anche se privo di contraddittorio, con Roberto Weber nei panni di conduttore. Lo spettacolo è andato in scena ieri sera al Teatro dell’oratorio Pio XII di San Giovanni per iniziativa del Circolo Verdazzurro di Legambiente. Il pubblico, accorso in discreto numero, sembra aver gradito la piéce anche se ha rischiato il torcicollo. Il filmato iniziale di Daribor Zupan, dal titolo programmatico ”Il rigassificatore nella valle di Zaule! A chi conviene costruirlo?”, è stato proiettato su una parete laterale.
Otto dovevano essere le domande «per il futuro dei Trieste». Cinque sono quelle che Weber, da sondaggista navigato, ha consentito rimediando poi alla meglio a un pasticciaccio organizzativo di Legambiente. Il presidente del circolo della stampa, con fare teatrale, ha chiamato al tavolo i «candidati alla carica di sindaco (così si sono materializzati d’incanto Roberto Cosolini, Marino Andolina, Alessandro Metz, tutti di centrosinistra) e altri esponenti politici che partecipano alla competizione politica» (così l’incontro si è allargato alla stravagante presenza di Paolo Menis, portavoce della Lista Civica 5 Stelle che fa riferimento a Beppe Grillo). Weber, tanto per giustificare l’improbabile campione del suo sondaggio, ha garantito che se «anche non c’era nessuno di centrodestra, erano stati comunque invitati». E poi via alle cinque domande (tutte di carattere ambientale in omaggio agli organizzatori) che hanno registrato tre «sì» unanimi alle piste ciclabili, alla raccolta differenziata porta a porta, alla chiusura della Ferriera e due «no», ugualmente unanimi, alla Tav sotterranea e al rigassificatore di Zaule. Perfetto assist per la battuta di Andolina: «Siamo tre sindaci al prezzo di uno. Menis non conta»
E se qualche distinguo c’è stato, è stato di lieve entità. «Il no allo stato attuale» al rigassificatore di Cosolini è diventato immediatamente. a seguito di alcuni malumori in sala, un «no e basta». Da apprezzare anche l’onestà del pediatra comunista prestato alla politica Andolina, che sui fondi per le piste ciclabili ha ammesso di «non aver studiato la materia». E per farsi perdonare ha garantito che rimetterà mano «all’autostrada creata da Dipiazza difronte a piazza Unità».
C’è stata anche l’ammissione (con l’eccezione di Metz che l’ha definita «un cancro che è entrato in metastasi») che il sì alla chiusura della Ferriera non è nient’altro che una bella intenzione. «La Ferriera - spiega Cosolini - è stato chiusa in campagna elettorale due volte di seguito da Dipiazza e una volta da Tondo. Ed è ancora lì che funziona». «Se vi dico che chiudo la Ferriera non mi dovete credere» ha dichiarato Andolina allineandosi al «compagno» (così l’ha definito) Cosolini. E Menis? Il grillino, realistica e operaista, si è dichiarato contrario alla chiusura della Ferriera «senza una riconversione che dia una risposta ai lavoratori». «Che non possono essere impegati come guardiani del parco del mare di Paoletti (copyright Cosolini) e «neppure per sopperire alla mancanza di infermieri» (copyright Andolina).
 

 

Rispunta il treno diretto Trieste-Lecce - Il sito Trenitalia consente di prenotare il viaggio. Ma l’aggiornamento procede a singhiozzo
 

VERSO IL NUOVO ORARIO INVERNALE
TRIESTE Il sito di Trenitalia, seppure a singhiozzo, si aggiorna. A otto giorno dal cambio di orario, entrano nelle pagine on-line della compagnia ferroviaria, un po’ alla volta, tutti i treni previsti per il prossimo inverno. E spunta, in particolare, il Trieste-Lecce delle 19.46, un collegamento diretto che la stessa Trenitalia, attraverso l’ufficio stampa, aveva in un primo momento definito «sotto osservazione», come tutti quelli a contratto di servizio con il ministero. Non ci sono tutti i treni, non ancora, ma l’indirizzo www.trenitalia.it risponde finalmente con maggiore completezza. Dopo il 12 dicembre, giorno del cambio di orario, si contano per esempio i 33 Trieste-Mestre attualmente in servizio, dunque confermati, così come i 14 Trieste-Roma.
Ridotto di un’unità, invece, l’elenco delle corse dal capoluogo regionale verso Milano. Rispetto agli attuali 11 collegamenti, si possono prenotare 10 treni. Manca (perché tagliata o ancora da inserire nel sito?) la partenza delle 15.44 con cambio a Mestre alle 17.37 e arrivo a Milano alle 20.25.
A comparire c’è anche l’unico diretto Trieste-Lecce: partenza alle 19.46 e arrivo nel capoluogo pugliese alle 9 del mattino successivo. Una buona notizia per la comunità pugliese di Trieste che, con Mimmo Salvadorba portavoce, aveva segnalato l’opportunità di mantenere in vita un collegamento che riduce le distanze da Nord a Sud e non impone l’obbligo di cambiare ripetutamente in un viaggio comunque giù faticoso. Nulla da fare, invece, per il Trieste-Napoli delle 7.04 con la necessità, tra una settimana, di dover cambiare o a Bologna (e una durata del viaggio di 9 ore e 6 minuti) oppure due volte, a Mestre e Roma, e un arrivo anticipato di un’ora. Con tanto di tariffa più che raddoppiata: 85,50 euro in prima classe e 62 euro in seconda.

(m.b.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 3 dicembre 2010

 

 

Il sindaco: potremmo smaltire qui i rifiuti di Napoli - «Decide la Regione, ma la spazzatura del Sud non è diversa». Il no della Lega: scenderemo in piazza
 

Trieste oggi non è pronta, ma potrebbe esserlo nel nuovo anno. Per accogliere parte dei rifiuti di Napoli, dando così il proprio contributo al Paese nel fronteggiare l’emergenza campana. Roberto Dipiazza non chiude la porta all’ipotesi, dunque, forte di quel termovalorizzatore che andrebbe a bruciare anche le nuove immondizie in entrata generando energia.
Quantità, modalità di trasporto, eventuali dettagli economici della possibile operazione ancora mancano. Perché, come spiega il sindaco stesso, «non c’è alcun accordo. E poi sono le Regioni a decidere. In ogni caso, in questo momento non potremmo perché una linea del termovalorizzatore è attualmente in manutenzione». Ergo, ad oggi, di spazio libero non ce n’è. «Stiamo bruciando 10mila tonnellate di rifiuti in arrivo da Udine, oltre a quelli di Trieste e di Gorizia. Per il prossimo anno vedremo - apre Dipiazza, sistemandosi sulla stessa posizione rispetto a quanto già affermato dal presidente della Regione Renzo Tondo -. Anche perché che differenza fa se la spazzatura arriva da Trieste, Gorizia, Udine, Torino o Napoli? È diversa? Basta con queste bassezze di contenuti».
Un messaggio, quello del sindaco, cui forse può essere data anche una lettura politica. Dipiazza, come noto, concluderà il proprio mandato da sindaco la prossima primavera e il suo futuro politico resta un rebus: lui vorrebbe sedersi al vertice dell’Autorità portuale, per cui però l’indicazione ministeriale ha assegnato la pole position a Marina Monassi nell’attesa che sia Renzo Tondo a pronunciarsi. Il sindaco non si sente ancora tagliato fuori, e dunque qualche messaggio implicito - nel caso, di disponibilità sul tema rifiuti - fino a Roma lo manda, considerato poi che se il suo futuro non dovesse fare rima con il Porto, proprio quel messaggio potrebbe, chissà, aprirgli i portoni romani con un ruolo da sottosegretario.
Ma l’apertura del sindaco non piace a tutti. Per la Lega Nord, il più fedele alleato del Pdl, che pure a Trieste sposa la linea adottata in Veneto e dal proprio vertice regionale, si tratta di un boccone difficile da digerire. Nonostante i tentativi di mediazione di Dipiazza: «Il sindaco mi ha chiamato - rivela Maurizio Ferrara, capogruppo padano in Consiglio comunale ed ex numero uno della Lista Dipiazza nell’aula del Municipio - domandandomi se vi fosse la disponibilità a fare un passo indietro come Lega. Gli ho risposto di no. E sappia che se accetterà le immondizie di Napoli, posto che il vicepresidente della Regione Luca Ciriani gli ha chiesto un parere, perderà l’appoggio del Carroccio in Comune».
Il gruppo leghista in Consiglio regionale ha presentato una mozione per impegnare la giunta regionale «a dichiarare l’indisponibilità del Friuli Venezia Giulia ad accogliere i rifiuti campani». Ordini del giorno sullo stesso tema verranno presentati nei Consigli comunali e provinciali dagli esponenti della Lega e il partito si attiverà anche per raccogliere firme a favore di una petizione popolare. E se il lavoro nelle istituzioni non basterà, spiega il capogruppo Danilo Narduzzi, «scenderemo in piazza davanti alla sede della Regione». I rappresentanti della Lega sperano «che il presidente Tondo sappia cogliere il sentimento popolare. I sondaggi dicono che l’87% dei cittadini della regione sono contrari a bruciare i rifiuti di Napoli in Friuli Venezia Giulia». Per Narduzzi quella napoletana «non è un’emergenza ma una situazione che si protrae da anni in un settore, quello dei rifiuti, che è tra i più facilmente programmabili». E non si tratta di uno scontro Nord contro Sud, sottolinea: «A Salerno hanno affrontato bene la questione con la raccolta differenziata. E anche l’area vesuviana è contraria a ricevere l’immondizia di Napoli». La mozione verrà discussa a metà gennaio in Consiglio regionale visto che la Conferenza dei capigruppo non ha accordato l’urgenza, negando quindi il dibattito già a dicembre: «La vecchia partitocrazia è rinata - commenta a riguardo Narduzzi -. Ex Dc, Msi e Pci hanno creato un asse che vuole aprire la strada alle immondizie napoletane». A favore dell’urgenza si erano espressi Idv e Gruppo Misto. Per il deputato leghista Massimiliano Fedriga «non si può nuovamente chiedere a giuliani e friulani di portarsi a casa le immondizie dei napoletani. Non siamo stati noi a votare Bassolino e Jervolino, quindi non possiamo essere noi a pagarne le conseguenze».
(ha collaborato Roberto Urizio)
MATTEO UNTERWEGER
 

 

«Golfo di Trieste L’intero sistema si è impoverito» - METEO E AMBIENTE: CONVEGNO
 

«Con il passare degli anni questa parte di Adriatico si è gradatamente impoverita, l'intero sistema è diventato meno trofico. A causa dei cambiamenti climatici è cambiata la modalità e l'intensità delle precipitazioni, e con esse l'apporto di acque dolci fluviali in questa parte di mare». Così Michele Giani, chimico del Dipartimento di oceanografia biologica, commenta un dato che è alla base del convegno "Variazioni temporali e tendenze nelle caratteristiche meteorologiche e oceanografiche dell'Adriatico settentrionale: la situazione nel Golfo di Trieste" organizzato dall'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale - Ogs, in collaborazione con l'Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) e con la Regione.
Il convegno, iniziato ieri, si chiuderà oggi. Vi partecipano esperti e agenzie per l'ambiente di Veneto, Emilia Romagna e delle repubbliche di Slovenia e Croazia, oltre a studiosi dell'Ogs, dell'Università, del Cnr e dell'Arpa. L’obiettivo è riassumere e discutere ricerche e studi sull'Alto Adriatico condotti su scale temporali che variano da 10 a 170 anni. I dati raccolti dai diversi istituti, anche stranieri - tra cui la Stazione di biologia marina di Pirano, e il Centro per le ricerche marine Rudjer Boškovic di Rovigno, formano "serie storiche di rilievo". Uniche in Italia e significative anche come modello di comparazione per il resto del mondo.
Tra gli interventi di ieri quello di Iginio Marson, presidente di Ogs, che ha auspicato il proseguire dei monitoraggi e delle analisi, perché «interrompere una serie temporale importante come quelle di cui sentiremo parlare oggi, significa sprecare anni di lavoro e di competenze».
 

 

Metz sceglie la Stazione: Trieste isolata, ripartiamo - IL CANDIDATO DI PROGETTO COMUNE
 

Ha scelto l’atrio della stazione dei treni Alessandro Metz per illustrare ”Progetto Comune” per Trieste, che lo appoggia alle primarie di coalizione del centrosinistra per il candidato a sindaco. «Abbiamo scelto volutamente l’atrio della stazione - spiega Metz - Oggi Trieste vive un isolamento ben rappresentato dall’assenza di collegamenti, di tagli ai treni. La città vive in asfissia, non esistono progetti di governo, una cultura di sviluppo. Dorme in una lenta agonia». Parole dure che chiedono però alla città di mobilitarsi, ma la stazione, dice Metz, è anche il luogo della ri-partenza: «Ci deve essere un avvio nuovo e un futuro diverso per la città. Il nostro gruppo è formato da persone diverse, con esperienze diverse». Fra i promotori ieri presenti i giornalisti Pierluigi Sabatti e Elisabetta D’Erme, l’attore Alessandro Mizzi, il libraio Alberto Volpi, Marino Vocci, Alfredo racovelli, il ricercatore Luca Tornatore. «Persone diverse con diverse esperienze e vissuti - dice Metz - che hanno deciso di aderire in questo momento portando le loro idee e competenze». Persone diverse come i tre candidati alle primarie (oltre a Metz, Marino Andolina e Roberto Cosolini) che, assieme al grillino Paolo Menis, oggi alle 17.30 al teatro di San Giovanni dell’oratorio Pio XII in via San Cilino 101 partteciperanno alle ”Otto domande per il futuro di Trieste” promosso da Legambiente.

(i.gh)
 

 

Pd: «Bisogna chiedere a Roma i soldi tagliati al volontariato»
 

Il Comune, in particolare nella persona del sindaco, Roberto Dipiazza, deve rivolgersi al Governo nazionale «affinché la legge di stabilità sia modificata, per ripristinare le risorse originarie destinate al terzo settore con il 5 per 1000». Va in questa direzione l’appello lanciato ieri dal candidato sindaco del Pd, Roberto Cosolini, e dal consigliere comunale dello stesso partito, Tarcisio Barbo. «Se la manovra di cui chiediamo la correzione l’avesse fatta un privato – ha detto Cosolini - si chiamerebbe appropriazione indebita, perché il governo ha alterato le regole dopo che il gioco è già iniziato. In realtà – ha aggiunto - questa è macelleria sociale, perché si applica il principio: chi è forte regge, chi non c'e la fa muoia pure. Invece la società in un contesto corretto di solidarietà – ha sottolineato il candidato sindaco del Pd - deve provvedere proprio a chi non ce la fa. È gravissimo – ha concluso - che l'amministrazione comunale non capisca che questo è un problema, non un affare della sinistra».
«Oggi siamo qui – ha detto Barbo - perché vorremmo che tutti i Comuni italiani prendessero posizione contro questa politica scellerata a livello nazionale. Cosa farà fra un anno il Comune – si è chiesto il consigliere comunale del Pd - in assenza della indispensabile collaborazione delle associazioni di volontariato sociale? Il loro ruolo – ha evidenziato – è determinante. Senza la loro presenza sul territorio, anche le attività in convenzione con l’amministrazione comunale possono essere messe in discussione». (u. s.)
 

 

«Il Corridoio 23 arrivi a Trieste» - L’ASSESSORE RICCARDI
 

TRIESTE Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Veneto chiedono all'Unione europea il prolungamento del Progetto prioritario ferroviario del Corridoio 23 fino ai porti di Trieste e Monfalcone, Venezia e Ravenna.
In un incontro svoltosi a Bruxelles, gli assessori regionali Riccardi (Friuli Venezia Giulia) e Peri (Emilia Romagna) e il responsabile diplomatico veneto Beltrame, l'europarlamentare Cancian (Pdl), Carinzia e Stiria, i vertici delle Ferrovie di Italia e Austria hanno incontrato su questo tema il presidente della commissione Trasporti Ue, Brian Simpson. Al rappresentante delle istituzioni europee è stato chiesto di rinnovare con la firma dei ministri dei Trasporti di Italia e Austria la «lettera d'intenti» siglata nell'ottobre 2006 assieme a Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca, e di riproporre l'esigenza dell'estensione verso l'Adriatico del Progetto prioritario ferroviario 23, disegnato dalle autorità di Bruxelles dai porti del Baltico sino a Vienna e Bratislava.
Per Riccardi «vi sono un paio di mesi per far inserire il Baltico-Adriatico tra i progetti prioritari Ue, per puntare alla realizzazione del Corridoio dei due mari della nuova Europa. Ciò non significa escludere altre nazioni, in quanto un asse che dall'Austria scenda verso il Nord-Est italiano e Bologna può puntare direttamente a collegare non solo i porti di Ravenna, Venezia e Trieste ma anche quelli di Capodistria e, in prospettiva di Fiume, prossimo partner comunitario».
 

 

SEGNALAZIONI - Pendolari trascurati
 

Sono una pendolare della tratta Palmanova – Trieste e mi ritrovo a richiedere l’attenzione dell’assessore regionale Riccardi per segnalare l’ennesima soppressione del treno R2860 Trieste– (Monfalcone–Cervignano A.G.–Palmanova) – Udine delle ore 14:11.
La informo che detto treno viene soppresso con frequenza tale da costringere l’utente a verificarne l’attuazione sul sito di Trenitalia fino a poco prima della partenza. Poi succede che il sito non segnali la soppressione e l’utente si ritrova in stazione con comunicazioni di ritardo di 10 minuti, ... 20 minuti, ...30 minuti, ... treno soppresso!
E’ in questa situazione che mi sono trovata, per l’ennesima volta, il giorno 30.11.2010, insieme a diversi dipendenti Trenitalia i quali non sapevano neppure loro i motivi del ritardo/soppressione.
Tenga presente che ciò, oltre che un disservizio, implica un danno diretto sia in termini di orario di lavoro degli utenti lavoratori, nonché in relazione alle mancate coincidenze con altri servizi pubblici e conseguente ricorso ai mezzi privati.
Rilevo, per quanto a mia conoscenza, che a luglio 2010 le soppressioni del treno R2860 erano motivate con la manutenzione e la scarsità di materiale rotabile a disposizione; successivamente le soppressioni sono continuate nelle giornate di venerdì 5, martedì 9 e mercoledì 10 novembre 2010, ma ora quali «scuse» ci sono?
Il servizio ferroviario – che la Regione Fvg finanzia – lascia a desiderare, si sa: i pendolari formano comitati, ma che peso hanno? Trenitalia fornisce un modulo di reclamo, incoraggia la raccolta firme, ma a che pro?
Caro Assessore, è giusto che la Politica dei trasporti si rivolga a grandi progetti per il futuro di questo Paese (la Tav, la metropolitana leggera, di cui in questi giorni circolano sui treni i questionari del progetto Adria-A), ma è anche intenzionata a gestire l’ordinario?
L’inefficienza di un servizio ordinario al cittadino è un problema per la Politica?
Mi chiedo quali siano le forme di controllo che la Regione Fvg attua su una Società, Trenitalia, che mi pare sia tenuta a fornire con continuità e puntualità dei servizi finanziati anche dalla Regione.
Nel caso la Regione sia impotente, la prego, me lo dica con chiarezza; avrò la misura di quanto pesa un comitato di cittadini.
Nelly Zanette

 

 

SEGNALAZIONI - Treni e ambiente
 

Continuo a leggere sui giornali lettere ed articoli di protesta contro le ferrovie italiane per i frequenti disservizi ed i tagli ai collegamenti locali, interregionali ed internazionali. Recentemente ho fatto un lungo viaggio in treno, e sul retro del biglietto ferroviario ho trovato un messaggio scritto in verde che diceva quanto segue.
«Complimenti, con la scelta del treno hai contribuito a risparmiare al pianeta emissioni di CO2!»
Seguiva un diagramma esplicativo che illustrava la differenza di emissioni dei chilogrammi di anidride carbonica pro capite nel caso di un viaggio in automobile, in aereo ed in treno. Per esempio, nella tratta Roma-Venezia chi viaggia in aereo provoca l’emissione di 104 kg di CO2, chi viaggia in automobile 54 e quelli che prendono il treno solo 26. Questi almeno i dati dell’ENEA riferiti al 2008. Quelli attuali saranno senz’altro peggiori.
Ora, leggendo questi dati è chiaro che quelli che utilizzano l’automobile e l’aereo per il loro spostamenti sono dei criminali che contribuiscono ad avvelenare il pianeta, mentre quelli che prendono il treno dovrebbero essere dei benemeriti della società.
Ma se le cose stanno così, perché la direzione delle ferrovie italiane privatizzate insiste a peggiorare continuamente la qualità dei viaggi in treno, tanto da spingere sempre una maggiore quantità di viaggiatori a preferire l’automobile e l’aereo per i loro spostamenti? Mi sembra ridicolo stampare dei messaggi ecologici ed ambientalisti sul retro dei biglietti ferroviari, se poi non si agisce di conseguenza. E’ una contraddizione schizofrenica che non riesco a spiegarmi, ma forse qualche funzionario delle ferrovie ci riuscirà.
Gianni Ursini
 

 

SEGNALAZIONI - Prenotazioni impossibili
 

La Puglia è più lontana ma anche Trieste non scherza. Sono un pugliese che da 8 anni vive in questa meravigliosa città e da pochi giorni un inquietante interrogativo mi attanaglia la mente. Sono andato in stazione due giorni fa come di solito a prenotare l'intercity per andare in Puglia e per passare le festività natalizie e ho avuto un amara sorpresa: non è possibile effettuare prenotazioni per l'ICNotte Trieste - Lecce delle 19.46 prima del nuovo orario cioè il 12 dicembre. In realtà poi scopro che dopo il 13 i treni che ci devono essere ci sono già: è l'ICnotte che parte da Trieste alle 19.46 che non c'è più. Sono disperato, la Puglia è diventata lontanissima e anche Trieste non scherza. In otto anni una sola volta ho viaggiato di giorno perchè farlo vuol dire fare 2 o 3 cambi e allungare il viaggio da 10 a 14 ore oltre l'aumento esponenziale del biglietto. Questo prospetta il calendario dopo il 12 dicembre nella migliore delle ipotesi bisogna fare uno cambio a Mestre per raggiungere un IC a Bologna ma cosa ancor più tragica molti treni ti portano a Milano per poi convergere sulla Puglia allungando inesorabilmente le distanze oltre che raddoppiare da 48 euro del vecchio biglietto per San Severo fino a 100 euro dei viaggi misti con inter city e frecce bianche.
Presto fatto non vorrei fasciarmi la testa prima del trauma ma in questo modo credo che tutti coloro che viaggiano da anni su questa linea subiranno un notevole disguido non solo economico ma soprattutto fisico perchè arrivare a Lecce con questi collegamenti ed eliminare il sempre utile IC Trieste - Lecce vuol dire rendere faticosissimo il viaggio e lontanissima quella regione anche di quattro o cinque ore in più di viaggio. Pensiamo a quanti soprattutto anziani non saranno in grado di sostenere la fatica di fare i cambi a Bologna a Mestre o nella peggiore delle ipotesi a Milano. Attenzione se perdiamo l' ICnotte Trieste Lecce l'Italia si allontana e anche Trieste non è più cosi vicina
Un pugliese innamorato di Trieste.
Mimmo Salvadorba

 

 

INVITO NE NOMISMA ENERGIA - Rigassificatori: impatto sociale e sicurezza

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 dicembre 2010

 

 

«Rigassificatore, annientato l’ecosistema del golfo» - Uno studio di cinque docenti: con l’impianto sottratti ogni anno 1451 ettari di habitat marino
 

Si tratterebbe di 1.451 ettari di habitat marino sottratti ogni anno all'ecosistema del golfo di Trieste, con una perdita economica compresa fra i 3.270.329 e i 5.271.120 euro, nei settori della pesca, dei processi di auto depurazione e del turismo subacqueo.
Queste le conseguenze della realizzazione del rigassificatore di Zaule da parte di Gas Natural, in base a uno studio compiuto da Donatella Del Piero, docente di Biologia marina, Ranieri Urbani della facoltà di Chimica, Marina Zweyer della Facoltà di Medicina dell’Università cittadina, e da Marina Cabrini dell’Ogs e Carlo Franzosini della Riserva marina di Miramare, con l'approvazione del Tavolo tecnico rigassificatori Trieste.
«Una cospicua parte del danno ambientale - è stato detto - sarà dovuta all'utilizzo di acqua di mare, in un anno dai due ai tre ricircoli di quella presente nella baia di Muggia e circa il 4-5 per cento dell'intero bacino del golfo di Trieste, il cui ricambio idrico è inferiore rispetto ad altre località che ospitano simili impianti, come Barcellona e Tokyo. La combinazione di cloro, utilizzato per impedire l'intasamento delle tubazioni da parte di organismi marini, lo shock termico e lo stress meccanico, rappresentato dal passaggio attraverso le pompe - hanno aggiunto - comporterebbe una sostanziale sterilizzazione e la denaturazione di quanto presente nelle acque marine. Tutto questo - hanno sottolineato - non appare nelle relazioni di Gas Natural».
In base agli studi fatti, «tutto quello che sarà introdotto nell'impianto sarà poi espulso in una forma quasi sterile, con l'annientamento di gran parte delle forme di vita presenti, l'ossidazione dei sali minerali cosiddetti nutrienti e la restituzione di sostanze chimiche tossiche. Così come per gli aspetti di sicurezza antropico-industriale, più volte evidenziati negli scorsi mesi dallo stesso Tavolo tecnico - hanno concluso - anche riguardo gli studi di impatto ambientale, il progetto di Gas Natural si dimostra incompleto e inadeguato».

(u. s.)
 

 

Lucchini entro l’anno ristruttura il debito
 

ROMA Entro la fine dell'anno potrebbe essere firmato l'accordo preliminare tra Gruppo Lucchini e banche per la ristrutturazione del debito da 770 milioni. È stata l'azienda, tramite l'ad Marcello Calcagni, a confermare gli sviluppi della trattativa tra gli azionisti del gruppo siderurgico e gli istituti di credito, nel corso del vertice convocato al ministero dello Sviluppo economico. Il Gruppo Lucchini, le cui quote sono detenute per il 50,8% da una società controllata da Alexey Mordashov e per il restante 49,2% dalla russa Severstal, ha cinque siti produttivi in Italia, oltre ai presidi francesi della Ascometal. Gli azionisti hanno presentato un nuovo piano di ristrutturazione del debito, a cui le banche hanno risposto in modo immediato formulando una controproposta. Mordashov avrebbe proposto alle banche la cessione del 30% di Lucchini in cambio di un abbattimento del debito di 200 milioni.
 

 

Treni-traghetto, Arenaways sbarca in città - La spa al posto di Trenitalia nella gestione del collegamento stagionale con la Germania
 

La società ha lanciato a metà novembre la linea low cost tra Torino e Milano
Arenaways sbarca a Trieste. La piccola Spa dei trasporti di stanza ad Alessandria - adesso sulla bocca di tutti per aver osato lanciare la sfida al gigante Fs, col debutto a metà novembre della linea low cost Torino-Milano - si è presa infatti uno dei servizi più in vista, nel panorama ferroviario locale, finora nelle possenti mani di Trenitalia. Si tratta della partnership con la compagnia di bandiera tedesca Deutsche Bahn DB per il viaggio di andata e ritorno da aprile ad ottobre dei vagoni-ferry - quelli con le auto imbarcate come su un traghetto - tra la nostra città e importanti hub della Germania centro-settentrionle: Berlino, Dusserdolf, Amburgo e Francoforte.
IL SERVIZIO Un collegamento col Nord-Europa, questo, sperimentato già a suo tempo a Verona e Bolzano, ma che fino a due anni fa non aveva toccato l’estremo Nord-Est: la rotta su Trieste è stata introdotta nel 2009 a chiusura di una trattativa tra la stessa DB e la Regione, che ci aveva messo del suo anche sotto forma di euro: 120mila, si era detto all’epoca, soltanto per adeguare - con una nuova rampa per lo sbarco e imbarco delle auto dai vagoni - la stazione centrale in prossimità del binario 1, lato via Flavio Gioia. Obiettivo: fare di Trieste il centro d’attrazione e allo stesso tempo di smistamento per tutto il Friuli Venezia Giulia - dalle spiagge di Grado ai monti di Tarvisio - di 18mila turisti a stagione, interpreti del turismo ecosostenibile, ”fai da te” con auto propria e quindi no stress. Un turismo di cui in Germania, ma anche in Benelux e Scandinavia, sono forti consumatori.
IL CONTRATTO Ebbene, per due stagioni la quota di lavoro su versante italiano - la messa a disposizione del locomotore da Tarvisio a Trieste e da Trieste a Tarvisio, nonché tutti i servizi logistici di imbarco e sbarco check in compreso - l’ha onorata proprio Trenitalia. D’ora in poi, però, forza del mercato e della liberalizzazione, a farlo sarà il primo concorrente del colosso di Stato. Cioè Arena.
IL SEGNALE La svolta, freschissima, è riuscita a rimanere avvolta per un po’ nel più assoluto silenzio. I primi indizi che qualcosa stava cambiando sono venuti a galla in questi giorni, casualmente, quando davanti ai binari 1 e 2, là dove risultano esserci alcuni vani adibiti ad uffici di assistenza ai viaggiatori, è sparita l’insegna ”DB” - quella di Deutsche Bahn, dietro la quale si andavano a chiedere informazioni e si facevano i check in - sostituita da ”Sala blu”, dedicata all’assistenza disabili. Motivo: l’info point è stato dichiarato decaduto perché il servizio stesso, per quanto di competenza di Trenitalia, è decaduto. Passato appunto a un’altra società. Quel front office dovrebbe essere spostato altrove, forse vicino al Silos. O forse sarà ”volante”, con gli operatori tra le macchine in fila, come accade per imbarcarsi su diversi traghetti.
LA CONFERMA La conferma - che si può definire già ufficiale - che quell’”altra società” è proprio Arenaways viene dal sito di quest’ultima, dove si legge che «al terminal di Alessandria (lo scalo del Nord-Ovest già coperto da Arena per i treni-traghetto da e per la Germania ma anche da e per l’Olanda, ndr) si aggiungerà l’hub di Trieste, che permetterà di collegare il Nord-Est con sei treni a settimana, con destinazione Berlino, Dusserdolf, Amburgo e Francoforte». Un treno al giorno, insomma, fra aprile e ottobre. Quanto costerà? Che orari avrà. Qui internet frena: «I dettagli della nuova offerta verranno presentati ufficialmente nelle settimane prossime». Il management di Arenaways - contattato tramite l’ufficio stampa, ma impegnato in queste ore proprio in Germania - assicura disponibilità, nei giorni a venire, a spiegare l’operazione Trieste. Intanto, per ribadire che fa sul serio, dirama un comunicato dove comunica che «nella tarda serata di ieri (martedì, ndr) il Cda ha deliberato l’aumento di capitale da 2 a 5 milioni». E ciò «nonostante i numerosi ostacoli posti finora da chi non vuole la “scomoda concorrenza”».
PIERO RAUBER
 

 

SEGNALAZIONI - Esiste anche il mini-eolico a impatto zero
 

Ho letto con molta attenzione l’articolo del sig. Pagan in merito al convegno dell’Unione meteorologica Friuli V. Giulia di Marano di sabato scorso. Trattasi di una simpatica sintesi dove e indubbio interessante poter pensare agli imperatori romani d’Oriente e Occidente sorpresi dall’improvviso arrivo della «bora» che non conoscevano ed è anche sintesi in merito alla negatività del vento sul nostro territorio per l’impiego dell’energia eolica.
Non esistono soltanto le grandi pale antiestetiche, rumorose e turbative dell’ambiente. Come ebbi a dire a detto convegno trovando interesse d’ascolto esiste anche il mini-eolico. Sono delle pale di poco ingombro che variano in altezza secondo necessità (da 1 m a 10) e possono produrre 1 kW/ora con venti che vanno dai 20 a 60 km/ora. Il loro costo è limitato (vi sono anche gli incentivi Gse) e possono essere impiegate su tutta la costa da Muggia a Grado e Lignano, utilizzate dove sono costanti i venti di brezza con vantaggi economici e anti inquinanti, da privati, alberghi, campeggi e porti turistici.
«Pramac», ditta produttrice, è su tutti i siti internet e una fitta rete capillare può dare informazioni a chiunque ne facesse richiesta. La presente segnalazione è solo un’informazione utile a chiunque voglia avere energia propria, senza inquinamento e naturalmente anche a quanti come il meteo Fvg o il sig. Pagan, Comune, Regione, Provincia ne desiderino corretta informazione.
Antonino Floramo
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 1 dicembre 2010

 

 

Progetto di "Terminale di Ricezione e Rigassificazione GNL Zaule (TS)-Gas Natural”
 

Punti critici degli studi riguardanti l'impatto ambientale in acque marine - Conferenza Stampa 1 Dicembre 2010 c/o Caffè degli Specchi, Trieste
Dall’analisi del progetto presentato da Gas Natural, si può evincere con chiarezza che una parte cospicua del danno ambientale sarà dovuta all’utilizzo di acqua di mare: in un anno dai 2 ai 3 ri-circoli di quella presente nella baia di Muggia e circa il 4-5% dell’intero bacino del golfo di Trieste (il cui ricambio idrico è di gran lunga inferiore rispetto ad altre località che ospitano simili impianti, come ad es. Barcellona, Tokyo). La combinazione di cloro, utilizzato per impedire l'intasamento delle tubazioni da parte di organismi marini, lo shock termico e lo stress meccanico (passaggio attraverso le pompe) comporterebbe infatti una sostanziale sterilizzazione e la denaturazione di quanto presente nelle acque marine.
L'attenzione va quindi posta – contrariamente agli studi d'impatto ambientale (SIA) forniti da Gas Natural - non soltanto sugli effetti del cloro residuo, ma sul fatto che tutto quello che verrà introdotto nell'impianto verrà poi espulso in una forma quasi sterile, con l’annientamento di gran parte delle forme di vita presenti, l’ossidazione dei sali minerali cosiddetti “nutrienti” e la restituzione di sostanze chimiche tossiche, in particolare gli alogeno-derivati (trialometani) ed altre, prodotte dalla reazione del cloro con le sostanze organiche.
Gli effetti negativi del permanere dei derivati del cloro nelle acque marine, inoltre, potrebbero essere esaltati dalle particolari condizioni ambientali del golfo di Trieste, che, presentando caratteristiche di marcata fragilità, potrebbe vedere una diminuzione della sua produttività.
In ultimo, procedendo con una quantificazione del danno ambientale dovuto alla sottrazione di habitat e dei relativi servizi ecosistemici, è interessante osservare che, con una sottrazione annuale di 1.451 ettari di habitat marino, calcolando le ripercussioni che essa avrebbe sulle attività di pesca, processi di autodepurazione e turismo subaqueo, la perdita economica annua sarebbe compresa tra i 3.270.329 € e 5.271.120 €. Tali stime non sono menzionate negli studi di impatto ambientale per il terminale di ricezione e rigassificazione di Zaule e quindi non compaiono nelle “passività” del conto economico legato a questo progetto.
Così come per gli aspetti di sicurezza antropico industriale - più volte evidenziati negli scorsi mesi dallo stesso TTRT -, dunque, anche riguardo gli Studi di Impatto Ambientale, il progetto di Gas Natural si dimostra incompleto ed inadeguato.
TAVOLO TECNICO RIGASSIFICATORI TRIESTE
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 dicembre 2010

 

 

«No alla nuova linea dell’inceneritore» - Le associazioni ambientaliste: «Serve una vera raccolta differenziata»
 

No Smog, Uil Vigili del fuoco, Amici del golfo e Legambiente chiedono un’altra strategia
No all’apertura di una nuova linea dell’inceneritore «che porterebbe solo guadagni alla proprietà dell’impianto e a un maggiore inquinamento di cui pagherebbe le conseguenze l’intera popolazione cittadina». Sì alla raccolta differenziata fatta porta a porta. È una posizione molto precisa quella assunta e resa pubblica ieri, nel corso di una conferenza stampa collettiva, da “Amici del golfo”, Legambiente, Uil Vigili del fuoco e associazione “No smog”.
«La raccolta differenziata pubblicizzata in questi giorni – ha detto Adriano Bevilacqua, esponente della Uil Vigili del fuoco – è un paravento per illudere la popolazione, in realtà la spazzatura è una risorsa».
«Le esperienze di raccolta differenziata porta a porta esistono già in tante altre città – ha ricordato Lino Santoro di Legambiente – mentre la proposta per la quarta linea significa andare a raddoppiare il volume delle immondizie trattate, con conseguente inquinamento atmosferico». E ha aggiunto: «I vantaggi sarebbero solo per la proprietà. Speriamo che la prossima giunta comunale – si è augurato - non segua questa linea, perché si potrebbe arrivare a una gara fra cementificio e inceneritore a chi brucia di più».
Alda Sancin, di “No smog”, ha spiegato che «se accanto a tutto quello che già c’è ci mettiamo anche una nuova linea dell’inceneritore, ecco che i cittadini dovranno subire ulteriore inquinamento. Trieste – ha aggiunto – è il fanalino di coda in Regione per raccolta differenziata».
Adriano Tasso, vice della Sancin ha criticato la Regione per «i pochi controlli fatti sulla qualità dell’aria». Giorgio Jercog, degli Amici del golfo, ha infine ribadito la «contrarietà alla quarta linea per accogliere le immondizie delle altre provincie come Gorizia e Udine».

(u. s.)
 

 

Telefonia, cinque siti per nuovi impianti nell’area di S.Dorligo - Dovrebbero sorgere a Sant’Antonio, San Giuseppe, Domio, Caresana e anche a Dolina
 

SAN DORLIGO Cinque aree potrebbero in futuro ospitare degli impianti fissi di telefonia mobile nel territorio di San Dorligo della Valle. Questo il responso dopo il voto da parte del Consiglio comunale sul piano di settore per la localizzazione degli impianti fissi di telefonia mobile.
Se le compagnie telefoniche lo dovessero ritenere necessario queste le zone preferenziali: Sant'Antonio in Bosco (vicino la cava su terreno di proprietà della locale Comunella), San Giuseppe della Chiusa (vicino a Barde su terreno della Comunella), Domio (campo sportivo), Caresana (vicino al cimitero) e Dolina (vicino al cimitero). Luoghi dunque lontani dai centri abitati e di proprietà del Comune o quantomeno delle Comunelle.
Attualmente le antenne presenti sul territorio sono tre: a Pesek, in zona industriale e a Bagnoli.
Il piano comunale delle antenne è stato stilato in seguito alla relazione stipulata dall'architetto Emilio Savonitto, occupatosi già dei territori di Duino Aurisina, Monrupino e Sgonico: un passaggio necessario nel quale comunque sono stati messi sotto tutela ambienti pubblici come scuole ed asili, preferendo la possibile installazione di questi impianti lungo i percorsi dell'alta tensione.

(r.t.)
 

 

Rigassificatore di Veglia, dal governo ultimatum al Consorzio Adria Lng - Nuova gara d’appalto se il gruppo non inizierà la realizzazione
 

VEGLIA La settimana scorsa il governo croato ha lanciato una specie di ultimatum al Consorzio Adria Lng, concessionario per la costruzione e la gestione del futuro rigassificatore a Castelmuschio (Omisalj), nell’Isola di Veglia. «Il governo non ha intenzione di attendere le calende greche prima che il Consorzio internazionale Adria Lng cominci a costruire il terminal metanifero a Veglia – ha dichiarato Darko Horvat, responsabile della Direzione per l’energia al Ministero dell’economia –: se il gruppo concessionario ha perso interesse verso Castelmuschio, l’esecutivo statale s’impegnerà nel fare decadere i diritti di Adria Lng nei confronti dell’ubicazione isolana, scelta dopo una scrematura che aveva riguardato diverse località altoadriatiche.»
«Il rigassificatore isolano - ha concluso - è destinato ad avere un’importanza strategica per i destini energetici della Croazia e pertanto vogliamo che l’intoppo si sblocchi in fretta». Nei mesi scorsi da Adria Lng erano filtrate notizie che parlavano di disimpegno sul megaimpianto, che avrebbe potuto entrare in funzione non prima del 2017. Ecco perciò nuovamente rincorrersi voci che parlano del concreto interessamento del Qatar nei riguardi del rigassificatore quarnerino. Il governo croato non intende sbottonarsi ma fonti vicine all’esecutivo confermano che il Qatar non ha mai mollato la presa e le sue autorità sperano che Zagabria bandisca il concorso internazionale per il nuovo concessionario. Negli ultimi anni, delegazioni di questo ricchissimo Paese mediorientale hanno visitato diverse volte la Croazia e così pure rappresetanze croate hanno fatto tappa in Qatar, il più grande produttore al mondo di gas naturale.
Tra i componenti delle delegazioni croate anche il professor Ivan Milos, del Politecnico di Fiume, membro della sezione per i porti dell’Accademia croata delle Scienze e Arti. «A Doha – così Milos – si è venuti anche all’idea che la Croazia paghi in acqua il metano acquistato dal Qatar. Il progetto potrebbe essere realizzato costruendo al Cantiere Tre Maggio di Fiume apposite navi in grado di trasportare nei propri tanker il metano allo stato liquido e, al ritorno in Qatar, avrebbero a bordo acqua croata». L’idea è ancora al vaglio delle competenti autorità. Si è pensato poi di utilizzare il ghiaccio prodotto dal processo di trasformazione del metano dallo stato liquido a quello gassoso. Al ghiaccio sarebbero interessate armatrici olandesi, intenzionate a mettere in piedi enormi ghiacciaie a Veglia, come pure l’impresa americana ”Atlanta”. Questa ultima avrebbe fatto sapere di volere edificare a Veglia una grande base per la riparazione e revisione di velivoli. Qui avverrebbero test su aerei che sarebbero sottoposti a temperature fino a 127 gradi sottozero, temperature che sarebbero raggiunte grazie al citato ghiaccio avutosi dalla rigassificazione del metano. «Il terminal metanifero potrebbe offrire numerosi posti di lavoro e ricavi importanti – ha concluso Milos – ma serve che sia approntato quanto prima».
ANDREA MARSANICH
 

 

La marea di rifiuti finita sui fondali - Ripuliti Sabbioncello e Meleda ma restano vetri in fondo al mare
 

RAGUSA Nuovo allarme dopo l'eccezionale invasione via mare di rifiuti che una decina di giorni fa ha interessato una vasta area della Dalmazia meridionale, comprendente la penisola di Sabbioncello (Peljesac) e le isole di Meleda (Mljet), Lagosta (Lastovo) e Curzola (Korcula). Stando ai volontari accorsi per risanare una situazione catastrofica, parecchi tratti di fondale a Sabbioncello e Meleda sono ricoperti da pezzi di vetro di bottiglie giunte per lo scirocco e infrantesi sulla costa o a pochi metri da essa.
A dare notizia del pericolo è stato il noto subacqueo croato Kristijan Curavic, presente a Sabbioncello per la ripulitura e feritosi con l'ago di una siringa che gli si è andato a conficcare in un piede. L'incidente gli era capitato mentre stava rimuovendo – con altri volontari – la marea di sacchetti di plastica, serbatoi, carogne di animali e rifiuti di ogni genere andati a spiaggiarsi su ampi tratti costieri. «Siamo riusciti a trasportare via la gran parte delle immondizie, facendo tornare la situazione alla normalità – ha dichiarato –: purtroppo ci siamo accorti che su ampie porzioni di fondale, specie in prossimità della costa, vi sono tantissimi cocci di vetro. Fosse estate, e con bottiglie infrante disseminate a un metro, un metro e mezzo di profondità, si tratterebbe di un grave attentato all'industria turistica». Oltre ai pezzi di vetro, Curavic ha rilevato che i fondali di spiagge e segmenti di costa contengono ancora una gran massa di materiale in plastica, specie bottiglie e serbatoi. Questi ultimi saranno rimossi durante la settimana in corso, mentre per le bottiglie di vetro in frantumi ci vorrà ancora del tempo. Intanto le rimostranze della Croazia (era stato convocato l'ambasciatore albanese a Zagabria, Pellumb Qazimi, per chiedere spiegazioni sull'accaduto) hanno colto nel segno in Albania, Paese dal quale sono arrivate le decine di tonnellate d’immondizia. Il leader degli ecologisti albanesi Lavdosh Ferruni ha dichiarato alla tv tedesca ”Deutsche Welle” che il governo di Tirana ha aperto un'inchiesta per capire come mai tanti rifiuti siano giunti in Croazia e per individuare i responsabili. «La gestione dei rifiuti in Albania non è sicuramente a livello europeo – ha dichiarato l'ambientalista –: i rifiuti sono raccolti e lasciati sulle rive dei fiumi Drin e Buna. Piogge e sciroccate fanno il resto, con il materiale che arriva in mare e viene sospinto verso Nordovest». Concetto ribadito da Ermal Dizdari, portavoce del ministero albanese dell'ambiente: «Vogliamo sapere da quali regioni dell’Albania arrivino i rifiuti, poi non stoccati a dovere».
 

 

SEGNALAZIONI - Il volontariato onlus rischia di chiudere
 

Faccio parte di una associazione di volontariato onlus e mi riferisco al presunto taglio in questa finanziaria del 5x1000 per il 2011. Questo denaro che i cittadini contribuenti evolvono ogni anno compilando la dichiarazione dei redditi è destinato solo e solamente per le varie associazioni di volontariato. Ora per il solito gioco delle scatole cinesi si vuol passare dai 400 milioni di euro all’anno a 100 milioni tagliando quindi il 75% dei contributi, sicuramente è un prendere in giro i cittadini che hanno destinato il 5x1000 a quell’indirizzo. I 300 milioni di euro frutto del taglio del 75% con ogni probabilità il ministro dell’economia Tremonti li indirizzerà verso altri lidi. In questa maniera il Governo darà un ulteriore colpo di grazia alle tantissime associazioni di volontariato italiane che già sopravvivono fra mille difficoltà senza sgravi fiscali di nessun genere ma solo grazie all’importante e indefesso lavoro quotidiano dei propri volontari. Un esempio di sopravvivenza è l’associazione di cui faccio parte che di questo 5x1000 pur facendo domanda non ha mai ricevuto un centesimo. Infine, lo Stato italiano può solo ringraziare queste associazioni perché, senza di loro entra immediatamente in crisi. Risulta però lampante, che l’intento del Governo con questa Finanziaria è quello di penalizzare le associazioni e probabilmente ci riuscirà. Vorrà dire che stanno già intonando il «de profundis» del volontariato.
Piero Robba

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 30 novembre 2010

 

 

“TRIESTE - CITTÀ RIFIUTATA” - DOCUMENTO FINALE CONFERENZA STAMPA SAFE 30 NOVEMBRE
 

La raccolta differenziata prevede un unico modello valido: la raccolta porta a porta (PAP). Ogni altro sistema altro non è che un surrogato utilizzato unicamente per catturare consensi politico-elettorali. E’ una scelta di facciata che non permette la reale differenziazione dei rifiuti urbani.
Realtà vuole che Trieste sia la città che si occupa dell’incenerimento dei rifiuti di un ampio bacino del Friuli Venezia Giulia. E’ un sistema economico antitetico al radicamento della cultura del riciclo, ed è il vero ed unico motivo per cui la raccolta differenziata a Trieste non viene attivata seriamente.
Si stanno invece investendo notevoli somme di danaro pubblico (1.603.000 €) per l’acquisto di nuovi cassonetti o per l’interramento delle “isole ecologiche” in Piazza della Borsa, e questa scelta dimostra proprio quanto la politica si stia muovendo goffamente, unicamente per salvare le apparenze attraverso l’utilizzo di tecnologie costose quanto inefficaci.
È inoltre necessario ricordare che La raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, oltre che un obbligo di legge è anche un obbligo di convenienza ECONOMICA e organizzazione SOCIALE.
Il cittadino, infatti, praticando la diversificazione della spazzatura, oltre che contribuire al benessere sociale generale, si rende partecipe di un meccanismo virtuoso di risparmio sul costo di conferimento, che in certi casi può andare oltre il 40%.
La politica cittadina deve quindi adoperarsi affinché a Trieste venga avviato immediatamente un progetto di raccolta porta a porta, individuando inizialmente alcune zone centrali e periferiche dove sperimentarla, anziché soddisfare l’appetenza d’incenerimento del “termovalorizzatore” regionale di Trieste per il quale, serve ricordare, è in progetto l’avvio di una quarta linea d’incenerimento, che raddoppierebbe la quantità di rifiuti conferita e, conseguentemente, la quantità di inquinanti emessa nell’aria che i triestini respirano.
AMICI DEL GOLFO - LEGAMBIENTE - UIL Vigili del Fuoco - NO SMOG
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 novembre 2010

 

 

Ferriera, tandem con il laminatoio di Lecco - La cordata italiana vuole rilevare entrambi gli stabilimenti dalla Severstal
 

Prima gli sono arrivati sotto con un’idea. E adesso - conferma Roberto Dipiazza - gli hanno appena presentato addirittura un progetto, «che ha dei presupposti e descrive i soggetti che vi partecipano, nonché le azioni e gli obiettivi da perseguire». Un progetto di dieci pagine che resta sotto chiave (ignoto si dice perfino agli assessori e ai più stretti collaboratori del sindaco, per non correre neanche il minimo rischio di bruciare la trattativa) ma che conferma ormai come la pista della cordata italiana interessata a rilevare la Ferriera dai russi della Severstal - cordata per inciso pilotata da un’azienda siderurgica lombarda legata al colosso veneto Maltauro, già in pista per il riuso di Porto Vecchio - stia effettivamente prendendo forma. Ieri «questa persona» come la chiama Dipiazza per non rivelarne l’identità - non un advisor conto terzi, né tantomeno un procuratore che rappresenta fantasmi ma l’imprenditore interessato in carne e ossa - è venuto a trovare il sindaco. In Municipio. A mezzogiorno. È stato un incontro blintatissimo. Sul tavolo, appunto, il progetto caldo di stampa dove - e questa è una novità assoluta - sta scritto che oltre alla Ferriera la cordata tricolore vuole un altro pezzo della collezione industriale italiana della Severstal, il laminatoio di Lecco (guarda caso in Lombardia) che impiega a sua volta circa cento persone. L’opzione dunque è per due siti, considerati dalla cordata «un binomio inscindibile essendo per loro natura fortemente complementari», e dunque «non trattabili singolarmente». «Il mio compito a questo punto - si limita a dire Dipiazza dopo l’incontro - è quello di favorire le trattative sotto il profilo istituzionale mettendomi in contatto con il sindaco di Lecco (quel Virginio Brivio del Pd che alle amministrative di otto mesi fa in un feudo padano ha rovinato la festa allo sfidante favorito della Lega, il viceministro Roberto Castelli, ndr), con il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia (lombardo pure lui, ndr), con il governatore Renzo Tondo e con il ministro degli Esteri Franco Frattini», ovvero l’interfaccia diplomatica ai più alti livelli per arrivare ai russi. Con i quali, comunque, parleranno già per conto loro i potenziali acquirenti. Che rimangono senza nome. «Sono un pool di aziende, d’altronde l’interesse è su un’area di 35 ettari, che sono la metà di Porto Vecchio tanto per dare una dimensione e che non saranno occupati per sempre da un’acciaieria», conferma il sindaco senza spingersi oltre. La vita della Ferriera, stando alle indiscrezioni, con la nuova proprietà potrebbe durare un paio d’anni per poi lasciare campo alle bonifiche (onere per il quale Severstal, a fronte degli 800 milioni di debito attuali, sarebbe chiamata a metterci un chip di qualche decina) e soprattutto alle successive future attività logistico-portuali, che costituiscono in linea di principio il vero business tale da giustificare l’intera operazione.
«Se nella trattativa rientra anche il laminatoio di Lecco - la prima reazione dal mondo sindacale è del segretario della Uil Luca Visentini - questo è un buon segno. Significa che a questi imprenditori, al momento, interessa avere comunque una filiera più ampia».

(pi.ra.)
 

 

Rifiuti Campania, accordo con le Regioni - Ma Veneto e Friuli Venezia Giulia si dissociano. Ciriani: «Già piene le nostre discariche»
 

Errani: «Nessuno si è tirato indietro» - RIUNIONE A ROMA ALLA PRESENZA DEL MINISTRO FITTO
ROMA Il governo ha chiesto alle Regioni di aiutare a smaltire i rifiuti campani e le Regioni, ancora una volta, hanno detto sì: si sono impegnate ad accogliere 600 tonnellate al giorno, per 3 mesi. Come e in quali quantità ciascuna dovrà farlo, verrà deciso in un tavolo tecnico «che è già al lavoro», ha tenuto a precisare il ministro per i Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto.
Ma, nonostante l'unanimità di cui hanno parlato sia Fitto che il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani - «erano presenti tutte le Regioni o i presidenti o gli assessori» - qualcuno si è subito sfilato. Il Veneto, guidato dal presidente Luca Zaia, ha riconfermato la propria indisponibilità, a mostrare che il fronte non è quindi così compatto. E lo stesso ha fatto il Friuli Venezia Giulia. «Le discariche e i termovalorizzatori del Friuli Venezia Giulia sono pieni, non possono accogliere i rifiuti campani» si è giustificato l'assessore regionale all'Ambiente, Luca Ciriani.
In ogni caso, dal punto di vista politico, il sistema Regioni esce compatto, anche se poi è più che probabile che alcune Regioni, al tavolo tecnico, ribadiranno il proprio no ad accogliere rifiuti provenienti dalla Campania. «Di fronte a qualunque crisi, le Regioni fanno la loro parte e questo è un motivo di orgoglio. La riunione, che è stata così veloce, dice che le Regioni hanno amor di patria. Napoli è una risorsa per il Paese, se piange devono sentire tutti questo dolore» ha detto al termine il presidente della Puglia, Nichi Vendola, che proprio ieri ha siglato anche l'accordo per il Piano di rientro sanitario 2010-2012 della sua Regione.
Il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, ha sottolineato come le Regioni ritengano «indispensabile la dichiarazione dello stato di emergenza per dare una risposta strutturale e definitiva alla questione», ma si è detto «soddisfatto perché è stato fatto un passo avanti, la questione rifiuti riguarda tutta l'Italia, riguarda l'immagine che il nostro Paese ha all'estero». «Ogni Regione - ha proseguito - darà una mano nell'ambito di uno sforzo chiesto a tutte le istituzioni. Ci vorranno le massime garanzie sulla qualità dei rifiuti e il loro smaltimento oltre al loro controllo sia in partenza che in arrivo negli impianti». «Tutte le Regioni faranno uno sforzo - ha chiarito Errani - lo ha chiesto il governo all'unanimità, nessuna regione si è tirata indietro».
 

 

SEGNALAZIONI - Fondi al volontariato - APPELLO
 

Nella legge di stabilità per il 2011 il governo ha tagliato del 75% i fondi raccolti mediante la devoluzione del 5 per mille che ogni persona può destinare al volontariato e alle associazioni sociali nell’ambito della propria dichiarazione dei redditi. Questa devoluzione è una concreta forma di sussidiarietà: sono le persone che indicano la destinazione dei fondi pubblici e non lo Stato. Invece ora con il drastico taglio operato dal governo i fondi raccolti con le dichiarazioni dei redditi dell’anno scorso associazioni di volontariato e associazioni sociali di vario genere si trovano ad essere pesantemente penalizzate, proprio in un momento come questo dove la crisi economica sta mettendo a repentaglio i livelli di assistenza sociale.
È singolare che una misura di questo genere sia proposta e votata da una maggioranza che non perde occasione a parole per affermare la sua fede nella sussidiarietà e nella libertà di scelta della società nell’erogazione dei servizi. Vogliamo sperare che anche l’associazione parlamentare sulla sussidiarietà faccia sentire la sua voce al ministro Tremonti e che agisca in concreto per modificare questa previsione assurda e sbagliata e che venga ripristinata l’integrità del fondo. I senatori di Alleanza per l’Italia la scorsa settimana hanno fatto approvare dal Senato una mozione sullo sviluppo e la riqualificazione della spesa pubblica. Tra le proposte è stata approvata anche quella del taglio del 35% dei fondi destinati a partiti.
La somma risparmiata in questo modo può compensare il ripristino integrale del fondo per il volontariato.
Ai partiti presenti nel consiglio provinciale e nei consigli comunali della provincia di Trieste chiediamo di presentare una mozione bipartisan, oltre gli schieramenti, a sostegno del reintegro di questo fondo come gesto di coerenza verso l’impegno delle molte centinaia di migliaia di volontari che ogni giorno operano al servizio del prossimo e che non meritano di essere trattati con un mero aggiustamento nella contabilità del bilancio statale.
Dario Montagnana - coordinatore provinciale,
Renzo Fain Binda - responsabile settore Associazionismo e Volontariato Api, Alleanza per l’Italia - Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 novembre 2010

 

 

Il ”bio” alla conquista del Nordest - I DATI ISMEA-NIELSEN PARLANO DI UN AUMENTO DEL 17,5%
 

Anche a Trieste acquisti in crescita. Un negoziante: clientela di fascia medio-alta
Se sugli Ogm in Friuli Venezia Giulia l’opinione pubblica è scettica, sul biologico sembra avere le idee chiare. Secondo i dati dell’Osservatorio Ismea/Nielsen, l’acquisto di prodotti biologici, in crescita in tutt’Italia nei primi dieci mesi del 2010 dell’11% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, nel Nord Est (Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna) ha registrato, soprattutto per quanto riguarda i prodotti bio confezionati, un vero e proprio boom, con un aumento del 17,5%. Un numero che fa ancor più effetto se calato in un quadro di sostanziale stagnazione dei consumi di alimenti e bevande convenzionali, che conferma invece per il biologico il trend positivo degli ultimi anni (+6,9% nel 2009 , +5,2% nel 2008 a livello nazionale).
A trainare le vendite bio nel Nord Est è l’ortofrutta fresca e trasformata (+ 21,7%), seguita da biscotti, dolciumi e snack (+17,5%), uova (+15,7%) e prodotti lattiero caseari (+13,2%). Meno consistente l’aumento della spesa per l’ortofrutta bio sfusa, ovvero priva di imballaggio (+2% in Veneto e Friuli Venezia Giulia): ma il dato è condizionato dall’ancora difficile reperibilità.
L’aumento nel consumo bio è dovuto a vari fattori: da una parte c’è la sempre maggior diffusione di intolleranze alimentari, che spinge a una scelta il più naturale possibile; dall’altra schiere di neomamme preoccupate per la salute dei propri bambini. Ma anche l’aumento di vegetariani e vegani gioca un ruolo nella crescita degli acquisti bio. Senz’altro questo fenomeno dimostra come si stia sviluppando, soprattutto nelle nuove generazioni, una diversa cultura del cibo, più attenta all’ambiente e alla qualità dei prodotti da portare in tavola.
A beneficiare di questa nuova attrazione per gli alimenti “secondo natura” sono in parte i supermercati dotati di una linea di prodotti bio, ma soprattutto i piccoli negozi specializzati. A Natura sì, il “supermercato della natura” che in regione ha tre sedi (Pordenone, Udine e Trieste), confermano un incremento delle vendite di circa il 10% rispetto all’anno scorso. «Nel nostro negozio - racconta la titolare dei punti vendita di Udine e Trieste - la gente sa che può scegliere tra oltre 4mila prodotti bio, freschi o confezionati, dai latticini ai biscotti, dagli articoli erboristici fino ai prodotti per l’igiene della casa. Tutti gli articoli vengono sottoposti mensilmente a controlli, i cui risultati sono visibili nelle tabelle che esponiamo in negozio: una garanzia in più per i consumatori. Certo adesso il biologico si trova in piccola percentuale anche al supermercato, ma questo non condiziona le nostre vendite: è la possibilità di scegliere tra tanti prodotti bio a fare la differenza».
Vendite in leggera crescita anche per “L’oasi naturale”, il primo negozio bio di Trieste, che si è convertito a questa filosofia 25 anni fa e ora vende alimenti, freschi e confezionati, biologici e biodinamici (l’agricoltura biodinamica, oltre ad aver bandito ogni prodotto chimico, si basa su un vero e proprio sistema di pensiero tratto dall'osservazione dei ritmi “naturali” della terra e del cosmo). Ma anche cosmetici, prodotti erboristici, per la casa e per il biogiardinaggio, libri. «Certo ancora adesso c’è chi preferisce la grande distribuzione - dice la titolare -: quella del biologico è ancora una scelta di una clientela di fascia medio-alta».
Ma il biologico si acquista anche tramite altri canali di vendita: in cassetta al mercato ortofrutticolo cittadino, direttamente dal contadino, tramite le botteghe del commercio equo-solidale o attraverso i Gruppi di acquisto solidale (Gas).
Giulia Basso
 

 

E si moltiplicano i gruppi ”solidali” - Il Gas di Trieste, attivo da dieci anni, riunisce una quarantina di famiglie
 

Collettività, risparmio e rispetto dell’ambiente
Quelli uffcicialnmente registrati nel sito della rete nazionale di collegamento dei Gruppo di acquisto solidale (www.retegas.org) sono 725, ma quelli non censiti sono almeno altrettanti e raddopianno di anno in anno. In Friuli Veenzia Giulia sono dieci, di cui due a Trieste, uno a Pordenone, uno a Gorizia e ben due a Buja (Udine), che fa 6700 abitanti.
D’altra parte l’idea alla base dei Gas, pur rappresentando una modalità non tradizionale d’acquisto, è semplice: un gruppo di persone si unisce per acquistare all’ingrosso prodotti alimentari o di uso comune ed è “solidale” in quanto acquista a chilometro zero dai piccoli produttori locali, nel rispetto dell’ambiente e nel tentativo di preservare attività che, a causa dell’attuale modello di sviluppo, sarebbero destinate a soccombere. La nascita dei Gas in Italia si fa risalire al 1994, con la creazione del primo gruppo a Fidenza: sei anni dopo nasce il Gas Trieste.
Attivo ormai da dieci anni, il gruppo oggi riunisce una quarantina di famiglie che si ritrovano una o più volte al mese nella sede messa a disposizione da Banca Etica in via Donizetti, che funge da centro di raccolta merci e smistamento. È partito come molti altri: si comincia a parlare di acquisti collettivi nel proprio giro di amici e se si trovano altri interessati si forma il gruppo. Si cercano nella zona piccoli produttori rispettosi dell’uomo e dell’ambiente, si raccolgono gli ordini via mail tra chi aderisce, si acquistano e si distribuiscono i prodotti. Spiega un membro del gruppo, che non fa il suo nome perché «qui non c’è un coordinatore, ci diamo il turno»: «Acquistiamo insieme verdura e frutta fresca, pasta, riso, farine, latticini, olio, miele, carne, detersivi, anche scarpe. Per il fresco facciamo ordini settimanali, per il resto ci regoliamo in base alle richieste». Ovviamente frutta e verdura sono di stagione, la carne arriva quando il contadino decide di ammazzare il porco e alcuni prodotti, come pasta, riso e detersivi, sono biologici ma vengono da lontano. Ma le aziende che li producono sono cooperative o piccole ditte che grazie ai Gas riescono a sopravvivere producendo in Italia con sistemi ecosostenibili.
In alcuni casi accorciare la filiera, acquistando direttamente dal produttore, è anche economicamente conveniente: «Su scarpe e ortofrutta risparmiamo un bel po’ e gli altri prodotti bio li troviamo a prezzi comunque più convenienti rispetto a quelli dei negozi specializzati», spiega un “gasista”. A rifornirsi tramite i Gas sono principalmente famiglie con figli in età scolare: arrivano con borse biodegradabili o in carta e borsoni multiuso, si spartiscono cassette di verdure e confezioni, scambiano quattro chiacchiere, caricano il loro ordine e saldano la parte di conto. Una volta al mese si trovano anche per discutere di temi legati all’ecosostenibilità, dal riciclo all’energia eolica.
Sempre a Trieste c’è un altro giovanissimo Gas registrato nella rete nazionale, Lecinqueerre: nato a settembre, a oggi riunisce una ventina di persone. E ce ne sono altri appena nati o pronti a nascere a Muggia, a Borgo San Sergio e a San Giovanni: segno che il fenomeno Gas è in espansione.

(g.b.)
 

 

«Con più corsie preferenziali il bus sarà preferito all’auto»
 

AL REVOLTELLA -Tavola rotonda di FareAmbiente: il Piano del traffico deve aumentare la velocità commerciale dei mezzi
Quanto spende ogni triestino annualmente per spostarsi in città con i mezzi propri anziché utilizzare il servizio di trasporto pubblico locale? Come incentiverà il mezzo pubblico il nuovo Piano del traffico di cui si conosce solo qualche anticipazione? Queste sono soltanto alcune delle domande alle quali ha cercato di dare una risposta la tavola rotonda organizzata nell'Auditorium del Museo Revoltella dall'associazione FareAmbiente - movimento ecologista europeo - con il patrocinio del Comune, intitolata "La qualità della vita e lo sviluppo sostenibile a Trieste". L'incontro, moderato dal coordinatore regionale di FareAmbiente Giorgio Cecco, ha visto la partecipazione del direttore generale della Trieste Trasporti Pier Giorgio Luccarini e dell'ingegner Roberto Gerin, direttore di esercizio della stessa società. Il dibattito è stato introdotto dall'assessore allo Sviluppo Economico Paolo Rovis, il quale ha sottolineato che Trieste è la città con il numero più alto di anziani ma con gli autobus più giovani d'Italia.Inoltre è significativa l'attenzione che gli utenti riservano alle tematiche del trasporto pubblico, spesso avanzando idee, proposte, suggerimenti ma anche segnalando ciò che secondo il loro parere non va bene. Secondo Rovis anche il nuovo Piano del traffico, di cui si conosce finora soltanto una parte e che deve ancora essere discusso dal Consiglio comunale, è positivo perché prevede numerose aree pedonali e la creazione di numerose corsie preferenziali per i mezzi pubblici. Infatti nel 1982 la velocità commerciale era di 15,5 km/h mentre nel 2009 è scesa a 14,77, un dato da imputare alla congestione del traffico. «La velocità commerciale degli autobus cittadini - ha concluso Rovis - deve essere aumentata perché solo così i triestini potranno percepire che il trasporto pubblico locale è più conveniente in rapporto tempo/denaro per chi deve muoversi in ambito urbano».
Luccarini ha ricordato che la parte più impegnativa per la società è il rinnovo della propria flotta: ogni anno vengono acquistati 33 nuovi autobus a basso impatto ambientale, ma anche si continua ad assumere autisti. Un impegno riconosciuto - ha aggiunto il manager della Trieste Trasporti - anche dalla clientela che, grazie ad un sondaggio telefonico svolto da una primaria società di ricerca di Milano, ha dichiarato di essere soddisfatta al 95,6% dal servizio. L'ingegner Gerin, in qualità di direttore di esercizio, si è soffermato sulle caratteristiche tecniche che contraddistinguono la gamma ecologica del parco autobus della Trieste Trasporti, ricordando anche i sistemi informatici installati sui mezzi, come l'Avm (Automatic Veichle Monitoring), quello ad infrarossi per agevolare gli ipovedenti, ma anche le paline di fermata che possono indicare in tempo reale l'arrivo dei mezzi. A conclusione dell'incontro l'assessore provinciale ai Trasporti Vittorio Zollia ha evidenziato come il servizio offerto da Trieste Trasporti risulti essere uno dei migliori o addirittura il migliore d'Italia ed ha fatto notare che la gara indetta dalla Regione per l'affidamento della gestione del trasporto pubblico per il prossimo decennio è slittata.
Andrea Di Matteo
 

 

Fianona, il governo accelera sulla mega-centrale a carbone - Il bando agli inizi del prossimo anno. I timori degli ambientalisti
 

ALBONA L'ente elettro-energetico di stato, con l’appoggio del governo, accelera i tempi di costruzione della terza centrale termoelettrica a carbone, nel Golfo di Fianona. La portavoce, Mirela Klanac ha dichiarato alla stampa che il concorso internazionale per la realizzazione del progetto verrà pubblicato entro il primo trimestre del 2011. Fianona 3, della potenza pari a 500 Megawatt sarà la centrale più importante nel paese in grado di produrre il 15% del fabbisogno complessivo. L' investimento ammonta a un miliardo di euro e la sua inaugurazione è stata fissata per il 2016, quanto verra' smantellata Fianona 1, ormai diventata un impianto inquinante. Vi troveranno lavoro alcune centinaia di persone.
Come detto il combustibile previsto sarà il carbone d' importazione, una materia prima che nuovamente viene imposta alla popolazione dell' Istria come per Fianona 2. Dunque neanche questa volta si prevedono dibattiti sugli effetti inquinanti delle emissioni di zolfo nell’atmosfera, quale conseguenza della combustione. Gli ambientalisti e i verdi non ci stanno e hanno già alzato la voce contro il progetto, o meglio contro il carbone e suggeriscono l’impiego del gas naturale, ecologicamente compatibile e disponibile in gran quantità visto che il metanodotto passerà proprio attraverso la zona.
I sindaci dei comuni e citta' del circondario si lamentano del fatto che da Zagabria non hanno ancora ricevuto alcuna risposta alla richiesta di informazioni sul progetto. «Non possono tenerci all' oscuro di tutto» dice il sindaco di Albona Tulio Demetlika, che vorrebbe anche avviare un dibattito pubblico sull’impatto ambientale della centrale. Dal canto suo il parlamentare istriano Damir Kajin insiste affinchè la parola definitiva sulla nuova centrale venga data alla popolazione dell' area tramite referendum. A suo tempo il presidente della Regione Ivan Jakovcic aveva annunciato una sollevazione popolare qualora Zagabria insistesse per una nuova centrale a carbone, poi però sembra aver smorzato i toni della polemica. Interessante notare che i piani regolatori statale e regionale non prevedono una terza centrale termoelettrica nella vallata di Fianona. Addirittura stando a un documento approvato dal Parlamento croato nel 1999 addirittura fino al 2015 non si dovrebbero neanche pianificare nuove centrali a carbone. Si sa però che in Croazia le leggi,i regolamenti e i piani sono fatti proprio per esser violati.
(p.r.)
 

 

Ripulite dai rifiuti le spiagge di Sabbioncello - La spazzatura veniva dall’Albania: chieste spiegazioni all’ambasciatore di Tirana
 

RAGUSA Grazie agli sforzi di decine di volontari e di maestranze di aziende municipalizzate, le coste della penisola di Sabbioncello (Peljesac) e delle isole di Meleda (Mljet), Curzola (Korcula) e Lagosta (Lastovo) stanno riprendendo l’aspetto normale dopo che nei giorni scorsi erano state invase da un’incredibile massa di rifiuti organici e inorganici. Parecchie spiagge, insenature e tratti costieri si erano trasformati in discariche all’aperto, con decine di tonnellate di immondizie: tronchi e rami d’albero, carogne di pecore, capre, cinghiali e polli, serbatoi, bottiglie, cateteri, siringhe, corde, sacchetti di plastica, flaconi sanitari.
Il forte scirocco, che alla fine della scorsa settimana ha interessato questa vasta area della Dalmazia meridionale, ha fatto da propulsore ai rifiuti finiti in mare probabilmente in Albania (ma si parla anche di rifiuti provenienti da Montenegro, Grecia e Italia) e quindi trasportati in direzione Nord-Ovest, seguendo i giochi del vento e delle correnti adriatiche, che vanno in senso antiorario. Il risultato è stato catastrofico ed ora bisognerà vedere quali sono state le conseguenze per i fondali, visto che bene o male perlomeno la costa sta venendo ripulita da questa marea di rifiuti.
Anche negli anni scorsi il fenomeno si era verificato, soprattutto in novembre, per antonomasia il mese delle sciroccate, ma mai aveva assunto simili proporzioni. Fatto salvo che la maggior parte dei rifiuti sembra sia arrivata dall’Albania, l’ambasciatore di Tirana in Croazia, Pellumb Qazimi, è stato convocato al ministero degli Esteri. Il responsabile della Direzione per i Paesi vicini e l’Europa sudorientale, Davor Vidis, gli ha presentato una relazione su quanto avvenuto a Sabbioncello, dove si è verificata la stuazione peggiore, a Meleda, Curzola e Lagosta. Al diplomatico albanese è stato chiesto che il suo Paese fornisca in tempi rapidi una dettagliata spiegazione su quanto avvenuto, per vedere quali passi intraprendere ed impedire che l’invasione via mare si ripeta in futuro.
Secondo gli operatori turistici dalmati, fosse successa una cosa del genere in estate, la stagione di villeggiatura in Croazia sarebbe finita anzitempo e con conseguenze disastrose per il settore. L’ex ministro del Turismo croato, Pave Zupan Ruskovic, non ha dubbi: «È risaputo - afferma - che gli albanesi sistemano i loro rifiuti nelle spiagge, seppellendoli nella sabbia. Ma lo scirocco e il moto ondoso riportano alla luce le immondizie, che poi vengono sospinte a Nord. Il competente dicastero croato dovrebbe chiedere un risarcimento a Tirana per i danni che puntualmente accadono nelle acque del Sud della Dalmazia». A detta del direttore del parco nazionale di Meleda, Osvin Pecar, tutto nasce dal fatto che le discariche in Albania andrebbero risanate e quindi ammodernate. Nel corso delle azioni di ripulitura a Sabbioncello è rimasto ferito il noto subacqueo croato Kristijan Curavic: mentre stava rimuovendo immondizie da una spiaggia, l’ago di una siringa contenente ancora un po’ di sangue gli si è conficcato in un piede. Il sub dalmata è stato curato all’ospedale di Ragusa, mentre la siringa sarà sottoposta ad analisi per accertare se il sangue in essa contenuto sia infetto.
ANDREA MARSANICH
 

 

«Rifiuti, va varata la raccolta porta-a-porta» - PER AUMENTARE LA DIFFERENZIATA
 

Del regolamento comunale sui rifiuti abbiamo condiviso il divieto di rovistare nei cassonetti e nei cestini stradali, perché limita il rischio per la salute delle persone. Ma abbiamo chiesto che venisse cancellata la sanzione, perché colpisce solo soggetti deboli, che per necessità o disagio mentale frugano tra le immondizie. Sarebbe stato un segnale di grande civiltà sociale mantenere il divieto, ma cancellare la multa, che elevata a un povero alla ricerca di qualcosa con cui sfamarsi è quanto meno irragionevole. Ma i nostri emendamenti sono stati rigettati dalla maggioranza.
Non così altri due, che sono stati fatti propri dall'assessore. Per raggiungere gli standard europei - abbiamo sostenuto nelle nostre proposte poi accolte - è necessario venire incontro ai cittadini e promuovere anche la raccolta ”porta a porta”. Non è sufficiente infatti solo la logica della sanzione nei confronti di chi non attua la differenziata. In modo sperimentale e in realtà ben definite, quali complessi residenziali o ambiti territoriali carsici, il Comune con il gestore e con imprese private e del sociale deve prevedere anche la raccolta dei rifiuti differenziati e dell'umido direttamente dal cittadino. Del resto il Consorzio Interland con lo stesso Comune, la Provincia, l’Ater e l’Acegas aveva già sperimentato questo tipo di raccolta dei rifiuti nel complesso di Rozzol-Melara, raggiungendo il 60% di differenziata. Ma l'auspicio che la sperimentazione venisse estesa anche agli abitati di San Giovanni, Valmaura, Borgo San Sergio, Ponziana e Giarizzole è rimasto per ora lettera morta.
Fabio Omero - capogruppo del Pd al Comune di Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 29 novembre 2010

 

 

«Va ridefinito il perimetro del sito inquinato» - DOPO L’ANNUNCIO DELLA PERDITA DEI FONDI STANZIATI PER LE BONIFICHE
 

Bruni: analizzare i terreni e rendere fruibili quelli integri. Concordi Razeto e Bassa Poropat
I soldi dello Stato per le bonifiche non ci sono più, il «piano di rientro» del governo taglia anche i Siti inquinati di interesse nazionale (Sin). Lo ha comunicato ufficialmente ieri Roberto Menia, ex sottosegretario all’Ambiente. Trieste come risponde, dopo aver cassato oltre 15 bozze di accordo col ministero, rifiutando l’obbligo per i privati di pagare la cifra predeterminata di 236 milioni per danno ambientale, a prescindere da chi fosse stato l’inquinatore? Il minuto dopo passa direttamente al piano B. Quello che, via via, ha dimostrato di prediligere, dismettendo la probabile, sottintesa illusione: più ampio il Sin, più soldi da Roma.
Il piano B è di più stretta misura, ma non privo di una sua logica, spesso vanamente esposta: facciamo l’analisi dei terreni, ”liberiamo” quelli integri, procediamo con ”l’analisi di rischio” delle aree inquinate. Alla luce della nuova mappa, ridisegniamo i confini del Sin, non inviolabili.
Dallo schermo esce adesso non solo il finanziamento, ma soprattutto quella cifra di concorso spese, 236 milioni, il vero, insormontabile ostacolo. «Eravamo d’accordo a tirar fuori qualche goccia di sangue - afferma Dario Bruni, da poco presidente Ezit e già in azione su questo fronte -, ma non 236 milioni su 500 ettari, insostenibile. Adesso se Tremonti ha tolto i soldi, avrà le sue ragioni e risponderà al suo elettorato, ma qui noi faremo prima le caratterizzazioni dei restanti terreni, la prossima settimana dal presidente Tondo e dall’assessore Savino dovrei già avere date certe da comunicare alle imprese. Sui 250 ettari già analizzati da Ezit, privati e Teseco manca l’analisi del rischio per la salute umana: è da fare. Le aree che risultano sotto la soglia di inquinamento per le zone industriali possono essere restituite all’uso. Diciamocela tutta - prosegue Bruni -, da poco ci sono nuovi parametri per il soppeso della diossina (per area e non per campione), ma da 9 anni a questa parte si sa che in quei terreni c’è diossina. Parliamo di salute pubblica? E allora perché nessuno ha messo finora transenne?».
Bruni è molto deciso: «Se non si punta a fare nuove perimetrazioni, tutto il resto sono pagine di nulla, solo beghe, ed è ora di smetterla. L’ho detto a Menia: qui nessuno è contro qualcuno. Ma è ora di lavorare davvero assieme, se no mi spiegate che cosa va a fare la Camera di commercio in Israele? Ad attirare aziende dove?».
Il presidente degli industriali, Sergio Razeto, ha un pensiero dritto: «Io la vedo come prima: faremo le analisi dei terreni, ci sono disposizioni di legge, qui nessuno si è tirato indietro, ma gli imprenditori certo non volevano pagare 236 milioni per un accordo di programma».
«Avevamo scritto a Tondo: non riuscite a chiudere gli accordi? Facciamo le caratterizzazioni» esclama la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, reduce dalla Conferenza sull’economia che ha messo in luce molte cose, anche la fine dei soldi per le bonifiche. Tuttavia difende quell’ultimo accordo (siglato dall’ente come dal Comune): «È vero che a Trieste c’è vischiosità, ha ragione Menia: l’ultimo era il miglior accordo possibile, invece così nessuno ha avuto nulla di nulla, né le aziende già insediate né quelle in attesa». Anche Poropat crede che ci siano state pressioni da parte degli imprenditori sul «fermare tutto», non si capacita di come dopo 6 anni siano venuti in luce in Regione «problemi giuridici» sull’accordo con lo Stato, e di come in un anno non siano stati risolti. «Adesso i soldi non ci sono più: drammatico. Bisogna dunque finalmente analizzare i terreni, ridefinire i confini del Sin, e soprattutto poi prendere decisioni, e non ragionare sempre secondo lobby, consenso elettorale immediato e politica piccola». Insomma, piano B.
GABRIELLA ZIANI
 

 

BONIFICHE - Due anni di lavoro a vuoto riassunti per lettera a Tondo -

 

In una missiva firmata da Menia anche l’elenco mai stilato dalla Regione per interventi sul rischio idrogeologico
E non si tratta nemmeno soltanto delle bonifiche. La Regione era stata allertata fin dallo scorso febbraio, assieme a tutte le altre Regioni, sulla necessità di definire un elenco di interventi da sottoporre al ministero dell’Ambiente e alla Protezione civile così da venire inseriti nel piano straordinario per le situazioni a più alto rischio idrogeologico. A oggi quell’elenco non risulta stilato. Benché ministero e Protezione civile avessero esplicitato la disponibilità a uno stanziamento globale di circa 28 milioni di euro.
Si chiude ricordando questo episodio la lettera che Roberto Menia, nel giorno stesso in cui ha rassegnato le dimissioni da sottosegretario all’Ambiente, ha inviato al governatore Renzo Tondo. È una lettera che ripercorre due anni e mezzo di tentativi a vuoto sull’accordo di programma per le bonifiche del sito inquinato di Trieste. Tentativi che Menia incornicia nel contesto di una mancata collaborazione con la Regione, rivelatasi in alcuni casi «una vera e propria interdizione».
I quattro fogli ripercorrono, come si diceva, le date del lungo e infruttuoso percorso. Menia parte puntuale dall’inizio, dalle trattative riaperte dopo le elezioni politiche del 2008. Cita la ridefinizione del quadro finanziario attivata a inizio 2009 dopo i tagli sulle risorse Fas. Arriva alle proposte giunte a Roma nella primavera dello stesso anno dalla Camera di commercio e dalla Regione, e mirate a fornire un quadro più vantaggioso alle imprese. Si arriva così a un nuovo testo aggiornato e allo scorso dicembre, data in cui risultano acquisiti gli ok dei vari enti locali.
A inizio 2010, i primi segnali negativi dalla Regione che però a marzo riprende il negoziato con Roma. A maggio, a Trieste, a margine della firma dell’intesa Italia-Slovenia sulla sicurezza nucleare, nuova presentazione dettagliata dell’accordo al territorio e annuncio dell’imminente via libera da parte della Regione. A luglio, doccia fredda: all’annuncio dell’intenzione di portare l’accordo in giunta regionale per l’approvazione segue un generico mandato all’assessore competente per trovare un’intesa con il ministero. Da allora, il nulla. Salvo una dichiarazione resa da Tondo sulla «necessità di rivedere la politica delle bonifiche perché i siti inquinato hanno fallito».
Tutto questo ricorda Menia nella sua lettera al governatore. Lettera che a oggi non ha ricevuto risposta.

(p.b.)
 

 

Svanisce il progetto del tunnel sotto le Rive-  UN’OPERA DA 188 MILIONI DI EURO DA FINANZIARE CON I FONDI PRUSST
 

Impossibile rispettare i tempi, il Municipio sposta l’attenzione sul Canal Grande
Dovevano servire per una delle tante strutture dell’eterno libro dei sogni triestino, il tunnel sotto le Rive per collegare il Porto Vecchio con Campo Marzio. Ma Trieste non sarà mai in grado di spendere quei 188 milioni di euro che aveva chiesto a Roma nell’ambito dei cosiddetti Programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio (Prusst). Ad alzare bandiera bianca, l’altra mattina, è stata direttamente la quarta commissione consiliare. Ben conscia, da tempo, che un’opera di quell’impatto, con i tempi locali, non la si sarebbe mai potuta realizzare entro il termine, improrogabile, del 2017. E men che meno far partire, come da protocollo, il 1° gennaio del 2012.
«Avremmo dovuto addirittura restituire i soldi – ammette Lorenzo Giorgi, presidente della quarta commissione – e allora abbiamo preferito, come Comune, chiedere al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti di sostituire quell’opera con la riqualificazione delle banchine del Canal Grande, lungo Ponterosso, con il recupero dell’antico masegno dalle Rive alla via San Spiridione». Finanziariamente parlando, un abisso di differenza. Operativamente, un po’ di stucco e pittura, un’operazione quasi esclusivamente estetica al posto di un’infrastruttura che avrebbe annullato l’attuale spaccatura tra i due poli portuali. Ma forse non è un caso che la scelta sia maturata proprio nel giorno in cui le concessioni per il Porto Vecchio erano arrivate alla firma definitiva, con tutta una serie di scelte di rottura rispetto al passato.
Come si evince dalla richiesta spedita nella capitale, l’intera operazione ha un costo presunto di 2 milioni e mezzo di euro. Sposata da tempo e sollecitata dalla Soprintendenza, consentirà comunque di concludere un’altra tranche del percorso pedonale che dall’area del Revoltella dovrebbe concludersi in piazza Libertà, recuperando la pavimentazione storica sui due lati del Canale e dunque sulle vie Bellini e Rossini.
«È un’intervento comunque importante – assicura Giorgi, che ha seguito la vicenda assieme al collega della Sesta commissione, Roberto Sasco – da fare anche senza attendere se si farà o meno il parcheggio sotto piazza Sant’Antonio. Un’operazione che, oltre a tutto, meglio si raccorda con gli altri progetti in essere, nel pieno spirito del ”Prusst”».
FURIO BALDASSI
 

 

Misure antismog - AFFARI
 

Una decina di anni fa sono comparse le micidiali e cancerogene polveri sottili o pm10, provocate, si diceva, dalla combustione della benzina nelle automobili. Niente paura utenti, sono state installate centraline di controllo in vari punti strategici della città e quando i valori superavano i limiti scattava il blocco del traffico. I valori scendevano ma di troppo poco e allora si aspettava sempre la pioggia e la bora.
Poi è stata inventata la benzina verde, con conseguente aumento di prezzo e l’automobile si è dovuta dotare della famosa marmitta catalitica. Si diceva che senza questo marchingegno della tecnologia le emissioni di pm10, cancerogene, sarebbero state sempre pericolose. Nonostante ciò le polveri sottili comunque tendevano a salire.
Ed allora «avanti con l’afar», come diceva un noto comico, si progettano automobili sempre meno inquinanti (euro 1, euro 2, euro 3, euro 4, euro 5) e naturalmente più costose. Le polveri però continuano a non diminuire.
Si dava allora la colpa al consumo dei pneumatici e del fondo stradale. Altri blocchi stradali e sempre più grande la zona a traffico limitato. Tutti ubbidienti e terrorizzati. Non portare i bambini più piccoli in città, sono i più esposti. Uno dice: colpa della ferriera. Ma anche in città le cose non vanno meglio.
Un altro ancora pontifica: colpa delle vecchie caldaie a nafta, convertiamole a metano. Oh, finalmente abbiamo risolto il problema. Sì, ma, forse.
Un altro ancora sentenzia: bisogna usare energie rinnovabili come pellets e legna, perché una volta non esistevano questi problemi; ma non esistevano neanche le centraline e le automobili; e quando soffiava la bora il polverino sollevato (allora non si chiamava pm10) provocava lo stesso effetto. Però queste non sono sostanze cancerogene, perché sono sostanze naturali, così diceva un altro.
Ora, la notizia è di qualche giorno fa, le centraline di Udine hanno segnalato valori alti di polveri sottili. Secondo voi, quale provvedimento è stato preso? Voi direte: blocco del traffico. E invece no. Blocco delle stufe a pellets, dei caminetti e il divieto di accendere fuochi di sterpaglie nei campi. Bisogna dire che la scienza in questi ultimi anni ha fatto passi da gigante in questo campo, ma molto confusi. Oppure no.
I grandi strateghi dell’affare si sono dati da fare: hanno capito che bisogna indurre il popolo a usare il gas metano. Il nuovo affare quindi è potenziare i depositi e gli arrivi dello stesso. Bisogna quindi fare il rigassificatore. No, anzi, due. Hanno trovato il trucco per buggerare ancora una volta i cittadini meno informati, scaricando su di essi disagi, pericoli e ulteriori nuovi costi.
Sergio Baldassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 novembre 2010

 

 

Tav, il Veneto torna al tracciato autostradale ZACCARIOTTO, PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI VENEZIA: «NESSUNO VUOLE PIÙ QUELLO VICINO AL MARE»
 

Paoletti, presidente del comitato transpadano: «Così perderemo i finanziamenti». E chiama Bruxelles
TRIESTE La presidente della Provincia di Venezia Francesca Zaccariotto è drastica: «Non c’è più a questo punto né un Comune, né un Comitato che prema ancora per il tracciato ”balneare”, tanto vale tornare sull’ipotesi originaria: quella che prevedeva che i binari corrano parallelamente all’autostrada». Sulla Tav il Veneto sembra aver cambiato di nuovo idea il che ha gettato nello scoramento Antonio Paoletti, presidente del Comitato transpadana oltre che della Camera di commercio di Trieste.
«Questi continui ripensamenti - accusa Paoletti - rischiano di far perdere i finanziamenti. Di conseguenza ho appena preso contatto a Bruxelles con Laurens Jan Brinkhorst, coordinatore europeo del Corridoio cinque. Chiedo che ci sia un altro incontro a Trieste per un chiarimento definitivo entro il 31 dicembre che oltretutto era stato fissato come deadline per la presentazione del progetto preliminare in grado di calamitare i finanziamenti europei». «È vero, il termine è incalzante - aggiunge Zaccariotto - tanto più se si tratterà di cambiare di nuovo tracciato». Eppure sembrava essere stato lo stesso presidente della Regione Luca Zaia a cassare il percorso vicino all’autostrada, quello che nel grafico pubblicato sopra è indicato come opzione B: «Dovremmo abbattere duemila case», ha affermato. Ma ora la presidente della Provincia che è anche sindaco di San Donà, e però pure essa leghista come Zaia, controbatte: «Non sono affatto duemila. Le abbiamo contate, sono 130, al massimo 150».
Il nuovo dietrofront è avvenuto quando i rappresentanti veneti hanno scoperto che il progetto di Rete ferroviaria italiana non prevede alcuna fermata dell’Alta velocità in territorio veneto dopo quella dell’aeroporto Marco Polo. Zaia allora ha posto alcune condizioni: «Condivisione del territorio e fermata a servizio delle spiagge». Ma Zaccariotto è già più avanti: «Anche se si riuscisse a ottenere la fermata, sarebbe comunque a 10 chilometri da Jesolo. Il tragitto cosiddetto balneare sarebbe più impegnativo e oltretutto anche più lungo. Tanto vale tornare paralleli all’autostrada come comunque, in entrambe le ipotesi, i binari correranno da San Stino di Livenza in poi».
La resa dei conti in casa veneta avverrà mercoledì, giornata in cui la presidente della Provincia ha convocato tutti i sindaci interessati per un incontro al quale parteciperà anche l’assessore regionale alla mobilità Renato Chisso. Se le pressioni per abbandonare il percorso ”balneare” saranno univoche, si tornerà al tracciato parallelo all’autostrada. In tempo per ricalibrare il progetto, se verrà confermata la data del 31 dicembre? Quasi certamente no. Ma l’Unione europea potrebbe anche accontentarsi di un progetto purché sia un progetto (e che è stato fatto da Rfi sul tragitto ”balneare”) e che potrebbe essere modificato e portato più a Nord, più o meno solo nel tratto tra Quarto d’Altino e San Stino di Livenza, in un secondo tempo.
«Non vorrei che tutti questi ritardi - afferma Paoletti manifestando forti timori - alla fine finissero per penalizzare soprattutto se non solo Trieste. E che la Tav alla fine proceda più velocemente solo fino a Ronchi magari per essere messa in connessione con lo scalo di Monfalcone e contemporaneamente sull’altro versante si facesse prima la Capodistria-Divaccia che la Trieste-Divaccia: se così fosse, il porto di Trieste potrebbe definitivamente chiudere».
SILVIO MARANZANA
 

 

Menia: persi per sempre i fondi delle bonifiche - L’ex sottosegretario alla Conferenza economica provinciale: la Regione ha frenato, accordo fatto saltare
 

Ricette per il futuro dichiarate in quantità, ma anche tanta conflittualità. Talvolta non solo istituzionale, ma personale. Il cammino che Trieste dovrà percorrere nei prossimi anni, per uscire dal tunnel in cui si è infilata anche a causa della propria natura, appare irto di ostacoli. È stata vivace e foriera di notizie, non positive per la città, la tavola rotonda organizzata ieri dalla Provincia in occasione della Conferenza economica provinciale, cui hanno partecipato il deputato triestino Roberto Menia, il presidente della Regione Renzo Tondo, la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat e i sindaci di Trieste e Muggia, Roberto Dipiazza e Nerio Nesladek, moderatore il direttore del Piccolo Paolo Possamai.
Dapprima sono stati illustrati i dati dello studio commissionato alla Fondazione Nord Est dalla Provincia sull’economia della città, dati «che proiettano Trieste - così Possamai - sull'orlo del burrone, perché per molti anni qui si è vissuto grazie agli aiuti pubblici, destinati ora a ridursi in maniera molto netta, vista la situazione generale del Paese». Ha proseguito Menia, scandendo che «i soldi per le bonifiche non ci sono più, Tremonti li ha tagliati. Non firmando l'accordo alla fine del 2009 li abbiamo persi per sempre». Dalle brutte notizie alle polemiche. «Qualsiasi possessore o proprietario che detiene un terreno - ha spiegato Menia - deve bonificarlo per poterlo utilizzare. Lo Stato può aiutare in determinati casi e un anno fa, dopo una incredibile serie di obiezioni, sembrava che l'intesa ci fosse. Comune di Trieste e Muggia, Provincia e Autorità portuale avevano firmato - ha ricordato - ma la Regione disse che non si può e oggi stiamo ancora aspettando. L'accordo - ha accusato l'ex sottosegretario - è stato fatto saltare apposta e per motivi precisi e così Trieste rimane la città del sì, però». Questa la replica di Tondo: «Bisogna dimenticare le contrapposizioni che non hanno più senso. In regione siamo 1.200.000 abitanti e dobbiamo collaborare tutti, uscendo dalla sindrome di accerchiamento. Il progetto sul Porto Vecchio - ha poi affermato - è una grande opportunità».
«La città sta ancora pagando mezzo secolo di ritardi - è intervenuto Dipiazza - ma da ieri e per i prossimi anni Porto Vecchio darà lavoro e prospettive a tutti». Il sindaco ha ammesso che «per la corsa alla presidenza dell'Authority la Monassi è in pole position, ma ci sono anch'io come candidato e la gara non è chiusa, la Ferrari dell'ultimo mondiale insegna», ha chiosato Dipiazza con parole di elogio per Claudio Boniciolli («è stato il miglior presidente»). Sul progetto per il Porto Vecchio ha concordato Nesladek: «Muggia ha capito da subito che lo sviluppo del porto di Trieste comporta sacrifici per la mia città. È un prezzo da pagare per avere sviluppo e futuro per i giovani».
Anche il tema della Tav ha provocato polemiche. «Ci sono troppe curve nel tracciato - ha detto il direttore del Piccolo - forse qualcuno ha pensato a questa soluzione con il recondito scopo di far bocciare il progetto». «La vicenda si sta arenando non tanto sulle curve - così Tondo - quanto sul mancato collegamento con l'Ovest del Paese».
Nemmeno Bassa Poropat ha lesinato critiche, rispondendo a una frase di Menia: «Se fosse vero che i 30 milioni di euro per la piattaforma logistica arriveranno solo con il nuovo presidente dell'Authority, il fatto sarebbe gravissimo». Nesladek ha richiamato l'attenzione di tutti sulla necessità di «perfezionare la collaborazione con la Slovenia». Infine, Possamai ha indicato i ”mestieri” possibili per Trieste: l'organizzazione di congressi, Porto Vecchio, logistica. Il tutto condito con maggiore orgoglio.
UGO SALVINI
 

 

Un quintale di pittura in mare ma la riserva di Miramare è salva - La sostanza precipitata in acqua da un cantiere di Grignano ha causato danni. Non è tossica
 

Il rischio inquinamento ambientale, questa volta, è stato scongiurato. Pare essere rientrato infatti l’allarme scattato l’altra sera a seguito dello sversamento di impermeabilizzante per edilizia nel torrente che collega via del Pucino con lo specchio di mare di Grignano. Un episodio di non poco conto, in ogni caso, visto che nel ruscello è finito ben un quintale di prodotto bianco a base vinilica. Il contenuto, cioè, di dieci taniche da dieci kg ciascuna, cadute a terra a seguito della rottura di un bancale posizionato nella proprietà al numero 37, in questi giorni interessata da interventi edili.
Gli accertamenti svolti fin qui, che hanno visto impegnati in prima persona anche i tecnici dell’Arpa, hanno consentito di far luce anche sulla composizione del materiale sversato. Si tratta di una sostanza solubile, che quindi con il passare delle ore ha finito per diluirsi nell’acqua. E, nota ancora più confortante, non apparterrebbe alla famiglia dei prodotti tossici. Il contatto avvenuto accidentalmente con le zone verdi attraversate dal torrente e con il tratto di mare all’altezza del bagno Sirena, quindi, non dovrebbe avere conseguenze devastanti per la salute dell’ecosistema. Le acque della Riserva di Miramare, che distano poche centinaia di metri dal punto in cui il ruscello, non correrebbero quindi alcun rischio. Anche perchè le misure di sicurezza scattate dopo i primi allarmi, che hanno portato al posizionamento a mare di una serie di panne assorbobenti, ha evitato che la schiuma vinilica si spostasse lungo la costa entrando anche all’interno della zona protetta.
Restano da capire le cause della rottura del bancale usato dalla ditta edile al lavoro nella proprietà di via del Pucino. Capitaneria di porto e Polizia municipale stanno eseguendo in queste ore una serie di accertamenti finalizzati ad accertare eventuali responsabilità a carico dei titolari dell’impresa e delle maestranze.
L’impressione suscitata dall’incidente dell’altra sera, comunque, è servita da lezione. La Guardia costiera, infatti, ha annunciato l’intenzione di prendere rapidamente contatti con i biologi della Riserva per attivare un sistema di monitoraggio per controllare tutti i corsi d’acqua che scaricano in mare le acque meteoriche che, inevitabilmente, finiscono per raccogliere anche il dilavamento delle strade e dei campi. L’idea è di pianificare in maniera puntuale e concertata delle analisi periodiche della qualità delle acque dei ruscelli e dello stato di salute delle zone attraversate lungo il percorso. Una decisione, spiegano dalla Capitaneria di porto, assunta per mettere in campo un’attività di prevenzione e di costante attenzione della qualità dell’ambiente che gravita attorno al parco e alla Riserva di Miramare. (m.r.)
 

 

Cemento liquido nelle vasche dei pesci e dei protei - Danni nel tunnel antiaereo di via Reni che ospita lo Speleovivarium
 

Non ci credevano, i responsabili dello Speleovivarium, impegnati proprio in quel momento in una visita guidata con alcune autorità slovene. Non ci credevano, eppure è successo sotto i loro occhi: una colata di cemento liquido è penetrata attraverso una parete del vecchio tunnel antiaereo di via Guido Reni, infiltrandosi in buchi e fessure, e sgorgando come zampilli d’acqua da una fontanella. Gli spruzzi sono finiti all’interno di due vasche contenenti protei e pesci, e hanno ”cementificato” pareti e pavimenti. Risultato: qualche acquario rotto e danni vari all’interno della struttura, sevizi igienici compresi.
Questo il curioso, quanto rovinoso episodio accaduto dieci giorni fa nello Speleovivarium, ”tempio” per esperti di speleologia e appassionati, che presenta un microclima simile a quello di una grotta e dove si possono ammirare rari esemplari di animali cavernicoli, foto e ricostruzioni del Carso e dei suoi antichi abitanti, oltre che rivivere i segreti della Trieste sotterranea. Un ambiente delicato, che dipende da particolari condizioni ambientali. Il cemento ovviamente non c’entra. Ma è stata la ditta Collini, che sta realizzando i lavori di cementificazione dell’area ex Fiat, a portarlo.
«È un incidente che si è verificato durante i lavori in Campo Marzio - spiega la direttrice dello Speleovivarium, Isabella Abbona -. Gli operai si sono scusati e a giorni ci accorderemo con la ditta per la valutazione dei danni. Una colata di cemento liquido ha raggiunto le pareti della galleria, infiltrandosi nei buchi e ”sigillando” tutte le fessure. In questo modo l’umidità e l’acqua all’interno non riescono più a defluire come prima e si fermano nel tunnel, creando una specie di fanghiglia sul pavimento. Inoltre sul muro si è aperta una grande crepa. E poi c’è un altro problema: visto che dal giorno dell’incidente i servigi igienici non funzionano più e sono intasati, temiamo che il cemento abbia invaso anche la cisterna che alimenta l’acqua del gabinetto che, in pratica, non scarica più. Del cemento è finito anche nella vasca dei protei e in una contenente pesci: grazie al tempestivo ricambio dell’acqua nelle vasche siamo riusciti a salvarli». Alcuni spruzzi hanno provocato anche la caduta di una lampada in un terrario in cui erano ospitati gli ambystoma (salamandre messicane), che se la sono cavata miracolosamente.
«Ci siamo rimboccati le maniche per pulire il più possibile lo Speleovivarium» afferma Armando Halupca, direttore della sessione di speleologia urbana della Società adriatica di speleologia (che gestisce la struttura). «Ma purtroppo i danneggiamenti sono ingenti e ci vorrà ancora un po’ di tempo per tornare alla normalità». L’attività della galleria (aperta ogni domenica dalle 10 alle 12, in altri giorni su prenotazione) però non si ferma. Il 10 dicembre si inaugura una mostra iconografica sulle acque sotterranee, mentre il 23 ci sarà un incontro per gli speleologi, intitolato ”Speleoauguri per il Natale e altro”.
ELISA COLONI
 

 

Morte per amianto: Comune in Tribunale - IL CASO PERSICH - Accolta la richiesta della vedova: il marito è morto a 46 anni
 

Il Comune di Trieste dovrà rispondere in Tribunale della morte per amianto di Roberto Persich, manutentore dei mezzi della Nettezza urbana in via Orsera, e morto a soli 46 anni per mesotelioma, cioé per aver aspirato amianto. Da due anni la vedova si batte, anche con l’assistenza dell’avvocato romano Ezio Bonanni che assiste vittime dell’amianto, affinché siano riconosciuti i responsabili. Due volte la richiesta di chiamata in causa del Comune era stata archiviata.
Indagato per i fatti è l’ingegner Fabio Devescovi, già dirigente della Nettezza urbana al tempo in cui Persich prestava servizio. L’udienza preliminare si era tenuta il 30 ottobre scorso, e in quell’occasione Santina Persich, la vedova, aveva reiterato la richiesta che fosse convocato anche il Comune di Trieste. Ieri ha avuto la notizia che, con l’assistenza definita ”fondamentale” dell’avvocato Alberto Kostoris di Trieste, ha ottenuto l’autorizzazione alla chiamata in causa come responsabile civile dell’amministrazione comunale.
È la prima volta che a Trieste si svolge un processo per amianto, a fronte di tanti lavoratori ”esposti” nelle fabbriche, in porto, nei cantieri navali. La prossima udienza è fissata per domani, e in quell’occasione il giudice Laura Barresi renderà nota la decisione di chieder ragione al Comune dei motivi per cui Persich lavorava a contatto con fibre di amianto senza alcuna protezione.
 

 

Depuratore sloveno, presto il via - INCONTRO ROMOLI-ARCON
 

GORIZIA Pragmatismo. Era stata la parole d’ordine prima dell’incontro fra Ettore Romoli e il neosindaco di Nova Gorica, Matej Arcon. E il vertice, svoltosi ieri mattina al municipio d’oltreconfine, si è voluto subito caratterizzare per l’estrema concretezza degli argomenti affrontati.
I due sindaci hanno ribadito, inoltre, la determinazione ad affrontare questioni «antiche» come l’inquinamento del torrente Corno, da bloccare con la costruzione di un depuratore i cui lavori partiranno nel 2011 e la fonderia Livarna, per la quale ci sarà una collaborazione a tutto campo.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 26 novembre 2010

 

 

Fiume di vernice, minacciata la riserva di Miramare - Un incidente in un cantiere di Grignano provoca un notevole danno ambientale
 

Litri e litri di impermeabilizzante per edilizia a base di sostanze viniliche finiti nelle fognature e riversatisi in mare a Grignano, a poche decine di metri dal parco e dalla Riserva di Miramare. È la conseguenza della rottura di un bancale carico di secchi di vernici avvenuta ieri pomeriggio in un cantiere di via del Pucino. Un incidente che ha messo in allarme decine di uomini tra vigili del fuoco, polizia, Capitaneria di porto e Arpa, intervenuti subito sul posto per contenere gli effetti di quello che, se non accuratamente gestito, rischiava di diventare un pesante episodio di inquinamento ambientale.
L’allarme è scattato poco prima delle 17 quando l’attenzione di alcuni passanti è caduta sul torrente che, da via del Pucino, scende fino al mare. Il corso d’acqua, infatti, all’improvviso ha iniziato a colorarsi di bianco, come se a defluire verso la costa non fosse un ruscello ma un fiume di latte. Un insolito tocco di colore che, al di là dell’aspetto quasi poetico, nascondeva però un pericolo reale. Perchè quello finito nel torrente non era un liquido innocuo, bensì un prodotto contenente schiuma vinilica sversato accidentalmente nelle fognature e di lì, attraverso il torrente, arrivato dritto in mare, all’altezza del bagno Sirena.
«L’esatta natura della sostanza verrà chiarita domani (oggi ndr) dagli esami di laboratorio sui campioni prelevati sotto via del Pucino - ha spiegato Stelio Vatta, direttore dell’Arpa di Trieste allertata poco dopo le 17 -. Nell’attesa di fare piena luce sulla composizione del prodotto, comunque, ci siamo subito attivati per limitarne le conseguenze, consigliando alla Capitaneria di porto di intervenire nella parte a mare per contenere lo sversamento».
Nel tardo pomeriggio, quindi, sono state posizionate in acqua le ”panne”, una sorta di salsicciotti disposti a mo’ di barriera per evitare che il liquido proseguisse la sua corsa, arrivando magari ad oltrepassare i confini della vicina Riserva di Miramare. Contemporaneamente i vigili del fuoco si sono attivati per bonificare la parte a terra e scongiurare così possibili conseguenze per il parco del castello, anch’esso poco distante dal corso del torrente ”imbiancato”. Operazioni a cui ha assistito anche il sindaco Dipiazza, che vive poco distante dall’area interessata dal cantiere nel quale si è verificato l’incidente.
Sul posto, come detto, anche gli agenti delle volanti della Questura a cui spetterà il compito di accertare le responsabilità dell’episodio. Bisognerà capire prima di tutto cos’abbia provocato la rottura del bancale posizionato all’interno della proprietà al numero 37 di via del Pucino, interessata da lavori edili. I secchi di vernice, più precisamente di liquido impermeabilizzante per cemento a base collosa, erano stati sistemati lì proprio in vista di un futuro impiego nell’abitazione, Anzichè sui muri dell’edificio, però, sono accidentalmente finiti nello specchio acqueo di Grignano.
MADDALENA REBECCA
 

 

Ucciso a colpi di fucile il cinghiale Tapirone Intervenuta la guardia ambientale a San Giovanni, ma l’animale era stato ”adottato” nel rione
 

LO HA TRADITO LA FAME
Stava razzolando affamato nel cortile di una palazzina Ater in via delle Docce, a San Giovanni, quando è stato centrato da una serie di proiettili ed è morto sul colpo, sotto gli occhi atterriti di alcuni passanti. È questo il triste destino toccato a ”Tapirone”, cinghiale giovane, solitario e un po’ cocciuto, da tempo habitué della parte bassa del bosco di Capofonte. Un animale noto ai residenti, che lo incrociavano spesso e che lo avevano battezzato con il curioso soprannome, frutto delle fattezze piuttosto massicce.
A tradire la povera bestiola, mercoledì mattina, è stata la fame: attirato dagli alberi da frutta disseminati lungo via San Pelagio e che scendono verso valle, il quadrupede è finito nel giardino di un condominio Ater. Una passante ha avvisato la Municipale, che ha allertato i guardiacaccia. Poco prima delle 8 un uomo della Polizia ambientale e territoriale della Provincia è arrivato sul posto, ha individuato ”Tapirone” e lo ha allontanato. Dopo una decina di minuti, però, l’animale è tornato e il guardiacaccia ha imbracciato il fucile e sparato, uccidendolo.
La scena non è passata inosservata. Allibita la presidente dell’associazione Il Capofonte, Maria Grazia Beinat: «Quel cinghiale non ha mai dato segnali di aggressività. Io stessa lo incontravo nel bosco di Capofonte: giocava con il mio cane. Nessuno gli ha mai dato del cibo, perché volevamo evitare che potesse abituarsi all’uomo e spingersi a valle. È assurdo che ancora oggi si adottino tali brutali metodi per ammazzare gli animali, senza contare la pericolosità dell’intervento: è stata usata un’arma da fuoco in un ambiente abitato, vicino a un asilo. Inoltre, la bestiola è stata lasciata agonizzare per più di qualche minuto, mentre il guardiacaccia attendeva l’arrivo di un collega. Ma perché non vengono adottati dei fucili anestetici?».
«L’intervento è stato regolare - commenta il responsabile del servizio ambientale della Provincia, Fabio Cella -. Noi seguiamo le direttive dell’Istituto nazionale di fauna selvatica: dobbiamo abbattere l’animale quando si trova in zone abitate e se sussistono le condizioni di sicurezza per farlo, come l’altro ieri. Abbiamo tentato di allontanarlo, ma non ne ha voluto sapere e abbiamo dovuto ucciderlo, anche perché mostrava segni di agitazione da fame. Un cinghiale rimane un animale selvatico e può costituire un pericolo per l’uomo. A Trieste, di incidenti, ne abbiamo avuti sei. La salute delle persone viene prima di tutto».

(el.col.)
 

 

Ottenere energia dalle biomasse Gli esperti spiegano le soluzioni - OGGI ALLA CAMERA DI COMMERCIO
 

Le biomasse, per definizione, sono quei prodotti di origine organica (prevalentemente vegetale) utilizzabili per la produzione di energia. Sono fonti rinnovabili in quanto l'anidride carbonica che esse riemettono in atmosfera è la medesima che hanno incamerato durante il loro sviluppo. La più antica biomassa è il legno, l'insieme dei prodotti ottenuti dal taglio dei boschi utilizzati ad esempio negli impianti di teleriscaldamento in alcune zone montuose d'Italia (come in Val Pusteria). A ciò si possono aggiungere parte dei rifiuti urbani e gli scarti di lavorazioni industriali e agricole. Ma quali sono i problemi e i limiti dell'impiego delle biomasse? Sono davvero utili a fini energetici anche nei paesi avanzati, o il loro impiego su larga scala è sostanzialmente ristretto alle nazioni in via di sviluppo?
Sono le coordinate lungo le quali di svilupperà oggi alla Camera di commercio il quarto appuntamento del ciclo di incontri “Le filiere dell'energia”, organizzato dalla Fondazione Trieste sotto la gestione di Stefano Fantoni e dedicato appunto al tema “Le biomasse”. Se i primi tre convegni (a maggio e a settembre a Trieste, in agosto a Lussino) hanno visto prevalere fisici e ingegneri, stavolta la parola spetta soprattutto a biochimici e biotecnologi, oltre a responsabili di aziende del legno e dell'agroalimentare.
Due i tempi dell'incontro. Al mattino una ventina di esperti locali di diversa provenienza affronteranno il tema in sessione riservata sotto la guida di Giacobbe Braccio, responsabile della sezione biomasse al Centro ricerche Enea della Trisaia, in Basilicata. Al pomeriggio, alle 17, nella sala maggiore della Camera di commercio, lo stesso Braccio, assieme a Daniele Treleani del Centro di fisica e a Stefano Fantoni, presenterà alle autorità e al pubblico, in un confronto aperto a tutti, le conclusioni del workshop di esperti. L'obiettivo è mettere a fuoco le linee di impiego delle biomasse percorribili nella nostra regione e i progetti attuali e dell'immediato futuro.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 novembre 2010

 

 

Alta velocità, neppure un euro stanziato per la progettazione della Trieste-Venezia
 

TRIESTE Il tratto dell’Alta velocità fra Trieste e Venezia non compare. Di più, non c’è traccia di nulla che si trovi in Friuli Venezia Giulia all’interno del Contratto di programma per la gestione degli investimenti ferroviari sottoscritto tra il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana spa. È quanto emerso dall’audizione dell’amministratore delegato di Rfi, Michele Mario Elia dinanzi alla commissione Trasporti della Camera. «Per i prossimi due anni - denuncia Carlo Monai, deputato cividalese dell’Italia dei valori e componente della stessa commissione - non c’è un euro per nessuna progettazione di tratta sul territorio regionale».
Notizia pessima che giunge solo pochi giorni dopo che la Commissione europea riguardo al tratto Trieste-Divaccia, pur segnalando i ritardi pesanti e l’accoglienza fredda, ha confermato i 50,7 milioni di cofinanziamento sui 101,4 complessivamente necessari per la progettazione. Il Corridoio 5 è in realtà finanziato solo fino a Brescia e recentemente Franco Miller, delegato alle Infrastrutture della Confindustria Verona ha ipotizzato il ricorso a finanaziamenti privati, magari delle società autostradali in cambio di un allungamento delle concessioni. Lo scenario più ottimistico prevede di dover attendere almeno 10 anni per poter utilizzare i treni Alta velocità-Alta capacità fra Venezia e Trieste.
A causa delle restrizioni economiche il Contratto tra ministero e Rfi prevede il definanaziamento di opere per 3 miliardi 677 miloni di euro. Tra queste anche il potenziamento dei collegamenti tra porti e rete ferroviaria che subisce un taglio di 133 milioni di euro. Il presidente dell’Autorità portuale di Trieste Claudio Boniciolli ha più volte denunciato la mancanza impegni concreti da parte di Ferrovie dello Stato che pure tramite il suo amministratore delegato Mauro Moretti aveva affermato di considerare Trieste e Genova i poli strategici per lo sviluppo del trasporto merci in Italia.
Nuove risorse finanziarie invece sono state reperite per il tratto tra Treviglio e Brescia del Corridoio 5 (per l’esattezza 565 milioni) oltre che per la nuova linea Torino-Lione (470,7 milioni). Nel corso dell’audizione dinanzi alla Commissione della Camera, l’ingegner Michele Mario Elia ha anche affermato che «la manovra finanziaria 2010 ha previsto la riduzione definitiva delle dotazioni finanziarie di cassa iscritte per gli anni 2011 e seguenti per un importo complessivo di 922 milioni di euro. Ciò comporterà inevitabilmente, una pari riduzione delle risorse di competenze sulle opere in corso».
Il tracciato della Tav in provincia di Trieste è stato recentemente ridefinito. Non passerà sotto la città come prevedeva uno studio precedente con lo sventramento dei rioni di Gretta e Roiano e un tragitto in gran parte in galleria che avrebbe lambito la Valrosandra, ma alla fine è stato scelto il percorso alto che dovrà allacciarsi e Sesana e Divaccia passando per Aurisina e Opicina. In Veneto e Friuli però c’è ancora il vuoto, anche progettuale.
«Ho rimarcato all’ingegner Elia - fa rilevare l’onorevole Monai - la mancanza di impegni anche progettuali nei prossimi anni per tutto il territorio del Friuli Venezia Giulia sebbene Trieste e il suo porto siano uno snodo fondamentale del Corridoio 5. Mi sono state promesse risposte scritte».
SILVIO MARANZANA
 

 

Pronti invece oltre 3 milioni per la metropolitana leggera
 

L’OPERA DOVREBBE COLLEGARE VENETO, FRIULI VENEZIA GIULIA E SLOVENIA
TRIESTE Ci sono invece i soldi, quasi 3,3 milioni di euro da qui al 2013, per progettare i tratti mancanti di un anello ferroviario che permetterà l’attivazione di una metropolitana leggera per merci e passeggeri in grado di mettere in collegamento Friuli Venezia Giulia, Veneto e Slovenia, presentata solo due giorni fa a Monfalcone. Si tratta ora in particolare di progettare la cosiddetta ”lunetta” di Gorizia, il collegamento con Nova Gorica, l’elettrificazione della sezione Nova Gorica-Sesana e infine il tratto fra Trieste e Capodistria che metterà in collegamento anche i due porti facendone un formidabile hub dell’Alto Adriatico.
Per l’assessore regionale alle Infrastrutture e ai trasporti Riccardo Riccardi si tratta di «una pagina nuova che ci consentirà di passare dal confine al centro dell’Europa e di costruire una forte alleanza tra Italia e Slovenia per evitare il rischio di marginalità di quest’area».
A progettare il collegamento tra Trieste e Capodistria saranno infatti congiuntamente la Regione Friuli Venezia Giulia e il ministero dei Trasporti sloveno. «Agiremo in una logica di programmazione transfrontaliera complessiva - ha spiegato Riccardi - che ci permetterà di arrivare a una piattaforma unica e a una governance unica da Lubiana a Gorizia passando per Capodistria, Trieste, Gorizia e Nova Gorica». La linea infatti metterà in collegamento gli aeroporti di Venezia, Ronchi e Lubiana, i porti di Trieste e Capodistria, gli entroterra di Gorizia e Nova Gorica.
Anche grazie a questo progetto, chiamato ”Adria A”, l’area dell’Alto Adriatico potrà rappresentare una zona di forte attrazione per i traffici diretti al Centro e all’Est Europa proprio mentre forti investimenti sono previsti per Trieste e Monfalcone con il progetto Unicredit per il superporto.
 

 

Porto Vecchio, disco verde dalla Soprintendenza - Boniciolli potrà fare la delibera per assegnare la concessione prima della fine del suo mandato
 

L’ultimo atto del direttore regionale dei beni culturali Bilardi prima di andare in pensione: restano le prescrizioni del predecessore Di Paola
Le carte sono ancora in viaggio ma chi deve sapere lo sa: la Direzione regionale dei Beni culturali ha firmato l’autorizzazione per il progetto di riqualificazione di Porto Vecchio. Per assegnare la concessione ai vincitori di gara questo era l’ultimo, ma anche il fondamentale documento che mancava.
Si potrebbe dire che, dopo un così accidentato e lungo percorso, la storia nuova incomincia. L’Autorità portuale, a pochi giorni dalla scadenza del mandato e mentre è già pubblica la designazione del ministero per la successione a Claudio Boniciolli, potrebbe, in corner ma in tempo, firmare anche subito la concessione in via definitiva.
Il documento, datato 19 novembre, porta la firma di Giuseppe Bilardi, il direttore regionale dei Beni culturali altrettanto in scadenza a nemmeno un anno dalla sua nomina. Un’autorizzazione di massima - pur con prescrizioni - era già stata emessa dal direttore regionale precedente, Roberto Di Paola, il quale ora è entrato nel Comitato scientifico internazionale che intende vigilare sui lavori di riqualificazione dello storico insediamento portuale, e che si è costituito lo scorso ottobre in occasione di un convegno sul «waterfront».
L’atto autorizzativo della Soprintendenza, la cui supervisione è obbligatoria per legge trattandosi di un sito tutelato come bene storico, approva innanzitutto il concetto di «portualità allargata» cui aspira adesso Porto vecchio, e lo considera adeguato al recupero (ritenuto urgente) del sito, per conservare e valorizzare un ambito valutato come «bene culturale di primaria importanza».
Allegate alcune prescrizioni, tese alla miglior conservazione delle identità storiche, architettoniche e urbanistiche, all’uso di appropriati materiali di costruzione, a interventi conservativi anche in senso socio-culturale, con l’indicazione di preservare in senso museale (anche a campione) le parti che via via non risultassero utilizzabili, o i manufatti che ancora segnalano la storia della precedente attività portuale.
Il documento è stato inviato all’Autorità portuale, al Comune e alla Soprintendenza per i beni storici e paesaggistici, che comunque dovrà in seguito obbligatoriamente esprimersi su ogni singola realizzazione interna a Porto vecchio. Una indicazione è contenuta in questa autorizzazione di cornice: il progetto per la zona del terrapieno di Barcola è da rivedere. Esclusi dalla concessione i primi cinque magazzini, coi loro piazzali, già assegnati a Evergreen, e la zona in cui sorgerà il polo museale del porto.
La gara è stata vinta, lo scorso settembre, dal raggruppamento di imprese Rizzani-de Eccher-Maltauro, aggregati a Siloc (Sistema iniziative locali) e Banca infrastrutture, innovazione e sviluppo del gruppo Intesa San Paolo. La concessione pattuita è di 70 anni, con un canone annuale di 4 milioni e 400 mila euro, abbattibile fino al 50%, a seconda degli interventi realizzati.
Sul percorso pesano però ancora ostacoli, oltre che le incognite del futuro, dato il prossimo cambio alla guida dell’Autorità portuale: il mandato di Boniciolli scade il 4 dicembre, il ministero ha appena designato (ma serve conferma della Regione) Marina Monassi, la candidata della Camera di commercio che in Comitato portuale ha rappresentato uno dei due soli «no» (assieme a quello dell’Associazione agenti marittimi) alla scelta delle imprese. E sullo sfondo c’è la data del 31 gennaio, quando il Tar dovrà esaminare i ricorsi presentati da due esclusi: la Save aeroporti di Venezia e il gruppo Maurizio Zamparini. Un altro ricorso è in piedi: quello dell’Associazione porto franco vecchio che si batte perché il sito «storico» resti porto a tutti gli effetti, non «allargato» ad attività turistiche e civili. Solo pochi giorni fa, a proposito della cessione del 60% di Trieste terminal passeggeri, Boniciolli ha accusato una «cupola» di voler bloccare lo sviluppo dell’area.
Apprezzamento per l’autorizzazione esprime proprio il Comitato scientifico per il Porto Vecchio. Affermano Antonella Caroli e Roberto Pirzio Biroli: «È un primo importante risultato, soprattutto alla luce di una realtà triestina che nel recente passato ha dimostrato titubanze sul recupero attivo di questa parte straordinaria della città-porto di Trieste, crogiolandosi in mitiche questioni e in progetti effimeri finiti dimenticati in cassetto».
GABRIELLA ZIANI
 

 

Una nuova rete di idranti per il bosco del Farneto - FONDI STANZIATI DAL COMUNE
 

Il Comune corre ai ripari per proteggere uno dei polmoni verdi della città, il Bosco del Farneto, spesso vittima di incendi nei bollenti mesi estivi, anche di natura dolosa. E lo fa con una serie di interventi, che consistono nell’installazione di cinque nuovi idranti antincendio e nella posa di una nuova condotta, collegata alla rete idrica esistente. Questo il progetto approvato dalla giunta comunale, che ha come obiettivo garantire ai vigili del fuoco ulteriori strumenti per salvaguardare il Boschetto in caso di emergenza.
Oltre ai lavori previsti lungo il viale del Cacciatore, l’esecutivo comunale ha poi disposto anche un intervento complessivo di manutezione straordinaria (costo: 29.483 euro) su molti degli idranti antincendio già presenti in città.
Ma è l’installazione della nuova rete di idranti lungo il viale del Cacciatore l’intervento più consistente. Acegas Aps, in collaborazione con l’Ispettorato ripartimentale delle foreste, ha redatto il progetto, che prevede, nell’arco di alcuni anni, la posa di una nuova condotta in polietilene a servizio di cinque idranti, allacciati alla rete idrica esistente di via Marchesetti e l’estensione della rete stessa all’interno del Boschetto. La nuova linea e i nuovi impianti saranno posizionati sui sentieri di raccordo della passeggiata e si svilupperanno parallelamente alla via Marchesetti, ”inoltrandosi” dentro il Bosco del Farneto per 170 metri.
L’estensione della rete prevede, a lovori finiti, il collegamento tra le discendenti del serbatoio del Cacciatore che alimentano l’abitato della valle di Longera e le zone limitrofe a via di Chiadino. La nuova rete alimentata dal serbatorio del Cacciatore avrà un costo complessivo di realizzazione di 165mila euro. «Considerato l’importo totale dell’opera e la limitata disponibilità finanziaria annua - si legge nella delibera giuntale - l’intervento è stato pianificato e suddiviso in vari lotti».
Il secondo lotto relativo al 2010 prevede l’opera di scavo e rinterro per la posa di 410 metri di condotta e la posa di due nuovi idranti. Spesa complessiva: 57.750 euro.

(el. col.)
 

 

SEGNALAZIONI - CONSUMATORI - L’acqua del rubinetto è più sana e costa meno

 

Parlare di acqua proprio in questi giorni che il cielo la manda a catinelle sul nostro Paese, sommerso dai fiumi che esondano (non c’è stato un cronista che abbia usato il verbo straripare), è come parlare di corda in casa dell’impiccato. Ma proprio in questo Paese ricco d’acqua con i suoi fiumi, torrenti, ghiacciai e con l’abbondanza di falde sotterranee, proprio questo Paese è il maggior produttore di acqua in bottiglia. Si calcola che il 98% degli italiani è un abituale consumatore di questo bene demaniale, un bene pubblico che gli appartiene e che paga profumatamente (si calcola un giro di affari annuo pari a 3,5 miliardi di euro).
Per incrementare il consumo dell’acqua minerale – le marche in commercio sono circa 300 – si investono in pubblicità oltre 400 milioni di Euro all’anno.
Attirate da questo elevato giro di affari grosse imprese internazionali sono entrate in questo settore che sta - è proprio il caso di dirlo - esondando: ci sono le acque «purificate» (acque cioè demineralizzate), acqua potabile in bottiglia, con aggiunta di anidride carbonica, acqua naturale minerale (leggermente mineralizzata) acqua oligominerale, medio minerale, ricca di sali minerali, terapeutica, di sorgente (in pratica acqua potabile prelevata alla fonte). Siamo arrivati alla vendita dell’acqua di rubinetto in bottiglia! Ma perché non dirlo ai quattro venti che la qualità dell’acqua che esce dal rubinetto è molto più controllata e di qualità spesso superiore dell’acqua in bottiglia? Perché non far conoscere agli abituali consumatori di acqua in bottiglia che la maggior parte delle acque che bevono contiene dai 40 ai 50 microgrammi di arsenico per litro (e non è nemmeno dichiarato in etichetta) mentre l’acqua di rubinetto ne contiene meno di 10?
Dovendo scegliere un’acqua minerale a scopo dietoterapeutico è bene per prima cosa farsi consigliare da un medico che orienterà secondo le condizioni patologiche del richiedente e, ad ogni modo, leggere attentamente l’etichetta che deve contenere, fra altro, la tracciabilità del prodotto, il termine minimo di conservazione e, molto importante, il residuo fisso (determina la quantità totale di sali minerali contenuta in un litro di acqua dopo un processo di evaporazione a 180 gr.) ed è proprio in base a tale valore che le acque minerali vengono suddivise in quattro classi principali: acque minimamente mineralizzate il cui residuo fisso è inferiore a 50mg/l e quindi si può sciogliere il latte in polvere per neonati; acque oligominerali che possono essere assunte a tutte le età purché in assenza di ipertensione. Il residuo fisso è compreso tra i 50 e i 500 mg/l; acqua medio minerale che contiene un alto contenuto di sali minerali (tra i 500 e i 1.500 mg/l). Anche in questo caso è sconsigliata agli ipertesi e a chi soffre di calcolosi renale;
acqua ricca di sali minerali (superiore ai 1.500 mg/l) è da bere solo sotto diretto controllo medico.
Per concludere: non è assolutamente vero che l’acqua in bottiglia sia più pura e più sicura dell’acqua che esce dal rubinetto (ci riferiamo in particolare all’acqua della nostra regione). Ciò che possiamo affermare con certezza è che l’acqua in bottiglia, costa sicuramente di più, molto di più. Facciamo dunque scorrere tranquillamente l’acqua di rubinetto: se talvolta ha sapore di cloro è sufficiente decantarla in una caraffa e metterla in frigorifero. Mobilitiamoci piuttosto contro la privatizzazione di un bene comune.
Luisa  Nemez

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 novembre 2010

 

 

«Comitato sul rigassificatore, nulla di fatto» - Il gruppo di lavoro tecnico-scientifico - Il Wwf attacca la Provincia. Zollia: entro gennaio gli incontri pubblici
 

Che fine ha fatto il "processo informativo" sul rigassificatore di Zaule, promosso dalla Provincia lo scorso marzo? Lo chiede il Wwf a otto mesi dall'istituzione del comitato tecnico-scientifico voluto dalla Provincia. È un gruppo di lavoro - composto da rappresentanti di Università, Area Science Park, Sissa e Istituto nazionale di oceanografia e geofisica - cui è stato affidato il compito di raccogliere e tradurre in "linguaggio scientifico" i quesiti sottoposti dalla cittadinanza a Gas Natural, la società spagnola titolare del progetto. Obiettivo: valutare rischi e benefici in termini di ricaduta economica, di un impianto simile.
Se la scaletta prevedeva precise scadenze, tutto sembra ancora in alto mare. Il sito web della Provincia informa che «entro giugno le domande avanzate dai portatori di interesse e quelle che i cittadini hanno formulato sul sito della Provincia saranno trasmesse a Gas Natural, che si è impegnata a fornire risposte entro settembre, mese in cui saranno programmate le sedute pubbliche». Sedute mai effettuate.
Chiede il Wwf: «Cosa hanno prodotto gli illustri componenti del gruppo di lavoro tecnico-scientifico? La Provincia ha preso in giro i cittadini, o Gas Natural ha preso in giro la Provincia?»
Nulla di tutto ciò, risponde l'assessore provinciale all'ambiente Vittorio Zollia: «Abbiamo trasmesso le domande a Gas Natural una decina di giorni fa e si sono riservati di risponderci entro fine anno. Credo che potremmo fare gli incontri pubblici a fine gennaio». Guardando le domande dei cittadini pubblicate sul sito della Provincia - non molte, circa una settantina, - la maggior parte si riferiscono a sicurezza e ambiente, solo alcune si interrogano sulle ricadute che il progetto Gas Natural avrebbe in termini economici.
Per Dario Predonzan del Wwf il processo informativo è stato una presa in giro dei cittadini: «La maggior parte delle domande sono state fatte da soci o attivisti delle associazioni ambientaliste. L'iniziativa della Provincia di coinvolgere la cittadinanza è arrivata con anni di ritardo, quando ormai il ministero dell'Ambiente aveva già dato l’ok al progetto. L'interlocutore di Gas Natural non doveva essere un comitato scientifico ma la cittadinanza. Così è come chiedere all'oste se il suo vino è buono: cosa possiamo realisticamente aspettarci che rispondano i tecnici della Gas Natural?»
Ivana Gherbaz
 

 

Dipiazza licenzia se stesso: «Faccio mia la mozione» - Il sindaco: togliermi le deleghe all’urbanistica? Sì, relazionerò tra sei mesi. Ma porto subito in aula il Prg
 

Per non finire in minoranza il primo cittadino avrebbe dovuto votare per se stesso. Sasco: finalmente l’operetta anche d’inverno
Era stato ”nominato”. E l’andazzo - 19 per lui, altrettanti contro - lo aveva trasformato in artefice del suo destino, visto che si poteva auto-votare. Roberto Dipiazza ha scelto la terza via, quella consentita dalle regole: alle due e mezzo del mattino, in un clima surreale, in coda a una serie infinita di provvedimenti (tra cui il Regolamento per l’igiene urbana che è stato approvato) ha fatto propria la mozione con cui il centrosinistra, con la benedizione dei Bandelli boys, aveva chiesto al sindaco Dipiazza di licenziare, per l’impasse di Prg e Piano del traffico, l’assessore all’Urbanistica Dipiazza.
LA MOSSA Una mossa che ha sterilizzato non solo il dibattito, ma anche ogni possibile (di per sé già remota) conseguenza concreta di una sfiducia. «Sono d’accordo - ha tagliato corto il sindaco - la mozione io la faccio propria, e relazionerò fra sei mesi». A quell’epoca, visto che in mezzo ci saranno le elezioni per la sua successione, Dipiazza si potrebbe trovare seduto su qualunque poltrona. Tutte meno una. Quella che lo obbligherebbe a «relazionare».
LE POLEMICHE Ciononostante la nottata ha lasciato in eredità una lunga serie di polemiche. «Era una mozione impossibile financo tecnicamente - attacca il capo dei berluscones Piero Camber - perché chiedeva ciò che il sindaco non può fare: ritirare una delega che non ha assegnato in quanto se l’è tenuta. Eppoi la maggioranza c’è, ha retto, è dimostrato». «Non avevano il coraggio di chiedermi le dimissioni da sindaco», gonfia il petto Dipiazza. «L’epilogo della discussione - ribatte dal di fuori il segretario e candidato sindaco del Pd Roberto Cosolini - certifica l’estinzione della maggioranza che ha sostenuto Dipiazza». «Il sindaco - fa eco dall’interno il capo dei democrats Fabio Omero - ha fatto harakiri. E nella migliore tradizione dei samurai lo ha fatto per sfuggire a una morte disonorevole: per non essere sfiduciato avrebbe dovuto votare per se stesso».
I NUMERI Tutte le malizie, tanto da destra quanto da sinistra, hanno un fondo di verità. Alla vigilia, assodato l’orientamento del gruppo di Un’altra Trieste a votare per la mozione Omero, i freddi numeri evocavano un possibile 21 a 20 contro Dipiazza. Nel corso della maratona notturna quei 21 sono scesi a 19: l’ex Margherita Alessandro Minisini, oggi nel Gruppo misto, ha fatto sapere che si sarebbe astenuto «per far valere la mia autonomia al di sopra delle parti», mentre il quinto bandelliano venuto da An Bruno Rossetti ha abbandonato l’aula prima che si arrivasse alla resa dei conti: «niente di tale - mette le mani avanti - me ne sono andato per problemi di ordine personale». Altri due voti, uno per parte, restavano ballerini, ma sono rientrati: il verde Alfredo Racovelli aveva «una riunione politica fuori Trieste» ma è spuntato a notte fonda, per fare eventualmente il 19.mo dei contras, mentre il padano Giuseppe Portale, sulla cui ”fedeltà” alla maggioranza si spifferavano perplessità, ha chiarito di essere pronto a votare per Dipiazza in quanto «la mia condotta politica è dettata dalla segreteria politica del mio partito e comunque apprezzo ciò che ha saputo fare il sindaco in questi dieci anni». Pari e patta, insomma.
LE ACCUSE Il resto è storia già scritta. Ed è una storia che innesca dissensi. Dal centro ”fedele”: «Finalmente il Festival dell’operetta a Trieste si svolge anche d’inverno», ironizza l’Udc Roberto Sasco, secondo cui «bisognava andare al voto perché ogni gruppo a quel punto si sarebbe dovuto assumere le proprie responsabilità». Dalla destra ”ribelle”: «È davvero l’atto finale di una farsa, è la constatazione di un fallimento, di un’incapacità evidente in una delega assessorile ostinatamente tenuta ad interim dal primo cittadino, un capriccio personale costato troppo alla città», tuona Un’altra Trieste del candidato sindaco Franco Bandelli. E dalla sinistra ”civica”: «È andata in scena l’ennesima rappresentazione del solito spaccone, che non solo non accetta osservazioni, critiche o suggerimenti, ma tratta anche male coloro che si permettono di proferire parole contestando le sue fanfaronate», si sfoga l’illyano Roberto Decarli.
IL PRG Una sfida alla sua stessa rosicata maggioranza, però, nel fare propria la mozione Omero, Dipiazza l’ha lanciata: «Riporterò subito in Consiglio il Piano regolatore». Tradotto: mi si vuole sfiduciare perché il Prg è fermo? Vediamo allora chi per davvero non vuole portarlo avanti. «Mi confronterò con il presidente della commissione Urbanistica (Sasco, ndr) e vedremo come far ripartire l’iter», ammette il sindaco. «Se il Prg sarà lo stesso di oggi, non avrà i voti della Lega», chiarisce fin d’ora Maurizio Ferrara.
PIERO RAUBER
 

 

Colibrì, il pm Frezza convalida il sequestro - LA STRUTTURA DI MIRAMARE RITENUTA ABUSIVA, INSORGE RIMOLI
 

Alla fine, la convalida del sequestro delle serre di Miramare che ospitano i colibrì è arrivata. Nelle ultime ore, infatti, si è scritto un nuovo capitolo di quella che ormai è diventata una saga istituzional-popolare. Autore, questa volta, il pm Federico Frezza, che ha convalidato il sequestro delle strutture, effettuato da un nucleo investigativo della Forestale di Padova.
«Alla base dell’atto c’è la costruzione e l’utilizzo abusivo di alcuni spazi e manufatti gestiti da Stefano Rimoli, responsabile dell’istituzione scientifica - spiega il suo avvocato Pietro Marsili -. Si va dalle serre all’impianto di riscaldamento e condizionamento, da una casetta in legno al laghetto artificiale, fino al container-laboratorio. Ovviamente il nostro prossimo passo sarà chiedere l’immediato dissequestro delle strutture. È assurdo e inspiegabile che, per anni, nessuno abbia battuto ciglio sul centro colibrì, riconosciuto anzi nal 2005 dallo Stato come istituzione scientifica e finanziato fino allo scorso anno dal ministero dell’Ambiente. La mia sensazione - prosegue il legale - è che si tratti di un provvedimento strumentale, forse perché a Roma il lavoro e la figura di Rimoli non sono ben visti, forse perché bisogna trovare delle motivazioni per tagliare i fondi, o semplicemente perché c’è chi vorrebbe trasferire gli animali altrove».
Forte lo scontento da parte del ”padre” della struttura Stefano Rimoli, che commenta: «Oltre al danno la beffa - commenta Rimoli -. Prima ci tagliano i finanziamenti, poi ci dichiarano abusivi e mettono i sigilli al centro, non permettendoci nemmeno di lavorare e, quindi, di guadagnare qualcosa. Già siamo senza soldi; impedirci di guadagnarli è il colmo. Dal ministero non abbiamo risposte, c’è il silenzio più totale. È da tempo che circola la voce di trovare uno sponsor privato, ma nessuno ci ha mai dato serie e precise indicazioni».
«La realtà - commenta Rimoli - è che i colibrì fanno gola a molti. Sono infatti gli impollinatori dell’85% delle piante e alberi dell’Amazzonia: senza di loro è scientificamente provato che questo polmone verde si trasformerebbe in un deserto nell’arco di tre generazioni. Il Centro colibrì è l’unica istituzione al mondo che studia le tecniche di allevamento e reintroduzione dei colibrì nell’ambiente naturale. Se i colibrì di Trieste dovessero morire, la sopravvivenza della specie libera in natura e dell’Amazzonia sarebbe a rischio. Non lo dico solo io, ma il Governo colombiano, le Università di Bonn, Udine, Camerino, Boyaca e Guayaquil, e il Wwf Italia».

(el.col.)
 

 

I consumi su Facebook grazie a Meter-Power - IDEA DI UN’AZIENDA DI AZZANO DECIMO
 

Basterebbe poco – 50mila euro o giù di lì - per trasformare un prototipo innovativo e geniale in uno strumento alla portata di molti, funzionale e utile. Il prototipo è Meter-Power, un misuratore di consumi elettrici consultabile via Internet, anzi addirittura sul social network più gettonato: Facebook. A produrlo è una piccola azienda di Azzano Decimo, in provincia di Pordenone, la General Micro Electronics, specializzata nella progettazione elettronica di dispositivi per la domotica, che si avvale del lavoro di 6 ricercatori.
«L’idea alla base di Meter-Power – spiega Sergio Gugel, vicepresidente della Gme - ci è venuta anche da uno studio dell’Adiconsum da cui emergeva che il costo di 1 kWh (kilowatt/ora, ndr) ottenuto risparmiando è inferiore al costo dello stesso kWh prodotto con fonti rinnovabili. Abbiamo provato a riflettere su un uso socialmente utile di Facebook, e così è nato Meter-Power che punta al risparmio energetico stimolando la nascita di comunità virtuose».
Il funzionamento è di quelli che...«ma perché non ci ho pensato io?». Il misuratore di corrente è installato sui comuni contatori grazie a una speciale “pinza” che rileva il passaggio di corrente; il dispositivo trasmette i dati via wi-fi tramite Internet a un server, dove avviene la comparazione fra gli stessi. I risultati sono poi inviati al profilo personale su Fb degli edifici collegati, e la community virtuosa che ha adottato Meter-Power può, in tempo reale, visualizzare e confrontare le quote di energia e anidride carbonica consumate nel tempo condividendo buone prassi, esperienze, accorgimenti.
Dice ancora Gugel: «Meter-Power consente di identificare i periodi di alto consumo, consumo totale per persona e per tipo di edificio, tenendo conto anche delle previsioni meteo. Da uno studio statunitense emerge che l’uso di un misuratore di energia fa risparmiare dal 5 al 15% l’anno. Socializzando il controllo dei consumi si innescherebbe una “competizione” virtuosa che porterebbe a una gestione più oculata».
La Gme è ormai al terzo prototipo di Meter-Power ed è pronta ad applicarlo su scala industriale a edifici pubblici, aziende e scuole. Manca solo una piccola spinta: quei 50mila euro che potrebbero portare nelle case di tutti il piccolo dispositivo. Che sia il caso di cercarli su Facebook?

(c.s.)
 

 

Otto edifici comunali con il fotovoltaico - MUGGIA ENTRO DICEMBRE - I pannelli permetteranno un risparmio annuo di circa 30 mila euro
 

MUGGIA Il palazzetto di Aquilinia, le scuole Loreti, Bubnic, Sauro, gli asili Iacchia e Biancospino, i Magazzini comunali di via Trieste e il Centro Olimpia. Sono questi gli otto edifici comunali sui quali entro l’anno verranno posizionati impianti fotovoltaici.
L'iniziativa, seguita per conto dell’amministrazione dall’architetto Paolo Lusin e dall'ingegner Silvio Lettich, permetterà un risparmio complessivo di quasi 30 mila euro sulla bolletta elettrica, grazie a una produzione annua di circa 440 mila kWh. L'opera verrà realizzata da una ditta di Muggia, che si occuperà per vent’anni della manutenzione degli impianti prendendo in carico le otto strutture.
«Questo è il primo di una serie di interventi che interesseranno in futuro anche altri immobili comunali, per renderli energeticamente più efficienti ed economici, ponendosi anche come un buon esempio per gli interventi dei privati», commentato Lusin, responsabile del Servizio ambiente e sviluppo energetico del Comune.
Il piano di risparmio adottato dall'amministrazione sta attualmente interessando anche la riqualificazione degli impianti di illuminazione pubblica, con l’installazione di lampade a led che consentiranno un risparmio del 40% per ciascun lampione.
Tornando al fotovoltaico, gli otto edifici selezionati ora potrebbero presto aumentare. Tra gli obiettivi del Servizio ambiente c’è anche la stazione delle autocorriere, che però, essendo di proprietà del Demanio, necessita di tutte le autorizzazioni del caso. A partire dal prossimo anno l'amministrazione punterà poi alla riqualificazione delle caldaie e all'isolamento degli edifici scolastici, interventi che verranno attuati con fondi del bilancio comunale.

(r.t.)

 

 

Imbarcate a Capodistria 8mila barre di uranio - Il carico radioattivo proveniva dal reattore dell’istituto nucleare di Vinca, presso Belgrado
 

DIRETTE IN RUSSIA DOPO AVER ATTRAVERSATO IN TRENO SEGRETAMENTE TUTTA LA SLOVENIA. PROTESTE AMBIENTALISTE
CAPODISTRIA Un carico di scorie radioattive, proveniente dalla Serbia, ha attraversato lo scorso week-end la Slovenia su un treno speciale per essere caricato a Capodistria su una nave con la quale è partito poi per la destinazione finale, un sito segreto in Russia. Il carico, secondo fonti ufficiali, era composto da 8mila barre di uranio arricchito, utilizzato in passato nel reattore dell'Istituto per l'energia nucleare di Vinca, presso Belgrado. Il trasporto doveva essere effettuato nella massima segretezza, ma la notizia è trapelata da fonti serbe, ed è stata successivamente diffusa dai media sloveni.
È andato comunque tutto senza intoppi, hanno comunicato le autorità di Lubiana domenica sera. In quel momento, la nave con il pericoloso carico aveva già lasciato le acque territoriali slovene. Il treno, partito da Belgrado via Ungheria per raggiungere Capodistria – visto che Ucraina e Croazia hanno negato il permesso di transito – ha raggiunto il confine ungherese – sloveno nella località di Hodos sabato sera alle 21. In condizioni di massima sicurezza, con il coinvolgimento, tra gli altri, della Direzione nazionale per la sicurezza nucleare, delle Dogane, del Ministero dei trasporti e della polizia, il convoglio ha continuato il viaggio un'ora più tardi. A Pragersko, scrive il quotidiano ”Vecer” di Maribor, c'è stato il cambio di locomotiva, e poi il treno ha proseguito in direzione di Capodistria, dove il carico, contenuto in una serie di contenitori speciali, è stato immediatamente trasferito sulla nave, che stava già aspettando. Non è la prima volta che materiale radioattivo prodotto dal reattore dell'Istituto di Vinca viene inviato in Russia, e non è la prima volta che un carico di questo tipo attraversa la Slovenia.
Anche in questo caso, l'operazione è stata finanziata dalla comunità internazionale, con il consistente contributo degli Stati Uniti, che dopo l'11 settembre dedicano particolare attenzione al problema delle scorie radioattive, per evitare che l'uranio arricchito – in qualsiasi parte del mondo venga prodotto – rischi di finire in mano ai terroristi. L'ultima volta che la Slovenia è stata attraversata da un treno con un carico radioattivo speciale era nel settembre del 2008, quando 154 chilogrammi di uranio proveniente da un Istituto di ricerca di Budapest era stato caricato su una nave per Murmansk.
Gli ambientalisti sloveni si sono fatti sentire. Non è giusto effettuare questi trasporti in segreto, «la gente ha diritto di conoscere i rischi e le misure da adottare in caso di incidenti», ha dichiarato il rappresentante di Greenpeace in Slovenia Dejan Savic. Non si deve inoltre dimenticare, ha aggiunto Savic, che pure la Slovenia produce scorie radioattive nella centrale nucleare di Krsko.
FRANCO BABICH
 

 

 

 

SICILIA 24ore.it - MARTEDI', 23 novembre 2010

 

Rigassificatore, Firetto relaziona in un convegno a Trieste

 

L’impatto sociale e la sicurezza degli impianti di rigassificazione saranno i temi del convegno internazionale organizzato da Nomisma Energia a Trieste il prossimo 4 dicembre, nel corso del quale interverrà anche il sindaco di Porto Empedocle, Calogero Firetto. I lavori saranno introdotti da uno dei massimi esperti in sicurezza, Jennifer Wen cui faranno seguito gli interventi di numerosi studiosi italiani, da Francesco Asdrubali, professore di Fisica Tecnica Ambientale alla Facoltà d’Ingegneria di Perugia a Giuseppe Maschio, direttore del Dipartimento di Principi e Impianti di Ingegneria Chimica dell’Università di Padova; da Gino Moncada Lo Giudice della Facoltà d’Ingegneria della “Sapienza” di Roma a Severino Zanelli, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica Industriale e Scienza dei Materiali all’Università di Pisa e all’ing. Antonio Messineo del Dipartimento Ricerche Energetiche dell’Università di Palermo.

Al convegno porteranno l’esperienza maturata nei loro territori alcuni sindaci tra cui, oltre a quello di Porto Empedocle, Calogero Firetto, anche il primo cittadino di Porto Venere, nel Parco Naturale e Marino delle Cinque Terre, in provincia di La Spezia, che ospita il rigassificatore di Panigalia in funzione da svariati decenni e il sindaco di Fos-sur-mer. Saranno presenti al convegno anche i rappresentanti delle grandi società operanti nel settore energetico, da Enagas a Gas Natural. Quello di Trieste del prossimo 4 dicembre sarà forse uno dei più importanti convegni scientifici internazionali mai organizzati in Italia sul tema della sicurezza degli impianti di rigassificazione.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 novembre 2010

 

 

Una metropolitana Trieste-Capodistria - Struttura ”leggera”, dovrebbe sfruttare tracciati esistenti e linee storiche
 

Iniziativa Centroeuropea: intesa tra Regione e Slovenia. Un asse sul Corridoio 5 che da Venezia a Lubiana colleghi porti e aeroporti. Ruolo-cerniera dell’Isontino
MONFALCONE Friuli Venezia Giulia, Veneto e Slovenia lanciano la sfida dell’Alto Adriatico nell’ambito dei trasporti per l’integrazione della metropolitana leggera. Sfruttando tracciati esistenti e riconvertendo linee storiche, comprendendo anche il Corridoio 5. Con ciò passando attraverso lo sviluppo aeroportuale e portuale sull’asse Venezia, Trieste-Monfalcone e Lubiana. Sono le linee generali del progetto ”Adria A”, che ieri a Monfalcone ha battezzato il primo Forum permanente delle città metropolitane composto da politici ed esperti. E intanto è stato raggiunto un accordo importante: il ministero dei Trasporti sloveno, rappresentato ieri dal direttore Bogomir Cerne, progetterà assieme alla Regione Friuli Venezia Giulia il collegamento ferroviario Trieste-Capodistria, dando seguito alle richieste dell’assessore Riccardo Riccardi. L’incontro all’Europalace è stato suggellato dalla presenza dell’Iniziativa Centro europea, con l’ambasciatore e segretario generale Gherard Pfanzelter.
Il progetto è finanziato nell’ambito del Programma per la cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013 e intende riorganizzare l’accessibilità dei trasporti dell’area transfrontaliera italo-slovena per formare un’area metropolitana integrata. Il budget ammonta a 3.289.000 euro, per un periodo complessivo di 48 mesi (1 gennaio 2010-31 dicembre 2013). I tempi di realizzazione sono stimati in un anno. Capofila è il Segretariato esecutivo dell’Iniziativa Centro europea e si avvale di 27 partner, tra i quali l’assessorato ai Trasporti del Friuli Venezia Giulia, il ministero italiano delle Infrastrutture e del Trasporto e il ministero sloveno del Trasporto, la Regione Veneto, i ministeri dell’Ambiente italiano e sloveno. Vi partecipano gli scali Marco Polo di Venezia, l’aeroporto del Friuli Venezia Giulia e quello di Lubiana, oltre ai porti di Trieste e Capodistria. Nel partenariato rientrano i Comuni di Trieste, Monfalcone, Venezia e Capodistria e le città di Gorizia, Nova Gorica, Sezana, Divaca e la Provincia di Trieste. L’obiettivo è quello di realizzare un sistema efficiente, integrato e sostenibile. È prevista la progettazione dei legami mancanti sulla rete infrastrutturale ferroviaria, italiana e slovena, consentendo servizi congiunti. Base giuridica in fatto di pianificazione è l’istituzione del primo Gruppo europeo di cooperazione territoriale (Gect) tra Italia e Slovenia.
Il sindaco Gianfranco Pizzolitto ha evidenziato il valore del Forum permanente che «istituzionalizza una sede di dialogo e confronto tra diversi enti italiani e sloveni», per il quale ha auspicato possa diventare il «braccio operativo» del progetto Adria A. «Le scelte che attengono alla crescita di questo territorio - ha aggiunto - non si possono più misurare su una scala di concorrenzialità locale o regionale, bensì sulla capacità di essere competitivi a livello di sistema». Ha poi evidenziato tre aspetti. A partire dal Corridoio 5: «Abbiamo il compito di trovare la soluzione migliore per restare agganciati alla rete dei Corridoi intermodali europei, coinvolgendo tutti gli attori istituzionali». Quindi la sinergia portuale affinchè «l’Alto Adriatico possa rappresentare un’area di attrazione di traffici diretti al Centro e all’Est Europa», facendo riferimento ai forti investimenti previsti per Monfalcone e Trieste, con il superporto. Infine, sul fronte delle risorse, ha citato lo strumento Interreg Italia-Slovenia. L’assessore regionale Riccardi ha definito Adria A una sfida destinata a scrivere una nuova pagina per il futuro di quest’area, inserita in un quadro di integrazione dei trasporti recuperando programmazioni che in passato sono state gestite a compartimenti separati. Ha parlato di progetto strategico: «L’alleanza italo-slovena può rappresentare una risposta di prospettiva per quest’area che rischia l’emarginalità».
Dalla Slovenia i rimandi sono stati univoci a sostegno dell’iniziativa, con l’onorevole Mirko Brulc a sottolineare l’importanza di «agganciarsi alle grandi tratte» come quella del Corridoio 5. L’europarlamentare Antonio Cancian ha prospettato la ”messa a rete” dei sistemi Alto Adriatico, Baltico e Danubio. È fondamentale, ha detto, cogliere l’opportunità di questo progetto considerando che gli altri due sistemi sono stati già formalizzati. Ha parlato di fondi, per i quali, anche nel Parlamento europeo è necessario «fare squadra». L’europarlamentare Debora Serracchiani ha sollecitato un’iniziativa centro-europea per inserire l’Italia in particolare nel sistema Danubio dove «si concentrano le risorse economiche».
LAURA BORSANI
 

 

Ragusa, catastrofe ecologica in mare - Tonnellate di rifiuti dall’Albania nelle acque di Meleda e Sabbioncello
 

MALTEMPO - Allagato in centro anche lo ”Stradun”
RAGUSA Qualcuno l’ha definita una vera catastrofe ecologica e, a vedere ieri una vasta porzione della Dalmazia meridionale, non è andato lontano dal vero. Centinaia di chilometri quadrati di rifiuti organici e inorganici hanno invaso da sabato scorso le acque che bagnano l’isola di Meleda (Mljet) e la penisola di Sabbioncello (Peljesac), facendo scattare l’allarme da parte delle competenti autorità per una situazione, a memoria d’ uomo, mai verificatasi negli ultimi decenni. Spiagge, porticcioli e vasti tratti costieri sono stati ricoperti da una massa enorme composta da bottiglie, sacchetti nylon, serbatoi, siringhe, flaconi sanitari, cateteri e anche carogne di animali, tronchi d’albero, rami e quant’ altro. Estese aree si sono trasformate in una discarica all’aperto, mutando in peggio, molto in peggio, lo stupendo paesaggio marittimo di Sabbioncello e Meleda.
Secondo il direttore dellla Capitaneria portuale ragusea, questa specie di tsunami delle immondizie è stato causato dalle eccezionali sciroccate dei giorni scorsi, con vento da Sud–Est che ha contribuito a far avanzare e compattare decine di tonnellate di rifiuti partiti soprattutto dall’ Albania, meno dalla diirmpettaia Italia. Del resto non serviva essere Sherlock Holmes per capire da dove fosse arrivata questa gigantesca ondata di ”scovazze”.
Le etichette scritte in lingua albanese hanno fatto luce sul Paese di provenienza, fenomeno che – complice lo scirocco – si ripete puntualmente ogni anno in novembre, anche se questo weekend ha assunto proporzioni paurose. Dalla Capitaneria portuale è stato diramato l’avviso a tutti coloro che bazzicano le acque del canale di Meleda di prestare la massima attenzione per la presenza di tronchi in superficie, avvistati specialmente nel braccio di mare antistante l’isolotto di Lirica e il vicino, omonimo faro.
Le tonnellate di rifiuti hanno cinto d’assedio soprattutto l’insenatura di Zaglavak, il porto di Trstenik e l’area denominata Scoglio di Dingas, lungo le coste meridionali di Sabbioncello. Sono state viste carogne galleggianti di capre, pecore, cani e cinghiali, mentre a Trstenik il forte moto ondoso ha spiaggiato il corpo senza vita di un delfino.
Stando a quanto comunicato dalle autorità, le operazioni di risanamento sarebbero dovute cominciare già ieri, ma il persistente maltempo ha impedito qualsiasi attività. A commentare quanto sta accadendo in quest’ area dalmata è stato il leader del partito ambientalista Azione Verde, Tomislav Tomasevic, il quale ha ricordato che le correnti marine in Adriatico procedono in senso antiorario. «I nostri rifiuti si dirigono pertanto verso le coste italiane – ha dichiarato Tomasevic – e noi per fortuna siamo risparmiati da quanto viene scaricato dal fiume Po».
Quanto sta accadendo a Sabbioncello e Meleda rende giustificati i programmi di salvaguardia internazionale del mare Adriatico, dall’ alto dell’esempio arrivato settimane fa con la catastrofe del fango tossico in Ungheria. Se davvero le immondizie sono giunte dall’Albania, Azione Verde «farà pressione dapprima sulle istituzioni croate e poi internazionalizzerà il caso».
Intanto a Ragusa potrebbe essere proclamato lo stato di calamità naturale per gli allagamenti verificatisi ieri dopo che in un paio di ore sono caduti addirittura 158 litri di pioggia per metro quadrato. A finire sott’acqua sono stati il centralissimo Stradun (Stradone), il nuovo edificio dell’Archivio storico, abitazioni e strade.
ANDREA MARSANICH
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 novembre 2010

 

 

Le associazioni ”onlus” in allarme per i tagli in finanziaria del 5x1000 - I TIMORI DI GIANGI MILESI PRESIDENTE DEL CESVI - il 5 x mille

 

TRIESTE «È un danno enorme per tutto il mondo del volontariato, quel ”Terzo settore” per il quale agli inizi degli Anni Novanta si prospettava un grande futuro, capace di generare, come è vero, un ritorno anche occupazionale ed economico ma che specie in Italia è via via stato trascurato dai vari governi di ogni colore e a cui oggi si vuole dare la mazzata finale». Giangi Milesi, presidente del Cesvi, la maggiore organizzazione non governativa (Ong) tutta ”made in Italy” operante nel volontariato umanitario, è turbato alla notizia del progetto di ridurre del 75% rispetto l’anno precedente la devoluzione da parte dello Stato alle Ong delle entrate del 5x1.000. «Non è solo un danno diretto, che farà calare, secondo nostre stime, i finanziamenti totali da tale fonte dai 400 ai 100 milioni di euro a livello nazionale» spiega l’uomo a capo del sodalizio nato a Bergamo nel 1985.
«La penalizzazione è enorme - racconta Milesi - anche a livello di reputazione internazionale, a livello del sistema-Onu e di altre organizzazioni internazionali, governative e non, dalla quale dipendono altri finanziamenti. Il Cesvi a esempio riceve fondi anche dalla Cooperazione governativa di altri Stati: ebbene questi sono però legati a un co-finanziamento parziale da parte nostra. Se ci levano tale possibilità di contribuire a progetti finanziati in tale maniera, il progetto stesso non partirebbe neppure poiché gli Stati non lo approverebbero».
E di campagne umanitarie l’Ong lombarda di nascita ma ormai estesa in tutta Italia con 10-12mila sostenitori, ne ha ideate e realizzate molte in 25 anni. Su tutte per efficacia, rapporto costo/beneficio e per il modello che ancora oggi rappresenta generando altri progetti analoghi, ”Fermiano l’Aids sul nascere”. Nel 2001 il Cesvi, primo al mondo, fece uscire dall’ambito clinico la lotta all’Aids, in questo caso adottando e finanziando, divulgandola, una cura semplice e dal costo limitato per permettere a madri sieropositive, in questo caso dello Zimbabwe, di fare nascere bebé del tutto sani. Un esempio oggi seguito in tutto il Continente nero e non solo, da una moltitudine di associazioni di volontariato.
«Tremonti prima ha ideato il sistema del 5x1.000, encomiabile, ma ora lo cancella - si sfoga Milesi-. Non si può devolvere la solidarietà totalmente ai privati. E questa mazzata giunge dopo che le dotazioni della Cooperazione italiana sono state ridotte ai minimi storici. Nei Novanta eravamo tra le nazioni europee più generose; oggi siamo al penultimo posto tra i Paesi Ocse riguardo gli aiuti umanitari di Stato. Senza contare che hanno anche abolito le tariffe postali agevolate, che servono a diffondere i progetti e richiedere il contributo dei cittadini. In Italia anche il sistema che regola le donazioni da parte dell aziende è carente. Con un tetto di deducibilità di 75mila euro».
Una moltitudine di organizzazioni no-profit ha firmato un appello ai presidenti della Camera e del Senato, Fini e Schifani, affinchè non sia posto il tetto dei 100 milioni ai fondi da destinare al 5x1.000 per il 2011: «Attuare la nuova Legge per la stabilità significherebbe non rispettare la volontà dei cittadini».
PIER PAOLO GAROFALO
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 novembre 2010

 

 

Ferrovie, tra 10 mesi il debutto di ”Italo” - A PARTIRE DA SETTEMBRE 2011 LA CONCORRENZA SBARCA NELL’ALTA VELOCITÀ
 

Servirà 9 città il supertreno di Montezemolo e Della Valle. Nella compagine di Ntv anche le Generali
MILANO Il via lo ha dato ArenaWays, piccolo operatore di Alessandria finanziato da un pool di imprenditori piemontesi e bresciani. Fra 10 mesi, invece, sarà la volta di “Italo”, il treno superveloce del gruppo Nuovo Trasporto Viaggiatori (Ntv) di Luca Cordero di Montezemolo e Diego Della Valle, nomi di spicco dell'imprenditoria made in Italy a cui ha deciso di accostarsi, con una partecipazione azionaria di minoranza, anche Generali.
È partita infatti ufficialmente lunedì, sulla linea Milano-Torino, la guerra dei treni ovvero la concorrenza di operatori privati sul mercato del trasporto ferroviario. Un bene, dicono gli esperti, che, oltre a costringere le Ferrovie dello Stato (FS) a migliorare il servizio, porterà nelle casse del Tesoro oltre 100 milioni all'anno (per operatore) per l'affitto di tratte della rete.
Con 17 euro a biglietto (contro i 44 della Frecciarossa Mi-To), ArenaWays ha effettuato il suo servizio pendolari fra i due capoluoghi di provincia, una partenza preceduta dalle accuse di ostruzionismo nei confronti delle FS, dopo la decisione dell'Ufficio di regolazione dei servizi ferroviari di non consentire fermate intermedie. Lo stesso ritornello che sta caratterizzando l'arrivo sul mercato di Ntv. Gruppo che, a partire dal settembre 2011, porterà la concorrenza anche sull'alta velocità.
Utilizzando per la prima volta al mondo il nuovo treno Alstom AGV, convoglio progettato per viaggiare a 360 Km orari, Ntv raggiungerà 9 città italiane e 12 stazioni e, per bocca del presidente Montezemolo, ha già fatto sapere di essere pronto a concorrere anche sulle tratte locali, «se si decidesse di aprirle alla concorrenza». Sono previste tre grandi direttrici di percorrenza (la prima: Torino-Milano-Bologna-Firenze-Roma-Napoli-Salerno; la seconda: Roma-Firenze-Bologna-Venezia; la terza: Roma-Bari) che vedranno una frequenza giornaliera di 8 viaggi Torino-Milano, 3 Roma-Milano, 13 Milano-Bologna-Firenze-Roma, ben 16 Roma-Napoli, 4 Roma-Firenze-Bologna-Venezia e 3 Roma-Bari. Per un totale di 54 viaggi ogni giorno effettuati da una flotta di 25 treni, costata circa 650 milioni di euro.
Buona anche la capacità di ogni singolo convoglio, in grado di ospitare circa 460 viaggiatori distribuiti su 11 carrozze (per una lunghezza totale di 200 metri) il cui design è stato affidato a un'altra firma di spicco del made in Italy di qualità ovvero quella di Giorgetto Giugiaro. Sul treno, fanno sapere da Ntv, ci sarà la possibilità di accedere a internet e a contenuti on demand (news, divertimento, cultura e turismo).
Partito nel 2006, dunque, il progetto Ntv è a un passo dal diventare una reale alternativa nell'alta velocità alla Frecciarossa anche se punta a rivolgersi a una clientela di fascia medio-alta e a soddisfare una domanda di 30mila viaggiatori al giorno e 10 milioni l'anno: il 20% del mercato. E' questo progetto industriale che ha convinto le Generali nel 2008 a fare il proprio ingresso nel capitale azionario di Ntv con una quota del 15%, un investimento a cui la compagnia crede e che vede anche le prime linee del top management sedere nel Cda (Raffaele Agrusti, direttore generale e Cfo e Giancarlo Scotti, amministratore delegato di Generali Properties).
Le altre quote della compagine azionaria sono il 33,5% di MDP Holding (quote paritetiche di Montezemolo, Della Valle e del presidente dell'Interporto Campano Gianni Punzo), il 20% di Intesa-Sanpaolo attraverso la merchant bank Imi, un altro 20% dei francesi di Sncf, il 5% di Alberto Bombassei, patron della Brembo e vicepresidente della Confindustria, il 5% di Mals della famiglia bolognese Seragnoli e il 2,6% di Reset 2000, veicolo societario di Giuseppe Sciarrone, amministratore delegato della stessa Ntv.
SERGIO CARLIN
 

 

Ferrovie dello Stato: il Trieste-Lecce è sotto osservazione - RICCARDI: «INEFFICIENZE SUGLI ORARI»
 

TRIESTE Il diretto Trieste-Lecce è a rischio. E non solo perché non compare sul sito di Trenitalia. Dall’entourage dell’ad Mauro Moretti arriva la conferma del possibile taglio del collegamento diretto delle 19.46 verso il capoluogo pugliese. Quel treno, fanno sapere da Trenitalia, «è sotto osservazione come tutti quelli a contratto di servizio con il ministero. La decisione finale sarà presa sulla base delle domande e della sostenibilità economica». Altra risposta, invece, sul fronte dei collegamenti direzione Mestre, Milano e Roma. Il sito, come trapelato già due giorni fa da Trenitalia, è in fase di caricamento. Ritardi che non preoccupano la Regione, che ha assicurato i treni verso le due principali città italiane con una posta di 3 milioni in Finanziaria l’anno scorso e di 2 milioni quest’anno, ma che certo non fanno piacere. Riccardo Riccardi, assessore ai Trasporti, fa sapere di non avere notizia di tagli ma parla, a proposito delle informazioni sul sito, di «inefficienza da recuperare, e al più presto». E aggiunge: «Con Trenitalia ho sempre scelto la strada di un confronto fermo e deciso piuttosto che urlato. Anche in questa occasione procederò allo stesso modo assicurandomi già nelle prossime ore se ci troviamo di fronte soltanto a un deficit informativo». Pure ieri, infatti, sparizione del Trieste-Lecce a parte, il sito di Trenitalia riportava solo 5 soluzioni, rispetto alle attuali 33, per il Trieste-Mestre, 6 (su 14) per il Trieste-Roma, 4 (su 11) per il Trieste-Milano. Situazione perfino peggiore per le partenze da Udine. I 30 Udine-Mestre ora prenotabili si riducono, dal 12 dicembre, a uno, i 15 Udine-Milano pure a uno, i 15 Udine-Roma a due.
Riccardi, intanto, lancia il progetto metropolitana leggera a servizio di un’area da Capodistria a Gorizia e Trieste, oggetto dell’iniziativa comunitaria ”Adria A”, ”Accessibilità e sviluppo per il rilancio dell’area dell’Adriatico interno”. Il 22 novembre, a Monfalcone, si svolgerà il primo incontro con la costituzione del Forum delle città transfrontaliere coinvolte.

(m.b.)
 

 

SEGNALAZIONI - ECOSPORTELLO GRATUITO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti n. 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma n. 22, tutti i giov. dalle 17.30 alle 19.30 (tel. 366-5239111 - www.legambientetrieste.it).
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 novembre 2010

 

 

Il giallo dei treni. A rischio il Trieste-Lecce - Sul web spariti anche 28 collegamenti con Mestre. Le Ferrovie: ritardi informatici
 

Nessuna certezza a meno di un mese dal nuovo regime Impossibile prenotare viaggi natalizi per Roma o Milano
TRIESTE Sul sito di Trenitalia il Trieste-Lecce notturno è sparito, come 28 collegamenti Trieste-Mestre. E di conseguenza i treni per Roma e Milano con cambio nella città veneta. Ma la compagnia ferroviaria, almeno sui collegamenti regionali, rassicura: l’inserimento online è a singhiozzo. Come a fine 2009, tuttavia, a ridosso del cambio di orario, il Friuli Venezia Giulia non trova risposte soddisfacenti sul sito alla pagina prenotazioni.
OFFERTA RIDOTTA Pochi giorni fa, all’indirizzo www.trenitalia.it, alla ricerca di un biglietto per un viaggio natalizio, la risposta era «soluzione non trovata». Adesso c’è qualcosa di più, ma non troppo. «Non sono tagli», fanno sapere dall'ufficio stampa di Trenitalia. Ma l’offerta proposta sin qui è davvero poca cosa. Sulla linea adriatica, quella secondo indiscrezioni più a rischio, ma anche su Mestre, Roma e Milano.
LINEA ADRIATICA Il sito di Trenitalia cambia proposte dall’11 al 12 dicembre, il giorno dell’introduzione dell’orario invernale. L’11, da Trieste a Lecce, compaiono varie partenze con cambio a Mestre, Bologna, Verona e Bari. Ma c’è anche l’unico diretto: partenza dal capoluogo regionale alle 19.46 e arrivo nella città pugliese alle 9 del mattino dopo. Il 12, invece, quel treno non c’è. Cancellato solo sul sito o realmente tagliato nella programmazione ferroviaria? Da Regione e Trenitalia non arrivano certezze. Quel collegamento, tra l’altro, non è solo un viaggio direzione Puglia. È anche l'unico raccordo sulla linea dell’Adriatico, in sostanza su Ancona e Pescara. Possibile che sia a rischio abrogazione?
SUL SITO Quello che emerge è che Trenitalia, pure quest’anno, ritarda la definizione del nuovo orario: pure in stazione, infatti, le prenotazioni sono possibili solo sulla base di quanto inserito sul sito della compagnia. Dove a mancare, clamorosamente, sono persino i collegamenti regionali. Il Trieste-Mestre passa dai 33 treni giornalieri a quota 5 con l’orario invernale. E pure su Roma e su Milano il taglio informatico è secco: verso la capitale si scende da 14 a 6, verso il capoluogo lombardo da 11 a 4. Numeri reali? Trenitalia dice che no, si tratta solo di un ritardo dell’aggiornamento del sito. Ma, a meno di un mese dal nuovo orario, l’utente non è in grado di programmare un viaggio verso le due principali città italiane.
IN FINANZIARIA La Regione ha inserito in Finanziaria, dopo i 3 milioni dell’anno scorso, altri 2 milioni per difendere i collegamenti su Roma e Milano, quelli salvati nel 2010 proprio grazie alle risorse della manovra. Con il risultato finale di un diretto in più su Milano, il Frecciabianca delle 9.38, e la riduzione dei tempi su Roma: l’Eurostar delle 7.49 che impiegava 6 ore e 21 minuti, la soluzione più veloce, è stato sostituito da un treno in partenza alle 6.35 e in arrivo nella capitale in 5 ore e 38 minuti e da quello delle 9.38 (5 ore e 35 minuti), peraltro con la necessità del cambio a Mestre.
LE CONFERME Tutto, nella prospettiva dell’orario invernale, non ancora nero su bianco. Gli orari cartacei, chiesti in stazione, non esistono. E sul web la situazione è quella descritta. In mezzo ai ”buchi”, anche qualche certezza. Risultano confermati il Trieste-Monaco attraverso Mestre (con partenza però alle 17.02 anziché alle 19.46 e viaggio di due ore e mezza più lungo), il Trieste-Reggio Calabria delle 17.02 (con due cambi a Mestre e Roma ma quasi tre ore di meno) e il Trieste-Basilea (saltato il diretto un anno fa, restano due soluzioni mattutine con cambio a Milano).
ALL’EST «Nessuna soluzione» è invece la risposta del sito sulla tratta Trieste-Lubiana. E pure sulla Trieste-Budapest. Prima del cambio di orario, e cioè fino all’11 dicembre compreso, è invece possibile prenotare la partenza da Trieste alle 22.21, con cambio a Monfalcone alle 22.43, e arrivo nella capitale slovena all’1.41 e in quella ungherese alle 10.59 del mattino dopo. E per Vienna? Sei partenze oggi, una sola nel periodo di Natale. Tutto, ancora, da inserire a sistema. Così assicura Trenitalia.
MARCO BALLICO
 

 

Servono 300 milioni per evitare il rischio alluvioni - Ciriani torna a sollecitare l’intervento di Roma mentre la manovra regionale taglia 8 milioni di euro all’Ambiente
 

LA STIMA DELLA PROTEZIONE CIVILE PER LA MESSA IN SICUREZZA DEL TERRITORIO
TRIESTE L’Ambiente perde otto milioni rispetto al 2010, arriva a quota 47 e di questi, appena 3,5 potranno essere destinati alla manutenzione ordinaria e straordinaria dei fiumi. Un’inezia. L’assessore e vicepresidente della Regione Luca Ciriani lo sa bene perché, dopo aver fatto i conti con i danni delle alluvioni di novembre, ha fatto stimare alla Protezione civile l’importo che servirebbe al Friuli Venezia Giulia per provvedere all’emergenza e continuare a mettere in sicurezza il territorio con investimenti seri. E la cifra è di quelle da capogiro: 300 milioni di euro. La Regione non li ha e con una Finanziaria di rigore come quella elaborata è impensabile recuperarli. Lo Stato non promette di meglio, ma la via di Roma va comunque tentata. «Abbiamo chiesto 116 milioni di euro – ricorda Ciriani – per i danni causati dall’alluvione di questo mese e per interventi strutturali. Il Veneto si è visto riconoscere stanziamenti importanti, speriamo di portare a casa qualcosa». Gli osservati speciali della Regione sono il Tagliamento e l’Isonzo, oltre a Meduna, Livenza, Noncello, Torre.
E se i fiumi restano una delle priorità ambientali della Regione, in materia di acqua arriva una novità importante. Martedì in consiglio, con l’approvazione del ddl “Disposizioni in materia di attività estrattive e di risorse geotermiche” sarà approvato anche un articolo che rimanda la privatizzazione del servizio idrico integrato e prolunga la vita degli ambiti territoriali ottimali. La norma fissa nella «collaborazione tra Comuni e Province» la scappatoia per prorogare l’esistenza degli Ato: diversamente il 31 dicembre, come previsto da norma nazionale, la concessione che gli enti pubblici hanno affidato ai gestori decadrebbe e la gestione andrebbe messa a gara. L’articolo non stabilisce i tempi della proroga: «È una norma ponte – spiega Ciriani – in attesa di approvare un disegno di legge organico sulla materia». Nello stesso disegno di legge la Regione risolverà un’altra questione in materia di rifiuti stabilendo che «i rifiuti urbani prodotti in Regione possono circolare liberamente sul territorio regionale e possono essere trattati anche in impianti non appartenenti all’ambito territoriale ottimale di produzione». Questo significa, per esempio, che l’inceneritore di Trieste potrà nuovamente ricevere rifiuti provenienti per esempio dalla provincia di Pordenone. L’articolo stabilisce che gli ambiti per la gestioni dei rifiuti siano di carattere provinciale «ma va approfondita – anticipa Ciriani – la possibilità di creare un unico ambito di gestione regionale».

(m.mi.)
 

 

Case con energia a costo ”quasi zero” - CAMERA DI COMMERCIO, CONVEGNO DEDICATO AL RISPARMIO
 

«Il risparmio energetico va affrontato con il massimo dell'interesse e dell'impegno, anche perché è fonte di guadagno e di reddito». Lo ha detto il presidente della Camera di Commercio Antonio Paoletti, introducendo i lavori del convegno "Ristrutturare con efficienza - esempi pratici a confronto", che si è tenuto nell’ente camerale. A moderarlo è stato il vicepresidente della Camera di commercio con delega all'Energia Alessandro Settimo, che ha sostenuto la necessità di sposare risolutamente la linea della "green economy" come si sta facendo in molte città d'Europa.
Vienna, Friburgo, Zurigo e Stoccolma hanno adottato sistematicamente soluzioni energetiche volte al risparmio e ispirate al ricorso alle energie rinnovabili. «Green economy significa sostenibilità», ha evidenziato Settimo, sostenibilità che riguarda sia la produzione sia l'utilizzo dell'energia, da cui discende la questione dell'efficienza del risparmio. «La portata del concetto di risparmio - ha aggiunto Settimo - è misurabile attraverso l'indice dell'Eroei, che dà il parametro tra energia ricavata ed energia consumata. Ebbene, l'indice del petrolio nel 1930 era pari a 130, nel 1970 pari a 23, oggi pari a 8; il gas è passato da 80 a 30. Il risparmio energetico vale 45».
Intervenendo dalla platea, il fisico Renzo Rosei ha rilevato che «mentre il resto del mondo corre l'Italia rimane fanalino di coda. Il risparmio dell'energia sarà la nostra prima forma di energia, perché le altre forme di energia si stanno inaridendo molto velocemente».
Di fronte ai fenomeni del riscaldamento globale, dell'effetto serra e del buco dell'ozono i nuovi comportamenti da adottare sono imposti dalle stesse direttive europee. La direttiva 31 del 2010 chiede agli Stati membri dell'Ue di emanare leggi e piani nazionali perché entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione siano a energia ”quasi zero". «Questo tipo di edifici - ha osservato uno dei relatori, l'architetto Stefano Fattor, attivo a Bolzano - può essere realizzato già da dieci anni a questa parte».
 

 

Colibrì sequestrati: «Al ministero non ne sappiamo nulla» Il portavoce di Matteoli: l’unico sopralluogo chiesto ai forestali era mirato a verificare la salute degli animali

 

IL LEGALE DI RIMOLI: IL PROVVEDIMENTO MI PARE PROPEDEUTICO AL TRASFERIMENTO, SE COSÌ FOSSE RICORREREMO AL TAR
«Quest’ultimo intervento della Forestale alle serre dei colibrì non è partito dal ministero. La Direzione generale per la protezione della natura non ne sapeva nulla». Salvatore Bianca, portavoce del ministro dell’Ambiente Altero Matteoli, esclude qualsiasi coinvolgimento del dicastero nel sequestro delle serre e dei laboratori presenti nel parco di Miramare, aggiungendo: «Il nostro ministero non può disporre il sequestro di immobili».
L’unico sopralluogo che il ministero dell’Ambiente ha chiesto alla Forestale di effettuare a Miramare, sempre secondo quanto afferma il portavoce, è quello di una decina di giorni fa, quando c’èra il rischio che venisse tagliata l’energia elettrica, «per verificare lo stato di salute dei colibrì, che dobbiamo tutelare in quanto specie protetta».
Di situazione tragicomica parla Stefano Rimoli, responsabile della struttura scientifica, che si vede accusato di operare in maniera abusiva. «Siamo stati riconosciuti come istituzione scientifica nel 2005 – precisa – anno in cui il ministro Matteoli ci ha affidato il mandato di attuare il progetto internazionale sui colibrì. Da quel momento abbiamo chiesto una convenzione con il ministero dell’Ambiente e con quello dei Beni ambientali, che però non è mai arrivata. E adesso mi accusano di essere abusivo, non avendo appunto una convenzione. Ma una convenzione – rileva – ce l’avevo ancora nel 1998-99 quando operavo con il Giardino delle farfalle. A Miramare – conclude – siamo entrati con un ministro della Repubblica e con il sindaco Dipiazza, che inaugurarono la serra dei colibrì. Chiediamo solo che situazione venga regolarizzata».
Nei prossimi giorni, intanto, è attesa la convalida del provvedimento della Forestale di Padova. «Il sequestro – commenta l’avvocato Pietro Marsili di Roma, che Rimoli ha nominato proprio difensore – mi sembra molto strumentale. I colibrì sono di proprietà dello Stato, che non vuole sostenere Rimoli. Il sequestro – aggiunge – mi pare un atto propedeutico a un trasferimento, ma se dovesse arrivare un ordine in questo senso non esiterei un attimo a presentare ricorso al Tar».

(gi. pa.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 novembre 2010

 

 

Differenziata, a primavera con 1250 nuovi cassonetti - PARTE CON LEGGERO RITARDO IL PIANO DEL COMUNE E DELL’EX MUNICIPALIZZATA

 

la raccolta dei rifiuti nella provincia di Trieste

Conclusa la gara, entro Natale AcegasAps ordinerà i contenitori per una spesa di 900mila euro
Un milione di euro per incrementare la raccolta differenziata dell’8%, attraverso il posizionamento, in tutta la città, di 450 nuovi cassonetti per la carta, altrettanti per la plastica e di 350 per il vetro e le lattine, che verranno ad aggiungersi a quelli esistenti: 700 per la carta, 552 per la plastica e 583 per vetro e lattine.
Entro la primavera (quindi con un leggero ritardo rispetto al mese di gennaio previsto a suo tempo), una volta concluso il posizionamento dei nuovi cassonetti, saranno così create quasi 1000 isole ecologiche, ciascuna composta da quattro contenitori: rifiuti indifferenziati, carta, plastica, vetro e lattine.
La collocazione delle ”isole” è già stata individuata dai tecnici dell’AcegasAps e del Comune – riguarderà tutte le strade percorribili dai camion utilizzati per raccolta – applicando la ”regola” della distanza massima di 300 metri da qualsiasi abitazione.
«A regime – spiega l’ingegner Paolo Dal Maso, capo della Divisione ambiente di AcegasAps – puntiamo a servire con la raccolta differenziata il 90% della popolazione. C’è un’aspettativa positiva da parte della città – aggiunge – ma servirà comunque un’adeguata opera di informazione, anche per sfatare la leggenda secondo cui il contenuto dei diversi cassonetti andrebbe a finire nel termovalorizzatore».
Il posizionamento dei nuovi contenitori è previsto, come detto, a primavera. La gara per la fornitura, bandita da AcegasAps su una base di 900mila euro, è stata chiusa di recente. Adesso i tecnici stanno completando l’esame delle offerte: gli ordini dei cassonetti partiranno fra qualche settimana, e comunque entro Natale.
«La fornitura – precisa Dal Maso – è prevista due mesi dopo l’ordine. Poi ci vorranno altri due mesi per posizionare i nuovi contenitori, con una spesa aggiuntiva di 180mila euro. Anche in quella fase proseguirà la collaborazione con il Comune, per creare materialmente gli spazi, già individuati, dove collocare le nuove isole ecologiche».
A fronte di un notevole esborso per l’acquisto dei nuovi cassonetti, con l’aumento della differenziata AcegasAps vedrà incrementare gli introiti derivanti dalla vendita dei materiali raccolti. Il Conai (Consorzio nazionale imballaggi) paga infatti una certa cifra per tonnellata, a seconda del tipo di materiale. Il più pregiato è la plastica, pagata 277 euro a tonnellata. I cartoni da imballaggio ”valgono” invece 90 euro, mentre per la carta il ”prezzo” è di soli 20 euro a tonnellata.
Per inciso, i camion dell’AcegasAps non dovranno percorrere chilometri in più per depositare il ”raccolto” della differenziata. I consorzi di filiera hanno infatti indicato come ”piattaforma di scambio” la sede della ”Calcina inziative ambientali”, posta a poca distanza dal termovalorizzatore.
Una volta che anche le nuove isole ecologiche saranno a regime – per un totale come detto di mille ”postazioni” – al termovalorizzatore arriveranno ogni anno 8mila tonnellate di rifiuti in meno, rispetto alle 80mila che l’impianto di via Errera riceve attualmente.
Ma questo calo non inciderà sul funzionamento ”al massimo” dell’impianto, che ogni anno tratta 150 mila tonnellate di rifiuti, attraverso tre linee. La differenza con le 80 mila tonnellate ”prodotte” dai comuni di Trieste e di Duino Aurisina è già adesso coperta con rifiuti in arrivo dalla provincia di Gorizia e con gli scarti di impianti che producono compost (dai rifiuti urbani) nelle province di Udine e Pordenone.
Non solo. Alcuni mesi fa la Provincia di Udine ha chiesto a quella di Trieste (competente in tema di rifiuti) la disponibilità a portare al termovalorizzatore di via Errera 10-12 mila tonnellate all’anno. Si tratta chiaramente di un problema politico, ma secondo i tecnici, una volta che sarà raggiunto l’aumento della differenziata, ci sarà lo spazio per trattare anche questi ulteriori volumi.
Va detto che, oltre a carta, vetro e plastica, la differenziata riguarda già adesso anche altri materiali: legno, metalli, elettrodomestici, consegnabili nei quattro centri di raccolta di AcegasAps aperti sei giorni su sette (uno anche la domenica mattina). E per i rifiuti ingombranti opera da tempo un servizio di raccolta a domicilio (chiamando lo 040-7793780).
GIUSEPPE PALLADINI
 

 

Deve salire almeno dell’8% la raccolta in città L’obiettivo è il 65% nel 2012
 

La percentuale di raccolta differenziata a Trieste sfiora appena il 21% (20,6%). Una quota pari a 19.625 tonnellate, su un totale di 95.386 tonnellate raccolte lo scorso anno sul territorio comunale. Un po’ più alta questa percentuale è a Duino Aurisina, dove opera sempre AcegasAps, con il 22,9% (corrispondente a 1.214 tonnellate).
Con l’operazione avviata dal Comune e dalla multiutility, che a regime prevede un aumento della differenziata dell’8%, a Trieste si toccherà quindi il 29%. Una ”fetta” dei rifiuti globali ancora molto lontana da quel 65% che una direttiva europea fissa come obiettivo da raggiungere entro il 31 dicembre 2012.
Ben diverso è invece il quadro della differenziata a Padova e in alcuni comuni di quella provincia, anche questi serviti da AcegasAps. Lo scorso anno, nel territorio comunale di Padova la raccolta differenziata è arrivata al 44,6% (60.898 tonnellate, su un totale di 136.550).
Altri comuni dell’area padovana sono ancora più ”virtuosi”. Abano Terme raggiunge il 54,9%, ma quote superiori, e addiruttura maggiori di quella fissata dalla direttiva europea, si registrano a Ponte San Nicolò (68,9%) e a Saonara (70,2%). Il record fra i comuni dell’area di Padova serviti da AcegasAps spetta poi a Noventa Padovana, dove la raccolta differenziata è pari al 70,4%.
 

 

Rifiuti buttati via a casaccio? Multe da 50 a 200 euro - I TRASGRESSORI SONO AVVERTITI
 

L’assessore Rovis: «Quasi pronto il testo del regolamento Un’operazione a costo zero»
Dal momento in cui la raccolta differenziata dei rifiuti diventerà obbligatoria, chi sarà sorpreso a gettare materiali riciclabili nei cassonetti per quelli indifferenziati verrà multato. L’entità della sanzione andrà da un minimo di 50-100 euro a 100-200; la cifra esatta sarà stabilita a breve dal consiglio comunale, nel momento in cui il nuovo regolamento di igiene urbana approderà in aula.
La delibera con il testo delle nuove norme ha quasi concluso il suo iter. Al via libera da parte di tutte le sette Circoscrizioni è già seguito quello della Terza commissione consiliare. «Il testo – osserva l’assessore alle società partecipate, Paolo Rovis – è pronto per andare in consiglio. Una volta approvato, entrerà in vigore dopo venti giorni di esposizione della delibera all’albo pretorio. Ritengo quindi che le nuove norme saranno operative entro l’anno, salvo la parte relativa alla raccolta differenziata, per la quale l’avvio è fissato al primo giugno 2011, data però modificabile dal consiglio comunale».
L’operazione ”aumento della differenziata” sarà a costo zero, sia per i cittadini sia per il Comune. A sottolinearlo è lo stesso Rovis. «Il piano finanziario predisposto da AcegasAps – spiega l’assessore – prevede che, a regime, il costo delle nuove isole ecologiche sarà equiparato dal minor costo per smaltire i rifiuti destinati al riciclo e dai contributi incassati dal Conai (Consorzio nazionale imballaggi) per i materiali (carta, vetro, plastica, lattine, ndr) che verranno ceduti».
L’azione messa in campo dal Comune per incrementare la raccolta differenziata interessa anche altri materiali, a cominciare dai cartoni. Fra gli input dati ad AcegasAps, c’è infatti quello di aumentare la raccolta porta a porta (più esattamente, negozio a negozio) degli imballaggi. Un rifiuto ”pregiato”, visto che, come riferiamo a fianco, viene pagato dal Conai 90 euro a tonnellata.
Il vantaggio di questa raccolta, già in atto in diverse zone del centro (Borgo teresiano, largo Barriera, via Battisti), è duplice: oltre al riciclo si evita che i negozianti smaltiscano i cartoni nei cassonetti per i rifiuti indifferenziati, diminuendo così il volume a disposizione per le altre immondizie.
Allo scopo di rendere più capillare questo tipo di raccolta, che dovrebbe diventare obbligatoria con il nuovo regolamento di igiene urbana, e posto che non tutti i negozianti attualmente aderiscono al servizio, si renderanno necessari appositi incontri fra AcegasAps e le associazioni di categoria.
Va ricordato infine che una consistente parte dei rifiuti – un quarto di quelli complessivamente raccolti – è costituita da materiali biodegradabili. Con riguardo a questa quota, a Trieste per ora non è prevista alcuna iniziativa, anche se esiste un tavolo tecnico fra Provincia e Comune, che si riunisce periodicamente, nel quale vengono discussi problemi e programmi relativi allo smaltimento dei rifiuti.

(gi.pa.)
 

 

Il sistema a scomparsa interrato costerà 703mila euro, più del doppio del previsto - In piazza della Borsa l’isola (ecologica) che non c’è
 

Menis (grillini): «Spreco di risorse»
C’è ma non si vede. La prima isola ecologica del nuovo corso triestino sarà proprio quella ”fantasma” con cassonetti a scomparsa interrati di piazza della Borsa, per la quale si sta lavorando all’interno della maxiriqualificazione della piazza stessa. A febbraio infatti - stando alle indicazioni dei tecnici - all’ombra della statua di Leopoldo, a destra della corsia di scorrimento che s’immette su corso Italia, sarà pronta l’isola ecologica nascosta, sotto un’area lunga 25 metri, larga quattro e profonda quattro e mezzo, munita di una batteria di impianti di sollevamento per consentire ai camion di AcegasAps di svuotare un elettro compattatore scarrabile di 20 metri cubi per l’indifferenziata e quattro contenitori in acciaio zincato, tre da 3.200 litri per la carta e la plastica e uno da 3.000 per il vetro. Un’operazione mirata a eliminare «cassonetti in superficie, contribuendo alla salvaguardia dell’igiene pubblica delle zone centrali di pregio, nonché di tutela del decoro in un’area di grande flusso turistico», come recita una recente delibera con cui la giunta ha approvato una spesa di 225mila euro per il primo lotto funzionale dell’intervento. Un’operazione che però, come ammette al tempo stesso quella delibera, che «prevede l’esecuzione delle opere edili di fondazione di costo superiore a quello preventivato, perché la natura geologica del terreno è soggetta ad infiltrazioni d’acqua marina e risulta necessario consentire il normale flusso del traffico veicolare lungo la via pubblica adiacente». Morale: l’investimento dichiarato alla presentazione dell’opera - 319mila euro, pari ai 290mila più Iva al 10% per i «sistemi automatizzati» con «installazione» e «completamento» che comparivano in una delibera della fine del 2009, dove si parlava di 370mila euro compreso uno studio preliminare per la trasformazione della Tarsu in Tia - diventa con quest’ultimo provvedimento «una spesa complessiva di 703mila euro» a cominciare da «scavi, opere edili comprese strutture a protezione degli scavi stessi», che valgono 330mila euro, e da «fornitura e posa in opera di apparecchiature elettroidrauliche», voce da 188mila che con il 20% di Iva sale proprio a quei 225mila euro di primo lotto. Il candidato sindaco grillino, Paolo Menis, va duro: «Ci troviamo di fronte ad uno spreco di denaro pubblico se pensiamo che la nuova piazzola ecologica sarà composta da 4 cassonetti per la raccolta differenziata e da un elettro compattatore di 20 metri cubi per l’indifferenziato, equivalente a circa 7 normali cassonetti. Una virtuosa politica di gestione dei rifiuti non passa attraverso l’installazione di costose piazzole ecologiche, bensì dando il via ad azioni più incisive quali la raccolta porta a porta, la differenziazione del rifiuto umido e la diminuzione dei rifiuti conferiti all’inceneritore».

(pi.ra.)
 

 

Terreno del sindaco, Bevilacqua denuncia i consiglieri comunali - ESPOSTO ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA
 

Da vertenza civile e amministrativa a problema di natura penale. Cresce d’importanza, almeno negli intenti di Adriano Bevilacqua, «cittadino che non accetta – ha detto – soprusi e ingiustizie di questo tipo», il tenore giuridico sulla querelle relativa all’acquisto effettuato, da parte del sindaco, Roberto Dipiazza, di un terreno nel rione di Guardiella, sulla base di una deliberazione del Consiglio comunale del dicembre 2006.
L’oggetto del contendere è un terreno in via Verga acquistato nel 2005 per 33mila e 50 euro, che fu poi incorporato qualche anno dopo in un altro appezzamento confinante e trasformato in area edificabile, prima di essere rivenduto a un prezzo complessivo di 370mila euro. Ad acquistarlo nel 2005 dal Comune da lui stesso guidato fu lo stesso sindaco Dipiazza.
Bevilacqua, che ha sottolineato anche ieri di «non appartenere ad alcuna formazione politica» e di essere motivato dalla sola «esigenza di vedere tutelato il pubblico patrimonio», aveva già diffidato, a metà luglio, tutti i consiglieri comunali, a suo avviso ritenuti a vario titolo corresponsabili della vendita, «perché hanno votato a favore, con due sole eccezioni, quelle di Everest Bertoli e di Tarcisio Barbo», fissando un termine per una riposta.
«Quando questa mi è arrivata – ha sottolineato ieri Bevilacqua – ho verificato che i consiglieri comunali non si ritengono responsabili di nulla, si rifiutano di adottare un provvedimento di revoca, limitandosi a firmare un atto privato collettivo, nel quale affermano la loro incompetenza a decidere. A mio avviso – ha evidenziato Bevilacqua – siamo al cospetto di una vera e propria omissione d’atti d’ufficio, perché non hanno avuto il coraggio di intervenire. Ho perciò deciso – ha proseguito – di inoltrare alla Procura della Repubblica un esposto denuncia nei confronti del sindaco e di tutti i consiglieri comunali che hanno votato a favore della delibera con la quale si è autorizzata la vendita».
Bevilacqua ha ricordato che accanto a lui sono sensibili allo sviluppo dell’esposto l’associazione Greenaction «e tutti coloro che ritengono che i consiglieri comunali devono essere i tutori del patrimonio pubblico».
L’autore dell’esposto si è anche chiesto il motivo per il quale «nessuno, nemmeno l’Avvocatura comunale, si è accorto che si stava concretizzando una grave violazione delle norme in essere».

(u.s.)
 

 

Polveri sottili, allarme del Wwf - INQUINAMENTO - Intanto la Lucchini fa causa alla Regione per la centralina mobile
 

Allo studio nuovi piani di azione comunale
La Lucchini ha fatto causa al Tar perché chiede (e non ottiene) che la Regione rimuova la centralina mobile di rilevamento della qualità dell’aria sita in via San Lorenzo in Selva, a 200 metri dalla Ferriera, che la proprietà considera «zona industriale», lamentando che Arpa e Azienda sanitaria, nonché la Regione che riceve i dati, la tengano in conto invece al pari delle altre come segnalatore della qualità dell’aria «urbana». Con ciò causando alla Ferriera «ostilità sociale». Ma l’Arpa nel frattempo ha immesso nel proprio sito un asterisco e un richiamo a leggi, che al cittadino dicono poco, ma che in realtà segnalano proprio come quella centralina stia misurando le concentrazioni «in zona industriale». Dove i limiti, è evidente, sono più elevati. Questa centralina è rimasta inattiva per alcuni giorni. «Un guasto ora riparato» spiega l’Arpa.
E mentre è in corso il procedimento di revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale, la Lucchini ha altresì citato nuovamente al Tar la Regione per due atti di diffida ricevuti lo scorso maggio e lo scorso agosto. Una prossima conferenza dei servizi è attesa da qui in avanti, ma non ancora fissata, documenti stanno viaggiando tra la Regione e la Lucchini: sotto esame anche le quantità altissime di benzene e benzoapirene riscontrate all’inizio dell’estate, ben dopo la riparazione dei guasti alla cokeria che in un primo tempo ne erano stati considerati i responsabili, e che misero in assoluto allarme sia l’Azienda sanitarie e sia la Provincia che ha competenze sulla situazione ambientale.
Nel frattempo la scorsa settimana proprio nella zona di Servola (via Carpineto e via Pitacco) si sono misurati valori di polveri sottili superiori alla media giornaliera consentita di 50 microgrammi per metro cubo: il doppio (oltre 100) per due giorni consecutivi in via Carpineto. E il Wwf domanda: perché si vuole aspettare che la stagione invernale, coi suoi inevitabili processi di traffico, riscaldamento e basse pressioni portino sulla città quella cappa che la legge impone di mitigare dopo tre giorni di limiti superati, con la limitazione del traffico? Perché, chiede ancora il Wwf, non si limita anche la produzione industriale, uno dei grandi responsabili dell’aria sporca?
Stelio Vatta, dirigente dell’Arpa per l’area triestina, afferma che in Regione è allo studio una «revisione dei piani di azione comunali», che andrebbero costruiti con scopo preventivo, e non come ora in funzione di correttivo per un danno ormai già avvenuto.
Intanto il «piano dell’aria» per Trieste è entrato in funzione, con il cosiddetto «catasto delle emissioni» di fonte industriale, e i dati fluiscono in Regione.
Il 17 novembre, ultimo dato disponibile ieri, l’Arpa tuttavia segnalava nella zona di Servola dati di polveri sottili molto inferiori ai limiti dei 50 microgrammi per metro cubo (12, 15, 18). Bassi anche in prossimità delle altre centraline, via Tor Bandena, via Battisti, con Muggia addirittura a 9. Basse emissioni anche nella centralina mobile (19), che tuttavia ha già oltrepassato i limiti di sforamento annuale, fissati in 35.
«Ma sia chiaro - specifica Vatta a fronte delle ragioni ostentate dalla Lucchini e dall’Arpa fatte proprie con la didascalia di avvertenza - che questi dati non c’entrano con la qualità dell’aria». Legalmente sarà senz’altro vero, anche se in aria è difficile porre i netti confini che in terra traccia una semplice linea. Il Wwf chiede appunto azioni preventive sulla base delle previsioni del tempo e per la Ferriera propone di «diminuire la produzione di coke, e sospendere per alcuni giorni l’attività dell’agglomerato, una delle fonti maggiormente inquinanti: emette anche diossina oltre che polveri sottili».

(g. z.)
 

 

Parco di Miramare, sequestrata la serra dei colibrì Rimoli: «Scopro che per lo Stato siamo un cancro»
 

Dopo le mezze parole e i quarti di promesse, lo Stato reagisce con i fatti. Alla sua maniera, ovviamente, così come alla sua maniera è stata gestita l’intera vicenda del Parco dei colibrì di Miramare. Che improvvisamente, scopertona, è diventato addirittura abusivo, dall’oggi al domani. Ieri mattina ai laboratori si sono presentati gli uomini della Guardia forestale, gentilissimi e quasi dispiaciuti, che hanno messo sotto sequestro la serra (ma non i colibrì), ora chiusa al pubblico, e vari altri ambienti, sui quali grava l’ipotesi di essere costruzioni abusive. Di più: a loro dire sarebbe illegale persino l’allacciamento dell’impianto dell’acqua, privo di contatore. Insomma, un nucleo diverso di quegli stessi forestali che l’altro giorno, con un’operazione un po’ fantozziana disposta da Roma, avevano ”dissuaso” gli operatori della Tuttogas, impedendo loro di staccare i contatori, adesso hanno iniziato a fare le punte all’intera struttura. Con allibito scoramento, Stefano Rimoli, deus ex machina della struttura scientifica, parte con un duro attacco. «Lo Stato mi ha messo nel Parco del Castello di Miramare, lo Stato mi ha mandato in Sud America a portare i sigilli della Repubblica Italiana e ad inaugurare riserve naturali con gli Ambasciatori d'Italia, lo Stato mi ha chiesto di realizzare un accordo di cooperazione internazionale tra il Governo Italiano e il Governo del Perù, lo Stato mi ha permesso di importare dei "colibrì diplomatici" in Italia promuovendone l'iniziativa, lo Stato ha finanziato fino ad oggi tutto questo, lo Stato ha riconosciuto l'ambiente del Centro colibrì sito nel Parco di Miramare quale Istituzione Scientifica della Repubblica Italiana. Ed oggi – s’infervora – lo Stato vuole farvi credere che tutta questa realtà e che questo Centro di ricerca è in realtà un cancro abusivo. Ma se questo Centro di ricerca, promosso e voluto dallo Stato e dallo stesso Ministero dell'Ambiente – continua Rimoli – è un cancro, perché allora lo hanno alimentato e apprezzato in tutti questi anni? Se siamo un cancro perché un decreto ministeriale ci ha riconosciuto Istituzione della Repubblica? Se siamo un cancro perché ci hanno lasciato proliferare per oltre 10 anni, con i complimenti del Governo?».
La ”colpa” di Rimoli, insomma, sarebbe quella di avere sempre chiesto in questi anni una Convenzione per regolarizzare i rapporti con lo Stato. Risultato? «Oggi vengo accusato di occupare abusivamente il Parco di Miramare, solo perché non hanno mai voluto rinnovarla». «Non è vero, come come si vuole forse far credere, che noi siamo un'associazione privata che dallo Stato ha ricevuto solo pacche sulle spalle e assicurazioni verbali – sottolinea ancora Rimoli – noi abbiamo documenti ufficiali scritti e firmati dai massimi vertici dello Stato Italiano». Tra questi va sicuramente citato l'ambasciatore d'Italia in Perù che nel 2006 e 2007 affermò: «I colibrì sono definiti diplomatici dono del Governo del Perù alla Repubblica Italiana» e «sono di proprietà del Governo Italiano» e inoltre che «sono in affidamente illimitato ed irrevocabile al Centro triestino» e che il direttore del Centro Stefano Rimoli è il latore della «missione diplomatica di cooperazione internazionale».
Amara la conclusione della nuova puntata. «Ho donato alla città un centro di ricerca scientifico riconosciuto internazionalmente – osserva Rimoli – , apprezzato da ambientalisti come Margherita Hack e che sta producendo pubblicazioni scientifiche con prestigiose Università, e dopo 10 anni la città ci lascia morire nella totale indifferenza». Dalle serre, adesso, si passa alle aule. Di tribunale.
FURIO BALDASSI
 

 

Detrazione fiscale per riqualificazione energetica: il bonus del 55% spetta solo sull'esistente

Lo specifica l'Agenzia delle Entrate con la circolare n. 39/E del 1 luglio 2010

 

 

SEGNALAZIONI - AMBIENTE - La natura si ribella

 

Noi maltrattiamo madre natura, ed essa sta ribellandosi contro tutti i soprusi subiti da parte dei così detti esseri umani, verso cui sta scatenando furiosamente tutta la sua poderosa potenza, causando alluvioni, smottamenti di terreni, allagamenti e terremoti, con conseguenze drammatiche nei confronti degli ingrati abitanti del pianeta terra.
Il monito che era stato rivolto più volte a coloro i quali si erano riuniti per cercare il modo di ridurre le emissioni di sostanze inquinanti nell’atmosfera, sono state sempre rinviate nel tempo, poiché ciò avrebbe provocato presanti disagi nel campo occupazionale; altrettanto è stato fatto per quanto concerne il problema relativo all’effetto serra.
Le città, per la loro estesa cementificazione, non riescono più ad assorbire l’acqua prodotta dalle piogge torrenziali, e nemmeno gli scarichi esistenti sulle strade sono in grado di farlo, anche perché intasati da rifiuti di ogni genere, che creano così gli allagamenti di scantinati e strutture varie.
Questa disattenzione sicuramente peggiorerà ancora negli anni a venire, consegnando alle giovani generazioni una situazione di immaginabile disagio, simile a quelli evidenziati dalle trasmissioni televisive, che ci dovrebbero certamente allarmare seriamente.
Tommaso Micalizzi
 

 

SEGNALAZIONI - MIRAMARE - Salviamo i colibrì
 

Mi rivolgo a voi per un appello alla cittadinanza triestina che ha un grande cuore per aiutare chi ne ha bisogno. Salviamo i colibrì di Miramare. Appartengono a tutti noi, se il governo del Perù ci ha donato queste creature, erano sicuri di metterle in ottime mani di cui è sotto gli occhi di tutti quando si va a visitarli. Grazie al direttore e a uno staff prodigioso, che si dava ad ogni limite per la loro incolumità, non lasciamo che muoiano per l’egoismo di un governo che come sempre se ne lava le mani quando si tratta di responsabilità tanto siamo solo dei numeri per il voto e le tasse. Trieste però viene apprezzata da chi veramente guarda al di là delle apparenze.
Con le varie sollecitazioni si cerca di salvare quel poco di verde e di fauna esistenti, facciamo sentire la nostra solidarietà nei confronti di questa microcomunità che dà piacere agli occhi e senso a una vita così grama, raccogliamo le cifre necessarie almeno per la bolletta del gas a breve scadenza (il 15 novembre chiudono la fornitura e di conseguenza né cibo né calore necessari alla continuità della vita di questi piccoli sogni alati). Salviamo i nostri sogni e quelli dei nostri figli, io personalmente cerco di dare un piccolo aiuto, non occorrono cifre esorbitanti, anche un solo euro, se tutta la cittadinanza aiuta ha un suo piccolo paradiso personale, tutto il ricavato verrà messo nelle mani del direttore del Piccolo, in ci confido la mia più sentita stima e ammirazione per il lodevole lavoro che segue.
Per eventuali donazioni, lascio il mio numero di cellulare per chi volesse mettersi in contatto con me: 333-2413776. Ringrazio fin d’ora tutti per la partecipazione eventuale.
Elisabetta Zanin
 

 

 

 

QUALENERGIA.IT - GIOVEDI', 18 novembre 2010

 

 

La detrazione del 55 per cento salva ma indebolita
Entra in finanziaria la proroga per il 2011 dell'incentivo per l'efficienza energetica negli edifici. Le modalità di accesso restano le stesse, ma la detrazione sarà spalmata su 10 anni anziché su 5, rendendo meno appetibile lo sconto. Inoltre il fatto che la proroga sia prevista per un solo anno non dà certezza agli operatori per investire nel medio periodo.
Il 55% è salvo per un altro anno, ma indebolito. La notizia è arrivata ieri sera: dopo l'insurrezione di mezzo paese (Qualenergia.it, Sul 55 per cento cala la scure del Governo) la proroga dell'incentivo è stata inserita nell'emendamento alla Legge stabilità, che sarà votato oggi, senza rischi di essere bocciato. La detrazione al 55% sulla riqualificazione energetica degli edifici sarà dunque concessa anche nel 2011, gli interventi finanziati saranno gli stessi che conosciamo, ma la detrazione verrà spalmata su 10 anni anziché su 5 com'è avvenuto finora. Nei giorni scorsi il vice ministro dell'Economia, Giuseppe Vegas, aveva anticipato la possibilità di introdurre con un emendamento alla Camera, dove si discute la Legge di stabilità, la proroga alla detrazione. Ora l'emendamento è stato depositato e sarà con ogni probabilità approvato.
Non ci sarà la rimodulazione ventilata nelle settimane scorse secondo la quale alcuni interventi, in particolare la sostituzione degli infissi (Qualenergia.it, Si studia per la proroga del 55 per cento) sarebbero stati incentivati in misura minore (si parlava di fare scendere al 36% l'incentivo). I lavori finanziati resteranno gli stessi ma la detrazione dalle tasse del 55% di spesa avverrà su 10 annualità con rate uguali. La relazione tecnica del Ministero dell'Economia stima in termini di cassa un maggior gettito di 124,8 milioni nel 2011, un calo di entrate (Irpef, Ires e Irap) pari a 32,4 milioni nel 2012, a 292,8 milioni nel 2013 e a 168,2 tra il 2014 e il 2016.
“Un calcolo che non tiene conto dei benefici economici della misura come emersione del nero. Incremento dell'occupazione, e di altro ancora”, commenta Gianpaolo Valentini, che in questi 4 anni ha gestito l'incentivo presso l'Enea (Qualenergia.it, A rischio quel 55% che fa guadagnare il paese). Nel complesso Valentini valuta positivamente la proroga anche se con alcuni appunti: “in sostanza non cambierà molto ma certo il fatto che la detrazione sia spalmata su 10 anni rende l'incentivo un po' meno attraente. C'è poi l'handicap che la misura sia stata prorogata solamente per un altro anno: un orizzonte temporale troppo breve per permettere alle aziende di programmare investimenti”.
Insomma, una vittoria a metà. “Un buon risultato il fatto che sia stato prorogato l'incentivo, ma il fatto che sia un estensione solo di un anno ne mina l'efficacia: dovrebbe essere una misura stabile per dare un vero stimolo all'economia” spiega a Qualenergia.it la capogruppo Pd in Commissione Ambiente Raffaela Mariani. “Altro miglioramento che avremmo voluto è che della misura potessero godere anche soggetti pubblici e non solo i privati. Si pensi solo ai risparmi che si potrebbero ottenere ad esempio nella gestione delle case popolari o in altri grandi edifici pubblici”, aggiunge la deputata. “inoltre la detrazione spalmata su dieci anni può essere vista da due prospettive: da un lato sicuramente disincentiva perché i tempi di ritorno diventano più lunghi, dall'altra però permette di usufruire dell'incentivo anche a chi ha redditi più bassi”.
Le fa eco Valeria Erba, presidente di Anit, l'Associazione Nazionale per l’Isolamento Termico ed acustico che commenta: “Se permette di far accedere all'incentivo anche chi ha imponibili più bassi, una detrazione spalmata su 10 anni la rende invece poco utile per gli interventi minori. Si sarebbe dovuta lasciare la possibilità di scegliere se usufruire della detrazione sui 5 o sui 10 anni. Ma quel che pesa di più è la mancanza di certezze: le aziende non possono ogni anno essere sottoposte al dilemma se l'incentivo viene o meno prorogato; si fa male all'economia.”, spiega a Qualenergia.it
Critico anche Ermete Realacci, responsabile Green economy del Pd "Spalmare su 10 anni la detrazione del 55%, anziché su 5 come attualmente, è un risultato deludente che indebolisce la misura e la rende meno appetibile per i cittadini e meno competitiva per le imprese. È un errore e il Pd si batterà in Senato per ripristinare il credito di imposta del 55% in edilizia con le attuali modalità "L'eco-bonus del 55% in edilizia è stata la misura anticiclica di gran lunga più importante che è stata attivata in questi anni - continua Realacci - niente a che vedere con il tanto decantato "piano casa' che, al di là dei proclami di Berlusconi, è stato un fallimento paragonabile solo a quello delle ronde padane. Qualche numero può servire per dare la misura: in tutta Lombardia il piano casa ha attivato 189 interventi, il credito di imposta del 55% ben 120.000".
Nei prossimi giorni cercheremo di capire meglio l'atteggiamento del tessuto industriale di questo vasto comparto che secondo Confindustria, che si è impegnata per la reiterazione della misura, occupa a vario titolo oltre 1 milioni di addetti.
GM
 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 18 novembre 2010

 

 

Per gli italiani il fotovoltaico rappresenta il futuro energetico

 

Sono passati vent’anni dai 3 referendum sul nucleare, in cui i cittadini italiani hanno espresso la loro contrarietà al nucleare e poco sembra essere cambiato nell’opinione pubblica. Una ricerca di Ipr rivela infatti che la maggioranza (56%) dei nostri concittadini è contrario alla costruzione di centrali nucleari in Italia e il 70% degli Italiani è contrario alla costruzione di una centrale nucleare vicino al proprio comune.
Il giudizio sembra influenzato dall’appartenenza politica degli intervistati: dallo studio emerge che gli elettori di centro sinistra sono per i 2/3 contrari, così come l’elettorato non apertamente schierato, mentre quelli di centro destra sono più equamente divisi tra favorevoli e contrari.
La sindrome Nimby (Not in my backyard) colpisce in maniera diversa i tre elettorati. Nell’ipotesi della costruzione di una centrale nucleare vicino al proprio comune, infatti, i contrari sono al 74% tra gli elettori di centro sinistra, ma arrivano al 62% anche nell’elettorato di centro destra.
I dati sono contenuti nel terzo rapporto sul solare condotto da Ipr per conto della Fondazione Univerde e presentato al convegno 'Green economy-New society', ecologia è economia, organizzato nell'ambito della rassegna Ecomondo, a Rimini, dalla Fondazione presieduta dall'ex ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio. Il rapporto fotografa un Paese sempre più convinto della necessità di investire sulle rinnovabili. In particolare, il 66% degli intervistati risulta favorevole a puntare sul solare per soddisfare il proprio fabbisogno energetico, ben il 12% in più rispetto a quanto rilevato nel 2009.
I più propensi al fotovoltaico risultano essere nell'ordine gli adulti tra i 35 e i 54 anni (76%), i residenti del Centro d'Italia (75%) e in pari misura (69%), le donne e i residenti del Sud. In ogni caso, è opinione praticamente unanime (90%) l’importanza di avere maggiori incentivi da parte del Governo. La maggioranza degli italiani, infine, risulta convinta della necessità di puntare sulle rinnovabili per un futuro energetico migliore. Tra le varie fonti troviamo al primo posto il fotovoltaico, indicato dal 79% degli intervistati (stabile rispetto alle precedenti rilevazioni), seguito dall’eolico (28%).

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 novembre 2010

 

 

Ferrovie, soppressi tre treni Trieste-Udine - PROTESTA DEI PENDOLARI
 

TRIESTE Tre soppressioni consecutive questa settimana del Trieste-Udine delle 14.11 e i pendolari sbottano. Dopo la pace con la Regione, con una delegazione dei passeggeri coinvolta nelle regole e nel controllo del contratto di servizio stipulato con Trenitalia, riscoppia il malcontento. «Chiediamo di ricevere spiegazioni esaurienti sul perché questo treno venga soppresso così spesso - scrivono i pendolari all'assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi, che pure ha garantito la messa in sicurezza del Tpl, mentre Vasco Errani, presidente della Conferenza Stato-Regioni lancia l'allarme in materia -. È da quest'estate che ce ne viene segnalata la soppressione dai pendolari che abitualmente lo prendono; ora siamo a una cadenza settimanale o plurisettimanale». È accaduto che il Trieste-Udine sia saltato lunedì, martedì e pure ieri. «La situazione sta diventando insostenibile - prosegue il comitato pendolari - e non crediamo sia più giustificabile nei confronti dell'utenza: ci stiamo informando su quali azioni intraprendere. Non possiamo che constatare con delusione che si sono avverate le previsioni fatteci a suo tempo dall'Ufficio informazioni della Stazione di Trieste».

(m.b.)
 

 

«Compagnia regionale per i treni dal porto» - INAUGURATO IL RACCORDO TRA IL MOLO SETTIMO E IL TERMINAL DI FERNETTI
 

L’assessore Riccardi annuncia un passaggio indispensabile per essere concorrenziali
«Il prossimo passo dovrà essere il passaggio della gestione dei collegamenti su rotaia da e per il porto di Trieste a una Compagnia ferroviaria regionale». Lo ha annunciato ieri l’assessore regionale a Viabilità e Trasporti Riccardo Riccardi in occasione dell’inaugurazione del nuovo collegamento tra il Molo Settimo e il Terminal intermodale di Fernetti. Il primo treno con quindici container ha raggiunto il terminal carsico festeggiato oltre che dallo stesso Riccardi, dal presidente di Fernetti, Giorgio Maranzana, dall’amministratore delegato Claudio Grim, dagli assessori comunale e provinciale di Trieste, Paolo Rovis e Vittorio Zollia, dal vicesindaco di Monrupino Casimiro Cibi, oltre che dal presidente di Trieste marine terminal, la società che gestisce il Molo Settimo, Fabrizio Zerbini, e da molti operatori.
«Per essere competitivo - ha sottolineato Riccardi - il porto di Trieste deve ora abbattere le tariffe dei collegamenti ferroviari, affidandoli alla Compagnia regionale che potrà così ampliare le proprie esperienze, seppur coinvolgendo ancora Trenitalia, e senza cadere in pregiudizi campanilistici». Si tratterebbe probabilmente anche di attingere all’esperienza della Società ferrovie Udine-Cividale, a capitale interamente regionale, che dal primo gennaio 2005 gestisce quella linea, oltre che di In-Rail società che già opera, partecipata da Friulia. Trattandosi di un’impresa ferroviaria potrebbe gestire i collegamenti con mezzi propri, cosa che non può fare Alpe Adria che si serve del parco mezzi di Trenitalia, è da anni sull’orlo del collasso e che ora usufruirà di un prestito di due milioni da parte dell’Autorità portuale per non dover alzare le tariffe.
L’ingegner Roberto Carollo di Serfer, direttore dei lavori, ha illustrato come questi si siano materialmente conclusi in 71 giorni anche se, aggiunti alle autorizzazioni e agli allacciamenti hanno portato via nel complesso cinque mesi. Sul Carso il tempo di percorrenza dei treni è stato tagliato di oltre due terzi perché il nuovo breve raccordo elimina un ampio ghirigoro con tre passaggi a livello che richiedeva anche un’inversione di marcia. Ora Fernetti è a tutti gli effetti anche un retroporto e come ha annunciato Grim sta pensando a nuovi collegamenti ferroviari fino in Russia. Giorgio Maranzana ha ricordato alcuni dati del terminal: aumento del 5,6 per cento delle soste di Tir quest’anno rispetto al 2009 con aumento del 10 per cento delle operazioni doganali. Ogni giorno 450 autotreni in una struttura che ha 130 mila metri quadrati di piazzali e 30 mila di magazzini. Nella palazzina uffici 223 persone al lavoro in 42 fra case di spedizioni, spedizionieri doganali e agenzie di servizi.
SILVIO MARANZANA
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 novembre 2010

 

 

Via al treno Molo VII-Fernetti - STAMATTINA IL TRASPORTO DEI PRIMI 15 CONTAINER
 

Costati un milione si sono conclusi in 71 giorni effettivi Allo studio tratte fino in Ucraina
Il primo treno che mette in collegamento il Molo Settimo con Fernetti giungerà stamattina alle 11.30 al Terminal intermodale sul Carso con a bordo quindici container. Contemporaneamente è prevista la cerimonia d’inaugurazione del nuovo raccordo ferroviario con gli interventi del presidente e dell’amministratore delegato del Terminal, Giorgio Maranzana e Claudio Grim, dell’assessore regionale a Infrastrutture e trasporti Riccardo Riccardi e del direttore dei lavori Roberto Carollo.
I lavori, costati un milione di euro e finanziati dalla Regione, si sono conclusi nel giro di 71 giorni effettivi. Hanno comportato l’eliminazione di un ghirigoro con tre passaggi a livello che la linea doveva fare nel tratto tra Opicina e Opicina campagna e che di fatto rendeva il tragitto poco concorrenziale. Il collegamento aperto in quelle situazioni era durato poche settimane prima di essere sospeso per il cedimento di un tratto di massicciata. Ora la linea è diretta anche se dopo Opicina il locomotore elettrico delle Ferrovie deve essere sostituito con quello diesel di proprietà del Terminal dal momento che il tratto finale non è elettrificato.
Il servizio è allestito dalla società Alpe Adria che però attende di essere riorganizzata dopo che il Comitato portuale ha votato un prestito di due milioni di euro da parte dell’Autorità portuale per permetterle di applicare tariffe concorrenziali e bloccate. Il collegamento, inizialmente settimanale, potrebbe venir presto rafforzato, ma grazie al nuovo raccordo Fernetti potrà essere collegato alle linee nazionali e internazionali. Di conseguenza è già in progetto l’allestimento di treni-blocco fino a Belgrado, tratta per la quale già esiste una forte richiesta, e che permetterà al porto di Trieste di reggere la concorrenza con gli scali di Capodistria e di Fiume lungo questa direttrice.
Sono però già allo studio anche collegamenti cosiddetti Ro-La, quelli che permettono ai camion di salire direttamente sui pianali dei vagoni mentre gli autisti si sistemano in un’altra carrozza ferroviaria. Il primo dovrebbe mettere in comunicazione Fernetti con Ospitaletto, in provincia di Brescia, da dove funzionano le coincidenze Ro-La verso la Germania. Il secondo, che potrebbe venir curato dalla società ucraina Ukrail-trans, dovrebbe portare i treni con i camion caricati sia nell’autoporto di Fernetti che in quello di Sesana fino alla località ucraina di Tchop, tre chilometri oltre il confine ungherese, dove cambia lo scartamento dei binari.
SILVIO MARANZANA
 

 

SEGNALAZIONI - Treni tagliati - TRASPORTI
 

La regione, seguendo l'esempio della regione Lombardia che ha ripristinato con la compagnia LeNord i collegamenti tra Monaco e Milano abbandonati da Trenitalia, collaborerà con le ferrovie austriache per garantire un collegamento diurno tra Klagenfurt e Udine. Questa è indubbiamente una notizia positiva, ma perché non si pensa a prolungare questi collegamenti a Gorizia e Trieste?
Il capoluogo regionale infatti, dopo aver perso l’anno scorso gli ultimi treni internazionali (con la Svizzera) e l’eurostar per Roma, vedrà il proprio panorama ferroviario desertificarsi ulteriormente con l’annunciata cancellazione dell’Icn per Lecce; possibile che i nostri politici non possano per una volta difendere i nostri scarsi treni e impegnarsi realmente per riottenere i collegamenti per la capitale e l’estero (forse è troppo impegnativo prolungare un treno da Sesana a Trieste...)?
Luca Belich

 

 

Energia eolica e Trieste La bora è troppo veloce per essere sfruttata - TEMA DISCUSSO A MARANO LAGUNARE
 

Vietato farsi illusioni. Nella nostra regione è arduo trovare zone adatte all'eolico, a parte alcune in cui la velocità del vento sarebbe sufficientemente elevata (fra i 3 e i 15 metri al secondo) per installare generatori a pale. Per questo non risulta la presenza di impianti eolici nel Friuli Venezia Giulia, neppure per semplice autoproduzione. E a Trieste, con tutta la sua bora? Qui il discorso è più complesso. Di vento ce n'è ovviamente in abbondanza. Ma le raffiche turbolente e rabbiose della bora non sono quelle che servono per generare energia. Gli impianti eolici hanno bisogno di un vento teso e costante, tutt'altra cosa rispetto ai refoli di bora che possono anche superare i limiti di sicurezza.
Lo ha puntualizzato Fulvio Stel, dell'Arpa Friuli Venezia Giulia, sabato scorso a Marano Lagunare, nel suo intervento al decimo convegno dell'Unione meteorologica del Friuli Venezia Giulia tutto dedicato al vento (e alla bora). Un'associazione (http://www.umfvg.org) che raccoglie professionisti e appassionati del tempo meteorologico visto sotto molteplici sfumature: scienza, storia, costume. A Marano si è parlato infatti delle interazioni tra vento e mare (che possono giungere a interessare i fondali del Mediterraneo, come ha ricordato Fabio Trincardi, direttore dell'Ismar, l'Istituto di scienze marine del Cnr), dello sconquasso meteo che colpì Trieste nel marzo scorso, delle acque alte indotte dal vento nell'Adriatico settentrionale, addirittura dei venti osservati su altri pianeti. Senza trascurare lo sport, con la presenza della campionessa di vela monfalconese (nonché geologa) Chiara Calligaris.
Ma torniamo all'energia eolica. Il cui contributo in Italia è tutt'altro che trascurabile. Nel 2007, con i suoi 2,7 gigawatt, il nostro Paese risultava infatti al quarto posto in Europa nella produzione di elettricità dalla forza del vento grazie agli impianti nel Meridione e nelle isole. Dopo Germania (22 gigawatt), Spagna (15) e Danimarca (3). Un risultato di tutto rispetto, tenendo conto che i Paesi dell'Europa del Nord e quelli che si affacciano sull'Atlantico sono nettamente avvantaggiati rispetto all'area mediterranea: le distese oceaniche e la ridotta orografia favoriscono infatti il libero dispiegarsi del vento, teso e potente. Lungo le coste mediterranee, invece, quelle che si possono sfruttare a fini energetici sono soprattutto le brezze.
A portare un'autentica chicca di storia al convegno di Marano è stato Renato R. Colucci, della sede di Trieste dell'Ismar (e presidente dell'Unione meteorologica regionale). Il quale ha rievocato la battaglia che si svolse il 5 settembre del 394 d.C. nell'attuale valle del Vipacco, oggi in territorio sloveno. Da una parte le truppe dell'Impero romano d'Oriente comandate da Teodosio I, campione della cristianità, dall'altra quelle dell'Impero romano d'Occidente, guidate da Flavio Eugenio. Uno scontro feroce che vide prevalere l'esercito di Teodosio grazie a un'improvvisa tempesta di bora che ne favorì la portata delle frecce e dei giavellotti, ostacolando invece gli avversari. L'innesco della bora nel mezzo della battaglia venne letto come un volere divino. E Flavio Eugenio perse letteralmente la testa, decapitato al cospetto di Teodosio.
Fabio Pagan
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 novembre 2010

 

 

«Piano regolatore stallo pericoloso» - PD ALL’ATTACCO
 

Opposizione all’attacco sul Piano regolatore in stallo, dopo che gli uffici tecnici del Comune hanno dato parere positivo a una possibile approvazione del documento, contro la quale peraltro si schiera quasi tutta la maggioranza (a eccezione del sindaco Dipiazza e del capogruppo di Fi-Pdl Piero Camber). «È sconcertante che la maggioranza ipotizzi di affidare a un geologo iscritto all'Ordine l'incarico di firmare (o meglio, rifirmare) la relazione geologica esistente, per formalmente ottemperare alla sentenza del Tar confermata dal Consiglio di Stato», commenta in una nota il consigliere comunale del Pd Mario Ravalico riferendosi appunto allo scoglio della relazione geologica: «Decisamente mi sembra lunare che solo si possa prefigurare una soluzione del genere». Inoltre «una relazione geologica a corredo del Prg aggiornata a oggi non può non essere diversa da quella redatta un anno e mezzo fa».
Il capogruppo del Pd Fabio Omero intanto annota «l'incertezza e lo stallo della situazione attuale, che penalizzano l'attività edile di imprenditori e artigiani e beffano le famiglie costrette a pagare l'Ici su terreni in futuro non più edificabili». L’altro rischio, aggiunge Omero, è che «il ritorno al piano in vigore riapra cementificazioni da tutti considerate inaccettabili». Intanto ieri la commissione urbanistica presieduta da Roberto Sasco - ironizza Omero - «anziché affrontare questi temi ha discusso del blocco della commercializzazione dei mitili nel golfo».
 

 

Park San Giusto, via ai lavori del primo lotto - ENTRO MARZO PRONTA LA STRUTTURA DELL’INGRESSO - Cantiere ultimato entro il 2013
 

Entro la fine di marzo la struttura su cui si innesterà il futuro ingresso del Park San Giusto farà bella mostra di sé nel cantiere di via del Teatro romano. Questo prevede il cronoprogramma, che individua fra l’altro nel 2013 la data per la consegna finale del grande parcheggio interrato sotto il colle di San Giusto. Un investimento da 34 milioni di euro, per 718 posti macchina, di cui 376 da destinare ai privati tramite concessione novantennale, 34 a disposizione del Comune e altri 308 che saranno utilizzati a rotazione dai cittadini come normali stalli a pagamento. Ieri il sindaco Roberto Dipiazza e il presidente della Park San Giusto spa, Franco Sergas, hanno dato il via ufficiale ai lavori del primo lotto, che fanno seguito alla conclusione delle indagini archeologiche sul posto.
«Questa struttura cambierà la vita della città. Credo che i tempi potranno essere rispettati», ha sottolineato Dipiazza ricordando poi come l’iter burocratico e autorizzativo sia stato «lungo. Tanto che mi ricordo che già il 5 luglio del 2001 sarebbero dovuti partire i lavori. Di solito dopo dieci anni in Italia, le cose iniziano...». Sergas ha raccontato come la società titolare del project financing abbia ottenuto risposte positive dai privati per subentrare loro nella proprietà delle rispettive parti di sottosuolo: «Non sarà necessario procedere a espropri. La maggior parte dei contattati ha accettato la soluzione bonaria con prelazione su un posto macchina. Anche al Demanio - ha aggiunto poco dopo Sergas - abbiamo formulato un’offerta economica per le aree di sua proprietà: 60mila euro. Stanno verificando ma pare che la cifra sia stata ritenuta congrua». Per la fine del mese - come confermato dallo stesso Sergas - sarà poi consegnata la versione modificata del progettoe esecutivo, quella che recepisce cioè gli adeguamenti alle nuove norme anti-sismiche e che dispone l’allargamento di 60 centimetri del raggio della volta della galleria d’accesso al parcheggio.
La Park San Giusto spa si occuperà anche della gestione della struttura, attraverso una concessione di 36 anni, che potrà eventualmente essere rinnovata dal Comune alla scadenza. La società, partecipata al 35% da Friulia, al 65% dai costruttori Carena, Riccesi, Celsa, Mecasol e Arm Engineering e per il restante 2% da Ssm spa di Udine e Acupark srl del gruppo Aci, inizierà intanto a gestire dal 1° gennaio del 2011 un totale di 138 stalli blu fra «via del Teatro romano, via dell’Orologio e qualche posto anche in via Diaz - ha chiarito infine Sergas -. Si tratta di stalli amministrati attualmente da Amt, con cui potremmo accordarci per l’avvio della gestione».

(m.u.)
 

 

I forestali presidiano i colibrì - GLI ADDETTI DELLA TUTTOGAS NON HANNO POTUTO METTERE I SIGILLI
 

Potrebbe diventare un nuovo sistema per dribblare la morosità delle utenze domestiche. Tanto, nell’Italietta di oggi, vale tutto. Anche un governo che manda la guardia forestale a piantonare una struttura per evitare che una società privata stacchi la fornitura del gas non pagata. È il nuovo, surreale capitolo della guerra dei colibrì. L’ennesimo atto di una vicenda che sta assumendo toni kafkiani, ratificando solo l’imbarazzo del governo di fronte a una realtà scientifica sempre voluta a parole (e anche su qualche carta ufficiale) ma poi smentita nei fatti.
Ieri pomeriggio, comunque, gli addetti della ”Tuttogas” di Udine, arrivati per mettere i sigilli ai contatori si sono trovati di fronte alla catena umana dei forestali, mandati lì, come aveva anticipato l’ingegner Ciro Lungo, comandante in capo della Cites della guardia forestale, che si occupa di animali, per effettuare opera di ”persuasione” nei confronti del gestore. Un sublime atto di burocrazia psichedelica in base al quale, in pratica, lo Stato fa capire che prima o poi pagherà, ma è meglio non insistere troppo, proprio perchè è lo Stato. Un sistema furbetto e autoritario che del resto è ben noto a quanti hanno o hanno avuto la sventura di lavorare da esterni per conto di enti pubblici.
Della ”soluzione” pare essersi fatto vanto il deputato leghista Massimiliano Fedriga che, racconta il responsabile dei colibrì di Miramare, Stefano Rimoli, ha assicurato «interessamenti» presso la commissione ambiente della Camera, oltre ad aver interloquito direttamente col ministro Prestigiacomo. La conferma è arrivata dalla stessa Tuttogas, che dopo le pressioni governative ha formalizzato di aver concesso una deroga di una settimana.
Ma cosa può succedere in questo periodo, oltre al fatto di mantenere vivi i colibrì? «Intendiamoci – dice Rimoli – il Centro colibrì è grato al ministro Stefania Prestigiacomo per l'impegno di salvare i colibrì, tuttavia se è vero che non interverrà con un finanziamento, come ha dichiarato, e considerato che non si possono trasferire salvo condannarne a morte la metà, speriamo presto di conoscere in che modo il ministro ha intenzione di concretizzare le sue promesse e il suo impegno».
Sul fatto che gli uccellini, fondamentali per l’ecosistema del Sud America, non possano essere trasferiti altrove, pena la loro stessa vita, si erano già espressi eloquentemente illustri professori e veterinari. Dal prof. Giacomo Rossi, consulente del Wwf Italia anche per la commissione scientifica del ministero dell’Ambiente, al prof. Piero Susmel dell’Università di Udine, dal veterinario incaricato alla supervisione dei colibrì dal ministero della Sanità Pierfrancesco Bertoni al veterinario del Centro Stefano Pesaro. Per questo le mezze parole di Roma più che rassicurare i responsabili creano inquietudine. «Abbiamo una sola settimana – conclude Rimoli – per avere risposte dal governo. Da Roma dicono che li salveranno senza dare contributi, ma quali altre soluzioni ci sono? La Protezione civile che arriva con la mensa portatile? E i miei ”misionari” (gli addetti al centro, ndr)? Ci dicono: trovate uno sponsor privato, ma se poi non arriva?».
FURIO BALDASSI
 

 

Mobilità tra scienza, etica e tecnologia - Ciclo di appuntamenti con l’Unesco per la Settimana di educazione allo sviluppo sostenibile
 

Il tema della mobilità è stato al centro delle due giornate intitolate “Etica, scienza e tecnologia per una educazione allo sviluppo sostenibile”, organizzate dall’ateneo triestino in collaborazione con il Centro Unesco. Gli incontri, patrocinati dalla Fondazione Internazionale Trieste per il progresso e la libertà delle Scienze, si sono svolti all’interno della Settimana di Educazione allo Sviluppo Sostenibile «che l’Unesco ha il compito di coordinare e promuovere allo scopo di sensibilizzare i governi di tutto il mondo ad un futuro più equo e armonioso dal punto di vista dell’istruzione, dell’ambiente e della cultura», ha spiegato Paolo Alessi, il Presidente del Centro Unesco di Trieste.
Durante la prima giornata di incontri si è analizzato il ruolo del buon governo sul fronte del risparmio energetico e della mobilità, mentre nel secondo appuntamento il tema sono state le nuove tecnologie utilizzate nel campo dell’identificazione delle biodiversità, del turismo e della mobilità di persone e merci. I lavori sono stati aperti da Roberto Costa, titolare della cattedra Unesco all’Università di Trieste, che ha sottolineato l’importanza del Piano regolatore come mezzo per contribuire al risparmio energetico. «Il piano regolatore detta le regole per la costruzione delle case e individua le localizzazioni per l’edilizia agevolata - ha spiegato Costa -. Quindi è un importante strumento per lo sviluppo sostenibile, «Nel nostro ordinamento, per esempio, sono state introdotte delle misure per il miglioramento delle condizioni termiche degli edifici che permettono di limitare la dispersione di calore».
Il preside della facoltà di Ingegneria, Roberto Camus, ha messo a fuoco invece l’importanza della pianificazione nell’ambito della mobilità sulle reti stradali. «Sulle strade è importante progettare con attenzione le intersezioni, sia semaforiche che non, perché sono i punti in cui vi è un grande consumo di carburante prodotto dai veicoli in sosta o in coda – ha affermato Camus. - Una regolazione dei semafori fatta male può portare alla creazione di traffico e di consumo energetico causato semplicemente da un errore di progettazione».
Ma lo spostamento più rilevante negli studi della mobilità, in termini di inquinamento e risparmio energetico, è quello casa-lavoro. «Il mobility management – ha spiegato il docente Giovanni Longo – è un approccio alla pianificazione orientato ad offrire possibilità di spostamento efficienti e sostenibili». In quest’ottica, tra l’altro, l’ateneo ha lanciato Unimob, «un progetto strategico che studia gli spostamenti degli studenti, dei docenti e del personale tecnico amministrativo per trovare soluzioni che permettano di migliorare l’efficienza dei servizi e dei trasporti nell’ambito universitario - ha spiegato Longo, coordinatore del progetto -. Entro il 20 novembre partirà un questionario a studenti e dipendenti per continuare la nostra indagine sulla mobilità dell’ateneo».
Diana Collarini
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 novembre 2010

 

 

Il ministero: ci attiveremo per salvare i colibrì - Roma scongiura il distacco di energia e la cessazione di rifornimenti, ma niente aiuti economici
 

Oggi la scadenza fissata dai creditori

Il giorno della verità è arrivato. Questa mattina ai cancelli del Centro per la salvaguardia dei colibrì di Miramare si presenteranno gli operai della Tuttogas, la società che finora ha assicurato il riscaldamento delle serre in cui sono ospitati gli animali. La loro, però, non sarà una visita di cortesia. La squadra di tecnici attesa in giornata ha infatti un preciso mandato: mettere i sigilli ai contatori, visto che i debiti della struttura scientifica legati alle bollette arretrate hanno ormai superato quota 30mila euro. Un’azione che si tradurrebbe in un’inevitabile condanna a morte per gli oltre 100 delicatissimi esemplari, abituati a vivere in ambienti umidi e caldissimi.
Un finale già scritto quindi? Sembra di no. A poche ore dal termine ultimo indicato dai fornitori (Tuttogas, ma anche produttori di mangimi, di medicinali e apparecchiature sanitarie), Roma ha fatto irruzione nella vicenda, assicurando in extremis una presa di posizione in grado di scongiurare la moria di uccellini. «Da parte del ministero dell’Ambiente esiste un impegno forte e preciso ad assicurare la sopravvivenza dei colibrì di Miramare - chiarisce Salvatore Bianca, portavoce e stretto collaboratore di Stefania Prestigiacomo -. Siamo pronti ad attivarci per evitare che venga staccata la spina e che si profilino situazioni in grado di compromettere la vita degli animali».
Come si tradurrà in concreto questa volontà, al momento, Bianca non lo dice, lasciando però intuire l’intenzione di giocare la carta della garanzia governativa per convincere i fornitori a temporeggiare. Di certo invece, chiarisce ancora il portavoce della Prestigiacomo, in aiuto al Centro di Miramare non arriveranno contributi economici. Opzione impraticabile viste la scarsità di fondi presenti di questi tempi nelle casse dello Stato.
L’emergenza in ogni caso, questo almeno il messaggio che arriva da Roma, verrà tamponata. E per il futuro? «Siamo perfettamente consapevoli che il problema si ripresenterà di nuovo più avanti - continua Bianca -. Ecco perché sono stati avviati accertamenti puntuali da parte della Forestale nel tentativo di fare chiarezza sull’intera vicenda, come noto particolarmente controversa. Parliamo di verifiche non solo di tipo ”estetico”, ma anche di natura contabile e amministrativa per capire, ad esempio, come si sono creati questi debiti, quali sono i creditori e via dicendo. Informazioni che aiuteranno a individuare la strada migliore da prendere. Il tutto, lo ribadisco, fermo restando che il ministero ha bene a fuoco la priorità: garantire l’incolumità dei colibrì, evitando che si creino condizioni che potrebbero metterne a rischio la sopravvivenza».
Quanto alla ricerca del possibile sponsor, da Roma per ora non arriva alcuna indicazione precisa. La ”caccia al privato” sarebbe stata effettivamente avviata, ma con esiti evidentemente ancora troppo incerti per poter essere resi noti. Resta la certezza che, almeno per oggi e per qualche giorno ancora, i colibrì non andranno incontro alla morte per assideramento. «È vero - conferma il responsabile della struttura, Stefano Rimoli -. Ho saputo che la Forestale ha ricevuto indicazioni precise dal Comando di Roma, in virtù delle quali oggi verrà a presidiare i contatori e a fare una sorta di azione di dissuasione affinché non vengano messi i sigilli. Di fronte a una presenza così visibile dello Stato, quindi, il fornitore del gas dovrebbe essere disponibile a fare un passo indietro. Purtroppo, però, prima o poi i creditori andranno pagati. Questa è l’unica soluzione in grado di salvare i colibrì. Dev’essere chiaro, infatti, che qualunque tentativo di trasferirli in altri luoghi non solo non risolverebbe il problema, ma addirittura accelererebbe la catastrofe. Tentare di spostare gli uccellini, peraltro ora in fase di riproduzione, significherebbe farne morire almeno metà».
Per Rimoli quindi non resta che sperare nell’individuazione nel minor tempo possibile di uno sponsor e nella disponibilità di Regione ed enti locali. «Mi sento di fare un appello alle istituzioni - conclude Rimoli - affinché aiutino il ministro Prestigiacomo. Basterebbe un contributo di poche migliaia di euro per tamponare la falla nelle prossime settimane, consentendo così al dicastero dell’Ambiente di trovare il soggetto privato disposto ad aiutare i nostri 100 colibrì, anzi 102. Proprio l’altro giorno infatti ne sono nati altri due. Sono lunghi meno di un centimetro e hanno gli occhi chiusi: la speranza è che, quando li apriranno, il centro di Miramare esisterà ancora».

(m.r.)
 

 

Dieci progetti per il litorale muggesano - Fino al 20 novembre nella sala ”Negrisin” le proposte degli studenti di Architettura
 

Dieci idee, scelte tra le più meritevoli, per la riqualificazione del litorale muggesano da Punta Ronco a Punta Sottile in mostra a Muggia.
Sono stati presentati nei giorni scorsi alla presenza del sindaco Nerio Nesladek e del preside di facoltà, Giovanni Fraziano, nella sala Negrisin, alcuni dei migliori progetti degli studenti di Architettura del quinto anno, realizzati durante il laboratorio di Progettazione Integrata come ha spiegato il coordinatore, Giovanni Marrass. «Questi elaborati - ha detto - sono il frutto di un lavoro di un corso semestrale nel quale i ragazzi si sono dovuti confrontare con diversi aspetti: tecnologico, economico, urbanistico e di architettura integrata. Oltre a me, infatti, sono intervenuti i professori Marchigiani, Mastrello, Torbianelli, Zanetti, nonché Alfonso Cendron dello Iuav di Venezia».
L’iniziativa si è svolta come un vero concorso di idee. «I ragazzi - ha detto il docente - si sono dovuti confrontare con un autentico bando con i vari parametri da rispettare, le necessità del committente, che in questo caso è stato il Comune di Muggia, e le relative scadenze.All’inizio - ha proseguito - gli studenti hanno incontrato, inoltre, un biologo marino, che ha spiegato loro le caratteristiche del territorio; il sindaco di Muggia che ha espresso le necessità dei suoi cittadini e il professor Cendron dello Iuav con il quale, all’interno di un workshop, i ragazzi hanno cercato di sondare le diverse possibilità di realizzazione delle loro idee».
Numerosi gli spunti che emergono dai lavori: da “Membrana”, in cui l’elemento principale, articolandosi come una passeggiata, attraversa quattro diverse macroaree, tre di carattere prevalentemente pubblico e dedicate ai servizi di balneazione più una quarta dedicata a parco; “Verde d’Acqua”, in cui gli edifici che delimitano l’area, hanno forme che richiamano il mare, “Onda ri-posata” pensata in tre livelli, una pavimentazione rigida che delimita la zona pedonale dalla strada, una fascia intermedia di verde a terrazzamenti sul quale ci si può anche sedere e la creazione di una nuova fascia di costa. Ci sono poi ”(Ex) Position” in cui gli interventi costruttivi sono ridotti all’essenziale prediligendo un rimodellamento del terreno per valorizzare l’area e restituire la piena accessibilità al mare, o “Centralità” in cui si è intervenuto mantenendo e riutilizzando l’esistente, oltre a ideare spazi per attività svolgibili durante tutto il corso dell’anno quali sub, surf.
Un’occasione, questa, che ha permesso agli studenti di vedere con i propri occhi il risultato dei loro sforzi, come ha sottolineato il preside Giovanni Fraziano.
«Questa mostra - ha commentato - è il risultato concreto di una didattica particolarmente attenta a far confrontare gli studenti con la professione che andranno a svolgere un domani. Posso dirmi orgoglioso del risultato raggiunto. Grazie a questo progetto, al contempo propositivo ed educativo, i giovani sono stati messi alla prova dando, spesso, spunti molto interessanti».
Oltre alla mostra, è prevista, anche una pubblicazione che illustrerà in maniera dettagliata i lavori degli studenti. L’esposizione, organizzata dalla Facoltà di Architettura e dal Comune di Muggia, è visitabile, ad ingresso gratuito, da martedì a domenica, dalle 17 alle 19, fino a sabato 20 Novembre.
Viviana Attard
 

 

SEGNALAZIONI - Ecosistema urbano - SERVIZI
 

Sul Piccolo del 19 ottobre leggo il titolo "Ecosistema urbano, Trieste scivola di 18 posti per pm 10". Incuriosito nell'articolo noto "gli altri indicatori in cui Trieste non brilla sono il PM 10, il consumo di acqua potabile, la perdita della rete idrica, la produzione di rifiuti, la raccolta differenziata, i consumi elettrici domestici e le politiche energetiche." Negli stessi giorni AgegasAps distribuiva un opuscolo dal titolo "Un grande gruppo, un progetto comune, la sostenibilità" che in pratica smentiva il contenuto dell'articolo del Piccolo, almeno a giudicare dai singoli paragrafi dedicati a "ciclo idrico integrato", "distribuzione energia elettrica", "distribuzione gas", "servizi ambientali" nei quali non si faceva nessun cenno degli elementi critici contenuti nell'articolo del Piccolo. Le perdite della rete idrica e la mancata valorizzazione della raccolta differenziata dei rifiuti sono fatti eclatanti. Chi ha ragione? Premesso che i servizi di AcegasAps finora per quanto riguarda la mia utenza domestica sono sempre stati soddisfacenti, penso che un po' di chiarezza sarebbe utile. Ringrazio fin d'ora chi sarà in grado di spiegare l'incongruenza tra le informazioni dell'articolo e i dati di AcegasAps. Peraltro praticando in casa la raccolta differenziata dei rifiuti mi farebbe piacere sapere che tutti i nostri sforzi non sono inutili.
Bruno Spanghero

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 novembre 2010

 

 

Enel-Edf: «Sfida nucleare per far ripartire il Paese» - Francesco de Falco: «Tutti i siti indicati fino a oggi sono scelte degli anni Settanta. Si decide solo ora»
 

PARLA L’AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA JOINT VENTURE ITALO-FRANCESE CANDIDATA A REALIZZARE QUATTRO CENTRALI IN ITALIA
TRIESTE Francesco de Falco, perchè l’Italia torna al nucleare? Quali sono le strategie di Enel-Edf??
Bisogna piuttosto chiedersi perché l’Italia, fra i Paesi sviluppati, sia rimasta in questi anni fuori dalla corsa al nucleare. Mentre il Paese deve tornare competitivo e raggiungere l’indipendenza energetica siamo ancora legati alle importazioni di idrocarburi, gas in particolare. Nessuno dei nostri concorrenti più importanti come Francia, Germania e Inghilterra ha rinunciato all’atomo. In questo momento ci sono 66 centrali nucleari in costruzione nel mondo. Siamo solo all’inizio di una rampa inarrestabile. L’Italia ha accumulato troppi ritardi sul piano ambientale e della sicurezza degli approvvigionamenti di energia. Il ritorno al nucleare, che garantisce prezzi competitivi, senza emettere un grammo di CO2, favorisce le attività industriali, commerciali e dei servizi.
É realistico pensare alla costruzione della prima centrale entro il 2020?
É un progetto ben delineato. L’accordo fra Enel e i francesi di Edf mette insieme le due più grandi aziende europee e in particolare Edf è la più grande azienda al mondo nel campo del nucleare. Abbiamo messo in campo competenze tecnologiche e asset importanti. É necessaria ora una iniziativa di informazione verso il pubblico per sfatare molti dei tabù negativi hanno coinvolto il nucleare.
Ma il nucleare pone un problema di sicurezza.
Il nucleare è un’opportunità per il Paese. Solo una informazione autorevole e trasparente potrà far capire l’importanza di questo passaggio. Ci sono in esercizio 441 reattori, oggi, e si vantano 14.000 anni reattore senza incidenti che abbiano coinvolto l'ambiente e il pubblico; certamente qualcosa vorrà dire circa la sicurezza della tecnologia nucleare.
Enel-Edf propone la stessa tecnologia adottata in Francia nella realizzazione della centrale di Flamanville definita Epr. Di cosa si tratta?
É un progetto ambizioso che nasce nella metà degli anni Novanta grazie a un’alleanza fra Francia e Germania, con il meglio della tecnologia europea sui reattori ad acqua pressurizzata e si proponeva di arrivare ad un progetto nuovo, con standard ambientali e di sicurezza ancora più elevati. Da questa prima idea è nata una tecnologia ancora più sicura per un Paese come l’Italia che deve partire da zero.
Come scegliere i quattro siti in cui realizzare le centrali in Italia?
L’Agenzia di sicurezza appena nominata dovrà fissare le caratteristiche dei siti necessarie perché siano approvate. Solo in quel momento potremo valutare regione per regione quale sia il sito più adatto. I criteri riguardano i requisiti tecnici imposti dall’Agenzia, la disponibilità delle acque e la vicinanza ai baricentri di consumo elettrico. In questo momento non ci sono regioni più adatte di altre ad ospitare una centrale.
In Friuli Venezia Giulia si parla di Monfalcone come di un possibile sito per una centrale.
Tutte le località fino a oggi indicate si basano su scelte vecchie che risalgono agli anni Settanta. Da allora è cambiato molto nella geografia industriale del Paese. Inevitabilmente si dovrà ripartire da zero una volta adottati i criteri dei siti.
Con il nucleare il risparmio sulle bollette, si dice, sarà del 20%.
Stiamo parlando di investimenti che durano 60 anni dall’avvio del progetto con una valenza fortissima sul tessuto industriale del Paese. Nel breve termine si stima un risparmio di almeno il 20%, tale dato potrebbe essere anche superiore se un’altra crisi petrolifera facesse schizzare in alto il prezzo del barile. In Italia con il nucleare si potrebbe gestire un asset energetico a prezzi stabili.
E per le grandi imprese che consumano energia?
Non è un caso che la centrale nucleare di Olkiluoto in Finlandia sia posseduta per quota parte da grandi utilizzatori (acciaierie e aziende cartarie) che assicurano i loro costi di produzione servendosi dell’energia nucleare che diventa un asset finanziario rilevante in una programmazione industriale di lungo periodo.
Qual’è il volume di investimenti che Enel-Edf hanno messo in campo per questo progetto?
La stima degli investimenti viaggia intorno ai 4,5 miliardi e mezzo per centrale. La prima unità dovrebbe sorgere nel 2020. É un investimento molto importante e uno dei più grandi mai immaginati nel Paese. Ci saranno tecnologie di base specialistiche, ma non solo. Faremo il possibile per creare un indotto industriale che consenta di massimizzare l’investimento creando un volano economico per aiutare il Paese a uscire dalla crisi anche attraverso il supporto di imprese qualificate.
La società in prospettiva potrebbe aprirsi a un’azionariato di minoranza di grandi e medie imprese che lavorano nel tessuto economico locale?
Enel avrà la maggioranza e la leadership operativa all’interno della società di produzione. Edf avrà il diritto di essere il secondo azionista in un progetto che sarà aperto agli investitori industriali. Sarà il governo a fissare i requisiti necessari per fare parte dei consorzi. Sicuramente la ricaduta economica sull’industria locale avverrà attraverso l’assegnazione di costruzioni e forniture di macchinari anche in progetti internazionali di più ampio respiro. Questo è un business all’interno del quale si potranno costruire importanti realtà industriali.
Ci sarà bisogno di aiuti pubblici?
No, non ci sarà bisogno di sostegno pubblico. Questo è un piano energetico di lungo periodo. Enel e Edf hanno le dimensioni e le risorse per gestire questo grande progetto. La parte pubblica dovrà invece garantire la regolamentazione dell’industria elettrica e delle strategie programmatiche del Paese perchè un progetto di queste dimensioni, strategico per l’Italia, non può essere esposto a influenze politiche e deve essere stabile e trasparente. Sul piano ambientale va chiarito l’importante contributo del nucleare alla emissione di energia elettrica senza emissione di Co2 che produce l’effetto serra.
Ma del ritorno al nucleare si parla da 20 anni nel Paese fino alla svolta degli ultimi mesi. Non rischiamo di scontare qualche arretratezza anche in termini di pianificazione e sicurezza?
La nostra industria ha sempre avuto capacità e respiro strategico anche in assenza di un adeguato supporto da parte della politica. Gli italiani non sono mai usciti dal nucleare: come Paese continuiamo a importare da sempre enerergia elettrica da fonte nucleare; le nostre aziende sono andate a lavorare per costruire le centrali in Finlandia, dove operava una ventina di nostre imprese, e anche in Francia a Flamanville, dove sono già presenti 45 aziende italiane fornitrici. Con il sostegno di Confindustria, vogliamo essere pronti al momento giusto con un sistema di imprese pronto a entrare in questo business.
A non molti chilometri da qui c’è la centrale nucleare di Krsko in Slovenia. perchè non andare a prendere l’energia oltreconfine?
L’energia è un bene strategico per la vita civile e industriale di un Paese. L’Italia è a rischio dal punto di vista degli approvvigionamenti energetici proprio perchè nel passato abbiamo fatto la scelta scellerata di dipendendere dall’estero. Ogni volta che ci sono state scintille fra Russia e Ucraina per il gas, ad esempio, l’Italia ha tremato per i rischi che poteva correre. Il Paese deve tornare competitivo con le proprie risorse.
PIERCARLO FIUMANÓ
 

 

LA CORSA ALLE CENTRALI - La Consulta dice ”no” alle Regioni contrarie
 

ROMA La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime le leggi regionali con cui Puglia, Basilicata e Campania avevano vietato l'installazione sul loro territorio di impianti di produzione di energia nucleare, di fabbricazione di combustibile nucleare e di stoccaggio di rifiuti radioattivi. La decisione è stata presa in una delle ultime camere di consiglio dei giudici costituzionali e le motivazioni saranno depositate nei prossimi giorni. Secondo la Consulta le tre leggi regionali che in assenza di un'intesa tra Stato e Regioni precludono il proprio territorio all'installazione di impianti nucleari violano specifiche competenze statali. In particolare, le norme di Puglia, Basilicata e Campania sono state bocciate perchè, in riferimento ai depositi di materiali e rifiuti radioattivi, avrebbero invaso la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente. In base al ragionamento dei giudici costituzionali, se le Regioni ritengono giustamente necessaria un'intesa con lo Stato per l'installazione degli impianti allora possono impugnare le leggi statali dinanzi alla Consulta.
 

 

Razeto: asse Fvg-Slovenia per Krsko - IL CONVEGNO ORGANIZZATO DALLO JUNIOR CHAMBER A TRIESTE
 

Tuniz (Icts): «Il sistema della ricerca triestino deve allearsi»
TRIESTE «A Trieste abbiamo da poco avviato una scuola per manager in programmi nucleari: ebbene, non vi partecipa alcun italiano»: Claudio Tuniz, direttore del Centro Internazionale di fisica teorica, è uno dei protagonisti dell’incontro voluto dallo Junior Chamber Internazional di Trieste. «Il nocciolo della questione», un confronto aperto sul nucleare fra scienza e economia, è stato organizzato in collaborazione con Enel-Edf. Il gruppo di Fulvio Conti, dopo il via libera all’Agenzia di sicurezza, in partnership con i francesi, è impegnato nella lunga marcia per la realizzazione di quattro centrali in Italia con la joint Sviluppo Nucleare Italia guidata da Francesco de Falco (vedi intervista). Tuniz è convinto che in una partita delicata come il nucleare i vari enti di ricerca triestini, sfruttando l’eccellenza di un sistema scientifico unico in Italia, dovrebbero ”fare sistema” attraverso forme di parternariato. Il sistema scientifico, già penalizzato dai tagli alla ricerca del governo, non ha nascosto critiche alla scelta di nominare l’oncologo Veronesi al vertice dell’Agenzia nazionale che potrebbe avere sede proprio a Trieste. Al convegno triestino (assente il vicepresidente e assessore all’Energia e Ambiente, Luca Ciriani) il numero uno degli industriali triestini, Sergio Razeto, convinto che sull’atomo sia necessaria una informazione corretta nel Paese, si è schierato a favore del ritorno al nucleare anche perchè, dopo 30 anni, «non possiamo più continuare a restare chiusi nel nostro bozzolo aspettando la ripresa”. Da qui la necessità di conquistare gradualmente l’autosufficienza sul fronte energetico a 30 anni dall’addio all’atomo.
Sul fronte della scelta dei siti (che in regione potrebbe coinvolgere Monfalcone), Razeto è favorevole a una collaborazione fra Italia e Slovenia per l’ampliamento della centrale di Krsko ”con le migliori tecnologie”. D’altra parte, con una economia italiana ”che arranca”, qualsiasi soluzione sul fronte energetico che aumenti la competitività del Paese deve essere valutata con attenzione. Giulio Lenaz (Enel) ha spiegato che ”la rinascita del nucleare è un fenomeno di livello mondiale: attualmente vi sono, infatti, ben 55 nuovi impianti nucleari in fase di realizzazione in 14 diversi Paesi basati su diverse tecnologie; queste nuove centrali aggiungeranno più di 50.000 MW all’esistente parco di generazione nucleare. E numerosi altri progetto sono inoltre in fase di sviluppo». Certo, il nucleare evoca ancora scenari da ”sindrome cinese” con molti nodi aperti: dallo smaltimento delle scorie, ai tempi biblici per la chiusura delle vecchie centrali, fino all’esposizione a possibili radiazioni. Su questo la discussione triestina ha registrato un confronto acceso. Oscar Garcia Murga di Legambiente ha interpretato dubbi e diffidenze sulla portata della scelta nucleare per l’ambiente e la sicurezza. Lenaz ha replicato precisando che, dopo 30 anni di aggiornamento tecnologico, le nuove centrali non rappresentano in alcun modo un pericolo.

(pcf)
 

 

I tecnici del Comune: il Prg può essere approvato - Ma la maggioranza è divisa, prevale l’ipotesi della riadozione. Sasco: piano tutto da riscrivere
 

Lippolis (An-Pdl): non vorrei che gli uffici spingessero per scaricare responsabilità
Il capogruppo Fi-Pdl: riavviando l’iter torna possibile costruire su 160mila metri quadrati
È appena in cerca delle proprie regole il piano che dovrebbe ”regolare” la crescita urbanistica della città, quel Prg da due anni in gestazione e attualmente in congelatore. E nessuno sa veramente quale sia la regola da seguire. Anche se il parere tecnico richiesto agli uffici dalla Commissione urbanistica, su che cosa si può veramente fare adesso, in pendenza di un ricorso al Tar e di una sentenza del Consiglio di Stato che delegittima il documento per vizio di forma nella relazione geologica, è arrivato nelle mani del sindaco. Gli uffici mandano a dire: «Il Prg può andare all’approvazione». Sarà così?
Non sembra proprio, visto che ad appoggiare l’ipotesi è, nella maggioranza, il solo Piero Camber (Fi-Pdl). Tutti gli altri capigruppo rigettano l’ipotesi, chiedono che si torni indietro, all’adozione, e soprattutto non rinunciano a sostanziali modifiche a certi capitoli: Banne, Padriciano, Burlo, Fiera, Villaggio del Fanciullo. Ma in sede di ”approvazione” non è certo che si possano proporre correzioni. Quasi certamente no. In sede di ”adozione”, invece, certamente sì.
Una riunione dei capigruppo di maggioranza era stata fissata per martedì, con l’ipotesi di sistemare gli ostacoli: far firmare la relazione geologica esistente da un geologo iscritto all’Ordine, in modo da formalmente ottemperare alla sentenza, e puntare a un accordo tra avvocati per contentare a sufficienza il ricorrente al Tar.
La riunione forse slitterà (più urgenti le linee-guida sul bilancio), ma soprattutto le opinioni della maggioranza sono diverse da testa a testa. L’unico punto unificante va peraltro in direzione opposta a quanto sarebbe negli intenti del sindaco e anche di Camber: prevale nettamente la spinta alla ”ri-adozione”, per ottenere le modifiche ad alcuni punti strategici del documento su cui non transigono Udc, Lega, An, Un’Altra Trieste, cioé quasi tutti. In primo luogo sotto tiro è l’intesa Comune-Demanio che trasformerebbe l’ambito della caserma di Banne in luogo turistico con raddoppio potenziale della popolazione. Punto che, se non modificato, da solo potrebbe portare secco voto negativo da ampie porzioni dei partiti di governo.
«Ma se torniamo alla fase dell’adozione - avverte Camber - si riapre la possibilità di edificare almeno 160 mila metri quadrati, anche in costiera, perché cadono le ”salvaguardie”, cioé il divieto». Disaccordo anche qui: «Secondo me non è vero - ribatte Roberto Sasco, Udc -, esiste la reiterazione dei vincoli». «Non è vero - fa eco Bruno Sulli, Un’altra Trieste - esiste la proroga». «Secondo me la salvaguardia è già saltata - medita Maurizio Ferrara, Lega nord -, perché la sentenza del Consiglio di Stato ha reso il documento illegittimo, e se è tale non si può approvare, va riadottato, come da noi sempre chiesto».
Ma anche Camber, prima di avvicinarsi a una approvazione, chiede più garanzie. E cioé un parere ulteriore degli uffici, sottoscritto dal segretario generale del Comune. «Il sindaco - aggiunge - vuol portare comunque il documento in aula. Banne, volendo, si può modificare anche dopo».
Antonio Lippolis (An) rimanda decisamente ai tecnici: «Dopo tanti errori, si prendano la vera responsabilità che loro spetta, a noi solo quella politica. Non vorrei che spingessero per l’approvazione per sbolognare le responsabilità al consiglio. In tutti i casi - dice Lippolis -, da un lato dà fastidio lasciare le cose a metà, ma dall’altro vogliamo correzioni: non siamo i signorsì». E Sulli è decisissimo: «Banne va assolutamente cambiato, è un obbrobrio, se vogliono andare all’approvazione noi e la Lega non votiamo, e cade il castello».
Ma il più ”negativo” rispetto a un’ipotesi di approvazione chi è alla fine? Proprio il presidente della commissione urbanistica che ha chiesto i pareri tecnici. Roberto Sasco esige tali e tanti cambiamenti al Piano regolatore da portare quasi a una riscrittura: «L’unica soluzione è la riadozione - esclama -, cambiando la destinazione di Banne, che rischia di diventare una Rozzol Melara, di Padriciano ”turistica”, e dobbiamo portare Fiera e Burlo sotto la regia dell’ente pubblico e non dei privati (stessa richiesta del centrosinistra, ndr), dagli accordi col Demanio dobbiamo ottenere la caserma di via Rossetti per farne polo scolastico, l’unica cosa che interessa. E poi - prosegue Sasco - al Villaggio del Fanciullo tutto da cambiare: vogliamo aiutare chi aiuta i ragazzi svantaggiati? Facciamo lì un altro grande polo scolastico per la formazione professionale, con la Provincia. E inoltre: sono da cassare tutte le zone ”C” edificabili. Se il Prg viene portato all’approvazione, io voto contro».
GABRIELLA ZIANI
 

 

«Mai più nuove edificazioni nell’area della Costiera» - Commissione urbanistica in sopralluogo in via del Pucino Terreni al centro di un ricorso
 

Sopralluogo della Sesta commissione consiliare del Comune, pochi giorni fa, fra via del Pucino e via Plinio, nella zona sopra Grignano dove fra l’altro si trova anche l’abitazione del sindaco Roberto Dipiazza.
«Abbiamo preso atto della situazione - spiega il presidente della commissione Roberto Sasco, capogruppo dell’Udc in Consiglio comunale -, constatando quindi come altre espansioni edilizie non si possano prevedere in quell’area. Insomma, abbiamo concluso l’incontro verificando che l’area è doverosamente sottoposta a vincolo paesaggistico».
Proprio un terreno all’altezza della biforcazione tra via del Pucino e via Plinio, sul confine con l’area di proprietà di Dipiazza, è al centro, come noto, di un ricorso al Tar contro la variante 118 al Piano regolatore, che in sintesi ha tolto l’edificabilità all’area, mantenendola invece per i terreni attigui, fra cui quello del sindaco (la relativa classificazione, da nuovo Piano ancora da approvare, cambia in E4b, che ammette «attività agricola, ivi compresa quella abitativa degli agricoltori a titolo professionale»).
«Sostanzialmente le zone E4b ammettono solo la realizzazione di agriturismi», evidenzia Sasco.
Il capofila del ricorso è l’avvocato Peter Mocnik (l’azione legale è comunque stata avviata assieme ad alcuni cittadini che con lui condividono la titolarità del terreno), uno dei leader dell’Unione slovena. «Il piano particolareggiato (per la costruzione di nuove edificazioni, ndr) di Mocnik - prosegue Sasco - ha avuto un iter di approvazione lunghissimo, tanto che alla fine quel terreno è entrato in salvaguardia. Basti pensare che il progetto non è mai arrivato alla commissione da me presieduta né all’attenzione del Consiglio comunale. Comunque - conclude l’esponente dell’Udc - in Consiglio comunale siamo tutti d’accordo sul fatto che non potranno mai più essere ammesse nuove costruzioni nell’area della strada Costiera».
Mocnik, presente anche al sopralluogo della commissione, dal canto suo osserva: «Il nostro progetto era stato presentato nel 2004, bene o male la salvaguardia è invece datata 2008... Certo, gli uffici comunali hanno sempre motivato le loro richieste di approfondimenti. Ora aspettiamo l’esito dei ricorsi, con tranquillità».

(m.u.)
 

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 novembre 2010

 

 

Zero tagli al trasporto locale «Non aumenteremo le tariffe» - CONFERMATI I 180 MILIONI DI BUDGET
 

TRIESTE Nessuna stangata sui biglietti e sugli abbonamenti di autobus, corriere e treni dei pendolari. E blindatura dei collegamenti aerei o ferroviari più strategici che, salvati a suon di contributi, evitano l’isolamento ”totale” del Friuli Venezia Giulia. Riccardo Riccardi, nell’ora della Finanziaria e dei tagli imposti dalla scure tremontiana, declina le sue priorità assolute: «Salvaguardare il trasporto pubblico locale, evitando rincari selvaggi delle tariffe, e scongiurare il rischio marginalizzazione del Friuli Venezia Giulia, confermando i collegamenti con Roma e Milano».
Non è una scelta indolore, né scontata: l’assessore regionale a Infrastrutture, Mobilità, Pianificazione e Lavori pubblici guida un ”moloch” che vale più o meno mezzo miliardo e, nel giorno in cui la manovra regionale supera il primo esame in giunta, subisce il taglio assoluto più pesante. Nel 2011 deve spendere al massimo 470 milioni di euro: 30 milioni in meno rispetto a un anno fa. Dura far quadrare i conti.
Ma Riccardi, definendo il trasporto pubblico locale la «quarta gamba» di una manovra difficile che tuttavia non tocca il welfare e quindi né la sanità, gli ammortizzatori sociali e le autonomie locali, non ha dubbi: il sacrificio «non può ricadere sulle spalle di studenti, anziani, pendolari». E così, mentre la Finanziaria nazionale ventila aumenti delle tariffe sino al 30% e molte Regioni annunciano rincari impopolari ma ineluttabili, l’assessore rassicura sin d’ora gli oltre 20 mila pendolari che prendono quotidianamente il treno e gli oltre 100 milioni di passeggeri che, in un anno, salgono su un autobus o su una corriera: la ”sua” manovra, quella su cui l’aula ha ovviamente l’ultima parola, non toglie nemmeno un cent al trasporto pubblico locale. Una voce robusta giacché vale 180 milioni di euro all’anno: «Ma nel 2011 vogliamo mantenere i servizi e non intendiamo aumentare, al di là degli eventuali adeguamenti Istat, le tariffe».
E i tagli conclamati da 30 milioni di euro? Non c’è scampo: sono le altre voci del bilancio di Riccardi, a partire dall’edilizia, a doversi far carico del maxi-contenimento della spesa. Con un’eccezione ”strategica”, però: l’assessore conferma infatti la volontà di preservare anche nel 2011 i collegamenti nazionali ferroviari e aerei con Roma e Milano, ”compensando” almeno in parte Trenitalia e Alitalia. E così, visto che il volo su Linate è già ”coperto” dai soldi stanziati in assestamento di bilancio, Riccardi prenota 2 milioni di euro nella Finanziaria per preservare anche il prossimo anno gli attuali collegamenti ferroviari veloci con le due ”capitali” d’Italia: il ”Frecciargento” che va da Udine a Roma, e viceversa, in 5 ore e 23 minuti e il ”Frecciabianca” che va da Trieste a Milano, e viceversa, in 4 ore e 17 minuti.
L’orario invernale scatta il 12 dicembre. E, sul sito di Trenitalia, è effettivamente possibile prenotare già il treno Udine-Roma anche per il prossimo anno, con stessi orari e stessi prezzi. A ieri, invece, non è ancora possibile prenotare nessun treno in partenza dalla stazione centrale e quindi nemmeno quello Trieste-Milano: solo un ritardo, un disguido o, piuttosto, un giallo preoccupante?
 

 

Da Udine a Cividale i treni in orario sono il 99 per cento
 

TRIESTE I treni in orario sono il 99%. La pulizia è impeccabile. Le informazioni all’utenza dettagliate: la linea ferroviaria Udine-Cividale, proprietà della Regione, supera egregiamente anche la prova del certificato di qualità Iso 9001. L’Udc, con Alessandro Tesolat, chiede però alla Regione di favorire le coincidenze dei treni locali, coordinando in particolare l’arrivo del Trieste-Udine con la partenza dell’Udine-Cividale.
 

 

Ferrovie, alla Provincia l’ex linea statale
 

Passano in gestione diretta alla Provincia i beni dell'ex linea ferroviaria statale che, dalla vecchia stazione di Campo Marzio, arriva fino a Draga Sant'Elia e al confine con la Slovenia, attraversando i comuni di Trieste e San Dorligo della Valle. Lo ha deciso ieri la giunta regionale su proposta dell’assessore alle Finanze e al bilancio Sandra Savino. L’esecutivo Tondo ha preparato un verbale di consegna che dovrà ora essere sottoscritto dalla Regione e dalla Provincia.
Il tracciato della vecchia linea ferroviaria, la cui proprietà era stata trasferita in precedenza dallo Stato alla Regione, è utilizzato come pista ciclabile, un'infrastruttura realizzata dalla Provincia e considerata di rilevante importanza per la mobilità sostenibile su scala provinciale. Palazzo Galatti ha anche in corso un progetto transfrontaliero, inserito nei programmi comunitari 2007-2013, che punta a valorizzare ulteriormente la pista ciclabile da poco inaugurata nel suo percorso intero.
Con il trasferimento della gestione - sottolinea una nota della Regione , la Provincia si assume gli oneri di custodia e di manutenzione della proprietà.
 

 

Nuove luci pubbliche in via San Michele - Installate 50 ”lanterne” Risparmio energetico del 20% rispetto ai vecchi impianti
 

Sono 50 i nuovi punti luce installati e accesi l’altro pomeriggio in via San Michele e nelle collegate vie Felice Venezian e Tor San Lorenzo, nonché in piazzetta Santa Lucia. Si tratta di una delle ultime parti del piano di rinovo dell’illuminazione pbublica 2009-2010 attuato dal Comune in collaborazione con AcegasAps. Nelle vie considerate sono stati messi fuori servizio i 27 vetusti impianti appesi su ”tesate” sovrastanti le strade, che avevano ormai raggiunto il termine della vita utile: sono stati sostituiti con dei corpi illuminanti a lanterna quadrata di tipo decorativo posizionati sui due lati della strada con mensole a mura. Si tratta di una tipologia analoga a quella recentemente utilizzata in zone limitrofe quali piazza Venezia, via di Cavana e così via.
All’accensione inaugurale sono intervenuti l’assessore allo sviluppo economico Paolo Rovis e i funzionari tecnici di AcegasAps Diego Radin, Luca Vascotto, Fabio Bortolini e Alfredo Ferri.
I nuovi corpi illuminanti consentono un risparmio del 20% rispetto al consumo del vecchio impianto, oltre a un ridotto impatto ambientale. Il tutto, ha sottolineato Rovis, «pur quasi raddoppiando il numero dei punti luce».
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 novembre 2010

 

Per la Ferriera un’azienda siderurgica lombarda
 

Impresa collegata a Maltauro. Dipiazza: ma il progetto è ampio, nella cordata imprenditori della logistica
Dopo i magnati russi, gli imprenditori di casa nostra. Parla italiano il potenziale investitore interessato ad acquisire la Ferriera dalla Severstal di Alexey Mordashov. Il misterioso interlocutore con cui ieri Roberto Dipiazza ha avuto un incontro blindatissimo all’ora di pranzo è infatti il referente di un’azienda siderurgica lombarda. Un’impresa solida - gestita da «gente vera», per usare l’espressione del sindaco -, collegata al colosso veneto Maltauro. E qui sta il vero cuore dell’iniziativa nata all’ombra del Municipio.
Perché il comprensorio servolano fa gola non solo alla realtà industriale della Lombardia (sulla quale i pochissimi soggetti informati mantengono il più stretto riserbo per non rischiare di compromettere la trattativa), bensì ad una cordata di imprenditori ad alto livello. «Un pool di persone - chiarisce Dipiazza - interessate, ciascuna per il proprio business, alle varie fasi dell’operazione. In ballo ci sono diverse partite. Oggi (ieri ndr), nel corso dell’incontro con il soggetto che potrebbe subentrare alla Severstal, è stata affrontata quella relativa all’acciaieria. Ma in precedenza sono stati discussi altri scenari. Abbiamo parlato di Elettra, del rigassificatore, della logistica e anche di un’eventuale quarta linea dell’inceneritore. La chiave di volta dell’operazione sta proprio nella capacità di mettere sul tavolo un progetto ampio che convinca davvero gli interlocutori ad investire a Trieste e che, ovviamente, non può reggersi sulla sola Ferriera. Sappiamo bene - continua il sindaco - che a valere non è l’acciaieria in sé, dal momento che chiunque la rilevasse si troverebbe in mano il cerino rappresentato dai costi delle bonifiche. E dove lo trovi un imprenditore così sciocco da accollarsi solo i costi? L’operazione, quindi, è più complessa e punta a offrire non un’unica portata, ma un piatto molto, molto più ricco».
Attorno alla tavola imbandita, dunque, si siederebbero diversi commensali. In prima battuta l’azienda lombarda disposta a proseguire l’attività siderurgica («un intervento a tempo - chiarisce ancora Dipiazza -, indicativamente per un paio d’anni) . E, in seguito, gli altri componenti della cordata interessati alla riconversione in chiave logistica dei 35 ettari. Una trasformazione in cui appunto verrebbe coinvolta anche la Maltauro che, attraverso il Consorzio Stabile Infrastrutture di cui il gruppo veneto controlla il 51% delle quote, già opera sul terreno dei lavori marittimi, ferroviari e autostradali.
Mandare in porto le delicate trattative tuttavia, ammette il primo cittadino, non sarà semplice. «La volontà di questo pool di soggetti esiste, ma le difficoltà non mancano - ammette Dipiazza -. Oltre al nodo bonifiche, ci sono anche forti perplessità legate al futuro di Elettra. Il fondo di investimento inglese proprietario della centrale di cogenerazione parrebbe intenzionata ad uscire dal meccanismo del Cip 6 (gli incentivi previsti per la produzione di energia rinnovabile in scadenza nel 2015 ndr). Ed è chiaro che se Elettra esce dai giochi e non ritira più il gas, il business dell’intera operazione perde un tassello importante. Ecco perchè dico che stiamo giocando una partita davvero complessa e delicata il cui ultimo obiettivo, dev’essere chiaro, è salvaguardare l’occupazione. Nel momento attuale, con gli 800 milioni di debiti lasciati da Mordashov e la possibilità che questo signore lasci e chiuda lo stabilimento da un giorno all’altro, rischiano il posto quasi mille persone tra Ferriera, Sertubi ed Elettra. E la città, specie con la crisi in atto, non può permettersi di lasciare per strada tutte quelle famiglie».
Considerazioni improntate al realismo, dunque, che nulla tolgono però alla convinzione di aver impresso alle trattative la giusta accelerazione. «Sono soddisfatto, molto soddisfatto dell’incontro di oggi - conclude il sindaco -. Gli interlocutori hanno già dato una loro disponibilità concreta. Tanto che, una volta via da Trieste, esamineranno tutte le carte che hanno già raccolto sul possibile investimento a Trieste».
MADDALENA REBECCA
 

 

Baia di Sistiana: Greenaction protesta - STAMANE ALLE 12
 

TRIESTE Presidio di protesta davanti al Tribunale stamane alle 12, organizzato da Greenaction transnational, in occasione dell’udienza del Gip «che con ogni probabilità – ha spiegato l’esponente dell’associazione, Roberto Giurastante – si concluderà con la richiesta di definitiva archiviazione delle indagini avviate a seguito della nostra denuncia sulle irregolarità del progetto turistico per la baia di Sistiana». Greenaction è critica nei confronti del Comune di Duino-Aurisina e del sindaco, Giorgio Ret «che promuove – ha precisato Simone Napolitano, presidente del Comitato ‘Rilke’ – una politica di insediamento speculativo e non di sviluppo turistico».

 

 

Energia nucleare e territorio: IL NOCCIOLO DELLA QUESTIONE
incontro organizzato dalla Junion Chamber alla Stazione Marittima - sabato 13 novembre ore 9 - Tra i relatori Oscar Garcia Murga di Legambiente

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 novembre 2010

 

 

Finanziaria, per lo sviluppo 5,2 miliardi - Via il bonus sulle ecoristrutturazioni, confermati i fondi all’università - ACCORDO SUL MAXI-EMENDAMENTO
 

Il presidente della Camera si batte per ampliare e velocizzare la cittadinanza

ROMA I due miliardi che mancavano non si sono trovati e Tremonti ha dovuto dare il via libera a una manovra da 5,2 miliardi invece dei 7 previsti. La maggioranza sigla un accordo di massima per far confluire le misure dedicate allo sviluppo in un maxi-emendamento alla legge di stabilità.
Quello che sembra essere uno degli ultimi atti del governo Berlusconi avrà comunque il semaforo verde da centristi e finiani «per senso di responsabilità» come emerge da un incontro tra Fini, Casini e Rutelli.
Il viceministro dell’Economia Vegas conferma che le coperture per il provvedimento dovrebbero venire dall’asta sulle frequenze per le telecomunicazioni (che dovrebbe portare circa 2,5 miliardi); dai giochi e dalla lotta all’evasione (1 miliardo) e dal ”fondo Letta” per 1,7 miliardi. Per un totale, quindi, di 5,2 miliardi. Ci saranno, poi altre riduzioni di spesa. Restano confermati, spiega Vegas, i fondi per un anno per l’università (1 miliardo compresi i voucher per le aziende che affidano le proprie ricerche alle università italiane) e la proroga della cassa integrazione in deroga (1,5 miliardi) e dovrebbe venire confermata per un anno la defiscalizzazione dei salari di produttività (800 milioni).
Viene poi confermato l’allentamento del patto di stabilità in favore di Comuni e Regioni (1,2 miliardi). Entrerebbe nel maxi-emendamento anche il rifinanziamento del 5xmille, ma, spiega Vegas «non credo per tutto l’anno». C’è poi il rifinanziamento delle missioni internazionali per 6 mesi (800 milioni).
Arriverebbero poi i fondi per scuole paritarie (250 milioni), la proroga dell’esenzione dai ticket per le visite specialistiche (400 milioni) e forse qualcosa per l’editoria. Stop ai risarcimenti facili senza passare dal giudice e giro di vite su frodi Rc auto. Infine sarebbe stato messo nero su bianco su richiesta dell’Mpa che i fondi Fas per l’edilizia sanitaria verranno distribuiti per l’85% al sud e per il 15% al nord.
L’accordo nella maggioranza è arrivato dopo forti tensioni.
E anche ieri il ministro dell’Ambiente Prestigiacomo aveva ammonito a non toccare i pochi fondi rimasti al suo ministero perché si trattava di «spese insopprimibili». Alti lamenti si erano levati anche da parte del minstro dell’Agricoltura Galan: «I fondi per l’agricoltura ci devono essere. È impensabile che non siano assegnati fondi. I soldi sono necessari, devono essere trovati». E l’insieme della manovra trova le Regioni sul piede di guerra. «Continuiamo a chiedere modifiche a una manovra insostenibile che prevede un taglio pesante per i servizi alle persone e alle famiglie» attacca il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani ricordando di essere ancora in attesa dell’incontro col governo: «Vogliamo capire se si possono evitare tagli pesanti sui servizi, sul trasporto pubblico locale, sulla sanità e l’assistenza».
Critico il Pd sulla parte riguardante l’Università: il miliardo stanziato «non era sufficiente a restituire completamente agli atenei quanto sottratto dalla lege di stabilità».
«La decisione del governo di far saltare i bonus fiscali del 55% per le eco-ristrutturazioni è il colpo mortale alla modernizzazione del Paese e mette a rischio decine di migliaia di posti di lavoro legati alla green economy» dichiara il presidente nazionale dei Verdi per la Costituente ecologista Angelo Bonelli in una nota. «Mentre in Europa si investe con convinzione e decisione sull'efficienza e il risparmio energetico delle abitazioni il governo Berlusconi penalizza i cittadini che decidono di investire per ristrutturarle rendendole ecologiche», sottolinea. «Così il governo mette ko un settore che era immune da crisi e che negli anni ha contribuito a creare migliaia e migliaia di posti di lavoro - ricorda Bonelli - è una vera e propria vergogna ed è la conferma che prima va a casa questo governo meglio è. Per il bene del Paese».
Il provvedimento approderà martedì alla Camera e, quindi, passerà al Senato per la discussione di metà dicembre. L’approvazione deve avvenire entro l’anno pena l’esercizio provvisorio.
VINDICE LECIS
 

 

Impianti fotovoltaici: avviso alle imprese interessate al progetto

La Provincia risponde ai quesiti posti dalle aziende candidate

 

 

Bonifica, rimozione, smaltimento dell'amianto - Approvato un nuovo bando per l'assegnazione di contributi

Entro il 2010 le nuove domande

 

 

Sicurezza stradale, 4,2 milioni di euro per nuove infrastrutture - PISTE CICLABILI E PERCORSI PEDONALI
 

UDINE I tagli alla spesa non toccano la sicurezza stradale. La Regione metterà a disposizione di Comuni e Province 4,2 milioni di euro che serviranno a realizzare opere infrastrutturali (dalle piste ciclabili ai percorsi pedonali), a promuovere zone dei centri urbani con limite di 30 allora e a diffondere le buone prassi come quella dei percorsi Pedibus per accompagnare i bambini in sicurezza da casa a scuola e viceversa. Il primo bando, come ha spiegato ieri a Udine l’assessore Riccardo Riccardi (nel corso di una delle iniziative organizzate dalla Regione per la settimana Unisco dedicata alla mobilità), sarà riservato ai Comuni per la messa in sicurezza dei percorsi casa scuola e sarà emanato a dicembre. A disposizione degli enti locali ci sono 2 milioni di euro. Il progetto Pedibus, progetto pilota, ha riscosso risultati importanti: sono già 16 i Comuni della Regione (tra cui Trieste, Gorizia e Monfalcone) che ne hanno ottenuto il finanziamento.
Il secondo bando, a cui potranno partecipare sia Province che Comuni (dividendosi a metà le risorse) ammonta a 2,2 milioni di euro che arrivano dai fondi del piano nazionale della sicurezza stradale e sarà emanato nel mese di gennaio. Lo sforzo economico della Regione è particolarmente importante se si considera che negli ultimi anni l’impegno è stato di oltre 5 milioni di euro. Tra il 2006 e il 2009 agli enti locali sono stati destinati, nell’ambito del piano regionale della sicurezza stradale, 1,644 milioni di euro (di cui 827 mila nel 2009) per realizzare piste ciclabili, rotatorie urbane e per la sicurezza delle aree scolastiche.
A queste risorse vanno aggiunte quelle per formazione e progetti pilota (720 mila euro tra 2007 e 2008) e le azioni dirette della Regione– 2,6 milioni di euro -: dal progetto di collaborazione tra le scuole e Friuli Venezia Giulia strade al monitoraggio dei flussi di traffico. Il piano nazionale, invece, ha messo a disposizione 1,8 milioni di euro di cui 800 mila euro per il progetto Pedibus. Se l’azione mirata verso i centri urbani non può essere allentata – visto che in ambito urbano si registra oltre il 70% degli incidenti e oltre il 40% della mortalità – le politiche complessive di questi anni sono riuscite comunque a produrre un’inversione di tendenza quanto meno sulla mortalità. Gli obiettivi intermedi posti dal piano regionale, su indicatori europei, erano, per il 2009, di scendere a 142 morti e 5877.
Nel 2008 il Friuli Venezia Giulia ha registrato 110 morti, sotto la soglia preventivata. Ancora alti, invece, i feriti: 6459. In discesa il tasso di mortalità e anche quello di incidentalità. “Oggi grazie al lavoro intrapreso ad inizio legislatura siamo già in grado di registrare rispetto agli obiettivi intermedi significativi segnali di miglioramento - ha fatto notare Riccardi -: il calo degli incidenti è del 5 per cento nel 2008 rispetto al 2007, mentre la riduzione dei casi di mortalità dovuti a incidenti stradali è dell'11 per cento. Anche rispetto al dato nazionale in Friuli Venezia Giulia c’è dal 2008 una più marcata controtendenza all'incidentalità”.
MARTINA MILIA
 

 

DIABETE - L’inquinamento urbano fa aumentare il rischio di ammalarsi - IN ITALIA I DIABETICI SONO UN ”ESERCITO” DI TRE MILIONI
 

TRIESTE Sugli apparecchi di misurazione rapida della glicemia al centro dell’interrogazione presentata da Sergio Lupieri, non è presente l’«ago» con cui i diabetici pungono il polpastrello di una delle loro dita per ricavarne una goccia di sangue che poi pongono su una striscia reattiva che viene analizzata.
Per supplire alla mancanza dell’”ago”, la Regione attraverso le sue strutture sanitario - amministrative - ha organizzato una gara per fornire ai diabetici che si presentano ai Distretti, oltre al glucometro e alle strisce reattive, anche un «punta» sterile, usa e getta. Per i diabetici ricoverati in reparti ospedalieri la fornitura dell’ago «usa e getta», al contrario non è necessaria.
Va aggiunto che nel nostro Paese i diabetici che sanno di esserlo, costituisocno un esercito di quasi tre milioni di persone. Poco meno del 5 per cento della popolazione. Recenti studi pubblicati sul numero di ottobre della rivista «Diabetes care», hanno rivelato due importanti novità: vivere nelle città inquinate aumenta notevolmente il rischio di ammalarsi di diabete. La seconda «novità” è rappresentata dal fatto che per ammalarsi non è necessario che gli inquinanti superino i limiti fissati dalla legge. Anche in città «normalmente» inquinate dai gas di scarico delle auto, dei camion, dei mezzi pubblici e dalle attività industriali, il rischio diabete si alza. I ricercatori per giungere a queste conclusioni hanno preso in considerazione le aree dove sono presenti emissioni nell’atmosfera di polveri sottili, in dettaglio le PM 2,5 e le hanno correlate alle percentuali di ammalati di diabete. Più le aree risultano inquinate, più gli ammalti aumentano di numero.
 

 

Provincia, Bassa Poropat ricandidata - INVESTITURA UFFICIALE DEL CENTROSINISTRA PER L’ESPONENTE DEI CITTADINI
 

Il centrodestra pensa a Ret, Dipiazza si sfila: «Io su quella poltrona? È un ente inutile»
«Amministrazione gestita male e svilita dopo il buon lavoro fatto da Codarin e Scoccimarro»
«Adesso gli alleati scriveranno un programma all’insegna della continuità»
Maria Teresa Bassa Poropat è da ieri ufficialmente in corsa per tentare il bis in Provincia. La coalizione di centrosinistra ha dunque scelto il suo candidato presidente per la corsa elettorale della prossima primavera con traguardo palazzo Galatti. Il suo omologo per le comunali a Trieste verrà invece scelto attraverso le primarie che impegneranno lo schieramento il 12 dicembre prossimo.
Dunque, la presidente uscente, rappresentante di punta del movimento civico dei Cittadini per Trieste, proverà nel 2011 a dare continuità al mandato che sta completando, dopo aver scalzato nel 2006 l’uomo ridesignato dal centrodestra, cioè Fabio Scoccimarro, dalla poltrona di numero uno dell’ente di piazza Vittorio Veneto. Per trovare la convergenza fra coalizione e candidata è stato sufficiente un breve incontro nel pomeriggio di ieri: in Provincia si sono presentati il segretario provinciale del Pd e candidato sindaco di griffe “democratica” Roberto Cosolini, assieme al collega di partito Igor Dolenc, il presidente e il vicepresidente dei Cittadini Roberto Decarli e Fabio Fonda, il coordinatore provinciale dell’Italia dei valori Mario Marin e ancora Alessandro Metz (Verdi), Iztok Furlanic (Rifondazione comunista), la “vendoliana” Daniela Birsa (Sinistra, ecologia e libertà) e Giuliana Zagabria (Comunisti italiani). Assenti giustificati, come riferito da Decarli, i segretari del Psi Gianfranco Orel e dell’Unione slovena Peter Mocnik. «La coalizione ha offerto alla presidente la ricandidatura e lei ha accettato con piacere», sintetizza Decarli, per aggiungere poi: «Ora gli alleati, assieme a Bassa Poropat, inizieranno a creare il programma facendo emergere evidentemente i punti di continuità con il lavoro svolto nell’arco del suo mandato. La presidente ha fatto bene in questi anni e potrà quindi essere una sorta di direttore d’orchestra nel processo di condivisione dei programmi».
Nei mesi scorsi Bassa Poropat era stata a lungo in corsa anche come possibile candidata sindaco del centrosinistra, ma nell’ultimo periodo, giorno dopo giorno, le quotazioni per un suo tentativo di conferma in Provincia erano via via salite. Impennandosi addirittura nel momento in cui il centrosinistra ha imboccato, con direzione Municipio, la strada delle primarie per la definizione del nome unico attorno al quale fare quadrato. Come noto, infatti, il meccanismo non piace ai Cittadini per Trieste, e quindi nemmeno a Bassa Poropat.
Se da un lato la fumata bianca è arrivata, dall’altro - quello del centrodestra - la nebbia stenta ancora a diradarsi. Le incognite non mancano, a partire dalle intenzioni della Lega Nord, su cui per il momento permane un velo di incertezza, e proseguendo con gli interrogativi su quanto decideranno gli aderenti locali a Futuro e Libertà per l’Italia, che attendono segnali da Roberto Menia, e anche sulle mosse dei “bandelliani” di Un’altra Trieste. Il Pdl pare orientato a proporre in prima battuta il nome dell’attuale sindaco del Comune di Duino Aurisina, Giorgio Ret, il quale a riguardo si limita a dire: «Non ho novità. Resto in attesa». Ma rimane pure in pole position, secondo le indiscrezioni di “radio politica”. Che, negli ultimi giorni, ha fatto rimbalzare anche l’ipotesi Roberto Dipiazza, qualora davanti al sindaco di Trieste dovessero chiudersi le porte del palazzo di via von Bruck dove ha sede l’Autorità portuale. Al primo cittadino la presidenza del Porto fa gola, è risaputo. Apprezza decisamente meno, per usare un eufemismo, una possibile soluzione palazzo Galatti: «Reputo la Provincia un ente inutile - dice Dipiazza -, quindi come potrei fare il presidente? A uno come me, la Provincia non interessa. In ogni caso la situazione è magmatica: dovessimo andare a elezioni anticipate (vista la situazione nazionale, ndr), è chiaro che punterei ad andare a Roma. Ma se non dovessi fare altro in politica, potrei prendere una società e metterla a posto, come già fatto con l’autoporto di Fernetti o con l’aeroporto di Ronchi».
Sulla questione candidatura glissa con eleganza il vicecoordinatore provinciale del Pdl Piero Tononi: «Tutti gli esponenti del partito - afferma - sarebbero persone capaci di ricoprire questa funzione. La Provincia, con Codarin prima e Scoccimarro dopo, è stata amministrata con competenza, venendo poi svilita dall’assenza della gestione Bassa Poropat».
MATTEO UNTERWEGER
 

 

BASSA POROPAT «Un mandato non è sufficiente per chiudere i progetti avviati»

 

La presidente di palazzo Galatti: «Il sindaco di Duino Aurisina? È più legato a quella dimensione»
Presidente Bassa Poropat, con quali obiettivi si candida per la conferma in Provincia?
Prima di tutto ritengo sia importante poter dare continuità al lavoro svolto. Un mandato non è sufficiente per concludere i progetti avviati.
Quali le priorità?
Già a breve contiamo di partire con il progetto esecutivo per la Casa del cinema, per poi andare in gara. Porterò presto in giunta anche la relativa convenzione con le associazioni del settore. C’è poi l’area di Padriciano (la zona dell’ex campo profughi, ndr), che vogliamo valorizzare come fatto con il Parco di San Giovanni. E ancora l’attenzione per il territorio carsico, i trasporti e le politiche del lavoro su cui già tanto è stato fatto in questo mandato. Serviranno inoltre azioni importanti in materia ambientale, legate alla green economy.
A proposito di ambiente, che ne è stato del tavolo sul rigassificatore?
Abbiamo inviato al gruppo tecnico-scientifico le domande raccolte. I componenti le stanno esaminando. È in programma una riunione con Gas Natural per definire i dettagli sulla presentazione pubblica in cui la società spagnola fornirà le risposte ai quesiti posti. Un altro appuntamento di rilievo è quello della Conferenza economica provinciale, incontro organizzato assieme alla Fondazione Nordest e aperto al pubblico, nel corso del quale sarà fornita una fotografia del territorio.
E il problema dell’edilizia scolastica?
Abbiamo investito in termini di nuovi edifici e contenitori. Nel frattempo provvederemo alla manutenzione ordinaria delle sedi.
All’opposizione che la accusa di immobilismo cosa risponde?
A gennaio presenteremo pubblicamente il bilancio di mandato. Tanto è stato fatto, anche per dare visibilità alle attività della Provincia e mi pare che la gente ora sappia quali sono le competenze dell’ente.
Si ricandida in Provincia ma non aveva recentemente affermato di non sentirsi tagliata fuori da una possibile candidatura alle comunali?
Ho solo detto che il tempo per presentare altre candidature nel centrosinistra, oltre a quella di Cosolini, c’è.
Ma la coalizione, in passato, aveva sondato il terreno per una sua eventuale disponibilità per il Municipio?
Non ho mai partecipato ai lavori della coalizione. E ufficialmente non mi è stato mai proposto. Invece per la Provincia la disponibilità mi è stata chiesta.
E ha accettato. Girano i nomi di Ret e Dipiazza come possibili candidati del centrodestra. Chi teme di più?
Dipiazza ha grande popolarità, notorietà, ma credo abbia altre aspirazioni. Ret? Vedremo... In ogni caso, l’avversario avrà la mia massima stima e ci confronteremo. Forse Ret è più legato alla realtà di Duino Aurisina che a una dimensione provinciale, ma sarà eventualmente un problema suo...
Dipiazza ha definito la Provincia un «ente inutile», una considerazione che si somma alle ipotesi di soppressione delle Province. Cosa risponde?
Non devo difendere le Province a tutti i costi. Dico però che, nel caso, bisognerebbe individuare altri soggetti che ne rilevino le competenze. Ci sono questioni come le strade o l’ambiente in cui la Provincia svolge un ruolo di coordinamento perché i temi riguardano vari comuni. Come farebbero questi a occuparsene? Se il problema è il nome, lo modifichino: qualcuno vorrebbe la città metropolitana, ma la sostanza non cambierebbe.

(m.u.)
 

 

Ferriera, arriva in Comune un potenziale acquirente - Oggi l’appuntamento. Dipiazza: c’è un imprenditore interessato a realizzare un polo logistico
 

IL FUTURO DELLO STABILIMENTO
Quella odierna potrebbe essere una giornata importante per il futuro della Ferriera di Servola. Oggi, infatti, il sindaco Roberto Dipiazza incontrerà uno dei gruppi che negli scorsi mesi hanno manifestato interesse per rilevare l’impianto triestino del gruppo Lucchini-Severstal. Ad annunciarlo è stato lo stesso sindaco Dipiazza durante la trasmissione ”Sottosopra” in onda l’altra sera su Free-Antennatre. Pur mantenendo le carte completamente coperte, Dipiazza ha spiegato: «Giovedì ho in programma un incontro con un potenziale acquirente». Facendo intendere che quello di oggi non sarà un faccia a faccia qualunque.
Sarà un pranzo di lavoro: il luogo scelto per l’incontro e, soprattutto, l’identità degli interlocutori rimangono però top secret. A spingere il primo cittadino a non svelare i nomi dei possibili acquirenti è una «necessaria cautela» a salvaguardia dei 900 posti di lavoro in ballo.
Roberto Dipiazza si è limitato a spiegare, come già fatto alcuni mesi fa, che questo potenziale acquirente - una cordata italiana - è interessato all’intera area della Ferriera (35 ettari, che equivalgono a 350mila metri quadrati) per la realizzazione di un polo logistico. «I russi di Severstal potrebbero quindi investire 35-40 milioni di euro per la bonifica del sito - ha detto il sindaco - e la nuova proprietà potrebbe continuare con la produzione siderurgica per due o tre anni, prima di dare il via alle vere finalità dell’investitore, che sarebbero, appunto, legate ad attività logistiche».
A oggi si sa che le cordate che hanno manifestato interesse verso lo stabilimento siderurgico di Servola sono tre. L’unica nota rimane quella formata dalla Danieli di Buttrio e dalla Afv Beltrame di Vicenza (interessata, sembrerebbe, anche agli altri stabilimenti italiani di Severstal, tra cui quello di Piombino). Una seconda cordata avrebbe espresso il proprio interesse con una lettera d’intenti. La terza è quella con cui il sindaco Dipiazza avrà l’incontro oggi.
Al di là dell’incontro odierno, entro la metà di novembre Roberto Dipiazza sarà impegnato a Roma per una riunione sulla controllata di Severstal in Italia, che potrebbe dare un’accelerazione al processo di cessione.

(el.col.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 novembre 2010

 

 

La Tav italo-slovena slitta di due anni - Bruxelles concede la proroga: «Ritardi pesanti, progetto entro il 2015». Ma detta le condizioni  - il progetto

LA COMMISSIONE EUROPEA SALVA ANCHE LA TRIESTE-RONCHI SUD A PATTO CHE SI RISPETTINO LE SCADENZE
TRIESTE Concede due anni di tempo in più alla Trieste-Divaccia. Conferma sino all’ultimo cent i finanziamenti complessivi, e sono più di 74 milioni di euro. Ma detta le sue condizioni vincolanti e avvisa i ”naviganti”: chi sgarra, stavolta paga.
La commissione europea salva la Tav che, nel segno di treni più veloci e più capaci, deve attraversare il Friuli Venezia Giulia, accorciando le distanze tra Venezia, Trieste e Divaccia. E la salva, spostando addirittura dal 2013 al 2015 il ”d-day” progettuale della tratta transfrontaliera, nonostante denunci nero su bianco «i pesanti ritardi».
Non è poco, anzi: la commissione, con il vicepresidente delegato ai Trasporti Siim Kallas, mette infatti sotto esame con la ”valutazione intermedia” i 92 progetti prioritari di grandi infrastrutture europee cofinanziati nell’ambito delle reti Ten-t per il periodo 2007-2013, e non fa sconti. Il 16,3% di quei 92 progetti, dove ci sono la Ronchi sud-Trieste e la Trieste-Divaccia, escono con le ossa più o meno rotte: 5 non sono ormai «credibili» e perdono completamente i confinanziamenti mentre 10 sopravvivono ma subiscono un taglio. La Torino-Lione, ad esempio, perde più di 9 milioni di euro mentre l’Europa, complessivamente, libera 311 milioni e spicci sui 5,3 miliardi investiti, impegnandosi a reimpiegarli altrove.
La Tav Venezia-Divaccia, malgrado le difficoltà, se la cava. E non soccombe alla ”prova del nove” che vive il suo epilogo in commissione Trasporti il 27 ottobre. Ma la partita non è affatto chiusa, né tantomeno vinta: Bruxelles, mentre screma, promuove, punisce e proroga ben 29 progetti «credibili» ma «in difficoltà a causa della crisi economica», sancisce un principio ferreo. Tutti i progetti, ma proprio tutti, devono rispettare gli obiettivi temporali che l’Europa, nella sua valutazione, sancisce per iscritto: «Se non li raggiungono, il finanziamento Ue deve essere ritirato e riassegnato, in modo da ottimizzare le risorse limitate di cui disponiamo» avverte, perentorio, Kallas.
Nel caso della Trieste-Divaccia, nel dettaglio, la commissione europea parte da un giudizio tutt’altro che brillante: segnala i ritardi pesanti, l’imprevista ma fredda accoglienza sul versante italiano, la cooperazione insufficiente tra i due Paesi. Al contempo, però, confermando i 50,7 milioni di confinanziamento sui 101,4 necessari ed evidentemente apprezzando l’accordo italo-sloveno firmato il 12 ottobre a Trieste, la commissione stessa non impugna la scure. Mentre concede la proroga, però, sancisce quattro condizioni tassative. La prima: la scelta dei progettisti va effettuata entro dicembre 2010 e, in questo caso, è la Slovenia a doversi muovere, giacché l’Italia ha già individuato Rfi-Italferr. La seconda: lo studio di fattibilità della Venezia-Ronchi sud, come traducono a Bruxelles, va presentato entro dicembre. La terza: il gruppo economico di interesse europeo, quello che Italia e Slovenia hanno già deciso di istituire con sede in piazza Unità, va creato entro giugno 2011. La quarta e ultima: la progettazione preliminare, con relativa approvazione ”interna”, va ultimata entro dicembre 2011.
Nella scheda ufficiale sulla Trieste-Divaccia, laddove se ne fotografa la valenza a livello comunitario e regionale, non manca una sottolineatura ”europea” non casuale: la commissione evidenzia infatti che il progetto, tra l’altro, si pone la finalità di ”catturare” i traffici dei porti di Trieste e Capodistria. Lubiana, che su quei sei chilometri di binari fa orecchie da mercante, recepirà?
Nel caso della Ronchi Sud-Trieste - la Venezia-Ronchi Sud non compare nella valutazione di ”mid-term” giacché è finanziata con un bando - Bruxelles conferma invece la scadenza tassativa del 2013 e il cofinanziamento di 24 milioni di euro sui 48 necessari. Subito dopo, evocata la nuova stazione ferroviaria che dovrebbe servire l’aeroporto di Ronchi dei Legionari, detta il suo giudizio. Assai più ”light” rispetto a quello sulla Trieste-Divaccia: il progetto è leggermente in ritardo ma, nonostante ciò, può ancora essere consegnato entro dicembre 2012. Due le condizioni da rispettare per non perdere le risorse. La prima: il progetto preliminare dev’essere definito entro dicembre 2010 e approvato entro il secondo trimestre 2011. La seconda: la procedura di valutazione d’impatto ambientale dev’essere completata entro il secondo trimestre 2011.
Tempi stretti, molto stretti. Ma Riccardo Riccardi, l’assessore regionale alle Infrastrutture, rassicura: «La valutazione positiva di Bruxelles costituisce il riconoscimento del lavoro che abbiamo svolto. E ringrazio, al riguardo, l’eurodeputato Antonio Cancian che ha difeso il nostro lavoro e i nostri interessi in commissione Trasporti. A questo punto manterremo gli obiettivi prefissati a partire dalla presentazione entro l’anno del progetto della Venezia-Ronchi sud su cui i governatori Renzo Tondo e Luca Zaia si sono impegnati il 13 ottobre». La Tav lagunare è solo il primo fronte, non l’unico. La Trieste-Divaccia è il secondo: «Entro dicembre, come previsto dall’accordo italo-sloveno, avremo un ulteriore incontro bilaterale per proseguire l’attività di progettazione» anticipa Riccardi. La corsa contro il tempo prosegue.
ROBERTA GIANI
 

 

TAV - «Segnale positivo dalla Ue Ma non possiamo sforare» - L’EURODEPUTATO PDL CANCIAN
 

TRIESTE «Credo molto alla realizzazione del corridoio V, il ”pp6”, verso Est. Ma ora le promesse vanno mantenute». Antonio Cancian, eurodeputato del Pdl che siede in commissione Trasporti, difende e ”spinge” da tempo la Tav. E l’ha fatto anche il 27 ottobre quando, in commissione, il vicepresidente della Ue Siim Kallas e i coordinatori europei hanno messo sotto esame 92 progetti. È andata bene: «La conferma del cofinanziamento alle tratte Venezia-Ronchi sud e Trieste-Divaccia rappresenta un segnale importante. La commissione ha valutato positivamente il piano di realizzazione degli studi. La proroga alla Trieste-Divaccia? Le tratte transfrontaliere sono le più difficili da realizzare e, dunque, va riconosciuto l’impegno dei due Stati e delle Regioni coinvolte». Adesso, però, nessuno può dormire sugli allori: «Le condizioni poste per mantenere il cofinanziamento sono stringenti e precise. E le responsabilità sono in capo alle amministrazioni regionali e al ministero. Ma a questo proposito, per il lato nazionale della tratta, credo che il lavoro svolto finora stia dando i suoi frutti: le amministrazioni si sono impegnate a chiudere la progettazione preliminare entro il 2010».
 

 

TAV - «I fondi non sono blindati Prima verifica a dicembre» - L’EURODEPUTATA PD SERRACCHIANI
 

TRIESTE «I due anni di proroga non sono un automatismo». Debora Serracchiani, eurodeputata del Pd che siede in commissione Trasporti, lancia ancora una volta l’avvertimento. La battaglia pro-Tav è tutt’altro che vinta a Nordest: «Si devono rispettare le condizioni dettate dalla commissione europea che verificherà l’effettivo progresso dei lavori, il completamento e l’approvazione degli studi di fattibilità entro il 2010 e la costituzione entro il 2011 di un gruppo di interesse economico nella sezione italo-slovena, cui parteciperà anche la commissione». Certo, e l’eurodeputata lo sottolinea, la verifica di ”mid-term” offre un’opportunità: «Quella di recuperare il tempo perduto, ma non ci verranno fatti sconti. Inoltre, sul fronte dei rapporti italo-sloveni, occorre un lavoro attento, continuo e sinergico affinché gli interessi italiani trovino adeguato ascolto nelle sedi europee». Il governo nazionale, quindi, si dia da fare: «Il suo ruolo è cruciale per l’azione che saprà perseguire attraverso gli alti funzionari italiani a Bruxelles mentre spetta alla Regione far giungere al governo la cognizione esatta delle criticità del nostro territorio».
 

 

Piccoli generatori basati sulle celle a combustibile: la scommessa di C-energy - INSEDIATA IN AREA SCIENCE PARK
 

Energie rinnovabili e tecnologie avanzate di conversione e accumulo energetico. Sono questi gli ambiti di ricerca in cui si muove C-energy, neonato spin-off dell’Università di Trieste, che dallo scorso gennaio si sta creando uno spazio di manovra non solo in Italia ma anche all’estero, offrendo a giovani studenti e laureati un primo importante sbocco professionale. C-energy – la C si legge all’inglese, come se fosse mare, sea – è nato dalla passione di Rodolfo Taccani, ingegnere del Dipartimento di Ingegneria meccanica e navale che da vent’anni a questa parte si è innamorato – professionalmente – del tema dell’energia, meglio se rinnovabile, iniziando a sviluppare celle a combustibile con tecnologie innovative. «Avevo dieci anni quando la rivista Le Scienze ha pubblicato un primo pionieristico articolo sulle celle a combustibile», ricorda il ricercatore che è responsabile tecnico di C-energy. «Lì si è compiuto il mio destino».
I generatori elettrici di piccola taglia basati su celle a combustibile polimeriche, ad alta temperatura, rappresentano il cavallo di battaglia di C-energy. Sono simili a batterie tradizionali di ridotte dimensioni, ma possono facilmente essere alimentati a metano. Avendo efficienze molto elevate e sfruttando un processo di conversione senza combustione, inquinano meno e fanno risparmiare. «Inoltre – aggiunge Taccani – la tecnologia impiegata, frutto di quasi vent’anni di lavoro, le rende di facile utilizzo e assai poco rumorose». Partendo da zero, con scarsissimi finanziamenti, i primi mesi di C-energy non sono stati facili: i soci hanno finanziato di tasca propria lo start-up dell’azienda.
Fortunatamente stanno arrivando alcuni ordini importanti ed Electrolux Spa ha già richiesto la realizzazione di alcuni generatori. L’attività di ricerca sta invece trovando sostegno grazie ad alcuni contributi della Regione. «Ora, dopo l’insediamento in Area Science Park, stiamo camminando con le nostre gambe», dice Taccani che guida un gruppo di tre ricercatori. E c’è da scommettere che ormai il vento sia in poppa: oltre alle caldaie per il riscaldamento domestico e alla realizzazione di elettrodomestici intelligenti, il mercato delle celle a combustibile interessa, infatti, anche il settore della nautica da diporto e navale dove l’alimentazione elettrica dei servizi in yacht e imbarcazioni di vario tipo potrebbe giovarsi dell’esperienza di C-energy.

(c.s.)
 

 

Ritorna ”Alpi Giulie Cinema”, film che esplorano i rapporti tra uomini e montagne - DA VENERDÌ AL CAFFÈ SAN MARCO
 

Apre il ciclo ”La retta via”: due detenuti in cammino dal Belgio alla Spagna per un’inedita riabilitazione

Storie di uomini, luoghi e Paesi legati alla montagna, tra vicende che parlano di conflitti, drammi, etnie, differenze culturali e impegno ecologico. Parte venerdì la 21° edizione di Alpi Giulie Cinema, rassegna a cura della Associazione Culturale Monte Analogo, promossa in collaborazione con la Cooperativa Bonaventura, l'Arci Trieste, Trento Film Festival e la sezione di Gorizia del Cai.
Copione rispettato anche quest'anno, con una prima parte di pellicole programmate nella sede dell'Antico Caffè San Marco, in contemporanea al Cinema Kinemax di Gorizia, ed una seconda attesa nel mese di febbraio del 2011, ambientata al Teatro Miela. Vernice della rassegna nella serata di venerdì (ingresso libero, 20.30) al San Marco, con la pellicola ”La Retta via”, per la regia di Marco Leopardi e Roberta Cortella, atipico ”road-movie” narrante il percorso di due giovani detenuti belgi, selezionati per verificare un programma innovativo di riabilitazione basato sul viaggio a piedi dal Belgio alla Spagna, ripercorrendo l'antico Cammino di Santiago di Compostela, una ”pena” tramutata in migliaia di km a piedi, una detenzione che diventa pellegrinaggio, vera catarsi. Il secondo appuntamento, in programma il 19 novembre, prevede la pellicola tedesca ”The Urals”, del regista Oliver Goetzl, classico documentario sui temi della natura montana, segnata tra la frontiera tra l'Europa e l'Asia.
Nello stesso giorno di scena al Caffè San Marco anche ”Salt”, dell'australiano Michael Angus, incentrato sulla avventura del fotografo Murray Fredericks, immerso in solitudine negli anfratti montani sperduti dell'Australia del sud. La prima tornata di film della 21' edizione di Alpi Giulie Cinema chiude i battenti nella serata del 26 novembre con una produzione targata Nepal e Svizzera, dal titolo ”Sherpas die wahren Helden am Everest”, firmato da Frank Senn, Hari Tapa e Otto C. Honneger, uno spaccato dello stile di vita degli sherpa, i portatori delle spedizioni montane che supportano le guide occidentali, intrecciando spesso con loro paure, tradizioni, sentimenti.
«Crediamo di poter dare anche questa volta vari frammenti dell'ambiente di montagna», ha sostenuto Sergio Serra, presidente dell'Associazione Monte Analogo, nel corso della presentazione dell'evento al San Marco. «Aspetti che come sempre non parlano di sport o turismo ma di spunti culturali di altro tipo. Puntiamo al racconto di un mondo ritenuto troppo lontano dalla quotidianità - ha aggiunto - ma che invece conserva società, usi e storie, di ogni giorno».
Il secondo atto della rassegna si affaccia in febbraio del prossimo anno, al Teatro Miela, con due momenti dedicati al cinema: giovedì 10, con i tributi allo sci e all'alpinismo, e giovedì 17, con la finestra sulla speleologia. Il terzo e ultimo appuntamento riporta al Caffè San Marco, il giovedì successivo, alle 20.30, con la cerimonia di premiazione di Alpi Cinema Giulie (www.monteanalogo.net)
Francesco Cardella

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti n. 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma n. 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30 (tel. 3665239111- www.legambientetrieste.it).

 

 

SEGNALAZIONI - COMUNE/1 - I tempi del prg

 

Il tormentato iter del nuovo piano regolatore insegna che la costruzione della città è un processo di natura collettivo. È con questo convincimento che intendo contribuire al dibattito. Non c’è da stupirsi se uno tra i numerosi contenziosi - consueti per qualsiasi piano - abbia infine imboccato la strada del ricorso amministrativo. Questioni puntiformi non rischiano certo di compromettere un disegno ampio quale quello di un piano regolatore. Neppure la recente sentenza del Consiglio di Stato preoccupa troppo. Il rilievo riguarda una questione di natura procedurale che sarà facilmente risolta rispettando la pronuncia del tribunale. Chi ritiene quindi l’iter del nuovo piano bloccato da tali questioni - «esterne» - si ferma alla superficie del problema.
Al contrario le cause delle attuali difficoltà sono di natura «interna». Due anni fa il Consiglio Comunale venne chiamato a redigere le linee guida per il nuovo piano regolatore. Come si può leggere dal documento approvato, i Consiglieri non approvarono quelle scelte di indirizzo politico proprie di un piano e su cui si sarebbe fondata la successiva fase progettuale. Non si parlò né di nuovi asili, né di nuove case popolari, né del nuovo assetto della viabilità, né del piano dei parcheggi. Il Consiglio riprese semplicemente le istanze di chi si opponeva all’edificazione di alcune zone della città. Sulla base di tali consegne progettuali era difficile ritenere che assessore all’urbanistica e uffici comunali avrebbero predisposto un piano che non fosse una semplice revisione di quello già esistente. Chi ha redatto il progetto ha però scelto di operare alcune rilevanti ed autonome decisioni rispetto alle direttive ricevute (tra tutte le zone turistiche, quelle agricole e le aree demaniali). Questo è il problema sostanza. Detto questo è necessario ed urgente riprendere il percorso interrotto. Da dove ripartire quindi? Adottare nuovamente il piano significherebbe farlo sapendo che la sua definitiva approvazione potrebbe avvenire soltanto dopo le prossime elezioni, con un nuovo sindaco e un diverso consiglio comunale, ancora una volta con il problema sostanziale irrisolto - ovvero la non condivisione di un progetto già definito. Sarebbe come sapere di dover intervenire sulle fondamenta della propria casa in costruzione e decidere che sia preferibile metterci mano soltanto dopo averla terminata. L’unica certezza che così avremmo sarebbe di trascinare ancora per anni la situazione di incertezza.
Al contrario, se l’intenzione della maggioranza di procedere con il nuovo piano è animata dalla volontà di portare a termine un progetto di città futura allora è necessario riprendere dalla ridefinizione delle direttive. Soltanto dopo che il Consiglio Comunale avrà deliberato le linee guida per definire nel suo complesso lo sviluppo del territorio nei prossimi 20 anni (sì o no al rigassificatore, come riconvertire la ferriera, il verde, la questione casa etc. etc.) gli uffici tecnici comunali potranno redigere il nuovo piano regolatore.
E quale momento più trasparente e partecipato per la discussione del nostro futuro se non quello che precede le elezioni amministrative?
Francesco Cervesi

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 9 novembre 2010

 

 

RIGASSIFICATORE DI TRIESTE-ZAULE - Il WWF: “DESAPARECIDO IL PROCESSO INFORMATIVO DELLA PROVINCIA DI TRIESTE?”
 

Ad oltre otto mesi dall’avvio dell’operazione annunciata in pompa magna dall’ente intermedio, è tutto fermo. Eppure l’iter del progetto avanza.
Che fine ha fatto il “processo informativo” sul rigassificatore di Trieste-Zaule, promosso in pompa magna dalla Provincia di Trieste lo scorso mese di marzo? E’ probabile che sia svanito nel nulla. Questa la conclusione del WWF, ad oltre otto mesi dall’avvio dell’operazione.
Fu una delibera della Giunta provinciale del 18 gennaio 2010 ad istituire un “Gruppo di lavoro tecnico-scientifico” (formato da rappresentanti dell’Area Science Park, dell’Università di Trieste, dell’OGS e della SISSA) con l’incarico di “analizzare, coordinare e ridefinire in modo scientifico” i quesiti dei cittadini sul progetto del rigassificatore, relativi agli aspetti ambientali, alla sicurezza e alle problematiche socio-economiche. Il tutto sarebbe poi stato trasmesso a GasNatural che – dichiara il sito della Provincia – si era impegnata a rispondere entro il mese di settembre.
Il 1 marzo veniva avviata infatti la raccolta dei quesiti in un’apposita sezione del sito internet della Provincia, che terminava il 12 aprile. Altro materiale, con quesiti e osservazioni sul progetto del rigassificatore proposto da GasNatural, veniva consegnato alla Provincia in formato cartaceo: tra questo, un voluminoso (260 pagine) dossier del WWF.
Quattro associazioni ambientaliste, tra cui il WWF, chiedevano poi di essere sentite dal Gruppo di lavoro tecnico-scientifico nelle audizioni previste dalla delibera provinciale. La prima - e unica – audizione aveva luogo il 1 giugno e in quell’occasione WWF, Legambiente, Greenaction Transnational e NoSmog chiedevano tra l’altro alla Presidente della Provincia e al coordinatore del Gruppo di lavoro, Francesco Russo, un ampliamento del mandato, allo scopo di chiedere conto agli enti competenti (Ministeri dell’ambiente e dei beni culturali, Regione, Comitato regionale dei VV.F.) delle numerose irregolarità emerse nel corso dell’iter di valutazione del progetto.
Nulla si è più saluto in merito. Nessuna risposta alla richiesta degli ambientalisti, né vi è traccia delle risposte di GasNatural ai quesiti dei cittadini. Né la Provincia ha più fornito notizia alcuna sull’intera vicenda.
Il “processo informativo”, conclude quindi il WWF, è da intendersi scomparso (anzi, in ossequio a GasNatural che ha la sede a Barcellona, desaparecido)? Cos’hanno prodotto gli illustri componenti del gruppo di lavoro tecnico-scientifico?
La Provincia ha preso in giro i cittadini, oppure è stata GasNatural a prendere in giro la Provincia?
Una risposta chiara, stante anche l’approssimarsi della scadenza elettorale, è dovuta, per elementare rispetto nei confronti dei cittadini che hanno partecipato all’iniziativa formulando i propri quesiti.
Nel frattempo si apprende (ma la notizia è apparsa solo su un giornale friulano…) che i rappresentanti GasNatural hanno avuto un “incontro riservato” con il presidente della Regione, Tondo, al quale hanno presentato lo stato di avanzamento del progetto del rigassificatore, in vista della conferenza dei servizi che dovrà essere promossa dalla Regione e che dovrebbe rilasciare l’autorizzazione finale alla costruzione dell’impianto.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 novembre 2010

 

 

Veglia non vuole i terminal portuali - I sindaci bocciano lo studio che prevede l’industrializzazione dell’isola
 

VEGLIA Levata di scudi delle dirigenze municipali di Veglia contro lo Studio integrale territoriale e dei trasporti della Regione quarnerino–montana e della Città di Fiume, che prevede per i prossimi 20 anni il graduale trasferimento sull’ isola nordadriatica delle attività portuali fiumane, in primis la movimentazione container.
Lo studio, formulato dall’ Istituto croato all’ edilizia, è stato presentato recentemente a Castelmuschio (Omisalj), località vegliota dove già si trovano grossi impianti industriali, come l’ Oleodotto adriatico e la Dina petrolchimica e dove entro il 2017 dovrebbe sorgere un grande rigassificatore. Nel corso della presentazione, in cui non sono mancati toni polemici, i sindaci dei comuni isolani hanno dichiarato di essere assolutamente contrari al documento, contemplante l’ industrializzazione di Veglia, precisamente della sua parte Nord–orientale, «a scapito – hanno dichiarato in coro – del turismo e del suo indotto». Caustico l’ intervento del primo cittadino di Castelmuschio, Tomo Sparozic: «Troppo comodi quelli di Fiume – ha detto – vorrebbero affrancarsi dall’ industria pesante e dai carichi portuali, per trasformare la loro città in una località turistica, con il marmo che andrebbe a sostituire le banchine portuali. Grazie alla nuova ferrovia, prevista dallo studio, da 15 a 20 mila fiumani arriverebbero quotidianamente sulla nostra isola per lavorare nel nuovo emporio. Ma non ci sarebbe alcun vantaggio per Veglia. Inoltre lo studio è stato elaborato senza contattare minimamente le amministrazioni comunali vegliote ed è una cosa scandalosa».
Il sindaco di Dobrinj, Neven Komadina, pure non le ha mandate a dire, affermando che Fiume ha finanziato il documento con 110 mila euro e dunque non lo stupiscono i piani saltati fuori, tutti a favore del capoluogo regionale: «Fiume è per tradizione una città industriale e portuale – così Komadina - e pertanto mi sembra fuori luogo volerne fare in futuro una specie di Monte Carlo o Ragusa. A differenza di Fiume, l’ isola di Veglia è da cent’ anni votata al turismo, riuscendo a toccare quasi il 10 per cento delle presenze a livello croato e il 30 per cento degli arrivi nella contea fiumana. Aggiungervi strutture industriali nella sua area settentrionale vorrebbe dire che si rinuncia al settore turistico, troppo importante per i nostri ”bodoli” (è così che vengono chiamati i veglioti, ndr)».
Ha fatto riflettere la dichiarazione del sindaco di Ponte (Punat), Mladen Juranic, il quale ha bollato come ridicola la constatazione che a Castelmuschio il mare è profondo e rappresenta il sito ideale per il nuovo scalo contenitori. «Anche a Preluca, tra Fiume ed Abbazia, il pescaggio è niente male - ha detto - Questa località sarebbe un’ ottima zona dove poter costruire un terminal container vista la vicinanza delle necessarie infrastrutture stradali».
D’ accordo con i suoi colleghi anche il sindaco di Veglia città, Dario Vasilic, il quale ha sottolineato che il turismo è l’ architrave dello sviluppo isolano e che l’ eventuale trasferimento delle capacità portuali non sarebbe un bene nemmeno per Fiume e i suoi abitanti. Lo studio è andato dunque incontro ad una clamorosa bocciatura, che non ha fatto piacere soprattutto all’ Autorità portuale e all’ azienda portuale di Fiume. Sono attese reazioni.

(a.m.)
 

 

 

 

Consulenza da 22mila euro sui vincoli paesaggistici Il Pd: urbanistica nel caos - LA DENUNCIA
 

TRIESTE A individuare i vincoli paesaggistici della Regione saranno dei professionisti esterni e non gli uffici. Il tutto con una consulenza di 22 mila euro. Il consigliere del Pd Paolo Menis parla del rischio dell’autonomia della pubblica amministrazione in materia urbanistica e non esita a definire il settore della pianificazione territoriale, «nel caos». «Il direttore centrale pianificazione territoriale, autonomie locali e sicurezza ha deciso di stanziare 22 mila euro – denuncia il consigliere del Pd apprendendo del provvedimento dal Bur - per l’affidamento a professionisti esterni della revisione, integrazione, e nuova istituzione di vincoli paesaggistici (dichiarazione di notevole interesse pubblico). Attività che sinora sono sempre state esercitate dalla Regione previo studio e verifica degli uffici regionali competenti, ricorrendo alle capacità professionali interne e alla conoscenza del territorio maturata sul campo nel corso di decenni». È in pericolo il pieno governo della Regione in materia urbanistica secondo Menis, visto che queste analisi «da oggi, non possono più essere svolte in maniera autonoma dai nostri uffici e richiedono inderogabilmente il contributo di commissari esterni. Quali mutate esigenze hanno giustificato una tale scelta?» si chiede Menis sperando che «anche questo avviso – qualora risultasse non sorretto da argomentazioni precise e puntuali – venga prontamente ritirato». Non è infatti il primo provvedimento degli uffici della pianificazione territoriale che il consigliere giudica inopportuno. «Qualche giorno fa – ricorda - si era pensato ad un errore. Quando era stato pubblicato l’avviso pubblico, apparso nel Bur del 6 ottobre scorso, in cui si affidava “la redazione di uno schema di disegno di legge sulla pianificazione territoriale regionale” a professionisti con “esperienza complessiva almeno semestrale presso pubbliche amministrazioni in ambito giuridico” non sembrava possibile che la Regione intendesse affidare un incarico di tale complessità sulla base di requisiti così palesemente inadeguati». L’avviso, però, è stato ritirato quasi subito e questo «aveva sopito sul nascere le polemiche - sollevate anche dall’Istituto Nazionale di Urbanistica -, ma il dubbio che la pianificazione territoriale regionale fosse nel caos era ormai instillato». Un dubbio che per Menis diventa ora «la certezza che i nostri peggiori sospetti erano fondati - commenta il consigliere dei democratici - e scopriamo come un altro pezzo importante dell’amministrazione pubblica della nostra Regione sia governato con superficialità e assenza di programmazione». (m.mi.)
 

 

Gross: «I tagli alla ricerca allontanano dall’Italia i vostri migliori cervelli» - CELEBRAZIONI DEI 45 ANNI DEL CENTRO DI FISICA DI MIRAMARE
 

Il Premio Nobel per la fisica del 2004 è un sostenitore dell’energia nucleare, ma anche di quella solare ed eolica
TRIESTE Crede nell’energia nucleare, in quella solare, nel potere della ricerca applicata. Nella scienza, in prima battuta. Facile constatazione, trattandosi di uno che nel 2004 si è aggiudicato nientemeno che il Premio Nobel per la fisica. Ma David Gross, californiano, il fisico che insieme a Politzer e Wilczek ha raggiunto l’ambito riconoscimento per la scoperta sulla libertà asintotica nella cromodinamica quantistica, non sfugge al luogo comune che vede i ricercatori, e in genere le persone di maggior talento, comportarsi come semplici, normalissimi esseri umani. Giacca e camicia sportiva, improbabile cravatta azzurra, si aggirava ieri pomeriggio in quell’autentico think tank che è il Centro di Fisica di Miramare. Scambiando opinioni, confrontandosi, beneficiando dei contatti che consente quell’unicum, da lui stesso riconosciuto, che è l’ambiente scientifico triestino. Sentiamolo.
Professor Gross, il governo italiano sta tagliando pesantemente i fondi destinati alla ricerca. Le sembra una scelta corretta?
Mi sembra un disastro. Ho molti amici in Italia, seguo la situazione. E ho visto anche molti dei vostri ricercatori negli Stati Uniti, che non hanno nessuna intenzione di ritornare. Mi sembra assurdo, visto il tempo impiegato a formarli e il fatto che la scelta è arrivata comunque dopo un periodo di declino.
A cosa si riferisce?
Mettiamola così. Il vostro paese è pieno di gente entusiasta, con energia. Ma se queste stesse persone, una volta educate, vanno altrove, non ha speranza. È come dire che l’Italia, come succede in effetti, fa dell’ottimo caffè e dell’ottima pasta. Ma ormai non è più l’unica al mondo...
E Trieste? Funziona il suo sistema della ricerca?
Qui da voi conosco molto bene la realtà della Sissa, di cui sono stato consulente scientifico per dieci anni, e dell’Ictp. Il nuovo direttore della Sissa è un amico, una persona eccellente e carica di energie. La struttura stessa è atipica in Italia, è vivace, molto innovativa. E lo stesso posso dire del Centro di Fisica. Però...
Però?
Se non c’è certezza sui finanziamenti statali, e l’Ictp ne dipende al 75%, non ce n’è neanche sul loro sviluppo. Io, almeno, non me la sento di ipotizzarlo... È vero che tanti paesi stanno tagliando proprio in quel settore, ma forse non si rendonio conto che così facendo si stanno precludendo ogni ipotesi di futuro.
Qui da noi si batte molto sulle necessità di abbinare la ricerca applicata alle ricadute industriali. È così anche negli States?
Ovviamente. Ma è un falso problema. La ricerca attira naturalmente l’industria e gli investimenti connessi. La maggior parte delle realtà moderne viene fuori da lì. Certo, ci vuole un buon meccanismo d’incoraggiamento, ma questo può essere tranquillamente privato.
Lei è un fautore dell’energia nucleare, che in Italia incontra ancora molte resistenze...
Succede perchè la gente tende ad abbinarla alle armi nucleari. Che, nel mondo, sono 10mila, troppe, Ma sul piano tecnico stiamo parlando dell’energia più sicura e meno costosa, come sanno i francesi da 40 anni. Inoltre tecnologia e scienza sono state migliorate nei decenni e incidenti da ”sindrome cinese (noto film sull’argomento ndr) non sono ipotizzabili».
Ma un’alternativa esisterà pure...
L’energia solare, già sposata da molte industrie in Europa. Al limite anche quella eolica, anche se ho l’impressione che certi impianti visti in azione si tolgano via il vento l’uno con l’altro....
FURIO BALDASSI

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 novembre 2010

 

 

Nuovi parcheggi, accordo solo per largo Roiano - Previsti 160 posti. Niente da fare per i progetti di via Tigor e piazzale Rosmini
 

URBANISTICA, LE ALTERNATIVE A PONTEROSSO

Il costruttore Riccesi: è tutto bloccato dal Comune, chiederemo i danni per i due park cui bisogna rinunciare

Disco verde solo per largo Roiano. Nulla di fatto, invece, per gli altri due parcheggi firmati Riccesi, ipotizzati in via Tigor e in piazzale Rosmini. Per questi due park che non vedranno mai la luce, la società di costruzione ha già chiesto al Comune la monetizzazzione del danno. Che, «se non dovesse arrivare in tempi ragionevoli - minaccia Donato Riccesi - ci costringerà a intentare una causa contro il Comune».
Non sembra proprio un happy ending quello dell’accordo di novazione tra la ditta Riccesi e l’amministrazione municipale: una storia che di fatto dura da otto anni, iniziata quando il Comune cassò il faraonico progetto di park multipiano in Ponterosso, garantendo di compensare i costruttori con tre posteggi alternativi, da realizzare in altrettante zone della città affamatate di stalli. I siti individuati in prima battuta erano stati largo Roiano, via Tigor e via del Teatro Romano; quest’ultimo era poi stato ritenuto incompatibile con un altro progetto - quello del park San Giusto - e quindi messo da parte, scalzato da piazzale Rosmini.
«Alla fine l’unica opera che potrà diventare realtà è quella di largo Roiano - spiega Donato Riccesi -. Lì costruiremo un park interrato con 160 posti auto disposti su tre livelli. Il progetto definitivo è stato presentato al Comune mesi fa e ora siamo in attesa. Se l’ok dovesse arrivare nel giro di qualche mese credo che potremmo partire con i lavori già all’inizio del 2011. Il problema, però, è proprio questo: i tempi della burocrazia, che uccidono chi lavora e impediscono lo sviluppo della città».
Ecco il nodo dolente: le necessità dei privati che cozzano con il calendario delle amministrazioni pubbliche. «L’urbanistica a Trieste è paralizzata - affonda Donato Riccesi -. Un buon esempio lo dà l’odissea del Piano regolatore. Inoltre, il piano parcheggi (già licenziato dal Consiglio comunale, ndr.) è praticamente bloccato, perché le autorizzazioni necessarie per rendere operativi i singoli progetti hanno tempi faraonici. È questo il motivo che ci ha spinti ad abbandonare l’idea di costruire il park interrato in via Tigor, una delle zone di Trieste che più soffrono per la scarsità di stalli. È da anni - continua - che attendiamo che il Comune risponda alla nostra richiesta presentandoci tutte le autorizzazioni, ma siamo rimasti con un pugno di sabbia in mano. Per quanto riguarda piazzale Rosmini, invece, ci era stato proposto di ricavare dei posteggi interrati, ma alla fine avremmo potuto utilizzare solo una porzione della piazza, allontanandoci così dal progetto iniziale. Insomma, ciò che ci era stato offerto per compensare la marcia indietro del Comune su Ponterosso - conclude il costruttore - non si è rivelato fattibile. Perciò abbiamo deciso di chiedere all’amministrazione la monetizzazione del danno. Anche in questo caso so che i tempi non saranno brevi, ma se dovessimo superare limiti ragionevoli e il Comune non mostrasse l’intenzione di rispettare l’accordo novativo siglato con noi, allora daremo mandato ai nostri legali di avviare una causa».
A rimandare le accuse al mittente è il sindaco Dipiazza, che detiene la delega a lavori pubblici e pianificazione urbana. «Quando un progetto non riesce - afferma Dipiazza - la colpa non sta mai solo da una parte. Una cosa di cui non si può accusare la mia amministrazione è di inefficienza. A questo proposito voglio portare un esempio: il park San Giusto. In quel caso le autorizzazioni sono arrivate presto, erano pronte da tempo: perché il parcheggio non è ancora stato costruito?». (I dettagli su questo argomento nell’articolo a fianco).
ELISA COLONI
 

 

Scavi archeologici finiti per il Park San Giusto - Da quest’inverno i lavori per realizzare le due gallerie Lento l’iter burocratico
 

UN’OPERA DA 35 MILIONI - Le nuove norme antisismiche hanno reso necessarie alcune modifiche in corso d’opera
Gli scavi archeologici, sotto il Colle di San Giusto, sono terminati da circa un mese. Tutto ora è quindi pronto per avviare i lavori veri e propri. Il problema, però, rimane sempre lo stesso: che fine ha fatto il progetto esecutivo del park San Giusto in via del Teatro romano?
Il documento, infatti, non è stato ancora presentato dalla Park San Giusto spa, la società che dovrà portare a termine l’infinito iter per la realizzazione del parcheggio interrato sotto l’omonimo colle. È da anni che il progetto esecutivo veleggia tra un ufficio e l’altro, e la realtà è che oggi, a opera iniziata, quella carta ancora non si è materializzata.
A spiegare il perché dei rinvii e fare il punto è uno dei costruttori coinvolti, Donato Riccesi, che afferma: «È stato un iter complesso, durato molto tempo, quasi dieci anni. In questo decennio, ovviamente, tante cose sono cambiate sul fronte normativo e la Park San Giusto spa si è vista costretta a rivedere e riscrivere ben tre volte il progetto esecutivo».
Di mezzo, questa volta, ci si è messa la nuova normativa antisismica. «L’ultimo intoppo è derivato dalla nuova normativa antisismica, che ha incluso Trieste nelle zone che presentano un rischio sismico, seppure lievissimo - afferma ancora il costruttore triestino -. Questo ci ha costretti ha riprendere in mano il progetto esecutivo e apportare alcune modifiche. Ora il documento - continua - è quasi pronto e auspico che possa essere presentato a breve, nel giro di qualche settimana, non di più».
Una volta predisposta la versione definitiva, il documento dovrà essere sottoposto a una doppia autorizzazione: in primis da parte del Comune e poi della neonata Commissione antisismica, che a Trieste è stata costituita da poco, in osservanza, appunto, della nuova normativa che regolamenta la materia.
Questa la situazione sul fronte cartaceo. Se l’approvazione del progetto esecutivo, dunque, sembra alle porte, proseguono i lavori propedeutici alla realizzazione del maxi-parcheggio da 718 posti auto sotto il Colle di San Giusto: un’opera da 35 milioni di euro. Da poco più di un mese sono terminati gli scavi archeologici, che hanno riservato più di qualche sorpresa risalente al periodo tardo romano. Quali saranno gli step successivi?
«Nel giro di due mesi costruiremo un’opera provvisionale - spiega ancora il costruttore Donato Riccesi - che servirà a sostenere la collina quando inizieranno gli scavi veri e propri per la realizzazione delle due gallerie. Sicuramente partiremo con la costruzione di quest’opera prima di Natale. Tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera - conclude Riccesi - credo che potremo invece dare il via agli scavi per la realizzaione delle gallerie».

(el.col.)
 

 

SEGNALAZIONI - «Via del Pucino si è salvata, in vicolo Rio Martesin scempio compiuto»

 

Credo che nessuna persona di buon senso e di buon cuore sia rimasta delusa per il fatto che una volta tanto le ruspe dei palazzinari, in quel di Grignano, abbiano dovuto fare dietro-front lasciando intatti alcuni ettari di area boschiva protetta. E ciò a prescindere che siano terreni di proprietà del sindaco, di amici suoi o semplicemente dei suoi vicini di casa. Credo infatti che le motivazioni presentate dai residenti di via del Pucino-via Plinio fossero più che sufficienti, senza dover ricorrere ad altre maliziose spiegazioni: difficili collegamenti viari, non adeguate capacità fognarie, dissesto idrogeologico incombente, difesa del patrimonio boschivo.
Vorrei però che qualcuno mi spiegasse, per dissipare ogni traccia di residuo sospetto, per quali motivi il buon senso, la prudenza e il rispetto per i civili diritti non siano stati ugualmente osservati in situazioni simili che in altri luoghi si sono venute a creare. Sull’assalto edilizio e il conseguente dissesto ambientale di Scala Santa le denunce dei cittadini residenti sono venute a pioggia. Riguardo a Gretta, in particolare la zona attorno a Vicolo Rio Martesin, basta andare a darci un’occhiata e già comincia a piangerti il cuore per lo scempio che vedi attuato, da alcuni mesi a questa parte, e il terreno marnoso-arenaceo del sito, vista la bassa altitudine che non prevede ancora un’adeguata presenza di strati calcarei, regge sì e no i muretti dei vecchi pastini, ora sconvolti dalla ruspe.
Passando alle vie d’accesso, consistono nel solo Vicolo Rio Martesin, largo la bellezza di due metri e trenta, cui portano alcune viuzze ancora più anguste, che magari erano sufficienti per la circolazione di quella quarantina di persone perlopiù appiedate che hanno popolato quelle plaghe in tempi recenti, ma che ora non si sa come potranno bastare per i minimo quattrocento nuovi abitanti in arrivo. Già adesso le ruspe al lavoro hanno seriamente danneggiato il ponticello secolare che separava Gretta da Roiano, per non parlare di rio Carbonara diventato una specie di discarica in cui gli operai del cantiere gettano ogni tipo di masserizia ingombrante. Pochi metri più sotto, la presenza del rio Martesin intombato, e beato lui che non vede la vergogna!, rende il fondovalle instabile e soggetto a cedimenti e infiltrazioni: basterebbe questo a provocare delle perplessità, che l’esistenza di un’apposita normativa confermerebbe. Il tutto in presenza di un elettrodotto ad altissima tensione che scende da Opicina verso Roiano e i cui tralicci si trovano a poche decine di metri dalla futura zona residenziale. Per non parlare dell’impatto ambientale: la costruzione di sette palazzine (non bifamiliari, come quelle osteggiate in via del Pucino, ma addirittura qundici-familiari) trasformerà la zona del polmone verde che era, in un’area altamente inquinante.
Come insegnante dovrei operare, secondo disposizione ministeriali, per promuovere nei giovani il rispetto per l'ambiente e l’amore per la natura. Mi chiedo se, di fronte a questi esempi impunti di scempio possa ancora assolvere con convinzione a questo mio compito o se non debba piuttosto addestrare i ragazzi a una maggior furbizia, a un’ottimale conoscenza delle leggi del profitto, a una totale spregiudicatezza. E, perché no, magari all’arte di sapersi scegliere bene i propri vicini di casa, che a volte può servire.
Livio Crovatto
 

 

SEGNALAZIONI - Acqua pubblica - FIRME
 

Da oltre vent’anni, lo slogan monocorde delle (ex) forze politiche recita: «privato è bello».
Dalla caduta del muro di Berlino ci è stato fatto credere, da una campagna mediatica senza precedenti, che tutto ciò che un tempo era statale e sociale andava considerato come peso morto, un’insostenibile zavorra di cui liberarsi prima possibile, pena la stasi dello sviluppo dell’economia mondiale.
Giorgio Bocca, disse una cosa lapalissiana: «al privato, del benessere sociale gliene importa nulla, al privato interessa solo fatturare».
Finora è stato privatizzato tutto, i risultati sono sotto gli occhi di tutti: tariffe (a parte la telefonia) in ascesa verticale, concorrenza zero, perdita media di potere d’acquisto netto di 5.500 euro l’anno per ogni famiglia; cos’altro sono diventate se non monopoli privati aziende come Trenitalia o Mediaset, addirittura il denaro è stato privatizzato, l’ex Banca d’Italia, è diventata «bankitalia spa», a sua volta controllata da banche private.
Kenneth Galbraith, consigliere economico della Casa Bianca disse: «anche i pescecani di Wall Street, senza saperlo, spesso citano Marx», per far intendere che lo Stato, in quanto tale deve ricoprire anche un ruolo sociale. Ci rimane forse solo un bene ancora in mano pubblica: l’acqua. A Trieste, grazie alle indicazioni di Beppe Grillo, dai volontari del suo movimento sono state raccolte oltre 1000 firme di triestini, firme che hanno costretto il Comune a prendere atto formalmente che i cittadini non ne vogliono sapere di ulteriori feroci privatizzazioni a loro discapito, neanche se accompagnate dalla solita scusa: «lo facciamo per ottimizzare i servizi».
Mentre alcuni nostri dipendenti neo fascisti fanno l’unica cosa di cui sono capaci, ovvero prendersela con i più deboli, es. con i suonatori ambulanti, oppure sgominano i «criminali che non ci sono» con ridicole ronde, al solo scopo di tener alto un allarme sociale pre elettorale qui inesistente, i sostenitori di Beppe Grillo si sono dati da fare per far sì che l’acqua rimanesse un bene sociale, e sono riusciti a farlo senza chiedere un solo centesimo di denaro pubblico.
Alessandro Giombi - www.beppegrillo.it
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 novembre 2010

 

 

Legambiente: 400 milioni annui per smaltire le scorie nucleari
 

ROMA In Italia, quella del ritorno nucleare è «una vera e propria lotteria»: a cominciare dai «100.000 metri cubi di scorie radioattive» presenti sul territorio e ancora da smaltire, fino alla localizzazione delle centrali, la cui scelta dovrebbe ricadere tra «50 aree potenzialmente idonee». Questo il quadro dell'atomo in Italia offerto da Legambiente nel dossier 'A chi tocca il bidone del nucleare?', presentato in occasione dei 23 anni intercorsi dal referendum che mise fine al nucleare nel nostro Paese. Secondo il rapporto il nucleare è «inutile e costoso», e anche in campo occupazionale è lontano dall'offrire le stesse possibilità delle rinnovabili che sarebbero in grado di impiegare «circa 200.000» addetti. Il dossier si snoda principalmente lungo quattro direttrici: la localizzazione delle centrali, lo smaltimento delle scorie, la tecnologia per la costruzione dei reattori, e lo smantellamento dei vecchi impianti.
Il processo di smantellamento dei vecchi impianti - osserva Legambiente - costa «ogni anno 400 milioni di euro alla collettività, prelevati sulla bolletta elettrica». I vecchi siti nucleari del nostro Paese sono: la centrale nucleare Enrico Fermi di Trino (Vc); l'impianto di riprocessamento Eurex di Saluggia (Vc); il deposito Avogadro di Saluggia (Vc); l'impianto di fabbricazione del combustibile Fn di Bosco Marengo (Al); la centrale nucleare di Caorso (Pc); la centrale nucleare di Latina (a Borgo Sabotino); la centrale nucleare di Garigliano-Sessa Aurunca (Ce); l'impianto Itrec nel centro Enea Trisaia di Rotondella (Mt).
 

 

Sistiana, sacchi di Eternit al belvedere - Ret: imprese senza scrupoli, nei pressi abbiamo trovato anche polistirolo
 

Un altro episodio di rifiuti abbandonati
DUINO AURISINA Sembra quasi scientemente bersagliato dai rifiuti il territorio di Duino Aurisina. Dopo i cassonetti di San Giovanni in Tuba, al centro dell’abbandono abusivo di immondizie, è la volta del belvedere, l’area panoramica più bella del comune: venerdì scorso, in tarda mattinata, qualcuno ha scaricato nella piazzola dove spesso la Polizia stradale si ferma per effettuare i controlli, qualcosa come dieci sacchi neri, di grandi dimensioni, contenente pezzi di Eternit, materiale a base di amianto la cui nocività è ben nota.
Il sindaco Ret, recatosi sul posto al termine di un vertice in prefettura a Trieste, non ha potuto fare altro che constatare il misfatto, chiamando subito al telefono tutti gli addetti ai lavori, dai tecnici dell’Arpa ai vigili del fuoco.
«Li ho chiamati – spiega il sindaco – perché speravo potessero rimuovere il materiale senza incidere sulle casse comunali, ma alla fine mi sono visto costretto a rivolgermi all’AcegasAps, che a sua volta mi ha indirizzato verso una ditta specializzata nelle rimozioni dell’amianto».
Gli addetti sono giunti sul posto verso le 16 e, muniti di mascherina e attrezzatura idonea, hanno provveduto a rimuovere l’Eternit, caricandolo in un mezzo adibito al trasporto di rifiuti pericolosi nelle apposite discariche. Sul luogo del ritrovamento, segnalato da una persona che si trovava in tarda mattina al Belvedere, sono giunti anche gli uomini del commissariato di polizia, che hanno redatto un verbale.
La Polizia municipale, invece, lunedì sporgerà denuncia contro ignoti. «Questo conto ci costerà salato – osserva Ret –. Non ho ancora ricevuto la fattura, ma sicuramente il Comune dovrà sborsare qualche migliaio di euro».
Il sindaco è molto amareggiato: ai 30mila euro stanziati in fase di assestamento di bilancio per i maggiori oneri determinati dallo smaltimento dei rifiuti all’inceneritore di Trieste, si aggiunge ora una nuova spesa imprevista.
«È una vergogna – conclude il sindaco –. Non si tratta di privati cittadini, bensì di imprese che non si fanno scrupolo di scaricare materiali di questo tipo dove capita. Poco più avanti, infatti, in un’altra piazzola, abbiamo trovato i cassonetti pieni di rifiuti e polistirolo, contenuti in sacchi neri analoghi a quelli impiegati per occultare l’Eternit. Chiaramente qualche ditta, anziché effettuare la bonifica che poi avrà fatto puntualmente pagare all’ignaro cliente, ha deciso di sbarazzarsi dell’amianto in questo modo. Raccomando quindi ai cittadini di esigere sempre il certificato di smaltimento».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 novembre 2010

 

 

Assemblea No Tav a S. Croce: alta velocità troppo costosa
 

SANTA CROCE Netta contrarietà al progetto dell’Alta velocità/Alta capacità ritenuto, indipendentemente dal tracciato, «inutile dal punto di vista dei trasporti, costosissimo per i cittadini e dannoso per l’ambiente». È la posizione ribadita dal Comitato No Tav durante l’assemblea pubblica organizzata l’altra sera a Santa Croce.
Un appuntamento che ha richiamato numerosi abitanti dell’altipiano ai quali, con il supporto di immagini e filmati, i componenti del Comitato hanno illustrato le proprie perplessità sull’opera. In particolar modo è stata denunciata la non essenzialità del progetto a cui, secondo il movimento No Tav, sarebbe di gran lunga preferibile un potenziamento e un ammodernamento delle attuali reti ferroviarie, ritenute sotto-utilizzate sia a livello di trasporto merci sia sul fronte traffico passeggeri.
Dopo l’incontro a Santa Croce, il comitato darà vita a nuove iniziative di sensibilizzazione che, nelle prossime settimane, coinvolgeranno i residenti di Opicina.
 

 

Veronesi nominato presidente dell’Agenzia nucleare - Conti (Enel): primo kw entro il 2020. Consumatori e ambientalisti contro la nomina: ricorso al Tar
 

L’ITALIA SCALDA I MOTORI PER LA CORSA ALLA COSTRUZIONE DELLE CENTRALI
ROMA L’Italia scalda i motori per il ritorno al nucleare. Con la nomina di Umberto Veronesi a presidente dell’Agenzia nucleare, e con la definizione degli altri quattro consiglieri che lo affiancheranno, parte di fatto l’iter per il rientro dell’atomo all’interno dei confini nazionali, stimabile entro il 2020, secondo il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia e l’amministratore delegato di Enel Fulvio Conti.
L’Agenzia, le cui nomine sono state attese per mesi soprattutto a causa del ritardo accumulato nel periodo di interim dopo le dimissioni dell’ex ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, dovrà innanzitutto occuparsi della scelta dei siti per i nuovi impianti. La localizzazione delle centrali e l’individuazione del deposito per raccogliere le scorie radioattive rientrano infatti tra i compiti, certamente non facili, essenziali del nuovo organismo, a cui è affidato anche il ruolo di sorveglianza e monitoraggio dell’attività.
«Sono orgoglioso di questa fiducia nei miei confronti», ha commentato Veronesi, dicendosi «convinto che l’Italia debba riprendere la sua avventura». Accanto a Veronesi, che ha annunciato le dimissioni da senatore del Pd assicurando invece continuità nel suo impegno nella lotta contro il cancro, siederanno nel consiglio dell’Agenzia scienziati esperti del settore e alti dirigenti ministeriali. In quota ministero dello Sviluppo economico sono stati nominati Maurizio Cumo e Marco Enrico Ricotti, entrambi professori universitari. Il ministero dell’Ambiente ha invece indicato Michele Corradino (capo di gabinetto del dicastero) e Stefano Dambruoso (magistrato, capo dell’ufficio per il coordinamento dell’attività internazionale del ministero della Giustizia).
Ma è soprattutto sul nome del presidente che si è scatenata la polemica. Il più accanito è il Codacons che annuncia di voler ricorrere al Tar del Lazio contro Veronesi, colpevole, a dire dell’associazione, di aver «omesso di indicare le possibili conseguenze collegate all’installazione di centrali nel nostro Paese». Critico anche Ermete Realacci (Pd), che giudica la nomina dell’oncologo «un bluff per simulare la partenza di un piano fallimentare su cui già grava un pesante ritardo».
Reazioni negative anche da parte di Legambiente e Wwf che parlano di "operazione di immagine". «Questa Agenzia per la sicurezza nucleare non ci tranquillizza. Anzi, ora siamo veramente preoccupati». Così Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, commenta la notizia delle nomine all’Agenzia nucleare. «Il nucleare è una scelta pericolosa e sbagliata e la nuova Agenzia per la sicurezza non garantisce effettivo controllo e imparzialità». Rincara il Wwf sulla composizione dell’Agenzia per la sicurezza nucleare. Secondo l’associazione del Panda »il presidente Veronesi ha rilasciato in questo periodo numerose dichiarazioni in cui fa il promoter del nucleare non tenendo in alcun conto, pur essendo un medico, dell’ampia letteratura medico scientifica che dimostra come il nucleare sia pericoloso, per non parlare del problema non risolto delle scorie radioattive».
Alla definizione dell’Agenzia brindano invece le associazioni e le aziende di settore. Per l’Enel la nomina di oggi «conferma la volontà di procedere in un grande progetto per il Paese» e così, gli fa eco il presidente dell’Associazione italiana nucleare Enzo Gatta, «prende finalmente avvio il programma nucleare italiano». Soddisfatto anche il Forum nucleare guidato da Chicco Testa: «le nomine - afferma - rappresentano un passo decisivo per lo sviluppo di questa opzione tecnologica e una garanzia di trasparenza e affidabilità per tutti». Secondo il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, infine, con le nomine «di garanzia e alto profilo» decise oggi «si è conclusa una fase di stallo».
 

 

NUCLEARE - Tirelli ”felice” della nomina «È la persona più adatta Monfalcone un sito ideale»
 

TRIESTE «Veronesi all’Agenzia per la sicurezza nucleare? Sono felicissimo, sono un suo fan, l’ho sempre supportato e lo farò ancora. È la persona più adatta per quell’incarico». È davvero contento il professor Umberto Tirelli, direttore del Dipartimento di oncologia medica dell’Istituto tumori di Aviano della nomina. Ma è anche preoccupato per il lavoro che spetta all’illustre collega: «Avrà difficoltà a convincere la gente sul nucleare, siamo in un Paese arretrato». Anche Tirelli come Veronesi è un pro-nuclearista: «È l’unica energia realmente pulita se vogliamo davvero combattere il buco dell’ozono – dice e aggiunge – Monfalcone, ma anche Pordenone dovrebbero fare salti mortali per avere una centrale nucleare, come all’estero».
Professor Tirelli, la sento felice per Veronesi, ma era anche lei in corsa per l’Agenzia.
Non ero in corsa per la presidenza, quanto per la Commissione. Ma questo non vuol dire che non aiuterò Veronesi se servirà.
È stata una scelta buona secondo lei, cosa gli augura?
Veronesi è la persona più adatta. Per quell’incarico serve autorevolezza, capacità. In Italia purtroppo siamo arretrati sul nucleare rispetto a realtà come la Francia che di centrali ne ha 59. Adesso in molti vogliono il nucleare, ma non in casa. In Slovenia ad esempio. Ma si scordano che il giardino di casa non è il Friuli Venezia Giulia, ma l’Europa.
Cosa intende dire?
Che se succede qualche incidente in Svizzera, Francia o in Slovenia siamo lo stesso coinvolti.
Tutti pensano a Chernobyl.
Ma in Italia non sanno, rispetto agli altri paesi, che a Chernobyl il disastro è stato causato da un pazzo. Parlo del figlio del segretario del partito comunista che per farsi bello conduceva esperimenti. L’esplosione è avvenuta dopo aver superato ben 4 allarmi rossi. Gli altri stati lo sanno e hanno continuato a costruire centrali.
Veronesi dunque secondo lei avrà delle difficoltà a lavorare.
Le ripeto, siamo in un paese arretrato culturalmente e dove è stata inculcata la paura del nucleare. Sarà una lotta culturale convincere la gente. Guardi che il presidente Omaba, idolo della sinistra che governa gli Usa che hanno 100 centrali nucleari, ha già deciso di aprirne altre 4. Anche la Cina ne sta costruendo. Spero che Veronesi sia in grado di comunicare questo alla gente.
Secondo lei allora il nucleare è sicuro.
Tutto il mondo sa che il nucleare non solo è sicuro ma è utile, pulito, ed è l’unica via che ci resta per combattere l’inquinamento atmosferico e il buco dell’ozono.
Allora sarebbe d’accordo di aprire una centrale a Monfalcone che tutti indicano come sito adatto.
Magari la realizzassero a Monfalcone, dovrebbero essere felici, io la farei anche a Pordenone. Dovrebbero lottare per averla come fanno le città della Francia, in Svezia o in Finlandia per ospitare gli impianti di stoccaggio delle scorie. Portano lavoro e ricchezza per l’indotto. A decidere dove fare gli impianti sarà l’Agenzia, ma chi viene prescelto dovrebbe fare i salti di gioia per ottenere questa opportunità di sviluppo.
GIULIO GARAU
 

 

Sos per i colibrì di Miramare Fondi per farli sopravvivere solo fino al 15 novembre - Servono meno di 100mila euro per garantire alla struttura altri due mesi di attività
 

Proroga di Acegas per i pagamenti, ma gli altri fornitori non concedono dilazioni: il Centro si appella al Ministero
Una convenzione con Roma farebbe dell’iniziativa un ente scientifico riconosciuto - IN GIOCO LA SOPRAVVIVENZA DEGLI UCCELLINI
La buona notizia è che Acegas-Aps, su indicazione del ministero dell’Ambiente, ha concesso una proroga di due mesi per il pagamento delle bollette arretrate. La cattiva è che questa disponibilità non basta comunque a mantenere in vita il Centro per la salvaguardia dei colibrì. Perchè gli oltre 100 delicatissimi uccelli presenti nel parco di Miramare non hanno bisogno solo di luce e acqua, ma anche di gas per il riscaldamento delle serre, di mangimi, di farmaci e attrezzature mediche. Risorse che i fornitori non sono più disposti a concedere, visti i debiti contratti nel tempo dalla struttura scientifica. Risultato? Se da Roma non arriverà rapidamente un segnale in grado di invertire la tendenza, il 15 novembre verranno chiusi tutti gli altri canali di approvvigionamento e i colibrì, anche se ben illuminati e idratati, moriranno comunque di fame o di freddo.
A paventare un simile scenario sono proprio gli operatori del Centro di Miramare, consapevoli della concretezza del pericolo di dover fare i bagagli, buttando così a mare anni di preziose ricerche scientifiche. «Sappiamo che Roma, dopo aver inviato la Forestale a verificare lo stato di salute degli animali, è nuovamente scesa in campo - spiega Stefano Rimoli, ricercatore e animatore della struttura -. È stata la stessa Acegas-Aps infatti a comunicarci che, nonostante noi non ne avessimo fatto richiesta, ci sarebbero stati concessi altri due mesi di tempo per onorare i debiti pregressi (circa 120 mila euro ndr). Una decisione presa direttamente dai vertici della multiutility dopo aver ricevuto specifiche disposizioni dal ministero. Ministero che, evidentemente, sta cercando di prendere tempo. Il punto è che noi di tempo non ne abbiamo. Tra 10 giorni ci verrà staccato il gas e non avremo più la possibilità di assicurare il funzionamento del Centro e le paghe dei 12 ”missionari”, (cioè i ricercatori selezionati in base ad accordi internazionali che hanno ottenuto dalla Farnesina lo status di missionari di Stato ndr) che, già ora, hanno a disposizione cifre ridotte ai minimi termini; circa 300 euro al mese».
Nella lista dei creditori, come detto, non figura solo l’Acegas-Aps. Restano da pagare anche 30 mila euro alla Tuttogas, che ha già fatto sapere di non essere disposta a fare beneficenza oltre la data del 15 novembre, e circa 40 mila euro agli altri fornitori che garantiscono il funzionamento ordinario. Somme importanti sì, ma non stratosferiche.Per scongiurare la morte dei colibrì e consentire a chi se ne prende cura di ”resistere” per i prossimi due mesi, basterebbe un finanziamento di meno di 100 mila euro. Una sorta di contributo di mantenimento, quindi, in attesa che si delinei la strada giuridica invocata da anni e prenda finalmente forma la tanto attesa convenzione. L’atto in virtù del quale il Centro di Miramare si vedrebbe riconoscere una volta per tutte lo status di ente scientifico del ministero dell’Ambiente.
Sulla possibilità di erogare la cifra ”salvavita”, però, Roma al momento non si esprime. Così come nulla dice sugli esiti della ricerca di possibili sponsor privati in grado di supportare l’attività delle serre di Miramare. Il portavoce del ministro Salvatore Bianca, che poche settimane fa aveva garantito l’interesse del dicastero per la sopravvivenza dei colibrì e ipotizzato appunto la possibilità di coinvolgere nel progetto i privati, questa volta ha evitato ogni commento. Nonostante i tanti tentativi telefonici, infatti, il collaboratore di Stefania Prestigiacomo ha preferito sorvolare del tutto sul futuro del Centro. Che, tra 10 giorni, rischia di chiudere definitivamente i battenti.
MADDALENA REBECCA
 

 

SEGNALAZIONI - AMBIENTE - Raccolta differenziata
 

Devo constatare con sommo piacere che l’assessore Rovis ha fatto finalmente sue (Il Piccolo 29/10) le considerazioni da me evidenziate in tutte le sedi pubbliche e/o istituzionali (consigli circoscrizionali, assemblee pubbliche, stampa...) a proposito della raccolta differenziata che da volontaria ora diventerà obbligatoria.
Fino all’afasia e tra il fastidio dell’assessore e dei rappresentanti di Acegas Aps ho insistito sul concetto che in regime di obbligatorietà tutti i cittadini devono essere messi in condizione di poterla effettuare, non solo quelli che vivono in strade larghe o in piazze. Finché tale raccolta era volontaria sarebbe stato solo un atto, non irrilevante, di cortesia e di rispetto verso coloro che prima di altri avevano capito l’importanza di questa scelta (e che pagano le tasse al pari o più di altri!).
Oggi si scopre la conformazione particolare di Trieste con strade strette e cambi di pendenza e la necessità di pensare a qualcosa di diverso dai tradizionali megacassonetti usati in centro ma, aggiungo, anche a qualche strategia diversa di raccolta che tenga conto del fattore conformazione del territorio; gli esempi nel mondo e in Italia non mancano. In merito risale al 2006 uno scambio di corrispondenza intercorso tra me e il dott. Livio Verh (divisione Ambiente Acegas Aps) E già che ci siamo... visto che sono previste, giustamente, sanzioni per chi lascia la spazzatura fuori dai cassonetti segnalo alla gentile attenzione di chi ne ha competenza che da via Scorcola a via Artemidoro (e chi sa in quante altre strade) ben 10 cassonetti, per l’indifferenziata sono di vecchia generazione, cioè senza il pedale per alzare il coperchio. Suggerisco una semplice esercitazione nella prima giornata di pioggia torrenziale in via Virgilio di fronte ai binari del Tram: tenere l’ombrello in una mano, le ”scovazze” nell’altra e alzare il pesante coperchio del cassonetto; non resta che la bocca o lasciare ”le scovazze” a terra.
Giuliana Giuliani Cesàro - Consigliere Pd IV circoscrizione
 

 

SEGNALAZIONI - PEDONI, l’impegno della Hack
 

In merito al ruolo di Margherita Hack, insigne scienziata a livello internazionale, presidente onoraria di CamminaTrieste da molti anni e iscritta a tale associazione fin dalla sua fondazione, vogliamo ribadire il suo assiduo impegno nella società civile, attraverso molteplici iniziative a favore dei pedoni, dei bambini, dei disabili, oltre che firmataria dell’appello per una applicazione nel nostro Paese della Carta mondiale della pedonalità e della Carta europea del pedone. È triste constatare il degrado dell’attuale dibattito politico in una città che nel passato era stata all’avanguardia per modernità civile e sociale, pluriculturale e laica, che si manifesta attraverso sterili polemiche di infimo livello, mentre sarebbe necessario, nella criticità del momento, affrontare piuttosto, con proposte innovative e realizzabili, dibattiti seri su seri problemi.
Carlo Genzo - presidente Camminacittà
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 novembre 2010

 

 

Igiene urbana, le nuove regole - CONVEGNO AL REVOLTELLA CURATO DA ”FAREAMBIENTE”
 

”Igiene pubblica e raccolta differenziata” è il tema del convegno, in programma oggi alle 17 al Museo Revoltella in via Diaz, organizzato dal coordinamento regionale del movimento ecologista europeo FareAmbiente in collaborazione con il Comune.
Relatore principale dell’incontro, che vuole trattare in maniera specifica il nuovo Regolamento di igiene urbana, sarà Paolo Rovis, assessore comunale allo Sviluppo economico e turismo. A presentare e moderare il convegno sarà Giorgio Cecco coordinatore regionale FareAmbiente. Sono previsti interventi di tecnici e dirigenti del Comune e dell'AcegasAps.
Questo convegno è il primo di una serie di incontri su ”La qualità della vita e lo sviluppo sostenibile a Trieste”, con i quali il FareAmbiente vuole informare e sensibilizzare i cittadini su alcune tematiche importanti per il miglioramento della qualità della vita, nello spirito che muove l'associazione ambientalista, che si propone di rendere concretamente possibile lo sviluppo sostenibile sul territorio, a partire dalla formazione di una coscienza morale e civile fondata sull'interesse pubblico. Il tutto in un dialogo con le istituzioni pubbliche e private, e quindi anche con gli enti locali e le associazioni di categoria.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 novembre 2010

 

 

Centrale elettrica, nuovo no dal Wwf - Gli ambientalisti: risposte inadeguate alle richieste di Regione e ministero
 

Negativo il giudizio del Wwf sulla compatibilità ambientale della centrale termoelettrica progettata da Lucchini Energia. L’associazione, dopo aver esaminato lo studio di impatto ambientale redatto da “Medea engineering” (la medesima società che aveva redatto gli studi per il rigassificatore proposta da GasNatural), ha ribadito la propria posizione nelle osservazioni sulle integrazioni dello studio stesso, consegnate a Ministeri, Regione e ai Comuni di Trieste e Muggia.
I presunti benefici ambientali della centrale sono «solo teorici - scrive il Wwf - e vengono addirittura messi in discussione dalle stesse integrazioni prodotte da Lucchini». Tra gli esempi gli ambientalisti citano il ”ciclo chiuso delle acque”, che dovrebbe integrare gli scarichi caldi della centrale con quelli freddi del rigassificatore riducendo l’impatto sulle acque marine. Ma «il funzionamento della centrale previsto è pari a 3.800 ore all’anno, mentre quello del rigassificatore di 7.500», annota il Wwf.
Quanto poi alla bonifica del sito inquinato, «Lucchini si limita a descrivere genericamente gli interventi di caratterizzazione e analisi del rischio indicando in 15 milioni la spesa stimata per il “trattamento ambientale” dell’area, senza fornire alcuna informazione sull’esatta natura e sul destino dei materiali inquinati». Numerosi gli altri punti citati dal Wwf, dal fatto che «Lucchini “ricicla” tale e quale lo studio sul teleriscaldamento» realizzato un decennio fa, ai dati «sulle emissioni inquinanti in atmosfera dagli impianti esistenti» che secondo l’associazione «non corrispondono a quelli rilevati dal sistema informativo dell’Ispra - ministero dell’Ambiente. «Sono molte le richieste di integrazione degli studi, formulate dalla Regione e dal ministero, che hanno avuto risposte inadeguate o inesistenti da parte di Lucchini», osserva il Wwf.
 

 

Assemblea sull’Alta velocità - STASERA A SANTA CROCE
 

TRIESTE Oggi alle 20.30, presso la Casa del popolo di Santa Croce, il Comitato No Tav di Trieste e del Carso, il Circolo culturale sloveno Vesna e il Ristorante Bita organizzano un'assemblea pubblica informativa sul nuovo progetto dell'Alta velocità che dovrebbe attraversare l’altopiano carsico. La popolazione è invitata a partecipare.
 

 

MONFALCONE - Centrale nucleare? Dibattito con il Comune, A2A e Legambiente
 

Il circolo Green Gang di Legambiente sarà in piazza della Repubblica a Monfalcone sabato, dalle 15 alle 18, nel 23° anniversario della vittoria referendaria contro il nucleare, per ribadire che il futuro è nell’efficienza energetica e nelle fonti rinnovabili. Anche a Monfalcone, come in altre 100 piazze in tutta Italia, i cittadini potranno firmare il progetto di legge d’iniziativa popolare sullo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili per la salvaguardia del clima. Le firme saranno poi consegnate in Parlamento prima delle festività natalizie. L’iniziativa di sabato pomeriggio permetterà inoltre a Legambiente di presentare il ciclo di incontri ”Il nostro futuro comune: lo stato dell’ambiente nel territorio monfalconese”. La serie di appuntamenti inizierà giovedì 11 novembre, alle 18, nel Centro Giovani di viale San Marco con un incontro dedicato alla ”Mobilità sostenibile: piste ciclabili, autobus, car pooling... soluzioni percorribili”. A parlare di questi temi saranno Andrea Wehrenfennig, responsabile del settore Mobilità di Legambiente Fvg, Nicola Conficoni, assessore all'Ambiente e Mobilità del Comune di Pordenone, e Silvia Altran, vicesindaco e assessore all’Istruzione del Comune di Monfalcone, per il quale ha promosso la realizzazione dei pedibus e dei bicibus a servizio delle scuole dell'obbligo cittadine. Il secondo degli incontri ospitati dal Centro Giovani, il 25 novembre, sempre alle 18, sarà però proprio dedicato alla questione energetica. Si discuterà infatti sul tema ”Gli insediamenti di produzione energetica a Monfalcone: dalla centrale termoelettrica alla centrale nucleare?”. Relatori dell’appuntamento saranno Cristiano Gillardi, responsabile del settore Energia di Legambiente Fvg, il sindaco Gianfranco Pizzolitto e Massimo Tiberga, responsabile del settore termoelettrico di A2A, proprietaria dell’impianto di Monfalcone.

 

 

Rifiuti ”monfalconesi” alle porte di Duino - Dopo l’allarme del sindaco Ret sui sacchi depositati a San Giovanni e alla Cartiera
 

MONFALCONE Prima di arrivare ai cassonetti nei pressi della Cartiera e di San Giovanni in Tuba, i sacchi neri di spazzatura ”indifferenzziata” che tanto allarme hanno sollevato di recente nell’amministrazione di Duino Aurisina (c’è stata una crescita della spazzatura ”esterna” del 50% rispetto al 2009), sono sparsi un po’ dappertutto sulle arterie che collegano Monfalcone a Duino e all’autostrada.
Nella piazzola di sosta lungo il raccordo fra l’ex statale 14 e l’autostrada i sacchi non mancano, e con loro anche materiali ingombranti, come il monitor di un vecchio televisore e una sedia da ufficio.
La cosiddetta zona degli Archi è la nuova discarica di Monfalcone. Chi comunque non vuole avere ”disturbi” con la raccolta differenziata, ma non se la sente di lasciare i sacchi neri sul bordo della strada, percorre ancora alcune centinaia di metri e si trova nel territorio di Duino Aurisina, e trova comodi cassonetti – nel piazzale della Cartiera e nei pressi della chiesa di San Giovanni in Tuba, dove depositare i rifiuti.
Un fenomeno sempre più ”pesante” per la casse del Comune di Duino Aurisina, che per l’anno in corso ha dovuto effettuare una variazione di bilancio pari a 30mila euro per coprire le maggiori spese di smaltimento dell’immondizia nell’inceneritore di Trieste.
Il problema nasce dal fatto che a Monfalcone è obbligatoria la raccolta differenziata, che invece non c’è in quasi tutta la provincia di Trieste, a cominciare da Duino Aurisina.
«Noi vivevamo la stessa situazione di Duino Aurisina quando è stata attivata la raccolta differenziata a Staranzano, e in città ancora non c’era – ricorda il comandante della polizia municipale di Monfalcone Walter Milocchi –. Anche se è un comportamento sbagliato, perché alla fine le spese vanno a pesare sulla Tarsu di un altro Comune, purtroppo non è vietato».
Cogliere sul fatto i responsabili è difficile, ma per risalire a loro, alle forze dell’ordine è comunque sufficiente aprire i sacchetti. C’è sempre un biglietto, una lettera, un’appunto o uno scontrino del supermercato o del bancomat che permette di identificare chi ha abbandonato le immondizie. (s.b.)
 

 

Rifiuti speciali ”mascherati” spediti dal porto di Trieste
 

ANCONA I carabinieri del Noe di Ancona hanno sequestrato nel porto dorico sei container contenenti 110 tonnellate circa di rifiuti speciali non trattati, destinati a Paesi extra Ue come Cina e India e spacciati per materia prima da lavorare (nella fattispecie plastica). Dalle indagini è emerso che i rifiuti provenivano da un'azienda friulana, attiva dal 2006 nella gestione e nel trasporto di rifiuti speciali non pericolosi di materiale plastico, che venivano recuperati dai rispettivi produttori e scaricati in impianti di destinazione finale senza farli passare, in violazione della legge, dall'impianto di recupero dell'azienda friulana. Per aggirare la normativa ambientale venivano compilati falsi formulari di identificazione dei rifiuti con il metodo comunemente definito ”giro bolla”. L'azienda, poi, falsificava anche la documentazione doganale, apponendo falsi timbri di aziende cinesi e indiane, spedendo i rifiuti spacciati per materia prima dai porti di Ancona e Trieste. Nell'ambito della stessa operazione coordinata dalla Procura della Repubblica di Pordenone, che ha portato alla denuncia di tre italiani e un cinese, nei giorni scorsi sono stati sequestrati sei mezzi pesanti e la sede della stessa azienda, a San Quirino. I sequestri hanno riguardato anche alcuni conti correnti bancari con relativi portafogli titoli ed altri 24 container contenenti la stessa tipologia di rifiuti per un valore complessivo stimato intorno ai sette milioni di euro.
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 3 novembre 2010

 

 

Arriva la guida alle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico
 

L'Agenzia delle Entrate ha pubblicato la guida aggiornata alle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico, che i contribuenti potranno richiedere entro la fine dell’anno. L’agevolazione consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta nella misura del 55% delle spese sostenute, da ripartire in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo di detrazione, diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti.
Si tratta di un aggiornamento alla precedente guida con la descrizione dei vari tipi di intervento per i quali si ha diritto al rimborso e gli adempimenti necessari per ottenerlo.
Nella guida si legge che, negli ultimi anni la normativa in materia è stata più volte modificata. I cambiamenti si riferiscono, in particolare, alle procedure da seguire per avvalersi correttamente delle agevolazioni. Nella pubblicazione sono descritti i vari tipi di intervento per i quali si può fruire del beneficio e gli adempimenti necessari per ottenerlo.
L’Agenzia delle Entrate spiega che:
la detrazione dalle imposte sui redditi (Irpef o Ires) è pari al 55% delle spese sostenute, entro un limite massimo che varia a seconda della tipologia dell’intervento eseguito;
l’agevolazione non è cumulabile con altri benefici fiscali previsti da disposizioni di legge nazionali o altri incentivi riconosciuti dalla Comunità Europea;
non è necessario effettuare alcuna comunicazione preventiva di inizio dei lavori all’Agenzia delle Entrate;
i contribuenti non titolari di reddito d’impresa devono effettuare il pagamento delle spese sostenute mediante bonifico bancario o postale (i titolari di reddito di impresa sono invece esonerati da tale obbligo);
è previsto l’esonero dalla presentazione della certificazione energetica per la sostituzione di finestre, per gli impianti di climatizzazione invernale e per l’installazione di pannelli solari;
dal 1 luglio 2010, al momento del pagamento del bonifico effettuato dal contribuente che intende avvalersi della detrazione, le banche e le Poste Italiane Spa hanno l’obbligo di effettuare una ritenuta del 10% a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dall’impresa che effettua i lavori;
per gli interventi eseguiti dal 2009 è obbligatorio ripartire la detrazione in cinque rate annuali di pari importo.
Informazioni più dettagliate sul sito: www.agenziaentrate.gov.it
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 novembre 2010

 

 

Ater, nuovo piano per 250 alloggi - Nel 2013 saranno consegnate le prime 22 abitazioni di via Costalunga
 

PER UN INVESTIMENTO COMPLESSIVO DI 40 MILIONI
Da Costalunga ”bassa” ad Aquilinia, attraverso Valmaura, Poggi e Coloncovez. Parte appena fuori dal centro, e si ramifica per la periferia orientale, la mappa di ulteriori 250 alloggi popolari - attualmente in fase di progettazione o costruzione, per un investimento globale vicino ai 40 milioni - che l’Ater affitterà a prezzi sociali a partire dal 2012. Nel prossimo Cda dell’ente in agenda il 12 novembre - conferma il direttore generale Giorgio Ceria, su mandato del presidente Rocco Lobianco - dovrebbe essere approvato il nuovo bando di edilizia abitativa sovvenzionata, che prevede appunto una disponibilità aggiuntiva di circa 250 appartamenti in locazione agevolata non appena la graduatoria del bando stesso sarà diventata esecutiva. Poiché le procedure per istruire un bando di tale portata durano mediamente un anno, un anno e mezzo, è ragionevole che quei 250 nuovi appartamenti inizieranno a essere assegnati proprio nel primo scorcio del 2012. Frattanto, grosso modo altrettanti saranno stati aggiudicati da qui alla pubblicazione della nuova graduatoria in base a quella del bando in vigore.
PRIME CONSEGNE A inizio 2012, è presumibile, potranno essere consegnate per intanto le chiavi di circa 80 alloggi, oggi in ”lavorazione”, tra i 196 ricavabili dalla riqualificazione del comprensorio Ater di Valmaura tra strada vecchia dell’Istria e via Flavia, Di questi, giacché il mega-intervento procede a stralci concatenati, una cinquantina sarà assegnata, con ogni probabilità, entro la fine di questo mese, nel rispetto del bando vigente. Sempre nel 2012, dovrebbero rendersi disponibili altri 71 appartamenti sui quali, di questi tempi, l’Ater sta già lavorando. Sono quelli inseriti negli stabili Ater di via Negri, zona Erta Sant’Anna, soggetti a opere di restyling.
GLI ALTRI STEP Ma un bando di edilizia sovvenzionata, di norma, ha durata quadriennale. L’ulteriore centinaio di alloggi ”extra” Valmaura e Poggi, in effetti, subordinato ora al completamento degli iter di progettazione e pre-cantiere, a meno di clamorose accelerazioni sarà pronto dopo il 2012.
Il 2013, suppergiù, dovrebbe essere l’anno di consegna dei primi 22 tra i 65 appartamenti progettati dall’Ater nella parte sinistra del comprensorio dell’ex Maddalena, in prossimità della biforcazione tra le vie Costalunga e Campanelle. «Sono in corso le procedure di gara, l’appalto sarà aggiudicato entro il 31 dicembre di quest’anno», precisa Ceria. Si tratta del primo di due lotti che non partono assieme perché, al momento, solo il primo - quello appunto dei 22 alloggi iniziali - risulta coperto dall’apposito finanziamento (circa 5 milioni). A ruota dovrebbe essere poi la volta di 48 abitazioni ricavate da un nuovo complesso che l’Ater farà sorgere vicino a via Negri, in via Cesare dell’Acqua, in una zona prossima alla pista ciclabile e già contraddistinta dalla presenza di palazzine di edilizia popolare. «Qui - così Ceria - l’intervento sarà all’insegna della bioedilizia e delle energie rinnovabili. Non a caso siamo nella fase della ”bioprogettazione”, con il concorso di Area di Ricerca e Università. Il cantiere scatterà l’anno prossimo». L’ultimo step del prossimo bando porta oltre i confini comunali, all’ex Macello di Aquilinia, per cui è in corso la progettazione del primo dei due lotti - 30 appartamenti su 70 - già finanziato.
I SOLDI Il bando 2012 vale all’incirca 40 milioni, tutti di marca regionale. Un quarto di questi è rappresentato da finanziamenti in conto capitale, il resto è regolato dal sistema delle anticipazioni: la Regione ”presta”, l’Ater restituisce a interessi zero in trent’anni con i ricavi dai canoni. «Ma sono canoni di edilizia agevolata - chiude Ceria - e non a tariffe di mercato. L’Ater non potrà sopportare questo ”peso” all’infinito».
PIERO RAUBER
 

 

Ex Maddalena, i cantieri aprono nel 2011 - PREVISTO ANCHE IL CENTRO COMMERCIALE CARREFOUR
 

I costruttori coinvolti in un progetto in cui sono inserite altre case ”agevolate”
Il bando di edilizia sovvenzionata 2012 - e anni seguenti - dell’Ater, non appena approvato dal Cda, evocherà, per l’ex Maddalena, 22 alloggi a canoni sociali, che in futuro dovrebbero diventare 65, nel momento in cui l’ente presieduto da Rocco Lobianco troverà la copertura per il secondo lotto. Una goccia nel mare, di fatto, rispetto alle previsioni dell’Accordo di programma e del Piano particolareggiato con cui sono stati fissati i limiti d’intervento nel mega-comprensorio, venduto nel 2002, per l’equivalente di 11 milioni di euro, dall’Azienda sanitaria a Generalgiulia 2, la supercordata di costruttori composta in quote paritarie da Riccesi, Carena, Cividin e Palazzo Ralli. Lì infatti i documenti vigenti consentono un monte-teorico di 280 appartamenti, distribuiti in palazzine fino a sei piani, oltre a diecimila metri quadrati di verde, un garage sotterraneo a tre livelli da 1100 posti, nonché la nuova piastra commerciale da cinquemila metri quadrati già ”griffata” Carrefour. Un’operazione colossale, dunque, che dopo otto anni di corti circuiti burocratici - ultimo passaggio lasciato alle spalle lo screening in Regione per la Valutazione ambientale - stavolta sta per partire davvero. «Siamo prossimi al ritiro della concessione edilizia», si sbilancia infatti Donato Riccesi per Generalgiulia 2. «I primi cantieri - aggiunge - dovrebbero partire l’anno prossimo. Sia i nostri che quelli dell’Ater (per i 22 alloggi del primo lotto di edilizia sovvenzionata, ndr)». Dopo di che, per vedere l’ex Maddalena come sarà a cantieri (tutti) finiti, ci vorranno «non meno di cinque anni». Nel conto alla rovescia per l’avvio dei lavori, tuttavia, è presumibile che i costruttori terranno nella dovuta ”considerazione” una risposta attesa prossimamente dalla Regione. Una risposta in base alla quale l’intervento, preso nella sua globalità, prenderà una piega piuttosto che un’altra. L’ente di edilizia pubblica e la cordata privata - puntualizza il direttore del primo, Giorgio Ceria - risultano essere, per così dire, in partnership in un progetto di edilizia integrata pubblico-privata, da 32 milioni e 700mila euro totali, che ricade nell’ex Maddalena. Un progetto in più rispetto ai 65 alloggi di edilizia sovvenzionata che si faranno comunque, e in carico diretto, per progettazione e cantieri, all’Ater.
La stessa Ater di Trieste ha chiesto proprio alla Regione - promotrice di un bando di edilizia integrata da 16 milioni di euro fondi statali compresi, rivolto alle aziende territoriali di edilizia residenziale - una copertura di 14 milioni e 300mila euro per acquistare ”chiavi in mano” altri 48 appartamenti di edilizia sovvenzionata e ulteriori 53 di edilizia convenzionata in locazione (questi ultimi a regimi d’affitto meno agevolati, ndr) realizzati nel comprensorio da Generalgiulia 2. La supercordata privata, dal canto suo, nell’ambito di questa partnership, andrebbe a fare 104 alloggi di cosiddetta ”edilizia convenzionata in proprietà” - in aggiunta ai 48 più 53 ”promessi” all’Ater - da poter vendere non all’ente pubblico, stavolta, bensì a cittadini privati. Non a tutti, occhio, ma alle famiglie inserite in determinate fasce di reddito ”meritevoli” di aiuto per l’acquisto di una casa, dal momento che l’edilizia convenzionata in proprietà, in base ad accordi tra Ater, Comune e privati, si rivolgerebbe a chi, un mutuo a normali regimi di mercato creditizio, non se lo può permettere. Questo scenario da 200 e passa alloggi di edilizia sociale - oltre ai 65 già sicuri - sarà subordinato al giudizio della commissione regionale. Se l’amministrazione Tondo sceglierà il progetto di Trieste, si farà così. Altrimenti i costruttori saranno liberi di fare ciò che riterranno più opportuno e vantaggioso. Nei limiti - ovviamente - del Piano particolareggiato.

(pi.ra.)
 

 

Il Nobel statunitense Gross ospite all’Ictp - Al convegno sul progresso nei Paesi in via di sviluppo che prende il via lunedì
 

Il fisico statunitense David Gross, premio Nobel per la fisica nel 2004, e il direttore del Cnr (Consiglio nazionale delle Ricerche) Luciano Maiani saranno gli ospiti d’onore del prestigioso convegno “Ictp after 45: Scienza e sviluppo per un mondo in cambiamento”, in programma da lunedì a mercoledì della prossima settimana proprio al Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam. Un evento che si fregia anche, in virtù della sua importanza, dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.
I TEMI Relatori ed esperti di altissimo profilo a livello internazionale discuteranno della nuova geopolitica e dei radicali cambiamenti economici in atto nel mondo, uniti allo sviluppo della tecnologia e al modo in cui il progresso e la scienza possono contribuire ai passi in avanti specie nei Paesi in via di sviluppo. Durante la tre giorni dell’evento, l’Ictp guidato dal proprio direttore Fernando Quevedo illustrerà ai presenti i punti chiave della propria strategia proiettata sul lungo periodo, snocciolando i contenuti del piano quinquennale della struttura.
IL PROGRAMMA Lunedì, cioè l’8 novembre, si tratterà, anche con rappresentanti dell’Unesco, della Iaea e del governo italiano, il tema dell’intervento dell’Ictp e dei propri partner internazionali nei Paesi in via di sviluppo, partendo dal quesito su come possa la loro attività permettere il miglioramento della ricerca e l’insegnamento della matematica e della fisica. A intervenire saranno anche il Nobel David Gross, con la conferenza su “Il futuro della scienza”, e il presidente del Cnr Luciano Maiani, con un ricordo di Nicola Cabibbo (vincitore della Medaglia Dirac 2010).
Nella giornata seguente, il programma dell’evento invertirà il punto di vista della riflessione, iniziando dalla domanda su quali cambiamenti siano necessari nei Paesi in via di sviluppo per sostenere la scienza e, a riguardo, come l’Ictp possa dare un apporto concreto in questa direzione. Infine, mercoledì 10 novembre, spazio alla celebrazione della giornata mondiale della scienza con i festeggiamenti per il 25° anniversario della Medaglia Dirac, articolati in una serie di conferenze tenute da numerosi vincitori del riconoscimento, e poi con la presentazione congiunta da parte di Ictp e Unesco del “2010 World Science Report”.
LASERFEST Sempre la prossima settimana, sabato 13 novembre, l’Ictp ospiterà “Laserfest”, evento organizzato in collaborazione con Sincrotrone Elettra, Spie e Immaginario scientifico per festeggiare i primi cinquant’anni della tecnologia laser. L’esperto Mario Bertolotti, dell’Università di Roma “La Sapienza” (dalle 11 alle 11.30 e dalle 14 alle 14.30), illustrerà una serie di storie emblematiche dell’importanza e delle applicazioni nella quotidianità del laser. Gianluca Valentini, del Politecnico di Milano, parlerà invece (dalle 12 alle 12.30 e dalle 15 alle 15.30) delle prerogative specifiche di questa fonte di luce e di come le stesse possano contribuire a conservare i beni culturali, dalle statue ai quadri. Attraverso miniconferenze, sperimentazioni e divertimento interattivo, Laserfest svelerà tutti i segreti del laser.
MATTEO UNTERWEGER
 

 

ICTP - Doppio evento sul nucleare
 

Il calendario degli appuntamenti in programma all’Ictp è particolarmente fitto. Da lunedì prossimo e fino a venerdì 12 novembre si terrà nella sede triestina anche il workshop sulle applicazioni del nucleare nella scienza e nella tecnologia targato Ictp e Iaea (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica). Sempre da lunedì e fino al 26 novembre, poi, il binomio fra Centro internazionale di fisica teorica e Iaea ha calendarizzato il primo appuntamento con la “School of Nuclear Energy Management”.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 novembre 2010

 

 

Val Rosandra, nuovo perimetro - San Dorligo chiede di variare i limiti della riserva naturale

SAN DORLIGO - Una nuova perimetrazione della Riserva naturale della Val Rosandra che tenga conto delle esigenze dei residenti. Questa la proposta emersa al Centro visite di Bagnoli durante la presentazione della bozza del Piano di conservazione e sviluppo (Pcs) della Riserva naturale.

Il progetto, sottoscritto dai residenti con il placet del Comune di San Dorligo della Valle, non è però risultato gradito alla Regione, come spiega il primo cittadino Fulvia Premolin: «Abbiamo proposto di allargare i confini in qualche punto e restringerli in altri, in modo tale che la perimetrazione del Parco fosse la più fedele possibile all'originale, ma allo stesso tempo tenesse conto delle indicazioni fornite dai miei cittadini. La soluzione però non sembra sia stata gradita dall'amministrazione regionale».
Complessivamente l'area si sarebbe dovuta allargare ulteriormente rispetto alle dimensioni attuali. «Cercherò a breve un nuovo contatto con il rappresentante della Regione – osserva il sindaco – anche se credo che riuscire a ottenere quanto chiesto dai residenti non sarà affatto facile».
Il Piano di conservazione e sviluppo dovrà anche specificare gli interventi proposti per lo sviluppo socioeconomico e culturale della Val Rosandra. Tra i punti da valutare, l’incremento dei trasporti pubblici verso l’area nonché l’acquisizione degli immobili finalizzati alla Riserva (l'ex caserma della Polizia di Stato e la stazione ferroviaria di Draga Sant'Elia).
Iniziato nel 2008, il percorso per la redazione del piano ha dato avvio ad un processo di partecipazione Agenda21 dal titolo Varco-Prehod, con l'obbiettivo di ottenere decisioni condivise con tutti i portatori di interesse (cittadini, associazioni, comunelle, aziende) riguardo la gestione della Val Rosandra.
A conclusione di tale processo si è tenuto il forum plenario, in cui l’amministrazione comunale ha presentato da una parte i risultati del processo partecipato e dall’altra parte il bando di gara per la redazione del piano, in cui sono state ricomprese le richieste dei portatori di interesse.
La gara è stata vinta dalle ditte Dream Italia di Pratovecchio (Arezzo) e da Veneto progetti di San Vendemmiano (Treviso). Come ricordato, la prima bozza è stata discussa pubblicamente pochi giorni fa. A inizio febbraio vi sarà l'ultimo incontro con tutti i soggetti interessati, il Comune di San Dorligo (in qualità di organo gestore) e la Regione per decidere il nodo della perimetrazione e i punti inerenti lo sviluppo della riserva.

(r.t.)
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30, tel. 336-5239111, www.legambientetrieste.it
 

 

SEGNALAZIONI - Gas cancerogeno, decreto permissivo

 

Mi rivolgo ai parlamentari in quanto dal primo ottobre di quest’anno è entrata in vigore una normativa sul benzo(a)pirene che risulta peggiorativa rispetto a quella precedente. Infatti il governo ha emanato il decreto legislativo 155/2010 che non protegge più i cittadini delle aree urbane con più di 150 mila abitanti inquinati da benzo(a)pirene in quanto dilaziona fino al 31 dicembre 2012 il rispetto dell’obiettivo di qualità dell’aria (non superamento di 1 ng/m3 calcolato come media annua) fissato dalla precedente normativa (Dm 25/11/1994 incorporato nel D.L.gs 152/2007). In tal modo per altri due anni le città con più di 150 mila abitanti potranno avere intere zone con inquinamento superiore a 1 nanogrammo a metro cubo senza che vi sia un obbligo di individuazione della fonte inquinante e di intervento per la sua efficace riduzione. Il benzo(a)pirene è cancerogeno di massima pericolosità: è classificato in categoria 1 («cancerogeno per l’uomo») dallo Iarc (International agency for research on cancer) e fa parte degli Ipa (idrocarburi policiclici aromatici). Il benzo(a)pirene è considerato «marker», per il rischio cancerogeno degli Ipa in aria ambiente. L’origine del benzo(a)pirene può essere l’industria o il traffico. È stato stimato dall’Organizzazione mondiale della sanità che ogni aumento di 1 ng/m3 di benzo(a)pirene potrebbe determinare un rischio di nuovi 9 casi di cancro ogni 100.000 persone (Oms, 1987). Gentilmente vi chiedo di intervenire perché venga ripristinata la precedente normativa al fine di tutelare più efficacemente la salute dei cittadini come è previsto dall’articolo 32 della Costituzione. A Servola è stato registrato il noto cancerogeno benzo(a)pirene, nell’anno 2008, 5,6 ng/m3; nel 2009, 4,9 ng/m3. Nei mesi del 2010 febbraio 2,9 ng/m3; marzo 4,4 ng/m3; aprile 11,2 ng/m3; maggio 16,3 ng/m3; giugno 20,1 ng/m3.
Nevio Tul
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 novembre 2010

 

 

Prg congelato, Sos della maggioranza ai tecnici - Agli uffici hanno chiesto una relazione per trovare una via d’uscita. Tre le opzioni
 

La giunta Dipiazza può dare un nuovo ok al Piano oppure riprendere in mano quello precedente. La tentazione è di lasciare passare le elezioni
Tirare una riga su quanto fatto finora? O meglio tirare dritti nonostante tutto? O, meglio ancora, tirare a campare facendo finta di nulla fino al voto amministrativo della prossima primavera? Per superare il ”trivio” la politica, cioè il Consiglio comunale, si affida stavolta alla ”tecnica”, cioè ai dirigenti del Municipio, cui è stata chiesta ufficialmente lo scorso martedì un’interpretazione scritta del rebus per eccellenza: il nuovo Piano regolatore.
Di una cosa soltanto, infatti, i gruppi consiliari di centrodestra che sostengono Roberto Dipiazza - e che ormai, alla vigilia della campagna elettorale, pure lo minacciano a turno, visti i numeri in bilico tra sopravvivenza e crisi istituzionale - sono sicuri: il dilemma dell’iter del Prg - ibernato dal 15 luglio scorso, quando il sindaco venne a sapere che l’Ordine dei geologi aveva avuto ragione al Consiglio di Stato contro il Comune in merito ai difetti procedurali dello studio idrogeologico allegato appunto alla variante 118 adottata il 5 agosto 2009 - non è risolvibile con il mero tirare di un dado.
IL TRIVIO Ciascuna delle tre strade percorribili - la riadozione, la ripresa delle tappe conclusive verso l’approvazione definitiva, o la lavata di mani pilatesca in attesa che se ne occupino il successore di Dipiazza e la maggioranza che verrà - sono pregne di conseguenze. In sintesi: un ritorno a un maggiore permissivismo nei confronti del cemento nel primo caso, una forte esposizione a ricorsi e diffide nel secondo (in cui si accavallerebbe anche, tra le altre, la grana della caserma di Banne, preludio a una ridiscussione dell’intera intesa col Demanio), una condanna all’etichetta del ”no se pol” nel terzo. Conseguenze dietro le quali cova il rischio autentico di dover ”pagare” in sede giuridica, certo, ma anche in quella elettorale. Che, d’altronde, è dietro l’angolo. Urge insomma una decisione. Ma la politica - come detto - la prenderà, eventualmente, solo dopo che avrà ricevuto, per così dire, un ”consiglio” da parte della dirigenza comunale. Sennò non si muoverà foglia e la colpa sarà proprio e comunque della dirigenza.
L’INPUT Davanti a un fronte sempre più incalzante (bandelliani, leghisti, Udc e Pri, tanto per rimanere in casa centrodestra e dintorni) favorevole alla soluzione numero uno - ovvero la riadozione pre-voto con alcuni ammorbidimenti per liberare almeno in parte l’economia del comparto edilizio penalizzato dai regimi di salvaguardia innescati dalla adozione del 5 agosto dell’anno scorso, che hanno bloccato 52 progetti edilizi e reso inedificabili centinaia di piccole pertinenze verdi - la presa di posizione del ”nucleo” della maggioranza che per affinità fa quadrato attorno alla poltrona del sindaco (berluscones, Lista Dipiazza e in questo caso pure i finiani) è infatti un messaggio cifrato mai così inequivocabile: siano i tecnici, che le idee ce le hanno confuse, a chiarircele. Il prologo è costituito da una e-mail indirizzata il 21 ottobre scorso da Piero Camber, da capogruppo Pdl-Fi, a Roberto Sasco, in veste di presidente della Sesta commissione, competente in materia urbanistica: nella missiva Camber chiede «cortesemente di voler convocare la commissione, così da poter sentire i tecnici sulle possibili soluzioni inerenti il Prg. Le chiedo altresì di voler domandare agli stessi di portare in detta occasione una relazione scritta da cui emergano chiaramente ”pregi e difetti” di ognuna delle soluzioni da loro proposte».
LA SOLLECITAZIONE La risposta di Sasco è datata 26 ottobre - in mezzo è andata infatti in scena una commissione interlocutoria - con una comunicazione rivolta al sindaco, al segretario generale Santi Terranova, al capoarea della Pianificazione territoriale Edgardo Bussani e al direttore del Servizio Pianificazione urbana Ave Furlan, di fatto la ”mamma” della variante 118, in cui il rappresentante dell’Udc «su richiesta del collega Camber, con il pieno avvallo della commissione che presiedo», chiede «agli uffici competenti di predisporre una relazione scritta riguardante possibili soluzioni inerenti la variante 118, con evidenziazione degli aspetti tecnici, giuridici ed amministrativi di ogni possibile soluzione. In considerazione dell’importanza e dell’urgenza di quanto sopra, prego procedere sollecitamente. Non appena acquisita la relazione scritta, sarà mio compito convocare la commissione con l’invito a presenziare da parte dei dirigenti competenti».
Una settimana fa, lo stesso Dipiazza chiedeva ancora un velo di pazienza, mettendo come dead line il 24 novembre, data dell’udienza di merito al Tar del ricorso presentato dalla Arch.edil contro il nuovo Prg, che ha reso inedificabile il 70% di un terreno di sua proprietà nei pressi di Opicina. Un’udienza di merito tuttavia presuppone una sentenza di merito, che di norma viene depositata un mese dopo. Presumibilmente si arriverà, con il Natale, all’anno nuovo. Ma il Consiglio comunale, evidentemente, considerato il sollecito di Sasco, ora un tirare lo teme. Il tirare la corda.
PIERO RAUBER
 

 

«Quel Piano è da riadottare nel minor tempo possibile» - Il pressing continuo di Lega, Udc, bandelliani e del centrosinistra
 

«A quanto pare, per uscire dalla sconcertante brutta figura che questa maggioranza, con a capo il sindaco, ha fatto con il Piano regolatore, ora vorrebbero scaricare tutte le responsabilità agli uffici. Ci vuol ben altro che una relazione scritta per cancellare questa evidente dimostrazione di inettitudine politica e amministrativa». Va giù duro Roberto Decarli, dei Cittadini, apprendendo della lettera autografata da Sasco. È, in un certo senso, una presa di distanze anche dal Pd, che per voce del capogruppo Fabio Omero, giacché gli si fa presente che Sasco parla nella lettera di «pieno avallo della commissione che presiedo», ammette che «si tratta di una richiesta in ogni caso necessaria per capire da che punto bisogna ripartire». Dopo di che le distanze, rispetto a chi sta a destra, restano: «Se il nuovo Prg non sarà approvato com’è probabile nel corso di quest’ultimo scorcio di mandato Dipiazza - ammonisce Omero - l’approvazione nei tempi più brevi possibili è un impegno che tutti i candidati sindaco dovranno prendere in campagna elettorale. Se saremo noi a vincere (e da venerdì il Pd ha come candidato ufficiale il segretario Roberto Cosolini, ndr) di certo faremo presto, e inseriremo Fiera e Ortofrutticolo tra le strutture da lasciare in carico alla pianificazione pubblica, nell’ottica di un piano strategico di sviluppo della città». Anche il capogruppo democratico, comunque, rileva come «la riadozione sarebbe la soluzione più coerente sotto il profilo politico». E non sono solo quelli del Pd, tanto per restare tra i banchi dell’opposizione, a pensarlo. «Passi la riadozione - interviene ad esempio Emiliano Edera della Lista Rovis - ma che il provvedimento non sia più lo stesso. Che contenga insomma, quantomeno in partenza, una buona parte delle osservazioni dei piccoli proprietari. Sennò resterò contrario». «La riadozione mi andrebbe bene - gli fa eco il supercentrista ex Margherita Alessandro Minisini, oggi nel Gruppo misto ai ”confini” tra maggioranza e opposizione - perché tornare, per consunzione, alla variante vecchia sarebbe come dare il ”nulla osta” di nuovo alle costruzioni selvagge: un suicidio. Serve un accordo prima che si torni a votare». «La maggioranza eventualmente potrà essere accusata di non decidere solo dopo che avrà avuto dagli uffici tecnici gli elementi per poter decidere», frena il forzista Piero Camber, col finiano Antonio Lippolis che da capogruppo degli ex An assicura di guardare con favore ed essersi «accodato immediatamente all’iniziativa di Camber» di sollecitare a Sasco una richiesta di delucidazioni alla dirigenza. Ma sono soprattutto i satelliti inquieti del centrodestra a scalpitare. E a invocare la riadozione. «Ci vuole una riadozione trasparente», sentenzia il bandelliano Bruno Sulli, «il Prg è da riadottare, non possiamo fare altro per evitare l’impasse della città», gli fa eco il presidente del Consiglio comunale Sergio Pacor da rappresentante repubblicano del centrodestra. Questo mentre Maurizio Ferrara si fa perfino minaccioso: «Sono passati ben più dei 45 giorni previsti dal regolamento dall’approvazione della mozione che avevamo presentato noi della Lega e in cui chiedevamo, per l’appunto, la riadozione. Lo considero un silenzio-assenso, dunque se il Piano regolatore non sarà riportato in giunta quanto prima per me sarà una palese omissione d’atti d’ufficio». Il pepe, più che agli alleati, l’Udc Roberto Sasco lo tenta di mettere addosso a Dipiazza: «Bisogna riadottare il Prg. Vediamo che cosa diranno gli uffici su nostra sollecitazione, poi l’ultima parola spetterà al sindaco. Ho fiducia in lui».

(pi.ra.)
 

 

Diffida al Comune di un costruttore - Bloccato il cantiere di Opicina del geometra Cocolet: fondo inedificabile al 70%
 

L’IMPRESARIO, ESPOSTO PER DUE MILIONI E MEZZO, SOLLECITA UNA RISPOSTA
Nei circuiti ”pericolosi” del Prg viaggia anche una nuova diffida dopo quella, già resa nota, dell’ex esponente dell’Italia dei valori Adriano Bevilacqua. È, tecnicamente, l’atto di significazione, diffida e messa in mora inviato all’inizio di settembre a sindaco, Consiglio comunale (nella persona del presidente, Sergio Pacor) e servizio Edilizia privata responsabile delle autorizzazioni (nella persona del direttore, Walter Cossutta) da parte della Arch.edil, la stessa impresa - di cui è titolare il geometra Aldo Cocolet - che ha presentato il ricorso al Tar oggi pendente. Nella diffida - che fa leva fra l’altro sulla sentenza del Consiglio di Stato sul ricorso dell’Ordine dei geologi, la stessa che ha indotto Dipiazza a fermare l’iter della variante 118 - si chiede in pratica che il Consiglio comunale annulli in via di autotutela il nuovo Prg e che il dirigente competente del Municipio rilasci di conseguenza il permesso a costruire alla Arch.edil su un terreno nei pressi di Opicina di proprietà della ditta del geometra Cocolet. Un terreno oggi vincolato, al 70%, dai regimi di salvaguardia della variante 118, cornice questa che sta comportando un’esposizione finanziaria dell’impresa vicina ai due milioni e mezzo.
Alla diffida della Arch.edil il sindaco in persona ha risposto in data 7 ottobre: «Comunico - si legge nel documento della Segreteria generale di piazza Unità firmato Roberto Dipiazza - che è iscritta all’ordine del giorno del Consiglio comunale la proposta di deliberazione concernente l’approvazione della variante 118. Pertanto confermo che tutti gli effetti di legge, conseguenti l’adozione della citata variante, compresa la salvaguardia, sono tuttora operanti».
«Una risposta - il commento dell’avvocato Alessandro Tudor, legale della Arch.edil - che non solo afferma che il Comune non sta procedendo con l’esame dell’eventuale annullamento, come richiesto nella diffida, ma che conferma anzi che il provvedimento di cui stiamo parlando è fissato all’ordine del giorno delle discussioni del Consiglio comunale. C’è però un aspetto che non ci è chiaro: quando sarà discusso?». Per questo lo stesso legale, mercoledì scorso, ha inoltrato al Municipio la richiesta di una «copia dell’ordine del giorno». «Per il momento - fa presente ancora Tudor - di fatto non c’è risposta alla diffida, e trenta giorni sono ben che passati. Dopo i termini il silenzio dell’amministrazione può aprire diverse strade. Penale, civile, Corte dei conti...».
Molti esponenti del Consiglio comunale, per intanto, a ingarbugliare il filo, giurano che - a distanza di quasi due mesi - non ne sanno niente. Diverse facce perplesse si sono viste addirittura nella conferenza dei capigruppo di venerdì mattina. «E questo è molto grave», si sbilancia il civico d’opposizione Roberto Decarli. «I consiglieri l’hanno ricevuta tra i vari documenti che i miei uffici distribuiscono loro - replica Sergio Pacor, il presidente dell’aula - e anzi in questi ultimi giorni è stata redatta una risposta agli autori della diffida in cui ribadiamo, a nostra volta, che la delibera riguardante la variante al Prg è all’attenzione del Consiglio comunale. Preciso, al tempo stesso, che la diffida è un atto privo di efficiacia giuridica. Lascia il tempo che trova. È un richiamo a una situazione da sanare, che noi saneremo, in un modo o nell’altro». Tradotto: il nuovo Prg sarà approvato. Prima o poi...

(pi.ra.)
 

 

Addio capannone se il terreno diventa agricolo - A Monte San Pantaleone - DODICI AZIENDE ARTIGIANALI COL FIATO SOSPESO
 

«Mettiamola così: se il nostro terreno assumerà la destinazione agricola, secondo quanto previsto dalla nuova variante al Prg, potremmo pensare di avviare la produzione del radicchio e aprire un negozio di verdura e frutta». E’ un’ironizzare a denti stretti quello di Paolo Rosso, titolare di un impresa edile che ha sede nel comprensorio di Monte San Pantaleone, sopra Valmaura.
Assieme ai titolari e agli operai di una dozzina di piccole imprese artigianali situate in questa zona, mastica amaro e vive in apprensione per il proprio futuro. Come altri colleghi, Rosso aveva acquistato a suo tempo un terreno in zona Monte San Pantaleone da utilizzare come ricovero per i suoi strumenti e mezzi di lavoro. Un’area edificabile dove poter realizzare una struttura utile a ricoverare camion e attrezzi. Tutto in regola dunque. Ma a scombinare, o quantomeno a mandare “in pause” progetti e iniziative, ecco arrivare la nuova variante al Piano Regolatore Comunale. Così i terreni acquistati o affittati dagli artigiani di Monte San Pantaleone – circa 12 aziende per quasi una cinquantina di addetti – vanno a far parte di quel cospicuo novero che dall’uso edilizio vengono “retrocessi” a uso agricolo. E così tutti i sogni di crescita e espansione devono essere rapidamente riposti nel cassetto.
«Va tutto storto – intervengono Antonio e Carmelo Nannia, anch’essi artigiani insediati nell’area periferica e proprietari di un terreno. Non ci bastava la crisi e i pagamenti dei clienti effettuati in ritardo – continua Antonio. Con la nuova variante al Prg rischiamo di buttare a mare tutti i sacrifici fatti. Qui le aziende si occupano di edilizia, trasporti, scavi. E se cambi le carte in tavola mutando sulla carta le destinazioni d’uso, vuol dire proprio che non ti rendi conto di stroncare sul nascere le attività che producono reddito. Che dire, non ci resta che darci all’ortocoltura». Gli artigiani di Monte San Pantaleone chiedono dunque al Comune di fare marcia indietro, strozzando nella culla la variante sciagurata e riadottando il precedente Piano Regolatore. «Come non comprenderli – interviene il presidente di Confartigianato Dario Bruni. Come ho già avuto modo di spiegare – continua Bruni – il mio giudizio sulla nuova variante è completamente negativo».
Ovvero, secondo il presidente di Confartigianato, facendolo condividere a tutte le componenti e espressioni della cittadinanza. «E dunque tutti d’accordo con l’idea di ridurre cubature e cementificazione, ma occhio a non danneggiare cittadini e economia locale. L’unica via di uscita è di azzerare tutto e iniziare a colloquiare con la città per ricominciare l’iter da capo».
Maurizio Lozei
 

 

Moretti (Fs): la Tav non può accontentare passeggeri, merci e le spiagge del Veneto - AL RADDOPPIO DELL’INTERPORTO DI PADOVA
 

PADOVA «L’Alta Velocità non è compatibile con un passo di 40-50 km all’ora necessario per una tratta ad alta frequentazione». Certo, specifica che deve ancora vedere il cosiddetto “tracciato balneare” Mauro Moretti, amministratore delegato di Rfi ma l’affermazione, rilasciata a margine dell’inaugurazione del raddoppio dell’Interporto padovano, non lascia dubbi: un tracciato della Tav che assolvA tre funzioni, l’alta velocità per i passeggeri, quella per le merci e il servizio alle stazioni balneari del Veneto Orientale è impraticabile.
Con buona pace degli equilibrismi della Regione che, nel caso del tracciato “basso”, dovrebbe fronteggiare i no del Pd e dei sindaci, il “ni” della Provincia di Venezia e lo scetticismo di chi la Tav dovrebbe costruirla. Eppure la Tav non si discute per Moretti: «Siamo pronti per le linee di Brescia e Verona – ha spiegato – a cui seguiranno quella per Padova. Il dato importante è essere già pronti sullo snodo fondamentale, la Mestre-Padova che è pronta e comunque – ha concesso l’ad – dal Veneto sono sempre giunte idee positive». Resta la spada di Damocle dell’Europa che minaccia di decurtare drammaticamente i finanziamenti per opere come la Tav e il traforo di base del Brennero con tanto di deadline fissata al 15 dicembre per la presentazione dei progetti definitivi.
«Siamo ancora in tempo» dichiara fiducioso Moretti che annuncia a partire da dicembre un’implementazione delle corse verso Venezia e verso Verona con connessione wi-fi a bordo. Un appello accorato per una soluzione rapida arriva anche dal presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai: «Spero che lo Stato si accorga che l'Unione europea non toglierà solo 13 milioni di euro ai finanziamenti per il Tunnel del Brennero, se i progetti e i lavori non andranno avanti, ma ancora altri». Un grido d’allarme lanciato all’indomani della decisione della Commissione europea di tagliare i finanziamenti, visti i ritardi italiani accumulati sui progetti di accesso da sud al Brennero, così come per quelli sulla Torino-Lione.
«Il mio è un appello a tutte le autorità pubbliche italiane, affinché si vada avanti» ha aggiunto Dellai sottolineando come l'infrastrutturazione del Brennero è tra i punti richiamati nella nuova Finanziaria.
L’inaugurazione del raddoppio dell’Interporto di Padova segna anche un brusco stop ai progetti di bonifica e trasformazione logistica delle aree Montefibre di Porto Marghera. In laguna si dibatte animatamente da settimane sull’idea di bonificare e riconvertire la chimica, ormai sul viale del tramonto, a un polo di smistamento logistico fortemente voluto dall’Autorità portuale. L’ad di Rfi, Mauro Moretti, però, parla senza mezzi termini di «errore da non ripetere» e di «rischio di assedio dei due grandi interporti veneti, Verona e Padova, da parte di attività parassite». Insomma, vietato frammentare, men che meno a un passo da Padova con un nuovo polo logistico veneziano. E le suggestioni giocano la loro parte con una coincidenza che Sergio Giordani, presidente di Interporto Padova, non manca di sottolineare: «La distanza fra il porto di Rotterdam e il suo interporto è di 35 km, giusto la stessa che separa il porto di Venezia dall’Interporto padovano». E cala l’asso nella manica respingendo al mittente l’ipotetica critica all’aumento di traffico sulla direttrice Venezia-Padova: «Abbiamo pure l’Idrovia che collega i due punti e deve soltanto essere completata garantendo la sicurezza idraulica dei territori ma anche la possibilità di percorrenza per natanti di Classe V fluviomarittimi da 2000 tonnellate l’uno».
 

 

Nuove locomotive merci Siemens per la società Fuc, Udine-Cividale
 

TRIESTE Nei primi mesi del 2011 le Ferrovie Udine-Cividale/Fuc saranno dotate di due nuove locomotive elettriche politensione, particolarmente adatte al trasporto merci. La Fuc, società interamente partecipata dalla Regione Fvg, ha firmato l'accordo con la tedesca Siemens, con la consegna del primo mezzo a metà gennaio 2011, mentre il secondo locomotore entrerà a far parte del parco rotabile della Udine-Cividale tre mesi più tardi. Soddisfazione dall'assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi e dall'ad di Fuc, Corrado Leonarduzzi.
 

 

I cacciatori: non cibate i cinghiali - RIUNITE LE ASSOCIAZIONI DELLE ALPI SUDORIENTALI
 

Non ci sono ricette magiche per contenere nei limiti di sicurezza la fauna selvatica nelle immediate periferie e nei pressi dei centri abitati. La gestione di cinghiali e caprioli passa attraverso il rispetto dei piani di prelievo della caccia di selezione. Con il consiglio ai cittadini di evitare di dare cibo ai selvatici di passaggio.
È il messaggio sostanziale emerso dalla 58.a assemblea delle Comunità di lavoro delle Organizzazioni venatorie della zona alpina sud orientale (Agjso), tenutasi nel fine settimana e conclusa in piazza Unità con un concerto dei suonatori di corno carinziani “Hoernerklang Alpe Adria”. La sessione di lavori, concentrata fondamentalmente nel convegno organizzato all’hotel Savoia, è stata organizzata dalla sezione provinciale della Federcaccia, e ha visto presenti diversi delegati dalla regione, dal Veneto, dal Trentino Alto Adige, dalla Carinzia, dalla Stiria, dal Tirolo e dalla Slovenia. Dal convegno è arrivata sostanzialmente la conferma che nei centri urbani, persino nelle metropoli, si sta assistendo a un aumento della presenza degli animali selvatici. Sia in termini di numeri che di varietà delle specie.
Paradossalmente nei suburbi e nei centri cittadini i selvatici trovano cibo, ma anche sicurezza e rifugi non naturali eppure utili e confortevoli rispetto gli ambienti naturali. I problemi sorgono quando alcuni animali possono mettere a repentaglio la sicurezza delle comunità. Per Trieste e Gorizia, per esempio, è quotidiana la notevole presenza di famiglie di cinghiali nell’immediata periferia cittadina e in genere in Carso.
I relatori al convegno hanno sottolineato come l’abbattimento degli ungulati non rappresenti l’unica soluzione al problema, ma si renda necessario un progetto faunistico che ponga regole e prescrizioni precise. Un piano di gestione della fauna urbana - è stato evidenziato nel documento finale del convegno - sarebbe inoltre utile per accrescere la sensibilità della popolazione nei confronti della alterità animale.
Maurizio Lozei

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 31 ottobre 2010

 

 

«Trieste scivola in classifica, ma Dipiazza glissa» - GRADUATORIA DI LEGAMBIENTE SULL’ECOSISTEMA URBANO: L’ACCUSA DI RACOVELLI
 

«La nostra sembra ormai una città senza governo. Non sarà mica che il sindaco è già andato in pensione e io, come tanti altri, non me ne sono accorto? Perché su tutte le questioni importanti, significative per lo sviluppo e il futuro di Trieste, Roberto Dipiazza glissa. L’unica cosa che gli interessa è firmare ordinanze di basso profilo e senza senso, come quella contro i musicisti di strada».
Ci va giù pesante il Verde Alfredo Racovelli, presidente della Commissione trasparenza del Comune. Al consigliere comunale proprio non è andata già la «toccata e fuga» del sindaco, nei giorni scorsi, quando in Commissione si è discusso di un argomento «rilevante per il futuro della città», ovvero dell’ecosistema urbano.
Trieste, infatti, è stata protagonista di uno scivolone nella classifica sull’ecosistema urbano puntualmente stilata da Legambiente. La nostra città, stando alle analisi e ai dati raccolti dal sodalizio ambientalista, ha perso ben 18 posizioni, slittando al 41esimo posto in Italia.
I fattori presi in considerazione da Legambiente per redigere la graduatoria sono numerosi: si va dalla concentrazione di Pm10 alle perdite della rete idrica, dalla produzione di rifiuti e l’utilizzo della raccolta differenziata al tasso di motorizzazione; e, ancora, dall’estensione delle isole pedonali e delle zone a traffico limitato alla presenza di piste ciclabili e di verde urbano, dai consumi elettrici domestici alle politiche energetiche adottate dalle amministrazioni locali, dal consumo di carburanti all’utilizzo del trasporto pubblico. E queste sono sole le voci principali.
Considerate tutte queste variabili, dunque, Trieste risulta nettamente peggiorata rispetto allo scorso anno, sorpassata di slancio da Udine, Gorizia e Pordenone. «Ci aspettavamo che il sindaco prendesse posizione, che affrontasse il problema, visto che si tratta di una questione importante - afferma Alfredo Racovelli -. È anche per questo che ho convocato la Commissione trasparenza, che è un luogo in cui i problemi possono essere sviscerati e in cui c’è l’opportunità di mettere insieme le idee per concretizzare qualcosa di positivo per la città. Peccato però che lunedì scorso, quando il sindaco Dipiazza si è presentato in Commissione trasparenza, non ha fatto altro che ribadire che Trieste vanta molte eccellenze e che la qualità della vita è alta. Nulla di più. Se n’è andato dopo una decina di minuti, senza entrare nel merito dell’argomento, senza discutere del peggioramento evidenziato da Legambiente».

(el.col.)
 

 

FareAmbiente sbarca a Muggia - PRESENTATO IL ”LABORATORIO”
 

MUGGIA FareAmbiente apre il primo laboratorio muggesano, presieduto da Dennis Tarlao. Alla presenza del coordinatore regionaleGiorgio Cecco, il movimento ambientalista si è presentato ieri alla cittadinanza. «E’ molto importante che la nostra associazione sia anche a Muggia – ha detto Cecco – perché alla base dell’attività di FareAmbiente sta la costante presenza sul territorio, con persone che qui abitano e sono a conoscenza della cittadina e delle sue problematiche. La nostra volontà – ha aggiunto – è di metterci a disposizione degli enti e dei cittadini, per trovare assieme soluzioni che tengano conto dello sviluppo, senza tralasciare il rispetto per la natura. Vogliamo proporre soluzioni e trovare le vie di buon senso per progredire nel nome di una giusta ecosostenibilità».
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 ottobre 2010

 

 

Tav italo-slovena, fondi Ue salvi Cancian: «Un passo in avanti»
 

TRIESTE L’Ue taglia più di 300 milioni di euro, le vittime illustri non mancano, nemmeno in paesi come Germania e Danimarca, ma la Venezia-Trieste-Divaccia non si tocca. Lo afferma Antonio Cancian, l’unico deputato nordestino che ha partecipato ai lavori della commissione Trasporti di mercoledì, quella in cui il commissario Kallas ha garantito sui fondi per la progettazione della Tav. «La conferma del cofinanziamento alle tratte Venezia-Ronchi sud e Trieste-Divaccia - spiega Cancian - rappresenta un segnale importante. La commissione ha valutato positivamente il piano di realizzazione degli studi. Le tratte trasfrontaliere sono le più difficili da realizzare e dunque va riconosciuto l´impegno dei due Stati e delle Regioni interessate. Le condizioni poste dalla Ue per mantenere il finanziamento sono stringenti, ma possiamo dirci soddisfatti del lavoro svolto finora».
 

 

La Regione conquista la linea ferroviaria Udine-Cividale - TRASFERIMENTO COMPLETATO. IL GESTORE SARÀ LA SOCIETÀ FUC
 

TRIESTE La Regione conquista definitivamente la ”sua” linea ferroviaria. L’assessorato alle Risorse finanziarie e al Patrimonio, quello a guida Sandra Savino, annuncia infatti di aver portato a compimento il trasferimento dei beni dell’attuale linea ferroviaria Udine-Cividale.
Il trasferimento, nel dettaglio, consente l’acquisizione in proprietà alla Regione della linea ferroviaria e la sua contestuale consegna in uso alla società Ferrovia Udine-Cividale (Fuc) come organismo gestore. Le ultime formalità, come spiega una nota, sono state portate a compimento nella giornata di ieri, con la sottoscrizione dei verbali di consegna. Sandra Savino evidenzia «il ruolo determinante e decisivo» che la Regione ha assunto per il coordinamento con gli altri soggetti coinvolti, il ministero dei Trasporti, l’Agenzia del Demanio e la società Ferrovia Udine-Cividale.
 

 

Rifondazione: Aviano rischia di diventare una discarica nucleare - LA DENUNCIA
 

TRIESTE Aviano rischia di fare da «discarica» delle armi nucleari di tutta Europa: lo afferma Kristian Franzil. Il segretario regionale di Rifondazione contesta la decisione dei ministri della Difesa dei Paesi Nato, assunta a metà ottobre, di mantenere l’arsenale nucleare in Europa. E aggiunge: «Ci lascia esterrefatti apprendere che l’ipotesi più accreditata sia quella della US Air Force di raggruppare le armi nucleari in meno località geografiche che, secondo gli esperti, sarebbero Aviano in Italia e Incirlik in Turchia». Da qui l’invito a Renzo Tondo a sollecitare il governo Berlusconi a opporsi.
 

 

L’ospedale ”scalderà” Udine - PROGETTO INNOVATIVO DA 97 MILIONI DI EURO - Produrrà energia termica per scuole, condomini e Università
 

UDINE L’ospedale di Udine diventerà autosufficiente sul piano energetico e ”nutrirà” una parte della città con una rete di teleriscaldamento: è il ”Progetto Udine”, vale complessivamente 97 milioni di euro, ed è stato presentato ieri dall’utility Siram e dalle istituzioni locali.
A consentire la combinazione di efficienza energetica, risparmio e attenzione all’ambiente, sarà una grande centrale tecnologica di trigenerazione che sarà realizzata nell’ospedale e garantirà la produzione di energia termica, frigorifera ed elettrica, per un totale di quasi 100 MW.
Oltre all’autonomia energetica dell’ospedale, la centrale alimenterà una rete di teleriscaldamento che garantirà energia termica a edifici esterni, tra i quali Università, scuole e condomini privati: in questo modo saranno di fatto eliminate le caldaie in 17 scuole e 16 condomini. I consumi energetici dell’ospedale saranno ridotti dell’11% e le emissioni in atmosfera tagliate del 32%.
Il progetto, che vedrà la luce nel 2012, è stato presentato in un convegno dall’amministratore delegato di Siram, Louis-Marie Pons, dal sindaco di Udine, Furio Honsell, dal presidente della Provincia, Pietro Fontanini, dall’assessore regionale alla Sanità Vladimir Kosic, dal rettore dell’Università di Udine, Cristiana Compagno, e dal direttore generale dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Santa Maria della Misericordia Carlo Favaretti. Cuore del progetto che punta a diventare un modello, come hanno sottolineato in tanti, è l’alleanza tra pubblico e privato. «La crisi di questi anni - ha aggiunto Garlatti - va colta come occasione per selezionare e canalizzare le risorse verso settori dove ci sono prospettive di incremento serio della produttività del sistema». «La politica - ha continuato Kosic - cercherà di trarre il massimo beneficio dall’operazione in atto all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine: vi è un forte interesse all'estensione di queste buone pratiche».
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30, tel. 336-5239111, www.legambientetrieste.it.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 ottobre 2010

 

 

Differenziata obbligatoria, il via slitta a giugno - Rovis: «Ad AcegasAps serve più tempo per comprare e sistemare i nuovi contenitori»
 

Il nuovo anno porterà, quanto a ”ordine” e decoro urbano, nuove multe: dal primo gennaio, infatti, entrerà per intanto in vigore l’annunciata ”tolleranza zero” contro chi rovisterà nei cassonetti pubblici o non li richiuderà dopo aver gettato le scovazze, o chi rovinerà il decoro di quei contenitori con vernici-spray e pennarelli e chi butterà per terra o nei tombini mozziconi di sigaretta e altre immondizie. Ma con quello stesso primo gennaio - data in cui l’amministrazione Dipiazza conta di applicare il nuovo Regolamento di igiene urbana, che presuppone tali multe - non potrà scattare invece la raccolta differenziata obbligatoria.
LO SLITTAMENTO Per quella, presumibilmente, si dovrà attendere un’ideale ”fase 2” del Regolamento stesso, che l’assessore competente con delega alle partecipate, Paolo Rovis, ha già indicato nel primo giugno. La nuova scadenza la si legge tra le righe dell’apposita delibera d’accompagnamento al Regolamento di igiene urbana. Una delibera fresca di ”nulla osta” di giunta e ora al vaglio preventivo - prima dell’approvazione definitiva del Consiglio comunale attesa per fine novembre - della Terza commissione consiliare presieduta da Gianfranco Trebbi (Lista Dipiazza). Qui il provvedimento è stato discusso lo scorso mercoledì e tornerà ad essere esaminato la prossima settimana per una seconda e ultima seduta d’approfondimento.
LE CAUSE Se si dà per buono il primo giugno, fatti due conti spiccioli, il ”taglio del nastro” - di quella che è anzitutto una vera rivoluzione culturale per i triestini - si consumerà all’indomani, o giù di lì, dell’insediamento del successore di Roberto Dipiazza. A campagna elettorale chiusa, quindi. Tattica politica? Nossignori, in Municipio lo si esclude. Il problema, semmai, è tutto tecnico: serve un po’ di tempo in più affinché AcegasAps espleti tutte le procedure amministrative di acquisto, verifica e distribuzione su territorio comunale di ulteriori (molti) nuovi cassonetti. Perché, per imporre alle famiglie di gettare rifiuti diversi in campane diverse, bisogna metterle tanto per cominciare nelle condizioni di poterlo fare.
LA SCELTA «La mia filosofia - mette le mani avanti Rovis - è che non posso obbligarti a comportarti in un certo modo se non ti rendo disponibili gli strumenti. E pure noi siamo legati, a nostra volta, all’effettiva disponibilità dei materiali. Dobbiamo prendere atto che AcegasAps ci ha comunicato recentemente che l’entità dell’appalto di fornitura dei cassonetti era tale da rendere necessario un bando di gara europea, che ha i suoi tempi, squisitamente burocratici. AcegasAps prevede che la collocazione delle nuove isole ecologiche potrà avvenire, tutto considerato, verso marzo 2011. Se teniamo poi da parte un periodo ”finestra”, di prova senza sanzioni, come era stato contemplato, comunque, già quando si ipotizzava di poter partire col primo gennaio, ecco che la data del primo giugno diventa tecnicamente rispettabile». Dalla multiutility, frattanto, in queste ore non è giunta alcuna risposta sull’argomento.
LA MAPPATURA L’avvio dell’operazione da mezzo milione - ammortizzabile nel tempo in virtù di un minore impiego del termovalorizzatore di via Errera per bruciare immondizie triestine e di un conseguente maggior accoglimento di rifiuti da smaltire da fuori provincia - dipende, dopotutto, proprio dalla copertura capillare della città con le cosiddette isole ecologiche, i punti su strada pubblica dove il cittadino troverà, uno accanto all’altro, ”in batteria”, almeno quattro cassonetti: il giallo per la carta, il verde per il vetro, il blu per la plastica e il grigio per il resto. Oggi le isole ecologiche sono circa 500, allo start ufficiale della differenziata obbligatoria saranno oltre mille. La loro mappa non è ancora stata definita con certezza però - giura Rovis - «data la conformazione particolare della città, fatta anche di strade strette con cambi di pendenza, che impone siano conciliate le necessità di recupero dei rifiuti con quelle viarie e pedonali, sono già state effettuate le dovute riunioni di coordinamento con AcegasAps, Agenzia per la mobilità territoriale, Trieste Trasporti e i nostri uffici comunali coinvolti, a iniziare da quello competente sulla viabilità»
PIERO RAUBER

 

 

Piazza della Borsa, ecco i cassonetti interrati - L’ISOLA ECOLOGICA A SCOMPARSA PRONTA A FEBBRAIO
 

Un’isola pedonale nuova di zecca, utilizzabile prima di giugno, già c’è. «Verso febbraio», si tiene prudente l’ingegner Sergio Ashiku, del servizio Strade. È quella, rivoluzionaria di suo, per cui si sta lavorando in piazza della Borsa, contestualmente alle ultime battute della riqualificazione della stessa piazza in chiave pedonale, che dovrebbe chiudersi entro Natale. È l’annunciata isola pedonale interrata, a scomparsa, dove i cittadini potranno infilare le scovazze in apposite ”bocche” esterne, realizzate in ghisa e acciaio per continuità architettonica, collegate ai rispettivi contenitori sotterranei. L’intervento - dal costo complessivo già ”dichiarato” di 319mila euro - permetterà di far sparire i bottini dalla vista non solo di piazza della Borsa, ma anche della vicina piazza Tommaseo. Attualmente sono in corso le opere di scavo e palificazione attorno a un’area lunga 25 metri, larga 4 e profonda 4,5, all’ombra della colonna di Leopoldo I, alla confluenza con Corso Italia. Conterrà, oltre che tre cassonetti da 2400 litri ciascuno per carta, vetro e plastica, un ”cassone” scarrabile da 10 metri cubi per l’indifferenziata, che compatterà le immondizie mano a mano che si riempirà, assicurando così una capienza otto volte superiore ai cassonetti tradizionali più ampi.
Tutti i cassonetti sotterranei verranno posizionati su una piattaforma mobile che sarà alzata e poi riabbassata, quando si tratterà di svuotarli, dalle braccia meccaniche dei camion portarifiuti. La novità dell’isola ecologica nascosta sotto terra già testata a Padova - a scopo dichiarato di estetica urbana - dovrebbe essere ripetuta, in futuro, in altre piazze soggette a riqualificazione, come ad esempio Ponterosso e, più in là, piazza Repubblica.

(pi.ra.)
 

 

LE ORE DELLA CITTA' ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30, tel. 336-5239111, www.legambientetrieste.it.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 ottobre 2010

 

 

PIANO REGOLATORE - Via del Pucino, i residenti ”scagionano” Dipiazza
 

«Siamo stati noi a spingere affinché il Prg rendesse inedificabili i terreni vicini al suo»
Il comitato: «Troppo impattante il progetto edilizio su quell’area» Mocnik: «Allora il sindaco ha fatto comunque un interesse privato»
Tra i due litiganti dei pastini sopra Grignano, e sono due litiganti famosi, ne spunta adesso un terzo. Che famoso non è ma che - nella stretta impressa su quei pastini dalla variante 118 al Prg adottata nel 2009 e valida in regime di salvaguardia fino a eventuale approvazione definitiva - rivendica la sua parte. Non una parte qualsiasi, ma un ruolo-chiave. Nel botta e risposta tra il leader di lungo corso dell’Unione Slovena Peter Mocnik e Roberto Dipiazza - il primo è capofila di un ricorso al Tar contro la stessa variante 118, che ha di fatto levato l’edificabilità sui terreni di sua e altrui proprietà sopra la biforcazione tra via del Pucino e via Plinio, sul confine sinistro della residenza del sindaco - si inserisce infatti un comitato di residenti della zona, le cui case a loro volta si sviluppano, grosso modo, a destra dei terreni di Mocnik. È il comitato ”Salviamo via del Pucino e via Plinio” che, stringi stringi, assolve Dipiazza e dà dello speculatore edilizio al rappresentante dell’Unione Slovena.
LA DIFESA «Non credo sia vero - dichiara la presidente del comitato Rosa Bertozzo - che il sindaco si sia fatto gli interessi suoi, credo anzi abbia agito su spinta del nostro comitato, tenendo conto delle nostre proteste contro la progressiva pericolosa cementificazione di via del Pucino. Una cementificazione che si è andata materializzando anche con la comparsa di nuove ville costruite al posto del bosco e poi comperate da gente facoltosa che non è di Trieste e che così si è potuta fare la seconda residenza in costiera». Il declassamento degli oltre 10mila metri quadrati di area verde di cui Mocnik si divide la titolarità con altri privati - una retrocessione da C2 ”zone urbane di espansione a bassa densità edilizia” a E2 ”zone agricole e forestali ricadenti negli ambiti boschivi” - per i residenti sarebbe insomma pure la conseguenza di una loro segnalazione.
L’ATTACCO «Noi abitanti della zona - scrive la Bertozzo in una sorta di memoriale del comitato - nel luglio 2004 siamo venuti a conoscenza che l’avvocato Mocnik stava presentando un piano particolareggiato per un pesante insediamento abitativo consistente nella costruzione di dieci ville anche bifamiliari con relativa ripidissima strada di accesso. Abbiamo capito che si trattava di un progetto di speculazione edilizia che avrebbe prodotto la distruzione del patrimonio boschivo ancora esistente e, a tal proposito, abbiamo raccolto le firme di tutti gli abitanti della zona e le abbiamo inoltrate al sindaco». «Preoccupati per il rischio di dissesto idrogeologico - si legge ancora nel memoriale - abbiamo ritenuto necessario commissionare ad un affermato professionista uno studio geologico dell’area di via del Pucino e l’abbiamo presentato, in presenza del sindaco, agli uffici tecnici comunali al fine di eseguire un monitoraggio sulla stabilità del sottosuolo. È importante segnalare che tra i siti già censiti nell’attuale Catasto frane della Regione la nostra via del Pucino viene classificata al posto numero 8 e la zona di Grignano al 7... L’avvocato Mocnik è stato il promotore di una grossa operazione di speculazione edilizia iniziando prima come proprietario di alcune particelle catastali poi provvedendo ad acquistare altri terreni confinanti. Aggiungiamo che dell’operazione fanno parte due grosse imprese, Magesta e Innocente e Stipanovich».
«Bene ha fatto il Sindaco - recita la conclusione della presidente del comitato - sostenuto dal Consiglio comunale, attraverso l’adozione della variante del nuovo Piano regolatore, a fermare il massacro di quest’area e del costone in generale perché noi riteniamo che gli interessi dei cittadini, sensibili alla salvaguardia dell’ambiente, siano prioritari rispetto all'interesse economico dell’avvocato Mocnik e degli altri proprietari».
LA REPLICA Stizzita la replica di Mocnik: «Speculare vuol dire perseguire un guadagno, qui si parla di edificare che è diverso. Il nostro piano, cui si riferisce la signora, prevede oltretutto un’edificabilità che non consuma neppure tutte le cubature ammesse dalla destinazione urbanistica della variante precedente, e inserisce tutta una serie di piantumazioni per rendere il meno impattante possibile la nuova fisionomia dell’area. Un’area in cui, peraltro, nessun edificio ha il giardino di pertinenza inferiore ai 500 metri quadrati. Sfido altre costruzioni in via del Pucino ad avere pertinenze verdi così ampie». Quanto alla presenza di grandi nomi dell’imprenditoria di settore fra i proprietari della zona ”neutralizzata” dalla variante 118 al Prg «in capo alla Magesta figura una frazione minima, esterna al lotto dove si andrebbe a costruire, mentre la Innocente e Stipanovich ha la titolarità di metà del fronte strada. il resto è mio», ribatte lo stesso Mocnik. «Se soltanto il Comune avesse fatto delle osservazioni al progetto - la chiosa dell’esponente dell’Unione Slovena - avremmo pututo magari cambiarlo, adattarlo. E invece non ci hanno neanche risposto. Hanno direttamente modificato le zonizzazioni. Se vale ciò che dice la signora, allora il sindaco ha comunque fatto un interesse privato, non il suo, ma, di altri residenti della zona in questione, sì. Il Prg invece dovrebbe fare gli interessi collettivi».
PIERO RAUBER
 

 

Alta velocità, l’allarme della Serracchiani
 

TRIESTE «Sarebbe paradossale perdere risorse che ci sono già state assegnate, perchè con quelle risorse perderemo letteralmente l’ultimo treno per restare agganciati nel nucleo forte dei Paesi europei».
È questo il commento dell’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani, che è membro della commissione Trasporti e Turismo, dopo che l’esecutivo Ue ha annunciato il taglio di 9,8 milioni di euro di finanziamenti tra quelli previsti per la linea ad alta velocità Torino-Lione.
«Il taglio purtroppo - ha aggiunto - ce lo aspettavamo: consideriamolo un segnale di emergenza che si accende su alcune delle nostre infrastrutture più importanti».
«La Torino-Lione - ha sottolineao Serracchiani - è strategica per l’Italia, comprendendo tutto il tracciato che si deve prolungare lungo l’asse est-ovest fino a Venezia, Trieste e oltre nell’Europa orientale, in combinazione con i corridoi trasversali che ci collegano all’area danubiana e al Baltico».
Secondo Serracchiani, «come in altri settori, anche nelle infrastrutture rischiamo di pagare il prezzo di un’inerzia tipicamente italica, che ritiene di poter trovare sempre una scappatoia dell’ultimo minuto. Ma ora non c’è più spazio per questa tattica e ha concluso - dobbiamo fare tutto il necessario per evitare di perdere anche la proroga al 2015».
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

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IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 ottobre 2010

 

 

Il Wwf: falso il deficit di energia in Fvg. Elettrodotti interrati - DOPO LA DIFFUSIONE DEI DATI DI TERNA
 

TRIESTE Le centrali elettriche del Friuli Venezia Giulia sono in grado di produrre il fabbisogno energetico che serve. L’elettrodotto Somplago-Wurmlach non è necessario, ma se non se ne può fare a meno che almeno sia interrato. E’ questa in sintesi la posizione del Wwf esplicitata nelle osservazioni presentate nelle scorse settimane sulle integrazioni dello studio di impatto ambientale del progetto, consegnate da Alpe Adria Energia agli enti competenti. Primo elemento contestato sono i dati energetici esposti da Alpe Adria Energia. «Non si comprende quale elettricità si preveda di importare posto che, ad esempio, nel 2008 il saldo tra produzione netta e consumi in Austria è stato negativo» dice l’associazione che considera “infondata” l’affermazione in base alla quale : vi sia un presunto “deficit crescente” nella produzione di elettricità in Friuli Venezia Giulia «posto che nel 2009 è stato registrato invece un surplus (9.980,9 GWh prodotti, contro 9.406 richiesti, con un conseguente surplus di 574,9 GWh, pari al 6,1 per cento del totale prodotto - dati di Terna spa)».
Le centrali regionali, inoltre, «hanno la capacità di produrre almeno 15.700 GWh/anno: se ciò non avviene è soltanto per l’obsolescenza di alcuni impianti e la conseguente anti economicità dell’elettricità prodotta: emblematico il caso dei gruppi ad olio combustibile della centrale di Monfalcone». Quanto agli ostacoli tecnici ed economici, che secondo Alpe Adria Energia renderebbero insostenibile la costruzione di un elettrodotto interrato anziché aereo, «il WWF osserva che la società Lucchini Energia ha proposto di costruire un elettrodotto interrato da 380 kV, lungo quasi 14 km, per collegare la prevista nuova centrale elettrica da 400 MW prevista nel porto industriale di Trieste con la stazione di trasformazione di Padriciano Il che, prova una volta di più, come non esistano ostacoli tecnici – né evidentemente, economici – insormontabili».

(m.mi.)
 

 

Monfalcone vuole un confronto sui rifiuti - LA POLEMICA SULLE IMMONDIZIE ”IMPORTATE” A DUINO AURISINA
 

Pizzolitto: la soluzione al problema passa attraverso il ”porta a porta”
MONFALCONE Colpa dei monfalconesi se il territorio comunale di Duino Aurisina subisce scarichi selvaggi di rifiuti? Se il sindaco Giorgio Ret ha lanciato l’allarme sull’”emigrazione” dell’immondizia sostenendo, che ha prodotto un rincaro di 20mila euro al fine di poter smaltire i materiali nell’inceneritore di Trieste, dal Comune di Monfalcone si risponde con un invito: Duino Aurisina adegui il sistema di raccolta al metodo della differenziata, azzerando così ogni tentativo di abbandono irregolare dei rifiuti.
Il sindaco della citttà dei cantieri, Gianfranco Pizzolitto, osserva: «Premetto che non ho a disposizione dati, nè riscontri su questo fenomeno migratorio di rifiuti. Verificheremo, è doveroso andare fino in fondo. Ma mi sembra obbiettivamente strano che si possa trattare di monfalconesi refrattari al nostro sistema porta a porta. Cado dalle nuvole. Se il sindaco Ret possiede elementi concreti, ce li fornisca e li valuteremo. Tuttavia - aggiunge - mi pare di ricordare che in passato si erano verificate situazioni di abbandono di rifiuti anche lungo i nostri confini».
Detto questo, Pizzolitto argomenta: «C’è una questione di fondo ineludibile: la raccolta porta a porta dei rifiuti è una pratica introdotta non solo nel rispetto delle regole di senso civico, ma anche in virtù delle prescrizioni europee che impongono entro il 2012 il raggiungimento di un’alta percentuale di raccolta differenziata, pari al 62%. Significa, pertanto, che tutti i Comuni italiani, per evidente omogeneità del sistema di raccolta e dei criteri di smaltimento, dovranno passare al regime differenziato. Anche Trieste e i Comuni della sua provincia dovranno pertanto ottemperare all’obbligo europeo. A questo punto invito il Comune di Duino Aurisina ad adeguarsi al nuovo sistema, risolvendo così definitivamente anche il problema dei conferimenti abusivi».
Monfalcone, insomma, non intende incassare. «Abbiamo assunto il sistema di raccolta porta a porta - aggiunge il primo cittadino - anticipando i tempi e costituendo un modello per i Comuni che non hanno ancora adottato le nuove regole. È quindi una ”spinta” affinchè anche Duino Aurisina applichi la differenziata, alla quale prima o poi dovrà comunque ottemperare. Il rischio, peraltro, è che possa trovarsi in ritardo sulla tabella di marcia».
Pizzolitto ragiona senza intenzioni polemiche, invitando il collega di Duino Aurisina al confronto: «Intravedo una soluzione al problema dell’abbandono dei rifiuti nell’omogeneità del sistema di raccolta, come prescritto dalle norme europee. Ritengo che se non c’è omogeneità, la questione non sarà mai superata completamente».
LAURA BORSANI
 

 

Ret: potenzieremo la differenziata
 

DUINO AURISINA «Il paradosso è che nel nostro comune aumenta sia la raccolta differenziata sia quella indifferenziata». Il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret, non riesce a capacitarsi come, con la popolazione che non registra variazioni sostanziali, la quantità di rifiuti da smaltire aumenta di anno in anno. «Ai funzionari ho chiesto una relazione dettagliata – precisa – perchè non vorrei che la questione si trasformasse in un problema serio». A fianco della chiesa di San Giovanni in Tuba sono stati fotografati di recente furgoni di altre province che scaricavano grossi sacchi neri con rifiuti di ristoranti. Il Comune continua a monitorare anche l’area della vicina Cartiera, dove si dice che numerosi lavoratori che abitano a Monfalcone portano i loro rifiuti nei cassonetti del piazzale.
Con il nuovo appalto per l’asporto delle immondizie, oltre ai cassonetti con la chiave, il Comune potenzierà la raccolta differenziata, che già raggiunge buoni livelli. La raccolta porta a porta è però difficilmente attuabile: «Abbiamo ben sedici frazioni – spiega Ret – e poi nelle località turistiche, come Duino e Sistiana, non è bello vedere contenitori depositati all’esterno delle case».
(gi. pa.)

 

 

In bicicletta a primavera tra Rio Ospo e Noghere - MUGGIA. DELIBERATO DALLA GIUNTA IL PIANO PRELIMINARE PER 130MILA EURO
 

MUGGIA Il nuovo tratto della ciclovia Rio Ospo-Laghetti delle Noghere sarà pronto entro la primavera del prossimo anno. Nei giorni scorsi la giunta comunale ha votato all’unanimità la delibera relativa al progetto preliminare per un itinerario pedonale-ciclabile nella zona tra Rabuiese e le Noghere. Il piano finanziario, pari a circa 130 mila euro, sarà interamente coperto da un contributo comunitario transfrontaliero, inserito nel progetto denominato Kras-Carso. «Per Muggia questo è di fatto il primo progetto europeo finanziato dall’Unione europea», spiega il sindaco Nesladek.
Il nuovo tratto, lungo poco meno di due chilometri, collegherà l’ex strada provinciale con i laghetti situati nella parte alta della valle delle Noghere, e si allaccerà al futuro percorso ciclabile che riguarderà la Parenzana, da una parte verso Trieste e dall’altra verso Muggia.
La pista entrerà dunque nella strada che porta ai laghetti e proseguirà fino al confine con il territorio del comune di San Dorligo della Valle.
Parallelamente sta proseguendo l’iter per la definizione dei progetti relativi al resto della pista ciclabile, che partendo dalla Parenzana con una sorta di anello giungerà verso Aquilinia e poi verso la foce dell’Ospo. Recentemente sono infatti arrivati dei finanziamenti dalla Regione, e l’amministrazione comunale ha affidato la gara, per una somma stimata in circa 300 mila euro.
«Stiamo studiando una soluzione che colleghi la foce del Rio Ospo, passando per Fido Lido, fino all’entrata di Muggia – precisa Nesladek – Questa sarà comunque una soluzione temporanea, poiché la vera e propria pista ciclabile verrà eseguita nel quadro delle opere di urbanizzazione e aggiuntive previste per il piano particolareggiato dell’ampliamento dei cantieri San Rocco, piano approvato mesi fa dal consiglio comunale».

(r.t.)

 

 

Elettricità dal calore, Ics al fianco di 20 Paesi - Garzelli: «Consolidato un network per lo sfruttamento geotermico»
 

SOPRATTUTTO NAZIONI IN VIA DI SVILUPPO COINVOLTE DAI PROGETTI
Quanta energia racchiudono le viscere della Terra? Tanta, da far marciare la nostra società per qualche milione di anni. In realtà non occorre scomodare le profondità del pianeta dal momento che per sfruttare l’energia geotermica, cioè il calore contenuto nel pianeta, è sufficiente scendere nel sottosuolo di poche centinaia di metri. Basta conoscere il punto preciso in cui trivellare.
A partire dal 2008 il Centro internazionale per la scienza e l’alta tecnologia di Trieste, Ics-Unido, avvalendosi della consulenza del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Trieste, ha varato progetti che mirano a sfruttare al meglio risorse geotermiche disponibili in siti specifici, operando nei paesi in via di sviluppo e nelle economie in transizione.
«Siamo riusciti ad avviare e a consolidare un network internazionale interessato allo sfruttamento geotermico, in cui confluiscono oltre 20 paesi: Indonesia e Filippine, El Salvador, Guatemala ma anche Etiopia, Tanzania, Kenya e Congo, per citarne solo alcuni», dice Massimo Garzelli, consigliere speciale dell’Unido e attuale responsabile dello sviluppo dei programmi e della cooperazione tecnica all’Ics. «Ci siamo focalizzati in particolare sull’Africa, perché qui pochissime nazioni dispongono di impianti simili. Promuovere la geotermia in Africa significa fornire a questi paesi energia elettrica e dunque opportunità di sviluppo, tra cui la possibilità di potabilizzare l’acqua».
Offrendo supporto scientifico e tecnologico, e finanziamenti per la formazione di esperti locali e attività di ricerca, l’Ics ha messo in moto un volano che sta già dando frutti. «Lavoriamo in Tanzania a un progetto triennale iniziato nel 2009 con l’Ics», conferma Michele Pipan, docente di geofisica applicata all’ateneo triestino e consulente per l’Ics. «Qui Sudian Chiragwile, geologo esperto di geofisica di esplorazione, sta individuando i punti più idonei alla perforazione usando due tecnologie all’avanguardia per l’Africa: la sismica a riflessione e la magnetotellurica». Il progetto Tanzania è partito nel 2009 e conta sull’impegno di sei ricercatori: tre triestini e tre collaboratori di Chiragwile. Prosegue Pipan: «Chiragwile stesso è finanziato dall’Ics e sta ultimando quel dottorato che farà di lui l’esperto sul campo per il suo paese. L’Ics, inoltre, ha messo a sua disposizione le risorse di calcolo che consentono di ottimizzare l’esplorazione prima di iniziare i lavori. Da parte nostra, offriamo al progetto un’esperienza pluridecennale quanto a individuazione delle risorse ed estrazione del calore». Con la consulenza di Pipan e collaboratori si sono da poco conclusi due studi analoghi, figli di Ics, in Indonesia e in El Salvador. «In El Salvador – spiega Pipan – abbiamo individuato le cause dei cali di produzione in un reservoir potenzialmente assai ricco. In Indonesia, dove il governo ha recentemente varato un ambizioso programma geotermico, abbiamo concluso le analisi a Weh Island e Mount Endut, aree che potranno a breve produrre elettricità dal calore della Terra». Nonostante esempi positivi il geotermico è ancora sottosfruttato. Solo 24 paesi al mondo producono elettricità dal calore per circa 57 miliardi di kWh, pari allo 0,5% della produzione elettrica mondiale.
Cristina Serra
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 ottobre 2010

 

 

I treni regionali per i pendolari sono puntuali. Ma troppo sporchi

 

VERTICE FRA L’ASSESSORE RICCARDI, IL DIRETTORE DI PRODUZIONE TRENITALIA E UN RAPPRESENTANTE DEL COMITATO
Già pagata una penale di 25 mila euro. E adesso sarà sostituita la tappezzeria di dodicimila sedili sulle carrozze in uso nel Fvg
TRIESTE I treni regionali sono puntuali, solo quelli del Trentino lo sono un po' di più. Ma hanno un problema: non brillano per pulizia, al punto che Trenitalia ha dovuto pagare all'amministrazione regionale una penale di 25mila euro su questo fronte. La sintesi fatta di Regione, Trenitalia e pendolari è comunque confortante. I primi risultati post-contratto di servizio sono positivi e le prospettive pure: entro il prossimo giugno si provvederà alla sostituzione della tappezzeria di 12mila sedili.
Riccardo Riccardi è seduto a fianco di Francesco De Benedetto, direttore di produzione di Trenitalia, ma anche di Andrea Palese, portavoce del comitato pendolari. Perché i passeggeri, adesso, hanno voce in capitolo. E, chiedendo l'attivazione di una Consulta dei pendolari come organo permanente, riconoscono impegno e fatti concreti.
«Le cose stanno funzionando decisamente meglio sui treni del Friuli Venezia Giulia», ammette Palese.
C'è, di sicuro, un clima diverso. Frutto, spiega l'assessore ai Trasporti, «di uno sforzo imponente che ha prodotto i primi risultati: non possiamo dire che tutto va bene, ma ci sono alcune cose che vanno meglio, ad esempio i treni sono più puntuali». In fatto di orari, infatti, i treni regionali superano di 2,5 punti la soglia media prevista dal nuovo contratto di servizio stipulato dalla Regione con Trenitalia nel luglio 2009, Nel dettaglio, come spiega De Benedetto, con l'obiettivo fissato a quota 91,40, a settembre 2010 in Fvg si è raggiunto il 93,78. Sotto la lente ci sono 16 treni, in particolare la tratta Udine-Trieste, sotto media con il 90,95.
Il nodo è quello della pulizia. Su cui si lavora: in corso di completamento entro novembre, anche con l'utilizzo dei 25mila euro di multa dovuti da Trenitalia, la pulizia straordinaria dei sedili. Ma la svolta è attesa il prossimo anno con la sostituzione delle tappezzerie di 12 mila sedili e l'arrivo delle nuovo parco rotabile: entro il prossimo anno i 4 nuovi Vivalto direttamente commissionati da Trenitalia e ad agosto 2012 i 9 elettrotreni forniti dalla spagnola Caf.
La Regione, sul fronte delle nuove offerte, è poi al lavoro per il miglioramento del trasporto transfrontaliero con il progetto Micotra, che, avviato nel 2010 con fondi Interreg, dovrà dare concreta attuazione ai collegamenti Udine-Villaco entro la fine del 2011. «Di successo - rimarca l'assessore - la sperimentazione dei treni speciali in occasione delle manifestazioni 2010 delle Frecce Tricolori, Friuli Doc e la Barcolana. Il lavoro sui treni è stato lungo e difficile - prosegue - e c'è ancora molto da fare ma ricevere riconoscimento per quanto ottenuto e fiducia da parte dei pendolari non era mai avvenuto prima».
La partita si sposta adesso sul fronte allargato dei collegamenti extraregione. «Lavori in corso», dice l'assessore sulla definizione dell'orario invernale (dal 12 dicembre) e sulla contropartita economica (nella Finanziaria dello scorso anno furono stanziati 3 milioni di euro) per difendere i collegamenti migliori con Milano e Roma: «Faremo tutto il possibile per salvaguardare tratte su cui abbiamo lavorato con impegno, che comunque non sono a rischio», aggiunge Riccardi. E ancora, facendo trapelare ulteriore ottimismo, anticipa: «Credo che gli orari saranno più o meno confermati».
(m.b.)
 

 

Krsko e bonifiche, Regione in pressing su Roma - Tondo: «Incontrerò Romani sul nucleare. I Sin hanno fallito, si deve cambiare»
 

”GOVERNINCONTRA” CON ROTONDI. CALLIGARIS: LE PRIORITÀ SONO FISCO E INFRASTRUTTURE
TRIESTE Chiede di rivedere la politica delle bonifiche perché i Sin, i siti d’interesse nazionale, hanno fallito. Non solo a Trieste: «Ci vogliono investimenti talmente elevati che non si parte. L’ottimo è il nemico del bene. E quindi si deve avere il coraggio di rivedere gli strumenti». Rivendica il potere di modulare le aliquote fiscali in Friuli Venezia Giulia aiutando chi soffre di più, come la montagna o le aree di confine: «Sono pronto ad assumermene la responsabilità». Prepara una nuova trattativa con Roma sui finanziamenti della sanità: «Siamo l’unica Regione che, avendo scelto la strada della completa autonomia, si autofinanzia e non batte cassa a fine anno. Ma subiamo le scelte nazionali su farmaci e costi del personale». Infine, da carnico testardo, non molla sulla partecipazione italiana al raddoppio di Krsko: «Occorre un intervento molto forte del governo sulla Slovenia. Mi riprometto di incontrare, appena possibile, il ministro Paolo Romani».
Renzo Tondo non perde l’occasione: Gianfranco Rotondi sbarca a Trieste con ”Governincontra”, format istituzionale con cui il ministro per l’Attuazione del programma si propone come un ”grande orecchio” all’ascolto del territorio, e il governatore del Friuli Venezia Giulia fa la sua parte. Plaude alla «collaborazione ampia e produttiva» che, finora, c’è stata con Roma. Ma guarda avanti. Ai nodi da sciogliere. Alle battaglie da fare.
”Governincontra” va in scena al teatro Verdi. Fuori, sotto la pioggia, una protesta di poliziotti: il nascente sindacato Uil polizia lamenta i tagli massacranti decisi a Roma. Dentro, al caldo, molte autorità e sedie vuote. Ettore Rosato, deputato del Pd, arriva, registra, attacca: «Siamo al vuoto di sedie e di idee». Ribatterà, più tardi, il deputato del Pdl Franco De Luca: «”Governincontra” non è un comizio e non ha bisogno di una platea gremita, ma di livelli istituzionali presenti. E Trieste c’erano tutti, dal sindaco al governatore alle categorie».
Intanto, non appena arriva, Rotondi non lesina battute sulla ”tempesta romana” in atto. Sulla crisi minacciata: «Il governo è, per sua natura, un servizio temporaneo». Sul governo tecnico: «Silvio Berlusconi è lì da vent’anni. Dove lo trovano uno più tecnico di lui?». Su Sergio Marchionne: «Le sue parole non sono un’offesa agli italiani, ma un atto d’amore». Poi, il ministro entra in sala e apre i lavori: il sindaco Roberto Dipiazza porta il saluto di Trieste, il prefetto Alessandro Giacchetti scatta una fotografia su luci e ombre del Friuli Venezia Giulia. Più luci che ombre, come sintetizza Giovanni Marzini, in veste di moderatore. Il prefetto ricorda infatti che la pubblica amministrazione funziona, come i servizi, mentre i reati calano: «Nel 2010 la diminuzione complessiva è del 4,5% rispetto al 2009». Preoccupa, piuttosto, l’occupazione. E l’economia: il presidente Alessandro Calligaris - intervenendo dopo il direttore della Sissa, Stefano Fantoni, che auspica l’approvazione della riforma universitaria («adeguatamente finanziata») - mette l’accento sulla ripresa ancora lenta. Denuncia lo «scarto» tra le priorità degli imprenditori e della politica con i primi che vogliono la riforma del fisco, della burocrazia, del mercato del lavoro, dell’istruzione, mentre la seconda litiga sul lodo Alfano. Solleva con forza la necessità delle infrastrutture, dal superporto Unicredit alla piattaforma logistica, dalla terza corsia alla Tav. Calligaris non risparmia una stoccata al Veneto: «È importante che decida cosa vuol fare». Tondo, a distanza, rassicura: «Luca Zaia ha garantito che il tracciato è definito. Se la Tav non va avanti, il problema è soprattutto il Piemonte».

(r.g.)
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12, e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30 (telefono 36675239111 - www.legambientetrieste.it).
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 25 ottobre 2010

 

 

Un comitato scientifico per Porto Vecchio - Sarà costituito da alcuni degli esperti presenti al convegno sui waterfront - Dopo la tre giorni internazionale
 

Con le visite guidate ai siti di archeologia industriale di Monfalcone, Torviscosa, e all’ex Centrale elettrica di Malnisio si è concluso l’altro giorno il convegno internazionale "Port and industrial patrimonies in Friuli Venezia Giulia" che nell’arco di tre giorni ha visto la presenza a Trieste e nella regione di numerosi e qualificati esperti internazionali, tecnici e accademici, dell’urbanistica e della progettazione applicate alla riqualificazione dei waterfront. Oltre ai rappresentanti delle istituzioni locali e regionali ai lavori è intervenuto l’onorevole Vittorio Sgarbi che, dopo un sopralluogo al Porto Vecchio di Trieste, ha promosso il magazzino 26 a una delle sedi della Biennale diffusa che verrà realizzata nel 2011 in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia. «Sapevo del restauro del magazzino 26, ma non immaginavo una qualità così elevata. È bellissimo, superiore alle mie aspettative, meglio della Biennale di Venezia. A fianco del padiglione Italia a Venezia, il 26 può diventare una delle sedi più ragguardevoli della Biennale “diffusa” che realizzeremo il prossimo anno», aveva osservato Sgarbi venerdì scorso, dopo il sopralluogo sul posto.
Al termine del convegno gli organizzatori e alcuni dei più qualificati partecipanti - si legge in una nota -hanno costituito un Comitato scientifico per la direzione dell’intero progetto e del processo di riqualificazione del Porto vecchio di Trieste. Fra i componenti, per l’Italia, Antonella Caroli, gli architetti Roberto Pirzio-Biroli, Roberto Di Paola, Barbara Fornasir e i professori Serio Zevi, Manlio Marchetta e Massimo Bertollini. Per la Germania Dirk Schubert e Jurgen Bruns Berentelg, per la Polonia Piotr Lorens, e per il Portogallo Pedro Rossano Garcia.
Nel corso del convegno sono emerse precise indicazioni sulle modalità e le procedure da seguire nella riqualificazione del Porto Vecchio. Il presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Francesco Karrer, ha invitato a osservare una logica di tipo integrato, pensando anche agli effetti della riqualificazione delle aree circostanti della città.
Il direttore generale del Ministero per i Beni e le attività culturali, Mario Lolli Ghetti, ha rimarcato la necessità che il Polo museale del Porto vecchio sia gestito direttamente dal Ministero dei Beni culturali. Sullo stesso concetto si è soffermato Alvise Benedetti, consigliere nazionale di Italia Nostra, rivendicando la restituzione della gestione del Polo museale alla sezione triestina di Italia Nostra che ne è stata la proponente.
Proprio nella giornata di oggi - ricordano gli organizzatori del convegno - scade frattanto il protocollo d’intesa sul Polo museale, firmato tre anni fa dal Ministero per i Beni e le attività culturali, dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dall’Autorità portuale di Trieste. In proposito i vari rappresentanti istituzionali presenti al convegno «si sono tutti dichiarati a favore del suo rinnovo», chiude la nota, e di una rapida conclusione dei lavori di restauro della centrale idrodinamica e della sottostazione elettrica di riconversione.
 

 

La fame di posteggi ”sfratta” l’Arci di via San Michele - RICAVATI TRE BOX AUTO
 

La fame insaziabile di posti auto in centro città ha mietuto un’altra vittima: il Circolo Arci di via San Michele 24b, luogo di ritrovo giovanile che dal lontano 2006 propone iniziative culturali di vario genere e musica dal vivo, ha chiuso i battenti. Il proprietario del locale, infatti, dopo averlo concesso in affitto per tanti anni ai ragazzi dell’associazione, ha deciso di ristrutturarlo e destinarlo a un’attività sicuramente più redditizia. Al posto del circolo, completamente smantellato, verranno costruiti tre box auto di 14, 19 e 21 metri quadri, che rivenduti in una zona dove la carenza di parcheggi è cronica frutteranno al proprietario molto di più della pigione che potrebbe venire richiesta per un qualsiasi esercizio commerciale: circa 40 mila euro l’uno.
Nella zona di via san Michele e nelle strade circostanti trovare un posto dove poter parcheggiare la propria vettura regolarmente, senza il rischio di incorrere in multe salatissime, è ormai un’utopia. Che per i residenti si trasforma in odissea: un viaggio senza fine tra vicoli e vicoletti alla ricerca del tanto agnognato posto auto. «Può succedere di dover girare anche per mezz’ora - racconta il proprietario di un appartamento in via Madonna del mare - prima di riuscire a trovare un buco libero. Per questo l’auto cerco di usarla il meno possibile, solo per gli spostamenti fuori città».
E così nella zona le multe impazzano, assieme ai prezzi dei box e dei posti auto coperti e scoperti (dai 30 ai 45mila euro). Altissimi anche gli affitti: una mensilità costa dai 100 ai 150 euro.
«Capisco la scelta del proprietario del locale - interviene Alberto Pecorari, dell’associazione Arci -: noi pagavamo un affitto relativamente basso, e comunque ci trovavamo a fine mese sempre con l’acqua alla gola, perciò quella di lasciare il posto è stata una decisione condivisa». Ma gli aficionados del Circolo 24b, almeno loro, possono stare tranquilli. Spiega Pecorari: «Siamo in trattative per riaprire i battenti, insieme ad altre realtà associazionistiche, in una zona limitrofa».
Giulia Basso
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 ottobre 2010

 

 

Partite da Duino le cozze tossiche finite a Torino - Perquisita la cooperativa del Villaggio del Pescatore ”Colmi seconda”. Indagato l’amministratore
 

Per il pm Guariniello la società avrebbe commercializzato mitili dopo lo stop imposto dall’Ass
DUINO AURISINA Le cozze con la tossina Dsp che hanno mandato all’ospedale lo scorso 18 settembre non meno di 150 persone tra il Piemonte la Valle d’Aosta sono targate Villaggio del Pescatore. Secondo il pubblico ministero della Procura di Torino Raffaele Guariniello quei mitili ”inquinati” dalla tossina algale liposolubile responsabile di una grave forma di diarrea, sono infatti partiti dalla cooperativa «Colmi seconda», per questo già passata al setaccio dagli inquirenti.
Il blitz dei carabinieri inviati dal magistrato di Torino è scattato l’altra mattina. I militari si sono presentati nella sede dell’azienda al numero 71 del Villaggio del Pescatore. Il reato ipotizzato a carico dell’amministratore Italo Minca, 60 anni, è commercio di sostanze nocive e falso. È stata perquisita anche la sua abitazione a Monfalcone.
La cooperativa finita nel mirino della procura di Torino non ha nulla a che fare con l’Ittiturismo che si trova al Villaggio del Pescatore ed è gestito da Franco e Mario Minca, fratelli di Italo.
Secondo le indagini la «Colmi seconda» avrebbe prelevato successivamente allo stop ordinato dall’Azienda sanitaria i mitili dalla zona ”09Ts”. L’area era stata dichiarata off-limits dal servizio veterinario dell’Ass lo scorso 31 agosto. Per riuscire a bypassare il divieto, secondo l’accusa, la cooperativa avrebbe modificato le date stampate sulle confezioni di cozze. Una contraffazione sui certificati relativi alla provenienza, che avrebbe finito poi per trarre in inganno i grossisti e i distributori. Un trucco che il pm torinese Guariniello aveva fin da subito ipotizzato.
In un mese di indagini è stato ricostruito l’itinerario delle cozze dal Villaggio del Pescatore fino in Piemonte. In pratica, in forza dei certificati contraffatti, le cozze pescate nelle zone vietate sono state depositate nella struttura di Rovigo e poi inviate a Torino dove una prima partita è stata venduta al mecato del pesce.
«Non ho nulla da dire su questa storia». È stata questa l’unica dichiarazione dell’amministratore Italo Minca. Non ha nemmeno voluto indicare il nome del legale al quale si è affidato e bruscamente ha interrotto la comunicazione telefonica.
Lo stop della raccolta dei mitili in golfo era scattato lo scorso 16 settembre con un’ordinanza firmata dal veterinario responsabile, Maurizio Cocevari. Ma, nelle settimane precedenti, erano state imposte sospensioni mirate in una serie di aree costiere in cui erano già stati accertati casi di presenza della biotossina e una di queste era proprio quella relativa all’area 09Ts.
In seguito, di fronte all’emergenza, era stato anche ordinato il ritiro dal commercio delle cozze portate nei centri dopo il 13 settembre. Ma era emerso che, dal 12 al 16 settembre, erano stati smerciati da Trieste mille quintali di cozze. Destinazione i mercati di Chioggia e Goro. Da qui i sospetti di Guariniello sulla provenienza dei mitili tossici. Sospetti che l’altro giorno hanno avuto una prima conferma. Quella relativa alla cooperativa «Colmi seconda».
CORRADO BARBACINI
 

 

Riduzioni Co2, in Istria ”Patto” tra cinque città
 

POLA Cinque città istriane hanno aderito al ”Covenant of Mayors”, ossia al ”Patto dei sindaci” che impone la riduzione del 20% delle emissioni di anidride carbonica (Co2) entro il 2020. Si tratta di Pola, Rovigno, Parenzo, Pinguente e Albona.
L'adesione al Patto è il primo passo verso la realizzazione del progetto ”City Sec”, ideato e promosso dalla Società di sviluppo della Regione Marche Svim, finanziato dall'Agenzia europea per la competitività e l'innovazione nell'ambito del Programma Energie intelligenti per l'Europa. Entro la fine di marzo 2011 le citate città dell’Istria croata dovranno presentare un'analisi sulla situazione attuale delle emissioni inquinanti, in base al quale verrà elaborato un Piano d'azione sullo sviluppo sostenibile. Come detto, l'obiettivo finale è la riduzione del 20% di Co2. Ciò vuole dire che a parità di fabbisogno energetico bisognerà ricorrere a fonti alternative e rinnovabili per ridurre i livelli d’inquinamento atmosferico.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 ottobre 2010

 

 

Piano regolatore sospeso, in bilico 52 progetti edili - Il Comune: «Tutto bloccato da un ricorso». La preoccupazione dei costruttori
 

Lega, Ud, bandelliani e centrosinistra pronti alla riadozione, mentre Forza Italia e An sono contrari a un’eccessiva ”cementificazione”
Che fine ha fatto il Piano regolatore? La variante 118 al Prg adottata ma non approvata sta sopravvivendo, anzi vegetando, nella lista delle proposte di deliberazione sulle quali il Consiglio comunale, prima o dopo, dovrà esprimersi. È il segnale che, in burocratese parlando, il nuovo Prg adottato nel 2009 non è stato mai formalmente ritirato e risulta, anzi, sospeso. A tempo indeterminato. In attesa di un’ultima parola che non arriva. Un’ultima parola che spetta a Roberto Dipiazza, chiamato a scegliere tra la riadozione o la prosecuzione di un piano già sostanzialmente modificato dalle 19 osservazioni della Regione e pure indebolito dalla sentenza del Consiglio di Stato che ha dato ragione una volta per tutte all’Ordine dei geologi sul mancato bando per lo studio idrogeologico. Senza trascurare una terza alternativa, l’oblio sic stantibus rebus e il passaggio di testimone al suo successore. Tra ritiro e sospensione, d’altronde, c’è di mezzo un mare. Un mare di progetti edilizi - 52 in tutto, di cui 27 piani particolareggiati e 25 permessi a costruire - attualmente bloccati dai regimi di salvaguardia.
LE SALVAGUARDIE Si tratta di meccanismi di tutela del territorio dall’eventuale avanzata di cemento, scattati automaticamente il 5 agosto 2009, quando il Consiglio comunale adottò appunto la variante 118. Ciò significa che in vari punti della città dove il Prg adottato è andato a modificare le destinazioni urbanistiche del vecchio Prg vigente - dal crinale carsico alle cosiddette zone urbane di pregio - se le cubature consentite sono diminuite i progetti edilizi allora devono attenersi ai nuovi indici, se invece sono aumentate i costruttori devono rispettare gli indici vecchi. Un regime transitorio che, in assenza di un’approvazione o di un ritiro del Prg adottato, continuerebbe fino all’agosto prossimo, quando sarebbero trascorsi due anni dall’adozione.
I TERRENI PRIVATI Non solo: oltre ai cantieri (e dunque a un pezzo rilevante dell’economia cittadina) che non girano, l’impasse sta gravando su quelle centinaia di privati che si sono visti retrocedere il terreno da edificabile ad area verde, con conseguente deprezzamento, costretti nel frattempo a pagare l’Ici fino al giorno in cui, eventualmente, il nuovo Prg verrà definitivamente approvato.
IL DIBATTITO Costruttori e progettisti scalpitano, insomma, agitando l’evenienza di un collasso dell’occupazione. Ma scalpitano anche i piccoli proprietari. In questo ginepraio di scelte scomode alla vigilia della campagna elettorale, esiste già un ampio fronte che spinge per la riadozione del Prg, cosa che presumibilmente - ma anche qui le interpretazioni non sono univoche - comporterebbe il ritiro formale della variante 118 adottata nel 2009, l’avvio di un’ulteriore procedura preparatoria in Regione e, di conseguenza, la decadenza dei regimi di salvaguardia.
Di questo fronte fanno parte la Lega col capogruppo Maurizio Ferrara e i bandelliani di Un’altra Trieste oltre al civico d’opposizione Roberto Decarli. E c’è poi l’Udc Roberto Sasco, che, sibillino, afferma che «il centrosinistra non è pregiudizialmente contrario». «Nulla è deciso, è escluso che facciamo ostruzionismo, tornare al piano Illy sarebbe impensabile», ammette Fabio Omero dal Pd. «Niente in contrario alla riadozione, ma siamo consapevoli che apriamo almeno 52 finestre per altrettanti progetti edificatori?», frena il capo dei berluscones Piero Camber. Il quale dice di voler aspettare, e come lui Antonio Lippolis per gli ex An, «una relazione degli uffici». Nulla di muoverà, presumibilmente, fino a fine anno, a sentire Dipiazza: «Non posso bloccare la città né tornare alla variante 66. Ma devo attendere il pronunciamento del Tar sul ricorso presentato da un cittadino».
L’ATTESA Il sindaco si riferisce al ricorso della Arch.edil del geometra Aldo Cocolet - tra i soggetti impreditoriali più penalizzati dalla variante 118 che ha reso inedificabile il 70% di un terreno nei pressi di Opicina - ricorso che fa leva sulla sentenza del Consiglio di Stato contro lo studio idrogeologico fatto in casa dal Comune.
L’udienza di merito è fissata al 24 novembre. Poi la politica aspetterà la sentenza. E la città aspetterà la politica.
PIERO RAUBER
 

 

«Prg e le sue salvaguardie, paletti insuperabili» - Donatello Cividin: la città vive di rallentamenti come il nodo bonifiche
 

«Questa variante al Piano regolatore generale è ferma e non si sa quale potrà essere da qui in avanti il suo destino. L’unica certezza che abbiamo, a oggi, sono le sue salvaguardie». Per Donatello Cividin, il presidente del Collegio costruttori cittadino, l’ansia che sta montando pubblicamente nelle forze politiche favorevoli alla riadozione del Prg - per far cadere proprio i regimi di salvaguardia e far girare l’economia cittadina - se non è un invito a nozze poco ci manca.
«Ma la mia posizione non vuole dipendere dalla politica», precisa lo stesso Cividin, il quale parte dall’urlo di dolore lanciato solamente 24 ore prima dai vertici nazionali dell’Ance a proposito di un calo degli affari, per il settore, del 12% su scala italiana.
«Noi a Trieste - rileva infatti Cividin - rispetto al resto del Paese in fondo in fondo ancora vivacchiamo, anche se non sappiamo se, come e quando le cose cambieranno, forse in peggio. Bene, in un momento in cui appunto vivacchiamo, con difficoltà, si consolidano paletti che stanno diventando insuperabili. Perché al di là del nodo del sito inquinato, dove gli eventuali lavori edilizi risultano bloccati sine die, dall’anno scorso si è aggiunto il Prg con le sue salvaguardie. Possiamo legittimamente presumere, a questo punto, che con ogni probabilità nulla cambierà fino alle prossime elezioni. È che non possiamo neppure sapere, peraltro, quali idee in materia avrà il prossimo inquilino di piazza Unità».
«Anche se volessimo prescindere poidalle valutazioni di merito sul Prg - aggiunge il numero uno locale dei costruttori - ne stiamo comunque registrando un rallentamento dell’iter, che non ci dà la possibilità di programmare ciò che si può fare e tralasciare le cose che invece sono proibite. Si può affermare che si tratta di un rallentamento amministrativo che si verifica in una città che già vive di rallentamenti. Se non è la burocrazia a muoversi direttamente per sconfiggere le sue stesse proverbiali caratteristiche negative, chi è che ci può dare una mano?».

(pi.ra.)
 

 

E il terreno vicino alla casa del sindaco non è più edificabile - L’avvocato Mocnik al Tar: la sua proprietà di via Plinio, a Grignano, è diventata area boschiva
 

DIPIAZZA ASSICURA DI NON AVER ALCUN VANTAGGIO
La sua discussione al Tar non è neppure ancora calendarizzata - a differenza di quello della Arch.edil - eppure è già uno spettro che si agita tra i pastini della costiera e piazza Unità. È un secondo ricorso contro la stessa variante 118 presentato da un gruppo di piccoli proprietari - e tra questi figura Peter Mocnik, uno dei leader storici dell’Unione slovena - che si dividono la titolarità di un terreno sopra Grignano, in prossimità della biforcazione tra via del Pucino e via Plinio. «La nostra - attacca Mocnik - è un’area formalizzata come edificabile sin dal primo Piano regolatore di Trieste, e che la variante 66 approvata in epoca Illy già ha ridotto alla sola parte del frontestrada. È da sei o sette anni che, avendo presentato un piano particolareggiato per costruire degli edifici in linea con le regole, dobbiamo fare i conti con un Comune che ogni mese ci chiede una carta in più, facendo di fatto ostruzionismo. Ci sono per questo già in piedi quattro ricorsi, di cui uno straordinario al Presidente della Repubblica. Il problema è che poi l’ultima variante, la 118, ha tolto direttamente l’edificabilità all’area di nostra proprietà. Nel ricorso al Tar è stata quindi evidenziata una certa discrasia rispetto ai terreni attigui, che sono sì agricoli ma pure edificabili». In effetti - sovrapponendo le planimetrie delle variante 66 e 118 - il Prg adottato nel 2009 trasforma quel pezzo di terra da classe C2 ”zone urbane di espansione a bassa densità edilizia” a destinazione E2 ”zone agricole e forestali ricadenti negli ambiti boschivi”. Il riferimento, implicito fino a un certo punto, ai «terreni attigui» porta alla proprietà di Roberto Dipiazza. Là dove - sempre sovrapponendo le planimetrie del Prg vecchio ma in vigore e del Prg nuovo ma ancora da approvare - si passa da zona U2c ”verde privato di pubblico interesse” a classe E4b ”zone agricole e forestali ricadenti negli ambiti di interesse paesistico della Costiera triestina”. «Lo giuro su mia madre, macché trasformazioni di favore, anzi, semmai è il contrario ed è giusto così...», si inalbera il sindaco. «Quel terreno è tutto a vocazione agricola - aggiunge Dipiazza - ed è il peggio che ti può capitare se punti a guadagnarci».
Ma cosa prevede nelle norme tecniche di attuazione, la variante 118, per le zone E4b? Se si cerca sul portale del Comune, si trova la risposta. Ammette «attività agricola, ivi compresa quella abitativa degli agricoltori a titolo professionale». E ancora: «In queste zone è consentita la realizzazione di edifici per la residenza agricola, l’agriturismo, il deposito attrezzi e rimessaggio nonché i ricoveri per il bestiame. L’indice di fabbricabilità fondiaria è di 0,03 mc per mq», mentre quello «di copertura è del 10%». «L’altezza massima consentita per tutti gli interventi edilizi - si legge ancora nel documento - è di 6,50 ml».

(pi.ra.)
 

 

Ferriera, ultimatum dei sindacati a Dipiazza - Hanno invaso la sala della giunta. «Confermo l’interesse di un imprenditore»
 

Sono andati fino alla sala della Giunta comunale, attorniati da poliziotti in divisa e in borghese. Si sono seduti e hanno aspettato Dipiazza. I sindacati avevano dato un ultimatum: dov’è finito l’imprenditore che sembrava dover rilevare la Ferriera e farla produrre fino alla data di chiusura? Dove sono i tanti tavoli istituzionali, le promesse e le riconversioni d’azienda, mentre a Servola i lavoratori ormai si sentono abbandonati, sfiduciati, stretti tra la paura della disoccupazione, la proprietà russa che vuol vendere, e i debiti con le banche di Lucchini?
Alla fine Dipiazza, fortemente sollecitato, ha dato conferma: «Un imprenditore in trattativa per l’acquisto della Ferriera c’è. I discorsi sono ripresi dopo l’estate». Il nome? Non si può fare. Turberebbe la riservatezza dei colloqui. E ha promesso di chiedere subito alla Regione la riapertura dell’ennesimo tavolo, quello che dovrebbe arrivare alla firma di un accordo di programma con enti e aziende per la ricollocazione (incentivata) dei lavoratori. Intanto è anche cambiato assessore: alle Attività produttive è uscito Luca Ciriani ed è entrata Federica Seganti.
La delegazione di operai e quadri era in piazza Unità, sotto il Municipio. Non un enorme gruppo, quelli presenti (anche già pensionati) si guardavano intorno un po’ delusi. Mischiati con gli operai anche consiglieri comunali (Decarli, Barbo, Frömmel e Porro assieme al loro nuovo leader Franco Bandelli), e il segretario del Pd, Roberto Cosolini. Hanno aspettato che i sindacalisti - con quelli della Ferriera anche i segretari provinciali Visentini della Uil e Bordin della Cisl - tornassero indietro con la buona o con la cattiva notizia.
«Noi non vogliamo finire di nuovo strumenti di campagne elettorali - aveva detto col megafono Franco Palman, Rsu Uil - se non abbiamo risposte chiare noi combatteremo affinché la Ferriera non venga chiusa».
Alla fine di una lunga sessione a porte chiuse, ma da subito molto tesa come riferiscono i sindacati, Dipiazza ha accettato anche la seconda condizione: scendere in strada. «Deve metterci la faccia» avevano chiesto gli operai. E ha ripetuto i due punti di programma.
Per Visentini «un incontro utile, ha portato qualche novità, ma adesso bisogna verificare con l’azienda se la trattativa con questo imprenditore c’è davvero, e come va».
«Noi chiederemo subito un incontro con Francesco Rosato, oggi direttore del gruppo a Piombino - detta Palman a cose finite -, abbiamo bisogno di concretezza. Il sindaco ha cominciato a parlarci di tempi difficili, di crisi generale, ha detto che Trieste è un’isola felice, e allora sono volate davvero parole forti - aggiunge il sindacalista -, gli ho chiesto chiaro e tondo ”ma che cosa sta dicendo, non è proprio la politica che vuol chiudere la Ferriera?”. Ma lo sa il sindaco che siamo già nel 2011, che il 2015 è qui, siamo alla vigilia di una chiusura è non è successo ancora niente? Gli ho detto che nello stabilimento tutti si sentono presi in giro, e mi sono veramente arrabbiato quando ha assicurato che finché lui è sindaco ci penserà. Bravo, e il giorno dopo?».
Per Palman un’altra seria criticità è il giro di sedie in Regione: «Ogni due mesi cambia un assessore, questo è il colmo della burocrazia. Ci aspettiamo per la prossima settimana una convocazione in Regione, e soprattutto vogliamo fatti chiari su questa trattativa: se non va in porto con un nuovo acquirente, noi siamo già chiusi, per via dei debiti con le banche. E allora a quel punto davvero gli operai ribalteranno tutto, prenderanno iniziative pesanti».
GABRIELLA ZIANI
 

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 ottobre 2010

 

 

«La Ferriera? Una centrale per il riciclo» - La proposta di Bevilacqua della Uil Vigili del fuoco per salvare i posti di lavoro
 

Come l’impianto di Vedelago
Riciclo dei materiali. E’ questa la parola chiave per il futuro della Ferriera. Riconvertire lo stabilimento, oggi oggetto di pesantissime critiche sotto il profilo dell’inquinamento atmosferico, per trasformarlo in un centro regionale di riciclo, con prospettive di importanti risultati sul piano del risparmio energetico e della riconversione dei lavoratori oggi impiegati. E’ questa la proposta formulata ieri da Adriano Bevilacqua, fino a pochissimi giorni fa esponente di Italia dei valori e presentatosi ieri "a titolo personale", dopo le dimissioni dal partito, in qualità di esperto della materia. «I numeri - ha detto Bevilacqua - sono chiari. Basandoci su esperienze maturate in altri centri di questo tipo, in particolare in quello di Vedelago, in provincia di Treviso, si può affermare che, per riciclare i rifiuti prodotti da un milione e mezzo di persone, servono 9mila addetti, fra operatori diretti e indotto. Certo - ha aggiunto - servono dai cinque ai sei milioni di euro di investimenti per riconvertire lo stabilimento di Servola in centro di riciclo, ma e’ ora che questa città perda il vizio del ’no se pol’, per diventare quella del ’se pol’ per il benessere collettivo». Bevilacqua, nella stesura della relazione presentata ieri a una sala molto affollata, nella quale erano presenti molti politici locali, si e’ avvalso della collaborazione di Aurora Mischi, del Coordinamento del Tavolo tecnico rigassificatori Trieste. «La chiusura della Ferriera - ha sottolineato l’ex esponente del’Italia dei valori - e’ prevista entro il 2015, e il nuovo centro godrebbe già di spazi, manodopera e risorse disponibili». Citando poi la "Safe", acronimo per "Sicurezza, ambiente, futuro, energia", Bevilacqua ha affermato che «si tratta di una sigla sotto la quale si può cominciare a ragionare finalmente al di fuori degli schemi precostituiti che tanto hanno nuociuto a Trieste». Passando poi a un tema più squisitamente politico, il relatore ha dichiarato di non voler più «adeguarsi a regole dettate da politici che privilegiano il guadagno individuale al buon governo. Sembra - ha proseguito - che non si voglia affrontare e risolvere i problemi, ma creare opinione per un tornaconto personale. Una prima rivoluzione sarebbe proprio quella di riuscire a riconvertire lo stabilimento di Servola e i suoi addetti, indotto compreso, dimostrando, forse per la prima volta in questa città, che si può fare qualcosa di concreto. A mio avviso - ha continuato Bevilacqua - non bisogna farsi indurre a dover scegliere fra tutela dell’ambiente e conservazione dei posti di lavoro, ma garantire entrambi. Realizzando a Servola un centro per il riciclo - ha evidenziato - si assicurerebbero i residenti, che finalmente potrebbero finalmente respirare un’aria migliore, e al contempo garantire a quanti oggi trovano sostentamento dal lavoro in Ferriera o nell’indotto un futuro professionale». Bevilacqua ha infine citato alcuni numeri riferiti al centro di Vedelago, da lui visitato in agosto: «In quello stabilimento - ha concluso - lavorano 64 persone con stipendi medi che vanno dai 1.200 I 1.500 euro al mese. La popolazione residente paga meno costi per la raccolta dei rifiuti in quanto il riciclo funziona e l’atmosfera e’ molto più respirabile».
Ugo Salvini
 

 

«L’acqua è un bene non commerciabile» - Verdi e Pd sbarrano la strada alla privatizzazione. Petizione dei ”grillini”
 

L’acqua è un ”bene comune essenziale e un diritto umano universale”. Il servizio idrico integrato è ”un servizio pubblico locale, privo di rilevanza economica e come tale la sua proprietà e la relativa gestione devono essere pubbliche e improntate a criteri di equità e solidarietà”. Va da un contenuto tecnico a una dichiarazione dai chiari risvolti politici, la mozione a difesa dell’acqua pubblica presentata in Consiglio comunale dal centrosinistra e approvata con 19 favorevoli, 14 contrari e 2 astenuti.
Con essa si impegna il sindaco Dipiazza a modificare l’articolo 6 dello Statuto comunale. «Il centrodestra - ha spiegato Alfredo Racovelli, consigliere dei Verdi - vorrebbe privatizzare il servizio, allo scopo di fare cassa con un bene che invece è della collettività». «Questo comportamento - ha affermato Iztok Furlanic, consigliere e segretario di Rifondazione comunista - evidenzia ancora una volta che oramai non c’è più una maggioranza capace di governare la città. Fortunatamente l’acqua non è un bene sul quale si può speculare». Sulla necessita di ribadire il concetto in base al quale l’acqua è un bene non commerciabile, «in primavera, salvo imprevisti - ha ricordato Racovelli - sarà organizzato un referendum.
Un referendum per il quale - hanno dichiarato Tiziana Cimolino, coordinatrice provinciale per il Forum per l’acqua pubblica, Luciano Ferluga del Comitato Danilo Dolci e Sergio Senni di Bioest - stiamo lavorando intensamente, in quanto convinti della necessità di conservare questo bene universale, senza gravarlo di balzelli che deriverebbero dalla sua privatizzazione». Roberto Decarli, capogruppo dei Cittadini, tornando sull’aspetto politico del voto in aula, ha rammentato che «entro 45 giorni dall’approvazione della nostra mozione, dovrà essere adottata una delibera consiliare per arrivare alla modifica dello Statuto comunale». Lino Santoro, di Legambiente, ha evidenziato che «meglio sarebbe che la maggioranza si occupasse delle perdite della rete idrica, oggi arrivate al picco del 53 per cento, piuttosto che a tentativi di speculazione».
E proprio in merito alla mozione approvata in Consiglio comunale, i Grillini sottolineano che «la petizione popolare a difesa dell'acqua pubblica è stata presentata lo scorso 10 giugno dal gruppo Beppe Grillo di Trieste, con il sostegno di cittadini e altre associazioni attive sul territorio. Allora furono ben 1072 i cittadini che sottoscrssero la petizione, che ha l’obiettivo di inserire un nuovo articolo nello statuto comunale per affermare il diritto universale all’acqua, contro la privatizzazione del servizio idrico». In qualità di primo firmatario e di rappresentante del gruppo Beppe Grillo Trieste e della lista civica Trieste 5 stelle, Paolo Menis era interventuo proprio in Consiglio comunale, per illustrare i contenuti della petizione.
(u.s.)

 

 

Muggia, il caso antenne davanti a un bivio - DOPO L’ASSEMBLEA PUBBLICA SULLA QUESTIONE DELL’INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO
 

Doppia soluzione prospettata: due tralicci decentrati o la rimozione di nove impianti
«Il percorso che abbiamo intrapreso è ancora lungo ma siamo pronti ad intraprendere una battaglia legale contro chi cercherà di ostacolare la garanzia della salute dei nostri cittadini». Si è concluso quasi con un proclama da parte del sindaco di Muggia Nesladek e della presidente della Provincia Bassa Poropat la folta assemblea indetta alla scuola di Chiampore per discutere del problema dell’inquinamento elettromagnetico legato alle numerose antenne presenti nella frazione muggesana.
LA SITUAZIONE Attualmente a Chiampore sono posizionati 16 tralicci sui quali sono installate 63 emittenti: 33 radio e 30 televisive. Circa il 50% delle installazioni hanno la conformità urbanistica prevista per legge, la restante quota è invece sostanzialmente “fuori norma”. Come ha spiegato per conto del Comune l’architetto Paolo Lusin «per le antenne in regola (ad esempio quelle della Rai e di Mediaset, ndr) non vi è alcuna possibilità di rimozione coatta: bisogna invece trovare una soluzione per gli irregolari». Paradossalmente però le antenne che attualmente non sono a norma sono comunque considerate un servizio pubblico e quindi non possono essere abbattute del tutto, ma potranno - e dovranno - essere spostate.
DELOCALIZZAZIONE I tecnici del Comune, su suggerimento del residente Livio Postogna, hanno valutato concretamente un possibile parziale decentramento delle antenne attraverso l’installazione di due tralicci in due aree distanti almeno un chilometro dai centri abitati. Le aree individuate sono una in zona Fortezza, in direzione Trieste ed una in zona Santa Barbara, vicino alle cave. La proposta è stata già sottoposta dal Comune agli enti interessati, ma con risultati “poco incoraggianti”. Il Ministero per lo Sviluppo economico Dipartimento per le comunicazioni ha bocciato tale ipotesi perché le nuove antenne andrebbero ad interferire con i segnali della Slovenia. Scetticismo è stato espresso dalla platea su tale parere: le attuali antenne di Chiampore sono collocate ad una distanza minore dalla vicina Repubblica rispetto a quelle proposte dal Comune.
Il secondo “niet” è arrivato poi dai gestori delle antenne perché la zona della Fortezza sarebbe più bassa di 50 metri circa rispetto al posizionamento dei tralicci attuali. Per bypassare questo secondo aspetto la platea ha proposto come soluzione la creazione di un’antenna più alta (verrà proposto un traliccio di 80 metri invece che di 30) in maniera tale da mantenere i parametri in vigore attualmente a Chiampore. Per quanto riguarda invece l’area di Santa Barbara zona cave è emerso che sembrano vigere dei vincoli legati ai Beni paesaggistici e culturali a causa della necropoli ivi esistente. Almeno sulla carta però i vivi dovrebbero contare più dei morti, quindi i vincoli potrebbero e dovrebbero essere superabili, fermo restando che si potrebbe proporre un altro sito lontano da quello archeologico.
ACCORPAMENTO L’altra soluzione, proposta in questo caso dai proprietari dei tralicci e poi parzialmente modificata dai tecnici comunali, prevede una rivoluzione dello scenario attuale: nove antenne verrebbero tolte del tutto, ne sorgerebbero però altre due nuove e due verrebbero consolidate, ossia innalzate. Una soluzione che non risolverebbe il problema paesaggistico, ma che toglierebbe ben 38 dei 43 punti di sforamenti elettromagnetici. Di fatto questa è la soluzione più a breve termine e facilmente percorribile, un piano di azione che a detta del tecnico dell’Arpa Marzio Viola darebbe «una risposta concreta ai problemi fatti emergere dalla popolazione per quanto riguarda l’inquinamento elettromagnetico», ma che certo non cancellerebbe i problemi di natura prettamente paesaggistica.
RICCARDO TOSQUES
 

 

Una centralina itinerante per le misurazioni - DAL COMUNE A DISPOSIZIONE DEI CITTADINI. MA I DATI NON SONO UFFICIALI
 

Il fenomeno dell’inquinamento elettromagnetico in Italia è regolamentato in tre fasce di controllo. La prima che va da 0 a 6 volt/metro in cui non esiste alcun tipo di rischio, la seconda da 6 a 20 v/m considerata dal 2003 “soglia di attenzione”, la terza dai 20 v/m in su ritenuta invece a rischio per la salute. Tre sono anche i tipi di frequenze delle radiazioni elettromagnetiche: le basse (più pericolose per la salute) emesse dalle radio, le medie (televisioni) e le alte (telefoni cellulari). «Al di là dei valori di legge che costituiscono i paletti, da medico dico che il problema è molto simile a quello del colesterolo o della pressione arteriosa: è vero che ci sono dei limiti ma è sempre meglio averne il meno possibile», ha spiegato in qualità di medico il sindaco di Muggia Nerio Nesladek. C’è da ricordare poi il problema di carattere paesaggistico legato alle antenne, spesso dei veri e propri obbrobri, che di fatto comportano anche dei danni di natura economica ai residenti in quanto i terreni posti vicino ai tralicci causano un inevitabile deprezzamento delle proprietà in questione. Ricordando come legalmente l’unico sistema per misurare le onde sia avere le registrazioni dell’Arpa con tanto di contraddittorio da parte dei gestori delle antenne, un processo alquanto lungo e complicato (basti pensare che gli ultimi dati ufficiali sul monitoraggio delle onde risalgono al lontano 2005...), il sindaco Nesladek ha evidenziato come «un altro modo non ufficiale, ma che dà la reale situazione dello stato delle cose è usufruire della strumentazione tecnologica acquistata dal Comune», una centralina itinerante (costata circa seimila euro) atta a misurare le emissioni elettromagnetiche nelle singole case dei cittadini. A tale proposito il primo cittadino ha invitato i residenti interessati a sperimentare gratuitamente la centralina per una vera e propria campagna di monitoraggio a contattare l’ufficio Ambiente del Comune. Per ora già una ventina di chiamporini hanno aderito all’iniziativa.

(r.t.)
 

 

Sequestrati a Trieste 18 container di scarti - La ditta friulana Ecosol li voleva spedire in India Indagate 4 persone
 

TRIESTE Diciotto container della società Ecosol Friuli di San Quirino in provincia di Pordenone contenenti rifiuti sono stati sequestrati ieri mattina al Molo Settimo di Trieste dai carabinieri del Noe. Il blitz è stato disposto dalla Procura di Pordenone che ha contestualmente sequestrato l’intera azienda. I container, contenenti scarti di lavorazione della plastica, erano destinati alla Cina, ma sarebbero in realtà finiti in India grazie a documenti contraffatti.
I carabinieri del Noe hanno sequestrato anche sei autoarticolati, intestati alla Ecosol, utilizzati per il trasporto del materiale, l'immobile della società e il relativo impianto di trattamento. All'azienda sono anche stati sequestrati conti correnti per un valore complessivo di un milione di euro e il portafoglio titoli. Le quattro persone sottoposte a indagini, per l'ipotesi di reato di traffico nazionale e internazionale di rifiuti, sono i titolari della Ecosol e una collaboratrice cinese della ditta.
Il materiale contenuto nei container proviene da diverse aziende del Friuli Venezia Giulia e da altre regioni italiane. Formalmente i rifiuti dovevano essere solo stoccati dalla Ecosol che invece - secondo i risultati delle indagini dei carabinieri - provvedeva a inviarli illegalmente in India o in Cina. Infatti la gran parte dei container sequestrati al Molo settimo erano destinati in Cina dove le normative sullo smaltimento dei rifiuti sono meno severe. Altri erano destinati ufficialmente a Hong Kong. Dagli accertamenti dei carabinieri è emerso che venivano invece fatti sbarcare in India, nel porto di Mundria, in assenza di qualsiasi autorizzazione bilaterale e sfruttando documentazione contraffatta.
Tutto il materiale finito nel mirino è stato classificato come «speciale non nocivo». Le indagini sono partite circa sei mesi fa da una denuncia anonima.
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 21 ottobre 2010

 

Appello: prorogare le detrazioni del 55%

 

Alcuni cittadini hanno lanciato un appello rivolto al neo ministro per lo Sviluppo economico Paolo Romani e al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per chiedere la proroga delle detrazioni fiscali del 55% per gli interventi edilizi volti all’efficienza energetica degli edifici che sono in scadenza il prossimo 31 dicembre.
Ecco il testo integrale:
La detrazione fiscale del 55% per gli interventi volti a migliorare l'efficienza energetica degli edifici italiani è in scadenza il prossimo 31 dicembre.
Da più parti, e da diverso tempo, si sono susseguiti appelli e inviti al Governo per una proroga di questa agevolazione fiscale: prima le associazioni di categoria del settore, poi i sindaci e le Regioni, infine le commissioni Ambiente e Trasporti della Camera. Anche su internet i si è avviata da tempo una mobilitazione per la conferma del 55%. Più recentemente lo stesso Governo, per bocca del sottosegretario all'Economia e alle Finanze, Luigi Casero, ha riconosciuto la bontà di questa misura di incentivazione che peraltro - secondo i dati diffusi dalla Federazione Industrie, Prodotti, Impianti e Servizi per le Costruzioni - in 4 anni ha permesso un ritorno complessivo per il Sistema Paese di quasi 4 miliardi di euro superiore alla cifra non incamerata dallo Stato.
Si tratta di un provvedimento che ha reso possibile ai cittadini italiani di far eseguire interventi, spesso molto onerosi, di riqualificazione energetica delle proprie case contribuendo così non solo a evitare tonnellate su tonnellate di emissioni nocive in atmosfera, ma anche a diminuire la loro bolletta e far risparmiare al nostro Paese complessivamente circa 4500 GW di energia. Gli incentivi hanno favorito lo sviluppo in questi anni del settore dell'efficienza energetica: gli interventi su finestre, caldaie, pannelli solari, ma anche soluzioni di isolamento termico delle pareti e dei tetti hanno reso possibile alle aziende più innovative e dinamiche del settore dell'edilizia di continuare a lavorare e crescere anche in questo momento di crisi. Senza la conferma del 55% il prossimo anno, il solo comparto dei serramenti si ridimensionerebbe di circa 1 miliardo di euro (dati Uncsaal).
Non solo: le modalità di trasparenza nei pagamenti, e di rendicontazione all'Enea hanno garantito da un lato l'emersione di migliaia di rapporti economici, in un settore ancora caratterizzato dalla presenza di ampie zone "grigie", dall'altro la contabilizzazione degli interventi in vista dell'obiettivo di risparmio energetico fissato dal Piano d'Azione nazionale (42.000 GW entro il 2016). Gli obiettivi europei di sostenibilità saranno molto difficilmente raggiungibili senza la conferma e la rimodulazione della detrazione del 55%.
Per queste ragioni chiediamo che uno dei suoi primi atti da Ministro alle Attività produttive sia la proroga delle agevolazioni del 55%.
L’appello può essere sottoscritto sul sito: http://www.cinquantacinquepercento.it/
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 ottobre 2010

 

 

Ferriera, assemblea pubblica in piazza - DOMANI LA PROTESTA DEI LAVORATORI. IL SINDACO NEL MIRINO
 

Gli operai della Ferriera portano in piazza più che la rabbia, l’ansia per il futuro. Domani dalle 17.30 alle 19.30 hanno programmato un’assemblea pubblica in piazza Unità. «Alcuni di noi entreranno in municipio e chiederanno di incontrare il sindaco - annuncia Franco Palman, rappresentante di fabbrica della Uilm - il piano di sviluppo che Dipiazza ci aveva presentato è ormai più o meno carta straccia, vedi i casi del rigassificatore e dalla centrale termoelettrica che sembrano essere stati bocciati dagli stessi politici che li avevano presentati come un’alternativa alla Ferriera. Ma al sindaco - continua Palman - vogliamo chiedere conto dell’annuncio fatto nel luglio scorso quando aveva prospettato importanti novità per settembre che invece ancora non ha dato».
Il 26 luglio, al Tavolo sulla riconversione industriale convocato in Comune, Dipiazza aveva affermato che «c’è l’interesse di un importante gruppo italiano a investire sull’area della Ferriera di Servola», rimandando poi tutti a settembre per la notizia ufficiale. Ai sindacalisti aveva anche riferito che il nuovo gruppo per i primi due o tre anni avrebbe mantenuto in vita la Ferriera, acquistandola evidentemente dall’attuale proprietario, il magnate russo Alexej Mordashov, e poi l’avrebbe riconvertita. Una pista portava anche a Unicredit, che è tra le banche che vantano i maggiori crediti dalla Lucchini, ma poi è calato il silenzio.
«Se non avremo dal sindaco notizie rassicuranti perché è proprio dal Tavolo del Comune che dovrebbero uscire le novità più importanti per noi - aggiunge Palman - da un lato chiederemo di essere ricevuti dal presidente della Regione, Renzo Tondo, ma dall’altro non so cosa potrà succedere in piazza». I manifestanti potrebbero dar vita a un corteo di protesta o addirittura tentare l’occupazione del municipio. La manifestazione ha l’avallo di Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm, Failms-Cisal e Ugl.
E frattanto questo pomeriggio alle 17.30 nella sala convegni di Friulia, in via Locchi 21, Adriano Bevilacqua presenterà una proposta industriale di ricollocamento dei lavoratori della Ferriera: si tratta di un impianto di riciclaggio dei rifiuti. Un analogo insediamento a Treviso ha portato alla creazione con l’indotto di 600 posti di lavoro, oltre che a un abbattimento dei tributi per i cittadini.
SILVIO MARANZANA
 

 

«Pagava l’assicurazione con contributi regionali» - Il portavoce del Circolo Miani, Maurizio Fogar, accusato di malversazione
 

COMPRAVA ANCHE FRANCOBOLLI PER LA SUA COLLEZIONE
L’avvocato Fabbretti: «È un equivoco, il mio assistito è in buonafede. Solo finalità culturali»
Francobolli da collezione per oltre 5mila euro. Ma anche le quote annuali dell’ordine dei giornalisti. E poi, infine l’assicurazione dell’auto personale del presidente. Il tutto pagato con i soldi regionali. Così funzionavano le cose al Circolo Miani negli anni 2005 e 2006.
L’attuale portavoce Maurizio Fogar, all’epoca presidente dell’associazione che in questi anni ha promosso iniziative popolari sul caso della Ferriera di Servola, già finito sotto processo per truffa e falso, ora si trova a dover rispondere anche dell’accusa di malversazione a danno dello Stato. In pratica il pm Federico Frezza lo accusa di aver utilizzato i contributi regionali per iniziative che poco o nulla hanno a che fare con le finalità per i quali erano stati erogati.
In effetti è difficile trovare un collegamento, per esempio, tra le assemblee popolari a Servola sui fumi della Ferriera e i problemi sociali del rione e la spesa di oltre mille euro euro sostenuta per l’acquisto dei francobolli della Repubblica di San Marino, di mille 200 euro per la collezione filatelica della Città del Vaticano o di 170 euro per quelli dell’Ordine di Malta. Come non è semplice spiegare il motivo per cui Fogar, sempre secondo l’accusa, avrebbe usato i soldi della Regione per pagare la quota annuale all’Ordine dei giornalisti al quale è iscritto.
Ma i finanzieri incaricati dal pm Federico Frezza hanno anche scoperto che il premio di due annualità dell’assicurazione Rc relativa alla vettura privata di Fogar era stato fatto scivolare nel bilancio dell’assoociazione. Nel 2005 il Miani aveva pagato 744 euro. L’anno dopo aveva speso undici euro in meno per l’assicurazione dell’auto del presidente: 733 euro.
Ma c’è di più. Il pm ha ipotizzato anche il reato di truffa relativo ad altre circostanze differenti da quelle oggetto del processo in corso. Il presidente del Miani avrebbe insomma ”aggiustato” il bilancio consuntivo di spesa del contributo regionale dichiarando falsamente di aver versato oltre 4mila euro al segretario del circolo Ferruccio Diminich.
Il difensore di Maurizio Fogar, l’avvocato Guido Fabbretti parla di «equivoco» e ribadisce che «comunque le finalità del circolo sono di tipo culturale. E non c’è dunque da meravigliarsi se vengono acquistati i francobolli». Poi dichiara la buonafede del suo assistito che «comunque aveva messo a bilancio quegli acquisti».
Il nuovo fascicolo a carico del presidente del circolo Miani è stato aperto nello scorso mese di maggio, dopo che in aula erano emersi i nuovi reati. In questo procedimento (la prossima udienza è stata fissata il 20 dicembre) Fogar è stato accusato di aver ricevuto tra il 2005 e il 2006 contributi regionali per 100mila euro del quali non ne aveva il diritto.
L’indagine condotta dai finanzieri della sezione di pg della Procura era nata un esposto relativo a presunte irregolarità contabili all’interno del Circolo. In pratica, secondo gli accertamenti della Guardia di finanza, i nomi di componenti del consiglio direttivo dell’associazione quando non c’erano né verbali né altri documenti che confermassero l’avvenuta elezione o la nomina ufficiale. Questo sarebbe avvenuto per ottenere - sempre secondo la procura - i contributi regionali erogati a fronte della presentazione di indicazioni ritenute dagli investigatori false sulla composizione del consiglio direttivo del Circolo Miani e anche dei bilanci ritenuti altrettanto irregorari.
CORRADO BARBACINI
 

 

In arrivo otto nuovi treni per i pendolari - RINNOVO DEL PARCO ROTABILE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA. OFFERTA DA 45,6 MILIONI
 

La società basca Caf si è aggiudicata la gara: mezzi in servizio entro il 2011
TRIESTE Entro il 2011 otto nuovi treni correranno sui binari del Friuli Venezia Giulia. La gara per la fornitura degli otto elettrotreni modulari è stata infatti assegnata: a vincerla è stata la società basca Caf Costrucciones y Auxiliar de Ferrocarriles S.A.
La gara è stata commissionata dalla Regione, nell’ambito del contratto di servizio con Trenitalia, un contratto che comporerà un investimento di 100 milioni di euro per il miglioramento delle condizioni di viaggio su tutte le linee regionali. L’appalto, assegnato ufficialmente agli inizi di ottobre, è stato vinto dalla Caf con l’offerta di 45,6 milioni di euro (inclusa la manutenzione nel primo anno di servizio). Il bando prevede l’affidamento della fornitura di otto elettrotreni modulari per i servizi ferroviari, di nuova costruzione, con almeno 230 posti a sedere, omologati per la circolazione sulla rete italiana e slovena. Andranno a sostituire le vecchie automotrici ”Ale 801” attualmente in servizio con un’anzianità media di circa 32 anni.
Le offerte arrivate in Regione, alla scadenza, sono state cinque. Oltre alla Caf, si sono fatte avanti Firema, Stadler Rail-Ansaldo Breda, Alstom Holding e Pesa. La società spagnola, leader internazionale nella produzione di mezzi componenti ferroviari, è stata scelta sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Poi, però, l’intero iter si è bloccato a causa della presentazione di due ricorsi al Tar.
Inghippo che ora è stato risolto, permettendo così l’assegnazione formale della gara. L’impegno finanziario, come previsto dal contratto di servizio per il trasporto pubblico locale siglato con Trenitalia nel 2009, prevede che l’amministrazione regionale sborsi circa 74 milioni di euro nel prossimo triennio, ai quali si aggiunge un impegno finanziario di Trenitalia per 29 milioni di euro. Da parte della Regione, in dettaglio, c’è l’impegno ad acquistare gli otto elettrotreni mentre Trenitalia acquisirà quattro treni del tipo “Vivalto” e rinnoverà (tecnicamente un restyling interno) 13 carrozze che dovrebbero entrare in servizio tra il 2011 e il 2012. Come ha spiegato l’assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi, «con questa azione il parco rotabile regionale sarà praticamente rinnovato». Un intervento che i passeggeri attendevano da molto tempo.
ELENA ORSI
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 20 ottobre 2010

 

 

Una buona notizia: la petizione popolare, presentata lo scorso 10 giugno, a sostegno dell'acqua pubblica nel Comune di Trieste è stata accolta!
 

Lunedì sera il consiglio comunale si è espresso favorevolmente, accogliendo tutti e tre i punti contenuti nella petizione che si prefigge di modificare lo statuto comunale:
1) il Comune riconosce il diritto umano all'acqua, ossia l’accesso all’acqua come diritto umano, universale e inalienabile, e lo status dell’acqua come bene comune pubblico;
2) il Comune conferma il principio della proprietà e gestione pubblica del servizio idrico integrato e che tutte le acque, superficiali e sotterranee, anche se non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa da utilizzare secondo criteri di solidarietà;
3) il Comune riconosce che la gestione del servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, in quanto servizio pubblico essenziale per garantire l’accesso all’acqua per tutti e pari dignità umana a tutti i cittadini, e quindi la cui gestione va
attuata attraverso gli artt. 31 e 114 del decreto legislativo n. 267/2000
L'accoglimento di questa petizione non implica l'automatica modifica dello statuto.
L'approvazione di ieri sera impegna lo stesso consiglio comunale a procedere alla revisione dello statuto. Secondo il punto 4 dell'articolo 6 del Testo Unico degli Enti Locali, (Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), "Gli statuti sono deliberati dai rispettivi consigli con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto è approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei
consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle modifiche statutarie".
A breve pubblicheremo i video della serata e il verbale della seduta.
Paolo Menis - Gruppo Beppe Grillo Trieste - lista civica Trieste 5 stelle
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 ottobre 2010

 

 

«Tav in Veneto tutto da decidere» - ZAIA SUL TRACCIATO
 

VENEZIA «Non è stato ancora stabilito nessun tracciato, specie per quanto riguarda il Veneto, altrimenti lo avremmo proposto alla condivisione dei sindaci».
Lo ha precisato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, al termine della seduta di ieri della giunta regionale riferendosi alla Tav tra Venezia e Trieste. «Al vertice di una settimana fa a Trieste con il presidente Renzo Tondo e il coordinatore europeo del progetto 6 - ha precisato Zaia - non si era parlato di tracciati specifici. Io avevo semplicemente osservato che, considerati i 32 milioni di turisti presenti sulle spiagge della nostra costa, la Tav avrebbe dovuto privilegiare un percorso in grado di essere più vicino al mare». Saranno le società Rfi e Italfer a perfezionare lo studio progettuale. E lo faranno - come ha annunciato Zaia - entro il 16 dicembre, quando a Trieste sarà convocato un secondo vertice con il coordinatore europeo Ian Brinkhorst. Da ricordare che la scorsa settimana è stato siglato l’accordo sul tracciato transfrontaliero fra Trieste e Divaccia, in Slovenia.
 

 

MUGGIA. OGGI A CHIAMPORE - Incontro pubblico sulle antenne
 

Oggi alle 17.30, nella scuola di Chiampore, si tiene un incontro pubblico sulla delocalizzazione delle antenne radiotelevisive presenti nella frazione. Il Comune ha ritenuto opportuno convocare questo incontro in attesa della prossima conclusione della Conferenza dei servizi attivata per arrivare a una soluzione delle problematiche di inquinamento elettromagnetico segnalate dall’Arpa Fvg. Scopo della riunione è anche di evitare che si creino preoccupazioni infondate tra i residenti nella zona di Chiampore sull’inquinamento elettromagnetico emesso dalle antenne a seguito della loro eventuale ricollocazione, e di condividere con i residenti i futuri sviluppi della delicata questione.
 

 

Shoreline, servizi e tutela ambientale a braccetto - CREATA ALLA FINE DEGLI ANNI OTTANTA PER CURARE L’AREA PROTETTA DI MIRAMARE
 

Mappare le aree marine inquinate e definire la consistenza dei sedimenti da bonificare, per rendere possibile il loro smaltimento e il recupero dell’area in questione. La cooperativa Shoreline per crescere punta sull’ecotossicologia, potenziando il laboratorio insediato all’Area Science Park per trasformarsi sempre di più in un partner scientifico di tutte quelle realtà – in aumento – che sono alle prese con la gestione di siti inquinati in ambiente marino.
Nata alla fine degli anni Ottanta con l’obiettivo di curare la riserva protetta di Miramare, la cooperativa oggi, pur continuando a mantenere fede a quell’impegno iniziale, si è ritagliata un ruolo preciso nell’ambito dei servizi, scientifici e di consulenza, legati al mare, sia a favore di interlocutori pubblici che per realtà private. Dallo scorso giugno, ad esempio, si occupa di monitorare lo sfruttamento delle risorse ittiche nell’Alto Adriatico per i cinque consorzi di pesca regionali, così come imposto dalla nuova direttiva comunitaria, per evitare che il lavoro delle reti non finisca per intaccare la capacità di riproduzione del pesce. «Fin da quando decidemmo di fondare la cooperativa avevamo ben chiara la necessità di lavorare a favore dell’ambiente ma in un’ottica di apertura con il mondo dell’impresa e delle attività produttive – spiega Carlo Franzosini, il presidente di Shoreline -. Da questa convinzione, già allora fortemente legata ai principi dell’ecosostenibilità, decidemmo di sviluppare una serie di competenze specialistiche».
Una dopo l’altra, certificazioni ambientali, management plan per la gestione di siti naturalistici, programmi di divulgazione scientifica, protocolli cartografici e di telerilevamento satellitare hanno cominciato a rappresentare il ventaglio dei “prodotti” offerti al mercato da Shoreline, anche con il supporto delle università di Trieste e Siena.
Il suo ultimo bilancio, nel conto economico, alla voce ricavi, riportava una cifra vicina ai 900mila euro, mentre i soci lavoratori risultano essere 14, per lo più biologi e laureati in Scienze ambientali (ai quali si aggiungono altrettanti posti di lavoro stagionali, che servono principalmente a coprire esigenze legate alla gestione dell’area di Miramare). Un valore, quello del fatturato, che è stabile ormai da qualche anno e che indica un consolidamento del business. Per un’azienda, una cooperativa peraltro, che ha l’obiettivo di crescere offrendo servizi di carattere scientifico e di consulenza, si tratta di un caso (felicemente) anomalo. «Lo stesso Ministero dell’Ambiente – rivela Franzosini – ha cercato di replicare il modello che abbiamo sviluppato in altre aree marine protette italiane, tentando di dare vita a società che sapessero integrare la gestione dei siti naturalistici con un’attività d’impresa a carattere scientifico. I tentativi finora condotti, però, non hanno portato ai risultati sperati».
Nicola Comelli
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 19 ottobre 2010

 

 

Ecosistema urbano, Trieste scivola di 18 posti per il Pm10 (vedi la classifica completa)
 

AL QUARANTUNESIMO POSTO: SOTTO ACCUSA ANCHE LA RACCOLTA DIFFERENZIATA E LA RETE IDRICA
Grigia, anzi quasi nera. Trieste è crollata di ben 18 posizioni nella classifica sull’ecosistema urbano pubblicata sul Sole 24 ore sulla base dell’elaborazione di Lega Ambiente. Diciotto posizioni in basso indicano che la città sta diventando ecologicamente sempre peggio se si pensa che l’anno scorso era al ventiquattresimo posto e ora appunto è al quarantunesimo.
Eppure in questa discesa ci sono due eccellenze a Trieste. La prima è quella del numero di viaggi all’anno (317) per abitante che utilizza il trasporto pubblico. Il secondo posto a livello nazionale, dietro a Venezia. Le peggiori? Bari (76), Catania (76) e Palermo (44). La seconda eccellenza di Trieste riguarda il modesto consumo di carburanti. Appena 220 litri all’anno pro capite.
Gli altri indicatori dove Trieste non brilla sono il Pm 10, il consumo di acqua potabile, la perdita della rete idrica, la capacità di depurazione, la produzione di rifiuti, la raccolta differenziata, il tasso di motorizzazione, l’estensione delle isole pedonali, le zone a traffico limitato, le piste ciclabili, il verde urbano, i consumi elettrici domestici e le politiche energetiche. Ognuno di questi paramentri ha in percentuale abbassato quello che gli economisti chiamano il rating. Portando così Trieste praticamente a metà classifica con un punteggio di 52,21, leggermente al di sopra della media nazionale che è 49,36. Ma ben più in basso di Pordenone che a a quota 61,89, Gorizia (60,22), Udine (54,99) e Venezia (59,14).
«Sono dati forniti dalle stesse amministrazioni comunali. È una sorta di ammissione di colpa», commenta Lino Santoro responsabile di Lega Ambiente a Trieste. Aggiunge: «Non c’è dubbio che la situazione sia peggiorata». Il futuro? «Mah, dipenderà molto da chi gestirà questa città. Ci vuole una visione complessiva. Non è più il tempo delle chiacchiere, ma bisogna pensare ai fatti confrontandosi con i problemi del territorio. Possibile che, per esempio, abbiamo solo il 20 per cento della raccolta differenziata? Possibile che qui si perda il 40 per cento dell’acqua»».
Dello stesso tenore il commento di Giulia Giacomic, responsabile di Italia Nostra. «Basta vedere cosa sta succedendo sulla fascia costiera. La tendenza è quella della cementificazione. A Roiano, per esempio, sono stati tagliati alberi per costruire case di cui la città non ha bisogno».

(c.b.)
 

 

Piano del traffico, arriva il sondaggio via web - UNIVERSITÀ - Conclusa la prima fase del progetto Unimob. Dai pendolari giudizi positivi sul servizio bus
 

Piano del traffico d’ateneo, atto secondo. Il progetto Unimob, avviato per conoscere e orientare le scelte di mobilità degli utenti dell’Università triestina, si prepara ad entrare in una nuova fase. Dopo aver concluso l’indagine qualitativa, che ha permesso di mettere a fuoco esigenze e criticità nei trasporti da e per facoltà e dipartimenti, lo staff di esperti coordinati dal mobility manager d’ateneo Giovanni Longo si appresta ad elaborare un questionario mirato, destinato a coinvolgere una fetta più ampia della popolazione studentesca e del personale.
«Finora - spiega Longo - abbiamo agito su un campione molto ridotto composto da alcune decine di studenti e dipendenti. Un campione statisticamente non significativo, ma essenziale per esplorare le problematiche e capire su cosa puntare nella seconda fase del progetto. Grazie all’indagine qualitativa, infatti, siamo riusciti a cogliere indicazioni importanti sulle abitudini in termini di mobilità. Innanzitutto è stato evidenziato un giudizio sostanzialmente positivo sui mezzi pubblici da parte degli studenti pendolari. La maggior parte di loro ha alle spalle esperienze deludenti o comunque meno brillanti, che portano ad apprezzare in modo particolare i servizi di bus offerti a Trieste. Diverso il discorso per gli studenti triestini, che tendono ad associare l’uso del bus alle precedenti esperienze scolastiche, spesso negative. Esperienze che influenzano la scelta del mezzo di trasporto, orientato il più delle volte all’uso della macchina».
Differenti le motivazioni alla base delle abitudini di tecnici e amministrativi. «I dipendenti hanno esigenze e problematiche diverse, che nascono dalla necessità di spostamenti concatenati - continua il mobility manager d’ateneo -. Il tragitto casa-lavoro viene sfruttato per portare a termine diverse incombenze come l’accompagnamento dei figli a scuola o la spesa al supermercato. Incombenze che, difficilmente, possono essere svolte muovendosi con il mezzo pubblico».
Il ”tesoro” di informazioni fin qui raccolto consentirà ora di calibrare le domande da inserire nel questionario che. indicativamente da metà novembre, verrà somministrato via web a tutti gli studenti e dipendenti dell’Università. «L’obiettivo finale - conclude Longo - è riuscire a misurare il fenomeno spostamenti da e per l’ateneo, verificando anche eventuali problemi di accessibilità alla città stessa. Successivamente cercheremo di individuare soluzioni che possano risolvere problemi più rilevanti: per esempio maggior coordinamento tra bus e treni, corse specifiche per chi arriva da fuori città (un po’ come fatto in passato da un gruppo di studenti di Belluno, riusciti ad ottenere da Dolomiti bus l’attivazione di un pullman ”speciale” la domenica sera ndr), diversa distribuzione degli orari di lezione e di segreteria per venire incontro alle esigenze degli utenti. Per far incontrare davvero domanda e offerta, infatti, è indispensabile anche il coinvolgimento dell’amministrazione».
Amministrazione che ha più volte dimostrato di credere convintamente in Unimob - progetto innovativo e multidisciplinare finanziato dalla Fondazione CRTrieste, che coinvolge ingegneri, economisti e psicologi -. come testimonia l’appoggio ricevuto direttamente dal rettore. «L’indagine chiama a raccolta le strutture e le competenze più qualificate dell’ateneo su un’azione tanto concreta quanto prioritaria per la collettività - osserva Francesco Peroni -. Si tratta di far chiarezza, con metodo scientifico, su dimensione, modi ed eventuali punti critici della mobilità universitaria e di porre così le premesse per interventi di riqualificazione dei servizi che alla mobilità attengono, dando altresì doverosa attenzione alla tutela dell’ambiente e al risparmio energetico».
MADDALENA REBECCA

 

 

Antenne a Chiampore incontro coi residenti
 

MUGGIA Domani alle 17.30, nella scuola di Chiampore, si terrà incontro pubblico sulla delocalizzazione delle antenne radiotelevisive nella stessa frazione. «L’incontro è convocato dal Comune – si legge in una nota – in attesa della conclusione della Conferenza di servizi, attivata per arrivare a una soluzione delle problematiche di inquinamento elettromagnetico segnalate dall’Arpa, al fine di non diffondere preoccupazioni infondate tra i residenti nella zona di Chiampore per l'inquinamento elettromagnetico delle antenne a seguito della loro eventuale ricollocazione, e per condividere con i residenti i futuri sviluppi».
 

 

Tondo: «Bisogna sottrarre le aziende alle sirene fiscali di Austria e Slovenia» - «Il raddoppio di Krsko ci salva dalla centrale»
 

IL PRESIDENTE RILANCIA LA FISCALITÀ DI VANTAGGIO - «Meno tasse per trattenere le imprese»
«Non mi sentirei un buon friulano se non partecipassimo al fondo di solidarietà a livello nazionale»
TRIESTE Non solo il dare-avere tra federalismo fiscale e compartecipazioni Inps. Renzo Tondo non dimentica la partita della fiscalità di vantaggio. Una partita da vincere per trattenere le imprese in regione «sottraendole alle sirene fiscali di Austria e Slovenia». In sostanza, sottolinea il presidente della Regione, è necessarie battersi a Roma anche per vedere ridotte le imposte sulle imprese.
Ma Tondo, intervenendo a Udine alla cinquantasettesima edizione delle Premiazioni del Lavoro e del Progresso economico della Camera di Commercio di Udine, aggiunge altra carne al fuoco. Premette, in particolare, l'obbligo della «responsabilità». «Non mi sentirei un buon friulano - afferma davanti agli imprenditori riuniti al Giovanni da Udine - se non partecipassimo al fondo di solidarietà nazionale». Ci sono 370 milioni di euro all'anno da versare a Roma, «il 6 per cento delle nostre risorse rispetto a una quota tra il 10 e il 16 per cento: evidentemente un riconoscimento a una Regione che lavora virtuosamente».
Il governatore parla anche degli ammortizzatori sociali «per far fronte alla disoccupazione, e le risorse ci sono» e della necessità di una «profonda riforma del sistema, soprattutto del rapporto Stato-Regione-Province, che costa 800 miliardi di euro, di cui solo 50 per gli investimenti». E, ritornando al locale, rilancia il raddoppio della centrale di Krsko, «progetto che rende inutile qualsiasi ipotesi di centrale nucleare nel Nordest. Ma - aggiunge - manterremo gli impegni presi anche su elettrodotti e banda larga».
Manca invece la risposta alla sollecitazione di Giovanni Da Pozzo. Il presidente della Camera di commercio, nel discorso introduttivo, aveva chiesto maggiore attenzione per la provincia di Udine. «Una provincia - ha ricordato Da Pozzo - che ha un Pil pro capite di 10 punti superiore alla media nazionale, che costituisce il 45% di quello regionale, così come è del 45% la forza lavoro occupata dalla nostre imprese. Non vogliamo avere un atteggiamento campanilistico, ma è importante che la politica sappia valorizzare i territori per la specialità e le specificità che sanno esprimere, anche con la loro produttività, e che tutto questo possa essere ponderato e riflettersi al meglio anche nell'assetto politico ed economico regionale».
Gli interventi istituzionali - all'inizio quelli del vicesindaco di Udine e del presidente della Provincia Fontanini - hanno fatto da cornice alla Premiazione, presentata da Daniela Poggi. Cinquantasette edizioni come 57 premiati, tra cui le quattro targhe dell'eccellenza conferite a Gilberto Luigi Petraz, Pietro Gervasoni, Enzo Cainero e Luigi Federici, in un momento di conversazione con la giornalista e autrice televisiva Gloria De Antoni. Oltre alla consegna dei riconoscimenti da parte dei rappresentanti della giunta camerale, un altro "momento" della serata è stata l'esibizione, introdotta da Giannola Nonino, del coro Manos Blancas del Friuli, accompagnato dal Piccolo Coro "Artemìa" di Torviscosa. (m.b.)

 

 

”Biodiversamente” sbarca nella regione in bilico sugli Ogm - IL 23 E 24 OTTOBRE A UDINE E TRIESTE
 

TRIESTE Sì alla biodiversità, non alla manipolazione dell’'uomo anche tramite gli Ogm: arriva anche in Fvg ”Biodiversamente”, il primo Festival dell’Ecoscienza con due giorni di iniziative speciali organizzate dal Wwf per scoprire la biodiversità in musei, orti botanici e acquari. In Fvg saranno coinvolti il Museo friulano di storia naturale di Udine, i Musei civici di storia naturale e l'acquario marino di Trieste, e l’Area marina protetta di Miramare. Il Festival dell’Ecoscienza ha luogo in occasione dell’Anno della Biodiversità indetto dall’Onu, mentre in Giappone i governi di tutto il mondo saranno chiamati a decidere le sorti della biodiversità mondiale, definendo nuove strategie per la conservazione della natura entro il 2020. Non solo: il 2010 è anche l'anno della grande battaglia contro gli Ogm, che proprio in Fvg ha visto uno dei suoi teatri principali. Con questa iniziativa, quindi, il Wwf invita a «scoprire i segreti della biodiversità», biodiversità naturale e non certo manipolata dall'uomo. Una ricchezza a livello naturale che si può trovare non solo «nelle aree naturali, ma anche nei luoghi della divulgazione e della ricerca scientifica “made in Italy”, strumenti essenziali e troppo spesso trascurati per la tutela della natura». Un patrimonio immenso e poco noto che il 23-24 ottobre sarà finalmente sotto i riflettori. Ma il Festival sarà anche l’occasione per rilanciare la richiesta del Wwf per il 2010 al fine di garantire adeguate risorse alla tutela della biodiversità. Due le iniziative in provincia di Trieste: al Museo di Storia Naturale di Trieste si terrà "L'officina della biodiversità", in cui il pubblico sarà invitato a vedere come si fabbricano nidi artificiali, tane e mangiatoie, assieme al personale del Museo, e all'Area marina protetta di Miramare con ”Biodiversità in volo: una passeggiata sul colle di Contovello", accompagnati da un esperto ornitologo alla ricerca di nidi e segni di passaggio di specie locali e "aliene" nella cornice del borgo di Contovello.
Elena Orsi
 

 

Tartarughe, i crostacei le fanno spiaggiare - «Hanno una sorta di Gps interno, ma i balani vi si attaccano impedendo loro i movimenti»
 

FRANCO ZUPPA DELL’AREA MARINA PROTETTA DI MIRAMARE
TRIESTE Tartarughe, creature esotiche. Nell'immaginario collettivo popolano le acque tropicali, e non è difficile figurarsele mentre nuotano lungo una corrente, magari australiana come quella del Nemo Disneyano. Non è così. Sono inquilini comuni anche nel Mediterraneo dove, secondo stime calcolate per difetto, vivono più di 10 mila esemplari. La varietà più diffusa è Caretta Caretta, la "classica" tartaruga da ventre giallo e dorso scuro, che raggiunge 140 cm di lunghezza per 100-150 kg di peso. Dato l'elevato numero di esemplari non stupisce di trovarle in Alto Adriatico, mare poco profondo e dunque più caldo. Quel che colpisce, però, sono i dati sugli spiaggiamenti di questi animali rilevati nei pressi del Golfo di Venezia, dove lo scorso anno hanno trovato la morte ben 130 animali. A causarne il decesso sarebbero stati, per lo più, dei crostacei chiamati balani, che appiccicandosi al corpo delle tartarughe più giovani ne impediscono i movimenti. A che cosa si deve questo fenomeno? Ne abbiamo parlato con Franco Zuppa, biologo dell'Area Marina Protetta (AMP) di Miramare.
Dottor Zuppa è possibile correlare l'abbondante presenza dei balani, e dunque i problemi che provocano alle tartarughe, con l'aumento di temperatura del mare, come suggerito da qualcuno?
E' seducente affermare che esiste un rapporto causa-effetto e attribuire l'anomala proliferazione dei balani, con gli effetti a catena che seguono, a un rialzo della temperatura marina. Ma per momento direi che si tratta solo ipotesi, non ci sono prove certe. Anche perché, se è vero che nell'estate del 2009 c'è stato un picco di spiaggiamenti, il 2010 è stato più tranquillo. Viceversa, le temperature medie del mare sono rimaste pressocché le stesse. Mentre la loro affluenza in Alto Adriatico si spiega, più banalmente, con il fatto che seguono le correnti in cerca di cibo, e da queste parti ne trovano in abbondanza.
E' però un dato di fatto che molte delle tartarughe rinvenute siano infestate da questi piccoli crostacei…
E' vero, è capitato anche a noi lo scorso anno di ospitare, tra le altre, un piccolo esemplare di 25 cm, infestato dai balani anche in bocca. La Riserva marina di Miramare è uno dei due centri italiani (con Lampedusa) di primo soccorso per rettili e cetacei, così l'abbiamo ospedalizzato, ripulito e liberato in mare. Secondo una teoria recentemente avanzata dai colleghi croati, con cui collaboriamo, i balani aderirebbero di preferenza a tartarughe già debilitate e impossibilitate a difendersi.
Dunque esemplari su cui la natura fa il suo corso?
E' possibile, ma sappiamo davvero poco sulla biologia delle tartarughe. Dopo la schiusa delle uova, una volta raggiunto il mare, spariscono anche per 20-25 anni, fin a quando maturano sessualmente e tornano al luogo natio per deporre le proprie uova. E' relativamente facile riconoscere la maturità sessuale perché dal carapace (lo scudo che le ricopre e protegge) scompare un'escrescenza cornea formata da cellule indifferenziate, chiamata dente di accrescimento.
Che altro sappiamo sul loro comportamento?
Alla nascita sviluppano un imprinting fortissimo per il luogo in cui nascono grazie alla capacità di percepire il magnetismo terrestre e a un gioco di ormoni. Ciò consente loro di farvi ritorno per deporre le uova qualche decennio dopo, sfruttando questo ….Gps incorporato. Ma guai a toccarle durante il tragitto al mare: si rischia di far perdere loro la via del ritorno.
E' in atto qualche forma di censimento?
Nell'ambito di un progetto del Wwf, noi della Riserva applichiamo delle targhette in alluminio per l'identificazione. Ma un registro nazionale ancora non c'è; tutti gli interventi sono rimasti confinati a livello locale, anche se ora il ministero dell'Ambiente sta cercando di mettere ordine, autorizzando la detenzione solo a pochi centri selezionati. Tra cui ci siamo noi.
Quindi se trovo una tartaruga e voglio portarmela a casa, non posso farlo?
Assolutamente no, violerebbe la convenzione di Washington e sarebbe passibile di ammenda. Meglio segnalarci il ritrovamento allo 040-224147.
CRISTINA SERRA
 

 

 

SEGNALAZIONI - Trasporti Nord-Est - ISOLAMENTO
 

Nella segnalazione della settimana scorsa, Mario Ravalico ha giustamente fatto emergere l’esigenza di una coerente e costante azione dei decisori nazionali e regionali nell’affrontare la questione mobilità e logistica del Nordest: l’Italia ferroviaria si arresta a Venezia. Basti pensare all’abbandono a Trieste del progetto Stream, dopo l’autorizzazione ministeriale, che avrebbe consentito il passaggio dalla sperimentazione alla realizzazione di un servizio innovativo per cui la Regione aveva fatto un importante investimento.
Altro esempio è la rinuncia delle Fs alla metropolitana leggera, progetto per la rivitalizzazione del nodo ferroviario di Trieste ai fini del traffico portuale e del servizio regionale viaggiatori, che con un modesto impegno finanziario avrebbe consentito sensibili miglioramenti in attesa del Corridoio 5, con cui era compatibile. Tale opera, tra l’altro, poteva essere inserita negli investimenti anticongiunturali, immediatamente realizzabili. Clamoroso è invece è l’affondamento, operato da due dei tre soci paritari (Fs e Fvg), di Alpe Adria, che è lo strumento per la competitività del Porto di Trieste, a suo tempo ideato e proposto dalle Ferrovie italiane, su suggerimento di Intercontainer, per affrontare la concorrenza tedesca introdotta dalla tariffa Ingrid per i porti del Nord.
Autolesionistica è l’incomprensibile opposizione della Camera di commercio alla trasformazione in porto franco dell’Autoporto di Fernetti, proposta dall’Autorità portuale proprio per favorire la competitività delle imprese associate.
È però difficile qualificare l’ultima decisione della Giunta regionale: accordo sulla Tav, in Veneto correrà vicino alle spiagge. Si tratta, infatti, della resa completa di fronte all’assurda pretesa della vicina regione di trasformare in linea regionale una grande direttrice europea quale la Transpadana, perpetuando la vecchia e consolidata pratica di utilizzare la linea Trieste-Venezia in funzione del traffico regionale anche per le relazioni nazionali ed internazionali, infirmandone così la competitività. La resa completa è, in definitiva, di fronte al Gruppo Fs che, con il programma «Essere impresa», ha decretato l’abbandono del mercato del Nordest, declassando le linee internazionali del Fvg per Austria e Slovenia, con l’eliminazione di tutte le relazioni diurne e il pratico isolamento di Trieste. La Regione dovrebbe sapere che la decisione viene da lontano: nell’impegnativo intervento realizzato nel nodo di Venezia Mestre non è previsto il ripristino della linea dei bivi, che avrebbe consentito le relazioni passanti senza l’inversione di marcia a Mestre, ma sono stati specializzati due binari per perpetuare la sosta dei convogli provenienti da Udine e da Trieste. Sia a Trieste che a Roma manca assolutamente quell’azione coerente e costante necessaria per affrontare positivamente la questione ferroviaria del Friuli Venezia Giulia, ridotta da regione ponte in presenza dei confini ad isola dopo la loro caduta.
Luigi Bianchi
 

 

SEGNALAZIONI - «Sì alla centrale termoelettrica: così pensiamo al futuro dei lavoratori»

 

Lo statista pensa al futuro delle nuove generazioni. Il politico solo alle prossime elezioni. Si può sintetizzare così un pensiero di Alcide De Gasperi in merito all’azione e all’agire in politica e nella pubblica amministrazione, un pensiero che ci aiuta a capire anche quanto sta accadendo ed è accaduto in questi giorni a Trieste.
Che si stia vivendo una campagna elettorale anticipata, per le elezioni del 2011, è un fatto evidente, ma anche pericoloso, perché porta alla paralisi amministrativa, all’esasperata strumentalizzazione politica, fatta di slogan e soprattutto di tanta demagogia. Assistiamo così al «far west» di una lunga campagna elettorale dove non mancano le vicende più incredibili, frutto dell’incoscienza più estrema. Su tutti l’ultimo «no» (fortunatamente solo consultivo) del consiglio comunale alla nuova centrale termoelettrica, progettata dal Gruppo Lucchini in prossimità dell’attuale impianto della Ferriera di Servola. Sono stati pochi – e io tra questi – i consiglieri comunali che hanno voluto essere coerenti e dare un segno di credibilità e di impegno verso il futuro occupazionale e lavorativo di Trieste. I più (dal non voto del gruppo Fi al voto negativo del Pd con tutto il centrosinistra e della Ln e dell’Altra Trieste) hanno preferito nascondersi dietro la demagogia, dietro al voto semplice e più redditizio in termini di consenso, senza avere il coraggio di assumersi il compito di cominciare a pensare al post-Ferriera di Servola e al futuro almeno di una piccola parte di quei 500 lavoratori che si ritroveranno dal 2015 senza occupazione. Si è preferito invece cavalcare il populismo e il facile ambientalismo di facciata dicendo, cosa non vera, che la centrale termoelettrica è strettamente legata alla realizzazione del rigassificatore, struttura che ora nessuno sembra volere ma che, non dimentichiamolo, quando si votò la delibera sostanziale per il suo collegamento sottomarino alla rete nazionale Snam, fu invece approvata proprio con i voti favorevoli di quegli stessi partiti, Pd in testa, che adesso «si strappano le vesti».
Io invece che sono sempre stato contrario al rigassificatore, e che ho sempre votato di conseguenza, ho detto sì alla nuova centrale termoelettrica proprio perché realisticamente convinto che possa state in piedi anche da sola. Molto più facile è stato dire no, pensando solo alla prossima tornata elettorale, dove più di qualcuno sarà capace di raccontarci qualche «straordinaria favola», prevedendo la riconversione della Ferriera in un meraviglioso spazio turistico, con aree attrezzate per lo svago e il tempo libero. Tanta «aria fritta» mentre sarebbe bastata un po’ di serietà e coerenza in più, per dare il via libera a quella centrale termoelettrica che è e resta comunque, senza il rigassificatore, un tassello importante per la pronta riconversione di una parte di quell’area industriale, cercando di fare qualcosa di concretamente buono, nel rispetto dell’ambiente, per il futuro della nostra città e dei suoi abitanti.
Alessandro Minisini - consigliere comunale Costituente di Centro

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 18 ottobre 2010

 

 

Veglia, il rigassificatore si farà - Disco verde del governo di Zagabria per l’impianto galleggiante -
 

UNA MINI-STRUTTURA OFFSHORE VICINO A CASTELMUSCHIO VEGLIA In attesa del maxi-terminal metanifero, che dovrebbe entrare in funzione non prima del 2017, le competenti autorità croate hanno dato il via libera alla costruzione di un piccolo rigassificatore offshore, anch’esso da approntare nei pressi della località di Castelmuschio (Omisalj), nell’isola di Veglia.
E’ stato il ministero dell’Economia croato a dare alla Plinacro il beneplacito per la costruzione dell’ impianto galleggiante, che servirà quale soluzione provvisoria prima dell’inaugurazione del grande terminal Lng. Va ricordato che la Plinacro, di proprietà dello Stato croato al 100 per cento, è il principale distributore di gas nel Paese.
A dare luce verde alla Plinacro è stato il ministro dell’Economia, Djuro Popijac, il quale non ha voluto perdere nemmeno un minuto di tempo dopo che lunedì scorso aveva avuto dalla citata azienda il piano di edificazione del rigassificatore galleggiante, in pratica una grande boa con annesso gasdotto, che sarà collocata nelle acque antistanti la località vegliota.
Al piccolo terminal attraccheranno metaniere con impianti autonomi di rigassificazione. «La struttura offshore avrà una capacità di movimentazione di circa 6 miliardi di metri cubi di gas all’anno – ha fatto presente il ministro Popijac – parliamo del doppio del fabbisogno annuo della Croazia. Entro la fine di quest’anno, la Plinacro inviterà pubblicamente i potenziali investitori a farsi avanti. Abbiamo l’informazione che non sarebbero pochi gli interessati ad approntare e gestire il nostro rigassificatore quarnerino. Questa soluzione rappresenta la reazione del governo di Zagabria a quanto deciso mesi fa dal consorzio Adria Lng, che aveva optato per il congelamento del progetto del maxirigassificatore, destinando la sua messa in funzione a tempi migliori e comunque non prima di sette anni».
Il piccolo terminal ha già un suo prezzo: si tratta di circa 50 milioni di euro, mentre il “fratello maggiore” ha un costo che tocca il miliardo di euro. «Il grande rigassificatore di Castelmuschio garantirà la costante erogazione di grossi quantitativi di gas, con ricadute positive per l’ economia croata nei prossimi 30 anni – questa la reazione giunta da Adria Lng dopo le dichiarazioni di Popijac – il piccolo terminal riuscirà logicamente a garantire solo piccole quantità di gas. Da parte nostra attendiamo che entro la fine del 2010 ci venga rilasciata la licenza di costruzione, dopo di che avremo completato la prima parte del progetto».
Fino ad ora l’Adria Lng (composta da E.On, Omv, Total e Geoplin) ha speso in Croazia circa 15 milioni di euro per il maxi-rigassificatore quarnerino.
Stando agli esperti, il piccolo terminal avrà i suoi vantaggi (iter burocratico più corto, scarso impatto ambientale, tempi più rapidi per chiusura e smantellamento), presentando allo stesso tempo anche diversi punti deboli. La rigassificazione durerà di più, come pure i tempi di smistamento del gas verso la terraferma e inoltre si prevede un maggiore raffreddamento del mare.
Come se non bastasse, il Paese avrà ricavi minori dal progetto, con il metano destinato ad avere costi maggiori. Infatti le metaniere che dispongono di proprio rigassificatore possono trasportare quantità non elevate di gas, che automaticamente è più costoso.
Ci sono anche delle perplessità legate alle manovre delle navi nel braccio di mare di fronte a Castelmuschio (si prevedono approdi non facili), mentre la presenza di rigassificatori offshore non è ancora regolata da alcuna legge croata.
Infine, secondo gli addetti ai lavori, sono parecchio elevati i rischi di un incidente in mare e anche complicata la manutenzione dello stesso terminal. A prescindere dai problemi, il ministero dell’Economia croato ha voluto dare un’accelerata al progetto del mini-rigassificatore altoadriatico.
ANDREA MARSANICH
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti n. 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 ed a Muggia, in via Roma n. 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30 (tel. 3665239111) - www.legambientetrieste.it).
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 17 ottobre 2010

 

 

Tav, Venezia boccia il tracciato ”balneare” - Il Comitato per la salvaguardia dichiara inammissibile la ferrovia litoranea sposata dal presidente Zaia
 

A RISCHIO IL PATTO SOTTOSCRITTO POCHI GIORNI FA DALLE REGIONI VENETO E FRIULI VENEZIA GIULIA
TRIESTE Veneto e Friuli Venezia Giulia sanciscono il patto per il tracciato balneare in Veneto e quello autostradale in Friuli Venezia Giulia, ma le condizioni per tradurre la volontà in fatti sono tutt’altro che certe.
A rompere l’incanto è la Commissione di Salvaguardia di Venezia (Organo presieduto dal presidente della Regione Luca Zaia e di cui fanno parte Regione, Provincia, Comune, Soprintendenza, Genio Civile, magistrato delle Acque nonché ministeri di Ambiente, Trasporti, Politiche Agricole, Unisco, aziende sanitarie dell’area e vigili del fuoco) che ha bocciato la ferrovia litoranea. In Friuli Venezia Giulia, invece, l’accordo sul tracciato nell’area della bassa friulana è ancora in corso.
Una trattativa non facile che va avanti dalla precedente legislatura. Come se non bastasse lungo il percorso a ostacoli della Tav del Nordest c’è il dilemma insormontabile delle risorse. Non mancano solo i 2,3 miliardi per la tratta che separa Ronchi da Venezia, ma altri tre e mezzo per arrivare a Verona e lo stesso per raggiungere la Lombardia: partendo da ovest il cantiere è finanziato fino a Brescia. Oltre solo sogni e speranze.
A minacciare l’unione ritrovata tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, alla presenza mercoledì scorso del coordinatore Laurens Brinckhorst (titolare del progetto prioritario 6), ci pensa la Commissione di Salvaguardia di Venezia. L’organismo ha approvato all’unanimità 23 prescrizioni tassative per l’entrata in vigore del Piano territoriale di coordinamento provinciale (approvato dalla Provincia di Venezia).
Tra queste il de profundis alla ferrovia delle spiagge: il documento chiarisce che «va stralciata l’ipotesi di tracciato ferroviario Alta Capacità-Alta Velocità lungo il margine della gronda lagunare, fascia di altissima fragilità e vulnerabilità ambientale e paesaggistica tutelata dal Palav». Restano invece in piedi secondo la Commissione «le altre due ipotesi della proposta del Piano regionale dei Trasporti del 2004, come il percorso ferroviario dei Bivi o preferibilmente con fermata passante interna, lungo la linea ferroviaria Venezia-Trieste”.
L’ipotesi di affiancare ferrovia e autostrada è stata già cassata dal presidente Zaia: «Dovremmo abbattere duemila case» ha spiegato nel corso dell’incontro con Tondo e Brinckhorst. E se Zaia è convinto che le Regioni possano mandare avanti il progetto preliminare che indica il tracciato “basso” e poi aprire il confronto con il territorio, è evidente che più di qualche ente le prime valutazioni le ha fatte e non vanno nella direzione tracciata dalla Regione.
Una direzione che, se disattesa, potrebbe bloccare il progetto e trascinare con sé nel baratro la possibilità di finanziare le tratte successive ovvero quelle del Friuli Venezia Giulia. Ma la Regione di Renzo Tondo non deve preoccuparsi solo di quello che avviene in casa di Luca Zaia. Il progetto della bassa friulana è ancora pieno di incognite e preoccupazioni da parte degli enti locali. Se sul fronte della progettazione il Veneto affronta le maggiori difficoltà, per quel che riguarda i finanziamenti le Regioni sono tutte su un binario morto. La ferrovia, infatti, è finanziata solamente fino a Brescia. La conferma arriva dalla Confindustria di Verona, attraverso il delegato alle Infrastrutture Franco Miller che al Corriere Veneto ipotizza il ricorso a finanziamenti privati, magari delle società autostradali in cambio di un allungamento delle concessioni autostradali (come la Serenissima).
L’interrogativo risorse porta con sé quello dei tempi. Le due Regioni hanno chiesto al governo di nominare un commissario straordinario per tagliare la procedura, una nomina che potrebbe rappresentare un impegno in più da parte di Roma nel voler reperire i fondi che serviranno per quest’opera strategica. Per il Veneto è importante realizzare almeno la tratta fino a Verona entro il 2015, anno dell’expo.
Lo scenario più ottimistico friulani e giuliani – sperando che nel frattempo le risorse si materializzino (anche agguantando i fondi europei si coprirebbe solo una percentuale dell’investimento) – è quello di dover attendere almeno dieci anni prima di salire sui treni ad alta capacità-alta velocità e percorre in poco più di mezzora la tratta tra Venezia e Ronchi.
MARTINA MILIA
 

 

Riccardi: l’Alta velocità verrà condivisa con tutti - L’assessore promette il coinvolgimento dei Comuni della Bassa Friulana
 

TRIESTE L'impegno della Regione a rendere partecipi le comunità locali rispetto al percorso e alla realizzazione della Tav, la linea ferroviaria ad alta velocità, è stato ribadito dall'assessore a Infrastrutture, Mobilità, Pianificazione Territoriale e Lavori Pubblici, Riccardo Riccardi, nel centro civico di Porpetto, in un incontro organizzato dal Comitato di persone contrarie all'opera, al quale ha partecipato l'europarlamentare Debora Serracchiani.
Riccardi ha precisato che per il momento non sono ancora state completamente esperite le procedure per la definizione del tracciato della Tav nella Bassa Friulana. Non appena ciò avverrà, cioè dopo che il progetto sarà stato presentato alle sedi istituzionali competenti, e dunque sarà ufficiale, sarà compito della Regione coinvolgere i Comuni interessati e procedere alle consultazioni affinchè l'opera possa essere condivisa dagli amministratori e dalla popolazione. Il percorso procedurale delle grandi opere, ha spiegato Riccardi, è stabilito dalle leggi dello Stato. L'avvio avviene solamente quando gli atti relativi sono trasmessi dall'amministrazione competente, in questo caso il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, alle amministrazioni locali, cioè i Comuni, affinchè i loro rappresentanti espongano le rispettive osservazioni. Secondo Riccardi, dunque, l'avvio del procedimento per la tratta della Bassa Friulana della Tav deve ancora essere formalizzato.
A tale proposito la Regione ha intrapreso l'iter avviato non senza difficoltà per la Tav nel corso della legislatura precedente dalla stessa amministrazione. Si tratta di un'opera, che come ha affermato anche Serracchiani, ha l'obiettivo di togliere il Friuli Venezia Giulia dalla marginalità ed è infatti compresa nel progetto di direttrici trasportistiche 6 della Ue, Corridoio 5, che collegheranno Lisbona a Kiev. Si tratta dunque di un'infrastruttura definita di carattere prioritario dall'Unione europea. Costi e benefici potranno, secondo Riccardi, essere delineati solamente quando sarà espletata la procedura della Vas, Valutazione ambientale strategica, che non è ancora stata avviata.
 

 

Treni ”non prenotabili” per le festività - Utenti preoccupati per i collegamenti. Eppure la Regione Fvg ha investito 3 milioni
 

L’ORARIO DI TRENITALIA SI FERMA ALL’11 DICEMBRE. DOPO NON C’È ANCORA NULLA
TRIESTE «Nessuna soluzione trovata». Un viaggio in treno da Trieste nei giorni di Natale? Sul sito di Trenitalia è impossibile da prenotare.
Non almeno dopo l'11 dicembre, ultimo giorno utile per vedere incrociati, all'indirizzo www.trenitalia.it, partenze, arrivi e orari.
A meno di due mesi dall'introduzione dell'orario invernale (il 12 dicembre) Trenitalia è in ritardo sull'informazione.
«Prima prenoti, meno spendi» è uno slogan che ha il sapore della beffa. Niente da fare, le prenotazioni "prima", con Trenitalia, non sono possibili. Non solo sul sito. Non va meglio, infatti, agli sportelli delle stazioni di Trieste e Udine. Per fissare un viaggio nel periodo natalizio, l'invito degli addetti è di ripassare a metà novembre.
Nulla di nuovo, in realtà. A luglio l'orario Fs estivo, in vigore dal 13 giugno, non era ancora giunto in Friuli Venezia Giulia. Il documento cartaceo, da un bel po', viene consegnato in clamoroso ritardo. E, quando disponibile, lo si trova prima in edicola che in biglietteria.
Fino a prova contraria, la preoccupazione dell'utenza è che pure quest'anno si possa assistere a uno sconvolgimento dell'orario esistente, con annesso aumento delle tariffe.
Proprio come è successo l'anno scorso. Con l'orario invernale 2009-2010, il diretto da Trieste verso Milano costa 59,50 euro in prima classe e 44 in seconda, aumenti del 10,8% e del 10,3% rispetto a prima senza sostanziali risparmi di tempo: ci si continua a mettere circa 4 ore e 20 minuti. Biglietto ritoccato dal 13 dicembre 2009 anche per le altre tratte su Milano (in media dell'8%) e per quelle su Roma: tra il +4,6% e il +6,1% la prima classe e tra il +16% e +17% la seconda.
Certo, l'alta velocità. Ma anche due partenze in meno verso Milano (da 13 a 11) e nessuna partenza diretta da Trieste per Roma. I vantaggi? L'aumento da due a tre dei diretti per Milano e la riduzione dei tempi di percorrenza per la capitale: rispetto all'anno prima, quando la soluzione più veloce, l'Eurostar delle 17.02, impiegava da Trieste a Roma 6 ore e 21 minuti, gli attuali collegamenti consentono di raggiungere la stazione Termini in meno di 6 ore, con il record di 5 ore e 25 minuti partendo alle 4.30 del mattino.
Ma tra i "contro" non può essere dimenticato che la Regione Friuli Venezia ha dovuto stanziare in Finanziaria 3 milioni di euro per evitare ulteriori tagli e ancora che le linee internazionali del Friuli Venezia Giulia sono state sostanzialmente declassate. Orari alla mano, dal 1977 al 2010 il Friuli Venezia Giulia ha perso 12 collegamenti internazionali. Ne difende uno da Trieste su Budapest, che consente a Trenitalia di offrire una sola relazione notturna Trieste-Lubiana, ma con cambio a Monfalcone: 3 ore e 20' all'andata, addirittura 5 ore al ritorno. E un altro da Tarvisio a Vienna: anche in questo caso relazioni notturne. Con il taglio più doloroso, un anno fa, del Cisalpino Trieste-Basilea.
Al transito di Villa Opicina è rimasto il solo collegamento notturno Venezia-Budapest, quello appunto della non diretta Trieste-Lubiana: in pratica è la capitale slovena a servire Trieste per le relazioni diurne con destinazione Vienna e Monaco di Baviera. Per quanto riguarda Gorizia, a cinque anni dalla caduta del confine, i convogli della Transalpina hanno ancora come capolinea Nova Gorica.
MARCO BALLICO
 

 

Si pedala in mezzo ai pini sulla pista ciclabile che va dalla città a Draga Sant’Elia - GIRO INAUGURALE SUL PERCORSO APERTO DOPO 10 ANNI
 

Il tracciato è intitolato a Giordano Cottur e presenta una pendenza media del 2,6% . Infopoint in via Orlandini
Dopo 10 anni di lavori in corso, ce l’hanno fatta. La pista ciclopedonale che collega San Giacomo a Draga Sant'Elia è stata inaugurata ufficialmente ieri, dopo un decennio segnato da continui problemi con i vandali, proteste degli abitanti e disagi per i numerosi sportivi che già da anni la percorrono abitualmente.
Un percorso adatto a tutti, lungo 12 km e con una pendenza media del 2,6%. Il tracciato ora porta il nome di Giordano Cottur, figura storica del ciclismo, tre volte terzo al Giro d’Italia dietro a Coppi e a Bartali e vincitore di una tappa a Trieste nel ’47. L’infopoint di via Orlandini, invece, è intitolato a Rodolfo Crasso, campione italiano degli amatori di marcia e fondatore del Gruppo sportivo San Giacomo.
Abbiamo fatto un primo giro esplorativo in bici. Il punto informativo, che rappresenta l’inizio della pista, è stato appena rimesso a nuovo: se fino a due mesi fa era in completo abbandono, oggi vi si trovano bagni lindi, muri puliti e nessun rifiuto. Un’operazione di manutenzione straordinaria che ha interessato anche buona parte del percorso, oggi finalmente sgombro dalle sterpaglie e ripulito a fondo.
Fino a Cattinara la strada è divisa in due carreggiate. A sinistra c’è lo spazio per i mezzi a due ruote, mentre a destra, separato da un cordolo in pietra, c’è una corsia riservata ai pedoni. Lungo questa parte del tracciato si incontra di tutto e di più: ciclisti con mountain bike dotate d’ogni prodigio della tecnica che pedalano a fianco di ciclisti della domenica, esausti corridori che fanno lo slalom tra pensionati che portano a spasso il cane e famigliole che raccolgono more. Non mancano neanche mezzi più insoliti, come tandem e skateboard.
Superato il ponte che affianca il Burlo, la visuale incomincia ad allargarsi fino ad abbracciare i cipressi di Sant’Anna, la zona industriale e il canale navigabile. Da qui in poi la pista, che passa sopra i vecchi viadotti della ferrovia che dal 1887 al 1959 collegava Campo Marzio con Erpelle, si insinua in mezzo ad orti, campi e vigne.
Superata la Grande viabilità incomincia lo sterrato, forse la parte più interessante del percorso. Costeggiando il Monte Stena si giunge in vista della Val Rosandra. Qui si passa sotto la galleria di San Giuseppe della Chiusa, la più lunga dell'itinerario, rischiarata da coreografiche luci che si accendono all'arrivo degli escursionisti.
Ritornati alla luce del giorno si vedono i primi pini neri. Il sommacco tutt'intorno costella la Valle di chiazze vermiglie e i rocciatori lontani sembrano insetti colorati che danzano sul calcare bianco, mentre anche il rumore delle macchine scompare.
Lasciato alle spalle il casello di San Giuseppe e la stazione di Moccò si attraversano altre gallerie, mentre la vista si apre sui ghiaioni, sulla chiesa di Santa Maria in Siaris e sul cippo Comici. Di qui in poi si incontrano i primi cartelli che indicano il confine di Stato, e giunti a Draga Sant'Elia occorre decidere cosa fare: girare la bicicletta e scollinare fino in città, oppure (come fanno in molti) proseguire fino a Cosina in Slovenia per concedersi un’abbondante merenda.
GIOVANNI ORTOLANI
 

 

SEGNALAZIONI - Servola pericolosa per la salute, ma nessuno provvede

 

Partecipando ad una conferenza stampa, recentissimamente tenutasi a Servola da un’associazione ambientalista locale, ho appreso dei notevoli superamenti dei limiti previsti per il noto cancerogeno benzo(a)pirene. Questi superamenti hanno interessato le medie annuali degli ultimi tre anni, più precisamente 5,6 ng/m3 per il 2008, 4,9 ng/m3 per il 2009, per il 2010 media mensile, febbraio 2,9 ng/m3 (nella giornata del 17 febbraio max 11,2 ng/m3), marzo 4,4 ng/m3 (nella giornata 17 marzo max 16,3 ng/m3) aprile 11,2 ng/m3 (nella giornata del 24 aprile 40,8 ng/m3) maggio 16,3 ng/m3 (nella giornata del 18 maggio 53,4 ng/m3) giugno 20,1 ng/m3 (nella giornata del 23 giugno 50,2 ng/m3).
A fronte del limite di 1 (uno) ng/m3 come media annuale.
Chiedo ai nostri amministratori locali e regionali, di vario colore politico, come mai detti dati, preoccupanti per la salute dei cittadini residenti a Servola e nel circondario, non siano mai stati pubblicamente divulgati e perché non siano mai adottate concrete contromisure visto che il fenomeno si è protratto per diversi anni e probabilmente sta continuando, stante l’assoluto silenzio delle Istituzioni in merito, nonostante la legge ne preveda la pubblica conoscenza.
Il sottoscritto, a seguito di specifica richiesta all’Ass 1 Triestina era venuto a conoscenza di 11 allarmanti informative, inviate al sig. sindaco di Trieste, a partire dal 2007, ed aventi per oggetto la grave situazione ambientale nel rione di Servola.
Queste informative sembrerebbero, visti i risultati predescritti, essere rimaste lettera morta. Spero di non fare la stessa fine, viste le analisi sui miei liquidi biologici, indicanti una situazione anormale per il manganese e l’idrossipirene già nel 2008 a seguito di specifiche analisi commissionate dall’Ass. 1 Triestina e condotta privatamente. C’è da chiedersi quale valore possa avere l’art. 32 di quella stessa Costituzione su cui giurano le varie alte cariche istituzionali.
Nevio Tul
 

 

SEGNALAZIONI - AMBIENTE - Il mais Ogm
 

La recente confisca e conseguente distruzione del campo di mais Ogm in provincia di Pordenone è la prova che di fatto tale campo era illegale. Serve comunque maggior chiarezza giuridica in questo settore per evitare che queste operazioni si possano ripetere. Sono pienamente d’accordo con chi afferma che gli organismi geneticamente modificati sono un attacco alla natura e sono per questo da considerarsi illegali. Tutti i cittadini dovrebbero vigilare affinché sulle nostre tavole non arrivino prodotti manipolati, che oltre ad essere potenzialmente nocivi per la nostra salute, creerebbero i presupposti per una futura produzione alimentare che di naturale nulla più avrebbe.
Edvino Ugolini - Rete Artisti
 

 

SEGNALAZIONI - INQUINAMENTO - Bonifiche urgenti
 

In un panorama di una Trieste colma di lungimiranti proposte per il suo futuro, scientifico, portuale, turistico, perdiamo di vista le cose che andrebbero attivate da subito, ossia le bonifiche dei territori inquinati della zona industriale di Trieste. Non entro nel merito delle responsabilità di chi ha inquinato, che oggi per vari motivi non risponde del suo operato. Proposte di persone qualificate indicano quale primo passo la caratterizzazione del territorio, ossia certificare quanto e quale grado di inquinamento gravi sui vari appezzamenti, permettendo di sanare e rendere disponibili in tempi ragionevoli l’ampliamento o l’insediamento di nuove realtà.
In un momento delicato per la nostra città, provincia, regione, in cui è già iniziato il toto nomine per le candidature a futuro sindaco di Trieste, pongo alcune domande al sindaco attualmente in carica, al sottosegretario nazionale all’ambiente, ai politici di maggioranza e opposizione, alle organizzazioni sindacali, alle associazioni e comitati per la chiusura della Ferriera di Servola.
Nell’intervista pubblicata dal Piccolo al magnate russo Mordashov, che detiene il controllo del gruppo Lucchini di cui fa parte la Ferriera di Servola (in vendita se ci sono compratori) e che comunque dovrà smettere definitivamente la produzione tra il 2013 e il 2015. Viste le cifre iperboliche richieste per la bonifica dei terreni inquinati della zona industriale, e della parte costiera degli stessi – 250 milioni di euro, pari a 484 miliardi delle vecchie lire.
Quanto costerà la bonifica dei 560.000 metri quadrati attualmente occupati dall’impianto?
Impianto siderurgico nato 114 anni fa, nel 1896. Già oggi risultano centinaia di tonnellate di materiali sotto sequestro, con denuncia alla magistratura dei responsabili. Alla cessazione dell’attività, chi pagherà la bonifica? Credo che questi interrogativi non siano mai stati affrontati, farlo oggi con la Ferriera ancora in funzione ci darebbe pure un’idea di quali azioni siano possibili per evitare di trovarci nella stessa situazione della zona industriale.
È possibile avere una risposta pubblica in merito?
Silvio Dodini - consigliere V Circoscrizione S. Giacomo-Barriera Vecchia

 

 

 

 

 

PRIMORSKI DNEVNIK - SABATO, 16 ottobre 2010

 

 

La commissione interministeriale slovena ha ribadito, nei giorni appena passati, che è molto meravigliata dal comportamento della commissione italiana riguardo il terminale off shore.
 

Anche il progetto del gasdotto, che collegherebbe il rigassificatore alla terraferma, desta non poche preoccupazioni, viste le lacune e la poca precisione con cui è stato elaborato. Il Ministro per l'ambiente sloveno Roko Zarnic sta già cominciando a pensare ad un eventuale procedimento presso il tribunale dell'EU per inadempienza, da parte dell'Italia, delle molteplici manchevolezze relative agli impianti in questione. La nota del Ministro per l'ambiente sloveno Roko Zarnic si conclude dicendo che i rapporti tra i due Ministeri (italiano e sloveno) si fanno sempre più tesi.
 

 

IL PICCOLO - SABATO, 16 ottobre 2010

 

 

Gasdotto, dietro il sì 19 pagine di ”paletti” - Lunghissimo l’elenco delle prescrizioni dettate dal ministero dell’Ambiente
 

L’impianto destinato a collegare il rigassificatore di Zaule con la rete nazionale attraverso la centrale di Villesse
Parere positivo sì, ma vincolato a un lungo elenco di prescrizioni rigidissime da rispettare alla lettera, pena la mancata autorizzazione alla realizzazione del progetto. Chi temeva che l’ok dato dal ministero dell’Ambiente al gasdotto della Snam fosse una sorta di assegno in bianco, può tirare un sospiro di sollievo. Il decreto con cui la settimana scorsa la Commissione ministeriale per la Valutazione di impatto ambientale ha dato la propria ”benedizione” al collegamento tra il rigassificatore di Zaule e la rete nazionale del gas attraverso la centrale di Villesse, fissa infatti paletti ben precisi. Impone verifiche, integrazioni e procedure di sicurezza aggiuntive.
Richieste non negoziabili messe nero su bianco nelle 19 pagine che compongono il testo del decreto. Fogli fitti che prescrivono passaggi da osservare nelle varie fasi dell’operazione gasdotto, sia in sede di progettazione sia durante la posa delle tubazioni dell’impianto, che avranno un diametro di 80 centimetri e una lunghezza di 27,3 chilometri nel tratto sottomarino Zaule-Grado, una larghezza di 105 centimetri e una lunghezza di poco meno di 20 chilometri nella parte a terra Grado-Villesse.
Le attenzioni della Commissione Via si concentrano su entrambe le tratte. Per la parte a terra, prescrivono i tecnici ministeriali, prima di definire il progetto esecutivo Snam Rete gas dovrà fornire «ulteriori chiarimenti» sulla compatibilità ambientale per fugare i dubbi legati alla vicinanza tra il metanodotto a terra e aree protette tra come la Riserva Foce dell’Isonzo. Quanto al tratto subacqueo, invece, se i previsti studi sul fondale marino evidenzieranno eventuali criticità, Snam sarà tenuta a modificare il tracciato per assicurare il pieno rispetto dell’ambiente. E in ogni caso, prima di avviare i lavori, dovrà predisporre un’analisi di rischio composta da vari piani di emergenza e da un progetto di monitoraggio ambientale prima, dopo e durante la realizzazione. Parallelamente per i terreni che ricadono nel Sito inquinato di Trieste «andrà attivata anche la procedura di caratterizzazione».
Ma non finisce qui. Il decreto ministeriale stabilisce anche che, in fase di costruzione del metanodotto, Snam dovrà fornire un dettagliato cronoprogramma. A tutte le trivellazioni - da effettuare nel periodo ottobre-maggio - dovranno poi assistere osservatori dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
L’elenco degli obblighi individuati a carico del soggetto proponente comprende inoltre la realizzazione dei «ripristini vegetazionali» delle aree attraversate dal gasdotto e il rispetto rigoroso degli habitat dell’Alto Adriatico, con un’attenzione speciale per le ”trezze”, particolari affioramenti rocciosi presenti sui fondali dei nostri mari. Oltre all’ecosistema marino, però, andranno salvaguardate anche le attività economiche del territorio. Bene quindi la scelta di ricoprire il tubo con un metro di terra («può evitare interferenze con le attività di pesca durante la fase d'esercizio dell'opera», si legge nel decreto), ma non basta. Per la Commissione servono ancora ulteriori accorgimenti, così come mancano altre risposte in grado di colmare le tante lacune accertate sul fronte della tutela della salute pubblica.
Nel testo del decreto, che ricorda come il parere positivo all’opera sia stato dato «dopo aver preso atto delle consultazioni intraprese», viene infine richiesto un altro sforzo a Snam: la predisposizione di «uno studio di fattibilità che valuti la possibilità tecnica di realizzare un solo metanodotto comune per il tratto a terra con quello che collega il terminale di rigassificazione Gnl di Trieste offshore». Richiamo, questo, al progetto avanzato da E.On che quindi, secondo la Commissione Via, potrebbe anche convivere con il terminal immaginato da Gas Natural. Un’ipotesi, a Trieste, bocciata da più parti. «Due rigassificatori? Ritengo che qui siano difficilmente compatibili - ha affermato di recente Roberto Menia. Ancora più chiaro il sindaco Dipiazza: «Il Comune ha un unico interesse, realizzare l’impianto a terra».
(m.r.)
 

 

Il sindacato attacca: «Politica immobile sulla crisi» - «AVVIARE SUBITO UNA CABINA DI REGIA PER UN PIANO DI SVILUPPO»
 

Cgil, Cisl e Uil: occasioni di lavoro finite, svolta urgente con l’impegno di enti pubblici e parti sociali
Non era bastata la crisi mondiale. Il cui picco peraltro, per dirla alla Enzo Timeo della Uil, «qui deve ancora arrivare», essendo il mercato del lavoro giuliano fondato non su grandi industrie ma su indotto, Pmi, artigiani e servizi. Ci voleva ben altro - il parere negativo non vincolante dato il 4 ottobre dal Consiglio comunale alla centrale termoelettrica della Lucchini - perché i rappresentanti della Trieste imprenditoriale e i sindacati si ritrovassero, di colpo, a dire le stesse cose. A prendersela con un ”nemico” comune: la politica.
L’APPELLO Dopo le prime tuonate del leader regionale della Cgil Franco Belci, in sintonia con la levata di scudi degli industriali locali, ieri infatti le segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil sono uscite allo scoperto prendendo una posizione unitaria e inequivocabile. Un appello che odora di grido di dolore - in vista di un autunno che si preannuncia «caldo» tra Ferriera, Diaco e «altre situazioni fantasma, quelle dei tempi determinati e degli interinali» - e che magari non sarebbe stato così rumoroso se soltanto non fosse intervenuto quel voto del Consiglio comunale. È quella d’altronde la goccia che ha fatto traboccare il vaso dei sindacati, per i quali il timore dei partiti - che un sì alla centrale celasse un sì al rigassificatore - non regge.
L’ATTACCO L’appello di Cgil, Cisl e Uil è che venga istituita, come incalza il cigiellino Adriano Sincovich, «una cabina di regia tra parti sociali ed enti pubblici in grado di elaborare un autentico progetto di sviluppo per l’economia provinciale». «Ai cinquemila disoccupati e ai 1.800 lavoratori in mobilità - attacca Sincovich - si aggiunge il crollo registrato dall’Ufficio provinciale del lavoro degli avviamenti al lavoro, che si sono ridotti di un terzo in due anni. Ciò significa che in questo territorio non ci sono più occasioni di lavoro. C’è bisogno di una svolta che coinvolga istituzioni e rappresentanze imprenditoriali, con i sindacati pronti a fare la loro parte. Certo è che il segnale del Consiglio comunale è la conferma del ”no se pol”, e guardate che non è un problema di maggioranza piuttosto che di opposizione. Il problema è trasversale». «Se la politica non capisce che siamo sull’orlo di una crisi sociale non sappiamo più a che santo votarci», fa eco Timeo mentre Luciano Bordin della Cisl ci va giù anche più duro: «È l’ora delle responsabilità. Il no del Consiglio comunale rappresenta invece la scarsa responsabilità della politica locale. Non è possibile che ogni volta che si avvicina il voto amministrativo si arrivi a questa sceneggiata». E se non si muoverà nulla? «A Trieste rappresentiamo 45mila iscritti - ammonisce Sincovich - faremo il nostro mestiere».
LA FERRIERA In questo quadro «sconfortante» le priorità, che fanno rima con criticità, per Cgil, Cisl e Uil sono quelle note anche ai muri: Sito inquinato e Ferriera. Sul primo punto dai sindacati arriva l’augurio di buon lavoro al presidente dell’Ezit in pectore, il tecnico di area forzista Dario Bruni, pur restando «abberrante - tuona Timeo - che si dica che alcuni progetti rischiano di non sbloccarsi perché alcuni enti non sono in sintonia con i governi nazionale e regionale», e qui è chiaro il riferimento alle «dichiarazioni del sindaco e del viceministro Castelli sui finanziamenti dello Stato al Porto». Quanto alla Ferriera - ricorda Sincovich - siamo in attesa che la Regione ci riconvochi». «Al momento della chiusura - aggiunge Bordin - bisognerà essere tempestivi con ammortizzatori sociali e investimenti». Perché questa chiusura, in fondo, mica si sa quando arriverà. «Il tavolo ministeriale - la chiosa di Timeo - maturerà non appena il gruppo Severstal avrà ricevuto indicazioni dalle banche per la copertura del debito di oltre 700 milioni». Morale: «in fabbrica la situazione è calda». Più del solito.
PIERO RAUBER
 

 

Tondo e Ortis: energia nodo prioritario del Fvg - FRONTE UNICO FRA INDUSTRIALI E AMMINISTRATORI POLITICI A TRIESTE

 

Avviato un impianto all’avanguardia al Sincrotrone. L’emergenza dei siti inquinati
Via libera ai rigassificatori. Scelta obbligata aspettando le centrali nucleari
Avviata la realizzazione di un secondo impianto finanziato dalla Bei
TRIESTE L’energia come obiettivo strategico dello sviluppo per il Friuli Venezia Giulia. Il presidente dell’Authorithy per l’energia elettrica e il gas Alessandro Ortis ha dato il ”la” ieri a Trieste in occasione dell’inaugurazione dell’impianto di trigenerazione al Sincrotrone di Trieste e poi al convegno ad hoc agli Industriali. Alla sua voce si è unito il coro di amministratori e industriali. E che si tratti di un obiettivo «prioritario» per la Regione lo ha confermato il governatore del Fvg Renzo Tondo che davanti agli industriali triestini e al presidente Sergio Razeto, ospiti oltre a Ortis il vicepresidente di Confindustria, Antonio Costato, non ha avuto tentennamenti.
«Sull’energia si gioca il futuro del Fvg ed è una partita sulla quale la Regione intende andare avanti e fare la sua parte sino in fondo». Sì dunque al rigassificatore nel golfo di Trieste «appoggiamo l’impianto a terra della Gas Natural, mi auguro che le istituzioni locali facciano la loro parte e che prevalga la linea del sindaco Roberto Dipiazza» ha detto il governatore annunciando che «da colloqui con il ministro degli Esteri, Franco Frattini le tensioni sull’impianto sono state risolte». Via libera della Regione anche al miglioramento delle reti interne, agli elettrodotti transfrontalieri con Austria e Slovenia «e in questo attendo un convinto appoggio pure da Confindustria». Infine appoggio incondizionato al programma nucleare e concentrazione degli sforzi per la partecipazione del sistema Italia al raddoppio della centrale di Krsko.
Ma Tondo ieri ha usato un tono forte verso Trieste «che ha bisogno di una scossa». E la scossa il governatore l’ha data parlando di «una città che tende a chiudersi, che si mostra a volte incapace di aprirsi a nuovi orizzonti, che resta isolata anche dal resto della regione. E invece Trieste ha bisogno di qualcuno che pensi in grande, anche a costo di perdere le elezioni pur di vincere la partita dello sviluppo».
Si è intravista una unità di intenti tra politici e industriali schiacciati dal peso della crisi e dalla volontà di trovare nuove strade per la ripresa dello sviluppo economico. Pieno appoggio del vicepresidente di Confindustria Costato agli impianti di rigassificazione. «Ho ben quattro impianti energetici sul mare di fronte alla mia casa di Rovigo» ha detto facendo vedere, al pubblico divertito, le foto scattate dalla camera dei suoi figli fronte mare con gli impianti previsti. E poi ha lanciato un vero e proprio «anatema» ai fatidici siti inquinati nazionali definendoli una bufala degli anni ’90 pensata da alcuni amministratori per far arrivare una pioggia di milioni dalla capitale e che ora, finiti i soldi, si trovano con le zone industriali bloccate come a Trieste dove ogni intervento è diventato impossibile anche perchè non si conoscono nemmeno i costi finali. Costato ha tre impianti industriali nel settore alimentare nei siti inquinati di Trieste, porto Marghera e in Liguria e ieri sia al convegno ma anche a margine ha ribadito l’essenzialità deglle infrastrutture energetiche. «In Fvg avete le stesse infrastrutture di alta tensione di 25 anni fa ma ora i consumi sono più che raddoppiati». Il vice di Confindustria ha toccato anche il tema del nucleare «sono favorevole – ha detto – ma avendo ben chiaro che non si può aspettare di avere le centrali per affrontare il tema del costo dell’energia. Nel breve periodo lo sviluppo delle reti di connessione è la cosa più importante».
Il nodo insoluto dei siti inquinati è stato riproposto dal presidente Razeto a Tondo all’inizio del convegno a Trieste dove, tra gli altri, il presidente del Consorzio energia Federico Pacorini ha fatto la sua relazione tra luci e ombre.
A dare un «buon esempio» sul fronte energetico, e ad aprire la giornata è stato il Sincrotrone con l’inaugurazione del nuovo impianto di trigenerazione che migliorerà l’efficienza energetica e che è stato acceso da Ortis, dal sindaco Dipiazza e dal presidente di Sincrotrone, Carlo Rizzuto. La centrale, realizzata con un investimento di 7 milioni di euro, nasce assieme alla sorgente di luce Fermi Elettra che sta per entrare in funzione e, novità assoluta per un laboratorio di ricerca in Italia, fra i primi in Europa, sarà gestita per 10 anni dalla neocostituita società Trigenerazione, in joint-venture Sinergie-Gruppo AcegasAps, che ha investito 2,9 milioni sull’impianto. Una centrale che combina la produzione di energia elettrica, termica e frigorifera e tutto questo bruciando il metano e con emissioni prossime allo zero.
«Questo impianto porterà un vantaggio davvero significativo sia in termini economici che ambientali – ha detto Rizzuto – ma soprattutto è stato pensato anche come dimostratore di tecnologia da parte dell’ente di ricerca». E proprio per questo la Sincrotrone ha già avviato la realizzazione di un secondo impianto analogo, sempre di trigenerazione, finanziato questa volta dalla Bei (Banca europea degli investimenti).
«In questo quadro devono collocarsi anche investimenti che rendano sempre più efficiente l’utilizzo dell’energia – ha detto Ortis – favorendo così risparmi e miglior tutela ambientale. L’impianto di trigenerazione inaugurato al Sincrotrone è un buon esempio di efficientamenti. Si tratta di un sistema cogenerativo ad alto rendimento, così virtuoso da poter usufruire dei nostri certificati bianchi, un meccanismo di mercato che stiamo sostenendo proprio per promuovere il risparmio energetico». Chi inquina di più deve comprarli e finanzia così chi ha investito per produrre energia verde.
GIULIO GARAU
 

 

L’oncologo Veronesi a capo dell’Agenzia per il nucleare - Via libera dopo un incontro Prestigiacomo-Romani. Il Pd: «Nomina giusta, scelte sbagliate»
 

ROMA L'Agenzia per la sicurezza nucleare riempie la prima casella, quella del presidente. L'oncologo Umberto Veronesi ha accettato «volentieri» di guidare la nascente struttura. Quasi in contemporanea è giunto il placet istituzionale: nel corso di una riunione al ministero dell' Ambiente tra i ministri dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, e dello Sviluppo economico, Paolo Romani, è stata espressa «grande condivisione» sulla figura prescelta. Adesso, si attende soltanto il rientro del premier Silvio Berlusconi per le altre nomine e il decreto della presidenza del Consiglio dei ministri (Dcpm) per l'ufficializzazione.
Nel frattempo il Pd - di cui Veronesi è senatore - avverte che non basta la sua figura a far ingoiare una «scelta sbagliata» come quella del ritorno al nucleare. «Mi è stata richiesta la disponibilità - osserva Veronesi - e ho accettato volentieri». I nuovi reattori, aggiunge, «sono bellissimi, potenti, e non c'è alcun dubbio sulla loro sicurezza. Ci vorranno 4 anni per la primissima attività».
Dall'incontro tra Prestigiacomo e Romani è emersa anche l' urgenza della composizione organica dell'Agenzia affinchè possa diventare operativa in tempi brevi. Il primo passo dell'Agenzia dovrà essere quello di indicare i siti.
Con il rientro del presidente del Consiglio Berlusconi la prossima settimana, «si potrà procedere - avvertono i ministeri interessati - con i successivi adempimenti, proseguendo nell'attivazione del programma di rientro nel nucleare deciso dal Governo» privilegiando «l'informazione, la sicurezza e la condivisione delle scelte sul territorio».
Ma per il Pd «non basta Veronesi a rendere accettabile una scelta anti-economica - afferma Stella Bianchi, responsabile economia ambiente del Pd - tanto più che l'Agenzia è chiamata» anche «alla localizzazione dei siti».
Sulla stessa linea, il responsabile green economy del Pd, Ermete Realacci, che avverte: Veronesi «non potrà essere la foglia di fico che renderà possibile una scelta contraria agli interessi dei cittadini». E i senatori ecodem, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, ne attendono le dimissioni «quanto prima da parlamentare» anche perchè le nomine dovrebbero essere «tecniche e non politiche». Il senatore leghista, Fabio Rizzi, ritiene invece la nomina di Veronesi «un disastro».
La riunione al ministero, in ogni caso è servita, anche a fare il punto della situazione tra i due ministri sulle questioni aperte che si pongono a cavallo delle competenze: le rinnovabili, l'approvazione di un decreto per il fondo rotativo per il protocollo di Kyoto (600 milioni), la mobilità sostenibile (sostegno ai veicoli elettrici e ibridi), lo sviluppo sostenibile e la ricerca nelle tecnologie.
 

 

Salvaguardia dei colibrì - Il provvedimento del ministero bocciato dal Tar del Lazio
 

Anche il Tar del Lazio ha dato ragione alle istanze del Centro per la salvaguardia dei colibrì, bocciando una nota del ministero dell’Ambiente, a firma dell’allora direttore generale Grimaldi, che disconosceva il collegamento diretto dello Stato con la struttura di Miramare. Il Tribunale amministrativo, oltre a tutto, ha sospeso l’efficacia del testo stesso e si tratta di un’importante vittoria per la realtà scientifica allestita da Stefano Rimoli. «In pratica – precisa lo stesso diretto interessato – questo comporta la venuta meno di quelle perplessità, quando non addirittura chiusure totali nei nostri confronti, espresse da quel funzionario. Che sosteneva che non esisteva nessuna evidenza amministrativa che ci legava all’amministrazione, che non esisteva nessun obbligo nei nostri confronti e financo che i colibrì non risultavano affatto di proprietà dello Stato italiano!». Tutte tesi confutate brillantemente dall’avvocato romano Pietro Marsili, che ha tirato in ballo, tra le varie cose, una lettera dell’ex ministro dell’Ambiente Altero Matteoli e una nota dell’Ambasciata d’Italia in Perù che confermava il dono degli esemplari alla struttura di Trieste, «in affidamento illimitato e irrevocabile». «Ora ci resta solo da sperare – auspica Rimoli – che il ministro Prestigiacomo risolva questo guazzabuglio e si possa presto diventare ente dello Stato con decreto legge».

(f.b.)
 

 

Festa fino al tramonto lungo la pista ciclopedonale - PRONTA DOPO ANNI DI LAVORO, È COSTATA OTTO MILIONI: COLLEGA SAN GIACOMO ALLA VAL ROSANDRA
 

Bus gratuiti per Draga Sant’Elia dove si terrà l’inaugurazione. Intitolazioni a Cottur e a Crasso
Sarà festa grande oggi da San Giacomo a Draga Sant'Elia. Si inaugura la pista ciclopedonale per la quale si è lavorato per anni e si sono spesi circa 8 milioni di euro. I triestini potranno percorrerla a piedi, di corsa, in bici, tutta o in parte, fruendo delle numerose stazioni di entrata e uscita. Del totale della spesa, due milioni sono stati erogati dalla Regione, altrettanti dalla Provincia, mentre il resto è stato finanziato con i fondi comunitari Interreg II e III. I materiali informativi sono stati realizzati grazie alla Fondazione CRTrieste.
A partire da mezzogiorno e fino al tramonto, l’inaugurazione si celebrerà lungo i 12 chilometri che vanno da via Orlandini a Draga San'Elia, parte dei quali un tempo ospitarono la ferrovia che dal 1887 al 1959 collegò la stazione di Trieste-Campo Marzio con Erpelle.
La pista, che la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat auspica «possa diventare sede di varie manifestazione e diventare punto d'incontro per i triestini e i turisti», sarà dedicata a Giordano Cottur, leggendaria figura del ciclismo triestino. Ma a Rodolfo Crasso, campione italiano degli amatori di marcia e fondatore del gruppo sportivo San Giacomo, sarà intitolato il punto informativo all'inizio del lungo tracciato. «Siamo finalmente in grado di restituire ai cittadini un tracciato tra i più interessanti a livello provinciale - ha precisato Bassa Poropat - che nasce dalla riconversione in pista ciclopedonale del sedime dell'ex ferrovia. La tratta - ha aggiunto - costituisce un intervento di rilievo per l'opera di restauro e di conservazione condotta e per l'attenzione rivolta alla tutela del territorio nell'area della Riserva naturale della Val Rosandra, dove abbiamo fatto ricorso a particolari sistemi di illuminazione».
La pista è un tassello nella realizzazione di una rete interregionale di itinerari ciclabili Alpe- Adria. Di essa l'assessore provinciale Mauro Tommasini ha detto che «non si tratta di un impianto sportivo, ma di una struttura da utilizzare per una diversa mobilità, a servizio dei cittadini».
Due i momenti celebrativi. Il primo a mezzogiorno con un primo saluto delle autorità e il taglio del nastro a Draga Sant'Elia, località che sarà possibile raggiungere gratuitamente grazie alla Trieste Trasporti che metterà a disposizione mezzi supplementari sulla linea 51, con partenze alle 11, 11.15 e 11.30 dalla Stazione centrale (previste fermate intermedie a Basovizza; gli autobus ripartiranno poi da Draga Sant'Elia per Basovizza e Stazione Centrale alle 15.30 e 16). Ciclisti e podisti potranno percorrere la pista e raggiungere San Giuseppe della Chiusa-Stazione di Moccò, dove fra le 14 e le 14.30 è prevista una sosta di metà percorso.
La cerimonia di intitolazione della pista a Giordano Cottur e del punto informativo a Rodolfo Crasso è fissata per le 17 in via Orlandini 1. La partenza da Draga Sant'Elia è riservata prevalentemente ai podisti. Ai ciclisti è richiesto di partire per primi. Da via Orlandini è programmata invece una partenza riservata prevalentemente ai ciclisti alle ore 12.30.
Ugo Salvini
 

 

SEGNALAZIONI - Perché il governo non vuole aiutare la via italiana alla Green Economy? - L’INTERVENTO
 

Mentre per gli Usa passare ad utilizzare energia da fonti rinnovabili è una questione di sicurezza nazionale, per la Germania la questione è tutta politica. Dopo che il Reichstag di Berlino è diventato il primo parlamento al mondo a essere alimentato al 100% da energie pulite, presto tutto il paese ne seguirà l’esempio.
Il Ministero dell’Ambiente ha disegnato il percorso della Green Economy tedesca che produrrà 800.000 nuovi posti di lavoro entro il 2030. Ma già oggi il settore delle energie rinnovabili occupa in Germania più lavoratori dell’industria automobilistica.
Entro il 2020, cioè dopodomani, il 30% del fabbisogno energetico tedesco sarà prodotto da energie pulite, mentre 10 anni dopo la percentuale salirà al 50%. Così recita il Piano energetico tedesco.
Ma in Italia non avremmo nulla da imparare da nessuno. I ricercatori dell’università di Tor Vergata a Roma hanno inventato il pannello fotovoltaico al mirtillo che costerà il 60% di meno del tradizionale pannello al silicio. Il che nel paese del sole rende l’energia solare ancora più appetibile.
In un convegno svoltosi l’8 ottobre nella sede della Borsa italiana a Milano è stato presentato il piano industriale di TerniGreen, azienda leader nel settore delle rinnovabili. Un gruppo che sta di fatto disegnando, vien da chiedersi dov’è il governo, la via italiana alla Green Economy. In un momento di crisi globale che è anche crisi del lavoro, il piano di TerniGreen è apprezzabile, non solo perché garantisce l’occupazione ai lavoratori di ex Terni Industrie Chimiche, ma consentirà una crescita economica ed occupazionale anche nel prossimo futuro. Insomma un fulgido esempio di riconversione industriale con un occhio di riguardo verso l’ambiente.
A questo punto qualcuno potrebbe spiegare se da qualche altra parte del mondo occidentale stanno meditando di costruire una termocentrale da 400 mw nel bel mezzo di una città. Centrale che, a leggere la delibera comunale, riverserebbe sulle teste dei servolani e degli abitanti di Valmaura ulteriori 13 tonnellate di polveri sottili all’anno. Ma forse evitando le polemiche nell’interesse generale basterebbe guardarsi un po’ attorno.
Stefano Ukmar - cons. comunale Pd
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 15 ottobre 2010

 

 

Oggi a Trieste summit su fonti energetiche e sviluppo - NUOVO IMPIANTO DI COGENERAZIONE AL SINCROTRONE

 

TRIESTE I sistemi di approvvigionamento energetico nazionale saranno al centro del convegno organizzato da Confindustria Trieste, Consorzio Energia Trieste e Sincrotrone Trieste, che si svolgerà oggi, a Trieste, nella seda di Confindustria in piazza Casali (inizio ore 16.30). Tra gli altri, parteciperanno Alessandro Ortis, presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, Antonio Costato, vice presidente di Confindustria, il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, e il presidente degli Industriali triestini, Sergio Razeto.
Promosso nell’ambito dell’evento “Energia e sviluppo economico”, in occasione dell’inaugurazione dell’impianto di trigenerazione di Sincrotrone Trieste (che avverrà alle 14 al Laboratorio Elettra di Basovizza), il convegno si focalizzerà sulla situazione energetica del Friuli Venezia Giulia, anche in relazione alle iniziative in corso di pianificazione e di attuazione sul territorio regionale: progetti di merchant line per l’interconnessione della rete elettrica transfrontaliera, rigassificatore, centrale termoelettrica. Il programma del convegno prevede anche gli interventi del presidente del Consorzio Energia, Federico Pacorini, e del presidente di Sincrotrone Trieste, Carlo Rizzuto. Da ricordare che, ad oggi aderiscono al Consorzio 50 realtà per un consumo stimato nel 2011 pari a circa 220 milioni di Kilowattora. In questi 10 anni di attività il Consorzio ha consentito alle aziende aderenti un risparmio di oltre sette milioni di euro rispetto al mercato vincolato. Negli ultimi tre anni gli interessi del consorzio si sono estesi anche al mercato del gas naturale.

(n.c.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 ottobre 2010

 

 

Tondo e Zaia trovano l’accordo sulla Tav - FUMATA BIANCA SULLA MESTRE-TRIESTE. IL 16 DICEMBRE NUOVO APPUNTAMENTO
 

In Veneto correrà vicino alle spiagge con la ”benedizione” della Ue. Brinkhorst: «Colmate i ritardi»
Costa: «Ci servono più binari per i cargo e quindi ci serve un tracciato, qualunque esso sia»
TRIESTE Avanti tutta con la Tav ”balneare”: il Veneto cambia il governatore, non la strategia. Luca Zaia fuga gli ultimi dubbi e conferma il tracciato basso, «il più possibile a Sud», con «un’unica stazione di servizio per le spiagge». Non trova obiezioni, ma «piena sintonia» con Renzo Tondo, nonostante il Friuli Venezia Giulia abbia scelto da tempo di far correre la Tav parallela all’A4. Soprattutto, però, incassa la ”benedizione” di Bruxelles: Laurens Jan Brinkhorst, il coordinatore europeo del corridoio ferroviario che deve unire Lione a Kiev, certifica l’«unità forte» del Nordest, promuove il «tracciato ormai chiaro e definito da Mestre a Trieste», invitando solo a fare in fretta. Il più in fretta possibile per colmare «i ritardi accumulati».
Il vertice ”chiarificatore” si consuma a Trieste, all’indomani dell’accordo italo-sloveno sul tracciato transfrontaliero, su input di Antonio Paoletti e Transpadana, l’associazione nata a supporto della Tav: Brinkhorst, l’olandese che da tre anni e mezzo spinge «una pietra sulla collina che sembra sempre rotolare giù», cerca garanzie. Le garanzie che Veneto e Friuli Venezia Giulia rispetteranno le scadenze europee: il progetto preliminare della Mestre-Trieste va presentato entro il 31 dicembre, pena la perdita dei finanziamenti, ma sinora il Veneto ha ”latitato”.
Zaia, però, rassicura. A gran voce. E, ancor prima di infilarsi in un pre-vertice a porte chiuse con Tondo e Brinkhorst nel Palazzo della Regione, dà certezze sui tempi: «Rete ferroviaria italiana e Italferr consegneranno il progetto preliminare entro il 31 dicembre. In seguito quel progetto sarà oggetto di osservazione, valutazione e condivisione con gli enti locali». Passa mezz’ora, o poco più, e i due governatori e il coordinatore europeo lasciano piazza Unità e raggiungono la Camera di Commercio dove, con Paoletti e la Transpadana, ci sono i presidenti degli industriali Andrea Tomat e Alessandro Calligaris e il presidente del porto di Venezia Paolo Costa. Tutti supporter ”sfegatati” della Tav e tutti, a fine vertice, soddisfatti.
Tondo rompe il ghiaccio e fa la sintesi: «Le scelte sul tracciato sono acquisite. Friuli Venezia Giulia e Veneto presenteranno un progetto unico nei tempi previsti». E la Tav litoranea? «Scelta legittima del Veneto. Nemmeno l’Unione europea entra nel merito di una scelta del territorio». Brinkhorst, al suo fianco, annuisce: «L’Europa rispetta la sussidiarietà e non può dire nulla sul tracciato purché rispetti le norme ambientali». Ma Zaia, dovendo fronteggiare critiche, proteste e malumori degli enti locali (e non solo) e dell’opposizione, argomenta a lungo quella scelta maturata già nell’era galaniana: «Vogliamo la Tav. Ma vogliamo spremere il limone sino in fondo: abbiamo 32 milioni di turisti che, ogni anno, raggiungono le nostre spiagge. Che ci guadagniamo a tenere la Tav lontana?». Non si invochi la logica, quella che suggerirebbe un tracciato parallelo all’A4, perché «dovremmo abbattere 2mila case. Quando l’ho saputo mi sono venuti i brividi...». Al contempo, però, il governatore non ”disegna” ancora un tracciato con nomi e cognomi, nonostante il viceministro Roberto Castelli abbia già ”prenotato” il territorio di bonifica tra Musile, San Donà e Jesolo e quello tra Chiesanuova e Passarella, innescando la rivolta dei sindaci: «Non posso anticipare nulla perché abbiamo chiesto un tracciato il più possibile a sud incaricando Italferr di valutare pregi e difetti di più alternative. Qualcuno ha un’idea? Ci mandi una mail. Le prove muscolari non servono».
Nell’attesa del progetto preliminare, confermando «la sintonia perfetta» su Bortolo Mainardi commissario della Tav e auspicando decisioni rapide di Roma, Tondo e Zaia si muovono in squadra. E in squadra chiedono una mano a Brinkohorst al fine di convincere l’Europa a ”supportare” la grande opera: «Il mio appoggio è garantito. Ma la concorrenza è alta. Datevi da fare se non volete che il Nord Europa vi superi...». E le risorse? Quelle per la progettazione, come conferma l’assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi, ci sono già. Quelle per la realizzazione, invece, sono da trovare. Non a Bruxelles, ma in Italia: «Siamo pronti, se serve, a battere i pugni a Roma. La Tav è la priorità assoluta del Nordest» concludono, con voce sola, Tondo e Zaia. Ne va anche del destino dei porti, come ricorda Costa: «I nostri porti hanno disperato bisogno di avere più binari per i cargo. E quindi hanno disperato bisogno di avere un tracciato quale che sia. Ora, dopo anni di attesa, il tracciato c’è. Ed è una gran bella notizia». Ci si ritrova tutti, a Trieste, il 16 dicembre: l’ultimo treno per l’Europa non aspetta.
ROBERTA GIANI
 

 

Ferrovie, Moretti: «Il vero problema sono i tedeschi» - «ALTRO CHE MONTEZEMOLO»
 

ROMA Ntv non fa paura a Ferrovie dello Stato. Perché in fondo la società privata che si appresta a far concorrenza a Trenitalia sull'alta velocità è un'azienda «molto piccolina», mentre i veri competitor di Fs sono altri, come ad esempio le ferrovie tedesche. Non c'è dunque nessun ”problema Montezemolo” per Mauro Moretti, amministratore delegato di Fs, che oggi ha lanciato l'ennesimo affondo nella guerra dei treni tra le due società.
«Il mio problema non è Montezemolo, ma si chiama Deutsche Bahn», ha detto Moretti rispondendo ai cronisti che gli chiedevano un commento sulla concorrenza che da settembre 2011 porterà sull'alta velocità Ntv, la società di cui l'ex leader degli industriali è fondatore e presidente. «Stiamo parlando di un'impresa piuttosto grande rispetto a un'impresa che è molto piccolina: in fondo ha 25 treni», ha aggiunto Moretti, secondo il quale con la liberalizzazione il problema vero sarà piuttosto chi potrà entrare sulla rete italiana con molti più treni, come ad esempio i tedeschi.
Le parole di Moretti arrivano a qualche giorno di distanza dalle accuse lanciate dalla società privata, che ha denunciato atteggiamenti «ostruzionistici» da parte di Fs, chiedendo la separazione della rete ferroviaria (Rfi) dal Gruppo, e la creazione di un'Autorità ad hoc come avvenuto per le altre liberalizzazioni. E la guerra a distanza non sembra esaurirsi con i commenti di oggi: Moretti ha infatti promesso altri chiarimenti sulla concorrenza in una apposita, «ricca» conferenza stampa la prossima settimana. Sullo specifico dello scorporo della rete, l'ad di Fs non si dice contrario, in linea di principio, ma avverte che «dove l'hanno fatto, come in Gran Bretagna, è stato un disastro e i prezzi sono aumentati. Il problema è semmai europeo, è giusto che si facciano dei passi assieme con Germania, Svizzera e Austria. Quando lo faranno tutti lo faremo anche noi, però bisogna deciderlo» insieme. La creazione di un'Authority è invece per Moretti una scelta che spetta alla politica: «Non so se serva un'authority specifica ma è comunque un problema politico. Già adesso noi non controlliamo niente, perchè viene deciso tutto al ministero dei Trasporti».
 

 

Il Wwf: l’Europa divora la Terra - SOTTO ACCUSA I CONSUMI DEI SUOI ABITANTI
 

BRUXELLES Se tutti gli abitanti della Terra vivessero come il mezzo milione di abitanti dell'Unione europea, cioè circa il 7% della popolazione mondiale, sarebbe necessario non un Pianeta solo, ma quasi tre (2,8). È questo uno dei dati che emerge dal Living Planet Report 2010 del Wwf. Tra i Paesi europei, in particolare Danimarca, Belgio, Estonia e Irlanda sono nella top ten dei maggiori consumatori ecologici. L'Italia è al di sopra della media mondiale, anche se rientra in quella dell'Ue, ma è al penultimo posto in Europa in termini di risorse naturali disponibili pro capite.
«L'Unione europea - afferma Tony Long, direttore dell'ufficio per le politiche europee del Wwf - è uno dei continenti più ricchi e densamenti popolati del mondo, ma questi livelli di benessere vengono raggiunti a spese dei paesi in via di sviluppo e delle future generazioni. L'Ue è un grande ”debitore ecologico” che le risorse del Pianeta non possono sostenere più a lungo».
Secondo il rapporto, in media i 27 Stati membri consumano circa il doppio delle risorse naturali rispetto alla media globale. Nota positiva, secondo il rapporto, il fatto che aree temperate come l'Europa mostrino segni di ripresa delle specie. Il che è dovuto agli sforzi di conservazione e miglioramenti nel controllo dei rifiuti e dell'inquinamento. Il mondo però è diviso a metà e nei Paesi tropicali invece le specie di acqua dolce hanno subito un crollo di quasi il 70% negli ultimi 30 anni, il più importante mai registrato. «La crescita della popolazione e lo sviluppo economico - aggiunge Long - stanno portando a una maggiore competizione per l'accesso alle risorse limitate del Pianeta. Se l'Europa vuole rimanere un'economia leader mondiale deve ridurre la sua dipendenza dalle risorse naturale del resto del mondo, passando a un nuovo modello di crescita economica basata su innovazioni massicce nell'efficienza delle risorse».
 

 

Colibrì, da Roma il primo passo verso la salvezza - Al centro della vicenda la mancanza di una convenzione amministrativa
 

FOLTA DELEGAZIONE MINISTERIALE A MIRAMARE. RIMOLI: ACCERTATE LE OTTIME CONDIZIONI DEGLI ANIMALI
Una pura missione burocratica. In otto a fare fotocopie di documenti che avevano già, a verificare i numeri che sapevano già. Ma è un primo passo sulla via del riconoscimento del Centro per la salvaguardia dei colibrì, che finora, vista la distanza, non solo chilometrica, tra Trieste e Roma, deve essere sembrato come un fastidioso ectoplasma.
Il primo risultato ufficiale si è concretizzato ieri nell’arrivo di otto esponenti della Guardia forestale, di Luisa Corbetta, vicequestore, inviata del ministero dell’ambiente, e del dottor Dicapi, del ministero della Sanità. Una vera task-force che, a parte verificare l’eccellente salute e condizione di cui godono gli animali nelle serre di Miramare non ha potuto che sottolineare come, nel complesso rapporto che lega la struttura triestina al ministero dell’Ambiente manchi una cosa fondamentale: una convenzione amministrativa.
Nelle serre hanno trovato buona e qualificata compagnia. C’erano Piero Susmel e Carla Fabbro dell’Università di Udine, una della realtà che vanta una collaborazione continua con l’istituzione triestina e c’era soprattutto Giacomo Rossi, docente dell’Università di Camerino e consulente della commissione scientifica del ministero dell’Ambiente e del Wwf, uno dei più famosi veterinari e istopatologi del mondo. Nonché uno dei più ottimisti sul futuro del Centro. «Spero che questa commissione farà chiarezza sulla situazione anomala di questo parco, dalla genesi mai chiarita. E confido anche che si stia per rianalizzare la situazione e arrivare a una decisione. Stefano Rimoli, realizzando questa struttura, ha fatto realmente un grande lavoro. L’impressione, adesso, è che a Roma vogliano realmente portare avanti quanto di buono fatto in questi anni. E, in ultima analisi, conservare la struttura».
Rimoli intanto, pur rammaricandosi per la mancanza di un vero contraltare scientifico, va avanti nella sua battaglia. Che, fa capire, è ben lungi dall’essere conclusa. «Sì – racconta – è vero che l’Acegas non staccherà l’energia il 15 ottobre per la morosità legata alle bollette inevase, ma non è che lo fa ad libitum. Ci ha semplicenmente dato una deroga di un mese. E non dimentichiamoci che ci sono altri creditori, Tuttogas in prima linea, il cui ultimatum scade un po’ più avanti, il 29 del mese, ma comunque rimane là, come spada di Damocle».
Rimoli racconta anche, con un po’ di orgoglio, che la commissione romana non ha potuto che accertare «l’ottima condizione degli animali e dell’ambiente in cui vivono. Una condizione che – aggiunge – mi fa sperare che sulla base della loro relazione il ministro Prestigiacomo potrà decidere a breve del nostro futuro».
La querelle, in effetti, è tutta incentrata attorno al riconoscimento dello status del Centro di Miramare, più volte promesso ma, ahinoi, a voce dal ministro Matteoli e mai ratificato. Una situazione di incertezza prontamente sposata dai funzionari ministeriali, che si sono ben guardati dal prendere alcuna decisione nei confronti della realtà triestina. A parole e non solo, anzi, più volte avversata. Sarà questa la volta del chiarimento definitivo?
FURIO BALDASSI
 

 

Mitilicoltura, un protocollo per la gestione del rischio - IL TAVOLO ISTITUITO DALLA REGIONE
 

Un protocollo operativo che coinvolgerà tutti i portatori di interessi nella mitilicoltura. A redigerlo sarà il tavolo tecnico sulle biotossine algali, istituito dall'assessore regionale alla Sanità Vladimir Kosic.
In questo modo sarà possibile fornire una linea di azione efficace per la gestione del rischio, salvaguardando l'aspetto igienico-sanitario in funzione della salute pubblica, senza però penalizzare gli allevatori di mitili.
Il tavolo, composto dai rappresentanti di Arpa, Izs delle Venezie, Centro ricerche marine di Cesenatico, Servizi veterinari delle agenzie sanitarie regionali, Università di Trieste e Servizio regionale sicurezza alimentare, si propone quindi di risolvere l’emergenza scaturita a seguito delle intossicazioni da mitili, per la presenza di biotossine algali, che hanno coinvolto anche gli allevamenti del nostro golfo.
A questo scopo sono state analizzate le dinamiche che hanno portato all’accumulo nei mitili di biotossine, valutati i provvedimenti adottati e verificate le procedure dei sistemi di allerta, concordando infine sull’impossibilità di prevedere con certezza la produzione di molecole tossiche a seguito della fioritura algale.
 

 

Monrupino adesso rivendica il suo diritto a gestire l’acqua - INSERITO NELLO STATUTO DEL COMUNE
 

MONRUPINO Il consiglio comunale di Monrupino ha ufficialmente inserito «il diritto umano all'acqua» nel suo Statuto. Durante l'ultima seduta maggioranza ed opposizione hanno votato a favore per evidenziare come il Comune riconosca «l'accesso all'acqua come diritto umano universale, indivisibile, inalienabile nonché come un bene comune pubblico». Nel maggio scorso il Consiglio si era già espresso a favore di questo cambiamento che ora è stato definitivamente ufficializzato. «Il diritto all'acqua è un diritto inalienabile: l'acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì un bene condiviso equamente da tutti, così come l'accesso all'acqua deve essere garantito a tutti», recita il testo sottoscritto a 360 gradi da parte del Consiglio comunale di Montupino. Il sindaco Marko Pisani si è dunque impegnato a promuovere nel proprio territorio «una cultura di salvaguardia della risorsa idrica».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 ottobre 2010

 

 

Italia e Slovenia firmano l’accordo sulla Tav - Via libera al tracciato ”alto”: Opicina stazione passante, 101 milioni per i progetti. Il nodo dei porti
 

INTESA SULLA TRIESTE-DIVACCIA ALLA PRESENZA DI BRINKHORST. OGGI IL VERTICE TRA TONDO E ZAIA
TRIESTE Trieste e Divaccia, almeno sulla carta, sono più vicine. E la Val Rosandra è ”salva”. Alle 15.57, con due ore di ritardo, la benedizione del coordinatore europeo Laurens Jan Brinkhorst e l’applauso liberatorio a favore di telecamere, Italia e Slovenia firmano in piazza Unità l’accordo quasi impossibile. Quello che, dopo anni di baruffe e ripensamenti, ”disegna” la tratta italo-slovena del corridoio ferroviario che deve unire, all’insegna di treni più veloci e capaci, l’Ovest e l’Est europeo. Lione al confine ucraino.
L’INTESA «Accordo storico» esultano i viceministri alle Infrastrutture Roberto Castelli e Igor Jakomin. È stata dura e il tracciato ”basso”, finito in un cestino, ne è la riprova. «Ma il passato è passato» sorride Brinkhorst. Il futuro, però, va ancora scritto: dove passerà esattamente il tracciato ”alto” che, schivando la Val Rosandra e le proteste, toccherà Aurisina, Opicina, Sesana e Divaccia? Che fine faranno i sei chilometri per ora fantasma che dovrebbero unire i porti di Trieste e Capodistria? Chi pagherà un’infrastruttura che dovrebbe costare un po’ meno di 2,4 miliardi? Ma, soprattutto, quando partiranno i primi treni?
LE INCOGNITE Domande, tante, in attesa di risposta. «Un passo alla volta. Quello di oggi è un punto di partenza essenziale e ci consente di evitare una nuova Val di Susa» afferma, nei panni di padrone di casa, l’assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi. «Abbiamo siglato un accordo che definisce irreversibilmente un tracciato condiviso dagli enti locali e più economico di quello iniziale» dà man forte Castelli. E già che c’è, fresco com’è di ”Barcolana”, assicura: «Trieste è in cima ai pensieri del governo». Jakomin, al suo fianco, evidenzia lo spirito di collaborazione mentre Brinkhorst, fedele al suo ruolo, incita a far in fretta: chi primo arriva, più chance ha di ottenere i (pochi) fondi europei.
IL TRACCIATO Ma adesso, firmato l’accordo, che succede? Mentre un gruppo di No-Tav manifesta sotto il Palazzo, definendo «distruttiva, inutile e costosa» un’opera «che non porterà nemmeno l’alta velocità», i tecnici delle ferrovie occupano la scena: devono definire il tracciato, gallerie annesse, e si mettono al lavoro già da ieri nella sede della Regione. «È presto per dire dove passeranno esattamente i binari. Vanno fatti gli approfondimenti e i rilievi» spiega Riccardi. Ribadendo i punti fermi: Opicina, e non Trieste, sarà la stazione passante e i treni raggiungeranno Divaccia «affiancando più o meno la linea esistente». Sempre da Opicina partirà il collegamento con il porto di Trieste: «Valorizzeremo al massimo la rete esistente e quindi useremo la linea di cintura». Pendenza massima: 12,5%. Era del 17% nel tracciato iniziale.
I COSTI L’accordo appena firmato blinda l’intera progettazione: il costo totale ammonta a 101,4 milioni di euro, di cui 50,7 a carico dell’Unione europea, 22 a carico dell’Italia e 28,7 della Slovenia. Castelli e Jakomin garantiscono sui fondi: i due paesi apriranno i portafogli. Subito dopo, rassicurano sui tempi: le scadenze imposte da Bruxelles saranno rispettate e, entro tre anni, le ”carte” saranno ultimate.
I CANTIERI E dopo? Per costruire la Trieste-Divaccia servono risorse ben più ingenti. «Ma siamo sotto i 2,4 miliardi di euro. Nulla di paragonabile ai 15 miliardi del Frejus» afferma Castelli. Dove trovarli, però? L’Europa può coprire sino al 30% del costo e, come ricorda Brinkhorst, nulla è scontato: «Dovete agganciare la programmazione 2013-2020 rispettando i tempi di progettazione esecutiva. E quindi dovete fare in fretta». I primi cantieri? Jakomin azzarda un pronostico: entro cinque anni. I primi treni? Castelli fa altrettanto: entro il 2020 «ma è solo un’ipotesi visto che si parla di un contesto difficilissimo come il Carso».
I DUE PORTI Il collegamento tra i porti di Trieste e Capodistria, di sicuro, rimane un ”mistero”: l’Italia lo vuole, la Slovenia no. Come finirà? «La priorità è chiaramente la tratta tra Trieste e Divaccia. Ma non deve ostacolare, anzi, la futura collaborazione tra Trieste e Capodistria» media Brinkhorst. Una grana ancora aperta, non certo l’unica. Oggi alle 10.30 il coordinatore europeo incontra Renzo Tondo e Luca Zaia, i governatori cui è appesa la tratta Venezia-Trieste, con la Regione Veneto che vuole la Tav ”lagunare”, mentre i sindaci protestano, e Castelli non si sbilancia. Come uscirne? «Vediamo...». Ottimista? «Sempre» sorride Mr Corridoio V.
ROBERTA GIANI
 

 

Vertice sui treni soppressi - COLLEGAMENTI CON ROMA E MILANO, UDC IN PRESSING
 

ROMA «L’Italia non può finire a Mestre». Angelo Compagnon, deputato friulano dell’Udc, si è fatto portavoce, con un’interrogazione al ministro dei Trasporti discussa ieri alla Camera, del grido di dolore di quanti scelgono di utilizzare il servizio ferroviario sulle tratte Trieste-Roma, Udine-Roma e Udine-Milano. Una vera odissea, dopo la decisione di Trenitalia, nel giugno scorso, di sopprimere gli Eurostar che effettuavano il servizio veloce con collegamenti diretti in poco più di cinque ore, e che costringe oggi i viaggiatori su rotaia a lunghe ed estenuanti attese per il cambio alla stazione di Mestre, o a rassegnarsi all’unico collegamento diretto, un Intercity con tempi di percorrenza pari ad otto ore e venti minuti. Senza contare l’eliminazione del treno notturno che arriva e parte non più dalla centrale stazione Termini di Roma ma dalla meno servita e periferica Roma Tiburtina. Tempo di arrivo dal via del capostazione, nove ore e trenta minuti. Un’offerta inadeguata e disdicevole, a giudizio di Compagnon, che ha ottenuto l’impegno a promuovere un incontro, la prossima settimana, con i vertici di Trenitalia per discutere la questione. Derivata, ha spiegato il sottosegretario Bartolomeo Giachino, dalle basse frequentazioni riscontrate sulla tratta Venezia- Trieste. «Da troppo tempo - ribatte Compagnon - a Mestre si bloccano tutti i collegamenti ferroviari diretti. Ma l’estremo Nord Est è un passaggio cruciale non solo per i rapporti commerciali, ma anche per quelli economici con i paesi dell’Est».

(m.n.)
 

 

Il Pd: «Edilizia, tutto da rifare» - CRITICHE ALLA SEGANTI
 

TRIESTE Regolamento attuativo del codice per l’edilizia da rifare. O, quantomeno, da rivedere profondamente con una apposita commissione cui parteciperanno professionisti, giunta e consiglio regionale. Lo evidenzia il Pd, ricordando la bocciatura delle categorie, e attaccando l’assessore Federica Seganti: «Voleva portare a conclusione il lavoro entro il 16 quando cederà le deleghe – afferma Pd Giorgio Brandolin – . Ma le critiche, spietate, dei rappresentanti di categoria hanno indotto la giunta a più miti consigli: presentazione del 13 cancellata e lavoro tutto da rifare». Rincara Mauro Travanut: «La Seganti, per la fretta, ha reso un cattivo servizio sia a sé che alla regione».
 

 

Scatta l’ora del giubbino catarifrangente per i ciclisti - L’uso è obbligatorio in galleria e fuori dai centri abitati dal tramonto all’alba, ma è consigliato in ogni caso
 

Codice della strada: da ieri a regime le nuove norme
LA POLIZIA MUNICIPALE INVITA AD INDOSSARE SEMPRE ANCHE IL CASCO
Il nuovo Codice della strada non è solo ”tolleranza zero” verso i guidatori che si mettono al volante dopo aver bevuto, a cominciare dai neopatentati e dagli autisti di professione, come camionisti e conducenti di pullman. Anche i ciclisti, infatti, d’ora in poi non potranno sfuggire agli obblighi supplementari previsti dalla legge 120 varata quest’anno dal Parlamento italiano in materia di sicurezza stradale.
Per carità, non è che al cicloamatore verrà ordinato di soffiare nel palloncino al primo posto di blocco, come invece potrà continuare a succedere a qualsiasi automobilista. Ma, per quello stesso cicloamatore, non ci sarà più moda, o amore per la divisa, che tenga.
Già perché da ieri - data di entrata in vigore della nuova normativa - tutti i ciclisti circolanti su strada, e a Trieste ce ne sono davvero tanti, devono attenersi all’articolo 182 del Codide della strada sulla circolazione dei mezzi a due ruote, così come modificato per l’appunto dalla legge 120, che impone loro, in certe situazioni, d’indossare pedalando le bretelle o i giubbotti catarifrangenti, gli stessi che si tengono di prassi nel baule della propria automobile nel caso di uscite di emergenza.
Chiarisce, a questo proposito, una nota stampa della polizia municipale: «Le nuove disposizioni prevedono per i conducenti di velocipedi l’obbligo di indosssare un giubbotto o le bretelle retroriflettenti ad alta visibilità nei seguenti casi». Primo «in galleria», e «sempre». Secondo «fuori dai centri abitati da mezz’ora dopo il tramonto a mezz’ora prima dell’alba». E in tutti gli altri casi? Non c’è obbligo «ma è consigliabile. L’utilità di questo indumento - sostiene la nota stampa dei vigili urbani - lo rende consigliabile sempre, tanto più che i rischi cui i ciclisti sono esposti sono statisticamente elevatissimi: l’Etsc, l’organismo europeo per la sicurezza stradale, che funge da supporto alla Commissione europea, ha calcolato che, a parità di chilometri percorsi, chi va in bici rischia di morire in un incidente ben sette volte di più rispetto a chi viaggia in automobile. Inoltre in bici si resta feriti più gravemente. Per questo stesso motivo, è consigliato indossare anche il caschetto: l’obbligo in tal senso non esiste».
«Una piccola rivoluzione insomma - conclude il comunicato della municipale triestina - che obbligherà ad adeguarsi allle nuove norme chiunque, sia coloro che usano la bicicletta per fare sport sia chi, sulle due ruote, si muove per lavoro: unico obiettivo maggiore sicurezza per tutti gli utenti della strada».
 

 

Capannoni produttori di energia a Gorizia - LA SFIDA DELLA SDAG, SOCIETÀ CHE GESTISCE L’AUTOPORTO DI SANT’ANDREA
 

Riconvertire capannoni e magazzini in veri e propri “produttori” di energia, in grado di “lavorare” anche qualora al loro interno l’attività dovesse languire. La Sdag, la società che gestisce l’autoporto di Gorizia (controllata per oltre il 99% dal Comune), punta a far entrare in funzione prima della fine dell’anno il grande impianto fotovoltaico da oltre 19mila metri quadrati che sarà montato, per l’appunto, sulle coperture di diverse strutture che formano il complesso logistico di Sant’Andrea – un sito che si sviluppa su 59mila metri quadrati coperti e 115mila metri di piazzali attrezzati – a ridosso del confine con la Slovenia.
A regime, l’impianto fotovoltaico sarà capace di generare 1,2 milioni di kilowattora, ovvero il 50% circa del fabbisogno dell’autoporto (sul quale incidono, e non poco, i moduli frigoriferi per lo stoccaggio dei prodotti alimentari in transito). La quota restante di energia verrà ceduta alla rete. L’investimento, che si aggira attorno ai 4 milioni di euro ed è sostenuto anche dal Frie, è uno dei punti principali della strategia varata dalla Sdag per recuperare redditività.
L’allargamento dell’Unione europea, che prossimamente interesserà la Croazia e nel medio periodo anche la Serbia, è destinato a far calare in maniera direttamente proporzionale gli introiti legati ai servizi doganali, che per decenni hanno tenuto in piedi i bilanci della società. Di qui, la necessità di trovare nuove strade per tenere in equilibrio la gestione dello scalo: lo sfruttamento delle energie rinnovabili, quale quella solare, attraverso la grande distesa di capannoni e magazzini, è una di queste. E non è un caso che l’impianto fotovoltaico riesca ad entrare in funzione prima del 31 dicembre. «In questo modo – fa notare il presidente della Sdag, Giorgio Milocco – potremo usufruire dei contributi in conto energia prima della loro riduzione prevista nel 2011», massimizzando così il ritorno dell’investimento.
A implementare al massimo la quota di energia prodotta e ceduta alla rete ci penseranno anche i lavori finalizzati alla risistemazione degli impianti che stanno interessando diverse aree del complesso infrastrutturale. La parola d’ordine è: più efficienza. «Il traguardo che ci siamo posti è quello del 30 giugno 2013 – dice Milocco –. Per quella data, l’intero pacchetto di investimenti che abbiamo varato (circa 10 milioni di euro, ndr) dovrà essere completato in modo da permettere all’autoporto di inserirsi nel piano strategico varato dalla Regione per attivare la piattaforma logistica integrata del Friuli Venezia Giulia, con la quale si punta a far fare sistema a porti, interporti e sistemi intermodali presenti sul territorio».
All’orizzonte, poi, c’è l’ambizioso progetto Unicredit. Gorizia, con il suo autoporto, punta a ritagliarsi un ruolo in chiave “retroportuale”, a supporto dell’attività che interesserà le banchine di Trieste e Monfalcone.
Nicola Comelli
 

 

SEGNALAZIONI - Centrale elettrica - VOTO
 

Il Pd ha votato contro la centrale elettrica, perché è solo la foglia di fico della carenza di una concreta politica industriale, energetica e ambientale per Trieste.
Dal punto di vista occupazionale, nell’ottica della dismissione della Ferriera, la centrale della Lucchini come pure il rigassificatore sono solo residuali. Non sono infatti attività industriali, ma energetiche, non sufficienti per la ricollocazione dei lavoratori, se non sono collegate a un serio programma di sviluppo industriale, che abbia come prioritaria la bonifica del sito industriale inquinato.
E poi una politica complessiva dovrebbe puntare come priorità allo sviluppo delle energie alternative. Guardiamo a Terni, dove lo sviluppo di settori innovativi e la riconversione in chiave ecosostenibile di un comparto tradizionale dell’industria italiana ha fatto dell’ex centro siderurgico un polo nazionale dell’economia verde, garantendo proprio così la ricollocazione degli operai.
Ma il Pd ha votato no, anche perché i tre impianti – rigassificatore, metanodotto e centrale elettrica – hanno seguito, in contrasto con le norme, tre procedure di Valutazione di impatto ambientale distinte. Ha votato no, perché i 15-20 impianti termoelettrici autorizzati e/o realizzati in Italia negli ultimi dieci anni sono ubicati in territorio pianeggiante e nessuno in centro città come quello proposto a Trieste. No, perché il nodo di Redipuglia, sul quale già afferiscono Torviscosa, Monfalcone, Divaccia e Padriciano, risulta elettricamente congestionato. La stessa centrale di Monfalcone infatti, da quando è entrata in servizio Torviscosa, tende a funzionare a mezzo servizio e quindi, finché non si realizzano i nuovi elettrodotti, è inutile inserire nuovi grandi impianti. Ma anche sostenere che con la nuova centrale si potrebbe esportare energia elettrica oltre frontiera non regge, visto che l’interconnessione elettrica con la Slovenia funziona a pieno regime, ma solo per importare in Friuli Venezia Giulia l’energia elettrica prodotta a costi nettamente inferiori.
E infine il Pd ha votato no, perché è evidente dalla stessa Via che la centrale elettrica senza rigassificatore non si farà. E sul rigassificatore la città tutta e un’Ente, la Provincia, anche su input del Pd, hanno chiesto a Gasnatural di aprire il dialogo per risolvere dubbi e preoccupazioni, per fornire risposte, per discutere soluzioni. Ma l’azienda ha opposto solo il silenzio e in questo è stata aiutata dal sindaco, che invece di pungolarla per ottenere magari maggiori investimenti per ridurre l’impatto, si è speso solo in un improbabile mercato delle royalties. Per questo motivo il Pd oggi afferma serenamente che a queste condizioni un insediamento così impattante e così problematico come il rigassificatore e di conseguenza la centrale elettrica non hanno da essere realizzati dentro il golfo di Trieste.
Fabio Omero - capogruppo del Partito democratico al Comune di Trieste
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 12 ottobre 2010

 

 

Il Pd fa squadra e boccia la Tav ”lagunare” - OGGI SI FIRMA L’INTESA ITALO-SLOVENA SULLA TRIESTE-DIVACCIA
 

Friuli Venezia Giulia e Veneto uniti contro il tracciato. Zaia: «Vogliamo chiudere»
TRIESTE «Il tracciato della Tav a ridosso delle spiagge? Fossimo stati noi al governo non sarebbe andata così». Il Pd del Friuli Venezia Giulia e del Veneto boccia l’ipotesi di un’alta velocità lungo il litorale in provincia di Venezia. E annuncia un’azione congiunta per far cambiare idea a Luca Zaia e all’assessore Renato Chisso: «Facciano dietrofront perché, altrimenti, c’è il rischio di ulteriori ritardi se non di uno stop». Il tracciato migliore? Secondo il Pd quello parallelo alla A4 Trieste-Venezia. Lo dice Debora Serracchiani. Lo ribadisce il capogruppo del partito nel Consiglio regionale del Veneto Laura Puppato che mette nel mirino soprattutto Chisso: «La variazione è stata imposta da un assessore che non ha mai riservato adeguata attenzione per il trasporto ferroviario». All’incontro di ieri a Udine c’era anche Rodolfo Viola, deputato del Pd che ha presentato un’interrogazione sulla Tav dopo che in commissione il viceministro Roberto Castelli ha reso nota l’opzione del tracciato ”basso”, quello che passa nel territorio di bonifica tra Musile-San Donà e Jesolo, toccando Caposile, e nella zona tra Chiesanuova e Passarella per poi risalire verso l’interno dopo aver superato il Piave. Un’ipotesi che, secondo Serracchiani, «vede le amministrazioni locali, nemmeno informate della novità, completamente contrarie». «È l’ennesima prova - aggiunge il segretario del Pd Veneto Rosanna Filippin - del centralismo regionale che sta dietro il vuoto federalismo sbandierato dalla Lega Nord». Non manca il veleno di Serracchiani: «I governatori del Friuli Venezia Giulia e del Veneto si vedono in trattoria, noi ci incontriamo alla luce del sole».
Oggi intanto a Trieste, su un altro fronte della Tav, al termine di un incontro che vedrà presenti il coordinatore europeo del Progetto prioritario n.6 Jan Laurens Brinkhorst e l’assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi, è in programma la firma (contestata all’esterno dai No Tav di Trieste e del Carso) del viceministro Castelli e del segretario di Stato sloveno Igor Jakomin sull’intesa per la progettazione della tratta tra Trieste e Divaccia. Dopo mesi di trattative, Italia e Slovenia si sono hanno accordati sulla linea ”alta”, che sull’altipiano carsico da Aurisina raggiunge Opicina, seguendo la traccia della rete esistente, e poi si dirige verso il confine. Domani invece, sempre a Trieste, si terrà l’incontro tra Tondo e Zaia con Brinkhorst per approfondire le novità sul tracciato veneto. E proprio il governatore veneto, a ridosso dell’incontro, assicura che «c’è la volontà di chiudere la partita». E aggiunge: «Non c’è un tracciato che non abbia conflitto territoriale. Partiamo dal presupposto che ovunque passi, avrà comunque un comitato contro».

(m.b.)
 

 

TAV - Il sindaco leghista si ribella - FORCOLIN: «NON ACCETTEREMO DIKTAT»
 

TRIESTE «Nessuna infrastruttura calata dall’alto sulle nostra teste». Gianluca Forcolin, sindaco di Musile e deputato della Lega, aspetta i documenti ufficiali sul tracciato Tav da ministero delle Infrastrutture e Regione Veneto. Ma, nonostante il viceministro e il governatore siano del suo stesso partito, si dice pronto alla battaglia in difesa del territorio.
Le anticipazioni di Roberto Castelli hanno creato subbuglio tra i sindaci interessati dal tracciato?
Mi sono informato con ministero e Regione e ancora non c’è nulla di certo. Quindi è meglio aspettare la documentazione ufficiale per poi valutare le ricadute.
Quale atteggiamento intende tenere?
Ritengo opportuno chiedere un tavolo tecnico con Governo e Regione per conoscere nel dettaglio le cose. Nel contempo ci deve essere spazio di manovra per i sindaci di proteggere il proprio territorio.
C’è preoccupazione sui tempi e sulla perdita dei finanziamenti.
Lo capiamo ma se ci sono esigenze territoriali bisogna tenerne conto. Se verranno ascoltati i sindaci sono convinto che potremo rispettare i tempi.
In caso contrario?
Daremo battaglia per veder rispettati l’ambiente e, nel caso del mio Comune, le attività agricole.
Ci sarà battaglia anche con Castelli e Zaia?
Qui si parla del territorio, al di là del fatto che il viceministro e il presidente sono del mio stesso partito. E d’altra parte la difesa dei propri cittadini è il credo principale della Lega.

(r.u.)
 

 

A Trieste il record regionale di raccolta di rifiuti elettrici - AL SECONDO POSTO PORDENONE
 

Appartiene a Trieste il record regionale della raccolta di rifiuti elettrici. Un primato importante che si traduce sia in un risparmio per le tasche dei contribuenti sia in un gesto d’attenzione per l’ambiente e, in particolare, per la qualità dell’aria.
Dall'inizio dell'anno, in tutta la provincia triestina, sono state raccolte poco meno di 500 tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici (per la precisione 484 tonnellate). Lo rivelano i monitoraggi eseguiti da Ecodom e Legambiente, che hanno avviato in tutta Italia una campagna per sensibilizzare l’opinione pubblica contro l’abbandono di questo tipo di rifiuti.
Le quasi 500 tonnellate raccolte a Trieste, come detto, rappresentano la quantità più alta in Friuli Venezia Giulia. Quantità che corrisponde a 1,016 milioni di kWh di energia elettrica risparmiata e a 8.000 tonnellate di anidride carbonica non immesse nell'atmsfera.
Al secondo posto nella classifica regionale si piazza la provincia di Pordenone, con 426 tonnellate (pari a un risparmio di 883.000 kWh e 7.100 tonnellate di CO2). Seguono la provincia di Udine (394 tonnellate di rifiuti, pari a un risparmio di 680.000 kWh e 11.400 tonnellate di CO2) e quella di Gorizia (64 tonnellate di rifiuti, pari a un risparmio di 145.000 kWh e 600 tonnellate di CO2).
 

 

Riserva delle falesie interventi ai sentieri - DUINO -  CON FONDI REGIONALI

SISTIANA - Tempo di check-up per la Riserva delle falesie. Il Comune, grazie a fondi regionali, ha avviato una serie di interventi straordinari riguardanti i sentieri, fra cui un’area attrezzata nei pressi della palazzina ex Aiat. A breve verranno poi ripristinati alcuni tratti del sentiero Rilke, rimasto danneggiato dalle recenti e abbondanti piogge.

La Riserva delle falesie interessa le località di Duino e Sistiana e si articola su 107 ettari, di cui 63 a mare. Nel mese di novembre l’area verrà ulteriormente promossa con due iniziative di rilievo: la realizzazione del sito web della riserva, a cura dell’Ufficio cultura del Comune, e la diffusione di un dvd informativo, realizzato dall’Ufficio comunale parchi e riserve.
 

 

SEGNALAZIONI - Stile decrescita - ECONOMIA
 

La nostra economia mira a un guadagno infinito in un mondo finito. Le crisi energetiche e quelle per gli smaltimenti dei rifiuti sono solo l’inizio.
Il benessere di una nazione si basa sul Pil, Prodotto Interno Lordo; per far crescere il Pil è necessario consumare. Comprare, consumare all’infinito in un mondo che ha risorse limitate. La corsa al consumo ha prodotto perdite spaventose. Ma il benessere non è solo consumare anzi direi che il benessere dovrebbe riguardare solo la qualità della vita: cioè la qualità della giustizia, la qualità dell’aria, la qualità di quello che mangiamo.
Serge Latouche, professore emerito di scienze economiche all’università di Paris-Sud, specialista di rapporti economici e culturali tra il Nord e il Sud, ricorda gli obiettivi che la "comunità internazionale" si è data all’alba del terzo millennio: la salute per tutti e lo sradicamento della povertà, prima ancora che la lotta alle fonti dell’inquinamento. Per i due terzi della popolazione mondiale la domanda più importante che si pongono è "cosa mangiamo stasera?" e non certo "Dove andiamo?" "Da dove veniamo?" o "Chi siamo?". Se un terzo del mondo si preoccupa di consumare sempre di più e di aumentare sempre di più i propri bisogni è naturale che questa corsa ci porta solo verso un muro. È necessario quindi cambiare i nostri stili di vita. Latouche chiama questo cambiamento de-crescita o meglio ancora a-crescita, in quanto si tratta dell’abbandono di una fede o di una religione: quella dell’economia, del progresso e dello sviluppo. Egli si rende conto che questo è un pensiero utopistico, ma è un’utopia concreta.
La decrescita è un progetto politico che si attua attraverso delle tappe: il circolo delle otto "R".
Ri-valutare: l’altruismo dovrebbe prevalere sull’egoismo, ritrovare il piacere del tempo libero e dei rapporti sociali
Ri-concettualizzare: ridimensionare i concetti di ricchezza e povertà
Ri-strutturare: adeguare l’apparato produttivo e i rapporti sociali al cambiamento dei valori
Rilocalizzare: produrre in massima parte a livello locale i prodotti necessari a soddisfare i bisogni della popolazione
Ri-distribuire: equa distribuzione delle ricchezze
Ridurre: diminuire l’impatto sulla biosfera dei nostri modi di produrre
Ri-utilizzare: Ri-ciclare: evitare lo spreco sfrenato
Forse è difficile da un giorno all’altro mettere in pratica questo processo, ma se ognuno incomincia dalla sobrietà il primo passo è fatto. È necessario un cambiamento di rotta una vera e propria rivoluzione culturale, che porti ad una rifondazione della politica.
Anna Piccioni

 

 

 

 

NEXTVILLE.IT - LUNEDI', 11 ottobre 2010

 

Detrazioni 55%, ultime speranze

 

Il sottosegretario all’Economia e Finanze, Luigi Casero dichiara che la proroga della detrazione fiscale 55% per gli interventi di risparmio energetico è possibile.
In realtà che fosse possibile è fuori di dubbio, anzi tutti gli osservatori del settore (e spesso anche i funzionari dei ministeri competenti) hanno continuamente fatto notare che è opportuna, fattibile, praticamente necessaria.
Aggiungiamo: e per nulla costosa per le casse dello Stato. Infatti, a fronte dell’obiettivo posto dall’Europa in termini di efficienza energetica, non vi è alcuno strumento meno oneroso di quello imperniato su questo tipo di bonus fiscali. Perché all’erario affluiscono, a fronte di ciò che si perde in detrazioni, tutte le imposte dirette e indirette del lavoro che si creano con gli interventi di efficientamento (settore edile, settore dei serramenti, settore degli impianti di riscaldamento e dei pannelli solari termici).
Nelle casse dello Stato, l’Iva (10%) arriva subito, l’Irpef e l’Ires (percentuali variabili ma nell’insieme difficilmente inferiori al 40%) arrivano in parte nello stesso anno (anticipi), in parte l’anno successivo a quello della chiusura lavori. Mentre le detrazioni si spalmano su cinque anni.
L’unica obiezione che viene avanzata è che chi ha veramente bisogno di fare dei lavori, li fa comunque. Ma è evidente che non è così, soprattutto in una fase di crisi. E chi proprio non ne può fare a meno sarà sempre invogliato dal “sistema all’italiana” a pagare in nero con un notevole sconto, con ciò partecipando alla cancellazione di un notevole apporto fiscale.
Insomma, il fatto che il 55% sia scomparso dall’orizzonte delle ultime manovre finanziarie è un mistero che resta privo di spiegazioni logiche. Anche perché l’allestimento del sistema è stato complesso e solo recentemente si è arrivati ad analizzare i risultati dei primi anni e maturare l’esperienza idonea ad eventuali modifiche dell’attuale impostazione (vedi riferimenti).
Non resta che augurarsi un ripensamento, seppur tardivo, che faccia riemergere la questione. E’ di buon auspicio il fatto che gli uffici tecnici del MSE stiano preparando una proposta tecnica da sottoporre ai Ministri competenti.
Anna Bruno
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 11 ottobre 2010

 

 

Tav a rischio, Tondo e Zaia al summit con l’Ue - In Fvg iter a buon punto ma in Veneto Comuni contrari al tracciato costiero
 

Domani la firma della tratta transfrontaliera Trieste-Divaccia Mercoledì il commissario Brinkhorst incontra i due governatori
TRIESTE Il conto alla rovescia per il progetto dell’alta Velocità a Nordest è partito. Se domani a Trieste sarà il giorno della firma dell’accordo italo-sloveno per la Trieste Divaccia, mercoledì sempre a Trieste ci sarà il faccia a faccia tra il coordinatore del progetto prioritario 6 Laurens Brinkhorst e i governatori del Friuli Venezia Giulia e del Veneto Renzo Tondo e Luca Zaia. Brinkhorst vuole vederci chiaro, vuole capire se le due Regioni siano pronte a presentare il progetto preliminare della linea ad alta velocità-alta capacità entro fine anno. Ma se il Friuli Venezia Giulia lavora da due anni per smussare gli spigoli del tracciato e arrivare alla piena condivisione con il territorio, in Veneto si rischia lo scontro tra Regione e Comuni. Un rischio che pesa anche sul Friuli Venezia Giulia perché il destino della linea ferroviaria e del corridoio V vede strettamente legate le due regioni.
TRIESTE DIVACCIA Il nuovo tracciato della Trieste Divaccia, quello che bypassa la val Rosandra e così facendo la contrarietà delle popolazioni, sarà recepito formalmente martedì a Trieste alla presenza del ministro Altero Matteoli, del vice Roberto Castelli, del Ministro sloveno Patrick Vlacic e del coordinatore Laurens Brinkhorst. A fare gli onori di casa sarà la Regione Friuli Venezia Giulia che ha lavorato in prima linea per arrivare all’accordo.
Se il tracciato “alto” (trenta chilometri di cui venti in galleria lungo l’asse Aurisina-Opicina-Sesana-Divaccia) trova l’accordo dei due Stati e, come ha evidenziato il viceministro Castelli, «è più economico», i tempi di realizzazione – comprensivi di quelli per la progettazione definitiva e le autorizzazioni – sono stimati in 8-9 anni: la progettazione deve essere conclusa entro il 2012 e i cantieri dovranno essere aperti entro il 2013.
VENEZIA-TRIESTE E se la tratta transfrontaliera sembra avere, almeno sulla carta, tutti i requisiti per essere portata avanti, l’alta velocità in Friuli Venezia Giulia e Veneto fa i conti con forti ritardi e con due visioni diverse che rischiano di mettere in pericolo la realizzazione dell’opera. Se il Friuli Venezia Giulia ha confermato il tracciato parallelo alla rete autostradale e da due anni lavora a un confronto serrato con le amministrazioni locali per cercare di superare le perplessità e gli ostacoli posti dalle comunità sul passaggio di un’opera che, per quanto indispensabile, sarà impattante, in Veneto il confronto non è ancora partito e rischia di trasformarsi in uno scontro aperto. La Regione ha dato indicazioni a Rfi di progettare un tracciato che corra a metà strada tra la linea dell’autostrada e la costa. Un tracciato che le ferrovie hanno elaborato, ma che la Regione ancora non ha in mano materialmente per cui – almeno così riferiscono gli uffici competenti - non ha avviato il confronto con gli enti locali. Il caso vuole, però, che il viceministro Castelli intervenendo in commissione Trasporti abbia già fornito le indicazioni della linea - il tracciato prescelto è quello «basso», che dalla stazione dell’aeroporto di Venezia correrà a ridosso delle spiagge fino a Caposile per poi risalire verso l’interno dopo aver varcato il Piave e affiancarsi all’A4 ad ovest di Portogruaro, dove si congiungerà con il tratto friulano – scatenando le preoccupazioni dei comuni interessati. Il progetto preliminare dell’opera va consegnato prima di Natale e se la Regione Veneto ha tutta l’intenzione di rispettare la scadenza, le contrarietà del territorio rischiano di mettere in pericolo questa volontà.
IL COMMISSARIO I presidenti Zaia e Tondo dovranno, quindi, essere convincenti mercoledì prossimo nel confronto con Brinkhorst. I governatori puntano a giocare una carta in più: un commissario che acceleri le procedure di realizzazione. In una lettera inviata al governo, Tondo e Zaia hanno chiesto la dichiarazione dello Stato di emergenza e la nomina di Bortolo Mainardi, attuale consulente del commissario della terza corsia e già commissario per le infrastrutture del Nordest. Una nomina che le Regioni contano di ottenere in tempi celeri.
MARTINA MILIA
 

 

Colibrì, Acegas non stacca la corrente - Spiragli sulla sorte degli animali. Mercoledì la Guardia forestale inviata da Roma
 

Rimoli: vorrei che Prestigiacomo venisse a vedere ciò che siamo riusciti a fare, sono certo che se ne innamorerebbe
Giacomo Rossi, consulente del dicastero e del Wwf: esemplari adulti, spostarli significherebbe farne morire un alto numero
Due certezze e un’incognita. La prima: il ministero dell’Ambiente non farà morire i colibrì del Centro di Miramare. La mossa iniziale è stata quella di mandare un’ispezione delle Guardie forestali che, adesso è ufficiale, si svolgerà mercoledì prossimo. La seconda: i fornitori di energia che avanzano cifre importanti dalla struttura (cifre che però il responsabile, Stefano Rimoli, precisa non essere costi annuali, «ma accumulati negli anni perché lo Stato non si è fatto carico di pagare i consumi»), con AcegasAps in primo piano, non staccheranno le spine alla scadenza del 15 ottobre. Un’assicurazione in tal senso è stata fornita nella tarda serata di venerdì, come racconta lo stesso Rimoli, dai vertici aziendali al professor Giacomo Rossi, docente dell’Università di Camerino e consulente della commissione scientifica del ministero dell’Ambiente e del Wwf, uno dei più famosi veterinari e istopatologi del mondo, che ha fatto capire l’importanza, scientifica in primo luogo, dell’insediamento. «I colibrì del Centro – ha dichiarato Rossi – sono ormai adulti e molti in fase riproduttiva, qualsiasi spostamento, anche previa realizzazione di una struttura analoga appositamente studiata per la detenzione e l’allevamento dei colibrì che ad oggi non esiste in Europa, potrà comportare il decesso di una grande percentuale degli esemplari». Rossi ha anche aggiunto che «nessuno in Europa, a parte il Centro colibrì, è riuscito a mantenere una popolazione stabile nonostante le purtroppo migliaia di esemplari importati dai primi anni del ’900 ad oggi».
Manca l’incognita. Legata a una non ben precisata visita di un funzionario ministeriale già domani, anticipata a Rimoli dal deputato Angelo Alessandri, della commissione ambiente della Camera. «Finora non ho avuto nessuna conferma – ammette il ricercatore – e allora staremo a vedere». Il problema, in effetti, è anche quello di ricucire i rapporti con almeno un paio di funzionari del ministero stesso, piuttosto ”freddi”, finora, sulla realtà triestina.
Rimoli, intanto, si preoccupa soprattutto di difendere le ”sue” creature. In certi casi anche dalla perplessità di chi giudica spropositate certe spese per la loro sopravvivenza o addirittura vedrebbe meglio la realizzazione di un centro analogo direttamente in Sudamerica. «A Trieste, o comunque in Europa – puntualizza Rimoli – esiste una ricerca scientifica supportata da tecnologie, infrastrutture, laboratori ed università che non si possono avere o realizzare in mezzo all’Amazzonia. Ad esempio per studiare la realizzazione dei nettari artificiali (necessari per reintrodurre i colibrì in aree amazzoniche deforestate) ci sono i laboratori dell’Università di Udine e la casa farmaceutica Seris di Cuneo che collabora da anni con noi. In Amazzonia questa tecnologia non c’è e realizzarla appositamente costerebbe decine di milioni di euro. Solo in Europa – si infervora lo studioso – c’è la possibilità di fare questi studi e di utilizzare gratuitamente le tecnologie a disposizione (come la Tac dell’ospedale Maggiore), solo in Europa c’è la possibilità di capire come salvare queste specie dall’estinzione. Le scoperte fatte a Trieste vengono poi messe a disposizione dei Paesi sudamericani».
Il responsabile del Centro taglia infine corto sui possibili ”equivoci” sorti nei rapporti col ministero dell’Ambiente. «Il mio unico desiderio – racconta – sarebbe portare a Trieste a visitare il Centro il ministro Prestigiacomo e il nuovo direttore generale Grimaldi: sono certo che se vedessero con i loro occhi quello che siamo riusciti a fare e a realizzare, praticamente senza soldi, rimarrebbero estasiati. Li farei innamorare del Centro così come è accaduto con l’altro ministro, Altero Matteoli».
FURIO BALDASSI
 

 

«Sulle bonifiche Regione silente» - L’ACCUSA DI MORETTON (PD)
 

«Gli assessori De Anna e Savino preferiscono affidarsi all’attesa infinita che contribuisce solo a incancrenire la situazione». È il pensiero di Gianfranco Moretton in merito alle bonifiche del sito inquinato di Trieste. Secondo il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, commentando il rinvio del testo per l’accordo di programma sulle bonifiche, «non è plausibile il silenzio di fronte alla necessità di definire le caratterizzazioni e sollecitare il ministero dell’Ambiente - dice - a convocare rapidamente le conferenze per decidere quali siano i terreni inquinati e per procedere alla perimetrazione delle aree inquinate, liberando dalle bonifiche quelle che non lo sono».
 

 

Lussino, da ex caserma a ”casa di cura” per tartarughe e delfini - IL PROGETTO DI «MONDO BLU»
 

LUSSINPICCOLO Parola d’ordine a Lussino: smilitarizzare a fondo l’isola e riutilizzare gli immobili a scopi civili. Il complesso procedimento (Lussino era stata una base molto importante delle Forze armate jugoslave) passa anche attraverso l’ex Casa dell’Armata popolare jugoslava, edificio situato nel capoluogo isolano e vuoto da ormai 35 anni. Non essendo mai stato sottoposto a lavori di manutenzione e riparazione dagli anni ’70 del secolo scorso ad oggi, lo stabile versa in condizioni quasi disperate e necessita di interventi quanto mai urgenti, per evitare che possa crollare. A puntare le attenzioni sull’ex Casa dell’Apj è stata l’organizzazione ambientalista lussignana Mondo Blu, che intenderebbe trasformarla in Centro educativo del Mare. In esso, così la direzione di Mondo blu, si potrebbero promuovere programmi d’insegnamento riguardanti il mare e i suoi organismi animali e vegetali, da attuare in collaborazione con università croate e d’oltreconfine. Il Centro diventerebbe anche una specie di stazione scientifica, occupandosi altresì della cura di tartarughe marine, malate o ferite. A dare appoggio al progetto di Mondo blu sono stati il Consiglio comunale di Lussinpiccolo e il sindaco locale Gari Cappelli, quale primo presupposto per la realizzazione dell’ambizioso piano degli ecologisti isolani, da sempre in prima fila nel tutelare la colonia di delfini esistente nelle acque antistanti Lussino. Questo mammifero, come noto, rappresenta il simbolo dell’isola. «Gli ambientalisti hanno il mio sostegno – ha affermato il sindaco Cappelli – e nei prossimi giorni invieremo all’ Ufficio per la gestione del patrimonio statale la richiesta che l’ex edificio militare sia assegnato a Mondo blu. Abbiamo di fronte un progetto molto attraente, in grado di dare impulso alle nostre tradizioni marinare e turistiche». Come già riferito, l’ex Casa dell’ Apj avrebbe bisogno di una capillare ristrutturazione, che assieme all’acquisto degli arredi verrebbe a costare circa un milione di euro. «Abbiamo pianificato di rivolgerci alle competenti istituzioni europee per poter disporre dei mezzi – parole della responsabile del Programma educativo di Mondo blu, la biologa Jelena Jovanovic – la mia organizzazione non è sconosciuta negli ambienti comunitari, avendo già ricevuto supporti finanziari ai suoi progetti tramite i programmi Twinning, Cards e Phare». Lo stabile di due piani ha una superficie interna di circa 520 metri quadrati. Un analogo centro educativo è attivo a Lussingrande dal 2003. Annualmente viene visitato da circa 12 mila persone, per lo più allievi, ricercatori e giornalisti, ma purtroppo è penalizzato dallo scarso spazio a disposizione.

(a.m.)
 

 

Auto elettriche, piano pilota a Cherso - Fondi dell’Ue: previste 10 stazioni per ricaricare le batterie
 

L’iniziativa coinvolgerà anche città come Lubiana, Postumia e Abbazia
CHERSO A Palazzo comunale di Cherso si attendono con impazienza i risultati della candidatura del capoluogo isolano al progetto denominato “Trasversale elettromobile”, che concorre ai mezzi del fondo di preadesione IPA dell’Unione europea. Cherso intende diventare un centro per il caricamento delle auto elettriche e per realizzare il piano ha aderito al progetto congiunto, del valore di un milione e 200 mila euro, che vede ancora la partecipazione di Lubiana, Postumia ed Abbazia. I risultati saranno resi noti prossimamente e a Cherso non nascondono di essere fortemente interessati all’iniziativa, che darebbe ulteriore impulso all’economia dell’isola, soprattutto al suo comparto turistico. Trasversale elettromobile prevede l’approntamento di 20 stazioni di ricarimento delle batterie per le auto ad energia elettrica, 10 in Slovenia ed altrettante in Croazia. Da rilevare che le batterie per le auto elettriche si riempiono in 2 o 3 ore, caricamento che assicura ai conducenti di viaggiare per circa 200 chilometri.
Finora, le auto elettriche vengono impiegate quasi solamente nelle città, mentre il citato progetto assicura spostamenti che andrebbero dalla capitale slovena all’isola di Cherso (e Lussino), toccando Postumia, Abbazia ed altre località altoadriatiche. «Il nostro orientamento è di avere un isola ecologicamente all’altezza – sostiene il vice sindaco di Cherso, Nenad Kucic – ed è per tale motivo che la municipalità ha subito detto di sì all’ iniziativa della Società elettromobile slovena. A proporci di aderire al progetto è stato Miha Levstek, della predetta società, e noi abbiamo accettato senza indugi. Lo scorso marzo abbiamo cominciato ad elaborare il progetto nel suo segmento chersino, del valore di 600 mila euro, concludendo i lavori tre mesi dopo. Il termine di costruzione della trasversale è di due anni e mezzo. A Cherso e a Lubiana saranno allestiti pure due centri informativi, che serviranno tra l’altro a educare gli interessati sui vantaggi derivanti dalle automobili elettriche. Nel progetto includeremo pure il caricamento delle biciclette elettriche».
Entusiasta di Trasversale elettromobile è anche il sindaco di Cherso, Kristijan Jurjako, sia per quanto attiene all’ambiente, che sotto l’ aspetto finanziario: «Un’ora di caricamento dei serbatoi energetici costa 30 centesimi di euro, mentre per tre ore si sborsa soltanto un euro, che basta per percorrere ben 200 chilometri – così il primo cittadino – inoltre il progetto collegherebbe quattro destinazioni molto attraenti, con ricadute più che positive per le locali industrie turistiche. Sarebbe un gran vantaggio poter ricevere i mezzi del fondo IPA, anche perché già nell’ immediato futuro il numero di auto elettriche in circolazione salirà considerevolmente».

(a.m.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 10 ottobre 2010

 

 

I Tir da Gorizia a Brescia viaggeranno su treno - Una intesa per finanziare il progetto che alleggerirà le strade di 50 mezzi al giorno
 

INCONTRO MENIA-DE ANNA
TRIESTE Ministero dell'Ambiente e Regione Friuli Venezia Giulia sono al lavoro per aggiornare il protocollo d'intesa siglato nel 2009 per la riduzione delle emissioni e l'uso delle energie rinnovabili, con ulteriori 4,5 milioni di euro a disposizione dell'amministrazione regionale. Il dato è emerso ieri a Trieste, nel corso della tavola rotonda promossa dal Ministero nello stand allestito sulle rive cittadine in occasione della Barcolana.
Grazie a risorse ministeriali per oltre 1,7 milioni - hanno spiegato il sottosegretario all'Ambiente Roberto Menia, il direttore generale del ministero Corrado Clini e l'assessore regionale all'Ambiente, Elio De Anna - l'intesa è finalizzata a cofinanziare il trasferimento modale da strada su rotaia sulla direttrice Est-Ovest. Proposto dalla società Alpe Adria spa, il progetto consiste nel caricare sui convogli all'Autoporto di Gorizia una cinquantina di Tir al giorno, per trasportarli fino a Brescia.
Altre risorse per 4,5 milioni consentiranno di cofinanziare altri interventi, tra cui un programma per l'installazione di sistemi solari termici per la produzione di acqua calda sanitaria nel parco agro-alimentare di San Daniele del Friuli (Udine) e nel Consorzio per lo sviluppo industriale ed economico della Zona pedemontana Alto Friuli di Osoppo (Udine), alcuni interventi proposti dal Comune di Duino Aurisina (Trieste) per il ripristino ambientale delle foci del Timavo, per la conservazione e lo sviluppo della 'Costa dei barbarì e a Duino. Infine, cofinanzierà progetti presentati dal Comune di Trieste per l'aggiornamento del manto stradale, per la verifica dell'efficienza energetica in alcuni edifici pubblici e per il rifacimento della scalinata che dalla 'Tenda Rossà porta al porticciolo di S. Croce.
 

 

Slitta il raddoppio della Capodistria-Divaccia - LA FERROVIA CHE COLLEGA IL PORTO SLOVENO CON L’ENTROTERRA
 

Ma i cantieri dovrebbero essere pronti nel 2011. In ballo 450 milioni dell’Unione europea
CAPODISTRIA Il via ai lavori di costruzione del secondo binario della tratta ferroviaria Capodistria – Divaccia non sarà dato entro la fine del 2010, come più volte annunciato dal ministro dei trasporti sloveno Patrick Vlacic, bensì appena nei primi mesi del 2011. Il rinvio, ha rivelato il quotidiano lubianese ”Delo”, è dovuto ai ritardi nell'acquisto dei terreni sui quali passerà la nuova linea. Le complicazioni sono di ordine burocratico, spiega ancora il giornale, per cui presto saranno risolte, ma intanto gli investitori – la Direzione nazionale per gli investimenti nell'infrastruttura ferroviaria – non hanno potuto ottenere la licenza edilizia necessaria per avviare i lavori.
Il processo di ammodernamento della Capodistria – Divaccia, tratta di fondamentale importanza per lo sviluppo del porto capodistriano, resta comunque sostanzialmente invariato. Dopo che nel 2008-2009 è stata sostituita la segnaletica luminosa, ora si procederà a interventi più incisivi lungo l'intero percorso attuale, in modo da consentire un aumento del traffico fino a 82 treni al giorno, il che dovrebbe consentire al Porto di Capodistria di spedire su rotaia non gli attuali 9 ma ben 14 milioni di tonnellate di merci all'anno. La terza fase del processo di ammodernamento, che prevede appunto la costruzione di un secondo binario, avrà invece inizio nel 2011, per essere completata al più tardi entro il 2018.
La Capodistria–Divaccia, insieme alla Trieste–Divaccia, fa parte del Corriodio 5, ossia del Progetto prioritario transeuropeo numero 6 (asse ferroviario Lione–Trieste–Divaccia /Capodistria–Divaccia/-Lubiana–Budapest–confine ucraino.
Per lo sviluppo della rete ferroviaria slovena, ricordiamo, Lubiana può contare anche su mezzi comunitari: l'Unione europea ha messo a disposizione 450 milioni di euro per il periodo 2007-2013, di cui 68, per la ristrutturazione e la modernizzazione dell'attuale tratta Capodistria–Divaccia, di 26,4 chilometri, sono stati già approvati dalla Commissione europea.
Per il raddoppio della Capodistria–Divaccia, il governo sloveno investirà circa 230 milioni di euro dai fondi europei. Ritardi - seppure non gravi – si registrano, oltre che nella progettazione del secondo binario della Capodistria – Divaccia, anche nella realizzazione di un altro progetto che riguarda le Ferrovie slovene, ossia la creazione di un'unica holding logistica nazionale insieme alla Luka Koper e alla Società di spedizioni «Intereuropa».
Il governo insiste, ma nei giorni scorsi il Consiglio di vigilanza dalla Luka Koper, società che gestisce il Porto di Capodistria, ha inviato una lettera al premier Boruit Pahor per esprimere ancora una volta la propria contrarietà a collegarsi con le Ferrovie e con l'Intereuropa.
FRANCO BABICH
 

 

Quelle variabili in gioco fra tunnel, fondali e tante cifre misteriose - DIALOGO IMMAGINARIO
 

Quali sono le opportunità che il superporto potrebbe offrire agli imprenditori internazionali, e dunque a Trieste? Ecco un dialogo immaginario tra due imprenditori di grandi compagnie cargo impegnati - in Danimarca, a Pechino, a Ginevra... - a valutare i pro e i contro del progetto.
Senza una grande compagnia cargo alle spalle - ha dichiarato Bruno Binasco, manager Gavio - il progetto non farà strada. Le decisioni verranno da Danimarca, Svizzera o Cina, da centri-studi che badano al sodo: caratteristiche degli scali, ferrovie e strade, agevolazioni (vanno molto di moda anche nella globalizzazione iper-competitiva) e vere prospettive di sviluppo. Vere, cioè tecnicamente realizzabili nel contesto legale, finanziario e politico. Alla Maersk come alla Msc si dice che - per "rubare" parte dei 44 milioni di container movimentati oggi (2008) da Rotterdam Amburgo eccetera - dovremmo coordinarci in un porto unico da Venezia a Fiume. Non è comunque difficile immaginare come gli investitori internazionali ragionino sull'ipotesi Monfalcone-Trieste.
«Sono solo due, ma in buona posizione in cima all'Adriatico e Trieste ha i fondali più profondi del Mediterraneo, 18 metri, contro i 16 di Valencia (leader nel Mediterraneo con 3,5 milioni di container)».
«E questa Monfalcone?»
«Undici metri, ma è in posizione interessante e con una buona ferrovia verso l'Austria. Per Trieste invece sono dieci anni che l'Italia si gingilla con progetti faraonici da 60-70 chilometri in galleria, per cui mancano i soldi, mentre potrebbero cominciare a sfruttare le linee che hanno».
«Attuale potenzialità massima di container da Trieste?»
«Le Ferrovie fanno le misteriose. Insistono a dire che la linea verso Monfalcone è intasata, invece tutti sanno che, lavorando sulle 24 ore, ci starebbero 750-850 mila container in più all'anno (stime Polinomia, Milano)».
«Non c'è anche la vecchia linea Trieste-Opicina?»
«Troppo pendente, dicono».
«Se ha la stessa pendenza del binario unico Capodistria-Divaccia! (27 metri a chilometro) E gli sloveni, con tre motrici, ci fanno 350 mila container all'anno! Perché non completano finalmente il tratto verso Capodistria per agganciarsi in futuro alla nuova linea per Divaccia?»
«Una parte degli sloveni non vuole il collegamento, temono che il nuovo traffico internazionale intralci il loro unico porto».
«E allora come fanno a chiedere finanziamenti europei?»
Che abbiano nella manica la briscola tedesca? Il "bello" è che pure a Trieste ci sarebbero delle resistenze contro il collegamento».
Gli autolesionisti ci sono dappertutto... E come svilupperanno i traffici a Monfalcone e Trieste?»
«Nella prima fase, circa 1.200.000 container a Trieste e 2 milioni a Monfalcone, dove costruirebbero ex novo una banchina lunga 1750 metri e scaverebbero il canale di accesso per quasi 7 chilometri fino a profondità di 15 o 16 metri. Per raggiungere i 16 occorrono 9 milioni di metri cubi di dragaggi».
«Ma se già nel 2008 il Ministero dell'Ambiente gli ha bocciato la profondità di 13?»
«Colpa della Capitaneria di Porto di Monfalcone, pratica male istruita. A Trieste invece il nuovo piano l'hanno fatto bene, ma è dubbio se sarà compatibile con le nuove norme di sicurezza per il rigassificatore».
Nei fanghi di Monfalcone c'è mercurio. Si possono scavare?»
«Lo strato superficiale inquinato è già stato asportato quasi tutto. Il Fiume Isonzo continua a portare mercurio dalle ex miniere in Slovenia, ma è in forma di solfuro e non entra direttamente nella catena alimentare… direi di sì».
«Costo del nuovo terminal di Monfalcone?»
Poco più di 400 milioni».
«Bisognerebbe controllare i conti… e chi paga?»
«Parlano di "Project Financing", ma c'è un'aggiunta interessante: ”Equilibrata allocazione dei rischi tra pubblico e privato, secondo la logica di attribuzione al soggetto maggiormente in grado di poterlo gestire"».
«Quindi i maggiori rischi vanno allo Stato?»
«Sì, e con una clausola protezionistica: "Limitazioni alla realizzazione di infrastrutture concorrenti o in alternativa meccanismo di compensazione a favore del concessionario". Buono per noi. Però, politicamente un po' forte...»
«E a Trieste?»
«Raddoppierebbero il Molo VII».
«Ma era già previsto! Ci sono almeno nuovi collegamenti ferroviari?»
«Di logistica non parlano. Il ”famoso” Corridoio 5 non lo citano nemmeno, collegamento Ronchi-Trieste in galleria e Molo VIII saltano fuori solo in una futuribile seconda fase, in cui Trieste balzerebbe a 3 milioni e mezzo di container mentre Monfalcone resterebbe ferma a 2 milioni».
«Ho capito, puntano su Monfalcone. Peccato però non sfruttare i 18 metri di fondali di Trieste, no?»
«La città è mal collegata…Intanto sfruttino bene le linee che hanno! Tre binari contro il singolo Capodistria-Divaccia! Se non hanno soldi per il Corridoio 5, perché non provano ad ammorbidire Lubiana sui 6 chilometri mancanti fra Trieste e Capodistria, offrendo investimenti sulla Capodistria-Diva?a? In cambio di garanzie di traffico, ovviamente. A quel punto, sia Trieste che Capodistria potrebbero spedire in tutte le direzioni e anche verso il Baltico! Un porto Monfalcone-Trieste-Capodistria sì che sarebbe interessante per risparmiare la navigazione fino ad Amburgo!»
 LIVIO SIROVICH
 

 

«Bonifiche, sull’accordo servono approfondimenti» - L’ASSESSORE SAVINO
 

L’assessore regionale all’Ambiente l’aveva affermato venerdì: «L’accordo di programma sulle bonifiche deve essere firmato dall’assessore al Patrimonio della Regione. Cioè Sandra Savino». Che, chiamata in causa, chiarisce ventiquattro ore dopo: «Prima di portare qualunque bozza all’attenzione dei miei colleghi della giunta mi riservo di valutarne a fondo i contenuti, per evitare - spiega Savino - che in essa siano presenti clausole e regole che possano rischiare di penalizzare le imprese triestine e, di riflesso, tutti i lavoratori in esse impiegati».
L’assessore, titolare anche della delega alla Programmazione, riepiloga poi gli ultimi step dell’iter. «Il testo sull’accordo di programma per avviare le bonifiche del sito inquinato di interesse nazionale di Trieste - prosegue Savino - era stato predisposto ed era pronto per essere portato all’attenzione della giunta regionale. Tuttavia, alcuni passaggi di quella bozza erano stati oggetto di rilievi da parte dell’Avvocatura regionale. Di questo si è discusso anche in sede di concertazione con le parti sociali. Da qui la decisione di predisporre un nuovo testo dell’accordo, per poter superare qualunque dubbio e perplessità». Savino evidenzia poi come nel riscrivere la bozza siano essenzialmente «due gli aspetti che vanno affrontati sotto il profilo dei contenuti. Il primo è di carattere giuridico, e questa parte è stata compiutamente definita. Il secondo aspetto riguarda invece le analisi e le valutazioni di carattere più strettamente tecnico e ambientale, che mi risulta non siano state ancora completate. C’è bisogno di ulteriori approfondimenti - conclude l’assessore -, senza i quali l’accordo nel suo complesso non può essere evidentemente definito».
 

 

Ambiente, patto con il Montenegro - INCONTRO CON IL MINISTRO NENEZIC
 

La tutela dell’ambiente è alla base della collaborazione fra il Montenegro e l’Italia in campo turistico. A ribadirlo il ministro del Turismo della Repubblica, indipendente dalla Serbia nel 2006, Predrag Nenezic e il sottosegretario all’Ambiente italiano, il triestino Roberto Menia, che si sono dati appuntamento sulle Rive, nel corso di un incontro che ha preceduto la presentazione dell’imbarcazione (un supermaxi da 24 metri, con a bordo una ventina di regatanti, fra italiani e montenegrini, per manovrare ben 750 metri quadrati di vele e affidato a Stefano Cherin) che oggi parteciperà alla Barcolana. «Sono sei anni – dice Nenezic – che Italia e Montenegro collaborano nell’ambito dello sviluppo sostenibile. Il nostro è un piccolo Paese, di circa 650mila persone, ma votato alla tutela dell’ambiente, al punto che ci consideriamo la prima nazione ecologica del mondo».
Nel ricordare che «il Montenegro ha realizzato un piano di mobilità sostenibile che favorisce il turismo» e la volontà di «collaborare con la repubblica montenegrina nell’impegno a tutelare l’ambiente», il sottosegretario Menia, accompagnato dal direttore generale del ministero Corrado Clini, si è soffermato su un piccolo excursus storico, evidenziando «la targa automobilistica internazionale del Montenegro ”Mne”, che conserva l’antica denominazione veneta di questo Paese». Nel corso dell’appuntamento è stata indicata la città di Perasto, situato nei pressi delle Bocche di Cattaro, come «il centro che meglio e più di altri ha rispettato i criteri della tutela ambientale nello sviluppo architettonico e nelle ristrutturazioni».

(u. s.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 9 ottobre 2010

 

 

Roma dà il via libera al rigassificatore off-shore - Ok al progetto E.On, sì anche al gasdotto necessario al piano spagnolo. Dipiazza: ci interessa solo Zaule
 

Se la ridono in Spagna. Dove Gas Natural Fenosa ha incassato con scontata soddisfazione il via libera ambientale arrivato da Roma al progetto del gasdotto presentato da Snam Rete Gas, collegamento fra il rigassificatore di Zaule e la rete nazionale del gas tramite la centrale di Villesse. E se la ridono contemporaneamente in Germania. Lì un altro colosso, E.On, che batte bandiera tedesca, ha ottenuto a sua volta un altro parere positivo firmato dalla commissione Via (Valutazione di impatto ambientale) del ministero. Si tratta di quello dato, con prescrizioni, al progetto dell’impianto di rigassificazione off-shore nel golfo triestino, che prevede la sistemazione della struttura da 300 metri per 100 in mezzo al mare a 12 chilometri di distanza dalla costa.
La duplice notizia è arrivata in città nella mattinata di ieri, da fonti ministeriali. Ottenuto il secondo ok romano in merito alla valutazione di impatto ambientale sul gasdotto, la Regione, alla luce di quanto dichiarato a luglio dall’assessore regionale all’Ambiente Elio De Anna, potrà ora riavviare il percorso autorizzativo per il progetto del rigassificatore di Zaule. Il collegamento alla rete nazionale del gas è infatti considerato basilare per la realizzazione del rigassificatore stesso.
E ora, si sarà chiesto più di qualcuno ieri, che succede? Accade prima di tutto che il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia chiarisce: «La Commissione Via ha fornito una valutazione meramente tecnica rispetto ai due progetti. Ciò significa che non c’è nulla di concluso, anche se politicamente questo aggiunge degli elementi di complessità a un quadro già complicato. Da una parte c’è la valutazione tecnica - prosegue Menia -, dall’altra il ministero deve garantire l’ambiente, ma poi le comunità locali scelgono. Ricordo inoltre che sulla questione rigassificatore è in corso una fitta rete di scambi a livello diplomatico e anche tecnico con la Slovenia. Uno degli argomenti di contenzioso con il governo sloveno era proprio quello della sommatoria degli impianti in quest’area, problema che si pone. Ritengo che due rigassificatori qui siano difficilmente compatibili».
Ancora più secco il sindaco Roberto Dipiazza: «Il Comune di Trieste ha un unico interesse, cioè quello di realizzare il rigassificatore di Zaule perché in quella zona abbiamo un’area inquinata con migliaia di metri cubi lasciati dalla Esso e da altre compagnie petrolifere. A me interessava bonificare quell’area, per cui il Comune è per l’impianto a terra». Il primo cittadino ricorda anche che la «Slovenia ci ha chiesto di realizzare un solo impianto, pertanto la scelta di Trieste è per quello a terra». Nel luglio del 2009 il Consiglio comunale aveva votato a favore degli espropri di trecento metri in area di proprietà Ezit e Autorità portuale, da dove partirà il metanodotto Snam. Una presa di posizione politica che in realtà ne aveva nascosta un’altra più pesante, quella al progetto collegato: l’apertura al rigassificatore di Zaule dopo i precedenti voti contrari sia all’impianto, nel gennaio 2007, che allo stesso gasdotto, nell’estate del 2008.
«Per Gas Natural Fenosa la notizia arrivata oggi (ieri, ndr) è molto positiva, determinante per dare un impulso al progetto di Zaule. Per il quale il gasdotto è infatti un’infrastruttura indispensabile», ha fatto sapere ieri la realtà iberica tramite un portavoce. Da E.On, attraverso la responsabile delle relazioni esterne per l’Italia Luisa De Vita, è giunto invece ieri un «no comment» sulla notizia, in attesa che i vertici della società tedesca ne discutano all’inizio della prossima settimana. Di certo c’è che l’interesse da parte di E.On (subentrata a Endesa) per il progetto rimane vivo.
MATTEO UNTERWEGER
 

 

Lo sponsor Gas Natural nel mirino ambientalista - «Pronti a iniziative dure se la Barcolana in futuro userà ancora quel marchio»  (vedi foto)
 

Dopo il tipicamente friulano, il tipicamente antiambientalista. Le polemiche sulle sponsorizzazioni della Barcolana 2010 si sono spostate dal vino al rigassificatore. Più precisamente al progetto che Gas Natural sta ampiamente pubblicizzando nel suo stand sulle Rive. Ieri le associazioni ambientaliste triestine hanno annunciato una singolare forma di protesta: la stampa di 200 bandierine gialle con la scritta “Natural? Come una ciolta pel fiocco”, che saranno distribuite ai regatanti. Spetterà a loro decidere se esporla o meno sulla sartia di sinistra della propria imbarcazione, quella riservata alle comunicazioni in regata.
«Esponendo questa bandiera - hanno spiegato gli esponenti di Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Comitato per la salvaguardia del Golfo, Associazione No Smog e Uil Pa Fvg dei vigili del fuoco - si testimonierà la contrarietà dei triestini alla presenza di Gas Natural Fenosa tra gli sponsor della Barcolana. Non basta un “piatto di lenticchie” per comprare il consenso della nostra gente».
Il piatto di lenticchie è rappresentato da un sostegno finanziario che gli ambientalisti considerano catapultato dall’alto. «Sappiamo che sono stati rifiutati altri sponsor e pensiamo ci siano state imposizioni politiche su Gas Natural». Un gioco non accettato però dai Comuni di Muggia e San Dorligo, che hanno mandato l’assessore ai Servizi sociali del Comune rivierasco, Giorgio Kosic, a rappresentarli. «Il consiglio comunale di Muggia – ha ricordato Kosic – ha espresso più volte la sua unanime perplessità sul rigassificatore e ha anche votato contro la centrale elettrica».
Le associazioni hanno comunque ribadito di voler “usare i guanti bianchi” nei confronti della Barcolana. Il dito piuttosto, almeno per ora, è puntato contro la politica. «Non vogliamo danneggiare la regata, ma sottolineare come i politici triestini si siano occupati molto del Tipicamente Friulano e troppo poco della presenza di Gas Natural. Invitiamo la Svbg a ripensarci, perché quest’anno siamo stati soft, ma il prossimo potremmo pensare ad iniziative più dure». Gli ambientalisti hanno infine suggerito di spendere i soldi delle sponsorizzazioni (anche quelli a sostegno del Festival dell’operetta) per studiare alternative di progetto o approfondire studi sull’impatto ambientale.
Alessandro Ravalico
 

 

«Centrale termoelettrica allacciata alla rete Snam» - Lucchini Energia: «Le altre strutture non necessarie, ma sono possibili sinergie»
 

«Qualora il rigassificatore o altri impianti energetici non dovessere essere realizzati, la centrale termoelettrica sarà allacciata alla rete nazionale mediante una soluzione di connessione definita da Snam rete gas». Lo rileva in una nota la Lucchini Energia a breve distanza dalla deliberazione con cui il Consiglio comunale, a seguito del voto contrario di Lega e bandelliani, oltre che del centrosinistra, e dell’uscita dall’aula degli ex forzisti, ha bocciato il progetto della centrale, in alcuni casi motivandolo con la sua stretta connessione con il rigassificatore. Una presa di posizione, quella del Consiglio comunale, non vincolante ma dal forte significato politico, che è stata stigmatizzata dalle categorie imprenditoriali.
Dopo aver immediatamente ribadito che il progetto non si ferma, Lucchini Energia ieri è tornata sull’argomento per sottolineare che «il collegamento alla rete nazionale dei gasdotti è previsto dal progetto fin dall’origine». Ha però anche specificato che «per quanto riguarda le possibili sinergie con il rigassificatore, la particolare ubicazione prescelta per la centrale e la contestuale attesa presenza di un’infrastruttura energetica ”complementare” in termini di caratteristiche del processo produttivo quale è il terminale Gnl, hanno suggerito l’adozione, già in fase progettuale, di uno schema di funzionamento in grado di interagire sinergicamente con gli impianti industriali limitrofi, compensando pressoché totalmente i relativi impatti ambientali connessi».
«Nella definizione del progetto e di tutte le opere connesse - continua la nota di Lucchini Energia - si è scelta naturalmente la configurazione ottimale, che prevedeva la presenza del rigassificatore e l’estensione della rete di trasporto nazionale del metano, con il principale scopo di minimizzare l’impatto ambientale sul territorio (riutilizzo dell’acqua di processo) prevedendo perciò specifiche sinergie impiantistiche con infrastrutture limitrofe esistenti o in corso di realizzazione».
Lucchini Energia ha anche ribadito di avere già comunicato con lettera inviata in dicembre 2009 sia al Ministero dello sviluppo economico che al Comune di Trieste, che a tutte le altre amministrazioni interessate (Regione, Provincia e Autorità portuale) che «tali previsioni impiantistiche non risultano vincolanti ai fini della definizione dello sviluppo superficiale dell’area».
La centrale per la produzione a energia elettrica a ciclo combinato di 400 MWe, che sarà alimentata esclusivamente a metano, è in attesa della Valutazione d’impatto ambientale da parte del Ministero.
 

 

«Bonifiche, l’accordo è fermo in Regione» - PREVISTO NEL WEEKEND UN INCONTRO TRA IL SOTTOSEGRETARIO E IL PRESIDENTE DELL’EZIT
 

Menia: aspettiamo la bozza. De Anna: io ho fatto la mia parte, deve firmare Savino
«Stiamo aspettando dalla Regione l’ultima bozza dell’Accordo di programma». Roberto Menia lo sottolinea con un pizzico di impazienza e non lo nasconde. La questione è quella delle bonifiche. Del Sito inquinato di interesse nazionale, dunque. Il documento è fermo negli uffici regionali da un paio di mesi ormai, in attesa della firma.
«Io ho fatto la mia parte - ribatte dal canto suo l’assessore regionale all’Ambiente Elio De Anna -, nel senso che siamo arrivati a un testo per il quale l’accordo dev’essere tombale. Se un’azienda accetta bene, altrimenti vada per la sua strada». Cioè per vie legali. «Però - mette tutti sull’avviso De Anna - non è detto che le condizioni derivanti da una sentenza possano essere poi migliori di quelle proposte da un accordo di programma frutto di una trattativa bonaria con il ministero». Ma la firma mancante sulla bozza, si diceva? Tutto questione di formalità, spiega De Anna: «Le norme dicono che a firmare gli accordi di programma deve essere l’assessore regionale con delega al Patrimonio. Cioè Sandra Savino». Il cui telefonino, tuttavia, ha però continuato a squillare a vuoto nel pomeriggio e nella serata di ieri.
In agosto De Anna aveva fatto sapere che la Regione non può autorizzare l’Ezit a continuare le operazioni di sondaggio dei terreni nell’area senza uno specifico accordo con il ministero. Ma da Roma non si procederà in tal senso fino a quando tutti i soggetti coinvolti non avranno apposto le loro firme sull’Accordo di programma. Che, però, la Regione deve per l’appunto sottoscrivere e reinviare nella capitale. Intanto nell’arco del weekend proprio Menia dovrebbe incontrare Dario Bruni, prossimo alla nomina ufficiale alla presidenza dell’Ezit: «Ci siamo sentiti. Mi auguro venga a dirmi qualcosa di utile», riflette il sottosegretario. Prima di aprire una considerazione generale sul tema delle norme che disciplinano l’argomento bonifiche in Italia: «L’auspicio - dice - è che ci sia un intervento in termini di riforma di legge, che vada a rendere più snella e agile la procedura. Come sottolineato da Confindustria, i parametri sulle bonifiche in Italia impongono di valutare qualcosa come 200 sostanze nelle aree interessate mentre negli altri Paesi sono 40... Credo che cambiare - prosegue Menia - sia nell’interesse di tutti. Un’area inquinata resta tale, senza interventi. Sappiamo tutti che vista la congiuntura economica attuale nessuno dispone di soldi, ma l’inazione porta a danni ulteriori».
Un concetto, secondo l’esponente di governo aderente a Futuro e Liberà per l’Italia, deve infine rimanere molto chiaro: «Non si può pensare che qui si applichino leggi diverse perché siamo a Trieste. Esistono norme nazionali e valgono quelle».

(m.u.)
 

 

La Tav veneta fiancheggerà la laguna Castelli: «Va cercata l’intesa con i sindaci»
 

UDINE In commissione trasporti, a Montecitorio, Roberto Castelli squarcia il velo. E, dopo mesi di indiscrezioni, silenzi e timori, ”svela” il tracciato veneto della Tav. Il più sofferto: ebbene, come la Regione chiede sin dai tempi di Giancarlo Galan, quel tracciato non affianca l’autostrada A4 ma corre in basso, fiancheggiando la laguna, e strizzando l’occhio alle spiagge. Adesso, al suo arrivo in Friuli Venezia Giulia per un weekend all’insegna di Lega, politica e Barcolana, il viceministro alle Infrastrutture premette: «È un progetto preliminare». Ammette la necessità di superare le resistenze delle amministrazioni locali. Al tempo stesso, però, diffonde fiducia: il Nordest non perderà i fondi comunitari e nemmeno l’ultimo treno... per la Tav.
IL TRACCIATO «In uscita dalla stazione dell’aeroporto il tracciato piega in direzione est, mantenendosi a nord del cordone litoraneo fino alla località di Caposile. Da qui prosegue verso l’interno, nella bassa pianura, per affiancarsi all’autostrada A4 a ovest di Portogruaro». Sono le parole con cui Castelli, in commissione Trasporti, risponde nei giorni scorsi a un’interrogazione del Pd. Alla fine, secondo le indicazioni della Regione Veneto ed escludendo l’affiancamento all’autostrada scelto dalla Regione Friuli Venezia Giulia, si privilegia dunque il tracciato ”basso”, quello che passa nel territorio di bonifica tra Musile-San Donà e Jesolo, toccando Caposile, la zona tra Chiesanuova e Passarella per poi risalire verso l’interno dopo aver superato il Piave. «Una ferita pesantissima al sistema ambientale del Veneto Orientale per consentire una fermata ferroviaria a Passarella che dista dal centro di Jesolo 14 chilometri» reagisce, a caldo, il deputato del Pd Rodolfo Viola. Sin qui i lavori in commissione.
L’OSTACOLO Ma Castelli, arrivando nella serata di ieri alla festa leghista di Pantianicco e premettendo che si tratta per ora di un «progetto preliminare», non nega che il prossimo ostacolo è proprio il confronto con le amministrazioni locali: «C’è il nodo locale di chi si vedrà attraversato il proprio territorio e ha conseguentemente qualche perplessità. Ma non credo serviranno pressioni particolari, parlando con i sindaci cercheremo di trovare una mediazione».
I FONDI UE Visti però gli avvertimenti del coordinatore europeo del Corridoio V, Jan Brinkhorst, che chiede il rispetto della scadenza del 31 dicembre, c’è il rischio di perdere i finanziamenti? Castelli rassicura e sparge ottimismo: «A un primo accordo siamo arrivati, non credo ci saranno problemi legati ai fondi». In ogni caso c’è un sostanziale via libera all’ipotesi commissario avanzata da Renzo Tondo e Luca Zaia, tra l’altro con un nome già condiviso dai due governatori, quello di Bortolo Mainardi, membro del cda dell’Anas. «Il commissario è senz’altro utile - sottolinea Castelli -, se verrà considerato necessario, procederemo».
TRIESTE-DIVACCIA Martedì il viceministro, presenti anche il ministro dei Trasporti Altero Matteoli, l’omologo sloveno Patrick Vlacic e il coordinatore Brinkhorst, sarà nuovamente a Trieste. E parteciperà all’incontro interministeriale per l’accordo transfrontaliero sul tracciato della Trieste-Divaccia che, bypassando la Val Rosandra, risolve il nodo di un territorio fortemente contrario. Una soluzione, spiega ancora Castelli, «che scongiura un’altra ”Val di Susa” e che, tra l’altro, costa meno».
NON SOLO TAV Il viceministro alle Infrastrutture, ieri sera alla festa regionale della Lega di Pantianicco, presente anche Renzo Bossi il ”Trota”, affronta anche temi politici. E non schiva quelli più scomodi. Il caso Ballaman e l’uso leggero dell’auto blu? «Conto che Ballaman possa dimostrare la sua estraneità ai fatti. In ogni caso si tratta di banalità» assolve Castelli. Su Pottino e Gabana, i due leghisti passati nel Pdl e ricompensati lautamente dal partito berlusconiano, il viceministro fa invece autocritica: «È stata una triste parentesi dovuta a un nostro errore politico. Non credo perderemo consensi per questo, ma certo Pottino qualche problema ce l’ha creato». Non manca una battuta sulla Barcolana: domenica sarà la sua quinta regata. E con ”Vento del Nord”, la barca su cui parteciperà in compagnia di Federica Seganti, punta ad arrivare tra i primi 300: «È una piccola imbarcazione».
MARCO BALLICO
 

 

Mobilità sostenibile, al Comune in tutto 12,5 milioni dal ministero
 

Interventi di riqualificazione ambientale per 20 milioni di euro, di cui 12,5 assicurati dal Ministero dell’Ambiente attraverso il Fondo per la mobilità sostenibile. A riepilogare quanto fatto in città dal Comune in tema di opere pubbliche sostenute direttamente dal governo sono stati ieri mattina, all’interno dello stand ministeriale nel Villaggio Barcolana, il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, il direttore generale del Ministero stesso Corrado Clini e il sindaco Roberto Dipiazza. Proprio Clini ha anche annunciato come con il Comune si stia programmando di riservare uno spazio nel castello di San Giusto per esposizioni di «tecnologie di illuminazione ed energetiche», ricordando inoltre l’accordo con «Area Science Park per fare di Trieste uno dei laboratori di eccellenza nazionale per le metodologie per la riqualificazione ambientale del patrimonio di edilizia pubblica». Dipiazza ha voluto elencare le opere oggetto di finanziamento, già avviate o comunque progettate e pianificate: «La riqualificazione di piazza della Borsa, il ponte sul canale di Ponterosso per ora stoppato dalla legge sulla sismica, le opere di abbattimento delle barriere architettoniche, la galleria di Montebello, piazza Ponterosso e strada di Fiume in corrispondenza del punto da cui raggiungere Cattinara». Menia, infine, ha sottolineato come l’intervento ministeriale sulla spesa totale delle singole opere sia stato «dappertutto pari indicativamente al 70%».

(m.u.)
 

 

Cozze vietate, è tornata la biotossina - CHIUSI GLI ALLEVAMENTI DELLA COSTA OVEST ISTRIANA
 

POLA Brutte notizie per i buongustai. Lungo la costa occidentale dell'Istria sono nuovamente chiusi gli allevamenti di cozze; proibita anche la raccolta nel mare compreso tra Salvore e Barbariga. Negli ultimi tempi nell'Alto Adriatico spesso la presenza della biotossina supera i limiti consentiti, per cui scatta il divieto di raccogliere e commercializzare i mitili, le popolari cozze. Finora il fenomeno era meno accentuato, si verificava nella tarda estate per alcuni giorni e poi cessava. Quest' anno invece da agosto a questa parte, salvo piccole interruzioni, il divieto è permanente. La situazione viene affrontata con la massima serietà dopo le notizie arrivate dall'Italia su intossicazioni di massa segnalate dopo pasti a base di cozze. «A Torino - scrive la stampa croata - 300 persone hanno dovuto ricorrere alle cure mediche per forti disturbi gastrointestinali. Si sottolinea inoltre che sono chiusi anche 40 allevamenti nel Golfo di Trieste». Il divieto di raccolta dei mitili rimane in vigore fino a che non risultano negative due analisi di seguito effettuate a 48 ore di distanza.

(p.r.)

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti n. 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 ed a Muggia, in via Roma n. 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30 (tel. 3665239111) - www.legambientetrieste.it).
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 8 ottobre 2010

 

 

«Un referendum sulla centrale elettrica» - Antonione: e tra le forze politiche serve un patto di sviluppo
 

«Un patto di sviluppo tra le forze politiche» e «la consultazione dei cittadini, anche attraverso referendum». Una doppia strada da intraprendere, secondo il deputato del Pdl e possibile candidato sindaco alle prossime amministrative Roberto Antonione, sulle grandi scelte strategiche legate allo sviluppo di Trieste. Tra queste, il futuro del porto, la costruzione del rigassificatore e della centrale termoelettrica. Già proprio il progetto - quest’ultimo - bocciato di recente dal Consiglio comunale con il “no” alla delibera.
Chissà quale risultato emergerebbe da un’eventuale consultazione popolare sulla centrale termoelettrica? Quello emerso a seguito del voto in Municipio, intanto, proprio non è piaciuto al sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia: «È sconcertante. Trieste è una città dove bisogna prendere delle decisioni in merito allo sviluppo. Invece si continua a non farlo. Ora, chi ha votato si assuma le sue responsabilità: ci sono nomi e cognomi di quanti si sono espressi in un certo modo». Sull’esito della votazione in aula (si tratta di parere consultivo), che ha visto An-Pdl propendere per il “sì”, Menia sottolinea: «Sicuramente i “finiani” (Antonio Lippolis e Vincenzo Rescigno del gruppo aennino, ndr) si sono comportati più correttamente di altri, che giocano in modo diverso. È stata una conferma quindi di come Futuro e Libertà voglia portare una prospettiva di una destra più moderna anche sul piano locale». Dal canto suo, l’assessore regionale all’Ambiente Elio De Anna ricorda come «il progetto della centrale termoelettrica rientri nel percorso di riconversione della Ferriera di Servola», aggiungendo anche: «In Regione terremo conto del parere del Consiglio comunale, che dello stesso si assumerà la responsabilità».
A proposito di Municipio, Roberto Decarli (Cittadini) spiega che a spingerlo al “no” in aula «è stato l’assoluto collegamento della centrale con il rigassificatore, quest’ultimo impianto tra l’altro è ben esplicitato sia nella delibera consiliare che nello Studio di impatto ambientale - sintesi non tecnica, che in quella specie di Piano strategico 2010-2020 redatta dal sindaco Dipiazza. Pertanto devo osservare che ciò che è riportato dal comunicato della Lucchini Energia al terzo capoverso, cioè “rispondendo con precisione anche a tutte le osservazioni (in particolare, anche a quelle che erroneamente interpretano come fondamentale la presenza del rigassificatore per la realizzazione della centrale)”, non corrisponde a ciò che abbiamo letto e analizzato. A questo punto, per chiarirci, che la Lucchini Energia dichiari che la centrale sarà alimentata da gas metano della rete nazionale e non dal rigassificatore, e lo dica anche al sindaco - conclude Decarli - per non farlo incorrere nuovamente in errore».
«Vive perplessità sul voto trasversale dei consiglieri comunali contro il progetto di una centrale elettrica in zona industriale, tra l’altro dato senza avere elementi tecnici sufficienti per dare un giudizio obiettivo» vengono espresse anche da Gianfranco Orel, segretario del Psi di Trieste.

(m.u.)
 

 

Presidi e manifestazioni di protesta nel weekend della Barcolana - HA INIZIATO IL ”MIANI” IN PIAZZA UNITÀ CONTRO LA FERRIERA
 

Il volantinaggio per prendere le distanze dal rigassificatore, il presidio contro i respingimenti dei migranti, ma anche altri eventuali fuori programma, organizzati all’ultimo momento per sfruttare la visibilità garantita dalla Barcolana. Da oggi a domenica, oltre alla festa legata alla regata d’autunno, Trieste vivrà anche una serie di manifestazioni di protesta se non proprio ad alta tensione, quantomeno da monitorare con attenzione. La conferma arriva dalla Questura, pronta a vigilare in forze per evitare che la legittima dimostrazione di dissenso finisca per tradursi in disordini o eccessi.
Ad aprire gli appuntamenti potenzialmente ”caldi” è stato ieri il presidio del Circolo Miani davanti al Comune per richiamare l’attenzione sull’inquinamento della Ferriera. Oggi alle 9.30 in piazza Unità un presidio contro il rigassificatore è annunciato da Legambiente, Wwf, Italia Nostra, Comitato per la salvaguardia del golfodi Trieste, associazione Nosmog e Uilpa Vigili del fuoco. Alle 17, invece, il Comitato Primo Marzo sarà in piazza Unità per denunciare le politiche anti-immigrazione del governo. Domani e domenica, dalle 9 gli ambientalisti di Greenaction manifesteranno contro Gas Natural, uno degli sponsor della regata.
 

 

REGIONE - Codice dell’edilizia Arriva il regolamento - IN COMMISSIONE
 

TRIESTE L’assessore regionale Federica Seganti, ha illustrato ieri in commissione la bozza del nuovo regolamento di attuazione del Codice dell’edilizia. Il documento disciplina i criteri di calcolo dei parametri edilizi per determinare superfici, altezze e volume utili, certificazione necessaria all’esecuzione degli interventi, nonché i criteri per il calcolo delle sanzioni pecuniarie e del costo di costruzione, l’individuazione delle categorie di opere pubbliche soggette a comunicazione di conformità e delle procedure istruttorie e disposizioni in materia di sicurezza nei cantieri, abbattimento di barriere architettoniche e agibilità degli edifici. La commissione ha inoltre ascoltato i pareri degli enti locali, degli agricoltori e delle categorie produttive, degli ambientalisti e del patrimonio storico e artistico, degli architetti e degli ingegneri, dei geometri e dei periti, dei geologi e degli agronomi e forestali.

(r.u.)
 

 

A rischio i colibrì del parco di Miramare Insufficienti i fondi per mantenerli - Bollette inevase, a giorni il distacco della corrente. Il ministero invia la Forestale
 

Indispensabile un microclima adeguato. Roma: spostare gli uccellini? Ora risolviamo l’urgenza
Una telefonata può salvare la vita. Nella fattispecie quella di 100 colibrì, ospitati nella riserva di Miramare e destinati a morte certa. L’ha attesa con ansia Stefano Rimoli, ricercatore e animatore del Centro per la salvaguardia dei colibrì, struttura scientifica che fa capo al ministero dell’Ambiente ma che, con palleggi tipicamente romani, si cerca da anni di sganciare, talvolta anche negandone l’esistenza. Alla fine è arrivato un fax del ministero che, pur non fornendo soluzioni definitive, quantomeno configura una soluzione-tampone, con l’arrivo, nei prossimi giorni, di un’ispezione del Corpo forestale e una disponibilità assoluta a evitare quella che si configurava come una possibile, mini-tragedia ambientale. Ma quello stesso fax prefigura da parte di Roma la «disponibilità» a cercare per gli animali «soluzioni idonee e definitive presso strutture analoghe». Insomma, un trasloco.
LA STORIA Gli animali rischiano di morire, in primis, per una serie di bollette inevase. Qualcosa come 120mila euro di Acegas e altri 20-30mila euro tra Tuttogas e fornitori vari, pronti a staccare il tutto il prossimo mercoledì 15 ottobre, con decessi a raffica nella struttura. In seconda battuta per l’impossibilità di garantire la ”sopravvivenza” dei circa 12 ricercatori, in massima parte provenienti dal Sudamerica, sottopagati e ancora al lavoro per puro spirito di sacrificio.
Certo il debito è importante, cifre degne di nota, ma comunque indispensabili per garantire il microclima creato nelle serre. «L’energia – racconta Rimoli – serve per la climatizzazione, l’illuminazione, il funzionamento di filtri classe 100 che garantiscono all’interno una purezza dell’aria simile a quella delle sale chirurgiche di ultima generazione. Di notte, poi, allestiamo luci particolari, lunari, perché se il colibrì si sveglia di notte e non trova da mangiare entro mezz’ora, muore».
Qualcuno, non necessariamente senza una particolare sensibilità ambientale, potrebbe anche chiedersi perché spendere tanti soldi per questi bizzarri uccellini. Ma è il prezzo da pagare alla scienza, pena scenari raggelanti. «Il colibrì – incalza Rimoli – è il responsabile dell’impollinazione dell’85 per cento delle piante del Sudamerica, dove ne vivono circa 320 speci. Scientificamente è stato comprovato che la sua estinzione comporterebbe la desertificazione del Sudamerica entro tre generazioni». E conseguenze in proporzione per il resto del mondo, si capisce.
Di qui l’importanza delle ricerche sull’animale, che presenta caratteristiche assolutamente speciali rispetto a tutti gli altri. «A dirla tutta – sintetizza Rimoli – sembra quasi un alieno. Ha 1260 battiti del cuore al minuto, una temperatura del sangue di 42 gradi ed è capace di andare a 100 km/h all’indietro. In Europa non aveva mai attecchito, sono morti tutti, tranne qualche sporadico esemplare negli zoo. Per questo i nostri 100, che sono riusciti addirittura a riprodursi, costituiscono un unicum».
Sui colibrì della discordia ci si sta scornando praticamente da sempre. Nel 2006 l’allora ministro del centrosinistra Pecoraro Scanio si convinse a sganciare 40mila euro solo dopo aver rischiato di finire sotto inchiesta per la vicenda da parte del procuratore Nicola Maria Pace. Ed è così anche adesso, con i 40mila euro che però non bastano più. «Paradossalmente non è neanche un problema di soldi – conclude il ricercatore – ma noi vogliamo che alla fine venga riconosciuto il nostro status. Prendiamo infinitamente meno soldi del Parco Marino del Wwf, dell’Immaginario scientifico, persino di Carsiana, con tutto il rispetto per quelle realtà. Possibile ci voglia così tanto tempo per così pochi soldi?».
Da Roma arriva una prima apertura di credito. «Al momento l’unico impegno che il ministero ha assunto – commenta Salvatore Bianca, portavoce del ministro Prestigiacomo – è quello rivolto al benessere dei colibrì, che è l’emergenza che abbiamo davanti. Al di là della querelle giuridica, la priorità sono gli animali, e lavoriamo per evitare situazioni che li mettano in difficoltà. Bisognava affrontare questo problema e abbiamo deciso di spedire la forestale. Il problema della soluzione definitiva si porrà un giorno dopo che sarà disinnescato il pericolo per la loro salute». Nel fax, come si diceva, si fa un neanche troppo larvato accenno a un possibile trasferimento degli uccellini, ma qui Franca taglia corto. «Non c’è stata sottovalutazione, da parte del ministero, ora il problema è chiaro, definito nelle sue linee fondamentali. Diciamo che un attimo dopo che tutti i problemi saranno risolti, apriremo un tavolo che definirà i dettagli. Magari cercando anche di far sponsorizzare questa iniziativa da qualche privato».
FURIO BALDASSI
 

 

Dalla riserva in Ecuador ai cento esemplari del Perù - L’avventura partita dall’interesse del ministro Matteoli
 

Era il 2004 quando l’allora ministro del centrodestra Altero Matteoli ”scoprì” il colibrì, complice una segnalazione del governo tedesco che aveva riconosciuto l’alto valore scientifico del lavoro di Rimoli. Come risultato fu inaugurata una riserva congiunta Italia-Ecuador in quest’ultimo paese, con i buoni uffici della struttura triestina, nel frattempo riconosciuta con decreto ministeriale, e a seguire concertazioni con il Perù che si tradussero nell’importazione a Trieste di 100 esemplari e nel contestuale arrivo di una serie di ricercatori, biologi e veterinari da Colombia, Ecuador e Perù che Rimoli, e non per vezzo, chiama «missionari». «Sono arrivati col visto ”missione di Stato” ma con uno stipendio che non supera i 3-400 euro al mese». Stipendio che adesso, pare, nessuno è più in grado di garantire. «Abbiamo una sfortuna incredibile – dice Rimoli – perché tutte le volte che la nostra situazione stava per essere definita è caduto il governo e i successori facevano finta di non sapere cosa fosse successo prima».
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 ottobre 2010

 

 

Imprenditori in rivolta: la politica paralizza Trieste - Razeto: sbigottito, c’è un opportunismo che va oltre l’interesse generale. Bruni: è ora di finirla
 

Ma ”chissenefrega” se il no alla centrale termoelettrica Lucchini del Consiglio comunale, essendo un parere consultivo, non vale niente. Vale pure troppo, tuona la Trieste economica. Che stavolta, qualche parolaccia, vorrebbe urlarla. Già perché quel no, uscito a sorpresa dalla massima assemblea cittadina, ronza fastidioso nelle orecchie di un po’ tutti gli imprenditori. Sia di quelli che, le proprie affinità elettorali, non le hanno mai lasciate intendere, sia dei simpatizzanti dichiarati. Da una parte come dall’altra. La Trieste politica - s’indigna quella economica - ha ammesso una volta di più di non sapere che fare. O, peggio, di non voler fare.
«Quando ho saputo che il parere era stato contrario - attacca il presidente di Confindustria Trieste Sergio Razeto - sono rimasto sbigottito, anche perché alcune parti che si erano già dichiarate favorevoli hanno espresso un voto sfavorevole. Riconosco al sindaco e al presidente del Consiglio comunale di essere stati coerenti, tra i pochi, rispetto al Piano strategico dove si prevedeva, appunto, centrale termoelettrica e rigassificatore. Per il resto ritengo, perché non me lo so spiegare con certezza, ci si trovi di fronte a un problema di opportunismo politico oltre l’interesse generale». Fin qui il Razeto versione calda, al telefono al mattino. Nel pomeriggio il presidente degli industriali affida a un comunicato il lancio di una sfida alla politica: «Questa decisione - scrive Razeto - viene a sommarsi alla contrarietà al rigassificatore, al perdurare del problema delle bonifiche, all’assordante silenzio sul superporto, al mancato finanziamento della piattaforma logistica. Il tutto in un momento in cui l’economia locale continua a subire effetti recessivi e si profila la chiusura della Ferriera. Quali prospettive si intendono offrire alle persone che verranno toccate dal perdurare di queste criticità congiunturali? Quali opportunità si possono proporre alle aziende per aiutarle a conservare la propria operatività?».
Il numero uno di Confindustria mette in realtà un cappello su malumori quanto mai diffusi. «Ogni goccia - fa eco Michela Cattaruzza, ex presidente dei giovani industriali oggi vice di Razeto - contribuisce a fare un mare». La centrale non risolverà la ricollocazione di tutti gli operai della Ferriera ma «se blocchiamo qualsiasi cosa, blocchiamo la città. Una città che ha bisogno di industrie e di posti di lavoro. E lo dice - chiude la Cattaruzza - una persona che ha almeno 30 anni di prospettiva lavorativa davanti». «Se c’è una capacità che la politica cittadina ha - ironizza Federico Pacorini - è quella di non riuscire a fare assolutamente niente». Il mal di pancia coincide tra gli uomini più in vista di Confartigianato e Cna, Dario Bruni e Stefano Zuban, destinati a condividere la plancia dell’Ezit poiché il primo sarà presidente e il secondo è già vice vicario. «Questa politica - tuona Zuban - ha perso completamente contatto con il tessuto produttivo. Mi basta ricordare i sette anni di impasse delle bonifiche, che strozz imprese che assumerebbero centinaia di persone». «Non entro nel merito dell’altra notte - aggiunge Bruni - però è ora di finirla. O non va bene il modo in cui un progetto si presenta, o il diniego è insito nella mentalità della città, fatto sta che non c’è niente che riusciamo a portare a termine. Urge ragionarci assieme». Il caso ha voluto che il presidente camerale Antonio Paoletti, lunedì sera, poco prima del voto del Consiglio comunale, avesse attaccato, all’assemblea del Pd, proprio l’inconcludenza della politica. «Non potevo mica saperlo», fa spallucce il presidente camerale. Che si dice, però, convinto che la centrale si farà. Il problema - sospira Paoletti - è un altro: «Siamo già in campagna elettorale».
PIERO RAUBER
 

 

Il no trasversale e il non voto di Fi - LA SESSIONE CHE HA LASCIATO IL SINDACO IN MINORANZA
 

Come per il rigassificatore, l’ultima parola sulla centrale termoelettrica a metano che Lucchini punta a realizzare in zona industriale Errera, tra la Ferriera da dismettere e l’attuale inceneritore, prima che alla Regione spetta a Roma, dove è in corso la procedura di Valutazione d’impatto ambientale. Il parere negativo del Consiglio comunale, arrivato nella notte tra lunedì e martedì, pesa però come un macigno, anche perché ha sancito l’affermarsi di un fronte del no trasversale (i 21 voti contrari sono arrivati da centrosinistra, Lega e bandelliani) che ha messo in minoranza - visto che il gruppone Fi-Pdl non ha votato - il sindaco. Il quale, in sostanza, è stato sfiduciato sul proprio Piano strategico da 18 progetti-chiave e quattro miliardi d’investimenti. Un Piano dove rigassificatore e centrale Lucchini c’erano, come strumenti di riconversione industriale post-Ferriera. I 13 sì alla centrale sono venuti infatti dallo stesso primo cittadino, dal presidente del Consiglio comunale, il repubblicano Sergio Pacor, dai fedelissimi della Lista Dipiazza, dai centristi e, ironia di questa politica sempre più difficile da interpretare, da quelli di An-Pdl. Gli uomini del finianissimo Roberto Menia, il sottosegretario all’Ambiente che ha sempre sostenuto l’opportunità del rigassificatore.
 

 

Dipiazza: qualcuno pensa solo a farsi rieleggere - Rosato: «Una deriva demagogica, ma anche lui manca di concretezza»
 

Ce l’ha con l’opposizione. E non le manda a dire ai suoi alleati. A cominciare dai padani. Ma Roberto Dipiazza non si sente un uomo solo al comando. Semplicemente perché, giura lui, non se ne cura. «Il nostro - premette - era un voto consultivo. Vale come il voto delle mie circoscrizioni. Tant’è. Quando ho portato in Consiglio comunale la discussione sulla centrale termoelettrica, mi è sembrato che portassi la morte. Ho assistito a una rivolta della sinistra e mi sono chiesto: ma questi sono gli stessi che dovrebbero, per tradizione, salvare i posti di lavoro? Sono stato al gioco, tanto la cosa va avanti, e ho consigliato a Forza Italia di astenersi per vedere che succedeva dall’altra parte. Andate a vedere chi realmente mi ha votato contro». Ma in realtà il sindaco una maggioranza non cè l’ha più. «Nell’ultimo sondaggio - ribatte lui - sono al 68%. Non ho i problemi di questi quattro di qua e di là dello schieramento, che non prendono decisioni perché pensano a come farsi rieleggere. Si assumano le loro responsabilità».
Una stoccata, al sindaco e più in generale alle degenerazioni che si fanno strada in vista delle elezioni, viene dal deputato del Pd e ultimo rivale di Dipiazza nel 2006, Ettore Rosato: «Temo sempre che in campagna elettorale possa esserci una deriva demagogica della politica, che segue delle aspettative che poi, durante l’esercizio del mandato, non vengono attuate. Lo stesso profilo di Dipiazza manca di concretezza, basti pensare a cosa ha sempre detto a proposito della Ferriera, con danno a chi lì ci lavora e chi lì attorno ci vive».
Un appunto più o meno velato, perfino nelle parole di Razeto, finisce però addosso proprio al Pd, in passato favorevole al rigassificatore e invece oggi - come precisa direttamente il segretario dei democrats Roberto Cosolini - «molto diffidente». «Ma il Pd - spiega Cosolini - da tempo ha giudicato elusivo l’atteggiamento di Gas Natural, che si è sottratta a un confronto trasparente con il territorio, con l’ausilio del sindaco che si è limitato a parlare di royalties più che di sicurezza e qualità ambientale. Il dialogo con un territorio non si fa con le sponsorizzazioni». «Non è con uno stand alla Barcolana - si fa bipartisan la polemica con le parole del capogruppo dei berluscones in Consiglio comunale Piero Camber - che si convince una città intera. Troppo facile dare la colpa alla politica. Non è la politica qui la grande assente. La grande assente è Gas Natural». (pi.ra.)
 

 

Lucchini: ma il nostro progetto va avanti - La società: sbagliato ritenere fondamentale il collegamento con il rigassificatore
 

BELCI (CGIL): IN CITTÀ ATTEGGIAMENTI CHE RENDONO IMPROBABILI LE PROSPETTIVE DI SVILUPPO
Due progetti, centrale e rigassificatore, per una sola partita: il rigassificatore. Il fronte non favorevole alla centrale si è aggregato proprio attorno a tale considerazione. Lucchini Energia, però, in un comunicato, sostiene la tesi dell’indipendenza tra la sua centrale e l’impianto di Gas Natural. «La società - si legge - esprime tutta la sua perplessità nel rilevare che l’iniziativa non sia stata recepita come il primo passo importante verso la riconversione dello stabilimento siderurgico di Servola e come un’opportunità di sviluppo economico ed occupazionale del territorio. Senza entrare nelle logiche politiche e nelle motivazioni espresse dalle forze di maggioranza e di opposizione, la Lucchini ricorda che il progetto era stato condiviso con gli enti firmatari del Protocollo d’intesa del 20 aprile 2009: in particolare, Regione, Provincia e Comune di Trieste. Nel confermare che la Lucchini Energia ha espletato tutte le procedure per ottenere la Valutazione di impatto ambientale, rispondendo con precisione anche a tutte le osservazioni (anche a quelle che erroneamente interpretano come fondamentale la presenza del rigassificatore per la realizzazione della centrale), la società conferma fin d’ora che intende proseguire l’iter autorizzativo». Una botta secca sul parere del Consiglio arriva infine anche dal segretario regionale della Cgil Franco Belci. Il quale, dal suo osservatorio, rileva come «in altri aggregati territoriali le pubbliche amministrazioni mirino a politiche industriali che, con ovvia attenzione all’ambiente, possano procedere, mentre Trieste si distingue, in un periodo di crisi come questo, per atteggiamenti che rendono improbabili le prospettive di sviluppo. Non si può dire no alla centrale solo perché può darsi che questa appartenga alla filiera del rigassificatore. È autolesionismo. Se si ritiene che la centrale non è decisiva per la ricollocazione degli operai della Ferriera (Lucchini prevede 300 posti di lavoro in costruzione e 100-150 a regime tra diretti e indotto, ndr) allora niente potrà mai essere decisivo».

(pi.ra.)
 

 

Piano traffico, bagarre in commissione - Seduta aperta e subito rinviata, Sasco finisce sotto il tiro incrociato
 

Dopo lo scollamento sulla centrale elettrica, la bagarre sul Piano del traffico. A distanza di poche ore dalla spaccatura sul progetto targato Lucchini energia, il centrodestra ha regalato ancora una volta l’immagine di una maggioranza litigiosa e sfilacciata. Una coalizione allo sbando in cui un presidente di Commissione, Roberto Sasco, finisce per essere messo all’angolo dai colpi partiti dagli alleati di Lega e di An-Pdl, tra il silenzio dei forzisti e lo scherno del centrosinistra.
Terreno dell’ennesimo scontro intestino, come detto, il Piano del traffico che ieri mattina avrebbe dovuto essere illustrato in Commissione Urbanistica, convocata su richiesta del sindaco. Sindaco che però non si è presentato, scatenando così la rabbia di maggioranza e opposizione, che sono riuscite a ottenere la sospensione e il rinvio della seduta.
«Dipiazza - ha esordito il leghista Maurizio Ferrara - deve venire a spiegare perché la bozza del Piano del traffico può approdare in Commissione prima ancora di esser passata al vaglio delle Circoscrizioni, mentre il Piano regolatore viene secretato fin dal principio».
«La differenza di trattamento è fin troppo evidente - ha rimarcato il Cittadino Roberto Decarli, chiedendo di riconvocare la Commissione alla presenza del segretario generale -. Stranamente all’illustrazione di oggi (ieri ndr) è stata invitata tutta la stampa, mancavano solo Times e Cnn... È chiaro che c’è qualcuno che pensa di sfruttare quest’occasione per fare campagna elettorale».
«È inaccettabile presentare in Commissione la bozza del piano senza aver coinvolto prima le associazioni di categoria - è andato all’attacco il capogruppo di An-Pdl Antonio Lippolis -. Quel coinvolgimento era stato concordato in maggioranza. Ma purtroppo c’è chi gli accordi prima li fa e poi li calpesta. In questa coalizione non c’è più gioco di squadra, ma solo voci soliste».
Critiche dirette prima di tutto al presidente di Commissione, costretto quindi a schivare anche il fuoco amico. «Se il sindaco chiede di illustrare una propria proposta - ha tentato di difendersi Roberto Sasco, mentre maggioranza e opposizione gridavano in corso ”vergogna” e ”abbi un minimo di dignità” - . io ho il dovere di esaudire la richiesta, pur riconoscendone l’irritualità. Ben venga la trasparenza su uno strumento urbanistico così importante. Evidentemente non tutti la pensano così. Ma se non c’è voglia di vincere le sfide importanti per la città, allora è meglio andare a casa».
Esternazioni interrotte dall’arrivo all’ultimo momento. a seduta già sospesa, del sindaco. «Ragazzi che c’è, vi vedo un po’ agitati - ha cercato di sdrammatizzare Roberto Dipiazza -. È vero, sono arrivato in ritardo, e allora? Rinviamo alla prima occasione utile, così vi potrò mostrare l’ottimo lavoro fatto dai miei tecnici».
Nessun commento invece sugli aspetti squisitamente politici dello scontro, a partire dagli accordi disattesi evocati da Lippolis. Aspetti che, per il centrosinistra, mettono palesemente in luce le contraddizioni in casa centrodestra. «È evidente - osserva il capogruppo Pd Fabio Omero - che su Prg, Piano particolareggiato del centro storico e Piano del traffico non c'è più una maggioranza a sostegno del sindaco. Una maggioranza pronta a impallinare Sasco, ma in realtà solo per azzoppare Dipiazza».

(m.r.)
 

 

Mattonaia, installata la centralina dell’aria - SAN DORLIGO MANCA PERO’ ANCORA LA CONVENZIONE CON L’ARPA
 

SAN DORLIGO Il territorio di San Dorligo della Valle dispone finalmente di una struttura fissa per monitorare quotidianamente la qualità dell’aria. Dopo parecchi mesi, la centralina ”multiparametrica”, finanziata dalla Siot con un budget di 21mila euro, è stata posizionata come previsto a Mattonaia.
Soddisfatta il primo cittadino, Fulvia Premolin: «E' stato un processo sicuramente lungo – commenta – ma molto delicato; con questo strumento confido che potremo dare maggior tranquillità ai nostri concittadini».
Quali sono dunque le caratteristiche tecniche di questa apparecchiatura, fortemente voluta soprattutto da chi risiede nei pressi del parco serbatoi della Siot? Oltre ai dati meteo (temperatura, vento, umidità, precipitazioni), la centralina rileverà i valori di NO2 (biossido di azoto), C6H6 (benzene), Pm10 (polveri sottili), SO2 (anidride solforosa), H2S (idrogeno solforato) e ozono.
«Le caratteristiche tecniche sono state scelte sulla base della collaborazione che abbiamo con l'Arpa – spiega il funzionario comunale Mitja Lovriha –. L'Arpa ha inoltre indicato quali valori misurare. La scelta dei sei parametri, gli unici considerati essenziali sempre da parte dell'Arpa, è dovuto al fatto che, per ogni ulteriore parametro da rilevare, sarebbe stato necessario acquistare un'ulteriore centralina, con il conseguente raddoppio dei costi».
Cautamente soddisfatto il coordinatore del Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste, Giorgio Jercog: «E' sicuramente una buona notizia, ora sarà da capire quando arriveranno i primi dati sui rilievi, tenendo conto peraltro che i fenomeni odorigeni nella zona di Mattonaia in questi giorni sono stati molto intensi».
Con riserva anche il commento del capogruppo del Pdl-Udc, Roberto Drozina: «Mi rallegro, ovviamente, che la centralina sia stata finalmente posizionata, ma rimane un interrogativo: è stata stipulata la convenzione con Arpa? In caso di risposta negativa mi chiedo chi sta ricevendo i dati e, soprattutto, chi li sta correttamente interpretando con la necessaria competenza?».
La risposta giunge indirettamente dallo stesso Lovriha: «La convenzione con l'Arpa per monitorare i dati non è stata attivata, e per adesso non ho disposizioni in merito. Comunque i dati vengono scaricati giornalmente, stampati e controllati personalmente dal sottoscritto. In caso di superamenti dei limiti è mio compito informare tempestivamente il sindaco e l'Arpa».

(r.t.)
 

 

A ”Fido Lido” inquinamento oltre i limiti - Rilevati idrocarburi di vari tipi, due zone delimitate e interdette a persone e animali
 

MUGGIA LE ANALISI DEL TERRENO DOPO LE MOVIMENTAZIONI DELLO SCORSO GIUGNO
Il Comune redigerà il piano per i test nell’intero tratto fra il Rio Ospo e il Molo Balota
MUGGIA Nel terreno di ”Fido Lido”, l’area attrezzata alle porte della cittadina istroveneta che il Comune ha dato in gestione all’associazione ”Crescere insieme”, sono presenti sostanze inquinanti in concentrazioni superiori ai limiti di legge.
Il dato non meraviglia eccessivamente, in quanto quel tratto di costa è incluso nel Sito inquinato di interesse nazionale, ma fa comunque sorgere dubbi sul fatto che l’area sia stata concessa a un’associazione che ha creato la prima spiaggia per cani nella provincia, zona verde di cui usufruiscono anche i padroni dei quattrozampe.
Che il terreno di ”Fido Lido” sia inquinato lo si ricava dai dati comunicati di recente dall’amministrazione comunale di Muggia all’Arpa. Si tratta dei risultati relativi alle analisi di due campionamenti, effettuati lo scorso luglio, in altrettanti punti alle estremità est e ovest del sito, da una società specializzata di Treviso.
In uno dei campioni sono state rilevate concentrazioni di benzo(a)pirene, benzoperilene e idrocarburi, che appunto sforano i limiti previsti dalla normativa. Nell’altro campione il superamento dei limiti ha riguardato invece solo il benzo(a)pirene.
Il risultati delle analisi sono stati inviati, oltre che all’Arpa, al ministero dell’Ambiente, alla Regione, alla provincia, alla prefettura e all’Azienda sanitaria. In seguito a questi dati l’associazione ”Crescere Insieme” ha provveduto ha provveduto a una prima messa in sicurezza delle aree in cui è stato rilevato l’inquinamento, delimitandole e apponendo cartelli di divieto di accesso.
Il successivo piano di caratterizzazione, per appurare nel dettaglio il quadro dell’inquinamento in vista della successiva bonifica, non riguarderà però solo l’area di ”Fido Lido”.
Dato che il Comune intende valorizzare il tratto di costa compreso fra il Rio Ospo e il Molo Balota (quest’ultimo affollato di bagnanti nella bella stagione), per renderlo utilizzabile dalla popolazione ”in piena sicurezza”, il piano di caratterizzazione dell’intera zona sarà redatto dalla stessa amministrazione. L’associazione ”Crescere Insieme” parteciperà, per la parte relativa alla propria area, alle spese della complessa procedura prevista dalla legge.
La vicenda, che dunque è ben lungi dall’essere conclusa, è iniziata ai primi dello scorso giugno. Volendo creare un spazio fra le pietre della ”spiaggia”, per consentire ai cani di fare il bagno senza ferirsi, ”Crescere Insieme” aveva fatto intervenire una ruspa che, oltre a parte del pietrame, aveva movimentato anche parte del terreno.
Ma l’area, come detto, è inclusa nel Sito inquinato nazionale (Sin), dove non si può scavare neanche un etto di terra se prima il terreno non è stato bonificato (ne sanno qualcosa le centinaia di aziende incluse nel Sin, da Zaule alle Noghere, che da anni non possono effettuare alcun intervento nelle rispettive sedi). La movimentazione del terreno di superficie a ”Fido Lido”, per quanto appena detto non autorizzata, ha interessato una superficie di circa 500 metri quadri.
A quel punto, lo scorso giugno, al presidente di ”Crescere Insieme”, Carlalberto Dovigo, non è rimasto che informare gli enti competenti di quanto avvenuto, affidando nel contempo l’indagine preliminare sul terreno a uno studio tecnico di Muggia. A fine giugno, poi, un laboratorio specializzato di Treviso ha effettuato i campionamenti e le analisi, delle quali di recente si sono appresi i risultati.
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 ottobre 2010

 

 

Il Consiglio comunale boccia la centrale elettrica - L’IMPIANTO PROGETTATO DA LUCCHINI
 

Contrari opposizione, Lega e bandelliani. Fi non vota. In minoranza sindaco, lista Dipiazza, Pri, An, Udc
Il Consiglio comunale sbarra il passo alla centrale termoelettrica della Lucchini. Il pronunciamento del Consiglio, che ha bocciato l’impianto con 21 voti contrari e 13 favorevoli, ha valore consultivo ma forti conseguenze politiche: la riconversione industriale della provincia da progettare in vista della chiusura della Ferriera è a quota zero perché centrale termoelettrica, rigassificatore, piattaforma logistica, superporto non ci sono quasi più nemmeno sulla carta.
Il ”niet” ha sancito la deflagrazione della maggioranza, proponendo invece un abbraccio bipartisan: Lega Nord e bandelliani si sono trovati d’accordo con tutta l’opposizione di centrosinistra, Pd in testa, ma determinante è stata anche la decisione di non votare da parte degli ex forzisti. «Nonostante un emendamento che svincolava la centrale dal rigassificatore - ha spiegato Piero Camber, capogruppo di Fi-Pdl - abbiamo verificato che la centrale in realtà senza rigassificatore non può esistere. E per ora il rigassificatore prevede solo costi e nessun beneficio per Trieste: non potevamo votare a favore del tetto avendo bocciato, finora, le fondamenta e cioé l’impianto principale. Trieste vuole solo industria pulita a forte valore aggiunto, è meglio che punti sulla ricerca dov’è già ai vertici europei».
Al contrario, il capogruppo del Pd, Fabio Omero ha spiegato il voto contrario con la convinzione che «la centrale elettrica è solo la foglia di fico della carenza di una concreta politica industriale, energetica e ambientale per Trieste. Dal punto di vista occupazione, nell’ottica della dismissione della Ferriera - ha aggiunto - la centrale come il rigassificatore sono residuali, non sono attività industriali, ma energetiche, non sufficienti per la ricollocazione dei lavoratori». Omero si è spinto più in là affermando che «a queste condizioni un insediamento così impattante e così problematico come il rigassificatore e di conseguenza la centrale elettrica non hanno da essere realizzati».
«Chi è che vuole con insistenza il rigassificatore a Trieste? - ha chiesto Maurizio Ferrara, capogruppo della Lega - E perché lo vuole? In cambio di cosa? Laddove non esiste trasparenza e chiarezza per i cittadini, la Lega, come accaduto sul Piano regolatore, voterà sempre contro simili progetti».
«In maniera subdola il sindaco - accusa Roberto Decarli dei Cittadini - voleva far passare il parere favorevole alla centrale, quando buona parte del Consiglio e delle forze politiche sono concordi nel non voler più sentir parlare di rigassificatore».
Il sindaco nel suo voto favorevole è stato imitato solo dal presidente del Consiglio Sergio Pacor (Pri) e dai rappresentanti della Lista Dipiazza di An-Pdl, dell’Udc e del Gruppo misto. «È assurdo buttare via un investimento da 300 milioni di euro in questo modo - attacca Roberto Sasco (Udc) - la centrale dovrebbe sorgere su un terreno dell’area ex Esso oggi inutilizzato e per la sua bonifica sono già previsti 15 milioni. Non risolve tutti i problemi occupazionali, ma può trainare lo sviluppo del porto industriale e del settore retroportuale cittadino. Sta benissimo in piedi anche senza il rigassificatore e non presenta problemi di sicurezza, come ci è stato illustrato in commissione dal direttore dell’Istituto di oceanografia biologica Renzo Mosetti».
«È assurdo il voto contrario soprattutto del Pd che si era espresso anche a favore del metanodotto - accusa Alessandro Minisini del Gruppo misto - la centrale darebbe una prima risposta in termini occupazionali al dopo Ferriera e a differenza del rigassificatore non presenta alcun ipotetico elemento di pericolosità».
SILVIO MARANZANA
 

 

”Miani” domani in piazza contro la Ferriera - IL CIRCOLO VUOLE ATTRARRE L’ATTENZIONE DEL PUBBLICO DELLA BARCOLANA
 

Una Trieste vista dall’alto, avvolta da una nube di colore inquietante, mentre nel golfo si delinea una striscia nerastra, che parte dalla Ferriera di Servola e si dirige verso lo specchio d’acqua antistante la piazza dell’Unità d’Italia. È questo il poco invitante biglietto da visita a colori, riprodotto in migliaia di esemplari, che sarà proposto e distribuito domani sera a tutti coloro che si troveranno in piazza Unità d’Italia.
Artefici di questa iniziativa sono i membri del Circolo Miani che, guidati dal loro fondatore, Maurizio Fogar, daranno vita, a partire dalle 17 e fino alle 20, a una manifestazione di piazza «nel corso della quale - ha precisato lo stesso Fogar - passeggeremo sotto il Municipio, la Prefettura, il palazzo della Regione, per cercare di attirare l’attenzione delle autorità istituzionali nei confronti del tuttora irrisolto problema dell’inquinamento atmosferico provocato dalla Ferriera».
L’appuntamento non è stato scelto a caso: domani sera verrà aperto il Villaggio della Barcolana, con i suoi tantissimi stand, ed è notorio che, sia i triestini, sia gli ospiti che raggiungono la città dalle altre regioni italiane e dall’estero per la Regata d’autunno, si raccolgono volentieri nelle serate della vigilia per respirare l’inimitabile atmosfera di questo straordinario evento. «A tutti - ha annunciato Fogar - daremo questo volantino colorato». Oltre alle foto, esso contiene una sorta di ironico invito a venire a Trieste «città con la mortalità da tumore alle vie respiratorie più elevata del Paese, dove i politici sono forti coi deboli e deboli coi forti, dove abbondano amianto, rifiuti tossici, diossina».

(u. s.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 5 ottobre 2010

 

 

Inquinamento mitili del Golfo di Trieste: Greenaction Transnational si rivolge alla Commissione Europea. A rischio la salute dei consumatori europei.
 

In corso di presentazione esposti alle Procure di Torino e Bologna
L’intossicazione di centinaia di persone in tutta Italia a seguito del consumo di mitili provenienti dagli impianti del Golfo di Trieste avrà ora ulteriori sviluppi sul fronte giudiziario e su quello comunitario. L’associazione Greenaction Transnational aderente alla rete internazionale di Alpe Adria Green sta infatti interessando le Procure della Repubblica di Torino e di Bologna del pesante inquinamento del Golfo di Trieste e delle sue ripercussioni sui numerosi allevamenti di mitili. La presenza di numerose discariche costiere e gli scarichi a mare di rifiuti tossico nocivi protrattisi per anni hanno creato infatti condizioni di grave rischio anche per la salute pubblica con contaminazione diffusa dell’ecosistema marino.
Il pericolo era emerso con tutta la sua evidenza nel caso di una discarica illecita - coperta dalle amministrazioni pubbliche - realizzata al confine con la Slovenia (cosiddetta discarica Acquario) proprio davanti ad uno degli impianti di mitilicoltura ora oggetto delle indagini della Procura di Torino. Nella discarica erano stati scaricati senza alcuna barriera di contenimento fanghi industriali con abbondanza di mercurio, piombo e idrocarburi che avevano così investito l’allevamento di mitili posto a poche decine di metri. Nonostante l’accertamento da parte dell’autorità giudiziaria locale del grave livello di inquinamento nessuna misura di tutela della salute pubblica era stata adottata, e così i mitili al mercurio e idrocarburi sono potuti finire per anni sul mercato comunitario.
Greenaction Transnational, vista la situazione di estrema gravità, presenterà una denuncia alla Commissione Europea chiedendo urgentemente l’intervento della D.G. Ambiente e della D.G. Salute Pubblica e tutela dei consumatori (SANCO) anche al fine di accertare le responsabilità delle istituzioni italiane.
Attualmente e sempre su denuncia di Greenaction è già in corso un procedimento di infrazione contro l’Italia per violazione delle direttive 91/271/CEE, 76/160/CEE per l’inquinamento del Golfo di Trieste prodotto dagli scarichi dei depuratori fognari malfunzionanti (inadeguato trattamento biologico delle acque reflue).
Greenaction Transnational

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 5 ottobre 2010

 

 

Discariche sul Carso De Anna: «Mancano i soldi per le bonifiche» - REGIONE IN PRESSING SU ROMA E UE
 

TRIESTE Un’alleanza tra enti locali «per fare pressione su governo e Unione europea al fine di reperire le risorse. Solo per predisporre il programma per le bonifiche servono dieci milioni di euro». L’assessore regionale all’Ambiente, Elio De Anna, spiega come la denuncia sulle discariche abusive portata avanti da Greenaction sia da tempo all’esame di Regione ed enti locali, ma si scontri con problemi economici e tecnici. «La Provincia di Trieste – spiega De Anna – si era mossa per esempio sul Pozzo dei Colombi, grotta nei pressi di Basovizza, ancora nel 2002 quando il ministero dell’Ambiente era stato interessato da un’associazione del problema per la presenza di discariche abusive nel sottosuolo del Carso triestino». Nel 1994 la direzione all’Ambiente, attraverso il servizio infrastrutture civili e tutela delle acque dall’inquinamento, aveva promosso «uno studio per il risanamento delle acque del bacino del Timavo – ricorda De Anna – previsto nell’ambito della prevenzione ambientale del programma Interreg Italia Slovenia. Lo studio era molto ampio, anche in riferimento all’individuazione dell’area che effettivamente dà apporti idrici alla vasta rete idraulica presente nell’area carsica a cavallo del confine di Stato ed era finalizzato all’attuazione di un intervento sperimentale di risanamento ambientale». Il progetto è stato avviato con fondi Cee ed era stata sottoscritta una convenzione con un’Ati formata da società specializzate di Milano. «Una parte dell’attività riguardava la bonifica della grotta ma la sua morfologia avrebbe richiesto interventi ben più onerosi del previsto – ricorda De Anna – per cui la bonifica non fu completata». Il completamento di quei lavori, oggi, «dovrebbe essere preceduto da una accurata campagna di indagini sulla reale morfologia della grotta». Un problema che riguarda «tutti i casi denunciati in questi anni» e che si scontra «con la mancanza di risorse. Negli anni non è mai stato fatto un vero e proprio censimento proprio perché da un lato la conformazione delle grotte rende difficile l’intervento tecnico e dall’altro le risorse necessarie sono tantissime. L’unica possibilità è agire sul ministero e sulla Ue perchè destinino fondi adeguati».

(m.mi.)
 

 

«Polo museale, accordo da rinnovare» - Italia Nostra: «Non bisogna perdere i contributi della Regione»
 

APPELLO DELL’ASSOCIAZIONE AMBIENTALISTA
Rinnovare quanto prima il protocollo d’intesa fra Regione e Authority «affinché le risorse già destinate dall’amministrazione al polo museale del Porto Vecchio non vadano perdute». È l’appello lanciato ieri da Italia nostra. «Il 25 ottobre di tre anni fa - ricorda la presidente Giulia Giacomich - la Regione e l’Autorità portuale, sotto l’egida del ministero per i Beni e le attività culturali, stipularono un protocollo d’intesa per promuovere la conservazione e la valorizzazione del Porto Vecchio, considerato sito di archeologia industriale di rilevanza internazionale». E aggiunge: «Ebbene da quel momento l’Autorità portuale di è rimasta immobile, perdendo tempo preziosissimo. A questo punto - dice Giacomich - bisogna bruciare i tempi e rinnovare immediatamente il protocollo in modo che, quando entrerà in carica il nuovo presidente dell’Autorità portuale, la strada sarà già tracciata».
Italia nostra si occupa della salvaguardia del Porto Vecchio, come «struttura di particolare valore storico, che deve essere consegnata alle future generazioni, quale testimonianza di una precisa fase industriale», fin dal 2004. «Abbiamo visitato molti porti europei - spiega Antonella Caroli, esponente di Italia nostra - e ovunque abbiamo riscontrato che si presta molta attenzione alla componente culturale, alla storia, al valore di archeologia industriale. Qui a Trieste invece siamo bloccati inesorabilmente».

(u. s.)
 

 

Musica e convivenza: una serata di riflessione al teatrino di San Giovanni
 

MANIFESTAZIONE ORGANIZZATA DALLA PROVINCIA E DA VARIE ASSOCIAZIONI
Una riflessione sul neonato liceo musicale come chiave per celebrare l’anniversario della nascita di Gandhi e la Giornata Onu della Nonviolenza, partendo dalla constatazione che «la musica può costituire un mezzo utile per oltrepassare antiche divisioni».
Così si è svolta al teatrino Basaglia una manifestazione promossa dalle associazioni Multicultura e Musica senza frontiere, con la Provincia e la Casa dei Teatri, affiancate dal Comitato "Danilo Dolci", dalla Federazione lavoratori della conoscenza Cgil, dalla Pro loco S.Giovanni Cologna, dall’Anief, da Mondosenzaguerre e dall’Ente italiano per la conoscenza della lingua e cultura slovena. Il senso della serata è stato anche quello di chiedersi se la compenetrazione culturale tra italiani e sloveni sul territorio sia possibile, a partire da un unico linguaggio, come la musica. Sono intervenuti tra gli altri rappresentanti dell’Istituto comprensivo di S. Pietro al Natisone, dell’istituto Ibqal Masih di Rozzol e del comprensivo con lingua d'insegnamento slovena di Guardiella, oltre al preside del liceo musicale Carducci. Sul palco anche il coro della scuola media Codermatz, l’Ensemble vocale della scuola media Cirillo e Metodio, e il "Tartini Flute Choir".
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 4 ottobre 2010

 

 

Autorizzazione paesaggistica semplificata

 

Venerdì 10 settembre è entrato in vigore il regolamento (Dpr 139/2010) che introduce l’autorizzazione paesaggistica semplificata per gli interventi di lieve entità su aree o immobili sottoposti alle norme di tutela della parte III del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.
Tale procedura semplificata facilita interventi di risparmio energetico perché riduce fortemente, da 150 gg al massimo a 60 gg, i tempi per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica richiesta in caso di installazioni solari, fotovoltaiche e termiche (quelle contemplate alla tipologia di interventi di lieve entità n. 28 delle 39 indicate dal regolamento).
Il procedimento autorizzativo deve concludersi al massimo entro 60 giorni, pena la possibilità da parte del richiedente di fare ricorso alla giustizia amministrativa e di chiedere un risarcimento del danno contro i ritardi delle amministrazioni.
Ma attenzione: la semplificazione vale solo per installazioni di pannelli per massimo 25 mq di superficie, quindi mediamente per impianti di potenza inferiore ai 3,5 Kwp. Di fatto il legislatore ha voluto facilitare quelle domestiche.
Una volta ottenuta, l’autorizzazione paesaggistica è subito valida per cinque anni. Al contrario quella ordinaria, che prevede i 150 gg massimi, lo diventa dopo 30 giorni dal rilascio. Nel caso in cui l’autorità preposta al rilascio sia anche quella territorialmente competente in materia di urbanistica ed edilizia (il Comune) l’art. 2 del Dpr 139/2010 prevede una specifica dichiarazione, non compresa nella domanda ordinaria, da parte del tecnico abilitato, che attesta altresì la conformità del progetto alla disciplina urbanistica ed edilizia.
In caso diverso, se l'autorità preposta al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica non coincide con quella competente in materia di urbanistica ed edilizia (ad es. Ente Parco Colli Euganei) l'istanza va corredata dall'attestazione del comune territorialmente competente di conformità dell'intervento alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie. L’Amministrazione competente valuta se il progetto rientra nella procedura semplificata, riservandosi la possibilità di chiedere documenti integrativi.
Per i dettagli si consiglia di consultare il testo completo del Dpr 139/2010.
SPORTELLO ENERGIA Padova3

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 4 ottobre 2010

 

 

«Sul Carso 100 discariche e 300 grotte inquinate» - Rovesciati idrocarburi, acidi e fanghi industriali Doline completamente riempite di immondizie
 

Roberto Giurastante di ”Greenaction”: Trieste è una bomba ecologica
TRIESTE Almeno 100 le discariche, oltre 300 le grotte inquinate. «Per decenni sull'altopiano carsico si sono scaricati rifiuti tossico nocivi quali idrocarburi, metalli pesanti, acidi, amianto, scorie radioattive, fanghi industriali. In alcune grotte si trovano tuttora dei veri laghi di petrolio. La contaminazione dei corsi d'acqua sotterranei tra i quali il Timavo è stata pesantissima».
L’altra guerra, quella che si è combattuta parallelamente alla guerra fredda, sotterranea e silenziosa, contro il territorio, ha lasciato segni profondissimi e difficilmente superabili, ha avvelenato una provincia che, per avere giustizia, dovrebbe vedersi riconoscere «il reato di disastro ambientale che non va in prescrizione». A sostenerlo Roberto Giurastante di Greenaction transnational che ha raccolto un dossier per ricostruire l’avvelenamento del territorio triestino e carsico con apice negli anni ’80 e con «la compiacenza di tutte le istituzioni: dalla politica alla magistratura».
Greenaction racconta di una terra di conquista, fortemente militarizzata per cui «nelle discariche del sistema realizzate dall’altopiano Carsico al mare non si trovano solo i rifiuti comuni. Ma anche e soprattutto quelli “speciali” a testimonianza dell’intensa attività svolta da questo sistema di potere deviato».
Lo sfruttamento del territorio giuliano «ad uso discarica speciale di Stato inizia alla fine degli anni ‘50 poco dopo il ricongiungimento di Trieste all’Italia avvenuto nel 1954. Con una pianificazione accurata le amministrazioni pubbliche decidono di realizzare grandi discariche a partire dalla fascia costiera per poi estenderle fino al Carso dove vengono sfruttate in particolare le doline e le grotte».
Come spiega il dossier «sul Carso si riempivano le doline (e anche le cave dismesse) fino a livellarle o a sopraelevarle trasformandole in colline. Sopra veniva steso uno strato terra e si procedeva a una rinaturalizzazione forzata (impianto di essenze vegetali), magari anche tramite vigneti (finanziati come interventi agricoli). Le grotte (sono oltre 300 quelle inquinate od ostruite nella Venezia Giulia) venivano utilizzate prevalentemente per i rifiuti liquidi (idrocarburi, acidi, fanghi industriali) o per quelli tossico nocivi più pericolosi (esplosivi, materiale radioattivo) che non dovevano lasciare tracce. Oggi bonificare le grotte avrebbe dei costi enormi – precisa Giurastante – per cui nessuno se ne preoccupa. Gli inquinanti, però, sono penetrati nel terreno e nella falda ampliando le dimensioni dell’inquinamento».
Poi c’erano le discariche sulla costa «con lo scarico diretto dei rifiuti a mare con progressivo ampliamento. Questi interventi venivano definiti di interramento e hanno interessato l’intero arco costiero da Barcola (piena zona balneare) fino al confine con la Slovenia (Muggia) passando per il porto di Trieste. Una trentina di km di discariche costiere. Sopra queste discariche sono state insediate attività produttive, industriali, banchine portuali, attività diportistiche-ricreative, e anche stabilimenti balneari» aggiunge Giurastante.
Infine, le discariche tra l’altopiano carsico e la costa. «Le due più grandi – prosegue Greenacion - sono state ottenute interrando le zone umide (valli) delle foci dei torrenti Rosandra e Ospo e trasformandole in zona industriale sopra la quale sono state insediate 350 aziende. Le due valli, e in particolare quella delle Noghere, hanno assorbito milioni di metri cubi di rifiuti tossico nocivi. Nella sola valle delle Noghere il terreno è stato rialzato con spessori medi di due-tre metri (che in alcuni punti arrivano a sette). Tutto questo è stato fatto in perfetto coordinamento tra amministrazioni pubbliche locali e istituzioni nazionali».
1/continua
MARTINA MILIA
 

 

«Nella pianificazione coinvolte prefettura, procura e pretura»
 

TRIESTE «Nella pianificazione erano permanentemente coinvolte la prefettura, la procura della Repubblica, la pretura». Non risparmia nessuno la ricostruzione di Greenaction. Attraverso i documenti recuperati mostra come autorità locali e non fossero concordi nel favorire in modo silenzioso il diffondersi delle discariche senza risparmiare ambienti oggi impensabili come le scuole. L’associazione lo mostra attraverso documentazione dell’epoca che certifica «una delle comunicazioni intercorse tra Comune di Trieste, Procura della Repubblica, Pretura, prefettura in merito alla pianificazione delle discariche di rifiuti tossici».
In quest’ultima – che risale al 1981 – si fa riferimento allo specchio d’acqua davanti a Muggia (zona nord-est) come di un «mare morto», «privo di flora e fauna» per la presenza di «prodotti chimici, battericidi, oleosi». Si racconta come già da un anno all’epoca il Comune di Trieste usasse il terrapieno di Barcola per i rifiuti soldi urbani e come il prefetto avesse convocato sindaci e contattato il procuratore per valutare l’istituzione della discarica dell’inceneritore in area demaniale. C’è poi il documento in cui emerge la proposta di creare a tre miglia da Aurisina un’isola artificiale con materiale di discarica e ancora la proposta dell’allora Provincia di Trieste per creare una discarica a mare e perfino una comunicazione del Comune (datata 5 dicembre 1981) nella quale si propone, «poichè la possibilità dello scarico delle ceneri dal terrapieno di Barcola potrebbe cessare da un momento all’altro», a titolo definito sperimentale, di «depositare le ceneri in un piccolo avvallamento situato nei pressi della scuola a tempo pieno di Banne. In tale luogo si potrebbero scaricare ceneri per un paio di mesi». Non manca poi l’idea di realizzare una discarica a ridosso di una zona in cui si trovano case popolari. Il carteggio di quelli anni si può consultare sul sito
www.greenaction-transnational.org.
 

 

Italia Nostra: l’Authority ci ha delusi su Porto vecchio «NESSUN CANTIERE»
 

Sul Porto Vecchio e il suo futuro adesso parla anche Italia Nostra. L’associazione ambientalista ha i nfatti convocato per stamane alle 11 nella sua sede di via del Sale 4 una conferenza stampa incentrata sulla sua posizione in tema di Polo museale e protocollo d’intesa. In una nota a firma del presidente Giulia Giacomich proprio in merito al polo l’associazione esprime «perplessità e delusioni» sulla ricandidatura dell’attuale vertice e sull’attività dell'Autorità Portuale per quanto riguarda i beni culturali. Una bocciatura avvenuta in qaunto, si legge, «nel Porto vecchio, negli ultimi anni, non ci sono stati altri cantieri oltre quello della torre della Centrale idrodinamica, per opera esclusiva del Ministero dei Beni culturali, e quello del magazzino 26, ora restaurato ma ancora inutilizzato». «Ci si rammarica – afferma la Giacomich – che, nonostante i nostri ripetuti inviti, il nostro impegno sulla Centrale idrodinamica e sul Polo museale, e nonostante la presenza dei fondi regionali (già dal 2007), non sia iniziata ancora l'opera di restauro degli edifici del Polo museale e ci si stupisce che altri si rendano protagonisti di un lavoro promosso da noi nel 2004 e frutto dei nostri studi. Inoltre vediamo ancora non conclusi i lavori alla Stazione marittima». «Il procedimento di assentimento delle concessioni in Porto vecchio è ancora in itinere – continua Italia Nostra – e non è stata risolta la questione del punto franco, così come restano ancora sospese alcune questioni conclusive sull'iter del piano regolatore portuale».
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 3 ottobre 2010

 

 

«Sul benzopirene una legge-beffa» - Sulle emissioni della Ferriera il Comitato No smog incontrerà il Prefetto - La protesta dei servolani
 

Sono arrabbiati da tempo. Adesso si sentono anche beffati. I componenti dell'associazione ambientalista servolana "No smog", «che é del tutto autofinanziata - ha voluto ribadire la presidente, Alda Sancin - perciò libera di operare ed esprimersi», hanno protestato ancora una volta, ieri mattina, nel corso di una conferenza stampa, che ha richiamato nel cuore del rione servolano una piccola folla di residenti. A scatenare l'ennesima denuncia dell'associazione, dopo una serie di esposti presentati alle autorità giudiziarie, il decreto legislativo emanato dal governo Berlusconi lo scorso 13 agosto, «data emblematica - ha specificato il segretario dell'associazione, Adriano Tasso - perché é un momento nel quale moltissimi italiani sono in ferie, soprattutto quest’anno, in quanto era venerdì», con il quale si stabilisce che, nelle città con almeno 150mila abitanti, le aziende siderurgiche possono superare il valore massimo di legge nell'emissione di benzopirene, «uno dei cancerogeni più potenti - ha sottolineato Tasso - come confermato da tutti gli studi medici condotti con serietà», senza che scattino provvedimenti obbligatori di blocco dell'attività industriale. «In sostanza - ha precisato Tasso - si e' sospesa una delle più importanti misure di protezione della popolazione urbana, quotidianamente minacciata dal benzopirene. In particolare - ha proseguito - il provvedimento riguarda Trieste e Taranto». All'ordine del giorno dell'appuntamento anche la denuncia «nei confronti di quanti omettono di evidenziare e rendere pubblici i dati rilevati dalle centraline», ha aggiunto Tasso. Non esiteremo ad adire le sedi competenti – ha continuato il segretario di ‘No smog – per ottenere giustizia». Tasso ha poi riassunto l'attività svolta da "No smog" negli ultimi sei mesi, corredandola con filmati raccolti da soci e residenti «che non hanno bisogno di commenti - ha sottolineato - tanto sono espliciti». In essi si assiste a uscite di fumo negli orari più diversi dalle ciminiere della Ferriera, si notano depositi di scorie nere su davanzali e terrazze, si sente spesso in sottofondo un sordo e inquietante rumore. Tasso ha anche annunciato, per mercoledì prossimo, un incontro con il Prefetto, Alessandro Giacchetti, «nel corso del quale - ha affermato - presenteremo le nostre istanze». Tasso ha infine ricordato che negli ultimi tre anni «i superamenti dei valori di pm 10 nell’aria si sono verificati molto più spesso di quanto consenta la legge, situazione che non dovrebbe mai originarsi in più di 35 giorni l’anno. Nel 2008 – ha evidenziato – sono stati registrati superamenti invece in 155 giornate, in 113 nel 2009 e sono già 70 quest’anno, quando mancano ancora tre mesi alla fine del 2010». Al termine dell’incontro, Umberto Salvaneschi, della Fim-Cisl, ha consegnato a Tasso la sua scheda elettorale in segno di protesta contro la classe politica.
Ugo Salvini
 

 

SEGNALAZIONI - Bici in porto - MOBILITÀ
 

Leggiamo con interesse sul vostro giornale del 23 settembre 2010 le notizie in merito alla progettata ristrutturazione del Porto Vecchio di Trieste con l’idea di realizzare una nuova strada dal Cavalcavia alla stazione proprio attraverso l’area del Porto Vecchio.
Chiediamo ospitalità nella vostra pagina per ricordare a tutti gli enti coinvolti in questo processo (in particolar modo l'amministrazione comunale e l'autorità portuale) che la progettazione della mobilità all'interno del porto sia fatta in maniera sostenibile prestando attenzione a tutte le forme di mobilità inclusi i pedoni e le bici. In particolare, come associazione impegnata nella promozione della bicicletta chiediamo che ogni nuova strada realizzata in Porto Vecchio sia dotata di corsia ciclabile regolamentare. Ricordiamo a questo proposito che l’art.10 della legge dello Stato n. 366/1998 (Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica) pone l'obbligo per gli Enti proprietari delle strade di realizzare piste e percorsi ciclabili adiacenti sia a strade di nuova costruzione sia a strade oggetto di manutenzione straordinaria, «salvo comprovati problemi di sicurezza».
Purtroppo da parte degli enti proprietari è capitato spesso che alcuni aspetti facilmente superabili nella progettazione siano diventati «comprovati problemi di sicurezza». Questo di fatto comporta una sostanziale disapplicazione della norma. Ricordiamo d’altro canto che il Ministero delle Infrastrutture ha chiarito che il termine «adiacente» può contenere anche uno sviluppo del percorso ciclabile in tutto o in parte disgiunto da quello della viabilità carrabile: e nel caso del Porto Vecchio questo è sicuramente possibile!
Per evitare quindi che nella riprogettazione della viabilità del Porto Vecchio questa norma non venga disattesa (come purtroppo lo è stato per le Rive interessate alla «manutenzione straordinaria» del totale rifacimento di qualche anno fa) invitiamo fin da subito e pubblicamente gli enti proprietari a progettare la ristrutturazione del vecchio porto secondo le più avanzate forme di mobilità applicate in Europa.
Stefano Cozzini - Gruppo Mobilità Ulisse-Fiab
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 2 ottobre 2010

 

 

Pillon: più aggregazioni fra multiutility a Nordest - L’ad di AcegasAps: «Su 300 aziende il 60% ha i conti in rosso»

 

Al convegno della CGIL sulla Green Economy

UDINE ”Nel Nordest ci sono circa 300 aziende che erogano servizi pubblici e il 60% di queste non raggiungono il pareggio di bilancio. E AcegasAps ed Ascopiave, insieme, a fronte di 1 miliardo di ricavi hanno un margine operativo di 200 milioni, contro i 6 miliardi di fatturato di A2a, che vanta un margine operativo di 1 miliardo”. Intervenendo ieri, a Udine, al convegno sulla green economy e le politiche per l’energia promosso dalla Cgil, l’amministratore delegato di AcegasAps, Cesare Pillon, ha fatto parlare i numeri per evidenziare l’assoluta necessità, nel Triveneto, di arrivare ad aggregazioni tra multiutilities.
”Il rischio che corriamo concretamente – ha detto Pillon – è quello di ritrovarsi strutturalmente più deboli rispetto al resto del Paese, un po’ come è successo al sistema bancario locale”. Per l’ad della compagine triestino-padovana è ”fondamentale che si arrivi a un tavolo sovraregionale tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino per discutere di questo tema”. Finora, ha sottolineato, ”tutto è stato lasciato alla libera iniziativa dei singoli e i risultati sono stati scarsi”. Non a caso, la stessa AcegasAps è andata a cercarsi un partner ben oltre i confini dell’Italia nord-orientale, bussando alla porta della lombarda Lgh. Un punto, quello dell’importanza delle aggregazioni, ripreso anche dal sindaco di Monfalcone, Gianfranco Pizzolitto, che ha difeso la decisione di cedere il ramo energia di Iris (acquisita dalla cordata Eni-AcegasAps), che non è ancora stata del tutto digerita dal mondo sindacale.
All’appuntamento udinese, che ha visto la partecipazione, tra gli altri, dell’assessore regionale Luca Ciriani, del sindaco di Udine Furio Honsell, del direttore del personale di Ansaldo Sistemi Industriali, Sergio Canavero, e, per A2a, di Lorenzo Stradoni, non poteva non essere toccato il tema del nucleare. Da parte sua, la Cgil, attraverso il segretario della Filctem (che rappresenta i chimici e gli addetti del settore energia), Giovanni Campore, ha chiesto che ”l’argomento sia messo all'ordine del giorno del Consiglio regionale, affinché tutte le forze politiche si pronuncino escludendo definitivamente la possibilità di localizzare centrali o siti per lo stoccaggio delle scorie in Friuli Venezia Giulia”, rimarcando il proprio ”no” anche ”al ventilato sostegno della Regione al raddoppio della centrale slovena di Krsko”. Sull’altro tema scottante dell’attualità regionale sul fronte dell'energia, ovvero il rigassificatore di Gas Natural, il segretario regionale della Cgil, Franco Belci, ha evidenziato che “c’è bisogno di maggiore chiarezza da parte di Governo, Regione e Comune di Trieste, per fornire alle popolazioni interessate ogni garanzia su sicurezza e impatto ambientale”.
NICOLA COMELLI

 

 

Ogm sì o no? Voto in aula entro il mese - L’ANNUNCIO DELL’ASSESSORE VIOLINO
 

TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia sarà o non sarà ogm free? Giancarlo Galan detta l’ultimatum, invita le Regioni a muoversi, minacciando di sostituirsi nelle decisioni. E le opposizioni, sotto la spinta del ”caso” di Fanna e di Vivaro, dove l’agricoltore biotech Fidenato ha seminato mais transgenico, incalzano. Claudio Violino non si sottrae: «Entro ottobre il Consiglio regionale dovrà decidere sugli organismi geneticamente modificati in agricoltura» assicura l’assessore regionale all’Agricoltura. Violino aggiunge che la decisione politica, quella che l’aula del Friuli Venezia Giulia dovrà assumere a breve, «è propedeutica alla realizzazione dei piani di coesistenza chiesti dall’Unione europea e dal ministro Giancarlo Galan demandati alle Regioni». E chiarisce: «Se il Friuli Venezia Giulia dovesse dichiararsi contro gli ogm il piano di coesistenza non servirebbe».
L’assessore regionale ammette invece di non sapere ancora quale sarà la strada «tecnica» per giungere alla decisione del Consiglio regionale. «Potrebbe essere una proposta di legge della giunta regionale ma anche una iniziativa politica di qualche gruppo consiliare. Questo è ancora da decidere. Quello che posso dire è che entro il mese di ottobre una decisione sarà presa» ribadisce il leghista titolare dell’Agricoltura. (m.mi.)
 

 

Dal vetro alla carta, la Giornata del riciclo - Prima edizione dell’iniziativa, oggi gazebo in piazza della Borsa - Un decalogo in distribuzione
 

La prima Giornata nazionale del riciclo e della raccolta differenziata di qualità - promossa da Conai (Consorzio nazionale per il recupero degli imballaggi), dal ministero dell'Ambiente in collaborazione con il Comune e AcegasAps - si terrà oggi in città, dalle 9 alle 18, al punto informativo del gazebo allestito in piazza della Borsa. Per aiutare i cittadini nel compito del ”buon riciclo” e per spiegare l'importanza della raccolta differenziata, sarà distribuito il decalogo della Raccolta differenziata di qualità, ovvero le dieci regole auree per separare e dunque riciclare meglio gli imballaggi in acciaio, alluminio, carta, legno, plastica, vetro.
L'evento è stato presentato ieri in Comune dall'assessore comunale allo sviluppo economico e turismo Paolo Rovis, dalla rappresentante di Conai Chiara Morbidini e dal dirigente della Divisione ambiente di AcegasAps Paolo Dal Maso.
Quella di oggi sarà «una giornata non solo per parlare dei positivi risultati che Conai insieme a tutti i cittadini e ai Comuni italiani ha raggiunto ma, soprattutto per spiegare come, grazie a un piccolo impegno quotidiano per fare bene la raccolta, sia possibile migliorare ancora il riciclo» è stato il messaggio da parte di Piero Perron, presidente di Conai. «Il Comune di Trieste - ha aggiunto Rovis - è in prima linea per offrire ai suoi abitanti e ai turisti una città sempre più vivibile e gradevole, nel rispetto e nella tutela dell'ambiente. In tema di igiene urbana, stiamo per varare il nuovo regolamento della nettezza urbana "per una città più pulita", sviluppato in 49 articoli in cui si forniscono precise indicazioni riguardo la corretta gestione dei rifiuti attraverso il conferimento differenziato nelle isole ecologiche, assieme a una serie di disposizioni mirate ad una sempre elevata salvaguardia ambientale e ad una migliore qualità della pulizia urbana, a beneficio dei cittadini». Rovis ha spiegato che «per agevolare i cittadini nella raccolta differenziata, in tempi brevi saranno raddoppiate le 'isole ecologiche', dalle attuali 500 a 1000 in totale».
Conai, ha spiegato Morbidini, «è il consorzio privato senza fini di lucro costituito dai produttori e utilizzatori di imballaggi. In più di dieci anni, ha garantito il recupero di oltre il 70% dei rifiuti di imballaggio immessi al consumo, di cui il 64% sono stati riciclati e la restante parte avviata a recupero energetico». Durante la Giornata di oggi - che sarà presentata anche in altre 20 città italiane - Conai donerà al Comune sei panchine di design realizzate con materiali di riciclo dall'industrial designer Giulio Patrizi.

 

 

Krsko, la centrale ferma tutto ottobre per manutenzione - IMPIANTO NUCLEARE ATTIVO FINO AL 2043

Il reattore della centrale nucleare slovena di Krsko è stato spento e l’impianto rimarrà inattivo fino al 31 ottobre, il tempo per la revisione annuale della centrale.

Prima di questo intervento di manutenzione, l’impianto di Krsko è stato pienamente operativo per 514 giorni consecutivi. Nel prossimo mese saranno sostituite le barre di uranio esaurite (56 su 121), effettuati tutti i controlli standard legati alla sicurezza dell’intero impianto e delle singole componenti e saranno sostituiti alcuni elementi più importanti, come lo statore del generatore di corrente elettrica.
La revisione coinvolgerà tutti i 600 dipendenti della centrale e circa 1500 collaboratori esterni, di una quarantina di imprese diverse, in maggioranza tecnici altamente qualificati. Il costo dell’intervento è di 12,5 milioni di euro mentre altri 3,5 saranno spesi per l’ammodernamento delle attrezzature. «Questa revisione - ha spiegato il direttore della centrale Stane Rozman - è un ulteriore passo avanti nella direzione di un aggiornamento tecnologico, che dovrebbe permettere all’impianto di rimanere in funzione per altri 20 anni oltre ai 40 previsti. Se il governo sloveno autorizzerà la proroga del suo funzionamento». Una richiesta in tal senso è stata già formalmente inoltrata agli organi competenti. Krsko rimarrà attiva fino al 2043. La centrale, negli ultimi due anni, non ha avuto problemi dal punto di vista della sicurezza. L’ultimo incidente risale al giugno 2008, quando una perdita d’acqua dal sistema di raffreddamento provocò lo spegnimento del reattore e scatenò un’allarme in tutta Europa. L’episodio ha portato poi anche alla firma del protocollo di collaborazione italo-sloveno sulla sicurezza nucleare. Krsko, ogni anno, produce circa 6mila gigawatt ore di energia elettrica, e copre più del 20% cento del fabbisogno energetico della Slovenia e circa il 17% del fabbisogno croato. La centrale è stata costruita nei primi anni Ottanta con tecnologia statunitense: il reattore ad acqua pressurizzata è stato realizzato dalla ”Westinghouse” e ha una capacità di 632 megawatt.
Funziona con 121 elementi di uranio arricchito, acqua distillata come rallentatore e 33 fasci da 20 barre di argento, cadmio e indio per regolare la potenza.
 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 2 ottobre 2010

 

 

VIOLAZIONE DELLA DIRETTIVA SEVESO: TRIESTE NEL MIRINO DELLA COMMISSIONE EUROPEA
 

La Commissione Europea ha confermato il procedimento di infrazione (n. 2007/4717) nei confronti dell’Italia per la violazione della direttiva Seveso nella provincia di Trieste. All’Italia viene contestato di non avere fornito alla popolazione informazioni sufficienti in merito alle misure di sicurezza e al comportamento da tenere in caso di incidenti agli impianti industriali. L’Italia avrà ora due mesi di tempo per rispondere e per sanare le irregolarità. Scatterà altrimenti il deferimento alla Corte di Giustizia Europea.

Il procedimento è stato avviato a seguito delle denunce e della petizione (483/07) presentate nel 2007 alla Commissione Europea e al Parlamento Europeo da Roberto Giurastante responsabile dell’associazione Greenaction Transnational. Nella denuncia alle istituzioni comunitarie veniva evidenziata la sistematica violazione della legge Seveso nella provincia di Trieste dove, in presenza di otto impianti industriali a rischio di incidente rilevante ubicati in pieno contesto urbano, non erano state adottate le misure di sicurezza necessarie, a partire dalla predisposizione di effettivi piani di emergenza esterni (PEE) e per arrivare all’obbligatoria informazione da fornire ai cittadini, per affrontare le emergenze. Nella denuncia veniva inoltre contestato che in presenza di una simile e grave situazione di rischio fosse stato approvato, in sostanziale elusione della direttiva Seveso, il progetto di un terminale di rigassificazione nel porto di Trieste (adiacente alle industrie a rischio).

Proprio recentemente (agosto 2010) la denuncia è stata ancora integrata con nuovi rilevanti documenti sulle violazioni in corso. Greenaction Transnational ha anche attivato sul proprio sito internet un sondaggio per verificare il livello di conoscenza da parte della popolazione delle misure di sicurezza previste dalla legge Seveso. I risultati purtroppo si commentano da soli e confermano la drammaticità della situazione: il 98% dei votanti non è a conoscenza dei piani di emergenza degli stabilimenti industriali a rischio. L’attuale procedimento di infrazione e il possibile deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia Europea, rappresentano un ulteriore ostacolo per il progetto del rigassificatore nel porto di Trieste. Se infatti al momento il procedimento non coinvolge ancora direttamente il progetto del terminale della Gas Natural a Zaule, è innegabile che gli effetti dell’inchiesta rischiano di travolgerlo. L’impianto dovrebbe infatti sorgere in mezzo agli stabilimenti industriali che sono oggetto della procedura di infrazione comunitaria. Il problema ovviamente non è rappresentato solo dalla mancata informazione alla popolazione delle misure di sicurezza da seguire in caso di incidente alle industrie. La mancata campagna informativa nasconde anche il mancato addestramento della gente sul campo (compresi i piani di evacuazione di interi quartieri cittadini e dei vicini Comuni di Muggia e S.Dorligo-Dolina). In discussione sono quindi gli stessi piani di emergenza esterni delle industrie pericolose sulla base dei quali è stato costruito lo scenario dell’effetto domino per il progetto del rigassificatore della Gas Natural nel porto di Trieste. Una sottovalutazione voluta del rischio che espone i cittadini a gravissime conseguenze e che vede le amministrazioni pubbliche schierate a difesa degli interessi dei privati a danno della collettività. Una situazione che non può essere tollerata nell’Unione Europea dei diritti.

Greenaction Transnational

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 1 ottobre 2010

 

 

SERVIZIO CIVILE: Un anno a ricordare
 

Da sempre Arci Servizio Civile intende la promozione della pace, la difesa non armata e non violenta della Patria, l’educazione alla legalità, l’impegno civico, obiettivi che riguardano tutti i giovani residenti in una comunità. Nessuno escluso.
Il 4 ottobre prossimo scade il termine per la presentazione delle domanda per il Servizio Civile Nazionale. I posti messi a bando in regione sono 189, di cui 78 a Trieste, 19 a Gorizia, 36 a Pordenone e 56 a Udine.
Di questi nessuno rientra nei progetti presentati da Arci Servizio Civile come negli anni precedenti in settori culturali, sportivi, assistenziali e di cooperazione.
Il servizio civile si è detto più volte, è in brutte acque.
Negli ultimi cinque anni il numero delle posizioni finanziate sono diminuite di oltre il 60%.
Di questo passo a breve l’esperienza quasi quarantennale di servizio civile che raccoglie apprezzamenti anche fuori dell’Italia chiuderà!
Le principali vittime di questa ghigliottina sono i giovani, le persone e i beni pubblici che beneficiano del loro servizio.
Il servizio civile, come richiamato dalla Corte Costituzionale fin dal 1985 ed ai sensi della legge vigente, concorre alla difesa della patria con mezzi ed attività non militari.
Eppure il servizio civile, che ha un bilancio 150 volte più piccolo di quello del servizio militare, viene mortificato da continui tagli che ne mettono a repentaglio l’esistenza stessa, mentre si trovano i fondi per la “mini naja”, anche ricorrendo ai fondi non impiegati delle scuole, che finora restavano alle scuole stesse per successivi impieghi.
Nonostante ogni anno circa 100.000 giovani chiedano di prestare il servizio civile, assistiamo al momento più drammatico della sua storia nel più complice disinteresse delle istituzioni.
Pertanto Arci Servizio Civile chiede:
al Governo che nel prossimo documento di programmazione economica e finanziaria 2011-2013 vengano previsti stanziamenti utili all’avvio di almeno 40.000 giovani su base annua;
alle Regioni e Province Autonome che prevedano, come già fatto da alcune, propri stanziamenti aggiuntivi, utili ad incrementare ulteriormente il numero dei giovani coinvolti;
che siano chiaramente stabilite per legge le finalità dell’istituto del servizio civile nazionale rivolte ai giovani residenti nel nostro Paese di educazione alla pace e alla cittadinanza attiva e di apprendimento di concrete capacità pratiche.
ASC – Arci Servizio Civile, associazione di promozione sociale, è la più grande associazione di scopo italiana dedicata esclusivamente al servizio civile cui aderiscono – relativamente al servizio civile – 5 associazioni nazionali (ARCI, ARCI Ragazzi, AUSER, Legambiente, UISP) e decine di organizzazioni locali.
Aderisce alla Cnesc (Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile). Ne fanno parte, tra gli altri, Acli, Aism, Anspi, Avis, Caritas, Federazione Salesiani, Federsolidarietà, Legacoop, WWF.
ASC -Arci Servizio Civile del Friuli Venezia Giulia è a Trieste in Via Fabio Severo 31 (tel. 040761683 – trieste@arciserviziocivile.it).
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 1 ottobre 2010

 

 

Il prefetto ai servolani: registro le vostre proteste
 

Sono pronti a incatenarsi davanti ai cancelli della Ferriera pur di ottenerne la chiusura. E lo hanno detto al Prefetto, Alessandro Giacchetti, intervenuto ieri sera a un pubblico incontro, organizzato dal circolo Miani. Sono gli abitanti dei rioni di Servola, Chiarbola, Giarizzole e di altre zone interessate dall’inquinamento atmosferico provocato dalla Ferriera che hanno riempito la novantina di posti a sedere della sede del circolo, in via Valmaura, pur di poter esprimere, al rappresentante del Governo nazionale in città e in regione, massima autorità locale, la loro rabbia.
«Oramai siamo talmente esasperati e pronti a qualsiasi forma di protesta, pur di ottenere finalmente ragione», hanno ripetuto in molti. Giacchetti ha ascoltato e preso nota: «Registro le vostre proteste, il mio compito è ascoltare la gente - ha detto il prefetto ai presenti - Nell’ambito delle mie competenze farò quanto possibile per sollecitare le autorità istituzionali nel tentativo di risolvere questi problemi».
L’appuntamento ha vissuto anche momenti toccanti quando, uno degli intervenuti, ha ricordato di aver perso una figlia stroncata da un tumore. Qualcuno, nel corso dell’assemblea, ha proposto di presentare al Prefetto «l’elenco di tutti coloro, decisamente troppi, che hanno perso la vita nella zona di Servola».
Il sentimento più diffuso fra coloro che hanno partecipato all’incontro è di «rabbia e impotenza», ma anche di «rassegnazione provocata dall’immobilismo di chi ci rappresenta, che è stato eletto da noi - hanno sottolineato, facendo esplicitamente i nomi del sindaco, Roberto Dipiazza e del presidente della giunta regionale, Renzo Tondo - formulando promesse in campagna elettorale, sulla rapida chiusura della Ferriera, poi vergognosamente disattese dalla realtà dei fatti».
Accanto al tema dominante dell’inquinamento provocato dalle emissioni della Ferriera, al Prefetto sono state fatte lamentele relative allo stato delle strade, soprattutto in piazzale Giarizzole, all’amianto presente nelle coperture dei capannoni dello scalo Legnami, agli incidenti stradali «causati dalla grafite che cade sull’asfalto arrivando dallo stabilimento di Servola e che, mescolandosi con la pioggia, provoca una sostanza viscida e pericolosa».
Maurizio Fogar, fondatore del circolo Miani, ha annunciato per giovedì, a ridosso della Barcolana, una manifestazione di protesta che si svolgerà in piazza Unità «alla quale seguirà una marcia - ha detto Fogar - davanti ai palazzi delle istituzioni».

(u. s.)

 

 

Incidenti industriali, Trieste nel mirino dell’Ue - «Informazioni insufficienti dalle autorità». Potocnik: prescrizione essenziale
 

La direttiva riguarda le aziende a rischio di sinistro rilevante, tra cui Siot. Per Greenaction la contestazione toccherebbe il progetto del rigassificatore a Zaule
«A Trieste le autorità della provincia non hanno fornito al pubblico informazioni sufficienti in merito alle misure di sicurezza e al comportamento da tenere in caso di incidenti industriali». Ad affermarlo è la Commissione europea che annuncia l’invio di un parere motivato all’Italia. Si tratta della seconda fase della procedura già aperta e di cui era trapelata notizia alla fine dell’anno scorso per ottenere su tutto il territorio una corretta applicazione della legislazione europea sui grandi rischi industriali, la direttiva nota come Seveso II. Il commissario europeo all’ambiente Janez Potocnik ha affermato che «l’adeguata diffusione delle informazioni è una prescrizione essenziale per ridurre le conseguenze di eventuali incidenti».
La direttiva riguarda le cosiddette «aziende a rischio di incidente rilevante». Una delle principali è il terminal petrolifero della Siot. Ieri l’amministratore delegato Adriano del Prete e il direttore operativo Nevio Grillo hanno assicurato che tutte le procedure di sicurezza sono state scrupolosamente seguite e comunicate. Il Piano di sicurezza è stato consegnato alle autorità e la commissione delegata ha effettuato i sopralluoghi riguardo al sistema di gestione della sicurezza relazionandone poi all’apposito Comitato tecnico regionale.
I rilievi del resto non avrebbero nel mirino le aziende, bensì le autorità amministrative e in particolare, sembra, i Comuni che hanno il compito di informare sui rischi le popolazioni. «All’inizio dell’anno abbiamo convocato in municipio tutti gli abitanti che vivono entro un determinato raggio dagli impianti, un paio di centinaia di persone - spiega Fulvia Premolin, sindaco di San Dorligo della Valle nel cui territorio è ubicata la Siot - e li abbiamo informati sui comportamenti da tenere in caso di allarmi. A coloro che non sono intervenuti abbiamo inviato l’informativa a domicilio. Evidentemente - conclude Premolin - il procedimento dell’Ue si è messo in moto prima che venisse adempiuto, alcuni mesi fa, in questo modo alla direttiva».
All’interno del comune di Trieste le aziende interessate sono la Ferriera di Servola, la Linde Gas di via di Servola, la Depositi costieri spa e la Alder di riva Cadamosto. Il Comune di Trieste fa sapere di aver affisso all’albo pretorio schede informative pervenute dalle aziende, di averle pubblicate in forma integrale sul proprio sito Internet e di aver inviato comunicazioni a domicilio a famiglie che abitano in prossimità dei siti in questione.
Secondo l’associazione ambientalista Greenaction transnational la contestazione avanzata dalla Commissione europea riguarderebbe invece il progetto del rigassificatore di Gas Natural, ipotizzato a Zaule e il fatto che non sia stato approntato un Piano di sicurezza ed evacuazione, né sia stata opportunamente informata la popolazione sui rischi. Il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia ha però negato questa possibilità affermando che la presa di posizione della Commissione europea si riferisce invece agli impianti industriali già presenti in provincia. L’arrivo del parere motivato dell’Ue preannunciato ieri chiarirà definitivamente le carenze riscontrate.
SILVIO MARANZANA
 

 

Rozza: liberare la passeggiata a mare - Nel mirino le recinzioni di alcune ville. Ret: se sono aree demaniali ci pensi la Capitaneria
 

L’OPPOSIZIONE CHIEDE DI RIMUOVERE GLI OSTACOLI TRA DUINO E IL VILLAGGIO DEL PESCATORE
DUINO AURISINA «Liberare subito il waterfront della Cernizza». È quanto intima, compatta, l’opposizione di Duino Aurisina, prendendo spunto dall’emendamento presentato (e poi bocciato) dal consigliere dei Verdi Maurizio Rozza in sede di approvazione delle direttive per la Variante 27. Nel corso della sua discussione, infatti, Rozza ha sollevato una questione scottante, che già durante l’ex giunta Vocci era stata oggetto di ampio dibattito, in seguito accantonato, ovverosia la realizzazione nel tratto compreso dal Villaggio del Pescatore fino al porto di Duino di un sentiero percorribile a piedi, di dimensioni tali da impedire comunque il transito di automezzi. Un percorso, a detta dell’esponente dei Verdi e di tutta la minoranza, «fattibile». Che troverebbe però ostacolo nella presenza di alcune recinzioni private. «Quattro o cinque ville in loco – ha denunciato il consigliere dei Verdi – denotano delle reti di limitazione della proprietà che impediscono l’accesso alla battigia da parte del cittadino. Le delimitazioni arrivano praticamente in prossimità del mare, interrompendo così il transito dei bagnanti. A quanto mi risulta l’area demaniale non dovrebbe essere oggetto di recinzioni, né in alcun modo usucapibile, e garantisco che fino a 30-40 anni fa il sentiero c’era: è venuto meno con la realizzazione degli insediamenti abitativi». «E’ venuto il momento – ha concluso – di fare chiarezza e capire se quelle situazioni siano regolari oppure no. Nel caso è doveroso far arretrare le reti e liberare il passaggio della Cernizza, zona di rilevante pregio ambientale, che ospita la porta d’accesso alla macchia mediterranea e numerosi esemplari di leccio. Un conto è che dei proprietari abbiano accesso diretto alla spiaggia, situazione peraltro molto diffusa sulla costiera, un conto è che pongano ostruzioni al transito». Concordi gli alleati del Pd, Prc e Unione slovena. Quest’ultima, per bocca del consigliere Edvin Forcic, ha aggiunto: «Fino ai Filtri si rilevano illegali occupazioni di battigia». La questione ha fatto sussultare la maggioranza, che dopo una brevissima consultazione interna ha immediatamente disposto un sopralluogo dell’area da parte della Seconda commissione permanente (Assetto e utilizzo del territorio), presieduta dal consigliere Fabio Eramo.
«Non sono al corrente di recinzioni che arrivano fino al mare – ha replicato il sindaco Giorgio Ret, che però vuole vederci chiaro -: se si tratta di aree demaniali è la Capitaneria di porto l’organo deputato a intervenire. Ad ogni modo ho dato mandato ai consiglieri di andare sul posto e fotografare l’area per relazionare in merito e, nell’ipotesi di un abuso, denunciare la situazione. Se verranno accertate irregolarità, agiremo di conseguenza. Per conto mio si tratta di una provocazione, pur giusta: sarà impegno dell’amministrazione verificare la fattibilità del sentiero, anche se mi risultano serie problematiche di accesso, perché ci troviamo in presenza di rocce e scogliera».
Chi era stato a suo tempo investito della questione è il capogruppo del Pd Massimo Veronese, ex assessore ai Lavori pubblici della giunta Vocci: «All’epoca avevamo intrapreso un percorso per arrivare a una soluzione – ha riferito ieri -: si tratta di un problema annoso e di non facile soluzione sotto il profilo giuridico. Vanno recuperate le carte per capire quali norme siano state applicate, se vi sono stati dei condoni o se si tratta di disposizioni antiche, che hanno assegnato concessioni particolari su aree demaniali».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

Miticolture: blocco per un altro mese - DOPO LE INTOSSICAZIONI - L’Ass: permangono le tossine, la riapertura non è ancora possibile
 

TRIESTE Le miticolture del golfo di Trieste resteranno chiuse per altri 25-30 giorni, dopo la chiusura imposta dall'Azienda sanitaria lo scorso 16 settembre, in seguito al rilevamento della biotossina Dsp nell'acqua.
Lo si è appreso ieri dal responsabile dell'Unità operativa veterinaria dell'Azienda sanitaria, Maurizio Cocevari. Gli esami fatti negli scorsi giorni sulle acque del Golfo - ha riferito Cocevari - hanno confermato la presenza della tossina. «Ancora per 25-30 giorni non si parla di aprire le miticolture», ha aggiunto.
La presenza della tossina nel mare potrebbe essere la causa degli oltre 290 casi di intossicazioni da cozze che si sono verificati nel Nord Ovest, soprattutto in Piemonte, dallo scorso 20 settembre.
Sulla vicenda indaga la Procura della Repubblica di Torino, che in collaborazione con i carabinieri del Nas e la rete delle Aziende sanitarie sta cercando di ricostruire la dinamica dello smercio dei mitili e sta accertando eventuali responsabilità penali.
Proprio l’altro giorno l’assessore regionale alla Sanità Vladimiro Kosic aveva annunciato l’apertura di un tavolo tecnico per affrontare il tema del monitoraggio a mare dei mitili. Kosic ne ha parlato nel corso del Question Time al Consiglio regionale sul tema dell'intossicazione alimentare da cozze in varie località italiane, anticipando a sua volta che «le più recenti analisi effettuate sui mitili prelevati nelle zone di produzione della costiera triestina confermano l'esito positivo per la presenza di biotossine algali. La situazione, nonostante le condizioni meteomarine avverse degli ultimi giorni, sembra non migliorare al momento».
 

 

Provincia, un piano per l’ambiente - RISERVATO ALLE SCUOLE
 

TRIESTE Un progetto di educazione ambientale indirizzato verso gli studenti delle scuole della provincia triestina e come “ricaduta” sulla popolazione adulta residente nei territori di tutti i comuni. E' questo l'obbiettivo dell'accordo di programma per l'attuazione del ”Progetto 3 Erre 2010-2012” stipulato dalla Provincia di Trieste con i Comuni di Muggia, Duino Aurisina, Sgonico, Monrupino e San Dorligo della Valle. Dopo il sì di Sgonico e Monrupino anche il consiglio comunale di San Dorligo ha approvato l'accordo per far partire il progetto che avrà durata biennale e vedrà come ente capofila il Comune di Muggia.
Il compito della Provincia, oltre ad erogare un finanziamento di 200 mila euro (affidati al Comune capofila, Muggia appunto, che poi provvederà alla redistribuzione della somma agli altri Comuni, per un importo massimo di 60 mila euro per progetto), sarà quello di coordinare le attività nel settore dell'educazione ambientale fornendo un’adeguata sensibilizzazione alle problematiche ambientali. Questi i due obiettivi: diminuzione della produzione dei rifiuti e incremento della raccolta differenziata. Il progetto si avvarrà poi di un comitato tecnico – scientifico, presieduto dal sindaco di Muggia Nerio Nesladek, che avrà il compito di proporre le linee guida generali per lo sviluppo dei progetti che verranno analizzati singolarmente dai comuni.

(r.t.)
 

 

SEGNALAZIONI - Il ruolo dei geologi - URBANISTICA
 

Cercando su Google alla voce «geologia» si scopre che trattasi di «scienza che studia le continue trasformazioni della Terra ed analizza e classifica i terreni. Il geologo interviene anche per valutare i rischi che determinate attività possono produrre a danno degli insediamenti umani». Infatti la geologia oggi ha notevolmente ampliato il suo campo d’azione, assumendo contenuti sempre più «tecnici» e strettamente collegati al nostro vivere quotidiano (si pensi ad esempio alla ricerca degli idrocarburi e alla geologia applicata alle costruzioni e all’urbanistica).
Peraltro, nell’attualissima vicenda locale del nuovo piano regolatore comunale (tecnicamente: variante 118) sembra quasi essersi creata una singolare idiosincrasia tra geologia ed urbanistica. Non per ragioni tecnico-scientifiche (e le motivazioni comunque non mancherebbero) bensì per questioni giuridico/burocratico/procedurali, le tematiche geologiche per ben due volte si sono poste di traverso all’iter della medesima variante 118. La prima volta nell’estate del 2009 quando l’adozione fu rimandata di una decina di giorni in quanto lo studio geologico, sebbene sia «parte integrante e sostanziale» dello strumento urbanistico, è rimasto negletto in qualche cassetto comunale e non è stato inviato alle circoscrizioni insieme al resto della documentazione, privando così le circoscrizioni stesse, nell’esprimere il parere di competenza, di una parte degli elaborati di piano.
Ed ora nuovamente, in fase di approvazione, ma con implicazioni che si ravvisano ben più gravi per la stessa entrata in vigore della variante a seguito della sentenza del Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso dell’Ordine dei Geologi in merito alla ben nota diatriba sulla legittimità della procedura di affidamento dello studio geologico; diatriba che peraltro non è da ritenersi ancora conclusa viste le notizie di stampa degli ultimi giorni; certo è che, come da più parti si afferma, sembra sempre più imprescindibile una riadozione del piano (con tutto ciò che questo potrebbe comportare in termini di assalto alla diligenza) con la redazione di un nuovo studio geologico; studio che a mio avviso non potrà essere identico al precedente se non altro perché dovrà indagare lo stato attuale del territorio per accertare eventuali nuove criticità idrogeologiche (cosa non proprio fantascientifica se si considera che ormai basta una pioggia poco più che normale per innescare frane e smottamenti vari per il cui risanamento il sottoscritto in consiglio comunale chiede con insistenza i necessari finanziamenti, costantemente negati dalla maggioranza di centrodestra). Pertanto, stando così le cose, se da un lato la fine del mandato del sindaco Dipiazza si avvicina velocemente, dall’altro i tempi per l’approvazione del piano inevitabilmente si dilatano: tempi geologici... appunto.
Mario Ravalico - geologo cons. com. Pd
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 settembre 2010

 

 

Racovelli (Verdi) lancia l’allarme inquinamento - «Spostati al 2013 i limiti più restrittivi sul benzo(a)pirene»
 

«Non rimane che respirare il meno possibile, almeno fino al 31 dicembre 2012, poi si vedrà...». Ironia e rabbia traspaiono dalle parole con cui Alfredo Racovelli, consigliere comunale dei Verdi, commenta il decreto legislativo pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 15 settembre, con cui viene sospesa «un’importante misura di protezione della popolazione, quotidianamente minacciata da un cancerogeno molto diffuso ma poco conosciuto: il benzo(a)pirene. In pratica – spiega Racovelli – il decreto sposta al 2013 il divieto di superamento di un nanogrammo a metro cubo di benzo(a)pirene, un cancerogeno classificato dallo Iarc (l’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro) nella categoria uno, quella di massima pericolosità».
Dal 1° gennaio 1999, ricorda sempre il consigliere dei Verdi, nei centri urbani con oltre 150 mila abitanti esisteva una norma che imponeva di non superare il valore di un nanogrammo a metro cubo per il benzo(a)pirene. «Ora – prosegue Racovelli – non c’è più questo divieto. Scatterà dal 2013. E nel frattempo? Possiamo inalare il cancerogeno killer oltre quel valore di legge, e dopo il 31 dicembre 2012 il benzo(a)pirene non dovrebbe superare quel limite».
«Così il governo “salva” le Ferriere italiane – accusa il consigliere – mentre gli operai potranno respirare benzo(a)pirene in quantitativi che potrebbero superare in cokeria i dieci pacchetti di sigarette al giorno, e i bambini del quartiere vicino respireranno lo stesso inquinante per un equivalente di mille sigarette all’anno».
La precedente normativa sul benzo(a)pirene collocava l’Italia fra i Paesi europei più avanzati nel campo della lotta agli idrocarburi policiclici aromatici, imponendo l’intervento in caso di sforamento fino al fermo industriale.
«Dal 15 settembre, quindi, – rileva il consigliere dei Verdi – nelle città italiane con più di 150 mila abitanti, Trieste compresa, potrà essere superato il valore di legge per il benzo(a)pirene e nessuna misura obbligatoria scatterà. Sia al Senato che alla Camera il decreto è passato con il voto favorevole del centrosinistra».
Racovelli pone una questione politica. «Cosa ha da dire il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, che tra l’altro ha presieduto i lavori della Commissione (basta entrare nel sito del Parlamento), a fronte delle dichiarazioni reiterate da molti anni a questa parte, sulla paventata chiusura del “cancro” Ferriera? E come pensa di agire il governatore Tondo, che ha pensato bene di istruire la Conferenza dei servizi sulla revisione dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale), per chissà quale intervento a tutela della salute della comunità triestina? Così come il sindaco Dipiazza, che nemmeno si presenta nelle commissioni consiliari comunali, quando viene invitato per spiegare gli sforamenti continui degli inquinanti prodotti dallo stabilimento di Servola?».
 

 

Diossina dall’inceneritore, rinvio per l’Acegas - Imputati la Monassi, Dal Maso, Gregorio e Giacomin: hanno chiesto l’oblazione
 

IL GIUDICE DECIDERÀ IN DICEMBRE SE ACCOGLIERE LE ISTANZE DIFENSIVE
Rimane da esaminare un decreto emesso a giugno dal governo
Non riesce nè ad avviarsi, nè a chiudersi, il processo nato delle fuoriuscite di diossina con valori superiori ai limiti di legge misurate nell’inverno di tre anni fa all’estremità del camino dell’inceneritore di via Errera. Non riesce ad avviarsi nè a concludersi perché il groviglio di leggi, decreti e Codici dell’ambiente che regolano questa materia e le relative pene, è talmente complesso e in costante evoluzione che ieri il giudice Paolo Vascotto dopo aver respinto l’istanza di oblazione presentata dai difensori nell’udienza del 26 maggio, se ne è trovata sul tavolo un’altra, su cui si pronuncerà il 15 dicembre.
L’ennesimo colpo di scena di questo procedimento è stato innescato dall’avvocato Giovanni Borgna che ha citato il Decreto legislativo numero 128 promulgato nel giugno scorso. Il decreto ha introdotto nuove possibilità per le oblazioni che, se accolte, estinguono il reato e superano i dispositivi della legge 152/06 e della norma speciale 133/05 che regola, anzi regolava le emissioni degli inceneritori urbani chiamata in causa del pm Maddalena Chergia e la norma specialissima della 59/05 che detta le regole per gli impianti soggetti a dichiarazione integrata ambientale come accade per l’impianto di via Errera.
Dunque tutto da rifare e rinvio a dicembre quando il giudice avrà esaminato come il nuovo decreto del giugno scorso incide sul presunto reato e sulla richiesta di oblazione che è stata formulata tenendo conto che a livello penale vanno applicare le norme più favorevoli all’imputato, anche se all’epoca dei fatti questo decreto era ancora nel mondo dei sogni.
Nell’inverno di tre anni da , due delle tre linee si smaltimento rifiuti erano state fermate dalla magistratura perché ritenute potenzialmente pericolose per la salute pubblica.
L’Acegas aveva dovuto dirottare per quasi quattro mesi lontano da Trieste e dall’Isontino i rifiuti raccolti nei due capoluoghi di provincia. Il blocco della due linee era stato devastante sul piano economico: era costato all’Acegas Aps, al Comune di Trieste e indirettamente ai cittadini, cinque milioni di euro.
Ai danni economici era seguita l’inchiesta penale e quattro dirigenti dell’Acegas - Aps si trovano da mesi e mesi nell’incomoda posizione di imputati. Marina Monassi, direttore generale dell’ Acegas, Paolo Dal Maso, responsabile della Divisione ambiente, Stefano Gregorio direttore dell’inceneritore e Francesco Giacomin, già amministratore della società, hanno tutti chiesto attraverso i rispettivi difensori - Sergio Mameli, Tiziana Benussi, Paolo Pacileo e Giovanni Borgna - di pagare circa 40 mila euro a testa per l’oblazione ottenendo così l’estinzione del reato. Ma come dicevamo il groviglio di norme ha rallentato, se non fermato il dibattimento. A dicembre si vedrà. Resta da ripetere ancora una volta che le emissioni di diossina erano emerse grazie alle analisi dell’Arpa del 20 e 21 dicembre 2006 e dell’11 e il 12 gennaio 2007. Il primo episodio è il più inquietante con un valore superiore di dieci volte ai limiti di legge.
CLAUDIO ERNÈ
 

 

Impianti fotovoltaici - Bandi in scadenza - FONDI DALLA PROVINCIA
 

TRIESTE Scadranno ufficialmente oggi i bandi per ottenere un impianto fotovoltaico completamente gratuito da parte della Provincia. L'iniziativa, denominata «La Provincia di Trieste, i cittadini e il sole», è stata suddivisa in due categorie. Il primo bando è riservato ai nuclei familiari è mira a redigere un elenco di cittadini interessati all'installazione gratuita di un impianto fotovoltaico di potenza di 3 kWp, con contemporanea erogazione di un contributo di 200 euro per le spese amministrative. Il secondo bando è invece riservato alla ricerca dell'azienda con cui firmare la convenzione per l'installazione degli stessi pannelli. Complessivamente gli impianti che verranno a disposizione dei cittadini residenti nella provincia triestina saranno mille. I bandi, che scadranno nella giornata di oggi, sono consultabili sul sito www.provincia.trieste.it. Per eventuali informazioni si può contattare il Servizio tutela ambientale della Provincia, via fax allo 040.3798511 o via mail all'indirizzo di posta elettronica ecologia@provincia.trieste.it.

(r.t.)

 

 

Furlanic: «No alla Tav, alla città metropolitana e al rigassificatore» - Rc e Pdci avvertono: «Prima i programmi»
 

Contenuti e non candidature sparate a casaccio nell’ambito del “toto sindaco”, «come stanno facendo centrosinistra e centrodestra». È decisa la posizione di Rifondazione comunista e dei Comunisti italiani in vista della tornata elettorale della prossima primavera. L’hanno evidenziato ieri i segretari provinciali di Rc, Iztok Furlanic e del Pdci, Giuliana Zagabria, presentando un documento comune, nel quale sono indicati 20 punti «essenziali – hanno sottolineato i due segretari provinciali – per il futuro di Trieste ed è su questa base che verificheremo i programmi dei candidati, indipendentemente dal loro nome e da chi li avrà proposti». «Siamo liberi di scegliere – ha affermato Furlanic – ed è su questa linea che continueremo a muoverci».
Passando alla disamina dei 20 punti, Furlanic ha citato il «no al rigassificatore, alla Tav, alla Città metropolitana», aggiungendo che bisognerà lavorare per «aiutare cassintegrati e disoccupati, anziani, migliorare la sanità, l’urbanistica con nuove pedonalizzazioni, che però non devono coinvolgere il corso Italia, puntando invece su opere sociali». Furlanic ha ribadito il «no alle esternalizzazioni dei servizi comunali e nell’Acegas-Aps», annunciando che sarà proposto il rinnovo del regolamento che disciplina i lavori in Consiglio comunale «dove vorremmo che si utilizzasse lo sloveno con le stesse modalità della Provincia». Sulla Ferriera la scelta di Rc e Pdci è quella di «investire per migliorare la qualità dell’aria e al contempo procedere a una seria ipotesi di ricollocamento dei lavoratori». La Zagabria ha infine detto che «è necessario collegare meglio Trieste alle periferie e ai Paesi limitrofi, dai quali non siamo più oramai divisi da confini, attraverso la metropolitana leggera. Altro che penetrazione Nord – ha concluso – la Tav è un progetto nato vecchio».

(u.s.)
 

 

Duino Aurisina, passa la Variante 27 al piano regolatore
 

DUINO AURISINA Dopo una maratona durata tre ore, il Consiglio comunale di Duino Aurisina ha approvato con un solo voto contrario (quello di Maurizio Rozza dei Verdi) le direttive per la formazione della Variante 27 di modifica al Piano regolatore comunale.
Soddisfazione da parte del sindaco Giorgio Ret: «Chiaramente non tutti possono essere contenti di tutto, ma il metodo fin qui adottato è quello che contraddistingue una vera democrazia e dunque se continueremo su questa linea lo strumento urbanistico che in seguito andremo ad approvare sarà realmente l’espressione della volontà di ogni cittadino, rappresentato in questa sede e dalla maggioranza e dall’opposizione». Nonostante la valanga di emendamenti presentati, molti dei quali sono stati ritirati nel corso della discussione (mentre un paio hanno trovato accoglimento), l’opposizione ha inteso votare la delibera, motivando l’atto come una «apertura di credito» verso gli impegni presi ieri mattina dal sindaco Giorgio Ret. Che per escludere dalle direttive alcune questioni di rilievo per la comunità, la cui trattazione non avrebbe però assicurato una procedura snella e celere della Variante 27 (invocata in maniera bipartisan), ha assicurato la volontà di affrontare da subito i temi in altre sedi.
Quali temi? Innanzitutto il recupero dei borghi storici e dei villaggi istriani, in evidente stato di degrado, come denunciato anche dal consigliere Maurizio Rozza, che nel suo intervento ha sottolineato l’incongruità di alcune situazioni e in particolare delle condizioni di alcune vecchie stalle, non recuperabili in conseguenza della normativa vigente. Ebbene il sindaco ha dato disposizione di fissare nella prossima variazione di bilancio o in sede di previsione una posta per affidare l’incarico di studio dei borghi a un esperto. Ciò nell’ottica di riqualificarli nel rispetto dell’ambiente e della storia del territorio. Stesso indirizzo per la questione dei pannelli solari e degli impianti fotovoltaici: la maggioranza si è assunta il compito di andare a rivedere il regolamento edilizio per consentire ai cittadini, in assenza di normativa o nei casi di contrasto verso i paletti posti dalla Sovrintendenza (il territorio appare vincolato per oltre metà della sua estensione), di ricorrere all’utilizzo di energie alternative. Se la maggioranza ha più volte sottolineato come «la 27 non sia una variante politica ma uno strumento per dare una risposta alle esigenze familiari dei cittadini, rimaste escluse durante l’approvazione della 24-25» anche l’opposizione, per bocca del capogruppo Massimo Veronese, ha evidenziato come «i cittadini attendano da due anni questo strumento urbanistico sostanziale: non ci si può attendere un ulteriore dilazione dei tempi».
Tiziana Carpinelli
 

 

 ECOSPORTELLO GRATUITO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti n. 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma n. 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30 (tel. 366-5239111 - www.legambientetrieste.it).
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 settembre 2010

 

 

Muggia, no alla centrale di Lucchini - Il Consiglio contrario all’unanimità: «È legata al rigassificatore»
 

«La centrale termoelettrica è legata strettamente alla realizzazione del rigassificatore e quindi non la vogliamo». Con questa motivazione ieri pomeriggio il Consiglio comunale ha espresso all’unanimità (nuovamente) parere negativo sulla documentazione, fornita da Lucchini Energia, per la valutazione d'impatto ambientale del progetto per una centrale termoelettrica a ciclo combinato che dovrebbe sorgere nell’area ex Esso.
La bocciatura ha dunque bissato il parere già espresso dal consiglio nel dicembre 2009, quando nella stessa seduta il consilgio votò all'unanimità anche contro i documenti integrativi forniti da Snam Rete Gas per la valutazione dell'impatto ambientale del metanodotto Trieste-Grado-Villesse.
Soddisfatto il sindaco Nesladek: «I nostri ricorsi, i nostri dinieghi, i nostri niet – commenta – credo siano solo un piccolo granellino nell'ingranaggio di questo sistema che vuole calarsi dall'alto sulla testa dei cittadini, un granellino che però dà sempre più fastidio e sta contribuendo a qualcosa di positivo per la salute e il futuro dei muggesani».
Sulla stessa lunghezza d'onda anche il consigliere d'opposizione Italo Gioacchino Santoro, della lista civica Insieme per Muggia: «Il Consiglio comunale si è sempre espresso all'unanimità contro il rigassificatore. Nel momento in cui la centrale termoelettrica è strettamente collegata al progetto di Gas Natural non c'è molto da discutere, perché il nostro è un no secco».
La centrale dovrebbe sorgere nell'area ex Esso, nel porto industriale, fra il previsto rigassificatore e il termovalorizzatore, occupando complessivamente circa 30 mila metri quadri. Attualmente una parte della zona interessata al progetto è affidata in concessione al Comune di Trieste dall’Autorità portuale. L’area restante dovrebbe invece essere “strappata” al mare attraverso la realizzazione di una cassa di colmata.
Nella seduta di ieri il consiglio comunale ha discusso anche dievrsi altri punti all'ordine del giorno. Tra questi la modifica del regolamento del servizio di post-accoglimento scolastico, per gli alunni che frequentano le classi a tempo piano della scuola Edmondo De Amicis. «Il post-accoglimento sarà attivo dalla fine delle lezioni fino alle 14.30», ha spiegato l'assessore alle Politiche giovanili Loredana Rossi.
Un cambiamento che «è stato reso necessario dopo la riforma degli orari scolastici», ha precisato nel suo intervento il capogruppo di Forza Italia Viviana Carboni. La votazione, con immediata esecutività, ha ottenuto il parere unanime dei consiglieri presenti.
Prima della seduta è stato osservato un minuto di silenzio in ricordo di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso in un agguato di stampo camorristico e nei confronti del tenente Matteo Romani, morto pochi giorni fa in Afghanistan.
Prima dell'apertura dei lavori, poi, uno speciale riconoscimento è stato consegnato dal sindaco Nesladek a don Giorgio Petrarcheni. Al parroco che sta per lasciare Muggia dopo quattordici anni, è stato consegnato il sigillo della città, consegna sottolineata da un lungo applauso di tutto il Consiglio comunale.
Riccardo Tosques
 

 

«Porto Vecchio rilancerà edilizia e artigianato» - POSITIVE RICADUTE PER L’ECONOMIA CITTADINA
 

Il presidente di Confindustria Trieste Razeto: «Benefici anche per il turismo»
Coinvolgimento di imprese edili e artigianali locali nei cantieri che verranno aperti da Maltauro-Rizzani de Eccher, nuovi insediamenti e attrazione di aziende legate alla produzione nei settori navalmeccanico, cantieristico e nautico con conseguente forte ricaduta positiva di occupazione sul territorio, collegamento con attività di ricerca, formazione e innovazione anche già presenti in provincia, rilancio del comparto turistico grazie ai marina, ai servizi per la nautica, agli spazi per eventi congressuali e fieristici.
PRIORITÀ RISPETTATA Rappresentando tutto questo e molto altro ancora, il recupero di Porto Vecchio per costituire un’area estremamente ampia (quasi 70 ettari) dedicata alla cosiddetta ”portualità allargata” «è una delle priorità da sempre indicate dagli industriali». Lo rileva dalla Cina, dov’è in missione di lavoro, il presidente di Confindustria Trieste, Sergio Razeto che sottolinea come «il consenso al progetto del gruppo Maltauro-Rizzani de Eccher è coerente con la visione di sviluppo del territorio auspicata».
«Un’iniziativa di tale valenza anche in considerazione della vastità dell’area e del periodo di concessione previsto - sottolinea Razeto - richiede sinergia d’intenti e massima collaborazione tra le istituzioni e le forze economiche della città».
SPAZIO ALLE AZIENDE In tal senso il presidente chiede grande attenzione nel trasferimento nelle altre aree portuali delle attività attualmente svolte in Porto Vecchio (l’Adriaterminal è quella principale, ndr.), ma soprattutto fa una proposta: «Nella definizione di portualità allargata possano rientrare anche iniziative legate alla produzione quali prodotti e servizi per i settori navalmeccanico, cantieristico e nautico essenziali per una ricaduta occupazionale sul territorio. Inoltre - continua Razeto ricordando quanto fatto da Confindustria Trieste per la costituzione del Distretto tecnologico navale e nautico del Friuli Venezia Giulia (Ditenave) - crediamo opportuno un collegamento con Ditenave soprattutto per lo sviluppo, nell’ambito del Porto Vecchio, di quelle iniziative che andranno a integrare attività di ricerca, formazione e innovazione».
Del resto lo stesso progetto scelto prevede la realizzazione di una cittadella dedicata soprattutto al turismo nautico ma con l’insediamento anche di attività artigianali di supporto come riparazioni di scafi, motori e vele, rimessaggi, piccola cantieristica, brokeraggio e attività commerciali legate al diporto. Un cantiere navale con squero è previsto sul Molo Zero.
SVILUPPARE IL TURISMO «Il progetto del gruppo Maltauro-Rozzani de Eccher - aggiunge ancora Razeto - andrà sicuramente approfondito anche dal punto di vista del rilancio turistico della nostra città e di tutta la regione: marine, servizi alla nautica da diporto, spazi per eventi congressuali e fieristici sono tutti argomenti che la sezione Turismo di Confindustria Trieste sarà pronta a valutare e a supportare». E a questo proposito il presidente degli industriali aggiunge anche che «evidentemente in Porto Vecchio oltre a un ente fieristico, anche un Parco del mare ci starebbe benissimo e sebbene la nostra associazione non l’abbia mai considerato una priorità assoluta lo sosterremo per quanto ci attiene».
Un percorso lungo e difficoltoso quello per l’apertura di Porto Vecchio che potrebbe essere finalmente giunto al passo decisivo «auspicando che ricorsi e controricorsi non ritardino l’avvio dei lavori».
UNA STORIA ANNOSA Ma Razeto ha voluto anche ricordare la lunga strada fatta fin qui «a partire da ”Trieste futura” lanciata da Federico Pacorini quand’era ai vertici dell’associazione, nonché i successivi interventi istituzionali a sostegno di una riconversione anche produttiva di questi spazi a firma dei presidenti Anna Illy e Corrado Antonini».
Ma a Porto Vecchio è necessario guardare soprattutto a medio-lungo termine perché prepari il terreno a uno sviluppo complessivo della città e possa costituire un futuro occupazionale per i tanti giovani oggi ancora alle prese con gli studi. Può fungere da attrattore per nuove aziende, ma deve procedere parallelamente alle altre fondamentali priorità. E qui Razeto le elenca: «Avvio delle bonifiche del Sito inquinato con il completamento delle caratterizzazioni e intervento solo nei punti di criticità ambientale, realizzazione del rigassificatore di Gas Natural, della centrale termoelettrica a ciclo combinato di Lucchini Energia e del polo logistico di Trieste e Monfalcone proposto da Unicredit Logistics».
COLLEGAMENTI DA MIGLIORARE Tutti i nuovi insediamenti potranno essere favoriti e serviti solo con un miglioramento dell’accessibilità del territorio sia da Ovest che da Est. Apprezzamento viene espresso a questo scopo da Razeto per l’avvio dal 4 ottobre dei nuovi collegamenti aerei con Milano Linate e Genova, considerati fondamentali per le attività economiche e finanziarie della nostra regione che finalmente non saranno più penalizzate dalla mancanza di collegamenti aerei con la più importante piazza d’affari italiana.
«Dobbiamo ora tutti dedicare uguale impegno - conclude il presidente di Confindustria Trieste - nel sollecitare un miglioramento anche nei collegamenti ferroviari, essenziali per i traffici del porto triestino e per tutto il territorio retrostante. Alle Ferrovie dello Stato chiediamo quindi di investire risorse in Friuli Venezia Giulia, dove l’attività merci è tra le più rilevanti in ambito nazionale per la presenza di forti poli industriali, dei valichi con Austria e Slovenia, dei tre porti regionali, degli interporti e dello scalo di Cervignano».
SILVIO MARANZANA
 

 

Assegnati a Riccesi i lavori per il rifacimento del Magazzino vini
 

Firmato un contratto d’appalto di 7,8 milioni di euro per il primo lotto relativo ai piani interrati e opere strutturali
Ieri sono stati assegnati i lavori per il rifacimento del Magazzino vini sulle rive. Lo ha annunciato il presidente della Fondazione CrTrieste, Massimo Paniccia, nel corso del Consiglio generale. Ha vinto la partita un raggruppamento che ha la Riccesi spa come capogruppo e mandataria, e la Imprefond srl e la Trevi spa come mandanti. Il contratto d’appalto, del valore di 7 milioni e 800 mila euro per il primo lotto di lavori, è stato dunque sottoscritto. In due anni, è stato annunciato, saranno realizzate le fondazioni speciali per i due piani interrati e le opere strutturali, secondo il progetto di Mauro Casamonti, opportunamente corretto. Non sembra quasi vero che un atto concreto sia veramente avvenuto per il rudere più discusso, coccolato, odiato e protetto di Trieste, che già nel 2001 sembrava sul punto di vedersi cucito addosso un abito nuovo, meno stracciato rispetto ai muri che via via, sotto il peso della storia che sono costretti a testimoniare, hanno per larga parte ceduto. In mezzo idee, polemiche, proposte, la vendita infine dell’«ex» per eccellenza dalle Coop alla Fondazione, per favorire il Comune che voleva fosse realizzato un centro congressi. Poi il cambiamento di rotta, la corsa verso un contiguo Parco del mare, infine cassato, e la decisione ultima di Paniccia: andare avanti, a questo punto con l’idea originaria. Creare un posto per la Fondazione, per mostre, per iniziative giovanili.
Quell’icona di storico magazzino che resta, sorretto da impalcature che sono i residui di false partenze, ha ricevuto l’ultima strenua difesa dalla Soprintendenza, in nome della struttura e del contesto urbanistico in cui è situata, che ha obbligato a optare per un’operazione di smontaggio e successivo rimontaggio, a porzioni, del fragile muro perimetrale. Non era sufficiente lasciare un breve segno del passato, rischiando un finto recupero e un vero falso.
Dunque la muratura originaria, fatti gli scavi e ricavati i due piani interrati (uno da 1300 metri quadrati come spazio espositivo, il secondo da 1800 per parcheggio), verrà riadagiata e fissata dov’è adesso, ma a tre metri di distanza dalla costruzione nuova che sorgerà all’interno del perimetro, unico piano fuori terra. Questo livello sarà completamente vetrato e collegato con i muri antichi da passerelle in pietra. Avrà 1300 metri quadrati e verrà destinato a spazi commerciali, sale, uffici.
Infine, il tetto. Avrà una copertura piana a falde «aggettanti», cioé sporgenti, adatto ad accogliere pannelli fotovoltaici.
Ecco fatto. Lo sconcertante andirivieni delle idee è forse finito. La Fondazione ha anche speso alcuni mesi per approfondire le proposte tecniche delle imprese che aveva invitato a partecipare al bando. Ha accolto il suggerimento della Soprintendenza. E infine ha messo un nome e un cognome ai lavori in partenza.
GABRIELLA ZIANI

 

 

ARCO SOLUTIONS, SPIN-OFF UNIVERSITARIO  - Chimica ambientale Servizi e consulenze con un pool di esperti
 

Figlio della Start Cup 2008, ARCo Solutions (Ambiente Ricerca Consulenze e Soluzioni sostenibili) è il neonato spin-off dell’Università di Trieste che propone servizi high-tech per le imprese e consulenze specialistiche nel settore della chimica ambientale, con particolare attenzione (ma non solo) alla valutazione di emissioni di polvere, sostanze odorigene e/o tossiche in atmosfera. Costituitosi ufficialmente il 13 settembre scorso con un budget di partenza davvero minimo (10mila euro) e formato da quattro persone fisiche e due società, ARCo Solutions opera dall’interno del Dipartimento di Scienze chimiche dell’Università di Trieste, scoccando le proprie frecce sul territorio nazionale grazie a una rete già solida di rapporti con le università di Bari, Bologna, Milano, Venezia e Napoli, con spin-off nazionali e industrie dei settori energetico e manifatturiero.
«Nel nostro team abbiamo chimici, ingegneri ed esperti di politiche ambientali», dice Gigi Barbieri, chimico ambientale tra i soci fondatori. «Offriamo consulenze ad amministrazioni pubbliche, industrie, privati e proponiamo soluzioni specifiche ai problemi. Nel caso delle polveri sottili, gestiamo l’intera filiera: dal campionamento, all’analisi del particolato, all’ottimizzazione di tecnologie di mitigazione. Inoltre, forniamo assistenza alle imprese che devono adeguarsi alle normative previste dal regolamento Reach». Ambiente significa anche biorisanamento di siti contaminati, o studi per allestire barriere verdi per inquinanti che si disperdono nell’aria. «Ma svolgiamo anche ricerca, e testiamo strumenti innovativi per aziende Usa», sottolinea Barbieri. «Il nostro sogno? Mettere in rete persone che vogliono mettersi in gioco, impegnandosi nella real economy e promuovendo questo territorio». Il sito web dello spin-off è
www.arcosolutions.eu.

(c.s.)
 

 

Corso di aggiornamento su Ogm e rischi correlati
 

L’analisi del rischio derivante dal rilascio ambientale di Ogm (Organismi geneticamente modificati) è il tema al centro di un corso di aggiornamento altamente specializzato, organizzato dall’Icgeb in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, apertosi lunedì scorso, alla presenza del sottosegretario triestino Roberto Menia. Il quale si è soffermato sul «ruolo determinante della ricerca scientifica, il cui utilizzo sostenibile sta ormai diventando un parametro di valutazione nella definizione delle nuove gerarchie internazionali che, sempre più, indicano la conoscenza quale fattore fondamentale per lo sviluppo di un territorio rispetto, ad esempio, alla presenza di materie prime». Obiettivo del corso, come affermato dal direttore della Biosafety Unit dell’Icgeb Decio Ripandelli, è quello di valutare il rischio dal punto di vista tecnico, scientifico e legislativo, grazie alla presenza a Trieste di alcuni dei più importanti esperti mondiali di Ogm che presenteranno le più recenti linee guida e novità del settore a ricercatori e ufficiali governativi dei Paesi in via di sviluppo e con economie in transizione.
 

 

Portopiccolo, prenotato il 40% delle abitazioni - ENTRO NOVEMBRE LE OPERE PRELIMINARI NELL’EX CAVA DI SISTIANA
 

Hanno già versato la caparra austriaci, tedeschi, inglesi e sloveni. Ma anche due newyorkesi
DUINO AURISINA La Grande Mela mette una pedina sullo scacchiere di Portopiccolo. Ci sono anche due americani, più precisamente newyorkesi, tra gli acquirenti interessati a prender casa nella futura mini-città nella baia di Sistiana. Per il Fondo Rilke, investito della realizzazione degli insediamenti, il portafoglio clientelare si sta concentrando dunque non solo al di là delle Alpi ma anche oltre oceano: circostanza che conferisce un respiro decisamente internazionale al progetto edilizio.
A due mesi e mezzo dall’avvio delle operazioni di commercializzazione delle residenze turistiche (396 in totale), che sorgeranno a partire dai primi mesi del prossimo anno nell’ex cava di Sistiana, il 40% delle unità abitative risulta prenotato.
Si tratta di investitori che hanno già consegnato una prima caparra per fissare condizioni e immobile. Tra questi è boom di richieste da parte di austriaci, tedeschi e sloveni, oltre che di inglesi. Ma guardano con interesse a Portopiccolo anche investitori del Nord Italia (Lombardia, Veneto ed Emilia).
Ad aver già esercitato la propria opzione, diversi esponenti di spicco dell’imprenditoria nazionale (il Fondo Rilke non fa nomi), in particolare del settore metalmeccanico, edilizio e pubblicitario.
In più di un caso il compratore, evidentemente facoltoso, ha prenotato due unità abitative per unire gli alloggi in una sola residenza, più grande rispetto a quella prevista dal progetto. «Chiaramente – precisa Cesare Bulfon, portavoce del Fondo Rilke (che fa capo alla Serenissima Sgr, proprietaria della società autostradale concessionaria del tratto Brescia-Padova dell’A4) – si tratta, come nel caso degli investitori americani, di persone che dispongono di molto denaro e sono avvezze ad abitazioni dalle volumetrie importanti». I prezzi viaggiano infatti sui 5.000-5.500 euro a metro quadrato.
Il cantiere, che occupa 353 mila metri quadrati, si aprirà secondo le previsioni a gennaio: la consegna degli immobili è prevista per il 2013, mentre entro la primavera dell’anno seguente saranno completate le parti comuni (arredi urbani e verde).
«Le opere preliminari sono già state avviate e risultano in fase avanzata – prosegue Bufon –: riguardano sostanzialmente l’interramento degli impianti e la posa dei canali tecnici per le fognature, l’illuminazione e le fonti energetiche, nonché la perimetrazione delle strade e delle diverse aree. Il termine è stabilito a fine novembre».
Accanto alle unità abitative (suddivise tra un borgo in stile rustico lungo il mare e uno più residenziale sulla parete carsica) c’è la parte prettamente commerciale: il progetto prevede infatti la realizzazione di alberghi, undici tra bar e ristoranti, 25 negozi, 97 posti barca e 4mila metri quadrati di centro benessere.
«Relativamente all’aggiudicazione dei lavori – conclude il portavoce del Fondo Rilke – la Bovis Lend Lease, azienda anglo-australiana, sta operando la selezione delle imprese che concorreranno alla realizzazione del progetto. La preselezione ha portato a una short list, con un prima scrematura da sedici a sei imprese. Entro fine anno avremo il responso finale, ma certo si tratterà di una realtà di primaria levatura».
Si prevede che, a regime, Portopiccolo possa dare impiego a 230 persone nelle quaranta attività imprenditoriali programmate, mentre 250-300 persone lavoreranno per tre anni alla realizzazione del progetto.
TIZIANA CARPINELLI
 

 

«Gli effetti di Chernobyl dopo 24 anni: in aumento i tumori alla tiroide»
 

Recentemente sul Piccolo si è ritornati sul tema del nucleare. Vorrei dire qualcosa sulle conseguenze che gli errori legati a questa scelta portano all’ambiente e all’uomo. Quando nel 1986 partecipai a una campagna di studio sugli effetti di Chernobyl con l’Università di Trieste, trovammo nei funghi concentrazioni di radionuclidi anche mille volte superori alla normalità e successive indagini avrebbero dimostrato quanto tempo la natura doveva impiegare per assorbire questa radioattività, presente a lungo anche negli alimenti (foraggio, miele, latte...). L’emivita del Cesio-134, cioè il tempo occorrente perché la metà dei suoi atomi decadano, è di ben 30 anni. E ne sono appena passati 24 dall’incidente. Le conseguenze dell’incidente sono state immediatamente disastrose: negli anni Novanta molti, come me, hanno ospitato bambini ucraini che avevano perso i genitori in conseguenza al disastro nucleare.
Non avevo certo messo in conto che lo iodio radioattivo metabolizzato allora mi avrebbe portato tre settimane fa all’asportazione completa della tiroide a causa di un tumore. Io non fumo, non mi drogo, sto attento a quel che mangio, pratico vari sport: il mio tumore ha origine esogena, è stato procurato non da mia negligenza ma per colpa di altri. Numerosi medici consultati in questi giorni mi hanno confermato un consistente aumento di tumori alla tiroide legati all’incidente nucleare dell’86, anche in uomini (per lo più erano colpite le donne) e giovani. Il referendum che nel 1987 aveva portato all’abolizione del nucleare in Italia da parte dell’80% dei votanti sembra oggi dimenticato, ma è in questi anni che gli effetti nefasti di quell’incidente diventano evidenti.
Oggi ci spiegano che le centrali sono sicure. Anche venticinque anni fa affermavano lo fossero. Ai naviganti del Titanic era stato detto che la nave era "inaffondabile"; agli studenti morti a l’Aquila era stato detto che la casa dello studente era a prova di sisma; alla BP nessuno aveva prospettato la possibilità del disastro nel Golfo del Messico. Come sempre è dopo un disastro che le certezze diventano vane speranze e i timori terribili certezze.
La sicurezza del nucleare non esiste. Io oggi pago per l’ostentata sicurezza di qualche amministratore ucraino. Presidente Tondo, non faccia lo stesso errore.
Ringrazio il personale dell’ospedale di Cattinara (Chirurgia) che è stato squisito e molto professionale, l’équipe medica del dott. Ginanneschi e le dott.sse Sabato e Rigoni che hanno intuito il rischio del tumore, poi effettivamente diagnosticato.
Dario Gasparo

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 28 settembre 2010

 

 

Tav, Zaia incalza il governo Il Pd: «Definisca il tracciato»
 

TRIESTE La lettera di richiesta di un commissario straordinario per la Tav nordestina è stata formalmente spedita ieri: lo annuncia Luca Zaia, cofirmatario con Renzo Tondo, confermando il nome di Bortolo Mainardi. «L’auspicio è che il governo corrisponda rapidamente alle nostre richieste» afferma il governatore veneto, definendo il commissario «la strada maestra» per arrivare a presentare entro l’anno alla Ue il progetto preliminare. Ma il Pd attacca e lamenta l’assenza del tracciato Trieste-Venezia: «Il ritardo di Zaia e Tondo è vergognoso» afferma la deputata Simonetta Rubinato. E l’eurodeputata Debora Serracchiani, pur condividendo l’arrivo di un commissario, rincara: «Il ritardo si deve alla scelta di Giancarlo Galan di far passare la Tav sulle spiagge, con lievitazione dei costi, anziché parallelamente all’autostrada. Bisogna sperare che l’eredità di Galan non condizioni le scelte di Zaia». Nelle stesse ore, alla conferenza regionale sulla Bassa friulana, l’assessore Riccardo Riccardi rassicura invece sui tempi: «Il progetto preliminare vedrà il suo completamento entro dicembre». E ancora Riccardi, sempre in ambito ferroviario, promette massimo impegno per il raddoppio del binario tra Cervignano e Udine: intervento strategico, da 250 milioni di euro, cui è legato anche il ”superporto” Unicredit.
 

 

Giurastante: «Ho subito una nuova aggressione» - LO SFOGO DELL’AMBIENTALISTA
 

«Sono stato vittima di una nuova aggressione. Qualcuno ha tentato di sfondare la porta della mia abitazione». La segnalazione arriva dal responsabile del movimento ambientalista Greenaction Roberto Giurastante che, in una nota, riferisce di aver subito un tentativo di effrazione verificatosi domenica scorsa nel suo alloggio a Roiano.
«Ignoti - precisa Giurastante - si sono presentati davanti alla porta della casa della mia famiglia e hanno cercato di scardinare e sfondare l’ingresso, distruggendo anche la pulsantiera del campanello».
L’aggressione denunciata dall’ambientalista - di cui fino a ieri, tuttavia, erano all’oscuro sia la polizia sia i carabinieri -, fa seguito ad un episodio intimidatorio avvenuto lo scorso 6 aprile. In quell’occasione Giurastante aveva trovato davanti all’ingresso la testa mozzata di un capretto.
 

 

La ”vendemmia” di cinghiali e caprioli Hanno divorato cento quintali di uva - LA PROTESTA DEI VIGNAIOLI DELL’ALTIPIANO CARSICO
 

In tempo di vendemmie, i cinghiali triestini – a cui sembrano “accodarsi” sempre con maggiore intensità anche i caprioli – continuano l’assalto alle colture agricole. Insoddisfatti per le risposte avute dagli enti locali, ancora in attesa di percepire i magri risarcimenti per i danni subiti, diversi vignaioli intendono adire le vie legali per ottenere soddisfazione per i disagi patiti. «Non passa giorno che ai nostri uffici non pervengano nuove segnalazioni sulle incursioni dei selvatici nelle campagne cittadine e del Carso – afferma Edi Bukavec, segretario dell’Associazione Agricoltori. Così non è possibile andare avanti. Siamo all’emergenza totale, e di questo gli amministratori devono rendersene conto una volta per tutte». Le incursioni – stando alle denunce inviate negli uffici delle associazioni di categoria, non sarebbero solo i cinghiali a approfittare di uva, tuberi e ortaggi.
Testimonianze Rado Kocjancic, vignaiolo e olivicoltore del sandorlighese, ne sa qualcosa: «Stavamo vendemmiando – spiega – quando ci siamo accorti che un capriolo piuttosto audace stava mangiando l’uva direttamente dai contenitori da noi utilizzati per la raccolta. Incredibile». Kocjancic ha denunciato in queste ore una perdita secca di circa un centinaio di quintali d’uva divorati dai selvatici. Altre denunce arrivano da Longera, dove il vignaiolo e orticoltore Damian Glavina ha subito altrettanti incursioni nel suo podere. Sempre tra i più colpiti i terrazzamenti di Andrej Bole in Roiano e Benjamin Zidarich in Prepotto.
Danni E forti danni sarebbero stati compiuti dai cinghiali nell’azienda di Viktor Tomsic sita a monte di Strada Nuova per Opicina, non lontano dall’ex tenuta di quel Cardarelli da cui oltre una dozzina di ungulati scapparono anni orsono dando origine all’odierna, forte e ingegnosa popolazione triestina di cinghiali, capace di tenere in scacco tutti i coltivatori (e non solo) della provincia.
Malumori Le reazioni degli agricoltori. Dopo aver chiesto a più riprese l’intervento della Provincia e della Regione, insoddisfatti per gli abbattimenti effettuati dalle riserve di caccia e dalle guardie provinciali che operano in deroga secondo emergenza, vignaioli e coltivatori diretti della provincia triestina sembrano intenzionati a rivolgersi a altre sedi. «I nostri associati pensano di adire alle vie legali – dice Bukavec – e noi li assisteremo fino in fondo. Ragioniamo. Lo Stato è proprietario della selvaggina, e le leggi quadro regolano il rapporto dell’uomo con l’ambiente. Sta alle Regioni e alle Province – continua il segretario – la gestione dei selvatici e la regolamentazione della caccia affinché la presenza degli animali risulti compatibile a quanto il territorio è in grado di sopportare». E se cinghiali e caprioli, per nutrirsi, mettono a rischio il reddito degli agricoltori, vuol dire che sono troppi. Sta pertanto agli enti locali risolvere lo squilibrio esistente. «E’ dal 2007 che i nostri agricoltori non hanno ricevuto nemmeno una risposta in merito ai risarcimenti richiesti. Dunque – chiude Bukavec – se non si viene in loro soccorso, ci penserà un giudice a decidere come regolare la questione. Di certo non si può continuare a lavorare la terra quando ti ritrovi metà della tua produzione fatta fuori dai selvatici».
Provincia L’assessorato provinciale all’Agricoltura ha convocato per la giornata di domani un tavolo verde a Palazzo Galatti per affrontare la questione “cinghiali”. Questa volta, oltre agli agricoltori e alle associazioni di categoria, sono stati invitati anche cacciatori, i rappresentanti dei Comuni, pure le associazioni ambientaliste. «Stiamo cercando di fare la nostra parte sino in fondo e anche di più – sostiene l’assessore competente e vicepresidente dell’ente Walter Godina – mettendo attorno al tavolo tutte le parti in causa in modo da giungere a delle scelte condivise».
Risarcimenti Godina comunica che la prossima settimana arriverà in giunta la delibera che permetterà di rifondere, almeno in parte, le perdite causate dalla selvaggina agli operatori. Cifre piuttosto magre, derivate da una determinazione dei danni che fa riferimento alle dimensioni del territorio piuttosto che alla reale entità delle perdite subite. Sempre dalla Provincia si informa che gli abbattimenti in deroga dei cinghiali appaiono al momento superiori alla ventina rispetto quel centinaio che dovrà essere effettuato entro il luglio del 2011. Troppo poche, per gli agricoltori, rispetto alla situazione in corso.
Maurizio Lozei
 

 

Parte da Basovizza la lotta all’ailanto - PIANTE INFESTANTI - Esperimento pilota condotto da Ersa e Ispettorato foreste
 

È partito nei giorni scorsi il primo intervento sperimentale di lotta ad ailanto, senecio e ambrosia, piante infestanti dannose per l'ambiente e per l'uomo. Si tratta di varietà non autoctone, molto invasive, che stravolgono l'assetto floristico locale con la loro rapida crescita (ailanto), e possono essere nocive per l'uomo poiché i loro pollini provocano allergie nei soggetti predisposti (ambrosia), o perché i loro alcaloidi tossici possono finire - complici involontarie api e mucche - in miele e latte, come accade con il senecio.
Il bersaglio, nell'esperimento pilota condotto dagli operatori dell'Ispettorato delle Foreste e dell'Ersa (Agenzia regionale per lo sviluppo rurale), sono state alcune macchie spontanee di ailanto lungo la strada che da Basovizza porta al valico di Lipizza.
Due le strategie, ciascuna con due varianti. «Abbiamo confrontato l'efficacia di un diserbante totale non selettivo, il glifosato, con il taglio selettivo dei fusti di ailanto» spiega Aldo Cavani, direttore dell'Ispettorato Ripartimentale Foreste Trieste e Gorizia. «Nel primo caso - prosegue Cavani - le foglie dell'ailanto sono state vaporizzate con una soluzione di glifosato, o asperse individualmente con una spugnetta per evitare di trattare accidentalmente piante limitrofe. Nel secondo approccio, invece, abbiamo tagliato le fronde: in parte le abbiamo lasciate in loco a macerare per verificare i tempi naturali di degrado delle ramaglie, in parte le abbiamo rimosse».
Il provvedimento, che potrebbe sembrare crudele trattandosi di sopprimere piante anche gradevoli alla vista, è venuto da Triestebella, associazione ambientalista che alla fine del 2009 ha proposto un disegno di legge regionale per la lotta alle infestanti, valendosi della consulenza del botanico Livio Poldini. Sempre Triestebella, con le associazioni Trafioriepiante, Legambiente e Italianostra, aveva già inviato ai sindaci dei Comuni della Provincia di Trieste e alla presidente della Provincia Bassa Poropat un appello sul verde urbano, per sollecitare l'attuazione di provvedimenti di contenimento delle piante infestanti sia sul suolo pubblico che in terreni privati.
«L'ailanto e le altre infestanti - sottolinea Roberto Barocchi, presidente di Triestebella - stanno alterando il paesaggio poiché si espandono su campi e sentieri bloccando lo sviluppo dei boschi. Sono resistenti e invasive ed è necessario estirparle: non bastano provvedimenti blandi per limitare i danni anche all'economia locale».
Legittima la soddisfazione di Alessandro Corazza, consigliere regionale Idv, che ha trasformato la proposta di legge di Triestebella in un emendamento inserito nella legge forestale regionale. «Stiamo adeguando l'ordinamento regionale alle normative italiane e comunitarie», spiega Corazza. «La prossima settimana approveremo la legge (con l'emendamento) in consiglio regionale, e con essa daremo il via ufficiale a un provvedimento che da noi ha ancora carattere preventivo, ma che è urgente attuare prima che il problema si faccia più serio, come accade già nei Balani». I costi dei primi interventi sono già coperti: sono infatti disponibili 20 mila euro, stanziati in precedenza e mai utilizzati.
Cristina Serra
 

 

«Cozze, nessuna certezza sulla provenienza» - La biologa Del Negro (Ogs): «Impossibile ricostruire i passaggi commerciali»
 

AUDIZIONE IN SESTA COMMISSIONE COMUNALE
È una forzatura affermare che sono state le cozze provenienti dal golfo di Trieste le responsabili dell’intossicazione da mitili che ha colpito poco meno di 300 persone in Piemonte. A fare questa affermazione è stata la biologa Paola Del Negro, ricercatrice dell’Istituto nazionale di Oceanografia e Geofisica sperimentale (Ogs) di Trieste, intervenuta ieri, assieme al direttore del Dipartimento oceanografico dello stesso Ogs, il fisico Renzo Mosetti, alla seduta della sesta Commissione comunale, presieduta da Roberto Sasco, che si occupa fra l’altro di ambiente.
«I mitili sono comprati da un solo grossista per molte aree dell’alto Adriatico – ha detto al Del Negro – perciò è impossibile verificarne la tracciabilità nei successivi passaggi commerciali, fino al punto da poter assicurare che quelli che hanno originato l’intossicazione siano proprio quelli raccolto nelle acque del golfo di Trieste». La biologa ha spiegato che la tossina responsabile dell’intossicazione «è prodotta da micro alghe invisibili a occhio nudo, del genere ‘Dynophisis’, di cui si nutrono i mitili, che sono organismi filtratori».
La Del Negro ha confermato che «la micro alga è certo presente nelle acque del golfo, ma non in misura eccezionale rispetto ad altri momenti storici. Inoltre – ha aggiunto – l’Arpa effettua controlli puntuali e, se per caso è stato stabilito un blocco della pesca, esso viene annullato solo dopo tre verifiche con esito negativo». Estendendo poi il ragionamento allo stato di salute generale del golfo di Trieste, la Del Negro ha spiegato che «dagli anni ’70 a oggi si è registrato un progressivo impoverimento delle acque, in quanto, con l’entrata in vigore della normativa che vieta l’utilizzo dei sali di fosforo nei detersivi che concludono il loro ciclo in mare, l’ambiente marino si è via via impoverito di alghe nutritive. Il nostro golfo – ha continuato la biologa – sta assomigliando sempre di più a un oceano piuttosto che a un piccolo mare chiuso. A tutto questo – ha concluso – va aggiunto che negli anni si sono moltiplicati gli sforzi di pesca e migliorate le tecnologie utilizzate nel settore, perciò di pesce ce n’è sempre meno». La sesta Commissione si riunirà nuovamente venerdì per esaminare il tema della centrale termo elettrica.
Ugo Salvini
 

 

Energia e ambiente ingegneri trascurati - APPELLO ALLA REGIONE
 

TRIESTE La Regione ascolta poco gli ingegneri. La denuncia arriva dalla Federazione dei quattro ordini provinciali della categoria. La recente approvazione del Regolamento relativo ai soggetti abilitati alla certificazione Vea di sostenibilità energetico ambientale degli edifici, si legge in comunicato, è stata emanata senza alcun preventivo coinvolgimento delle categorie di settore, che si troveranno nella quotidianità a interpretare e attuare quanto il legislatore ha prescritto. Ciò costringe una volta di più a constatare come provvedimenti che coinvolgono pesantemente i professionisti dell'area tecnica, sia liberi professionisti che dipendenti pubblici e privati, vengono presi senza intraprendere la via del colloquio e del coinvolgimento preventivo con le categorie stesse.
Nel caso della Vea, inoltre, la Regione, prosegue il documento della Federazione degli ingegneri, con l'istituzione dell'obbligo di frequentazione di corsi e di iscrizione a un albo regionale ha creato di fatto una nuova professione, nonostante spetti unicamente alla legislazione statale creare nuovi profili professionali, individuandone requisiti e titoli abilitanti e istituendo un registro regionale ad hoc. Le norme regionali potrebbero, pertanto, prefigurare l'ipotesi di incostituzionalità, come accaduto in Puglia, ove il Tar di Bari ha accolto il ricorso degli ingegneri pugliesi contro l'obbligo dei corsi per Certificatori Energetici. Tutto questo quando è stato invece recentemente abolito, in nome della concorrenza e del libero mercato, l'albo dei collaudatori che notoriamente rivestono un ruolo di rilevante importanza, pari se non addirittura superiore a quello dei certificatori Vea.
«E' per questo che vogliamo richiamare l'attenzione del legislatore regionale sulla necessità di ripristinare uno stabile e continuativo coinvolgimento delle categorie professionali - dichiara Umberto Natalucci, presidente della Federazione - nell'ambito del dibattito riguardante la discussione, il confronto e la messa a punto di qualsiasi dispositivo normativo che presenti ricadute significative, dirette e indirette, per la "comunità" degli ingegneri, in un'ottica di tutela del più generale interesse collettivo, cui anche gli ordini sono istituzionalmente preposti.»
 

 

Parco del Timavo, 256mila euro di fondi statali - DUINO AURISINA IL CONTRIBUTO E’ LEGATO ALL’ULTIMAZIONE DELLA BONIFICA DELLE BOMBE
 

DUINO AURISINA Sono salvi i contributi pubblici per la realizzazione del Parco del Timavo. Il prefetto Giacchetti ha annunciato ieri al sindaco Ret che da Roma sono in partenza le comunicazioni ufficiali per l’avvio dell’ultima parte dell’operazione “bonifica”, programmata entro l’anno alle risorgive di San Giovanni di Duino.
«Finché non leggo coi miei occhi la comunicazione non esulto – commenta il primo cittadino – tuttavia il prefetto mi ha assicurato che i militari del nucleo Sdai di Ancona (Sminamento difesa antimezzi insidiosi, ndr) arriveranno qui tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre».
Nei giorni scorsi, nel corso di un vertice in Regione, un funzionario del ministero dell’Ambiente aveva posto un preciso aut aut al Comune, stabilendo un limite massimo di otto mesi per portare a termine la bonifica dei 700 ordigni bellici ancora sul fondo delle foci del Timavo, scaricati durante la Seconda guerra mondiale dagli inglesi. Limita da rispettare pena la perdita del finanziamento statale di 256mila euro per il ripristino ambientale.
La circostanza aveva messo sull’avviso il Comune ma anche tutte le istituzioni, in primis la prefettura, che negli ultimi mesi sono state impegnate nell’operazione di bonifica delle bombe. Legata a doppio filo alla bonifica non è poi solo la realizzazione del futuro Parco del Timavo – che prevede la creazione di un percorso verde, la valorizzazione turistica del sito e l’inserimento di arredi e giochi per bambini – ma anche la ripresa degli studi scientifici sull’area.
Nelle scorse settimane, infatti, il Dipartimento di Storia e culture dall’antichità al mondo contemporaneo dell’Università di Trieste ha inoltrato la richiesta di riavvio delle ricerche sul sito, che nell’antichità vide sorgere un porto dopo la fondazione della colonia di Aquileia. Richiesta che il Comune si era visto costretto a respingere proprio per l’incertezza che aleggiava sull’intervento.

(ti.ca.)
 

 

Pago, il Comune guadagna con l’eolico - Nelle casse affluiranno 14 mila euro pari al 30% in più di quanto pianificato
 

FIUME Hanno dovuto attendere circa sei anni prima di far affluire nelle casse municipali i primi mezzi guadagnati grazie al parco eolico. Stiamo parlando della città di Pago (che si trova sull’omonima isola adriatica) il cui bilancio cittadino quest’anno sarà rimpinguato con centomila kune ossia circa poco meno di 14 mila euro. Si tratta per la precisione di circa il 30 per cento in più di quanto pianificato in un primo momento dalle autorità isolane. Facciamo un passo indietro per ricordare che i preparativi per la costruzione del primo parco eolico in Croazia, quello di Pago, appunto, iniziarono nel 1998 con la collocazione degli strumenti di misurazione della velocità e della direzione del vento, mentre il complesso fu inaugurato il 19 agosto 2004 quando avvenne il montaggio della prima centrale eolica destinata alla produzione di corrente elettrica grazie alla bora, un vento a raffiche (o “refoli”) impetuose e scostanti, molto forti sull’isola di Pago. I lavori di costruzione furono affidati all’impresa Adria Wind Power di Sesvete nei pressi di Požega (città situata nella parte nord-orientale della Croazia), i cui vertici sono rimasti ben impressi i non pochi ostacoli e le numerose difficoltà burocratiche (vista anche la mancanza di leggi e disposizioni in materia) alle quali sono andati incontro dalla presentazione del progetto sino alla sua realizzazione, progetto che fece da apripista in Croazia per quanto concerne la costruzione di parchi eolici (il secondo parco eolico sorse a Trtar Krtolin alle spalle di Sebenico in Dalmazia e non va dimenticato quello in località Vrataruša vicino a Segna che dispone attualmente di 14 delle complessive 22 turbine che vengono approntate dall’azienda Valalta di Rovigno che opera per conto del gruppo tedesco Walenborn i cui dirigenti hanno fatto sapere di voler investire qualcosa come 57 milioni di euro). Successivamente arrivò anche la legge tanto auspicata dalla municipalità locale, in base alla quale avrebbe ottenuto una lipa per ogni kilowatt prodotto dalla centrale eolica costruita sul proprio territorio. Il parco eolico di Pago si estende su una superficie di due chilometri dove sono state posizionate sette turbine del tipo Vestar V52 di 5,59 megawatt, con pali alti 49 metri e un’apertura alare di 52 metri che producono 15 milioni di kilowatt di energia elettrica, distribuita dall’Ente elettroenergetico di stato, la Hep. La Croazia ha voluto quindi voltar pagina nella produzione di energia da fonti rinnovabili, capendo per tempo che il suo potenziale eolico è davvero invidiabile, specie lungo la costa adriatica, dove bora e scirocco possono garantire una produzione di non poco conto. Il Paese avendo firmato il protocollo di Kyoto si è assunta una precisa responsabilità: le energie rinnovabili forniranno entro il 2010 il 20 per cento dell’energia elettrica consumata complessivamente.
(v.b.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 27 settembre 2010

 

 

«La priorità qui è l’Alta capacità» - Il professor Marchionna: «Certi progetti sulla Tav lasciano perplessi»
 

«Il cantiere all’ex ospedale militare ha avuto qualche problema per la presenza di inquinanti. Concluderemo l’intervento nel 2012»
«In città incidenti stradali in calo, motorini a parte»
Il prestigioso riconoscimento internazionale “Outstanding paper award”, assegnato al suo gruppo di lavoro in tema di sicurezza stradale, come punto di partenza per nuovi progressi. Di strade e collegamenti Aurelio Marchionna se ne intende, eccome.
Professor Marchionna, come siete arrivati al prestigioso riconoscimento dell’Outstanding paper award?
Prima di tutto, una piccola premessa: con il gruppo di ricercatori che guido stiamo lavorando sulla sicurezza stradale da circa dieci anni. Abbiamo ricevuto anche due finanziamenti a livello nazionale. In particolare cerchiamo di studiare il comportamento degli utenti attraverso delle indagini sul campo, andando a analizzare con telecamere e telelaser come quelli che usa la Polizia municipale in particolare le velocità che adottano in relazione alla strada, alle curve e alla larghezza di queste. Tentiamo di capire quali sono le relazioni tra queste caratteristiche geometriche e il comportamento degli utenti in modo da poter intervenire per migliorare sia le strade esistenti sia la qualità dei progetti per quelle nuove.
Come intervenite?
Cerchiamo, attraverso i rilevamenti, di ricavare dei modelli di previsione che leghino delle grandezze definite collegate alla strada a quello che è il comportamento dell’utenza, in particolare alla velocità che i veicoli adottano in certe situazioni. La velocità è un parametro rilevante: l’energia del veicolo, se non adeguata alla strada, può determinare un incidente o ancor prima un errore di valutazione di chi guida, che ha poco tempo per leggere il quadro complessivo. C’è poi tutto quello che circonda la strada: i veicoli in seconda fila, il pedone che attraversa all’improvviso e così via. Alla fine, tentiamo di misurare la qualità dei progetti con questi modelli modificando le caratteristiche dell’ambiente e prevedendone così l’incidentalità. Il fine è il miglioramento della sicurezza stradale. Per questo abbiamo sotto controllo le statistiche sugli incidenti, le usiamo come parametri.
Quindi rilevate la velocità sulle strade, come la Polizia stradale e municipale, ma non date le multe...
Molto spesso i limiti vengono disattesi in effetti, non solo qui ma dappertutto. I limiti non vengono adottati se non sono compresi. A volte non sono rispondenti alla realtà del luogo.
Del limite autostradale in Italia che ne pensa: quello attuale è conforme?
Se prendiamo le statistiche sugli incidenti, vediamo come la maggior parte avvenga in città, in zone urbane. Il 20% invece sulle altre strade e un po’ meno del 10% sulla cosiddetta rete autostradale. Se analizziamo il numero dei morti, quel 10% in campo autostradale diventa 20%. Ciò significa che maggiore è l’energia, data dalla velocità, maggiori sono i danni: una limitazione è quindi opportuna. L’Ue ha fissato in un piano decennale che scade quest’anno l’obiettivo di ridurre del 40% la mortalità sulle strade. Il trend è in diminuzione anche qui, per un -10% all’anno in regione.
Le strade a Trieste sono sicure?
C’è da lavorare perché ci sono dei problemi, a parte quello di una rete autostradale sovraccarica cui si sta tentando di porre rimedio con la famosa terza corsia. La viabilità extraurbana soffre di problemi legati al fatto che spesso attraversa centri abitati. C’è poi la pressione edilizia attorno alle strade che peggiora la sicurezza delle stesse anche se migliora l’accessibilità. Ci vuole una concezione chiara della funzione delle strade: gli enti competenti e il gestore nazionale individuino le strade su cui favorire la mobilità e gli spostamenti. Su quelle servono misure che contengano la pressione edilizia.
E le strade urbane?
Abbiamo fatto uno studio di nostra iniziativa circa un anno e mezzo fa. La situazione è, rispetto agli indicatori nazionali, migliore in termini di incidentalità più bassa a Trieste. Va precisato che facciamo riferimento a dati Istat, cioè a incidenti rilevati dalle forze di polizia e quindi con feriti o deceduti. Sfuggono gran parte di quelli che determinano solo danni materiali, tra constatazioni amichevoli e così via. Gli incidenti stradali nel Comune di Trieste sono circa 3500 all’anno, localizzati per il 60% lungo le strade e per il 40% nelle intersezioni. Il trend è in diminuzione. Con una peculiarità.
Quale?
Trieste ha una dotazione significativa di motocicli e ciclomotori e c’è una percentuale importante di incidenti in cui questi due ruote sono coinvolti. Nello specifico Trieste è un po’ sopra la media nazionale.
Il problema intersezioni: c’è un deficit di segnaletica?
Non è quello, ci sono degli incroci infelici, con poca visibilità anche perché qualcuno si sistema in sosta vietata.
Come porvi rimedio?
Bisogna avere un occhio particolare nel far rispettare le disposizioni. Inoltre, anche se in misura minima, possono servire interventi sulla segnaletica affinché sia collocata in maniera opportuna, o di modifica di certi bordi strada per liberare le intersezioni.
Veniamo al problema dei collegamenti che affligge Trieste: la ricetta per uscirne?
Dal punto di vista autostradale, con il completamento della Gvt la penetrazione al porto è realizzata. Quanto alle ferrovie, la linea è lenta e con scarsa capacità.
C’è bisogno della Tav?
Se in Italia Alta velocità e Alta capacità sono la stessa cosa è una scelta che hanno voluto fare e su cui io non sono d’accordo. Ci sono Paesi come la Francia in cui la rete Tav è riservata ai passeggeri e l’altra rete al resto. Fondamentale qui è introdurre l’Alta capacità.
Dell’Alta velocità possiamo fare a meno?
Se la necessità è di andare verso l’Europa orientale, girare attorno all’aeroporto di Ronchi dal punto di vista strategico sarebbe la stessa cosa, dal punto di vista locale no. Per il resto certi progetti lasciano un po’ perplessi. Come quello che prevede che per la Tav si prenda quota da Trieste, non seguendo la costa e passando dietro il centro urbano, e si faccia così un percorso tortuoso per mantenere le pendenze basse richieste dalle ferrovie. Bisognerebbe avere il coraggio di passare sotto costa ma è un discorso che spetta ad altri. La Tav concepita in quel modo non è una soluzione ideale relativamente alla tecnica ferroviaria.
Come procede il cantiere dell’ex ospedale militare (Marchionna è delegato del rettore dell’ateneo triestino all’edilizia)?
Ci sono stati dei problemi per la presenza di inquinanti, ma ora la questione si avvia a soluzione. Nel senso che ci accingiamo a presentare alla Regione la documentazione conclusiva per chiedere la restituzione a usi legittimi del sedime. I lavori intanto vanno avanti. I tempi per la conclusione sono slittati: avremmo dovuto chiudere il tutto nella prima metà del 2011 ma sicuramente andremo più in là. Finiremo nell’arco del 2012.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

«Studiare meglio il fenomeno delle alghe tossiche» - Marchesan del Consorzio maricoltori mette sotto accusa le analisi compiute con il metodo Yasumoto
 

UNA CATEGORIA IN DIFFICOLTÀ
I mitilicoltori del golfo di Trieste fanno sentire la loro voce ufficiale e puntualizzano, attraverso Fabrizio Marchesan, presidente del Consorzio Giuliano maricolture, quanto sta accadendo nel loro settore, chiamato in causa dall’inchiesta della Procura di Torino, nel cui territorio più di cento persone hanno dovuto ricorrere alle cure dei medici dopo essere stata colpite da devastanti crisi di diarrea. Secondo l’inchiesta che il procuratore di Torino Raffaele Guariniello ha affidato ai carabinieri dei Nas, le cozze che hanno innescato queste crisi diarroiche, sono cresciute nel nostro golfo.
Fabrizio Marchesan, contesta questa tesi e mette sotto accusa il metodo di analisi Yasumoto che tanti guasti ha già causato ai miticoltori triestini nel corso degli ultimi vent’anni. Ma andiamo con ordine.
«La situazione di generale crisi economica ha inciso anche sul numero di monitoraggi da effettuare in golfo e sull’aggiornamento delle metodiche di prevenzione di questo fenomeno naturale che ci piomba addosso». Il fenomeno citato da Marchesan è rappresentato dall’abnorme aumento della presenza di Dinophysis, una microalga che è presente nell’acqua filtrata dai mitili.
«Voglio ricordare- scrive il presidente del Consorzio Giuliano maricolture - che la ricerca per rendere più rapida l’analisi del fitoplancton, è da tempo superata dalle sperimentazioni già a buon punto di biosensori o da altri metodi che individuano la quantità di tossine, direttamente nell’acqua, in un concentrato algale o all’interno dei mitilo. In sostanza è perfettamente inutile determinare la presenza di alghe che potenzialmente potrebbero essere portatrici o produttrici di tossine, quando si dispone di un metodo che definisce direttamente questo parametro. Come abbiamo già detto più volte, viste le limitate risorse stanziate per la ricerca, proponiamo agli enti pubblici di interpellarci direttamente prima di approvare contributi finalizzati alla nostra ”salvezza”. Chiediamo alle forze politiche di interessarsi a questo problema, affinché quanto è accaduto , sia il punto di partenza per migliorare la conoscenza del fenomeno delle alghe tossiche attraverso la messa a punti di metodi di prevenzione che evitino catastrofiche conseguenze simili a quelle attuali».
Nel documento il presidente Fabrizio Marchesan offre al pubblico alcune notizie che dovrebbero aiutare a superare le informazioni spesso contraddittorie emerse in questi giorni.
«Da domenica 12 a mercoledì 15 settembre sono stati venduti nelle zone di produzione riconosciute dalle autorità sanitaria come idonee oltre mille quintali di mitili. Sono state effettuate le analisi chimiche per ottenere un dato certo, sfuggendo così all’aleatorietà nel test Yasumoto: quello, per intenderci, con i topolini da laboratorio. Non si comprende come, nonostante le comunicazionen diffuse con urgenza dall’Azienda sanitaria triestina alle autorità sanitarie regionali di tutt’Italia, sia stato possibile che si siano verificati casi di malore dopo il 20 settembre. Il periodo di vitalità dei mitili fuori dall’acqua, nelle migliori condizioni, è di cinque giorni. Vogliamo sottolineare che il confezionamento e la distribuzione di questi molluschi vengono eseguiti in centri di raccolta obbligati per legge e per propria convinzione, ad adottare una serie di misure a salvaguardia della salute umana». Il presidente del Consorzio ringrazia Piero Camber «per l’interesse dimostrato e chiediamo partecipazione anche agli altri rappresentanti politici della nostra regione».

 

 

Pola, no alla cementificazione di Veruda - Popolazione contraria al progetto di costruzione di un nuovo rione con capitale israeliano
 

IL SINDACO FAVOREVOLE AL PROGETTO. L’ULTIMA PAROLA AL CONSIGLIO COMUNALE
POLA Negli ultimi mesi il sindaco Boris Miletic viene duramente contestato dagli ambientalisti e da gran parte dell'opinione pubblica per il suo esplicito appoggio al progetto di cementificazione della costa prospiciente al porticciolo nel Canale di Veruda. Qui la società israeliana SBE proprietaria dell'11% degli immobili in parola (in tutto 16 ettari) vorrebbe costruire un rione residenziale con 480 appoggi per un totale di 1200 abitanti. Si parla di un investimento pari a 120 milioni di euro. Ebbene nei vari dibattiti pubblici e presentazioni del progetto, la cittadinanza si è sempre espressa contro. Quali le osservazioni di fondo contro il piano urbanistico del porticciolo? Innanzitutto viene violata la legge sulla fascia costiera tutelata, secondo la quale è vietato costruire a meno di 150 metri dal mare. In questo caso invece le prime abitazioni sorgerebbero a soli 30 metri. Viene ritenuta inaccettabile l'altezza delle palazzine di 13,5 metri, eccessiva anche l'edificabilità dell'immobile pari al 60%. Poi sempre secondo le osservazioni, troppo poca superficie rimane per lo sport, il verde e contenuti pubblici. Pertanto l'amministrazione cittadina in mano alla Dieta democratica istriana viene accusata di spalancare le porte alla lobby edilizia e agli investitori privati, di non rispettare l'opinione né degli elettori e neanche delle persone competenti come architetti e urbanisti, di privilegiare l'interesse individuale a danno di quello sociale e cosi di seguito.
Al dibattito pubblico dei giorni scorsi nel comitato rionale, tutti i 132 cittadini intervenuti si sono detti contrari al progetto. In precedenza lo ricordiamo, oltre il 50% degli abitanti di Veruda aveva firmato una petizione dello stesso tipo. Nel concitato dibattito al quale è intervenuto il sindaco stesso, è emblematica l'affermazione di un cittadino. Il progetto così come presentato ha detto, è molto bello, però la cosa non ci riguarda. Qualcuno ha fatto notare che se il piano urbanistico venisse appoggiato si prospetterebbe lo scenario già visto altrove in situazioni analoghe. Ossia, la costa verrebbe recintata e quindi i cittadini non vi avrebbero più libero accesso oltre a perdere un polmone della città per le passeggiate e il tempo libero. Il sindaco comunque evidentemente convinto della bontà del progetto intende andare avanti. La parola definitiva in merito spetta al Consiglio cittadino dove, se la disciplina di partito dovesse funzionare e non si vede il perché non dovrebbe, il progetto otterrà disco verde. E visto che neanche i Verdi di Pola intendono rassegnarsi, non si escludono strascichi giudiziari,proteste pubbliche e scossoni sulla scena politica che sicuramente non porteranno punti alla Dieta democratica istriana nella prospettiva delle elezioni politiche dell' autunno 2011.

(p.r.)
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti n. 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia, in via Roma n. 22, tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30 (tel. 366/5239111 www.legambientetrieste.it).

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 26 settembre 2010

 

 

La Festa dell’acqua rinviata per... pioggia - PREVISTA A BAGNOLI
 

BAGNOLI Rinviata, a data da destinarsi, per... troppa acqua. La ”Festa dell’acqua” che si doveva aprire ieri a Bagnoli (per proseguire oggi), e che aveva in programma dibattiti, incontri, spettacoli e presentazioni di iniziative in tema di ambiente e di tutela della natura, è rimasta ”vittima” dello stesso elemento che si proponeva di esaltare. Ieri, in tarda mattinata, con una stringata e-mail gli organizzatori della manifestazione, a nome delle numerose associazioni che fanno capo a Bioest, hanno comunicato il rinvio a data da destinarsi, a causa appunto del maltempo.
Il maltempo era stato messo in conto dagli stessi organizzatori, che avevano ipotizzato cambiamenti al programma e il ricorso agli spazi coperti del Centro polifuzionale di San Dorligo, ma le condizioni meteo di ieri e le previsioni per oggi li hanno evidentemente fatto desistere. In effetti, fra i vari punti del nutrito programma, stamane e nel primo pomeriggio erano previste due escursioni guidate in Val Rosandra, che sarebbe stato difficile effettuare col maltempo. Ma c’erano anche ”Canti e danze per l’acqua di diverse tradizioni spirituali”; invocazioni che, alla luce dei fatti, si sono rivelate superflue.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 25 settembre 2010

 

 

Trieste-Divaccia, la Regione sigla l’accordo con la Slovenia - Riccardi: «Un passo importante per ottenere i fondi comunitari» Nomine rinviate per i direttori
 

RIUNIONE DELLA GIUNTA
TRIESTE La Regione - in una giunta che, a sorpresa, non trova l'accordo sui direttori centrali (se ne riparla lunedì) - prende atto dell'accordo con la Slovenia sulla Trieste-Divaccia e si appresta a formalizzarlo. Riccardo Riccardi, l'assessore ai Trasporti, annuncia il 12 ottobre, presenti il ministro dei Trasporti Altero Matteoli e l'omologo sloveno Patrick Vlacic, l'incontro interministeriale per l'accordo transfrontaliero sul tracciato che, bypassando la Val Rosandra, risolve il nodo di un territorio fortemente contrario. Il nuovo tracciato? Quello "vecchio", conferma in giunta l'assessore.
IL TRACCIATO Il "dissenso totale" sull'ipotesi di attraversamento della Val Rosandra è superato, fa sapere ancora Riccardi. Il "corridoio alto", quello che tocca Villa Opicina e Sesana, con lo spostamento della ferrovia a fianco di quella esistente e l'utilizzo di tutte le reti disponibili per raggiungere il porto, è la soluzione su cui la Regione, sensibilizzato il governo e incassato il "fondamentale aiuto" della Unione europea, ha lavorato fino a convincere la Slovenia.
FONDI COMUNITARI Di qui, secondo comunicazioni di Riccardi ieri in giunta, il vertice del 12 ottobre. «L'accordo - spiega l'assessore - è maturato nell'ambito dei lavori della Commissione Intergovernativa italo-slovena, che ha visto la Regione parte attiva nel promuovere la revisione dell'originario tracciato per le note motivazioni di carattere ambientale e sociale. La stipula è funzionale all'ottenimento dei rimanenti fondi comunitari per completare la progettazione preliminare e definitiva della Trieste-Divaccia».
Nel giorno del firme, il 12 ottobre appunto, è prevista tra l'altro la partecipazione del coordinatore europeo per il progetto prioritario numero 6 Laurens Brinkhorst. Riccardi, a fine giunta, parla di «risultato importante» e non dimentica di sottolinea il «ruolo chiave» svolto dal viceministro Roberto Castelli nell'ambito della commissione intergovernativa che ha gestito la vicenda.
SLITTANO LE NOMINE Nella seduta di ieri, assente Renzo Tondo in visita istituzionale in Montenegro, non si trova invece l'accordo sul rinnovo degli incarichi ai direttori centrali, ridotti a 10 dalla riforma della macchina targata Andrea Garlatti. Troppo vicina la Finanziaria di fine anno per perdere il supporto nella definizione contabile di Claudio Kovatsch, sostiene Sandra Savino; meglio riparlarne lunedì, con il governatore seduto al tavolo. Resta così congelato il passaggio di Kovatsch alla Funzione pubblica e di Antonella Manca alle Finanze, oltre che delle restanti nomine su cui però non sembrano esserci attriti: Franco Milan attuale direttore dell'Erdisu di Trieste, alle Attività produttive, Anna Del Bianco, direttrice della Fondazione Aquileia, all'Istruzione, Luca Bulfone all'Agricoltura, Paolo Basaglia (peraltro non in scadenza) alla Sanità, Dario Danese alle Infrastrutture, Augusto Viola (dalla Funzione pubblica) alla Cultura, Ruggero Cortellino al Lavoro e Gianni Petris all'Ambiente.
ATER E MUTUI Elio De Anna ha quindi stanziato 4.350.000 di euro a favore dell'Ater di Trieste, a supporto degli oneri aggiuntivi per la costruzione di 48 appartamenti in via Cesare dell'Acqua, e confermato il via libera alle novità regolamentari suoi mutui prima casa: «I giovani, che hanno i requisiti previsti dalla norma, hanno un'occasione straordinaria di ricevere dalla Regione un contributo di 25.550 euro per comperare una casa indipendentemente dalla metratura della stessa».
MARCO BALLICO

 

 

Piazza Europa in corso Italia, traffico ko - La chiusura dell’arteria centrale ha congestionato le altre vie. Automobilisti inferociti
 

LUNGHE CODE PER ENTRARE IN CITTÀ E CONTINUI INTASAMENTI TRA PIAZZA LIBERTÀ E VIA MILANO
Traffico nel caos, file continue, la città bloccata. La chiusura al transito dei veicoli di corso Italia, che per tre giorni ospita i gazebo di Piazza Europa, ha mandato in tilt la circolazione. Auto incolonnate da Barcola fino a via Milano passando per viale Miramare e piazza Libertà e poi, ancora più su, sino all’incrocio tra via del Coroneo e via Palestrina. Così anche lungo tutte le Rive e automobilisti sull’orlo di una crisi di nervi. Nella mattinata di ieri e ancora nel pomeriggio, la circolazione veicolare in città è rimasta a lungo prigioniera di se stessa in una sorta di labirinto, con i mezzi costretti al massimo a un’andatura a passo d’uomo. Si fosse trattato di autostrade, gli addetti avrebbero parlato di giornata da bollino rosso o nero. Gli sportivi l’avrebbero etichettata come una disfatta.
LA MATTINATA «Dalle 8 alle 10 la fila è arrivata fino a Barcola...», la conferma dalla sala operativa della Polizia municipale. E un’altra situazione di emergenza si è avuta nel primo pomeriggio, quando su Trieste ha iniziato a piovere. «Traffico intenso? Sulle Rive», è stata la sentenza arrivata dalla sede dei vigili urbani attorno alle 16.30. Nei momenti più tranquilli, comunque rallentamenti.
OFF LIMITS La chiusura di corso Italia al passaggio dei veicoli (come previsto peraltro dalla bozza del nuovo Piano del traffico), che si protrarrà sino all’alba di lunedì per ospitare i gazebo della manifestazione Piazza Europa, ha insomma innescato un effetto a catena che ha fatto innervosire automobilisti e motociclisti. Proteste, colpi di clacson a ripetizione e, evidentemente, ritardi. Al lavoro come nel portare i figli a scuola. Pure chi si trovava ad attendere l’autobus ha dovuto fare i conti con orari, per così dire, adattati alla contingenza, per correzioni definite da Trieste trasporti «fisiologiche». E anche la politica ha, come riferiamo a parte, alzato la voce contro il provvedimento di chiusura di corso Italia. Una protesta bipartisan, peraltro, se si considera che Udc e Lega Nord si sono trovati sulla stessa linea di pensiero del Pd.
I PUNTI CRITICI La Polizia municipale ha schierato i suoi uomini in forze in tutti gli incroci chiave del centro. A partire da quello che in piazza Ponterosso ha costretto i mezzi privati alla svolta in via Genova, sia per raggiungere le Rive che per risalire trovandosi così in via San Spiridione e da lì dirigersi verso via Filzi. Proprio il passaggio in via San Spiridione, arrivando da via del Teatro romano, ha rappresentato l’unico sbocco per i mezzi attraverso un corso Italia per il resto completamente pedonale. In via Milano le code si sono protratte più a lungo che altrove, con i vigili urbani chiamati a gestire il traffico all’incrocio con via Roma al posto dei semafori che, pur continuando a funzionare, si sono rivelati insufficienti a sopportare l’emergenza.
GLI EVENTI Per la verità, anche moto e motorini hanno avuto difficoltà a districarsi fra le automobili incolonnate. E, per questioni di par condicio, specie in piazza Ponterosso, a tratti anche la gente a piedi si è ritrovata bloccata proprio per il gran numero di persone a passeggio in centro sin dal primo mattino. Il perché è presto detto: in quattro giorni, a Trieste, si contano tre grandi eventi. Appuntamenti che hanno richiamato e continuano a richiamare in città ognuno migliaia di persone: oltre all’offerta commerciale di piazza Europa (che continua sino a domani), ieri è stata la giornata della Notte dei ricercatori e oggi scatta al PalaTrieste il girone del Mondiale maschile di pallavolo, i cui incontri proseguiranno domani e lunedì. A proposito, ieri mattina, fra piazza della Borsa e i gazebo in corso Italia anche alcuni atleti della nazionale serba si sono avventurati in un giro di perlustrazione. La loro espressione era quella tipica dei turisti stupiti davanti a tutto questo caos.
IL SINDACO «Mai come oggi sono innamorato di questa città», ha sentenziato il sindaco Roberto Dipiazza, a sua volta avvistato in zona Piazza Europa a metà mattinata. Sul traffico ha voluto sottolineare: «A chi si è lamentato, ricordo che c’è gente che a Milano ci mette ogni giorno due ore per andare al lavoro e altrettante per rientrare a casa. Questi eventi portano a Trieste migliaia di persone, ora c’è da sperare che il tempo tenga. In ogni caso, quanto ai disagi, di sabato gli uffici sono chiusi e domenica lavorano in pochi, pertanto ci saranno meno mezzi in giro». Oggi si replica, e le previsioni meteo sono infauste.
MATTEO UNTERWEGER
 

 

Cozze, l’alga tossica si espande lungo l’Adriatico - Colpite già 300 persone. L’Ogs ha una speciale apparecchiatura per il monitoraggio
 

L’allarme cozze tossiche si allarga a macchia d’olio. Le microalghe responsabili della produzione della tossina dannosa per l’uomo, infatti, si stanno diffondendo ulteriormente e, dopo aver invaso il golfo di Trieste, cominciano a fare la loro comparsa anche in altre zone dell’Alto Adriatico, in particolare lungo le coste dell’Emilia Romagna.
È la fotografia scattata dai vertici delle autorità sanitarie, chiamate in queste ore a monitorare il fenomeno che, solo in Piemonte, ha fatto salire già a quota 300 i casi di intossicazione da mitili. «La causa di tali intossicazioni - spiega Maurizio Cocevari, responsabile tutela igienico sanitaria degli alimenti di origine animale per conto dell’Ass - è da attribuire ad una tossina prodotta da microalghe invisibili a occhio nudo del genere ”Dynophysis”, che fanno parte del fitoplancton di cui si nutrono i mitili. Microalghe che si sono moltiplicate a dismisura a causa delle particolari situazioni meteomarine presenti in questo momento nel golfo triestino. La tossina in questione è l'acido okadaico, che ha raggiunto livelli altissimi nei mitili».
Livelli, precisa ancora l’esperto, mai registrati prima d'ora nei nostri mari. «Il dato, fornito dal Centro di referenza nazionale per le biotossine algali del Centro di ricerche marine di Cesenatico, parla chiaro - continua Cocevari -. I valori di acido okadaico reggiungono in alcune zone del golfo di Trieste quantità 20 volte superiori rispetto ai limiti stabiliti dalla legge. E, da informazioni ufficali, risulta che lo stesso fenomeno sta progressivamente coinvolgendo molte altre zone dell'Alto Adriatico, tra cui l’Emilia Romagna».
Prezioso per il monitoraggio della presenza delle alghe tossiche potrà rivelarsi l’apparecchiatura messa a punto dai ricercatori del dipartimento di Oceanografia biologica dell’Ogs. Si tratta di un speciale boa, denominata HAB Buoy, ideata per l’individuazione automatica di microrganismi produttori di tossine, tra cui appunto anche le microalghe ”Dynophysis” responsabili dell’intossicazione umana i cui primi sintomi compaiono poco dopo il consumo dei mitili, in genere tra i trenta minuti e le tre successivi, e si manifestano sotto forma di diarrea, nausea, vomito e violenti dolori addominali. «Le prestazioni della boa che stiamo calibrando in questi giorni - spiega Marina Cabrini, responsabile del progetto -, quanto a capacità di identificare le microalghe, sono assai più precise e rapide di quelle di un operatore umano: HAB boy, infatti, è in grado di registrare fino a 24 immagini al secondo. Il suo utilizzo, quindi, rappresenterà un strumento preventivo anche per i miticoltori, consentendo di intervenire già nelle fasi iniziali di fioritura algale».

(m.r.)
 

 

Giro di vite contro mendicanti e musicisti Multe anche per raccolte fondi e sondaggi
 

Giro di vite contro mendicanti, suonatori di strada e promotori di improbabili raccolte fondi e petizioni. A metà ottobre entreranno in vigore tre nuove ordinanze firmate dal sindaco finalizzate a «tutelare il diritto dei triestini a godersi in pace il centro storico oggi compromesso dai ”professionisti dell’obolo”». La norma contro i mendicanti vieta in particolare la questua itinerante e prevede sanzioni da 100 euro. Rischia una multa identica ma anche il sequestro degli strumenti musicali, poi, l’artista sorpreso per due volte a strimpellare in centro storico. La terza ordinanza punisce invece con sanzioni fino a 500 euro chi avvia in strada raccolte firme e sondaggi per conto di associazioni non preventivamente autorizzate dal Comune. La nuova offensiva, infine, invita i cittadini a querelare chi, magari chiedendo con troppa insistenza la carità, commette reati.
 

 

Festa dell’acqua a Bagnoli - OGGI E DOMANI
 

BAGNOLI Oggi e domani Bagnoli della Rosandra e il vicino Centro culturale polifunzionale del Comune di San Dorligo della Valle si colorano di azzurro, con la seconda edizione della “Festa dell’acqua”, organizzata dal Gruppo ecologista e naturista - associazione Bioest, con il patrocinio del Comune di San Dorligo e della Riserva regionale della Val Rosandra. Parlare di acqua significa parlare non solo di ambiente, ma rappresenta lo spunto per affrontare le diverse problematiche a tutela della natura.
La manifestazione si apre oggi alle 11 nell’area vicino al Centro polifunzionale di San Dorligo. Alle 15 il programma prevede la conferenza ”L’acqua di Trieste” con Paolo Guglia. Alle 15.30 seguiranno poesie sull’acqua, letture e animazione per bambini a cura dell’associazione Mosaico. Alle 16 si terrà la presentazione ”l’acqua... la vita”, sul progetto tra Casa Serena del Comune di Trieste e la scuola media Gregorcic, a cura dell’associazione culturale Oltre. Alle 16.45 sarà la volta di ”Oltris e le sue acque” di Leonardo Modonutto e la poesia di Tito Maniacco, a cura di Italia Nostra. Alle 18.30 seguirà ”Rosandra”, rappresentazione teatrale a cura dell’associazione Actis. Il programma completo sui siti www.bioest.org e www.riservavalrosandra.it.
 

25.9.2010 - 11.00: CAUSA MALTEMPO LA FESTA E' STATA RINVIATA A DATA DA DESTINARSI

 

 

SEGNALAZIONI - «Agriturismo specializzato in cinghiali: il problema si trasforma in ricchezza»
 

A proposito delle iniziative che si vorrebbero prendere, oltre a quella già praticata ma che non ha dato i risultati sperati, anzi, l’uccisione sconsiderata delle femmine gravide adulte ha avuto un risultato contrario a quello che si voleva ottenere.
Ora si vorrebbe introdurre un branco di lupi sul Carso, come se non bastassero i cani randagi, affinché provvedano alla selezione naturale uccidendo i cinghiali in eccesso, naturalmente con l’ordine di non attaccare i gitanti della domenica o coloro che si avventurassero disarmati in scampagnate solitarie. Ma quando i lupi avranno sterminato i famigerati cinghiali e saranno diventati a loro volta un problema probabilmente qualcun altro proporrà di introdurre un branco di leoni o perché no, le tigri del Bengala per sterminare a loro volta i lupi cattivi e affamati.
E poi? Saremo costretti a intervenire personalmente organizzando vere e proprie battute di caccia grossa. Certo che a questo punto si potrebbe dire che non tutti i mali vengono per nuocere e anche in questo caso si potrebbe sfruttare turisticamente il problema, magari facendo qualche spot pubblicitario del tipo: «Safari sul Carso triestino».
Sono sicuro che a simili proposte Totò avrebbe detto: «Ma mi faccia il piacere!».
Possibile che non si sia capaci di trovare una soluzione al problema ribaltando la negatività in positività? Per quanto ne so, del cinghiale, come per il maiale, non si butta nulla! Voglio solo menzionare alcune parti di esso che danno l’idea dell’enorme spreco che abbiamo fatto uccidendo inutilmente un centinaio di capi per darli in pasto ai grifoni friulani.
La carne è ricercata dai buongustai per la sua prelibatezza, i prosciutti, salami, salsicce, coste, bistecche, spezzatini per i sughi con cui condire gli gnocchi e paste varie, andiamo a prenderli o mangiarli in alcuni noti paesi delle montagne friulane. Con la pelliccia adeguatamente conciata si fanno scarpe, borsette, cinture, ecc. con le setole si fanno ottimi pennelli.
La mia modesta proposta consiste nell’utilizzare questa grazia di Dio in una risorsa alimentare, sociale, ambientale, turistica ed economica la cui materia prima ci viene data gratis.
Quindi, perché non intervenire adeguatamente in modo semplice ed economico?
Prima di tutto bisognerebbe recintare con reti elettrificate una determinata zona del Carso (similmente a quella già esistente nei pressi di un noto mobilificio in cui vivono e pascolano tranquillamente daini e cervi); catturare i cinghiali con frecce narcotizzanti, farli visitare da un veterinario e rinchiuderli nel recinto appositamente allestito; costruire all’interno un macello di dimensioni ridotte ma adatto allo scopo; macellare gradualmente i capi a seconda delle necessità e ripartire le carni tra i meravigliosi frati di Montuzza che tutti conoscono per la loro carità cristiana o alla Caritas o a qualunque organizzazione umanitaria operante sul territorio.
Inoltre, per incentivare uno sviluppo turistico di grande attrattiva, sarebbe auspicata anche l’apertura di un agriturismo che attualmente mi sembra non esiste, dedicato alla carne di cinghiale con le specialità culinarie sopra menzionate. Dopodiché non dovremo avere più paura di essere attaccati o subire il disturbo della bestia pericolosa e invadente ma molto semplicemente, ogni volta che lo gusteremo, dovremo ringraziare il signor cinghiale per il regalo che ci ha fatto con la sua pacifica invasione.
Sono convinto che questa proposta sarà cassata da chi ha il potere decisionale a causa dell’ormai nota sindrome tipicamente triestina del «no se pol!».
A costoro rispondo: «Se pol se te vol!». Intenda chi vuol intendere.
Vito Tota

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 24 settembre 2010

 

 

Tav, la Regione chiede il supporto di Sgonico - L’assessore Riccardi in Consiglio. Sardoc: si rivitalizzi la stazione di Prosecco
 

SGONICO Attuare una sinergia tra il Comune di Sgonico e la Regione per la realizzazione della Tav. E’ questo il messaggio che ieri mattina l'assessore regionale alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi, ha portato durante la seduta straordinaria del consiglio comunale di Sgonico, alla quale ha preso parte anche l'ingegner Carlo Comin, responsabile di Rete ferroviaria italiana per la tratta Venezia-Trieste del Corridoio 5.
Dalla seduta sono emersi i dati inerenti le tempistiche. Il tratto Venezia-Ronchi vedrà completata la progettualità entro l'anno. Per il tratto Ronchi-Trieste, invece, il progetto preliminare sarà presentato entro il 30 ottobre, cui seguirà la consegna al Cipe entro l’anno. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica dovrà poi dare il suo giudizio, con le relative osservazioni, che potrebbero giungere prima della fine del 2011. Successivamente dovrà essere presentato il progetto urbanistico per il territorio. I primi lavori, dunque, sono previsti non prima del 2013.
Lo stesso iter riguarderà la tratta Trieste-Divaccia. Attualmente il progetto di questa tratta è in fase di prefattibilità, ed entro il marzo 2012 sarà reso esecutivo, con i cantieri aperti probabilmente fra tre anni.
Il sindaco di Sgonico, Mirko Sardoc, salutando positivamente l'incontro «necessario per un processo di condivisione di questa opera» ha posto l'accento sui «costi ambientali e sociali di un simile progetto, oltre a quelli meramente economici», ricordando poi l'importanza di «rivitalizzare l'area della stazione di Prosecco, collegamento strategicamente privilegiato con la Slovenia».
Sardoc ha poi evidenziato come la Regione stia per iniziare i sondaggi nel territorio. Si andrà a scavare, e a tale proposito il Comune di Sgonico auspica una «collaborazione tra l'ente e i privati, con l'augurio che le perforazioni che verranno fatte nei terreni dei cittadini siano eseguite in punta di piedi».
Soddisfatto dell'incontro il capogruppo del Pdl-Udc, Denis Zigante, il quale ha elogiato «il desiderio di dialogo fatto intravedere dall'assessore Riccardi per trovare un costruttivo rapporto, che rimane l'obbiettivo principale».
Presente in platea anche il sindaco di Monrupino Marko Pisani, il vice Casimiro Cibi e l'assessore all'Urbanistica Andrej Skabar. «Seguiremo con attenzione l'evolversi del progetto del Corridoio 5 – ha dichiarato Pisani – visto che il nostro territorio dovrebbe essere interessato dal suo passaggio, ma è molto importante allo stesso tempo che Rfi e la Regione coinvolgano maggiormente i sindaci e gli amministratori».
Riccardo Tosques
 

 

Cozze tossiche, allarme rosso - Rilevato un consistente aumento delle biotossine algali - Camber presenta un’interrogazione
 

La parola d’ordine è non abbassare la guardia. Non accenna a calare, infatti, il grado di tossicità delle cozze prodotte nelle acque di Trieste, finite al centro dell’inchiesta del procuratore di Torino Raffaele Guariniello. La conferma arriva dai monitoraggi effettuati dalle autorità sanitarie. Monitoraggi che non solo non registrano una diminuzione del pericolo, ma addirittura segnalano un aumento del grado di tossicità. Ma anche dal fatto che a Torino il numero di casi accertati di intosscazione ha toccato quota 290. Secondo i rilevamenti del servizio epidemiologico regionale, i casi sono quasi raddoppiati nell'arco degli ultimi due giorni.
«Le analisi eseguite mercoledì scorso - precisa Maurizio Cocevari, responsabile tutela igienico-sanitaria degli alimenti di origine animale dell’Ass - hanno dato esito positivo per la presenza di biotossine algali. I campioni prelevati in tutte le zone di produzione della costiera triestina e più precisamente Filtri, Canovella, Sistiana, Duino e Villaggio del Pescatore, dimostrano che la situazione non sembra affatto migliorata. Anzi - continua Cocevari -, nonostante le condizioni meteomarine avverse degli ultimi giorni c'è stato un aumento del fitoplancton tossico con aumento quindi della tossicità dei mitili. Resta in vigore quindi l'ordinanza di divieto di raccolta e di commercializzazione delle cozze di tutte le zone di produzione di Trieste».
Pessime notizie quindi per i miticoltori cittadini che, dopo il blocco del mercato imposto dall’Azienda sanitaria il 16 settembre scorso, confidavano forse in un rapido ritorno alla normalità. E proprio per richiamare l’attenzione sulle loro difficoltà lavorative il consigliere regionale del Pdl Piero Camber ha presentato un’interrogazione, alla giunta Tondo per sapere «come intende tutelare il settore della miticoltura e l'immagine del Friuli Venezia Giulia, alla luce delle conseguenze derivate dall'intossicazione alimentare che ha colpito negli ultimi giorni diverse persone in Valle d'Aosta, Piemonte e Liguria».
«Secondo la stampa nazionale - scrive ancora Camber nel testo dell’interrogazione - i mitili che hanno provocato l'intossicazione, sarebbero stati tutti raccolti nelle acque della provincia di Trieste. Eppure già il 16 settembre l'Ass di Trieste aveva deciso il fermo pesca in tutto il litorale giuliano e friulano, a seguito di un monitoraggio dell'Arpa regionale. Pescatori e miticoltoriinoltre affermano che da quasi un mese, quindi ben prima del 16 settembre, le cozze non vengono più raccolte nel Golfo di Trieste, perchè era stata riscontrata la presenza massiccia di microalghe tossiche nel braccio di mare antistante il Lazzaretto di Muggia, un fenomeno naturale che si ripete quasi ogni anno».
 

 

Cantiere ex Fiat, cominciate le demolizioni delle strutture - NELL’AREA DI CAMPO MARZIO SORGERÀ UN COMPLESSO DI 135 APPARTAMENTI
 

Gli sguardi dei passanti sono puntati verso l’alto per vedere lo spettacolo della demolizione dell’ex Fiat di Campo Marzio. In azione le gru ma anche quei macchinari spacentosi con una sorta di tenaglia sulla sommità. Afferranno con la tenaglia il pezzo di muro e lo staccano dalla costruzione come fosse di cartone. «Andremo avanti nei lavori ancora per una settimana, fino al prossio primo ottobre. Poi cominceremo con la sistemazione dei micropali mentre l’intera area sarà sbancata», dice il capocantiere dell’impresa Collini di Trento. «Poi - ha spiegato ci vorranno almeno tre anni per costruire l’intero complesso. Arriveremo nella prima metà del 2013». E le proteste degli abitanti? «Facciamo il possibile per evitare fastidi. Ma è evidente che rumori e forse qualche disagio ci sono. Tutto, comunque, rientra nella norma».
Il progetto prevede un quadrilatero da 19mila metri quadrati tra via di Campo Marzio, via Reni, via Picciola e via Murat, dove dovrebbero sorgere 135 alloggi e 676 posti auto, più una nuova strada, tre aree verdi, altrettanti accessi per i veicoli a motore e uno riservato ai pedoni. Nonché un centro commerciale, che doveva essere di cinquemila metri quadrati ma il Comune ne ha autorizzati, al momento, 1500. Il Tar, alla fine del 2008, ha già dato ragione all’amministrazione Dipiazza, confermando quelle metrature. La Cmc, società proprietaria dell’area, però non si è ancora arresa e aspetta che il Consiglio di Stato si pronunci sul ricorso d’appello presentato dopo la sconfitta di primo grado dal proprio legale, Cesare Pellegrini.
Nello scorso luglio il segnale dell’avvio dei lavori era arrivato dall’intervento della Teseco spa di Pisa, un’azienda specializzata in servizi di ingegneria ambientale. Erano state tolte di mezzo alcune cisterne che contenevano carburanti e olii e il vecchio caminio di una centrale termica ad olio combustibile.

 

 

 

 

VITA.IT - GIOVEDI', 23 settembre 2010

 

 

ENERGIA. Nucleare bye bye? - Agenzia ferma, mappa dello stoccaggio in "frigo". E la scadenza del 2013 che si avvicina...
 

L'ultimo atto formale è di questi giorni. Il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, in qualità di ministro ad interim dello Sviluppo Economico, ha scritto alla Sogin (società interamente partecipata dal Tesoro) chiedendo di posporre la divulgazione della lista dei siti adatti allo stoccaggio delle scorie per il futuro. Motivo: non si è ancora insediata l'Agenzia per la sicurezza nucleare.
Di quest'ultima si sa solo, per ora, che c'è un autorevole candidato alla sua presidenza, Umberto Veronesi, che in più occasioni durante l'estate, ha dichiarato la sua disponibilità (e i motivi per cui, al contrario della maggioranza del suo partito, è favorevole al nucleare).
Per il resto, tutto fermo. Anche perché, e non è secondario, a mancare è anche il ministro dello Sviluppo economico. il programma nucleare era stato fortemente voluto e avviato da Claudio Scajola. La vacatio sicuramente ha sicuramente messo un freno alla corsa del treno atomico.
In realtà il piano della Sogin è pronto e sui suoi contenuti, nonostante il tentativo di tenerli in cassaforte, sono trapelati parecchi dettagli. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, la Sogin , avrebbe individuato 52 aree adatte ad ospitare il deposito per le scorie radioattive, scarti del processo di fissione nucleare. Le zone, dalle dimensioni di circa 300 ettari, sono sparse sull’intero territorio italiano “con particolare riferimento al Viterbese, alla Maremma, all’area di confine tra la Puglia e la Basilicata, le colline emiliane, alcune zone del Piacentino e del Monferrato“.
Ma senza Agenzia restano solo ipotesi su carta. L'Agenzia per la sicurezza è l'autorità di controllo sul settore ed è elemento cardine di tutti gli iter per la realizzazione di una centrale. La nomina del presidente dell'Agenzia spetta al presidente del Consiglio, mentre due membri sono designati dal ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e due dal ministro dello Sviluppo economico (che appunto, per ora, non c'è): l'iter prevede l'emanazione di un Dpcm dopo il parere favorevole delle commissioni parlamentari.
Per il funzionamento dell'Agenzia le nomine non saranno sufficienti: sarà infatti necessario varare il regolamento, perché l'organismo possa iniziare a operare. Non solo: il ritorno all'atomo potrà avvenire soltanto dopo l'approvazione della Strategia nucleare italiana. Si tratta di una sorta di documento programmatico, che delinea gli obiettivi strategici in materia nucleare, tra i quali la protezione dalle radiazioni ionizzanti e la sicurezza. Il documento, dato in arrivo per ottobre dal sottosegretario Stefano Saglia, viene emanato sotto forma di decreto del Consiglio dei Ministri su proposta del ministero dello Sviluppo, che si avvarrà dell'Agenzia, di concerto con il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, con il ministro dell'Ambiente e con quello dell'Istruzione, dell'università e della ricerca.
Per quanto riguarda infine la realizzazione vera e propria di una centrale saranno necessarie delibere Cipe sia sulle tipologie tecniche che per l'individuazione dei criteri per la costruzione di consorzi per la costruzione e l'esercizio degli impianti.
Insomma la strada è ancora lunga. La posa della prima pietra per i nuovi impianti era stata stabilita per il 2013. C'è già chi parla esplicitamente, ora, del 2014. il nuovo ministro non c'è ancora. E sulla durata della legislatura (e della maggioranza) sono in molti a non scommettere. Atomo bye bye?
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 settembre 2010

 

 

Parcheggi, tanti progetti ma pochi cantieri - I GRANDI CONTENITORI PREVISTI NEL CENTRO CITTADINO
 

Passi avanti per il ”San Giusto”, in stand-by Park Audace, piazza Sant’Antonio e piazzale Europa
Da un lato, i tasselli del mosaico Park San Giusto stanno andando andando uno dopo l’altro al loro posto e l’iter per la futura realizzazione del Park Audace pare ormai vicino al punto di svolta. Dall’altro, però, da piazza Sant’Antonio a Foro Ulpiano a piazzale Europa, non mancano progetti per la creazione di parcheggi in città impantanati fra le sabbie mobili della burocrazia.
SAN GIUSTO «La Sovrintendenza ha dato il suo assenso al Demanio per la cessione al Comune, in concessione di diritto di superficie, dell’area delle gallerie anti-aeree sotto il colle di San Giusto». Fa il punto della situazione il presidente della Park San Giusto spa, Franco Sergas. L’amministrazione comunale, attraverso la stessa società titolare del cantiere, affiderà poi per 36 anni lo spazio, e quindi il parcheggio quando pronto, alla società incaricata di gestirlo. «Senza questo passaggio - spiega ancora Sergas - i lavori non potrebbero andare avanti. Il Demanio peraltro, in attesa della formalizzazione degli atti a Roma, ci ha già autorizzato alla demolizione delle parti delle gallerie che interferiscono con il cantiere in essere», quello cioè in cui si stanno completando gli scavi archeologici. Al termine si procederà ad avviare gli interventi nella zona dove sarà sistemato «l’accesso principale al parcheggio. Indicativamente all’inizio del prossimo anno», conclude Sergas.
Nel frattempo, dal Comune sono «partite - fa sapere l’assessore con delega ai project financing Paolo Rovis - le lettere per l’esproprio della parte di sottosuolo di proprietà dei privati», altro passaggio chiave per consentire all’operazione di proseguire. Il Park San Giusto dovrebbe essere pronto entro la fine del 2013 con i suoi 718 posti auto. Un’opera da 35 milioni di euro.
PARK AUDACE «Fra un mese tutto potrebbe essere pronto per la convocazione». La previsione sulle tempistiche per l’attesa organizzazione della Conferenza dei servizi in cui verrà presentato il nuovo progetto per il Park Audace è di Antonio Fraccari, amministratore delegato di Interparking Italia, che sulle Rive - fra piazza Duca degli Abruzzi e molo Audace - vuole costruire un contenitore interrato da 600 posti macchina e 24 milioni di euro di investimento. «Prima della Conferenza dei servizi puntiamo a metterci d’accordo con l’Autorità portuale (che dovrà provvedere alla convocazione, ndr) - prosegue Fraccari - sugli aspetti relativi alla concessione. Al momento dell’incontro fra tutti i soggetti coinvolti, poi, saremo in grado di accogliere le richieste di modifica al progetto iniziale avanzate dal Comune, riuscendo a farlo restare cioè entro le Rive».
SANT’ANTONIO Resta per il momento in stand-by, invece, il futuro del parcheggio sotterraneo di piazza Sant’Antonio: una vicenda lunga, che muove i primi passi nel 2005, e che ora vede il Demanio chiamato a pronunciarsi sul vincolo tavolare che grava su quell’area. Un vincolo che sottolinea come la stessa debba essere destinata esclusivamente a uso pubblico di giardino, con impossibilità di trarre redditi. Un’indicazione finalizzata a evitare insediamenti commerciali. «Il rischio - spiega ancora Rovis - è legato a eventuali interpretazioni restrittive di questa disposizione, legate al fatto che anche il parcheggio determina reddito. La nostra richiesta di cancellazione del vincolo è stata ora inviata a Roma dagli uffici del Demanio di Udine». Qui sono due le proposte progettuali in ballo. Alla fine dovrebbero vedere la luce 330 posti interrati, con la contestuale risistemazione e riqualificazione dell’area verde in superficie.
UNIVERSITÀ Altro progetto in ballo dal 2005 è quello che interessa piazzale Europa, laddove la strada curva di fronte all’edificio centrale dell’Università. A determinare la sua permanenza in ghiaccio, in questo caso, è il Piano regolatore. «Questo progetto - illustra Rovis - è in attesa dell’entrata in vigore della variante generale al Piano regolatore perché il Piano adottato ha modificato la destinazione dell’area. Sarà poi necessaria dunque la rivisitazione del progetto, con un nuovo piano finanziario da parte dell’impresa interessata, cioè la Carena».
MATTEO UNTERWEGER
 

 

Foro Ulpiano, il Comune attende Saba Italia - Prevista entro fine anno la consegna degli elaborati per il raddoppio della struttura
 

Il cronoprogramma dice che il progetto definitivo per il raddoppio del parcheggio di Foro Ulpiano dovrebbe essere consegnato «entro la fine del 2010». Lo ricorda l’assessore comunale Paolo Rovis, che però ammette: «Attendiamo da Saba Italia la presentazione del progetto preliminare dell’opera che dall’attuale capienza di 695 posti auto porterà a un totale di 1.079. Si spera che entro l’anno arrivi il progetto preliminare, con il nuovo piano economico finanziario». Saba Italia aveva scelto di concentrarsi sul raddoppio di Foro Ulpiano, rinunciando a realizzare il park davanti alla Stazione marittima.
Altro capitolo, la struttura di via Cologna, già attiva nella sua componente sotterranea con i suoi 158 stalli. Entro il 25 gennaio 2011 è prevista anche la consegna del parcheggio a raso sulla copertura del Park Cologna: 42 posti auto e altri 8 per le moto. Ci sono poi i 120 posti coperti del polo Dreher, tra Il Giulia e via Pindemonte in zona Rotonda del boschetto, cui se ne sommano in superficie altri 135. Quanto a questi ultimi, il Comune attende la consegna degli elaborati per gli interventi da parte di Saba Italia. «I project financing - riflette Rovis - sono attivi su tutte queste partite, e stanno seguendo i relativi iter. A parte il Park San Giusto che sta già andando avanti on i lavori. Le procedure sono seguite costantemente, alcune lentezze dipendono evidentemente da altri enti o da fattori esterni. D’altronde, il problema della burocrazia vale per tutti: iter e norme sono di una complessità enorme, e i tempi si dilatano».

(m.u.)
 

 

La ”triangolazione” delle cozze tossiche - Già 150 persone colpite dal virus che provoca diarrea. Nas al lavoro nella nostra regione
 

Guariniello vuole scoprire se i mitili dirottati a Chioggia sono stati smerciati anche dopo il divieto
Per andare fino a Torino le cozze con la tossina algale liposolubile Dsp sono passate per le «piattaforme» di Rovigo, Gabicce, Pesaro e Ferrara. Quasi una gara ”millemiglia”, una sorta di giro ”turistico” attraverso città e province.
È questo quanto emerge dalle indagini del procuratore di Torino Raffaele Guariniello: una sorta di triangolazione dei prodotti anche contaminati effettuata con camion frigorifero che hanno percorso le autostrade di mezza Italia arrivando non solo a Torino ma anche fino a Genova e Aosta. Quantitativi importanti se si pensa che l’altra sera il numero delle vittime ha raggiunto quota 150.
La triangolazione: un sistema che, questa è l’ipotesi, potrebbe essere stato adottato forse anche per forzare e superare il divieto imposto dall’Azienda servizi sanitari. Per questo i carabinieri del Nas di Udine stanno proprio cercando di ricostruire l’itinerario dei mitili seguendo quello che tecnicamente si chiama il sistema della tracciabilità. Ma i militari stanno anche cercando di capire se qualche trasporto sia stato misto. E cioè cozze raccolte prima del 16 e anche dopo il 16 settembre e cioè vietate. Tutto con documenti apparentemente in regola.
Ma quanta roba potrebbe essere passata in questo modo? Quello che emerge è un giro vorticoso di prodotti deperibili che percorrono migliaia di chilometri su e giù per l’Italia prima di essere smerciati. Ma è difficile fare un calcolo. Si sa solo che nei giorni dal 12 al 16 settembre, prima comunque che l'Azienda sanitaria imponesse la chiusura delle miticolture, sono stati pescati e smerciati sul mercato di tutta Italia circa mille quintali di molluschi. E questo emerge dai dati del Consorzio giuliano maricoltori (Cogiumar), che riunisce le imprese impegnate in questo settore a Trieste. I miticoltori hanno anche spiegato che il prodotto coltivato nel periodo è stato venduto, come consuetudine, a due grandi centri dello smercio, che si trovano a Chioggia (Venezia) e Goro (Ferrara), che poi distribuiscono i molluschi in tutta Italia anche attraverso le cosiddette «piattaforme» di Rovigo, Gabicce e Ferrara. Ma anche direttamente ad alcuni commercianti della Puglia.
I militari stanno anche facendo una verifica sui controlli quindicinali dell’Arpa nelle zone di coltura di tutto il litorale triestino effettuati nei periodi antecedenti al 16 settembre, giorno del black out della produzione della raccolta e della commercializzazione. Infatti anche se le analisi hanno dato un esito negativo, può succedere, come spiegano gli esperti, che nei giorni seguenti si manifestino aspetti di positività alla tossina algale liposolubile. Che però sono evidenziati solo due settimane dopo e cioè in occasione del controllo successivo dell’Arpa. Dunque potrebbe anche essere che cozze contaminate siano state spedite da Trieste all’insaputa degli stessi produttori e distributori.
CORRADO BARBACINI
 

 

Aurisina, scontro sulla nuova variante al Prg - L’OPPOSIZIONE ANNUNCIA BATTAGLIA SE LA GIUNTA NON DARÀ RISPOSTE ALLA DOMANDA ABITATIVA
 

DUINO AURISINA Iniziano le “grandi manovre” in vista della stesura della nuova variante, la 27, al Piano regolatore comunale di Duino Aurisina. Ed è già scontro tra maggioranza e opposizione, con quest’ultima pronta ad alzare le barricate se il documento non conterrà soluzioni in grado di dare una risposta adeguata alla crescente domanda abitativa e alla necessità di trattenere sul territorio le giovani famiglie, sempre più propense a stabilirsi in altri comuni dove i prezzi del mercato immobiliare appaiono decisamente meno salati.
Nei giorni scorsi la Seconda commissione permanente (Assetto e utilizzo del territorio) ha avviato i lavori per la stesura delle direttive inerenti una variante al piano regolatore. Domani mattina la commissione si riunirà nuovamente per mettere a fuoco i vari punti.
«E’ un impegno preso dall’amministrazione Ret, in seguito all’ordine del giorno redatto dai capigruppo di maggioranza e opposizione, in sede di approvazione della variante 24-25 – spiega il consigliere Fabio Eramo, che presiede la commissione. Nell’indirizzo si era stabilito che sarebbe stata redatta una successiva variante per rendere omogenee le zone in linea generale, e in particolare le zone B, rivedendo così le relative norme tecniche d’attuazione, rielaborando lo strumento urbanistico stesso ed esaminando le osservazioni pervenute sulla variante 24-25 che non potevano essere accolte in quel momento, in quanto non attinenti, nonché ulteriori segnalazioni di cittadini ed enti. Ci si augura – conclude – che i lavori producano una delibera di direttive, condivise anche dall’opposizione».
Perplessità, sul metodo utilizzato, vengono avanzate dal consigliere comunale dei Verdi Maurizio Rozza: « Fare varianti sulla base delle richieste pervenute dai cittadini non è pianificazione territoriale – osserva –. Sacrosanto valutarle, ma all’interno di una “griglia” che deve essere stilata sulla visione dell’interesse pubblico. Interesse che naturalmente non coincide con la somma degli interessi privati».
Per l’esponente dell’opposizione «le priorità dovrebbero essere quelle di conservare e valorizzare in modo sostenibile le ricchezze del territorio e di assicurare che cessi l’esodo di persone nate a Duino Aurisina, praticamente obbligate ad andarsene perché non riescono a trovare casa qui».
«Ma questo ultimo punto – aggiunge Rozza – non si può affrontare semplicemente, continuando ad avviare interventi speculativi sul territorio, che spesso rimangono comunque al di fuori della portata economica dei residenti e diventano delle “enclave-dormitori” in grado di demolire il tessuto sociale. Sarebbe necessario avviare un piano di edilizia convenzionata – sottolinea – attraverso cui il Comune, su un terreno degradato, possa stilare progetti e redigere un bando che privilegi residenti e bassi redditi. Ciò andrebbe fatto al posto di uno dei tanti interventi speculativi fatti e programmati».
A preoccupare Rozza sono alcune previsioni degli indirizzi, come per esempio «la correzione del perimetro della Riserva naturale cosiddetta “Belci” e le strutture “leggere” che sembrerebbe diventino possibili in tutte le zone costiere. Per quanto riguarda invece la Costa dei barbari come ”riserva naturale” – conclude – ho detto e ripeto che un punto di ristoro, nonché un centro visite vada creato e dato in gestione nella zona del parcheggio sul tratto di strada dismessa. Allestimenti nella parte sottostante snaturerebbero l’area, scelta da locali e turisti proprio perché selvaggia».
Tiziana Carpinelli
 

 

"Termina SNAM ? Uno scampato pericolo" - Parla Graziano Benedetti, decano degli ambientalisti monfalconesi

 

"Le navi gasiere avrebbero paralizzato il Golfo. Tante promesse difficili da mantenere" (leggi l'articolo)

 

 

 

 

VoceARANCIO - MERCOLEDI', 22 settembre 2010

 

 

Addio vecchio (e sporco) sacchetto di plastica
 

Utilizzati solo per 20 minuti, impiegano 400 anni per essere distrutti dall’ambiente. In Italia ne consumiamo 20 miliardi all’anno, dal 2011 saranno per legge biodegradabili
Dal primo gennaio 2011 saranno vietati i sacchetti di plastica non biodegradabili. La Finanziaria 2007, sulla base della normativa europea EN 13432, li aveva messi al bando a partire dal 31 dicembre 2009, ma lo scorso autunno la scadenza è stata prorogata di un anno.
«In nome del rispetto per le specie viventi, per il paesaggio e per la bellezza, per l’ambiente dell’Italia e del Pianeta. Io sottoscritto, mi impegno a non fare più uso dei sacchetti non biodegradabili “usa e getta” e chiedo agli esercizi commerciali di trovare nuove soluzioni. Chiedo inoltre al ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare di impegnarsi a non prorogare ulteriormente il divieto di commercializzazione di sacchi non biodegradabili, non rispondenti ai criteri fissati dalla norma comunitaria EN 13432, oltre il 31 dicembre 2010». È la petizione di Legambiente per non prorogare ulteriormente il divieto di commercializzazione dei sacchetti non biodegradabili. La petizione si può firmare on line su www.legambiente.it o www.puliamoilmondo.it e ad oggi sono state raccolte oltre 3.600 adesioni.
Nel mondo si consumano tra i 500 e i 1000 miliardi di sacchetti di plastica all’anno. In Europa, 100 miliardi. L’Italia, con 20 miliardi, è il primo paese “consumatore” in Europa, dove la media per paese è di 13 miliardi.
Ognuno di noi consuma una media di 300 sacchetti all’anno (in Germania, la media è di 65). In peso, 6 grammi di polietilene ad alta densità ciascuno, quasi 4 chili di plastica all’anno. Basterebbe usare una borsa riutilizzabile ogni volta che si fa la spesa per risparmiare 180mila tonnellate di petrolio e 8 kg di CO2 all’anno.
Mediamente un sacchetto di plastica viene usati per 20 minuti, il tempo medio tra la cassa e il frigo. L’ambiente, per distruggerlo, impiega dai venti ai 400 anni. Fino anche a 1000 anni, secondo l’Agenzia europea per l’ambiente.
Per produrre 100 miliardi di buste si consumano 910 mila tonnellate di petrolio all’anno. Per produrre 100 sacchetti di plastica biodegradabile ci vogliono 1 kg di mais e 1 kg di olio di girasole.
Solo l’1% dei sacchetti di plastica viene riciclato a livello mondiale. Riciclarli, infatti, costa più che produrli. Secondo Jared Blumenfeld, direttore del dipartimento del Medio Ambiente di San Francisco, riciclare una tonnellata di sacchetti di plastica costa 4.000 dollari, mentre comprare la stessa quantità nuova costa 32 dollari.
Inventato da un ingegnere svedese, nel 1965, il sacchetto di plastica è di solito fatto di polietilene ad alta densità (HDPE), prodotto in film (pellicole) da una materia prima che può essere sia petrolio che gas naturale. Ha spessori diversi: dai 7 micron fino ai 40 micron e oltre. In Italia, si usano normalmente quelli con spessore di circa 23/24 micron.
Facilmente trasportati dal vento e dispersi nell’ambiente, nei fiumi, nei mari e sul territorio, i sacchetti di plastica sono un pericolo per l’ecosistema: le tartarughe marine muoiono perché ingeriscono sacchetti di plastica alla deriva scambiandoli per meduse, il loro cibo preferito e, secondo le stime dell’Unep, un milione di uccelli marini vengono uccisi per strangolamento, per soffocamento o per blocchi intestinali. Con il tempo, i raggi ultravioletti e il calore degradano i sacchetti in frammenti sempre più piccoli, che contaminano i suoli e le falde acquifere, entrando nella catena alimentare a partire dagli organismi più piccoli.
L’80% dei rifiuti che si trovano nei mari e negli oceani è costituito dalla plastica (rapporto Unep 2009).
A 800 miglia a nord delle Hawaii, nell’Oceano Pacifico, le correnti hanno formato una enorme concentrazione dei rifiuti dispersi nell’ambiente, il cosiddetto Pacific Trash Vortex. In gran parte costituito da plastica, ha un’estensione che varia a seconda delle stime tra i 700.000 e i 10 milioni di kmq e un peso stimato di 3 milioni di tonnellate. “Isole di plastica” sono state segnalate anche nel Mediterraneo, tra la Sardegna e le Egadi.
I maggiori paesi esportatori di shopper: Cina, Malaysia e Thailandia.
Cina, India, Taiwan, Sudafrica, Eritrea, Ruanda, Somalia e altri paesi hanno già vietato da tempo i sacchetti di plastica sottile (inferiore ai 25-30 micron) non biodegradabili. Nel 2002 il Bangladesh li ha banditi dopo aver scoperto che intasavano i canali di deflusso dell’acqua e per questo, in caso di alluvioni, la capitale Dhaka, restava semisommersa per mesi.
Dal 2003, in India, nello stato dell’Himachal Pradesh, chi usa buste di plastica rischia sette anni di carcere e una multa pari a 1.500 euro. Durissima, in merito, anche la legislazione del Sud Africa: chi getta un sacchetto di plastica rischia una multa di 100.000 rand (10 mila euro) o una condanna fino a 10 anni di prigione e quando si va a fare la spesa è obbligatorio portarsi da casa la shopping bag. Dal novembre 2006, introdurre sacchetti e usarli a Zanzibar, l’arcipelago al largo della Tanzania nell’oceano Indiano, è illegale. Chi non rispetta il divieto rischia una pena fino a sei mesi di prigione o una multa di 2.000 dollari.
Nel marzo del 2007, San Francisco vietò l’uso degli shopper nei grandi supermercati e nelle farmacie. Da allora, ogni anno si risparmiano circa 100 milioni di borse di plastica.
In Europa, la prima a imporre il divieto è stata l’Irlanda, nel 2002. Per ogni sacchetto di plastica non biodegradabile fu imposta una tassa (la cosiddetta PlasTax) di 15 centesimi al fine di ridurne l’utilizzo e di evitare di contribuire all’inquinamento delle campagne irlandesi. Secondo il ministero dell’Ambiente il numero dei sacchetti di plastica, nei mesi successivi all’adozione della tassa, diminuì del 90% e l’imposta di 15 centesimi rese più di 13,5 milioni di euro, reinvestiti poi in progetti ambientali.
In Italia alcuni comuni (stando a Legambiente almeno 150) hanno agito d’anticipo sul divieto che dovrebbe entrare in vigore in gennaio e hanno già messo al bando le borse di plastica non biodegradabili. Torino è stata una delle prime città. «Si possono fare tutti i ragionamenti del mondo, ma quella che va incentivata è la consapevolezza ambientale: si devono cambiare la cultura e le abitudini», ha detto il sindaco Sergio Chiamparino. Banditi gli shopper in propilene anche da Anacapri, Cesena, Ercolano, Lesmo, Tortolì, Senigallia, Arezzo, Brugherio, Castelfranco Veneto, Cava dei Tirreni, Montebelluna, Sarno, Vico Equense …
«Non vogliamo che il Parlamento faccia dei nuovi rinvii, dobbiamo educare cittadini e operatori commerciali al giusto comportamento abbandonando la cattiva abitudine dei sacchetti di plastica che non è più sostenibile» (il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che ha promosso in collaborazione con l’Ama un programma sperimentale per la progressiva riduzione di questo tipo di sacchetti).
A Roma ogni anno vengono consumate circa 1 miliardo e 600 mila buste in polietilene. Nella sola provincia di Milano vengono venduti ogni anno 1,3 miliardi di shopper in plastica, pari a 421 sacchetti pro capite. Di questi, il 23% - pari a circa 300 milioni di pezzi - è distribuito nei supermercati.
Molte catene della grande distribuzione hanno già sostituito (in tutto o in parte) i sacchetti di plastica “non biodegradabile” con borse della spesa riutilizzabili, sacche in cotone o in iuta “equo e solidale”, sacchetti di carta o in Mater-Bi, «polimero biodegradabile» ricavato dall’amido di mais, brevettato e prodotto dalla Novamont di Novara.
Dal primo gennaio 2010 Leroy Merlin, in base alla Finanziaria 2007, ha eliminato da tutti i 23 punti vendita italiani i sacchetti non biodegradabili. La sostituzione con eco bag ha consentito un risparmio, in 6 mesi, di circa 778.000 shopper. Ikea già da tempo non propone più gli shopper di plastica, ma buste di carta e capienti borsoni blu. Dal 2009, Auchan non distribuisce più il sacchetto usa-e-getta e in un anno ha venduto un milione e duecentomila borse riutilizzabili realizzate in collaborazione con il Wwf.
Julia Roberts, quando va a fare la spesa, si porta da casa i suoi sacchetti ecologici.
Andrea Poggio, vicedirettore di Legambiente: «Il sacchetto di plastica è l’emblema dell’economia dello spreco, la sporta o il sacchetto elegante riutilizzabili sono tornati di moda: milioni di tartarughe, pesci e uccelli marini ci ringrazieranno».
Un paio di anni fa la borsa ”Im not a plastic bag” (“Non sono un sacchetto di plastica”) - tela ecologica, manici in corda e prezzo da bancarella (12 euro) – è andata a ruba. Disegnata dalla stilista inglese Anya Hindmarch allo scopo di sostituire nell’uso quotidiano i sacchetti di plastica, è stata vista al braccio di Kiera Knightley, Sienna Miller, Jessica Alba e Scarlett Johansson.
Se si usa una borsa di tela per la spesa, si possono risparmiare sei sacchetti a settimana, cioè 24 sacchetti al mese, 288 sacchetti all’anno, 14.400 sacchetti in 50 anni di vita di spesa.
Dal 24 al 25 settembre, “Puliamo il mondo insieme” di Legambiente: migliaia di volontari si mobilitano in tutta Italia per recuperare numerosi luoghi dal degrado e, allo stesso tempo, per promuovere il corretto smaltimento dei rifiuti e una maggiore attenzione al territorio.
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 settembre 2010

 

 

Benzoapirene in Ferriera, lavoratori a rischio - Secondo i dati dell’Arpa, valori venti volte superiori alla media
 

Vale tutto e il contrario di tutto. La Ferriera inquina ma non è l’unica. Servola soffre ma non più di altri rioni. L’incidenza dei tumori sulla popolazione incomincia a diventare inquietante, ma non necessariamente nei rioni presi in esame. Non tutte le centraline sono attendibili (di sicuro, pare, non quella di via San Lorenzo in Selva). In un’orgia di dati e numeri, emerge invece un dato che realmente preoccupa: quello sui lavoratori della Ferriera, sottoposti tra i 2009 e il 2010 a dosi di benzoapirene nell’aria che hanno superato di venti volte i valori massimi, mentre anche il benzene è assestato su valori che vanno regolarmente oltre la soglia di sicurezza.
La riunione di ieri mattina in seno alla commissione comunale per la Trasparenza, presenti oltre ai referenti municipali anche gli esponenti dell’Arpa e quelli dell’Azienda sanitaria che hanno svolto alcuni rilevamenti nella zona, rilancia dubbi antichi e nuove certezze. La prima: contrariamente a quanto si pensa il potere del Comune nei casi di inquinamento come quello che l’immaginario collettivo abbina all’impianto della Lucchini sono abbastanza ridotti. E assolutamente mirati. «In pratica – ha spiegato per l’amministrazione l’ingegner Caputi – il sindaco può emettere ordinanze per la tutela della salute pubblica solo su un fatto specifico che si è verificato». Come dire: se la Ferriera dovesse diventare un giorno come Fuorigrotta, tra esplosioni e fumi, potrebbe anche ordinarne la chiusura temporanea. Se invece, genericamente, le si imputa di inquinare l’aria, la cosa va verificata volta per volta.
Nella fattispecie questo significa, cosa che sta facendo l’Arpa regionale, esaminare ad esempio la relazione fatta dalla Lucchini sugli ”incidenti” che hanno coinvolto gli impianti nei primi sei mesi del 2010 e che sarebbero alla base degli sforamenti. Oppure, cosa già fatta, parametrare quei dati, assolutamente siderali in termini di inquinamento, con quelli del 2009, a impianto funzionante.
Ma i malori, gli imbrattamenti, il diffuso timore di patologie da scontare non oggi ma magari tra qualche decennio? La dottoressa Marina Brana dell’Ass n° 1 non ha di certo lasciato spazio ai dubbi. «Lo studio più recente, effettuato nel 2008 assieme all’Arpa e al Centro oncologico sulle percentuali di diossine nell’aria – ha raccontato – non ha evidenziato eccessi di rischio. Per capirsi, non si sono registrati più eccessi nell’area in questione che altrove». Di più: a fronte di un’incidenza dei tumori che è notoriamente maggiore a Trieste rispetto al resto della regione i dati epidemiologici registrano meno casi in quel particolare distretto. E ancora: a fronte di una precisa domanda di Pellarini dei Bandelli boys è stato precisato che effettivamente sulla base di uno studio peraltro datato 2000-2001, le tipologie respiratorie relative ai bambini sono superiori nella zona industriale, ma sembra quasi un dato scontato «e comunque dipende di più dalle polveri sottili, le cosiddette Pm 10», così come lo screening cittadino, ben noto, che mette nella hit parade dei malanni locali i problemi cardiovascolari e quelli, appunto, respiratori.
Dopo l’ufficializzazione dei dati, comunque non positivi, si è fatta viva anche l’azienda, intesa come Ferriera. «I dati registrati dal mezzo mobile posizionato in via San Lorenzo in Selva – precisa in una nota – si riferiscono ad un’area completamente “inviluppata” dallo stabilimento siderurgico di Servola e dalle sue pertinenze e che, quindi, utilizzano parametri diversi per definire la qualità dell'aria (quelli attinenti ai luoghi di lavoro). La Lucchini Spa evidenzia comunque che i lavoratori sono dotati delle previste misure di protezione individuale (indumenti e mascherine idonee) e che gli stessi sono costantemente monitorati dal punto di vista sanitario». Vengono anche ricordati i 5 cicli di monitoraggio su 101 dipendenti della cokeria, senza risultati negativi, effettuati con il supporto di medicina del lavoro dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria.
FURIO BALDASSI
 

 

Centrale elettrica, rinvio in Consiglio - Una seduta senza sussulti - Sbloccata la questione del complesso Antiche Velerie di via Giulia
 

Il piano regolatore non decolla, il piano del traffico è ancorato, la maggioranza rimane in stand-by, ma almeno qualcosa si muove. E, dopo la ridda di distinguo e il faticoso embrasson nous del centrodestra che è stato alla base della decisione di non decidere nulla, qualcosa di operativo l’aula del consiglio comunale è riuscita a licenziarlo. Per giunta, ironia della sorte, con un quasi unanimismo che di questi tempi lascia quasi basiti. «Una seduta di baci e abbracci», per usare l’azzeccato paragone del forzista Piero Camber. Una seduta affollata, tra l’altro, viste le 41 presenze.
Nei fatti è stato approvato quello che probabilmente non si poteva procrastinare oltre. Aspetti minori ma fino a un certo punto come i piani particolareggiati di Basovizza, passati all’unanimità, così come la questione del complesso edilizio Antiche Velerie di via Giulia, che ha convinto, e non da oggi, tutti i presenti. Facile capire perchè. In ballo c’erano infatti le 57 famiglie di condomini del complesso abitativo, che risultava privo dell’attestazione di abitabilità. Casus belli: le bocche di aerazione, illecitamente insediate su una strada di proprietà comunale. Problema risolto, col passaggio di proprietà gratuita del marciapiede ai condomini, bloccati in un vero vicolo cieco perchè, ad esempio, non potevano vendere perchè non avevano l’abitabilità del loro appartamento.
Nel clima alla ”volemose bbene” è passata anche la proposta del presidente della VI commissione, Roberto Sasco, che voleva l’istituzione della Consulta per la famiglia, intesa come struttura di supporto alle molte necessità dei vari nuclei. La richiesta è passata con solo due astenuti. Si è tornati all’unanimità, invece, quando è stato deciso che il Comune resterà nel cda di Terminal Fernetti, ipotesi sulla quale hanno votato tutti a favore, mentre è slittata la discussione sugli ordini del giorno perchè il sindaco Dipiazza ha dovuto assentarsi.
Nulla di fatto, infine, sulla centrale elettrica che vorrebbe realizzare la Lucchini. La discussione è stata rinviata in sede di commissione VI per domattina alle 11 con alcune pregiudiziali: il testo, come spiega ancora Camber, «dovrà essere ripulito da tutti i richiami al rigassificatore e dovrà contenere chiaramente l’ipotesi operativa che risulterà alternativo alla Ferriera».

(f.b.)
 

 

Guariniello: «Le cozze tossiche arrivano da Trieste» - Lo sostiene il procuratore aggiunto di Torino. Smerciati 1000 quintali prima dello stop
 

«Ci sono alcuni elementi che portano a Trieste per quanto riguarda l’inchiesta sull’intossicazione causata dalle cozze».
Lo ha dichiarato il procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello dopo i settanta casi attribuibili agli effetti della tossina ”Dsp” riscontrati tra domenica e lunedì in Piemonte, Valle d’Aosta e in Liguria.
Ieri mattina, su indicazione dello stesso magistrato, i carabinieri del Nas di Udine si sono presentati negli uffici del Servizio tutela igienico sanitario degli elementi dell’Azienda per i servizi sanitari. Lo scopo è stato quello di verificare se, nonostante la sospensione della raccolta dei molluschi in golfo disposta lo scorso 16 settembre, ci siano stati casi di commercializzazioni illegali di mitili. Insomma che qulcuno abbia fatto il furbo mettendo sul mercato alimenti pericolosi per la salute pubblica nonostante il divieto.
«Posso confermare - ha detto Guariniello - che sono in corso una serie di accertamenti proprio su questi elementi». Aggiunge: «La verifica riguarda la responsabilità e non giustifica la ricorrenza del fenomeno. Se queste presenze di ”Dsa” si conoscono da tempo perché accadono ogni anno - rileva il procuratore - bisogna anche prevenirle con azioni mirate». Ora il sospetto degli investigatori è che nonostante il divieto alcuni quantitativi siano stati commercializzati. È anche emerso che seppur ”targate” Gabicce o Rovigo come è accaduto in un paio di verifiche le cozze provenivano i realtà da Trieste. Il reato ipotizzato è quello di aver provocato intossicazioni alimentari.
Il black out della raccolta dei mitili in golfo era scattato lo scorso 16 settembre con un’ordinanza firmata dal veterinario responsabile, Maurizio Cocevari. Ma nelle settimane precedenti erano state imposte sospensioni mirate in una serie di aree costiere in cui erano già stati accertati casi di presenza della biotossina. Non solo. I veterinari dell’Azienda servizi sanitari nell’ordinanza hanno anche disposto cautelativamente il black out alle strutture poste al Villaggio del pescatore, alle foci del Timavo e infine alla Diga Rizzo dove invece non erano state trovate le biotossine ”dsp”. E stato anche ordinato il ritiro dal commercio delle cozze portate nei centri dopo il 13 settembre. Ma dal 12 al 16 settembre sono stati smerciati da Trieste mille quintali di cozze. Destinazione i mercati di Chioggia e Goro. Da qui le certezze di Giariniello sulla provenienza dei mitili tossici.
«C’è stato un aumento delle alghe che ha causato il fenomeno», ha spiegato ieri lo stesso Cocevari. Ha aggiunto che i test sono stati effettuati «nell’ambito del monitoraggio dell’Arpa». «In questi casi - ha spiegato Cocevari - scatta un sistema d'allerta e tutti i produttori sono invitati a ritirare le cozze dal commercio. L'ordinanza viene trasmessa alle regioni vicine. I mitili - ha aggiunto Cocevari - hanno vita breve e dunque, finchè si instaura il ritiro, le cozze riescono a raggiungere il consumatore. Se si riesce a ritirare il 70% della merce è già un buon successo».
E intanto nei negozi di Trieste cresce l’apprensione. Ieri mattina in una pescheria del centro una donna ha acquistato una quantità di cozze vendute come locali. «Le ho gettate nell’immondizia. In questi casi non si scherza», ha detto.
In un’altra pescheria hanno confermato che i prodotti in vendita provengono dalla zona di Rimini. «Invitiamo i consumatori a verificare la provenienza delle cozze che acquistano. Sui sacchetti ci sono i cartellini con le sigle dell’area geografica di produzione», spiega un commerciante.
CORRADO BARBACINI
 

 

I maricoltori: da un mese non vengono raccolti in golfo - IL PRIMO ALLARME DURANTE L’ESTATE A LAZZARETTO
 

«Da quasi un mese i mitili non vengono più raccolti nel golfo di Trieste. Abbiamo sospeso ogni attività fin dal momento in cui era emersa la presenza massiccia di microalghe tossiche nel braccio di mare antistante il Lazzaretto di Muggia. E’ un fenomeno che si ripete quasi ogni anno e che ha arrecato molti danni ai mitilicoltori».
Lo ha dichiarato ieri Guido Doz, punto di riferimento dei pescatori e degli allevatori di mitili. Le aziende che si sono fermate spontaneamente, ben prima dell’emanazione del provvedimentoo dell’Arpa del 16 settembre, sono 17 e coinvolgono un centinaio di famiglie.
«Da almeno due settimane nessuno vende legalmente i mitili del nostro golfo» aggiunge Guido Doz, lasciando aperta la porta alla tesi di commercializzazioni illegali. «In Istria la raccolta dei mitili non si è mai fermata e nemmeno in Veneto dove i controlli sulla presenza di microalghe tossiche non sono assidui come nella nostra Regione».
Le crisi diarroiche che i mitili spesso innescano tra chi li mangia al passaggio tra estate e autunno - come ora sta accadendo in Piemonte - è noto fin da tempi lontanissimi. «Pedoci col late no se magna» dicevano gli anziani. La biologia ha poi definito il problema.
«Quasi 90 anni fa - spiega la dottoressa Marina Cabrini, ricercatrice del Dipartimento di Oceanografia biologica dell’Ogs- Fiederich von Schiller aveva definito l’evoluzione della popolazioni di Dinophysis nel golfo di Trieste. Vent’anni fa il biologo giapponese Yasumoto ha collegato la presenza massiccia di questa microalga alle diarree innescate dall’ingestione di mitili. In altri termini i ”pedoci”, filtrano l’acqua di mare in cui è presente la Dinophisis. Non la metabolizzano perché la microalga ha un guscio resistente ma la immagazzinano nel loro apparato digerente per espellerla. Alla fine dell’estate le popolazioni di Dinophysis presenti in golfo tutto l’anno si moltiplicano a dismisura, favorite dalla temperatura dell’acqua e dalla prolungata presenza di luce solare. D’estate un mitilo nelle 24 ore filtra 120 litri d’acqua e le Dinophysis si accumulano nel suo intestino. Paradossialmente questi dinoflagellati sono presenti alle stesse profondità in cui vengono allevati i mitili: tra i cinque e i 10 metri tant’è che un nostro esperimento ha dimostrato che sul fondo sono quasi assenti. Lo ripeto: è un fenomeno si ripete stagionalmente e i produttori lo sanno. Per evitare contraccolpi economici e mediatici concludono la raccolta dei mitili ad agosto».
CLAUDIO ERNÈ

 

 

«Acquario, il mare è inquinato» - Il Wwf avanza dubbi sugli interventi attuati dal Comune di Muggia
 

Il primo cittadino: «Abbiamo agito con tempestività, evitando gravi problemi ambientali»
MUGGIA Dubbi sugli interventi del Comune di Muggia sul terrapieno Acquario. Ad avanzarli è la sezione triestina del Wwf, che in una nota dice di «non essere sicuro che le opere avviate dal Comune di Muggia su Acquario (parziale ripristino della scogliera a mare e livellamento del terreno) siano state condotte nel rigoroso rispetto delle disposizioni di legge a carico dei responsabili».
Dopo aver esaminato i dati delle analisi effettuate dal Cigra (Università di Trieste), dati validati dall’Arpa, l'associazione ambientalista evidenzia come tali risultati confermino lo stato di «pesante inquinamento del terrapieno – fatto peraltro già noto e denunciato da anni – sia da parte di metalli pesanti (piombo, zinco, rame), sia soprattutto da parte di idrocarburi policiclici fortemente cancerogeni e dei Pcb, pure cancerogeni, un tempo usati soprattutto nei trasformatori di energia elettrica».
Tutte sostanze, osserva il Wwf, «facilmente riferibili ai rifiuti e ai terreni inquinati dell’ex cantiere navale San Rocco, come del resto era stato denunciato anni addietro dagli ambientalisti, sostanze che nel terrapieno non dovevano esserci».
Il terrapieno non è stato poi dotato di «un'adeguata protezione sul lato mare, con la conseguenza, come il Comune di Muggia ha “scoperto” di recente (ma era noto da anni), che le sostanze inquinanti si riversano in mare per effetto dell’erosione. Risulta perciò evidente che gli enti – Regione, Provincia e Comune di Muggia – che avrebbero dovuto vigilare e intervenire, dall’autorizzazione alla discarica nel 1996 fino al sequestro da parte della magistratura nel 2003, ma anche negli anni successivi, hanno mancato ai loro doveri».
Rimane poi aperta la questione relativa all’obbligo di bonifica: «I costi della bonifica devono essere sostenuti dai responsabili – rileva sempre il Wwf – almeno in parte già individuati dalla magistratura penale. Pertanto le procedure di bonifica dovranno essere proseguite e condotte nel rigoroso rispetto delle disposizioni di legge a carico dei responsabili. Quello che ci chiediamo è se le opere avviate dal Comune di Muggia rispettano questi criteri».
Stupito dalle conclusioni del Wwf, il sindaco di Muggia Nesladek: «Non corrisponde a verità – afferma – che davanti al terrapieno il mare risulti inquinato dopo i crolli, ma soprattutto mi chiedo come non si possa apprezzare il fatto che l'amministrazione ha agito con tempestività, evitando gravi problemi ambientali, per la messa in sicurezza dell'area».
Il primo cittadino ricorda poi come il Comune non abbia potuto «aspettare i tempi burocratici della magistratura, affinché il costo dei lavori andassero a carico dei responsabili, vista l'urgenza che richiedeva l'intervento di salvaguardia del terrapieno, fermo restando – precisa – che al momento dovuto i soldi pubblici investiti per questo lavoro andranno a carico dei responsabili tramite la richiesta di un futuro risarcimento».
(r.t.)

 

 

Il Pd critica il pranzo dei governatori «Irrisolto il nodo del tracciato Tav»
 

TRIESTE «Se il presidente Renzo Tondo vuole farsi un’altra mangiata tra amici non occorre che vada fino a Treviso». Lo afferma l’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani, commentando l’incontro a pranzo tra il presidente del Friuli Venezia Giulia e il collega del Veneto Luca Zaia, in cui si sarebbe concordato tra l’altro di chiedere a Silvio Berlusconi la nomina di un commissario per la tratta Venezia-Trieste della Tav. «Ciò che ci fa denunciare il ritardo della Tav - spiega Serracchiani - è un senso di responsabilità che vorremmo fosse condiviso da chi amministra le due Regioni. Infatti, a tre mesi dalla scadenza dei finanziamenti europei, mentre non sappiamo ancora pressochè nulla del tracciato in Veneto, i due governatori non riescono ancora a organizzare un incontro di rango istituzionale per sciogliere il nodo del progetto preliminare».
 

 

Maxiprocesso per l’amianto, scoperti altri 30 casi mortali

 

Ricominciate ieri le udienze mentre la procura goriziana continua le indagini e apre una nuova inchiesta
GORIZIA Conclusa la pausa feriale è ripreso al tribunale di Gorizia il maxi-processo per la morte di 86 lavoratori esposti all’amianto. L’udienza di ieri ha visto ancora protagonisti, come testimoni, ex dipendenti dei cantieri che hanno raccontato come fino agli anni Ottanta si svolgeva il lavoro nello stabilimento navale di Panzano tra fumi e polvere d’amianto con sistemi di protezione di fatto inesistenti. Le testimonianze occuperanno ancora molte udienze di un processo che, se tutto procederà senza intoppi, durerà almeno un anno ancora. Ma al secondo piano del Palazzo di giustizia la Procura continua il suo lavoro di indagine su molti altri casi di decessi causati dall’esposizione d’amianto e denunciato dai familiari delle vittime. Un nuovo filone di inchiesta sta per essere portato a termine e riguarda altri trenta decessi di ex cantierini tutti causati, secondo quanto accertato, dall’asbestosi.
Se il maxi-processo durerà per tutto il 2011 prima di arrivare a un sentenza, di amianto le aule di giustizia goriziane di amianto dovranno occuparsene per molti anni a venire. Le statistiche indicano che i decessi continueranno almeno fino al 2020.
Tornando all’attualità ieri. tra le testimonianze, c’è stata quella di Carmelo Cuscurrà, che ha lavorato come dipendente dei cantieri dal 1955 al 1983.
«Non ho mai sentito - ha detto interrogato dal pubblico ministero Valentina Bossi - della pericolosità dell’amianto anche se sapevamo bene di lavorare con questo materiale» «Ci hanno abbandonato - è stata a un certo punto la sua accusa - e nessuno si è preoccupato di noi. Non avevamo nè mascherine nè altri mezzi di protezione». «Si lavorava anche di notte per far rispettare le scadenze degli appalti - ha detto Cuscurrà - perché eravamo orgogliosi del cantiere, che era la nostra prima casa», Il processo continuerà martedì prossimo e il giudice monocratico Matteo Trotta ha fissato altre tre udienze a ottobre, il 4, il 26 e il 28.
FRANCO FEMIA

 

 

Energia, la rete è da modernizzare - MONITO DEL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA FVG CALLIGARIS
 

TRIESTE «La Regione deve fare di più per migliorare e potenziare le infrastrutture energetiche del territorio, a cominciare dagli elettrodotti». Lo ha dichiarato ieri, a Trieste, il presidente di Confindustria Friuli Venezia Giulia, Alessandro Calligaris, partecipando al convegno «Energia sostenibile» promosso da Fondazione Internazionale Trieste.
«Occorre modernizzare la rete logistica e di trasporto – ha detto Calligaris – sia per quel che concerne l’elettricità sia sul fronte del gas naturale». Sempre Calligaris, poi, ha rimarcato il sostegno che il sistema – Confindustria intende assicurare al programma nucleare. Su questo tema, a livello regionale, ha sottolineato di «condividere la linea scelta dal presidente Renzo Tondo, finalizzata a sostenere i programmi di ammodernamento dell’impianto sloveno di Krsko».
Di nucleare non ha parlato solo il presidente degli Industriali friulani e giuliani. Anche Stefano Fantoni, direttore della Sissa e presidente di Fondazione Internazionale, ha posto l’accento sulle prospettive che il piano del Governo potrebbe determinare, sia in termini industriali sia per quel che concerne il mondo della ricerca.
«Con ogni probabilità – ha rivelato lo scienziato – uno dei dottorati promossi dal Centro nazionale di fisica a supporto del programma avrà sede a Trieste. Il suo obiettivo sarà quello di formare professionalità ad altissima specializzazione da impiegare nel programma». Al momento, però, secondo Fantoni, il fiore all’occhiello del sistema universitario triestino (Università di Trieste e Sissa) è rappresentato dalle molteplici attività condotte nel campo delle nanotecnologie.
«Un settore – ha aggiunto il numero uno della Scuola superiore di studi avanzati – fondamentale per migliorare il rapporto tra costi ed efficacia delle tencologie legate allo sfruttamento delle energie rinnovabili». Nel corso dei lavori del convegno sono stati diversi gli esperti che si sono soffermati sulle potenzialità che queste applicazione hanno o possono avere. Tra gli altri, Alberto Morgante, del laboratorio nazionale di Tecnologie avanzate e nanoscienza, insediato nell’Area science park, e Ralph Gebauer, del Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam. E proprio in tema di nanotecnologie, a breve le università di Udine e Trieste, di concerto con la Sissa, lanceranno un dottorato dedicato.
«In Friuli Venezia Giulia si fa molta ricerca di base su questa materia – ha ricordato Fantoni -. Ora bisogna fare in modo di raccordare questi sforzi e favorire il collegamento con il mondo dell’impresa, in particolare con le realtà attive nel fotovoltaico dove i risultati raccolti dai ricercatori possono assicurare un miglioramento in tempi brevi degli standard attuali».
NICOLA COMELLI
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 21 settembre 2010

 

 

Patto Tondo-Zaia sul commissario Tav - I governatori lo chiederanno insieme a Roma. Si fa largo l’ipotesi Mainardi
 

All’incontro in un ristorante di Treviso hanno partecipato i vertici Pdl e Lega di Veneto e Friuli Venezia Giulia
TRIESTE Si incontrano in un ristorante, all’ora di pranzo, alla periferia di Treviso. Inseriscono, nel ricco menù politico, la questione ”scottante” della Tav. E, almeno a quanto trapela, si accordano: Renzo Tondo e Luca Zaia, mentre il conto (europeo) alla rovescia prosegue inesorabile, decidono di ”bissare” il modello della terza corsia. «Scriveranno una lettera a quattro mani in cui chiederanno a Silvio Berlusconi e al suo governo di nominare un commissario straordinario» confidano nei palazzi della politica. E aggiungono: «Il nome più gettonato è quello di Bortolo Mainardi. Architetto veneto, grande esperto di infrastrutture, attuale consigliere dell’Anas: un ottimo commissario».
IL PRANZO I governatori di Friuli Venezia Giulia e Veneto, quelli che volevano mantenere riservato il rendez vous, in verità non dichiarano nulla. Ma, a Treviso, non sono soli: il pranzo è politico, serve a rafforzare i rapporti di buon vicinato, a rilanciare le sinergie a Nordest, e pertanto raduna i massimi vertici regionali di Pdl e Lega. Il Veneto schiera Maurizio Zorzato (assente giustificato per impegni governativi Alberto Giorgetti) e Gianpaolo Gobbo mentre il Friuli Venezia Giulia risponde con Isidoro Gottardo e Pietro Fontanini: tutti assieme, per la prima volta, da quand’è finita l’era di Giancarlo Galan.
LA FINALITÀ L’obiettivo? «Benedire una collaborazione non solo istituzionale ma anche politica tra il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, visto che il Pdl e la Lega sono al governo delle due Regioni, in modo da rafforzare la voce del Nordest a Roma e in Europa» spiega un commensale. Sottoscrive un altro: «I due governatori si sono già sentiti parecchie volte, seppur senza le fanfare che accompagnavano i predecessori, e si sono subito intesi: sono due pragmatici. Ma Lega e Pdl volevano sancire una collaborazione forte, individuando i temi più importanti su cui adesso si apriranno i tavoli ”operativi”, al fine di costruire progetti comuni di sviluppo».
I TEMI La carne al fuoco non manca, anzi. E pranzo, ad esempio, si parla di Euroregione e di cooperazione transfrontaliera: si guarda all’ingresso della Croazia, si rilancia lo spirito di Alpe Adria, si punta «sui contenuti più che sui contenitori». Ma si parla anche di sanità e, con Tondo in pressing, si ragiona di integrazione anziché di competizione: «È assurdo farsi concorrenza o chiudere i confini. Si deve lavorare insieme» affermano gli invitati. Ancora, si parla di politiche di sviluppo, di finanziarie, enti e agenzie: si sancisce che Finest, a fronte della vocazione all’export delle pmi nordestine, non va svuotata o consegnata a Roma, ma valorizzata. Si ipotizzano enti o agenzie ”in comune” ad esempio per i pagamenti in agricoltura.
LA TAV Ma, inevitabilmente, a tavola, si parla soprattutto di infrastrutture. E la Tav conquista un ruolo di primo piano: il progetto preliminare della Venezia-Trieste va presentato entro il 31 dicembre, pena la perdita dei finanziamenti, ma il Veneto non ha ancora scelto il suo tracciato più o meno ”litoraneo”. «Tondo e Zaia hanno ribadito che i tempi saranno rispettati e si sono impegnati a indicare una soluzione condivisa all’Europa coinvolgendo anche gli europarlamentari» giurano i vertici di Pdl e Lega. Sottolineando, subito dopo, la mossa aggiuntiva: la richiesta formale a Roma di un commissario ”taglia-tempi”.
LE INFRASTRUTTURE Il capitolo infrastrutture, però, non si esaurisce con la Tav. Ed ecco, allora, che ci si impegna ad affrontare il dossier aeroporti. Ed ecco, ancora, che ci si confronta su strade e autostrade: il Veneto non accantona il ”sogno” di un collegamento diretto con Monaco ma il Friuli Venezia Giulia, ai tempi dell’A28 e della Pedemontana, invita a potenziare l’asse orizzontale e a ”sfruttare” Tarvisio. Ed ecco che si parla di portualità e del progetto Unicredit bandendo, almeno a parole, le rivalità: «Prima portiamo le navi, poi vediamo come distribuirle. C’è spazio per tutti».
ROBERTA GIANI
 

 

Sgonico, l’assessore Riccardi parlerà in Comune della Tav
 

SGONICO Un incontro con i responsabili di Rete ferroviaria italiana per discutere i progetti riguardanti il Corridoio 5. Sarà questo l'oggetto della seduta straordinaria del Consiglio comunale prevista per dopodomani alle 11 a Sgonico. All'incontro presenzierà l'assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi. La riunione era stata esplicitamente chiesta dall'amministrazione Sardoc, con l'interessamento in particolare del capogruppo della Slovenska skupnost Dimitri Žbogar il quale nel giugno scorso aveva chiesto informazioni sullo stato del progetto Tav. Accanto all'esponente dell'Unione slovena avevano aderito a tale proposta il vicesindaco Rado Milic, estremamente scettico sulla possibilità che per realizzare la struttura si possa «pensare di perforare il Carso in prossimità della Grotta Gigante». Più cauto il capogruppo del Pdl-Udc Denis Zigante: «È importante evitare lo scontro frontale stile Val di Susa senza avere prima delle spiegazioni e le cautele sull'impatto controllato del progetto della Tav: il progresso deve avere la precedenza e non può essere ostacolato senza un valida ragione».

(r.t.)
 

 

«Frane causate dalla scarsa prevenzione» - Dipiazza: chiederemo 500mila euro alla Regione e anche lo stato di calamità naturale
 

Giorgi: «Si è costruito senza tenere conto di quello che avevano detto gli esperti. L’assessore Rovis: «I tombini ostruiti non provocano smottamenti»
Dopo le piogge torrenziali che hanno avuto il picco nella notte tra sabato e domenica, arriva il momento di quantificare i danni e cercare di porvi rimedio. È il momento anche di individuare le cause e le eventuali responsabilità. Otto ore di acqua hanno lasciato mezza città in ginocchio mettendo a nudo con fango e detriti le ferite storiche del territorio di Trieste. Ferite sulle cui cicatrici si sono rovesciati in 24 ore 140 millimetri di pioggia. Una quantità definita eccezionale dai meteorologi. Tombini saltati, frane e allagamenti, un albero sradicato anche in via Giulia. Tutto si è snodato in un puzzle di danni e disagi: da Barcola a via Valerio, da Longera a strada di Fiume. E poi vicolo Delle Rose, via Nicolodi, scala Santa.
Non ha dubbi Massimo Giorgi, geologo del dipartimento di geofisica della litosfera all’Ogs: «Il problema è quello di una non adeguata pianificazione del supporto geologico in riferimento al piano regolatore». Per dirlo con parole semplici: si è costruito senza tener conto di quello che hanno detto gli esperti. Poi con rigore scientifico puntualizza: «L’evento meteorico non è stato normale ma neanche tanto eccezionale. L’acqua ha ruscellato verso i versanti: il terreno a Trieste è in gran parte impermeabile».
«Chiederemo alla Regione 500mila euro», annuncia Roberto Dipiazza. «Stiamo ancora valutando se domandare lo stato di calamità naturale - aggiunge il sindaco - non vogliamo penalizzare i privati che non beneficerebbero dei fondi pubblici».
Ma la colpa è stata solo della pioggia? Sogghigna Roberto Sasco, presidente della commissione consiliare urbanistica e soprattutto ingegnere esperto di territorio. Spiega, per chi non lo sapesse, che Trieste è una città divisa dal punto di vista del territorio in tre zone. E che il vero problema è rappresentato dal crinale formato da strati di marna e arenaria, e quindi non permeabile. Sasco punta il dito: «Bisogna bloccare l’edificabilità in queste zone. È stata tutta colpa della variante 66 (il piano regolatore nell’era di Illy sindaco, ndr) che ha consentito soprattutto a Barcola la costruzione di edifici di rilevante volumetria». Ma Sasco annota anche un altro fattore: «Una volta venivano effettuate costanti manutenzioni sia delle caditoie che dei pozzetti. Tutti interventi che ora vengono fatti saltuariamente. E questi sono i risultati. C’è un degrado indiscutibile. Per questo le strade si sono trasformate in corsi d’acqua, fango e anche liquami dal momento che le fogne sono miste. Manca la cultura della prevenzione», attacca Sasco: «Bisogna avere il coraggio di non costruire delle nuove case».
Dipiazza risponde secco: «Ho lavorato per otto ore in mezzo al fango. Chi parla di scarsa manutenzione pensi a fare manutenzione al suo cervello. Guardate cosa è successo a Lubiana, che è bloccata. Molte frane sono accadute in terreni privati. Risponderemo dei danni causati dai nostri terreni. Risarciremo e metteremo tutto in ordine. Lo stiamo già facendo - aggiunge il sindaco - Le squadre del Comune e dell’AgegasAps sono al lavoro».
Gli fa eco l’assessore Paolo Rovis, delegato ai rapporti con le ex municipalizzate: «Stiamo effettuando tutti gli interventi previsti. Ttutto sarà ultimato entro martedì della prossima settimana. Entro qualche giorno sistemeremo assieme all’AcegaAps anche i problemi in via dei Cacciatori e in vicolo delle Rose e infine al capolinea della 36 a Grignano». Ricorda tutti gli interventi e spiega che gli addetti in reperibilità di AcegasAps sono intervenuti della notte tra sabato e domenica dove il fango e i detriti avevano invaso tutta la strada. Riguardo invece alla questione caditoie, Rovis ammette: «È vero, dobbiamo potenziarne la manutenzione, ma non si può dire che le frane avvengano perché i tombini sono ostruiti. Chi lo sostiene è in malafede». Ma per bocca del suo addetto stampa l’AcegasAps respinge le accuse. «Noi facciamo quello che ci viene chiesto. I vigili hanno una serie di priorità e noi le rispettiamo».
E intanto Mario Ravalico e Alessandro Carmi, consiglieri comunali del Pd annunciano un’interrogazione con una proposta. «Crediamo sia il caso fin dai prossimi documenti di bilancio di provvedere ad accantonare somme per prevenire situazioni come quelle che si sono create».
A rendere ancora più surriscaldata la situazione è Guido Greco, un condomino di strada del Friuli 214. «Qui abbiamo sempre l’acqua alta. Sono anni che lo denunciamo. Ma non succede nulla... Anzi, hanno costruito il parcheggio ed è stato un disastro».
CORRADO BARBACINI
 

 

Maggioranza, temporeggiare per restare uniti - Il Piano regolatore sarà riadottato con alcune varianti, frenata sugli altri progetti
 

Il vertice di maggioranza a ridosso dell’equinozio d’autunno, calendarizzato ieri per tirare una riga sui mal di pancia estivi in vista del rush finale del governo cittadino di Roberto Dipiazza, ha deciso. Deciso che sulle partite più spinose è tempo di prendere... tempo. Di ridiscuterne. Uno: il Piano regolatore - la madre di tutte le sfide che proprio Dipiazza aveva progettato di realizzare entro la fine del suo mandato-bis per passare alla storia come il sindaco-decementificatore dell’era post-illyana - «va riadottato con le necessarie modifiche che tra le tante cose recepiranno anche le osservazioni regionali». Due: il Piano del traffico - la fiaba de sior Intento che lo stesso sindaco puntava a mettere in coda alla chiusura del Prg per tirarne una volta per tutte le fila, possibilmente anche questo entro il ”congedo” - «va preventivamente illustrato e condiviso con tutti i soggetti interessati». Tre: ok alla centrale termoelettrica Lucchini, «a condizione che questa non sia vincolata alla realizzazione del rigassificatore», a suo tempo annunciato come il progetto della svolta per il territorio, se solo Gas Natural avesse avuto la cortesia di trattare per tempo le royalties insieme al primo cittadino, sempre lui. Lui che nell’ultimo week-end ha messo in ghiaccio personalmente le prospettive dell’impianto di Zaule per la poca competitività del gas rispetto all’attuale, e favorevole, prezzo del petrolio.
Tre dei cavalli di battaglia, di cui Dipiazza e bei pezzi della maggioranza andavano a suo tempo più orgogliosi, da ieri, dunque, hanno perduto definitivamente il loro abbrivio. Con buona pace di tutti. Berluscones, ex An, leghisti, centristi. E sindaco. Tutti più o meno d’accordo, implicitamente, nel considerare opportuno limitare, al massimo, i motivi di frizione da qui alla conclusione della ”legislatura”. Atto che coinciderà, peraltro, con la chiamata alle urne. Avanti a palla, insomma, con l’ordinaria amministrazione cittadina. Sui grandi temi, all’ordine del giorno del vertice, si torna invece, in alcuni casi, alla casella del via. Oltre al Prg, al Piano del traffico e al rigassificatore, ad esempio, c’era da sciogliere il nodo numero quattro, quello dei centri monomarca. E «anche in questo caso - si legge nella nota congiunta di fine incontro, affidata da capigruppo e segretari di partito alla penna del leader provinciale del Carroccio Massimiliano Fedriga - per la maggioranza è necessario un serio approfondimento per capire l’impatto sul territorio e sul tessuto commerciale cittadino». Se non equivale a un ”no” poco ci manca. Ma i centri monomarca, per lo meno, non erano un cavallo di battaglia del sindaco, ma del suo assessore allo Sviluppo economico Paolo Rovis. Il quinto e ultimo nodo, mormora qualcuno a palazzo, potrebbe essere letto per certi versi come una rivincita morale dello stesso Dipiazza davanti all’impostazione forzatamente ”minimalista” uscita dal vertice: è il placet a continuare a pensare al trasloco del «mercato ortofrutticolo, per il quale si è deciso di proseguire sulla strada tracciata, cioè quella di un polo agro-ittico-alimentare nella zona delle Noghere, dove il Comune ha già acquistato il terreno». Noghere, appunto, e non verso San Dorligo, di fronte alla Wartsila, dove il presidente della Camera di Commercio Antonio Paoletti ha annunciato da tempo di voler fare il nuovo centro all’ingrosso.

PIERO RAUBER
 

 

Biotossina nelle cozze, sospesa la raccolta in golfo - DECISIONE DELL’AZIENDA SANITARIA CHE HA ACCERTATO LA PRESENZA DELLA ”DSP”
 

I mitili triestini sotto accusa in Piemonte, dove si sono registrati 60 casi di intossicazione
Tutte le mitilicolture del golfo di Trieste sono state chiuse per decisione dell'Unità operativa veterinaria igiene degli alimenti di origine animale dell'Azienda sanitaria del capoluogo giuliano dopo aver accertato la presenza della biotossina Dsp. Lo si è appreso ieri dal responsabile dell'unità Maurizio Cocevari. Ma la notizia ha anche degli sviluppi piuttosto clamorosi, considerato che potrebbe essere stato esportato proprio dalla nostra area l'inconveniente che sta provocando a Torino un'ondata di ricoveri per intossicazione alimentare da cozze. È questa una delle ipotesi prese in esame dai funzionari della procura subalpina che stanno svolgendo accertamenti sul fenomeno.
I casi di intossicazione sono una sessantina; alcuni però si sono verificati anche in Liguria e in Valle d'Aosta. Le cozze consumate dagli acquirenti non appartengono alla stessa partita e provengono da fornitori di diverse località italiane. Il pubblico ministero Raffaele Guariniello, però, nel raccogliere la documentazione relativa alle varie aree geografiche interessate ha scoperto un provvedimento dell'Asl di Trieste legato a problemi di salubrità dei molluschi che era stato emesso lo scorso 16 settembre e riguardava appunto la biotossina.
I primi ricoveri a Torino erano avvenuti sabato sera, ma domenica, sono diventati un'ondata, in vari ospedali della città e dintorni. Dolori intestinali, nausea, dolori allo stomaco, ecco i sintomi più comuni che hanno allarmato la gente. Controlli a tappeto sono scattati nei supermercati e mercati rionali della città e dell'hinterland. I carabinieri del nucleo antisofisticazione hanno acquisito campioni di cozze. Si tratta di un'attività di controllo effettuata «autonomamente e su mandato del sostituto procuratore Raffaele Guariniello», spiega il luogotenente Loreto Buccola, vicecomandante del Nas di Torino, che precisa anche che i controlli «in alcune occasioni sono avvenuti congiuntamente a personale delle Asl di riferimento».
A questo punto è saltata fuori subito l'anomalia: i mitili erano stati acquistati effettivamente in mercati diversi. Di qui è partita prima l'indagine sanitaria e poi quella dei funzionari della procura subalpina: l'intossicazione avrebbe origini lontane, e una porta quasi sicuramente a Trieste.
Una prima conferma è arrivata nella serata di ieri dallo stesso responsabile dell'unità triestina Maurizio Cocevari. «In questi casi - spiega - scatta un sistema d'allerta e tutti i produttori sono invitati a ritirare le cozze dal commercio. L'ordinanza viene trasmessa alle regioni vicine. I mitili hanno vita breve e dunque, finchè si instaura il ritiro, le cozze riescono a raggiungere il consumatore. Se si riesce a ritirare il 70% della merce è già un buon successo».
Il responsabile dell'unità ha riferito inoltre che una quota delle cozze infette è arrivata nei mercati della Sardegna e dell'Emilia Romagna.
Ieri sono stati eseguiti esami in metà della zona costiera di Trieste: consentiranno di stabilire se la situazione degli allevamenti di mitili è eventualmente cambiata, anche grazie al maltempo degli ultimi giorni.
 

 

Balzani: «Energie rinnovabili per il futuro» - Conferenza dello studioso: «In Italia la soluzione sarebbero i pannelli fotovoltaici»
 

Ha richiamato decine di studenti, docenti e semplici appassionati l’incontro “Energia per un mondo sostenibile”, la conferenza di Vincenzo Balzani dedicata alla sfida energetica, piatto forte del 38° congresso nazionale della Divisione di Chimica Inorganica della Società Chimica Italiana, ospitato nei giorni scorsi a Trieste. Balzani, docente all’Università di Bologna e illustre chimico riconosciuto a livello internazionale, durante il suo confronto con il pubblico - non a caso presentato con il titolo “La Chimica incontra la città” - ha offerto una panoramica sul problema energetico e sullo sviluppo di fonti alternative ai combustibili fossili, mettendo in luce le possibili soluzioni alla crisi attuale.
«È importante che non si creino delle fratture tra scienza e società – ha esordito Balzani –. Iniziative come quella di oggi sono molto importanti per buttare dei ponti e avvicinare cittadini e discipline scientifiche». Durante il suo intervento lo studioso ha proposto una visione della Terra come una grande astronave, con 6,7 miliardi di passeggeri che devono convivere tra di loro e con i vari problemi della navicella senza poter scendere o andarsene. Ma quali sono questi problemi? Certamente il cibo, l’acqua, la salute e l’ambiente. Ma a monte di tutto questo vi è un problema da cui dipendono tutti gli altri: l’energia. «Circa il 90% dell’energia che consumiamo proviene dai combustibili fossili - illustra il dottor Balzani -, ma uno dei problemi alla base della crisi energetico-climatica attuale è legato al fatto che queste risorse si stanno esaurendo, rendendo la loro estrazione e la loro produzione sempre più difficile e costosa». Inoltre, l’utilizzo di questi combustibili crea danni alla salute e all’ambiente, infatti «1 chilogrammo di benzina produce 3 chili di anidride carbonica, che poi si disperde nell’atmosfera e provoca l’effetto serra», come spiega lo scienziato.
Un altro problema esposto dallo studioso è legato alla distribuzione di questa risorsa, che «per il 70% viene prodotta nella cosiddetta “ellissi strategica”, che comprende perlopiù i paesi arabi, mentre viene consumata soprattutto negli Stati Uniti, che con il meno del 5% della popolazione mondiale utilizzano circa il 25% dell’energia». Vincenzo Balzani ha individuato tre azioni che possono rappresentare la soluzione per la costituzione di un mondo sostenibile: il risparmio energetico, l’aumento dell’efficienza e l’utilizzo di energie rinnovabili. «È stato calcolato che se negli Stati Uniti si sostituissero 4 miliardi di normali lampadine con quelle a lunga durata si potrebbero chiudere venti centrali nucleari», ha spiegato il chimico, sottolineando inoltre l’importanza delle energie rinnovabili come quella solare, che costituisce una risorsa inesauribile, ben distribuita e non nociva per l’uomo e per l’ambiente.
«In Italia basterebbe coprire di pannelli fotovoltaici il meno dell’1% del territorio per soddisfare il bisogno nazionale di elettricità», afferma Balzani. L’incontro termina con l’invito del professore a fare qualcosa, ognuno nel proprio piccolo, per ridurre i consumi e l’utilizzo di energia. «Agisci sempre come se le tue azioni facessero la differenza: la fanno», ha concluso lo scienziato citando William James.
Diana Collarini
 

 

Energia sostenibile oggi il convegno
 

Si terrà oggi, a partire dalle 9 alla Camera di commercio, il convegno ”Energia sostenibile” organizzato dalla Fit, la Fondazione internazionale Trieste per il Progresso e la libertà delle scienze, presieduta dal rettore della Sissa Stefano Fantoni. Tema del convegno, tessere un filo diretto tra ricerca e industria, a scopo applicativo su larga scala, nel nome della sostenibilità, anche nel campo degli studi sull’energia solare e sulle nuove frontiere del fotovoltaico. Per riuscirci, lo stesso mondo della ricerca rilancia la sfida direttamente nella casa dell’economia. Al convegno ci saranno ricercatori di Trieste, Roma, Pisa e Fiume. Previsti gli interventi del prefetto Alesssandro Giacchetti e dell’assessore regionale al Bilancio Sandra Savino mentre per il mondo imprenditoriale, tra gli altri, il presidente di Confindustria regionale Alessandro Calligaris, quello di Assindustria Trieste Sergio Razeto e il vicepresidente della Camera di Commercio Alessandro Settimo.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico, in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 e a Muggia in via Roma 22 tutti i giovedì dalle 17.30 alle 19.30 (tel. 366/5239111-www.legambientetrieste.it).
 

 

SEGNALAZIONI - «Ci vuole un fisico bestiale per attraversare il Carso in mountain bike»
 

Nel mese di giugno ho partecipato alla prima edizione di Eurobike Tour, pedalata cicloturistica che, partendo da Tarvisio e toccando prima Villaco e poi Kraniska Gora, prevedeva la discesa fino a Trieste. Un percorso affascinante percorribile in tre giorni e mezzo grazie all’ausilio, in alcuni tratti ancora non praticabili in sicurezza, del pullman e del treno. Bellissima esperienza, quella di partire con il treno da Trieste e ritornarvi da Tarvisio in bici dopo essere stati in Austria e Slovenia e aver attraversato il Collio e il Carso triestino. Occasione anche per calcare con le due ruote nuove ciclovie come quella dell’Alpe Adria e quella che da Erpelle scende fino in centro a Trieste. Tra l’altro andavamo a percorrere il nuovo tratto che dal confine italiano porta a Villaco e quello che da Tarvisio porta a Kraniska Gora esattamente una settimana prima della loro inaugurazione.
In effetti la ciclovia Alpe Adria merita tutta questa attenzione perché si tratta di un’opera importante che avrà riflessi notevoli sullo sviluppo turistico di tutta l’area montana e gli effetti si sono già visti in questa stagione. Questo tipo di cultura, fortemente radicata in Austria, ha contagiato gran parte delle aree di confine alpino e i comuni della Valcanale, così come il Trentino e il Veneto hanno avuto lungimiranza nello sviluppare questa nuova forma di turismo.
Oggi, recuperando e riutilizzando il vecchio tracciato ferroviario, la pista ciclabile è già praticabile fino a Pontebba e sono in costruzione i tratti che fin del prossimo anno consentiranno di scendere fino a Chiusaforte e poi fino al bivio Carnia, con la possibilità di collegarsi poi alle piste esistenti o in costruzione in Friuli che arriveranno fino al mare. Non a caso, in occasione di questa inaugurazione, è stata presentato il progetto cicloturistico che dovrebbe collegare Salisburgo a Grado. Si fa la Salisburgo-Grado, ma perché non la Salisburgo-Trieste? L’ho capito tutto quando abbiamo intrapreso l’ultimo tratto, quello che dal Collio avrebbe dovuto portarci sul Carso triestino e quindi fino a Trieste.
Dopo vie ciclabili asfaltate o almeno sterrati in buone condizioni, attraversare il Carso diventa impresa possibile solo per chi, oltre alla passione per la mountain bike, ha esperienza e preparazione fisica non indifferenti.
Il Carso è praticamente privo di una pista ciclabile o qualcosa che vi possa somigliare: nessuna segnaletica, nessuna indicazione, solo sentieri sconnessi e pietraie, tant’è che l’organizzazione ha dovuto avvalersi della collaborazione di esperti dell’Associazione cicloturistica Ulisse per districarsi nel labirinto dei tracciati carsici. Bisogna arrivare fino a Opicina per trovare uno spezzone di pista ciclabile che ti porta almeno nei pressi di Padriciano. In pratica la rete dei collegamenti ciclabili passa per Monfalcone e scende fino a Grado, tagliando fuori una delle aree più interessanti sotto il profilo ambientale e naturalistico come il Carso. Ne perde anche la nuova ciclabile che da Draga S. Elia, con una la lunga volata, ti porta fino in città, in uno scenario veramente ineguagliabile per la varietà e la bellezza del paesaggio.
Insomma, mentre un po’ ovunque dilaga la cultura della bicicletta anche come mezzo di sviluppo e promozione turistica e si rincorrono progetti di itinerari integrati qui si fatica ancora a cogliere questa opportunità. Abbiamo trovato all’uscita di ogni stazione ferroviaria l’indicazione per imboccare la pista ciclabile turistica. Da noi nulla. E non potrebbe essere diversamente visto che, nel rifacimento delle rive, non si è colta l’occasione per realizzare un tracciato ciclabile. Ma perché nessuno ci ha pensato, e perché non si fa? Non manca certo lo spazio! Accontentiamoci allora delle Trieste-Erpelle, che per noi è già un successo…
Roberto de Gioia

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 20 settembre 2010

 

 

Eni, lo sboom del gas I conti non tornano più

 

L’impatto negativo che potrebbe avere sui conti della società, considerando anche il perdurante calo dei consumi interni a causa della crisi
«Il guaio è che all’Eni conoscono il business come pochi altri: hanno intuito per tempo che il prezzo del gas stava scendendo. Purtroppo, com’è accaduto alla maggior parte di economisti ed esperti, sono stati spiazzati dalla profondità della crisi. E ora sono guai, perché il prezzo del gas è crollato». L’analista di una delle prime banche d’affari presenti a Milano, si sforza di vedere il bicchiere mezzo pieno. Ma non sarà di grande consolazione per l’amministratore delegato Paolo Scaroni e i suoi manager. Anzi, lo è ben poco, di fronte allo scenario che si sta prospettando per la prima società della Borsa (capitalizza più del doppio di Intesa Sanpaolo, per capirci): iscrivere nel bilancio 2010 un calo dei profitti nel settore del gas, nonostante aver previsto per tempo il calo del mercato. Soprattutto se l’Eni non riuscirà a convincere e per il momento c’è riuscita solo in minima parte i russi di Gazprom, il principale fornitore, a rinegoziare i termini dei contratti. In realtà, Eni era già riuscita a rivedere gli accordi quando si cominciava a intuire che i prezzi sarebbero scesi. Ma questo è avvenuto troppo presto e ora i russi rinviano il momento di sedersi ancora attorno al tavolo. Del resto, è dai tempi dell’ultimo mandato di Vittorio Mincato quindi almeno dal 2005 che dai piani alti dell’Eni è stata avvistata quella che potremmo definire la bolla del gas. Ma quello che non è stato possibile prevedere è l’ampiezza della crisi finanziaria mondiale. Con la conseguente crisi dell’industria reale che ha determinato il calo della domanda di gas per alimentare le centrali elettriche. E, tanto meno, l’improvviso progresso delle tecnologie per l’estrazione di idrocarburi. In particolare, del gas che si può ricavare dalle rocce, dal carbone e dalle argille. Tecnologie che hanno consentito, negli ultimi due anni, agli Stati Uniti di rendersi quasi indipendenti dalle forniture, visto che i nuovi giacimenti scoperti hanno portato a soddisfare fino al 70% della domanda interna americana. Tutto questo ha avuto ripercussioni negative per il mercato europeo. Grazie alle nuove scoperte, gli Usa non comprano più il gas liquefatto dai paesi produttori. In soli due anni, le spedizioni via nave sono crollate da 22 ai 3 miliardi di metri cubi previsti per la fine dell’anno. Tutto gas che si è riversato sul mercato europeo, facendo barcollare il cosiddetto prezzo spot. Allora perché Eni rischia di essere penalizzata finanziariamente? Non basterebbe comprare il gas a prezzi più convenienti, vista l’ampia disponibilità sul mercato? La questione non è così semplice. Per assicurarsi disponibilità di gas, Eni ha stipulato contratti di acquisto di lungo termine con i principali paesi produttori. Contratti che nel 2010 assicurano circa 62,4 miliardi di metri cubi di gas e hanno una vita residua media di circa 20. Si chiamano contratti "take or pay", perché chi acquista si impegna al ritiro del gas, oppure se non ne ha bisogno o convenienza paga la fornitura riservandosi di ritirare i quantitativi negli anni successivi.
Ma la maggior parte dei contratti è stata negoziata negli anni in cui il gas aveva un meccanismo di prezzo strettamente legato al prezzo del petrolio che ora sono del tutto fuori mercato rispetto ai prezzo del mercato spot. Secondo gli analisti, la differenza media tra il prezzo cosiddetto long term e il prezzo spot è arrivato nella prima metà dell’anno fino a una differenza del 50%, mentre ora la forbice si è accorciata al 2025%. Del resto, la stessa Eni non fa mistero di quanto sta accadendo sui mercati del gas e nemmeno nasconde l’impatto negativo che potrebbe avere sui conti della società a fine anno. Che già devono scontare nel primo semestre il calo della vendita di gas (5,9% nel primo semestre, a causa della scarsa domanda nel mercato interno con una flessione del 19%). Come si legge nella relazione dei primi sei mesi: «In base agli attuali trend di mercato, e all’andamento delle vendite del primo semestre, è probabile che nel 2010 Eni non sarà in grado di adempiere agli obblighi contrattuali minimi di prelievo per volumi significativi con conseguente attivazione delle clausole take or pay». Conclusione: «Questa situazione potrebbe comportare il rischio di impatti negativi sui margini, risultati operativi e cash flow». Dire quale sarà l’impatto a fine anno non è semplice. Eni ufficialmente, non dichiara nemmeno quanti contratti sono stati rivisti con i russi, per non favorire la concorrenza. Ma intanto gli uomini di Scaroni corrono ai ripari. Tanto è vero che si pensa di ricorrere allo strumento tipico per mettersi al riparo dal saliscendi dei prezzi. «Il management si legge ancora nella semestrale prevede di incrementare l’operatività in derivati per tutelare il valore degli asset». Un risultato inferiore alle attese a fine anno (al momento non previsto dagli analisti né dalla società che nei primi sei mesi ha dichiarato 3,45 miliardi di utile) potrebbe diventare un problema per la riconferma di Scaroni alla guida della società per il suo terzo mandato. Un risultato economico poco brillante lo metterebbe in cattiva luce agli occhi del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, sempre desideroso di ricchi dividendi da parte delle controllate del Tesoro. E Scaroni, secondo quanto si racconta nei palazzi della finanza milanese, avrebbe da farsi perdonare i rumor che qualche mese fa lo volevano tra i papabili per la poltrona di presidente delle Generali. Nomina poi andata all’ex banchiere Cesare Geronzi, nomina gradita anche al governo. Di sicuro, sui conti dell’Eni peserà anche il provvedimento che verrà preso il primo ottobre dall’Autorità per l’energia. Nella consueta revisione dei prezzi di elettricità e gas, è già prevista una riduzione attorno ai 2 centesimi al metro cubo per il metano. E come si è arrivati a questo calcolo? L’Autorità ha voluto che anche gli utenti finali, famiglie e piccole imprese in particolare, beneficiassero della riduzione dei prezzi del mercato. Con quale impatto per Eni? I calcoli, come si legge nella semestrale, si potranno fare solo a fine anno.
LUCA PAGNI

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 20 settembre 2010

 

 

Ghergetta l'artefice del referendum anti-SNAM - I retroscena della consultazione del 1996 che respinse il rigassificatore

 

L'ex sindaco Persi: "Mi trovai con le mani legate". La colpa della societa': una campagna troppo sfacciata. (leggi l'articolo)

 

 

Energia fotovoltaica scienza e industria possono collaborare - DOMANI UN CONVEGNO ALLA CDC
 

Imbastire un filo diretto tra ricerca e industria, a scopo applicativo su larga scala, nel nome della sostenibilità, anche nel campo degli studi sull’energia solare e sulle nuove frontiere del fotovoltaico. Per riuscirci, lo stesso mondo della ricerca rilancia la sfida direttamente nella casa dell’economia, la sede della Camera di Commercio, dove domani - a partire dalle 9 e per tutta la giornata, con interventi di scienziati, docenti universitari, rappresentanti delle istituzioni e imprenditori - si terrà il convegno «Energia sostenibile» organizzato dalla Fit, la Fondazione internazionale Trieste per il Progresso e la libertà delle scienze, presieduta dal direttore della Sissa Stefano Fantoni, che di recente ha preso il posto del ”grande vecchio” della Trieste della scienza, Paolo Budinich, proprio alla guida della Fit. Fit che, attraverso tale iniziativa, si propone quale cinghia di trasmissione, quale interfaccia tra la ricerca di base rappresentata dal Sistema-Trieste e il tessuto produttivo.
Il convegno programmato per domani costituisce lo step più ”evoluto” di un percorso iniziato da Fantoni con un primo congresso tematico a maggio, sempre in Camera di Commercio, e un successivo incontro fra esperti a Lussino. «Martedì - spiega lo stesso Fantoni - riporteremo a Trieste le discussioni scientifiche maturate proprio a Lussino sugli avanzamenti della ricerca nel campo del fotovoltaico. Vuole essere un modo efficace per mettere in evidenza, in questo contesto territoriale, che c’è una ricerca di base rivolta per l’appunto alle esigenze e alle potenzialità del territorio, in particolare delle sue atttività produttive».
Quasi un’autopromozione, insomma, di quella che il presidente della Fit chiama basic science for sustainable nell’ambito dell’energy and transfer of knowledge to industry. «Vanno considerati - prosegue, a questo proposito, Fantoni - gli sforzi dei ricercatori, di un sistema della ricerca che vuole avere una valenza da scienza di base al servizio dell’energia sostenibile. C’è bisogno per questo di fare massa critica, di un coordinamento che esprima la rappresentanza, di questa scienza di base, nei confronti delle aziende».
Al convegno ci saranno ricercatori provenienti, oltre che dalle realtà scientifiche locali, dalle università di Roma (”La Sapienza”), Pisa e Fiume. Per le istituzioni sono previsti gli interventi del prefetto Alesssandro Giacchetti e dell’assessore regionale al Bilancio Sandra Savino mentre per il mondo imprenditoriale, tra gli altri, parleranno il presidente di Confindustria regionale Alessandro Calligaris, quello di Assindustria Trieste Sergio Razeto e il vicepresidente della Camera di Commercio Alessandro Settimo.
PIERO RAUBER
 

 

SEGNALAZIONI - AMBIENTE - Riconvertire la Ferriera
 

Riferendoci alla segnalazione «Ferriera e promesse», comparsa sul Piccolo il giorno 8 settembre, diamo atto al signor Pastore, e alla sigla sindacale che rappresenta, di essere stati i primi e purtroppo, a ben vedere, fino ad oggi, gli unici, a porre pubblicamente da tempo un grande punto interrogativo sulle tranquillizzanti affermazioni della proprietà in tema ambientale ed operativo interno allo stabilimento, affermazioni purtroppo difficilmente credibili per chi conosce e vive la realtà servolana.
Basti pensare alle cifre per le migliorie ambientali che di sovente la proprietà pubblicamente dichiara di aver stanziato (cosa ben diversa dall’aver speso) e i cui risultati sono ben visibili da chiunque transiti sulla superstrada nei paraggi dello stabilimento o voglia documentarsi nei vari social networks su internet. Non a caso le asserite migliorie ambientali hanno determinato, nel corrente anno, già centinaia di segnalazioni alla Polizia municipale da parte di residenti per esalazioni moleste, acri ed irritanti, particolarmente difficili da sopportare nella trascorsa situazione estiva.
L’esprimere concordanza di pensiero con il signor Pastore sul tema «lavoro», fonte di sostentamento per centinaia di capifamiglia addetti alle attività siderurgiche, non ci esime però dal sottolineare che tale diritto non può ledere quello di altre migliaia di famiglie, residenti in zona, di vivere la propria esistenza senza la continua presenza di polveri e fumi. Perciò sì al lavoro ma non a «quel» lavoro ed in queste condizioni operative, in cui, vista la ventilata dismissione, ben difficilmente la proprietà considererà l’economicità di investire le ingenti somme necessarie per apportare radicali migliorie impiantistiche.
Esprimiamo inoltre appoggio alla pubblica lotta del signor Pastore per un ambiente di lavoro più salubre, salubrità che si ripercuoterebbe positivamente anche sull’abitato circostante; infatti le esalazioni provenienti dallo stabilimento colpiscono in primis gli addetti allo stesso. Perciò la classe politica provveda a tutelare i salari dei dipendenti nelle forme che riterrà opportune ed inizi immediatamente la riconversione dell’impianto siderurgico, senza prolungare fino al 2012 od oltre agonie e speranze di lavoratori e residenti, entrambi finora gabbati dai vari schieramenti politici; eserciti cioè la funzione per cui è stata eletta: curare beni e salute pubblici.
Valutino inoltre le varie forze politiche, che hanno già iniziato i giochi più o meno sotterranei per le prossime elezioni comunali, l’opportunità di presentare nelle proprie liste volti nuovi e credibili, non ancora avvezzi al classico gioco delle parti.
Nevio Tul - Seguono 36 firme
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 19 settembre 2010

 

 

Terreno ”miracolato” indaga la Corte dei conti  - L’area di Padriciano divenuta edificabile una volta venduta - PIANO REGOLATORE
 

Una pulcinaia di 3300 metri quadrati e 28mila metri quadrati di terreno a Padriciano nei pressi del campo da golf, il tutto ceduto a un prezzo di 650mila euro. Terreno comprato come agricolo e poi diventato in pochi giorni edificabile. E quindi vendibile a un prezzo ben più consistente: dieci volte tanto.
La procura della Corte dei conti ha aperto un fascicolo proprio su questa singolare vendita in cui il vero danneggiato potrebbe essere proprio l’Erario. L’indagine coordinata dal procuratore Maurizio Zappatori è parallela a quella avviata dalla Procura della Repubblica riguardo il nuovo Piano regolatore del Comune.
In particolare la Procura contabile sta accertando se sussistano responsabilità da parte di chi - all’interno del Comune - potrebbe aver fatto perdere al Comune stesso un consistente beneficio in termini di mancati oneri da versare all’ente pubblico, concedendo l’edificabilità soltanto un mese dopo la vendita. Perché il cambio di classificazione del terreno ha valorizzato l’area di almeno dieci volte. E questo beneficio in appena trenta giorni è piovuto nelle tasche di un privato a scapito anche del Comune. La vicenda è stata oggetto di un esposto in Procura da parte del geometra Aldo Cocolet.
I protagonisti della compravendita sono stati da un lato la Pi.Na sas di Nada Piscanc, triestina residente da tempo a Latisana, la venditrice, dall’altra la neonata Ma.Mi srl di Michele Genna, triestino impegnato da tempo nel settore. La sua società è stata creata il 24 giugno del 2008, appena in tempo per l’atto notorio. Il primo luglio la vendita è diventata definitiva. E pochi giorni dopo sono state sistemate le reti di delimitazione della proprietà.
«Qui si tratta di capire - aveva detto Cocolet al momento della presentazione dell’esposto - se il venditore sia stato turlupinato o se l’acquirente sapeva qualcosa in più. Assurdo infatti acquistare una proprietà del genere se non si ha la certezza che sarà rivalutata».
L’inchiesta del procuratore Zappatori segue - sullo stesso tema del piano regolatore - quella relativa all’area di oltre 15mila metri quadrati in prossimità del quadrivio di Opicina ceduta nel 2007 con una procedura di cartolarizzazione dalla Regione all’immobiliare Palazzo Ralli Srl per la somma di 258mila euro. Anche in questo caso è stato ipotizzato un consistente danno erariale che avrebbe subito nell’affare la Regione stessa. In pratica la Regione avrebbe perduto, con la vendita del terreno del valore attuale di mercato di almeno 400mila euro, una somma di oltre 150mila euro. La cessione (peraltro non ancora tecnicamente perfezionata secondo gli atti in possesso alla procura della Corte dei conti) dell’area davanti al distributore Esso all’immobiliare Palazzo Ralli Srl, (che fa riferimento a un gruppo di imprenditori veneti), è avvenuta poi mentre era in corso da parte del Comune una procedura di esproprio che - secondo i giudici contabili - se fosse andata a buon fine avrebbe comportato sicuramenti spese minori. (c.b.)
 

 

Da casa a scuola in tutta sicurezza seguendo i percorsi del Pedibus - Alla elementare ”Virgilio Giotti” - QUASI 300 BAMBINI COINVOLTI NEL PROGETTO
 

Da oggi i 288 bambini della scuola elementare “Virgilio Giotti” di Strada di Rozzol potranno percorrere in tutta sicurezza il tragitto a piedi da casa a scuola, seguendo i tre percorsi segnati sui marciapiedi da strisce colorate di rosso, verde e arancione. È il progetto nazionale “pedibus”, realizzato per la prima volta a Trieste, promosso dal Comune, coofinanziato da Regione e Uisp provinciale, in collaborazione con facoltà di Architettura e Stradivarie-architetti associati. Un’iniziativa che rientra nel progetto comunale “Sicurezza si fa in strada” e che ha visto la partecipazione di servizio Mobilità e traffico, vigili urbani, insegnanti, bambini, genitori e personale della scuola Giotti. Al taglio del nastro, che si è svolto nella palestra della scuola, alla presenza di numerosi alunni, genitori e insegnanti, sono intervenuti il presidente della circoscrizione di San Giovanni-Chiadino-Rozzol Gianluigi Pesarino Bonazza, che ha portato il saluto del sindaco, il mobility manager del Comune Giulio Bernetti, la presidente di Uisp Elena Debetto, gli architetti Adriano Venudo e Claudia Marcon dell’Università, il preside Pietro Russian. I tre percorsi partono da via Cumano, lungo via Lucano fino a Strada di Rozzol, da via Forlanini a scendere lungo la via Revoltella fino alla scuola e dall’incrocio di via Rossetti con via Revoltella a salire. La presenza della segnaletica consentirà non solo ai bambini, accompagnati dai genitori e non, di andare da casa a scuola a piedi, ma anche di agevolare il traffico mattutino particolarmente intenso proprio in prossimità della scuola. Limitare e contenere questa situazione - come prevede il progetto nazionale “Pedibus” - significa suggerire cambiamenti di stili di vita con scelte di mobilità alternativa in modo da decongestionare le zone scolastiche dalla frenetica circolazione di automobili. Il “Pedibus”, proprio come un autobus, prevede fermate e orari che i bambini - dopo una sperimentazione iniziata nel 2007 - hanno già imparato a rispettare grazie al coordinamento dell’Uisp di Trieste in collaborazione con l’istituto comprensivo “Tiziana Weiss”. Questo è solo un primo passo di un’esperienza che il Comune ha già previsto si estenda ad altre scuole, che prossimamente metteranno in atto ulteriori “Pedibus”.
 

 

SEGNALAZIONI - INDUSTRIA - Ferriera addio
 

Chi, per procacciarsi i voti dei residenti, l’aveva elegantemente definita, in campagna elettorale (2006), «un cancro» da chiudere «subito», potrà finalmente pavoneggiarsi del successo ottenuto (da altri): il 31 dicembre 2012, forse, la Ferriera di Servola smetterà l’attività.
Sarà una fine d’anno festosa, per i servolani; un po’ meno per i lavoratori dello stabilimento, che comunque, al tavolo convocato dall’assessore regionale Brandi, hanno ottenuto qualche piccola assicurazione: corsi formativi, la cassa integrazione straordinaria per due anni, un ulteriore anno di cassa in deroga.
Un «premio di consolazione» che, speriamo, sarà esteso anche ai lavoratori dell’indotto, ai quali, nel comunicato della Giunta, non si fa cenno.
La notizia, però, si nasconde tra le righe: «La Regione offrirà incentivi che potranno essere aumentati del 20 per cento alle aziende che assumeranno gli ex dipendenti della Ferriera». Questo significa, in parole povere, che, nonostante il gran cianciare di soggetti pubblico-privati, non esiste, allo stato, alcun progetto strategico/industriale per la creazione di nuovi posti di lavoro che vadano a sostituire quei mille destinati a svanire. Alla dismissione dell’ultimo grande stabilimento triestino farà seguito... il nulla.
Il problema, dunque, non riguarda solo l’immediato: si proietta, a medio-lungo termine, sul futuro della nostra città, di chi oggi frequenta, magari con profitto, la scuola, e domani non troverà un impiego.
Da socialisti, ci auguriamo che ogni singolo dipendente della Ferriera e dell’indotto sia «ricollocato» (brutto termine, davvero: fa il paio con l’oscena espressione «risorse umane», che rimanda all’instrumentum vocale - leggasi schiavo - del diritto romano) al più presto; ma a politici e politicanti triestini vogliamo ricordare che, senza un progetto complessivo per l’occupazione, la città farà la fine dell’impianto servolano e, morti i vecchi, non ci sarà più nessuno ad ascoltare la propaganda elettorale, di destra e di sinistra. La dismissione, d’altra parte, è già iniziata da un pezzo: per le ferrovie italiane il Belpaese arriva fino a Venezia, e gli esempi potrebbero moltiplicarsi.
Sarà una chiusura «morbida», come quella promessa ad impiegati e operai della Ferriera; per ingannare l’attesa, potremo sederci, con una birra in mano, a fissare l’orizzonte - chissà che non si materializzi il superporto! - o prenotare un biglietto per il parco del mare...
Norberto Fragiacomo - vicesegretario e capo ufficio stampa Federazione prov.le triestina del Psi
 

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI - Dal tram alla Tav
 

Leggo sulle cronache del 13 e del 14 settembre notizie preoccupanti sul futuro del nostro «caro» tram di Opicina, «caro» in tutti i sensi, a partire da quelli affettivi fino a raggiungere i costi per la sua manutenzione.
Effettivamente l’utilizzo del tram da parte della popolazione della città, rispetto alle necessità di 100 anni fa è radicalmente mutato e oggi purtroppo l’utilizzo non è più quello dei tempi andati.
C’è chi per uno sviluppo in chiave turistica auspica un prolungamento fino alla Stazione Marittima attraverso via XXX Ottobre e lungo il canale. Mi sembra un percorso complicato per il traffico stradale e di difficile attuazione. Più semplice e più utile mi sembra invece il prolungamento, da piazza Scorcola, oggi piazza Casali, fino a piazza della Libertà, con il capolinea proprio di fronte all’ingresso della Stazione ferroviaria. Dopo tutto piazza Libertà è il capolinea di diverse linee di autobus.
C’è da tener conto anche del futuro della nostra stazione ferroviaria di Trieste Centrale alla luce delle rare notizie che ci pervengono in relazione al percorso della Tav. Le ultime notizie ci dicono che la linea Tav, da Ronchi verso Divaccia, preveda una sosta alla stazione di Aurisina, da dove con altra opera faraonica sarebbe creato un raccordo tutto nuovo e tutto in galleria, verso Trieste Centrale. Sembra ancora che fra Aurisina e Divaccia, la linea principale della Tav, pur passando per Opicina, non faccia una sosta in questa località. Eppure la stazione di Opicina é costituita da un antico e bel fabbricato in pietra carsica e con la Tav potrebbe essere rimessa in funzione. Attualmente l’unica linea con l’estero della nostra zona, ossia il treno Euronight fra Venezia e Budapest, si ferma a Monfalcone, passa per Opicina senza fermarsi e prosegue la sua corsa verso Sesana e oltre.
Se invece con la Tav fosse previsto l’utilizzo della vecchia stazione di Opicina o la costruzione, lì nei pressi, di una nuova stazione, ecco che il nostro caro tram potrebbe fare la spola fra la Stazione Centrale e quella della Tav di Opicina, senza bisogno di altri scavi da Aurisina a Trieste Centrale.
Se poi il percorso del tram arrivasse fino alla Grotta Gigante ecco che il tram potrebbe assurgere anche ad un interessante ruolo turistico, e magari un altro eventuale prolungamento fino a Sesana costituirebbe una ottima linea di comunicazione fra Trieste e Sesana dove mi sembra che in quella stazione ferroviaria ci sia ancora la fermata di qualche linea ferroviaria internazionale.
Infine se la stazione del tram deve rimanere in piazza Oberdan, con una semplice galleria fra piazza Casali e Foro Ulpiano si potrebbe eliminare sia l’attuale attraversamento di via Ghega sia il percorso di via Martiri della Libertà, alleggerendo di molto il traffico stradale, traffico che potrebbe essere ulteriormente alleggerito se questa ipotetica e breve galleria potrebbe essere allargata anche per il traffico stradale.
Angelo Soranzo
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 18 settembre 2010

 

 

Dipiazza: congelato il progetto del rigassificatore - Il sindaco: petrolio a buon prezzo, non c’è convenienza. Ma Razeto: cresce il traffico delle navi gasiere
 

Menia: la situazione non è affatto cambiata Silenzio dagli spagnoli
Precisa subito di non averne parlato durante l’incontro - appena concluso in Municipio - con l’ambasciatore sloveno a Roma Iztok Mirosic. Perché, dice, «sono le diplomazie dei due Paesi a essersi confrontate sull’argomento». Ma un proprio parere in materia, Roberto Dipiazza non esita a offrirlo: «Credo che un investimento del genere, 600 milioni di euro per la realizzazione del rigassificatore, sia a oggi un po’ congelato dal fattore internazionale della crisi. Sia chiaro - puntualizza subito - io resto assolutamente favorevole al progetto. Ma faccio un ragionamento da imprenditore e puramente personale, del quale sono però abbastanza convinto: fino a quando il petrolio costerà 75-80 euro al barile, l’impianto non si farà. Non c’è convenienza, manca il ritorno economico. Certo - prosegue Dipiazza - se il prezzo dovesse tornare a salire con la ripresa del mercato, allora il gas probabilmente tornerà a essere competitivo».
Ma allora, il rigassificatore progettato a Zaule da Gas Natural quale tampone - seppure parziale - all’emorragia di posti di lavoro che si profila con la chiusura della Ferriera? Ma allora, la centrale termoelettrica progettata da Lucchini? «Ci sono tutta una serie di opere contenute nel progetto strategico per la città che possono partire», mette subito le mani avanti Dipiazza: «E poi la centrale può andare avanti da sola, servendosi del gasdotto che arriva dalla Siberia».
Bocce ferme comunque al momento, riprende Dipiazza ricordando che comunque gli spagnoli «un ufficio a Trieste lo hanno aperto. Finora hanno parlato con Roma: quando le cose riprenderanno il Comune diventerà protagonista».
«Questa è nuova ed è anche buona - il commento immediato da parte del sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia - la situazione per quanto concerne il rigassificatore di Trieste è chiara e non è affatto mutata ultimamente. Punto primo: attendiamo lo sblocco politico del contenzioso che si è aperto con la Slovenia e le diplomazie sono al lavoro per raggiungerlo. Punto secondo: si aspetta la Valutazione d’impatto ambientale per il metanodotto che dovrà collegare l’impianto triestino con la rete nazionale».
Menia ribadisce anche che il piano del governo per l’approvvigionamento energetico prevede di utilizzare per il 50 per cento le fonti tradizionali, per il 25 quelle alternative e per l’ultimo 25 per cento il nucleare e che rimane l’obiettivo di realizzare sei o sette rigassificatori. «Cosa c’entrano le fluttuazioni del prezzo del petrolio del resto non prevedibili a medio lungo termine? - si chiede il sottosegretario all’Ambiente - Si tratta in realtà di non essere dipendenti dagli altri Paesi perché il gas ci servirà sempre, basti ricordare la crisi passata alcuni anni fa a causa del gas ucraino. Niente a che fare con il petrolio. E allora se scoppia un’altra guerra del Golfo, cosa dovremmo fare?»
Estremamente sorpreso della dichiarazione del sindaco anche il presidente di Confindustria Trieste, Sergio Razeto. «Una dichiarazione di questo genere - afferma - semmai avrebbe potuto farla Gas Natural e non certo Dipiazza. Comunque non abbiamo visibilità su quello che potrà essere il prezzo del petrolio fra un anno, figurarsi di cosa ne sappiamo di come sarà il mercato tra alcuni anni quando il rigassificatore potrà entrare in funzione. Io comunque ho un altro dato attuale, che semmai va nella direzione opposta: il traffico di gas carrier, cioé delle navi gasiere, è ultimamente in forta crescita il che, se si vuole giudicare in base alla situazione attuale, farebbe ritenere la realizzazione ancora più conveniente».
Ribadendo la netta posizione favorevole da parte di Confindustria Trieste, Razeto sottolinea che il rigassificatore è necessario in quanto si tratta di un impianto strategico a favore del Paese intero. «In seconda battuta poi - precisa - vi sono i vantaggi a favore dell’economia locale con l’opportunità di assorbimento di occupazione se vi sarà la chiusura della Ferriera e con l’indotto che potrà creare a partire dalla catena del freddo». Ma è il discorso nazionale complessivo che in questo caso prevale, secondo il presidente degli industriali, «perché in realtà costa molto di più essere un Paese che dipende dalle pipeline ed è sottoposto all’arbitrio di chi può aprire o chiudere una valvola».
Gas Natural ieri non è intervenuta in alcun modo «anche perché - hanno fatto sapere i referenti locali - è difficile che una multinazionale replichi a quella che è stata definita un’opinione». Da registrare invece una presa di posizione di Franco Bandelli, leader di ”Un’altra Trieste”. «A noi era stato detto - ha affermato - che chi esprimeva dubbi sul rigassificatore era fuori dal Pdl. Mi aspetto ora che la scure del coordinatore regionale Isidoro Gottardo si abbatta sul capo di Dipiazza. Quanto al sindaco è sempre più un inno al decisionismo: prima della marcia indietro sul rigassificatore ha cambiato quattro volte sito al Parco del mare prima di eliminarlo, sul superporto ha detto prima bellissimo e poi non so, il Piano regolatore lo ha congelato. Il Piano del traffico adesso aspettiamo che ce lo porti la Befana, ma soprattutto aspettiamo con ansia un nuovo sindaco».
PAOLA BOLIS e SILVIO MARANZANA

 

 

San Dorligo della Valle e Muggia non mollano: «Il Tar del Lazio si esprima sul nostro ricorso» - A SEI MESI DAL DEPOSITO INOLTRATO UN SOLLECITO
 

Sul rigassificatore, Dipiazza-pensiero a parte, i sindaci di Muggia e San Dorligo della Valle non mollano. Nerio Nesladek e Fulvia Premolin, infatti, attraverso l’avvocato Francesco Longo hanno inoltrato un sollecito al Tar del Lazio che, dopo sei mesi, non si è ancora espresso sul ricorso presentato congiuntamente dalle due amministrazioni comunali. Ma non solo. Muggia e San Dorligo della Valle hanno proposto di inoltrare quattro istanze differenti. Una ciascuno verso il ministero dell’Ambiente italiano e la Regione con l’intento di verificare se, dopo il decreto di compatibilità ambientale, siano stati prodotti altri documenti da poter impugnare. Un altro verso il Tar del Lazio per intervenire nel procedimento aperto dal Comune di Capodistria e infine uno al ministero dell’Ambiente sloveno. L’obiettivo dichiarato da Nesladek e Premolin è di fotografare al meglio la situazione amministrativa della vicenda rigassificatore. «Con questi nostri nuovi interventi - dice Nesladek - siamo gli unici enti pubblici, assieme alle associazioni ambientaliste, ad intraprendere questa via del ricorso». Sulla stessa lunghezza d’onda la collega Premolin: «È una battaglia importante per le nostre comunità e, anche se adesso tutto sembra più tranquillo, il discorso rigassificatore non è ancora affatto chiuso».

(r.t.)
 

 

Mirosic: su infrastrutture ed energia puntiamo a piani coordinati con l’Italia - IL NUOVO AMBASCIATORE SLOVENO: TRIESTE-DIVACCIA, UN OBIETTIVO
 

Classe 1968, fa parte di quella nuova schiera di diplomatici formatisi nella Slovenia indipendente. E Iztok Mirosic, il nuovo ambasciatore sloveno in Italia, dimostra tutta la formazione europea ed europeista che costituisce il suo imprinting diplomatico.
La Slovenia sta già lavorando al raddoppio della ferrovia Capodistria-Divaccia, il Porto di Capodistria si sta ingrandendo, mentre l’Italia e Trieste camminano a passo d’uomo. Non è che Lubiana ci sorpasserà?
Io sono per la cooperazione, non per il confronto. Slovenia e Italia devono lavorare assieme altrimenti gli altri ci sorpasseranno in Europa. Siamo Stati vicini, non possiamo fare la gara a chi sorpassa l’altro, ma dobbiamo collaborare.
Quali sono allora i vostri interessi?
I nostri interessi sono di avere progetti energetici e infrastrutturali coordinati con l’Italia, coordinati con l’ambiente, con tutto quanto sia a beneficio per entrambi i Paesi. Siamo, dunque, molto interessati al Corridoio ferroviario Trieste-Divaccia il cui accordo sarà sottoscritto il prossimo mese. Un progetto che Italia e Slovenia pongono sul piano europeo come due Stati che collaborano e non si confrontano.
Lei ha parlato di politica energetica. Qual è allo stato di fatto la posizione della Slovenia sul rigassificatore di Zaule?
La posizione della Slovenia è chiara. Noi aspettiamo dall’Italia uno studio completo che contenga tutti gli effetti determinati dalla costruzione dei rigassificatori che poi dovranno essere esaminati. E l’Italia non ci ha ancora presentato questo studio.
Dunque, voi aspettate ancora questo documento?
Assolutamente sì.
Ma la Slovenia nell’attesa come si sta muovendo?
Il governo sloveno sta preparando un quadro complessivo di tutti i programmmi infrastrutturali ed energetici che riguardano il Nord Adriatico. Programmi che saranno da noi esaminati e su cui successivamente ci confronteremo con l’Italia per vedere soprattutto quale sarà il futuro per il golfo di Trieste. Del resto sia noi che l’Italia assieme alla Croazia collaboriamo già nella Commissione mista per il Nord Adriatico. E in quest’ambito stiamo elaborando proprio una strategia interna che riguarda molto da vicino proprio le acque del golfo di Trieste. Quindi tutti i nuovi progetti, vuoi infrastrutturali, vuoi energetici dovranno essere coordinati tra i vari Paesi interessati.
Costruirà un rigassificatore anche la Slovenia?
La nascita di un rigassificatore non è stata inclusa dal governo nei suoi piani per il futuro.
Restate fermi che il gasdotto debba andare da Zaule a Grado via terra e non via mare?
Noi preferiremmo un gasdotto via terra, perché il progetto via mare avrebbe pesanti ricadute sul piano dell’impatto ambientale sulle acque del golfo di Trieste che già ora si trova in condizioni abbastanza critiche.
Cambiando argomento. Dopo gli accordi di Roma del 1983, quando l’allora Jugoslavia si impegnò a versare 110 milioni di dollari all’Italia come risarcimento per i danni di guerra, per ora solo la Slovenia ha versato la sua parte in un conto fiduciario presso la sede lussemburghese della Dresdner Bank. Soldi che, per ora, l’Italia non ha neppure sfiorato...
Per noi la questione è conclusa e lo abbiamo anche ribadito all’Italia. Per Lubiana la questione relativa agli Accordi di Roma è definitivamente risolta.
In Italia si parla però di una possibile rivalutazione al valore odierno di quei 110 milioni di dollari...
Sì, ma il conto lussemburghese produce i suoi interessi bancari.
Tema minoranze. Qual è la situazione?
Dobbiamo lavorare sullo spirito che si è creato dopo il concerto dei tre presidenti a Trieste. Uno spirito nuovo, con i triestini che hanno apprezzato il gesto fatto per le vittime del Narodni Dom. In questa nuova temperie dobbiamo inserire la collaborazione tra i due Stati, il che significa anche la collaborazione per le rispettive minoranze e vederle non come un mezzo di confronto, ma come strumento di ulteriore cooperazione. Non esiste più la frontiera tra Italia e Slovenia e stiamo costruendo un’Europa nuova.
Però ogni anno, sorpattutto in vista del varo delle rispettive leggi finanziarie, ci sono problemi per il finanziamento della minoranza slovena in Italia e di quella italiana in Slovenia...
Dobbiamo evitare tutto questo. Il governo Pahor, di fronte alla crisi economica che sia Slovenia e Italia stanno attraversando, ha assicurato che non diminuirà i contributi per la minoranza italiana in Slovenia. Il problema però è come stabilire un finanziamento stabile della minoranza slovena per non avere problemi che si ripetono annualmente. Noi proponiamo un coordinamento presso il governo italiano dei vari ministeri che si occupano delle problematiche della minoranza slovena per avere un tavolo comune su cui discutere e confrontarci, anche perché il Comitato paritetico previsto dalla legge 38 non copre tutte le questioni relative alla minoranza slovena.
MAURO MANZIN
 

 

Al via Pedibus, un progetto che invoglia ad andare da casa a scuola a piedi

 

Sarà inaugurato questa mattina alle 8.30, con ritrovo nella palestra della scuola Giotti (comprensorio istituto Weiss) in strada di Rozzol 61, il nuovo progetto ”Pedibus”, con la realizzazione di tre specifici percorsi pedonali che consentono ai ragazzi di raggiungere la propria scuola provenendo da tre direttrici diverse. Il progetto è stato realizzato dall’Uisp in collaborazione con il Comune e reso possibile grazie ad un finanziamento della Regione..
All’inaugurazione interverranno tra gli altri il sindaco Roberto Dipiazza, la presidente dell’Uisp Elena Debetto, il direttore del Servizio mobilità e traffico del Comune Giulio Bernetti, nonché insegnanti e alunni che hanno aderito al progetto.
”Pedibus” è nato per incentivare esperienze di mobilità sostenibile nella fascia d’età della scuola primaria, ha come obiettivo quello di portare il maggior numero di bambini a scuola a piedi (e di conseguenza, utilizzare il minor numero di automobili per raggiungere l’istituto).
Dietro a questa scelta ci sono svariate motivazioni.
Si tratta infatti, contemporaneamente, di: diminuire il traffico veicolare davanti alle scuole, insegnare ai bambini le prime regole sul comportamento da tenere in strada, riqualificare spazi urbani. instaurare una collaborazione positiva tra cittadini e istituzioni.

 

Energia sostenibile, a Trieste forum fra ricerca e industria - MARTEDÍ ALLA CAMERA DI COMMERCIO
 

TRIESTE «Rendere più forte il rapporto tra istituzioni scientifiche e mondo dell’impresa in materia di energia sostenibile, per fare sì che nuove tecnologie e best practice si diffondano rapidamente». É questo l’obiettivo del convegno promosso martedì alla Camera di commercio di Trieste da Fondazione Internazionale Trieste (Fit).
Un appuntamento che vedrà intervenire studiosi e dirigenti dei principali centri di ricerca del sistema-Trieste, oltre che esperti provenienti dalle università di Roma–La Sapienza, Pisa e Fiume. «É importante fare in modo che tutti coloro i quali si occupano di ricerca di base in ambito energetico possano interfacciarsi al meglio, e in maniera integrata, con il tessuto economico – spiega Stefano Fantoni, presidente di Fondazione Internazionale Trieste e direttore della Sissa.
«Quello dell’energia -sottolinea ancora- è un tema fondamentale per il destino della società e il mondo della scienza deve giocare un ruolo attivo».
Nel corso del convegno saranno anche presentati i risultati emersi dal recente congresso di Lussino, sempre promosso dalla Fit, e sarà fatto anche il punto sulla collaborazione tra il pianeta della ricerca e quello dell’impresa.
Non a caso, l’ultima parte del convegno, moderata dallo stesso Fantoni, vedrà intervenire, tra gli altri, il presidente di Confindustria Fvg, Alessandro Calligaris, il presidente di Confindustria Trieste, Sergio Razeto e Matteo Mazzolini, dell’Agenzia per l’energia del Friuli Venezia Giulia. L’inizio dei lavori è previsto per le 9. Per ulteriori informazioni visitare il sito www.fondazioneinternazionale.org.
Nicola Comelli
 

 

 

 

ALTROCONSUMO - VENERDI', 17 settembre 2010

 

 

Detrazioni casa, ancora tre mesi di tempo, ma cosa bisogna fare?

 

In assenza di proroghe,il provvedimento scadrà il prossimo 31 dicembre
Mentre ancora si attende di capire dal Governo se l’agevolazione verrà rinnovata anche per il prossimo anno, è importante ricordare che ci sono ancora poco più di tre mesi di tempo per usufruire della detrazione fiscale del 55% sulle spese sostenute per la riqualificazione ecologica degli immobili da ristrutturare.
 

Detrazioni casa, ancora tre mesi
Scade il 31 dicembre il termine ultimo per la detrazione del 55% sulle spese di riqualificazione. Meglio affrettarsi.
Mentre ancora si attende di capire dal Governo se l’age­volazione verrà rinnovata anche per il prossimo anno, è importante ricordare che ci sono ancora poco più di tre mesi di tempo per usufruire della detrazione fiscale del 55% sulle spese sostenute per la riqualificazione ecologica degli immobili da ristrutturare. In assenza di nuove proroghe (che potrebbero essere inserite nella Finanziaria 2011), il prov­vedimento scadrà il prossimo 31 dicembre: è dunque necessario affrettarsi per completare i lavori di ristrutturazione e di adeguamento ai nuovi standard ambientali e presentare tutta la documentazione necessaria per accedere all’agevolazione.
Una proroga necessaria
Secondo Altroconsumo, è importante che il provvedimento venga rinnovato anche per il prossimo anno poiché, oltre ai vantaggi della detrazione fiscale per i cittadini, ristrutturare un’abitazione seguendo le indicazioni di soste­nibilità ambientale:
- comporta sensibili risparmi in bolletta per gli utenti. Oltre al beneficio diretto dello sconto fi­scale c’è anche quello indiretto dei minori costi per riscaldare (o raffreddare) la casa;
- può arrivare a dimezzare la quantità di ani­dride carbonica emessa dalle abitazioni, con­tribuendo in maniera evidente alla salvaguardia dell’ambiente (l’Italia è il Paese europeo con il maggior coefficiente di inquinamento in ter­mini di Co2 emessa in atmosfera tramite i fumi prodotti dalle abitazioni);
- riduce il ricorso al lavoro nero e al sommerso grazie all’obbligo di trasparenza nei pagamenti e nella fatturazione, contribuendo a ridurre l’evasione fiscale e a incentivare l’occupazione regolare nel settore edilizio.
Anche lo Stato ci guadagna
Il provvedimento rappresenta un buon inve­stimento anche per le stesse casse dello Stato, il quale recupera la riduzione degli introiti fiscali della detrazione grazie all’aumento del gettito Iva delle aziende edili impegnate nelle ristrutturazioni. Infatti, il settore delle costru­zioni, nei soli primi due anni della campagna, ha beneficiato del provvedimento registrando un aumento della domanda di ristrutturazioni e riqualificazioni per un valore economico com­plessivo di circa 5 miliardi di euro.
Gli interventi detraibili
Lo Stato concede detrazioni fiscali (attraverso una riduzione dell’imponibile netto da inserire nella dichiarazione dei redditi) per una serie di interventi di ristrutturazione edilizia che aumentino il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti e che riguardino le spese sostenute per le seguenti quattro tipologie di intervento:
- riduzione del fabbisogno energetico per il ri­scaldamento, il raffreddamento, la ventilazione e l’illuminazione;
- miglioramento termico dell’edificio (so­stituzione di finestre, comprensive di infissi,coibentazioni, posa di nuovi pavimenti);
- installazione di pannelli solari per il riscalda­mento dell’acqua;
- sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale (riscaldamento).
L’agevolazione fiscale consiste nel riconosci­mento di una detrazione d’imposta pari al 55% delle spese sostenute, da ripartire in cinque rate a scadenza annuale di pari importo, entro un limite massimo di detrazione che varia in base al tipo di interventi di ristrutturazione effettuati sull’immobile.
I requisiti indispensabili
La condizione fondamentale per usufru­ire dell’agevolazione è che gli interventi siano eseguiti su abitazioni già esistenti (la detrazione non si applica cioè a eventuali lavori sul nuovo).Inoltre, tranne nel caso della posa dei pannelli solari, l’abitazione oggetto dei lavori deve essere riscaldata. Per dimostrare l’esistenza dell’edificio, occorre l’iscrizione al Catasto o la ricevuta del pagamen­to dell’Ici. Ciò significa che non sono detraibili le spese sostenute durante la costruzione dell’im­mobile, anche se finalizzate alla realizzazione di un’abitazione a elevata efficienza energetica. Per quanto riguarda le caratteristiche che defi­niscono un “immobile riscaldato”, per l’Agenzia delle entrate questa prescrizione è soddisfatta se nell’abitazione sono presenti apparecchi fissi (come stufe e caminetti) capaci di erogare una potenza non inferiore ai 15 kW. In caso invece di lavori di riqualificazione effet­tuati su edifici demoliti, la ricostruzione dovrà essere il più possibili “fedele” all’originale, tanto che se l’immobile viene ampliato la detrazione non può essere riconosciuta.
A chi spetta la detrazione
Sebbene il limite di spesa su cui calcolare la de­trazione si riferisce alla singola unità immobi­liare, è possibile suddividere l’importo della de­trazione anche fra più soggetti, dividendola in base alle rispettive quote di sostenimento della spesa. Possono usufruire della detrazione tutti i contribuenti che possiedono, a qualsiasi titolo, l’immobile su cui si intende operare la ristrut­turazione. In particolare, possono richiedere la detrazione oltre che i proprietari e gli usufrut­tuari, anche i condomini (per gli interventi sulle parti comuni del condominio), gli inquilini e i comodatari.
Sono inoltre ammessi alla detrazione anche i familiari conviventi (il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado) che contribuiscono alle spese per la realizzazio­ne dei lavori, a condizione tuttavia che la convi­venza sia in atto dall’inizio dei lavori di riquali­ficazione. Facciamo un esempio: se la moglie è proprietaria della casa o dell’appartamento su cui vengono eseguiti i lavori e se le spese ven­gono sostenute dal coniuge perché lei non ha reddito per poter sfruttare la detrazione, sarà il marito a poter usufruire dell’agevolazione.
Gli interventi ammessi
Le spese per le quali è possibile usufruire della detrazione comprendono, oltre ai costi per i la­vori edili legati all’intervento, anche quelli per le prestazioni professionali necessarie sia per la realizzazione degli interventi agevolati sia per acquisire la certificazione energetica richiesta per accedere al beneficio. In generale, si può quindi dire che sono detraibili tutte quelle spese necessarie al lavoro di ristrut­turazione: l’importante è che sia un tecnico abilitato a individuare le spese strettamente connesse alla riqualificazione.
La riqualificazione energetica
Per interventi di riqualificazione energetica si intendono tutti quei lavori che incidono, miglio­randola, sulla prestazione energetica dell’edifi­cio. Motivo per cui la condizione imprescindibi­le per ottenere la detrazione è che gli interventi debbano interessare l’intero edificio e non solo una singola parte. Ricordate però che l’acquisto dei pannelli foto­voltaici (cioè i pannelli solari per la produzione di energia elettrica e non di acqua calda) non è soggetto alla detrazione fiscale, poiché rientra già nel programma di incentivazione del cosid­detto Conto Energia.
Il miglioramento termico
Concerne gli interventi su coperture, pavimenti, pareti e finestre (comprensive di infissi). Nel caso di sostituzione degli infissi, sono considerate detrai­bili anche le strutture accessorie che hanno effetto sulla dispersione del calore, come tapparelle, ante e persiane. A determinate condizioni, possono inoltre beneficiare del provvedimento anche le sostituzioni di porte e portoni d’ingresso. Per gli infissi, la procedura è stata semplificata: infatti basta presentare la scheda informativa degli interventi realizzati (il cosiddetto “allegato F”) compilabile e scaricabile direttamente dal sito dell’Enea (www.enea.it), l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economi­co sostenibile.
I pannelli solari
L’intervento agevolabile riguarda quello che prevede l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda destinata all’uso do­mestico. È da ricordare che, a partire dal 2008, non è più necessario per questo tipo di lavori presentare l’attestato di certificazione ener­getica. Inoltre, nell’ipotesi di autocostruzione dei pannelli, è sufficiente l’attestato di parte­cipazione a un apposito corso di formazione in sostituzione dell’asseverazione. Sono detraibili anche le spese per la fornitura e la posa in opera delle apparecchiatu­re, nonché i lavori idraulici ed edili necessari per la realizzazione dell’impianto.
Climatizzazione invernale
Si tratta della sostituzione - integrale o parzia­le - degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti dotati di caldaie a con­densazione e della contemporanea messa a punto del sistema di distribuzione dell’acqua all’interno dell’abitazione. In questo caso, per usufruire della detrazione fiscale è necessario sostituire completamente l’impianto preesi­stente e installare la nuova caldaia: non sono quindi detraibili le spese per l’installazione di sistemi di climatizzazione invernale in edifici che ne erano sprovvisti. Dal 2008, l’agevolazione è stata ampliata anche alla sostituzione di impianti di riscaldamento con pompe di calore ad alta efficienza e impianti geotermici. Inoltre, per la sostituzione degli im­pianti di climatizzazione non è più necessario presentare il certificato di qualificazione ener­getica previsto per gli altri interventi.
La nostra voce: richiesta di proroga
Nell’ambito della campagna Contro Corrente, Altroconsumo ha condiviso una lettera di richiesta di proroga delle detrazioni con le altre associazioni di consumatori membri del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (Cncu).
Questo documento è stato sottoposto al sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, per ricordare al Governo l’importanza di questa misura per tutto il sistema Paese.
Il sottosegretario ha condiviso le nostre osservazioni e si è dimostrato disposto a valutare la fattibilità di una proroga delle misure volte all’incentivo del risparmio energetico.
Infatti, è stato chiesto ad Altroconsumo di inviare lo stesso documento anche al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e al sottosegretario Gianni Letta per chiedere che la misura venga in qualche modo inserita in uno dei prossimi progetti di legge. Vi terremo aggiornati sugli sviluppi.
Glossario
Asseverazione - Per usufruire della detrazione è innanzitutto necessario acquisire l’asseverazione, un documento che consente di dimostrare che l’intervento realizzato è conforme ai requisiti tecnici richiesti dalla norma. Il documento può comunque essere sostituito dalla dichiarazione resa dal direttore dei lavori che, se riguarda interventi a finestre e infissi e l’acquisto di caldaie a condensazione della potenza maggiore di 100 kW, può essere sostituita da una certificazione dei produttori.
Attestato di certificazione - È prodotto successivamente all’esecuzione degli interventi, utilizzando procedure e metodologie diverse a livello regionale e comunale. In assenza di queste procedure può essere consegnato in sostituzione anche un attestato di “qualificazione” energetica. Il certificato deve comunque essere controfirmato da un tecnico abilitato.
Scheda informativa - È il documento incaricato di “descrivere” gli interventi realizzati. Deve contenere i dati del soggetto che ha sostenuto le spese dell’edificio su cui i lavori sono stati realizzati, la tipologia d’intervento, il risparmio energetico che ne è conseguito e il costo sostenuto.
Detrazioni: gli interventi che la consentono
La condizione indispensabile per usufruire delle detrazioni è che gli interventi siano eseguiti su abitazioni già esistenti e, tranne nel caso della posa dei pannelli solari, già dotati di impianto di riscaldamento. Per dimostrare la preesistenza dell’edificio occorre l’iscrizione al Catasto o la ricevuta del pagamento dell’Ici.
Pannelli solari L’intervento agevolabile è quello che prevede l’installazione di pannelli per la produzione di acqua calda per usi domestici. Rientrano nelle spese detraibili la fornitura e la posa di tutte le apparecchiature termiche, meccaniche ed elettroniche nonché di tutte le opere idrauliche e murarie necessarie per la realizzazione dell’impianto.
Spesa massima 109.090,90 €
Detrazione massima 60.000 €
Pareti esterne e interne Il provvedimento comprende anche le spese sostenute per interventi sulle cosiddette “strutture opache” orizzontali (cioè le coperture e i pavimenti) e verticali (vale a dire le pareti esterne) che delimitano il volume riscaldato verso l’esterno o verso vani non riscaldati.
Spesa massima 109.090,90 €
Detrazione massima 60.000 €
Impianti Si tratta della sostituzione, integrale o parziale, dei sistemi di climatizzazione invernale esistenti con impianti dotati di caldaie a condensazione oppure con impianti di riscaldamento che sfruttano pompe di calore ad alta efficienza o impianti geotermici. Ricordatevi che per la sostituzione dei sistemi di climatizzazione non è più necessario il certificato di qualificazione energetica previsto per gli altri interventi. Non sono invece detraibili le spese per la posa di impianti in edifici che ne erano sprovvisti.
Spesa massima 54.545,45 €
Detrazione massima 30.000 €
Gli interventi di ristrutturazione ammessi I limiti massimi di spesa detraibile variano a seconda del tipo di intervento di riqualificazione effettuato. Nel caso si voglia procedere a una ristrutturazione completa o parziale del proprio immobile è quindi importante ricordare quali sono i limiti di spesa massima e la detrazione massima per la quale si può beneficiare. Nel caso si desideri procedere a una riqualificazione totale della casa, qui sotto riportiamo i limiti massimi di spesa detraibile.
Spesa massima 181.818,18 €
Detrazione massima 100.000 €
Vetri e infissi Nel caso di sostituzione di vetri e infissi, sono considerate detraibili anche le strutture accessorie che hanno effetto sulla dispersione del calore come tapparelle, imposte e persiane. Per le spese di sostituzione delle finestre, comprensive di infissi, in singole unità immobiliari, non occorre presentare l’attestato di certificazione energetica o di qualificazione energetica.
Spesa massima 109.090,90 €
Detrazione massima 60.000 €
In pratica: è necessaria la firma di un tecnico
Tutti i documenti necessari per richiedere le detrazioni devono essere rilasciati da tecnici abilitati e iscritti ai rispettivi ordini professionali. La detrazione del 55% non prevede l’obbligo di inviare la comunicazione di inizio lavori all’Agenzia delle entrate.
Entro 90 giorni dal termine dei lavori e del collaudo finale occorre trasmettere all’Enea una copia dell’attestato online di qualificazione energetica e la scheda informativa relativa agli interventi realizzati.
Per il pagamento delle spese è obbligatorio utilizzare il bonifico bancario o postale, in cui indicare causale del versamento (riqualificazione ex legge 296/2006), il proprio codice fiscale e la partita Iva di chi ha eseguito i lavori. Le fatture devono indicare anche il costo della manodopera.
Ricordatevi che l’Iva è pari al 10% per gli interventi di manutenzione realizzati sugli immobili.
Conservate i documenti per la presentazione della dichiarazione dei redditi (e per eventuali controlli dell’amministrazione finanziaria), ma non spedite nulla all’Agenzia delle entrate

 

 

COMUNICATO STAMPA WWF - VENERDI', 17 settembre 2010

 

 

Piano regolatore di Trieste e teatrino della politica
 

Sarebbe un peccato, se anche il dibattito sul piano regolatore di Trieste venisse risucchiato – come parrebbe a scorrere le cronache recenti - nello stucchevole teatrino della politica politicante, facendo perdere di vista le questioni di fondo.
Questioni che non si riducono certo al contenzioso tra il Comune e l’ordine dei geologi (pur importante per quella categoria professionale), né a qualche modifica delle previsioni di piano, come ipotizzato da alcuni consiglieri comunali.
Non è infatti annunciando modifiche (di quale natura?) per la destinazione dell’ex caserma di Banne, dell’area “turistica” di Padriciano e del giardino di Villa Cosulich, che si possano considerare risolte le tante criticità del piano. Ancor meno se fossero accolte alcune (scelte con quali criteri?) tra le 1.141 osservazioni ed opposizioni presentate dai cittadini.
Opportuno sarebbe, invece, ragionare sui dettagliati e pesanti rilievi formulati dalla Soprintendenza in merito alle scelte di zonizzazione del piano per le aree di pregio paesaggistico e naturalistico. Rilievi che l’organo periferico del ministero dei beni culturali (non un’accolita di ambientalisti esagitati…) ha riassunto in un documento di 64 pagine, redatto con il contributo fondamentale del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste.
Un documento, va sottolineato, consegnato dalla Soprintendenza al Comune nel dicembre 2009, di cui però nessun consigliere comunale (né il sindaco) paiono essersi accorti in questi mesi e sul quale sembra si continui a far finta di nulla anche dopo che le associazioni ambientaliste ne hanno “svelato” l’esistenza.
Piccolo pro-memoria: la Soprintendenza contesta in particolare le previsioni edificatorie sulle 18 zone di espansione “C”, il nuovo canile a Fernetti ed il cimitero degli animali presso via Commerciale, nonché le ulteriori colate di cemento sulla zona “turistica” di Padriciano e sulle zone “miste strategiche” dell’ex caserma Monte Cimone a Banne e dell’ex campo profughi di Padriciano.
Ci conforta, naturalmente, vedere che i rilievi coincidono con quelli contenuti nelle osservazioni di WWF, Legambiente, Italia Nostra e Triestebella, ma ci amareggia vedere che – almeno finora – non hanno ricevuto adeguata attenzione da parte del ceto politico. Forse perché implicano un ripensamento ritenuto troppo radicale del piano regolatore?
Eppure, è la prima volta che l’organo pubblico certo più competente in materia di paesaggio, si esprime su uno strumento urbanistico del Comune capoluogo, manifestando in modo organico obiezioni che solitamente emergevano soltanto molto tempo dopo (e comunque troppo tardi), in sede di valutazione delle autorizzazioni paesaggistiche sui singoli interventi edilizi.
Va ancora sottolineato che la Soprintendenza ha, correttamente, espresso i propri rilievi nell’ambito della procedura di VAS (Valutazione Ambientale Strategica) sul piano. Proprio la procedura che il Comune ha scandalosamente bistrattato, addirittura secretando il piano in alcuni momenti chiave del suo iter ed evitando – è stata così violata la Direttiva europea sulla VAS – qualsiasi momento partecipativo con la cittadinanza sui contenuti dello stesso. Un atto di arroganza che potrebbe avere gravi ripercussioni, anche economiche, in caso di sanzioni europee contro il Comune.
Ora, però, è stata annunciata la riadozione del piano regolatore (non si sa in quali tempi), il che consentirebbe – purché lo si voglia – anche di “sanare” gli errori di metodo e di contenuto compiuti finora.
Sindaco e Consiglio comunale sapranno cogliere l’occasione e riadottare il piano, previa adeguata consultazione dei cittadini e robusta revisione delle previsioni? Se così non sarà, difficilmente si potrà evitare di pensare che il ceto politico abbia voluto fare – come già con il piano regolatore del ’97 – l’ennesimo regalo al partito trasversale del cemento e della speculazione immobiliare. Sarebbe, vista anche la prossimità delle elezioni comunali, un errore gravissimo.

Dario Predonzan - Responsabile urbanistica WWF Trieste
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 17 settembre 2010

 

 

Decarli: «Prg, una sconfitta politica La città ormai è senza governo» - L’ESPONENTE DEI CITTADINI ATTACCA LA MAGGIORANZA
 

«Chi governa la città?» Se lo chiede in un’ironica nota Roberto Decarli della Lista Civica " Cittadini per Trieste". Decarli disegna una sorta di fotografia dell'attuale maggioranza che governa la città, cassata senza remissione come «una specie di corte dei miracoli dove ognuno fa quello che vuole».
Secondo Decarli, «ognuno fa i propri interessi politici: alcuni sostengono il sindaco, altri lo criticano, lo dileggiano, altri invece aspettano ordini dal senatore Camber o dall’onorevole Fedriga (alias assessore Seganti) e oggi forse anche da Roberto Antonione; alcuni, ancora, stufi dell'andazzo, da tempo hanno seguito il ribelle Bandelli. Quei pochi rimasti sono agli ordini dell' ex candidato (Camber)».
A detta dell’esponente dei Cittadini, «con la discesa in campo, pare, di Antonione le battaglie interne al centrodestra si amplificheranno e come al solito i problemi della città non avranno priorità». «Ora sono in campagna elettorale - incalza - e quindi promettono già varianti al Piano regolatore quando lo stesso piano probabilmente dovrà essere riadottato e forse non si riuscirà a concluderlo in questa consigliatura».
Solo questa vicenda del Piano regolatore è di per sé, a detta di Decarli, «una vergognosa sconfitta politica e di immagine. È dal 2007 che lavorano sul Piano e all'ultimo passaggio in giunta cinque assessori si sono astenuti, tra i quali Rovis che si sta scontrando con il sindaco per i centri monomarca, argomento peraltro mai arrivato in Commissione».
Secondo Decarli serve ben altro che incontri conviviali (il riferimento è al vertice saltato nella villa di Dipiazza) «per ricucire i numerosi strappi della maggioranza».
«È dal 2001 - conclude il consigliere comunale - che si tira a campare qui a Trieste e oggi la situazione è più pesante che mai sia in termini sociali, economici e occupazionali senza che ci siano prospettive vere di sviluppo della città».
 

 

«Delibera sul terreno del sindaco Ritirarla o denuncio i consiglieri» - BEVILACQUA DELL’ITALIA DEI VALORI
 

Chiede l’annullamento di una delibera del Consiglio comunale, altrimenti non esiterà ad assumere «qualsiasi iniziativa legale, anche nei confronti dei singoli componenti del Consiglio comunale», pur di ottenere «quella giustizia che spetta di diritto a tutti i cittadini».
A tornare alla ribalta, sulla nota vicenda del terreno di via Verga, acquistato e poi rivenduto dal sindaco, Roberto Dipiazza, è Adriano Bevilacqua, sindacalista della Uil per i Vigili del fuoco ed esponente dell’Italia del valori, che però ha precisato di «parlare quale semplice cittadino». «I consiglieri comunali – ha affermato Bevilacqua – devono operare nell’interesse comune, perciò, considerando che il terreno in oggetto, è aumentato di valore rispetto a quando era di proprietà del Comune e perciò dell’intera collettività, il loro dovere era di vigilare e intervenire, affinché non si potesse speculare a scopo di lucro da parte di privati».
Bevilacqua ha insistito spiegando che «l’intera vicenda relativa al nuovo Piano regolatore è oscura», aggiungendo che «il fatto di via Verga è solo la punta dell’iceberg di una grande operazione speculativa che non tiene in alcun conto i diritti della collettività». Bevilacqua ha poi chiesto le dimissioni di Dipiazza. «Se Edouard Ballaman, presidente del Consiglio regionale, si è dimesso dalla sua carica per la vicenda delle auto blu – ha detto – il sindaco di Trieste dovrebbe fare la stessa scelta e rinunciare alla carica». Infine non è mancata una stoccata all’indirizzo di Franco Bandelli: «coraggioso – ha concluso l’esponente della Uil e dell’Idv – nel prendere le distanze da questa maggioranza, ma oggi assente su questa vicenda».

(u. s.)
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito per informazioni sul risparmio energetico offerto dalla Provincia. Legambiente sarà a disposizione del pubblico in via Donizietti n. 5/a, i martedì 10-12 e i venerdì 17-19 e a Muggia, in via Roma n. 22, tutti i giovedì 17.30-19.30 (tel. 366-5239111 - www.legambientetrieste.it).

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 settembre 2010

 

 

Ferrovie, alla Slovenia 450 milioni dell’Ue - Serviranno all’ammodernamento della Capodistria-Divaccia, segmento del Corridoio 5
 

PRIMA TRANCHE - Un acconto da 68 milioni
LUBIANA Ferrovia Capodistria – Divaccia, arrivano i primi fondi comunitari. La Commissione europea ha dato nei giorni scorsi il via libera per cofinanziare, con 68 milioni di euro, la ristrutturazione e la modernizzazione del 26,4 chilometri dell'attuale tratta, che si collegherà al tracciato della futura Tav Divaccia–Trieste. Lo ha reso noto l'ufficio per lo sviluppo e le politiche regionali del governo sloveno. Questa prima tranche di mezzi europei fa parte di uno stanziamento complessivo di 450 milioni di euro che l'Unione europea ha messo a disposizione per lo sviluppo della rete ferroviaria slovena nell'ambito del bilancio comunitario per il periodo 2007-2013. La Capodistria–Divaccia è di fondamentale importanza per il porto capodistriano. Una prima fase del processo di ammodernamento della tratta, con la sostituzione della segnaletica luminosa, è stata già completata nel 2008 e nel 2009. In questa seconda fase - del valore di 130 milioni di euro, di cui 68 dai fondi di coesione europei, appunto - si procederà a interventi più incisivi lungo l'intero percorso, in modo da consentire un aumento del traffico fino a 82 treni al giorno. Questo dovrebbe consentire al Porto di Capodistria di spedire su rotaia non gli attuali 9, ma ben 14 milioni di tonnellate di merci all'anno e di diventare un punto di riferimento ancora più importante per i mercati del centro e dell'est Europa. La terza fase dei lavori, il cui inizio è previsto entro la fine dell'anno, non riguarderà più l'ammodernamento della tratta attuale, ma la costruzione di un secondo binario, che dovrebbe essere ultimato entro il 2017, al massimo nel 2018. La Capodistria – Divaccia, insieme alla Trieste – Divaccia, come noto, fa parte del Corridoio 5, ossia del Progetto prioritario transeuropeo numero 6 (asse ferroviario Lione – Trieste –Divaccia/Capodistria – Divaccia/ - Lubiana – Budaepst – confine ucraino).
Gli altri mezzi messi a disposizione dall'UE - sempre in funzione dell'integrazione del sistema sloveno nella rete europea - saranno sfruttati nei prossimi anni: una parte riguarderà la rete nazionale già esistente, mentre 200 milioni di euro il governo sloveno conta di investirli nel raddoppio della Capodistria–Divaccia.
La costruzione del secondo binario su questa tratta è ormai da anni considerato dalla Slovenia un progetto prioritario, senza il quale Lubiana non può immaginare la crescita e lo sviluppo del porto di Capodistria. I lavori dovrebbero iniziare entro la fine dell'anno, prima sulla Capodistria–Crni Kal (San Sergio) e poi fino a Divaccia.
Il raddoppio della Capodistria – Divaccia sarà uno dei progetti edili più complicati e più costosi della recente storia slovena: è una tratta di soli 27 chilometri, ma più di venti chilometri attraverseranno otto gallerie e due viadotti per salire dal mare all'altipiano carsico. Il costo del progetto ammonta a 800 milioni di euro.
 FRANCO BABICH
 

 

«Tav Venezia-Trieste, tracciato definito entro la fine dell’anno» - LE ASSICURAZIONI DI RICCARDI E CHISSO
 

TRIESTE «I progetti per la Tav tra Venezia e Trieste saranno pronti e consegnati entro il 2010». A rassicurare le categorie economiche e gli europarlamentari che nei giorni scorsi hanno sollecitato le Regioni a rispettare la scadenza imposta dall’Europa, sono stati ieri a Portogruaro, a margine della chiusura della conferenza dei servizi del secondo lotto della terza corsia, gli assessori ai Trasporti di Friuli Venezia Giulia e Veneto, Riccardo Riccardi e Renato Chisso. La conferenza di ieri – chiusasi con la presentazione delle osservazioni che dovranno essere successivamente valutate dal comitato tecnico scientifico – è un ulteriore passo nell’iter per la realizzazione del lotto più complesso della terza corsia, quello da San Donà a Portogruaro: 33,5 chilometri. Oltre all’ampliamento della carreggiata andranno rifatti gli svincoli di Cessalto e di Portogruaro, «È previsto - ha precisato Riccardi - il rifacimento di ben tre viadotti, di cui uno particolarmente importante sul fiume Livenza; di altri 10 ponti su corsi d'acqua minori; la realizzazione di 15 cavalcavia e 17 sottovia intersecanti viabilità secondaria; la rimozione di 320 interferenze; la consistente sistemazione e messa in sicurezza idraulica del territorio e un'intensa attenzione ambientale. Ben il 27 per cento del costo dell'opera sarà indirizzato alla mitigazione dell'impatto ambientale ed a compensazione del Protocollo di Kioto 53 ettari saranno destinati ad area verde. La terza corsia del tratto interessato costerà 600 milioni di euro, 100 dei quali per espropri».

(m.mi.)
 

 

Prg, dai geologi parte la seconda diffida al Comune - Ordine pronto a un’altra causa al Tar: non è stata bandita la gara prevista dalla sentenza
 

DOPO IL NUOVO INCARICO AFFIDATO AL PROFESSIONISTA DIPENDENTE DELL’AMMINISTRAZIONE
L’Ordine dei geologi ha minacciato di avviare una seconda causa al Tar contro il Comune. Contesta le argomentazioni con cui la determina comunale affida al geologo dipendente dell’amministrazione il compito di realizzare un nuovo studio geologico per il Piano regolatore, affermando di ottemperare così alle sentenze del Tar e del Consiglio di Stato. Che, si dice, aveva contestato il coinvolgimento dell’Università, ma non il risultato. L’Ordine avvisa che al contrario non ritiene affatto ottemperate le sentenze, che parlavano esplicitamente dell’obbligo per il Comune di indire una «legittima gara a evidenza pubblica rivolta a geologi liberi professionisti, singoli o associati».
Questa seconda diffida, spedita lo scorso 26 agosto, non ha avuto ancora risposta. Ma apre un nuovo fronte, con possibili conseguenze ancora più pesanti rispetto all’invalidazione del solo allegato ”geologico” del Prg. Con una prossima azione legale l’Ordine potrebbe chiedere l’invalidazione di tutto il Piano regolatore, poiché fondato su un documento macchiato da ”vizio”. «Le sentenze - dice Sandro Rota, vicepresidente dell’Ordine, ripercorrendo le acuminate argomentazioni della diffida - avevano espressamente detto che il professionista comunale non era in grado, visto il curriculum, di svolgere un lavoro così complesso, che il lavoro venga ora riassegnato proprio a lui lascia interdetti, non vorrei essere nei suoi panni, tra incudine e martello, i suoi dirigenti lo hanno messo in una situazione incredibile».
L’interessato è Giorgio Tagliapietra. La dirigente del Servizio Pianificazione, Ave Furlan, ha già detto che ora può avere un incarico pieno perché è stata modificata la sua qualifica. «Sono stato semplicemente inserito nella Pianificazione - dice Tagliapietra, ben guardandosi dall’entrare nel merito della pesante diatriba -, prima non avevo un ufficio a disposizione, quindi per fare la relazione geologica ho avuto bisogno di supporto soprattutto per la realizzazione dei grafici, l’ufficio era tutto impegnato a scrivere il Prg». Per questo, dice Tagliapietra, è stata chiesta la collaborazione, solo tecnica, dell’Università.
Ma chi ha poi fatto veramente il lavoro? L’Università (come contesta l’Ordine) o Tagliapietra stesso che poi lo ha firmato? «L’ho fatto io - dice il professionista -, infatti l’ho firmato e ne sono responsabile». Che ora sia da rifare o solo da ri-firmare, è cosa da vedere. «Dovessi rifare la grafica - aggiunge - ora con l’ufficio a disposizione potrei farlo». Ma sono tante le questioni su cui l’Ordine non demorde: albi professionali, date, funzioni, ruoli. «Sono iscritto all’Ordine dal 30 gennaio 2009 - racconta Tagliapietra -, per un geologo dipendente da amministrazione pubblica non è necessario, l’ho fatto senza averne obbligo, e sono nell’elenco speciale proprio in quanto dipendente pubblico».
Per l’Ordine invece la relazione tecnica è stata scritta dall’Università (come l’Università stessa aveva confermato) e solo controfirmata dal professionista comunale. «Il Comune può affidarsi a competenze interne - aggiunge Rota -, ma come può deciderlo oggi, dopo che nelle sue memorie per il Tar ha detto di essersi appoggiato all’Università proprio perché esse erano insufficienti? E che cosa farà il collega? Ricopierà se stesso? Formalmente, essendo il primo studio annullato, dovrebbe fare una relazione diversa, ma su che basi può scrivere qualcosa di diverso da quanto firmato solo un anno fa?».
Rota, in questa che sembra questione di lana caprina ma che di fatto ha bloccato l’iter del Prg, che adesso sembra inevitabile riadottare, e anche con nuove modifiche chieste da opposizione e parti di maggioranza, ne fa una materia non di sola difesa della «lobby»: «Noi abbiamo una responsabilità penale e civile quando firmiamo piani geologici, se il geologo del Comune ha usato dati dell’Università chi è veramente responsabile alla fine? Noi chiediamo che si obbedisca alle sentenze, e cioé che si faccia una gara, questa determina comunale ci pare l’ennesima presa in giro. Un qualunque cittadino potrebbe ricorrere al Tar chiedendo l’annullamento del Prg. Ci accusano - dice - di averlo voluto bloccare, di avere interessi cementificatori: è falso, noi abbiamo dovuto mettere i bastoni fra le ruote solo a causa della cocciutaggine degli uffici tecnici o del sindaco». Vedremo il seguito.
GABRIELLA ZIANI
 

 

CONSUMATORI - Tagli anche agli incentivi per impianti fotovoltaici

 

La Conferenza Stato-Regioni ha licenziato il nuovo Conto Energia 2011 nonché elaborato le linee-guida per la realizzazione degli impianti fotovoltaici. L'approvazione è avvenuta anche da parte del Ministero dello Sviluppo e del Ministero dell'Ambiente.
Andiamo con ordine. Cos'è innanzitutto il Conto Energia.
Il Conto Energia è stato emanato con decreto - versione integrata D.M. 19/2/07 - che stabilisce incentivi per 20 anni a enti pubblici, imprese e privati che installano impianti solari fotovoltaici. Trattasi di impianti che generano elettricità dall'energia solare e l'incentivo è proporzionale all'elettricità prodotta. Esemplifichiamo: se il consumo annuo è di 3.000 kWatt/ora e l'impianto produce 3.000 kWatt/ora, la bolletta si azzera, avviene quello che in gergo viene chiamato ”scambio sul posto”. Se invece l'impianto produce più di quanto è stato consumato, il gestore non paga ma mette il surplus a credito per l'anno successivo con qualche balzello di cui non entriamo nel merito.
Ma in venti anni succedono tante cose: nasce ad es. il nuovo Conto Energia 2011. Un piano che non è stato esente da critiche. Sono stati riconosciuti gli aspetti positivi: dagli attuali impianti da 3.000 megawatt da incentivare nel Conto Energia sono stati raggiunti gli 8.000 particolarmente sui tetti di case private e industrie.
Gli aspetti negativi si concentrano sul decremento annuo, sul taglio cioè degli incentivi per gli impianti che entreranno in funzione a partire dal 2011, per i quali è prevista (ripetiamo trattasi di previsioni) una decurtazione del 6% per ogni quadrimestre, un ulteriore 6% è previsto in detrazione anche per gli impianti del 2012 e del 2013.
Non si può fare a meno di chiedersi come si possa chiamare incentivazione una disincentivazione annuale che andrà indubbiamente a incidere sulla nascente e responsabile cultura del ricorso a quella fonte inesauribile di energia pulita che è il sole.
Gli aspetti positivi indubbiamente ci sono e concernono le linee-guida per la realizzazione di impianti fotovoltaici, fra tutti citiamo il sistema facilitato per gli impianti domestici più piccoli, particolarmente per quelli integrati all'edificio i cui moduli prendono il posto delle tegole.
Ci siamo limitati alla misura ”incentivi” perché è la voce alla quale i consumatori sono più sensibili. Si corre il rischio con tali misure di penalizzare la nascente cultura del solare-fotovoltaico che, oltre ad essere in beneficio-privilegio per il presente, rappresenta un impegno morale verso le generazioni future.
Non è da poco: si tratta di consegnare un pianeta pulito a chi verrà dopo di noi.
LUISA NEMEZ

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 settembre 2010

 

 

Prg, nuovo incarico al geologo del Comune - Ferrara: piano da riadottare ma Lega, An e Udc diranno no al polo residenziale a Banne
 

La commissione comunale sulla Trasparenza voleva «trasparenza» circa l’incarico affidato al geologo del Comune di riscrivere lo studio sulla ”situazione geologica, idraulica e valanghiva” del territorio comunale, dopo che l’Ordine dei geologi ha vinto al Tar e al Consiglio di Stato la causa intentata per contrastare la decisione dell’amministrazione comunale, che aveva affidato il compito all’Università, senza pubblica gara per i professionisti. Sul punto ha ottenuto vaghe informazioni. Ma in compenso ha reso «trasparente» un’evoluzione politica più pesante dei terreni da analizzare geologicamente: il Piano regolatore sarà certamente adottato per la seconda volta. Metà del suo percorso burocratico sarà da rifare. E probabilmente l’approvazione definitiva porterà la firma del prossimo sindaco.
L’affermazione è stata buttata lì da Maurizio Ferrara, capogruppo della Lega, partito che già nel 2008 non ha votato l’adozione: «I capigruppo hanno deciso la ri-adozione del piano» ha detto durante la riunione. Ma davvero? Il fatto è che Lega, Udc e An hanno giurato a se stessi e in pubblico di non approvare la destinazione d’uso residenziale per la caserma e il borgo di Banne, quella turistica di Padriciano, e magari anche se ci riescono la trasformazione di Villa Cosulich. Adesso che la questione dei geologi ha costretto al clamoroso ritiro del Prg, e a trovare una via d’uscita su questo non irrilevante piano tecnico, è il gioco politico a farsi più duro. Se il timore di incorrere in nuovi ricorsi, o in future impugnazioni del documento urbanistico, sta rendendo tutti prudenti e disposti a redigere una nuova relazione geologica, su questo arcipelago mobile entrano in pattuglia i dissidenti: maggioranza o no, se si apre la porta a nuove votazioni questa sarà l’ultima occasione per contrastare scelte urbanistiche considerate odiose.
Alla riunione era invitato il sindaco Dipiazza, assessore all’Urbanistica e ai Lavori pubblici, e non si è presentato. C’erano i dirigenti: il segretario generale Santi Terranova e il suo vice, Edgardo Bussani, direttore dell’Area pianificazione territoriale, e Ave Furlan, direttore del Servizio pianificazione urbana. «Tutto lo schieramento - commenta Alfredo Racovelli dei Verdi, presidente della commissione Trasparenza -, ma mai, in nessuna amministrazione si è visto che un sindaco e due volte assessore alla materia (scelta che produce disastri ogni giorno) sia assente e si nasconda di fronte a temi di questa portata». Secondo Racovelli l’incarico dato al geologo comunale, ottemperando solo in parte alla sentenza del Consiglio di Stato, «potrebbe causare nuovi ricorsi da parte dell’Ordine dei geologi». Mentre la materia del Piano regolatore, afferma, «è ora che crei una forte mobilitazione in città, la politica non può esaurirsi dentro un’aula consiliare, mentre il centrodestra si spacca ogni giorno e comunque pensa solo alle nomine».
I tecnici, spiega Racovelli definendo la faccenda «un pastrocchio», hanno detto che il geologo «può rifare la relazione, ma senza buttare via il lavoro precedente», e che «lo studio non è correlato al Piano regolatore». Ma non così la pensa Fabio Omero (Pd): «Il lavoro affidato all’Università è stato invalidato dalle sentenze, il geologo incaricato non lo potrà utilizzare, dovrà farne uno nuovo: mi auguro sia realmente nuovo per non mortificare la sua professionalità, ma comunque formalmente nuovo per non incorrere in altri ricorsi da parte dell’Ordine dei geologi. Questo nuovo studio andrà a sostituire quello allegato al Piano regolatore, e quindi il nuovo Piano dovrà iniziare dalla sua nuova adozione».
E così ampi pezzi di maggioranza si legano alle richieste del centrosinistra, e Ferrara commenta: «Ennesima situazione critica nella gestione del Prg. Sembra toccato da sfortuna. Tutto è andato male. Quindi è meglio riadottarlo. Ma se si riadotta, noi, Udc e An mai voteremo la destinazione di Banne e Padriciano. Il sindaco lo sa. Vogliamo a Banne un parco naturale, e non vogliamo speculazione edilizia».
GABRIELLA ZIANI
 

 

PRG - Omero (Pd): un flop politico - DURE LE CRITICHE DELL’OPPOSIZIONE
 

Il centrosinistra vede confermate le proprie pesanti perplessità sul Prg, e Fabio Omero (Pd) sintetizza: «Politicamente, un flop». Piero Camber, il capogruppo Fi (assente ieri alla Commissione trasparenza, come An), porta armi alla difesa: «Riadottare il piano? È l’ipotesi principale, ma è stato chiesto un parere all’avvocatura comunale. Se si riadotta si fa presto, però: si possono inserire tutte le correzioni chieste dalla Regione, e anche un centinaio di osservazioni dei cittadini già approvate. Se invece si vuole ridiscutere il caso di Banne, si rischia di dover rifare gli accordi col Demanio, che porterebbero via anche anni».
La questione sta nel complesso «baratto». La caserma di Banne è stata resa residenziale dal Prg, con promessa di lauti guadagni per lo Stato dalla vendita. Ogni vendita impone la cessione al Comune del 15% della somma. L’insieme dei beni demaniali, anche così rivalutati, vale 50 milioni, e 7,5 di guadagno «percentuale» per il Comune. Che però ha scelto un’altra strada: avere in cessione la caserma di via Cumano (polo museale) al posto dei denari. Se cambiano le stime in campo, «salta l’accordo» dice Camber. Per Roberto Sasco (Udc) «basta fare le cose con ragionevolezza, trasformare il sito in zona turistica, per esempio: meno cemento, più guadagno ancora». Come che sia, Sasco (presidente della Commissione urbanistica) è netto: «Se cambia la relazione geologica, bisogna riadottare il Piano. O vogliamo che domani un sior Bortolo qualunque faccia causa e lo impugni, anche per via della secretazione? Ai cittadini bisogna dare certezze. E prima di tutto sui suoli. Se cambia la relazione geologica, cambia anche ciò che si può, o non può, costruire sui terreni. Poi bisogna cambiare rotta su Banne, Padriciano e Villa Cosulich. Se il sindaco non vorrà, ci faremo votare un emendamento». Sottinteso: vista la massa di consenso, passerà come l’acqua dal rubinetto.

(g. z.)
 

 

Capodistria, la Tge ha il permesso per il rigassificatore ma non è stato inserito nel piano energetico nazionale
 

VITTORIA DI PIRRO PER LA SOCIETÀ TEDESCA CHE AVEVA FATTO RICORSO DOPO IL NO
CAPODISTRIA Sì al «permesso energetico» per il terminal rigassificatore di Capodistria, no al suo inserimento nel piano energetico nazionale. Il ministro sloveno dell'economia Darja Radic ha rilasciato alla società tedesca «TGE Gas Engeineering» il documento che formalmente le permette di continuare con la progettazione di un rigassificatore nell'area del porto di Capodistria, ma ha comunicato anche che questo progetto non sara' inserito nel piano di sviluppo energetico del Paese.
Per la TGE, dunque, una vittoria di Pirro: ha ottenuto il permesso che chiedeva, ma il suo progetto resta escluso dai piani di costruzione degli impianti energetici in Slovenia. È un atteggiamento che sembra contraddittorio, ma una spiegazione esiste. Il ministero per l'economia è stato infatti costretto a rilasciare il permesso energetico alla TGE, dopo che la società tedesca si è rivolta al Tribunale amministrativo perché insoddisfatta del precedente rifiuto da parte del ministero. Il Tribunale ha decretato che in quell'occasione (era il maggio del 2009) il documento richiesto è stato negato senza adeguata motivazione.
Ora il permesso energetico per il rigassificatore a Capodistria la TGE l'ha finalmente ottenuto, ma nel frattempo, nel dicembre del 2009, il Parlamento sloveno ha approvato una risoluzione sulla Strategia per l'Adriatico nella quale (per motivi ambientali e di sicurezza) si esclude la costruzione di impianti di questo tipo «nelle o a ridosso» delle acque territoriali slovene. Il terminal dunque resterà fuori dal piano di sviluppo energetico nazionale e questa, come hanno sottolineato al Ministero, è una decisione definitiva. Alla TGE si dicono perplessi. È una decisione incomprensibile, ha scritto in un comunicato stampa il responsabile del progetto, Uros Prosen. In una situazione di crisi economica e di difficoltà in campo energetico, il terminal, è convinto Prosen, sarebbe più che utile. Soddisfatti invece coloro che i rigassificatori, né quello di Capodistria né quelli nel golfo di Trieste, non li hanno mai voluti. I terminal di per sé non sono un problema, hanno scritto i deputati Franco Juri e Franci Kek a nome del gruppo parlamentare del partito Zares, ma non va bene l'idea di realizzarli in aree non adatte. La decisione del ministro Radic i due deputati la ritengono pertanto giusta, visto che il permesso energetico non è sufficiente per realizzare l'investimento. Ci vuole anche l'autorizzazione ambientale, si legge nel loro comunicato, e il progetto della TGE non soddisfa le condizioni per ottenerla.
Il progetto prevedeva la costruzione di un impianto congiunto di rigassificazione e produzione di energia elettrica in un'area di 30 ettari all'interno del porto di Capodistria. L'impianto sarebbe stato in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno e avrebbe impiegato 70 dipendenti di formazione in prevalenza tecnico-universitaria con un indotto stimato di 1200 addetti complessivi. La centrale elettrica, caratterizzata da una potenza di circa 240 Mw, avrebbe sopperito a buona parte del fabbisogno della regione costiera. Le autorità locali si sono sempre dichiarate categoricamente contrarie.
FRANCO BABICH
 

 

Duino Aurisina, in arrivo due milioni per Costa dei Barbari e altri progetti - I fondi statali serviranno anche per il Parco del Timavo
 

Ret: le bombe non rimosse potrebbero farci perdere i finanziamenti

DUINO AURISINA Via libera ai tre progetti di riqualificazione di Costa dei Barbari, di realizzazione del Parco del Timavo e di sistemazione del parcheggio antistante l’ex scuola di Polizia di Duino, per una copertura complessiva di finanziamento pubblico pari a quasi due milioni di euro. Si è tenuto ieri mattina un tavolo tecnico cui hanno preso parte il sindaco Giorgio Ret e i funzionari del Ministero dell’Ambiente, della Regione e del Comune per predisporre, dopo l’accordo di programma a suo tempo siglato, l’operatività e la copertura economica degli interventi che si apprestano a trasformare radicalmente il territorio. I tecnici hanno verificato la compatibilità tra gli stanziamenti messi a disposizione dallo Stato e i progetti preliminarmente presentati dall’ente locale, definendo gli iter da perseguire per portare a termine le opere.
PARCO DEL TIMAVO Se per la riconversione della Costa dei barbari in riserva naturale e per la predisposizione della nuova area di sosta di Duino sostanzialmente non ci sono problemi, diversamente può dirsi per il Parco del Timavo, su cui il rappresentante del Ministero dell’Ambiente ha posto un preciso aut aut al Comune: o la bonifica degli ordigni bellici scaricati durante la Seconda guerra mondiale dai militari inglesi nella zona delle risorgive viene avviata al massimo entro otto mesi a partire da oggi oppure sfumerà il finanziamento statale di 256mila euro per il ripristino ambientale. Una brutta grana per il sindaco Giorgio Ret, che sul delicato tema ha già il fiato sul collo dell’opposizione consiliare: «Domani mattina (oggi,dr) – ha dichiarato – mi attaccherò alla cornetta e tempesterò di chiamate gli uffici romani e quelli delle autorità per ottenere delle risposte: non possiamo permetterci di perdere quei soldi, perché altrimenti tutto resterà fermo per chissà quanto tempo. Lo sminamento deve essere svolto questo autunno, perché rimandarlo ancora potrebbe significare dover poi fare i conti col maltempo». Il progetto prevede la messa in sicurezza e la sistemazione delle sponde, la creazione di percorsi verdi e l’inserimento di un’area giochi per bambini. È coinvolta tutta la zona tra l’ex statale 14, il piazzale in prossimità della Cartiera Burgo e la strada che, sfiorando la terza risorgiva, porta da un lato all’ex statale e dall’altro al Villaggio del pescatore. Il Comune procederà anche al ripristino del manto stradale e delle aree di sosta in prossimità della chiesa oltre a un tratto di strada carraia.
COSTA DEI BARBARI Nessun ostacolo per la nuova riserva naturale: ottimisticamente, secondo il sindaco Ret, gli interventi potranno partire già a primavera: «Partiremo dalla realizzazione di una mobilità eco-compatibile, con la sistemazione della scaletta che da Belvedere porta alla spiaggia – ha riferito -: a causa dei cantieri di Porto Piccolo potremo intervenire invece sul collegamento da Borgo San Mauro alla Costa dei barbari appena nel 2012». In ballo c’è un’area di 90mila metri quadrati per oltre un chilometro e mezzo di costa. Sarà poi realizzato un muro a secco di contenimento per evitare i fenomeni franosi e la messa in sicurezza dell’area. Sono previsti inoltre sentieri di collegamento e la realizzazione di toilette (almeno tre) e di docce. La spesa complessiva del preliminare ammonta a 900mila euro.
TIZIANA CARPINELLI
 

 

SEGNALAZIONI - Carne di cinghiale
 

Ora i cinghiali non solo invadono il territorio urbano, ma assaltano le persone e causano incidenti stradali: occorre pertanto prendere provvedimenti, ma non nel senso di sterminio della specie. I cinghiali, come ogni animale commestibile, possono costituire una risorsa alimentare: dopo l’abbattimento potrebbero essere affidati agli enti locali per un utilizzo a favore delle mense destinate ai meno abbienti e, in parte, anche alla commercializzazione, i cui proventi andrebbero destinati a qualche forma di assistenza pubblica. Altro che cibo per grifoni!
Insomma una specie di allevamento senza spese da cui trarre un sicuro profitto destinato ai bisognosi, senza spese perché ci saranno sempre degli stolti che provvederanno a nutrirli, nonostante il divieto. Se si utilizza la carne di capriolo, maiale, bue, ecc. non si vede perché non usufruire di una risorsa che, da portatrice di danni, può essere trasformata in un utile complemento alle politiche assistenziali. L’abbattimento dovrebbe essere finalizzato al contenimento della popolazione dei suidi entro un limite ben preciso, oltre al quale la caccia riprenderebbe in maniera che i capi non arrivassero a un numero tale da ripresentare i noti problemi o addirittura creare qualche incidente mortale.
Stelio Fiore
 

 

SEGNALAZIONI - Rete anti-cinghiale

 

Da diversi anni a questa parte Trieste affronta il «problema» cinghiali. Ogni anno viene lanciata l’emergenza, come se si stesse parlando di una peste. Il vero pericolo, il vero problema è sempre attribuibile all’uomo: che vede nel suino un divertente passatempo serale, senza fargli mancare quasi mai la cena. È sempre l’uomo che reputa il bosco – mi riferisco all’area sottostante il quadrilatero di Melara – come una discarica a norma di legge, e certo non manca di «donare» alla rigogliosa vegetazione oggetti che vanno dai vecchi modelli di televisori, a rottami di vario genere, fino alle lattine e ai pacchetti di sigarette. Anche i bambini delle scuole elementari sanno che i cinghiali vengono attratti dall’immondizia e dai rifiuti di scarto. Per non parlare della negligenza attuata, da chi di dovere, nel separare quelle che sono le aree urbane da quelle boschive. L’esempio del quadrilatero di Melara è lampante. Da una parte, il parco del Farneto. Dall’altra, il comprensorio. I cinghiali, spesso, attraversano la strada che separa questi due mondi, attratti perlopiù dall’invitante odore dei rifiuti abbandonati accanto ai cassonetti. Questi attraversamenti rappresentano un vero e proprio pericolo sia per l’animale in sé, sia per l’essere umano. È proprio necessario che per fare qualcosa debba accadere un incidente, magari anche grave? Siamo animali razionali, si può prevenire anziché curare. La vera soluzione? Non certo l’abbattimento dei cinghiali: è solo la strada più semplice, e non risolve il problema. L’anno scorso i cacciatori incaricati di abbattere i capi hanno commesso un errore molto grave, sempre per negligenza o, più semplicemente, per ignoranza: anziché abbattere gli esemplari giovani, cioè quelle femmine che si riproducono con maggior frequenza, hanno ucciso le femmine anziane, le matriarche, che esercitano per natura il controllo delle nascite all’interno del loro branco. Prima di sparare e uccidere qualsiasi creatura, occorre essere ben preparati sulle sue abitudini e caratteristiche. L’uccisione delle matriarche ha condotto fin da subito un certo squilibrio all’interno dei vari gruppi di cinghiali. Le femmine più giovani si sono riprodotte spudoratamente, senza controllo, ed è per questo che il numero di animali è aumentato nel corso dell’anno. Ritornando alla questione di via Marchesetti, la soluzione risulta semplice e priva di spargimenti di sangue. Basta semplicemente innalzare una rete metallica, alta due metri, che separi il limitare del bosco dalla strada. Tutto qui. Non mi sembra difficile, non credo che necessiti un’ingente somma di denaro. Non serve elettrificarla per forza, in fondo stiamo parlando di cinghiali, non di orsi. Consiglio a chi di dovere di recarsi nella zona interessata a constatare di persona la fattibilità di un lavoretto come questo. Per una volta, basta impugnare il fucile e premere il grilletto senza pensarci due volte. Riflettere e valutare, e non sempre a fini culinari.
È proprio vero: la negligenza e l’ignoranza uccidono più dei fucili.
Davide Stocovaz
 

SEGNALAZIONI - «In Europa è in atto una grande battaglia per salvare il tonno rosso»

 

È la prima volta che appare su questo quotidiano la grande battaglia che si sta svolgendo in Europa per la salvaguardia del tonno rosso (Thunnus thynnus thynnus), grazie a una segnalazione della signora Passagnoli. La ricostruzione delle popolazioni del tonno è diretta dall’Iccat, ovvero dalla Commissione internazionale per la conservazione del tonno atlantico, che poi si tratta di quello del Mediterraneo. Tale organismo propone alla Comunità europea le misure da adottare e questa ultima emana immediatamente un regolamento che deve essere osservato da tutti i Paesi aderenti, nel caso segnalato anche dalla Croazia.
Il Regolamento Cee per il 2009 era il 1559/2007, modificato col 302/2009 di data 6 aprile del 2010. Entrambi severissimi per le catture dei tonni. Citeremo soltanto alcuni principi inseriti.
Con il 2010 si può pescare con i pescherecci soltanto 30 giorni all’anno, dal 16 di maggio al 15 di giugno. Le misure minime sono o 115 centimetri o 30 kg di peso. Figura nuova introdotta dalla normativa è quella dell’«osservatore», che deve essere nominato dall’Iccat in ogni imbarcazione, pena l’esclusione dalla pesca. Quest’ultimo è stato prescelto dopo avere inviato il suo curriculum vitae, seguito un corso di perfezionamento internazionale e sostenuto un esame per l’ammissione. Altra novità attinente alla pescata di fiume è quella introdotta da due licenze per i pescasportivi: quella ricreativa e quella sportiva. Inutile verificare in questa sede le differenze tra le due.
Piuttosto verificare che le autorità portuali, per l’Italia le Capitanerie di porto, abbiano apposito registro e controllino sistematicamente l’osservanza del Regolamento comunitario inerente alle licenze. La pescata del Quarnero, dunque, poteva avere queste omissioni: il periodo di tempo era quello previsto? I pescatori sportivi erano muniti di licenza? In caso contrario le autorità portuali avevano l’obbligo di confiscare l’animale, distruggerlo e segnalare il fatto al proprio ministero di competenza acciocché possa segnalare a sua volta l’evento all’Iccat. Con le normative vigenti, se osservate, ci si avvia al ripopolamento del tonno nel Mediterraneo e ancor più nell’Adriatico.
Mario Bussani - osservatore decano dell’Iccat
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI', 14 settembre 2010

 

Tram elettrici e piste ciclabili, la città modello è Nottingham

 

50 km. per le due ruote, i centri commerciali non in periferia, un sistema che scoraggia l'uso dell'auto privata. Dall'Inghilterra un esempio da seguire
LONDRA - E' famosa per il suo leggendario sceriffo, colui che dava la caccia Robin Hood, a quanto pare con scarsa fortuna. Ma adesso Nottingham può vantare un altro titolo: quello di città meno auto-dipendente di tutta la Gran Bretagna. La sua rete di autobus e tram, insieme a un gran numero di piste ciclabili e a un'avversione per i grandi shopping-center nei sobborghi, hanno convinto gli abitanti a utilizzare il meno possibile la macchina, preferendo mezzi alternativi, come i trasporti pubblici, la bicicletta o al limite le proprie gambe. In uno studio effettuato dalla Campaign for Better Transport, un'associazione per i trasporti ecologici, Nottingham ha ricevuto più voti di ogni altri città del Regno Unito per la qualità dei suoi trasporti pubblici e l'impegno a favore di una riduzione dell'inquinamento.
Amministrata dal partito laburista, nell'ultimo decennio la città di Robin Hood ha fatto grandi investimenti in 50 chilometri di piste ciclabili, una rete di tram elettrici lunga 15 chilometri e un vasto servizio di bus urbani. Scoraggiando la creazione di vasti centri commerciali lungo la cintura di periferia, come è invece la norma in quasi tutte le altre città, le autorità locali hanno contribuito a ridurre gli spostamenti per fare la spesa o per fare shopping, dislocando la distribuzione commerciale nei quartieri, più vicino a chi ne deve usufruire. Una efficiente rete di scuolabus ha distolto la maggioranza dei genitori dall'accompagnare i figli a scuola in auto.
Qualcuno che si lamenta c'è sempre: alcune associazione di commercianti ed esercenti, ad esempio, accusano l'amministrazione cittadina di volere esagerare, criticando in particolare nuovi piani per affibbiare una tassa di 300 sterline ad auto a tutte le aziende e agli uffici privati i cui dipendenti vengono al lavoro in macchina e la parcheggiano in centro. La municipalità replica che i proventi di questa insolita forma di tassazione andrebbero reinvestiti in trasporti pubblici. Si tratta comunque di un'ennesima misura per convincere la popolazione a non utilizzare l'automobile. "Il successo di Nottingham", afferma il rapporto che le ha assegnato il primato, "deriva dalla capacità di avere saputo offrire alla gente un'alternativa valida ai trasporti privati, piuttosto che cercare di tirarli fuori dalle loro auto semplicemente perché causano ingorghi o danneggiano l'atmosfera".
Al secondo posto della graduatoria per la minore dipendenza dalle automobili c'è Londra, la cui metropolitana trasporta 4 milioni di persone al giorno, con gli autobus che portano altri 3 milioni di passeggeri e da questa estate l'introduzione di un vasto servizio di biciclette a noleggio che si possono prendere e depositare in appositi parcheggi sparsi per la città. Al terzo posto Brighton, e al quarto Manchester.
ENRICO FRANCESCHINI

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 14 settembre 2010

 

 

Tav italo-slovena, si firma. Pressing sul Veneto - Il coordinatore Ue Brinkhorst ”convoca” Tondo e Zaia. Le associazioni imprenditoriali: basta ritardi
 

IL 12 OTTOBRE A TRIESTE L’ACCORDO TRA I DUE GOVERNI. IL 13 POTREBBE ESSERCI L’INCONTRO TRA I GOVERNATORI
TRIESTE «Abbiamo evitato la ”nostra” Val di Susa». Riccardo Riccardi, assessore regionale alle Infrastrutture, non minimizza il pericolo. Ma lo giudica ormai scampato: Italia e Slovenia sono pronte alla firma ufficiale. Quella che ratificherà il nuovo tracciato destinato a unire, nel segno dell’alta velocità e capacità ferroviaria, Trieste e Divaccia. Il gran giorno è fissato: i due governi si incontreranno, a meno di contrattempi, il 12 ottobre. A Trieste. E sposeranno la ”variante alta” che, bypassando la Val Rosandra e le proteste, tocca Villa Opicina e Sesana. Poi, a dicembre, la commissione intergovernativa italo-slovena completerà l’iter.
La corsa contro il tempo, però, non è vinta. Niente affatto: la tratta transfrontaliera è uno dei nodi, non l’unico. L’altro, ancor più spinoso, è tutto italiano: l’Unione europea pretende che la Tav nordestina prenda finalmente forma, con il progetto preliminare, entro il 31 dicembre. Ma il tracciato veneto è ancora nel limbo e Laurens Jan Brinkhorst, il coordinatore del progetto prioritario 6 e cioé del corridoio ferroviario destinato ad abbattere i tempi di percorrenza tra Lione e l’Ucraina, torna alla carica: caldeggia un vertice chiarificatore con i governatori di Veneto e Friuli Venezia Giulia, Luca Zaia e Renzo Tondo, ma denuncia la difficoltà a organizzarlo. E allora chiede aiuto al Comitato promotore Transpadana nato vent’anni fa con l’obiettivo di ”spingere” la Tav, oggi presieduto da Antonio Paoletti e Luigi Rossi di Montelera: «Ci siamo incontrati a Torino e il coordinatore europeo ha chiesto il nostro supporto» conferma Ida Cappelletti, responsabile operativo del Comitato. Detto e (quasi) fatto: il 13 ottobre, all’indomani dell’incontro italo-sloveno cui Brinkhorst non intende mancare, ci dovrebbe essere l’atteso rendez vous a tre. Sempre a Trieste: «Siamo in attesa di conferme. Contiamo di avere anche i presidenti di Confindustria e Unioncamere di Friuli Venezia Giulia e Veneto».
”Mr Corridoio V”, in verità, non è l’unico ad essere preoccupato: le associazioni imprenditoriali del Friuli Venezia Giulia, con il pieno appoggio del Comitato e del suo presidente Paoletti, scendono in campo a sostegno della Tav nordestina. A Trieste, in Camera di commercio, dodici associazioni tra cui Confcommercio, Confartigianato, Confindustria, Coldiretti, spedizionieri, terminalisti portuali, piccoli imprenditori e mondo cooperativo firmano infatti una dichiarazione congiunta in cui ribadiscono l’urgenza di progettare la tratta Venezia-Divaccia, chiedendo al governo e ai parlamentari il massimo sforzo, nonché il rispetto del cronoprogramma. La lunga dichiarazione, come sintetizza Paoletti, mette a nudo i punti più critici: sollecita una soluzione condivisa della tratta veneta, perora una progettazione più veloce della Ronchi sud-Trieste, intima l’avanti tutta sulla variante alta della tratta transfrontaliera, con annesso collegamento diretto con il porto di Trieste e raccordo con quello di Capodistria. Le associazioni ricordano che la posta in palio è altissima: i fondi europei sono a rischio, se le scadenze ormai ravvicinate non vengono rispettate.
In tempo reale arrivano le prime rassicurazioni. Le istituzioni, in Camera di commercio, non mancano: c’è la Provincia di Trieste con Vittorio Zollia, c’è il Comune con Paolo Rovis, ci sono gli europarlamentari Debora Serracchiani e Antonio Cancian, in prima linea in commissione Trasporti a Bruxelles e, naturalmente, c’è la Regione. Tutti, seppur con accenti diversi, ripetono il concetto: la Tav è strategica e l’ultimo treno non si può perdere. Gli europarlamentari, nonostante l’una sia nel Pd e l’altro nel Pdl, lavorano da tempo in tandem. E ricordano la battaglia (non ancora vinta) sul Corridoio Adriatico-Baltico. «Sulle infrastrutture è fondamentale fare un gioco di squadra se non vogliamo che il Friuli Venezia Giulia rischi l’isolamento. Tondo e Zaia devono parlarsi e fare pressing sul governo. E tutti dobbiamo cercare la condivisione del territorio: a ottobre vedremo i no-Tav» afferma Serracchiani. «Sicuramente Zaia crede alla Tav. E, a giorni, emergerà la posizione del Veneto sul tracciato: sono convinto che la soluzione si troverà» assicura Cancian.
Sarà davvero così? Riccardi, pur non ”immischiandosi” nelle beghe venete dove la Tav potrebbe correre più o meno vicina alle spiagge, mentre in Friuli Venezia Giulia affiancherà l’autostrada, è ottimista. Assicura che si sta lavorando alacremente «per recepire le prescrizioni ambientali» sulla Ronchi sud-Trieste. Annuncia, soddisfatto, che sulla Trieste-Divaccia si sta andando avanti a pieno ritmo. E, infine, sulla Meolo-Ronchi sud ricorda che «Friuli Venezia Giulia e Veneto si sono impegnati a presentare il progetto preliminare entro dicembre. L’obiettivo è alla portata». L’assessore regionale, raccogliendo il plauso di Zollia, si spinge tuttavia oltre: la Tav è fondamentale, ma non basta. La rete esistente va riqualificata, e subito: «Dobbiamo mettere mano ai nodi ferroviari di Campo Marzio a Trieste e San Polo a Monfalcone in modo da aumentare la capacità di movimentazione delle merci». E, mentre Paoletti conferma l’interesse di «molti operatori» a entrare nel superporto Unicredit che (forse) verrà, Riccardi si leva l’ultimo sassolino: Italferr ha sollevato la ditta che, incaricata delle operazioni di carotaggio preliminari alla Tav, si è mossa senza autorizzazioni. Scatenando un piccolo, grande putiferio.
ROBERTA GIANI
 

 

Comitati degli utenti per vigilare sull’acqua - Via libera in giunta Controlleranno tariffe e qualità del servizio
 

TRIESTE Una tutela per i cittadini. Come previsto dalla legge regionale 13 del 2005, ”Organizzazione del servizio idrico integrato e individuazione degli ambiti territoriali ottimali”. Su proposta dell’Autorità regionale per la vigilanza sui servizi idrici, la giunta ha approvato criteri e indirizzi per la composizione, costituzione e modalità di funzionamento dei Comitati consultivi degli utenti. Comitati che, come prevede l’articolo 21, sono finalizzati al controllo della qualità dei servizi idrici e alla predisposizione di progetti e attività di educazione, informazione e responsabilizzazione degli utenti per assicurare una gestione efficiente, efficace ed economica. In ogni ambito territoriale ottimale verrà dunque costituito, entro l’anno, un Comitato consultivo degli utenti, composto da rappresentanti di associazione di tutela dei consumatori riconosciute, associazioni ambientaliste e lavoratori operanti nel settore della gestione del servizio idrico. I compiti? I Comitati saranno chiamati ad acquisire periodicamente le valutazioni degli utenti sulla qualità, promuovere iniziative per la trasparenza e la semplificazione all’accesso ai servizi, segnalare eventuali clausole vessatorie nei contratti dell’utenza, trasmettere all'Autorità per la vigilanza informazioni statistiche su reclami e istanze... «Un passo in avanti molto importante - sottolinea il presidente dell’Autorità Lucio Cinti -: questi organismi opereranno con il fine di garantire massima trasparenza nella gestione del servizio idrico sia in termini di qualità che in tema di tariffe».

(m.b.)
 

 

Corso Italia senz’auto per tre giorni - Dal 24 al 26 settembre chiusura al traffico e spazio agli stand di ”Piazza Europa”
 

Novità in occasione della decima edizione
Corso Italia pedonale per tre giornate. In attesa di sviluppi sull’iter relativo al nuovo Piano del traffico che prevederebbe di farne una soluzione costante, la città vivrà una sorta di prova generale da venerdì 24 a domenica 26 settembre grazie alla decima edizione di Piazza Europa. La manifestazione, organizzata dalla Confcommercio provinciale attraverso la Federazione italiana venditori ambulanti in collaborazione con il Comune, vedrà sistemato il lungo biscione formato dai diversi stand disposti in fila doppia (la modalità già adottata per la fiera di San Nicolò in viale XX settembre) al centro di corso Italia a partire dall’incrocio con via Roma per arrivare sino a piazza Goldoni. Varie le tipologie merceologiche proposte dai commercianti in arrivo da diverse nazioni europee. Il mercato si estenderà peraltro lateralmente, coinvolgendo le vie che insistono su corso Italia e sono già pedonalizzate.
La collocazione di quest’anno è una novità assoluta, ma un legame con il passato rimarrà grazie allo spazio riservato alle offerte enogastronomiche in piazza Ponterosso. «La disposizione dei gazebo - spiega l’assessore comunale allo Sviluppo economico Paolo Rovis - farà sì che i venditori si affaccino sui negozi di corso Italia, da un lato e dall’altro. Spero dunque che in quelle tre giornate gli stessi commercianti tengano aperti i rispettivi esercizi per beneficiare a loro volta della manifestazione. Peraltro in piazza Ponterosso, oltre all’area enogastronomica, il mercato comunale rimarrà disponibile grazie a tre giorni di apertura eccezionale». Sulla chiusura al traffico, Rovis si affretta a chiarire: «Non è una sperimentazione di corso Italia pedonale, cosa che peraltro auspico da tempo avendola proposta nel 2004. In quest’occasione, infatti, non ci sarà alcuna rivoluzione complessiva del traffico, cosa che avverrebbe nel caso di pedonalizzazione definitiva del corso. Pertanto, c’è da dire che qualche disagio nelle tre giornate ci sarà».
La chiusura al traffico partirà dalle 20 di giovedì 23 settembre per consentire l’allestimento del mercato e si concluderà, a manifestazione archiviata, alle 6.30 di lunedì 27, una volta completato lo smantellamento delle strutture. Da via del Teatro romano si potrà comunque proseguire in via San Spiridione o girare in via degli Artisti per dirigersi verso San Giusto. La delibera approvata dalla giunta comunale prevede anche che i mezzi pubblici e quelli dei disabili siano deviati lungo piazza della Borsa, via Roma e via Mazzini (interdetta al traffico privato). Via Roma sarà chiusa al transito veicolare privato in corrispondenza di via Genova, con direzione obbligatoria verso corso Cavour o via San Spiridione.

(m.u.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 13 settembre 2010

 

 

TRAM DI OPICINA - «Portare il capolinea sulle Rive» - L’assessore Rovis progetta l’allungamento del percorso - Il Pd: «Perdiamo i fondi europei»
 

Uno sviluppo in chiave turistica del tram di Opicina. Che, seppur non potendo a nessun titolo risultare sostitutivo del suo ruolo di trasporto pubblico, possa contribuire ad abbassare il suo budget di gestione. L’assessore comunale Paolo Rovis ci crede. E ci crede, dichiaratamente, fin dal 2002, quando una sua proposta fu fatta propria dall’allora assessore regionale Franco Franzutti e per lunghi momenti caldeggiata anche dal forzista Piero Camber, oggi capogruppo di Forza Italia in Comune.
Nel dettaglio, la proposta riguardava la possibilità di spostare l’attuale capolinea dall’attuale piazza Oberdan fino alla Lanterna, area piscina terapeutica, con un percorso che doveva passare attraverso la via XXX Ottobre e poi parallelamente al canale del Ponterosso, portando la stazione finale fino alle Rive. Di più: spinti dall’entusiasmo Franzutti e Camber avevano anche pensato di rispolverare il vecchio progetto, mai attuato, di portare il capolinea da Opicina alla stazione di Poggioreale Campagna e vicino al confine di Sesana.
Suggestivo, pratico e mai realizzato, tanto che, otto anni dopo, l’opposizione ha contestato proprio nei giorni scorsi, a firma di Mario Ravalico del Pd, «la bocciatura da parte della maggioranza comunale di un emendamento presentato in sede di variazione di bilancio assieme ai colleghi Carmi e Svab per stanziare un primo finanziamento di 15mila euro (certamente una goccia nel mare ma sicuramente un provvedimento in controtendenza) per favorire un maggior incremento turistico del servizio tramviario per Opicina». «Se c’è la volontà – conclude amaro Ravalico – si possono trovare gli strumenti finanziari (anche europei) per pervenire a un risultato in questo senso; al contrario non si va da nessuna parte se persiste un aprioristico e incomprensibile rifiuto anche solo a intavolare il discorso».
Una serie di domande inevase da girare subito allo stesso assessore Rovis. «Intanto – annota – è opportuno che il tram rimanga fondamentalmente un servizio di linea. Ma oltre a quell’aspetto potrebbe essere utilizzato magari in orari diversi per altre attività. A Milano-Roma, ad esempio, mettono il ristorante a bordo o allestiscono altre iniziative. Penso alla fruizione turistica per gruppi, ad esempio, e credo che ci siano gli spazi per sviluppare l’attività in questa ottica. Di sicuro sono ancora convinto – continua Rovis – che il tram di Opicina diventerebbe realmente turistico se arrivasse a coprire anche un minimo percorso cittadino... Non è un’uscita elettoralistica, è un’idea che si basa su dati di fatto. Anche dal punto di vista visivo, ad esempio, costituirebbe un elemento che si integrerebbe al meglio con il nostro lungomare».

(f.b.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 12 settembre 2010

 

 

Acquario, ultimata la messa in sicurezza - MUGGIA. LA SCOGLIERA CHE PROTEGGE IL TERRAPIENO ERA FRANATA IN PIÙ PUNTI
 

Jercog (Comitato per la salvaguardia del golfo): «L’intervento andava fatto dieci anni fa»
«In questi anni le acque della costa sono state inquinate dalle sostanze riversatesi in mare»
MUGGIA «Tra una decina di giorni i lavori di messa in sicurezza della scogliera saranno ultimati». A fare il punto sull’andamento dell’intervento di emergenza al terrapieno Acquario, è il sindaco di Muggia, Nesladek, che agli inizi di luglio aveva emesso in proposito un’ordinanza, dopo che gli uffici comunali avevano rilevato diversi punti in cui la protezione dalle mareggiate era franata.
Con un costo complessivo di 173mila euro, oltre al ripristino dei tratti danneggiati della scogliera l’impresa Cicuttin di Latisana ha effettuato anche la pulizia del sito, che con gli anni era divenuta una discarica a cielo aperto, in cui c’era un po’ di tutto: mattonelle, pneumatici, sacchi di spazzatura oltre a resti di vario genere.
Il progetto di bonifica dell'area è però ancora lontano. L'amministrazione comunale ha ancora poco più di quattro mesi per presentare il piano di disinquinamento del terrapieno, che dovrà essere posto al vaglio della conferenza di servizi già insediata dalla Regione, alla quale partecipano Provincia, Comune di Muggia, Azienda sanitaria, Arpa, Autorità portuale e Capitaneria di porto.
I risultati delle controanalisi effettuate dall’Arpa, sui dati dei campionamenti svolti dal Cigra per conto del Comune, avevano evidenziato diversi sforamenti di sostanze tossiche, in particolare idrocarburi, con un totale di quattro aree interessate (su 129 prelievi effettuati). «Stiamo procedendo anche su questo versante – precisa Nesladek – e sicuramente entro i termini previsti l'amministrazione presenterà il suo progetto».
POLEMICA Sui lavori di messa in sicurezza del terrapieno interviene il coordinatore del Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste, Giorgio Jercog, il quale, pur commentando positivamente i lavori di pulizia dell’area, allo stesso tempo esprime dubbi sulle tempistiche della messa in sicurezza della scogliera.
«Purtroppo questo è un intervento che andava fatto oltre dieci anni fa – sottolinea Jercog –. Questa amministrazione, ma anche quella precedente, hanno tardato non poco a intervenire, creando un vero e proprio disastro ambientale».
Secondo Jercog, in questi anni le acque della costa sono state «altamente inquinate dalle sostanze riversatesi in mare», e l'intervento svolto dal sindaco Nesladek, seppur apprezzabile, rimane tardivo.
Il nodo cruciale però rimane il discorso della bonifica. E Jercog non ha dubbi: «Sono curioso di sapere chi finanzierà questo lavoro. Anzi, temo già di sapere la risposta: come sempre saranno i cittadini a rimetterci di tasca propria, dovendo pagare così gli errori altrui. Questa vicenda ricorda molto la richiesta fatta agli imprenditori per contribuire a risanare il Sito inquinato d'interesse nazionale».
RICCARDO TOSQUES
 

 

«Centralina di Mattonaia, il Comune non ha fatto la convenzione con l’Arpa» - SAN DORLIGO. IL CONSIGLIERE DROZINA
 

SAN DORLIGO Se si vuole monitorare l'aria del territorio, perché il Comune non ha ancora stipulato una convenzione con l'Arpa? La domanda viene posta dal dal capogruppo del Pdl-Udc a San Dorligo della Valle, Roberto Drozina, all'indomani della notizia che la centralina fissa di Mattonaia non è stata ancora installata per il mancato allacciamento alla corrente elettrica.
Oltre ai fattori prettamente tecnici, il motivo del ritardato funzionamento dell’apparecchiatura dipende anche dal mancato contatto con l'Arpa: «Ho parlato con l'ingegner Pellegrini – spiega Drozina – il quale ha confermato i miei sospetti: l'amministrazione non ha ancora preso contatti con l'Arpa, per procedere alla futura analisi dei dati che verranno rilevati dalla centralina». La richiesta della convenzione era stata espressamente formulata dallo stesso Drozina nelle ultime riunioni del consiglio comunale.
Sulla vicenda interviene il sindaco Fulvia Premolin: «La convenzione non è stata ancora formulata, ma abbiamo già preso contatti con l'Arpa e a breve i nostri uffici inoltreranno le carte necessarie». Tecnicamente l'amministrazione comunale dovrà acquistare un terminale, che verrà poi assegnato all'Arpa, ente che avrà il compito di monitorare i dati.
Un'altra questione aperta riguarda la frequenza con la quale i risultati verranno analizzati e poi comunicati al Comune. Tutti i partiti d'opposizione avevano infatti sottolineato l'esigenza di ottenere quotidianamente i dati sull’aria del territorio, per evitare una comunicazione tardiva nel caso di possibili sforamenti dei livelli degli inquinanti.
Il primo cittadino intanto informa che l'Enel, dopo essere stata accusata del mancato allacciamento alla centralina, ha contattato l'amministrazione: «Dopo il nostro sollecito – precisa – ho ricevuto la chiamata di un dirigente locale dell'Enel, il quale mi ha promesso il massimo impegno per risolvere la questione ed evitare così un allacciamento alla Siot, che gentilmente si era offerta per colmare la lacuna».
Anche se con lentezza, dunque, il puzzle per collocare una volta per tutte la centralina per la misurazione dell'aria a San Dorligo si sta completando. Tra pochi giorni dovrebbe essere compiuto un altro dei passi salienti, ossia il collegamento della centralina al server per il trasferimento dei dati, conseguente alla stipula di un contratto con un operatore di telefonia.

(r.t.)
 

 

SEGNALAZIONI - Lupi e cinghiali
 

L’idea del Consigliere comunale Rozza e degli esperti che lo affiancano di «usare» il lupo per contenere l’esubero di cinghiali in questa provincia, se ci si pensa bene dopo un prima naturale reazione di plauso, non può non portare con sé tante perplessità e un certo scetticismo.
Viviamo in una provincia urbanizzata, con una forte edilizia in crescita sul Carso. Le nostre strade sono luogo di parecchi investimenti di animali selvatici ogni anno, spesso non denunciati dagli automobilisti, e prima o poi anche questo predatore ne sarebbe vittima. Il lupo qui da noi pare prediligere prede molto più facili da predare rispetto al combattivo cinghiale: pecore e capre, poi caprioli e dopo, se proprio la loro fame sarà ancora «nera», i cinghiali pena cospicue perdite tra il lupi durante gli scontri. I segugi usati in alcune aree in caccia tradizionale vengono spesso scaraventati in aria dai cinghiali e talvolta muoiono a causa delle profonde ferite riportate. Inoltre i cani randagi presenti sul Carso, fenomeno che ormai nessuno pare volere affrontare e risolvere, potrebbero incrociarsi con essi, cosa già purtroppo successa tra il già raro Gatto Selvatico e i gatti abbandonati in campagna, questi ultimi molto ben foraggiati da signore premurose che arrivano ogni giorno sul Carso con l’automobile anche da lontano, dando così vita ad una genia mista che ha danneggiato irrimediabilmente la sua preziosissima integrità genetica. Poi, gli allevatori di bestiame. Le misure di protezione proposte dal Rozza sono certamente e storicamente abbastanza efficaci ma hanno dei costi non indifferenti per cui la domanda è lecita: chi paga tutto questo dato che la Provincia di Trieste pare a secco dei relativi fondi? Il 17 e il 18 settembre a Velenje in Slovenia si terrà una due giorni di congresso sul cinghiale e la sua gestione, organizzato dall’Istituto sloveno per l’ecologia «Erico» (info: www.eri-co.si) con la presenza di esperti internazionali di un certo spessore, occasione di studio e confronto molto importante per chi a Trieste, sia a livello di pubblica amministrazione sia privato, sta cercando una soluzione al problema.
Walter Fortuna
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - SABATO, 11 settembre 2010

 

 

Europa, l'aria è più pulita crollano le emissioni nocive
 

I sorprendenti dati dell'Agenzia per l'ambiente: anche a causa della crisi l'anidride carbonica è diminuita del 17,3.

A un passo dall'obiettivo del 20% nel 2020 considerato irrealistico da Berlsuconi e Confindustria
Un obiettivo irrealistico, costosissimo e catastrofico per la nostra economia. Erano queste le lapidarie definizioni con cui poco meno di due anni fa governo Berlusconi e Confindustria boicottarono l'approvazione della direttiva Ue 20-20-20 per ridurre le emissioni di anidride carbonica e incrementare efficienza energetica e fonti rinnovabili. Alla fine la Commissione Europea riuscì comunque ad imporsi e oggi gli ultimi dati sembrano dare ragione alla perseveranza di Bruxelles. La violenta campagna di opposizione lanciata dal premier e dalla presidente degli industriali Emma Marcegaglia sosteneva che tagliare le emissioni di CO2 del 20% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020 fosse un impresa titanica che sarebbe costata all'Italia una cifra compresa tra i 18 e i 25 miliardi l'anno, pari a circa l'1,14 del Pil. Inoltre avrebbe innescato una fuga di molte produzioni energivore (cemento e acciaio innanzitutto) verso nazioni prive di vincoli ambientali.
Oggi, secondo quanto certifica l'Agenzia europea per l'ambiente, quell'obiettivo è a un passo dall'essere stato raggiunto sebbene alla scadenza manchino ancora dieci anni e di questo bagno di sangue si fatica a trovare tracce. Grazie naturalmente anche all'indesiderata complicità della recessione, stando ai dati diffusi dall'Aea, nel 2009 le emissione dell'Ue a 27 sono scese a -17,3 rispetto al 1990. Impressionante il calo registrato nel corso di un solo anno con un -6,9% rispetto al 2008. L'Agenzia è convinta però che la crisi sia solo una delle ragioni che hanno portato al crollo nei consumi energetici e che un'eventuale ripresa economica porterebbe a cali meno vistosi nelle emissioni, ma difficilmente a un'inversione di tendenza. "È vero che la recessione ha contribuito a far scendere le emissioni (specie nei Paesi che non hanno fatto quasi nulla e non hanno una strategia, come l'Italia) - commenta Maria Grazia Midulla, responsabile clima ed energia del Wwf - ma le emissioni europee scendono da diversi anni, anche prima della crisi. L'economia si riprenderà proprio grazie alle nuove industrie a bassa emissione di carbonio, e non agli inquinatori del passato". "Ci auguriamo - aggiunge - che l'Italia colga questa opportunità, anche industriale, e non svolga sempre il ruolo di chi si oppone all'avanzamento dell'obiettivo per nascondere l'inazione in casa propria: è ora che la nuova economia low carbon assuma un ruolo trainante anche da noi".
Sul tappeto c'è infatti la proposta - sostenuta innanzitutto dai big Francia, Germania e Regno Unito ma avversata da Roma - di portare l'obiettivo della direttiva europea per il 2020 a un taglio del 30%. Un ambizione che appare decisamente più adeguata agli ottimi risultati registrati sin qui e che il Wwf vorrebbe si spingesse fino al 40%. "Con riduzioni già ora del 17,3% - sottolinea Midulla - l'idea che l'Europa tagli le emissioni solo del 20% per il 2020 è ridicola, vorrebbe dire smettere di ridurre le emissioni e aspettare il 2020 a braccia conserte. Occorre innalzare l'obiettivo europeo al 40%: questo è in linea con quanto necessario per evitare pericolosi cambiamenti climatici e porterebbe enormi benefici alla popolazione e all'economia dell'Europa, offrendo un reale impulso all'innovazione tecnologica".
VALERIO GUALERZI

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 11 settembre 2010

 

 

De Anna: energie rinnovabili il Fvg sarà in prima linea - L’assessore: nel sottosuolo della regione vanno sfruttate fonti di calore naturale
 

UDINE Il Friuli Venezia Giulia «promuoverà e svilupperà le energie rinnovabili, in linea con il Piano energetico regionale e con il protocollo di Kyoto»: lo ha detto l'assessore all'Ambiente, Elio De Anna.
Intervenuto a Udine a un convegno organizzato sul tema, De Anna ha ricordato che la novità più significativa, accanto al fatto che l'amministrazione regionale ha acquisito dallo Stato le competenze in materia, «consiste nelle nuove modalità di utilizzo delle fonti di calore naturali, presenti in maniera significativa nel sottosuolo del Friuli Venezia Giulia».
Il convegno di Udine, accanto al carattere divulgativo delle nuove possibilità di approvvigionamento energetico da fonti naturali, ha anche consentito di raccogliere utili esperienze legislative.
De Anna ha espresso l'impegno dell'Amministrazione a snellire le procedure per le pratiche autorizzative all'installazione di impianti geotermici. Anche se la geotermia non fa ancora parte del Piano regionale delle acque, De Anna ha concluso precisando che quattro degli 8 milioni di euro stanziati per il Friuli Venezia Giulia dall'Agenda europea 2007/2013 saranno a disposizione di 14 progetti, su 23, predisposti da enti locali.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 10 settembre 2010

 

 

«Prg, le sedute devono essere pubbliche» - I capigruppo di maggioranza avevano secretato i dibattiti in Commissione
 

Non è legittimo secretare le sedute delle Commissioni del Consiglio comunale in cui si dibatte sul Piano regolatore. È il parere espresso dal servizio elettorale della Direzione centrale pianificazione territoriale, autonomie locali e sicurezza della Regione attraverso il suo direttore, Annamaria Pecile. Il pronunciamento degli uffici regionali è avvenuto a seguito dell’esposto presentato dal capogruppo del Pd Fabio Omero. «Il parere della Regione non è vincolante - spiega il difensore civico Maurizio Marzi - ma è chiaro che se il Comune persisterà nella secretazione, un ricorso al Tar, qualora i giudici amministrativi fossero della medesima opinione, invaliderebbe tutto il procedimento».
La secretazione delle sedute in Commissione urbanistica della variante al Piano regolatore, poi temporaneamente congelata, era stata decisa dai capigruppo della maggioranza di centrodestra. «A seguito di questa decisione - riferisce Omero - la Commissione trasparenza affrontò il tema. Il segretario generale confermò il proprio punto di vista secondo cui la fase in Commissione è ancora istruttoria e quindi ogni divulgazione rappresenta un reato di violazione del segreto d’ufficio. L’avvocato del Comune affermò che chiunque abbia interessi dipendenti dalle indicazioni del Piano regolatore non può conoscerlo prima della sua adozione. Diametralmente opposto il parere del difensore civico: le Commissioni sono un’estensione del Consiglio e prioritario è il principio della trasparenza degli atti, che è la vera e unica garanzia dal rischio di correlazioni tra interessi privati e decisioni degli amministratori».
La Regione ha ora però rilevato che «l’attività della Commissione di esame delle deliberazioni da proporre all’approvazione del Consiglio comunale può essere definita istruttoria solo in senso generico, in quanto attività preliminare e propedeutica alla decisione definitiva che sarà adottata dall’organo elettivo. Nella sostanza, quindi, trattasi di attività che non si colloca nella fase istruttoria, bensì in quella decisoria». Sottolinea inoltre che, secondo dottrina, «si deve convenire che i casi di esclusione della pubblicità delle sedute consiliari siano una assoluta eccezione e che gli stessi siano giustificabili essenzialmente solo da motivazioni di ordine pubblico, ovvero riferibili ai casi in cui il Consiglio debba trattare di questioni concernenti singole persone e vi sia al contempo un’effettiva e grave esigenza di riservatezza: casistica che esula dalla fattispecie considerata nel presente parere».
Di più, la Regione sottolinea che «l’articolo 13 comma 9 del regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale di Trieste, nella parte in cui disciplina i casi di pubblicità e di segretezza delle sedute della Commissione con criteri diversi da quelli previsti per il Consiglio, risulta di dubbia legittimità». Per la precisione l’articolo afferma che «ai lavori delle Commissioni consiliari è data pubblicità mediante affissione all’Albo pretorio della convocazione e dell’ordine del giorno. Le sedute delle Commissioni sono di norma pubbliche, tranne nei casi in cui vengono esaminate proposte di deliberazione di competenza del Consiglio comunale, ancora in forma istruttoria».
«Invano avevo tentato di far accettare questi concetti al sindaco Roberto Dipiazza e al segretario generale Santi Terranova - lamenta oggi il difensore civico Marzi - in via riservata, con disquisizioni tecniche e con interventi pubblici. Purtroppo l’amministrazione pubblica rimane qualcosa di distante dagli amministrati. Ancora oggi i cittadini da un lato si sentono esclusi dalle grandi scelte politiche e dall’altro si sentono abbandonati a se stessi sui piccoli problemi quotidiani».

(s.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 settembre 2010

 

 

«Centrale a rischio senza rigassificatore» - Sasco: «L’impianto termoelettrico garantirebbe solo 30 posti di lavoro» - Emergono perplessità
 

Più perplessità che entusiasmo. Più domande che risposte. La prima riunione della commissione urbanistica per analizzare il parere di valutazione di impatto ambientale della centrale termoelettrica, che la Lucchini intende realizzare nell'area ex Esso, ha lasciato le cose praticamente allo status quo. L’impianto che si vorrebbe realizzare vicino al termovalorizzatore dell’AcegasAps e al futuribile rigassificatore della Gas Natural, anche in chiave di sbocco lavorativo per i lavoratori della Ferriera dopo il 2015, ha dipinto sul viso dei tanti componenti della commisione più sguardi incerti che determinati. Per un motivo, in primis: il cosiddetto polo energetico non sembra poter prescindere dalla mancanza di una delle sue componenti. Come ha fatto osservare, tra i tanti, il leghista Maurizio Ferrara, senza il rigassificatore, dal quale dovrebbe prendere il fabbisogno di gas, la centrale avrebbe poche ragioni per esistere. E anche se i tecnici della Lucchini si sono prodigati a spiegare che l’impianto potrebbe tranquillamente diventare operativo anche allacciandosi alle normali condutture del gas, l’interrogativo è rimasto nell’aria.
«Abbiamo appreso – ha commentato il presidente della commissione, Roberto Sasco dell’Udc – che si prevede un investimento di 300 milioni di euro, ma in tale contesto 15 soli milioni per le bonifiche sono realmente pochini. Si tratta di una pura messa in sicurezza, non della reale bonifica di un trattino della costa. Non è che debba risolvere tutto la Lucchini, ma bisogna essere chiari...».
Negli interventi, tra cui quello del verde Racovelli e di Lippolis di An-Pdl sono emerse altre discrepanze. In sostanza la centrale funzionerebbe solo avendo vicino il metanodotto Snam con condotte da 8 pollici previsto ai margini del rigassificatore e già approvato, anche se non si capisce quale scopo pratico potrebbe avere se l’impianto di Gas Natural dovesse abortire. «È questo anche l’unico motivo – ha incalzato Sasco – per mettere la centrale in quel buco, chè diversamente poteva restare a Servola, come previsto nel piano A. Questo bisogna dirlo chiaramente ai cittadini. E, inoltre, non pensiamo che l’impianto crei tanti posti di lavoro. Forse 30, ma è tutto legato al volano dell’indotto. Di sicuro non quanti sarebbero necessari per ovviare all’emergenza occupazione del post-Ferriera».
Maggioranza e opposizione si trovano in effetti in singolare comunanza di dubbi anche per quanto concerne i benefit che dovrebbero arrivare al Comune in virtù del nuovo insediamento energetico. Come ha annotato Decarli (Cittadini) i circa 250mila euro annui, più una cifra analoga riservata alla Provincia e dunque al resto del territorio non sembrano entusiasmanti, così come in buona parte delle domande è emersa anche l’importanza (fiscale e di rientro di gettiti, in prima battuta) sull’insediamento della sede legale della società che sarebbe chiamata a gestire la centrale a Trieste. «Mi interessa che la sede legale sia in città – ha ammesso Sasco – e arrivo a dire che spero nessuno si sogni di non farlo, altrimenti salta tutto. Senza dimenticarsi che il vero benefit è la quota di compartecipazione di AcegasAps nell’iniziativa...».

(f.b.)
 

 

Le osservazioni di Omero (Pd): «È tutta un’unica partita» - NON LO HANNO CONVINTO LE SPIEGAZIONI DEI TECNICI DELLA LUCCHINI
 

L’opposizione del Comune va giù dura. Ma poi si gira attorno e scopre di essere in buona compagnia. Quella della maggioranza. «A parte la gaffe dell'ingegnere della Lucchini che ha fatto un riferimento all'allacciamento diretto dell'impianto al rigassificatore, piuttosto che al “vicino metanodotto” – commenta Fabio Omero del Pd – la realizzabilità della centrale è fortemente condizionata dalla realizzazione proprio del rigassificatore. E infatti è scritto in delibera che l'entrata in esercizio è funzionalmente legata alla realizzazione delle opere connesse e alla disponibilità della materia prima ovvero del gas naturale. È scritto anche che l'esercizio non potrà comunque avvenire prima del 2013, ma ciò non toglie che senza rigassificatore non ci sarebbe neppure il “vicino metanodotto” sul fondo del mare». Omero, a questo punto, si pone una domanda molto gettonata. «Dove si allaccerebbe allora la centrale?». L’esponente Pd annota infine che «gli scenari verificati per la valutazione ambientale contemplano anche il rigassificatore, che permetterebbe infatti di abbattere il calore dell'acqua di raffreddamento della centrale elettrica immessa in mare dai + 8 gradi ai + 3,4 gradi. Diventa così evidente lo stretto legame tra i due impianti».
 

 

La centralina non parte, manca l’energia - MATTONAIA - Il Comune sollecita da tempo l’Enel. Un aiuto provvisorio dalla Siot - Il monitoraggio degli inquinanti
 

SAN DORLIGO La centralina fissa per la rilevazione degli inquinanti nell’aria del territorio di San Dorligo della Valle non è ancora stata installata perché manca l’allacciamento alla rete elettrica.
Appare quasi paradossale la vicenda della tanto attesa apparecchiatura, acquistata dall'amministrazione comunale grazie a un finanziamento di 20mila euro della Siot, da posizionare nella frazione di Mattonaia.
Il ritardo viene denunciato dal primo cittadino di San Dorligo, Fulvia Premolin: «Purtroppo è da un mese che stiamo sollecitando l'Enel affinché venga realizzato l'allacciamento per la centralina, ma purtroppo i tempi si stanno dilatando in maniera eccessiva. Abbiamo quindi dovuto provvedere in maniera alternativa».
Il Comune ha infatti trovato un accordo proprio con la Siot, allo scopo di creare un allacciamento provvisorio che però permetterà l'entrata in funzione dell'apparecchiatura.
Problemi con l'Enel si erano già verificati a suo tempo durante l'installazione della centralina mobile, come ricorda la Premolin: «Anche in quella occasione – ricorda – fu la Siot inizialmente a darci una mano; una vicenda che si sta dunque purtroppo riproponendo».
A questo punto le tempistiche previste per l'effettiva partenza del sistema di monitoraggio potrebbero davvero accorciarsi. In questi giorni si stanno infatti ultimando i collegamenti telematici con l’Arpa per la raccolta dei dati, come spiega il funzionario del Comune Mitja Lovriha: «Il fattore informatico, ossia il collegamento della centralina al server, è uno dei punti salienti. Se ne sta occupando l'ufficio preposto, che dovrà stipulare un contratto con un operatore di telefonia per attivare il collegamento necessario a trasferire i dati».
A quando dunque l'avvio della centralina? Il sindaco prova a sbilanciarsi: «Se questa settimana non vi saranno intoppi di sorta, posso dire che entro la metà del mese la popolazione del nostro comune avrà finalmente la centralina che monitorerà l'aria di Mattonaia».
Sulla vicenda interviene anche il capogruppo del Pdl-Udc Roberto Drozina, il quale esprime forti perplessità sulle tempistiche dell'iter intrapreso dall'amministrazione: «È paradossale che emergano problemi legati all'allacciamento della corrente elettrica o al mancato contratto con un operatore della telefonia. Sono questioni che la ditta che ha vinto il bando per l'installazione della centralina aveva già chiarito al Comune diversi mesi or sono».
Ricordando come da oltre un anno e mezzo l'aria della frazione di Mattonaia non sia monitorata (l'ultimo rilevamento risale al marzo del 2009), Drozina promette poi di fare «gli accertamenti nelle sedi più opportune», anche per capire chi abbia realmente deciso le sostanze che verranno a breve monitorate dalla centralina, equipaggiata per la misurazione delle concentrazioni di biossido di azoto, ozono, benzene, anidride solforosa, idrogeno solforato, pm10 e pm2,5.
Riccardo Tosques
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 settembre 2010

 

 

Ferriera, Brandi e sindacati concordi sulle linee guida per la riconversione - LA REGIONE INCENTIVERÀ LE AZIENDE CHE ASSUMERANNO I LAVORATORI
 

Un accordo di programma che coinvolga anche il Governo oltre alla Regione e alle amministrazioni locali per giungere in modo morbido alla chiusura della Ferriera, e la creazione di un soggetto pubblico-privato per arrivare alla ricollocazione del maggior numero possibile di lavoratori. Nei due organismi dovrebbero entrare anche le aziende e i nuovi investitori. Sono i due nuovi elementi che dovrebbero contraddistinguere la riconversione dello stabilimento servolano emersi dal tavolo della Regione presieduto dall’assessore al Lavoro, Angela Brandi che si è riunito ieri.
Un incontro «abbastanza positivo» lo ha definito il rappresentante di fabbrica della Uilm, Franco Palman. E moderata soddisfazione è stata espressa al termine anche dai segretari provinciali della Cgil Adriano Sincovich e della Uil, Luca Visentini. «Nella bozza precedente - ha affermato Visentini - l’accordo di programma non era contemplato, mentre è cruciale soprattutto il coinvolgimento del Governo per reperire i finanziamenti per la bonifica dell’area. Così com’era soltanto abbozzata l’idea del soggetto pubblico-privato. Sono stati inseriti su proposta dei sindacati e della Provincia». Perché entrino nel documento finale però dovrà esserci l’approvazione del Tavolo principale, quello retto dal governatore Renzo Tondo.
«La soddisfazione è anche la mia - ha commentato alla fine la stessa Brandi - poiché è stata sostanzialmente condivisa la linea guida del progetto di riconversione. Si ipotizza come data probabile della chiusura, anche se non c’è ancora una decisione definitiva in questo senso, il 31 dicembre 2012. Già prima di quella data verranno fatti corsi di preformazione ai lavoratori. La cassa integrazione straordinaria per chiusura coprirà i due anni successivi, ma i dipendenti riusciranno ad avere lo stipendio al 100 per cento grazie ai vari strumenti di integrazione al reddito dati in particolare dal loro coinvolgimento nei lavori socialmente utili. Quindi per un anno ancora sarà possibile attingere alla ”cassa in deroga”. Si arriva così al 31 dicembre 2015 e da quella data scatterà la mobilità, con il previsto trattamento economico che può coprire un ulteriore periodo di tempo compreso tra uno e tre anni. La Regione infine - conclude l’assessore Brandi - offrirà incentivi che potranno essere aumentati del 20 per cento alle aziende che assumeranno gli ex dipendenti della Ferriera».
«È essenziale comunque - ha ammonito Sincovich - che si creino nuovi posti di lavoro nelle attività manifatturiere per poter riassumere almeno una buona parte dei lavoratori. Un fronte sul quale si attendono indicazioni più concrete dal tavolo sulla riconversione che fa capo al Comune». «Giovedì abbiamo un incontro sindacale e poi convocheremo un’assemblea in azienda per relazionare ai dipendenti», ha annunciato Palman. I rappresentanti dei lavoratori chiedono che si convochi al più presto anche il Tavolo generale, in capo al presidente Tondo, da cui dovrà uscire la legge che la Regione farà ad hoc. «Nel frattempo - chiude Palman - è importante che il caso Ferriera arrivi anche all’attenzione dei palazzi romani».
SILVIO MARANZANA
 

 

SEGNALAZIONI - Ferriera e promesse - SERVOLA
 

Scrivo da cittadino e da operaio della Ferriera di Servola, non da sindacalista o da uomo vicino alla politica, perché credo che oggi anche a Trieste vi sia lo spettro della disoccupazione, della precarietà dovute alla pesante crisi. Sono un operaio della Ferriera che teme il peggio, vedo giorno per giorno precipitare la situazione, penso ai miei colleghi e ai loro figli, alle nostre famiglie, all’affitto o al mutuo da pagare e mi spaventa il futuro. Penso inoltre agli amici servolani che rivendicano da anni il diritto alla loro salute e alla tutela ambientale, ci sono due mondi a Servola vittime di scelte sbagliate che non trovano risposte.
Il valzer delle promesse non mantenute, dei distinguo di comodo, dei politici pilateschi però è finito, in ballo c’è invece il futuro di centinaia di lavoratori e di un intero rione di Trieste, per questo ho deciso di combattere una battaglia per gli operai e per Servola, affinché si trovi una soluzione per chi si guadagna onestamente lo stipendio sudando in fabbrica e chi chiede il diritto di poter respirare aria pura. Faccio appello ai politici, agli amministratori e al mondo dell’impresa, di non abbandonare Servola al suo destino, i lavoratori e i residenti della zona si sentono soli e traditi, chiediamo aiuto alla città per superare la crisi e crescere insieme, niente di più.
Oggi vorrei ricordare a chi decide nelle alte sfere che il primo articolo della Costituzione dice che «l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro» ed è il lavoro che noi difendiamo. In questi giorni assistiamo alla mortificazione del diritto al lavoro come il caso della Fiat di Melfi, un modello questo da non seguire che crea un precedente grave per la nostra società democratica nata appunto sul lavoro e mi preme ricordare che a Trieste è difficile inserirsi nel mercato occupazionale anche ai giovani laureati, è quindi ovvio che non possiamo permetterci di lasciare in strada un migliaio di lavoratori. Vorrei capire inoltre quali sono le proposte per ricollocare chi subirà il licenziamento, gli ammortizzatori sociali sono scarsi e poco efficaci, perché non ci mettiamo a un tavolo per trovare una soluzione concreta?
Devo ricordare poi quanti negli impianti siderurgici subiscono infortuni invalidanti o mortali nell’adempimento del loro dovere, a questi «eroi» spesso trasparenti dovremmo fare un monumento iniziando a investire tanto di più in sicurezza, pretendiamo legittimamente un «lavoro sicuro e la sicurezza sul lavoro».
Lancio un appello alla città di essere vicina alla battaglia che sto portando avanti in prima persona con convinzione e dedizione poiché sono persuaso di lottare anche per il futuro di tante famiglie e di tanti giovani triestini. Non lasciateci soli!
Luigi Pastore
 

 

«Dateci una mano ad abbattere i cinghiali» - IL TAVOLO VERDE DELLA PROVINCIA PER FRONTEGGIARE L’EMERGENZA
 

Esasperati per gli ingenti danni, gli agricoltori chiedono l’intervento dei cacciatori
«Chiediamo ai cacciatori di darci una mano e di rispettare i piani di abbattimento alla lettera. Solo in questo modo potremo fronteggiare quella che è ormai è diventata una vera e propria emergenza che riguarda tutta la provincia». È questa la posizione del mondo dell’Agricoltura triestino rispetto la questione “cinghiali”, che in questo scorcio d’estate appare l’argomento di più forte attualità in tema di ambiente e territorio. E è stata espressa a quel tavolo verde che ieri, per iniziativa dell’assessorato provinciale all’Agricoltura, è stato organizzato a Palazzo Galatti per fare il punto su di un problema che condiziona in particolare il mondo dei produttori agricoli. Attorno al tavolo, assieme all’assessore e vicepresidente della Provincia Walter Godina, funzionari e amministratori della Regione, dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura, delle associazioni di categoria, dei consorzi eno-gastronomici, della Federazione della Caccia. Dai viticoltori in particolare è giunto il “grido di dolore” di un comparto agricolo che i cinghiali stanno mettendo a dura prova con le loro persistenti incursioni. «Dobbiamo renderci conto che siamo in una situazione di emergenza», ha puntualizzato per l’Associazione Agricoltori il segretario Edi Bukavec. «Il toro deve essere preso per le corna, e quindi aspettiamo delle azioni radicali nei confronti di quei selvatici che stanno causando danni rilevanti ai nostri consociati». Anche per Dimitri Zbogar, presidente provinciale della Coldiretti, è tempo di prendere delle decisioni forti e di assumersi, ognuno per la parte di competenza, le proprie responsabilità. Assieme a Andrej Bole, rappresentante dei viticoltori, ha ribadito l’importanza di un intervento deciso da parte dei cacciatori. «C’è bisogno di un strategia di prelievo venatorio chiara, efficace e puntuale – ha spiegato Andrei Bole – perché il cinghiale è un animale intelligente e ha già imparato a evitare determinate aree e determinati orari. Colgo l’occasione per ribadire agli animalisti che gli agricoltori non amano certo fare del male ai selvatici, ma è necessario rendersi conto che il loro proliferare mette a serio repentaglio annate di lavoro. E noi non siamo riusciti nemmeno a incassare i contributi per i danni subiti le scorse stagioni». A tale riguardo l’assessore provinciale all’Agricoltura ha precisato che l’ente dispone di limitate risorse che gestisce a nome della Regione Autonoma. «La Provincia agisce con competenza delegata, è la Regione che deve recepire l’intera questione e provvedere allo stanziamento delle risorse necessarie a rifondere gli agricoltori. Cosa che sinora non è successa». Godina ha voluto inoltre prendere le distanze dall’ipotesi di introdurre sul Carso il lupo per contenere l’espansione del cinghiale. «Piuttosto rinnovo ai cittadini l’appello di non dare da mangiare ai selvatici. È un atteggiamento controproducente, che porta i cinghiali a invadere ulteriormente i dintorni del capoluogo e a stanziarvisi. Oltre al rischio di incidenti, v’è il rischio di creare dei problemi al territorio anche sotto il profilo sanitario».
MAURIZIO LOZEI
 

 

Strugnano, il Parco lotta contro gli abusi - Registrati casi di pesca e immersione abusivi. Agli ecologisti uno studio per il piano di gestione
 

MONITORAGGIO AFFIDATO ALL’ASSOCIAZIONE MORIGENOS. SI PENSA A PRODOTTI LOCALI ”DOP”
STRUGNANO Il Parco naturale di Strugnano, con le sue saline e la sua biodiversità, è un autentico gioiello della natura. Per monitorarlo meglio e impostare un piano aggiornato di tutela e gestione, l'Ente pubblico Parco naturale Strugnano ha sottoscritto un accordo di collaborazione con l'Associazione per lo studio e la tutela dei delfini "Morigenos".
Gli attivisti della "Morigenos", nei prossimi tre mesi, avranno il compito di seguire, con le loro imbarcazioni, tutta l'attività che si svolge in mare e nella fascia costiera del Parco. L'obiettivo è di fare il punto sulla situazione, per poi adottare i provvedimenti più idonei per tutelare l'area senza per questo rinunciare a quelli che possono essere i benefici di uno sfruttamento turistico sostenibile. «In questo ultimo anno - rileva Polona Kotjek, attivista di ”Morigenos” - è aumentato il numero d’imbarcazioni che circolano nel Parco, ci sono stati diversi casi di pesca e di immersioni non autorizzati. In generale si registra una scarsa coscienza ecologica». L'accordo dovrebbe contribuire a limitare i danni. Partendo dalla situazione che emergerà dal monitoraggio, sarà definito un nuovo Piano di gestione del Parco: niente più ormeggi selvaggi, visite turistiche controllate, divieto di campeggio in alcune aree. In altre parole, si cercherà di limitare le conseguenze del turismo di massa, ovviamente senza per questo chiudere il Parco ai visitatori. L'interesse per questo approccio che tenga conto delle opportunità di sfruttamento ma anche dell'importanza di tutelare le ricchezze naturali è grande anche presso la popolazione locale. I pescatori di Strugnano collaborano con il Parco ormai da due anni. Sono consapevoli, infatti, che solo una gestione sostenibile delle risorse può garantire il futuro. I progetti del Parco naturale di Strugnano non si esauriscono però con il monitoraggio di quanto avviene in mare e sulla costa. A parte il concorso per i mezzi europei nell'ambito del progetto "Climaparks" nell'ambito del Programma Interreg Italia-Slovenia, il direttore del Parco, Marko Starman, sta pensando di valorizzare la produzione ortofrutticola locale, rigorosamente ecologica, con una specie di bollino che ne comprovi la provenienza. «I produttori sono interessati - spiega Starman -, ora vediamo di trovare gli acquirenti». In alcuni altri parchi naturali della Slovenia la cosa ha funzionato. A Strugnano, a ogni modo, non intendono fermarsi. Tutelare e valorizzare le ricchezze del Parco lo considerano un investimento nel futuro.
 

 

SEGNALAZIONI - La Hack e il nucleare - ENERGIA
 

Abituata a ragionar di stelle e altri corpi celesti, la simpatica prof. Hack non disdegna (v. l'intervista sul Piccolo del 27 agosto) una «soluzione» radicale al problema dello smaltimento delle scorie nucleari: lanciarle nello spazio. Idea non nuova, peraltro, anzi già proposta alcuni decenni fa, ma mai seriamente studiata in nessun Paese del mondo. Per ottusità? Forse solo per un soprassalto di buon senso. L'idea di trasformare lo spazio nella discarica anche delle porcherie nucleari prodotte sulla Terra (resti di satelliti, stadi di razzi e cianfrusaglie varie, sono già disseminate in orbita intorno al nostro pianeta) non pare proprio l'optimum. Si ipotizza di spedirle nello spazio «profondo», ma dove? E soprattutto come? Con astronavi come lo Space Shuttle? Vengono in mente gli incidenti catastrofici che hanno coinvolto due di questi mezzi. Con altri mezzi più avanzati? Prima bisognerebbe inventarli.
Il vero problema, ammette la stessa Hack, è però quello dei costi. Già oggi, del resto, il Dipartimento Usa dell'energia stima che il costo dell'elettricità prodotta con il nucleare nel 2020 (data in cui dovrebbe entrare in funzione la prima centrale nucleare italiana secondo i programmi del governo) sarebbe superiore a quello di tutte le altre fonti, eolico compreso. Aggiungendo i costi dell'ipotetico smaltimento «spaziale» delle scorie, si arriverebbe a valori davvero... stellari!
Dal «Libro Verde sull'efficienza energetica», redatto e divulgato dalla Commissione Europea, si apprende però che «il costo totale di produzione di un kilowattora di energia elettrica è circa il doppio del costo necessario per risparmiare lo stesso kilowattora». Inoltre, lo stesso Libro Verde attesta che a parità di investimento, quello nell'efficienza energetica crea da tre a quattro volte più posti di lavoro, rispetto a quello nella costruzione di centrali nucleari o convenzionali. Senza produrre, com'è ovvio, né inquinamento dell'aria, né scorie nucleari, né pericoli di incidenti catastrofici, né dipendenza da importazioni di combustibile (anche l'uranio per il nucleare «italiano» dovrebbe essere importato da Paesi come Russia, Niger, Kazakhistan, Uzbekistan...).
Va aggiunto che, secondo autorevoli studi (APAT 1999, Politecnico di Milano 2007), il potenziale di risparmio nel settore elettrico in Italia supera il 40 per cento (!) dei consumi attuali.
Ecco perché gli ambientalisti - affetti da inguaribile ottimismo sulle capacità razionali degli esseri umani - si ostinano a ripetere che la strada giusta è quella della razionalizzazione dei consumi e dell'efficienza energetica, mentre insistere sulla costruzione di nuove centrali (nucleari o convenzionali) conviene solo a chi l'energia elettrica la vende, ma non ai cittadini-utenti, tanto meno all'ambiente.
Deprime perciò trovare anche la firma di Margherita Hack, in calce all'appello che una settantina di intellettuali, politici ed imprenditori hanno rivolto alcuni mesi fa al segretario del Pd, Bersani, affinché schieri il suo partito a favore del rilancio del nucleare in Italia.
Tutto ciò premesso, attendo con ansia il prossimo libro della prof. Hack sull'astrofisica.
Dario Predonzan - Responsabile energia e trasporti Wwf Friuli Venezia Giulia
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 7 settembre 2010

 

 

Ecosportello di Legambiente - MUGGIA. DA GIOVEDÌ IN VIA ROMA 22
 

MUGGIA Da giovedì prossimo Legambiente aprirà a Muggia un Ecosportello, analogo a quello che opera a Trieste dal gennaio 2009.
Finanziata dal Comune attraverso la Provincia, la struttura verrà aperta in via Roma 22, e sarà a disposizione del pubblico ogni giovedì dalle 17.30 alle 19.30.
Il costo dell’operazione ammonta a 8mila euro, necessari al pagamento del personale e alla sua formazione tecnica.
L’ufficio è invece messo a disposizione dal Comune, ricavato negli spazi dell’assessorato all’Ambiente.
Anche l’Ecosportello di Muggia sarà un punto informativo gratuito al quale potranno rivolgersi tutti coloro che sono interessati ai temi del risparmio energetico – e in particolare all’uso dei pannelli fotovoltaici – e dell'efficienza energetica, con specifico riguardo alla ristrutturazione degli edifici, e quindi all’isolamento delle pareti, a quello dell’intero stabile (il cosiddetto cappotto), agli infissi, ai pannelli solari termici e alle caldaie con alti rendimenti (caldaie a condensazione) .
Tra i fini dell’Ecosportello, anche quello di informare i cittadini su come accedere agli incentivi relativi ai pannelli fotovoltaici, e alla possibilità di poter scalare dalle tasse il 55% delle spese sostenute nel caso di ristrutturazione della propria abitazione, con un conseguente risparmio energetico.
 

 

Lupi dalla Slovenia per ”frenare” i cinghiali - LA PROPOSTA DI RICERCATORI E COMPONENTI DEL COMITATO FAUNISTICO
 

Monitorato un branco che si aggira a cavallo del confine, nella zona di San Servolo
«Perché non utilizzare i lupi per contenere la diffusione dei cinghiali?». È questa la proposta di Maurizio Rozza, membro del Comitato faunistico regionale e del direttivo di Astòre FVG, società di studi ornitologici e ricerche ecologiche. Dice: «In un ambiente come quello carsico, al confine tra Italia e Slovenia, i lupi potrebbero svolgere un egregio lavoro di contenimento delle popolazioni di cinghiali. Meglio sarebbe promuovere tra gli allevatori le antiche misure di protezione: recinzioni fortificate (e non elettrificate) e cani da pastore abruzzesi, addestrati a questo compito fin dalla nascita. I lupi non aggrediscono mai per cattiveria».
D’altra parte la globalizzazione riguarda anche i lupi. Scienziati italiani e sloveni rivelano che è in atto una lenta ma graduale migrazione da Appennini e Balcani verso la Slovenia, e nelle zone preaustriache. Qualche mese fa, vicino al confine italo-sloveno, ricercatori dell’Università di Lubiana che lavorano al progetto “Life+Slowolf” sulla conservazione del Canis lupus hanno catturato un maschio di 38 kg, forse l’individuo alfa di un branco. E lo hanno munito di radiocollare. Gli studiosi - tra cui Miha Krofel, esperto di lupi e responsabile di Life – ne seguono ora gli spostamenti mediante Gps (navigazione satellitare). Hanno così scoperto che si tratta di un capobranco con moglie e figli a carico, regolari frequentatori del confine italo-sloveno (zona San Servolo). In attesa che i cuccioli abbiano l’età per spostarsi senza grossi rischi, il branco staziona in un luogo protetto, al sicuro dal principale nemico: l’uomo.
«I lupi si stanno spostando con un movimento a tenaglia», conferma Luca Lapini, zoologo del Museo di Storia Naturale di Udine ed esperto nazionale di canidi. «Dal Sud-Est appenninico risalgono verso Lombardia, Svizzera, Francia e Liguria. Quelli dinarici arrivano invece da Est. Nel novembre 2007 in Val di Fiemme è stato trovato un primo esemplare dinarico-balcanico, mentre un lupo italico è stato identificato nel Brenta Orientale (Trentino Alto Adige) grazie all’analisi del Dna. Sappiamo anche di presenze regolari in Slovenia, dove circolerebbero 7-8 branchi per un totale di 30-40 individui, in parte condivisi con la Croazia. Non esiste però alcun dato certo sulla penetrazione di questi lupi in Friuli, mentre dall’analisi del Dna possiamo dire che il canide che nel gennaio 2010 ha aggredito una capra e alcune pecore a Basovizza era un ibrido lupo-cane».
«Questo dato – osserva Rozza - è stato confermato da immagini ottenute con fototrappole collocate dall’Università di Udine, macchine fotografiche in miniatura che si attivano in risposta a variazioni di temperatura e movimento. Potrebbe trattarsi effettivamente di un ibrido lupo/cane, ma forse anche di un nuovo ceppo croato mai monitorato prima. In ogni caso, le misure tra i due canini rilevate sulle prede rivelano che non è lo stesso animale seguito dai ricercatori sloveni».
Pare dunque assodato che lupi di provenienza diversa si mescolino fra loro: in Austria conviverebbero esemplari italiani, balcanici e dell’Est Europa. Quanti siano, però, non è dato sapere. Fieri e indipendenti, ma perseguitati dalla cattiva fama, i lupi continuano a suscitare timore, specie quando accadono incidenti come quelli citati.
CRISTINA SERRA
 

 

Il botanico Poldini avverte: attenti al senecio e all’ailanto - BIODIVERSITÀ DEL CARSO
 

Tecnicamente è “professore emerito” al Dipartimento di scienze della vita dell’Università di Trieste. Ma chi lo conosce sa che Livio Poldini, botanico di formazione, è un autentico pasionario dell’ambiente. Profondo conoscitore degli habitat regionali dei quali si è spesso eretto a paladino. E oggi, più che in passato, sta spendendo la maturità professionale a favore della biodiversità.
Com’è la nostra regione dal punto di vista naturalistico?
Siamo una delle regioni più ricche quanto a vegetali poiché ospitiamo più di 3800 varietà diverse, fra specie e sottospecie. I primi studi sono iniziati nella seconda metà del 1800 e oggi sappiamo che possiede almeno 400 habitat diversi. Alcuni hanno un’estensione di molti ettari, altri sono pari a un fazzoletto di terra, ma esibiscono una notevole varietà di forme viventi.
A volte fin troppa varietà? Lei sta combattendo da tempo una battaglia contro alcune piante infestanti...
Si riferisce al senecio e all’ailanto? Ho sollevato qualche anno fa questo problema per il forte impatto che queste due infestanti hanno non solo a livello di ambiente – invadono prati e pascoli – ma per potenziali rischi per l’uomo. Il senecio, che ha una fioritura molto prolungata, produce degli alcaloidi tossici che potrebbero finire nel miele delle api. Se l’adulto può anche non risentirne, ben diverso è il rischio che corrono i bambini. L’ailanto, dal canto suo, colonizza rapidamente nuovi territori, e le sue radici si spingono fino a 30 metri di profondità.
Lei ha dato parere negativo alla trasformazione della lecceta della Cernizza, a Duino Aurisina, in oliveto. Perché?
Il progetto prevedeva il disboscamento di oltre due ettari di aree boschive dichiarate dai proponenti “di ridotta valenza ecologica e naturalistica”. Il progetto includeva un Sito di importanza comunitaria e Zona di protezione speciale. Per fortuna non è andato a buon fine.

(c.s.)
 

 

SEGNALAZIONI - «Cinghiali, abbattere le femmine è un errore» - COME CONTENERE LA FAUNA SELVATICA
 

Scrivo perché sono rimasta esterrefatta dalla crudeltà e dall’ignoranza che si evince dal contenuto di un articolo intitolato «I cinghiali arrivano dal Prefetto» apparso su Piccolo in data 2 settembre 2010. In particolare riporto una frase: «Bisognava uccidere le femmine gravide». Risparmio i commenti morali ed etici perché credo che la cosa si commenti da sé, mi concentro invece sugli aspetti scientifici, evidentemente non chiari per molti, precisando alcune cose.
Sabato 5 settembre 2009 all’alba, in via Commerciale, tra le case, si sparava ai cinghiali. Gli abbattimenti in deroga, prevedevano di eliminare 100 esemplari, senza distinzione di sesso, età e condizioni. Così è stato. Come diversi esperti avevano già previsto, uno sterminio di massa poteva soltanto aggravare la situazione: è risaputo infatti che abbattimenti di questo tipo, dopo un’iniziale riduzione del numero di esemplari, causano un aumento esponenziale delle nascite per un fenomeno compensatorio.
Abbattere le femmine conduttrici del branco, quelle riproduttive (e quindi eventualmente le gravide), che controllano l’estro delle più giovani, reca conseguenze disastrose in quanto senza il controllo delle anziane il branco sbanda e tutte le femmine normalmente inattive entrano in estro ed aumentano di fatto le nascite. Perché si spreca denaro pubblico per risarcire i danni e per abbattere gli animali senza prendere minimamente in considerazione tutti quegli accorgimenti preventivi che per legge andrebbero presi prima di intervenire con le doppiette (foraggiamento dissuasivo, recinzioni, repellenti, educazione dei cittadini, ecc.)? Vietare di dar da mangiare agli animali non serve a nulla, semmai peggiora la situazione perché gli animali, affamati, si spingono sempre più verso i centri abitati dove sperano di trovare del cibo.
Manuela Cassotta - Biologa Mifa - Missione fauna & ambiente onlus
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 6 settembre 2010

 

 

«Bonifiche, prima i sondaggi poi l’accordo» - SITO INQUINATO. UN ULTERIORE TENTATIVO PER SBLOCCARE LA SITUAZIONE
 

Il nuovo presidente dell’Ezit Bruni intende convincere Regione e ministero a cambiare testo
«Prima la conclusione delle caratterizzazioni e, soltanto dopo, la firma dell’accordo di programma». Dario Bruni, neopresidente in pectore dell’Ezit, non perde tempo e a poche ore dall’investitura, seppur ancora solo ufficiosa, spariglia le carte. Lo fa annunciando l’intenzione di puntare i piedi per riuscire a convincere Regione e ministero dell’Ambiente - finora irremovibili nel vincolare il completamento delle analisi dei terreni potenzialmente inquinati alla ratifica della contestata intesa programmatica - ad invertire l’ordine dei fattori.
«È una questione di buon senso - spiega Bruni, attualmente anche alla guida di Confartigianato -. Prima di ipotizzare costi per il danno ambientale, conviene andare a vedere cosa c’è davvero nel sottosuolo del Sito inquinato di interesse nazionale. Finora sono state eseguite le caratterizzazioni nel 40% dei terreni perimetrati. Completiamole il prima possibile, così potremo liberare le aree che non dovessero risultare realmente inquinate. A quel punto, dopo aver capito dove si concentra l’inquinamento e quindi dove andranno spese le cifre maggiori, se c’è l’esigenza di firmare l’accordo lo firmeremo. Su questo - continua Bruni - voglia dare ampie rassicurazioni: nessuno di noi vuole alzare le barricate, prima o poi l’intesa la ratificheremo. Il punto è che questo passaggio andrebbe fatto dopo aver completato le analisi».
Una posizione lontana anni luce da quella più volte ribadita dal sottosegretario all’Ambiente Menia e dall’assessore regionale De Anna, convinti dell’impossibilità di autorizzare la ripresa dei carotaggi in assenza del via libera alla famigerata bozza di accordo (come noto, l’ultima sarà addirittura la quindicesima versione) . Ma Bruni un appiglio in grado di aggirare l’ostacolo sembra averlo già individuata. «Esiste una legge regionale del 2004 che individua Ezit come interlocutore unico per le eseguire le bonifiche - precisa -. Esiste quindi una soluzione per uscire dall’impasse: si prosegua sulla strada tracciata da quella norma e si dia mandato all’Ente di completare le analisi, visto che tra l’altro le risorse già ci sono».
Già, ma se è proprio la Regione a sostenere di avere le mani legate in assenza del via libera del ministero?. «Ezit è braccio operativo dell’amministrazione regionale e, ovviamente, deve attuare ciò che l’amministrazione stessa decide. Se però, come io credo, vogliamo fare davvero l’interesse del territorio, dobbiamo agire al di là di ogni ragionevole dubbio e sospetto. Alcune aree della Zona industriale - continua Bruni - potrebbero essere contaminate tanto quanto piazza Unità. Non posiamo ragionare sulla base della presunzione d’inquinamento, dobbiamo conoscerne realmente portata e, ancor più gli effetti sulla salute umana».
Riferimento, questo, ad un altro aspetto molto sentito dal neopresidente Ezit: la necessità di eseguire l’analisi del rischio prima di avviare la dispendiosissima operazione di bonifica. «Nella penultima bozza di accordo, purtroppo, l’analisi del rischio non è contemplata. ma nell’aggiornamento della legge quadro sull’ambiente mi risulta che se ne parli. Prima di bonificare è fondamentale avere la consapevolezza della pericolosità o meno di certi inquinanti. Francamente - continua Bruni - non capisco cosa lo impedisca. Dobbiamo renderci conto che le aziende non capiscono questa logica di attesa e chiedono risposte rapide. Risposte che, sono convinto, potranno arrivare solo se tutte le istituzioni - dalla Regione al Porto, dalla Provincia alla Camera di commercio - sapranno fare squadra e camminare insieme. E il mio impegno è proprio quello di lavorare in questa direzione. Quanto all’accordo - conclude -. voglio tranquillizzare tutti: lo firmeremo sicuramente, perchè non intendiamo aprire nuovi fronti conflittuali. Però dobbiamo agire tutti con buon senso e concretezza».
Parole condivise pienamente dal vicepresidente di Confindustria Trieste Vittorio Pedicchio. «Ciò che sostiene oggi Bruni io lo ripeto da almeno un anno - precisa Pedicchio. Siamo esattamente sulla stessa linea: prima di addebitare il danno ambientali alle imprese, è necessario concludere le caratterizzazioni e capire se e dove c’è inquinamento. Finora questa posizione non è stata ascoltata, speriamo che ora i tempi siano maturi. Sono passati troppi anni dall’inizio di questa vicenda: serve una soluzione condivida che consenta di trasformare finalmente il dilemma bonifiche in una grande opportunità. E in questo senso - conclude Pedicchio - il neopresidente Bruni potrà contare su tutto il nostro supporto».
MADDALENA REBECCA
 

 

Ceste di rifiuti riaffiorano dalla Sacchetta - I sub della Lega navale hanno ripulito i fondali da vetro, alluminio, pneumatici e plastica
 

Montagne di lattine e bottiglie di vetro, pneumatici, chiavi, molti occhiali e ancora cassette di plastica, vecchi remi rotti, contenitori di alluminio, sbarre d’acciaio, rifiuti di vario genere, ma per fortuna niente di ingombrante, come la lavatrice ripescata gli anni scorsi, o di pericoloso, come batterie di vario tipo esaurite.
È il risultato della pulizia dei fondali effettuata sabato mattina dalla sezione di Trieste della Lega Navale nella Sacchetta. I sub sono stati impegnati dalle 9.30 alle 11.45 per riportare a galla immondizie di vario tipo, che si accumulano nel corso dei mesi invernali e che, grazie all’iniziativa che si ripete da anni, ogni estate vengono rimossi.
Complice il bel tempo i sommozzatori hanno lavorato senza sosta, sistemando i vari oggetti nelle ceste, legate a corde salde, che poi sono state issate a terra per un controllo generale prima del trasporto via dal molo grazie al supporto di un’imbarcazione. Tutti oggetti di poco valore, destinati a finire negli immondezzai. A occuparsi della pulizia dei fondali una ventina di sub volontari, sedici appartenenti ad associazioni cittadine, in aggiunta a quattro carabinieri.
Dopo un briefing iniziale, per coordinare le forze in campo, tutti i partecipanti si sono tuffati. Armati di guanti e di tanta pazienza hanno perlustrato ogni angolo dello spazio sotto il molo vicino alla sede della Lega Navale, per riaffiorare in superficie una volta riempita la cesta con la quale tutti si sono calati in acqua.
Obiettivo dell’iniziativa, come già spiegato nei giorni scorsi, realizzare non tanto un intervento radicale di ripulitura, ma quanto un’azione simbolica, che dimostri quanto sia importante tutelare l’ambiente e soprattutto non sporcare con gesti incivili e dettati dalla maleducazione. Tante cianfrusaglie ripescate sono frutto di comportamenti dettati da una mancanza di amore per il mare, anche se non mancano oggetti di vario tipo caduti probabilmente per caso o semplicemente trasportati dalla bora. Conclusa l’operazione la Lega Navale annuncia che riproporrà la pulizia anche la prossima estate, come ormai tradizione, ma con una novità. «Per la prossima edizione puntiamo ad effettuare la raccolta differenziata sul posto - spiegano gli organizzatori - considerando che la maggior parte dei materiali sono riciclabili o per lo meno possono trovare posto nei depositi adeguati, come l’alluminio, le lattine e tanto vetro. Sono moltissime quest’anno le bottiglie che, magari abbandonate sulla strada, vengono trasportate dal vento e dopo qualche minuto a galla si riempiono d’acqua e si depositano sul fondo, insieme a quelle gettate volontariamente».
(mi.b.)
 

 

Nucleare, risparmi previsti tra i 4,5 e gli 11 miliardi - L’ad di Enel Conti: «A regime bollette meno care del 20%» Realacci: «Un’enorme frottola
 

IL DOCUMENTO DI EUROPEAN HOUSE
CERNOBBIO L'Italia «ha bisogno del nucleare». Lo dicono gli esperti dell'Enea, dell'Ispra e delle maggiori università italiane, lo dicono Enel, Edf ed Edison e lo ribadisce il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Il nucleare, secondo una ricerca realizzata da The European House Ambrosetti per Enel ed Edf, porterebbe al sistema economico un risparmio da 4,5 a 11 miliardi di euro all'anno.
In 10 anni i costi di produzione dell'energia si ridurrebbero fino a 69 miliardi di euro e le emissioni di anidride carbonica diminuirebbero fino a 381 mila tonnellate. Ci sarà anche un taglio alle bollette ma solo a medio termine visti gli elevati costi fissi iniziali della produzione (il piano prevede circa 40 miliardi di euro, ndr). Se però gli 8 impianti previsti lavorassero a pieno regime, si avrebbe «una riduzione del 20% - assicura Fulvio Conti, ad dell'Enel - a livello della Germania che ha un costo vicino alla media europea» mentre oggi abbiamo un gap negativo del 25-35 per cento. «È un'enorme frottola - reagisce Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd - senza un forte sostegno pubblico l'attuale nucleare non è competitivo e i costi ricadrebbero proprio sulle tasche degli italiani». Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti dà il suo appoggio: «Dobbiamo fare il nucleare» dice nel suo intervento.
Siamo l'unico Paese del G8 senza impianti, ricorda Conti e dentro la sala Tremonti ribadisce: «noi competiamo con Paesi che hanno il nucleare: voglio vedere chi ha davvero il coraggio di dire no del tutto». Il piano del governo per fronteggiare la sfida energetica prevede entro il 2013 l'avvio della costruzione delle centrali (Enel ed Edf si sono impegnate a realizzarne la metà), la messa in esercizio dei primi impianti nel 2020 ed entro il 2030 la produzione da nucleare dovrebbe raggiungere il 25% del fabbisogno nazionale di energia elettrica. «C'è spazio anche per altri operatori e grandi clienti che vogliano investire con noi per avere energia a prezzo di costo» invita Conti e Umberto Quadrino, amministratore delegato di Edison è già pronto. «Ci consideriamo già partner - conferma il manager ricordando la collaborazione con i francesi di Edf - e se parte il progetto sicuramente Edison vi farà parte con una quota al 20%» pari a circa 4 miliardi di euro. Enel ed Edf si farebbero dunque carico dei restanti 16 miliardi. L'ammortamento verrebbe fatto a 60 anni e il ritorno sul capitale sarebbe tra il 10 e il 15 per cento (per le rinnovabili si va dall'8-9% fino al 20-30% con gli incentivi).

 

 

SEGNALAZIONI - Ferriera, c’è anche l’inquinamento acustico
 

Desidero portare a conoscenza dell’opinione pubblica e a chi di competenza un aspetto forse trascurato ma non meno importante in merito ai problemi che la Ferriera di Servola crea alla cittadinanza dei rioni contigui.
Dato che la notte le lavorazioni non vengono ovviamente interrotte, pur abitando non vicinissimo all’impianto, nelle calde notti di quest’estate i rumori che giungono dall’impianto disturbano notevolmente il sonno.
In particolare si sono sentiti spesso dei fortissimi botti simili a esplosioni, che nel cuore della notte obbligano a risvegli improvvisi e non proprio dolci.
L’ultima volta in cui ho avvertito questo fenomeno, martedì 24 agosto alle 3.45, due forti botti hanno svegliato di soprassalto la mia famiglia (e immagino pure gli abitanti di mezza Servola che abitano più vicini).
Si sappia dunque che esiste anche un inquinamento acustico (facilmente monitorabile) oltre a quello ambientale e ciò rende ancor più difficile la convivenza tra la Ferriera e gli abitanti dei rioni circostanti.
C’è da augurarsi che, salvaguardando al massimo l’occupazione dei lavoratori, i nostri politici si impegnino con costanza e urgenza al mantenimento delle promesse di chiusura dell’impianto fatte puntualmente nelle campagne elettorali e a tutt’oggi, ancora disattese.
Ezio Crivelli
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 5 settembre 2010

 

 

Quadrino: «Gas? In Italia c’è sovracapacità produttiva» - L’ad di Edison: «I rigassificatori non sono impianti pericolosi, solo che ormai sono troppi»
 

CERNOBBIO A Cernobbio si è parlato anche di energia. Partendo dal tema del rigassificatore di Gas Natural, il Piccolo lo ha fatto con l'amministratore delegato dell'Edison Umberto Quadrino, secondo cui il nodo centrale che gli operatori del gas dovranno affrontare in futuro è quello di «un mercato caratterizzato da un'elevata sovracapacità produttiva».
Cosa pensa del progetto di Gas Natural di costruire un rigassificatore nel golfo di Trieste?
La concorrenza è sempre benvenuta. Non c'è alcun problema. Se guardo oggi alla situazione del mercato italiano del gas, però, vedo che, dal lato dell'offerta, c'è un'elevata sovracapacità produttiva.
E cioè?
L'Eni ha un suo progetto come anche gli spagnoli. E ce ne sono altri che, in Italia, stanno valutando di realizzarne altri. La domanda che bisogna porsi a questo punto è: chi, in futuro, comprerà tutto questo gas?
Alcuni avanzano delle perplessità sulla loro sicurezza. È per questo che forse la Slovenia sta temporeggiando sulle autorizzazioni?
Non c'è alcun problema di sicurezza. I rigassificatori non sono impianti pericolosi. Veda, ad esempio, quello che l'Edison ha inaugurato a Rovigo. Ripeto, con l'uscita dalla crisi, la questione più importante che bisognerà affrontare è quella del mercato. Dobbiamo essere in grado di bilanciare domanda e offerta.
Parliamo di nucleare. Siamo davvero pronti per ritornarci?
Se non si parte mai, non saremo mai pronti. Ci stiamo preparando in maniera graduale.

(s.c.)
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito energetico offerto dalla Provincia. Con settembre gli operatori di Legambiente sono nuovamente a disposizione in via Donizetti 5/a,i martedì dalle 10 alle 12, i venerdì dalle 17 alle 19 (tel. 3665239111) per informazioni su interventi tecnici nelle abitazioni e sulle agevolazioni.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 4 settembre 2010

 

 

«Prg, i geologi fanno una guerra di religione» - «È assurdo che blocchino una città. Piano traffico in aula nel giro di tre mesi»
 

LUBIANA «Sindaco sei grande, hai cambiato la città, hai trasformato Lubiana in una grande capitale europea». Lo ha ripetuto cento volte Roberto Dipiazza tenendo a braccetto Zoran Jankovic e lo ha fatto notare anche a qualcuno dei cittadini lubianesi che si sono avvicinati al gruppetto in visita al centro storico per assicurare a Jankovic il proprio voto in vista delle elezioni municipali che si terranno a Lubiana il 10 ottobre. «Quel giorno non potrò essere qui a sostenerti perché c’è la Barcolana», afferma Dipiazza forse dimenticando che i suoi omologhi di centrodestra in realtà correranno, ma sembra con poche speranze, dall’altra parte con lo scopo di spodestare Jankovic.
Il primo cittadino lubianese assieme al vicesindaco Ales Cerin illutra a Dipiazza alcuni lavori pubblici: un nuovo ponte sulla Ljiubljanica, un parcheggio interrato per 700 macchine, i cassonetti delle immondizie a scomparsa. «Anche Jankovic come me è contestato da qualche gruppo di persone perché facciamo troppi buchi nelle strade - lamenta Dipiazza - anche se ciò va a vantaggio di tutti i cittadini che vivranno meglio in città più moderne e funzionali».
Poi il sindaco di Trieste va a ruota libera. «Il progetto del nuovo ponte sul Canale ora bisogna adeguarlo anche alla legge antisismica, ma lo faremo perché è la prosecuzione di un’altra eccezionale passeggiata che abbiamo creato con la pedonalizzazione di via Cassa di risparmio. Per i cassonetti a scomparsa in piazza della Borsa sono mesi che attendo il via libera: troppi permessi da chiedere, troppa burocrazia».
Lamentele del sindaco anche contro l’ordine dei geologi: «Stanno facendo una guerra di religione sul Piano regolatore. È assurdo che blocchino in questo modo la città. Gli ordini professionali, le categorie sono un altro problema». Proprio alle categorie, oltre che all’amministrazione provinciale sta invece per esser illustrato il Piano del traffico che, il sindaco annuncia, «verrà approvato dal Consiglio comunale nel giro di due o tre mesi. Ma non chiedetemi cosa accadrà in corso Italia. Bisogna guardare il Piano nel complesso, e poi il Consiglio potrà anche intervenire a fare modifiche».
Dove il sindaco annuncia invece un blocco è quello relativo ai centri monomarca. La delibera proposta dall’assessore Paolo Rovis è stata congelata: «Avallarla - ha detto il sindaco - significherebbe dare un colpo mortale ai commercianti triestini che da generazioni sono uno dei pilastri cittadini. Cosa mi interessa che si creino 500 posti di lavoro, com’è stato affermato, se poi dall’altra parte se ne perdono 600? Se si trova un modo per soddisfare la richiesta di uno o due di questi grandi gruppi si può discuterne, ma se togliere la diga significa farli passare tutti e sette non se ne parla nemmeno».

(s.m.)
 

 

«Fermi i lavori pubblici» - BANDELLIANI: SCALA GIGANTI, ALABARDA IN ROVINA
 

Che fine ha fatto il progetto per sistemare definitivamente l'alabarda della Scala dei Giganti? Se lo chiedono i quattro consiglieri comunali bandelliani che ieri hanno fatto il punto della situazione. Bruno Sulli, Claudio Frömmel, Andrea Pellarini e Salvatore Porro puntano il dito contro l'amministrazione Dipiazza. «Cento metri di Alabarda - rimbrotta Sulli - oggi ridotti a rovi alti due metri e mezzo, mentre l'anno scorso furono stanziati 80mila euro per sistemare quello che viene considerato il simbolo di Trieste». Tutto poteva essere cantierato un anno fa, invece Montuzza - secondo i bandelliani - è oggi la collina del disonore. I quattro poi snocciolano tutte le opere pubbliche il cui proseguimento, dopo l’estromissione dell’ex assessore Franco Bandelli, è a loro dire nel dubbio: la rotatoria di Opicina, il ponte sul Canale, la galleria di piazza Foraggi, la riqualificazione di via Torino... Pellarini ricorda che «da quando è andato via Bandelli ci si cura solo del salotto buono della città; ma chi fa sport, ad esempio, dopo il blocco dei lavori allo stadio Grezar e il totale degrado del campo a Cologna, non ha un luogo dove allenarsi».

(i.gh.)
 

 

Mattonaia, silenzio assoluto sulla centralina Siot - AVREBBE DOVUTO ESSERE INSTALLATA ENTRO AGOSTO
 

SAN DORLIGO Che fine ha fatto la centralina fissa per monitorare la qualità dell'aria nei pressi della Siot? Se lo stanno chiedendo i residenti di Mattonaia. L'apparecchiatura, costata 21 mila euro ed acquistata dal Comune di San Dorligo della Valle grazie a un finanziamento erogato dalla Siot, non è stata ancora installata. «Mi chiedo in effetti a che punto siano i lavori previsti per vedere all'opera la centralina: si parlava di agosto, ma a tutt'oggi non ho ancora visto nulla», sottolinea il capogruppo consiliare del Pdl-Udc Roberto Drozina, residente proprio nella frazione di Mattonaia.
In attesa di un riscontro da parte dell'amministrazione comunale, piovono ancora critiche sulla qualità dell'apparecchiatura acquistata. «La centralina che verrà installata a Mattonaia per misurare l'inquinamento dell'aria avrebbe potuto essere decisamente più completa», rileva il coordinatore del Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste, Giorgio Jercog. «Anche se l'Arpa ha suggerito il controllo di determinate sostanze – spiega Jercog – nulla avrebbe vietato di allargare la possibilità di un più efficace controllo del territorio mediante strumentazioni aggiuntive che andassero a verificare pure il benzo(a)pirene – anche di possibile provenienza da altri comuni – e pure, anche se non ”normati”, i Composti idrocarburi totali (THC) e i Composti solforati ridotti».
Jercog sottolineato poi come «del caso oltre all'Arpa, in via di trasferimento verso Udine, andrebbe coinvolto il Dipartimento di Scienze chimiche dell'Università di Trieste, per un servizio di calibrazione e manutenzione dei sistemi».
Ad alimentare i primi dubbi sulla centralina era stato Drozina, il quale aveva evidenziato che nella presentazione ufficiale della centralina alcuni valori precedentemente analizzati dall'Arpa (nello specifico Benzo(a)pirene e Cov) non sono stati previsti per gli strumenti della nuova apparecchiatura.
Secca la replica del sindaco di San Dorligo della Valle, Fulvia Premolin, la quale, evidenziando «la completezza della centralina per il rilevamento dell'aria», ha ricordato come i tecnici dell'Arpa abbiano assicurato che «il Benzo(a)pirene, derivando dalla combustione, non verrà misurato poiché alla Siot non vi sono procedimenti di combustione», mentre tra i tanti Cov esistenti «il benzene verrà misurato, e infine sarà comunque presente un sensore per misurare i Crs».

(r.t.)
 

 

Gambero killer, stop alla pesca vietato il consumo - FOCE DELL’ISONZO E LAGUNA DI GRADO
 

MONFALCONE Fermo pesca e consumi vietati fino a quando non ci saranno i risultati del monitoraggio ambientale delle zone umide e dei canali della regione in programma tra questo mese e ottobre. Il divieto della cattura permane anche per i pescatori dilettanti.
Lo conferma il dottor Giorgio De Luise, che ha presentato di recente per l’Ente tutela pesca del Friuli Venezia Giulia uno studio sul “gambero rosso della Luisiana” (il nome scientifico è Procambarus clarkii e ha un colore ”rosso Ferrari”).
Un paio di mesi o sono era stata accertata, infatti, la presenza di alcuni esemplari anche nei canali che costeggiano la Riserva naturale regionale della Foce dell’Isonzo, del Brancolo Morto, del Bosco degli Alberoni, in prossimità delle ampie zone di bonifica e nei canali Fossalon di Grado.
Noto anche come "gambero killer" perché distrugge argini scavando lunghe gallerie e perchè ghiotto di uova di pesce, fatto questo che con il tempo potrebbero arrecare seri danni alla fauna ittica locale, da qualche giorno continua a far parlare di sé dopo la notizia pubblicata dal Corriere della Sera secondo cui questi crostacei vengono consumati in alcuni ristoranti della Lombardia, in particolare a Varese.
Una decisione della quale gli esperti della Regione Friuli Veneizia Giulia prendono le distanze. «Non voglio commentare – afferma il dottor Giorgio De Luise – ma bisognerebbe vietarne il consumo, visto che ci sono problemi legati alla natura tossica dell’animale per l’uomo. Attualmente è un rischio portarlo a tavola perché la tossina si trova nell’intestino del gambero e difficilmente può essere neutralizzata neanche con la cottura. Per questo motivo il nostro divieto persiste. La Regione per vederci chiaro, infatti, ha incaricato inoltre l’Ente tutela pesca di avviare a breve un monitoraggio di tutti i corsi d’acqua in particolare delle Riserve naturali per verificare la diffusione del "gambero killer" e la tossicità delle sue carni».
Sul problema si dimostra sempre preoccupato il naturalista Fabio Perco, direttore scientifico della Cona in quanto questi gamberi, essendo facilmente adattabili ai diversi ambienti e che si riproducono in breve tempo in grandi quantità, potrebbero provocare l’impoverimento della biodiversità dell’area colonizzata. Inoltre il gambero della Luisiana si ciba di varietà autoctone e rischia di divenire specie dominante in aree per il suo indistinto stile di alimentazione che spazia dalle sostanze vegetali a quelle animali, crostacei, pesci. «Credo – dice Perco – che bisogna distinguere il problema sanitario da quello ambientale. Intanto al momento sono tossici e quindi non si possono mangiare. Poi è una specie fortemente invasiva, la sua è un’espansione rapida e distrugge l’ecosistema e gli argini».
CIRO VITIELLO
 

 

Istria, vietata la raccolta di cozze - Rinvenuta una biotossina. La protesta degli allevatori
 

POLA La stampa croata riporta in prima pagina la notizia sul divieto di raccolta e vendita dei frutti di mare lungo la costa occidentale dell'Istria causa la presenza negli organismi della biotossina DSP (Diarrhetic Shellfish Poison) nella concentrazione superiore rispetto al limite stabilito. La sostanza lo ricordiamo, causa nelle persone disturbi all'apparato digestivo, molto spesso accompagnati dalla febbre. Nella maggioranza dei casi si guarisce dopo solo due giorni. A parte il divieto stesso, ciò che desta molta perplessità è che il competente ministero, quello dell' agricoltura, pesca e sviluppo rurale, non ha pubblicato il divieto in vigore dal 28 agosto scorso, sul suo sito internet, ma si è limitato a inviare un'apposita comunicazione agli allevatori nonchè ai centri di distribuzione. Non si precisa però la data dell'individuazione della biotossina il che ha spiazzato allevatori e commercianti. Secondo fonti ufficiose le analisi avrebbero dato esito positivo a partire dal 23 agosto e il dato qualora risultasse esatto impone subito l'interrogativo: perché si è aspettato cinque giorni prima di far scattare il divieto? Ne consegue che molti mitili e altri frutti di mare inquinati sono finiti a tavola,fortunatamente però senza che si siano avute intossicazioni di massa.
Gli allevatori e raccoglitori autorizzati hanno una interessante teoria a proposito. Vale a dire sono piuttosto scettici sul fatto che il competente ministero abbia effettuato il monitoraggio come sostiene, in tre punti di costa tra Salvore e Barbariga. I rilevamenti sono stati fatti in un punto solo, affermano, e in base ai risultati ottenuti è stato introdotto il divieto su tutta la costa, arrecando cosi grossi danni anche a chi è perfettamente in regola. Causa lacune di questo tipo e la scarsa comunicazione tra gli enti preposti, affermano gli addetti ai lavori, molto difficilmente la Croazia otterra la licenza per l'esportazione dei frutti di mare nell'Unione Europea. C'è ancora un interrogativo rimasto senza risposta: come mai nonostante il divieto, sui banchi delle pescherie vengono regolarmente offerte cozze,vongole, ”mussoli” e tartufi di mare? In mancanza di una precisazione si può solo ipotizzare che arrivino da altre zone dell'Adriatico oppure dall'Italia. Infine va detto che il divieto verrà revocato dopo che i risultati del monitoraggio effettuato ogni 48 ore risulteranno negativi per due volte di seguito.
(p.r.)

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO

 

Punto informativo gratuito energetico offerto dalla Provincia. Con settembre gli operatori di Legambiente sono nuovamente a disposizione in via Donizetti 5/a,i martedì dalle 10 alle 12, i venerdì dalle 17 alle 19 (tel. 3665239111) per informazioni su interventi tecnici nelle abitazioni e sulle agevolazioni.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 3 settembre 2010

 

 

Sicurezza nucleare: accordo italo-sloveno - Lubiana ratifica l’intesa messa a punto dopo l’allarme del 2008 a Krsko

SCAMBIO DI INFORMAZIONI - LUBIANA Il governo sloveno ha ieri ratificato l'Accordo sulla sicurezza nucleare tra Italia e Slovenia, sottoscritto il 24 maggio scorso a Trieste dal Prefetto Vincenzo Grimaldi, a capo dell'Ispra (Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale) e da Andrej Stritar, direttore dell'Agenzia slovena per la sicurezza nucleare. Il documento, che entrerà in vigore a tutti gli effetti con lo scambio delle note diplomatiche sull'avvenuta ratifica, è articolato in due parti.

Nella prima, i due Paesi si impegnano a uno scambio tempestivo di dati sulla natura, il momento e la localizzazione di eventuali incidenti nucleari, per favorire reazioni coordinate ed efficaci di protezione della popolazione e dell'ambiente, qualora ce ne fosse bisogno. Nella seconda parte si stabiliscono le modalità dello scambio regolare di informazioni sul nucleare che non riguardano le emergenze, ma la gestione ordinaria del nucleare. Si tratta di informazioni relative al funzionamento delle centrali nucleari, la gestione dei rifiuti radioattivi, l'impatto ambientale, i progetti di ricerca e di sviluppo. L'accordo segue all’allarme nucleare del 2008, quando un errore nel sistema di raffreddamento della centrale di Krsko – situata a poco più di cento chilometri a nordest di Trieste – aveva fatto temere il peggio proprio a causa di un'informazione carente. Si era trattato, in quell'occasione, di una perdita di liquido dal sistema di raffreddamento, e non c'era stata alcuna fuga radioattiva, ma l'episodio ha fatto capire quanto sia importante far circolare correttamente e tempestivamente le informazioni tra gli Stati in caso di emergenza. A Trieste, nel maggio scorso, all'atto della firma erano presenti anche i ministri dell'ambiente dei due Paesi, Stefania Prestigiacomo e Roko Zarnic, e gli onori di casa li aveva fatto il sottosegretario all'ambiente Roberto Menia, che in quell'occasione ha sottolineato l'importanza del documento e della collaborazione tra Italia e Slovenia.
FRANCO BABICH

 

 

Donna in motorino investita da un cinghiale - INCIDENTE SULLA STRADA CHE COLLEGA MONTE BELVEDERE A BANNE
 

Rovinata a terra è stata salvata dal casco. Milkovich (Circoscrizione): poteva lasciarci la pelle
TRIESTE Una donna abitante a Banne è stata investita da un cinghiale mentre, a bordo del proprio motorino percorreva la stretta strada che da Monte Belvedere, poco sopra Conconello porta alla frazione carsica. La donna è rovinata a terra, e solo grazie al casco non ha riportato gravi conseguenze. L’incidente, avvenuto quando la sera inziava a calare, si è verificato qualche giorno fa ma se n’è avuta notizia soltanto ieri.
Si tratta dell’ennesimo episodio che ha al centro uno dei numerosi cinghiali selvatici che continuano a imperversare tra il Carso e la periferia, portando scompiglio sin dentro le mura delle case.
Risale solo a qualche giorno fa l’incursione di due ungulati in un giardino di via Carlo de Marchesetti, nel rione di Chiadino; uno dei selvatici aveva addirittura morsicato il figlio del proprietario dell’orto, un fatto sinora mai accaduto a chi aveva incontrato questi animali.
La motociclista di Banne invece non si è quasi resa conto dell’impatto con il cinghiale, anche se è stata sbalzata dal suo mezzo. Mentre transitava lungo la strada che costeggia il monte Belvedere e il comprensorio dell’ex caserma Monte Cimone, si è trovata di fronte il pesante animale che stava attraversando la carreggiata.
«La signora poteva rimetterci la vita – afferma Marco Milkovich, presidente della Circoscrizione Altipiano Est, al quale la vicenda è stata riferita – visto che è stata sbalzata dal motorino ed è caduta pesantemente sull’asfalto. Per quanto ne so – continua Milkovich – la donna se l’è cavata con tanta paura e altrettanti colpi e escoriazioni, e ovviamente ha dovuto recarsi all’ospedale per gli opportuni accertamenti».
Si ripropone dunque l’emergenza cinghiali in una delle aree della provincia dove questi selvatici vengono avvistati ormai quotidianamente. Le immagini di repertorio di una televisione locale ripropongo spesso il pasto, effettuato sotto gli occhi di un’anziana signora di Conconello, di una famigliola di cinghiali, abituati a ricevere cibo da alcuni residenti.
E sempre da quella località scendono da tempo diversi cinghiali verso la collina di Roiano, a pasteggiare con le pregiate uve dei vignaioli di Laijnari e Pischianzi. «Mi hanno fatto fuori in una settimana un intero terrazzamento di Vitovska – conferma il viticoltore Andrej Ferfoglia – e il grave è che oltre a mangiare l’uva mi hanno distrutto quasi tutte le piante: il lavoro di un anno. Per fortuna in questo periodo i guardiacaccia della Provincia hanno iniziato ad abbatterli. Ma ce ne sono sempre e comunque tanti». Ferfoglia ha guidato in una serie di appostamenti le guardie provinciali, in modo da poter stanare i selvatici e abbatterli a colpo sicuro.
«La situazione è comunque preoccupante – riprende il presidente della Circoscrizione, Milkovich – e conferma come sia necessario dare una risposta ferma e efficace a questo problema. L’incidente in cui è incappata la scooterista dipende anche dal fatto che la strada di collegamento tra Conconello e Banne, al pari di tante altre, è circondata da troppa vegetazione. Una direttrice stretta, priva di piazzole che consentano di fare manovra, invasa puntualmente da pietrisco e legname dopo ogni stratempo. Guidare in queste condizioni è sempre un rischio – conclude Milkovich – e l’incontro ravvicinato con l’animale selvatico diventa sempre più probabile se mancano visibilità e spazio».
A incrementare i rischi di contatti ravvicinati con gli animali c’è l’abitudine di molte persone che continuano a dare loro del cibo, in barba a quanto enti e istituzioni continuano a raccomandare. Pur di trovar da mangiare senza fatica il cinghiale abbandona ogni prudenza e attraversa tranquillamente le strade, anche quelle molto trafficate. Con conseguenze gravi, come quella di qualche giorno fa.
MAURIZIO LOZEI
 

 

Subacquei a caccia di rifiuti sui fondali della Sacchetta - SI RIPETE L’OPERAZIONE CURATA DALLA LEGA NAVALE

 

Si rinnova domani l’operazione di pulizia dei fondali della Sacchetta. Con partenza dal molo Fratelli Bandiera, un gruppo di sub si occuperà di eliminare le immondizie gettate in acqua e accumulatesi nei mesi passati. L'iniziativa è promossa ormai da tempo dalla sezione di Trieste della Lega navale italiana, che ogni anno, nel periodo estivo, organizza un ritrovo tra subacquei di tutti i circoli e le associazioni della città che desiderano impegnarsi in una mattinata a favore dell'ambiente.
I sommozzatori saranno divisi secondo specifici compiti, per un coordinamento tra le operazioni a terra e sott’acqua, per calarsi negli spazi tra le imbarcazioni e sistemare in appositi contenitori i rifiuti, e caricarli poi sui camion.
Muniti di guanti per evitare di ferirsi con ciò che troveranno, i sub saranno impegnati a rimuovere tutti i rifiuti. Ogni anno i cumuli che a fine mattinata si formano sul molo mostrano chiaramente l'utilità dell'iniziativa. Bicchieri, bottiglie, borse di plastica, ferraglia, ma anche oggetti d'uso quotidiano come chiavi, occhiali o telefonini. La gente butta di tutto in acqua, oltre a quello che cade in modo accidentale o viene trasportato nelle giornate di vento forte, come testimoniano anche le periodiche pulizie del canale di Ponterosso.
Oltre a molti sportivi, all'operazione della Lega navale parteciperanno, come nelle passate edizioni, anche i sommozzatori dei Carabinieri, dei Vigili del fuoco, della Guardia di finanza e della Polizia di stato.
«Non eseguiamo una vera bonifica del fondale in concessione alla Lega navale, ma è una pulizia simbolica, per far capire agli amanti del mare che se qualcuno sporca c'è sempre qualcun' altro che deve pulire – spiegano gli organizzatori dell'iniziativa –, Sott'acqua abbiamo trovato un po' di tutto. L'anno scorso ci siamo dovuti fermare e rinviare l'intervento perché abbiamo rinvenuto proiettili della Seconda guerra mondiale ed è stato necessario il lavoro degli artificieri di Ancona. Molto spesso vengono portati a terra rifiuti di ogni tipo e materiale, anche molto voluminosi – ricordano – come lampadine, bottiglie, lattine, spazzatura e addirittura vari pneumatici, un water e una lavatrice».
L'opera di pulizia inizierà alle 9.30 e si concluderà entro le 12. Tanti i curiosi che ogni anno seguono i movimenti dei sub e che osservano un po' stupiti tutto ciò che il mare riesce a inghiottire. Alle 12.30, alla fine del lavoro sui fondali, si terrà invece un incontro con le associazioni che si occupano di subacquea, per affrontare il tema delle limitazioni alle immersioni nel golfo. A conclusione della riunione potranno emergere suggerimenti e indicazioni da inoltrare alla Capitaneria di porto, per chiedere modifiche alle disposizioni.
Micol Brusaferro

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 2 settembre 2010

 

Riprende l'attivita' di ECOSPORTELLO: tutti i martedi' dalle 10 alle 12 e tutti i venerdi' dalle 17 alle 19 in via Donizetti - tutti i giovedi' dalle 17.30 alle 19.30 a Muggia in via Roma n. 22

 

Da venerdi' 3 settembre riprendono le aperture di ECOSPORTELLO, punto informativo gratuito per i cittadini interessati al risparmio energetico.
Grazie al finanziamento del progetto di LEGAMBIENTE deliberato dalla Provincia di Trieste prosegue l'attivita' di informazione dei cittadini sui vantaggi del risparmio energetico e sulle agevolazioni previste ancora per quest'anno. Il progetto nasce per fornire gratuitamente ai cittadini informazioni tecniche, di tipo normativo ed economico in modo da presentare un quadro sufficiente da consentire la progettazione e l'installazione di sistemi di isolamento termico dell'abitazione, di impianti a basso consumo energetico, di impianti solari fotovoltaici e termici e di altri sistemi per ottenere un buon risparmio energetico ed una consistente riduzione dei costi tariffari.
ECOSPORTELLO sara' operativo nel centro informativo di via Donizetti tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19. Inoltre dal 9 settembre il servizio verra' esteso anche a Muggia, in via Roma n. 22, per tutti i giovedi' dalle 17.30 alle 19.30. Gli operatori saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta, potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni.
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 settembre 2010

 

 

No-Tav contro le trivellazioni a Castions - CAROTAGGI SENZA AUTORIZZAZIONE IN UN CAMPO PRIVATO
 

Lo stop dopo l’arrivo dei carabinieri. Riccardi: «Se è vero è da stigmatizzare»
BAGNARIA Si riaccende la protesta contro la Tav. Ieri i manifestanti sono tornati ad alzare la voce. Bandiere alla mano, si sono ritrovati in aperta campagna di prima mattina, nella frazione di Castions delle Mura di Bagnaria Arsa. Erano da poco passate le 8, quando, in venti, hanno inscenato un picchetto contro il progetto dell’Alta velocità, che sarebbe tutt’altro che fermo. Almeno a giudicare dalle opere di carotaggio iniziate in sordina, in un campo privato di Castions, in un terreno vicino a dove, di recente, sono affiorati reperti di età preromanica.
Qualche giorno fa sono iniziate le campionature del terreno, condotte da Rct, azienda milanese che si occupa di rilevazioni geologiche per conto di Italfer. Nessuno lo sapeva. Nemmeno i proprietari, che hanno affermato di non aver ricevuto avvisi. Da qui la protesta, che nel giro di poche ore ha portato gli operai, guidati dal geologo Sebastiano Caruso, a smantellare il cantiere. Il dietrofront è giunto dopo l’intervento del comandante dei carabinieri di Torviscosa, Andrea Zomero, chiamato sia dagli operai sia dai proprietari. Ad accorgersi dell’inizio dei lavori, qualche giorno fa, erano stati gli stessi proprietari, la famiglia Costantini Scala di Bagnaria Arsa, che lì gestisce un’azienda agricola.
«Nessuno mi ha chiesto un’autorizzazione ufficiale per l’avvio dei lavori», insorge Quirico Costantini Scala. «É un terreno coltivato a prato stabile che gode di un contributo della Ue, proprio perché, per legge, si taglia l’erba solo una volta all’anno. Queste operazioni - continua il figlio Carlo - potrebbero compromettere i contributi. Per questo chiederò alla ditta il risarcimento dei danni. Anche perché sono contrario alla Tav: porterebbe solo un danno alle aziende locali, che vivono per il rispetto dell'ambiente, nonostante la tendenza attuale, interessata solo a cementificazione e culture intensive». Ed è proprio questo il punto su cui si scaldano i No Tav, Paolo De Toni in testa: «Questa operazione è una forzatura da parte della Regione, fatta per non perdere i 52milioni di euro stanziati dalla Comunità europea, che verranno confermati entro il 31 dicembre, solo se verrà completato il progetto preliminare. Ma se il Veneto insiste sul tracciato verso il litorale, e il Friuli Venezia Giulia lo vuole lungo l’autostrada, dove si incontreranno le due linee? L’assessore regionale Riccardi deve delle spiegazioni». Il consigliere regionale del Prci Roberto Antonaz annuncia un’interrogazione, bollando il carotaggio come «un’iniziativa scriteriata, visto che la giunta Tondo ha recentemente ribadito che il percorso definitivo dell’eventuale Tav deve ancora essere deciso».
«Chi fa queste operazioni non deve avvisare la Regione – replica l’assessore Riccardo Riccardi -, ma i proprietari. Farò le opportune verifiche, per chiarire se l'azienda ha operato senza l’autorizzazione dei privati. Se così fosse, sarebbe un fatto grave e da stigmatizzare».
 

 

I cinghiali arrivano dal prefetto - L’assessore provinciale Godina: «Autorizzati ad abbattere 50 esemplari»
 

TORNA L’EMERGENZA DOPO L’AGGRESSIONE A DUE UOMINI
Fulvio Sluga (Ugl): Ma Palazzo Galatti ha sbagliato piano, andavano schierati molti più agenti
Emergenza cinghiali. La proliferazione di questi suidi che di recente hanno anche azzannato due persone in via Marchesetti, sta diventando un problema non solo di ordine pubblico ma anche sanitario. Fornendo ai cinghiali gli avanzi dei nostri pasti, come sta accadendo in barba a tutte le ordinanze che lo vietano, potremmo indirettamente trasferire a questi animali le nostre malattie. Potrebbe così costituirsi un bacino di facile proliferazione.
«Porrò questo problema al Prefetto di Trieste Alessandro Giacchetti perché le istituzioni affrontino l’emergenza» ha dichiarato ieri il vice presidente della Provincia Walter Godina. «Non è tempo di facili populismi o di slogan accattivanti. La situazione è difficile e la Provincia a cui la Regione ha delegato questi poteri, non è in grado di risolvere da sola il problema, visti gli stanziamenti sempre più esigui che la stessa Regione destina a questa emergenza. I danni alle culture agricole aumentano ma i finanziamenti che ci vengono affidati per risarcire gli agricoltori, sono in costante calo».
«Purtroppo l’Ordinanza del sindaco di Trieste che vieta da più di un anno di alimentare i cinghiali, non trova applicazione - continua Godina - Non mi risulta sia stata inflitta una sola multa per questo illecito. I primi adessere danneggiati dall’iniziativa di tante persone, sono proprio i cinghiali che, sperando di trovare cibo, entrano nell’area periferica della città. Stiamo gestendo con difficoltà questo problema perché per tanti anni la crescita a dismisura del numero dei cinghiali, è stata ignorata. La precedente giunta provinciale non ha fatto nulla e i cinghiali che nei primi anni 90 erano fuggiti dall'allevamento della cave Faccanoni di proprietà di Quirino Cardarelli, sono proliferati indiscriminatamente».
Più spiccio il giudizio di Fulvio Sluga - dirigente del sindacato polizia locale dell’Ugl. «I cinghiali aAndavano uccisi prima, colpendo le scrofe incinte. In questo modo non avremmo avuto tante nascite. Una scrofa incinta in meno, a livello di bilancio complessivo, significa almeno cinque o sei cinghiali tolti di mezzo. La Provincia ha avviato il piano di abbattimenti troppo tardi, quando i porcellini erano già nati. Cento cinghiali uccisi lo scorso anno non sono serviti a ristabilire l’equilibrio tra il territorio e gli esemplari presenti. Gli abbattimenti andavano avviati prima, schierando più agenti». Va aggiunto che la Regione ha autorizzato da qui a fine anno l’abbattimento in deroga di 50 esemplari. Ce la faranno ad ucciderli gli uomini in divisa schierati dalla Provincia?
In effetti la pianta organica della Polizia territoriale ambientale prevede 11 agenti in servizio contro i cinque di oggi di cui solo quattro sono abilitati all’uso delle carabine. Ma il piano di stabilità prima e la legge finanziaria di Giulio Tremonti poi, hanno bloccano la spesa delle pubbliche amministrazioni, vietando anche ogni nuova assunzione.
CLAUDIO ERNÈ
 

 

 

 

KONRAD - MERCOLEDI', 1 settembre 2010

 

 

L’Italia non ratificherà il Protocollo Trasporti della Convenzione delle Alpi ?

 

La Convenzione delle Alpi, primo accordo internazionale per la protezione e la promozione dello sviluppo sostenibile di una regione di montagna transfrontaliera, mira a salvaguardare l'ecosistema naturale delle Alpi e a promuovere lo sviluppo sostenibile dell'area, tutelando al tempo stesso gli interessi economici e culturali delle popolazioni residenti nei Paesi aderenti. Dal 1991 hanno sottoscritto la Convenzione i seguenti paesi: Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Principato di Monaco, Slovenia, Svizzera e Comunità Europea. Le parti contraenti si sono impegnate ad assicurare una politica globale per la conservazione e la protezione delle Alpi, tenendo equamente conto degli interessi di tutti i Paesi alpini e delle loro Regioni alpine ed utilizzando le risorse in maniera responsabile e durevole. Si tratta di una convenzione quadro che definisce i principi generali, i cui obiettivi verranno realizzati grazie ai protocolli di attuazione. Quelli finora negoziati riguardano: agricoltura di montagna, energia, pianificazione territoriale e sviluppo sostenibile, foreste montane, protezione della natura e tutela del paesaggio, difesa del suolo, trasporti, turismo. Sono stati tutti firmati dai paesi contraenti, ma sono stati ratificati solo dall’Austria, Germania, Liechtenstein, Francia e Slovenia, nessuno invece dalla Svizzera e dall’Italia.
Col Protocollo Trasporti, i Paesi alpini si impegnano “ad attuare una politica sostenibile dei trasporti” tesa a ridurre gli effetti negativi e i rischi derivanti dal traffico nelle Alpi a un livello tollerabile per l'uomo, per la fauna, flora e habitat naturale attraverso, per esempio, la maggiore efficienza dei sistemi di trasporto, il passaggio a vettori con minore impatto ambientale, la promozione del trasporto pubblico locale e del trasferimento del trasporto merci dalla strada alla rotaia. Il protocollo dedica particolare attenzione all’intermodalità, alla sicurezza, alla verità dei costi dei trasporti, alla ricerca ed all’informazione.
Il protocollo prevede la possibilità di realizzare le infrastrutture di trasporto realmente necessarie. Infatti l’art.8 dice: “Nel caso di grandi costruzioni, trasformazioni sostanziali o potenziamento delle infrastrutture di trasporto esistenti, le Parti contraenti si impegnano a realizzare verifiche di opportunità, valutazioni dell'impatto ambientale e analisi dei rischi e a tener conto dei relativi risultati ai fini degli obiettivi del presente Protocollo.” E al comma 2 : “I progetti di realizzazione di infrastrutture di trasporto nel territorio alpino vanno coordinati e concertati. Nel caso di progetti aventi un significativo impatto transfrontaliero, ogni Parte contraente si impegna a realizzare consultazioni preventive con le Parti contraenti interessate ... Queste disposizioni non pregiudicano il diritto di ogni Parte contraente di procedere alla costruzione di quelle infrastrutture dei trasporti la cui realizzazione è decisa nell'ambito del proprio ordinamento giuridico …”
Un punto però rappresenta una scelta strategica: il rifiuto di nuove grandi infrastrutture stradali transalpine (art.11), dato che si punta invece al rilancio delle ferrovie. Sono ammesse nuove strade di grande comunicazione intraalpine, cioè che interessano un solo paese, ma solo a condizione che “ le esigenze di capacità di trasporto non possano essere soddisfatte né tramite un migliore sfruttamento delle capacità stradali e ferroviarie esistenti, né potenziando o costruendo infrastrutture ferroviarie e di navigazione, né migliorando il trasporto combinato o adottando altri interventi di organizzazione dei trasporti”.
L’Italia ha ratificato la convenzione quadro nel 1999, poi ha rinviato a lungo la ratifica dei protocolli attuativi. Appena nel maggio 2009 il Senato, su proposta del governo, ha finalmente ratificato tutti i protocolli e trasmesso gli atti alla Camera. Dopo le audizioni in cui i rappresentanti dell’autotrasporto hanno espresso la loro contrarietà al protocollo trasporti, tra febbraio e maggio la Commissione Affari Esteri della Camera, su proposta di un deputato della Lega Nord e con l’assenso dei sottosegretari Castelli e Giachino, ha stralciato il protocollo trasporti e poi ha approvato la ratifica. Gli atti ora devono passare all’Assemblea della Camera per il voto definitivo. C’è qualche speranza che il protocollo trasporti venga reintrodotto in tempo? Quali conseguenze ci saranno in Italia e quali vantaggi avranno gli autotrasportatori?
L’economista Marco Vitale ha espresso delle chiarissime valutazioni in un articolo sul Corriere della Sera del 18 aprile 2010. “Andando contro la linea del governo – dice Vitale - la Lega Nord, su pressione delle associazioni degli autotrasportatori, ha bloccato la ratifica del protocollo trasporti. Alla Commissione esteri della Camera ne è stato votato lo stralcio, festeggiato dal Carroccio come una grande vittoria. Ma c’è poco da festeggiare: perché, ammesso che rappresenti una vittoria degli autotrasportatori (ma vedremo che neanche questo sta in piedi), si tratta di una sconfitta del governo e soprattutto delle popolazioni alpine ... Il protocollo prende le mosse dall’impatto ambientale del trasporto su strada, nelle Alpi particolarmente grave. La conformazione delle vallate impedisce la dispersione degli inquinanti, che si concentrano sui fondovalle, dove vive la maggior parte della popolazione … L’emissione di ossidi di azoto lungo una strada con il 5% di pendenza è doppia rispetto a una strada pianeggiante. Infine, per quanto riguarda il rumore, le vallate creano un effetto «anfiteatro», impedendone la dispersione. Il protocollo dei trasporti è la risposta che i Paesi alpini hanno dato a questa emergenza, con l’obiettivo politico di perseguire, per il traffico attraverso le Alpi, «un più consistente trasferimento su rotaia dei trasporti ed in particolare del trasporto merci», mediante la creazione di strutture adeguate e di incentivi conformi al mercato, senza discriminazione sulla base della nazionalità …. Più in particolare, la Lega sostiene che il protocollo non permetterebbe di realizzare l’autostrada «Alemagna», tra Venezia e Monaco attraverso il Cadore. Ciò è vero, ma questa autostrada non potrebbe comunque mai essere realizzata poiché Austria e Germania applicano già il protocollo. Al contrario, il protocollo trasporti non osta affatto a che vengano realizzate infrastrutture stradali per migliorare le reti di trasporto in territorio nazionale, purché si rispettino elementari principi di buon governo. La verità è che emarginandosi dalle scelte degli altri Paesi alpini non solo il Paese Italia ma i suoi autotrasportatori verranno emarginati e danneggiati e perderanno la possibilità di misure di sostegno …”
E’ probabile che alla Camera in seduta plenaria si ripeta il ricatto della Lega Nord e il governo si appiattisca su questa posizione, invece di cercare soluzioni realistiche e positive alla crisi dell’autotrasporto nel senso di una forte intermodalità, l’unica modalità accettata dai paesi nostri vicini, che già hanno ratificato Convenzione e Protocolli, e dalla Svizzera, che non ha ratificato la Convenzione ma che aumenterà sempre di più la sua tassa sui camion in transito. A cosa servirà fare nuove autostrade fino al confine se in Austria e negli altri paesi nessuno si sognerà di costruirne il proseguimento? E che soluzione pensano di aver trovato gli autotrasportatori se costruiamo sempre nuove autostrade? Forse per questo le aziende committenti smetteranno di approfittare della concorrenza tra i centomila “padroncini”? Le nuove autostrade andranno soprattutto a vantaggio dei costruttori e dei gestori, ma la situazione critica dell’autotrasporto italiano non cambierà.
Oltre ai prevedibili comunicati di trionfo della Lega Nord e delle associazioni di categoria dell’autotrasporto, sulla stampa italiana – a parte l’articolo di Marco Vitale - sono apparsi pochi interventi critici, mentre le principali associazioni ambientaliste – di solito attente alla sorte della Convenzione – finora non hanno reagito. Al comitato italiano della CIPRA (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi) aderiscono 25 organizzazioni, tra cui il CAI, il WWF, Legambiente, Pro Natura, Mountain Wilderness e diversi parchi nazionali. Uno dei motivi addotti per non alzare la voce era stato quello di non fare il gioco della Lega Nord durante le elezioni regionali, ma ora che le elezioni sono passate ci vorrebbe una forte presa di posizione, che chiarisca anche agli autotrasportatori che i loro problemi non si risolveranno costruendo nuove autostrade fino al confine. Resta preoccupante la modesta o mancata risposta ambientalista su un tema che coinvolge profondamente larghe fasce di territorio e di popolazione alpina, con conseguenze però che vanno ben al di là delle Alpi e riguardano il modo di trasporto dominante delle merci in Europa, nel momento in cui le principali aziende di trasporto ferroviario sono in grave crisi e perdono ancora quote nel trasporto nazionale e internazionale delle merci. Durante il congresso annuale dell’ITE (Initiative Transport Europe, che riunisce circa 50 associazioni di tutto l’arco alpino) svoltosi a Cuneo il 4-6 giugno, i partecipanti hanno approvato una mozione per impegnare tutte le organizzazioni aderenti all’ITE in favore della ratifica del protocollo trasporti da parte dell’Italia.
Andrea Wehrenfennig - (Legambiente Trieste e Comitato direttivo ITE)
Fonti:
Convenzione delle Alpi http://www.convenzionedellealpi.it/home_it.htm
Marco Vitale, “Quel localismo irragionevole che ci taglia fuori dall’Europa”, Corriere della Sera, 18.4.2010
blog Trasporti&ambiente http://andreaw.wordpress.com/
CIPRA http://www.cipra.org/it
ITE http://www.ite-euro.com/it/index.htm
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 settembre 2010

 

 

Vienna punta a collegare l’Adriatico con l’Europa centrale: il via con 9 convogli a settimana - Asse delle Ferrovie austriache in Veneto e Fvg
 

TRATTATIVE CON TRENITALIA CARGO PER L’AREA PETROLCHIMICA DI MARGHERA
TRIESTE Le ferrovie austriache (Obb) hanno avviato trattative con Trenitalia Cargo per aggiudicarsi il trasporto di gas e idrocarburi dagli impianti petrolchimici di Porto Marghera e stanno pensando di sviluppare un asse trasportistico che dall’Adriatico conduca nell’Europa centrale attraversando il Friuli Venezia Giulia e il Brennero, che diventerebbero dunque snodi strategici del piano di sviluppo che a Vienna si sta mettendo a punto. L’obiettivo dell’operazione è di assicurare una cornice logistica funzionale per il trasporto di risorse ritenute di primaria importanza per l’industria austriaca, e anche per gli impianti italiani dell’area che potrebbero essere serviti dal nuovo servizio cargo. E non è detto che, dopo gli idrocarburi, i carri austriaci possano trasportare anche altre merci.
L’indiscrezione è stata rilanciata da Milano Finanza nei giorni scorsi, e ha trovato già delle prime conferme. Protagonista della partita sarebbe Linea, società di diritto italiano fondata nel 2007, basata in Piemonte (ad Alessandria), e controllata da Obb al 55%, attraverso Rail Cargo Austria, la divisione delle ferrovie austriache che si occupa della movimentazione merci (al quota restante è nelle mani di soci locali piemontesi). Nel 2009 il suo fatturato è stato di 9 milioni, mentre nel 2010 dovrebbe attestarsi a quota 15 (un centinaio i dipendenti). I locomotori a disposizione attualmente sono 9 ma non è escluso che dall’Austria ne possa arrivare altri. Al momento, si parla di organizzare 9 convogli a settimana in partenza da Marghera: cinque raggiungerebbero l’Austria via Tarvisio; gli altri quattro, invece, via Brennero. Linea è già presente sulle rotaie del Nordest, e si serve degli interporti di Cervignano, Padova e Verona. La presenza dei treni di proprietà austriaca non è nuova sullo scenario del nord Italia. Chi si muove tra il Brennero, Milano e Bologna (in particolare tra Trento, Milano e Bologna) lo sa bene. Le ferrovie austriache e tedesche, infatti, sono ormai presenti da tempo nel mercato passeggeri, dove hanno eroso quote non secondarie a Trenitalia, puntando su una politica dei prezzi piuttosto aggressiva. Una politica che sta premiando, anche perché è unita a una certa efficienza. Lo scorso inverno, ad esempio, nelle giornate di freddo record, i mezzi di Obb e Deutsche Bahn non hanno subito particolari ritardi, a differenza di molti locomotori italiani.
NICOLA COMELLI
 

 

«Cinghiali, la Regione risarcisca i danni» - Godina: ridotti i fondi per gli agricoltori, ormai arrivano somme ridicole
 

DOPO L’AGGRESSIONE DI DUE UOMINI IN VIA MARCHESETTI
Una scossa elettrica, una doccia ghiacciata, un pugno allo stomaco.
Le ferite inferte l’altro pomeriggio da un cinghiale inaspettatamente aggressivo a due uomini che lo volevano scacciare dal loro orto di via Marchesetti hanno innescato una serie di pesantissime reazioni a catena. La paura tiene banco ma non mancano gli interrogativi di chi vuole risolvere il problema. C’è infatti chi, sull’onda emotiva dell’aggressione, propone di armare gli agricoltori con i fucili necessari a difendere dalle incursioni le vigne e i campi. È una provocazione, ma in qualche modo descrive bene il clima creatosi attorno al battaglione di suidi che accerchiano la città.
Ma c’è anche chi propone di fornire del cibo ai cinghiali in un’area ben definita, così da poterli tenere sotto controllo evitando peregrinazioni e incursioni.
E infine c’è chi, come il vicepresidente della Provincia Walter Godina, sull’onda dell’invasione e dell'aggressività manifestata da questi animali ha convocato per lunedì un tavolo ”verde” dove discutere con le organizzazione dei coltivatori le misure da adottare per contenerne l’espansione demografica del cinghiale che coinvolge ormai tutto il territorio della Provincia di Trieste, con ampie intrusioni anche nelle vie e nei giardini della periferia urbana.
«Ho intenzione di chiedere con forza l’intervento della Regione per risarcire i danni provocati all’agricoltura da questi animali» sostiene Walter Godina. «Purtroppo i fondi messi a disposizione degli agricoltori della provincia di Trieste dalla giunta Tondo sono stati ulteriormente falcidiati dalla recente legge proposta e fatta approvare dall’assessore alle risorse agricole Claudio Violino. I risarcimenti per i danni causati dagli animali selvatici alla colture sono proporzionali alla superficie boscata delle singole province del Friuli Venezia Giulia. Trieste è la più piccola per territorio e, nonostante la presenza massiccia dei cinghiali, riceve somme ridicole che risarciscono i danni in una percentuale che varia tra il 15 e il 25 per cento».
Secondo Walter Godina al piano di abbattimenti in deroga, peraltro già avviato dalla Provincia da una ventina di giorni sulla falsariga di quello attuato nel 2009, va affiancata un’azione preventiva per contenere il numero dei cuccioli in costante espansione. Ma per avviare questa azione non esistono i fondi necessari.
Fin qui Godina. Diversa e meno istituzionale la voce di Gianfranco Urso, presidente provinciale dell’Enpa che ritorna sul tema dell’aggressione patita dai due uomini nel loro orto di via Marchesetti. «È molto probabile che l’esemplare che li ha azzannati lunedì sia malato, perché i cinghiali di solito scappano dall’uomo. Si tengono ben lontano da noi perché sono animali timorosi e si avvicinano solo quando qualcuno getta loro da mangiare. Una reazione così inaspettata è probabilmente dovuta alla paura, ma comunque rimango sorpreso da questo fatto soprattutto perché è avvenuto in una zona dove i cinghiali sono da anni ormai di casa. È un fatto eccezionale che dimostra come il nostro territorio sia ormai tutto uguale. Da Sistiana al Lazzaretto, è diventato un terreno ideale per il cinghiale e il capriolo. Fino a quando non saranno creati dei luoghi di approvvigionamento per questi animali, loro continueranno a scendere con sempre maggiore frequenza verso il centro abitato. Cercano cibo e hanno perso in parte l’istinto che li portava ad aver paura di entrare negli agglomerati urbani».
CLAUDIO ERNÈ
 

 

Acquario, entro il mese cantieri chiusi - In corso il ripristino della scogliera e la messa in sicurezza di Punta Olmi
 

DOPO L’INTERRUZIONE PER LE FERIE - Ampliate anche le nicchie di frana procurate dalle mareggiate del 2008
MUGGIA Sono ripresi i lavori ad Acquario dopo l'interruzione a causa delle ferie estive. Non degli addetti al cantiere, precisano al Comune di Muggia, ma delle cave che forniscono la ditta incaricata. E non sembrano interferire con le attività balneari della zona. Tutto procede nei tempi previsti e dovrebbe concludersi come annunciato entro il mese di settembre. «Si sta procedendo celermente con i lavori di messa in sicurezza di emergenza del fronte mare del terrapieno di Acquario - conferma il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek. Siamo già arrivati ben lontani dalla zona delle piazzole e disagi per i bagnanti non ce ne sono stati, come non si sono segnalati particolari disagi alla circolazione per il transito dei camion che consegnavano i massi della scogliera passando inevitabilmente attraverso la galleria di via Roma. Proseguiremo ora con il ripristino della scogliera a partire dalla zona di Punta Olmi – continua – e procedendo fino alla prima insenatura. Poi, in continuità, si passerà a mettere in sicurezza la zona che va da Punta Olmi in avanti, in quanto si tratta dei tratti più esposti all'azione del mare e più danneggiati in seguito ai precedenti cedimenti della scogliera e che quindi, ovviamente, hanno la precedenza. Solo alla fine, e se necessario, verrà ripristinata anche la parte centrale. Il tutto - conferma il primo cittadino - verrà concluso entro settembre, nel sostanziale rispetto dei tempi prefissati. Anche i costi sostenuti rientrano nell'ambito degli stanziamenti previsti, sia dal fondo derivante dal finanziamento regionale che di quelli messi a disposizione dal Comune all'interno del piano di crisi.
I lavori di messa in sicurezza di emergenza del sito si erano resi necessari per il progressivo cedimento della scogliera e la potenziale esposizione del terreno, facente parte del Sito Inquinato di Interesse Nazionale, al mare. Di fatto sono stati ripristinati gli scogli, o meglio le cosiddette strutture di coronamento dell'area interessata dagli «ampliamenti delle nicchie di frana rivelate dopo le mareggiate autunnali del 2008» che erano arretrate in seguito alle violente ondate.
Intanto si è praticamente conclusa, anche se formalmente questo avverrà solo questo mese, la prima fase dei lavori che porteranno al ripristino del sito e alla successiva riconsegna di Acquario alla città di Muggia come spiaggia pubblica e libera". «I tempi - aveva detto Nesladek - saranno in funzione del tipo di progetto che verrà approvato».
Gianfranco Terzoli
 

 

SEGNALAZIONI - Metropolitana leggera - SENZ’ALTRO UTILE
 

Leggendo l’articolo dei vertici di Trieste Trasporti su metropolitana leggera e trasporti pubblici, nel quale si nutrono delle perplessità sulla fattibilità di tale progetto, mentre l’azienda punta a rilanciare i trasporti pubblici tradizionali e via mare per Muggia o anche altre destinazioni, mi permetto di fare le seguenti osservazioni.
La politica dei trasporti pubblici è un diritto dei cittadini, che andrebbe pianificata per tempo, prima di costruire un borgo o un quartiere periferico e non sicuramente risolta a posteriori facendola diventare solo un problema di costi e ricavi per l’azienda. Quindi la sostenibilità della metropolitana leggera e l’affermazione "siamo una città di poco più di 200mila abitanti", lascia il tempo che trova anche in una dimensione trasfrontaliera che dovrebbe comprendere l’intera provincia a sud, compresa la vicina Slovenia, con i collegamenti verso Monfalcone e Ronchi. I conti esatti andrebbero fatti anche con tutti gli autoveicoli che ogni giorno arrivano in città da diverse provenienze, con i lavoratori stranieri ed altri costi in termini d’inquinamento e vivibilità. Sul potenziamento del "Delfino Verde" non posso che essere d'accordo, ma anche in questo caso andrebbero intensificate le corse, rendendo migliori gli attracchi al fine di consentire l’interscambio con mezzi privati e collegamenti bus, rendendo unico il biglietto e l’abbonamento "terrestre". Per quanto riguarda infine la "20 Express" lo ritengo un esperimento riuscito, anche perché ogni minuto risparmiato a studenti, lavoratori e anziani che solitamente trascorrono un'ora e trenta della propria giornata sulla 20 non ha prezzo, anche perché per mandare due figlie a scuola quest'anno ho speso 454,30 euro di abbonamento. Anzi mi permetto di suggerire percorsi alternativi alla 20, magari utilizzando bus di tipo extraurbano che possano utilizzare la superstrada, al fine di ridurre i tempi di percorrenza.
Marco Finocchiaro
 

 

Piste ciclabili deludenti - COLLIO E GRADESE
 

Il povero cicloturista che, bombardato dalla martellante campagna di stampa organizzata dall’Amministrazione provinciale di Gorizia, volesse sperimentare il tracciato della nuova pista ciclabile del Collio resterebbe profondamente deluso.
Neanche un metro asfaltato per questi percorsi che finiscono nel nulla, segnali microscopici, alcuni illeggibili in quanto nascosti dietro altri cartelli stradali, tratti di pista intervallati da strada normale, cartelloni da cui non si riesce a capire il percorso. E questa fa il paio con l’incredibile Grado–Aquileia, pista del tutto inaccessibile: sbarrata dal guard-rail che la separa dalla sede stradale nel primo tratto in corrispondenza del ponte, senza alcun varco d’accesso, un fastidioso e pericoloso brecciolino, poi, che rende poco sicura e invitante la sua percorrenza.
Inviterei assessori e membri della giunta a risparmiare qualche decina di euro spesi in mostre, inaugurazioni, buffet, regalie e prebende varie per investirle in un semplice ed economico biglietto ferroviario: provate a pedalare sulla ciclovia Alpe Adria che unisce Tarvisio all’Austria, alla Slovenia e ai laghi di Fusine in completa sicurezza, chilometri di ciclabile asfaltata con segnaletica completa o sulle stupende piste ciclabili dell’Alto Adige, come quella della Val Venosta, 80 km dal confine austriaco del Passo Resia a Merano completamente asfaltati e nettamente separati dalla carreggiata stradale, tra panorami mozzafiato e deliziosi saliscendi, tra laghi e vigneti, cartelli pari per dimensioni e capillarità a quelli stradali, numerosi pannelli informativi con mappe e altimetrie, bici grill con ristoro e assistenza tecnica, possibilità di ritornare per mezzo di treno e autobus.
La realizzazione delle pseudo piste ciclabili nostrane sembra progettata da chi in velocipede c’è andato l’ultima volta con le rotelle di sostegno e approvata da chi ha dimestichezza con le due ruote come Berlusconi con le file all’ufficio postale.
Illudere gli appassionati del velocipede in questo modo è come promettere ad un bambino di portarlo a Gardaland e farlo invece entrare in un museo d’arte etrusca.
Mauro Luglio - Monfalcone

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 31 agosto 2010

 

 

Potocnik: «Sui rigassificatori serve condivisione» - IL COMMISSARIO EUROPEO INVITA ROMA E LUBIANA A UNA STRATEGIA COMUNE
 

BLED «La questione dei rigassificatori nell'Adriatico settentrionale andrebbe affrontata in modo strategico e a lungo termine, possibilmente con una comune strategia per l'Adriatico concordata tra tutti i Paesi che si affacciano su quest'area».
Il Commissario europeo all'ambiente Janez Potocnik, intervenuto ieri ai lavori del Forum strategico di Bled nell'ambito del dibattito sulla gestione delle acque, ha ribadito - incalzato dalle domande dei giornalisti - la posizione cauta di Bruxelles sul confronto tra Slovenia e Italia relativo ai progetti di costruzione dei rigassificatori nel golfo di Trieste, in particolare su quello di Zaule. «La Commissione vuole che il dialogo tra i due Paesi continui, è questa la strada giusta» ha aggiunto ancora Potocnik, che ha respinto le accuse degli ambientalisti di Alpe Adria Green secondo cui la Commissione avrebbe "congelato" le indagini sulle presunte irregolarita' nella preparazione della documentazione per il terminal di Zaule per non disturbare la trattativa bilaterale in corso tra Roma e Lubiana.
Per Potocnik è altresì inaccettabile interpretare questa trattativa - come invece suggerisce Alpe Adria Green - come se i due governi fossero interessati soltanto al tornaconto economico senza pensare a tutelare le persone e la natura. I procedimenti di approvazione dei due progetti sono peraltro ancora in corso e la costruzione degli impianti non è nemmeno iniziata, ha sottolineato ancora il commissario europeo.
Le osservazioni di Alpe Adria Green - secondo Potocnik - la Commissione le sta valutando con attenzione. Il Commissario ha ribadito che Bruxelles vuole che il problema si risolva, ma ha anche ricordato che le aspettative dell'opinione pubblica sono spesso superiori allo spazio di manovra e alle reali possibilità di intervento di Bruxelles per far rispettare la direttiva europea sulla valutazione dell'impatto ambientale trasnsfrontaliero. «Chi riscontra delle irregolarità deve rivolgersi agli organismi nazionali, la Commissione non ha la competenza di perseguire eventuali reati» ha sottolineato ancora il Commissario. Bruxelles dunque continua a seguire con interesse la vicenda, ma lascia che siano Roma e Lubiana da sole a trovare una soluzione. Solo poche settimane fa, ricordiamo, un autentico polverone è stato sollevato dalla notizia dell'esistenza di un ”no paper” sloveno - una specie di documento diplomatico non ufficiale e non firmato – nel quale Lubiana si sarebbe dichiarata disposta ad avvallare la costruzione del rigassificatore di Zaule a patto che Roma si impegnasse a non intralciare eventuali progetti analoghi nell'area del Porto di Capodistria.
Dell'esistenza di questo ”no paper” aveva parlato anche il sottosegretario italiano all'ambiente Roberto Menia, ma da Lubiana – dopo che la cosa è diventata pubblica - sono arrivate soltanto smentite, sia da parte del ministero dell'economia che di quello dell'Ambiente. La ”partita” tra Italia e Slovenia, ricordiamo, in questo campo si gioca non soltanto sugli impianti energetici, ma pure sui progetti di ampliamento dei porti di Trieste e Capodistria. Un eventuale futuro di veti incrociati, tra rigassificatori e porti, probabilmente sarebbe un grosso danno per entrambe le parti.
FRANCO BABIC
 

 

Morsicati e azzannati da un cinghiale nell’orto - Padre e figlio all’ospedale dopo essere stati attaccati dall’animale
 

UN CASO SENZA PRECEDENTI IN VIA MARCHESETTI
Pascolava tranquillo nel loro orto. Anzi, arava il terreno col tozzo e irsuto muso. Hanno cercato di allontanarlo, prima offrendogli una mela, poi agitando le braccia e gridando. Il cinghiale non ha gradito la reazione dei due uomini. E’ partito a testa bassa e ha azzannato alla gamba sinistra il figlio. Poi ha tentato di fare altrettanto col padre e lo ha ferito leggermente di striscio al polpaccio con le sue zanne. Infine è scappato, abbandonando l’orto posto nella parte alta di via Marchesetti e si è diretto verso il boschetto.
Erano le 16.30 di ieri pomeriggio ed è stata questa la prima volta nel territorio dell’estrema periferia cittadina che due umani sono stati feriti da un suide un po’ troppo aggressivo o solo spaventato. Noi, coi fucili delle guardie venatorie della Provincia, negli ultimi dodici mesi ne abbiamo uccisi più di cento. E una muova campagna di abbattimenti si è avviata da poco più di una ventina di giorni.
Il padre, 64 anni e il figlio di 39, poco prima delle 17 si sono presentati al Pronto soccorso dell’Ospedale di Cattinara. Le ferite sono state disinfettate con grande cura, suturate e medicate. Ma i medici precauzionalmente hanno avviato anche la profilassi antitetanica e antirabbica a cui è stata affiancata anche una terapia antibiotica. Tutto questo per evitare conseguenze tanto spiacevoli quanto rischiose per la salute dei due aggrediti. Certo è che i malcapitati hanno accreditato col loro racconto qualche sospetto. «Il cinghiale sembrava provato, male in arnese, forse ammalato. E’ stato un attimo: era a tranquillo quando gli abbiamo gettato la mela. Lui l’ha mangiata per metà. Poi è partito di scatto e ci è arrivato addosso..».
Papà e figlio sono stati dimessi ma la terapia si prolungherà per qualche giorno. L’evoluzione delle cure sarà seguita, oltre che dai medici, anche dai funzionari del Laboratorio di prevenzione dell’Azienda sanitaria.
In effetti la presenza dei cinghiali nelle aree della periferia cittadina era stata giudicata, inopportuna, fastidiosa, generatrice di danni alle culture, alle vigne ed eventualmente alle carrozzerie delle automobili. Qualcuno aveva paventato ciò che è accaduto ieri ma era stato zittito e messo in minoranza dalle immagini delle famigliole di cinghiali, cuccioli compresi, che attraversano in fila indiana la strada sottostante Rozzol Melara. Attorno a loro decine di passanti incuriositi.
«E’ poco probabile a livello statistico che un cinghiale sia affetto da rabbia silvestre. Certo è che nessun mammifero può dirsi esente da questa patologia e bene hanno fatto i medici ad avviare la profilassi» ha affermato ieri un esperto.
Che il rapporto tra uomo e cinghiale sia difficile lo dice anche la storia: questo suide è stato decimato dai cacciatori e poi reintrodotto in ampie aree del territorio. Ha poi colonizzato nuovi ambienti, dove si è radicato talmente bene, grazie alle sue straordinarie doti di resistenza ed adattabilità, che oggi viene considerato una delle specie di mammiferi a più ampia diffusione. I periferia a Trieste, a conferma di questo giudizio, vive una popolazione di almeno 600-700 esemplari di cui solo uno, per il momento, ha aggredito l’uomo.
CLAUDIO ERNÈ
 

 

SEGNALAZIONI - Inquinamento dell’aria - A CAUSA DEL TRAFFICO
 

Con una segnalazione del 19 agosto intitolata «Smog e coraggio» è stato lamentato «che in questa città vi sono momenti dove respirare diventa complicato» e ciò «per la presenza del solito lezzo nauseabondo e sospetto» per cui tutti «denunciano ripetutamente il problema dell’inquinamento dell’aria». Nel dare così la colpa alla situazione della Ferriera o «di qualche manutenzione sulle navi in area portuale, oppure del cementificio o dell’inceneritore», non viene però menzionata la causa più rilevante prodotta dai gas tossici sprigionati nell’atmosfera dall’incontenibile moltitudine di veicoli motorizzati che giorno e notte percorrono tutte le nostre strade. Pare strano ma questa causa così evidente e grave può essere ormai ignorata, poiché fa parte di una abituale necessità della vita e quindi può essere notata soltanto da quelle poche persone che non fanno uso di un mezzo motorizzato.
Guido Placido
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 30 agosto 2010

 

 

Il Lago di Sauris torna balneabile - La decisione della giunta regionale a fine stagione dopo i risultati degli esami
 

TRIESTE Il Lago di Sauris torna ad essere balneabile, ma quando ormai la stagione per tuffarsi è agli sgoccioli. La giunta regionale ha deliberato all’unanimità di inserire due versanti del lago di Saurisi - Località Est Rio Storto e Località La Maina – tra le zone balneabili della regione. La decisione arriva dopo «riscontri analitici, eseguiti nel periodo di campionamento di maggio-luglio 2010 dall’Arpa Settore Laboratorio Unico - Laboratorio di Udine e trasmessi alla Direzione centrale salute, integrazione sociosanitaria e politiche sociali, i quali evidenziano, nei campioni prelevati nei giorni 31 maggio , 14 e 28 giugno e 13 luglio 2010, risultati favorevoli per i punti di campionamento». Le due zone di balneazione erano in stand by perché «non è stato possibile eseguire alcun campionamento nella stagione balneare 2009 per il livello di abbassamento del lago». In pratica le acque non avevano una profondità tale da consentire l’esame e La legge prevede, come ricorda la delibera, che per la valutazione delle acque di balneazione «deve farsi riferimento ai risultati delle analisi effettuate dall’Arpa relativi alla stagione balneare in questione e alle tre stagioni balneari precedenti». Nel caso di Sauris i risultati sono arrivati a estate inoltrata e così la giunta si è trovata ad aggiornare l’elenco delle acque di balneazione e a sdoganare Sauris solamente a fine estate. Nell’elenco delle acque eccellenti rientrano tutte le località della provincia di Trieste (dal capoluogo a Muggia fino a Duino Aurisina). E’ ancora in attesa di classificazione, però, la diga foranea porto franco Trieste e Diga Vecchia (sia nord che sud).
In provincia di Gorizia, invece, non ci sono solo acque eccellenti. Si deve accontentare di buono Marina Nova (presso il Camping Panzano Lido), mentre guadagnano solo la sufficienza Marina Julia e Arenile Lido a Staranzano. Eccellenti le acque di balneazione concesse in provincia di Udine – da Lignano al lago di Cavazzo – e lo stesso dicasi per quelle in provincia di Pordenone che sono solo due: località ponte Navarons e località camping sempre sul torrente Meduna. Con l’inclusione di Sauris le zone idonee alla balneazione diventano, invece, 16. Fa un po’ meglio la provincia di Gorizia che se ne vede riconoscere 18 mentre il primato spetta a Trieste con trenta zone sdoganate dall’Arpa e ancora due incognite. La classificazione normalmente viene fatta prima dell’inizio stagione proprio per consentire ai turisti di poter godere appieno del territorio. Nel complesso la Regione individua in Friuli Venezia Giulia una settantina di punti di balneazione.

(m. mi.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 29 agosto 2010

 

 

Ogm, allarme degli ambientalisti: «Contaminati i campi vicini» - APPELLO AI POLITICI REGIONALI
 

PORDENONE Le analisi sul mais dei campi vicini a quelli seminati a Ogm nel Pordenonese hanno dato risultati positivi e ciò dimostra il rischio che tali varietà comportano per le colture tradizionali. Lo sostengono le associazioni ambientaliste del Friuli Venezia Giulia che invitano regione e Autorità pubbliche «a passare dalle parole ai fatti». Wwf, Legambiente e Aiab hanno chiesto che la Magistratura proceda alla opportuna gestione dei campi provatamente seminati con mais Ogm e nei confronti dei responsabili; che gli esponenti politici regionali dimostrino di pensare veramente quello che dichiarano firmando la proposta di legge per la «Tutela della biodiversità e dei prodotti agroalimentari di qualità e tradizionali del territorio regionale».
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 28 agosto 2010

 

 

AcegasAps realizzerà il nuovo depuratore di Servola - Acque più pulite in golfo con un reattore biologico, sarà costruito nell’area dello Scalo Legnami
 

Servono venti ettari per adeguare l’impianto: individuati in una zona che è dentro il sito inquinato. Consegna dell’appalto giugno 2011
Entro la metà del 2013 il depuratore di Servola sarà messo a norma con un investimento di circa 45 milioni. A seguirne progettazione e realizzazione, nonchè la futura gestione, sarà la multiutility triestino-padovana AcegasAps, che da anni cura il funzionamento dell’attuale impianto (realizzato negli anni Ottanta dall’allora Acegas).
La decisione consegue all’approvazione del piano di investimenti per il cosiddetto ciclo idrico integrato (dalla fornitura dell’acqua fino alla depurazione e all’immissione in mare) che l’Ambito territoriale ottimale – struttura presieduta dal sindaco Dipiazza e di cui fanno parte i primi cittadini della provincia – ha approvato qualche settimana fa.
Un piano che si articolta su un periodo di trent’anni e prevede diversi interventi, non solo nel territorio comunale di Trieste ma anche nel resto della provincia.
Ma torniamo al depuratore di Servola, senza dubbio l’opera più rilevante del piano. L’impianto è fuori norma da tempo, e funziona in regime di proroga. Le caratteristiche delle acque che escono dal depuratore superano infatti i limiti di legge fissati per le sostanze inquinanti.
Per molti anni la tubatura di scarico a mare (7 chilometri) e i tre chilometri di tubi che disperdono nel golfo le acque depurate erano ritenuti un valido sistema di trattamento biologico. Da qualche anno ciò non è più consentito, sia dalle norme italiane sia dalle direttive europee. E quindi l’adeguamento dell’impianto di Servola è divenuto sempre più urgente, anche se dal 2000 ad oggi AcegasAps ha investito 8 milioni di euro (fondi anche del Comune e della Regione) per riqualificare l’impianto.
In questi giorni è iniziata la procedura di accettazione dell’incarico che AcegasAps ha ricevuto dall’Ambito territoriale ottimale, incarico che comprende la costruzione e la gestione dell’impianto. Procedura che dovrebbe essere completata entro l’anno.
Per adeguare il depuratore ci sarà bisogno di nuovi e ingenti spazi, qualcosa come venti ettari. «Il trattamento biologico delle acque – spiega l’ingegner Enrico Altran, direttore per l’area triestina delle divisione acqua-gas di AcegasAps – dovrà essere fatto a terra e non più in mare. Dovremo quindi costruire, accanto alle attuali strutture, un cosiddetto ”reattore biologico”, composto da vasche, fabbricati e macchinari, il cui sistema di funzionamento abbiamo già sperimentato».
Ma gli spazi necessari, da ricavare nell’area demaniale dello Scalo legnami, ricadono nel Sito inquinato di interesse nazionale. AcegasAps ha così già effettuato la caratterizzazione dell’area, per determinare i livelli di inquinamento dei terreni. A questo punto dovrà concludere con il ministero dell’Ambiente la procedura per la bonifica e il successivo riutilizzo dell’area, con le prescrizioni per poter realizzare in quell’area i fabbricati necessari.
Ma non c’è solo il problema del terreno inquinato. Per poter costruire il ”reattore biologico” AcegasAps dovrà spostare il corso del torrente Baiamonti, che attraversa l’area interessata. Un problema, quest’ultimo, da risolvere assieme all’Autorità portuale, in quanto il corso del torrente Baiamonti interferisce anche con la zona prevista per la futura piattaforma logistica.
«Entro l’anno – osserva l’ingegner Altran – confidiamo di ricevere dal ministero dell’Ambiente le prescrizioni per poter procedere. A quel punto saremo pronti per partire con la gara per l’appalto integrato, che include progettazione e realizzazione del nuovo impianto. Un compito molto complesso che sono in grado di svolgere solo aziende altamente specializzate».
Secondo i tempi che AcegasAps ha previsto, l’appalto dovrebbe essere assegnato entro il giugno del prossimo anno. Dopodichè serviranno sei mesi per la progettazione esecutiva, posto che il progetto preliminare per l’adeguamento dell’impianto di depurazione era già stato approvato dal Comune nel 2004 (ma era rimasto fermo per la mancanza di fondi).
Ultimato il progetto esecutivo, per la costruzione è stato stimato un anno e mezzo, ma con alcune sezioni dell’impianto che potrebbero essere funzionanti già a fine 2012, rispettando ovviamente i nuovi parametri fissati per gli inquinanti. Il depuratore di Servola poi perfettamente in regola, come detto, entro metà del 2013.
GIUSEPPE PALLADINI
 

 

DEPURATORE - «Non ci sono tutti i soldi, ma si va avanti lo stesso» - Dipiazza determinato: «Manca qualche tassello troveremo una soluzione»
 

Verrà eliminato il depuratore di Barcola, con importanti lavori in viale Miramare
«Non è facile trovare tutti i fondi per il nuovo depuratore di Servola». Il sindaco Dipiazza, anche presidente dell’Ambito territoriale ottimale (struttura che sovraintende al ciclo idrico), non nasconde le difficoltà per reperire i 45 milioni necessari all’intervento nell’impianto di Servola.
Dei 45 milioni, 30 sono inseriti anche nell’ultima versione nota (la 14.a) dell’accordo di programma per la bonifica del Sito inquinato. Ma finchè l’accordo non sarà firmato, questi fondi rimarranno bloccati. Dipiazza è comunque determinato: «Si va avanti. Che non ci siano tutti tasselli è vero, ma alla fine il depuratore deve esser fatto assolutamente».
I soldi per la progettazione sembra comunque ci siano già. Dei restanti 15 milioni, 13 sarebbe stanziati dalla Regione con un contributo ventennale, e la parte rimanente arriverebbe da fondi accantonati dalla Provincia. Tutti questi finanziamenti dovrebbero comunque essere recuperati, nell’arco di vent’anni, attraverso la tariffa per il ciclo idrico integrato che verrà fissata dall’Ato (Ambito territoriale ottimale), denominato ”Triestino orientale”.
Ma non c’è solo l’adeguamento del depuratore di Servola nel piano trentennale predisposto dallo stesso Ato. Questo piano prevede infatti la soppressione del depuratore di Barcola, la riqualificazione di quello di Zaule, l’adeguamento dei depuratori di Sistiana e San Dorligo, interventi sul collettore costiero di Muggia e la progressiva estenzione della rete fognaria all’abitato di Opicina. Non solo: importanti opere riguarderanno l’acquedotto, con interventi negli impianti di sollevamento in città e altri per il contenimento delle perdite della rete.
«La soppressione del depuratore di Barcola – precisa l’ingegner Enrico Altran – comporterà pesanti lavori lungo viale Miramare fino al sottopasso ferroviario e alle fognature di via Udine. E’ poi previsto il collegamento alla rete delle fognature di tutta la zona di Gretta».
L’Ato ha articolato le competenze nella provincia su quattro gestori. AcegasAps opera nei territori comunali di Trieste, Muggia e in parte di quello di Duino Aurisina. L’Acquedotto del Carso ha competenza nei comuni di Sgonico, Monrupino e in parte di quello di Duino Aurisina. Il Comune di San Dorligo opera invece per conto proprio, mentre il Comune di Duino Aurisina gestisce direttamente le sue fognature e il sistema di depurazione.
Il piano d’ambito elaborato dall’Ato prevede però il passaggio ad AcegasAps del servizio idrico integrato di San Dorligo e di Duino Aurisina, in quanto la multiutility è il ”gestore prevalente” nel contesto provinciale, con il contemporaneo mantenimento del servizio svolto finora dall’Acquedotto del Carso.
Di recente l’Ato ha chiesto ad AcegasAps e all’Acquedotto del Carso se intendono svolgere il servizio idrico integrato rispettando il piano d’ambito, con tutti i relativi investimenti previsti per l’intera durata del piano (trent’anni).
Superato anche questo passaggio, si passa ora all’attuazione del piano, iniziando con gli investimenti destinati agli impianti più critici. Da qui lo sblocco della precedure per rimodernare il depuratore di Servola.

(gi. pa.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 27 agosto 2010

 

 

«Piano traffico monco se non ci sono i parcheggi» - Paparo: Corso Italia pedonale ci sta bene, servono direttrici appaiate
 

Si possono fare i conti senza l’oste? Se la controparte è un’azienda i cui mezzi coprono ogni anno 13 milioni di chilometri nell’area provinciale, sicuramente no.
A maggior ragione quando ci si appresta a varare un piano del traffico finora uscito solo a livello di indiscrezione dagli uffici del Municipio. «No, finora non siamo stati interpellati dal Comune – ammette senza alcuna vena polemica il presidente di TriesteTrasporti, Cosimo Paparo – ma ritengo che la cosa avverrà quanto prima...
Le future novità, infatti, le abbiamo apprese dal giornale». «È anche vero – aggiunge il direttore generale Piergiorgio Luccarini – che quello che ha detto il sindaco Dipiazza su una maggior attenzione al trasporto pubblico locale, con un possibile ampliamento delle corsie preferenziali, ci ha fatto indubbiamente piacere, ma adesso aspettiamo di vedere le carte...».
«...E sicuramente se la loro estensione passasse dagli attuali 5 a 10 chilometri – scherza Paparo – non potremmo che essere felici».
AREE PEDONALI Il nodo gordiano, per così dire, è quello legato alla possibile pedonalizzazione di Corso Italia. Vista con favore dall’azienda, seppure con più di qualche distinguo. «Indubbiamente può starci – commenta Paparo – ma a quel punto mi preoccuperebbe il ruolo che verrebbe a rivestire la via Mazzini, che non può gestire 1000 corse al giorno. Già adesso gli abitanti della via, soprattutto quelli dei primi piani, ci odiano per il rumore causato dal passaggio dei mezzi su una carreggiata limitata da un lato dalle rotaie di Stream e dall’altro dal vuoto che ha sotto, figurarsi se il movimento dovesse aumentare... Inoltre servono direttrici il più possibile appaiate, perchè la gran parte dei nostri utenti è anziana, non possiamo farla camminare troppo. Attualmente in quella zona c’è una fermata ogni 150 metri, domani non so». Piace di più, invece, l’inversione di marcia tra le vie Rossetti e Ginnastica, che Luccarini giudica in grado di «velocizzare le tratte dei bus».
PARCO MACCHINE TriesteTrasporti si appunta un’ipotetica medaglia: quella della «flotta più giovane d’Europa», nelle parole di Paparo, oltre che più ecologica visto che «i bus sono tutti euro 3, con filtro antiparticolato che li equipara agli Euro 4 e con lo stesso grado di inquinamento di quelli a metano. I motorini, per dire, inquinano di più». L’assunto serve a spiegare anche un’altra scelta: non sono previsti in futuro mezzi diversi. Nè nuovi tram, pure vagheggiati da qualcuno, nè tantomeno i bus elettrici ipotizzati a suo tempo dallo stesso sindaco. «Il tram – precisa Luccarini – ha limiti tecnici, legati a percorsi obbligati, cavi, eccetera, mentre i bus elettrici hanno scarsa autonomia e vanno bene, che so, per Ferrara, che è piatta, non certo per Trieste che è tutta salite e discese». «Andando per paradossi – interviene Paparo – tanto varrebbe pensare al filobus moderno – che è sganciabile dalla rete e ha un motore elettrico autonomo, ma non è il caso».
TRAM DI OPICINA Capitolo a parte per il popolare tram, ultimamente sfortunatissimo. TriesteTrasporti nega di volerlo alienare ma ammette che costa troppo di manutenzione ordinaria, «2-300mila euro all’anno» e, al riguardo, anticipa una futura pausa «di almeno 3-4 mesi» nella primavera 2011 per sostituire le pulegge. «La sua permanenza è sicura fino al 2014, grazie ai fondi regionali – annota Luccarini – e poi si vedrà». «Il problema – interviene Paparo – è che non è pensabile un suo futuro in sola chiave turistica, economicamente non reggerebbe. E allora servono contributi pubblici».
PARCHEGGI Per realizzare la dichiarata ”mission” di TT, un aumento notevole degli utenti dei bus in città, servono incentivi a non utilizzare l’auto, Parcheggi, in primis, e qui la nota si fa dolente. «Non ne sono previsti di nuovi a breve – ammette Paparo – e allora torniamo a pensare ai parcheggi di interscambio. Non come quello di Opicina, dove parcheggiano i camper, ma ad esempio in via Locchi stiamo studiando con Amt un possibile biglietto cumulativo per la sosta e la corsa del bus più vicino. E ci vorrebbe un’area analoga anche a Valmaura. «L’importante – conclude Luccarini – è studiare una soluzione complessiva, mista, del trasporto pubblico locale. Sul quale, non dimentichiamocelo, a Trieste c’è una sensibilità particolare.
FURIO BALDASSI
 

 

«Coinvolgere tutta la città sulle modifiche adottate» - La richiesta di Carmi e Ravalico Ferrara (Lega): «Un progetto forse troppo ambizioso»
 

«Il piano del traffico venga discusso con la città con il massimo della trasparenza». Lo chiedono in una nota Mario Ravalico e Alessandro Carmi, consiglieri comunali del Pd, sostenendo che «è arrivato il momento di mettere in ordine le idee sul piano del traffico passato al momento in giunta e, a stralci, sui giornali».
«I cittadini – sostengono i consiglieri – devono comprendere la filosofia e le ricadute del piano sul territorio. Riteniamo quindi opportuno rendere protagoniste di questo percorso in primis le circoscrizioni con delle sedute dedicate all’argomento nel corso delle quali il sindaco e i tecnici illustrino i contenuti del piano e venga data la possibilità ai cittadini, singoli ed associati, di esprimersi con idee, contributi e critiche. In secondo luogo non sarebbe male utilizzare una struttura comunale libera da impegni già programmati (l’auditorium del Museo Revoltella? Il Salone degli Incanti?) dove poter esporre la delibera e i relativi allegati con l’ausilio delle moderne tecnologie informatiche per capire meglio le modifiche al traffico urbano».
Sull’argomento interviene anche Maurizio Ferrara (Lega). «Ritengo la bozza del piano del traffico presentata dal sindaco interessante ma esagerata per le esigenze della nostra città. A mio parere, oltre a continuare con i piani periferici concertati con i cittadini, dei quali, con orgoglio, conservo la paternità, sono necessarie azioni coraggiose solo in alcune zone cittadine . Senza disagi, con poche risorse e tempi brevissimi. Intervenendo semplicemente con nuove rotatorie, con l’eliminazione di alcuni semafori, con lo spostamento di attraversamenti pedonali, con nuovi parcheggi per motorini per evitare soste vietate su strade dove le auto dovrebbero poter procedere in doppia corsia».
Come Lega, in questa direzione, stiamo predisponendo - aggiunge Ferrara - un piano del traffico molto semplice che presenteremo alle prossime elezioni. Partendo da un concetto essenziale. Prima è necessario mettere in sicurezza i marciapiedi cittadini, creare nuovi parcheggi, incominciare a ragionare sui bus navetta e sui parcheggi scambio periferici».
 

 

Allo studio una metropolitana del mare scorrevole e con più fermate - LE IPOTESI ALTERNATIVE DI TT PER I TRASFERIMENTI VIA TERRA
 

«La linea urbana sotterranea potrebbe reggersi economicamente solo se arriverà a congiungere la Slovenia con l’aeroporto di Ronchi»
Una metropolitana leggera accanto al bus? L’idea, che da anni affiora e scompare come il Timavo, lascia perplessi i vertici di TriesteTrasporti. «Qui c’è sempre la tendenza a pensare come a New York – taglia corto il direttore generale Luccarini – mentre in realtà siamo una città di poco più di 200mila abitanti, e certe strutture impongono un bacino d’utenza di almeno un paio di milioni di persone. È più logico, in assoluto potenziare il trasporto pubblico locale. Per questo sono scettico».
«Avrebbe senso – abbassa il tiro l’amministratore delegato Paparo – se si tornasse all’idea originaria della tratta Capodistria-Trieste-Ronchi, sennò non si reggerebbe in piedi. Coi bus è impensabile gestire percorsi del genere, basti pensare alla fine della nostra tratta transfrontaliera da e per Sesana, che movimentava 5-6 persone alla volta e ci ha fatto perdere 50mila euro...».
L’idea di Paparo, in realtà, è più estensiva e va ad abbracciare anche le località della vicina repubblica. «Troppo spesso – osserva – Trieste si dimentica di essere una città di mare. Sbagliando. Lo abbiamo verificato col successo della nostra linea via mare per Muggia, col ”Delfino Verde”, che movimenta ogni anno 70mila persone e ha pochissime fermate tecniche causate dal maltempo. Credo che estendendola, ed è un’idea che lancio a Provincia e Regione, da un lato fino a Sistiana e dall’altro magari fino a Capodistria, si disporrebbe di un mezzo veloce, piacevole e che godrebbe di un sicuro successo. Non serve, in tal senso, la ”20 Express” (il bus di linea tra Trieste e Muggia che dovrebbe saltare qualche fermata ndr) – incalza Paparo – che qualcuno sollecita, perchè già adesso via mare da Muggia a piazza Unità ci si mettono 20 minuti, impensabili col bus, visto il traffico di adesso. Estendendo le toccate potremmo arrivare a una vera e propria metropolitana del mare che ci permetterebbe di ottimizzare anche le altre linee stradali e otterrebbe di sicuro il gradimento degli utenti, come è già successo per i muggesani. Se poi, allargando il discorso, si tornerà anche a pensare ai traghetti da e per l’Istria ecco che gli spostamenti via strada perderanno parecchio del loro appeal. Di sicuro – aggiunge ancora Paparo – bisogna fare in modo, con i vari interventi pubblici, che il prezzo del biglietto diventi appetibile, ma credo che una volta avviata quella linea potrebbe solo che avere risultati positivi».

(f.b.)
 

 

DUINO AURISINA - Ret: acque pulite chiederemo la Bandiera blu
 

Il Comune vuole la Bandiera blu. Forte degli ultimi risultati delle analisi delle acque svolte dall’Arpa nella prima quindicina di agosto, che hanno promosso il mare di Duino, Aurisina-Filtri e Sistiana, il sindaco Ret pone come nuovo obiettivo la richiesta di un titolo di cui il territorio si possa fregiare: la Bandiera blu appunto, un riconoscimento internazionale istituito nel 1987 (che fu l’anno europeo dell’ambiente), assegnato in 41 paesi.
«Nelle passate stagioni – afferma il primo cittadino – abbiamo sempre avuto problemi legati alla qualità delle acque: stavolta, invece, i tecnici hanno reso noti valori complessivamente al di sotto dei livelli di guardia. Non abbiamo mai ottenuto esiti di questo tipo, il che mi rafforza nella convinzione che siano stati decisivi gli interventi svolti in questi mesi per la sistemazione degli impianti fognari del Villaggio del pescatore. Risolto quel nodo, abbiamo finalmente ottenuto un mare pulito e privo di batteri che potessero provocare danni alla salute. Per un gioco di correnti, infatti, le acque che sfociavano lì finivano per circolare sul litorale causando episodicamente delle criticità».
«Ora che abbiamo tutte le carte in regola, siamo un comune turistico e stiamo attrezzando Castelreggio come bagno pubblico per tutti i cittadini e i visitatori – conclude –. Credo sia giusto guardare ancora più avanti e puntare a un nuovo obiettivo: la Bandiera blu, almeno per le spiagge di Sistiana, che nei prossimi anni vedranno la riqualificazione dell’ex cava».
Inizialmente attribuito nei paesi europei, e solo più recentemente anche a quelli extraeuropei, il riconoscimento della Bandiera blu viene assegnato alle località turistiche e balneari che rispettano criteri relativi alla gestione sostenibile del territorio. Uno tra i principi seguiti per l’attribuzione, oltre alla gestione ambientale e ai servizi e alla sicurezza, è proprio quello della qualità delle acque.

(ti.ca.)
 

 

Muggia, multe salate a chi maltratta gli animali - Da settembre il nuovo regolamento. Da 100 a 300 euro per il cane legato alla bicicletta
 

Con settembre a Muggia gli animali saranno più tutelati. E potrà costare caro non accudirli adeguatamente, o peggio maltrattarli. Sarà fatto divieto, ad esempio, di “sollevarli per la testa, per le zampe o per la coda, fatta eccezione per alcune specie come i ratti, i topi o i serpenti”. Ai contravventori verrà affibbiata una multa da 40 a 120 euro. Attenti anche a non vendere pulcini o altri animali colorati artificialmente: in questo caso ola sanzione va da 200 a 600 euro.
Il Comune rivierasco si doterà a breve di un nuovo Regolamento per la tutela e il benessere degli animali sul territorio. Il documento, che verrà discusso mercoledì prossimo dalla giunta, recepisce i principi della Dichiarazione universale dei diritti dell’animale dell’Unesco. «Un atto di civiltà», sottolinea il sindaco, tra l’altro possessore di un cane.
Vietato perciò colpire gli animali (salvo se si è aggrediti) o spingerli toccandone le parti più sensibili, usare corpi taglienti o dispositivi a scarica elettrica per dirigerne il comportamento. Vietato anche utilizzare animali per l’accattonaggio, pena una sanzione da 100 a 300 euro. Verrà poi punito chi separa anzitempo i cuccioli dalla madre (prima di 60 giorni per i cani, 45 per i gatti) e chi abbandona – in giardini, parchi e specchi d’acqua - animali domestici o addomesticati.
Sarà poi vietato lasciare gli animali al sole nei balconi per più di sei ore giornaliere, isolarli in rimesse o cantine, segregarli in scatole o trasportarli nei bagagliai.
A chi tiene un gatto legato verrà comminata una multa da 200 a 600 euro. Basta poi coi cani che corrono legati a bici o motorini: sanzioni da 100 a 300 euro. Vietato anche offrire animali in premio o abbandonare testuggini palustri, grave forma d’inquinamento ambientale per la fauna e un pericolo per la salute pubblica. Distruggere i formicai può invece costare da 30 a 90 euro.
Il seppellimento di animali di compagnia sarà consentito solo in terreni privati o in aree individuate allo scopo. Per il decoro, oltre che per la salute pubblica, non si potranno abbandonare residui di cibo destinati all’alimentazione degli animali sulla pubblica via: il rischio è una sanzione da 100 a 300 euro.
Un intero capitolo è dedicato infine alla corretta conduzione dei cani che non possono essere lasciati in libertà incustoditi. Nelle pubbliche vie e nelle aree pubbliche sarà obbligatorio l’utilizzo del guinzaglio e, se il cane è aggressivo, anche della museruola. Le sanzioni andranno da 100 a 300 euro.

(g.t.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 agosto 2010

 

 

Villa Cosulich, salvo il parco. Niente cemento - Sbloccata la situazione - Rassicurati i residenti di Gretta e Roiano con una variante al Piano regolatore
 

Il parco di Villa Cosulich è salvo. Lì non si costruisce nulla, non si taglia un solo leccio.
A mettere in discussione quanto previsto dal piano regolatore, ovvero l'edificabilità del 10 dell'area e una destinazione turistica, è un decreto legislativo ministeriale datato 22 gennaio 2004 che inserisce la dimora e l'ampia zona pertinente tra i "beni culturali".
E in quanto bene culturale di proprietà del Comune di Trieste, quindi di un ente pubblico territoriale, la villa e il suo parco non possono essere alienati. «Non possono venir adibiti a usi tali da recare pregiudizio alla loro pertinenza inoltre, - si legge nel decreto - deve essere rispettato il diritto di uso e godimento che il pubblico ha acquisito sul bene».
Una serie di vincoli che di fatto vanificano quanto previsto dalla variante 118 del piano regolatore adottato nel 2009 e che non permettono né la realizzazione di qualsiasi tipo di costruzione tantomeno la trasformazione di quell'antica villa ormai abbandonata in un albergo o in un residence.
«Per una maggior tutela di quel parco, per ristabilire che tra quegli alberi non deve venir costruito alcun edificio, promuoveremo una variante su Villa Cosulich». Un impegno che ieri Piero Camber, capogruppo di Forza Italia in Consiglio Comunale, Antonio Lippolis, capogruppo di An, Lorenzo Giorgi, consigliere di maggioranza e Sandro Menia, presidente della terza circoscrizione hanno preso di fronte a una decina di cittadini promotori nelle scorse settimane di una raccolta di firme per la salvaguardia dei 10 mila quadrati metri di parco.
«I residenti di Gretta e Roiano come pure tutti i fruitori del parco - precisano Liviana Picech e Roberto Visentini , promotori dell'iniziativa - chiedono che ci sia un impegno trasversale affinché quell'area resti a destinazione di verde pubblico. Va eliminata qualsiasi possibilità di edificazione».
All'incontro hanno partecipato anche Chiara e Alberto Grioni, rispettivamente nipote e pronipote di quell' Antonio Cosulich che nel 1920, ritornando a Trieste dall'Argentina, comperò la splendida villa di Strada del Friuli. «Mi sento un po' rassicurata - ha ammesso la Grioni a margine dell'incontro - ho rilevato una volontà comune di salvaguardare quel bene che mio nonno donò alla città. Compito del Comune è quello di valorizzare questo complesso arricchendolo di funzioni».
L'incognita resta il destino di quella villa in totale stato di abbandono. Se deve restare usufruibile dal pubblico, chi potrebbe disporre dei fondi necessari alla ristrutturazione? Quale privato si imbarcherebbe in una simile avventura ora che sono evidenti vincoli e limiti? La questione ora passa ora nelle mani dei consiglieri Camber, Lippolis e Giorgi che dopo l'approvazione del piano regolatore, come promesso, daranno il via all'iter previsto per apportare una variante.
Laura Tonero
 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 agosto 2010

 

 

Tav a Nordest, Moretti incalza Veneto e Fvg - L’AMMINISTRATORE DELEGATO DELLE FERROVIE DOPO IL MONITO UE SUI RITARDI
 

«Ora dipende soltanto dalle Regioni la definizione del tracciato finale dell’Alta velocità»
RIMINI La Tav nordestina? «Nulla è ancora deciso. Ci sono varie opzioni sul tavolo e una discussione tuttora aperta con le Regioni”. Mauro Moretti, l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, mantiene i piedi saldamente per terra. E gela facili entusiasmi: il tracciato più sofferto, quello che deve portare l’alta velocità ferroviaria da Venezia a Trieste, non c’è. Non ancora. E le Regioni coinvolte, quelle che devono dare gli input a Rfi, il ”soggetto tecnico attuatore” chiamato a disegnare concretamente il tracciato, devono darsi una mossa.
Moretti non lo dice esplicitamente, ma non serve. Il tempo corre veloce. E Bruxelles non aspetta: il coordinatore europeo del Corridoio V, Jan Brinkhorst, ha già avvertito l’Italia. Più volte. L’ultima, recentissima, non consente equivoci: basta proroghe, ce ne sono già state troppe, stavolta il Belpaese deve rispettare le scadenze e presentare il progetto preliminare entro il 31 dicembre, pena il definanziamento.
Il top manager delle Ferrovie lo sa, eccome, ma non dà certezze: «Auspichiamo di farcela». E il motivo è presto detto: «La regia, in questa fase, appartiene alle Regioni». Sono loro che, d’intesa con gli enti locali, devono ”suggerire” a Rfi il tracciato. Il Friuli Venezia Giulia, in verità, ha scelto da tempo: i binari dei treni ad alta velocità e le costruende tre corsie dell’A4, come ha ripetuto spesso Riccardo Riccardi, devono procedere affiancati. Il Veneto ci ha messo di più ma di recente, dopo un lungo e faticoso travaglio, ha confermato a mezzo stampa la decisione abbozzata già nella passata legislatura: l’alta velocità deve sganciarsi dall’autostrada, ha chiarito Renato Chisso, correndo più a Sud, lungo il litorale.
Luca Zaia, ed è storia di ieri, ha a sua volta garantito l’avanti tutta: «Stiamo galoppando per accelerare la procedura sulla Tav. Purtroppo paghiamo il ritardo accumulato in passato» ha detto il neo-governatore all’inaugurazione della bretella dell’A28, mentre auspicava una legge obiettivo in salsa regionale, in grado di velocizzare le grandi opere.
Strada in discesa? Evidentemente no, non ancora. Ai dubbi e alle perplessità di chi si chiede, ad esempio, dove ci sarà il punto di intersezione, il luogo in cui si ”sposeranno” il tracciato veneto e quello friulan-giuliano, si aggiunge la puntualizzazione di Moretti: le Ferrovie stanno ancora aspettando la formalizzazione delle scelte ”politiche” del territorio.
A Rimini, al meeting dell’Amicizia dov’è ormai di casa e dove si confronta con il ministro alle Infrastrutture Altero Matteoli, non lesinando proposte e provocazioni, l’amministratore delegato chiarisce infatti che i giochi sono ancora aperti.
E aggiunge che non è affatto scontato che la Tav vada... in spiaggia: «Ne dobbiamo discutere con le Regioni. Confidiamo in un dialogo concreto» conclude Moretti. Concreto e rapido: quattro mesi di tempo, quelli che mancano alla scadenza di fine anno, non sono tanti. Anzi.
ROBERTA GIANI
 

 

«Ferriera, nello stabilimento troppi dubbi sulla sicurezza» - Appello della politica dopo le ultime vicende interne: i lavoratori non sono soli
 

Promosso da Rifondazione, il testo è stato firmato anche da Lupieri (Pd) e Corazza (Idv)
«Siamo seriamente preoccupati dalle notizie che filtrano attraverso i media ed altri canali di comunicazione sul rapporto che si sta instaurando tra la direzione della Ferriera di Servola, i lavoratori ed i loro rappresentanti». Lo scrivono in una nota i consiglieri regionali Alessandro Corazza (Idv) e Sergio Lupieri (Pd) e Igor Kocijancic (Rc). Assieme a loro la consigliera provinciale Elena Legisa, di Rifondazione comunista come i due consiglieri comunali Marino Andolina e Iztok Furlanic, che hanno pure sottoscritto l’appello, cosi come l’altro collega Alfredo Racovelli dei Verdi.
Il mondo della politica, insomma, inizia a valutare tutti gli aspetti legati all’eventuale dismissione dello stabilimento cittadino e prima ancora quelli derivanti dalla sua attuale, incerta situazione. Un appello partito proprio in casa di Rifondazione comunista ed esteso alle adesioni di altri esponenti politici. «La lunga lista di problemi ambientali aperti da uno stabilimento siderurgico inserito in un contesto urbano e le iniziative promosse dalle associazioni – si legge ancora nel testo – dovrebbe inevitabilmente determinare un atteggiamento aziendale aperto al confronto e di collaborazione. Non sarà un contratto a tempo determinato che non viene rinnovato – aggiungono i firmatari – a risolvere la milionaria esposizione del gruppo siderurgico con le banche. Non troviamo spiegazioni convincenti per cui un rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza debba essere allontanato da una assemblea di reparto che proprio di questo si occupa. Quella riunione – continua la nota – sarebbe durata una o due ore al massimo, non riusciamo a quantificare il danno di produttività che quelle due ore avrebbero creato. Pensiamo piuttosto che tutte le competenze vadano utilizzate per prevenire e quindi evitare gravi infortuni, che hanno segnato in questi anni lo stabilimento».
I firmatari si chiedono infine «che risultati ha comportato il protocollo sulla sicurezza che era stato annunciato e firmato? Alla luce delle ultime dichiarazioni dell’Azienda sanitaria sulla necessità di approfondimenti tecnici proprio sulla sicurezza dobbiamo concludere che gli obiettivi del protocollo sono stati raggiunti o piuttosto che lo stesso non dava sufficienti garanzie ? Chi segue anche distrattamente le notizie che giungono dal mondo del lavoro – viene aggiunto – sa che è in atto una campagna di scontro ( dalla Fiat di Melfi alla Fincantieri, ai licenziamenti nella crisi ) che erode costantemente diritti e sicurezze per i lavoratori. Invitiamo la direzione dello stabilimento di Servola a non seguire questa linea ed a abbandonare la politica della “voce grossa“ . I lavoratori della Ferriera non sono soli».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 24 agosto 2010

 

 

«In Ferriera niente kapò, in gioco il futuro di tutti» - I tecnici difendono il posto, sparano sui politici e raccontano: «A volte si lavora anche 16 ore al giorno»
 

CLIMA TESO NELLO STABILIMENTO DOPO LA DENUNCIA DI UN OPERAIO RIMASTO USTIONATO A UNA GAMBA
C’è chi non bada agli inquinamenti, agli allarmi dell’Azienda sanitaria, alle lamentele di lavoratori che descrivono, in Ferriera, una situazione di rapporti anche duri, anche umilianti da sopportare, fatti di posizioni forti e posizioni debolissime. Il «ceto medio» dell’azienda alza la testa. E difendendo il proprio ruolo difende anche il posto e la proprietà. Anche i doppi turni da 16 ore al giorno. Non certo la politica, che li ha persi per strada.
ATTRIBUTI. «Per lavorare in siderurgia ci vogliono gli ”attributi” e la stragrande maggioranza di lavoratori (uomini ma anche le pur poche donne) della Ferriera li hanno - scrive in una nota Umberto -. Ma da qui a dire che i lavoratori sono ridotti in ”schiavitù” e in sudditanza, che i capi sono ”kapò”, ce ne corre: i capi non sono extraterrestri, ma spesso ex operai che con anni di anzianità ricoprono questi ruoli».
BOCCA DOLCE. Le parole di un operaio ferito a Servola da uno spruzzo di ghisa bollente, a cui non è stato rinnovato il contratto scaduto, e che ha duramente descritto la sua percezione del lavoro in fabbrica fanno rompere il silenzio anche ad altri. I «capi» accusati. Che non sono anziani, anzi. E sono tecnici manutentori e gruisti. Raccontano, in gruppo, com’è il lavoro «dentro», mentre tutti «si fanno la bocca dolce parlando di Ferriera - come dice Davide -, i politici soprattutto, che si passano la Ferriera come una palla da tennis, destra e sinistra sullo stesso identico binario, dove però corriamo noi da soli: verso un muro».
PERDERE. La perdita del posto è dietro l’angolo. Lo sa anche Mauro, ingegnere, venuto tre anni fa da Salerno dove l’azienda per cui lavorava ha chiuso. Lo sa il giovane gruista superspecializzato che dice: «Solo qui e in porto ci sono gru così complesse, non potrei lavorare altrove, perché in porto operano ditte esterne». Lo sa un loro collega: «Io ero caporeparto alla Meloni, e quando è fallita se non avessi trovato questo ”terzo livello” alla Ferriera la banca mi avrebbe portato via la casa». Lo sa Massimiliano: «A Trieste solo chiacchiere: Expò, crociere, Silos, tutte cose che non esistono, e poi non si è in grado di costruire nemmeno una strada di collegamento». Davide: «La politica in questa città è assolutamente sterile. Vogliamo onestà, chiarezza: se si vuole combattere per la chiusura, lo si faccia appunto con onestà, e senza speculazioni».
ASPREZZE. Ecco le voci che di solito tacciono. «La durezza del lavoro a turni, con notti e festività sottratte alle famiglie - prosegue Umberto -, l’asprezza del lavoro siderurgico, pesante e faticoso e sicuramente ad alto rischio, determinano di per sè una selezione di caratteristiche fisiche e caratteriali che contraddistinguono la tipologia del lavoratore di questo settore».
TULIPANI. «Io abito a Servola - racconta Massimiliano - se mi affaccio al balcone non vedo tulipani e rose, ma la situazione è vivibile. Ma se uno si compra casa a ridosso dello stabilimento, che cosa può pretendere?». Dicono che l’azienda è interlocutore più onesto rispetto ai politici: «Ha annunciato chiara e tonda la data di chiusura». Che la sicurezza, 20 anni fa inesistente, è rispettata. E che non si capisce come una città «con solo l’11% di produzione industriale possa respingere una fabbrica che lavora».
CONIGLI. «Sul piano morale non accettiamo - protesta Andrea - di essere additati nelle categorie degli schiavi e dei conigli». Certo la situazione è difficile: c’è la consapevolezza che «lo stabilimento ha gli anni, i giorni e forse i minuti contati», che «gli operai sono diventati pessimisti, rassegnati, zitti». Un altro aggiunge: «Un senso di abbandono in tanti momenti ci accompagna, la mancanza di concrete e vere prospettive di un futuro lavorativo logorano e influiscono in maniera negativa su tutti noi».
GUASTO. C’è un momento in cui s’infervorano tutti per tutt’altro motivo. Quando rievocano il più grande guasto a memoria di «ferrierista», l’intasamento dei camini della cokeria: «Abbiamo lavorato tutti, operai e tecnici 24 ore su 24, a turni. Era vitale aggiustare un guasto così, mai visto». Massimiliano entusiasta: «L’azienda avrebbe potuto anche chiudere, comprare il coke cinese, costa tanto di meno». Un suo collega, albanese, da 10 anni a Trieste, carpentiere: «Che cosa incredibile è stata. Abbiamo fatto più di 150 ore di straordinario a testa. Sedici ore al giorno».
LE ORE. «Certo che succede di fare il doppio turno - confermano gli altri -, però il giorno dopo si sta a casa». Ma 16 ore di lavoro al giorno sono sempre 16 ore. «Però su base volontaria». «Mica si penserà che uno sta con la mazza in mano per 16 ore filate? Il gruista lavora due ore, poi due sta fermo, poi ne fa altre due e così via». «Anche il manutentore: basta che sia presente». «Capito? Anche se fai 16 ore, di fatto ne lavori 8».
SILENZI. Nessuno vuol parlare del collega gravemente ferito dalla ghisa, e così provato psicologicamente, e ora disoccupato. Dicono di non ricordarselo, di non conoscerlo nemmeno. Disoccupato? «Questione che riguarda gli uffici competenti». Anzi è questa forse l’unica volta in cui il «ceto medio» della Ferriera si lamenta della proprietà: «È stata una sgradita sorpresa che l’azienda sia stata zitta dopo che siamo stati definiti schiavisti. Perché bisogna mortificare il lavoro di gente onesta? Siamo qui per vivere - aggiunge Andrea -, gli operai se qualcosa non va ci rispondono, sul piano etico, morale e dei diritti...».
VA BUCA. Quanto agli incidenti, ai tecnici non ne risultano. «I nuovi assunti li riconosci subito: sono completamente bardati di tute protettive, sciarpe e scarpe». È i vecchi no? «Sì, ma con tute più usate». Conclude Davide: «È un tipo di produzione dove l’infortunio arriva. Se sei ben coperto il danno è arginato, e invece va buca, va buca».
GABRIELLA ZIANI
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 23 agosto 2010

 

 

Sacile, è «Marco Pantani» il tordo d’Italia più bravo - SAGRA DEI OSEI: LA RABBIA AMBIENTALISTA
 

SACILE È «Marco Pantani» il tordo d'Italia 2010. Lo ha eletto una speciale giuria alla 737.ma edizione della «Sagra dei osei» di Sacile. Il suo allevatore, il trevigiano Mariano Signor, ha detto che «come il «pirata» anche il suo tordo sa animare ed attirare le folle». Alla «Sagra dei osei» hanno partecipato migliaia di appassionati e allevatori di tutto il triveneto. Come ogni anno la manifestazione è stata aspramente contestata dalle associazioni animaliste e ambientaliste. «Al sole e senza acqua sufficiente, animali da cortile in gabbie sovraffollate e prive di ombra»: Guido Iemmi, responsabile della Lav (Lega antivivisezione) di Pordenone con gli animalisti della Lac (Lega anticaccia) ha chiesto ad un certo punto l’intervento del Corpo forestale della Regione. «Abbiamo trovato 5 pavoni stipati in una gabbia di 50 centimetri quadrati – ha segnalato Iemmi –. Situazioni allucinanti: è intervenuto anche il veterinario di turno». Il presidio degli animalisti in piazza del Popolo ha schierato una trentina di volontari Lav e Lac con supporti in trasferta da Udine e Vicenza. Volantinaggio e slogan a voce alta sono partiti contro «la sagra della tortura, che mette in gabbia gli uccelli e i loro diritti di aprire le ali».
 

 

SEGNALAZIONI - «Del piano del traffico nessuno parla più. Ma gli interrogativi restano» - IL PROBLEMA
 

È passato un po’ di tempo dal suo annuncio ma complice anche il periodo estivo, del «nuovo piano del traffico di Trieste» non si parla più.
Abitando in via Galatti e per come sono state ipotizzate le principali vie di scorrimento, sicuramente coinvolto, non ho finora manifestato pubblicamente le mie perplessità, consapevole che interventi del genere, normalmente vengono adottati a beneficio della cittadinanza.
Per quanto mi sia sforzato e anche confrontato con altri, non sono però riuscito a individuare tali benefici. Il traffico cittadino abbastanza intenso, a volte del tutto insopportabile per chi vi risiede, difficilmente ne trarrà vantaggio soprattutto se le soluzioni tendono ad agevolarne l’ulteriore e prevedibile incremento di intensità, piuttosto che introdurre iniziative che scoraggino l’uso del mezzo privato, quale unica soluzione per l’area urbana che si voglia rendere più vivibile.
Mi chiedo anche quali potrebbero essere, al di là dell’iniziale euforia, i vantaggi conseguenti alla pedonalizzazione di corso Italia, attualmente la direttrice urbana più importante. Non basta certamente questo o i centri commerciali aperti la domenica, per far di Trieste una città «turistica». Se poi dovesse risultare questo, un pallino del nostro primo cittadino per una plateale uscita di scena, la cosa diventerebbe addirittura insopportabile, perché ben altro ci saremmo aspettati. Certamente i palazzi adiacenti al «Corso» potranno subire una forte rivalutazione economica ma questo non potrà giustificare i sacrifici di altre zone. Chiedo a chi se ne occupa di illuminare gli ignari cittadini sulle altre ragioni che possono aver determinato e giustificato le soluzioni proposte.
La via Galatti quale importante via d’uscita? In piazza Oberdan sarà necessario attraversare i binari del tram (?), in piazza Vittorio Veneto saranno sacrificati due lati e con la differenza che i mezzi transiteranno ripetutamente davanti la Provincia? (immaginiamoci lo stesso traffico sotto il palazzo comunale in piazza Unità!), s’imboccherà la strettoia a fianco della Posta per lambire la Chiesa Luterana, fresca di restauro? (da due mesi stanno togliendo i residui dello smog dalle facciate in pietra!) per poi fermarsi prima della Banca d’Italia ogni qualvolta avverrà il trasporto valori...
L’ipotesi del nuovo albergo di prestigio nella ex sede degli Uffici tributari, che avrebbe rivalutato largo Panfili e l’area circostante, viene chiaramente compromessa!
I residenti della via Galatti e anche della via Geppa, assolutamente non plaudono al nuovo «piano» e si dovranno «organizzare», vuoi per il maggiore inquinamento previsto (traffico molto più lento e persistente!), ma anche per l’inevitabile dequalifica dei propri immobili (almeno del 25%).
Tutto ciò per un piano del traffico che difficilmente rivoluzionerà positivamente la viabilità della nostra città? Vogliamo pensarci?
Boris Stocca
 

 

SEGNALAZIONI - «Il business della diossina alle Noghere - PER LA MESSA IN SICUREZZA DELL’AREA
 

Ora scopriamo che alla Noghere c’è anche la diossina! Ma che bella novità. Strano però, perché già durante i lavori di caratterizzazione e messa in sicurezza dell’area destinata allo stabilimento Pasta Zara - quando in sede di analisi dei campioni si passò dalla bassa alla alta risoluzione - si trovò diossina nel terreno che intanto veniva accumulato in quello che scherzosamente fu battezzato «Monte Bragagnolo».
Pensare poi di mettere in sicurezza la falda è sicuramente lodevole, ma qualcuno dei soloni ministeriali può dire anche come?
Per quel che riguarda l’impianto polifunzionale che Teseco aveva proposto, leggiamo che si attende ancora la sottoscrizione di un accordo di programma.
Probabilmente è quello che impone di piantare 11 chilometri di palancole per contenere la migrazione in mare dei contaminanti.
Cui prodest? Noi un’idea ce la siamo fatta: è un bel «regalo» alle imprese che producono palancole! Già perché nessuno ha ancora spiegato come trattare l’acqua di falda intercettata e cosa farne di essa!
Se nel Sessantotto si inneggiava alla fantasia al potere, mi sembra che nello specifico si possa parlare di incompetenza al potere!
Sergio Bisiani - Comitato tecnico scientifico di Ambiente eè Vita onlus
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 22 agosto 2010

 

 

«La Soprintendenza boccia il Prg» - Il botanico Poldini: «Unico criterio ispiratore è la rendita fondiaria
 

Le osservazioni illustrate dagli ambientalisti

Seri rischi di alterazione del paesaggio, sul Carso ma non solo. La dura affermazione è della Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici, che lo scorso dicembre, in merito alla variante 118 del piano regolatore, ha inviato al sindaco Dipiazza, ai consiglieri comunali e alla Regione, un corposo documento (64 pagine) con molteplici osservazioni, nell’ambito della procedura di Valutazione ambientale strategica.
Non si tratta di prescrizioni vincolanti, ma di suggerimenti ”per orientare le scelte di piano”. Va da sè, però, che avendo la Soprintendenza l’ultima parola sul futuro piano, almeno in termini paesaggistici, sarebbe quantomeno singolare se il Comune non ne recepisse le osservazioni.
I contenuti del documento prodotto dalla Soprintendenza sono stati illustrati ieri dalle associazioni ambientaliste Wwf (rappresentata da Dario Predonzan), Italia nostra (Luciana Boschin) e Legambiente (Lucia Sirocco), presente il prof. Livio Poldini, botanico del Dipartimento di Scienze della vita, che in questo contesto ha svolto il ruolo di consulente della Soprintendenza.
Ed è stato proprio Poldini, in apertura della presentazione, a sparare a zero contro la variante. «Nel piano non c’è traccia della percezione del valore delle risorse ambientali, pure abbondanti nel nostro comune – ha tuonato il botanico – e non c’è neanche un’analisi della fruizione delle vaste aree boschive».
Un’altra grave lacuna, sempre secondo Poldini, sta nel fatto che sono state dimenticate le aree verdi produttive, le cosiddette cinture degli orti, di cui Trieste disponeva in maniera pressochè continua. «I piani delle principali città europee prevedono queste cinture – ha rimarcato – mentre qui non si è capita affatto la funzione moderna di questa aree, messe invece a disposizione della cementificazione. Trieste continua a mangiare il proprio territorio».
E poi l’accusa più grave: «Questo piano regolatore oscura il futuro biologico della popolazione, è in controtendenza con l’Europa evoluta. L’unico criterio ispiratore è la rendita fondiaria».
«Continua la frammentazione delle superfici a bosco – ha proseguito Poldini – con Roiano e Conconello che crescono fin quasi a toccarsi. E poi si continua a costruire sulla costa, creando dissesti geologici che poi paga la collettività».
Tornando alle osservazioni, il documento della Soprintendenza rileva che, pur in presenza di un ampio patrimonio edilizio inutilizzato e sottoutilizzato (52mila alloggi), il nuovo piano continua a prevedere zone di espansione residenziale, nonostante il trend demografico della città sia stagnante o in diminuzione.
La conseguenza sarebbe un ulteriore, ingiustificato aumento del ”consumo” del suolo, soprattutto nelle zonee a vincolo paesaggistico. E gran parte di queste, sottolinea la Soprintendenza fornendo dovizia di elementi, presenta anche un notevole valore naturalistico ed ecosistemico, del tutto ignorato ndal piano.
Da ciò la richiesta di rivedere le destinazioni d’uso di tutte le 18 zone ”C” di espansione territoriale, riclassificandole ad agricole o boschive, ma anche le destinazioni d’uso della nuova zona ”turistica” di Padriciano e di alcune zone per servizi, come quelle destinate a parco degli animali a Cologna e al nuovo canile a Fernetti.

(gi.pa.)
 

 

L’associazione FareAmbiente appoggia il piano per Sistiana
 

DUINO AURISINA L’associazione FareAmbiente appoggia il progetto per la riqualificazione della baia di Sistiana. Lo ha precisato al sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret, il responsabile regionale dell’associazione ambientalista, Giorgio Cecco, in in incontro al quale ha partecipato anche l’assessore all’Ambiente Fulvio Tamaro. «Vogliamo mettere a disposizione di chi governa – ha spiegato Cecco – la nostra competenza ambientale, e dare una mano con proposte concrete».
Ret ha evidenziato alcune criticità del territorio: «Abbiamo bisogno di aiuto per la pulizia di numerose cavità e grotte, e poniamo particolare attenzione alle condizioni del costone carsico sopra la costiera. L’appoggio di FareAmbiente potrà essere di aiuto in varie iniziative».
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 21 agosto 2010

 

 

E da gennaio il via alla differenziata - AcegasAps sta mettendo a punto le procedure per la gara d’appalto - Saranno create le isole ecologiche
 

Dall’inizio del prossimo anno a Trieste diventerà obbligatoria la raccolta differenziata dei rifiuti. AcegasAps sta mettendo a punto le procedure delle gare d’appalto per la fornitura dei contenitori da adibire alla realizzazione delle nuove isole ecologiche.
Le postazioni diventeranno più di mille e dotate di contenitori diversi: uno per il conferimento di carta e cartone, un secondo per vetro e lattine, un altro per la plastica ed infine quello per i rifiuti umidi e uno per quelli ”indifferenziati”.
«A settembre - prevede l'assessore comunale Paolo Rovis - il nuovo regolamento di igiene urbana che introduce anche l’obbligatorietà della differenziata potrebbe venir licenziato in giunta e approdare in Consiglio comunale». Il nuovo metodo di raccolta delle immondizie prenderà il via con un periodo di prova: «Appena le isole ecologiche saranno pronte - precisa l’assessore - dopo un’adeguata campagna di informazione, metteremo a punto una fase sperimentale che servirà ai cittadini per comprendere correttamente il nuovo sistema e per abituarsi alle nuove regole e contemporaneamente al Comune e AcegasAps per capire se il posizionamento delle isole ecologiche sul territorio è corretto e soddisfa le esigenze di tutti».
Nel corso della fase di ”rodaggio” che potrebbe durare alcuni mesi, i comportamenti scorretti in materia di differenziata non verranno sanzionati. Prenderà il via così anche per i triestini l’abitudine di tenere in casa, magari sul terrazzo, una serie di contenitori dove dividere direttamente un rifiuto dall’altro, facilitando così il lavoro una volta arrivati davanti alle isole ecologiche.
Nei soliti cassonetti delle immondizie, quelli di color grigio, si potrà gettare solo il rifiuto ”indifferenziato”, ad esempio il tubetto del dentifricio, indumenti, pannolini e assorbenti, la lettiera del gatto o i mozziconi di sigarette.
Nel cassonetto che negli altri comuni dove è stata introdotta la differenziata è marrone, andranno gettati i rifiuti organici, ovvero l’umido: avanzi di cibo, fondi di caffè, gusci d’uovo, terriccio o piante.
Attraverso l’aumento del numero di contenitori per la differenziata e l’introduzione dell’obbligatorietà del corretto conferimento dei diversi tipi di immondizia, il Comune mira il prossimo anno ad ottenere una percentuale di raccolta differenziata fra il 27 e il 31%. Nel 2009 il dato era stato pari al 21,30 per cento, nel 2008 al 20,33%, nel 2007 invece al 18,21%.

(l.t.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 20 agosto 2010

 

 

Rigassificatore, Wwf all’attacco: «La Prestigiacomo mostri le carte» - Gli ambientalisti chiedono di poter visionare l’accordo tra l’Italia e la Slovenia
 

Associazioni ambientaliste all’attacco sulla vicenda rigassificatore. Il Wwf regionale ha chiesto al ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, una copia del «no paper» sloveno sui rigassificatori e altre infrastrutture nell'area di Trieste. «Il documento di cui si è avuto notizia da indiscrezioni di stampa - afferma il Wwf - riguarderebbe una proposta di accordo con l'Italia, in materia di rigassificatori (quello di Trieste, quello ”off shore” nel mezzo del Golfo e un altro a Capodistria) e altre infrastrutture energetiche connesse. Riguarderebbe inoltre i piani regolatori dei Porti di Trieste e Capodistria e altre problematiche infrastrutturali dell'Alto Adriatico nel settore dei trasporti».
Invece Greenaction Transnational, membro di Alpe Adria Green, ha presentato un urgente ricorso alle istituzioni comunitarie «contestando - afferma - la recente decisione della Commissione europea di congelare tutte le inchieste in corso sui progetti dei rigassificatori nel Golfo di Trieste al fine di consentire il raggiungimento di un accordo tra Italia e Slovenia».
«Ma le denunce in questione - afferma l’associazione - chiedono esclusivamente che si vigili sulla corretta applicazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri. Non riguardano un contenzioso tra i due Paesi, ma gravi violazioni di norme europee a danno e pericolo dei cittadini europei e dell’ambiente di confine. La Commissione non può e non deve quindi bloccare le indagini d’interesse dei cittadini - prosegue la nota di Greenaction - e tantomeno aiutare due governi ad accordarsi per consolidare le violazioni denunciate».
Tra le norme che sarebbero state violate, secondo Greenaction, vi sarebbe «la legge Seveso nella provincia di Trieste (per la quale è in corso un procedimento di infrazione da parte della Commissione europea), e inoltre omissioni, alterazioni, false dichiarazioni che le autorità italiane hanno posto in essere in concorso con i soggetti privati per coprire la grave situazione di rischio esistente nella provincia di Trieste e per permettere così l’insediamento del terminale di rigassificazione nel cuore della città giuliana».
Inoltre l’associazione sottolinea come siano state presentate «prove documentali sulla violazione delle procedure di Via e Vas transfrontaliera da parte dell’Italia». Greenaction a proposito di Via (Valutazione d’impatto ambientale) transfrontaliere contesta che si possano fare separatamente tra due Stati, e cita «una sentenza della Corte di Giustizia europea del febbraio 2008 che stabilisce: ”L’obiettivo della normativa non può essere aggirato tramite un frazionamento dei progetti e la mancata presa in considerazione del loro effetto cumulativo non deve avere il risultato pratico di sottrarli nel loro insieme all’obbligo di valutazione mentre, presi insieme, essi possono avere un notevole impatto ambientale”». Infine incidendo il rigassificatore sul Piano regolatore del porto di Trieste, secondo l’associazione è necessaria anche una Valutazione ambientale strategica (Vas).

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 agosto 2010

 

 

I grillini: nessuna risposta alla petizione sull’acqua
 

«Mi sorprende apprendere dal presidente del Consiglio comunale, Sergio Pacor, l'inesistenza di ”delibere importanti” di cui discutere in aula». L’affermazione è di Paolo Menis, il quale ricorda di aver depositato «il 10 giugno, in qualità di primo firmatario, e di rappresentante del gruppo Beppe Grillo Trieste e della lista civica Trieste 5 stelle, 1072 firme a favore dell'acqua pubblica. La petizione punta a inserire un nuovo articolo nello statuto comunale per affermare il diritto universale all'acqua, contro la privatizzazione del servizio».
Sono trascorsi due mesi – annota Menis – ma non ho ricevuto alcuna comunicazione dagli uffici. Le istanze dei cittadini sono forse poco importanti per il presidente del consiglio comunale? Secondo lo statuto del Comune, il consiglio deve esaminare le petizioni ”non oltre due sedute consecutive del consiglio o della commissione competente”. Siamo fuori il tempo massimo previsto dalla legge e dai regolamenti, e questo è molto grave per un'istituzione».
 

 

SEGNALAZIONI - Smog e coraggio - ISTITUZIONI
 

Il triestino, di per sé, risulta essere tranquillo, protesta con ordine, non alza mai la voce, si attiene alle regole: risultato, forse, di un retaggio culturale asburgico e di un passato che ha segnato città e cittadini. Sta di fatto che quel cittadino continua a segnalare in tutti i modi possibili, ma sempre in maniera pacata, che in questa città vi sono momenti dove respirare diventa complicato. Per l’ennesima volta, anche la settimana scorsa il sottoscritto e numerosi altri concittadini si sono dovuti rifugiare in casa, chiudere le finestre e telefonare allarmati alle varie istituzioni per segnalare la presenza del solito lezzo nauseabondo e sospetto. Succede ormai spesso che i Vigili del Fuoco debbano perlustrare i vari rioni per capire cosa stia succedendo, mentre molte associazioni, comitati, circoli e singoli cittadini denunciano ripetutamente il problema dell’inquinamento dell’aria. Questo accade anche alla luce della palese diffusione di malattie respiratorie e tumori, per i quali Trieste detiene il primato nazionale per la mortalità femminile.
Eppure, davanti a tutto questo educato parlare, nulla succede. Si chiede alla Ferriera se, per puro caso, siano loro con qualche «piccola combustione» a causare il miasma, ma no, assicurano; ci si chiede allora se la colpa non sia di qualche manutenzione sulle navi in area portuale, oppure del cementificio o dell'inceneritore. Mistero. Ed è così che ci si ritrova a vivere nel comune d’Italia con minore superficie verde urbana pro capite, con chilometri di costa inutilizzabili perché da bonificare e continue immissioni nell’aria di pericolosi agenti cancerogeni.
Si vorrebbe capire, allora, a chi vada addebitata la responsabilità di tale scempio: a chi inquina o a chi permette di farlo? Si vorrebbe che i dirigenti dell’Azienda Sanitaria, dell’Arpa, del Comune, della Provincia, della Regione e del Ministero dell’Ambiente fornissero risposte chiare e concrete alle domande dei cittadini, non solo chiacchiere e rimpalli di responsabilità. Se non sono in grado di risolvere questa situazione, cambino pure lavoro. E se invece, come temiamo, questo immobilismo fosse il frutto di precise volontà, abbiano almeno il coraggio di ammetterlo. Il per ora docile triestino ne trarrà le proprie conclusioni.
Gianluca Pischianz - Lista civica Trieste 5 stelle - beppegrillo.it
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 agosto 2010

 

 

Danno ambientale? Le leggi non lo prevedono - DOVE NASCE L’OSTACOLO CHE BLOCCA IL SITO INQUINATO DELLA ZONA INDUSTRIALE
 

I milioni di «transazione» non erano scritti nelle norme sulle bonifiche, sono una voce finanziaria
Nei giorni scorsi il ministero dell’Ambiente ha firmato gli accordi per sette Siti inquinati di interesse nazionale (Sin), avendo come interlocutori Enel in Sicilia, un’area di Porto Marghera a Venezia, la Feder Petroli della Enital a Livorno, i Cantieri navali di La Spezia, il Comune di Brindisi, l’Enel a Bari. Tutti colossi industriali che per loro natura inquinano, come a Trieste inquinò l’Aquila, e dunque per legge giustamente obbligati a bonificare. Dopo una causa al Tar di due anni, l’Enel ha pagato anche il risarcimento che adesso il ministero impone come «transazione», 200 milioni di euro a fronte del 50% di sconto sui costi di bonifica e il permesso di espandere le attività.
Allora hanno torto i triestini? Continuano a dire che non pagheranno quel cosiddetto «danno ambientale», espressione che nel tempo ha cambiato significato, e da «ambiente rovinato» (come giustamente lo intendono le leggi) ha preso a indicare tout court un mucchio di soldi, a Trieste 236 milioni senza alcun giustificativo di colpe e costi e a prescindere da quelli di bonifica. Una sorta di «taglia», anche su piccolissimi imprenditori privati, così lo intendono qui gli operatori economici e l’Ezit, impediti da questa muraglia di soldi a verificare lo stato autentico dei terreni. Ma che in realtà potrebbe avere un altro senso: una sorta di condono. Infatti viene definita «transazione tombale». Se uno paga, farà poi le bonifiche? O sarà condonato e i terreni e le acque resteranno malati senza che nessuno possa più imporre niente? Quando l’Ezit, su impulso regionale, potè in parte sondare i terreni («in soli sei mesi - afferma - e risparmiando 500 mila euro sul milione stanziato») si scoprirono anche porzioni non inquinate, «e 10 aziende si videro restituito l’uso legittimo delle aree».
Adesso la prosecuzione del sondaggio è vincolata, secondo la Regione, alla famosa firma dell’accordo complessivo. Il quale, portandosi appresso questo obbligatorio ed enorme versamento di denaro in cifra fissa, non convincerà mai gli operatori triestini. Ma dov’è dunque la radice del garbuglio, in cui si rischia di non trovare più il bandolo della matassa? Basta guardare le leggi che anche l’ultimo accordo di programma noto, quello del dicembre 2009, cita in premessa, e andarsele a leggere. Si scoprirà che, dal 2000 al 2005, nessuna di queste, da quella istitutiva dei Sin a quella che individua il Sin triestino e della laguna di Grado e Marano, alla Direttiva del Parlamento e del Consiglio europei del 21 aprile 2004, prevede una «transazione» nei confronti non solo di chi abbia inquinato, ma perfino di chi stia seduto sopra un’area inquinata. Si esige bensì la bonifica.
Anzi la direttiva europea è cristallina nello specificare «paga chi inquina», e anche nel prospettare i diritti del proprietario di un’area che dimostri come l’inquinamento fu provocato da terzi, o per colpa addirittura di imposizioni dell’autorità pubblica, o senza sapere che si stava inquinando. Insomma il proprietario è responsabile in solido solo quando ha causato danno ambientale «per colpa o per dolo». La direttiva specifica poi che se il privato non è rintracciabile o si rifiuta di bonificare, l’ente pubblico (dal ministero in giù) ha obbligo di intervenire in sua vece, fatto salvo il diritto a recuperare i soldi spesi.
Nell’area Ezit da un lato (come certificato anche dall’Arpa) l’inquinamento fu causato dagli sversamenti di residui dell’inceneritore e dall’uso dei terreni come discarica di tutto (anche rifiuti ospedalieri), e dall’altro nessuna amministrazione si è sostituita ai privati che contestano non già le leggi, ma la loro applicazione. E i «risarcimenti ambientali» d’ufficio? Furono inseriti in una legge finanziaria, e non in una legge sulle bonifiche. Lo Stato insomma, in corso d’opera, ha deciso di finanziarsi. E di far pesare sui privati ben di più delle bonifiche che peraltro s’era impegnato a parzialmente pagare. E mentre, seppur difficilmente, trova infine accordi con mega-aziende petrolifere che non possono negare la propria firma sotto l’inquinamento dei suoli, avanti di questo passo a Trieste la questione è impantanata. Gli interessati, in tema di soldi, non hanno appoggi, e la stessa Regione dopo aver già rigettato al ministero un testo di accordo adesso rigetta le ulteriori proteste dei privati, e rimanda i singoli eventualmente al giudice. Fine della strada.
Teseco invece, nell’area ex Aquila, fu in grado di agire prima che il ministero battesse cassa con le «transazioni». E comunque, ditta specializzata, comprò i terreni per poco e ottenne l’appoggio regionale per rivenderli a molto. Adesso che quei presunti incassi sono scritti nelle leggi finanziarie, e fanno già parte, seppur virtuale, dei bilanci nazionali, e dunque non si levano, è in stallo come tutti. Qui finirà come sempre: che non si farà niente.
GABRIELLA ZIANI
 

 

SEGNALAZIONI - Il futuro della Ferriera - ECONOMIA
 

Non vorrei che una notizia data da «Il Piccolo» alcuni giorni evaporasse senza lasciare traccia nel caldo agostano.
Mi riferisco ai 200 posti di lavoro che sarebbero in procinto, o sarebbero già - e sottolineo il già - stati perduti fra i lavoratori occupati nell’indotto della Ferriera di Servola.
Persone di me più competenti mi hanno confermato che l’occupazione complessiva determinata dalla Ferriera (dipendenti diretti dello stabilimento e posti di lavoro complessivi dell’ indotto) sfiora le mille unità. Ora se è del tutto evidente che va risolta la presenza di un’industria altamente inquinante posizionata oramai di fatto all’interno della città, dovrebbe essere altrettanto evidente a tutti che l’esistenza o meno di mille posti di lavoro, in una città dalle caratteristiche di Trieste e con la crisi in atto, è una questione assai seria.
Eppure questo aspetto della vicenda sembra essere ignorato dalla maggioranza della popolazione che da un lato dà per scontata la chiusura - e su questo punto si può anche essere d’accordo - ma dall’altro non si pone minimamente il problema del colpo che riceverebbe l’ormai esangue tessuto industriale cittadino dalla chiusura della Ferriera e soprattutto sembra non pensare al futuro di quei lavoratori.
Dietro ad ogni posto di lavoro che va perduto c’è una famiglia, ci sono bocche da sfamare. So che è impossibile, ma vorrei che la soluzione della vicenda Ferriera - quale essa debba essere in futuro - tenesse conto con pari dignità di entrambi gli aspetti della questione: difesa della salute e difesa del posto di lavoro. Non ci servirà a nulla avere - forse - una città meno inquinata per i nostri figli e nipoti se poi non avremo nulla da dar loro da mangiare.
Chi vuole candidarsi a governare la città nei prossimi anni ha il dovere di spendere parole chiare su questa questione e presentare progetti occupazionali realistici.
Sono francamente stufo delle vaghe sciocchezze e delle irrealizzabili promesse che sin qui sono state avanzate dalle forze politiche che reggono Comune e Regione, ma devo constatare che soluzioni forti e condivisibili non sono state avanzate nemmeno dall’opposizione.
Paolo Geri

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 17 agosto 2010

 

 

«Gamba bruciata dalla ghisa e la Ferriera mi caccia» - UN INFORTUNIO PASSATO SOTTO SILENZIO E UN CONTRATTO NON RINNOVATO
 

L’amarezza di un operaio napoletano: «Ho denunciato l’azienda e un sindacalista che mi faceva pressioni»
«In Ferriera i capi ti trattano come uno schiavo, fare presto, fare presto, non dicono altro, non c’è nemmeno il tempo per l’obbligatoria sosta tra una colata di ghisa e l’altra, né tempo per pulire i macchinari, e tante volte quando uno s’infortuna gli consigliano di non andare in malattia, ma di prendere due giorni di ferie. Un collega che si è distrutto un dito è stato spostato dal turno di notte a quello di giorno, così è stato zitto». Nicola Spinoso ha 44 anni, due figli, una gamba spappolata perché lo scorso 16 febbraio della ghisa fusa, alla temperatura di 1400 gradi, gli è schizzata addosso ed è entrata dentro le calzature di protezione bruciandogli la carne come paglia. «Mi hanno portato al Pronto soccorso, e mi hanno lasciato lì da solo, come un cane».
Ha subìto due operazioni di chirurgia plastica a Cattinara, l’Inail gli ha già riconosciuto il danno biologico, ma non finisce qui, perché il 31 luglio dopo una lunga serie di contratti sempre rinnovati dal 2007 a oggi Nicola si è visto recapitare la lettera di «fine lavoro». Ha fatto denuncia all’Azienda sanitaria, attraverso un sindacato si è affidato agli avvocati, e mentre cerca disperatamente un nuovo lavoro (il suo vero mestiere è fare il trasportatore, «sono abilitato con sette patenti»), decide di raccontare com’è veramente stare in Ferriera. E com’è duro uscirne, per uno che ha lasciato Napoli, il lavoro nero e la disoccupazione per cercar fortuna a Trieste, su consiglio di un parente. Qui all’inizio ha trovato solo mille lavori precari, fino a finir male «per disperazione e cattive conoscenze». Un periodo di carcere: «Tanta sofferenza - dice l’uomo -, per me e la famiglia, perché quello che a me importa è solo portare avanti la mia famiglia, la mia bambina ha bisogno di cure salvavita costanti».
La Ferriera dunque sembrava un duro lavoro, ma lavoro. «Mi hanno messo subito all’altoforno, per accordo sindacale avrei dovuto avere il quarto livello in quel ruolo, mi hanno dato il secondo. Era il mio primo periodo a tempo determinato dopo i contratti interinali. Non ho detto niente, c’era la promessa di assunzione definitiva». Che svanisce perché intanto in fabbrica arriva la cassa integrazione. E Spinoso nel contempo viene trasferito, «dall’altoforno alla macchina a colare, avrei dovuto fare 15 giorni di corso di formazione, e invece il primo mi hanno messo lì a guardare, e il secondo già facevo tutto da solo. Dovremmo essere in tre alla macchina, eravamo sempre in due di cui io un novellino. E corri, e corri. Il rapporto lì dentro è come di schiavo e padrone, dopo otto ore dalle 6 alle 14 torni a casa non sfinito, ma distrutto, e chi non ha il lavoro fisso accetta ogni ordine, ha troppa paura».
Dopo 15 giorni di lavoro alla macchina a colare, che tratta la ghisa fusa e la incanala fuori da un pozzetto di raccolta, l’incidente. «Lo scolo del pozzetto - dice l’operaio - deve venir pulito per essere percorribile, ma per la fretta non l’avevo fatto prima della colata, ho spinto dentro l’attrezzo, e la ghisa è tracimata, addosso a me. Avevo tuta, visiera, e ghette ai piedi, ma colandomi addosso la ghisa fluida è entrata tra il calzare e la gamba, ho sentito odore di carne bruciata, son scappato via, un collega ha chiamato i soccorsi. Avevo il fiato sul collo per fare presto, quella mattina avevo fatto già tre colate, l’incidente è successo alle 13...».
E il resto sono altri guai. L’operaio racconta di aver ricevuto consigli di un certo genere da un sindacalista di cui si fidava. «Mi diceva: ”Chiudi l’infortunio e torna a lavorare, vedrai che ti assumono”. Io ho moglie e figli - racconta l’uomo -, sono preoccupato e accetto. Contro la volontà dei medici dico che devo tornare al lavoro, il medico della Ferriera mi fa idoneo». Un circuito di timori. Ma la gamba ragiona per conto suo, e si gonfia, a contatto con quelle temperature. «Nel frattempo alla colatura siamo diventati 3 operai, uno in più, il mio incidente forse è servito, ma io non ce la facevo più. Il sindacalista mi diceva: ”Resisti, resisti”». Ma al posto dell’assunzione è arrivata la comunicazione di non rinnovo del contratto. «Qui non ti vuole più nessuno, mi hanno detto. Ho fatto una raccolta di firme: tutti i miei colleghi hanno firmato per me, con loro rischio personale. La verità è che quando t’infortuni veramente, te ne devi andare». Restano 750 euro al mese con cui campare, una gamba rovinata, delusioni a non finire.
«Il tempo determinato era finito, e non è stato rinnovato, tutto qui» risponde la Ferriera. E Nicola Spinoso parla adesso con gli avvocati, ma soprattutto cerca un’occupazione: «Non soldi, non aiuti - precisa -, la paga io voglio guadagnarmela col mio lavoro».
GABRIELLA ZIANI

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 15 agosto 2010

 

 

Desertificazione, cinque regioni italiane a rischio
 

ROMA La sfida per il Pianeta nel prossimo decennio sarà quella della lotta alla desertificazione: il fenomeno minaccia il 44% delle terre coltivate sul Pianeta e studi recenti indicano che le zone aride non solo occupano fino al 41,3% della superficie terrestre, ma sono anche la «casa» di 2,1 miliardi di persone, cioè circa una persona su tre. Le stime parlano di oltre un miliardo di persone sul Pianeta in circa 100 Paesi, la cui sopravvivenza viene messa a rischio. È quanto afferma l'Onu, che ha deciso di dedicare ai deserti e alla lotta contro il fenomeno desertificazione il decennio 2010-2020. Il lancio di questo impegno a livello globale è previsto domani a Fortaleza, in Brasile, in occasione della seconda Conferenza internazionale su cambiamenti climatici, sostenibilità e sviluppo nelle regioni semi-aride. Di fatto, terribili siccità come quelle vissute oggi nella regione del Sahel, fra Niger, Ciad e Mali, per il segretario della Convenzione Onu per la lotta alla desertificazione, Luc Gnacadja «non necessariamente finiscono in una simile tragedia, ma accadono e continueranno ad accadere, a meno che non ci sia un'azione risolutiva che cominci ora per il prossimo decennio, ponendo fine a questi drammi». E considerando gli scenari dell'emergenza clima e il progressivo aumento degli eventi estremi, «è evidente - ha aggiunto Gnacadja - che i fenomeni di siccità diventeranno più intensi e frequenti in posti già colpiti e si presenteranno anche in nuove aree». A livello globale, di fatto la popolazione è in costante aumento e il nuovo business è la caccia a nuove terre da coltivare. Per desertificazione si intende il processo che porta a una riduzione irreversibile della capacità del suolo di produrre risorse. Costituisce una minaccia per le regioni aride, semi aride e sub umide e secche presenti in tutti i continenti. A causa di siccità e desertificazione ogni anno si perdono 12 milioni di ettari di terra, un'area grande quasi quanto lo Stato del Benin. Secondo il Corpo forestale dello Stato, oltre il 21% del territorio italiano è a rischio di desertificazione. In pericolo sarebbero soprattutto 5 regioni: Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Secondo dati Legambiente, che aggiunge anche Campania e Molise all'elenco delle regioni minacciate, la situazione è particolarmente grave in Sardegna, dove a rischio è oltre la metà del territorio regionale, mentre l'11% è già colpito dal fenomeno.

 

 

«Bonifiche, la Regione inerme davanti a Roma» - COSOLINI (PD) SUL SITO INQUINATO
 

«Per quale motivo l’assessore De Anna afferma che le analisi dei terreni sul Sito inquinato di Trieste non si possono fare se prima non è firmato l’accordo col ministero? O esiste un atto ufficiale nuovo, giuridicamente vincolante (e a nessuno noto), che ha introdotto il veto, e in questo caso la Regione dovrebbe premere sul ministero perché sia annullato, oppure non c’è, e allora la Regione farebbe bene a non trovar scuse. In tutti i casi dimostra di non avere alcun potere di negoziazione col ministero dell’Ambiente». Roberto Cosolini, segretario provinciale Pd (nella foto), alza la voce sulla questione del Sin triestino, e soprattutto sul fatto che l’Ezit non viene autorizzata a estendere la caratterizzazione dei terreni sull’intera vasta area, pur con i soldi già stanziati.
«Quando la Giunta Illy diede la delegazione amministrativa all’Ezit per procedere sul primo lotto - prosegue Cosolini - non c’erano vincoli di accordo col ministero, che cosa è cambiato? Lo stesso Tondo ha di recente ammesso: ”Abbiamo sbagliato, rimedieremo”. Se da allora è intervenuto dell’altro, vuol dire che per il ministero la Regione non conta niente».
Prosegue Cosolini: «Analizzare i terreni consentirebbe di dare presupposti giuridici all’accordo di programma. Quelli non inquinati andrebbero esclusi dal Sin. Si dovrebbe fare una nuova perimetrazione: all’inizio fu solo tirata a caso una riga sulla carta. Bloccare l’analisi dei terreni significa solo creare un danno pericolosissimo per Trieste».
Afferma invece Maurizio Ferrara, oggi consigliere comunale della Lega ma assessore all’Ambiente nella prima Giunta Dipiazza: «Sono sconcertato, oggi il ministero dell’Ambiente impone all’Ezit, di fronte all’accertato inquinamento delle Noghere, un’immediata messa in sicurezza delle acque di falda, io chiesi la stessa cosa come assessore nel 2005 di fronte all’accertato inquinamento da metalli pesanti nelle acque provenienti dalla Ferriera. Il ministero nemmeno mi rispose. Due pesi e due misure? Quanto al Sin, è ormai un mostro - conclude Ferrara - da cui nessuno sa più come uscire».

(g. z.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 14 agosto 2010

 

 

Tav a Nordest, Brinkhorst avverte l’Italia: «Progetto entro l’anno o addio finanziamenti» - IL COORDINATORE EUROPEO DEL CORRIDOIO V
 

Scarse connessioni con l’entroterra avranno conseguenze negative per Veneto e Friuli Venezia Giulia
Non spetta a me dare ultimatum ma nuove proroghe mi sembrano molto improbabili
TRIESTE L’ultimo treno per l’alta velocità veneto-friulana parte il 31 dicembre. Laurens Jan Brinkhorst, coordinatore del progetto europeo 6, che più volte ha dichiarato che il 2010 sarà l’anno della verità per verificare lo status dei progetti e soprattutto l’impegno dei governi, è chiaro. Non darà ultimatum all’Italia, «non è il mio compito», ma a buon intenditor poche parole: «L’Unione può spendere i soldi previsti per questo progetto anche per altri progetti». Rfi, quindi, ha meno di quattro mesi per presentare un preliminare per la tratta del Nordest e poco importa se il Veneto ha sciolto solo da poco le riserve sul tracciato, scegliendo il passaggio a sud lungo il litorale. L’Italia dovrà spingere sull’acceleratore. Se la scadenza non fosse rispettata, all’Unione Europea «non resteranno strade se non quella di tagliare i soldi previsti per l’elaborazione del progetto». L’ipotesi di una proroga «è difficile. Ne avete già beneficiato».
Coordinatore Brinkhorst, a suo avviso ci sono ancora tempi sufficienti per presentare una progettazione preliminare?
Le ultime informazioni che il ministero e le Ferrovie italiane ci hanno fornito, indicano che hanno sempre l’intenzione di presentare il progetto preliminare nei tempi previsti, cioè entro il 31 dicembre prossimo.
Viste le premesse potreste decidere di definanziare la tratta?
Per il momento, non abbiamo in animo di tagliare i finanziamenti, però, se il progetto preliminare dovesse farsi aspettare oltre dicembre, non ci saranno molte strade per l’Unione se non quella di tagliare i soldi previsti per l’elaborazione del progetto.
Prenderete a breve qualche provvedimento per dare un ultimatum all’Italia?
Nei miei contatti con le autorità italiane mi informo costantemente sulla situazione. Non spetta a me dare ultimatum all’Italia, a parte indicare che l’Unione può spendere i soldi previsti per questo progetto anche per altri progetti.
Se il Governo accantonasse prima di fine anno delle risorse da affiancare a quelle europee potrebbe ottenere una proroga dei tempi oltre il 31 dicembre?
In questo momento non posso pronunciarmi su un’eventuale proroga, ma mi risulta che proroghe per questo progetto siano già state date nel passato. Questo renderebbe più difficile concedere un’altra proroga.
Italia e Slovenia hanno trovato un accordo sul nuovo tracciato della tratta transfrontaliera Trieste-Divaccia. Risolti tutti i nodi di quel progetto?
Adesso stanno studiando la variante cosiddetta “alta” da Bivio Aurisina a Divaccia. Il risultato di questo studio sarà proposto alla Commissione intergovernativa che si terra quest'autunno. E quella sarà la sede in cui si capirà se l’accordo possa essere accolto.
Se il collegamento Venezia-Trieste non venisse realizzato, in che modo ne risentirebbe il progetto prioritario 6?
Il collegamento Venezia-Trieste fa parte integrante del progetto prioritario 6. Ovviamente il traffico est-ovest è essenziale quanto quello nord-sud e sud-nord ed entrambi possono fungere reciprocamente da opzioni di riserva. È quindi essenziale per la posizione concorrenziale dei porti italiani del nord adriatico (Venezia, Monfalcone e Trieste tra gli altri) e ovviamente per il loro entroterra, che è molto più vasto delle regioni del Veneto e del Friuli Venezia Giulia, che tutto il progetto venga realizzato.
Crede che Friuli Venezia Giulia e Veneto rischino l’isolamento?
Una mancanza di buone connessioni con l’entroterra avrà delle conseguenze negative per l’economia del Friuli Venezia Giulia e del Veneto.
MARTINA MILIA
 

 

Sito inquinato, spunta la diossina alle Noghere - VALIDATI I RISULTATI DEL SONDAGGIO: L’ITER ERA INIZIATO SEI ANNI FA
 

Ezit: residui del vecchio inceneritore, la responsabilità è del pubblico. Il ministero: subito in sicurezza le acque di falda
C’è anche diossina nei terreni Ezit della Valle delle Noghere inserite nel Sito inquinato nazionale (Sin). Il ministero dell’Ambiente ha validato ufficialmente i risultati del sondaggio realizzato su 24.700 metri quadrati di terreno su delega della Regione, e già approvati dall’Arpa. Il processo era iniziato nel 2004. Appena oggi dà risultati ufficiali. Mentre tutta la questione bonifiche, che interessa come si sa un’area di 18 milioni di metri quadrati di cui 12 a mare, procede in una selva oscura. Ormai con la minaccia di portare «trattori sotto la Regione» se le aree industriali non verranno sgravate tanto dall’immobilismo quanto dalla minaccia di dover sborsare 236 milioni di «danno ambientale» a prescindere dalla colpa.
Intanto ecco che cosa contiene quella porzione di terreno, appena un nono dell’intero Sin. Su 458 campioni di terreno prelevato si sono riscontrati 3 superamenti dei valori di diossina (ma prendendo a base la legge 152 che ha sostituito la precedente sarebbero in realtà uno sforamento unico). Il livello limite di 0,1 microgrammi per chilo è superato di pochissimo, tocca 0,111 microgrammi. Verificati quindi 53 sforamenti di idrocarburi pesanti, 78 di Idrocarburi policiclici aromatici (Ipa). Quanto ai metalli pesanti, sporadici superamenti per arsenico, cadmio, mercurio. Sette per zinco e rame e 18 per piombo.
È stata analizzata anche l’acqua di falda. Su 36 campioni sono risultati 35 sforamenti per il manganese. Ma le analisi geologiche prodotte dall’Arpa hanno anche in altre occasioni (su terreno ex Aquila) dimostrato che il manganese in forte concentrazione è costitutivo del nostro territorio. Per il ferro 21 sforamenti (di cui 2 al di fuori del Sin), 2 per Ipa, 4 per boro, 7 per solfati, 3 per nichel, 1 per nitriti, alluminio, tricloroetilene e tetracloroetilene.
Sulla base di questi dati il ministero impone a Ezit «immediati e idonei interventi di messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda» e di «trasmettere il progetto di bonifica dei suoli delle aree di competenza entro 120 giorni dalla data di ricevimento del verbale». Il tempo sta scadendo, ma Ezit e le 350 aziende insediate sono nella morsa degli accordi con il ministero stesso, che dopo 14 bozze rifiutate dalle categorie economiche con l’appoggio ora di uno ora dell’altro ente mentre gli altri firmavano, si appresta a toccare quota 15.a edizione.
«Noi questa bozza non la conosciamo, ma da quel che si sa non cambia la questione: le aziende dovranno sempre pagare a prescindere dal danno ambientale arrecato - afferma Stefano Zuban, eletto presidente vicario dell’Ezit dopo le provocatorie ed eloquenti dimissioni di Mauro Azzarita -, significa perfino milioni a testa, quindi falliranno tutte, o faranno cause, nessuno vuol capire che l’Ezit è una realtà unica in Italia, nata col Governo militare alleato, per favorire l’economia. Le aziendine sono state dirottate su terreno inquinato. Inquinato dall’ente pubblico».
Zuban, e il direttore Paolo De Alti, si sentono stremati per la somma di contraddizioni: «Proprio la diossina - incalza Zuban - ci dimostra che in quei terreni giacciono i residui del vecchio inceneritore: chi ha inquinato dunque se non l’ente pubblico? Il ministero ha calcolato il danno ambientale in cifra fissa, prima ancora di esaminare l’inquinamento effettivo, e lo ha fatto per finanziare la bonifica coi soldi dei privati. Per forza - aggiunge - gli enti pubblici firmano, loro non hanno le aziende alle spalle».
La richiesta: perché mai la Regione non consente di proseguire la caratterizzazione degli altri terreni, visto che ha i soldi già stanziati e un ente, l’Ezit, delegato a occuparsene? Perché non sbloccare zone che si scoprissero pulite? «Per ogni metro di terreno Ezit abbiamo richieste per un metro e mezzo - dice Zuban -, Trieste ha perso aziende, lavoro, economia. Mai vista situazione più frustrante».
GABRIELLA ZIANI
 

 

Anche Teseco nel groviglio delle bonifiche - L’AZIENDA SPECIALIZZATA AVEVA COMPRATO 800MILA METRI QUADRI DI TERRENI EX AQUILA
 

Chiedeva di installare una struttura di trattamento delle sostanze: lo Stato non ha mai risposto
Nel vicolo senza uscita del Sito inquinato è finita anche Teseco, l’impresa di bonifiche che ha acquistato 800 mila metri quadrati dei terreni ex Aquila di cui 626mila nel Sito inquinato nazionale (357mila di questi in zona Noghere) ed è riuscita a portare a termine il primo lotto, 252 mila metri quadrati, nell’ambito di un preciso accordo stretto con la Regione (giunta Illy): quell’area, comprata e bonificata a spese dell’impresa, è stata in cambio trasformata in zona Hc, per insediamenti di grande distribuzione da vendere come remunerazione. Burocraticamente un complesso ginepraio. Ma un affare per l’ente pubblico: bonifica a costo zero. Nel 2006 Teseco ha in effetti venduto i terreni ripuliti alle Coop Nordest. Che però non hanno ancora manifestato alcuna intenzione di costruire il previsto centro commerciale.
È l’unico successo in campo bonifiche nel Sin. Per un lavoro iniziato nel 2005 il certificato di avvenuta bonifica è arrivato solo a fine 2009. E non senza gravosi imprevisti: Teseco aveva chiesto al ministero di allestire in sede la piattaforma di trattamento degli inquinanti, a beneficio anche di porto e altre aziende. La richiesta giace tuttora a Roma. E intanto c’è un ricorso pendente al Tar. Gli inquinanti sono stati allora portati fuori regione, con vertiginoso aumento dei costi.
Ma intanto sulle restanti aree della Teseco, dove c’erano precisi accordi sia con tutti gli enti locali e sia con l’Ezit, che avrebbe ricomprato a prezzo calmierato una porzione di terreni ripuliti da rivendere a uso industriale, è piombato l’incredibile groviglio degli accordi-Sin col ministero. Teseco si sente adesso al palo. Perché in precedenza aveva presentato il progetto di bonifica generale, limitata - come prima - al suolo. E il ministero ha chiesto che il lavoro sia rifatto. Perché dev’essere prevista la bonifica anche di sottosuolo e falde d’acqua, come prevede l’accordo di programma in perenne discussione.
Passa il tempo. E l’accordo firmato nel 2005 da Teseco con Ezit ed enti locali, che indicava pure le destinazioni d’uso dei terreni, sta per scadere: a dicembre 2010. Ci si aspetta che la Regione convochi, in autunno, per predisporre un rinnovo. Anche con necessarie variazioni, però. I piani regolatori si sono avvicendati, è arrivato il nuovo Prg del porto. Teseco vuole sapere chi farà che cosa su quei terreni, per saper come trattarli.
Ma soprattutto, come ogni altra azienda, chiede una ripartizione dei fondi «corretta»: ha calcolato che aderire all’accordo costerebbe 28,85 euro al metro quadrato. Moltiplicato per i suoi 626mila metri quadrati il risultato dà una cifra di 18 milioni. È giusto, si chiede, simile trattamento per chi ha già disinquinato 225mila metri quadrati senza pesare sulle casse pubbliche? O non dovrebbe Teseco ottenere qualche sconto?
Così nella nebbia resta anche l’affare con Ezit: cessione di aree previo risanamento. Se non si risanano, restano in groppa a Teseco. Per conto suo invece Ezit alle Noghere ha venduto 60mila metri quadri al Comune che voleva fare lì il mercato ortofrutticolo. Il Comune ha speso un milione, e in più dovrà bonificare. Ma forse non fa più il mercato. E dunque? Nelle more, l’Ezit spera di sparire come ente.

(g. z.)
 

 

«Proseguire le analisi? Non dipende dalla Regione» - De Anna: i soldi ci sono ma Roma li vincola alla firma dell’accordo di programma
 

«La Regione non può autorizzare l’Ezit a proseguire nel sondaggio dei terreni sul Sito inquinato nazionale. Ha bisogno di un accordo in tal senso col ministero dell’Ambiente. E il ministero non fa quell’accordo se prima tutti gli enti non firmano l’accordo di programma generale sulle bonifiche, il cui ultimo testo (emendato) approderà in Giunta regionale subito dopo Ferragosto». Questo dice l’assessore Elio De Anna, che a dicembre si è insubordinato egli stesso, rifiutandosi di firmare, per «dubbio giuridico», il testo ministeriale. È la risposta che dà oggi all’Ezit, ente che non si capacita di un fatto: ci sono volontà e soldi pronti, e manca il «via libera» per proseguire intanto l’analisi dei terreni, lavoro tecnico che pare veloce, utile, perfino risolutivo. Invece no: c’è il ”cappello” ministeriale. Che non si può, specifica De Anna, oltrepassare.
«La Regione - scandisce l’assessore regionale all’Ambiente - sarebbe ben felice di analizzare i terreni e ”liberarne” subito il 60-70% per l’attività industriale. Non lo può fare, non può agire senza avere l’accordo del ministero. E ricordiamoci comunque che sulle bonifiche questa Regione mette 58 milioni di euro». Come a dire: non è animata da cattiva volontà.
E allora? Il testo del nuovo accordo, dice De Anna, «è frutto di una nostra proposta al ministero, che della complessità e particolarità del caso triestino tiene conto. Ma tutti i ”Sin” soggiacciono a una legge ministeriale, e il sottosegretario Menia ha già detto che non si fanno leggi speciali per Trieste. Tra l’altro il ministero tempo fa avrebbe voluto inserire nell’accordo che le bonifiche le avrebbero fatte società legate al ministero stesso... Be’, ma lasciamo perdere. Qui si è creato un primo braccio di ferro sul ”chi non ha inquinato non paga”. Certo, ma ha comprato i terreni a 10 e poi ripuliti varranno 20, e mentre ci stava sopra avrebbe avuto l’obbligo di ottima custodia. Ultima cosa: qui non si paga il danno ambientale per i terreni di superficie, ma per il barrieramento del sottosuolo. Se a chi non ha inquinato ”sopra” venisse un giorno in luce l’inquinamento ”da sotto”? Dovrebbe pagare in quel momento. Serve dunque un accordo totale e ”tombale” - dice De Anna - per chiudere la questione. Aderire però sarà volontario, un’opportunità offerta. E chi non è d’accordo andrà dal giudice. Ma è la proposta definitiva e ultima di accordo».

(g. z.)
 

 

Autorizzazioni edilizie, via alla rivoluzione I progetti andranno presentati anche su cd - ELENCATI GLI INTERVENTI DEL PIANO CASA VINCOLATI A CONTROLLO
 

Non può esimersi dall’aggiornare senza pause in una banca dati elettronica tutti i progetti edilizi che transitano per i suoi uffici, per agevolarne la consultazione futura, tanto dei propri tecnici quanto dei privati cittadini. Ma può, quello sì, evitare che siano i suoi dipendenti a dover passare sotto scanner quei quintali di carte, perdendo tutta la loro giornata di servizio. Il Comune spulcia tra le maglie normative e strappa il suo jolly, nel nome della razionalizzazione delle risorse: nulla vieta che siano direttamente i singoli cittadini, nel momento in cui chiedono all’amministrazione municipale l’ok a realizzare o ristrutturare la loro casa, a presentare una copia del progetto su un cd, sgravando di lavoro i propri impiegati. E così, tra gli ultimi atti votati alla vigilia della parentesi d’agosto dal Consiglio comunale, spunta anche la modifica del Regolamento edilizio.
Una modifica che recita testualmente che «prima del ritiro del titolo abilitativo» come pure «a conclusione dell’istruttoria dopo l’acquisizione del parere della Commissione per il paesaggio... dovrà essere fornita la versione in formato digitale... non editabile (non modificabile, ndr)... di tutti gli elaborati grafici presentati in forma cartacea». Il cd insomma sarà richiesto a chiusura della procedura amministrativa, come fosse un testamento per gli archivi informatici, a meno che il cittadino non opti (come può) per la Dia, cioè la Dichiarazione d’inizio attività, trascorsi trenta giorni dalla quale trionfa il silenzio-assenso e si può iniziare a fare i lavori denunciati. In quel caso «la versione in formato digitale dovrà essere fornita al momento della presentazione della stessa...» Dia.
Uno slancio di risparmi, dunque. E di modernità, in primo luogo. In vista della quale l’Udc Roberto Sasco, da presidente della commissione Urbanistica, ha voluto spingersi oltre, presentando un ordine del giorno fatto proprio da Roberto Dipiazza in cui «invita il sindaco a valutare la concreta possibilità di sveltire, agevolare e razionalizzare l’espletamento delle pratiche edilizie utilizzando esclusivamente il formato digitale, limitando il formato cartaceo a solo un doppio originale debitamente protocollato (oggi ne servono dalle sei alle otto, in media, ndr) da conservarsi l’uno negli archivi comunali e l’altro da parte del richiedente».
La novità avrà subito un banco di prova: i documenti che chi vorrà rinnovare o ampliare le sue proprietà, se queste ricadono in aree urbanistiche omogenee A e B0 (centro e borghi storici e, più in generale, le zone di pregio), dovrà comunque presentare nonostante la deregulation celebrata dal Piano Casa nazionale e recepita nel Codice dell’edilizia regionale lo scorso novembre.
Contestualmente alla ”rivoluzione” digitale, infatti, il Consiglio di piazza Unità ha approvato pure l’integrazione del Regolamento edilizio utile a far entrare in vigore una precedente delibera con cui, lo scorso aprile, il Municipio aveva recepito le linee generali dello stesso Codice regionale dell’edilizia, varando di fatto un Piano Casa comunale col freno a mano, a tutela appunto delle aree A e B0. D’ora in poi quindi, se un’abitazione ricade in quelle aree, servirà comunque una Dia, o una richiesta di Permesso a costruire, per cinque tipologie d’intervento che il Codice regionale assimila invece al «regime di edilizia libera», per cui non è obbligatorio il «preventivo controllo tecnico-amministrativo». Uno: «sostituzione di infissi e serramenti». Due: «depositi temporanei di merci o di materiali a cielo aperto». Tre: «interventi di ornamento dell’edificio o sue pertinenze» quali «arredi da giardino o terrazzo» e «barbecue». Quattro: «realizzazione di tettoie o pavimentazione di unità immobiliari esistenti anche destinate a parcheggio che comportino un’occupazione massima di 20 metri quadrati». Cinque: «bussole, verande, serre e depositi nei limiti del 10% del volume utile dell’edificio se a destinazione residenziale e del 5% se a uso diverso dalla residenza in zone urbanistiche».
A tale integrazione del Regolamento edilizio, comunque, il Pd ha detto no. «Lo abbiamo fatto - spiega a questo proposito il capogruppo Fabio Omero - perché già durante il dibattito sulla delibera dello scorso aprile ogni nostra proposta, volta ad ampliare le zone da tutelare a cominciare dalla costiera e a restringere ulteriormente la gamma delle attività in regime di edilizia libera, era stata puntualmente bocciata dal centrodestra».

(pi.ra.)
 

 

«Consiglio in ferie, ma la centrale aspetta» - IL MUNICIPIO DEVE ESPRIMERSI SUL PROGETTO DI LUCCHINI ENERGIA
 

Sasco: termini scaduti per il parere. Camber: non c’era tempo, la Regione ”amica” ci capirà
Il presidente del Consiglio Sergio Pacor sostiene di «non avere notizia di delibere importanti che siano state fermate dalle ferie»? Roberto Sasco, capogruppo dell’Udc, perde le staffe («Non mi faccio prendere per imbecille»). E tira fuori le carte. Carte pesanti, fa notare. Perché la delibera che stando alle norme avrebbe dovuto essere licenziata dal Consiglio comunale entro il 13 agosto è quella con cui il Comune esprime e invia alla Regione il proprio parere sulla Valutazione d’impatto ambientale relativa alla centrale termoelettrica che Lucchini Energia intende costruire nell’area ex Esso. Un tassello importante della riconversione della Ferriera, ma anche dello sviluppo economico cittadino in senso lato.
Ebbene, quel parere - come ricorda Sasco - il Consiglio comunale lo darà tra diverse settimane giacché i capigruppo si sono assegnati un cospicuo periodo di ferie, stoppando i lavori a fine luglio per fissarne la ripresa il 13 settembre. Eppure la Settima circoscrizione, chiamata a esprimersi per competenza territoriale, si è diligentemente riunita l’altra sera. La seduta - convocata a ridosso di Ferragosto per non sforare il termine dei 10 giorni concesso al parlamentino rionale dal regolamento comunale - ha decretato peraltro una bocciatura della centrale.
Da qui il «non ci sto»: in veste di presidente della sesta commissione consiliare, Sasco intende convocare già il primo settembre la commissione stessa. Accelerando così i tempi, almeno un po’. Perché certo il termine dei 30 giorni entro cui esprimere il parere ormai non sarà rispettato, «e dunque il Comune con la Regione ci fa una figuraccia», oltre ad addentrarsi nella zona grigia del silenzio-assenso previsto in questi casi. Ma il segnale da dare è che di documenti importanti da discutere ce ne sono eccome. E che di restarsene in vacanza per 40 giorni non è proprio il caso: «Qui stiamo parlando dello sviluppo della città».
Tanto per ricapitolare le date, la vicenda è questa. Lucchini fornisce le ultime documentazioni necessarie il 12 luglio scorso. Gli uffici comunali predispongono l’istruttoria. La giunta comunale licenzia la delibera il 2 agosto e chiede alla Circoscrizione di esprimersi ”d’urgenza”, ovvero entro 10 giorni: si arriva così al 12 agosto. Cioè alla scadenza dei 30 giorni previsti. Tecnicamente dunque i tempi utili mancano comunque: l’iter prevede un ulteriore passaggio in giunta - che recepisca il parere del parlamentino - poi l’esame in commissione sesta e il voto finale dell’aula.
Ma tant’è. Il capogruppo di Fi-Pdl Piero Camber sottolinea che i termini «sono indicativi, non perentori». E il sindaco Roberto Dipiazza ha già fatto presente il nodo della tempistica alla Regione, annotando l’opportunità di attendere comunque il parere del Municipio vista l’importanza della delibera e le implicazioni che la relativa decisione comporta.
Lo stesso annuncia di avere fatto Camber: «Ho mandato una mail all’assessore regionale Elio De Anna facendogli presente che il tema è delicato». In effetti: la giunta comunale nella delibera licenziata dice sì alla centrale termoelettrica, ma appioppandovi 19 prescrizioni e 22 tra osservazioni e raccomandazioni. E allora, «ritardo per ritardo, a questo punto meglio fare le cose per bene e dare da parte dell’aula un parere ragionato: la Regione ”amica” ci capirà», sostiene Camber. Qualche settimana in più o in meno non farà troppa differenza...
Ma Sasco insiste. E ieri ha inviato al presidente del Consiglio Sergio Pacor una lettera in cui annuncia la volontà di convocare la sesta commissione il primo settembre per audire «il sindaco e i tecnici della Lucchini, perché certo su un tema di simile importanza non basterà una seduta per analizzare il progetto». Ma Pacor già replica netto: «Prima di qualsiasi convocazione occorre attendere che l’iter si chiuda con il secondo passaggio in giunta della delibera, che dunque non è ancora pronta per essere discussa. Del resto l’urgenza dei termini ormai non esiste più. Ma poi - aggiunge il presidente dell’aula - una seduta di consiglio comunale costa 5mila euro: vanno spesi per una sola delibera affiancata magari da qualche mozione in cui si parli di marciapiedi da rifare?»
Intanto, senza addentrarsi nel merito della questione, dentro il Pdl la componente aennina si differenzia da quella berlusconiana: «Quaranta giorni di ferie mi paiono cosa singolare. Se c’è - come c’è - della carne al fuoco è opportuno riprendere le sedute anticipatamente», annota il capogruppo di An-Pdl Antonio Lippolis: «Nessuna polemica, ma se i lavori possono ripartire il primo settembre il nostro gruppo è pronto. D’accordissimo con Sasco».
PAOLA BOLIS
 

 

Gabrovec (Pd): la Regione intervenga per risolvere l’emergenza cinghiali
 

TRIESTE Sul Carso è emergenza cinghiali, «e la Regione è l'unica chiamata a metter mano a regolamenti e norme sulla caccia perché si ponga fine a un vero e proprio stato d'assedio». A invocare l’intervento della Regione è il consigliere regionale del PD-SSk Igor Gabrovec.
Secondo l'esponente della minoranza slovena «i dati sono chiari e allarmanti: a fronte di un incremento annuo del numero di cinghiali pari al 300% e di danni denunciati dagli agricoltori che in molti casi superano il 50% dei raccolti, la Provincia di Trieste quest'anno si è dovuta accontentare di un budget per gli indennizzi di poco più di 20mila euro, esaurito già a primavera e quindi prima dell'inizio della vera e propria stagione distruttiva da parte di questi animali».
Come se non bastasse, prosegue Gabrovec, un mese fa i guardiacaccia provinciali hanno smesso di sparare, in quanto gli spari danneggiavano loro l'udito, come certificato dall'Azienda sanitaria. Rimangono i cacciatori che però a loro volta mettono le mani avanti: troppo alto il numero di cinghiali da abbattere, e poi mancano le strutture adatte alla macellazione e commercializzazione della selvaggina. Infatti i guardiacaccia davano le carcasse in pasto ai rapaci delle riserve naturalistiche.
«Insomma – sottolinea il rappresentante della Slovenska Skupnost – gli ungulati sono al sicuro, non altrettanto gli agricoltori e i loro raccolti: la Regione ha sì demandato alle Province l'accertamento e la liquidazione dei danni, che ammontano però a dieci volte il budget già esaurito. Tanto è vero che gli uffici provinciali non provvedono più nemmeno a fare i sopralluoghi, tanto di soldi non ce n'é. E gli agricoltori in molti casi accusano il colpo, facendosi carico del danno subito senza nemmeno sporgere denuncia. È una spirale – conclude – che umilia chi lavora e vive della terra».
 

 

«Acquario, solo un’area con valori elevati» - MUGGIA. IL SINDACO INTERVIENE SUI DATI DELL’INQUINAMENTO DEL TERRAPIENO
 

Nesladek: il tipo di intervento è legato all’uso futuro e da esso dipende il progetto di bonifica
MUGGIA «Nel terrapieno Acquario, sulla base di 129 prelievi, sono state individuate quattro aree con valori alterati e solo una di esse presenta valori particolarmente elevati». La precisazione è del sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, che interviene sulla delicata questione dopo che il nostro giornale ha pubblicato i risultati delle contranalisi effettuate dall’Arpa sui dati dei campionamenti svolti da Cigra per conto del Comune.
«Secondo la legge che regola questa materia (la 152/2006) – sottolinea il sindaco – lo sforamento dei limiti di alcuni inquinanti non è più la sola condizione che preclude l’utilizzo di un sito inquinato. Bisogna invece dimostrare che questi inquinanti possono essere in grado di entrare in contatto con uomini o animali e determinare un danno se toccati, ingeriti o inalati. Per questo – aggiunge – ci si avvale una serie di indagini multidisciplinari che sono la base per l’analisi del rischio, lo strumento più avanzato di supporto alle decisioni nella gestione dei siti contaminati. Tutto ciò è stato fatto nel caso di Acquario, e con la consulenza di una delle migliori specialiste italiane del settore, la dottoressa Laura D’Aprile».
I risultati dell’analisi del rischio hanno portato a individuare le quattro aree indicate dal sindaco più sopra. «Ci troviamo di fronte a inquinanti – precisa Nesladek – che non hanno la tendenza a disperdersi nell’ambiente. Il dato inoltre che ci conforta è che questo inquinamento ha finora sostanzialmente risparmiato le acque sotto il terrapieno e il mare antistante, ed è perciò confinato sulla terraferma: dei 48 campioni prelevati dalle acque di falda, dei 15 campioni di acqua di mare e dei 10 campioni di sedimento marino , infatti nessuno è inquinato».
Secondo il sindaco, l’analisi del rischio evidenzia la necessità di attuare misure che interrompano, verso la superficie e verso il mare, una possibile esposizione per gli uomini e gli animali, e «gli interventi dovranno essere di una certa consistenza per un eventuale utilizzo di tipo residenziale, mentre potranno essere più limitati in caso di utilizzi diversi».
Il primo cittadino ricorda a questo punto che la legge prevede, a seconda del successivo utilizzo, diversi scenari: se la zona dovrà essere residenziale (cosiddetta tabella A, utilizzo previsto per 350 giorni all’anno per 24 ore al giorno) i criteri di bonifica devono essere più rigorosi; se invece l’utilizzo ricade nella tabella B (250 giorni all’anno per 8 ore al giorno) gli stessi criteri sono ovviamente meno restrittivi.
«Certe zone di Acquario – osserva il sindaco – se utilizzate con i criteri della tabella B potrebbero già essere restituite agli usi legittimi a fronte di interventi minimi. Proprio in questi giorni stiamo valutando se la destinazione d’uso di Acquario da noi prevista (spiaggia pubblica e gratuita) potrebbe rientrare nella tabella B, semplificando così costi e tempi».
Su queste basi, rimarca quindi Nesladek, verrà redatto il progetto di bonifica che la conferenza dei servizi regionale dovrà approvare, modificandolo se lo riterrà necessario.
«Dobbiamo inoltre ricordare – prosegue – che, proprio perché il cedimento progressivo della scogliera rischiava di estendere a zone indenni l’inquinamento, abbiamo ritenuto di dare avvio con urgenza al ripristino della stessa e a una messa in sicurezza e pulizia di tutta l’area. L’opera, già iniziata, rappresenta il punto di partenza della bonifica di Acquario, contemporaneamente alla conclusione delle procedure di caratterizzazione del sito. Senza dubbio – conclude il sindaco – in stretta collaborazione con Arpa, la Regione e gli altri enti coinvolti verrà elaborato un progetto di bonifica molto accurato».

(gi. pa.)
 

 

ISTRIA - Fiume, mare pulito Nessun divieto per la balneazione - SALUTE PUBBLICA
 

A Fiume ci si può immergere nelle acque di mare senza correre rischi per la salute. È il risultato dell’ultimo controllo della qualità delle acque prospicienti gli stabilimenti balneari fiumani, campionamento effettuato dagli esperti dell’istituto regionale per la salute pubblica con sede nel capoluogo quarnerino e avvenuto agli inizi della scorsa settimana. L’unica nota dolente ma non troppo è rappresentata dal tasso moderato di inquinamento nelle acque che bagnano la zona nei pressi del centro ricreativo del cantiere navale “Tre maggio” a Cantrida dove la situazione e’ soddisfacente. La zona comprende l’ex bagno Riviera, per decenni il ritrovo preferito da tanti connazionali fiumani esuli e rimasti. Di ottima qualità le acque di Žurkovo, a Peæine, Costabella e Preluca. In tutta sicurezza si può fare una nuotatina da Draga di moschiena a Novi vinodolski passando per Abbazia e Fiume dove la qualità delle acque di mare è ottima, ossia totalmente priva di batteri o altre sostanze inquinanti. Quasi superfluo aggiungere che la situazione migliore la si rileva nelle acque che circondano le isole di Arbe, Veglia, Lussino e Cherso, un mare incontaminato e dove la gente del posto e i villeggianti possono immergersi in tutta serenità. Prova ne siano le numerose bandiere blu (l’attestato internazionale) che sventolano nei principali stabilimenti balneari della regione. Tutto a posto anche per quanto riguarda i controlli che da metà del mese di maggio ad oggi hanno riguardato il resto della costa adriatica croata (partendo dall’Istria occidentale ovvero da Salvore fino a calarsi giù a Prevlaka in Dalmazia) picchiettata da punti blu che attestano un’alta qualità delle acque.
L’anno scorso, lo ricordiamo, i campionamenti hanno riguardato 905 siti da Salvore, in Istria, a Ragusavecchia, in Dalmazia. Sono stati effettuati 9.070 controlli e nel 92 per cento dei casi, la qualità del mare è stata definita ottima. In 222 casi le analisi hanno dato esito discreto, mentre per 99 campionamenti gli esperti hanno parlato di risultati che soddisfano i parametri microbiologici. Le bocciature in tutto il 2009 sono state soltanto 12 ed hanno riguardato il comune di Medolino, in Istria, e quelli dalmati di Scardona (Skradin), Ploce, Podgora e Castel San Giorgio (Kastel Sucurac). Se volete rendervi conto di persona dei risultati fin qui eseguiti, basta navigare su Internet ovvero consultare il sito del ministero dell’ Ambiente, che in collaborazione con l’Istituto oceanografico di Spalato e l’Agenzia nazionale per la tutela dell’Ambiente, ha messo a disposizione una banca dati sui campionamenti.

(v.b.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 13 agosto 2010

 

 

Acquario, idrocarburi cancerogeni oltre i limiti MUGGIA LE CONTROANALISI AI PRELIEVI FATTI NEL TERRAPIENO LUNGO LA COSTIERA

 

Dalle verifiche dell’Arpa i massimi di legge risultano superati anche di decine di volte
A pochi centimetri sotto la superficie quantità pericolose di ferro, manganese, mercurio e arsenico

TRIESTE Idrocarburi cancerogeni e metalli ben oltre i limiti di legge sono presenti nel terrapieno Acquario, sulla costiera muggesana, la cui bonifica è al centro della conferenza dei servizi insediata di recente dalla Regione.
I dati sulla reale consistenza dell’inquinamento della vasta area fra Punta Olmi e Punta Sottile emergono dalle verifiche che l’Arpa ha effettuato sui campionamenti svolti a suo tempo dal Cigra per conto del Comune di Muggia.
Scorrendo le tabelle prodotte dall’Arpa si scopre, ad esempio, che in un campione di terreno prelevato a una profondità fra 0,6 e 1,5 metri lo zinco è piuttosto elevato (1097 milligrammi per chilogrammo) anche se non supera il limite (1500), ma è soprattutto una serie di idrocarburi a sfondare, anche di decine di volte, il massimo di legge.
E’ il caso del benzoantracene, con 92 milligrammi per chilogrammo (il limite è di 10), del benzoapirene (97 con lo stesso limite), del benzofluorantene (68), del benzoperilene (74). Nel caso dell’indenopirene lo sforamento è di oltre 14 volte: 72 milligrammi per chilogrammo a fronte di un limite di 5. Di tre volte superiore (156 contro un massimo di 50) è risultato infine il pirene.
Anche in un altro punto di prelievo, nel primo metro sotto la superficie, gli idrocarburi già citati sono abbondantemente sopra i limiti di legge. La concentrazione di benzoantracene è di 39 milligrammi per chilogrammo (sempre con un limite di 10), quella del benzoapirene è di 99, il benzofluorantene è a 66, il benzoperilene a 52, l’indenopirene a 75 (il massimo è 5) e il pirene a 169 (con un limite di 50).
In un altro punto del terrapieno sono i metalli, invece, ad essere presenti in misura rilevante. In particolare il ferro (384 microgrammi per litro rispetto a un limite di 200) e il manganese (424 microgrammi per litro a fronte di un massimo di legge fissato a 50).
Sempre con riguardi ai metalli, in un punto diverso, nei primi 80 centimentri sotto la superficie, sono risultati superati i limiti del mercurio (oltre 10 milligrammi per chilogrammo rispetto al limite di 5) e l’arsenico (90 milligrammi per chilogrammo, con un massimo di legge a 50).
Tornando agli idrocarburi, dalle verifiche effettuate dall’Arpa, sempre sui campioni prelevati dal Cigra, risulta che anche le acque sottostanti il terrapieno sono risultate inquinate, anche se in misura di molto inferiore ai massimi fissati dalla legge. In uno di questi punti, ad esempio, la concentrazione degli idrocarburi totali è risultata di 25 milligrammi per litro rispetto a un massimo di 350.
Fin qui i dati, che sono all’esame della conferenza dei servizi. Proprio in quella sede gli enti coinvolti – Regione, Provincia, Comune di Muggia, Azienda sanitaria, Arpa, Autorità portuale e Capitaneria di porto – devono ora decidere il metodo più adatto per il disinquinamento del terrapieno. Un progetto di bonifica per la cui elaborazione è previsto un massimo di sei mesi, come ha precisato qualche giorno fa il sindaco di Muggia Nerio Nesladek.
Prima di mettere mano al progetto, però, la conferenza dei servizi ha chiesto alcune integrazioni sulle caratterizzazioni del terreno, che, sempre stando a quanto dichiarato dal sindaco, saranno soddisfatte entro settembre.
GIUSEPPE PALLADINI
 

 

ISTRIA - Rockwool, scatta la denuncia «Presenza di polveri sottili» - Il Comune trascina in tribunale l’azienda dopo il monitoraggio dell’aria
 

POLA Alla fine, dopo accuse e controaccuse sono arrivati i risultati del monitoraggio dell'aria e dell'acqua effettuato da un'istituzione estranea e disinteressata.
A differenza delle analisi finora commissionate o effettuate dalla Rockwool stessa e dall'Istituto regionale per la salute pubblica, i risultati sono sconcertanti e allarmanti per cui il Comune di Pedena ha deciso di adire alle vie legali nei confronti della Rockwool.
Questa la conclusione emersa alla riunione straordinaria del Consiglio comunale, dopo aver preso visione del responso del laboratorio. Dati, parametri e tabelline per il momento non vengono resi di pubblico dominio, come pure il nome dell'Istituto che ha effettuato le analisi, però come riportato nelle conclusioni della seduta rappresentano un motivo di forte preoccupazione.
Tentiamo di sintetizzarne il testo. Innanzitutto nell'analisi dell'aria e dell'acqua nelle zone abitate intorno alla fabbrica è stata riscontrata la presenza di particelle di lana di roccia, infiltratesi addirittura nei pozzi e cisterne degli abitanti.
La stessa analisi ha accertato la concentrazione di molto superiore al limite, di particolato fine o polveri sottili, ritenute dannose per la salute delle persone e che colpiscono soprattutto le vie respiratorie e gli occhi. E c'e' il sospetto che siano la causa principale del tumore ai polmoni.
Una seconda verifica ha riguardato il quadro sanitario delle persone che vivono nell'area, con riferimento particolare ai cambiamenti subentrati dall'entrata in funzione della fabbrica.
Ebbene un grande numero di abitanti ha contratto la congiuntivite, varie forme di allergie e malattie agli organi della respirazione. E così, questa la conclusione, si dispone di elementi a sufficienza per citare la fabbrica in tribunale.
Se quanto affermato dal Consiglio comunale effettivamente trovasse riscontro nei risultati del monitoraggio, la Rockwool verrebbe a trovarsi sicuramente in una posizione alquanto scomoda. La reazione della direzione della fabbrica però non si è fatta attendere troppo.
In un comunicato diffuso dalla portavoce Andjelka Toto Ormuz, il comune di Pedena addirittura viene sollecitato a denunciare la Rockwool in tribunale ''dopo tre anni di minacce''. Siamo sicuri che perderà la causa, si dice ancora, visto che non ha in mano alcun argomento o prova a supporto delle falsita' di cui da anni si serve.

(p.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 agosto 2010

 

 

«Alla Ferriera si rischia», l’Ass chiama gli esperti - «Gravi incidenti e infortuni, tenuta degli impianti da verificare». Ingaggiati due docenti d’ingegneria
 

I SUPER-TECNICI ARRIVERANNO DA PISA

Nel mirino soprattutto la cokeria e l’altoforno, «necessaria un’analisi estremamente complessa» Per la consulenza sono stati stanziati 12mila euro
Ci sono all’interno della Ferriera, in questo sempre più incerto profilo industriale, proprietario, economico, politico e ambientale della fabbrica, situazioni di così alto rischio che l’Azienda sanitaria ha ritenuto responsabilmente di doversi dotare di specialisti esterni perché sia verificata addirittura la «tenuta strutturale» di alcuni impianti, segnatamente della cokeria e dell’altoforno. «A fronte di recenti gravi incidenti, alcuni dei quali interessati anche dal verificarsi di infortuni sul lavoro, si è configurata - dice l’Azienda sanitaria - una potenziale grave situazione di rischio che necessita di una valutazione tecnico-ingegneristica estremamente complessa, che i tecnici della Struttura di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro e i tecnici dei Vigili del fuoco, intervenuti congiuntamente, non sono stati in grado di svolgere con compiutezza». Da qui la decisione di cercare a livello nazionale degli esperti di impianti complessi. Sono stati individuati a Milano e a Pisa. Disponibili a un sopralluogo a Trieste si sono dichiarati Leonardo Bertini e Marco Beghini, professori al Dipartimento di ingegneria meccanica, nucleare e della produzione dell’Università di Pisa, il cui arrivo a Trieste è imminente. L’Azienda sanitaria - che ultimamente ha intensificato i controlli a Servola con sopralluoghi ogni 10 giorni proprio nella constatazione che ci sono situazioni di rischio - pagherà per la consulenza 12mila euro. Proprio nei giorni scorsi, mentre a Piombino si prendeva atto della pesante situazione debitoria della Lucchini e delle manifeste intenzioni di vendita espresse dal proprietario russo Alexej Mordashov, in Regione gli enti locali e la stessa Azienda sanitaria in possesso di dati del 2010 assolutamente allarmanti sulle emissioni di Pm10, idrocarburi policiclici aromatici e benzene hanno appreso con sconcerto e preoccupazione di prolungati (e non dichiarati) guasti alla cokeria. L’assessore provinciale Vittorio Zollia ha messo a verbale la richiesta di una relazione sull’accaduto, l’assessore regionale Elio De Anna ha richiamato l’amministrazione comunale, avvertendo che la salute degli operai e la salute pubblica sono più importanti dei pur importanti posti di lavoro da salvaguardare. In questa situazione i sindacati si trovano a tenere in piedi quattro pareti con due mani, annunciano iniziative «forti» per l’inizio dell’autunno e soprattutto temono (come detto qui sotto) che in questa precipitosa china non si trovino soluzioni adeguate per il futuro degli operai, ma soprattutto che sia difficile avere la certezza che vengano conservate sufficienti situazioni di sicurezza all’interno, fino all’ultimo giorno di attività. Dall’indagine dei due esperti l’Azienda sanitaria si attende un parere tecnico certo, che indichi gli interventi ritenuti necessari oppure specifici interventi nuovi per arrivare a una valutazione «corretta e completa» dei rischi, in modo da poter garantire «la completezza degli interventi preventivi». Intanto (ma gli stessi sindacati commentano: «Peccato, troppo tardi ormai») il Consiglio dei ministri ha recepito nella seduta del 30 luglio scorso la Direttiva 2008/50/Ce del Parlamento europeo che fissa nuovi parametri per la qualità dell’aria. Non solo si danno indicazioni metriche e per densità di popolazione che obbligano sia il numero e sia la posizione delle centraline di controllo, ma si ridefiniscono i limiti massimi di emissioni in aria, classificando anche le zone di maggiore o minore pericolo per la salute. Per benzene e Biossido di azoto, dice il Parlamento europeo, si deve gradatamente calare l’emissione fino a raggiungere lo zero. Quando? Il 1.o gennaio 2010, cioé sette mesi fa. Si vede bene come le norme vengono applicate. Negli scorsi mesi attorno alla Ferriera erano stati riscontrati valori di benzene di 4-5 volte superiori ai limiti, anche se la legge (compresa quella comunitaria) in questo caso valuta solo la media annuale.
GABRIELLA ZIANI
 

 

FERRIERA - «L’azienda deve garantire sicurezza» - Fialms-Cisal: sanno che fuori non c’è lavoro e ne approfittano. Uil: autunno caldo
 

TRA I LAVORATORI UN CLIMA DA ULTIMA SPIAGGIA
Un caso di ustione, due «schiacciamenti» in un mese. Il sistema di controllo interno alla Ferriera dice questo ai sindacati interni. Certe istruttorie, anche delicate, sono ancora in corso. L’Azienda sanitaria parla di «ambiente a rischio» e rinforza le proprie competenze, la Regione sta procedendo alla verifica dell’Autorizzazione integrata ambientale nonostante la proprietà abbia fatto ricorso al Tar contro la decisione. Ma il clima fra i lavoratori, si percepisce dalle parole dei loro rappresentanti, è da ultima spiaggia.
«Non difenderemo più la Ferriera - dice Franco Palman della Uil -, ma chiamiamo in aiuto le istituzioni, in questa fase in cui ogni giorno si va sempre più verso la fine è chiaro che l’azienda gestirà il meno possibile, invece deve garantire sicurezza fino all’ultimo giorno».
«La fabbrica è un colabrodo, certo che ci sono infortuni, gli impianti sono fatiscenti, sarebbero da mettere tutti nuovi per poter andare avanti - conferma Luigi Pastore della Fialms-Cisal -, ma noi non ci fermeremo, l’azienda lo sa che fuori non c’è lavoro, e quindi ne approfitta. Io dico: come nel ’95 tutta la città, col sindaco e col vescovo, marciarono per tenere aperta la fabbrica, oggi vescovo, sindaco e città dovrebbero marciare di nuovo, ma per la causa contraria: perché si chiuda la Ferriera e si dia un posto agli operai».
Palman annuncia un «autunno caldo», i «17 punti» del sindaco non convincono, di tutti gli operai è stato consegnato un profilo in Regione, «ma come riconvertire dei cinquantenni, gente che al 70% ha la terza media e al 20% la quinta elementare?». Tuttavia sugli infortuni Palman ha una valutazione cauta, dice che il 2010 è stato fin qui migliore rispetto alla media di una fabbrica siderurgica che statisticamente produce incidenti, impossibile il contrario, «nell’80% evitabili - aggiunge -, e almeno nel 70% causati dal singolo comportamento dell’operaio, o troppo inesperto, o troppo sicuro di sè, oppure dipendenti dall’osservanza delle regole che ogni reparto sa imporre o meno».
«Per lavorare all’altoforno - racconta Palman - bisogna essere bardati da capo a piedi per la sicurezza, ci vuole la tuta ignifuga, e sotto un’altra tuta isolante che protegge da eventuali ustioni, ci vogliono ghette ai piedi, e foulard attorno al collo, poi casco e cappello con visiera, e occhiali. Chi sta alla colatura è esposto a 1200-1600°, ci sono 5 squadre per 40 minuti, l’esposizione non supera i 10 minuti, poi ci si deve riposare per un’ora e mezza. È tremendo. Se la bardatura si mette, bisogna indossarla in modo perfetto, altrimenti è inutile, e una scheggia può sempre partire».
Pastore, che è anche responsabile per la sicurezza nella Ferriera, parla anche di un clima di paura. Palman si concentra sul fatto che che «la massima sicurezza dentro e fuori deve essere garantita dalle istituzioni» e cita il monitoraggio sulla salute degli operai iniziato tempo fa sotto la guida dell’Azienda sanitaria in collaborazione con Massimo Bovenzi, direttore dell’Istituto di medicina del lavoro, e che si ripete con costanza ogni sei mesi.
«I risultato degli esami sono stati sempre migliori di quanto ci attendevamo - riferisce il sindacalista - e non appena su un lavoratore vengono trovati valori del sangue non in linea, è spostato di reparto». Ma anche gli operai sono sconcertati dalla «battaglia delle centraline»: livelli d’inquinamento che allarmano gli enti di controllo sono considerati «normali» dalla proprietà.
«L’azienda - conclude Palman - ha fatto sempre bene ”l’azienda”. Sono le istituzioni che avrebbero dovuto imporre, ma per davvero, correttivi seri, qui però non siamo a Piombino, dove di siderurgia vive tutta la regione, qui la fabbrica non ha la stessa forza». E in questa marginalità moltiplicata e prolungata, anche gli incidenti sul lavoro vengono riferiti all’esterno con molta cautela, quasi con qualche timore, mentre poca fiducia davvero rimane nella politica e nella sua capacità di azione.

(g. z.)
 

 

E il Circolo Miani mobilita i residenti - Fogar: «Bugie e promesse per 12 anni. Ora facciamo sentire la nostra voce»
 

«In settembre manifestazioni di piazza e campagne di informazione»
Più che un’assemblea pubblica, quella convocata ieri da Maurizio Fogar nella sede del Circolo Miani a Valmaura sembrava un’autentica chiamata alle armi. «Sta per aprirsi una fase nuova - ha tuonato il portavoce dell’associazione -. Una fase da cui dipenderà il futuro di Trieste. Abbiamo la possibilità di farci sentire per evitare che chi ci ha preso in giro per 12 anni - quei politici di destra, sinistra e centro che, per interesse, non hanno mai voluto muovere un dito per far chiudere la Ferriera -, escano di scena una volta per tutte».
Da settembre quindi, ha annunciato Fogar, prenderà il via una massiccia mobilitazione di Circolo Miani, Servola Respira e Comitati di quartiere per ridare voce agli abitanti dei rioni periferici ”dimenticati e derisi dalla politica”, e denunciare le ”malefatte” dei vertici di enti locali e istituzioni. Il duro attacco sferrato dal portavoce del gruppo di cittadini, infatti, non ha risparmiato nessuno. E così giù con le critiche alla Provincia («ente che andrebbe chiuso subito, perché capace di proporre solo minestre riscaldate come il tavolo ambientale sulla Ferriera della settimana scorsa»), con gli strali al presidente della Regione Tondo («ha insabbiato per due anni la Conferenza dei servizi sull’Aia concessa illegittimamente alla Severstal, solo per intascare i soldi garantiti da una legge firmata da Scajola») e con le invettive alla volta di Roberto Dipiazza. «Un sindaco - ha affermato Fogar - che oggi dichiara ”sulla Ferriera non posso far nulla”, mentre nel 2001, quando si trattava di farsi eleggere, prometteva ”quel cancro andrà chiuso”».
Ma gli attacchi hanno colpito anche i sindacati «collusi con i padroni della fabbrica» e la magistratura triestina, «incapace di affrontare seriamente il problema a differenza di quanto fatto dai colleghi della Procura di Udinei, riusciti a mettere sotto sequestro la Caffaro». Un autentico uno contro tutti, insomma, concluso con un appello ai cittadini che «non intendono più farsi prendere in giro». «A settembre - ha concluso Fogar - tutti i nodi verranno al pettine: le banche chiuderanno i rubinetti a Mordashov e il tavolo romano sulla Ferriera ne segnerà la fine. Una fase nuova che ci vedrà in prima linea sia con una grande manifestazione pubblica, sia con un impegno quotidiano per aprire gli occhi a tutti i triestini».

(m.r.)
 

 

La Lega: «Siamo contro gli Ogm, ma i no global non ci piacciono»

 

IL SEGRETARIO REGIONALE FONTANINI SPOSA LA LINEA DEL PARTITO MA DISSENTE SU METODI ”VIOLENTI”
Non gradite le avances di Zaia alle tute bianche. ”Ya basta”: «Le ronde padane si oppongano a queste coltivazioni non ai migranti»
TRIESTE Niente apertura agli Ogm. La Lega, in Friuli Venezia Giulia, sposa la linea del partito, ma i modi, ancora una volta, sono diversi. Il segretario regionale Pietro Fontanini, a fronte delle aperture a una riflessione senza preconcetti avanzata dal presidente Tondo, non fa intendere cambi di rotta e dando man forte all’assessore Violino dice che ”per noi la situazione deve rimanere così”. Ma se nella sostanza non ci sono differenze dai colleghi veneti, è nella forma che i leghisti nostrani si differenziano. «Il metodo dei no global non è condivisibile» dice Fontanini prendendo così le distanze dal presidente no global Zaia. Ma le avances di Zaia ai disobbedienti non sono piaciute neanche ai diretti interessati che, per tutta risposta, hanno invitato il Carroccio a usare le ronde contro gli Ogm e non contro i migranti. La lega non arretra: «L’opinione di Tondo è personale» ha dichiarato l’assessore Claudio Violino ai microfoni di Telepordenone – anche se nel Pdl non si starà a guardare. «Se la proposta di legge per la coesistenza tra colture tradizionali, biotech e biologiche fosse stata accolta – dice il presidente della terza commissione Giorgio Venier Romano, primo firmatario della norma arenata in commissione – i fatti di Vivaro non sarebbero mai accaduti». Il Carroccio, però, non ne vuole sapere. «Preferisco altre sperimentazioni» dice il segretario Pietro Fontanini. Gli Ogm in un territorio come il nostro, che punta sull’agricoltura di qualità, su scelte di nicchia, non hanno alcun senso. Non possiamo certo fare concorrenza all’Argentina». Un no categorico che non arriva, però, ad abbracciare i disobbedienti. «Quella gente è meglio tenerla a distanza» dice Fontanini. Se l’azione è motivata da una latitanza della magistratura, il metodo usato non lo condivido». A rispondere alla Lega e a Zaia, che pur li ha difesi, ci pensa anche l’associazione Ya basta che ha organizzato il blitz di Vivaro. «Alla Lega ribadiamo che la difesa dei nostri territori e dell'ambiente si fa reagendo contro i grandi meccanismi di predazione e sfruttamento e non contro chi arriva, perseguitato da quegli stessi processi, alla ricerca di una vita degna e giusta. Che le ronde padane anziché contro i migranti vadano contro i campi Ogm rimasti o a radere al suolo i Cie e ristabilire l'umanità, invece che la legalità di dubbia decenza».
MARTINA MILIA
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 agosto 2010

 

 

Ferriera, in ginocchio le aziende dell’indotto - Stipendi erogati con mesi di ritardo e una cinquantina in ”cassa”: a rischio anche la sicurezza
 

Si allarga a macchia d’olio la situazione di sofferenza che ha investito il Gruppo Lucchini e con esso la Ferriera di Servola che ne fa parte. Anche le piccole aziende dell’indotto sono infatti in ginocchio a causa dei ritardati pagamenti da parte della Servola spa che ormai slittano regolarmente da un minimo di due fino a sei mesi. La conseguenza è che sono pagati in ritardo anche gli stipendi quando i dipendenti non vengono addirittura messi in cassa integrazione, com’è già avvenuto nei mesi scorsi e sta avvenendo anche attualmente.
Una situazione grave che finora non ha fatto clamore da un lato perché le aziendine hanno spesso tre o quattro dipendenti soltanto e quindi non sono sindacalizzate, dall’altro perché gli stessi artigiani o piccoli imprenditori si augurano che la crisi sia transitoria e non li obblighi alla fine a scelte traumatiche quali licenziamenti o chiusure. Sul giro d’aria si trovano comunque quasi 200 lavoratori appartenenti a una quindicina di piccole aziende, solo alcune delle quali lavorano anche per Sertubi e Wärtsilä.
Il grido d’allarme è stato lanciato all’indomani dell’incontro a Piombino con il proprietario russo, il magnate Alexej Mordashov, dai segretari provinciali di Fim, Fiom e Uilm: Umberto Salvaneschi, Stefano Borini e Vincenzo Timeo che si apprestano a chiedere un incontro con istituzioni e Confindustria locali per affrontare il pericolo di degrado della situazione all’interno della Ferriera e quello dell’occupazione dentro e fuori di essa, cioé appunto nell’indotto.
«Le piccole aziende in questione - spiega Timeo - si occupano perlopiù di manutenzioni di carattere generale e di pulizia degli impianti elettrici e idraulici. Proprio in agosto, quando alcuni impianti sono fermi perché ad esempio la Sertubi è chiusa per le ferie collettive e quindi non ha bisogno di ghisa, hanno i maggiori carichi di lavoro. A fine agosto però probabilmente non riceveranno lo stipendio, ma dovranno attendere qualche mese ancora. Di conseguenza la frustrazione e la rabbia sono doppie. Una cinquantina di lavoratori inoltre hanno già fatto alcuni periodi, o li stanno facendo, di cassa integrazione».
Ma anche i pericoli sono doppi perché anche le aziende dell’indotto sono impegnate nell’opera della corretta manutenzione degli impianti e il ridursi del loro impegno potrebbe riflettersi sulle condizioni di sicurezza in cui devono operare tutti i lavoratori.
Numerosi sono stati i dipendenti dell’indotto a interpellare i sindacati proprio all’indomani dell’incontro che Mordashov ha avuto giovedì scorso all’interno dell’acciaieria di Piombino anche con i rappresentanti sindacali degli altri stabilimenti del Gruppo collocati oltre che in Toscana e a Trieste anche a Lecco, Bari e in provincia di Torino. Il passaggio dalla Severstal a una finanziaria personale di Mordashov per la cifra simbolica di un euro del 50,8 per cento delle quote del Gruppo Lucchini ha messo in allarme più ancora che i sindacati le banche che vantano nei confronti del gruppo crediti per la somma di 770 milioni di euro di cui 100 milioni, sembra, dovuti a Unicredit.
Logico che la Lucchini sia in forte crisi di liquidità in attesa dell’operazione di ristrutturazione del debito che tenterà tra settembre e ottobre, proponendo tra l’altra a qualche istituto di credito di entrare nel capitale della società. Parallelamente Mordashov presenterà un piano di rilancio per gli stabilimenti italiani che però non potrà che sfiorare soltanto Servola che dovrà chiudere entro il 2015. Ben prima di questa data però la situazione rischia di precipitare. Sempre più chiaramente appare come il rischio non investa solo i 470 dipendenti della Ferriera, ma anche gli altrettanti dell’indotto e della Sertubi, azienda che non è ancora in grado di operare senza l’apporto della Ferriera.
SILVIO MARANZANA
 

 

Acquario, sito in sicurezza entro settembre - MUGGIA. STA PROCEDENDO LA PRIMA FASE DEI LAVORI
 

Il sindaco Nesladek: «Presto la gara per il progetto di bonifica dell’area»
MUGGIA Entro settembre il terrapieno di Acquario avrà un’altra fisionomia. Sono iniziati infatti - in seguito a un’ordinanza sindacale - i lavori di messa in sicurezza di emergenza del sito, resisi necessari per il progressivo cedimento della scogliera e la potenziale esposizione del terreno, facente parte del Sito inquinato di interesse nazionale, al mare. Di sicuro, i lavori procedono, sotto lo sguardo curioso dei bagnanti delle vicine piazzole. «I lavori a cura dell’impresa Cicuttin di Latisana - conferma il sindaco Nerio Nesladek – com’è sotto gli occhi di tutti, stanno procedendo celermente e in maniera efficace. Siamo molto contenti che siano iniziati, ringraziamo gli uffici tecnici che stanno lavorando molto bene e ce la metteremo tutta per bruciare le tappe. La riapertura di quel chilometro di spiaggia e il suo utilizzo è fondamentale non solo per il tempo libero dei muggesani, ma anche per l’economia di questa città».
I primi 150 metri sono già stati ripristinati e adesso ci sarà un periodo di sosta forzato legato alla difficoltà di approvvigionamento dei massi causa le ferie estive. Gli scogli, o meglio le strutture di coronamento dell’area interessata dagli «ampliamenti delle nicchie di frana rivelate dopo le mareggiate autunnali del 2008» che erano arretrate in seguito alle ondate «sono stati disposti con molta perizia e appena i fornitori riapriranno le cave, i lavori ripartiranno con alacrità affinché entro la fine di settembre – prima dell’arrivo della brutta stagione che potrebbe causare ulteriori sfaldamenti - questa parte importante sia completata». Contemporaneamente si è praticamente conclusa, anche se formalmente ciò avverrà in settembre, la prima fase del lavoro che porterà al ripristino del sito e alla successiva riconsegna di Acquario alla città di Muggia come spiaggia pubblica e libera. «I lavori prevederanno una messa in sicurezza di tutto il sito e non solo della scogliera ed è un buon passo in avanti». Quanto al disinquinamento totale del sito, Nesladek non si sbilancia sui tempi. «Questi – spiega - saranno in funzione del tipo di progetto che verrà approvato».
Il secondo passo verso la riapertura della spiaggia, dopo la caratterizzazione «sarà l’approvazione del progetto di bonifica da parte della conferenza dei servizi che ha già approvato la caratterizzazione del sito con la richiesta peraltro di alcune integrazioni, puramente formali, che verranno soddisfatte entro il mese di settembre». Da quel momento «avremo 180 giorni di tempo per la presentazione del vero e proprio progetto di bonifica che dovrà essere approvato dalla stessa conferenza. Presto quindi metteremo a gara la progettazione della bonifica, con i tempi più ristretti possibile per poter poi affidare i lavori veri e propri che porteranno al disinquinamento completo del sito».
Gianfranco Terzoli
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 10 agosto 2010

 

 

Rigassificatore, Muggia torna all attacco
 

MUGGIA I sindaci di Muggia e San Dorligo, Nerio Nesladek e Fulvia Premolin, chiedono alla Provincia un incontro col tavolo tecnico sul rigassificatore, nel quale esaminare le domande che il tavolo stesso porterà all’attenzione di Gas Natural, offrendosi di ospitarlo in uno dei Comuni. La possibilità si fa sempre più concreta dopo l’incontro del 3 agosto scorso, davanti al prefetto di Trieste, Alessandro Giacchetti, tra i due primi cittadini e il responsabile del tavolo tecnico nominato dalla Provincia, Francesco Russo. «L’11 giugno scorso – spiega Nesladek – io e il sindaco di Dolina, abbiamo consegnato al prefetto più di tremila firme di cittadini che si oppongono alla realizzazione del rigassificatore a Zaule. In occasione di quell’incontro avevamo ribadito la nostra ferma contrarietà all’impianto, esprimendo tutte le nostre preoccupazioni di natura ambientale, economica e di sicurezza, ma anche la forte preoccupazione per quella che, a nostro avviso, si potrebbe definire assenza di un confronto pubblico serio e comptetente sull’argomento. Il prefetto, che ringraziamo per l’attenzione e la sensibiltà – prosegue il sindaco – nelle settimane seguenti si è fatto carico di questo problema e ha organizzato autonomanente e informalmente un primo incontro interlocutorio, svoltosi in prefettura il 30 giugno, con alcuni rappresentanti di Gas Natural, al quale abbiamo preso parte la Premolin ed io. In quella sede abbiamo ripresentato l’istanza di un confronto pubblico e reale, e criticato alcuni incontri che Gas Natural aveva organizzato in precedenza che – ribadisce ancora Nesladek – erano a nostro avviso ”blindati”. Abbiamo perciò rimarcato la necessità di un confronto pubblico ad alti livelli tecnici, con una reale possibilità di contraddittorio». Sempre per interessamento della prefettura è stato indetto un secondo incontro, svoltosi il 3 agosto, stavolta con il responsabile del tavolo tecnico nominato dalla Provincia, Francesco Russo. «Russo – spiega sempre il sindaco di Muggia – ci ha illustrato il lavoro svolto in questi mesi. Ma soprattutto ci ha riferito che il tavolo ha elaborato domande specifiche sulla base di quesiti posti da tecnici e cittadini, da inoltrare a Gas Natural per ottenere una risposta. Come sindaci – aggiunge – abbiamo chiesto allora di poter ottenere un incontro preliminare a quello nel quale sarebbero stati consegnati i quesiti. Un incontro al quale potessero essere presenti i rappresentanti dei cittadini, della politica, dei comitati e degli ambientalisti, per poter conoscere in anteprima le domande da porre all’azienda spagnola, poterle discutere ed eventualmente implementare». Nesladek annuncia infine che dopo Ferragosto, assieme alla Premolin, si farà interprete verso la Provincia affinché si tenga questo incontro, offrendosi di poterlo ospitare in uno dei due Comuni.

GIANFRANCO TERZOLI

 

I no global distruggono i campi di mais Ogm
 

PORDENONE Hanno piegato le piante come un aratro umano. Sessanta giovani dei centri sociali del Nordest, con la tuta bianca da disinfestazione e l’adesivo dell’associazione “Ya basta”, hanno messo la parola fine ai sospetti sul mais Ogm. Almeno nel campo sequestrato a Vivaro dalla procura di Pordenone il 4 agosto. Neanche una settimana dopo i no global hanno distrutto le coltivazioni su una superficie di 3500 metri quadrati. L’azione, che ha preso in contropiede anche le forze dell’ordine, è scattata ieri mattina intorno alle 11.30. IL BLITZ A un mese dal primo sequestro e a pochi giorni dal secondo, quando ancora manca l’ufficialità delle analisi effettuate dalla forestale regionale (per conto della Procura di Pordenone) e dagli ispettori del Ministero, i disobbedienti sono passati all’azione. Dopo aver presentato un esposto – il 28 aprile scorso – che a loro avviso non ha avuto gli esiti attesi, hanno scelto di fare giustizia alla terra. In 60, provenienti da Trieste, Gorizia, ma soprattutto dai centri sociali del Veneto (Venezia e Padova soprattutto) sono arrivate a Vivaro una decina di auto. La comitiva, in un paese di mille anime, non è passata inosservata, ma l’avviso a carabinieri e polizia è arrivato troppo tardi per fermare l’assalto. Indossata la tuta, nonostante la temperatura segnasse 30 gradi, i disobbedienti sono entrati in azione. LA DISTRUZIONE Con lo striscione “Dall’Italia a Cancun. No Ogm” - per ricordare “uno degli scenari più sfregiati dalle logiche di devastazione ambientale dell’intero Messico”, nonché la sede del vertice Cop16 (conferenza mondiale dei popoli sul cambiamento climatico e i diritti della madre terra) che si terrà a fine novembre - alcuni no global hanno costeggiato la strada su cui si affaccia il campo. Gli altri, formando alcune file ordinate sono partiti all’assalto del mais al grido di “Ya basta!”. Con la sola forza dei piedi, hanno calpestato e abbattuto le piante che, ogm o no, sono cadute progressivamente come nel gioco del domino. Arrivati in fondo al campo, dopo aver piegato metà filari, i disobbedienti sono ripartiti alla carica e hanno completato l’opera. Alle 11.51 le piante erano tutte accasciate al suolo. Alcuni ragazzi hanno iniziato a tagliare le pannocchie e infilarle in sacchetti neri con la scritta “pericolo Ogm”. Il materiale raccolto in forma dimostrativa (gran parte delle pannocchie sono rimaste accasciate al suolo) è stato lasciato nel campo. Il cartello “Campo sequestrato dalle comunità indigene di tutto il mondo” a certificare il gesto. LE RAGIONI «Oggi siamo qui con le nostre facce alla luce del sole – ha rimarcato Luca Tornatore, referente triestino del movimento no global – per un atto di disobbedienza civile pubblica, un atto che dovrebbero compiere tutte le comunità». Un atto secondo i disobbedienti rimasto l’ultimo possibile visto che “il 28 aprile abbiamo consegnato un esposto alla Procura di Pordenone. Che cosa è stato fatto in questi mesi? Perché è dovuta intervenire Greenpeace per fare le analisi?”. Domande che arrivano da più parti e che si aggiungono alle polemiche di un’inchiesta sempre più complicata. Il campo raso al suolo, infatti, era comunque stato sequestrato dalla magistratura. «Non è solo un questione di carte bollate e di pareri ministeriali – recita il documento dell’associazione Ya basta alla quale fanno riferimento i disobbedienti - mentre si consumano i giochi di equilibrio tra il “neoministroexgovernatore” Galan e il “neogovernatoreexministro” Zaia, e quindi fra le forze di governo; non è una questione di magistrati – che pure nulla hanno fatto dal 25 aprile, quando presentammo un esposto chiedendo di individuare e distruggere le semine – né di Unione Europea, la cui Commissione ha accordato un accesso ufficiale alle multinazionali biotech ma non ai movimenti anti-ogm e il cui parere pro Mon810 è viziato e ridicolo». Per i no global ”è una questione della vita stessa che si ribella. Non è più tempo di subire i Porto Marghera, i veleni nell’acqua, nell’aria, nel cibo. Non è più tempo di essere aggrediti continuamente in ogni aspetto della vita da questa violenza continua e arrogante. È il tempo di disobbedire, ribellarsi, di sottrarsi, di costruire giustizia ambientale e sociale in ogni comunità, per tutti e per ciascuno». FORZE DELL’ORDINE Il blitz è stato deciso senza preavviso per non dare tempo alle forze dell’ordine di intervenire. I rinforzi, chiamati dai primi agenti e carabinieri giunti sul posto, sono arrivati quando ormai le piante erano state distrutte. I carabinieri arrivati in soccorso ai colleghi si sono spostati per controllare le auto dei no global ed è stato allora che una parte del gruppo si è staccato per controllare cosa stesse accadendo. Momenti di tensione dovuti anche al fatto che un capitano dell’arma ha preso in mano il manganello e questo ha fatto credere ad alcune ragazze che volesse colpirle. L’emergenza per fortuna è rientrata. Prima di lasciare Vivaro, però, i disobbedienti sono stati identificati dalla polizia che ora provvederà ad accertamenti e, come probabile, a denunce. Oltre ad aver violato una proprietà privata – per altro sotto sequestro – i giovani rischiano l’accusa di danneggiamento.

MARTINA MILIA

 

 

Un piano da 850mila euro per ricostruire i marciapiedi
 

Se con una mano il Comune conta i soldi da mettere a disposizione per i servizi domiciliari nelle case (vedi l’articolo qui a lato) con l’altra firma un impegno di 850mila euro per agevolare - attraverso il «risanamento radicale dei marciapiedi con abbattimento delle barriere architettoniche» - gli spostamenti lungo le pubbliche strade dei disabili e, più in generale, di tutti i pedoni. Spostamenti oggi oggettivamente difficili se è vero che - come riconosce la stessa relazione tecnica del Servizio strade, allegata alla delibera appena votata dalla giunta Dipiazza per l’approvazione del progetto definitivo - «la rete tradale del Comune necessita di continui interventi manutentivi volti in particolare all’eliminazione delle cause di potenziale pericolo per la pubblica incolumità». Al che «l’usura rende indifferibile il rifacimento dello strato superficiale e strutturale di molti tratti di marciapiede fortemente frequentato dall’utenza». «Innumerevoli - precisa sempre la relazione degli uffici che fanno riferimento a Dipiazza come assessore - sono ormai i manufatti di questo tipo che presentano forti carenze di struttura di sottofondo e situazioni di naturale dissesto nonché alterazioni dell’andamento delle cordonate». Una fotografia critica della situazione, insomma, che porta alla necessità di un mega-appalto da 850mila euro impegnabili, alla luce anche della «limitata dotazione di personale operaio», che «rende minima la possibilità di effettuare in regia diretta gli interventi manutentivi creando sempre più maggior degrado dei manufatti stradali». È l’ammissione che i risparmi presentano un rovescio della medaglia. Questo l’elenco delle vie dove i tecnici hanno individuato le priorità: Cadorna, Diaz, San Giorgio, Annunziata e Felice Venezian tra le Rive e San Vito; corso Italia, Tarabochia, Ginnastica, largo Santorio, Slataper, Erbette, Carducci, Oriani, Toti, Coroneo e Zonta tra Barriera, il Maggiore e piazza Oberdan; strada di Fiume e Campanelle verso Cattinara; via del Ronco verso l’Università; Industria, San Zenone e Giuliani a San Giacomo. In tutti questi siti il Comune si dichiara pronto a «nuovi tratti di marciapiede necessari a completare percorsi pedonali preesistenti», all’«ampliamento di alcuni tratti di marciapiede frontestanti edifici di particolare interesse pubblico come scuole o chiese», ad «abbassamenti pedonali in corrispondenza di nuovi o/e presistenti attraversamenti, varchi, accessi stradali e parcheggi per disabili», nonché a «brevi rampe necessarie a completare percorsi pedonali anche preesistenti», fino a «percorsi pedonali per disabili, caratterizzati dalla presenza di pavimentazione tattilo-plantare in masselli di cemento delimitati se necessario da paletti parapedonali e corredati di eventuale segnaletica». Promessa nero su bianco: 365 giorni di lavori comprensivi del «10% per eventuali fermi causati dal maltempo».

(pi.ra.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 9 agosto 2010

 

 

Un estate da dimenticare per i treni Fvg
 

TRIESTE In 21 giorni 98 corse soppresse, 4 e mezza ogni giorno senza risparmiare aree della Regione. Un luglio da dimenticare per il trasporto ferroviario passeggeri in Friuli Venezia Giulia. Ad essere maggiormente colpita è stata la Udine-Trieste, ma non sono mancati problemi per i collegamenti in Carnia e per la Trieste- Portogruaro. Coincidenze sfortunate? No, insufficienza di materiale rotabile adeguato. Lo dimostra il fatto che nei primi giorni di agosto – con alcune linee ferme per lavori di manutenzione – la situazione si è già normalizzata perché i treni “sani” a disposizione sono di più. Ma a settembre cosa accadrà? LUGLIO «Forse anche i treni soffrono il caldo e hanno bisogno di ferie» scherza un pendolare. Battute a parte, il mese scorso non sarà tra quelli da ricordare per i viaggiatori della regione. Da lunedì 5 luglio a domenica 25, in regione sono stati soppressi 98 treni. Molti sostituiti con trasferimenti in autobus, in diversi casi l’emergenza è stata risolta con il dirottamento su altra linea. Ma con quali disagi? «A volte è diventare matti – spiega un pendolare della Udine-Trieste – perchè quando acquisisci la certezza che il tuo treno non partirà, nello stesso momento diventi consapevole del fatto che non sai quando arriverai a casa o al lavoro. Perché le comunicazioni sono carenti per non dire inesistenti, perché la confusione regna sovrana. Se poi, come nel mese di luglio, si aggiunge il caldo e il nervosismo che ne deriva la situazione è facile da immaginare». LA CLASSIFICA La situazione peggiore si è verificata sulla Udine –Trieste (andata e ritorno) dove le corse soppresse sono state complessivamente 33. Non si è discostata di molto la situazione sulla Casarsa Portogruaro (e ritorno): nelle due direzioni le corse cancellate (e il più delle volte autosostituite) sono state in tutto 27. Non mancano nella lista Trieste-Portogruaro, Trieste-Venezia, Udine-Venezia, Tarvisio-Udine-Cervignano, Tarvisio-Carnia, Trieste-Udine-Sacile, Udine-Carnia, Pinzano-Sacile. IL RIMEDIO Il più delle volte le corse sono state autosostituite ovvero si sono trasformate in viaggi in autobus “con tempi infiniti” evidenziano i pendolari. In altri casi, quando possibile, i pendolari sono stati trasferiti sul altri treni, ma anche in questo caso il passaggio non è stato certo indolore. LE CAUSE Secondo fonti delle ferrovie l’emergenza di luglio è presto spiegata: la causa è la mancanza di materiale, un numero insufficiente di treni per garantire tutte le corse. Molti convogli, infatti, sono guasti ed altri fermi per manutenzione. Ad agosto si sono fermate per lavori – sostituite con autocorse - due linee minori (la Casarsa-Portogruaro e la Sacile-Gemona” e questo rappresenta una boccata d’ossigeno, permette di aumentare il numero di mezzi a disposizione per le altre corse. Ma dopo le ferie cosa accadrà? «Per quanto potremo reggere questa situazione?» chiedono i pendolari. «Miglioramenti ce ne sono stati nella gestione dei ritardi, ma se il problema sono i treni insufficienti sarà difficile che non si verifichino altri disagi a pi eno regime». IL CASO A dare l’idea di un viaggio di ordinaria follia, è il racconto di un recente episodio riportato dal “Nodo di Udine”, uno dei comitati di pendolari che sorvegliano le condizioni del traffico ferroviario in regione. L'ennesimo disservizio all'utenza, ha come teatro la stazione di Buttrio, «ma essendo l'ultima stazione della linea Trieste-Udine, la stessa situazione si è presentata alle stazioni precedenti: treni annullati, avvisi contrastanti, su internet i treni erano dati in viaggio anche se con ritardo, ma in effetti erano cancellati mentre i messaggi sonori davano servizi sostitutivi di autocorse. Dove? Quando? Alla fine noi viaggiatori diretti a Udine, siamo stati "raccolti" eccezionalmente dal regionale 2855 dopo che le zanzare tigre avevano già fatto il loro. La stazione di Buttrio, come tutte le stazioni minori, oramai non è più presidiata, non esiste wc o semplice rubinetto con acqua potabile. Non c’erano treni, nè messaggi. Non c’era niente: vedevamo transitare solo treni merci (quelli sì girano perché non dipendono più da Trenitalia)». Si chiedono i pendolari: «Sono forse segni di un paese civile?».

MARTINA MILIA

 

 

In arrivo a fine 2011 nuovi convogli Riccardi: intervento da 38 milioni
 

TRIESTE Gli otto nuovi treni acquistati dalla Regione per andare incontro alla necessità di dare ricambio al parco mezzi utilizzato in Friuli Venezia Giulia, saranno operativi tra la fine del 2011 e il 2012. Superato il contenzioso con il Tar (al tribunale si era rivolta una delle ditte concorrenti), «ora si tratta di perfezionare il contratto, questione di breve – spiega l’assessore Riccardo Riccardi -, e di calcolare i tempi necessari per la costruzione dei nuovi convogli». I nuovi elettrotreni avranno una capienza di 230 posti e potranno essere impiegati anche per l'attivazione di nuovi servizi ferroviari passeggeri con la Slovenia. L’impegno di spesa della Regione ammonta a 38 milioni di euro. I nuovi elettrotreni andranno a sostituire le vecchie automotrici "Ale 801" utilizzate da Trenitalia per il trasporto pubblico locale – una decina in servizio sulla rete – che hanno un'età media di circa 32 anni essendo stati acquistati tra il 1975 ed il 1979. Proprio sugli Ale, nel frattempo, è partita la riqualificazione degli 11 mila sedili.

 

 

Fotovoltaico, arrivate in un mese 150 richieste per gli impianti gratis
 

Sono già 150 le richieste arrivate in Provincia da parte di cittadini interessati a partecipare alla distribuzione di mille impianti fotovoltaici prevista dall’amministrazione di palazzo Galatti nell’ambito del progetto ”La Provincia, i cittadini e il sole”. Progetto avviato appena un mese fa che, appunto, mette a disposizione mille impianti, senza alcun onere di spesa legato all’acquisto all’installazione degli stessi, destinati a persone pronte a sistemarli sul tetto di casa ottenendo in cambio la possibilità di beneficiare di energia gratis per vent’anni. «Il successo riscosso dal bando – commental’assessore provinciale all’Ambiente Vittorio Zollia – dimostra come la popolazione sia ben informata sui vantaggi economici e ambientali legati agli impianti di energia alternativa e testimonia una certa sensibilità al cambiamento». Parallelamente alle adesioni dei cittadini, la Provincia sta registrando anche le prime manifestazioni di interesse da parte delle imprese che dovranno candidarsi a divenire il soggetto attuatore del progetto. «Sono state quattro per il momento le aziende di settore – continua Zollia – che hanno richiesto informazioni dettagliate sul progetto». I criteri con i quali sarà selezionata l’impresa sono legati all’assoluta affidabilità del piano finanziario che verrà proposto e alla migliore tecnologia dell’impianto in termini di efficienza di conversione dell’energia solare in energia elettrica. Altri criteri sono la valutazione del ribasso proposto sull’importo a carico dei cittadini utenti per la copertura delle spese amministrative - per le quali la Provincia di Trieste erogherà a questi ultimi il contributo massimo di 200 euro per impianto - e la valutazione del minor tempo di installazione di tutti gli impianti. Tempo che comunque non deve essere superiore ai 36 mesi. Le ditte che intendono partecipare alla selezione possono inoltrare la proposta entro il 15 settembre. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito www.provincia.trieste.it e all’ufficio del Servizio Tutela Ambientale della Provincia (fax 040 3798511 e-mail ecologia@provincia.trieste.it).

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 8 agosto 2010

 

 

Tav, ora il Veneto chiede il commissario Ma resta il nodo della linea costiera
 

TRIESTE «Forse non è disdicevole ipotizzare un commissario per l’emergenza ferroviaria». Lo dice l’assessore veneto Renato Chisso (in un intervento pubblicato dal Corriere Veneto), concorda sull’ipotesi il collega del Friuli Venezia Giulia Riccardo Riccardi: per realizzare la Tav a Nordest l’esperienza del Commissario taglia tempi può funzionare «anche se non possiamo non rilevare il fatto che l’avanzamento del procedimento è ancora in una fase arretrata». Colpa di chi? La progettazione spetta a Rfi, ma le Regioni devono agevolare il lavoro dei tecnici, devono essere chiare sul tracciato. «Noi lo siamo stati –dice Riccardi -. Ho sempre detto che abbiamo ereditato il lavoro della precedente amministrazione e su quello ci siamo mossi». IL VENETO Ma se nella partita autostradale sono state le Regioni a fare pressing sul governo per accelerare i tempi, il Veneto per primo si è battuto per ottenere il passante e il commissario, non si può dire lo stesso nell’iter che riguarda le ferrovie. «Per quel che riguarda il Friuli Venezia Giulia abbiamo fatto il lavoro richiesto» puntualizza Riccardo Riccardi. E il Veneto? «Non compete a me rispondere per quel che avviene nella Regione vicina. Quel che posso dire – precisa l’assessore regionale - è che i due presidenti di Regione, Tondo e Zaia, hanno garantito al governo che daranno a Rfi tutti gli elementi necessari affinché la progettazione preliminare sia inviata all’Unione europea entro la fine dell’anno». Ma la storia della linea ad alta capacità-alta velocità ferroviaria, registra un ritardo nella progettazione proprio perchè la Regione vicina solo di recente si è spinta a indicare un tracciato. L’assessore Renato Chisso, che oggi ipotizza la nomina di un commissario per l’emergenza ferroviaria, solo di recente ha sciolto le riserve sul tracciato. «Abbiamo deliberato da tempo lo sganciamento del tracciato dall’affiancamento autostradale» ha ripetuto per mesi Chisso. Una scelta che il Veneto (ancora con il presidente Galan) aveva fatto effettivamente con tempismo, salvo poi temporeggiare sull’individuazione del percorso. Ora che la Regione vicina ha messo nero su bianco la volontà di far passare la ferrovia a sud – e quindi lungo la costa e il litorale – Rfi ha gli elementi per procedere. Ma i tempi per presentare la progettazione preliminare – il progetto prioritario 6 pone come termine il 31 dicembre 2010 –basteranno? Manca ancora la definizione del punto di contatto con la tratta ferroviaria individuata dal Friuli Venezia Giulia. «Il punto è in Veneto e noi certo non possiamo dare indicazioni. Sono rispettoso del lavoro dei colleghi» precisa Riccardi. FVG Il Friuli Venezia Giulia, invece, la sua parte l’ha fatta «partendo dal lavoro svolto dalla precedente amministrazione – non esita a riconoscere Riccardi -. Abbiamo dovuto modificare il tracciato della Trieste Divaca, ma sul tratto fino a Ronchis abbiamo confermato l’affiancamento all’autostrada. Sto continuando a incontrare gli amministratori locali, da poco ci siamo confrontati con quelli dell’area di Monfalcone, per condividere e risolvere eventuali criticità». COMMISSARIO Ammesso e non concesso che l’Italia la spunti con l’Europa e riesca a recuperare il ritardo progettuale, la proposta di un commissario straordinario per tagliare i tempi di costruzione – come già avvenuto per il Passante, la terza corsia della A 4, la pedemontana veneta - piace a Riccardi. Chi potrebbe essere? «Non spetta certo a me dirlo, la nomina avviene da parte del presidente del Consiglio. L’importante è che si tratti di persone competenti per avere garanzia dei risultati»

MARTINA MILIA

 

 

Trieste-Divaccia, partono i sondaggi Gran parte del percorso sarà in galleria
 

TRIESTE Definito il nuovo tracciato, che taglierà fuori la Val Rosandra, riserva naturale di particolare pregio ambientale, per la Trieste Divaccia è ora la fase dei sondaggi del terreno che devono valutare la fattibilità di un percorso che sarà prevalentemente di galleria. Dopo questa fase, si dovrà arrivare all’accordo tra i Ministri italiano e sloveno che, presumibilmente «potrà avvenire tra la fine di settembre e il mese di ottobre» spiega Riccardi. Il tracciato prevede un collegamento tra Trieste e Divaccia con tre rami aggiuntivi (verso i porti di Trieste e Capodistria, e tra i due scali). «L’aver trovato l’accordo sul tracciato, elemento assai delicato – ricorda Riccardi – ci porta a essere tranquilli sulla realizzazione del collegamento transfrontaliero». La cosiddetta via alta prevede il raddoppio della tratta in territorio italiano. Le due tratte saranno lunghe più di 12 chilometri ciascuna e quasi interamente in galleria sotto il Carso. La prima correrà da Aurisina a Trieste, dentro il costone carsico, la seconda sull’Altipiano.

 

 

«Giù le mani dal giardino di Villa Cosulich» Residenti in rivolta contro il Piano regolatore
 

«Giù le mani dal parco di villa Cosulich». I residenti di Gretta alzano la voce e con una raccolta di firme che in meno di una settimana a raggiunto quota 250 tentano di opporsi alla decisione del Comune di Trieste di destinare quell'area a zona turistica. Il rischio è che negli oltre 10 mila metri quadrarti di parco si dia il via libera alla costruzione di residenze, palazzine, strutture alberghiere. «Il piano adottato lo consente, il rischio c'è - evidenzia Roberto Sasco, presidente della commissione Urbanistica del Comune - ed è evidente che l'amministrazione vuole mettere quell'area sul mercato e guadagnarci. Quella villa è stata donata dai Cosulich al Comune, ai cittadini, e a loro deve restare. Si deve intervenire». Le premesse create dal Comune con l'articolo 26.1 della variante generale 118, permettono che circa otto noni del parco di Villa Cosulich divengano edificabili. Rimarrebbe verde pubblico solo una piccola parte dell'attuale superficie del parco: «Precisamente, soltanto tre delle quattro terrazze dove si trovano i giochi per bambini - sottolinea Liviana Picech, promotrice della raccolta firme - ovvero la prima terrazza con il trenino, la seconda con le casette e la terza con lo scivolo verde. Il Comune non può stravolgere il nostro rione e la nostra quotidianità senza nemmeno interpellarci, senza nemmeno discuterne in Circoscrizione». I moduli per la raccolta delle firme vengono distribuiti durante la giornata all'interno del parco, ma sono disponibili anche in diversi negozi in Gretta. I 1.200 metri quadrati di Villa Cosulich sono vincolati dalla legge 1089/39 ma oggi la struttura versa in un totale stato di abbandono. Più volte è stata presa di mira dai vandali, ha subito incendi e oggi le porte d'accesso di quella che fu dimora della famiglia Burlo, poi di Demetrio Carciotti, poi dell'inglese Rutheford ed infine della famiglia Cosulich, sono addirittura murate. Nel 1980 l' immobile fu ceduto all' Istituto Burlo Garofalo e successivamente al Comune di Trieste. «Quel polmone verde è punto di riferimento per l'intero rione - sostiene Sandro Menia, presidente della terza circoscrizione - è impensabile che il Comune pensi di vendere un solo metro di quel parco. Mi opporrò con tutte le mie forze. Bello sarebbe se la villa potesse venir ristrutturata e destinata a qualche cosa di pubblico,- auspica Menia - ma se i soldi non ci sono ben venga anche l'intervento di un privato. Va bene pure l'albergo, ma guai a toccare il parco». In quel giardino esistono specie arboree tra le quali lecci, pini neri, cipressi, tigli, frassini, pioppi, faggi, ippocastani, cedri e sequoie. Nella zona giochi si trovano alcuni alberi da frutto. Nell'anno 2000 il parco è stato risanato, sono stati ripristinati tutti i viali, l'impianto d'illuminazione e di irrigazione, intervenendo anche con opere sulla vegetazione e sugli arredi. «Su questo provvedimento del piano regolatore i cittadini non hanno potuto fare opposizione - precisa Sasco - perché è possibile intervenire solo su aree di proprietà di chi segnala. Quell'area è pubblica e dunque nessuno ha potuto metterci becco. Adesso - spiega - visto che il piano regolatore deve essere riadattato, è bene intervenire impedendo simili deturpazioni. E' il momento giusto per ripensare al futuro di Villa Cosulich e le tante opposizioni dei cittadini vanno ascoltate». Secondo Sasco, il parco deve mantenere una funzione pubblica, la villa invece potrebbe venir convertita in un asilo nido e in una scuola materna. Alcuni cittadini propongono invece la realizzazione di una struttura sanitaria. Un anno e mezzo fa aveva preso il via l'iter per concedere in affitto all'associazione Elda, la realtà che riunisce genitori e parenti di bambini con problemi di sordità, la casetta del custode, quella piccola costruzione che si trova accanto all'entrata del parco. «Noi garantivamo la riqualificazione interna della struttura, con un addetto del Comune abbiamo fatto anche un sopralluogo - ammette Massimo Sinicich, presidente dell'associazione - ma ora inspiegabilmente la procedura si è arenata e non ho più notizie».

LAURA TONERO

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 7 agosto 2010

 

 

Lucchini, la partita si gioca anche sul terminal E la Soprintendenza ferma la centrale turbogas
 

Il giorno dopo il faccia a faccia a Piombino con lo zar Alexej Mordashov proprietario del Gruppo Lucchini, la delusione dei sindacalisti triestini si è trasformata in irritazione. «Mordashov afferma che vendere non è più la priorità semplicemente perchè come lui stesso ha detto non ha ancora trovato alcun acquirente», ha affermato Vincenzo Timeo segretario provinciale Uilm. Il piano di rilancio che verrà presentato a settembre poggerà su due pilastri: la modifica strutturale del mix produttivo e forti azioni per aumentare la produttività e diminuire i costi nel gruppo. Operazioni che potranno funzionare a Piombino, ma certamente non nella preagonica Servola che al massimo tra cinque anni dovrà staccare la spina. Visto tutto ciò, i sindacalisti triestini ritengono inutile la convocazione di un’assemblea all’interno dello stabilimento. Il 25 agosto il Comitato dei garanti deciderà sul ricorso presentato dall’Ugl contro l’elezione delle nuove Rsu. Per il resto, la questione va in letargo fino al 7 settembre quando si riaprirà in Regione il tavolo tecnico sull’occupazione con l’assessore Angela Brandi. Tra settembre e ottobre dovrebbe svolgersi la contrattazione per la ristrutturazione del debito di 770 milioni che il Gruppo Lucchini ha con le banche. In municipio a Piombino durante l’incontro con il sottosegretario alle attività produttive Stefano Saglia e gli amministratori locali Mordashov si è lasciato sfuggire che le banche potrebbero essere risarcite anche con quote azionarie della società. Fatto che potrebbe aprire nuovi scenari a Trieste perché Unicredit che ha un progetto da un miliardo per il superporto Trieste-Monfalcone vanta anche un credito di 100 milioni dalla Lucchini che ha in concessione anche una banchina dove svolge attività terminalistica e sta portando avanti il progetto per una centrale termoelettrica da 400 megawatt sull’area dell’ex discarica di via Errera. Ma anche per quest’ultimo ipotetico insediamento l’iter procedurale si complica. Greenaction transnational ha infatti diffuso ieri la notizia che la Soprintendenza per i beni ambientali ha dato parere negativo alla centrale riscontrando fortissime carenze nella documentazione che è stata presentata. Non si tratta però di uno stop definitivo e comunque per quanto riguarda la questione dell’occupazione la centrale non lo risolverebbe se non in modestissima parte.

SILVIO MARANZAN

 

 

E l'Arpa tiene sotto controllo una nuova alga tossica
 

Il rischio meduse? Non è il solo, di questi tempi. Gli organi di controllo delle istituzioni, infatti, stanno tenendo d’occhio periodicamente - e finora, un tanto per mettere tutti tranquilli, non c’è pericolo - lo stadio di vita e di concentrazione di un’alga micro. Nome scientifico Ostreopsis ovata : non sarà un killer nel senso più stretto, eppure, quando fiorisce trasformandosi in una massa gelatinosa brunastra sopra e sotto la superficie del mare, visibile peraltro ad occhio nudo, diventa un organismo altamente tossico. Basti pensare che, nel 2005, per la cronaca, a Genova ha mandato all’ospedale 200 persone con malesseri più o meno intensi - febbre, dolori articolari e muscolari, raffreddore e mal di gola, mal di testa, nausea e vomito, congiuntiviti e dermatiti, che spariscono di norma in 24, massimo 48 ore - ripetendosi sempre in passsato in forme meno clamorose in Toscana, in Puglia e sul Conero. Che si debba fare attenzione alle forme degenerative di quest’alga, scoperta in realtà da queste parti fin dal 2006 ma in concentrazioni assai ridotte e innocue, lo attesta una brochure messa recentemente a punto dall’Arpa su mandato della Regione, con il supporto dell’Ogs e dell’Università. Il titolo è ”un’alga da conoscere”. Il perché di un simile progetto nasce dal fatto che l’anno scorso - per fortuna a fine estate, e più precisamente il 29 settembre, quando i bambini, in particolare, di norma in acqua non ci vanno più - nella conosciuta spiaggia di Canovella de’ Zoppoli, tra Marina di Aurisina e i ”Filtri”, è stato documentato il primo caso di fioritura potenzialmente tossica di Ostreopsis ovata . A essere aggredito è stato proprio il fondo ciottoloso della piscinetta naturale che a inizio spiaggia risulta racchiusa dagli scogli. Questo ha innescato, ovviamente, un livello di guardia top, che porta a dire che oggi - in questo momento - non c’è rischio e che a Canovella come altrove si può fare il bagno sereni. Ma pure che, in ogni caso, è opportuno conoscere la microalga per evitarne il contatto e, soprattutto, l’esposizione prolungata, qualora la fioritura fosse particolarmente improvvisa. La breve pubblicazione informativa sarà fatta girare dalla Regione in ospedali, distretti sanitari, info--point turistici e farmacie, come fa presente dall’Arpa Massimo Celio, che si è occupato di coordinare l’iniziativa e che annuncia un nuovo campionamento per il 17 agosto. Finora tutto ok in tutta la regione, mentre altrove, proprio nel corso di quest’estate, un minimo di fioriture si son fatte vedere e sentire, soprattutto, in Liguria e in Sicilia. «Quest’alga - puntualizza a tal proposito Michele Giani, ricercatore dell’Ogs e uno dei responsabili nazionali dello studio sull’ Ostreopsis ovata per conto del ministero dell’Ambiente su input dell’Ispra - può sprigionare al momento della fioritura delle tossine molto potenti, capaci di causare problemi soprattutto a chi le respira». A Trieste qual è il tasso di pericolosità? «Le dinamiche di fioritura da queste parti - rassicura lo studioso - portano per il momento alla possibilità che si verifichino concentrazioni elevate a fine estate. Altrove, invece, in luoghi del Mediterraneo in cui la fioritura capita prima, la situazione è più delicata». «Fioriture di Ostreopsis ovata possono creare - si legge sul sito dell’Arpa cui si viene rimandati da quello della Regione - alterazioni ambientali con danni all’ecosistema, anche gravi. Si osservano morie di numerosi organismi marini (pesci, molluschi bivalvi, crostacei ed echinodermi) per gli effetti tossici della microalga...». I ricci, in primis, ne pagano le conseguenze. C’è allora un rischio differito, indiretto, per l’uomo, se questo si nutre dei prodotti del mare in periodi di fioritura di questi organismi? «Non sono stati riscontrati - rassicura però Michele Giani - problemi di intossicazione nell’ambito della catena alimentare».

(pi.ra.)

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 6 agosto 2010

 

 

CENTRALE TURBOGAS NEL PORTO DI TRIESTE IN ALTO MARE: BOCCIATURA DELLA SOPRINTENDENZA PER I BENI PAESAGGISTICI
 

La Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali ha espresso parere negativo nei confronti del progetto della centrale a ciclo combinato da 400MWE da costruirsi nel porto di Trieste. La centrale Turbogas verrebbe direttamente collegata al terminale di rigassificazione di Zaule (anche questo in fase di approvazione contestata) che ne garantirebbe gli indispensabili rifornimenti di gas. Senza terminale di rigassificazione la centrale turbogas sarebbe perfettamente inutile. L’intenzione è quindi quella di creare un grande polo energetico nel porto di Trieste inserito nella sovraffollata area industriale a sua volta ubicata in pieno contesto urbano. Una concentrazione folle di impianti pericolosi che trasformerebbero la città giuliana e il Golfo di Trieste in una delle zone a più alto rischio europeo e mondiale con danni enormi alle attività esistenti (turismo, traffico commerciale, pesca) e con deprezzamento immobiliare. A poche decine di metri dai due futuri impianti si trova il principale terminale petrolifero del Mediterraneo, ed entro un raggio di poche centinaia di metri si trovano numerosi depositi di combustibili costieri, di ossigeno liquido, e la Ferriera di Servola (stabilimento siderurgico).
L’arch. Luca Rinaldi esprimendo parere negativo ha precisato che “la Soprintendenza ripropone le stesse valutazioni negative [...] sulla localizzazione dell’impianto, in più rilevando che la documentazione presentata è, in relazione al fortissimo impatto paesaggistico (si prevede la rettifica della linea di costa...), fortemente carente dei contenuti di cui al DPCM 12.12..2005 (es. foto simulazioni realistiche anche dai punti panoramici elevati cittadini, previsioni di compensazione paesaggistica in mancanza di una seria mitigazione dell’impianto ecc.)”.
Oltre alla secca bocciatura della Soprintendenza il progetto della centrale Turbogas si trova ora in discussione anche per non essere stato sottoposto alla obbligatoria V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica) transfrontaliera a cui avrebbe dovuto partecipare la Repubblica di Slovenia.
Il parere negativo della Soprintendenza è scaricabile dal sito di Greenaction Transnational.
www.greenaction-transnational.org

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 6 agosto 2010

 

 

Lo zar Mordashov: «La Ferriera è in vendita»
 

PIOMBINO «Nella rinegoziazione della forte esposizione con le banche non è escluso l’ingresso nel capitale sociale della Lucchini di qualcuno degli stessi istituti bancari». Lo ha annunciato ieri in municipio a Piombino Alexej Mordashov, il magnate russo che con una propria finanziaria detiene il controllo del Gruppo Lucchini di cui fa parte anche la Ferriera di Servola. L’esposizione del gruppo siderurgico sarebbe complessivamente molto elevata, dell’ordine di 770 milioni di euro, e di questi ben 100 milioni sarebbero dovuti a Unicredit. Alla luce di queste nuove rivelazioni potrebbe sembrare credibile la notizia emersa qualche settimana fa su un possibile interessamento di Unicredit logistic all’area di Servola attualmente occupata dalla Ferriera che comunque dovrà smettere definitivamente la produzione tra il 2013 e il 2015. A rivelare l’interesse di un nuovo possibile investitore per quell’area, ma che comunque prima di riconvertirla potrebbe continuare per due o tre anni con la siderurgia, era stato il sindaco Roberto Dipiazza il quale aveva poi rimandato l’annuncio di notizie più dettagliate a settembre. Più tardi, ieri pomeriggio, nell’incontro con i rappresentanti sindacali di tutti gli stabilimenti in Italia, rispondendo a una domanda del segretario nazionale di Fim-Cisl Marco Bentivogli, Mordashov ha precisato che «non risulta alcuna proposta ufficiale per rilevare l’attività, ma se c’è qualcuno interessato all’acquisto - ha aggiunto - si faccia pure avanti poiché l’ascolteremo con estremo interesse». La Ferriera dunque, seppure in fase preagonica, è in vendita. Il referente di Severstal ha anche detto di essere a conoscenza del fatto che a Trieste i problemi di mercato si assommano a quelli ambientali e a questo punto è intervenuto anche il responsabile delle relazioni pubbliche della Lucchini, Francesco Semino a sottolineare come vi sia un accordo con le autorità politiche per la chiusura della Ferriera nel giro di alcuni anni. Ieri la tanto attesa visita dello zar Mordashov a Piombino, dove c’è il più grande stabilimento del Gruppo che assieme al forte indotto dà lavoro a quasi quattromila persone, ha avuto esiti tutt’altro che entusiasmanti, nonostante gli sforzi fatti dal sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia e dai principali amministratori locali (come si legge anche a parte) di darvi una connotazione cautamente ottimistica. «È necessario - ha detto Mordashov - arrivare a una razionalizzazione dei costi anche avviando sinergie tra i vari stabilimenti del gruppo in Italia e in Europa». E poi ha riannunciato la presentazione in autunno di un nuovo piano industriale che dovrebbe portare al rilancio della Lucchini grazie a un forte miglioramento qualitativo del prodotto. «Piano che però potrà essere avviato - ha specificato - soltanto se andrà a buon frutto la rinegoziazione del debito con le banche». I principali creditori, ieri non citati, sarebbero Monte dei Paschi con 143 milioni, Unicredit con 100, Banco Popolare con 94, Bpm e Intesa con 80 milioni a testa, e altri ancora. È in questo ambito che è stato annunciato anche il possibile ingresso delle banche nel capitale sociale della stessa Lucchini. Ma non è ancora tutto, perché lo stesso Mordashov non ha escluso una possibile cessione del pacchetto di maggioranza dell’intero gruppo che comunque non pregiudicherebbe l’avvio del nuovo Piano industriale. «Poi - ha specificato - se si presenta un acquirente serio non è escluso che vendiamo». Volontà che deve fare duramente i conti, oltre che per la forte esposizione debitoria del gruppo, con le difficili condizioni di mercato.

SILVIO MARANZANA

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 agosto 2010

 

 

Mordashov incontra i sindacati: in ballo il futuro di Servola
 

Notizie sulla prossima possibile vendita della Ferriera di Servola attorno alla quale ruotano mille posti di lavoro (470 dipendenti diretti più altrettanti di Sertubi e dell’indotto): cercheranno di carpirle oggi tre sindacalisti triestini direttamente a Alexej Mordashov, il magnate russo che con una propria finanziaria detiene la maggioranza del Gruppo Lucchini di cui la Servola spa fa parte. Mordashov è già arrivato ieri a Piombino dove ha sede il più importante sito produttivo della Lucchini (gli altri sono a Trieste, Bari, Lecco e Condové in provincia di Torino) e si è già trattenuto a colloquio con i manager toscani. Oggi alle 15.30 all’interno dello stabilimento incontrerà anche i sindacalisti delle altre sue aziende (da quanto è filtrato ieri sarà ammessa una domanda a testa). I triestini Antonio Saulle (Fiom-Cgil), Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) e Vincenzo Timeo (Uilm) hanno percorso la strada di tanti vacanzieri diretti alle spiagge del Tirreno per una questione ben più drammatica e oggi attenderanno Mordashov al varco. Voci diffusesi nelle ultime settimane davano per probabile la vendita del Gruppo Lucchini oltretutto esposto cone le banche, sembra, per 770 milioni di euro. Per la Ferriera si prefigura una possibile dismissione prima del 2013 o del 2015, date concordate per la chisura. Il sindaco Dipiazza ha annunciato l’esistenza di un potenziale investitore per il sito di Servola attorno al quale sembra esserci stato un certo interessamento da parte di Unicredit che sta predisponendo un progetto da un miliardo per la creazione di un superporto Trieste-Monfalcone. La speranza dei sindacalisti è di riuscire a capirne oggi qualcosa di più anche perché le riconversioni produttive in grado di poter assorbire anche solo una buona parte delle mille persone che rischiano il posto di lavoro sono ben lontane dal concretizzarsi. Sembra che Mordashov abbia però anche un piano di sviluppo per il Gruppo e oggi alle 14 dovrebbe parlarne anche in municipio a Piombino.

(s.m.)

 

 

Il fotovoltaico sul palasport di Aquilinia

 

MUGGIA La sostituzione della copertura del tetto e l’installazione di un impianto fotovoltaico. Un nuovo look è in arrivo per il palazzetto dello sport di Aquilinia. Nel giro di tre mesi, due importanti lavori ridaranno lustro e competitività alla struttura. Il primo intervento riguarda il completo rifacimento del tetto, interamente finanziato dall’amministrazione comunale, un lavoro che fungerà poi da traino al secondo intervento che comporterà la copertura della struttura con pannelli ad energia solare. L’installazione è prevista a ottobre e la ditta a cui è stata affidata la realizzazione dell’opera è la Gemma Impianti Srl di Muggia. «Il fotovoltaico avrà una potenza di circa 75 Kwp ed il Comune ne ricaverà per 20 anni un "affitto" di circa 6mila 100 euro all’anno», ha spiegato l’architetto Paolo Lusin, responsabile del Servizio Ambiente e Sviluppo energetico del Comune. Il palazzetto dello sport di Aquilinia sarà il primo di otto edifici comunali che vedranno l’applicazione del fotovoltaico. A breve si aggiungeranno infatti l’asilo di Chiampore, l’asilo Iacchia, il centro Millo, l’istituto scolastico di Aquilinia, la scuola Nazario Sauro, la scuola Bubnic e infine la sede dei Servizi tecnici di via Trieste. Il costo complessivo dell’operazione si aggira attorno ai 100mila euro ma sostanzialmente vi sarà un risparmio per le casse comunali di circa 30mila euro annui rispetto ai 90mila sborsati oggidì. Attualmente le più alte spese legate all’energia elettrica sono quelle richieste per il funzionamento della sede dei Servizi tecnici di via Trieste. Il costo stimato? Circa 19mila euro all’anno. L’immobile più economico, invece, è l’asilo di Chiampore con una spesa di circa 1300 euro. Soddisfatto il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek: «Il risparmio per le casse del nostro Comune sarà uno degli effetti maggiormente positivi di questi lavori che permetteranno come nel caso del palazzetto dello sport di Aquilinia un risparmio anche alle società che lo utilizzano».

(r.t.)

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 4 agosto 2010

 

 

NERIO NESLADEK CONTESTATO DA GREENACTION ED AAG
 

Commentando il congelamento europeo delle indagini sui rigassificatori a Trieste il sindaco di Muggia ha “dimenticato” le opposizioni di ambientalisti e del Comune di Capodistria.
Come noto, nei giorni scorsi la Commissione Europea ha comunicato alle organizzazioni ambientaliste Alpe Adria Green e Greenaction Transnational l'intenzione di “congelare” le indagini delle loro denunce contro i progetti di rigassificatori a Trieste, per non compromettere eventuali accordi tra i governi italiano e sloveno impatti transfrontalieri.
Le due organizzazioni hanno già contestato al Commissario europeo competente, lo sloveno Janez Potocnik, che la sospensione delle indagini è illegittima perché sono state ordinate dal Parlamento Europeo su violazioni comunitarie, che come tali non possono costituite materia di accordi tra governi.
Il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, ha invece commentato la notizia sui media (3 agosto) vantando come unica difesa efficace i ricorsi alla magistratura italiana presentati dal suo Comune e da quello adiacente di Dolina.
Greenaction ed Alpe Adria Green invitano il sindaco Nesladek a correggere queste dichiarazioni, ricordando che in realtà, a prescindere dalla necessaria continuazione delle indagini europee, le azioni giudiziarie in Italia sono state avviate anche dalle loro ed altre organizzazioni ambientaliste e dal Comune di Koper-Capodistria.
Gli ambientalisti osservano inoltre che questo fronte difensivo internazionale articolato ed inedito richiede chiarezza, solidarietà e coordinamento, senza strumentalizzazioni politiche.
www.greenaction-transnational.org

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 agosto 2010

 

 

Riccardi: «Significativo consenso sul Superporto»
 

«Sulla possibilità e la convenienza di un porto unico tra Monfalcone, Trieste e Porto Nogaro, nonché sul progetto di Unicredit Logistics mi pare di riscontrare, pur con una certa dose di prudenza, un significativo consenso», ha commentato ieri l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi intervenendo alla riunione indetta dal Patto per lo sviluppo della provincia di Gorizia guidato dal presidente Enrico Gherghetta nella sede dell’Azienda speciale per il porto di Monfalcone. Ciò, ha aggiunto, non vuol dire che, creando una super-Authority, «i territori non debbano essere rispettati», ammonendo tutti «a non alzare i campanili». Al Patto per lo sviluppo della provincia Riccardi ha poi illustrato gli attuali sviluppi del Superporto, per il quale «attendiamo per l'autunno o entro fine anno, la formulazione della finanza di progetto, che sarà prima presentata al ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture». Per Monfalcone restano sul tappeto, ha quindi chiosato, «ben prima di qualsiasi ipotesi di superporto», due questioni: i dragaggi e le concessioni portuali.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 3 agosto 2010

 

 

Il Pd incalza la giunta sugli Ogm: «Mense scolastiche a rischio»
 

TRIESTE «Sarebbe il colmo che i ragazzi del Friuli Venezia Giulia, nel giorno in cui il ministero per la Salute lancia le linee guida del nuovo menù a chilometri zero per incentivare la filiera corta nelle mense scolastiche, si ritrovassero nel piatto prodotti Ogm. Eppure, potrebbe accadere, se la giunta non assumerà con la massima urgenza tutti i provvedimenti utili a evitarlo». Lo afferma Paolo Menis (Pd) nei giorni in cui la battaglia pordenonese del mais Ogm tiene banco. Menis, ricordando l’ordine del giorno ad hoc depositato a febbraio, denuncia i ritardi della giunta. E, a riprova, conclude: «Siamo ancora in attesa di sapere se mai verrà esaminata la mozione che abbiamo presentato a marzo finalizzata a rendere il Friuli Venezia Giulia Ogm free».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 2 agosto 2010

 

 

Marchi: scandaloso che l'alta velocità non arrivi a Trieste
 

CORTINA D'AMPEZZO «Credo sia uno scandalo che nel 2010 non ci sia l'alta velocità ferroviaria da Trieste a Milano, e mi chiedo se sia più utile questa o il Ponte sullo Stretto di Messina». Botta e risposta ieri a Cortina fra il presidente di Save, Enrico Marchi, e il ministro per le infrastrutture, Altero Matteoli. In merito al sistema aeroportuale, Marchi ha lamentato il fatto che «da 10 anni la politica ha dimenticato il sistema aeroportuale italiano. Abbiamo tariffe inferiori del 40% alla media europea - ha aggiunto - gli investimenti si sono fermati, e lo saranno fino a quando la politica non darà un quadro regolatorio stabile». «Il ponte sullo Stretto di Messina non lo finanzia lo Stato, ma il mercato», ha ribattuto Matteoli, per quanto riguarda il taglio di fondi pubblici a favore dell'Alta velocità ferroviaria al Nord. «I lavori oggi in corso a Messina - ha aggiunto Matteoli - sono propedeutici e devono essere fatti a prescindere. Gli 1,3 miliardi di investimento sarebbero stati spesi comunque». Il ministro ha evidenziato che «l'Italia non può essere ridotta ad un problema di quartiere. Il Ponte sullo stretto è un corridoio che parte da Berlino e arriva a Palermo. Dobbiamo farlo o no? Dovevamo forse dare tutti i soldi a Venezia? È un ragionamento che non accetto più». »Lei è libero di pensare con la sua testa - ha concluso, rivolto a Marchi - ma è una testa sbagliata«. «Quattro anni fa eravamo con due miliardi di perdita, adesso abbiamo i conti a posto», ha poi sottolineato l'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, nel corso della tavola rotonda a Cortina Incontra. «Abbiamo innovato molto - ha proseguito - e lanciato nuovi prodotti». Moretti ha anche ricordato che oggi saranno noti i risultati della gara per l'aggiudicazione della realizzazione di una cinquantina di treni per l'Alta velocità, convogli capaci di raggiungere la velocità di 360 kmh. «Mi auguro - ha concluso - che ci siano vincitori italiani». Oggi le Ferrovie dello Stato sceglieranno chi dovrà fornire i 50 treni ad alta velocità, una commessa da 1,2 miliardi di euro. Più specificamente verranno aperte le offerte dei due gruppi in gara per la «mega fornitura» e le FS assegneranno i punteggi alle due offerte presentate dalla Alstom e dalla cordata Alsaldo Breda (Finmeccanica)-Bombardier. Alla luce dei punteggi assegnati, il consiglio di amministrazione assumerà la decisione formale affidando la commessa.

 

 

«Prg da approvare, serve unità tra le due coalizioni»
 

Serve la buona volontà di tutti, «l'unità d'intenti della maggioranza e dell'opposizione, altrimenti il Piano regolatore della città non vedrà la luce in questa consiliatura». È molto chiaro ieri il capogruppo dell'Udc in consiglio comunale, Roberto Sasco, nel suo appello alle forze politiche «per dotare presto Trieste di un elemento fondamentale per il suo futuro. Se a settembre - dice - cioè alla ripresa dell'attività politica, non ci sarà un atteggiamento costruttivo trasversale a tutti partiti, il compito di redigere un Piano regolatore spetterà al prossimo sindaco e noi avremo perso un'altra buona occasione per operare per il domani della città». Dopo avere ricordato che «il Piano regolatore generale deve essere pensato in parallelo a quello del traffico e dei parcheggi, perché si tratta di elementi che compongono un impianto unico», il capogruppo dell'Udc sollecita «la costituzione di una commissione tecnica di alto livello, che discuta a porte aperte, con l'ausilio dell'opinione pubblica, nell'ambito di un dibattito al quale tutti possono contribuire, del futuro piano del traffico». Sasco cita poi le periferie: «Non ci si può limitare, allorché si discute dei vari piani - evidenzia - delle problematiche del centro città. Basta pensare a problematiche come quelle che si originano in determinati frangenti in via Flavia o in viale Miramare - ha proseguito - per rendersi conto dell'estrema urgenza da affrontare». Sullo specifico argomento della viabilità, Sasco cita «l'opportunità di utilizzare i vari tunnel della città caduti in disuso, a cominciare - dice - da quello che unisce largo Mioni con via D'Alviano. Mi rendo conto che a qualcuno che magari abita nelle vicinanze delle imboccature di questa galleria la proposta possa non piacere, ma dobbiamo risolvere problemi dell'intera città e non soffermarci davanti al particolare». Nel programma di Sasco ci sono anche «la realizzazione della metropolitana leggera, di un migliore collegamento infrastrutturale con la Slovenia e di un adeguato retro porto».

( u. s. )

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 1 agosto 2010

 

 

Corso Italia senz'auto primo test a settembre
 

Il primo banco di prova della novità più rivoluzionaria contenuta nel piano dei progettisti comunali Giulio Bernetti e Luigi Vascotto - la pedonalizzazione di Corso Italia - si avrà già a settembre. L’importante asse di scorrimento, infatti, tra un mese e mezzo si trasformerà in isola pedonale per accogliere le bancarelle di Piazza Europa. L’indisponibilità di piazza della Borsa, ancora interessata dai lavori, ha convinto il Comune a far traslocare la fiera - finora ospitata tra piazza Sant’Antonio, Ponterosso e appunto piazza della Borsa - proprio in Corso Italia, che verrà di conseguenza interamente chiuso al traffico. Un test prezioso, dunque, per valutare la risposta dei triestini. Alcuni, al momento, si dicono scettici e non condividono in particolare la soluzione ”ibrida” ipotizzata per il Corso: bus fino via Roma, auto all’incrocio con via San Spiridione e nel tratto tra via Imbriani a piazza Goldoni. «In questo modo non si crea una vera isola pedonale, ma due isole con un'autostrada in mezzo - commenta il vicepresidente di Confcommercio Franco Rigutti . «Chiudere un pezzo qui e un pezzo là rischia di creare un grande caos - gli fa eco la presidente dei dettaglianti Donatella Duiz -. E poi dov’è l’annunciata pedonalizzazione di piazza Ponterosso e via Genova? Confidiamo di poter avere quanto prima un confronto aperto con il Comune». Di tenore diverso, invece, il commento di Antonio Paoletti . «Avrei preferito che tutto Corso Italia diventasse pedonale - osserva il presidente di Confcommercio -, ma già così sono favorevolissimo». Giudizi positivi anche dal direttore generale di Trieste Trasporti: «I dettagli del piano ancora non li conosciamo - osserva Piergiorgio Luccarini - ma sapere che i bus avranno più preferenziali a disposizione, compresa la corsia riservata in salita su via Battisti, è un risultato molto positivo». Critiche arrivano invece dal Pd. «Non sarà - si chiede Marco Toncelli - che il sindaco intende spostare l’attenzione sul Piano del traffico dopo il flop del Piano regolatore?». «Non si riparano gli errori commessi sul Prg - aggiunge Mario Ravalico -. Per la bozza sul traffico vanno incentivate partecipazione e trasparenza».

( m.r.)

 

 

Volontariato, in crescita in provincia di Trieste le realtà associative
 

Sono 304 le associazioni di volontariato operanti nel territorio della Provincia di Trieste e vedono attivi 1.672 addetti. I soci regolarmente registrati sono 15.496 e agiscono nei settori più disparati, dalla tutela dell’ambiente alla diffusione della cultura, dall’assistenza alle persone bisognose alla solidarietà internazionale. Sono i dati di una realtà particolarmente significativa in città, fotografati al 31 dicembre 2009 dal Centro servizi per il volontariato, l'Associazione che, direttamente o attraverso accordi e convenzioni con altre associazioni, enti locali, università, fondazioni, enti privati o singoli privati, svolge attività a favore di tutte le realtà del volontariato, presenti sul territorio regionale. E i numeri sono i crescita rispetto al 2008. Le associazioni attive, due anni fa, erano 296, perciò l’incremento è di otto unità. Questa la divisione per comparti di competenza delle 304 associazioni: 33 operano nel settore della tutela ambientale, 70 nella cultura, 15 nel campo dei diritti civili, 5 nella sanità, 83 nel sociale, 13 nella solidarietà, 11 nello sport, 51 nel socio sanitario, 23 in altri settori. Fra essi, quello che ha fatto registrare l’incremento di volontari più evidente è quello del sociale, che sta calamitando le energie migliori. L’analisi del mondo del volontariato è così sintetizzata dal presidente del Csv regionale, Sergio Raimondo, che fa riferimento al cosiddetto “Bilancio sociale”, lo strumento comunicativo dovuto a tutti i portatori d’interesse. «Il volontariato – afferma Raimondo – è in grado di conferire molto a tutta la società in termini di creazione di legami, di fiducia e di cittadinanza attiva. Nel corso degli anni – aggiunge il presidente – il Csv ha presentato e continua a presentare soddisfacenti risultati sul piano dell’incremento dei servizi erogati, aiutando le associazioni di volontariato a produrre beni relazionali immateriali, generando capitale sociale, facendo crescere le reti di solidarietà, la fiducia e il senso di appartenenza alla collettività. In futuro – continua il presidente del Centro servizi volontariato per il Friuli Venezia Giulia – l’impegno dovrà essere finalizzato alla promozione di azioni e progettualità sempre più condivise con le associazioni». «Purtroppo – spiega Dario Mosetti, direttore del Csv regionale – la crisi finanziaria comporterà una riduzione delle risorse destinate alle attività del Centro. Ma – sottolinea – nonostante queste difficoltà, guardiamo al futuro con fiducia, forti di un patrimonio umano di esperienze, competenze e legami instaurati nel territorio, che ci forniscono la consapevolezza di poter affrontare, con coinvolgente e partecipata esperienza le difficoltà che comunque si presenteranno. Piace ricordare – conclude il direttore – che sono oramai trascorsi dieci anni da quando il Centro regionale per il volontariato è stato fondato e questa è, per noi, un’occasione per ringraziare tutti i volontari del Friuli Venezia Giulia».

UGO SALVINI

 

 

Rigassificatore, la Slovenia ribadisce: nessun No Paper
 

«Non conosciamo alcun ”No paper”», così in maniera secca e decisa il ministro sloveno all’Ambiente, Roko Zarnic. Peccato che lo stesso sia sul tavolo della collega italiana Stefania Prestigiacomo. Il ”giallo”, o meglio, il gioco diplomatico continua. Zarnic ribadisce che la strategia del governo in materia non cambia. Annuncia che il suo ministero sta preparando il documento contro l’Italia da presentare alla Commissione europea, il che costituisce il passo precedente al deferimento di Roma alla Corte di giustizia dell’Aja per aver violato le norme relative agli effetti transfrontalieri relativamente ai progetti dei due rigassificatori: quello di Zaule e quello off-shore nel Golfo di Trieste. Dunque linea dura da parte di Lubiana? Nient’affatto. La Slovenia, in qualche modo, si porta vanti con il lavoro, mentre allo stesso tempo, sono sempre parole del ministro Zarnic, il suo ministero, assieme agli altri dicasteri interessati e agli uffici di governo sta preparando la strategia di mediazione con l’Italia. Si tratterebbe di un scenario a tutto campo relativo all’intero Alto Adriatico, relativo a tutti i progetti energetici e infrastrutturali da realizzare sia lungo le coste slovene che su quelle italiane che potrebbero avere influenze transfrontaliere. «Questo scenario di grande prospettiva - afferma il ministro Zarnik - sarà destinato al colloquio tra i due Paesi per un accordo relativo a più grandi progetti nel rispetto di tutte le regole ecologiche, energetiche e infrastrutturali europee e nel rispetto delle relative legislazioni nazionali». Parole che se non proprio alla lettera ma nel loro stretto contenuto ricordano il contenuto dell’ultima parte del cosiddetto ”No paper” e come insegna un noto senatore della Repubblica italiana: «A pensar male si fa peccato, ma il 99 per cento delle volte ci si azzecca». Lo scenario, secondo la Slovenia, deve rispettare, sia dal punto di vista ecologico sia da quello di altri parametri, il mare e la costa nel Nord Adriatico, deve rispettare le attuali necessità ecologiche e deve puntare a uno sviluppo a lungo termine. «Il ministero - conferma ancora Zarnik - sta intensivamente lavorando a entrambi i documenti e li presenterà il prossimo 30 settembre al governo». Insomma, rispetto al ”No paper”, se non è zuppa è pan bagnato. Sul Litorale sloveno soprattutto la parte del ”No paper” in cui si parla di un futuribile rigassificatore a Capodistria ha immediatamente sortito tutta una serie di reazioni. Da quella infuriata del sindaco del capoluogo Boris Popovic fermo oppositore al rigassificatore sul proprio territorio municipale, ai deputati socialdemocratici Luka Juri e Olga Franca che hanno immediatamente presentato un’interrogazione in materia al ministro dell’Ambiente e a quello degli Esteri. A dire il vero Juri non si dice meravigliato che il ministro Zarnic non sapesse nulla del ”No paper” e proprio per questo estende la propria interpellanza anche al ministro degli Esteri, Samuel Zbogar. Giunti a questo punto una cosa appare certa: sarà molto difficile portare avanti l’intera questione a carte coperte. Le diplomazie d’ora in avanti saranno chiamate a rendere pubblicamente conto delle proprie mosse e delle relative posizioni. Lo ripetiamo. Se non si riparte da zero poco ci manca.

MAURO MANZIN

 

 

SEGNALAZIONI - La forza di Gas natural
 

Ho letto su «Il Piccolo» che Gas Natural sponsorizza il Festival dell’Operetta e forse anche la Barcolana. Pensa forse con trentamila euro di comperare il consenso dei cittadini al rigassificatore? Se ne occorrono cinquecentomila di euro è come averci fatto la carità. Lo stimo il signor Zanfagnin per quello che ha fatto per il Verdi, è stato uno dei migliori sovrintendenti, ma la sua frase: «ci inchiniamo al dio-danaro» (che rispecchia purtroppo la società di oggi) è stata molto infelice! Non poteva chiamare in aiuto i triestini per sostenere il Festival, piuttosto che vendersi a Gas Natural? Tanti avrebbero contribuito volentieri. E il signor Grizon che presiede il festival e che scrive sempre che sono gli altri a cambiare idea, non si ricorda cosa aveva scritto nel maggio 2007 su «Il Piccolo»? Glielo ricordo io. Aveva addirittura esortato l’amministrazione di Muggia a indire un referendum pagato da Gas Natural. Ora come mai ha cambiato idea e accetta la carità da Gas Natural? Forse perché il presidente Tondo è favorevole al rigassificatore dopo aver fatto la sua campagna elettorale contro l’impianto? E ho letto anche che probabilmente il rigassificatore di Veglia non verrà più costruito perché ormai sono mutate le condizioni sui mercati europei del gas, praticamente saturi e che destimolano i grandi investitori. Allora non capisco: solo a Trieste c’è stimolo a costruire un rigassificatore? Perché? Quali sono i fini nascosti? Si scordi Gas Natural di costruire un rigassificatore a Trieste, i cittadini non lo vogliono anche perché sono anni che chiediamo alla società di fare un’assemblea pubblica affinché tutti (comuni cittadini, vigili del fuoco, geologi, ricercatori, il comitato per la salvaguardia del Golfo e così via) possano fare delle domande sull’impatto ambientale, sulla sicurezza e tante altre. E invece la società cosa farà? Assemblee a porte chiuse con Dipiazza, De Anna, Razeto e tutti quelli che sono favorevoli. Cosa significa questo? Che hanno non qualcosa ma tanto da nascondere. E noi vogliamo che questa gente venga a costruire un impianto così pericoloso in mezzo alle nostre case? Domando ai triestini: pensate che possiamo fidarci, quando già da tempo sappiamo e leggiamo quanto onesti e disinteressati siano i nostri governanti? Non sarebbe ora di ragionare con la nostra testa, per il nostro interesse e non per quello dei politici?

Graziella Albertini

 

 

La ciclabile Grado-Trieste sarà finita
 

GRADO La Regione ha stanziato i fondi per il completamento della pista ciclabile del mare Adriatico. La ciclabile provinciale che partendo da Grado arriva oggi sino al Caneo di Punta Sdobba verrà collegata con altri tratti di pista sino ad arrivare a Trieste. Lo annunciano con soddisfazione i consiglieri regionali del Pdl Roberto Marin e Gaetano Valenti che hanno sollecitato uno specifico finanziamento regionale in tal senso. Si tratta di 145mila euro all’anno per 15 anni cioè di 2 milioni e 175 mila euro complessivi. «La Grado-Trieste rappresenta una delle opere più importanti per le province di Gorizia e Trieste – affermano i due consiglieri regionali – . Infatti l’opera fa parte della rete delle ciclovie di interesse regionale, visto che consente un collegamento ciclabile tra Trieste e Grado». L’intervento di completamento è stato inserito nel piano provinciale della viabilità e trasporto ciclistico e prevede un finanziamento complessivo di oltre due milioni di euro. In dettaglio il tratto Grado-Punta Sdobba/Caneo, che è già stato realizzato dalla Provincia di Gorizia sarà collegato al tratto Canale Moschenizza-Draga Sant’Elia-Trieste che è invece di competenza della Provincia di Trieste. Il tratto Canale Moschenizza-Draga Sant’Elia è già stato finanziato ed è in corso di avanzata progettazione. È invece in corso di ultimazione il lotto che va da Draga Sant’Elia a Trieste. «Siamo molto soddisfatti – concludono Marin e Valenti – di essere riusciti a ottenere un altro importante risultato per la provincia di Gorizia dopo il finanziamento per il completamento della pista ciclabile Grado-Palmanova, stanziato la scorsa settimana da Fvg Strade». Il riferimento è per il milione e mezzo di euro che consentirà entro la primavera prossima di avere finalmente completato il tratto lagunare Grado-Belvedere che recentemente è stato al centro di non poche polemiche. I due esponenti del Pdl isontino aggiungono inoltre che una volta ultimate, le due piste ciclabili rappresenteranno un’ulteriore attrattiva turistica, ma anche ambientale per tutto il territorio regionale. Per Grado che raccoglie sempre più turisti che si portano dietro la bicicletta ma anche per quelli che soggiornano negli alberghi (tante strutture mettono a disposizione le due ruote) si tratta di opere molto importanti. E lo sono ancor di più poiché c’è anche in forte espansione il vero e proprio cicloturismo. Parliamo di quelle persone che anche per i trasferimenti dalle loro abitazioni alla località scelta per la vacanza, si spostano in bicicletta. Per tutti questi turisti “Grado Turismo” ha predisposto uno speciale pacchetto-proposta con l’indicazione di varie opportunità di percorsi ciclabili non solo interni alla città ma che possano pure portare gli amanti della bicicletta a scoprire altre realtà regionali, in particolare Aquileia.

ANTONIO BOEMO

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 31 luglio 2010

 

 

Rifiuti da Gorizia a Trieste - C'è l'accordo fino al 2015

 

Programmare lo smaltimento dei rifiuti appare essenziale per non incorrere in situazioni d’emergenza dal forte impatto ambientale. Per questo le Province di Trieste e Gorizia hanno siglato a Palazzo Galatti un protocollo d’intesa che aggiorna una collaborazione già in atto in materia. L’intento delle due amministrazioni è di addivenire a un sistema di smaltimento dei rifiuti attraverso delle modalità di conferimento che fanno capo ai rispettivi impianti di recupero e smaltimento. A firmare il documento il presidente della Provincia di Trieste Maria Teresa Bassa Poropat e l’assessore competente dell’ente provinciale isontino Mara Cernic, accompagnati dai rappresentanti di AcegasAps e Iris, i due gestori degli impianti individuati allo smaltimento. Per effetto dell’aggiornato protocollo della durata quinquennale (scadrà il 21 dicembre 2015), le due Province hanno concordato di trasferire nel termovalorizzatore di Trieste i rifiuti indifferenziati della provincia di Gorizia, mentre gli impianti di compostaggio isontini di Moraro e Staranzano accoglieranno il rifiuto umido dell’area triestina. Al termovalorizzatore del capoluogo affluiranno i rifiuti urbani di Gorizia sino a una quantità massima di 30mila tonnellate l’anno, in quelli isontini sino a 4mila tonnellate l’anno di rifiuto umido e verde e 20mila per il rifiuto secco. AcegasAps e l’Iris applicheranno le medesime tariffe di conferimento dei rifiuti, e gli eventuali aggiornamenti avverranno di concordo negli anni a venire. Nel protocollo le due Province hanno inoltre stabilito di costituire un gruppo di lavoro che effettuerà un monitoraggio e un controllo costante sull’efficacia degli impegni presi, con la possibilità di ricalibrare obiettivi e metodi nel comune interesse. «Riteniamo si tratti di una collaborazione importante - ha affermato l’assessore isontino Mara Cernic - frutto di una pianificazione che ci deve consentire una gestione dei rifiuti senza arrivare alle emergenze. Tra i nostri obiettivi arrivare a breve a una raccolta differenziata del 65% sul totale». «È un accordo positivo - ha commentato l’assessore provinciale triestino all’ambiente Vittorio Zollia - anche se è necessario rimboccarsi le maniche per arrivare entro il 31 dicembre del 2012 a quel 65% di differenziata dal quale il 20% odierno appare, purtroppo, ben distante».

Maurizio Lozei

 

 

Carso, caprioli e cinghiali distruggono l'uva
 

TRIESTE Cinghiali e caprioli all’assalto di orti e viti dell’intera provincia di Trieste. Un assedio alle colture e ai pergolati che rischia, per l’ennesima stagione estiva, di compromettere pesantemente un’intera annata di lavoro e di sacrifici di tanti agricoltori e viticoltori del comprensorio locale. «Siamo già di fronte a una situazione d’emergenza, e il peggio deve ancora venire. I selvatici hanno iniziato già da tempo a compiere escursioni nei poderi – afferma Edi Bukavec, segretario dell’Associazione Agricoltori – rovinando le viti e le colture orticole. Ma tra qualche settimana saremo in completa sofferenza quando, con la vendemmia alle porte, ci troveremo cinghiali e caprioli allettati dai dolci grappoli». Secondo l’Associazione agricoltori, che interpreta rigorosamente la posizione della maggior parte dei contadini e allevatori triestini, il problema sta tutto nell’eccessiva proliferazione dei selvatici. «So che le mie parole creeranno polemiche – riprende Bukavec – ma è un dato di fatto che in una provincia così piccola come la nostra convivano oltre 2000 caprioli (se non 2500) con circa 600 cinghiali. Lo dicono studi competenti e approfonditi, capace di sopportare non più di un migliaio dei primi e un centinaio dei secondi. Il numero di questi animali cresce di continuo – sostiene il segretario – anche perché l’abbondanza di cibo rappresenta un incentivo alla riproduzione. Se vogliamo salvare i raccolti e la vendemmia, è necessario innnanzitutto che i Guardiacaccia provinciali ritornino al prelievo dei cinghiali in deroga e che si stabiliscano piani di abbattimento adeguati alle capacità insediative del nostro territorio». Secondo l’Associazione agricoltori c’è sempre maggiore sfiducia e sconforto da parte degli operatori agricoli. A fronte delle loro richieste di risarcimento danni, lo Stato ha provveduto a rifonderli con circa 30mila euro di fronte a denuncie accertate di oltre 100mila euro. «C’è chi, preso dallo scoramento, non denuncia nemmeno più il danno. Ma altri – assicura Bukavec – stanno pensando seriamente di intraprendere le vie legali per tutelarsi». «Sono quattro anni che ci rimetto a causa di queste incursioni – afferma il viticoltore e olivicoltore Roberto Ota dal sandorlighese – e francamente sono un po’ stufo. L’ultima incursione dei cinghiali mi ha fatto davvero paura, visto che uno di loro ha quasi ammazzato il mio cane, oltre a distruggere tralci e viti. In primavera ci avevano pensato già i caprioli ha brucare tanti teneri germogli dalle pergole. Ho chiesto ancora una volta alla Provincia di effettuare un sopralluogo nella mia tenuta per verificare i danni – chiude Ota – ma per il quarto anno di fila non ho visto nessuno». «Le cifre parlano chiaro – interviene Andrej Milic, produttore di Sagrado di Sgonico – i caprioli mi hanno letteralmente divorato 4.800 giovani viti, e ora i cinghiali stanno dando l’assalto alla produzione di patate. Recintare tutto? Impossibile e inutile, questa è la drammatica verità!». «Non siamo ancora all’emergenza totale – spiega dalla collina roianese di Pischianzi il viticoltori Andrej Bole – ma ci manca poco. Da noi ormai alcune famiglie di cinghiali ci visitano con regolarità spaccando fioriere e aiuole alla ricerca di tuberi e vermi. Sono all’ordine del giorno i danni ai muretti e alle strutture di contenimento dei terrazzamenti. E fra poco l’uva sarà matura… Vorrei capire chi dovrebbe aiutarci – dice Bole. Gli enti locali devono essere chiari: dobbiamo noi abbattere gli animali, oppure saranno loro a darci i soldi per allevarli? Ho timore, come spesso accade, che ci dovrà scappare il morto affinché le istituzioni prendano coscienza di quanto accade nelle nostre campagne».

MAURIZIO LOZEI

 

 

Blitz di Greenpeace contro il mais Ogm - Gli attivisti tagliano le spighe sospette
 

TRIESTE Dopo la semina, l'esposto alla magistratura, il sequestro, le analisi e le controanalisi, ecco anche il raid, l'ultima puntata della guerra del mais Ogm. Ieri mattina,a Vivaro di Pordenone, una ventina di attivisti di Greenpeace, poi fermati e denunciati, ha "bonificato" un campo di Vivaro in cui si sospettano (gli ambientalisti ne sono certi) colture transgeniche. Il secondo campo dopo quello di Fanna. Il blitz di Greenpeace inizia alle sette del mattino. Si muovono in venti, non solo italiani, ci sono anche ambientalisti tedeschi, sloveni, ungheresi. Tagliano la parte superiore delle piante di mais Ogm, la parte che produce il polline e favorisce la contaminazione su vasta scala. L'operazione riesce prima dell'intervento delle forze dell'ordine che bloccano e fermano gli attivisti, che rischiano l'arresto, "per arbitraria invasione di terreno agricolo". "Hanno bloccato un lavoro di decontaminazione dell'area - commenta Federica Ferrario, responsabile della campagna Ogm di Greenpeace - che avrebbero dovuto effettuare loro già settimane fa. Il polline sta contaminando il mais dei campi circostanti: chi pagherà i danni agli agricoltori friulani?". L'associazione fa sapere di essere intervenuta dopo che un laboratorio accreditato aveva confermato la presenza nel campo di piantine di mais geneticamente modificato. Quello di Vivaro è dunque il secondo terreno sospetto identificato da Greenpeace dopo quello di Fanna. "Non possiamo escludere - sottolinea Ferrario - che esistano anche altre coltivazioni di mais Ogm in Friuli. Siamo di fronte ad atti assolutamente irresponsabili". Di qui l'appello al governo, in una vicenda che inevitabilmente interessa ora la politica (non sono mancati ieri gli interventi di Giancarlo Galan e Renzo Tondo) affinché "respinga la recente proposta della Commissione europea: semaforo verde agli Ogm in cambio della possibilità di un divieto nazionale basato su promesse legislative indifendibili in tribunale quando le aziende biotech ricorreranno contro tali decisioni". La prima tappa della guerra del mais è del 30 aprile scorso, giorno in cui Giorgio Fidenato, leader degli Agricoltori federati, dopo sei anni di battaglie pro-Ogm, semina il primo mais transgenico. Fidenato è stato il primo a reagire al blitz denunciando gli attivisti di Greenpeace. E commentando con toni durissimi l'accaduto: "Il comportamento di questi nazicomunisti e le loro irrazionali paure di contaminazione biologico-razziale delle specie vegetali - scrive sul suo sito web - sono sempre più simili alle pericolose ideologie razziste di purezza della razza". Fidenato dice no alle "intimidazioni" e non molla: "Se pensano di costringere la magistratura a comportarsi in modo illegale, credo siano fuori strada. Noi andiamo avanti". Perché la denuncia? "Per le solite sceneggiate fatte per creare allarmismo. Abbiamo deciso di agire non solo con una denuncia penale per procurato allarme, ma anche con una denuncia civile, chiedendo i danni a chi pensa di violare indisturbato la proprietà altrui". Affermazioni subito contestate da l direttore delle campagne di Greenpeace Alessandro Giannì: "Il linguaggio di Fidenato si commenta da solo. Non escludiamo di doverne riparlare in sede legale". Polemiche aperte - con Futuragra che annuncia una class action contro i responsabili del degrado dell'agricoltura - mentre, davanti alla prefettura di Pordenone, Coldiretti, Wwf, Aiab e Slow Food affiancavano Greenpeace in un presidio in cui, contestando l'operato del procuratore Antonio Delpino in quando il provvedimento di sequestro dei campo non previene la disseminazione di polline, veniva tra l'altro avanzata la richiesta alla Procura di "distruggere subito il campo nel quale sono state illegalmente seminate piantine di mais Ogm".

MARCO BALLICO

 

 

 

 

IL PICCOLO -     VENERDI', 30 luglio 2010

 

 

La guerra dei rigassificatori: ora Juri chiede a Lubiana la verità sul «no paper»
 

CAPODISTRIA Dopo il "no comment" del gabinetto della presidenza del governo e le traballanti spiegazioni del ministero dell'Ambiente sloveno, anche dal ministero dell'Economia di Lubiana - competente in materia di impianti energetici - arriva un «non ne sappiamo nulla» sui presunti contatti diplomatici tra Slovenia e Italia per trovare un'intesa sui rigassificatori nel golfo di Trieste ma anche sui piani di ampliamento dei porti di Trieste e Capodistria. Sul "no paper" sloveno, nel quale Lubiana si dichiarerebbe disposta ad avallare la costruzione del rigassificatore di Zaule a patto che Roma si impegni a non intralciare eventuali progetti analoghi nell'area del porto capodistriano (di fatto Lubiana alza la posta nel condizionare il proprio assenso, ndr), nella capitale slovena continua a non trapelare nulla. «Non sappiamo a quali informazioni si riferisce il sottosegretario italiano. Non ci risulta che la Slovenia abbia mai inviato simili documenti all'Italia» è la breve risposta del Ministero dell'economia riportata ieri sulle pagine del quotidiano capodistriano Primorske Novice , che aveva chiesto spiegazioni su quanto Il Piccolo sta scrivendo ormai da diversi giorni, e sulle dichiarazioni del sottosegretario italiano all'Ambiente Roberto Menia. Sulla vicenda è intervenuto ieri anche il deputato capodistriano Juri, che, esattamente come ha fatto il Wwf triestino per bocca del responsabile regionale per l'energia e i trasporti Dario Predonzan, vuole spiegazioni sul "no paper". In una interrogazione parlamentare rivolta ai ministri dell'ambiente Roko Zarnic e degli Esteri Samuel Zbogar, Juri chiede se esiste una proposta slovena all'Italia formulata sotto forma di "no paper". Se esiste, continua Juri, quale organo lo ha preparato e su quali basi? Nel contempo, il deputato socialdemocratico capodistriano chiede ai due ministri se è' ancora immutata la posizione del governo sloveno, che si è detto a sua volta contrario alla costruzione del terminal rigassificatore di Zaule. Ad ogni modo, dopo diversi giorni di silenzio, della cosa hanno cominciato ad occuparsi, anche se ancora abbastanza timidamente, pure i media sloveni. Le "Primorske Novice", nel trattare l'argomento, rilevano comunque che la Tge Gas Engineering, la società che ha lanciato l'idea di un rigassificatore a Capodistria - che a giudicare dal "no paper" potrebbe essere una specie di "risposta" al terminal di Zaule - non dispone neanche della minima parte dei documenti necessari per avviare il progetto. Contro il rigassificatore a Capodistria, e contro quelli nel golfo di Trieste, si sono schierate inoltre ripetutamente le autorità locali con in testa il sindaco di Capodistria Boris Popovic.

FRANCO BABICH

 

 

Corso Italia pedonale, Dipiazza accelera
 

TRIESTE La rivoluzione viaria ipotizzata negli anni scorsi dal preside della facoltà di Ingegneria, Roberto Camus, avanza, anche se modificata: ieri ha visto la luce la nuova versione integrata dagli uffici comunali su sollecitazioni del sindaco Roberto Dipiazza. Un’integrazione che scioglie anche il nodo principale su cui, in passato, si era registrata la forte spaccatura in seno al centrodestra: il futuro di corso Italia. Quella che oggi è una strada ad alto scorrimento, secondo le prime anticipazioni del piano passato all’unanimità, in futuro diventerà quasi interamente oasi pedonale. La nuova bozza prevede l’eliminazione delle auto da corso Italia tra via Roma e via Imbriani.

Maddalena Rebecca

 

 

Mais Ogm, il Veneto attacca il Friuli: guai se ci contaminate
 

TRIESTE A Nordest scoppia la ”guerra delle pannocchie”. Il Veneto perde la pazienza e attacca il Friuli Venezia Giulia: la ”patria” di quel Giorgio Fidenato che, a fine aprile, ha effettuato la prima semina italiana di mais ogm. Semina dimostrativa di sei piantine, come ha affermato l’agricoltore ribelle, o semina estensiva di parecchi ettari? La risposta ufficiale ancora non c’è. Ma il Veneto non aspetta più: «Se dovesse entrare un solo granello di polline che possa inquinare l’agricoltura veneta, procederò con tutte le azioni possibili per affermare le responsabilità per la semina illegale e le omissioni istituzionali in atto nel vicino Friuli Venezia Giulia» dichiara Franco Manzato, assessore all’Agricoltura, leghista doc. È una dichiarazione di guerra. E arriva, non a caso, nel giorno in cui Greenpeace fornisce la risposta ”ufficiosa”, al termine di un ”raid” agricolo: non ci sono solo sei piantine di mais Ogm in Friuli Venezia Giulia, ma molte di più. Un campo intero. Un passo indietro: il 30 aprile, in diretta web, Fidenato lancia la sua sfida. Ma non svela il luogo della semina. Il 23 giugno, però, una manina ignota scrive all’Ersa, denunciando l’esistenza di un campo transgenico a Fanna, con allegate mappa e fogliolina. Claudio Violino, l’assessore regionale all’Agricoltura, leghista doc pure lui, sporge denuncia: la Procura si muove, il 10 luglio sequestra il campo appartenente a Fidenato e dispone le analisi. I risultati, però, non arrivano. Ma - siamo a ieri - arriva Greenpeace: l’associazione rivela di aver prelevato otto campioni di mais sul campo sospetto e di averli fatti analizzare da un laboratorio certificato. Tutti transgenici. «Abbiamo scoperto in poche ore quello che le autorità avrebbero dovute dire da tempo. Il campo di mais di Fanna ospita Mon810, un mais Ogm, brevettato dalla Monsanto» denuncia Federica Ferrario, responsabile della campagna ogm di Greenpeace. Riesplode la tensione. Le associazioni che, con Greenpeace, aderiscono alla ”Task force” anti-ogm convocano un presidio della legalità ad oltranza, a partire da oggi, sotto la prefettura di Pordenone. Le autorità, mentre Fidenato denuncia Greenpeace per l’irruzione sul suo campo e chiede un incidente probatorio, si ritrovano sotto assedio. Sotto tiro, però, finisce anche Giancarlo Galan, il ministro alle Politiche agricole, troppo ”tollerante” nei confronti degli ogm. E chissà che il Veneto a guida leghista, a sua volta, non ce l’abbia proprio con il precedessore di Luca Zaia. Di sicuro, il Friuli Venezia Giulia non si preoccupa per la dichiarazione di guerra: «La Regione ha fatto tutto quello che poteva e doveva, assolvendo appieno ai suoi compiti, e chiamando in causa la magistratura» afferma Violino.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 luglio 2010

 

 

Solo un secco no comment - L'imbarazzo di Lubiana
 

Silenzio assoluto. È questa la ”consegna” che sembra essere piovuta sugli organi di governo di Lubiana relativamente al ”No paper” relativo alla vicenda dei rigassificatori inviato all’Italia. Grande imbarazzo al ministero dell’Ambiente sloveno dove la portavoce del ministro afferma di non sapere nulla e anzi precisa che il ministero non avrebbe l’autorità di varare un tale documento essendo i suoi compiti esclusivamente collegati ai temi dell’ambiente. Risposta un po’ traballante visto che finora del contenzioso sono stati proprio i rispettivi ministri dell’Ambiente di Italia e Slovenia a trattare della questione con l’ultimo incontro del 24 maggio scorso a Trieste. La portavoce precisa poi di aver contattato anche il ministero dei Trasporti (nel documento si parla di porti e di infrastrutture) dove, a sua detta, nessuno ne saprebbe nulla. Ma la risposta forse più significativa, seppur nella sua brevità, giunge dal gabinetto della presidenza del governo sloveno il quale sollecitato sullo stesso tema chiude l’argomento con un secco «no comment». È chiaro, a questo punto, che il documento doveva rimanere riservato e viaggiare solo tra le pieghe della stretta diplomazia tra i due Paesi. Il fatto che sia diventato di pubblico dominio spiazza le strategie che si stavano elaborando.

Da un lato crea imbarazzo, e manda su ogni furia il sindaco di Capodistria, Boris Popovic. Dall’altro non trova conferme ufficiali nel governo sloveno il messaggio (non firmato) che alza la posta nel condizionare l’assenso di Lubiana al rigassificatore di Zaule, proponendo una sorta di patto leonino: Lubiana, suggerisce il documento, non si oppone più all’impianto di Gas natural a Trieste, e «il Governo della Repubblica italiana non si opporrà alla costruzione dei rigassificatore a Capodistria se la Slovenia decidesse di farlo costruire». Quel «se» mostra tuttavia che la decisione non è presa. NO AI VETI. «Due rigassificatori nel Golfo? La logica dice che sono troppi. Come uscire da questa situazione? Le diplomazie servono a trovare soluzioni condivise. E gli incontri ci sono stati e ci saranno. Ma, se non si trova l’accordo, nessuno può avere il diritto di veto, non la Slovenia, e nemmeno l’Italia». È il commento di Roberto Menia, sottosegretario all’Ambiente, che ne ha parlato ieri a margine delle novità sui voli di linea a Ronchi. «La Slovenia vuole fare un rigassificatore a Capodistria? Lo faccia, anche se ho visto che non tutti sono d’accordo - ha aggiunto Menia -, il sindaco di Capodistria mi pare aver espresso con chiarezza il suo pensiero. Ma sono problemi loro, non mi intrometto». UN MILIARDO. Popovic in effetti ha dato un giudizio sferzante sul governo sloveno nell’ipotesi che abbia davvero, e a sorpresa, deciso di avviare l’iter per il contestato rigassificatore, con annessa centrale elettrica, nell’area della Bonifica di Ancarano, 30 ettari nella zona del Porto, già individuati in base al progetto del valore di un miliardo di euro presentato dalla tedesca Tge Gas Engineering. Che proprio un mese fa ha vinto un ricorso al Tribunale amministrativo contro una delibera del ministero dell’Ambiente che nel 2009 le aveva negato il «permesso energetico». La pratica va rivista. INTERESSI. Dopo aver ribadito che le obiezioni slovene di natura ambientale sono «strumentali» e «nascondono altri interessi», Menia infine difende la soluzione del gasdotto sottomarino (che la Slovenia, in quel documento, chiede sia spostato a terra): «La Slovenia si è impegnata a far avere all’Italia le sue osservazioni ufficiali sul progetto entro la fine di luglio. Lo vuole interrato? Se così fosse, sarebbe un’altra osservazione pretestuosa - afferma il sottosegretario -, il gasdotto passa in acque interamente italiane, lontano dalle coste slovene, e costa meno della soluzione interrata. Comunque, a esprimersi e a decidere, sarà la commissione Via: dunque una commissione tecnica». SCETTICI. Ma che cosa dice chi si era molto appoggiato al «no» sloveno per la propria battaglia antirigassificatore, in nome dell’ambiente, e cioé l’associazione Alpe Adria Green? Il suo presidente, Roberto Giurastante, assicura: «Siamo in costante contatto, anche a livello europeo, con ambienti governativi sloveni e non ci risulta affatto che l’opinione su Zaule sia cambiata in senso favorevole, anzi: pare sempre in lavoro il ricorso alla Corte di giustizia europea. Né che ci siano progetti su Capodistria. Se poi que sto risultasse vero, e vera questa nuova trattativa - prosegue Giurastante - io credo che le reazioni nel mondo politico sloveno e nella società civile sarebbero forti, il Governo di Lubiana dovrebbe dare molte spiegazioni a tutti, rendendo chiare le cose. Ma spesso abbiamo ascoltato voci fatte girare ad arte, e non corrispondenti al vero». Alpe Adria Green promette una conferenza stampa a Lubiana per fine agosto, per fare il punto sul dialogo italo-sloveno a livello europeo. LE CARTE. «Chi ce l’ha tiri fuori la ”no paper”, cioé il documento sloveno» è invece la richiesta di Dario Predonzan, responsabile regionale energia e trasporti per il Wwf, che spinge perché si dia finalmente avvio a una procedura di Vas (Valutazione ambientale strategica) transfrontaliera. SCAMBIO. Predonzan peraltro aggiunge: «Che la lunga e tormentata vicenda dei rigassificatori in Alto Adriatico potesse risolversi in uno scambio, un ”do ut des” fra Governi, il Wwf lo aveva ipotizzato e paventato già da anni. Del resto già nel 2007 il ministero degli Esteri D’Alema aveva formulato la proposta: ammorbidimento sloveno sul rigassificatore di Trieste-Zaule in cambio di un accordo che comprendesse il sostegno italiano al raddoppio della centrale di Krsko e la collaborazione per la costruzione di un oleodotto tra Costanza e Trieste. Proposta sostanzialmente ribadita dal ministro Frattini meno di due anni dopo. Che la presunta intransigenza slovena sugli impianti di Gas Natural potesse prima o poi convertirsi in un atteggiamento ”mercantile” - conclude Predonzan - non deve quindi sorprendere».

GABRIELLA ZIANI

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 luglio 2010

 

 

Capodistria sbarra la strada al rigassificatore sloveno - Popovic: «Mai un rigassificatore a Capodistria»
 

TRIESTE «A Lubiana sono impazziti. Non lascerò mai che nella mia città sorga un rigassificatore». Altro che concorrenza al progetto di Zaule: il sindaco di Capodistria Boris Popovic è scandalizzato per l’idea in se stessa, emersa dalla proposta riservata (pubblicata ieri su queste pagine) che gli sloveni hanno inoltrato all’Italia. In quel documento c’è esplicita l’intenzione del governo di Lubiana di realizzare un rigassificatore proprio a Capodistria.

«Sono malati in testa tutti quanti. Non lascerò mai che questi cretini di Lubiana si comportino così». Un rigassificatore dietro il porto di Capodistria? Usato come merce di scambio tra Slovenia e Italia per acconsentire a quello di Gas natural nella baia di Zaule? Il sindaco di Capodistria, Boris Popovic, è scandalizzato per l’idea in se stessa, che vuol combattere con ogni mezzo, dai tribunali in su e in giù. Ma si dimostra anche indignato per il comportamento della politica, dei partiti, del suo governo. Così cade anche sulla sua testa come una pietra aguzza la notizia che ci sarebbe un accordo scritto, ma non firmato e dunque ancora informale, fatto arrivare da Lubiana a Roma. Nel quale Lubiana detta nuove condizioni per cambiar parere rispetto al pervicace «no» fin qui espreso in ogni sede, anche europea, al rigassificatore triestino. Chiede il nulla osta italiano a un pari impianto, da posizionare appunto a Capodistria, dietro il porto. Chiede che il gasdotto verso Villesse passi non per mare, ma per terra. Promette e chiede in cambio «non belligeranza» sull’ampliamento dei rispettivi porti. Fa intendere che da qui nasceranno fruttuose collaborazioni future in campo energetico. Il sindaco di Capodistria trasecola. «Io ho sempre sospettato che dietro quelle proteste si nascondesse qualcosa. Ma non avrei mai pensato che qualcuno avrebbe parlato, che sarebbe venuto allo scoperto. L’ex sindaco di Capodistria e l’ex ministro dell’Ambiente, oggi presidente del Parlamento - afferma Popovic - erano da sempre favorevoli a un rigassificatore a Capodistria, ben prima che ci pensasse l’Italia. Ma finché sindaco sono io, questo non accadrà. Naturalmente faranno di tutto perché io non resti sindaco, tutti i partiti vogliono farmi fuori, perché non mi controllano. Io sono onesto». Popovic ancora non ha digerito quello che considera il voltafaccia del presidente della Regione Renzo Tondo, appoggiato in campagna elettorale contro Illy solo perché aveva promesso «niente rigassificatori in golfo». Il precedentemente favorito Illy aveva perso il sostegno proprio per la sua politica in questo senso. Ma l’indignazione va oltre, assume un aspetto morale: «Non puoi - afferma accalorato il primo cittadino di Capodistria - batterti contro l’Italia parlando di pericoli per l’ambiente, e poi dire che il rigassificatore lo fai tu. I cittadini in Slovenia saranno contrari, su una cosa come questa può anche cadere il governo. E sarebbe quasi ora. Non gioca contro gli altri Stati, ma contro la propria gente. E questo è davvero troppo». Popovic, eletto per due volte con una sua lista indipendente, non digerisce. «Mai, mai e poi mai i nostri politici hanno parlato bene di Berlusconi, adesso si fanno fotografare con lui, amici qui e amici là». Cavolate a non finire, dice Popovic, e in realtà lo dice peggio. Quanto agli amici, Popovic mette una linea retta anche tra sè e l’«amico Dipiazza». «Su questo argomento non sono amico neanche un po’, glielo dico sempre ma non serve. Anche a Tondo ho rinfacciato le mancate promesse, mi ha risposto: ”Devi capirmi, tu hai gli elettori in Slovenia, e io li ho qui”». I conti son dunque tutti aperti, e anzi comincia una battaglia nuova. Mentre sull’intenzione di costruire a Capodistria il Parco del mare che Trieste ha cassato, Popovic conclude: «Lascio passare ancora agosto, poi chiedo un appuntamento al presidente della Camera di commercio, Paoletti. E vediamo che cosa fare. Dò tempo. Così che nessuno possa dire ”Capodistria ci ha portato via questo e quello”».

GABRIELLA ZIANI

 

 

DIPIAZZA «L'ambiente non c'entrava, solo interessi economici»
 

«Altro che problema ambientale. Lo dicevo io, e già in tempi non sospetti, che dietro al ”no” della Slovenia al rigassificatore c’erano piuttosto interessi economici». Il sindaco Roberto Dipiazza incassa almeno una soddisfazione, e peraltro il sospetto navigava da tempo in parecchie acque, e non solo nel golfo triestino. Finora si sapeva dell’idea di impiantare un rigassificatore, ma vicino all’isola di Veglia. Adesso dalle «carte diplomatiche» sull’asse Lubiana-Roma spunta la novità, forse già discussa a livello ministeriale: la Slovenia vuole un rigassificatore a Capodistria, al di là del golfo. E infatti anche Dipiazza lo precisa: «Si pensava a Veglia, non a questa sorpresa. Ma il rigassificatore dobbiamo farlo noi, perché ci abbiamo pensato per primi. Io comunque - concilia il sindaco - resto dell’avviso che in Adriatico c’è spazio per tutti, specie per una collaborazione. Il progetto di Gas natural va avanti, anche se la crisi forse rallenta tutto un po’». Intanto oggi sul tema sono attese comunicazioni in Giunta regionale del presidente Renzo Tondo : vedremo quali, il titolo era asettico. Chi vede il rigassificatore in alto Adriatico come un pericolo e un danno per l’ambiente avrà ora da meditare sull’ipotesi di raddoppio. E mentre non si sa a che punto di allestimento sia (tecnicamente parlando) l’intenzione, si registra una reazione molto cauta da parte di Gas natural , che attraverso i suoi portavoce commenta così: «Salutiamo con favore ogni disponibilità alle convergenze, ma le questioni internazionali pertengono ai governi italiano e sloveno, mentre Gas natural è un’impresa privata. Noi solo ricordiamo - prosegue la multinazionale spagnola - che il progetto di Trieste è concepito secondo la legislazione italiana, e obbedisce alle sue leggi». «Ben vengano sinergie e non conflittualità tra Italia e Slovenia per l’ampliamento dei porti di Trieste e Capodistria - scrive invece il consigliere regionale Sergio Lupieri (Pd) -, ma non è opportuno né accettabile che vengano poste condizioni sulla realizzazione di un gasdotto interrato tra Zaule e Villesse al posto di quello sottomarino, come inopportuna e inaccettabile è la proposta di accettare reciprocamente a Trieste e a Capodistria la presenza di un rigassificatore. Due rigassificatori così vicini raddoppiano rischi e negatività, mentre eventualmente un solo rigassificatore ”off shore” nel golfo di Trieste potrebbe servire sia Slovenia che Italia, con la migliore compatibilità ambientale per entrambe».

(g. z.)

 

 

La pista Unicredit per il futuro della Ferriera
 

«C’è un gruppo italiano molto importante che è interessato a investire nell’area della Ferriera di Servola». Ieri il sindaco Roberto Dipiazza ha ripetuto quanto affermato lunedì dinanzi anche ai sindacalisti al Tavolo sulla riconversione industriale dello stabilimento. Poi ha aggiunto: «Questo Gruppo è anche nelle condizioni di portare un imprenditore che potrebbe continuare con la produzione siderurgica per uno, due, tre anni per non buttare in strada i 500 e più dipendenti». Successivamente però prenderebbero corpo le vere finalità dell’investitore che sono legate ad attività logistiche. «Sono 34 ettari in posizione strategica - ha rimarcato il sindaco - ed è estremamente importante che vi sia questo interesse perché forse gli stessi dipendenti della Ferriera non hanno completamente compreso che potrebbe accadere da un momento all’altro che Mordashov dica: me ne frego e chiudo. Se fanno fallire lo stabilimento lo Stato poi non saprà a chi correre dietro: è essenziale invece impegnarsi subito per salvare i posti di lavoro e tentare di programmare il futuro». Dipiazza afferma che non c’è Arvedi, il gruppo di Cremona che produce laminati, tubi e nastri d’acciaio e che nel 2007 aveva aperto trattative d’acquisto, a celarsi dietro il misterioso investitore. «Non c’è alcuna notizia ufficiale o ufficiosa che possa far risalire a un interessamento di Arvedi per lo stabilimento triestino», ha affermato ieri Renato Crotti, responsabile relazioni esterne del Gruppo Arvedi. Nuove tracce portano invece a un presunto coinvolgimento di Unicredit impegnata nel progetto per il superporto Trieste-Monfalcone. «Un broker è stato dal vicepresidente Fabrizio Palenzona - rivela Maurizio Maresca vicepresidente di Unicredit logistic, la divisione creata dal gruppo bancario per sviluppare progetti logistici - per proporgli un coinvogimento di Unicredit (di cui Palenzona è il vicepresidente, ndr.) nella riqualificazione dell’area della Ferriera. È difficile però che il progetto possa fare passi avanti. Si finirebbe per ereditare la grana delle centinaia di dipendenti da riciclare e le necessità occupazionali delle attività logistico-portuali non sono quelle di uno stabilimento siderurgico. E poi va considerato che la spesa per la bonifica raggiungerebbe cifre colossali». «Un funzionario di Unicredit si è interessato all’area della Ferriera - conferma Bruno Binasco, top manager del Gruppo Gavio - posso invece affermare che il mio gruppo non ha alcuna mira su quella zona». Il Gruppo Gavio gestisce a Trieste il Terminal frutta, è entrato allo Scalo Legnami e ha presentato una proposta per realizzare, a prescindere dai finanziamenti statali, la Piattaforma logistica che dovrebbe sorgere proprio nell’area compresa tra la Ferriera e lo Scalo Legnami. Lo stesso Binasco afferma che in zona Ferriera i costi per la bonifica sarebbero stratosferici. È il motivo per cui, secondo voci, il Gruppo Gavio avrebbe rifiutato un coinvolgimento, che gli sarebbe stato comunque proposto, per la riconversione dell’area, preferendo puntare, con il sostegno della stessa Unicredit, al progetto della piattaforma che, dopo l’approvazione definitiva del Piano regolatore del porto ora al vaglio del Ministero dell’Ambiente, potrà essere creata con il tombamento tra i Moli Quinto e Sesto. E ieri mattina intanto il Comitato portuale ha rinnovato alla Servola spa l’autorizzazione a operare per altri quattro anni come terminalista portuale sebbene sia emerso come l’azienda non abbia fatto granché per limitare l’inquinamento a mare. A votare contro il rinnovo dell’autorizzazione sono stati soltanto il sindaco di Muggia Nerio Nesladek e il segretario regionale della Uiltrasporti, Gianpiero Fanigliulo.

SILVIO MARANZANA

 

 

Chiude la discarica di Gorizia - I rifiuti a Trieste fino al 2015
 

Smaltimento rifiuti: Gorizia si affida a Trieste. Dopo la chiusura della discarica di Pecol dei Lupi fissata per dicembre, tutti i rifiuti indifferenziati verranno condotti al termovalorizzatore giuliano. Dopodomani, nella sede di piazza Vittorio Veneto, le due amministrazioni provinciali firmeranno il protocollo d’intesa che prevede l’utilizzo dell’inceneritore di via Errera sino al 2015. «In sostanza andiamo a rinnovare il Protocollo d’intesa in scadenza. Nell’impianto triestino porteremo dalle 20mila alle 25mila tonnellate di rifiuti l’anno. Quanto ci costerà? Il precedente accordo fissava a 112 euro il costo per tonnellata. Il nuovo prezzo verrà stabilito dalle due società (Iris e AcegasAps, ndr) e sarà certamente inferiore rispetto a quanto spendevamo per lo smaltimento in discarica», dice l’assessore isontino all’Ambiente Mara Cernic aggiungendo che «stiamo lavorando per individuare una discarica in cui condurre le 5mila tonnellate annue che non possono essere smaltite nel termovalorizzatore». Due gli scenari: uno transfrontaliero che prevede l’utilizzo dell’impianto sloveno di Stara Gora, l’altro che «ci conduce dritti alle discariche udinesi o pordenonesi». Ogni anno la Provincia di Gorizia produce circa 70mila tonnellate di rifiuti: a regime il 65% andrà a riciclo, per il 35% rimanente c’è un percorso che si espliciterà a regime. Si prevede, pertanto, l’utilizzo (per 20mila tonnellate) del termovalorizzatore triestino, cinquemila tonnellate circa verranno inviate alla discarica di Stara Gora (Nova Gorica) o in altri impianti fuori provincia. In questa maniera - secondo la Provincia - si sopperirà senza alcun problema all’assenza di discariche sul territorio provinciale. E dopo il 2015, quando la convenzione con la Provincia di Trieste scadrà? «Se decideremo di realizzare il dissociatore, quel quantitativo di rifiuti sarà destinato a quell’impianto», chiude Cernic.

( f.f. )

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 luglio 2010

 

 

Rigassificatore, Lubiana detta le condizioni - Capodistria accelera, vuole il suo rigassificatore
 

TRIESTE Rigassificatore di Zaule, tra Italia e Slovenia ora si gioca a carte scoperte. Spunta una proposta di accordo riservata formulata da Lubiana che indica i termini della mediazione. La Slovenia dirà sì all’impianto di Zaule a patto che l’Italia non si opponga alla costruzione di un rigassificatore a Capodistria. E dà il via libera al gasdotto tra Zaule e Grado ma solo se le tubature passeranno a terra e non sott’acqua.

Dopo tanti ”no”, ”sì” (pochi in verità) e ”ma” ora sul rigassificatore di Zaule si gioca a carte scoperte. Dopo l’incontro del 24 maggio scorso a Trieste tra il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo e il suo omologo sloveno, Roko Zarnic dal quale si evinceva che il problema del rigassificatore di Zaule era «un ex questione spinosa» (parole della Prestigiacomo) oggi spunta un ”no paper” che letteralmente significa ”non documento”, ma che in termini diplomatici altro non è se non una proposta di accordo formulata da una delle parti in questione senza nessuna firma o sigla in calce. A scriverlo è la Slovenia, o meglio, il pool di tecnici e politici che negli ultimi mesi si sono occupati della questione. INTESA Il documento, in estrema sintesi, è una sorta di accordo sullo sfruttamento energetico nell’Alto Adriatico tra golfo di Trieste e quello di Capodistria. Innanzitutto Lubiana chiede che preventivamente l’Italia rinunci all’impianto off-shore nel golfo di Trieste. Pe quanto riguarda quello di Zaule, invece, «se saranno utilizzate le migliori tecnologie possibili e saranno ridotti al minimo eventuali impatti ambientali» la Slovenia è pronta a non opporsi se l’Italia farà lo stesso qualora «la Slovenia decidesse di far costruire» un rigassificatore a Capodistria, sempre rispettoso delle migliori tecniche e del minor impatto ambientale possibile. AMBIZIONI Della probabile costruzione di un rigassificatore alle spalle del porto di Capodistria si parla da anni (ne sono particolarmente interessati i tedeschi), ma ora dalle parole si passa ai fatti. Fatti confermati, peraltro, dallo stesso sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, in alcune dichiarazioni rilasciate ieri. Menia che conferma un’altra condizione presente nel ”no paper”, ossia la richiesta slovena che il gasdotto che dovrebbe collegare il rigassificatore di Zaule alle foci dell’Isonzo venga «costruito sulla terra ferma e non sul fondo del mare». Gasdotto che, come ricorda sempre Menia a breve riceverà la pronuncia della Commissione di valutazione di impatto ambientale. DO UT DES Ma non finisce qui. Un’altra importante parte del documento si sofferma sulle opere di ampliamento dei porti di Trieste e di Capodistria. E spunta una sorta di «do ut des» che era già trapelata proprio dai colloqui avuti a Trieste dalla Prestigiacomo e da Zarnic. Italia e Slovenia, si legge nel ”no paper” «si determineranno in modo positivo riguardo ai progetti di sviluppo dei porti di Trieste e di Koper/Capodistria e cercheranno di risolvere in un’atmosfera positiva, attraverso procedimenti d’ufficio, la valutazione d’impatti ambientali transfrontalieri ai sensi della Convenzione Espoo, ad altri trattati internazionali rilevanti in merito nonché alla legislazione comunitaria e nazionale, e ciò con l’obiettivo di elaborare il parere positivo nel tempo più breve possibile». SCALI In altri termini. L’Italia non crea problemi alla costruzione del terzo molo del porto di Capodistria e la Slovenia non pone obiezioni alla realizzazione della piattaforma logistica accanto al molo VII di Trieste non ché al ben più ambizioso progetto ”sponsorizzato” da Unicredit relativo agli ampliamenti dello scalo triestino e del porto di Monfalcone. ENERGIA Alla fine la ”ciliegina” per addolcire il tutto. Nell’ultima parte del ”no paper”, infatti, si legge che «il governo della Repubblica italiana e il governo della Repubblica di Slovenia convengono, nello stesso tempo, di appoggiare vicendevolmente altri progetti nei settori dell’energia e dei trasporti ai due lati del confine e di cercare, anche in merito a tutti gli altri progetti in Adriatico settentrionale e nell’area del Litorale, che attualmente sono in processo di progettazione o lo saranno in futuro da tutte e due le parti del confine, nel caso di procedimenti di valutazione transfrontaliera degli impatti ambientali soluzioni di consenso, prendendo in considerazione la Convenzione Espoo, altri trattati internazionali rilevanti in merito, nonché la legislazione rilevante comunitaria e nazionale». TRINCEA La situazione adesso è chiara. Lubiana non si opporrà al rigassificatore di Zaule se l’Italia si impegna a non opporsi a un simile impianto che sorgerà a Capodistria. La Slovenia si oppone al gasdotto sottomarino tra Zaule e Grado e chiede che lo stesso venga effettuato via terra. Chiede una sorta di tregua concordata sugli ampliamenti portuali di Capodistria e Trieste nonché nel settore dei trasporti (leggi Corridoio 5). Tutta la dietrologia fatta fin qui trova ora un ”non documento” che mette tutto nero su bianco. E se la non conflittualità tra l’ampliamento dei porti di Capodistria e Trieste appare come una possibilità molto concreta, la ”pace” sui rigassificatori diventa una nuova materia da discutere e su cui contendere, così come quella della realizzazione di un gasdoto interrato tra Zaule e Grado, opera titanica e dai costi esorbitanti che difficilmente l’Italia potrà accettare. ZERO Insomma, se ora si comincia a giocare a carte scoperte questo non significa affatto che si sia più vicini alla soluzione della questione. Anzi, l’impressione e che si rischi veramente di ripartire da zero.

MAURO MANZIN

 

 

Dipiazza: «Trovato un acquirente per la Ferriera»
 

«C’è l’interesse di un imprenditore a investire sull’area della Ferriera di Servola». Lo ha annunciato ieri il sindaco Roberto Dipiazza al Tavolo sulla riconversione industriale coordinato dal Comune, alla presenza degli stessi rappresentanti sindacali dello stabilimento. Non ha voluto essere più esplicito riferendo di trattative in corso e rimandando tutti a settembre con la speranza di avere notizie positive e ufficiali. Alexej Mordashov, il magnate russo che con una propria finanziaria è proprietario del 50,8 per cento del Gruppo Lucchini ha convocato le rappresentanze di tutti i siti produttivi italiani (Piombino, Trieste,, Condové in provincia di Torino, Lecco e Bari) per martedì 3 agosto a Piombino. «Siamo pressoché certi - ha affermato Vincenzo Timeo segretario provinciale Uilm - che intende mettere in vendita tutti gli stabilimenti che possiede in Italia e in Francia». La deadline per la Ferriera dunque rischia di passare dal 2015 o 2013, le date che dovevano segnare la cessazione dell’attività, all’anno in corso. E se già prima i sindacalisti avevano definito il Piano strategico elaborato dal sindaco e che comprende tra l’altro rigassificatore e Piattaforma logistica, centrale termoelettrica della stessa Lucchini e Porto Vecchio, un ”libro dei sogni” ora il pericolo che mille persone (470 della Ferriera, 200 della Sertubi e 300 dell’indotto) finiscano sulla strada pare dietro l’angolo. Alcuni dei sindacalisti hanno messo ieri in connessione l’annuncio di Dipiazza con un ritorno di fiamma per Servola da parte del Gruppo Arvedi. Nell’estate 2007 il gruppo di Cremona che produce laminati, tubi e nastri di acciaio aveva pensato a uno sviluppo dell’area servolana anche in chiave di logistica ed energia ventilando la possibilità della presentazione di un progetto industriale in grado comunque di segnare una svolta ambientale e di travalicare anche le date del 2013 e del 2015. Le trattative si erano però interrotte nello stesso autunno in attesa di un «chiarimento ambientale». «Dipiazza ha riferito che l’investitore si assumerebbe anche l’onere della bonifica - ha riferito la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat - ma credo che la convenienza economica dell’operazione sia ancora tutta da verificare e comunque ho invitato il sindaco a entrare nei dettagli della riconversione valutando le possibilità di inserimento a breve termine dei lavoratori che verranno espulsi dalla Ferriera anche in relazione all’età e al profilo professionale». L’annuncio fatto dal sindaco dietro porte rigidamente chiuse per giornalisti e fotografi, viene confermato anche dal presidente di Confindustria Trieste Sergio Razeto che afferma però di non conoscere i dettagli di un’alternativa anche occupazionale «che comunque - afferma - va identificata al più presto». L’assessore alle Finanze Sandra Savino ha confermato che la Regione produrrà interventi di sostegno a favore dei lavoratori e ha sottolineato come sia essenziale per lo sviluppo economico della provincia giungere finalmente alla firma sull’accordo di programma per le bonifiche. Presenti all’incontro anche il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli e Francesco Rosato direttore generale degli stabilimenti Lucchini. Animata la discussione sviluppatasi poi tra gli stessi sindacalisti all’uscita dal municipio. «Ci hanno continuato a prendere in giro», ha accusato Franco Palman, rsu della Uilm. Venerdì a mezzogiorno è stato fissato l’incontro sindacale che potrebbe riportare la protesta in piazza.

SILVIO MARANZANA

 

 

Bonifiche, scontro al Tar tra Acegas e ministero
 

L’Acegas-Aps ha notificato un ricorso al Tar contro il ministero dell’Ambiente. Il tema della disputa: un decreto del ministero stesso che in data 23 aprile ha imposto la bonifica dei terreni e delle acque di falda nell’area del depuratore di Zaule, che si trova nel Sito inquinato di interesse nazionale. Che siano terreni pesantemente inquinati è noto e certificato già dal 2004. Vi sono, nell’area non distante dal canale navigabile e che si estende per ben 48 mila metri quadrati, quantità di Ddt (l’insetticida inventato nel 1939 e fuori legge in Italia dal 1978, perché altamente cancerogeno); montagnette mai rimosse, alte quasi due metri, di materiale di deposito contaminato da clordano (un insetticida pure questo, che uccide per contatto, potenzialmente cancerogeno, pericoloso per il sistema nervoso, non solubile in acqua), e inoltre quantità superiori al consentito di metalli pesanti, il ministero cita nichel, ferro, manganese, boro, solfati. Per imporre ad Acegas-Aps la messa in sicurezza dell’area il ministero ha fatto base sulle Conferenze dei servizi del 21 dicembre 2009 e del 7 aprile 2010 indette per decidere le modalità (e il prezzo) delle bonifiche. I termini della prima non furono mai ratificati, perché sulla base della generale e ben nota contrarietà circa gli obblighi di spesa imposti ad artigiani e aziende dell’area Sin la Regione non controfirmò gli atti. La seconda ha apportato qualche modifica, qualche possibilità di alleggerimento dei costi per chi sta seduto sul Sito inquinato, e pare che il nuovo testo dell’accordo, così emendato, sia in procinto di approdare in Giunta regionale per una prima approvazione. Sarebbe la quindicesima bozza. Ma intanto Acegas-Aps contesta l’ingiunzione del ministero. Sulla base del fatto che la proprietà dei terreni e del depuratore è in capo al Comune, e la multiutility vi agisce solo in virtù di una convenzione (valida fino al 2027). Dunque non si ritiene titolare di obblighi di bonifica o messa in sicurezza. Il ricorso, firmato dal presidente Massimo Paniccia, assistito dagli avvocati Alessia Casali e Mauro Drigo della sede di Trieste, e Paolo Marzola della sede di Padova, parla di «eccesso di potere», «difetto di istruttoria», «erroneità dei presupposti», «mancanza di motivazione» e «contradditorietà», contesta la potestà decisoria di una Conferenza dei servizi e in ultima analisi chiede l’annullamento del decreto. «Non siamo noi i destinatari di un’ingiunzione di bonifica - esplicita l’avvocato Marzola -, operazione poi particolarmente complessa e onerosa, bensì il Comune proprietario dell’area. E se poi vale sempre il principio ”chi inquina non paga”, Acegas-Aps è proprio l’ultima ruota del carro in questo senso». «Già nel 2004, su richiesta del Comune - spiega Enrico Altran, ingegnere della Divisione acqua e gas di Acegas-Aps con sede a Trieste - noi abbiamo effettuato la caratterizzazione dei terreni, sui 48 mila metri quadrati del depuratore furono realizzati 20 sondaggi, e furono posizionati 9 piezometri». Quelli che appunto hanno individuato l’inquinamento anche delle acque di falda. C’è dunque il pericolo che il depuratore più «moderno» dei tre attivi a Trieste sia stato in quale modo vettore in mare di inquinanti così pericolosi come clordano e Ddt, oltre che di metalli? «Assolutamente no - risponde Altran -, il depuratore casomai, trattando le acque reflue, lo ha impedito, e inoltre Ddt e clordano non sono solubili in acqua». Che cosa ci fosse sotto, in quei terreni dove più si cerca più si trova, lo stesso ingegnere non è in grado di dirlo con esattezza, ma certamente si trattava - come nelle aree adiacenti della zona industriale - di materiale di riporto. «Perché quando si dovettero sistemare le vasche del depuratore - ricorda Altran - si scoprì che il terreno non aveva ”portanza”, dunque per sostenere le vasche fu realizzata una base di pali. Per di più - aggiunge - non vi è in zona alcun prelievo di acqua, i pozzi furono chiusi già 30 anni fa perché c’erano infiltrazioni dal mare, e rischio di acqua salata dai rubinetti».

GABRIELLA ZIANI

 

 

Bollino qualità e ambiente - Via libera a Trieste Trasporti
 

Dopo la certificazione di Qualità, il riconoscimento del Sistema di gestione ambientale secondo la norma Uni En Iso 14001:2004. È questo il nuovo traguardo che Trieste Trasporti si è prefissata di raggiungere. E, per riuscirci, ha aperto le porte agli incaricati di Tüv Italia, ente indipendente di certificazione ed ispezione appartenente al gruppo Tüv Süddeutschland, fondato nel 1870. Per tre giorni gli ispettori del Tüv hanno effettuato, assieme al team interno della società, un attento e scrupoloso controllo degli impianti e degli uffici dei diversi siti aziendali, nonché varie ispezioni lungo le linee cittadine, verificando tutte le diverse procedure e i processi dichiarati a sistema. L’impegno dell’ente certificatore è quello di verificare l’adeguatezza del "sistema aziendale" e garantire un servizio o prodotto finale rispondenti a standard di efficienza ed affidabilità nel tempo. Al termine dei controlli, informa in una nota la Trieste Trasporti, gli auditor non hanno rilevato alcuna ”non-conformità”, rilasciando pertanto parere positivo all’ottenimento della certificazione Ambientale, integrata con quella della Qualità. «Il giudizio finale espresso dagli ispettori dell'organismo di certificazione - fa sapere ancora l’azienda di trasporto pubblico - è stato molto positivo, collocando di fatto la Trieste Trasporti fra le migliori aziende italiane valutate finora sotto l'aspetto attuativo del Sistema integrato Qualità-Ambiente nel trasporto pubblico locale. È ora intenzione della Trieste Trasporti intraprendere il percorso per ottenere la certificazione sulla Sicurezza secondo le norme Ohsas 18001:2007, obiettivo che consentirebbe alla spa di completare il processo di integrazione del proprio Sistema di Gestione secondo i migliori standard internazionali». «Trieste Trasporti è certificata già dal 2001, primo anno di attività - prosegue ancora la nota - e ha sempre avuto un’attenzione particolare verso lo sviluppo della politica per la Qualità e ad un’effettiva partecipazione di tutto il personale per il mantenimento del Sistema, secondo i precetti stabiliti dalla norma Uni en Iso 9001:2008. La politica di gestione ha come obiettivo la produzione di un servizio che riesca a coniugare i parametri di redditività e di efficienza con le esigenze della collettività per cui opera».

 

 

Energia verde, progetti targati Trieste
 

Si progetta a Trieste il futuro dell’energia verde in Italia. Otto progetti per la produzione e l’uso di energie alternative che entreranno a far parte del Piano energetico del Ministero dell’Ambiente sono stati concepiti da Area science park nell’ambito di uno studio denominato Enerplan. È un progetto pilota strategico che consente al Ministero di sperimentare, tramite Area, soluzioni innovative nei settori chiave della produzione di energia da fonti rinnovabili, dell’edilizia ecosostenibile e del recupero energetico nelle attività produttive. L’accordo è stato presentato ieri dal sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, dal direttore generale del Ministero Corrado Clini e dal presidente di Area science park Giancarlo Michellone. «Le soluzioni che emergeranno da Enerplan - ha sottolineato Clini - saranno offerte a livello nazionale, oltre che internazionale. Ci aspettiamo nel giro di 12-24 mesi un primo follow-up da utilizzare nell’ambito della strategia nazionale energetica». «L’Italia - ha spiegato Menia a margine dell’incontro - intende avvalersi di un mix energetico composto al 50 per cento di energie da fonti fossili, al 25 per cento dal nucleare e al 25 per cento di energie da fonti rinnovabili. Non c’è alcuna contraddizione tra l’energia verde e quella nucleare considerato oltretutto che il nostro Paese è circondato da 180 centrali nucleari delle nazioni circostanti». Sullo sfondo, come osservato da Clini c’è anche l’obiettivo di ridurre del 25 per cento la domanda interna di energia entro il 2020. In questo campo Trieste può recitare un ruolo forte non solo per l’energia verde, ma anche con il rigassificatore «che - ha sottolineato Menia - continua il proprio iter autorizzativo, mentre a breve la Commissione tecnica si pronuncerà sulla Valutazione d’impatto ambientale per il metanodotto». È la pipeline che dovrà allacciare l’impianto alla rete nazionale. Enerplan oltretutto sarà una piccola valvola di sfogo per l’occupazione intellettuale locale. «Creeremo 50 posti di lavoro per tre anni - ha sottolineato Michellone - da subito ci servono alcuni ingegneri». Cinque degli otto progetti (laboratori e impianti dimostrativi) verranno realizzati all’interno di Area science park, altri tre rispettivamente a Gorizia, Udine e Pordenone. L’investimento complessivo è di 6 milioni 805 mila euro con fondi al 50 per cento del Ministero. Nel dettaglio si tratta di pompe di calore che possono sostituire le caldaie, di cappotti termici per la diffusione di caldo e freddo all’interno di fabbricati, di recuperatori energetici di aria esausta, di un impianto di cogenerazione con un motore a metano accoppiato a pannelli fotovoltaici, di un impianto di cogenerazione con turbine a gas, di un sistema di illuminazione stradale a Led, di una piattaforma hardware e software per il monitoraggio di dati relativi a sostanze contaminanti, inquinanti e tossiche e di un sistema per la raccolta di biomassa dai terreni di aziende vitivinicole. Compiacimento è stato espresso da Menia per la rapidità con cui si è mossa Area, rincrescimento invece per il fatto che Regione e Comune di Trieste non abbiano inviato, con altrettante celerità, la documentazione per mettere a punto un altro accordo siglato con il Ministero. Questo include in particolare un progetto per la valorizzazione della Costiera dal punto di vista dei servizi, della mobilità, del patrimonio naturalistico e del sistema edilizio, un progeto per il museo del Castello di San Giusto e uno per l’energia fotovoltaica su alcuni palazzi comunali. Un altro accordo fatto con il Comune di Duino Aurisina riguarda un progetto per l’eliminazione delle automobili da tutte le zone a mare.

SILVIO MARANZANA

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 26 luglio 2010

 

 

Ferriera, si riunisce il tavolo sullo sviluppo
 

RICONVERSIONE È una giornata importante, quella di oggi, per il futuro economico della città. Nel pomeriggio, alle 14, si riunisce infatti in municipio uno dei tre Tavoli aperti nell’ambito della riconversione della Ferriera, quello dedicato allo sviluppo economico del territorio che viene coordinato dal Comune. «Ho redatto un vero e proprio Piano strategico del futuro della città in cui credo fermamente», aveva preannunciato qualche tempo il sindaco Roberto Dipiazza. E informalmente ai rappresentanti dei lavoratori di Servola proprio il primo cittadino aveva già anticipato il dossier nel quale vengono messi in fila diciotto progetti per complessivi quattro miliardi di investimenti, in parte già acquisiti, che dovrebbero essere in grado di far decollare il territorio di Trieste nei prossimi anni. Ma i sindacalisti della Ferriera di Servola nell’assemblea di giovedì scorso hanno definito quel dossier come un libro dei sogni. «Se lunedì (oggi, ndr) non otterremo risposte più concrete - hanno dunque annunciato - porteremo la protesta in piazza».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 25 luglio 2010

 

 

Sospesa sul Carso la caccia ai cinghiali: gli spari rovinano l udito alle guardie
 

Sparare è un dovere, ma rischiare di assordarsi e di rovinare l’udito perché il fucile è troppo rumoroso è un problema. Meglio chiedere lumi e approfondimenti all’Azienda Sanitaria, per capire quanto e come si possa far fuoco senza creare problemi alle proprie e altrui orecchie. Così ha deciso la Provincia, accogliendo le istanze delle proprie Guardie Ambientali preoccupate per le loro orecchie impegnate dagli spari effettuati per ridurre i selvatici, una soluzione che permette ai cinghiali delle colline triestine di tirare un sospiro di sollievo e di scorrazzare liberamente lungo le scarpate e le fratte della periferia. I sei guardiacaccia provinciali, almeno per il momento, hanno dunque messo la sicura ai propri fucili, sospendendo da circa una mese a questa parte la caccia in deroga ai cinghiali del circondario del capoluogo in cui erano impegnati. Una misura concordata dalla Provincia a livello regionale per porre freno alle continue incursioni degli ungulati nelle coltivazioni, negli orti e nei giardini di diverse proprietà del comprensorio suburbano della città e del Carso. Incursioni denunciate a più riprese da residenti e operatori, con particolare riguardo dai viticoltori e agricoltori. Tanto da necessitare interventi di prelievo da parte dei guardiacaccia provinciali in deroga a quanto già previsto nei piani di abbattimento regionali delle riserve di caccia triestine. Circa una mese fa, però, sono arrivati i risultati delle rilevazioni sul rumore cagionato dagli spari, una verifica, a quanto pare, chiesta lo scorso febbraio dalle organizzazioni sindacali a tutela della salute delle guardie. Risultati che palesano come un singolo sparo superi in modo significativo la soglia di decibel capaci di cagionare dei danni all’orecchio di chi imbraccia il fucile. Si sa che buona parte dei cacciatori dispone di un padiglione più provato dell’altro, proprio quello più vicino alla camera di scoppio della cartuccia. Ma le guardie provinciali hanno chiesto di essere tutelate in tale senso. Palazzo Galatti ha recepito prontamente la richiesta. Rilevato che l’utilizzo di cuffie protettive impediva la percezione dell’ambiente circostante, l’ente ha sospeso il prelievo in deroga, fermando gli abbattimenti alla ventina sinora effettuati, rispetto al centinaio stabilito per l’anno in corso. Una manna dal cielo per i cinghialotti indigeni e non. Per imbracciare nuovamente il fucile, ci vorrà ora una prescrizione specifica dell’Azienda Sanitaria che concederà ai guardiacaccia, è da presumere, di poter sparare un numero limitato di colpi in modo da non esporre il proprio udito a danni di sorta. «E’ necessario rispettare le normative in tema di salute e sicurezza – interviene il vicepresidente e assessore all’agricoltura e alla caccia provinciale Walter Godina – e dunque non posso che comprendere le nostre Guardie Ambientali. Spero che la questione si risolva in tempi brevi, visto che accanto alla tutela del nostro patrimonio faunistico è necessario però tutelare anche i nostri concittadini dall’invadenza dei cinghiali. Mi sembra però importante aggiungere quanto la nuova normativa sulla sicurezza stia gravando con ulteriori incombenze i nostri operatori. Mi sembra che dover vigilare sulla sicurezza altrui, come già egregiamente fanno altri corpi d’arma, sia un altro aggravio alla loro già pesante e articolata attività».

MAURIZIO LOZEI

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 24 luglio 2010

 

 

L'Authority spinge il rigassificatore di Zaule
 

«Auspico almeno un rigassificatore nell’Alto Adriatico. Italiano». Anche la Slovenia vuole un impianto? Una sfida con Trieste o ci sarà spazio per la convivenza? Alessandro Ortis, presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, ”tifa” per tutte le infrastrutture «utili» ma, nello specifico, non ha dubbi: «Serve un rigassificatore italiano». La preferenza, anche della giunta regionale conferma Luca Ciriani, è per il terminal a terra di Zaule. A Udine, dopo un incontro con Renzo Tondo, gli assessori Ciriani e Federica Seganti, il direttore del settore tariffe dell’Autorità Egidio Fedele Dell’Oste, il friulano Ortis incontra i giornalisti sui vari temi dell’energia annunciando anche, con la Seganti, che l’Agenzia per la cooperazione dei regolatori europei, operativa a Lubiana dal prossimo anno, sarà diretta dal triestino Alberto Pototschnig, «candidatura sostenuto con successo dall’Autorità assieme al governo, al vicepresidente della Commissione Tajani e ai nostri parlamentari europei». Tra i compiti dell’Agenzia «promuovere l’armonizzazione delle regole a livello di Ue e facilitare gli investimenti, anche per meglio integrare i mercati dell’energia elettrica e del gas, per ampliare e rendere più efficienti gli scambi transfrontalieri, a beneficio dei consumatori finali». L’Agenzia potrebbe anche aiutare le imprese regionali a pagare di meno l’energia. Problema chiave in un Friuli Venezia Giulia «per cui si prevede un aumento dei consumi che imporrà la necessità d’importazione». In una regione strategica per posizione geografica due sono le conseguenti priorità, rimarca quindi Ortis, «il rafforzamento delle linee, per scongiurare qualsiasi rischio di blackout, e la convenienza economica, che si ottiene attraverso lo sviluppo delle reti sia dell’energia elettrica che del gas. Lo stesso sviluppo delle energie rinnovabili dipende dall’avere reti adeguate che devono guardare non solo al trasporto dell’energia, ma anche alla capacità di ricevere e distribuire quella prodotta pure da piccole fonti». Un deciso appoggio, dunque, a rigassificatori, potenziamento dei metanodotti e degli stoccaggi: «In regione ci sono progetti che mi auguro trovino rapida attuazione - afferma Ortis - dato che Friuli Venezia Giulia e l’intero Paese hanno bisogno di aumentare le capacità di importazione per approfittare di quello che sta succedendo sui mercati internazionali del gas dove è comparso il gas cosiddetto non convenzionale a prezzi interessanti». Di qui l’importanza delle opere infrastrutturali. Il rigassificatore italiano nell’Alto Adriatico ma anche gli elettrodotti: si attendono i via libera statali per l’impianto Udine Ovest-Redipuglia e regionali - con Ciriani che assicura che «quello energetico è un tema centrale per lo sviluppo del territorio» - per la linea Somplago-Würmlach, «collegamenti elettrici sicuramente importanti», dice Ortis. Meglio l’elettrodotto interrato o quello aereo? «La soluzione interrata costa di più e pone problematiche di sicurezza maggiori». «Come presidente dell’Autorità - conclude - posso d ire che sul mercato e sulla borsa elettrica abbiamo inserito prodotti interessanti, che riguardano i contratti a lungo termine per l’energia elettrica, per favorire qualsiasi iniziativa industriale dal lato della produzione».

MARCO BALLICO

 

 

«Nucleare, c è bisogno di più sicurezza»
 

La parola "nucleare" genera sempre inquietudine: visioni da film fanta-catastrofico, in cui la civiltà viene spazzata via da uno scienziato pazzoide. Oppure in chiave terroristica, vista la non remota possibilità che del materiale radioattivo finisca nelle mani sbagliate. Ma anche in quanto appetibile risorsa per i paesi emergenti favorevoli al "rinascimento" nucleare interessati a produrre energia low cost. A prescindere dall'uso, è dunque un argomento che riguarda da vicino tutta la comunità internazionale, in primis dal punto di vista della sicurezza nucleare, condizio sine qua non, affinché il pianeta e tutti noi, non entriamo a far parte del cast di un eco-thriller. Dal prossimo anno gli specialisti in tema di sicurezza verranno addestrati a Trieste: in aprile, infatti, apre la prima Scuola di Sicurezza Nucleare mondiale all'interno dell'Ictp, l'Istituto internazionale di fisica teorica di Miramare, che formerà una nuova classe professionale nei paesi in via di sviluppo, per gestirne l'uso sicuro secondo gli accordi internazionali. «Il campo è quanto mai vasto - ha spiegato il vicedirettore dell'Ictp e futuro direttore della scuola Claudio Tuniz nel corso della conviviale del Rotary Club Trieste - bisogna però distinguere tra safety, che concerne la salute, e security, invece, che riguarda le politiche messe in atto per prevenire episodi di terrorismo e la protezione dei materiali nucleari, oggetto di contrabbando, mercato nero o semplicemente stoccati impropriamente». I paesi della comunità internazionale perseguono da anni politiche condivise per proteggere il pianeta dall'uso improprio del nucleare». «Nel 1970 – ha continuato – è stato firmato il Tnpan (Trattato di non proliferazione delle armi nucleari) cui hanno aderito 189 nazioni, ma a cui non hanno sottoscritto India, Pakistan e Israele, e nel 1963 il Ctbto (Trattato bando esperimenti nucleari). Mentre per la salvaguardia internazionale è stato fondata la Iaea - l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, da cui sono esclusi Iraq, Corea del Nord e Iran - i cui ispettori-detectives setacciano il globo compiendo visite senza preavviso nelle strutture nucleari. Per non parlare, ha aggiunto, della proliferazione dei materiali radioattivi dopo la fine dell'Urss, come le bombe "sporche" al Cobalto o al Cesio, l'Uranio arricchito, le sorgenti radioattive dormienti, o il Polonio 210, salito alla ribalta per essere stato usato per uccidere l'ex 007 russo Litvinenko.

Patrizia Piccione

 

 

L'Ogs va a caccia di alghe tossiche
 

Va a caccia di alghe tossiche il Dipartimento di oceanografia biologica (BiO) dell’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale (Ogs). È stato infatti firmato un accordo di collaborazione di durata triennale con l’Istituto superiore di sanità (Iss) che affida all’Ogs di Trieste il compito di effettuare attività di monitoraggio e di ricerca sulla qualità delle acque in modo da garantire un intervento tempestivo e una risoluzione appropriata da parte dell’Iss qualora si presentassero problemi che mettono a rischio, in modo più o meno diretto, la salute umana. L’attività di controllo degli ambienti acquatici e delle acque di balneazione viene istituzionalmente svolta dall’Arpa, l’Agenzia regionale di protezione ambientale. Però agenti chimici o biologici, normalmente non oggetto di indagine, possono venir introdotti accidentalmente o intenzionalmente oppure essere portati dalle correnti e dunque rappresentare una minaccia per le popolazioni: sono quasi sempre invisibili, ma possono risultare nocivi per l’organismo. È qui che si inserisce l’attività dell’Ogs. «Stiamo tenendo d’occhio da più di dieci anni il fenomeno delle alghe tossiche - spiega Paola Del Negro, biologa marina e braccio operativo della collaborazione - e possediamo corpose serie storiche dalle quali possiamo ricavare dati per proiezioni future. Abbiamo tra l’altro raccolto un centinaio di campioni di batteri rinvenuti sia nelle nostre acque che in quelle antartiche per i quali è già stata fatta una classificazione. Secondo Enzo Funari, responsabile dela collaborazione per l’Iss «si crea così un importante laboratorio pilota per comprendere le migliori strategie di prevenzione, ma anche di intervento per tutelare contemporaneamente l’ambiente e la salute umana». E a detta di Renzo Mosetti, responsabile di BiO, «lo scambio di informazioni e di dati relativi agli ecosistemi acquatici e alla fisiologia degli organismi che li abitano permetterà di affrontare situazioni a rischio e di aumentare il controllo sulla qualità delle acque che l’Arpa già effettua». E sempre per la tutela dell’ambiente marino, scatterà lunedì 2 agosto e si protrarrà per trenta giorni il fermo della pesca in Adriatico per quel che riguarda i sistemi di strascico e volante. È uno stop, relativo a queste due modalità di pesca, che dovrà essere applicato anche nel golfo di Trieste. Ne sono esenti infatti soltanto i compartimenti di Pescara e di Ortona che invece adotteranno lo stesso periodo di fermo che è previsto per i litorale tirrenici e che scatterà il primo di settembre per rimanere in vigore fino al 30 dello stesso mese.

 

 

FareAmbiente: «Crediamo nello sviluppo sostenibile»
 

«La nostra è la politica del “fare” contrapposta al no indiscriminato, spesso usato dai movimenti che dicono di tenere all’ambiente e alla natura». Il responsabile di zona e coordinatore regionale Giorgio Cecco ha presentato così ieri mattina, in piazza Unità, il movimento ecologista europeo FareAmbiente Trieste. Si tratta di un’associazione onlus che si propone di rendere concretamente ed effettivamente possibile lo sviluppo sostenibile del territorio. «Grazie all’aiuto di cittadini che conoscono, abitano e vivono il territorio, esperti di ambiente e professionisti di vari settori, ci proponiamo di portare avanti molteplici iniziative e di vigilare affinché si possano promuovere la valorizzazione e la tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, senza dimenticare flora, fauna e specie deboli o in via di estinzione», ha aggiunto Cecco. Il movimento conta già oltre 20mila iscritti in tutt’Italia, e opera a livello comunale, provinciale e regionale. Tra poco verranno aperti i laboratori anche a Muggia e Duino Aurisina.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 23 luglio 2010

 

Lucchini, Mordashov non lascia l Italia
 

TRIESTE Nessuna ricapitalizzazione per il Gruppo Lucchini, almeno per ora. Appare come un braccio di ferro quello tra l’azionista di maggioranza, Alexey Mordashov a cui il colosso siderurgico russo Severstal (di cui è sempre lui l’azionista di riferimento) ha ceduto il gruppo di Brescia (da cui dipende anche la Ferriera di Servola) e le banche che vantano crediti per quasi 800 milioni. Il management di Brescia è a Mosca in questi giorni per incontri con Mordashov e il ceo di Severstal international Sergei Kuznetsov, ieri si è tenuta pure l’assemblea degli azionisti della Lucchini di cui fanno parte Piombino e la Ferriera. Si è deciso per ora di non ricapitalizzare come vorrebbero le banche. L’ipotesi iniziale è che Mordashov si preparasse a ricapitalizzare il gruppo con 100-150 milioni, condizione richiesta dalle banche per sbloccare le trattative sulla rinegoziazione del debito. A fare pressioni oltre a Mps c’è Unicredit, Banco popolare, Bpm e Intesa. Nulla da fare per ora: con le banche comunque è prevista una nuova fase di incontri in settembre. Resta in piedi l’opzione di vendita ma «non è la priorità assoluta per azionisti e management». Mordashov intende «finalizzare e attuare il business plan» che è in corso di «analisi approfondita da parte degli azionisti». E per spiegare cosa intende fare, e per discutere del piano, Mordashov verrà in Italia a Piombino i primi di agosto. Ad annunciarlo e a spiegare cos’è accaduto a Mosca è l’amministratore delegato della Lucchini, Marcello Calcagni che ieri ha inviato una lettera ai dipendenti. Una comunicazione attesa febbrilmente a Trieste, ma soprattutto a Piombino dove proprio ieri oltre il 90% dei dipendenti ha aderito allo sciopero di tre ore indetto da Fim, Fiom e Uilm. C’è stata anche una manifestazione davanti alla direzione con oltre 500 persone. C’erano anche le istituzioni: sono decine le aziende che rischiano di chiudere. Il presidente della Toscana ieri addirittura ha invocato un confronto tra il presidente Silvio Berlusconi e quello russo Dimitri Medvedev per avere assicurazioni su Piombino. Ma a dare assicurazioni ci ha pensato l’ad Calcagni scrivendo che «l’obiettivo è quello di rimanere leader nella produzione di acciaio sul mercato italiano e raggiungere un accordo con tutti i portatori di interesse su una configurazione industriale e una struttura del capitale che ci permetteranno il successo nel lungo periodo». Tre gli elementi in esame: miglioramento del «product mix» sulla base delle condizioni mutate del mercato, ulteriori sinergie all’interno del Gruppo Lucchini, forte miglioramento e integrazione dei processi operativi. A dare ulteriore chiarezza ci penserà lo stesso Mordashov assieme ai manager nella sua visita-confronto a Piombino i primi di agosto.

GIULIO GARAU

 

 

Ferriera di Servola, operai pronti a scendere in piazza
 

TRIESTE Stanno per tornare in piazza i lavoratori della Ferriera «stanchi del comportamento imbelle - hanno accusato - di tutte le amministrazioni locali». La tensione all’interno dello stabilimento è salita ai livelli di guardia e ieri un’animata assemblea affollata da centocinquanta dipendenti ha proclamato lo stato di agitazione con un solo voto contrario. La protesta clamorosa potrà essere evitata soltanto se indicazioni positive e concrete emergeranno nell’incontro programmato per le 14 di lunedì prossimo con il sindaco Dipiazza.

 

 

Villesse, il metanodotto frena il rigassificatore
 

Da quali labbra deve pendere Gas Natural se vuole la benedizione per fare il rigassificatore a Zaule? Da quelle dello Stato, della Regione o del Comunedi Trieste? Sostanzialmente da tutte e tre, se si considera ciò che è uscito ieri dall’audizione dell’attuale assessore regionale all’Ambiente, Elio De Anna, e del suo direttore centrale Roberto Della Torre, promossa dal presidente della Quarta commissione del Consiglio regionale competente in materia, Alessandro Colautti, su proposta di Sergio Lupieri del Pd. Il consigliere triestino di piazza Oberdan aveva infatti chiesto di sapere a che punto fosse l’iter autorizzativo. Ma le risposte, a quanto si è sentito, non si sono limitate a tale quesito, che si è rivelato forse, a conti fatti, il meno soddisfatto. Vaga, molto vaga, è stata anzitutto la risposta numero uno, quella sui tempi. «Alla Regione - così De Anna - una volta arrivato il parere di Via dal ministero dell’Ambiente compete l’attività di autorizzazione. Il ministero dello Sviluppo economico ci ha comunicato che la Regione non avrebbe potuto procedere finché non fosse arrivato dal ministero dell’Ambiente l’altro parere di Via sul metanodotto della Snam per lo snodo di Villesse». Ebbene, la seconda Via sarebbe sì vicina, ma di quanto gli uffici regionali non lo sanno proprio. «L’iter - la puntualizzazione di Della Torre - sembrerebbe a buon punto. Se la Via si fosse già conclusa, ma di questo non abbiamo ancora avuto notizia, a breve potremmo riprendere il percorso autorizzativo come Regione». Una Regione che, però, più per indirizzo politico che istituzionale, ora sarebbe pronta ad alzare la voce con il Governo amico, interfacciato oltretutto da un sottosegretario all’Ambiente che è triestino: Roberto Menia. «Ieri (mercoledì scorso , ndr ) - l’ammissione dello stesso De Anna - in giunta si è aperta una discussione. Quando lo Stato ci dice ”non potete autorizzare niente fino a quando non vi diamo la seconda Via sul metanodotto”, a me suona come un ”l’autorizzazione finale ve la diamo noi”. Per questo faremo azioni concrete, nelle sedi giuridiche e istituzionali, per rivendicare questa competenza che, formalmente, peraltro ci viene già riconosciuta». Ma a rivendicare non è mica solamente la Regione. Pure il Comune di Trieste reclama un ruolo decisivo. Lo fa con il consigliere comunale e soprattutto regionale, del Pdl, Piero Camber, ieri presente alla parte finale dell’audizione. Pesante il suo ammonimento: «Ricordo che il Consiglio comunale ha già votato contro il rigassificatore due volte. La Regione potrà dare certo la sua autorizzazione, ma poi servono altre cose, a partire dalle concessioni edilizie». Che spettano a chi? Al Comune, ovviamente. «E allo stato attuale - rincara la dose l’esponente berlusconiano - queste sono cose che non si intendono dare dal momento che non si capisce quali possano essere i benefici per la nostra città. Avevamo chiesto una quota di partecipazione del 30% per AcegasAps, ci hanno offerto un misero 8%. E le royalties? Non hanno mai voluto rispondere. Finora abbiamo avuto a che fare con un soggetto che non conosciamo affatto». E qui Camber ha incrociato l’approvazione di Lupieri, che era stato precedentemente contestato, invece, dall’altro consigliere triestino d’area forzista, Maurizio Bucci, secondo cui «la richiesta di audizione di oggi (ieri ndr ) è sostanzialmente inutile e dettata da opportunità partitiche in vista della campagna elettorale del 2011». Lupieri però ha incassato e rilanciato, proponendo a De Anna una giornata d’approfondimento con tutti gli assessori coinvolti, alla presenza delle associazioni ambientaliste e civiche: «La Regione - ha detto il rapppresentante del Pd - deve riconoscere una determinata competenza al territorio. È giusto che questo possa dare il proprio assenso, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà».

PIERO RAUBER

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 luglio 2010

 

Ferriera, tavolo sull ambiente il 3 agosto
 

«La Lucchini non presta sufficiente attenzione alla questione dell’inquinamento causato dall’attività della Ferriera di Servola e non ha messo in atto i correttivi sufficienti per ridurlo». Lo ha affermato ieri l’assessore provinciale all’Ambiente Vittorio Zollia dopo aver incontrato i tecnici dell’Azienda sanitaria rappresentata dai dirigenti Marina Brana e Valentino Patussi e dell’Arpa con il direttore provinciale Stelio Vatta. L’incontro di ieri ha evidenziato le forti concentrazioni di benzene e gli sforamenti anche per quel che concerne le polveri sottili Pm 10. «L’inquinamento da benzene è nettamente peggiorato da marzo in qua - ha rilevato Zollia - e anche se non può venir imputato il 5 per cento medio di sforamenti che va calcolato sull’intero arco dell’anno, sono già stati registrati picchi elevatissimi. Ciò che è più grave è che l’azienda non presta sufficiente attenzione a una situazione che anziché migliorare, pare in via di peggioramento». Sull’esistenza di un fenomeno di assoluta gravità avrebbe concordato non soltanto l’Ass, com’era già emerso in situazioni precedenti, ma anche l’Arpa. Secondo la Provincia (la stessa posizione secondo quanto riferisce Zollia è propria anche della presidente Maria Teresa Bassa Poropat) la comparazione non va più fatta tra posti di lavoro e imbrattamento, bensì tra posti di lavoro e salute di tutti i cittadini. Per questo motivo i dirigenti dello stabilimento sono stati convocati a dare spiegazione dei mancati correttivi al Tavolo sull’ambiente, che dei tre Tavoli allestiti riguardo al futuro della Ferriera è quello coordinato dalla Provincia, che è stato convocato per martedì 3 agosto. In quella sede interverrà anche l’assessore regionale all’Ambiente Elio De Anna oltre al Comune di Trieste. «È ora che la politica prenda una posizione precisa e defintiva - ha affermato ieri Zollia - e in questo senso la Provincia dopo aver sentito le spiegazioni dei responsabili della Lucchini interverrà con decisione nei confronti della Regione». Se le spiegazioni non verranno considerate esaudienti, non è escluso che Provincia e Comune invitino la Regione a ritirare l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) alla Ferriera. Il procedimento per l’Aia è stato riaperto dalla Regione proprio a seguito di una serie di rilevazioni recenti con dati che l’assessore De Anna aveva giudicato allarmanti.

(s.m.)

 

 

Effetto gas serra sul Friuli Venezia Giulia Estati africane e il 40% di piogge in più
 

TRIESTE Mancano poco meno di novant’anni alla fine del secolo e già c’è chi si domanda come sarà il clima che lasceremo in eredità ai nostri nipoti. Filippo Giorgi, fisico e climatologo del Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam (Ictp), ed Erika Coppola, giovane ricercatrice del suo gruppo, hanno da poco pubblicato un articolo in cui presentano le proiezioni climatologiche relative all’Italia, e di conseguenza al Friuli Venezia Giulia, per gli anni 2070-2100. Lo studio triestino prende le mosse dall’ultimo rapporto (il quarto) dell’Ipcc, il panel intergovernativo sui cambiamenti climatici che rilascia proiezioni sui possibili cambiamenti climatici su scala globale, basandosi sulle osservazioni di oltre 700 scienziati in tutto il mondo. Nel lavoro i due climatologi propongono diversi scenari regionali, poco confortanti, nell’ipotesi che le emissioni di gas serra non subiscano le riduzioni previste dagli accordi di Copenhagen del dicembre 2009. Nel corso della quindicesima Conferenza Onu sui cambiamenti climatici, infatti, capi di stato ed esperti di clima hanno auspicato che da parte dei paesi industrializzati ci sia, entro il 2020, una riduzione del 25-40% delle emissioni di gas serra rispetto ai valori del 1990 che consenta di contenere l’aumento di temperatura globale entro i precauzionali 2°C, ritenuti la soglia da non oltrepassare assolutamente. «L’Italia - dice Erika Coppola - è al centro del Mediterraneo, una regione sensibile all’impatto dei cambiamenti climatici dovuti ai gas serra, di derivazione per lo più antropica, che intrappolano il calore del sole impedendogli di rimbalzare fuori dall’atmosfera terrestre. Nella nostra ricerca abbiamo prodotto scenari più e meno pessimisti, non certo per lanciare un allarme fine a se stesso, ma per dotare i policy maker, cioé chi sarà chiamato a prendere decisioni di rilievo per l’agricoltura, le risorse idriche, la salute della popolazione o per il turismo, degli strumenti adatti a capire la situazione». Entriamo nel dettaglio. Il lavoro di Giorgi e Coppola analizza diverse variabili, in particolare temperatura e precipitazioni. Nel primo scenario, riferito alla temperatura, per quanto riguarda il Nord-Italia si scopre che - in assenza di comportamenti più eco-sostenibili - gli inverni tra il 2070 e il 2100 (nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio) saranno più caldi di 2°C rispetto alle temperature registrate nel trentennio 1960-1990, mentre le estati subiranno un rialzo medio di temperatura che potrà toccare i 5°C, in particolare tra giugno e agosto. Non va meglio neppure con le precipitazioni. Sono previsti inverni più piovosi fino al 40%, a cui faranno da contraltare estati più secche del normale (fino al 40% in meno di precipitazioni in centro Italia, e fino al 30% in meno in Friuli Venezia Giulia). «L’aspetto significativo dello studio - sottolinea Coppola - è che i risultati non cambi ano quando si passa dalla risoluzione globale (mondo) a quella locale (Friuli Venezia Giulia), né quando si modifica il grado di risoluzione delle simulazioni». E se invece la specie umana mettesse giudizio e contenesse le emissioni di gas serra? «Questi scenari si ammorbidirebbero un po’ (ma non troppo) in maniera non finemente prevedibile, date le troppe variabili imprevedibili in gioco», spiega la scienziata.

CRISTINA SERRA

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 luglio 2010

 

 

Ferriera, record dell inquinamento
 

TRIESTE Concentrazioni di benzene pari a quattro-cinque volte i limiti consentiti segnalano le centraline dell’Arpa che tengono sotto controllo la Ferriera e il quartiere di Servola. I dati erano già stati registrati ad aprile, ma un dossier riferibile a giugno è in questi giorni nelle mani dell’Azienda sanitaria, della Provincia e del Comune, mentre i vertici della fabbrica hanno fatto istanza di accesso agli atti e al momento considerano noti solo i rapporti di aprile. Per l’Azienda sanitaria le concentrazioni di benzene sono altamente preoccupanti, e se mantengono questi livelli la Ferriera - come afferma il Dipartimento di prevenzione - supererà i limiti consentiti nell’anno. Intanto le polveri sottili, Pm10, sono oltre ogni limite.

Gabriella Ziani

 

 

«Venerdì scorso una nube nera ha oscurato il cielo di Servola»
 

Una enorme nuvola nera, filmata alle 6.45, ha oscurato il cielo di Servola venerdì 16 luglio. Domenica 18, il giorno del violento temporale, al mattino gli abitanti si sono svegliati con una cupola grigia addosso. Per documentarla hanno filmato, e poi spedito il video che la certificava anche al nostro giornale (è visibile sul sito del Piccolo). Situazioni simili, affidate poi a Youtube, si registrano spesso e ormai il rione sempre più stancamente ma non per questo senza convinzione continua a segnalarlo e ad appellarsi ad Azienda sanitaria, Provincia, Regione, Comune. «Venerdì la nube nera è rimasta sopra di noi per oltre 20 minuti - conferma Adriano Tasso del comitato ”No smog” -, con il caldo e l’assenza di vento di questo periodo ci siamo sentiti soffocati. Nei giorni scorsi - prosegue Tasso - sono stati chiamati sia i vigili urbani e sia l’Arpa». «Se sarà verificata una chiara responsabilità dell’azienda, chiederemo che si prendano provvedimenti - dichiara Enzo Timeo , sindacalista Uilm-Uil -, però ci piacerebbe che la medesima attenzione che giustamente viene riservata ai problemi dell’ambiente e della salute (che pure a noi, per lavoratori e cittadini, stanno molto a cuore) venisse data anche ai problemi del lavoro, del futuro di questo gruppo: oggi inizieremo un volantinaggio sotto la fabbrica, in preparazione dell’assemblea generale di domani». I sindacati sanno che oggi è in gioco l’aumento di capitale o meno del gruppo ormai in mano russa, e che il 29 potrebbe essere decisiva la riunione al ministero dello Sviluppo economico: «Lì l’azienda, in generale e anche per Trieste, deve prendere chiari impegni - aggiunge Tìmeo -, i problemi del gruppo si aggiungono a tutti gli altri e non fanno ben sperare per il futuro». Se oggi si riunisce, per problemi d’ambiente, il «tavolo» in Provincia, quello istituito in Comune per occuparsi del futuro degli operai in vista della dismissione della fabbrica entro il 2015 «non è stato mai convocato» dice il sindacalista. Che rilancia un appello finora inascoltato: «Abbiamo già segnalato al sottosegretario allo Sviluppo economico la continua assenza ai tavoli romani di tutte le istituzioni locali. Vogliamo invece che siano presenti: devono rendersi conto di com’è la situazione generale». Un ministero un po’ allo sbando, tra l’altro, dopo le dimissioni di Scajola, con interim passato al premier Berlusconi.

(g. z.)

 

 

Venir: solo polvere portata dal vento
 

«Una nube su Servola domenica scorsa? La Ferriera domenica non ha avuto alcun problema tecnico-produttivo, quella nube era polvere sollevata dal vento portato dal violento temporale». È la risposta del nuovo direttore di sede, Luigi Venir, ai cittadini che hanno segnalato anche al nostro giornale con un video l’estesa formazione brunastra che ha coperto il quartiere rendendo quasi invisibili larghe porzioni di abitato. Venir ha sostituito alla direzione della Ferriera Francesco Rosato, diventato direttore di tutti gli stabilimenti ex-Lucchini, che dunque non ha più funzioni specifiche a Trieste. Aggiunge il direttore: «La fabbrica è monitorata 24 ore su 24 dalle telecamere dell’Arpa, e solo quelle fanno fede». Come a dire che i filmati dei cittadini sono amatoriali, e dunque non probanti. Tuttavia la polvere è polvere, e Servola anche così se ne dimostra satura. Quanto alle contestate emissioni, e specificamente di benzene, l’azienda sta ancora preparando il documento con le spiegazioni del fenomeno che erano state richieste dall’Arpa, in sede regionale, a giugno. E di fronte a ogni nuova contestazione si rifà a quanto scritto e riferito dal consulente del pm Federico Frezza, Luigi Boscolo, in sede giudiziaria lo scorso maggio. Allora la Ferriera dovette pagare 100 mila euro allo Stato per essere ammessa all’oblazione e al «non luogo a procedere» nell’ambito della causa intentata da cittadini, dove era stata imputata di ben 240 sforamenti dei limiti per le polveri sottili (Pm10) tra 2007 e 2009. Per accedere alla transazione era necessario dimostrare che le emissioni erano state riportate ai limiti di legge. E un tanto fu certificato. La relazione specificò anche, per gli sforamenti di benzene e benzoapirene, che essi coincidevano nel 62% dei casi con una particolare situazione metereologica e dei venti, dando dunque un’impronta «ambientale», e non diretta, al peso da attribuire alle emissioni. Quanto alle «nubi nere» che le telecamere, pur amatoriali, registrano con evidenza, secondo l’azienda si manifestano quando non brucia la «fiaccola» sui camini, proprio quella che, altrettanto filmata, fa sembrare in preda a paurosi incendi l’area della fabbrica, e spaventa i cittadini altrettanto. Così come accaduto quando si otturarono i camini di scarico della cokeria, e fu davvero allarme, e così anche ripetutamente in questi giorni, come racconta con preoccupazione il comitato ”No smog”.

(g. z.)

 

 

Plastiche biodegradabili prodotte dai batteri nutriti con siero di latte
 

L’industria casearia europea produce ogni anno 40-60 milioni di tonnellate di scarti, per smaltire i quali si spendono sette euro a tonnellata. Qual è una possibile alternativa a questo spreco? La riconversione, che permette di destinare i materiali a un uso nuovo. Studi sull’uso di risorse rinnovabili sono il pane quotidiano del Centro internazionale per la scienza e l’alta tecnologia di Trieste che opera sotto l’egida dell’Unido. Tra i programmi svolti dall’Ics in questo settore, figurano progetti congiunti con l’Istituto di Chimica di Lubiana, le Università di Pisa, Graz e Tsinghua (Pechino), oltre a quelle con istituti egiziani e brasiliani. L’Ics ha contribuito a studi su nuovi processi per la produzione di plastiche biodegradabili chiamate Pha, prodotte nei batteri a partire dal siero del latte. I microrganismi si “cibano” di siero, e lo trasformano in Pha. Così facendo si gonfiano, e accummulano quantità rilevanti di questa sostanza che viene recuperata distruggendo la parete cellulare. «Noi ci siamo occupati della modellizzazione – spiega Stanislav Miertus, responsabile del settore di Chimica – ottimizzando il recupero del Pha dal batterio ormai sazio, con un abbattimento dei costi». Non è tutto. L’Ics, in cooperazione con la Cina, ha completato un progetto in cui sono state valutate nuove varietà di plastiche biodegradabili. «Queste plastiche - dice Miertus – sono usate nel settore degli imballaggi, nel biomedicale e in agricoltura. Noi abbiamo preso in esame un utilizzo nuovo: la realizzazione di sacchetti idrosolubili da usare per contenere e lavare la biancheria sporca. I sacchetti si mettono direttamente in lavatrice e al termine del ciclo si estraggono solo i panni puliti. Nel pieno rispetto dell’ambiente».

(cri.se.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 luglio 2010

 

 

«Viaggi infernali in treno». I sindacati chiedono aiuto ai prefetti
 

Una situazione da «trasporto di bestiame». L’Organizzazione sindacale di base denuncia, con una lettera inviata a prefetture, Regione, Ass e ministero del Lavoro, condizioni di viaggio pessime sui treni del Friuli Venezia Giulia che creano problemi alla salute e alla sicurezza di lavoratori e viaggiatori. L’episodio che ha portato alla denuncia, a tre mesi di distanza dall’ultima, è avvenuto sabato scorso (ma la realtà descritta è rimasta la stessa anche domenica secondo i rappresentanti sindacali) sull’intercity Roma–Trieste: partenza dalla capitale con «almeno una porta aperta – recita la lettera - chiusa solamente dopo alcuni chilometri di percorso, su espressa segnalazione dei passeggeri». L’impianto di condizionamento era, secondo il sindacato, «totalmente inattivo e i finestrini sigillati, a fronte della temperatura esterna di circa 35–43 gradi percepiti», portando a malori di «numerosi passeggeri presenti nelle carrozze che hanno rischiato il collasso». Una situazione che, denuncia ancora il sindacato, ha portato all’esasperazione dei passeggeri con «pesanti aggressioni verbali nei confronti del personale di bordo che stavano per trasformarsi in vere e proprie aggressioni fisiche». Sulla questione il deputato dell’Udc Angelo Compagnon ha presentato un’interrogazione al ministro Altero Matteoli in cui chiede un potenziamento del servizio: «Ormai per un friulano andare a Roma o a Milano in treno è un'odissea».

(r.u.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 19 luglio 2010

 

Mucillagini, affiorano a Trieste i primi filamenti
 

Un sottile, flebile filamento. Gli scienziati lo chiamano «neve marina». Ma l’apparente innocenza non li inganna: sono le prime avvisaglie delle cosiddette mucillagini. Quelle che anche il bagnante più attento, o sospettoso, ha cominciato a intravedere nel Golfo di Trieste. Non è affatto prevedibile se diventeranno nel corso dell’estate quella repellente spuma marrone che sembra un orribile inquinamento, ma intanto sono state avvistate e mettono in allarme. Può darsi che il fenomeno venga frenato da un diverso andamento meteo. Pioggia, temporali e bora delle ultime ore hanno dato infatti una smossa non solo all’aria afosa, ma anche al mare. Tuttavia il caldo eccezionale dell’ultimo periodo, che ha portato l’acqua del golfo a toccare la mai vista temperatura di oltre 30°, come se fosse stata passata al microonde, ha già prodotto i suoi risultati. Lo racconta Bruno Cataletto, biologo marino del Dipartimento di oceanografia biologica dell’Ogs, che proprio venerdì scorso era in mare per un’indagine sulla situazione: «La durata del caldo, e la prolungata assenza di vento nel ”cul de sac” che è l’Adriatico nel nostro golfo, dove al centro la profondità maggiore è di appena 24 metri, ha prodotto opacità e primi fenomeni di mucillagine. Un collega che contemporaneamente era in immersione nella Riserva marina di Miramare mi ha riferito che la visibilità nella zona era di appena mezzo metro». Una bella differenza con la limpidità cristallina che siamo abituati a constatare proprio in quell’area. In acqua dunque sono diventati visibili materiali in sospensione, organici o da microrganismi. Ma non basta, perché sono state avvistate anche le prime, piccole meduse, forse anche queste un’anticipazione delle colonie future, in linea con un fenomeno che ultimamente si ripete a ciclo e che ul Tirreno è un fenomeno colossale e già in atto, attribuito alla «tropicalizzazione» del Mediterraneo. Cataletto ne ha visti qui solo alcuni singoli individui, e di piccola dimensione: «Si può presumere che siano ancora giovani». Non si sa, al momento, se questa eccezionale temperatura del mare ha provocato danni alla fauna, «il rialzo della temperatura - prosegue il biologo - di solito non causa di per sè una moria di organismi, casomai un diverso stato di benessere o di sofferenza, mentre i pesci non dovrebbero avere conseguenze dirette». Insomma, per ora stanno peggio solo i bagnanti, che entrando in mare non hanno la benevola sensazione di frescura, ma piuttosto il ricordo del brodino caldo che offrono i litorali sabbiosi e bassi di Grado e Lignano in queste circostanze. La bora portata dal temporale notturno, che dovrebbe proseguire anche nei prossimi giorni, salverà però la situazione. «La bora - dice Cataletto - non ha effetti solo sull’entroterra, ma anche sul mare, ne smuove la superficie, e riesce a incidere sulle correnti più profonde, cosa che viceversa sarebbe impossibile in zone oceaniche dove le profondità sono tanto maggiori». Resta il fatto che nemmeno gli scienziati della materia, che tengono il mare sotto controllo, ne ricordano un riscaldamento a questi livelli, «neanche nel 2003 - nota Cataletto -, che pure fu un’estate particolarmente torrida». Si dice che siamo vittime dell’aria africana che a causa dei mutamenti climatici generali adesso ci ha preso di mira. Speriamo che tutto ciò non faccia collassare il golfo, trasformandolo in una piscina stagnante. Per adesso si tratta di fenomeni nuovi, il seguito dirà se eccezionali o segnale di cambiamento.

 

 

L'Italia dei valori pesca fra gli scontenti del Pd
 

Ci sono anche il coordinatore regionale della Uil dei Vigili del fuoco, Adriano Bevilacqua, e il rappresentante sindacale della Failms-Cisal all’interno della Ferriera, nel 2008 candidato alle regionali con la Sinistra Arcobaleno, Luigi Pastore fra i dodici componenti del nuovo direttivo provinciale dell’Italia dei valori. Il quarto congresso locale dei dipietristi ha visto, come noto, Mario Marin confermato nel ruolo di coordinatore per la provincia di Trieste. Un margine di sei voti (40 contro 34) l’ha visto avere la meglio sulla sfidante Gabriella Bon, guadagnando così la possibilità di colorare per il 70% il nuovo direttivo con i rappresentanti della propria lista, come previsto dal regolamento. Così, sono entrati nella squadra triestina dell’Idv i “mariniani” Francesca Zennaro, Petra Segina, Giorgio Jerman, Gianrossano Giannini, Roberto Barocchi, Cesare Cetin, Adriano Bevilacqua e Bruno Savino. Dall’altro versante, oltre a Gabriella Bon, completano l’elenco dei dodici anche l’ex socialista con un passato nel Pd (sostenendo nel 2007, fra l’altro, Gianfranco Moretton nella corsa alla segreteria regionale dei “democratici”) Luca Presot, Gianpaolo Lescovelli e Luigi Pastore. L’Idv, forza del centrosinistra, da tempo si è schierato contro il progetto del rigassificatore nell’area di Zaule: l’elezione di Bevilacqua, da mesi in prima linea sulla questione (in marzo ha guidato anche una spedizione triestina a Lubiana per incontrare il sottosegretario all’Ambiente Zoran Kus e discutere dell’argomento), non fa che confermare una volta di più questa posizione. Così come un’altra priorità dichiarata dell’Italia dei valori ha il nome della Ferriera di Servola: al riguardo, non sfugge la presenza nel direttivo di Pastore, il sindacalista più votato alle recenti elezioni per il rinnovo del consiglio di fabbrica dello stabilimento servolano.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 18 luglio 2010

 

 

Dietro il Prg congelato la concorrenza tra i geologi
 

C’è anche una sorta di concorrenza fra geologi dietro la sentenza del Tar, confermata dal Consiglio di Stato, che ha clamorosamente ghiacciato le procedure di approvazione del Piano regolatore, scatenando in Comune una mai vista reazione di critiche, sfiducie, cacce al colpevole, malcontenti di merito che tornano a galla nella stessa maggioranza. Intanto, ecco i fatti. E il racconto dei protagonisti. FRETTA. È all’Ogs che a fine 2008 il sindaco Dipiazza e il servizio Urbanistica decidono di appaltare la relazione geologica che fa da base al Prg, cioé a un ente scientifico di rilevanza nazionale. L’Ogs accetta, incarica il geologo Livio Sirovich, che crea la squadra. Il costo? Di 40 mila euro. Si chiede però del tempo. È noto che l’Università sta scrivendo la nuova carta geologica del Friuli Venezia Giulia su incarico della Regione: non si può prescindere da quella, ma è impossibile consultarla fino alla fine di dicembre. Dipiazza però ha fretta, molta fretta. L’accordo con l’Ogs salta e il Comune si sposta all’Università. L’AUTORE. «È vero - dice Franco Cucchi, docente di Geografia fisica e al tempo anche di Geologia applicata al Dipartimento di Geoscienze, autore dello studio oggi per procedura incriminato -, dal 2000 con l’Università di Udine coordinavo un gruppo di 40 persone per realizzare un’approfondita analisi geologico-tecnica, ora è scritta l’area da Palmanova in giù, ma lo studio su Trieste al tempo era già pronto». Il costo, stavolta? «Abbiamo calcolato solo il pagamento dei giovani borsisti - ricorda Cucchi -, dunque 20 mila euro». Cioé la metà rispetto all’Ogs. L’affare si fa. «Avevamo lo staff in piedi, il 60% di lavoro già fatto, un database potentissimo - dice il professore -, per il Comune abbiamo poi approfondito la materia, ma la parte principale era pronta». L’accordo è tra Comune e Università. «Io - dice Cucchi - non ho preso un euro, non sono neanche iscritto all’Ordine: sono un professore». E' quello che i colleghi, i liberi professionisti dall’Ordine tutelati, contestano. COLLEGHI. «Non abbiamo portato via niente a nessuno - assicura Cucchi -, anzi, sulla base della nostra relazione ai colleghi lavoro non ne mancherà. Per uno studio del genere - aggiunge il professore - non sarebbe bastata una cordata di singoli geologi, solo una università può avere strutture così complesse e tante professionalità a disposizione, mentre le pubbliche amministrazioni sono invitate ad avvalersi delle competenze universitarie. Io poi - conclude Cucchi - avevo avvisato l’Ordine. Allora non disse nulla». REGOLE. «In questo contesto - commenta Livio Sirovich - l’errore del sindaco e degli uffici comunali è molto veniale. Le regole degli Ordini professionali, degli albi, sono sottili e complesse. E in fondo trovo giusto che il Comune si avvalga di un ente pubblico, per garanzia di qualità». RIFARE. Intanto Roberto Sasco, Udc, presidente della commissione urbanistica, rincara: «Il Prg dev’essere riadottato. Va recuperato il lungo lavoro fatto dalla commissione che ha avuto il merito di prendere nota di molte delle osservazioni formulate e fatte pervenire da cittadini, ordini professionali e associazioni di categoria. Anche la Regione, nelle proprie prescrizioni vincolanti, obbliga a una radicale modifica delle norme tecniche di attuazione: ha migliorato il Piano, ma stravolto quello adottato, perciò è indispensabile riadottarlo». Sasco poi propone di «trasformare la caserma di Banne in polo turistico, il Burlo in residenza per non autosufficienti e la Fiera in area commerciale di lusso». FULMINE. Riadottare il piano: lo dice anche Bruno Sulli, il bandelliano che parla di «grave fragilità e debolezza politica del sindaco e della sua maggioranza», di «arroganza per le marce forzate imposte alla discussione», di «un fulmine a ciel sereno che è comunque un toccasana per ripartire a bocce quasi ferme». Per Roberto Cosolini (Pd) «la vicenda comincia male, si sviluppa peggio e finisce malissimo: vien da pensare che questo improvviso stop, che è una grave sconfitta politica, abbia salvato dal rischio di un naufragio ancor più pesante». OFFESI. Riadottare: lo afferma anche Mario Ravalico (geologo e consigliere Pd), per il quale «è molto azzardato che qualcuno in Comune consigli di andare avanti con tutta tranquillità: evidente il rischio che il Prg presti il fianco a una miriade di ricorsi». Trovare un accordo coi geologi? «Dopo la sentenza la vedo dura». Non resta «che fare una gara pubblica, e il nuovo studio costringerà anche ad apportare modifiche a cascata a diversi elaborati». Ravalico risponde a Camber: «Perché definire ”falco privato” il geologo libero professionista? Sono iscritto all’Ordine, e nei panni dei miei colleghi liberi professionisti mi riterrei offeso...».

GABRIELLA ZIANI

 

 

Trentamila firme contro l'acqua privatizzata
 

UDINE Sono 31.000 le firme raccolte in Friuli Venezia Giulia nella campagna referendaria contro la privatizzazione dell’acqua che ha vissuto ieri al Parco di Sant’Osvaldo di Udine la giornata conclusiva. Hanno partecipato tutti i referenti provinciali del Comitato, il sindaco di Udine Furio Honsell, il segretario regionale dell’Anpi del Fvg Luciano Rapotez, il consigliere regionale Paolo Menis, per la provincia di Gorizia Giovanni Dean di Benkadì a Staranzano e numerosi sostenitori che in questi tre mesi hanno animato la campagna referendaria in regione. «Un risultato straordinario di democrazia partecipativa senza precedenti nella nostra regione – commenta Marco Iob del Comitato Promotore - di cui dovrà tenere conto anche il Presidente della Regione Renzo Tondo». Tra le quattro province, Udine si colloca in testa con quasi 20.000 firme raccolte, seguita da Pordenone con 5.096, Gorizia 3.516 e Trieste 3.199. Un successo di partecipazione, dunque, confermato dai risultati delle firme raccolte a sostegno dei tre quesiti referendari promossi dal Comitato italiano. Con le sue 31.316 firme certificate raccolte (un numero che non ha precedenti in regione) è stato raggiunto il 153% dell’obiettivo prefissato (20.000 firme). Il Friuli Venezia Giulia si colloca al secondo posto tra le regioni italiane come risultato, subito dopo la Toscana (pari al 160%).

 

 

Qualità dell aria, centralina fissa vicino alla Siot
 

SAN DORLIGO «Entro la metà di agosto il Comune di San Dorligo della Valle avrà la sua prima centralina fissa per il rilevamento della qualità dell’aria». Dopo anni di attesa il sindaco Fulvia Premolin ha annunciato il futuro arrivo della tanto richiesta struttura che sorgerà nella frazione di Mattonaia, a pochissimi passi dall’entrata nello stabilimento Siot. «Siamo estremamente felici - ha commentato il capogruppo del Pdl-Udc Roberto Drozina -, ora però vogliamo avere la certezza che San Dorligo entri di fatto nel circuito della rete di monitoraggio dell’Arpa». LA RETE La nuova apparecchiatura, acquistata dall’amministrazione comunale grazie a un finanziamento erogato dalla Siot pari a 21mila euro, sarà una centralina multiparametrica in grado di misurare - secondo le prime indiscrezioni fornite dall’amministrazione - i valori dell’aria inerenti biossido di azoto (NO2), benzene (C6H6), ozono (O3), Pm10 e Pm2,5. La struttura che verrà fornita dalla ditta Unitec di Ferrara, la quale si è aggiudicata il bando di gara proposto dal Comune, fungerà poi da stazione meteo con misurazione di velocità e direzione del vento, temperatura esterna e pressione. «Solo tre anni fa la stessa strumentazione che andremo ad acquistare aveva un valore commerciale di circa 70mila euro», ha evidenziato il sindaco Premolin. Con l’arrivo della centralina di Mattonaia, la rete di monitoraggio allestita dall’Arpa, che conta dodici stazioni nella provincia di Trieste ed oltre una cinquantina a livello regionale, si avvarrà dunque di una nuova postazione fissa. Da capire ora se la Siot entrerà nel circuito degli impianti regionali monitorati. Per ora il sindaco di San Dorligo ha evidenziato come a breve verrà redatta con l’Arpa una specifica convenzione affinché i dati vengano analizzati dai suoi addetti e poi inviati “quasi in tempo reale” al Comune: «I nostri tecnici non sarebbero in grado di valutare i dati forniti, dunque ci vuole assolutamente una sinergia con l’Arpa affinché la situazione sia tenuta sempre sotto controllo, praticamente in tempo reale». I COMMENTI Tra i maggiori sostenitori dell’installazione della centralina fissa, Giorgio Jercog, coordinatore del Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, è parzialmente soddisfatto: «I tempi si sono indubbiamente dilatati e questo non è certo un bene per la salute dei cittadini, ad ogni modo finalmente siamo pronti per ricevere i rilievi della qualità dell’aria del nostro territorio e monitorare così la situazione di un impianto vetusto come quello della Siot». Scettico invece il capogruppo dell’Idv-Verdi, Dino Zappador: «Durante la notte e in prima mattinata le cattive esalazioni odorigene in tante zone del territorio sono sempre presenti. Spero che con questo apparato tecnologico la situazione possa essere eventualmente risolta anche se credo che per controllare l’attività della Siot ci vorrebbe una commissione mista composta da tecnici della Siot stessa, dell’Arpa e da consiglieri comunali». Molto critico Boris Gombac (Uniti nelle Tradizioni): «È inutile monitorare l’aria. Le esalazioni ci sono e ci saranno sempre a meno che non si decida di chiudere una volta per tutte la Siot». Non si sbilancia infine Roberto Drozina (Pdl-Udc): «Speriamo davvero che questa sia la volta buona, ad ogni modo, come già evidenziato in una nostra interpellanza, l’obiettivo è che San Dorligo sia circuitata con il sistema dell’Arpa per poi fornire i dati in tempo reale al Comune ma che soprattutto tutte le sostanze inquinanti emerse in passato vengano monitorate».

RICCARDO TOSQUES

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 17 luglio 2010

 

 

Prg bloccato, macchina comunale nella nebbia
 

Sabbie mobili. Caccia al colpevole. Paura della brutta figura. Entrate a gamba tesa per ottenere adesso, che s’è bloccato, modifiche sostanziali al Piano regolatore. Ma anche una sorta di pietà per il sindaco Dipiazza costretto l’altra sera in consiglio comunale ad annunciare la causa persa al Consiglio di Stato contro l’Ordine dei geologi, lo stop alla fase di approvazione e il rinvio di tutto quanto a settembre, fra dubbi d’ogni sorta. Lo si vede cascato in buca. Responsabile comunque di essersi scelto cattivi consiglieri e di aver mal gestito la partita. Buio totale sulle procedure. Questo il groviglio di pensieri che ieri correva fra maggioranza e opposizione dopo la sentenza che ha dato definitivamente ragione all’Ordine dei geologi sull’affidamento di una consulenza diretta all’Università e a un funzionario per la relazione tecnica che fa da base al Prg. Lo sbando è generale. La macchina del Comune a molti sembra adesso affidata a una rete di sicurezza (uffici tecnici, segretario generale, avvocati) che non per la prima volta fa piombare l’amministrazione in plateali errori, con pessimi risultati di sostanza e ancor più gravi sul piano dell’immagine e della credibilità. «Aspettiamo che il sindaco si dia una mossa, faremo un’interrogazione perché si trovino i responsabili di una simile situazione - dice Antonio Lippolis, capogruppo An-Pdl -, non si può scherzare in questo modo con la città, Dipiazza faccia i nomi, prenda provvedimenti». Roberto Sasco, capogruppo Udc e presidente della Commissione urbanistica che in queste settimane ha lavorato ore e ore per analizzare di corsa opposizioni e osservazioni, ha avuto un duro scontro con l’assessore Giovanni Ravidà (Bilancio, ma anche Gestione): «Si è data ai cittadini l’immagine di una amministrazione incapace di governare un Comune capoluogo di Regione, serve un deciso cambio di rotta, il controllo di gestione va affidato all’esterno, non di nuovo all’Università: Trieste controlla Trieste? In questo modo, e con tante cause perse oltre a quelle note in pubblico, andiamo al massacro elettorale». Ravidà avrebbe minacciato dimissioni di fronte all’ingerenza. Nel merito, Sasco poi dice ben di più e lo ribadirà oggi in una conferenza stampa. Dipiazza, dopo aver detto in consiglio comunale che ora non difende più l’operato dei suoi uffici, in ciò prendendo freddamente le distanze, ieri non ha voluto tornare sull’argomento. Tutti aspettano di capire che cosa deciderà: provvedimenti per chi ha sbagliato? Cambio di avvocati? Una gara per individuare il geologo che stili una nuova relazione? Riadottare il piano a settembre? Secondo Piero Camber, il capogruppo Forza Italia-Pdl, «non ci sarà alcuna gara, non è richiesta, si troverà un accordo con l’Ordine dei geologi, sulla base di una promessa: d’ora in poi faremo sempre una gara pubblica». I motivi per cui è stata evitata non sono, secondo Camber, solo di ordine economico (risparmiare), ma anche «per fiducia, l’Università agisce sul territorio e non può fare un cattivo lavoro, inoltre si è affidato il compito a un ente pubblico, non a un ”falco” privato, così anche finanziando l’ateneo». Tutte buone idee. Secondo Tar e Consiglio di Stato però in contrasto coi regolamenti. Lippolis è certo che una nuova gara si dovrà fare, e dunque perfino «un nuovo piano». Maurizio Ferrara della Lega (oltre a dire il suo nello specifico) fa la previsione più nera: «Speriamo almeno di poter lasciare al nuovo sindaco un piano rifatto e adottato». Come a dire che l’amministrazione Dipiazza non riuscirà ad approvarlo e uscirà senza aver concluso uno dei suoi compiti principali.

GABRIELLA ZIANI

 

 

Nucleare a Monfalcone, il governo non si sbilancia
 

TRIESTE Nessuna smentita e nessuna conferma sull’ipotesi di centrale nucleare a Monfalcone. Il sottosegretario allo sviluppo economico, Stefano Saglia, non si sbilancia. Per l’ennesima volta si ipotizza la città dei cantieri come possibile sito per un impianto nucleare? Per l’esponente del governo, ieri a Trieste per partecipare al convegno organizzato dalla Sogin (Società gestione impianti nucleari) insieme al sottosegretario all’ambiente Roberto Menia, non c’è nulla di concreto perché la mappa dei siti si conoscerà appena l’anno prossimo. MONFALCONE «Ad oggi – afferma Saglia – non è possibile né smentire né confermare alcuna ipotesi. Stiamo costruendo l’architettura normativa per garantire la sicurezza dei territori. Pertanto, quando si parla di possibili siti siamo semplicemente di fronte a delle voci». Anche Roberto Menia conferma quanto affermato dal collega di governo assicurando che «al momento non c’è nulla». Saglia ha comunque aggiunto che ospitare una centrale nucleare «va visto come un’opportunità e non come una iattura». Il programma del governo in questo settore va avanti, ha confermato il sottosegretario, aldilà di «qualche ritardo» dovuto alle dimissioni dell’ex ministro per lo sviluppo economico, Claudio Scajola, e alla successiva mancata nomina di un nuovo ministro. RITARDI «Sicuramente - ha spiegato Saglia - il problema di aver ritardato di qualche mese la nomina dei componenti dell'Agenzia nucleare ha avuto un effetto, ma non è drammatico». Secondo il sottosegretario, tuttavia, «l'altro lato della medaglia consiste nel fatto che il presidente del Consiglio e ministro ad interim è il massimo garante del programma nucleare, che era anche nel programma elettorale del Pdl». Per Saglia «entro la pausa estiva l'Agenzia per la sicurezza nucleare inizierà il suo lavoro». Di qeust’Agenzia potrebbero far parte Umberto Veronesi ma anche Maurizio Cumo, docente alla Sapienza di Roma e Umberto Tirelli, direttore del Dipartimento di Oncologia Medica del Cro di Aviano. KRSKO Saglia si è soffermato anche sull’ipotesi di partecipazione italiana al raddoppio della centrale nucleare slovena di Krsko, obiettivo più volte ribadito dal presidente della Regione, Renzo Tondo. «Il governo ha avuto molti incontri con la Slovenia – ha affermato il sottosegretario – e si è parlato anche di questa eventualità». Saglia ha assicurato che da parte delle imprese italiane «c’è la massima disponibilità e la professionalità» per l’eventuale intervento ma nel contempo «ci dovrebbe essere maggiore entusiasmo da parte del governo sloveno». Secondo Menia «Tondo sostiene una tesi che ha la sua valenza sul piano della sicurezza, del business e dell’allontanamento di un’eventuale centrale in Friuli Venezia Giulia». RIGASSIFICATORE A margine del convegno si è parlato anche dell’impianto che dovrebbe sorgere a Zaule e che, anche in questo caso, vede protagonisti i rapporti con la Slovenia. Secondo Menia «Lubiana usa motivazioni ambientali in maniera strumentale, nascondendo questioni economiche vista l’ipotesi di un rigassificatore a Capodistria». Sia l’esponente triestino del governo che Saglia tuttavia precisano che «da parte nostra abbiamo fornito tutte le garanzie ambientali possibili». Menia ha affermato che, dopo l’incontro di fine maggio che ha portato alla stipula dell’accordo tra Italia e Slovenia sulla sicurezza nucleare «sembrava tutto appianato» e ha mostrato perplessità sulla minaccia di ricorso alla Corte di giustizia europea da parte di Lubiana: «Non si è mai verificata una cosa del genere». LA CHIESA Sul tema del nucleare si è espresso al convegno anche il vescovo di Trieste, Giampaolo Crepaldi, che ha assicurato come per la Chiesa «c’è disponibilità all’utilizzo civile dell’energia nucleare, purchè non vi siano implicazioni militari. Se si tratta di un utilizzo per il bene comune – ha affermato monsignor Crepaldi – non c’è alcuna preclusione da parte della Chiesa».

Roberto Urizio

 

 

Niente taglio del mais Ogm - Si aspetta l'ok dei giudici
 

PORDENONE Nuovo colpo di scena nel tormentone Ogm: ieri è saltata la firma dell’ordinanza annunciata dal sindaco di Fanna Demis Bottecchia per imporre il taglio di 10 file perimetrali di mais, che si sospetta sia stato coltivato a Ogm da Giorgio Fidenato. Il fine sarebbe stato di evitare il rischio, attraverso i pollini, di contaminare le coltivazioni dei vicini. Il problema stava nel fatto che il terreno era stato sottoposto a sequestro da parte della procura della Repubblica, in attesa dell’esito degli accertamenti volti a capire se effettivamente fossero quelle le piante coltivate a Ogm. E senza deroga della procura, nessuna ordinanza del sindaco può avere efficacia nel caso specifico. «Abbiamo chiesto un confronto con la procura – ha infatti detto Bottecchia – e all’esito dello stesso valuteremo se vi siano i presupposti per un provvedimento che tuteli l’interesse degli agricoltori del paese». L’incontro avverrà lunedì alle 9.30 a palazzo di giustizia. Intanto le associazioni Agricoltori Federati e Movimento Libertario hanno preso posizione dopo il “Presidio della legalità” organizzato dalla Coldiretti. Giorgio Fidenato e Leonardo Facco, i due leader, hanno citato direttive europee secondo cui è possibile in Italia la coltivazione a Ogm, attaccando poi il presidente della Provincia di Pordenone, Alessandro Ciriani, che a loro dire «tradendo il suo ruolo istituzionale, ha preso decisamente posizione a fianco della Coldiretti, chiedendo il ripristino della legalità. Ma il presidente Ciriani parla perché conosce le cose o per muovere la bocca e dare aria ai polmoni? Chi è che, in questo caso, che non rispetta le leggi?». Poi l’affondo sulla Coldiretti: «Alimenta azioni di nazionalismo alimentare organizzando sit-in di protesta ai confini per bloccare il mercato delle merci provenienti dall’estero perché le giudica di pessima qualità.»

 

Più di 31mila firme contro l'acqua privatizzata
 

TRIESTE L’obiettivo era 20mila firme. Ne sono arrivate 31.316. Il 153% in più. Il Friuli Venezia Giulia, rispetto alle previsioni, è la seconda regione italiana dietro alla Toscana (+160%) nella corsa alla raccolta di sottoscrizioni a favore dell’acqua pubblica, contro le norme che hanno introdotto anche nel nostro Paese la privatizzazione delle risorse idriche. «Uno straordinario sussulto di democrazia partecipativa - sottolinea Marco Iob del comitato promotore referendum ”L’acqua non si vende” - che dal basso, in modo trasversale e al di fuori delle logiche di partito, ha impegnato sul territorio regionale centinaia di donne e uomini di tutte le età, esperienze e culture, che si sono sentiti spontaneamente uniti in questa campagna a favore dell’acqua pubblica». Un risultato «di cui la giunta Tondo dovrà tenere conto riappropriandosi di una sua competenza, visto che il decreto Ronchi ha di fatto ”scavalcato” il potere della nostra amministrazione regionale». Ieri a Udine, giornata conclusiva della campagna, il comitato ha radunato i referenti i provinciali, presenti anche il sindaco Furio Honsell, il segretario regionale dell’Anpi Fvg Luciano Rapotez e il consigliere regionale Paolo Menis. Un successo di partecipazione confermato dai risultati delle firme raccolte a sostegno dei tre quesiti: con le sue 31.316 adesioni, pari al 153% dell’obiettivo prefissato, il Friuli Venezia Giulia si colloca al secondo posto tra le regioni italiane. Numeri che potrebbero pure aumentare fino a lunedì 19 luglio, giorno in cui gli scatoloni con oltre un milione di firme certificate raccolte in tutta Italia verranno ufficialmente consegnati alla Corte di Cassazione. Tra le quattro province della nostra regione, Udine si colloca in testa con 19.505 sottoscrizioni raccolte, seguita da Pordenone (5.096), Gorizia (3.516) e Trieste (3.199). Non basta. Il comitato regionale stimava ieri sera l’allestimento di 300 banchetti, un centinaio di incontri ed eventi pubblici e una sessantina di amministrazioni comunali ad aver formalmente deliberato ordini del giorno, delibere, mozioni contro il processo di privatizzazione avviato con il decreto Ronchi. «Un risultato che è solo l’inizio di quella che, dopo i passaggi di approvazione dei quesiti da parte della corte di Cassazione e la Corte Costituzionale, sarà la campagna referendaria vera e propria - ha riassunto il comitato - che ci vedrà impegnati ancora più capillarmente per convincere tutti i nostri concittadini ad andare a votare».

(m.b.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 16 luglio 2010

 

 

Dipiazza blocca l'iter, il Prg rischia di affondare
 

Doveva essere una maratona, si è rivelata uno scatto da centometrista. La seduta di ieri sera del Consiglio comunale, la prima dedicata all’atteso esame del Piano regolatore, è stata sospesa dieci minuti dopo essere stata aperta. E la prossima verrà convocata non prima del 15 settembre. Fino a quella data l’iter del Prg, quello che sindaco e parte della maggioranza volevano chiudere in fretta e furia entro il 31 luglio, rimarrà completamente bloccato. Sulla variante, che a questo punto scricchiola come uno sgabello malridotto e rischia di sbriciolarsi del tutto, si è abbattuta infatti una tegola pesantissima: la sentenza con cui il Consiglio di Stato, dando ragione alle tesi dell’Ordine dei geologi, ha dichiarato illegittima la procedura seguita dal Comune per l’affidamento di una perizia poi confluita tra gli atti del piano. A comunicare l’orientamento espresso dai giudici di palazzo Spada e a chiedere all’aula una pausa di un mese e mezzo per poterne studiare gli effetti, è stato proprio Roberto Dipiazza. Scuro in volto, il sindaco ha fatto capire fin dalle prime battute del suo intervento che di lì a poco sarebbe arrivato un annuncio sgradito. «Martedì sera abbiamo vissuto in piazza Unità un evento straordinario - ha esordito - ma il giorno dopo il buon Dio si è preso la rivincita». La rivincita ha l’aspetto di una sentenza di poche pagine in cui il Consiglio di Stato - al quale il Comune stesso aveva fatto ricorso nella speranza di capovolgere il giudizio con cui il Tar, in gennaio, aveva dato ragione ai geologi - segnala una falla nelle procedure del Prg. Secondo i giudici, per assegnare la redazione dello studio geologico relativo alla variante l’amministrazione avrebbe dovuto tassativamente indire una gara e non ricorrere, come ha fatto, alla procedura di affidamento diretto. Procedura che aveva poi portato ad assegnare il lavoro a un geologo interno alla macchina comunale, coinvolgendo l’Università in qualità di consulente. «Quel percorso - ha precisato in aula Dipiazza - ci ha permesso di risparmiare tempo e denaro, circa 50mila euro. Cosa che lo stesso Consiglio di Stato nella sentenza ha riconosciuto, pur concludendo che in questo caso specifico l’incarico andava comunque dato attraverso una gara». Un giudizio che, rimettendo in discussione uno dei pilastri tecnici su cui poggia la variante, rischia ora di farla crollare. Perché nel caso in cui il nuovo estensore della relazione, individuato stavolta secondo i canali corretti, dovesse rigettare il lavoro dell’Università, sarebbe necessario ripartire da zero. Non dalla riadozione del piano ma forse, addirittura, dalla ridefinizione delle linee di indirizzo. Di qui la scelta del sindaco di bloccare l’iter per poter far svolgere verifiche giuridiche sui possibili effetti della sentenza. Questa volta, però, affidandole a professionisti esterni al palazzo municipale. «L’avvocatura comunale sostiene che l’orientamento del Consiglio di Stato non incide sul piano, ma io - è andato giù duro il sindaco - non voglio correre il rischio che, tra qualche anno, questa storia diventi terreno di ricorsi e controricorsi. Già una volta mi sono assunto la responsabilità degli errori degli uffici, stavolta non intendo farlo. Non credo più a quelli che mi dicono che non ci sono problemi. Chiedo quindi a tutto il Consiglio di approvare il rinvio dei lavori». Una richiesta che maggioranza e opposizione - entrambi peraltro precedentemente informati dell’uscita ad effetto del primo cittadino - hanno accolto immediatamente. Di fronte a un colpo di scena tanto inatteso tutti, infatti, sono rimasti in silenzio. Come in silenzio avevano ascoltato l’accenno di Dipiazza all’indagine della Corte dei Conti su una sua proprietà in via Verga: «Un pezzo di terra da 300 metri quadri di nessun valore, acquistato regolarmente nel 2001 - ha chiarito -. Ma in Italia è evidente che, secondo la magistratura, non possono esistere le persone oneste».

MADDALENA REBECCA

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 luglio 2010

 

 

Lega in pressing sul Prg: «Voto a settembre» - Favorevole l’Udc, Fi-Pdl frena. Il Pd: solo beghe interne alla maggioranza
 

SI APRE OGGI LA DISCUSSIONE IN AULA
Sarà Roberto Dipiazza, nella veste di assessore all’Urbanistica, ad aprire questa sera alle 18.30 in Consiglio comunale l’attesa discussione sul Piano regolatore. Discussione che prenderà il via con l’illustrazione della delibera e proseguirà con il voto sul maxi-emendamento con le correzioni degli errori formali apportate dagli uffici e con l’esame delle riserve regionali.
Se la prima parte della tabella di marcia è definita, più incerta appare però la seconda tranche della maratona consiliare. A sparigliare le carte ci ha pensato infatti la Lega che, questa sera, proporrà di interrompere i lavori. «Chiederò che venga rinviata a settembre la discussione sulle intese e sulle opposizioni dei cittadini - precisa il capogruppo Maurizio Ferrara -. Questo periodo di tempo dovrà essere dedicato al raggiungimento di un accordo di maggioranza sul Prg, in particolare sui casi Banne e Padriciano. Se ciò avverrà, e se verrà confermata la restituzione delle aree edificabili ai piccoli proprietari, si aprirà la strada a un voto favorevole della Lega sul piano e, a ruota, agli accordi elettorali del 2011».
Un’ipotesi, quella del rinvio dell’approvazione, vista di buon occhio anche dall’Udc Roberto Sasco deciso, come il Carroccio, a far sentire il proprio peso nel centrodestra. «Dubito che si riesca a rispettare la scadenza del 31 luglio - chiarisce Sasco -. E visto che chiudere entro quella data non è un dogma, per evitare di fare un lavoro approssimativo conviene rinviare a settembre».
Secco, a proposito del colpo di scena targato Carroccio, il commento del capogruppo Fi-Pdl Piero Camber. «Vogliono il rinvio? Non ne sapevo nulla - taglia corto -. È inutile comunque fare commenti adesso. Ne discuteremo e vedremo quale linea vorrà tenere il sindaco. Per ora posso soltanto dire che mi auguro che la Lega resti compatta durante tutta la discussione sul piano. E compatta - conclude Camber - significa che la medesima posizione venga tenuta da entrambi i consiglieri leghisti».
A bocciare senza appello la proposta di Ferrara leghista è poi il capogruppo del Pd Fabio Omero. «Di qui a settembre non cambierebbe nulla, visto che non verrebbero riaperti i termini per le osservazioni e opposizioni - osserva Omero -. Si tratterebbe solo di un modo per consentire alla Lega di chiarire i propri rapporti con Dipiazza. Ma a noi le questioni interne alla maggioranza non interessano: a quel punto che se lo votino da soli il Piano regolatore».
Quanto alle modalità di voto, la riunione dei capigruppo di ieri, anche a seguito del pressing dell’opposizione e della ”minaccia” di inasprire il gioco ricorrendo all’ostruzionismo, ha deciso di invertire l’ordine previsto inizialmente per le intese: prima verranno discusse tutte le osservazioni e opposizioni che riguardano una singola intesa e, soltanto in seconda battuta, sarà messa ai voti l’intesa stessa. «Una vittoria importante per i cittadini che potranno far sentire la loro voce - è stato il commento di Omero e del Cittadino Roberto Decarli. «Un risultato ininfluente - ribatte l’esponente della Lista Rovis, Emiliano Edera, che sulla questione specifica si è astenuto così come il Repubblicano Sergio Pacor -. Il segretario generale, infatti, aveva chiarito che, anche se votate dopo le intese, le osservazioni relative non decadono. L’ordine del voto insomma non è per nulla determinante». Critico nei confronti dell’”inversione dei fattori” invece il capogruppo di An Antonio Lippolis, l’unico a esprimere voto contrario.

(m.r.)
 

 

San Giovanni, rione a caccia di soluzioni - Dall’edificazione al verde Affollato incontro pubblico all’oratorio di via S. Cilino
 

Il caldo e l’ora insolita del tardo pomeriggio non ha frenato ieri l’adesione popolare al simbolico ”Consiglio comunale in piazza”, iniziativa organizzata nel rione di San Giovanni, all’interno dell’oratorio di via San Cilino, dal Comitato Rionale dei Cittadini di San Giovanni-Cologna e dalla sede di quartiere del Sindacato Pensionati Cgil. Un appuntamento in cui i residenti sono usciti all’aperto e rivendicato la risoluzione di almeno una dozzina di punti all’ordine del giorno: dalla riqualificazione edilizia allo sfruttamento delle aree verdi, temi che chiamano in causa il Piano regolatore.
L’idea di coinvolgere proprio i consiglieri comunali preposti alla approvazione si però realizza solo in parte. L’esposizione dei punti chiave della rivendicazione, infatti, risulta troppo elaborata anche perchè la risposta dei politici locali si è limitata ai soli esponenti del centrosinistra. Fra il pubblico, oltre al rappresentante del Wwf Dario Predonzan, erano presenti il ”cittadino” Roberto Decarli, i consiglieri comunali del Pd Mario Ravalico, tarcisio Barbo Bruna Tam e il capogruppo Fabio Omero. Tutti concordi nel sottolineare un certo pessimismo per la risoluzione dei problemi di San Giovanni, causa anche, come sottolineato da Omero, da «un Piano regolatore secretato e partito male, senza il coinvolgimento dei cittadini». Decisamente controcorrente, invece, l’intervento del consigliere della sesta Circoscrizione Luca Salvati (Pd). «Anche i rioni come Melara non hanno avuto la giusta attenzione, il problema è chiaramente politico - sostiene Salvati - e vi invito a non screditare l’utilità e il peso delle circoscrizioni e a far passare prima le problematiche sempre dalle nostre sedi».
Francesco Cardella
 

 

Al via il recupero del ciglione carsico - La Provincia pronta a partire con le gare d’appalto entro la fine dell’anno. Operazione da 750mila euro
 

ILLUSTRATO IL QUADRO DEGLI INTERVENTI PREVISTI NELL’AREA DI CONTOVELLO
PROSECCO Se la burocrazia o qualche intoppo non ci mettono lo zampino, entro l’anno la Provincia provvederà a predisporre la gara per l’assegnazione dei lavori di recupero delle infrastrutture dei terrazzamenti e delle campagne del ciglione carsico comprese tra Contovello e la parte alta di Grignano, concretizzando l’intervento di riqualificazione e consolidamento dei sentieri interpoderali dell’area nel prossimo anno. La notizia è emersa in un incontro sul tema organizzato alla Casa di Cultura di Contovello - Prosecco dalla Provincia. Assieme al vicepresidente dell’ente e assessore all’Agricoltura Walter Godina, erano presenti diversi rappresentanti delle associazioni territoriali, delle organizzazioni e dei consorzi agricoli, degli enti locali e di altri enti interessati al recupero dell’area del costone carsico.
IL PROGETTO L’assemblea fa parte di un ciclo di approfondimenti che palazzo Galatti ha voluto organizzare nell’ambito di quel progetto complessivo denominato “Marketing del Carso” che lo vede intervenire in prima persona per la valorizzazione delle potenzialità agricole, ambientali, economiche e turistiche della provincia. «È un progetto importante finanziato con fondi regionali – ha spiegato Walter Godina – che noi vogliamo realizzare incassando il più ampio consenso nello spirito di una progettazione più partecipata possibile. L’intento è di realizzare opere che consentano agli operatori del territorio di poter lavorare nelle migliori condizioni possibili, valorizzando il grande patrimonio di eccellenze e qualità esistenti nel comprensorio triestino».
IL CIGLIONE Nell’assemblea di Prosecco sono state ribadite le potenzialità dell’area del ciglione carsico, il cui progetto di recupero per l’area sottostante Contovello può rappresentare il primo atto di un’azione mirata a ridare produttività a tutta l’area del costone. Allargamento e consolidamento dei percorsi interpoderali, convogliamento delle acque a scopo irriguo: questo il succo di un’azione che mira a consentire agli agricoltori di riprendere la coltivazione di viti e olivi in una zona altamente vocata a tale indirizzo.
L’ITER Successiva all’incontro di Prosecco, una conferenza dei servizi che palazzo Galatti intende realizzare con tutti gli enti territoriali per i passaggi burocratici dovuti. L’obiettivo finale è di indire entro questo autunno le gare per l’assegnazione dei lavori e di dare inizio all’intervento vero e proprio nel 2011.
LE FASI Nell’articolato progetto “Marketing del Carso” appare già ben avviata la prima fase dell’impegno, ovvero la realizzazione di una nuova cartellonistica provinciale che consenta una pronta e razionale lettura dell’offerta ambientale, culturale, economica ed enogastronomica dell’intero comprensorio triestino.
Proprio qualche giorno fa la Provincia ha presentato in un’altra assemblea pubblica l’associazione temporanea di imprese (formata da professionisti del settore paesaggistico, naturalistico, geologico e urbanistico) che si è aggiudicata il bando di concorso per la realizzazione della nuova segnaletica. Tecnici che stanno continuando a incontrare i portatori d’interesse del territorio per concretizzare il progetto, finanziato con 69mila euro, necessario a creare la nuova rete di segnali e infrastrutture il cui investimento è valutato sui 750mila euro.
L’AIAT La terza fase del “Marketing del Carso” prevede la ristrutturazione dell’ex sede Aiat di Sistiana, edificio posto in posizione strategica dove inizia il panoramico sentiero Rilke. Per la struttura si prevede un recupero che permetta alla stessa di diventare un punto di informazione per i turisti e un punto per la creazione di eventi e iniziative a disposizione degli enti locali e delle associazioni del territorio.
MAURIZIO LOZEI
 

 

Banchetto contro il rigassificatore di Zaule sabato pomeriggio in piazza Marconi
 

MUGGIA Riprende la campagna di mobilitazione contro il rigassificatore di Zaule. Sabato, dalle ore 18, Wwf, Legambiente e Italia Nostra saranno presenti in piazza Marconi a Muggia, con un banchetto vicino al Municipio. Verrà chiesto ai cittadini di firmare la petizione contro il progetto di Gas Natural, avviata lo scorso autunno. L’iniziativa punta anche a rilanciare la raccolta di fondi a sostegno delle azioni legali intraprese dalle associazioni, a partire dal ricorso al Tar del Lazio contro il decreto dei ministri Prestigiacomo e Bondi, che hanno dichiarato la “compatibilità ambientale” del rigassificatore di Gas Natural.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO
 

Punto informativo gratuito per il risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico in via Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 (tel. 366-5239111) per fornire informazioni per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno.
 

 

Fianona 3, il progetto va avanti Gli ambientalisti: no al carbone - Il deputato Kajin: «Posti di lavoro, ma territorio a rischio»
 

Il prossimo anno i bandi pubblici per gli appalti, centrale operativa già nel 2015
ALBONA La centrale termoelettrica Fianona 3 a carbone non è più solo uno spauracchio ma un progetto ben definito che il governo intende attuare per far fronte alla crescente domanda di energia elettrica nel Paese. La dichiarazione del presidente della direzione dell'Ente elettroenergetico di stato Leo Begovic rilasciata a Fiume, lascia pochissimo spazio ai dubbi. Ha annunciato infatti che nel 2011 verranno banditi i concorsi pubblici per la costruzione di una nuova idrocentrale nell'area ragusea e di una termocentrale a carbone. Sebbene abbia evitato di precisare l'esatta collocazione di questo secondo impianto, tutte le indiscrezioni convergono sul sito di Fianona dove già esiste l'infrastruttura per lo scarico del carbone dalle navi e gli impianti per il trasporto nelle caldaie delle due centrali in funzione. Nelle intenzioni del governo, entro il 2015 «Fianona 3» dovrebbe prendere il posto della vecchia Fianona 1 diventata ormai una caffettiera fumante e destinata allo smantellamento. La nuova centrale della potenza pari a 500 Megawatt, per un investimento di 800 milioni di euro, sarà in grado di coprire il 15% del fabbisogno energetico della Croazia.
L’annuncio di Leo Begovic sui tempi previsti per la realizzazione di «Fianona 3» ha innescato immediate reazioni politiche e ambientalistiche. Il deputato istriano Damir Kajin afferma che una terza centrale a carbone trasformerà il territorio albonese in paesaggio lunare senza vita. «Sul progetto devono venir interpellati gli abitanti del luogo tramite referendum», afferma Kajin ,secondo il quale oltre ai tanti aspetti negativi «Fianona 3» ne avrebbe anche uno positivo. Vale a dire l'apertura di centinaia di posti di lavoro e il rilancio economico dell' Istria.
Contro il progetto si sono da tempo schierati gli ambientalisti e gran parte dell'opinione pubblica. Una terza centrale termoelettrica verrebbe accettata qualora fosse alimentata a gas. E a proposito viene indicato il metanodotto magistrale Pola-Karlovac che passa nelle vicinanze di Fianona e che porta nell' interno del paese il gas degli enormi giacimenti sottomarini al largo di Pola sfruttati congiuntamente dalla croata Ina e dall'italiana Eni. Un'altra sorgente di gas sarebbe il futuro rigassificatore dell'alto Adriatico, un progetto di cui si continua a parlare. E a favore del gas si è schierato anche il presidente dell' Associazione civica Ladonja Plinio Cuccurin che accusa «il potere locale» di aver rinunciato ad esercitare un ruolo attivo in merito, accettando passivamente i diktat che arrivano da Zagabria. C’è chi intepreta questo clima di rassegnazione come un non dichiarato «baratto» tra l' Istria e il governo: Zagabria appoggia i progetti di sviluppo istriani in cambio di una resistenza non troppo forte al progetto della Fianona 3.
C'è però un altro ostacolo sul cammino che dovrebbe portare alla nuova centrale. Ci riferiamo al piano dell'Unione europea di ridurre del 20% le emissioni dei gas a effetto serra entro il 2020,nel rispetto del Protocollo di Kyoto.Un imperativo che vincolerà anche la Croazia visto che nel frattempo verrà sicuramente accolta nella Ue.

(p.r.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA  - MERCOLEDI', 14 luglio 2010

 

 

Rigassificatore. WWF, Legambiente e Italia Nostra: “Sabato 17 luglio banchetto di informazione in piazza Marconi a Muggia”
 

Riprende in piena estate la campagna informativa e di mobilitazione contro il rigassificatore di Trieste-Zaule. Sabato 17 luglio, a partire dalle ore 18, WWF, Legambiente e Italia Nostra saranno presenti in piazza Marconi a Muggia, con un banchetto a pochi passi dal Municipio.
Saranno raccolte le firme sulla petizione contro il progetto di Gas Natural, lanciata lo scorso autunno dalle tre associazioni ambientaliste e sarà anche distribuito il mensile Konrad con il nuovo inserto (dopo quello del settembre 2009) sul rigassificatore.
La campagna ha anche l’obiettivo di rilanciare la raccolta di fondi,a sostegno delle azioni legali intraprese dalle associazioni. Un ricorso al TAR del Lazio, contro il decreto dei ministri dell’ambiente e dei beni culturali, Prestigiacomo e Bondi, che ha dichiarato la “compatibilità ambientale” del rigassificatore di Gas Natural, è stato infatti presentato lo scorso novembre ed integrato con nuovi elementi in dicembre. Altre azioni legali saranno però necessarie, verosimilmente, contro il gasdotto Trieste-Grado-Villesse, proposto da SNAM e indispensabile per il funzionamento del rigassificatore di Zaule.
E’ ancora aperta, inoltre, la partita della centrale elettrica a ciclo combinato da 400 MW, proposta da Lucchini Energia nel Porto di Trieste (a due passi dal sito individuato da Gas Natural per il suo impianto), che dovrebbe essere alimentata dal rigassificatore oppure dal gasdotto.
“Un incredibile coacervo di illegalità, omissioni e manipolazioni – hanno ribadito le associazioni - caratterizza l’intera vicenda, dal suo inizio nel 2005 fino ad oggi. In tutto questo tempo, le istituzioni locali e nazionali che dovrebbero garantire una valutazione imparziale dei problemi e dei rischi, per l’ambiente e per la sicurezza della popolazione, hanno mancato clamorosamente al proprio dovere.”
“Non solo, è mancata del tutto l’informazione ai cittadini (fatta eccezione per quella fornita da associazioni ambientaliste e comitati), mentre sembra avvicinarsi il momento delle decisioni, con la conferenza dei servizi che sarà coordinata dalla Regione.”
Da ciò il rilancio della campagna degli ambientalisti, che intende anche richiamare i rappresentanti istituzionali locali ad un maggiore impegno ed approfondimento. “E’ impressionante – concludono WWF, Legambiente e Italia Nostra – la superficialità e la disinformazione che riscontriamo, su questi argomenti, in molti esponenti della classe politica locale. Abbiamo perciò chiesto, di recente, che il Consiglio regionale tenga quanto prima un’audizione sul tema, coinvolgendo tutti i “portatori di interesse”.”
Recapiti:
Legambiente - Circolo Verdazzurro, via Donizetti 5/a, 34133 Trieste, tel. 040 577013, e-mail: info@legambientetrieste.it
W.W.F. Trieste, via Rittmeyer 6, 34132 Trieste, tel. + fax 040 360551, e-mail: wwfts@libero.it
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 luglio 2010

 

 

Piano regolatore domani in aula Spaccatura anche sui criteri di voto - OGGI LA DECISIONE FINALE
 

Fumata nera sulle modalità di voto che dovranno essere seguite dal Consiglio comunale per l’approvazione del Piano regolatore. Vista la complessità della materia, la capigruppo di ieri pomeriggio ha deciso di concedersi altre 12 ore di tempo. Le decisioni finali sono rinviate quindi alla nuova riunione, convocata questa mattina alle 8.30.
Primo nodo da sciogliere, il meccanismo relativo alle intese. Due le scuole di pensiero: la prima ritiene di dover procedere subito al voto sull’intesa, eventualmente emendata, la seconda invita invece ad esaminare prima le opposizioni e le osservazioni relative alle intese, e poi le intese stesse. «Ma se venisse preferita la prima soluzione - osserva Fabio Omero, capogruppo del Pd -, diverse opposizioni e tante osservazioni, come quelle della Circoscrizione Est sul caso di Banne, salterebbero. Già tutto l’iter del piano è stato un bavaglio, se ora ci rifiutiamo anche di discutere e mettere al voto le osservazioni sulle intese, finisce che la voce ai cittadini la togliamo davvero del tutto».
Di avviso diverso Piero Camber. «Dobbiamo ricordarci che le intese sono rigide - precisa il capogruppo Fi-Pdl -. Accogliere eventuali opposizioni, significa modificare e quindi, a caduta, rifare l’intesa da capo con il rischio che l’interlocutore - ad esempio il Porto o il Demanio -. non sia più d’accordo, e che si aprano tempi lunghi per ridefinirla».
Secondo scoglio, la linea da tenere rispetto ai pareri degli uffici sulle richieste dei cittadini. Il Consiglio dovrà votare la controdeduzione all’opposizione: se vota sì, conferma le motivazioni degli uffici, se vota no accoglie l’opposizione ma, per farlo, deve fornire la motivazione, giudicata necessaria in vista di possibili ricorsi. È possibile però - e su questo aspetto, nonostante l’intervento del segretario generale Terranova, ieri non si è trovato accordo - che sulla singola controdeduzione il voto finisca in parità. In tal caso come andare avanti? Per alcuni, Camber in testa, bisognerebbe ripetere il voto ad oltranza. Per altri invece richiederebbe la sospensione del Consiglio e la nuova votazione alla riapertura della seduta. Il verdetto, appunto, arriverà stamattina.
Qualche punto fermo, tuttavia, c’è e riguarda la scaletta iniziale. L’esame del Prg si aprirà domani sera con l’illustrazione della delibera, seguita dal voto sul maxi emendamento con le correzioni agli errori materiali fatte dagli uffici.

(m.r.)
 

 

Campo Marzio, riparte il cantiere all’ex Fiat - Esce di scena la Vittadello, lavori appaltati alla Collini. E la Teseco completa la bonifica
 

PREVISTI 135 APPARTAMENTI E 676 POSTI AUTO. SULLA METRATURA COMMERCIALE DECIDERÀ IL CONSIGLIO DI STATO
Ha retto l’urto delle contestazioni dei comitati di vicinato e dei ricorsi anti-cemento, essendosi salvato per tempo dai regimi di salvaguardia del nuovo Piano regolatore. E ha retto l’urto di ulteriori accadimenti, forse meno ponderabili, e ponderati, nella testa del committente. Dalla crisi del mercato immobiliare al niet dettato dal Comune all’inserimento di ampie metrature commerciali ai piedi delle palazzine. Dal mistero delle bonifiche dei terreni deputati alle fondamenta fino allo scoglio più grande: il contenzioso (a quanto è dato sapere, per questioni di revisione economica del contratto) con la prima impresa appaltatrice, la Vittadello di Padova, cosa che ha rallentato il cantiere fino a causarne un lungo periodo di immobilismo.
Ma sull’annunciato progetto firmato dall’ingegner Giovanni Cervesi riguardante il megacomplesso residenziale da costruire sulle ceneri dell’ex concessionaria Fiat di Campo Marzio - di proprietà della Cmc, la Campo Marzio Costruzioni spa, di cui è socio di riferimento l’ingegner Sergio Hauser assieme alla moglie Donata Irneri - cova evidentemente un’aura di indistruttibilità. Ora che la buriana a quanto pare è passata, infatti, i lavori - con data di ultimazione prevista al 22 settembre 2012 - stanno per ripartire con un nuovo general contractor. Il cui nome, altisonante, è l’impresa Collini di Trento, la stessa che ha gestito l’appalto delle gallerie e dei viadotti della Grande viabilità tra Cattinara e Padriciano.
Che la storia tormentata del cantiere della Cmc - che a lungo ha mantenuto il massimo silenzio sulla vicenda - fosse vicina a una svolta lo suggerivano i movimenti dei mesi scorsi, con le operazioni in loco della Teseco, la spa di Pisa specializzata in servizi di ingegneria ambientale, che di fatto aveva rilevato l’appalto lasciato scoperto dalla Vittadello. Quest’ultima spa nel frattempo - a quanto è dato sapere - aveva a sua volta transato con il committente la propria uscita di scena per via extragiudiziale. Il motivo del contendere, mormorano i ben informati, sarebbero stati gli oneri di smaltimento del terreno da asportare, finito in una categoria di rifiuti dai costi di eliminazione più alti rispetto alle previsioni. La Teseco si è così occupata di togliere di mezzo alcune cisterne dell’ex concessionaria, che contenevano carburanti e olii, nonché il vecchio camino di una centrale termica ad olio combustibile. Gli ultimi pezzi di quest’ultimo stanno abbandonando l’area proprio in queste ore.
Oltre alla presenza dei tecnici della Teseco, di recente non erano sfuggiti ai residenti anche alcuni interventi di rimessa in ordine del cancello del cantiere che dà su via Murat e delle impalcature sul lato destro di via Campo Marzio. È lì che ora fa mostra di sé la tabella del cantiere, con il nome della Collini e di tutti gli studi tecnici e dei professionisti coinvolti. Tra questi, appunto, Giovanni Cervesi, titolare del progetto definitivo redatto per conto della Cmc e ora portato avanti da altri, in testa il direttore dei lavori da Udine, l’ingegner Tommaso Cacciavillani.
Il progetto prevede un quadrilatero da 19mila metri quadrati tra via di Campo Marzio, via Reni, via Picciola e via Murat, dove dovrebbero sorgere 135 alloggi e 676 posti auto, più una nuova strada, tre aree verdi, altrettanti accessi per i veicoli a motore e uno riservato ai pedoni. Nonché, per l’appunto, un centro commerciale, che la Cmc avrebbe voluto di cinquemila metri quadrati. Il Comune ne ha autorizzati, al momento, 1500. Il Tar, alla fine del 2008, ha già dato ragione all’amministrazione Dipiazza, confermando quelle metrature. La Cmc però non si è ancora arresa e aspetta che il Consiglio di Stato si pronunci sul ricorso d’appello presentato dopo la sconfitta di primo grado dal proprio legale, Cesare Pellegrini.
PIERO RAUBER
 

 

Il Comitato alza bandiera bianca: «Adesso possiamo solo guardare» - Il ricorso al Tar dei residenti era stato respinto negando l'illegittimità della concessione
 

La prima ”dichiarazione di guerra” risale al 1996, appena iniziano a circolare le prime voci sul progetto di trasformazione in chiave commerciale dell’ex concessionaria Fiat. In quell’anno il Comitato Campo Marzio, sorto per iniziativa di un gruppetto di residenti di via Reni, via Picciola e piazza Carlo Alberto diventato sempre più numeroso con il passare del tempo, scende ufficialmente in campo contro la ”cementificazione intensiva” del rione. Una protesta portata avanti a suon di raccolte di firme, assemblee pubbliche, interventi in consiglio comunale e faccia a faccia con gli assessori della giunta Dipiazza.
Al centro delle iniziative del Comitato, la volontà di difendere con le unghie e con i denti la vivibilità della zona - secondo i residenti messa irrimediabilmente in pericolo dalla quantità di edifici e quindi dal volumi di traffico previsti dal progetto - e di far rispettare le indicazioni contenute nel Piano regolatore approvato nel ’97. Indicazioni prima condivise con la popolazione e poi, secondo i residenti, disattese in fase di avvio dei lavori.
Le critiche urlate ai quattro venti dagli agguerriti abitanti non impediscono però al Comune di rilasciare, il 4 maggio del 2006, la concessione edilizia alla Campo Marzio Costruzioni Cmc - società per azioni di cui sono soci di riferimento l’ingegner Sergio Hauser assieme alla moglie Donata Irneri. Un atto che il Comitato vive come una profonda ingiustizia, tanto da spingerlo a compiere un salto di qualità nella protesta. Sei mesi dopo il rilascio della concessione, infatti, scatta da parte dei cittadini contrari alla costruzione del mega complesso residenziale il ricorso al Tar.
Alla magistratura amministrativa, i residenti chiedono di annullare la concessione edilizia sulla base di vizi di legittimità rispetto al Piano regolatore vigente e la contestuale regolamento edilizio: dalle presunte distanze insufficienti tra edifici e pareti finestrabili fino alle inesattezze nella valutazione dell’impatto sul traffico. Argomenti che, però, non convincono i giudici.
Nel marzo 2009, infatti, il Tar respinge il ricorso, negando l’esistenza di illegittimità nel rilascio della concessione alla Cmc. L’arrivo del verdetto negativo segna un durissimo colpo per l’attività del Comitato che, da quel momento, riduce sensibilmente le proprie azioni di protesta. «Effettivamente, dopo la bocciatura del ricorso, non ci siamo più mossi - ammette il portavoce Sergio Kosic -. Continuiamo però ad osservare l’andamento dei lavori. Cosa stia davvero succedendo, però, non lo sappiamo. Abbiamo visto i nuovi cartelli, ma nessuno ci ha fornito informazioni precise. Possiamo solo immaginare che, al momento, sia in corso qualche attività di bonifica anche se, comunque, alcune novità le abbiamo notate. La ditta, infatti, ha messo un po’ in ordine il cancello del cantiere affacciato su via Murat e sistemato l’impalcatura che dà su Campo Marzio».
E pensare che secondo la tabella di marcia originale i lavori, iniziati con le demolizioni delle ex officine nella primavera del 2007, avrebbero dovuto concludersi nel gennaio di quest’anno, per consentire poi di mettere rapidamente sul mercato i 135 appartamenti e i quasi 700 posti auto realizzati. Un cronoprogramma ampiamente disatteso, anche alla luce della complessità delle operazioni di messa in sicurezza dell’area e dei contenziosi con l’impresa appaltatrice.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 13 luglio 2010

 

 

«Indagine sul Prg, Dipiazza non ci ha risposto» - Racovelli: legittime le richieste di chiarimento. Camber: ma sull’inchiesta nulla da temere
 

OPPOSIZIONE ALL’ATTACCO. IL WWF: SI MERCANTEGGIA SULLE MODIFICHE ALL’EDIFICABILITÀ
La discussione generale sul Piano regolatore si aprirà solo giovedì. Ma già nella riunione dei capigruppo di ieri si è avuto un primo, corposo assaggio delle schermaglie che verranno sollevate in aula.
Ad animare la riunione è stato l’intervento del sindaco, richiesto dal Verde Racovelli e poi formalizzato dal Repubblicano Sergio Pacor. A Dipiazza l’opposizione ha chiesto lumi sull’indagine della Procura, sfociata nella recente acquisizione degli atti relativi al piano. «Una richiesta a nostro avviso legittima - afferma Racovelli -. Eppure il sindaco si è comportato in modo seccato, tanto da andarsene sbattendo la porta senza rispondere a tutte le domande. Si è ritenuto offeso, come se la richiesta di audizione fosse stata un modo per mettere in dubbio la sua onestà. Per lui, così come per la sua maggioranza che l’ha difeso con argomenti quasi imbarazzanti, è assolutamente normale che la magistratura sequestri gli atti del Prg in fase di approvazione. Ma per noi tanto normale non è».
«Dipiazza - continua l’esponente del Pd Fabio Omero - si è presentato alla capigruppo come una ”verginella innocente”. Ha sostenuto di aver sempre lavorato in modo serio e onesto, dicendosi indignato. Un’indignazione legata però solo alla situazione attuale e non a certi ”affari” innescati dal piano: la ”piccionaia” di Padriciano, il quadrivio di Opicina, il Villaggio del fanciullo. Su questi casi, al contrario, Dipiazza alla fine ci ha rassicurati tutti: ”Ho fatto solo gli interessi della città...».
Versione che ha trovato sostegno nei rappresentanti del centrodestra. «Non c’è stata responsabilità politica in episodi come il mancato invio del dischetto che comportato un anno fa lo slittamento del piano - osserva il leghista Ferrara -. In quello, e in altri casi, si è trattato di errori degli uffici». «Quanto all’inchiesta - commenta Piero Camber, capogruppo Fi-Pdl -, Dipiazza ha ricordato come sia semplicemente una delle tante che la Procura avvia regolarmente. È una prassi davanti alla quale non c’è nulla da temere. La discussione andrà avanti in Consiglio. Il nodo da sciogliere adesso è con quali modalità. Su questo potrà far luce il parere che gli uffici esporranno nella capigruppo di domani (oggi ndr)».
E sempre il Prg è stato al centro di un dura riflessione partita ieri dagli ambientalisti: “Non è concepibile che in un piano ormai in dirittura di arrivo, si mercanteggi nell’introduzione di modifiche che aumentano l’edificabilità su molti terreni privati in cambio di futuri appoggi elettorali - hanno denunciato Wwf, Legambiente e Italia Nostra -. alle prossime elezioni. E secretare l’iter di valutazione delle osservazioni non può che peggiorare la percezione di un’opinione pubblica che si vede impossibilità a dire la propria su un argomento così delicato.
Le associazioni ambientaliste, che si sono dette preoccupate per i criteri che sembrano esser stati seguiti nella valutazione delle richieste dei cittadini, avevano a loro volta presentato delle osservazioni contro le 18 nuove zone di espansione residenziale, l’area turistica di Padriciano e l’articolo 11 delle norme di attuazione del Prg che fa salvi i piani particolareggiati ereditati da quello precedente del 1997. «Ma quel che lascia perplessi – hanno puntualizzato Dario Predonzan, Lucia Sirocco e Luciana Boschin – è che, nonostante la secretazione dei procedimenti , diversi consiglieri hanno denunciato come le osservazioni presentate abbiano ricevuto parere negativo. I cittadini hanno diritto a presentarle anche su proprietà di terzi, e lasciarle cadere nell’oblio vuol dire non garantire trasparenza». L’auspicio finale degli ambientalisti è che vengano accolte le osservazioni in favore di una riduzione globale dell’edificabilità a tutela del territorio».

(m.l.)
 

 

Consiglio comunale occupato Il Circolo Miani querela Pacor
 

Querela per diffamazione nei confronti del presidente del Consiglio comunale, Sergio Pacor, «per il tono diffamatorio e le false affermazioni» contenute in una nota ufficiale e denuncia contro ignoti, per «violenza privata continuata e aggravata». È la reazione del fondatore del circolo Miani, Maurizio Fogar, dopo la manifestazione della fine di giugno, culminata nell’occupazione della sala del Consiglio comunale (i nomi degli occupanti sono stati trasmessi alla Procura), «per protestare contro l’inattività delle pubbliche istituzioni locali nei confronti dell’inquinamento atmosferico prodotto dalla Ferriera di Servola».
Fogar spiega così la decisione: «Contrariamente a quanto affermato dal presidente del Consiglio comunale, la manifestazione era regolarmente autorizzata - dice - Nessuno può permettersi di dichiarare pubblicamente che qualcun altro ha commesso un reato». Fogar assieme ad altre 12 persone hanno firmato una denuncia per violenza privata continuata e aggravata. «Lo abbiamo fatto – spiega Fogar – perché la nostra è stata un’assemblea permanente, la seconda manifestazione delle 18.30 era ampiamente annunciata e non era nostro obiettivo creare tensione. Non abbiamo fatto danni nella sala del Consiglio comunale, mentre l’obiettivo reale era quello di convincere con ogni mezzo i cittadini presenti in aula a desistessero».
Secondo il portavoce del Miani «è stata negata la possibilità di tenere, alle 15.30 di martedì 29 giugno, la prevista assemblea pubblica e di ottenere bottiglie d’acqua, perciò il reato è stato reiterato». Oggi il Miani protesterà di nuovo, in occasione della visita a Trieste del Presidente Napolitano.

(u. s.)
 

 

«Tav in ritardo, fondi Ue a rischio» - DA VENEZIA A DIVACCIA - La Serracchiani lancia un nuovo allarme Riccardi: «Ce la faremo»
 

TRIESTE I fondi europei per la progettazione e la realizzazione della Tav nelle tratte Venezia-Trieste e Trieste-Divaccia sono a rischio a causa dei ritardi nella presentazione dei progetti. A manifestare la preoccupazione è stato il coordinatore del progetto prioritario 6 (ribattezzato impropriamente corridoio V), Laurens Jan Brinkhorst. E l’ha fatto, negli scorsi giorni, incontrando a Roma il ministro dei Trasporti Altero Matteoli. A darne notizia è l’europarlamentare Debora Serracchiani che siede in commissione Trasporti a Bruxelles e segue passo passo la vicenda Tav: «Brinkhorst - spiega Serracchiani - ha espresso fortissima preoccupazione sia a Saragozza che, di recente, al termine di un incontro con il nostro ministero. La preoccupazione è tale che l'Europa sta valutando di non proseguire nel finanziamento della tratta, se non vengono prese delle iniziative urgenti per indicare il tracciato». Serracchiani aggiunge che «a detta di Brinkhorst il Veneto deve indicare il tracciato» e che «il ritardo è di diversi anni. Su questo ha ragione Giancarlo Galan quando dice che Luca Zaia non sta facendo nulla». La progettazione della tratta Venezia-Trieste - che la commissione dovrebbe cofinanziare al 50% - deve concludersi entro il 2010. Per la tratta Trieste-Divaccia la commissione ha stanziato 50,7 milioni e a marzo Italia e Slovenia hanno trovato l’intesa su un nuovo tracciato.
Riccardo Riccardi, assessore regionale ai Trasporti, replica a stretto giro di posta. Garantisce lo sforzo del Friuli Venezia Giulia e ricorda che lo stesso Veneto ha preso un preciso impegno nei confronti del governo italiano: «Lo onoreremo. Noi stiamo lavorando con l’obiettivo di realizzare la progettazione preliminare avanzata per il tratto da Trieste al Tagliamento entro il 2012. Stiamo incontrando i comuni, anche con Rfi, sul tracciato che affiancherà l’autostrada e non penso che ci saranno ritardi». Sul tratto transfrontaliero, poi, Riccardi annuncia che il prossimo 15 settembre la commissione intergovernativa ha l’obiettivo di formalizzare in un accordo l’intesa raggiunta dai viceministri Roberto Castelli e Igor Jakomin.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 12 luglio 2010

 

 

S. Giovanni - «Troppe costruzioni, stravolta l’area» - La Circoscrizione: il vecchio Prg ha massacrato le aree verdi del quartiere
 

San Giovanni è il rione dello sport, con i suoi numerosi impianti e la piscina comunale. È il rione dove storicamente risiedeva una parte della comunità slovena nelle case arrampicate lungo le vie dei Pagliaricci, alle Cave e del Capofonte. È il rione della mitica birreria Dreher che all’inizio degli anni Novanta fece spazio al primo centro commerciale triestino, Il Giulia. Ma è anche il rione che vide, primo in Italia, aperti i cancelli dell’ospedale psichiatrico oggi trasformato in splendido parco urbano. Ed è un rione dove si trovano case popolari, villette e anche il servizio Sert che secondo alcuni rappresenta oggi un problema.
Mille facce, tanti problemi. San Giovanni oggi vive le contraddizioni del tempo con le nuove costruzioni che si mescolano con l’antico assetto del rione-paese. A migliorare la qualità di vita ci pensano anche i ragazzi delle scuole dell’Istituto comprensivo di via Cunicoli con il progetto ”Pedibus”. Assieme alla circoscrizione, ai volontari della Uisp e alla facoltà di Architettura hanno progettato dei percorsi per favorire i pedoni rimuovendo gli ostacoli sulle strade per raggiungere la scuola.
San Giovanni è anche quartiere di anziani, ma i servizi funzionano. Ilario, 76 anni, ha la moglie ammalata, ma racconta che gli infermieri del distretto sanitario lo aiutano molto. Per lui, nato in Rena Vecia e adottato dal rione nel 1947, a San Giovanni si vive bene.
Qualcun altro dice: «Xe più mati che stranieri». È un riferimento chiaro alle persone seguite dai servizi psichiatrici che frequentano il quartiere per un caffè al bar. Ma sono soprattutto i tossicodipendenti a essere additati. Al bar San Giovanni, in piazzale Gioberti, una persona addita: «Andate a vedere al giardino vicino alla rotonda del Boschetto, là dove giocano i bambini ci sono le siringhe ficcate per terra». Un problema che si ripete da anni, evidenziato anche dal presidente della Circoscrizione Gianluigi Pesarino Bonazza: «La presenza del Sert, il servizio tossicodipendenze all’interno del parco di San Giovanni, rappresenta per noi una problematicità».
Secodo Pesarino Bonazza comunque il rione ha acquistato nel tempo una maggiore vivibilità. «Sono presidente di questa circoscrizione da quasi dieci anni - dice - È un rione particolare per la presenza dell’ex ospedale psichiatrico, ma ha avuto delle evoluzioni positive. C’è una piscina che è stata attesa da più di 30 anni. La microarea dell’Azienda sanitaria, del Comune e dell’Ater favorisce la socialità e il coinvolgimento degli anziani che vivono nelle case Ater».
Tanti in nuovi progetti in cantiere, racconta Pesarino Bonazza: «Vogliamo fare un asilo nido che a tutt’oggi non c’è nell'ex caserma Chiarle. E poi San Giovanni è un centro di attrazione per lo sport, così l'ex deposito degli autobus sarà trasformato in un centro polisportivo che potrà essere usato anche dai residenti».
La microcriminalità esiste, annota ancora Bonazza, ma il problema è stato risolto con il poliziotto di quartiere. Resta però la questione della costruzione selvaggia di nuovi palazzi. «Il Piano regolatore precedente, quello della giunta Illy, ha permesso che a San Giovanni si potesse costruire ovunque. In via dei Pagliaricci hanno massacrato il verde quando si potrebbe mantenere l'armonia del paesaggio costruendo case di al massimo due piani».

(i.gh.)
 

 

L’Isonzo inquinato da 200 scarichi fognari - ALLARME PER LA SALUTE DEL FIUME: COMPROMESSO IL PROGETTO DELLE SPIAGGETTE
 

GORIZIA Realizzare ”Isonzo beach”? È indubbiamente una bella idea quella sviluppata dagli studenti del primo anno del corso di laurea in Architettura ma rischia di schiantarsi contro un ostacolo invalicabile che si chiama ”inquinamento”.
Sì, l’Isonzo è un fiume inquinato. A confermarlo anche un report dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. L’indiziato numero uno è il torrente Corno. L’Arpa inserisce nel ”primo livello di priorità” due interventi: quelli previsti per ridurre l’apporto di acque reflue non depurate nell’Isonzo provenienti, attraverso il torrente Corno, dalla città di Nova Gorica in Slovenia e quelli necessari per ridurre l’apporto di acque reflue provenienti da quella parte della città di Gorizia i cui scarichi interessano ancora il torrente Corno. «La città di Nova Gorica dovrebbe dotarsi di un nuovo depuratore cittadino al quale fare confluire le fognature della città. Per quanto è dato a conoscere, i lavori previsti dal progetto per la realizzazione dell’opera prenderanno avvio nel 2011. Con la realizzazione dell’opera, il torrente Corno non dovrebbe essere più interessato dagli scarichi provenienti dalla Slovenia», si legge nella documentazione Arpa.
Torna così prepotentemente d’attualità un monitoraggio parziale effettuato qualche tempo fa che portò alla luce quasi 200 scarichi fognari: acque bianche, grigie e nere presenti nel tratto tombato compreso fra la via Catterini e la Valletta del Corno. Una situazione preoccupante che emerse anche nei reiterati interventi del Wwf. Il problema reale è che l’Isonzo non è balneabile e qualsiasi progetto di valorizzazione turistica del corso d’acqua che attraversa la città si scontra con questa realtà di fatto. Indubbiamente, l’intervento sul torrente Corno avrà i suoi benefici influssi anche sulla qualità delle acque del nostro fiume. «Fondamentale sarà la realizzazione del depuratore da parte della vicina Slovenia: sino ad allora sarà difficile pensare ad utilizzare l’Isonzo alla stregua di una spiaggia», il giudizio tranchant formulato qualche tempo fa da Romoli. L’amministrazione comunale - la promessa del sindaco - lavorerà quindi per chiudere l’ultraventennale questione con gli sloveni ed attuare la depurazione secondo gli accordi sottoscritti nel 2000.
Sull’argomento interviene anche Vincenzo Bellini, delegato regionale del Cordicom. Non è la prima volta che affronta il caso-Isonzo e sollecita il Comune a fare analisi aggiornate dell’acqua. Non solo: chiede con forza a tutte le amministrazioni il cui territorio sia lambito da un fiume a tenerne sotto controllo lo stato di salute. Bellini ricorda che della valorizzazione dell’Isonzo in un’ottica turistica si era parlato già in passato: «La questione era stata affrontata ancora dall’assessore all’Ambiente della giunta precedente, Bon, poi era stata messa da parte in quanto era subentrato il divieto di balneazione. A suo tempo ho dimostrato che l’inquinamento c’è, come confermato anche dai dati dell’Arpa. Chiedo quindi al Comune a che punto siamo arrivati».
Da ricordare che gli studenti di Architettura prevedevano di trasformare la diga di Straccis in uno stabilimento balneare mentre il parco di Piuma doveva essere ravvivato da strutture per lo sport e da spazi per il ristoro.
FRANCESCO FAIN
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO
 

Punto informativo gratuito per il risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico in via Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 (tel. 366-5239111) per fornire informazioni per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 11 luglio 2010

 

 

Prg, sul Carso rispunta la ”piccola edificabilità” - Accolte in commissione centinaia di opposizioni giunte da privati. Sasco: ma gli indici sono molto bassi
 

La corsa contro il tempo per riuscire ad approvare entro fine luglio il Piano regolatore sta per segnare le battute decisive. Sostanzialmente concluso il lavoro della Commissione urbanistica (che tra domani e mercoledì ultimerà l’esame delle norme tecniche di attuazione e delle osservazioni degli Ordini professionali), giovedì prenderà il via in aula l’attesa discussione generale. Primo atto della maratona consiliare che vedrà gli eletti pronunciarsi su tutte le 1051 opposizioni avanzate dai cittadini.
All’appuntamento di giovedì, però, il Piano regolatore si presenterà con una veste, e un contenuto, profondamente trasformati. L’analisi degli uffici prima e della Commissione poi, ha infatti cambiato le carte in tavola, tornando a rendere edificabili - seppur con indici inferiori rispetto a quelli del vecchio piano Illy-Cervesi - decine di terreni sull’Altipiano. Tanto che delle oltre 400 opposizioni presentate da residenti del Carso, almeno la metà - fanno sapere alcuni commissari - verrà accolta in aula. Un deciso dietro front, quindi, che va nella direzione indicata tanto da alcune anime della maggioranza - An-Pdl e Lega in testa -, quanto dall’opposizione: restituire l’edificabilità ai piccoli proprietari che, dopo aver pagato per anni l’Ici, si erano visti cambiare di punto in bianco la destinazione d’uso delle aree.
L’accoglimento della metà delle opposizioni relative al Carso, tuttavia, non si tradurrà in un via libera alla cementificazione dell’Altipiano. «La maggior parte di queste richieste infatti - spiega il presidente della Commissione, l’Udc Roberto Sasco - fa riferimento a piccoli appezzamenti di terreno (in media attorno ai 1000-1500 mq ndr) posizionati in aree classificate come B5 e B6, zone cioè in cui l’indice di edificabilità è molto basso». «Per intendersi - chiarisce il capogruppo del Pd Fabio Omero - parliamo della possibilità di costruire non il grande condominio, ma la famosa casetta per i figli. Non tutte le nuove edificazioni, comunque, sono state autorizzate: quelle isolate e lontane dalla strada, per esempio, non hanno ricevuto l’autorizzazione. Il risultato, in ogni caso, è importante: siamo riusciti a correggere l’impostazione originaria del Prg che toglieva ai piccoli per dare ai grandi».
Di trasformazione in linea con le attese della popolazione, a riprova di come sul Prg si siano creati schieramenti trasversali, parlano anche gli esponenti Pdl. «Non stravolgiamo il piano - precisa il capogruppo di An-Pdl Antonio Lippolis -. Lo miglioriamo, andando così finalmente incontro alle sacrosante esigenze di tanti cittadini». «Le linee di indirizzo iniziali non vengono toccate: dov’era verde, resta verde - aggiunge Piero Camber, capogruppo Fi-Pdl -. Di nuovo c’è la scelta di aiutare, per esempio, l’artigiano che aveva chiesto la fideiussione in banca dando per garanzia i terreni edificabili».
Ma nella maggioranza c’è anche chi, come il Carroccio, alza nuovamente il tiro proponendo uno stop alla discussione. «Il piano sta cambiando volto - commenta Maurizio Ferrara -. Correre non serve a nulla. Chiediamo quindi che vengano riaperti i termini per le opposizioni e che si proceda a una nuova adozione». Proposta che, per Cittadini e Verdi, dimostra ancora una volta le incertezze del centrodestra sul futuro del Prg. «Anche per questo - commentano Roberto Decarli e Alfredo Racovelli - il risultato della discussione in aula non è scontato. L’accoglimento delle tante opposizioni dei cittadini dipenderà da cosa, in ultima analisi, converrà a questa maggioranza».
MADDALENA REBECCA
 

 

«Rio Martesin, iniziata la devastazione» - Racovelli: oneri di urbanizzazione altissimi, vanno chiariti i criteri dell’operazione
 

AVVIATI I LAVORI PER LA NUOVA VIABILITÀ IN VISTA DELLA COSTRUZIONE DI OLTRE 100 APPARTAMENTI
Nuova tegola per i residenti della valle di Rio Martesin, che da tempo combattono contro la previstA cementificazione della zona. Dopo la decisione del Tar di respingere il ricorso presentato contro il Comune per i permessi di costruire rilasciati alla Società Airone 85 srl e alla Gestione Italiana Appartamenti srl (le due società romane che puntano a ricavare 109 nuovi appartamenti), gli abitanti hanno dovuto mandare giù un altro boccone amaro: l’avvio dei lavori di adeguamento del tratto tra via Cormons e via del Collio, nel quale dovrà essere realizzata la nuova viabilità a servizio delle future costruzioni.
«Ci avevano parlato di una viabilità moderna e funzionale - ha spiegato il portavoce del Comitato dei residenti Dario Ferluga -. E invece ora scopriamo che non c’è traccia di questo. Al contrario, si pensa di risolvere i problemi di circolazione dell’area caricando una strada strettissima e in pendenza come via Cormons. Si pensa di far svoltare le auto che scendono da via Gradisca verso via del Collio, senza tener conto della pericolosità della manovra che rischia di travolgere i pedoni e gli abitanti delle case affacciate direttamente su questo tratto».
Ma a mandare su tutte le furie il Comitato è stata anche la ”mano pesante” usata per aprire il cantiere. «È stata completamente disboscata un’area verde che, secondo le promesse iniziali, non avrebbe dovuto essere toccata - continua Ferluga -. Che ne è stato degli alberi? E che fine faranno i posteggi per le auto dei residenti qui intorno? Stiamo assistendo ad una devastazione bella e buona».
Ad appoggiare le ragioni dei residenti anche il consigliere dei Verdi Alfredo Racovelli e l’esponente di Fi-Pdl Lorenzo Giorgi. «È necessario fare chiarezza al più presto su questo progetto - ha commentato ieri mattina Racovelli -. Io da mesi chiedo di accedere agli atti, ma continuo a ricevere rifiuti. Eppure ho saputo che, a fronte della concessione edilizia, le due ditte interessate a costruite in Rio Martesin si sono visti fissare oneri di urbanizzazione altissimi: 320 mila euro. Vanno quindi assolutamente chiariti i criteri dell’intera operazione».
Ancora più duro il commento di Giorgi, che sul futuro dell’area convocherà a giorni le Commissioni lavori pubblici e verde pubblico: «Lo scempio, purtroppo, è iniziato - afferma il forzista -. Abbiamo avuto i primi assaggi di assaggio delle ”porcate” edilizie previste per questa valle. Il tratto di verde ha subìto la "pulizia" annunciata che doveva, teoricamente, prevedere solo uno sfoltimento dello spazio.... Ma hanno così sfoltito che non è rimasto nulla, Attila non avrebbe saputo far di meglio».

(m.r.)
 

 

Ex caserma di Banne la protesta dei cittadini - Striscioni contro la trasformazione dell’area in zona residenziale
 

Non esistono più le secretazioni di una volta. La dimostrazione si è avuta ieri mattina durante la trasferta della Commissione urbanistica - che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere assolutamente top secret - nella zona di Banne. Al loro arrivo infatti i commissari hanno trovato una piccola folla di agguerriti residenti che, anziché dar loro un caloroso benvenuto, hanno contestato la trasformazione dell’ex caserma in area residenziale ipotizzata dal Piano regolatore.
Una protesta con tanto di striscioni appesi ai cancelli, inscenata per la verità sotto gli occhi di una sparuta rappresentanza dell’organismo consiliare. Sì, perché al sopralluogo a Banne hanno partecipato alla fine appena 7 dei 17 commissari: Sasco (Udc), Furlanic (Rc), Sulli (Gruppo Sulli) e gli esponenti del Pd Tam, Ravalico, Ukmar e il capogruppo Omero. Un po’ delusi dall’esiguo numero di interlocutori, i residenti hanno comunque esposto le loro ragioni: «Tutti - ha spiegato il presidente circoscrizionale Marko Milkovic - hanno espresso contrarietà alla destinazione residenziale dell'area dell’ex caserma, che comporterebbe la virtuale distruzione del tranquillo paesino carsico di Banne e dei suoi equilibri plurisecolari». In linea con gli argomenti degli abitanti di Banne l’intervento di Fabio Omero che, dopo aver stigmatizzato la scarsa partecipazione dei commissari («è evidente come la maggioranza non intenda ascoltare pubblicamente i cittadini»), ha esposto l’intenzione di chiedere maggior trasparenza per il futuro della frazione carsica. «Noi - ha chiarito il capogruppo del Pd - chiederemo che la pianificazione di quest’area diventi pubblica. È così che si fanno i Piani regolatori in Italia, ed è così che è stato fatto per il piano particolareggiato di Trebiciano, dove le due progettiste per prima cosa aprirono un ufficetto per ascoltare i cittadini».
Prima di recarsi a Banne, la Commissione aveva fatto visita anche al Villaggio del fanciullo, accompagnata dal coordinatore Carboni. «E lì - spiega il capogruppo di An-Pdl Lippolis - abbiamo preso atto della bellezza del sito e dell’ampiezza dell’area per la quale il Prg prevede la destinazione d’uso, da campi sportivi a residenziale. Un’area che sarebbe stato più saggio e più consono utilizzare per accogliere la foresteria di qualche realtà legata allo statuto del Villaggio del fanciullo, anziché per ospitare un futuro villaggio vacanze».

(m.r.)
 

 

Ambiente, 200mila euro da Palazzo Galatti - Muggia capofila di un progetto che punta ad aumentare la raccolta differenziata
 

L’ACCORDO DI PROGRAMMA GIÀ APPROVATO DA SGONICO E MONRUPINO
MUGGIA Un progetto di educazione ambientale che interesserà tutti i Comuni della provincia con l'inizio del prossimo anno scolastico.
È l'obbiettivo dell'accordo di programma per l'attuazione del ”Progetto 3 Erre 2010-2012”, frutto della sinergia tra la Provincia e tutti i sei Comuni che compongono il territorio triestino.
L'ente capofila del programma, che avrà durata biennale, sarà il Comune di Muggia. Costo totale dell'operazione 200 mila euro.
Il Comune di Muggia assumerà l'incarico di sviluppare il programma delle attività inerenti l'educazione ambientale – con particolare riguardo al tema dei rifiuti – in primis verso la ”popolazione scolastica” e come ”ricaduta” sulla popolazione adulta residente neI territori di tutti i Comuni.
L’amministrazione rivierasca si impegnerà a costituire una struttura operativa di coordinamento, per favorire la gestione del progetto, utilizzando specificatamente soggetti che operano nel settore dell'educazione ambientale e in particolar modo gli insegnanti delle strutture scolastiche.
La Provincia invece, oltre ad erogare il contributo di 200 mila euro (affidati al Comune capofila, Muggia appunto, che poi provvederà alla redistribuzione della somma agli altri Comuni, per un importo massimo di 60 mila euro per progetto) coordinerà le attività nel settore dell'educazione ambientale, per fornire un’ adeguata sensibilizzazione alle problematiche ambientali. Il tutto con la finalità di raggiungere due obiettivi: diminuzione della produzione dei rifiuti e incremento della raccolta differenziata.
I Comuni sottoscrittori invece potranno formulare proposte progettuali specifiche di educazione ambientale, attuandole sul proprio territorio e contando sui cofinanziamenti ricevuti dal Comune di Muggia.
Per dare una valenza oggettiva al progetto è prevista anche la realizzazione di un comitato tecnico-scientifico, formato da tecnici dei Comuni e della Provincia e da esperti che opereranno presso il Comune di Muggia.
Tra i compiti del comitato tecnico-scientifico, individuare le linee guida e i criteri da proporre per lo sviluppo dei diversi progetti, analizzare e accreditare i progetti presentati, validare le realizzazioni previste e supportare scientificamente ogni iniziativa che, nel corso del biennio, le parti vorranno realizzare in materia di educazione ambientale.
Il comitato è presieduto dal sindaco di Muggia Nerio Nesladek e potrà avvalersi della collaborazione di tecnici dell'Arpa e di soggetti nominati dal Csa (ex Provveditorato agli studi).
Da rimarcare che il finanziamento complessivo di 200 mila euro potrà essete implementato con finanziamenti reperiti attraverso sponsorizzazioni, anche da parte di soggetti privati interessati al raggiungimento degli obiettivi del progetto.
Per ora il documento è stato approvato dai consigli comunali di Sgonico e Monrupino. Nelle prossime settimane andrà al vaglio dei Comuni di Trieste, Muggia, Duino Aurisina e San Dorligo della Valle.

(r.t.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 10 luglio 2010

 

 

Fotovoltaico, l’energia è gratis - PROVINCIA, BANDO PER IMPIANTI SENZA ONERI PER I CITTADINI
 

Il calore del sole può aiutare i cittadini ad abbattere la bolletta sull’elettricità di casa. Come? Lo spiega il progetto «La Provincia di Trieste, i cittadini e il sole». «Con questa iniziativa - dice la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat - cittadini e imprese potranno installare un impianto fotovoltaico sul tetto della propria abitazione senza alcun onere di spesa d'acquisto, di installazione e di manutenzione per vent'anni». Grazie agli impianti fotovoltaici, che permettono di trasformare il calore del sole in energia elettrica, «26 metri quadri di pannelli solari - precisa la presidente - producono energia per un nucleo familiare di quattro persone. L'energia in eccesso verrà ceduta all'azienda installatrice, che a sua volta la venderà a terzi». «Per dare il buon esempio alla cittadinanza – continua l'assessore Vittorio Zollia - anche gli uffici e le scuole sotto la competenza della Provincia si doteranno di pannelli fotovoltaici.»
La procedura prevede due bandi. Il primo mira a individuare un elenco di cittadini potenzialmente interessati all'installazione gratuita di un impianto fotovoltaico di potenza di 3 kWp, con contemporanea erogazione di un contributo di 200 euro per le spese amministrative. Il secondo bando è riservato alla ricerca dell'azienda con cui firmare la convenzione per l' installazione dei i pannelli fotovoltaici. L’azienda - spiega Zollia - «dovrà avere un'assoluta affidabilità sul piano finanziario, la migliore tecnologia dell'impianto in termini di conversione dell'energia solare in energia elettrica, dovrà garantire il minor tempo di installazione e consegna dell'impianto e anche il preventivo più basso per quanto concerne le procedure amministrative.»
Il bando è consultabile sul sito www.provincia.trieste.it. Info da richiedere al Servizio tutela ambientale della Provincia, via fax allo 0403798511 o via mail ecologia@provincia.trieste.it.
Claudia Poropat
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO
 

Punto informativo gratuito per il risparmio energetico offerto dalla Provincia di Trieste. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico in via Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 (tel. 366-5239111) per fornire informazioni per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno.
 

 

SEGNALAZIONI - V. COSTALUNGA - Scarico pericoloso
 

Il cittadino ormai è estremamente sensibile all’inquinamento atmosferico e alla tutela della salute.
Si parla della ferriera, del traffico, si pongono limiti allo scarico dei fumi che generano diossina e ai valori delle polveri più o meno sottili, eppure nessuno si è mai preoccupato dell’ammorbante e nero fumo che almeno due volte alla settimana fuoriesce da uno scarico che si trova proprio di fronte al posteggio del cimitero in via Costalunga. Vi ricordate la canzone dell’Equipe 84, anni ’60, è un fumo proprio nero che esce lento nero e pastoso. Vi assicuro che in giornate senza vento o umide la cappa fumosa e maleodorante che si posa da S. Anna a Campanelle per decine di minuti, è estremamente pesante, chissà se è pure dannosa. Questo dovrebbero dircelo gli enti preposti al controllo di tutto ciò che può creare danno alla salute del cittadino. È strano che abbiano concesso uno scarico simile senza filtri adeguati.
Raoul Degrassi
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 9 luglio 2010

 

PRESENTAZIONE del progetto "La Provincia di Trieste, i cittadini e il sole" - Installazione gratuita di impianti fotovoltaici

 

Con il progetto "La Provincia di Trieste, i cittadini e il sole" l’amministrazione provinciale mette a disposizione della cittadinanza mille impianti fotovoltaici senza alcun onere di spesa legata all’acquisto o all’installazione degli stessi.  I cittadini che decideranno di installare l’impianto sul tetto della propria abitazione potranno utilizzare l'energia prodotta per le proprie esigenze.
La procedura prevede, in sintesi, le seguenti fasi:
•la Provincia di Trieste, con specifico bando in attuazione dell’articolo 12 del vigente Regolamento Provinciale per la concessione di contributi a privati, provvederà ad individuare un elenco di cittadini che saranno i potenziali destinatari dell'installazione, a titolo completamente gratuito, di impianti fotovoltaici di potenza di 3 kWp; il costo delle spese amministrative di € 200,00 sarà coperto dal contributo provinciale;
•per l'attuazione del progetto la Provincia avvierà la ricerca del soggetto attuatore, con il quale sottoscrivere una convenzione per l’installazione dei pannelli fotovoltaici e per gli adempimenti tecnico-amministrativi correlati;
Per la scelta del soggetto saranno utilizzati i seguenti CRITERI DI SELEZIONE:
a) assoluta affidabilità del piano finanziario proposto;
b) migliore tecnologia dell’impianto in termini di efficienza di conversione dell’energia solare in energia elettrica;
c) valutazione del ribasso proposto sull’importo a carico dei cittadini utenti per la copertura delle spese amministrative, per le quali la Provincia di Trieste erogherà a questi ultimi il contributo massimo di € 200,00 per impianto;
d) valutazione del minor tempo di installazione di tutti gli impianti a partire dalla consegna dell’elenco dei cittadini interessati, tempo che comunque non deve essere superiore ai 12 mesi;
•il soggetto attuatore procederà alla progettazione, acquisizione di ogni autorizzazione necessaria, realizzazione, installazione, interconnessione degli impianti citati trovando la propria remunerazione nella riscossione dell’incentivo denominato conto energia (che i cittadini utenti finali gli cederanno) per un periodo di 20 anni.
I cittadini che intendono aderire all’iniziativa possono fare domanda utilizzando il modello allegato al BANDO entro il 30 settembre 2010.
Le ditte che intendono partecipare alla selezione del soggetto attuatore tramite la convenzione citata possono inoltrare la proposta, secondo le modalità contenute nell’AVVISO, entro il 15 settembre 2010.
Le informazioni possono essere richieste:
all’Ufficio Relazioni con il Pubblico tel. 040 3798512 – 040 3798538 info@provincia.trieste.it
al Servizio Tutela Ambientale tel. 040 3798 463 - 040 3798498 fax 040 3798511 ecologia@provincia.trieste.it
Allegati
BANDO cittadini AVVISO ditte CRITERI DI SELEZIONE ditte

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 luglio 2010

 

 

Prg: Lega, An-Pdl e Udc in pressing sull’edificabilità - GIÀ ACCOLTE DAGLI UFFICI COMUNALI 450 DELLE 1051 OPPOSIZIONI DEI CITTADINI
 

Lippolis: nei casi dubbi diremo sì, pazienza se il voto slitterà. Omero (Pd): si torna alla cementificazione
Il Piano regolatore sta cambiando volto. Gli uffici comunali hanno accolto 450 delle 1051 opposizioni avanzate dei cittadini, ora la Commissione urbanistica, che sta vagliando il documento con riunioni quotidiane, ne sta ammettendo delle altre. Già quando a metà mese il Piano arriverà in Consiglio comunale sarà profondamente mutato, ma rischia di uscire quasi stravolto al momento del voto di approvazione che il sindaco Roberto Dipiazza, sollecitato dal capogruppo di Fi-Pdl Piero Camber, vorrebbe fissare per venerdì 30 luglio.
«Nei casi dubbi noi saremo per l’edificabilità - ha annunciato ieri il capogruppo di An-Pdl Antonio Lippolis - una famiglia che si è sacrificata tutta la vita per conservare un terreno per il proprio figlio non può ritrovarsi da un giorno all’altro con un campo di patate». «Sono favorevole ad accogliere le richieste per ripristinare l’edificabilità sui piccoli fondi - ha aggiunto Roberto Sasco (Udc) presidente della Commissione urbanistica - l’amministrazione non può andare contro i cittadini». «In Consiglio comunale avverrà la restituzione delle aree edificabili a coloro ai quali sono state ingiustamente sottratte», annuncia addirittura Maurizio Ferrara, capogruppo della Lega Nord. In aula dunque si prevede una sventagliata di ulteriori emendamenti. «Ne stiamo concordando un pacchetto assieme alle altre forze di maggioranza - spiega Lippolis - ma altri ne verranno presentati dai singoli partiti. Che si voti il 30 luglio o che ciò faccia slittare tutto a settembre per noi non fa grande differenza».
Fabio Omero, capogruppo del Pd, lancia però l’allarme. «Fino a qualche giorno fa esisteva almeno un dogma per tutti: ciò che era verde con il piano redatto sotto l’amministrazione Illy deve restare verde. Adesso non è più nemmeno così e, sostenuta in particolare da Sasco dell’Udc e da Ferrara della Lega, sta prevalendo una linea che ridarà spazio al cemento. Accogliendo opposizioni di singoli cittadini il Comune si espone infatti ai ricorsi di tutti coloro che si trovano nelle medesime condizioni». Ma all’interno dello stesso Pd non c’è una posizione omogenea dal momento che un paio di giorni fa il segretario provinciale Roberto Cosolini ha accusato il piano di «punire i piccoli e favorire i grandi».
«Se il Piano regolatore rimarrà così com’è e non riceverà quelle sostanziali modifiche che sono necessarie - ha fatto sapere Franco Bandelli, presidente di Un’altra Trieste, movimento cui aderiscono quattro consiglieri comunali - occorrerà compiere un atto responsabile nei confronti della città e votare no. Credo che ogni singolo consigliere - aggiunge Bandelli - debba invitare il sindaco a ritirare e a rivedere radicalmente i contenuti di questa delibera, devono essere ascoltati i cittadini a cui va restituita la possibilità di ripresentare le loro osservazioni e togliere dal Piano regolatore tutti quegli elementi che destano perplessità e che rischiano di far assumere a questo importante atto amministrativo rilevanza penale».
Ieri la Commissione urbanistica, con seduta sempre secretata, ha esaminato le opposizioni riguardanti in particolare l’altipiano. Oggi e domani nuove riunioni, sabato i sopralluoghi per i casi più controversi con le missioni in loco ufficialmente secretate. «In via Scala Santa, in via Baiardi, in via Giusti, in salita Monte Valerio - si lascia scappare Sasco - ci sono le situazioni più ostiche perché il Piano precedente ha già permesso una forte e assurda cementificazione».
SILVIO MARANZANA

 

 

E sull’indagine la maggioranza chiede spiegazioni a Dipiazza - Atti acquisiti dalla Finanza, il sindaco rassicura i capigruppo: tutto fatto a norma di legge

 

FASCICOLO APERTO DALLA PROCURA
Rassicurazioni sull’indagine penale e sulla causa amministrativa in corso e sprone a procedere per concludere l’intera operazione il 30 luglio. Nella riunione chiestagli dai capigruppo di maggioranza: Piero Camber (Fi-Pdl), Antonio Lippolis (An-Pdl), Angelo Pierini (Lista Dipiazza), Maurizio Ferrara (Lega Nord) e Roberto Sasco (Udc), il sindaco Roberto Dipiazza non ha fatto una piega, dimostrandosi sereno e risoluto a procedere.
I capigruppo gli hanno fatto presente le tre grane venute alla luce martedì: l’inchiesta avviata dalla Procura della Repubblica con l’acquisizione degli atti del Piano da parte della Tributaria, la bocciatura del Tar su un diniego a costruire opposto a una cittadina, le 19 licenze concesse nella finestra inopinatamente apertasi tra la fine di luglio e l’inizio di agosto dell’anno scorso per un supposto errore degli uffici comunali.
Il sindaco ha però replicato che un’approfondita consultazione con gli uffici stessi lo ha reso certo che dall’inchiesta penale non vi sia nulla da temere poiché tutto è stato fatto a norma di legge, mentre il Tar con la sentenza in questione avrebbe preso un granchio e sarà ora il Consiglio di Stato presso il quale il Comune ha fatto appello a rimettere le cose a posto.
«Gli ho chiesto di far slittare il voto del Consiglio comunale a settembre per permettere un approfondito esame di varie situazioni che tuttora sono controverse - riferisce Ferrara - ma non c’è stato verso di farlo recedere dalla sua decisione». «È stato anche confermato - aggiunge Sasco - che non c’è il complesso della caserma di via Rossetti nella prima lista dei beni che lo Stato con il federalismo demaniale trasferirà al Comune». Ìl sindaco contatterà ora il Ministero della Difesa per ottenere una spiegazione. «Questo della discussione del Piano regolatore è il momento cruciale per spingere la trattativa - sostiene Sasco - perché una parte del futuro urbanistico cittadino si gioca proprio in quell’area dove dovrebbero essere collocati una scuola primaria e il polo delle scuole superiori». (s.m.)
 

 

«Un mega-market a Opicina» - INTERROGAZIONE DI AN-PDL SU UNA RICHIESTA DELLE COOPERATIVE OPERAIE
 

Il Pd: una bufala Marchetti: vogliamo solo trasferire il supermercato all’ex cinema
È un giallo nel giallo. Secondo i consiglieri comunali di Alleanza nazionale-Pdl, Antonio Lippolis, Vincenzo Rescigno, Bruno Rossetti e Andrea Della Valle accogliendo tra le tante opposizioni al Piano regolatore quella di Livio Marchetti, presidente della Cooperative operaie, il Comune avrebbe permesso la trasformazione a Villa Carsia, per la precisione in largo San Tommaso 8, in una zona già congestionata, di un supermercato di 500 metri quadrati in un centro commerciale di 2000. I quattro consiglieri hanno presentato un’interrogazione al sindaco chiedendogli «perché gli uffici hanno dato un parere positivo a una opposizione che chiede, in una zona a bassa indicità edificatoria, di trasformare un supermercato in centro commerciale di fatto quadruplicando la volumetria metrica e cubica, andando a incidere pesantemente sulla zona e di fatto influenzando politicamente le successive scelte del Consiglio comunale».
«Grazie alla trasformazione della destinazione urbanistica da B6 a H2 - accusa Lippolis - la costruzione potrà essere sopraelevata di altri due piani e gli spazi triplicati».
«Una bufala», secondo Fabio Omero, «perché - sostiene il capogruppo del Pd - secondo lo stesso regolamento comunale negozi di quel tipo in quella zona non possono superare gli 800 metri quadrati. E poi volendo fare i pignoli - aggiunge - ci sono ben quattro domande fatte dalle Cooperative operaie per mutare destinazione urbanistica a zone dove sorgono supermercati: oltre che a Villa Carsia, in piazzale Atleti Azzurri d’Italia, in Campo Metastasio e in via Alpi Giulie».
«Tutte sciocchezze - replica Livio Marchetti presidente delle Cooperative operaie - a Villa Carsia stiamo attendendo che il Demanio ci ceda l’ex cinema per trasferire lì il supermercato che avrà al massimo 200 metri quadrati in più rispetto a quello attuale. La struttura che occupiamo oggi, a circa 500 metri dall’ex cinema, la cederemo per permetterne la trasformazione in un centro sociale o qualcosa del genere, struttura richiesta dagli abitanti della zona».
«In piazzale Atleti azzurri d’Italia, a Valmaura - continua Marchetti - intenderemmo effettivamente realizzare un grande supermercato, ma stiamo valutando bene la situazione e il mercato perché lì attorno c’è molta concorrenza. Facciamo invece lavori di ristrutturazione nella nostra struttura di Campo Metastasio e ad Altura, in via Alpi Giulie dove in alcuni nostri locali potrebbero essere ospitati anche i vigili di quartiere e ambulatori sanitari». (s.m.)
 

 

SEGNALAZIONI - CARSO - Prg «blindato»
 

Mi spinge a scrivere il comportamento del signor sindaco il 22/06/2010: io e altri otto abitanti di Banne ci siamo recati in Comune per sentire di persona come venivano discusse le nostre opposizioni e osservazioni al piano regolatore, inerenti l'ex-caserma Monte Cimone. Il bruttissimo progetto?
Esproprio di terreni privati per realizzare una nuova strada (come non ne avessero fatte abbastanza), terreni edificabili che diventano inedificabili mentre nell'ex-caserma col suo grandissimo spazio verde ci saranno colate e colate di cemento (magia del potere dei soldi). In un paese civile e democratico avremmo avuto il diritto di presenziare alla seduta della commissione, ma a Trieste no! Non solo ci fu negato di accedere alla sala, ma dall'Alto del Potere Comunale (lo scrivo in maiuscolo) è stato richiesto l'intervento di una pattuglia esterna a rinforzo dei vigili urbani già presenti sul posto. Ma noi otto eravamo tanto pericolosi e aggressivi che gli stessi vigili hanno dovuto reprimere un sorriso.
Ci siamo allontanati dal palazzo comunale salutandoli cordialmente ma «schifati» dalla secretazione imposta dal sindaco: indica il totale disprezzo per l'opinione della comunità di Banne, per le tante osservazioni, per le millecento opposizioni e le millecinquecento e più firme contro il piano regolatore, tanto distruttivo per Banne e il Carso, ma tanto redditizio per le poche lobby che speculano sulla cementificazione del territorio. Mentre scrivo mi assale l'indignazione e mi chiedo se è questo il comportamento corretto di colui che dovrebbe essere il nostro interlocutore e rappresentare noi cittadini ed elettori, cioè il signor sindaco.
Alle persone che amano il Carso chiedo di appoggiare la nostra battaglia, per poter lasciare ai posteri un territorio bello e pulito, dove si possa andare in bicicletta, giocare con i figli e respirare aria e non monossido di carbonio. Altrimenti ci ritroveremo a girare in una brutta copia di Melara-bis. Per chiudere questa segnalazione, come donna, mi verrebbe una sola parola: vergogna! Ma come cittadina preferisco fare qualcosa finché siamo in tempo.
Annamaria Monassi

 

 

La scure di Tremonti sulla Riserva di Miramare - Previsto il dimezzamento dei fondi pubblici. Spoto: a rischio l’intera attività
 

A livello nazionale è considerata un fiore all’occhiello per la capacità di coniugare felicemente tutela dell’ambiente e promozione del territorio, anche in chiave turistica. Eppure la Riserva naturale marina di Miramare, realtà che attrae ogni anno più di 15 mila visitatori, oggi rischia di scomparire. Sull’area protetta triestina, così come sull’intero arcipelago di parchi e oasi naturalistiche sparse in tutta Italia, pende infatti la scure dei tagli della manovra Tremonti che, dopo aver ”colpito” gruppi culturali e associazioni scientifiche, pare pronta ad accanirsi contro gli enti a vocazione ambientale.
Una spada di Damocle che potrebbe dimezzare il finanziamento di 300 mila euro concesso ogni anno alla Riserva, e decretare inevitabilmente la fine dell’esperienza virtuosa iniziata nel 1986. «Se ci verranno effettivamente tagliati i fondi - ammette amaramente il direttore dell’area protetta, Maurizio Spoto - non potrà più esistere niente di ciò che è stato creato in questi anni. Niente più Castelletto, centro visite, progetti per le scuole o attività turistica subacquea garantita tutto l’anno. Nel caso in cui non venisse corretta l’attuale versione della manovra, l’intera attività sarebbe destinata a sparire».
Una prospettiva che inevitabilmente lascerebbe in mezzo alla strada tutti i dipendenti dell’area protetta. Attualmente nelle due società che ne garantiscono il funzionamento - la Wwf oasi a cui di deve il coordinamento e la cooperativa Shoreline, incaricata della gestione - lavorano venti persone a tempo pieno alle quali si aggiunge, specie nei momenti di picco registrati durante l’estate e nel periodo delle gite scolastiche, una decina di figure part time. Ruoli ricoperti in genere da studenti e laureati che a Miramare svolgono una sorta di praticantato.
«Facile quindi immaginare con quanta apprensione il personale viva questo momento - continua Maurizio Spoto -. L’allarme è di quelli seri. Per la verità è sempre esistito, visto che è dal 2004 che i parchi nazionali e le aree protette si vedono erodere continuamente i fondi. Adesso però siamo al limite del sostenibile, specie se si pensa che i tagli annunciati potrebbero andare addirittura a incidere già sui contratti stipulati quest’anno».
I timori triestini sono stati raccolti anche in sede nazionale da Wwf e Fai che, proprio per scongiurare la riduzione del 50% dei bilanci di decine di riserve e aree protette, stanno facendo pressing sul Parlamento e sul governo. «Ma se perfino i governatori delle Regioni hanno avuto difficoltà a ottenere udienza da Tremonti, dubito fortemente che possa venire ascoltato il piccolo mondo dei parchi nazionali - prosegue Spoto senza nascondere un certo scetticismo -. Purtroppo per riuscire a recuperare i famosi 25 miliardi di euro indicati dalla manovra, si ragiona solo in termini produttivi, senza guardare minimamente agli investimenti sul territorio. Eppure la protezione della natura è una voce estremamente redditizia. Ogni euro speso in quest’ambito, produce ricadute 6-7 volte maggiori in termini di ritorno turistico e culturale».
La prova, chiarisce ancora il direttore, arriva dal successo delle numerosissime attività avviate in questi anni dalla Riserva in collaborazione con scuole ed enti locali. «Da tempo siamo in contatto con la Provincia per sviluppare progetti di sostenibilità del territorio (tra gli l’iniziativa legata alla valorizzazione dei pastini ndr) che ci consentano di entrare nel tessuto economico cittadino - continua il direttore -. In questo il nostro bilancio si autosostiene al 50%. Del resto se non avessimo i contributi locali e non facessimo sforzi per essere il più autosufficienti possibile, con i soli fondi statali avremmo già chiuso. Il punto è che scendendo sotto i 300 mila euro di finanziamenti pubblici l’area marina protetta non riuscirebbe a sopravvivere. Per questo - conclude Spoto - faccio un appello a Comune, Provincia e Camera di commercio perché sostenga le nostre attività. Da questo appoggio dipende il futuro della Riserva».
MADDALENA REBECCA
 

 

Acquario, gara d’urgenza per la scogliera - MUGGIA. DOPO L’ORDINANZA DI NESLADEK SUL RIPRISTINO DEI TRATTI FRANATI
 

118mila euro da un contributo della Regione e 400mila inseriti nel piano anti crisi
Il vicesindaco Crevatin: «Lunedì aggiudicheremo i lavori e fisseremo i tempi di esecuzione»
Una gara con procedura d'urgenza, con la richiesta di un preventivo dei lavori che dovrà essere presentato entro lunedì prossimo. Gli uffici comunali di Muggia sono decisamente in fibrillazione dopo l'ordinanza emessa dal sindaco Nerio Nesladek per il ripristino di alcuni tratti della scogliera che difende il terrapieno Acquario dall’erosione del mare.
«Stiamo ricevendo continue richieste, ed è chiaro che i tempi sono stretti. Comunque sia, entro lunedì prossimo sapremo chi si aggiudicherà questo importante lavoro, ma soprattutto conosceremo le tempistiche e la metodologia che verrà adottata», spiega il vicesindaco di Muggia Franco Crevatin.
La situazione dell'area è stata definita grave al momento dell’emissione dell'ordinanza. La scelta di intervenire in maniera così repentina, e poco prima della conferenza dei servizi fissata per martedì prossimo (che dovrà valutare il risultato delle analisi sull’inquinamento dell’area), è stata dettata dai recenti sopralluoghi svolti dal Servizio ambiente e sviluppo energetico del Comune, che nel verificare lo stato della costa aveva osservato nell'area del terrapieno Acquario “ampliamenti delle nicchie di frana rivelate dopo le mareggiate autunnali del 2008, con arretramento del coronamento”.
Per far fronte alla dispersione in mare del terreno, con la possibile ”migrazione” di sostanze d'inquinanti (nel terrapieno sono stati trovati materiali contaminati) il Servizio ambiente ha chiesto al sindaco Nesladek l'emanazione di un provvedimento d'urgenza “quanto mai indispensabile e improrogabile” per il ripristino dell'opera fronte mare.
«La situazione ha fatto sì che ci fosse la necessità di correre subito ai ripari – specifica Crevatin – anche se a brevissimo ci sarà la conferenza di servizi per discutere il futuro dell'area Acquario».
L'incontro si svolgerà martedì prossimo, alle 9.30, alla direzione Ambiente della Regione, Saranno presenti almeno sette enti: Comune di Muggia, Regione, Provincia, Azienda sanitaria, Capitaneria di porto, Autorità portuale e Arpa.
Per ora dunque la situazione è in una fase di stallo, in attesa di capire come e quando interverranno le ruspe per ripristinare la scogliera. «Ora come ora l'intervento potrebbe avvenire sia via terra sia via mare. Non possiamo ancora sbilanciarci, anche se sicuramente la celerità dell'intervento sarà uno dei punti che terremo in maggior considerazione per l'affidamento dei lavori», sottolinea Crevatin.
Il costo dell'operazione è stato calcolato dal Servizio ambiente del Comune, e come si evince dall'ordinanza firmata dal sindaco si intende utilizzare innanzitutto la somma di 118mila euro, scorporabile dal contributo di 449 mila complessivamente erogato dalla Regione per l'esecuzione del piano di caratterizzazione e la messa in sicurezza del terrapieno Acquario.
In aggiunta a tale cifra è previsto l'utilizzo di ulteriori somme. La giunta comunael, con una delibera datata 23 giugno, ha varato infatti il Piano anticrisi, che prevede interventi per 2,1 milioni. Di questi, 400mila euro sono stati destinati al ripristino e alla valorizzazione del terrapieno Acquario e delle aree limitrofe.
RICCARDO TOSQUES
 

 

Lucchini, sciopero contro il riassetto del gruppo Severstal - DOPO LA VENDITA DEL 50% DEL CAPITALE AL BOSS MORDASHOV PER UN EURO
 

Tre ore di blocco il 19 luglio. Banche in subbuglio per la svalutazione. Aleggia il rischio fallimento. Appello al governo
PIOMBINO «Scioperiamo per difendere il futuro dei lavoratori dello stabilimento Lucchini». In duemila temono la «svendita» del gruppo siderurgico che controlla anche la ferriera di Servola. Soltanto quattro mesi or sono la famiglia Lucchini cedeva l’ultimo 20% del gruppo siderurgico di Brescia al colosso russo dell’acciaio, la Severstal guidata da Alexey Mordashov. Ma pochi giorni fa, come del resto si ipotizzava visto che la vendita del gruppo da parte della Severstal non ha dato risultati, lo stesso gruppo russo ha ceduto per un simbolico euro il gruppo direttamente a Mordashov il 50,8% del capitale. Una mossa che ha svalutato l’asset per 802 milioni, in pratica il debito complessivo che la Lucchini aveva nei confronti delle banche.
Per il bilancio, spiegano gli esperti, è come se si fosdse fatta una cessione in perdita pur di liberarsi dei debiti che a questo punto non ci sono più. Una mossa che sembra abbia creato non pochi malumori nel pool di banche (Mps, unicredit, Banco popolare, Bpm e Intesa) che sta rinegoziando l’indebitamento di 770 milioni. Si agita dunque lo spettro del fallimento e le banche si troverebbero con la proprietà di un gruppo da rilanciare in un momento straordinariamente negativo proprio per l’acciaio e non solo per l’economia.
Una situazione che ha fatto infuriare anche i lavoratori che si fermeranno per tre ore lunedì 19 luglio per sollecitare le parti politiche a chiedere garanzie,
La decisione è stata presa dai segretari provinciali dei sindacati Fim, Fiom e Uilm che martedì scorso hanno incontrato i delegati delle Rsu, in un consiglio di fabbrica aperto durato diverse ore. Lo stesso lunedì 19 luglio oltre allo sciopero sarà organizzata una manifestazione pubblica aperta ai cittadini e a tutte le forze politiche.
La scelta, spiegano i sindacati, è dettata dalla preoccupazione per il destino dello stabilimento piombinese del Gruppo Lucchini, in cui lavorano 2.142 addetti, e degli altri presidi del gruppo.
Il tavolo sulla siderurgia che si è svolto nei giorni scorsi a Roma, nella sede del ministero dello Sviluppo Economico non ha cancellato i timori dei sindacati, preoccupati per la piega che potrebbe assumere la vicenda. Dunque, in vista del prossimo vertice in programma il 29 luglio, gli sindacati hanno fatto la prima mossa. (g.g.)
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 7 luglio 2010

 

 

Piano rinnovabili: il governo puo' fare di piu'

 

Greenpeace, Legambiente e Wwf hanno chiesto al Governo di essere più ambizioso rispetto alla lotta ai cambiamenti climatici. Il piano di sviluppo delle fonti rinnovabili presentato qualche settimana fa dimostra che l’Italia può raggiungere gli obiettivi europei fissati per il 2020. Le associazioni chiedono che il Governo “spinga in questa direzione con chiarezza e valorizzi le potenzialità del Paese”. Greenpeace, Legambiente e Wwf con una conferenza stampa hanno presentato due documenti. Il primo chiede al Governo obiettivi più ambiziosi per le rinnovabili e illustra uno scenario di sviluppo al 2020 in cui l’Italia ha potenzialità maggiori di quelle previste nel Piano per le rinnovabili. Un secondo documento chiede di innalzare al 30% l’obiettivo europeo di riduzione dei gas serra, in modo da fermare i cambiamenti climatici e rilanciare l’economia italiana e europea.
Le tre associazioni hanno preso in considerazione il Piano del Governo per raggiungere il 17% di contributo rispetto ai consumi interni di energia fissato dall’Unione Europea al 2020 e hanno stimato i potenziali delle fonti rinnovabili analizzando i dati forniti dalle associazioni di settore e dal ministero dello Sviluppo economico. In base a questo lavoro, il documento ha delineato diversi scenari da mettere a confronto. Il primo, denominato verde secondo cui le energie rinnovabili potrebbero produrre al 2020 152 TWh solo nel comparto elettrico (contro i 119 TWh indicati dal governo) e arrivare nel complesso a garantire 28 Mtep di energia primaria, contro i 22,3 Mtep stimati dal Piano d’Azione.
Se i consumi finali di energia elettrica dell’Italia si attestassero dunque a 366 TWh al 2020, così come stimato dal Governo nel Piano d’Azione, le rinnovabili potrebbero coprire addirittura il 41,5% del consumo finale di elettricità già nel 2020, mentre nel caso dello scenario a maggiore efficienza energetica – che è quello da assumere come obiettivo per le tre associazioni ambientaliste - la quota salirebbe al 45%. Se poi si raggiungono tutti i valori massimi presentati dalle diverse associazioni industriali di settore la quota delle rinnovabili salirebbe a oltre il 48% .
“Tutti gli studi mostrano come l’Italia abbia le potenzialità per fare delle rinnovabili il perno di una nuova politica energetica che permetta di ridurre la dipendenza dall’estero e l’utilizzo di fonti fossili”, hanno detto i tre esponenti delle associazioni.
Secondo Legambiente, Wwf e Greenpeace le fonti rinnovabili possono essere uno straordinario strumento per uscire dalla crisi, ma gli obiettivi fissati dal Piano del Governo non bastano. C’è anche bisogno di strumenti adeguati, come interventi sulle reti elettriche e finalmente un quadro di regole certo per le autorizzazioni degli impianti, oltre a chiarezza sugli incentivi.
“Fa bene il Piano a puntare sugli attuali incentivi, rivedendoli per ridurre sprechi e dare certezze agli investimenti – hanno aggiunto le tre associazioni –. Ci aspettiamo dal Governo coerenza rispetto a questi impegni a partire dai certificati verdi, a cui l’attuale manovra economica toglie ogni futuro, dal conto energia per il solare fotovoltaico e dalla detrazione del 55% per il solare termico che scadono a dicembre, su cui si continua a non avere certezze.
Come mostra il documento sul Clima, l’Italia avrebbe tutto da guadagnare nella lotta ai cambiamenti climatici con l’incremento delle ambizioni europee di riduzione delle emissioni. “Chiediamo quindi al Governo - si legge nella nota stampa congiunta - di non ostacolare l’obiettivo europeo di riduzione dei gas serra di almeno il 30% entro il 2020”.
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 luglio 2010

 

 

Piano regolatore, la Procura apre un’indagine - La Finanza ha acquisito gli atti in Comune. Nel mirino il park di Opicina e un’area a Padriciano
 

Possibile l’esistenza di più esposti: in piazza Unità si sono già presentati anche i carabinieri
AL MOMENTO NESSUN ISCRITTO NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI
La Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta sul nuovo Piano regolatore del Comune di Trieste. Su ordine del pm Federico Frezza, gli uomini della Guardia di Finanza hanno acquisito tutti gli atti del nuovo strumento urbanistico. I militari della Tributaria si sono presentati nell’ufficio del segretario generale del Comune Santi Terranova e gli hanno esibito un ordine del magistrato, subentrato da qualche settimana nell’indagine che era stata iniziata dal pm Raffaele Tito ora trasferito a Udine. È bene chiarire comunque che in questa fase delle indagini nessuno risulta indagato. Infatti si è trattato solo di un’acquisizione di documenti che successivamente saranno esaminati.
La visita dei militari inviati dalla Procura e l’acquisizione degli atti sono state rese pubbliche ieri mattina dal capogruppo del Pd Fabio Omero nel corso della seduta della Commissione Trasparenza e il direttore del servizio concessioni Walter Cossutta, in quel momento sotto audizione dei consiglieri, ha confermato i fatti.
Sotto la lente del magistrato sarebbero finiti in particolare due capitoli controversi del Piano regolatore. Uno riguarda la vicenda del parcheggio di interscambio di Opicina, l’altro la vendita, nei pressi dei campi di golf, di un terreno di oltre 28mila metri quadrati a Padriciano. Entrambe le segnalazioni sono parte integrante di un esposto inviato qualche mese fa alla Procura dal geometra Aldo Cocolet.
Non è escluso che in questo ultimo periodo non siano giunte in Procura anche altre segnalazioni passibili di diventare notizie di reato. Tant’è che già qualche settimana fa i carabinieri di via dell’Istria avevano autonomamente effettuato in Municipio una serie di acquisizioni e di accertamenti paralleli a quelli che sarebbero poi stati posti in essere dalla Guardia di finanza. «Posso solo confermare l’acquisizione da parte dell’Autorità giudiziaria della delibera del Piano regolatore», ha dichiarato secco il segretario generale Santi Terranova. Di più non ha voluto aggiungere trincerandosi dietro l’opportunità e il dovere di tutelare il segreto d’ufficio.
Gli elementi dell’esposto. Nel mirino del pm Frezza è finita l’area già di proprietà della Regione su cui il Comune ha costruito a poca distanza dal quadrivio di Opicina tra il 2002 e il 2003 un parcheggio pubblico, oggi in gran parte occupato da roulotte e camper. Per realizzarlo a favore della comunità il Municipio aveva ottenuto di poter occupare il terreno non suo e contemporaneamente si era impegnato ad avviare le pratiche di esproprio. Ma questo esproprio non è mai stato perfezionato e la Regione, passati quattro anni, aveva cartolarizzato l’area per poi venderla - con tutto il parcheggio costruito dal Comune - a 17 euro al metro quadrato all’unica società partecipante all’asta, la ”Palazzo Ralli srl”.
Ma accanto al parcheggio di 17 mila metri quadrati c’è un’altra area, di seimila metri quadrati, che in base a una precisa variante del Piano regolatore chiesta dalla stessa società, sta per diventare edificabile. In questo modo il valore salirà così dai 17 euro al metro quadrato pagato all’asta, a 250, il prezzo medio di un terreno B6 di Opicina. Un ottimo affare.
Anche nell’altro caso, quello di Padriciano, c’è una compravendita. Da un lato la ”Pi.Na sas” di Nada Piscanc, triestina residente da tempo a Latisana, la venditrice; dall’altro c’è la ”Ma.Mi srl” di Michele Genna, triestino impegnato da tempo nel settore. La sua società risulta creata il 24 giugno del 2009, appena in tempo per definire l’atto notorio. Anche qui si parla di cambio di destinazione d’uso.
CORRADO BARBACINI e SILVIO MARANZANA
 

 

PRG - Sono 19 le concessioni edilizie ”fantasma” - In 11 casi sostanziali aumenti di cubatura. Lega: rinviare la discussione a settembre
 

I PERMESSI RILASCIATI NEL ”BUCO NERO” TRA IL 27 LUGLIO E IL 5 AGOSTO
Tra il 27 luglio e il 5 agosto 2009, il buco nero temporale intercorso tra la prima e la seconda presentazione in aula del Piano regolatore, sono state concesse diciannove autorizzazioni edilizie. Un permesso è stato successivamente ritirato, ma delle 18 che hanno usufruito dell’inattesa finestra, 11 hanno comportato sostanziali aumenti di cubatura e fruttato oneri in relazione alla cosiddetta legge Bucalossi. In particolare quella citata in aula dal sindaco Dipiazza (aveva affermato che ce n’era stata solo una, ndr.) per un edificio a Sant’Andrea nei pressi della caserma della Guardia di finanza ha comportato oneri di urbanizzazione per 200 mila euro.
Sono le notizie che il direttore del Servizio concessioni del Comune Walter Cossutta ha fornito ieri alla Commissione Trasparenza presieduta dal Verde Alfredo Racovelli. Una ”fuga di cubature” l’ha definita Stefano Ukmar del Pd. Il 27 luglio il sindaco aveva portato il Piano in aula per l’adozione, ma poi clamorosamente l’aveva ritirata sostenendo che alcuni documenti non erano stati inviati alle circoscrizioni. Ritorno in aula e adozione, il 5 agosto. «Assieme alla collega Tam avevamo rilevato la carenza per tempo, ma la segnalazione non è stata presa in considerazione», ha ribadito Ukmar insinuando che il rinvio sia stato premeditato.
Animi caldi in Commissione e colpi di scena in sequenza: dall’annuncio della visita dei finanzieri che hanno acquisito il Piano, alla causa persa al Tar fino alle 18 licenze pasate per il buco della chiave. «È decisamente troppo - ha commentato alla fine Maurizio Ferrara, capogruppo di Lega Nord - mi rivolgo al sindaco da amico e lo invito a rinviare la discussione a settembre quando saranno state chiarite un bel po’ di cose». Il Pd già la settimana scorsa aveva invitato Dipiazza a riadottare il Piano, ripartendo pressoché da zero. Ieri ci si è messo anche il presidente della Comissione urbanistica Roberto Sasco (Udc): «Se l’intesa con lo Stato non comprende anche la cessione al Comune delle caserme di via Rossetti voto contro il Piano. Infine si è diffusa la voce secondo cui i quattro Bandelli boys al momento della votazione non si presenteranno in aula. Anche perché in caso di ricorsi per risarcimento danni vinti dai cittadini a pagare saranno chiamati i consiglieri comunali.

(s.m.)
 

 

PRG - Autorizzazioni a costruire Il Tar innesca la miccia - I giudici: non subito esecutiva la delibera sul Prg, posticipati i termini della salvaguardia
 

MUNICIPIO BOCCIATO
C’è un altra mina pronta a esplodere sul cammino del Piano regolatore. Il Comune si è visto infatti bocciare dal Tar un provvedimento con cui ha negato a una triestina la possibilità di costruire una tettoia a uso parcheggio con 21 posti macchina accanto alla propria abitazione. La donna aveva fatto la Dichiarazione d’inizio lavori il 22 luglio, ma pur oltre i termini dei trenta giorni previsti per negare l’assenso, e cioè il 26 agosto, il Comune aveva risposto negativamente affermando che il 6 agosto era stato adottato il nuovo Piano regolatore che impedisce le edificazioni in quell’area. Secondo l’interpretazione dell’amministrazione il 6 agosto erano scattate le cosiddette salvaguardie. Successivamente, il 4 dicembre, il Comune ha dunque annullato il proprio silenzio assenso.
A detta invece dei giudici del Tribunale amministrativo regionale la delibera del Consiglio comunale con la quale il 6 agosto 2009 è stato adottato il Piano regolatore non è stata dichiarata immediatamente esecutiva e la sua esecutività è scattata appena il 20 settembre. Lo slittamento di tempo oltretutto è così lungo poiché i giudici lo fissano al momento dell’esposizione all’albo pretorio. L’esposizione però ha dovuto venire rifatta una seconda volta. Al momento della prima esposizione era stato infatti rubato uno dei 108 elaborati e questa situazione oggettivamente carente avrebbe reso estremamente vulnerabile il Comune rispetto a eventuali esposti. Da qui la necessità di procedere a una seconda esposizione.
«È incontroverso - rilevano i giudici - come la variante al Piano regolatore generale sia diventata esecutiva solo a far data dal 20 settembre». Di conseguenza non solo è stato annullato l’atto con cui il Comune aveva annullato il proprio silenzio assenso, ma la stessa amministrazione è stata anche condannata a pagare alla ricorente 3 mila euro. Il Comune ha fatto appello al Consiglio di Stato, ma in caso di conferma della sentenz potrebbero essere riaccolte altre domande che il Comune ha rigettato facendo riferimento alla data del 6 agosto.

(s.m.)
 

 

L’operetta e lo sponsor Gas Natural Botta e risposta fra Tomini e Grizon - INTERROGAZIONE DEL CONSIGLIERE DELLA LISTA NESLADEK
 

MUGGIA Si arroventa il clima politico a Muggia: questa volta oggetto della polemica con tanto di richiesta di dimissioni, è il consigliere Claudio Grizon reo, secondo il capogruppo della lista per Nesladek-Pd, Fulvio Tomini, di presiedere un’associazione che avrebbe rapporti più o meno diretti con Gas Natural, la multinazionale che punta a realizzare il rigassificatore a Zaule.
Tutto nasce dalla presenza del logo di Gas Natural sulla locandina del Festival internazionale dell'operetta, rassegna organizzata dal Teatro Verdi dall'8 al 24 luglio, con cui l’Associazione internazionale dell'operetta, presieduta appunto da Grizon, collabora.
La coincidenza non è sfuggita a Fulvio Tomini che in un'interrogazione al sindaco chiede ”se la stessa asociazione abbia ottenuto fondi o altre sponsorizzazioni da Gas Natural, se il consigliere Grizon, in considerazione della stessa sponsorizzazione al Festival dell'operetta non ritenga incompatibile il suo ruolo di presidente dell'Associazione internazionale dell'operetta con gli impegni presi in consiglio comunale a Muggia contro ogni compromesso con Gas Natural, dimettendosi quindi da quella carica”.
Il documento prosegue poi ipotizzando che ”in alternativa, venendo meno l'impegno di Grizon contro l'impianto di Zaule, siano opportune le sue dimissioni da consigliere comunale”. Infine Tomini chiede "se lo scarso attivismo del centrodestra muggesano nella lotta contro il rigassificatore non possa essere ricondotto anche a rapporti, diretti o indiretti, di natura simile a quelli intrattenuti dal Festival dell'operetta con Gas Natural”.
La vicenda mette in allarme anche il sindaco Nesladek: «Sono dispiaciuto e preoccupato – dichiara – per la rottura del dissenso unitario espresso al rigassificatore dal Consiglio comunale, ma nello stesso tempo mi spiego finalmente l'atteggiamento molto timido fin qui dimostrato dal centrodestra sulla questione».
Smentisce qualsiasi rapporto con Gas Natural il diretto interessato: «Magari potessimo avere sponsor di questa caratura – ironizza Grizon –. Come Associazione internazionale dell'operetta da anni ci limitiamo a collaborare con il teatro Verdi nell'organizzazione della rassegna ”Trieste operetta ridotto” che nulla ha a che fare con il festival».
«Quella di Tomini – rilancia Grizon – è una gaffe. Vada a chiedere conto di Gas Natural al sovrintendente del Verdi, Giorgio Zanfagnin, già uomo di Illy e della sinistra, e al segretario del Pd Roberto Cosolini. Invito Tomini alla prudenza – conclude –. Non vorrei che la frenesia per la campagna elettorale gli potesse costare una querela per diffamazione».

(g.l.)
 

 

SEGNALAZIONI - FERROVIE - Mobilità sostenibile
 

Anche i politici hanno capito che la vera alternativa al tracciato da ottovolante della TAV sotto la Val Rosandra è la ferrovia che passa da Sesana a Monfalcone via Opicina. Il Gruppo Beppe Grillo Trieste da anni sostiene che non è necessaria la costruzione di gallerie per decine di km sotto il Carso, basterebbe un razionale raddoppio dei binari su una rete che già esiste.
Visto che alla Lista Civica Trieste 5 Stelle piacciono mobilità sostenibile e idee concrete, nelle scorse settimane ci siamo fatti interlocutori con le Ferrovie Slovene per sondare la disponibilità a far proseguire i dodici treni giornalieri da Lubiana a Sesana fino a Opicina. Così ci hanno risposto: ”Le condizioni attuali, in cui vi è un solo treno che collega Lubiana a Venezia, non sufficiente a garantire una linea efficiente, sono una conseguenza delle azioni intraprese da parte di Trenitalia. Le Ferrovie Slovene si stanno dando da fare per: 1) la realizzazione del collegamento giornaliero Lubiana-Venezia; 2) la realizzazione del treno locale Lubiana-Sesana-Opicina o meglio, il prolungamento del treno Desiro http://www.youtube.com/watch?v=SrPdTHcR5pE fino a Opicina o Trieste (abbiamo bisogno di ottenere l'autorizzazione necessaria); 3) la realizzazione del treno locale Gorizia-Nova Gorica-Jesenice con coincidenza per Villaco e Lubiana. Nella speranza che il vostro contributo possa essere d'aiuto affinché migliorino le attuali condizioni tra i due Stati, ci rendiamo disponibili a collaborare con Voi nello sviluppo di un’adeguata offerta a favore dei cittadini e che possa al contempo consentire una miglior mobilità sul territorio.”
Noi vorremmo poter vedere i primi treni fra Trieste e Lubiana fra uno-due anni, e non fra dieci-venti, come ipotizzato dagli invaghiti dell'alta velocità che non risolverebbe ora le urgenze logistiche ed economiche di un territorio aperto all'Europa, ma frustrato da una miope politica dei trasporti.
Stefano Scarpa - Lista Civica Trieste 5 Stelle
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO
 

Punto informativo gratuito per il risparmio energetico offerto dalla Provincia di Trieste. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico in via Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 (tel. 366-5239111) per fornire informazioni per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 6 luglio 2010

 

 

Lucchini, piano industriale entro il mese - Sindacati in allarme: nessuna risposta sul futuro della Ferriera
 

VERTICE A ROMA - Debito complessivo da rinegoziare
«Continueremo a garantire e monitorare l’attività produttiva e la tenuta dei posti di lavoro». Lo ha affermato ieri Stefano Saglia, sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico con delega alle gestione delle vertenze delle aziende in crisi alle rappresentanze sindacali del Gruppo Lucchini. Stefano Borini, Umberto Salvaneschi e Vincenzo Timeo, segretari triestini di Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm accompagnati anche da Franco Palman delle Rsu di Servola lo hanno ascoltato con apprensione. «Ho posto una domanda sul futuro dello stabilimento triestino - riferisce Timeo - ma non ho ottenuto risposta nemmeno dal presidente del Gruppo Lucchini, Marcello Calcagni».
La convocazione al ministero è stata fatta per comunicare ai rappresentanti dei lavoratori quanto tutti già sapevano: il passaggio del 50,8 per cento delle quote azionarie dalla Severstal, proprietaria del Gruppo Lucchini, a Alexey Mordashov, azionista di riferimento. Alla riunione era stato invitato anche il presidente della Regione Renzo Tondo ma, impegnato a Trieste con il ministro Maroni, non si è presentato, né ha inviato suoi rappresentanti. Il Governo ha comunque riconvocato tutti per il 29 luglio. «Entro quella data - ha spiegato il sottosegretario Saglia - il Gruppo Lucchini dovrà presentare un piano industriale per garantire il mantenimento e il consolidamento della presenza dell’azienda in Italia».
I responsabili della Lucchini hanno affermato che entro ottobre avranno chiuso un accordo con le banche per la rinegoziazione del debito. Le banche hanno deciso di esaminare di nuovo a fondo la situazione del gruppo siderurgico alla luce del recente passaggio delle azioni. Gli istituti interessati, Mps, Unicredit, Banco Popolare, Bpm e Intesa, avrebbero accolto con qualche stupore il passaggio di quote che complica la decisione sul sostegno futuro delle stesse banche al Gruppo. «Il Governo - ha affermato ieri Saglia - terrà presente la validità del progetto che presenterà Lucchini e la solidità finanziaria del soggetto industriale».
«Siamo estremamente preoccupati per molteplici ragioni - ha commentato Timeo - intanto perché dubitiamo che questa scadenza di ottobre potrà essere rispettata e poi perché a Trieste la situazione di incertezza si sta aggravando: la Regione ha riaperto la procedura di Autorizzazione integrata ambientale e il Tavolo del Comune per la riconversione si è di fatto bloccato».
Secondo i sindacati il passaggio delle quote a Mordashov aprirebbe la strada per la vendita definitiva a un fondo d’investimenti che alla fine metterebbe in liquidazione tutto il Gruppo: tutto ciò ancora prima della comunque certa dismissione dello stabilimento di Servola programmata tra il 2013 e il 2015.

(s.m.)
 

 

SEGNALAZIONI - I sostenitori ottusi della Tav a ogni costo sono i migliori alleati della proliferazione del sistema autostradale italiano
 

Nell’interessante dibattito sul Corridoio 5, organizzato lunedì 28 giugno a Trieste dall’Istituto Gramsci e moderato dal direttore del Piccolo, Paolo Possamai, presente tra gli altri l’on. Debora Serracchiani, sono emerse notizie importanti, soprattutto da parte dell’assessore Riccardi.
La prima è che entro la fine di quest’anno dovrà essere pronto – pena la revoca del finanziamento concesso dall’Unione Europea – il progetto preliminare della linea ferroviaria Tav/Ac Tagliamento-Ronchi Sud. Il problema è però che dev’essere ancora definito il punto di intersezione tra questa tratta e quella precedente, da Venezia al Tagliamento. La questione è complessa: fin dal febbraio 2006, infatti, la giunta regionale del Veneto ha manifestato – e più volte confermato – la volontà di arrivare a un tracciato «basso» della linea sul proprio territorio, per raggiungere le località balneari lungo la costa.
La Regione Friuli Venezia Giulia, invece, insiste per un tracciato in affiancamento all’autostrada A4. Una differenza non da poco, che non si capisce come possa essere risolta in pochi mesi, se non lo è stata nei quattro anni e mezzo finora trascorsi. L’assessore Riccardi ha manifestato un certo ottimismo, ma l’on. Serracchiani ha ricordato che secondo il coordinatore europeo per il Corridoio 5, Brinkhorst, è proprio il «nodo veneto» il vero ostacolo per la realizzazione della nuova linea ferroviaria.
Riccardi ha poi dichiarato che è in corso di definizione anche lo studio di fattibilità della tratta Aurisina/Trieste-Divaccia, il quale una volta completo sarà a disposizione di chi lo richiederà: la Regione è aperta – ha aggiunto – a discutere con chiunque su proposte migliorative. Dichiarazione importante, ma andrebbero chiariti tempi e modi di questa disponibilità al confronto, per evitare che si ritorni alle «trattative private» con i sindaci (nel monfalconese, nella bassa friulana), in cui era specializzato l’allora assessore Sonego e che si riducevano alla discussione su modeste modifiche di tracciato nel territorio di ogni Comune. Trattative che oltre tutto non hanno portato a nulla di concreto.
Resta il fatto che la Aurisina/Trieste-Divaccia prevede, a quanto si sa, circa 25 km di galleria sotto il Carso (con tutte le incertezze su ciò che si potrà trovare scavando...), ma non pare in grado di risolvere alcunché dal punto di vista trasportistico. E nemmeno si sa come la linea arriverebbe da Ronchi sud fino ad Aurisina, posto che l’unico progetto finora presentato (nel 2003 per la tratta Ronchi sud-Trieste) è stato bocciato a livello ministeriale – proprio per le enormi criticità degli scavi in zona carsica – e mai più ripresentato.
L’assessore Riccardi ha però anche insistito sull’impegno della Regione nell’ottenere l’eliminazione di alcuni «colli di bottiglia» (in particolare il raddoppio della Cervignano-Udine e del tratto bivio S. Polo-Monfalcone): spendendo poche centinaia di milioni di euro, ciò permetterebbe di aumentare da cinque a sette volte la capacità di trasporto container da e per il porto di Trieste.
Impegno senz’altro apprezzabile, che – osservo – coincide in buona misura con quanto suggerito dalle «Linee guida per lo sviluppo del trasporto ferroviario in Friuli Venezia Giulia», redatte un paio d’anni fa dall’ing. Andrea Debernardi su incarico del Wwf.
Il vero problema è semmai rappresentato dal reperimento dei fondi, poiché l’ad di Fs, Moretti, ha dichiarato mesi fa che soldi per le ferrovie in Friuli Venezia Giulia non ce ne sono proprio.
In un simile contesto, che senso ha incaponirsi nel progettare linee Tav dai costi stellari e dagli impatti devastanti (sulle quali oltre tutto, com’è arcinoto, mai e poi mai passerà un solo treno merci, come già accade su quelle già realizzate in Italia), sprecando tempo, risorse umane e finanziamenti? Solo lo studio di fattibilità, poi cestinato da Riccardi anche grazie alla sollevazione corale della società civile e delle istituzioni triestine, della Trieste-Divaccia (prevedeva un’assurda serpentina di 36 km sotto la Val Rosandra) è costato qualcosa come 2,1 milioni di euro, e un paio di anni di lavoro, letteralmente buttati dalla finestra. Per tacere di quanto sono costati il progetto preliminare della Ronchi Sud-Trieste (stesso destino) e quello della Quarto d’Altino-Ronchi Sud (idem). E per tacere degli 8,6 miliardi di euro di costi stimati per costruire – in qualche decennio di lavori – la Tav tra Venezia, Trieste e Divaccia!
Pare però che, finalmente, si cominci ad affrontare questi temi con serietà, pianificando (l’ultimo piano regionale dei trasporti risale al 1988, mentre quello nazionale non ha mai visto la luce...). È infatti disponibile nel sito della Regione il progetto del «Piano delle infrastrutture di trasporto, della mobilità, delle merci e della logistica» (allegato alla delibera n. 1137 del 9 giugno 2010). Sarà molto interessante esaminarlo, per vedere come sono stati affrontati i problemi del trasporto ferroviario e se, oltre alle questioni infrastrutturali, si tiene conto anche degli altri fattori che incidono sulla mancata competitività del ferro rispetto alla gomma: fattori normativi, organizzativi, tariffari (gli incentivi sull’autotrasporto!) ecc., sui quali insiste anche il citato studio di Debernardi. Fattori che, per esempio, portano all’assurdo di una linea ferroviaria moderna come la «Pontebbana», costata oltre un ventennio di lavori e spese rilevantissime, ma utilizzata per meno di un quarto della sua capacità (mentre la parallela A23 scoppia di Tir).
Sarà anche interessante vedere se e come è stato affrontato il problema del collegamento ferroviario tra Trieste e Capodistria, una linea di soli 6 km, di costo ridotto che – oltre al collegamento funzionale tra i due porti – permetterebbe di attivare servizi passeggeri tra l’Italia e l’Istria e, alle merci da e per il porto di Trieste, di utilizzare la nuova linea Capodistria-Divaccia (strategica per lo sviluppo dell’unico porto commerciale sloveno). Linea che la Slovenia ha difficoltà a finanziare, poiché costa almeno un miliardo di euro.
Riccardi ha confermato le resistenze slovene alla Trieste-Capodistria, per la rivalità tra i due porti. Nell’ottica di un’effettiva integrazione tra le realtà portuali dell’Alto Adriatico, però, e tra le economie di due Paesi non più divisi neppure dal confine di Stato, non è opportuna un’azione italiana di alto livello, che persuada la Slovenia ad accettare la Trieste-Capodistria, in cambio di un sostegno economico italiano alla costruzione della Capodistria-Divaccia? Aggiungendovi magari un accordo che consenta l’ingresso di operatori ferroviari sloveni sulla rete italiana e viceversa?
Bisogna insomma puntare su soluzioni effettivamente percorribili, per consentire in tempi e a costi ragionevoli di spostare davvero su ferro quote consistenti di merci e persone che oggi viaggiano – per lo più costrette a farlo, mancando le alternative – su gomma. Altrimenti conviene rassegnarsi alla proliferazione delle autostrade, il cui migliore alleato sono proprio i sostenitori ottusi della Tav ad ogni costo.
Dario Predonzan - responsabile energia e trasporti Wwf Friuli Venezia Giulia
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 5 luglio 2010

 

 

Due ruote da record, verso il raddoppio in dieci anni - Motocicli balzati da 26mila a oltre 44mila. Abbate: ma serve più attenzione alla sicurezza
 

Negli ultimi dieci anni il numero dei motocicli che circolano nella provincia di Trieste è quasi raddoppiato. Oggi, secondo i dati dell’Aci (aggiornati al 31 dicembre 2009), a sfrecciare in città ci sono 44.346 due ruote (127.644 le autovetture). Nel 2000 erano 26.436. Un record nazionale che la nostra zona vanta ormai da anni, se si considera la ridotta vastità del territorio. Di certo, per misurare la situazione basta guardare alle cifre delle altre aree della regione: in provincia di Udine i motocicli sono 43.175, in quella di Pordenone se ne contano 22.467, numero che a Gorizia scende a 14.291.
Una situazione che ha creato delle peculiarità nel traffico cittadino, soprattutto nella stagione estiva. Sergio Abbate, comandante della polizia municipale di Trieste, avverte: «Sulle nostre strade i soggetti deboli non sono più i pedoni, bensì i motociclisti. Molti non si rendono conto dei rischi cui si espongono e fanno slalom tra le macchine, sfrecciano nel traffico senza un minimo di responsabilità». Il problema è quello della sicurezza: «Ricordo un triste episodio dello scorso anno, quando nell’impatto tra un uomo su uno scooter e un pedone - rileva il comandante - quest’ultimo se la cavò con alcuni giorni di prognosi, mentre il conducente del motociclo non si salvò. Occorre rispettare regole e limiti di velocità. Deve diffondersi una maggiore sensibilità tra gli scooteristi».
«A livello nazionale il 70 per cento degli incidenti coinvolge motociclisti - avverte Manlio Giona, consigliere nazionale del Coordinamento motociclisti e punto di riferimento per i centauri in città - eppure la gente che va in moto sottovaluta il pericolo che corre. Per non spendere 50 euro in più spesso c’è chi rinuncia a comperare un caso omologato per il bambino che si porta dietro in scooter. Pochi investono sulla sicurezza, il casco lo prendono perché la legge lo impone e non mirando invece a proteggersi».
Su un altro versante, l’aumento dei motocicli ha provocato una difficoltà sempre più marcata a trovare un parcheggio per le due ruote. «Dal 2002 sono stati realizzati circa duemila nuovi posti per motocicli - evidenzia Giulio Bernetti, mobility manager del Comune - e sono stati creati nuovi stalli anche lungo gli assi principali di scorrimento».
L’offerta - precisa Bernetti - è cresciuta anche apportando un cambiamento negli spazi a disposizione per ogni singolo veicolo: «Prima lo stallo occupava un metro per due, oggi le misure sono passate a 0,75 per 2,30, in modo da assecondare le esigenze di chi ha il bauletto o comunque mezzi più lunghi. Nel solo Borgo Teresiano e in quello Giuseppino si contano 1400 posti per motocicli».
Ma il timore di chi si muove con un due ruote è che prima o poi l’amministrazione decida di realizzare dei parcheggi per gli scooter a pagamento. Già nel 2004, in una prima fase di elaborazione del nuovo piano del traffico, i tecnici del Comune suggerirono questa possibilità. Anche se l’ipotesi, decisamente impopolare tra l’altro, venne poi abbandonata. «L’indirizzo della giunta Dipiazza è tassativo - assicura infatti il mobility manager - ed è stato ribadito anche nel corso della stesura del nuovo piano del traffico: nessun parcheggio a pagamento per le due ruote».
LAURA TONERO
 

 

Fvg: sì al riso modificato «ogm» per un farmaco antitumorale - Tondo incarica l’assessore Violino di trovare una «zona protetta»
 

MENTRE SUL MAIS RESTA IL «NO»
TRIESTE No al mais ogm, ma sì al riso geneticamente modificato. Non per fare il risotto, ben s’intenda, ma per realizzare un farmaco che cura le neoplasie. La regione Friuli Venezia Giulia, che ha fatto della lotta al mais geneticamente modificato una bandiera, non chiude però le porte alla sperimentazione. A farlo è lo stesso assessore alle risorse agricole Claudio Violino che riceverà dal presidente della Regione Renzo Tondo, un incarico per individuare una zona in regione in cui sperimentare in sicurezza la coltivazione di riso geneticamente modificato.
La generalità era all’ordine del giorno della giunta della scorsa settimana, ma l’incombenza della riforma Garlatti, è slittata insieme ad altri punti. A spiegare il senso del provvedimento, che potrebbe rendere il Friuli Venezia Giulia regione pioniera in fatto di sperimentazione scientifica, è Violino, lo stesso assessore che ha presentato una denuncia contro ignoti in Procura affinché si verifichi se in alcuni campi di Fanna sia stato seminato mais transgenico, come sostenuto da una lettera anonima inviata all’Ersa.
«Innanzitutto parliamo di riso non per scopi alimentari – sottolinea l’assessore –, bensì di una coltivazione sperimentale per scopi scientifici che andrebbe a beneficio di un progetto importante e ambizioso che l’Università di Udine (dipartimento di agraria) sta portando avanti insieme al Policlinico».
Il riso che dovrebbe essere coltivato non sarebbe commercializzato «ma utilizzato dall’Università per estrarre una molecola che serve alla preparazione di un farmaco che cura una particolare malattia – spiega Violino -. Se riuscissimo a supportare la ricerca in questo, saremmo la terza regione italiana a sperimentare colture geneticamente modificate, la prima per quel che riguarda il riso».
Ma la sperimentazione dovrà seguire criteri precisi, mette le mani avanti Violino. «Procediamo con una generalità – precisa l’assessore – proprio perché dovremo individuare un’area protetta in cui possa essere coltivato questo riso, un’area controllata che non comporti rischi di contaminazione per altre colture».
L’opposizione della Regione alla sperimentazione di mais ogm da parte degli agricoltori di Futuragra prima e di Agricoltori federati, nasce invece dalla contrarietà alla sperimentazione di colture per uso alimentare e dal pericolo di una contaminazione che potrebbe esserci in assenza di precise delimitazioni di coesistenza. E se la sperimentazione del mais Ogm ha trovato molti oppositori – in prima fila i principali sindacati degli agricoltori – anche l’ipotesi di coltivare riso Ogm, seppur per fini scientifici, suscita perplessità.
A metà giugno il consigliere regionale del PD e esponente della Slovenska skupnost, Igor Gabrovec, ha presentato un'interrogazione a risposta immediata proprio sul riso Ogm chiedendo alla giunta «di escludere ogni possibile immissione nell'ambiente di piante superiori geneticamente modificate finché non vi sia l'assoluta certezza sull'assenza di rischi per i sistemi ecologici».
MARTINA MILIA
 

 

SEGNALAZIONI - Un piano regolatore precluso ai cittadini
 

Le vicissitudini del nuovo piano regolatore generale (Prg) del Comune di Trieste dimostrano chiaramente quale considerazione abbia la maggioranza (se è ancora tale è tutto da vedere) di centrodestra nei riguardi della partecipazione dei cittadini alla formazione di questo fondamentale strumento pianificatorio che dovrebbe sovrintendere allo sviluppo della città nei prossimi dieci/quindici anni. Dopo la «secretazione» dell’altr’anno in fase di preadozione (indubbiamente una partenza con il piede sbagliato), ora, in sede di preapprovazione, sembrerebbe si vogliano mettere dei paletti, a mio avviso inaccettabili, per formalizzare la pregiudiziale inaccoglibilità delle istanze sul Prg adottato presentate dai cittadini e riguardanti proprietà di terzi. Nel merito, la norma regionale di settore (legge regionale 52/91, art. 32) prevede unicamente che entro il periodo di deposito chiunque possa presentare osservazioni sul prg adottato, senza fissare limiti di sorta sull’oggetto delle osservazioni stesse. Quindi alla già citata «secretazione» e al recente divieto imposto ai presidenti e ai consiglieri circoscrizionali di partecipare alle sedute della commissione urbanistica convocata per l’esame delle osservazioni/opposizioni al Prg, si aggiungerebbe anche questo ulteriore filtro nei confronti dei cittadini con l’obiettivo di ridurre il più possibile il loro coinvolgimento in una questione che peraltro li riguarda direttamente. Mi si dovrebbe spiegare allora quando e in quale occasione i triestini potranno esprimersi liberamente sul piano regolatore del loro comune, prima che lo stesso venga definitivamente approvato.
Mario Ravalico - cons. com. Pd
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 luglio 2010

 

 

«Prg, decine di concessioni fantasma» - Lega e An-Pdl interrogano il sindaco, il Pd chiede di rifare tutto. Dipiazza: «Impazziti»
 

IL ”BUCO NERO” TRA LUGLIO E AGOSTO 2009
Altro fuoco concentrico sul Piano regolatore. Dall’interno della stessa maggioranza, i capigruppo di An-Pdl e di Lega Nord, Antonio Lippolis e Maurizio Ferrara, vogliono vederci chiaro sul buco nero di due settimane tra luglio e agosto dello scorso anno in cui, a differenza di quanto dichiarato dal sindaco, sarebbero state concesse almeno una ventina di autorizzazioni edilizie. La Commissione trasparenza presieduta dal Verde Alfredo Racovelli su questo punto chiama a rapporto per martedì il direttore del Servizio concessioni Walter Cossutta, mentre dal fronte dell’opposizione il capogruppo del Pd Fabio Omero e il segretario provinciale Roberto Cosolini chiedono al sindaco di ripartire da zero. E Dipiazza appena rientrato dalle vacanze perde subito le staffe.
«L’anno scorso avevo presentato una mozione d’ordine - ha ricordato ieri Ferrara - per conoscere il numero delle autorizzazioni edilizie concesse dal 24 luglio allorché il documento era stato ritirato in aula dal sindaco alla ripresa dei lavori ai primi di agosto. Il sindaco aveva risposto che era stata data un’unica concessione. Durante i lavori della Commissione sesta di questi giorni invece risultano essere state concesse, rispetto a un quinto di opposizioni analizzate, una ventina di autorizzazioni. Nel complesso dunque le concessioni potrebbero essere state magari 60 o 70».
«Quel ritiro momentaneo della delibera motivato da una mancanza di documenti in fondo non aveva convinto nessuno - commenta Racovelli - ora ci troviamo con concessioni date proprio durante il lasso di tempo contestato ad esempio in vicolo Rio Martesin, in via Monte Valerio e in altre zone verde-agricole».
«Ma siamo impazziti? - ribatte subito Dipiazza - uno si sveglia, ricorda mezza parola del sindaco, poi lancia accuse assurde. Ma il Comune deve solo rispettare i regolamenti. In quel lasso di tempo sono state concesse le autorizzazioni edilizie che potevano essere date rispettando i termini in base a tutti i canoni previsti. C’è la legge 127, sono i dirigenti che fanno queste cose, per fortuna a comandare qui non è la politica che aveva fatto già abbastanza danni anche in questo campo nel periodo della Prima Repubblica».
«I casi sono due - ribatte Ferrara - o si interrompe il rapporto fiduciario tra il sindaco e la Lega perché il sindaco ha dato una notizia falsa o deve essere avviato un procedimento nei confronti del dirigente che avrebbe fornito in aula tali falsi dati al sindaco».
E Roberto Cosolini (Pd) ha accusato ancora una volta il Piano regolatore di «togliere ai piccoli per dare ai grandi», di soffrire di mancanza di visione strategica e di trasparenza, di permettere operazioni cementificatorie pesanti ad esempio a Padriciano e in Campo Marzio, di consegnare pregiudizialmente ai privati aree come Montebello e Banne. Secondo Omero, capogruppo in Comune, è solo un piano edilizio e non un piano urbanistico per cui il Pd consiglia al sindaco di riadottare il piano ripartendo da zero con un percorso di informazione e coinvolgimento dei cittadini.
Intanto anche ieri è proseguito l’esame del documento da parte della Commissione urbanistica. «Andiamo avanti ogni giorno, esclusa solo la domenica - annuncia il presidente Roberto Sasco - sabato prossimo andremo a ispezionare in loco alcune situazioni che non sono chiare nemmeno con le mappe satellitari».
SILVIO MARANZANA
 

 

Gas Natural diventa sponsor dell’Operetta - Gli spagnoli sostengono il Festival con 30mila euro e guardano alla Barcolana
 

Zanfagnin: opportunità accolta dal cda del Teatro
In attesa di vedere procedere l’iter per le autorizzazioni alla costruzione dell’impianto di rigassificazione di Zaule, Gas Natural prepara il terreno in città. E sceglie di farlo anche attraverso la via delle sponsorizzazioni. Partendo da due manifestazioni estive.
La farfallina che funge da logo del gruppo spagnolo si nota quest’anno tra i partner del Premio giornalistico Marco Luchetta. E per la prima volta, campeggia in bella evidenza sui manifesti del Festival dell’operetta che debutterà al teatro Verdi giovedì 8 luglio con la Principessa della Csárdás.
«Gas Natural ci ha chiesto di accettare la sponsorizzazione dietro congruo contributo», afferma il soprintendente del Verdi Giorgio Zanfagnin. Che comunque, prima di decidere in merito, ha preferito sottoporre la questione al consiglio di amministrazione. Perché «potevo fare da solo, certo, ma visto il dibattito che si è sviluppato in città attorno all’opportunità o meno di costruire il rigassificatore ho preferito che se ne discutesse insieme».
E in effetti in Cda se ne è discusso, ma «alla fine la conclusione è stata unanime: ci inchiniamo al dio denaro», ironizza - ma non troppo - Zanfagnin. Soprattutto in un momento difficile come quello che stanno attraversando i teatri italiani, stretti nella morsa di finanziamenti pubblici sempre più risicati.
La farfallina di Gas Natural accompagnerà dunque le partiture d’operetta dietro versamento nelle casse del teatro di trentamila euro, non proprio pochissimo considerato che «l’intero Festival - afferma ancora il soprintendente - ci costa meno di 550mila euro».
È possibile (ma non confermato) che giovedì, alla prima del Festival, nella platea del Verdi siedano anche alcuni alti esponenti del gruppo spagnolo. Il contratto firmato vale per ora per la sola Operetta 2010, poi si vedrà.
Al di fuori del Verdi e per il futuro «stiamo valutando eventuali manifestazioni da appoggiare», fa sapere intanto Gas Natural. Che intanto ammette di guardare «con un certo interesse» alla Barcolana.

(p.b.)
 

 

Ferriera, sindacati e Regione domani a Roma
 

INCONTRO CON LUCCHINI AL MINISTERO. CONSIGLIO DI FABBRICA, VITTORIA DELLA FAILMS-CISAL
Si fa sempre più incerto il panorama dentro e fuori la Ferriera di Servola. I rappresentanti sindacali oltre al presidente della Regione Renzo Tondo sono stati invitati dalla Lucchini-Severstal a partecipare domani alle 14.30 a Roma a un incontro che si svolgerà al Ministero dello Sviluppo economico, recentemente decapitato del ministro Scajola, dimissionario, per comunicazioni riguardanti la cessione della società. Nei giorni scorsi Severstal ha completato la vendita del 50,8 della Lucchini a una società di cui è titolare lo stesso Alexey Mordashov. «Temiamo si tratti di un passaggio intermedio - ha denunciato Stefano Borini, segretario provinciale di Fiom-Cgil - per cedere alla fine la società a un fondo finanziario che avrà il compito di liquidare la Ferriera».
Terremoto anche dentro lo stabilimento. Le elezioni per il rinnovo del consiglio di fabbrica che hanno visto una massiccia adesione dei lavoratori: 394 votanti su 475 (82,94 per cento) hanno sancito per la prima volta la vittoria del sindacato autonomo Failms-Cisal che ha ottenuto 96 voti (24,36%) superando di un voto soltanto la Fiom-Cgil (95 voti con il 24,11%). A seguire Fim-Cisl con 77 voti (19,54%), Uilm con 72 voti (18,27 %) e Ugl con 40 voti (10,15%). Sono risultati subito eletti Luigi Pastore (Failms-Cisal) il più votato con 61 preferenze, davanti a Franco Palman (Uilm) con 59, Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) con 40 e Tiziano Scozzi (Fiom-Cgil) con 26. Failms-Cisal e Fiom-Cgil hanno diritto a un secondo rappresentante tra i sei che comporranno il Consiglio di fabbrica e che sarà indicato la settimana prossima dalle rispettive segreterie.
«Il risultato ottenuto premia la costanza e la determinazione sulle tematiche occupazionali e la sicurezza nei luoghi di lavoro - ha commentato la Failms-Cisal in una nota - nonostante le varie forme di resistenza in ambito aziendale». Ma i rapporti con Fiom, Fim e Uilm non sono dei migliori il che rischia di intaccare la compattezza del fronte sindacale. «Novantasei voti a Failms-Cisal - ha commentato Palman (Uilm) - significa che 96 lavoratori sono in qualche modo favorevoli alla chiusura della Ferriera».

(s.m.)
 

 

”Miani” in Municipio, parte la denuncia
 

TRASMESSI IN PROCURA I NOMI DELLE PERSONE CHE HANNO OCCUPATO L’AULA
Dopo l’occupazione di una saletta del municipio attigua all’aula del consiglio comunale, arrivano i guai giudiziari per Maurizio Fogar, fondatore e portavoce del circolo Miani, e per altre 12 persone che lo hanno accompagnato nel blitz di lunedì pomeriggio e concluso dopo 24 ore. Gli agenti della polizia municipale hanno denunciato il gruppo per la violazione dell’articolo 633 del codice penale. Il reato di «occupazione di edificio pubblico» è perseguibile d’ufficio, se «commesso da più di dieci persone». La pena prevista in caso di condanna è la reclusione fino a due anni o la multa fino a 1033 euro. Identificare gli occupanti per i vigili è stato un gioco da ragazzi. Quando ogni socio del Miani (da anni impegnato per la chiusura della Ferriera) si è presentato in Municipio poco prima dell’inizio dei lavori in Consiglio comunale, ha dovuto esibire ai vigile addetto al controllo un documento di identità che è stato ovviamente annotato. Gli agenti, in pratica, hanno ricopiato i nomi scritti sul registro nel rapporto che, integrato da una corposa relazione di servizio, è stato inviato ieri alla Procura.
Conseguenze giudiziarie a parte, Fogar dopo l’occupazione non aveva nascosto la propria soddisfazione per aver portato a compimento l’azione azione dimostrativa. «Noi abbiamo vinto, il sindaco Dipiazza ha perso», aveva dichiarato.
Certo è che gli occupanti non erano stati ricevuti né dal sindaco, né da altri esponenti della giunta. In proposito il consigliere comunale Alfredo Racovelli (Verdi) in una nota osserva che «si tratta di cittadini che hanno lavorato tutta la loro vita e che hanno legittimamente inteso con questa iniziativa ribadire che la salute e il decoro non si barattano con qualche promessa in campagna elettorale. La decisione del sindaco di rifiutare qualsiasi confronto ha segnato un nuovo punto di non ritorno».
Per domani intanto il Miani annuncia alle 15.45 una manifestazione davanti alla Prefettura in occasione della visita del ministro Maroni. Lo scopo, si legge in una nota del circolo, «è quello di ricordare che la tutela della salute è uno degli elementi fondamentali della sicurezza dei cittadini»

(c.b.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 3 luglio 2010

 

 

A Veglia il rigassificatore pronto solamente nel 2017 - SVILUPPO ENERGETICO - Un ritardo dovuto alla saturazione dei mercati internazionali
 

FIUME Il rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), nell’isola di Veglia, entrerà in funzione non prima del 2017. Non è una valutazione ufficiosa, bensì arriva per bocca di Michael Mertl, per quattro anni direttore generale del consorzio Adria Lng, al quale sono state affidate costruzione e gestione del futuro terminal isolano.
Mertl lascia il consorzio (e la Croazia), per passare a nuovo incarico in Italia, impegnato nella realizzazione di un progetto della tedesca E.on Ruhrgas, che dalla nascita del consorzio fa parte di Adria Lng.
Gli altri componenti del gruppo sono l’austriaca Omv, la francese Total e la slovena Geoplin, alle quali si aggiungeranno le croate Ina (raffinerie), Hep (azienda elettrica statale) e Plinacro (distributore nazionale del gas). Nel confermare il suo disimpegno in Croazia, Mertl ha confermato ai giornalisti che il progetto del megaimpianto vegliota non sarà realizzato nei termini previsti fino a qualche mese fa, ossia nel 2014. «Dal 2006 ad oggi – ha rilevato Mertl – abbiamo compiuto passi significativi e ora siamo nella fase dove attendiamo il rilascio della licenza di costruzione. In questi anni sono mutate le condizioni sui mercati europei del gas, ora praticamente saturi e che destimolano i grandi investitori. Il rigassificatore di Castelmuschio dipenderà anche dai tempi di ottenimento di tutta quanta la documentazione, come pure dalla costruzione del gasdotto da allacciare al terminal». Sulla base di questi fattori, i membri del consorzio si esprimeranno in via definitiva sull’investimento (800 milioni di euro per il rigassificatore e altri 200 per il metanodotto), per la qual cosa – così Mertl – ci vorranno tre anni. Nel 2013 dovrebbero cominciare pertanto i lavori di costruzione, destinati a protrarsi per almeno quattro anni. «Sì, il 2017 potrebbe essere una data reale – ha precisato l’ex direttore – fermo restando che lo Stato croato dovrà rispondere positivamente alla richiesta di Adria Lng di escludere eventuali terzi dall’affare». Quindi Mertl ha confermato che l’edificazione di altri rigassificatori nella regione, come ad esempio quello nei pressi di Trieste, non avrà alcuna influenza sulla decisione di costruire l’impianto di Castelmuschio. Al posto di Mertl è stata nominata Susan Georgija Selendic, fin qui direttrice operativa per finanze e risorse umane. «Abbiamo fatto finora un buon lavoro – ha concluso Mertl – riuscendo a conquistarci la fiducia della regione quarnerino–montana e delle municipalità interessate dal rigassificatore. Non va dimenticata inoltre l’elaborazione dello studio di impatto ambientale del terminal, che ha ottenuto il placet del competente ministero croato». Insomma niente impianto Lng a Castelmuschio nei prossimi sette anni (come minimo), mentre non sono pochi gli addetti ai lavori convinti che il progetto energetico non vedrà addirittura mai la luce.
Andrea Marsanich

 

 

SEGNALAZIONI - Il rigassificatore a Zaule, una bomba fra le case. E se fosse un vantaggio, perché nessuno lo vuole?
 

In questo periodo si parla tanto di energia rinnovabile e alternativa e di rispetto dell’ambiente. Dalla stampa e da varie trasmissioni televisive ho appreso che la città di Roma vuole dotarsi di una innovativa e sensazionale fonte di energia nel pieno rispetto dell’ambiente. Il governatore della Puglia si propone di fornire la sua regione di energia rinnovabile e alternativa. Anche le altre regioni tra cui il vicino Veneto sono tutte concordi per soluzioni di energia alternativa con salvaguardia dell’ambiente. I nostri parlamentari invece ci propongono come grande opportunità il tanto famigerato e discusso rigassificatore di Zaule.
È subito da rilevare che se fosse effettivamente un’opportunità non verrebbe certamente realizzato a Trieste. La gran parte dei nostri politici opera contro lo sviluppo della città che si è vista depauperare e spogliare come un carciofo di industrie, società, con un porto che langue e non vogliono far decollare mettendo i bastoni tra le ruote a una delle poche persone al posto giusto che è il presidente dell’Authority Claudio Boniciolli. Da Regione a statuto speciale che ha creato sviluppo sociale ed economico al territorio, siamo diventati oggi una insignificante succursale di Roma dove i nostri parlamentari corrono telefonando per sapere quali decisioni devono prendere in armonia al mantenimento delle loro già ramificate poltrone e benefici vari.
Se si tratta di grande opportunità mi domando come mai nessuna Regione, nessun Comune si fa avanti per introitare tanti benefici? Perché le città di Brindisi e Taranto scelte per ospitare rigassificatori e destinate come noi a zona depressa e di terzo mondo hanno protestato e detto no a tanti ipotetici milioni di euro? La vera opportunità che abbiamo è quella di diventare la prima pattumiera d’Italia, frutto di una scandalosa e irresponsabile politica di distruzione ambientale. Un Governo che si rispetti, prima di dare l’assenso alla progettazione di un’opera così devastante, deve tenere in considerazione anche la condizione più nefasta e cioè che si verifichi il tanto temuto incidente per sapere come correre ai ripari. Gli effetti di un incidente al rigassificatore sono stati filmati e documentati, dal vero, da tecnici e ingegneri statunitensi, tramite il sorvolo con aerei sulla zona colpita, ai quali il Governo americano aveva commissionato uno studio al fine di affrontare il pericolo in maniera adeguata. Da detto studio è emerso che per garantire sicurezza alla popolazione interessata è stata valutata la necessità di un’area di rispetto di almeno 18-20 km dai centri abitati o dalla costa se il rigassificatore è posizionato a mare. Qui invece si colloca la bomba tra le case, con una superstrada che passa adiacente, in una strettoia dove dovrebbero convergere petroliere, gasiera e altro traffico navale, con un golfo della profondità di una piscina per il cui ricambio dell’acqua ci vuole un mese.
I nostri promotori recitano che al primo posto viene la sicurezza e la salute dei cittadini. Ma quale sicurezza?
Chiedo come e soprattutto dove verrebbe evacuata la popolazione interessata in caso d’incidente? Si tratta di movimentare migliaia di persone, si pensi ai bambini delle scuole materne, elementari e via via a quelli più grandi, agli anziani, ai cittadini comuni. Il gas si propaga velocemente e nel giro di pochissimo tempo innesca la miccia micidiale lasciandoci tutti intrappolati e carbonizzati. Dare l’avvio alla realizzazione del rigassificatore di Zaule, in questo particolare sito, risulta demenziale e criminale! Mi sorge spontanea ancora una domanda: perché il rigassificatore di La Spezia, per il quale era previsto il raddoppio, vuole chiudere?
Licia Micheli
 

 

Ronchi, fotovoltaico record alla Mw.Fep - Oltre 11 mila metri quadrati. Tondo: «Investimento che dà fiducia»
 

Nel Friuli Venezia Giulia, oggi, è uno dei più grandi, se non addirittura il più grande impianto fotovoltaico per la produzione di energia da fonte rinnovabile. Realizzato su una superficie totale di 11.250 metri, quello inaugurato ieri nella sede della Mw.Fep., azienda impegnata nella realizzazione di apparecchiature elettroniche, elettriche ed elettromeccaniche, ha una potenza di 1,5 megawatt ed è costituito da due sottoimpianti, il primo da con una produzione di 550mila kilowatt destinato all’autoconsumo, il secondo, con una produzione di 1 milione e 80 kilowatt annui, alla vendita. Ad inaugurarlo è stato il presidente della giunta regionale, Renzo Tondo, il quale ha sottolineato come in periodi difficili come quello attuale le aziende che investono anche sull’ambiente, oltreché sull’innovazione tecnologica e sull’occupazione, diano un’iniezione di fiducia al fine di superare la crisi. Ed in effetti Mw.Fep. ha investito ed investe. Così come ha ricordato il vicepresidente, Francesco Fantuzzi, oggi a Ronchi dei Legionari sono impiegati 380 dipendenti e la produzione si sviluppa sia in Italia, sia all’estero. «Con questo impianto fotovoltaico inauguriamo l'Area del Sole. Ci troviamo – ha detto l’amministratore delegato Giuseppe Simonazzi - in un sito produttivo che vorremmo fosse identificato con nuova positività. Abbiamo, infatti, realizzato importanti investimenti non solo in tecnologie, attrezzature, macchinari e persone, ma anche in beni immobili come questo nuovo impianto che sta portando, e continuerà a portare, all’azienda e a tutto il Friuli Venezia Giulia la positività dell'energia solare».
Una nuova tendenza che viene battezzata anche da Friulia. «La crescita si misura anche attraverso questa scelta – dice l’ad Federico Marescotti – ed entro 12-18 mesi nasceranno in regione altri impianti per un totale di 12 megawatt». Alla concretizzazione del progetto ha partecipato anche il dipartimento di energia dell’università di Udine.
LUCA PERRINO

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO
 

Punto informativo gratuito per il risparmio energetico offerto dalla Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico in via Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 (tel. 3665239111) per fornire informazioni per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 2 luglio 2010

 

 

Pannelli fotovoltaici e un gazebo per risparmiare energia elettrica - MUGGIA. PRESENTATO IL PROGETTO NAZIONALE
 

MUGGIA Un risparmio stimato di circa 600 euro all'anno sulla bolletta dell'energia elettrica, l'installazione gratuita di un gazebo con i pannelli fotovoltaici che può fungere da ricovero coperto per due autovetture e soprattutto nessun tipo di inquinamento. Sono questi i tre cardini sui quali ruota il progetto nazionale "100 impianti in 100 comuni d'Italia" illustrato ieri a Muggia dal direttore esecutivo di EnergEsco, Marco Elisei e dal sindaco, Nerio Nesladek.
Il Comune rivierasco è infatti il primo della provincia di Trieste e uno dei primi nel Friuli Venezia Giulia a sposare la causa del fotovoltaico su larga scala con la partnership di Ener, Ente nazionale delle energie rinnovabili.
L'Ente ha ottenuto il patrocinio dal ministero dell'Ambiente per il progetto e si occupa della realizzazione di impianto fotovoltaici destinati ai nuclei familiari. Per farlo, il 9 luglio verrà pubblicato un bando che scadrà alla fine di settembre: i primi cento residenti che si presenteranno allo sportello allestito in Comune e aderiranno all'iniziativa avranno diritto all'installazione gratuita del gazebo, alla sua manutenzione e soprattutto a un consistente abbattimento del costo dell'energia elettrica.
Questo è possibile perché l'energia prodotta dai pannelli, pari a 3 kw, ma non utilizzata dal titolare del contratto, viene messa in rete a disposizione di altri utenti. La differenza tra energia utilizzata e energia messa in rete, e fatta utilizzare agli altri, viene calcolata da un contatore in entrata e un contatore in uscita e poi rimborsata sotto forma di altra energia.
Il saldo è quasi sempre favorevole, a condizione che si osservino alcune precauzioni, per esempio quella di non utilizzare gli elettrodomestici durante la notte.
Altro requisito è disporre di un'area di almeno 20 metri quadrati per la posa del gazebo e la sua esposizione a Sud senza ostacoli aerei.
Il contratto ha durata ventennale: al termine si può deciderne lo smantellamento a spese di EnergEsco. Con la sottoscrizione del contratto, il cliente cede ad EnergEsco la tariffa incentivante stabilita nel conto energia. L'unico costo a carico del cliente è di 300 euro come quota associativa ”una tantum” a favore di EnergEsco per l'istruttoria delle domande di ammissione al bando.
Sulla validità dell'iniziativa si è espresso lo stesso sindaco Nesladek, che ha sottolineato il duplice risvolto economico ed ecologico legato all'operazione, quello di risparmiare energia rispettando l'ambiente.

(g.l.)
 

 

«Bagnoli, il depuratore va dismesso» - L’opposizione: uno studio per far confluire le acque fognarie a Zaule
 

SOPRALLUOGO DEI CONSIGLIERI COMUNALI: IMPIANTO FUNZIONANTE MA DATATO
SAN DORLIGO Dismettere il depuratore comunale di Bagnoli e far confluire le acque fognarie all'impianto di Zaule. È la richiesta giunta dall'opposizione del Comune di San Dorligo della Valle in seguito alla visita effettuata ieri mattina all'impianto di depurazione sito nella frazione di Bagnoli. Alla presenza di un funzionario di AcegasAps (ente gestore dell'impianto) e del responsabile del Procedimento unico del Comune di San Dorligo Mitja Lovriha, quattro consiglieri dell'opposizione (Roberto Drozina e Roberta Clon per il Pdl-Udc, Boris Gombac per Uniti nelle Tradizioni e Dino Zappador per Idv-Verdi) hanno effettuato un sopralluogo alla struttura salita agli onori della cronaca in seguito al recente riversamento di un liquido sospetto (per ora si ipotizza una miscela tra gasolio ed un'altra sostanza) nel torrente Rosandra.
Il depuratore comunale di Bagnoli, cui confluiscono i reflui fognari della zona artigianale e di quattro frazioni - Dolina, Bagnoli, Crogole e Sant'Antonio in Bosco - è composto da un impianto a due vasche: una principale rettangolare con portata di 500 metri cubi nella quale vengono pompate le acque che arrivano dal collettore d'ingresso con l'azione di due pale di aerazione che poi passano la sostanza alla seconda vasca - più piccola e circolare - atta alla sedimentazione finale: da qui l'acqua depurata confluisce effettivamente nel torrente Rosandra e quindi nel mare.
«Pur essendo funzionante la struttura è stata progettata ed eseguita nella prima metà anni '80 ed è dunque vetusta», affermato il capogruppo del Pdl-Udc Roberto Drozina: «Complessivamente comunque la struttura appare funzionante e le analisi fatte sulle acqua in entrata e in uscita hanno fornito dei valori soddisfacenti», spiega Drozina. Tra i dati emersi c’è quello relativo all'abbattimento dei solidi sospesi totali, che da 70 mg per litri in entrata passano a 5 in uscita con limite di legge fissato a 35.
Tuttavia l'impianto inizia ad avere i suoi anni: per questo l’opposizione ha proposto congiuntamente «l'opportunità di iniziare a preparare uno studio per verificare la possibilità di bypassare tale impianto e convogliare tutte le acque nel sistema integrato di fognatura (ramo strada provincia della Rosandra) che poi arriva al depuratore Zaule lungo il lato Nord del canale industriale».
Preoccupato il consigliere Gombac: «Direi che le voci che ipotizzavano un non funzionamento del depuratore sono smentite; resta il fatto che entro un quinquennio bisognerà risolvere la questione perché la struttura è oramai superata».
Riccardo Tosques
 

 

Svago e impegno sul tema ”acqua” - AL GIARDINO ORATORIO DI VIA SAN CILINO
 

Una festa oggi e un tuffo collettivo domenica sera, per celebrare l’acqua, “bene indisponibile, che non può essere soggetto a privatizzazione”. Fine settimana di svago ma anche d’impegno nel rione di San Giovanni. Il giardino oratorio di via San Cilino 101 si aprirà oggi alle 16 per l’esibizione del mago Ciao Ciao, al quale farà seguito il ballo pomeridiano, con Fulvio Gregoretti, della band “Fumo di Londra”. Alle 18 sarà proiettato il film “Agua mi sangre”, che documenta il fatto che le guerre dell’acqua sono già una realtà, con dibattito a seguire dedicato “all’assurdità della privatizzazione dell’acqua”, a cura dei Beati costruttori di pace. Alle 20.30 proiezione del film “Flow: per amore dell’acqua”, a cura del circolo “Charlie Chaplin”.
Artefice dell’iniziativa è la Pro Loco di San Giovanni e Cologna. «Abbiamo organizzato questo programma e il tuffo collettivo di domenica sera – spiega Luciano Ferluga, responsabile della Pro Loco – perché in queste occasioni si potrà firmare ancora contro la privatizzazione dell’acqua». Trieste è stata scelta come tappa finale della raccolta di firme che ha percorso tutta l’Italia e che è già arrivata a quota un milione. «L’obiettivo – sottolinea Ferluga – è chiedere un referendum contro la privatizzazione dell’acqua, promosso dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua».
In città, hanno aderito all’iniziativa Bioest, Wwf, Italia nostra, Legambiente circolo Verdeazzurro, Associazione Tina Modotti, Il Capofonte onlus, Bottega del mondo Senza confini-Brez Meja, gruppo Beppe Grillo, il Gattile, Comitato Danilo Dolci, la Fabbrica di Nichi, Isde, Etnoblog.
Il programma di domenica sera inizierà invece alle 20 con l’esibizione di tuffi del gruppo master della Triestina Nuoto. Alle 20.30 si farà il consuntivo della raccolta di firme. Alle 21 meditazione per l’acqua, danze e canti di diverse tradizioni spirituali. Alle 21.30 concerto dei Mash. A seguire P.G. dj set, nei dintorni del blues.
Ugo Salvini
 

 

 

QualEnergia.it - GIOVEDI', 1 luglio 2010

 

Obiettivo solare termico: un metro quadrato per italiano

 

Presentato il position paper di Assolterm per la promozione del solare termico in Italia. L’obiettivo di un metro quadrato per abitante al 2020 potrebbe essere raggiunto grazie ad una crescita media annuale del 35%, ma serve subito un quadro legislativo e di incentivi più coerente e meno frammentato.
In Europa il 49% dei consumi finali riguarda l'energia termica, di cui il 34% è calore a basse temperature. Aspetto da non trascurare è che il 61% dei fabbisogni totali di calore a basse temperature riguarda il settore residenziale.
Alla luce di questi dati, tanto conosciuti dai decisori pubblici quanto da questi così poco considerati, Assolterm, l’associazione di categoria del solare termico, spiega nel suo position paper, presentato ieri a Roma nel corso della Conferenza “Il solare termico a un punto di svolta”, perché questa tecnologia dovrebbe assumere un ruolo più rilevante in Italia nel Piano d’Azione Nazionale sulle rinnovabili, quindi da qui al 2020. Uno sviluppo che richiede un quadro legislativo e di incentivi più coerente e meno frammentato di quello attuale.
Obiettivo da raggiungere al 2020, che secondo l’industria del settore non è neanche troppo ambizioso, è quello di 1 m2 installato per abitante. Questo risultato dovrebbe essere raggiunto grazie ad una crescita media annuale del 35%, con un totale installato al 2020 di circa 42 GW termici e un risparmio di 3,6 Mtep, pari al 25% dell'obiettivo complessivo al 2020 che è di 14 Mtep. Per un quadro della odierna situazione di mercato italiana (ed europea) rimandiamo al nostro articolo “Fotografia del solare termico europeo e nazionale”.
Assolterm ritiene necessario per questo obiettivo un sistema certo di incentivazione e di misure che possa coprire le diverse tecnologie e applicazioni, a partire dalla detrazione fiscale. In particolare si chiede al Governo che le detrazioni fiscali siano rese operative per un periodo minimo di 5 anni (2011-2016), per poi valutare come e se procedere con questa tipologia di incentivo. Entrando più nello specifico, la proposta è di applicare la detrazione fiscale, che dovrebbe restare del 55%, per tutti gli impianti negli edifici nuovi ed esistenti e per le spese totali dell’impianto “chiavi in mano”.
La detrazione, applicabile a tutte le tecnologie del solare termico, dovrebbe avere un bonus massimo detraibile di 60.000 euro ed essere spalmata per un numero di quote annuali compreso tra 5 e 10. Inoltre, Assolterm richiede anche che l'incentivo delle detrazioni possa essere cumulabile con i finanziamenti in conto capitale messi a bando dalle amministrazioni locali, in modo che, dice l’associazione, non venga scoraggiata la libera iniziativa di queste ultime nel promuovere e incentivare l'uso delle energie rinnovabili.
Vista la scarsa disponibilità di risorse pubbliche, secondo il nostro punto di vista gli incentivi a fondo perduto (e la loro cumulabilità con la detrazione) dovrebbero invece essere dedicati dalle amministrazioni locali esclusivamente a impianti o applicazioni innovative o ancora poco mature tecnologicamente.
Sempre per quanto riguarda i contributi, Assolterm spiega che questi dovrebbero essere erogati una tantum, ad installazione avvenuta, e che dovrebbero variare in base alla dimensione dell'impianto. Sarebbe fondamentale anche - si afferma - definire criteri e procedure di controllo per salvaguardare la qualità dei prodotti e l'efficienza di funzionamento degli impianti.
In sintesi per Assolterm il contributo a metro quadrato dovrebbe essere concesso secondo i seguenti scaglioni:
•per impianti fino a 5 m2: 400 euro/m2
•per impianti compresi tra 5 e 30 m2: 350 euro/m2
•per impianti di taglia superiore ai 30 m2, si potrebbe, invece, definire un “conto energia termico” attraverso un contacalorie applicato all'impianto e a un sistema di trasmissione dei dati a un soggetto terzo.
L’idea di fondo è che l’incentivazione al solare termico possa fornire garanzie chiare da far valere nei confronti delle banche ai fini di un prestito per l'investimento iniziale.
Secondo i calcoli di Assolterm l'impatto economico di un simile sistema di incentivazione, stimando un contributo medio di 350 € a metro quadrato per uno scenario di 1 m2 per abitante, ammonterebbe a circa 19 miliardi di euro per tutto il decennio 2011-2020.
Ma Assolterm, per raggiungere quell’obiettivo al 2020, considera necessarie anche altre misure. In primis la pubblicazione dei decreti attuativi del DLgs 311/06 che introdusse l'obbligo di rinnovabili nei nuovi edifici e nelle ristrutturazioni per coprire almeno il 50% del fabbisogno di acqua calda sanitaria. In considerazione di questa mancanza, Assolterm attraverso la propria Commissione Tecnica, ha elaborato delle “Linee guida sull'obbligo solare nei nuovi edifici e nelle ristrutturazioni” (vedi pdf).
Altro aspetto è quello dell’integrazione architettonica e della semplificazione amministrativa. Il DLgs 115/08 ha introdotto un'importante semplificazione amministrativa declassando l'installazione di pannelli solari termici da manutenzione straordinaria a manutenzione ordinaria; ciò richiede quindi solo una comunicazione preventiva al Comune, senza il coinvolgimento di un tecnico.
Ma servirebbero ancora delle integrazioni, perché la norma lascia fuori gli impianti a circolazione naturale e le installazioni sui tetti piani. Le “Linee Guida sull'obbligo solare” realizzate da Assolterm propongono una soluzione a tale problema, senza per questo rinunciare alle giuste esigenze di integrazione architettonica.
Inoltre, dalla semplificazione introdotta dal DLgs 115/08 restano totalmente escluse le installazioni nelle aree soggette a vincolo paesaggistico o architettonico. Per queste ultime mancano criteri uniformi su tutto il territorio nazionale che possano essere adottati da tutte le Soprintendenze.
Infine, l’associazione di categoria del solare termico non trascura altri aspetti chiave come l’informazione ai cittadini, la formazione certificata di installatori e professionisti, la ricerca e lo sviluppo di progetti dimostrativi.
 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 1 luglio 2010

 

 

Gruppo Beppe Grillo Trieste: ALTA VELOCITA'

 

È notizia di qualche giorno fa che l'assessore regionale alla Viabilità e Trasporti Riccardo Riccardi, in compagnia del viceministro Roberto Castelli, hanno percorso quel tratto ferroviario che da Aurisina a Sesana è l'alternativa al tracciato da ottovolante della TAV sotto la Val Rosandra. Tuttavia il progetto, così come presentato, continua a mantenere ipotesi di trivellazione, adeguamenti di linee sotterranee, costi altissimi (a carico del contribuente) e impatti sul territorio devastanti.
Il , così come altre associazioni, sostiene da anni che la soluzione più rapida ed economica, nonché dal minor impatto ambientale, sia proprio quella di potenziare la cosiddetta “linea alta”, ovvero la ferrovia che passa da Sesana a Monfalcone via Opicina. Non è necessaria la costruzione di gallerie per decine di chilometri sotto il Carso a ridosso della Grotta Gigante. Basterebbe un raddoppio dei binari: velocità inferiore ai 200km/h previsti dell’alta velocità ma risparmi consistenti in materiale di risulta e in tempi di realizzazione.
La riduzione dell’uso dell’automobile a favore del trasporto pubblico è uno dei pilastri del programma della lista civica Trieste 5 Stelle. E Trieste parte da buoni presupposti per uno sviluppo in questa direzione se si considera la rete ferroviaria di eredità asburgica, una rete che ci connette già oggi alla Slovenia. E’ chiaro che nel nuovo scenario la stazione di riferimento principale per Trieste diventerebbe quella di Villa Opicina.
Il treno è storicamente il miglior vettore per il rinsaldamento dei territori e per lo sviluppo di un'economia sostenibile. Lo sanno bene gli sloveni che hanno già approvato la linea ad alta capacità da Capodistria a Divaccia. Il recente protocollo d’intesa con la vicina Repubblica da appena il via agli studi di fattibilità, con tempi che si prospettano ancora molto lunghi prima che si possa vedere qualcosa di concreto.
Nelle scorse settimane abbiamo cercato di comprendere il perché di tanto immobilismo. Ci siamo quindi fatti interlocutori con le Ferrovie Slovene (Slovenske Zeleznice) per sondare la loro disponibilità a far proseguire fino a Villa Opicina i dodici treni che viaggiano giornalmente da Lubiana a Sesana e viceversa. La loro risposta è stata:
“Le condizioni attuali, in cui vi è un solo treno che collega Lubiana a Venezia (e non Trieste) peraltro non sufficiente a garantire una linea efficiente, sono una conseguenza delle azioni intraprese da parte di Trenitalia.
Le Ferrovie Slovene si stanno dando da fare per:
- la realizzazione del collegamento giornaliero Lubiana - Venezia Santa Lucia;
- la realizzazione del treno locale Lubiana - Sesana - Opicina o, meglio, il prolungamento della corsa effettuata dal treno Desiro  fino a Opicina o Trieste (abbiamo bisogno di ottenere l'autorizzazione necessaria);
- la realizzazione del treno locale Gorizia - Nova Gorica - Jesenice con coincidenza per Villacco o Lubiana (coincidenza particolarmente interessante nel periodo estivo, segnato da un maggior afflusso turistico).
Nella speranza che il vostro contributo possa essere d'aiuto affinché le attuali condizioni migliorino tra i due Stati, ci rendiamo disponibili a collaborare con Voi nello sviluppo di un'adeguata offerta a favore dei cittadini e che possa al contempo consentire una miglior mobilità sul territorio”.
Il prossimo passo che la lista civica Trieste 5 Stelle si appresta a fare è cercare di coordinare le esigenze della città e i suoi rapporti con Lubiana, proponendo incontri costruttivi fra Slovenske Zeleznice e i referenti nazionali di Trenitalia, RFI e i pochi vettori indipendenti quali, per esempio, le Ferrovie Udine-Cividale. Siamo convinti che sia possibile ottenere un cambiamento a piccoli passi, con il buon senso e con il dialogo.
Vorremmo poter vedere i primi treni fra Trieste e Lubiana fra uno-due anni grazie agli investimenti delle amministrazioni locali, e non fra dieci-venti, con contributi europei nella misura del 20-30%, come ipotizzato da governi invaghiti dell’alta velocità.
Stefano Scarpa
Lista Civica TRIESTE 5 STELLE- beppegrillo.it
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 luglio 2010

 

 

Lucchini, il controllo passa da Severstal al patron Mordashov - VENDUTO IL 50% PER 1 EURO
 

MILANO Severstal ha completato la vendita del 50,8% della Lucchini (che comprende la Ferriera di Servola) a una società controllata da Alexey Mordashov per la somma di un euro. Il 14 maggio scorso, Severstal aveva reso noto che il 31 marzo 2010 Lucchini era stata classificata come società in vendita ed era stata presentata come «attività discontinua» nei conti del gruppo. L'operazione, si legge in una nota, «consentirà di tutelare gli interessi degli azionisti della Severstal, di migliorare la stabilità finanziaria della società e di garantire ulteriore flessibilità al processo di vendita della Lucchini e alla negoziazione dei termini degli accordi di credito della Lucchini». A seguito della transazione, Mordashov assume la posizione di azionista di controllo della Lucchini, con pieni poteri per la gestione e le strategie. Secondo i termini dell'accordo, Severstal mantiene il diritto a riacquistare la quota da Mordashov per un euro. Inoltre, eventuali plusvalenze che Mordashov dovesse realizzare per la successiva vendita a terzi di tale 50,8% del capitale, saranno trasferite a Severstal.
Il 14 maggio scorso Severstal aveva reso noto che a fine marzo Lucchini era stata classificata come società in vendita ed era stata presentata come «attività discontinua» nei conti del gruppo. «L'operazione - prosegue la nota - consentirà di tutelare gli interessi degli azionisti della Severstal, di migliorare la stabilità finanziaria della società e di garantire ulteriore flessibilità al processo di vendita della Lucchini e alla negoziazione dei termini degli accordi di credito della Lucchini».
Di recente il rating del gruppo siderurgico Lucchini è stato abbassato da Moody's da B1 a B3, con outlook negativo. Il peggioramento del giudizio sul debito ”corporate” è stato causato «dalle sfavorevoli performance della società nel 2009 - si legge in una nota dell'agenzia di rating - e dalla continuazione nel 2010 della difficile situazione per i produttori di acciaio poco integrati verticalmente».
Lo storico gruppo bresciano, ora controllato direttamente da Mordashov, ha lo stesso rating stabilito da Moody's per Severstal: B3 con outlook negativo.
Nel 2009 la Lucchini aveva registrato un margine operativo lordo negativo per 203 milioni di dollari (nel 2008 positivo per 403 milioni) e ricavi quasi dimezzati a 1.757 milioni di dollari (3.989 milioni del 2008). D'altro canto il gruppo Severstal nello stesso anno aveva riportato perdite nette per 1.037 milioni di dollari dall'utile per 2.029 milioni segnato nel 2008. I ricavi si erano ridotti a 13.054 milioni, dai 22.393 del 2008.
 

 

Rigassificatore: al prefetto le 4000 firme contrarie
 

MUGGIA I sindaci di Muggia, Nerio Nesladek e di San Dorligo, Fulvia Premolin hanno consegnato nei giorni scorsi al prefetto di Trieste, Alessandro Giacchetti, le firme raccolte nei rispettivi Comuni, 2500 a Muggia e 1500 a San Dorligo, contro l'installazione del rigassificatore a Zaule. Nel corso dell'incontro, Nesladek e Premolin hanno ribadito la preoccupazione dei cittadini sia per il rischio di possibili incidenti, sia soprattutto per le conseguenze che il rigassificatore avrebbe sul piano ambientale. In particolare è stato chiesto che il prefetto interpreti fino in fondo il suo ruolo di garante della sicurezza dei cittadini, così come espresso esplicitamente nel testo che in 4000 hanno sottoscritto. Il Commissario di Governo da parte sua ha confermato l'opportunità che l'intero argomento relativo all'impianto di metanizzazione venga affrontato in modo organico e approfondito proprio per fornire agli abitanti la maggior quantità di informazioni possibili. In questo contesto rientra il progetto, accolto con favore dai due sindaci, di fissare alcuni incontri pubblici per fornire agli interessati tutti gli elementi necessari a una valutazione oggettiva del rigassificatore.

(r.t.)
 

 

Testa di capra a Giurastante Archiviata dal pm l’inchiesta
 

Non hanno dato alcun esito le indagini sulla sanguinolenta testa mozzata di un capretto fatta trovare il 6 aprile davanti alla porta dell’abitazione di Roberto Giurastante, presidente di «Greenaction Transational». Per questo motivo, il pm Pietro Montrone, titolare dell’inchiesta, ha chiesto al gip l’archiviazione del fascicolo. Lo stesso magistrato in precedenza aveva ordinato ai carabinieri di distruggere il «corpo del reato». Di questa ultima iniziativa si lamenta «Greenaction» che ritiene, come si legge in un comunicato diffuso ieri, che «con la distruzione della testa mozzata di capretto, sia stata cancellata l’unica prova che avrebbe consentito agli inquirenti di sviluppare una pista investigativa, interessando la stessa Direzione investigativa antimafia.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

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