Home chi e dove news agenda documenti varie links rassegna stampa

RASSEGNE STAMPA precedenti

 

 

RASSEGNA STAMPA  luglio - dicembre 2009

 

 

effettua ricerca nel sito:

                                        Servizio di ricerca offerto da Google

 

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 31 dicembre 2009

 

 

«Da Gas Natural risposte, non pacche sulle spalle» - ITALIA DEI VALORI
 

«Leggiamo con sospetto le rassicurazioni di Narciso de Carreras Roques perché fonda tutte le sue rassicurazioni non dicendoci che tutto è perfetto nel progetto della sua azienda, ma spiegandoci che i tecnici del tavolo tecnico, che hanno studiato il progetto indicandone molteplici carenze, incongruenze e falsità, non sono tecnici competenti». Così in una nota Mario Marin, coordinatore provinciale dell’Italia dei valori, commenta le dichiarazioni rilasciate dal direttore dei progetti internazionali di Gas Natural in merito alle critiche giunte dal Tavolo promosso dalla Uil vigili del fuoco. «Non posso credere - scrive Marin - che una decina di professori autorevoli si espongano a denunciare pesantemente e pubblicamente un progetto che a dire di de Carreras Roques è perfettamente idoneo e corretto». Inoltre, «in risposta del fatto che la Procura non abbia proceduto negli esposti presentati, questo non ci assicura automaticamente che tutto va bene. Ci sono mille ragioni perché un esposto possa venir rigettato senza con ciò stabilire che i fatti denunciati non sussistano. Italia dei Valori - chiude Marin - non accetta rassicurazioni bonarie e pacche sulle spalle, ma pretende che vengano prodotte prove precise». Per Marin quelli espressi dal dirigente di Gas Natural sono «giudizi superficiali e offensivi su persone che sino a prova contraria meritano ogni rispetto e rappresentano una parte importante della scienza triestina e transfrontaliera». Inoltre, auspica Marin, «le istituzioni cittadine e regionali costituiscano un forte riferimento di imparzialità».
 

 

Godina sulle bonifiche: «Dobbiamo restare vicini alle aziende» - DOPO L’OK ALL’ACCORDO DI PROGRAMMA
 

«L’accordo di programma va bene come metodo di lavoro perché consente finalmente di dare certezze alle imprese. Ma l’azione degli enti locali non dovrà esaurirsi una volta firmato l’atto». Il vicepresidente e assessore allo Sviluppo economico della Provincia di Trieste, Walter Godina, interviene così sulla questione delle bonifiche nell’area del Sito inquinato di interesse nazionale e sul testo discusso a Roma e su cui i soggetti coinvolti si sono trovati a convergere. Un «testo riguardo al quale - afferma Godina - la Provincia ha effettuato un’azione mirata ad ottenere delle migliorie. Riuscendo nell’intento».
«Dovremo in ogni caso continuare a monitorare strettamente la situazione - prosegue Godina -, restando vicini ai comparti produttivi. Il primo passo, concretamente, dovrà farlo poi la Regione, mettendo a disposizione il denaro necessario alle caratterizzazioni». La riflessione dell’esponente della giunta provinciale abbraccia anche un preciso aspetto normativo: «Bisognerà capire come verrà interpretato dal Ministero dell’Ambiente l’articolo 2051 del Codice civile, quello relativo al dovere di custodia». Il tutto collegato evidentemente alla quantificazione del danno ambientale. «Il punto è che lo stesso Ministero non dovrà ritrovarsi con una caterva di ricorsi sul groppone da parte delle imprese - conclude il vicepresidente -, un’eventualità che ostacolerebbe tutti i passaggi successivi». «Inoltre - aggiunge Godina - va detto che l’accordo di programma risulterebbe inutile se dovesse determinare una situazione con una serie di aziende fallite e con persone senza lavoro».
Secondo il numero due dell’ente di palazzo Galatti, sarà «importante anche il ruolo del nuovo Comitato tecnico, che dovrà effettuare le valutazioni sui diversi soggetti e sugli eventuali danni arrecati alle zone dell’area. Confido che, a caratterizzazioni concluse, almeno una cinquantina di aziende possano essere direttamente escluse dall’elenco di quelle che dovranno pagare per aver inquinato».

(m.u.)
 

 

La Kemiplas riapre i battenti Torna l’incubo delle emissioni - Richiamati gli operai da gennaio. Il contenzioso con gli ambientalisti
 

CAPODISTRIA La fabbrica di prodotti chimici Kemiplas di Villa Decani - pochi chilometri da Capodistria – in gennaio riapre i battenti. La produzione era stata sospesa nel novembre del 2008 a causa della crisi economica ma ora la situazione sta migliorando e si può riprendere a lavorare. La Kemiplas non dispone della certificazione ambientale europea Ippc, requisito indispensabile per un impianto industriale di questo tipo, ma a giudizio della direzione della fabbrica questo non rappresenta un problema. È solo una questione di tempo, sostengono a Villa Decani: la società ha chiesto il certificato nel 2006 ed è semplicemente in attesa che questi le venga rilasciato dalle autorità slovene. Un analogo reparto produttivo della Kemiplas in Ungheria ha del resto già ottenuto la certificazione Ippc, secondo le stesse norme in vigore a in Slovenia. «La sospensione della produzione nel novembre dell'anno scorso non aveva nulla a che fare con questioni ambientali, era solo una decisione economica», ha ribadito il direttore dell'impianto di Villa Decani, Muharem Kadic.
Il principale prodotto della Kemiplas, l'anidride ftalica, è uno dei componenti delle vernici per automobili, e con la crisi dell'industria automobilistica la produzione ha dovuto essere ridotta. Per soddisfare le esigenze del mercato centroeuropeo, sul quale è presente la Kemiplas, per un certo periodo è stato sufficiente mantenere operativo l'impianto di Veszprem, in Ungheria, dove vengono prodotte 20.000 tonnellate di anidride ftalica all'anno. Ora invece è aumentata la richiesta, per cui sarà riattivata anche la produzione di Villa Decani, che dovrebbe aggirarsi sulle 18.000 tonnellate. La direzione della fabbrica ha già richiamato al lavoro una sessantina di dipendenti, che per un anno erano rimasti a casa, ma che, a detta di Kadic, ricevevano lo stipendio come se lavorassero 35 ore alla settimana. Tornando al certificato ambientale, l'industria chimica di Villa Decani è da anni al centro di polemiche per le emissioni di gas nocivi.
Gli abitanti della zona circostante, cosi' come le autorità comunali di Capodistria, sono da tempo impegnati nella battaglia per farla chiudere e trasferire la produzione altrove, ma finora senza successo. Contro la Kemiplas è stata intentata anche una causa da parte di oltre 200 persone che si consideravano minacciate da quella che gli ambientalisti chiamano la ”fabbrica dei veleni”, ma l'impresa ne è uscita indenne: non è mai stato provato che le emissioni fossero superiori ai limiti consentiti dalla legge. La direzione della fabbrica si è più volte detta disposta a spostare definitivamente altrove la produzione, ma non ha trovato ancora un accordo né con il comune né con lo Stato per coprire almeno in parte le spese dello smantellamento degli impianti. Con il comune di Capodistria è inoltre in corso una battaglia legale per il ritardo nell'approvazione del Piano regolatore dell'area di cui la Kemiplas è proprietaria, ritardo che a detta dei legali della società di Villa Decani avrebbe già provocato un danno di oltre 600.000 euro.
 

 

 

 

IL MANIFESTO - MERCOLEDI', 30 dicembre 2009

 

 

Muggia teme il gas - un impianto al confine sloveno

Un rigassificatore nella baia davanti a Trieste che dovrebbe garantire l'autosufficienza energetica all'Italia. Un affare da oltre 600 milioni di euro per gli spagnoli di Gas Natural. E un incubo per 200 mila cittadini che temono un'altra Bhopal.

 

«Cifre addomesticate sugli effetti ambientali»

GLI ECOLOGISTI - La campagna dei comitati: imprecisioni dal governo italiano a quello sloveno  Il progetto del rigassificatore di Trieste presentato dal colosso energetico spagnolo Gas-Natural è osteggiato dalle principali associazioni ambientaliste del Friuli: da Greenaction International ad Alpe Adria Green, dal Wwf a Legambiente Friuli e Italia Nostra, passando per gli attivisti del Comitato di salvaguardia del golfo di Trieste e dal Comitato Sos-Muggia. Da anni denunciano la fornitura di dati generici quando non falsati sull'impatto ambientale dell'impianto italo-spagnolo.

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 dicembre 2009

 

 

Banca Etica, la solidarietà batte la crisi - Il direttore Crosta: «La finanza sana non teme confronti». Raccolta +6%  - «Presto una nuova sede a Trieste»
 

FRA I POCHI ISTITUTI CHE HANNO REGISTRATO UN BALZO DEI FINANZIAMENTI: +25%
PADOVA La finanza etica funziona. A dimostrare che si può vincere la partita della finanza ”buona e responsabile” è proprio la banca popolare Etica, nata a Padova 10 anni fa. Nell’anno peggiore e più devastante per le banche vecchio stampo, l’istituto ha provato che si può dare credito anche in tempo di crisi. Senza accollarsi rischi inutili, senza peggiorare il proprio portafoglio e conseguendo risultati anche in termini di rendimento.
Nei primi 11 mesi del 2009 i finanziamenti accordati da Banca Etica sono cresciuti di quasi il 25% rispetto alla fine del 2008 (raggiungendo i 535 milioni di euro); la raccolta di risparmio è cresciuta di circa il 6%, mentre il patrimonio gestito affidato alla società di gestione del risparmio del Gruppo, Etica sgr, ha segnalato la performance boom del +35%. Nello stesso periodo il capitale sociale di Banca Etica è cresciuto del 14% (sfiorando i 26 milioni di euro conferiti da 33mila soci) e con esso la possibilità di erogare finanziamenti ai progetti di economia solidale e sostenibile.
A raccontare la ricetta del successo dell’istituto è il direttore generale Mario Crosta: «Banca Etica ha dimostrato con i numeri del 2009 che esiste una finanza ”sana” che non ha timori dei cicli negativi. I nostri risultati, soprattutto se guardiamo all’andamento degli impieghi esprimono con chiarezza una realtà: che non solo la finanza etica funziona, ma è anche in grado di resistere alle tempeste e di proporsi come modello per ripensare le regole di una finanza che fin qui è stata accecata dall’ossessiva ricerca della massimizzazione dei profitti di breve periodo. Abbiamo anche dimostrato di poter svolgere un’importante funzione anti-ciclica, aumentando i finanziamenti proprio mentre nel Paese si lamenta il credit crunch.
Questo trend vale anche per il Nordest?
A livello di impieghi abbiamo registrato anche in quest’area, che è un territorio d’elezione per noi visto che siamo nati a Padova, un aumento nell’ordine del 20%. Ma non è solo sul fronte del credito che abbiamo ottenuto risultati. La nostra sgr ha guadagnato ottime performance sia in termini di raccolta che di rendimento del patrimonio in gestione. Il mercato ha premiato la nostra trasparenza. Basti dire che abbiamo aperto 3mila nuovi conti quest’anno. E non abbiamo tradito il nostro orientamento in nessuna circostanza. Non abbiamo per esempio accettato fondi provenienti dallo scudo fiscale.
Come avete gestito i rischi derivanti dalla congiuntura negativa?
Selezionando attentamente gli ambiti in cui operare. Privilegiando i settori che tradizionalmente finanziamo come le iniziative di cooperazione sociale, l’associazionismo culturale e le imprese impegnate in progetti sostenibili, come per esempio la green economy.
Il vostro modello è stato dunque immune alla crisi?
Non è proprio così. Direi piuttosto che di fronte ad un sistema bancario che ha visto ridurre i finanziamenti destinati alle imprese noi siamo cresciuti. Ma con metodo. Il dato sulle nostre sofferenze è significativo, se l’Abi lo calcola all’1,92% per il sistema, Banca Etica le contiene allo 0,6% a ulteriore dimostrazione di come i settori che noi finanziamo siano in grado di coniugare affidabilità economica con iniziative imprenditoriali sostenibili.
Ma se non condividete le regole del contesto in cui operate certamente ne avrete subìto, come tutti, le conseguenze.
A livello di bilancio 2009 anche il nostro utile avrà una contrazione. Ma tutti gli altri parametri sono in aumento. Aumenta la nostra patrimonializzazione che ci permette di avere più risorse da destinare ai finanziamenti. Abbiamo già da mesi attivato la moratoria sulle rate dei mutui della prima casa e quella sui finanziamenti alle persone giuridiche.
E per il 2010?
Continueremo a crescere. Pensiamo di aprire nuove filiali, tra cui Perugia, Ancona e Trieste. E poi continueremo a crescere sul fronte degli impieghi. In particolare abbiamo i progetti microcredito per le famiglie e le persone in difficoltà in accordo con Abi e la Cei.
ROBERTA PAOLINI
 

 

Bonifiche, cambia la mappa delle responsabilità - Niente danno ambientale da pagare sui terreni non contaminati. Enti pubblici verso il sì all’accordo
 

SITO INQUINATO - Provincia: Roma ha accolto le richieste
Sembra che all’ultimo minuto la tremenda questione delle bonifiche sul Sito inquinato nazionale abbia trovato soluzione. Non accontenterà sul minuto le tante categorie che professionalmente insistono sulla zona e che fin qui hanno puntato i piedi di fronte alla minaccia di dover pagare per togliere anche lo sporco non da loro stesse prodotto, ma allo stato delle cose pare che più di così non si sarebbe potuto ottenere.
Lo annuncia con una certa soddisfazione l’assessore all’Ambiente della Provincia, Vittorio Zollia, all’indomani della delibera con cui palazzo Galatti dice «sì» all’accordo, un «sì» che la giunta comunale ha già pronunciato, che la Regione ha in calendario per l’ultimo giorno utile, il 30 dicembre. Una somma di faticosi assensi che dovrebbe mettere in salvo il finanziamento, piccolo ma pur importante, assicurato dal ministero dell’Ambiente che aspetta appunto per l’ultimo minuto gli atti di tutti gli enti, in attesa poi della firma di un nuovo e definitivo accordo di programma.
«Il ministero - riferisce Zollia che nei giorni scorsi ha partecipato all’ultimo e fondamentale incontro romano sull’argomento - ha accettato tutte e tre le sostanziali modifiche che erano state chieste. La prima è che la caratterizzazione che ancora manca sull’area sarà completata dall’Ezit, anche con le risorse messe a disposizione dalla Regione; la seconda, che dalle premesse è stata tolta la condizione che indicava come responsabili i ”soggetti obbligati”, obbligati dunque anche a contribuire alle spese, è stata sostituita con un richiamo alle ”norme vigenti”, le quali fanno riferimento a ”chi ha creato il danno” ovvero ”ha omesso la custodia del sito così creando un danno”».
Sembrano sottigliezze. Ma sono la risposta alle proteste di industrie e artigiani: «Perché dobbiamo pagare le bonifiche se a inquinare non siamo stati noi?». Il paragrafo nuovo si completa con il taglio dei nomi e cognomi delle ditte insediate, precedentemente chiamate in causa. «Era prima sufficiente - ricorda Zollia - che una falda inquinata scorresse sotto un capannone perché il proprietario fosse tenuto a pagare la bonifica, a prescindere dal fatto che l’avesse causata lui o meno».
Infine, un’altra «liberatoria». Dopo la caratterizzazione, cioé dopo l’analisi dei terreni per stabilire se sono sporchi e di quali sostanze, era stato stabilito che tornassero «agli usi legittimi» (cioé nella disponibilità degli aventi diritto) solo se non inquinati. Adesso invece ci si appoggerà alla nuova legge che consente, di fronte a inquinamento, anche l’analisi del rischio: ogni singola unità è causa di minor rischio se agisce in un contesto già degradato. Si capisce che sarà più facile avere conseguenze meno pesanti dalla situazione.
Ma non basta. È stato anche messo nero su bianco che le porzioni di terreno non inquinato non dovranno pagare il «danno ambientale». In ogni caso la mappa del sito e soprattutto delle responsabilità attive verrà rivista. Dovrà formarsi un nuovo Comitato tecnico in grado di stabilire chi ha prodotto danni, e capace di realizzare l’analisi del rischio relativo. Solo a questo punto la classifica dei pagamenti dovuti acquisterà una fisionomia: diversa, si presume, da quella prefigurata fino a oggi, che aveva tanto scontentato da portare a ben 13 versioni diverse dell’accordo di programma, fino a determinare l’uscita della Camera di commercio dalla lista degli enti partecipanti e delegati alla firma. Una firma che non è stata mai messa. E a irrigidire Assindustria, e a indignare gli artigiani con la crisi sul collo. Se tutte le delibere arriveranno a Roma entro la mezzanotte del 31 dicembre, a gennaio si metterà in calendario un nuovo summit, per la firma dell’accordo definitivo.

(g. z.)
 

 

SEGNALAZIONI - «Rigassificatore: il consiglio ha detto no, la giunta agisca di conseguenza»
 

Ho letto e collezionato con grande interesse tutti gli approfondimenti relativi al progetto per la installazione di un rigassificatore a Trieste. Società proponente, ministri, sottosegretari, sindaci, consiglieri, assessori, enti, associazioni, tecnici, privati cittadini e giornalisti.
È dal loro lavoro che ho potuto trarre la seguente sintesi:
Questioni di carattere ambientale. Il rigassificatore proposto comporterà lo scarico a mare di una importante quantità di acque «reflue» derivanti dal processo industriale di rigassificazione. Questo scarico, sia per contenuto chimico sia per temperatura determinerà l’alterazione dell’ecosistema del golfo con effetti non noti ed oggi non prevedibili con sicurezza in via teorica. Da qui le richieste degli approfondimenti al progetto e dei monitoraggi in fase di funzionamento dell’impianto.
La realizzazione della condotta sottomarina per portare il gas alla rete nazionale comporterà la movimentazione di fanghi inquinati nel golfo, stesso risultato sarà determinato dal movimento delle navi gasiere.
Il rigassificatore impone inoltre la necessità di valutare la non trascurabile questione del rischio di gravi incidenti, rischio amplificato dalla presenza di altri impianti industriali tra i quali la Ferriera di Servola.
Questioni di carattere economico. Da quanto appreso, pare che la movimentazione delle navi gasiere escluda la possibilità di qualsiasi movimento contemporaneo di naviglio, tanto di natura commerciale quanto di natura diportistica. Ciò per ragioni di sicurezza. Per farla breve, nel golfo non potrebbero muoversi altre navi e non potrebbe svolgersi una regata, per esempio la Barcolana.
L’insediamento del rigassificatore a Trieste significherebbe rinunciare al porto commerciale ed al turismo nautico. Coerentemente si comprende allora il mancato finanziamento della piattaforma logistica da parte dell’attuale Governo. Il porto commerciale, ritenuto non più strategico, sarebbe lasciato morire per essere sostituito da un porto esclusivamente energetico (noi come Baku? come Atirau?).
I vantaggi dell’impianto sarebbero i posti di lavoro (circa 80) e l’investimento di circa 500 milioni di euro per la sua realizzazione. La costruzione dell’impianto tuttavia non verrebbe affidata ad imprese locali se non relativamente ad una parte limitata.
Valutazione di impatto ambientale. Il Consiglio Comunale di Trieste, la più alta espressione democratica della nostra comunità, dopo aver valutato la documentazione tecnica relativa all’impianto, l’impatto sull’ambiente, i rischi e le ricadute sulla economia locale, nella seduta del 18 gennaio 2007 ha espresso il proprio voto contrario alla realizzazione del rigassificatore. Voto contrario proprio in ragione del «prezzo» che dovrebbe pagare la città, impatto sull’ambiente che non è stato ritenuto compensato dalle previste ricadute economiche.
Alla luce di tutto ciò, è utile interrogarsi ulteriormente riguardo l’opportunità di realizzare il rigassificatore a Trieste? E ancora: perché il Consiglio comunale e la Giunta non agiscono coerentemente al voto espresso?
Francesco Cervesi
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 dicembre 2009

 

 

RIGASSIFICATORE - «L’impianto è troppo vicino alla città» - Per l’architetto De Simone, Gas Natural deve investire di più nella sicurezza
 

PARLA L’ESPERTO - «La localizzazione del sito è sbagliata. E i tubi andrebbero posizionati 15-20 metri sotto i fondali logicamente con una spesa superiore»
Il criterio seguito da Gas Natural nell’elaborazione del progetto del rigassificatore di Zaule? «Il risparmio, e non certo l’utilizzo delle tecnologie più avanzate in grado prevenire incidenti e rischi per la sicurezza». L’accusa, pesante e diretta, non arriva questa volta da ambientalisti o docenti universitari, bensì da un addetto ai lavori, l’architetto leccese Fernando De Simone. Uno che di impianti gnl se ne intende, visto che da oltre 20 anni lavora come consulente della Norconsult, il colosso norvegese a cui si deve la realizzazione di decine di rigassificatori in tutto il mondo.
Cosa non la convince del progetto spagnolo?
Prima di tutto la localizzazione del sito. Pensare di costruire un rigassificatore così vicino alla città, significa non avere a cuore l’incolumità dei triestini. Nessun impianto, nemmeno il più controllato, è esente da rischi. La storia recente dei terminal e dei gasdotti, purtroppo, lo dimostra. Negli ultimi anni si è verificata una lunga serie di incidenti ed esplosioni. La più devastante, avvenuta in Corea del Sud, ha provocato un centinaio di vittime.
Teme catastrofi simili anche a Trieste?
Non si può escludere. Se si incendia una nave gasiera, con l’effetto domino, rischia di andare in fumo tutta la città. Un pericolo che non si correrebbe se il terminal venisse realizzato off-shore, come minimo ad una ventina di miglia di distanza dalla costa. In quel caso, almeno, un’eventuale esplosione non comporterebbe pericoli per la popolazione
Oltre al sito, lei critica anche le modalità previste per la realizzazione del gasdotto.
Ritengo sbagliatissima la scelta di appoggiare le condotte sul fondo del mare. I tubi vanno posizionati ad almeno 15-20 metri sotto i fondali. Profondità minima da rispettare anche nella parte a terra. Solo così si possono evitare sabotaggi o tragedie come quella avvenuta l’anno scorso in Belgio.
Quale?
L’esplosione al gasdotto di Ghislenghien. Lì, durante alcuni lavori di scavo, una pala meccanica ha urtato un tubo inserito solo ad un metro e mezzo sotto il suolo. Il risultato è stato un’esplosione che ha ucciso 15 persone e ne ha ferite altre 120.
Ma perché Gas Natural non avrebbe adottato queste accortezze?
Per risparmiare. Fare buchi ad un metro e mezzo di profondità costa ovviamente molto meno che scavarli a 20 metri. Nel primo caso basta assoldare un paio di manovali, nel secondo servono tecnologie più avanzate. Per esempio le ”talpe”, tecnicamente chiamate Tbm (Tunnel Boring Machine ndr): piccole perforatrici automatiche che eseguono i fori e li richiudono. E al risparmio è improntata anche la formula prevista dal progetto per lo stoccaggio del gas.
Cioè?
Se avesse davvero voluto evitare ogni rischio Gas Natural avrebbe potuto seguire l’esempio della Norvegia, dove in molti impianti l’intero processo di stoccaggio del gas avviene in caverne. Le navi gasiere arrivano comunque sotto costa, ma le condotte vengono prolungate fin sotto le montagne, o nel caso di Oslo addirittura collinette artificiali, e sfociano in grandi cavità sotterranee. Ambienti in cui non c’è ossigeno e non esiste quindi alcuna possibilità di esplosione.
Un’ipotesi praticabile anche a Trieste?
Certamente. La città ha alle spalle il Carso. Basterebbe rinforzare la roccia, di per sè franosa, con il cemento. Tecnicamente, quindi, è una soluzione più che fattibile. Il punto, ancora una volta, sono i costi. Un sistema di questo tipo richiede una spesa iniziale superiore del 20% rispetto allo stoccaggio tradizionale. Già dopo 3 anni, però, l’investimento viene ammortizzati grazie ai minori costi legati alla manutenzione, perché le caverne non subiscono l’attacco degli agenti atmosferici.
Ma se il progetto fosse così rischioso come lei dice, Gas Natural non avrebbe ottenuto il decreto di Via da Roma.
Non entro nelle dinamiche politiche del ministero. Dico solo che se Gas Natural ritiene di aver davvero agito secondo i criteri corretti, non avrà nulla in contrario a sottoporsi all’esame di esperti super partes. Penso ai tedeschi della Tuf, specializzati nel collaudo di nuovi impianti, o agli americani del Sandia National Laboratory, noti in tutto il mondo per i loro studi su rischi e attentati. Ecco, il giudizio finale sul progetto triestino potrebbe essere affidato a loro.
MADDALENA REBECCA

 

 

A Trieste progettò il ”tubone” sottomarino - È autore dello studio per il collegamento tra parti vecchia e nuova del Porto

 

Classe 1944, nato a Lecce ma residente ormai da quarant’anni a Padova, dopo la laurea in Architettura a Venezia Fernando De Simone si è trasferito in Norvegia per specializzarsi in costruzioni sotterranee e trasporti. A quel periodo risalgono i primi contatti con la Norconsult, colosso mondiale di cui, da oltre vent’anni, è uno dei consulenti per l’Italia.
Proprio in Italia De Simone ha firmato come co-progettista il primo impianto per la potabilizzazione dell’acqua costruito in galleria nel centro di Como, i tunnel dell’autostrada direttissima Brescia-Milano, e il primo collegamento su monorotaia di Bologna: cinque km di tracciato per collegare la stazione e l’aeroporto.
Negli anni scorsi De Simone ha lavorato anche a Trieste. Su incarico di Autovie Venete, infatti, ha elaborato il progetto del collegamento sottomarino tra Porto vecchio e Porto nuovo, prevedendone anche l’estensione fino a Muggia e, eventualmente, al porto di Capodistria. Di recente ha legato poi il suo nome alla battaglia ingaggiata da alcuni comuni veneti contro il rigassificatore di Porto Levante inaugurato lo scorso novembre da Adriatic Lng. De Simone, in qualità di consulente nominato dalla Provincia di Rovigo, ha redatto le osservazioni tecniche presentate alla Capitaneria di porto. La guerra al terminal, sfociata anche in una causa, non ha dato l’esito sperato. «Però un risultato l’abbiamo ottenuto - spiega l’architetto -. Siamo riusciti a far aumentare di due miglia la distanza dell’impianto dalla costa».

(m.r.)

 

 

Tra i record firmati Norconsult il tunnel più profondo del mondo - La società norvegese di ingegneria ha anche realizzato a Lillehammer la massima caverna artificiale esistente

 

Dal petrolio al gas, dai trasporti alla gestione dei rifiuti, fino all’industria e alla pianificazione urbana. È vasto e articolato il business della Norconsult, società norvegese di ingegneria e consulenza multidisciplinare attiva in ogni angolo del pianeta. Un colosso che, oltre che in Europa, conta sedi in Botswana, Mozambico, Filippine, Thailandia e dispone di un piccolo esercito di 1300 consulenti, tra ingegneri e architetti.
Numeri che hanno permesso alla Norconsult di ottenere nel tempo ben tre record: la realizzazione del tunnel autostradale più profondo del mondo, l’Hitra tunnel, scavato 264 metri sotto il livello del mare, che collega la terraferma con un’isola norvegese; il tunnel autostradale più lungo del pianeta (il Lerdal tunnel che corre per 24,5 chilometri); e la caverna artificiale più grande mai realizzata.
Quest’ultima, costruita a Lillehammer, è lunga 91 metri, larga 61 e alta 25. Al suo interno trovano spazio piste da hockey su ghiaccio, piscine, altri impianti sportivi e spalti in grado di accogliere fino a 5400 spettatori. Un’opera avveniristica ma anche ecocompatibile: essendo ricavato nella roccia che agisce da isolante, risparmia il 40% dell’energia che richiederebbe un identico complesso in superficie per il condizionamento d’estate e il riscaldamento d’inverno.
Da anni Norconsult ha sviluppato competenze all’avanguardia anche nel settore del gas. Decine infatti i rigassificatori realizzati sia nel mare del Nord sia in altre parti del pianeta sfruttando per lo più la formula off-shore, con condotte scavate 20 metri sotto il mare, e sull’opzione caverne. A questa seconda tipologia appartiene anche il rigassificatore costruito a Oslo, in funzione ormai da 40 anni. Tra i terminal progettati dalla società norvegese rientra anche l’impianto sulla costa nord occidentale di Taiwan, dotato di una diga di 6 chilometri, banchine capaci di accogliere navi da 168.000 metri cubi di gnl. Prevista in quel sito anche la bonifica di una zona che ospiterà otto serbatoi di stoccaggio.

(m.r.)

 

 

«Piano regolatore, la Lega ha fatto bene a dire no» - Ferrara: ci auguriamo per l’anno prossimo più sinergia con il Pdl
 

Dopo le pesanti osservazioni avanzate dalla Regione nei confronti del Piano regolatore del Comune e le dichiarazioni rilasciate dall’assessore Federica Seganti (Lega) che ha parlato di «profilo di cricità non indifferente», il capogruppo del Carroccio in Comune Maurizio Ferrara va all’attacco del documento urbanistico. «Le prescrizioni della Regione - scrive Ferrara - confermano le ragioni che hanno indotto la Lega a non votare in aula» il Prg. «È stato questo - prosegue il capogruppo leghista - il terzo atto politicamente importante che non abbiamo condiviso con la maggioranza. All’astensione sul bilancio è seguita la non partecipazione al voto sulla delibera di Città d’arte», con cui il Comune aveva cercato di aggirare la normativa regionale sulle chisure festive dei negozi.
Per la Lega «il bilancio 2009 si chiude con un risultato solo parzialmente positivo. Ciò grazie all’accoglimento di alcune nostre richieste in tema di sicurezza - prosegue Ferrara - di precedenza ai triestini nell’accesso alle scuole comunali, e, soprattutto, di definitiva archiviazione del campo nomadi. Non c’è accordo invece sulla gestione della Ferriera e sulla precedenza agli italiani sulle tematiche sociali. Ci auguriamo perciò una miglior sinergia nel 2010 per consentire una condivisione di programmi in prospettiva delle elezioni del 2011. In caso contrario - conclude Ferrara guardando alle amministrative del 2011 - sia i nostri elettori che quelli del Pdl non capirebbero un accordo elettorale privo di basi comuni».
 

 

Scala dei Giganti, lifting da 300mila euro La giunta approva il progetto definitivo - VERSO LA RIQUALIFICAZIONE DELL’AREA
 

Il 2010 sarà l’anno della sua rinascita. Oggi, infatti, l’immagine che mostra di sé non le rende giustizia: cedimenti di gradini, atti vandalici, infiltrazioni d’acqua e la crescita di arbusti spontanei lungo le pareti e le vasche inutilizzate l’hanno messa in ginocchio. Ma la Scala dei Giganti, uno dei simboli della città, ora vede la luce: la sua riqualificazione è alle porte. I lavori partiranno entro la prima metà del nuovo anno e ci vorranno altri 180 giorni per concluderli.
La giunta guidata dal sindaco Dipiazza ha approvato ieri il progetto definitivo di manutenzione generale della scala che da San Giusto porta in via Pellico, a pochi passi da piazza Goldoni, nel cuore della città. L’esecuzione dell’opera è collegata a una spesa complessiva di 300mila euro. Del programma di restyling, come già preannunciato a fine ottobre, non farà parte l’intervento di risistemazione dell’alabarda: «Non era il caso di spendere quei soldi, centomila euro, per una cosa del genere. Utilizzeremo quella quota per azioni più importanti», ha ribadito una volta di più Roberto Dipiazza, dall’alto della sua delega ai Lavori pubblici.
Dunque, le opere previste dal progetto definitivo si articoleranno in primis nell’asportazione manuale degli arbusti cresciuti sulla pietra. E proseguiranno con il trattamento con sabbia a grana fine sui manufatti per arrivare a ottenere il loro colore naturale, l’applicazione di una mano di lacca anti-scritta per evitare nuovi imbrattamenti ai marmi della scala e l’impermeabilizzazione delle vasche della fontana attraverso l’uso di resine invisibili. Inoltre, gli addetti incaricati della ditta che si aggiudicherà l’appalto per la realizzazione dei lavori ripristineranno anche il percorso di scorrimento originario delle acque. Un intervento generale molto complesso, insomma, innescato da situazioni potenzialmente anche pericolose in virtù delle condizioni di degrado in cui versano gradini e parapetti.
In questo quadro, l’AcegasAps provvederà alla manutenzione e sostituzione della parte elettrica di sua competenza.

(m.u.)
 

 

Rinascono via Diaz e via Torino Passeggiata in pietra arenaria - RIPAVIMENTAZIONE DA 950MILA EURO
 

Un ritorno al passato. Con l’obiettivo di rendere ancora più suggestiva la passeggiata tra piazza Venezia e piazza Hortis. Il 2010 sarà l’anno della sistemazione della nuova pavimentazione di pregio in via Torino e nel primo tratto di via Diaz, quello chiuso al traffico: lastre di pietra arenaria con caratteristiche simili a quelle antiche verranno collocate a terra richiamando l’antico selciato originariamente presente in quell’area. Il progetto di riqualificazione del percorso contemplerà anche l’area centrale compresa tra il Museo Revoltella e l’intersezione fra via Diaz e via Torino: lì, per ripavimentare si useranno lastre di arenaria di recupero.
Ma non è finita: con la soluzione di pregio, sarà rimpiazzata l’attuale pavimentazione dei marciapiedi di via Cadorna, per allinearla all’estetica di quelli delle Rive, di piazza Venezia e di via Lazzaretto vecchio, di cui peraltro rappresenta la naturale ed effettiva prosecuzione. A chiudere il cerchio, sarà infine la pietra arenaria fiammata che, con i classici lastroni piazzati perpendicolarmente rispetto alle pareti degli edifici, andrà a occupare il marciapiede destro a salire lungo via San Giorgio. Il progetto definitivo di riqualificazione del “percorso” piazza Venezia-piazza Hortis è stato approvato ieri nel corso della seduta della giunta comunale. Un documento che definisce la relativa spesa complessiva in 946.549,56 euro. Poco meno di 950mila euro, insomma.
Posto che il tutto rientra nel Piano triennale delle Opere 2009-2011, è probabile che i primi interventi possano prendere il via entro la metà del nuovo anno. Anche se il sindaco Roberto Dipiazza, titolare della delega ai Lavori pubblici, chiarisce un aspetto fondamentale: «Mi sentirò con i commercianti della zona, in modo da concordare con loro l’inizio dei lavori. Per via Torino - conclude Dipiazza -, ad esempio, potremmo decidere di impiegare l’inverno, stagione in cui c’è meno passaggio di persone».
L’iniziale ipotesi di avviare i lavori in primavera in via Torino non era piaciuta agli operatori commerciali della zona, i quali un paio di settimane fa avevano criticato senza giri di parole la scelta dell’amministrazione, preoccupati per il possibile effetto negativo sui loro affari innescato dalla presenza dei cantieri nei periodi primaverile ed estivo. Ora, invece, il primo cittadino ha corretto il tiro e le parti dovranno quindi incontrarsi per trovare la soluzione più indolore per tutti. Fermo restando che, da progetto, i lavori dureranno circa otto mesi, ovvero 240 giorni.
Va ricordato che questo intervento rientra nel programma di riqualificazione generale di piazza Venezia e concorre alla realizzazione dell’ideale percorso pedonale di collegamento tra le Rive e viale XX Settembre, tanto caro all’amministrazione comunale.

(m.u.)
 

 

SEGNALAZIONI - Piazza Libertà - RIPENSAMENTO
 

Riteniamo di dover dare al sindaco Dipiazza il sostegno e il plauso del Comitato per la Salvaguardia degli Alberi di Piazza Libertà e dei 10.000 cittadini firmatari della petizione contro la riqualificazione della piazza, per aver deciso di rinunciare al progetto in questione.
A quanto leggiamo sulla stampa, si tratta di un ripensamento meditato e non arbitrario, come qualcuno ha ventilato, in quanto derivato dalla considerazione delle critiche mosse al progetto sia dalla Direzione e dalla Soprintendenza regionale ai Beni culturali sia dall'Ufficio del traffico. Se la prima ha posto l'accento sull'importanza di mantenere la sistemazione e il perimetro del giardino storico, il secondo ha in pratica invalidato il presupposto stesso dell'operazione, che intendeva rendere il traffico più scorrevole in vista dell'apertura del Silos (da notare che i lavori per il futuro centro commerciale sono stati rimandati) e ha imposto una corsia di emergenza di fronte alla stazione, senza la quale si sarebbero creati dei grossi intoppi.
Durante il recente incontro, a cui ci ha gentilmente invitati per comunicarci la sua nuova posizione, il sindaco ci ha spiegato che intende creare una maggior condivisione con la città, cercando di realizzare un progetto partecipato di migliorie alla piazza che tenga anche conto delle osservazioni e delle proposte presentate dal Comitato e dalle associazioni a seguito dell'iter che ha portato l'approvazione progetto di riqualificazione. Osservazioni e proposte nate per risolvere il problema senza dover sacrificare gli alberi secolari e il giardino storico.
Il fatto di avere già il finanziamento non vuol dire dunque di doverlo spendere per il progetto contestato, anche perché era destinato alla riqualificazione di un'area degradata, attributo che non si può certo conferire a Piazza Libertà. Sbaglia dunque chi critica questa decisione, veramente sensata, collegandola alla logica del "no se pol". Ma, come il sindaco ci ha detto, è meglio pensarci due volte prima di metter mano alla piazza d' ingresso alla città.
Sara Ferluga - per il Comitato per la salvaguardia degli alberi di piazza Libertà - c/o Wwf Trieste
 

 

TIA, SCARSA TRASPARENZA - Omero (Pd): nuova tassa rifiuti, lo studio affidato ad AcegasAps
 

«È ben poco trasparente, per non dire illegittimo, che il Comune affidi ad AcegasAps lo studio per la trasformazione della Tarsu in Tia e paghi Acegas-Aps per farlo, sempre coi soldi della Tarsu». Lo scrive il capogruppo del Pd in Comune Fabio Omero sull’affidamento dello studio preliminare per la trasformazione della Tarsu nella ”tariffa d’igiene ambientale”. «Nella sua ultima relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2008 della Corte dei conti - dice Omero - il procuratore De Luca scrisse sulla Tia di Gorizia che ”alla comunità cittadina, oltre che i costi vivi riguardanti raccolta e smaltimento di detti rifiuti vengono imputati anche i costi generali, ben il 12%, della società affidataria del servizio di raccolta, l’ammortamento degli investimenti effettuati dalla stessa» per il servizio, «nonché un utile del 4% per la società». Dunque «le comunità comunali non corrispondono il “costo” reale di raccolta e smaltimento dei rifiuti, come voluto dalla norma, ma un “prezzo” concordato con la società». «Anche a Trieste con la Tarsu - osserva Omero - il Comune ha sempre coperto il 100% delle spese della gestione di raccolta e smaltimento rifiuti e non il solo “costo” reale, e lo ha fatto concordando il “prezzo” con AcegasAps». Il sindaco, continua Omero, «giustificò l'aumento della Tarsu con il pagamento della terza linea dell'inceneritore. Con la Tarsu i triestini hanno pagato anche gli investimenti della società».
 

 

«Differenziata e sicurezza le priorità» - «Sulla raccolta rifiuti sì alle isole ecologiche». «Videosorveglianza in tre punti» - L’INTERVISTA. IL SINDACO DI SGONICO MIRKO SARDOC
 

«L’opposizione chiede la commissione Trasparenza? Penso che nei comuni minori sia una cosa da far ridere i polli»
SGONICO La raccolta differenziata, per il sindaco Mirko Sardoc, è una sfida da raccogliere nel 2010. Si apre infatti all’insegna di due progettualità complesse, l’anno nuovo a Sgonico. Da un lato il potenziamento della sicurezza, con l’installazione di un sistema di videosorveglianza che interesserà in primis il municipio, e dall’altro il potenziamento del sistema di smaltimento dei rifiuti, attraverso il graduale posizionamento di isole ecologiche in tutte le frazioni.
Sindaco, se n’è discusso parecchio nei giorni scorsi: città metropolitana sì o no?
Bisognerebbe innanzitutto capire cosa s’intende per “città metropolitana” e, soprattutto, come si pensa di ipotizzare questo nuovo insieme di Comuni. Se si tratta di un cambiamento suscettibile di arrecare benefici al territorio allora ben venga, ma se al contrario finisce per creare dei disservizi, non ci sto. Ancora non ho visto la proposta: mi riservo di valutarla attentamente.
Ma lei che disservizi vede?
Nei comuni minori vi sono contatti quotidiani con le persone. Contatti che la città di Trieste, attraverso le sue circoscrizioni, attualmente non ha. A mio avviso, amministrare da lontano un Comune può portare a perdere quell’equilibrio di cui il territorio stesso necessita. Abbiamo visto cosa accade quando si decide, per il Carso, in Regione o in Europa: un patatrac. Si creano aree protette dove i benefici per chi opera e vive in loco sono pochi, mentre i problemi tanti.
Restiamo in tema ambientale, a che punto siamo con la raccolta differenziata?
Stiamo procedendo con i piedi di piombo. L’abbiamo avviata e siamo favorevoli ad essa, poiché vanno raggiunti gli obiettivi previsti dalla legge. Tuttavia dobbiamo evitare di fornire un servizio che poi, in un secondo momento, possa tramutarsi in disservizio, con costi inaccettabili per l’utenza.
Cioè?
Siamo orientati alla costituzione di isole ecologiche, ma sappiamo anche che allontanando dalle case i 254 cassonetti sparsi sul territorio si possono verificare dei problemi e che la differenziata in generale costa di più. Si dovrebbe, per questo, rendere efficiente in primis l’attività di chi si occupa della raccolta. Comunque, per quanto concerne il Comune, l’isola ecologica principale, ovvero quella di Sgonico, adiacente alla palestra, è già stata attrezzata: nel 2010 investiremo altre risorse per garantire una gestione ottimale. Poi andremo a costituire, secondo un approccio graduale, altre isole nelle singole frazioni.
Parliamo di investimenti…
Al contributo provinciale di 80mila euro aggiungeremo risorse per arrivare ai 100mila euro da porre in bilancio solo per la struttura principale. Poi ce ne saranno altri 100mila per la successiva creazione delle isole.
Quali previsioni per il bilancio?
Il nostro è un Comune finanziariamente sano, dunque anche quest’anno il bilancio si assesterà positivamente, con un avanzo di gestione.
Se vi sono soldi, come mai si è negato a quattro famiglie non residenti il contributo per la retta d’asilo?
Innanzitutto a Sgonico la pressione fiscale è una delle più basse della provincia: siamo superati solo da Monrupino. Inoltre non si paga l’addizionale comunale e l’ammontare della Tarsu è pari alla metà di quanto versa un cittadino di Trieste.
Ma si sa che a Trieste la Tarsu è particolarmente salata.
Certo, e dunque a Sgonico le cose tutto sommato non vanno male. Per il sociale abbiamo stanziato e stiamo stanziando cifre importanti, senza tralasciare situazioni critiche. Credo, quindi, sia umano pensare innanzitutto ai propri cittadini e poi agli altri: in quelle situazioni non ci sembrava giusto togliere ai residenti per dare ad altri.
L’opposizione lamenta sparute convocazioni del Consiglio comunale e invoca una commissione Trasparenza, negata per motivi di spesa.
Non solo per motivi di spesa: ritengo che l’invocata Trasparenza, nei comuni minori, faccia un po’ ridere i polli, visto che qualsivoglia consigliere può visionare tutti gli atti. È la legge che allontana la giunta dal Consiglio: l’esecutivo si riunisce diverse volte alla settimana per deliberare, perché a volte bisogna dare risposte immediate su esigenze puntuali. Il Consiglio comunale ha invece compiti diversi, come appunto gestire gli indirizzi e controllare l’operato della giunta. Francamente non credo che riunirlo quotidianamente migliorerebbe l’efficienza del nostro Comune.
Cosa si fa per la sicurezza?
L’ufficio tecnico sta percorrendo l’iter per acquisire le telecamere che posizioneremo in tre punti strategici. Uno di questi sarà il municipio: un sito importante alla luce del furto accaduto a Duino.
E gli altri due punti?
Al centro culturale e sportivo di Sgonico e alla caserma dismessa di Borgo Grotta Gigante.
Obiettivi per l’anno nuovo?
Non costruiremo strutture nuove, ma finiremo di attrezzare col fotovoltaico il centro culturale: quanto risparmiato sull’energia verrà usato per rendere più funzionale la palestra. Ci sarà attenzione alla valorizzazione del territorio, col coinvolgimento degli enti vicini in un’ottica turistica. Investiremo quindi nella crescita culturale, col centro nell’ex cava dismessa, mentre di fronte alla cava di Rupinpiccolo allestiremo un parcheggio per rendere fruibile la struttura. Infine porremo una serie di risorse per mantenere gli edifici comunali, tra cui le due scuole e l’asilo, i diversi circoli, la biblioteca, la sentieristica e la viabilità.
TIZIANA CARPINELLI

 

 

Il risparmio idrico si impara via Internet - GIOCO INTERATTIVO PER GLI STUDENTI
 

Un gioco di ruolo interattivo destinato agli studenti della provincia, per capire meglio l'importanza del risparmio idrico e della raccolta differenziata. È questo il progetto predisposto dall'assessorato per l'Educazione ambientale di palazzo Galatti, guidato da Dennis Visioli. «Con questo programma, vogliamo affrontare i temi di sensibilizzazione verso un consumo più consapevole di quel bene prezioso che è l'acqua - ha detto Visioli - proseguendo il percorso di educazione al risparmio e al rispetto della preziosa risorsa idrica, iniziato con l'invio dei pieghevoli informativi alla cittadinanza. Abbiamo adesso deciso di dedicarci specificamente agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado del territorio provinciale».
Il progetto prevede lo sviluppo di un sito internet, che si rivolge agli alunni di tutti i cicli scolastici e ai loro insegnanti. «Si vuole sviluppare l'importante questione dello spreco della risorsa idrica - ha proseguito Visioli - e per farlo si è pensato a internet, uno strumento attuale, economico e di facile divulgazione, oltre che capace di raggiungere un gran numero di studenti».
Il programma prevede due importanti fasi. La prima è legata a una lettera informativa che sarà inviata a tutti gli insegnanti, con cadenza mensile, con i contenuti sui quali poter lavorare in classe. L'altra riguarda un gioco di ruolo interattivo. Notizie dal mondo, spunti didattici giochi ed esperimenti saranno gli strumenti che permetteranno di far apprendere ai ragazzi concetti fondamentali per avere piena coscienza di un grave problema mondiale.
Il gioco permetterà di mettere alla prova le reali conoscenze dei ragazzi in materia di risparmio idrico ed energetico, raccolta differenziata, acquisti consapevoli e sostenibilità ambientale. Ogni classe si potrà suddividere in più gruppi che, rispondendo correttamente, concorreranno ad aumentare il punteggio della classe. Periodicamente, sul sito saranno pubblicate le classifiche con le migliori classi.

(u. s.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 28 dicembre 2009

 

 

Decarli: sul Piano regolatore dalla Lega un segnale al sindaco - DOPO LE DICHIARAZIONI DI SEGANTI
 

«I Piani regolatori rappresentano l'essenza politica e la visione futura a medio e lungo termine degli amministratori di una città. Non sono dunque né poche né leggere le osservazioni che la Regione ha trasmesso al Comune»: e visto che il centrodestra è al governo tanto nell’uno quanto nell’altro ente, «appare evidente che qualcuno ha calcato pesantemente la mano». Questo il commento del consigliere comunale dei Cittadini Roberto Decarli alla lunga serie di osservazioni licenziate dalla giunta Tondo al documento pianificatorio del Municipio: «C’è un profilo di criticità non indifferente», aveva osservatol’assessore regionale Federica Seganti.
«Le condivisibili osservazioni della Regione sono attinenti» all'impostazione data dal sindaco Dipiazza al documento, annota Decarli: «Non può sfuggire però - continua l’esponente dell’opposizione - che Seganti appartiene alla Lega Nord, partito che più volte in Comune con il consigliere comunale Maurizio Ferrara ha chiesto un adeguato e "concreto" riconoscimento politico. Seguendo la logica politica della Lega è ipotizzabile pensare che l'incisività del giudizio e le forti critiche al Prg siano anche influenzate da dissidi non eludibili che la stessa Lega ha promesso di far emergere nel 2010. Se questi sono i primi segnali per Dipiazza - chiude Decarli - il 2010 non sarà "straordinario e magico", come lui usa dire, ma sarà un anno di continue lotte per la conquista del voto dell'aula consiliare».
 

 

Al via lo studio sulla nuova Tia - DESTINATA A SOSTITUIRE LA VECCHIA TASSA SULLE IMMONDIZIE
 

L’approvazione della delibera sui cassonetti interrati per la raccolta differenziata dei rifiuti, da sistemare in piazza della Borsa, dà disco verde anche all’avvio dello studio preliminare sulla futura applicazione della Tia (tariffa d’igiene ambientale). Ovvero il nuovo sistema di finanziamento comunale della gestione dei rifiuti e della pulizia degli spazi comuni che dovrà sostituire progressivamente la Tarsu.
Attenzione, si tratta appunto di uno studio preliminare: si è ancora lontani da eventuali, concrete applicazioni. «Abbiamo affidato ad AcegasAps - fa il punto l’assessore Paolo Rovis - la predisposizione di simulazioni sull’aggiornamento delle tariffe in base alla Tia. Questa, in teoria, dovrebbe rappresentare un sistema di pagamento più equo per i cittadini: a una base fissa, infatti, dovrebbe sommarsi una quota variabile, misurata in base al rifiuto prodotto».
Lo studio mira ad elaborare un programma di aggiornamento delle tariffe sui rifiuti che serva, nel concreto, a proporre un calcolo di tariffazione Tia. Per questo lavoro, la giunta comunale ha approvato una spesa di 51mila euro, Iva inclusa.

(m.u.)
 

 

Caso Tarsu nuova battaglia - UDIENZA IL 28 APRILE
 

La ”guerra della Tarsu” si arricchisce di una nuova puntata. Gianfranco Carbone - il legale che su mandato di undici cittadini aveva chiesto e ottenuto dal Capo dello Stato l’annullamento della delibera del 2007 con cui la giunta Dipiazza aveva aumentato del 27,3% la tassa sulle immondizie - ha presentato un nuovo ricorso.
Il provvedimento, depositato il 16 novembre scorso al Tar, punta stavolta a far dichiarare illegittimo un altro atto assunto dalla giunta Dipiazza: la delibera del 7 agosto del 2009 che ha ”blindato” sotto il profilo giuridico il contestato rincaro fatto decadere dal presidente della Repubblica. «Con quella delibera - spiega Carbone - il Comune ha ridefinito gli importi per la Tarsu relative agli anni 2007 e 2008, sostituendo il provvedimento annullato dopo il nostro primo ricorso. E in pratica ha finito per riconfermato le vecchie tariffe».
Se il Comune, muovendosi in questo modo, abbia agito o meno nel rispetto delle regole, lo stabilirà il Tar il 28 aprile prossimo. Data che tutti i contribuenti interessati agli sviluppi della battaglia legale sulla tassa rifiuti faranno bene ad annotare. In quella giornata infatti si discuterà sia il nuovo ricorso firmato da Carbone - su mandato non più di undici ma questa volta di 36 cittadini -, sia quello depositato dal Comune che, come noto, ha impugnato a sua volta il decreto decisorio del Capo dello Stato, assoldando a tale scopo lo studio genovese del più quotato tributarista d’Italia, Victor Uckmar.
 

 

SEGNALAZIONI - «La Soprintendenza ha fatto bene a difendere i laghetti delle Noghere»

 

Talvolta, la Soprintendenza riesce ancora a trovare la forza di svolgere il proprio ruolo, com'è accaduto con il nuovo annullamento dell’autorizzazione regionale per il capannone «Mancar», a due passi dai laghetti delle Noghere. Di qui la furibonda reazione dell’Ezit e della ditta, che chiedono - ovviamente - l’intervento della politica per «mettere in riga» l’incauto Soprintendente. C’è da capirli: perché ai padroni della baia di Sistiana sì, a GasNatural sì e a loro no? Un po’ di equità, che diamine!
Comprensibile anche che nella foga dell’indignazione sfuggano dei dettagli. Mauro Azzarita, presidente dell’Ezit, parla infatti (sul Piccolo del 17 dicembre) di vincoli paesaggistici «inesistenti» alle Noghere, dimenticando che il vincolo fu imposto dalla Regione nel 1991 con regolare decreto pubblicato sul Bur e provocò la furibonda reazione dell’Ezit medesimo (vero è che il presidente all’epoca era un altro e forse non si trovano più le carte dell’archivio storico...).
Umberto Dallegno, socio della «Mancar» ed ex-direttore dell’Ezit (ma è normale questo transito da un ente pubblico ad una ditta privata che utilizza i terreni dello stesso ente?), sostiene invece che il vincolo obbliga soltanto a «un comportamento di compensazione ambientale».
Spiace disilluderlo, ma non è così. Il vincolo paesaggistico implica la tutela della qualità del territorio vincolato, sulla base delle ragioni che hanno motivato l’imposizione del vincolo stesso. Nel caso particolare, la Regione lo istituì soprattutto in considerazione del grande pregio naturalistico dell’area, che ospita ecosistemi delicati e unici in provincia di Trieste, comprese specie protette da Direttive europee e convenzioni internazionali. Di ciò non ha tenuto però alcun conto l’autorizzazione regionale al capannone e quindi bene ha fatto la Soprintendenza ad annullarla.
È evidente che la distruzione anche parziale di ecosistemi rari non può essere «compensata» (magari piantando pini in Carso, come pretendeva di fare la «Mancar»...) e infatti la Regione nel Piano Territoriale Regionale, che avrebbe dovuto avere valenza di piano paesaggistico, nel 2007 previde per la zona vincolata delle Noghere l’assoluta inedificabilità, rafforzando così il vincolo del ’91. Salvo dimenticarsene però quando rilasciò l’autorizzazione per il suddetto capannone.
Vero è che il buon senso avrebbe dovuto indurre il Comune di Muggia a modificare la destinazione urbanistica, oggi industriale, dell’area adiacente i laghetti delle Noghere, perché oltre al vincolo paesaggistico, i laghetti sono stati anche riconosciuti - da oltre un decennio - come biotopo naturale di interesse regionale. Gli ambientalisti lo chiedono da molti anni, ma né la Giunta Dipiazza con il piano regolatore del 1999 tuttora vigente, né l’attuale sindaco (che pur ha promesso a più volte un nuovo piano regolatore) hanno saputo/voluto farlo. Perché probabilmente temono la reazione dell’Ezit e quella della politica al servizio di interessi economici.
Dario Predonzan - Wwf Trieste
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 dicembre 2009

 

 

«Sul rigassificatore attendiamo risposte» - UIL-VIGILI DEL FUOCO: SPAGNOLI ARROGANTI
 

La Uil-Vigili del fuoco, promotrice del Tavolo tecnico sul rigassificatore «costituito da esperti», ha indirizzato a vari enti - tra cui i ministeri degli Esteri sloveno e spagnolo - una nota a firma del coordinatore regionale Adriano Bevilaqua, contro «l’arrogante comportamento di Narciso de Carreras Roquez», direttore Progetti internazionali della Gas Natural, che, durante la sua visita a Trieste giorni fa ha rilasciato dichiarazioni ritenute «offensive e lesive dell’immagine pubblica» del sindacato. «Narciso de Carreras Roquez – si legge nella nota -, anziché produrre gli elementi necessari a sciogliere i molteplici interrogativi sulla sicurezza dell’impianto di rigassificazione che Gas Natural vorrebbe realizzare sul territorio della provincia - formalizzati già nel 2005 dal Comitato tecnico regionale Fvg dei Vigili del fuoco e tuttora senza risposta - ha preferito denigrare l’operato della Uil-Vigili del Fuoco. De Carreras Roquez ha asserito che gli esperti internazionali chiamati» per fare «chiarezza sui punti critici irrisolti del progetto non sarebbero "esperti di sicurezza" e che il tavolo tecnico "non è stato attivato dai Vigili del fuoco, ma solo da un sindacato"».
«Non si hanno ricordi di altri precedenti - scrive ancora Bevilacqua - dove un esponente di una azienda straniera si fosse così permesso di inserirsi in un confronto dialettico tra le parti politiche istituzionali e quelle sindacali». La Uil-Vigili del Fuoco confida che Gas Natural «voglia rispondere a stretto giro agli interrogativi rimasti finora inevasi»: altrimenti il sindacato «si vedrebbe costretto a tutelare la propria onorabilità in tutte le sedi».
 

 

«No al rigassificatore, creiamo un’area portuale» - L’INTERVISTA. IL SINDACO DI MUGGIA TRACCIA UN BILANCIO DEL 2009 E GUARDA AL NUOVO ANNO
 

Nesladek: «Nel 2010 il regolamento per l’accesso al centro storico e la soluzione al caso Aquario» - «Le elezioni del 2011? Vorrei riuscire a chiudere i progetti avviati»

MUGGIA Il rilancio della zona costiera, la valorizzazione del centro cittadino, ma non solo: l’abbinamento portuale-cantieristico come alternativa al rigassificatore, progetto in merito al quale il «no» era e rimane categorico. Così, mentre il 2009 va in archivio, il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, guarda all’anno che verrà.
Sindaco, tante opere sono slittate dopo essere state sbandierate. Di Muja turistica, per esempio, non si sente più parlare: cosa ne è stato?
Muja turistica era un progetto che comprendeva due grossissime colate di cemento, da 80-100mila metri quadrati, lungo la costa. Nel 2006, sono stato eletto anche perché avevo iniziato a mettere in discussione tutto ciò, nonostante fosse già stato approvato dal Consiglio comunale. Con la proprietà, abbiamo quasi concordato la realizzazione di un centro benessere con servizio annuale e una spiaggia dotata anche di piscina termale pubblica.
A proposito di costa, a che punto sono le caratterizzazioni del terrapieno Aquario?
Siamo vicini alla chiusura delle analisi del rischio elaborate dal Cigra. Nel 2010, comunque, la situazione verrà sicuramente sbloccata: rientreremo in possesso della spiaggia, che, alla luce di quanto detto prima, sarà il nostro secondo polo turistico, che potrà servire anche Capodistria.
Dopo la chiusura dei due distributori di benzina, i muggesani aspettano quello nuovo: quando sarà pronto?
Le procedure stanno andando avanti celermente. Abbiamo già individuato la zona dove sistemarlo: nella parte a Nordest di piazzale Alto Adriatico. Ricordo che non rappresenta un obbligo per noi, lo facciamo per i cittadini. Anche in questo caso, fermo restando il fatto che dovrà arrivarci un’offerta da parte di un privato, il tutto sarà pronto entro la fine del 2010.
L’opposizione chiama in causa la sua giunta per la scarsa manutenzione dei territori periferici e delle relative strade.
La risposta sta nei numeri: 14 strade asfaltate sotto la mia gestione, contro le 5-6 di chi mi ha preceduto. Inoltre, abbiamo recentemente acquistato una nuova spazzatrice: farà regolarmente la pulizia nelle periferie. Non confondiamoci però: ci sono strade la cui gestione compete alla Provincia.
Del Piano regolatore si continua a parlare, ma nel concreto?
Le direttive sono state licenziate di recente. Ma ci troviamo a dover fronteggiare comunque delle problematiche. In primis il consumo contenuto nel Piano precedente dal punto di vista edilizio e di urbanizzazione non concede più spazi di espansione, pena il dissesto del sistema idro-geologico muggesano. Ci troviamo quindi a dover governare la decrescita.
Capitolo viabilità di Aquilinia. A che punto è il progetto di riqualificazione?
Quello maggiore, il bypass finanziato all’epoca dalla giunta regionale guidata da Illy non ha trovato conferma di supporto con la gestione Tondo. Il rifacimento, però, è un’opera indispensabile se si vuole costruire nella valle delle Noghere. Intanto, nei primi mesi del nuovo anno, ridisegneremo la segnaletica orizzontale visto che i fondi relativi li abbiamo trovati.
Pedonalizzazione del Mandracchio, centro storico e raddoppio della galleria: quali novità?
Il raddoppio della galleria era una vecchia idea, ma non è mai esistito alcun progetto. Quanto alla pedonalizzazione, vogliamo chiudere il centro al traffico veicolare: è un bellissimo salotto, in grado di attrarre i flussi provienienti dai centri commerciali realizzati e realizzandi. Sul tema viabilità, anche sfruttando la sinergia con Capodistria, va potenziata quella circostante.
Rigassificatore di Zaule: il no di Muggia resta convinto e chiaro.
Il 2009 ci ha portato chiarezza e saggezza. Vorrei ribadire le motivazioni della nostra contrarietà: è legata non solo a questioni ambientali e di sicurezza, che già sarebbero comunque sufficienti. Pensiamo infatti a uno sviluppo economico dell’area alternativo alla direzione energetica: lì, vediamo una grande area portuale. E, come suggerito da alcuni esperti, potremmo utilizzare delle piccole navi gasiere per rifornirci direttamente, dando così impulso alla cantieristica.
Il problema dei parcheggi: come limitare l’utilizzo irregolare delle zone di carico-scarico merci da parte degli automobilisti?
Entro la prima metà del 2010 sarà pronta la nuova regolamentazione per l’accesso al centro storico, con all’interno nuove zone per la sosta operativa. In alcuni punti strategici, piazzeremo dei carrelli per permettere ai residenti di portare via la spesa, fermo restando che per urgenze le deroghe per l’accesso nell’area saranno garantite.
Il centrodestra dice che la formula del Carnevale va rivista per permetterne il rilancio. È d’accordo?
Bisogna scegliere, assieme alle compagnie, se si vuole un Carnevale che conservi la sua anima tradizionale oppure se turisticizzarlo. Decidiamo tutti assieme, dal sindaco, all’opposizione, ai cittadini.
Politicamente, la sua maggioranza viaggia in acque sicure?
In quest’anno, abbiamo avuto un’unica anomalia: il passaggio del consigliere Andrea Mariucci all’opposizione, d’un colpo, con poca coerenza visti i giudizi che aveva dato in precedenza sulla stessa opposizione.
Guardando più in là, al 2011: proverà a fare il bis alle comunali?
Vorrei riuscire a portare a termine i progetti avviati. Se non ci riuscirò in quest’anno e mezzo che manca alla fine del mandato, allora ci penserò. Ma oggi è ancora troppo presto per dirlo.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Piano regolatore, la Regione mette i paletti - «Profilo di criticità non indifferente. Problemi legati a viabilità, servizi ed edificazioni»
 

LUNGO L’ELENCO DELLE OSSERVAZIONI INDIRIZZATE AL COMUNE
«Presupposti condivisibili ma insufficiente l’aderenza alle direttive della pianificazione sovraordinata»
«C’è un profilo di criticità non indifferente». Così l’assessore regionale all’urbanistica Federica Seganti ha definito il nuovo Piano regolatore del Comune di Trieste che, dopo la secretazione e un momentaneo ritiro a sorpresa dall’aula per un vizio di forma, continua ad avere un iter turbolento. La giunta regionale ha infatti approvato nei giorni scorsi una delibera con la quale detta una lunga e dettagliata serie di prescrizioni alle quali il municipio è tenuto a ottemperare se vorrà ottenere il ”via libera”, a meno che non riesca a fornire più validi e convincenti supporti tecnici e normativi alle proprie scelte.
«Siamo di fronte a un approccio tecnico-disciplinare non sempre coerente con le indicazioni del Piano urbanistico regionale - hanno commentato tecnici e consulenti della Regione - pur all’interno di un piano coraggioso perché privilegia la componente ambientale e paesaggistica rispetto a quella insediativa». E infatti nella relazione tecnica allegata alla delibera della Regione si rileva che «il progetto urbanistico della variante parte da presupposti del tutto condivisibili quali il contenimento dell’uso di suoli agricoli non urbanizzati e il favorire politiche di recupero del patrimonio edilizio esistente o la riconversione dei ”contenitori” dismessi o attraverso la densificazione delle aree centrali».
«Di converso - prosegue la nota - si deve sottolineare come la traduzione di questi principi in contenuti disciplinari propri della tecnica urbanistica non sembra sempre in grado di assicurare una sufficiente aderenza con le direttive impartite al riguardo dalla pianificazione sovraordinata. Si evidenzia inoltre - sottolinea la Regione - una generale carenza di motivazioni accurate a sostegno delle scelte operate dalla variante in senso riduttivo, mentre nei confronti delle ipotesi di trasformazione della struttura insediativa e di implementazione delle reti strutturali manca una riflessione generale sulla sostenibilità urbanistica». «Le prescrizioni - ha specificato Seganti - si riferiscono sia a stretti profili di tecnica urbanistica che a questioni legate a servizi e alla viabilità. Vi è poi il paradosso - aggiunge - per cui si prevedono edificazioni in alcune zone di espansione, mentre si impediscono edificazioni in zone di completamento, già infrastrutturate e dove qualche insediamento forse sarebbe utile».
Tra i pareri obbligatori ai quali il Piano deve sottostare, quello della Regione è il più pesante, più ancora di quello della Soprintendenza e investe sia il settore dell’urbanistica che quello ambientale che dovrà fornire la Vas (Valutazione ambientale strategica). «Tutte le prescrizioni formulate dagli enti di competenza assieme alle 1.080 osservazioni e opposizioni avanzate dai cittadini confluiranno poi alla Commissione urbanistica del Comune - spiega il suo presidente Roberto Sasco - che dovrà rimodulare il Piano e portarlo al voto, stavolta per l’approvazione definitiva, del Consiglio comunale». «Solo a quel punto - aggiunge Seganti - ci sarà l’ultima vaglio della Regione che potrebbe anche decidere di cassare parti che non fossero state risistemate».
Il Comune conta di arrivare al voto conclusivo sul Piano regolatore generale entro l’estate per chiudere il 2010 anche con l’approvazione finale del Piano particolareggiato per il centro storico che dovrà seguire un iter molto simile con uno scarto di 3-4 mesi. I due principali strumenti pianificatori del Comune dovrebbero aggiungersi al Piano del traffico atteso in aula già per i primi mesi del prossimo anno. Un pacchetto complesso da chiudere preferibilmente entro il prossimo dicembre dal momento che fin dall’inizio del 2011 tutti saranno impegnati nella campagna elettorale per rinnovare i consigli comunale e provinciale.
SILVIO MARANZANA

 

 

PRG - Centro storico, identificate 25 aree dove costruire - Sarà possibile realizzare terrazze a vasca, abbaini e parcheggi al pianterreno
 

DOCUMENTO ADOTTATO IN MUNICIPIO
La divisione di tutti gli edifici in sette classi e sottoclassi con una scala di interventi sul patrimonio edilizio che potranno includere a seconda dei casi la chiusura di corti e giardini al primo piano, il recupero abitativo dei sottotetti, la realizzazione di lucernari, abbaini e terrazze e vasca, e per tutti gli edifici la possibilità di realizzare parcheggi pertinenziali al pianoterra o al piano interrato a patto che l’ingresso sia mascherato. Ma anche l’individuazione di ben venticinque zone in cui saranno possibili nuove edificazioni: ad esempio nell’area tra riva Tre novembre e via Mazzini, in via del Monte, in via Ginnastica, in via Martiri della Libertà.
Sono alcuni dei contenuti del Piano particolareggiato per il centro storico che a gennaio sarà esposto all’Albo pretorio. I cittadini e le associazioni avranno trenta giorni lavorativi di tempo per avanzare obiezioni e osservazioni. L’obiettivo principale è ripopolare il centro storico al quale sono stati tracciati confini piuttosto ampi con delimitazioni tra campo Marzio e viale Miramare e tra via Fabio Severo e via Rossetti. In questa zona di un milione 350 mila metri quadrati abitano soltanto 17 mila persone. Il Comune ha di conseguenza individuato otto zone strategiche di sviluppo che hanno il proprio fulcro rispettivamente: in via Roma, sul Canal Grande e in via Mazzini, nelle piazze Cavana e Hortis, a San Giusto, in piazza Libertà, in viale XX settembre, in via Battisti, in via Carducci.
Proprio per favorire il ripopolamento oltre che l’afflusso, un altro punto focale del documento urbanistico è quello dei parcheggi e a questo scopo sono identificati all’interno del perimetro ben 103 edifici di scarso valore architettonico che possono venir trasformati in parking. Vi sono anche disposizioni particolari per la tutela del verde pubblico e prescrizioni per migliorare i collegamenti pedonali anche con la realizzazione di passaggi pedonali sotto alcuni caseggiati, per esempio nella zona di Campo Marzio.
Il Piano del Comune è stato elaborato su un primo progetto dell’architetto veneziano Alberto Cecchetto. «È un lavoro fatto tempo fa, ma negli ultimi due anni non ho più sentito alcun amministratore - ha commentato l’architetto Cecchetto - del resto il mio progetto doveva essere fatto in armonia con Porto Vecchio, ma anche per quest’ultima area sono state fatte altre scelte. Trieste è una bellissima città, ma è una città di pietra dove il verde può venir sostituito dal mare. Ma oggi il distacco della città con il mare è ancora troppo profondo». (s.m.)
 

 

PRG - «Insediamenti in zone già congestionate» - Richiesti approfondimenti su varie direttrici, dalle Rive a Montebello
 

E SULL’EX CASERMA MONTE CIMONE SI RISCHIA L’EFFETTO CATTEDRALE NEL DESERTO
Da un lato si rischia di congestionare zone già molto frequentate concentrando eccessivi insediamenti, dall’altro c’è il pericolo di creare cattedrali nel deserto con l’intento di riqualificare ”contenitori” che si trovano in aree decentrate o poco infrastrutturate. In termini semplici sono questi alcuni rilievi che la Regione avanza nei confronti del Piano regolatore già adottato dal Consiglio comunale.
Così, in una delle prescrizioni, gli uffici regionali chiedono al Comune di valutare più compiutamente l’effetto dell’immissione di nuove destinazioni in ambiti già caratterizzati da alti livelli di congestionamento (a esempio le zone della Fiera, del Burlo Garofolo, dell’Università, di San Luigi e le Rive). Chiede anche di verificare che vi sia omogeneità delle visuali percepibili dal mare rispetto alle altezze massime nell’area del Museo del mare, della stazione di Campo Marzio, dell’ex piscina Bianchi affinché sia uniforme la skyline del waterfront.
Si chiedono anche approfondimenti per dare piena legittimità alla scelte che inibiscono l’edificazione nel centro storico e nei nuclei originari di Santa Croce, Prosecco e Contovello. Al contrario si pretendono ulteriori giustificazioni a supporto della classificazione a zone «agricole forestali ad alta antropizzazione» per Sant’Anna, Monte San Pantaleone e Piscianzi.
Un discorso in un certo senso inverso riguarda le strutture dell’ex Campo profughi di Padriciano e dell’ex caserma Monte Cimone. Se da un lato alla Regione non appare chiara la sostenibilità viabilistica, dall’altro canto secondo quanto fanno rilevare alcuni tecnici della Regione stessa si rischia di creare ”cattedrali nel deserto” («Chi si azzarderebbe ad aprire una banca nell’ex caserma?», è la domanda retorica che circola) e di non riuscire a veicolare in aree così decentrate capitali privati di ipotetici investitori.
La Regione poi, in particolare per la zona turistica di supporto al campo di golf di Padriciano dove sono previsti residenze turistiche, impianti sportivi e attività commerciali con volumetrie fino a 40 mila metri cubi, fa rilevare che non sono state analizzate le questioni relative alla viabilità e al rapporto con le aree limitrofe.

(s.m.)
 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - 1 - L’esempio di Giulietti
 

Ho iniziato a navigare nel 1951 come «secondo giovanotto di coperta» (un grado in più del mozzo) su una petroliera della società/cooperativa Garibaldi di Genova che aveva come presidente Giuseppe Giulietti, un capitano marittimo, comandante, che lasciò di navigare per fare il sindacalista socialista, fu eletto deputato in Parlamento con i repubblicani nel 1948 e si batté con grande forza a favore dei naviganti, fece promulgare diverse leggi ed era uno dei più ascoltati e forti sindacalisti a favore dei naviganti, si devono a lui diverse leggi e cambiamenti in un mondo dove gli armatori la facevano da padroni. Morì nel 1953. A quei tempi gli imbarchi erano di 18 mesi, un anno e mezzo, niente frutta alla ciurma, piatti e tazze di latta, niente coltello ma solo cucchiaio e forchetta e 12 ore lavorative al giorno, 2 turni di 6 ore; e Giulietti cambiò tutto ciò!
Credo che sia stato lui che fece promulgare una legge che diede un aumento sulla paga base dell’8% per coloro che navigavano sulle petroliere e poi gassiere, per compensare il pericolo. Si intende per quelli che vivono e lavorano sopra la bomba! E io sono stato comandante sulle «bombe» per 22 anni su un totale di 28. E poi perito e ispettore alla Siot a garantire la sicurezza delle discariche di petrolio.
Leggo che nella attuale legislazione è affermato quanto segue:
Fermo restando gli elementi contenuti nella parte generale per le navi che effettuano il lungo corso ed il cabotaggio internazionale si ritiene indispensabile raggiungere i seguenti obiettivi: a) Diversificare le indennità previste tenendo conto delle specificità del traffico merceologico (chimichiere, gasiere, petroliere, etc.); (ricordo un garzone di cucina che aveva capito che si imbarcava su una cassiera); b) Periodo d’imbarco: il periodo d’imbarco deve essere di 4 mesi. Qualora il periodo dovesse superare i 4 mesi per detto periodo al marittimo verrà riconosciuto un aumento nell’indennità pari al 20% della paga conglobata. Comunque il periodo non dovrà superare i 5 mesi; c) Il periodo di riposo sarà determinato in misura non inferiore al 40% maggiorato di 15 giorni del relativo periodo di imbarco calcolato su base annua. Al marittimo non in Crl che disponibile all’imbarco dopo il periodo di riposo garantito non dovesse imbarcare sarà riconosciuto il 50% della paga conglobata più relativi riflessi.
E cosa c'entra quanto sopra nel nostro caso del rigassificatore? La mia proposta è di dedurre dalle tasse una certa percentuale per chi vive in un certo raggio dalla «bomba», diciamo in un’area di 20 chilometri = 20% in meno di Irpef.
Luciano Stilli - capitano di lungo corso
 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - 2 - Mettiamoci il lutto
 

Sono pienamente d’accordo con il signor Baldassi per quanto scritto nell’«intervento» apparso sul Piccolo. Sono anni che penso esattamente la stessa cosa e dirò di più, sono una di quelle studentesse che quando arrivarono le truppe festeggiò l’evento in piazza Unità sventolando la bandiera italiana. Però da molti anni a questa parte, quando ricorre questo anniversario che viene tanto osannato ho il desiderio di girare per città con una fascia nera sul braccio perché considero questa data un vero lutto per Trieste. Moltissime persone, specialmente quelli che amano questa città, la pensano come me. Questa del rigassificatore è l’ultima goccia che fa traboccare il vaso. I partiti e i politici sia locali che nazionali hanno come unico fine quello di incassare il più possibile, il popolo per il quale dovrebbero operare è il loro ultimo pensiero.
Chissà cosa penserebbero i caduti che sono sepolti a Redipuglia nel vedere come viene trattata questa città per la quale hanno perso la vita.
Maria Rosa Pauletti

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 dicembre 2009

 

 

«Piastra logistica e bonifiche, il governo dimentica la città» - COSOLINI: «RISORSE TAGLIATE PER UN TOTALE DI 300 MILIONI»
 

«Il regalo di Natale del governo alla città di Trieste? Trecento milioni di euro in meno». L’affondo arriva dal segretario provinciale del Pd Roberto Cosolini, che punta il dito contro quelle che considera le promesse non mantenute dall’esecutivo Berlusconi.
L’ammanco di 300 milioni - osserva Cosolini - si ottiene «sommando i fondi della piattaforma logistica, annunciati come immediati il 12 ottobre dal ministro Matteoli a Trieste ma mai pervenuti finora, e i 245 milioni che si vorrebbero spremere alle imprese insediate nel sito inquinato con l’ultima versione dell’accordo di programma». Come dire che a pagare dovrebbero essere «ancora una volta, in modo ingiustificato e spropositato, le imprese cioè i cittadini, viste le ricadute anche occupazionali negative che un simile prelievo forzoso determinerà».
«Questo - continua il segretario del Pd - è il risultato dell’allineamento dei pianeti decantato dal centrodestra locale: tra sottosegretario, parlamentari, assessori regionali e sindaco non riescono a portare a casa un bel nulla. Eppure a scorrere la lista delle opere finanziate in questi mesi dal Cipe sembra proprio che altri territori riescano dove per i nostri è impossibile arrivare: vuol dire che la giustificazione del sindaco, che dice ”a Roma i soldi non ci sono”, non vale per chi è più bravo a fare lobby e pressing sul governo. Così come non sta in piedi l'altra barzelletta del sindaco che qualche giorno fa, per spiegare che le imprese del sito inquinato sono ”fortunate” (del resto lo diceva anche sette anni fa quando si perimetrava il Sin in modo approssimativo perché ”sarebbero arrivati un sacco di soldi pubblici”), è arrivato a sostenere che dopo aver speso 70 euro al metro quadro potranno vendere i terreni a 200 euro al metro. Viene da chiedersi però a chi potranno vendere, visto che le transazioni fra imprese private anche in periodi non di crisi sono state al di sotto della metà di quella cifra».
Considerazioni che, secondo Cosolini, non possono non portare a criticare l’intera gestione della delicata partita delle bonifiche. «La realtà è che l’accordo di programma, pur necessario, è nei suoi contenuti ingiustamente gravoso per le imprese. La conseguenza sarà un contenzioso in sede di giustizia civile e amministrativa. E, visto l’orientamento già espresso da alcuni magistrati, è probabile che non vengano accolte le tesi del ministero dell’Ambiente circa la presunzione di inquinamento e l’obbligo perciò aprioristico di corrispondere il danno ambientale da parte di chi non ha alcuna responsabilità. Assisteremo quindi - conclude l’esponente Pd - all’ennesimo flop di questo centrodestra pasticcione ed arrogante».
 

 

Premolin: centralina fissa per l’aria alla Siot - Rifiuti ”porta a porta”, nessuna lamentela. E a San Giuseppe si pensa di chiudere il centro
 

INTERVISTA AL SINDACO DI SAN DORLIGO DELLA VALLE
Il 2009 è stato per Fulvia Premolin l’anno della conferma. Nella consultazione di giugno il primo cittadino di San Dorligo della Valle ha ottenuto per la seconda volta la fiducia dei suoi cittadini, nonostante un leggero calo di consensi. Le questioni spinose del Comune della Val Rosandra continuano però a persistere: emissioni provenienti dalla Siot, malumore sulla raccolta differenziata ”porta a porta” dei rifiuti, solo per citare alcuni dei problemi.
Sindaco, la sua posizione nei confronti dei disagi recati ai cittadini dagli odori della Siot, per i quali è stata certificata la presenza di idrocarburi, è apparsa sempre molto diplomatica e poco incisiva. Come mai?
Sono sempre stata severa sulle problematiche legate alla Siot, con i cui dirigenti ho comunque da sempre un ottimo rapporto. A breve l’Arpa, a cui è stato affidato un monitoraggio sulla qualità dell’aria nel nostro territorio, presenterà un rapporto in Consiglio comunale sui risultati emersi. Ad ogni modo credo che non sia una cosa da poco il fatto che, a brevissimo, installeremo una centralina che controllerà le sostanze emanate dallo stabilimento. Comunque ricordiamoci che la Siot è lì da 30 anni, quindi da ben prima che io diventassi sindaco.
A breve potrebbe svolgersi un referendum per l’abolizione della raccolta differenziata ”porta a porta” dei rifiuti, ritenuto uno dei fiori all’occhiello della sua amministrazione...
Onestamente non ho mai ricevuto una lamentela da parte di alcun nostro cittadino, su quello che è a tutti gli effetti un servizio considerato motivo d’orgoglio del nostro territorio, visto che siamo gli unici nella provincia di Trieste ad effettuare la raccolta differenziata ”porta a porta”. Proprio in questi giorni la gente, che mi ferma per strada, mi sprona a far pagare sanzioni a chi non si è voluto adeguare a questo servizio, al quale i cittadini si sono tranquillamente abituati.
La vicenda dell’ex Motel Val Rosandra è emersa dalle lettere inviate dal Mediocredito e dalla Regione poche settimane prima delle elezioni. Perché l’amministrazione comunale ha voluto tacere sull’argomento? I ”malpensanti” hanno ritenuto che ci fossero errori da parte del Comune da nascondere...
Non ho nulla da nascondere. Per un discorso legato alla delicatezza della situazione, che coinvolgeva e tuttora sta coinvolgendo decine di famiglie residenti nel nostro territorio, ho preferito non portare all’attenzione dell’opinione pubblica questa vicenda. Ritengo di essermi comportata con grande rispetto e responsabilità nei confronti delle persone interessate, nonostante ci siano state anche forti pressioni da parte di chi avrebbe voluto approfittare di questa brutta situazione.
Nella popolosa frazione di San Giuseppe della Chiusa, nella quale alle ultime elezioni il centrosinistra ha registrato un significativo calo di voti, i problemi legati alla viabilità persistono: la linea 41 per un breve periodo è stata soppressa senza preavviso, l’ultima nevicata ha paralizzato il paese, l’asfalto è pericoloso e la stessa incolumità dei residenti è a rischio.
Per sopperire a queste problematiche stiamo valutando di chiudere definitivamente il centro storico, riservandolo solo ai frontisti. Credo che questa sia l’unica soluzione per permettere all’autobus di transitare e per diminuire allo stesso tempo il traffico che, soprattutto al mattino, rischia di recare danni alla sicurezza dei residenti. Purtroppo non ho vigili urbani a sufficienza per far controllare quotidianamente quell’area. Per quanto riguarda la pavimentazione della strada, una riqualificazione costerebbe milioni di euro, che non ci sono. Stiamo vagliando l’ipotesi di creare in alternativa un senso unico. Siamo in fase di consultazione con i cittadini, per cercare di apportare una modifica radicale ma estremamente condivisa.
Lavori pubblici: lei aveva annunciato che la piazza di Bagnoli e le fognature di Puglie di Domio sarebbero state realizzate entro il 2009. Invece?
Qui devo attribuire la responsabilità alla Regione, che ha risposto in ritardo alla nostra richiesta di contributi. Ad ogni modo i lavori per il rifacimento della piazza di Bagnoli sono ormai alle porte, e nei primi mesi dell’anno arriveranno le ruspe. Entro il 2010 inizieranno i lavori anche per le fognature di Puglie.
La maggioranza che l’appoggia in Consiglio comunale ha sempre lasciato all’opposizione le iniziative sulle tematiche ambientali, fra cui diverse mozioni presentate dal centrodestra su Tav e rigassificatore. Come mai?
Evidentemente i consiglieri di centrosinistra su questi argomenti sono stati più riflessivi, mentre gli esponenti di centrodestra si sono mostrati più impulsivi.
RICCARDO TOSQUES

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 dicembre 2009

 

 

Castelli: la Tav Trieste-Divaccia è prioritaria - INCONTRO ITALO-SLOVENO. «EVITARE TENSIONI COME IN VAL DI SUSA»
 

TRIESTE La Trieste-Divaccia si farà. Il governo italiano ribadisce l’assoluta volontà di realizzare la tratta transfrontaliera della Tav ed accelera le tappe per trovare soluzioni condivise al progetto.
Quello che manca, infatti, è un’ipotesi di tracciato che possa essere condiviso dai due governi e ancor prima dalle due popolazioni e che permetta di non perdere il finanziamento europeo vincolato all’opera.
Per raggiungere questo obiettivo lavoreranno i tecnici di Rfi: la prossima importante scadenza sarà la Commissione intergovernativa (Cig) tra Italia e Slovenia convocata a gennaio. La volontà del governo italiano è stata messa nero su bianco dal viceministro Castelli che dice di non aver «mai detto nè pensato» che l’opera non sia strategica per il Paese. La verità è «che il governo ritiene assolutamente prioritaria la tratta e che le continue riunioni tra gli staff tecnici e politici di Italia e Slovenia sono la testimonianza più evidente di questo fatto». All’incontro di ieri – al quale ha partecipato anche il viceministro sloveno Igor Jakomin - è stato dato mandato alle ferrovie di analizzare soluzioni diverse da prospettare ai due paesi e alla Regione dopo la pausa natalizia. Il Friuli Venezia Giulia, dal canto suo, ha posto il problema del collegamento Trieste-Capodistria, in un ottica di sviluppo del sistema portuale. L’incontro «è stato interlocutorio» si è limitato a dire l’assessore Riccardo Riccardi (che ha partecipato per la Regione), riferendo che il viceministro Castelli ha sottolineato l'importanza di evitare tensioni con la cittadinanza simili a quelle accadute sul tratto piemontese della Tav, in Val di Susa. Un problema non secondario visto che il tracciato emerso dallo studio di fattibilità dell’opera è già stato bocciato dalla comunità triestina e che il finanziamento previsto dalla Ue è vincolato alla realizzazione della Trieste-Divaccia. «Le prospettive di sviluppo della nostra regione sono legate alle infrastrutture – dichiara intanto l’europarlamentare del PD e membro della commissione Trasporti e Turismo, Debora Serracchiani - e dai settori produttivi giungono segnali di grande preoccupazione che chiedono risposte concrete e tempestive: le scadenze dobbiamo darcele noi e sentirle impellenti. Perciò, se il viceministro Castelli vuole evitare tensioni con la popolazione cominci subito a informare e condividere ma si ricordi anche che lui è là per risolvere i problemi, non per sperare che il tempo li risolva per lui».

(m. mi.)
 

 

Ret: «Manca una sede per le società nautiche» - Tav: il futuro progetto sarà del tutto diverso. Nuove case popolari: dipenderà dai fondi nella finanziaria
 

I NODI CHE L’AMMINISTRAZIONE DI DUINO AURISINA DOVRÀ AFFRONTARE NEL 2010
Per il sindaco Giorgio Ret, sistemare le società nautiche sarà uno dei grattacapi del 2010. Le sedi non sono state ancora individuate, e di fronte a una situazione di estrema precarietà il rischio è di perdere risorse preziose per la baia di Sistiana, che nei prossimi tre anni si avvia a un grande sviluppo.
Sindaco, lei aveva promesso che a 12 mesi dall’insediamento avrebbe concluso la transazione con le Comunelle. Il contenzioso è invece ancora in atto e blocca la progettualità sulle aree.
Abbiamo quasi concluso tutto: la commissione ha lavorato molto e tre giorni fa ha incontrato le Comunelle per la consegna del documento finale, approvato al 90%. Il contenzioso di più difficile soluzione resta quello delle Cave, perché al di là degli interessi in gioco vi sono problemi legali ed economici. Abbiamo comunque trovato una soluzione che, se accettata dalle Comunelle, potrà essere sottoposta al consiglio entro marzo.
Aveva anche detto che a gennaio le società nautiche sarebbero state sistemate, grazie alla ”liberazione” di Castelreggio, ma nel suo piano di sistemazione non c’è traccia delle sedi…
Con un po’ più di coraggio Castelreggio sarebbe potuto passare immediatamente al Comune, invece si è optato per una gara pubblica. La novità è che le società nautiche non sono previste nella gara a causa di una sentenza del Tar, il quale sostiene che se il proponente di un progetto non ha la concessione non può chiedere variazioni alla tipologia di insediamento. Pertanto spetterà al futuro concessionario, se lo riterrà, chiedere un cambio di destinazione d’uso. Vi sono comunque anche altre soluzioni, contenute nel piano del porto. Per esempio c’è la sede del Comune da realizzare: in attesa di una definizione, le società nautiche potrebbero essere ospitate lì.
Zona artigianale di Aurisina: sono stati acquisiti gli oneri di urbanizzazione, ma il Comune non ha ancora incassato il saldo di 400mila euro per la vendita del terreno.
In realtà non abbiamo incassato i soldi dell’area tout court, ma solo di quella zona che oggi risulta boschiva e che a suo tempo è stata cassata per motivi ambientali. Sì prospettano due soluzioni: o viene riaperta la seconda area oppure va rivisto il contratto di vendita che il Comune ha stipulato su spazi che non erano costruibili. Io sono più propenso a ingrandire l’area artigianale, perché uno sviluppo di piccole aziende potrebbe rappresentare, assieme al turismo, un grosso potenziale. Intendo chiedere alla Regione di schierarsi o dalla parte del Comune o con gli pseudoambientalisti che frenano l’attività economica.
E la Tav?
L’assessore Riccardi è disponibile a relazionare in consiglio quando ci sarà qualcosa di cui discutere. Oggi non c’è la certezza su nulla. Ho avuto incontri informali con chi sta predisponendo il progetto, e ho visto che è tutt’altro rispetto a quanto presentato. Ho avuto rassicurazioni che quella linea, così come tracciata, non verrà realizzata.
Quale futuro per le caserme dismesse di borgo San Mauro e San Pelagio?
Quella di borgo San Mauro dovrebbe passare al Comune in breve tempo: verrà fatta una permuta con la scuola di Duino, di nostra proprietà ma affidata al Collegio del Mondo unito, e in cambio la Regione ci passerà borgo San Mauro. Sul fronte di San Pelagio nulla di fatto: il Demanio ha voluto mettere l’edificio sul mercato con costi altissimi, e difatti è ancora lì.
Scarsi fondi anche per la costruzione di nuovi alloggi popolari…
Stiamo allontanando da Duino le giovani famiglie, che non possono permettersi né affitti elevati né l’acquisto di immobili. C’è bisogno di case popolari, e di concerto con la presidente dell’Ater Perla Lusa attendiamo la lettura della finanziaria per conoscere le disponibilità. Gli edifici vuoti da ristrutturare sono già stati individuati e li adegueremo a seconda delle risorse. Penso alle aree dismesse degli ex centri di lavorazione della pietra, ma anche a una variante al Piano regolatore.
Mancano fondi per la piazza di Aurisina?
Abbiamo sempre detto che i proventi della casa Spam sarebbero stati riversati sulla piazza. Ora l’orientamento è cambiato: è stata esclusa l’alienazione del bene in virtù del progetto sociosanitario per l’immobile. D’altro canto, per le politiche passate e i proventi della legge Bucalossi, l’ente ha estinto tutti i mutui e presenta oggi un bilancio sano: nulla vieta la possibilità di accendere un mutuo per rifare la piazza.
Risolto lo screzio col comitato Rilke?
Io parlo con diversi componenti e non mi consta vi sia alcuna diversità di vedute. Il Rilke, comunque, è un gruppo di imprenditori, non un’associazione benefica. L’urbanistica e la gestione del territorio non gli spetta. L’amministrazione ha cercato di mettere il comitato nelle condizioni di lavorare al meglio: non ho mai sentito di un’associazione imprenditoriale che frena lo sviluppo del commercio. Il comitato deve avere un ruolo di promozione e di affiancamento al Comune, com’è stato all’inizio.
L’opposizione afferma che per i paesi al di sopra della linea ferroviaria poco si è fatto…
Non è vero: basta considerare la ristrutturazione delle scuole di Malchina e San Pelagio. A breve, poi, ne avvieremo un’altra alle medie di Aurisina.
TIZIANA CARPINELLI

 

 

Park S. Giusto, Friulia entra con il 35% - Entro gennaio al via i sondaggi nell’area d’ingresso tra il palazzo Inail e il Teatro romano
 

DOPO L’APPROVAZIONE DELLA DELIBERA IN CONSIGLIO COMUNALE
I sei soci privati acquisteranno le quote di Amt sborsando 161mila ciascuno - Dopo la firma della convenzione col Comune 45 giorni di tempo per il progetto
Il progetto del park sotto il Colle di San Giusto riparte dai privati. Il Consiglio comunale ha dato il via libera l’altra sera alla ”super-delibera”, già approvata dalla giunta Dipiazza, su piano finanziario, espropri e concessioni inerenti al park San Giusto.
IL VOTO L’aula ha approvato a maggioranza il testo sul maxi posteggio con i voti favorevoli del centrodestra, quelli contrari di Rifondazione e Verdi e l’astensione degli esponenti del Pd e Cittadini. Un’approvazione politica che, di fatto, andrà a ridefinire gli assetti societari della Park San Giusto spa già in possesso della Valutazione di impatto ambientale (Via) e del progetto definitivo per la costruzione del park.
L’ASSEMBLEA Già questa mattina, infatti, è in programma l’assemblea dei soci della spa, che prenderà atto del voto del consiglio e preparerà il terreno alla rimozione del vincolo statutario necessario a far uscire dalla compagine societaria l’ex socio di maggioranza Amt, la spa controllata dal Comune che detiene il 75 per cento delle quote. «Il passaggio successivo - spiega Franco Sergas, legale rappresentante della Mecasol - sarà davanti al notaio per l’acquisizione delle quote di Amt (quote che ”valgono” oltre 950 mila euro). I sei soci privati - Carena, Riccesi, Celsa, Fedrigo, Mecasol e Arm Engeenering -, le acquisteranno congiuntamente e in parti uguali, sborsando 161 mila euro ciascuno. Confido che tutto questo possa accadere in tempi rapidi, forse già entro la fine dell’anno. Subito dopo - continua Sergas - il Comune predisporrà l’atto aggiuntivo-modificativo della convenzione e, dal momento della firma, avremo 45 giorni di tempo per presentare il progetto esecutivo. Contestualmente daremo il via alle indagini archeologiche».
IL PARTNER Oltre a ratificare la definitiva uscita di scena di Amt, l’assemblea dei soci oggi prenderà atto anche di un altro, decisivo cambiamento all’interno della compagine societaria: l’ingresso di Friulia. La holding regionale ha infatti deliberato lo scorso 17 dicembre, in sede di approvazione di bilancio, l’acquisizione del 35 per cento delle quote della Park San Giusto spa. «Inoltre - spiega Donato Riccesi - Friulia agirà come advisor della ”bancabilità” dell’intera operazione. Un dato sicuramente molto positivo: il fatto che faccia parte del progetto una finanziaria pubblica è una garanzia di non poco conto».
IL CANTIERE Fin qui l’iter. Presto però, come detto, dovrà entrare nel vivo anche la fase operativa dell’intervento. Entro fine gennaio 2010 dovrebbero prendere il via i sondaggi archeologici - già concordati con la Soprintendenza - nell’area dell’ingresso del futuro posteggio, vale a dire tra il palazzo dell’Inail e il Teatro Romano. Completati questi sondaggi, presumibilmente in sei mesi, aprirà il cantiere vero e proprio.
LE DATE E in questo caso, per realizzare il maxi posteggio su cinque piani da 718 posti auto, di mesi ne serviranno molti di più. La data della possibile inauguraizone , infatti, è fissata nel 2014. «Le previsioni - conclude Sergas - parlano di tre anni di lavori per ultimare l’opera, più 45 giorni per renderla agibile».(m.r.)
 

 

Bonifiche, ente camerale fuori dall’accordo - PREVISTA PER IL 30 DICEMBRE LA FIRMA DELL’INTESA TRA GLI ENTI
 

Menia: attenti a non perdere 2,6 milioni da Roma. Assindustria: quello è l’1% dei costi complessivi
Un mese fa c’era entrata per poter recitare direttamente un ruolo di primo piano a tutela delle imprese che operano nel Sin, il ”sito inquinato di interesse nazionale”, i cui terreni ne fanno parte. Ora, dall’accordo di programma sulle bonifiche è uscita proprio nel rispetto della bocciatura dell’ultima versione della bozza sentenziata dalle categorie economiche che, per ragione d’essere, è chiamata a rappresentare. Ma la Camera di commercio si dice comunque «disponibile a supportare con quel milione e mezzo di euro annunciato le opere di caratterizzazione che le aziende dovranno sostenere». L’ha confermato ieri il numero uno dell’ente camerale, Antonio Paoletti, il giorno dopo l’accordo romano fra i vari soggetti che si sono impegnati a firmare il documento entro la fine di dicembre.
«Gli uffici del ministero dell’Ambiente aspettano l’arrivo delle approvazioni ufficiali il 30 dicembre, in modo che il 31 si possa poi registrare il tutto - ha puntualizzato da Bruxelles il sottosegretario Roberto Menia -. Il rischio infatti, lo ribadisco, è quello di perdere i soldi recuperati dal ministero tramite fondo di riserva». Si tratta di 2,6 milioni di euro. Ma «a fronte di un costo complessivo per la bonifica dell’area del Sito di interesse nazionaale che è pari a 350 milioni di euro. Si sta quindi parlando, in merito all’accordo, di una quota dell’1 per cento del totale», fa notare il presidente dell’Assindustria, Sergio Razeto, rinnovando in questo modo il proprio dissenso a un testo che «mi risulta, da indiscrezioni arrivatemi da Roma, resti evanescente».
Il riferimento è chiaro ma Razeto evita possano sorgere eventuali equivoci: «Il discorso del danno ambientale che tutti, anche chi non ha inquinato, devono pagare non è stato sbloccato. Lì sta il nodo della questione». Un nodo non da poco: attorno ci ballano 263 milioni di euro. «Anch’io concordo sulla necessità di riuscire a sbloccare la situazione - continua il presidente degli Industriali -, apprezzo la disponibilità della Camera di commercio come pure il lavoro portato avanti dall’onorevole Menia. Però, stando ancora così le cose, questo accordo di programma non ci dà respiro».
In un primo momento, l’altra sera, da Roma era giunta notizia di una conferma della presenza della Camera di commercio nella bozza. Da piazza della Borsa, invece, la comunicazione dell’impossibilità di sottoscrivere il documento era stata inoltrata agli uffici romani. «Le categorie si sono dichiarate disponibili a pagare qualcosa, ma senza certezze sui costi, senza sapere quanto, hanno detto no all’accordo. Noi le rappresentiamo. In ogni caso, grazie al nostro coinvolgimento - afferma Paoletti -, si è sbloccata la questione Ezit, rientrato in gioco» per preoccuparsi di concludere i sondaggi nelle zone mancanti. Sondaggi per i quali la Regione ha già a disposizione un finanziamento da 2,5 milioni di euro.
«So che dalle categorie economiche ci sono delle resistenze a questo accordo - ha aggiunto poi Menia -, quindi Paoletti e la Camera di commercio si sono tolti dagli impacci, uscendo dall’elenco dei firmatari». Che, in effetti, restano appunto l’Ezit, i comuni di Trieste e di Muggia, l’Autorità portuale e la Provincia di Trieste, con la Regione a fare da grande regista della partita e il ministero dell’Ambiente a supervisionare e indirizzare la partita. Tocca ora ai vari organi interni designati dare il semaforo verde al testo, in tempo per il 31 dicembre. Anzi, come ha detto Menia, per il 30. Resta una settimana di tempo. Anzi, alla fin fine, con il Natale in mezzo, le giornate utili sono quattro.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Muggia, meno spese per ambiente e sviluppo energetico - IL BILANCIO DI PREVISIONE 2010 - L’assessore Bussani: «Nessun taglio. Mancano contributi della Provincia per 40mila euro»
 

Secondo il bilancio di previsione 2010, illustrato in Consiglio comunale l’altra sera, il prossimo anno l’amministrazione spenderà 113mila euro in meno rispetto al 2009 per il settore ambientale e lo sviluppo energetico, passando così a una previsione di spesa di un milione 543mila euro.
Secondo l'assessore all'Ambiente Edmondo Bussani tale riduzione spesa non è dovuta a un ”taglio” ma dipende dalla mancanza dei contributi provinciali, 40mila euro, che nel 2009 sono stati utilizzati per il progetto di raccolta dell'amianto e per la raccolta differenziata.
Nello specifico il bilancio parla di una riduzione della spesa per l'inceneritore di 60mila euro e di un aumento dell'appalto per i rifiuti di 15mila euro. «Quei 60mila euro in meno – precisa Bussani – dipendono dal fatto che prevediamo un incremento della raccolta differenziata, così da risparmiare sulle spese per l'inceneritore».
Verranno poi dimezzate le spese per la raccolta dei rifiuti abbandonati, da 9mila euro a 4mila, e questo perché, secondo l'assessore, l'attività di informazione promossa dall'assessorato ha contribuito alla riduzione del fenomeno.
I quasi 19mila euro spesi lo scorso anno per la campagna pubblicitaria sulla raccolta dei rifiuti passeranno a 5mila, che serviranno a sviluppare la campagna già in atto.
Riduzioni della spesa anche per i settori riguardanti lo smaltimento dei rifiuti in altri impianti (meno 1.300 euro), e per la pubblicazione del bando di appalto per lo smaltimento dei rifiuti, costato quest’anno 5mila euro.
Aumentano di 6mila euro, invece, per un totale di 30mila euro, le spese che il Comune intende sostenere per la voce ”incarichi esterni in campo ambientale”, e cioè le «spese per lo sviluppo di progetti volti al miglioramento della condizione ambientale, tramite la riduzione dei consumi di'energia», spiega l'assessore Bussani.
Come nel 2009 rimangono in bilancio i 500 euro per le missioni in campo ambientale, soldi che l'assessorato prevede di spendere al di fuori dal territorio, volti all'esame di altre realtà e alla partecipazione a convegni e fiere sul problema dei rifiuti e dell'ambiente.
A contribuire alle riduzioni di spesa nel settore ambiente c’è infine il fatto che nel bilancio 2010 non c’è più la spesa di 7mila 800 euro, versati quest'anno dal Comune alla Provincia per l'apertura dell'ecosportello in via Roma.
Andrea Dotteschini
 

 

Sì al nucleare, soldi ai comuni che ospitano le centrali - Saranno le imprese a scegliere dove realizzarle. Tondo: «Enel col Fvg per raddoppiare Krsko»
 

i siti per le centrali

Il Consiglio dei ministri approva il decreto per individuare i siti In pole position le aree di Montalto, Trino, Caorso e Garigliano
TRIESTE Finanziamenti milionari e taglio delle tasse a chi accoglie, Regioni, Comuni e cittadini, un sito nucleare. Il governo spalanca la porta al nucleare in Italia con uno schema di decreto legislativo approvato ieri in Consiglio dei ministri. Si parla subito di «individuazione dei siti» adatti ad ospitare le centrali (oltre a quelle già esistenti e attualmente congelate), l’esecutivo non indica ancora i luoghi possibili, ma subito si riaccendono polemiche e prese di posizione da tutta Italia.
Pure dal Friuli Venezia Giulia che sta dialogando con la vicina centrale slovena di Krsko per possibili collaborazioni se ci sarà un raddoppio e da Monfalcone dove monta già la protesta sul timore di essere uno dei siti prescelti. Un dibattito infuocato (stanno già sorgendo banchetti degli ambientalisti che raccolgono firme, l’Idv annuncia un referendum e il Pd parla di piano insensato) che rischia di durare un anno intero. Il Consiglio dei ministri infatti indica la data di fine marzo (dopo le elezioni regionali) per le scelte dei siti idonei mentre, secondo quanto si è capito, ci vorrà almeno un anno prima che la nascente Agenzia per la sicurezza nucleare certifichi appena i quattro siti dati tra i favoriti, più il parco tecnologico con annesso deposito, (Trino Vercellese, Caorso, Montalto di Castro e Garigliano) d’intesa con amministrazioni locali, commissioni parlamentari e i ministeri.
Da questi siti arrivano già i primi «no grazie» e il dibattito esplode letteralmente pochi minuti dopo l’annuncio del governo con prese di posizione, molte contrarie e poche favorevoli. Tra i protagonisti lo stesso presidente della giunta del Fvg, Renzo Tondo che ribadisce quanto sostenuto da mesi: «La nostra Regione è interessata a partecipare al raddoppio della centrale nucleare slovena di Krsko». Ieri la riconferma della posizione durante il consueto incontro di auguri di fine anno: «Il presidente Gnudi mi ha assicurato che è di interesse anche dell’Enel l’eventuale partecipazione al raddoppio della centrale di Krsko. Enel ovviamente si farà viva quando la Slovenia aprirà, come ci auguriamo, il percorso in questa direzione. Aspettiamo quindi soltanto la disponibilità di Lubiana».
Una centrale nucleare distante 120 chilometri in linea d’aria dal Fvg potrebbe bastare secondo molti, secondo altri, soprattutto a Monfalcone, e in particolare il sindaco Gianfranco Pizzolitto, no. E c’è il rischio, secondo lui, che proprio la città dei cantieri possa essere scelta tra i siti più adatti.
La protesta popolare a Monfalcone che tra l’altro ospita una centrale dell’Enel (ma a olio combustibile e che sostiene qualcuno potrebbe essere riconvertita) è fortissima, il sindaco ha più volte ufficialmente ribadito il «no a qualsiasi ipotesi» e nonostante le smentite (arrivate recentemente dall’Enel e dallo stesso ministro allo sviluppo economico Scajola) insiste a vedere un rischio per Monfalcone. Troppo sospette e troppo insistenti, secondo il sindaco, le indiscrezioni giunte dalla stampa nazionale e soprattutto del Cnr che ha contattato direttamente il Comune.
Il ministero per ora non dà alcun indizio, Scajola nella nota dice solo che «con questo provvedimento abbiamo fissato i criteri per la localizzazione dei siti dando come obiettivo prioritario non soltanto la loro sicurezza, ma anche le esigenze di tutela della salute della popolazione e di protezione dell’ambiente». Sulla base di questi criteri dunque «saranno le imprese interessate a proporre in quali zone intendono realizzare gli impianti nucleari».
Certi invece i benefici. Si parte da un’entrata onnicomprensiva annuale pari a 3 mila euro per megawatt. Una volta entrata in funzione la centrale il beneficio sarà commisurato all’energia prodotta e immessa in rete pari a 0,4 euro per megawatt da dare a imprese e cittadini che si vedranno tagliate le bollette.
Il 10% andrà alle Province che ospitano l’impianto, il 55% ai Comuni, il 35% a quelli limitrofi fino ad un massimo di 20 km dall’impianto. Per quanto riguarda la fase di realizzazione dell’impianto i benefici sono destinati per il 40% agli enti locali per «finalità istituzionali» e per il 60% alle persone e alle imprese sul territorio circostante il sito con un taglio delle bollette energetiche, della Tarsu, delle addizionali Irpef, Irpeg e dell’Ici secondo le scelte degli enti locali.
GIULIO GARAU

 

 

Armaroli (Cnr): «L’Italia è il Paese più inadatto al mondo per l’atomo» - Questo settore è ormai in crisi, non interessa più i Paesi industriali L’investimento giusto è il solare
 

TRIESTE «Non c'è un solo Paese al mondo più inadatto dell'Italia a ospitare centrali nucleari nel 2009». Nicola Armaroli, ricercatore del Cnr, autore del libro «Energia per l' astronave Terra», rilancia l'urgenza dello sfruttamento dell'energia solare e stronca il ritorno al nucleare. Non sono a Monfalcone, ma in tutta Italia.
Armaroli, perché no al nucleare?
In Italia è installata una potenza elettrica pari a 94 gigawatt, il doppio rispetto alla richiesta di picco. E' il motivo per cui l'elettricità costa tanto: c'è troppa distanza tra domanda e offerta. Ed è la conferma che non scontiamo alcun ritardo rispetto al nucleare. Ma poi basta guardarsi un po' attorno.
Che succede altrove?
Non si riscontra alcun interesse nei Paesi industriali. Negli Stati Uniti non c'è da trent'anni un progetto serio. La famosa centrale finlandese è impantanata tra battaglie legali e ritardi. In Germania si è deciso di prolungare la vita di alcune centrale ma si va verso la chiusura. Il nucleare sconta una crisi epocale e noi pensiamo bene di rilanciare la partita. In un'Italia, però, priva di combustibile, di tecnologia, di know how e soprattutto di quattrini.
Ha letto i criteri decisi dal governo?
Una non notizia. Sono gli stessi che si usano da 50 anni in tutto il mondo.
Monfalcone può essere un sito possibile?
E' inadeguato come del resto tutto un Paese che è cambiato nel corso dei decenni e non è più quello degli anni Cinquanta. Pensiamo solo alla densità abitativa.
I problemi di Monfalcone?
Si trova in una regione a rischio sismico e vicino a comprensori turistici. Senza tener conto che nei prossimo anni è previsto l'innalzamento del mare Adriatico: altra questione da non sottovalutare.
Ma il nucleare farebbe risparmiare?
Tutt'altro. Il nostro sistema industriale, fatto per il 95% di imprese con meno di 5 dipendenti, è lontanissimo dal gigantismo del nucleare. Senza grandi consumatori non ci sarebbe ritorno.
Il fattore sicurezza?
Sicuramente le centrali non sono più quelle di Chernobyl ma la sicurezza al cento per cento non esiste. Senza dimenticare che è molto labile il confine tra uso civile e uso militare. Una settantina di anni fa l'Italia era uno Stato canaglia, la storia cambia il corso delle cose. E i rischi sono dietro l'angolo.
Alternative?
L'energia solare. Un investimento che darebbe lavoro a tante imprese italiane.
MARCO BALLICO

 

 

Polemiche a Monfalcone. Il sindaco ribadisce il suo «no» - POLITICI E AMMINISTRATORI SI APPELLANO ALLA REGIONE
 

«Ci batteremo per dire un forte no al nucleare» aveva ribadito in mattinata il sindaco di Monfalcone Pizzolitto nella festa degli auguri con i dipendenti comunali. Negli stessi istanti il Consiglio dei ministri procedeva sulla strada del nucleare, mettendo a punto i criteri con cui identificare i siti delle centrali nucleari. Nessuna indicazione, però...
«Però siccome Monfalcone viene indicato come sito nucleare una volta sì e una volta anche sarebbe opportuno che il presidente della Regione Tondo chiarisse quali elementi dispone per negare, come ha ribadito recentemente, che Monfalcone sarà sede di centrale nucleare», chiede il consigliere regionale del Pd, Giorgio Brandolin.
Di Monfalcone quale sito nucleare parla invece senza esitazione Paolo Brutti, responsabile del dipartimento ambiente dell’Italia dei valori: «È il regalo di Natale del governo agli italiani di Monfalcone e di altre 11 località. Quattro di queste località ospiteranno subito un impianto nucleare e un sito di stoccaggio. Le altre lo avranno dopo».
A Monfalcone si assiste disorientati a questo tam-tam di voci sulla centrale nucleare. Resta da capire se il sito di Monfalcone abbia o meno i requisiti per poter ospitare la centrale nucleare.

(r.c.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 22 dicembre 2009

 

 

Ambientalisti, video sul rigassificatore - SARÀ PRONTO A GIUGNO

 

Un documentario per informare in modo compiuto i cittadini ma anche le istituzioni comunitarie sui progetti di terminal di rigassificazione nel golfo, e allo stesso tempo una ”denuncia” a integrazione delle iniziative contro questi progetti già avviate da Alpe Adria Green e Greenaction Transnational.
Il video, che verrà realizzato con riprese sia a Trieste sia in Slovenia, sarà pronto entro il prossimo giugno. «Intendiamo dare voce – ha spiegato nel corso della presentazione Roberto Giurastante di Greenaction Trasnational – ai cittadini e alle associazioni. Ci baseremo sui documenti ufficiali in nostro possesso, sia per il progetto di Gas Natural sia per quello di E.On, e sulle inchieste avviate dalle istituzioni comunitarie e dalla magistratura italiana».
Entrando nel dettaglio, Giurastante ha precisato che «da un lato verrà valutata l’estensione del rischio nell’area di Zaule, dimostrando perché l’impianto di Gas Natural non può essere fatto in base alla legge Seveso, dall’altro verrà illustrato lo stato dell’informazione su questi progetti, a Trieste e in Slovenia». Si daranno poi risposte alle domande sugli impatti ambientali, i rischi per le popolazioni, le conseguenze per le economie locali, il traffico marittimo e quello diportistico.
Nella realizzazione del video Greenaction Transnational sarà affiancata da diverse associazioni: Alpe Adria Green, la sezione di Trieste dell’Associazione nazionale assistenza pensionati, Nosmog-Comitato ambientalista servolano, Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, Comitato Sos Muggia e Gruppo Beppe Grillo Trieste.
Il documentario sarà arricchito dai contributi del tavolo sui rigassificatori creato dalla Uil Vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia, ma anche dalle posizioni di altri rappresentanti del mondo scientifico.
Durante la presentazione è stata infine annunciata la richiesta di patrocinio dell’iniziativa alle amministrazioni pubbliche italiane e slovene coinvolte, fra cui anche ai Comuni di Capodistria, Isola e Pirano.

(gi. pa.)

 

 

Tav a rischio, vertice italo-sloveno - I fondi sono stanziati ma per il governo italiano il collegamento non sarebbe prioritario
 

STAMANE A ROMA LA REGIONE PRESENTE CON L’ASSESSORE RICCARDI
TRIESTE Un vertice a tre per chiarire, una volta di più, il futuro della Tav nel tratto transfrontaliero tra Trieste e Divaccia, l’unico del Nordest per il quale l’Europa ha già previsto i fondi, ma anche l’unico che rischia di saltare se fosse ritenuto non più strategico dall’Italia.
Questa mattina a Roma è stato convocato un incontro tra il sottosegretario ai Trasporti, Igor Jakomin e il viceministro italiano, Roberto Castelli, al quale parteciperà anche l’assessore regionale ai Trasporti, Riccardo Riccardi. Non un vertice risolutivo – per quello dovrà essere convocata la commissione inergovernativa – ma un incontro preliminare dal quale si attendono comunque risposte sul futuro di un infrastruttura determinante per la realizzazione del Corridoio V. In ballo non c’è solo una tratta ferroviaria ad alta velocità della lunghezza di 35 chilometri e del valore di 2 miliardi e 400 milioni di euro già cofinanziati dall’Unione europea, ma c’è – qualora il progetto saltasse – il rischio isolamento per il Friuli Venezia Giulia. I punti di chiarire non mancano.
Il governo nazionale, con il sottosegretario Castelli, avrebbe sostenuto la non priorità dell’opera e in più, secondo la Slovenia, l’Italia vorrebbe costruire prima il tratto transfrontaliero del cosiddetto progetto europeo Ten-t n° 6 (passando da Ronchi a Opicina, sfiorando Sezana per arrivare così a Divaccia) rinviando il collegamento tra Trieste e Capodistria. In questo quadro, fatto più di voci ufficiose che di conferme ufficiali, la Regione ha sempre ribadito che la volontà del governo italiano di costruire la Trieste Divaccia non sia in discussione. Continua a non avere dubbi l’assessore Riccardi che oggi parteciperà all’incontro in rappresentanza del Friuli Venezia Giulia. «Per quel che ci riguarda – dice senza sbilanciarsi – porremo la questione del collegamento tra Trieste e Capodistria presentando la nostra ipotesi e ascoltando quella del governo sloveno. La progettazione dovrà essere comune tra Italia e Slovenia, ma al momento non ci sono scadenze impellenti. Si tratta di capire prima di tutto come trovare una linea comune».
Una progettazione preliminare dell’opera non c’è, esiste uno studio di fattibilità che però è già stato criticato in particolare per la curva che interesserebbe la Val Rosandra. Esiste poi la determinazione della Slovenia nel voler completare il collegamento a fronte delle titubanze italiane. Sul progetto vigila anche l’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani che avverte: «Se l’Italia ha detto a Bruxelles che non ritiene più prioritario il collegamento Trieste-Divaccia, significa che i finanziamenti già stanziati per quella tratta saranno dirottati ad altro intervento e bisognerà ricominciare daccapo per ottenere le risorse. La Slovenia dal canto suo ha già messo in sicurezza i fondi necessari a realizzare l’opera – evidenzia Serracchiani – per cui chi rischia di finire ai margini è il Friuli Venezia Giulia: si ritroverebbe isolato ad est ma anche ad ovest». Il progetto di costruire la linea ad alta capacità tra Venezia e Trieste è impantanato per mancanza di risorse e ancor prima per l’assenza di un tracciato condiviso tra le due regioni. «Spero che almeno sulla Trieste – Divaccia – dice Serracchiani - si faccia quanto prima chiarezza».
MARTINA MILIA

 

 

Pedonalizzazioni e viabilità, 8 milioni dallo Stato - Fondi del ministero dell’Ambiente per galleria Montebello, Borgo Teresiano e strada di Fiume
 

Un regalo di Natale che vale poco meno di 8 milioni di euro. L’ha fatto alla città di Trieste il ministero dell’Ambiente, sbloccando i finanziamenti attesi dal Comune per poter avviare una serie di cantieri, tra cui quello legato alla riqualificazione della galleria Montebello.
Le risorse stanziate da Roma - per la precisione 7 milioni e 962 mila euro - fanno parte del Fondo per la mobilità sostenibile, attivato appunto dal dicastero retto da Stefania Prestigiacomo per migliorare la viabilità e la qualità dell’aria nelle aree urbane. Soldi freschi che consentiranno di coprire buona parte dei costi (in totale 13 milioni e 300 mila euro) di quattro opere pubbliche. Quattro e non sei però, come originariamente immaginato dall’amministrazione municipale. Dall’elenco di interventi per i quali la giunta Dipiazza aveva chiesto contributi finanziari sono stati infatti stralciati due cantieri: la riorganizzazione del quadrivio di Opicina e la riqualificazione della galleria Sandrinelli (per la quale l’esecutivo comunale chiedeva un contributo di 1,8 milioni a fronte di una spesa totale di 2,6 milioni). In compenso, come detto, il Municipio potrà accelerare i tempi per il restyling di un’altra galleria cittadina, quella di piazza Foraggi.
L’opera richiederà complessivamente una spesa di 9 milioni di euro, di cui circa 5 coperti dal contributo ministeriale. Il resto dovrà metterlo il Comune di tasca propria. «I soldi ci sono già - spiega il sindaco Dipiazza, che ieri in giunta ha portato la delibera relativa alla firma dell’accordo di programma con il dicastero dell’Ambiente per il trasferimento dei fondi -. Se non ci fossero stati, tra l’altro, Roma non avrebbe erogato propri finanziamenti. Il meccanismo infatti prevede di destinare contributi solo a opere che possono già contare su parziale copertura».
Degli 8 milioni di euro in arrivo, 1,4 saranno poi destinati alla riqualificazione di via Trento e largo Panfili (costo complessivo 2 milioni di euro). Un intervento, questo, in origine legato a doppio filo alla realizzazione del terzo ponte sul canale di Ponterosso che però, ultimamente, sembra navigare in cattive acque. «Ma il progetto non è mica morto - precisa Dipiazza -. Siamo ancora in attesa di ricevere la risposta definitiva dalla Soprintendenza. In ogni caso, anche se il ponte non dovesse essere costruito, riqualificando via Trento e largo Panfili riusciremo a mettere a posto un altro bel pezzo del Borgo Giuseppino. Quell’operazione, sommata all’altra prevista in Ponterosso, ci permetterà di fatto di completare il quadro del centro storico».
Tra i quattro interventi co-finanziati dal ministero, infatti, rientra anche la pedonalizzazione di piazza Ponterosso; costo complessivo poco più di 1,8 milioni di euro di cui 1,3 coperti da Roma e 560 mila a carico del Comune. Importi ben superiori rispetto a quelli previsti per l’ultima opera pubblica inserita nell’accordo di programma: la riqualificazione di Strada di Fiume in corrispondenza, dell’ospedale di Cattinara, che costerà in tutto 448 mila euro, di cui 313 mila messi a disposizione dal ministero.
Lo sblocco dei fondi non consente tuttavia di azzardare previsioni precise sull’avvio dei lavori e sulla durata dei cantieri. «I tempi, quando si parla di opere pubbliche, sono lunghi - conclude il primo cittadino -. La progettazione l’abbiamo già avviata, ma poi dovremo andare in gara e sottoporre l’intervento alla Soprintendenza per il parere. Scadenze quindi, al momento, è difficile darle. Posso assicurare che la priorità verrà data alla riqualificazione della galleria Montebello. Subito dopo proseguiremo con via Trento, largo Panfili e piazza Ponterosso. Come e quando lo vedremo. L’importante, in questa fase, era ottenere i soldi e ora li abbiamo effettivamente portati a casa».
MADDALENA REBECCA

 

 

Bonifiche, a Roma accordo sul testo - Passo avanti verso la firma, assente la Camera di commercio - Sui terreni inseriti nell’area del Sin
 

Passo in avanti verso la firma dell’accordo di programma sulle bonifiche. La riunione romana di ieri sera, snodatasi sotto la regia del sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, ha sciolto i dubbi residui dei soggetti coinvolti sul testo condiviso. Recepite le istanze della Provincia, che chiedeva alcuni chiarimenti e aggiustamenti interni allo scritto stesso, i presenti hanno sostanzialmente confermato l’impegno di arrivare a una firma nel più breve tempo possibile. Fermo restando che il via libera sarà vincolato all’esito del nuovo passaggio per giunte e consigli comunali e provinciali, comitato portuale, giunta camerale, cda di Ezit e, infine, per la Regione, incaricata in conclusione di dare la sua benedizione all’atto.
Si diceva dei presenti, ovvero - oltre ai rappresentanti del ministero - i tecnici di Regione, Provincia, Comune di Trieste, Ezit e Autorità portuale, più l’assessore regionale alle Finanze Sandra Savino e l’assessore provinciale all’Ambiente Vittorio Zollia. Assenti il Comune di Muggia, pare per problemi logistici legati al maltempo, e la Camera di commercio. La grande incognita, adesso, è appunto l’ente camerale, posto che le categorie economiche hanno già espresso di recente e con estrema chiarezza la loro contrarietà all’attuale accordo sui terreni inseriti nel Sin (Sito di interesse nazionale). La richiesta, da parte delle realtà rappresentate dalla Camera di commercio, è infatti di poter lavorare su un testo che quantifichi dettagliatamente i costi richiesti alle varie aziende per coprire il danno ambientale.
La Cciaa risulta - hanno assicurato fonti romane - ancora inserita all’interno della bozza. Tuttavia, se l’ente guidato dal presidente Antonio Paoletti effettivamente dovesse rifiutare di firmare l’accordo, come oggi appare scontato, potrebbe esserne esclusa. E l’iter proseguirà così con un attore in meno, a meno di clamorosi passi indietro. Considerato poi che il ministero dell’Ambiente ha confermato una volta di più ieri la sua volontà di arrivare all’approvazione complessiva del documento il prima possibile. Preferibilmente, entro la fine dell’anno o, al massimo, nei primi giorni del 2010.

(m.u.)
 

 

MUGGIA - Si allarga la differenziata porta a porta - Rifiuti: per il 2010 l’obiettivo è il 60% - Da Zindis si passerà ad altri rioni dopo la gara per il nuovo appalto
 

Col nuovo anno la raccolta differenziata a domicilio verrà estesa da Zindis, dove interesse già 40 condomìni, ad altri rioni di Muggia. L'allargamento sarà graudale e partirà in concomitanza con l'affidamento del nuovo appalto per l’asporto rifiuti. L'attuale contratto con Italspurghi scadrà infatti il 28 febbraio e la gara per quello nuovo, che – assicura l'assessore Edmondo Bussani – conterrà elementi migliorativi, è già stata esperita.
Ma per conoscere modalità e tempistica sarà necessario attendere il passaggio di consegne, che avverrà il 1° marzo. Se venisse riconfermata l’Italspurghi, data la continuità di servizio tutto sarà più semplice e rapido.
Il ”porta a porta” domiciliare è partito a ottobre nei condomìni di Zindis, con la collocazione di cassonetti di vicinato di medie dimensioni per carta, plastica e vetro, sistemati negli androni. La raccolta porta a porta verrà poi estesa a zone omogenee (e coinvolgerà quindi rioni come Fonderia e Aquilinia, costituiti da abitazioni plurifamiliari, per poi essere allargata anche alle unità mono o bifamiliari).
Nel corso dell'anno, in accordo con l'azienda che risulterà vincitrice dell'appalto, verrà sviluppata anche la raccolta dell'umido, per poi estenderla, una volta ottimizzata, a tutta la cittadinaza.
Un ulteriore passo sarà la responsabilizzazione dei cittadini, dotando i cassonetti di serrature, in modo che ognuno verifichi il corretto conferimento e non si verifichino anomalie.
«L'obiettivo del Comune – spiega l’assessore – è il raggiungimento, come previsto dalla normativa, del 50% di raccolta differenziata entro il 2009, del 60% nel 2010 e del 65% nel 2012. Attualmente a Muggia la percentuale è del 30% (rispetto al 21% del 2008), ma su questo dato pesano la rescissione del contratto a Ecoverde e il relativo affidamento provvisorio per un anno e mezzo. Rispetto ai Comuni virtuosi - osserva ancora Bussani - siamo indietro, ma bisogna considerare che sono partiti molto prima, alcuni negli anni '90. Intendiamo raggiungere questi obiettivi sviluppando la raccolta con la gradualità necessaria. Lo step successivo sarà il passaggio da tassa a tariffa».
Il primo passaggio sarà conunque l'estenzione del servizio porta a porta. «Non è facile modificare abitudini radicate, ma già quest'anno abbiamo normalizzato il porta a porta su un centinaio di aziende e pubblici esercizi, e cominciato a interessare le utenze domestiche, con un processo che proseguirà nel 2010, sempre con gradualità e attraverso un’adeguata informazione».
Gianfranco Terzoli
 

 

SEGNALAZIONI - SMOG - Ferriera «trasversale»
 

Per coloro che non l’avessero notato, il giorno 16 dicembre il giornale riportava la notizia che il Comitato Portuale, in cui vengono rappresentati tra l’altro i Comuni in cui ricade il Porto di Trieste e la Provincia stessa, ha deliberato di avallare la richiesta della Ferriera di poterci inquinare per altri quattro anni. Hanno votato contro solo il sindaco di Muggia e un sindacalista, mentre il sindaco Dipiazza, sempre prodigo di «ciacole», non si è nemmeno presentato e non ha delegato alcuno a rappresentarlo, e la presidente della Provincia Bassa Poropat ha addirittura votato a favore. Non c’è molto da dire: adesso sappiamo chi ha a cuore la salute dei cittadini, e i piani di sviluppo del porto, e chi invece fa solo della facile demagogia ad uso degli sprovveduti. Complimenti ancora ai nostri due rappresentanti... davvero una trasversalità politica degna delle grandi occasioni.
Fabio Cigoi
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 dicembre 2009

 

 

«I rischi derivanti dal rigassificatore valutati con superficialità» - LE CRITICHE DEGLI SLOVENI ALLA CONFERENZA STAMPA DI LEGAMBIENTE
 

È chiara la direttiva europea sulla valutazione di impatto ambientale (direttiva VIA): nel caso di progetti che possono avere effetti significativi sull'ambiente di un altro Stato membro il principio è la collaborazione fra governi. Il progetto di cui si discute è il rigassificatore della spagnola Gas Natural nel porto industriale di Trieste, e lo Stato membro è la vicina Slovenia. La giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea riconosce, inoltre, che non è possibile eludere o attenuare i controlli prescritti dalla direttiva VIA “affettando”in più parti un progetto industriale che nel suo insieme potrebbe avere un “notevole impatto ambientale”. È il cosiddetto “salami slicing”, vietato dalla normativa europea. Questa impone una valutazione d'impatto globale, come ha ricordato Marko Starman, direttore dell'area protetta di Strugnano, nel corso dell'incontro pubblico sui rischi per l'ambiente e per la sicurezza organizzato ieri dal WWF e da Legambiente, con la partecipazione anche di esperti sloveni. Al contrario il Decreto VIA del Ministero dell'ambiente del luglio scorso sembra non aver considerato gli effetti cumulativi derivanti dal collegamento dell'impianto della Gas Natural al metanodotto della Snam per la distribuzione del gas in Italia. E' sconcertante - hanno sottolineato gli ambientalisti - come tutta la documentazione sia stata trattata in modo superficiale dal Governo italiano.

(i.g.)
 

 

Buccari, Kostrena e Portoré contro l’impianto di coking - Protesta di sindaci e cittadini per l’installazione prevista dall’Ina
 

KOSTRENA Memori degli sfracelli ambientali combinati dalla defunta cokeria buccarana (dal 1976 al 1994), i consiglieri municipali di Buccari, Kostrena e Portoré (Kraljevica) hanno opposto un netto rifiuto allo studio di impatto ambientale riguardante l’entrata in funzione di un impianto di coking, da far sorgere nell’ambito della raffineria dell’Ina a Urinj, nel comune di Kostrena. In quest’ultima località, che confina a est con Fiume, si è tenuta una seduta congiunta dei consiglieri delle tre municipalità, alla quale hanno partecipato anche i rispettivi sindaci, e in cui tutti i presenti hanno espresso contrarietà all’impianto che trasformerà il coke di petrolio in prodotti più leggeri e remunerativi, come sono da considerarsi benzina, gas di petrolio liquefatto e gasolio da autotrazione. Il progetto dell’impianto di coking rientra nel processo di modernizzazione degli stabilimenti di Urinj (investimenti per un miliardo e mezzo di euro), che è stato però accolto molto male dall’opinione pubblica e dai comuni interessati.
Unanime è stata pertanto la conclusione votata a Kostrena e inviata alla compagnia petrolifera croato – ungherese Ina: «Lo studio di impatto ambientale è lacunoso e non spiega a sufficienza taluni aspetti legati alla presenza dell’impianto di trasformazione dei derivati petroliferi nel nostro comprensorio. La documentazione offertaci in visione è pertanto inaccettabile. Attendiamo che un secondo studio illustri in modo concreto e chiaro le conseguenze dello stabilimento coking per l’ambiente». Duro l’attacco del sindaco di Kostrena, Miroslav Uljan (regionalista quarnerino): «Ci opponiamo e ci opporremo in modo forte a simili tecnologie, di cui non abbiamo proprio bisogno. Gli abitanti di Kostrena sono particolarmente scettici verso l’Ina, in quanto i suoi responsabili non hanno mai realizzato ciò che avevano promesso. La raffineria dell’Ina sta degradando da decenni l’habitat, producendo un insopportabile inquinamento acustico. A Kostrena, la qualità dell’aria rientra nella terza categoria e dunque stiamo parlando di aria inquinata, il che vuol dire che l’Ina non ha ancora avviato il tanto atteso programma di risanamento. Prima di pensare all’ammodernamento, l’Ina deve migliorare la qualità dell’aria che respiriamo a Kostrena e dintorni».
Categorico pure il sindaco buccarano, Tomislav Klaric (Accadizeta, centrodestra): «Abbiamo analizzato a fondo lo studio di impatto ambientale, concludendo che Buccari non può avere il ”coke bis”. Nel documento non sono stati trattati, ad esempio, né l’impatto sulla sorgente di acqua potabile Dobrica né le condizioni meteo presenti nell’area. Tenuto conto di quello che combinano da noi i venti di bora e scirocco, credo che qui il coke si troverebbe dappertutto. Dopo quanto siamo stati costretti a sopportare a causa dell’ex cokeria, a Buccari nessuno vuol più sentir parlare di nuovi impianti inquinanti». Sulla stessa lunghezza d’onda il commento del sindaco di Portoré, Josip Turina (Partito socialdemocratico): «Basta con questi impianti, gli abitanti di Portoré vogliono respirare finalmente aria pulita. La nostra città è da considerarsi defunta a causa dei grandi stabilimenti industriali presenti nel suo immediato circondario. Se proprio impianto di coking deve essere, propongo l’istituzione di una commissione indipendente, i cui esperti dovranno scegliere la tecnologia migliore».
Ad intervenire è stato anche Vladimir Micovic, direttore dell’Istituto regionale per la Salute pubblica, soffermatosi sulla qualità dell’aria nella zona di Urinj: «Da ormai quattro anni – ha detto – i dati parlano di aria di terza categoria. Purtroppo le stazioni di misurazione, gestite dall’Ina, risultano inattive per lunghi periodi nel corso dell’anno e dunque può darsi che i risultati reali siano peggiori di quelli ufficiali».
Andrea Marsanich
 

 

Pesce killer fa strage di cefali nel Raguseo Pescatori in crisi - UNO STERMINIO DA 30 TONNELLATE
 

FIUME Sarebbe frutto (sgradito) dei cambiamenti climatici che interessano l’intero pianeta la comparsa di un nuovo inquilino nelle acque dalmate dell’estuario della Narenta (Neretva). Un inquilino aggressivo e “sanguinario”, per niente gradito ai pescatori e a chi si occupa di allevamento ittico nell’estremo Sud della Dalmazia, ovvero nella regione raguseo-narentana. Si tratta del pesce serra (Pomatomus saltatrix o saltator, detto anche ballerino, bluefish o tailor in inglese e, nella versione dialettale locale, strijelko – lett.arciere o lanciere). Denominazione a parte, si tratta di un predatore spietato e veloce, che da qualche tempo sta facendo strage di cefali, orate e altre specie ittiche nelle acque narentane dalla foce in su. Una presenza, quella del serra-arciere, non proprio del tutto inedita nel Basso Adriatico, ma fin qui estremamente rara o sporadica.
Ultimamente, invece, il temibile predatore (fino a 130 cm di lunghezza e 14 kg di peso, anche se le pezzature più frequenti vanno dai 2-4 kg) ha fatto la sua comparsa massiccia nel comprensorio marittimo di Ragusa (Dubrovnik), compiendo autentiche stragi fra i branchi di cefali che si concentrano nell’estuario narentano. Testimonianza quotidiana delle scorribande effettuate dalle orde di “arcieri” sono i resti orrendamente mutilati di cefali e orate. Il pesce serra – per certi versi simile a una grossa spigola o branzino, dotato di una dentatura formidabile, fitta e acuminata, corredata da un’eccezionale potenza mandibolare – è un tipo poco raccomandabile anche per le mani di eventuali pescatori malaccorti. Il serra è un autentico killer del mare, che aggredisce e addenta anche quando è sazio e quindi per puro istinto di uccidere. Non si lascia sfuggire niente: sarde, alici, sgombri, occhiate e via elencando vanno bene comunque. Anche se le prede preferite sono i predetti cefali. La furia del serra è tanto incontenibile che non ingurgita neppure le prede, ma le azzanna staccandone brandelli e lasciandosi dietro una scia di corpi mutilati. Secondo le stime, ovviamente approssimative, dei pescatori e maricoltori narentani nello spazio di qualche mese i branchi di serra avrebbero sterminato all’incirca sulle 30 tonnellate di cefali. Contromisure per limitare i danni di questa specie invasiva (che in Mediraneo sembra avere la culla lungo le coste turche, e in particolare nel Bosforo) non ce ne sono, anche perché si tratta di pesci imprevedibili.

(f.r.)
 

 

SEGNALAZIONI - SMOG - Ferriera da chiudere
 

Caro Roberto, è giunto il momento delle decisioni forti. Te lo dico come amico, come ex assessore all’ambiente ma soprattutto come capogruppo della Lega Nord. Il centrodestra triestino, ha sempre affrontato le sue campagne elettorali promettendo la chiusura della Ferriera. Lo ha fatto nel 2001 e nel 2006 vincendo a Trieste, lo ha fatto nel 2008 riconquistando una Regione che aveva osato concedere allo stabilimento di Servola l’autorizzazione integrata ambientale. Tu eri sempre presente a garantire il risultato finale dando speranza a decine di migliaia di abitanti che ci credevano. Siamo giunti a giorni nel 2010 e si sta avvicinando la data delle prossime elezioni comunali. Davanti a noi abbiamo una sola strada se vogliamo presentarci ancora con credibilità all’elettorato di Servola. Chiudere la Ferriera per grave pericolo alla salute pubblica conseguente al continuo imbrattamento e inquinamento di questi anni. Costringendo quindi la proprietà a pagare gli stipendi ai lavoratori. Cosa stiamo invece facendo nonostante la presenza in Consiglio regionale di sei esponenti triestini del centrodestra? Alla data odierna non siamo stati capaci di procedere alla revisione dell’A.I.A. concessa da Illy, non abbiamo avuto il coraggio di opporci al rinnovo della concessione portuale, abbiamo chiesto al Governo il rinvio al dicembre 2011 dei nuovi limiti imposti dalla Comunità sui livelli di particolato nell’aria. Limiti che avrebbero portato alla chiusura automatica di uno stabilimento non in grado di rispettarli. Posso capire la preoccupazione per i lavoratori della Ferriera ma sino a oggi non ho ancora visto un piano di riqualificazione degno di questo nome.
Caro sindaco, è giunto veramente il momento di prendere una decisione forte, prendere tempo non porta più a nulla di buono. I lavoratori della Ferriera e gli abitanti di Servola hanno necessità di certezze. Davanti una situazione di questo tipo, per motivi diversi ma soprattutto per coerenza, tutte le forze politiche dovrebbero avere la dignità di non presentarsi nel 2011 a chiedere il voto ai servolani. Io auspico invece che ciò possa avvenire. Tutto dipende dalla tua determinazione e dalla volontà dell’amministrazione regionale. In caso contrario il piccolo ma dignitoso gruppo che rappresento in Consiglio comunale si assumerà una forte responsabilità, quella cioè di dire che è giunto il momento di cambiare le cose.
Maurizio Ferrara - capogruppo Lega Nord - consiglio comunale di Trieste
 

 

SEGNALAZIONI - Piano regolatore, una fretta ”sospetta”
 

Ma come viene amministrata la cosa pubblica? Sono veramente amareggiata. I regolamenti sicuramente consentono alla «maggioranza di turno», e sottolineo «di turno», di fissare i consigli comunali per importanti delibere in tempi brevissimi, non solo quando ci sono delle reali scadenze, ma anche quando i progetti che si vanno a trattare sono stati per anni fermi e nascosti nei cassetti degli uffici comunali.
Ad esempio porto la recente adozione da parte del Consiglio Comunale del Piano Particolareggiato del Centro Storico.
Il documento che è stato adottato nella seduta del 14 dicembre u.s. ha una storia lunga; voglio solo ricordare che già nel lontano 1969 era stato indetto un concorso nazionale di idee per il piano particolareggiato del centro storico di Trieste e che l’elaborato dell’architetto Gianugo Polesello era stato segnalato, ma credo mai preso in considerazione dell’amministrazione comunale.
Dal 2003 poi al 2005 i tecnici comunali, hanno lavorato e predisposto un piano che il 26 gennaio 2006 è passato in giunta, il 2 febbraio 2006 è stato inoltrato alle Circoscrizioni e l’8 febbraio 2006 sottoposto all’esame della VI Commissione Comunale. Poi, non si sa né perché né per come, il piano è sparito; è rimasto in letargo per 4 anni per tornare prepotentemente alla ribalta alla fine di quest’anno con un’urgenza incredibile.
Vista la consistenza degli elaborati i capigruppo dell’opposizione, più il capogruppo della maggioranza Bruno Sulli, hanno chiesto più tempo per aver la possibilità di esaminare meglio i numerosi elaborati.
I capigruppo della maggioranza con l’astensione determinante del consigliere Minisini, senza una ragione plausibile se non quella dell’arroganza del potere, hanno deciso di andare in Consiglio.
E così abbiamo avuto soltanto 10 giorni di tempo per esaminare 2267 pagine e 49 tra tabelle ed elaborati grafici di vario tipo!
Abbiamo avuto pertanto la possibilità di preparare un ridotto numero di emendamenti che anche in questa circostanza, come in occasione del Prgc, sono stati accolti soltanto in minima parte pur avendo il parere favorevole degli uffici tecnici.
A questo proposito voglio far presente che anche per conoscere gli emendamenti nella loro interezza vale il discorso del poco tempo concesso: infatti i consiglieri vengono a conoscenza degli emendamenti presentati e del parere degli uffici solo poco prima della seduta del Consiglio. In questo modo è difficile valutare la portata e le ricadute di tutti gli emendamenti e controbattere alle argomentazioni degli uffici.
La stessa sorte è toccata ai consiglieri circoscrizionali che, anche questa volta con carattere di urgenza, hanno dovuto dare il loro parere in 10 giorni invece che nei 20 giorni di solito concessi alle circoscrizioni.
Invito tutti i consiglieri a prendere atto di questa situazione ed a pensare seriamente a mettere mano a queste regole che affossano la partecipazione, la democrazia e la trasparenza.
Bruna Tam

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 20 dicembre 2009

 

 

«Dalla Ferriera il 30% di emissioni», ma 4 anni fa - Datato il piano sull’aria voluto dalla Regione. De Anna: ordinati aggiornamenti per l’accordo di programma
 

ILLUSTRATO DAL CONSIGLIERE COMUNALE VERDE RACOVELLI IL DOCUMENTO DEL MAGGIO 2009 MAI RESO PUBBLICO
L’Arpa produce il primo «piano stralcio» sulla qualità dell’aria per Trieste, con «particolare riferimento alla zona di Servola», redatto da quindici specialisti. Studio ordinato dalla Regione soprattutto per tamponare due serie mancanze. La prima: la stessa Regione non ha mai ottemperato all’obbligo di legge di produrre una ”carta geografica” delle emissioni in aria per tutto il territorio (adesso i lavori sono in corso). La seconda: l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) fu concessa allo stabilimento siderurgico di Servola nel dicembre 2007 pur in assenza di questa base normativamente ineludibile.
Il fascicolo è datato maggio 2009. Non è stato mai ufficialmente reso noto. Ma l’altro giorno lo ha presentato la Commissione trasparenza comunale, alla presenza dello stesso sindaco Roberto Dipiazza, per iniziativa del suo presidente, il verde Alfredo Racovelli, che annuncia: «Lo porterò anche alla Procura della Repubblica».
Che cosa dice questo analitico documento? In sostanza che la Ferriera produce un terzo delle emissioni di polveri in aria rispetto al totale di tutte le aziende attive, e che le emissioni di benzoapirene hanno raggiunto, nel periodo considerato, picchi pari a cinque e anche otto volte il limite consentito, ovvero 5 o 8 nanogrammi per metro cubo al posto di 1, spandendosi anche nell’abitato, con situazioni di rischio per la salute.
Tuttavia, presentando il grafico sulla quantità d’inquinamento prodotta dalla Lucchini in proporzione agli altri insediamenti industriali, l’Arpa specifica di aver usato il «catasto delle emissioni 2005», redatto prima che la Ferriera «applicasse le migliori tecnologie possibili» imposte proprio dall’Aia. E che spera di avere in futuro un catasto più aggiornato. Inoltre il conteggio delle emissioni attraverso le centraline di via Pitacco, via Svevo, via San Lorenzo in Selva e via Carpineto è avvenuto tra il 1.o gennaio 2006 e il 30 novembre 2008. La Lucchini così ha già prodotto i propri dati, relativi al periodo gennaio-novembre 2009, dicendo che almeno per le Pm10 (le polveri sottili) i valori medi si sono attestati al di sotto del valore-limite di 50 microgrammi per metro cubo, e che gli sforamenti si sono verificati, ma anche stavolta in misura inferiore al massimo consentito che è di 35 volte in un anno («Via Pitacco - ha riferito la Lucchini - 11 sforamenti, via Svevo 21, via Carpineto 14»). L’azienda ha ricordato poi che l’Arpa in novembre ha fatto tutti i controlli sull’applicazione dell’Aia, e che per l’ammodernamento degli impianti ha stanziato «18 milioni di euro per 2008 e 2009».
«È vero - ammette l’assessore regionale all’Ambiente, Elio De Anna -, i dati sono un po’ superati e proprio per questo l’altra settimana ho emesso delle linee di indirizzo che obbligano l’Arpa a una osservazione ”in continuo”, in modo da avere oltre a questa anche una situazione aggiornata. Lo scopo - avverte - è anche di stringere i tempi per l’accordo di programma sulla riconversione dell’azienda, perché si parla al suo posto di una nuova centrale elettrica e di una fabbrica di funi, ma non vorrei trovarmi un giorno con queste realtà e ugualmente ancora con la Ferriera accanto».
I dati sull’aria raccolti dall’Arpa faranno parte integrante dei Piani di azione regionale, che saranno tradotti in nuovi Piani di azione comunale (l’ultimo, relativo proprio alla Ferriera, fu deliberato dal Comune nel maggio 2005): piani che obbligano a controllare e correggere situazioni fuori norma, nello specifico quelle di Servola. L’iniziativa diretta sul territorio è poi, De Anna lo sottolinea, delle «ordinanze sindacali». E si sa quanto Dipiazza abbia minacciato la chiusura dell’industria siderurgica, cedendo poi al consiglio di avviare un accordo di programma, che dopo una prima riunione dovrebbe riattivare il tavolo a gennaio.
Conclude De Anna: «Ho avviato il piano sui rifiuti solidi urbani, che se non arriva al ministero entro l’anno ci procura sanzioni in sede europea, il piano per la tutela delle acque (che avrà un iter lunghissimo), e il piano sulla qualità dell’aria che non era addirittura mai stato fatto. Tolta la precedenza che è stata data alla straordinaria situazione triestina, è quello che risulta più in ritardo».

(g. z.)
 

 

E il Porto sprigiona ossido di zolfo - LO SCALO NE PRODUCE LA QUANTITÀ PIÙ ELEVATA
 

Non c’è solo la Ferriera nel Piano dell’aria di Trieste. Lo studio analizza, tenendo conto anche di alture e «barriere» costituite da edifici, e dei venti, e del volume di traffico, la situazione complessiva dell’inquinamento dei suoi produttori. Si scopre così che anche il Porto, mai citato in questo senso, è un superproduttore di inquinanti per la città.
La massima quantità del pericoloso Ossido di zolfo (So2) è dovuto ai movimenti nello scalo: 1993 tonnellate in aria ogni anno. E questa sostanza rappresenta oltre la metà delle emissioni totali. Altrettanto si può dire dell’Ossido di azoto (No2): il porto ne produce la quantità più elevata, ossia 2120 tonnellate all’anno, seguito dalle combusioni dell’industria. Il traffico sgancia invece in aria la più gran parte di Composti organici volatili (il 40% del totale). Il metano viene immesso quasi tutto dai distributori di combustibili (5292 tonnellate all’anno): il 90% di queste emissioni. Il monossido di carbonio (Co) lo produce tutto il traffico: l’80%, per 9520 tonnellate annue. L’anidride carbonica che respiriamo è così tanta che viene misurata in «kilotonnellate»: oltre 1 milione di tonnellate all’anno, causate per il 40% dalla produzione di energia e dalla trasformazione di combustibili.
L’ossido di diazoto (N2o), responsabile dell’effetto serra, è prodotto soprattutto dal riscaldamento domestico, l’ammoniaca di nuovo dal traffico, il quale è anche la più forte causa di polveri sottili: sia di Pm10, sia delle più piccole e insidiose Pm2,5.
 

 

San Dorligo, rifiuti col microchip - Da gennaio il nuovo sistema per quantificare la raccolta indifferenziata
 

DOPO TRE ANNI DI SPERIMENTAZIONE
Da gennaio verrà applicato a San Dorligo il sistema dei ”microchip transponder”, che misurerà le levate dei bidoni dei rifuti indifferenziati. Su questo tema aveva fortemente eccepito il capogruppo consiliare del Pdl-Udc Roberto Drozina, il quale aveva ricordato «gli atti, le deliberazioni e le mozioni approvate dal Consiglio comunale risalenti a qualche mese, nei quali era stato richiesto il coinvolgimento del Consiglio per trovare un sistema di calibratura individuale dei rifiuti coerente con la legge nazionale che prevede la pesata in chilogrammi e non in numero di prelievi».
L'esponente del centrodestra aveva inoltre evidenziato il fatto che «l'utilizzo del chip doveva avere esclusivamente fini statistici, in attesa di individuare nel futuro una metodologia più favorevole per la cittadinanza».
L’assessore ai Servizi Elisabetta Sormani confuta le parole del consigliere: «Il Comune non ha mai vietato il microchip per la misurazione dei rifiuti, ma aveva soltanto chiesto una sospensione, sino a quando non si fosse trovata una soluzione definitiva ai problemi emersi nei tre anni di sperimentazione, soluzione che ora siamo pronti ad applicare».
Quale dunque l'intervento proposto? «Poiché non esistono strumenti precisi per misurare il peso dei rifiuti, useremo bidoni di diversa portata: oltre a quelli canonici da 120 litri, i cittadini potranno chiedere anche bidoncini della capienza di 30 litri. In questo modo, una persona che produce 30 litri di immondizia pagherà meno di chi ne produce 60 litri, perché non verranno quantificate le levate ma il reale volume del cassonetto quantificato in litri».
L’assessore replica poi alle accuse arrivate da alcuni partiti di opposizione sulla gestione della raccolta indifferenziata dei rifiuti, che alla vigilia della partenza ufficiale, dopo tre anni di sperimentazione, vede ancora una netta divisione sul come gestire la raccolta. «Non stiamo ledendo la tutela della privacy di nessuno – afferma la Sormani – né tanto meno stiamo violando le normative nazionali ed europee».
Uno dei motivi che ha fatto scatenare l'ennesima polemica sulla questione rifiuti è stato l'invito, fatto dal Comune, a scrivere i propri dati identificativi sul cassonetto verde riservato ai rifiuti indifferenziati. «E' un invito a violare la legge – aveva commentato il consigliere di Uniti nelle Tradizioni, Massimiliano Dazzi – nel quale imporre a identificare il cassonetto con le proprie generalità equivale a obbligare i cittadini a mettere in piazza, a disposizione di tutti, la propria vita privata».
Dazzi aveva minacciato di rivolgersi «alle autorità competenti per la tutela della privacy» se tale provvedimento non fosse stato revocato da parte dell'amministrazione comunale.
Questa la risposta dell'assessore Sormani: «Il nostro obiettivo non è di ispezionare il contenuto dei rifiuti indifferenziati, che peraltro sono ben chiusi all'interno di un sacco nero, quanto quello di tutelare i cittadini nel caso vi siano giornate di bora o vi sia un erroneo scambio di bottino, affinché si possa riconoscere in maniera sicura il proprietario dei singoli bidoni».

(r.t.)
 

 

SEGNALAZIONI - Energia nucleare - CENTRALI
 

Ha ragione la professoressa Hack: bisogna affrontare il problema energetico in modo laico, senza preclusioni. La domanda fondamentale rimane: oggi, l’Italia deve iniziare ad investire nella costruzione di centrali nucleari? Non è affatto scontato rispondere a questa domanda Molti scienziati ed economisti sostengono che il nucleare non è la soluzione finale all'utopia di una fonte di energia illimitata e a prezzo ragionevole. Può essere, forse e in qualche circostanza, una temporanea soluzione tampone.
E nel caso dell’Italia? Uno spunto di riflessione ci viene dall’attualità, cioè dalla presunta individuazione a Monfalcone di un possibile sito per una centrale nucleare.
Se fosse vero, sarebbe una bestialità assoluta, che dimostrerebbe solo l’incapacità di chi è responsabile della politica energetica italiana. E questo perché un sito nucleare ha bisogno di (almeno) 3 caratteristiche 1) un isolamento di più di 10 km da qualunque insediamento abitativo 2) un fiume/canale che provveda all'acqua di raffreddamento sacrificabile ad un certo (debole) inquinamento radioattivo 3) la presenza in situ di un deposito sicuro per (almeno una parte) delle scorie radioattive accumulate.
Non mi pare siano le carateristiche di Monfalcone.
Le domande serie da porsi sono: abbiamo siti davvero sicuri? qual è il prezzo economico della scelta nucleare? quali sono i suoi tempi scala?
Quali i rischi di macro e micro incidenti? Il Governo Berlusconi si accinge a fare la scelta nucleare con mentalità ideologica e senza rispondere a queste domande. Il presidente Tondo ci assicura che a Monfalcone non avremo la centrale: speriamo non vada a finire come la storia dei crediti sulle
compartecipazioni Inps.
Paolo Salucci - cons. Pd prov. Trieste - docente di Fisica alla Sissa
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 19 dicembre 2009

 

 

Camera di Stato slovena «No al rigassificatore» - RISOLUZIONE SULLA TUTELA AMBIENTALE
 

Contrarietà alla costruzione di rigassificatori nell’alto Adriatico e in particolare nel golfo di Trieste, sia in territorio italiano che in quello sloveno.
In questo senso si è espressa l’altra sera la Camera di Stato slovena, che ha approvato una ”Risoluzione sulle strategie per l’Adriatico” proposta da un gruppo di parlamentari con il patocinio dell’organizzazione ambientalista internazionale Alpe Adria Green, di cui fa parte anche Greenaction Transnational.
La risoluzione stabilisce le posizioni e gli standard ambientali di riferimento che la Slovenia osserverà in materia anche nei rapporti con gli altri Paesi adriatici, e la impegna a rappresentare e a difendere fermamente gli interessi di tutela ambientale e di sicurezza dell’Adriatico settentrionale secondo le convenzioni internazionali e le norme e indirizzi dell’Unione europea.
Il documento afferma inoltre che strutture e impianti nuovi che abbiano impatti rilevanti sull’ecosistema adriatico devono essere valutati a livello regionale, cioè fra tutti i Paesi dell’area. Da qui la contrarietà al rigassificatore espressa dalla Camera di stato della vicina Repubblica.
Alpe Adria Green e le organizzazioni ambientaliste aderenti - si legge in una nota - ritengono che «la risoluzione della Slovenia per la tutela internazionale dell’Adriatico sia un passo decisivo che dovrebbe essere recepito nei contenuti dagli altri Paesi della regione».
 

 

Muggia, no al gasdotto e alla centrale elettrica - Seconda bocciatura del consiglio per il collegamento del rigassificatore alla rete
 

MUGGIA Il Consiglio comunale di Muggia ha detto nuovamente ”no”, l’altra sera, al gasdotto per il rigassificatore di Zaule, e ha dato parere sfavorevole anche sulla documentazione per la Via della centrale termoelettrica proposta da Lucchini Energia.
Il voto sfavorevole sui documenti integrativi forniti da Snam Rete Gas per la valutazione dell'impatto ambientale (Via) del metanodotto Trieste-Grado-Villesse è stato unanime.
Il progetto prevede la realizzazione del collegamento in due tratti: quello sottomarino Trieste - Grado, da 32 pollici di diametro, e quello fra Grado e Villesse da 42 pollici. «Ciò porterebbe a pensare - osserva il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek - che l'aumento del diametro nel tratto da Grado a Villesse potrebbe essere dovuto a un futuro collegamento, che si vorrebbe mettere in atto tra il metanodotto e il secondo rigassificatore, quello offshore proposto dall'Endesa, ora passato all’E.On».
Il consiglio, che si era espresso negativamente sul progetto del metanodotto già in due occasioni, ha ribadito il ”no” ritenendo che le valutazioni sulla realizzazione della conduttura non si possano disgiungere dal parere negativo relativo all'impianto di rigassificazione previsto a Zaule, al quale il metanodotto andrebbe a collegarsi.
Parere sfavorevole anche sulla documentazione, fornita da Lucchini Energia, concernente la procedura di Via per la costruzione di una centrale termoelettrica a ciclo combinato, anch'essa bocciata dall'amministrazione comunale poiché «collegata alla costruzione del rigassificatore.».
E’ stato, invece, approvato all'unanimità l’ordine del giorno, pervenuto dai Comuni di Mortegliano e Lestizza, per il mantenimento del numero di medici di medicina generale su un rapporto di uno ogni mille abitanti. Con la deliberazione della giunta regionale del 20 febbraio 2006, la Regione fissò infatti il rapporto medici-abitanti sul valore di uno ogni 300.
«Il problema è che noi ne abbiamo uno per 13mila residenti – ha commentato scherzosamente Paolo Prodan, capogruppo di An, riferendosi al primo cittadino –. Se si torna a un medico ogni mille utenti, il sindaco avrà più tempo per stare in Municipio».
«Tutti possono verificare che i primi ad arrivare in Municipio siamo io e il direttore – ha risposto Nesladek –. È la mia carriera di medico ad averci rimesso. Spero che l'approvazione di questa delibera si traduca in una maggiore possibilità di trovare lavoro per i giovani medici».
La sentenza del Consiglio di Stato del 23 marzo 2009 ha dichiarato illegittima la delibera della giunta regionale, riportando in vigore il rapporto di un medico ogni mille utenti. L’amministrazione si è così impegnata a sollecitare la Regione per garantire un livello adeguato di assistenza medica.
Il consiglio si è poi pronunciato favorevolmente sull’ordine del giorno per dare maggior assistenza ai malati di sclerosi laterale amiotrofica (Sla) residenti in regione. Rinviato infine l'ultimo punto all'ordine del giorno: la modifica del testo dell'accordo di programma per la bonifica del Sito inquinato.
Andrea Dotteschini
 

 

Muggia, convegno sulla ”differenziata”
 

MUGGIA Il rifiuto come risorsa economica. Se ne parla oggi alle 10 in sala Millo in un incontro organizzato dall'associazione Impronta Muggia. Verrà illustrata la proposta di alcune associazioni per una raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta, basata sul volontariato.
 

 

«L’azienda non risarcisce i residenti» - Rosato: «Niente ammissioni di responsabilità, solo aiuti a chi ha disagi»
 

IL DIRETTORE DELLO STABILIMENTO: SFORAMENTI NELLE EMISSIONI, TREND POSITIVO
I ”risarcimenti” agli abitanti di Servola? «Semplici somme di denaro corrisposte in favore dei cittadini che lamentano disagi e fastidi». Le critiche del sindaco di Muggia Nesladek, secondo cui l’inquinamento della Ferriera danneggia il turismo? «Infondate, vista la forte crescita di visitatori registrata a Trieste nel 2009». Il pressing delle istituzioni dalla Uil per vigilare sul rispetto degli obblighi ambientali? «Inutile, perché il Gruppo Lucchini, oltre ad adempiere a tutte le prescrizioni imposte dall’Aia (l’autorizzazione di impatto ambientale), ha anche migliorato l’efficienza degli impianti e sostenuto gli ulteriori oneri richiesti dal piano di monitoraggio».
Ecco come il direttore della Ferriera Francesco Rosato replica punto su punto alle tante accuse piovute negli ultimi giorni sull’attività dello stabilimento siderurgico. Una difesa a tutto campo della linea d’azione della Lucchini che punta a fare chiarezza, in particolare, sulle presunte responsabilità penali dell’azienda. «In merito al procedimento penale in corso, per il quale l’azienda ha già chiesto da tempo l’oblazione - osserva Rosato in una nota -, le trattative sono positivamente avviate con la parte civile senza che ciò comporti da parte della Lucchini alcun riconoscimento, diretto o indiretto, di responsabilità nei fatti contestati. È dunque improprio parlare di ”risarcimenti” ai servolani: si tratta semplicemente della disponibilità della società a corrispondere una somma di denaro a favore dei soggetti che lamentano disagi e fastidi. Disponibilità - precisa ancora il direttore di stabilimento - già dimostrata in passato a riprova della responsabilità sociale dell’azienda verso il rione, senza però avallare la pretesa di addebitare la causa dei fastidi degli abitanti a eventuali inadeguatezze del Gruppo».
L’inesistenza di simili inadeguatezze, sostiene ancora la proprietà, è testimoniata del resto dall’esito dell’ultima verifica annuale compiuta dall’Arpa lo scorso novembre: «Quei controlli - continua Rosato - hanno accertato il pieno rispetto di tutte le condizioni fissate dall’Aia, la regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell’inquinamento e l’ottemperanza a tutti gli obblighi di comunicazione. Quanto alla qualità dell’aria - conclude la nota -, i dati ufficiali delle centraline relativi al periodo gennaio-novembre 2009 hanno evidenziato, sia nei valori medi di pm10 sia nel numero di sforamenti, un trend di miglioramento rispetto allo stesso periodo del 2008».
 

 

Fogar: la sola Servola produce un terzo dell’inquinamento - L’ESPONENTE DEL MIANI PROSEGUE LO SCIOPERO DELLA FAME
 

Ha dato l’ultimatum alla Ferriera. «O lei o io», ruggisce Maurizio Fogar dall’ultimo piano del palazzone di Valmaura, con vista sui fumi dello stabilimento. Le reazioni, però, latitano. Nonostante la sua decisione di non prendere più, ormai da svariate settimane i farmaci salvavita che gli sono necessari e, da 12 giorni, di alimentarsi solamente con acqua, continua a raccogliere la solidarietà solo di qualche adorante casigliano o dei servolani più vicini. E intanto, assicura il pasdaran dell’ambiente, la vista dell’occhio sinistro comincia a perdere qualche colpo, come effetto collaterale del diabete mal curato, il battito del cuore gli è passato a 100, dai soliti 50, la pressione a 170. Ogni tanto si fa vivo anche qualche politico ma poi rientra subito nei ranghi.
Forse per questo le parole più avvelenate, l’esponente del circolo Miani le dedica al presidente della Regione Renzo Tondo e al sindaco Roberto Dipiazza, «due che con la promessa di chiudere la Ferriera ci hanno marciato, hanno vinto due elezioni e poi si sono comportati in maniera totalmente opposta. Li pregherei almeno – sibila Fogar – visto che hanno preso per i fondelli migliaia di persone, di non parlare proprio più della Ferriera...».
Dal computer Google Maps capta, con un’immagine datata 2009 ma non in tempo reale, una grande macchia che si allarga nel mare. «L’inquinamento continua – s’infervora – e il comitato portuale cosa fa? Proroga alla Lucchini per altri quattro anni la concessione! Per giunta con Dipiazza che non si fa neanche vedere! Una vergogna».
È un computer umano, Fogar, nonostante la debolezza. E, a sorpresa, tira fuori l’asso dalla manica. Anzi, due. «Ho scoperto per caso che la commissione europea presieduta da Barroso ha bocciato 62 delle 67 richieste di deroga presentate dall’Italia per posticipare l’applicazione dei nuovi limiti in materia di inquinamento, e cioè da 50 a non più di 35 sforamenti all’anno e da 35 a non più di 20 giornate. E quella che è stata trattata peggio è stata proprio la regione Friuli Venezia Giulia. Accusata, in pratica, di aver presentato dati taroccati, assommando Trieste al verde Collio per fare media». Non è finita. L’esponente del ”Miani” annota tra le bacchettate di Bruxelles anche la mancata approvazione del Piano regionale dell’aria, atteso fin dal 2003. Un testo che, per qualche misteriosa alchimia si materializza sul suo tavolo. E qui si entra in terreno minato. «Come si possono commentare dei dati (quelli del documento regionale non reso noto ndr) da cui risulta che la Lucchini produce da sola 1/3 dell’inquinamento totale in città, quanto a Pm10 e Pm 2,5, senza dimenticarsi neanche l’Italcementi, che l’unica centralina affidabile è quella ministeriale di via San Lorenzo in Selva a Servola, perchè 7 su 11 sono controllate dalla Ferriera e che il benzoapirene ha una media annuale vicino al 9, contro l’1 inteso come dato massimo sostenibile»?
FURIO BALDASSI

 

 

Rispunta l’ipotesi del Museo Carciotti Camber: piccole collezioni da accorpare - L’esponente Pdl: futuro da ripensare. Omero (Pd): fermi al punto di partenza
 

DOPO CHE LO STATO HA STANZIATO DUE MILIONI PER IL RESTAURO DELLA PARTE INTERNA ANTICA
Decarli (foto): il centro congressi piaceva all’ex assessore Bandelli, per questo adesso non risulta gradito
Il destino di palazzo Carciotti è di nuovo quello di una navicella nel mare. La direzione regionale dei Beni culturali ha fatto la sua parte per la sezione storica dell’immenso e prezioso edificio. Ne sta ristrutturando le facciate, ha trovato anche sponsor per integrare i fondi propri, ha ottenuto dallo Stato 2 milioni per il rifacimento delle parti interne che diventeranno sede museale per la collezione d’arte antica. La parte dove oggi stanno uffici comunali in attesa di trasferirsi nella ristrutturata caserma Beleno era quella che il Comune aveva rilanciato come sede di congressi, ricevendo pure in dono il progetto di Francesco Cervesi, lodato da ogni parte.
Invece. «L’idea di farne centro congressi - afferma Piero Camber (Fi) - era nata sull’urgenza di trovare una sede per questa attività poi che la Stazione marittima sembrava virata a porto per le navi da crociera. Adesso le navi da crociera sono sparite, e se torneranno saranno poche, mentre il Silos (che pure prevede sale per congressi) è progettato e finanziato e in un paio d’anni sarà pronto. Per Palazzo Carciotti bisogna pensare di nuovo: farne davvero un centro congressi? O piuttosto, che so, un Museo della città? O ci accorpiamo dentro alcuni piccoli musei oggi troppo sparsi per creare un megapolo dell’arte? O lo vendiamo (pura ipotesi) perché se ne faccia un grande albergo proprio per congressisti? Anche il magazzino che sta di punta alla Stazione marittima può essere restaurato per congressi».
«Che ridere - sospira Fabio Omero (Pd) -, passano 10 anni ed ecco che torniamo al punto di partenza. L’idea di fare del Carciotti una grande sede museale era del compianto Roberto Damiani. Io piuttosto ricordo che il 28 novembre di un anno fa la giunta ha fatto proprio un nostro ordine del giorno affinché si creasse un tavolo tecnico tra Comune, Provincia, Fiera, Fondazione CRTrieste, Autorità portuale per decidere tra tutti i ”proprietari” di beni che cosa fare delle strutture sulle Rive. Senza dire che proprio la destinazione del Carciotti sarebbe stato argomento da inserire nel piano del centro storico. Dubito poi - prosegue Omero - che le piccole sale previste al Silos siano sufficienti per puntare sui congressi, attività considerata importante anche a corredo di un eventuale Parco del mare, come messo in evidenza nel piano dell’assessore Ravidà. C’è di tutto, e anche troppo, da riempire - conclude il capogruppo del Pd in Comune -, Silos, Tripcovich, Molo IV, Stazione marittima, Magazzino vini, palazzetti sul primo tratto delle Rive. Ma se non c’è un piano complessivo a lungo termine...».
Per Roberto Decarli (Cittadini) l’ipotesi di consacrare il nobile Carciotti alle collezioni d’arte è molto attraente. «Il Museo Revoltella ha un enorme patrimonio di opere che non ha spazi per esporre, sono chiuse nei magazzini: si potrebbe accrescere il patrimonio artistico della città. Però il progetto del centro congressi prevedeva esso stesso spazi per mostre, per ristoranti e varie attività anche espositive. La verità è - insinua Decarli - che il progetto Cervesi piaceva molto all’assessore Bandelli, in questa situazione nuova che si è creata in consiglio comunale tutto ciò che richiama Bandelli piace invece assai meno. Così delle crociere si dice che sono finite e che la Stazione marittima torna disponibile anche perché l’Autorità portuale è di diverso colore politico. Purtroppo - dice Decarli - le cose si muovono anche in questo senso».
GABRIELLA ZIANI

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 18 dicembre 2009

 

 

Dipiazza s’infuria sulle royalties e Gas Natural ci ripensa - Il primo cittadino su de Carreras: «Un maleducato, gli farò fare anticamera»
 

«Non abbiamo alcuna preclusione al confronto sulle contropartite economiche»
Ore 11.30. Roberto Dipiazza, irritato dall’indisponibilità a sciogliere il nodo delle royalties manifestata il giorno prima dal direttore Progetti internazionali di Gas Natural, parte con l’affondo: «Questo signore (Narciso de Carreras Roques ndr) è stato molto maleducato. La prossima volta che mi chiederà un incontro, lo farò aspettare due mesi». Ore 19. Il colosso spagnolo, evidentemente informato della sfuriata del primo cittadino, corre ai ripari: «Nessuna preclusione al confronto con il Comune di Trieste per le cosiddette royalties a favore della città».
Tra Trieste e Barcellona, insomma, ieri si è sfiorato l’incidente diplomatico. Colpa delle dichiarazioni rese da de Carreras durante la visita lampo in città del giorno precedente: «Non parlerei di royalties, ma di ricadute per il territorio di altro tipo, come i 150-200 milioni di euro in 20 anni di gettito fiscale». Frasi che il primo cittadino ha interpretato come un’inaccettabile caduta di stile. «Deprecabile - è andato giù duro il primo cittadino - la scelta di parlare sui giornali di trattative decisive per la città. Partite come quella delle royalties (le ”tasse” da versare nelle casse comunali in proporzione alla quantità di gas sbarcato) richiedono confronti istituzionali e passaggi in consiglio comunale, non poche battute sulla stampa».
Quello commesso da Gas Natural, dunque, sarebbe stato uno strappo grave. Talmente grave da richiedere addirittura, secondo il sindaco, una qualche ”punizione” simbolica. Quale? Costringere gli spagnoli a fare anticamera prima di rimetter piede in Comune. «Diciamo - ha concluso Dipiazza - che per avere un appuntamento dovranno aspettare un paio di mesi».
Ed è stata forse questa prospettiva a spingere la spa, nel tardo pomeriggio, a gettare acqua sul fuoco riaprendo al confronto sulle contropartite economiche. «Le ricadute per il territorio dei proventi dell’imposizione fiscale sulla società - ha precisato in una nota il colosso iberico -, non rappresentano in alcun modo un elemento di preclusione al confronto che sarà fatto con il Comune di Trieste per le cosiddette royalties a favore della città. I vantaggi che il territorio potrà ottenere a fronte dell’avvio di un progetto come quello del rigassificatore di Zaule saranno infatti ampi e di diverso tipo: dalle entrate fiscali derivanti dal trasferimento della sede in città al piano di bonifica del sito, ai 500 milioni di investimento complessivo. Fino, appunto, alle royalties da concordare con il Comune, alla possibile partecipazione al progetto di Acegas e alle iniziative che saranno concordate nei prossimi mesi con gli stakeholder istituzionali».
Lo sfogo di Dipiazza, questa volta, ho decisamente sortito l’effetto desiderato.
MADDALENA REBECCA
 

 

Bonifiche, il sindaco firma l’accordo Artigiani perplessi - SIGLATA IERI LA DELIBERA
 

Sulle bonifiche il Comune va controcorrente. O forse, semplicemente, segue la linea governativa e cerca di accelerare i tempi. Nei fatti, ieri mattina, nel corso di quella che lo stesso sindaco Dipiazza ha definito una «giunta volante» vista l’assenza di qualche assessore, l’amministrazione ha fatto proprio, con una delibera, l’accordo di programma fortemente caldeggiato da Roma. Quella stessa bozza che solo un paio di giorni prima artigiani e industriali avevano clamorosamente bocciato. E il malumore tra le categorie, per così dire, monta rumorosamente. Suscitando, immancabile, la reazione dello stesso sindaco. «Ma come – si stupisce Dipiazza – dopo 50 anni che rompiamo con le bonifiche adesso votano tutti contro? Io dico che intanto bisogna fare, ma in questa città no se devi e no se pol., mentre invece è proprio nei momenti difficili che bisogna tirare fuori gli attributi...».
La tesi convince fino a un certo punto Dario Bruni, presidente della Confartigianato locale. «Intanto va precisato – debutta – che non siamo affatto contro il documento. Va posta la parola fine a questa vicenda, ma non possiamo neanche pensare di accettare una cosa senza sapere chi pagherà e quanto. In questo, firmare è come fare un salto nel buio». Bruni spiega, al riguardo che le perplessità nascono, oltre che dall’aspetto contabile anche da certi concetti da specificare meglio. «Come la mettiamo con gli impattanti? Chi sono? Uno che fa logistica perchè muove i carrelli sul cemento, un tipografo o un carrozziere, e ce ne sono tanti in quell’area? Abbiamo sempre sostenuto – s’infervora Bruni – che chi non ha inquinato non deve pagare, ora siamo disposti a dare qualcosa, ma al massimo si può arrivare a quei 3,60 euro al metro quadrato ipotizzati dalla Regione. Da quelli al salto nel buio, senza alcuna cifra, ce ne corre.... Soprattutto adesso che gli ultimi dati parlano di un aumento della cassa integrazione artigiana del 650 per cento, del fatto che le 98mila ore del 2008 sono già diventate a ottobre di quest’anno 700mila e della certezza che la crisi investirà presto anche questo lato del Nordest. Non facciamo nè barricate nè strumentalizzazioni, vogliamo solo vederci chiaro». «Faccio un discorso semplice – aggiunge Dipiazza – per essere chiaro con tutti: se ho comprato un terreno alle Noghere per 18 euro al mq, ne pago 70 di bonifiche ma poi ne vale 200 ho fatto un affare o no? Io so che lunedì vado col documento a Roma. Da dove, se ne facciano tutti una ragione, soldi non ne arriveranno più».

(f.b.)
 

 

«Lifting al Porto Vecchio, ora ci siamo» - Di Paola: «Greensisam rifarà il progetto». A febbraio l’inaugurazione delle scuderie di Miramare
 

Abbiamo faticato per trovare una soluzione, è stato un accordo sofferto, malgrado i buoni propositi del Comune di togliere la ”pista da Ferrari”
Per il ponte chiedevo solo dei bulloni da una parte e due dall’altra. In dieci anni tante cose possono cambiare e potrebbe diventare inutile
Un permesso solo temporaneo per installare un nuovo ponte sul Canal Grande? Roberto Dipiazza s’inalbera e anche l’altro giorno in commissione ha rigettato la palla con stizza: «Ci dica, la Soprintendenza, se è un ”sì” o un ”no”». Il sindaco non trangugia i ”ni”. Nelle stesse ore il presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita, faceva la voce rude perché un’azienda che voleva insediarsi dalle parti del Rio Ospo, zona di Muggia, si è vista bocciare il progetto. Ostilità verso le industrie, con tutti questi veti?
In piazza Libertà (altro nodo urbanistico che stenta a sciogliersi in una pulita azione) il direttore regionale dei Beni culturali, Roberto Di Paola, agli ultimi mesi di mandato, resta il principale interlocutore di tutte queste delicate faccende. Dalla sua bella sala al secondo piano della Soprintendenza ha una risposta a tutto. Anche per altre importanti ma finora irrisolte questioni: la stessa piazza, palazzo Carciotti, Miramare, i soldi, i rapporti con le amministrazioni.
Direttore Di Paola, c’è bisogno di chiarire questo concetto del «permesso temporaneo» per un ponte sul canale del Ponterosso. Il sindaco dice che o spende per una cosa durevole, o non spende. Dunque, non spende.
È una questione complessa e controversa. L’idea del Comune di collegare urbanisticamente certi spazi di città oggi sofferenti aveva dei connotati positivi. Gli isolati da piazza Libertà a palazzo Gopcevich soffrono di indubbio isolamento rispetto a quelli che stanno oltre il canale. Quindi il problema urbanistico ha una sua logica e l’abbiamo voluto prendere in considerazione. Anche se a rigor di termini una simile proposta di aggiungere lì un ponte non doveva neanche essere presentata. È elemento del tutto ”ultroneo”.
Cioé un pezzo aggiunto, che rovina l’esistente e la sua matrice storica. Invece...
Invece abbiamo voluto verificare. Non appariva certamente plausibile, abbiamo detto al sindaco, progettare un ponte come gli altri, viceversa si sarebbe potuto pensare a una passerella con connotati di reversibilità, da poter togliere insomma se un giorno le necessità urbanistiche fossero state risolte. Chiedevo solo due bulloni da una parte e due bulloni dall’altra. Un permesso di cinque anni rinnovabile di cinque. In 10 anni molte cose possono cambiare, un ponte può anche diventare inutile.
È stato un onesto compromesso, insomma.
Un modo per salvare da un lato le buone motivazioni urbanistiche e dall’altro l’integrità del canale. Ma se un domani quella zona cambiasse profilo, se si creasse un percorso culturale che da palazzo Gopcevich (sede dei Civici musei, ndr) portasse al nuovo polo di palazzo Carciotti...
Per palazzo Carciotti però attualmente ci sono scarse prospettive.
Ma non è vero, non è più vero. Il ministero ha confermato 2 milioni di finanziamento attraverso la società Arcus che per suo conto gestisce una porzione di lavori pubblici statali, quelli dei Beni culturali, per il restauro della parte storica del palazzo, in modo da poterci un giorno installare la Galleria d’arte antica e anche la collezione istriana. I soldi serviranno per avviare anche la progettazione. Questa è la bella e fresca novità. È la prima pietra per realizzare l’intero progetto. Intanto stiamo lavorando al restauro delle facciate, abbiamo destinato oltre 250 mila euro e in più abbiamo trovato sponsor privati per completare i lavori. È stata una bella collaborazione Comune-Stato, perché il Comune teneva molto a palazzo Carciotti, e io stesso lo considero una meraviglia, e ci tenevo assolutamente ad avviare le cose.
Invece in piazza Libertà, sotto le sue finestre, dove sembravano molto avviate, sembra che tutto resti nei cassetti.
Abbiamo faticato anche per trovare una soluzione per piazza Libertà. In fondo noi adesso non siamo più dei sanzionatori a cose fatte, cerchiamo sempre più di essere dei consulenti delle amministrazioni, sarebbe bello avere addirittura uno ”sportello unico” dove prendere le decisioni subito in buon accordo. Ma tornando alla piazza, è stato un accordo un po’ sofferto. Anche qui le esigenze del Comune avevano dei lati molto positivi, soprattutto nell’intenzione di togliere davanti alla stazione quella diagonale di traffico da ”pista per Ferrari” che azzerava il valore della piazza stessa e del giardino rischiando di far finire falciato chi usciva dalla stazione dei treni, e inoltre scagliava le macchine sulle Rive, forti dell’iniziale accelerazione, a una velocità autostradale. Nello stesso tempo dunque si convogliava il traffico attraverso una ”chicane” moderatrice che sulle Rive avrebbe portato un flusso a velocità più adeguate.
Era stata aggiunta una corsia sul lato giardino, di fronte alla stazione, però.
Non avrebbe turbato l’intenzione. Una fermata del bus non avrebbe cambiato molto.
Non sono state le sue prescrizioni dunque a bloccare il cammino dell’operazione?
No, un’amministrazione può fare progetti e poi decidere di non farli più. È sempre difficile, molto difficile, intervenire sull’assetto di una città.
E i piani regolatori? Quello generale e quello per il centro storico?
Hanno un loro iter amministrativo autonomo, la Soprintendenza (dovrei dire purtroppo) ha solo un parere non vincolante da esprimere dopo l’adozione, a cose fatte. Sta all’amministrazione, poi, volerne fare un buon uso. In tutti i casi il futuro di Trieste sta nell’allontanare il traffico dal centro città. Spero inoltre che il piano del centro storico ne abbia allargato i confini, ci sono tantissimi edifici che hanno superato i 50 anni di età e che sono di assoluto pregio architettonico, dei veri gioielli, delle opere d’arte. C’è un accordo col Comune, comunque, affinché si attivi per mandare alla Soprintendenza tutti i progetti che riguardano il centro storico, quello antico e quello allargato.
Lei dice che siete dei «consiglieri», ma l’Ezit ha appena espresso malumore per un vostro intervento negativo sull’insediamento di un’azienda.
Non conosco il caso specifico, ma la tutela dei Beni culturali comporta a volte un restringimento dei diritti dei privati. La liberta individuale ha un limite dove si scontra con il bene pubblico, è un concetto basilare.
Visto che parliamo di progetti difficili, com’è finito il contenzioso per i magazzini di Greensisam in Porto vecchio?
Il contenzioso è appunto finito. Il progetto vecchio è stato sospeso, e un altro è stato concordato e condiviso coi progettisti, le cose sono molto migliorate. Se questo lavoro si fosse fatto prima, come avevo suggerito, si sarebbero risparmiati tempo e lavoro, credo. Ancora meglio se si fosse agito ai tempi del progetto Botta: Botta aveva letto correttamente quell’area, nella zona Greensisam prevedeva una visuale completamente aperta da piazza Libertà al mare. Bello, no?
Ma il progetto Botta aveva anche grandi altezze nel comprensorio...
Cose correggibili facilmente, l’impianto generale era corretto.
E adesso a che punto siamo? Lei ha già l’occhio sul progetto nuovo, quello dell’associazione di imprese Maltauro-Rizzani de Eccher che ha vinto la gara?
Sì, lo stiamo valutando. È un progetto generale di restauro, ed è corretto. Certo non esaurisce tutti i problemi dell’area, del suo riutilizzo, ma per l’impianto generale, che è sostanzialmente di restauro della parte storica, l’approccio è giusto. Naturalmente ci si fonda sul principio della concessione, dunque tutto deve essere ancora autorizzato. Ci stiamo pronunciando, ci vorranno ancora circa due mesi.
Che cosa manca a questo progetto?
Non è solo questione di restauro, servono standard urbanistici. Il restauro è la condizione fondamentale e di base, siamo in presenza di un bene culturale, monumentale, ma non sufficiente per fare del Porto vecchio il famoso ”terzo quartiere” della città. Ci vogliono poi idee architettoniche per inserimenti innovativi e coerenti, e soluzioni urbanistiche per renderlo una città viva, e non un posto vuoto e morto.
Per carità, lo è adesso.
Appunto, bisogna garantire fruibilità.
Parliamo però anche di casa sua, questo palazzo Economo, le collezioni.
Stiamo ristrutturando i sottotetti, quanto alla collezione d’arte non è più qui, è smembrata un po’ al Museo Revoltella e un po’ nei magazzini. S’era pensato di sistemarla alle Scuderie del castello di Miramare, ma era un’idea sbagliatissima. Arte antica fuori città. E per di più vicino al mare. Se un giorno salta l’impianto di condizionamento con l’umidità si perde tutto il patrimonio. Eppoi Miramare fa già da solo 250 mila visitatori all’anno, quanti in più ne avrebbe grazie ai quadri? I quadri, con la collezione istriana, li metteremo al Carciotti, una soluzione meravigliosa, ideale, che arricchisce la città.
E le Scuderie resteranno chiuse? I soldi statali per il castello di Miramare erano stati cassati.
No, non restano chiuse. Credo che già a febbraio, prima che io lasci Trieste, potremo fare l’inaugurazione. Diventeranno il ”punto di sbarco” del castello, lì saranno spostati la biglietteria, il guardaroba, il ”bookshop”, che ora si trovano all’ingresso, e lo guastano un po’, quando piove non si ha idea di quanta gente si ammassa con ombrelli, cappotti e scarpe bagnate... Una confusione.
Già tutto deciso e fatto, dunque?
C’erano pochi lavori di adeguamento da apportare, li stiamo finendo. Bisogna anche riconsiderare l’offerta culturale di Miramare, la suggestione del mondo asburgico di cui è simbolo, e che attualmente non è ben ricordata. Se penso ai favolosi castelli di Ludwig di Baviera, e specialmente a quello che si trova sul lago di Starnberg, vorrei che si realizzasse una cosa simile: c’è lì un punto informativo, un museo che racconta del personaggio, della famiglia, di Wagner che fu l’amico e il pupillo, una mostra permanente dell’arte di quei tempi e di quei castelli, tra l’altro tutta arte italiana. Miramare fa parte di quella temperie, e anche dal punto di vista artistico ha da raccontare molto, ma attualmente il visitatore non trova suggerimenti e informazioni, e invece quello è il luogo dove la presenza degli Asburgo a Trieste si materializza con più immediata forza evocativa.
Ora lei sta per lasciare Trieste e anche per andare in pensione. Bene o male?
Mah, le condizioni di lavoro sono sempre più difficili, nelle Soprintendenze. Quello che mi turba per davvero è che quando si va via tutte le cose iniziate rallentano, o si fermano. Per Trieste mi dispiacerebbe molto.
Che poi è una città abbastanza votata ai rallentamenti.
Ma no, ma no. Ci sono dappertutto. Non le dico a Roma.
GABRIELLA ZIANI

 

 

Via all’autostrada Cimpello-Gemona - La Regione sblocca la procedura per la costruzione della nuova arteria - BANDO ENTRO SEI MESI
 

PRAMOLLO: LA GIUNTA REGIONALE NEGA ALLA CORDATA AUSTRIACA LA DICHIARAZIONE DI PUBBLICA UTILITA’ PER LA CABINOVIA DI PONTEBBA
TRIESTE La Regione sblocca la procedura per costruire una nuova autostrada. La proposta per il completamento della Cimpello – Sequals fino a Gemona e la sua trasformazione in autostrada, presentata quest’estate dalla cordata Autovie Venete, Rizzani de Eccher e Impregilo, è stata ritenuta di pubblica utilità da parte della giunta regionale. Già nel primo semestre dell’anno potrebbe essere pubblicato il bando di gara per la progettazione preliminare. Il passo avanti è arrivato ieri in giunta dove è stato discusso anche il progetto turistico di Pramollo – rinviata per ora la decisione – ed approvato il testo unico in materia di energia, telecomunicazioni e carburanti.
CIMPELLO – GEMONA La documentazione presentata dalla cordata che intende realizzare il raccordo autostradale A28-A23 "Cimpello-Sequals-Gemona", come emerso dalla relazione illustrata dall’assessore Riccardo Riccardi, ha i requisiti minimi di uno studio di fattibilità, tali cioè da consentire l'avvio della procedura a evidenza pubblica per aggiudicare, in project financing, la progettazione definitiva ed esecutiva e la gestione dell'opera, sulla base della progettazione preliminare che sarà offerta in sede di gara. Ora che è stata definita la pubblica utilità dell’opera, la giunta dovrà adeguare gli strumenti di pianificazione regionale – ad oggi è previsto solo il completamento della una strada e non la sua trasformazione in autostrada a pagamento – per renderli compatibili con l’offerta. «Entro giugno – spiega l’assessore Riccardo Riccardi – modificheremo il piano regionale delle infrastrutture per renderlo coerente con la dichiarazione di interesse pubblico. Stiamo, però, facendo uno sforzo in più per vedere se è possibile pubblicare prima il bando di gara, legando la sua validità alla modifica della pianificazione. Questo ci consentirebbe di guadagnare ulteriore tempo».
Prematuro anche solo ipotizzare date di apertura dei cantieri. «Il nostro obiettivo, per questa legislatura, è sempre stato sbloccare la proceduta dell’opera - ricorda Riccardi - ma la decisione della giunta imprime una forte accelerata a un’opera che attende da dieci anni di essere quanto meno completata».
PRAMOLLO Non ottiene, almeno per il momento, la dichiarazione di pubblica utilità, l’offerta di una cordata austriaca che propone di realizzare l'impianto di collegamento a fune tra Pontebba e il comprensorio sciistico di Pramollo-Nassfeld e la valorizzazione turistica dell'area del Comune di Pontebba. La giunta ha deciso di affidare alla direzione centrale competente il compito di approfondire con il proponente gli aspetti critici per valutare sia possibile superarli. I nodi sarebbero l’insufficienza dei parcheggi previsti dal progetto e la mancanza di ricadute evidenti per Pontebba e la valle. La proposta, inoltre, presenterebbe richieste economiche più elevate rispetto alle disponibilità previste dal bilancio della regionale (3 milioni di euro per vent’anni).
ENERGIA E TELECOMUNICAZIONI In materia di energia, sempre su proposta dell’assessore Riccardi, la giunta ha approvato il disegno di legge che riordina le competenze degli enti locali in materia di energia (affidando i compiti più rilevanti a Regione e Province) e promuove l’istituzione di un catasto informatico comunale degli impianti termici degli edifici e un catasto informatico regionale degli elettrodotti. L’esecutivo ha poi analizzato l’esito della consulenza commissionata sul progetto per la costruzione dell’elettrodotto tra Redipuglia e Udine Ovest e ha approvato la norma disciplina la localizzazione, l'installazione, la modifica e il controllo degli impianti per telecomunicazioni.
CARBURANTI Per quanto riguarda la distribuzione dei carburanti il testo unico prevedrà l’estensione della disciplina valida per gli impianti stradali a quelli posti sulle autostrade e sui raccordi autostradali. Intanto, in tema di carburanti, raccoglie il favore di camera di commercio e gestori degli impianti la proposta di legge (targata Roberto Asquini e Danilo Narduzzi) per l’istituzione di uno sconto fisso che oscillerebbe tra i 15 centesimi al litro di benzina e 10 centesimi al litro di gasolio nell’area confinaria orientale fino ai 4 centesimi al litro benzina e 3 al litro gasolio nella fascia occidentale.
MARTINA MILIA

 

 

Krsko, la centrale chiede una proroga fino all’anno 2030 - L’IMPIANTO NUCLEARE RADDOPPIA

LUBIANA - La centrale nucleare di Krsko ha chiesto al governo sloveno di autorizzare la proroga del suo pieno funzionamento per altri vent'anni.

Il direttore esecutivo dell'impianto, Stane Rozman, ha spiegato che la modernizzazione effettuata negli ultimi cinque anni e gli investimenti di 100 milioni di euro previsti nei prossimi anni assicurano un normale e sicuro funzionamento della centrale nucleare per altri due decenni. Questo significa che l'impianto resterebbe attivo fino al 2043. Nel 2023 scadono infatti i quarant'anni della durata standard di un impianto di questo tipo. Il reattore esistente è stato messo in funzione nel 1983 come progetto congiunto della Slovenia e della Croazia, all'epoca repubbliche della Jugoslavia federale. Il governo sloveno, ricordiamo, ha più volte ribadito l'intenzione di costruire anche un secondo reattore a Krsko, progetto che dovrebbe essere inserito nel piano nazionale per lo sviluppo energetico e votato dal parlamento l'anno prossimo. Secondo il ministro dell'economia Matej Lahovnik il nuovo reattore dovrebbe essere completato tra il 2020 e il 2025, costerà tra i 3,5 e i 5 miliardi di euro e potrà funzionare sessant'anni. Un po' meno ottimista sui tempi invece il direttore della centrale, Rozman, secondo cui ci vorranno circa vent'anni per il raddoppio della centrale. Nel 2009, Krsko ha prodotto 5.487 gigawatt ore di energia elettrica, l'1,3 per cento in più del piano. Quest'anno è stato anche molto tranquillo sotto il profilo della sicurezza: il reattore è rimasto fermo solo 32 giorni per la revisione dell'impianto, e anche in quel caso l'impatto sull'ambiente circostante è rimasto ben al di sotto dei livelli limite previsti dalla legge.
L'anno prima, nel giugno del 2008, dalla centrale di Krsko era partito invece un'allarme in tutta Europa, quando per una perdita d'acqua al sistema di raffreddamento si è proceduto allo spegnimento del reattore. L'«incidente» si è poi rivelato essere molto meno grave, ma intanto nei Paesi dell'Unione europea era scattato il segnale d'emergenza, come per altro previsto dal sistema comunitario per uno scambio rapido di informazioni (sistema ECURIE). In quel caso, comunque, non c'era stata alcuna fuga radioattiva, e non erano in pericolo né il personale della centrale né l'ambiente circostante. Si è risolto tutto, fortunatamente, solo con un po' di paura. Tornando al presente, la Centrale nucleare di Krsko ha »prodotto« quest'anno 30 metri cubi di scorie radioattive, e si sta cercando una soluzione per immagazzinarle in futuro, visto che il deposito di stoccaggio del materiale radioattivo, che doveva essere costruito entro il 2013, non sarà pronto per tempo. Anche nel 2010 sono previsti interventi di ammodernamento dell'impianto. Krsko, ricordiamo, è costruita con tecnologia americana: il reattore ad acqua pressurizzata è stato realizzato dalla Westinghouse ed ha una capacità di 632 megawatts.
Funziona con 121 elementi di uranio arricchito, acqua distillata come rallentatore e 33 fasci da 20 barre di argento, cadmio e indio per regolare la potenza. La centrale copre circa il 24 per cento del fabbisogno energetico della Slovenia e il 17 per cento del fabbisogno croato.
 

 

Fiume, tutti contrari alla cokeria che l’Ina progetta a Kostrena - Per cittadini e Comuni interessati lo studio ambientale è carente
 

FIUME Memori degli sfracelli ambientali combinati dalla defunta cokeria locale dal 1976 al 1994, i consiglieri municipali di Buccari, Kostrena e Portoré (Kraljevica) hanno opposto un netto rifiuto allo studio d’impatto ambientale riguardante l’entrata in funzione di un impianto di coking, da fare sorgere nell’ambito della raffineria Ina a Urinj, nel comune di Kostrena. Qui, al confine Est di Fiume, si è tenuta una seduta dei consiglieri e dei sindaci delle tre municipalità: tutti i presenti hanno espresso contrarietà all’impianto che trasformerà il coke di petrolio in prodotti più leggeri e remunerativi, come benzina, gas di petrolio liquefatto e gasolio da autotrazione. Il progetto dell’impianto coking rientra nella modernizzazione degli stabilimenti di Urinj (investimenti per un 1,5 miliardi di euro), accolta molto male da opinione pubblica e Comuni interessati. Unanime è stata pertanto la conclusione votata a Kostrena e inviata alla compagnia petrolifera croato–ungherese Ina: «Lo studio d’impatto ambientale è lacunoso e non spiega a sufficienza taluni aspetti legati alla presenza dell’impianto di trasformazione del coke nel comprensorio. La documentazione offertaci in visione è pertanto inaccettabile. Attendiamo che un secondo studio illustri in modo concreto e chiaro le conseguenze per l’ambiente”. Duro l’attacco del sindaco di Kostrena Miroslav Uljan (regionalista quarnerino): «Ci opponiamo e ci opporremo in modo forte a simili tecnologie, di cui non abbiamo proprio bisogno. Gli abitanti di Kostrena sono particolarmente scettici verso l’Ina perchè i suoi responsabili non hanno mai realizzato quanto promesso. La raffineria Ina sta degradando da decenni l’habitat, producendo un insopportabile inquinamento acustico. A Kostrena, la qualità dell’aria rientra nella terza categoria, dunque stiamo parlando di aria inquinata: ciò vuol dire che l’Ina non ha ancora avviato il tanto atteso programma di risanamento. Prima di pensare all’ammodernamento, l’Ina deve migliorare la qualità dell’aria che respiriamo a Kostrena e dintorni». Categorico pure il sindaco buccarano Tomislav Klaric (Hdz, centrodestra): «Abbiamo analizzato a fondo lo studio d’impatto ambientale, concludendo che Buccari non può avere il coke–bis. Nel documento non è stato trattato, a esempio, l’impatto sulla sorgente di acqua potabile Dobrica, né le condizioni meteo dell’area. Tenuto conto di quello che combinano da noi i venti di bora e scirocco, credo che qui il coke si troverebbe dappertutto. Dopo quanto siamo stati costretti a sopportare a causa dell’ex cokeria, a Buccari nessuno vuol più sentir parlare di nuovi impianti inquinanti».
Sulla stessa lunghezza d’onda il sindaco di Portoré Josip Turina (Partito socialdemocratico): «Basta con il coke, gli abitanti di Portoré vogliono respirare finalmente aria pulita. La nostra città è da considerarsi defunta a causa dei grandi stabilimenti industriali presenti nel suo immediato circondario. Se proprio impianto di coking deve essere, propongo l’istituzione di una commissione indipendente, i cui esperti dovranno scegliere la tecnologia migliore».
Vladimir Micovic, direttore dell’Istituto regionale per la Salute pubblica, si è soffermato sulla qualità dell’aria nella zona di Urinj: «Da ormai quattro anni i dati parlano di aria di terza categoria. Purtroppo le stazioni di misurazione, gestite dall’Ina, risultano inattive per lunghi periodi dell’anno e dunque può darsi che i risultati reali siano peggiori di quelli ufficiali».
Andrea Marsanich
 

 

SEGNALAZIONI - FERROVIE - Treni cancellati
 

Il 13 dicembre 2009 Trenitalia ha dato il via al nuovo sistema delle Frecce. Treni ad alta velocità, ultra-moderni, puliti e puntuali. Una nuova «linea per unire e far crescere il paese». Ma quella che dovrebbe essere una svolta storica per il sistema di trasporti italiano sta già provocando le ire dei viaggiatori e delle Associazioni dei Consumatori. Agli aumenti drastici dei biglietti, che hanno raggiunto addirittura punte del 28%, non sono seguiti significativi vantaggi a favore dei viaggiatori. Se è vero che i tempi di percorrenza si sono ridotti per tratte centrali, come per la Milano-Bologna-Firenze-Roma, è vero anche che in zone periferiche le durate dei viaggi sono in certi casi addirittura aumentate.
Fino al 12 dicembre, prima cioè dell’entrata in vigore del nuovo orario invernale, Trieste era collegata alla Capitale con un treno Eurostar diretto che per arrivare a Termini impiegava 6 ore e 20 minuti. 61,80 euro in seconda classe. In alternativa, si poteva scegliere un Regionale fino a Mestre, e da Mestre a Roma un Eurostar, spendendo in tutto 69,80 euro, sempre in seconda classe.
Con il nuovo orario, però le cose cambiano e già ad una prima occhiata ci si rende subito conto che Trenitalia ha deciso di cancellare completamente tutti i collegamenti diretti Trieste-Roma. Fanno eccezione due lentissimi Intercity che impiegano però oltre 8 ore ed effettuano sedici fermate intermedie. I viaggiatori triestini sono quindi obbligati a cambiare treno alla stazione di Mestre. E come si sa, i cambi portano via tempo, aumentano i disagi, la durata del viaggio e il prezzo del biglietto. Ecco quindi che il povero viaggiatore si ritrova davanti ad una scelta: mettere mano al portafoglio optando per una soluzione costosa Eurostar+Eurostar prediligendo la brevità del viaggio, o scegliere la soluzione più economica - e più lenta - di un Regionale+Eurostar? Nel primo caso il viaggiatore deve mettersi il cuore in pace, sborsare novanta euro e cambiare a Mestre (dove per altro deve attendere 25 minuti), ma almeno arriva nella Capitale in cinque ore e mezzo, ritardi permettendo. Nel secondo caso invece impiega sei ore e mezzo (dieci minuti in più rispetto ad un tempo), e deve spendere per il suo biglietto oltre 80,00 euro (ben 20 euro in più sulle vecchie tariffe). Paradossalmente quindi l’aumento sproporzionato dei prezzi non è in alcun modo bilanciato da una diminuzione reale dei tempi di percorrenza o dai servizi offerti al viaggiatore.
Con il nuovo orario e le tariffe di Trenitalia, Trieste diventa sempre più distante e irraggiungibile dal resto dell’Italia.
Giulio Cok
 

 

SEGNALAZIONI - ASPORTO Rifiuti ingombranti
 

Diversi cittadini, ci hanno segnalato la dilatazione dei tempi di attesa per il ritiro di rifiuti ingombranti. A volte questo protrarsi crea dei reali problemi poiché arrivano i nuovi oggetti senza che l’operazione abbia avuto luogo.
Purtroppo è vero che molti cittadini abbandonano questo tipo di rifiuti dappertutto creando un effettivo luridume nelle strade, già interessate dalla pulizia a scaglioni programmati che non permettono una costante pulitura, ma questo modo di procedere all’asporto può incoraggiare chi non ha il senso civico o a chi basta poco per perderlo.
La chiusura di alcuni centri può senz’altro aver contribuito a questo stato di cose, ma certamente non si possono giustificare anche 20 giorni di attesa. Auspichiamo che chi di dovere sappia trovare una opportuna soluzione.
Vincenzo Cutazzo - vicepresidente Lega consumatori
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 dicembre 2009

 

 

Gas Natural: il progetto definitivo entro giugno 2010 - RESPINTI GLI ATTACCHI AL RIGASSIFICATORE
 

Il direttore progetti de Carreras Roques: niente royalties, ma un gettito fiscale fino a 10 milioni l’anno
Le accuse del tavolo tecnico italo-sloveno non lo turbano. Le perplessità del presidente degli industriali nemmeno. E persino l’ombra delle carte false gettata da Greenaction lo lascia indifferente. Sfoggia una calma olimpica e un aplomb quasi inglese Narciso de Carreras Roques, il ”signor Gas Natural” arrivato ieri in città con un bagaglio di risposte rassicuranti e una mission quasi impossible da realizzare: convincere tutti i triestini della validità del progetto del rigassificatore di Zaule. Progetto che, spiega il direttore Progetti internazionali del gruppo spagnolo, offrirà garanzie di sicurezza e porterà vantaggi a palate.
Quali saranno, in concreto? Le famose royalties (”tasse” da versare nelle casse comunali in proporzione alla quantità di gas sbarcato ndr)?
No, non parlerei di royalties, ma di ricadute di diverso tipo. Lo spostamento della sede a Trieste (nello studio dei commercialisti Valentincic e Giamporcaro ndr) assicurerà gettiti fiscali importanti: le prime stime parlano di 150-200 milioni di euro per l’intera ”vita” del rigassificatore. In media arriveranno alla Regione, e a caduta agli enti locali, tra i 7.5 e 10 milioni di tasse all’anno per 20 anni. Ma non basta.
Cos’altro?
Nel conto vanno messi anche i 500 milioni di investimento complessivo e i 40 milioni previsti per la bonifica del sito.
E il coinvolgimento di Acegas-Aps nel business del gnl?
Non c’è ancora l’accordo. A breve però avremo un incontro decisivo.
Con la popolazione, invece, nessun confronto?
Da gennaio avvieremo una campagna di comunicazione ”pedagogica”. Vogliamo far capire che questo progetto non è una minaccia ambientale e che noi non siamo degli speculatori.
Perché aspettare tanto?
Perché prima del decreto di valutazione di impatto ambientale, il progetto di fatto non c’era. Ora che il ministero, dopo 3,5 anni di lavoro, ha rilasciato l’autorizzazione, possiamo concentrare l’attività su Trieste.
Ma il decreto di Via è arrivato in luglio e ora siamo in dicembre. Avete perso sei mesi di tempo
Non parlerei di tempo perso. In questo periodo abbiamo dialogato con altri interlocutori, dalla Regione al Porto. Esistono delle linee del progetto, come il piano di bonifica, che devono ancora essere messe a fuoco per poi confluire nel progetto definitivo.
A quando la conclusione dell’iter?
Contiamo di veder approvato il definitivo entro giugno 2010.
Nel frattempo continueranno a farsi sentire le voci critiche di docenti ed esperti.
Non si tratta di esperti di sicurezza. Quel tavolo tecnico non è stato attivato dai vigili del fuoco, ma solo da un sindacato. Detto questo, non vogliamo metterci in contrapposizione con nessuno.
Le accuse però sono pesanti: sbagli nella documentazione.
Nel nostro progetto non ci sono sbagli. Lo dimostra il fatto che il ministero ci ha rilasciato l’autorizzazione di compatibilità ambientale
E l’allarme carte false lanciato da Greenaction?
Nell’esposto si ipotizzavano precisi illeciti penali. Il fatto che la Procura non li abbia ravvisati, dimostra che il castello non sta in piedi.
Anche il presidente degli industriali è scettico.
Nelle sue parole non ci sono critiche. Dice che senza sicurezza non ha senso andare avanti? Esattamente ciò che diciamo noi. La sicurezza è una nostra priorità.
Oltre a Zaule, resta in piedi anche l’ipotesi Taranto?
L’iter sta andando avanti, seppur più lentamente. Manca ancora il decreto di Via.
Va avanti anche il progetto del gasdotto South Stream. Preoccupati?
No. Impianti di gas liquido e gasdotti sono compatibili e complementari. E la concorrenza fa bene al mercato.
MADDALENA REBECCA

 

 

«Roma riveda l’autorizzazione ambientale» - LETTERA APERTA A PRESTIGIACOMO E MARONI - L’appello lanciato dagli esperti e docenti coinvolti nel tavolo tecnico
 

«L’autorizzazione ambientale è stata ottenuta in base ad una rappresentazione non veritiera della realtà, in palese violazione dei rigidi disposti normativi in materia».È la conclusione a cui sono arrivati tutti i docenti coinvolti nel tavolo tecnico sul rigassificatore attivato dalla Uil dei vigili del fuoco, inserita in una lettera aperta inviate ai rappresentanti delle istituzioni centrali e regionali.
Nella missiva - recapitata, tra gli altri, al ministro dell’Ambiente Prestigiacomo, al responsabile del Viminale Maroni, ai sottosegretari Menia e Nitto Palma e al presidente della Regione Tondo -, i professori universitari tornano ad evidenziare i tanti dubbi sollevati dal progetto targato Gas Natural. «Dagli esami effettuati - si legge nel testo a firma del coordinatore regionale della Uil vigili del fuoco Adriano Bevilacqua -, è emerso in maniera chiara e incontrovertibile che molti degli elaborati prodotti dal gruppo spagnolo sono incoerenti, contraddittori e privi della necessaria scientificità che la procedura di Via richiederebbe, vista la vicinanza del rigassificatore previsto a Zaule con la centrale termoelettrica della Lucchini e il metanodotto Snam. Dalle analisi è risultato che, in caso di incidente grave, le distanze di sicurezza disponibili non sono compatibili con quelle necessarie ad assicurare l’incolumità delle persone che risiedono a poche centinaia di metri di distanza».
Rischi, secondo il gruppo di ”saggi”, che le istituzioni non hanno ancora messo bene a fuoco o, peggio, fingono di non aver compreso. «Il fatto oggettivo - scrive ancora la lettera aperta - che politici favorevoli al rigassificatore asseriscano disinvoltamente che ”il metano non può esplodere”, rischia di creare non poca confusione tra la popolazione e costringe a prendere posizioni nette sull’argomento».
Di qui un appello forte e chiaro rivolto ai tecnici romani. «La gravità della situazione è tale che da consigliare, se non addirittura imporre, al ministero dell’Ambiente di rivedere secondo il principio dell’auto tutela amministrativa, il contenuto del processo di Via. In particolare - viene spiegato ancora nella nota - vanno riverificati tutti i pareri fin qui acquisiti. Pareri che recano un tal numero di prescrizioni e condizioni da configurarsi in realtà come valutazioni decisamente negative sul progetto».
Infine un affondo che chiama in causa direttamente le coscienze di chi ha responsabilità nella delicata vicenda. «Si abbia il coraggio . concludono i ”saggi” - di riportare tempestivamente il tutto alla necessaria legalità, prima che a ciò arrivino le autorità giudiziarie preposte, che non potranno non cogliere queste evidenti illogicità nella tutela del pubblico interesse. È evidente che l’eventuale mancato esercizio dell’auto tutela potrà essere fonte di responsabilità, perlomeno civili ed erariali, in capo a coloro che dovessero ostinarsi negli attuali atteggiamenti».
 

 

«Concessi solo 10 giorni per studiare 22 volumi» Protestano gli ambientalisti: «Non ci è stata neanche fornita tutta la documentazione»
 

Dieci giorni per analizzare oltre 22 volumi. È questo, denunciano Wwf e Legambiente, il tempo concesso dal ministero dell'Ambiente all'Ispra (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale) per esprimersi, nel febbraio 2009, sugli studi di impatto ambientale del rigassificatore di Zaule prodotti da associazioni ambientaliste, governo sloveno e Gas Natural. Tempo che gli stessi tecnici dell'Ispra nella relazione finale segnalano come insufficiente per uno studio complessivo della documentazione fornita. Ancora più grave, segnala Lino Santoro di Legambiente, che contemporaneamente alla richiesta all'Ispra il ministero abbia domandato alla stessa Gas Natural di produrre controdeduzioni sulle osservazioni slovene e delle associazioni ambientaliste. «Così è venuta meno - commenta Dario Predonzan, del Wwf regionale - l'ultima parvenza di imparzialità del ministero rispetto a Gas Natural, che ha goduto di trattamento di favore». Secondo il Wwf poi all'Ispra non sarebbe stata fornita tutta la documentazione inviata al ministero dalle associazioni ambientaliste: sono scomparse, dicono, osservazioni spedite nel gennaio 2007, che fra l'altro evidenziavano un problema legato al risollevamento dei fanghi inquinati da mercurio dai fondali della baia di Muggia.
Comunque l'Ispra ha segnalato lacune negli studi di Gas Natural. «Ha rilevato - spiega il biologo marino Carlo Franzosini - la mancanza totale dell'analisi, prevista per legge, sugli effetti dell'impianto sulla salute pubblica, ma anche la contraddittorietà di alcuni elaborati sui dragaggi nella baia di Muggia, la mancanza di analisi sulla risospensione del mercurio, l'uso di modelli di calcolo inadeguati per la valutazione del raffreddamento delle acque nella baia e la mancanza di valutazione dell'effetto provocato dal cloro sugli organismi marini. Valutazioni analoghe a quelle degli ambientalisti».
Neanche il parere dell'Ispra ha però condotto a una richiesta di integrazioni dal ministero, che ha solo chiesto a Gas Natural di eseguire, una volta costruito l'impianto, ulteriori studi e monitoraggi.
Su queste basi è stato integrato, il 30 novembre, il ricorso presentato da Legambiente e Wwf al Tar del Lazio sul decreto con il giudizio di compatibilità ambientale favorevole al progetto. I cittadini sono invitati, domani alle 18.30 al teatrino di San Giovanni, al dibattito organizzato da Wwf e Legambiente.
Giulia Basso
 

 

«Ponte sul canale, la Soprintendenza dica sì o no» - Dipiazza: impossibile investire su un permesso a termine. Piazza Libertà, ragioneremo sul nuovo progetto
 

LETTERA FIRMATA DAL SINDACO
Il destino del nuovo ponte sul canale di Ponterosso passa ufficialmente nelle mani della Soprintendenza. Dal Comune, infatti, partirà oggi stesso una lettera a firma del sindaco Roberto Dipiazza in cui - rigorosamente nell’irrinunciabile “burocratese” - si formula al direttore regionale per i beni culturali del Friuli Venezia Giulia, Roberto Di Paola, una richiesta molto chiara: se si autorizza il progetto, lo si faccia in modo definitivo, senza vincoli temporali. Oppure si dica che non si può fare.
I 5 ANNI Quel dettaglio dei «cinque anni rinnovabili» contenuto nel nulla osta arrivato in Municipo quasi sette mesi fa, infatti, non è piaciuto al sindaco, diventato nel frattempo anche assessore ai Lavori pubblici. Dipiazza ha messo in dubbio la realizzazione dell’opera, perché sarebbe «sbagliato investire soldi pubblici in qualcosa che, ipoteticamente, qualcun altro tra cinque anni potrebbe decidere di levare via». Eventualità implicitamente contemplata dal parere della Soprintendenza. Come a dire, insomma: no agli sprechi di denaro dei cittadini. Precisamente 750mila euro. Per questo, ieri mattina, Dipiazza ha confermato di aver preso carta e penna, come annunciato dieci giorni prima, per scrivere a Di Paola, leggendo il testo ai consiglieri della Quarta commissione comunale, da cui era stato convocato per fare il punto sulla passerella pedonale stessa e sulla situazione di piazza Libertà. Per spiegare i motivi di rallentamenti nell’iter che non necessariamente si tradurranno in bocciature definitive.
I QUESITI I commissari non hanno mancato di porre una lunga serie di quesiti e sollecitazioni al sindaco. A partire da quello di Iztok Furlanic (Rifondazione comunista) sul capitolo sulle spese sostenute fin qui. Risposta di Dipiazza: «Nessuna finora». E, sempre dal versante del centrosinistra, Roberto Decarli (Cittadini) ha ribadito la sua contrarietà alla passerella tanto cara all’ex assessore Franco Bandelli, chiedendo di pensare a come reinvestire «i finanziamenti non destinati al ponte». Questione giudicata ancora prematura dal sindaco, in attesa della risposta della Soprintendenza.
Andrà poi considerata una variabile non trascurabile in questa partita, come fatto notare dalla maggioranza di centrodestra, per voce di Piero Camber (Forza Italia-Pdl): «Tra 14 giorni il direttore regionale per i beni culturali va in pensione...». Ergo: non è detto che la nuova versione del parere arrivi entro la fine dell’anno. L’incombenza potrebbe finire direttamente nella cartella della posta in arrivo del successore di Di Paola. Intanto, per confermare la piena sintonia con il primo cittadino, Camber ha speso una sorta di slogan: «Sì al ponte, ma no al ponte a termine». Anche perché, la strategia complessiva del Comune, non è destinata a mutare, visto che anche senza la passerella «si continua con la pedonalizzazioni», ha promesso Dipiazza. Sempre lungo l’asse piazza Venezia-piazza Libertà.
LA PIAZZA Ecco, appunto, piazza Libertà. Altro progetto di riqualificazione che ha visto rallentare il suo percorso, a causa di quella corsia riservata agli autobus introdotta con l’ultima variante e che andrebbe a spezzare il carattere completamente pedonale dell’area rinnovata. Per questo «non essendo più effettivamente una piazza - ha detto ieri Dipiazza -, consentitemi di fare un ragionamento assieme ai miei uffici. Per il bene della città. Poi ci confronteremo».
BAGARRE Prima che, in chiusura di seduta, Luciano Kakovic (Pd) chiedesse un aggiornamento anche su palazzo Carciotti da calendarizzare alla prossima riunione di commissione, c’è stato lo spazio pure per un piccolo screzio interno al centrodestra. Protagonisti il forzista-pidiellino Piero Camber e l’ex Fi-Pdl Claudio Frömmel, oggi componente del gruppo Sulli. «Ormai è un tutti contro tutti nel centrodestra - ha voluto sottolineare Marco Toncelli del Pd -. Alla fine, troveranno i numeri per approvare il bilancio, però è evidente come la maggioranza non voglia neanche pensare a un rientro nei ranghi dei quattro». Ovvero i bandelliani.

MATTEO UNTERWEGER
 

 

La Ferriera risarcisce i cittadini danneggiati - PER L’EMISSIONE DI POLVERI E FUMI E I CONSEGUENTI IMBRATTAMENTI
 

L’ACCUSA - Il pm Frezza ha contestato ai 4 imputati altri 66 sforamenti prima del 24 novembre
La Ferriera di Servola mette mano al libretto degli assegni e risarcisce i cittadini che si sono costituiti in giudizio per non dover sopportare ulteriori emissioni ”fuorilegge” di polveri e fumi.
La decisione della proprietà di versare il denaro, - un paio di migliaia di euro per persona o poco più - è emersa ieri nell’aula del Tribunale in cui il direttore dello stabilimento Francesco Rosato e i manager del gruppo siderurgico Giuseppe Lucchini, Giovanni Gillerio ed Hervè Kerbat devono rendere conto alla legge dei 240 sforamenti del limite delle polveri verificatisi tra il 2007 e il 2008 dagli impianti dello stabilimento.
«Le trattative sono positivamente avviate con la parte civile senza che ciò presupponga una assunzione di responsabilità» ha precisato l’avvocato Giovanni Borgna, storico difensore del gruppo siderurgico bresciano. In apertura di udienza aveva aggiunto che la società «è sempre stata disponibile». Accanto a lui era schierato l’avvocato Guido Fabbretti che rappresenta in questo processo l’associazione ”Nosmog” e un gruppo di cittadini che hanno deciso di monetizzare il loro disagio e l’abbassamento della qualità della loro vita. Anche Fabbretti ha confermato che «le trattative sono molto avanzate». Perché la discussione tra le parti possa concludersi favorevolmente, il giudice Paolo Vascotto ha concesso alle parti un mese e mezzo di tempo. Il processo riprenderà il 3 febbraio e in quella data dovrebbe anche concludersi perché il Gruppo Lucchini ha chiesto di essere ammesso all’oblazione. Pagando una certa cifra dopo aver riportato le emissioni nei limiti previsti dalla legge, il reato contestato dalla procura, si estinguerà.
Ieri il pm Federico Frezza in apertura d’udienza ha contestato ai quattro imputati, peraltro assenti, 66 nuovi episodi di sforamento accaduti prima del 24 novembre 2009. La nuova contestazione non vanifica la richiesta di oblazione presentata dai vertici della Ferriera e tantomeno l’esito del processo perché la Ferriera può legittimamente e lecitamente emettere una certa quantità di polveri e fumi. Inoltre la proprietà ha eseguito tutti gli interventi migliorativi indicati nella relazione del professor Marco Boscolo, consulente della Procura. Sono stati adeguati il sistema di aspirazione del piano di colata, della macchina a colare nonchè quello di irrorazione del parco minerali. La spesa sostenuta è stata valutata in svariati milioni di euro, di fronte ai quali i risarcimenti rischiesti dai cittadini costituitisi parte civile, appaiono infinitesimali, poco più di una gratifica o di una generosa mancia.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

Slitta a gennaio la discussione sulla privatizzazione dell’acqua - LA MOZIONE DI RACOVELLI
 

Un eventuale impegno ufficiale da parte del Comune, innescato da relativa mozione, contro la privatizzazione dell’acqua verrà ridiscusso a gennaio. L’hanno stabilito ieri i componenti della Terza commissione consiliare, da cui è scaturita la decisione di far slittare al nuovo anno la presentazione dell’atto predisposto dal consigliere comunale dei Verdi, Alfredo Racovelli, “Iniziative istituzionali contro il processo di privatizzazione delle risorse idriche previsto nel decreto legge Ronchi”.
È lo stesso Racovelli a spiegare come la direzione individuata sarà quella «di una proposta di modifica dello statuto del Comune, con cui si vuole andare a definire al suo interno il servizio idrico come irrinunciabile per la comunità. Spostando il punto di vista, quindi, dalla questione della rilevanza economica del bene. C’è stato poi l’impegno dei presenti a votare favorevolmente la mozione». La cui approvazione, al termine della discussione in Consiglio comunale, verrà battezzata, quindi, da un consenso bipartisan. Almeno così sembra. Qualcuno nel centrodestra, come Salvatore Porro (Dc-autonomie) ha già confermato il suo sì: «Voterò sicuramente a favore della mozione di Racovelli».
 

 

«Museo del Porto vecchio, prime visite nel 2011» - Investimento da 12,5 milioni, centrale idrodinamica e sottostazione elettrica i due contenitori principali
 

«A metà 2011 il pubblico potrà visitare il Polo museale del Porto Vecchio». Lo hanno annunciato ieri il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli e il presidente del neocostituito Istituto di cultura marittimo portuale di Trieste Aldo Cuomo. La Barcolana del 2010 sarà quella buona (doveva esserlo già quella passata, ma soprattutto a Trieste tutto slitta) per la presentazione del Fecia di Cossato, il più grande sommergibile d’attacco mai schierato dalla Marina militare italiana, oggi in disarmo a La Spezia, che costituirà il maggior punto d’attrazione di un parco storico tecnologico che, mentre il progetto del Parco del mare non decolla, si candida ad essere, in tempi relativamenge rapidi, quel volano per il turismo cittadino che oggi non esiste.
Attualmente il sommergibile Enrico Toti al Museo della scienza e della tecnica di Milano, molto più piccolo del Fecia di Cossato, fa 85 mila visitatori all’anno ed è proprio con questo museo lombardo rappresentato ieri a Trieste dal direttore Fiorenzo Galli, e con la Fondazione Fincantieri che ieri alla Torre del Lloyd è stato sottoscritto un protocollo d’intesa per il trasferimento a Trieste del know-how acquisito, lo scambio di materiali e risorse umane, l’organizzazione di eventi. «Conserviamo 600 o 700 mila documenti, migliaia di foto e numerose attrezzature tra cui scegliere i reperti che potremo mettere a disposizione», ha spiegato il direttore della Fondazione Fincantieri, Mauro Martinenzi. «La nostra associazione - ha aggiunto Paolo Valenti dell’Aldebaran, a propria volta coinvolta nell’iniziativa - in oltre 55 anni ha raccolto 600 modelli di navi di cui oltre un centinaio riguardano Trieste. Attraverso questi modelli nel Museo potrà essere vissuta la storia delle compagnie di navigazione di queste zone che purtroppo non esistono più».
L’investimento complessivo per la creazione del museo è di 12 milioni e mezzo di euro di cui oltre 5 milioni stanziati dalla stessa Autorità portuale e i lavori saranno conclusi completamente nel luglio 2012 anche se, come detto, visite parziali saranno possibili già un anno prima. I due principali contenitori, a propria volta gioielli di archeologia industriale, saranno l’ex Centrale idrodinamica e la Sottostazione elettrica. La Centrale ha già le due torri ingabbiate perché la Soprintendenza le sta mettendo in sicurezza, mentre è in fase di svolgimento la gara per appaltare i lavori di riqualificazione veri e propri che si protrarranno per poco più di un anno. Qui dentro saranno collocati anche un bookshop, un bar e nuovi servizi. Lo spazio interno verrà diviso in due aree: una dedicata al museo specifico del porto di Trieste e una predisposta per narrare la storia della navigazione sottomarina con approfondimento sinergico alla visita del sottomarino. Sarà ricavata anche una sala polifunzionale per conferenze, incontri ed esposizioni. Gli stessi macchinari della Centrale però diverranno pezzi del museo. All’interno della Sottostazione elettrica invece, dove i lavori di riqualificazione partiranno in una fase immediatamente successiva, nasceranno un archivio e spazi espositivi per documenti, modelli e disegni con postazioni multimediali. Verrà creata anche una biblioteca su più livelli.
SILVIO MARANZANA

 

 

PORTO VECCHIO - «Italia Nostra, forte contributo» - L’ASSOCIAZIONE: L’AUTHORITY NON HA FATTO DA SOLA
 

In difesa del Porto Vecchio nasce intanto anche un’altra Fondazione. L'associazione Italia Nostra infatti, come annuncia la sua presidente provinciale Giulia Giacomich, insieme a promotori nazionali, internazionali e a studiosi che negli anni hanno collaborato alla salvaguardia dello scalo antico, porrà in essere le procedure per la Fondazione del Porto Vecchio, mentre non parteciperà, perché al momento non ci sono le condizioni di collaborazione, all’Istituto di cultura marittimo portuale di Trieste, la fondazione costiutita dall’Autorità portuale.
«Italia Nostra si meraviglia - rilerva Giacomich in una nota - che, in più occasioni, l'Autorità Portuale si presenti come l'unico protagonista del finanziamento e del programma di restauro della Centrale idrodinamica e della Sottostazione elettrica. Per correttezza e rispetto del lavoro svolto da tutti coloro che hanno collaborato in questi anni per arrivare a tali importanti restauri, finalizzati alla creazione del Museo del porto, è giusto chiarire che tutta l'operazione è stata svolta insieme alla Regione Friuli Venezia Giulia (area Istruzione e Cultura) e al Ministero per i Beni e le attività culturali, con l'impegno costante della professoressa Antonella Caroli che si è dedicata, con tutte le sue competenze, all'avvio procedurale per ottenere i finanziamenti necessari ai restauri, alla creazione del Polo museale e alla messa in itinere del progetto con i fondi europei. Il tutto seguito e sostenuto, dal punto di vista culturale, da Italia Nostra».
«Il risultato - sostiene ancora Italia Nostra - è frutto di un lungo lavoro di coordinamento tra gli enti culminato con la stipula del protocollo d'intesa siglato il 25 ottobre 2007 tra Regione, Autorità Portuale e Ministero dei Beni culturali e il merito non va soltanto all'Autorità Portuale, più volte sollecitata ad andare avanti sia dalla nostra associazione (con lettere, incontri e conferenze stampa), sia dalla Commissione cultura della Regione. Senza contare che fu Italia Nostra, nel 2004, ad inviare la richiesta di avvio della procedura a Ministero, Regione e Autorità Portuale».
 

 

SEGNALAZIONI - EDILIZIA - Cuboni riesumati
 

Desidero completare le informazioni riportate nell’articolo di domenica 13 dicembre sul piano particolareggiato di edificazione nel centro storico.
Il Comitato cittadino «via S. Giustina - via Belpoggio» è mobilitato con la stessa forza a difesa di entrambe le aree relative ai cosiddetti Cubone 1 (fra le vie S. Giustina e Belpoggio) e Cubone 2 (fra via Belpoggio e androna Campo Marzio).
Con questo spirito il Comitato sarà presente in Consiglio Comunale per contestare l’approvazione di questi progetti. Circola insistentemente la voce che il Comune abbia riesumato i progetti per il Cubone 1 (via S. Giustina - via Belpoggio) e Cubone 2 (via Belpoggio - androna Campo Marzio) nell’ambito della pianificazione edilizia nella zona A O (Centro storico). In occasione della discussione su Piano regolatore generale veniva previsto che la zona del centro storico sarebbe stata tutelata da una ulteriore eccessiva cementificazione. Secondo le stesse voci, invece, l’amministrazione comunale avrebbe proceduto a definire in gran fretta progetti edilizi di pesante impatto. Tutto questo sotto secretazione fino all’ultimo istante per impedire ai cittadini qualunque protesta.
Riteniamo che il consiglio comunale abbia prima di tutto il dovere di mantenere fede agli impegni presi pubblicamente di fronte ai cittadini e un preciso obbligo di proteggere primariamente gli interessi della collettività e non soltanto quelli dei privati.
Abbiamo capito male?
Marina Spaccini - per il Comitato - «via Belpoggio e S. Giustina»
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA WWF e LEGAMBIENTE - MERCOLEDI', 16 dicembre 2009

 

Rigassificatore di Trieste. WWF e Legambiente: “Nuovi elementi sull’incredibile superficialità e parzialità del ministero dell’ambiente.”
 

Trieste, 16 dicembre 2009
E’ ancora più incredibile di quanto già non fosse emerso, la superficialità con cui il ministero dell’ambiente ha trattato il progetto del rigassificatore proposto da GasNatural a Trieste-Zaule.
Se ne sono accorti WWF e Legambiente, che dopo un lungo braccio di ferro sono riusciti ad ottenere i documenti tecnici, in base ai quali è stato redatto il decreto del luglio 2009 - a firma dei ministri Prestigiacomo e Bondi - con il giudizio di compatibilità ambientale favorevole al progetto.
Il decreto cioè che le due associazioni hanno impugnato un mese fa al TAR del Lazio (come hanno fatto anche i Comuni di Muggia, S. Dorligo-Dolina e Capodistria) con l’avv. Alessandro Giadrossi.
“I documenti ottenuti di recente – è stato sottolineato in una conferenza stampa svoltasi oggi a Trieste – testimoniano, con grande evidenza, quanto lacunosa e superficiale sia stata l’analisi tecnica degli organi ministeriali su un progetto di grande complessità e dai rilevanti effetti sull’ambiente e la sicurezza.”
Il Ministero ha affidato infatti all’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) il compito di analizzare sia il parere espresso - nell’ottobre 2008 - dal Governo sloveno, sia le osservazioni formulate dalle associazioni ambientaliste. Lo ha fatto però appena nel febbraio 2009, dando all’ISPRA solo dieci giorni di tempo (!) e senza neppure fornire i documenti relativi al progetto e agli studi di GasNatural (22 volumi!) in formato digitale, ma soltanto cartaceo.
Il tutto dopo che nel giugno 2008 la Commissione VIA del ministero aveva già espresso un parere favorevole sull’impianto!
Non solo: in parallelo, sia sul parere sloveno, sia sulle osservazioni delle associazioni, il ministero dell’ambiente ha chiesto alla stessa GasNatural di produrre delle “controdeduzioni”.
“In questo modo – hanno rilevato gli ambientalisti – è venuta meno anche l’ultima parvenza di imparzialità degli organi ministeriali rispetto a GasNatural, la quale ha ottenuto un trattamento di assoluto favore, mentre sono stati gravemente penalizzati o ignorati gli apporti degli ambientalisti e dei Comuni.”
Il ministero infatti non ha valutato le osservazioni degli ambientalisti del gennaio 2007, che già allora evidenziavano chiaramente le tante anomalie, lacune ed irregolarità negli studi di GasNatural (elaborati non firmati, basati su dati non rappresentativi della situazione ambientale, traduzioni manipolate per edulcorare le conclusioni, ecc.). Osservazioni letteralmente “scomparse” nei documenti ministeriali (benché inviate per raccomandata con ricevuta di ritorno), che tra l’altro evidenziavano e documentavano un grave problema, negato da GasNatural, cioè quello del risollevamento di fanghi – inquinati da mercurio e altre sostanze tossiche – dai fondali della baia di Muggia, per effetto del moto delle navi gasiere.
“Scomparse” risultano anche le osservazioni WWF del gennaio 2009, sull’ultima integrazione degli studi da parte di GasNatural, le quali demolivano, perché inattendibile, l’ultimo studio (il terzo della serie!) presentato dalla società spagnola nel tentativo di negare l’impatto dello scarico delle acque fredde sulla baia di Muggia. Tutto ciò rappresenta una grave violazione delle norme europee e statali sulla valutazione di impatto ambientale, che impongono di esaminare e rispondere alle osservazioni del pubblico e dei Comuni.
Malgrado il pochissimo tempo concesso, l’ISPRA ha tuttavia, in alcuni casi, potuto rilevare serie lacune e contraddizioni negli studi di GasNatural, come: 1) la mancanza totale (di cui in tre anni nessuno al ministero dell’ambiente si era accorto!) dell’analisi – pur prevista per legge - sugli effetti del progetto sulla salute pubblica; 2) la contraddittorietà di alcuni elaborati relativi ai dragaggi nella baia di Muggia; 3) la mancanza di un’analisi sulla risospensione di mercurio a seguito dei lavori previsti e del movimento delle navi nella baia; 4) l’uso di modelli di calcolo concettualmente inadeguati per la valutazione del raffreddamento delle acque nella baia; 5) la mancanza di valutazioni sull’eliminazione degli organismi marini a causa dell’uso del cloro nell’impianto.
Tutto ciò avrebbe dovuto condurre ad una richiesta di integrazioni da parte del ministero, che invece non c’è stata: lacune e contraddizioni sono state “risolte” prescrivendo a GasNatural di eseguire, dopo la costruzione dell’impianto (!) studi e monitoraggi sulle materie “dimenticate” negli studi della società. “In questo modo – hanno concluso WWF e Legambiente - viene però tradita l’essenza della valutazione di impatto ambientale, che è nata appunto per chiarire gli effetti di un progetto sull’ambiente PRIMA della decisione e della costruzione del progetto e non dopo!”
Questi aspetti sono riassunti nel documento dei “motivi aggiunti”, presentato il 30 novembre dai presidenti nazionali delle due associazioni ad integrazione del ricorso al TAR del Lazio.
Se ne parlerà anche al dibattito sul rigassificatore, che si terrà al teatro di S. Giovanni venerdì 18 dicembre (alle 18.30), presenti esperti sia italiani (Lino Santoro di Legambiente e Carlo Franzosini del WWF), sia sloveni (Marko Starman direttore della riserva naturale di Strugnano e Robert Turk dell’Istituto sloveno per la tutela della Natura)
W.W.F.  - Legambiente
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 dicembre 2009

 

 

Gas Natural prende casa in piazza Benco - Trovata una sede provvisoria. Lettera dei ”saggi” al ministero
 

Gas Natural prende casa a Trieste. L’assemblea straordinaria dei soci del colosso spagnolo riunita lunedì scorso ha approvato lo spostamento della sede legale in città. L’indirizzo? Piazza Benco 1.
Gas Natural Rigassificazione Italia, la società che segue il progetto dell’impianto di Zaule, si trasferirà infatti nello studio dei commercialisti Valentinicic e Porcaro (e avrà quindi come vicini anche i Bandelli boys de Un’altra Trieste). Un passaggio a cui seguirà, indicativamente tra un mese, l’inaugurazione della nuova sede operativa per la quale il gruppo di Barcellona sta definendo i dettagli. La scelta finale, assicurano dalla spa, non è stata ancora fatta, e potrebbe rientrare in corsa anche l’opzione Friulia in via Locchi.
Dell’operazione trasferimento e delle prossime mosse di Gas Natural a Trieste, parlerà oggi stesso Narciso de Carrera Roques, il direttore progetti internazionali del gruppo, atteso in città per una serie di incontri con i vari attori del territorio. Incontri che al pari dell’apertura della nuova sede legale, spiega il gruppo, «testimoniano la volontà di inserirsi a pieno titolo nel sistema imprenditoriale triestino e di entrare a far parte del ”Sistema Friuli Venezia Giulia”. Il trasferimento della sede, inoltre, rappresenta un atto di notevole importanza per le importanti ricadute economiche e fiscali a livello regionale. In base allo statuto speciale del Friuli Venezia Giuliala Regione, infatti, il gettito fiscale derivante dall’attività dell’azienda sarà versato direttamente alla Regione e agli altri enti locali».
Narciso de Carreras Roques non sarà però l’unico a parlare oggi delle strategie di Gas natural e del progetto del rigassificatore di Zaule. Dell’impianto gnl nell’area ex Esso si occuperanno infatti anche gli ambientalisti di Wwf e Legambiente che, nel corso di una conferenza stampa indetta alle 11 in via Rittmeyer, illustreranno i documenti sulla procedura di Via ottenuta dal progetto e denunceranno quelle che definiscono «irregolarità e lacune nel comportamento del ministero dell’Ambiente».
Lacune contro le quali hanno puntato il dito anche i tecnici, i docenti universitari e gli esperti che hanno partecipato nei giorni scorsi agli incontri promossi dalla Uil dei Vigili del fuoco. Le conclusioni di quel tavolo di confronto, informa il coordinatore regionale della sigla sindacale Adriano Bevilacqua, è confluito in una lettera inviata al governo e agli enti locali. In quella missiva, chiarisce Bevilaqua, sono evidenziate «serie perplessità» sulle procedure del progetto del rigassificatore di Zaule che «avrebbe ottenuto un’autorizzazioni ambientale in base ad una rappresentazione non veritiera della realtà, in palese violazione dei rigidi dispositivi normativi in matera».

(m.r.)
 

 

Piano particolareggiato, passa con 21 sì e 14 voti contrari - Il «cubone» di via Santa Giustina sarà rivisto nelle altezze. Omero: «Per Crosada, solo case di lusso»
 

Sul progetto per il centro storico si sono astenuti i Bandelli boys «Non abbiamo visto le carte»

Circa a mezzanotte di lunedì i consiglieri comunali hanno votato il Piano particolareggiato del centro storico: 21 i sì, 14 i no dell’opposizione, e 5 gli astenuti. Da chi scheda bianca? Dai «Bandelli boys», che il capogruppo di Forza Italia, Piero Camber, preferisce indicare come «banda Bandelli», e che ufficialmente si presentano come «Gruppo Sulli», e da Alessandro Minisini (Costituente di centro). Motivi diversi: «Non abbiamo potuto consultare i documenti - dicono Bruno Sulli e Salvatore Porro -, il piano è buono, ma vogliamo capire che cosa si vota». «Io - dice Minisini - non so se il Piano regolatore generale verrà adottato, anteporre quello del centro mi sembra proceduralmente sbagliato nei tempi».
Anche Fabio Omero, capogruppo Pd, ha eccepito sulla logica che interseca Prg e piano del centro storico. Può il secondo modificare il primo? Ci sono state consultazioni tecniche. Motivo della domanda: Omero disapprova il documento anche perché in zona Crosada prevede edifici residenziali «e di lusso, un modo per fare cassa», e non un completamento del progetto Urban «insediando residenze sociali, case per studenti e ricercatori, il centro sociale mai realizzato e attività artigianali e ricreative a sostegno del parco archeologico».
Omero si rifà al progetto di Alberto Cecchetto, consulente il cui lavoro è stato usato solo in piccola parte: «Nella zona di Crosada prevedeva allestimenti archeologici e in via Punta del Forno non case, ma un’area di mercato». «Questo - sottolinea Camber - non è il piano Cecchetto, ma è prodotto dagli uffici comunali, le attività che Omero chiede non hanno mercato, i fori di pianoterra restano vuoti. Ma se arriveranno osservazioni, le terremo in conto».
Un risultato l’opposizione l’ha ottenuto. Accolto dal sindaco Dipiazza l’emendamento sul «cubone» di via Santa Giustina. I parametri edilizi saranno rivisti, le altezze abbassate. Anche Roberto Sasco (Udc) ha visto accolti i suoi suggerimenti sull’obbligo di commissione paesaggistica per il decoro delle vie e per il riuso delle antiche pietre: «Avevo avvertito: d’obbligo votare pro o contro, è un documento che vale più del bilancio, ma i ”bandelliani” non hanno voluto sentire. Quanto al centro storico, ha 1 milione e 350 mila metri quadrati ma solo 17 mila abitanti: bisogna assolutamente ripopolarlo».

(g. z.)
 

 

Ok alla Ferriera per 4 anni. Via libera a Portolido - Concessione rinnovata fino al dicembre 2013. Può decollare il progetto che prevede 120 ormeggi
 

BOCCIATE LE PRESCRIZIONI AMBIENTALI PROPOSTE DAL SINDACO DI MUGGIA NESLADEK E SOSTENUTE DA FANIGLIULO (UIL)
Un altro via libera, nonostante le proteste che si susseguono da anni e l’auspicio di chiusura avanzato tra gli altri dallo stesso sindaco Roberto Dipiazza, alla Ferriera di Servola. L’ha dato ieri il Comitato portuale che, oltre ad affidare una concessione trentennale nell’area della Lanterna per la realizzazione del porto nautico di Portolido come riferiamo anche a parte, ha rinnovato alla Servola spa la licenza provvisoria per altri quattro anni: dal primo gennaio 2010 al 31 dicembre 2013. Si è trattato in realtà di un parere consultivo e non vincolante poiché per le concessioni uguali o inferiori a quattro anni è l’Authority stessa alla fine a decidere.
Va comunque rilevato che in base agli accordi politici la dismissione dell’impianto siderurgico con riconversione delle attività dovrebbe avvenire nel 2014, ma ieri una linea più ferma nei confronti della Lucchini per quanto riguarda la salvaguardia ambientale è stata bocciata. L’ha proposta il sindaco di Muggia Nerio Nesladek e l’ha sostenuta anche il sindacalista della Uiltrasporti Giampiero Fanigliulo. Entrambi alla fine della discussione si sono espressi in modo contrario al provvedimento, ma sono stati gli unici. Il Comune di Trieste invece non ha mandato alcun rappresentante in Comitato, mentre la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, ha votato in modo favorevole.
La Servola spa aveva presentato il 20 novembre istanza all’Autorità portuale dichiarando di voler proseguire la propria attività in base al proprio piano operativo e avendo effettuato notevoli investimenti sulla banchina e sulle aree retrostanti e aveva chiesto di conseguenza il rinnovo quadriennale della concessione sull’area che si estende per 342.993 metri quadrati. In base a una relazione che è stata fatta ieri dal comandante della Capitaneria di porto Antonio Basile riguardo in particolare alla dispersione in mare di carbone, Nesladek e Fanigliulo hanno chiesto che fossero allegate al provvedimento una serie di prescrizioni con l’obbligo alla Lucchini di ottemperarvi entro un termine di tempo prefissato e che venissero pianificate opportune verifiche. È prevalsa invece la linea in base alla quale è stata rinnovata la licenza e sarà ora il presidente dell’Authority a inviare per lettera alla Servola spa le prescrizioni cui attenersi.
«Il mio non è stato certo un voto per chiudere la Ferriera anche perché non sono pochi i muggesani che vi lavorano - ha spiegato il sindaco Nesladek - ma l’inquinamento della Ferriera danneggia anche il turismo a Muggia e in particolare Porto San Rocco. Bisogna fare pressione affinché la Lucchini si metta in regola». «Era più opportuno congelare il rinnovo della licenza - ha aggiunto Fanigliulo - in attesa di verificare la messa in atto delle prescrizioni, perché già più di una volta la Lucchini non ha rispettato impegni presi».
Parere, in questo caso vincolante, completamente favorevole invece da parte del Comitato portuale alla concessione per trent’anni a Italia Navigando di 17.577 metri quadrati nell’area Est del Molo Fratelli Bandiera e di uno specchio acqueo di 23.937 metri quadrati in prossimità degli stabilimenti balneari Lantera e Ausonia per la realizzazione di Portolido, un porto nautico con 120 ormeggi in parte per megayacht e anche strutture tra cui una piccola piscina e un ristorante a disposizione dell’intera collettività. L’investimento previsto è di 11.235.866 euro di cui 1.170.000 euro da contributo Cipe, 370.000 euro della Regione e 9.695.866 eurco a carico della stessa società che fa comunque riferimento al Ministero dello sviluppo economico. Il canone annuo è stato fissato in 55.553 euro fatte salve eventuali riduzioni.
SILVIO MARANZANA

 

 

Bonifiche, 250 aziende respingono l’accordo - Le categorie riunite alla Camera di commercio: «Non sono chiari i criteri per i costi»
 

Bruni della Confartigianato: «Il testo stabilisce che il danno ambientale deve essere imputato a chi ha la custodia del terreno, ma non specifica quanto si deve pagare»
«Le cambiali in bianco noi non le firmiamo. O l’accordo di programma sulle bonifiche quantificherà con esattezza i costi richiesti alle aziende per coprire il danno ambientale, o saremo costretti a chiamarci fuori». È il messaggio forte e chiaro lanciato al ministero dell’Ambiente dalle categorie economiche rappresentate nella Camera di commercio, riunite l’altra sera in conclave per definire la strategia con cui affrontare la partita della riconversione delle aree inquinate.
Dall’Ures alla Confartiginato, dai costruttori agli industriali, tutti i rappresentanti del comparto produttivo si sono detti pronti a passare alla linea dura per difendere il principio del ”chi non ha inquinato, non paga”. Una vera e propria levata di scudi che arriva a pochi giorni dal vertice romano presentato dal sottosegretario Menia come l’incontro decisivo (ne riferiamo nell’articolo a fianco ndr), e rischia quindi di far saltare il confronto sull’accordo di programma da cui dipendono la ripresa delle caratterizzazioni e la bonifica vera e propria dei terreni inseriti nel Sin.
Ma quell’accordo, secondo le categorie, al momento non può essere firmato. «Mancano delle indicazioni essenziali - spiega il presidente di Confartigianato Dario Bruni -. Il testo stabilisce che il danno ambientale dev’essere imputato a chi ha la custodia del terreno, quindi al proprietario, ma non specifica quanto le aziende saranno chiamate a pagare. È come se ci proponessero di acquistare un appartamento senza comunicarcene però il prezzo. Allo stesso modo - continua Bruni - l’accordo prevede la possibilità di differenziare le spese a seconda dei diversi processi produttivi, ma non chiarisce in base a quali criteri un’attività verrà giudicata impattante, super impattante o non impattante. Insomma firmando quest’ultima bozza di accordo (versione aggiornata il 10 dicembre scorso ndr), ci viene chiesto di fare un salto nel buio».
Salto che appunto nessuna impresa, piccola o grande che sia, al momento è disposta a compiere. Di qui la scelta di dare un mandato preciso al presidente camerale Paoletti: portare in sede di confronto con enti locali, Regione e ministero le forti perplessità delle categorie e, nel caso in cui queste non vengano adeguatamente ascoltate, togliere la firma della Cciaa dall’accordo. Una prospettiva sulla quale, per ora, Antonio Paoletti preferisce non sbilanciarsi: «Mi pronuncerò solo che la giunta camerale avrà sottoscritto il documento elaborato al termine dell’incontro dell’altra sera». Un documento dai toni duri nel quale si fa riferimento alla «grave preoccupazione per l’impostazione della bozza proposta» e in cui «si auspica che gli enti pubblici interessati vogliano ripensare i termini essenziali dell’Accordo in discussione».
Argomenti tra l’altro non troppo diversi da quelli usati finora da Assindustria che, non a caso, ha sposato la linea emersa nel vertice dell’altra sera. «In quel vertice - spiega Vittorio Pedicchio, vicepresidente degli industriali -. è emersa la consapevolezza dell’importanza di chiudere quanto prima l’accordo di programma. Non vogliamo fare i disfattisti e siamo pronti a collaborare. Ma questo non significa essere disposti ad approvare un testo che penalizzi 250 aziende, chiedendo loro di sborsare 236 dei 350 milioni richiesti complessivamente per la riqualificazione del Sin». Un principio condiviso pienamente anche da tanti altri attori, pronti a salire sulle barricate. «Che un accordo vada fatto, lo pensiamo tutti - commenta Michele Barro, presidente di Cna -. Ciò che non accettiamo invece è l’imposizione di cifre insostenibili a carico delle imprese, specie se formulate prima ancora di aver completato le caratterizzazioni e quindi in assenza di dati certi sul grado di inquinamento dei terreni».
Sarà la riunione della giunta camerale di domani, come detto, a definire i canali attraverso i quali portare avanti la protesta. Protesta che, già da adesso, incassa comunque la ”solidarietà” di altri attori coinvolti nell’operazione. «L’azione delle categorie è più che legittima - osserva il presidente di Ezit Mauro Azzarita -. Ovviamente non entro nel merito di iniziative a cui sono estraneo. Penso però che sia giusto da parte delle aziende difendere i propri interessi».
 MADDALENA REBECCA

 

 

BONIFICHE - Anche l’Ezit è entrato in gioco - Dovrà eseguire i carotaggi sulle aree delle zone inquinate
 

LE ULTIME MODIFICHE AL DOCUMENTO
È fresca di stampa l’ultima bozza dell’accordo di programma sulle bonifiche, che ha innescato nelle ultime ore le perplessità degli artigiani e degli imprenditori insediati in zona industriale. Porta la data del 10 dicembre scorso e non è né il primo né il secondo testo elaborato in materia, bensì la versione numero 13. Un dato che chiarisce, semmai ce ne fosse ancora bisogno, quanti ostacoli abbia trovato sul suo cammino l’affaire aree inquinate e quanto fatichi a decollare l’attesa soluzione.
La novità più sostanziale rispetto alla bozza prodotta nel novembre scorso, riguarda la composizione della ”squadra” incaricata di gestire la delicata partita. Accanto a Regione, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Autorità portuale e Camera di commercio (inserita in corso d’opera lo scorso mese), torna infatti ad assumere un ruolo di primo piano l’Ezit. All’Ente, si legge all’articolo 4 dell’ultima bozza, viene affidato il compito di realizzare, per conto della Regione che opera in regime di delegazione amministrativa secondo quanto previsto dalla legge 15 del 2004, «il completamento delle caratterizzazioni delle aree a terra, con l’eccezione degli arenili antistanti il territorio di Muggia». Un’indicazione che dovrebbe consentire di accelerare la ripresa delle analisi del terreno in modo da avere finalmente una percezione reale del grado di inquinamento dei terreni.
Sempre l’articolo 4, richiamando il successivo art.10, assegna poi ad Ezit il compito di eseguire la messa in sicurezza e la bonifica dei «suoli e delle acque di falda sottostanti ad aree alienate dall’ente pubblico e il cui inquinamento non sia riconducibile all’attività produttiva del soggetto attualmente titolare dell’area medesima». Il che, tradotto, significa che i privati riconosciuti non responsabili delll’inquinamento non dovranno pagare gli interventi.
Una buona notizia, apparentemente, che in realtà nasconde un’insidia precisata nelle righe immediatamente successive. Sì, perché la seconda parte del comma 13 dell’articolo 10 specifica che la singola impresa potrà beneficiare dell’intervento diretto di Ezit ad una condizione: a patto che «il soggetto titolare del dovere di custodia dell’area in questione (cioè il proprietario ndr) abbia sottoscritto l’Atto transattivo in relazione al danno ambientale». Ed è stato proprio questo ”Atto transattivo” - messo nero su bianco per la prima volta nell’ultima bozza - a innescare le perplessità delle categorie. Il testo elaborato in dicembre, infatti, per la prima volta chiarisce che tutte le imprese dovranno accollarsi i costi del danno ambientale. Danno che andrà pagato cioè anche da chi ha acquistato il proprio terreno dall’ente pubblico (ed è andata così per la quasi totalità delle 250 aziende attualmente insediate) e ha un’attività che non inquina affatto.
Quanto dovrà pagare al metro quadro, però, la bozza dell’accordo di programma non lo dice. Il testo precisa e rivede invece rispetto alla versione precedente alcune cifre relative al costo complessivo dell’operazione bonifiche e ai finanziamenti disponibili. Le risorse regionali derivanti dai fondi Fas, per esempio, non sono più 190, bensì 178 milioni di euro. Il fabbisogno finanziario complessivo (articolo 5) invece non è più di 350 milioni e 300 mila euro ma un po’ meno, 350 milioni e 130 mila euro. Non cambiano invece le ripartizioni dei costi: i due terzi della spesa (236,3 milioni) saranno a carico dei privati. Il resto lo metterà il pubblico 113,832 milioni lo metteranno ministero, Regione e Autorità portuale. Un’altra novità rispetto alla stesura precedente, infine, riguarda l’analisi del rischio, questa volta richiamata esplicitamente come possibile alternativa alla bonifica vera e propria. (m.r.)
 

 

«San Dorligo, a breve piani d’azione per l’aria» - L’ASSESSORE REPLICA A DROZINA - Sormani sulla Siot: massimo impegno nello stabilire regole
 

«Altri impegni mi hanno impedito di raccogliere il gentile invito del consigliere Drozina, ma vorrei rassicurarlo: sono bene al corrente della situazione di grande disagio cui sono sottoposti i residenti di Mattonaia e non solo loro». L'assessore all'Ambiente del Comune di San Dorligo Elisabetta Sormani replica così alle parole del capogruppo consigliare del Pdl-Udc Roberto Drozina che aveva invitato l'assessore a «prendere un caffè nella terrazza di casa sua, a Mattonaia, per poter apprezzare in prima persona l’olezzo proveniente dai vicini serbatoi dello stabilimento Siot».
«L’attenzione del gruppo politico dei Cittadini per San Dorligo per l’ambiente e per la salute della popolazione è stata e continua ad essere di primaria importanza - commenta la Sormani-. Già nella precedente Giunta, l’assessore del mio gruppo politico ha profuso il massimo impegno affinché venisse posizionata la centralina dell’Arpa a Mattonaia con il laboratorio mobile necessario per rilevare le emissioni provenienti dallo stabilimento Siot e da altre realtà presenti sul territorio».
Sormani poi evidenzia come «al Ceta, importante organismo di carattere scientifico, sia stato affidato uno studio propedeutico alla predisposizione dei Piani di azione che i Comuni devono adottare per la qualità dell’aria, per l’inquinamento acustico e per l’inquinamento luminoso, previsti dalle disposizioni comunitarie, nazionali e regionali». Tale studio è stato di recente consegnato al Comune. «Ora si dovrà procedere sul doppio binario dell'analisi delle rilevazioni delle emissioni da parte dell’Arpa e della predisposizione dei Pal», prosegue la Sormani, «azioni della massima importanza perché si riferiscono alla qualità della vita della popolazione e puntao a migliorarla».
«Mi impegnerò al massimo - chiosa la Sormani - affinché si possano, nel più breve tempo possibile, emanare i piani e stabilire delle regole che la Siot e altre realtà industriali dovranno rispettare».
Riccardo Tosques
 

 

Brioche, caffè e rose gratis contro i tagli alle coop sociali - La manifestazione ieri davanti alla sede regionale durante la discussione sulla Finanziaria
 

A manifestare in piazza Oberdan anche le associazioni ambientaliste Wwf, Legambiente e Lipu insieme ai rappresentanti dei Pachi e delle Aree protette regionali.
TRIESTE Caffè, the, brioches calde e rose rosse per le signore. Il mondo della cooperazione sociale è sceso in piazza per protestare contro i tagli nella Finanziaria regionale e lo ha fatto in maniera originale: una “colazione sociale” offerta a consiglieri, assessori e passanti davanti all’entrata del Consiglio regionale in piazza Oberdan dove ieri è iniziata la discussione della Finanziaria 2010. Il tutto con prodotti rigorosamente usciti dalle cooperative sociali del Friuli Venezia Giulia e condito dal galante dono di una rosa rossa alle donne, prima di salire al primo piano per un incontro con i capigruppo.
«Abbiamo offerto il caffè come sveglia per la politica- ironizzano Dario Parisini (Confcooperative Fvg) e Gian Luigi Bettoli (Legacoopsociali Fvg) –. Abbiamo voluto rivendicare la nostra presenza e il nostro ruolo anche economico: non gestiamo solo le situazioni ”sfigate” ma siamo un comparto da 200 aziende e 9000 lavoratori, di cui mille appartenenti a categorie disagiate”. Il mondo delle cooperative sociali hanno lamentato un taglio del 43%, pari a oltre 700mila euro, ma dopo l’incontro il capogruppo del Pdl, Daniele Galasso, ha assicurato un ulteriore stanziamento di 200 mila euro che “ammorbidiranno” i tagli inizialmente previsti.
A manifestare in piazza Oberdan anche le associazioni ambientaliste Wwf, Legambiente e Lipu insieme ai rappresentanti dei Pachi e delle Aree protette regionali. «Complessivamente il settore parchi, riserve naturali, aree protette, beni ambientali e paesaggistici, passa da 5,4 a 1,9 milioni di euro», fanno sapere in una nota.

(r. u.)
 

 

Guida alla Trieste ”eco-solidale” - CURATA DA AGNESE ERMACORA
 

Dieci città italiane da riscoprire, da vedere con altri occhi, spazi lontani dai salotti buoni che restituiscono l'anima vera della città. Nasce così ”L'Italia eco-solidale” una guida alternativa in dieci città edita da Altreconomia. Da Milano verso Roma passando per Torino, Genova, Firenze, e poi giù Napoli e Palermo per tornare al nord a Trento, Vicenza e Trieste.
Come la ”Trieste sottosopra” di Mauro Covacich così la guida propone un viaggio alternativo alla scoperta di luoghi dimenticati o di itinerari poco conosciuti. Ed ecco che si suggeriscono acquisti nelle botteghe equo solidali, una cena in un ristorante biologico, o ritrovi alternativi ai classici bar del centro, teatri indipendenti, librerie e centri culturali e di aggregazione. Un'altra faccia della città, la Trieste dei mati, per un fine settimana alternativo e rispettoso dell'ambiente e del territorio. Nella mappa triestina si intrecciano anche le attività delle associazioni, delle cooperative sociali, in città sono più di venti, e la storia di Franco Basaglia e dell'ex Ospedale psichiatrico, oggi Parco culturale di San Giovanni.
Troviamo i luoghi della Trieste multiculturale, le chiese di rito ortodosso dei serbi e dei greci e quelle dei valdesi, armeni, luterani. E poi la miriade di comunità, fino a quelle dei migranti di nuova generazione, senegalesi, libanesi e albanesi.
Le pagine sono state curate da Agnese Ermacora della redazione culturale di Radio Fragola e arricchite da un percorso, a basso costo, proposto dall'agenzia di turismo responsabile Viaggi e Miraggi. L'idea infatti è quella di avere a portata di mano non solo una guida turistica, ma anche un libro per tutti quei triestini che vogliono conoscere e partecipare attivamente alle iniziative cittadine, un modo per scoprire il consumo critico e, come spiegano gli autori, incontrare le persone che cercano di cambiare la città in meglio, difendendo la sua ”bellezza interiore” e le tradizioni più autentiche. Il volume sarà in vendita nelle librerie dal prossimo anno. Per ora, lo si può trovare nelle botteghe solidali o acquistarlo on line sul sito www.altreconomia.it/libri.
Ivana Gherbaz
 

 

SEGNALAZIONI - Clima: non paga il catastrofismo ambientale

 

Chi l'ha detto che il bombardamento mediatico sul riscaldamento globale ha reso gli italiani più sensibili ai problemi ambientali? I risultati appena diffusi di un sondaggio realizzato dall'Osservatorio Scienza e società del centro Observa smentiscono clamorosamente un'affermazione del genere. Negli ultimi due anni, la percezione che il clima della Terra si stia riscaldando si è notevolmente ridotta: i cittadini convinti dei cambiamenti climatici sono diminuiti dal 90 al 71,7 per cento. Tra gli scettici, quasi la metà ritiene che gli ambientalisti esagerino. E tra gli incerti la metà crede che gli scienziati non siano d'accordo tra loro.
Sono cifre che andrebbero meditate, ora che siamo alla stretta finale della Conferenza sul clima di Copenhagen. Perché rappresentano l'ennesima conferma che il catastrofismo ambientale non paga. Slogan tipo ”Salviamo il pianeta” o ”La Terra in pericolo” provocano alla lunga una sorta di autodifesa psicologica e dunque la rimozione dell'allarme. Oltretutto sono scientificamente falsi: la Terra, nel corso della sua storia, ha conosciuto periodi assai più caldi e concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera assai più elevate.
I problemi, semmai, riguardano l'impatto di un trend del genere su noi umani, sulla nostra vita e sulle nostre attività: ondate di calore simili a quella del 2003 che provocò migliaia di vittime in Europa; la ritirata dei ghiacciai dalle montagne; la drastica riduzione della calotta polare settentrionale (e magari anche di quella meridionale); l'aumento del livello delle acque dei mari; le migrazioni ambientali.
Quelli climatici sono infatti fenomeni a forte inerzia, che vengono da lontano e che dureranno almeno un secolo anche se oggi - per un miracolo - riuscissimo a stabilizzare le emissioni di anidride carbonica, quantomeno corresponsabili dei cambiamenti in atto. Con i quali - volenti o nolenti - dovremo dunque imparare a convivere. Era questo lo spirito con cui Rajendra Pachauri, presidente dell'Ipcc, mi parlava cinque anni fa (settembre 2004) durante un veloce pranzo a base di pesce a Grignano, in una pausa dei lavori del panel degli scienziati i cui rapporti stanno alla base del Protocollo di Kyoto. Il workshop era stato organizzato al Centro di fisica teorica da Filippo Giorgi, il climatologo che allora faceva parte del direttivo dell'Ipcc.
Pochissimo rilievo sui media ebbe quella riunione triestina dell'Ipcc: eppure rappresentava il primo passo di un lungo e complesso itinerario che nel gennaio del 2007 avrebbe portato al quarto rapporto sul clima, presentato a Parigi con incredibile battage. Tanto che alla fine di quello stesso anno Rajendra Pachauri, ingegnere ed economista, indiano di nascita e americano per cultura scientifica, sarebbe andato a Oslo a ritirare il Nobel per la pace, assegnato congiuntamente all'Ipcc e ad Al Gore.
Fabio Pagan

 

 

SEGNALAZIONI - ACEGAS - Spreco di luci

 

Sabato 12 dicembre. Come al solito quando mi alzo guardo che tempo fa. Vedo le luci di via Roma e Milano accese e piazza Libertà illuminata al completo, e sono le 8.20 del mattino. Pochi giorni fa ho telefonato per lo stesso problema, solo che le luci erano accese in tutta la città ed erano le ore 6! Quindi ho telefonato all’officina segnalazione guasti e l’addetto mi dava il numero 040/7793680 dell’ufficio competente di Acegas. La situazione, da anni, per quanto io veda, non è assolutamente cambiata; lo spreco di luci è tantissimo, le fotocellule non sono tarate. La persona che mi ha risposto era molto gentile e mi spiegava che loro cercano di fare il massimo per il risparmio energetico, ma io purtroppo non vedo nulla di cambiato. Quello che non riesco a capire e che dopo vari articoli sul Piccolo i nostri concittadini, e in special modo i nostri politici, non si accargono assolutamente di niente; non parliamo del sindaco, che in tv alla domanda di una signora sullo spreco di luci, ha risposto: «signora, c’è già uno, che rompe!», non occorre molto per capire chi è quell’uno.
Ma veniamo a oggi. Ho telefonato all’officina segnalazione guasti; mi ha risposto l’addetto di turno che mi invitava a telefonare ai suoi superiori; essendo sabato, gli chiedevo di segnalare il problema all’ufficio. Sbuffando rispondeva che io stavo da anni rompendo e prendendoli in giro, poi mi ha chiuso il telefono in faccia!
Dalla direzione vorrei una risposta. Ora l’Acegas ha mandato le istruzioni su come risparmiare la luce, ci raccomanda di mettere le lampadine a basso consumo, lo Stato fa altrettanto tramite spot televisivi, e loro non sono in condizioni di regolare le fotocellule da anni. E poi c’è un conflitto di interessi: una Società che eroga corrente, come può aver anche la manutenzione? Che si consumi in più è tutto a favore degli azionisti e a sfavore di noi cittadini. Spero che con questa mia qualcuno apra gliocchi e specialmente i miei concittadini che dovrebbero segnalare al numero verde lo spreco di luce. Un appello ai nostri politici: ogni tanto date un’occhiata alle luci, siete pagati anche per quello.
Guardo ancora fuori dalla finestra: sono le 10.20 e le luci di piazza Libertà sono ancora tutte accese e chissà per quanto. Lo spreco non è solo via Roma, Parco della Rimembranza di S. Giusto, via Milano, ecc. ma in tutta la città. L’assessore alle relazioni con l’Acegas cominci a protestare e non solo per le luci... Nettezza urbana, e altro, penso che pochi siano soddisfatti delle prestazioni dell’Acegas.
Sergio Zerial
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA WWF E LEGAMBIENTE - MARTEDI', 15 dicembre 2009

 

 

Le politiche di spesa della Regione FVG rispetto alla aree protette - La distruzione della natura nel Friuli Venezia Giulia
 

Mentre gli Stati di tutto il mondo sono riuniti per far fronte all’emergenza climatica, che vede parchi e riserve naturali rappresentare una significativa risposta alla crescita delle emissioni (ben il 15% della CO2 è stoccato nelle aree protette), e mentre sta per iniziare il 2010, anno mondiale della biodiversità, la
Regione Friuli Venezia Giulia decide di perseguire politiche in scandalosa controtendenza.
Le previsioni di spesa per il 2010 collocano infatti i trasferimenti regionali ai due parchi regionali sui 630.000 euro per il Parco delle Dolomiti Friulane (che ha potuto godere, dal 1997 al 2009, di un lieve incremento di entrate pubbliche, dal milione di euro iniziale a 1.400.000 euro circa) e sui 570.000 euro per il Parco delle
Prealpi Giulie (che nel periodo tra il 1997 e il 2009 è passato dagli iniziali 800.000 euro a 1.140.000).
Siamo quindi di fronte a un taglio del 50% compiuto su bilanci comunque esigui.
Le spese previste per il mantenimento del delicatissimo sistema dei prati stabili passano da 110.000 euro a zero.
Da 50.000 euro a zero passano anche le spese per studi e attività tecnico-faunistiche, finalizzate, tra l’altro, alla predisposizione del Piano faunistico, strumento strategico per la gestione faunistica regionale.
La stazione biologica dell’isola della Cona vede le proprie risorse falcidiate: da 100.000 a 20.000 euro.
Quanto alle risorse destinate a finanziare le Riserve naturali regionali (piani di conservazione e sviluppo, attività di gestione), ad acquisire al patrimonio regionale biotopi e altre aree di interesse naturalistico, e a svolgere attività rivolte al mantenimento e incremento della biodiversità, alla fruizione didattica del patrimonio naturalistico e alla ricerca, esse passeranno da circa 1.766.000 euro nel 2009 a 130.000 euro nel
2010!!
Complessivamente il settore parchi, riserve naturali, aree protette, beni ambientali e paesaggistici, passa da 5.392.459,39 a 1.898.526,14 euro.
Detto in altri termini: viene di fatto smantellata, con una contrazione dell’80% dello stanziamento, la rete di tutela ambientale presente in Friuli Venezia Giulia, già sottodimensionata rispetto alla media nazionale nonostante il fatto che la Regione sia caratterizzata per un verso da modesta pressione antropica e dall’altro da eccezionale biodiversità.
Con ciò viene preclusa ogni possibilità di riorientare nella direzione della sostenibilità attività economiche quali l’agricoltura e il turismo, con pesanti ricadute anche occupazionali; si pensi al decennale lavoro di promozione delle strutture espositive e didattiche a livello europeo: i centri visite, che dovrebbero richiamare turisti e mettere in moto l'economia locale, dovranno ora essere chiusi!
Se non bastasse, la Giunta ha azzerato la vigilanza ambientale sull’intero territorio bloccando l’assunzione di guardie forestali abilitate da un recente concorso pubblico regionale, omettendo di costituire il previsto corpo unico di vigilanza ambientale e addirittura equiparando ruolo, formazione e compiti delle guardie faunistiche e venatorie dipendenti delle Province a quelli dei vigili urbani.
Associazioni ambientaliste, operatori del settore, naturalisti sono stanchi di vedere i risparmi di bilancio attuati sempre a spese della tutela della natura e della difesa del territorio, il settore già di gran lunga e senza paragone il meno finanziato dalla Regione.
E sono stanchi di vedere che, all’inverso, settori che contribuiscono oggettivamente alla devastazione ambientale, come ad esempio quello delle infrastrutture viarie e quello delle stazioni sciistiche, riescono a fruire, sempre, di stanziamenti colossali.
In tutto questo c’è qualcosa di vetusto e, senza offesa, di culturalmente mediocre.

 

 

Niente fondi, parco Falesie a rischio - I VERDI LANCIANO L’ALLARME SUI TAGLI DELLA REGIONE

Rozza: dopo tanti ritardi sono stati ridotti del 50% i finanziamenti

DUINO AURISINA Fondi a rischio per la riserva delle Falesie di Duino Aurisina: scatta la protesta delle associazioni ambientaliste e dell’opposizione. «Quello che la Regione sta per infliggere al sistema regionale delle aree protette è un vero e proprio colpo mortale – osserva Maurizio Rozza, consigliere dei Verdi -. Salvo ripensamenti dell’assemblea consiliare, i finanziamenti destinati ai parchi regionali subiranno un taglio del 50% e ancora peggio andrà alle 12 riserve naturali regionali, tra le quali appunto quella delle Falesie di Duino, a cui verranno assegnate complessivamente 130mila euro, ovvero in media 10mila euro a ognuna». Gli ambientalisti, in una nota, osservano infatti che «mentre gli stati di tutto il mondo sono riuniti per far fronte all’emergenza climatica, la quale vede parchi e riserve naturali rappresentare una significativa risposta alla crescita delle emissioni (ben il 15% del CO2 è stoccato nelle aree protette) la Regione decide di perseguire politiche in scandalosa controtendenza».
«Le previsioni di spesa per il 2010 – commenta la Lipu - collocano i trasferimenti ai due parchi regionali delle Dolomiti Friulane e delle Prealpi Giulia rispettivamente nella fascia di 630mila e 570mila euro, con un taglio del 50% su bilanci passati comunque esigui». La situazione si ripercuote negativamente, stando ai Verdi, anche per quanto concerne la gestione della Riserva delle Falesie. «La situazione – sottolinea Rozza - ha in questo caso dell’ironico: nel 1971 la legge 442 ha istituito qui e in altre zone del Carso le prime riserve naturali d’Italia. Ma l’organo gestore che avrebbe avuto il compito di proteggere l’area, non fu mai designato e così la riserva fu progressivamente erosa dagli insediamenti circostanti. Formalmente nel 1996, con la legge regionale 42, il Fvg istituì nella medesima area la riserva delle Falesie di Duino, ma ancora una volta sulla carta. Solo adesso il Comune si stava accingendo a completare gli atti di gestione dell’area. Ma il taglio dei finanziamenti regionali renderà tale passaggio impossibile». (t.c.)
 

 

Slovenia, Krsko 2 sarà operativa nel 2020 - Il costo previsto è di 3,5 fino a 5,5 miliardi di euro. Tondo rilancia: «L’Enel sia della partita»
 

TRIESTE Il settore dell’energia è in grande movimento in Slovenia. Sul versante dell’energia pulita, ad esempio, ci sono già operative sul mercato numerose aziende tedesche che stanno lavorando sul territorio. In un quadro macroeconomico più ampio il «gioiello» che Lubiana vorrebbe far diventare operativo nel 2020 è il raddoppio della centrale nucleare di Krsko, la cosiddetta Krsko 2, meglio nota in Slovenia come Nek2.
Per Lubiana, come sostengono fonti diplomatiche, Krsko 2 è un’occasione impredibile per rilanciare lo sviluppo industriale e farlo rimanere stabile in futuro, per la tutela dell’ambiente e per essere meno dipendenti dall’estero per quanto riguarda l’approvvigionamento elettrico. Ovviamente al progetto manca ancora la decisione del governo e il consenso popolare, fattore indiscutibilmente da non sottovalutare. Ma c’è di più, solo con l’energia prodotta dagli impianti termoelettrici o quelli che forniscono energia verde alternativa non è possibile più in Slovenia colmare il gap tra l’elettricità importata e quella venduta all’estero. Insomma serve un immediato rilancio per non diventare troppo esterodipendenti.
I progetti e le fasi inziali per predisporre l’impianto Krsko 2 sono già in via di perfezionamento da parte della società ”Gen Energij”. Sono già state fatte numerose analisi. Ora si attende solo la decisione governativa. Se questa, come si dà per scontato, sarà positiva la firma della nascita della seconda centrale in calce ai progetti sarà posta tra il 2011 e il 2013, mentre la costruzione vera e proprio è prevista per il 2015. L’inizio della produzione, come detto, nel 2020.
Grande attenzione viene riposta nella sicurezza dell’impianto e nella realizzazione di elettricità decisamente concorrenziale nel prezzo. Se si opterà per una Krsko 2 da 1.100 megawatt il costo sarà attorno ai 3,5 miliardi di euro. Se invece si dovesse scegliere un impianto da 1.600 megawatt il prezzo lieviterebbe a 5,5 miliardi di euro. Anche se in giro circolano voci di costi ancora più elevati. Il reattore potrebbe essere un Westinghouse, un Areve o un Mitshubishi.
La ”Gen Enerij” è pronta, assieme ai suoi soci, a sovvenzionare Krsko 2 dal 30 al 40 per cento. Il resto giungerebbe da prestiti e dall’emissione di obbligazioni. Il nuovo impianto avrà una durata di 60 anni con la possibilità di rinnovarlo per altri venti. Quindi appare chiaro che know-how e investimenti esteri sarebbero non solo i benvenuti, ma assolutamente necessari per portare a termine l’opera. E qui si inserisce la cosiddetta ”opzione” italiana. Dal gennaio 2007 (a lanciare l’idea fu l’allora ministro degli Esteri Massimo D’Alema in un suo incontro a Lubiana) si parla di un interesse dell’Enel a entrare a far parte del progetto. Interesse ribadito qualche settimana fa dallo stesso ministro degli Esteri, Franco Frattini, al summit interministeriale italo-sloveno di Brdo pri Kranju, con la parte slovena che dimostrava un’assoluta apertura ad ascoltare le eventuali offerte dell’Enel. Idea questa, perlatro molto cara al governatore del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, che non più tardi di ieri a Mestre, ha rinnovato l’idea di una concreta e importante partecipazione italiana nella realizzazione e nella gestione di Krsko 2.
Infine, al nucleare, è molto interessata anche la Serbia che ha già trovato nella Russia un partner altrettanto interessato a fornire la tecnologia necessaria.
MAURO MANZIN

 

 

Cherso, i cinghiali fanno strage di ovini - Nonostante ne vengano abbattuti quasi 300 l’anno. Allevatori infuriati
 

CHERSO Ogni anno ne vengono uccisi a centinaia, in media più di 300, ma i cinghiali continuano ad essere il peggiore degli incubi per gli allevatori di ovini a Cherso. Va subito rilevato che i cinghiali sono una specie alloctona nell’isola quarnerina, dove erano stati introdotti a metà degli anni 80 per dare sviluppo al turismo venatorio.
Una mossa incauta, anche se nei primi tempi tutto era filato via liscio e senza nessun problema. I primi guai si erano avuti una decina di anni fa, con gli irsuti animali che avevano sfondato le reti di recinzione delle zone venatorie, dando subito grattacapi ai proprietari di pecore e agnelli, con quest’ultimi sbranati senza pietà. Inizialmente, gli esperti e l’opinione pubblica non volevano credere che i cinghiali banchettassero con carne ovina, ma poi – prova dopo prova – si è accertato in modo inequivocabile che gli agnelli sono in cima alla lista dei desideri mangerecci dei maiali selvatici. Da allora le proteste degli allevatori chersini si sono susseguite in serie, con petizioni, blocchi del ponte di Veglia, proteste a Fiume, missive inviate a Zagabria, ai competenti ministeri. E’ stata così emendata la legge sulla Caccia, che permette durante tutto l’ anno di abbattere la selvaggina alloctona presente nell’ area insulare, ma i risultati sono alquanto modesti. Dapprima le scorribande dei cinghiali riguardavano la zona di Tramontana, ossia la parte settentrionale di Cherso, ma da diverso tempo gli animali – decidendo di allargare gli orizzonti di caccia – si sono calati giù a Sud, causando gravi danni nei pascoli di Ustrine e Belej. Dalla fine dell’estate ad oggi, all’allevatore Pierino Jurjako di Belej sono state divorate una trentina di pecore. Sì, perché i cinghiali non si accontentano più degli agnelli, ma attaccano anche le pecore, combinando disastri. Il loro passaggio crea danni ad un settore plurisecolare e profondamente radicato nei costumi dell’isola, incidendo anche sul paesaggio. Parecchi infatti i muretti a secco, tipici del paesaggio chersino, che vengono buttati giù durante le scorrerie dei cinghiali, i quali si accaniscono naturalmente anche sulla vegetazione. I proprietari delle greggi vengono sì rimborsati per ogni capo perduto, pagamenti che spettano al concessionario delle zone di caccia, ma ciascuno di essi ha già fatto sapere che non gli interessa tanto l’indennizzo, quanto l’eliminazione definitiva di questi animali alloctoni. La presenza a Cherso dei cinghiali è frutto della dabbenaggine umana, di coloro che un paio di decenni fa non pensarono (o forse sì) a quali rischi stessero per sottoporre l’habitat chersino. L’ovinicoltura è insomma in pericolo a Cherso e molti allevatori hanno già smesso o pensano seriamente di farlo, impossibilitati ad avere un’attività remunerativa. Una tradizione che si perde nella notte dei tempi, simbolo dell’isola, rischia purtroppo di scomparire per sempre, con gravissime ricadute anche su turismo e settore ristorativo. A meno che comune, regione e stato sappiano individuare una soluzione efficace, che possa sradicare il deleterio, pauroso gironzolare di questi animali con le zanne.

(a.m.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 14 dicembre 2009

 

 

Nel buco della cava Faccanoni un bioparco nel giro di 10 anni - Costerà 8 milioni più Iva. Dipiazza: «Un’area favolosa»
 

IL PROGETTO DEL COMUNE
Ci vorranno circa dieci anni di lavori, minuziosamente contingentati, e otto milioni più Iva, tra investimenti di start-up, costi di gestione e di chiusura. Ma sulla carta, con un pieno di ecofondi regionali, nazionali ed europei, sarà una partita redditizia per il soggetto gestore e pure per il soggetto responsabile, cioè il Comune. In minima parte, per quest’ultimo, in realtà. Il ”guadagno” vero, in effetti, non si conterà in bigliettoni. Ma nel recupero, pieno, di natura e paesaggio. Con l’impianto progressivo - via via che si formerà un gradone di terra sopra l’altro - di alberi, arbusti, esemplari di sottobosco nostrani che diventeranno una casa in più per gli animali selvatici del Carso, dai caprioli ai cinghiali. E con la realizzazione - alla fine - di appositi percorsi panoramici sul Golfo per triestini e turisti, dall’incrocio tra Strada per Basovizza e Strada per Opicina fino al vecchio castelliere del Monte calvo, circa 250 metri più sopra. Un ”bioparchetto”, una riserva insomma. Ma dove tutto questo? Nel tratto di crinale più martoriato, al secolo Cava Faccanoni. Un buco nel verde talmente grande - da 300 metri di larghezza per 150 d’altezza - che funge spesso da riferimento per chi va per mare. Ebbene, come annunciato nei mesi scorsi, il buco che un tempo veniva sempre più svuotato tornerà presto ad essere riempito di terra e roccia, diventando così area di smaltimento di materiale inerte (non quello inquinato, però) proveniente dai diversi cantieri del territorio triestino. Un primo assaggio da seicentomila metri cubi di ”ripopolamento” è coinciso con gli scarti delle escavazioni per fare le vicine gallerie Cattinara-Padriciano della nuova Grande viabilità. Ma non basta.
IL PROGETTO Il riempimento, ideale s’intende, prevede un altro milione e mezzo di metri cubi, pari a due milioni e 225mila tonnellate: ipotizzando un trasferimento da cantieri provinciali alla Cava di 900 tonnellate al giorno, per 250 giornate lavorative all’anno, ecco che viene fuori il decennio di cui si diceva. Un piano fattibile «senza particolari diffficoltà considerate le forti e crescenti richieste di allocazione di materiali inerti che vengono espresse nel bacino di riferimento della Cava». È quanto si legge all’interno del progetto di «rinaturalizzazione morfologica e naturalistica della dimessa Cava Faccanoni» di cui è responsabile il servizio Coordinamento amministrativo e Project financing che fa capo al dirigente comunale Walter Toniati e, a livello politico, a Roberto Dipiazza in quanto assessore ai Lavori pubblici.
LA VISITA È stato il sindaco in persona infatti, nei giorni scorsi, a ripetere il sopralluogo fatto a fine estate. Stesso entusiasmo. Stesso convincimento. «È un posto straordinario, che vista si godrà da lassù, fino alla vedetta. E in più si farà rivivere un’area naturalistica enorme». Il fatto è che Dipiazza, stavolta, si è portato dietro gli uomini della Regione. Gli stessi chiamati adesso a esaminare il progetto nel suo insieme - spedito appunto dal Municipio in Regione - nell’ottica di possibili finanziamenti, a cominciare dal direttore centrale delle Risorse agricole, naturali e forestali Luca Bulfone. Uno dei due interlocutori determinanti. L’altro è Roberto Menia, il sottosegretario all’Ambiente.
TEMPI E SOLDI Il progetto di «rinaturalizzazione», a tale proposito, fissa la road map - entro marzo 2010 lo svolgimento delle procedure di gara, entro settembre l’assegnazione del progetto, la predisposizione dell’impianto e l’avvio, entro il 2020 la gestione a pieno regime - e pure i soldi da mettere sul piatto, contando anche l’Iva, nel prospetto di massima decennale: 5 milioni e 316mila euro per l’avvio dell’attività, due milioni e 910mila per la gestione nei dieci anni, un milione e 480mila per la chiusura dell’attività di rinaturalizzazione. Una bella cifra. A questo punto, però, recita il piano economico finanziario, entra in scena il «contributo di rinaturalizzazione» legato ai fondi, previsto a 8,17 euro a tonnellata. Risultato, «ricavi di gestione» e un Comune che, nel suo ruolo di regista e responsabile, «può chiedere un contributo percentuale pari al 12% senza inficiare l’equilibrio del rendiconto finanziario dell’operazione», vicino a «200mila euro annui relativamente al primo anno di attività». «Il progetto - è la conclusione - si presenta pertanto di notevole interesse consentendo di perseguire in modo economicamente sostenibile molteplici benefici: soddisfazione economica dell’investitore, introito per il Comune, rinaturalizzazione di un’area strategica sotto il profilo paesistico per la città».
PIERO RAUBER

 

 

SEGNALAZIONI - «Trieste potrebbe insegnare molto sul ”valore” della decrescita»
 

«Nel 1901 il Consiglio industriale dell’Impero autorizzò la costruzione della seconda congiunzione ferroviaria, la cosiddetta linea dei Tauri o Transalpina...» (Elio Apih, Trieste, Laterza 1988). Si trattava di 414 km con 43 gallerie. Furono impiegati 70.000 operai. Nel 1909 l’opera era conclusa.
I tempi di realizzazione, per i ritmi dello sviluppo industriale di allora, erano fantastici. La ferrovia costituì un vero e proprio volano per il decollo industriale della città, basato sulla cantieristica e sulla lavorazione delle materie prime importate via mare, commercializzabili attraverso il porto. C'è di che riflettere rispetto al progetto della Tav che oggi si vorrebbe realizzare.
Oggi i tempi di realizzazione sono immensamente più lunghi rispetto a un’economia tumultuosa che pratica logiche completamente diverse da quelle di cent’anni fa. Occorre essere economisti di vaglia per capirlo? Oggi le imprese delocalizzano, oggi i centri si spostano: la direzione da una parte, la produzione in capo al mondo; oggi la domanda muta continuamente e muta forma e modi; oggi la rete brucia le idee e le tappe e una zona di scarsissimo interesse può diventare il centro del mondo per poi sparire dopo pochi anni. A sapere interpretare l’economia bisogna essere visionari.
La logica che continua ad ispirare la nostra classe dirigente è invece ancora quella ottocentesca della ferrovia Transalpina. L’idea di progresso e sviluppo implica la prevedibilità, implica la prefigurazione di tempi e modi nonché degli obiettivi a lungo e medio termine. Lasciamo stare il lungo perché oggi anche il medio termine è letteralmente polverizzato. La prevedibilità? Come insegna l'ultima crisi, è un’arma spuntata. Il capitalismo oggi cresce e si sviluppa con la velocità imprevedibile di una metastasi. Programmare il futuro, come intende la nostra classe dirigente, è velleitario, piuttosto serve come armamentario per tirare la morale pubblica. Promettere sviluppo, crescita, occupazione, modernità a tutti i costi: non c'è differenza tra destra e sinistra in questa rincorsa.
L’unica cosa sulla quale ha senso lavorare è invece tirarsi fuori, rallentamento intelligente e plastico. Non è un proposito bizzarro: c’è una letteratura in campo. La scuola è quella della «decrescita» di Serge Latouche, di Georgerin Roegen, di Ralf Steppacher. Certo, molte affermazioni possono sembrare folli, appunto visionarie, ma la «decrescita» non ha nulla a che fare con l’abbandono della crescita tout court, ha che fare con una ponderata gestione della mutevolezza continua e con il contenimento dell’imprevisto nel rispetto della biosfera. Valorizzare quello che abbiamo, subito, adesso, non domani. Proiezioni corte e volte a conservare l'esistente e a migliorarlo per com’è. L’idea del non sviluppo, del fermarsi per andare avanti, del marginalizzarsi per tornare al centro, sfugge alla logica economicistica, fatta di tabelle e di cause ed effetti.
Trieste è una città che è stata già lungamente in decrescita. Io credo che potrebbe insegnare molte cose sotto questo punto di vista.
Marco Coslovich
 

 

SEGNALAZIONI - Parco del Mare
 

Strano, e contrario alla sua tesi, il paragone che il presidente del Gruppo giovani Imprenditori usa nella replica alla mia lettera, dove rimarcavo che, prima di ipotizzare un Parco del Mare a Trieste, andrebbero risolte le carenze infrastrutturali esistenti, compreso il grave problema dei parcheggi. Scrive infatti Andrea Gelfi che affrontare innanzitutto queste questioni «equivarrebbe a voler costruire un autogrill in attesa che arrivi l’autostrada». Appare chiaro a chiunque legga che «l’autogrill» del paragone corrisponde al Parco del Mare, mentre «l’autostrada» ovviamente sta per le infrastrutture di collegamento. Quindi è proprio Gelfi a proporre di costruire il Parco del Mare anche se non ci sono ancora collegamenti sufficienti: cioè l’autogrill prima dell’autostrada. A meno che non si voglia considerare «autostrada» l’attuale A4, cioè quel serpentone di camion che condanna gli automobilisti a interminabili code sotto il solleone. Può essere vero che un’attrazione turistica contribuirebbe nel tempo ad aumentare i collegamenti, ma è sicuramente anche vero che, fino ad allora, i visitatori sarebbero scoraggiati dalla disastrosa situazione attuale (treni, aerei e strade del tutto insufficienti): il classico serpente che si morde la coda.
Quanto alla grande opportunità di sviluppo per la città e di garanzia di occupazione per i giovani, Gelfi si legga i resoconti sconfortanti sulla crisi dei maggiori acquari italiani, contenuti nel dossier fornito dall’Enpa sul sito www.enpa.it, dove uno studio corredato da grafici analizza le difficoltà economiche in cui versano queste strutture a causa degli enormi costi di gestione.
Perché mai a Trieste si vive solo di futuribili e fantasiosi progetti e si distruggono le poche iniziative che potrebbero funzionare? Basti pensare alla soppressione del Fest, unica manifestazione che stava facendo circolare il nome di Trieste a livello internazionale (seguita addirittura da un collegamento diretto su Rai Tre Scienza). Manifestazione che stava portando e avrebbe portato in città un turismo di qualità, sfruttando una risorsa già a disposizione: quella «cittadella della scienza» che tutti ci invidiano ma spesso sottovalutata dai triestini. In realtà manca una promozione a largo raggio della specificità storico-culturale di Trieste e delle sue bellezze naturalistiche, senza aver bisogno di cimentarsi in un’impresa a rischio come quella di un acquario.
Perciò mi auguro che i giovani imprenditori abbiano delle «idee innovative» un po’ meno condizionate da sparate di stampo pre-elettorale e da progetti che resteranno probabilmente a livello di plastico illustrativo, come quello esposto trionfalmente per mesi alla Camera di Commercio. Se già allora si fosse valutata un po’ più seriamente l’operazione Parco del Mare, ci si sarebbe accorti che il sito del mercato ortofrutticolo a Campo Marzio non era neppure tutto del Comune.
Giorgetta Dorfles - (per il Comitato in difesa delle Rive)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 13 dicembre 2009

 

 

Prestigiacomo: «Il nostro Paese vuole accelerare» - «Martedì una proposta danese. Anche nel 2010 detrazioni del 55% sull’efficienza energetica»
 

COPENHAGEN L'Italia spinge il piede sull'acceleratore dei negoziati al 15.o vertice Onu sul clima in corso a Copenhagen. Per il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, serve imprimere un'accelerazione.
Il quadro, ha detto, incontrando i giornalisti nella sede della delegazione italiana al Bella Center al termine della riunione informale del pomeriggio in cui è stato fotografato lo stato dei lavori, «non è molto progredito rispetto alla partenza. La situazione non è negativa ma non c'è ancora chiarezza e gli impegni sono ancora troppo generici».
Il ministro ha sottolineato che l'Italia lavorerà per un'accelerazione della trattativa. «Bisogna lasciare aperti solo pochi e chiarissimi punti». E già martedì, ha annunciato Prestigiacomo, potrebbe esserci «una nuova proposta della presidenza danese». Da ora in poi, infatti, ha riferito il titolare dell'ambiente, ci saranno una serie di consultazioni informali e bilaterali. «Noi come Ue abbiamo le carte in regola - ha detto - abbiamo dato il via libera a un congruo finanziamento e siamo pronti ad assumere impegni vincolanti». Anche per il 2010 le detrazioni del 55% sull'efficienza energetica ci saranno. Lo ha detto il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, rispondendo ai giornalisti a margine di un incontro organizzato a Copenhagen per il vertice Onu sul clima. «Per il 2010 - ha detto il ministro - è confermata nella Finanziaria la detrazione del 55%». Per il ministro uno dei punti di incontro tra le posizioni potrebbe essere la governance del finanziamento in modo che i paesi sviluppati possano seguire la finalità degli interventi.
A livello Ue, ha riferito però Prestigiacomo, la posizione Usa viene considerata «ancora insufficiente».
I giorni sono pochi. Sul tavolo duri negoziati soprattutto sul Protocollo di Kyoto che in molti ora vorrebbero 'impallinarè ma non i paesi vittime dei cambiamenti climatici che, guidati da Cina e India, ma anche Brasile e Sudafrica, non sono disposti a negoziare il Trattato salva-clima che scade a fine 2012 e che assicura loro risorse economiche. Da qui la loro 'marcià negoziale per prorogarlo distintamente dal ramo parallelo della Convenzione Onu sotto cui ricadono anche gli Usa.
Ma in molti, a metà strada del vertice che si è aperto il 7 dicembre scorso e si chiuderà venerdì 18, sono convinti che, nonostante tutte le difficili manovre che attendono i ministri, si riesca a portare a casa un risultato.
Primi tra gli ottimisti i francesi secondo i quali i negoziati sul clima alla conferenza Onu di Copenhagen si «annunciano molto difficili» ma un accordo dovrebbe comunque essere raggiunto nella notte del 18 dicembre, in occasione del summit conclusivo dei capi di Stato e di governo, ha pronosticato Jean-David Levitte, consigliere diplomatico e sherpa del presidente francese, Nicolas Sarkozy. Oggi pausa di riflessione. Il Bella Center domenica chiude. Da domani sarà di nuovo battaglia.
 

 

Piano particolareggiato, rispunta il «cubone» - SDEGNO E AMAREZZA NEL COMITATO DI VIA BELPOGGIO, RAFFICA DI LETTERE AI CONSIGLIERI COMUNALI
 

Marina Spaccini: «È inaccettabile che lo sgambetto venga dall’amministrazione comunale»
Sdegno. Si è ristretta in una parola la reazione dei cittadini del «comitato anti-cubone» di via Santa Giustina quando hanno saputo - secretazioni permettendo - che il combattuto progetto edilizio sul retro di via Belpoggio, per il quale hanno già vinto due battaglie al Tar e ottenuto una modifica urbanistica che ha reinserito il blocco nel «centro storico» da cui era stato enucleato nel nuovo piano regolatore, col piano particolareggiato del centro storico stesso torna nel piatto tale e quale.
Morale. «Difendersi da costruttori e interessi privati fa parte della vita, ma che lo sgambetto venga da un’amministrazione comunale è inaccettabile» afferma la presidente del comitato, la dottoressa Marina Spaccini, che annuncia «stato di agitazione» e una raffica di lettere a tutti i consiglieri comunali. «È un fatto morale - rafforza Piero Sardos Albertini tra i fondatori del nucleo di protesta - che crea grande sconcerto, siamo indignati e scandalizzati».
Metri. Progettata dall’architetto Lorenzo Gasperini, già sindaco di Muggia per il Pdl, la serie di tre edifici è contestata come inaccettabile «cementificazione». I cittadini hanno ottenuto, su proposta dell’opposizione, che l’area fosse reinserita nel centro storico e con questo speravano di aver ottenuto un progetto, perfino «partecipato», di minore impatto. Il piano del centro storico invece riporta una scheda dove le tre case hanno altezza di 15 metri, come prima. Una discordanza tecnica tra documenti? Roberto Sasco, presidente della commissione urbanistica: «No, centro storico non significa inedificabilità, solo essere vincolati a prescrizioni costruttive. Ogni altra cosa va affidata alle osservazioni dei cittadini».
In aula. Si ricomincia dunque daccapo, ma intanto il piano del centro storico va già domani in consiglio comunale con l’intenzione - dice Sasco - di arrivare all’adozione subito, lavorando in aula fino a esaurimento, anche perché per lunedì 21 è pronto un nuovo calendario: Silos, park San Giusto e ampliamenti all’Itis. Poi è Natale e si chiude.
Posti auto. Ma se questo cosiddetto «cubone» ha già una sua potente storia alle spalle, nuove questioni si affacciano, da parte della stessa maggioranza e dell’opposizione. Fabio Omero (Pd) osserva: «In commissione ho espresso meraviglia per la scomparsa del Parco del mare, nonostante i 2300 posti auto necessari se il progetto decollasse. Già il Piano regolatore indicava solo genericamente che tali parcheggi andranno realizzati entro una distanza massima di 500 metri di raggio dall’ambito, ovvero all’interno di un’area che comprende all’incirca piazza Unità, villa Necker, Mercato ortofrutticolo. E 2300 posti auto equivalgono a 56 mila metri quadrati - scrive Omero - qualcosa come otto campi di calcio: da qualche parte andranno pur previsti.
Idee 2006. «Inoltre - aggiunge - i percorsi pedonali e le pavimentazioni di pregio sono ripresi pari pari dal testo dell’architetto Alberto Cecchetto del 2006: per questo non comprendono il ponte di vetro sul Ponterosso, ma nemmeno la pedonalizzazione di via Cassa di Risparmio e di piazza della Borsa».
Pietre. La maggioranza su proposta di Sasco porta due richieste di emendamento: «Nel caso di rimozione di pavimentazioni in masegno o altre pietre originali, essere devono essere recuperate e riutilizzate nello stesso sito, o comunque nel centro storico; tutti gli elementi di arredo, dalle panchine alla fioriere, così come i
GABRIELLA ZIANI

 

 

Terreni non più edificabili? Niente Ici - CONSEGUENZE DEL NUOVO PIANO REGOLATORE «SENZA CEMENTO»
 

Per la perdita di valore commerciale. Ma il proprietario deve segnalarlo
Qualcuno lo sa bene, ed è già andato a sistemare le cose. Qualcuno lo scoprirà. Per i terreni privati marcati come «edificabili» che il Piano regolatore ha trasformato in «non edificabili» non bisogna più pagare l’Ici, o pagare una cifra diversa, talora piccolissima.
L’annullamento dell’imposta scatta dal momento dell’adozione del documento urbanistico, senza aspettare l’approvazione finale e il sì definitivo della Regione, e quindi la sua traformazione in legge.
«Il motivo è semplice - spiega Paolo Cavazzoni, direttore dell’agenzia di riscossioni comunali Esatto -, i terreni pagano l’Ici non secondo un valore catastale, come le case, ma secondo il prezzo commerciale dettato dal mercato: anche la sola previsione che un terreno edificabile sia destinato a diventare non edificabile ne fa crollare il prezzo di fronte a qualunque acquirente, addirittura potrebbe esserci nessun acquirente, rendendo perciò pari a zero il valore di quella proprietà, e dunque l’Ici non è più dovuta, oppure lo è nella misura del nuovo valore della particella, che ciascun proprietario può farsi certificare anche da un perito».
Ma il bello è che il cittadino ieri in possesso di un valore e oggi di nessuno deve farsi parte attiva, e cioé andare a chiedere di persona che il bollettino Ici non gli sia più inviato, oppure venga aggiornato, altrimenti il Comune continua a riscuotere come prima. Viceversa, se un terreno acquisisce lo status di «edificabile» e dunque il suo valore schizza in alto, gli uffici comunali ne danno immediata comunicazione a Esatto, e l’Ici scatta d’ufficio.
Dunque l’operazione Piano regolatore «che non cementifica» e che toglie edificabilità soprattutto in Carso, una scelta politica di cui l’amministrazione Dipiazza e Dipiazza in prima persona si sono sempre detti orgogliosi per il bene della città, avrà ripercussioni sulle casse del Comune stesso. «Io non credo di molto» dice prudente Cavazzoni.
Ma Marco Milcovich, il presidente della circoscrizione di Altipiano Est che ha fieramente avversato le scelte del Piano regolatore (soprattutto, come altri, sostenendo che veniva violato il diritto delle famiglie a disporre di un terreno per edificazioni a uso di contiguità familiare) afferma di aver fatto i conti: «Solo in Carso - dice - è stata sottratta edificabilità a 535 mila metri quadrati di terreno».
Se poi il Piano regolatore, ipotesi remota ma tecnicamente non impossibile, venisse stravolto nei suoi principi fondamentali, oppure se i cittadini firmatari di osservazioni e opposizioni vedessero accolte le proprie richieste di revoca dei provvedimenti urbanistici e riavessero l’edificabilità, l’Ici sarebbe automaticamente ripristinata. «Il terreno più grande che ha perso attualmente valore in questo senso - spiega ancora Cavazzoni - è l’Area di ricerca, per il resto sono tutte particelle piccole».
Un cittadino racconta di aver già fatto la pratica a Esatto, di corsa: «Ero arrabbiato tempo fa perché il mio terreno, edificabile, in realtà non era costruibile a causa delle misure, chiesi l’abbattimento dell’Ici: non era possibile. Adesso invece me l’hanno reso agricolo, il sindaco mi ha penalizzato, e io mi sono sganciato dall’imposta immediatamente».

(g. z.)
 

 

Treni, rincari dei biglietti fino al 17% - Attivo da oggi il nuovo orario ferroviario Il Fvg salvato dopo una spesa di 3 milioni
 

Balzo delle tariffe per la seconda classe. I collegamenti con Milano scendono da 13 a 11
TRIESTE Sono un po' di meno, viaggiano più veloci e costano di più. E' la sintesi dei collegamenti ferroviari da Trieste direzione Milano e Roma fissati nel nuovo orario di Trenitalia, attivo da oggi. I mezzi ad alta velocità da Mestre verso le due maggiori città italiane determinano un adeguamento dei prezzi dei biglietti, incrementati mediamente del 10%. Il ritocco all'insù colpisce soprattutto la seconda classe: gli aumenti arrivano fino al 17%.
LA TRATTATIVA E' stata una partita faticosa per la Regione: nella prima bozza del nuovo orario i diretti dal Friuli Venezia Giulia per Milano e Roma non c'erano. Cancellati. L'assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi si è incontrato più volte con Mauro Moretti, ad di Fs. La giunta ha pure partecipato alle spese con 3 milioni di euro. E, alla fine, i diretti su Milano ci sono e i treni per Roma vanno più veloci. «Ci siamo assunti un impegno e lo abbiamo mantenuto - commenta Riccardi -, sono senz'altro soddisfatto. I 3 milioni? Uno strumento di emergenza in uno sforzo congiunto con Trenitalia. Quanto al futuro, il servizio migliorerà nella misura in cui migliorerà il sistema del trasporto pubblico locale che contiamo di riuscire a rendere di anno in anno più qualitativo».
MENO TRENI Tutto bene? Non proprio. Innanzitutto il numero dei collegamenti. Se rimangono inalterati i trenta Trieste-Mestre quotidiani (purtroppo anche nei tempi di percorrenza) e le partenze da Trieste verso Roma (14), diminuiscono (da 13 a 11) le possibilità giornaliere di andare a Milano. La novità del diretto Frecciabianca delle 9.38 costa la diminuzione della frequenza mattutina. Dalle 4.30 alle 11.44 partivano fino a ieri 7 Trieste-Milano, ora solo 5.
IL RITOCCO DEL BIGLIETTO Meno treni su Milano e un po' più cari. Alta velocità, alti prezzi. Il diretto (ai "vecchi" delle 6.35 e delle 17.02 si aggiunge quello delle 9.38) costa 59,50 euro in prima classe e 44 in seconda, aumenti del 10,8% e del 10,3% senza sostanziali risparmi di tempo: ci si continua a mettere circa 4 ore e 20 minuti. Biglietto ritoccato anche per le altre tratte su Milano (in media dell'8%) e per quelle su Roma: tra il +4,6% e il +6,1% la prima classe e tra il +16% e +17% la seconda.
I TEMPI L'Eurostar per Roma delle 7.49 impiegava 6 ore e 21 minuti. Ed era la soluzione più veloce. Da oggi, almeno al mattino eccezion fatta per la partenza delle 7.04, si va sotto le 6 ore. Il treno in partenza alle 6.35 porta nella capitale in 5 ore e 38 minuti (fino a ieri erano 6 ore e 35 minuti), quello delle 9.38 in 5 ore e 35 minuti. In sostanza poco meno di un'ora di tempo guadagnato costa circa 7 euro in prima classe e 13 in seconda. Ma con l'obbligo di cambiare a Mestre.
NEL RESTO D'ITALIA «Scelte che non stanno nelle autonomie della Regione», chiarisce Riccardi. Scelte che del resto Trenitalia ha fatto in tutta Italia. Al netto di sconti e promozioni, con "batoste" anche più pesanti. A essere maggiormente penalizzata è sempre la seconda classe: il Milano-Roma costa quasi il 20% in più, il Bologna-Firenze il 32% in più, ma gli adeguamenti riguardano anche gli Eurostar, non toccati dall'alta velocità. Per il Milano-Bologna (seconda classe) si passa da 25,70 e 28,50: +10,9%.
L'ORARIO CARTACEO Dopo settimane di misteri il sito di Trenitalia riporta ogni variazione di orari e prezzi. Con il computer sul tavolo si può programmare il viaggio e prenotare il biglietto. Niente da fare, invece, con il metodo tradizionale. L'orario su carta non c'è. Né in stazione né sul sito. Al link Area Clienti compare la promozione di "In Treno", la linea editoriale della compagnia che comprende pure la pubblicazione cartacea. Peccato che sia quella con l'orario in vigore dal 14 giugno al 12 dicembre. Non serve più.
MARCO BALLICO

 

 

Controlli severi su ritardi, comfort e pulizia: multe salate se Trenitalia non è in regola - LO PREVEDE IL CONTRATTO STIPULATO CON LA REGIONE
 

TRIESTE Cinque treni sotto osservazione speciale, e sessanta rilevazioni tra comfort e pulizia effettuate a partire da luglio: in pratica, almeno una al mese. Questo il bilancio, a fine novembre, delle operazioni di controllo su treni e effettuate dalla Regione nell'ambito del nuovo contratto di servizio Regione-Trenitalia firmato nel mese di luglio. Un contratto che, come si sa, prevede la possibilità di far pagare a Trenitalia una serie di sanzioni nel caso non rispetti gli standard previsti. Oppure, nel caso delle pulizie, che si impegni a effettuare pulizie supplementari nei casi in cui quelle già fatte dovessero risultare, agli occhi dei «controllori regionali» non soddisfacenti. Per quanto riguarda la puntualità, cinque sono i convogli che, senza ulteriori interventi di Trenitalia, saranno colpiti dalla scure delle multe: due viaggiano sulla linea Trieste- Portogruaro (il 2839 delle 6.26 e il 5811 delle 6.59), e tre sulla Venezia -Udine (il 5920 delle 6.18, il 5980 delle 15.18 e il 2838 delle 20.56). Treni, specialmente quelli provenienti da Trieste, usati dai pendolari, e quindi particolarmente importanti dal punto di vista della puntualità.
Importanti anche per Trenitalia, dal momento che su questi tre treni rischia la multa: il contratto infatti prevede un parametro che prevede il 90,86% di treni con un possibile lasco tra gli 0 e i 5 minuti, e il 97,72% di treni con un lasco tra i 6 e i 15 minuti. Se Trenitalia non rispetterà tali indici di puntualità, si vedrà affidare una multa di 15mila euro per ogni decimo di punto percentuale in più. C'è poi il problema del sovraffollamento, che per alcuni convogli, specie nelle ore di punta, diventa drammatico: un esempio è per l'Udine-Trieste delle 6.46 (numero 2841) che diventa una bolgia dopo la fermata di Cervignano, o il Venezia Udine delle 17.04 (anch'esso treno usato soprattutto da chi rientra dal lavoro). Problemi che comunque, ha specificato Trenitalia, dovrebbero risolversi a breve: erano infatti dovuti alla riparazione di alcune carrozze che hanno dovuto restare in manutenzione per qualche periodo. Per quanto la puntualità, invece, i tempi di recupero saranno più lunghi: secondo quanto riferito dal direttore del Trasporto regionale in Fvg di Trenitalia Mario Petenella, «saranno risolti all'80% con l'arrivo del nuovo materiale rotabile».
Che Trenitalia garantisce arriverà sulle rotaie regionali entro il 2011: proprio in questi mesi infatti è partita la gara d'appalto per il reperimento dei nuovi convogli. Si tratta di quattro Vivalto, per i quali Trenitalia ha già dato il via alla procedura di acquisto: procedura complessa, dalla durata di oltre un anno e mezzo, visto che parte dall'ordine di realizzazione dei convogli che sono disponibili solo su commissione. I treni saranno utilizzati sulle linee di maggior afflusso di viaggiatori e pendolari: la Trieste-Venezia, la Trieste-Udine e la Udine Venezia, e andranno a sommarsi agli elettrotreni modulari acquistati dalla Regione, con almeno 230 posti a sedere, omologati per la circolazione sulla rete italiana e slovena andranno infatti a sostituire le vecchie automotrici Ale 801 attualmente in servizio con un'anzianità media di circa 32 anni.
ELENA ORSI

 

 

Hack: «Dovremo ricorrere al nucleare» - «Il vertice darà più consapevolezza sui rischi del pianeta. L’Italia è arretrata»
 

L’INTERVISTA. SCARSO OTTIMISMO DELLA SCIENZIATA SUL DOPO-COPENHAGEN
TRIESTE Nessuna illusione, secondo Margherita Hack dal vertice sul clima di Copenhagen non arriverà nessuna misura concreta per migliorare la situazione mondiale, ma «qualche cosina accadrà di certo», almeno finalmente «tutti si renderanno conto di quali rischi corre il pianeta e che l’atmosfera non ha confini». E per il futuro? la Hack non ha dubbi: il petrolio finirà e dopo non resteranno che le energie rinnovabili e il nucleare «che non deve essere demonizzato perché non ne potremo fare a meno».
Professoressa Hack, allora è pessimista?
No, non sono troppo ottimista, penso che quello di Copenhagen sarà un buon vertice, ma non ci spero molto. Sicuramente, forse, ci sarà più consapevolezza sui rischi che corre il pianeta con l’inquinamento che non ha barriere o confini come l’atmosfera.
Dove nasceranno le difficoltà al vertice?
Con i Paesi in via di sviluppo, che diranno ”voi avete consumato, prodotto e inquinato, ora tocca a noi perchè abbiamo bisogno di crescere e voi ora ci mettete il freno”.
Cosa bisognerebbe fare allora?
I Paesi ricchi dovrebbero impegnarsi a versare più soldi ai paesi in via di sviluppo e soprattutto dare tecnologie per spingerli a investire in energie alternative e nelle produzioni con sistemi che inquinano meno. Inoltre i paesi più ricchi dovrebbero ridurre gli sprechi e i consumi, a cominciare dalle famiglie e dai singoli sino alle realtà industriali. Bisogna consumare di meno e non si può tenere acceso il riscaldamento acceso con le finestre aperte.
L’Italia come si sta comportando?
Basta guardare all’invito fatto dal ministro ai trasporti Matteoli che vuole portare il limite di velocità in autostrada a 150 all’ora! È una pura stupidaggine perché vuol dire aumentare il consumo di carburante e immettere più CO2 nell’atmosfera. Bisognerebbe fare il contrario e costruire delle auto che non arrivino neppure ai 150 all’ora.
Ma in Italia qualcosina è stata fatta, è partita pure la raccolta differenziata di rifiuti...
Certamente, ma alla fine la Germania ci fa pagare per ritirare questi rifiuti e con questi si riscalda. Noi paghiamo il loro riscaldamento! Questo è il segno della nostra arretratezza culturale.
Da Copenhagen arriverà almeno qualche invito?
Sì, a fare tanti piccoli passi per migliorare l’ambiente. Se lo facciamo in Italia ci saranno 55 milioni di piccoli passi che diventeranno 6 miliardi se tutto il mondo si muoverà e tutti cercheranno di risparmiare. Un’esempio tra i tanti: gli allevamenti intensivi di animali. Ma lei sa che è una delle maggiori cause di inquinamento atmosferico? Bisognerebbe mangiare meno carne e oltre a ridurre l’inquinamento farebbe soffrire anche di meno gli animali. Penso che il vertice darà qualche segnale, sensibilizzerà le persone.
E cosa ne pensa del futuro del petrolio?
È chiaro a tutti che non è inesauribile, finirà e dovremo ricorrere ad altre fonti energetiche. Proprio per questo sarà necessario utilizzare il nucleare accando all’aumento dell’utilizzo dell’energia alternativa data dal solare e dall’eolico che putroppo non sono sufficienti. Il nucleare è stato troppo demonizzato, le centrali di oggi sono molto più sicure di quella di Chernobyl. Resta, certamente, il problema delle scorie che bisognerà stoccare in profonde miniere. Rischi ce ne sono soprattutto in Paesi come l’Italia e bisognerà fare grande attenzione perchè queste scorie non finiscano in qualche discarica abusiva. Il pericolo in questo caso sarebbe enorme.
GIULIO GARAU

 

 

Tondo categorico: «no» all’atomo a Monfalcone - «Non se ne parla: il nostro impegno è la sicurezza di Krsko»
 

IL PRESIDENTE FVG SULL’ENERGIA
MONFALCONE «Ipotizzare che Monfalcone possa essere inserita in una presunta lista dei siti nucleari, significa fare terrorismo psicologico. E chiedermi che posizione intendo assumere a riguardo è una falsa domanda. Piuttosto la Regione è fortemente impegnata per la messa in sicurezza della centrale di Krsko. Abbiamo coinvolto il governo in questo senso, tanto che mercoledì a Roma avrò un incontro con Enel».
Il presidente della Regione, Renzo Tondo, insomma è stato lapidario: «Smettiamola di fare terrorismo psicologico - ha obiettato -. Il nostro impegno verso la Slovenia, peraltro, significa che non c’è alcuna ragione di chiamare in causa Monfalcone. Pensiamo dunque alla vera priorità, che è quella oltreconfine».
Il presidente ieri è giunto in piazza della Repubblica nel pomeriggio, assieme al coordinatore regionale Isidoro Gottardo, per incontrare e sostenere i rappresentanti del Pdl, in occasione dell’avvio della campagna di tesseramento. Il coordinatore comunale Giuseppe Nicoli ha fatto gli onori di casa. Tra gli altri, c’erano i sindaci Antonio Calligaris, di Fogliano, e il consigliere regionale di An, Roberto Marin, il consigliere comunale di An, Suzana Kulier e il consigliere comunale di An a Staranzano, Pasquale Pusateri.
 

 

Danni in Val Rosandra, ditta condannata - Patteggiati due mesi e 7mila euro di multa per il danno ambientale procurato

SAN DORLIGO - Asportazione di un parapetto sul primo ponticello all'imbocco del sentiero, rimozione di un muretto a secco delimitante l'argine del torrente, scortecciamento di quattro piante ed abbattimento di altre due, allargamento del sentiero mediante scalpellatura della roccia in più punti, nonché demolizione del canale in pietra che anticamente portava l'acqua ai mulini.

Per queste ed altre “attività” Carlo Alberto De Cecco, legale rappresentante della De Cecco - Opere a verde srl, ditta di Pozzuolo del Friuli che aveva ricevuto in subappalto i lavori di sistemazione sentieristica nella Riserva naturale regionale della Val Rosandra nell'ambito del progetto Interregionale III A/Phare CBC Italia Slovenia “La Val Rosandra e l'ambiente circostante” da parte della ditta appaltatrice Edilverde, ha patteggiato la pena detentiva inflitta dal Tribunale di Trieste pari a due mesi (con sospensione condizionale) e 7 mila euro di multa per “danno ambientale”.
Questo il verdetto dell'udienza preliminare svoltasi venerdì mattina al Tribunale del capoluogo giuliano nella quale il Sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin si è costituito parte civile nel procedimento penale contro Carlo Alberto De Cecco. Soddisfatto il primo cittadino di San Dorligo presente in aula: «Tra 60 giorni verrà emessa la sentenza ed il nostro avvocato Andrea Frassini valuterà quale sarà la possibile pena pecuniaria da proporre come risarcimento del danno sia economico che morale». Dal reato contestato al De Cecco il Comune di San Dorligo - come espresso tramite una delibera giuntale del Comune - aveva chiesto “danni di natura patrimoniale e non patrimoniale, nonché danni all'immagine dell'ente».
Tante infatti le “irregolarità” commesse da parte della ditta friulana come ricorda anche il sindaco Premolin: «Per fortuna i danni sono stati subito ripristinati ma ricordo perfettamente quando per sistemare i sentieri della Val Rosandra gli operai della De Cecco si sono presentati nella Riserva naturale con dei mezzi cingolati di grossa portata, decisamente inadeguati per questo territorio estremamente delicato: non appena abbiamo capito che i lavori venivano eseguiti in maniera errata abbiamo subito bloccato la ditta subappaltatrice».
Il progetto Interreg «La Val Rosandra e l’ambiente circostante», risalente alla seconda Giunta Pangerc, dopo oltre tre anni di attesa era partito concretamente nella primavera del 2007.
Promosso dalle Comunelle di Dolina, Bagnoli e Sant'Antonio in Bosco ed altre associazioni locali grazie ad un finanziamento europeo pari circa a 600 mila euro, il progetto, coordinato dal Comune di San Dorligo della Valle, ha visto la realizzazione di diverse opere di miglioria dell'area. Tra queste la ristrutturazione del Centro visite di Bagnoli della Rosandra, la riqualificazione delle vedette di Moccò, San Lorenzo e Crogole, una serie di interventi sulla segnaletica e sui sentieri principali, nonché la restaurazione della chiesetta di Santa Maria in Sauris.
Riccardo Tosques
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 12 dicembre 2009

 

 

Rigassificatore, Muggia va al referendum - Nesladek: «Abbiamo il dovere di sentire il polso del paese, è giusto che ci contiamo»
 

IL SINDACO UFFICIALIZZA LA SCELTA, PIÙ SIMBOLICA CHE LEGALE
MUGGIA Una consultazione popolare per esprimere la propria opinione sulla realizzazione del rigassificatore di Zaule. Questa la proposta lanciata in via ufficiale da parte del sindaco di Muggia Nerio Nesladek il quale rincara la dose: «Al momento di decidere i politici potranno prendere anche risoluzioni impopolari, se lo riterranno, ma dovranno farlo ben sapendo qual è la volontà dei cittadini».
L'INIZIATIVA Il progetto della consultazione secondo le intenzioni del primo cittadino dovrebbe prendere forma entro il prossimo anno. Atta a tastare una volta per tutte il sentimento dei cittadini sull'impianto di rigassificazione proposto da Gas Natural, l'iniziativa, da un punto di vista prettamente giuridico, non avrà però alcun peso: «Siamo consci - spiega Nesladek - che sarà un “referendum” che non avrà purtroppo valore legale, anche perché riguarda insediamenti che, seppur per pochi metri, non insistono sul nostro territorio ma su quello di Trieste. Ad ogni modo -prosegue il sindaco - abbiamo il dovere di sentire il polso del paese, anche per poter rispondere alle critiche di chi ci accusa di essere una minoranza paladina del “no se pol” che vuole bloccare lo sviluppo: noi invece pensiamo di rappresentare gli interessi e i sentimenti della maggioranza della popolazione ed è giusto dunque che ci contiamo». Quello che il primo cittadino di Muggia ha lanciato dunque chiaramente, un vero “referendum”, che il Comune non potrebbe indire, perché territorialmente non competente, ma solo una consultazione che «avrà sicuramente e comunque un forte peso a livello istituzionale».
Ma a chi sarà aperto questo “referendum”? «Riteniamo utile che anche i residenti di Trieste partecipino a questa consultazione - puntualizza Nesladek - perché se ci sono rischi collegati al rigassificatore questi sono sì per Muggia e San Dorligo della Valle, ma nondimeno potrebbero ripercuotersi in popolosi rioni di Trieste come Valmaura, Borgo San Sergio e Servola». La macchina organizzativa per la consultazione popolare partirà nelle prossime settimane con la convocazione delle riunioni operative con i comitati e le forze della società civile e politica che hanno espresso dubbi o contrarietà sul rigassificatore. Nesladek ha infine lanciato un appello: «Chiediamo fin da ora l’aiuto finanziario agli sponsor e a tutti quei privati che hanno a cuore la questione, avendo già l’evidenza che non tutto il mondo economico e imprenditoriale è favorevole al rigassificatore».
LE REAZIONI «Esprimendo la massima fiducia nel sindaco Nesladek, saluto positivamente questa proposta, fermo restando la grande utilità della raccolta porta a porta delle firme nel nostro territorio». Il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin analizza così la proposta avanzata dal pari grado di Muggia. Diversa invece la reazione del membro del comitato promotore contro il rigassificatore di San Dorligo, Laura Riccardi Stravisi (Cittadini): «Apprezzo il lavoro e la serietà del sindaco Nesladek che si sta battendo su un tema così importante, ad ogni modo, se è vero che l'indizione di un vero referendum è inammissibile, ritengo che sia più opportuno indirizzare i nostri sforzi su azioni più concrete». La Stravisi ha ricordato che la firme raccolte dai due comitati paralleli (San Dorligo e Muggia) «verranno presto consegnate ai rispettivi sindaci che a loro volta le faranno pervenire al prefetto di Trieste». Questo infine il punto di vista del coordinatore del Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste Giorgio Jercog: «L'iniziativa di Nesladek potrebbe rivelarsi come un'utile consultazione informativa per far conoscere ulteriormente il folle progetto del rigassificatore, quindi accolgo con un plauso tale proposta».
RICCARDO TOSQUES

 

 

Industria triestina, un tavolo a Roma per sbloccare il nodo delle bonifiche - Rigassificatore: favorevoli Menia, Dipiazza, Bassa Poropat, Rosato.
 

ANNUNCIO DI MENIA: IL SUMMIT IL 21 DICEMBRE
O stavolta, o si perdono altri finanziamenti. Il monito arriva dal sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, che ieri ha comunicato di aver inviato agli enti coinvolti nell’accordo di programma per il Sito inquinato di Trieste (Regione, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Autorità portuale e Camera di commercio) le lettera con la convocazione a Roma, il 21 dicembre, per la firma dell’intesa.
L’annuncio è avvenuto durante la presentazione della dodicesima edizione dell’annuario ”Impresa&economia” (CpL edizioni), alla Camera di commercio di Trieste. Presentazione introdotta appunto da Menia, con un ampio excursus sull’economia triestina e sui segnali di ripresa. Un quadro in cui il sottosegretario ha parlato di elementi positivi (l’avvio dei lavori per la terza corsia dell’A4, i fondi per la piattaforma logistica del porto di Trieste), ma anche di fattori frenanti (collegamenti ferroviari, lentezze nel progetto Tav).
«Punto imprescindibile per lo sviluppo di Trieste – ha rimarcato Menia – è una significativa presenza industriale, adesso troppo debole. E per questo va sciolto il nodo delle bonifiche del Sito inquinato». Restando in tema di industrie il sottosegretario ha poi affermato che «la chiusura della Ferriera nel 2014 sarà possibile se si creano le condizioni per assorbire il personale e insediare nuove attività. Ecco perchè – ha ribadito – sostengo la creazione del polo energetico, e ritengo valida la scelta del rigassificatore, tenendo presenti la sostenibilità ambientale e la salute pubblica».
Il tema del rigassificatore ha occupato gran parte degli altri interventi, moderati da Roberto Morelli, direttore di ”Impresa&economia”. Il sindaco Dipiazza ha ribadito i vantaggi (bonifica dell’area, catena del freddo, una quota di gas annuo per AcegasAps), e rilevando che «le polemiche sono legate agli interessi dei vicini Paesi».
«Il rigassificatore consentirebbe la bonifica – ha sostenuto la presidente della Provincia, Bassa Poropat – e poi non possiamo permetterci di respingere alcun investimento. Non sono assolutamente contraria. I cittadini hanno però diritto di essere informati, e Gas Natural non ha ancora fornito i dati necessari per decidere».
Oltre al vantaggio della bonifica, il presidente di Assindustria Sergio Razeto ha messo in luce i 500 milioni di investimenti, ritenendo «doveroso che gran parte di questi fondi veda coinvolte imprese del territorio».
A sostegno del rigassificatore si è dichiarato anche l’on. Ettore Rosato (Pd): «Ci ho creduto molto, sin dall’inizio. Lo si può fare bene, in maniera utile per la città. Bisogna garantire la massima sicurezza e spazi per nuovi insediamenti industriali. Il rischio è però che l’iter diventi defatigante e improduttivo».
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

Bandelli boys, in 160 brindano a Basovizza - Dopo il rigassificatore dubbi sul trasferimento del Burlo a Cattinara

 

Dal 14 dicembre al 28 febbraio, inoltre, “Un’altra Trieste” scenderà nelle piazze per raccogliere i suoi questionari sul rigassificatore

CENA DI ”UN’ALTRA TRIESTE”
Franco Bandelli e la sua creatura, l’associazione “Un’altra Trieste” continuano a muoversi a tutto campo: dopo il rigassificatore, tocca alla sanità. La prossima assemblea pubblica dell’associazione, che si terrà il 14 dicembre alle ore 18 all’hotel Savoia, si intitolerà infatti «Sanità triestina, perché un nuovo Burlo?».
L’approccio sarà quello che ormai contraddistingue la linea “bandelliana”: adesione al Pdl, almeno formale, ma approccio critico. «A noi interessa proporre una politica nuova, partecipata» - dice Bandelli, che per l’assemblea del 14 annuncia ospiti importanti: «Interverrà il dottor Secondo Guaschino, preside uscente della facoltà di Medicina – afferma –, è un convinto e autorevole assertore del trasferimento del Burlo a Cattinara, ascolteremo le sue spiegazioni e diremo la nostra». Per quanto riguarda la posizione di “Un’altra Trieste” niente è ancora stato deciso: «Non abbiamo un approccio preconcetto – dice Bandelli – l’unico dubbio certo che abbiamo fino a ora è sull’opportunità di utilizzare il project financing». Punto fermo è invece la funzione d’eccellenza del centro: «Porteremo dati e analisi – spiega il fondatore di “Un’altra Trieste” -: il 70% delle prestazioni erogate dal Burlo coprono richieste provenienti da fuori città: vogliamo che la straordinarietà di questa struttura sia garantita». Dal 14 dicembre al 28 febbraio, inoltre, “Un’altra Trieste” scenderà nelle piazze per raccogliere i suoi questionari sul rigassificatore: «Li abbineremo a una raccolta di firme per garantire il risultato». Dal 14 dicembre al 28 febbraio, inoltre, “Un’altra Trieste” scenderà nelle piazze per raccogliere i suoi questionari sul rigassificatore: «Li abbineremo a una raccolta di firme per garantire il risultato».
In attesa dell’incontro i “Bandelli boys” rivendicano il successo dell’associazione, che nel giro di poche settimane avrebbe raccolto 400 adesioni. Giovedì scorso si è svolta la cena di “Un’altra Trieste”, che ha visto oltre 160 persone riempire l’Hotel Posta, gestito dall’ex sindaco di Monrupino Alessio Krizman. Tra gli ospiti l’assessore regionale Alessia Rosolen e l’ex deputato di Forza Italia Gualberto Nicolini. Il tutto mentre in Consiglio comunale non tutto fila liscio per i ”Bandelli boys”. Calca la mano il consigliere Salvatore Porro: «Qualcuno nel Pdl ci sta provocando – dice – così da far cadere la giunta Dipiazza».
Giovanni Tomasin
 

 

«Il Prg non affronta i veri nodi» - Le associazioni ambientaliste bocciano la Variante 118 - OSSERVAZIONI

 

Wwf, Italia Nostra e Triestebella
Un Piano regolatore ”minimalista”, che non affronta le questioni di fondo che pesano sulla città, aggravato per di più da quel Piano casa regionale che distruggerà quel poco di buono che in città è rimasto, bypassando l’annunciata riduzione dell’edificabilità del nuovo strumento urbanistico triestino.
E’ una bocciatura incondizionata quella che gli ambientalisti triestini hanno riservato alla variante 118 del Piano regolatore cittadino, affidando al protocollo comunale un documento con una cinquantina di osservazioni. Se ne è parlato ieri in una conferenza stampa organizzata nella sede del Wwf da Dario Predonzan, Fabio Zubin e Roberto Barocchi, rispettivamente di Wwf, Italia Nostra e Triestebella. Ha aderito all’iniziativa anche Legambiente.
All’incontro era presente anche Marco Simic, in rappresentanza del Coordinamento dei comitati cittadini e associazioni ambientaliste ”Più verde meno cemento” che ha chiesto al Comune di partecipare alla futura discussione sulla Variante 118, in merito all’iter relativo alla Valutazione ambientale strategica (Vas). «Sulla Vas – hanno spiegato i relatori – c’è stato un grave errore di fondo. E’ uno strumento di valutazione, condivisa e partecipata, sulle scelte di trasformazione del territorio che il Comune ha limitato solo alla fase successiva all’adozione della variante».
«Questo indica una mancanza di strategia – ha rincarato Predonzan – come dimostra pienamente il fatto che nella variante non sono stati toccati alcuni dei temi più importanti per il futuro della città, come la riconversione della Ferriera, la realizzazione del rigassificatore di Zaule, le questioni della residenza».
Su quest’ultimo punto gli ambientalisti hanno osservato come, a fronte di circa 5mila domande di alloggio inoltrate all’Ater, rimangano vuote e non riconvertite in città almeno 7.500 abitazioni, e ulteriori 52mila siano sottoutilizzate.
«Perché non pensarci – ha sostenuto Predonzan – piuttosto che subire le deroghe di quel Piano casa regionale che, rispetto ai paletti introdotti da altre regioni, consentirà ai costruttori in regione di incrementare volumetrie, vanificando tra l’altro la riduzione dell’edificabilità in città predisposta dal nuovo strumento urbanistico?».
Sulle singole osservazioni, gli ambientalisti hanno ribadito l’inadeguatezza del fronte Rive per il futuro Parco del mare, da realizzare invece nell’area del Porto Vecchio. ”No” deciso pure alla residenzialità nell’ex Caserma di Banne e nell’area della vecchia stazione di Campo Marzio. Sì invece a spazi verdi e attrezzati nell’area del Burlo Garofolo, della Maddalena e della Fiera.
Maurizio Lozei
 

 

Park San Giusto ai privati, taglio del nastro nel 2014 - CONCESSIONI, VARIANTI E BUSINESS PLAN IN UNA SOLA DELIBERA
 

Ok al progetto della giunta Dipiazza, ma decisivo sarà il voto del Consiglio comunale
Confermata l’uscita della partecipata Amt dalla lista dei soci. La maggioranza passa ora ai costruttori. Entra con il 30% anche Friulia
Un tour de force di due settimane per chiudere un decennio di equivoci, frenate e retromarce. E per immaginare, già all’inizio del 2014, il taglio del nastro di un’opera così complessa da esser sembrata, a più riprese, praticamente impossibile. Da qui a Natale si gioca infatti il destino di Park San Giusto, il garage di cinque piani e 718 posti che l’omonima spa conta di realizzare con la formula del project financing dentro la pancia del colle, alle spalle del Teatro Romano, con accesso pedonale garantito da due ascensori di 60 metri che spunterebbero a due passi dal piazzale della Cattedrale. Una partita colossale che funge da premessa a tutte le possibili rivoluzioni del futuro Piano del traffico.
LA DELIBERA A meno di cedimenti di maggioranza sempre in agguato da quando ci sono Bandelli Boys e leghisti - ma l’idea di questo megaintervento nata nel ’99 in epoca Illy potrebbe anche trovare inediti consensi trasversali - lunedì 21 dicembre il Consiglio comunale voterà, dopo un passaggio preliminare nelle commissioni Lavori pubblici e Urbanistica in agenda la prossima settimana, il nulla osta già dato mercoledì dalla giunta Dipiazza e giovedì dalla Quarta circoscrizione alla superdelibera su Park San Giusto, costruita su indicazione dell’assessore delegato Paolo Rovis dal vicedirettore generale del Municipio Mauro Silla, dal dirigente del Servizio Grandi opere Walter Toniati e dalla referente dell’Ufficio Project financing Alice Turchetto.
Di superdelibera si tratta perché scavalca, con un unico documento, una serie di scogli burocratici che avevano frenato l’iter. E vale al tempo stesso da progetto definitivo, variante urbanistica e convenzione per le concessioni pluriennali degli spazi che saranno gestiti dai soci della spa.
I PRIVATI Due giorni più tardi rispetto alla seduta del Consiglio comunale, quindi mercoledì 23, l’antivigilia di Natale, andrà in scena infine un’assemblea straordinaria dei soci della Park San Giusto spa, che ratificherà a sua volta quella che è la condizione numero uno contenuta nella delibera targata Rovis: l’uscita di scena di Amt - la partecipata del Comune che ne detiene l’87% delle quote - dalla stessa spa, dove l’azienda di mobilità pubblica figura socio di maggioranza con il 75% abbondante delle azioni, che oggi valgono circa 900mila euro. A quel punto - e non sarà più affare del Municipio bensì dei soci rimasti - sarà messo nero su bianco il nuovo assetto societario: Carena, Riccesi, Celsa, Fedrigo, Mecasol e Arm Engeenering di Padova compreranno buona parte delle azioni liberate da Amt, passando dal 2,74% a testa di oggi a una percentuale paritaria superiore al 10%, così da arrivare assieme alle friulane Ssm e Acu Park del gruppo Aci - che dovrebbero mantenere le quote attuali per un totale vicino all’8% - a una proprietà attorno al 70% della Park San Giusto spa.
FRIULIA E COMUNE Il resto, come già circolava voce, sarà acquisito (temporaneamente?) da Friulia, la finanziaria regionale che - oltre a sollevare di un tot di oneri immediati i costruttori per la transazione delle quote stesse - è stata l’ente estensore e certificatore del piano economico inserito nella superdelibera. Il provvedimento transitato in giunta e atteso al voto del Consiglio, cancellando Amt dalla lista dei proprietari dell’apposita spa, chiama dunque fuori il Municipio e la sua partecipata dal rischio d’impresa. Rischio che, se così lo si può chiamare, si limita di fatto ai 9 milioni di euro già stanziati per compartecipare alle spese di un’opera di cui viene ribadita la valenza strategica a livello di utilità collettiva, in cambio di 34 stalli riservati.
IL NUOVO PROGETTO Ma quella dell’esenzione di Amt non è che la prima pedina di un effetto domino. Nella delibera, come cambiato in corso d’opera rispetto al progetto originale, il ”buco” per l’accesso delle automobili non coincide più con il tunnel anti-aereo che incontra più in là la galleria Sandrinelli, tra la pizzeria Copacabana e la scalinata di Santa Maria Maggiore, ma per minimizzare le ricadute dei lavori si sposta davanti all’ormai ex succursale del Carli tornata sede comunale. Da qui la necessità di approvare la novità come variante urbanistica, che serve peraltro per l’apposizione di un vincolo di esproprio più rapido. L’istituto giuridico passa in effetti dalla superficie di proprietà alla «proiezione sotterranea» dalla quota di -10 metri.
TEMPI E COSTI Il documento benedice poi l’ultimo business plan col timbro Friulia, che attesta come l’investimento totale sia lievitato da 26 a 34 milioni. E diventa, stringi stringi, il Vangelo per la realizzazione dell’opera: i tempi di realizzazione sono fissati a manica larga a 48 mesi. La convenzione definisce infine la durata delle concessioni alla nuova cordata di costruttori, cui si dovrebbe accodare un ulteriore socio gestore: 36 anni che diventano 90 nel caso dei box cedibili a terzi, più 138 stalli a cielo aperto a cominciare già dal primo gennaio 2011 nei dintorni dell’ingresso a valle attualmente affidati ad Amt. L’assetto di San Giusto, invece, a parte i due ascensori all’angolo di via della Cattedrale, non cambierà.
PIERO RAUBER
 

 

CENTRO STORICO - Dopo l’Epifania partono i sondaggi archeologici - Rovis: «Era un’idea in coma assistito, l’abbiamo risvegliata»
 

«Era un progetto in coma assistito, l’abbiamo risvegliato», si mostra ottimista l’assessore Paolo Rovis. Fu lui un anno e mezzo fa - incassata la delega ai Project financing col rimpasto di giunta nato dalle elezioni regionali - che decise di «mettere di fronte a una responsabilità precisa i soci privati. Non era ad Amt che dovevano essere attribuite le quote di maggioranza ma a loro perché il rischio d’impresa spettava a loro. E loro hanno dimostrato di credere in questo progetto, che diventa project financing puro». A questo punto la prima traccia che dirà se il progetto di Park San Giusto è davvero decollato sarà già visibile dopo le festività natalizie. I sondaggi archeologici, per verificare cosa c’è sotto, partiranno infatti nelle giornate successive all’Epifania. Sono previsti sei mesi di scavi e accurate valutazioni tecniche, per un impegno di spesa dedicato di 428mila euro. Nel frattempo maturerà, dopo quella definitiva, anche la progettazione esecutiva. Tempi e costi dipenderanno ovviamente da quali reperti saranno scovati. Venissero fuori pezzi di pregio assoluti, la proiezione di quattro anni finirebbe in discussione e la dicitura ”rischio d’impresa” tornerebbe d’attualità di prepotenza, posto che il Comune i suoi nove milioni (su 36) li ha messi. «Se gli eventuali reperti si riveleranno compatibili col procedere dei lavori, questi saranno tutelati e resi visibili altrimenti si concorderà come operare con la Soprintendenza», precisa Walter Toniati, il dirigente del Municipio attuale responsabile del servizio Project financing, che tiene anche ad assicurare chi abita sopra i futuri scavi per la realizzazione del megaparceggio: «Gli interventi verranno effettuati con le tecniche più evolute, che non prevedono esplosivi bensì macchine perforatrici e attività concomitanti di tunnelling, cioè di avanzamento e d’immediato consolidamento del segmento appena perforato». (pi.ra.)
 

 

Centro storico, via Crosada cambia volto - NEL PIANO PARTICOLAREGGIATO MOLTE MODIFICHE ALL’ATTUALE ASSETTO URBANISTICO
 

Previsti nuovi edifici, come anche in via Punta del Forno e nelle androne di Cavana
Proprio lì, dove si attende il park San Giusto, Trieste conserva la più eclettica concentrazione di stili seguenti alla distruzione dell’ex ghetto, e in più resti romani venuti alla luce coi lavori dell’area Urban (mai finiti). L’ingresso su Crosada è sempre un cantiere, ma tutta la zona ha un che di vecchio-nuovo che sa più che altro d’incompiuto. È da questa dichiarata constatazione che è partito il lavoro dei progettisti del Piano particolareggiato per il centro storico, che arditamente immaginano e propongono nuove costruzioni a completamento.
Parlando del seme medioevale ancora ben leggibile, per via Crosada, via Capitelli, via delle Mura il documento afferma che quella zona, ampiamente recuperata, conserva una porzione «ancora non trasformata, per la gran parte di proprietà pubblica, dove gli interventi di recupero non sono stati avviati». Che cosa fare? Costruire in modo congruo negli spazi vuoti, è la risposta, ricostituendo compattezza urbanistica «nel rispetto dei tracciati storici, degli allineamenti, dei fronti strada».
In breve, su via Capitelli l’allegato C3 (edifici e manufatti) del piano del centro storico prevede una costruzione alta da 12 metri a 13,80 metri che lascia comunque allo scoperto l’area archeologica. Su via Crosada e via Sporcavilla, tra via delle Mura e via Capitelli, sono disegnati tre nuovi blocchi edilizi, ai lati di 11 e 12 metri di altezza e al centro di 14. Il maggiore impatto previsto è proprio nel cuore di via del Teatro romano, subito dopo Santa Maria Maggiore e la chiesetta di San Silvestro. I progettisti disegnano, in sequenza verso Crosada, due edifici di altezza massima 8 metri (il parcheggio), e altri due rispettivamente di 19 metri e 14 metri. Il più alto retrostante al primo.
Un’altra ardita proposta (trattandosi di zona storica) è individuata in via Punta del Forno. Viene immaginato un basamento alto 4,5 metri, da cui salgono un edificio di 19 metri d’altezza e altri due, separati, da 14 metri. Viene inserita l’idea (che ritroveremo anche in via Economo a Campo Marzio) di istituire in area un sottopassaggio pedonale largo almeno 2,5 metri.
Altre case il piano prevede per l’isolato tra via San Sebastiano e piazza Cavana, lato destro procedendo da piazza Unità. Ovvero nelle antiche androne: del Torchio e dei Coppa. Nel primo caso altezza massima di 12.80 metri e nel secondo di 14.
L’intento dichiarato è di ripristinare allineamenti, altezze storiche e coerenti, di ricostruire il nuovo là dove il vecchio è crollato o è stato distrutto durante i lavori di riqualificazione. Certo le indicazioni sono di non indifferente impatto, e vedremo come usciranno dal consiglio comunale.
GABRIELLA ZIANI

 

 

CENTRO STORICO - Tratti pedonali a Campo Marzio - CONTRO DISORDINE E DISSESTO
 

«L’area di Androna Campo Marzio, pur trovandosi all’interno del centro storico, è sempre stata caratterizzata da una struttura morfologica diversa da quella dei borghi». Diversa e mai tessuta a nuovo. Descrive chiaramente il Piano del centro storico (e del resto basta vedere) come lì sia rimasto un pasticcio: ex opifici, archeologia industriale, magazzini, tutto mischiato a edifici residenziali senza carattere. In fondo ad Androna Campo Marzio c’è poi da qualche anno, malamente accessibile, l’ingresso alla facoltà di Lettere, tra auto parcheggiate, ferri vecchi poggiati in strada e pesante dissesto stradale. Proprio pensando agli studenti, i progettisti hanno inserito «percorsi pedonali preferenziali» e una correzione all’impasto disordinato anche «mettendo a sistema le androne, utilizzando soluzioni di collegamento atraverso sottoportici e sfruttando i dislivelli del terreno».
Valorizzare l’architettura storica ricomponendola in un insieme più compatto, anche con interventi in tempi diversi: questo l’intento per conferire «unitarietà d’immagine e identità» a questa dimenticata area. Tutti gli interventi previsti saranno consentiti con «strumento diretto» (basterà la licenza edilizia).
In dettaglio: nuova edificazione di altezza massima a 16 metri tra il civico 12 e il civico 14 di via Economo con allineamento obbligatorio e sottopasso pedonale di almeno 3 metri che colleghi la via con via di Campo Marzio. Un altro transito pedonale viene suggerito tra la via Belpoggio, Androna Santa Tecla e Androna Campo Marzio, e un terzo tra Androna Sant’Eufemia, Androna Santa Tecla, Androna Campo Marzio e via Economo. Si intuisce la necessità di sciogliere un grumo di «fondi ciechi» a uso probabilmente industriale, e oggi di soffocante impatto. In tutta l’area è espressa l’esigenza di riallineare il disordinato profilo edilizio con altezza vincolante fra 12 e 14 metri.

(g. z.)
 

 

CENTRO STORICO - Una copertura per il Museo ebraico - SCALA ANTINCENDIO PER LA CHIESA GRECO ORTODOSSA
 

Interventi secondari, ma non tanto. Sono entrate nel Piano particolareggiato del centro storico anche alcune apparenti «minimalia» rispetto all’impianto urbanistico generale.
Il piano inserisce i lavori di copertura, insomma il tetto, del Museo ebraico Wagner in via del Monte. Si prevede un ampliamento «dell’altezza massima di 5 metri funzionale alla copertura degli spazi espositivi e museali». Un’altra particolare modifica urbanistica è stata concessa alla chiesa greco ortodossa di San Nicolò, per la costruzione di una scala antincendio esterna.
Novità all’angolo tra via Tigor e via della Cereria. Si danno indicazioni di una «nuova edificazione»: un parcheggio «con i parametri del Piano urbano dei parcheggi», dell’altezza di 3 metri e copertura a verde. Altrettanto il piano prevede per via Martiri della Libertà al civico 5: una nuova edificazione con destinazione vincolante a parcheggio, e tetto altrettanto arboreo.
Qualche sorpresa ha già destato, al primo passaggio in commissione, quanto l’allegato C3 al Piano particolareggiato indica per via Ginnastica-angolo via Nordio: una nuova edificazione dell’altezza di 15 metri: «Si dovrà riprendere l’allineamento storico - afferma la specifica scheda - prolungando quelli esistenti di via Ginnastica e via Nordio».
Una identica scheda replica l’indicazione sull’angolo tra le vie Canova e Palladio. Tutti «angoli» attualmente edificati, dunque ritenuti passibili di profonda ristrutturazione, ovvero prossimi ad affrontarla.
 

 

Commissione sulle centraline senza l’Arpa Salta il chiarimento sul black out dei dati - RINVIATA A VENERDÌ PROSSIMO
 

«Per impegni istituzionali precedentemente assunti, non potremo essere presenti». Con queste poche righe inviate via fax alla vigilia dell’incontro, i tecnici dell’Arpa hanno annunciato la scelta di non presenziare alla seduta della Commissione trasparenza del Comune, convocata per ieri mattina. Un forfait che ha deluso non poco i consiglieri e i componenti del Comitato No Smog e Circolo Miani, decisi ad approfittare del faccia a faccia per fare finalmente chiarezza sul ”giallo” delle centraline, vale a dire sul black out nella trasmissione dei dati che per quasi due mesi ha impedito ai cittadini di conoscere i valori di pm10 nell’aria.
Le ragioni fin qui addotte dall’Agenzia regionale per l’ambiente per giustificare il gap di comunicazione («un’anomalia del sistema di gestione/acquisizione dati, che ha impedito la pubblicazione on-line delle informazioni raccolte ”in situ” dal Dipartimento provinciale»), non hanno infatti convinto a pieno nè i consiglieri nè i cittadini di Servola. Anche se, va chiarito, che i dati cartacei vengono spediti giornalmente all’amministrazione comunale. «Trieste - ha commentato il presidente della Commissione Alfredo Racovelli - è stata l’unica città del Nord Italia ad interrompere per quasi due mesi, dal 2 ottobre al 30 novembre scorsi, la trasmissione dei dati relativi ai monitoraggi dell’aria. Pare incredibile che le risorse dell’agenzia non abbiano permesso di far fronte alla disfunzioni del server».
«L’intera vicenda ha assunto contorni ridicoli - ha osservato Adriano Tasso del Comitato No Smog che il 6 ottobre ha presentato un esposto in Procura per segnalare la violazione all’obbligo di informare la cittadinanza sui valori di smog -. Non solo è mancata per due mesi la comunicazione ma, quando il servizio è stato ripreso, sono comparsi on-line dei valori allucinanti, come i 718 mg/mc registrati il 28 ottobre. Ci chiediamo quindi se la partita viene gestita con la serietà dovuta». La Commissione Trasparenza tornerà a riunirsi venerdì prossimo alla presenza, questa volta confermata, dell’Arpa e del sindaco Dipiazza.

(m.r.)
 

 

Ai muggesani lezioni sull’inquinamento - I corsi delle Pari opportunità metteranno in guardia dai rischi ambientali
 

Sono stati previsti anche approfondimenti sul tema della difesa personale
MUGGIA Come fare attenzione ai campi elettromagnetici e agli effetti negativi sulla salute di contaminanti che si possono trovare nella abitazioni di tutti noi, dalle muffe ai coloranti ai detersivi agli acari della polvere fino al fumo di sigaretta. Ma anche a scuola o sul luogo di lavoro, tra stampanti e fotocopiatrici. Al via mercoledì alle 17.30 in sala Millo le lezioni sull'inquinamento domestico che si inserisce nella ricca stagione di appuntamenti aperti a tutta la cittadinanza promossi dalla Commissione per le Pari Opportunità del Comune di Muggia presieduta da Roberta Vlahov. Sono previsti inoltre corsi di autodifesa personale, di prevenzione degli incidenti domestici e di pronto soccorso. Martedì alle 20.30 presso la palestra della Casa di riposo comunale partiranno anche il secondo e il terzo corso di autodifesa. I nuovi corsi di difesa personale - che si terranno i lunedì e i martedì dalle 20.30 alle 22 e per i quali ci sono ancora posti disponibili - sono stati istituiti per venire incontro alle numerose richieste pervenute anche in relazione alla possibilità di organizzare un ciclo di lezioni di approfondimento. Per informazioni e adesioni, 3490713071.
Nel corso delle sei lezioni sull'inquinamento, organizzate dall'associazione Ambiente è Vita, verranno trattati gli effetti sulla salute di contaminanti biologici, come le muffe, gli acari, i pollini, o quelli chimici, come il monossido di carbonio, i pesticidi, il fumo di tabacco o l'amianto. Spazio sarà riservato ai campi elettromagnetici e alla casa biocompatibile. La prima lezione informerà il pubblico su cosa e quali sono le fonti di batteri, pollini, muffe, acari della polvere e allergeni degli animali domestici e come ridurre l'esposizione. Successivamente ci si occuperà di monossido di carbonio, benzene, ozono, particolati, fumo e pesticidi. Quindi si parlerà di campi elettromagnetici e radon, del rumore, delle sue fonti e gli effetti sulla salute. Di pareti, pavimenti e soffitti di casa, rivestimenti, materiali per isolamento termico e acustico, tappezzeria, moquette, vernici, adesivi e sigillanti, stufe e camini, apparecchi e impianti elettrici. E poi condizionatori, abiti, deodoranti, prodotti per la pulizia e la cura personale e insetticidi. Ma pure delle potenziali fonti di rischio a scuola e in ufficio: stampanti, fotocopiatrici, pennarelli ed evidenziatori.
Gianfranco Terzoli
 

 

Rifiuti, a S. Dorligo il ”bidone” del cassonetto - LA PREMOLIN ATTACCA I «FURBETTI» CHE SCAMBIANO I RACCOGLITORI
 

SAN DORLIGO «Questo è un ultimo richiamo ai quei furbetti che dal primo gennaio 2010 rischieranno di incorrere in pesanti sanzioni». Il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin ha analizzato così l'avviso distribuito in questi giorni da parte dell'amministrazione comunale relativo al servizio di raccolta rifiuti “porta a porta”.
Sotto accusa sono i proprietari dei cassonetti verdi dotati dei cosiddetti microchip transponder, in grado di quantificare le levate dei rifiuti indifferenziati prodotti dalle singole utenze. E' stato appurato infatti che «dal mese di ottobre alcuni residenti non hanno esposto i bidoncini per la raccolta dei rifiuti indifferenziati» e che qualcuno ha provveduto pure a fare degli scambi sperando in qualche tornaconto economico.
A tale proposito l'assessore ai Servizi Elisabetta Sormani ha invitato «chi sia a conoscenza di avvenuto scambio del cassonetto verde con altre utenze, di avvisare l'ufficio competente al numero 040.8329238 in modo da poter proseguire con la verifica in sito».
L’avviso inviato alla cittadinanza ha poi invitato gli utenti a «riportare il proprio nominativo ed indirizzo, preferibilmente con un pennarello indelebile, sul cassonetto o all’interno del coperchio, affinché eventuali sostituzioni di cassonetti possano venire evidenziati e si possa porvi rimedio».
L'Unità operativa comunale dei Servizi ha anche voluto ricordare le giornate nelle quali esporre il cassonetto verde. Il lunedì ed il giovedì sarà riservato alle frazioni di Prebenico, Caresana, Crociata, Monte d'Oro, Dolina, Crogole, Zona Industriale e Artigianale, Mattonaia. Il martedì ed il venerdì toccherà a Bagnoli, Bagnoli Superiore, Domio, Lacotisce, Francovez ed Aquilinia, Infine il mercoledì ed il sabato sarà la volta di San Giuseppe, Log, Puglie, Sant'Antonio, Grozzana, Moccò, Draga, Pesek, San Lorenzo, Hervati e Bottazzo.
Dal prossimo mese di gennaio il sistema della raccolta con la lettura del microchip sul cassonetto dell’indifferenziata, dopo tre anni di sperimentazione, entrerà a pieno regime in tutto il territorio di San Dorligo ed i trasgressori rischieranno di incappare nelle sanzioni previste dall’ordinanza che ha attivato il servizio “porta a porta”.

(r.t.)
 

 

La Rockwool vince la causa giudiziaria con gli ambientalisti - IL LEADER DEI VERDI: NON MI FERMO QUI
 

POLA La contestata fabbrica di lana di roccia Rockwool di Sottopedena in Istria ha vinto la causa in tribunale contro gli ambientalisti che l'hanno accusata di inquinare l'ambiente. La corte presieduta dalla giudice Mirna Franciskovic ha condannato il presidente del partito dei verdi Josip Anton Rupnik al pagamento dell'ammenda pari a 5440 euro per diffamazione nei confronti della Rockwool. La fabbrica, lo ricordiamo è aspramente contestata anche dalla popolazione locale che si lamenta continuamente di irritazioni agli occhi e disturbi respiratori. L'imputato è colpevole, ha spiegato la giudice, poiché non ha fornito valide prove a sostegno delle sue accuse sull'inquinamento della fabbrica. I rappresentanti della fabbrica,soddisfatti della sentenza non hanno voluto rilasciare dichiarazioni. Josip Anton Rupnik invece ha dichiarato che il suo partito non dispone di mezzi finanziari per cui non intende pagare la multa. Inoltre ha annunciato ricorso contro la sentenza di primo grado. Ma non solo, inoltrerà denuncia contro la Rockwool al Tribunale per i diritti umani di Strasburgo.

(p.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 11 dicembre 2009

 

 

Rigassificatore a Capodistria, l’opposizione attacca Lubiana - Juri: «Governo sloveno ambiguo anche sull’impianto di Trieste»
 

«Il Ministero dell’economia prepara un nuovo regolamento che rilancia il progetto»
CAPODISTRIA Rigassificatori nel Golfo di Trieste, sì o no? La questione sta provocando malumori all'interno del governo sloveno: nonostante quelli che erano gli accordi di coalizione, non tutte le forze politiche e tutti i deputati che compongono la maggioranza sono disposti a chiudere del tutto all'ipotesi di un terminal nell'area, e soprattutto, alcuni deputati e ministri sembrano propensi a prendere in considerazione l'idea di costruire un terminal nell'area portuale di Capodistria, sulla base del progetto della società tedesca «Tge Engineering». La diversità di vedute all'interno della maggioranza, ossia un passo indietro rispetto a quello che era l'accordo di coalizione, è stata denunciato da Franco Juri e Franci Kek, deputati del partito Zares.
In conferenza stampa, i due hanno puntato il dito soprattutto contro il Ministero dell'economia, guidato peraltro dal loro collega di partito Matej Lahovnik – e con Janez Kopac, sempre di Zares, responsabile della Direzione per l'energia – e contro la presidente del Comitato ambiente della Camera di Stato, la socialdemocratica Breda Pecan. Il Ministero per l'economia sta preparando un nuovo regolamento sulla concessione dei certificati energetici, e le modifiche - questo il timore espresso da Juri - potrebbero far sì che alla «Tge Gas Engineering» venga concesso il documento che finora le è stato negato e senza il quale la società tedesca non può andare avanti con il progetto di costruzione del terminal nell'area del porto di Capodistria. La deputata Pecan, invece, in qualità di presidente del Comitato parlamentare per l'ambiente, avrebbe insistito affinchè dai documenti parlamentari discussi in vista dell'approvazione della Risoluzione sulla strategia per l'Adriatico si togliesse il paragrafo nel quale si diceva esplicitamente che per i terminal rigassificatori non c'è posto nel Golfo di Trieste. Juri ha criticato anche gli esperti della Facoltà di marineria di Portorose e di Scienze chimiche di Lubiana che, su commissione della «Tge Gas Engineering», hanno effettuato uno studio nel quale sostengono che il terminal di Capodistria non avrebbe effetti negativi sull'ambiente e sulla popolazione dell'area. Il lavoro è stato presentato la settimana scorsa ed è già stato oggetto di polemiche, anche perché lo stesso gruppo di esperti, non più di un anno fa, aveva espresso valutazioni diverse. Resta il fatto che, per quanto abbia subito già diverse bocciature – non ultima quella delle autorità comunali di Capodistria – Lubiana non ha ancora definitivamente accantonato il progetto della «Tge», o perlomeno la società tedesca continua a insistere. Il progetto prevede la costruzione di un impianto di rigassificazione, di due contenitori di acciaio da 150mila metri cubi nella zona di Sermino e di una centrale elettrica. Il terminal sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno. Il valore del progetto ammonterebbe a quasi 1 miliardo di euro e impegnerebbe 30 ettari di superficie nell'area della Bonifica di Ancarano, all'interno del Porto di Capodistria. Invitati dal quotidiano ”Primorske Novice” a commentare le preoccupazioni di Juri, dal Ministero per l'economia hanno spiegato che attualmente non è in corso alcun intervento di modifica del regolamento sulla concessione delle licenze energetiche.
 

 

In Fvg pochi investimenti sui treni, tutti i soldi al trasporto su gomma
 

SECONDO IL RAPPORTO DI LEGAMBIENTE LA REGIONE DESTINA IL 99% DELLE RISORSE AI CANTIERI STRADALI
ROMA Continua a crescere il popolo dei pendolari: quelli che si muovono ogni giorno sono 2 milioni e 630mila, 200.000 in più (+8,2%) rispetto al 2007. Gli investimenti pubblici in infrastrutture però, prendono per i due terzi (67%) altra vie, quelle delle strade e autostrade. Lo sostiene Legambiente che nel suo Rapporto annuale 'Pendolaria 2009', fa le pulci alle Regioni che non investono nel trasporto locale, dedicando «meno dello 0,1% del bilancio ai pendolari». Al Veneto la maglia nera (0,04%), la Campania quella che ha investito di più (1,52%). Il Fvg spende solo lo 0,2%,
UN TRENO SU 3 IN RITARDO - Immutato il capitolo ritardi, come anticipato già una settimana fa dalla stessa Legambiente con un focus dall'indagine. Un treno pendolare ogni tre in Italia arriva in ritardo: su 1.216 convogli, 430 (35%) superano i cinque minuti. Va meglio a Roma (54%) che a Milano (57%), entrambe in cima alla classifica delle attese nel monitoraggio, effettuato in 13 stazioni di 11 città. Seguono Palermo (43%), Salerno (37%), Torino (32%) e Messina (30%) e Genova (18%). C'è però, secondo Legambiente, un colpevole preciso dei disagi patiti dai pendolari, ed è la strada. «L'Italia è l'unico paese in Ue che finanzia strade e autostrade con risorse doppie rispetto a quelle per ferrovie nazionali e regionali» dice Edoardo Zanchini, responsabile trasporti di Legambiente. Dal 2001 ad oggi tutti i governi hanno riversato il 67% delle risorse per infrastrutture alle strade.
REGIONI COLPEVOLI - E su questo trend si sono messe le Regioni, «la metà delle quali non spende per i propri pendolari nemmeno lo 0,1% del bilancio. Il Veneto spende molto più per i veneti nel mondo che per i veneti pendolari nel Veneto» ha detto Zanchini. Insomma, «una vera strategia per far crescere il traffico su gomma in Italia» afferma Legambiente. Abruzzo, Basilicata, Calabria negli ultimi 7 anni non hanno stanziato alcuna risorsa per la ferrovia. Liguria, Friuli Venezia Giulia, Molise, Sicilia hanno destinato il 99% delle risorse ai cantieri stradali. E ancora, denunciano gli ambientalisti, nella Finanziaria ci sono ben 400 milioni per gli autotrasportatori e 470 milioni per il Ponte sullo Stretto, oltre a 1,2 miliardi già stanziati dal Cipe. Mentre opere necessarie per decongestionare i grandi centri urbani come l'anello ferroviario di Roma, i passanti ferroviari di Torino e Palermo, i potenziamenti dei binari a Milano, Bologna, Bari, restano al palo. Il gap infrastrutturale dell'Italia rispetto all'Europa e soprattutto evidente nelle infrastrutture per il trasporto pendolare, dice Pendolaria. «La rete metropolitana delle città italiane è con soli 161,9 km, la più corta in Ue. Lo stesso per le ferrovie suburbane che contano 591,7 km in totale. Pochissimi rispetto ai 2033 km della Germania per esempio».
UN CENT PER PENDOLARE -«Per la vita disagevole del pendolare, i nuovi treni annunciati da Fs sono una piccola goccia nel mare delle necessità, mentre il progetto mille treni lanciato 2 anni fa è rimasto sulla carta» dice Legambiente riferendosi alla gara da due miliardi lanciata da Fs per 400 nuove carrozze a due piani e il rinnovamento di 100 locomotori, più altri 150. L'obiettivo, in ordine alla sfida del taglio di CO2, è di «arrivare a 4 milioni di pendolari nel 2020». Come? «Richiamando governo e regioni alle proprie responsabilità per dare certezze agli interventi di miglioramento del servizio». Di qui l'idea del fondo, lanciata dall'ad di Fs Mauro Moretti. Un centesimo in più a km per ogni pendolare, pari a un euro ogni 100 chilometri, per un totale di un miliardo di euro, il tutto conservato in un fondo da destinare rigorosamente a investimenti a favore del trasporto regionale. «Basta con il binomio tariffe basse-servizio scadente» ha detto Moretti assicurando che le risorse «non serviranno per pagare gli stipendi o coprire le spese». La proposta ora al vaglio delle Regioni.
 

 

Rete idrica come un colabrodo Cento litri erogati, 76 dispersi - Acqua perduta dalla rete, Trieste terza nella graduatoria dei Comuni con più di 200mila abitanti
 

CENSIMENTO 2008 DELLE RISORSE
Trieste è al terzo posto, fra i comuni italiani con oltre 200 mila abitanti in termini di acqua perduta dalla rete idrica. Esattamente 76 litri dispersi per ogni 100 erogati. Una poco confortante classifica, che vede la nostra città preceduta solo da Bari (106 litri immessi in più ogni 100 erogati) e da Palermo (88 in rete in più per 100 erogati).
Il quadro emerge dal Censimento 2008 delle risorse idriche a uso civile, reso noto dall’Istat. Una raffica di dati dai quali si ricava, comunque, che nel nostro paese per ogni 100 litri erogati si prelevano 165 litri, cioè il 65% in più. E in particolare, per l’acqua potabile lo scorso anno la perdita media è stata del 47%. Dispersione che ha diverse ragioni: perdite vere e proprie, prelievi non autorizzati e mancate regolazioni delle reti.
Tornando ai comuni con oltre 200mila abitanti, dispersioni superiori al 50% si registrano a Catania, Roma, Napoli, Torino e Padova, città quest’ultima dove opera come a Trieste l’AcegasAps.
O meglio operava fino ad alcuni anni fa, quando è stato creato l’Ambito territoriale ottimale, che raggruppa i Comuni interessati al ciclo idrico nello stesso bacino. Anche nella provincia di Trieste (una delle ultime a farlo in Italia) qualche mese fa è stato costituito l’Ato, che vede appunto la presenza di tutti i Comuni della provincia. Sono quindi ora i Comuni a stabilire gli investimenti per la manutenzione della rete di distribuzione dell’acqua, delle fognature e degli impianti di depurazione.
 

 

«La Siot ha usato i serbatoi più lontani dalla centralina»
 

IL COMITATO PER LA SICUREZZA DEL GOLFO RITORNA SUL PROBLEMA DELLE MISURAZIONI DELL’ARIA
Jercog solleva dubbi per il periodo delle rilevazioni. Drozina (Pdl-Udc): l’assessore all’Ambiente si pronunci
SAN DORLIGO «Le ultime rilevazioni, che comunque non rispecchiano la situazione reale del comprensorio, anche alla luce dei dati del 2008 scoperti recentemente, ci insospettiscono: non vorremmo che anomalie emerse nel corso dei rilievi venissero taciute per non creare allarmismi nella popolazione residente».
Il coordinatore del Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, Giorgio Jercog, ritorna sulla vicenda dello stabilimento della Siot, posto sotto accusa per le continue esalazioni odorifere che, anche dopo il monitoraggio compiuto qualche mese dall'Arpa stanno continuando (anche in questi giorni) a interessare l'aria nella zona di Mattonaia.
A non convincere l'ex consigliere di San Dorligo sono i dati emersi dalle rilevazioni effettuate dall'Arpa. «Sapendo di essere monitorati (dalla centralina mobile dell'Arpa posta a Mattonaia, ndr) non è che la Siot ha cercato di mascherare le problematiche, utilizzando durante il periodo di monitoraggio solo i serbatoi situati verso Caresana e Dolina?».
Il dubbio di Jercog è sorto in base a alcune recenti rilevazioni fotografiche (come quella che pubblichiamo), che hanno ripreso lo stabilimento della Siot con i serbatoi posti a Mattonaia completamente pieni, come se fossero inoperosi, mentre i serbatoi collocati a monte, nei pressi di Dolina e Caresana, sono apparsi con il ”cappello” abbassato e quindi in corso di svuotamento.
Un dubbio che per ora rimane, anche perché nella giornata di ieri, nonostate diverse chiamate telefoniche, non è stato possibile contattare l'amministratore delegato della Siot, Adriano Del Prete.
CENTRALINA Nel frattempo cresce l'attesa da parte dei residenti per l'installazione della centralina fissa per il rilevamento dell'aria, che verrà posizionata verosimilmente il prossimo febbraio a Mattonaia come spiega il sindaco di San Dorligo. Fulvia Premolin: «Entro il mese organizzeremo una riunione del Consiglio comunale, nella quale i tecnici dell'Arpa verranno a illustrare il tipo di misurazione e i valori emersi negli ultimi mesi. Una volta fatto ciò capiremo meglio quali strumentazioni acquistare, anche per capire come affrontare il problema dei composti ridotti dello zolfo, fermo restando che la Siot ha già messo a disposizione un finanziamento ad hoc».
Sulle tempistiche la Premolin è fiduciosa: «Spero che entro il febbraio del prossimo anno la centralina fissa troverà finalmente la sua collocazione».
REAZIONI In queste ultime settimane – complici anche le condizioni meteo – i residenti di Mattonaia e dintorni hanno vissuto di nuovo le problematiche legate alle esalazioni odorose provocate dalla Siot. Tra questi il capogruppo consiliare del Pdl-Udc di San Dorligo, Roberto Drozina: «Lunedì mattina – afferma – c'era un odore a dir poco nauseabondo. Ho cercato di contattare l'assessore all'Ambiente di San Dorligo, Elisabetta Sormani, per prendere un caffè nella terrazza di casa mia, per una piena inspirazione polmonare degli effluvi idrocarburici che aleggiano nell'aria, visto che in pochi mesi dalla sua elezione l'esponente della maggioranza con delega all'Ambiente non ha ancora avuto modo di esprimersi su tale vicenda».
Severa infine la presa di posizione del consigliere di maggioranza Rossana Pettirosso (Pd): «Esattamente come ci si è dichiarati contro la Tav e il progetto del rigassificatore di Zaule, allo stesso modo il Comune si dovrebbe attivare contro la Siot, che emette nell’aria pericolosi idrocarburi, in attesa di fare degli accertamenti anche sulla Wärtsilä, che potrebbe diventare l'ennesima industria inquinante presente nel nostro territorio».
RICCARDO TOSQUES

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 dicembre 2009

 

 

«Omessi i rischi del rigassificatore» - IL DIBATTITO PUBBLICO DEI VIGILI DEL FUOCO AL ”BOBBIO”
 

Il gruppo di docenti non è contrario al progetto, contesta i documenti di Gas Natural
Nella baia di Zaule passerebbero due volte la settimana oltre 165 miliardi di litri di metano
«I politici facciano i politici, per il resto si affidino alla scienza». Ieri pomeriggio i docenti universitari chiamati a raccolta dal sindacato Uil dei Vigili del fuoco per dire quanto il gas metano possa essere pericoloso e quanto impreciso e anzi inaffidabile sia il progetto di Gas Natural per il rigassificatore di Zaule, si sono presi una platea più larga rispetto alla precedente conferenza stampa (peraltro affollatissima): al teatro Bobbio è andata in scena una commedia seria. Un palco e nove professori, di cui uno sloveno, supportato in sala da un parlamentare, una platea che pian piano si è riempita per tre quarti. Tutta gente catturata da spiegazioni tecniche, diapositive e documenti su schermo. Per tre ore non è volata una mosca fra le poltroncine rosse del teatro leggero.
E il sindaco Dipiazza, in quanto sostenitore acceso di questo impianto, è stato evocato anche malamente: «Non abbiamo politici, ma piazzisti che ci dicono compri 3 e paghi 2» ha sparato Adriano Bevilacqua, il comandante dei vigili del fuoco che allerta sui pericoli di un rigassificatore così fatto: «Nella baia di Zaule passerebbero due volte alla settimana 165 miliardi e 200 milioni di litri di gas metano, perché si mette in giro la voce che non esplode? Chi amministra non può pensare agli interessi a scapito della sicurezza».
Niente hanno potuto, di fronte all’analisi tecnica, le risposte di Gas natural e le assicurazioni del sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia. Marino Valle, Tomaz Ogrin, Fulvio Crisciani, Franco Stravisi, Livio Sirovich, Radoslav Nabergoj, Bruno Della Vedova, Giorgio Trincas hanno tenuto lezione più ampia: gli studi sul mare e sul vento non sono corrispondenti alla realtà, in caso d’incidente la fuoriuscita di gas andrebbe a investire zone industriali «che le cartine vecchie di Gas natural nemmeno riportano», il metanodotto della Snam che andrà ad attingere proprio nell’area degli enormi depositi a terra è già predisposto per raccogliere nella sua corsa verso Grado anche il gas del progetto a mare di E.On, ex Endesa, le prove tecniche del movimento navi nello stretto canale navigabile sono, hanno ripetuto allarmati e sconcertati i professori, imprecise e illeggibili.
Sirovich ha ingrandito alcune di queste tavole. Una, che i documenti dichiarano realizzata a Delft, in Olanda, «è tuttavia scritta in spagnolo». Le traduzioni, ribadisce Sirovich, da spagnolo a italiano almeno in un caso stravolgono proprio le «conclusioni». Poco limpide, ha denunciato, le firme sui documenti, l’attribuzione di studi a firmatari che poi non risultano lavorare per il committente indicato, e le analisi sull’eventuale «effetto domino» di un incidente o attentato depositate «in doppia copia, una delle due evidentemente retrodatata».
Notizie nuove, e anche queste non buone, ha portato Bruno Della Vedova. Documenti in mano, ha spiegato come anche il beneficio delle bonifiche del sito inquinato che l’impresa spagnola promette non danno garanzie: «In quella zona il basamento solido si trova appena a 40-50 metri sotto i terreni di riporto, i carotaggi sono stati fatti fino a 10-15 metri, non sappiamo che cosa ci sia sotto, la barriera a mare per impedire l’espandersi di sostanze inquinate in mare assicura un drenaggio fino a 4 metri, ma l’inquinamento è stato trovato fino a 8-12».
Giorgio Trincas (Ingegneria navale), ha rassicurato quelli che accusano il gruppo di essere «partito del no». «Ci sono strategie mondiali, e c’è gas sicuro da estrarre per 450 miliardi di metri cubi sul pianeta, e l’Italia dipende per il 96% da metanodotti, quindi si capisce che l’Italia voglia, in ritardo, passare al trasporto su nave. Il problema è come». E qui Trincas ha riesposto l’esempio di Livorno, col rigassificatore che si ferma in mezzo al mare e porta a terra il gas attraverso «pipeline» sottomarine (un filmato lo ha reso quasi procedimento poetico): «L’idea di questo impianto è nata a Trieste - ha rivelato -, chissà perché Trieste la ignora». Tra tutti i pericoli evocati, i piani di sicurezza accusati di genericità, i dati del vento e del mare «sbagliati», tra «l’incredulità che al ministero si siano accettati documenti spesso di nessuna credibilità scientifica», Trincas ha portato un altro elemento: «Oggi si producono navi gasiere molto più grandi, un impianto come quello di Trieste fra qualche anno sarà già superato, nel canale navigabile quelle navi non entrano proprio».
GABRIELLA ZIANI

 

 

Clò: nel nostro Paese c’è sempre una buona ragione per non fare - L’ESPERTO DI POLITICHE ENERGETICHE
 

«Argomentazioni insufficienti per bloccare l’operazione» Razeto: «Studi più approfonditi»
«Nel nostro Paese c’è sempre una buona ragione per non fare. Ma se c’è stata la valutazione di impatto ambientale (Via), che è rigorosa, bisogna anche abituarsi ad avere rispetto per le istituzioni....». Alberto Clò, economista ed esperto di politiche energetiche (è professore straordinario in Economia industriale ed Economia dei servizi pubblici all'Università di Bologna) vive a distanza la questione triestina del rigassificatore. Con il giusto distacco ma anche con la certezza di chi, sull’argomento, ha già avuto a lungo a che fare. «Mi ricordo quando c’era stata l’opposizione al rigassificatore di Livorno... Lo chiamavano il ”Bombolone” ma l’unica cosa che sono riusciti a dire, per contestarne la realizzazione, era che rischiava di far cadere la Torre di Pisa... Ma per piacere...! Non è possibile che a tutti sia consentito dire di tutto».
La posizione di Clò, per molti versi ambientalista rigoroso, nasce anche da altre motivazioni. Strategiche, in prima battuta. «Esiste un’indubbia necessità di rafforzare i punti d’entrata del gas nel nostro Paese, ma finora siamo riusciti a realizzare solo l’impianto di Rovigo, e ci sono voluti dieci anni... Certo, il rigassificatore è costoso, ma se si trova un’impresa che ne supporta anche tutti i rischi di mercato, non vedo proprio dove possano esserci controindicazioni».
Le osservazioni di Clò, in effetti, sembrano partire da una considerazione logica: l’Italia ha bisogno di energia, molta, ma si è mossa in ritardo. «Esiste un obiettivo rischio Paese negli approvvigionamenti energetici. Per questo, a chi si oppone chiederei, un domani, di rispondere, ma qui nessuno risponde di niente... Tutti vogliono le case riscaldate ma poi protestano, e non mi sembra che le argomentazioni siano sufficienti per bloccare l’opera. Mi ricordo quello che accadde a Monfalcone col referendum del ’96... In realtà, informatevi, coi rigassificatori non è mai successo niente...».
«Credo nel rigassificatore – aggiunge dal canto suo il presidente dell’Assindustriali, Sergio Razeto – anche se ritengo sia giusto che vengano evidenziate le problematiche, in modo di permettere di realizzarlo al meglio. Dunque, ben vengano certi elementi oggettivanti per andare a verificare le cose». A detta di Razeto «lo studio iniziale era un po’ superficiale» e ora servono degli studi ad hoc. «Bisogna entrare nel dettaglio – osserva il presidente degli industriali – individuare gli eventuali rischi e pericoli, senza dimenticare che comunque l’iniziativa risulta positiva in termini di ricadute lavoro e all’interno della catena del freddo, e dunque è opportuno far intervenire direttamente le aziende. Di sicuro, comunque, i discorsi sicurezza e ambiente prevalgono, per evitare inquinamenti, ed è questo lo spunto che noi vogliamo fornire alle autorità.
FURIO BALDASSI
 

 

Gasdotto, una bretella per Capodistria - IL PROGETTO SOUTH STREAM CHE ATTRAVERSA IL MAR NERO
 

Un ramo si snoderà sull’asse Lubiana-Trieste-Monfalcone
Al golfo di Trieste non guardano solo la spagnola Gas Natural e la tedesca E. On, con i rispettivi progetti per impianti di rigassificazione. Imprese dell’energia ai massi livelli mondiali come la russa Gazprom, l’Eni e la francese Edf, hanno in progetto la costruzione (entro il 2015) del gasdotto South Stream, per aggirare l’”ostacolo” dell’Ucraina. Un tubo di 3.700 chilometri che attraverserà il Mar Nero e raggiungerà l’Italia con due ”rami”, uno a Sud in Puglia e uno a Nord, a Monfalcone (ma è probabile si tratti del nodo Snam di Villesse).
E proprio il tracciato del ramo Nord, dopo la recente adesione al progetto della Slovenia, potrebbe coinvolgere il golfo. In un primo tempo il percorso del tubo fra Lubiana a Monfalcone era previsto attraversasse zone interne della Slovenia. Ora, invece, secondo voci riportate dalla stampa slovena, il gasdotto dovrebbe transitare nel territorio di Capodistria, per raggiungere comunque la zona di Monfalcone.
Viene logico chiedersi, dunque, per dove passerà quest’ultimo tratto del gasdotto. Alcuni addetti ai lavori non escludono che il tubo possa innestarsi sul gasdotto che la Snam ha progettato per il rigassificatore di Zaule. Una condotta di alcune decine di chilometri, che attraverserà il golfo per approdare nella zona di Fossalon e proseguire fino al ”nodo” con la rete nazionale esistente a Villesse.
Per questo collegamento la valutazione d’impatto ambientale è in corso; il via libera è atteso per l’autunno del prossimo anno. Non solo. Secondo qualche tecnico il collegamento con South Stream giustificherebbe la costruzione del gasdotto da Zaule a Villesse anche nel caso il progetto di Gas Natural non dovesse essere realizzato.
L’ipotesi ha una sua razionalità. Innanzitutto perchè a livello internazionale si punta a creare sempre nuovi collegamenti fra le reti di gasdotti che attraversano l’Europa.
In secondo luogo uno scavo fra Capodistria e Monfalcone, attraverso il Carso sloveno, comporterebbe costi, tempi e problemi tecnici e ambientali ben più complessi di quelli necessari per portare il tubo da Capodistria a Zaule, dove è previsto arrivi il gasdotto della Snam, che sarà collegato come detto alla rete italiana.
RIGASSIFICATORI Mentre la Regione ha chiesto a Gas Natural di dare risposta alle prescrizioni fissate dal decreto dei ministri Prestigiacomo e Bondi, procede con rapidità la valutazione di impatto ambientale per l’impianto (ex progetto Endesa) previsto dalla tedesca E.On in mezzo al golfo. Atteso entro l’anno, il via libera dovrebbe slittare di un solo mese. Il progetto sarebbe già molto avanti, ma prima di dare l’autorizzazione pare che il governo voglia consultare la Slovenia. E nella gara con Gas Natural, E.On ha dalla sua il vantaggio che, trattandosi di un impianto in mezzo al mare (e quindi in area demaniale) la procedura finale spetta al ministero dello Sviluppo economico, e non a una conferenza dei servizi convocata dalla Regione.
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

Nucleare a Monfalcone Scajola: nulla di deciso - Sarà la futura Agenzia nazionale a indicare i siti per le nuove centrali
 

IL MINISTRO: «SOLO CHIACCHIERE»
Questa fantomatica lista, esiste o no? E la centrale termoelettrica di Monfalcone, verrà convertita o no, in una delle nuove centrali nucleari italiane? In città sono in tanti a chiederselo. Ma il caso dei siti papabili per la costruzione degli impianti atomici continua ogni giorno a tingersi di giallo. Da una parte i Verdi e alcuni deputati del Pd, che accusano l’Enel e il Governo di aver già messo sul tavolo la mappa del futuro nucleare italiano, che includerebbe anche la Città dei cantieri. Dall’altra il ministro Scajola, che nega con forza e taccia come «pure chiacchiere» le dichiarazioni e i rumor sentiti in questi giorni. In mezzo c’è una città che ha paura. Lo stesso sindaco Pizzolitto, deciso a tenere alta la guardia, non nasconde la sua preoccupazione, anche alla luce di alcune indiscrezioni giuntegli proprio ieri - dice il sindaco - da fonti interne al Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), che confermerebbero la presenza di Monfalcone nella tanto discussa lista.
Il risultato è che, per il momento, il futuro della città resta avvolto dal mistero. Ed è probabile che i giochi si faranno a carte scoperte solamente la prossima primavera, come spiegato ieri dal ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola, a margine di un convegno alla Farnesina. «Tutto ciò che è stato detto in questi giorni sono chiacchiere, ipotesi e ragionamenti fatti da qualcuno. Ma non corrispondono alla realtà delle cose. Solamente in primavera definiremo quali sono i siti che possiedono tutte le caratteristiche per poter ospitare centrali di energia nucleare, attraverso impianti che le imprese vorranno proporre per avere le concessioni necessarie». Il motivo dello slittamento alla prossima primavera, come affermato dal ministro, è chiaro: «C’è un percorso da affrontare. Lo statuto dell’Agenzia per il nucleare, che io ho già firmato, è ancora in fase di approvazione da parte dei vari ministri». E poi ha aggiunto: «Che ci siano discussioni e polemiche sul nucleare mi pare naturale: dopo ben vent’anni è stato deciso il rientro dell’Italia nel nucleare civile per produrre energia elettrica».
Al di là delle dichiarazioni del resposansabile dello Sviluppo economico, i dubbi restano, eccome. Non bastavano le accuse lanciate dai Verdi e dal responsabile Ambiente del Pd Ermete Realacci, che l’altro giorno ha sparato a zero sull’Enel, dichiarando che il gruppo elettrico «sa benissimo quali siano i siti che possono accogliere le centrali». Non bastava questo. Ora ci sono altre indiscrezioni che rimbalzano da una parte all’altra di Monfalcone. L’ultima arriva per voce del sindaco Gianfranco Pizzolitto, che spiega di aver ricevuto nelle utlime ore notizie da fonti interne al Cnr, che vorrebbero la città dei Cantieri come uno dei siti dati per più che probabili.
 

 

«Dipiazza deve dirci se ci sono altre sorprese» - La maggioranza chiede lumi. Piero Camber: «Perderemo i fondi per piazza Libertà»
 

IL NODO DEI LAVORI PUBBLICI EREDITATI DALL’ASSESSORE BANDELLI
Omero: già la corsia di traffico aggiunta davanti alla stazione toglieva senso alla riqualificazione
Brandi (An): non so nulla sulle variazioni ulteriori, non credo che approveremo a priori tutto quanto

Il progetto per piazza Libertà sta viaggiando di nuovo dagli uffici comunali alla Soprintendenza (corretto, pare) ma gli amministratori comunali non hanno idea di che cosa stia succedendo, e così afferma pure il co-progettista Luciano Lazzari. «Non sappiamo niente - dice Piero Camber, capogruppo Fi -, così come non sapevamo un bel niente del fatto che per il ponte sul canale del Ponterosso la Soprintendenza avesse rilasciato solo un permesso temporaneo, tanto è vero che molto presto verrà convocata una commissione Lavori pubblici in cui il sindaco verrà invitato a rispondere alla domanda: ”Ora che apre i fascicoli dei Lavori pubblici, vuol dirci se ci sono altre sorprese oltre a queste?”».
«Non sappiamo nulla - ripete Angela Brandi, capogruppo An -, solo che già la variazione precedente, quella che istituiva la corsia di marcia sul lato stazione non era più corrispondente al progetto votato in aula, adesso se ci sono variazioni ulteriori io non credo che approveremo a priori tutto quanto, perché sarà un’altra cosa». Iter da riprendere daccapo? «Credo di sì».
Lazzari, che nel 2006 vinse la gara europea assieme a due studi di Bolzano in associazione temporanea di imprese (base di gara attorno ai 400 mila euro, ma si vinse al ribasso) afferma di aver depositato l’altra settimana il progetto esecutivo. I progettisti vengono pagati a tappe, attendono l’ultima «tranche». E proprio adesso i finanziamenti sembrano a rischio. «Il lavoro si sarebbe dovuto iniziare in estate» dice l’architetto. «Io credo che faremo solo un abbellimento generico della piazza, e lasceremo tutto come sta» fa eco Camber.
E i soldi? Sul tavolo c’erano, vincolati alla data del dicembre 2009 alla riqualificazione «socio-economica» (come fa notare Fabio Omero, capogruppo Pd) di zone retroportuali e retroferroviarie, ben 3 milioni e 800 mila euro. Camber: «Si richia di perderli». Brandi: «Se ci sono giustificate ragioni di ritardo si può chiedere una proroga». Omero: «E pensare che ci hanno fatto tanta fretta per approvare quel progetto, altrimenti, dicevano, perdiamo i soldi. Adesso sono persi, è chiaro».
Se la maggioranza ha più che una mosca al naso perché «cade dalle nuvole» scoprendo ponti a tempo e progetti in transito, il capo dell’opposizione Omero riporta le cose al dibattito urbanistico in corso: «Piazza Libertà - afferma - è evento emblematico di come questa Giunta gestisce le cose, il Piano particolareggiato per il centro storico (che proprio ieri ha iniziato l’esame in commissione, ndr) per piazza Libertà prevedeva qualche modifica ma la conservazione della viabilità attuale, dunque questo progetto già gli si metteva sopra, così come accaduto per le Rive e per Campo Marzio. Il finanziamento poi era preso un po’ al volo, perché qui non si trattava di una riqualificazione socio-economica di zone dismesse, l’unica contiguità è che si tratta di una piazza di fronte alla stazione. Già la corsia di traffico aggiunta in seguito toglieva senso alla ”riqualificazione”».
I fondi erano per un terzo della Regione, per un terzo dello Stato, per una parte anche delle Ferrovie come opera di urbanizzazione in cambio degli ingenti lavori all’atrio d’ingresso. «La corsia - spiega Lazzari - non fu una prescrizione della Soprintendenza, ma una decisione presa assieme agli uffici preposti al traffico, al verde e ai lavori pubblici, che cosa stia andando adesso in Soprintendenza io non so». «Io prevedo - conclude Omero - che salterà tutto e non si farà più niente».
GABRIELLA ZIANI

 

 

Coop Nordest in campo contro gli sprechi alimentari
 

”Lo spreco... solidale: il di più per chi ha meno”. Ha un titolo che è tutto un programma l’iniziativa lanciata dalle Coop Nord Est a sostegno delle famiglie e delle persone in difficoltà. Il progetto rivolto alla popolazione triestina verrà illustrato domani alle 17.30 nella sala Vulcania della Stazione Marittima dai tanti attori coinvolti nell’operazione benefica.
Le linee portanti saranno spiegate dall’economista Andrea Segrè, preside della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna e fondatore del progetto ”Last minute market” contro gli sprechi alimentari. Vicino a lui, al tavolo dei relatori, ci saranno Marisa Parmigiani, responsabile politiche sociali di Coop- Accda, il fondatore della Comunità di San Martino al Campo don Mario Vatta e il presidente della Caritas diocesana Mario Ravalico. Nell’operazione solidale inoltre saranno coinvolte la Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin - rappresentata nell’incontro di domani dal presidente Enzo Angiolini -, la comunità dei frati di Montuzza, presenti con il priore padre Silvano Scolaro, e la parrocchia dei Santi Giovanni e Paolo di Muggia con don Giorgio Petrarcheni. In rappresentanza dell’amministrazione provinciale, infine, parteciperà l’assessore alle Politiche sociali Marina Gugliemi.

 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 9 dicembre 2009

 

 

Cancellato l'emendamento taglia incentivi alle rinnovabili

 

Secondo alcune notizie emerse negli ultimi giorni è stato ritirato l'emendamento alla Finanziaria 2010, che conteneva tagli all'incentivazione delle fonti rinnovabili. La notizia arriva dopo che nei giorni scorsi, con un comunicato congiunto, Anev, Aper, Federpern, Fiper, Greenpeace Italia, Ises Italia, Itabia, Kyoto Club e Legambiente, rappresentanti del settore dell’industria dell’energia rinnovabile e dell’ambiente, avevano sottoscritto un documento per esprimere la loro netta contrarietà all’emendamento di fonte governativa alla Finanziaria per il 2010.
A rivelare la retromarcia del governo sono state le stesse associazioni. L'emendamento in questione, che avrebbe dovuto essere presentato alla Camera in questi giorni, prevedeva sia una forte riduzione dei coefficienti di incentivazione alle fonti rinnovabili non programmabili, a causa delle difficoltà di dotare gli impianti di una capacità di accumulo dell'energia, sia una notevole riduzione del valore del prezzo di riferimento del Certificato Verde, che avrebbe dovuto passare da un prezzo medio di mercato di circa 85,00 euro/MWh a uno di circa 40,00 euro/MWh. Nel provvedimento era anche previsto che Terna avesse il potere di stabilire la massima quantità di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile non programmabile che potesse essere connessa ed erogata.
In base alle analisi delle associazioni gli emendamenti, infatti, avrebbero provocato la crisi di un settore, quello della produzione di energia da fonte rinnovabile, in grande sviluppo, anticiclico e con notevoli prospettive economico-occupazionali (almeno 250.000 addetti diretti ed indiretti al 2020). Il provvedimento inoltre impedirebbe all’Italia di mantenere gli impegni per il raggiungimento degli obiettivi vincolanti al 2020 (17% dei consumi finali di energia coperti da fonti rinnovabili), definiti in sede europea nel pacchetto Energia-Clima, con la grave conseguenza di dover pagare alti costi finanziari a causa del mancato raggiungimento degli obiettivi.
 

 

E-GAZETTE.IT - MERCOLEDI', 9 dicembre 2009

 

 

Scajola firma decreto che anticipa la fine al 2010 degli incentivi Cip6
 

Roma, 9 dicembre – Stop agli incentivi previsti dal Cip6 a partire dal prossimo anno. Come previsto dalla Legge Sviluppo, dal 2010 potranno infatti essere anticipatamente risolte le convenzioni CIP 6/92 che stabiliscono prezzi incentivati per l’energia elettrica prodotta, tra l’altro, da impianti alimentati da fonti assimilate alle rinnovabili. È quanto prevede il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, che definisce meccanismi per la risoluzione facoltativa delle convenzioni in essere con il GSE-Gestore dei Servizi Energetici, altrimenti in scadenza negli anni successivi fino al 2020, salvaguardando la continuità delle produzioni energetiche connesse a processi industriali.
“Il regime che era stato stabilito nel 1992”, ha commentato il Ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, “non è più efficiente rispetto all’odierno mercato liberalizzato e grava sui prezzi dell’elettricità di tutti i consumatori. L’attuazione di quanto previsto dalla Legge Sviluppo rappresenta un importante passo verso un mercato dell’energia con prezzi sempre più competitivi e trasparenti e a supporto di nuovi investimenti e della ripresa economica”.
Complessivamente, in relazione all’anno 2010, la capacità produttiva riconducibile agli impianti potenzialmente interessati al provvedimento ministeriale si attesta intorno ai 3.300 MW, ovvero l’80% del totale dell’energia incentivata dal CIP 6. Le convenzioni CIP 6/92 potenzialmente interessate dalle modalità di risoluzione volontaria definite dal decreto sono quelle relative a impianti di produzione di energia elettrica alimentati da combustibili di processo o residui o recupero di energia) e da combustibili fossili (per esempio gas naturale).
L’attuazione del decreto porterà alla possibile uscita dalla produzione di energia di quegli impianti meno efficienti, consentendo al sistema elettrico di utilizzare risorse per una maggiore competitività a beneficio dei prezzi dell’energia elettrica.
Ai produttori che aderiranno volontariamente alla risoluzione anticipata saranno riconosciuti corrispettivi tali da contenere gli oneri che graverebbero sui consumatori, cittadini ed imprese, nel caso le convenzioni andassero a scadenza naturale, pur nel rispetto degli investimenti effettuati.
Soddisfatti gli ambientalisti: secondo Angelo Bonelli, presidente dei Verdi, “lo stop anticipato ai contributi sui cip6 è un fatto importante e ci dà ragione delle battaglie fatte nella scorsa legislatura contro un sistema che non ha permesso alle rinnovabili di decollare”. “Lo stop anticipato ai Cip6 è una buona notizia - dice Edoardo Zanchini, responsabile energia di Legambiente - perché gli incentivi alle fonti assimilate previsti da queste agevolazioni hanno tolto soldi alle vere rinnovabili, mentre le risorse che sono state date in questi anni alle fonti inquinanti sono stimabili in decine di miliardi". “C'è da auspicare - ha detto Ermete Realacci (Pd) - che non si verifichino tentativi di deroga", visto che "parliamo di un'operazione che è costata agli italiani oltre 30 miliardi di euro e ben 3,5 miliardi di euro nel solo 2006, non per incentivare realmente le fonti rinnovabili, ma le cosiddette fonti assimilate alle rinnovabili come i residui delle raffinerie e l'incenerimento dei rifiuti”. Positivi i commenti anche del Governo. “La risoluzione anticipata delle convenzioni Cip6, ha commentato Stefano Saglia, Sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega all’energia, porterà a una riduzione dei prezzi per tutti i consumatori”.
 

 

Eni e Gazprom siglano l’accordo per far entrare Edf in South Stream
 

Mosca, 9 dicembre – Dopo l’accordo siglato da Eni e Gazprom per l’ingresso della francese Edf nell’affaire South Stream, si rafforza il legame tra i tre Paesi sul fronte energia. “Di fronte alla crescente instabilità dei mercati globali dell'energia - dicono in coro Scajola e il collega russo Sergej Shmatko - solo la cooperazione con la Federazione russa, anche nella realizzazione di progetti comuni nell'area dell'Asia centrale, può assicurare all'Europa forniture di gas e petrolio stabili e certe nel lungo periodo”. Per i due ministri “le opportunità ed i benefici di un'alleanza strategica fra Russia e Ue superano i rischi”.
Si è intanto appreso, secondo voci vicine al dossier, che a Mosca Berlusconi e Putin si sarebbero accordati anche per far passare il South Stream non solo fino a Lubiana, ma anche per farne una diramazione fino a Trieste e Monfalcone, in aperto contrasto con i progetti di rigassificazione di Gas Natural nel capoluogo giuliano e di Eon a Monfalcone.
Nei giorni della firma per l’ingresso di Edf in South Stream è stata sottoscritta dai ministri dell’Industria, anche una dichiarazione congiunta per ampliare la collaborazione tra i due Paesi nel campo dell’efficienza energetica e della produzione di energia da fonti rinnovabili.
Sul fronte bancario, invece, si è appreso attraverso il presidente di Zao Banca Intesa, divisione di Intesa Sanpaolo, Antonio Fallico, che il finanziamento del gasdotto South Stream, sarà superiore a quello previsto per North Stream. Il banchiere ha poi aggiunto che "stiamo aspettando lo studio di fattibilità di South Stream, che dovrebbe arrivare a febbraio"

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 dicembre 2009

 

 

Rigassificatore, le verità negate in un tavolo tecnico al ”Bobbio” - Il parere di alcuni saggi in un’iniziativa promossa dalla Uil vigili del fuoco
 

Le ”verità negate” sono quelle sul rigassificatore di Zaule su cui il Tavolo tecnico aveva già espresso serie perplessità riguardo carenze procedurali che sarebbero presenti nello sviluppo dei progetti di rigassificatori Trieste. Verità che si vorrebbe emergessero nel corso della conferenza pubblica, in programma oggi alle ore 17 al teatro Bobbio di Trieste, a cura del Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste promosso dalla Uil Vigili del Fuoco e costituito da esperti il cui compito consiste nell’elaborazione di una valutazione oggettiva dei rischi industriali e antropici implicati nel progetto del cosiddetto “Terminale di Ricezione e Rigassificazione Gnl Zaule-Gas Natural”.
Il Tavolo Tecnico non si occupa di stabilire la fattibilità del progetto, né esprimere giudizi, ma esclusivamente di fornire delle osservazioni competenti sulle implicazioni dell’impianto nell’ambito previsto. Obiettivo è l’elaborazione di uno studio critico che, opportunamente integrato con ulteriori parametri (ambientali, economici etc.), possa costituire uno strumento oggettivo a disposizione di qualsiasi organo politicamente impegnato.
 

 

In pericolo il maquillage di Piazza Libertà - Nessun dietrofront di Dipiazza, ma manca l’ok della Soprintendenza sulle modifiche richieste
 

Anno nuovo, frontestazione vecchio. Sine die, forse, causa intoppi - non previsti mesi addietro - nel rimpallo degli incartamenti tra Comune e Soprintendenza. Nei cui uffici, la scorsa settimana, è entrata - ma non si sa quando uscirà, che tenore avrà la risposta e chi la firmerà - l’ultima versione del progetto esecutivo con gli adattamenti richiesti dal grande capo territoriale delle Belle arti, il direttore regionale dei Beni culturali e paesaggistici Roberto Di Paola. Non carbura infatti il progetto di riqualificazione di piazza Libertà, che ne prospetta un’epocale cambio di fisionomia estetico e viario - senza più macchine tra lo stesso ingresso della stazione e la statua di Sissi - al costo di tre milioni e 800mila euro, coperti per due terzi dal Ministero delle Infrastrutture e per il rimanente milione e mezzo dalla Regione.
L’IMPASSE Da quando, a fine luglio, il Consiglio comunale ha approvato l’ultima versione della variante urbanistica - quella che introduce una corsia preferenziale per i bus a tagliare l’unicuum pedonale in modo da toglierne una dietro il giardino storico salvandone così il perimetro - sulle tappe burocratiche dell’opera è calato un silenzio sibillino. Un silenzio interrotto solo ad ottobre da Roberto Dipiazza che, da neoassessore ai Lavori pubblici al posto di Franco Bandelli, si era limitato a dire, parlando di tutti gli interventi in piedi a carico dell’amministrazione cittadina, del via al megacantiere nella prossima primavera. Posticipando, senza citarli, gli annunci fatti in epoca Bandelli, secondo cui i lavori sarebbero partiti al più tardi entro la fine del 2009. Ma ora che il 2009 sta per chiudersi, si fa largo a palazzo - anche se nessuno s’azzarda a sbandierarlo pubbblicamente - il timore che quel cantiere rischi di non partire proprio. Altro che primavera.
LE CAUSE Dopo lo stralcio del restyling da centomila euro dell’alabarda di Scala dei Giganti, e soprattutto dopo la frenata sul terzo ponte in cristallo da 750mila euro sopra il canale, spunta pertanto una possibile ”terza incompiuta”. La più grande. Solo che stavolta, a quanto è dato sapere per le vie informali visto che il sindaco-assessore non ne parla, non sarebbe una marcia indietro. E poco c’entrerebbero, pare, anche quelle diecimila firme raccolte da ambientalisti e grillini per salvare gli alberi secolari di piazza Libertà. A proposito: ad oggi non esiste un numero certo su quanti alti fusti sarebbero effettivamente sacrificati. Dovrebbero essere cinque, stando alle carte approvate in Consiglio in estate, mentre la conta dei trapianti rimane vaga. La questione, detta altrimenti, non sarebbe dunque politica. Ma tecnica.
L’INCOGNITA Il cuore del problema porta dritti in Soprintendenza. O, meglio, alla direzione regionale dei Beni culturali, la ”casa madre” cui spetta l’ultima parola. L’ultimo timbro. Che, se sarà positivo, conoscendo i tempi per il vaglio di progetti così incisivi nel modificare il paesaggio esistente, arriverà al 99,9% dopo il 31 dicembre. Ne consegue che l’incartamento consegnato a mano dallo stesso Dipiazza la scorsa settimana in Soprintendenza non recherà l’autografo dell’architetto Di Paola - che sta per andare in pensione, si veda l’articolo a lato, ndr - ma del suo successore. Il cui nome, ad oggi, resta sconosciuto. E non è escluso - stando a chi conosce questi cambi della guardia - che il nuovo capo dei Beni culturali decida di riprendere in mano la pratica non dall’ultimo passaggio, ma dall’inizio. Il che porterebbe l’attesa per l’ok definitivo molto in là. Troppo in là, forse, per un’opera che si sarebbe dovuta rendicontare, appaltando quanto meno i lavori, proprio entro il 31 dicembre del 2009.
L’ALTERNATIVA Una proroga ci sarà, ha fatto capire Dipiazza qualche settimana fa parlando d’altro. Potrebbe già esserci, nella sua testa, l’alternativa da presentare a Roma per non perdere i soldi promessi per piazza Libertà. Quale? Si parla di piazza Ponterosso ma oggi, carte alla mano, la pista non regge: soltanto un mese fa il Comune ha chiesto infatti al Ministero dell’Ambiente un confinanziamento al 70% proprio per il rifacimento (da un milione e 865mila euro, ndr) di piazza Ponterosso.
PIERO RAUBER

 

 

«Ma il Silos deve andare avanti» - IL CANTIERE NON PARTIRÀ PRIMA DELLA METÀ DEL 2010
 

Sasco: l’iter non va rallentato. Lazzari: rispettate le prescrizioni
La prima pietra era annunciata in questo periodo. E per entrambi i progetti. Ma come accomunati dal medesimo destino burocratico pur avendo due storie indipendenti, il cantiere del centro commerciale del Silos targato Coop NordEst non inizerà prima della metà del 2010 e allo stesso tempo, come detto, potrebbe andare perfino peggio alla rivoluzione di piazza Libertà con l’unicuum visivo pedonale davanti all’ingresso della stazione e la viabilità spostata dietro con una ”esse” di rientro verso il Silos e il collegamento da e per la città nelle vie Ghega e Geppa. Un’opera colossale,per la quale nel maggio del 2008 - in occasione della prima variante urbanistica richiesta al Consiglio comunale - Bandelli auspicava un percorso rapido giacché «la viabilità di quella zona fra due anni è destinata al collasso con l’apertura del Silos». Una fretta, quella di allora, che stride con lo stato delle cose di adesso, anche alla luce della possibile concessione dell’Autorità portuale della bretella da largo Santos a piazza Duca degli Abruzzi, per smaltire i carichi ipotizzati col Silos a regime. Del destino della zona stazione si tornerà gioco forza a parlare pubblicamente forse già prima di Natale, considerato che il Consiglio comunale è chiamato a esprimersi per le vie brevi sulla Via al progetto del Silos. «Le presunte problematiche di piazza Libertà non devono rallentare l’iter del Silos», ammonisce l’Udc Roberto Sasco, che presiede la commissione Urbanistica e che si permette ora di dare un ”consiglio” indiretto a Dipiazza, sindaco-multiassessore con deleghe pesantissime. «Dipiazza è un grande sindaco ma non è un superman. Non è una critica, anzi. È che avrebbe bisogno di una giornata di 48 ore», chiude Sasco, secondo cui - riguardo la frenata del primo cittadino sulla passerella di Ponterosso - «il ponte si era ridotto a un ponticello di montagna, meglio non far nulla a questo punto...». D’accordo con la strategia di Dipiazza, quella di insistere con l’architetto Di Paola per un eventuale nulla osta definitivo della passerella, è invece il capo dei berluscones Piero Camber: «Non si può fare un’opera da 750mila euro avendo un permesso a termine».
Non sarà a termine - questo è certo - l’ok per piazza Libertà. Sempre che ci sia. «Ma nel progetto esecutivo che abbiamo presentato alla Soprintendenza abbiamo ottemperato alle richieste del direttore dei Beni culturali contenute nel suo precedente parere positivo condizionato», annota l’ex presidente dell’Ordine degli architetti Luciano Lazzari, che è uno dei professionisti che compongono il team incaricato del progetto dal Comune.
Tra gli adattamenti - riferisce Lazzari - figurano la non copertura della vecchia cabina Acegas, il verde spartitraffico da adottare e le finiture della pavimentazione in porfido e calcestruzzo. E la corsia per i bus spuntata davanti alla stazione? Non sarebbe un problema: niente segnaletica orizzontale impattante, bensì «un lieve gradino e dei paletti per demarcare tale corsia, esattamente come una zona a traffico limitato in area pedonale».

(pi.ra.)
 

 

Gli alberi preziosi alleati nella battaglia contro l’inquinamento
 

Gli alberi di piazze, viali e giardini triestini sono importanti alleati dell’uomo contro l’inquinamento atmosferico. Eppure rispetto alle altre città italiane sono presenti nel centro in una percentuale minima. Di alberature si è parlato nel convegno “L’albero in città, semplice costo o grande risorsa?”, proposto dall’associazione “Tra fiori e piante” e dal club “Triestebella” e organizzato dal Comitato per la salvaguardia degli alberi di Piazza Libertà: relatori Francesco Ferrini, docente di Arboricoltura umana all’Università di Firenze, Giorgio Valvason, dendrologo e Andrea Maroè, agronomo del Verde pubblico del Comune di Udine.
È stato presentato un “Manifesto per gli alberi città”, sottoscritto dai relatori, dagli organizzatori Mariangela Barbiero e Roberto Barocchi e, per alzata di mano, dai presenti. Il documento propone semplici regole sulle piante cittadine: piantarle a distanza conveniente e in spazi congrui, evitando potature radicali e moncherini laterali perché creano problemi, spesso inutili, agli esseri umani. L’albero triestino invece - è stato sottolineato - resta spesso vittima di potature estreme che rappresentano il primo veicolo per l’assalto di germi e la formazione di danni spesso fatali. Anche i continui lavori nel sottosuolo feriscono l’apparato radicale di piante centenarie causandone una fine immatura.

(m.l.)
 

 

Maddalena, pressing sulla Regione per ridurre il cemento - Il Wwf chiede la valutazione d’impatto ambientale sul progetto per un centro commerciale
 

Un invito ai cittadini a inviare osservazioni alla Regione sul progetto che prevede un insediamento commerciale e residenziale sull’area dell’ex ospedale Maddalena viene rivolto dal Wwf che lo ritiene di notevole impatto ambientale.
Gli elaborati del progetto, noto con il nome di Generalgiulia 2, sono consultabili alla Direzione ambiente e lavori pubblici della Regione - servizio Via in via Giulia 75/1 e presso l’Area pianificazione territoriale del Comune, in passo Costanzi 2, oltre che scaricabili dal sito web della Regione. Le osservazioni devono essere consegnate o spedite entro il 2 gennaio alla stessa direzione regionale in via Giulia.
È stata la società Generalgiulia 2, composta dalla cordata tra Riccesi, Cividin, Carena e Palazzo Ralli, tutti con quote paritaria al 25 per cento ad acquistare dall’Ass i 23 mila metri quadrati del comprensorio a oltre 11 milioni di euro. L’intervento prevede una piastra commerciale da 5 mila metri quadrati che dovrebbe vedere lo sbarco del colosso transalpino Carrefour, mentre altri 10 mila metri quadrati (rispetto ai 2 mila di un primo progetto) verrebbero riservati a verde di quartiere. Ben trecento gli appartamenti previsti in complesi edilizi alti fino a sei piani: cento sul lato di via dell’Istria e 200 lato monte. Di questi ultimi 53 dovevano essere appartamenti dell’Ater che però ha annunciato di aver congelato questo intervento dal momento che non riceverà i fondi necessari dalla Regione. È previsto poi sull’area anche un megaparcheggio per 1.100 posti auto su tre livelli interrati in parte a disposizione del centro commerciale e in parte a rotazione.
«Una verifica sul progetto era già stata fatta dalla Regione l’estate scorsa - riferisce il Wwf - e si era conclusa con la decisione di sottoporlo alla procedura di Via. La società ha allora deciso di modificare il progetto sperando che una verifica bis abbia esito diverso». «Abbiamo il diritto di realizzare l’opera - ha affermato di recente Donato Riccesi - Non si può scherzare con i soldi dei privati disposti a riqualificare un pezzo di territorio cittadino nel rispetto delle indicazioni degli enti e delle amministrazioni locali».
«Ci appelliamo ai cittadini sensibili alla qualità dell’ambiente urbano - afferma ora il Wwf - affinché reclamino una seria procedura di Via sul progetto. Solo così sarà possibile ottenere una riduzione delle volumetrie e ampi spazi verdi fruibili da tutti, a vantaggio della cittadinanza e non solo della speculazione immobiliare».

(s.m.)
 

 

Monfalcone: A2A conferma «Sì al metano, niente atomo» - Definite infondate le voci di stop al progetto per la centrale Ammodernati i gruppi a carbone
 

LA PARTITA ENERGETICA
MONFALCONE La via è tracciata: A2A procede nella riconversione dei gruppi ad olio combustibile, per i quali, in virtù del completamento dell’iter autorizzativo, da maggio s’è innescato il ”count-down” che prevede la realizzazione del nuovo ciclo combinato da 815 megawatt entro 47 mesi, quindi nel 2013. Con ciò contemplando la ”dismissione” obbligata dei gruppi 3 e 4. Non solo. L’azienda intende impegnarsi, contestualmente, sul versante del miglioramento anche della sezione a carbone, investendo su nuove tecnologie. Per l’operazione di rinnovamento è da avviare l’intera procedura. Sul tappeto resta il ripensamento in corso relativo al tracciato del gasdotto, che l’azienda vorrebbe più breve.
A ribadire la ”tabella di marcia” è il direttore della centrale termoelettrica, ingegner Luigi Manzo. Una conferma, dunque, che allontana lo spettro-nucleare in città. Con il timore espresso dal sindaco Gianfranco Pizzolitto, che ha già sollecitato via lettera il presidente Renzo Tondo a fornire garanzie alla luce di voci ricorrenti, ma anche da Legambiente, di una possibile trasformazione della centrale termoelettrica. Preoccupazione ricondotta proprio al rallentamento del processo di metanizzazione dell’impianto di A2A. Ma rallentamenti che l’azienda definisce esclusivamente tecnico-procedurali, quindi non forieri di un cambiamento di rotta della politica produttiva.
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO/1
 

Ho letto le undici domande di Paolo Rumiz sul rigassificatore, apparse sabato 28 novembre sul Piccolo. Pur non essendo un tecnico, ho potuto capire benissimo tutte le questioni poste dal giornalista: chiare e documentate, precise e allarmanti mi facevano sorgere mille e un dubbio sul rigassificatore nel golfo di Trieste.
Ho dunque atteso con grande interesse le risposte del sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia. Pubblicate il giorno dopo, sono state un’agghiacciante delusione: confuse ed evasive, vaghe e allarmanti.
Da cittadino, mi sento preso in giro: trovo fastidioso che un vice-ministro («minister» in latino significa «servitore», dunque «al servizio della collettività»), invece di rispondere per davvero e chiaramente, si nasconda dietro le cortine fumogene di sistematiche e ripetute citazioni in stile burocratese delle «vigenti normative in materia... come stabilito dagli articoli 28 e 29 del DL... il proponente, finalizzato alla definizione di procedure... ovviamente, prima di ogni fase autorizzativa, anche preliminare dell’impianto, gli organismi competenti provvederanno ad effettuare tutte le analisi di compatibilità previste dalle vigenti normative in materia».
Dopo aver letto questa pessima e illeggibile prosa da «copia e incolla» di uno o più funzionari, da cittadino di Trieste posso dire solo questo: se prima i miei dubbi sul rigassificatore erano 1001 adesso, dopo le rassicurazioni di Roberto Menia, sono diventati 2001.
Luciano Comida
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO/2
 

Riguardo al proposto rigassificatore vorrei proporre uno spunto di riflessione richiamando una parte del contenuto del libro scritto da Piero Angela e Lorenzo Pinna ed intitolato «La sfida del secolo» dove riguardo a un possibile incidente si legge che: «Una grande nave gasiera, che trasporta 125 mila metri cubi di gas liquefatto a bassissima temperatura, contiene un potenziale energetico enorme. Se nelle vicinanze della costa, per un incidente, dovesse spezzarsi e rovesciare in mare il gas liquefatto, potrebbe cominciare una sequenza di eventi catastrofici.
Il gas freddissimo, a contatto con l’acqua del mare, molto più calda, inizierebbe a ribollire, a evaporare e formare una pericolosa nube. Questa nube di metano evaporato rimarrebbe più fredda e più densa dell’aria e potrebbe viaggiare sfiorando la superficie marina, spinta dal vento, verso la terraferma. Scaldandosi lentamente la nube comincerebbe a mescolarsi con l’aria. Una miscela fra il 5 e il 15 per cento di metano con l’aria è esplosiva. Il resto è facilmente immaginabile. Se questa miscela gassosa, invisibile ed inodore, investisse una città, qualsiasi (inevitabile) scintilla farebbe esplodere la gigantesca nube.
La potenza liberata in una o più esplosioni potrebbe avvicinarsi a un megaton: un milione di tonnellate di tritolo, questa volta nell’ordine di potenza distruttiva delle bombe atomiche. Le vittime immediate potrebbero essere decine di migliaia, mentre le sostanze cancerogene sviluppate dagli enormi incendi scatenati dall’esplosione, ricadendo su aree vastissime, sarebbero inalate in ”piccole dosi”, dando luogo a un numero non calcolabile, ma sicuramente alto, di morti differite nell’arco di 80 anni». Per quanto riguarda invece l’accessibilità al Porto nuovo di Trieste ritengo che al passaggio delle navi gasiere non potrebbe navigare nemmeno «Mascalzone latino».
Fabio Longo - Italia dei Valori Circolo di Muggia - Comitato Sos di Muggia
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI', 8 dicembre 2009

 

ENERGIA - I siti delle centrali nucleari - Verdi: "Daremo battaglia"

 

Il partito ambientalista rivela le località individuate dall'Enel per gli impianti.

Due sono vicine a Roma. Bonelli: "Faremo dei sit-in, chiamiamo alla mobilitazione democratica"
ROMA - I Verdi rivelano i siti in cui si vorrebbero costruire le nuove centrali nucleari in Italia. Due sono nel Lazio a pochi chilometri da Roma: Montalto di Castro e Borgo Sabotino. Le altre localizzazioni, che sarebbero state individuate in uno studio inviato dall'Enel al governo, sono: Garigliano (Caserta), Trino Vercellese (Vercelli), Caorso (Piacenza), Oristano, Palma (Agrigento) e Monfalcone (Gorizia).
"Le aree sono idonee, secondo l'Enel, perché vicine a zone costiere e ai fiumi, poiché come è noto le centrali necessitano di un gran quantitativo di acqua per funzionare. Chiamiamo alla mobilitazione democratica le popolazioni per dire no alle centrali nucleari", afferma il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli. E ancora: "Noi Verdi avvieremo il presidio dei siti nucleari per dire no al nucleare e sì al solare. Il governo sta portando l'Italia in una pericolosa avventura che porterà alla militarizzazione dei territori e a far aumentare la bolletta elettrica degli italiani, perché i 20 miliardi di euro per la costruzione delle centrali li pagheranno gli italiani. Berlusconi in Italia ammazza le energie rinnovabili e finanzia la speculazione del costoso nucleare. Daremo nel paese dura battaglia".
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 8 dicembre 2009

 

 

«Nessun progetto di sviluppo per le Rive» - Il capogruppo del Pd Omero fa a pezzi il Piano particolareggiato
 

Il piano particolareggiato del centro storico? Inutile secretarlo, tanto è, come il piano regolatore, «un piano edilizio nel quale mancano le strategie di sviluppo socio-economico per la città». L’opposizione di centrosinistra in Comune esce allo scoperto per ribadire la propria assoluta contrarietà alle scelte della giunta Dipiazza. «Lo abbiamo detto a proposito del piano regolatore adottato in agosto e lo hanno ripetuto gli ordini professionali degli ingegneri e degli architetti, lo ha sostenuto anche l'Assindustria per bocca del suo presidente – hanno detto ieri Fabio Omero e Bruna Tam del Partito Democratico, Alfredo Racovelli dei Verdi, Roberto Decarli dei Cittadini per Trieste e Iztok Furlanic di Rifondazione Comunista – l’unico obiettivo dichiarato è il consolidamento e il potenziamento della funzione residenziale, tanto che Dipiazza vanta un aumento dei volumi di 117 mila metri cubi di nuova edificazione e 10 mila di sopraelevazioni nel centro della città».
Secondo l’opposizione tante «stranezze» e altrettante omissioni sono verificabili semplicemente riguardandosi la storia del piano particolareggiato. «Nel 2001 – è stato detto – al momento del cambio di amministrazione il lavoro di analisi era già stato concluso e consegnato dal gruppo di lavoro coordinato dal “grande” storico dell’architettura Leonardo Benevolo. Un lavoro di schedatura straordinario, che ora il sindaco vanta come merito suo». A detta dello scomparso assessore della giunta Illy, Ondina Barduzzi, è stato ricordato, sarebbero stati sufficienti 6 mesi per completare già allora il piano. Ma solo nel 2006 venne consegnato dal nuovo progettista incaricato, l'architetto Alberto Cecchetto, e dopo una fugace apparizione pre-elettorale venne chiuso nei cassetti. E, una volta rispolverato, i progetti strategici urbani di Cecchetto sono spariti. Anche a causa di una malattia dell’architetto veneziano.
In particolare, come ha ricordato Fabio Omero, non c’è traccia dei progetti di sviluppo delle Rive, con il problema del collegamento tra i porti, i parcheggi interrati previsti, progettati ma poi bloccati per diversi motivi, i contenitori su cui non si è deciso cosa fare, il Parco del mare con i suoi specifici problemi di collegamenti e parcheggi. E ancora: Piazza della Libertà con il progetto poi affidato ad altri e contestato e il problema della viabilità del Porto vecchio, Campo Marzio esteso a tutto l’ambito: Mercato ortofrutticolo, Stazione e musei, area ex Fiat e androne varie.
Proprio nelle Rive è stata individuata la questione più calda perchè, come è stato rilevato, l’impegno proposto dal centrosinistra di fare una ricognizione di tutti gli studi e progetti avviati, che riguardano direttamente o indirettamente il frontemare, da piazza della Libertà a Campo Marzio e di promuovere un tavolo è stato disatteso, nonostante il suo accoglimento da parte della maggioranza.
E quanto al teorico Parco del mare, manca ogni ipotesi di parcheggio, fondamentale anche solo per pensare all’avvio della struttura. Come dire che «nel piano particolareggiato del centro storico il Parco del mare scompare».

(f.b.)
 

 

La variante ha ignorato gli agricoltori - PIANO REGOLATORE: LE OSSERVAZIONI DELLA COLDIRETTI
 

D’Amore: non si è tenuto conto del loro ruolo nella gestione del territorio
TRIESTE E’ un piano regolatore che non tiene conto delle esigenze degli agricoltori triestini, e che non li aiuta a sviluppare il territorio in modo sostenibile. E’ questo il punto di vista della Coldiretti sulla variante generale 118 al Prg del Comune, che al riguardo ha prodotto un articolato documento con diverse osservazioni sul nuovo strumento urbanistico.
«Sui temi dell’agricoltura e del territorio la variante appare piuttosto superficiale, redatta quasi sicuramente da qualcuno che in materia ha ridotta competenza – sostiene il direttore della Coldiretti triestina e goriziana, Baldassare D’Amore. Il problema – continua – è che pure in questa occasione nessuno si è preoccupato di consultare le organizzazioni professionali.Un confronto di questo tipo avrebbe potuto evitare tante inesattezze, e fornire una maggiore perizia nella redazione del documento».
Per la Coldiretti il nuovo piano regolatore non avrebbe tenuto conto del ruolo fondamentale dell’agricoltura nella gestione corretta del territorio e dell’ambiente. «Coltivare e allevare bestiame in zone disagiate e particolari come il comune di Trieste vuol dire anche prevenire dissesti idrogeologici e mantenere al meglio paesaggio e territorio».
Accanto alla filosofia di fondo, le osservazioni alla variante prodotte dalla Coldiretti entrano nel merito di diversi punti considerati inesatti o poco chiari. Riguardo alle serre, ad esempio, si evidenzia come queste strutture non debbano essere considerate alla stregua di fabbricati, risultando infatti rimovibili e quindi da considerare come terreno coltivato.
E in tema di recinzioni e muri di contenimento e a secco, presenti quasi ovunque in tutto il comune triestino, si chiede al Comune di riservare l’altezza massima di un metro alle sole strutture a secco, valutando come i muri di sostegno a terrazzamenti e pastini debbano essere ben più alti per consentire la stabilità dei terreni.
Una delle osservazioni considerate fondamentali riguarda lo stralcio dei piani attuativi nell’iter di richiesta per la realizzazione di interventi sul territorio. Secondo la Coldiretti questa prassi rappresenterebbe un vero e proprio balzello per le tasche degli agricoltori. Si giudica pertanto più che sufficiente che gli interventi vengano ammessi con strumenti diretti, ovvero attraverso la normale concessione edilizia.
Tra le altre osservazioni, l’associazione chiede che in termini di fabbricabilità venga mantenuta invariata la superficie minima del lotto edificabile, in quanto, pur essendo mutata la zonizzazione di alcune aree, risultano invariate la struttura dei fondi agricoli e la dimensioni delle aziende.
Molte di queste operano su aree minime e polverizzate, caratteristica che spesso non consente di raggiungere le superfici minime previste dalla normativa proposta dal nuovo piano regolatore.
Maurizio Lozei
 

 

«Il no della Soprintendenza motivato per zone archeologiche lontane da noi» - L’AMPLIAMENTO DELLA MANCAR: INTERVIENE IL TITOLARE
 

MUGGIA Marino Rodela, socio principale della Mancar Sas, interviene nella vicenda che ha portato la Soprintendenza ai beni culturali e architettonici ad annullare, per la seconda volta, la variante che avrebbe permesso di aumentare il volume del capannone della sua azienda, costruito in una zona posta sotto vincolo paesaggistico alle Noghere.
«Bisogna considerare – esordisce – che dal 2006 il mercato e la situazione economica locale sono cambiati rispetto alle intenzioni iniziali del progetto. In questi anni sono sorte altre industrie di rimessaggio, che in pratica svolgono la nostra stessa attività. In presenza di tale variazione, pur cominciando la costruzione dell'impianto grazie alla prima autorizzazione della Regione, ho presentato la variante di tamponamento che non ci avrebbe permesso di triplicare la superficie del capannone, che rimane di 3mila metri quadrati, ma di aumentarne il volume».
«A sorpresa – continua Rodela – l'autorizzazione paesaggistica venne annullata dalla Soprintendenza con motivazioni legate alla presenza di scoperte archeologiche e di palestre di roccia molto lontane dalla zona del capannone. Valutazioni che esulano dal potere della Soprintendenza e invadono le competenze della Regione».
Nella primavera del 2009 la Mancar sas, l'Ezit e la Regione si sono appellati al Tar regionale contro il decreto di annullamento della Soprintendenza, che ha unito e respinto i tre ricorsi.
Umberto Dallegno, socio della Mancar (e alcuni anni fa direttore generale dell'Ezit), si sofferma invece sull’operato del Tar: «La sentenza del Tar che ha ribadito l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica – afferma – ha evidenziato una carenza di istruttoria nell’autorizzazione della Regione, ma ha confermato che le motivazioni addotte erano precluse alla Soprintendenza. Il Tar ha inoltre giudicato una situazione neppure presa in considerazione precedentemente, e cioè il fatto che la chiusura della tettoia lasciava inalterata la superficie ma ne triplicava il volume. A quanto pare ha sbagliato anche il Tar – commenta Dallegno –. Infatti l’esame del volume di una struttura è previsto in ambito urbanistico ma non in quello paesaggistico. Per questo motivo abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato. Vorrei ancora sottolineare – conclude – che nel sito, se tutto fosse andato secondo le previsioni, oggi lavorerebbero 32 dipendenti, venti dei quali sarebbero stati assunti dopo la chiusura della tettoia».

(a,d,)
 

 

 

«Se la Ferriera non chiude mi lascio morire di fame» MAURIZIO FOGAR - Il fondatore del Circolo Miani lancia una sfida ai politici «È in gioco la salute di tutti»
 

Non assume farmaci “salvavita” da più di un mese. Da domenica ha smesso anche di mangiare. Tutto questo per protestare contro la mancata chiusura della Ferriera. Ma ha ancora la forza per denunciare “chi non provvede a compiere quest’atto dovuto e che la situazione imporrebbe come immediato e necessario”. Maurizio Fogar, fondatore del circolo Miani, ha annunciato ieri questa sua nuova iniziativa sul fronte della lotta all’inquinamento prodotto dallo stabilimento di Servola.
«Stavolta – ha detto ieri – non si tratta di un semplice esposto, ma di una vera e propria denuncia che riguarderà il sindaco, Roberto Dipiazza, come principale responsabile della salute della collettività e il presidente della giunta regionale, Renzo Tondo, che ha promesso più volte di chiudere la Ferriera. Entrambi stanno violando numerose normative in essere – ha precisato – e la cosa non può passare nel dimenticatoio, perché è in ballo la salute di decine di migliaia di persone». Per evidenziare “l’assoluto immobilismo delle istituzioni su questo argomento”, dal 26 di ottobre Fogar ha rinunciato all’assunzione di farmaci indispensabili per la sua salute e, da domenica, anche a mangiare. «Non mi resta altro da fare che mettere a repentaglio la mia persona – ha sottolineato – perché vedo che il malcostume che regna nella politica nazionale ha coinvolto anche i rappresentanti locali. L’impianto continua a produrre sostanze nocive per tutti, le centraline non funzionano, siamo rimasti fra i pochi a lamentare questa situazione e, per tutta risposta – ha aggiunto – c’è chi vorrebbe tacitare il circolo Miani. Evidentemente ci deve essere una cointeressenza fra politica e affari di cui richiamo di fare le spese tutti noi».
Per domani sera, alle 18.30, Fogar ha ottenuto un appuntamento con i capigruppo del consiglio comunale; forse potrebbe essere questa una prima svolta nella vicenda. «Non so se verranno tutti – ha commentato – anche se spero che sia proprio così. In quel caso, potrei esporre le mie ragioni e far capire a chi opera quotidianamente nella politica che la situazione è drammatica, anche perché nessuno si sta preoccupando della riconversione dei lavoratori». Il portavoce del Miani ha ricordato, a questo proposito, che “l’unico piano in tal senso è quello predisposto proprio dal nostro circolo e nessuno dei pubblici amministratori della città e della regione sembra rammentare che comunque arriverà, nel 2014, il giorno della chiusura della Ferriera e che quanti oggi operano in quel contesto saranno in strada». Ieri, al fianco di Fogar, si è seduto Maurizio Ferrara, capogruppo della Lega Nord in consiglio comunale. «Per quanto si è visto – è stato il suo commento – ritengo che l’intera classe politica di Trieste e dell’intero Friuli Venezia Giulia non dovrebbe più avere il coraggio di presentarsi ai prossimi appuntamenti elettorali amministrativi. Il loro comportamento sul tema della Ferriera – ha concluso – è stato ed è inqualificabile».
Ugo Salvini
 

 

Nucleare, l’Enel rinuncia a Monfalcone - L’impianto è in produzione e quindi non rientra fra i siti destinati alla riconversione
 

LA SOCIETA’ A2A E’ INVECE PRONTA A PASSARE ALL’ENERGIA PULITA GARANTITA DAL METANO
MONFALCONEMonfalcone non sarà sede di una centrale nucleare. Per due ragioni: l’impianto esistente non appartiene ad Enel, che in joint-venture con la francese Edf realizzerà gli studi di fattibilità per quattro reattori nucleari di terza generazione in Italia, bensì alla sua concorrente A2a. Ma anche perchè non è un impianto improduttivo da convertire al nucleare, anzi è al centro di un piano di riconversione a metano. La città può tirare un respiro di sollievo dopo le voci e i timori degli ultimi mesi ma soprattutto alla luce della ”famigerata” lista di dieci siti nucleari possibili in cui Monfalcone continua a comparire al primo posto. La notizia, trapelata ieri dalla stessa Enel, fa tirare un respiro di sollievo anche al sindaco Gianfranco Pizzolitto si era sentito in dovere, solo alcuni giorni fa, di inviare una lettera aperta al presidente della Regione Renzo Tondo chiedendogli sostegno e garanzie, alla luce delle notizie che si rincorrevano. La situazione, però, era sembrata addirittura precipitare quando l’ad di Enel, Fulvio Conti, nella trasmissione ”Effetto Domino” il 5 dicembre su ”La7”, ha affermato che l’azienda ha già individuato i possibili siti sove sorgeranno le centrali nucleari in Italia. Aggiungendo: «Non li rivelerò neanche sotto tortura».
Conti, in effetti, ha già le idee molto chiare sui siti possibili anche se la scelta preliminare non spetta a lui bensì al governo tramite l’Agenzia per il nucleare che, a quanto si sa, non sarà attivata prima della prossima primavera. Conosce però bene, tanto da poter già restringere il numero dei siti ”candidati”, i parametri che le future centrali nucleari dovranno rispettare: vicinanza alla rete nazionale di distribuzione e al mare, bassa sismicità della zona e - aspetto che interessa assai da vicino Monfalcone - sottoutilizzazione dell’impianto dell’Enel da riconvertire al nucleare. Monfalcone sarebbe un sito ideale secondo i primi tre parametri ma non per l’ultimo, essendo la centrale di proprietà di A2a, estremamente ”produttiva” e da tempo destinata a un piano di riconversione a metano. Facile prevedere, quindi, che la scelta possa andare a cadere su vecchi impianti nucleari in disarmo o su centrali alimentate a olio combustibile senza piani di riconversione. Insomma, Trino Vercellese, Caorso e Montalto di Castro potrebbero non dormire sonni tranquilli. Tranquillità quindi? Relativa. Mentre il sindaco, a Firenze, aspetta di conoscere meglio i termini della questione per esprimersi, Michele Tonzar, responsabile di Legambiente, ritiene che il pericolo non sia ancora scongiurato e che la guardia dev’essere mantenuta alta. «Già dal recente incontro con i vertici di A2a - afferma - era emerso che l’ipotesi di una centrale nucleare a Monfalcone sarebbe stata improbabile in prima battuta. In prima battuta, appunto. Ma il fatto che altre Regioni coinvolte in questo pasticcio stiano già presentando o preparando ricorsi di incostituzionalità per il mancato coinvolgimento degli enti locali nel piano-nucleare, mentre la nostra non si sta esprimendo in termini ufficiali, mi fa temere comunque che la partita non sia ancora del tutto chiusa». Più rassicurante il consigliere della Lega Nord Federico Razzini: «È bastato che l’ad di A2a non escludesse di poter operare anche nel nucleare per scatenare una tempesta mediatica. Il presidente Tondo lo ha già ribadito. Io stesso in numerosi coloqui avuti con A2a ho avuto rassicurazioni. Eppure il sindaco Pizzolitto ha voluto chiedere ulteriori rassicurazioni a Tondo. Pizzolitto pensi piuttosto alle centrali a biomase che lui e i suoi colleghi sindaci del centrosinistra stanno facendo sorgere in Bisiacaria con dei veri e propri blitz, senza consultare la gente».
FABIO MALACREA

 

 

I Verdi contro il rigassificatore di Veglia - Gli ambientalisti chiedono uno studio scientifico anche per l’impianto di coking a Urinj
 

I LAVORI DOVREBBERO INIZIARE NEL 2011 PER CONCLUDERSI NEL 2014 CON 800 MILIONI DI INVESTIMENTO
FIUME Offensiva dei Verdi quarnerini nei confronti di due progetti da realizzarsi nei prossimi anni, ovvero il rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), nell’isola di Veglia, e l’impianto di coking, che sorgerà nell’ambito della raffineria dell’Ina a Urinj, negli immediati dintorni di Fiume. La più combattiva delle associazioni ambientaliste in questa regione nordadriatica, Eko Kvarner, ha inviato una petizione al presidente della Regione del Quarnero e Gorski kotar, lo zupano Zlatko Komadina, chiedendogli di avviare l’iter di elaborazione di uno studio sull’impatto ambientale cumulativo dei due impianti. Finora sono stati formulati soltanto studi che riguardano singole infrastrutture e dunque si rende d’obbligo – sostengono gli ecologisti quarnerini – preparare un’attenta e articolata analisi sulle conseguenze che riguarderanno l’interazione fra terminal metanifero e impianto coking, situati a pochissimi chilometri di distanza l’uno dall’ altro.
A ciò si aggiunge, così Eko Kvarner, la produzione di polietilene negli stabilimenti petrolchimici Dina e la ristrutturazione dell’area dove sono sistemati i maxi serbatoi dell’Oleodotto adriatico, Janaf, sempre a Castelmuschio. «Anni fa abbiamo appoggiato la costruzione del rigassificatore vegliota, per gli interessi strategici in campo energetico che esso comporta – così nella petizione consegnata allo zupano Komadina – ma vogliamo mettere in guardia le nostre autorità sul fatto che il Quarnero sia ormai al limite della sopportabilità per quanto riguarda la presenza di grossi impianti industriali. A questo si aggiunge la possibilità che a Fianona, in Istria, sia costruita la terza centrale termoelettrica (capacità di 600 megavat), da far funzionare con carbone giunto d’ oltre confine e probabilmente con alto tasso di zolfo».
Intanto è scaduto il tempo per il dibattito pubblico sullo studio d’impatto ambientale del rigassificatore isolano. A esprimersi sul progetto è stato in conferenza stampa il citato zupano, il quale ha rammentato che recentemente la sua assemblea regionale ha detto sì al terminal Lng, a condizione però che il “gigante di Castelmuschio” dia ampie garanzie in fatto di salvaguardia ambientale. «Vogliamo e pretendiamo che si rispettino i più rigorosi criteri di tutela dell’ habitat – ha detto Komadina – e d’ altra parte ci preme sottolineare che il megaimpianto dovrebbe essere altamente remunerativo per le autonomie interessate.Ogni anno, l’ amministrazione conteale dovrebbe intascare poco più di 900 mila euro grazie al rigassificatore, somma che reputiamo irrisoria. Siamo d’ accordo che vi saranno ricavi d’ altro genere, si apriranno nuovi posti di lavoro, ma il terminal Lng costituisce pur sempre un serio rischio per l’ambiente».
Il progetto di Castelmuschio, parliamo dei lavori, dovrebbe mettersi in moto nel 2011, per concludersi nel 2014. Costerà, senza l’ investimento per il gasdotto, sugli 800 milioni di euro e dovrebbe avere una capacità di movimentazione annua pari a 15 miliardi di metri cubi di metano.
Andrea Marsanich
 

 

Gorizia, svolta verde all’autoporto - Deliberato un investimento da 3,5 milioni per un impianto fotovoltaico
 

AL VIA L’OPERAZIONE DELLA SDAG SOSTENUTA DAL FRIE
Svolta verde per l’autoporto di Gorizia. La Sdag, la società controllata dal Comune che gestisce la struttura, ha deliberato un investimento da 3,5 milioni di euro per l’installazione di un impianto fotovoltaico da 1,2 megawatt che troverà posto sulle coperture dei padiglioni A e B – i due elementi principali del complesso – e su quelle del nuovo polo intermodale, dove è collocata la piattaforma di scambio gomma-rotaia, recentemente entrata in funzione con il collegamento quotidiano per Brescia. L’operazione avverrà con il sostegno del Frie, il fondo di rotazione per le iniziative economiche.
Oltre all’installazione dei pannelli, poi, sono previsti estesi interventi di adeguamento degli impianti e delle reti tecnologiche. Una parte di questi lavori verrà effettuata grazie ai fondi recentemente sbloccati dalla Regione, attraverso la sottoscrizione di una convenzione direttamente con la Sdag, e stanziati addirittura a margine degli accordi di Osimo, nel 1975. Il grosso della cifra – che nel suo complesso ssi aggira attorno ai 10,3 milioni di euro – servirà per il miglioramento della viabilità interna dell’autoporto e per il completamente del tratto finale del raccordo autostradale Villesse – Gorizia, formalmente di proprietà del Comune. Anche se, ricorda il presidente della Sdag, Giorgio Milocco, «la sistemazione degli impianti resta una priorità assoluta». Altrimenti, aggiunge, «le potenzialità dell’impianto fotovoltaico non potranno essere sfruttate al meglio».
Negli intenti della soceità di gestione, infatti, non c’è solo la copertura dei consumi interni. L’obiettivo è di riuscire a cedere alla rete una parte dell’energia prodotta e generare così delle entrate con le quali coprire in prima battuta l’investimento e, successivamente, trasformarsi in una fonte di guadagno. Prima del posizionamento dei pannelli, almeno in relazione ai due padiglioni, saranno effettuati anche dei lavori di manutenzione straordinaria dei tetti. La riqualificazione energetica non è l’unica sfida che attende il sito isontino. All’orizzonte, infatti, c’è anche il varo del progetto Tip – Transborder integrated platform, ovvero il piano di raccordo con il «dirimpettaio» autoporto di Vertoiba. Il progetto ha nella Sdag il suo lead partner (tra gli altri attori si contano la Regione, Autovie Venete, il ministero dei Trasporti sloveno, l’ente autostradale sloveno e la Log system di Padova) e prevede una serie di interventi a 360° in ordine alla viabilità stradale, a quella ferroviaria e alle modalità di gestione e stoccaggio delle merci in transito. L’iniziativa ha un valore di 1,4 milioni, 218mila dei quali saranno stanziati per rendere più agevole la mobilità attorno al complesso confinario, venendo incontro alle esigenze delle comunità di Sant’Andrea e di Vertoiba.
«Quelli che abbiamo messo in agenda sono degli investimenti impegnativi ed ambiziosi – fa notare Milocco, facendo il punto della situazione – che puntano a rendere competitivo sul mercato della logistica l’autoporto goriziano. C’è la necessità di riconvertire la funzione della struttura. Si tratta, però, di un processo che non può avvenire nel breve periodo ma che, anzi, avrà bisogno di tempo per dare i suoi frutti». Oggi, il comprensorio autoportuale si estende su una superificie di oltre 600mila metri quadrati, ospita una settantina di aziende e su di esso gravitano più di 500 posti di lavoro.
NICOLA COMELLI

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 7 dicembre 2009

 

 

LA CONFERENZA DI COPENHAGEN - Il Nobel Giorgi: «Sul clima è inutile porsi obiettivi per l’anno 2050»
 

TRIESTE Si apre oggi la 15a Conferenza delle Parti (COP 15) della Convenzione dell'Onu sul clima, programmata a Copenhagen fino al 18 dicembre, dove almeno 65 capi di Stato e di governo negozieranno le misure da adottare contro i cambiamenti climatici. A Copenhagen si terrà anche il quinto incontro delle parti contraenti del Protocollo di Kyoto, un trattato della Convenzione del clima in cui i Paesi industrializzati si impegnano a ridurre le emissioni di gas serra. Il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (Ipcc) invita i partecipanti a considerare due scadenze: il 2020, entro cui i livelli di gas serra dovrebbero scendere del 25-40% rispetto a quelli del 1990; e il 2050, in cui si dovrebbe toccare l'obiettivo dell'80-95% in meno di emissioni (sempre calcolate sul 1990) per avere una chance di evitare quell'aumento di 20C che rappresenta la soglia di "allarme" per gli ecosistemi e l'uomo. Filippo Giorgi, direttore della Sezione di fisica del clima e coordinatore dei programmi scientifici del Centro di fisica Abdus Salam di Trieste, e membro dell'esecutivo dell'IPCC fino al 2008, organizzazione che ha vinto il Nobel per la pace 2007 insieme ad Al Gore, ci dà la sua lettura di Copenhagen.
È lecito sperare che a Copenhagen si giunga a un accordo tra le nazioni?
Spero di sbagliarmi, ma dubito si arrivi a produrre un programma davvero vincolante per i Paesi partecipanti: non sembra esserci una reale volontà a livello politico. La Cop 15 probabilmente finirà per essere l'ennesimo evento mediatico ad alto consumo di CO2: quella che sarà prodotta, come ha ricordato un ambientalista, dagli aeroplani per condurre i delegati in Danimarca.
Porsi obiettivi intermedi come il 20% in meno delle emissioni entro il 2020 significa non volersi impegnare, o essere realisti?
Credo sia irrealistico porsi obiettivi per il 2050, anno in cui la maggior parte dei politici odierni non sarà più qui. Meglio ragionare su periodi più brevi e darsi mete fattibili.
La Svizzera si impegna a ridurre le emissioni del 30% "se" i Paesi industrializzati si daranno simili obiettivi e "se" i Paesi emergenti freneranno i gas serra… Giochiamo a "scarica barile"?
Messo così è un circolo vizioso. L'accordo dovrà essere globale ma gli impegni individuali. Si tende a considerare più ingenui degli altri quei Paesi che si mettono in moto per primi, senza avere la garanzia che anche gli altri seguano a ruota. In realtà è il contrario: i lungimiranti sono i Paesi che hanno capito l'importanza di puntare su efficienza energetica ed energie rinnovabili. Germania, Danimarca e Regno Unito si muovono da tempo in questa direzione, ma non perché sono sprovveduti. Semplicemente perché hanno capito che conviene. Se l'Italia aumentasse l'uso delle rinnovabili, di cui abbiamo scorte praticamente inesauribili, magari non dovrebbe preoccuparsi più di stipulare accordi con la Russia per il gas e si potrebbe affrancare dai rischi legati a questa condizione.
Qual è il ruolo delle foreste nel riscaldamento del pianeta? E' vero che il disboscamento incide per il 20% sull'aumento di temperatura?
Credo che sostenere il ruolo chiave del disboscamento equivalga a non voler vedere la realtà. Il disboscamento selvaggio è uno dei tanti problemi, ma il suo rilievo nel contesto specifico non mi pare prioritario. Il problema reale è la poca volontà dei Paesi di assumersi le proprie responsabilità e di attuare misure di contenimento sul lungo periodo.
Obama sembra disponibile a ridurre le emissioni, ma ha preso come riferimento i livelli statunitensi del 2005. Ciò causa uno sfasamento per difetto nelle riduzioni finali. Come dobbiamo interpretare questa proposta?
È importante valutare che esiste l'intenzione di impegnarsi in questa battaglia. È una delle prime volte in cui si quantificano con una certa precisione i tagli in programma. C'è poi anche l'idea congiunta sino-americana di sfruttare l'eolico: è previsto che una società cinese costruisca un impianto in USA con manodopera e tecnologie americane. Sono segnali che non vanno trascurati.
India e Cina dichiarano che le loro emissioni devono poter aumentare, per non compromettere la propria crescita economica far uscire dalla povertà milioni di persone. Che ne pensa?
Il problema dello sviluppo economico è importante, ma questi paesi si stanno rendendo conto che va affrontato nell'ambito di una sostenibilità ambientale. In Cina capiscono di avere un grossissimo problema di inquinamento e iniziano a prendere contromisure in direzione delle tecnologie verdi.
Dobbiamo attenderci scenari da Day After se non si raggiungeranno gli obiettivi menzionati?
No. Ci saranno effetti importanti se la temperatura continuerà ad aumentare e il mare a salire, ma nei prossimi 20-30 anni non arriveremo al collasso. Il problema è non superare quella soglia di pericolo che porterebbe a mutamenti fondamentali del clima. Vero è che se non faremo niente per salvaguardare il pianeta lo lasceremo ai nostri discendenti in condizioni critiche.

CRISTINA SERRA

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 6 dicembre 2009

 

 

La Provincia sul rigassificatore: «Mai dato parere favorevole» Bassa Poropat resta isolata
 

«La Provincia di Trieste non ha mai espresso alcun parere favorevole alla costruzione del rigassificatore di Gas Natural a Zaule». Lo fanno notare con una presa di posizione congiunta i capigruppo della stessa maggioranza di centrosinistra a Palazzo Galatti intendendo in questo modo anche prendere le distanze dalla presidente Maria Teresa Bassa Poropat che più volte in manifestazioni pubbliche ha affermato di considerare l’impianto un’opportunità per l’economia della provincia e per i cittadini.
La nota è firmata dai capigruppo Maria Monteleone (Pd), Elena Legisa (Rifondazione comunista), Carla Melli (Verdi per la pace) e Fabio Vallon (Sinistra, ecologia e libertà). «Ribadiamo che dal 2006 allorché alla Provincia è stato richiesto un parere consultivo - sottolineano - fino a oggi il Consiglio provinciale non ha mai espresso pareri sulla costruzione dell’impianto per carenza di documentazione. La Provincia dunque non ha deciso nulla, non si è espressa in maniera favorevole in alcun atto ufficiale. La mancanza di informazioni certificate, l’assenza di dibattito all’interno delle istituzioni, il non coinvolgimento della cittadinanza nelle decisioni, le irregolarità emerse nella documentazione presentata da Gas natural - concludono i capigruppo del centrosinistra - ci lasciano perplessi nei riguardi di affermazioni sul fatto che la Provincia sostenga la costruzione dell’impianto di Zaule».
E intanto l’Italia dei valori con il suo coordinatore provinciale Mario Marin invita la stessa presidente Bassa Poropat a «scegliere il Tavolo tecnico promosso dalla Uil Vigili del fuoco e composto da eminenti studiosi per dibattere pubblicamente con i tecnici della Gas Natural e a convocare lo stesso Tavolo per una relazione al Consiglio provinciale».
 

 

Gli ingegneri al sindaco: «Vogliamo un confronto sul Piano particolareggiato» - CENTRO STORICO
 

Gli ingegneri scrivono al sindaco Dipiazza: «Ci convochi e ci ascolti sul Piano particolareggiato del centro storico». Anche questo documento dopo il Piano regolatore generale sta procedendo sotto il vincolo della secretazione il che ha già suscitato le proteste dell’opposizione e ha fatto inalberare l’Ordine degli architetti che con il presidente Andrea Dapretto hanno invocato «la necessità di un confronto sulle scelte strategiche della città». Ora un altro monito arriva dal neoletto direttivo dell’Ordine degli ingegneri con il presidente Salvatore Noè. «Speriamo non si ripeta quant’è accaduto con il Piano regolatore generale - ha dichiarato ieri l’ingegner Mario Bucher delegato dall’Ordine per le relazioni pubbliche - sul quale siamo stati ascoltati poco e soprattutto siamo stati consultati tardivamente».
La maggioranza conta di adottare il Piano particolareggiato già nella seduta del Consiglio comunale del 14 dicembre, ma gli ingegneri chiedono al sindaco di convocare preventivamente un tavolo di discussione «anche per non costringerci poi a presentare osservazioni numerose e sostanziali - afferma Bucher - nella fase che si aprirà successivamente». Sarà la fase appunto in cui il Piano sarà visibile all’albo pretorio e saranno possibili le osservazioni oltre che le opposizioni dei soggetti direttamente interessati.
«L’apporto di competenza e professionalità che gli ingegneri da sempre mettono a disposizione dei cittadini e delle amministrazioni pubbliche - afferma Bucher - è un patrimonio che non deve essere disperso o rigettato e che va quindi utilizzato a piene mani da chi deve operare scelte che avranno grande influenza sulla vita economica e sociale della comunità».
Uno dei principali obiettivi del Piano è ripopolare il cuore cittadino, un’area di un milione e 300 mila metri quadrati tra Roiano, Campo Marzio e San Giusto dove oggi abitano solo 17 mila persone. «Ma di questo - affermano gli ingegneri - noi non sappiamo nulla e abbiamo l’impressione di essere considerati come elementi di ingerenza anziché come opportunità grazie alle quali il Comune può poi fare più oculate scelte politiche».

(s.m.)
 

 

Addio vecchie lampade, Muggia passa ai ”Led” - NUOVO PIANO DI ILLUMINAZIONE PUBBLICA VARATO DAL COMUNE
 

MUGGIA Sta partendo una vera e propria rivoluzione nell’illuminazione pubblica, all'insegna dell'aumento del numero dei lampioni, della qualità della luce, della diminuzione dei costi ma anche di un maggior rispetto dell'ambiente.
L'operazione decisa dall'amministrazione comunale coinvolgerà, entro i primi sei mesi del 2010, 859 punti luce nei quali si passerà dalle lampade al sodio a quelle a ”Led”, alcune già visibili in calle Bembo, salita di Muggia Vecchia e in località Fontanella.
La convenzione che il Comune ha sottoscritto con Enel Sole, prevede di utilizzare diverse tecnologie al fine di capire quale, tra quelle di ultima generazione, offrirà i vantaggi maggiori. Tra queste nuove tecnologie troverà spazio, come novità assoluta, anche quella detta a induzione; lampade che, per stimolare il gas all'interno del tubo, la trasmissione dell'energia attraverso campi magnetici e non tramite elettrodi come nelle vecchie lampadine. La prima installazione con lampade a induzione sarà in via di Stramare.
Il nuovo progetto comporterà un investimento di circa 800mila euro, che il Comune di Muggia rimborserà all’Enel in nove anni. I vantaggi dei "Led" sono molteplici: il risparmio di circa 40mila euro annui per il minor consumo di energia elettrica, le ridotte necessità di manutenzione (una lampada a Led dura in media 14 anni) e la migliore qualità dell'illuminazione, in quanto la luce bianca, propria di queste lampade, mantiene inalterata la cromaticità dei colori.
L'inquinamento luminoso sarà minore e infine, non è un dato di poco conto, il progetto comporterà una riduzione dell'anidride carbonica immessa nell'atmosfera pari a 147 tonnellate annue.
L’amministrazione comunale prevede inoltre di aumentare i punti luce in diverse località. «La localizzazione degli interventi - spiegano il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, e il vice Franco Crevatin - risponde a precise richieste dei cittadini. Il nostro intento è di procedere per gradi, ma con celerità, a operare in zone che necessitano di essere illuminate meglio. Per noi – proseguono – è molto importante anche il fatto di effettuare delle scelte secondo criteri di sostenibilità ecologica e di risparmio energetico. Si tratta di un cambiamento che nel giro di un anno riguarderà tutto il territorio comunale».

(a.d.)
 

 

Noghere, altro no all’ampliamento della Mancar - La Soprintendenza ha annullato di nuovo l’autorizzazione paesaggistica della Regione
 

MUGGIA La Soprintendenza per i beni culturali e architettonici ha nuovamente annullato il decreto di autorizzazione paesaggistica, rilasciato dalla Regione, che avrebbe permesso alla Mancar sas, ditta che si occupa di costruzione, allestimento, riparazione e rimessaggio di automezzi e imbarcazioni, di triplicare il proprio fabbricato nei pressi dei laghetti delle Noghere.
La ditta, che ha da poco costruito un capannone di mille metri quadrati con annessa una tettoia di 2mila, è da anni al centro di polemiche di natura ambientale, derivate dal fatto che la struttura è stata realizzata, grazie ad un primo decreto di autorizzazione da parte della Regione, in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
Questo secondo ”no” della Sopraintendenza fa seguito di poco a quello contro il quale Regione, Ezit e Mancar sas avevano fatto ricorso al Tar del Friuli Venezia Giulia. Ricorso in relazione al quale, con una sentenza del 4 giugno scorso, il Tar ha unito i tre appelli rigettandoli, giudicandone insufficienti le motivazioni.
«La zona dove sorge la Mancar è a destinazione industriale, come prevede il piano urbanistico regionale – commenta il direttore dell'Ezit, Paolo De Alti – e il piano regolatore del comune di Muggia. Noi ci siamo limitati a richiedere l'autorizzazione paesaggistica alla Regione, che questa volta ha aggiunto le motivazioni che non hanno permesso di vincere il ricorso al Tar. Tengo anche a precisare - continua De Alti - che abbiamo molteplici richieste di industrie che vogliono insediarsi nel nostro territorio e le zone disponibili sono rimaste in quell'area».
Dario Predonzan, esponente del Wwf, commenta: «Come ripetiamo da anni, lo scempio poteva essere evitato se la Pianificazione territoriale regionale avesse esercitato davvero il suo ruolo di tutela del paesaggio, ma anche se il Comune di Muggia avesse modificato la destinazione urbanistica dell'area che ancor oggi è industriale nonostante il vincolo paesaggistico».
Sulla vicenda interviene anche il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek: «L'area sottoposta a vincolo deve essere tutelata, e quando l'amministrazione si riunirà per modificare il piano regolatore si potrà pensare di cambiare la destinazione urbanistica. Intanto si potrebbe utilizzare la zona per insediamenti di natura non impattante dal punto di vista ambientale».
«Tengo anche a precisare - conclude Dario Predonzan - che il progetto Mancar, in base alla normativa regionale vigente all'epoca, avrebbe dovuto essere sottoposto alla valutazione di impatto ambientale (Via) in quanto ”nuovo intervento che comporta espansione urbana”, ma un cavillo interpretativo della normativa ha eluso questo adempimento».
Andrea Dotteschini
 

 

SEGNALAZIONI - Rigassificatore, in Italia manca un garante neutrale che garantisca un dibattito serio
 

Scrivo per dare un piccolo contributo all’interessante dibattito a cui il Piccolo sta dando vita in relazione a un progetto importante come quello del rigassificatore di Zaule. Sono un giovane ricercatore che si occupa di conflitti ambientali ed è la prima volta che mi capita di assistere a un dibattito potenzialmente così costruttivo. I dubbi che il Piccolo esprime sono infatti, oltre che legittimi, quanto mai diffusi nella società in cui viviamo. Preoccupazioni legate alla tutela della salute, dell’ambiente, alla ragionevolezza di questo tipo di progetti e alla ripartizione di costi e benefici. Probabilmente ci sarà già qualcuno che vi accusa di voler alimentare un fantomatico «partito del no» o di farsi portavoce di posizioni ideologiche.
Personalmente credo che cerchiate solo di sottolineare quanto i cittadini di Trieste e dintorni si sentano poco coinvolti nelle scelte che riguardano il proprio territorio. Sentono di dover in qualche modo subire presenze esterne, di dover farsi carico di un fardello non richiesto, senza nemmeno poi ricevere niente in cambio. volutamente semplifico e parlo di sensazioni, però sono quelle che contano, alla fine. Conta la sensazione di non riuscire a comprendere appieno di quel che si sta parlando, di non essere coinvolti, di avere di fronte frammenti di pubblica amministrazione che nemmeno si parlano tra loro. Il risultato è scarsa trasparenza, scarsa fiducia. Nel suo recente articolo Paolo Rumiz sottolinea che «non è Gas Natural il nostro interlocutore, non sono le risposte dell’azienda che devono tranquillizzarci». In qualche modo dà per scontato che un soggetto privato non possa in nessun modo farsi carico delle esigenze di una comunità. E forse qui si sbaglia: Gas natural farà quello che può, più probabilmente quel che le viene richiesto, sempre a patto che il suo investimento venga remunerato. Ma il nodo centrale della questione è un altro: voi giustamente richiedete un garante neutrale, che in questo momento in Italia manca. Un soggetto che appaia privo di conflitti di interessi e possa tutelare quelli di tutti i soggetti interessati. Un soggetto che possa fornire dei numeri e dei dati che non siano contestabili. Un soggetto in grado di restituire oggettività al dibattito. La richiesta di buonsenso ma vi invito a spostare la vostra attenzione da una possibile soluzione (il Garante) a quello delle esigenze che stanno alla base della vostra richiesta. Se il problema è quello di superare la scarsa trasparenza e rigidità che caratterizza questo tipo di processi decisionali, l’obiettivo deve essere quello di capire quali sono i percorsi per arrivare a prendere decisioni che siano il più possibile legittimate, qualificate e, di conseguenza, realizzabili. Tutti i Paesi avanzati stanno cercando di attrezzarsi per trovare delle soluzioni che funzionino.
Qualche esempio può essere trovato all’interno del «Libro bianco su conflitti territoriali e infrastrutture di trasporto», pubblicato dal gruppo di ricerca di cui faccio parte e scaricabile dal sito www.conflittiambientali.it. L’assunto di partenza, in Italia, sino ad ora è stato quello di pensare di poter decidere qualsiasi cosa, per lo più in segrete stanze, annunciarlo in pompa magna e poi vedere che succede. Nel caso qualcuno protesti ci si attrezza per difendersi dalle contestazioni, che di solito vengono bollate come «ideologiche».
Questi passaggi vanno invece visti come utili elementi per alimentare la discussione come elementi oggettivi. Tutto questo è possibile. Accade in Paesi come la Francia, la Germania, l’Inghilterra e l’Olanda, dove si sono trovate soluzioni differenti per problemi simili. Sul tavolo ci sono delle grosse questioni. Oltre a capire come istituzionalizzare il dialogo con i vari attori (e decidere chi includere, chi considerare rappresentativo, quali strumenti adottare, quali tempi darsi) ci sono da affrontare altri due grandi temi: quello delle compensazioni, per evitare che si trasformino in una inutile lista della spesa e per far sì che si colleghino a un progetto di sviluppo del territorio. E quello dei meccanismi e delle forme di garanzia.
Davide Agazzi - (ricercatore)

 

SEGNALAZIONI - Trasporti, dobbiamo imparare dall’Austria
 

Di bene in meglio: dal 13 dicembre scomparirà anche l’Eurocity da Venezia-Udine per Vienna «Allegro Johann Strauss» e non certo per volontà delle ÖBB (Ferrovie Federali Austriache); infatti per loro questo collegamento è importante perché molto frequentato (vien da chiedersi come mai per le ferrovie italiane fosse in perdita!) e allora gli austriaci corrono ai ripari istituendo addirittura quattro corse giornaliere di bus (denominato «Intercitybus») tra Klagenfurt e Venezia con soste a Villaco e a Udine. Quindi, assodato che per le ferrovie italiane Trieste non esiste proprio, non ci resta che fare un appello alle ÖBB (cosa abbiamo da perdere, vista la considerazione di Trenitalia per il NordEst?); però non saprei a chi indirizzare questa richiesta: fino a circa vent’anni fa l’avrei inviata all’ufficio di rappresentanza delle ÖBB che esisteva a Trieste (ora non c’è più; ma siamo o non siamo nel cuore della nuova Europa?). Allora lo lancio, come un messaggio in bottiglia nell’oceano, sperando che in qualche modo arrivi ai competenti uffici delle ÖBB. Si tratta di questo: care ÖBB, potreste valutare anche l’istituzione di un Intercitybus giornaliero da Klagenfurt per Trieste e viceversa? Credo che un collegamento del genere troverebbe una clientela significativa: da un lato gli austriaci verso Trieste e dintorni (siamo o non siamo «città turistica»?) e dall’altro i triestini che potrebbero arrivare a Villaco in tempo utile per le coincidenze con Monaco e Vienna evitando le incavolature e gli sbalzi della pressione arteriosa cui sono sottoposti a causa dei frequenti e cospicui ritardi dei residui treni nostrani su questa linea.
Mario Ravalico
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 5 dicembre 2009

 

 

SEGNALAZIONI - Rigassificatore, una scelta impopolare
 

Ci voleva poco a capire che un impianto del genere, dentro le dighe, in zona urbanizzata e vicino ad impianti pericolosi sarebbe stato accolto come cosa «poco gradita» (e uso un asettico eufemismo).
Cosa succederebbe se Scajola o Burlando dicessero ai genovesi di piazzare un rigassificatore tra Ponte Doria e Ponte dei Mille? E se Matteoli proponesse lo stesso al Porto Americano di Livorno? Ma noi abbiamo alcuni rappresentanti che fanno il gioco delle tre carte chiamando in causa la Slovenia e sperando di suscitare così, per contrasto, un’opinione favorevole o almeno non ostile. È un gioco che ormai non funziona più ed è tanto più sporco proprio perché con la Slovenia siamo costretti a convivere così che svilendo l’attenzione su un tema indifendibile come il rigassificatore, siamo indotti ad abbassare la guardia verso quei furboni, sempre pronti e determinati ad approfittare di tutte le occasioni e delle nostre debolezze.
Come mai - a fronte dell’attivismo per il rigassificatore - c’è stato (escluso Il Piccolo) un silenzio greve da parte dei soliti noti sul fatto che le navi della Maersk hanno scalato unicamente Capodistria perché attrezzata con le 4 nuovissime gru Post-Panamax? Come mai non si trovano i quattrini per l’ammodernamento delle attrezzature del porto mentre si trovano per stupidaggini «bipartisan» come il Parco del Mare o il Magazzino 26? Sarebbe davvero un bell’affare se corrispondesse al vero che questo hangar sia stato ristrutturato stornando i quattrini destinati al raddoppio dell’Adria Terminal! E non quattrini scritti sul ghiaccio come quelli del Piano del Porto, ma soldi sonanti, caldi e pronti alla spesa!
Adriano Verani
 

 

SEGNALAZIONI - URSUS - Memorie inutili
 

Finalmente uno che ha il coraggio di dire che il re è nudo.
Mi riferisco alla segnalazione a firma del signor Paolo Liuzzi. A fronte del giudizio di tanti ipocriti sulla «maestosa» bellezza di Ursus il signor Liuzzi dice che, invece, è una vera schifezza e che non aggiunge alcuna attrattiva alla città. Ma possibile che nessuno trovi il coraggio per disfarsene. Eppure per il suo mantenimento e per il suo peregrinare nel golfo di Trieste qualcuno deve pur sostenerne i costi: ma chi li paga?
Sono un fervente assertore che la memoria storica vada protetta perché un popolo senza passato non può costruire il suo futuro, ma un ferrovecchio così cosa rappresenta: è inutile e serve solo ad alimentare l’ego di qualche nostalgico sul presunto «guinness world record» che la gru rappresenterebbe. Possibile che Trieste non trovi altri must di cui inorgoglirsi.
Prendiamo ad esempio il tram di Opicina. Anche questo è all’apparenza un ferro vecchio, in realtà è un mezzo di trasporto che sebbene abbia 107 anni, ancora si rivela utile in quanto svolge egregiamente il suo compito di collegare, anche servendo luoghi altrimenti inaccessibili ad altri sistemi di trasporto, il centro città col più importante borgo carsico (a proposito, a quando la promozione a Comune?).
Eppure, nonostante l’indubbia utilità di questo sistema di trasporto, la sua importanza nel panorama storico del trasporto locale su ferro, l’unicità del tipo di impianto, la forte attrattività ai fini turistici, ebbene periodicamente saltano fuori dubbi sul mantenimento di questa linea paventandone la soppressione.
Facciamo un paragone: cosa sarebbe Trieste senza il suo Ursus e cosa sarebbe Trieste senza il suo tram? Ai posteri l’ardua sentenza!
Raffaele Nobile

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - VENERDI', 4 dicembre 2009

 

 

Rinnovabili ed efficienza - Così l'Italia ce la può fare - Lo scenario di Energy (R)evolution preparato da Greenpeace.
 

Con il rilancio di eolico e solare si possono tagliare le emissioni serra del 70%. Ma le scelte attuali non sembrano quelle giuste
ROMA - L'Italia ce la può fare. Può raggiungere l'obiettivo indicato dai climatologi per evitare la catastrofe: tagliare le emissioni serra del 70 per cento entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990. E può raggiungerlo senza il nucleare. Come? Lo descrive lo scenario Energy [R]evolution Italia preparato da Greenpeace con il supporto tecnico dell'Istituto di Termodinamica del Centro Aerospaziale Tedesco (DLR).
Il punto di partenza è il forte rilancio delle rinnovabili chiesto dall'Europa che ha fissato l'asticella ad altezza 20: 20 per cento di energia pulita entro il 2020. Oggi il contributo delle rinnovabili alla domanda di energia primaria in Italia è poco sotto il 7 per cento, mentre il 93 deriva da fonti fossili. La strada è lunga e va divisa in tappe.
La prima mossa sono le misure di efficienza energetica che permetteranno di ridurre l'attuale domanda di energia di circa il 32 per cento al 2050. Alleggerito il carico dall'inutile fardello dello spreco, le rinnovabili potranno soddisfare entro il 2050 il 61 per cento di questo consumo totale dimagrito dall'aumento di efficienza. Il resto della domanda sarà coperto principalmente dal gas, trascurabile il contributo del carbone.
Dal punto di vista della produzione di energia elettrica, entro il 2050 le rinnovabili arriveranno al 76 per cento soprattutto per merito del solare, dell'eolico e delle biomasse prodotte in modo sostenibile. Buona parte del calore sarà ricavata usando collettori solari e geotermici. Nel settore dei trasporti le fonti rinnovabili supereranno quota 50 per cento al 2050 grazie all'adozione su vasta scala di mezzi elettrici; più limitata invece la produzione di biocarburanti.
Queste scelte consentiranno, nello scenario virtuoso, alle emissioni annue pro capite di scendere da 7,6 tonnellate a 2,1 tonnellate. Il costo dell'elettricità, dopo un leggero aumento nel breve periodo (+0,5 euro per chilowattora nel 2015), diminuirà: meno 4 centesimi per chilowattora nel 2050.
"Perseguire stringenti obiettivi ambientali rappresenta anche un vantaggio economico per il sistema paese", conclude il rapporto. "Permetterebbe di sostenere la ripresa economica, aumentare l'indipendenza energetica dall'estero, rilanciare lo sviluppo tecnologico, l'innovazione, la competitività delle industrie e della ricerca. Energie rinnovabili ed efficienza possono creare circa 80 mila nuovi posti di lavoro verdi al 2020 considerando solo l'occupazione diretta nel settore elettrico. Tenendo conto anche dei posti di lavoro nell'indotto e il contributo del settore termico si arriva a 300 mila nuovi occupati".
Ma per raggiungere questi obiettivi bisogna correggere la direzione di marcia. Greenpeace ritiene profondamente sbagliati i criteri di assegnazione dei fondi per stimolare l'offerta di energia: nel 2007 più dell'80 per cento dei sussidi elargiti alle rinnovabili, circa 4,4 miliardi di euro, sono stati dati alle fonti assimilate, mentre solare, eolico e altre fonti rinnovabili hanno ricevuto appena 0,9 milioni di euro.
Secondo l'associazione ambientalista, l'Italia deve incoraggiare l'Unione europea a introdurre nuovi standard di efficienza obbligatori per tutte le apparecchiature che utilizzano energia e deve bandire a livello nazionale gli apparecchi più inefficienti, come ha già fatto con le lampadine a incandescenza. Tra le tecnologie da prendere in considerazione rientrano motori industriali a bassa efficienza, stand-by, scaldabagni elettrici, lavatrici, frigoriferi e televisioni ad alto consumo di energia. L'Italia, inoltre dovrebbe rendere effettivo l'obbligo della certificazione energetica degli edifici, come richiesto dalla legislazione europea.
ANTONIO CIANCIULLO
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 4 dicembre 2009

 

 

IL RIGASSIFICATORE - «Ma anche Menia dubita di Gas Natural» - Il tavolo dei docenti: «Precauzioni ambientali assenti nel progetto, sono solo annunciate»
 

Il professor Costa firma un documento di «osservazioni» sulle risposte a Rumiz a nome del gruppo di esperti incaricato dalla Uil vigili del fuoco
Accettano - o ne prendono atto, sarebbe meglio dire - le risposte di Roberto Menia alle ”domande scomode” di Paolo Rumiz sul progetto del rigassificatore a terra di Zaule. Le accettano - così giurano di fare i docenti universitari del tavolo tecnico che la scorsa settimana, su iniziativa della Uil vigili del fuoco, hanno messo a nudo i rischi scorti in quel progetto - perché «lo stesso sottosegretario all’Ambiente riconosce che andrebbero garantite molte precauzioni in più, a tutela della sicurezza, rispetto a quanto prevedono le documentazioni su cui Gas Natural ha chiesto l’autorizzazione. Eppure tali precauzioni non dovrebbero mica venire dopo l’autorizzazione, ma prima. La politica è deputata e assolutamente legittimata a decidere, ma in base a un tecnica corretta, senza buchi. Anche il sindaco Roberto Dipiazza può parlare di opportunità tecniche se le informazioni tecniche che ha non sono complete».
LA REPLICA Sono parole del professore emerito di chimica della nostra Università Giacomo Costa, che ha firmato un lungo documento di «osservazioni sulle risposte di Menia alle domande di Rumiz», letto e condiviso da tutti i colleghi del tavolo tecnico, coordinato da Adriano Bevilacqua. Che sono Bruno Della Vedova (esperto di geologia e geofisica), Livio Sirovich (geologia), Franco Stravisi (oceanografia e meteorologia), Fulvio Crisciani (fluidodinamica geofisica), Pierluigi Barbieri (chimica), Tomaz Ogrin dello Jozef Stefan Institute sloveno (chimico), Giorgio Trincas e Radoslav Nabergoj (ingegneria navale), Irene Valle (architettura) e Marino Valle (ingegneria meccanica).
L’AREA A TERRA «Non c’è responsabilità delle autorità - si legge all’inizio del documento - per la scelta del sito sul quale realizzare il rigassificatore. Essa è stata liberamente fatta da Gas Natural, unicamente nel proprio interesse. Rumiz chiede a Menia un parere responsabile sulle caratteristiche particolari del sito. La risposta di Menia rinvia al know how di Gas Natural, che è appunto l’oggetto della nostra critica... Come dice Menia, ”il decreto di Via richiede l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili”. Egli però non fornisce prove che questa richiesta sia stata accolta. La nostra critica chiede una verifica in merito. Riguardo gli obiettivi sensibili e l’effetto domino, vale a dire la situazione comprendente i depositi costieri triestini... i quartieri popolari e lo stadio Menia cita obblighi di legge ordinaria e non lo studio straordinario del possibile impatto del rigassificatore sulla realtà esistente, che il richiedente deve compiere per ottenere l’autorizzazione e l’autorità competente deve puntualmente verificare. La nostra domanda si riferisce a situazioni speciali di rischio, agli studi di simulazione di incidente e alla distanza minima da osservare, la ”exclusion zone”, intorno alle strutture del rigassificatore. Le risposte di Menia rinviano ad accertamenti generici che non sono stati fatti o non sono stati documentati correttamente, che devono precedere l’autorizzazione e che, non offrendo risultati soddisfacenti, giustificano la preoccupazione nostra e della pubblica opinione».
L’AREA A MARE Ma è sul mare che Costa e colleghi puntano a trasformare le loro «osservazioni» in vere bombe di logica. «Il giudizio favorevole di compatibilità ambientale, le prescrizioni imposte dal decreto di Via e i sistemi di monitoraggio e controllo - recita in effetti lo stesso documento - sono solo preannunciati e non sono quindi una risposta alla nostra indicazione di trascuratezze ed errori negli studi di Gas Natural, ma ne sono, al contrario, una conferma. È comprensibile dunque l’assicurazione di Menia di prevedere un piano di monitoraggio, l’intenzione di disporre 5 stazioni di misura su un transetto interno alla Baia di Muggia e 5 stazioni di misura su un transetto disposto nell’area di transizione tra la Baia di Muggia ed il Golfo riconoscendo la insufficienza dell’attuale progetto... Di fronte alla necessità, da lui riconosciuta, di tanti nuovi strumenti di controllo non esistenti nel progetto, Menia non può affermare che sono state adottate le soluzioni più adeguate a garantire la tutela dell’ambiente marino. Egli ci dice semplicemente che si sono individuate cautele per la sicurezza con provvedimenti che egli ipotizza si assumeranno nel caso si realizzi il rigassificatore. Ma è proprio la decisione di realizzare il rigassificatore che chiediamo di rivedere».
L’AFFONDO Morale: «È legittima, sotto il profilo politico, la sua personale opinione (di Menia, ndr) favorevole alla realizzazione di un rigassificatore a Trieste, dovuta, secondo quanto afferma ad una pluralità non specificata di motivi, dei quali cita solo, senza dimostrarne la pertinenza, l’esigenza energetica di carattere nazionale e le relative ricadute positive sul territorio. Le domande di Rumiz non sono politiche ma tecniche e non hanno ancora ricevuto risposta. Sinceramente riteniamo essere inaccettabile sul piano tecnico-istituzionale e debole, anche sotto il profilo politico, la conclusione della risposta di Menia che ”ognuno sostiene il suo”».
PIERO RAUBER

 

 

«Il consiglio di Muggia è unito contro il rigassificatore» - Deciso intervento del sindaco Nesladek nella seduta straordinaria dedicata al ricorso al Tar
 

«Fare un ricorso al Tar contro un'amministrazione statale non ci riempie di orgoglio, ma abbiamo fondati motivi per portarlo avanti». Così è iniziato mercoledì sera l’intervento del sindaco Nerio Nesladek nella seduta straordinaria del consiglio comunale dedicata all’illustrazione dei motivi del "no" al progetto del rigassificatore di Zaule. «Voglio sottolineare – ha rimarcato – come il consiglio non si è diviso tra vecchi e nuovi rancori. Stiamo dimostrando ai cittadini che su questioni così importanti siamo tutti schierati dalla stessa parte».
Il primo cittadino ha poi rimarcato i gravi problemi ambientali a cui si andrà incontro nell'eventualità che il progetto del rigassificatore diventi realtà: «Parliamo di 600mila metri cubi d'acqua salata, che ogni giorno passeranno per tubature piene di cloro. Il problema è che quest'acqua diventerà sterile facendo morire i microorganismi, le piante e alterando tutto l'ecosistema del nostro bacino. Dobbiamo poi considerare - ha continuato il sindaco - che l'acqua viene riversata intorno ai 5 gradi e potrebbe cambiare la temperatura del nostro vallone. Esiste poi il problema dei dragaggi e del movimento di un sedimento marino inquinato che sicuramente causerà problemi».
Non sono solo gli aspetti ambientali a preoccupare il consiglio, ma anche quelli legati al libero passaggio di tutte le imbarcazioni, come quelle dei pescatori, che hanno giornalmente bisogno di prendere il largo. «Sfido Boniciolli (presidente del Porto, ndr) - ha affermato Nesladek - a dimostrarmi come entreranno le imbarcazioni quando ci sarà una nave gasiera in arrivo. Se guardiamo a Porto Viro, che ospita un rigassificatore in mezzo al mare, vediamo che la Capitaneria di porto, seguendo una normativa internazionale, ha emesso un'ordinanza che non permette a nessuna imbarcazione di avvicinarsi al porto a meno di 2,5 chilometri in concomitanza dell'arrivo di una nave gasiera. La Capitaneria di Trieste dice che faranno delle ordinanze diverse, ma non ci dice quali».
Il sindaco ha poi spiegato alcuni dei motivi per cui è stato avviato il ricorso al Tar del Friuli Venezia Giulia: «Quando una commissione rilascia la valutazione di impatto ambientale (Via) e non si accorge di grandi errori come il cambiamento della posizione del rigassificatore su 40 diverse mappe presentate, quando una commissione presenta carte senza firme e con traduzioni infedeli dallo spagnolo, allora quella commissione non ha fatto bene il suo lavoro. Non ci fidiamo, infine, di una commissione che ha separato, dal progetto totale, la ”Via” del gasdotto che collegherà il rigassificatore alla rete nazionale».
RACCOLTA FIRME Al mercatino di Natale di Bagnoli, fino a lunedì, è presente (ore 17-19) un banchetto per la raccolta di firme, in parallelo con Muggia, contro il rigassificatore. L’obiettivo è un incontro col Prefetto per esporre i dubbi della popolazione. Nel testo da sottoscrivere si afferma che i fautori dell’impianto ”non sono stati in grado di fornire adeguate garanzie in merito alla sicurezza dell’impianto, anche in relazione all’effetto-domino che potrebbe verificarsi in caso di incidente, vista la presenza di numerosi altri impianti pericolosi nella stessa area”. La raccolta di firme è promossa dai partiti di maggioranza che reggono il Comune di San Dorligo.
Andrea Dotteschini
 

 

Cna: insostenibili i costi delle bonifiche - ACCORDO DI PROGRAMMA, LA BOZZA OGGI ALL’ESAME DELLA CAMERA DI COMMERCIO
 

L’appello agli enti: «Respingere la logica del prendere o lasciare»
Assindustria, quell’ultima bozza di accordo sulle bonifiche che fa pagare indistintamente alle imprese una quota ancora ignota, ha già ammesso di non digerirla. E da ieri s’è accodata anche la Cna - la sigla alternativa alla Confartigianato che non siede con un proprio rappresentante nella giunta camerale di Paoletti - che chiede proprio «alla Camera di Commercio ma anche alla Provincia e ai comuni di Trieste e Muggia» (cioè ai soggetti territoriali chiamati a vidimare l’accordo di programma sul Sito inquinato d’interesse nazionale da girare poi alla Regione per la sigla decisiva col Ministero dell’Ambiente, ndr) di «respingere la logica del ”prendere o lasciare”, ribadita dal sottosegretario Roberto Menia, affinché il processo di bonifica possa partire ma senza massacrare il comparto produttivo del territorio».
«La promessa di non far pagare nulla alle aziende insediate su terreni inquinati, o presunti tali, per cause non da loro dipendenti - tuona in una nota il presidente della Cna Michele Barro - viene smentita dalla previsione delle transazioni per danno ambientale con cui i privati dovrebbero farsi carico di 236 dei 350 milioni di risorse previste. Che sono per lo più piccole e piccolissime aziende, molte delle quali artigiane, che non inquinano ma in compenso sostengono le difficoltà di una crisi economica: quante dovranno chiudere, quante dovranno licenziare a seguito di questo ingiusto, forzoso prelievo?».
A una sì perentoria domanda della Cna replica al momento, ma con i piedi di piombo, proprio il segretario generale della Confartigianato, Enrico Eva, che presiede in Camera di Commercio la commissione Ambiente: «Devo ammettere - annota Eva - che finora il sottosegretario Menia ha fatto un ottimo lavoro di cucitura dei testi in base alle norme vigenti. È presente purtroppo anche nell’ultima versione il problema del cosiddetto danno ambientale, su cui tuttavia siamo d’accordo se la via d’uscita è far pagare alle 353 imprese insediate, a priori rispetto alle responsabilità individuali, una quota simbolica per la transazione. Ho visto le cifre ipotizzate da Assindustria e onestamente non me ne ritrovo. A livello non ufficiale mi consta che il danno ambientale sia quantificato attorno ai tre euro al metro quadrato. Fosse così, potremmo starci. Ma prima di dire sì vogliamo conoscere a quanto ammonta effettivamente la ripartizione del danno ambientale».
Ed è per questo che nel pomeriggio di oggi in piazza della Borsa si riuniranno le delegazioni di Camera di Commercio ed Ezit con tre ”saggi” i cui nomi restano top-secret. Ordine del giorno: passare al microscopio l’ultima bozza, in particolare il famoso articolo 10 comma 13 secondo cui chi non ha inquinato non paga, per poi convocare tutte le associazioni di categoria affiliate per votare un sì o un no da inviare alla Regione. «La Camera di Commercio - specifica a questo proposito Antonio Paoletti - non vuole essere d’ostacolo all’iter delle bonifiche ma non vuole nemmeno penalizzare le imprese. Se abbiamo certe garanzie siamo disposti a pagare. Poco, ma pagare». Perché l’aumento del 20% del diritto camerale, ricorda lo stesso Paoletti, non serve solo al Parco del mare ma anche per fare ”musina” per le bonifiche.

(pi.ra.)
 

 

Fogar inizia lo sciopero della fame - L’EX PRESIDENTE DEL MIANI: «FERRIERA, SILENZIO DALLE ISTITUZIONI»
 

Alla rinuncia ai farmaci «salvavita», ora Maurizio Fogar aggiunge lo sciopero della fame. Per protestare in maniera sempre più clamorosa contro la mancata chiusura della Ferriera di Servola, il fondatore ed ex presidente del Circolo Miani ha deciso di sobbarcarsi, a partire da dopodomani, questo ulteriore rischio per la salute. «Da domenica mi limiterò a bere acqua - ha annunciato ieri sera in piazza dell'Unità d'Italia, dove si è recato seguito da un gruppo di sostenitori e collaboratori del Circolo - nella piena consapevolezza che questa scelta determinerà problemi ancor più gravi al mio già difficile stato di salute. Ma non mi interessa - ha aggiunto - perché in questa situazione, con lo stabilimento che continua a diffondere nell'aria sostanze nocive per l'intera popolazione, non conta tanto la salute di una singola persona, quanto il benessere di tutti».
Fogar anche ieri sera si è scagliato soprattutto contro «il colpevole immobilismo del sindaco, Roberto Dipiazza, che per compito istituzionale avrebbe proprio quello di tutelare la salute pubblica - ha sottolineato il fondatore del Circolo Miani - e del presidente della Regione, Renzo Tondo, che aveva formalmente promesso ai servolani che avrebbe chiuso lo stabilimento. Invece siamo ancora al punto di partenza - ha proseguito - con la città invasa dal benzopirene e nessuno di coloro che hanno il potere di farlo pronto a intervenire in maniera adeguata».
Con la sua presenza in piazza dell'Unità d'Italia, dove oltre al Municipio e alla sede della Giunta regionale c'è anche il palazzo della Prefettura, Fogar ha inteso, com'egli stesso ha spiegato, «testimoniare alle istituzioni e alla classe politica che le occupano che sono stufo, stanco della decennale presa in giro della nostra comunità, ma non rassegnato. Mi considero - ha concluso - l'ostaggio di una classe dirigente che in tutti questi anni ha messo a repentaglio la salute e le vite di tanti miei concittadini, dai bambini ai lavoratori, pur di favorire gli interessi di una multinazionale, condannando Trieste a un futuro di miserie».

(u.s.)
 

 

Marzi: il Piano secretato è una commedia - IL DOCUMENTO DEL COMUNE SUL CENTRO STORICO
 

Il difensore civico: la politica abbia un sussulto d’orgoglio, serve trasparenza
Si scrive secretazione. Ma, per il difensore civico del Comune, si deve leggere «commedia». Una di quelle che fanno ridere di gusto. Tale è, infatti, secondo Maurizio Marzi, il richiamo alla segretezza piovuto dagli uffici del Municipio con oggetto, prima, la variante generale al Piano regolatore. E ora, pure il nuovo Piano particolareggiato del centro storico.
L’altro giorno l’avvocatura comunale, infatti, ha fatto sapere senza mezzi termini come si tratti di un documento «sottratto all’obbligo della comunicazione e al diritto di accesso». E, in merito, in concomitanza con la prima analisi della Sesta commissione sul Piano del centro storico, è stato ribadito che «gli atti e i documenti portati all’esame della Commissione consiliare attengono alla fase istruttoria». Di conseguenza, «non possono essere esaminati in sedute pubbliche». In piazza Unità, o meglio in largo Granatieri nella fattispecie, qualcuno ha però iniziato a storcere il naso di fronte a questa interpretazione. Quel qualcuno è proprio il difensore civico: «Dopo la “perla” del Piano regolatore generale severamente secretato fra le mura del Palazzo ma ampiamente diffuso attraverso gli organi di informazione - sono le parole di Marzi -, la sceneggiata prosegue con il Piano del centro storico secretato in Commissione ma pubblicato sul giornale».
Nella veste di garante della trasparenza del Comune nei confronti della gente, e forte di quel ruolo attraverso cui, citando testualmente la definizione dallo spazio web del Municipio, «ha il compito di tutelare il cittadino dagli abusi, dalle disfunzioni, dai ritardi, dalle negligenze commesse dall’amministrazione comunale», Marzi parla di una «burocrazia ottusa» che «non conosce il limite del buon senso» e «sconfina nella farsa». E sostiene, continuando sulla linea dura, come questo atteggiamento «che nasce dagli uffici» faccia tornare la città «agli anni Quaranta, epoca cui risale la normativa sui piani regolatori e a cui si rifanno gli indefessi paladini del segreto a tutti i costi».
Il pensiero di Marzi, chiaramente contrario alla logica delle secretazioni, si fonda anche su alcuni precedenti nel ribadire che «in questo meccanismo qualcosa non funziona». Quali precedenti? Li elenca: «i piani di Opicina, Servola, Longera, Trebiciano, Basovizza solo per citare i più importanti». E sui quali «basterebbe chiedersi come mai non siano mai stati secretati». Anzi, «per fare un ulteriore esempio, all’epoca del Piano particolareggiato di Servola, i cittadini si presentavano in commissione e discutevano assieme ai politici», aggiunge a margine il difensore civico. Che, fermo nel proprio ragionamento, si chiede ironicamente: «O quella volta eravamo tutti dei pazzi fuori legge e quindi dobbiamo essere tutti denunciati a partire dal sindaco in giù (provocazione sostanzialmente identica a quella esternata tre giorni prima da Alfredo Racovelli dei Verdi, ndr), oppure le norme venivano interpretate con buon senso cercando di coniugare la rigida disciplina degli anni Quaranta con i più moderni principi di pubblicità e trasparenza dell’attività amministrativa». E, a corollario, sottolinea: «Se consideriamo, infine, che i dirigenti di allora sono gli stessi di oggi, ecco che la perplessità si trasforma in sconcerto! Tutti prendono paura, ma paura di cosa?».
Proprio per cancellare timori e possibili imbarazzi negli uffici, Marzi auspica che «la politica abbia un sussulto d’orgoglio», assumendosi «la responsabilità di cancellare una volta per tutte queste assurde secretazioni e che riprenda in mano le redini di una procedura pubblica, trasparente e partecipata». Come? «Non servono atti - conclude Marzi -. È sufficiente interpretare la legge in modo sensato».
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Stazione dei treni a Ronchi aeroporto la giunta da l’ok - A DISPOSIZIONE 9,2 MILIONI
 

TRIESTE La Regione accelera sulla realizzazione della stazione ferroviaria Ronchi Aeroporto, fulcro del polo intermodale che include anche l’autostazione. La giunta ha approvato ieri il testo della convenzione proposta alla Provincia di Gorizia, al Comune di Ronchi, a Rfi e alla Aeroporto Fvg spa che individua le modalità operative per la realizzazione dell’opera. Soggetto attuatore dell’intervento, secondo la convenzione, sarà Aeroporto Fvg che dovrà predisporre, in collaborazione con il Comune di Ronchi, la variante dello strumento urbanistico e in particolare progettare e realizzare la viabilità interna, i parcheggi ed i collegamenti. La Provincia di Gorizia sarà chiamata a progettare e realizzare l’autostazione mentre Rfi si occuperà dello scalo ferroviario. Dovrà essere aggiornato lo studio di fattibilità, datato 2003, sulla base delle osservazioni dei Comuni di Ronchi, Monfalcone e San Canzian. «Sono disponibili per l’intervento 5,5 milioni per gli interventi in capo ad Aeroporto Fvg – ricorda l’assessore Riccardo Riccardi – e 500 mila euro per quelli di Rfi. Inoltre sono impegnati 2 milioni a favore del Comune di Ronchi e 1,2 per la Provincia di Gorizia». Sul fronte della sanità, intanto, la giunta ha individuato nell’Ass Isontina il soggetto che si occuperà della gestione del Ceformed (Centro regionale di formazione per l’area delle cure primarie), dopo la soppressione dell’Agenzia regionale della Sanità prevista per il 1° gennaio 2010. Sempre nella stessa data è prevista la cancellazione del Csc le cui funzioni, come preannunciato, saranno svolte dall’Azienda ospedaliero-universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine. Infine, la giunta ha approvato un protocollo d’intesa che verrà stipulato tra Regione, Federazione delle Bcc e parti sociali per il quale gli istituti di credito anticiperanno, a tasso zero, la cassa integrazione ordinaria e straordinaria per quelle aziende in cui i datori di lavoro non sono in grado di erogare gli ammortizzatori sociali.

(r.u.)
 

 

Eni-Gazprom, la Francia entra in South Stream - L’Europa a rischio dopo le dispute sul prezzo del gas corre ai ripari con una nuova linea
 

FIRMATO UN ACCORDO ALLA BILATERALE ITALIA-RUSSIA
Scaroni: «Discuteremo sulle quote». Accordi con Mosca su Alitalia, Finmeccanica e Pirelli
ROMA Anche la Francia entra nel gasdotto South Stream. Eni e Gazprom faranno spazio al gruppo elettrico a controllo pubblico Edf all'interno del consorzio che guida la costruzione del sistema di gasdotti, attualmente allo studio, che collegherà la Russia all'Unione Europea attraverso il Mar Nero.
«Abbiamo firmato un accordo di principio per favorire l'entrata di Edf in South Stream», ha spiegato ieri nel corso del bilaterale Italia-Russia l'amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, sottolineando di vedere «con favore l'entrata di un partner così importante in questo progetto». Certo, ha aggiunto l'a.d. del Cane a sei zampe, «dovremo negoziare le condizioni», con particolare riferimento «all'ammontare della partecipazione, a cui sono collegati i quantitativi di gas che verranno commercializzati». Dovrà essere anche discusso «il valore della partecipazione, perchè abbiamo investito tempo e denaro fino ad adesso» nel progetto che vede attualmente come unico partner di Eni il gruppo russo Gazprom.
Fra i temi più «caldi» che verranno discussi, sicuramente la quota che finirà in mano ad Edf. «È un tema su cui siamo aperti», risponde Scaroni a chi gli chiedeva dettagli in materia. Il gruppo francese potrebbe rilevare il 10% del gasdotto, ma non è ancora chiaro se Eni e il partner russo cederanno una quota uguale di capitale (scendendo così entrambi al 45%) o se uno dei due gruppi venderà una quota maggiore dell'altro. «Non è un gioco di potere, è tutto commerciale», ha spiegato Scaroni, sottolineando che «vedremo durante la negoziazione qual è il punto di caduta ideale per tutti». Il premier Silvio Berlusconi si è detto «contento e orgoglioso» della firma, che secondo il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, rende il progetto veramente pan-europeo e non solo più italo-russo.
Il commercio di gas lega a doppio filo Europa e Russia fin dagli anni '60 ed è sempre stato gestito tramite gasdotti, che partono dalla Siberia Occidentale e arrivano in Europa, passando per gli Urali. Varie sono le condotte che legano Russia e Vecchio Continente: al momento, quella principale rimane la Brotherhood, che trasporta circa 100 miliardi di metri cubi di gas all'anno e finisce la sua corsa in Germania. Oltre a questo, il Northern Line, che attraversa Ucraina e Bielorussia, e soprattutto il Tag, controllato da Eni, con una estensione di 1.018 chilometri e una capacità di 81 milioni di metri cubi al giorno, che importa gas russo fino all'Italia. Mentre in Turchia finisce il Blue Stream, dove sono presenti Eni e Gazprom, con una capacità di 16 miliardi di metri cubi al 2010. È proprio il tracciato di queste condotte, che attraversano quasi tutte l'Ucraina, ad aver causato i principali problemi di approvvigionamento per l'Europa.
Le dispute sul prezzo del gas fra Mosca e Kiev hanno lasciato per due inverni al freddo tutta l'Europa orientale, con gravi preoccupazioni anche per quella occidentale. Per questo motivo sono nati i progetti North Stream e South Stream, che mirano ad aggirare l'ostacolo Ucraina. Il primo (Gazprom 51%, E.On e Wintershall 20% e Gasunie 9%) punta a portare in Germania attraverso il Baltico 55 miliardi di tonnellate a partire dal 2012. Mentre il secondo (Eni e Gazprom al 50%, ma con il prossimo ingresso di Edf le quote cambieranno) mira ad arrivare in Italia attraverso la Turchia.
Il vertice intergovernativo ha però consentito anche la stipula di altre importanti intese: prima fra tutte il memorandum of understading fra Alitalia e Aeroflot. «Le due società stanno discutendo di un accordo commerciale e industriale per sviluppare tutte le possibili sinergie che possono esistere fra le due compagnie», ha detto il presidente di Alitalia, Roberto Colaninno, parlando di possibili voli dall'Italia a Mosca e viceversa, con la possibilità di un collegamento diretto fra le due capitali. L'obiettivo è lanciare la sfida «sia alle altre grandi compagnie aeree, sia alle low cost».
Anche Finmeccanica chiude due contratti: «uno con Russian Technologies sulla sicurezza, l'altro con il Governatorato di San Pietroburgo sul trasporto cittadino», ha spiegato il numero uno Pier Francesco Guarguagliani. Mentre Pirelli amplia la già esistente partnership con la stessa Russian Tech, con la quale acquisterà un impianto esistente per la produzione di pneumatici per autovetture.
 

 

Un ospedale per animali selvatici
 

GORIZIA Anacleto II è il più famoso. Ed è anche tra i più fortunati. Anacleto II, il gufo reale ferito da bracconieri, da giugno è tornato a librasi in volo. È uno dei 700 animali che in media ogni anno vengono accolti al Centro per il recupero della fauna selvatica allestito all’interno della tenuta agricola di Terranova a San Canzian d’Isonzo gestito da Damiano e Armando Baradel. Anacleto II rientra nel 70% degli animali che dopo le cure è tornato libero nel suo ambiente naturale (nella tabella di sintesi messaci a disposizione dall’ufficio Gestione faunistico venatoria i bilancio del Centro). La Provincia, che dal 2000 ha una convenzione con il Centro di Terranova, ora va alla ricerca, obbligata dalla normativa, di un terreno di almeno mille metri quadrati per allestire un «ospedale per animali» tutto suo e allo stesso tempo del gestore per i prossimi cinque anni. E lo fa con un bando di gara che prevede un impegno di spesa pari a 140mila euro.
Il sito per il Centro di recupero per la fauna selvatica deve avere alcune caratteristiche, tra le quali l’essere in una zona aperta, fuori dai centri abitati, ed essere facilmente raggiungibile. Il gestore, poi, dovrà essere a disposizione 24 ore su 24.
 

 

SEGNALAZIONI - Troppo poco verde per gli abitanti di Trieste
 

In questi giorni il neopresidente dell’ordine degli architetti triestini Andrea Dapretto ha preso una posizione chiara e pienamente condivisibile sul futuro di Trieste, partendo da un’analisi critica ma costruttiva frutto del lavoro di trenta architetti riuniti in 5 commissioni. Molto interessante risulta l’analisi dei professionisti in questione che denunciano l’attuale impostazine vecchia e obsoleta del piano regolatore ma nel contempo suggeriscono sostanziali correzioni. Senza dubbio è fondamentale uscire dall’attuale isolamento del capoluogo giuliano con una prospettiva di osmosi con il territorio circostante vista l’adesione al Trattato di Schengen della Slovenia, nel contempo è urgente definire priorità per lo sviluppo economico e sociale. Entrando nel dettaglio gli amici architetti colgono nel segno le cose da fare: il Parco del mare con un parcheggio di servizio capace di ospitare vetture e corriere, un progetto unitario per le rive che vanno ricomprese in un unicum architettonico e maggior attenzione al verde pubblico. Il dato che emerge sulle aree verdi pubbliche è poi allarmante, ogni triestino dispone virtualmente di appena 16 metri quadrati di verde pubblico contro una media nazionale di 94, la nostra risulta quindi una città ipercementificata e poco fruibile soprattutto per i bambini e gli anziani.
Un sentito grazie al presidente Dapretto per il suo grido d’allarme, la politica ora di metta a un tavolo per progettare seriamente un futuro sostenibile per la nostra città.
Luca Presot
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 dicembre 2009

 

 

SFIDA TRA RIGASSIFICATORI - TUTTI I PROGETTI IN GIOCO
 

Il ministero dell’Ambiente ha deciso di non scegliere: che siano il mercato, la capacità di lobby e di investimento, la disponibilità di metano liquefatto e i prezzi a stabilire quali rigassificatori avranno successo. Il ministero ha approvato molti dei progetti presentati; è in arrivo il via libera al rigassificatore di Brindisi della British Gas, mentre non fa opposizione ai due progetti paralleli della Venezia Giulia.
Cioè quello (ex Endesa) dell’Eon al largo di Monfalcone e quello proposto dalla catalana Gas Natural a Trieste-Zaule. Sarà il mercato a decidere quale andrà avanti. Un mercato reso difficile dai prezzi bassi del metano — i prezzi bassi scoraggiano gli investimenti e allungano i tempi di rientro — e dalla competizione.
Se in tempo di vacche grasse i concorrenti sorridono benignamente, in questo periodo — in cui il mercato del gas gira su prezzi stracciati e con una domanda pietosa — la competizione ha quasi i toni della perfidia. La concorrenza si gioca tra Paesi, tra interi sistemi economici in moto, e scende su tutti i livelli fino a dentro alle singole aziende, dove un reparto cerca di spuntare un successo a scapito dell’altra divisione.
Un esempio di competizione interna a un’azienda? L’Eon ha rilevato il progetto dell’Endesa al largo di Monfalcone, un progetto che spicca per il suo costo poiché i terminali gasieri al largo chiedono un investimento più sostanzioso, ma la stessa Eon partecipa al progetto di rigassificatore nel golfo del Quarnaro, in Dalmazia. Saranno realizzati entrambi i progetti oppure (più probabilmente) vincerà solo uno dei due?
Un altro esempio simile di competizione interna alle aziende: Gas Natural non ha in lizza solo Zaule. Un altro progetto, di ottima qualità industriale, è a Taranto, in Puglia. Vista la vicinanza, ovvio che l’impianto pugliese è concorrente con quello di Brindisi della British Gas.
Un esempio di grande competizione tra sistemi nazionali. Il rigassificatore di Trieste dovrebbe sorgere proprio in faccia alla rada di Capodistria, con grande dispetto degli sloveni. C’è da osservare che l’enorme carbonile (cominciato a costruire peraltro ai tempi della Repubblica socialista jugoslava, ma per fortuna i tempi sono cambiati e oggi Lubiana può lamentarsi a Bruxelles del progetto triestino), e che ha occupato buona parte della baia di Capodistria dal lato delle storiche saline venete, non ha un’estetica migliore di un rigassificatore (...). Ma lo scenario è assai più vasto e il progetto triestino si inserisce nei sistemi internazionali e nel «grande gioco». Nelle scorse settimane, la Slovenia ha stretto un accordo a filo doppio con i moscoviti della Gazprom per far passare il gasdotto South Stream, che percorrerà i Balcani portando in Europa il metano dell’Asia Centrale. Del progetto fa parte l’Eni, e Silvio Berlusconi se n’è fatto promotore con Vladimir Putin contrastando il progetto franco-statunitense concorrente del gasdotto balcanico Nabucco. Basta osservare gli schieramenti durante la breve e dolorosa guerra dell’estate 2008 tra la Russia e la Georgia, uno dei Paesi attraversati dal progetto Nabucco: Sarkozy e gli Stati Uniti parteggiavano per la Georgia filo-Usa, Berlusconi per la Russia putiniana. Oggi la Gazprom, diventata amica di Lubiana, non vede con piacere un rigassificatore concorrente da 8 miliardi di metri cubi di metano nella rada di Trieste: l’importazione di metano via nave costa un po’ di più rispetto al metano che arriva da vecchie condutture già ammortate, ma costa assai meno di quelle migliaia di chilometri di tubazioni da posare dall’Asia Centrale fino al confine austriaco. E la Gas Natural sarebbe un concorrente assai fastidioso al South Stream.
A fine ottobre intanto è stato avviato al largo di Porto Levante (Rovigo) il primo rigassificatore italiano che non appartiene all’Eni, quello realizzato dalla ExxonMobil e dalla Qatar Petroleum su progetto dell’Edison. Da qualche settimana il metano portato via nave dagli impianti di liquefazione di Ras Laffan, sulla sponda del Golfo Persico, arriva liquido a 162 gradi sotto zero nei termos naviganti delle navi metaniere e viene immesso nei serbatoi del rigassificatore. L’acqua di mare lo riscalda e a -160 il liquido comincia a ribollire come una pentola sul fuoco e diventa vapore (...). Il metano tornato gas viene pompato nella tubazione che arriva fino alla spiaggia, attraversa il sottosuolo delle lagune e percorre gli argini, e il gas arriva a Minerbio, tra Bologna e Ferrara dove un vecchio giacimento vuoto è stato trasformato nel principale nodo italiano del gas e dove confluiscono i principali metanodotti di importazione.
Tanto gas, ma se ne consuma poco. In settembre la domanda italiana era precipitata del 9% circa rispetto a un anno fa, cioè 8 miliardi di mc circa in meno l’anno, mentre gli stoccaggi sono pieni fino all’orlo e i metanodotti appena potenziati (...). Di fronte a questa domanda bassa e a questa offerta abbondante, hanno senso tutti i progetti di rigassificatori? Ne sono stati censiti dodici, ma si stima che ne verranno realizzati non più di tre o quattro.
Di sicuro, gli 8 miliardi di metri cubi consumati in meno dagli italiani sono pari alla taglia media di un terminale, e la caduta della domanda potrebbe corrispondere alla cancellazione di un impianto. Inoltre, per un terminale di costo fra 600 e 800 milioni, il servizio di rigassificazione costa circa un centesimo per ogni metro cubo riportato allo stato gassoso: se l’impianto chiede un investimento più cospicuo, il costo del servizio potrebbe rendere poco competitivo il progetto. (...)
Jacopo Giliberto (testo integrale sul mensile Nordesteuropa.it)

 

 

«Rigassificatore, ricorso chiesto dalla gente» - INCONTRO PUBBLICO A MUGGIA ANCHE CON I PRIMI CITTADINI DI SAN DORLIGO E CAPODISTRIA
 

Nesladek: si è dovuto colmare un vuoto istituzionale a causa dell’assenza di altri enti preposti
POPOVIC - «Finché sarò sindaco l’impianto non si farà. Quella struttura non la vogliono neanche i cittadini istriani»
MUGGIA «E' un ricorso che non abbiamo fatto certo a cuor leggero, ma è stata la gente a chiedercelo e a gran voce». Nerio Nesladek, sindaco di Muggia, ha aperto così l'incontro pubblico organizzato ieri pomeriggio in piazza Marconi per illustrare le motivazioni del ricorso presentato dal Comune di Muggia al Tar regionale contro il progetto del rigassificatore di Zaule.
Alla riunione, svoltasi dinanzi a un folto pubblico, hanno presenziato anche gli esponenti di altre due realtà comunali fortemente contrarie al progetto presentato da Gas Natural: il sindaco del Comune di San Dorligo della Valle, Fulvia Premolin, e il sindaco di Capodistria Boris Popovic, accompagnato dal suo vice Alberto Scheriani.
MUGGIA «Il Governo nazionale vuole il rigassificatore, la Regione e il suo governatore Renzo Tondo lo desiderano altrettanto fortemente, il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza ha sempre speso parole entusiastiche per questo progetto, la Provincia non ha mai preso una posizione definita, e molti altri partiti politici che compongono il quadro provinciale non hanno ancora deciso dove stare».
Il primo cittadino di Muggia Nerio Nesladek ha analizzato in questi termini la panoramica politica, a livello nazionale e locale, che caratterizza le opinioni sul progetto del rigassificatore di Zaule.
Unica voce istituzionale fuori dal coro, assieme al Comune di San Dorligo, quella dell'amministrazione di Muggia: «Dopo che il nostro Consiglio comunale ha sempre dato parere negativo su tale progetto, ci siamo ritrovati a dover colmare un pesante vuoto istituzionale a causa dell'assenza di altri enti preposti per questo compito – ha spiegato Nesladek –. Un compito gravoso ma necessario».
SAN DORLIGO «Il nostro Consiglio comunale ha da sempre espresso parere negativo sul rigassificatore, una scelta nata soprattutto dal volere della gente che abita queste terre, ora messe in serio pericolo dalla possibile realizzazione di un simile impianto». Fulvia Premolin, primo cittadino di San Dorligo, va di pari passo con il pensiero di Nesladek. «Abbiamo presentato al Tar regionale un ricorso di 53 pagine, nelle quali è riportata una serie di vizi su questo progetto, sul quale non si può che essere contrari».
La Premolin ha ricordato poi nello specifico la situazione che contraddistingue il territorio di San Dorligo, «caratterizzato da diverse aree con vincoli ambientali, alle quali si affianca la parte industrializzata con la presenza di diversi stabilimenti».
CAPODISTRIA «Finché sarò sindaco posso dare la mia parola che il rigassificatore non si farà». Il primo cittadino di Capodistria, Boris Popovic, non hadubbi: l'impianto proposto da Gas Natural non lo vogliono nemmeno i cittadini di Capodistria. «Anche noi abbiamo presentato un ricorso al Tar del Friuli Venezia Giulia, e siamo fiduciosi che questo basterà per evitare questo progetto che è una stupidaggine», ha affermato Popovic. Il sindaco di Capodistria ha comunque dichiarato di essere «pronto, se necessario, a ricorrere ai tribunali europei per ottenere giustizia».
LA PLATEA Tra il pubblico è spiccata la presenza di alcuni simpatizzanti della Lega Nord con tanto di bandiere e un colorito striscione, nonché l'esponente del Comitato per la salvaguardia del Golfo, Arnaldo Scrocco, che in chiusura dell'incontro ha citato davanti ai sindaci e ai presenti un articolo apparso sulla stampa americana, secondo cui la società Gas Natural verserebbe in forti difficoltà finanziarie.
RICCARDO TOSQUES

 

 

Piano del centro, l’incognita della Regione - Il Codice edilizio che aumenta le cubature può «destabilizzare» il progetto
 

URBANISTICA - Sì alla secretazione, i dirigenti avvertono
Pazienza se dallo scorso fine settimana è diventato un segreto di Pulcinella, poiché già si discute dei suoi indirizzi più rivoluzionari, a cominciare da quei 120 edifici di pregio minimo o nullo svuotabili e traformabili in garage multipiano. Sul Piano particolareggiato del centro storico, infatti, i membri della Sesta commissione del Municipio - quella competente per l’Urbanistica, chiamata in questo periodo a vivisezionare il provvedimento - non potranno aprir bocca fuori dalla porta della commissione stessa. Porta che resterà rigorosamente chiusa, in primis per i giornalisti. Parla chiaro il parere inviato dall’Avvocatura comunale ai capigruppo di maggioranza del Consiglio comunale e per conoscenza al presidente dell’aula Sergio Pacor, al direttore e segretario generale del Municipio Santi Terranova e al vicesegretario generale Fabio Lorenzut.
IL PARERE «Il Piano regolatore particolareggiato - recita il parere firmato dall’avvocato Oreste Danese - è equiparato al Piano regolatore generale e, quindi, sottratto all’obbligo della comunicazione e al diritto di accesso». E ancora: «Gli atti e i documenti portati alll’esame della Commissione consiliare attengono alla fase istruttoria e, quindi, non possono essere esaminati in sedute pubbliche».
IL DIBATTITO Il parere è stato letto ieri mattina dall’Udc Roberto Sasco, presidente della Sesta commissione, proprio in occasione della prima delle quattro sedute della commissione che precedono l’adozione dell’aula in agenda per lunedì 14. Era la riunione dedicata all’illustrazione generale del provvedimento che il sindaco nonché assessore all’Urbanistica Roberto Dipiazza, assente, ha demandato ai dirigenti. Il documento col timbro dell’Avvocatura chiude così una commedia degli equivoci in cui i tecnici evocavano la secretazione mentre i politici non ci credevano poi tanto e nicchiavano in attesa di comunicazioni dal supermanager Terranova, il custode di regolamenti e interpretazioni. «Eppure il Piano è stato già presentato nelle circoscrizioni senza essere secretato», hanno fatto notare dall’opposizione il capogruppo del Pd Fabio Omero e il verde Alfredo Racovelli, il ”responsabile” autodichiarato della fuga del plico dalle stanze ovattate del Palazzo. In commissione Antonio Lippolis da An ha chiesto, a tale proposito, «quali provvedimenti prenderà il Comune verso quei consiglieri che stanno diffondendo il Piano».
IL MONITO La secretazione però fa inalberare l’Ordine degli architetti, che in una nota stampa firmata dal presidente Andrea Dapretto esprime «forte perplessità. In un momento storico in cui i più avanzati processi decisionali e democratici fondano le radici nella partecipazione dei cittadini e delle categorie alle più importanti scelte, il Comune sceglie la strada della segretezza. Siamo ad un passo dallo svuotamento ”sociale” del centro a favore di una liberalizzazione edilizia preoccupante. La progressiva occupazione dei piani terra dall’esercito di automobili, la carenza di standard di qualità, la difficoltà ad individuare una struttura di mobilità in grado di abbassare i tassi di inquinamento acustico ed atmosferico impongono la necessità di un confronto sulle scelte strategiche della città».
L’INCOGNITA Tornando alla prima seduta della ”Sesta”, al di là della polemica sulla secretazione questa si è indirizzata verso un altro nodo: il Piano del centro storico rischia davvero di diventare, nelle sue prescrizioni di vincolo, acqua minerale non gassata, se è vero che il freschissimo Codice regionale dell’edilizia riprende e consente quel 20% in più di cubature indicato dal Piano casa Berlusconi? Il direttore dell’area Pianificazione territoriale, Carlo Tosolini, ha parlato in effetti di un Codice regionale «potenzialmente destabilizzante, visto che ciò che pianifica il Comune può essere disatteso». Disatteso di quanto e in che termini - e per questo Tosolini ci mette quel «potenzialmente» - i tecnici del Comune lo sapranno domani, in occasione dell’illustrazione a loro dedicata del Codice dell’edilizia da parte del direttore centrale della Pianificazione territoriale dell’amministrazione regionale, Luciano Agapito.

(pi.ra.)
 

 

Il Gruppo 78 vara a Trieste ”La città radiosa” - URBANISTICA. NUOVA PROPOSTA ESPOSITIVA CURATA DA MARIA CAMPITELLI
 

Oltre venti progetti con ipotesi d’intervento nell’area dell’ex Opp e in Porto Vecchio
TRIESTE Si inaugura domani a Trieste la nuova proposta espositiva curata da Maria Campitelli del Gruppo 78 dal titolo ”La città radiosa”. Allestita in due diverse sedi - la Casa Rosa all’ex OPP e alla Stazione Rogers - la mostra raccoglierà le prime proposte di intervento nate a seguito della presentazione dell’innovativo sito www.lacittaradiosa.eu per una mappatura, progettazione e realizzazione di interventi artistici, architettonici su aree abbandonate, “sospese” della provincia e della città di Trieste.
”La città radiosa” - ottimistico titolo che rimanda a Le Corbusier - è un progetto collettivo aperto ai giovani e a nuove idee, che insiste sul territorio con l’obiettivo di provocarne una rinnovata sensibilizzazione e una consapevole appropriazione. Si articola in tre segmenti: mappatura o censimento dei siti pubblici e privati definibili come ”luoghi dismessi”, progettazione e infine realizzazione di uno o più interventi. La fase progettale, ora in atto, produce questa prima mostra di ipotesi di intervento, a partire da domani, alle 18.30, alla “Casa Rosa” nel Parco di S. Giovanni dell’ex Opp, e, alle 20.30, alla Stazione Rogers in riva Grumula 14.
Vi approdano oltre 20 progetti, nei quali la volontà di evidenziare e revitalizzare svariati luoghi dismessi spazia in situazioni disparate, dagli alloggi abbandonati degli operai della Ferriera, ai residui militari della prima e seconda guerra mondiale, dagli alberghi sfasciati a splendide ville inghiottite dalla vegetazione, ai grandi impianti produttivi dismessi per il mutare dei tempi e delle condizioni socio/economiche…. Due nuclei in particolare destano uno spiccato interesse: l’ex Ospedale psichiatrico - da cui è partita la rivoluzione basagliana - e il Porto Vecchio, dove sono anche ancorate straordinarie strutture vetero-industriali come il pontone Ursus del 1914.
Ecco gli autori, per lo più artisti, fotografi, architetti, ma anche giovani creativi di varia matrice: Carlo Andreasi, Elisabetta Bacci, Giuliana Balbi, Anna Valeria Borsari, Roberta Cianciola, Pierpaolo Ciana, Florentia Corsani, Myriam del Bianco, Cecilia Donaggio, Federico Duse, Fabiola Faidiga, Lucia Flego, Daniela Frausin, Guillermo Giampietro, Lucia Krasovec Lucas, Cristina Lombardo, Elena Marchigiani, professore di progettazione urbanistica con Marina Bradicic, Eugenia Gotti, Elisa Longanes, Alice Martinelli studenti della facoltà di architettura dell’Università di Trieste, Daniela Michelli, Lucio Perini, Giuseppe Pedi, Massimo Premuda, Adriano Riosa, Alessandro Ruzzier, Sonia Squillaci, Erika Stocker, Paolo Toffolutti, Cristina Treppo, Giancarlo Venuto, Elisa Zurlo.
Paola Targa
 

 

SEGNALAZIONI - ENERGIA  - Rigassificatore a Veglia
 

Ho letto le dichiarazioni fatte dal sottosegretario Roberto Menia al riguardo del previsto rigassificatore che dovrebbe essere costruito sull’isola di Veglia in Croazia e, più precisamente, a Omisalj. A titolo personale e, convinto di interpretare il pensiero dei molti sostenitori alla contrarietà del progetto di Zaule, voglio elencare alcuni punti per evidenziare le enormi differenze che ci sono tra i due previsti rigassificatori:
1) A Omisalj e, più specificatamente nella baia, i fondali vicino alla riva partono dai 50 metri, al centro della baia 56 metri e subito fuori della baia andiamo dai 60 metri in poi; 2) nelle vicinanze del previsto impianto non ci sono abitazioni; 3) è risaputo che nel Quarnaro le correnti sono notevoli; 4) in caso di incidenti non ci sono intralci per le previste vie di fuga.
Il tutto facilmente verificabile con una semplice carta nautica dell’Istituto idrografico della Marina. Un’articolo a firma di Andrea Marsanich del 3 novembre 2009 tratta del suddetto impianto e, tra l’altro, scrive: «Per un mese lo studio d’impatto ambientale sarà sottoposto a pubblico dibattito», potrà essere preso in visione, le persone interessate potranno fare proposte, suggerimenti, eccetera.
Alla faccia della nostra democrazia!
Sergio Burlin

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 dicembre 2009

 

 

RIGASSIFICATORE, IO DUBITO - DOPO LE RISPOSTE DI MENIA - Dopo le risposte del governo si attendono quelle di Provincia e Regione
 

Occorre un garante neutrale - A MARGINE DELL’INTERVENTO DELL’ONOREVOLE MENIA

Ringrazio l’on Roberto Menia per le sue risposte ampie e rispettose. Anche se a mio giudizio incomplete e talvolta in burocratese, esse segnano una svolta. Iniziano un dibattito che non c'è mai stato. Tolgono il silenziatore attorno a un nodo-chiave dello sviluppo triestino. Insomma: ora cominciamo a parlarne sul serio.
È importante che le risposte siano arrivate dal governo. Non è Gas Natural il nostro interlocutore. Non sono le risposte dell’azienda che devono tranquillizzarci. Non s’è mai visto un oste che dica che il suo vino non è buono. Per fidarci della sua trattoria dobbiamo chiedere ad altri. A utenti che conoscano il prodotto e non siano amici del ”paròn”.
Per questo non vorrei che l'informazione sul rigassificatore si riducesse a un chiosco della Gas Natural aperto magari in Piazza Grande. Qui serve un garante neutrale capace di accogliere i dubbi già espressi dal polo scientifico triestino. Le risposte del governo sono un segnale. Ora aspettiamo una mossa simile anche dalla Regione e dalla Provincia, che fanno il pesce in barile.
Le domande fatte sono state definite ”scomode”, ma credo siano solo domande ”semplici”. Doverose. Andrebbero, anzi, semplificate ancora di più. La gente si chiede che ne sarà della qualità della vita. Pone questioni elementari ma validissime. Ne elenco alcune, nel nostro dialetto. Così come le ho sentite.
L'acqua sarà ancora neta? Quanto la se sfredissi? Magneremo ancora sardoni? E se ciapa fogo tuto? Cossa i ne dà in cambio? Perché i devi ciapar tuta quel'acqua in golfo e no al largo? Cossa nassi quando che quele barche alte come un grataciel le se meti in coda davanti a Punta Grossa? Cosa ghe entra i debiti de l'Acegas coi bori dela Gas Natural? Perché cussì vizin al centro?
Offrendomi gli sfilatini del mattino, il mio insonne panettiere-filosofo mi ha detto: «Dubitando, ad veritatem pervenimus». Giusto. Vorrei lo capissero anche i politici prima di dire sì o no. È nostro dovere dubitare, essere scettici. Solo esercitando questa facoltà insegnataci dai Greci antichi potremo avvicinarci a qualcosa di simile al vero.
Le garanzie di Menia sono importanti. E lo sono anche le sue ammissioni. Per esempio è arrivata conferma di alcuni nostri dubbi. La documentazione della Gas Natural non è formalmente appropriata. In triestino si direbbe ”futizada”. Mancano firme, intestazioni. Alcuni dati sono presi a caso. Non è mai stata fatta un'indagine sul posto. Il materiale è tutto cartaceo.
Gli stessi disegni del sito riprodotti dal Piccolo dalla relazione sull'effetto-domino (incidenti a catena in zona industriale o in città) sono ingannatori, mostrano un quadro agreste, come se attorno all'impianto non ci sia che campagna. Niente inceneritore, niente depositi costieri. Niente industrie.
Da un gigante come Gas Natural ci si aspetta altro. E ci si aspetta che il governo sorvegli, informando. Non è possibile, ripeto, che un tema così fondamentale sia lasciato alle ”ciacole”, ai comizi di questo e quello. O alla guerra, come è stato detto, tra i fautori del ”no se pol” e quelli del ”se devi”.
Ho sentito dire parecchie stupidaggini sul tema. Per esempio: «Finora non è mai saltato in aria un deposito». Anche le Torri Gemelle non erano mai state colpite da aerei prima dell'11 settembre. Però è successo. E il dovere di chi deve sorvegliare sulla nostra sicurezza è di tenere conto dei fattori di rischio fino ai limiti dell'inconcepibile.
Altra affermazione grossolana: il rigassificatore di Barcellona è altrettanto vicino al centro. Falso, sta al doppio della distanza e tra l'impianto e la città esiste una collina a far da schermo. E soprattutto è un impianto che con le nuove norme andrebbe spostato molto più in là.
Si dice che l'impianto triestino darà una spinta determinante alla ”catena del freddo”. Ma proprio a Barcellona la stessa Gas Natural ha dichiarato ai sindaci invitati a fare una gita sull'impianto, che - fatta salva la sicurezza - le applicazioni all'industria alimentare e alla catena del freddo sono problematiche. Sta tutto su Internet, basta digitare Barcellona, rigassificatore, freddo.
Nessuno dice che l'impianto di Boston, citato a modello, costringe l'aeroporto a chiudere una delle sue piste ogni volta che una nave scarica al terminal. Ci sarà pure un motivo. Quale? Rischio di incidenti. Quali saranno le ripercussioni sul traffico navale alla luce della legislazione internazionale?
Non possiamo e non dobbiamo essere leggeri su questo punto, se non vogliamo che la lotta per la sicurezza, di cui si parla ogni giorno, si riduca alle ronde e ai lucchetti anti-immigrati.
Ripeto, non sono contro il rigassificatore. Non sono un pubblico ministero. Esprimo solo dubbi legittimi, anzi indispensabili. Uno in particolare: ci è stato promesso qualcosa in cambio? Che cosa? È stato messo nero su bianco? C'è da fidarsi? Sappiamo che secondo la pagina economica del New York Times del 4 novembre la Gas Natural è in forte difficoltà?
I motivi per vederci chiaro sono molti, ed è allarmante che la politica non pensi a farsi interprete di queste domande. Trieste dormicchia distratta, di fronte a progetti immensi che devono, ripeto devono, fare i conti con la qualità della vita del territorio. Il tracciato del Corridoio cinque, per esempio. O la centrale a turbogas chiesta dalla Lucchini-Severstahl.
La questione rigassificatore non pone semplicemente un problema tecnico, ma una questione di democrazia. Il dovere dei cittadini di chiedere e il diritto delle istituzioni a informare in modo veritiero, sorvegliando che nessuno svenda distrattamente l'ambiente o la sicurezza, la cui tutela sacrosanta è dovuta al cittadino-elettore.
Paolo Rumiz
 

 

Rigassificatore, a Muggia confronto fra cittadini e sindaci sul ricorso al Tar
 

MUGGIA Un incontro pubblico per illustrare il ricorso presentato al Tar del Friuli Venezia Giulia per l'annullamento del decreto di compatibilità ambientale per il progetto del rigassificatore di Zaule. Questo il tema dell'incontro indetto dall'amministrazione comunale di Muggia per quest'oggi alle 17 in piazza Marconi. L'incontro, aperto alla cittadinanza, si terrà un'ora prima della riunione straordinaria prevista dal Consiglio comunale che analizzerà in aula il ricorso presentato contro il rigassificatore. Assieme al primo cittadino di Muggia Nerio Nesladek, che fungerà da relatore, saranno presenti anche il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin che ha sottoscritto un ricorso con le stesse motivazioni presentate dal Comune di Muggia nonché il primo cittadino di Capodistria Boris Popovic. In una nota rilasciata dal Comune di Muggia che ricalca un passaggio del ricorso presentato al Tar si ricorda che «l’ubicazione di detto impianto è la baia di Zaule all’interno del porto di Trieste e a ridosso della stessa città», che «le dimensioni dell’opera proposta sono notevoli» e che «il sito individuato per la collocazione dell’impianto di rigassificazione è caratterizzato da una situazione altamente inquinante». Il Comune di Muggia, già nel corso della procedura di valutazione di impatto ambientale, ha presentato delle proprie osservazioni, evidenziando «una situazione di sofferenza sotto i diversi profili dell’impatto paesaggistico, idrico, geologico, della qualità dei siti, della sicurezza, che l’opera in questione, in quanto tale, è in grado di provocare, nonché dell’idoneità degli studi di compatibilità ambientale che la società proponente aveva presentato».

(r.t.)
 

 

Liquami in mare a causa della pioggia - SVERSAMENTO LUNGO LE RIVE
 

Dalle Rive uno sversamento di liquami in golfo. È successo ieri mattina all’altezza della Capitaneria e molti passanti hanno pensato a un guasto del sistema dei collettori fognari.
In realtà il problema che si verifica quando c’è l’alta marea e precisamente causato dall’eccessiva quantità di acqua piovana caduta durante l’altra notte. Acqua che è finita nel sistema dei collettori fognari, ma che solo in parte è stata trattata dal depuratore. Da qui lo ”sversamento” tenuto sotto controllo dai tecnici dell’Acegas, ma che ha suscitato non poca apprensione da parte dei passanti.
(c.b.)

 

 

S. Dorligo, cinque le aree incluse nel Piano antenne - Il sindaco Premolin chiarisce: «Preferite zone di proprietà del Comune o delle Comunelle»
 

OK DEL CONSIGLIO COMUNALE
Il Comune di San Dorligo della Valle ha approvato il piano di settore per la localizzazione degli impianti fissi di telefonia mobile.
Il sì è arrivato durante la riunione del Consiglio comunale che ha votato compattamente (l'unica astensione è arrivata dal consigliere di maggioranza Rossana Pettirosso) l'approvazione del piano comunale. In base alla relazione stipulata dall'architetto Emilio Savonitto (occupatosi recentemente già di Duino Aurisina, Monrupino e Sgonico) sono state identificate cinque aree che in un futuro prossimo, se le compagnie telefoniche lo dovessero ritenere necessario, avrebbero i requisiti per ospitare altri impianti fissi di telefonia mobile. Le zone preferenziali sono state individuate in Sant'Antonio in Bosco (vicino la cava su terreno di proprietà della locale Comunella), San Giuseppe della Chiusa (vicino a Barde su terreno della Comunella), Domio (campo sportivo), Caresana (vicino al cimitero) e Dolina (vicino al cimitero). «Sono stati scelti dei luoghi che avessero sostanzialmente due requisiti fondamentali: essere posizionati lontano dai centri abitati e su proprietà appartenenti al Comune o alle Comunelle», ha spiegato il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin. Attualmente le antenne presenti sul territorio sono tre - come ha ricordato il vicesindaco Antonio Ghersinich - ossia a Pesek, in zona industriale e a Bagnoli. «Il piano comunale delle antenne era un passaggio necessario - ha aggiunto Ghersinich - nel quale sono stati messi sotto tutela ambienti pubblici come scuole ed asili, preferendo la possibile installazione di questi impianti lungo i percorsi dell'alta tensione».

(r.t.)
 

 

Circolo della Stampa Weber presidente - ELETTE LE NUOVE CARICHE
 

Roberto Weber, giornalista e scrittore, presidente dell’Swg, è il nuovo presidente del Circolo della Stampa di Trieste. A designarlo è stata l’Associazione della Stampa del Friuli Venezia Giulia, che ha anche indicato nel direttivo i giornalisti Roberto Carella, Carlo Giovanella, Fulvia Costantinides e Enrico Milic.
Sono stati eletti a rappresentanza dei soci nel Consiglio direttivo Marinella Chirico e Fabio Amodeo per i giornalisti professionali, Tito Favaretto e Rossana Paliaga per i giornalisti collaboratori e Nadia Bassanese e Antonio Paoletti per i soci non giornalisti. I soci del Circolo hanno inoltre eletto Fabio Bidussi, Arrigo Ricci e Laura Kraker nel Collegio dei Revisori dei conti, mentre Aleksander Rojc e Gianfranco Battisti sono stati eletti revisori supplenti. Il nuovo Consiglio direttivo - che resterà in carica per il prossimo triennio - a breve assegnerà le cariche sociali e deciderà le linee di attività.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 1 dicembre 2009

 

 

«Gnl, accuse mai archiviate» - GREENACTION SMENTISCE GAS NATURAL
 

L’accusa di falsa documentazione è stata chiarita davanti alla Procura, e poi archiviata perché falsa? L’affermazione di Gas Natural viene smentita in una nota dall’organizzazione ambientalista Greenaction Transnational, che si richiama agli atti giudiziari pubblicati sul sito greenaction-planet.org/. «Dagli atti - dichiara Greenaction - risultano aperte due inchieste penali, su segnalazione rispettivamente degli ambientalisti, inclusa Greenaction, e dei Comuni di Muggia e Dolina. La seconda indagine è in corso, mentre nella prima la Polizia giudiziaria (Guardia di finanza Sezione navale di Trieste) ha accertato le false documentazioni, proponendo il rinvio a giudizio dei responsabili. A quel punto - così gli ambientalisti - risulta dagli atti che la Procura di Trieste ha inviato parte del fascicolo istruttorio al ministero dell’Ambiente coinvolto e lo ha poi trasmesso per competenza alla Procura di Roma, che per archiviarlo non ha affatto dichiarato che l’accusa fosse falsa, ma che la materia fosse amministrativa e non penale. E a livello amministrativo sono stati ora presentati cinque ricorsi al Tar».
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 30 novembre 2009

 

 

Italia dei valori contro il Gnl: «Progetto approssimativo» - I DIPIETRISTI CHIEDONO CHIAREZZA
 

«Il progetto del rigassificatore di Zaule è lacunonoso e approssimativo». Lo sostengono gli esponenti dell’Italia dei Valori che, prendendo spunto dalle conclusioni del tavolo tecnico promosso dalla Uil Vigili del fuoco, chiedono ora alle istituzioni senso di responsabilità e maggior chiarezza sull’operazione gnl. «Le lacune della documentazione di Gas Natural denunciate in questi giornisperti - osserva il coordinatore regionale Paolo Bassi - sarebbero già emerse se il ministero dell’Ambiente avesse assolto con più attenzione ai propri compiti. Evidentemente c’è stato scarso interesse da parte della politica per la sicurezza della popolazione». «Finalmente è stata fatta luce sui documenti approssimativi, i dati falsi e le simulazioni inesatte fornite dal gruppo spagnolo - aggiunge il coordinatore provinciale dell’Idv Mario Marin -. Ora attendiamo risposte agli allarmi sollevati».
 

 

«Posti auto nei palazzi, ma restano i park interrati» - GLI INDIRIZZI DEL COMUNE PER IL CENTRO STORICO
 

Dipiazza: nessuna antitesi, avanti su due binari. Omero (Pd): prima il Piano traffico
Il Piano particolareggiato del centro storico, nella parte in cui espone un numero-limite di 120 palazzi di terza classe a ipotesi di svuotamento e trasformazione in posteggi multipiano, non sconfessa il Pup, cioè il Piano urbano dei parcheggi quasi tutti interrati da 18 strutture per oltre cinquemila posti approvato due anni fa. Semmai lo affianca. Perché in una città da «centomila auto e trentamila stalli, un gap folle, servirebbe di tutto di più», morde il problema Roberto Dipiazza. Il quale però insiste anche per puntualizzare quello che, a suo modo di vedere, «è un indirizzo di massima e nulla più. Non è che nel Piano particolareggiato del centro storico si sentenzia che ben 120 immobili diventeranno parcheggi, si parla di ”possibilità” che è diverso». Per il sindaco comunque i park interrati del Pup e quelli eventualmente ”inscatolati” del Piano del centro storico «non sono in antitesi», perché per agevolare la vivibilità della Trieste di domani ce ne vuole.
FILOSOFIA MISTA Per la realizzazione di nuove aree di sosta in cui nascondere le macchine, e consentire agli automobilisti di sgassare meno in cerca di un buco attutendo al contempo il malvezzo dei posteggi volanti in terza o quarta fila, si profila quindi una filosofia mista. Il Pup insomma resta la via maestra. Ma in una città compressa tra il livello del mare e il colle di San Giusto con torrenti sotterranei che dalle semiperiferie scendono verso le Rive - le difficoltà e i ritardi di alcuni progetti-pilota come ad esempio park San Giusto e Audace dipendono anche dalla necessità di approfondire le analisi geologiche - il Pup dovrà per forza convivere altri contenitori esterni.
NUMERI-LIMITE Questo è in sintesi l’orientamento dell’amministrazione cittadina che s’intuisce all’indomani dell’uscita dalle stanze del Municipio, per scelta del verde Alfredo Racovelli, del plico riservato a ciascun consigliere sul Piano particolareggiato del centro storico. Nel documento si legge che «le analisi condotte per il Pup hanno evidenziato un fabbisogno, nelle aree oggetto del Piano particolareggiato, stimabile attorno ai diecimila posti auto... L’esame ha portato a individuare circa 120 edifici per i quali viene contemplata la possibilità di una trasformazione del sistema interno, finalizzata alla creazione di un’autorimessa».
LE PERTINENZE Altro paragrafo meritano le conversioni di fori commerciali e privati a livello stradale: «Accanto alla possibilità di trasformazione di interi edifici in strutture per il parcamento, vi è poi la possibilità, limitata ai soli parcheggi pertinenziali, di realizzare i posti macchina in dotazione all’unità immobiliare». A patto che il sito del garage sia compatibile con i flussi di traffico e che l’edificio soggetto a modifica non ricada in classe 1, quella dei palazzi di pregio intoccabili. «È logico - così Dipiazza - che non ci sono gli stessi negozi di una volta, cambia il mondo, certi fori vanno riutilizzati per ridurre i veicoli in sosta all’esterno».
IN NODO-MOBILITÀ Concorda in parte, ma frena l’automatismo evocato nel documento, il capogruppo del Pd in Consiglio comunale Fabio Omero, secondo cui senza un Piano del traffico alla mano rischia d’esser tutta aria fritta. «Le indicazioni del Piano particolareggiato - rileva Omero - diventano fattibili, e non finiscono in antitesi con il Pup, nel momento in cui si sa con certezza che la realizzazione di un park in un edificio e soprattutto di un garage pertinenziale al piano terra non pregiudica mobilità e arredi urbani. Non si può pensare di fare un garage al posto di un negozio in una via destinata a pedonalizzazione. Sennò sarà, al massimo, zona a traffico limitato».
PIERO RAUBER

 

 

POSTI AUTO - La mappa dei 18 contenitori - IL DOCUMENTO APPROVATO NEL 2007
 

Il Piano urbano parcheggi, approvato a fine 2007 per dare risposta alla storica carenza di posti auto in città, prevede diciotto interventi. Tra questi i tre grandi contenitori sulle Rive: il posteggio da realizzare davanti alla Marittima (486 stalli), il multipiano sotto il piazzale dell’ex piscina Bianchi (200 posti macchina) e infine il park Audace, da costruire in Riva 3 novembre tra palazzo Carciotti e il teatro Verdi (710 parcheggi). Quest’ultimo ha ottenuto di recente il via libera ambientale dalla Regione e potrebbe quindi essere il primo intervento a decollare sulle Rive. Più difficile, invece, immaginare un rapido avvio dei lavori davanti alla Marittima: Saba Italia, che avrebbe dovuto realizzare l’opera, ha scelto infatti di accantonare quell’impegno e di concentrarsi sul raddoppio del park di Foro Ulpiano, a sua volta previsto dallo strumento urbanistico voluto dall’amministrazione Dipiazza.
Un’altra importante partita contemplata dal Piano comunale riguarda il park san Giusto: un multipiano (il più grande tra quelli ipotizzati in città) in grado di accogliere 724 posti. Un’opera che i residenti attendono da più di otto anni.
Nell’elenco figurano poi il parcheggio previsto davanti all’Università centrale (3 piani interrati in grado di accogliere fino a 500 auto), gli ulteriori 150 posti da ricavare al Giulia, il posteggio in via dei Moreri (344 stalli), in largo Roiano (181 posti macchina) e quello piazza Sant’Antonio (ipotizzati 361 box).
Tre le strutture immaginate tra San Vito e Cittavecchia: in largo Canal (91 posti), tra via Tigor e via Cereria (75 stalli suddivisi su tre pastini) e in largo Papa Giovanni XXIII (116 spazi). Per soddisfare la fame di posteggi dei residenti dei rioni meno centrali, poi, il Comune aveva previsto il parcheggio su quattro piani in largo Pestalozzi in grado di accogliere fino a 108 vetture, quello in largo Sonnino (84 stalli), piazza Foraggi (130) e il grande park in piazza delle Puglie (capacità complessiva 350 macchine).
Nella lista infine compare un’ultima opera, poi abbandonata nel tempo: il parcheggio da 250 posti in via del Teatro Romano che, però, non si farà più.
 

 

Largo Roiano, via ai lavori nel 2010 - Pronto il progetto definitivo. Altri 120 stalli previsti in via Tigor
 

Cantieri targati Riccesi in cambio della mancata struttura di Ponterosso
Nel mare magnum dei park disegnati sulla carta ce n’è uno che aprirà salvo imprevisti un cantiere verso la metà del 2010, essendo pronta l’ultima versione del relativo project financing. È la struttura sotterranea firmata Riccesi prevista a Largo Roiano, dove saranno ricavati 160 posti su tre livelli non a rotazione oraria, in quanto verranno destinati a sub-concessioni pluriennali ai residenti, con una parte residua eventualmente riservata al supermercato Coop Essepiù per la sosta dei suoi clienti. Sopra spariranno i 35 stalli blu attualmente gestiti dalla partecipata comunale Amt - vi rimarrà presumibilmente qualche posto in deroga solo per i veicoli dei diversamente abili - perché verrà realizzata una piazzetta di verde pubblico deputata ad ospitare il mercatino rionale.
Quello di Largo Roiano è il project numero uno, il più blindato, dei tre park sui quali la Riccesi e il Comune stanno trattando nell’ambito della novazione a compensazione della mancata realizzazione del megaposteggio da 750 stalli che la nota impresa di costruzioni avrebbe dovuto costruire sotto piazza Ponterosso, sulla scia di un piano voluto in epoca Illy ma cassato nel corso del primo mandato Dipiazza. Il secondo sito ”dovuto” come contropartita dal Municipio - che ne ha modificato la destinazione urbanistica ad hoc in sede di nuovo Piano regolatore ora in fase di vaglio delle osservazioni dei cittadini - è stato individuato in un altro rione dove c’è fame vera di posteggi, ovvero San Vito, tra via Tigor e via Cereria, dietro la palestra della Valle. Di stalli qui ne sono annunciati un po’ di meno, 120, ma sempre su tre livelli. «In questo caso il cantiere potrebbe essere avviato verso la fine dell’anno prossimo, dunque successivamente rispetto all’apertura dei lavori a Roiano», ha precisato di recente Donato Riccesi.
E la terza royalty? È ancora da giocare, ha fatto capire lo stesso Riccesi. Stralciata ufficialmente la zona adiacente al Teatro Romano - la cui struttura ipotizzata sarebbe stata troppo vicina al park San Giusto e soprattutto allo stesso Teatro, presentando problemi a livello di scavi, vista per l’appunto la presenza di reperti archeologici - resta a galla l’alternativa di piazzale Rosmini, tra la chiesa e il giardino. «Ma non abbiamo avuto ancora conferme dall’amministrazione comunale». In caso negativo? Si tornerà a parlare di soldi. E la Riccesi è pronta a chiedere al Comune una cifra vicina al milione di euro.
«L’avevamo già detto - ha chiuso in effetti Donato Riccesi - che se non ci veniva assegnata una terza area la soluzione sarebbe stata quella di un ristorno economico». E di quanto? «Il progetto di Ponterosso era stato quantificato in tre milioni e mezzo. Se ci viene data l’opportunità di realizzare due progetti su tre, è logico che la compensazione economica sarà nell’ordine di un terzo rispetto a quella cifra».

(pi. ra.)
 

 

SEGNALAZIONI - Rigassificatori e diportismo
 

Tralasciando tutti i gravosi e preoccupanti aspetti ambientali e di vivibilità che si trascina dietro la non augurabile installazione del rigassificatore all’imbocco del canale navigabile di Zaule, viene inspiegabilmente dimenticato da molti, da troppi, che il terminale di ragassificazione paralizzerebbe tutta l’attività diportistica da Muggia a Trieste. Infatti il porto di Trieste con il suo traffico commerciale e diportistico verrebbe assoggettato dall’ingombrante presenza del rigassificatore e da quella altrettanto pesante delle navi gasiere che due volte alla settimana arriverebbero per rifornire il terminale. Poiché le norme di sicurezza per la realizzazione dei ragassificatori stabiliscono che nessuno possa navigare nelle acque che circondano le gasiere in navigazione per un raggio di due miglia, la paralisi per il nostro diportismo è assicurata, quanto meno per due giorni alla settimana.
Stabilito però che le gasiere dovrebbero essere scortate da mezzi della Marina militare essendo appetibili bersagli per attentati terroristici, non è dato sapere per i comuni mortali, quando le stesse arrivano e quando partono.
Da ciò emerge ovvio che diventerebbe difficile se non impossibile, non solo uscire in barca liberamente, ma principalmente rispettare i calendari delle moltissime manifestazioni marinare di cui Trieste, Muggia, San Rocco e altri sono protagonisti.
Riflettano i responsabili delle varie federazioni sportive e i presidenti di tutti i circoli nautici.
Antonio Farinelli
 

 

SEGNALAZIONI - Rimuovere l’Ursus, brutto biglietto di visita
 

Mi chiedo come sia possibile che nessuno protesti per la presenza ingombrante e poco edificante di questa enorme gru galleggiante in mezzo al centro storico della nostra città.
L’Ursus infatti non serve a niente e a nessuno né tanto meno a questa fantomatica guardia costiera ausiliaria della quale non si capisce quali siano i compiti specifici e per quali interventi mantiene questa struttura brutta e deturpante in una posizione tanto inadeguata.
Non so se questa città ormai si abitua a tutto ma questa grù è come un pugno nell’occhio, la si vede da ogni angolazione: da tutte le Rive, dai tetti della case e anche dall’altipiano.
Bel biglietto di visita un pontone industriale vecchio e ruggine che non serve a nulla, messo in bella vista proprio di fronte a palazzi che richiamano lo stile di un’epoca passata.
A suo tempo ho letto che doveva essere ristrutturata per poi destinarla ad usi diversi o aprirla al pubblico, per cosa? per fare bungee jumping su piazza Unità? o ancora illuminarla per eventi sportivi o turistici stile albero di natale?
Non scherziamo, questa schifezza (con tutto il rispetto per il guinness che vanta) va rimossa dall’attuale posizione dove di industriale non c’è proprio niente o messa in disarmo dove il recupero del suo acciaio potrà servire a qualcosa che abbellisca la nostra città e non la rovini.
Paolo Liuzzi
 

 

SEGNALAZIONI - COLLEGAMENTI FERROVIARI - Dopo la «cortina di ferro» Trieste dovrà subire la «cortina di ferrovia»
 

Sono ben note le problematiche di carenza e di minacciata soppressione dei collegamenti ferroviari viaggiatori di Trieste e della regione con il resto del Paese e con Milano e Roma in particolare. Pare che, bene o male, grazie anche agli sforzi della nostra Regione, una soluzione si sia trovata per mantenere quello che c’è, pur non senza discutibili oneri aggiuntivi per la nostra collettività. Ciò che stupisce, e lascia fortemente perplessi, è che nessuno sembra aver nemmeno preso in considerazione il fatto che Trieste, e la regione, sono oggi, ed ormai da vari anni, quasi completamente privi di collegamenti ferroviari viaggiatori con i paesi confinanti, non solo per quanto riguarda i treni a lunga percorrenza (per Vienna, Budapest, Zagabria, ecc.) ma anche per i semplici collegamenti di tipo interregionale (ad es. per Villaco e Lubiana) a cavallo dei confini con Austria e Slovenia.
Oggi i tre valichi ferroviari della regione, Tarvisio, Gorizia e Villa Opicina, sono diventati un deserto, mentre le ferrovie austriache hanno di propria iniziativa attivato dei servizi pullman sostitutivi sulla relazione Venezia-Udine-Villaco che bypassano la più moderna, costosa e sottoutilizzata ferrovia che abbiamo in regione: la «Pontebbana». Nel contempo le ferrovie slovene hanno dovuto tenersi in casa i treni «Pendolino», acquistati in Italia per il collegamento Lubiana-Venezia che è stato soppresso (il treno «Casanova», che comunque già tagliava fuori Trieste e gli altri capoluoghi regionali).
Una situazione che è in stridente contrasto con la «Nuova Europa» e la caduta dei confini e che rappresenta un fatto estremamente negativo (e umiliante) per le nostre città, la nostra economia, il nostro turismo, la nostra cultura e la nostra tradizione geostorica di città e regione al centro dell’Europa. Con il sorgere dell’Euroregione e la collocazione della «capitale» a Trieste, si pensa di porre mano a questa problematica che ha del paradossale, o si vuol lasciare che si perpetui una grottesca «cortina di ferrovia» al posto della «cortina di ferro» di triste memoria?
Leando Steffè
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 29 novembre 2009

 

 

«Il rigassificatore di Zaule sarà un impianto sicuro Trieste avrà solo benefici» - INTERVENTO DELL’ON. MENIA - IL SOTTOSEGRETARIO RISPONDE A RUMIZ
 

«Al primo posto pongo la tutela della salute e dell’ambiente L’arrivo di 120 gasiere ogni anno non bloccherà il porto»
Gentile dottor Rumiz,
sul Piccolo, del quale lei è autorevole firma, cortesemente mi ha chiesto di sciogliere i suoi «italianissimi, anzi triestinissimi» dubbi.
Più che volentieri, latinamente le dirò che «dubitando ad veritatem pervenimus» e dunque entrambi facciamo cosa utile ad interrogarci e risponderci pubblicamente. E, nel risponderle, non posso che premettere che desidero scindere due aspetti: quello politico e quello istituzionale.
Sotto il primo profilo, ben prima che mi trovassi a ricoprire una carica di governo, ho sostenuto la bontà della scelta di realizzare un rigassificatore a Trieste per una pluralità di motivi: risposta ad un’esigenza energetica di carattere nazionale che ha ricadute positive sul territorio. Le ha bene indicate l’altroieri il sindaco dicendo che «in un’area inquinata da 50 anni, con la bonifica si ottengono tre vantaggi: indotto economico, catena del freddo, energia a buon prezzo».
Sotto il profilo istituzionale, invece, ho ben presente quale sia il compito del ministero che rappresento e cioè quello di garantire la sostenibilità ambientale e la salute pubblica: non ho dunque dubbi nell’affermare che queste esigenze siano comunque pregiudiziali e non negoziabili rispetto a qualunque altra di carattere economico o politico. Ed in questo senso, desidero sottolineare che il ministero, i suoi esperti e i suoi funzionari, svolgano il proprio ruolo con trasparenza, passione, competenza e non sono accettabili allusioni, che in altre sedi si sono fatte, su falsificazioni o sottovalutazioni.
Ciò premesso, inizierei dalla serie di questioni che a vario titolo si riferiscono al luogo scelto per la costruzione del rigassificatore e agli elementi connessi di rischio o pericolosità. Le scelte progettuali per un impianto di rigassificazione off shore o on shore sono dettate da diversi aspetti, ambientali, tecnologici, funzionali che vengono in tutta evidenza valutati dal proponente il progetto stesso: a noi spetta verificarne la congruità in sede politico amministrativa e la compatibilità ambientale per ciò che riguarda il mio ministero.
L’affermazione che il progetto «a terra» sia di «forma obsoleta» pare più una petizione di principio che non una affermazione basata sui fatti: Gas Natural possiede un know how consolidato sulla tecnologia degli impianti di rigassificazione, e comunque il decreto di Via richiede l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili.
E’ utile peraltro ricordare che tutte le amministrazioni del territorio avevano di fatto espresso comunque una chiusura piuttosto netta sull’ipotesi di un impianto in mezzo al golfo.
A proposito dei potenziali obiettivi sembrerebbe corretto parlare piuttosto di sorgenti di rischio: alcuni di essi, infatti, rientrano nell'ambito delle disposizioni della normativa Seveso (D.Lgs. 334/99 e s.m.). Gli impianti indicati sono stati oggetto di attente verifiche da parte degli organismi competenti e, in particolare, è opportuno precisare che la prefettura di Trieste ha già predisposto i cosiddetti Piani di emergenza esterni (Pee) per gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante ai sensi dell'art. 20 del citato decreto legislativo. Per quanto concerne l'inceneritore di Trieste, va precisato che questo non rientra nell'ambito di applicazione della normativa stessa.
La futura centrale a turbogas, all'epoca degli studi sui rischi indotti dal rigassificatore in progetto, non era ancora stata prevista.
Ovviamente, prima di ogni fase autorizzativa, anche preliminare, dell'impianto, gli organismi competenti provvederanno ad effettuare tutte le analisi di compatibilità previste dalle vigenti normative in materia. Gli stessi organismi hanno preso in considerazione tutti gli scenari di rischio ritenuti credibili e, per ognuno di essi, sono state previste le necessarie misure di gestione delle eventuali emergenze e di tutela della popolazione, con specifico coinvolgimento di tutti gli organismi preposti (vigili del fuoco, Arpa, 118, polizia, carabinieri, ecc.). Infine, per quanto concerne i rischi connessi alla safety (sicurezza connessa con i rischi industriali e ambientali), va detto che tutta l'area del comprensorio industriale, e specificatamente i siti soggetti alla normativa Seveso, adottano delle puntuali procedure di security (sicurezza connessa con i rischi legati agli atti terroristici/vandalici) finalizzate alla prevenzione di ogni tipologia di atto vandalico in generale e terroristico in particolare.
Altro punto sollevato si riferisce alla presunta non considerazione dell’«effetto domino»: in ordine allo stesso va premesso che, in relazione all'applicazione dei disposti dell'art. 12 del D.Lgs. 334/99, il Comitato tecnico regionale dei Vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia (Ctr), all'atto della validazione dei Rapporti di sicurezza di tutti gli stabilimenti rientranti nell'ambito di applicazione dell'art.8 del decreto, ha accertato la non sussistenza di rischi di effetti domino nell'ambito dell'area industriale del Comune di Trieste e dei comuni limitrofi.
In particolare, per ciò che riguarda il nullaosta di fattibilità, rilasciato in data 4 agosto 2005 dal ministero dell’Interno - Comitato tecnico regionale dei vigili del fuoco, in esso si esprime un parere favorevole condizionato con prescrizioni operative e si richiedono approfondimenti in sede di stesura del Rapporto definitivo di sicurezza, in particolare riguardo all’analisi relativa agli effetti domino conseguenti agli eventi incidentali considerati (interni ed esterni – navi metaniere) con analisi di impatto sia sulle altri parti dell’impianto che sul contesto territoriale.
Per rispondere con completezza alla domanda, voglio aggiungere che, se è ben vero che la cartografia allegata al progetto manca di dettaglio, non è vero che la Commissione Via «non si sia accorta di niente», bensì è prassi tecnica che le mappe allegate a progetti similari rappresentino la situazione analizzata sotto il profilo dei rischi correlati agli incidenti credibili alla scala più opportuna per la migliore comprensione; nello specifico, lo stabilimento «Seveso» più vicino è sicuramente la Dct SpA di Trieste che, in relazione agli eventi rappresentati, non viene coinvolta.
Dalla terra spostiamoci ora al mare e veniamo alle obiezioni che riguardano gli aspetti ad esso connessi.
Credo che, in proposito, più di ogni altro elemento valgano le prescrizioni imposte dal decreto di Via il cui giudizio favorevole di compatibilità ambientale prevede un sistema di monitoraggio e controllo come stabilito agli articoli 28 e 29 del Dl 152/2006. In particolare «prima dell’inizio dei lavori, con spese a carico del proponente ed in accordo con Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ed Arpa regionale per tempi e modalità di esecuzione, dovrà essere presentato un piano di monitoraggio, che preveda cinque stazioni di misura disposte su un transetto interno alla Baia di Muggia e cinque stazioni di misura su un transetto disposto nell’area di transizione tra la Baia di Muggia e il Golfo di Trieste; il monitoraggio dovrà essere aggiornato al riguardo dei parametri fisico, chimici, geochimici, biologici e degli organismi zooplantonici sia sulla colonna d’acqua che sui sedimenti. Tale piano dovrà essere messo in atto almeno un anno prima dell’inizio dei lavori e dovrà protrarsi durante la fase sia di cantiere che di esercizio.
I risultati dei monitoraggi dovranno essere trasmessi annualmente sulla base dei monitoraggi che definiscono il quadro conoscitivo ante operam di cui alla prescrizione precedente. Ispra ed Arpa regionale in accordo con il proponente dovranno definire valori di temperatura e cloro, in corrispondenza delle stazioni di misura sui due transetti, tali da rappresentare soglie di allarme per la conservazione della varietà biotica e per la perdita di biomassa fitoplanctonica. Prima dell’entrata in esercizio dovrà essere stipulato un Protocollo operativo tra Regione Fvg, Arpa, Ispra e il proponente, finalizzato alla definizione di procedure, tempi e modalità per la limitazione del processo di rigassificazione in caso di superamento dei valori soglia individuati.
E’ vero che vi sono anche inesattezze e imprecisioni nella documentazione prodotta da Gas Natural, ma la commissione che ha valutato il progetto le ha in tutta evidenza ritenute non in grado di determinare una bocciatura dello stesso. Posso convenire che sia poco logico richiedere mille bolli per una veranda a un privato, ma non è su banali questioni di forma che dobbiamo ragionare. Che la bora a Trieste non spiri a 36 km/h, ma piuttosto a 136 è pure fuor di dubbio, ma prendo in proposito in prestito quanto ha dichiarato il presidente dell’Autorità portuale, Claudio Boniciolli: «Le previste 120 gasiere portate al rigassificatore in un anno non sono niente, non interferiscono con i traffici, e la bora non ha mai fatto male a nessuna nave».
A proposito del porto e del traffico delle gasiere in particolare, l'eventualità di prevedere le zone di interdizione e di quantificarne l'estensione sarà sicuramente oggetto di analisi all'atto della già citata validazione del Rapporto di sicurezza relativo al rigassificatore da parte dell'autorità competente (Ctr).
Considerato che l'impianto di Porto Viro (Rovigo) è off shore mentre quello di Zaule sarà on shore, è evidente che le aree di interdizione non siano tra loro confrontabili. L'area di rispetto (non zone di interdizione) di 1,5 miglia marine del rigassificatore di Porto Viro è una conseguenza di valutazioni sulla probabilità di riconoscimento di un naviglio che si avvicina all'impianto; nulla a che fare con le norme di rispetto all'interno della zona portuale di Trieste dove sorgerà l'impianto di rigassificazione on shore.
A proposito della sicurezza del traffico marittimo fa fede invece quanto dichiara l’autorità preposta, ovvero la Capitaneria di Porto di Trieste, il cui parere, reso in data 15 novembre 2006, prevede che il posizionamento del terminale Gnl è compatibile con le misure di sicurezza per la navigazione in ambito portuale con le seguenti argomentazioni:
Le aree per gli ancoraggi delle navi di tipo gasiero (ricompresse nella definizione di navi cisterna) non coincidono con le direttrici di traffico in entrata/uscita per/da il porto di Trieste;
le modalità di effettuazione delle manovre di ingresso/uscita dal porto di Trieste, già in uso per le altre navi cisterna, sono applicabili anche alle metaniere, in quanto l’art. 6 dell’ordinanza n.08/06 vieta comunque la manovra delle altre navi ormeggiate nel vallone di Muggia quando vi siano movimentazioni di navi che trasportano prodotti liquidi infiammabili alla rinfusa;
non si riscontrano problematiche inerenti le navi da pesca in quanto l’attività di pesca non è consentita in ambito portuale;
anche in caso di ormeggio contemporaneo di navi cisterna al terminale Gnl e quello petrolifero, non viene preclusa la navigabilità per le navi destinate agli ormeggi del Canale industriale.
Il citato parere contiene inoltre l’indicazione di una prescrizione consistente nella dotazione del terminale Gnl di un apparato di videosorveglianza coadiuvato e coordinato al locale sistema Vts, quale sistema di controllo del traffico marittimo da attuarsi per rendere ancora più sicuro il traffico delle metaniere.
Non mi stupisce che su una zona di prevista reindustrializzazione vi siano più progetti concorrenti, che rispondono, come è evidente, agli interessi di chi li propone: lo Stato ha il compito di comporre gli interessi salvaguardando prima di tutto quello generale, nella logica di uno stato liberale e non socialista. Deve garantire il rispetto delle procedure, delle regole, della compatibilità e della funzionalità dei progetti proposti. Se a Trieste sorgerà un polo energetico in quella che oggi è solo un valle di lacrime, io personalmente ne sarei solo felice.
Che progetti energetici d’interesse nazionale possano collidere con altri di diversi stati è pure naturale. Ho sostenuto e sostengo che le obiezioni ambientali slovene nascondessero altri interessi che sono venuti allo scoperto con la dichiarazione della settimana scorsa del ministro dell'economia sloveno, Matej Lahovnik: «La Slovenia è molto interessata all'idea di coprodurre un rigassificatore sull'isola di Veglia, in Croazia, ma mantiene le sue obiezioni su di un identico impianto nel Golfo di Trieste».
A proposito del Corridoio 5, va precisato invece che proprio noi siamo stati i primi, pur volendo l'Alta velocità, a dire che quel tracciato è troppo impattante. La Regione ha chiesto a Ferrovie la revisione di quel tracciato chiedendo correzioni sull'impatto ambientale e sostenendo la necessità, proprio a difesa del porto di Trieste e degli interessi italiani, della previsione progettuale anche del collegamento diretto tra Trieste e Capodistria.
Infine, lei ritorna sull’abusato ritornello delle cose del passato e di chi se ne occupa. Fin qui abbiamo parlato invero solo di presente e di futuro, e potrei chiudere rispondendole, ancora latinamente, «historia magistra vitae», ma desidero invece porgere alla sua attenzione una bella pagina di Francesco Alberoni (Corriere della Sera, 12 febbraio 2001): «Sono le comunità nascenti, ricche di solidarietà, di speranza e di fede che vanno nel passato per lanciarsi verso il futuro. Quando invece un popolo, o un gruppo dirigente, o una classe intellettuale o dei pedagogisti rifiutano la storia, vuol dire che non si sentono più parte di una comunità in cammino. Vuol dire che hanno perso la speranza, lo slancio, l'ideale. Vuol dire che hanno perso il futuro, che sono morti».
Roberto Menia
 

 

Fiume, il Consiglio regionale approva il rigassificatore - Presa d’atto dello studio d’impatto ambientale, parere positivo per l’impianto da edificare a Veglia
 

Sì del Consiglio della Regione quarnerino–montana al rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), nell’Isola di Veglia ma a patto che risponda ai più rigorosi criteri di salvaguardia ambientale e permetta alla Contea e ai Comuni interessati d’incamerare fondi adeguati all’importanza del mega impianto. È quanto concluso dal parlamentino conteale, che ha preso in esame lo Studio d’impatto ambientale del Terminal Lng vegliota, approvandola con 27 voti a favore e uno astenuto.
I consiglieri hanno focalizzato le richieste soprattutto sull’aspetto dei tre serbatoi di metano liquido, che il progetto prevede siano alti ben 53 metri ciascuno, modificando in modo radicale il panorama di questa porzione di Veglia. È stato chiesto infatti che i contenitori siano interrati almeno in parte o che l’Adria Lng (il consorzio concessionario) provveda all’edificazione di quattro serbatoi di dimensioni minori. Ai consiglieri si è rivolta Veronika Tomas, a nome della ditta ”Ekonerg”, che ha preparato lo studio d’impatto ambientale del rigassificatore, attualmente sottoposto a pubblico dibattito. «Possiamo affermare senza timore di smentita – ha detto la Tomas – che le conseguenze del terminal metanifero saranno minime per il mare e i suoi microrganismi e circoscritte all’ambito locale. I rischi per l’habitat saranno minimi, come pure le possibilità di un incidente con fuoriuscita di gas. Stiamo valutando pure la possibilità che un terzo dei serbatoi, quello inferiore, sia verniciato di colore verde, per un migliore adattamento all’ambiente».
«È stato inoltre stimato - ha continuato - che le aziende croate potrebbero intascare sui 300 milioni di euro per i lavori di costruzione mentre circa 30 andrebbero annualmente alle imprese quarnerino–montane per manutenzione e trasporti marittimi». A prendere quindi la parola è stato Bernard Luka Baraka, esponente dell’Adria Lng: ha dichiarato che il traguardo del consorzio è mettere in funzione un rigassificatore concorrenziale e che risponda a tutti i criteri legati alla sicurezza. «Vogliamo che l’impianto sia attivo almeno 30 anni – ha affermato Luka Baraka –: il rigassificatore sarà un affare da 800 milioni di euro, esclusi i costi per l’edificazione del gasdotto. I lavori dovrebbero cominciare nel 2011 e concludersi tre anni dopo, con il terminal che dovrebbe movimentare annualmente sui 15 miliardi di metri cubi di metano». Nel corso del dibattito è stato rilevato che le aziende croate dovrebbero essere incluse nel Consorzio Adria Lng nella misura minima del 25%, evitando così che la Croazia diventi una pura e semplice ”autostrada del gas”, senza ricavi degni di tal nome. Nel contesto, è stato evidenziato che la municipalità di Castelmuschio dovrebbe realizzare ogni anno entrate grazie al rigassificatore per circa 14 milioni di kune (un milione e 915mila euro), somma fissata a 7 milioni di kune (960mila euro) per l’amministrazione regionale. «Ricavi simbolici» ha commentato il consigliere socialdemocratico Georg Zezelic.
(a.m.)

 

 

«Bonifiche, i due terzi a carico degli imprenditori» - Assindustria: pazzesche le cifre chieste ai privati per il danno ambientale. Menia: follia non firmare
 

PALAZZO RALLI BOCCIA LA BOZZA DI ACCORDO: «INVESTIMENTI PENALIZZATI»
«Se quest’accordo va in porto le 200 aziende grandi e piccole comprese nel perimetro del Sin si troveranno a dover pagare complessivamente oltre 263 milioni di euro senza avere perlopiù colpa alcuna dell’inquinamento dell’area».
CIFRA ENORME Non piace agli imprenditori nemmeno l’ultima bozza dell’accordo di programma sulle bonifiche. Proprio mentre il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia ieri ha affermato che conta «di ricevere nella settimana entrante l’assenso definitivo della Regione raccolto il parere delle amministrazioni locali per arrivare finalmente alla firma», Assindustria con il presidente Sergio Razeto e il vice Vittorio Pedicchio è scesa ieri pesantemente in campo con l’obiettivo di modificare ancora in extremis il testo per cambiare la sostanza dell’accordo. «Il Ministero dell’Ambiente - ha affermato Razeto - ha previsto di ottenere 236 milioni e 300 mila euro dalle transazioni con le aziende che hanno sede all’interno del perimetro del Sin (anche se non colpevoli di inquinamento) sui complessivi 350 milioni e 300 mila euro stimati come costo totale del danno ambientale: la parte pubblica dunque interverrà a coprire solo un terzo del fabbisogno complessivo».
DANNO AMBIENTALE Ma questi non sono i soldi per la bonifica dell’area, ma quelli appunto che dovranno risarcire il danno ambientale. «La nuova bozza dell’accordo - spiega l’assessore comunale allo sviluppo economico Paolo Rovis - prevede che chi non ha inquinato e si è insediato in epoca precedente alla perimetrazione del Sin non pagherà per la bonifica». «È un testo più favorevole alle imprese rispetto a quello precedente - controbatte Menia - e recepisce anche altre indicazioni delle amministrazioni locali. Quando lo abbiamo discusso il presidente uscente dell’Assindustria Antonini se n’era andato felice, non capisco ora questo irrigidimento. Sul danno ambientale vanno rispettate le leggi nazionali, i regolamenti e tenuta una linea univoca rispetto a quanto applicato in altri siti inquinati in Italia. Deve pagare chi è definito ”custode dell’area”. È come quando arrivano i pompieri per spegnere un incendio a casa tua. Poi devi pagare i danni che l’acqua fa nei piani sottostanti. E comunque le cifre fatte sono ancora indicative. Non firmare quest’ultimo testo però - conclude il sottosegretario - sarebbe pura follia».
ACCORDO DA FARE Sotto l’accordo sono previste le firme di Ministero, Regione, Provincia, Comune di Trieste, Comune di Muggia, Autorità portuale e Camera di commercio, non quella di Assindustria che però ora è fermamente intenzionata a far sentire tutto il proprio peso. «Qui si tratta di cifre astronomiche che ricadranno sulle aziende - ammonisce Pedicchio - non solo verranno penalizzati i possibili futuri investimenti, ma ci saranno pesanti ricadute sull’occupazione. Chi poi se ne farà carico? Noi chiediamo che vengano fatte tutte le caratterizzazioni, che le aree non inquinate siano restituite agli usi legittimi e che paghi solo chi ha effettivamente inquinato.»
CASO EMBLEMATICO Assindustria porta il caso concreto di un imprenditore che il 24 novembre è stato al Ministero dell’Ambiente a Roma per farsi fare un preventivo di quanto gli costerebbe la transazione in base alla nuova bozza d’accordo. Si tratta di un’azienda che ha un’area di proprietà di 130 mila metri quadrati, che si è insediata tra il 2001 e il 2002 e che non ha alcuna responsabilità dell’inquinamento. All’azienda sono stati addebitati 468 mila euro (3,6 euro al metro quadrato) come quota del danno indistintamente quantificato per tutte le imprese nel perimetro del Sin; 1 milione 717 mila euro (13,2 euro al metro quadrato) quale azienda classificata dal ministero ”a medio impatto inquinante”, un milione 560 mila euro (12 euro a metro quadrato) quale onere di compartecipazione alla realizzazione del barrieramento della falda.
Il costo totale della transazione per quest’azienda è dunque pari a 3 milioni 775 mila euro, somma che secondo quanto prevede l’accordo potrà essere comunque corrisposta in dieci anni e senza interessi. A questo onere va aggiunta la spesa già sostenuta dall’azienda, per l’esattezza 490 mila euro, per la caratterizzazione e una prima messa in sicurezza. E non comprende nemmeno la spesa per la bonifica vera e propria che però appunto in base all’ultima bozza, l’azienda non dovrà sostenere se potrà dimostrare di non aver inquinato.
AZIENDE PENALIZZATE Assindustria ha rilanciato ieri l’intenzione di riaprire il dialogo con le istituzioni preposte a firmare l’accordo di programma. «Riteniamo opportuno entrare nel dibattito con positività e trasparenza - ha concluso il presidente Razeto - sottolineando ancora una volta il nostro ruolo a sostegno delle imprese incolpevoli dell’inquinamento sebbene colpevoli, se questa è una colpa, di avere sede all’interno del perimetro del Sin. L’Associazione industriali da sempre chiede di arrivare a una soluzione che eviti di penalizzare quelle imprese che non sono responsabili dell’inquinamento, in una fase congiunturale già così critica per la loro attività produttiva e commerciale».

SILVIO MARANZANA

 

 

Centro storico, 120 edifici destinati a posteggi - Intervento previsto in otto immobili ogni cento. Nuove costruzioni in area Crosada
 

Secretazione di piani urbanistici addio, capitolo secondo. Il consigliere dei Verdi Alfredo Racovelli che mesi fa ha diffuso i contenuti del Piano regolatore ieri ha fatto la stessa cosa con l’appena ricevuto «Piano regolatore particolareggiato comunale di iniziativa pubblica del centro storico».
È una forma di contestazione ai «segreti» comunali, ma anche, in questo momento politicamente teso e poco chiaro dalle parti di piazza Unità, un gesto «contro decisioni assunte senza condivisione della città, che diventano mezzi di contrattazione, molto interni a una politica che vuol tutto succhiare come un vampiro» accusa Racovelli, prossimo presidente della Commissione trasparenza.
Racovelli depreca le liti innescate da Udc e Lega che assieme alla situazione di risicata maggioranza «rischiano - dice - di trasformare anche i documenti urbanistici in interesse di parte».
Detto ciò, ecco il fascicolo, firmato «fino al 2006» da un coordinatore dei progettisti, l’architetto Marina Cassin, e «dal 2007» dall’architetto Ave Furlan dirigente del Comune e già responsabile tecnico del Piano regolatore. Si vede la lunga gestazione del documento, che infatti suggerisce «due nuovi contenitori culturali» in centro città, uno dei quali è la già attiva (più o meno) ex Pescheria.
Il lavoro è pregevole, agli occhi del consigliere d’opposizione ma anche a quelli del lettore interessato, per il gran lavoro di minuziosa analisi di tutta l’area dei borghi antichi, della parte medioevale, della città «murata». All’interno del perimento del Centro storico (che resta vincolato alle norme del «piano colore» e a ben precise tipologie di serramenti e tetti) sono stati censiti e schedati 1600 edifici «producendo - afferma il testo - un atlante di valore documentale e scientifico di particolare significato».
Esaminando i valori storici, paesaggistici e di verde urbano, il Piano indica soprattutto la necessità di parcheggi e riprende alcune già calpestate ipotesi: propone di trasformare in parcheggio ben 120 edifici del centro, pari all’8% di tutto l’edificato. Ovviamente non toccando quelli classificati come di intoccabile pregio. Il fabbisogno di posti macchina è calcolato in 10 mila, esclusi i parcheggi di strada. Viene consentito inoltre di trasformare in autorimessa i fori su strada, pur con qualche criterio.
Per il consigliere dei Verdi si tratta di una trasformazione del centro in «case per ricchi e deposito di automobili». I progettisti notano però che pur cambiando nel tempo il cuore della città non ha patito fenomeni di spopolamento ed è tuttora vivo e vegeto, anche per attività. Tra le quali si suggerisce di incrementare attività economiche e sociali, alberghi a poche stelle, attività turistiche, accessibilità, intervenendo sulle «zone marginalizzate» (tra cui l’area di Campo Marzio).
Altra novità è nella parte medioevale. Su Crosada si propone la costruzione di edifici nuovi, in parte di ripristino di case crollate prima o durante la riqualificazione Urban. Suggerito altresì il vincolo non solo per il Canal Grande, ma anche per le vie e case che lo costeggiano. Più genericamente il Comune è invitato a curare lo «spazio pubblico» e a ripristinare alcune visuali che costituiscono la bellezza specifica dell’area.
Come dovrebbe agire il Comune? Col piano triennale delle opere, quello 2009-2011, già approvato il 18 febbraio 2009. La cifra totale della lista degli interventi (quasi tutti già noti, ma non sono citati i 120 palazzi da rendere parcheggio) ammonta a circa 41 milioni di euro. Il costo più alto è per palazzo Biserini (biblioteca civica), 9 milioni, il più basso per il consolidamento dei piloni di piazza Unità, 60 mila euro.
GABRIELLA ZIANI

 

 

Baia di Sistiana preclusa ai pedoni, è polemica - IL VERDE ROZZA SOLLECITA L’APERTURA DI TUTTI GLI ACCESSI ALLA BATTIGIA
 

Il sindaco: si arriva lo stesso con le scalette, portoni chiusi per motivi di sicurezza
DUINO AURISINA Si ripristini al più presto il libero transito dei pedoni su tutta la baia di Sistiana. E’ quanto “caldeggia”, per ricorrere a un eufemismo, il consigliere comunale di opposizione Maurizio Rozza (Verdi). Che sul tema, appoggiato nell'istanza da tutto il centrosinistra, venerdì ha depositato una mozione urgente in municipio. Il documento denuncia la graduale chiusura della baia al passaggio pedonale, rilevando in particolare che «l’area portuale in direzione della Caravella è stata totalmente recintata e chiusa, impedendo il libero transito delle persone in direzione delle Falesie di Duino». Un punto che però il sindaco Giorgio Ret smentisce, assicurando che i cittadini vi possono accedere attraverso delle scalette, passando davanti alla sede della Pietas Julia. Rozza reputa l’attuale situazione «particolarmente preoccupante», in quanto «impedisce altresì l’uscita dall’area di eventuali persone che si trovassero nella necessità di prendere terra in quella frazione del porto per avarie a imbarcazioni o natanti oppure per un malore». Già durante l’ultimo consiglio comunale l’esponente dei Verdi aveva segnalato la criticità: «Forse ci si dimentica – aveva detto – che quell’area è pur sempre un arco portuale e che le persone devono avere liberamente accesso alla linea della battigia, cosa evidentemente preclusa con i cancelli serrati. Il sindaco deve intervenire immediatamente per ripristinare il varco e quindi il libero accesso di tutti i cittadini». E ciò in virtù del fatto che «la baia di Sistiana assolve, oltre a un ruolo turistico, un’evidente funzione sociale e ricreativa per la comunità di Duino Aurisina», essendo «l’unica area marittima facilmente accessibile agli abitanti anche con ridotte capacità motorie». La zona costiera in direzione della Costa dei Barbari è stata infatti interdetta al libero transito dei pedoni per motivi di sicurezza. La mozione trova l’appoggio compatto di tutto il centrosinistra consiliare e, naturalmente, del capogruppo Massimo Veronese. «Siamo tutti concordi con Rozza – spiega il consigliere di opposizione Walter Ulcigrai –: è vero che le persone raggiungono lo stesso la spiaggia ma lo fanno mettendo i piedi, con non pochi rischi, su delle pietre precariamente sistemate a mo’ di passaggio. Sarebbe bene perlomeno posizionare un camminamento temporaneo per evitare che qualcuno si faccia male». Il sindaco, investito della questione, ha preso contatto nei giorni scorsi con i concessionari e dunque replica così: «Il cancello viene chiuso ogni anno a fine stagione a tutela del fatto che non vi possano essere danneggiamenti o furti nella proprietà privata. I titolari, comunque, sono tranquillamente disposti ad aprilo, purché qualcuno, a quel punto, se ne assuma la responsabilità in caso di incidenti a cose o a persone. Le persone approdano ugualmente alla spiaggia e pure domenica scorsa si è registrato un notevole afflusso di visitatori. Se il consiglio comunale, per consentire l’apertura dei cancelli, intende prendersi la responsabilità di assumere le spese di vigilanza o guardianaggio allora procederemo in tal senso, ma la Corte dei conti come potrebbe esprimersi nei confronti di una tale scelta? ».
TIZIANA CARPINELLI

 

 

«Costiera, l’acqua è un pericolo» - Mancano impianti di raccolta: area instabile geologicamente - RET SCRIVE A STRADE FVG
 

DUINO AURISINA Ha preso carta e penna e ha buttato giù una missiva che non ammette repliche, intimando a Strade Fvg di realizzare al più presto sulla Statale 14, la Costiera, un adeguato sistema di raccolta delle acque meteoriche. Anche all’assenza di impianti, infatti, si imputa la situazione di diffusa instabilità geostatica riscontrata nell’ambito A32 di Marina di Aurisina, lembo di territorio che si estende per 1200 metri sulla costa, dalle Ginestre fino a Canovella de’ Zoppoli. Letta l’esaustiva relazione geologica, geotecnica e geostatica elaborata dal geologo Bruno Grego, il sindaco Giorgio Ret si è dunque deciso a correre ai ripari, chiedendo quegli interventi che mai sono stati operati prima per mettere in sicurezza il territorio. Infatti, il geologo incaricato dal Comune ha evidenziato nell’ambito A 32 diversi gradi di pericolosità, altresì tracciando le azioni da compiere per un ripristino ambientale. La diffusa instabilità geostatica è dettata da una molteplicità di fattori, tra cui l’accertata mobilità del detrito di falda che costituisce gran parte dei terreni, l’assenza di manutenzione delle opere di terrazzamento per contrastare il dissesto idrogeologico e la pendenza dei versanti. Ma anche, come si legge a pagina 9 della redazione, «per l’assenza di un sistema di raccolta delle acque meteoriche, allo stato lasciate libere di scorrere in forma ruscellante lungo la principale arteria viaria interna all’ambito». E ancora: «In effetti – così Grego - gli effetti della mancata raccolta preventiva delle acque meteoriche, in parte provenienti dal tratto di strada sovrastante, risultano con evidenza segnalati nel tratto di strada che collega i due nuclei abitati di Marina di Aurisina, risultando questa parte di territorio, non a caso, tra quelle ove il dissesto idrogeologico è massimamente attivo con il suo carico distruttivo». Forte di queste considerazioni Ret ha subito sollecitato Strade Fvg a intervenire: «Ho chiesto che venissero cantierate le opere per la posa di impianti di reflusso delle acque piovane: al momento non ho ancora ricevuto risposta, ma se sarà necessario contatterò l’assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi per ottenere sostegno». Sul piede di guerra l’opposizione, che ha preso parte venerdì alla commissione durante la quale il geologo Grego ha esposto la relazione: «La Costiera – così Maurizio Rozza (Verdi) – è del tutto priva di sistemi di raccolta delle acque reflue: l’auspicio è che vengano al più presto adottati gli impianti a vasca utilizzati in Francia, ove attraverso un disoleatore si spara l’acqua dagli oli abbandonati dalle auto, reimpiegandola per l’agricoltura. Imprescindibile, poi, la reintroduzione dei pastini per arginare l’ulteriore erosione e frana dei terreni».

(t.c.)
 

 

SEGNALAZIONI - ACQUA - No alla privatizzazione
 

Nel prossimo futuro tra i tanti problemi di caro prezzi avremo uno in più, il caro acqua dovuto alla sua privatizzazione recente, le conseguenze future saranno le conseguenze passate di chi le ha già provate sulla sua pelle come: Francia, Regno Unito, America Latina con tanto di rivolte popolari.
Non credo, vista la mia indole, che andrò a lanciare bombe in una rivolta per manifestare il mio disagio sull’acqua potabile venduta troppo cara e un servizio di erogazione di pessima qualità di conseguenza per accettare il rigassificatore nella mia vita quotidiana propongo di trattare. Il mio consenso in cambio di garanzie che l’acqua marina di scarto dal rigassificatore venga come negli Stati Uniti trasformata in una buona economica acqua potabile.
Il mio consenso se l’attuale depuratore di acque fognarie obsoleto venga cambiato con uno moderno atto a depurare le acque nere di una tale qualità da poter essere riutilizzate per l’agricoltura e industria. Il mio consenso se le acque calde di scarto dalla Ferriera per esempio, vengano anziché sprecate nell’ambiente, utilizzate per il teleriscaldamento potendo utilizzare l’esperienza maturata dal comune di Brescia. Il mio consenso per saper quanto andrò a risparmiare sulla bolletta del gas spiegato in maniera cristallina. Segnalo che mettendo in atto quanto summenzionato ci sarebbero minimo 1000 nuovi posti di lavoro.
Maurizio Iacobucci
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 28 novembre 2009

 

 

«Rigassificatore, per noi la sicurezza è una priorità» - Gas natural: «Studi falsati? Accuse già archiviate dalla Procura. Dubbi chiariti davanti alle autorità»
 

La società sulle prescrizioni dettate da Roma: «Chiariremo tutti i punti in fase di completamento della documentazione necessaria per l’ok finale»
Il progetto del rigassificatore sarà completato, migliorato, adeguato a tutte le normative europee e italiane in una fase successiva a questa. Un piano di emergenza per la sicurezza sarà «ovviamente» messo a punto e scritto «in ultimo sulla base della dettagliata progettazione finale, prima dell’avvio dell’installazione, cosa obbligatoria per ottenere i permessi». Tutti gli scenari di rischio sono stati valutati, al fine di evitarli: «La prevenzione è il primo passo per la sicurezza». Documenti imprecisi? «Sono le accuse di alcuni ambientalisti, già archiviate dalla Procura, siamo un leader mondiale nel mercato del Gnl, vogliamo portare tutto il nostro ”know how” e la nostra esperienza per creare a Trieste il miglior progetto per la città e i suoi cittadini e per il settore energetico italiano».
Dopo le pesanti e circostanziate parole di allarme sull’impianto che Gas natural sta per impiantare a Zaule espresse l’altro giorno dal gruppo tecnico di lavoro formato da docenti universitari italiani e sloveni l’impresa spagnola è stata interpellata per una risposta a così pesanti quesiti. C’è un piano di sicurezza? Si può spostare il rigassificatore? Quando saranno inviate al ministero le risposte alle prescrizioni date? Perché si è scelto un sito così vicino a tante industrie a rischio in caso d’incidente?
A stretto giro di posta elettronica Gas natural ha risposto ieri a tutti i quesiti, tranne a uno. Perché non è stata organizzata una confacente informazione ai cittadini? «Vorremmo chiederlo a chi lo sa - in questo caso risponde la società spagnola -, non l’abbiamo mai capito». Forse tuttavia è una esplicita frase di dubbio e riflessione interna, l’unica peraltro rimasta solo in spagnolo senza traduzione in inglese, in un testo che a ogni quesito risponde con orgoglio, certezze, rassicurazioni e promesse.
Gas natural nello specifico afferma di non poter controbattere punto su punto alle osservazioni dei docenti triestini, perché non in possesso dei testi originali di contestazione. Osserva tuttavia che i loro argomenti sono quelli ricorrenti, «e sono stati chiariti tempo fa davanti alle maggiori autorità. Si può davvero credere - scrive Gas natural ricordando che da 40 anni sue installazioni sono attive nei paesi più sviluppati, e che altre sono in costruzione negli Usa, in Francia, in Olanda - che queste autorità potrebbero ignorare gli errori macroscopici di cui ci accusano questi docenti? L’accusa di falsa documentazione imputataci da alcuni ambientalisti è stata completamente chiarita davanti alla Procura, e infine archiviata perché totalmente falsa».
Inoltre si ribadisce che Gas Natural aprirà una sede a Trieste e uno degli obiettivi principali di questa presenza «sarà trovare i mezzi più efficaci per comunicare il progetto alla popolazione, alle istituzioni, e per informare su tutti i passi dell’intero procedimento».
Quanto alla dislocazione dell’impianto, così contestata, la società spiega: «La selezione dei siti si basa su differenti aspetti: sicurezza, disponibilità di infrastrutture, capacità del porto di trattare navi grandi, disponibilità di personale qualificato per la costruzione e l’operatività del terminal di rigassificazione, vicinanza ai consumatori finali nella rete italiana del gas, e ragioni economiche in termini di sviluppo locale considerando sia la costruzione in loco, sia la competitività in termini di apertura del mercato italiano del gas a nuovi e competitivi operatori».
Infine: le risposte alle prescrizioni del ministero dell’Ambiente saranno inviate via via che si completa la documentazione necessaria per l’autorizzazione finale. «E saranno - dice l’impresa - la garanzia che il progetto quando diventa operativo soddisferà tutte le esigenze ambientali, tecniche e della sicurezza per il bene della popolazione, e del proprio impianto».
Sui timori per la sicurezza, gli spagnoli sembrano seccati dai dubbi triestini: «Si prenda nota - scrivono - che per una compagnia come Gas natural, che gode di reputazione internazionale, che ha trasportato, distribuito e creato installazioni di gas per oltre 100 anni la sicurezza è una priorità. Parliamo seriamente - ammoniscono - di cose serie. Un centinaio di differenti misure di sicurezza sono installate nel disegno di ogni singolo sistema nel terminal per prevenire incidenti».
GABRIELLA ZIANI

 

 

Razeto: «Siamo distanti dal progetto definitivo» - Il presidente di Assindustria: «L’impianto va fatto con tutti i crismi e i sistemi più moderni»
 

«Un impianto come il rigassificatore deve avere tutti i controlli possibili e immaginabili per la sicurezza. Se i docenti triestini che criticano l’attuale progetto dicono che per fare si deve far bene, sono completamente d’accordo, senza garanzie di sicurezza non ha nemmeno senso andare avanti, il rigassificatore va fatto con tutti i crismi e i sistemi più moderni». Lo afferma il presidente di Assindustria, Sergio Razeto, che aggiunge: «Casa mia è a un tiro di schioppo, non voglio finire io per primo in una nube di gas...».
Razeto tuttavia è molto dubbioso sulle dure critiche del gruppo di docenti, che non ha tuttavia potuto approfondire per motivi d’intenso lavoro: «Credo - afferma - che siamo in una fase molto distante da un progetto vero, manca uno studio di fattibilità, e ritengo che Gas natural abbia predisposto una prima analisi di superficie, che sempre si fa per vedere se ci sono le condizioni per realizzare un impianto industriale e metterci i quattrini, credo che l’attuale documentazione passerà dallo studio approssimativo a un progetto certo».
Ieri tuttavia, sulla scorta delle argomentazioni del gruppo tecnico, il consigliere regionale del Pd, Igor Gabrovec, ha chiesto a Tondo di «bloccare immediatamente l’iter di approvazione del rigassificatore». Motivo: pericoli e documentazione con «macroscopici errori», la cui sottovalutazione viene imputata anche all’assessore all’Ambiente, Elio De Anna. Il quale dà invece dell’intera vicenda una inedita versione: «Gas natural non ha ottenuto parere positivo alla Valutazione d’impatto ambientale (Via), ma solo un parere di conformità limitato agli impianti sottomarini. Manca ancora - dice l’assessore - pari procedura anche per il tubo di collegamento tra la nave gasiera e i depositi a terra. Non è cambiato niente, a oggi, da quando la giunta Illy disse che non poteva esprimersi perché non erano chiariti rischi e sicurezza. Se il ministero dell’Ambiente riavvierà le procedure di Via - prosegue De Anna - solo allora la giunta Tondo acquisirà tutti i pareri da portare a quel tavolo: sentirà i Comuni di Trieste, San Dorligo e Muggia, esperti, altri, costruirà insomma un suo parere motivato. Avere poi la Via - conclude - non significa un’automatica autorizzazione, che può ancora essere negata».
Per l’assessore alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi, tutto è molto chiaro invece: «Se c’è già la Via, data dal ministero che è organo dello Stato e quindi della Repubblica italiana, chi crede nella Repubblica deve credere anche a un suo parere, più che ai comitati. Il rigassificatore è strategico per l’economia regionale, ha l’assenso degli enti locali anche triestini, e abbasserà il costo delle bollette». Altrettanto ferme le considerazioni del presidente dell’Autorità portuale, Claudio Boniciolli: «Le previste 120 gasiere portate al rigassificatore in un anno non sono niente, non interferiscono coi suoi traffici, e la bora non ha mai fatto male a nessuna nave».
Il sindaco Roberto Dipiazza: «Ecco puntuale il partito del ”no se pol”. È un’area inquinata da 50 anni, e con la bonifica si ottengono tre vantaggi: indotto economico, catena del freddo, energia a buon prezzo. Se scoppia la centrale nucleare di Krsko diventiamo come Pompei, ma se scoppia il rigassificatore c’è solo un botto».

(g. z.)
 

 

RIGASSIFICATORE - DUBBI ”TRIESTINI” SULL’IMPIANTO - A MENIA 11 DOMANDE SCOMODE
 

Abbiamo chiesto a Paolo Rumiz di porre al sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia le domande più dirette e scomode sul progetto del rigassificatore di Zaule. Domani le risposte di Menia.
Gentile sottosegretario onorevole Roberto Menia, vorrei capire meglio da lei cos'è questo rigassificatore di Trieste. Essendo lei un sostenitore del progetto, le chiedo di spiegarmelo. Non mi importa niente delle obiezioni slovene, che del resto lei considera un’interferenza negli affari di casa. Qui le porrò dubbi italianissimi. Anzi, triestini.
Ho posto alcune di queste domande all'azienda spagnola Gas Natural che si prepara a costruire l'impianto, ma in questo delicato momento, con la città scarsamente informata, ritengo debba essere lei a rispondere, in quanto viceministro all'Ambiente, quindi direttamente coinvolto, e in quanto figlio di questa città. Un'azienda fa i suoi interessi. Lei invece si occupa dei nostri. Quindi anche dei miei e di quelli dei miei figli.
Premetto ancora: lei non è un politico che ha preso l'incarico istituzionale come una sine-cura. L'on. Menia è uno che lavora, dicono a Roma, e ci credo. Lei conosce il fatto, e la sua sensibilità ai problemi del territorio è indubitabile. Non c'è oggi in Italia persona più adatta a rispondere. Dunque sono certo che lo saprà fare con l'attenzione che il delicato argomento richiede. Cominciamo.
IL LUOGO. Perché il rigassificatore di Rovigo sta a quindici chilometri dalla costa mentre noi, che abbiamo un mare più chiuso, dobbiamo ospitarlo quasi in città, e per giunta nella sua forma più obsoleta?
GLI OBIETTIVI. Lo sa che attorno al sito del rigassificatore esiste un'alta densità di obiettivi "sensibili"? Glieli elenco: i depositi costieri triestini (50 metri), la futura centrale a turbogas (50 metri), il terminal dell'oleodotto (100), l'inceneritore (150), la ferriera (500) e i depositi di formaldeide della Alder (700). La superstrada è a 120 metri, i quartieri popolari a 600, lo stadio a mille.
I RISCHI. Pensando all'attentato del 1972 alla Siot e all'enfasi del suo governo sul tema del terrorismo, non ritiene che la collocazione dell'impianto possa costituire un problema? E in caso di incidente, sono stati valutati i pericoli in ossequio alla legge Séveso?
EFFETTO-DOMINO. È a conoscenza del fatto che nel progetto della Gas Natural approvato dal suo ministero, in particolare nelle cartografie allegate all'esame dell'effetto-domino (incidenti a catena) mancano i depositi costieri, l'inceneritore, i depositi di formaldeide, le industrie? Come mai la commissione ambiente non si è accorta di niente?
IL MARE. Ha valutato gli effetti ambientali di un impianto che succhia 800 mila metri cubi di acqua al giorno, in un anno l'equivalente del triplo della baia di Zaule (tutto il mare a Est delle dighe)? Lo sa che in quel mare chiuso verrà versato all'anno l'equivalente 70 tonnellate di cloro attivo? Lo sa che autorevoli esperti del nostro polo scientifico temono alla lunga nella baia un abbassamento di alcuni gradi di temperatura?
LO STUDIO. È a conoscenza del fatto che negli studi di Gas Natural l'accumulo delle acque fredde non viene quasi considerato e le medesime vengono descritte come tendenti verso l'alto, contro ogni legge fisica? Ha visto che nella planimetria dell'impianto i serbatoi sono indicati a volte a destra e a volte a sinistra? Lo sa che la bora viene indicata con punte massime di 36 orari contro i cento della realtà?
IL CITTADINO. Perché al comune cittadino che deve allargare la veranda di casa si chiede un progetto firmato su carta intestata da un geometra iscritto all'Ordine, mentre alla grande compagnia energetica si è consentito di presentare una documentazione spesso carente e densa di sviste formali?
IL PORTO. La Capitaneria di porto di Chioggia, in base alle direttive europee sulla sicurezza, ha disegnato attorno al suo rigassificatore off shore una zona d'interdizione larga due chilometri e mezzo, per la sicurezza delle gasiere. Non teme che analoga disposizione, applicata a Trieste dove il canale d'accesso delle grandi navi è minimo, possa significare la paralisi del porto?
LA CITTÀ. Non pensa che la città non avrebbe dovuto essere lasciata sola di fronte a un progetto così grande? Perché non è stato istituito un team neutrale e autorevole di esperti capace di valutare il progetto e renderne pubblici i contorni? Perché la città - e l'Italia di conseguenza - deve trovarsi di fronte a progetti energetici da accettare a scatola chiusa e sui quali discutere a vuoto, magari in inutili referendum, tra i soliti due partiti, quello del "si deve" e quello del "no se pol"?
IL FUTURO. Siamo di fronte a cinque progetti "sospesi": una centrale a turbogas, un rigassificatore a terra, un rigassificatore a mare, un gasdotto sottomarino e forse a un terminal di gas russo a Monfalcone, di cui si parla dopo l'incontro Putin-Berlusconi. Cinque, che camminano separatamente nonostante siano nella stessa piccola area. Esiste una scelta unitaria dietro tutto questo? Un interesse nazionale? O c'è solo l'interesse delle compagnie? Che volto avrà Trieste fra dieci anni?
LA SLOVENIA. Lei respinge le obiezioni ambientali slovene all'impianto. Benissimo. Allora mi spieghi: come mai non ha avuto da ridire su un progetto devastante per il Carso per il Corridoio 5 che le Ferrovie italiane hanno preso pari pari da quelle slovene, nell'interesse prevalente del porto di Capodistria?
Ho finito. Qui vorrei esprimere solo un'opinione personale. Lei è molto sensibile agli eventi tragici del dopoguerra in queste terre. E va bene. Il rischio è che a furia di parlare di passato si dimentichi di vedere il presente. Su una Trieste frastornata incombono cambiamenti epocali che rischiano di essere ingovernabili, e non vorrei, per dirla come Carpinteri e Faraguna, che il gran parlare di vecchie cose serva solo «a insiempiar la gente».
Confido, anche da elettore, in una sua gentile risposta.
Paolo Rumiz
 

 

CIRCOLO MIANI - «Inquinamento, Dipiazza deve garantire la salute» - Fogar su Servola: «Il sindaco non rispetta le promesse elettorali»
 

Si chiude il centro a causa dello smog, ma la Ferriera continua a diffondere nell’aria polveri e inquinamento atmosferico. È il «paradosso» denunciato ieri dal fondatore del circolo Miani, Maurizio Fogar, strenuo sostenitore della necessità di chiudere lo stabilimento di Servola «per tutelare la salute di tutti i cittadini».
Apparso più combattivo che mai, nonostante la decisione di non assumere farmaci «per protestare contro l’immobilismo delle istituzioni su questo gravissimo problema», Fogar ha ripreso un ragionamento proposto più volte nel recente passato. «Altri sindaci, a cominciare da quello di Piombino – dice il portavoce del Miani – si sono comportati con maggiore coerenza davanti alla crescita dell’inquinamento atmosferico, invece Roberto Dipiazza sembra essere sordo a queste sollecitazioni, nonostante le promesse fatte sull’argomento in campagna elettorale». E aggiunge: «Il nostro sindaco – prosegue Fogar – preferisce scusarsi pubblicamente con i residenti dei rioni più vicini allo stabilimento di Servola, dopo aver deciso le limitazioni al traffico veicolare, a causa dell’inquinamento, piuttosto che porre fine a questo scempio provocato dal funzionamento della Ferriera».
Fogar si è rifatto a una lunga serie di norme «che dovrebbero obbligare a prendere gli opportuni provvedimenti, partendo dalla Costituzione, che garantisce la salute pubblica – dice il fondatore del circolo Miani – per arrivare a decreti e leggi regionali più recenti. Invece pur in presenza di evidenti segnali di grave pericolo per la popolazione, nessuno sembra preoccuparsi più di tanto. Dipiazza sembra dimenticare che possono essere tre le cause di inquinamento che devono portare all’assunzione di provvedimenti e che riguardano non solo il traffico e i sistemi di riscaldamento, ma anche il settore industriale. Eppure qui a Trieste siamo costretti a coabitare con un’atmosfera deleteria per la salute di tutti».
Fogar ha annunciato che, giovedì prossimo, «sempre che il mio stato di salute me lo consenta» facendo intendere che continuerà lo sciopero dei farmaci, si presenterà in piazza Unità, dove hanno sede consiglio comunale e giunta regionale, per diventare «il promemoria vivente della situazione in essere».

(u. s.)

 

 

Tav, Chisso assicura: c’è l’accordo con il Fvg - A VENEZIA POLITICI E MANAGER A CONFRONTO SUI PROGETTI DELLA «METAREGIONE»
 

CONFINDUSTRIA - Tomat: «Siamo pronti a un nuovo progetto» - Ma l’assessore veneto non lo svela. Costa: «Un nuovo corridoio verso i Paesi Baltici»
VENEZIA «Sull’alta velocità non c’è alcun conflitto tra Veneto e Friuli. Sono solo balle che scrivono i giornali. Con il governatore Renzo Tondo sono in contatto e stiamo già lavorando ad un accordo».
È difficile immaginare quale potrebbe essere il tracciato che metta d’accordo il Veneto, che vuole il treno ad alta velocità lungo la costa adriatica, ed il Friuli che invece lo vede correre parallelo all’autostrada A4. Ma l’assessore regionale alle Infrastrutture del Veneto Renato Chisso ha esordito con queste parole ieri mattina a Ca’ Corner, sede della Provincia di Venezia. L’occasione era un convegno sulla Metaregione - organizzato da Confindustria Veneto - al quale hanno partecipato rappresentanti delle sei aree coinvolte nel progetto: Veneto, Friuli Venezia Giulia, Carinzia, Stiria, Slovenia e Croazia.
L’assessore veneto non ha fatto alcun accenno al tracciato, non è entrato nello specifico, non ha dato nulla da intendere se non che, tra Veneto e Friuli, scorre buon sangue. Ammesso che basti questo per dare vita ad un collegamento ferroviario di tale portata, è tutto da vedere. Probabilmente, non prima dell’esito delle elezioni regionali in Vento.
Certo il punto di domanda resta: che senso ha costruire un tracciato ad alta velocità lungo le spiagge, vuote 9 mesi all’anno? Ma Metaregione non significa solo Tav, ma anche Corridoi ferroviari ed autostradali ed un network di collaborazione tra i porti del Nord Adriatico. Le idee sembrano esserci, ma l’obiettivo appare ancora lontano.
Il presidente dell’Autorità Portuale Paolo Costa insiste sulla necessità di pensare alla rete infrastrutturale della Metaregione come un tutt’uno e non un insieme fatto di tanti pezzetti che non vengono portati a termine. «La Commissione Europea avvii la procedura d’infrazione per gli Stati che non portano a termine le tratte di competenza nazionale dei progetti prioritari europei di trasporto - dice - i progetti prioritari europei servono l'intera Europa e non possono essere ostaggio delle inefficienze di un singolo Stato membro; il rallentamento, o peggio, la mancata realizzazione di una singola tratta compromette l'intera funzionalità di un progetto».
Ieri, a Venezia, è stato sottoscritto un protocollo a sostegno del Corridoio Baltico-Adriatico: «Come rappresentanti delle imprese e delle economie dell’area ci siamo battuti per la realizzazione del Corridoio 5 - ha detto il presidente di Confindustria Veneto Andrea Tomat - oggi condividiamo l’opportunità di sviluppare un nuovo Corridoio, “spina dorsale” per gli scambi fra Austria, Slovenia, Polonia fino ai paesi Baltici e fino alla Russia per entrare nei mercati mondiali».
SILVIA ZANARDI

 

 

Ferrovie, tagliato il treno diurno che collegava Trieste a Vienna - Soppresso l’Eurocity «Johann Strauss». E l’Austria ripiega sui pullman
 

TRASPORTI PENALIZZATI
KLAGENFURT Dal 13 dicembre, giorno di entrata in vigore dell'orario ferroviario invernale, sarà soppresso l'Eurocity per Vienna «Allegro Johann Strauss», in partenza da Trieste alle 15.59, cambio a Udine alle 17.09, arrivo a Vienna alle 23.35. Era l'ultimo collegamento diurno tra il Friuli Venezia Giulia e l'Austria, dopo la soppressione dell'altro Eurocity del mattino decretata lo scorso anno. Dal 13 dicembre, dunque, la nostra regione sarà ancor più isolata dalla Carinzia e dall'Austria, alla faccia dell'istituenda Euroregione e dei rapporti sempre più fitti con i nostri vicini danubiani.
Ma, come si usa dire, non tutto il male viene per nuocere. Perché dopo il 13 dicembre le possibilità di raggiungere di giorno la Carinzia e Vienna si quadruplicheranno.
Una contraddizione? Soltanto apparente. I partner austriaci hanno reagito alla soppressione del treno istituendo quattro corse sostitutive giornaliere di pullman da Klagenfurt a Venezia, con tappa a Villaco e a Udine (e viceversa). Per andare a Vienna si potrà quindi salire sul bus a Udine, che arriverà a Villaco in coincidenza con la partenza di un treno per la capitale austriaca. Dopo Pasqua le corse saliranno a cinque.
«Noi questi pullman li consideriamo come veri e propri treni - ci tiene a sottolineare l'ingegner Christoph Posch, portavoce delle Öbb (le Ferrovie austriache) - Li abbiamo chiamati Intercity-Bus, abbiamo dato loro un numero come ai treni, il biglietto è lo stesso e si fa alla cassa della stazione, la corsa è inserita nell'orario ferroviario (soltanto in quello austriaco, non in quello italiano, ndr), a Udine e a Villaco non fermano alla stazione autocorriere ma proprio davanti alla stazione ferroviaria, per favorire il trasferimento di eventuali passeggeri giunti in treno. Ci sono prima e seconda classe, prese elettriche per i lap-top, servizio bar, toilette, posti per passeggeri con handicap, distribuzione di giornali».
La scelta di istituire un servizio di pullman è stata presa soltanto dopo che era risultato vano ogni tentativo di convincere Trenitalia a recedere dalla sua decisione. «Per noi il collegamento fino a Venezia è molto, molto importante - dichiara Posch - e non comprendiamo perché Trenitalia abbia voluto cancellare questa corsa. Era usata mediamente da 200-250 persone al giorno, un numero molto alto. La gestione del nostro servizio era attiva e non capiamo come mai quella di Trenitalia fosse in perdita».
Le Ferrovie austriache si erano offerte di gestire loro il servizio fino a Venezia, pur di non sopprimere il treno, «ma le condizioni poste da Trenitalia erano inaccettabili, con costi per il pedaggio 2 o 3 volte superiori al normale». Da ciò la scelta di ripiegare sui bus. Il biglietto da Udine a Klagenfurt costa 16 euro in prima e 12 in seconda classe (ma, acquistandolo in anticipo, si può accedere a un numero contingentato di posti a soli 9 euro). L'acquisto si può fare alla cassa di qualsiasi stazione o per internet con carta di credito. Prezzi e orari dettagliati sono disponibili sul sito internet che le Öbb hanno istituito appositamente per l'Italia (www.obb-italia.com). Perché il servizio treno-bus dalla Carinzia funziona bene, ma meno bene dalla nostra regione, dove se ne ignora persino l’esistenza.
MARCO DI BLAS

 

 

Mare-Carso, Nesladek presidente - L’ORGANISMO CHE RAGGRUPPA I MUNICIPI COSTIERI E DELL’ALTIPIANO
 

Dalla Regione 55mila euro per migliorare la comunicazione tra Comuni - Allo studio un sito web che consentirà consultazioni in tempo reale
MUGGIA E’ il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, il nuovo presidente dell’associazione intercomunale “Mare - Carso”, al suo fianco il vicepresidente Giorgio Ret, sindaco di Duino Aurisina. Questa è stata una delle decisioni assunte ieri mattina dalla conferenza dei sindaci che si è riunita per l’adozione delle prime risoluzioni, facendo entrare nel vivo l’operatività dell’associazione tra i cinque Comuni.
All’incontro hanno partecipato il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret, il sindaco di San Dorligo della Valle, Fulvia Premolin, il sindaco di Monrupino, Marko Pisani, l’assessore delegato del Comune di Sgonico, Nadia Debenjak. L’assemblea ha anche discusso della modifica di alcuni aspetti della convenzione tra gli enti, delle prospettive future della gestione in forma associata dei servizi, nonché dell’assunzione degli indirizzi sul riparto dei contributi regionali.
L’associazione intercomunale tra Muggia, San Dorligo della Valle, Duino Aurisina, Sgonico e Monrupino ha ricevuto infatti contributi regionali per circa 55mila euro, parte dei quali è stata destinata al nuovo piano di comunicazione dell’associazione intercomunale. Uno dei punti cardine di questo progetto sarà infatti la realizzazione di un sito web che servirà ai cinque Comuni per promuovere le iniziative che saranno svolte in forma associata ma anche per facilitare ulteriormente la comunicazione tra gli enti e i cittadini.
Un’altra parte dei contributi regionali sarà destinata al finanziamento delle attività correlate alla convenzione già in essere in tema di ambiente. Per quanto riguarda le prospettive future dell’associazione “Mare - Carso”, dalla seduta è emersa soprattutto una grande sintonia e un grande entusiasmo dei sindaci, nell’ottica della valorizzazione della forma associativa fra gli enti come migliore risposta che si possa dare per offrire servizi sempre più qualificati al minor costo. Gli uffici infatti avranno, mediante questo strumento, modo di scambiarsi informazioni ed esperienza, gli operatori dei diversi Comuni potranno anche partecipare a progetti formativi associati, alcuni dei quali sono già in fase di avvio.
I sindaci, va detto infine, guardano già ad altri progetti da mettere in campo nel 2010, nell’ottica dell’efficientamento dei servizi offerti alla cittadinanza.

 

 

 

 

IL SOLE 24 ORE - VENERDI', 27 novembre 2009

 

Fotovoltaico record, ritirato l'emendamento anti-rinnovabili
 

La potenza installata degli impianti fotovoltaici italiani ha superato i 700 megawatt. Secondo il censimento del Gestore dei servizi energetici, che si occupa dell'incentivo, le centrali solari sono 56.285, in massima parte piccolissime istallazioni domestiche. Le regioni con una maggiore potenza sono la Puglia (96 megawatt), la Lombardia (84) e l'Emilia Romagna (62 megawatt), mentre il Gestore dei servizi energetici ha censito il maggior numero di impianti in Lombardia (8.630), Emilia Romagna (5.293) e Veneto (5.166).
Intanto l'emendamento di fonte governativa alla Finanziaria per il 2010, contenente drastici tagli all'incentivazione delle fonti rinnovabili, è stato ritirato, con il sollievo delle associazioni Anev, Aper, Assossolare, Federpern, Fiper, Greenpeace, Ises, Itabia, Kyoto Club e Legambiente. Secondo le associazioni, se la proposta di modifica al testo della Legge Finanziaria 2010 fosse stata accolta, il settore delle rinnovabili avrebbe subito un duro colpo. A parere di Massimo Orlandi, vicepresidente di Assoelettrica, l'associazione confindustriale delle industrie elettriche, l'emendamento avrebbe aggiunto incertezza a un settore che ha bisogno di grandi investimenti e grandi capacità di previsione e inoltre non ha senso mettere vincoli a produzioni di energia pulita «il cui mancato rispetto comporterà l'irrogazione di sanzioni economiche anche di grande peso».
Procede intanto il ricorso presentato dalla Federpern al Consiglio di Stato, in appoggio dell'Autorità dell'energia, contro una sentenza del Tar contro i prezzi minimi garantiti nel settore idroelettrico.
Jacopo Giliberto
 

 

LA REPUBBLICA - VENERDI', 27 novembre 2009

 

RIGASSIFICATORE - Trieste alla guerra del metano contro l'impianto che fa paura

Citta' in rivolta per il progetto del rigassificatore vicino a fabbriche e case.

Paolo Rumiz

 

IL PICCOLO - VENERDI', 27 novembre 2009

 

 

«Rigassificatore, impianto ad alto rischio» - Studio italo-sloveno per la Uil Vigili del fuoco: errori macroscopici nei documenti di Gas Natural

 

il documento presentato dalla UIL  - il video della conferenza stampa

DUBBI PESANTI SULL’IMPIANTO SOLLEVATI DA UN GRUPPO DI DOCENTI UNIVERSITARI
Come può il ministero dell’Ambiente aver trascurato che la documentazione presentata da Gas natural per il rigassificatore nell’area di Zaule contiene macroscopici errori di cartografia, di calcolo, di analisi del vento («massimo di bora di 36 km all’ora, sono dati raccolti a Caorle») e dei fondali marini? Come può aver accettato che un impianto ad alto rischio sia posizionato a poche centinaia di metri da Ferriera, centrale a turbogas, fabbrica di formaldeide, metanodotto, depositi Siot, inceneritore che in caso d’incidente o atto terroristico provocherebbero con effetto domino un enorme disastro umano e ambientale?
E perché il ministero e le autorità locali non si sono accorti che nei documenti una traduzione dallo spagnolo stravolge il testo originale e appare non firmata dunque senza valore legale? Come hanno potuto gli amministratori pubblici non vedere che nel progetto per 22 volte i depositi costieri sono disegnati sulla parte sinistra, e nelle pagine successive nella parte destra? E «perché si fa credere alla gente che il gas raffreddato se fugge dall’impianto evapora senza rischi? Al contrario, diventa una nube pesante e soffocante, a rischio d’incendio». Ancora, perché non si è scelto un impianto che non debba prelevare quotidianamente 800 mila metri cubi di acqua al giorno rimettendola in natura raffreddata di 5°?
Una raffica di dubbi pesantissimi sull’impianto del rigassificatore a terra è stata espressa ieri da un gruppo tecnico formato da numerosi docenti universitari e da un chimico sloveno che ha lavorato per conto del sindacato Uil dei Vigili del Fuoco: «Noi conosciamo i rischi - ha detto il coordinatore Adriano Bevilacqua -, non possiamo accettare che un’impresa proponente dia un progetto senza accurata analisi dei rischi, noi l’abbiamo fatta e il risultato è agghiacciante».
Mentre la Regione si dice impotente in questa fase e rimanda al ministero dell’Ambiente che a propria volta attende risposte dagli spagnoli su alcune indicazioni prescrittive, ieri mattina in piazza Unità si sono alternati al microfono tecnici dell’Università di Trieste e di istituti scientifici, a nome dell’intero gruppo di studio formato da Giacomo Costa (chimico), Bruno Della Vedova (geologia e geofisica), Livio Sirovich (geologia), Franco Stravisi (oceanografia e meteorologia), Fulvio Crisciani (fluidodinamica geofisica), Pierluigi Barbieri (chimica), Tomaz Ogrin dello Jozef Stefan Institute sloveno (chimico), Giorgio Trincas e Radoslav Nabergoj (ingegneria navale), Irene Valle (architettura), Marino Valle (ingegneria meccanica).
Denunciate le omissioni, la scarsa chiarezza, la pochissima informazione, i pericoli, e perfino la scarsa economicità di un impianto come questo rispetto a quello di Livorno, gli specialisti tecnici con le carte alla mano hanno detto come anche il già avviato gasdotto Snam si sia legato stretto al rigassificatore di Zaule ma pure a quello off-shore di E.On (ex Endesa), il tutto senza pubblica chiarezza, e nessuna condivisione coi cittadini per arrivare «a un patto col territorio». Il senso era: «Se proprio serve un rigassificatore, che sia fatto bene, non è ”un’opportunità” per Trieste, è un rischio da non sottovalutare».
GABRIELLA ZIANI

 

 

«Bora a 36 orari? Qui supera i 100» - LE INCONGRUENZE EVIDENZIATE - Gli ingegneri giudicano migliori molte strutture realizzate in altri Paesi
 

L’acqua della baia di Muggia ha 9° fino a 50 metri di profondità? Questo dice il documento di Gas natural passato per la Valutazione d’impatto ambientale, ha detto ieri Livio Sirovich dell’Ogs: «Ma questi sono i dati medi del mare da Ancona in su, non analisi del canale navigabile». Il vento che può incidere sul movimento delle navi gasiere è indicato a un massimo di 36 km all’ora? Fulvio Crisciani (Università e Cnr): «Ma la bora arriva a 100, in ogni mese dell’anno». Il metano evapora silenzioso? Tomaz Ogrin (Lubiana), mostrando un video: «Se raffreddato pesa più dell’aria, crea una pesante nebbia sull’acqua, quando si riscalda e sale forma una fitta nube, da un litro di metano liquido si formano 600 litri di gas, per di più senza odore e colore, quindi di notte si potrebbe venirne colpiti senza accorgersi». Se si incendiasse, la potenza sarebbe tale da provocare «ustioni irrimediabili» in aree abitate.
Queste alcune delle terribili visioni date ieri dagli esperti sui rischi del rigassificatore, senza contare gli esempi di impianti realizzati altrove che gli ingegneri locali giudicano migliori. Giorgio Trincas (Ingegneria navale): «A Livorno la nave gasiera si accosta al rigassificatore a 12 miglia dalla costa, e spedisce il gas direttamente in tubi sottomarini. I coreani, all’avanguardia, hanno già realizzato sette navi col rigassificatore a bordo, e scaricano fino a 50 miglia dalla costa». Di fronte all’allarme, molti interventi: del contrarissimo sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, del Wwf, di cittadini, di comitati che da tempo invocano attenzione.

(g. z.)

 

 

Piano del centro storico al via, ma secretato - Sette ”progetti strategici” e recupero dell’esistente per ripopolare l’area da Roiano a Campo Marzio
 

In base all’ultimo censimento in sole due circoscrizioni del cuore cittadino sono concentrati oltre la metà degli alloggi sfitti
Nel momento in cui il nuovo Piano regolatore raccoglie le osservazioni dei cittadini, il Piano particolareggiato del centro storico riprende improvvisamente una corsa ferma da tre anni, cioè da quando l’architetto Alberto Cecchetto - cui era stato commissionato il ruolo di consulente scientifico del Piano del centro nel 2002 - presentò il suo lavoro alla prima giunta Dipiazza. Il plico, rielaborato dagli uffici del Comune, da qui a Natale sarà sottoposto infatti a un autentico tour de force burocratico. Con tanto di secretazione.
LE TAPPE Mercoledì la giunta ha dato il suo primo via libera a un documento che la maggioranza conta, ora, di adottare in Consiglio comunale già lunedì 14 dicembre, a chiusura di tre passaggi in altrettante circoscrizioni, di quattro sedute in commissione Urbanistica e di un’ulteriore transito in giunta. Un’accelerazione - spiega il presidente della stessa commissione Urbanistica, l’Udc Roberto Sasco - dovuta dal fatto che «abbiamo l’occasione di far entrare in vigore il prima possibile un provvedimento al quale il nuovo Prg, cioè proprio quello che stiamo chiudendo, demanda le prescrizioni del centro storico». Il Piano particolareggiato, dopo l’esame del Consiglio a metà dicembre, seguirà le medesime tappe del nuovo Prg: pubblicazione all’albo pretorio, osservazioni, riadozione, tibro di Regione (e Soprintendenza) prima dell’entrata in vigore.
LE CASE SFITTE L’obiettivo politico dichiarato è stimolare il ripopolamento del cuore cittadino - un milione e 300mila metri quadrati di zone A0 e A3 secondo la variante 66 tutt’ora in vigore, dai confini di Roiano a quelli di Campo Marzio con appendice a monte fino a San Giusto, in cui abitano oggi 17mila persone - affinché questo non sia solo il cuore degli affari. Il tutto, però, senza che da terra spunti nuovo cemento, a meno di eccezioni trattate preventivamente a parte come quella, e sarebbe l’unica, del cosiddetto ”cubone” di Campo Marzio targato Cmc-Vittadello che dovrebbe sorgere sulle ceneri dell’ex concessionaria Fiat. E come ripopolare senza nuovo cemento? Agevolando il recupero di ciò che già c’è ma è vecchio e vuoto. Già nel 2001 - l’anno dell’ultima rilevazione Istat - nelle due circoscrizioni più baricentriche, la Quarta e la Quinta, era condensata più della metà degli alloggi sfitti di Trieste: 3.800 su 7.419.
LE ZONE SENSIBILI La strategia per centrare l’obiettivo si traduce in una nuova classificazione di tutti gli edifici e gli isolati in tre categorie (intoccabili perché di massimo pregio, intermedi e riqualificabili previo ampliamento), nonché nell’eliminazione di ogni possibilità per un privato di raddoppiare le cubature consentite dalle destinazioni urbanistiche vigenti passando per il Consiglio comunale, compatibilmente col Piano Casa voluto da Berlusconi. Sono poi previsti due «progetti di ricomposizione urbana» per altrettante location degradate: via Crosada, in zona Urban, e androna Campo Marzio, coordinata sibillina se è vero che a palazzo si assicura che il Piano del centro storico rivisita le cubature oggetto di contenzioso. E proprio in androna Campo Marzio la Luci Costruzioni aveva chiesto di fare un altro ”cubone” salvo poi vederselo congelato dapprima da un vincolo d’«interesse culturale e industriale» sull’area da parte della Soprintendenza, poi dai regimi di salvaguardia dell’estate 2007 propedeutici al nuovo Prg. Si finisce con sette «progetti strategici per lo spazio pubblico», con nuovi percorsi pedonali, non meglio precisati edifici attrattivi, siti ad uso collettivo e arredi urbani coerenti tra loro che insistono in «ambiti strategici» individuati in particolare in viale XX Settembre, in via Carducci e sul colle di San Giusto, ai confini del perimetro, oltre che a Ponterosso.
IL SEGRETO Sono queste dunque le basi del Piano, pubblicamente ancora generiche perché il provvedimento è soggetto a secretazione preventiva. Lo precisano il direttore dell’area Pianificazione territoriale Carlo Tosolini e la numero uno del Servizio Pianificazione urbana nonché responsabile del procedimento Ave Furlan, demandati dal sindaco Roberto Dipiazza, in veste di assessore all’Urbanistica, a fornire i primi dettagli all’esterno. I plichi ad ogni modo sono già da ieri sui tavoli dei membri della commissione Urbanistica. «Non ho ancora avuto alcuna indicazione sulla secretazione - così Sasco - ma è chiaro che mi atterrò come ho già fatto alle indicazioni tecniche del segretario generale Santi Terranova».
LA POLEMICA «La secretazione come si è visto per il Prg ha già fatto danni. Errare è umano, perseverare è diabolico, ho in mano peraltro una sentenza della Cassazione secondo cui non esiste la condanna per rivelazione del segreto d’ufficio per colui che divulga notizie concernenti la pubblica amministrazione», ironizza il capogruppo del Pd Fabio Omero. «Le premesse del Piano - prosegue Omero - con la scheda casa per casa ricalcano quelle venute dal gruppo di lavoro di Leonardo Benevolo ancora in era Illy. Rilevo poi come tale provvvedimento sia molto riduttivo rispetto a quello di Cecchetto che ci era stato illustrato nel 2006».
PIERO RAUBER

 

 

Sasco: il Prg? Nel Pdl serve un chiarimento - Udc: o si lavora insieme oppure tutti a casa Osservazioni a quota 1080
 

Camber: ci vuole in Finanziaria una norma che consenta le permute con il Demanio
Più si conta, più le osservazioni al Piano regolatore crescono. Ultimo dato: sono 1080. Il parere della maggioranza comunale non cambia, è quello del sindaco. «Sono poche comunque». Ma intanto sul documento urbanistico cala un caso politico. Per oggi era annunciata una conferenza stampa, è stata annullata. «La Lega aveva impegni, nulla di più, poi sono assente io» dice Camber. Maurizio Ferrara conferma tranquillissimo: «Solo impegni personali, davvero».
Ma è dall’Udc, invece, dall’unico rappresentante, da quel Roberto Sasco capo della commissione Urbanistica che ricorda di aver «lavorato e lavorato al Prg, e fatto tutti i calendari di commissioni e d’aula, e di aver sempre votato per salvare la maggioranza, senza discutere» che arriva un serio, ultimativo avvertimento.
«Conferenze stampa? Prima ci vuole un chiarimento nel Pdl - annuncia -, la maggioranza è in una fase di estrema delicatezza, vince 21 a 20, o si lavora davvero insieme, oppure è meglio andare a una verifica, o direttamente a casa, e votare in primavera». Sasco si sente dirimente, che cosa muove una stizza tale? «Ho proposto di creare in consiglio una consulta per la famiglia, niente, ho proposto di istituire un nuovo calcolo per l’Isee familiare, niente, ho chiesto una revisione dei servizi sociali perché non basta spendere ma bisogna rivalorizzare, e niente, qui si parla solo del crocefisso, io son cattolico, ma mi sta più a cuore la sorte delle famiglie in difficoltà di un simbolo che pure rispetto». Infine: «Udc e Lega assieme ormai rappresentano il 15% dei voti, se non c’era l’Udc dov’era Dipiazza? In bottega. Ferrara? In dogana». Non è, conclude Sasco, «un diktat», ma «un messaggio chiaro di persona ragionevole».
Intanto Omero (Pd) rigetta le ironie del sindaco su chi «era in Costa azzurra quando fu approvato il piano precedente» e Camber dice quel che aveva da dire: «Il Prg - enuncia - cala il potenziale di espansione da 50 mila abitanti a 30 mila, riutilizza come a Banne l’edificato e quindi risparmia suolo, non trascura il verde come dicono gli architetti, lo standard della norma regionale è di 15 metri quadrati ad abitante, noi ne abbiamo 53, e se i residenti aumentano di 30 mila saremo a 46,33: più del triplo del dovuto». Di norma ci basterebbero 3 milioni e 600 mila metri quadrati verdi. «Ne abbiamo - cita Camber - 11 milioni».
Difesa per il discrimine storico-architettonico del 1918: «Prima i traffici andavano a Vienna e a Nord, ora a Est e a Sud, un paletto serviva». Progettazione poco sensibile all’oltreconfine? «No, abbiamo tenuto conto delle aree artigiano-industriali di Dolina e Sesana». Parco del mare senza parcheggi? «No, ne sono programmati tre, che disfattismo...».
Infine, cosa resta da fare? Anche veder inserire nella Finanziaria nazionale una «leggina» che consenta di portare a termine l’operazione voluta dal sindaco, e cioé la permuta col Demanio secondo diversi criteri: valorizzazione di siti nel Prg e in cambio proprietà diretta della caserma di via Cumano. «Poi - conclude Camber - ci sono le intese col demanio militare per villa Necker, con l’Autorità portuale, con l’Ezit, con la Regione e la Forestale (entro il 9 gennaio), seguirà il parere della Regione, quello della Soprintendenza, l’istruttoria delle osservazioni (fino ad aprile). In aprile-maggio il Prg tornerà in commissione, a giugno-luglio in aula per l’approvazione finale, quindi la Regione verificherà che siano state recepite tutte le sue prescrizioni». Se ogni cosa andrà così, e liscia, il Prg diventerà legge più o meno fra un anno.

(g. z.)
 

 

Computer in tilt, dati smog su carta - L’ARPA TRASMETTE GIORNALMENTE IL MONITORAGGIO AL SINDACO - Protestano Idv e ambientalisti
 

Il monitoraggio dell’inquinamento in città? C’è ma non si vede. Non si vede a causa del collasso di un supercomputer, oggi in fase di rianimazione, preposto a prelevare i dati dalle centraline periferiche e a farli arrivare al quartier generale dell’Arpa di Palmanova, diffondendoli concomitantemente on-line, e mettendoli quindi a disposizione di tutti. Ma questo monitoraggio c’è, assicurano dal dipartimento triestino dell’Arpa. È costante e arriva ogni giorno sul tavolo del sindaco e assessore all’ambiente Roberto Dipiazza, il quale ha così tutti gli strumenti per decidere se chiudere il centro al traffico in base al Pac, il Piano d’azione comunale. Su quel tavolo finiscono quotidianamente pure i valori ”fantasma” delle Pm10 di via Svevo, una delle tre location di riferimento regionale con piazza Libertà e via Carpineto, che non sforna pubblicamente parametri aggiornati dalla fine di settembre, costituendo l’esempio più allarmante della pubblica inefficienza del sistema di controllo sulla qualità della nostra aria.
AI RIPARI «Le centraline funzionano tutte e registrano costantemente i parametri - spiegano ancora dalla direzione locale dell’Arpa - il problema è che per l’avaria di un server dedicato alla centralizzazione regionale dei dati, avaria che ora una ditta esterna specializzata sta risolvendo, gli stessi dati non vengono trasmessi automaticamente a Palmanova. In questo periodo stiamo pertanto lavorando ”alla vecchia”. Lì dove il sistema non garantisce la trasmissione automatizzata acquisiamo i risultati sulle concentrazioni per via cartacea, andando fisicamente con i tecnici nella via in cui è posizionata una stazione di rilevazione. Il sindaco è messo sempre nelle condizioni di valutare lo stato dell’aria e le eventuali contromisure». Stringi stringi, il livello dello smog è «sotto controllo». E «anche in questi ultimi giorni siamo nei limiti di guardia».
LA POLEMICA Il braccio tecnico della Regione in materia ambientale risponde così, dunque, alle ripetute segnalazioni di questi giorni riguardo l’assenza di dati pubblici puntuali in uscita dalle centraline di rilevazione dislocate sul territorio cittadino. Un’assenza che, in un mondo condizionato a tal punto dagli automatismi computerizzati, può mettere in ginocchio una comunità, facendo avanzare pesanti dubbi. Del difetto di trasmissione, e del deficit di trasparenza, se n’è discusso anche in Consiglio regionale, dove il capogruppo dei dipietristi Alessandro Corazza si è fatto rispondere in aula dall’assessore competente Elio De Anna a una sua interrogazione. «La mancata pubblicazione dei dati - ha riferito Corazza, che non si è definito soddisfatto della risposta di De Anna - è a tutti gli effetti una violazione di legge che espone la Regione a grossi rischi di carattere giudiziario. La disfunzione permane da due mesi e già dal 6 novembre gli uffici interessati erano al corrente di questa problematica ma, a quanto viene confermato dalla stessa risposta di De Anna, non si è ancora fatto nulla per risolvere il problema. Nel frattempo i cittadini sono esposti a gravi rischi per la salute senza neppure esserne a conoscenza».
GLI AMBIENTALISTI Altri strali infine sono arrivati in questi giorni, sotto cappa, dal Wwf, che ha parlato senza parafrasare di «gestione fallimentare delle centraline». «I dati rilevati - si legge in una nota inviata dall’associazione ambientalista - sono stati acquisiti dal dipartimento di Trieste dell’Arpa, ma non sono stati divulgati attraverso i mezzi d’informazione, nemmeno attraverso un report settimanale di sintesi. Era il minimo che ci si poteva attendere da un’istituzione pubblica, tra l’altro in un periodo caratterizzato da condizioni meteo che favoriscono l’accumulo di inquinanti».
PIERO RAUBER

 

 

Cipolletta: Tav, possiamo recuperare i ritardi E la Trieste-Divaccia non è in discussione
 

«Il contributo regionale per salvare i treni? Non possiamo né vogliamo riaprire il disavanzo»
TRIESTE «La collaborazione sulla Tav tra Friuli Venezia Giulia e Veneto c’è. Così come c'è il massimo impegno italiano per il collegamento Trieste-Capodistria». Innocenzo Cipolletta, dal 2006 presidente delle Ferrovie dello Stato, rassicura Europa e Slovenia: l’alta velocità ferroviaria «è una priorità per la politica italiana e per Fs». Ma i tempi lunghi, i dubbi sul tracciato, le apparenti titubanze del viceministro Roberto Castelli, i rimbrotti del coordinatore europeo del Progetto prioritario Ten 6 Laurens Jan Brinkhorst? «Qualche ritardo c'è - ammette Cipolletta - ma non siamo fuori tempo massimo». Quanto alla partita dei treni pre-Tav, quella del faticoso approdo all’orario invernale, Cipolletta spiega la scelta di imporre alla Regione Fvg un contributo finanziario di 3 milioni di euro: «Se siamo arrivati all’equilibrio di bilancio, è perché abbiamo fatto azioni lungimiranti a vantaggio di tutti, in primis i cittadini».
Veneto e Friuli Venezia Giulia parlano della Tav come di una priorità. Poi però arriva il coordinatore Brinkhorst e denuncia una mancata collaborazione. Chi ha ragione?
Per quello che mi risulta la collaborazione non manca perché è nell’interesse delle due parti. Di certo vanno recuperati dei tempi e, anche da parte di Ferrovie, si lavora per questo obiettivo.
Dunque il Nordest è in ritardo sulla Tav?
Siamo un po’ tutti in ritardo ma non fuori tempo massimo. Assieme alle Regioni, completeremo la progettazione entro il 2010 rientrando così nei tempi fissati in agenda.
Su cosa si basa la sua fiducia?
Sull’impressione che le cose procedano.
Qualcuno è colpevole dei ritardi?
Si sconta solo il problema chiave della tratta: il reperimento delle risorse finanziarie. Dopo la progettazione, andrà inevitabilmente affrontato. Senza la visibilità degli impegni finanziari è difficile immaginare un’accelerazione dei tempi.
Compito del governo?
Compito di tutti. Il governo ha impegnato molti fondi pure sulla tratta Milano-Venezia, propedeutica a quella nordestina. Si tratta di risorse rilevantissime.
Quante ne serviranno?
Facciamo la progettazione e poi ne riparliamo. I calcoli del passato non possono essere più ritenuti validi.
Ma quando vedremo davvero la Tav?
Dipende appunto dalle risorse. Impossibile fare previsioni in assenza di un quadro finanziario.
Veniamo al nodo dei due tracciati su cui Veneto e Friuli Venezia Giulia devono appunto mettersi d'accordo. La Tav scenderà a sud verso le spiagge venete o a nord in direzione dell’autostrada A4?
Ferrovie non ha preferenze. Al massimo facciamo valutazioni tecniche, valutiamo i costi dell'una e dell'altra ipotesi, pesiamo pro e contro. La discussione è in atto, ma la scelta finale spetta al territorio.
Che cosa ne pensa delle posizioni espresse dal viceministro Castelli a proposito della tratta transfrontaliera?
Il Corridoio 5 non si ferma a Trieste. Per noi come per il governo l’aggancio con i Paesi dell’Est è fondamentale.
Quindi la Slovenia sbaglia a temere un disimpegno italiano?
Sì. Non è all’ordine del giorno.
In settimana si è risolta positivamente per il Friuli Venezia Giulia la trattativa sul prossimo orario invernale di Trenitalia. Giusto che la Regione abbia dovuto contribuire per salvare i collegamenti con Milano e Roma?
I treni servono alle popolazioni delle regioni. Il nostro è un servizio di carattere nazionale non sovvenzionato, su quello dobbiamo far quadrare i conti. Tutto ciò che si vuole ottenere in più necessita di un concorso finanziario. Se fosse tutto gratis, le Regioni chiederebbero di tutto e di più.
In sostanza non volete aprire ”buchi” nel vostro bilancio?
Non abbiamo alcuna intenzione di riaprire il disavanzo. In tre anni siamo passati da un deficit di 2 miliardi e 115 milioni di euro al pareggio. Lo dobbiamo alla politica del buon senso. C'è una banale ma al tempo stesso grande verità: pretendiamo che i segmenti della nostra produzione siano tutti in equilibrio. È il solo modo per essere sicuri che le ferrovie italiane cresceranno nel futuro ed eviteranno, nell'interessi di tutti, il rischio del fallimento.
Del Friuli Venezia Giulia si parla di una regione al centro dell'Europa, strategica per i trasporti. Verità o solo parole?
Verità. Ma sono considerazioni che non possono venire da un’azienda come la nostra che deve far quadrare i conti e fornire il miglior servizio al prezzo più basso. Devono invece venire dalle istituzioni, cui spetta il compito della politica del territorio.
Voi mettete treni moderni, la politica se li paghi?
Ora come ora la prima urgenza è la carenza di materiale rotabile. Ma si risponderà comunque in tempi brevi alla necessità di acquisto dei convogli. Dopo di che arriveranno anche i nuovi tracciati.
C'è in prospettiva una concorrenza tra alta velocità ferroviaria e terza corsia della A4?
No. Il sistema dei trasporti verso Est è carente ed è dunque opportuno provvedere sia a treni eccellenti che a strade più sicure. Tra 20-30 anni l'offerta dovrà essere pari a una crescita dei trasporti che si preannuncia notevolissima.
MARCO BALLICO

 

 

Nel Tir all’imbarco 14 tonnellate di rifiuti con amianto - GLI SCARTI EDILIZI PERICOLOSI PROVENIVANO DA UN’IMPRESA DI COSTRUZIONI ITALIANA
 

Oltre 14 tonnellate di rifiuti provenienti dalla demolizione di costruzioni edili con strutture di eternit sono state sequestrate in Porto Vecchio dai militari della Guardia di finanza e dai doganieri del servizio antifrode.
Il materiale, ritenuto altamente pericoloso, era stato caricato nel rimorchio di un Tir con targa lituana ed era destinato a essere imbarcato nel traghetto per l’Albania per poi essere trasportato in Kosovo, dove sarebbe stato depositato in una discarica. Ma la merce - stando ai primi accertamenti della sezione operativa del Punto franco vecchio della Guardia di finanza - non proveniva da un Paese dell’Est, bensì da un’importante impresa di costruzioni italiana della quale non è stato reso noto il nome, così come ignota resta la provenienza del materiale. Il carico è stato esaminato dai tecnici dell’Arpa che hanno effettuato un’analisi mineralogica scoprendo appunto che si tratta di amianto.
In pratica, secondo i primi accertamenti, per trasferire le 14 tonnellate italiane era stato utilizzato un mezzo proveniente dall’Est europeo e destinato al Kosovo. Una circostanza questa che è tuttora oggetto di verifiche da parte degli investigatori. Indagini e verifiche mirate sono in corso anche sulle modalità di smaltimento dell’eternit. Infatti per eliminare l’amianto sono necessarie procedure e impianti particolari.
A carico dei responsabili del trasporto e dell’impresa di costruzioni è scattata una denuncia all’Autorità giudiziaria.
 

 

Cinghiali, il branco di Melara ha scelto come trogolo il giardino del quadrilatero

 

I residenti: arrivano, devastano l’erba e tornano nel bosco Provincia, abbattuti 70 capi sui cento previsti dal piano
Cinghiali da giardino. Dove? A Melara. «Facciamo l’impossibile o vedremo l’incredibile», diceva il filosofo ecologista Murray Bookchin ormai più di un trentennio fa. E il branco di cinghiali che ha fatto del giardino del quadrilatero di Melara il proprio trogolo sembra essere venuto ad annunciare che quella profezia si è avverata.
«Fino a un paio di anni fa erano soltanto in due – spiega l’inquilina Graziella Gorian – ora sono molti di più: fanno le loro puntate nel giardino e poi si ritirano nel bosco». Secondo la testimonianza di Gorian l’orario preferito dagli invadenti suini è metà mattina: «Il più delle volte appaiono verso le dieci o le undici», racconta, «devastano l’erba del giardino in cerca di cibo e poi si rotolano nel fango che hanno portato allo scoperto: a quell’ora molta gente va a fare la spesa al supermercato, e trovarseli davanti attraversando il cortile non è divertente».
Gli abitanti di Melara auspicano ora «che le autorità competenti intervengano per risolvere il problema». Anche Antonio Ius, direttore dell’Ater, riconosce il problema: «Ci sono giunte diverse segnalazioni – dice – ma non è cosa di nostra competenza: in realtà non sappiamo neanche noi cosa farci. Sappiamo però che la Provincia sta facendo un buon lavoro e confidiamo che risolvano il problema in modo adeguato».
ASSEMBLEA La presenza dei cinghiali nella fascia urbana e periurbana di Trieste è dovuta a fattori naturali ma anche a comportamenti umani: l’incremento generale del numero dei capi è stato favorito negli anni scorsi dalla liberazione di una varietà non autoctona (proveniente forse dall’Appennino) utilizzata per allevamenti. A sua volta l’usanza di molti cittadini di nutrire gli animali ha portato molti branchi a uscire dal loro habitat naturale per andare alla ricerca di una facile fonte di cibo tra case, giardini e cassonetti. A questo proposito oggi alle 18 nell’auditorium della scuola media Rismondo si terrà un’assemblea-conferenza a cura di Maurizio Rozza, maresciallo della Polizia ambientale territoriale della Provincia, l’ente incaricato del piano di abbattimenti. Tema della conferenza saranno le caratteristiche e le abitudini del cinghiale, i rischi derivanti dalla sua presenza in area urbana e le possibilità di raggiungere una convivenza tra l’uomo e le specie selvatiche che premono sulla città. L’incontro rientra nel programma “Habitat/microaree, salute e sviluppo della comunità” realizzato da Comune, Azienda per i servizi sanitari Triestina e da Ater.
ABBATTIMENTI Si avvicina intanto a conclusione il piano di abbattimenti in deroga di cento cinghiali nella zona periurbana di Trieste: «Ormai abbiamo abbattuto circa 70 capi» - dice l’assessore provinciale all’Agricoltura, caccia e pesca Walter Godina. Il piano era stato autorizzato dalla Regione l’agosto scorso in aggiunta ai 450 capi già approvati per le riserve di caccia sul Carso: «La filosofia del piano non è sterminare gli animali – spiega Godina – ma colpirne alcuni per spingere i branchi nel loro habitat naturale: è una tecnica che funziona, i dati sulle richieste di danni lo dimostrano».
DANNI Le richieste di risarcimento dei danni all’agricoltura dal 2007 a oggi mostrano, afferma l’assessore, un calo significativo a partire dal 2009, in corrispondenza all’attuazione del piano. Le pratiche per il risarcimento del 2007 sono 14 per un totale di 9.175 euro.; nel 2008 la cifra sale a ben 132.440 euro con 45 pratiche, mentre nel 2009 (fino a oggi) le pratiche scendono a 31 per 57.786 euro: in tutto 90 pratiche per una cifra complessiva di 199.401 euro. A questi si aggiungono 39 richieste di contributi per interventi di prevenzione per un totale di 99.189 euro, con un picco di 22 pratiche per 89.500 nel 2008. «Le istruttorie sono complete solo per il 2007 – dice Godina – quindi i dati per gli anni successivi cambieranno leggermente, ma l’andamento è chiaro».
CASSE VUOTE «Il piano funziona e questo ci conforta – afferma l’assessore – di fronte all’entità delle cifre, però, non possiamo non guardare con estrema preoccupazione agli imminenti tagli agli enti locali». La Provincia al momento dispone di 22mila euro da destinare ai risarcimenti, ai quali la Regione aggiungerà altri 16mila euro come saldo 2009: «Fondi largamente insufficienti – dice Godina – destinati a diminuire nei prossimi anni».
PARAMETRI Secondo l’assessore il problema sono le modifiche recentemente apportate ai parametri regionali per il conferimento dei fondi a riparazione dei danni da fauna selvatica: «I nuovi parametri stabiliscono che i fondi erogati siano proporzionali alla superficie boscata del territorio», afferma: «È chiaro che questa Provincia, essendo la più piccola d’Italia, otterrebbe finanziamenti completamente sproporzionati rispetto all’entità dei danni prodotti dai cinghiali».
GIOVANNI TOMASIN

 

 

Muggia, via alla gara per la raccolta rifiuti - Fra gli obiettivi quello di portare la quota di differenziata al 63% entro la fine del 2010
 

NUOVO BANDO PER L’AFFIDAMENTO TRIENNALE DEL SERVIZIO
La ditta vincitrice potrà vedersi prolungare l’incarico per altri due anni: fino al 2015
Più cassonetti per la raccolta e un miglioramento del servizio e della percentuale di differenziata. È con questi obiettivi che viene istituito il bando di gara, a procedura ristretta, per l'assegnazione per i prossimi tre anni (con possibilità di proroga per ulteriori due) del servizio di asporto rifiuti nel comune di Muggia, attualmente gestito da Italspurghi (dal 1° febbraio 2009). Scadrà infatti il 28 febbraio 2010 l'incarico conferito a Italspurghi Ecologia Srl che si è aggiudicata la gara di rilevanza europea per 843.375 euro, con un ribasso di circa 130mila alla base d'asta e apportando numerosi miglioramenti rispetto a quanto previsto dal capitolato d'appalto. Italspurghi in realtà sta già operando a Muggia dal 21 luglio 2008. Prima della gara europea, aveva già svolto il medesimo servizio in via provvisoria in base a una trattativa privata seguita alla rescissione del contratto con Ecoverde. La ditta che si aggiudicherà l'appalto opererà dal 1° marzo 2010 al 28 febbraio 2013 con possibilità di proroga fino al 28 febbraio 2015.
«Tendiamo a migliorare un servizio di cui siamo già soddisfatti - spiegano dal Comune - e questo bando rappresenta un adempimento dovuto, in quanto l'attuale contratto è in scadenza. Nei termini previsti abbiamo quindi pubblicato l'avviso». La ditta vincitrice del nuovo bando dovrà garantire la presenza sul territorio di 70 contenitori da 3200 litri per il verde e ramaglie, 80 campane per il vetro, 160 cassonetti da 3200 litri per la raccolta differenziata di carta e plastica, 252 cassonetti da 2400 litri e 185 da 1100 litri per la raccolta indifferenziata, 114 bottini da 120 litri e 70 da 240 litri, 5 scarrabili da 30 e 3 da 10 metri cubi.
Dovrà disporre inoltre di un compattatore a carico laterale da 4.700 chili, di uno da 10.100, di un compattatore a carico posteriore da 2.500, uno da 2.200 e uno da 4.500, di un autocarro a doppia vasca da 640 chili, un autocarro a sistema scarrabile da 14.150, un autocarro con sistema vuotacampane da 11.000 chili, un autocarro a sponda idraulica posteriore da 5.990 chili e una spazzatrice.
Attualmente il servizio di asporto rifiuti prevede la raccolta differenziata porta a porta da 120 utenti (negozi e pubblici esercizi) e dei cartoni da imballaggio da 45 utenti. Le isole ecologiche sono 80, con la presenza in tutti i punti di raccolta di cassonetti da 3.200 litri per carta e plastica e di campane per vetro e lattine. Oggi sono presenti sul territorio 215 cassonetti per la raccolta indifferenziata e 320 (80 per tipologia) per la raccolta di carta, plastica, vetro e lattine e del verde.
A inizio estate la percentuale di differenziata - che nel 2006 era del 18% - si attestava al 28%, con una punta del 33% ad aprile; l'obiettivo è il raggiungimento del 55% entro il 2009, del 63 nel 2010 e del 71% nel 2011. Per accordi intercorsi tra l'amministrazione e l'odierno appaltatore, c'è infine la possibilità per il vincitore di acquistare da Italspurghi contenitori, cassonetti e scarrabili al prezzo di 200mila euro o noleggiarli al prezzo di ottomila euro mensili. «Ma - spiegano ancora in piazza Marconi - questa è solo una possibilità, anche perché nel bando viene specificato che solo i soggetti con determinate caratteristiche possono partecipare alla gara».
La base d'asta, comprensiva dell'eventuale proroga, è di 4.090.000 euro al netto dell'iva al 10%. È ammesso il subappalto in misura non superiore al 30% del prezzo. Le ditte interessate dovranno presentare la documentazione richiesta entro il 18 dicembre all'Ufficio Protocollo del Comune. Eventuali chiarimenti potranno essere richiesti via email fino all'11 dicembre.
GIANFRANCO TERZOLI

 

 

Altro ok per il Piano antenne: è quello di Sgonico - INDIVIDUATE TRE AREE NEL TERRITORIO AMMINISTRATO DALLA GIUNTA SARDOC
 

SGONICO Il Consiglio comunale di Sgonico ha dato il suo parere positivo per l'adozione del Piano di localizzazione degli impianti di telefonia mobile.
IL PROGETTO Inserito come uno dei punti all'ordine del giorno della riunione consiliare svoltasi ieri sera, l'amministrazione comunale retta dal sindaco Mirko Sardoc ha dato il suo nulla osta al progetto presentato dall'architetto Emilio Savonitto. Complessivamente sono risultate essere tre le aree individuate sulle quali i gestori di telefonia mobile potranno in futuro installare - eventualmente ove vi fosse la necessità - delle nuove antenne.
LE AREE La prima area è data dalla Palestra comunale, struttura che peraltro già ospita un'antenna affidata a due gestori. La seconda zona suggerita dal piano redatto da Savonitto invece indica come zona preferenziale il centro sportivo Ervatti. La terza ed ultima area è costituita infine dalla stazione ferroviaria di Prosecco. «Le aree prescelte sono state scelte in base a tre prerogative - ha spiegato il sindaco Sardoc - ossia preservare la salvaguardia della salute dei cittadini, rispettare le diverse zone poste sotto tutela ambientale (Sic e Zps, ndr), e poi favorire in primis le aree pubbliche in maniera tale che la comunità di Sgonico possa avere un tornaconto in seguito al ricavato dell'affitto stipulato tra il Comune e le compagnie telefoniche».
LE ANTENNE Attualmente le antenne fisse presenti sul territorio sono tre: una sistemata nella zona della Palestra comunale con due gestori differenti, una posta sotto la copertura del tunnel autostradale sito nel comune di Sgonico ed infine la terza installata a Gabrovizza vicino all'ex casello ferroviario di proprietà delle Ferrovie.
MONRUPINO L'adozione del Piano di localizzazione degli impianti di telefonia mobile fatta da parte del Comune di Sgonico segue di pochissimi giorni lo stesso provvedimento preso dal Consiglio comunale di Monrupino. Nel territorio amministrato dalla giunta guidata dal sindaco Marko Pisani, sono state due le zone preferenziali individuate. La prima, nel campo sportivo di Repen, mentre la seconda in un'altra area attigua della frazione di Monrupino.
Riccardo Tosques
 

 

Ambiente, nuove tecnologie e cambiamenti climatici spiegati agli studenti delle scuole medie

 

IL LICEO GALILEI FUNGE DA REALTÀ PILOTA
Iniziativa basata sull’esperienza dell’Addobbati Brunner con il Centro di fisica e il premio Nobel Filippo Giorgi
Conoscere l’ambiente per tutelarlo meglio, garantendone il rispetto e la conservazione. È questo l’obiettivo del progetto educativo “Ambiente, cambiamenti climatici e tecnologie pulite” (Acct), promosso dal Liceo scientifico Galilei, quale scuola pilota, che organizza, nel corso di quest’anno scolastico, interventi e iniziative didattiche innovative, rivolte alle scuole medie inferiori della provincia. Giovedì prossimo, a pochi giorni dall’apertura della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in programma a Copenhagen dal 7 al 18 dicembre, si terrà, alle 10.15, nell’aula magna del Galilei, la presentazione del progetto.
Nella capitale danese si parlerà delle emissioni di gas serra nei paesi più industrializzati, della previsione dei limiti di crescita delle emissioni da parte di Cina e India, di aiuti ai paesi in via di sviluppo, della funzione e dell’importanza delle foreste nell’assorbimento del carbonio atmosferico.
«Il Progetto Acct – spiega il professor Elvio Toselli, responsabile del Programma di Educazione ambientale per la sostenibilità della Scuola media Addobbati - Brunner e collaboratore del Dipartimento di Scienze della vita dell’Università - rappresenta una risposta, la prima a livello nazionale per spessore scientifico e completezza, all’appello lanciato a Parigi dal direttore dell’Unesco lo scorso 27 luglio, in occasione dell’apertura del primo Seminario internazionale sull’educazione al cambiamento climatico. Il Progetto Acct – aggiunge Toselli - si basa sull’esperienza acquisita nel corso di questi anni, operando alla Addobbati - Brunner, dove le attività didattiche promosse e già sperimentate si sono svolte in collaborazione con istituti di eccellenza scientifica, quali il Dipartimento di Scienze della vita dell’Università degli studi di Trieste, con il contributo del professor Filippo Giorgi, responsabile del settore di Fisica della Terra del Centro Internazionale di Fisica teorica di Miramare e premio Nobel per la Pace 2007, e del dottor Sergio Nordio, tecnico esperto dell’Osmer Arpa regionale». I temi trattati sono stati la biodiversità, i cambiamenti climatici e il loro impatto sull’ambiente.
«Le attività attuate – conclude Toselli - hanno inteso sensibilizzare i giovani su questi temi, per fornire solide e rigorose basi concettuali legate allo studio dell’ambiente, mediante un approccio basato sul coinvolgimento attivo e sull’esperienza diretta degli studenti per esaltare i processi di insegnamento e apprendimento». Giovedì saranno comunicate le modalità di partecipazione all’iniziativa educativa.
UGO SALVINI

 

 

SEGNALAZIONI - TRAFFICO - Largo alle bici
 

Già in una precedente lettera mi rammaricavo per la mancata occasione di realizzare una pista ciclabile sulle rive, dove biciclette e pedoni devono condividere uno stretto marciapiede. Spero che il nuovo piano del traffico, di cui viene data poca pubblicità, preveda la realizzazione di piste ciclabili e di stalli ai quali poter agganciare le biciclette. Non occorre realizzare stalli da design estremo, ad esempio come quelli di piazza Hortis, peraltro per niente funzionali. Sono sufficienti dei semplici paletti fissati al terreno terminanti con un anello. Spero che Dipiazza recepisca cortesemente anche questa mia segnalazione.
Bruno Spanghero

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 novembre 2009

 

Rigassificatore, Regione in pressing sugli spagnoli - De Anna: prima di esprimerci aspettiamo che Gas Natural fornisca risposte alle prescrizioni di Roma
 

L’ASSESSORE REGIONALE: IMPIANTO IMPORTANTE PER LO SVILUPPO
«Il rigassificatore di Zaule è un’opera importante, se non determinante, per lo sviluppo del territorio». Parola dell’assessore regionale all’Ambiente Elio De Anna che ieri in aula, dopo aver sgombrato il campo da equivoci e chiarito una volta per tutte l’orientamento favorevole della giunta Tondo all’ipotesi gnl nel golfo, ha lanciato un monito forte e chiaro al colosso spagnolo intenzionato a costruirlo.
«La Regione - ha spiegato De Anna, dopo aver risposto in consiglio all’interrogazione presentata dall’esponente della Slovenska skupnost Igor Gabrovec - aspetta che Gas Natural dia risposta alle prescrizioni richieste dalla Commissione di valutazione di impatto ambientale per fornire poi il proprio parere sulla realizzazione dell’impianto».
Un vero e proprio pressing sul gruppo iberico, dunque, che nasce dalla convinzione dell’urgenza di definire tutti i passaggi necessari a mandare in porto l’infrastruttura. Un pressing che però, fa anche capire chiaramente De Anna, deve fare i conti con i pochi margini d’azione concessi in questa fase all’esecutivo Tondo. «Il percorso di Via si gioca su un tavolo tutto nazionale - precisa -. Fino a quando il ministero dell’Ambiente, del Territorio e delle Acque non deciderà di riattivare il confronto relativo al parere di compatibilità ambientale, noi non potremo intervenire».
Il fatto che sia Roma a tenere in quest’occasione le redini del gioco, spiega anche il ”silenzio” ufficiale da parte della Regione sull’impianto targato Gas Natural. Silenzio che dura ormai da più di due anni. «L’ultimo atto adottato in materia è la delibera del 28 giugno 2007 dell’allora giunta Illy - precisa ancora De Anna -. Con quella delibera la Regione precisava di non poter esprimere parere di compatibilità ambientale sul progetto del rigassificatore, non esistendo nella documentazione fornita dal gruppo spagnolo la dimostrazione dell’assenza di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente. Mancavano insomma tutta una serie di elementi indispensabili per formulare il parere: dal progetto del gasdotto di collegamento tra l’impianto di Zaule e la rete di distribuzione nazionale, al piano di bonifica per l’area ex Esso. Dopo quella deliberazione, come Regione non siamo stati più coinvolti nell’iter amministrativo di Via».
Di qui la volontà di riprendere al più presto il discorso lasciato in sospeso, tornando a far sentire la voce del Friuli Venezia Giulia. «Quando verremo riconvocati al tavolo nazionale - precisa De Anna - daremo il nostro parere alla luce delle risposte alle prescrizioni richieste. Ci aspettiamo quindi che Gas Natural le fornisca quanto prima».
Quando arriveranno realmente quelle integrazioni, però, Gas Natural al momento non lo dice. Ad attenderle tra l’altro, oltre alla Regione, sono anche i ministri dell’Ambiente Prestigiacomo e dei Beni culturali Bondi. Il decreto di compatibilità ambientale firmato dai due componenti del governo Berlusconi, richiedeva infatti espressamente che venissero chiariti, con documentazione aggiuntiva, una serie di aspetti particolarmente spinosi. Tra questi, aveva sottolineato il sottosegretario Roberto Menia, il piano di caratterizzazione dell’area destinata all’impianto, i parametri sulla portata e la temperatura dei getti d’acqua calda dall’impianto al mare, nonché precisi monitoraggi sulla vita degli organismi marini, da iniziare già prima che il rigassificatore entri a regime.
«È alla luce delle risposte a quelle richieste di chiarimento che formuleremo in modo puntuale e informato il nostro parere - conclude De Anna -. Intanto però ribadiamo la nostra perfetta sintonia con la linea del governo. Noi siamo favorevoli al rigassificatore di Zaule perché lo riteniamo un intervento importante, se non determinante, per lo sviluppo del territorio».

MADDALENA REBECCA

 

 

RIGASSIFICATORE - E la Cgil avverte: «Pronti a dire no all’impianto» - IL SINDACATO
 

La Cgil è pronta ad assumere «una posizione contraria» sul rigassificatore di Zaule. «Sicurezza, ambiente, coinvolgimento dei cittadini: sono i tre punti su cui vogliamo sia fatta chiarezza», dice il segretario provinciale Adriano Sincovich. E così mentre nel maggio 2006 il sindacato esprimeva una posizione «di attenzione positiva fatta chiarezza su ambientale e sicurezza – spiega Sincovich – Oggi prendiamo atto del mancato adempimento di queste condizioni e pensiamo sia il caso di rompere il riserbo».
Il primo appello è rivolto a Gas Natural: «In questi tre anni abbiamo assistito a un silenzio assordante da parte della società – sostiene la Cgil -, considerato che ben due esposti alla procura della Repubblica pongono importanti quesiti sulle documentazioni e che i Comuni di Muggia e San Dorligo hanno fatto ricorso al Tar, chiediamo a Gas Natural di mettersi a disposizione per un confronto pubblico su questi temi».
Il sindacato lancia un segnale anche alla pubblica amministrazione e al sindaco Roberto Dipiazza, secondo Sincovich «l’atteggiamento del Comune fino a ora è stato insufficiente: ci sono diverse dichiarazioni, per non chiamarle battute, del sindaco sui vantaggi che deriverebbero dal rigassificatore: ora le battute non bastano più». Infine Cgil chiama in causa la Confindustria, che secondo il sindacato dovrebbe rendere noti eventuali progetti sull’indotto dell’impianto: «Se ne fa un gran parlare – dice Sincovich – ma i fatti ancora mancano: l’indotto è reale?». Se queste richieste non dovessero venire soddisfatte, avverte il sindacato, la Cgil cambierà il suo atteggiamento.
Giovanni Tomasin
 

 

RIGASSIFICATORE - Esperti italiani e sloveni a confronto su rischi e ricadute del progetto
 

Al progetto del rigassificatore di Zaule è dedicata anche una due giorni di lavori promossa dalla Uil-Pa dei vigili del fuoco. Ieri il tavolo tecnico, che vede riuniti assieme esperti italiani e sloveni, ha messo a fuoco le strategie di sviluppo del rigassificatore, delle navi e delle gasiere. L’analisi si è poi concentrata sulle varie esperienze legate ad insediamenti a metano e gnl.
Oggi è in programma la seconda sessione di studio, che metterà al centro i rischi antropici e industriali del progetto. I risultati della due giorni, che porterà anche alla stesura di un documento riassuntivo, verranno illustrati nel corso di una conferenza in programma questa mattina alle 11 al Caffè degli Specchi.
 

 

Bonifiche, entro l’anno la firma sulla bozza - L’impegno sull’accordo di programma sancito dall’incontro al ministero
 

LE GARANZIE - «Salve le aziende che non inquinano»
La firma sulla nuova bozza di accordo di programma per la riqualificazione delle aree inquinate inserite nel Sin di Trieste arriverà entro fine anno. È l’impegno assunto dai partecipanti all’incontro convocato ieri a Roma dal ministero dell’Ambiente. Incontro che, a detta dei rappresentanti di Regione, Comuni di Trieste e Muggia, Provincia, Autorità portuale e Camera di commercio, segna un deciso passo avanti verso la soluzione del ”caso bonifiche”.
«In particolare - ha commentato al termine del vertice l’assessore comunale allo Sviluppo economico Paolo Rovis - dal ministero sono arrivate precise garanzie a tutela del principio del ”chi non ha inquinato, non paga”. Le verifiche fatte dal numero uno della Direzione dell’Ambiente Marco Lupo con l’Avvocatura dello Stato e con la Corte dei conti hanno infatti accertato la legittimità della procedura prevista nella bozza per salvaguardare le imprese non inquinanti. Queste, nel caso in cui si trovino all’interno di aree inquinate, non dovranno sobbarcarsi i costi delle bonifiche, che verranno invece coperti dal pubblico».
Altro punto centrale del vertice romano, cui ha preso parte anche il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, il via libera al completamento delle caratterizzazioni. «Finora è stata analizzata solo la metà delle aree a terra - continua Rovis -. Il tavolo di oggi (ieri ndr) ha deciso di sbloccare l’impasse, autorizzando l’Ezit a riprendere il prima possibile, senza attendere quindi la conclusione dell’iter relativo all’accordo di programma, i sondaggi nelle zone mancanti. Sondaggi per i quali esistono i finanziamenti: 2,5 milioni di euro che la Regione ha già a disposizione».
Sempre in tema di finanziamenti, Menia ha ribadito agli attori istituzionali presenti al tavolo la necessità di accelerare i tempi della firma della nuova bozza di accordo per non correre il rischio di perdere i 2,6 milioni di euro recuperati dal ministero tramite fondo di riserva. Di qui l’impegno manifestato dalla Regione a convocare già nelle prossime settimane un nuovo incontro a Trieste per limare il testo assieme agli enti locali, in modo da riportarlo a Roma per la firma definitiva entro il 31 dicembreIn quel testo, tra l’altro, è contenuta anche la conferma della disponibilità ministeriale a stanziare le risorse per la realizzazione del nuovo depuratore di Trieste, e il via libera all’ingresso ufficiale della Camera di commercio tra i soggetti pubblici titolati a partecipare alla gestione dell’affaire bonifiche.

(m.r.)
 

 

Tav transfrontaliera La Slovenia teme il disimpegno italiano - TIMORI PER LA TRIESTE-CAPODISTRIA
 

TRIESTE Ora Lubiana non ci sta. E sul Corridoio 5, relativamente al collegamento Trieste-Capodistria, apre una vivace polemica diplomatica. Secondo la Slovenia l’Italia vorrebbe costruire con priorità il tratto transfrontaliero del cosiddetto progetto europeo Ten-t n° 6 passando da Ronchi a Opicina, sfiorando Sezana per arrivare così a Divaccia.
Il collegamento tra il capoluogo giuliano e quello del Litorale sloveno verrebbe così, per il momento, accantonato. Tanto che il governo di Lubiana ha chiesto per la prossima metà di dicembre (la data non è stata ancora fissata) un incontro tra il sottosegretario ai Trasporti, Igor Jakomin e il viceministro italiano, Roberto Castelli, alcune dichiarazioni del quale al recente summit interministeriale italo-sloveno a Brdo pri Kranju avevano suscitato polemiche proprio su questa questione.
Sta di fatto che nel documento finale del suddetto vertice, sottoscritto per l’Italia dal ministro degli Esteri, Franco Frattini e, per la Slovenia, dal ministro per l’Ambiente Karl Erjavec si legge testualmente che Italia e Slovenia si impegnano «per lo studio e la progettazione del tratto transfrontaliero (del Corridoio 5, ndr) tra Trieste e Divaccia nell’ambito del progetto prioritario Ten-t n°6 Lione-Trieste-Divaccia/Capodistria-Lubiana-Budapest-confine ucraino. Più avanti, nello stesso documento, si legge che i due Paesi si impegnano «successivamente al completamento dello studio di fattibilità per la costruzione della linea Trieste-Divaccia/Capodistria-Divaccia per un’elaborazione coordinata dei progetti» e per una comune linea di sviluppo dell’intera regione «per incoraggiare la cooperazione tra le aree italo-slovene nella zona confinaria e sul Mare Adriatico» e questo anche per una nuova forma di cooperazione dei porti di Capodistria, Trieste, Venezia e Ravenna per cercare di arginare lo strapotere degli scali del Nord Europa.
Dunque, la Slovenia prima sottoscrive un documento dove le scansioni temporali dei progetti sono ben definite, per poi protestare contro il presunto disinteressamento di Trieste del collegamento ferroviario tra il capoluogo e Capodistria.
«Parliamo giornalmente con il coordinatore del progetto Ten-t n°6, Laurens Jan Brinkhostorm (pochi giorni fa a Trieste a colloquio sul tema con il governatore del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo e l’assessroe ai Trasporti, Riccardo Riccardi) - sostiene un portavoce del ministero dei Trasporti sloveno - ci scambiamo documenti e informazioni e questo senza guardare a quanto sta succedendo in Italia». Insomma, toni duri che non lasciano preludere a una facile soluzione.
Inoltre, sempre al dicastero sloveno, precisano senza remore che «il ministero non rinuncia assolutamente al progetto Capodistria-Divaccia. Questo prosegue secondo il calendario prestabilito - precisano - e riteniamo che i lavori potranno iniziare già a metà del 2010». Al ministero puntualizzano poi che si tratta di un progetto internazionale nell’ambito del quale ciascuno Stato decide le proprie priorità separatamente dalla direzione del progetto stesso. «Per questo motivo la Slovenia non può commentare - concludono - quanto avviene in Italia e quali sono le sue decisioni».
È chiaro che la disparità di vedute farebbe «saltare» i tracciati fin qui presentati. Secondo Lubiana l’Italia sarebbe pronta a rinunciare al raccordo Trieste-Capodistria-Divaccia nell’area di Crni Kal (a Est della Val Rosandra) così come stabilito nei colloqui precedenti tra i due Stati.
MAURO MANZIN

 

 

Piano regolatore, dai cittadini 800 osservazioni - Dipiazza: «Un trionfo. Pronto a recepire le correzioni della gente, ma non quello che dice la politica»
 

Per il piano regolatore di Trieste si sta per aprire il secondo ”ciak”. Ieri si è chiuso il tempo per la presentazione di osservazioni e opposizioni da parte dei cittadini, ora si attendono solo quelle inviate per posta raccomandata. Al 20 novembre, all’ultimo sondaggio parziale negli uffici, Roberto Dipiazza ne aveva contate 290. Ma ieri pomeriggio, in fase di chiusura, le stime finali erano schizzate a una quota compresa tra le 750 e le 800 osservazioni, complici le 300 arrivate nella sola giornata di martedì. «L’impennata in dirittura d’arrivo è normale - precisa il sindaco - ma il numero complessivo delle osservazioni rimane molto basso, molto più basso rispetto a quello registrato in occasione del Prg precedente in epoca Illy. Siamo a uno 0,4% scarso rispetto al totale della popolazione: un trionfo, bel messaggio per chi aveva tanto denigrato il documento, si vede che i cittadini hanno apprezzato. Sono pronto a recepire tutte le correzioni chieste da loro, ma non quello che dice la politica, perché domando nuovamente: dov’erano i politici che votarono il Prg precedente? Forse in Costa Azzurra con un viaggio pagato dai progettisti?».
L’ITER Il capogruppo di maggioranza, Piero Camber (Fi-Pdl), oggi farà con gli uffici un’analisi di tutti i plichi e anche un’elaborazione dei dati raccolti, per poi parlarne pubblicamente domani assieme agli altri capigruppo di maggioranza. L’inclinazione è la stessa: «Accoglieremo il più possibile le esigenze specifiche dei cittadini, per singole necessità del loro terreno, della loro famiglia, se le domande arriveranno dalle imprese l’esame sarà invece, come dire, molto più approfondito». Osservazioni e opposizioni dovranno essere vagliate dagli uffici che ne controlleranno la compatibilità, quelle accettate saranno viste e votate una per una dal consiglio comunale.
LE VARIABILI Intanto tra le varie anime politiche del consiglio le opinioni divergono: chi dice che ormai l’impianto del nuovo disegno urbanistico della città è fatto, e nella sostanza non può più essere cambiato, e chi ritiene invece che i giochi siano tutti ancora aperti, fino al giorno della definitiva approvazione (dopo il vaglio della Soprintendenza e della Regione, che può imporre prescrizioni). In più si aggiunge il Piano particolareggiato del centro storico, che avrà una storia a sé, come un secondo Piano regolatore: Camber ipotizza possa essere adottato entro Natale.
Sulla materia scende poi il Piano casa della Regione che recepisce quello nazionale: 20% di libera costruzione in più in centro, 35% in costiera. Vincoli cittadini stracciati? O il Comune può difendere le proprie scelte «non cementificatorie»? Anche qui i pareri divergono. Per il verde Alfredo Racovelli «non c’è niente da fare, chiederò comunque - aggiunge - che si spieghi nel concreto che cosa questo piano edilizio comporta per Trieste. Il Piano regolatore nella sua sostanza comunque è blindato, ormai non si può più cambiar niente».
L’OPPOSIZIONE Non così la pensa il Pd. Il capogruppo Fabio Omero con Bruna Tam ha depositato cinque osservazioni. I due consiglieri chiedono che per le zone «strategiche» (Fiera, Caserma di Banne, Burlo, Ortofrutticolo, ex Bianchi) la decisione su che cosa farci sopra torni in capo all’iniziativa pubblica. Il nuovo Prg la lascia ai privati. Chiedono che il progetto del Parco del mare sia corredato da credibili indicazioni su parcheggi e viabilità. E che il Piano casa regionale «non si applichi affatto alla Costiera».
Per Iztok Furlanic di Rifondazione comunista «il Prg va migliorato, ribadiremo i nostri emendamenti, il difetto peggiore è che il Carso viene destinato a zona dormitorio senza alcuna possibilità di sviluppo economico, e inoltre bisogna impedire che il Piano casa regionale consenta ampliamenti edilizi in Costiera. Secondo noi si può ancora intervenire su tutto il documento».
GABRIELLA ZIANI e PIERO RAUBER

 

 

«Codice regionale edilizio - il Comune stia in guardia» - Sos degli ambientalisti: «Proteggere il territorio dal rischio speculazioni»
 

Wwf, Italia Nostra, Legambiente e Lipu lanciano un appello agli enti locali triestini: solo attraverso una normativa chiara sarà possibile tutelare il centro cittadino e la sua periferia dall’assalto sfrenato dell’edilizia, avallato da quel nuovo Codice Regionale dell’ediliziadefinito dagli ambientalisti «un vero e proprio abusivismo legalizzato». A esternare le preoccupazione delle associazioni sul Piano casa regionale Lucia Sirocco, Gianluca De Vido e Luciana Boschin, rispettivamente in rappresentanza di Legambiente, Wwf e Italia Nostra.
Le associazioni contestano la legge regionale 19/2009 pubblicata sul Bur lo scorso 18 novembre, quel Codice dell’edilizia che secondo i tecnici terrebbe conto in modo quasi esclusivo gli articoli ispirati al Piano casa del Governo. «La filosofia della legge regionale – osserva l’architetto Lucia Sirocco – esplicita quella tendenza tutta italiana a considerare l’edilizia quale serbatoio di manodopera e soluzione per superare la crisi. Considerazioni errate, stando a quelle cifre che, se da una parte ci vedono tra i primi in Europa per gli incidenti del lavoro, dall’altra non consentono all’economia di trovare nuovo slancio per superare l’attuale impasse».
Secondo l’architetto la nuova legge regionale favorirà una deroga generalizzata e selvaggia ai piani regolatori, con aumenti sino al 35% delle cubature degli edifici residenziali e ricettive al di fuori dei centri storici. In controtendenza, per esempio, a regioni quale il Veneto e la Lombardia che, a detta di Gianluca De Vido hanno posti dei paletti ben marcati (attorno al 10 percento) alle cubature consentite.
I centri storici verranno risparmiati o, comunque, saranno protetti da eventuali speculazioni o allargamenti? Secondo gli ambientalisti no, visto che la nuova legge ammetterebbe all’interno degli stessi ampliamenti sino a 200 metri cubi per un’altezza massima di 6 metri.
«Proprio per queste ragioni sarebbe importante che i Comuni potessero adottare o meno le deroghe ai propri piani regolatori. Quello per Trieste, la variante 18 – puntualizza Luciana Boschin – dove è stata prevista una diminuzione delle volumetrie edificabili pari a circa 1.600.000 metri cubi, potrebbe a seguito della Legge 19 ospitare 10 milioni di metri cubi aggiuntivi».

(ma.lo.)
 

 

Architetti: quel documento nasce già vecchio L’Ordine: visione miope che non immagina sviluppo, nessuna integrazione con le aree d’oltreconfine
 

DECISA PRESA DI POSIZIONE: «MANCA ANCHE UN DISEGNO UNITARIO PER LE RIVE»
Dapretto: scarsa anche la considerazione per il verde pubblico, questa è una città cementificata al massimo
Un Piano regolatore che nasce vecchio, impostato su criteri superati dal tempo e che necessiterà molto presto di sostanziali correzioni. È un giudizio estremamente critico quello che una trentina di architetti triestini, in rappresentanza dell’Ordine professionale di categoria, esprimono sul Piano regolatore della città «che per giunta – sostiene il presidente, Andrea Dapretto – è stato definito senza una consultazione di tutti i soggetti interessati, fra i quali ci siamo anche noi».
Sintetizzando l’analisi fatta dalle cinque commissioni nelle quali si sono distribuiti i trenta architetti, ciascuna delle quali ha affrontato specifiche tematiche del Piano, Dapretto, eletto presidente pochi mesi fa, ha parlato ieri di «visione miope del futuro della città, che non immagina crescita e sviluppo, che chiude ogni prospettiva di osmosi con il territorio circostante, compresa la vicina Slovenia, dalla quale, oramai – ha precisato – non siamo più separati da confini e barriere».
Entrando nel dettaglio, il presidente dell’Ordine degli architetti ha spiegato che «non è possibile prevedere la presenza del Parco del mare - per il quale si prevedono di media tremila visitatori al giorno - senza un parcheggio di servizio che disponga della relativa capacità di ospitare vetture e corriere».
Dapretto ha poi puntato l’indice sull’assenza, nel Piano, di «un progetto unitario per le Rive, che vanno invece ricomprese in un unicum architettonico» e sulla decisione del Comune di «individuare nel 1918 la data spartiacque fra gli edifici che non si possono modificare e quelli sui quali si potrà invece intervenire. Dopo il 1918 – ha spiegato Dapretto – sono stati realizzati edifici e quartieri di notevole pregio, come per esempio l’intera area compresa fra il Giardino pubblico e il viale XX Settembre, che hanno un loro prestigio e una loro omogeneità».
Il presidente degli architetti triestini ha anche ricordato che «è comunque difficile datare molti edifici, in quanto esistono indicazioni diverse fra il momento della progettazione e quello della costruzione». Di notevole rilievo, nella relazione di Dapretto, la «scarsa considerazione manifestata da parte dell’amministrazione comunale nei confronti del verde pubblico. A Trieste – ha sottolineato – ogni cittadino dispone, virtualmente, di 16 metri quadrati di verde pubblico. La media nazionale – ha evidenziato – è di 94, quindi sei volte maggiore. Non si può giocare sul fatto che esiste il Carso in quanto si tratta di un’area ben definita e circoscritta, lontana dal centro cittadino, che può alzare la media solo a livello statistico, ma non sul piano della reale fruizione da parte della popolazione. Se guardiamo Trieste sotto questo aspetto – ha continuato Dapretto – la nostra è una città cementificata al massimo».
Puntuale anche la critica sul versante della mobilità. «I mezzi pubblici – ha affermato il presidente degli architetti – perdono ogni anno, da dieci anni, circa 10mila utilizzatori. Il che sta a significare che, in proporzione, aumentano le vetture private che circolano per le strade. Ebbene – ha sostenuto – davanti a questo problema, si è deciso di delineare il piano del traffico prima di por mano al Piano regolatore generale, mentre i due documenti dovrebbero necessariamente camminare paralleli».
Infine Dapretto ha parlato di «necessità di aprire i confini progettuali della Trieste del futuro, tenendo presente che, a pochi chilometri da noi, crescono a grande velocità aggregati urbani come Capodistria, per fare l’esempio più clamoroso, o come Sesana o altri. I piani vanno integrati e discussi in maniera unitaria – ha proseguito – perché è questa la direzione da seguire. Trieste, come immagina il Piano, non supererà i 240mila abitanti, ma coloro che la attraverseranno saranno molti di più nei prossimi anni». Dapretto ha concluso annunciando la convocazione di un pubblico dibattito «al quale inviteremo i rappresentanti del Comune per discutere di tutte queste tematiche».
Ugo Salvini
 

 

MONRUPINO - Al via il Piano per le antenne - NUOVI SITI PER LA TELEFONIA
 

Un piano comunale per individuare le aree più adeguate per installare delle possibili nuove antenne per i telefoni cellulari. E' questo l'obiettivo del piano per la localizzazione degli impianti fissi per la telefonia mobile votato in questi giorni dal Consiglio comunale di Monrupino.
In base alla relazione stipulata dall'architetto Emilio Savonitto sono state identificate due aree che in un futuro prossimo, se le compagnie telefoniche lo ritenessero necessario, avrebbero i requisiti per ospitare altri impianti fissi di telefonia mobile. Le zone preferenziali sono state individuate nel campo sportivo di Repen e in un'altra zona attigua della frazione di Monrupino.
Una scelta che però non ha convinto appieno il consigliere di maggioranza Maurizio Vidali: «Ho chiesto delucidazioni in merito visto che il campo sportivo è frequentato da tanti atleti, soprattutto bambini, ma l'architetto Savonitto ha fornito in aula rassicurazioni sul fatto che le emissioni prodotte dall'antenna non sono nocive».
Va ricordato che attualmente a Monrupino esistono tre siti riservati alle antenne telefoniche: uno posto a Col (il gestore è la Wind), una della Vodafone-Omnitel presso il campo sportivo ed infine l'impianto di Fernetti con tre antenne (Tim, Wind e Vodafone-Omnitel) poste su un'unica postazione.
L'ultima antenna installata nel comune di Monrupino - quella sita nella frazione di Col - aveva destato non poche polemiche, anche perché la struttura era sorta su un terreno privato con conseguente mancanza di introiti (derivanti dall'affitto dello spazio) per il Comune.
Anche l'antenna di Fernetti era stata eretta non senza problemi e solo dopo un ricorso al Tar fatto dai gestori in seguito ad una iniziale bocciatura da parte del Consiglio comunale. «Per ora abbiamo solo votato l'adozione del piano - ha precisato il consigliere di maggioranza Angelo Barani - ma prima di confermarlo verranno fatti degli appositi incontri con la popolazione per dare voce al loro pensiero».
Riccardo Tosques
 

 

Conoscere l’avifauna con ”Natura 2009” - Corso promosso dalla Lipu (Lega protezione uccelli) e da BirdLife International
 

Partirà domani "Natura 2009", il corso per la conoscenza dell'avifauna nella provincia di Trieste promosso dalla Lipu (Lega protezione uccelli) e da BirdLife Intenational. In programma quattro incontri gratuiti che si pongono l'obiettivo di divulgare le conoscenze sull'avifauna che frequenta il nostro territorio: dalla Riserva naturale della Val Rosandra al Biotopo della Valle delle Noghere, dal Golfo di Trieste al centro della città, dove molti uccelli si sono adattati a vivere cambiando le proprie abitudini.
Tutti gli appuntamenti si terranno presso la sala convegni del Credito Cooperativo del Carso di via del Ricreatorio 2, a Opicina, dalle 18.30 alle 20.30. Venerdì 27 Stefano Sava della Lipu di Trieste parlerà su "Il birdwatching e gli uccelli della città di Trieste (centro storico e parchi urbani).
Il secondo appuntamento è previsto giovedì 3 dicembre, con Matteo Skodler, che illustrerà la relazione su "Gli uccelli della Riserva naturale regionale della Val Rosandra". "Gli uccelli del biotopo dei laghetti delle Noghere" è il tema che verrà trattato venerdì 11 dicembre dall'ornitologo Enrico Benussi, collaboratore scientifico della Stazione Biologica Isola della Corna. L'ultimo incontro, venerdì 18 dicembre, su "Uccelli del golfo triestino" sarà tenuto dall'ornitologo Fabio Perco, direttore della Stazione Biologica Isola della Corna.
«Natura 2009 - spiega Ilario Zuppani, consigliere della Lega Italiana Protezione Uccelli - vuole essere uno stimolo per riattivare l'attenzione sul mondo della natura ed in particolare sugli uccelli, che sono gli animali più facili da incontrare ed osservare. Infatti l'avifauna è riconosciuta quale bioindicatore dello stato di salute degli ecosistemi proprio per la relativa facilità di osservazione e monitoraggio».
Sono almeno 287 le specie di avifauna che sono state osservate solo a Trieste e per una provincia così piccola sono veramente tante. Non a caso l'Unione Europea, sulla base delle osservazioni effettuate da professionisti ed appassionati, ha obbligato l'Italia e la Regione a porre sotto tutela 12.190 ettari del Carso triestino e goriziano, in quanto habitat di specie di uccelli che sono in grave declino in Europa e nel Mondo. «Circa metà del nostro territorio - continua Zuppani - è entrato così nella rete europea Natura 2000 promossa dall'Unione Europea per fermare la perdita di biodiversità negli ambienti naturali, nella fauna e nella flora selvatica.
La Lipu, insieme agli altri portatori d'interesse, sta partecipando ai forum promossi dalla Regione Fvg per la redazione di un Piano di gestione delle Aree carsiche della Venezia Giulia che dovrà armonizzare localmente le attività umane e la tutela della natura".
La Lipu partecipa anche alle attività di conservazione della natura promosse dai Comuni di San Dorligo della Valle e di Muggia con l'intento di garantire una migliore conservazione dei patrimoni naturali locali.
Per informazioni e iscrizioni ai corsi di "Natura 2009" è possibile contattare la sezione provinciale della Lipu ai numeri di telefono 328-6951039 o 340-7399686. Ulteriori dettagli sono reperibili sul sito internet
www.liputrieste.it.

(s.s.)
 

 

SEGNALAZIONI - Privatizzare la gestione dell’acqua, scelta sbagliata

 

Non potremo più chiamarla ”Sorella acqua” : l’art. 15 del DL 135/2009 sugli obblighi comunitari l’ha trasformata, ipso facto, in ”sorellastra”. Ciò significa che un bene essenziale della collettività cadrà in mano private e, dal momento che, a memoria d’uomo, non si ricorda un privato ”benefattore puro” dell’umanità, prepariamoci a veder schizzare all’insù le bollette per il consumo dell’acqua potabile.
E pensare che già all’epoca della legge Galli avevamo invocato la ”sprivatizzazione” di questo bene indispensabile alla vita; ma quella dei consumatori è ”voce di uno che grida nel deserto” e solo il deserto ha raccolto le raccomandazioni e le previsioni fatte, già allora, sugli aumenti che in dieci anni sono lievitati del 61% contro il 25% del resto d’Europa.
Ed ora si riparte. A quale percentuale di aumento arriveremo con questa liberalizzazione? Non azzardiamo ipotesi. Un’unica cosa è certa: aumenterà.
Senza piangere sul male dei fratelli d’Italia (al Sud c’è una dispersione idrica pari al 34%) ma nemmeno senza rallegrarci nel constatare che siamo a metà classifica riguardo il costo dell’acqua nel nostro Paese, notiamo, questo sì, che in Regione siamo quelli che paghiamo di più (e anche questo era già stato ribadito all’epoca della legge Galli) e paventiamo gli inevitabili aumenti che ne deriveranno.
Siamo una Regione a statuto speciale, una Regione a cui chiediamo di non aderire alla privatizzazione dell’acqua. Una regione a cui chiediamo, ancora una volta, di dichiarare l’acqua bene comune varando una propria legge onde impedire che aziende private intervengano alla ricerca di profitti perché tali saranno dal momento che la nostra rete idrica è sana e che le uniche spese giustificate a carico degli utenti dovrebbero essere le spese di gestione del flusso idrico e delle eventuali riparazioni.
Ma ciò che soprattutto chiediamo è di non essere presi in giro: non ci si venga a dire che non si privatizza l’acqua bensì la gestione della rete: questo è un insulto all’intelligenza dei cittadini. Chiunque riesce a comprendere che chi si trova a distribuire e vendere l’acqua, praticamente aprire e chiudere i rubinetti, è di fatto il padrone della rete con tutte le conseguenze che ne derivano per chi dai rubinetti dipende.
Lo ribadiamo: la privatizzazione dell’acqua e, ancora peggio, la precisazione che ad essere privatizzata sarà la gestione, è una scelta sbagliata perché – come al solito – porterà vantaggi a pochi potenti gruppi industriali e finanziari e colpirà il cittadino che sta ancora faticando per uscire dalla crisi.
Non si pongano a paravento gli obblighi comunitari: sono tante le Direttive comunitarie che,
Luisa Nemez

 

 

SEGNALAZIONI - TRAFFICO - Parcheggio biciclette
 

Egregio comandante della Polizia municipale di Trieste, ho letto la sua parziale risposta del 23 novembre scorso ai tanti ciclisti che chiedono dove parcheggiare la bici nel rispetto del Codice della Strada. Io sono uno di quelli che, dall’estate scorsa, si sono arresi, hanno rinunciato alla bici e hanno ripreso ad utilizzare lo scooter, scoraggiati e spaventati dalle multe per divieto di sosta. Speravo finalmente in una risposta chiara, ed invece è solo parziale, perché ha detto dov’è proibito e questo lo sapevamo già, ma non hanno spiegato dov’è permesso parcheggiare la bicicletta a Trieste.
Fabio Dapas
 

 

 

 

BORA.LA - MERCOLEDI', 25 novembre 2009

 

Rigassificatore: per la Regione la documentazione è carente. Domani le conclusioni dei pompieri
 

Intoppo non previsto per la realizzazione del rigassificatore di Zaule. Come reso noto dall’assessore Elio De Anna, la Regione ha segnalato al Ministero dell’Ambiente “alcune carenze” nella documentazione del progetto.
Le mancanze rilevate riguardano “la natura dell’intervento di bonifica, il collegamento tra il gasdotto e la rete di distribuzione del gas, la non quantificazione del rischio di incidenti e la temperatura delle acque della baia di Muggia, in relazione agli scarichi” (Agenzia ASCA).
Gli stessi dubbi erano stati già avanzati da numerose organizzazioni ambientaliste.
Nel frattempo, i Vigli del Fuoco annunciano per domani la conferenza di presentazione dei risultati del tavolo tecnico transfrontaliero sul rigassificatore. Al Tavolo, convocato ieri e oggi, partecipano degli esperti italiani e sloveni, con l’obiettivo di valutrare i rischi per la popolazione e per le attività industriali connessi all’impianto di Gas Natural

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 novembre 2009

 

 

Tomat: Tav, non esiste il tracciato perfetto - Il Corridoio V arriverà a Nordest: un passo alla volta supereremo tutte le difficoltà
 

IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA MINIMIZZA I TIMORI EUROPEI
Il leader veneto degli imprenditori - «Ci sono due opzioni sul tavolo e si stanno valutando pro e contro»
TRIESTE «Il Passante è stato fatto, la terza corsia si farà. Un passo alla volta, con molte difficoltà, ma vedremo anche la Tav». Andrea Tomat, presidente degli industriali veneti, ha nel dna l’ottimismo dell’imprenditore. Crede che il Corridoio 5 diventerà realtà nonostante i tempi lunghi e le preoccupazioni di Laurens Jan Brinkhorst, il coordinatore europeo del progetto prioritario 6 sulle lentezze della politica del Nordest.
Presidente Tomat, la Ue sottolinea il mancato accordo tra Friuli Venezia Giulia e Veneto sulla Tav. Condivide?
Si sta discutendo di due ipotesi e se ne sceglierà una. Non mi pare una cosa drammatica di fronte a un tema su cui si gioca il futuro socio-economico dei prossimi decenni.
Quale delle due prevarrà?
Visto l’interesse extra-nazionale del tracciato, un’azione dell’Europa potrebbe essere utile alla ricomposizione della vicenda.
Insisto: i due tracciati sul tavolo, quello lungo le spiagge venete e quello più vicino alla A4, dividono il Veneto o Veneto e Friuli Venezia Giulia?
Si stanno valutando pro e contro delle due soluzioni. Andranno individuati dei parametri per la decisione finale ben sapendo che la coperta è corta: non c’è l’opzione perfetta, entrambe hanno la loro pertinenza.
Come imprenditori non date indicazioni?
In questo momento ci mancano gli approfondimenti necessari. Ma è comunque compito di altri soggetti, penso in primis all’Europa, giocare a carte scoperte e individuare le ragioni alla base di scelte così importanti.
Insomma vi basta che la Tav si faccia in un modo o nell’altro?
Che si faccia nel miglior modo possibile.
Il governo sta facendo abbastanza?
Il viceministro Castelli sta seguendo la vicenda con particolare attenzione. Presenza utile anche per ricomporre velocemente la questione del doppio tracciato. Come associazione industriali, e mi permetto di parlare anche per il collega del Friuli Venezia Giulia Alessandro Calligaris, lanciamo un appello alla politica perché si trovino in fretta le risorse economiche per una rapida realizzazione di quest’opera.
Eppure proprio Castelli avrebbe posto dei dubbi sulla Trieste-Divaccia.
Tratta evidentemente indispensabile. Ho estrema fiducia che il viceministro possa incidere a favore della realizzazione di un’opera chiave per il Nordest italiano, la vicina Slovenia, il Nordovest. Dobbiamo avvicinare territori rimasti lontani per troppo tempo, anche nella prospettiva delle olimpiadi nel 2020 a Venezia, la vera capitale dell’Europa che si sta costruendo.
Nel frattempo però, mentre Mestre si consolida nodo fondamentale, il Friuli Venezia Giulia pare ai margini delle scelte di Trenitalia. Che ne pensa?
Non conosco i dettagli ma non è una buona cosa. Con Calligaris la sintonia è perfetta: la nostra è una visione integrata delle urgenze infrastrutturali delle due regioni. Ed è dunque importante che anche Trenitalia ragioni trattandoci come unico grande bacino allargato al centro dell’Europa. L’accordo condiviso sull’Euroregione è una linea tracciata in modo molto chiaro.

(m.b.)
 

 

Veneto e Friuli Venezia Giulia: «Alta velocità prioritaria» - Chisso e Riccardi rassicurano congiuntamente l’Unione europea. Ma rimane il rebus della tratta ”balneare”
 

I DUE ASSESSORI: GIÀ FORNITE LE INDICAZIONI A FERROVIE
TRIESTE L’Unione europea, con il coordinatore olandese Laurens Jan Brinkhorst, bacchetta il Nordest? E denuncia i suoi ritardi sulla Tav? «Veneto e Friuli Venezia Giulia considerano assolutamente prioritaria l’alta velocità e l’alta capacità ferroviaria tra Mestre e Trieste» garantiscono, all’indomani, gli assessori regionali ai Trasporti Renato Chisso e Riccardo Riccardi. E lo fanno, con nota congiunta, affermando che le due Regioni hanno fatto tutto quel che dovevano fare: «Abbiamo già fornito le indicazioni necessarie di tracciato a Rete ferroviaria italiana cui spetta il compito di predisporre il progetto preliminare da presentare al Cipe». Di più: «Il Veneto ha messo a disposizione 6 milioni di euro per la progettazione preliminare e il Friuli Venezia Giulia ha stanziato 4,1 milioni».
Resta un dubbio, però. Un dubbio che il Veneto, nonostante la nota ufficiale, non chiarisce: la Tav, nel tratto che va da Quarto d’Altino a Portogruaro, dove passerà? Scenderà a sud verso le spiagge, Caorle e Jesolo, oppure salirà a nord verso l’autostrada A4? Italferr, la spa delle Ferrovie incaricata di disegnare l’alta velocità da Mestre a Trieste, fa attualmente i conti con due opzioni: un tracciato litoraneo lungo, più vicino alla costa, e un tracciato corto. E chi, se non il Veneto, deve ancora scegliere qual è il migliore?
In attesa della risposta, non irrilevante per i destini della Tav, Chisso e Riccardi ribadiscono l’importanza di un’infrastruttura «indispensabile per il Nordest, l’Italia e i collegamenti con l’Europa mediterranea e centro-orientale». Non solo: avvertono che la sua assenza, come i suoi ritardi, sono destinati a farsi sentire sull’economia delle nostre due regioni e sulla mobilità del territorio, dove una nuova linea ferroviaria consentirebbe di dare concretezza all’esigenza di spostare quote significative di traffico da gomma a rotaia».
 

 

Più treni per Milano, salta l’Eurostar per Roma - Ma il viaggio da Trieste alla capitale durerà una quarantina di minuti in meno
 

Riccardi anticipa l’esito delle trattative con le Ferrovie: «Collegamenti migliorati». Il sito non è ancora aggiornato
TRIESTE Trieste salva i treni diretti verso Milano, ne aggiunge anzi un altro, partenza alle 9.38. Perde invece l’Eurostar direzione Roma, ma conquista collegamenti con la capitale più rapidi di adesso. Molto più rapidi nonostante il cambio obbligatorio a Mestre. Riccardo Riccardi svela il mistero a 19 giorni dal nuovo orario di Trenitalia, in vigore dal 13 dicembre. Quello che ancora non compare sul sito della compagnia ferroviaria ma che l'assessore ai Trasporti dice essere cosa fatta.
La decisione della Regione di partecipare finanziariamente con 3 milioni di euro - Riccardi punta a risparmiare qualcosa al momento della definitiva chiusura dell’accordo - «ci permette di salvare l’unico collegamento diretto tra Udine e Roma, che altrimenti sarebbe stato soppresso, di aumentare con un nuovo convoglio l’offerta da Trieste verso Milano e di stabilire nuove migliori intercorrenze con cambio a Mestre», riassume l’assessore.
Riccardi ha chiuso la trattativa con l’amministratore delegato di Fs Mauro Moretti il 20 novembre. Attendeva la definizione della partita economica prima dell’ufficializzazione. Ma, di fronte alle preoccupazioni rafforzate dalle scarne informazioni del sito di Trenitalia, quello che ancora ieri sera impediva a un triestino di prenotare il viaggio per le vacanze di Natale, esce allo scoperto. E, a fronte di un sito che rimane appunto senza risposte, snocciola i nuovi orari.
Innanzitutto su Milano, la partita più importante vista l’assenza del collegamento aereo da Ronchi. C’erano due diretti verso la capitale della finanza? Ora ce ne sono tre, con l'inserimento del nuovo EurostarCity in partenza da Trieste alle 9.38 (in arrivo, dopo 4 ore e 17 minuti, alle 13.55). La durata degli altri viaggi rimane inalterata: sempre 4 ore e 20 minuti con il treno che parte alle 6.35 e 4 ore e 23 minuti con quello delle 17.02. Il ritorno sul nuovo diretto? Si parte da Milano alle 18.05, si arriva a Trieste alle 22.22.
Su Roma niente più diretti. Ma, sottolinea ancora l’assessore, i tempi di percorrenza sono ridotti non di poco e «Trieste verrà sicuramente collegata meglio di adesso». L’Eurostar delle 7.49 ci metteva 6 ore e 21 minuti. Ed era la soluzione più veloce. Dal 13 dicembre, eccezion fatta per la partenza delle 17.02, si va invece sotto le 6 ore. Il treno in partenza alle 6.35 porterà a Roma in 5 ore e 40 minuti, quello delle 9.38 in 5 ore e 37 minuti. Ma, aggiunge Riccardi sottolineando l’importanza della collaborazione con la collega Sandra Savino, viene pure mantenuto, «con un significativo abbassamento del tempo di percorrenza pari ad oltre 50 minuti», il diretto Udine-Roma (”Frecciargento”) con partenza dal capoluogo friulano alle 5.50 e arrivo nella capitale alle 11.15 (durata del viaggio 5 ore e 25 minuti), mentre per il ritorno è fissata la partenza da Roma alle 16.45 e l'arrivo a Udine alle 22.10. Il nuovo orario consente inoltre un ulteriore collegamento con Roma da Udine con l'utilizzo del treno Euronight delle 6.36 con interscambio a Mestre. Quanto al collegamento su Milano, Udine vede confermato il treno delle 5.40 (arrivo 9.55).
Insomma, un ribaltone rispetto a quanto continua a comparire sul sito di Trenitalia. Perché questa lentezza nell’inserimento dei dati? Riccardi assicura che «le cose sono diverse da come appaiono», che «l’obiettivo è stato raggiunto», che il sito «verrà aggiornato a breve». E fa infine sapere che la direzione commerciale di Trenitalia ha dato la disponibilità ad avviare un tavolo tecnico finalizzato al coordinamento degli orari tra i treni regionali e il collegamento Eurostar in partenza da Mestre.
MARCO BALLICO

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 novembre 2009

 

Pista ciclabile, il sogno si è avverato - Dopo dieci anni di lavori, costati 6 milioni, sarà pronta entro la fine di dicembre

SOPRALLUOGO DELLA COMMISSIONE ACES CON LA PROVINCIA. DA CAMPANELLE ALLA VAL ROSANDRA
Dopo un decennio di lavori e una gestazione nel cassetto dei desideri di durata pluridecennale, la pista ciclabile che segue il percorso dell’antica ferrovia austroungarica che portava in Istria è finalmente in dirittura d’arrivo: l’architetto Wiliam Starc e la presidente della provincia di Trieste Maria Teresa Bassa Poropat l’hanno mostrata ieri in anteprima alla commissione italiana di Aces (Associazione europea capitali dello sport), in visita a Trieste per valutare la candidatura della città a Capitale europea dello sport 2011. A bordo di due furgoni, la comitiva ha percorso il tratto di pista che da Campanelle arriva in Val Rosandra: i commissari Aces hanno mostrato di apprezzare l’opera, costata in tutto circa 6 milioni di euro. «I lavori sono ancora in corso – ha spiegato Starc – e teoricamente questo tratto non dovrebbe essere accessibile al pubblico, ma la gente se ne è già impossessata e difatti la ditta che sta ultimando i lavori nemmeno chiude il portone». Nonostante la giornata uggiosa, infatti, il gruppo ha incrociato numerosi ciclisti “abusivi” che hanno deciso di non aspettare l’inaugurazione della pista: «Tempo permettendo – ha affermato l’architetto – contiamo di finire i lavori entro l’anno». Ancora da completare è il tratto urbano che va da Campanelle a San Giacomo: «I lavori sono stati rallentati perché abbiamo dovuto espropriare un deposito macchine – ha detto il dirigente –, ora stiamo ultimando i muri di contenimento e la pista vera e propria». A questo va aggiunta la manutenzione del percorso in vista dell’apertura: «Nella stazione iniziale c’è stato un versamento d’acqua che ci ha costretto a lavori ulteriori». Il risultato finale, nei progetti della provincia, sarà un tratto urbano che da San Giacomo ad Altura presenterà una pista a doppia sezione: una corsia sarà esclusivamente pedonale, l’altra permetterà di praticare, oltre al ciclismo, gli sport più diversi, dal pattinaggio all’equitazione. Da Altura in poi la pista seguirà il modello del percorso della Val Rosandra, con un fondo in terra battuta e ghiaia: «Parlando con le associazioni ambientaliste abbiamo pensato che la scelta migliore fosse quella di mantenere il sedime naturale per ridurre l’impatto sull’ambiente circostante». La lunghezza totale del percorso è di 12 chilometri. Dalla Val Rosandra la pista prosegue in Slovenia dove si dirama lungo diversi tragitti: «La pista entrerà a far parte dei circuiti internazionali di cicloturismo – ha aggiunto Starc –: dal prossimo anno partiranno i lavori per un nuovo tratto di 40 chilometri».
Giovanni Tomasin
 

PISTA CICLABILE - LA LUNGA GESTAZIONE - L’architetto Starc: il progetto è del ’69

Per scoprire le origini della pista ciclabile bisogna tornare indietro di una quarantina d’anni. L’opera mosse infatti i primi passi nell’ormai lontano 1969, come spiega l’architetto Wiliam Starc: «Il piano regolatore di quell’anno prescriveva la costruzione di raccordi autostradali con il Lisert – precisa -.

Era la Grande Viabilità. Ma il progetto prevedeva anche che il percorso della vecchia ferrovia venisse utilizzato per un braccio d’autostrada che doveva arrivare al Molo settimo».
Dalle proteste innescate dall’avvio di quel progetto, prese vita l’idea di realizzare la pista ciclabile. Nel 1996 fu realizzato finalmente uno studio di fattibilità e nel 1999 i lavori ebbero inizio. Ora, finalmente, l’inaugurazione è imminente.
«L’opera finale è di grande valore – prosegue l’architetto Starc –. Sia sotto l’aspetto naturalistico, sia dal punto di vista archeologico, industriale e architettonico. Il fiore all’occhiello è probabilmente il ponte sopra il Burlo: un intervento costato complessivamente 800mila euro».

(g.t.)
 

PISTA CICLABILE - LA SCHEDA
La pista ciclabile ha origine lontane: il primo studio di fattibilità risale al 1996.
La lunghezza totale del percorso attuale è di 12 chilometri: dalla Val Rosandra la pista prosegue in Slovenia dove si dirama lungo diversi tragitti.
Il tratto da Campanelle alla Val Rosandra è costato in tutto circa 6 milioni di euro; di questi, 800mila euro sono stati richiesti per la realizzazione del ponte sopra via dell’Istria, in corrispondenza del Burlo.
 

 

Mattonaia inquinata, ma si scopre un anno dopo I RILIEVI DELL’ARPA AVEVANO REGISTRATO RIPETUTI SFORAMENTI DELLE PM10 E DEL BENZOAPIRENE
 

Il sindaco Premolin: dati comunicati tardivamente. Del Prete: è il traffico, non la Siot
SAN DORLIGO «Nella zona di Mattonaia si sono registrati 14 sforamenti dei limiti di legge per il PM 10 in 25 giorni di monitoraggio ai quali si aggiunge poi un vistoso superamento del benzoapirene». Parla chiaro il documento redatto dal Dipartimento provinciale di Trieste dell'Arpa Fvg. I dati in questione, che risalgono ai mesi di febbraio e marzo dello scorso anno ma che sono emersi pubblicamente solo in questi giorni, citano «un valore medio di 68,8 mg/mc della concentrazione atmosferica giornaliera delle polveri PM10», un valore oggettivamente «sopra la norma visto che il limite di legge è fissato a 50 mg/mc».
Nella postazione mobile sita in località Mattonaia n. 166 sono stati riscontrati esattamente «14 superamenti del limite di legge con un valore massimo pari a 190,3 mg/mc» registrato in data 24 febbraio 2008: in pratica in quel giorno il limite massimo è stato sforato di quasi ben quattro volte rispetto a quanto previsto dalla legge. Accanto ai PM 10 si aggiunge poi la situazione degli idrocarburi policiclici aromatici: tra questi il benzoapirene (BaP), che a norma di legge è fissato a 1,0 ng/mc, che invece ha registrato una concentrazione atmosferica pari a 1,3 ng/mc.
IL SINDACO «Purtroppo i dati rilevati più di un anno fa non sono stati comunicati in tempo reale altrimenti sarei intervenuta subito». Il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin spiega così il fatto di non aver preso dei provvedimenti in seguito agli sforamenti registrati a Mattonaia. Il primo cittadino ha poi aggiunto che «all'epoca in cui sono arrivati i risultati io ero fuori Trieste, ma il mio ufficio, non appena ricevuta comunicazione degli sforamenti, ha contattato subito l'Arpa che però ha sconsigliato un intervento di blocco del traffico anche perché oramai la situazione di emergenza era rientrata visto che i valori erano tornati nella norma».
LA SIOT «Il PM 10 è un valore che non ha niente a che fare con la nostra attività visto che noi utilizziamo dei motori elettrici». L'amministratore delegato della Siot Adriano Del Prete non ha dubbi: gli sforamenti registrati dalla centralina di Mattonaia, a due passi dallo stabilimento della Siot, dipendono da altri fattori. «Il traffico delle automobili sulla Grande Viabilità credo sia la risposta a questi dati che comunque esulano dal nostro lavoro», ha sottolineato Del Prete, il quale ha poi posto l'accento sul superamento del benzoapirene: «Anche questo dato non è da iscrivere al nostro operato poiché noi trattiamo il petrolio, sostanza che non ha nulla a che vedere con il BaP».
L'INTERPELLANZA Sulla vicenda il capogruppo consiliare del Pdl-Udc di San Dorligo della Valle Roberto Drozina ha già preannunciato un'interpellanza che verrà presentata lunedì prossimo alla riunione del Consiglio comunale. Tra le domande indirizzate al sindaco Premolin,Drozina chiederà in consiglio «come ed in quali tempi si intende procedere per il monitoraggio, in tempo reale così come auspicato dall’Arpa, dei composti ridotti dello zolfo, fra i quali si colloca l’idrogeno solforato, elemento altamente tossico».
Riccardo Tosques
 

 

Grado, ok dal Comune alla caccia al cormorano - L’assessore Polo contro gli ambientalisti del Wwf: «Prioritaria la difesa dei pescatori»
 

BATTAGLIA FRA AMMINISTRAZIONE E ECOLOGISTI
GRADO «A dover essere tutelati sono i vallicoltori, non certamente i cormorani. Apprezzo il lavoro svolto dal Wwf nel mondo. Sono d’accordo sul lavorare per la conservazione del patrimonio naturalistico, ma non a danno della specie umana». Lo dice l’assessore Elisa Polo replicando al Wwf di Monfalcone sulla questione della caccia ai cormorani, accusando gli ambientalisti di diffondere dei dati inesatti, ricavati «da qualche studio fatto con saltuarie visite alle valli, a chissà che ora del giorno e probabilmente prendendone in esame solamente alcune». Il problema dei cormorani interessa una trentina di valli da pesca, alcune anche di ampie dimensioni, della laguna di Grado e una decina di quelle di Marano.
«Invito i responsabili del Wwf a mie spese per 365 giorni in una valle da pesca - continua la Polo -. Li faccio alzare all’alba per assistere a quello che non esito a definire uno spettacolo drammatico. Facile venir a vedere cosa succede, magari a ora di pranzo come fa qualcuno, e trovare pochi esemplari. Bisogna essere sul posto all’alba, in tutte le valli».
È dura la replica dell’assessore alla Pesca di Grado che parla di una vera invasione di cormorani tale da preoccupare che preoccupa vallicoltori e Comune. «Sono i vallicoltori che rischiano l’estinzione. Vanno tutelati loro, non gli uccelli. Facile per chi non è direttamente coinvolto criticare e parlare - aggiunge l’assessore Polo -. Il Wwf dovrebbe mettersi nei panni dei vallicoltori che, dopo anni di sacrifici si vedono derubare in questa maniera del prodotto delle loro fatiche. Vorrei proprio vedere voi proteggere questi uccelli – sottolinea la Polo rivolgendosi ai responsabili del Wwf - se gli stessi uccelli iniziassero a prelevare le banconote dalla vostra busta paga.
«I metodi ecologici di dissuasione - continua l’assessore -, come suggerisce il Wwf, potevano forse andar bene fino a una decina di anni fa quando non si verificavano invasioni di questa portata».
I vallicoltori, ricorda sempre l’assessore comunale, le hanno provate tutte, tanto che hanno dovuto sistemare orizzontalmente delle grandi reti a protezione. Ma anche queste non si sono rivelate sufficienti, «perché alcuni cormorani si tuffano e quindi nuotano sotto la rete per entrare nelle zone popolate del pesce che, spaventato, esce allo scoperto. Anche altri tentativi ed esperimenti sono già stati tentati ma senza risultato». L’assessore pone e si pone domande e risposte: «Manufatti subacquei? i vallicolori devono lavorare nella valle, non fare slalom e rischiare di rimanere loro impigliati. Tamburi, colpi di petardi? Fanno scappare i cormorani solo all’inizio. Sono uccelli in grado di imparare presto la lezione. Il sistema più efficacie alla fine resta sempre la presenza costante di un vallicoltore.»
ANTONIO BOEMO

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 24 novembre 2009

 

L’Unione europea: Nordest in ritardo sulla Tav - Il coordinatore Brinkhorst: «Friuli Venezia Giulia e Veneto si accordino sui progetti»
 

TRIESTE «Veneto e Friuli Venezia Giulia devono migliorare la collaborazione e passare alla realizzazione dei progetti». Laurens Jan Brinkhorst, il coordinatore europeo del progetto prioritario 6, l’«angelo custode» del corridoio ferroviario che deve collegare Lione al confine ungherese-magiaro, arriva a Trieste. E, quasi in sordina, partecipa a un vertice allargato in piazza Unità. Ma, al termine, non fa sconti: il Nordest non vuole perdere la Tav? E allora, anziché guardare a Lubiana, guardi a casa sua: superi le contraddizioni interne, sciolga il rebus del tracciato ”litoraneo”, e presenti la progettazione mancante. Da Mestre a Trieste.
IL VERTICE L’olandese Brinkhorst, un’agenda piena zeppa che include una tappa a Roma e un incontro con il sottosegretario sloveno Igor Jakomin, si presenta in piazza Unità di buon’ora. Il ”tavolo di monitoraggio”, come lo definisce il padrone di casa Renzo Tondo, è affollato: c’è Renato Casale, l’amministratore delegato di Italferr, la spa delle Ferrovie chiamata a ”disegnare” la Tav, e ci sono gli europarlamentari Debora Serracchiani e Antonio Cancian. C’è il presidente del Ppe al Comitato europeo delle Regioni Isidoro Gottardo e ci sono l’assessore alle Infrastrutture del Friuli Venezia Giulia Riccardo Riccardi e quello all’Economia del Veneto Vendemmiano Sartor.
LE PRIORITÀ Il tavolo non è annunciato, almeno non alla stampa. Ma, al termine dei lavori, ”Mister Pp6” non si defila e avverte che il problema principale della Tav non è la tratta italo-slovena, ma quella italiana. Sia chiaro: la Trieste-Divaccia riveste «un’estrema importanza». E Brinkhorst, raccogliendo le sollecitazioni del Friuli Venezia Giulia che invoca la nascita di una struttura comune italo-slovena e difende a spada tratta il collegamento tra i porti di Trieste e Capodistria, garantisce il suo appoggio: «Promuoverò la collaborazione con la Slovenia». Il coordinatore nominato da Bruxelles, tuttavia, chiarisce: la Trieste-Divaccia non è il nodo più urgente. «Credo che la tratta transfrontaliera potrà essere realizzata solo se la parte italiana riuscirà a risolvere i suoi problemi e avrà quindi la credibilità necessaria a convincere la parte slovena che vale la pena di investire nelle infrastrutture sul confine».
IL NODO Difficile equivocare. Ma Brinkhorst si spinge oltre: «In passato ritenevo che il punto cruciale fosse proprio il passaggio del confine italo-sloveno. Ma ora mi rendo conto che la priorità dev’essere data alla soluzione dei problemi italiani. Veneto e Friuli Venezia Giulia devono migliorare la collaborazione e passare alla realizzazione del progetto». Ancora: «Il governo italiano deve sostenere le due Regioni e incoraggiarle a cooperare».
LE DIFFICOLTÀ L’olandese, dunque, punta il dito contro i ritardi ”domestici” nella progettazione della Tav a Nordest. Italferr si impegna a rispettare la scadenza di fine 2010 ma non nega, non può, le difficoltà: ci sono quelle in casa friul-giuliana dove, ad esempio, vanno superati i rilievi di natura ambientale sulla tratta Ronchi Sud-Trieste e ci sono soprattutto le difficoltà in casa veneta dove va ancora definita la tratta Quarto d’Altino-Portogruaro, dopo la controversa decisione di allontanare la Tav dall’A4 e portarla a Sud. Verso il mare. La spa delle Ferrovie chiarisce che ci sono due ipotesi progettuali sulla tratta litoranea: la ”variante lunga” che passa più vicina alle spiagge e la ”variante corta” che scende meno a Sud, ed è oggi la più gettonata.
LE REAZIONI Le due Regioni, chiamate in causa, rassicurano ”Mister Pp6”. O almeno ci provano. «Siamo pronti a dare tutto il nostro contributo affinché la progettazione di un’infrastruttura strategica per l’intero Paese venga presentata all’Unione europea. Noi e il Veneto confermiamo l’impegno congiunto e l’azione di stimolo sul governo italiano» afferma Tondo. Ma i tempi? E i modi? Riccardi, nel giorno in cui porta all’esame di Brinkhorst anche il potenziamento della rete ferroviaria esistente nell’attesa che la Tav veda la luce, rassicura: «Il progetto è complesso e va perfezionato, ricercando il maggior consenso possibile del territorio, ma va avanti. E, come da accordi, va presentato entro il 31 dicembre 2010». I dissensi con il Veneto? Il ”tracciato balneare”? Riccardi minimizza: «Non ci sono dissensi. Non possiamo mica dire noi ai veneti dove devono far passare la Tav... E comunque, a Venezia, stanno lavorando e presenteranno una soluzione nei tempi previsti».
L’IMPEGNO Il Veneto, con Sartor, conferma: «Non esistono problemi con il Friuli Venezia Giulia. Dobbiamo solo trovare a casa nostra la soluzione meno impattante per la tratta da Quarto d’Altino a Portogruaro: ci stiamo orientando sulla ”variante corta”, la più lontana dal litorale, e in ogni caso decideremo nel rispetto delle scadenze». Nessuno ne dubiti, nemmeno il coordinatore olandese: «Abbiamo già dimostrato con il Passante e il rigassificatore di saper scegliere quando ci sono in ballo le grandi opere. Lo faremo anche con la Tav che rimane una nostra priorità assoluta. La riprova? Cofinanzieremo con 5,5 milioni di euro la progettazione». Gottardo e gli europarlamentari, lasciando il vertice, si dicono pronti a dare una mano: l’alta velocità, costi quel che costi, va fatta. Ma Serracchiani non sottovaluta il monito di Brinkhorst: «È emerso concretamente un problema di coordinamento tra Veneto e Friuli Venezia Giulia e tra Italia e Slovenia. E quindi, pena l’emarginazione, dobbiamo assolutamente superarlo».
ROBERTA GIANI

 

 

Il tracciato balneare è il nodo più spinoso - Ma Italferr garantisce il rispetto dei tempi: consegna entro il 2010
 

TRIESTE Italferr, la spa delle Ferrovie impegnata a ”disegnare” la Tav da Mestre a Trieste, garantisce il rispetto dei tempi. Ma il tracciato nordestino, quello che preoccupa Bruxelles, deve superare molti ostacoli. E l’ad Renato Casale, fotografando lo stato dell’arte, lo conferma indirettamente: la Mestre-Trieste-Divaccia viene divisa in cinque ”sezioni”. La prima, da Mestre all’aeroporto di Tessera e a Quarto d’Altino, non presenta più grandi difficoltà: «Il tracciato è concordato e definito» conferma l’assessore veneto Vendemmiano Sartor. La seconda ”sezione”, da Quarto d’Altino a Portogruaro, è la più spinosa: il tracciato doveva in origine affiancare l’autostrada A4 ma, al fine dichiarato «di non intralciare la terza corsia», il Veneto si è immaginato un tracciato ”balneare” per Jesolo e Caorle. Il Friuli Venezia Giulia, con Riccardo Illy, ha protestato. Invano. Risultato? Allo stato attuale ci sono due ipotesi di lavoro sul tavolo di Italferr: il tracciato lungo che corre più vicino alle spiagge e quello corto che passa più vicino all’A4. Ma il Veneto deve ancora dire l’ultima parola: «Siamo orientati sulla variante corta ma stiamo lavorando sulla soluzione tecnica meno impattante» spiega Sartor. La terza sezione, da Portogruaro a Ronchi sud, è forse la meno problematica: la Tav correrà parallela all’autostrada, Renzo Tondo condivide il lavoro dei suoi predecessori. La quarta sezione, da Ronchi sud a Trieste, presenta a sua volta non pochi problemi: le risorse ci sono, ci sono persino per la progettazione esecutiva, ma il tracciato deve fare i conti con i rilievi del ministero e lo scarso consenso della popolazione, tanto che Italferr sta lavorando alle modifiche.
Infine, la quinta sezione da Trieste a Divaccia, l’unica transfrontaliera: Italferr sostiene che, se l’accordo tra i due paesi viene confermato, il progetto regge. «È una priorità assoluta. Un’infrastruttura vitale per Trieste e il Friuli Venezia Giulia che, in caso contrario, rischiano di essere più emarginati di prima della caduta del confine» osserva, a fine vertice, Isidoro Gottardo. Bruxelles, Roma e Lubiana ascolteranno?
 

 

Udine perde i treni diretti con Roma e Milano - Dal 13 dicembre tagli pesanti sul capoluogo friulano. ”Mistero” su Trieste - L’ORARIO INVERNALE DI TRENITALIA
 

TRIESTE D’incanto, sul sito di Trenitalia, spuntano i nuovi orari dei treni da e per Udine dal 13 dicembre, il primo giorno del nuovo orario. Un ”click” e l’Eurostar in partenza alle 5.52 e in arrivo a Roma Termini alle 12.10 non c'è più. E non c’è più nemmeno il treno per Milano in partenza alle 5.40 e in arrivo alle 9.55 senza cambi. Tagliati a meno di inserimenti in corso d’opera, obiettivamente difficili da attendersi nel momento in cui Trenitalia ha lanciato in pompa magna le novità invernali. E i treni da Trieste? Nessuna novità, non ancora. Ma, a trattativa evidentemente ancora aperta con la Regione, c’è forse qualche spiraglio per salvare i collegamenti diretti.
I friulani, almeno loro, possono programmare le vacanze di Natale e prenotare il viaggio. Il nuovo orario prevede, a fronte delle attuali 15 possibilità, solo 4 partenze: alle 8.25, alle 12.30, alle 14.30 e alle 16.30. E nessun diretto. La discesa a Mestre è obbligatoria, dopo di che si sale sui ”Frecciargento”, un elettrotreno (Etr 600) ad assetto variabile di ultima generazione, dotato di motori distribuiti su tutto il convoglio, capaci di assicurare accelerazione e velocità di punta fino a 280 km/h. La durata del viaggio? La soluzione più mattutina impiega 5 ore e 48 minuti, le altre tre 5 ore e 43 minuti.
Stesso numero di collegamenti e stesse partenze sono incastrati nel nuovo orario da Udine direzione Milano, con l’obbligo di cambiare addirittura due volte, prima a Mestre e poi, dopo 40 minuti d’attesa, a Bologna da cui decollano pure i Frecciarossa, 360 km/h di velocità massima, partendo dalla stazione friulana alle 8.25 (durata del viaggio 5 ore e 20 minuti), alle 12.30 (5 ore e un quarto) e alle 16.30 (5 ore a un quarto). Solo la partenza alle 14.30 (4 ore e 25) prevede un unico cambio a Mestre.
Riassumendo: meno treni regionali, molti meno, razionalizzazione degli orari, treni superveloci dal Veneto e dall’Emilia Romagna ma, da Udine, nessuna possibilità di arrivare nelle due principali città italiane su un solo convoglio. Quanto a Trieste, invece, permane il mistero. Digitando sul sito di Trenitalia dal 13 dicembre in avanti la risposta è sempre la stessa: «Nessuna soluzione trovata». Impossibile programmare un viaggio. Dalle Ferrovie dello Stato nulla trapela. Si conferma che, non solo con il Friuli Venezia Giulia, «è in corso una trattativa con gli enti pubblici». La premessa è la solita: le tratte in perdita si tagliano.
È il motivo della sforbiciata che riguarda Udine, nonostante gli sforzi della Regione e i vari incontri nella capitale dell'assessore Riccardo Riccardi con l'amministratore delegato di Fs Mauro Moretti.
Si salveranno in extremis i diretti triestini, l'Eurostar delle 7.49 verso Roma e il collegamento delle 6.35 verso Milano? La sensazione è che i tagli possano essere stati già decisi. E che Trieste, dunque, possa esserne esente. La soluzione del giallo nei prossimi giorni. Perché ne mancano solo venti al cambio di orario di Santa Lucia. E qualcosa dovrà pure accadere.
Marco Ballico
 

 

Rifondazione in pressing: «Si rafforzi la rete attuale»
 

TRIESTE La Trieste-Divaccia è in alto mare? La Mestre-Ronchi Sud-Trieste in grave ritardo? Meglio lasciar perdere, e concentrare gli sforzi su una missione ”meno impossibile”. Rifondazione non ha dubbi. E, con Igor Kocijancic, lo dice chiaramente: «Vanno adeguati i tracciati esistenti all’alta capacità come giustamente affermato dall’assessore regionale Riccardo Riccardi. E va aperto un confronto serrato con la Slovenia per il collegamento ferroviario tra i due porti, lasciando perdere altre priorità e progetti semplicemente velleitari. In un Paese normale non si perderebbe nemmeno tempo a discutere su cosa convenga fare».
 

 

IL RIGASSIFICATORE AL CENTRO DEL CONVEGNO ”RISPARMIO ENERGETICO” - Menia: «Interessi economici dietro il no di Lubiana»
 

Il sottosegretario: Slovenia e Croazia progettano un altro impianto a Veglia - Il project manager Armesto: «Vogliamo diventare triestini, coinvolgeremo tutti gli enti»
Pronta la bozza del nuovo accordo di programma per l’ambiente. C’è anche la Cdc
«La questione ambientale era solo un pretesto, dietro cui si nascondevano interessi concorrenziali di ordine economico. L’interesse di Lubiana, confermato ufficialmente, a costruire un rigassificatore sloveno-croato sull’isola di Veglia lo spiega chiaramente».
L’affondo, pesantissimo, nei confronti della Slovenia, dichiaratasi a più riprese contraria alla realizzazione del rigassificatore di Zaule, porta la firma del sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia. A margine del convegno “Risparmio energetico: la sfida del futuro”, organizzato alla Camera di commercio di Trieste, l’esponente del governo Berlusconi si è riagganciato alla recente uscita del ministro dell’economia sloveno, Matej Lahovnik, ripresa dai media di Lubiana: «Il progetto del rigassificatore di Veglia assicura non solo una diversificazione delle linee di rifornimento di gas, ma anche delle fonti di questa importante risorsa energetica. A un rigassificatore su quell’isola, poi, non si oppone nessuno», aveva affermato Lahovnik. Mentre al progetto triestino del colosso spagnolo Gas Natural, Lubiana si è sempre opposta. «Le osservazioni di tipo ambientale da parte slovena - ribadisce Menia - erano quindi pretestuose. In ogni caso, loro hanno diritto di fare ciò che vogliono. Ma, allo stesso modo, noi decidiamo autonomamente cosa fare sul nostro territorio nazionale». Insomma, tutte scuse, secondo il sottosegretario, che difende a spada tratta un impianto la cui creazione rappresenta una priorità strategica del governo italiano.
GAS NATURAL Da parte sua Gas Natural, attraverso il project manager per Trieste Ciro García Armesto, presente ieri al convegno, ha ribadito come il progetto di Zaule rappresenti «un’opportunità di sviluppo per la città e per noi si tratta di un impegno a lungo termine, una scommessa nel campo della sostenibilità. Vogliamo diventare “triestini”». Per riuscire nell’intento, la società iberica non solo coinvolgerà gli enti del territorio ma andrà anche, come già annunciato, ad orchestrare un «lavoro di comunicazione per far conoscere alla gente il nostro progetto - ha sottolineato Armesto -. Su cui non ci sono punti oscuri. Illustreremo i benefici che deriveranno per i cittadini». Il dirigente spagnolo ha poi ricordato come l’area scelta per il rigassificatore sia «fortemente inquinata, pertanto necessiterà di un’opera di bonifica molto pesante».
SIN A proposito di Sito inquinato di interesse nazionale, lo stesso Menia e il presidente camerale Antonio Paoletti hanno confermato - a margine del convegno - come sia ormai pronta la bozza del nuovo accordo di programma sugli interventi di riqualificazione ambientale. Domani a Roma, nel corso di un incontro fra le parti sarà presentato il testo, sul quale andranno rapidamente sciolte le eventuali ultime riserve, per arrivare alla firma del documento entro la fine di dicembre. «Così si potrà accedere ai 2,6 milioni di euro trovati dal ministero tramite fondo di riserva - ha spiegato Menia -. Tra i firmatari, va segnalata l’introduzione della Camera di commercio». L’ente camerale aveva da sempre espresso la propria volontà di fungere da soggetto di raccordo fra i privati interessati dal problema e lo Stato per la questione delle bonifiche. Ora, come si riferisce anche a parte, a meno di improvvisi intoppi, potrà farlo.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

I dubbi di Bandelli sull’impianto Gnl: «Ma a chi servirà?» - CRITICHE ANCHE AL PDL
 

«Non siamo degli apostati». Franco Bandelli si infervora nel rispondere al coordinatore regionale del Pdl Isidoro Gottardo, che nei giorni scorsi aveva lanciato un avviso preventivo ai membri del Pdl che sostengono il movimento “Un’altra Trieste”, fondato un mese fa dall’ex assessore ai lavori pubblici. «Non vogliamo fondare una lista civica e non abbiamo posizioni preconcette sul rigassificatore: siamo solo esponenti del Pdl interessati al dialogo con la cittadinanza. Avremo mica paura di un questionario?».
Esternazioni arrivate a margine del primo incontro pubblico organizzato da “Un’altra Trieste” sul tema “Energia, bonifiche, rigassificatore e AcegasAps”. Bandelli ha approfittato dell’appuntamento pubblico per togliersi qualche sassolino dalla scarpa: «Le nostre posizioni non sono in contrasto con il partito – dice –. Se Gottardo pensa il contrario è male informato, forse perché da quando non sono più assessore non ha mai accettato un incontro». E aggiunge: «I consiglieri regionali possono proporre un referendum contro le leggi della giunta mentre noi non possiamo fare un’assemblea pubblica: sono confuso».
Il suo modo di fare politica, rivendica l’ex assessore, trova riscontro: a sostenere la sua tesi porta il pubblico che ieri ha riempito la sala. Nel suo intervento Bandelli rinnega posizioni aprioristiche sul progetto Gas Natural: «I dubbi sulla sicurezza dell’impianto – dice a riprova della sua buona fede - sono poco fondati». Poi però colpisce duro sui punti nodali del progetto: «Chi trarrà beneficio dal rigassificatore? – si chiede – L’occupazione sarà ridotta a poche unità, le gasiere non saranno italiane, i risparmi per la comunità locale non ci saranno e le tecnologie saranno straniere. Cosa resterà a Trieste?». Bandelli esprime infine i suoi dubbi anche sul futuro del porto: «Le navi gasiere costringeranno a sospendere le attività di cabotaggio del porto. Chi può smentire questa affermazione lo faccia». Quanto alla gestione delle aree inquinate «la perimetrazione venne fatta in modo discrezionale e i soldi per le bonifiche non ci sono, il sottosegretario all’ambiente faccia qualcosa». Per concludere una stoccata ad AcegasAps: «Il valore della azioni è calato: rischiamo di trovarci con un pugno di mosche».
Giovanni Tomasin
 

 

BONIFICHE - Paoletti: «Per i privati un milione e mezzo» - IL PRESIDENTE CAMERALE - «Abbiamo fondi da destinare al lavoro di caratterizzazione»
 

Ministero dell’Ambiente, Ministero dello Sviluppo economico, Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, Regione, Provincia, Comune di Trieste, Comune di Muggia, Autorità Portuale e Camera di commercio di Trieste. Ecco l’elenco aggiornato dei soggetti chiamati ad analizzare e firmare entro la fine dell’anno il nuovo accordo di programma sul Sito di interesse nazionale.
«Il ministero metterà dei soldi per la bonifica delle aree di proprietà pubblica - spiega il presidente della Camera di commercio, Antonio Paoletti - mentre l’ente camerale interverrà invece per quelle dei privati». Un supporto che potrà da subito tradursi in aiuti concreti, una volta firmato il nuovo testo: «Nel 2006 avevamo deciso di aumentare la quota del diritto camerale - approfondisce Paoletti -, legandola a due destinazioni condivise dalle categorie (ovvero il progetto del Parco del mare per il 60 per cento e appunto le bonifiche per il restante 40, ndr), e oggi la nostra lungimiranza viene premiata. Alcuni privati hanno già provveduto alla caratterizzazione delle aree di loro proprietà, ma tanti altri non sono in grado al momento. Noi potremo dare loro un aiuto, a questo punto, con il milione e mezzo di euro accantonato e già disponibile, da distribuire attraverso la futura istituzione di un apposito bando attivato a supporto delle imprese. Una volta caratterizzato il tutto, sapremo esattamente il grado di inquinamento del sito. Così - conclude infine Paoletti - si potrà procedere eventualmente a un accordo con la Regione per pianificare finanziamenti a lungo periodo agli imprenditori per i successivi e necessari interventi di bonifica».

(m.u.)
 

 

Fedriga e Kocijancic: «Salviamo Fogar» - INCONSUETO APPELLO - Il presidente del ”Miani” da 28 giorni non prende i farmaci salvavita
 

«Maurizio Fogar deve riprendere quanto prima l’assunzione dei farmaci necessari per la sua salute, perché abbiamo bisogno della sua presenza nella battaglia per la chiusura della Ferriera». Questo l’appello unitario lanciato ieri, nel corso di un’inedita conferenza stampa, da due rappresentanti politici che, tradizionalmente, vivono l’agone politico da banchi contrapposti: il parlamentare della Lega Nord, Massimiliano Fedriga e il consigliere di La Sinistra – L’arcobaleno, Igor Kocijancic. Fogar, da 28 giorni ha adottato questa singolare forma di protesta, che consiste nel rinunciare a farmaci indispensabili alla sua salute. Ieri, Fedriga e Kocijancic, preoccupati per la gravità della situazione e «per lo scarso interesse che le istituzioni stanno manifestando sull’argomento», hanno indetto un incontro con la stampa per spiegare le loro ragioni. «Fogar – hanno precisato – è il fondatore del Circolo Miani, organizzazione che si è sempre battuta per la chiusura dello stabilimento di Servola, avendo in grande attenzione la salute della popolazione di quell’area e dell’intera città. A sostegno della bontà dell’azione del Circolo – hanno aggiunto – è stata recapitata alle istituzioni una lettera con ben 565 firme di cittadini. Tutto questo conferma che il Miani deve poter continuare la sua battaglia – hanno sottolineato i rappresentanti della Lega Nord e della Sinistra Arcobaleno – pur nell’ambito di una discussione sui metodi e sui tempi che ci può trovare su posizioni anche molto diverse».
Fedriga è per la chiusura immediata, Kocijancic immagina un iter più lento «per dare il massimo risalto alla salvaguardia dei livelli occupazionali». Entrambi però sono perfettamente d’accordo sull’urgenza di «rinunciare, da parte di Fogar, a una protesta che rischia solo di provocare danni al diretto interessato e di non risolvere il problema principale che riguarda la Ferriera».
Ugo Salvini
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 23 novembre 2009

 

 

Costa: «Tav? Non ci sono finanziamenti» - L’INTERVISTA IL PRESIDENTE DELL’AUTORITÀ PORTUALE DI VENEZIA
 

TRIESTE-DIVACCIA - «Impegno europeo ma solo a parole»
TRIESTE «Sul piano formale il governo non può decidere sui progetti per la Tav, si tratta di impegni europei». Paolo Costa, presidente dell’Autorità portuale di Venezia ed ex presidente della Commissione trasporti dell’Unione europea, è categorico. L’Italia, così come la Slovenia e qualsiasi Paese europeo, non ha la potestà formale di bloccare progetti decisi dall’Unione europea anche se «sul piano sostanziale non ci sono finanziamenti. Bisognerebbe mostrare interesse non solo a parole ma anche nei fatti». E se questa è la sostanza, il Friuli Venezia Giulia, e Trieste in particolare, rischia di trovarsi in posizione periferica e non nel tanto decantato cuore d’Europa.
Il viceministro Castelli ha confermato che la Trieste-Divaccia è una priorità del governo. Un fatto positivo?
Sicuramente è un bene, sarebbe stato grave se questa smentita non ci fosse stata. Adesso però devono anche seguire i fatti concreti e, per quanto visto finora, non vediamo dal governo prospettive finanziarie certe per questa tratta del Corridoio V.
Le voci sul disimpegno italiano tuttavia si rincorrono. Come le valuta?
Si è diffusa un’idea molto strana, ovvero che la realizzazione della Trieste–Divaccia sia nella disponibilità di Italia e Slovenia quando in realtà si tratta di impegni presi dalla Commissione e dal Parlamento europeo e non differibili con decisione unilaterale. Questo sul piano formale.
E su quell sostanziale?
Non ci sono i finanziamenti, l’interesse è solo a parole. Il Cipe non ha finanziato nemmeno la progettazione della Tav e anche il Veneto ci ha messo del suo proponendo due alternative per il tracciato. E solitamente quando siamo di fronte a due progetti ci si ferma: si scelga una soluzione e la si porti avanti.
Dal Cipe si attende anche il via libera per i finanziamenti alla piattaforma logistica.
Ma senza i necessari investimenti ferroviari i porti di Venezia e Trieste finiranno per venire strozzati. I due scali hanno bisogno che si sblocchi la situazione perché necessitano di due binari per il trasporto merci, altrimenti saranno incapaci di dare sfogo al loro potenziale. E non parlo solo di Trieste–Divaccia o di alta velocità nel Nord Est; Trieste e Venezia hanno bisogno anche della Tav nella val di Susa per sviluppare i traffici con la Francia. All’Italia serve l’intero tracciato del Corridoio V e deve fare il massimo perché gli impegni europei vengano rispettati. Sarà necessario chiedere al commissario europeo, che mi risulta sarà nuovamente Tajani, che si vada avanti sulla strada tracciata.
Il piano investimenti per la terza corsia della A4 ha ricevuto il via libera. Un dato positivo?
Indubbiamente ma anche qui ci sono degli elementi di criticità. In particolare si è dimostrata l’incapacità di prevedere l’affiancamento del tracciato ferroviario. Come al solito si lavora per emergenze e si lavora per emergenze senza una visione complessiva. Sarebbe stato preferibile quantomeno prevedere la possibilità della progettazione del tracciato ferroviario, così invece di troviamo con un «cul de sac».
Il Friuli Venezia Giulia si trova ad affrontare anche il problema dei collegamenti aerei.
Qui entrano in gioco questioni di mercato ma non è estraneo nemmeno il tema del Corridoio V. Con l’alta velocità Trieste non è più l’ultimo avamposto ma la porta verso l’est e Ronchi potrebbe diventare una sorta di aeroporto di Lubiana. Il problema è che in Italia si continua a ragionare come se ci fosse ancora la Cortina di Ferro e non si punta a conquistare dei mercati in espansione. E qui si gioca il futuro di Trieste che può acquistare centralità ma anche, se non si lavorerà nella giusta direzione, rimanere chiusa in un angolo.
ROBERTO URIZIO
 

 

Piccole imprese, energia solare contro la crisi - A Gorizia sette aziende si consorziano per realizzare un impianto fotovoltaico
 

PARTE UN PROGETTO-PILOTA NELL’ISONTINO
GORIZIA Produrre energia solare, sia per coprire i propri consumi che per venderla, e acquisire un know how con il quale trovare nuove opportunità di business. È questo il ragionamento che ha spinto sette piccole aziende isontine a consorziarsi, sotto la regia dell’Associazione piccole e medie industrie (Api) della provincia di Gorizia. Si tratta di uno dei primi casi di questo genere a livello regionale che traduce in realtà una delle soluzioni anti-crisi prospettate a tutti i livelli dalle associazioni di categoria: ovvero, fare squadra e abbandonare quella scarsa propensione alla collaborazione che caratterizza il mondo delle pmi e che oggi si sta trasformando in un fattore di debolezza. Il progetto è ambizioso e si svilupperà i diverse fasi.
La prima prevede la realizzazione di un impianto fotovoltaico che metta in rete i sette stabilimenti (ciascuno dei quali ha coperture per una superficie compresa tra i 1500 e i 2000 metri quadrati). In seconda battuta, la quota parte di energia prodotta eccedente i consumi, che indicativamente dovrebbe attestarsi attorno al 30 – 35% verrà ceduta, con il fine primario di andare a coprire i costi di realizzazione dell’impianto. Quindi, il consorzio tenterà di fare il salto di qualità, mettendosi sul mercato e riversare a terzi l’esperienza acquisita. Un’ipotesi – quest’ultima – forse non prioritaria ma alla quale da Api Gorizia si sta guardando con un certo interesse. Anche perché, tra le sette realtà pronte a ”fare squadra”, ci sono aziende attive nel settore della meccanica, della carpenteria, dell’isolamento termico, nella quadristica elettrica di controllo e nell’elettronica che hanno – sommate tra loro – le competenze per poter giocare un ruolo attivo.
E poi, queste aziende contano complessivamente tra i 120 e i 150 dipendenti: in altre parole, numeri da realtà industriale vera. «Maggiore è la massa critica che si riesce a creare, maggiori sono le potenzialità che si riescono ad esprimere sul mercato – spiega Carlo Giorgio Pecora, presidente di Api Gorizia. Muoversi conservando piccole dimensioni oggi si sta rivelando penalizzante. Per questo riteniamo che sviluppare un progetto di questo genere sia di grande importanza, anche alla luce della crisi che stiamo vivendo». A fare parte della ”squadra” c’è, tra gli altri, anche Intelergy, una società di consulenza specializzata nel campo della pianificazione e del risparmio energetico che avrà il compito di gestire sotto il profilo economico e finanziario l’intero progetto. L’investimento iniziale è stato quantificato in circa 1 milione di euro. Entro dicembre tutta la fase di pianificazione verrà conclusa, mentre tra marzo e aprile comincerà l’installazione degli impianti.
A regime produrranno tra i 3 e i 4 milioni di kilowatt: tra il 35 e il 40% di questa energia, ovvero la parte eccedente alla copertura dei consumi dei singoli attori del consorzio, sarà ceduta alla rete e nel giro di qualche anno dovrebbe permettere il recupero di una parte delle spese (un’altra parte, invece, è coperta dai contributi pubblici e dagli sgravi fiscali). E poi, c’è la partita delle installazioni a terzi. «Il portafoglio ordini che si sta prospettando all’orizzonte è stimabile tra i 2 e i 2,5 milioni di euro – anticipano dall’ente consortile. E sono già in corso dei contatti con diverse realtà industriali pronte a chiederci di installare e gestire per loro conto impianti di questo genere».
NICOLA COMELLI

 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore
 

Da un po’ di tempo a questa parte si possono leggere su questo giornale le segnalazioni del signor Luciano Emili riguardo al proposto rigassificatore di Zaule.
Nelle stesse ci sono scambi di opinioni con gli ambientalisti e non solo. L’ultima in ordine di tempo è stata pubblicata il 17 novembre. Devo dire che la cosa mi ha lasciato perplesso considerato che Emili in un passato recente è stato il responsabile del Wwf - sezione di Trieste, con cui, peraltro, ha successivamente avuto una divergenza di opinioni.
In ogni caso, senza polemiche alle quali non sono abituato (hanno rilevanza soltanto i fatti), viste le affermazioni di Emili, lo invito nella sede dell’associazione che presiedo quando più gli farà piacere per presentargli il fascicolo contenente gli accertamenti svolti dalla Guardia di finanza dove vengono messe in evidenza una serie di «irregolarità» rilevate su una parte di documenti relativi alla Valutazione di impatto Ambientale.
Riguardo al proposto rigassificatore su una cosa soltanto concordo con Emili e cioè sul fatto che ognuno debba esercitare il «mestiere che conosce». Infatti i membri della Guardia di finanza che hanno studiato il caso si sono dimostrati validi professionisti.
Fabio Longo - presidente del comitato Sos Muggia

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 22 novembre 2009

 

 

Castelli: la Trieste-Divaccia è prioritaria - «Nessun disimpegno italiano sulla Tav, nemmeno per la tratta a Est di Mestre»
 

PARLA IL VICEMINISTRO ALLE INFRASTRUTTURE
«Al vertice di Brdo ho semplicemente detto che c’è un problema di consenso delle popolazioni sul tracciato ipotizzato»
«Privilegiamo solo il Nord-Ovest d’Italia? Non è vero: le opere per il Nord-Est verranno completate prima»
TRIESTE «Non c’è nessun disimpegno italiano sulla Trieste-Divaccia. Anzi, stiamo lavorando alacremente». Il vertice italo-sloveno di Brdo scatena nuove preoccupazioni, al di qua e al di là del confine, sui destini della tratta transfrontaliera del Corridoio V? E, complice una progettazione ancora in alto mare, alimenta a cascata i timori sull’arrivo effettivo dell’alta velocità in Friuli Venezia Giulia? Roberto Castelli, il viceministro alle Infrastrutture, scende in campo. Rassicura. Garantisce: «Quella tratta, come l’intero progetto prioritario 6 da Lione al confine ungherese-ucraino, è e resta una priorità del governo».
Viceministro Castelli, che ha detto esattamente al vertice italo-sloveno con il suo omologo Igor Jakomin?
Ho semplicemente detto, come hanno più volte segnalato il presidente Renzo Tondo e altre forze locali, che c’è un problema di consenso delle popolazioni locali sul tracciato ipotizzato. E ho spiegato che, nell’interesse di tutti, stiamo cercando di superarlo.
Come?
Trovando la soluzione maggiormente condivisa perché non vogliamo un altro caso come quello del Frejus.
Non ha mai parlato di un disimpegno italiano sulla Trieste-Divaccia? Sono filtrate sue forti perplessità sulla praticabilità del progetto transfrontaliero, per motivi ambientali, finanziari, trasportistici.
Assolutamente no. E trovo francamente sorprendente che qualcuno possa aver detto una cosa del genere: la dichiarazione congiunta di Brdo non si presta a equivoci. La Trieste-Divaccia va fatta il prima possibile.
Ma, visto che al momento c’è solo uno studio di fattibilità, quali sono i tempi?
Quelli definiti. Abbiamo un accordo con la Slovenia e lo rispetteremo. A fronte dei problemi di tracciato, lo ripeto, stiamo cercando la soluzione più conveniente e condivisa. E non mi limito a dirlo.
Che vuol dire?
Al rientro da Brdo ho sentito il coordinatore europeo del progetto prioritario 6: ci vedremo ai primi di dicembre a Roma. Al contempo ho attivato personalmente le Ferrovie affinché valutino celermente tutte le possibili soluzioni progettuali. Davvero, non capisco come si possa pensare a un disimpegno italiano...
Non c’è solo la tratta transfrontaliera. L’alta velocità, da Mestre in poi, è in alto mare. La Regione Veneto pensa a un ridicolo tracciato lungocosta, che pare proposto apposta per non fare nulla. Non è che il governo reputa più strategici i collegamenti a nord-ovest?
Assolutamente no. L’Italia sta in mezzo al progetto prioritario 6 e ha uguale interesse per i collegamenti a ovest e a est. Dico di più: la Trieste-Divaccia costa meno del traforo del Frejus e, quindi, arriverà probabilmente prima. È una tratta fondamentale per collegare Trieste e il suo porto all’Ungheria, alla Russia, all’Est europeo.
A proposito di porto di Trieste, quando arriveranno i soldi promessi per la piattaforma logistica?
La delega ai porti non è mia, quindi non posso rispondere per altri. Ma posso garantire che questo governo considera un punto di assoluto riferimento la portualità dell’Alto Adriatico.
C’è chi sostiene che lei si preoccupa poco del Nordest e assai di più del Nordovest: il Cipe ha finanziato la Tav da Genova verso Milano e il Nord. La Tav a Est di Verona è all’anno zero.
Si rileggano gli atti parlamentari del ’92: al tempo io ero uno dei pochissimi sostenitori del Corridoio V. Vent’anni dopo sono tutti d’accordo ma, intanto, abbiamo accumulato ritardi... E, comunque, ricordo che il triplicamento della A4 rientra nel Corridoio V: è un’opera che si sta realizzando anche grazie a questo governo.
Il Nordest chiede che l’autostrada A4 rimanga in gestione alle Regioni quando, nel 2017, scadrà la concessione con l’Anas.
Proprio pochi giorni fa ho incontrato il senatore Ferruccio Saro a riprova di quanto mi sto interessando al Friuli Venezia Giulia e al Veneto. E mi sono impegnato affinché il governo onori l’ordine del giorno già approvato al Senato.
Il governo, quindi, autorizzerà una società mista tra le due Regioni e l’Anas? Quando?
Stiamo lavorando per trovare la soluzione migliore sul modello di quanto già realizzato, con grande positività, in Lombardia.
ROBERTA GIANI

 

 

TRIESTE-DIVACCIA - Mercoledì a Roma un summit con l’Unione europea - L’ASSESSORE RICCARDI ASSICURA: «SI VA AVANTI CON IL PROGETTO»
 

TRIESTE «Per il Friuli Venezia Giulia l’alta velocità e senza dubbio una priorità». Aldilà delle perplessità più o meno nascoste del governo italiano, l’assessore regionale ai trasporti, Riccardo Riccardo, tira avanti dritto per la sua strada. «Non è questione di posizioni ufficiali o meno ufficiali. – sostiene – Da quanto ne so l’Italia conferma il suo impegno per la Tav anche nel Nord Est, ne ho parlato con il capo del Dipartimento del Ministero. Questo naturalmente non nasconde che il progetto ha una serie di elementi complessi che vanno gestiti».
La questione del tracciato, il collegamento tra i porti di Trieste e Capodistria e le opere da realizzare in attesa di avere la Trieste-Divaccia e la ferrovia ad alta velocità/alta capacità sono i punti cardine da qui ai prossimi mesi e anni, visto che la realizzazione delle infrastrutture previste non è certo questione di pochi giorni. Sulla questione tracciato, Riccardi ammette che «c’è un dissenso elevato e che vanno trovate soluzioni attraverso il confronto con il territorio». Un passaggio necessario per un’opera sulla quale, assicura l’assessore, «c’è l’interesse italiano a garantire il collegamento, purché sia prevista la connessione tra i porti di Trieste e Capodistria», esigenza peraltro da far combaciare con quella della Slovenia di collegare Capodistria con Divaccia per connettersi al tracciato della Tav. Bisogni da far coincidere «ma ciò non significa – puntualizza Riccardi – che non sia una priorità per il Governo italiano». La Regione nel frattempo non sta con le mani in mano e continua nell’opera di pressing, anche a livello comunitario. Domani Riccardi e il presidente Tondo incontreranno i parlamentari europei e il responsabile dell’Unione Europea, Bronckhorst, il quale mercoledì sarà a Roma al Dipartimento del Ministero delle Infrastrutture per esaminare la situazione degli interventi dell’Unione Europea in Italia.
«Da quanto mi risulta – afferma Riccardi – verrà confermata la linea dell’Italia che considera una priorità l’asse infrastrutturale del Nord Est. Per il Friuli Venezia Giulia è sicuramente una priorità seppure in un quadro di complessità. Continueremo a lavorare perché le cose vadano avanti».
Roberto Urizio
 

 

TRIESTE-DIVACCIA - Sonego: «Rischiamo l’isolamento» - L’ex della giunta Illy: «Intanto Capodistria e Fiume corrono»
 

TRIESTE Trieste–Divaccia e Corridoio V a rischio? Ne è convinto l’esponente del Pd, Lodovico Sonego, ex assessore regionale alle infrastrutture della Giunta guidata da Riccardo Illy. Trieste e il Friuli Venezia Giulia si trovano a fronteggiare l’ennesima situazione di isolamento infrastrutturale, secondo Sonego, mentre la Slovenia approfitta dei tentennamenti italiani per guardare altrove.
E’ davvero convinto che il Corridoio V verrà messo nel cassetto?
Trieste corre un grande rischio. E’ possibile che il Corridoio V non si faccia più perché settori del Governo Berlusconi lavorano per abbandonare di fatto, o persino formalmente, il progetto. E nel frattempo i governi di Lubiana e Zagabria fanno il loro mestiere. Il primo lavora per il disaccoppiamento della linea Capodistria-Divaca dalla Trieste-Divaca. In altri termini opera per poter ricevere i fondi dell’Europa per la Capodistria-Divaca anche se non si fa la Venezia-Trieste-Divaca e, anzi, spera di far convergere completamente in Slovenia le risorse comunitarie che diversamente vanno spartire tra i due paesi adducendo a motivazione proprio la rinuncia italiana.
E la Croazia come si muove?
Zagabria ha dimostrato in questi anni una grande vitalità infrastrutturale e dal canto suo ha deciso di realizzare una moderna ferrovia che collegherà il confine ungherese a Fiume assegnando così un grande vantaggio competitivo al suo porto. Il programma sarà più rapido di quelli italiano e sloveno. I governi di Lubiana e Zagabria fanno il loro mestiere, il problema siamo noi».
Cosa fa, o non fa, l’Italia?
In questo quadro quei settori del governo Berlusconi che lavorano per abbandonare il Corridoio V decidono deliberatamente di uccidere il porto di Trieste per mancanza di infrastrutture mentre Capodistria e Fiume corrono; decidono anche che non serve raddoppiare il Molo VII né costruire la nuova piattaforma logistica perché poi non ci saranno le ferrovie per portare via le merci.

(r.u.)

 

 

RIGASSIFICATORE - Muggia, la Lega entra nel comitato per il no - I partiti di centrosinistra aprono all’opposizione: «Un interesse comune»
 

MUGGIA Inedita ”alleanza” a Muggia contro il rigassificatore. La sezione della Lega Nord, ignorando il monito di Isidoro Gottardo, secondo il quale opporsi al rigassificatore equivarrebbe a mettersi in contrasto con il Pdl, entra nel comitato impegnato nella raccolta di firme per dire no all'impianto di rigassificazione, comitato del quale, a livello politico, facevano parte finora solo forze della maggioranza.
La lotta al rigassificatore, almeno a Muggia, si fa quindi trasversale, con il comitato promotore, costituito dalle segreterie dei partiti del centrosinistra, che si apre anche a un partito d'opposizione.
Il segretario della sezione comunale della Lega Nord, Tullio Pantaleo, precisa: «Ci uniamo non solo alle forze politiche ma a tutte le associazioni che, per i motivi noti e descritti nella petizione, si schierano contro l'impianto». Nessuna apertura, ma «un atto di semplice coerenza. Ricordiamo che più volte, e in tempi precedenti alle parole di Gottardo, l'intero Consiglio comunale muggesano - e quindi anche le forze dell'opposizione - aveva votato compatto contro l'impianto di rigassificazione di Zaule».
Di fatto, comunque, la posizione leghista a Muggia si scontra con quella regionale. Pantaleo non intende rispondere direttamente a Gottardo, ma ribadisce che «la sezione muggesana della Lega proseguirà per la sua strada, informando i cittadini sulla pericolosità dell'impianto di Zaule e raccogliendo altre firme». Il gazebo per la raccolta sarà allestito in piazza della Repubblica ogni giovedì dalle 9 alle 13.
«La sezione locale della Lega aveva attivato autonomamente un banchetto di raccolta – commenta il portavoce del comitato, Maurizio Coslovich – e ci ha chiesto di unire le firme. Nell'interesse comune il suo ingresso è stata accettato. Auspichiamo la partecipazione anche di altre realtà politiche, sociali, sportive ed economiche».
Gianfranco Terzoli
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO/2
 

Il 20 novembre compare un intervento a mio nome nella pagina Segnalazioni. In realtà si tratta di una libera rielaborazione di un testo che avevo inviato in risposta a uno dei tanti interventi di un lettore che ha avuto molto spazio nella rubrica per contestare le posizioni degli ambientalisti contrari al progetto del rigassificatore di Zaule. Il mio testo da una parte ironizzava sulle esternazioni tecnico-scientifiche di questi interventi (che pure dimostrano che l’estensore conosce, almeno in parte, gli argomenti in cui si addentra) d’altra parte tentava di dare alcune informazioni per aiutare i lettori a orientarsi in questo labirinto di elucubrazioni.
Non intendo riprendere in mano l’argomento. Mi diverte però sottolineare che chi ha battuto il testo comparso in Segnalazioni per un refuso ha scritto «rigasisficatore», forse inconsciamente percependo il rigassificatore come una grande sfiga per Trieste.
Lino Santoro
 

 

BORA.LA - DOMENICA, 22 novembre 2009

 

 

Scheda 1: Cos’è un rigassificatore? Cosa prevede il progetto di Gas Natural?

La questione rigassificatore è una delle più delicate nell’agenda politica triestina.
La nostra impressione è che a mancare sia soprattutto un’informazione di base, e che questa confusione finisca per facilitare il compito di chi vorrebbe sottrarre la questione al dibattito pubblico. Abbiamo quindi chiesto a Paolo Menis e Aris Prodani, del Meet-up triestino di Beppe Grillo, di inquadrare il problema con alcune schede mirate.

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 21 novembre 2009

 

 

Rigassificatore, Gottardo avverte la Rosolen - «È un progetto strategico del governo. Chi lo boicotta, si mette in contrasto con il Pdl»
 

TRIESTE «Il rigassificatore di Trieste costituisce una priorità strategica del governo Berlusconi. Regione e Comune sono d’accordo nel ritenerlo un’assoluta necessità. E il Pdl lo sostiene con tutte le sue forze. Pertanto, chi cercasse di boicottare il progetto, si metterebbe inevitabilmente in contrasto con il partito». Franco Bandelli prepara, con l’associazione ”Un’altra Trieste”, una sorta di consultazione popolare sull’impianto di Zaule, un questionario per sentire il polso dei cittadini? Isidoro Gottardo dosa le parole, ma non sta a guardare. Il coordinatore regionale manda un avviso preventivo a chi è stato eletto nel Pdl e, ancor più, a chi «ha responsabilità istituzionali».
Non è un’uscita casuale. Le frizioni triestine tra ex aennini, quelle che hanno come protagonista l’ex assessore comunale ai Lavori pubblici, tengono banco ormai da mesi nei palazzi di piazza Unità e piazza Oberdan. E alimentano un tam tam sempre più insistente sul futuro di Alessia Rosolen, l’assessore regionale al Lavoro e all’Università, finita nel mirino in quanto legata a Bandelli.
Gottardo lo sa e, dopo aver ricordato che nomine o revoche di assessori spettano solo al presidente della Regione, getta acqua sul fuoco: «Il Pdl non ha mai chiesto la testa dell’assessore Rosolen e men che meno l’ha fatto Roberto Menia. Chi lo afferma, cercando di far passare il sottosegretario per quello che non è, cosa che mi dispiace molto, afferma il falso». La questione, aggiunge il coordinatore del Pdl, è un’altra. Ed è tutta politica: «Menia ha una serie di principi che io apprezzo: chi sta in un partito può discutere e dissentire, ma sicuramente non può lavorare a una lista civica in contrasto con il suo partito, magari per assecondare le proprie aspirazioni. Né può mettere in discussione scelte strategiche come quella del rigassificatore».
Insomma, in altri termini, il Pdl non potrebbe accettare che l’assessore Rosolen sposasse un’iniziativa contro il rigassificatore: «Ma, da quanto mi risulta, è un’ipotesi, un’illazione priva di fondamento. E infatti non ho dubbi - aggiunge Gottardo - che l’assessore regionale, una persona di esperienza politica e intelligenza, conosca bene le regole di partito. E sappia altrettanto bene quali siano gli spazi compatibili di manovra con la sua responsabilità di assessore della giunta regionale in nome e per conto del Pdl». Intanto, però, l’avvertimento è lanciato.
 

 

«Rigassificatore, anomalo l’iter che ha portato al sì» - Il ricorso di Greenaction illustrato da Mocnik: «Commissione senza poteri»
 

«Il ricorso al Tar del Friuli Venezia Giulia contro il progetto per il rigassificatore è il primo passo. Nel caso venisse rigettato, e a respingerlo fosse anche il Consiglio di Stato, il documento è stato pensato per arrivare alla Corte di giustizia europea». A sottolineare la decisione con cui Greenaction Transnational porta avanti la sua battaglia contro l’impianto di Gas Natural è stato ieri Roberto Giurastante, durante l’illustrazione del documento che l’associazione ha presentato al Tar una settimana fa. Un’analoga illustrazione alla stampa è stata fatta venerdì scorso a Lubiana.
Ad entrare nei dettagli del ricorso, che chiede l’annullamento del decreto sulla compatibilità ambientale, è stato l’avvocato Peter Mocnik, il quale ha esordito sottolineando che «il decreto sulla valutazione d’impatto ambientale è un procedimento anomalo perché la commissione Via che ha dato quattro dei cinque pareri, che sono parte integrante del decreto, è stata annullata dal Tar del Lazio, con una sentenza dello scorso maggio in cui ha dato ragione ai componenti esclusi dalla nuova commissione. Quindi il parere sull’impatto ambientale è stato rilasciato da una commissione che non ha poteri».
Il parere del ministero dell’Ambiente, sempre secondo Mocnik, è poi «tutto fuorché un parere, in quanto tralascia e rinvia a valutazioni future elementi che dovevano invece essere esaminati prima di pronunciarsi». Di questi elementi il legale ha citato in particolare tre: l’inserimento nel paesaggio, il gasdotto di collegamento alla rete del metano, i possibili danni alla salute dei cittadini e agli impianti circostanti.
Quanto al gasdotto, che per una buona metà correrebbe sul fondo del golfo, il legale ha rimarcato come «i nostri fondali siano tra i più inquinati del Mediterraneo, con metri di sedimenti carichi di mercurio giunti in mare dalle miniere di Idria attraverso l’Isonzo, per non parlare dei residui dell’attività siderurgica a Trieste». E sugli eventuali danni alla salute dei cittadini ha osservato che «l’ambiente del rigassificatore comprende le migliaia di persone che vi abitano attorno. Come si può dare un parere favorevole se non si valuta prima questo danno?».
Quanto alle conseguenze di possibili incidenti sugli impianti industriali circostanti, Mocnik ha ricordato che con la Direttiva Seveso la Commissione europea ha già affermato come non si possa realizzare un impianto senza valutarne prima gli effetti, in caso di incidente, su quelli attigui.
In tema di compatibilità paesaggistica, avallata dal ministro Bondi, il legale ha infine ricordato che «la Soprintendenza ha dato quattro pareri negativi. Il quinto era positivo, ma firmato da un funzionario diverso. Ciò solleva dei dubbi: cosa è accaduto per far cambiare parere? E il fatto che il quinto parere non sia stato motivato costituisce un vizio del procedimento».

(gi. pa.)
 

 

La Trieste-Divaccia a rischio ”siluramento” - Frenata di Castelli al vertice bilaterale di Brdo: non è una priorità italiana. Irritazione a Lubiana
 

MENTRE LA REGIONE LAVORA AL POTENZIAMENTO DELLA RETE ESISTENTE
TRIESTE La Trieste-Divaccia? Non è una priorità, almeno non per Roberto Castelli. Il viceministro alle Infrastrutture non avrebbe dubbi e l’avrebbe detto, senza troppi giri di parole, al vertice italo-sloveno di Brdo. Le conferme, seppur non ufficiali, rimbalzano da Roma a Lubiana. E alimentano nuove tensioni: il Friuli Venezia Giulia, se l’Italia ”scaricasse” davvero la tratta transfrontaliera, rischierebbe l’isolamento totale. Trieste e il suo porto, il colpo di grazia.
La Trieste-Divaccia, con i suoi 35 sofferti chilometri, costituisce infatti la ”porzione” italo-slovena del corridoio ferroviario europeo che deve unire, nel segno dell’alta velocità, Lione al confine ungherese-ucraino. L’Ovest all’Est al di sotto delle Alpi. Ma, se l’Italia si tirasse indietro e lasciasse un ”buco” sul suo confine orientale, perché mai dovrebbe allungare la Tav sino a Trieste o comunque in Friuli Venezia Giulia? Chi o cosa ne giustificherebbe il costo?
L’antefatto. Il 9 novembre a Brdo, alle porte di Lubiana, si tiene l’atteso summit interministeriale italo-sloveno: i temi sul tappeto sono tanti, c’è quello caldissimo del rigassificatore di Trieste, ma c’è anche quello non meno importante delle infrastrutture. Castelli ne discute con l’omologo sloveno e, a quanto confida più d’uno, ”affonda” a parole la Trieste-Divaccia: adduce motivi economici, ambientali, di consenso. Non basta. Il viceministro leghista si dice pronto ad andare sino in fondo affinché il ministro Altero Matteoli e l’intero governo rinuncino al progetto. E, chissà, magari concentrino gli sforzi e le risorse più a nord-ovest del Paese, a tutto vantaggio dell’area ”padana” da sempre assai cara al Senatur e alle sue truppe.
Le reazioni. Lubiana, a quanto trapela, non gradisce. Non è un segreto che ha messo più volte i bastoni tra le ruote alla Trieste-Divaccia, facendo infuriare persino l’algido Riccardo Illy, ma non si aspetta una retromarcia italiana. E così, in via diplomatica, fa arrivare le sue proteste sino a Bruxelles: la tratta italo-slovena della Tav, nonostante gli ostacoli tecnici e gli alti costi, i tempi e le resistenze, gode non solo della benedizione ma anche di un robusto cofinanziamento europeo, proprio a fronte della sua natura trasfrontaliera.
In parallelo, e altrettanto in silenzio, si muove pure il Friuli Venezia Giulia. Attiva i suoi canali con Roma, con il ministero ”amico”, in difesa di un’opera ritenuta «assolutamente strategica»: l’allungamento della Tav da Mestre a Trieste e da Trieste verso l’est europeo, anche ai tempi di Renzo Tondo, rimane «una priorità assoluta». E Riccardo Riccardi, l’assessore regionale ai Trasporti, non esita a ribadirlo. Al contempo, però, getta acqua sul fuoco: «Non mi risultano dietrofront italiani. Mi risulta che l’Italia è impegnata a presentare la progettazione nei tempi previsti, superando le difficoltà e allargando il consenso».
La partita della Tav, al di là dell’incognita Castelli, resta comunque complicatissima. Piena di ostacoli e incognite. La tratta Mestre-Ronchi sud, complici le fughe venete in avanti su un tracciato litoraneo, è ancora in alto mare: la progettazione dovrebbe essere consegnata, come concordato con Bruxelles a fine ottobre, appena a fine 2010. Entro il 2012 dovrebbe essere pronta la progettazione definitiva della tratta Ronchi sud-Trieste, già contestata dal ministero all’Ambiente, i cui lavori costano poco meno di 2 miliardi. Ancor più onerosa, 2 miliardi e 400 milioni, e non meno complicata la Trieste-Divaccia (inclusa la connessione con Capodistria): la progettazione preliminare non c’è, c’è ”solo” uno studio di fattibilità finito sotto accusa, in particolare per la curva che interessa la Val Rosandra, e si stanno attendendo le promesse modifiche all’ipotesi iniziale di tracciato.
E così, visto che i tempi si preannunciano ben che vada assai lunghi, la Regione corre ai ripari. E lavora a una soluzione di medio periodo: Riccardi punta infatti sul rafforzamento delle linee ferroviarie già esistenti - a partire da quelle che devono collegare il porto di Trieste al resto del mondo - «in modo da non restare bloccati per troppo tempo nell’attesa della nuova infrastruttura». Ma l’assessore regionale esclude, categorico, ripensamenti o peggio contraddizioni: «Noi andiamo avanti con la Tav. Ma, in attesa della sua realizzazione, dobbiamo riqualificare l’esistente perché, se non lo facciamo, rischiamo di deprimere lo sviluppo portuale di Trieste».
ROBERTA GIANI

 

 

Trasporti ferroviari peggio di un secolo fa - NEL 1910 C’ERANO PIÙ BINARI DI OGGI PER IL TRAFFICO MERCI
 

La nuova linea transfrontaliera porterebbe la capacità totale a 350 convogli al giorno
TRIESTE Nel 1910 Trieste aveva quattro binari adeguati per il trasporto delle merci dell’epoca. Nel 2009, un secolo dopo, ne ha solo due: Genova, e non è un esempio banale, ha nove binari. Pochi numeri, ma sufficienti a dimostrare quanto Trieste e il suo porto abbiano disperatamente bisogno di un potenziamento del trasporto ferroviario.
Ce ne sono altri, di numeri ”nudi e crudi”, a dare man forte: ci sono 140 treni che percorrono quotidianamente i binari da Trieste a Bivio Aurisina e ce ne sono 160 che macinano quelli da Bivio Aurisina a Ronchi dei Legionari, a fronte di una capacità massima di circa 190 treni al giorno. I dati, riferiti al traffico ferroviario del 2008, dimostrano che la linea è quasi al limite.
Lo studio di fattibilità della Trieste-Divaccia, realizzato dall’italiana Italferr e dalla slovena ”Sz”, conferma: la tratta italiana è ”quasi completamente saturata”. E aggiunge: la nuova linea transfrontaliera porterebbe la capacità complessiva a più di 350 treni al giorno e sarebbe sufficiente almeno sino al 2040.
Ma Trieste, ammesso che tutto fili liscio, può attendere almeno tre anni di progettazione e almeno altri sette o più probabilmente nove di lavori? E può attendere il suo porto che si pone, seppur come ambizioso obiettivo di lungo termine, una movimentazione di 3,5 milioni di Teu? I numeri, sempre quelli, dicono di no: una movimentazione di 3,5 milioni di Teu equivale a 240 treni di peso e dimensione attuali sulla linea esistente ovvero a 160 treni di peso e dimensione superiori sulla linea ad alta capacità.
Non a caso, allora, pur ribadendo che non c’è contraddizione con la Tav, l’assessore alle Infrastrutture Riccardo Riccardi incalza sulla necessità di potenziare l’infrastruttura esistente. Senza perdere tempo. Ma come? Gli interventi di miglioramento possibili sono molteplici: alcuni sono già programmati, come l’adeguamento della galleria Campi Elisi, altri sono allo studio o da valutare. Ma bisogna fare in fretta: il tempo, ormai, è agli sgoccioli.
 

 

Piano regolatore, parola ai cittadini - OSSERVAZIONI ENTRO IL 24 NOVEMBRE
 

Il coordinamento Più verde meno cemento, costituito da comitati rionali e associazioni ambientaliste, ricorda che è ancora possibile presentare osservazioni e opposizioni sul nuovo Piano regolatore che il Comune ha adottato. «Il nuovo Piano - scrive il Coordinamento - condizionerà l'uso del nostro territorio e le edificazioni concedendo i permessi per nuove costruzioni nelle periferie e per le grandi opere nella nostra città e sul Carso». Chi desidera dare suggerimenti, proposte o critiche, può farlo fino al 24 novembre: «Dopo questa data da parte dei cittadini non sarà più possibile chiedere modifiche». Le associazioni e i comitati sono a disposizione per dare spiegazioni e accogliere osservazioni e opposizioni da inoltrare al Consiglio comunale. Ci si può rivolgere a: Legambiente, e-mail info@legambientetrieste.it; Wwf, e-mail wwfts@libero.it; Italia Nostra, su appuntamento telefonando al 3475989410; Pro Loco San Giovanni Cologna (martedì e giovedì dalle 9 alle 10, via S.Cilino 44a), su appuntamento telefonando al 3289074018; Coordinamento Più verde meno cemento 3, cell. 381413563.
 

 

«Il Parco del mare facciamolo in Porto Vecchio»  - ASSEMBLEA PD - Omero: «Dipiazza ha fatto un prg edilizio, che dimentica i progetti veri»
 

Le relazioni alla Marittima
Il Pd targato Bersani si fa sentire. E dunque: butta alle ortiche i discorsoni, esprime concetti semplici, basici, fa finalmente chiarezza sul futuro di Trieste dal suo punto di vista. In un concetto: si fa capire e riapre quel dialogo con la gente che, forse, negli ultimi anni, era andato disperso. In una stipata ”Marittima”, sede della prima assemblea post-primarie, il segretario Roberto Cosolini dà miele alle api parlando «della responsabilità di lavorare perché la politica, il governo della polis, voglia dire sviluppo, opportunità, progresso per la nostra comunita’ locale». E spiega, ad esempio, che il Parco del Mare andrebbe benissimo, ma in Porto vecchio, che la Fiera andrebbe chiusa «perchè costa e non rende e per fare quelle due manifestazioni all’anno basterebbe la Camera di commercio», che mai come adesso si avverte la necessità «di attrarre flussi di immigrazione intellettuale, di attrarre giovani, di riproiettare Trieste in una dimensione internazionale ora accantonata».
E chiosa su di un piano regolatore «inconcludente» e un piano regionale del commercio «che ha sortito l’unico effetto di trasformare l’assessore Ciriani in vigile urbano». «Trieste può essere città d’arte, è vero – precisa – ma solo nell’ambito di un discorso coerente sulla cultura. E invece cosa vediamo? Ai teatri vengono inflitti solo tagli pesanti mentre vengono destinati a quei deliri leghisti sulla sicurezza fondi importanti...».
Bisogna, allora, invertire la tendenza? Compito impari se è vero, come sostiene Cosolini, che «Trieste è in declino, e per dirlo non occorre nemmeno essere di sinistra, se è vero che l’assessore Giovanni Ravidà lo dice spessissimo, condendo il tutto con cifre inoppugnabili, mentre magari il sindaco continua a parlare di “momento magico”».
Torna ancora al Parco del Mare, l’sponente del Pd, non foss’altro che per chiarire definitivamente l’idea che si nutre attornio al progetto che più d’uno tratteggia come l’ultima spiaggia per Trieste. «Non siamo contrari – precisa Cosolini – ma come Pd abbiamo chiesto di conoscere subito il partner privato dell’iniziativa, esattamente come ha fatto Tondo. Se esiste/ono, si faccia subito una gara. Diversamente, si prenda atto che il progetto non sta in piedi con le sue gambe».
Ma qual è la possibilità di un progetto politicamente comune per la città? Praticamente prossima allo zero se, come annota il capogruppo in Comune Fabio Omero, «il problema principale degli assessori ultimamente sembra quello di farsi tagliare i capelli per dimostrare che non sono fatti di cocaina...». «A dirla tutta – ha precisato Omero – ci trovianmo di fronte a un prg edilizio e non urbanistico, con un Dipiazza che si fa una gran merito della ristrutturazione di quella che io chiamo l’autostrada delle Rive, dimenticando i progetti strategici, tutti quei tunnel, tra il Porto Vecchio e il Porto nuovo o davanti a piazza Unità che si è ben guardato dal rendere operativi».
FURIO BALDASSI

 

 

Sindaci riuniti sul Piano casa: «È incostituzionale» - LA RIVOLTA DEGLI ENTI LOCALI CONTRO LA REGIONE
 

Il primo cittadino udinese Furio Honsell: «Non promuove le autonomie locali». Un documento a Berlusconi
UDINE «Il Codice regionale dell'edilizia è incostituzionale». A dirlo, ieri, durante il convegno "Il piano casa regionale: il principio di autonomia dei comuni a garanzia della qualità urbana", il sindaco di Udine, Furio Honsell. La legge, infatti, violerebbe «l'articolo 5 della Costituzione perché, di fatto, non promuove le autonomie locali».
E, durante il convegno, è stato distribuito il documento che il primo cittadino intende recapitare al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, «per difendere l'autonomia dei Comuni nelle scelte di pianificazione urbanistica, chiedendo di impugnare la legge regionale per incostituzionalità».
«La legge regionale - si legge nel documento che da lunedì sarà sottoscrivibile direttamente dal sito internet del Comune - non prevede in alcun modo la possibilità che i singoli Comuni possano intervenire, previa valutazione di specifiche peculiarità di natura urbanistica, edilizia paesaggistica e ambientale, per eventualmente disporre modalità applicative diversificate della norma in esame, adattando la stessa alle singole frastagliate realtà che compongono il tessuto degli enti locali della regione».
L'assessore comunale alla pianificazione territoriale, Mariagrazia Santoro, nel domandarsi se «investire nell'edilizia sia l'unico modo possibile per uscire dalla crisi», ha precisato che le paure del Comune «non riguardano certo la chiusura di legnaie o verande, ma gli incrementi fino al 35 per cento dell'esistente possibili, in modo indiscriminato, per edifici plurifamiliari e industriali».
«Dobbiamo -ha proseguito Santoro- prestare attenzione alla qualità della città perché altrimenti ne perderemo tutti».
Per Andrea Baldanza, magistrato della Corte dei conti se e componente del comitato scientifico Ifel su "La pianificazione territoriale nelle pronunce della Corte costituzionale", "si è voluto creare un diritto soggettivo dei cittadini nei confronti dl Comune".
Inoltre, assisteremo "alla trasformazione delle nostre città - ha aggiunto l'urbanista Paola Di Biagi - secondo un'idea obsoleta di divisione fra centro e periferia».
E, Fabio Refrigeri, vice coordinatore nazionale dell'Anci, ha sottolineato come la «perdita di potere dei Comuni si traduca in un minor potere anche per i cittadini».
Infine, Roberto Tricarico, assessore all'ambiente del Comune di Torino ha fatto sapere che anche lui sottoscriverà il documento proposto da Honsell.
Michela Zanutto
 

 

”Miani”, lettera aperta sulla Ferriera - A SOSTEGNO DI MAURIZIO FOGAR
 

Una «lettera aperta a Trieste» per valorizzare il gesto di Maurizio Fogar, ex presidente del Circolo Miani che a fine ottobre ha deciso di sospendere l’assunzione dei farmaci salvavita come protesta contro l’annosa e irrisolta vicenda della Ferriera. A sottoscriverla «in tre giorni», scrive il Circolo Miani, 565 cittadini, che accusano «il silenzio delle istituzioni, della società civile, della politica attorno alla scelta di Fogar, che sostanzialmente chiede il mero rispetto delle leggi». «Non siamo intellettuali né uomini politici, e non ne sentiamo alcuna mancanza, ma siamo dei normali cittadini che cominciano a vergognarsi nel definirsi triestini», recita la lettera che cita «il silenzio decennale dei primi che non hanno mai speso parola per il dramma che decine di migliaia di concittadini, abitanti e lavoratori stanno vivendo sulla propria pelle per gli affari della proprietà della Ferriera». La lettera accusa anche «la strumentalizzazione politica ed elettorale che i partiti e le istituzioni da loro occupate hanno fatto in questi anni, testimoniando con la propria incapacità o peggio come la Ferriera sia la cartina di tornasole del fallimento della politica a Trieste». I banchetti di raccolta firme proseguiranno nei prossimi giorni.
 

 

MONRUPINO - Telefonini, piano per le antenne
 

L'adozione del Piano comunale di settore per la localizzazione degli impianti per la telefonia mobile, e il rinnovo della convenzione tra i Comuni di Sgonico e Monrupino per la gestione dell'Ufficio per il territorio carsico.
Sono questi i due punti principali all’ordine del giorno della prossima riunione straordinaria del Consiglio comunale di Monrupino, prevista per le 17.30 di martedì prossimo.
Tra gli altri punti in calendario, l'assestamento al bilancio di previsione 2009, che però non dovrebbe prevedere significativi cambiamenti.
Grande attenzione verrà dunque posta all’adesione al piano per il posizionamento delle antenne telefoniche, piano peraltro redatto assieme ai Comuni di Sgonico e Duino Aurisina.

(r.t.)
 

 

Duino Aurisina, in arrivo i cassonetti blindati - Solo i residenti avranno le chiavi Si vuole bloccare il deposito di spazzatura da fuori comune
 

NELLE ZONE PERIFERICHE
In arrivo i cassonetti blindati, che impediranno l’arrivo di spazzatura da fuori provincia, che solo lo scorso anno ha determinato, per il Comune, un aggravio della spesa pubblica stimato in 20mila euro.
Il sindaco Giorgio Ret intende introdurre sul territorio i primi contenitori di raccolta dell’immondizia dotati di lucchetto e chiave. Lo ha annunciato ieri mattina, mentre la Terza commissione presieduta dal consigliere Gianpietro Colecchia (An) era riunita in municipio.
«Nel prossimo bando per la gestione del servizio – così il primo cittadino – voglio richiedere per i territori periferici del Comune, come per esempio San Giovanni di Duino e tutte le altre aree di passaggio, i cassonetti con il lucchetto. In questo modo solo ai cittadini residenti potrà essere assegnata la chiave con cui aprire i contenitori, e sarà quindi evitato l’accumulo di sacchi neri portati da fuori. I camioncini delle ditte che scaricano interi bottini di spazzatura a Duino Aurisina sono destinati a sparire una volta per tutte».
Il sindaco ha deciso di dare questo input alla giunta soprattutto in ragione della spesa, 20mila euro appunto, che l’ente si è visto costretto a sborsare nel 2008 a causa della ”cattiva abitudine” di qualche automobilista di passaggio.
L’attuale bando, che ha validità triennale e scadrà a giugno, non contiene infatti l’opzione allo studio degli uffici. Proprio in questi giorni l’amministrazione ha avviato la redazione del nuovo contratto e la novità ha già trovato il consenso dell’opposizione.
«Mi trovo d’accordo – così il consigliere Maurizio Rozza (Verdi) – e, in generale, credo sia necessario avviare una profonda riflessione sulla gestione del servizio e in particolare del passaggio dalla Tarsu alla Tia».
E in tema di Tarsu l’assessore ai Tributi Daniela Pallotta, illustrando il nuovo regolamento fiscale, ha presentato le due riduzioni a beneficio dei gestori di aziende agrituristiche e di realtà commerciali o turistiche: «La delibera che verrà portata in consiglio prevede uno sconto del 20%, a partire da gennaio, per gli imprenditori che, con fatture debitamente quietanzate, svolgono interventi per migliorare l’accoglienza nelle proprie strutture. Una simile riduzione spetta pure ai titolari di agriturismi, i quali spesso smaltiscono autonomamente, con il compostaggio, una buona parte dei rifiuti prodotti».
Le altre tariffe non sono state modificate: permangono gli esoneri fissati per gli over 65 e le riduzioni per le persone rimaste vedove (unico occupante di abitazione, ndr).
Il consigliere Rozza ha invece proposto uno sconto del 20% per «i locali pubblici che si impegnano a fare la raccolta differenziata del vetro».
La Pallotta ha infine reso noto che la Regione ha assegnato i 54mila euro richiesti per la pubblicizzazione del compostaggio privato. I cittadini riceveranno a breve un composter gratuito e un volantino con tutte le delucidazioni in merito.

Tiziana Carpinelli
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 20 novembre 2009

 

 

Muggia, ecosportello per scoprire i vantaggi degli impianti ”bio” - APRIRÀ A GENNAIO
 

MUGGIA Aprirà ufficialmente a gennaio la sede dell'Ecosportello a Muggia. L'annuncio arriva direttamente dall'assessore provinciale all'Educazione ambientale Dennis Visioli. Attivato dal circolo Legambiente di Trieste grazie al finanziamento della Provincia, e aperto per due ore a settimana per complessive 30 aperture, avrà la finalità di informare i cittadini sui vantaggi economici ed energetici conseguenti all'installazione di pannelli fotovoltaici, isolamenti termici e caldaie di nuova generazione, su case private nuove o da ristrutturare. Lo sportello di Muggia sarà aperto ogni mercoledì dalle 10 alle 12 e sarà ospitato nel punto informativo di via Roma 20.
«Grazie alla sensibilità del Comune di Muggia - sottolinea Visioli - i muggesani non dovranno recarsi alla sede di Trieste, ma potranno usufruire del servizio direttamente nel loro comune. La nostra sensazione è che i cittadini abbiano una spiccata sensibilità ecologica, ma vadano aiutati a renderla concreta. Tramite l'Ecosportello i muggesani potranno collaborare più facilmente all'impresa di rendere il mondo più pulito per i nostri figli».
Anche nella cittadina, i giovani operatori di Ecosportello, formati attraverso un apposito corso avviato da Legambiente e che si concluderà il 3 dicembre, forniranno agli interessati informazioni sugli aspetti normativi e fiscali e sugli incentivi previsti per gli interventi di ristrutturazione e utilizzo di fonti alternative per la climatizzazione delle proprie abitazioni.

(g.t.)
 

 

Cala lo smog, via libera al traffico - Abbassati i valori di Pm10, da oggi niente più limiti alla circolazione
 

Dopo un giorno e mezzo di stop, il centro riapre al traffico veicolare. Da questa mattina, infatti, niente più limitazioni alla circolazione: via libera per tutti i mezzi.
L’ORDINANZA Il sindaco Roberto Dipiazza ha firmato ieri l’ordinanza di revoca della chiusura al traffico, confortato dalle comunicazioni arrivate dall’Arpa, le cui centraline hanno registrato un abbassamento nella concentrazione delle pm10 nell’aria. Tanto che, per l’appunto, i relativi valori sono risultati inferiori ai limiti normativi: va rammentato, a proposito, che il provvedimento di blocco del traffico deve scattare in caso di superamento per il terzo giorno consecutivo della soglia massima di 50 microgrammi per metro cubo di polveri sottili, oppure se anche per un solo giorno venga registrato un valore medio giornaliero di 70 microgrammi per metro cubo di pm10 o orario di 400 microgrammi per metro cubo di biossido di azoto.
I DATI Gli ultimi dati registrati dalle centraline dell’Arpa disseminate in città hanno verificato una concentrazione di pm10 inferiore alla fatidica quota di 50. A cosa si deve il miglioramento della situazione con l’abbassamento dello smog? «La leggera pioggerellina di mercoledì - spiega il meteorologo Gianfranco Badina - ha avuto effetti positivi sull’inquinamento. Le gocce d’acqua, infatti, cadendo, inglobano le particelle inquinanti presenti nell’aria e le portano così al suolo».
Il sindaco Roberto Dipiazza, firmata la nuova ordinanza, ribadisce il suo punto di vista: «È tutto un rito, è vergognoso dover chiudere il centro al traffico per uno sforamento di uno o cinque punti, mentre sulla Ferriera stanno tutti zitti. È paradossale. Siamo in un paese ridicolo, che utilizza due pesi e due misure. Sono cose da Striscia la notizia, che, anzi, non escludo di chiamare...».
IL RISCHIO Non è detto, però, che nei prossimi giorni la situazione non peggiori nuovamente. Le previsioni meteo, infatti, non sembrano essere particolarmente confortanti: «Domani e dopodomani (oggi e domani, ndr), con l’alta pressione che si rafforzerà, resterà una debole circolazione d’aria - aggiunge Badina -: ci saranno quindi condizioni favorevoli per la formazione degli agenti inquinanti. Tra domenica e lunedì ci sarà un peggioramento nella nuvolosità, con il rischio di qualche debole precipitazione, che comunque non cambierebbe le cose. Il quadro, poi, dovrebbe rimanere questo fino a giovedì prossimo».
LE MULTE Nella sola giornata di ieri, il personale della Polizia municipale ha sanzionato 55 automobilisti (nel pomeriggio di mercoledì erano state comminate 27 multe: in tutto, dunque, si è arrivati a 82), colti a non rispettare l’ordinanza di chiusura al traffico del perimetro del centro urbano. Per ognuno di loro, di conseguenza, 78 euro da versare nelle casse del Comune. In tutto, i controlli mirati effettuati ieri dai vigili urbani sono stati 227, di cui 143 di mattina e 84 nel pomeriggio.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Park di Opicina, la scure della Corte dei conti - Danno erariale, la Procura contabile apre un fascicolo sulla cessione dell’area
 

TERRENO VENDUTO DALLA REGIONE ALL’IMMOBILIARE PALAZZO RALLI
L’area di oltre 15mila metri quadrati in prossimità del quadrivio di Opicina ceduta nel 2007 con una procedura di cartolarizzazione dalla Regione all’immobiliare Palazzo Ralli Srl per la somma di 258mila euro, è finita sotto la lente della Corte dei conti. Il procuratore Maurizio Zappatori ha aperto un fascicolo ipotizzando un consistente danno erariale che avrebbe subito nell’affare la Regione stessa e ha disposto una serie di accertamenti da parte della Guardia di finanza.
In pratica la Regione avrebbe perso, con la vendita del terreno del valore attuale mercato di almeno 400mila euro, - secondo questa ipotesi - una somma di oltre 150mila euro. La cessione (peraltro non ancora tecnicamente perfezionata secondo gli atti in possesso alla procura della Corte dei conti) dell’area davanti al distributore Esso all’immobiliare Palazzo Ralli Srl, (che fa riferimento a un gruppo di imprenditori veneti), è avvenuta poi mentre era in corso da parte del Comune una procedura di esproprio che - secondo i giudici contabili - se fosse andata a buon fine avrebbe comportato sicuramenti spese minori.
Ma non solo. Gli investigatori della Finanza hanno anche accertato che la trasformazione di circa 10mila metri quadri in area edificabile prevista dalla variante numero 118 del piano regolatore - successiva alle indicazioni di cambio di destinazione d’uso da parte della Regione al momento della cessione - farebbe lievitare decisamente il valore di mercato del terreno dove potrebbe essere costruita una palazzina di una decina di appartamenti senza grandi difficoltà.
In pratica il procuratore Zappatori vuole capire se ci sia un nesso oggettivo, un filo di collegamento, tra la cessione avvenuta al prezzo di 258mila euro del terreno (in parte alberato) e la sua possibile valorizzazione per circa 10mila metri quadri, come area edificabile. In questo caso il prezzo al metro quadro del terreno varierebbe dagli iniziali 17 a 300 euro. Per il proprietario insomma il guadagno sarebbe fortissimo: quasi il 300 per cento. Il valore del terreno passerebbe in poche ore da circa 170mila a 3milioni di euro. Neanche negli anni d’oro della Borsa si ottenevano simili remunerazioni con investimenti anche più consistenti.
Anche un altro punto è finito sotto l’esame della Procura della Corte dei conti. Il parcheggio di circa 500 metri quadri adiacente all’area destinata ad essere edificabile sarebbe oggetto, come ha recentemente dichiarato il sindaco Roberto Dipiazza, di una trattativa tra l’immobiliare e il Comune stesso che in passato aveva comunque provveduto a finanziare una serie di interventi di asfaltaura costati circa 400mila euro. In pratica, secondo la Procura contabile, oggetto dello scambio sarebbe un’area acquisita dall’immobiliare Palazzo Ralli dalla Regione sulla quale aveva messo soldi il Comune.
CORRADO BARBACINI

 

 

La rivolta dei Comuni contro il piano casa - «IL GOVERNO LO IMPUGNI»
 

TRIESTE Oltre duecento Comuni ed enti locali si riuniscono oggi a Udine per confrontarsi sul Codice regionale dell’edilizia in attuazione da gennaio. E per contestare ancora una volta le modifiche che la Regione ha «calato dall’alto», in barba alla sussidiarietà, espropriando i Comuni del diritto di decidere dove e come applicare il piano casa. Tra gli interventi previsti quello del magistrato Andrea Baldanza. Al termine del convegno, sarà chiesto ai singoli Comuni intervenuti di firmare una lettera per chiedere al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, di difendere l’autonomia dei Comuni nelle scelte di pianificazione urbanistica e di impugnare la legge regionale, ritenuta incostituzionale. «È una norma anarchica – ha spiegato lo stesso sindaco di Udine, e promotore del convegno, Furio Honsell – tutta a danno dei cittadini. Porterà alla svalutazione delle loro abitazioni».

(e.o.)
 

 

«Rigassificatore, parola ai cittadini» - Bandelli lancia un questionario: «Nessuna posizione preconcetta»
 

LUNEDÌ NUOVO INCONTRO DELL’ASSOCIAZIONE ”UN’ALTRA TRIESTE”
E per il 14 dicembre in programma una riunione pubblica dedicata alla sanità triestina
Un questionario per capire quali siano le opinioni della cittadinanza sul progetto del rigassificatore. E una nuova assemblea pubblica per parlare proprio di energia, ambiente, AcegasAps e bonifiche, e anche dell’ipotesi legata alla possibile futura costruzione dell’impianto di rigassificazione nel territorio triestino. “Un’altra Trieste”, l’associazione fondata dall’ex assessore comunale Franco Bandelli e dai suoi fedelissimi, scopre le carte snocciolando le prossime iniziative del suo percorso improntato al confronto con la gente.
Il primo appuntamento sarà quello di lunedì prossimo, il 23 novembre, quando alle 18 all’hotel Savoia si terrà l’appuntamento aperto a tutti, al quale è annunciata la presenza di esperti del settore, per un totale di «4 o 5 interventi - ha spiegato ieri Bandelli -, tra cui sono confermati quelli dei sindacalisti della Uil e dell’Ugl, e dell’ingegner Sergio Bisiani di Ambiente e/è vita». Il presidente di “Un’altra Trieste” ha poi chiarito come sul rigassificatore, da parte della “sua” creatura, «non vi sia alcuna presa di posizione pregiudiziale. Anche perché in questa associazione coesistono persone che su determinati temi possono pensarla in modo diverso fra loro». Prima di anticipare che il 14 dicembre sarà la volta di un nuovo incontro pubblico sul tema della sanità triestina, Bandelli ha sottolineato che «dai primi di dicembre, probabilmente proprio dal 1°, partirà la consultazione popolare sul progetto del rigassificatore attraverso le schede che distribuiremo in vari banchetti sistemati in centro e in periferia». Tre le domande stampate sul materiale cartaceo: “Condividi il progetto di realizzare un rigassificatore nella provincia di Trieste?”, “Perché lo condividi?” e “Perché non lo condividi?”. È intuitivo che la risposta dei triestini si restringerà a due soli quesiti. Riscontri confortanti in termini di partecipazione, “Un’altra Trieste” spera di ottenerli anche sul web, sul suo sito:
www.unaltratrieste.it.

(m.u.)
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - REPLICA
 

Non rientro nel novero dei comitati (per alcuni dei quali nutro però un grande rispetto per le capacità di mobilitazione dei cittadini e di interpretazione delle problematiche ambientali locali), ma appartengo a un’associazione come Legambiente che considera l’ambientalismo scientifico il metodo interpretativo delle crisi ambientali. Replico dunque ad alcune argomentazioni svolte in questa pagina nel rigasisficatore. Per quanto riguarda il rischio di esplosione, il gas naturale esplode solo se non è libero di espandersi. La nube fredda non esplode, se non si trova in queste condizioni, si incendia, se la sua miscela con l’aria è nelle proporzioni opportune (5-15%). Tank fire vuol dire accensione del contenuto di un serbatoio, jet fire vuol dire formazione di un dardo di fuoco, ovvero accensione di un getto di gas compresso - e qui non c’entra - , fireball vuol dire sfera di fuoco e riguarda il Gpl, ovvero un gas compresso, pool fire è accensione di una pozza, e questo va bene pure per una pozza di gas naturale liquefatto che evaporando potrebbe anche prendere fuoco. Per quanto riguarda i codici del progetto Sigem (sistema informativo computerizzato per la gestione delle emergenze nell’industria e nei trasporti con coinvolgimento di sostanze chimiche e infiammabili pericolose), utilizzati a partire dall’86, attualmente i metodi di modellizzazione di tali fenomeni sono più raffinati. Sono i codici Cfd (termofluidinamica computazionale). Il comportamento del metano liquefatto (a –162°C mantenuto a pressione ambiente) è ben diverso dal gas di petrolio liquefatto (GPL, ovvero il gas di petrolio liquefatto – propano e butano - delle bombole da cucina, che è liquido perché compresso).
Il metano è contenuto liquido nei serbatoi a pressione ambiente - cioè alla nostra usuale pressione - non è compresso, perché è a una temperatura sufficientemente bassa (162 gradi sotto lo zero). Di conseguenza il gas naturale in forma liquida che esce dai serbatoi in cui è contenuto vaporizza. Se gli viene fornita energia termica sufficiente potrebbe accendersi. Però l’energia di vaporizzazione unitaria è così alta che anche l’energia d’impatto di un missile potrebbe essere troppo bassa per provocarne l’accensione. L’irraggiamento termico corrisponde a un’energia per unità di tempo e per unità di superficie, non ha quindi le dimensioni di un’energia. I dati che abbiamo riportato sono stati tratti dalla letteratura scientifica.
Lino Santoro
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 novembre 2009

 

 

Centro chiuso, anche oggi non si circola - OPERATIVO DA IERI IL PROVVEDIMENTO DEL SINDACO

 

Parcheggi liberi ovunque nell’area proibita ma file e ingorghi nelle vie esterne
Divieti al mattino dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19. Niente superlavoro per bus e taxi. I triestini preferiscono camminare
Dentro, il deserto dei Tartari. Fuori, il carnevale di Rio. Trieste reagisce al centro blindato alla solita maniera: rispettando, asburgicamente, i divieti, ma allo stesso tempo incuneandosi in file interminabili e dando sfogo a tutta l’ira repressa ai margini della città proibita. L’ordinanza del sindaco ha dato ieri l’impressione di essere stata raccolta anche troppo alla lettera. O, forse, di non essere stata letta a fondo, perché anche parecchie vetture Euro 4 si sono perse tra l’umanità dolente che cercava parcheggi o semplici spazi di fuga nel calderone delle vie laterali. E oggi e magari anche domani si replica (chiusura tra le 9.30 e le 12.30 e tra le 16 e le 19), perché le condizioni climatiche sono rimaste le stesse.
Ai classici varchi, pochi vigili. Si sono piazzati ieri prevalentemente all’interno del perimetro sicuri di pescare prima o poi qualche smemorato o qualcuno che, comunque, ci provava. Rientra di sicuro nella prima categoria l’anziana signora bloccata attorno alle 16.30 in pieno corso Italia, tradita dalla sua stagionatissima Renault Clio. Del resto non occorre essere Einstein: tutte le macchine, ad esempio, la cui targa inizia per A sono troppo in là con gli anni per rientrare nei dettami anti-inquinamento. E dunque spiccano come le mosche nel latte.
Ma c’è stato un altro dato singolare, ieri, ai margini della prima chiusura stagionale: l’improvviso proliferare di parcheggi. Da via dell’Orologio a via del Teatro Romano e su su oltre il Corso Italia e verso Ponterosso erano di più le strisce blu vuote che quelle occupate. Si tratta di parcheggi a pagamento, certo, per giunta con tariffe di sicuro non regalate, ma nei giorni normali, sia pure con una certa rotazione, sono comunque pieni. Delle due l’una: o i suoi frequentatori abituali raggiungono il centro tutti a bordo di vecchie ”carrette” fuorilegge o la gente ha preso troppo alla lettera il significato di ”chiusura”.
Misteriosi rimangono anche i metodi di avvicinamento dei triestini al centro. Il direttore di TriesteTrasporti, Piergiorgio Luccarini, ha assicurato che «le corse sono state assolutamente normali, anche perchè nessuno ci ha chiesto di fare aumenti. È stata comunque una giornata andata via nella tranquillità assoluta». Notazione sicuramente singolare che può a sua volta significare due cose: o il parco bus triestino è ampiamente soprastimato o i ”patocchi” hanno riscoperto improvvisamente i piedi. A maggior ragione di fronte alle dichiarazioni degli stessi tassisti. «Per me è stata una giornata assolutamente normale – assicura il signor Franco – anzi, forse con un movimento addirittura inferiore al solito». Dato poi confermato dalla stessa cooperativa radiotaxi.
Visto che il fenomeno, ne riferisce qui sotto il metereologo, è destinato a durare parecchi giorni, che all’utilità della chiusura credono in pochi, sindaco in primis, e che il suo verificarsi è ormai ciclico, bisognerà adesso studiare le nuove abitudini dei triestini. Che il nuovo motto diventi: riscopriamo la periferia?
FURIO BALDASSI

 

 

Marina di Aurisina, spiagge a rischio frane - RESA NOTA DAL COMUNE L’INDAGINE GEOLOGICA SUL TRATTO DI COSTA FRA LE GINESTRE E CANOVELLA
 

Il sindaco Ret: «I luoghi frequentati dalla gente vanno messi in sicurezza a spese dei proprietari»
DUINO AURISINA Chi accampava pretese edificatorie sulla fascia costiera di Marina di Aurisina rimarrà deluso. La relazione geologica, geotecnica e geostatica elaborata dal geologo Bruno Grego lascia infatti ridottissimi margini di manovra, evidenziando anzi i diversi gradi di pericolosità insiti nelle aree bisognose di una regolare manutenzione e messa in sicurezza. Pericolosità che obbligherà i privati a mettere mano al portafoglio per operare il ripristino ambientale.
Il documento, reso pubblico sul sito del Comune, contiene i risultati dell’indagine geologica sviluppata nell’ambito A32: zona che si estende sulla costa per circa 1200 metri, dalle Ginestre fino a Canovella de’ Zoppoli.
LA RELAZIONE Commissionata a luglio dall’ente, definisce il quadro geologico d’insieme, alla luce della pianificazione territoriale espressa dalla variante 24 e 25. E rileva una situazione di diffusa instabilità geostatica, data da una molteplicità di fattori, tra cui l’accertata mobilità del detrito di falda che costituisce gran parte dei terreni, l’assenza di manutenzione delle opere di terrazzamento per contrastare il dissesto idrogeologico, e la pendenza dei versanti.
Insomma una situazione di rischio resasi evidente dalla frana nel cantiere dell’ex Hotel Europa e dai ripetuti dissesti lungo la costa. Lette le conclusioni del geologo, il sindaco Ret ha inviato una lettera in cui «si invitano in particolare coloro che risiedono, o risultano proprietari dei terreni, a consultare la documentazione per meglio comprendere la situazione idrogeologica e dare attuazione alle indicazioni». Insomma, correre ai ripari subito, per evitare le grane che potrebbero derivare da incidenti alle persone.
L’OPPOSIZIONE «Sì alla messa in sicurezza pubblica, avvalendosi del Dipartimento di ingegneria ambientale di Trieste, a tutela dell’area – afferma il consigliere Maurizio Rozza (Verdi) –. Ma il ripristino non deve essere il grimaldello per operare speculazioni edilizie. Ordinare ai privati di fare gli interventi, perché l’ente non ha i soldi, non ingeneri una contropartita per offrire il via libera all’edificazione, sulla scia di quanto avvenuto nella baia di Sistiana».
IL SINDACO «Nessuna speculazione – replica Ret – la relazione offre pochi margini di manovra: a me interessa solo che i luoghi frequentati dai cittadini, come le spiaggette, vengano messi in sicurezza. Se qualche privato interviene per attrezzare l’area con servizi igienici e una sistemazione delle stradine, daremo la possibilità di inserire uno o due chioschi, ma niente di più».
CAUSE DEL DISSESTO Le acque che scendono in occasione dei maggiori piovaschi sono il principale elemento scatenante il dissesto, su un territorio caratterizzato da pendenze e scarsa manutenzione delle opere di contenimento a pastino.
AMBITI NON PERICOLOSI Le uniche aree a non essere pericolose sotto il profilo di nuove costruzioni sono quelle dedicate all'attività agricola a Canovella de’ Zoppoli e nella fascia di terreni immediatamente sovrastanti il nucleo più orientale dell'abitato di Marina di Aurisina. La cura e la manutenzione delle opere di sostegno a pastino, dispendiose e mai di facile realizzazione, hanno reso inefficaci le erosioni.
AMBITI A RISCHIO Attualmente non lo sono, ma potrebbero diventarlo in caso nuove costruzioni, i due nuclei abitati di Marina di Aurisina. Oltre a questi, parzialmente a rischio sono le aree di pertinenza, gli spazi pianeggianti privi di elementi che impediscano le frane, i parcheggi dedicati alla residenza e alla balneazione.
AMBITI DISSESTATI Sono quelli rappresentati delle aree sovrastanti e adiacenti l'ex Hotel Europa, nonché l’area a monte e a valle della stradina di collegamento tra i due nuclei abitati di Marina di Aurisina.
RIQUALIFICAZIONE La riqualificazione del fronte mare, anche con attrezzature turistiche, è compatibile con le prescrizioni della relazione geologica, in presenza di strutture modeste, da proteggere dal moto ondoso.
TIZIANA CARPINELLI
 

 

«Beni in eccesso un valore sociale» - L’ECONOMISTA SEGRÈ IN CITTÀ
 

Le sue idee, dice, si devono anche alla sua origine: Andrea Segré imputa il suo interesse per lo sviluppo sostenibile alle sue radici giuliane. E sventola il “Decalogo dei Lussiniani”, testo dell’800 che già ammoniva il bravo cittadino a privilegiare «nel vestir e nel magnar l’utile ma non el superfluo», presentando nella sede dell’Associazione donne ebree d’Italia il suo «Last minute market». Il progetto dell'economista permette di smaltire l’eccesso non consumato di beni alimentari ridistribuendoli ai «consumatori senza potere d’acquisto». Erano ancora gli anni ’90 quando l’economista, entrando per caso nel magazzino di un supermercato, fu fulminato dalla visione di un enorme quantitativo di beni destinati al macero perché troppo vicini alla data di scadenza. «C’era un’offerta potenziale enorme non sfruttata – riflette – e d’altra parte un’enorme domanda potenziale da parte di chi non poteva acquistare quei beni. Capimmo che bisognava creare un sistema, cui dovevano partecipare tutti gli attori e in cui ognuno aveva qualcosa da guadagnare: il valore economico dei beni in eccesso diventa valore sociale». Nasce così il «Last minute market».

(g.t.)

 

 

SEGNALAZIONI - «Auto in doppia fila, ma la colpa è della bici» - OSTRACISMO AI CICLISTI
 

Nei mesi scorsi sono comparse numerose segnalazioni di ciclisti le cui biciclette sono state sequestrate e multate di 78 euro per divieto di sosta. Si trattava di lettere garbate e preoccupate, in cui i ciclisti chiedevano al comandante della Polizia municipale di Trieste, Sergio Abbate, un parere, un consiglio, un suggerimento per parcheggiare le biciclette nel rispetto del codice della strada. Sono passati parecchi mesi, ma nessuna risposta del comandante Abbate, pronto ed efficace invece a ribattere a tono agli automobilisti che protestano. Forse il suo silenzio indica che non esiste la possibilità di parcheggiare le biciclette nel rispetto del Codice, perché il Comune ha riservato solo qualche decina di posti bici (a fronte di decine di migliaia di parcheggi per auto e scooter) e non ha intenzione di crearne di nuovi. Forse il suo silenzio sta a significare che aveva ragione quel vigile che, mentre pedalavo in via Coroneo, intasata da auto parcheggiate in doppia e tripla fila su entrambi i lati, tanto che l'autobus numero 17 procedeva dietro di me perché non aveva spazio per superarmi, invece di multare e far rimuovere i veicoli in divieto, mi ha gridato: ”La se sposti, no la vedi che la intriga? La vadi a pedalar in Carso che xe aria più bona, che Trieste no xe fatta per girar in bici”.
Forse il silenzio del comandante Abbate sta ad avvalorare questa mentalità, cioè che sono le bici ad intralciare, non le migliaia di automobili in divieto di sosta.
Intanto prepariamoci a rileggere nei prossimi mesi, come ogni anno in inverno, i soliti titoli «Emergenza smog» e «Traffico in tilt», intervallati dai minacciosi quanto inutili «Tolleranza zero» del sindaco Dipiazza.
Alessio Vremec
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 novembre 2009

 

 

Centro chiuso per smog, dalle 16 scattano i divieti - Da oggi le limitazioni, in vigore fino a quando non caleranno le concentrazioni di polveri sottili
 

Perimetro viario percorribile

ORDINANZA FIRMATA DAL SINDACO
Fino all’ultimo, in Comune, si è sperato nella comparsa della bora, in grado di spazzar via la cappa di smog e umidità che avvolge Trieste ormai da giorni. Il vento tanto atteso, però, non è arrivato, così come non si è registrato alcun cambiamento del quadro meteo. Di qui la decisione, drastica ma inevitabile, di chiudere il centro al traffico veicolare. Misura che entrerà nel vivo questo pomeriggio e resterà in vigore fino a quando le concentrazioni di polveri sottili nell’aria non saranno rientrate nei limiti.
BLOCCO Il divieto di circolazione per tutte le auto, le moto e gli scooter classificati come inquinanti scatterà oggi dalle 16 alle 19. Domani, invece, le limitazioni interesseranno l’intera giornata: non ci si potrà muovere all’interno del perimetro off-limits dalle 9.30 alle 12.30 e, nel pomeriggio, dalle 16 alle 19. E non finisce qui. Il blocco del traffico, infatti, rimarrà in piedi anche nei giorni seguenti. «Il divieto totale di circolazione per tutti gli autoveicoli e motoveicoli alimentati sia a benzina che a gasolio - si legge nell’ordinanza firmata dal sindaco Roberto Dipiazza - proseguirà fino alla revoca che scatterà il giorno successivo all’avvenuto rientro dei valori limite degli inquinanti». Fino a quando le centrali dell’Arpa continueranno a registrare sforamenti delle pm10, dunque, proseguirà inevitabilmente il blocco del traffico. Blocco del quale, al momento, è impossibile prevedere la durata.
DEROGHE Oltre a definire le coordinate del provvedimento di chiusura, l’ordinanza comunale individua però anche un lungo elenco di deroghe. L’obbligo di restare fuori dal centro non si applicherà ai veicoli ad emissione zero e a quelli a metano o gpl. Via libera pure alle auto omologate Euro 5 e Euro 4 (per accertare l’omologazione è necessario controllare il libretto di circolazione ndr). Per quanto rigurda le due ruote, il blocco non interesserà motoveicoli e ciclomotori omologati Euro 3 e Euro 2. Previste deroghe poi per mezzi pubblici (bus e taxi), veicoli a servizio di invalidi, ambulanze, auto utilizzate da forze dell’ordine, medici e personale infermieristico, macchine con targa C.C. Consentita pure la circolazione di veicoli destinati al trasporto merci, quelli utilizzati da lavoratori autonomi o dipendenti in possesso di certificazione dell’orario di servizio, e quelli che trasportano a bordo almeno 3 persone. Formula, quest’ultima, nota come ”car-pooling”.
PERIMETRO La zona off-limits comprende il centro storico e le aree semi-periferiche delimitate dai grandi assi di scorrimento. Il perimetro percorribile si snoda lungo largo Roiano, via Stock, via Commerciale, Strada Nuova per Opicina, via Valerio, via Cologna, via Giulia, viale al Cacciatore, via Marchesetti. Auto ammesse lungo via San Pasquale, via Revoltella (fino all’incrocio con via Rossetti), Strada per Cattinara, Strada di Fiume, via dell’Istria (tra via Marenzi e piazzale Valmaura). Transito consentito infine lungo la Grande viabilità, Passeggio Sant’Andrea, Campo Marzio, le Rive, Corso Cavour, piazza Libertà e Viale Miramare.
Oltre ai grandi assi di scorrimento, la circolazione sarà autorizzata anche in alcune strade interne: via Salata, galleria di Montebello, piazza Foraggi, viale Ippodromo, via Udine (tra Salita di Gretta e via Barbariga), via Barbariga (fino a via dei Saltuari) e via Pauliana.
PARCHEGGI Al fine di incentivare l’uso dei posteggi e limitare così il numero di auto in circolazione, l’ordinanza comunale ha scelto di escludere dalle zone off-limits anche le strade di accesso e uscita ai contenitori e ai piazzali attrezzati per la sosta. Si potrà quindi circolare liberamente in via Carli (park Sant’Andrea), via Marchesetti (parcheggio Ferdinandeo), rampa della Grande viabilità a cui si accede da via Svevo, via D’Alviano, via Doda e piazzale delle Puglie (posteggio del Palasport di Chiarbola), via Fabio Severo, via Cicerone, via Coroneo (park Ulpiano).
VARCHI Per assicurare il rispetto del blocco e dissuadere eventuali automobilisti intenzionati a fare i ”furbi”, a partire da questo pomeriggio scatteranno varchi e controlli da parte degli agenti della Polizia municipale. E non servirà a nulla implorare la loro clemenza adducendo come scusa la mancata presenza di pannelli con l’indicazione dei provvedimenti anti-smog. L’ordinanza, infatti, precisa che «il provvedimento avrà validità anche in assenza di segnaletica stradale, per cui saranno sufficienti le comunicazioni e gli avvisi alla cittadinanza diramati tramite i mezzi di informazione»
NORMATIVE Come detto, la scelta di ricorrere al blocco del traffico è stata una mossa ineludibile per l’amministrazione Dipiazza. Ad imporre l’adozione del divieto, infatti, è il ”Piano di azione comunale per il contenimento e la prevenzione degli episodi acuti di inquinamento atmosferico”. Documento che stabilisce l’obbligo di far scattare la limitazione totale al traffico in caso di superamento per il terzo giorno consecutivo delle soglie massime di pm10 (50 microgrammi per metro cubo ndr), o nell’eventualità che, anche per un solo giorno, si tocchi un valore medio giornaliero di 70 mcgr/mc di pm10 o una valore orario di 400 microgrammi per metro cubo di biossido di azoto.
MADDALENA REBECCA
 

 

CENTRO CHIUSO - Dipiazza: «Dovevo farlo, ma è una fiction» - Il primo cittadino: «Mi sento soprattutto in colpa nei confronti dei servolani»
 

Dicono, ieri, gli abbiano messo la carta sotto gli occhi e la penna in mano. Soltanto 24 ore prima di firmare l’ordinanza, Roberto Dipiazza aveva infatti tentato di esorcizzare l’ombra dello smog e del centro chiuso pensando «a Napoli, dove chissà se il centro lo chiudono per davvero quando serve...». Ma qui gli uffici sono asburgici. E la legge parla chiaro: per fermare il traffico privato ci vogliono tre giorni di sforamenti continui e diffusi in più punti di rilevazione se la concentrazione di Pm 10 è superiore ai 50 microgrammi per metro cubo, ma ne basta una sola, di giornata, se la soglia varcata è quella dei 70. E ieri i dati dell’Arpa, riferiti a lunedì, non hanno dato scampo: 99 segnava la centralina di piazza Libertà, davanti alla stazione, e 93 quella di via Tor Bandena, in piena Cittavecchia, ma un 84 lo faceva registrare pure la stazione mobile di via San Lorenzo in Selva. Zona Ferriera, dove a fine ottobre un’altra centralina localizzata poco più su, a Servola, in via Carpineto, secondo le serie storiche disponibili sul sito dell’Arpa aveva toccato i 718 e 361 microgrammi per metro cubo rispettivamente mercoledì 28 e giovedì 29. Per il resto, nell’ultimo mese, calma piatta anche lì. Sebbene sul sito della Regione compaia un 210 fatto risalire a sabato scorso, di cui però nei tabulati dell’Arpa stessa non c’è traccia. Il sindaco, stringi stringi, al di là dei numeri sull’inquinamento, quell’ordinanza che blinda il centro alle auto non pubbliche e non ecologiche l’ha firmata certamente controvoglia. Dando ancora una volta, senza acrobazie diplomatiche, tutta la colpa alla Ferriera. «Premesso che è un atto che dovevo fare perché la legge me lo impone - sbotta a questo proposito Dipiazza - considero questo provvedimento una presa per i fondelli per i cittadini di Servola. Le cose finte proprio non mi piacciono». Eppure la morsa delle polveri sottili ha colpito in pratica tutti i grandi centri di questo pezzo di Nord-Est, ma la Ferriera è solo qui: si balza dai 52 ”light” di Gorizia fino ai 100 tondi di Udine, passando per i 91 di Pordenone e i 93 di Porcia, come risulta ancora dal portale della Regione Friuli Venezia Giulia per quanto riguarda la giornata di lunedì. «Ogni anno a novembre è così - puntualizza a questo punto il sindaco - fra due-tre giorni staremo meglio perché qui, almeno, prima o dopo una puntata di borino ci arriva». Ma la morale, verso i servolani, non cambia... E Dipiazza, anzi, la ripete: «Mi sento un verme».

(pi.ra.)
 

 

Park di Opicina, esposto contro il Comune - L’Associazione per la difesa del borgo contesta: danno erariale e condotta poco trasparente
 

DOPO LA DISCUSSA OPERAZIONE CHE HA RESO EDIFICABILE UN AMPIO TERRENO
OPICINA «Grave danno erariale per la collettività» provocato da una «condotta poco trasparente». Muove da queste accuse l’esposto che l’Associazione per la difesa di Opicina ha presentato all’Ufficio di polizia giudiziaria dei vigili urbani e ai carabinieri dell’altopiano contro il Comune di Trieste. A scatenare la reazione dell’organizzazione presieduta da Gianna Crismani e da Paolo Milic è la variante n. 118 del Piano regolatore, in corso di approvazione. Essa prevede la trasformazione da bosco e parcheggio a zona edificabile di un’area vicina al quadrivio di Opicina, situata di fronte al distributore della Esso. Stando all’opinione dei due presidenti, la variante sarebbe «viziata nella procedura». «La Regione, proprietaria del terreno – spiegano la Crismani e Milic – all’atto dell’acquisizione la destinò ad area di servizi e, nello specifico, a verde pubblico e parcheggio. Quest’ultimo fu realizzato nel 2000 dal Comune, con una spesa di 400mila euro – precisano i presidenti dell’Associazione – ma l’amministrazione di piazza dell’Unità d’Italia si dimenticò di trascrivere l’intera area nel proprio demanio. La Regione, iniziando qualche anno fa il processo di cartolarizzazione, inserì l’intera area in una pubblica asta. Protestammo – ricordano – chiedendo al Comune di parteciparvi per evitare sorprese, ma l’invito cadde nel vuoto. Nel 2007 – proseguono i due presidenti – la srl Palazzo Ralli si aggiudicò l’area per 258mila euro, perciò con una secco danno erariale di 142mila euro, determinato dalla svalutazione rispetto alla spesa sostenuta dal Comune. Recentemente – continuano la Crismani e Milic – il Comune, per porre rimedio alla propria negligenza, ha proposto alla srl Palazzo Ralli di dividere il terreno in due lotti, per acquisire finalmente la proprietà del parcheggio, dando in cambio la possibilità di edificare, attraverso la citata variante, su di una zona che attualmente ospita ben 5mila metri quadrati di bosco, che rappresentano un polmone per l’intera comunità di Opicina». La reazione della Crismani e di Milic è determinata dalla considerazione che, «oltre a penalizzare il bene pubblico a favore dell’interesse privato», si origina una situazione «che permette, al titolare dell’area interessata dalla variazione di destinazione d’uso, di veder crescere il prezzo a metro quadrato dagli iniziali 17 euro ai 300 che si potranno chiedere dopo approvata la variante». A conclusione dell’esposto, i rappresentanti dell’Associazione per la difesa di Opicina chiedono che «si faccia la massima chiarezza su entrambe le operazioni, nell’interesse della collettività e, se del caso, di procedere all’annullamento sia dell’asta, sia della nuova destinazione d’uso».
La Crismani e Milic hanno scritto anche al Prefetto, Giovanni Balsamo, preannunciando la presentazione dell’esposto alle forze dell’ordine. «Siamo stufi – concludono – di vedere Opicina e tutto l’altopiano sottoposti alla cementificazione e alla sottrazione di aree verdi”.
Ugo Salvini
 

 

Arpa: a San Dorligo manca il monitoraggio dello zolfo nell’aria
 

«Per quanto riguarda le esalazioni di composti dello zolfo, responsabili degli episodi di disturbo odorigeno percepito dalla popolazione, si ribadisce l’opportunità dell’acquisizione di una idonea strumentazione di monitoraggio al fine di verificare il corretto funzionamento degli impianti industriali ed eliminare il disagio alla popolazione». È la conferma giunta da parte del direttore Arpa Fvg di Trieste Stellio Vatta sull’attività condotta dall'Arpa nel Comune di San Dorligo della Valle, nell'area adiacente allo stabilimento industriale Siot, per indagare sulle condizioni ambientali del territorio. Utilizzando cinque postazioni di rilevamento (laboratorio mobile in località Mattonaia e quattro postazioni fisse con captatori passivi) distribuite “strategicamente” nel territorio comunale si è definito il seguente quadro ambientale: «Nel periodo di osservazione le concentrazioni atmosferiche di Pm10, Benzene, Benzo(a)pirene (cioè gli inquinanti ritenuti oggi i più pericolosi per la salute) sono risultate ampiamente inferiori ai valori limite fissati dalla vigente normativa». Vatta ha poi aggiunto che “nel corso dell’indagine sono stati altresì rilevati composti organici volatili (Cov), attualmente non normati, ragionevolmente ritenuti responsabili delle esalazioni odorigene». Sui risultati emersi dalla relazione dell'Arpa il sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin aveva espresso da subito «soddisfazione», mentre i capogruppi Roberto Drozina (Pdl-Udc) e Boris Gombac (Unt) si erano dichiarati preoccupati. Sulla vicenda è intervenuto anche il capogruppo della Lega Nord Sergio Rudini il quale ha evidenziato come i sospetti restino, «anche perchè oltre alla Siot, vi sono altri insediamenti che come la Wartsila e la Grande Viabilità».

(r.t.)
 

 

Discarica abusiva, il pm vuole processare Bruno - Chiesto il rinvio a giudizio per numerosi imprenditori, tra cui il vicepresidente dell’Unione
 

I rifiuti speciali durante il trasporto diventavano normali detriti
NELL’AMBITO DEL SECONDO TRONCONE DELL’INDAGINE PER LO SCALO LEGNAMI
Non era una «bolla di sapone» l’inchiesta della Procura sulla discarica abusiva di rifiuti «speciali» finiti nella maxi discarica dello Scalo legnami. Lo si è compreso ieri nell’aula del presidente del gip Raffaele Morvay, quando il pm Giuseppe Lombardi ha chiesto il rinvio a giudizio di tutti gli ”indagati” - compreso l’impresario edile Raffaele Bruno - per uno dei due tronconi dell’inchiesta avviata e gestita dagli investigatori del Gico della Guardia di finanza. Per il primo troncone il rappresentante dell’accusa ha invece chiesto l’archiviazione, come peraltro era emerso pubblicamente da tempo.
«La contestazione mossa non è procedibile perché a seguito delle indagini svolte, non sono emerse responsabilità» aveva scritto il pm Maddalena Chergia nella richiesta di archiviazione parziale. Entrambe le istanze verranno discusse nell’udienza del 17 gennaio. Lo ha deciso ieri il presidente Morvay. L’indagine si era avviata nel maggio del 2008 e aveva coinvolto non solo gli imprenditori Diego Romanese e Cataldo Marinaro, soci della Isp riciclati di Monfalcone, ritenuti dagli inquirenti gli organizzatori del traffico di rifiuti speciali verso una discarica autorizzata ad accogliere e riciclare solo rifiuti non pericolosi provenienti da scavi e demolizioni, ma anche impresari edili, titolari di ditte specializzate nel movimento terra e a padroncini di numerosi camion. Erano finiti sul registro degli indagati, oltre a Raffaele Bruno, legale rappresentante della Bruno Costruzioni, anche Mario Leone, titolare della Leone srl; Damiano Purger, rappresentante della Purger scavi & trasporti; Paolo Rosso della Trieste manutenzioni; Mario Voinovich titolare dell’omonima ditta individuale; Enrico Tiberio della Ist e Sebastiano Pulafito. Tutti «indagati» per aver trasportato nella discarica dello Scalo legnami materiali per cui la Isp Riciclati non aveva ottenuto l’autorizzazione al trattamento.
A denunciare la violazione di legge che coinvolge un’area delle dimensioni di quattro campi di calcio, era stata la lettura approfondita delle «bolle» di accompagnamento dei rifiuti. L’aveva fatta la Guardia di finanza in collaborazione con la Forestale. Era emerso, secondo l’accusa, che le bollette venivano corrette una volta che il carico era giunto a destinazione. In altri termini i rifiuti che nel corso del trasferimento via strada erano indicati come «speciali», una volta giunti a destinazione, diventavano normali detriti di scavo. In sintesi inerti.
«Noi costruttori siamo le vere vittime di Paolo Romanese e Cataldo Marinaro. Abbiamo agito in buona fede, pagando quanto è previsto per lo smaltimento di rifiuti speciali non di inerti. I nostri documenti sono in regola e lo possono dimostrare» aveva affermato Raffaele Bruno nel maggio del 2008, quando l’inchiesta era deflagrata con grande rumore. «Non è assolutamente vero che abbiamo pagato meno. Sporgerò querela nei confronti della ditta Isp che ha riciclato in modo illegale molti rifiuti dell’attività di demolizione effettuata dalla mia azienda sulle strade di Trieste. Specie sulle rive. Trascinerò i titolari davanti ai giudici».
CLAUDIO ERNÈ

 

 

Tonnellate di cibo e pasti da girare all’assistenza - Un progetto anti-spreco
 

NUOVE INIZIATIVE - Si chiama «Last minute market» e prevede anche sgravi fiscali per supermercati e negozi aderenti. Già 40 città lo hanno attivato: «Un calo enorme di inquinamento»
Lo ha firmato il triestino Andrea Segrè, preside di Agraria a Bologna, che oggi viene a illustrarlo
Se tutti i supermercati e i negozi alimentari di Trieste cedessero in modo appropriato l’intera grande quantità di beni alimentari rimasti per diversi motivi invenduti e li cedessero al più vicino ente assistenziale della zona lo spreco si ridurrebbe di 2130 tonnellate. Per un valore di oltre 8 milioni di euro. Si potrebbero distribuire più di 5 milioni di pasti all’anno a 5547 persone in difficoltà. Diminuendo così tanto lo smaltimento dei rifiuti, nell’aria entrerebbero 2541 tonnellate di anidride carbonica in meno. Per «neutralizzare» la quale, invece, servirebbero 5 milioni di metri quadrati di aree boschive, pari all’estensione di 10.224 campi da calcio.
Cifre strane? Per niente. In questi calcoli sta una possibilità molto attraente, che 40 città italiane hanno già realizzato sviluppando un’idea messa a punto dalla facoltà di Agraria di Bologna, e inventata dal suo preside, il triestino Andrea Segrè, assieme a laureandi e dottorandi. L’idea, diventata uno «spin off» di successo della ricerca universitaria, si chiama «Last minute market», e sarà presentato oggi alle 16.30 dallo stesso Segrè all’Associazione donne ebree d’Italia in piazza Benco 4.
Ma non basta, il «Last minute market» ha sviluppato anche un «recupero cibi» dalle mense scolastiche. Elaborando anche qui dati ufficiali, Segrè ha calcolato che a Trieste si potrebbero recuperare ben 137.346 chilogrammi all’anno di pasti cotti e pronti all’uso.
«Naturalmente - racconta - non basta raccogliere verdure, cibi, latte e yogurt, farmaci e altro vicini alla scadenza per far bene questo lavoro. Bisogna stare attenti all’igiene, alla salubrità delle vivande, e soprattutto distribuire gli alimenti all’ente assistenziale più vicino in assoluto, per conservare la freschezza, garantire il rapido consumo e risparmiare sui trasporti. La vera novità del nostro ”Last minute market” è proprio nell’organizzazione logistica».
Il progetto ha preso forma nel 1999, è costato molto lavoro, nel 2003 è diventato operativo. Prevede sgravi fiscali per chi aderisce: «Negozi, supermercati, mense, pasticcerie, farmacie ecc. hanno sconti dal Comune e dalle ”multiutility” sulla tassa immondizie». Più che carità e assistenza (che pure è lo scopo finale) questo progetto è una formidabile lotta allo spreco. «Poiché oggi vale la legge europea secondo la quale chi inquina paga, è meglio non inquinare». Ciò che nei supermercati è vicino alla data di scadenza è ancora ben commestibile, ma non verrà mai più acquistato, viene stipato su camion che corrono a discariche. Mentre poi le Caritas, le Comunità di San Martino al Campo e i Comuni devono trovare soldi per aiutare ceti sociali in difficoltà o senza alcun mezzo di sussistenza.
Il «Last minute market» è stato accolto in città sparse per tutta Italia. «A Trieste me l’hanno un po’ copiato senza interpellarmi - sottolinea Segrè -, un gruppo di Muggia ha perfino chiesto finanziamenti per realizzarlo, un’assurdità davvero, e la Provincia ha accolto le offerte della Coop, che ha intrapreso questa via per conto suo. Ma il senso dell’operazione - conclude Segrè -, è che va coinvolta la città. Io non amo i brevetti, ma chi usa il nostro progetto deve farlo bene...». Vediamo se Trieste lo accoglierà.
GABRIELLA ZIANI

 

 

Ventidue nidi artificiali per passeri e pipistrelli - L’intervento del Comune in via del Moncolano per tutelare la fauna carsica - UFFICIO ZOOFILO
 

Ventidue nidi per varie tipologie di uccelli, dai passerotti ai pipistrelli, verranno posizionati in Strada del Friuli, all’altezza del tornante Moncolano, non appena saranno conclusi i lavori per la messa in sicurezza della zona. Affiancando così all’intervento infrastrutturale sul territorio un’iniziativa per la tutela della caratteristica fauna carsica. «Come amministrazione pubblica - spiega Michele Lobianco, assessore comunale all'Organizzazione, Risorse Umane, Formazione e Affari zoofili - vorremmo trasmettere alla cittadinanza un segnale di forte attenzione nei confronti dell'ambiente. Nella speranza che questa buona pratica venga presa ad esempio anche dal singolo cittadino». Si tratta del primo intervento di questo tipo da parte del Comune, racconta Lobianco, ma che l'amministrazione ha intenzione di ripetere anche in altre zone d’interesse ambientale e paesaggistico. Anche perchè i costi sono davvero ridotti: i nidi, di materiale cementizio, sono a lunga durata e necessitano di scarsa manutenzione. Tra le specie che potranno usufruire di questi nuovi rifugi spiccano i passeri, che a Trieste, così come in molte altre aree d'Europa, sono diminuiti negli ultimi vent'anni di oltre l’80%. Ma anche rondoni, balestrucci, cince e codirossi. Senza dimenticare le api selvatiche e i pipistrelli, che anzichè esser appassionati di chiome più o meno voluminose, come vorrebbe la tradizione popolare, sono amanti degli insetti, in particolare di tarme, zanzare e altri parassiti. E diventano quindi efficienti alleati dell'uomo nella lotta contro queste fastidiose creature alate e contro gli insetti dannosi per le colture. Per i pipistrelli, che per dimora di solito scelgono anfratti, spaccature e fessure che riescono a ricavare nell’ambiente circostante, verranno posizionati degli appositi rifugi. I nidi verranno incorporati nel muro di contenimento antifrana, imitando così gli anfratti naturali ed evitando che gli uccelli vadano a nidificare in luoghi dove i piccoli potrebbero essere facile preda di gatti e altri animali.
Giulia Basso
 

 

Gasperini non diffamò gli Amici della Terra - L’associazione ambientalista dovrà anche restituire i 10mila euro ricevuti
 

ASSOLTO L’EX SINDACO DI MUGGIA
La Corte di appello ha assolto l’ex sindaco di Muggia Lorenzo Gasperini dall’accusa di aver diffamato la sezione di Trieste dell’associazione ambientalista «Amici della terra- Friends of the Earth». I giudici di secondo grado, accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Dario Miani, legale di Gasperini, hanno completamente rovesciato l’esito del processo svoltosi in Tribunale il 19 dicembre 2006 e in cui l’esponente di Forza Italia era stato condannato a pagare cinquemila euro di multa. Inoltre il giudice Francesco Antoni con la stessa sentenza gli aveva ordinato di versare agli «Amici della terra» una provvisionale immediatamente esecutiva di diecimila euro. L’associazione si era infatti costituita in giudizio con i propri dirigenti, Alessandro Claut e Roberto Giurastante, chiedendo i danni per quanto era stato affermato delle loro iniziative. «Offendono la nostra reputazione».
Nel giudizio di appello i giudici della Corte presieduta da Filippo Gullotta hanno ritenuto che le affermazioni che l’architetto Gasperini aveva fatto nel corso di una seduta del Consiglio comunale di Muggia e che erano state ritenute diffamatorie, appartengono al contrario a quello che è definito «diritto di critica politica». Dunque nessuna diffamazione. In più i dirigenti dell’associazione ambientalista dovranno restituire all’ex sindaco i diecimila euro ottenuti tre anni fa come «provvisionale» sull’eventuale futuro risarcimento danni.

(c.e.)
 

 

Acqua ai privati, il governo pone la fiducia - Il testo non piace alla Lega. Contrari Pd e Italia dei valori. Legambiente insorge
 

Il decreto Ronchi già approvato al Senato oggi alla Camera. In ballo un affare da 8 miliardi
ROMA Il governo chiede la fiducia alla Camera sul decreto Ronchi, già approvato a Palazzo Madama, in tema di risoluzione di infrazioni comunitarie e che prevede tra l’altro la liberalizzazione dei servizi pubblici locali compresa l’acqua. L’acqua è un affare da 8 miliardi di euro.
Finora era un bene pubblico, con il decreto che si approverà oggi diventa una merce. Una merce che viene data in gestione a società private. È una cosa che in alcune città italiane avviene già, anche se spesso dove i privati hanno la maggioranza del capitale delle società di gestione le decisioni sono comunque appannaggio dei rappresentanti degli enti pubblici.
La ragione è semplice: essendo un servizio essenziale, vitale per definizione, la distribuzione dell’acqua non può sottostare solo a leggi di mercato, al profitto. La gestione deve essere fatta nell’«interesse pubblico», non per quello «privato». Da oggi si cambia. I privati mettono le mani per legge sulla risorsa più preziosa e si possono spartire una torta da otto miliardi di euro che da qui al 2023 crescerà del 17-20%.
Fiducia, dunque, con i tempi di conversione ristretti e il testo che va approvato in via definitiva entro il 24 novembre. Ma la scelta del governo fa infuriare le opposizioni e crea qualche mal di pancia nella Lega. «Il testo arrivato dal Senato - ragiona il vice presidente del gruppo del Carroccio alla Camera Marco Reguzzoni - è migliorativo rispetto a quello originario però la Lega sull’articolo riguardante i servizi pubblici locali avrebbe voluto migliorarlo ancora e farlo corrispondere alla propria posizione storica a favore dell’acqua pubblica».
L’argomento è in ogni caso oggetto di un ordine del giorno del gruppo della Lega alla Camera e il partito di Bossi non esclude nemmeno di chiedere limature magari già in sede di Finanziaria. E anche il deputato finiano Fabio Granata esprime perplessità sull’utilizzo dello strumento della fiducia su un argomento delicato come la privatizzazione dell’acqua.
Oggi si vota, ma la partita poi si sposterà comunque, come spiega anche il ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto, sul regolamento attuativo dell’articolo 15 del provvedimento, quello riguardante, appunto, i servizi pubblici locali. «Si tratta - dice la relatrice del provvedimento, Annamaria Bernini - di un approccio rapido e preventivo per evitare di incorrere in infrazioni». Intanto, sia l’Italia dei valori che i Verdi annunciano una raccolta di firme per indire un referendum contro la liberalizzazione dell’acqua e anche Pd e Udc, che hanno presentato due questioni pregiudiziali bocciate dall’aula sono sulle barricate.
«Pochi grandi gruppi - attacca la vicepresidente del Pd Marina Sereni - faranno affari d’oro a discapito dei cittadini che subiranno l’aumento delle tariffe dell’acqua».
«Assurdo e spregiudicato porre la fiducia su un tema come la privatizzazione dell’acqua», dice Leoluca Orlando, Italia dei valori. «Metterannno la fiducia anche sull’aria», ironizza Touadi, Pd.
Legambiente insorge: «Sono favoriti grandi interessi, l’acqua è un bene primario, indisponibile. Così i cittadini non avranno alcuna agevolazione», dice Luigi Rambelli, presidente Legambiente Emilia Romagna.
Oggi, a partire dalle 15 ci saranno le dichiarazioni di voto e il voto di fiducia sul provvedimento. Di seguito verrà votato il testo.

(a.g.)
 

 

 

 

BORA.LA - MARTEDI', 17 novembre 2009

 

Rigassificatore: le risposte di Predonzan sull'impatto economico

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 17 novembre 2009

 

Menia: sul rigassificatore siamo in regola - DOPO LA SENTENZA DEL TAR DEL LAZIO E LA PRESA DI POSIZIONE DEL WWF
 

Il sottosegretario: «Le decisioni della Commissione Via non vengono mutate»
«Gli atti della commissione Via sono fatti salvi, è un principio generale della pubblica amministrazione». Il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, è tranquillo di fronte alla sentenza con cui il Tar del Lazio, lo scorso 30 ottobre, ha dichiarato illegittima la nomina della commissione Via (valutazione di impatto ambientale), in seguito al ricorso di una ventina di componenti rimasti esclusi dalla commissione dopo il decreto del giugno 2008 che ne aveva riformulato la composizione.
La sentenza del Tar del Lazio è stata inclusa in alcuni dei ricorsi contro il progetto di Gas Natural presentati in questi giorni, tra cui quelli dei Comuni di Muggia e di San Dorligo della Valle.
«Non credo – prosegue Menia – che la sentenza del Tar del Lazio sia decisiva. Non sono un partigiano del rigassificatore – conclude –. Come ministero il nostro compito è di garantire che le procedure siano corrette».
In tema di ricorsi, parallelamente a quello presentato da Muggia, anche il Comune di San Dorligo ha fatto ricorso al Tar del Friuli Venezia Giulia. «Dovevamo presentarlo congiuntamente – osserva il sindaco Fulvia Premolin – ma ci è stato consigliato di fare due ricorsi. Il legale è lo stesso (Francesco Longo di Pordenone, ndr), e anche il testo. In esso si punta soprattutto sulla sicurezza e sui rischi dell’effetto domino».
Sempre contro il progetto di Gas Natural, al Tar del Lazio hanno intanto fatto ricorso le sezioni di Trieste di Wwf, Legambiente e Italia Nostra.
Il rischio di un accordo fra Lubiana e Roma, con il governo sloveno che accetterebbe il rigassificatore per poter avere, in cambio, il permesso di raddoppiare la centrale nucleare di Krsko, è l’ipotesi avanzata ieri, in una conferenza stampa, dai responsabili locali delle tre associazioni ambientaliste, in un incontro convocato appunto per illustrare le motivazioni del ricorso al Tar del Lazio.
Dario Predonzan, responsabile energia e trasporti del Wwf regionale, oltre a precisare le critiche più severe, in parte note, rivolte in particolare alla Regione, «che non ha svolto tutti i controlli necessari, non ha ascoltato la gente, non ha dato risposta alle osservazioni fatte dalle organizzazioni ambientaliste», è andato oltre. «Questo modo di operare dei pubblici amministratori – ha detto – scavalca l’iter previsto dalla legge e ripreso dall’Unione europea, e indica un inaccettabile appiattimento sugli studi, peraltro del tutto insufficienti, portati a termine da Gas Natural. I rischi di disastro ambientale – ha proseguito il rappresentante del Wwf – sono reali e gravissimi. Per questi motivi ci rivolgeremo anche alla magistratura ordinaria, per denunciare il ritardo con cui il ministero competente ha risposto alle nostre sollecitazioni e alla Commissione europea, per evidenziare il fatto che non è stata consultata la popolazione coinvolta, come invece previsto da una direttiva europea».
Lino Santoro, presidente locale di Legambiente, ha spiegato che «non siamo per principio contrari all’installazione di rigassificatori, ma lo diventiamo nei casi nei quali, come sta per accadere a Trieste, si vuole realizzare una struttura di questo tipo in mezzo ad aree densamente popolate. È per questa ragione che il nostro presidente nazionale, Vittorio Cogliati-Dezza, alla pari di quello del Wwf, Stefano Leoni, ha firmato il ricorso al Tar del Lazio».
Giulia Giacomich, presidente della sezione triestina di Italia Nostra, ha precisato che la sua organizzazione, non avendo firmato il ricorso in prima battuta «a causa di un disguido, procederà a breve con un autonomo ricorso, con argomentazioni che andranno ad aggiungersi a quelle già indicate da Wwf e Legambiente».

(gi. pa.) (u.s.)

 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO
 

Gli interventi della signora Graziella Albertini e signor Franzosini, Predonzan, Santoro e Sirovich (Il Piccolo dell’8 e 9 novembre) contribuiscono a rendere il gioco delle analogie ancora più interessante e chiaro. Presa nel punto attuale, la parabola «rigassificatori» dimostra la machiavellica strategia adottata dai soggetti contrari. In tutto questo tempo il progetto è stato sottoposto a una pressione eccezionale, con mezzi e scopi fuori della norma al fine di stroncarlo. La società multi-tecnica ne sarà rimasta sorpresa.
Detto questo, c’è però una considerazione che è doveroso fare. La previsione di uno scenario parte da certe condizioni iniziali e dalla conoscenza tecnica dello scenario stesso. Stabilito il grado dell’emissione, è necessario determinare la portata e gli altri fattori che possono influenzare il tipo e l’estensione della zona.
Un elemento fondamentale per la determinazione del tipo di zona pericolosa e pertanto di incidente è necessariamente l’identificazione delle sorgenti di emissione e del grado di emissione. Per quanto concerne la determinazione dei flussi termici dichiarati sono il risultato di uno studio fatto dall’ing. A. Fay «Modello di incendi grande pozza», che ha presentato al Journal of Hazardous Materials riferito al modello di una fuoriuscita da una nave metaniera fissando dei parametri ben definiti di: estensione della falla 10 m2, portata del liquido (Spill volume), estensione della pozza, raggio massimo pozza, ecc. Quindi, come viene sottolineato dallo studio dell’ing. Fay, non si tratta di un incendio di dimensioni limitate. Come erroneamente è stato definito.
Relativamente alla distanza di rispetto, la stessa rappresenta il valore minimo, stabilito dalla norma, delle distanze misurate orizzontalmente tra il perimetro in pianta di ciascun elemento pericoloso di un’attività e il perimetro del più vicino fabbricato esterno alla attività stessa. Sarebbe bene sapere che molti dei termini utilizzati nella prevenzione incendi hanno un preciso significato, stabilito dalle norme che regolano questa disciplina (DM 30 novembre 1983, le definizioni del decreto 10 marzo 1998).
Come disse Aristofane: «Faccia il cielo che ognuno eserciti il mestiere che conosce».
Luciano Emili
 

 

Smog, torna l’ombra del centro chiuso
 

A ieri, in Municipio, non veniva ancora vissuto come un problema. Ma, a breve, la cappa di smog calata sulla città potrebbe tornare ad essere una rogna, e non solo per i nostri polmoni. Una rogna che l’ultima volta - era il febbraio del 2008 - aveva portato a nove giorni di chiusura del centro alle macchine. La concentrazione di Pm 10 nell’aria di Trieste, infatti, dallo scorso week-end è tornata al di sopra dei livelli di guardia, cioè 50 microgrammi per metro cubo. Una condizione che, in caso di sforamenti contemporanei in più zone e per tre giornate di fila, induce l’amministrazione municipale ad adottare i provvedimenti restrittivi previsti dal Piano d’azione comunale, che a Trieste si traducono appunto in chiusure del centro al traffico privato nelle ore di punta. Sabato scorso, secondo il sito della Regione, la centralina dell’Arpa di via Carpineto ha fatto registrare una media quotidiana di 210, cui domenica non ha fatto seguito nessun valore vidimato. La stazione di rilevamento di piazza Libertà, invece, sabato segnava 45 e domenica 73. La terza centralina di riferimento regionale, quella di via Svevo, non sforna più dati dalla fine di settembre, ma le altre in funzione domenica - via Tor Bandena e via San Lorenzo in Selva - hanno detto rispettivamente 73 e 60. Molto dipenderà, a questo punto, dai numeri che saranno resi noti oggi e domani per la giornate di ieri e oggi. (pi.ra.)
 

 

«Ignorate le esalazioni di zolfo della Siot» - SAN DORLIGO: LE REAZIONI DELL’OPPOSIZIONE AI DATI SULL’ARIA RILEVATI DALL’ARPA
 

Drozina (Pdl-Udc): «Vorrei che la soddisfazione del sindaco fosse confermata dai magistrati»
SAN DORLIGO Forti perplessità sulla mancanza del monitoraggio dei composti dello zolfo e ampia preoccupazione per il fatto che a Trieste, sia in piazza Libertà che in via Carpineto, a due passi dalla Ferriera di Servola, si respirino meno polveri sottili (pm10) rispetto a Mattonaia. Ma c'è anche chi auspica un possibile intervento della Magistratura.
Sono questi i leit motiv delle reazioni da parte dei partiti di opposizione nel Comune di San Dorligo della Valle, dopo la pubblicazione dei risultati del monitoraggio dell'aria svolto da parte dell'Arpa nelle zone circostanti il parco serbatoi della Siot.
«L’amministratore delegato della Siot (Adriano Del Prete, ndr) non capisce perché l’Arpa suggerisca di modificare e/o integrare le dotazioni dei suoi impianti di stoccaggio, mentre il sindaco Fulvia Premolin si dichiara soddisfatta. Anch'io vorrei poter condividere la soddisfazione del nostro primo cittadino, ma vorrei che fosse qualcun altro a dirmelo, magari forse la magistratura», ha commentato il capogruppo del Pdl-Udc Roberto Drozina.
L'esponente del centrodestra, residente proprio a Mattonaia – l'area risultata quella con l'aria più inquinata nel comune di San Dorligo – ha evidenziato alcune anomalie nella documentazione rilasciata dall'Arpa: «Le esalazioni che continuamente s'inalano includono composti dello zolfo, e fra questi c’è l’idrogeno solforato, altrimenti definito acido solfitrico, una delle sostanze più tossiche che esistano, che in questo monitoraggio l'Arpa non ha rilevato alla pari degli altri composti di tale natura».
Drozina ha evidenziato poi che «del benzo(a)pirene, un idrocarburo policiclico aromatico altamente cancerogeno, l'Arpa ha comunicato solo i dati relativi a un bimestre, inferiori al periodo di legge, che però è stabilito su base annua».
Il capogruppo di Uniti nelle tradizioni, Boris Gombac, ha invece posto l'attenzione sugli impianti di stoccaggio della Siot. «L'amministratore delegato della Siot, Adriano Del Prete, non ha più alcun alibi poiché i dati forniti dall'Arpa sono lapidari: per ridurre l'intensità delle esalazioni percepite a Mattonaia, e non solo, visto che ultimamente tali nauseabondi odori vengono percepiti anche nella parte collinare del territorio comunale, dovrà metter finalmente mano al portafoglio per attuare quelle soluzioni tecniche ”atte a modificare e/o integrare la dotazione degli impianti interessati allo stoccaggio del greggio”, richieste peraltro già formulate da alcuni lustri dalla popolazione locale».
Gombac ha poi aggiunto che «non meraviglia che l'ad della Siot si dimostri di manica larga nell'erogare i contributi necessari per le centraline (per effettuare un monitoraggio costante dell'aria, ndr), ma di converso, per quanto concerne gli investimenti, a cui sarà obbligato per salvaguardare la salute pubblica, dichiari di non capire il senso della richiesta avanzata dall'Arpa ripromettendosi di analizzare la relazione».
Più pragmatico infine il coordinatore provinciale di Italia dei Valori, Mario Marin: «I dati rilevati e resi pubblici dall’Arpa sono al di sotto dei limiti consentiti dalla legge e questo dovrebbe tranquillizzarci. A renderci meno tranquilli sono le rilevazioni odorose che il nostro naso fa giornalmente, inducendoci a dubitare che tutto vada bene. Ritengo dunque assolutamente necessario formulare procedure e norme che eliminino, quanto più possibile, questo genere di disagi, anche se non ancora contemplati come pericolosi per la salute».
RICCARDO TOSQUES

 

 

Sistiana: strage di alberi, in nome della sicurezza - LUNGO LA STRADA CHE PORTA ALLA BAIA
 

Quando si dice un taglio radicale, per quanto necessario e sottoscritto sul fronte della sicurezza dall'amministrazione comunale e dalla prefettura. È terminata, lungo la strada che porta alla baia di Sistiana, l'operazione di eliminazione di un gran numero di alberi, alcuni anche secolari.
A bordo della strada, e fino a una distanza di due metri dal ciglio, buona parte degli alberi e degli arbusti sono stati tagliati fino alla base. Un’operazione effettuata per buona parte dalla proprietà della baia di Sistiana, cui appartiene la maggior parte dei terreni confinanti la strada, e che ha richiesto un esborso di qualche decina di migliaia di euro. Cifra alla quale si è sommato un budget pubblico, perché alcune parti dei terreni appartengono al Comune o sono di competenza della Provincia.
Il risultato è impressionante: scendendo nella baia, infatti, molti dei pini marittimi sono stati abbattuti. Lo stesso per alcuni dei grandi platani che costeggiavano la strada nella parte bassa, nelle vicinanze del tornante principale.
Una scelta praticamente obbligata, visto che negli ultimi anni più volte gli alberi si erano abbattuti sulla strada dopo forti piogge. Per fortuna nessuno era mai stato coinvolto, ma la caduta aveva sempre provocato l'isolamento della baia per qualche ora, fino all'intervento dei Vigili del fuoco e della Protezione civile.
L'ultimo episodio, all'inizio dell'anno, aveva fatto scattare l'allarme. Il sindaco, con il permesso della prefettura, per questioni di sicurezza aveva ottenuto il nulla osta. La proprietà della baia aveva anche cercato soluzioni alternative, consultando più ditte, nella speranza, almeno per gli alberi più sani e ”scenografici”, di trovare il modo di puntellarli senza tagliarli, ma nessuna ditta aveva voluto assumersi la responsabilità.
Di qui la grande eradicazione, effettuata in due tranche: la prima all'inizio dell'estate, per gli alberi più pericolosi e quelli più facilmente smaltibili, la seconda in questi giorni.
Per chi scende nella baia lo scenario è comunque ”lunare”, con tanti tronchi mozzati in nome della sicurezza, lungo una strada che, quando piove forte, mostra tutti i suoi punti deboli. A partire dalle cascate che si formano lungo la discesa, e che provengono non dalla strada ma dalla parete di terra, dall'abitato di Sistiana fino al mare, con il trasporto di detriti sulla carreggiata.
(fr.c.)

 

 

Ci vogliono ben quattro ”R” per fare dei rifiuti una risorsa - STEFANO GREGORIO AL ROTARY MUGGIA
 

«Rifiuti: problema o risorsa?», argomento di grande attualità, analizzato da Stefano Gregorio, direttore del Termovalorizzatore di Trieste, nel corso della conviviale del Rotary Club Muggia.
Attualmente, l’unico inceneritore nella nostra regione è quello di Trieste che copre circa 160.000 t/a, il rimanente va a discarica o a impianti di trattamento meccanico o biologico. Considerando che nei prossimi anni le discariche si esauriranno, appare necessario incrementare l’offerta impiantistica. Le strategie da adottare per una corretta gestione dei rifiuti sono la ”4R”: riduzione della quantità di rifiuti prodotti; riutilizzo di prodotti che, seppur scartati, non hanno terminato la loro vita (contenitori per liquidi); riciclaggio (vetro, carta); recupero di energia (combustione).
In Italia, il 52% dei rifiuti viene smaltito in discarica, il 12% viene incenerito e il resto va a recupero e riciclaggio. In Europa vi sono circa 400 inceneritori, in Italia 55. Per quanto attiene allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in discarica controllata, i vantaggi sono rappresentati dal ridotto investimento iniziale (economico e tecnologico), dalla facilità gestionale, dai ridotti costi di gestione, dal possibile recupero a verde di un’area precedentemente degradata, e dal sistema di smaltimento finale. Gli svantaggi consistono nello spreco delle risorse materiali ed energetiche ancora contenute nel rifiuto, nella difficoltà di reperimento di siti con adeguate caratteristiche idrogeologiche, nel rischio latente di rilascio di sostanze tossiche nei bacini idrici, nel notevole dispendio di territorio, nella possibile emissione di odori e proliferazione di insetti e roditori, emissione di composti tossici, gas con forte effetto serra (metano) e gas dannosi per l’ozono.
Relativamente allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani tramite incenerimento, i vantaggi sono costituiti dalla salvaguardia dell’ambiente, ridotto utilizzo di aree, recupero di materiali prelevati (es. ferro) e del calore sviluppato dalla combustione, risparmio di fonti primarie d’energia (carbone, petrolio, metano, ecc.), vendita d’energia elettrica e relativi vantaggi economici, inquinamento atmosferico controllato. Gli svantaggi sono rappresentati dall’elevato investimento iniziale, spese di gestione e manutenzione, presenza di scorie da combustione e polveri, sistema di smaltimento non finale e necessità di altri siti di trattamento finali per i residui (scorie e polveri).
Fulvia Costantinides
 

 

Salvi i treni da Trieste per Roma e Milano - L’assessore Riccardi lancia ora l’ipotesi di «una compagnia ferroviaria regionale»
 

«Il Porto non può aspettare il Corridoio V, va riqualificata la stazione di Campo Marzio e va creato il collegamento con Capodistria»
Sarà per il «buon rapporto personale» che ha ricordato di poter vantare con l’amministratore delegato del gruppo Fs Mauro Moretti. E sarà, soprattutto, per quei tre milioni firmati Regione che l’hanno portato a confermare che «la Finanziaria regionale 2010 prevede una norma che consente di intervenire anche economicamente a sostegno dei collegamenti ferroviari». Fatto sta che ieri sera - all’audizione in Consiglio comunale sul ”rischio marginalizzazione” di Trieste - l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi si è sbilanciato: «Nel nuovo orario ferroviario in vigore dal 13 dicembre i livelli di servizio da Trieste verso Milano e Roma e viceversa non solo manterranno il numero dei collegamenti ma diventeranno pure più adeguati per tempi di percorrenza. La linea Trieste-Roma sarà più veloce di 50 minuti rispetto alle attuali 6 ore e 40, mentre la Trieste-Milano manterrà le 4 ore e 20». È questo, dunque, ha giurato Riccardi, «lo stato della trattativa», che non è chiusa ma nella quale «non abbiamo ceduto di un passo di fronte ai ventilati tagli del Gruppo Fs».
Un passaggio, questo, racchiuso - come ha lasciato intendere l’assessore, che nella Finanziaria Tondo ha un portafogli da 335 milioni di euro - in una strategia più ampia, se è vero che «è opportuno interrogarci sulla costituzione di una vera compagnia ferroviaria regionale, di realizzare un nostro sistema autonomo per raggiungere l’hub di Mestre». Al punto che - guardando ad esempio alla direttrice Trieste-Milano - «se risorse devono essere destinate ai collegamenti, meglio che vadano oggi sul sistema ferroviario piuttosto che su quello aeroportuale per il ripristino di un volo meno competitivo rispetto alla gomma ora che c’è il passante di Mestre».
Al di là del tema bollente, l’intervento di Riccardi - alternato a un paio di battute del sindaco Roberto Dipiazza e alle domande di tutti i gruppi consiliari - è diventato una sorta di ricognizione a 360 gradi sulle grane di oggi e le soluzioni di domani per i collegamenti fra Trieste come «porto della Regione» e il resto del mondo. Punto primo: il porto, appunto: «Non è immaginabile, mentre si parla di Piattaforma logistica e allargamento del Molo settimo, che Trieste ed il suo porto aspettino la Tav. Servono interventi per riqualificare la stazione di Campo Marzio e serve il collegamento ferroviario col porto di Capodistria», ha aggiunto Riccardi annunciando che «nei giorni scorsi sono state consegnate alla Regione alcune simulazioni degli interventi di infrastrutturazione indispensabili in attesa della concretizzazione del Corridoio V».
Punto secondo: la questione aeroporto. Dove la Regione è pronta a diventare socio di maggioranza, per la felicità dello stesso Dipiazza, «anche attraverso la fusione con il Consorzio degli enti locali, affinché l’aeroporto di Ronchi non sia lo scalo di Trieste ma del Friuli Venezia Giulia». «Se il Consorzio vorrà - così Riccardi - la Regione sarà pronta ad assumere la guida».
Il terzo punto? La terza corsia ovviamente. Che si fermerà a Villesse, vero snodo verso Trieste ma anche Gorizia, le due direttrici transnazionali su gomma. «Andremo incontro - ha chiuso l’assessore - a cinque anni di difficoltà e il traffico continuerà ad esserci». Resta questa, per ora, l’unica certezza.
PIERO RAUBER

 

 

«Siamo pronti al referendum sull’acqua» - Il deputato cividalese Carlo Monai (Idv) si schiera contro le privatizzazioni
 

Oggi il voto in aula, ma i dipietristi dicono che non ci stanno
TRIESTE "Siamo pronti al referendum per difendere il patrimonio acqua". Carlo Monai, nel giorno in cui si inizia a discutere alla Camera della privatizzazione dell’acqua (oggi il voto in aula), ufficializza la linea dell’Idv, emersa nell’esecutivo nazionale. Referendum, aggiunge il deputato di Cividale, che riguarderà anche nucleare e processo breve.
La questione acqua è in primo piano. Dopo il via libera in Senato è approdato a Montecitorio il decreto che, se approvato, chiuderebbe il cerchio sulla privatizzazione imponendo agli enti locali di mettere a gara il servizio idrico. In sostanza, entro il 2011, Ato e Comuni dovrebbero consegnare al mercato la gestione dell’acqua potabile, così come è già accaduto a Latina e in altre città del centro Italia con il conseguente aumento, perfino del 300%, delle tariffe. «In commissione ho espresso la mia contrarietà al provvedimento - spiega Monai -: l’acqua deve essere considerata pubblica come proprietà ma anche come gestione».
La stessa posizione della Lega Nord in regione. È’ stato tirato per la giacca, gli è stata chiesa una posizione netta, è stato oggetto di ironie da parte del Pd, sabato scorso a Udine in conferenza stampa. Il Carroccio risponde, con il responsabile della commissione ambiente del partito e vicecommissario dell’autorità di bacino Loris Mestroni, con un secco "giù le mani dall’acqua". Una posizione che considera indiscutibilmente la risorsa idrica come bene pubblico e non teme di dividere il centrodestra che, con Ferruccio Saro e Isidoro Gottardo, distingue invece tra proprietà pubblica e gestione mista.
Mestroni attacca il Pd: «Siamo sorpresi della svolta ambientalista di Moretton che da vicepresidente della giunta di sinistra si era inchinato ai diktat di Illy, avallando la proposta di svendere l’acqua friulana a Nord Est Servizi». E punzecchia il Pdl, in particolare "l’area ex socialista". «Non esiste nessuna distinzione tra la proprietà dell’acqua e la sua gestione: tutto deve essere pubblico, i privati non devono metterci il naso. E non vengano a parlarci di società miste».
Il coordinatore del Pdl Gottardo ribatte invece al Pd: «Obbligare i servizi locali a misurarsi con il mercato è esattamente l’opposto delle paure che vuole evocare Moretton. L’acqua come bene non è privatizzabile, la gestione, quando serve e conviene al cittadino, lo può essere». Caso aperto perché il capogruppo del Pd risponde a stretto giro di posta, pure a Saro: "Solo la gestione pubblica garantisce che l’acqua non diventi un business".

(m.b.)
 

 

FIUME - Verso un’energia sostenibile
 

Fiume è la prima città in Croazia ad entrare a far parte dell’associazione Energie cities, che raccoglie gli enti locali per la promozione di politiche energetiche sostenibili, e una dei pochi centri croati ad aver firmato la Carta europea dell’Energia, impegnandosi a promuovere politiche in materia di efficienza energetica compatibili con lo sviluppo sostenibile, ad incentivare un utilizzo più efficiente e più sano dell'energia e ad incoraggiare la cooperazione nel settore dell'efficienza energetica.
Nei giorni scorsi, nell’ambito del progetto Bulb attuato grazie ai fondi europei e del valore di 315 mila euro, è stata portata a termine l’installazione dell’illuminazione pubblica efficiente ed ecologica in via Marino Jakominic (a Mariljeva Draga, rione occidentale di Fiume) grazie alla quale verranno ottenuti risparmi pari al 50 per cento.

(v.b.)
 

 

 

 

CONFERENZA STAMPA WWF, LEGAMBIENTE E ITALIA NOSTRA - LUNEDI', 16 novembre 2009

 

Rigassificatore di Trieste. WWF e Legambiente ricorrono al TAR del Lazio: “Incredibile superficialità nella procedura VIA da parte del ministero dell’ambiente.”
 

E’ stato depositato nei giorni scorsi al TAR del Lazio il ricorso contro il rigassificatore di Trieste- Zaule proposto dalla multinazionale spagnola GasNatural. Il ricorso, a firma dei presidenti nazionali del WWF, Stefano Leoni, e di Legambiente, Vittorio Cogliati-Dezza, chiede l’annullamento del decreto VIA, sottoscritto nel luglio scorso dai ministri dell’ambiente, Stefania Prestigiacomo, e dei beni culturali, Sandro Bondi. Anche Italia Nostra si affiancherà alle altre due associazioni, con un intervento “ad adiuvandum”.
Le motivazioni del ricorso – redatto dall’avv. Alessandro Giadrossi - sono state illustrate nel corso di una conferenza stampa, oggi a Trieste, dai rappresentanti delle tre associazioni.
Vengono contestate in particolare:
1) alcune prescrizioni del decreto VIA, come quella sulla bonifica del sito inquinato (GasNatural ha eseguito solo una piccola parte delle analisi indispensabili per capire se e in che modo la bonifica sarà possibile, e quindi non si può stabilire se gli impianti previsti potranno essere realizzati nel sito ex Esso);
2) la non conformità del progetto con le previsioni del piano regolatore di Trieste;
3) la mancata valutazione, da parte della Commissione VIA ministeriale, di molte osservazioni presentate da WWF e Legambiente, soprattutto quelle che rilevavano le gravi incongruenze egli errori negli studi presentati da GasNatural e dai suoi consulenti (soprattutto negli studi sull’impatto delle acque di scarico sulla temperatura della Baia di Muggia e sulla risospensione dei sedimenti fortemente inquinati);
4) la totale omissione, nel decreto VIA, di aspetti fondamentali dell’impatto del rigassificatore sulla vita degli organismi marini, come la “sterilizzazione” di ogni forma di vita nella Baia di Muggia (e non solo) conseguente all’impiego di cloro come biocida e all’utilizzo dell’acqua marina come vettore di calore nel processo di rigassificazione;
5) l’”appiattimento” della Commissione VIA su quanto sostenuto negli studi di GasNatural, senza alcuna analisi critica sui medesimi, anche nel caso del fondamentale studio sull’”effetto domino”;
6) la mancata sottoscrizione degli studi stessi e la conseguente impossibilità di identificarne gli autori;
7) la mancata partecipazione alle riunioni della Commissione VIA ministeriale del rappresentante della Regione Friuli Venezia Giulia, pur prevista per legge;
8) il procedimento anomalo e illegittimo, seguito dal ministero dei beni culturali per “scavalcare” i pareri negativi, sotto il profilo paesaggistico, espressi dal Soprintendente del Friuli Venezia Giulia e per annullare altresì le prescrizioni contenute nel parere positivo che lo stesso era stato poi costretto ad emettere;
9) il “frazionamento” irrazionale e illegittimo della procedura VIA in due tronconi indipendenti, uno relativo al rigassificatore di GasNatural, l’altro al gasdotto SNAM Trieste-Grado-Villesse, sebbene i due progetti siano logicamente e fisicamente interconnessi, per cui si imponeva una valutazione integrata di entrambi (come fatto nel caso del progetto del rigassificatore off shore proposto da Endesa - E.On);
10) la mancata consultazione del pubblico sul progetto, pur prescritta dalla Direttiva europea n. 35 del 2003.
“E’ incredibile – hanno sottolineato gli ambientalisti – la superficialità con cui il ministero dell’ambiente e la Commissione VIA hanno affrontato l’analisi di un progetto complesso e con tanti gravi risvolti per l’ambiente e la sicurezza, come quello di GasNaural.”
”Non contento di ciò, il ministero ha anche incredibilmente ritardato la consegna della documentazione istruttoria (relazioni tecniche, corrispondenza con il Governo Sloveno, ecc. ) richiesta dalle associazioni e pervenuta alle medesime quasi tre mesi dopo la richiesta, quando la legge fissa un termine di 30 giorni per la consegna. Di questo sarà debitamente informata la magistratura.”
“Ci auguriamo – hanno concluso WWF, Legambiente e Italia Nostra – che il TAR faccia giustizia, fermando l’iter di un progetto devastante per l’area triestina e sanzionando un comportamento inqualificabile dei supremi organi ministeriali preposti alla tutela dell’ambiente, rivelatisi invece del tutto inadeguati ai compiti e tutt’altro che imparziali.”
La contestazione delle tre associazioni contro il progettato rigassificatore si estende necessariamente al già citato gasdotto SNAM e alla centrale termoelettrica da 400 MW, che Lucchini-Severstal vorrebbe costruire nel porto di Trieste: “un insieme di impianti – è stato osservato – previsti nell’esclusivo interesse dei proponenti, in assenza di qualsivoglia piano energetico e con assoluto disprezzo per l’accettabilità degli stessi rispetto alle condizioni ambientali dell’area triestina, con l’aggiunta di un assurdo e irrazionale appoggio a priori da parte di tutti gli enti locali: Regione, Provincia e Comune di Trieste .”
Gli ambientalisti auspicano anche un atteggiamento fermo da parte del Governo sloveno, dichiaratosi contrario al rigassificatore di Trieste-Zaule per i possibili riflessi negativi sul proprio territorio. “Esiste tuttavia il rischio – hanno osservato – che Lubiana finisca per cedere alle pressioni del Governo italiano, che da anni sta tentando di convincere la Slovenia ad accettare il rigassificatore di Trieste, offrendo in cambio il proprio sostegno per il raddoppio della centrale nucleare di Krško. Con il che, ad una iattura se ne aggiungerebbe un’altra forse ancora peggiore”.
Il ricorso al TAR del Lazio è stato possibile anche grazie alle donazioni dei cittadini a sostegno della campagna delle tre associazioni.. Campagna che prosegue; di qui l’appello a versare contributi sul conto corrente postale n. 12559340 intestato a: Legambiente Trieste - Circolo Verdeazzurro, via Donizetti 5/a, 34133 Trieste, oppure mediante bonifico allo stesso Circolo (codice IBAN: IT64 I076 0102 2000 0001 2559 340), specificando la causale: "donazione pro spese azioni legali contro rigassificatore Trieste-Zaule".
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 16 novembre 2009

 

 

Gemme (Asi): nel 2010 il piano per il parco eolico - «Cerchiamo un partner industriale». Da definire l’accordo con gli olandesi di Blue H
 

TRIESTE Ansaldo sistemi industriali punta a dare avvio entro il 2010 al progetto di parco eolico offshore nel golfo di Trieste. Il percorso, iniziato ad aprile con la presentazione alla commissione infrastrutture del Consiglio regionale, è però ancora tutto in divenire, come conferma lo stesso amministratore delegato di Asi Claudio Gemme dall'America. «Stiamo comunque lavorando al progetto con dei partner tecnologici per la parte elettrica e meccanica del progetto - afferma Gemme - e per assicurarci le banchine necessarie a varare le attrezzature che verrebbero realizzate a Monfalcone».
Asi sta cercando quindi le giuste sinergie con altre aziende della regione e dell'area monfalconese, anche per quel che riguarda lo sbocco a mare. «Stiamo cercando una partnership locale a Monfalcone», conferma l'ad di Asi il cui stabilimento è confinante con quello di Fincantieri, in grado di offrire proprio le banchine utili al varo dei manufatti. Asi non è ancora giunta comunque a un accordo definitivo con la società olandese Blue H che ha adattato la tecnologia subacquea utilizzata nel settore dell'oil and gas per sviluppare delle piattaforme stabili su cui piazzare delle turbine eoliche. La stessa che sarà impiegata per realizzare la centrale con turbine flottanti da 92 Mw al largo di Tricase, in Puglia.
Nonostante le incertezze ancora esistenti, Asi ha intenzione di tirare a breve le fila del progetto per capire quali volumi di lavoro può attendersi già per il prossimo anno anche nello stabilimento di Monfalcone, specializzato nella produzione di grandi motori elettrici. Di ritorno dagli Stati Uniti e dal confronto con l'azionista Patriarch Partners, l'ad di Asi conta di definire in settimana il piano industriale e di budget per il 2010. La società si è impegnata del resto a chiarire le prospettive per il prossimo anno con le organizzazioni sindacali entro la fine del mese. Nel caso non sia acquisito il volume di ordini atteso anche a Monfalcone non è escluso che il 2010 si apra con il ricorso agli ammortizzatori sociali.
A Monfalcone, il più grande stabilimento del gruppo in Italia, 450 dipendenti, sta comunque proseguendo la realizzazione dell'ampliamento delle strutture con un investimento di quasi 15 milioni di euro, finalizzato alla produzione di motori di ancora maggiori dimensioni. «Purtroppo siamo in un momento in cui non ci sono volumi di lavoro così grandi da consentire di reinvestire utili in questo progetto», ammette così Gemme, secondo il quale ci vorrebbe quindi un sostegno più deciso da parte delle istituzioni. Il progetto prevede un investimento di circa 5-6 milioni di euro per quanto concerne il sistema di infrastrutture legate alla produzione e di 30-40 milioni relativi alla realizzazione della piattaforma eolica vera e propria.
Il piano presentato ad aprile da Asi assieme alla Società Bulloneria Europea di Monfalcone riguarda la creazione di piattaforme eoliche offshore per la produzione di 30 megawatt di energia (il corrispettivo del consumo annuo di circa 10 mila famiglie) che verrebbero immessi nella rete distributiva. Le piattaforme, consistenti in una base su cui poggia la torre eolica, verrebbero realizzate a terra nello stabilimento monfalconese per poi venire trasportato al largo. La base viene sommersa sotto acqua lasciando emersa soltanto la torre. L’impianto verrebbe installato ad almeno 15 miglia dalla costa con un impatto visivo quindi non particolarmente significativo, secondo Asi. La presenza dell’impianto di energia eolica comporterebbe, secondo i promotori del progetto, la possibilità di occupare un centinaio di operai specializzati.
LAURA BLASICH

 

 

Doberdò e Pietrarossa, laghetti a rischio - Fondi regionali bloccati: in ritardo il rilancio turistico
 

IL VICESINDACO GERGOLET LANCIA L’ALLARME
Il lago di Doberdò è un fiore all’occhiello del Comune, un’esclusività in Europa, e il punto di riferimento per il decollo del turismo naturalistico della Riserva regionale dei laghi di Doberdò e Pietrarossa. Un’area di 726 ettari, gioiello della biodiversità sia animale sia vegetale e una bellezza particolare, specie in questo periodo, per i colori autunnali in particolare quello giallo-rossiccio del “sommàco”. Il tutto corredato da una ricca varietà di volatili. Ma il rilancio turistico definitivo dell’area purtroppo ha subito una brusca frenata, poiché la Regione continua a bloccare i fondi. E con la Finanziaria di quest’anno, la voce relativa a parchi e riserve è stata fortemente ridimensionata. Inoltre la Comunità europea ha posto un vincolo di destinazione d’uso del lago come “Paludario“, ma senza concedere mai finanziamenti.
«Per l’amministrazione comunale – spiega la vicesindaco Luisa Gergolet - il lago di Doberdò rappresenta una delle massima priorità poiché oltre a tenere in vita un’area naturalistica unica, potrebbe essere il volano per uno sviluppo turistico della nostra zona. Vorremmo trovare, quindi, finanziamenti innanzitutto per ripulire il lago e dare un aspetto ambientale corretto, dando forza alle piante autoctone ed eliminando quelle che danneggiano».
 

 

SEGNALAZIONI - PIANO REGOLATORE - «Tutta Banne dice no alla cementificazione»
 

Voglio spendere qualche parola in difesa di chi fa il proprio lavoro e cerca di farlo nel migliore dei modi. Mi riferisco all’articolo apparso sul Piccolo il 29 ottobre scorso, dove il sindaco di Trieste accusa Marko Milkovic, presidente della Circoscrizione Altipiano Ovest, di dare informazioni errate sul piano regolatore.
Le trovo accuse sbagliate e ingiuste. Non crede, signor sindaco, che se il progetto fosse stato gestito con trasparenza e nel rispetto della popolazione residente (non solo slovena ma anche italiana) ogni cosa sarebbe stata da subito più semplice e onesta? Certamente tutti hanno la bocca per parlare e grazie a Dio anche un cervello per pensare ma non sempre li usano a dovere: quando si costruirono le quattrocento case a Opicina vi fu il silenzio, chi doveva protestare non lo fece e ora chiunque può vedere le conseguenze. Ci tengo a precisare che l’iniziativa di noi abitanti di opporci al piano regolatore e alla conseguente cementificazione della Caserma Monte Cimone e di una parte del prezioso e insostituibile territorio carsico è stata spontanea: vi aderisce quasi tutta la popolazione del borgo di Banne. Negli ultimi cinquant’anni in Italia è stata coperta dal cemento una superficie uguale a due volte la Lombardia: un massacro che lasceremo in eredità (avvelenata eredità) alle prossime generazioni. Perché continuare su questa sciagurata strada anche a Trieste, rovinando il nostro splendido territorio invece di valorizzarlo come merita? Negli ultimi tempi, tutti abbiamo capito una cosa: oggi o sei con le politiche del signor sindaco o contro le sue politiche, non ci sono vie di mezzo. Io sto con il territorio e dunque contro queste politiche avvelenate.
Annamaria Monassi
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 15 novembre 2009

 

 

Rigassificatore, Muggia fa ricorso - Nesladek: si realizzi al suo posto una vasta area retroportuale
 

MUGGIA Il Comune di Muggia ha presentato ricorso al Tar del Fruli Venezia Giulia contro il progetto per il rigassificatore di Zaule, affidandolo all'avvocato Francesco Longo di Pordenone. Un Consiglio comunale straordinario è previsto per illustrare i motivi del provvedimento.
Confidando in un accoglimento del ricorso, il sindaco di Muggia coglie la palla al balzo per lanciare una controproposta: creare al posto del rigassificatore una vastissima area di retroporto grazie alla rete di infrastutture viarie e ferroviarie esistenti, con la possibilità di realizzare una banchina nell'area dell'ex tiro a volo.
Il ricorso, accanto a quelli già noti, punta su un aspetto finora mai emerso: la legittimità della commissione tecnica Via. «La novità - sottolinea Nesladek - è che l'autorizzazione si basa su due pareri rilasciati da una commissione che ha visto avvicendarsi alcuni componenti, il cui decreto di nomina però è stato reso nullo dal Tar del Lazio il 30 ottobre. Per effetto retroattivo, pertanto, la commissione apparirebbe illegittimamente costituita e anche i pareri emessi potrebbero essere illegittimi. Non siamo ancora in grado di valutarne la valenza, ma, grazie alla nostra tenacia, emerge un elemento nuovo nella battaglia contro l'impianto. Ribadisco - aggiunge Nesladek - che non lavoriamo per bloccare lo sviluppo economico, ma perchè convinti che quella zona debba avere una vocazione portuale. Riteniamo infatti che tutta l'area delle Noghere e dell'ex Aquila rappresenti un formidabile retroporto, non solo per la grande estensione ma anche per la presenza delle reti autostradale e ferroviaria e per la vicinanza con Capodistria. Dalla ferrovia slovena ci separa solo qualche chilometro, e perciò gli investimenti per collegarci al porto di Capodistria sarebbero poco costosi e le opere scarsamente impattanti sul territorio. Ma la presenza del rigassificatore non può coesistere con queste prospettive». (g.t.)
 

 

San Dorligo, inquinanti sotto i limiti di legge - Non rilevati però i composti di zolfo. L’Arpa consiglia modifiche agli impianti per lo stoccaggio del greggio
 

IL MONITORAGGIO DELLA SCORSA PRIMAVERA NELLE AREE ATTORNO AL PARCO SERBATOI DELLA SIOT
Gli inquinanti nell’aria di San Dorligo sono entro i limiti di legge. Lo si ricava dai risultati dal monitoraggio effettuato dall’Arpa dal 3 marzo al 30 aprile scorsi (59 campionamenti) su incarico dell’amministrazione comunale. Non sono stati però misurati i composti di zolfo, all’origine dei cattivi odori lamentati dalla popolazione. Per limitare queste emissioni l’Arpa propone la modifica o l’integrazione degli impianti di stoccaggio del greggio.
ODORI E IDROCARBURI «In relazione alla natura delle esalazioni nell'area abitativa circostante il parco serbatoi Siot – si legge nella relazione – i rilievi di composti aerodispersi indicano la presenza episodica di idrocarburi, prevalentemente in località Mattonaia, in condizioni meteoclimatiche caratterizzate da venti di bassa intensità tali da favorire il ristagno degli inquinanti al suolo».
I composti organici volatili di prevalente origine idrocarburica si sono dunque registrati a Mattonaia, con situazione simile nelle centraline della Wärtsilä e in via di Muggia. A Caresana e a Bagnoli il livello di concentrazione è risultato nettamente inferiore.
«Alle esalazioni percepite – ricorda l'Arpa – possono contribuire pure i composti dello zolfo, tra cui idrogeno solforato e solfuri organici», che però in questo monitoraggio non sono stati registrati.
SOLUZIONI Per ridurre l'intensità delle esalazioni percepite a Mattonaia l'Arpa ha segnalato alla Siot «soluzioni tecniche atte a modificare e/o integrare la dotazione degli impianti interessati allo stoccaggio del greggio, con particolare attenzione agli interventi da predisporre durante le operazioni di carico/scarico serbatoi».
Non solo. L'Arpa ha infatti suggerito di «monitorare in tempo reale la situazione ambientale con rilievo automatico degli inquinanti aerodispersi Crs (composti ridotti dello zolfo) e Cov (composti organici volatili) responsabili del fenomeno odoroso». A questo riguardo viene raccomandata «l'adozione di efficaci sistemi di rilevamento, di tali inquinanti da collocare presso una postazione sensibile di accertata criticità quale quella individuata a Mattonaia».
ALTRI MONITORAGGI Nel periodo di rilevazione, nel comprensorio esaminato comprendente cinque postazioni (Bagnoli, Wärtsilä, Mattonaia, strada per Caresana e via di Muggia), secondo l'Arpa «le concentrazioni atmosferiche degli inquinanti monitorati – pm10 (polveri sottili), benzoapirene e benzene – si sono mantenute ampiamente entro i limiti di legge sulla qualità dell'aria».
Pm 10: i valori delle polveri sottili con diametro inferiore a 10 micrometri hanno registrato una media totale di 25 µg/mc giornalieri, rimanendo dunque nei limiti di legge che fissano la soglia a 50 µg/mc al giorno. Tuttavia i valori di Mattonaia sono risultati superiori rispetto ai monitoraggi effettuati a Trieste con le centraline di via Carpineto (24 µg/mc) e di piazza Libertà (16 µg/mc).
Ipa: tra gli idrocarburi policiclici aromatici, contaminanti che si formano per combustione incompleta di sostanze come il petrolio, il BaP – benzo(a)pirene – è quello dotato della più elevata tossicità. La concentrazione media di BaP registrata in due mesi a Mattonaia si è attestata a 0,3 ng/mc, valore inferiore rispetto alla norma che prevede come limite un valore di 1,0 ng/mc, fissato però su base annua.
Benzene e toluene: idrocarburi quali benzene e toluene (solvente meno tossico del benzene) sono risultati al di sotto della norma. Per il benzene Mattonaia e Caresana hanno registrato una media di 2,2 ng/mc (dal 2010 il limite verrà abbassato da 6,0 a 5,0 ng/mc). Il toluene ha mostrato una concentrazione da 1 a 3 volte maggiore rispetto al benzene. La concentrazione maggiore di toluene si è registrata alla Wärtsilä (media di 4,4 ng/mc), seguita da Mattonaia (4,2 ng/mc). A norma di legge però non c'è alcun limite per la cocentrazione del toluene in ambiente esterno.
RICCARDO TOSQUES

 

 

 

Moretti: gara da un miliardo per l’alta velocità - IL BANDO USCIRÀ LA PROSSIMA SETTIMANA
 

L’amministratore delegato Fs: «Spero vinca un’impresa italiana». Napolitano: «Con i treni veloci più unità nazionale»
MILANO «La prossima settimana uscirà il bando di gara per la costruzione dei nuovi treni per l'Alta Velocità», lo ha annunciato l'amministratore delegato di FS Mauro Moretti. «Sarà una gara da oltre 1 miliardo di euro - prosegue Moretti in una intervista a La7- È una gara che pone un progetto completamente innovativo di treni che oggi non esistono sul mercato. Parteciperanno tutti. Io, naturalmente, auspico che vinca un'impresa italiana».
«Noi, con questo progetto - aggiunge - abbiamo dato alle nostre imprese la possibilità di essere i primi al mondo nella competizione globale, le imprese italiane stanno vincendo gare in tutto il mondo per i sistemi dell'Alta Velocità. Se riuscissero a vincere l'appalto parteciperebbero a questa nostra avventura comune: affiancando il nostro sistema tecnologico di controllo, che è diventato standard europeo, al migliore treno, la nostra industria potrà vincere anche gli appalti mondiali».
«L'alta velocità rende il Paese più unito, avvicina il Nord ed il Sud»: ha detto il presidente Giorgio Napolitano commentantando così il viaggio inaugurale dell'ultimo tratto della Tav sulla linea Roma-Napoli. Soddisfazione evidente da parte del Capo dello Stato, anche per quello che la sua città natale ha potuto dimostrare. Questa grande opera, spiega, «non si è fatta attendere all'infinito».
Grazie a queste opere -ha detto Napolitano- si «consolida materialmente e anche sul piano delle relazioni umane l'unità nazionale e i rapporti tra il Nord e il Sud». Non solo: «abbiamo davvero fatto un salto di qualità», e questa è «una delle tante cose che l'opinione pubblica nazionale dovrebbe acquisire come un dato di fatto». Una «realizzazione perfetta», «un segno che va nella direzione opposta» rispetto a tanti luoghi comuni. Insomma, «un impegno straordinario delle Ferrovie» frutto di un «lavoro tutto italiano operato grazie all'esperienza e alla conoscenza delle tecnologie che riusciamo a valorizzare ovunque» nel mondo.
Intanto arriva «un invito a dedurre»: è quello che la procura regionale presso la Corte dei Conti sta inviando ad una serie di figure, politiche e tecniche, relativamente alla vicenda della realizzazione dell'Alta velocità. Lo ha reso noto il presidente della giunta regionale della Toscana, Claudio Martini, e l'onorevole Vannini Chiti, all'epoca della vicenda a sua volta presidente della giunta regionale, i fatti risalirebbero ai periodi nei quali erano al lavoro le amministrazioni 1990-1995 e 1995-2000. «Chiariamo subito - ha detto Martini - che l'ipotesi è semplicemente relativa a questione erariali. Ci sembra oltretutto curioso - ha proseguito Martini - che l'invito a dedurre sia relativo soltanto a un livello regionale, lasciando fuori completamente il livello di governo centrale che è quello maggiormente coinvolto dal progetto».
 

 

Il Pd: no alla privatizzazione dell’acqua - «Tondo impedisca che il prezzo triplichi». Ogni giorno si consumano 196 litri a testa
 

DAL 2011 - È la data entro la quale partirà la rivoluzione
TRIESTE La Regione faccia valere la sua specialità, chieda autonomia da Roma nella gestione dell'acqua, pensi all'Ato regionale unico. Perché altrimenti, sulla via della privatizzazione, quel patrimonio verrà sacrificato al business e i cittadini pagheranno bollette triplicate rispetto a oggi. L'allarme lanciato dal CeVi un paio di settimane fa in un convegno a Udine viene fatto proprio dal Pd che presenta una mozione per la difesa del servizio pubblico, si appella a Renzo Tondo e sfida la Lega Nord: «Si comporti coerentemente con la sua visione federalista».
E' un caso sociale e politico. Da un lato il rischio di un'acqua molto più costosa, dall'altro la polemica dell'opposizione, in particolare contro il Carroccio, accusato di non difendere più un bene pubblico e locale di inestimabile valore, contrariamente a quanto fece in era Illy quando sembrò a un certo punto decollare il progetto di una multiutility del Nordest.
La causa è nota. Nel settembre scorso un decreto emanato dal governo, accelerando la disciplina prevista dall'articolo 23 bis della legge 133 del 2008, ha chiuso il cerchio sulla privatizzazione imponendo agli enti locali di mettere a gara il servizio idrico. In sostanza, entro il 2011, Ato e Comuni dovranno consegnare al mercato la gestione dell'acqua potabile. Un percorso già avviato a Latina e in altre città del centro Italia con il conseguente aumento, perfino del 300%, delle tariffe.
Ieri in conferenza stampa Debora Serracchiani, Gianfranco Moretton e Paolo Menis, con i responsabili locali Cristiano Shaurli e Francesca Papais, oltre al capogruppo in Provincia di Udine Francesco Martines, hanno ribadito l'allarme del CeVi. Con tanto di mozione per impegnare Tondo e giunta ad attivarsi perché in caso di conversione del decreto in legge (domani il provvedimento approda alla Camera) il bene acqua sia dichiarato «privo di rilevanza economica» e «ad attivare un tavolo di confronto con il governo per ottenere lo stralcio della gestione del servizio idrico dalla normativa nazionale avocando a sé la competenza in materia».
«La nostra è una posizione forte e chiara - afferma il neosegretario regionale del Pd annunciando un'iniziativa di piazza a dicembre -: l'acqua è e deve rimanere un bene pubblico». Da parte di Moretton, dopo la ricostruzione del percorso che ha portato nel 2005 al recepimento della legge Galli, arriva quindi l'attacco politico: «Sono state sin qui molto gravi le assenza di Tondo e di una Lega che, al Senato, ha votato a favore del decreto. Vedremo se in Friuli Venezia Giulia i leghisti sapranno essere coerenti con le loro posizioni storiche».
La privatizzazione dell'acqua, aggiunge Menis, «non è un obbligo imposto dalla Ue ma una precisa scelta del governo per rispondere agli interessi delle multiutility del Nord». E ancora: «La Lega ha venduto l'acqua a Tremonti». Il segretario Fvg Pietro Fontanini non raccoglie la polemica ma assicura che il Carroccio «continuerà a difendere l'acqua dalla privatizzazione. Non a caso stiamo chiedendo che gli Ato passino alle Province, più pubblico di così…».
Con l'aiuto del CeVi ci sono anche i numeri. Ciascun cittadino della regione utilizza mediamente 196 litri di acqua al giorno, come in Germania (in Italia sono 293, in Francia 211), con uno spreco del 37% a causa del cattivo funzionamento delle reti idriche. Servirebbero 1,2 miliardi per rimettere a posto gli acquedotti regionali e un minimo aumento della tariffa, suggerisce Menis, «per convincere molta gente a contenere i consumi». Ieri intanto a Udine, in occasione della manifestazione "Funerale dell'acqua", il CeVi ha consegnato ai parlamentari 4mila firme. Un altro appello, spiegano Massimo Moretuzzo e Marco Iob, «prima che il bene più prezioso diventi nuovo business per privati e banche». (m.b.)
 

 

Wwf: meno neve, assurdo investire sulle funivie - Gli ambientalisti: la Regione spende 115 milioni con precipitazioni in calo del 30%
 

Tra pubblico e privato impieghi che sfiorano i 200 milioni Gli ecologisti: va trovato un punto di equilibrio per la montagna
TRIESTE Sono giustificati investimenti esponenziali sulle piste da sci quando il boom dell'attività è largamente alle spalle? Ha senso incrementare le risorse per il turismo da neve quando imponenti modificazioni climatiche portano a ben oltre il 30% la riduzione delle precipitazioni? E' strategico pianificare una ricettività bulimica in alta montagna quando il mercato chiede altro? Più in generale è legittimo, per tutto questo, devastare l'ambiente? A meno di un mese dall'entrata in funzione della funivia del Canin (l'apertura è prevista il 5 dicembre), collegamento tra Sella Nevea e Bovec, il Wwf aggiorna il dossier 2007 "Alpi e Turismo" e investe di interrogativi la politica turistica invernale della Regione.
IL DOSSIER Sono undici pagine siglate anche da Legambiente, Mountain Wilderness, Italia Nostra, Cai Pordenone, Società Alpina Friulana.
L'attualità è la funivia che da Sella Nevea si arroccherà ai 2.133 metri di Sella Golovec, 200 sciatori alla volta, a un chilometro o poco più da Sella Prevala, sul confine, anticamera di un altro viaggio in funivia verso il demanio di Bovec, un investimento che pesa 16 milioni di euro sulle casse regionali. La netta bocciatura della Valutazione di incidenza del progetto, si legge nel dossier ambientalista, non ha fermato sminamenti e ruspe. E tra poche settimane le due cabine inizieranno a funzionare.
IL PIANO DI PROMOTUR Opere dall'enorme costo economico e ambientale. Non solo a Sella Nevea. Per il periodo 2006-2010 il piano industriale di Promotur (la società partecipata dalla Regione con il 35% delle quote), "non assoggettato ad alcuna procedura di Vas, Valutazione ambientale strategica, nonostante i suoi effetti dirompenti su ambiente e paesaggio e le pesantissime ricadute sulla pianificazione urbanistica e di settore", rilevano il presidente regionale del Wwf Roberto Pizzutti e il referente aree protette e montagna sempre del Wwf Guido Pesante, prevede un investimento che, in valore indicizzato, tocca i 115,8 milioni di euro per migliorie agli impianti e ai servizi di località, e i 2,5 milioni per la creazione di un centro unico di gestione dell'offerta. Ma ci sono anche i 18,8 milioni (il privato, in project financing, ne deve aggiungere altri 48,2) per 1.600 nuovi posti letto, un'espansione dell'offerta ricettiva in contraddizione però con l'occupazione dei posti letto nella stagione invernale in regione (non più del 42%).
I FONDI In era Illy Promotur ha incassato i fondi per sostenere il piano: 10 milioni di euro all'anno per vent'anni a partire dal 2006, un totale di 200 milioni, con la Regione intervenuta a sostegno pure di un sesto polo sciistico Pontebba-Pramollo e a supporto dello sviluppo del centro di Sauris. Il versante italiano di Passo Pramollo, soggetto a vincolo idrogeologico e paesaggistico, è ancora intatto. "Ma ancora per poco - osservano Pizzutti e Pesante -: l'iter per il project financing sta per decollare". La Regione ha messo in preventivo una spesa di 65 milioni - gli altri arriveranno dal privato, è sotto esame l'offerta del gruppo guidato dal colosso degli impianti di risalita Deppelmayr - per la realizzazione di un villaggio turistico da 600 posti letto, strutture sportive e commerciali, un caravan park, 7 km di piste da discesa.
L'IMPATTO AMBIENTALE Quel Passo Pramollo dotato naturalisticamente di un eccezionale valore vista la presenza di due Siti di importanza comunitaria. Ma gravissimi impatti ambientali - con un quadro normativo europeo che diventa sempre più cogente per gli Stati membri - riguardano un'ampia area oggetto di interesse turistico regionale: Sella Prevala al Canin, patrimonio naturalistico ma anche storico, i monti Tamai, Lussari e Varmost, il gruppo del monte Cavallo. Zone su cui si progettano appunto villaggi turistici, funivie, estensioni del demanio sciabile, prolungamenti di impianti e piste, attraversamenti di borghi storici.
LA PROSPETTIVA ECONOMICA L'impatto ambientale è la prima preoccupazione degli ambientalisti. Ma non è la sola prospettiva stavolta. Ne emerge una economica, anche questa approfondita a suon di cifre. La domanda del mercato innanzitutto, che dipende in primis dalla dinamica demografica: la popolazione in età sciisticamente attiva, tra i 15 e i 60 anni, si ridurrà in Italia di 13 milioni di unità nel 2050 e di 6 milioni già nel 2030. Nel frattempo sta aumentando l'interesse per il turismo naturalistico e culturale che, con riferimento al sistema delle aree protette nazionali, è cresciuto nel 2006 del 12,7% rispetto all'anno precedente. Un trend che continua.
LA CONCORRENZA Ma non basta. Perché, a fronte di massicci investimenti sul prodotto sci, sottolineano gli ambientalisti, la nostra regione non può comunque avere le armi per competere. I cinque poli di Promotur assommano poco più di 100 km di piste da discesa, mentre nella sola Val Gardena il comprensorio offre 175 km di piste e 81 impianti di risalita. Altro raffronto, la vendita degli ski pass: Tarvisio, la stazione più ricercata del Friuli Venezia Giulia, ne vende un decimo di quelli della Val Gardena.
IL CLIMA Ma ci sono anche dati sportivi e climatici. Tra il 1997 e il 2004 si registra una riduzione del 24% degli sciatori, effetto anche delle minori nevicate, con punte del 35% nelle Alpi orientali veneto-friulane e addirittura del 50% a Forni di Sopra. Serve di conseguenza sempre più neve artificiale. Un dato: sull'arco alpino il consumo d'acqua per l'innevamento artificiale a stagione sciistica varia da un minimo di 52 milioni a un massimo di 95 milioni di metri cubi d'acqua (quantità che corrisponde al consumo domestico annuo di 1 milione di italiani).
PUNTO DI EQUILIBRIO La conclusione del dossier? La necessità che il Friuli Venezia Giulia individui un nuovo punto di equilibrio tra turismo invernale e tutela dell'ambiente alpino. Perché, ed è la questione principale, non pare che l'onere finanziario sopportato dal pubblico sia adeguatamente ripagato dai risultati economici.
Preoccupazione dell'oggi, ma soprattutto del domani.
MARCO BALLICO

 

 

Centrale a biomasse da record mondiale - NUOVO IMPIANTO A GORIZIA
 

GORIZIA Sarà il secondo impianto a oli vegetali più potente al mondo. Avrà una potenza di 38 megawatt, una ”producibilità” (questo il termine tecnico) di 300 milioni di kilowattora e contribuirà al fabbisogno energetico della provincia di Gorizia e della regione. In una prima fase darà lavoro a una ventina di persone. Il costo? 40 milioni. Quando sarà pronto? Fra luglio e settembre del prossimo anno.
Questi, in sintesi, i numeri della nuova centrale a biomasse che sta per essere realizzata nella zona industriale di Gorizia. I lavori sono già iniziati, come spiega l’ingegner Giuseppe Fiannacca, promotore e progettista dell’iniziativa, realizzata finanziariamente dal gruppo ”Setramar” di Ravenna, che sostiene l’iniziativa della società ”Energia Pulita spa” con sede legale a Trieste.
 

 

Lubiana nel progetto del gasdotto dal Mar Nero - Firmato a Mosca il protocollo d’intesa tra Slovenia e Russia. Nell’opera coinvolto anche l’Eni
 

APERTI I GIOCHI PER LA SUPREMAZIA ENERGETICA VERSO OVEST. LA LUKOIL GUARDA AL RIGASSIFICATORE DI CHERSO
TRIESTE Era l’ultimo tassello del mosaico. E ieri il quadro si è chiuso con la firma a Mosca della partecipazione della Slovenia al cosiddetto «Progetto South Stream», ossia il metanodotto che collegherà il Mar Nero con Monfalcone. Dunque, dopo tante trattative e dopo aver informato il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini lunedì scorso a Brdo pri Kranju, la Slovenia ha siglato l’agognato accordo con la Russia per la partecipazione al progetto di gasdotto South Stream, frutto di una joint venture Gazprom-Eni, nel corso di un incontro tra i rispettivi premier a Novo-Ogarievo, alle porte di Mosca.
L'accordo di cooperazione intergovernativa sul South Stream è stato firmato dal ministro russo dell'Energia, Serghiei Shmatko, e dal suo collega sloveno, Matej Lahovnik, alla presenza dei rispettivi premier, Vladimir Putin e Borut Pahor. Il gasdotto porterà il gas russo nell'Europa sudorientale passando sotto il Mar Nero ed evitando l'Ucraina. Avrà una capacità di 63 miliardi di metri cubi di gas all'anno. Il progetto è considerato concorrenziale rispetto a quello del Nabucco, il gasdotto sponsorizzato dalla Ue per trasportare il metano dal mar Caspio in Europa bypassando la Russia per ridurre la dipendenza energetica del vecchio continente da Mosca.
E proprio martedì scorso il programma d'azione legato alla costruzione del tratto sottomarino del gasdotto South Stream è stato al centro di un colloquio che l'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni, ha avuto a Mosca con l'ad di Gazprom Aleksiei Miller.
Come riferisce l'agenzia Itar-Tass, che cita un comunicato del colosso energetico russo, «nell'incontro sono state esaminate le questioni della cooperazione bilaterale in campo energetico». «Le parti - aggiunge il comunicato - hanno valutato positivamente il lavoro comune per la realizzazione della fase di preinvestimento del progetto South Stream. L'Italia - nota Gazprom - è il terzo importatore di gas russo in Europa, e nel 2008 ha ottenuto dalla compagnia russa 22,4 miliardi di metri cubi di gas naturale. Nel novembre 2006 Gazprom e Eni firmarono un accordo di partnership strategica in base al quale Gazprom ha avuto la possibilità a partire dal 2007 di inviare forniture dirette di gas russo sul mercato italiano.
«Mosca ha firmato un accordo per attuare il progetto di gasdotto South Stream con tutti i suoi partner chiave», ha sottolineato il premier russo, Vladimir Putin, dopo la firma odierna per la partecipazione al progetto anche della Slovenia. «Abbiamo così siglato la fine con tutti i partner europei chiave che ci sono necessari per mettere in pratica questo progetto», ha dichiarato il capo del governo russo, dopo i colloqui con il suo collega sloveno, Borut Pahor, come riferisce l'agenzia Interfax. Per il premier russo uno dei compiti del gasdotto South Stream è anche quello di «disciplinare» l'Ucraina. «La diversificazione nelle forniture dei nostri prodotti energetici aumenta la loro stabilità e affidabilità. E ciò servirà a disciplinare anche i nostri partner di transito», ha detto Putin. «Io spero che il nostro principale Paese di transito, l'Ucraina, rispetterà tutti i punti del contratto firmato nel gennaio scorso».
La firma di Lubiana potrebbe apparire in correlazione con il veto opposto alla costruzione del rigassificatore di Zaule a Trieste. E, in effetti, in parte lo è, considerando che gli organi governativi sloveni stanno «strizzando l’occhio» all’impianto di rigassificazione che la Croazia sta preparando a Castelmuschio sull’isola di Veglia. Stranamente lì non ci sono pericoli ambientali per i 46 Km di costa slovena. Ma, guarda caso, l’impianto dovrebbe essere gestito dalla russa Lukoil. Insomma, per l’energia, la Slovenia guarda decisamente a Est e adesso che le carte si stanno scoprendo si può non fare peccato a pensare che dietro all’ostinato «no» al rigassificatore di Trieste ci siano altri grandi giochi internazionali, non fosse altro che la Gazprom sarebbe alquanto interessata all’acquisizione della slovena Petrol.
MAURO MANZIN

 

 

Nel 2011 il metano arriverà anche in Dalmazia - LE NUOVE PROSPETTIVE ENERGETICHE DELLA CROAZIA
 

Avvantaggiato lo Zaratino nella costruzione del gasdotto che giunge sino alla costa da Zagabria
FIUME Tra circa un anno e mezzo il metano potrà cominciare a scendere verso la Dalmazia, ma perché poi possa raggiungere gli utenti nelle case ci vorrà ancora del tempo. Probabilmente non meno di un anno. Bene che vada, a Spalato e dintorni il gas naturale, come fonte energetica più razionale e pulita, potrebbe fare la sua entrata trionfale verso la fine del 2011. Prima però oltre all’asse principale del metanodotto di circa 290 km che dai sobborghi a Sud di Zagabria scenderà verso l’area dalmata, sarà necessario apprestare chilometri e chilometri di rete distributiva ora praticamente inesistente e ancora tutta da progettare. E in questo senso al momento appare chiaramente avvantaggiato lo Zaratino, dove ci si è mossi con maggiore tempestività e dove alla concessionaria austriaca EVN AG è già stata affidata l’esecuzione del progetto dei 350 km di rete distributiva locale. Un appalto da 25 milioni di euro, “ripartito” in un primo tempo fra 25-30 mila potenziali utenze. A Zara e nelle località circostanti il metano potrebbe diventare realtà nella primavera del 2011. A Spalato si è invece in ritardo e attualmente si sta ancora arzigogolando sui termini del contratto da stipulare con la stessa EVN AG.
Nel caso della regione spalatina, dove il reticolo distributivo di quasi 350 chilometri dovrebbe avvolgere anche le municipalità dei Castelli, Traù (Trogir) e Salona (Solin), un colpo di acceleratore potrebbe arrivare dalle maniere spicce del nuovo sindaco-imprenditore Zeljko Kerum. Ma neppure lui e la sua amministrazione “a gestione familiare” potranno recuperare il ritardo accumulato fin qui nella progettazione delle condutture che dovrebbero servire un agglomerato di circa 81-82.000 utenti, in grado di assorbire sui 300 milioni di metri cubi di gas all’anno. Data la vastità e complessità orografica del territorio, la rete distributiva locale dovrebbe costare un po’ più di quella zaratina. Senza peraltro raggiungere le isole. Ancora più consistente è il ritardo in cui versa la regione di Sebenico, dove non si è neppure deciso a chi affidare la concessione sulla rete locale. I favori del pronostico pendono comunque tutti dalla parte della predetta EVN AG. Qui i chilometri di condutture per raggiungere sulle 52 mila utenze dovrebbero essere addirittura 430. Dati e cifre di qui sopra sono emersi da un convegno svoltosi nei giorni scorsi a Spalato e incentrato sulla strategia di metanizzazione a livello nazionale, durante il quale è stato posto l’accento proprio sull’area dalmata, l’unica rimasta fin qui totalmente emarginata dalle mappe sull’utilizzo del gas naturale. Durante il convegno si è così appreso che l’asse principale del gasdotto da 500 mm sta lentamente scendendo verso sud ed è arrivato in località Josipdol. I segmenti successivi dovrebbero portare la condotta fino a Graèac e Benkovac, nell’immediato entroterra zaratino.
Poi proprio da Benkovac il gasdotto dovrebbe proseguire verso Sebenico e Spalato. Un’opera del costo stimato sui 240 milioni di euro e appaltata a “Plinacro”, indicata come ”asse croato” del metanodotto adriatico-ionico, che in un futuro dalla fisionomia ancora piuttosto remota dovrebbe calarsi dal confine ungherese, via Zagabria, fino all’estremo sud della Dalmazia e sino al Montenegro e l’Albania per chiudere un anello le cui chiavi resterebbero in territorio magiaro e quindi nelle mani del gigante russo Gazprom. Lo stesso che sta al vertice di “South Stream”, ossia del metanodotto di cui a Mosca i premier russo Putin e sloveno Pahor hanno appena sottoscritto l’accordo per il transito entro i confini sotto la giurisdizione di Lubiana. Tornando però all’anello croato (la diramazione da Zagabria al confine ungherese è già in allestimento), un ruolo importante sarà chiamato a svolgerlo pure il pianificato rigassificatore (o terminal GNL) in località Castelmuschio (Omisalj), sull’isola di Veglia, che si spera operativo entro il 2014. Il rigassificatore quarnerino – contrariamente a quello praticamente analogo che si vorrebbe a Trieste – avrebbe anche tutto l’appoggio sloveno. Con un futuro allacciamento al terminal GNL di Veglia, infatti, Lubiana potrebbe “diversificare” le sue fonti di approvvigionamento e non dipendere esclusivamente dai metri cubi erogati dal gigante russo.

(f.r.)
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore
 

L’incontro di Brno con le autorità slovene termina con un risultato di zero a zero.
Era logico, che dopo la opposizione della Slovenia all’impianto di Zaule, lo Stato italiano avviasse dei cololqui di chiarimento sulla pericolosità dell’impianto di Zaule, fornendo come richiesto, tutti i dati disponibili. Sia per tanquillizzare lo Stato confinante, che per poter sbloccare l’impasse sul progetto. Ora se guardiamo la carta marittima, vediamo che la Slovenia si trova in condizioni di difficoltà per il trasporto navale, in quanto per arrivare alla zona libera deve obbligatoriamete attraversare la zona marittima della Croazia.
Questo gioca molto a suo sfavore e le liti per la pesca nel golfo di Pirano ne sono un esempio. La Slovenia non ha mai contestato l’impianto dell’isola di Veglia che la Croazia sta realizzando, perché lontano dal golfo di Capodistria.
A parte il fatto che a trattare, se si farà o meno, questo rigassifigatore nella provincia di Trieste, dovrebbero essere interpellate le popolazioni della nostra provincia in primis e per seconde, l’autorità regionale del Friuli Venezia Giulia, oggi completamente escluse da qualsiasi trattativa. Non comprendiamo perché, se si ha la necessità di un rigassificatore si vuole metterlo proprio a Trieste, con tanta costa libera nell’Adriatico e se vogliamo nel Tirreno o nella zona di Ostia. Evidentemente, sotto vi è un qualche disegno a noi non comprensibile e taciuto. Sarà bene ricordarsi che la nostra provincia dovrebbe essere interpellata, e non dare per scontato che dirà, sempre e solo sì, abbassando la testa obbediente per non avvelenare i buoni rapporti con la Slovenia e con le popolazioni che abitano e convivono a Trieste.
Sarà bene che il ministro Frattini ne tenga conto, altrimenti subiremo un altro diktat, come fu per Osimo. Auguri comunque che tutto vada per il meglio, anche se io ritengo di no.
Gualtiero Grassi
 

SEGNALAZIONI - Alberi abbattuti - EX MADDALENA
 

Riferendomi alla recente notizia sul mancato finanziamento regionale per la costruzione di alloggi popolari nell’area dell’ex Maddalena, non posso dimenticare l’incredibile solerzia con cui i novelli vandali, degni epigoni del buon Genserico, distrussero in men che non si dica gli alberi che facevano bella mostra di sé in quel comprensorio. A noi sfortunati abitanti di quelle ormai inospitali lande non resta che respirare i mortiferi miasmi che giornalmente provengono dalla vicina Ferriera. Come più volte invano richiesto da altri lettori, vorrei soltanto conoscere il nome dell’artefice di tale scempio, per poterlo additare al ludibrio dei nostri concittadini.
Franco Zivec
 

 

SEGNALAZIONI - «Vicolo delle Rose abbandonato ai rifiuti e ai detriti del maltempo»

Desidero segnalare pubblicamente lo stato di degrado e abbandono in cui versa vicolo delle Rose. Questa strada, quotidianamente percorsa dagli stessi residenti ma non solo, essendo un'alternativa alla via Commerciale, vede presenti nella parte più alta, quella che attraversa il tratto boschivo e che congiunge vicolo delle Rose con via Commerciale, detriti e rifiuti ancora risalenti ai forti temporali dello scorso agosto. Ai bordi della già stretta carreggiata, ma non solo, sono presenti rami, sassi e quanto le forti precipitazioni sono riuscite a ribaltare dal sottobosco che in alcuni tratti si affaccia sulla carreggiata stessa in maniera impervia. Chi percorre questo tratto stradale è quotidianamente costretto ad effettuare vere e proprie gimkane per schivare i detriti franosi, in alcuni casi veri e propri massi ed in questo periodo viene anche ad aggiungersi l'accumulo di fogliame che rende il selciato ancor più sdrucciolevole. Per i residenti, ma ripeto non solo, costituisce la via più rapida per raggiungere il complesso sportivo e soprattutto scolastico di Cologna. A ciò si aggiunga il fatto che essendo vicolo delle Rose a doppio senso di marcia, la presenza di tali detriti impone, nel caso di incrocio di due veicoli provenienti dalle direzioni opposte, lunghe retromarce all’uno o all'altro dei conducenti essendo di fatto ulteriormente ridotta la carreggiata percorribile. Ma non solo, i detriti sono spesso presenti anche nel centro della carreggiata trattandosi di materiale non sedimentato ma in costante movimento e che solo grazie alle finora scarse precipitazioni autunnali non è aumentato in volume; cionondimeno costituiscono un notevole fattore di rischio e pericolo sia per i veicoli a due che a quattro ruote. Vicolo delle Rose, attraversando nella sua parte più alta un tratto boschivo, è naturalmente soggetto ad eventi franosi sia a causa di fenomeni meteorologici sia a causa del costante attraversamento di fauna fortunatamente ivi presente (daini e cinghiali) ma non è altrettanto naturale l'abbandono in cui versa e i tempi di normale manutenzione che non vedono, ad oggi, un termine. Ovviamente la situazione è stata segnalata agli uffici competenti del Comune senza né un cenno di risposta né tantomeno un'azione di riparo.
Bruno Perfetto

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 14 novembre 2009

 

 

La riserva naturale della Val Rosandra a rischio per i ”tagli” - FINANZIAMENTI DELLA REGIONE

SAN DORLIGO - Il preannunciato taglio delle risorse economiche da parte della Regione sta per mettere a serio rischio il futuro della riserve naturali della Val Rosandra e delle Falesie di Duino. E' questo l'appello lanciato ieri dal Comune di San Dorligo della Valle, che si è reso promotore di un'iniziativa congiunta con altre realtà regionali (tra cui il Comune di Duino Aurisina) per promuovere alcune ”azioni finalizzate alla sensibilizzazione dell’amministrazione regionale sui danni che i pesanti tagli alla gestione delle riserve comporterebbero dal punto di vista sociale ed ambientale”.
La riserva naturale regionale della Val Rosandra ha come organo gestore il Comune di San Dorligo, il quale amministra l'area grazie ai finanziamenti che giungono direttamente dalla Regione. Nel 2008 i fondi erogati dall’amministrazione regionale sono ammontati a circa 180 mila euro.
Quest'anno la cifra si è abbassata a 120 mila, ma quello che più preoccupa l'amministrazione Premolin è la spesa prevista dalla Regione per il 2010 che, secondo i dati raccolti dal Comune, dovrebbe essere di soli 15 mila euro. Una riduzione del 90% rispetto agli accordi di programma che coinvolgerebbe anche la riserva naturale delle Falesie di Duino, affidata in gestione al Comune di Duino Aurisina.
«È nostra intenzione chiedere immediatamente un incontro tra l’assessore regionale alle Risorse agricole, naturali e forestali Claudio Violino e al presidente della Regione Renzo Tondo, per discutere del futuro della riserva e della sua importanza per il territorio come risorsa naturale, economica e sociale», ha dichiarato l’assessore all’Ambiente di San Dorligo Elisabetta Sormani.
L'esponente della giunta Premolin ha poi evidenziato «le importantissime ricadute economiche e turistiche che si potrebbero verificare tagliando i fondi, e che renderebbero vani gli investimenti compiuti negli ultimi anni».
All'appello lanciato da San Dorligo hanno aderito le altre riserve naturali della regione, tra le quali quelle dei Laghi di Doberdò e Pietrarossa e della Foce dell'Isonzo.
Riccardo Tosques
 

 

Scaroni: la ripresa ci sarà, all’Italia serve il nucleare - Il rigassificatore di Trieste «necessario al Nord». Io futuro presidente Generali? «Chiedetelo a loro»
 

TRIESTE - Una autentica standing ovation. C’era tutto il mondo della finanza che conta ieri sera alla consegna del diploma honoris causa del Mib, la scuola di management di Trieste, all’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni. «Hic sunt leones», ha detto Scaroni riferendosi alle origini romane dell’antica Tergeste e rivolto alla platea triestina che gli ha tributato un’autentica ovazione alla fine della sua ”lectio magistralis” intitolata: «La lupa e il cane a sei zampe».
Per il numero uno della più grande azienda globale del Paese l’Italia deve recuperare gli ideali, l’organizzazione e il coraggio dell’antica Roma, un impero durato mille anni, «per uscire dalla crisi e ricominciare a primeggiare nel mondo». Gli italiani devono insomma ritrovare «da qualche parte nei cromosomi» le qualità di quell’antica civiltà. Scaroni ha ricevuto il riconoscimento da Enrico Cucchiani, presidente del Mib School of management e membro del Board of management di Allianz Se, il colosso delle polizze tedesco. Il Mib di Trieste -ha detto Scaroni- «è focalizzato sul management internazionale e l’internazionalizzazione è sempre stata una caratteristica di questa città. Io ho avuto il privilegio di lavorare per multinazionali di Paesi diversi. Il riconoscimento del master triestino mi gratifica come riconoscimento a una carriera internazionale».
In prima fila ad ascoltare Scaroni c’erano anche gli ad delle Generali, Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot. Scaroni, che fa parte del cda del gruppo triestino e in tempi recenti è stato indicato in ambienti finanziari come un possibile candidato alla presidenza delle Generali al posto di Antoine Bernheim (il consiglio del Leone scadrà in aprile), all’inevitabile domanda se fosse interessato si è limitato a dire: «Chiedetelo alle Generali».
Per Scaroni la crisi economica internazionale «ha dimostrato che c'è molta carenza di leadership nel mondo». Come uscirne? «Io sono ottimista sulla ripresa anche se riceviamo segnali contraddittori. Ogni volta che nel mondo i tassi di interesse scendono, circola molta liquidità e i prezzi dell’energia non sono molto alti, ci sono tutte le premesse perchè si realizzi una ripresa e ci sarà anche questa volta». La ripresa rischia di essere frenata dai mancati investimenti? «Il problema se ci sarà o meno la ripresa non riguarda solo l’Italia ma investe l’Europa e va considerato su scala globale. I governi nazionali possono fare molto poco. Solo un’azione concertata può condurci alla vera ripresa». Sui mercati finanziari per Scaroni esiste la necessità oggi una regolamentazione perchè «quanto è accaduto negli ultimi due anni dimostra che su questo fronte «le regole erano confuse».
Scaroni promuove sul piano strategico il progetto di rigassificatore progettato a Zaule nel Golfo di Trieste da Gas Natural: «In Europa ci sono molti progetti di rigassificatori. È logico realizzarne uno nel Nord Italia perchè il 70% del gas nel nostro Paese viene utilizzato dalle regioni del Nord». Tuttavia «sul mercato del gas l’offerta è molto più abbondante della domanda e anche se ci sarà la ripresa non penso ci saranno problemi di approvvigionamento». L’Italia deve invece dotarsi di fonti alternative per produrre energia elettrica: il nucleare è una necessità che ormai è avvertita da tutti».
Nella sua «lectio» («mi sono molto divertito a scriverla») Scaroni ha sviluppato il tema della leadership e dell’internazionalizzazione raccontando le conquiste «dell’impresa globale di maggior successo: l’impero romano». Una riscoperta di orgoglio e di appartenenza a una civiltà dove «le strade erano tutte uguali, diritte, larghe 12 piedi e con una pietra a destra per marcare ogni miglio». Un’azienda che ha «schemi organizzativi chiari e definiti, preserva l’identità e i valori aziendali, anticipa i cambiamenti innovando prodotti e servizi». Di fronte ai super-manager del Nordest e della grande finanza confluita nella sala del Mib Scaroni invita a seguire «i cinque pilastri sui quali si fondava l'organizzazione internazionale dell'impero romano: standardizzazione organizzazione, meritocrazia, integrazione, innovazione e comunicazione». «Gli stessi principi - ha precisato - valgono ancora per chiunque si trovi a gestire oggi un'organizzazione internazionale, come un'azienda globale. È il momento - ha concluso - di recuperare queste qualità e utilizzarle per uscire dalla crisi e ricominciare a primeggiare nel mondo». La politica di Roma, aggiunge il presidente dell’Eni «era basata su un sistema che permetteva alle eccellenze di emergere, anche quando nascevano fuori dalle mura cittadine». E anche l’Eni, ha aggiunto, è una azienda che «beneficia di decisioni coraggiose prese da persone che mi hanno preceduto 15-20 anni fa».

PIERCARLO FIUMANÓ

 

 

Nel 2008 in Friuli Venezia Giulia 4771 sinistri stradali con 110 morti
 

TRIESTE Nel 2008 in Friuli Venezia Giulia si sono verificati 4.771 incidenti stradali con complessivi 110 morti e 6.459 feriti. Udine risulta la provincia con il più alto numero di sinistri (1.897) seguita da Trieste (1.195), Pordenone (1.081) e Gorizia (598). Spetta a Udine anche il maggior tributo di sangue con 54 morti, poi vengono Pordenone (31), Trieste (18) e Gorizia (7). Per quanto riguarda i feriti il primato spetta a Udine (2.659) seguita da Pordenone (1.482), Trieste (1.478) e Gorizia (840). Limitando l’analisi agli incidenti mortali, il Friuli Venezia Giulia ne conta nel 2008 105 con un totale di 110 morti e 77 feriti. Il numero maggiore di incidenti mortali è avvenuto a Udine (31) seguito da Pordenone (31), Trieste (16) e Gorizia (7). In questo caso i feriti sono così ripartiti: Udine 44, Pordenone 16. Trieste 9 e Gorizia 8.
I dati sono contenuti nel rapporto presentato ieri da Aci e Istat. A livello nazionale nel 2008 sono state 4.731 le vittime sulle strade italiane, con un meno 7,8 per cento significativo rispetto all’anno precedente. I più colpiti però sono sempre i giovani tra i 25 e i 29 anni.
 

 

Un’alga killer attacca i fondali dell’isola di Cherso - La ”Racemosa” si è ormai sviluppata su una vasta superficie. Allarme ecologico
 

Laddove appare non c’è più vita per altre specie vegetali. L’allarme degli studiosi croati
CHERSO La notizia era stata svelata da uno dei più bravi pescatori subacquei croati, il lussignano Danijel Gospic, rivoltosi agli ambientalisti di Lussingrande per riferire che sui fondali chersini aveva notato un’ estesa colonia di Caulerpa racemosa. Parliamo della ben nota alga tropicale invasiva, che assieme alla consorella Caulerpa taxifolia è da anni l’incubo di biologi e ambientalisti croati. Laddove appare la racemosa (e l’identico discorso vale per la taxifolia), l’habitat marino – se non si interviene in tempo – è destinato ad andare incontro ad un processo di desertificazione, che riguarda le altre specie vegetali e, di conseguenza, anche pesci, molluschi e crostacei. La racemosa, che ha un’incredibile capacità riproduttiva, superiore alla taxifolia, riesce a coprire in tempi rapidi ogni tipo di fondale, privandolo così del necessario ossigeno (fenomeno dell’ anossia) e favorendo lo sviluppo di anidride solforosa.
Inoltre è velenosa, non costituendo pertanto un alimento per la fauna marina. Una miscela di pericolose caratteristiche, che ne fanno un’ intrusa temibile, da debellare senza indugi. Infatti, laddove appare, non c’è più vita per le altre specie vegetali e gli animali marini, al punto che l’ area attaccata diventa una landa desertica, senza il minimo accenno di biodiversità. Purtroppo la racemosa, scoperta per la prima volta nelle acque croate nove anni fa, è riuscita a compiere una lunga traversata verso l’ Alto Adriatico, venendo individuata anche sui fondali di Cherso. Per onor di cronaca, va rilevato che la racemosa era stata scoperta anni fa sui fondali antistanti Orsera, in Istria. L’informazione fornita dalla fiocina lussignana si è rivelata esatta: l’alga ha attecchito sui fondali dell’insenatura di Lukovac, sulla costa orientale dell’isola. Lo ha fatto su una superficie di circa 6.700 metri quadrati, individuata dalla biologa Nikolina Rako, responsabile del settore ricerche di Plavi Svijet (Mondo blu in italiano), l’organizzazione ambientalista di Lussingrande che si occupa di tutela delle risorse e dei paesaggi marini.
Tra l’altro, Mondo blu è da tanti anni impegnato nella salvaguardia della colonia di delfini lussignani (più di 100 esemplari), che costituisce il simbolo più rappresentativo dell’ isola quarnerina. Imbeccata da Gospic, la Rako ha constatato “de visu” che la racemosa ha preso possesso di una vasta superficie, rilevando quindi ai giornalisti che, pena il progressivo proliferare in altre zone del golfo del Quarnero, questa alba tropicale deve essere neutralizzata senza tentennamenti. In questo momento non è dato sapere se la micidiale racemosa – che non è assolutamente pericolosa per la salute dell’ uomo – abbia attecchito altrove sui fondali di Cherso. La biologa ha infine ricordato che né la racemosa, né la taxifolia, vanno estirpate e magari rigettate in mare: basta un piccolo pezzo di queste alghe per garantire la loro veloce riproduzione.

(a.m.)
 

 

 

 

BORA.LA - VENERDI', 13 novembre 2009

 

Qual è l’impatto ambientale del rigassificatore? Parla Predonzan del Wwf

 

 

WWW.LAVOCE.INFO - VENERDI', 13 novembre 2009

 

 

IL CLIMA CHE VERRÀ DA COPENHAGEN - Energia e Ambiente / Internazionali
 

La conferenza di Copenhagen è fondamentale per il futuro della lotta ai cambiamenti climatici. Ma è probabile che ne esca un accordo non sufficiente a raggiungere un significativo abbattimento delle emissioni e anche troppo costoso. Si dovrebbe invece puntare a un'intesa su alcune azioni immediate e su pochi principi di massima, oltre a fissare una tabella di marcia in vista di un accordo generale nel 2015. Sul tavolo resterebbe così un unico problema: l'allocazione dei permessi tra i diversi paesi, che dovrebbe essere più generosa per quelli in via di sviluppo.
Jean Tirole
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 13 novembre 2009

 

 

Al via il primo treno fra Gorizia e Brescia per trasferire i Tir - LUNEDI’ PARTE IL SERVIZIO DELLA SDAG
 

GORIZIA Partirà lunedì sera il primo convoglio ferroviario carico di Tir dalla piattaforma di scambio gomma-rotaia Ro-La-Go della stazione confinaria della Sdag. Il treno si muoverà alle 18 in direzione di Ospitaletto, in provincia di Brescia, dove arriverà in nottata. Subito dopo, sempre con dei camion drizzati sui vagoni, farà ritorno a Gorizia. E così avverrà per quattro giorni alla settimana. A organizzare questo vero e proprio servizio navetta Alpe Adria spa, in collaborazione con Trenitalia e le due società terminaliste di Gorizia e Ospitaletto, ovvero la Sdag e la Bertani. Ad aver prenotato la tratta Gorizia – Ospitaletto sono stati per lo più operatori ungheresi, croati e polacchi che, in questo modo, si risparmieranno il congestionamento dell’A4, con evidenti vantaggi in termini di sicurezza, di usura dei mezzi e, per quanto concerne il territorio, di impatto inquinante. Per l’autoporto isontino, la partenza di lunedì rappresenta un evento storico, che apre definitivamente una nuova stagione di operatività, dopo il lungo periodo di difficoltà apertosi con l’allargamento dell’Unione europea, avvenuto il 1° maggio del 2004. Allora, la scomparsa delle barriere doganali interruppe l’intera economia legata ai servizi confinari che aveva proprio nella Sdag il suo cuore pulsante.
«Finalmente – osserva il presidente della società, Giorgio Milocco – dopo tanti sforzi e tanti investimenti vediamo concretizzarsi un progetto strategico per il futuro di questa infrastruttura e dell’intero settore locale legato alla logistica». In realtà, però, quella che decollerà lunedì è solo la prima fase di un disegno più ampio, in parte ancora da completare. L’obiettivo, nel medio termine, è quello di fare della Sdag un «motore» della logistica, ovvero un sito capace di dare impulso autonomamente ai traffici merci da e per l’est europeo in un’ottica intermodale, con un preciso ruolo «retro-portuale» nei confronti degli scali di Trieste e Monfalcone. Ultimata circa un anno fa, per una spesa di oltre 5,5 milioni, la piattaforma di scambio è l’elemento centrale di questo piano. È composta da un binario di 600 metri e da una struttura coperta progettata appositamente per la movimentazione degli autoarticolati.
Poco distante, all’interno del perimetro dell’autoporto, è stato ormai completato il cosiddetto terzo lotto, composto da una struttura da 8400 metri quadrati coperti destinata a supportare le diverse realtà della logistica decise a fare base su Gorizia. Oggi, all’interno della Sdag, le imprese insediate sono 74, per 500 posti di lavoro complessivi. Intanto, entro il 2011, con un ulteriore investimento da 5 milioni, saranno realizzate altre strutture che, una volta rese utilizzabili, porteranno a 125mila i metri quadrati di superficie complessiva l’impianto isontino.
NICOLA COMELLI

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 novembre 2009

 

Riaperto l'ECOSPORTELLO di via Donizetti

A dicembre nuova sede a Muggia

 

La Regione stanzia tre milioni di euro per salvare i treni diretti a Roma e Milano - MANOVRA FINANZIARIA 2010
 

TRIESTE La partita è durissima. E Riccardo Riccardi lo sa bene. Ma l’assessore regionale ai Trasporti, adesso, ha un’arma in più: tre milioni di euro, seppur come tetto massimo di spesa, per convincere l’ad di Ferrovie Mauro Moretti a non tagliare sin dal 13 dicembre i treni che collegano direttamente Trieste e Udine a Roma e Milano.
La Finanziaria 2010, oggi all’approvazione definitiva della giunta, contiene infatti una norma di legge ad hoc: quella norma autorizza la Regione a farsi carico in prima persona degli «oneri del miglioramento dei collegamenti ferroviari passeggeri di lunga percorrenza tra le città di Trieste e Udine e le città di Roma e Milano». Poi, stabilendo in tre milioni di euro la partecipazione massima, la stessa norma demanda a una convenzione con Trenitalia il compito di stabilire le modalità del miglioramento nonché della partecipazione finanziaria regionale.
Ma basteranno tre milioni di euro per evitare un ulteriore isolamento ferroviario del Friuli Venezia Giulia? E mantenere i collegamenti ”veloci” con Roma e Udine anche nell’orario invernale? Riccardi, incontrando i sindacati dei trasporti e illustrando la manovra complessiva sulle infrastrutture, ribadisce la priorità della Regione: «Come minimo vogliamo confermare lo stesso numeri di treni. Ma il nostro sforzo è teso a garantire anche tempi di percorrenza inferiori tra Trieste, Udine e la capitale. La trattativa è in corso». Riccardi, infatti, deve reincontrare a breve Moretti. L’incontro non è ancora fissato ma dovrebbe svolgersi già nei prossimi giorni.
 

 

Ogs, firmato un accordo con il liceo ”Galilei” - L’istituto di oceanografia formerà gli studenti sugli ecosistemi costieri
 

Sarà ufficialmente formalizzato tra qualche giorno un accordo di rete tra il Dipartimento di Oceanografia Biologica (BiO) dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS e il liceo scientifico Statale Galileo Galilei, accordo che prevede la realizzazione di un percorso d'istruzione e formativo su tematiche legate al mare. Il progetto “Biologia marina” è già stato inserito nel Pof (il Piano di Offerta Formativa) del Liceo G. Galilei, diventando dunque parte integrante del programma di studio per le classi individuate dalla professoressa Eva Godini.
«Le tematiche prescelte – spiega Paola Del Negro, ricercatrice al Dipartimento Bio e già coinvolta in passato in analoghe iniziative didattiche – sono legate a temi d’obbligo per una città di mare come Trieste: gli approfondimenti riguarderanno gli ecosistemi costieri, la qualità delle acque, la microbiologia e la biologia marine, la chimica ambientale, ma sono previste anche attività di laboratorio in cui gli studenti apprenderanno l’approccio alla ricerca, con particolare enfasi sul metodo scientifico». Campionamenti, vita di laboratorio, e forse anche i fisiologici alti e bassi della sperimentazione scientifica e della ricerca saranno dunque le costanti che accompagneranno il nuovo percorso didattico che gli studenti intraprenderanno da gennaio 2010, che sarà indirizzato, in parte, anche al personale docente per il quale il BiO prevede di progettare e produrre materiali informativi/formativi.
Se la sede pratica è, per ovvi motivi, il laboratorio BiO situato sul mare, le lezioni teoriche si svolgeranno nella sede del Liceo G. Galilei. «È un accordo che sono felicissima di firmare – commenta Lucia Negrisin, dirigente scolastico del liceo G. Galilei – perché, grazie alle competenze dei ricercatori Ogs e all’entusiasmo e professionalità dei nostri insegnanti - in particolare della professoressa Godini, appassionata di biologia marina e vera sostenitrice dell’iniziativa - siamo in grado di fornire ai ragazzi che frequentano il nostro Istituto un valore aggiunto nella loro preparazione. Il curriculum specialistico creato dal Dipartimento BiO e calato nella didattica quotidiana rappresenta un momento propedeutico al percorso universitario che i ragazzi saranno chiamati a scegliere e a intraprendere».
 

 

«La lettera sul rigassificatore? Una scorrettezza» - LA MISSIVA ALLA SLOVENIA: IL PD DI SAN DORLIGO CRITICA GLI ALLEATI
 

SAN DORLIGO «La lettera di plauso al premier sloveno Pahor contro il rigassificatore di Zaule è stata un'azione scorretta nei confronti delle istituzioni italiane». Il coordinatore del circolo Pd di San Dorligo della Valle nonché consigliere provinciale Emilio Coretti ha motivato così la decisione da parte del partito di maggioranza dell'amministrazione Premolin di non sottoscrivere la missiva inviata a Borut Pahor nonché al ministro dell'Ambiente della Repubblica slovena Karl Viktor Erjavec da parte delle segreterie politiche di centrosinistra e firmata da Rifondazione comunista, Comunisti italiani, Unione slovena e Cittadini per San Dorligo della Valle. Nel documento, sottoscritto dai partiti di centrosinistra di Muggia con l'esclusione anche qui del Pd, è stato espresso apprezzamento per «l’atteggiamento e la ferma contrarietà assunti dal Governo sloveno sul previsto impianto di rigassificazione a Zaule». Una mossa questa non digerita dal Pd di San Dorligo come spiega Coretti: «Noi siamo una realtà troppo piccola per confrontarci con il primo ministro della Repubblica di Slovenia, un'istituzione che con questa lettera corriamo il rischio di sminuire».
Coretti ha poi ricordato l'impegno del Pd nel continuare a raccogliere le firme contro il progetto del rigassificatore di Zaule e l'obiettivo finale di questa azione: «Entro l'anno queste adesioni verranno consegnate ai rispettivi sindaci di San Dorligo e Muggia che a loro volta le trasmetteranno al prefetto di Trieste. Questo è l'iter che si era prefissato assieme alle altre segreterie della maggioranza, un percorso che quindi va contro la lettera di sostegno ad un Governo sicuramente amico, ma pur sempre appartenente ad uno stato estero, al quale peraltro i firmatari della lettera hanno garantito la disponibilità per eventuali azioni da svolgere congiuntamente, una promessa - secondo il coordinatore comunale del Pd - decisamente inappropriata poiché travalica le nostre istituzioni, in primis il prefetto al quale presto verranno consegnate le firme contro il rigassificatore di Zaule».

(r.t.)
 

 

SEGNALAZIONI - «Rigassificatore: confermiamo che l’Italia ha violato la direttiva Seveso» - LA REPLICA
 

Nei giorni scorsi (Piccolo 4/11, p. 10) il sottosegretario Roberto Menia e il parlamentare Isidoro Gottardo hanno attaccato la credibilità di Greenaction Transnational, e quella mia personale, affermando fosse non vera la notizia che in relazione ai progetti di rigassificatori a Trieste vi sarebbe già una messa in mora dell’Italia da parte dell’Unione Europea per violazione della direttiva comunitaria «Seveso» sugli impianti pericolosi. I due esponenti politici difendono il progetto del rigassificatore di Gas Natural nel porto industriale della città e affermano di avere attinto le proprie informazioni da canali ministeriali italiani e da non precisate «fonti interne alla Commissione» europea.
Greenaction Transnational risponde quindi, a tutela della verità e mia propria, confermando la notizia della messa in mora come dai documenti già resi pubblici dal 26/10 sia in conferenza stampa che sul sito www.greenaction-planet.org.
Si tratta di una comunicazione specifica (13/10/09 n. 317455) della presidente della commissione per le petizioni Parlamento Europeo, che in relazione a due prime petizioni presentate nel 2007 e 2008 contro i rigassificatori allega gli esiti dei primi accertamenti svolti su sua richiesta dalla Commissione Europea.
In sintesi, vi si legge che gli accertamenti sulle violazioni denunciate sono ancora aperti, ma la Commissione ha già deciso il 19/3/2009 la messa in mora dell’Italia per violazione della direttiva comunitaria 96/82/CF, art. 13, par. 1 (cui potrebbe quindi seguire la procedura d’infrazione con le relative sanzioni).
Le petizioni segnalavano infatti anche che il progetto inserirebbe il rigassificatore in una concentrazione non rilevata e già abnorme di altri impianti pericolosi, per i quali la direttiva non risulta rispettata nemmeno sotto questo profilo elementare che riguarda i piani d’emergenza e l’informazione alle popolazioni.
Il fatto risulta impeditivo perché in presenza di questo genere di violazioni l’art. 17 della stessa direttiva, che riguarda anche gli impianti transfrontalieri, impegna gli Stati membri a vietare «l’attività o l’avvio dell’attività di qualsiasi stabilimento, impianto o deposito o parte di essi, qualora il gestore non abbia presentato entro il termine stabilito, la notifica, i rapporti o altre informazioni previste dalla presente direttiva».
Mentre le autorità italiane non risultano aver provveduto né a mettere in regola gli impianti esistenti, né a far adeguare il progetto del rigassificatore che, come ricorda la stessa comunicazione del Parlamento Europeo, deve anch’esso «coprire i pericoli di tali impianti per la salute pubblica e l’ambiente marino».
Le denunce delle violazioni in accertamento a Bruxelles sono state inoltre perfezionate il 2/10/2009 con una nuova petizione al Parlamento Europeo e una denuncia alla Commissione Europea presentate da parte della rete ambientalista internazionale Alpe Adria Green (AAG), di cui Greenaction è co-fondatrice, e anch’esse pubblicate sul suo sito internet.
Roberto Giurastante - presidente di Greenaction Transnational

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 novembre 2009

 

 

Prestigiacomo: altri dossier sul rigassificatore - Il ministro: «Su Zaule verranno inviati ulteriori documenti per fugare i dubbi di Lubiana»
 

IL DOPO VERTICE ITALO-SLOVENO SU AMBIENTE E COOPERAZIONE
Impatto ambientale per i link mare-terra e alla rete nazionale agli sloveni appena ultimato
Ho riscontrato grande disponibilità al confronto e volontà costruttiva Siamo Paesi amici
TRIESTE «Gli ulteriori documenti che presenteremo convinceranno gli sloveni della bontà del rigassificatore di Zaule» afferma Stefania Prestigiacomo. Il vertice bilaterale italo-sloveno di lunedì a Brdo, alle porte di Lubiana, ha visto confrontarsi il nostro ministro dell’Ambiente e l’omologo sloveno Karl Erjavec, con i ”buoni uffici” del titolare della Farnesina Franco Frattini. Se sui Balcani e i collegamenti pan-europei, nella fattispecie l’asse Trieste-Divaccia, Lubiana ha mostrato una chiara volontà di cooperazione, altrettanto evidente è stata la rigida contrarietà degli ospiti sul progetto di rigassificatore che l’Italia vuole realizzare nel Golfo di Trieste.
È stata quindi l’esponente siciliana dell’esecutivo a dovere affrontare le maggiori difficoltà della giornata, alla fine ”incassate” con una sicurezza che l’ha portata a definire il clima del summit ”costruttivo”. Una sicurezza, sui passi finora compiuti da parte dell’Italia che sostiene il progetto della società spagnola Gas Natural, ribadita anche in una sorta di riflessione ”del giorno dopo”.
Quali sono i punti di forza del progetto italiano del rigassificatore a Trieste e quali, eventualmente, quelli su cui trattare con la Slovenia?
Il rigassificatore di Zaule è stato sottoposto alla procedura di Valutazione impatto ambientale, la ”Via”. Tutta la documentazione è stata trasmessa e visionata dalle autorità slovene che hanno proposto alcune osservazioni in gran parte recepite. La procedura ”Via” si è conclusa con una serie di prescrizioni volte ad assicurare un impatto ambientale del progetto esattamente in linea con le normative italiane e comunitarie.
Siamo convinti che le ulteriori documentazioni trasmesse a Lubiana consentiranno di fugare ogni potenziale contenzioso. Confermando la piena osservanza dell'Italia di tutte le normative in materia d’informazione riguardo a progetti transfrontalieri.
D'altro canto è interesse primario del nostro Paese assicurare che le infrastrutture energetiche sul nostro territorio siano realizzate nel pieno rispetto dell'ambiente e, di conseguenza, non vi possa essere alcun problema per i territori vicini. Per quanto riguarda, poi, i progetti del gasdotto, da Zaule alla rete nazionale e del terminale offshore, le procedure ”Via” non state ancora ultimate ma anche in questo caso alle autorità slovene sarà fornita tutta la documentazione necessaria.
La Slovenia spesso si comporta con atteggiamento opportunistico, anche in altri settori: che impressione ha avuto a riguardo?
Ho riscontrato nel corso dei colloqui bilaterali una grande disponibilità al confronto e una volontà costruttiva. Questa deve essere la chiave di rapporti fra due Paesi che hanno saldi legami di amicizia e che appartengono alla medesima famiglia europea.
Il progetto South Stream potrebbe creare problemi all'Italia? E per gli elettrodotti: cosa è stato concordato o accennato?
Né il progetto South Stream né gli elettrodotti sono stati oggetto di approfondimento riguardo alle tematiche ambientali nel corso del colloquio che ho avuto con il collega sloveno. Si tratta di progetti che non sono ancora giunti nella fase che richiede le necessarie valutazioni sotto questo profilo.
PIER PAOLO GAROFALO

 

 

RIGASSIFICATORE: I media sloveni snobbano il summit - Il motivo spiegato da ”Primorske Novice”: «È stasi» - SCARSA COPERTURA
 

CAPODISTRIA I media sloveni hanno dedicato meno spazio del solito al vertice italo–sloveno di Lubiana. Il perché, l’ha riassunto in modo efficace il quotidiano ”Primorske Novice” di Capodistria, che nell'occhiello del titolo di apertura del giornale spiega che «i ministri hanno disputato una partita noiosa senza gol».
Sul terminal rigassificatore di Zaule, nel Golfo di Trieste, scrive il giornale, tutto è rimasto come prima: l'Italia vuole costruirlo, la Slovenia minaccia di ricorrere alla Corte di giustizia europea. Il quotidiano capodistriano è anche l'unico che dedica un commento all'incontro, nel quale rileva come la diatriba sul terminal sta avendo ripercussioni anche sul finanziamento della minoranza slovena. «Una soluzione per il rigassificatore potrebbe essere un accordo tra Roma, Lubiana e Zagabria - scrive ancora il giornale - ma manca la volontà politica per un'intesa nello spirito europeo». ”Primorske Novice” pubblica inoltre i risultati di un sondaggio dal quale emerge che più del 60% degli abitanti del Litorale sia contrario ai terminal nel Golfo di Trieste. Il vertice ha trovato spazio in prima pagina ancora solo sul ”Vecer” di Maribor. «Roma e Lubiana sono rimaste ognuna sulle proprie posizioni», rileva il giornale. Neanche una riga in prima pagina invece sul ”Delo” e sul ”Dnevnik”, almeno per quanto riguarda le prime edizioni, penalizzate dall'orario del vertice. Il ”Delo” ha dedicato ai colloqui di Lubiana tre articoli in terza pagina: uno di cronaca, un altro sulla protesta degli ambientalisti di fronte al Parlamento sloveno, un terzo infine su quello che la stampa italiana ha scritto alla vigilia della trasferta di Frattini e della Prestigiacomo in Slovenia. Più spazio invece nei telegiornali e giornali radio. Al summit hanno dedicato i servizi d’apertura sia Tv Slovenia che Tv Capodistria. Oltre che al rigassificatore, è stato dedicato spazio alla problematica delle minoranze, in particolare alla questione del loro finanziamento in un momento di crisi come questo.
 

 

Rigassificatore, San Dorligo e Muggia si schierano con i vertici della Slovenia - LETTERA DELLE SEGRETERIE POLITICHE DI MAGGIORANZA
 

SAN DORLIGO Una lettera indirizzata al premier sloveno Borut Pahor e al ministro dell'Ambiente della vicina Repubblica Karl Viktor Erjavec per esprimere «apprezzamento per l’atteggiamento e la ferma contrarietà assunti dal governo sloveno sul previsto impianto di rigassificazione a Zaule».
È questa l'iniziativa intrapresa congiuntamente da alcune delle segreterie politiche che reggono la maggioranza a San Dorligo della Valle e Muggia. Nell'amministrazione Premolin hanno dato la loro adesione Rifondazione comunista, Comunisti italiani, Unione slovena e Cittadini per San Dorligo della Valle, mentre per quanto concerne l'amministrazione Nesladek la lettera è stata firmata da Rifondazione comunista, Partito dei comunisti italiani, Cittadini per Muggia, Italia dei valori, Partito socialista e Sinistra e libertà ecologia.
Grande assente dunque il Partito democratico, che nonostante la presenza ai banchetti per la raccolta di firme attuata sia a Muggia che a San Dorligo della Valle, ha preferito defilarsi dall'iniziativa sottoscritta da tutti gli altri partiti di maggioranza.
Nella lettera, che reca la data di ieri, i firmatari hanno espresso «grande preoccupazione in merito al progetto di installazione di un rigassificatore a Zaule e del collegato gasdotto sottomarino voluto dal Governo italiano e da altri esponenti appartenenti agli schieramenti di destra, per gli effetti che tale impianto potrebbe comportare a danno della sicurezza della popolazione e dell’ambiente».
Ribadendo il concetto che «la tutela della salute e dell’ambiente rappresenta per la popolazione un bene non commerciabile o da porre in secondo piano rispetto a motivazioni di carattere economico», le segreterie politiche ricordano poi che i due comuni confinano con la Slovenia e «annoverano fra la popolazione una grande comunità di lingua slovena»,
Le segreterie politiche delle due maggioranze dichiarano infine la propria «disponibilità per eventuali azioni da svolgere congiuntamente al fine di scongiurare i pericoli sopra indicati», auspicando che «la fermezza finora dimostrata (dal Governo sloveno, ndr) possa portare ai risultati auspicati sia dalla Repubblica di Slovenia che dai Comuni firmatari (della lettera, ndr).
Riccardo Tosques
 

 

Prg, prove di dialogo fra il sindaco e il Pd - Ma Omero insiste: «È il nostro futuro, bisogna coinvolgere tutta la città» - INCONTRO ALLA MARITTIMA
 

Il piano regolatore deve tener conto dello sviluppo comune con la vicina Slovenia. Non ha avuto dubbi il sindaco Roberto Dipiazza arrivato ieri alla Marittima, anzi «nella tana del lupo» come ha detto ironicamente Fabio Omero quando gli ha dato il benvenuto al dibattito dal titolo «Piano regolatore: strategie per Trieste nella compatibilità ambientale» organizzato dal Partito democratico.
Si è parlato di sviluppo e di futuro di una città «in calo demografico», come ha osservato Francesco Russo, vicepresidente di Area scienze park. Molti sorrisi e anche qualche complimento tra l’opposizione e il sindaco. Al punto che il segretario provinciale del Pd Roberto Cosolini alla fine, tra il serio e il faceto, ha pure proposto per Dipiazza un incarico di marketing per la città, «quando saremo noi al governo». Dipiazza gongolando ha chiosato: «Bisogna governare assieme per fare il bene della città». Nel suo intervento il sindaco è stato perentorio: «Abbiamo tolto un milione 600 mila metri cubi edificabili, bloccato parecchie cose come il cemento al posto dei laghetto di Basovizza. Ma il nostro scopo è quello di recuperare i palazzi del centro. Sul Carso ho individuato l’investimento nell’area di Trebiciano. Credo che la città debba puntare a un circuito che porti ricchezza. Il Burlo, sono d’accordo con Omero, potrebbe anche diventare un parco».
Nel suo intervento Dipiazza ha rivendicato le linee guida del Prg: «Quando un piano non è chiacchierato significa che è un buon piano, abbiamo tenuto conto di tutti gli indirizzi del Consiglio comunale». Ma nella sua introduzione il capogruppo in Consiglio comunale del Pd, Fabio Omero, aveva evidenziato anche una serie di critiche: «Avremmo voluto un piano concordato con la città perché rappresenta la strategia per lo sviluppo di Trieste. La compatibilità dell’ambiente in un momento di crisi in cui sociale e ricerca possono rappresentare il volano dell’economia». Secondo l’esponente del Pd il piano per certi versi appare «di natura privata», lanciando anche una provocazione. Quella di realizzare nello spazio occupato dalla Fiera «la city del terzo millenio con i grattacieli alti trenta piani». Omero ha inoltre osservato che il «nuovo codice edilizio approvato dal governo Berlusconi vanifica soprattutto in Costiera il piano di Dipiazza, perché lì si continuerà a cementificare».
Nel suo intervento il presidente dell’Authority Claudio Boniciolli e prima ancora il vicepresidente della Provincia Walter Godina si sono soffermati sui collegamenti e i trasporti. Godina ha rilevato che «manca una strategia complessiva come se tutto il Prg si esaurisca all’interno di una città». E parlando di sviluppo e futuro Boniciolli ha ricordato il piano regolatore generale del porto che «entro dicembre potrebbe essere approvato dal consiglio dei lavori pubblici». Adesso servono i collegamenti. (c.b.)
 

 

«Percorso più rapido sulle bonifiche» - Lo assicura l’assessore De Anna dopo una lettera della Bassa Poropat a Tondo
 

L’assessore regionale all’Ambiente Elio De Anna cercherà con il ministero una strada più rapida, di quelle seguite finora, per arrivare all’accordo di programma sul Sito inquinato. La scelta di un percorso alternativo fa seguito alla lettera che la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, ha inviato al presidente della Regione, Renzo Tondo, sollecitando un intervento con il ministero, che avrebbe dovuto inviare il nuovo testo dell’accordo entro la prima decade di ottobre.
Ricordando che «la prevista trasmissione non sembra essere intervenuta – scrive la Bassa Poropat – esprimo la più viva preoccupazione per le ripercussioni gravi che questi ulteriori ritardi nella sottoscrizione dell’accordo comportano non solo nel ripristino ambientale di un sito già da tempo compromesso, ma soprattutto – in un periodo caratterizzato dalla pesante recessione in atto – alle attività delle tante aziende interessate, ancora paralizzate e impossibilitate ad avviare qualsiasi ipotesi progettuale di sviluppo, con gravissimo danno all’intera economia locale».
L’accordo di programma è uno strumento complicato, che richiede tempi lunghi, con modifiche e approvazioni da parte dei diversi enti interessati. E solo dopo la firma definitiva le bonifiche essere avviate. «Nell’ultima riunione a Roma, in cui erano presenti anche Comune, Provincia e Autorià portuale – ricorda De Anna – il nuovo direttore generale del ministero, Marco Lupo, ha detto in sostanza che bisogna riscrivere l’accordo. Se quindi riusciamo a inserire il quadro delle caratterizzazioni come allegato dell’accordo, i tempi si velocizzano. Nel percorso delle caratterizzazioni – rileva – si troveranno sicuramente terreni che non sono inquinati, e quindi possono essere svincolati subito».
La verifica che De Anna si ripromette di fare a giorni è quindi di vedere se la Regione dispone di fondi per sveltire i tempi delle caratterizzazioni. «Se abbiamo questi fondi – spiega l’assessore – la richiesta al ministero sarà: mandiamo avanti le caratterizzazioni, attraverso l’Ezit, l’Arpa o un altro ente, e poi creiamo un tavolo di lavoro in cui un allegato con i risultati delle caratterizzazioni stesse diventa parte integrante dell’accordo di programma».

GIUSEPPE PALLADINI
 

 

«Anche eternit nell’asilo di San Giovanni» - La denuncia di un genitore dopo il crollo dei pannelli nella scuola ”Nuvola Olga”
 

Non ci sono solo i problemi al tetto alla scuola materna ”Nuvola Olga” di San Giovanni, dove lunedì mattina, alla riapertura, si è scoperto che diversi pannelli del soffitto della sala, dove i bambini (complessivamente 75) mangiano, erano caduti a terra assieme, ad alcune lampade, a causa delle infiltrazioni dovute alle abbondanti piogge di questi giorni. Nel giardino dell’asilo esiste anche un fabbricato del Comune il cui tetto in eternit (amianto) si sta sfaldando da tempo.
A denunciare questo ulteriore pericolo, ben più grave dei pannelli crollati, è il genitore di uno dei bimbi che frequentano l’asilo, che ha inteso mantenere l’anomimato per il timore di ritorsioni.
«A una cinquantina di metri dall’edificio dell’asilo, nel giardino dove i bambini giocano – racconta il genitore – c’è un fabbricato del Comune, pare adibito a deposito di materiale elettorale, il cui tetto in eternit è rotto e sfaldato, con diversi pezzi finiti a terra. C’è un progetto per la rimozione dell’eternit, ma finora nessuno ha fatto niente. Alle spalle dell’asilo – aggiunge – sempre nell’area all’aperto c’è un edificio in muratura, adibito in passato a stalle, e anche questo ha un tetto, in coppi, che vanno a pezzi e cadono sul terreno».
L’edificio adibito ad asilo, un prefabbbricato che risale ai tempi del Governo militare alleato, è ”provvisorio” da molti anni. «Sono trent’anni – ricorda sempre il genitore – che il rione di San Giovanni attende un asilo come si deve. Le infiltrazioni non hanno causato solo il crollo di diversi pannelli del soffitto nella sala centrale. Altri pannelli sono caduti in una delle aule, vicino al guardaroba. Una è stata chiusa, e i bambini costretti in due sole aule. Dire che noi genitori siamo preoccupati è poco».
Dopo il sopralluogo del sindaco Dipiazza lunedì, ieri è stato l’assessore all’Educazione, Giorgio Rossi, a verificare di persona le condizioni dell’asilo e gli interventi attuati per tamponare la situazione. «I tecnici – spiega Rossi – hanno verificato le condizioni del tetto e sigillato il buco nella copertura che ha determinato le infiltrazioni. E’ stato riparato anche l’impianto elettrico e riattivato il riscaldamento. L’attività dell’asilo ha così potuto riprendere in pieno».
Domani pomeriggio l’assessore incontrerà i genitori, in un’assemblea in cui verrà fatto il punto della situazione. «Faremo un’attenta disamina – annuncia Rossi – su una struttura che una delle più precarie, una delle ultime rimaste con i prefabbricati».
Da tempo il Comune sta studiando di creare nell’area un polo scolastico, demolendo i prefabbricati e costruendo un edificio ex novo. Il progetto si sta concretizzando dopo la recente acquisizione dal Demanio della vicina caserma dismessa dall’Esercito. «I fondi, circa tre milioni, saranno inseriti nel piano delle opere per il 2010 che stiamo mettendo a punto – spiega l’assessore –. Il progetto del complesso comprenderà un asilo nido, la scuola materna e la scuola elementare, in modo da soddisfare tutta l’utenza del rione di San Giovanni».

(gi. pa.)
 

 

Energia solare, come sfruttarla - Esperti e tecnici al Mib per un convegno sulle tecnologie in materia
 

Grisafi: «Opportunità da cogliere al volo anche in un’ottica ambientale»
Oltre un centinaio di persone hanno seguito con grande interesse e coinvolgimento il convegno volto a divulgarne le tecnologie e le modalità di utilizzo dell'energia solare, fonte di energia pulita e rinnovabile, che si è tenuto nella sala Riunioni del Mib School of Management di Trieste organizzato dalla Junior Chamber International di Trieste.
Il Presidente della JCI di Trieste, l'avvocato Michele Grisafi ha commentato così la riuscita dell'evento: «Sono molto soddisfatto della riuscita del convegno e dell’ottima capacità organizzativa dimostrata dalla nostra associazione. Oltre 100 persone si sono rivelate molto interessate ad una tematica non semplice come quella delle fonti di energia rinnovabile e di quella solare in particolare, a dimostrazione che i cittadini sono sempre più sensibili nei confronti delle problematiche ambientali. D’altronde, i cambiamenti climatici e i danni al nostro ecosistema sono sempre più evidenti, e si sta consolidando la consapevolezza che l’uomo non è solo autore ma anche la principale vittima di questa allarmante realtà».
Esperti della materia in campo scientifico, tecnico, amministrativo e commerciale si sono susseguiti trattando, attraverso un linguaggio semplice e comprensibile, i diversi aspetti della tecnologia necessaria a rendere effettivo l'utilizzo di questa fonte naturale di energia e le sue reali opportunità applicative a livello territoriale, anche in termini di risparmio economico.
Ad aprire la mattinata di approfondimento è stato il geom. Davide Mezzina che ha illustrato quali siano state le fonti di energia maggiormente impiegate fino ad oggi e la loro inadeguatezza di fronte ad una richiesta energetica in costante aumento. L'ing. Paolo Guglia ha ripercorso la strada della sostenibilità che ha portato dal protocollo di Kyoto, primo passo concreto verso una coscienza ambientale, al G8 dell'Aquila, dove si è sottolineata l'importanza di limitare l'aumento della temperatura globale entro i 2°C.
 

 

SEGNALAZIONI - «La bonifica del sito inquinato significa lavoro e tranquillità per le famiglie»
 

Gentile presidente Tondo, non avendo alle spalle né ministri, né sottosegretari, né consiglieri regionali e comunali, ci rivolgiamo a lei a mezzo stampa per esprimere e sintetizzare il parere delle migliaia di persone che ricorrono a noi (e sono quelle che l’hanno votata perché lei ha detto «no» al rigassificatore) per far sentire la propria voce. E dal momento che lei continua a ripetere che la coperta è corta e che se viene tirata da una parte, dall’altra si resta scoperti, e ciò è incontrovertibile, vediamo di analizzare le priorità, quelle priorità reclamate dalla gente comune, che è pure sempre società civile, che è la base su cui si regge tutto il sistema, che è quella a cui ci si rivolge per essere eletti o rieletti e che, quindi, deve essere ascoltata.
Per quanto si possa e si debba essere ottimisti (la speranza – come dicevano i nostri padri – deve essere l’ultima a morire), stiamo osservando un encefalogramma quasi piatto: i consumi sono in calo, il rapporto congiunturale della Confindustria segnala per il terzo trimestre produzione e vendite in calo per il 18% e manca il coraggio di investire e, come conseguenza diretta, non si creano nuovi posti di lavoro... Ma anche se in qualcuno questo coraggio esiste ancora, poteri occulti lo frenano. Parliamo della bonifica del «sito di interesse nazionale» (e la gente comune non sa spiegarsi perché lo chiamino di «interesse nazionale», se così fosse, dice la gente, il problema dovrebbe essere già risolto e non si starebbe trascinando per otto anni) sul quale aspettano di insediarsi una cinquantina di aziende – come vede i coraggiosi esistono ancora – il che significherebbe lavoro per centinaia di persone.
Lei, presidente Tondo, sa molto bene che quando c’è lavoro, quando si può contare su uno stipendio a fine mese, si guarda al domani con maggiore serenità, con più ottimismo, i consumi aumentano e l’economia torna a girare. Diremmo che questa è una priorità assoluta, con ricaduta economica certa sulla città, sulla quale bisognerebbe riflettere. Ci pensino i signori consiglieri anche perché milioni per avviare con celerità questo processo di bonifica ci sono. Panem et circenses, formula amata da Nerone. Noi auspichiamo: prima il pane, il divertimento sarà una conseguenza. Non è con il chiasso dei turisti occasionali che si risolleva la città, turisti che consumano un panino di cotto presso un gazebo e tutto finisce là.
La città ha modo di presentarsi in tutta la sua bellezza, basterebbe togliere le brutture e una di queste è l’imbragatura che nasconde e sorregge quel gioiello architettonico che il Palazzo Carciotti, con progetto bello e pronto per farne uno splendido palazzo congressi apportatore di un turismo di qualità, un turismo stanziale che occupa alberghi e riempie ristoranti. Potremmo continuare ma se vogliamo segnalare le priorità invocate dalla gente preferiamo, per il momento, fermarci. Ci scusi per l’ardire e accetti i nostri migliore auguri per un lavoro saggio, proficuo e buono.
Luisa Nemez  - presidente Otc Organizzazione tutela consumatori Fvg
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 10 novembre 2009

 

 

Rigassificatore, Lubiana non toglie il veto - Prestigiacomo rassicura: il dossier fugherà ogni dubbio. Nessun segnale su Krsko
 

ITALIA-SLOVENIA - VERTICE BILATERALE
A Brdo i padroni di casa s’impegnano a organizzare un super summit per i Balcani Orientali. Cooperazione su Trieste-Divaccia ed elettrodotti
BRDO Rigassificatore? No, grazie. Lo ha ribadito ieri il ministro sloveno dell’Ambiente Karl Erjavec alla collega Stefania Prestigiacomo. Ma quello che ha più lasciato allibiti è che il diniego Erjavec lo ha annunciato ancora prima dell’inizio del summit del Comitato interministeriale italo-sloveno.
Meno ”catastrofica” la ministra Prestigiacomo, la quale ha confermato che tutta la documentazione richiesta dalla Slovenia sarà inviata a breve. «L’Italia - ha detto - ha seguito scrupolosamente gli effetti dell’impatto ambientale, secondo le regole europee, le convenzioni internazionali tra Stati contermini e abbiamo altresì tenuto conto dei giusti suggerimenti sloveni». «Ritengo - ha concluso - che la nostra documentazione sarà più che esaustiva e che non ci sarà quindi bisogno che Lubiana ricorra in merito alla Corte europea». Ma il suo collega sloveno Karl Erjavec ha prontamente replicato che «non è detto che la documentazione italiana soddisfi la Slovenia». E poi ha precisato: «C’è un punto su cui siamo in disaccordo, quello della sicurezza a cui gli italiani obiettano che fa parte di una fase successiva e attiene al Ministero dei trasporti».
A placare le acque ci ha pensato il ministro degli Esteri Franco Frattini, il quale ha parlato di un confronto estremamente positivo e di larghe convergenze. Sono stati affrontati, ha spiegato il capo della Farnesina, temi bilaterali ma anche internazionali come la crisi in Afghanistan, che vede impegnato un contingente militare sloveno, come i Balcani Orientali. E qui c’è stato un grande impegno sloveno nell’organizzazione di una Conferenza europea sul tema che si svolgerà sotto la presidenza spagnola dell’Ue. Frattini ha anche espresso enorme soddisfazione per l’accordo sui confini raggiunto tra la Slovenia e la Croazia che permette ora a Zagabria una forte accelerazione nel processo di adesione all’Ue.
Da parte sua il ministro degli Esteri sloveno ha garantito una forte cooperazione in campo infrastrutturale soprattutto nel collegamento Trieste-Divaccia che fa parte del Corridoio 5 e ha auspicato una più accentuata cooperazione tra i porti dell’Alto Adriatico. «Che devono fare rete - secondo il viceministro alle Infrastrutture Roberto Castelli, anche lui presente all’incontro - per combattere la concorrenza degli scali del Nord Europa diventando così una sorta di porta per l’Oriente». Sempre dal punto i vista dei trasporti è stato annunciato un prossimo collegamento aereo tra Portorose e Roma. Tra i temi trattati riguardanti l’energia, oltre il rigassificatore anche la costruzione di elettrodotti tra i due Paesi, mentre Lubiana ha comunicato all’Italia di stare per firmare il protocollo d’intesa per l’oleodotto ”South Stream”.
«Di Krsko non si è parlato - ha concluso Frattini - anche se l’Enel ha già espresso la propria volontà di cooperare al raddoppio della centrale nucleare. Ora attendiamo il responso della parte slovena».
MAURO MANZIN

 

 

Piano regolatore Oggi un seminario - ALLA MARITTIMA
 

Si intitola «Piano regolatore: strategie per Trieste nella compatibilità economica, sociale e ambientale» il seminario pubblico che il gruppo del Pd al Comune ha organizzato per oggi con inizio alle 17.30 nella sala Oceania della Stazione marittima. Il Pd annuncia vari relatori: il sindaco Roberto Dipiazza, il vicepresidente della Provincia Walter Godina, Claudio Boniciolli, presidente dell’Autorità portuale, Francesco Russo, vicepresidente di Area science park, e Antonio Ius, direttore dell’Ater. A moderare Fabio Omero, capogruppo del Pd in consiglio comunale.
 

 

Monfalcone, centrale pronta a passare al nucleare
 

La A2A respinge le accuse di inquinamento. «Se il governo decide per il sì noi siamo pronti»
MONFALCONE «La centrale di Monfalcone dispone della certificazione europea Emas, e questo significa che l’impatto ambientale rientra nei limiti previsti dalla normativa». A2A, dopo le preoccupazioni che in questi ultimi giorni sono piovute dall’una e dall’altra parte del confine (da parte dei primi cittadini di Monfalcone e Nova Gorica, Pizzolitto e Brulc), interviene per dire la sua sull’impianto che recentemente ha rilevato da E.On. Anche per ricordare che, sul nucleare, «intende essere della partita». Del resto, il presidente della multiservizi bresciano-milanese, Giuliano Zuccoli, si era esposto già da tempo sul questo tema, affermando in diverse occasioni, che la società che guida «è pronta a giocare un ruolo attivo in materia di politica energetica nazionale».
Anche se, ricordano da A2A, «se, e dove, le centrali nucleari verranno realizzate nel nostro Paese lo deciderà il Governo, e più precisamente il ministero per lo Sviluppo economico. Non certo noi». Al momento, la società intende concentrarsi sul piano di riconversione ”pulita” della centrale monfalconese. Un piano, ricordano dalla multiutility, «del quale sono a conoscenza tutti gli enti locali, a cominciare dal sindaco di Monfalcone, che sa perfettamente quali sono gli interventi messi in calendario e gli investimenti previsti». Al momento, comunque, la certificazione Emas garantisce «la massima copertura di natura ambientale».
Periodicamente, spiegano i tecnici della società, «gli esperti dell’ente certificatore si recano negli impianti che richiedono, o sono già in possesso, della certificazione, per verificare che strutture, procedure di gestione e modalità di funzionamento rispettino gli standard previsti. E se qualcosa non torna allora il ”diploma di qualità ambientale” viene immediatamente sospeso, fino a quando tutti i parametri non rientrano nei limiti previsti».
NICOLA COMELLI

 

 

Piace il latte alla spina: venduti 110 litri in tre ore - Successo del distributore automatico al mercato coperto, ai meno giovani ricorda i «tempi andati»

 

C'è chi si è portato da casa le bottiglie di plastica usate per risparmiare, chi passava per caso di lì e incuriosito si è messo in fila «solo per provare» e chi, invece, è venuto appositamente per riscoprire i sapori di un tempo.
Al mercato coperto di via Carducci sono da poco passate le 11, ma il latte alla spina ha già conquistato decine di triestini che non hanno esitato a mettersi in fila pur di non perdersi questo connubio tra risparmio e genuinità. Già, perché sono questi i due punti di forza del nuovo distributore automatico di latte crudo, il primo a essere stato aperto sul territorio triestino, e che a breve verrà replicato anche in altri rioni. Il latte, in sostanza, passa direttamente “dalla mucca al bicchiere”, saltando tutti gli altri passaggi della filiera con notevoli risparmi per i consumatori. Per avere il latte freschissimo (che va poi bollito prima di essere utilizzato) non bisogna fare altro che presentarsi alla casetta di legno all'interno del mercato coperto con in mano una moneta da un euro e una bottiglia di plastica vuota. A quel punto, basta chiudere lo sportello per veder uscire un litro di latte crudo munto, filtrato e refrigerato senza trattamenti aggiuntivi.
Un'idea che a Trieste ha fatto subito centro, come dimostra il boom registrato ieri mattina, primo giorno di apertura del distributore: nelle prime tre ore sono stati venduti oltre 110 litri di latte sfuso, l'equivalente di un'intera giornata di distribuzione nell'omologo apparecchio di Monfalcone. Alle 13 i litri avevano già sfondato quota 150.
In pochi però si sono attrezzati portandosi da casa le bottiglie vuote, tanto che quelle messe a disposizione dei clienti per 20 centesimi l'una – all'incirca un centinaio - sono sparite nel giro di poche ore. A spingere tanti pensionati a mettersi in fila, però, non è stata tanto la voglia di risparmiare, quanto la nostalgia per i tempi andati: «Qualche giorno fa ho letto di questo distributore e, trovandomi in zona, ho voluto provare – racconta un signore -. Questo latte va bollito e così facendo in superficie si forma una sorta di panna che mi ricorda i bei tempi di quando ero giovane. Ad ogni modo sono convinto che questo latte naturale sia comunque migliore rispetto a quello che si trova nei supermercati». «Mi ricorda tanto quello che mi dava mia madre da piccola – conferma un'altra signora -, senza contare che è più buono e costa meno di quello pastorizzato. Per questo ne ho comprato un litro e mezzo per me e un altro per mia figlia, che ha un bimbo piccolo».
Elisa Lenarduzzi

 

 

”Trash”, l’ecologia sale in palcoscenico - STASERA AL TEATRO MIELA LO SPETTACOLO DI LEGACOOP
 

Una proposta che ambisce a favorire azioni responsabili volte allo sviluppo di una città ecologica e solidale. Si tratta di ”Trash”, lo spettacolo didattico di teatro d'impresa, che Legacoop Fvg ha organizzato oggi alle 20.30 al teatro Miela. L'evento, a ingresso libero, è ideato da Dof Consulting, progettato dalla form-attrice Daunia Del Ben e si inserisce all'interno della ”Settimana Unesco di educazione allo sviluppo sostenibile 2009” (9-15 novembre), ispirata, quest'anno, al tema ”Città e cittadinanza”. Una proposta che ambisce a favorire azioni responsabili volte allo sviluppo di una città ecologica e solidale. Presenzierà alla serata anche l'ex ministro dell'Ambiente Edoardo Ronchi, il cui decreto ha recepito, nel 1997, le direttive europee in materia di gestione dei rifiuti.
«L'iniziativa dell'Unesco - spiega Renzo Marinig, presidente di Legacoop Fvg - mira ad accrescere consapevolezza e responsabilità di cittadini, enti locali e imprese nei confronti dell'ambiente e a sollecitare stili di vita improntati su una cittadinanza partecipata. È proprio perché condividiamo tale intento che abbiamo dato il nostro contributo con questo spettacolo, supportandone e coordinandone l'ideazione».
L'evento si interrogherà su chi, o che cosa, è Trash, se l'entità dispettosa che si aggira tra sacchetti ammonticchiati di immondizia o l'energia positiva che indica una nuova strada, e intende mettere in risalto proprio questa ambivalenza. Trash, in inglese, è la spazzatura, e quindi ciò che, più o meno consapevolmente, ogni persona lascia alle spalle, senza magari chiedersi dove vada a finire. Nel corso dello spettacolo i personaggi testeranno entrambe le soluzioni interrogandosi su come poter utilizzare i rifiuti, per convenire, infine, sul fatto che Trash può essere inteso con accezione positiva oppure negativa e che la scelta sta solo ai cittadini.
L'evento nasce da uno dei gruppi di lavoro di Counseling Theatre, progetto permanente di teatro d'impresa fondato in regione da Dof Consulting e Css Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, con il patrocinio di Legacoop Fvg ed Enaip Fvg.
Coloro che desiderano ulteriori informazioni possono contattare Lorenzo Cargnelutti, responsabile dei progetti di formazione di Legacoop Fvg, tramite l'indirizzo e-mail cargneluttil@fvg.legacoop.it.
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA AAG - LUNEDI', 9 novembre 2009

 

 

LUBIANA - PROTESTA CONTRO IL RIGASSIFICATORE
 

L'organizzazione internazionale AAG in collaborazione con la Lega per la salvaguardia ambientale della Slovenia il 9.11.09 alle ore 10.00, davanti al Parlamento sloveno, in coincidenza con la seconda sessione della Commissione interministeriale fra le Repubbliche d'Italia e Slovenia ORGANIZZA UNA MANIFESTAZIONE DI PROTESTA CONTRO LA COSTRUZIONE DEI RIGASSIFICATORI NEL GOLFO DI TRIESTE
Programma:
ore 10.00 inizio della protesta
ore 11.55 consegna del memorandum al Presidente della Repubblica Slovena
dopo la consegna in corteo andremo all'Ambasciata italiana dove
consegneremo il memorandum all'ambasciatore.
La conclusione e' prevista per le ore 13.00.
Il Presidente V. Bernard
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 9 novembre 2009

 

 

Italia e Slovenia, il nodo energia - Il rigassificatore di Trieste e la centrale di Krsko al tavolo di Brdo
 

Si riunisce oggi il comitato interministeriale italo-sloveno Per l’Italia Frattini, Zaia, Matteoli, Prestigiacomo e Pizza
TRIESTE Per la realizzazione del rigassificatore di Trieste potrebbe essere il passo determinante. Per la collaborazione tra l’Enel e la Slovenia per la realizzazione del secondo reattore nucleare di Krsko potrebbe essere l’inizio di un dialogo molto costruttivo. Sono questi i due punti principali che saranno discussi oggi a Brdo pri Kranju dal Comitato interministeriale italo-sloveno. La delegazione italiana al summit sarà capitanata dal ministro degli Esteri, Franco Frattini che sarà affiancato dal ministro per i Trasporti, Altero Matteoli, da quello dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, dal ministro dell’Agricoltura, Luca Zaia e dal sottosegretario all’Università, Pizza.
Gli obiettivi e temi principali dell'incontro saranno, inoltre, l’intensificazione del dialogo e della cooperazione bilaterale che continuano a registrare vischiosità in particolare sui finanziamenti alla minoranza slovena in Friuli e, come detto, sul rigassificatore nel Golfo di Trieste. «In tale ottica e ad un anno dal lancio del Comitato dei ministri - spiegano fonti della Farnesina - evidenziamo le nostre aspettative affinché questo strumento si focalizzi su progetti concreti di mutuo interesse e che - pur affrontando anche i punti di divergenza - miri a valorizzare gli aspetti positivi della cooperazione bilaterale. Lo spirito che portò alla finalizzazione del Protocollo di cooperazione nel 2007 mirava proprio ad evitare che le divergenze - legate anche all'eredità del passato - caratterizzassero in via esclusiva l'articolato rapporto bilaterale che peraltro si sviluppa costruttivamente su molti altri fronti».
L’obiettivo prioritario è quello di realizzare sinergie - coinvolgendo anche la Croazia - per promuovere l'Alto Adriatico quale hub internazionale di servizi. In tal senso, si esprime, da parte del nostro ministero degli Esteri, preoccupazione per la decisione di Lubiana (5 ottobre) di rafforzare la cooperazione con la Germania per lo sviluppo delle ferrovie slovene (a cui è legato il porto di Capodistria) che nell’ottica italiana rischia di essere concorrenziale al Nordest».
Per il futuro (nel 2010 la riunione si terrà in Italia) si auspica che il Comitato dei ministri rafforzi la propria capacità di coinvolgere le realtà locali come le regioni italiane e la società civile, affrontando anche tematiche connesse alle politiche del lavoro transfrontaliero.
Si discuterà inoltre della necessità di ribadire l'esigenza di rilanciare la prospettiva europea dei Balcani Occidentali attraverso l'organizzazione di un incontro politico di alto livello Ue-Balcani Occidentali nel I semestre 2010, sotto Presidenza spagnola, aperto a Usa e Russia. Evidenziare le opportunità offerte dagli strumenti della cooperazione regionale quali Iai e Ince a favore della prospettiva europea della regione.
Per l’Italia è fondamentale confermare il nostro forte impegno a favore della liberalizzazione dei visti per i Balcani Occidentali, in primis per Serbia, Macedonia e Montenegro, sottolineando l'esigenza di continuare ad assistere Bosnia e Albania affinché procedano nelle riforme richieste dalla Commissione.
La Farnesina, infine, esprime vivo apprezzamento per gli sviluppi positivi sulla disputa confinaria con Zagabria e la ripresa dei negoziati di adesione Ue della Croazia, ribadendo il nostro forte incoraggiamento alle due parti per una composizione definitiva del contenzioso in linea con l'intesa raggiunta dai primi ministri Kosor e Pahor. La Farnesina cercherà, infine, di sensibilizzare la Slovenia affinché le conclusioni del Consiglio Europeo di giugno in tema di lotta all'immigrazione clandestina nel Mediterraneo trovino concreta applicazione in ambito Ue.
MAURO MANZIN
 

 

ITALIA - SLOVENIA - L’Ue non unisce i due Paesi - Gli interessi di parte prevalgono su quelli comuni
 

Per valutare lo stato attuale dei rapporti tra Italia e Slovenia vanno tenuti in considerazione due dati fondamentalie sostanzialmente collegati tra di loro.
Il primo è rappresentato dal fatto che si tratta di rapporti storicamente non facili. L’Adriatico Nord Orientale è stata infatti una delle aree lungamente contese e focolaio di conflitti e tensioni, una delle “faglie” destabilizzanti del continente europeo nel secolo scorso.
Il secondo dato sta invece nel fatto che ambedue i Paesi sono oggi membri della stessa Unione Europea, costituita proprio per creare condizioni tali che impediscano il ripetersi delle conflittualitàsopramenzionate. Queste condizioni si ottengono valorizzando progressivamente gli interessi comuni e con il superamento dell’esaltazione di quelli particolari dei singoli Stati, il che –come nel nostro caso- porta anche ad una “ottimizzazione” dell’uso delle risorse sul piano economico, sociale, culturale e politico.
Rispetto al retaggio storico, ritengo si possa dire con soddisfazione chefinora si sono fatti progressi enormi in fatto di distensione, superamento dei rancori e maturazione graduale di rapporti interetnici edinterstataliamichevoli e rispettosi. Tuttavia non possiamo nasconderci che le diffidenze reciproche rimangono, che i rancori non sono ancora del tutto sopiti e che a tale proposito è ancora necessaria un’azione politica fatta con equilibrio e sensibilità. E ritengo sia altresì opportuno manifestare la consapevolezza che, anche se in buona fede, si continua troppo spesso da ambedue le parti del confine a “valorizzare” gli interessi di parte, materiali ed emotivi,dando ad essi precedenza su quelli comuni.
Ed è proprio rispetto al secondo dato che dobbiamo porci con schiettezza la domanda se i rapporti tra i due Paesi sono davvero all’insegna dell’UE. Prendiamo in considerazione come esempio due questioni che rimangono da tempo di attualità nella nostra area: quella energetica e quella delle infrastrutture del sistema di comunicazioni.
E’ significativo che i singoli Paesi trattino i progetti relativi all’approvvigionamento energetico ciascuno per sé e che non vi sia alcun accenno alla possibilità ( non dico necessità…) di affrontare la questione assieme con un percorso comune, magari coinvolgendo anche la “europeanda” Croazia. Stando alle caratteristiche dell’area composta dal Nord Est italiano, dalla Slovenia, dalla Croazia e dalle regioni limitrofe sembrerebbe molto più conveniente e razionaleche i progetti per i rigassificatori, per le centrali nucleari, le reti elettriche e per i gas-oleodotti venissero affrontati da una pianificazione unica e comune. In un’area dal raggio di alcune centinaia di chilometri, omogenea anche in fatto di necessità, ciò risulterebbe certamente più conveniente dal punto di vista economico, ambientale e anche quello politico e sociale. Si eviterebbero eventuali doppioni- ed è uno degli obiettivi che danno senso all’UE!-, i relativi sprechi, anche quelli ambientali, e si eviterebbero certe diatribe politiche che, sortite da problemi singoli, si ripercuotono negativamente sulla generalità dei rapporti tra Stati vicini. Tra l’altro, non sembrano affatto inconciliabili gli interessi dei soggetti interessati, sia di quelli istituzionali sia di quelli specifici, pubblici e privati che operano nel settore. Certo, sono necessarie la volontà e l’azione politica: ma è proprio questo il modo per dare concretezza all’UE.
Penso che ciò sia altrettanto valido anche per le infrastrutture viarie, ferroviarie e marittimo-portuali. A me pare che la necessità di questa impostazione si imponga con forza nel caso del collegamento ferroviario del corridoio 5. E’ difficile togliersi la sensazione che anche l’ultima( per fortuna non definitiva) proposta del relativo progetto fa riferimento a due porti e a due territori come a due realtà distinte, distanti e divise che hanno bisogno ciascuna del proprio collegamento del tutto autonomo con l’asse principale della tratta transfrontaliera. C’è da chiedersi se l’intera opera non sarebbe più semplice, meno costosa e meno “impattante” qualora potesse venir collegata con un unico riferimento ad ambedue gli scali, ovviamente se questi fossero direttamente collegati tra di loro. E’ vero che ci sono due Stati e due porti, ma è anche vero che c’è un unico territorio con distanze minime, un’unica Unione Europea e …un unico futuro.
Certo, non si è così ingenui da pensare che l’impostazione seguita in Italia e in Slovenia (ed in Croazia) finora per l’energia, per il corridoio 5 e per le altre questioni di potenziale interesse comune, sia frutto di distrazioni: non per caso abbiamo parlato all’inizio del background storico, sappiamo che ci sono comunque interessi esistenti consolidati come anche esigenze di certezze per il futuro cui nessuno degli Stati è disposto a rinunciare. Ma non credo si possa contestare che nei rapporti tra i due Paesi o, meglio, tra i tre Paesi dell’Alto Adriatico vi sia un forte deficit di sostanza europeista nei fatti concreti.
E’ un deficit che andrebbe gradualmente ripianato per poter definire davvero buoni i rapporti in questo avvio del terzo millennio. In fondo, l’iniziativa del Comitato dei Ministri Italia-Sloveniapromossa dai governi Prodi e Jansa nel maggio del 2007 e avviata poi dai governi Pahor e Berlusconi è sorta con questi obiettivi. Sono persuaso che valga la pena intensificare gli impegni in questo senso, in favore di un vero e proprio “Polo di sviluppo nell’Alto Adriatico”.
MILOS BUDIN - ex sottosegretario alle Politiche europee ed al commercio internazionale nel governo di Romano Prodi
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore

 

Nella sua segnalazione del 31 ottobre, il lettore Emili se la prende con un dettaglio dell’inserto sul rigassificatore, che abbiamo curato per Konrad. Ma, secondo noi, i numeri da lui citati hanno poco significato, perché il calore prodotto da nubi di gas incendiato dipende principalmente dalla quantità di gas rilasciato in atmosfera (e comunque l’irraggiamento termico non si esprime in energia, ma in potenza termica per unità di superficie). Al quesito sulla pericolosità per incendio di fuoriuscite di gas rispondono tuttavia gli stessi progettisti dell’impianto, che accreditano gli identici 5 kW/mq citati dal lettore. Ci riferiamo al documento «03246-E&E-R-0-116 INT SIA Zaule.pdf» dell’anonima lussemburghese Medea (stranamente non firmato, sono indicati i soli cognomi degli autori: Giunto, Pastorelli, Ciccarelli). Pagina 4: «la tipologia di mezzi impiegati e le relative modalità realizzative di un atto terroristico, rendono altamente probabile, se non scontato, l’immediato innesco di un pool-fire (incendio di pozza di gas liquido) di dimensioni limitate e tali da presentare una distanza di rispetto compatibile con il dimensionamento del canale di accesso e del bacino di evoluzione». Cosa vuol dire «distanza di rispetto»? Lo spiega la nota a piè di pagina: «distanza definita sulla base di un valore limite di irraggiamento pari a 5 kW/mq ed un tempo di esposizione superiore ai 40 secondi in assenza di protezioni o riparo, in grado di causare serie ustioni sulla pelle». In pratica, i progettisti valutano che la larghezza della baia sia sufficiente ai muggesani per non rimanere gravemente ustionati in pochi secondi, pur con un incendio «di dimensioni limitate» ed un irraggiamento di soli 5 kW/mq. Tacciono invece gli esperti dell’anonima lussemburghese sugli effetti verso la zona abitata Giarizzole-Errera, sull’adiacente terminal petroli, sui Depositi costieri triestini, sui serbatoi chimici Alder eccetera. Ci sembra evidente che ci troviamo davanti ad una situazione molto delicata, affidata a valutazioni di esperti sostanzialmente anonimi. Il nostro unico intento è di favorire la tutela della sicurezza pubblica e dell’ambiente.
Carlo Franzosini - Dario Predonzan - Lino Santoro - Livio Sirovich
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 8 novembre 2009

 

 

La Regione pagherà per salvare i treni - A rischio i collegamenti diretti per Milano e Roma. Riccardi torna da Moretti
 

RISORSE IN FINANZIARIA PER SCONGIURARE LA SOPPRESSIONE DEGLI EUROSTAR
TRIESTE La Regione si fa carico di parte dei costi per salvare i treni verso Roma e Milano. Lo fa con un passo politico che è anche un passo finanziario: la giunta infila infatti in Finanziaria norme e risorse per blindare i collegamenti ferroviari, tentando di convincere Trenitalia, sempre intenzionata a privare il Friuli Venezia Giulia dei collegamenti diretti per le due principali città italiane, a cambiare idea e confermare le tratte al prossimo cambio di orario, il 13 dicembre.
Sollecitato a margine del convegno ”Trasporto ferroviario in Fvg - ieri, oggi e domani: prospettive attuali e future”, Riccardo Riccardi non si sbottona sulle cifre ma fa sapere che la giunta Tondo ha inserito nella bozza della manovra «gli strumenti d’intervento indispensabili a garantire i treni diretti». La prossima settimana l’assessore ai Trasporti sarà a Roma per incontrare nuovamente l'amministratore delegato di Trenitalia Mauro Moretti. Porterà al tavolo il passo avanti della Regione e ne chiederà uno a Trenitalia. Perché la nostra regione, rileva Riccardi, «non si può permettere di restare senza collegamenti verso le due "capitali", quella politica e quella finanziaria, del Paese: tutto il Friuli Venezia Giulia, il suo tessuto imprenditoriale, le nostre comunità, Trieste e Udine non ammetteranno di scontare una carenza di collegamenti così grave».
Che cosa è successo in giunta giovedì? «Abbiamo adottato le norme che assicurano l’impegno per il mantenimento di collegamenti fondamentali». Ci sono anche i finanziamenti? «Sì, anche quelli». Riccardi non parla del ”quantum” ma spiega che la Regione «non farà passi indietro sul fatto che le tratte per Milano e Roma dovranno essere mantenute». Adesso, dunque, «il passo tocca a Trenitalia».
Che la trattativa sia aperta è confermato dal fatto che digitando sul sito di Trenitalia a caccia di un biglietto non esistono soluzioni dal 13 dicembre in poi. Insomma, chi deve partire tra un mese direzione Milano o Roma non può prenotare il viaggio. Situazione sorprendente rispetto a quanto accadeva fino all’anno scorso, con conferenze stampa e presentazione in pompa magna del nuovo orario. Altra certezza è che Trenitalia, non si fosse mossa la Regione, avrebbe già scritto nero su bianco la cancellazione di Eurostar ed Eurocity da Venezia direzione est. La croce sopra.
Qualcosa, invece, si dovrebbe riuscire a salvare. La più probabile conferma è il diretto Udine-Roma. Quanto al resto, Trieste dovrebbe salvare l’Eurostar su Milano, non quello su Roma. L’alternativa sul piatto rimane quella di un cambio a Mestre con tempi però accorciati grazie a un treno ”dedicato” Trieste-Mestre: meno di 4 ore per arrivare a Milano, meno di 6 per raggiungere Roma.
Qualcosa, non tutto. C'è chi sta molto meglio. Pochi giorni fa, a Roma Termini, è stata presentata l'offerta ad alta velocità ”Frecciargento per il Nordest”. Un totale di 26 treni Venezia Mestre-Roma, di cui 4 Fast capaci di raggiungere la capitale in 3 ore e un quarto, 6 convogli Verona-Roma (tre ore) di cui 2 in prosecuzione su Brescia, mentre da Mestre sono previste solo connessioni con Udine e Trieste. Si ripete, dunque, l'operazione emarginazione del Friuli Venezia Giulia già attuata all'atto del lancio degli Eurostar e teorizzata dal piano impresa del Gruppo Fs.
MARCO BALLICO

 

 

Marcia della pace, festa in piazza Unità - La carovana accolta a Opicina da alcune scuole e da un gruppo di atleti
 

Testimoniare i consolidati valori su cui si fonda la città di Trieste: multietnicità, interculturalità e pluriconfessionalità. E' questo il messaggio che il capoluogo regionale ha voluto trasmettere alla carovana della Marcia mondiale della Pace e della Nonviolenza giunta ieri a Trieste dopo un lungo viaggio iniziato il 2 ottobre scorso a Wellington in Nuova Zelanda.
FERNETTI E OPICINA. Il pullman della Pace è giunto poco prima delle 10 all'ex valico di frontiera di Fernetti. Ad attendere la ventina di rappresentanti-marciatori sono stati il sindaco di Monrupino Marko Pisani e l'assessore alla Cultura Roberta Skabar. Contemporaneamente una delegazione con un centinaio di persone ha iniziato una minimarcia dal vecchio confine sino a giungere nel cuore di Opicina in piazzale Monte Re, già riempito da una rappresentanza di circa dieci scuole triestine con lingua d'insegnamento slovena e italiana che una volta arrivato il pullman ha intonato alcuni canti tra cui i versi della nota canzone dylaniana Blowind in the wind. Dopo il discorso del presidente circoscrizionale Marco Milkovic che ha ricordato come «in queste terre in cui s'incontrano cultura latina e slava vige una pacifica convivenza frutto di un sofferto passato», una cinquantina di marciatori (tra i quali anche alcuni studenti del Collegio del Mondo Unito) sono partiti alla volta della città.
TRIESTE. All'ex Narodni Dom, sede della Scuola traduttori e interpreti dell'Università degli Studi di Trieste, si è celebrata il momento più istituzionale della tappa giuliana della Marcia mondiale della pace. Dopo aver ascoltato il coro interreligioso diretto dal maestro Nossal, una carta d'intenti -frutto delle diverse Tavole interconfinarie svoltesi in questi mesi tra Italia, Slovenia e Croazia- è stata sottoscritta per la parte italiana, in nome di tutti i comuni di Trieste e della Provincia di Gorizia, da Maria Teresa Bassa Poropat e Roberto Dipiazza, per tutti i comuni dell'Istria croata è Doriano Labinjan (sindaco di Verteneglio) ed infine per la parte slovena da Ester Mihalic (Cosina) e Maria Pia Casagrande (Capodistria). Al termine della riunione tutti si sono riversati in piazza Unità con l'obiettivo di realizzare un enorme simbolo della pace. All'appello - secondo le stime degli organizzatori - hanno risposto in circa cinquemila persone, un numero considerato decisamente “positivo”. Oggi la Marcia mondiale della pace e della nonviolenza farà tappa a Vicenza e proseguirà ininterrottamente sino al 2 gennaio quando arriverà ai piedi del monte Aconcagua in Argentina.
Riccardo Tosques
 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - Il prezzo del gas  -ENERGIA
 

Ho letto l’articolo di Ivana Gherbaz su quello che ha detto il signor Pedicchio sul rigassificatore di Zaule e cioè che il costo del gas nel nostro paese è del 40% superiore a quello della Francia e che il governo italiano ha un grande dovere: quello di far scendere i costi...
Allora io mi domando: per far scendere i costi del gas bisogna mettere una bomba in mezzo alle case? Il signor Pedicchio non si è mai chiesto qual è la causa di questo divario? Non certo dei meriti dei rigassificatori, bensì del governo francese che mette meno tasse sul gas. Abbiamo visto in questi giorni cos’è successo con la benzina. La Slovenia l’ha diminuita, nella maggior parte degli altri stati europei pure, come mai da noi è aumentata nonostante il calo del petrolio? Non mi dica che con quei soldi avremo più servizi perché tagliano tutto: sanità, scuola, trasporti, cultura, tutte le cose più importanti, allora dove vanno a finire questi soldi? Se lo so io come semplice cittadina, non mi dica il signor Pedicchio che non sa che l’Autorità per il gas e l’energia elettrica ha emanato il decreto 178/05 Art. 13 comma II nel quale si dice che, chi del settore vuole costruire un impianto di rigassificazione di GNL, per ovviare ai pericoli del mancato approvigionamento del gas, ha stabilito che il proponente (in questo caso Gas Natural) nel caso in cui non riuscisse a sfruttare la totale potenzialità annua dell’impianto, lo Stato italiano interverrebbe ricompensando le perdite con l’80% (ora ridimensionato al 71,5%) dell’utile non maturato, addebitandolo sulle bollette dei consumatori. Dunque se un giorno dovesse esserci meno gas per tutti, Gas Natural avrebbe delle perdite che noi cittadini saremmo costretti a pagare, altro che bollette meno care! È ora che la gente capisca che i politici pur di avere un guadagno subito, se ne fregano di quanto potrebbe succedere più tardi, tanto saremo sempre e soltanto noi cittadini a pagare!
E un breve appunto al signor Luciano Emili sul suo scritto del 31 ottobre. Se malauguratamente il progetto di questo odiato rigassificatore dovesse andare in porto e ci fosse un giorno un disastro (per guasto, attentato o altro), stia pur certo che chi perderebbe case e affetti non porrebbe certo il problema di sapere se il disastro è avvenuto per irraggiamento da tank fire, pool fire, jet fire e fireball, tanto più che in tutti i disastri i colpevoli, anche se accertati, non sono mai andati in galera. La conclusione è che bisogna pensarci prima!
Graziella Albertini
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 7 novembre 2009

 

 

Tre tracciati per un treno Gorizia-Lubiana Pronto lo studio finanziato dal ministero
 

le tre ipotesi

TRIESTE Sviluppo dell’area transfrontaliera orientale e completamento di quel percorso di potenziamento infrastrutturale già ben avviato sul fronte autostradale, in virtù della confermata trasformazione del raccordo Villesse-Gorizia e del completamento del tratto Gorizia-Radzrto. Con questi obiettivi, ecco spuntare la novità dell’ipotesi di creazione di un asse ferroviario che colleghi Villesse e Gorizia a Lubiana, la capitale della Slovenia. E che non interessa direttamente il Corridoio 5, né il discorso Alta velocità.
A VENEZIA Nessuna boutade, ma dati, analisi e approfondimenti, tutti condensati in uno Studio di prefattibilità voluto dalla Provincia di Gorizia e finanziato dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti. I contenuti del lavoro, servitosi anche delle consulenze dell’Ai Engineering e dell’Ai Studio architettura, ingegneria, urbanistica di Torino oltre che di quella della Facoltà di ingegneria civile dell’Università di Lubiana, verranno presentati questa mattina alle 9.30 a Venezia, nell’ambito di UrbanPromo 2009.
VARIANTE 1 All’interno dello studio, che non va quindi a concentrarsi sul settore dell’Alta velocità quanto invece sulle possibilità di ammodernamento della rete ferroviaria esistente, sono contenute tre diverse opzioni per la realizzazione del collegamento. La prima, la variante 1, è quella cosiddetta “asse lungo l’autostrada” per una lunghezza totale della linea di 116 chilometri. Prevederebbe fra le altre cose la creazione di un nuovo nodo Šempeter pri Gorici per 500 metri al fine di garantire la continuità con la rete esistente, che attraversa la parte pianeggiante della Valle del Vipacco. Oltre a ciò, andrebbero creati attraversamenti in viadotto o galleria, anche per colmare la differenza di altitudine in certi casi (dalla stessa area del Vipacco a Postumia il dislivello è di 350 metri, ad esempio). Per progettare questa variante ci vorrebbero 5 anni, per costruirla 20. Il costo economico dell’investimento totale, stando al lavoro degli esperti, sarebbe superiore a un miliardo e 688 milioni di euro.
VARIANTE 2 Decisamente più breve, pari a 80 chilometri, sarebbe invece il percorso previsto dalla variante 2, “via Aidussina”. La cui caratteristica chiave è quella di seguire la rotta aerea più corta lungo la linea da Sant’Andrea a Lubiana: cosa che potrebbe avvenire - secondo lo studio - grazie ad una galleria di 29 chilometri in grado di congiungere la Valle del Vipacco e la Brughiera di Lubiana. Sono questioni di carattere geologico, e i conseguenti interventi necessari, a rendere la relativa ipotesi di investimento particolarmente costosa: un miliardo, 827 milioni e 925mila euro. Inoltre, rispetto alla soluzione numero 1, gli anni necessari per completarla salirebbero a 25.
VARIANTE 3 Infine, la variante 3, “via Divaccia”, che sposerebbe la logica di ripercorrere il tracciato esistente, da riqualificare e adeguare con la realizzazione di 5 chilometri di nuove gallerie e la correzione di alcune caratteristiche geometriche delle strutture, in modo da permettere il raggiungimento di una velocità pari ai 100 chilometri all’ora. La variante 3, alla fine, risulterebbe la più lunga con i suoi 135 chilometri totali, ma anche la più economica (501 milioni e 866mila euro di investimento) e quella completabile in un periodo di tempo maggiormente ristretto: tre anni di progettazione più 12 per la costruzione.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Gherghetta: «L’ipotesi via Divaccia è economica e facile da realizzare» - IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA ISONTINA
 

TRIESTE «È uno studio che nasce da un indirizzo dato dal sottoscritto nel giugno del 2006 alla giunta provinciale con una delibera: l’obiettivo era quello di verificare la possibilità di mettere a punto una strada ferroviaria fra Gorizia e Lubiana». Il presidente della Provincia goriziana, Enrico Gherghetta, riepiloga così il percorso da cui ha avuto origine il lavoro sull’ipotesi del nuovo asse ferroviario italo-sloveno. «Politicamente, la mia, nostra innovazione è la nuova centralità geografica di cui gode il territorio di Gorizia - prosegue Gherghetta - e che nessun altro ha. Contiamo sull’area retroportuale più a nord del Mediterraneo, sull’unico valico di pianura delle Alpi e abbiamo le prime pianure che si incontrano arrivando da Est. Chiaramente, ci siamo posti il problema di sfruttare questi vantaggi». Nel dettaglio, il fine individuato era stato quello di riuscire a far fermare merci e passeggeri «sul territorio, negli spazi del retrobanchina del sistema portuale che va da Capodistria a Porto Nogaro. C’è una considerazione però: manca la ferrovia».
Delle tre varianti, Gherghetta scommette su una in particolare, senza comunque scartarne a priori nessuna: «Dico sì al Corridoio 5, prendo atto che prima o poi verrà realizzato, ma possiamo ugualmente utilizzare le ferrovie esistenti. La soluzione via Divaccia costerebbe poco più di 500 milioni di euro, risultando particolarmente economica e realizzabile in tempi ragionevoli. La Slovenia ha già mostrato interesse a intervenire su questo tratto. L’idea è forte perché concreta, immediata, fattibile». E il futuro, dunque? «Ci sono alcune possibilità - conclude Gherghetta -: pare che lo Stato ci voglia dare un ulteriore contributo da 260mila euro per andare avanti con gli studi. Forse si potrà già parlare di progetto preliminare. Ne discuteremo ancora con l’assessore regionale Riccardo Riccardi. È il primo progetto di questa portata in Italia».

(m.u.)
 

 

IPOTESI ALLO STUDIO - Sicurezza sui treni, Fvg «laboratorio»
 

TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia «laboratorio pilota» per i controlli di sicurezza sulle reti e sui mezzi ferroviari. È questa l’ipotesi che l’assessore regionale alla Viabilità Riccardo Riccardi e il direttore nazionale dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie Alberto Chiovelli hanno valutato ieri a Udine, sottolineando come il Friuli Venezia Giulia abbia le caratteristiche utili a rappresentare un’«area-test» per le nuove procedure e nuove metodologie di controlli, in particolare sul parco circolante. Chiovelli ha inoltre aggiunto che il Friuli Venezia Giulia, in base alle tipologie dei mezzi circolanti «su ferro», non presenta alcun problema di sicurezza, nè sulle reti nè sui vagoni.
 

 

Fogar da 11 giorni senza cure vitali: «Non mollo finché non ci ascoltano»
 

Prosegue la protesta sul caso Ferriera e per il taglio dei fondi regionali al Circolo Miani: «Non mi resta molto»
Privo ormai da undici giorni di cure mediche vitali, l’ex presidente del circolo Miani Maurizio Fogar ha indetto ieri una conferenza per marcare nuovamente le ragioni della sua protesta estrema. Davanti ad un pubblico di una trentina di persone, il fondatore del circolo ha confermato la sua intenzione di proseguire nella sospensione dei farmaci: «Credo di avere autonomia ancora per una decina di giorni - afferma Fogar - ma non mi fermerò fino a quando le autorità non daranno ascolto alle nostre richieste». Delle istanze che lo hanno spinto a rinunciare alle cure Fogar attende ancora responso: «Come prima cosa chiediamo che la Regione - spiega Fogar - fissi finalmente una data per la riconvocazione della conferenza dei servizi per riesaminare il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale alla Ferriera di Servola». «La sua riconvocazione non è questione lasciata all’arbitrio - insiste Fogar - ma dettata dalla legge». Il secondo punto critico, l’esclusione del circolo Miani dai finanziamenti pubblici, è per Fogar un argomento amaro: «In trenta anni di attività il circolo si è contraddistinto come una delle più importanti realtà culturali della Regione - dice Fogar -: stiamo pagando le antipatie del centrosinistra, che ci accusa di aver contribuito alle sue molte sconfitte elettorali. Antipatie che si sono dimostrate ingiustificate, visto che il centrodestra non ha poi cambiato la loro decisione». Il problema, secondo Fogar, è l’attività di controinformazione che il circolo svolge sul tema Ferriera: «Siamo una voce che va eliminata - dice - perché senza di noi i politici potranno tornare a guadagnare voti promettendo la chiusura dell’impianto senza che qualcuno vada poi a chiedergliene conto».
Nuovamente Fogar si scaglia contro il piano del sindaco Roberto Dipiazza per la chiusura della Ferriera: «Il sindaco intende ricollocare gli oltre settecento lavoratori di Ferriera e Sertubi - dichiara - tramite il cordificio, la centrale termica e il rigassificatore: impianti che in tutto possono fornire circa un centinaio di posti». «L’informazione è un nodo centrale - chiude Fogar -: i media devono portare allo scoperto l’agire poco limpido della classe politica regionale. E non solo sulla Ferriera. Un esempio? L’assegnazione a ditte colluse con la criminalità organizzata di affari milionari come quello della Pedemontana».
Giovanni Tomasin
 

 

Latte crudo, c’è il distributore - PRIMO PUNTO VENDITA AUTOMATICO AL MERCATO COPERTO
 

I distributori automatici di latte crudo sul territorio italiano sono a oggi millecento: da lunedì il primo distributore triestino entrerà in funzione al mercato coperto di via Carducci. «È un sistema innovativo – spiega l’assessore Paolo Rovis presentando l’iniziativa – che consente di recuperare un aspetto della tradizione che oggi si rivela utile dal punto di vista ambientale: il riutilizzo delle bottiglie». Il punto vendita nel mercato coperto rientra nel progetto “Latteplus” dell’azienda Vegazone di Ronchi dei Legionari, il cui obiettivo è lavorare nella distribuzione di progetti di tipo caseario nell’ottica della “filiera corta”: «Portiamo il latte dal produttore al consumatore – dice Marco Mansutti di Vegazone – evitando inutili, costose e macchinose intermediazioni». Il latte distribuito proviene infatti dall’azienda agricola Tercon di Ceroglie. Il latte crudo viene munto, filtrato e refrigerato senza trattamenti aggiuntivi: «Per legge il latte andrebbe bollito prima di essere consumato» - precisa Mansutti.
Il progetto prevede l’installazione di altri cinque distributori sul territorio di Trieste, le cui posizioni sono già state individuate: «Sicuramente due andranno a San Giacomo e Roiano – afferma il responsabile di Vegazone -, in modo da coprire un ampio gruppo di consumatori».
Ma il latte non è l’unica novità a comparire nel mercato coperto: ha aperto ieri il banco del pesce della Cooperativa pescatori. «Questo nuovo punto vendita sarà un fiore all’occhiello – dichiara Guido Doz, responsabile regionale dell’Acgi Agrital -: a differenza degli altri cinque smerci dei pescatori venderà solamente pesce di primissima qualità, selezionato appositamente». In questo modo, affermano i pescatori al fine di evitare potenziali polemiche, il banco non entrerà in competizione con le vicine pescherie. La scelta offerta dal banco includerà prodotti ittici di nicchia, primizie di stagione, pesce biologico di valle e molluschi freschi.
«Il mercato coperto ha ancora una trentina di posti disponibili – commenta Rovis – pronti ad accogliere nuove iniziative commerciali, per un affitto mensile di soltanto 700 euro annui».
Giovanni Tomasin
 

 

Sequestrato Tir con 20 tonnellate di pellets - Verificata una quantità di cesio 137 duecento volte superiore al massimo consentito
 

FERMATO AL VALICO DI FERNETTI - La merce proveniva dalla Bielorussia Inchiesta al pm Montrone
Un Tir che trasportava 20 tonnellate di pellets contenenti l’isotopo radioattivo cesio 137 in quantità 200 volte superiore al massimo consentito, è stato bloccato l’altra sera nell’area doganale del valico di Fernetti. Il materiale - come hanno accertato i funzionari della Dogana e i carabinieri del Noe - proveniva dalla Bielorussia ed era destinato a un’azienda del Nord Italia. Il camion era arrivato in Italia dopo aver attraversato l’Ungheria e la Slovenia.
La merce e il camion sono stati sequestrati su ordine del pm Pietro Montrone che ha aperto un fascicolo. Il Tir è stato individuato dopo un normale controllo dei documenti: sono scattate le verifiche tecniche da parte dei carabinieri del Noe e il mezzo è stato bloccato e sistemato in un’area lontana dall’ingresso. Dai primi accertamenti sul campione è stata rilevata la presenza di cesio 137 in quantità rilevante. La sostanza radioattiva trovata è quella prodotta dalla detonazione di armi nucleari e dai reattori delle centrali. Tuttavia la radioattività si manifesta solo quando il combustibile viene bruciato in una stufa. Nessun problema invece se il materiale rimane inutilizzato.
Nello scorso mese di luglio era stato bloccato, sempre a Fernetti, un Tir proveniente dall’Ucraina con 24 tonnellate di pellets radioattivi. Il sequestro dell’altra sera fa seguito alle analisi effettuate dai vigili del fuoco e dall’Arpa sulle confezioni di pellets vendute a Trieste durante la scorsa estate dopo l’allarme lanciato dalla procura di Aosta.
Il materiale è stato accertato non presenta contaminazioni pericolose per gli acquirenti. Le analisi era state effettuate per far rientrare l’allarme scattato dopo il sequestro ad Aosta di una partita rivelatasi radioattiva. Secondo i test tutto il materiale raccolto nei punti vendita in città era risultato conforme alla legge, con un contenuto di cesio pari a quello presente di norma in questa tipologia di combustibile. Anche la più alta concentrazione di cesio misurata nei campioni triestini, avevano accertato le analisi, rientrava al di sotto della soglia massima fissata per legge, ed è tra l’altro inferiore di ben dieci volte rispetto a quella analizzata nei campioni di pellets del tipo ”Pellet Naturkraft 6mm P.Q” sequestrati in Val d’Aosta. Nell’area triestina, d’altra parte, non è stato trovato il ”Pellet Naturkraft 6mm”, ma altre tipologie di prodotto riconducibili alla stessa azienda produttrice.

(c.b.)
 

 

Arriva la Marcia per la pace Il clou alle 15 in piazza Unità
 

I primi che hanno messo firma e faccia sono Pino Roveredo, Margherita Hack, Boris Pahor, Paolo Salucci, Susanna Tamaro e Paolo Rumiz, Ma non sono gli unici. E il Comitato pace convivenza e solidarietà ”Danilo Dolci” ne aspetta altri oggi, in concomitanza con la sosta a Trieste della Marcia mondiale per la pace e la non violenza. Si tratta degli intellettuali e degli scienziati della città, ai quali il Comitato ha rivolto in questi giorni un appello per l’adesione tramite l’e-mail comitatodanilodolci@libero.it. Un appello nel nome della Pace, per la quale è come detto il grande giorno a Trieste. La tappa nostrana della Marcia mondiale, proveniente dai Balcani e diretta a Ginevra, patrocinata da Provincia, Comune e Università - oltre che dal Commissario europeo per l’Allargamento dell’Unione Ollin Rehn - avrà come prologo Sesana, dove il serpentone giungerà alle 9. Da lì si metterà in movimento una mini-marcia aperta a tutti, da Fernetti a Opicina. In piazzale Monte Re gli alunni della scuola di Opicina proporranno canti e poesie. Alle 10 la Run for peace, staffetta verso piazza Oberdan con tappa in piazzale Europa, dove sarà innalzata la bandiera della pace. Alle 11.30, alla Scuola interpreti di via Filzi, il benvenuto ufficiale della presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat e del sindaco Roberto Dipiazza, nonché la presentazione della Tavola della pace interconfinaria e l’assegnazione del premio Dolci. Alle 15, in piazza Unità, come annunciato, si cercherà di realizzare il più grande simbolo della pace umano d’Europa: l’obiettivo è radunare almeno 10 mila persone. Alle 17 al Cavò di via San Rocco 1 verrà inaugurata la mostra degli elaborati del concorso «Ci siamo innamorati della parola Pace: la nonviolenza è in cammino». Alle 18, nella sala parrocchiale di via del Collegio 6, i cori per la pace. Nella vicina sala conferenze “Jak Bank”, un incontro curato dal Gruppo Beppe Grillo con il giornalista Giorgio Simonetti e la Banca Etica Trieste. Infine alle 20.30 al Miela il concerto del chitarrista Stefano Barone.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 6 novembre 2009

 

 

La Marcia della pace fa tappa in città- Manifestazione partita dalla Nuova Zelanda - Gli organizzatori puntano a radunare domani 10mila persone in piazza Unità
 

È partita dalla Nuova Zelanda il 2 ottobre, giorno commemorativo della nascita del Mahatma Gandhi. È giunta in Europa percorrendo Turchia e regioni balcaniche. Domani la Marcia mondiale per la pace e la nonviolenza, ideata dall'associazione internazionale umanista Mondo Senza Guerre, farà tappa a Trieste. Tanti i sostenitori dell’evento che percorrerà i cinque continenti: dai Nobel Jimmy Carter e Rigoberta Manchù al linguista Noam Chomsky, all'astrofisica Margherita Hack, al giornalista Paolo Rumiz, ma anche a personaggi come Pedro Almodovar e Jury Chechi. Elenco che il Comitato "Danilo Dolci" invita ad allungare lanciando un appello a «intellettuali e scienziati triestini» (adesioni a comitatodanilodolci@libero.it).
Il serpentone pacifista giungerà domani alle 9 a Sesana, accolto dal locale sindaco Davorin Tercon. Contemporaneamente partirà una mini-marcia aperta a tutti, da Fernetti a Opicina. In piazzale Monte Re gli alunni della scuola di Opicina proporranno canti e poesie. Alle 10 la Run for peace, staffetta che da Opicina porterà a piazza Oberdan con tappa in piazzale Europa, dove sarà innalzata la bandiera della pace. Alle 11.30, alla Scuola interpreti di via Filzi 14 il benvenuto ufficiale alla Marcia con il saluto del presidente della Provincia Bassa Poropat e del sindaco Dipiazza, nonché la presentazione della Tavola della Pace interconfinaria e l'assegnazione del premio Dolci.
Alle 15, in piazza Unità,si cercherà di realizzare un immenso simbolo della Pace umano: l'obiettivo degli organizzatori è di radunare almeno 10 mila persone per creare il simbolo pacifista più grande d'Europa. Alle 17 al Cavò di via San Rocco 1 verrà inaugurata la mostra degli elaborati del concorso «Ci siamo innamorati della parola Pace: la nonviolenza è in cammino». Alle 18, nella sala parrocchiale di via del Collegio 6, i cori per la pace: il coro Scout di Trieste, il Vesela Pomladabjan, il coro del Collegio del Mondo Unito e il gruppo Soul Diesis. Nella vicina sala conferenze alle 18 “Jak Bank”, un incontro curato dal Gruppo Beppe Grillo con il giornalista Giorgio Simonetti e la Banca Etica Trieste per discutere di «modelli alternativi per una finanza sostenibile e un'economia realmente al servizio dei più deboli». Infine alle 20.30 al Miela con il concerto del chitarrista Stefano Barone.
Domani, intanto verrà sottoscritto dalla Provincia, dai Comune di Capodistria(Slovenia) e Verteneglio (Croazia) un documento d'intenti per instaurare un rapporto di collaborazione permanente con l'ottica di rafforzare i rapporti interconfinari tra Italia, Slovenia e Croazia. È questo il risultato emerso dalla riunione svoltasi a Buie (Croazia) durante la Terza tavola della Pace interconfinaria, cui hanno presenziato per il territorio triestino i Comuni di San Dorligo, Muggia e Sgonico.
 

 

La balenottera non se ne vuole andare - Avvistata nel vallone di Muggia e davanti al canale navigabile. Coppia di delfini vicino alla Diga vecchia
 

SCORTATO DA UNA MOTOVEDETTA DELLA CAPITANERIA, IL CETACEO NON SI È LASCIATO AVVICINARE
Due giorni fa la balenottera comune, giunta nelle acque del golfo, aveva ”ispezionato” a lungo il braccio di mare antistante il Porto vecchio. Ieri invece di buon mattino il cetaceo è entrato nuotando in superficie nel vallone di Muggia, si è soffermato a un centinaio di metri dal pontile dell’oleodotto transalpino, si è affacciato brevemente al canale industriale di Zaule ed è passato davanti alla banchina ”rinfuse” della Ferriera di Servola. Lì, immerso nel fango, giace dal 9 dicembre 1917 lo scafo della corazzata Wien, affondata dai siluri lanciati dal mas di Luigi Rizzo.
La balenottera, lunga una dozzina di metri, è stata scortata da una motovedetta della Capitaneria di Porto. Per due o tre volte lo scafo a motore ha cercato di avvicinarsi alla balenottera, ma il grande mammifero non ha dato confidenza e ha ristabilito subito le distanze, immergendosi e sparendo alla vista dei marinai. Lì, nel canale delle petroliere, la profondità raggiunge i 25-26 metri. In questi giorni l’acqua è opaca e come hanno raccontato i sub dei vigili del fuoco «non si vede a un metro di distanza». Il cetaceo, col suo sofisticato sistema di ecolocalizzazione a onde sonore, non ha avuto problemi a orientarsi.
Alla stessa ora, poco al largo di Barcola e poi della Diga vecchia, sono stati visti nuotare in superficie due delfini o meglio due Tursiopi: uno grosso, l’altro di minori dimensioni, tant’è che Maurizio Spoto, direttore della Riserva che il Wwf gestisce a Miramare, ritiene probabile che si possa trattare di mamma e figlio. «Ho visto i due delfini dalla finestra della nostra caserma» ha raccontato il colonnello Davide Capano, comandante del reparto operativo aeronavale della Guardia di Finanza che ha sede in Sacchetta: «La coppia era a pochi metri dal fanale rosso della Diga vecchia. Un nostro equipaggio a bordo di un gommone ha seguito i due mammiferi per una mezz’ora tenendosi a debita distanza».
Un altro delfino della stessa specie ieri mattina tra le 6.30 e le 7 è stato portato in salvo da tre persone che si allenavano correndo sull’arenile di Grado. L’animale, un metro e mezzo di lunghezza e dal peso stimato di una ottantina di chili, è stato a fatica riportato in acque più profonde dove ha ripreso a nuotare normalmente. Mistero sui motivi dello spiaggiamento.
Va aggiunto che la presenza di svariati esemplari di Tursiope nell’Alto Adriatico è ormai stabilizzata. Una popolazione di un centinaio di esemplari ha scelto di insediarsi nel Quarnero, in un’area delimitata dalle isole di Cherso e Lussino e dagli isolotti di Cutin, Trstenik, Oruda.
Per censire tutti i cetacei presenti nel Mediterraneo, da più di vent’anni è attivo l’Istituto Thetys che attraverso le immagini fotografiche realizzate in anni e anni di campagne è riuscito a identificare 1300 tra balenottere comuni, capodogli, zifi, globicefali, grampi, tursiopi e delfini comuni. Le loro ”impronte digitali” sono rappresentate dai segni particolari presenti sulle pinne e sulle code. Ecco perché è tanto importante realizzare immagini ben leggibili degli esemplari presenti in golfo. Va aggiunto che in Adriatico è stata finora storicamente censita la presenza di sole 26 balene.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

Capodistria, il Consiglio boccia il Piano regolatore del porto - Contrarietà al terzo molo e alla non esclusione di un rigassificatore
 

Popovic: «L’ente di gestione può modernizzare i due attracchi già esistenti»
CAPODISTRIA Il Consiglio comunale di Capodistria ha bocciato ieri quasi all'unanimità, con un solo voto contrario, il nuovo Piano regolatore del porto. Più precisamente i consiglieri hanno votato una mozione con la quale chiedono al Ministero dell'ambiente sloveno di ritirare il documento e di procedere alla sua armonizzazione con le autorità locali prima di ripresentarlo per l'approvazione definitiva.
I piani di ampliamento dell'area portuale, gestita dalla società "Luka Koper", e in particolare la costruzione del nuovo molo, lungo un chilometro, dovranno pertanto aspettare ancora un po'. Questo alt imposto dal Consiglio comunale non dovrebbe però incidere più di tanto sullo sviluppo del porto di Capodistria, visto che gli interventi previsti dal Piano regolatore non erano comunque di realizzazione immediata ma sono da portare avanti nei prossimi 10-20 anni. È stato proprio il "terzo molo", quello nuovo, da un chilometro, il punto più contestato del Piano regolatore. «Il Ministero dell'ambiente ha ignorato quasi tutte le osservazioni avanzate da Capodistria» si è lamentato il sindaco Boris Popovic, che ha definito il Piano «un documento imposto».
Il terzo molo nell'area di Ancarano potrebbe essere accettabile solo se fosse messo in funzione dello sviluppo turistico dell'area. «La "Luka Koper" - si è detto convinto Popovic - non ha bisogno di un terzo molo, né ora né in futuro, visto che il prolungamento e la modernizzazione dei due già esistenti sono più che sufficiente per aumentare, e anche di molto, la manipolazione dei container». Rivolgendosi ai consiglieri, il sindaco ha sottolineato altri due punti del Piano che secondo lui non possono andare bene: uno è la prevista costruzione di un deposito coperto per merci alla rinfusa, alto oltre 40 metri, l'altro è la mancanza di un esplicito ”no” alla possibilità di costruire anche un rigassificatore nell'area portuale. L'opposizione, in particolare il consigliere socialdemocratico Luka Juri, hanno accusato il sindaco di avere cambiato idea sullo sviluppo del Porto e di avere voluto convocare la seduta stroardinaria del Consiglio ad Ancarano esclusivamente in funzione della campagna in vista del referendum di domenica prossima, quando gli abitanti di Ancarano saranno chiamati a decidere se restare all'interno del Comune di Capodistria o costituirsi muinicipalità a parte. Il promotore del referendum per la separazione di Ancarano, Gregor Strmcnik, è stato molto chiaro su questo punto: le stesse persone del comune di Capodistria che hanno collaborato alla stesura del Piano regolatore ora stanno criticando il documento. Contro il Piano regolatore si è schierata anche la Comunità autogestita della nazionalità italiana di Capodistria.
 

 

Ogm, pressing sul ministro Zaia - INTERROGAZIONE PARLAMENTARE
 

TRIESTE Pressing sul ministro all’Agricoltura Luca Zaia affinché firmi il decreto legislativo per la sperimentazione di ogm congelato da 12 mesi. A Montecitorio il deputato del Pdl Benedetto Della Vedova presenta un’interrogazione parlamentare, in cui chiede a Zaia di spiegare la mancata approvazione dei protocolli tecnici per la sperimentazione in campo aperto di organismi geneticamente modificati, che di fatto «bloccano la ricerca italiana di settore». A dar man forte al deputato del Pdl c’è Futuragra, l’associazione di agricoltori del Friuli Venezia Giulia e del Veneto che si batte per l’introduzione delle biotecnologie nei campi: «Noi agricoltori chiediamo di poter vivere del nostro lavoro, non di finanziamenti pubblici. Per fare questo, però, abbiamo bisogno degli ogm» afferma il vicepresidente Silvano Dalla Libera. E ricorda la battaglia in atto da anni «per far valere il diritto, garantito dalla Commissione europea, di coltivare varietà agricole legalmente autorizzate», perché «senza ogm siamo costretti a usare molta chimica, dannosa sia per l’ambiente che per la nostra salute».
 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 novembre 2009

 

 

Carrefour sbarca all’ex Maddalena - Ma sul piano di recupero la Regione frena: serve l’ok sull’impatto ambientale
 

PREVISTI ANCHE CENTO APPARTAMENTI, 1100 POSTI AUTO E UNA NUOVA STRADA: CINQUE ANNI DI LAVORI
L’area di 23 mila metri quadri è costata poco oltre 11 milioni alla GeneralGiulia 2 che l’ha rilevata dall’Ass sulla base di un accordo di programma sottoscritto anche da Comune e Regione
L’ultima volta che se n’è parlato, nelle pubbliche sedi, risale a otto mesi fa, quando un Consiglio comunale straordinario a maggioranza inedita - favorevoli Alleanza nazionale, Udc, Lista Dipiazza, Partito democratico, Cittadini e Rifondazione comunista, astenute Forza Italia e Lega, contrari i Verdi - ratificò in extremis l’accordo di programma tra Regione, Municipio, Ater e Azienda sanitaria per ricavare in quel megaquadrilatero 53 alloggi di edilizia popolare lato via Molino a vento.
Da allora, sull’operazione immobiliare nell’area dell’ex Maddalena - dove oggi persiste la desolante ”spianata” senz’alberi sul lato di via dell’Istria - è calato di nuovo il silenzio. E il silenzio è destinato a durare ancora, con ogni probabilità per un buon pezzo di 2010. Fino al momento in cui la GeneralGiulia 2 Srl - la cordata tra Riccesi, Cividin, Carena e Palazzo Ralli, titolari di quote paritarie al 25 per cento, che nel 2002 aveva acquisito dall’Ass i 23mila metri quadrati del comprensorio a più di 11 milioni di euro in base a un accordo di programma dell’anno precedente tra Comune, amministrazione regionale e Azienda sanitaria stessa - saprà se avrà ottenuto il via libera definitivo all’intervento di riqualificazione.
L’INTERVENTO Un intervento che però, frattanto, sulla carta sta prendendo forma. Per la piastra commerciale da cinquemila metri quadrati sarebbe interessato a sbarcare a Trieste il colosso transalpino Carrefour, altri diecimila (e non più duemila) verrebbero riservati a verde di quartiere. Una strada taglierebbe longitudinalmente il quadrilatero da via Costalunga a via Marenzi e sarebbero quindi realizzati 1100 posti auto su tre livelli sotterranei, in parte per il centro commerciale in parte a rotazione (da cedere al Comune come oneri di urbanizzazione).
I complessi edilizi alti fino a sei piani, infine, si tradurrebbbero in cento appartamenti lato via dell’Istria e duecento lato monte, di cui 53 Ater (pari a un primo lotto da consegnare nell’autunno 2011) e un numero al momento non quantificato di alloggi di edilizia convenzionata agevolata.
I TEMPI Siamo ancora nel mondo delle idee, tuttavia, perché quel via libera decisivo, a oggi, risulta sempre incastrato nei circuiti burocratici Regione-Municipio. E c’è un fresco ”invito”, vincolante, a ripresentare incartamenti più approfonditi. Una grana ma al tempo stesso un’occasione, per i proponenti privati, per depositare in Regione previo transito in Comune l’ultima versione del progetto, modellata proprio in base ai contatti con Carrefour, con tanto di allegato relativo a un nuovo studio sull’impatto delle nuove urbanizzazioni, in particolare sulla tenuta del traffico in zona.
Ma ci vorrà tempo, presumibilmente dai due ai dieci mesi a partire da questo novembre, per chiudere la pratica e dare il via, in caso di nulla osta, ai lavori. Lavori che a loro volta necessiteranno di tempo: circa cinque anni.
LA FRENATA La data che riapre una partita di fatto mai chiusa è quella dell’8 settembre scorso: quel giorno la direzione centrale Ambiente e lavori pubblici del Friuli Venezia Giulia ha firmato un decreto elaborato dal servizio Via - Valutazione impatto ambientale - chiamato ad accertare con uno ”screening” preliminare se la riconversione dell’ex Maddalena dovesse passare o meno, prima del rilascio della relativa concessione edilizia comunale, attraverso la procedura ordinaria di Via. Nel decreto gli uffici regionali rilevano, nello specifico, che «la necessità di un’analisi più approfondita, garantibile unicamente da un procedimento di Via, è peraltro evidente anche dalla natura del progetto in esame che consta di fatto nella realizzazione di un centro commerciale in un’area urbanizzata già oggi caratterizzata da rilevanti flussi di traffico».
Morale: «il progetto riguardante la riconversione dell’area ex Maddalena in Comune di Trieste, presentato dalla Generalgiulia 2, è da assoggettare alla procedura di Via».
PIERO RAUBER

 

 

RICCESI: I DOCUMENTI PARLAVANO CHIARO, SU QUELLI CI SIAMO MOSSI «Abbiamo tutto il diritto di costruire»

 

«Curioso se cambiassero le carte in tavola: sarebbe come vendere patacche»
Le novità introdotte nell’ultima versione del piano di riqualificazione dell’ex Maddalena che sarà ripresentato a breve potrebbero accelerare l’iter, si augurano i proponenti stessi. I quali costruttori, tuttavia, non nascondono una certa ansia. Un certo fastidio. «Noi - spiega in merito Donato Riccesi - abbiamo acquistato un’area soggetta a un accordo di programma fra Ass, Regione e Comune, in cui erano state stabilite le caratteristiche di urbanizzazione e quelle infrastrutturali. Di conseguenza è stato sviluppato un piano particolareggiato proposto dall’Ass e approvato dal Consiglio comunale, che è vigente. E su quello ci siamo mossi. Abbiamo il diritto di realizzare l’opera. Contiamo di riprendere le opere di urbanizzazione a inizio 2010. Sarebbe curioso che cambiassero le carte in tavola, vorrebbe dire che la pubblica amministrazione vende patacche. Certo si può condividere o meno quell’intervento, ma non scherzare con i soldi dei privati disposti a riqualificare un pezzo di territorio cittadino nel rispetto delle indicazioni degli enti stessi. Nel caso siamo pronti pure a restituire il bene, e poi se lo vogliono lì ci facciano anche una foresta subtropicale».
«Non si comprende - scriveva tempo fa il Wwf in una nota auspicando al contrario una Via ben approfondita - perché la procedura di ”verifica” sia posteriore alla distruzione del preesistente comprensorio ospedaliero e delle alberature secolari. La verifica si sarebbe dovuta fare prima dell’approvazione dell’accordo di programma nel marzo 2001 o almeno prima del successivo piano particolareggiato nel febbraio 2006 cioè prima dell’approvazione degli atti con valenza urbanistica che hanno determinato il destino dell’ex ospedale».
«Con le ultime modifiche si ricaveranno ben 10mila metri quadrati di verde, di parco alberato», ribatte Roberto Dipiazza, che ha il super-assessorato Urbanistica-Lavori pubblici. Il sindaco lascia intendere come ora, a suo avviso, si sia raggiunto un equilibrio tra cemento, ambiente, interessi privati e pubblici. E conclude rispolverando una vecchia polemica: «Quello dell’ex Maddalena è uno degli ultimi regali alle cubature di chi è venuto prima di me».
 

 

Raddoppio di Barcola, tutti d’accordo - Ampliamento della linea di costa: la mozione di Giorgi (Fi-Pdl) trova consensi
 

Il nuovo piano regolatore di Trieste ha offerto fin dalla sua nascita abbondante materiale di dibattito. L’ultima occasione viene dalla mozione presentata il mese scorso dal consigliere comunale di Forza Italia-Pdl Lorenzo Giorgi e discussa ieri dalla Commissione consiliare urbanistica nel corso di un’animata riunione. Il tema è l’ampliamento del lungomare di Barcola: «La nuova variante al piano regolatore prevede un allargamento della linea di costa – spiega Giorgi – e se la mia mozione verrà approvata dal Consiglio comunale, darà finalmente il via all’iter progettuale di un intervento tanto importante per la città e per il suo futuro turistico».
Un’idea, l’ampliamento del lungomare, che torna ciclicamente alla ribalta dal lontano 1998, quando il Collegio costruttori presentò alla Capitaneria di porto un progetto per il pareggiamento della linea di costa con la pineta di Barcola. Ma questa volta, assicura il presidente della commissione Roberto Sasco (Udc), il tempo delle chiacchiere è finito: «Anni fa la Fondazione CRTrieste finanziò un ottimo progetto – dice – che attende di venire riesumato: visto che il piano regolatore prevede l’allargamento, quel progetto potrebbe diventare il punto di partenza, una volta approvata la mozione Giorgi».
Dal dibattito della commissione è emerso un sostanziale accordo delle forze politiche sul progetto, anche se non mancano le perplessità: «L’idea non mi trova contrario – afferma Iztok Furlanic del Prc – ma un progetto così costoso necessita di fondi privati, e se questo dovesse ledere la fruibilità gratuita di Barcola forse sarebbe meglio lasciare tutto così com’è». «La mia mozione è volutamente semplice - risponde Giorgi - in modo da accogliere il più ampio numero di consensi e modifiche».
Secondo i sostenitori della mozione, l’ampliamento di Barcola è necessario a rivoluzionare la funzione del lungomare nell’economia cittadina, tramutandolo in un’autentica riviera: dalla pineta al bivio di Miramare lo spazio guadagnato, ottenuto con materiali di scavo non inquinanti, ospiterebbe diversi tipi di servizi. «Il piano regolatore classifica Barcola come zona balneare – dice Sasco – ma bisognerebbe adottare una prospettiva più ampia: oggidì dall’hotel Greif al bivio non vi sono strutture di ricezione turistico alberghiera, che andrebbero invece realizzate contestualmente alla riviera di Barcola». L’idea di trasformare Barcola in un polo turistico si abbina al progetto, per ora delineato solo a parole, di realizzare un collegamento via cavo con il monte Grisa: «Barcola farebbe da ponte tra i visitatori del santuario, i turisti di Miramare e il centro cittadino» - specifica Sasco. Al di là della funzione turistica, l’ampliamento di Barcola non trascurerà, secondo i suoi sostenitori, il ruolo che il lungomare riveste per la comunità di Trieste: «Potrebbe anzi diventare un nuovo punto di aggregazione giovanile – assicura Sasco – in sostituzione di Sistiana, troppo lontana, o del centro cittadino, soggetto a ovvie limitazioni».
Giovanni Tomasin
 

 

 

«Tondo dica no alla centrale nucleare di Monfalcone» - MORETTON (PD): « KRSKO È A RISCHIO»
 

TRIESTE «Renzo Tondo dica no alla centrale nucleare a Monfalcone». Gianfranco Moretton usa l'imperativo il giorno dopo l'invito del governatore a coinvolgere l'Enel al raddoppio della centrale nucleare di Krsko. Il capogruppo del Pd ricorda innanzitutto al presidente Tondo che il Consiglio regionale, all'inizio della legislatura, ha già discusso il tema del nucleare, quindi, preoccupato, invita il presidente della Regione a rivolgersi all'aula.
Il gruppo Pd con il centrosinistra, ricostruisce Moretton, «ha presentato un apposito ordine del giorno sull'argomento subito dopo il guasto alla centrale di Krsko del 4 giugno 2008 che ha allarmato l'intera cittadinanza europea. Tutti i gruppi politici convenivano sulla necessità di puntare sulle fonti energetiche rinnovabili e di pensare all'energia nucleare ma solo riferita a quella prodotta dagli impianti di quarta generazione. Pure sull'idea di Tondo che Friulia potesse entrare nella società slovena per il raddoppio della centrale di Krsko, la politica regionale, in particolare il centrosinistra, aveva manifestato ferma contrarietà, invitando il presidente ad affrontare la questione in Consiglio regionale vista la sua delicatezza».
Tondo rilancia? Invita non più Friulia ma l'Enel a partecipare alla costruzione del raddoppio della centrale? «Il gruppo Pd - afferma il capogruppo - si augura che il governatore, prima di esprimersi su questioni così delicate, coinvolga tutti i gruppi consiliari per spiegare e giustificare le sue dichiarazioni che, tra l'altro, sono in controtendenza all'ordine del giorno approvato. E, nell'attesa, dica chiaramente "no" all'ipotesi di costruzione della centrale nucleare a Monfalcone». Tondo «si renda consapevole - conclude Moretton - che un impianto nucleare vetusto come quello di Krsko, per di più non adeguato alle norme stabilite dalla Ue, non garantisce la sicurezza dei cittadini dei Paesi confinanti».
(m.b.)
 

 

DUINO AURISINA -Piano antenne: un ”sì” unanime
 

DUINO AURISINA E’ stata votata all’unanimità dei 16 consiglieri presenti ieri al consiglio comunale di Duino Aurisina l’adozione del Piano di localizzazione degli impianti di telefonia mobile. Il presidente della commissione competente Fabio Eramo ha sottolineato «l’importanza della mappatura inserita nel piano, volta a individuare soprattutto le zone controindicate e quelle assolutamente vietate al posizionamento di antenne, quali scuole ed edifici pubblici». Mentre l’opposizione ha raccomandato la massima attenzione alle fasi successive: «Il nostro voto è un’apertura di credito a un percorso che comincia oggi – ha affermato il capogruppo di Insieme Massimo Veronese – e non un’approvazione definitiva. Apriamo il confronto su ogni aspetto del piano, facendo in particolare attenzione alla situazione di Precenicco, dove la cittadinanza è contraria». L’assessore Andrea Humar è intervenuto per garantire “l’applicazione rigida del principio di salvaguardia” nel rispetto del piano durante il lungo iter di approvazione. Infine il sindaco Giorgio Ret ha accolto la richiesta di svolgere incontri con la popolazione.

(ti. ca.)
 

 

Arriva a Fernetti la Marcia per la pace - SABATO PRIMA TAPPA ITALIANA DEL GRUPPO DI NONVIOLENTI
 

Saranno accolti alle 9.30 a Opicina dagli alunni di alcune scuole
Prima tappa italiana di un percorso lungo 160 mila chilometri, che si snoda in novanta paesi percorrendo cinque continenti. Si tratta della Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza, promossa dal Movimento Umanista e dall’associazione Mondo Senza Guerre, per chiedere la fine dei conflitti, lo smantellamento delle armi nucleari e la fine di ogni tipo di violenza. L’iniziativa è partita da Wellington in Nuova Zelanda il 2 ottobre. Vi hanno aderito, tra gli altri, la Provincia, il Comune e l’università di Trieste ma anche molti intellettuali quali Pino Roveredo, Margherita Hack, Boris Pahor, Paolo Rumiz, Susanna Tamaro, Paolo Salucci.
Il gruppo di pacifisti, che entrerà in Italia il 7 novembre dall’ex confine di Fernetti, è partito da Istanbul il 28 ottobre, passando poi per Salonicco, Ohrid, Skopje, Pristina, Belgrado, Sarajevo, Zagabria e Lubiana. Dopo la sosta a Sesana, ad accoglierli alle 9.30 al Piazzale Monte Re di Opicina ci saranno gli alunni delle scuole italiane e slovene. Da qui partirà la staffetta accompagnata dall’associazione Evin Rude di Muggia verso piazza Oberdan, fermandosi alle 10.45 all’Università centrale per srotolare la bandiera arcobaleno cucita a mano dalla comunità di Sesana. Alle 11.30 nell’Aula Magna della Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori, Sandro Capuzzo e Luciano Ferluga del Comitato Pace, Convivenza e Solidarietà Danilo Dolci, in presenza delle autorità, consegneranno l’annuale premio, assegnato in questa edizione alla Marcia mondiale e a Flavio Lotti, presidente della Tavola della Pace di Perugia, associazione a cui si ispira il nuovo progetto della Tavola interconfinaria tra Italia, Slovenia e Croazia. Alle 15 l’appuntamento è in piazza Unità per dare forma al simbolo vivente della pace più grande d’Europa, mentre alle 17 al Cavò di via san Rocco 1 sarà inaugurata la mostra del concorso “Ci siamo innamorati della pace: la nonviolenza è in cammino”. I vincitori delle quattro categorie (Immagini, Parole e Racconti, Suoni e Segnalibro), selezionati tra mille ragazzi di trentacinque scuole, ricreatori e centri estivi triestini, croati e sloveni, saranno premiati alle 18 nella sala parrocchiale di Santa Maria Maggiore, dove alla stessa ora si esibiranno il Coro Scout di Trieste, il Vesela Pomlad, quello del Collegio del Mondo Unito e il Soul Diesis. Contemporaneamente, nella sala conferenze attigua alla chiesa, si parlerà di economia al servizio dei più deboli. Gli appuntamenti della Marcia by-night, patrocinati come quelli diurni da Comune, Provincia e Università di Trieste, Comune di Muggia e Provincia di Gorizia, si terranno invece al Teatro Miela a partire dalle 20.30, dove il virtuoso della chitarra Stefano Barone si esibirà in concerto.

(d.b.)
 

 

SEGNALAZIONI - «Gli inerti favoriscono le piante velenose» - SULLA PROPOSTA DEL SENATORE CAMBER
 

Il Piccolo di venerdì 30 ottobre riporta la proposta del senatore Camber di istituire delle «zone di recupero ambientale». Il bel nome ecologista non deve però trarre in inganno. Il senatore infatti propone di distribuire i materiali di scavo e demolizione su terreni agricoli su cui poi impiantare, ad esempio, un vigneto, invece di conferirli in apposite discariche o in impianti di trattamento dove possano essere trasformati in inerti riutilizzabili in edilizia, come avviene ora. Caso vuole che lo stesso giorno al Centro didattico naturalistico di Basovizza si sia svolta un’affollata conferenza, organizzata da Triestebella, per proporre un disegno di legge regionale per la lotta alla piante infestanti dannose per l’ambiente (in particolare per la biodiversità e per il paesaggio della nostra regione) e per la salute umana (rischio di avvelenamento del latte e del miele, produzione di pollini allergenici), provenienti perlopiù da altri continenti. In questa conferenza è stato ampiamente illustrato dal prof. Livio Poldini e ribadito da altri che queste piante infestanti, che dalla città stanno invadendo il nostro Carso, amano proprio i terreni ruderali e sono anche veicolate dal materiale inerte che viene gettato sui sentieri, sulle discariche abusive o utilizzato per coprire scavi o scarpate stradali, tanto che è stato proposto che nel disegno di legge sia inserito il divieto di usare tali materiali consentendo unicamente l’uso di terre certificate prive di semi di piante infestanti. Lasci quindi il senatore Camber che i materiali di scavo e demolizione vadano dove devono andare e non contribuiscano all’inquinamento vegetale del nostro Carso.
Club Triestebella - www.triestebella.it
 

 

SEGNALAZIONI - FERRIERA - Con Fogar

 

Desidero esprimere preoccupazione e solidarietà all’ex presidente del Circolo Miani per la sua disperata decisione di interrompere l’uso dei farmaci salvavita, nonché significare tutta la mia profonda indignazione per le varie promesse dispensate in campagna elettorale sulla chiusura dell’antidiluviana e inquinante Ferriera e mai esaudite.
Edda Ban

 

 

 

 

NOTIZIARIO WWF - MERCOLEDI', 4 novembre 2009

 

 

Il Wwf: perchè spendere 2,4 miliardi nella Tav quando basterebbe un collegamento ordinario fra Trieste e Divaccia?
 

Deludenti per un verso, interessanti per un altro le anticipazioni di stampa sul “nuovo” tracciato della linea TAV Trieste-Divaccia. Secondo quanto pubblicato (v. IL PICCOLO del 17 ottobre), infatti, le modifiche allo studio di fattibilità di RFI si limiterebbero a spostare di poche centinaia di metri le gallerie previste, per allontanarle un po’ dal sottosuolo della Val Rosandra.
Le gallerie medesime verrebbero così allungate da 35,6 a 38 km, con ovvio incremento dei costi di costruzione previsti. Costi già oggi a livelli stratosferici: circa 2,4 miliardi di Euro per la tratta Trieste-Divaccia, da aggiungere ai 1,93 miliardi stimati per la tratta Ronchi-Trieste (ma in base al vecchio progetto del 2003, in corso di revisione) e ai 4,2 miliardi per la Mestre-Ronchi, il cui tracciato è però ancora in alto mare. In totale circa 8,6 miliardi, destinati certo ad aumentare una volta definiti tracciati e progetti.
I miliardi com’è noto non ci sono e, se anche per qualche miracolo si trovassero, permetterebbero di andare soltanto da Mestre a Divaccia: la prosecuzione della TAV verso est (il “Corridoio 5”, com’è noto, dovrebbe in teoria arrivare al confine ucraino…) è infatti solo una vaga intenzione, non esistendo né studi né tanto meno progetti in merito.
Delude, quindi, che manchi il coraggio di rivedere radicalmente l’impostazione alla base dello studio di fattibilità di RFI che, peraltro, esegue direttive del Governo e continua perciò a prevedere la tripla mega-galleria e il “toboga” sotto il Carso, la stazione passante sotterranea a Roiano, ecc. Cioè le cose demenziali che anche il sindaco di Trieste, Di Piazza, ha dichiarato più volte inaccettabili.
La stampa riferisce però che si starebbe studiando anche il collegamento di soli 6 km – linea ferroviaria normale, non TAV – tra Trieste e Capodistria, e tra i relativi porti. Questo perché la posizione ufficiale slovena, finora contraria a questa ipotesi, si sarebbe ammorbidita. La delusione perciò si stempera: un po’ di ragionevolezza pare finalmente farsi strada.
Uno studio dell’anno scorso, commissionato dal WWF a uno dei migliori esperti italiani di ferrovie, spiega con dovizia di dati come non di TAV e di gallerie sotto il Carso abbiano bisogno il Friuli Venezia Giulia ed il porto di Trieste, bensì di alcuni interventi di ammodernamento e potenziamento sulla rete esistente. Tra questi, i famosi 6 km tra Trieste e Capodistria, che da un lato consentirebbero alle merci da e per il porto di Trieste di utilizzare anche la nuova linea Capodistria-Divaccia (strategica e irrinunciabile per la Slovenia), dall’altro permetterebbero di attivare un servizio passeggeri tra Trieste e l’Istria.
Accanto a ciò, gradualmente e a costi di un ordine di grandezza inferiori a quelli della TAV, bisognerebbe realizzare ulteriori interventi sulla rete esistente (raddoppio della Cervignano-Udine e della tratta Monfalcone-Bivio di Aurisina), per eliminare i “colli di bottiglia” e permettere di sfruttare al massimo le potenzialità delle linee attuali (Pontebbana in primis), sia per le merci, sia per i passeggeri, con notevoli benefici anche a breve termine per esempio in termini di riduzione dei tempi di percorrenza.
A questi interventi andrebbero quindi, semmai, destinati i fondi europei (circa 50 milioni di Euro ai quali comunque l’Italia dovrà aggiungerne almeno altrettanti), che invece si stanno per sprecare solo per i progetti delle assurde linee TAV tra Mestre e Divaccia e che rappresentano – va detto – una torta decisamente appetitosa per tanti progettisti e consulenti…
Serve insomma un’intelligente politica dei trasporti, finora del tutto inesistente, che trovi poi un’indispensabile sponda nella politica estera, per superare le residue resistenze slovene e proporre ad esempio la partecipazione dell’Italia alla costruzione della nuova linea Capodistria-Divaccia, contestualmente ai 6 km della Trieste-Capodistria. Il tutto nell’ambito di un piano dei trasporti attento alla sostenibilità ambientale ed economico-sociale degli interventi. Ne guadagnerebbero tutti: tra questi il porto di Trieste, che potrebbe contare su adeguati miglioramenti infrastrutturali in tempi ragionevoli (e non – forse – fra 30 anni come con la TAV…). Non converrebbe che Frattini & co proponessero questo al Governo sloveno, piuttosto che cercare di fargli inghiottire il rospo del rigassificatore a Zaule, magari offrendo in cambio il sostegno italiano al raddoppio della centrale nucleare di Krško?
Andrea Luchetta

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 novembre 2009

 

 

Rigassificatore, nessun veto europeo - Menia e Gottardo: «Per la Commissione Ue non ci sono violazioni»
 

NON TROVA RISCONTRO LA DENUNCIA DI GREENACTION
TRIESTE «Non c'è alcuna messa in mora europea nei confronti dell'Italia per il rigassificatore di Zaule». Roberto Menia e Isidoro Gottardo spiegano di aver verificato la denuncia di Greenaction transnational senza trovare riscontro.
«Non è stata contestata alcuna violazione», ribadiscono i due deputati del Pdl sottolineando che le certezze sono fondate su un'informativa scritta nero su bianco proveniente dalla Commissione europea.
All'Italia, aveva fatto sapere Greenaction, sarebbe stata contestata la violazione alla direttiva comunitaria 96/82/CE «sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose».
«Ciò significa - è stata l'interpretazione di Roberto Giurastante, responsabile locale dell'associazione - che se risulterà non approntato un piano di sicurezza e di evacuazione, la messa in mora sfocerà in un procedimento di infrazione».
Menia parla esplicitamente di «bufala» e segnala che Greenaction «ha fatto credere di aver ricevuto risposta dalla Commissione europea, cosa già di per sé impensabile».
Il sottosegretario triestino precisa ulteriormente di aver approfondito attraverso il consigliere diplomatico del ministero e di aver appurato che l'associazione «non ha fatto altro che rivolgersi via petizione al Parlamento europeo».
Ancora Menia precisa che «la commissione non ritiene che vi siano violazioni del diritto comunitario per quanto concerne le procedure di Via e Vas, ovvero quelle direttamente connesse all'impianto di Gas Natural».
Pure Gottardo, attraverso i canali del ministero degli Esteri, si è messo in moto non appena informato delle affermazioni dell'associazione ambientalista. Da fonti interne alla commissione, riferisce il parlamentare, emerge che «Greenaction ha fornito alla stampa informazioni sbagliate», che insomma «non c'è alcuna procedura riguardante una cattiva applicazione delle direttive europee o comunque legate a impianti di rigassificazione nell'area del golfo di Trieste».
Secondo la commissione l'Italia avrebbe invece infranto l'articolo 13, paragrafo 1 della Direttiva Seveso, per quanto riguarda l'informazione della popolazione sui rischi connessi alle attività industriali pericolose. Questa violazione non è dovuta al rigassificatore di Zaule, insistono Menia e Gottardo, ma agli impianti già presenti in zona: in sostanza, l'Italia ha omesso di informare le popolazioni residenti nella zona industriale dei rischi connessi ad attività come quella del terminale petrolifero Siot.
m.b.
 

 

Tondo: «L’Enel partecipi alla costruzione della seconda centrale di Krsko» - Conti: «Ora è tutto fermo anche perché l’impianto è anche della Croazia»
 

Così, secondo il governatore del Friuli Venezia Giulia, non sarebbe necessario un impianto atomico in regione
TRIESTE Il governo sloveno ha deciso il raddoppio della centrale nucleare di Krsko. Una notizia che per il governatore del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo vale il doppio: conferma le sue tesi di un’importante compartecipazione italiana al centro atomico sloveno, ma poi apre nuove prospettive. «Se a cento chilometri da Trieste si vuole costruire una nuova centrale nucleare - afferma- perché non coinvolgere l’Italia, leggi Enel, in questo progetto, seguito anche dalla gestione dell’impianto». Insomma per Tondo prenderemmo i classici due piccioni con una fava: il programma nucleare italiano andrebbe avanti, ma senza il bisogno che nessuna centrale venga edificata nel Friuli Venezia Giulia, soprattutto quando si parla sempre di più del sito di Monfalcone quale possibile centro della nuova installazione atomica, anche se il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia sostiene di non sapere nulla della lista dei siti che la speciale commissione italiana sta preparando e di aver sentito parlare di Monfalcone solo dalla stampa.
La proposta di Tondo (un suo vecchio chiodo fisso) parte dalle dichiarazioni dell’amministratore delegato dell’Enel, Fulvio Conti il quale definisce l’iter della sua azienda «da multiutility nazionale a leader globale: una grande azienda attiva in oltre 20 Paesi e su tutta la gamma della generazione. Disponiamo di una posizione di forza - precisa Conti - in molti dei mercati su cui operiamo e ci siamo costruiti un mix produttivo bilanciato sia in termini di attività regolate e non regolate, sia per quanto attiene alle diverse fonti poiché copriamo tutta la gamma oggi presente sul mercato, anche quella in fase di sviluppo».
Parole che per il presidente Tondo suonano come una sorta di litania. Eccolo allora prendere carta e calamaio e scrivere direttamente all’ad di Enel Fulvio Conti l’idea, o meglio la volontà di progetto affinché la società italiana costruisca il secondo impianto di Krsko, investendo così anche nella gestione dell’energia ed evitando progetti di nuovi impianti nucleari nel Friuli Venezia Giulia. Tondo conferma la sua idea: «Sì, è questo il mio progetto e lo trasmetterò all’ad di Enel».
Da un punto di vista del governo sloveno non ci sono preclusioni di sorta. Il primo ministro di Lubiana, Borut Pahor, recentemente a Roma, ha detto che non ci sono pregiudiziali ad esaminare eventuali offerte dell’Enel su Krsko2. Ma L’ad Conti non sembra così ottimista. «Ne abbiamo parlato - dice - ma tutto per ora è fermo anche perché il più grosso ostacolo è che la proprietà di Krsko1 e al 50% tra Slovenia e Croazia».
MAURO MANZIN

 

 

Da Legambiente consigli sul risparmio energetico - INCONTRO NELLA SEDE CNA
 

Si intitola ”Energia, perchè ridurne i consumi e come risparmiare sui costi” l’incontro che il Circolo Verdeazzurro di Legambiente organizza venerdì prossimo per sensibilizzare la cittadinanza sull’uso consapevole dell’elettricità. All’appuntamento, in programma dalle 16 alle 20 nella sede della Cna in piazza Venezia 1, prenderanno parte il presidente regionale di Legambiente Giorgio Cavallo, il docente universitario Vanni Lughi, Alessandro Bon del Centro di Ecologia teorica applicata, il presidente del Circolo Verdeazzurro Lino Santoro e Franco Delben di Banca etica. I lavori saranno introdotti dal direttore di Legambiente Trieste Daribor Zupan
 

 

Marcia mondiale della pace, sabato l’arrivo a Trieste
 

TRIESTE Fervono i preparativi per l’mminente arrivo della Marcia mondiale della pace nel territorio triestino. Sullo stesso tema, oggi a Buie si svolge la Terza tavola della pace interconfinaria, un incontro tra i Comuni e alcune associazioni provenienti da Croazia, Slovenia e Italia, con l'obbiettivo di siglare una lettera d'intenti per instaurare una collaborazione permanente a livello interconfinario, nonché per promuovere la Marcia mondiale per la pace che domani passerà per Zagabria, per dirigersi verso la Slovenia e arrivare a Trieste sabato prossimo. L'incontro, organizzato dall'Agenzia della democrazia locale di Verteneglio assieme al Comune di Buie, vedrà la presenza tra gli altri della Provincia di Trieste e di tutti i Comuni locali.
È stato intanto delineato il programma per la giornata di sabato. Alle 9 i marciatori arriveranno a Sesana, dove saranno accolti dal primo cittadino Davorin Tercon. Alla stessa ora inizierà ”Cammina per la pace”, una mini-marcia aperta a tutti con itinerario da Fernetti a Opicina. Alle 10 spazio invece a ”Run for peace”, staffetta per la pace da Opicina (piazzale Monte Re) sino a Trieste. Infine alle 15 tutti i partecipanti si sposteranno in piazza dell’Unità per realizzare il simbolo della pace.
Particolarmente entusiasta dell'evento è l'assessore alla Cultura di Sgonico Monica Hrovatin: «Sono molto soddisfatta che dal movimento dei giovani che hanno organizzato negli anni il concerto per la pace a Sgonico, assieme alle organizzazioni e alle associazioni pacifiste, vi sia stata nel tempo una così grande adesione da parte di enti comunali e provinciali, in tre nazioni, legata al tema della pace».
L'assessore della giunta Sardoc ha aggiunto poi di «auspicare che gli incontri della Tavola della pace continuino con azioni concrete e congiunte da parte di tutti i soggetti coinvolti in questo importante processo teso al futuro».

(r.t.)
 

 

Mattonaia, preoccupa il silenzio sui dati dell’aria - PERPLESSITÀ E SOSPETTI DI POLITICI E AMBIENTALISTI
 

I rilevamenti dell’Arpa nei pressi della Siot conclusi il 5 giugno. Continuano i forti odori di nafta e zolfo
SAN DORLIGO Forti perplessità, e pure qualche sospetto. Ambientalisti e politici di diverse fazioni stanno reclamando a gran voce la pubblicazione dei dati raccolti in questi mesi dall'Arpa (Agenzia regionale per l’ambiente) durante il monitoraggio della qualità dell'aria nei pressi del parco serbatoi della Siot.
All’inizio dello scorso marzo, nella frazione di Mattonaia era stata infatti installata una centralina mobile per verificare l’eventuale presenza nell’aria di benzene, polveri sottili (pm10) e idrocarburi policiclici aromatici (ipa).
Una decisione presa in accordo con il Comune di San Dorligo della Valle, in seguito alle continue lamentele da parte degli abitanti di Mattonaia che risiedono nella zona circostante la Siot, fortemente preoccupati per i continui odori nauseanti provenienti dal parco serbatoi dell’oleodotto.
L’Arpa aveva comunicato ufficialmente che i rielvamenti erano terminati il 5 giugno. Si era parlato della fine di ottobre per la comunicazione dei risultati, ma finora nessun dato è emerso. Eppure i cattivi odori proseguono.
«Purtroppo non possiamo che esprimere una valutazione estremamente negativa per un organismo tecnico qual è l’Arpa, che istituzionalmente dovrebbe garantire la completa trasparenza e precisione nelle procedure e nella fornitura dei dati», commenta il coordinatore provinciale dell'Italia dei valori, Mario Marin.
«Da tempo il nostro consigliere di San Dorligo Dino Zappador (eletto nella lista unitaria Idv e Verdi, ndr) sta chiedendo la diffusione dei risultati – prosegue Marin – che però non sono mai arrivati. Riteniamo dunque grave offuscare, con ritardi incomprensibili, questo importante e indispensabile strumento di verifica e controllo. Quindi sollecitiamo con forza la diffusione immediata e completa dei dati, fugando con ciò le ombre che incombono su questa vicenda».
Fortemente contrariato anche il capogruppo del Pdl-Udc di San Dorligo, Roberto Drozina: «Esprimo la massima perplessità per questo silenzio sui dati rilevati presso la Siot, un silenzio che sia in qualità di consigliere che come residente della frazione di Mattonaia non può che procurarmi qualche timore».
Critico anche il capogruppo di Uniti nelle tradizioni, Boris Gombac: «Proprio l'altra settimana l'odore di nafta e zolfo proveniente dallo stabilimento della Siot è arrivato sino a San Giuseppe. Non oso immaginare l'odore che poteva esserci a valle, un odore che però il sindaco Fulvia Premolin ha recentemente dichiarato non essere dannoso».
A smorzare la polemica interviene proprio il primo cittadino di San Dorligo della Valle: «L'Arpa – rileva – si è sempre dimostrata collaborativa e tempestiva, credo che questo ritardo sia dovuto ad un prolungamento delle analisi. E comunque sono sicura che, se fosse emerso qualcosa di pericoloso, sarei già stata avvisata da chi di dovere».
Tra l'ironico e il preoccupato, infine, il commento dell'ambientalista Giorgio Jercog, coordinatore del Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste: «Al di là dei risultati che sicuramente diranno che l'odore provocato dallo stabilimento è a norma di legge, la Siot, dopo quarant'anni di operatività, dovrebbe pensare seriamente a rifare il parco serbatoi con nuove tecnologie, per ridurre i disagi provocati alla popolazione residente, che è davvero stufa di questa situazione».
Riccardo Tosques
 

 

Antenne per i telefonini, il consiglio di Duino Aurisina discute l’adozione del piano - STAMANE LA SEDUTA
 

Il consiglio comunale di Duino Aurisina, convocato oggi alle 9.30, discuterà l’adozione del Piano di localizzazione degli impianti di telefonia mobile, affrontato venerdì dalla Seconda commissione. Si tratta del primo passo di un iter che tra 4-5 mesi porterà all’approvazione definitiva del documento, una volta espletati i rilievi e le osservazioni dei cittadini. L’adozione è data per scontata, poiché anche l’opposizione ritiene necessario avviare la procedura onde fissare sulla carta le aree interdette a nuove antenne. Il sindaco Ret ha già fatto sapere di «non volere impianti né sul campo sportivo di Aurisina né sul Sentiero dei pescatori».
Tra le altre deliberazioni il consiglio approfondirà l’affidamento del servizio di tesoreria dal 1° gennaio al 31 dicembre 2013, con la stipula di una convezione.
Tra le interrogazioni, quella del consigliere Bradas sulle presunte violazioni alle norme della concessione demaniale rilasciata dalla capitaneria di Porto, con riferimento agli ormeggi per barche da diporto; Rozza interverrà invece sul presunto avvio di una variante urbanistica nel tratto di costa dall'ex hotel Europa al porticciolo di Canovella e sul Fondo per il contrasto ai fenomeni di povertà e disagio sociale.

(t.c.)
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore
 

Discutendo di cose serie è bene che i protagonisti del dibattito forniscano informazioni corrette, quando sono in gioco decisioni di rilievo sotto il profilo economico, ma con risvolti importanti anche per l’ambiente e la sicurezza.
La recente affermazione del presidente di Assindustria Trieste, Vittorio Pedicchio (v. Il Piccolo del 30 ottobre 2009), secondo cui «In Italia il costo unitario del gas è superiore del 40% rispetto a quello della Francia», merita quindi una verifica. L’affermazione (Pedicchio non è il primo: altri, politici e imprenditori lo hanno preceduto) fa parte infatti di un intervento a sostegno della costruzione del rigassificatore di Zaule proposto da Gas Natural.
I dati disponibili (della fonte più autorevole, cioè Eurostat) mostrano però una realtà differente. Nel 2008, il costo del gas in Italia - per le medie industrie e al netto delle tasse - è stato infatti pari a 8,77 Euro per Gigajoule, contro 9,06 della Francia (dove quindi il gas costa il 3,3% in più, non il 40% in meno!), i 7,64 della Spagna, gli 11,28 della Germania e i 9,34 della media dei Paesi nell’area euro.
Per le famiglie, invece, il costo è stato di 12,03 in Italia, 12,29 in Francia (il 2,2% in più…), 13,78 in Spagna (il 14,55% in più!), 13,32 in Germania e in media 12,74 nell’area euro. Non pare quindi incidano favorevolmente sul prezzo finale i tre rigassificatori in funzione in Francia (contro l’unico esistente nel 2008 in Italia), né - almeno per quanto riguarda i prezzi pagati dalle famiglie - i cinque rigassificatori spagnoli...
Questo almeno, come detto, per quanto concerne i prezzi al netto delle imposte. È verosimile, infatti, che la situazione cambi alquanto aggiungendo ai prezzi suddetti il peso delle imposte, che è probabile siano più alte in Italia rispetto alla Francia e ad altri Paesi, ma… tanto più alte da produrre un differenziale del 40%? Se così fosse, pare ovvio che la battaglia di Assindustria e soci dovrebbe concentrarsi semmai nel indurre il Governo a ridurre l’incidenza delle imposte sui prezzi del gas, anziché sulla costruzione di rigassificatori.
I quali rigassificatori possono certo rappresentare una garanzia di diversificazione dei fornitori, rispetto al rischio che qualcuno «chiuda i rubinetti» dei gasdotti, ma ben difficilmente potranno mai rappresentare un fattore di calmieramento dei prezzi, per due semplici ragioni (che pur dovrebbero essere note anche al mondo industriale): 1) la capacità di rigassificazione installata nel mondo è circa il doppio di quella degli impianti di liquefazione, con l’ovvia conseguenza di innescare un’aspra competizione tra i compratori e indurre i fornitori ad aumentare i prezzi; 2) la filiera del Gnl implica costi rilevantissimi (per la costruzione e gestione degli impianti di liquefazione e di rigassificazione, nonché delle navi gasiere), i quali sono poi ovviamente scaricati dai gestori sul prezzo finale del gas.
Senza ovviamente dimenticare i fondamentali aspetti ambientali e di sicurezza, i sostenitori del progetto farebbero bene a confrontarsi con gli oppositori in un contesto di onestà intellettuale e basandosi su dati affidabili e completi, per quanto concerne i benefici che secondo loro l’impianto di Zaule porterebbe all’economia e ai cittadini.
Dario Predonzan - responsabile Energia e Trasporti Wwf Friuli Venezia Giulia
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 3 novembre 2009

 

 

Emissioni inquinanti dalla Ferriera Nuovi monitoraggi dalle centraline - LA DECISIONE DEL PM FEDERICO FREZZA
 

A Servola ritornano in funzione le centraline che hanno già monitorato in passato la qualità dell’aria, misurando i livelli di benzoapirene.
Lo ha deciso il pm Fedrico Frezza in conseguenza dell’entrata in funzione dell’altoforno numero 3 e della ripresa a pieno ritmo dell’attività della cokeria. «Quanto eventualmente inquinano questi impianti? Gli interventi di miglioramento effettuati dal gruppo Lucchini-Severstal, sono stati efficaci?»
A questa domanda deve giocoforza seguire una risposta documentata e il magistrato inquirente non ha perso tempo e ha deciso le nuove verifiche.
Per questo motivo ha disposto un approfondito monitoraggio delle emissioni di benzoapirene ed eventualmente di altri marcatori dell’attività industriale e ha affidato la gestione delle centraline al dottor Pierluigi Barbieri e al collega Ranieri Urbani dell’Università di Trieste. Le misure si protrarranno fino al prossimo 31 dicembre.
La consulenza tecnica è stata disposta anche per un secondo motivo. Le verifiche si inseriscono infatti in un processo penale che vede tra gli altri sul banco degli imputati l’ingegner Francesco Rosato, direttore dello stabilimento siderurgico. Nell’ambito di questo procedimento non ancora definito, Rosato ha chiesto di essere ammesso all’oblazione. Perché il giudice Paolo Vascotto dica «sì» alla richiesta proveniente dalla difesa, è però necessario che le immissioni di benzoapirene nell’atmosfera di Servola siano sempre al di sotto di quanto stabilito dal Codice dell’ambiente che limita a 35 gli «sforamenti» nei dodici mesi. Il reato contestato - l’imbrattamento ma anche alcune violazioni del codice dell’ambiente - non devono in altri termini essere portate a ulteriori conseguenze. Se questo accade, niente oblazione.
Ecco perché le centraline del Cigra stanno per avviarsi nelle prossime ore. I punti di monitoraggio sono fissati, com’è accaduto in passato, nel mezzo del centro abitato di Servola: in via Pitacco e in via dei Giardini. La terza centralina - quella posta dall’Arpa in via San Lorenzo in Selva, nei pressi della stazione ferroviaria di Servola e a immediato ridosso della recinzione della ferriera - non rispetta i parametri di distanza previsti dalla legge e i dati che fornisce ai tecnici non sono utilizzabili nelle indagini.
Gli eventuali sforamenti di benzoapirene dovranno essere comunicati al magistrato inquirente con immediatezza. Oltre alle misure sull’immissione di benzoapirene nell’atmosfera del rione, i consulenti dovranno indicare il regime prevalente dei venti nelle 24 ore. Il vento da Nord spazza l’atmosfera, quelli da Sud spingono le emissioni dagli impianti sull’abitato. Inoltre gli investigatori della polizia terranno puntati i loro teleobiettivi sullo stabilimento e premeranno il pulsante di scatto dell’apparecchio fotografico se vedranno levarsi qualche nube di polvere o di fumo dall’interno dello stabilimento.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

Rigassificatore di Veglia, pubblico lo studio sull’impatto ambientale - Le variazioni delle temperature marine non sarebbero invasive
 

Non rese note le quantità necessarie di ipoclorito di sodio
FIUME Un altro passo verso la realizzazione del rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), sull’Isola di Veglia. Da ieri e per la durata di un mese, lo studio d’impatto ambientale dell’impianto sarà sottoposto a pubblico dibattito, con il documento che potrà essere preso in visione nell’aula consiliare di Palazzo comunale a Castelmuschio e al Dipartimento regionale per l’edilizia e la tutela ambientale, con sede in Riva 10 a Fiume.
In questo periodo, come annunciato ieri in conferenza stampa dal presidente della Regione quarnerino-montana, lo zupano Zlatko Komadina, gli interessati potranno sia esaminare lo studio, sia inviare proposte o semplici suggerimenti connessi al funzionamento e all’aspetto del terminal metanifero, come pure riguardanti le conseguenze che un simile maxi impianto potrebbe avere sull’uomo e sugli habitat, terrestre e marino. Oltre al dibattito, i cittadini potranno assistere alla presentazione pubblica dello studio, in programma il 19 novembre (alle 18) nella palestra della Scuola elementare Fran Krsto Frankopan di Castelmuschio. Quello che probabilmente interesserà di più agli abitanti dell’area quarnerina sarà l’abbassamento della temperatura dell’acqua marina, che sarà utilizzata per il processo di rigassificazione del metano, portato da circa 160 gradi sottozero a temperatura ambiente.
È stato calcolato anzitutto che saranno necessari 58mila e 500 metri cubi di acqua all’ora. Le simulazioni, i cui risultati sono compresi nel documento, sono state effettuate nel periodo ritenuto maggiormente critico, ovvero nei mesi invernali. La differenza della temperatura del mare a 70 metri dallo scarico sarà di 0,5 gradi centigradi, mentre risulterà essere di 0,2 gradi nel raggio di un chilometro. Secondo gli esperti, questa variazione termica avrà conseguenze praticamente irrilevanti sul patrimonio ittico e sulla pesca praticata nelle acque del Golfo di Fiume, come pure sulle attività turistiche nell’Isola di Veglia e nel resto del Quarnero. Non è invece dato sapere l’ammontare dei quantitativi di ipoclorito di sodio, che saranno impiegati per la pulizia degli scambiatori termici ad acqua di mare. La fruizione e l’intensità della cloratura saranno fissate solo dopo che l’impianto di rigassificazione entrerà in funzione. Ma oltre alla salvaguardia ambientale, è scontato che gli interessati chiederanno quale sarà l’impatto visivo del Terminal Lng.
Nello studio si fa presente che il maggiore cambiamento riguardo al paesaggio sarà costituito dai serbatoi contenenti Gnl e dunque si raccomanda l’ingaggio di un architetto paesaggista e la messa in atto di diverse soluzioni, tra cui l’impiego di colori adeguati nella verniciatura degli impianti e l’uso di piante adatte a rendere quanto più ”digeribile” la presenza del terminal. All’”Adria Lng”, che ha la concessione per la costruzione e la gestione dell’infrastruttura, hanno confermato che il permesso di costruzione potrebbe essere rilasciato nei primi mesi dell’anno prossimo. Se tutto procederà per il verso giusto, i lavori dovrebbero partire nel 2010 e concludersi quattro anni dopo. L’impianto isolano, che dovrebbe dare lavoro, con l’indotto, a circa 10mila persone, riuscirà a movimentare annualmente da un minimo di 10 a un massimo di 15 miliardi di metri cubi di gas.
La Croazia l’ha definito un progetto d’importanza strategica per i destini energetici del Paese, in quanto consentirà di utilizzare metano da forniture alternative a quelle (costantemente a rischio) che giungono, tramite l’Ucraina, dai giacimenti russi.
Andrea Marsanich
 

 

MUGGIA: da spazio riservato alle attività dei fuoristrada a parco urbano. - Club Nordest 4x4 «L’area del nuovo parco ci è stata tolta perché inquinata»
 

MUGGIA: IL CLUB NORDEST 4X4 (FUORISTRADA) AVEVA IN CONCESSIONE LA ZONA ACCANTO AL MOLO BALOTA
È stato presentato poco più di una settimana fa il progetto del parco urbano che a primavera sorgerà nell'area ”Fido Lido”, il terrapieno di 20mila metri quadri attiguo al Molo Balota, ma il nuovo utilizzo dell’area fa già discutere.
A intervenire è il Club Nord Est 4x4, che dal 2002 al 2007 aveva in concessione il terrapieno. «In quegli anni - sottolinea il presidente, Andrea Olivetti - abbiamo anche mantenuto la pulizia e la cura dell'area attraverso lavori di potatura e altri interventi. Poi, improvvisamente, nel 2007 il Comune ci ha revocato la concessione, adducendo di aver ricevuto pareri negativi dalle autorità competenti in campo ambientale in merito alle nostre attività. Il sito sarebbe inserito in quello d'interesse nazionale per la presenza di polveri inquinanti. Ora – prosegue – invece veniamo a sapere che sarà sede di un parco urbano e vi si svolgeranno attività che prevedono la presenza anche di bambini, senza che si sia provveduto a bonifiche. Ci chiediamo allora se gli ipotizzati pericoli che hanno spinto il Comune a revocarci la concessione non verranno corsi dai frequentatori di quell’area».
«Nessuna preclusione per l'associazione – precisa il sindaco, Nerio Nesladek –. La revoca si deve a un parere negativo espresso dagli uffici competenti, legato proprio alle particolari caratteristiche dell'attività dei fuoristrada. Dal punto di vista degli uffici non c'è contrarietà all'utilizzo dello spazio, se non sottoposto alla movimentazione, e conseguente dispersione nell'aria, del terreno. È quindi possibile una fruizione ”delicata” dell'area. Vi potranno così passare a piedi persone e animali, il cui transito ha effetti diversi rispetto a quello dei mezzi a quattro ruote. C'è da rimarcare – conclude – che quello spazio potrà essere a disposizione dell'intera cittadinanza, rispetto al ristretto numero di iscritti a un sodalizio sportivo».
I due terzi dell'area (14mila metri quadri) saranno trasformati in un parco urbano aperto a tutti, mentre saranno specificamente dedicati agli amici dell'uomo i rimanenti 6mila, dove i cani disporranno di una spiaggia con accesso al mare e di un ring per la sgambatura gestito da personale qualificato. La struttura sarà gestita in convenzione con il Comune dall'associazione Crescere insieme, che si occuperà della manutenzione del verde, della pulizia e vigilanza.
Gianfranco Terzoli
 

 

SEGNALAZIONI - TRAFFICO/1 - Scooter pericolosi
 

Negli ultimi tempi, causa del ripetersi di spaventosi incidenti, c'è un po' di attenzione al problema della circolazione di un numero impressionante di motorini, scooter e altri mezzi su due ruote per le strade del centro cittadino.
Il numero è tale da giustificare di per sé, per semplice necessità statistica, incidenti anche mortali oltre ai quotidiani ferimenti e ricoveri; se poi ci mettiamo anche una certa spericolatezza, mai seriamente sanzionata se non a parole, ed anzi a volte esaltata persino dagli amministratori (ricordiamo un assessore che diceva di scendere a 100 all'ora per via Commerciale), si arriva inevitabilmente a ciò che è successo più volte negli ultimi mesi.
La responsabilità di tutto ciò sta nella mancanza di una qualsiasi politica della mobilità in città, che viene affidata ai mezzi a due ruote in quanto le automobili non riescono più a muoversi: la motocicletta, un tempo simbolo di libertà e avventure in territori più o meno lontani (chi scrive a nome del Circolo, a scanso di equivoci, è un appassionato motociclista da tutta una vita) è diventata mezzo di spostamenti quotidiani più o meno convulsi da parte di tutti, anche di chi non ha mai avuto la necessaria esperienza. L'unico modo di limitare progressivamente i danni è incentivare il trasporto pubblico: a tale scopo probabilmente servirebbe interdire anche ai motorini l'accesso a zone pedonalizzate allargate raggiungibili soltanto a piedi o col mezzo pubblico, così qualcuno comincerebbe a pensarci su.
Altrimenti è assolutamente inutile e grottesco parlare di tolleranza zero: chi monta su questi mezzi oggettivamente pericolosi conta di muoversi più in fretta che in macchina, bus, o a piedi, quindi certamente sorpasserà a destra, farà slalom tra le vetture, posteggerà sul marciapiede, altrimenti che senso avrebbe beccarsi freddo e pioggia in una città che non ha certo un clima favorevole a questo modo di muoversi, e ci possiamo infatti aspettare situazioni di ancor minore sicurezza durante l'inverno, per chi si muove in scooter su neve, sale, brina, strade umide... ma tant'è, molti si sono "organizzati" la vita così e devono per forza continuare... per necessità "di famiglia", spesso, e così a Trieste si vedono persino bambini di tre-quattro anni sfrecciare su mega-scooter dietro a genitori incoscienti e nevrotici.
Quanto alle contromisure annunciate, non ci siamo proprio: i dissuasori verranno scartati, come già avvenuto in passato, con la motivazione delle autoambulanze, e poi è dubbio che in una situazione del genere rendano più sicure le strade; quanto alle sanzioni sarà come per i parcheggi in sosta vietata: non si deve sanzionare troppo per non perdere voti, e quindi, tolleranza mille, altro che zero.
Paolo Privitera - Circolo Verdazzurro Legambiente Trieste
 

 

SEGNALAZIONI - TRAFFICO/2 - Autisti pericolosi
 

Nelle scorse settimane si è letto molto della maleducazione (intesa in senso lato, anche come maleducazione stradale) dei motociclisti.
Sarebbe comunque prudente vedere il problema con un’ottica più globale: è verissimo che a Trieste c’è un’alta concentrazione di mezzi a 2 ruote ma vi sono anche altri fattori che possono concorrere al verificarsi di incidenti, spesso fatali non solo per i pedoni ma anche per i motociclisti stessi.
Utilizzando le due ruote per recarmi al lavoro mi trovo ogni giorno immerso in una giungla d’asfalto e per arrivare alla meta devo sopravvivere a svariati «pericoli» urbani: ci sono i ragazzini che al mattino - giovani emuli di Valentino Rossi - sfrecciano sulle Rive come al GranPremio in sella a motorini molto spesso «elaborati», gli anziani maxi scooteristi che rivivono una seconda giovinezza e «pestano» sull’acceleratore e poi ci sono loro... gli automobilisti. Sì perché in oltre 20 anni in sella alle due ruote gli unici incidenti in cui sono stato coinvolto con conseguenze più o meno serie sono stati provocati da automobilisti indisciplinati senza che io ne avessi responsabilità alcuna.
Quante macchine vedo ogni giorno non rispettare gli attraversamenti pedonali, cambiare corsia senza indicarlo, non usare le frecce di segnalazione e mancare le precedenze. Quante volte mi capita di vedere automobilisti che tranquillamente parlano al cellulare mentre stanno guidando!
Vorrei quindi anche sapere quante contravvenzioni annue (in percentuale) vengono rilevate perché sicuramente una maggiore sicurezza in strada per le migliaia di motocicisti che ogni giorno si spostano in città sarebbe un ottimo incentivo a rendere le nostre strade più sicure per tutti, pedoni inclusi. Mi incuriosisce inoltre vedere negli ultimi tempi (e specialmente il sabato) i vigili urbani camminare a coppie. Generalmente intenti a rilevare contravvenzioni sulle soste, non mi pare seguano molto quello che i pochi spericolati fanno in strada. Forse sarebbe più utile impiegarli singolarmente e posizionarli in punti strategici a controllare il traffico e a rilevare infrazioni del codice stradale. Mi rendo conto che è sicuramente meno redditizio delle contravvenzioni «fisse», ma potrebbe anche questo aiutare a migliorare la circolazione in centro, senza ricorrere «alle mani» come provocatoriamente paventato dal nostro primo cittadino. Un maggior rigore infine nel rilasciare patenti e patentini a giovani e «meno» giovani unito ad un controllo accurato dei mezzi «truccati» sarebbe anche una buona misura per evitare poi generiche caccie alle streghe che colpiscono indistintamente tutti i motociclisti e che alla fine non portano a nulla.
Matteo Rizzi
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 2 novembre 2009

 

 

De Magistris: rigassificatore, bisogna conoscere i rischi - INTERROGAZIONE DELL’EUROPARLAMENTARE
 

«Se le autorità italiane pensavano di aver chiuso la partita sul rigassificatore di Trieste, bypassando la contrarietà dei cittadini e delle associazioni ambientaliste, si sono sbagliate di grosso».
Lo afferma in una nota l'europarlamentare dell’Italia dei Valori, Luigi de Magistris (foto). «La messa in mora dell'Italia da parte della Commissione europea per violazione della direttiva Seveso che il progetto del rigassificatore comporterebbe, conferma come dall'Europa si possa ripartire per fermare un piano scellerato, che ha il solo obiettivo di soddisfare gli appetiti rapaci delle lobby ancorate al potere politico», ha aggiunto l’europarlamentare.
De Magistris, che ha annunciato un'interrogazione alla Commissione, spiega che «al centro dell'attenzione europea c'è la violazione di una direttiva non eludibile, come appunto la Seveso, che nelle scorse settimane ho ricordato pubblicamente più volte».
Sul caso del rigassificatore si è espressa anche la commissione petizioni del Parlamento europeo evidenziando la violazione delle norme Ue. «In particolare - scrive De Magistris - la Commissione contesta all'Italia il mancato rispetto della normativa comunitaria che impone che gli "Stati membri provvedono affinché le informazioni sulle misure di sicurezza da adottare e sulle norme di comportamento da osservare in caso di incidente siano fornite d'ufficio alle persone che possono essere colpite da un incidente rilevante verificatosi in uno degli stabilimenti." La messa in mora riguarderebbe i segnalati impianti di trattazione di sostanze pericolose accanto al rigassificatore progettato dalla società Gas Natural, che potrebbero costituire dei rischi enormi, anche per l'effetto "domino" in caso di eventuali incidenti e possibili attentati. Nonostante questo, il Governo italiano ha egualmente concesso le necessarie autorizzazioni per la costruzione del rigassificatore. Quali misure urgenti - chiude De Magistris - intende prendere la Commissione nei confronti del Governo italiano per evitare che la popolazione della zona coinvolta corra inutili rischi ?»

 

 

«Informazioni sul piano regolatore, il sindaco non risponde ai cittadini» - COMITATO PIUVERDEMENOCEMENTO
 

Una serie di richieste sono state avanzate nel corso di un incontro con il sindaco Roberto Dipiazza dal Coordinamento ”Piùverdemenocemento”, costituito da comitati rionali e da associazioni ambientaliste per agevolare i cittadini che possono in questi giorni e fino al 25 novembre proporre osservazioni e opposizioni alla variante 118 del Piano regolatore generale del Comune.
Il Coordinamento ha fatto le seguenti richieste: assemblee pubbliche nelle Circoscrizioni con i tecnici per far conoscere il Piano ai cittadini nei singoli rioni, possibilità di visionare gratuitamente il Piano presso le Circoscrizioni tramite personal computer e di scaricarlo sulla pen-drive, "rinforzo" di operatori agli sportelli del Comune per assistenza alla visione del formato cartaceo.
«Le nostre richieste inoltrate in quell'incontro - informa una nota di ”Piùverdemenocemento” - dopo una settimana non hanno avuto risposta. Ci chiediamo: qual è il servizio che si rende ai cittadini in un'occasione così importante e significativa per la vita stessa della nostra città? Hanno diritto i cittadini di essere informati e di poter fare le loro richieste?»
Intanto Italia Nostra, Pro Loco e Comitato dei cittadini di S.Giovanni e Cologna, Lega Ambiente, Greenaction Transnational, WWF si pongono a disposizione della cittadinanza.
 

 

Italia Nostra: troppi ritardi su Porto Vecchio - «Mai reso noto il progetto prescelto, spuntati solo ora i due ricorsi, scadenze procedurali a rischio»
 

ANNUNCIATA UN’ASSEMBLEA PUBBLICA SUL TEMA
«Del ”grande gioco” su Porto Vecchio che dura ormai da quarant’anni si sa ben poco ed è essenzialmente ciò che si legge sulla stampa. Perché la città non conosce i progetti presentati e quello prescelto? Perché si è aspettato tanto tempo prima di far partire le procedure?» In base a queste considerazioni Italia Nostra si accinge a convocare un’assemblea pubblica su Porto Vecchio con invito alle istituzioni e a esponenti del mondo imprenditoriale e culturale.
Ne dà notizia la presidente provinciale Giulia Giacomich. «Ci chiediamo afferma in una nota - perché si è aspettato tutto questo tempo, prima di iniziare le procedure del Porto Vecchio, considerato che l'approvazione della variante al Piano regolatore portuale risale al 2007. Con il progetto della Maltauro- Rizzani de Eccher prescelto dall'Autorità Portuale (con i lavori da iniziare probabilmente nel gennaio 2010, si era detto), pareva che quasi tutto fosse risolto o almeno che si fosse sulla strada di una concessione definitiva. Ci si chiede come mai spuntino così in ritardo i due ricorsi di Save e Zamparini, quando sulla stampa appariva già negli scorsi mesi una dichiarata disponibilità delle imprese prescelte a collaborare con gli altri. Non conosciamo neanche se sono sanate le incomprensioni con la Soprintendenza».
«E poi - continua Italia Nostra - perché la città non conosce i progetti? Era abitudine in passato che la città fosse informata anche attraverso presentazioni al pubblico; invece ora non si conosce nemmeno il progetto vincente. Non si capisce perché ai cittadini non possano essere forniti gli elementi di giudizio per valutare le iniziative relative a un'area così vasta e di pregio, destinata a ridiventare un pezzo di città».
Giulia Giacomich rileva poi come sia stata invece proprio Italia Nostra a sollecitare gli interventi di restauro della Centrale idrodinamica e della Sottostazione elettrica e il Protocollo di intesa del 2007 per la tutela del patrimonio storico del Porto Vecchio. «Come mai - si chiede ancora - il restauro del magazzino 26, ottima opera dell'architetto Portoghesi non è stato mai presentato alla città malgrado i lavori siano finiti nel 2008 e vi sia previsto lo spazio per un centro congressi?»
«Infine - conclude Italia Nostra - non si capisce se la questione del Punto franco sia stata risolta o debba essere ancora affrontata. Vorremmo anche sapere la relazione che potrebbe esserci tra il regime di Punto franco del nostro porto e le recentissime proposte istituzionali sulle zone franche urbane. Sarebbe opportuno anche approfondire quali potrebbero essere i vantaggi, pur con l'esistenza del Punto franco, per intervenire immediatamente con i restauri dei magazzini».
 

 

«Cinghiali abbattuti, le carcasse vanno vendute per ripagare i danni che provocano»
 

BUCCI (PDL): SI MODIFICHINO ORARI DI CACCIA E CALENDARIO VENATORIO
«Modificare gli orari di caccia e il calendario venatorio per la specie dei cinghiali e utilizzare le carcasse per la vendita delle carni, in modo da ottenere denaro utile per risarcire i danni provocati dagli animali ad agricoltori, proprietari di fondi ed automobilisti». A chiederlo è il consigliere regionale triestino del Pdl Maurizio Bucci assieme ai colleghi Alessandro Colautti, Luigi Cacitti, Daniele Galasso, Roberto Marin, Gaetano Valenti e Franco Dal Mas in un'interrogazione presentata all'assessore competente.
«La presenza dei cinghiali si sta moltiplicando in maniera esponenziale - rileva il primo firmatario dell'interrogazione Maurizio Bucci - ed è un aumento che comporta un problema serio sia per i danni alle colture agricole che per l'incolumità delle persone». Per questo - prosegue l'esponente del Pdl - «è urgente intervenire». In quest'ottica «sarebbe opportuno, innanzi tutto, attivare un miglior coordinamento tra la Regione e le Province, al fine di gestire in maniera più efficace i piani di abbattimento e per modificare gli orari di caccia ed il calendario venatorio per la specie cinghiale, consentendo così ai cacciatori di prestare un servizio utile alla comunità intera».
Secondo Bucci occorre « intervenire anche sotto il profilo igienico-sanitario tramite un'apposita convenzione con il servizio veterinario della Regione, affinché le carcasse dei cinghiali, una volta controllate, siano utilizzabili ai fini dell'alimentazione umana. In questo modo si potrebbe ricavare dalla vendita delle carni denaro utile per risarcire i danni fisici e materiali provocati dagli animali».
 

 

Cherso tira un sospiro di sollievo: salvo il lago di Vrana -  Il bacino d’acqua dolce che rifornisce tutta l’isola è tornato ai livelli normali dopo anni di estati siccitose
 

Ogni anno l’enorme serbatoio fa fronte a consumi pari a 1,5 milioni di metri cubi
RICOMPARSE ANCHE MOLTE SPECIE ITTICHE MA FARE IL BAGNO È OVVIAMENTE VIETATISSIMO
CHERSO Agli inizi degli anni 90, un giornalista fiumano della Tv croata lanciò una notizia – tramite il telegiornale della sera – che fece accapponare la pelle agli abitanti di Cherso e Lussino. «Il lago di Vrana è come se fosse forato – disse – e probabilmente si svuoterà del tutto in capo a 3 anni». Nulla di vero, per fortuna, con l’unica riserva di acqua potabile che invece dimostra di essere in piena salute e continua a fornire normalmente il prezioso liquido alle migliaia di utenze dell’arcipelago chersino – lussignano. È anche vero che il pezzo del giornalista televisivo si basava su quanto verificatosi dal 1985 al 1990, con il livello di questo lago di origine carsica in continuo calo. Ma successivi studi dimostrarono che l’abbassamento aveva una semplice e non drammatica spiegazione, ossia era stato provocato da anni di scarse precipitazioni piovose.
È la pioggia che rifornisce d’acqua il lago e non, come si era pensato in un lontano passato, i corsi d’ acqua che scendono dal Monte Maggiore, in Gorski kotar, oppure dal Velebit (le Alpi Bebie). Con il fondale lacustre che arriva fino a 60 metri sotto il livello del mare (la profondità massima di Vrana è di 71 metri), questo naturale bacino isolano è preziosissimo poiché praticamente inesauribile per quello che è il fabbisogno idrico di abitanti e settore economico. Bastino queste cifre: il lago, grazie ai 5,5 chilometri di lunghezza e 1,5 di larghezza, ha una superficie di 5,75 kmq e possiede una media di 220 milioni di metri cubi d’ acqua. Il consumo medio annuale va da 1,3 a 1,5 milioni di metri cubi. È stato calcolato che le sue capacità erogative massime possono variare da 250 a 305 litri al secondo, anche se il consumo medio annuale non supera i 63 litri al secondo.
In estate, quando a Cherso e soprattutto a Lussino arrivano decine di migliaia di villeggianti, i consumi toccano i 120 litri al secondo, che si riducono a non più di 40 durante i mesi invernali. In questo momento il livello del lago risulta abbassato di 2,2 metri – sostengono gli esperti – rispetto al livello senza alcun pompaggio verso i consumatori isolani. Nulla di preoccupante, comunque.
Inoltre, come noto, a Vrana è vietatissimo fare il bagno o pescare, anzi è impossibile avvicinarsi a questo fenomeno della natura per l’importanza che riveste. Ricomparse anche le specie ittiche tradizionali: ovvero il luccio, la lasca, il cavedano e la tinca.
Vrana non ha mai avuto la superficie gelata, con temperatura dell’acqua che in inverno si abbassa a 4 gradi, mentre nei mesi caldi raggiunge i 25 gradi. La costruzione dell’acquedotto, va ricordato, ebbe inizio nel 1946 e nel 1952 Orlec (Aquilonia) fu la prima località a ricevere l’acqua. L’anno dopo arrivò a Cherso città e nel 1962 a Lussinpiccolo. Nel 2001, la rete idrica è giunta a Lubenizze e a Punta Croce, mentre oggi ad attendere l’acqua di Vrana sono Caisole (Beli), l’ area di Tramontana, come pure le isole di Sansego, Unie e Sanpiero (Ilovik). A proposito di Sanpiero: entro la fine dell’ anno dovrebbe esserci il placet al progetto principale per la costruzione dell’ acquedotto, i cui lavori comincerano non appena saranno assicurati 8,5 milioni di kune (1,17 milioni di euro). È l’investimento che permetterà ai sanpierini di avere finalmente l’acqua di Vrana. Da aggiungere infine che nel 2006 è entrata in funzione la tangenziale di Vrana, posta lungo la Faresina – Lussingrande: questa circonvallazione permette al lago di non correre più pericoli in caso di ribaltamento di automezzi con sostanze inquinanti e relativo sversamento. La vecchia strada, invece, passava non distante dal bacino e ci sono voluti anni di proteste della popolazione isolana per vedere realizzata la tangenziale.
ANDREA MARSANICH
 

 

 

LA REPUBBLICA - DOMENICA, 1 novembre 2009

 

 

COMMISSIONE VIA - Il Tar del Lazio sconfessa la Prestigiacomo - "Quelle nuove nomine sono illegittime"
 

vedi articolo dell'Espresso del 3.7.2008 Via quella Commissione ( 692KB)

I giudici amministrativi contestano la revoca degli incarichi alle persone che componevano le commissioni chiave per autorizzare centrali elettriche, ponti, aeroporti, autostrade, ferrovie
ROMA - Il Tar del Lazio boccia la nomina, da parte del ministero dell'Ambiente, delle commissioni chiave per autorizzare centrali elettriche e ponti, aeroporti e autostrade, porti e ferrovie. Una sconfessione secca contenuta nelle sentenze pubblicate il 30 ottobre che danno al ministero 45 giorni di tempo per rimettersi in regola.
Secondo il Tar, vanno annullati gli atti ministeriali che hanno portato alla riduzione dei membri delle commissioni Via (valutazione d'impatto ambientale), Covis (si occupa delle transazioni in materia di danno ambientale, in qualche caso sopra il miliardo di euro) e Ippc (valutazione dell'inquinamento).
Il Tar dichiara illegittima la nomina dei nuovi membri delle commissioni perché "la revoca è stata disposta nei confronti dei componenti ancora in carica, prima della scadenza del mandato, senza alcuna istruttoria volta all'accertamento e alla valutazione dei risultati dell'attività compiuta da ciascun componente e dalla Commissione nel suo complesso, e quindi senza l'indicazione di elementi idonei a motivare la mancata conferma dei ricorrenti nell'incarico ancora in corso".
In sostanza, il Tar sostiene che la "procedura sprint" con la quale il ministero dell'Ambiente ha mutato la composizione delle commissioni è irregolare perché i vecchi membri non erano decaduti, né nei loro confronti, come ammesso anche dall'Avvocatura dello Stato, era applicabile lo spoil system.
"La sentenza del tribunale amministrativo regionale dimostra l'inadeguatezza e l'approssimazione con le quali si è mosso il ministero dell'Ambiente", commenta Angelo Bonelli, presidente dei Verdi. "Ha tentato la decapitazione di commissioni di fondamentale importanza per il governo del territorio ed è stato fermato dalla magistratura. Un segnale che dovrebbe far riflettere sulle sorti del prossimo blitz annunciato: l'attacco agli enti parco".
ANTONIO CIANCIULLO

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 1 novembre 2009

 

 

Piano antenne, scontro sul Sentiero dei pescatori - Rozza (Verdi): «Collocarne una lì sarebbe devastante». Sono 21 le stazioni radio autorizzate
 

DUINO AURISINA. IL DOCUMENTO MERCOLEDÌ IN CONSIGLIO COMUNALE PER L’APPROVAZIONE
Verrà discusso mercoledì in Consiglio comunale, per essere adottato, il Piano comunale di settore per la localizzazione degli impianti fissi per la telefonia mobile. Venerdì la presentazione in sede di Prima commissione, durante la quale i Verdi hanno già fatto capire che almeno per un’antenna ci sarà battaglia: quella ad Aurisina, nei pressi del cosiddetto Sentiero dei pescatori.
I dati comunicati dal catasto dell’Arpa vedono autorizzate 21 stazioni radio base, di cui 16 già esistenti, una in corso di realizzazione (Tim appunto in zona Aurisina) mentre 4 sono autorizzate ma non verranno realizzate dai gestori. Indicate, infine, anche due microcelle di potenza irradiante inferiore ai 5 watt. Tutti i gestori (Tim, Vodafone, Wind, H3g, Rfi) sono presenti sul territorio. La disposizione delle antenne è più concentrata nella fascia compresa tra la costa e la statale 202, nella parte a nord di Aurisina e in corrispondenza dei centri urbani di Duino, Sistiana e appunto Aurisina. Esito certo del piano, come convenuto da maggioranza e opposizione, sarà quello di razionalizzare la collocazione delle stazioni radio base (srb), al fine di minimizzare i campi elettromagnetici, non solo e soprattutto in un’ottica di protezione della salute collettiva (anche se in Italia i limiti sanitari di esposizione sono ben al di sotto della media degli altri paesi: 1 watt a metro quadrato) ma per evitare altresì lo stravolgimento del quadro paesaggistico. «Un peccato che 9 anni fa, ai tempi dell’amministrazione Vocci, la redazione del piano sulle antenne si sia arenato – così il consigliere Maurizio Rozza (Verdi) – perché se l’iter fosse stato perfezionato, si sarebbero evitati dei grossi danni al territorio. Oggi, purtroppo, si arriva tardi. La lentezza non è imputabile a questo Comune in particolare ma a tutte le amministrazioni del Carso. Speriamo dunque che l’osservazione dei cittadini ci aiuti a scongiurare ulteriori disastri». I “disastri”, per Rozza, sarebbero innanzitutto l’antenna sul Sentiero dei pescatori, definita «devastante dal punto di vista paesaggistico». Il consigliere dei Verdi storce il naso anche davanti all’esistente impianto sul monte Bercizza. «Si deve superare il caso di Precenicco – prosegue – mentre per quanto riguarda l’antenna che sulla carta dovrebbe essere installata sul campo sportivo di Aurisina, speriamo che la maggioranza faccia il proprio dovere, in termini di dissuasione con le compagnie, trattandosi di zona definita dal piano “controindicata”. Dopotutto non ce l’ha consigliato il dottore di fare i consiglieri…». Rozza punta infine il dito contro il «sovraffollamento di impianti nella zona tra San Giovanni e Sistiana, dove ne figurano sulla carta addirittura 3 o 4». «Nostro compito – afferma dal canto suo il presidente della Prima commissione ed esponente della maggioranza Fabio Eramo – sarà quello di assicurare che non vi siano influenze negative sulla popolazione e che le antenne non risultino vicino a strutture scolastiche o assistenziali, come previsto dalla legge. In particolare porremo una riflessione profonda sulla situazione relativa al campo sportivo di Aurisina e in generale sui siti individuati dal piano come aree di ricerca». Eramo sottolinea come l’adozione del piano, fissata al prossimo Consiglio comunale, avvenga in realtà «a tempo di record, essendo stato protocollato il documento appena lo scorso 19 ottobre». «Intanto – conclude – con questo primo passo cristallizziamo le situazioni in itinere e definiamo le aree su cui è impossibile installare antenne, impedendo quindi che le società avanzino ulteriori richieste. Perché, si sa, in assenza di norme tutto può essere lecito». Le quattro aree di ricerca comunque definite ma non confermate riguardano: il bivio per Ternova, Duino nord, tra Aurisina centro e Sistiana (sopra l’autostrada) e il punto di incontro tra la strada provinciale, quella che porta a Slivia, e quella che conduce a Malchina.
TIZIANA CARPINELLI

 

 

SEGNALAZIONI - Corso Italia, una pedonalizzazione coraggiosa
 

Il coraggioso atto/scelta del signor sindaco, teso a una pedonalizzazione di corso Italia, consentirebbe alla città un percorso pedonale e omogeneo da piazza Venezia a piazza Goldoni, ciò nella visione coerente di una rivalorizzazione del centro cittadino, soprattutto a fronte di parallele e chiare scelte in funzione di una seria ridefinizione dei parcheggi auto/moto (annoso, stradibattuto e mai sufficientemente risolto problema). All’ingegner Sasco un cordiale invito e un augurio, nonché una speranza: auguriamoci che sul tema della chiusura/pedonalizzazione di corso Italia (tema noto da anni) nei suoi cassetti vi sia un progetto ricco di idee e di proposte concrete, non solo di contrapposizioni. Ne uscirebbe eventualmente un bel confronto esaustivo e completo, perché su ogni argomento posto all’attenzione dell’opinione pubblica, vi è sempre immediatamente pronto un comitato a raccogliere le firme (pro e contro) e spesso arriva il puntuale «no se pol». Se lungimirante e futuribile scelta sta per essere eventualmente compiuta, si valutino i riverberi che essa comporterà per chi vive e per gli operatori attivi in via Mazzini. Persone che, da troppo tempo, attendono chiare indicazioni e prospettive certe (Stream... a parte).
Fulvio Chenda - direttore Aott
 

 

SEGNALAZIONI - Mai un colpevole - AMBIENTE / 1
 

Messina è oggi motivo di dolore, e non può essere differente il sentimento che ci anima, quando il pensiero va a coloro che tutto hanno perso, averi e talora anche famigliari e amici.
Di tutto questo conosciamo se e chi sono responsabili? No! Non ne conosciamo, perché nessuno è colpevole; il fango è stato fatto diventare valanga dalla pioggia mandata dal cielo, ma di chi è la colpa dell’abbandono della manutenzione del terreno? Di chi è la colpa del disboscamento che consolidava il terreno? E per ultimo, di chi è la colpa di abusivismi edilizi? Forse non concernono questo caso, ma lo sono in altri casi.
Vediamo un caso mastodontico di abusivismo edilizio: Napoli, le falde del Vesuvio. Il Vesuvio è una grossa, anzi mastodontica bomba a tempo, più di mezzo milione di persone vivono in quel posto, se il vulcano decide di ridestarsi senza preannunciarsi come si mette in salvo in breve tanta gente? Lo ha fatto già più di una volta, ricordo l’ultima fu durante la seconda guerra, nel 1944, forse lo ha fatto in onore dei soldati alleati, non è stato molto violento ma la lava, pur rotolando lentamente, ha distrutto tutto al suo passare; per coloro che hanno perso ogni loro avere, quella eruzione non è stata inferiore a quella che sommerse Pompei.
Cominciamo la lotta all’abusivismo, causa prima di tanti disastri.
Nereo Turco
 

 

SEGNALAZIONI - Pochi controlli - AMBIENTE / 2
Presa visione dei disastri annunciati avvenuti nella città di Messina anche a causa di disboscamenti, incendi procurati, chi di dovere rifletterà sull’abbattimento indiscriminato degli alberi nella nostra città e sulle conseguenze nefaste per la sistemazione eventuale di un rigassificatore nel racchiuso golfo della nostra Trieste?
C’è qualcuno che controlla il dissesto dei marciapiedi e la mancanza di pulizia delle strade?
Luigia M. Cescutti

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 31 ottobre 2009

 

 

Acqua, allarme privatizzazione - L’assessore goriziano Cernic: «È un bene inalienabile. Va difeso»
 

CONVEGNO A UDINE DEL CEVI. APPELLO A TONDO: «PRESSING SU ROMA»
TRIESTE L'acqua verso la privatizzazione? I cittadini costretti a pagare bollette triplicate? L'allarme non è esagerato, la parola passi alla politica. A Renzo Tondo, in primis: serve un pressing della Regione a Roma a contrastare il provvedimento governativo che impone di mettere a gara il servizio idrico anche in Friuli Venezia Giulia. Dal convegno del CeVi, ieri a Udine, ecco l'appello al governatore: vanno alzate le barricate.
A Palazzo Florio, davanti a una platea di amministratori locali e consiglieri regionali, Massimo Moretuzzo, responsabile settore acqua del CeVi, riassume quanto già scritto via lettera ai sindaci della regione: con il decreto legge dello scorso 9 settembre il consiglio dei ministri sancisce l'obbligo per Ato e Comuni di consegnare al mercato, entro il 2011, la gestione dell'acqua potabile. In sostanza, è la denuncia del Cevi, un regalo agli interessi delle grandi multinazionali, un «nuovo business per i privati e gli istituti di credito».
In sintesi il governo, con questo provvedimento, sancisce come via ordinaria per la gestione dei servizi pubblici locali, acqua inclusa, l'affidamento al mercato attraverso gara o l'assegnazione a società mista, in cui il socio privato, scelto attraverso gara, possieda non meno del 40%. Se il decreto verrà convertito in legge entro il termine previsto del 24 novembre, consigli comunali e sindaci saranno espropriati della gestione idrica consegnata appunto al mercato. Una novità che a Roma ha già creato diffuse perplessità anche all'interno della maggioranza. L'altro ieri, al primo passaggio per la conversione in legge del decreto, sono stati presentati oltre cento emendamenti in commissione Affari istituzionali del Senato.
In regione la prima reazione arriva da Gorizia. «Si dovrà fare tutto il possibile per evitare che si chiuda il cerchio sulla privatizzazione» dice l'assessore provinciale all'Ambiente Mara Cernic ricordando che Gorizia è, sull'acqua, pubblica al cento per cento e con le tariffe più basse possibili: un euro a metro cubo. «Ci faremo parte attiva in tutte le sedi per difendere un bene inalienabile», sottolinea l'assessore isontina. L'amministratore delegato di IrisAcqua Paolo Lanari aggiunge: «Siamo l'unica società concessionaria in regione in regola con le norme comunitarie, abbiamo avviato un piano di investimenti da 250 milioni di euro totalmente finanziati, di cui 63 milioni già in corso. Per la nostra azienda sarebbe folle trovarci costretti alla privatizzazione».
Oltre all'appello alla politica ci sono anche le buone pratiche. Il CeVi propone tra l'altro una campagna a favore del consumo dell'acqua di rubinetto nelle famiglie, nelle scuole e nei luoghi pubblici, come per esempio ha fatto il comune di Remanzacco che avvierà a breve il progetto «casa nell'acqua». E ancora si pensa a una revisione della legge regionale per permettere almeno ai piccoli comuni e ai comuni di montagna di gestire in proprio il servizio. Questo a fronte dell'esperienza maturata in regione dopo il recepimento della legge Galli che, ricorda il CeVi, ha visto la conseguente tenace protesta di alcuni sindaci montani critici sulla gestione di Carniacque, «più costosa, meno efficiente e più lontana dai cittadini della precedente gestione comunale».

(m.b.)
 

 

Maxidiscarica, chiesta l’archiviazione - Rifiuti speciali in una zona non abilitata
 

AREA DELLO SCALO LEGNAMI: TRA I COINVOLTI IL COSTRUTTORE BRUNO
Una bolla di sapone.
Questo si è rivelata per la stragrande maggioranza degli indagati l’inchiesta della Procura di Trieste sullo smaltimento di rifiuti ”speciali” nella maxi discarica dello Scalo legnami, abilitata ad accogliere e riciclare solo rifiuti non pericolosi, provenienti da scavi e demolizioni.
«La contestazione mossa non è procedibile perché a seguito delle indagini svolte non sono emerse responsabilità», scrive il pm Maddalena Chergia nella richiesta di archiviazione parziale presentata alla cancelleria del gip pochi giorni fa. La decisione finale spetterà al presidente Raffaele Morvay che ha convocato le parti in aula il prossimo 17 novembre.
In questa data, se la richiesta sarà accolta, usciranno di scena a quasi due anni di distanza dall’apertura delle indagini, Fabrizio Davoli, Raffaele Bruno, Mario Leone, Damiano Purger, Paolo Rosso, Dario Voinocich, Demmi Avanzi, Alfredo Cok, Paolo Marinig, Enrico Tiberio e Sebastiano Puliafito.
Separatamente verranno definite le posizioni processuali di quegli indagati per i quali non è stata al momento chiesta l’archiviazione. In dettaglio Diego Romanese, legale rappresentante della ”Isp Riciclati srl”, la ditta con sede in via Timavo 69/8 nella zona portuale di Monfalcone che gestiva nei pressi della Diga Scarl dello Scalo legnami, il ricupero e il riciclaggio di rifiuti non pericolosi.
Secondo l’inchiesta avrebbe consentito, assieme al socio Cataldo Marinaro, che in questa area venissero scaricati rifiuti che non potevano ottenere l’autorizzazione al ricupero. In dettaglio rifiuti provenienti da demolizioni e scavi in aree cittadina. Tra i rifiuti finiti nel mirino dei militari della Guardia di finanza si era anche l’asfalto rimosso dalla Rive dalla ”Bruno Costruzioni sas”. «Sporgerò querela nei confronti della ditta Isp che ha riciclato in modo illegale molti rifiuti dell’attività di demolizione effettuata dalla mia azienda sulle strade di Trieste. Trascinerò i titolari davanti ai giudici», aveva affermato nel momento caldo dell’inchiesta Raffaele Bruno, 53 anni, amministratore della società che porta il nome di famiglia, sbarcata a Trieste da Potenza 15 anni fa. «Anche noi costruttori siamo vittime di questa vicenda. Non è vero che abbiamo speso meno per il trasporto dei rifiuti. Avevamo scelto quella azienda perché la discarica dello Scalo legnami era la più funzionale alle nostre esigenze».
CLAUDIO ERNÈ

 

 

Cividin: materiali di scavo, sì alla proposta di Camber
 

«Ringraziamo il senatore Giulio Camber per la sua osservazione, che speriamo venga ascoltata: da tempo anche noi lanciamo un appello in questo senso, ma finora non è mai stato accolto». Con queste parole Donatello Cividin, presidente provinciale dell’Ance, l’associazione dei costruttori, commenta l’osservazione che Camber (Pdl) ha presentato al piano regolatore comunale, chiedendo che nel nostro territorio vengano individuate delle aree in cui riutilizzare i materiali non pericolosi né inquinanti provenienti da attività di scavo presenti in città. Siano questi «cave dismesse o terreni agricoli di proprietà pubblica o di privati oggi non utilizzati, ma riattivabili», specifica Camber.
«Speriamo che l’appello di Camber venga accolto - dice Cividin - perché per noi triestini il costo del trasporto» dei materiali di scavo «costituisce un’incidenza anche per chi acquista, per esempio, un appartamento: i materiali li si deve oggi trasportare almeno fino a Gorizia». Di qui, appunto, l’auspicio perché venga accolta l’osservazione del senatore.
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO (1)
 

Il rigassificatore sarà un bene? I nostri «geniali comandanti» hanno deciso che, oltre Rovigo, anche Trieste potrà vantare il suo rigassificatore. Sostanziale differenza è che quello di Rovigo è posizionato in mezzo al mare a diciassette chilometri dalla costa, mentre non ce l’avremo - per così dire - nello scantinato di casa. Io abito vicino al luogo dove, poco tempo fa, un signore per protestare contro il disagio - secondo lui - subìto, fece esplodere una bombola di gas nel garage del nuovo caseggiato, costruito a ridosso della sua casetta, sconvolgendone la tranquillità preesistente. Purtroppo ha pagato con la vita il suo gesto disperato. Questo fatto di cronaca dovrebbe far pensare, considerando le debite proporzioni, su cosa potrebbe succedere nel caso di un’esplosione accidentale o ancora peggio dolosa, del rigassificatore. Visti i tempi che corrono, un’ampia pausa di riflessione a riguardo sarebbe doverosa, perché il nostro Paese è avvezzo a piangere sul latte versato. Se il vantaggio economico del costruendo impianto per noi utenti è del tutto opinabile, altrettanto non può esserlo, per le certezze date dal costo della realizzazione del progetto e del traporto del gas via mare, dal danno ecologico e paesaggistico della baia di Muggia, al probabile divieto di balneazione e all’ulteriore impoverimento della fauna ittica, con i suoi squisiti sardoni barcolani.
Concludo, invitando tutti i sostenitori dell’opera, a riprova della sua bontà e sicurezza, a trasferirsi nell’area adiacente alla sua futura collocazione.
Mario Barovina
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO (2)
 

Premetto di non essere contrario a priori alle innovazioni tecnologiche nonostante quello che il cosiddetto «progresso» ci sta regalando, a scapito della qualità della vita e dell’ambiente in cui viviamo.
Tuttavia vorrei che la società Gas Natural e gli amministratori triestini, regionali e nazionali, dimostrassero che il rigassificatore previsto in località Zaule nell’angusto e poco profondo Vallone di Muggia non comporterà l’irrimediabile inquinamento delle acque marine e dell’ambiente circostante. Per non parlare di tutte le altre problematiche connesse, quali la sicurezza della navigazione, la prevenzione dagli atti di sabotaggio e terrorismo ecc., il cosiddetto sviluppo turistico che ne verrebbe danneggiato. Non possiamo paragonare il nuovo impianto in Adriatico sito a Rovigo (al largo, a parecchie miglia dalla costa) con quello di Zaule. Dimostratelo e confutate ciò che hanno esposto alla popolazione (anche su questo quotidiano) i numerosi addetti ai lavori e gli ambientalisti (anche quelli non integralisti), sottoponete alla popolazione un quesito referendario sul tema e io sarò pronto, come tanti altri cittadini, credo, a cambiare idea sulla validità ambientale ed economica del progetto.
Salvo Basti
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO (3)
 

Nel numero 149 di settembre della rivista Konrad troviamo l'inserto speciale: Rigassificatore di Trieste. Nella parte "Come ti surgelo e poi ti cucino i triestini e i muggesani" rilevo, come spesso succede, con tutti i comitati del «no», che le osservazioni e i dati riportati sono spesso molto imprecisi.
Quando si parla di esplosioni, la prima domanda è quella di chiedersi cosa sia un'esplosione. Il termine, infatti, è stato impropriamente utilizzato per indicare un repentino processo chimico o fisico al quale sono connesse varie manifestazioni sensibili quali: rapida espansione di gas; produzione di calore, fiamma, luce; produzione di sovrappressione di onda d'urto; tutto questo nell'articolo non è specificato. Si parla di una nube di metano in modo troppo generico. Per capire l'entità di una nube di gas bisogna prima determinare le cause e la fonte di fuga del gas stesso (è tecnicamente indispensabile). Per parlare di danni determinati dall'incendio bisogna capire se si tratta dell'irraggiamento da: tank fire; pool fire; jet fire; fire-bal. Anche queste questioni non sono trattate nell'articolo. Inoltre nell'articolo si citano i dati dell'energia prodotta in caso di incendio: dai 3 ai 7 km dal punto di ignizione il fronte di fiamma è di 5 kW/mq; dai 2 ai 6 Km dal punto di ignizione il fronte di fiamma è di 12,5 kW/mq; dai 1 ai 5 km dal punto di ignizione il fronte di fiamma è di 37,5 kW/mq
Mentre dagli studi Fay, Lehr, Quest & Vallejo i dati sono sensibilmente diversi (sono dati ufficiali riconosciuti anche dalla Ferc - Federal Energy Regulatory Commission).
Fay: a 930 m 25 kW/mq, a 1900 m 5 kW/mq; Vallejo: a 1290 m 5 kW/mq; Quest: a 280 m 25 kW/mq, a 490 m 5 kW/mq. Capisco che i sig. Predonzan, Franzosini, Longo, Santoro e Sirovich (autori dell'articolo) non vogliono perdere la faccia in questa loro battaglia. Ma pubblicare dei dati sensibilmente diversi da quelli ufficiali mi sembra un po' troppo.
Luciano Emili
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 30 ottobre 2009

 

 

Approvato il piano casa ma è bagarre tra Pdl e Pd Tondo attacca e se ne va
 

il piano casa e la nuova edilizia del Friuli Venezia Giulia

«Sono imbarazzato. Serve più responsabilità» Via libera ad ampliamenti sino al 35% del volume
TRIESTE Codice edilizia e piano casa passano senza sorprese ma con il veleno nella coda. Il presidente Renzo Tondo giudica “imbarazzante” il clima creatosi in aula, si alza e se ne va mentre il presidente del Consiglio, Edouard Ballaman, annuncia la proposta di aggiungere un quarto giorno di seduta ai tre attualmente previsti. Ci sono voluti tre giorni di dibattito per arrivare all’approvazione definitiva del codice dell’edilizia che contiene anche le norme del piano casa. La norma prevede la possibilità di ampliamenti fino al 35% delle cubature esistenti al di fuori dei centri storici e fino a 200 metri cubi nelle zone A e B0, purchè non si alzino gli edifici oltre i 2 piani o i 6 metri. Possibili anche i recuperi dei sottotetti (con possibilità di alzare gli edifici fuori dai centri storici) e gli ampliamenti del 35% della superificie nelle zone produttive, purchè non superino i 1.000 metri quadrati.
Gli interventi previsti dal piano casa prevedono l’obbligo del miglioramento energetico e architettonico e sono possibili purchè i lavori inizino entro cinque anni dall’entrata in vigore della legge. Rientrano nel piano anche le norme relative ai ‘mostri edilizi’: chi li abbatte potrà ricostruire un edificio fino al 50% più grande in aree individuate dai Comuni. Numerosi gli interventi che vengono considerati attività libera e che non avranno limiti temporali: dal cambio degli infissi alla realizzazione di pertinenze (fino al 10% del volume esistente per gli edifici residenziali e fino al 5% per quelli non residenziali e comunque non oltre i 100 metri cubi), dall’eliminazione delle barriere architettoniche alla realizzazione di barbecue, tettoie e verande non più ampie di 20 metri quadrati. «È una norma che introduce semplificazione e trasparenza – afferma l’assessore Federica Seganti – che farà bene ai nostri artigiani e alle piccole imprese». Contraria l’opposizione. Per Gianfranco Moretton (Pd) “la legge consente di realizzare opere che i Comuni non potranno verificare”. «Parlare di volano per l’economia è ipocrisia. – sostiene Stefano Pustetto (Sd) – Se così fosse stato si sarebbe varato prima il piano casa». La legge è stata approvata nel tardo pomeriggio dopo un’aspra polemica sull’ordine dei lavori. E il clima si è surriscaldato ulteriormente quando ha preso la parola Renzo Tondo che “da consigliere” ha invitato alla responsabilità. «Se facessimo valutare ai cittadini il dibattito in aula a un passo dall'approvazione della legge sull’edilizia, i cittadini non capirebbero. La maggioranza abbassi i toni e l'opposizione faccia un passo indietro» ha concluso Tondo prima di andarsene “imbarazzato”. Dal canto suo Ballaman, che ha deciso di portare al voto la legge prima di passare alle interrogazioni portando la seduta a oltranza, ammette di avere “forzato il regolamento ma in maniera legittima. Prima di mettermi dalla parte della maggioranza o dell’opposizione mi metto dalla parte dei cittadini che pretendono che il Consiglio faccia il suo lavoro. Proporrò – ha concluso Ballaman – di aggiungere un giorno di lavori a ogni sessione di aula”. Per Moretton “il rumoreggiare dell'aula da parte dei consiglieri è dovuto all'inaffidabilità del presidente del Consiglio, Edouard Ballaman, che ha irritato le opposizioni per non aver mantenuto fede alla promessa di dare risposta alle interrogazioni a risposta immediata a partire dalle ore 16:40.
ROBERTO URIZIO

 

 

«Prg, vanno previste zone di recupero ambientale» - Il senatore Giulio Camber: «Materiali non pericolosi in ex cave o terreni agricoli»
 

Individuare aree nel territorio comunale dove riutilizzare i materiali non pericolosi né inquinanti provenienti da attività di scavo effettuate in città. Siano queste «cave dismesse o terreni agricoli di proprietà pubblica o di privati oggi non utilizzati, ma riattivabili», precisa il senatore Giulio Camber. Sono questi in sintesi i contenuti di un’osservazione alla variante 118 del Piano regolatore comunale presentata dallo stesso esponente del Pdl. Nel documento si chiede l’aggiunta di un articolo “Zone di recupero ambientale”, che dovrebbe recitare: «Nell’ambito del territorio comunale - è il contenuto dell’osservazione -, al fine di promuovere il riuso dei materiali non pericolosi provenienti dalle attività di scavo, il Comune procederà a individuare, previa acquisizione di conforme parere da parte della Provincia e della Regione, aree suscettibili di utilizzo per attività di recupero ambientale», in conformità alle norme vigenti.
«Ho deciso di inviare al sindaco questa osservazione come cittadino, per una questione generale, senza alcun interesse - spiega Camber -. Individuando dei siti, anche a medio e lungo periodo, si risparmierebbero spese da decine di milioni per lo smaltimento di questi materiali fuori città. A ciò si legherebbe una riduzione dell’inquinamento e del traffico prodotti dai camion che solitamente li trasportano. Ad esempio, se un proprietario si trovasse a disposizione subito un buon terreno nuovo, frutto di quanto portato via durante i lavori di scavo da un cantiere come quello di Campo Marzio o in futuro del Park San Giusto, potrebbe utilizzarlo senza doversi rivolgere altrove per acquistarlo. Lì poi qualcuno avrebbe l’opportunità di metterci un vigneto, per esempio».

(m.u.)
 

 

Pedicchio: il rigassificatore è necessario - DIBATTITO AL ROTARY SULL’IMPIANTO PROGETTATO DA GAS NATURAL
 

Il numero due di Assindustria: abbattimento dei costi dell’energia e benefici economici per la città
In un momento in cui il dibattito sul progetto di Gas Natural per il rigassificatore da costruire a Zaule è di grande attualità, a cogliere la palla al balzo per discuterne è il Rotary club Trieste. Nell'incontro conviviale organizzato all'hotel Greif Maria Theresia si sono dati appuntamento i soci e alcuni esperti.
Il proposito, come spiegato dal presidente del Rotary Trieste Pierpaolo Ferrante, è quello di dare un servizio alla città, ma anche di fare chiarezza su un argomento difficile come quello dei rigassificatori. «Trovare - ha detto Ferrante - delle posizioni comuni per esprimerle poi alla collettività».
L'intervento di apertura è stato affidato al vicepresidente di Assindustria Vittorio Pedicchio, che ha fatto il punto della situazione sulle opportunità che possono derivare dall'impianto di rigassificazione che dovrebbe essere realizzato nella zona ex Esso. «In Italia il costo unitario del gas è superiore del 40% rispetto a quello della Francia - dice Pedicchio - c'è nei nostri confronti un grande dovere da parte del Governo italiano: quello di far scendere i costi».
«Un problema che rende il nostro paese - ha sottolineato il vice di Assindustria - dipendente dall'estero, da paesi come l'Ucraina e la Russia che possono, come hanno già fatto, chiudere i rubinetti». Pedicchio si è poi soffermato sul perché sia stata data la priorità al progetto presentato dagli spagnoli di Gas Natural, che prevedono la realizzazione di un impianto on-shore. Sulla bilancia rimane ancora l'altro progetto presentato da Endesa Italia (oggi entrata in E.On) per un impianto off-shore nel Golfo di Trieste. «Le potenzialità del progetto della Gas Natural - spiega Pedicchio - si coniugano con motivazioni di carattere economico e ambientale. Dal punto di vista ambientale spetterà a spese della società la bonifica del sito inquinato».
Per quanto riguarda l'aspetto economico, secondo Pedicchio con l'impianto di rigassificazione sarà possibile ottenere un abbattimento dei costi dell'energia sia per le imprese, sia per i cittadini, oltre a rimpinguare le casse del Comune con entrate da utilizzare per scopi di pubblica utilità. Finora tutti aspetti positivi: ma rimangono ancora scoperti alcuni quesiti legati al rischio e all'impatto ambientale dell'impianto. «Ci aspettiamo - ha rimarchiato Pedicchio - che a breve Gas Natural metta in campo una strategia di comunicazione per far chiarezza anche in questi ambiti».
Ivana Gherbaz
 

 

Piante ”malefiche” si diffondono in regione - CONVEGNO AL CENTRO DIDATTICO NATURALISTICO DI BASOVIZZA
 

I mutamenti climatici e il riscaldamento complessivo della terra sono protagonisti di cambiamenti che stanno interessando il nostro territorio. Piante infestanti provenienti da altri continenti invadono la nostra regione: la loro presenza è foriera di danni per la salute umana e per l’ambiente. Di queste silenziose e inquietanti presenze si parlerà oggi, alle 18, al Centro didattico naturalistico di Basovizza. Aldo Cavani, direttore dell’Ispettorato ripartimentale delle foreste di Trieste introdurrà i lavori. Seguirà Livio Poldini, professore emerito di botanica dell’Università di Trieste, che parlerà di queste piante e dei danni che arrecano. Assieme a Poldini, Roberto Barocchi, del club “Triestebella”, illustrerà un disegno di legge con il quale contrastare l’avanzata di queste piante altamente dannose per il nostro ambiente e per la salute dell’uomo.
Ma quali sono le protagoniste di questo repentina e imprevedibile invasione verde, per molti versi simile a quella dei pesci tropicali che stanno popolando il mare Adriatico? L’Ambrosia artemisiifolia proveniente dal Sudamerica, per esempio, è una pianta erbacea molto invasiva che produce enormi quantità di polline particolarmente allergenico,e si sta diffondendo nelle aree ruderali e nei greti dei fiumi. Il Senecio inaequidens proviene invece dall’Africa; è una specie erbacea perenne, con un fiore giallo simile alle margherite che contiene dei potenti alcaloidi tossici per il fegato e particolarmente nocivi per i bambini, che si possono ritrovare nel miele e nel latte.
Il Food and Drug Administration americano ha vietato la vendita di alimenti che contengono anche solo tracce di questi alcaloidi. La specie fra queste più conosciuta anche dai triestini è l’ailanto, un albero proveniente dalla Cina caratterizzato da foglie lanceolate puzzolenti e da un legno di alcun valore pratico, che si espande e si sviluppa velocissimamente. L’ailanto, che ama i terreni poveri, ha prima invaso i bordi delle strade e ora sta invadendo anche i prati e boschi del Carso togliendo spazio alle specie autoctone e modificando il nostro paesaggio. Che fare per contrastare queste invasioni? La Regione potrebbe approvare norme di legge per la lotta a queste piante.
L’Anas, la regione, i Comuni e le Province potrebbero eliminare le piante infestanti e nocive dai bordi delle strade, le Associazioni degli agricoltori potrebbero sensibilizzare al riguardo i propri iscritti. Il Club Triestebella propone un disegno di legge regionale che dia mandato alla Regione di operare la lotta a queste piante mediante estirpazione o diserbo con prodotti non nocivi all’uomo e di fare opera di divulgazione. Nel disegno si propone inoltre di vietare la piantagione e coltivazione di queste piante, consentendo ai cittadini disposti a collaborare a questa lotta di poter procedere al riguardo.

(ma.lo.)
 

 

Acqua privatizzata, si rischiano aumenti del 300% - OGGI A UDINE IL SEMINARIO SUI RISCHI PER GLI UTENTI. NONINO (AMGA): «RINCARI INEVITABILI».
 

Scatta l’allarme superbollette. Il Centro di volontariato internazionale: «Il Parlamento deve intervenire»
TRIESTE «Il futuro dell’acqua? Con la privatizzazione costerà sempre di più». Antonio Nonino, presidente di Amga Multiservizi di Udine, non ha dubbi: «Gli investimenti si riverseranno sulle bollette». Ma di quanto? Il CeVi, Centro di volontariato internazionale, fa sapere che nel Centro Italia, lì dove la privatizzazione è già un fatto compiuto, a Latina e Arezzo per esempio, le tariffe sono aumentate del 300%.
IL DECRETO Questione legislativa. Tale da stravolgere l’impianto normativo regionale, quello che ha recepito nel 2005 la legge Galli. Nel settembre scorso, infatti, un decreto emanato dal governo, accelerando la disciplina prevista dall’articolo 23 bis della legge 133 del 2008, ha chiuso il cerchio sulla privatizzazione imponendo agli enti locali di mettere a gara il servizio idrico. In sostanza, entro il 2011, Ato e Comuni dovranno consegnare al mercato la gestione dell’acqua potabile.
IL SEMINARIO Per approfondire gli effetti di una novità epocale per il nostro Paese proprio il CeVi promuove oggi a Udine (dalle 16.30 alle 18.30), a Palazzo Florio, il seminario ”Il futuro dell’acqua in Friuli Venezia Giulia: bene comune o business per pochi?” (occasione anche per lanciare l’adesione alla campagna nazionale ”Salva l’acqua”), al quale sono invitati una trentina di amministratori locali, consiglieri regionali e parlamentari, tra gli altri Debora Serracchiani e Furio Honsell.
IN PARLAMENTO L’obiettivo, fa sapere Massimo Moretuzzo, responsabile settore acqua del CeVi, è di attivare quante più persone possibili «affinché facciano sentire la loro voce, chiedendo al Parlamento che, al momento della conversione in legge del decreto (il 3 novembre è prevista la prima discussione in Senato), il testo venga modificato togliendo l’acqua dalle privatizzazioni».
LIBERALIZZAZIONE Soluzioni alternative? Secondo Nonino la migliore è quella della liberalizzazione. «Da amministratore di un’azienda pubblica - spiega - dovrei difendere pubblicità e monopolio. Premesso questo, il tema va affrontato nel contesto storico e di evoluzione dei servizi pubblici. Nell’interesse dei cittadini si dovrebbe procedere a una liberalizzazione trasparente, regolata da un’authority realmente terza, la sola via per contenere l'inevitabile aumento delle tariffe dovuto alla nuova impostazione, soprattutto normativa».
MULTINAZIONALI Il rischio, spiega il Cevi è che con la privatizzazione i gestori locali dei servizi idrici vengano «smantellati e spazzati via da colossi multinazionali europei, che arriveranno anche nella nostra regione a occuparsi della gestione del servizio. I centri decisionali di un bene locale come l'acqua - prosegue il Centro - verranno spostati per lo meno fuori regione, se non direttamente fuori Italia e i cittadini diventeranno semplici clienti, mentre i sindaci verranno espropriati del loro ruolo di gestori delle risorse idriche del territorio».
CARABINIERI Paolo Menis (Pd) sottoscrive la preoccupazione: «È in gioco il futuro di un bene primario, la Regione deve intervenire con la massima celerità». Per evitare che, come accade a Latina, «le multinazionali mandino a casa i vigilantes armati con carabinieri al seguito per staccare i contatori di chi non riesce a pagare le super bollette».
Marco Ballico
 

 

Finanziaria, sparisce il 5 per mille La denuncia di Barbolini (Pd): la maggioranza ha votato contro
 

Tremonti sblocca i fondi del 2007
ROMA «Il Pdl e la Lega hanno affossato il cinque per mille». Così il senatore Giuliano Barbolini capogruppo del Pd in commissione Finanze che riferisce della «bocciatura, nel corso della votazione della Finanziaria in commissione, da parte della maggioranza» degli emendamenti del Pd sul cinque per mille. «Sia su quello che riprende i contenuti del ddl che istituisce la misura ”a regime” fermo in commissione da molti mesi, sia su quello che avrebbe ripristinato la copertura finanziaria per gli anni 2010, 2011 e 2012» spiega Barbolini, che accusa il centrodestra di aver «affossato una misura di grande valore etico, tesa a favorire un tessuto sociale solidale che offre servizi attraverso associazioni di volontariato, no profit, ricerca, ambientaliste». «Con evidente difficoltà e imbarazzo - sottolinea Barbolini - Pdl e Lega hanno rinviato ogni finanziamento per il cinque per mille a quando il governo disporrà delle risorse necessarie. Non vorrei che questa disponibilità derivasse dallo scudo fiscale. Non vorrei che una misura di grande qualità e importanza per i valori etici e i principi di sussidiarietà cui si ispira fosse sporcata dal denaro dello scudo proveniente da attività poco trasparenti».
«Oggi il mondo dell'associazionismo e del volontariato è stato deluso, così come milioni di persone che attendevano una risposta certa sia alle forme di sostegno alla comunità sia al riconoscimento del valore morale del loro operato» conclude Barbolini che annuncia l'intenzione del Pd di ripresentare in aula gli emendamenti bocciati.
Oltre 355 milioni in favore delle organizzazioni di volontariato, della ricerca scientifica e sanitaria: sono i fondi del 5 per mille del 2007 sbloccati invece dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti e ripartiti dall'Agenzia delle Entrate. Nella ripartizione delle somme - spiega una nota dell'Agenzia delle Entrate - il volontariato si conferma come il settore di maggior richiamo e riceverà 234,5 milioni di euro, seguito dalla ricerca sanitaria (62,9 milioni) e scientifica (57,8 milioni).
A scegliere l'opzione, 15,6 milioni di contribuenti (di cui 2,1 milioni però con dichiarazione d'imposta pari a zero e quindi irrilevante ai fini del beneficio), per un importo medio di 27,14 euro da ogni contribuente. Il cinque per mille - aggiunge la nota - fa il pieno nelle dichiarazioni 730, dove il 71,93% dei contribuenti ha effettuato una scelta, contro il 27,24% di chi ha presentato Unico. Quanto ai beneficiari, nel complesso sono 24.417, di cui 23.906 associazioni di volontariato, 425 enti e università che svolgono ricerca scientifica e 86 soggetti che svolgono ricerca sanitaria.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 ottobre 2009

 

 

CODICE DELL’EDILIZIA, OGGI L’OK FINALE - Non servono permessi per le verande, gli infissi e i depositi
 

TRIESTE Cambiare le finestre, realizzare un deposito attrezzi o una veranda, installare impianti per il risparmio energetico: tutti interventi che potranno essere realizzati come attività edilizia libera, senza la necessità del permesso a costruire nè della dichiarazione di inizio attività. Il Consiglio regionale ha approvato ieri la parte del codice dell’edilizia che sburocratizza il settore, definendo le attività libere, senza autorizzazioni se non quelle previste dalla legge nazionale relativi alla tutela dei beni culturali e del paesaggio. Rientrano gli interventi di manutenzione ordinaria, come il cambio degli infissi, l’eliminazione di barriere architettoniche, la realizzazione di pertinenze come bussole, verande e serre fino al 10% dell’esistente (che scende a 5% per edifici non residenziali) e comunque per non più di 100 metri cubi, l’installazione di pannelli solari o fotovoltaici (che non modifichino la sagoma degli edifici) e di generatori eolici non più alti di un metro mezzo e con un diametro inferiore al metro. Approvato anche l’articolo che introduce il silenzio-assenso, ovvero il permesso di costruire a 30 giorni dalla presentazione della domanda. L’approvazione della legge nel suo complesso dovrebbe arrivare durante la seduta di oggi quando l’aula sarà chiamata ad affrontare gli articoli che contengono il piano casa regionale che consentirà l’ampliamento fino a 200 metri cubi, anche nei centri storici, e del 35% solo al di fuori dei centri cittadini. La maggioranza fa quadrato intorno alla previsione di garantire la possibilità di ampliamenti per cinque anni dal momento dell’entrata in vigore della legge. Il Pd, con il relatore Giorgio Brandolin, ha proposto un emendamento per ridurre a tre anni il tempo di validità del piano casa. «Riducendo i tempi – sostiene il capogruppo del Pdl Daniele Galasso – finiremmo per escludere dalle opportunità della legge le persone maggiormente coinvolte dalla crisi mentre il piano casa è stato pensato proprio come strumento per uscire dal momento di difficoltà economica».

(r.u.)
 

 

«No alle ingerenze di Lubiana sul Prg» - Camber e Brandi: invasione di campo. Dipiazza: se i capigruppo devono dirmi qualcosa mi chiamino
 

Il sindaco Dipiazza fa la pace con gli sloveni sul piano regolatore? Bene, anzi, male. Perché gli si è subito aperto un fronte di contestazione, per giunta interno, che vede nel suo confronto con le associazioni della minoranza alla presenza del console generale di Lubiana, Vlasta Pelikan, «una spaventosa invasione di campo». Parola di Piero Camber e Angela Brandi, i due capigruppo in Consiglio comunale di Forza Italia e di An, che in un’acida nota ribadiscono «la netta contrarietà a qualsiasi ingerenza di uno stato straniero nelle vicende che interessano esclusivamente Trieste, il suo territorio e lo stato italiano, che si tratti del piano regolatore come del rigassificatore». Come dire, ognuno balli con sua zia e cerchiamo un po’ di rispettare i ruoli.
«Io capisco la tutela della lingua, la toponomastica, le scuole, le altre tematiche relative alla minoranza – chiosa Piero Camber – ma che uno intervenga per rendere certe zone edificabili per gli sloveni del Carso, che evidentemente sono cittadini di serie A, mi sembra inaccettabile. Siamo disposti ad ascoltare le richieste di chiunque, è un discorso di gestione del territorio. Qui non si vuole né premiare né punire alcuno, e anzi aspettiamo il 25 novembre, termine ultimo per la presentazione delle opposizioni e delle osservazioni al piano regolatore da parte dei cittadini. Certo, ci chiediamo entrambi quando il console italiano verrà invitato a parlare del piano regolatore di Capodistria o di Lubiana...».
«È stata una pesante ingerenza che non è tollerabile. Ovvio – aggiunge Angela Brandi – che le parole del sindaco sono state male interpretate, evidentemente, era un incontro di buon vicinato non altro. Perché non dimentichiamoci che l’ultima parola spetta al consiglio comunale e quindi ai cittadini. A buon intenditor...».
Il sindaco sembra peraltro di una calma olimpica e non si fa coinvolgere. Salvo tirare in ballo vecchie critiche a esponenti sloveni. «Il problema di base è che Milkovic (Marko, presidente della circoscrizione Altipiano est, ndr) e altre persone danno informazioni prive di fondamento. Hanno parlato di 80 milioni di meno di valore sul Carso... Ma tutti parlano perché hanno la bocca per parlare o fanno politica. Ai rappresentanti degli sloveni ho spiegato nei dettagli il prg ed erano tutti soddisfatti. Peraltro mi chiedo: prima quando sono state fatte 400 case a Opicina dove erano, tutti zitti?».
Veleno nella coda, non manca una vis polemica nei confronti dei due capigruppo. «Camber e la Brandi – avvisa Dipiazza – prima di fare un comunicato, se hanno qualcosa da dirmi mi chiamino. Se cominciano così faccio anch’io un comunicato al giorno, ma è un comportamento che non esiste. Facciano un drin: il telefono allunga la vita...».
FURIO BALDASSI

 

 

TRENITALIA - «Il sito oscura i treni meno cari»
 

TRIESTE I treni regionali ”scompaiono” dall’orario di Trenitalia, cedendo il passo a Intercity o Eurostar, e rispuntano solo se si effettua una ricerca mirata. A denunciarlo è il Comitato pendolari del Friuli Venezia Giulia. Un esempio? Impostando sul sito di Trenitalia il viaggio Udine-Bologna centrale, con l’obiettivo di spendere poco e utilizzare treni regionali Udine-Mestre e Mestre-Bologna, tale collegamento non viene visualizzato: «Appaiono sul sito solo collegamenti Regionale ed Eurostar oppure Regionale e Intercity. La soluzione desiderata si visualizza solo se si imposta la ricerca indicando le opzioni dei tempi di percorrenza o per numero di cambi. Ma certo non è una cosa intuitiva» spiega Marco Chiandoni, l’ex presidente del Comitato Pendolari.
«L’unico modo per arrivare a visualizzare anche questa opzione è il tasto ”Tutte le soluzioni” che non è intuitivo». Il Comitato Pendolari ritiene questo un segnale del fatto che c’è ancora del lavoro da fare per rendere efficiente e trasparente la comunicazione di Trenitalia. «Altra pecca del sito – continua Chiandoni – è che non è possibile conoscere la tariffa dei treni interregionali».

(e.o.)
 

 

Francovez, ultima chance per la ”differenziata” - LA QUERELLE RIFIUTI - Il Comune di San Dorligo cercherà un accordo con i 50 condomini
 

SAN DORLIGO Gli oltre cinquanta condomini di Francovez che non hanno mai applicato la raccolta differenziata dei rifiuti “porta a porta” avranno ancora una possibilità per cercare un accordo con il Comune di San Dorligo della Valle. E' questo il responso emerso dall'accesa assemblea indetta ieri pomeriggio nella sala consiliare del municipio nella quale il vice sindaco Antonio Ghersinich e l'assessore ai Servizi esterni Elisabetta Sormani hanno incontrato i residenti dei numeri civici 411, 412 e 413 della frazione di Francovez, i condomini che di fatto, sino ad ora, sono gli unici nel territorio di San Dorligo a non aver mai applicato la raccolta differenziata dei rifiuti a ben due anni dalla sua attivazione. Alla rigida posizione assunta dall'assessore Sormani, che aveva dichiarato - in accordo con il sindaco Fulvia Premolin - che «i residenti avrebbero dovuto adeguarsi alla legge in vigore sulla raccolta dei rifiuti», a mediare tra le due parti è stato il vicesindaco Antonio Ghersinich che ha annunciato che la vicenda verrà nuovamente analizzata dalla Giunta e che nel frattempo i residenti potranno proporre delle soluzioni alternative a quella presentata dalla Sormani. In platea era presente all'assemblea il capogruppo di Uniti nelle Tradizioni Boris Gombac, rimasto nell'aula nonostante la richiesta di allontanamento avanzata da parte della Sormani riguardante «tutte le persone non coinvolte direttamente nella vicenda»: «Finalmente i nostri concittadini coinvolti in questa vicenda potranno fare le loro rimostranze avanzando delle controproposte al diktat imposto dall'assessore Sormani», ha commentato Gombac, il quale è rimasto in aula vista la non contrarietà dei residenti. Non particolarmente soddisfatta invece dell'esito dell'assemblea il sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin: «L'unico modo per raggiungere la percentuale di rifiuti indifferenziati richiesta dalle norme europee è quella di utilizzare il porta a porta, quindi anche i cittadini di Francovez dovranno adeguarsi di conseguenza, ad ogni modo daremo loro ancora una possibilità per chiudere definitivamente la querelle».
Riccardo Tosques
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 28 ottobre 2009

 

 

Trenitalia, aumentano le "Frecce" - "Attenzione al nordest e ai pendolari"
 

Le nuove offerte di Trenitalia, che diventa competitiva anche sul Roma-Torino e sul Roma-Bari
ROMA - Roma-Milano in tre ore, Milano-Napoli e Torino-Roma in 4 ore e 10 minuti, Bologna-Firenze in 37 minuti. Il prossimo 13 dicembre parte il nuovo orario ferroviario 2010 di Trenitalia, che inaugura il sistema delle Frecce (Rossa e Argento) aumentando frequenza e velocità e qualità nei collegamenti. Ad annunciarlo è l'amministratore delegato di Fs Mauro Moretti.
Con l'inagurazione della nuova offerta commerciale, la flotta degli Etr 500 Frecciarossa tra Roma e Milano arriverà a 72 treni. Di questi, 28 Eurostar AV permetteranno di unire la Capitale al cuore finanziario dell'Italia in 2 ore e 59 minuti senza fermate intermedie, grazie all'apertura della nuova linea Bologna-Firenze. Il tratto, che si sviluppa quasi del tutto in galleria per 79 chilometri, consente velocità di esercizio sull'ordine dei 300 all'ora.
Nelle fasce di maggior traffico ci sarà un Frecciarossa in partenza ogni 15 minuti, con orari contemporanei nelle due stazioni di Roma Termini e Milano Centrale e facili da memorizzare (partenze ai minuti 00, 15 e 30). Le ultime corse utili sono fissate per le 21.
Tra Milano e Napoli i Frecciarossa saranno 36 al giorno. I tempi di percorrenza variano da 4 ore e 10 senza fermate intermedie a 4 ore e 25 con un'unica fermata a Roma, 4 e 55 con fermate a Bologna Centrale, Firenze Santa Maria Novella e Roma Termini. Gli Etr 500 impiegheranno 4 ore e 10 anche da Roma a Torino, mentre sulla Bologna-Firenze si uniranno agli Etr 600 Frecciargento per coprire il percorso in soli 37 minuti con 70 treni al giorno. Infine, scenderà a un'ora e 10 il collegamento tra Roma e Napoli, con l'apertura del tratto ferroviario di penetrazione urbana Gricignano-Napoli.
Buona l'attenzione a Nord-Est, con quattro Frecciargento tra Roma e Venezia da 3 ore e 15 e sei tra Roma e Verona da tre ore esatte, di cui due prolungati su Brescia. Le destinazioni di Venezia e Verona assicureranno il proseguimento su treni coincidenti rispettivamente verso le direttrici Udine-Trieste e Trento-Bolzano.
Novità anche per il Sud Italia, dove dal 13 dicembre partiranno due Eurostar Fast Roma-Bari da 3 ore e 59 minuti, mentre il Frecciargento raddoppierà le sue corse Fast verso la Calabria: passeranno da due a quattro, infatti, gli Etr tra Roma e Lamezia Terme, di cui uno con proseguimento su Reggio. Sul paventato taglio dei treni notturni verso Calabria e Sicilia, Moretti parla di "un contratto che si sta facendo con lo Stato e che mantiene sostanzialmente i treni che ci sono".
I prezzi del nuovo programma Alta Velocità, riferiti alle tariffe base di seconda classe, variano da 57 a 98 euro a persona, ma Trenitalia ha messo in campo una notevole serie di offerte e promozioni a seconda dell'anticipo con cui si prenota, oltre al blocco dei prezzi in prima classe e alla tariffa fissa di 48 euro in seconda fino al 28 febbraio.
Per quanto riguarda i pendolari, Moretti conferma quanto comunicato a settembre, cioè lo stanziamento di due miliardi di euro per l'acquisto di nuovi treni. "Le gare sono già partite - afferma il numero uno di Fs - alcune sono già state attivate. Abbiamo in agenda 100 locomotive per il trasporto locale, più un'opzione da 150. Sono anche partite le gare per le carrozze a due piani, e aspettiamo le offerte per la seconda metà di novembre".
Il completamento di tutto il sistema Alta Velocità Torino-Milano-Roma, aumentando la capacità concorrenziale del treno nei confronti dell'aereo, farà pendere ancor di più la bilancia ecologica a favore delle ferrovie. Nel 2008, grazie al trasferimento di quote di mercato dalla strada alla rotaia, nell'aria sono state riversate 27 mila tonnellate in meno di anidride carbonica. L'anno scorso, ogni giorno, 100 mila pendolari in più rispetto al 2007 hanno scelto di spostarsi con i treni locali: il che significa l'equivalente di 65 mila viaggi al giorno in auto. Sul fronte del risparmio energetico, il treno consuma il 91% in meno dell'aereo, il 77% in meno dei camion e il 68% in meno dell'auto; abbattendo in misura drastica i valori delle polveri sottili, incide solo in minima parte sul riscaldamento del pianeta. Tutti questi dati, dal 13 dicembre, saranno evidenziati - oltre a quelli di viaggio - sui biglietti ferroviari, come anticipato da Repubblica: ogni passeggero saprà con esattezza quante emissioni in CO2 avrà risparmiato all'ambiente scegliendo il treno. L'energia risparmiata sarà poi convertita in punti verdi, con premi in biglietti gratuiti, sconti e cambi di classe.
Gli annunci di Moretti non piaccioni ai consumatori. "Si chieda ai pendolari se per loro la situazione è migliorata" afferma Lorenzo Miozzi, presidente del Movimento Consumatori. La netta impressione è che si vada avanti solo per una strada, ignorando i disservizi che quotidianamente devono subire le persone che viaggiano in treno. "Ogni giorno - spiega Miozzi - riceviamo segnalazioni dai cittadini di ritardi, di vetture affollate e sporche, di bagni impraticabili o non funzionanti".
VINCENZO FOTI
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 ottobre 2009

 

 

LA POLEMICA SUL PIANO REGOLATORE - Dipiazza fa pace con gli sloveni «Padriciano, si può cambiare»
 

All’incontro presente anche il console Vlasta Pelikan
Qualcuno non lo sapeva, e qualcun’altro preferiva che non si sapesse. In questo spazio, stranamente riservato (ma alla fine non tanto), il sindaco Dipiazza ha fatto ieri pace con i rappresentanti della minoranza slovena in materia di Piano Regolatore. Ovviamente, la «Pax» riguarda solo chi ha trascorso un’ora e mezzo a parlare di Carso, di Padriciano, di caserma di Banne, di legge di tutela davanti a due illustrissime convitate: il console generale di Slovenia, Vlasta Pelikan, il console sloveno, Bojana Cipot.
Con loro si sono ritrovati i rappresentanti dell’Unione delle associazioni culturali slovene, Rudi Pavsic, e il presidente della Confederazione delle organizzazioni slovene, Drago Stoka. Il sindaco afferma di aver quindi deciso, per non dover riferire a posteriori, di invitare anche i tre consiglieri comunali che fanno parte della minoranza slovena e, cioè, Stefano Ukmar (Pd), Iztok Furlanic (Rifondazione) e Igor Svab (Pd-Unione slovena).
Risultato in sintesi? Pavsic e Stoka hanno appreso che il sindaco è disposto a tener conto delle esigenze abitative e produttive del Carso e, persino, a rivedere i piani sul chiacchieratissimo terreno di Padriciano destinato ai golfisti. Li ha convinti che si tratta di gente «benestante», che fa bene all’economia, ma anche aggiunto che se c’è un’opposizione fondata si può cambiare idea. Dipiazza (che ha, tra tante, anche la delega alle Legge 21 sulla minoranza) ha accettato l’idea che è meglio concordare di più, interpellare di più.
Ukmar, quello cui meno piace il fatto che l’incontro a porte chiuse sia diventato di dominio pubblico, e che è più «partitico» che «etnico», afferma che ormai in quest’epoca la tutela della minoranza non può essere «territorializzata». Ma apprezza che il sindaco non sia più così netto sulla non edificabilità in Carso, a beneficio delle famigliole. Tranne che alla contestata caserma di Banne. Furlanic ha preso nota che il sindaco ha annunciato l’ingresso di un esponente sloveno nella Commissione paesaggio. I due consoli - si dice - diplomaticamente, come di dovere, hanno affermato di «seguire con interesse» la materia, pur tenendosene fuori.
Per tutti, comunque, «un bell’incontro, chiaro, fruttuoso, costruttivo». Per Dipiazza un gran momento favorevole, dopo le pesanti accuse arrivate dal parlamentino di Altipiano Est, ma soprattutto dall’Unione slovena, col segretario Peter Mocnik, che aveva minacciato ricorso al Tar. «Mi ha fatto molto piacere questa conversazione - afferma -, è piaciuta la mia idea di Carso senza confini da una parte e dall’altra e quella di farne un luogo di grandi collaborazioni, una sorta di ”Austria” e di ”Toscana”, sono convinto che dialoghi come questi vadano fatti più spesso».
Ma è proprio nell’evento organizzato che vengono, o restano, in luce le differenze. Mocnik (di cui il consigliere Svab è il braccio destro) rappresenta l’area più dura del movimento, per il Prg in costruzione era stata anche fatta arrivare voce di presunti «danni» per gli sloveni del Carso fino a Lubiana. Che aveva rimandato parola all’Unione europea. Che aveva richiamato l’Italia. Insomma, da un lato un incidente diplomatico e dall’altro una sorta di «ingerenza» di uno Stato (come disse la maggioranza comunale) nelle vicende interne di una città. Le più soddisfatte, invece, sono le organizzazioni culturali, che hanno da un po’ di tempo preso in mano le grane più serie della comunità slovena, e che sono entrate in campo sui debiti del Teatro sloveno, rompendo il fronte del «dammi» e «non ti do», e decidendo per una verifica dei bilanci. «Noi - dice Pavsic - siamo più o meno un sindacato etnico». «Mi piace molto Pavsic - fa eco il sindaco - è persona di grandissima intelligenza». Quanto alle scelte territoriali, «quando riesco a spiegarmi - prosegue Dipiazza - tutti capiscono quello che voglio fare e mi riconoscono ragione, ma il tempo per spiegare tutto non c’è».
In concreto, questo abboccamento porterà a un risultato. Che le opposizioni presentate da cittadini sloveni del Carso, che chiederanno di poter ampliare, per buoni motivi, la casa su terreno ieri edificabile, ma oggi dal nuovo documento reso inedificabile, saranno probabilmente accettate. Su Banne, la caserma il cui valore aggiunto con la trasformazione in residenziale è stato parte del baratto col Demanio, Dipiazza si è però mostrato non convincibile, non trattabile, e nemmeno discutibile. Banne - se sarà realizzato il comprensorio - raddoppierà gli abitanti e punto, pazienza.
GABRIELLA ZIANI

 

 

Stagni del Carso: via alla pulizia
 

MONRUPINO Gruppo tutori degli stagni di Trieste e Protezione civile di Monrupino insieme per ripulire gli specchi lacustri del Carso. Per la prima volta i due enti hanno stipulato un rapporto di collaborazione qualche giorno fa, occupandosi della bonifica dello stagno 10 situato nella zona del Col dell'Anitra. «Nello stagno erano presenti vari rottami metallici abbandonati da anni, la situazione è stata dunque segnalata dal nostro gruppo alla Protezione civile che si è prontamente attivata», ha spiegato Gaia Fior, membro del Gruppo tutori stagni e zone umide Friuli Venezia Giulia. «Lo stagno in questione è molto importante sia per la sua lunga tradizione legata al paese - ha aggiunto la Fior - sia per la presenza di svariate specie di anfibi di grande interesse naturalistico». I lavori sono durati complessivamente sei ore ed hanno interessato due membri della Protezione civile di Monrupino con tanto di mezzi di trasporto. «Il territorio del Carso brulicava di stagni, ora bisogna cercarli con il lanternino», ha commentato malinconicamente il coordinatore della Protezione civile di Monrupino, Angelo Barani. Su indicazione degli anziani del luogo il gruppo dei tutori degli stagni dovrebbe ora, entro breve, provvedere alla ricostruzione del muretto che divideva il pozzo preesistente dallo stagno, ridando la fisionomia originale al sito. Tra i prossimi interventi, un lavoro di pulizia dello stagno sito vicino alla frazione di Col di proprietà degli Usi civici di Vogliano.

(r.t.)
 

 

Il cubo vede l’inquinamento - È L’UV POMO MESSO A PUNTO A TRIESTE
 

Pare un cubo di 30 centimetri di lato, ma è un sofisticato sistema di rilevamento che capta film di idrocarburi spessi pochi micron sulla superficie marina. Si chiama UltraViolet Pollution Monitor, e individua gli inquinanti con sensori che lavorano nell’ultravioletto. Messo a punto dal Centro di Ricerca Avanzata per l’Ottica Spaziale - azienda triestina di Area Sciente Park che opera nel settore dell’elettro-ottica per lo spazio, specializzatasi anche in apparecchiature e tecnologie applicabili sulla Terra - UV PoMo potrà soddisfare le richieste di sicurezza marina di oltre 250 autorità portuali europee, oltre che italiane.
«UV PoMo – spiega Paolo Trampus, direttore di Carso – è nato da una richiesta dell’Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, cui serviva un’apparecchiatura facile da usare per mappare rapidamente un territorio dall’alto. È figlio di Uvstar, strumento che abbiamo realizzato in quattro anni di lavoro, e testato in tre voli sullo Space Shuttle. Così, adattando a esigenze terrene una tecnologia pensata per lo spazio, abbiamo ottenuto un risultato in tempi relativamente rapidi: un anno di ore/uomo».
Prima di essere installato su aeromobili simili a quelli da turismo UV PoMo viene programmato da un operatore. Una volta a bordo, l’apparecchio lavora in autonomia raccogliendo le informazioni che l’operatore analizzerà a terra.

(c.ser.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA di LEGAMBIENTE, WWF, ITALIA NOSTRA - MARTEDI', 27 ottobre 2009

 

 

Il “Codice regionale dell’edilizia”: verso un abusivismo legalizzato?
 

Le associazioni WWF, Legambiente, Italia Nostra e LIPU, considerati i contenuti del Ddlr 80 “Codice dell’edilizia”, che per come si sta delineando, avrà effetti molto negativi per l’ambiente e il territorio del Friuli Venezia Giulia, propongono le seguenti riflessioni.
In primo luogo manca una concreta politica anticrisi: l’unica politica rinvenibile nel ddlr 80 è quella di concedere in deroga a tutti la possibilità di edificare metri cubi aggiuntivi per un periodo di 5 anni, il che sembra effettivamente troppo poco per un provvedimento efficace contro la crisi economica in atto. Oltretutto si tratterebbe di norme applicabili anche agli edifici abusivi, cioè un premio a chi fa il furbo e non rispetta le regole.
Manca altresì un minimo di accenno a politiche di facilitazione per la vendita o l’affitto delle case esistenti; a tale proposito si ricorda che in Friuli Venezia Giulia ci sono 41 mila case disabitate, secondo Assoedilizia; perché allora continuare a edificare e ampliare case e appartamenti, quando quelli che ci sono già restano vuoti ad invecchiare senza alcun utilizzo concreto?
Entrando nel dettaglio, il ddlr 80 – che verrà discusso in questi giorni dal Consiglio regionale – prevede la deroga generalizzata e selvaggia ai piani regolatori, procedure sbrigative per l’approvazione di opere pubbliche comunali (scavalcando di fatto anche i vincoli paesaggistici, architettonici e ambientali), con aumenti fino al 35% delle cubature degli edifici residenziali e ricettivi al di fuori dei centri storici (Zone A e B0), mentre all’interno di questi sono ammessi comunque ampliamenti fino a 200 metri cubi per un’altezza massima di 6 piani. Un insieme di deroghe che dovrebbe protrarsi per 5 anni: termine troppo lungo, che dovrebbe essere drasticamente ridotto, stante il rischio di innescare fenomeni di “speculazione edilizia autorizzata”.
Altra nota dolente: si prevedono sopraelevazioni degli edifici, all’unica condizione che si tenga conto delle normative antisismiche e di sicurezza statica. Ma chi verificherà questi aumenti volumetrici, se la norma non prevede alcuno strumento di controllo? Inoltre le sopraelevazioni dovrebbero corrispondere ad interventi sulle fondazioni, per consentire di sopportarne il peso, ma allora, oltre alle sopraelevazioni, gli edifici dovrebbero subire anche interventi alla struttura portante: a quali costi? Ci sono gli spazi tecnici per realizzare gli interventi? E che impatto avranno sugli edifici circostanti?
Il ddlr 80 prevede inoltre che i servizi per il mantenimento degli standard urbanistici non possano essere realizzati dov’è avvenuto l’aumento di cubatura dell’edificio, ma si possano localizzare in un raggio non superiore ad un chilometro. Nei piccoli centri tale distanza significa dall’altra parte del paese; inoltre, se gli aumenti di cubatura riguardano più edifici nella stessa area, come si calcolerà questa sommatoria di servizi aggiuntivi da realizzare? Chi la farà? Ci saranno abbastanza aree nel raggio di un chilometro per soddisfare tutte le richieste di aree a servizi?
L’articolo 60 prevede che chi demolisce, totalmente o in parte, un edificio o una serie di edifici non coerenti con le caratteristiche storiche, architettoniche o paesaggistico-ambientali individuate dagli strumenti urbanistici comunali, li possa ricostruire in un’altra area aumentata del 50%: così si incrementerebbero però notevolmente sia le speculazioni immobiliari, sia il consumo del territorio.
Il disegno di legge dovrebbe semmai mirare alla qualità dell’edificato e a un aumento controllato delle cubature, gestito dalle amministrazioni locali, in aree dove questo aumento è possibile e verificato; inoltre dovrebbe occuparsi della riqualificazione delle aree urbane degradate e dismesse e del patrimonio edilizio inutilizzato, che rappresenta un’opportunità insediativa da sfruttare.
Il ddlr 80 rappresenta quindi un nuovo colpo all’ambiente naturale e al territorio agricolo: l’aumento di cubatura degli edifici si tradurrà in maggior traffico sugli assi viari esistenti (non progettati per tale aumento), in una diminuzione degli spazi per servizi pubblici procapite e quindi in una minore qualità della vita per tutti. Inoltre, gli aumenti previsti incideranno sulla qualità del patrimonio edilizio urbano: in assenza di controlli, potranno esserci interventi che stonano architettonicamente con il costruito.
Sarebbe opportuno che venisse prevista almeno la facoltà per i Comuni di adottare o meno le deroghe ai propri Piani regolatori: in assenza di ciò, anche piani attenti alla qualità ambientale e paesaggistica del territorio (o che riducono sensibilmente le volumetrie edificabili, come quello di recente adottato dal Comune di Trieste) verrebbero vanificati, senza che il Comune abbia la possibilità di opporvisi.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 ottobre 2009

 

 

INDAGINE DI LEGAMBIENTE- Gorizia nella «top ten» della qualità ambientale - Decisivi il calo registrato delle polveri sottili e l’aumento della differenziata

 
il rapporto di LEGAMBIENTE (
6.530KB)

GORIZIA Un balzo in avanti di 29 posizioni e Gorizia entra nella top ten delle città più attente all’ambiente in Italia. A permettere questa performance sono soprattutto due dati: quello relativo alle polveri sottili e quello relativo alla raccolta differenziata. Da sole, le due voci pesano sul risultato finale per il 20% del totale; nel primo caso il capoluogo isontino occupa la settima posizione, nel secondo la sesta.
A dare i voti e mettere in fila i 103 capoluoghi di provincia della Penisola è come ogni anno la ricerca “Ecosistema urbano” realizzata da Legambiente insieme all’Istituto di ricerca Ambiente Italia e al quotidiano economico Il Sole 24 Ore. I dati si basano su 125 parametri ambientali raccolti con questionari e interviste ma anche da altre fonti statistiche esterne alle amministrazioni pubbliche interessate. Le diverse voci sono state sintetizzate in 27 indicatori ai quali sono state poi aggiunte le capacità di risposta degli enti ai questionari inviati. Le singole voci hanno poi permesso di stilare la classifica finale.
Nel complesso, secondo Legambiente, c’è un “timido progresso”, ma nel 2008 la fotografia dell’ambiente nelle città italiane non muta rispetto al 2007. La classifica generale vede il dominio del nord. Verbania guida la classifica davanti a Belluno (spodestata dopo due anni) e a Parma. Per quanto riguarda invece la pattuglia regionale Gorizia è di gran lunga il capoluogo più vivibile del Friuli Venezia Giulia. Trieste è ventitreesimo (+27 posizioni), Udine è trentatreesimo (-11) e Pordenone trentasettesimo (+25).
Entrando nello specifico delle singole classifiche, la prestazione migliore del capoluogo isontino è quella ottenuta per le certificazioni ambientali Iso 14001.
 

 

La protesta di Fogar: non mi curo più - Gesto estremo contro Comune e Regione: «Ferriera, anni di promesse ma è sempre lì»

L’ex presidente del Miani chiede un nuovo tavolo
Ha deciso di smettere, da subito, l’assunzione dei farmaci salvavita che dall’88 ad oggi gli hanno consentito di convivere con le sue patologie. Sul medio termine, praticamente un suicidio. Di sicuro una protesta forte, finale. Contro Regione e Comune che, a suo dire, sul caso Ferriera ci hanno solo marciato politicamente, senza alcuna idea precisa. Tranne quella di segare la sua ”creatura”, il circolo Miani, che ha avuto il diritto di primogenitura nel sollevare la questione. Maurizio Fogar si conferma personaggio estremo. Sollevato il polverone (è il caso di dirlo...) di Servola, dato vita a un poco fortunato movimento politico (La tua Trieste), scatenata la folla sulla, diciamo così, scarsa salubrità di Valmaura e zone limitrofe, dopo un giro a 360 gradi si è reso evidentemente conto di essere tornato al punto di partenza. Nel senso che nulla si è mosso. «Ma ve lo ricordate il sindaco Dipiazza nel 2001 – ha esordito – che prometteva di chiudere la Ferriera in pochi mesi e di non aprire mai la terza linea dell’inceneritore? E Tondo, alla tornata elettorale per la Regione, che diceva la stessa cosa e assicurava l’impegno prioritario per Servola? Peccato che la terza linea sia già in funzione e la Ferriera lo sia sempre stata...».
A detta di Fogar, insomma, le sue pubbliche campagne di sensibilizzazione non sarebbero state gradite ai piani alti e ci sarebbe stato, anzi, «un accanimento terapeutico» contro il suo circolo. «Sembra che la precedenza – ha scherzato – sia quella di chiudere il ”Miani” e non la Ferriera». Di qui il racconto dei contributi tagliati dalla Regione, col risultato di azzerare praticamente l’attività, con un gesto unilaterale che «ha sollevato solo la protesta di Rifondazione comunista e della Lega Nord».
Fogar accredita alle due amministrazioni di centrodestra, tout court, un vero fallimento politico «perchè nell’arco di 25 tavoli non si è riusciti neanche a individuare un percorso di ricollocazione per 5-600 persone». E pertanto chiede, per fermare la sua protesta finale, almeno un... ventiseiesimo tavolo, «una conferenza dei servizi con tutti i soggetti interessati». Oltrechè, ovviamente, il ripristino dei finanziamenti al ”Miani”, «dove sono stati di casa per anni Enzo Tortora, Gherardo Colombo, Adriano Sofri, Nando Dalla Chiesa e decine di altri». «Checchè se ne dica – ha polemizzato Fogar – la magistratura non ha accertato nessun caso di malversazione economica nel nostro circolo ma lavora ancora soltanto su un problema di consiglio direttivo. Dal dicembre 2008, comunque, non sono più presidente e comunque la Regione, che ha minacciato di rivalersi come parte civile, potrà prendersela solo con me. Sarà un confronto interessante».
Una prima solidarietà arriverà oggi alle 18 nella sede di via Valmaura 77, con una riunione congiunta del Circolo Miani, Servola Respira, La Tua Muggia e il Coordinamento dei Comitati di quartiere, che appoggeranno la battaglia di Fogar, «una scelta ragionata per mettere le istituzioni di fronte alle loro responsabilità».
FURIO BALDASSI

 

 

Oltre cinquemila gli esposti all’amianto - Il numero dei triestini iscritti nell’apposito registro costituisce un triste record
 

Inaugurato un laboratorio dell’Azienda sanitaria nel padiglione Sai all’ex Opp
Trieste e Gorizia sono le due città che in Italia registrano il più alto numero di morti per patologie legate all'amianto. Una sostanza altamente nociva, il cui uso è stato vietato agli inizi degli anni Novanta e che è stata molto utilizzata soprattutto nei cantieri navali di Monfalcone e nel porto triestino. Oggi, secondo i dati forniti dalla Commissione regionale amianto, sono 8251 le persone iscritte al registro esposti all'amianto, di cui 5440 solo nella provincia di Trieste, mentre sono 951 le denunce per malattie collegate all'asbesto.
Dati che sono stati esposti al convegno "L'amianto nella provincia di Trieste" organizzato dall'Azienda per i servizi sanitari triestina. All'incontro è stato presentato anche il progetto sostenuto dalla Regione in collaborazione con le aziende sanitarie di Trieste e di Gorizia per la realizzazione di un Libro Bianco degli esposti all'amianto. Il progetto ha lo scopo di raccogliere i dati provenienti dalle diverse istituzioni pubbliche (Inps, Università, Inail) e aggregarli a quelli già in possesso dai Dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie. Ciò consentirà una mappatura più precisa di tutti i lavoratori esposti all'amianto.
Attraverso la realizzazione di una banca dati, gli enti coinvolti potranno inserire le informazioni in loro possesso oltre che accedere ai dati utili per la ricerca. Questo sistema, consentirà di semplificare le procedure burocratiche e garantire un intervento più tempestivo da parte degli enti in favore dei lavoratori, soprattutto se malati. Sarà possibile anche avere un elenco delle aziende che hanno utilizzato materiali contenenti asbesto o, che in caso di bonifica, hanno manipolato l'amianto. Il progetto oltre ad evidenziare l'impatto sociale del fenomeno, andrà a colmare quell'assenza di collegamento tra enti coinvolti nelle problematiche legate all'amianto. Oltre a ciò l'Azienda sanitaria triestina è attiva da più trentanni sul fronte delle bonifiche. Il Dipartimento di prevenzione si occupa dei controlli per la sicurezza negli ambienti di lavoro attraverso la ricerca di fibre di amianto nei cantieri edili dove sono in corso interventi di abbattimento di edifici a rischio.
Ieri è stata anche l'occasione per inaugurare il nuovo laboratorio per l'amianto dell'Azienda sanitaria che trova spazio al pianoterra del Padiglione Sai, nel parco di San Giovanni. Mentre nello spazio Villas, sempre nel parco di San Giovanni, è stata inaugurata la mostra fotografica "Istantanea sul lavoro", una raccolta di fotografie che raccontano la Trieste dei cantieri, ma anche gli importanti interventi di bonifica realizzati in città nel corso degli anni. La mostra sarà visitabile da martedì a venerdì dalle 16 alle 20 fino al 20 novembre.
Ivana Gherbaz
 

 

Francovez, è battaglia sui rifiuti - Chiesto lo spostamento dei cassonetti che raccolgono l’immondizia - DOPO LA POLEMICA SULLA ”DIFFERENZIATA”
 

Gli inquilini contestano i forti odori rilasciati dal pattume
SAN DORLIGO Si complica ulteriormente la già intricata vicenda della raccolta dei rifiuti “porta a porta” nella frazione di Francovez. Dopo il braccio di ferro venutosi a creare tra gli oltre cinquanta condomini dei numeri civici 411, 412 e 413 e l'amministrazione comunale di San Dorligo in seguito al diniego da parte dei residenti di ospitare su aree proprie i bidoni per la raccolta dei rifiuti, (di fatto i tre condomini di Francovez sono gli unici stabili dell'intero comune a non aver ancora applicato la raccolta differenziata dei rifiuti a ben due anni dalla sua attivazione) nella vicenda ora si sono inseriti anche gli altri cittadini del borgo.
Con una lettera indirizzata al Comune una ventina di rappresentanti che vivono nei pressi dei tre condomini hanno ufficialmente chiesto lo spostamento immediato dei cassonetti attualmente posti lungo la strada pubblica ed utilizzati per gettare tutte le immondizie dei tre condomini.
I TRE CONDOMINI Mancanza di spazio negli appartamenti, nelle aree di proprietà adiacenti, ma anche forti odori. Queste le motivazioni con le quali i cinquanta residenti dei civici 411, 412 e 413 non hanno mai accettato i tre bidoni della raccolta differenziata. In alternativa i residenti hanno chiesto al Comune di poter usufruire gratuitamente di un'area di uso pubblico, corrispondente alla zona nella quale attualmente sono collocati i bidoni per le immondizie, creando così una vera e propria piazzola ecologica.
IL COMUNE Dinnanzi a tale situazione l'assessore comunale ai Servizi esterni Elisabetta Sormani, dopo aver proposto (con secca bocciatura da parte dei diretti interessati) di posizionare i cassoni all'interno delle singole abitazioni oppure di attrezzare delle apposite aree private di pertinenza dell'immobile, aveva offerto la propria disponibilità per concedere uno spazio pubblico creando un'isola ecologica, ma a pagamento. Lo scenario però, dopo la lettera di proteste da parte degli altri residenti di Francovez che hanno chiesto la rimozione degli attuali bidoni della spazzatura lungo la strada pubblica, è cambiato: «Ora devo tenere conto della volontà anche degli altri cittadini del borgo e quindi sarà alquanto difficile fare delle deroghe esclusive poiché le regole valgono per tutti», ha spiegato la Sormani. Lo stesso assessore ha poi annunciato che per trovare una soluzione definitiva a questa vicenda ha indetto un incontro pubblico in Municipio previsto per le 17.30 del 28 ottobre nel quale saranno coinvolti tutte le parti interessate.
Riccardo Tosques
 

 

SEGNALAZIONI - «Il rigassificatore di Rovigo: una politica energetica inutile e costosa»

 

Il rigassificatore di Porto Levante (Rovigo) non tragga in inganno : avrà, forse, costantemente il Gnl (gas naturale liquefatto) per poter funzionare, ma questo rigassificatore, primo e unico modello sperimentale al mondo, è il risultato di una società internazionale: l’Adriatic Lng, controllata al 45% dal Qatar Terminal Limited, un ulteriore 45% dalla Exxon Mobil Italiana gas ed il rimanente 10% dall’italiana Edison. Dicemmo in apertura «non tragga in inganno». Facevamo riferimento soltanto al trionfalismo smodato su questo mostro d’acciaio e cemento da parte dei «furbacchioni» che non perdono occasione per inneggiare allo scopo raggiunto: «Chissenefrega dei rischi noi pensiamo al business!».
Parleremo ancora di tutti i costi pendenti sulla «gobba dei cittadini», del relativo pericolo che la struttura comporta e dell’alto tasso d’inquinamento del mare e dell’aria che, ai fini dell’effetto serra, è assai più pesante di quello legato alla CO2.
Per il momento ci limitiamo a segnalarvi che i rifornimenti di Gnl, qui sono più sicuri per una ragione scontata: il coinvolgimento attivo del Qatar nella società con il 45% delle quote di partecipazione. Questa formula trova dunque tra i soci, il Qatar, che è il detentore dei più estesi giacimenti di gas naturale al mondo. Per questa ragione, ma solo per questa ragione, s’innesca una formula di garanzia della fornitura necessaria al funzionamento del rigassificatore. Tuttavia, dobbiamo prefigurare nella fattispecie, anche un’eventuale contrapposizione di molteplice natura: economica, socio-politica, religiosa, tra l’Occidente e l’Oriente dei paesi arabi. Il Qatar fa parte fin dal 2001 di una «società-cartello» del gas, che ha maggiormente sancito e prescritto le regole a cui dovranno attenersi tutti i soci della G.E.C.F. (Gas Exporting Contries Forum ). Il suo Comitato Tecnico è stato istituito proprio nel Qatar a Doha nel 2007. Orbene, riteniamo di non esagerare con la fantasia se prefigurassimo da quale parte il Qatar si schiererebbe, prevarrebbero le ragioni del G.E.C.F. con il suo cartello, piuttosto che quelle dell’Adriatic LNG che resterebbe isolata e sicuramente priva dell’indispensabile Gnl.
Siamo fatalmente convinti che il rigassificatore di Rovigo ha dato la spinta inerziale ad una politica energetica costosa, inutile e che poteva essere rimpiazzata pacificamente con un aumento delle ramificazioni di metanodotti, tra l’altro già in atto, il che fa presumere quanto questa scelta scellerata aggraverà profondamente il rapporto tra Istituzioni e cittadini. Quest’ultimi, sebbene con grave ritardo hanno aperto gli occhi per vedere quanta ingordigia, preconcetto politico e grave carenza intellettiva muova le caste del potere in Italia e la faccia tosta istituzionale che ha mutato il significato alle parole: gli «interessi di casta» sono diventati «necessità nazionale».
Arnaldo Scrocco
 

 

SEGNALAZIONI - Antenna pericolosa - BORGO S. SERGIO
 

Se fossimo nel Medioevo, i nostri politici locali sarebbero messi nell’antinferno nel girone degli ignavi, perché in vita hanno cercato solo di mantenere il loro potere senza fare nulla per la società.
Oggi possiamo chiedere la loro «rimozione» dagli incarichi, perché incapaci di condurre gli affari amministrativi necessari a garantire la sicurezza ai cittadini. I fatti parlano chiaro, a proposito dell’antenna installata a Borgo San Sergio in via Maovaz sul tetto dello stabile n. 11.
La petizione di 2204 firme raccolte a Borgo San Sergio, l’istanza scritta dal comitato del rione, presentata al sindaco e per conoscenza alle altre istituzioni comunali e regionali, i numerosi articoli pubblicati sul «Piccolo» sul tema antenne, in questa élite al potere non ha prodotto alcun risultato, in spregio ai cittadini, alla democrazia e alle leggi. Nulla li scuote, rimangono ancorati alle loro poltrone, forse... attivarsi per rispondere ai propri elettori è un impegno troppo gravoso per loro e preferiscono forse... dedicarsi ad attività più remunerative.
Sindaco, giunta, consiglio comunale, cosa state facendo? Forse siete in attesa di qualche miracolo che vi risolva il problema?
Ricordiamo ai lettori e agli elettori di questi signori, che in barba alle leggi, nessuna perizia reale è stata fatta sull’antenna in questione in 21 mesi dalla sua installazione, e che l’unico risultato alla nostra istanza è stato il consiglio beffardo di rivolgerci direttamente all’Arpa, la quale dietro nostro pagamento avrebbe provveduto al monitoraggio dell’antenna. Scaricando di fatto, l’onere del contributo su di noi, contrariamente a ciò che dice la legge.
Quanto detto è riportato integralmente nella risposta alla nostra istanza con altre amenità che abbiamo il buon gusto di tralasciare.
Suggerimento ai nostri politici: svegliatevi, datevi da fare, lavorate, siete pagati profumatamente, quindi operate nel rispetto del mandato che avete ricevuto, ma soprattutto nel rispetto dei vostri elettori che si aspettano che svolgiate i vostri incarichi con diligenza, onestà e competenza per il bene di tutti.
Romano Umer
 

 

 

 

 

Blog di Luigi de Magistris (parlamentare europeo IDV) - LUNEDI', 26 ottobre 2009

 

 

Rigassificatore Trieste, l'Italia è messa in mora
 

Se le autorità italiane pensavano di aver chiuso la partita sul rigassificatore di Trieste, bypassando la contrarietà dei cittadini e delle associazioni ambientaliste, si sono sbagliate di grosso. La notizia della messa in mora dell’Italia da parte della Commissione europea, per violazione della direttiva Seveso che il progetto del rigassificatore comporterebbe, conferma come dall’Europa si possa ripartire per fermare un piano scellerato, che ha il solo obiettivo di soddisfare gli appetiti rapaci delle lobby ancorate al potere politico.
Su questo tema oggi presenterò una interrogazione alla Commissione, perchè al centro dell’attenzione europea c’è la violazione di una direttiva non eludibile, come appunto la Seveso, che nelle scorse settimane ho ricordato pubblicamente più volte.
E’ inaccettabile pensare di procedere ad un’opera, quale il rigassificatore triestino, senza rispettare l’obbligo ad informare la popolazione su misure e norme di comportamento da adottare in caso di incidenti.
Ora le autorità italiane, informate da tempo sulla messa in mora, hanno il dovere di rispondere alla Commissione e soprattutto ai cittadini, i quali chiedono di fermare la realizzazione di un impianto che non solo è pericolosa ma anche anti-democratica, concepita dall’alto e imposta d’imperio alla comunità locale. Sarebbe degno di un Paese civile e moderno.

 

 

COMUNICATO STAMPA di Rifondazione Comunista - LUNEDI', 26 ottobre 2009
 

 

Il terminale off-shore di Rovigo basta e avanza: parola di Scajola


Il nuovo impianto di rigassificazione off-shore Adriatic LNG, inaugurato la settimana scorsa al largo della costa di Rovigo, consentirà di fornire il 10% del fabbisogno nazionale di gas, che sarà garantito per i prossimi 25 anni dal Qatar, primo produttore mondiale di gas naturale.
Entusiasmo della Edison, del Governo tutto ed in particolare del ministro allo sviluppo economico, Claudio Scajola, orgoglioso del nuovo impianto che potrà iniettare in rete fino a 8 miliardi di metri cubi di gas, più o meno il 10% del fabbisogno nazionale (quando però dicono “fino a” significa che pensano di iniettarne di meno).
Parole di Umberto Quadrino, amministratore delegato di Edison, e dello stesso ministro Scajola: l’impianto di Rovigo, da solo, basta a mettere il paese in sicurezza dal rischio black out, ma non è sufficiente per rendere meno pesanti le bollette delle famiglie.
Il ministro Scajola aggiunge che bisogna accelerare anche sugli impianti di Priolo e Trieste (Zaule), “perché la nostra politica è quella di fare dell’Italia l’hub energetico del Mediterraneo, punto di arrivo e di transito anche per altri paesi europei”.
Nel dire questo Scajola ammette che ulteriori rigassificatori non servirebbero, anche perché negli stessi giorni in cui si inaugurava l’impianto di Rovigo - si è svolto in Russia uno dei vertici “informale” più pubblicizzati degli ultimi anni - quello tra Putin e Berlusconi - che hanno dialogato in videoconferenza con il primo ministro turco Erdogan, lo sceicco del Qatar e l’ex cancelliere tedesco Schroeder, attualmente a capo del comitato internazionale per la costruzione del gasdotto Itgi, meglio conosciuto con la denominazione di South Stream (flusso meridionale), che dovrebbe garantire ulteriori forniture dal bacino del Caspio (bypassando l’Ucraina attraverso Turchia e Grecia) per dieci miliardi di metri cubi di gas all’anno, ben oltre un ulteriore 10% del fabbisogno nazionale. Non parliamo poi degli altri progetti di gasdotto che ci interessano da vicino e dagli investimenti ENI in Russia (tecnologia per ulteriori forniture di gas), che dimostrano profonde sinergie tra i due stati e rendono davvero difficile una previsione di future “chiusure di rubinetti” russe a svantaggio dell’Italia.
É evidente, parole del ministro Scajola, che Trieste (Zaule) diventa “indispensabile nella politica energetica italiana” non già per garantire continuità di fornitura a tariffe ridotte, ma solo per poterlo rivendere ad altri paesi dell’UE (e dell’Europa extra UE). Noi ribadiamo di non starci e di non volere un rigassificatore a Trieste, sempre molto impattante e di ora in ora più inutile.
Igor Kocijančič - Consigliere regionale PRC – SE - Presidente gruppo consiliare La Sinistra L'Arcobaleno
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 26 ottobre 2009

 

 

Sasco: sul traffico pensiamo agli assi di ingresso alla città - PEDONALIZZAZIONI E NUOVI SENSI DI MARCIA
 

L’esponente Udc: senza parcheggi inutile parlare di un nuovo piano Lega: priorità al trasporto pubblico

«Bisogna pensare soprattutto ai parcheggi, ma anche alle criticità della viabilità in periferia». Con queste parole il capogruppo dell’Udc in Comune nonché presidente della commissione urbanistica Edoardo Sasco entra nel dibattito sul piano del traffico: un piano redatto a suo tempo da Roberto Camus, congelato poi dal Comune e tornato ora in scena - in alcune delle sue linee fondamentali - con la aggiornata ”bozza Dipiazza”.
Spiega ora Sasco, alla luce delle dichiarazioni fatte ieri da Camus: «Sono gli ingressi della città, come quello nord dalla Costiera o via Nazionale a Opicina e via Flavia dove ogni pomeriggio si verificano code e rallentamenti, i problemi più gravi da risolvere per rendere scorrevole la viabilità in centro e decongestionare certe zone. A Trieste, nel centro, non esiste alcuna particolare situazione di criticità. Ma dobbiamo considerare che tutte le simulazioni sono state fatte tenendo conto del raddoppio dei parcheggi: da quello di Foro Ulpiano a quello di San Giusto. Senza i parcheggi non si può parlare di piano del traffico».
L’esponente Udc affronta anche la questione delle modifiche al piano del traffico rispetto alla versione originale. «Credo che comunque l’uso a doppio senso di via Torrebianca costituirebbe qualche problema proprio per le dimensioni delle carreggiate».
«Sono contrario a rivoluzioni ma favorevole a iniziative che migliorino la viabilità cittadina in alcune zone critiche della città», afferma intanto il capogruppo della Lega Nord Maurizio Ferrara. «Quanto proposto dal sindaco - aggiunge il leghista - dovrà prevedere un percorso che comprenda sia la soluzione al problema dei parcheggi sia il miglioramento del trasporto pubblico. Mi riferisco in particolare a quelli interrati sulle Rive, all’ampliamento del parcheggio di Foro Ulpiano e all’individuazione di aree di scambio in periferia. Ma bisognerà anche considerare l’acquisto di bus navetta. In caso contrario non solo il progetto risulterebbe inutile ma potrebbe produrre più danni che benefici».
Per questo, aggiunge Ferrara, «solo dopo aver condiviso in maggioranza questa strategia la Lega Nord sarà disponibile a valutare il contenuto dell'iniziativa annunciata dal sindaco».
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore

 

Gentili Signori Corradini ed Emili, mi permetto di ricordarvi che viviamo in un Paese democratico ove le opinioni di tutti i cittadini, se non offensive o diffamatorie, hanno lo stesso peso e dignità. Sta a chi legge ed ascolta soppesarne i contenuti, riflettere e formarsi una sua opinione.
Ciò premesso, a mio giudizio è preoccupante che, ad oggi, siano state divulgate pochissime informazioni sui potenziali pericoli ed eventuali danni ambientali che la realizzazione del progetto Gas Natural può comportare. Il dibattito sull’argomento rimane circoscritto per lo più fra le associazioni ambientaliste, privati cittadini e rari interventi di docenti universitari. Le istituzioni non pare abbiano invece intrapreso iniziative a carattere divulgativo, promosso pubblici dibattiti, conferenze, etc..
La nota legge 334/99 (Seveso), nel caso si prospetti la realizzazione di impianti di rigassificazione, all’articolo 23 obbliga invece le autorità a provvedere alla informazione ed alla organizzazione della consultazione della popolazione interessata. A tale proposito la circolare del ministero dell’Interno DCPST/A4/RS3600 del 20/12/2005, indirizzata anche al Commissario del Governo nella Regione Friuli Venezia Giulia, sull’argomento, precisava quanto segue:
m) Consultazione della popolazione
«Si richiama l’attenzione sul contenuto dell’art. 23 del decreto in ordine al diritto della popolazione interessata di esprimere il proprio parere nei casi previsti dal comma 1. In attesa del trasferimento alle Regioni delle competenze amministrative in materia di incidenti rilevanti, secondo quanto disposto dall’art. 72 del D.Lgs. 112/98 e dall’art. 18 del D.Lgs. 334/99, i Comitati tecnici regionali, contestualmente all’avvio dell’istruttoria di cui all’art. 21, chiederanno al Sindaco di provvedere alla consultazione della popolazione nelle forme ritenute opportune...».
Egregio signor sindaco. ha mai ricevuto questa circolare? E se sì, come e quando intende provvedere?
Ugo Simone
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 25 ottobre 2009

 

 

L’ex governatore: «A rischio la Tav italo-slovena» - «LA UE DEVE METTERCI PIÙ SOLDI O NON SI FARÀ MAI»
 

TRIESTE «L’Unione europea deve metterci più risorse, almeno l’80%, perché altrimenti la Tav tra Trieste, Lubiana e Budapest non si farà mai». Riccardo Illy, fedele a sé stesso, non usa giri di parole. Ma lancia un allarme forte sui destini di un’opera, l’alta velocità (e capacità) ferroviaria, di cui è da sempre paladino. Quando gli arriva una domanda sulle infrastrutture, e su quel progetto prioritario 6 che l’ha visto combattere con assoluta determinazione, l’ex presidente della Regione non si trattiene: la Tav fa fatta, ovviamente, ma il problema vero non riguarda la tratta italiana. Bensì quella transfrontaliera: «La Slovenia non ha nessun interesse a favorire un’opera che prevede un’unica fermata sul suo territorio, quella a Lubiana, e l’Unione europea deve rendersene conto». L’ex presidente della Regione l’ha già detto a Bruxelles, ma lo ripete: l’Unione europea deve portare il cofinanziamento almeno all’80% perché, in caso contrario, la tratta italo-slovena non vedrà mai la luce.
 

 

«Prima i parcheggi, poi si chiuda Corso Italia» - Il professor Camus: «Ma via Gallina deve restare aperta per non congestionare via Carducci»
 

L’IDEATORE DEL NUOVO PIANO TRAFFICO ORA RICICLATO DAL COMUNE
L’avevano scaricato e, in maniera più o meno esplicita, bocciato. Per i vertici del Comune, il percorso avviato nel 2003 con l’affidamento dello studio e della progettazione del nuovo Piano del traffico al professor Roberto Camus non aveva portato ai risultati sperati: la parola fine al rapporto con il consulente era arrivata poi nel dicembre del 2008, con l’ufficializzazione della risoluzione consensuale dell’accordo. Una conclusione che al Municipio era comunque costata una cifra pari all’80 per cento del compenso di 137 mila 332 euro pattuito in origine. Oggi, però, tra anticipazioni del sindaco e qualche indiscrezione ufficiosa, si fa largo una tendenza evidente: il nuovo Piano del traffico ultimato dagli uffici comunali, per molti aspetti, si ispira alla bozza Camus. E lui, l’attuale preside della facoltà di Ingegneria dell’Università di Trieste, rompe il silenzio e, senza scivolare sull’insidioso terreno della polemica, rivendica la bontà del suo lavoro e soprattutto la paternità di certe idee.
Professor Camus, cosa pensa del nuovo Piano del traffico ultimato dal Comune, in base alle varie anticipazioni rese dal sindaco?
Tutto ciò che sta emergendo evidenzia come ci siano solo alcune modifiche rispetto all’ossatura messa in piedi all’epoca dal sottoscritto e dai miei collaboratori. Sono soddisfatto nel vedere che parte delle idee rivoluzionarie proposte quella volta siano adesso considerate praticabili, a partire da corso Italia pedonale.
Quindi più che bozza Dipiazza, quella attuale andrebbe ribattezzata piuttosto come “Camus modificata”?
Ritengo sia giusto che la proprietà intellettuale di certe idee vada conservata. Come per la riqualificazione delle Rive, dove l’idea è stata mia, anche se poi il progetto l’ha realizzato il Comune. Allo stesso modo, la soluzione di corso Italia pedonalizzato è venuta dal nostro piano. E mi fa piacere pure un ulteriore aspetto.
Quale?
Il fatto che si stia affrontando il problema complessivo dal punto di vista tecnico-scientifico e modellistico come è giusto. Chi lavora oggi così, infatti, lo fa grazie alle nozioni recepite nella mia facoltà. Il mobility manager del Comune, l’ingegner Giulio Bernetti, per esempio, è stato un mio dottorando. Lui e i suoi collaboratori stanno utilizzando modelli usati sempre già nel 2003. Abbiamo insomma preparato i tecnici comunali che ora si stanno occupando del progetto.
Dunque, ripartiamo dai presupposti di base del Piano, suo e nella versione rivista: a quali emergenze deve far fronte?
Punti veramente critici in città, sotto il profilo del traffico, non ce ne sono. Ci sono però dei momenti nelle ore di punta, in cui alcuni nodi specifici o tratti di strada vedono il formarsi di code. Mi riferisco, ad esempio, a viale Miramare in ingresso, via Commerciale, via Giulia. O ancora alla galleria Sandrinelli in uscita verso piazza Goldoni. Tutti elementi che erano stati messi in chiara evidenza nel nostro piano, per tentare di alleviarne le sofferenze. Eravamo partiti cioè dall’individuazione delle zone critiche per volumi di traffico e numero di incidenti.
Torniamo alle anticipazioni sul nuovo Piano, dalla fine di via Torrebianca pare si potrà girare verso piazza Goldoni. Concorda?
Chiudendo via Gallina, come sembra si voglia fare, si trasferirà su via Carducci una maggior mole di traffico a doppio senso, restringendone così le sezioni. È più complicato, ritengo. Nella mia ipotesi, infatti, da via Torrebianca si raggiungevano piazza Goldoni e corso Saba, passando per via Gallina, dopo aver girato subito in via Reti, in modo da non intervenire su via Carducci. Inoltre, ci potrebbero essere problemi anche per chi vuole salire verso il Giardino pubblico: se non viene data prosecuzione al senso di marcia di via Torrebianca lungo via San Francesco, con l’ultimo tratto di via Battisti solo in discesa, bisognerà transitare per forza tramite le vie Coroneo e Rismondo. Ci vorrà un po’ più di tempo, insomma.
E corso Italia pedonale?
Avevo studiato tre soluzioni diverse per corso Italia: una completamente pedonale con via Mazzini riservata ai mezzi pubblici, un’altra con i bus solo in salita per farli scendere in via Mazzini. O, infine, corso Italia solo per mezzi pubblici nelle due direzioni pedonalizzando via Mazzini. Personalmente però, credo sia più coerente la prima opzione. Il doppio senso per i bus in corso Italia sarebbe un problema perché via Einaudi viene chiusa al traffico: soluzione interessante dal punto di vista estetico, ma certe scelte precludono o rendono più difficili gli interventi in tema di traffico. Come si farebbe, a quel punto, per collegare il corso alle Rive? Un senso di marcia alternato in via Canal piccolo oppure la svolta in via Roma per chi scende, continuando poi in giù per via Mazzini.
Via Rossetti a senso di marcia invertito?
Non è chiaro se sarà tutta a senso unico o solo un tratto. Però, ricordiamoci che oggi via Rossetti è uno sbocco importante, anche per chi arriva da Foro Ulpiano. Ma, su tutto, ci deve essere un disegno organico, unico, pensato per l’utenza. Tutto si può fare, se verificato al meglio. Per ora, le informazioni sono arrivate a spot, dai quali vedo fiorire idee non di Dipiazza ma mie. Qualche contributo positivo l’ho dato evidentemente, ma con le modifiche apportate dai tecnici del Comune la responsabilità non sarà mia, ma loro.
Ci può essere un nuovo Piano del traffico senza nuovi parcheggi?
Il Piano che avevo proposto teneva conto delle caratteristiche dei parcheggi da realizzare, includendo già la presenza anche del Park San Giusto. Si proponeva la pedonalizzazione di corso Italia vincolata a questo approdo per le macchine, che da via del Teatro romano avrebbero così avuto l’unico sbocco di via San Spiridione.
In generale, con le novità emerse nelle settimane passate, il trasporto pubblico trarrà vantaggi o sarà penalizzato dal nuovo Piano?
Il mio lavoro era partito proprio per favorire i mezzi pubblici. Finora si è parlato solo di corso Italia e via Torrebianca: non so cosa succederà nelle altre zone, se sarà incentivato il numero di corsie per bus e taxi o rimarrà tutto così. È un piano per ora un po’ misterioso.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Un percorso tormentato iniziato nel 2003 e chiuso con la rescissione del 2008 - IL RAPPORTO CON IL COMUNE
 

Era il 2003, durante il primo mandato del sindaco Roberto Dipiazza, quando la giunta comunale affidò a Roberto Camus l’incarico di predisporre il nuovo Piano del traffico. L’attuale preside della facoltà di Ingeneria dell’ateneo triestino consegnò in Municipio il suo lavoro nel febbraio del 2005. A quel punto, però, il dibattito politico sulla famosa bozza iniziò a farsi sempre più in salita. Specie sul nodo della pedonalizzazione di corso Italia, che incontrò presto la contrarietà della corrente aennina. Ma non solo: anche sulla proposta di via Torrebianca e via San Francesco aperte al traffico in salita non mancarono i classici botta e risposta, ad esempio.
Tra tornate elettorali, in primis quella comunale del 2006 ma poi anche le regionali del 2008 (con le conseguenze dirette in termini di assetto di giunta e consiglio comunali), e approvazione del “piano parcheggi”, la discussione è proseguita negli anni. Nel mezzo, anche la pubblicazione sulle pagine de Il Piccolo dei contenuti della bozza Camus, arrivata alla redazione per mano di ignoti. Alla fine del 2008, la rescissione contrattuale con Roberto Camus, con il pagamento al professionista dell’80 per cento del compenso previsto in origine: un’operazione che, di fatto, ha permesso al Comune di fare proprio quel piano e metterci successivamente mano con i suoi tecnici. 
(m.u.)

 

 

PIANO DEL TRAFFICO -  «Zebre rialzate? Può essere pericoloso»
 

IL PROFESSIONISTA RISPOLVERA ANCHE L’IPOTESI DEI POSTEGGI A PAGAMENTO PER MOTORINI
Traffico, due ruote e incidenti. Spesso, troppo spesso mortali, negli ultimi mesi. Il sindaco Roberto Dipiazza ha affermato di recente che ricorrerà alla soluzione delle strisce pedonali rialzate nel territorio comunale per tentare di farli diminuire. Proprio sull’ipotesi delle “zebrate” nella duplice versione “attraversamento per pedoni-dissuasori per i veicoli”, da esperto di trasporti e viabilità Roberto Camus riflette: «Il problema dei motorini è in effetti diventato critico a Trieste, ce ne sono una miriade. Oltretutto chi li guida, ha spesso un comportamento indisciplinato, sgattaiolando in tutti gli spazi possibili: così facendo, si creano problemi a chi è al volante delle automobili. I mezzi a due ruote sono peraltro fonte primaria di molteplici incidenti molto gravi o mortali. Chi ci viaggia sopra, infatti, è particolarmente esposto. Manca, nella cultura di quanti li guidano, la conoscenza del vero significato di termini quali energia cinetica, velocità e della possibilità di fermarsi. I rialzi delle strisce pedonali, poi, a loro volta hanno delle controindicazioni: con scarsa visibilità, per pioggia o nebbia, diventerebbero pericolosi. Forse sarebbe meglio sistemare delle pavimentazioni particolari, con segnaletica orizzontale in colore rosso, giallo o bianco, ben evidente». Camus recupera infine un’idea volta anche alla riduzione del numero di moto o scooter in circolazione: «A suo tempo, avevo proposto di far pagare il parcheggio pure ai motorini in alcune zone della città dove ci sono maggior richiesta e affluenza». 
(m.u.)

 

 

COMITATO NO SMOG, L’ACCUSA BIPARTISAN DEI CONSIGLIERI REGIONALI BUCCI E LUPIERI - La presidente Sancin: «Rilevata una cinquantina di superamenti: il limite è di 35»
 

«De Anna si disinteressa degli sforamenti della Ferriera»
Un duro attacco a tutte le istituzioni «che non hanno mai risposto alle nostre numerose richieste di chiarimento e continuano a permettere la devastazione sotto il profilo ambientale del rione di Servola e dell'intera città». Lo muove il Comitato No smog. Ma anche una severa presa di posizione del consigliere regionale triestino, Maurizio Bucci, che non ha esitato a criticare la giunta regionale, sostenuta da una maggioranza di centrodestra della quale egli stesso fa parte, «responsabile - ha detto - dell'inerzia che permette alla Ferriera di continuare a lavorare, con continui sforamenti, nonostante l'importante impegno elettorale assunto da Renzo Tondo di chiudere lo stabilimento di Servola e di riconvertire i lavoratori».
Bucci ha aggiunto che «nominare De Anna assessore regionale all'ambiente è stato un errore, in quanto egli risiede a Pordenone, mentre la situazione di Servola e della città devono essere quotidianamente monitorate di persona».
I responsabili del comitato ”No smog” hanno parlato della «totale inutilità sotto il profilo occupazionale e delle estrema pericolosità - ha detto il segretario del comitato, Adriano Tasso - della realizzazione di una nuova centrale termoelettrica nel porto industriale di Trieste e dell'ipotizzata diversificazione produttiva dell'area della Ferriera».
Prima della Tasso, che ha illustrato con l'utilizzo di diapositive molto esplicite la situazione dell'aria a Servola, ha parlato la presidente del comitato, Alda Sancin. «Abbiamo registrato - ha affermato - una cinquantina di sforamenti, che superano ampiamente il tetto dei 35 previsti. Questa situazione - ha aggiunto la Sancin - mette a repentaglio la salute non solo dei servolani, ma anche di tutti i residenti a Trieste».
La Tasso ha definito Trieste e il suo golfo «un ricettacolo di immondizie che raramente si ha l'opportunità di incontrare, e tutto a causa dell'inerzia dei pubblici amministratori», spiegando che «il comitato non è il vessillifero del ”no se pol” ma piuttosto del ”far, ma giusto”, che dovrebbe sempre ispirare l'azione di chi ci governa».
Bucci non ha esitato a rimandare «alla concessione dell'autorizzazione integrata ambientale, alla proprietà dello stabilimento, la causa primaria e originale del gravissimo stato di inquinamento nel quale versa Servola in conseguenza della presenza della Ferriera».
Il vicepresidente della terza commissione regionale Sanità e protezione sociale, Sergio Lupieri, ha criticato «la proroga agli sforamenti concessa. su richiesta della Regione, dalla Comunità europea sino al giugno 2010. Dall'ottobre del prossimo anno - ha precisato - dovremmo invece avere nuovi valori di riferimento molto inferiori. Tutto questo ci fa parlare di inquinamento legalizzato. Sarebbe opportuno - ha concluso - che la Regione investisse sul monitoraggio con più centraline autonome e verificasse il motivo dei continui sforamenti, nonostante la proprietà dichiari di aver ottemperato alle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale con importanti lavori di bonifica». Sulla proroga è intervento anche Bucci, definendola «vergognosa per la salute della collettività».
In serata la replica di De Anna a Bucci: «Dispiace che un ex assessore comunale che comunque continuerò a stimare non sappia che l’ordinanza di chiusura per gli sforamenti è competenza del sindaco e non della Regione. Io comunque - ha concluso De Anna - continuo a lavorare in base all’accordo di programma che porterà alla diversificazione produttiva con la chiusura della ferriera».
Ugo Salvini
 

 

Al terminal boom di sbarchi di carbone - ATTIVITA’ CRESCIUTA PER ALIMENTARE L’ALTOFORNO 3 - Ma gli addetti sono sempre 20
 

E intanto gli sbarchi di carbon fossile e di minerali al terminal della Ferriera di Servola hanno fatto impennare una delle voci del bilancio mensile del porto di Trieste, quella che si riferisce alle rinfuse solide cresciute del 71 per cento rispetto a settembre dell’anno scorso. Un paradosso solo apparente perché l’attività terminalistica anche per conto terzi viene considerata una delle prospettive di diversificazione in vista della chiusura della ferriera. Altre due attività di riconversione sono conisiderate la centrale termoelettrica che sorgerà nell’area ex Esso e per la quale è stato avviato l’iter di autorizzazione ambientale e la fabbrica di funi d’acciaio della Redaelli Tecna sul canale industriale che ha appena iniziato l’attività, ma che si appresta già a collocare un secondo macchinario e a fare nuove assunzioni.
Recentemente, proprio nell’ottica di un rafforzamento dell’attività logistica, Servola spa ha investito 5 milioni per rinforzare la banchina e il retrobanchina e per consolidare l’area disponibile per lo stoccaggio delle merci. È entrata anche in funzione una gru da 30 tonnellate che si trovava al Molo Settimo e che ha subito un’operazione di revamping. La Lucchini ha dichiarato recentemente che nel 2011 punta a raggiungere l’obiettivo di 2 milioni 400 mila tonnellate di rinfuse solide di varie tipologie stoccate e movimentate.
I molti sbarchi di settembre sono stati però legati all’accensione dell’altoforno 3 e al ritorno all’attività pressoché piena dopo mesi di cassa integrazione. Una situazione che di conseguenza non ha acceso entusiasmi eccessivi tra i lavoratori. «Il numero degli addetti al terminal, una ventina, non è stato aumentato - ha commentato ieri Franco Palman della Uilm - in realtà siamo tranquilli fino a fine anno, poi non è escluso che si riaffacci qualche difficoltà».
La movimentazione complessiva di merce all’interno dello scalo triestino è cresciuta del 2 per cento rispetto al settembre 2008 (4 milioni 150 mila tonnellate contro 4 milioni 72 mila). Dopo mesi di crollo verticale per il secondo mese consecutivo si è riaffacciato il segno +, ma la ripresa è lenta anche in due settori considerati punti di forza. Al Molo Settimo i teu movimentati sono stati 20.375 contro i 25.426 dell’anno scorso e sono in corso trattative con i sindacati per evitare la cassa integrazione. Nel comparto dei traghetti turchi segnali confortanti sono giunti dal raddoppio della linea con Mersin località della Turchia meridionale da dove i camion proseguono per Siria, Iran e Irak.

(s.m.)
 

 

San Dorligo, a scuola cibi biologici - LO CHIEDE AL COMUNE IL COMITATO DEI GENITORI
 

SAN DORLIGO Introdurre i prodotti biologici e tipici nel servizio di refezione scolastica di San Dorligo della Valle. E' questo l'obbiettivo del comitato dei genitori delle scuole slovene e italiane, che in collaborazione con il Comune hanno indetto nei giorni scorsi al centro visite del Teatro Prešeren di Bagnoli un incontro sul tema ”Alimentare il bambino in modo sano: la prevenzione alimentare e i prodotti biologici”.
Al meeting, organizzato dalle coordinatrici nonché consigliere comunali Rossana Pettirosso (Pd) e Roberta Clon (Pdl-Udc), hanno partecipato il pediatra Renzo Colautti e il docente universitario Michele Codogno.
Colautti ha incentrato il suo intervento «sull’importanza di alimentare in modo sano il bambino per favorire la prevenzione di alcune delle malattie più diffuse: diabete, obesità, malattie cardiovascolari. Si tratta – ha precisato – di capovolgere le tendenza e di porre attenzione più alla prevenzione che alla cura. In questo senso è fondamentale acquisire sane e corrette abitudini alimentari fin da piccoli».
Codogno si è soffermato invece sulle differenze - anche dal punto di vista chimico e molecolare - tra l’agricoltura tradizionale e l’agricoltura biologica e biodinamica, e le motivazioni che portano a preferire queste ultime per l’alimentazione, in special modo dei bambini.
Il comitato dei genitori per la promozione della refezione scolastica, costituitosi nel luglio 2008, a maggio ha consegnato al Comune il programma e la raccolta delle firme dei genitori (quasi il 93 % del totale) per introdurre il biologico.
Attualmente la spesa per la mensa è sostenuta per metà dai genitori e per l’altra metà dal Comune. A seguito di ulteriori incontri con il Comune, si è chiarito che il costo della mensa con prodotti tradizionali, tipici e biologici aumenterebbe per entrambi, nella parte relativa a questi prodotti, circa del 40%.
«Il contributo regionale non potrà concorrere alla diminuzione del costo del pasto a carico dell’utenza, ma potrebbe compensare solamente il maggior costo sostenuto dal Comune», spiega il consigliere Clon.
Riccardo Tosques
 

 

SEGNALAZIONI - TRAFFICO - Rispettare le regole
 

Il terribile incidente motociclistico avvenuto recentemente in via Giulia ha dato adito alla considerazione che i motociclisti, a Trieste, la fanno da padrone. La verità è che tutti in misura variabile la fanno da padrone, il che significa andare da un abuso delle norme del traffico, spesso passando attraverso il conseguente disprezzo degli altri, fino ad arrivare al morto.
Per tutti, si intendono tutti comprendendo anche le categorie più insospettabili. Credo si salvino solamente l’autista del vescovo e i conducenti delle ambulanze e certamente più di qualche religioso al volante che non ha fretta di mandare gli altri in Paradiso o ai piani più sotto.
Il sindaco parla di tolleranza zero che senza dubbio è uno sfogo umanissimo quale conseguenza del funesto episodio, forse è anche un monito alla popolazione ma come sarebbe utile per tutti che l’auspicata tolleranza zero diventasse direttiva da far applicare senza alcuna soluzione di continuità. Compito difficile perché ora che ha fatto Trieste rimane da fare i triestini, non tutti ma molti e sicuramente troppi.
Per applicare la tolleranza zero ci vorrebbe un doppio cambio di mentalità (qui sta la parte difficile) che tramuti uno slogan troppe volte sentito in ogni parte della nostra nazione. Da un lato far comprendere alla popolazione che chiedere l’osservanza delle leggi non è una forma di costrizione ma un bene a favore di tutti e dall’altro abrogare del tutto quella facoltà discrezionale che hanno le forze dell’ordine municipali di intervenire come di non intervenire. In pratica si tratta di riprogrammare un’attitudine e una facoltà in un obbligo ritornando al sano Abc delle ordinanze e del codice della strada.
Nessuno può pretendere di avere un poliziotto urbano ogni dieci metri lineari del territorio ma credo sia lecito, per il bene di tutti, che anche quei pochi disponibili sulla strada e per quanto possibile, in termini del numero di interventi inizino a dare le multe al pedone che passa con il rosso, al signore all’apparenza signore che butta il mozzicone per terra a un metro dal cassonetto, al ciclista che pedala sul marciapiede o che passa con il rosso, al furgone che taglia la strada a quello in vespa, a quello in vespa che svolta affiancato alle automobili, a quello che ti sorpassa a destra, alla moto che va contromano, a quel cospicuo numero di automobilisti che circolano senza la cintura allacciata, a quello che parcheggia in zona pedonale, a una delle tante automobili che non si fermano per far passare i pedoni sulle strisce pedonali, a quelli che viaggiano di giorno a settanta, ottanta all’ora in via Flavia, a quegli imbecilli che posteggiano in via Roma alla fermata del bus impedendo che questo riesca a svoltare dalla via Mazzini, cosa molto frequente in quanto io stesso ho provveduto a sfilare e naturalmente a reinserire uno o due paletti per consentire all’autista di montare un po’ sul marciapiede e svoltare a filo. Figuriamoci quante volte succede se in quel punto ci passo due, tre volte alla settimana!
Questa città è diventata pascolo e dominio, territorio e campo giochi di persone che per svariati motivi la fanno da padrone e la tolleranza zero auspicata sta a significare che per troppo tempo si è permesso che certi corressero a briglia sciolta. La parte rispettosa e sana di questa città dice che è ora di finirla che si permetta alla gente di farla da padrone.
Roberto Steidler

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 24 ottobre 2009

 

 

Bruxelles mette in mora il rigassificatore di Zaule - Gas Natural non si scompone: rispettate tutte le normative richieste dal ministero - SODDISFATTI GLI AMBIENTALISTI
 

La Commissione europea ha messo in mora l’Italia sia per il progetto del rigassificatore di Gas Natural previsto a Zaule e che ha già ottenuto il via libera del Governo italiano che per quello off-shore nel golfo triestino avviato dal gruppo spagnolo Endesa e ripreso dal colosso tedesco E.On. Lo ha annunciato ieri la sede triestina dell’associazione ambientalista Greenaction transnational riferendo che la decisione è stata presa già nell’aprile scorso, ma è stata notificata alla stessa associazione appena il 22 ottobre. All’Italia sarebbe stata in particolare contestata la violazione alla direttiva comunitaria 96/82/CE «sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose».
«Ciò significa - è l’interpretazione di Roberto Giurastante, responsabile locale di Greenaction - che se risulterà che non è stato approntato un piano di sicurezza e di evacuazione che preveda anche campagne di addestramento della popolazione entro un raggio di un certo numero di chilometri, la messa in mora sfocerà in un procedimento di infrazione che verrà aperto nei confronti dell’Italia da parte dell’Unione europea». La notizia non ha minimamente scomposto i vertici del gruppo spagnolo che punta forte su Trieste. «Non abbiamo nulla da commentare in merito - ha riferito Giuseppe Muscio, portavoce di Gas Natural Italia - La nostra posizione è sempre la stessa: abbiamo seguito il processo previsto dalla normativa italiana che è terminato con l’emanazione del decreto Via del luglio scorso».
La necessità di procedere alla realizzazione del rigassificatore di Zaule è stata ribadita dal ministro per lo sviluppo economico Claudio Scajola non più tardi di mercoledì anche se la Slovenia ha riaffermato la propria contrarietà in attesa del vertice intergovernativo del 9 novembre a Lubiana. «Se l’Italia insisterà in questo modo - hanno attaccato anche ieri i ministri sloveni degli Esteri Samuel Zbogar e dell’Ambiente Karl Erjavec - ci rivolgeremo a una Corte europea».
Secondo Greenaction transnational la Commissione europea ha anche confermato che i progetti dei rigassificatori rimangono condizionati al parere della Slovenia secondo la convenzione Unece di Espoo del 1991 sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero «per i pericoli di tali impianti per la salute pubblica e l’ambiente marino», oltre ad essersi riservata la valutazione di altre ipotetiche violazioni ambientali in base a nuovi accertamenti.
«Le decisioni di Bruxelles - sottolinea Greenaction - dovevano essere note fin da aprile al Governo italiano che ha invece accelerato le procedure per realizzare egualmente i due rigassificatori negando a livello ministeriale sia le irregolarità che il diritto d’intervento della Slovenia (dichiarazioni di Frattini, Prestigiacomo, Matteoli, Scajola, Menia». «La situazione di Trieste è particolare - accusa Giurastante . perché nove impianti potenzialmente pericolosi risultano essere insediati o progettati entro un raggio di soli cinque chilometri». Va rilevato che sta avanzando anche la procedura per l’autorizzazione ambientale per il rigassificatore off shore che potrebbe giungere già prima della fine dell’anno. Sembra comunque abbastanza logico che uno escluderà l’altro. Lunedì comunque alle 10.30 in via San Francesco 2, Greenaction Transnational e Alpe Adria Green forniranno alla stampa la documentazione della presa di posizione della Commissione europea.

(s.m.)
 

 

A Muggia sono già in 900 contro il rigassificatore - I banchetti verranno anche esportati nel comune di Trieste - LA RACCOLTA DI FIRME
 

MUGGIA Sono già 900 i cittadini di Muggia che hanno detto no al rigassificatore, mentre prosegue oggi dalle 9 alle 13 ad Aquilinia, nei pressi della farmacia, la raccolta di firme contro la realizzazione dell’impianto nel Vallone di Muggia. La raccolta proseguirà capillarmente nelle prossime settimane. Il banchetto sarà giovedì - giorno del mercato settimanale - in piazza della Repubblica, e sabato prossimo nel rione di Fonderia per spostarsi in seguito anche nei centri di aggregazione, presso i supermercati e davanti alle scuole «allo scopo - spiegano i promotori - di ottenere la maggiore adesione popolare possibile». «Verranno toccati tutti i rioni di Muggia - assicura il portavoce del comitato promotore, composto da tutti i partiti che sostengono la maggioranza a Muggia e San Dorligo, Maurizio Coslovich -: da Lazzaretto a Muggia Vecchia e da Santa Barbara a Montedoro prima di spostare i banchetti anche nel resto della provincia «per vedere cosa ne pensa anche la cittadinanza di Trieste, dove la raccolta è già iniziata nelle sedi di partito». L’invito rivolto da Coslovich a chi è chiamato a decidere sul rigassificatore è di «non sprecare soldi su impianti che tra trent’anni saranno obsoleti, ma impiegarli piuttosto nella ricerca sulle energie alternative. L’augurio - conclude - è di riuscire a bloccare l’insediamento, analogamente a quanto già avvenuto in passato con altre ipoetesi di poli industriali nella medesima area che mettevano a rischio la salute e la sicurezza dei cittadini».
Gianfranco Terzoli
 

 

PIANO TRAFFICO - Spunta la direttrice Torrebianca-Goldoni - Via Carducci a doppio senso, il percorso sarà l’alternativa a corso Italia pedonalizzato
 

Nuovi assi di collegamento

Da via Torrebianca, sbucando in via Carducci, si potrà girare in due direzioni. Non solo a sinistra, verso piazza Oberdan, ma anche a destra, per raggiungere così piazza Goldoni. Tra parole sussurrate, assenza di conferme ufficiali ma solo ufficiose, e bocche cucite sul fronte istituzionale, spunta un ulteriore tassello della nuova bozza di quel Piano del traffico che gli uffici comunali hanno ormai completato. D’altro canto, è stato proprio il sindaco Roberto Dipiazza, titolare della delega a mobilità e traffico, ad affermare qualche giorno fa, di fronte al Consiglio comunale, che «il lavoro è finito». Ed è lo stesso primo cittadino, dopo le anticipazioni fornite nelle scorse settimane, a non voler aggiungere ora ulteriori dettagli. «Adesso devo portare il documento all’attenzione dei capigruppo - ha spiegato Dipiazza, tagliando corto sulla questione - e quindi ritengo giusto non dire altro».
Alla fine, comunque, emerge un altro elemento del complesso mosaico destinato - nelle intenzioni del Comune - a rivoluzionare la viabilità cittadina: ferma la volontà di individuare in via Torrebianca un nuovo asse di collegamento “in salita” fra le Rive, e poi via Roma, e via Carducci, ad automobilisti e motociclisti verrà assicurata una doppia possibilità di svolta. Allo sbocco finale di via Torrebianca, quindi, a patto ovviamente che questo Piano sia un giorno effettivamente approvato e applicato, si potrà girare a destra, per raggiungere piazza Goldoni. Su un altro breve tratto di via Carducci, di conseguenza, sarà esteso quindi il doppio senso di marcia per i mezzi privati (oggi la percorrono in entrambe le direzioni solo quelli pubblici o di servizio), già previsto nel maxi-documento per la sezione compresa tra via Battisti e proprio piazza Goldoni.
Non ci sarà, invece, nessuna inversione del senso di marcia di via San Francesco, che è e rimarrà percorribile solamente da via Fabio Severo a via Carducci. Di conseguenza, tramonta l’ipotesi di una sorta di unico asse di scorrimento in salita, da creare assieme a via Torrebianca, come invece aveva previsto il professor Roberto Camus nella sua bozza. Un lavoro da cui pare che, in ogni caso, i tecnici del Municipio abbiano attinto a piene mani.

(m.u.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA da Greenaction - VENERDI', 23 ottobre 2009

 

 

Greenaction sul rigassificatore: l’Ue ha messo in mora l’Italia
 

La Commissione europea ha messo in mora l’Italia per i due progetti di rigassificatori nel Golfo di Trieste, uno a terra e l’altro su piattaforma al largo.  Le contesta di avere violato la direttiva comunitaria 96/82/CE “sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose”, mancando anche i piani di sicurezza e le relative informazioni alla popolazione coinvolta.
La Commissione si è inoltre riservata la valutazione di altre violazioni ambientali (nelle valutazioni d’impatto e strategica) in base a nuovi accertamenti, ed ha confermato che i progetti dei rigassificatori rimangono condizionati al parere della Slovenia secondo la convenzione UNECE di Espoo del 1991 sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, “per i pericoli di tali impianti per la salute pubblica e l’ambiente marino”.
L’intervento della Commissione Europea è stato determinato dalle specifiche petizioni al Parlamento Europeo n. 483/2007 e 1147/2008, presentate da Roberto Giurastante per l’ex Club FoE-AdT di Trieste ora Greenaction Transnational, e dall”interrogazione P 2006/2700 dell’europarlamentare slovena Mojca Drc˘ar-Murko, alle quali sono state aggiunte integrazioni ora in istruttoria e dal 2 ottobre di quest’anno due denunce della rete internazionale Alpe Adria Green, di cui Greenaction è confondatrice.
La comunicazione ufficiale da Bruxelles è pervenuta all’associazione ieri (22.10), ma le decisioni della Commissione risalgono già all’aprile di quest’anno. Dovevano essere quindi note da allora al Governo italiano, che ha invece accelerato le procedure per realizzare egualmente i due rigassificatori negando a livello ministeriale sia le irregolarità che il diritto d’intervento della Slovenia (dichiarazioni Frattini, Prestigiacomo, Matteoli, Scaiola, Menia).
Greenaction Transational ed Alpe Adria Green forniranno la documentazione europea ed ogni chiarimento sullo stato degli atti in conferenza stampa a Trieste lunedì 26 ottobre, alle ore 10.30 presso la sala conferenze del CSV (Centro Servizi Volontariato) di Trieste, via San Francesco d’Assisi 2
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 23 ottobre 2009

 

 

Riccardi: «In attesa della Tav rinforziamo le reti esistenti» - «Sul tracciato Trieste-Divaccia aspetto risposte dalle Ferrovie»
 

L’ASSESSORE REGIONALE IN PROVINCIA
Massima trasparenza sul progetto, risposte urgenti da Italferr e Rfi ma anche l’ipotesi di «trovare una soluzione nel rinforzare le reti ferroviarie già esistenti per non restare bloccati in attesa della realizzazione dell’Alta velocità». Questi i punti principali toccati ieri dall’assessore regionale ai Trasporti e infrastrutture, Riccardo Riccardi, nel corso di un’audizione in Provincia, a palazzo Galatti. Di fronte al Consiglio provinciale l’esponente della giunta Tondo ha parlato del tema della Tav, nello specifico in riferimento al tratto Trieste-Divaccia. Porzione del Corridoio 5 che oggi non è né più né meno che uno studio di fattibilità: sta cioè uno scalino più in basso rispetto a un progetto preliminare.
Partendo dal presupposto che «le reti esistenti, come quelle che toccano Opicina o Aurisina, non sono poi così distanti da Divaccia», e tenendo presente che per costruire un’opera «strategica importante» come la Tav (che per la sola Trieste-Divaccia si snoderebbe per oltre 35 chilometri) ci vorranno anni e anni, Riccardi ha chiamato in causa la possibilità di «rinforzare le reti ferroviarie ordinarie già esistenti, in modo da non restare bloccati per troppo tempo nell’attesa che venga realizzata la nuova infrastruttura. Ciò non significherebbe, comunque, smentire il lavoro fatto fin qui». Un lavoro in merito al quale l’assessore regionale aspetta ancora «risposte da Italferr e Rfi», informazioni puntuali e complete per comprendere la reale «sostenibilità» del passaggio del percorso in alcune zone delicate come, in primis, quella della Val Rosandra. Oltre alla panoramica sulla partita ambientale, molto sentita a livello provinciale e nella quale rientra anche il parere negativo del Ministero dell’ambiente sul tracciato della Ronchi-Trieste, le Ferrovie - secondo Riccardi - dovranno fornire anche una proiezione dell’attività del porto di Trieste da oggi e fino alla costruzione della Tav, proprio per capire come intervenire eventualmente sulla rete attuale, supportando così il traffico di merci.
Fondamentale, secondo Riccardi, sarà pure «l’allargamento del consenso sul progetto Tav Trieste-Divaccia, nella consapevolezza che la condivisione non potrà essere totale». Un obiettivo che la Regione perseguirà, proseguendo con il costante «coinvolgimento dei Comuni e della Provincia» per informare nella maniera più dettagliata possibile i cittadini. «La diffusione di informazioni è una delle condizioni previste dal Geie. Dal canto mio, chiederò siano messe a disposizione della cittadinanza prima della costituzione dello stesso Geie (il Gruppo europeo di interesse economico che non è stato ancora formato per il progetto italo-sloveno, ndr)», ha assicurato Riccardi.
Proprio la «necessità di avere un’informazione preventiva» è stata sottolineata anche dalla presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. Un impegno, in questa direzione, è arrivato anche dall’ingegner Mario Goliani, già responsabile del progetto per le ferrovie e oggi tramutatosi in consulente esterno delle stesse dopo il pensionamento: «Anche il posizionamento dei cantieri è una proposta all’interno dello studio di fattibilità, ma andrà anch’esso condiviso con gli enti locali. La cosa si legherà poi al passaggio sulle strade locali dei camion che porteranno via i materiali frutto degli scavi: si potrebbe, ad esempio, spostare queste finestre costruttive in modo da creare degli innesti provvisori alla Grande viabilità».
MATTEO UNTERWEGER

 

 

L’Anci: «Il piano casa è incostituzionale» - IN APPROVAZIONE A FINE MESE
 

TRIESTE Nonostante gli sforzi, i confronti, il lavoro del gruppo di studio presieduto da Nerio Belfanti, è stato giudicato inaccettabile il testo licenziato dalla commissione regionale sul nuovo Codice regionale dell'edilizia che sarà portato all'esame del Consiglio regionale il 28 ottobre. «Il nostro giudizio - ha detto il presidente dell'Anci Gianfranco Pizzolitto a nome del Comitato esecutivo che si è svolto ieri a Duino Aurisina - è negativo nel merito (non sono stati rimossi i problemi che abbiamo più volte denunciato e che rischiano di bloccare l'attività nei comuni) e nel metodo (la Regione continua a procedere in totale solitudine, calpestando i principi di leale collaborazione con i comuni che sono parte fondante del sistema degli enti locali e non controparte) arrivando ad approvare una norma incostituzionale».
«Speriamo, per il bene dell'economia e delle nostre comunità - prosegue Pizzolitto - che il Consiglio regionale accolga i rilievi che abbiamo posto con spirito collaborativo nel documento di osservazioni e proposte presentato al presidente della IV commissione Alessandro Colautti il 21 settembre 2009».
Durissime le critiche dell'Anci non appena si entra nel merito. «Non avendo voluto limitarsi a fare una legge che recepisse le proposte del piano casa nazionale, riconsiderate in sede di Conferenza Stato-Regioni, con il disegno di legge regionale 80, la Regione costringe tutti i Comuni del Fvg a modificare i Piani Regolatori (con quali risorse?), con il rischio di smantellare 30 anni di cultura urbanistica. L'immediata entrata in vigore della norma- conclude la nota - non consente una adeguata informativa agli uffici comunali e ai tecnici per comprendere e recepire le procedure».
 

 

Park San Giusto, Friulia punta a un terzo delle quote - I sei costruttori della cordata deterranno all’incirca il 60% delle azioni. Rovis: a dicembre i primi scavi
 

SI DELINEA IL NUOVO ASSETTO DOPO L’ANNUNCIATA USCITA DI SCENA DI AMT, LA CONTROLLATA DEL COMUNE CHE CONTA IL 75,5% DELLA TORTA
Per un’Amt che cede le sue quote ed esce di scena, ecco una Friulia pronta a entrare con una partecipazione pari a un terzo della torta azionaria. Entro la fine di novembre, a meno di inattesi slittamenti, verrà ufficializzata la nuova composizione della Park San Giusto Spa, la società che si occuperà della realizzazione del parcheggio sotto il colle di San Giusto. Una storia tormentata, decennale, quella del progetto, avviata nel 2000, quando allora il Comune era guidato da Riccardo Illy, prima dell’era Dipiazza. Ma anche una storia che, in base al nuovo scenario che va delineandosi, vede finalmente la luce in fondo al tunnel, se è vero che, come riferisce l’assessore comunale con delega ai project financing Paolo Rovis «i primi scavi archeologici nell’area, propedeutici ai futuri lavori, partiranno per la fine dell’anno». A dicembre, insomma. Così, quel parcheggio destinato a risolvere - nelle intenzioni del Municipio - buona parte dei problemi legati alla mancanza di stalli disponibili in centro, inizierà a prendere forma. «Un’opera strategica, specie se collegata al nuovo Piano del traffico», aggiunge Rovis. Da più parti, infatti, tenendo presenti le anticipazioni del sindaco sul nuovo assetto della viabilità urbana (che potrà diventare realtà solo dopo i necessari passaggi burocratici, su tutti l’esame del Consiglio comunale), era stata in effetti sollevata la questione dei posti macchina.
Tornando alla partita delle quote della Park San Giusto, Friulia, la finanziaria regionale, fungerà insomma da socio e anche da «soggetto certificatore del piano finanziario», per dirla con le parole di Donato Riccesi, uno dei sei costruttori facenti parte dell’attuale assetto. Soggetti, questi, che rimarranno compatti in seno alla Spa: si tratta delle società Riccesi, Celsa, Mecasol, Fedrigo, Carena e Arm enginering di Padova, che «in proporzioni uguali per ciascuno» deterranno così una fetta totale «attorno al 60 per cento», chiude Riccesi. Dal canto suo Friulia entrerà con una percentuale del «33 o 34, indicativamente un terzo del pacchetto. Stiamo definendo il tutto. In ogni caso, il nostro statuto non ci consentirebbe una partecipazione superiore al 35%», puntualizza Gianfranco Depinguente della Direzione finanza e controllo della finanziaria regionale.
Una nuova situazione innescata, a monte, dalla cessione di quel 75,5% detenuto ad oggi da Amt, controllata del Comune di Trieste. Il che permetterà all’iter realizzativo di assumere i contorni del project financing. Completerà il quadro azionario la conferma delle due società di gestione del settore parcheggi, la Ssm spa di Udine, che ha il 5%, e l’Acupark srl del gruppo Aci con il suo 1%.
«Entro il mese di novembre - conferma l’assessore Rovis - è previsto il passaggio in giunta dell’approvazione della nuova convenzione, con la modifica statutaria della Park San Giusto e l’ok al nuovo piano economico datato giugno 2009. Le quote di Amt, pari al valore complessivo di 900 mila euro, vengono cedute: l’accordo c’è già, sulla base della delibera di indirizzo emanata dal Comune all’inizio dell’anno. Alle spalle di questo punto di svolta c’è stato un lungo e silenzioso lavoro di trattativa fra i vari soggetti coinvolti. Grandi meriti vanno riconosciuti in questo senso ai dirigenti del Comune Mauro Silla e Walter Toniati, più ovviamente ai vertici di Amt».
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Bucci: pedonale anche via Mazzini - IL PIANO DEL TRAFFICO E LE CHIUSURE DELLE ARTERIE PRINCIPALI
 

E su corso Italia Sasco (Udc) attacca: nessuna intesa, è un’idea di Forza Italia
Corso Italia pedonale? Piace a Forza Italia, dispiace al resto della maggioranza. Già ieri Angela Brandi, capogruppo An-Pdl, si diceva all’oscuro del piano del traffico, ma anche «contraria» alla soluzione del corso, «finché qualcuno non mi spiega dove andranno le macchine». Favorevolissimo invece Piero Camber, capogruppo Fi-Pdl.
Durissima contrarietà arriva da un altro alleato politico, l’Udc. Roberto Sasco, presidente della commissione urbanistica, non condivide niente: «Non c’è stata nemmeno una consultazione, un’intesa, io non sono disposto a votare passivamente e il mio voto è tutt’altro che scontato, il piano del traffico col piano regolatore e quello del centro storico sono gli atti politici più importanti, quelli con cui il centrodestra andrà a elezioni. Ma soprattutto - dice Sasco che confessa di avere l’ufficio proprio in quella via Torrebianca che il nuovo piano del traffico renderebbe porta d’ingresso in città al posto del corso - nessuno dal 1934 a oggi ha potuto cambiare l’assetto viario, oggi invece si vuole creare il salotto buono in corso con bar e negozi per ricchi, e per arieggiare le case di altri ricchi che vi abitano, e si vuole buttare il traffico nei borghi storici, renderli una camera a gas. Ma come può transitare in via Torrebianca il flusso di macchine su tre corsie che oggi ingorga il corso? Qui c’è una componente ideologica e non tecnica - conclude il consigliere-ingegnere -, è un’idea di Forza Italia».
Infatti arriva il plauso dell’ex assessore al traffico, il forzista Maurizio Bucci, oggi consigliere regionale, che rivendica a sé la prima idea di togliere le macchine dalla centrale arteria. E contribuisce: «Pedonale via Roma oppure via Mazzini? Mi sento di proporre una terza ipotesi: ambedue pedonali». Ma Bucci poi precisa: due corsie per autobus in corso, scarico merci solo al mattino presto e alla sera, alberature da piazza Borsa fino all’Upim, e sotto gli alberi panchine: un’area pedonale nel verde». Via Mazzini, invece, tutta pedonale fino all’incrocio con via Roma.
«Avanti con la demagogia». Questo il pensiero di Alfredo Racovelli dei Verdi, che sottolinea come prevedere sempre più parcheggi in centro idealmente per favorirne la pedonalizzazione non fa che aumentare le macchine là dove si vorrebbero togliere: «Il piano parcheggi - scrive - ne prevede 28 di nuovi, di cui 7 sulle rive, per permettere a 5000 automobili di transitare quotidianamente in centro. Il sindaco dice che le macchine sparirebbero, perché starebbero ”sotto”...». Racovelli elenca le soluzioni antismog, i rinforzi del trasporto pubblico e la massiccia previsione di piste ciclopedonali messe in campo a Bolzano, a Padova, a Udine: «Se tutto questo Dipiazza non lo fa e pensa di realizzare 28 parcheggi in centro per concessioni ultradecennali a imprese private, non è forse l’ennesima operazione di utilizzo privatistico e speculativo del territorio, a danno della salute di tutti i cittadini?».
«A me sembra - dice invece Fabio Omero del Pd - che Dipiazza stia costruendo la scala mobile del suo supermercato senza sapere se ha un piano interrato o superiore, oppure no. Ho fiducia nel ”mobility manager” Giulio Bernetti - aggiunge Omero -, affinché questo piano coinvolga porzioni più ampie di città, non vogliamo la scala mobile prima di capire il contesto. E ricordo come Dipiazza appena arrivato cancellò l’unico progetto che avrebbe davvero consentito di pedonalizzare corso Italia garantendo i flussi di traffico: la galleria tra via D’Alviano e viale D’Annunzio. Tutto era già pronto, si erano già fatte perfino prove antisismiche e di vibrazioni sulle case. Poi informalmente il sindaco lo ha riconosciuto, aveva sbagliato».

(g. z.)
 

 

Zebre rialzate, via libera da motociclisti e pedoni - «Sì alla riduzione di velocità» Aci: verificare la compatibilità tra dissuasori e codice stradale
 

INIZIATIVA DI DIPIAZZA
Le nuove strisce pedonali rialzate annunciate dal sindaco Roberto Dipiazza per far rallentare le due e le quattro ruote piacciono tanto dai pedoni quanto dai motociclisti. «Ben vengano i dissuasori - dice Claudio Birri, delegato provinciale della Federazione italiana motociclisti - sono un’ottima soluzione per contrastare il numero sempre crescente di incidenti sulle strade. È ora importante localizzare i punti in cui è prioritario intervenire».
Anche Sergio Tremul, presidente del Coped - CamminaTrieste, dice sì alle zebre rialzate: «L’iniziativa è ottima, credo vada controllato meglio l’intervento. Le zone bisognose di rapido intervento indicate dal sindaco (via De Marchesetti, via Costalunga, via Giulia, Via Battisti, via Valmaura e via Flavia) necessitano senz’altro di un’operazione che miri a ridurre la velocità, ma a mio avviso ve ne sono altre da non dimenticare, come piazza Goldoni e largo Barriera, entrambe zone ad alta densità pedonale». Sia Birri che Tremul si propongono per una collaborazione con l’assessorato al traffico in modo da individuare al meglio i punti cruciali della città dove sistemare i dissuasori.
L’unico a non essere pienamente convinto dell’iniziativa è Giorgio Cappel, presidente dell’Aci: «È indubbia la necessità di intervento, ma l’iniziativa del sindaco, seppur lodevole, a mio avviso lascia perplessi. Occorre una veloce verifica della compatibilità di questi dissuasori con il codice stradale, seguita da una fase di sperimentazione in limitate zone della città. Ciò per provare l’effettivo guadagno e non il danno apportato dall’uso dei dissuasori in prossimità degli attraversamenti pedonali in tema di sicurezza, mobilità e tempi. Mi lasciano dubbioso i numerosi disagi che questa introduzione potrebbe portare ad autobus ed ambulanze».
«L’introduzione dei dissuasori - interviene Birri - non è però l’unica soluzione». Il delegato provinciale della Fmi sostiene che per una maggiore sicurezza basterebbero piccole accortezze, come spostare gli attraversamenti pedonali prima delle fermate dei bus. «In tal modo - spiega Birri - i pedoni dovrebbero attraversare la strada rimanendo sempre ben visibili ai mezzi che sopraggiungono o che stanno superando il bus fermo». Birri suggerisce inoltre di spostare i bidoni dei rifiuti dopo le strisce pedonali, «per l’incolumità dei pedoni e anche degli automobilisti che li vedono ”sbucare all’improvviso”. Inoltre ricordo, soprattutto in caso di pioggia, la pericolosità delle vernici usate per gli attraversamenti pedonali. Sebbene permettano una grande visibilità della zona di attraversamento anche a discreta distanza, risultano troppo lisce e compatte e portano i mezzi a due ruote a scivolare».
Sara Giroldo
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 ottobre 2009

 

 

Rigassificatore, resta il no della Slovenia - Lubiana chiede ulteriori precisazioni relative soprattutto al gasdotto tra Zaule e l’area di Grado
 

INCONTRO BILATERALE INTERMINISTERIALE A LUBIANA IL PROSSIMO 9 NOVEMBRE. ROMA: PRONTI A FORNIRE OGNI DETTAGLIO
TRIESTE «Il progetto per il rigassificatore di Trieste, così come quello di Priolo (Siracusa) ha concluso il suo iter organizzativo: ora si deve procedere alla costruzione». Così il ministro per lo Sviluppo Economico, Claudio Scajola parla della futura politica energetica nazionale. Ma se per Siracusa non ci sembrano essere problemi, per il rigassificatore di Triestre la partita sembra essere tutt’altro che conclusa.
Dalla Slovenia, infatti, giunge il messaggio che tra i ministri dell'Ambiente di Slovenia e Italia, per affrontare la questione del «no» sloveno al rigassificatore di Zaule, non sono previsti incontri, né formali, né informali, prima del vertice intergovernativo italo-sloveno del 9 novembre a Lubiana. La data del prossimo colloquio con la ministra Stefania Prestigiacomo è stata resa nota dal ministro sloveno Karl Erjavec a margine del Consiglio dei ministri dell'ambiente dell'Unione europea, che si è svolto ieri in Lussemburgo.
Nell'occasione, Erjavec ha dichiarato di aver già ricevuto la lettera di risposta della Prestigiacomo alla sua richiesta di spiegazioni aggiuntive sul progetto di «Gas Natural», ma che queste spiegazioni sono ancora considerate insufficienti per la parte slovena, per cui Lubiana sta preparando una replica da inviare a Roma nei prossimi giorni, in modo che la ministra italiana possa fornire tutti i chiarimenti richiesti già all'incontro del 9 novembre.
«Non siamo soddisfatti perché manca una valutazione strategica complessiva. Non siamo soddisfatti perché si prevede che il gasdotto passi per i fondali marini. Non siamo soddisfatti per quanto riguarda le misure di sicurezza. Crediamo che non siano sufficienti e che esista il reale pericolo che, in caso di incidente, si verifichi un effetto domino», ha sintetizzato Erjavec i punti che Lubiana considera irrisolti. La Slovenia spera in una soluzione bilaterale della controversia, ma si prepara anche a scenari diversi. Se non si dovesse trovare un accordo con Roma, Lubiana sta preparando tutta la documentazione necessaria per rivolgersi prima alla Commissione europea e, successivamente, alla Corte di giustizia dell'Ue. È comunque troppo presto per parlarne, ha ribadito Erjavec. Sarà il governo sloveno a decidere le prossime mosse, non prima però di vedere come procederanno i colloqui bilaterali.
Già alla fine di settembre, ricordiamo, il presidente della Commissione interministeriale slovena incaricata di seguire la problematica dei terminal, il sottosegretario all'Ambiente Zoran Kus, aveva annunciato la costituzione di un gruppo di esperti di diritto internazionale, che in caso di fallimento dell'incontro bilaterale, avrà il compito di raccogliere tutti gli elementi necessari per portare l'Italia di fronte alla Corte di giustizia europea. Il caso del rigassificatore di Zaule, del resto, è già arrivato a Bruxelles.
Le presunte irregolarità nella preparazione del progetto di «Gas Natural» sono state denunciate infatti dalla rete internazionale di associazioni ambientaliste «Alpe Adria Green», che ha inviato una petizione e un ricorso al Parlamento e alla Commissione europea per chiedere che si fermi la costruzione dell'impianto. L'Italia, questa era la motivazione di Aag, avrebbe tentato di minimizzare i rischi del terminal ed avrebbe di fatto consentito a «Gas Natural» di esibire una documentazione incompleta nel richiedere i permessi necessari per portare avanti il progetto. Contro il rigassificatore di Zaule, ma anche contro un analogo progetto della tedesca Tge Engineering a Capodistria, la politica slovena è stata finora compatta e decisa.
L'unica soluzione per il futuro, per garantire uno sviluppo sostenibile dell'Alto Adriatico, Lubiana la vede in una gestione comune e concordata dell'Adriatico da parte di Italia, Slovenia e Croazia, con regole chiare e precise su come e dove costruire impianti ad alto impatto ambientale, come appunto i rigassificatori. Questa idea è stata già inserita in una proposta di Risoluzione inviata in Parlamento da un gruppo di deputati della maggioranza di governo.
Nella «vexata quaestio» interviene il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, il quale, evidentemente seccato afferma che l’Italia fornirà tutte le ulteriori informazioni chieste dalla Slovenia sul rigassificatore di Zaule e sul gasdotto verso Grado. «Mi sembra lunare - sostiene Menia - che la Slovenia abbia da rididire sul gasdotto verso Grado che si dirige verso Ovest e quindi lontano dalle acque territoriali slovene e poi - scusate - ma non sarà certo Lubiana a decidere che cosa facciamo a casa nostra!».
MAURO MANZIN

 

 

Piano casa: i sindaci vogliono dire la loro - Richiesta la facoltà di intervenire almeno col ”silenzio-assenso” - INCONTRO A PALMANOVA
 

TRIESTE Piano casa all'esame di sindaci e consiglieri regionali: per chiedere un'importante modifica al documento appena approvato della Regione, ovvero introdurre la possibilità di un parere delle amministrazioni locali, che ora come ora possono solo accettare le decisioni che vengono imposte dell'alto. Questo il motivo per cui i consiglieri regionali del Partito democratico hanno chiamato raccolta a Palmanova tutti i sindaci della regione (di destra e sinistra) e anche i consiglieri regionali di ogni schieramento. «Questo perchè la nostra posizione non è di ostacolo al Piano casa – spiega il consigliere Giorgio Brandolin, relatore di minoranza del provvedimento –. Quello che però vogliamo fare, assieme ai diretti interessati, è riflettere sui miglioramenti che si possono proporre».
Due essenzialmente le critiche rivolte al piano: la principale è appunto quella di non prevedere la possibilità di un intervento da parte di sindaci e Comuni, che sono invece gli enti più vicini al territorio e che quindi lo conoscono meglio di chiunque altro. «Messo così com'è – spiega Brandolin – il piano non prevede che i Comuni possano intervenire nel processo decisionale: devono solo accettare quello che viene deciso a livello regionale». La controproposta è quindi di prevedere almeno un silenzio-assenso, dando ai Comuni un determinato lasso di tempo entro cui poter intervenire, dopodichè verrà applicato quanto deciso a livello regionale.
La seconda osservazione riguarda il fatto che si è voluto per forza mettere assieme due provvedimenti (Piano casa e Codice dell'edilizia) che in realtà sono due cose completamente differenti: la prima infatti può essere di validità continuata, l'altra deve essere giocoforza legata al presente.
Sul provvedimento, poi, potrebbe anche pendere, secondo i consiglieri del Partito democratico, una minaccia di incostituzionalità, visto che la Regione «va a toccare elementi che non sarebbero di sua competenza». Ecco perchè il Pd ritiene che una riflessione sul documento sia urgente, e debba vedere coinvolti i principali protagonisti, ovvero appunto i Comuni e i sindaci.
Elena Orsi
 

 

Dipiazza: «Corso Italia solo per i pedoni» - Ora la proposta sarà presentata ai capigruppo. Le macchine dirottate per via Torrebianca
 

IL NUOVO PIANO DEL TRAFFICO - Lippolis (An): «È una zona da riqualificare, poco passaggio e marciapiedi stretti»
C’è il 90% di possibilità che corso Italia diventi pedonale. L’altro 10% è fatto dei problemi da risolvere ma il piano del traffico firmato Dipiazza è ormai fatto. Manca di esaminarne gli effetti e decidere defintivamente. Automobiline, lucette e stradine. È quanto sul monitor di un computer stanno studiando in questi giorni gli staff tecnici del Comune. Quelli sul loro video siamo noi, gli straziati dal traffico delle ore di punta. Il «mobility manager» Giulio Bernetti ha in mano un gioco di simulazione perfezionato dall’Università di Trieste, che gioco non è. Dall’esame dei flussi, delle forze di gravitazione attive sui vari assi viari, verrà fuori la proposta ufficiale. Fatta delle idee del sindaco, assessore alla mobilità, ma con ampi prestiti del precedente piano dell’ingegner Camus, mai realizzato.
Dipiazza nelle scorse settimane ha anticipato pubblicamente qualche novità e qualche ipotesi. L’altra sera in Consiglio comunale ha annunciato che «il lavoro è finito», che sarà presentato ai capigruppo e quindi al consiglio comunale. Centro dell’attenzione (da sempre) è il nodo più importante e più ostico: corso Italia pedonale o no?
Ecco dove sta l’occhio dei tecnici, fissi su quel monitor. Guardano le macchinine districarsi per le vie e gli incroci da San Giacomo o da San Giovanni alle rive, e ritorno, tra le 7.30 e le 8.30 del mattino e in altre ore in cui l’ammasso di lamiere è soffocante. Le ipotesi sono ancora aperte, ma sono peraltro solo due: o si pedonalizza l’intero corso Italia, e via Mazzini resta agli autobus (ma con la decisione ormai presa di riasfaltare, magari coprendo il binario di Stream anche prima che vadano a conclusione le vicende giudiziarie in piedi con Ansaldo), oppure il contrario. Se fosse pedonalizzata via Mazzini, il corso Italia diventerebbe la strada dei bus, ma con marciapiedi ampliati.
Per consentire il passeggio libero sul corso si pensa di aprire via Torrebianca al flusso verso via Carducci, ma si è spenta l’ipotesi di cambiare direzione di marcia a via San Francesco, che resterebbe in direzione discendente da via Fabio Severo a via Carducci. A questa opzione è allegata anche l’eventualità di chiudere al traffico via Gallina, che collega piazza San Giovanni e piazza Goldoni.
Altre conseguenze: se il corso diventa pedonale diventa un largo «boulevard» senza i marciapiedi, e acquista licenze per nuovi esercizi pubblici con terrazza esterna. In Comune ci si chiede se la città potrebbe reggere tanta profluvie di tavolini, bar e ristorantini e buffet sparsi già ora dappertutto. E ancora è da analizzare tecnicamente il capitolo introduttivo e basilare: i parcheggi, attuali e prossimi, e la sostenibilità economica cui andrebbero incontro col nuovo panorama del movimento.
«Io sono del tutto a favore dell’opzione corso Italia chiuso al traffico - dice Piero Camber, capogruppo di Forza Italia -, anche se restano alcuni punti interrogativi, e sarei a favore perché m’immagino la nuova struttura della città, dove si andrebbe a piedi da piazza Venezia, che un giorno potrebbe avere di fronte il Parco del mare e non più i resti del magazzino vini, a via Torino, già oggi senza auto, a piazza Hortis, a piazza Cavana, a piazza Unità e piazza della Borsa, proseguendo per il corso, fino a piazza Goldoni, e per via Gallina traversando solo via Carducci fino in viale, e dunque alla fine del viale». Una camminata, insomma, dal fondo delle rive a San Giovanni.
Ma altre pressioni esistono in questo senso, e con altri contenuti. «Ho chiesto al sindaco in aula - riferisce Antonio Lippolis, consigliere di An - se intende far qualcosa per corso Italia, perché con tante via adiacenti pedonali ormai i negozi soffrono per minore passaggio, anche i marciapiedi sono stretti, specie quelli della parte alta verso piazza Goldoni, c’è rischio di ulteriori chiusure, gli affitti invece restano cari come se la zona fosse ”al top” degli anni passati: 3000, 4000, anche 6000 euro di affitto al mese. Il sindaco mi ha risposto che al 90% il corso sarà pedonale». Ma il capogruppo di An, Angela Brandi, ancora non sa ciò che Camber già apprezza: «I contenuti del piano - dice - non ci sono stati presentati, conosco quello che è stato detto in aula e basta».
GABRIELLA ZIANI

 

 

SODDISFAZIONE DEI COMMERCIANTI DEL CENTRO - «L’unica soluzione per sopravvivere»
 

«In tutte le grandi città è così, ma bisogna trovare altri parcheggi»
«Ma è logico, bisognerebbe rendere pedonale corso Italia, io quando esco dal negozio alle 13.15 non trovo mica una strada, trovo l’autostrada». Vetrine su vetrine di grande marca, marciapiedi dove in due ci si dà di gomito e si impara a dare la precedenza, sgambate finali dei motori prima di piazza Goldoni, e la fatica di stare lì: «Il negozio è tutto bianco - dice la responsabile -, ma dentro è sempre tutto nero di smog e bisogna pulire continuamente. Può anche essere difficile trovare soluzioni, ma oggi come oggi è questo il futuro nelle città, strade libere. E negozi aperti, però».
E qui siamo nella parte alta di corso Italia, dove il passaggio dei pedoni si sta prosciugando, perché hanno acquisito forza d’attrazione via San Nicolò, via San Lazzaro, e strade che via via si liberano dalle macchine. Scendiamo a metà. Ecco un altro bel negozio, che non fa parte di marchi o «catene». «Ottima idea certamente - risponde la titolare -, ma il traffico poi dove passerà? Come si viene in centro a Trieste se non c’è dove passare? Già adesso c’è una tale carenza di parcheggi. Io penso comunque che il corso è sempre il corso, con o senza macchine».
La signora ricorda i comitati sorti fra negozianti, specie su via Mazzini, per chiedere un miglioramento della situazione. «È finita che ci siamo messi l’uno contro l’altro, chi non voleva i bus e chi non voleva le macchine, e che dire invece dei cassonetti piazzati in piazza Borsa? E del fatto che a noi nessuno smaltisce la plastica? Io pago 1000 euro all’anno per farmi portar via solo gli imballaggi di cartone...».
Un passo ancora e si arriva sulla parte bassa di corso Italia, quella che sbocca in piazza della Borsa, tecnicamente meno penalizzata dalla posizione.
Un altro negozio di nome: «Sono assolutamente d’accordo sul pedonale - afferma senza dubbi la titolare -, in tutte le grandi città si fa così, e tutti vivono lo stesso, sarà anche difficile trovare una soluzione, ma non è impossibile, avere un corso all’altezza sarebbe una cosa molto giusta per Trieste, significherebbe anche valorizzare tutto quello che la città può offrire».
 

 

Park San Giusto, le quote in vendita ai costruttori - Verso l’uscita definitiva il soggetto pubblico rappresentato da Amt - SOLUZIONE VICINA
 

Il diverso assetto del traffico poggia su un mattone senza il quale ogni castello crolla: i parcheggi. «Il progetto - racconta Piero Camber - si concentra per adesso nell’area tra rive, via Carducci, Ponterosso, e su un quadrilatero costituito dai parcheggi. Finora abbiamo il Silos e Foro Ulpiano (dove è previsto il raddoppio sotto via Giustiniano), sono scoperti due lati, e cioé Teatro romano e piazza Sant’Antonio».
Anche qui novità imminenti. Si è sbloccata la brutta vicenda del Park San Giusto, corredata di vicende legali, catastali, societarie e d’ogni genere. Sembra che molto presto la parte privata acquisterà, come stabilito, tutte le quote della vecchia società, e verrà così sancita la rinuncia ufficiale di Amt alla pesante partita. Per piazza Sant’Antonio le decisioni sono invece già prese. E un diverso piano del traffico, si è ragionato in Comune, può essere attivato in centro città solo a condizione che i cantieri di questi due parcheggi siano almeno avviati.
Il perché sta nella logica. Come offrire spazi pedonali se non c’è modo di mettere la macchina da qualche parte? Un altro parcheggio ancora sta per diventare possibile, quello in via della Valle dietro il liceo Carducci. Lo spazio c’era, serviva una notula nel Piano regolatore ed è stata scritta.
Resta il fronte mare, dove Saba Italia ha di recente annunciato di non voler più realizzare il park interrato davanti alla Stazione marittima (già autorizzato) mentre di più complessa gestazione rimane l’Audace, fra palazzo Carciotti e teatro Verdi, dell’Interparking. Sembra che all’origine del passo indietro della Saba vi sia un mancato accordo, più che col Municipio, con l’Autorità portuale, che gestisce ora i parcheggi di superficie e vorrebbe continuare a farlo. Ma costruire una così delicata struttura sul mare per avere ugualmente il parcheggio in strada non è nell’interesse dell’imprenditore, ma nemmeno del Comune che non raggiungerebbe lo scopo di riguadagnare spazio, equilibrio urbanistico, bellezze di litorale cittadino.
Per quanto sembri a molti azzardato anche scavare davanti alla chiesa neoclassica di Sant’Antonio, non si trova nessuno che eluda il problema. «Il guaio vero di Trieste non è il traffico, tutto sommato sopportabile, ma ancora oggi sono i parcheggi». Lo dicono i politici, ma anche la gente e naturalmente i commercianti.

(g. z.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 ottobre 2009

 

 

Rigassificatori, Scajola: «Dopo Rovigo c’è Trieste, Lubiana non può opporsi»

 

il rigassificatore di Porto Levante

«L’iter è concluso, dobbiamo procedere subito. Paghiamo il gas il 30% in più rispetto all’Europa»
«Per il 2030 l’Italia deve ricavare energia per il 50% dal fossile e il resto da nucleare e fonti rinnovabili»
ROVIGO Due giorni fa, l’inaugurazione del rigassificatore al largo di Porto Levante (Rovigo); ieri, durante una prima visita all’impianto con i motori avviati, il ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola ha colto la palla al balzo: «Il progetto per il rigassificatore di Trieste, così come quello di Priolo (Siracusa), ha concluso il suo iter organizzativo: ora si deve procedere alla costruzione».
Nonostante le accese opposizioni del governo sloveno, disposto a ricorrere alla Corte di giustizia europea (proprio ieri tra l’altro un gruppo di deputati parlamentari sloveni appartenenti ai quattro partiti di maggioranza hanno presentato un documento contro l’impianto di Trieste) il rigassificatore di Zaule sarebbe dunque a pochi passi dalla realizzazione. «Con la Slovenia abbiamo già parlato- afferma Scajola- e non abbiamo mai trovato nessuna motivazione opposta che potesse costituire un reale blocco alla costruzione dell’impianto».
Dunque, si farà.«L’ultimo rigassificatore, prima di quello appena battezzato a Porto Levante- dice il ministro - è stato costruito 40 anni fa a Panigallia. Questo grazie alla politica dei no al nucleare, al gas naturale e all’idroelettrico, sbloccata dal precedente governo Berlusconi».
E ancora: «L’Italia, per il gas, paga il 30% in più rispetto all’Europa- continua- il nostro paese ha dunque un’emergenza: recuperare il tempo che ha perduto: Trieste e Priolo sono i primi obiettivi». «Per il 2030- conclude Scajola- l’Italia deve poter ricavare energia per il 50% dal fossile; per il 25% da fonti rinnovabili e il restante 25% dal nucleare.»
Il rigassificatore di Rovigo Emerge dalle acque dell’Adriatico, è largo quanto due campi da calcio e alto come un palazzo di dieci piani. Dista 17 chilometri dalla costa e, alimentato da gas del Qatar, soddisferà il 10% del fabbisogno italiano. Al largo di Porto Levante, il terminale Adriatic LNG è la prima struttura al mondo offshore - in cemento armato - che servirà per la ricezione, lo stoccaggio e la rigassificazione del gas naturale liquefatto (GNL).
Si tratta di una grande infrastruttura energetica che ospita due serbatoi per il gas naturale; un impianto di rigassificazione e le strutture per l’ormeggio e lo scarico del gas naturale liquefatto dalle navi metaniere. Il costo complessivo è di 2,5 miliardi di euro: il 45% investito da Qatar Terminal Limited, affiliata di Qatar Petroleum, un altro 45% da ExxonMobil Italiana Gas ed il restante 10% dall’italiana Edison (10%). Chi utilizzerà il gas Per la durata di 25 anni, un contratto impegna Edison ad utilizzare l’80% della capacità del terminale.
Il rimanente 20% sarà disponibile per altri operatori, mentre il 12% verrà assegnato dal ministero dello Sviluppo Economico. «Edison - ha affermato l’amministratore delegato Umberto Quadrino durante una prima visita al rigassificatore avviato - ha già venduto il gas di sua spettanza, pari a circa 6,4 miliardi di metri cubi all’anno: il 50-55% sarà destinato alle nostre centrali elettriche».
Gran parte del gas arriverà dal giacimento North Field, al largo della costa del Qatar: è il più grande giacimento al mondo di gas naturale. A regime la struttura potrà immettere nella rete nazionale fino a 8 miliardi di metri cubi di gas naturale l’anno, pari a circa il 10% del fabbisogno nazionale.
«Dell’85% di gas di cui siamo importatori, il 75% arriva dalla Russia e dall’Algeria- spiega il ministro Claudio Scajola- in questo nuovo impianto, invece, l’80% del gas proviene dal Qatar: è un primo grande esempio di diversificazione delle fonti. Per essere concreto il rischio di un blackout delle forniture di metano, come quello verificatesi negli inverni scorsi per i problemi tra Russia e Ucraina, può ritenersi scongiurato».
SILVIA ZANARDI

 

 

Parlamentari sloveni, mozione per la gestione comune dell’Adriatico - APPELLO A ITALIA E CROAZIA
 

LUBIANA Per la gestione dell'Adriatico ci vuole una strategia comune di Italia, Croazia e Slovenia. Se ne parla ormai da tempo ma stavolta un gruppo di parlamentari sloveni ha deciso di passare dalle parole ai fatti. I capodistriani Franco e Luka Juri (il primo eletto nelle file del partito Zares, il secondo socialdemocratico) e i loro colleghi Borut Sajovic (Democrazia liberale) e Franc Znidarsic (Partito dei pensionati – DeSus), tutti appartenenti alla maggioranza di governo, hanno inviato in Parlamento una proposta di Risoluzione per definire le direttrici slovene sulla tutela e lo sviluppo dell'Adriatico.
Se dovesse ottenere il consenso necessario, il documento - secondo gli autori – potrebbe diventare la base per un negoziato con Roma e Zagabria, con l'obiettivo finale di formulare una Strategia comune per il Mare Adriatico, sulla falsariga di quello che già esiste, per esempio, per il Baltico. Un punto chiave della strategia sarebbe l'accordo tra i tre Paesi su dove e come sia possibile costruire impianti ad alto impatto ambientale, come a esempio i terminal rigassificatori. «Quello che vogliamo – ha spiegato ieri Franco Juri – è uno sviluppo sostenibile dell'Alto Adriatico. La Risoluzione dovrebbe essere un primo passo verso una gestione comune del mare comune, che non vada a danno né delle popolazione attuale né delle generazioni future». Per Luka Juri, la Strategia avrebbe il compito di stabilire dove e a quali condizioni possono essere costruiti determinati impianti, come appunto i rigassificatori. Fino a quando non ci sarà un approccio condiviso la Slovenia, è convinto il deputato socialdemocratico, dovrebbe sospendere ogni dibattito sui terminal.
Nella proposta di Risoluzione formulata dai quattro deputati, al governo sloveno vengono suggerite anche iniziative concrete, come la proclamazione congiunta (con Croazia e Italia) dell'Alto Adriatico ”area protetta”. A giudizio di Franco Juri, è necessario opporre un netto rifiuto a impianti che non dovrebbero essere situati in acque chiuse e poco profonde e in aree ad alta densità di popolazione. Anche qui è stato fatto l'esempio dei terminal rigassificatori. Non è ancora noto quando la proposta di Risoluzione sarà discussa dalla Camera di stato, ma è alquanto probabile che, se messa ai voti, sarà approvata. La Slovenia, del resto, è impegnata ormai da mesi nella battaglia contro il progetto del terminal rigassificatore di Zaule, presso Muggia, e non ha escluso nemmeno il ricorso alla giustizia europea contro l'Italia, qualora si dovesse comunque procedere alla costruzione dell'impianto senza trovare prima un accordo tra Lubiana e Roma. Le autorità slovene, come noto, hanno respinto recentemente anche il progetto per la costruzione di un terminal rigassificatore nell'area del porto di Capodistria ma la società che lo ha proposto, la tedesca ”Tge Engineering”, non si è data ancora per vinta e continua a insistere, portando avanti tra l'altro tutta una serie di attività promozionali per convincere anche la popolazione locale della bontà del progetto. Finora, comunque, senza ottenere alcun risultato.
 

 

Tav, confermati i 50 milioni dell’Ue - Sì al finanziamento dei progetti per la tratta Mestre-Trieste - La chiusura dell’iter entro il 2012
 

INCONTRO AL MINISTERO CON VENETO E FRIULI VENEZIA GIULIA
Entro il prossimo anno verranno armonizzate le due ipotesi sul tappeto
TRIESTE Il pericolo è scampato, almeno per ora: l’Unione europea conferma che i soldi per ”disegnare” la Tav, l’agognata alta velocità (e capacità) ferroviaria che deve accorciare le distanze tra Mestre e Ronchi sud, ci sono. Veneto e Friuli Venezia Giulia ringraziano e si impegnano a non sforare i tempi, trovando una soluzione condivisa, e presentando i progetti della tratta entro e non oltre la fine del 2010.
Il cessato allarme arriva, nel pomeriggio di ieri, al termine del vertice al ministero di Altero Matteoli cui partecipano, con il capo dipartimento delle infrastrutture Domenico Crocco, le due Regioni interessate. A portare la voce di Bruxelles, escludendo il rischio di un definanziamento, è l’Agenzia esecutiva europea per la rete transeuropea di trasporto, con Pablo Serrano: l’Unione europea mette a disposizione quasi 4 milioni di euro per la Mestre-Ronchi sud a cui vanno aggiunti, sempre sotto forma di cofinanziamento, 24 milioni di euro per la Ronchi sud-Trieste e 22 milioni di euro per la Trieste-Divaccia. In tutto 50 milioni.
Il vertice, definito di ”coordinamento”, serve non solo a rassicurare sulle risorse comunitarie. Ma anche a confermare la volontà politica del governo di realizzare il corridoio ferroviario: «L’Italia ha ribadito all’Unione europea la strategicità del progetto prioritario numero 6, quello che va da Lione al confine ungherese-ucraino, mentre Friuli Venezia Giulia e Veneto si sono impegnati a lavorare assieme allo Stato e a Rfi per centrare l’obiettivo dei tempi» spiega Riccardo Riccardi, l’assessore alle Infrastrutture del Friuli Venezia Giulia, al termine della riunione.
E in effetti, nel corso del vertice, vengono fissati tempi e criteri della progettazione della Tav: «Abbiamo concordato con il ministero delle Infrastrutture, il Veneto e Rfi l’avvio della progettazione preliminare della tratta Mestre-Ronchi sud che riteniamo di poter proporre all’Agenzia Ue entro la fine del 2010» aggiunge, ancora, Riccardi.
Le difficoltà non mancano, le fughe venete in avanti su un tracciato ”litoraneo” ne sono la conferma, e l’assessore alle Infrastrutture non le nasconde: «Siamo consapevoli che il lavoro da fare non è facile. Dobbiamo impegnarci, in particolare, per allargare il consenso su un’opera basilare per lo sviluppo del nostro Paese e del Nordest. E quindi dobbiamo congiuntamente sforzarci di proporre all’Unione europea soluzioni condivise con il territorio». Non c’è tempo da perdere, però. Bruxelles, pur confermando che le risorse ci sono, pretende il rispetto della scaletta: «Le difficoltà ci sono, sono oggettive, e le abbiamo rappresentate all’Agenzia europea, ma dobbiamo superarle».
E la tratta Ronchi sud-Trieste? «Ci siamo impegnati a presentare la progettazione preliminare e quella definitiva entro il 2012» risponde Riccardi. Aggiungendo d’aver rassicurato anche su questo versante l’Agenzia Ue: la giunta oggi al governo del Friuli Venezia Giulia condivide e prosegue il lavoro che quella precedente ha portato avanti perché la Tav non ha colore.
 

 

Park e asilo a Roiano, c’è la firma di Roma - Accordo Stato-Comune: Polstrada a San Sabba, nel 2013 la gara per la nuova area
 

La caserma della Polstrada trasferita a San Sabba, due megaparcheggi, una piazza e un asilo nido al suo posto a Roiano. È il succo del baratto concluso ieri a Roma tra il Comune e lo Stato con le firme del direttore dell’Agenzia del Demanio Maurizio Prato, del sindaco Roberto Dipiazza e del prefetto Giovanni Balsamo poste sotto lo specifico accordo di programma che fissa tempi e modi dei traslochi.
«Missione compiuta - ha commentato il sindaco Roberto Dipiazza che era accompagnato dal direttore dell’Area pianificazione territoriale del Comune, Carlo Tosolini - stiamo concretizzando l’iter dei tanto attesi trasferimenti. Mi auguro che nel 2015 Roiano possa avere gli agognati parcheggi». In effetti la fase burocratica, i lavori e i vari travasi porteranno via non poco tempo. Ieri però sono stati dettati i tempi massimi per i primi passaggi. Il Ministero dell’Interno si impegna entro quattro mesi a dismettere parte del complesso già oggi occupato e costituito dalla Caserma duchessa d’Aosta (dove tra l’altro ha sede il Commissariato di San Sabba) per consentire appunto lo svolgimento dei lavori per la realizzazione della nuova sede della Polstrada. Il Comune invece si impegna a espletare entro sei mesi dalla presa in consegna di quest’area la gara d’appalto per l’esecuzione dei lavori. E secondo quanto ha anticipato ieri lo stesso ingegner Tosolini il bando di gara sarà effettivamente pronto entro febbraio anche se poi verranno logicamente rispettati i termini di legge.
In realtà l’idea di trasferire la caserma era nata ben undici anni fa quando il sindaco era ancora Riccardo Illy e nell’arco delle varie amministrazioni ben tre sono stati i siti dapprima scelti e scartati a partire da viale Miramare, per proseguire con Campo Marzio, dove era stata identificata allo scopo la palazzina dell’ex Centro meccanografico delle Ferrovie, fino al complesso dell’ex ospedale Maddalena. Solo successivamente è stata trovata la soluzione definitiva.
E con l’accordo di ieri l’amministrazione comunale ha preso anche l’impegno a effettuare a proprie spese il collaudo definitivo della nuova caserma entro 36 mesi dalla presa in consegna dell’area e a consegnarla all’Agenzia del Demanio. Se ne deduce che a inizio del 2013 la caserma sarà pronta. Ma è sempre l’accordo di ieri a fissare i due successivi passaggi e a sottolineare che l’atto di trasferimento al patrimonio comunale della caserma Emanuele Filiberto di Roiano sarà sottoscritto entro tre mesi dal collaudo del nuovo complesso di San Sabba e la sua formale consegna al Comune avverrà entro 6 mesi dalla consegna della nuova caserma. Si arriverà dunque alla seconda metà del 2013 allorché sarà possibile bandire la gara per i lavori di Roiano un rione che urbanisticamente subirà una rivoluzione. Nell’area oggi off-limits nel cuore del quartiere troveranno infatti collocazione una piazza, un asilo nido, strutture a uso di associazioni e due parcheggi su due livelli per complessivi 400 posti auto. La nuova caserma di via Mascagni invece si estenderà su sette piani: cinque fuori terra e due interrati e comprenderà anche un garage, una foresteria e alloggi per gli ufficiali. «Sono interventi già finanziati per complessivi 16 milioni - ha specificato ieri Tosolini - 8,5 per Roiano e 7,4 per San Sabba».
SILVIO MARANZANA

 

 

ESPOSIZIONE AMIANTO - Bonanni: «Migliaia di casi a Trieste»
 

In Friuli Venezia Giulia, nei prossimi decenni, potranno emergere migliaia di casi di lavoratori esposti ad amianto: è la stima dell'avvocato Ezio Bonanni, da anni attivo nella tutela di malati e famiglie, secondo cui il picco della manifestazione delle forme di malattie fatali si avrà tra il 2015 e il 2030.
«Molte persone - ha detto Bonanni - hanno subito l'esposizione, ma la malattia non si è ancora manifestata. Patologie da esposizione ad amianto come mesoteliomi, carcinomi o asbestosi, emergono con una latenza dai 35-40 anni in su, specialmente per quanto riguarda il mesotelioma».
«In Friuli Venezia Giulia - ha aggiunto l'avvocato, che ieri sera ha presentato a Trieste uno sportello online di consulenza legale gratuita - i casi sono in forte aumento, giornalmente ricevo telefonate di gente che contrae questa patologia».
Ma oggi ci sono ancora lavoratori esposti ad amianto, in regione?, gli è stato chiesto. «Credo di sì - ha risposto Bonanni - c'è stata sicuramente un'esposizione senza alcuna protezione quantomeno fino al 2002-2003».
 

 

Mucillagini, trappole vaganti piene di batteri e virus che fanno ammalare il mare
 

Il muco diffonde microrganismi nocivi, secondo i gruppi di ricerca di Trieste e delle Marche
Mucillagini? Ma siamo in autunno! Non conta. L’Alto Adriatico, per la sua ridotta profondità è, tra i mari più interessati dal fenomeno, anche nella stagione fredda. La loro comparsa sarebbe parzialmente imputabile all’aumento di temperatura che favorisce la formazione di conglomerati viscidi e filamentosi – come suggerisce una ricerca triestino-anconitana dal titolo “Cambiamenti climatici e potenziale diffusione di mucillagini marine e organismi patogeni nel Mar Mediterraneo”.
Ma c’è di più. Le mucillagini, dice ancora lo studio pubblicato dalla rivista ”PLoSONE”, potrebbero rivestire un ruolo di rilievo comportandosi da controllore e dispersore della diversità batterica marina. Si tratterebbe, insomma, di una vera e propria trappola per batteri e virus, che il muco ingloba in modo del tutto casuale, i quali vengono così trasportati nei siti più diversi. Con danni potenziali all’ecosistema e alle persone. La scoperta è frutto della collaborazione tra il gruppo di Serena Fonda Umani, professore di Biologia Marina al Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste, e i colleghi Roberto Danovaro e Antonio Pusceddu, entrambi del Dipartimento di Biologia Marina, Università Politecnica delle Marche.
Noto sin dal 1729 il “mare sporco” era, per lo meno all’inizio, una gran seccatura principalmente per i pescatori, dal momento che i filamenti mucosi imbrigliavano le reti ostacolando le loro attività. In anni recenti il fenomeno ha acquisito un rilievo maggiore in ambito turistico a causa delle ripetute recrudescenze: esplosioni di muco si sono verificate con periodicità bi-triennale, soprattutto dagli anni ’90, guastando le vacanze di molti bagnanti per nulla contenti di uscire dall’acqua ricoperti da un velo appiccicoso e maleodorante. E talvolta con qualche dermatite. Tuttavia sono solo gli studi più recenti, come quello realizzato dall’Università di Trieste, che hanno messo in luce un fenomeno mai ipotizzato prima.
«Studiando il contenuto delle mucillagini – spiega Serena Fonda Umani, biologa marina con una lunga esperienza in fatto di ecosistemi marini – abbiamo confermato una nostra recente ipotesi, e cioè che questa masse siano in grado di concentrare al loro interno alcune specie batteriche proprio perché, essendo ricche di nutrienti, creano un ambiente in cui i microrganismi prosperano facilmente, ben protetti dall’ambiente circostante. A conferma, l’analisi molecolare del muco ha rivelato che si comporta effettivamente come trappola per batteri, il 90 per cento dei quali non appartiene alle specie presenti nell’acqua circostante. Tra gli organismi individuati c’è l’Escherichia coli, un indicatore di acque non proprio pulite la cui presenza è spesso associata ad altri microbi patogeni. Oltre a ciò abbiamo trovato anche alcuni batteriofagi, virus che aggrediscono i batteri. Se pensiamo all’estrema mobilità delle mucillagini, che si spostano con le correnti, è plausibile supporre che i microrganismi intrappolati all’interno possano raggiungere località lontane dal punto di origine». Alterando i siti di arrivo o diffondendo malattie marine.
Ma come mai il fenomeno si è intensificato? «La nostra ipotesi – prosegue Fonda Umani - è che l’aumento della temperatura superficiale del mare, determinato dal riscaldamento cui sta andando incontro il pianeta, concorra a stabilizzare la colonna d’acqua, dalla superficie a circa 5-10 mt dove si situa il salto termico (il cosiddetto termoclino) e dov’è favorita l’aggregazione della cosiddetta neve marina (piccoli agglomerati amorfi colloidali) in quelle mucillagini brunastre, appiccicose e maleodoranti che conosciamo».
Che il fenomeno interessi il Mediterraneo è significativo: in controtendenza con altri mari, il nostro sta vivendo un momento di oligotrofizzazione. In altri termini: non sono i nutrienti di origine antropica la spiegazione di questo fenomeno. Bisogna cercare più in là, a livello globale.
CRISTINA SERRA
 

 

L’energia che il suolo ci regala - PROGETTO DA 16 MILIONI DI EURO
 

L’energia geotermica, quella che il suolo ci regala, se impariamo a sfruttarla, è assai importante per i Paesi in via di sviluppo. Così non stupisce che la Commissione dell’Unione Africana (Cua) abbia proposto all’Ue un progetto da 16 milioni di euro per sviluppare risorse in tale settore. Né stupisce che la Cua si sia rivolta al Centro Internazionale per la Scienza e l’Alta Tecnologia (Ics) di Trieste per definire il progetto sulla base della Dichiarazione sottoscritta ad Addis Abeba (giugno 2009) in cui i Ministri dell'Energia hanno dato al Centro preciso mandato a tal fine. Il progetto sta seguendo a Bruxelles un iter accelerato per l’approvazione e il finanziamento con fondi della cooperazione europea.
Tra i programmi dell'Ics, quello sull'Energia Geotermica si avvale di una rete di collaborazioni con i principali Istituti del settore: la International Geothermal Association e il Centro di Reykjavik dell’Università delle Nazioni Unite.
«Il ricorso al geotermico nei Paesi emergenti – dice Giorgio Rosso Cicogna direttore dell’Ics – è cresciuto del 100% negli ultimi 30 anni. È un’energia versatile ed economica, che può diventare fruibile per comunità isolate. Non è di immediato sfruttamento, ma è qui che gli esperti dell’Ics entrano in gioco: individuando i siti più promettenti, analizzando la fattibilità dei progetti in base alle condizioni locali, affrontando questioni critiche come tecnologie di perforazione, ottimizzazione degli impianti, monitoraggio dei giacimenti».

(cri.se)
 

 

Torri per catturare la forza del sole - Sviluppato un impianto fotovoltaico di nuova generazione
 

 

COSÌ È RINATA UN’AZIENDA GORIZIANA IN CRISI
Un anno fa era sull’orlo del fallimento. La crisi dei mercati finanziari, però, in questa storia, non c’entra. Perché la goriziana Aerostudi, come tutte le altre piccole e medie aziende attive nel comparto dell’aerospazio, qualche anno fa sono state colpite da uno shock paragonabile al fallimento di Lehman brothers ma che oggi quasi si fatica a ricordare: è la disintegrazione dello shuttle Columbia, avvenuta il 1° febbraio del 2003, al momento del suo rientro nell’atmosfera terrestre, sui cieli del Texas. Dopo l’attacco dell’11 settembre, che aveva già avuto ripercussioni traumatiche sull’industria aeronautica internazionale, si trattò del colpo di grazia. Nata nel 1989, Aerostudi anno dopo anno era riuscita a macinare progetti, iniziative e ricavi, stringendo una salda collaborazione con Alenia spazio, sia sul fronte della ricerca ingegneristica, sia su quella della produzione di componentistica, in particolare per la Iss, la stazione spaziale internazionale. Nel 2003, il picco: 80 dipendenti e 6,5 milioni di fatturato. «La tragedia del Columbia paralizzò di colpo l’intero indotto aerospaziale a livello mondiale – spiega Paolo Vagliasindi, oggi direttore tecnico della rinata Aerostudi, che ha cambiato nome in Aest -. E realtà non troppo strutturate come la nostra ne hanno fatto le spese».
Il percorso per risollevarsi è stato lungo e difficile. «Dovevamo trovare il modo di non sprecare il know how maturato in oltre 15 anni di lavoro ma, al tempo stesso, anche orientarci verso un nuovo business, dal momento che quello aerospaziale non ci garantiva prospettive solide di crescita».
Alla fine, la scelta è stata quasi obbligata: le energie rinnovabili. In particolare, le tecnologie legate allo sfruttamento del sole. Alla fine del 2007 cominciano i primi studi e le prime valutazioni. Quindi, nella primavera del 2008, quando la riserva di ossigeno sembra essere terminata, avvengono i contatti con potenziali finanziatori. Un gruppo di imprenditori veneti si fa avanti e Aest, che fino allora era una semplice divisione interna di Aerostudi, si trasforma in un’azienda vera. «Abbiamo sviluppato un impianto che consente di massimizzare l’energia solare – anticipa Vagliasindi -. Finora i pannelli esistenti in commercio riescono a sfruttare solo una parte di quest’energia. Il sole emana radiazioni che coprono uno spettro molto ampio. La torre fotovoltaica che abbiamo realizzato permette di massimizzare la quantità di energia catturata e di assicurare performance di produzione di gran lunga migliori rispetto a quelle che oggi propone il mercato».
A livello internazionale gli studi in materia sono ancora limitati e Aest è tra le poche realtà a costruire questi impianti di nuova generazione. L’intuizione di fondo è semplice: concentrare la luce del sole su una lente da 450 millimetri e indirizzarla su un pannello solare a tripla giunzione di 15 centimetri per 15 (in grado di sfruttare un raggio particolarmente ampio dello spettro solare). Il raggio che colpisce quest’ultimo a un’intensità tale da permettere a questi pannelli di esprimere al meglio le loro potenzialità. «Teoricamente si potrebbero anche realizzare specchi ricoperti da questi pannelli a tripla giunzione. Il problema è che questi speciali pannelli sono estremamente costosi e il loro uso sul fronte industriale è ridottissimo. Con la nostra idea abbiamo infranto la barriera dei costi e siamo riusciti a proporre un prodotto commercialmente valido».
La “benedizione” è arrivata all’ultimo Solarexpo di Verona, del maggio scorso. Le manifestazioni d’interesse non sono mancate. Ora Aest, che ha una decina di dipendenti (metà dei quali ingegneri), è impegnata nell’industrializzazione del processo produttivo (per questa ragione il fatturato resta ancora trascurabile). Ogni torre misura 9 metri di larghezza per 6 di altezza ed è in grado di produrre 10 kilowatt di energia. Cento installazioni genererebbero 1 megawatt e potrebbero dare corrente a 300 famiglie. «È chiaro che una struttura di questo genere è pensata non certo per essere montata sul tetto di un’abitazione ma solo per equipaggiare dei parchi solari – sottolinea Vagliasindi. - Solo in questi termini risulterebbe economicamente valida».
NICOLA COMELLI
 

 

Migliora la marmitta catalitica con palladio e ossido di cerio - I risultati da una ricerca dell’Università di Udine con Sissa e Democritos
 

NUOVE SOLUZIONI PER RISPARMIARE
Inventata una sorta di spugna capace di effettuare scambi gassosi più efficaci
Proviamo a entrare nella marmitta catalitica di un’automobile. Troviamo un supporto resistente al calore su cui giace un metallo prezioso, deposto in forma di minute particelle, che funge da catalizzatore: accelera la reazione chimica che trasforma, per esempio, il monossido di carbonio (ad alta affinità per l’emoglobina nei polmoni) nella meno nociva anidride carbonica. Tutto bene se non fosse che, a essere attiva, è solo una piccola parte del metallo nobile; da qui la necessità di usarne in eccesso, cosa che fa lievitare i costi di tali marmitte.
Nuove soluzioni sono, però, all’orizzonte. Come quella realizzata dai ricercatori del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche dell’Università di Udine assieme a colleghi della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati, Democritos (Cnr) di Trieste e del Politecnico della Catalogna.
A spiegare la scoperta sulla rivista ”Angewandte Chemie” è Alessandro Trovarelli docente di chimica industriale e catalisi a Udine: «Abbiamo sintetizzato un nuovo materiale combinando il palladio (metallo nobile) con una base di ossido di cerio (il supporto). Introducendo un’innovazione significativa: invece di stratificare il palladio, lo abbiamo inserito nella struttura stessa del supporto ottenendo una sorta di spugna capace di effettuare scambi gassosi con più efficacia».
I test di combustione del metano hanno dato risultati positivi: una reazione più efficiente, l’uso di temperature inferiori per il processo, e soprattutto, l’uso di una minor quantità di metallo nobile. Concretamente, un bel risparmio. «Era fondamentale capire perché, a parità di quantità di metallo, questa nuova struttura fosse più efficiente nel trasformare il metano in acqua e Co2», sottolinea Stefano Fabris, ricercatore del Cnr alla Sissa. «I colleghi di Barcellona avevano fornito una prima analisi al microscopio ma l’interpretazione delle immagini era poco chiara. Alla Sissa con supercomputer e tecniche di simulazione numerica siamo riusciti a descrivere l’esatta disposizione degli atomi nella struttura e a capire che l’efficienza maggiore deriva dal fatto che il palladio mostra una particolare faccia al metano durante la reazione».
Le applicazioni non saranno immediate, ma si possono immaginare sin d’ora. Dice Trovarelli: «La combustione efficiente è fondamentale per i microcombustori, piccolissimi dispositivi – ancora sperimentali – in cui la reazione avviene in spazi ridotti producendo elevata densità di potenza. I microcombustori potrebbero essere usati in futuro per alimentare i computer. Ma ci vorrà del tempo».
(cri.se)
 

 

SEGNALAZIONI - DIBATTITO - Sul rigassificatore
 

Dal Piccolo apprendiamo che la sede della Friulia verrà delocalizzata da Trieste a Cervignano del Friuli per renderla più «centrale»: sarà la Regione a spiegarne i motivi.
Preso atto di tale decisione, ci si domanda come mai il rigassificatore dovrebbe venir costruito nel «cul de sac» del golfo di Trieste, invece che studiarne un’ubicazione più baricentrica sulla costa alto adriatica della nostra regione, in zone centrali e marittime come San Giorgio di Nogaro o Lignano Sabbiadoro.
Come al solito, invece, la nostra città, sempre con la schiena piegata dinnanzi alla Madre Patria, e ai suoi portavoce locali e regionali, verrà costretta – suo malgrado – ad accettare supinamente la bomba atomica ad orologeria di quel mostro denominato rigassificatore. Quello che nel 1918 era il secondo porto del Mediterraneo potrebbe diventare un porto «tombale».
Marco Audolli
 

 

SEGNALAZIONI - RIFIUTI - Differenziata finta
 

A metà dello scorso agosto Il Piccolo riportava dettagliatamente la notizia che il Comune di Trieste avrebbe dato corso, in autunno, al nuovo regolamento dell'igiene urbana col fine di portare al 30% la raccolta differenziata; iniziativa che io, sensibile ai problemi dell'ambiente, ho accolto con grande favore, compresa la notizia delle pene pecuniarie per gli inadempienti. Nei giorni scorsi, fatta pulizia nel garage, ho disciplinatamente selezionato materiali ingombranti, ferro, vetro, plastica, polistirolo e gommapiuma e li ho portati in un centro di raccolta. I primi tre sono stati riposti in appositi grandi contenitori mentre plastica, polistirolo e gommapiuma sono stati triturati in un automezzo destinato a vuotare i cassonetti, insieme alle immondizie casalinghe (del resto un paio di anni fa ad Opicina ho visto gli addetti alla raccolta vuotare tranquillamente il raccoglitore di batterie scariche nell'immondizia generica). E la diossina? La mia domanda è: chi pagherà la multa per questa inadempienza? L'Acegas, il Comune, l'assessorato allo Sviluppo? Del resto che senso ha la raccolta differenziata di carta e cartone quando il signor sindaco, nel corso di una trasmissione televisiva di qualche mese fa, confermava che questo materiale viene incenerito in quanto la raccolta costa più del ricavo conseguente. Perché i cittadini dovrebbe sobbarcarsi il fastidio della cernita quando il loro sacrificio viene vanificato dai reggitori pubblici? E dopo aver pagato probabilmente la tariffa più cara d'Italia? Curioso è poi il fatto che nei comuni minori la Tarsu costa molto meno che a Trieste, in certi casi la metà, per non parlare della Slovenia dove - al pari di altri paesi civili - la tassa sull'immondizia si paga a persona (euro 36 all'anno, sì, proprio così); e non al metro quadrato, come si fa in quelli furbi: non sono, infatti, i metri che producono l'immondizia ma le persone. A causa di una vasta soffitta e cantina io pago euro 1006 all'anno e in famiglia siamo in due, fossimo in venti sarebbe lo stesso. Che logica è mai questa? Per questo motivo ho seguito le indicazioni della stampa ed ho fatto ricorso al Comune per la restituzione del 37% di aumento da un anno all'altro: non avendo avuto risposta sono ricorso al giudice di pace e mi auguro che tutti i triestini contrastino questa prepotenza, che serve solamente a far aumentare gli utili dell'Acegas senza che questi producano un servizio decente a favore della città.
Bruno Cavicchioli
 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 ottobre 2009

 

 

«Rigassificatore, la Provincia agisca presto»
 

COSOLINI A BASSA POROPAT: ACCELERARE I TEMPI. PDL E LISTA DIPIAZZA CRITICI SUL CONFRONTO
Il tema rigassificatore divide il mondo politico. E le divergenze sono trasversali. Capita così che il segretario provinciale del Pd, Roberto Cosolini, faccia dei «suggerimenti» alla presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat sul percorso da intraprendere dando, per così, un’accelerata. Suggerimento trasformato in bacchettata dai capigruppo del centrodestra a palazzo Galatti, che sul rigassificatore accusa la Bassa Poropat di «spendere risorse pubbliche per chiarire i dubbi e assecondare il dibattito interno al Pd».
«Consapevoli anche delle diverse sensibilità e posizioni che non possono non esserci perciò anche al nostro interno, come Pd - dice Cosolini - abbiamo proposto alla Provincia di coordinare un percorso di approfondimento e di trasparente informazione delle criticità temute e delle condizioni per effettive ricadute». Una proposta accettata, ma ora secondo Cosolini è necessario «partire senza indugio programmando i diversi appuntamenti e da questo punto di vista mi sento però di suggerire alla presidente Bassa Poropat - aggiunge però il segretario provinciale del Pd - un’accelerazione rispetto alla previsione di un primo incontro tra fine 2009 e inizio 2010». Una richiesta condita in particolare con un punto da chiarire, più importante di altri: la compatibità o meno del traffico di navi con la movimentazione delle gasiere. «Penso che su questo tema la Provincia - dice Cosolini - possa e debba anticipare perciò i tempi rispetto agli altri aspetti che magari richiedono un preventivo lavoro di preparazione dei confronti».
Ma questo tipo di «approfondimenti» piacciono fino a Claudio Grizon (Fi), Marco Vascotto (An), Paolo de Gavardo (Lista Dipiazza), Fabio Scoccimarro (Casa della Libertà). «Ben vengano, ma pensare che la Provincia, dopo aver deliberatamente taciuto su questo tema per tre anni e mezzo, spenda risorse pubbliche - dicono i capigruppo - per chiarire i dubbi e assecondare il dibattito interno al Pd ci appare alquanto improprio, inopportuno e risibile». Il tema del rigassificatore, secondo i banchi dell’opposizione, ha visto la Provincia «restare sempre fuori dal dibattito politico, evitando in tutti i modi la presentazione dei richiesti pareri dell’ente per non dividere ulteriormente la sua variegata coalizione». Ecco che il centrodestra «vigilerà attentamente sui prossimi impegni di spesa della giunta provinciale e sulle loro reali finalità. Non tollereremo che il Pd appalti la soluzione ai propri dubbi alla Provincia, lo faccia con i soldi suoi».
 

 

Il sindaco al nuovo console: serve intesa con la Slovenia - Sul tappeto i nodi irrisolti dal metanodotto alla vignetta e al futuro del Teatro sloveno
 

«Un’intesa reciproca». Da trovare in primo luogo su rigassificatore e vignetta, in chiave di rapporti con la vicina Repubblica, e da estendere al nuovo Piano regolatore e al Teatro sloveno per i temi attinenti l’intesa con la locale comunità slovena. Sono stati questi gli argomenti passati in rassegna dal sindaco Roberto Dipiazza ieri, durante l’incontro ufficiale con il nuovo console generale della Repubblica di Slovenia, Vlasta Valencic Pelikan, in visita di presentazione in Municipio accompagnata dal console di Slovenia Bojana Cipot.
«Ho sottolineato come il rigassificatore sia una grande opportunità per la nostra città», ha aggiunto Dipiazza dopo l’incontro, in cui non ha dimenticato di sottolineare l’impegno che il Comune sta profondendo per tentare di trovare una soluzione al caso della vignetta, oggi necessaria per poter transitare su tutte le autostrade e strade a scorrimento veloce della Slovenia. Una questione della quale venerdì scorso, a Udine, Dipiazza aveva parlato direttamente con il ministro degli Esteri, Franco Frattini. Riflessioni, quelle del primo cittadino, condite dall’impegno a lavorare per giungere a «un’intesa reciproca» fra i due paesi.
Sull’attualità cittadina, il sindaco ha auspicato l’intervento della Regione per arrivare a una soluzione della difficile situazione in cui versa il Teatro sloveno, mentre sul Piano regolatore ha promesso a breve «un incontro con la comunità dell’Altipiano». Nel corso della visita del console generale, Dipiazza ha anche rimarcato «i significativi passi in avanti compiuti negli ultimi anni nei rapporti tra Italia e Slovenia e, nella nostra città, tra la comunità di lingua italiana e quella di lingua slovena», snocciolando esempi concreti quali l’apposizione dei cartelli stradali bilingui e le ottime relazioni transfrontaliere instaurate con i sindaci sloveni.
Una diplomatica apertura sui vari temi toccati da Dipiazza è poi arrivata da Vlasta Valencic Pelikan, che ha individuato la strada da percorrere nel continuare a «puntare al dialogo e al mantenimento del clima di ottima collaborazione che ha sempre contraddistinto i due paesi, auspicando buone soluzioni e reciproci accordi».
Alla fine dell’incontro, il sindaco ha consegnato al console generale, in carica ufficialmente dal 24 settembre scorso (per la seconda volta a Trieste, dopo la prima esperienza dal 1995 al ’99), una medaglia ricordo del Municipio e un mazzo di fiori.
 

 

San Dorligo, 700 firme contro il rigassificatore - A UN MESE DALL’INIZIO DELLA RACCOLTA E DOPO LA ”TAPPA” DI BAGNOLI
 

SAN DORLIGO Oltre 700 firme in meno di un mese. È stata una settimana decisamente positiva, quella messa in archivio da parte del Comitato contro il rigassificatore di Zaule. Composto dai cinque soggetti politici che appoggiano la maggioranza del Comune di San Dorligo della Valle – Partito democratico, Rifondazione comunista e Comunisti italiani, Slovenska skupnost e Cittadini per San Dorligo – il comitato ha raccolto grazie ai banchetti allestiti a Domio, e nel piazzale dell’ex Grandi Motori, complessivamente circa 400 sottoscrizioni che, tenendo conto delle adesioni ricevute nella piazza di Bagnoli della Rosandra due settimane or sono, hanno fatto salire il numero complessivo a quota 700 firme.
«E' decisamente un inizio incoraggiante ma certo non ci fermeremo qui», ha commentato il componente del comitato promotore Laura Riccardi Stravisi, la quale ha confermato che a breve partirà la raccolta firme «porta a porta, per coprire così tutte le frazioni del territorio».
Tra i firmatari, tutti gli amministratori che formano la giunta si sono espressi favorevolmente. L’iniziativa sta però assumento anche un valore che va al di là degli schieramenti politici: «Sono venute a dare il loro sostegno tante persone di centrodestra o che verso la politica non hanno interesse, ma che condividono appieno la preoccupazione per l'eventuale costruzione di un rigassificatore», ha precisato la Stravisi.
Forti critiche sulla raccolta delle firme sono piovute intanto dal consigliere d'opposizione Boris Gombac, che ha sottolineato come «ai banchetti vengano raccolte anche le firme dei triestini residenti in città, e non esclusivamente di quelli che abitano nel comune di San Dorligo della Valle, falsando la volontà popolare degli abitabitanti locali».
Secca la risposta della Stravisi: «Quello del rigassificatore è un argomento che coinvolge tutta la provincia, e non solo gli abitanti di San Dorligo, fermo restando che non abbiamo sicuramente potuto accettare le firme di persone provenienti dal Friuli o da altre zone, apprezzando comunque la solidarietà espressaci in questa battaglia su un tema che appartiene a tutta la popolazione della provincia di Trieste»

(r.t.)
 

 

”Zebre” rialzate per rallentare moto e auto - Dipiazza: nuova strategia anti-incidenti, le strisce pedonali fungeranno anche da dissuasori di velocità
 

IL PIANO COINVOLGERÀ I PRINCIPALI ASSI DI SCORRIMENTO: OGNI SINGOLO INTERVENTO COSTERÀ 10MILA EURO
Il sindaco dice basta. E annuncia una nuova soluzione concreta per tentare di mettere la parola fine al lungo elenco di vittime della strada. E invertire quella terribile tendenza che ha generato la media di quasi due morti al mese in città, a seguito di incidenti con scooter e moto coinvolti.
«Andremo a realizzare il rialzo del manto stradale nei punti dove oggi sono sistemate le strisce pedonali nei principali assi di scorrimento cittadini», va subito al dunque Roberto Dipiazza. Si creeranno, quindi, dei dissuasori più larghi di quelli classici neri e gialli, in coincidenza con gli attraversamenti dei pedoni. Per i primi interventi non bisognerà attendere tanto tempo: «Dove è già in programma la riasfaltatura delle strade adegueremo subito la situazione - prosegue il sindaco, dall’alto della sua delega a mobilità e traffico -. Così, trovandosi davanti questo dissuasore, motociclisti e automobilisti dovranno rallentare. Sommando a ciò la presenza delle varie rotatorie, puntiamo a spezzare la possibilità di accumulare velocità nelle vie del centro». «Sistemeremo questa soluzione un po’ dappertutto: ogni singolo intervento ci costerà circa 10mila euro», è il dettaglio di spesa aggiunto da Dipiazza. Dal Municipio, emerge poi come questo stratagemma comporterà un rialzo delle zone d’asfalto “zebrate” di 12-15 centimetri, determinando quindi un allineamento ai marciapiedi. Le relative verifiche sono allo studio degli uffici comunali, ma il sindaco ha già fissato nell’agenda dei suoi tecnici una missione «a Padova, per dare un’occhiata e vedere come hanno realizzato la modifica lì».
Se un elenco preciso ancora non è stato messo nero su bianco, Dipiazza ha già le idee chiare sulle strade dove intervenire in tempi brevi è prioritario: «Penso alla zona di San Luigi, nello specifico a via De Marchesetti, lungo la quale i mezzi in discesa vanno troppo veloci. Poi sarà la volta di altri assi di scorrimento principali del territorio: da via Costalunga, dove poco più di un anno fa è morto un bambino (la promessa del pattinaggio Davide Bressan, investito da un’auto, ndr), a via Giulia e via Battisti e ancora via Valmaura e, andando verso Muggia, via Flavia». Ma non solo: il Comune effettuerà un’azione capillare nella quale rientrerà ad esempio anche strada di Fiume, lungo la quale una settimana fa ha perso la vita lo scooterista di 36 anni Alex Bobich.
La novità anticipata dal sindaco incassa immediatamente la condivisione di chi, con l’emergenza sulle strade, ha avuto e continua ad avere quotidianamente a che fare, cioè il comandante della Polizia municipale, Sergio Abbate: «Come il sindaco, sono altrettanto interessato a porre fine a questa carneficina - afferma il numero uno dei vigili urbani -. Tutto ciò che si può fare, lo faremo. Qualsiasi sistema preventivo, repressivo, strutturale in questo senso non può che trovarmi favorevole. Peraltro, stiamo portando avanti la nostra prevista opera di rafforzamento sul territorio: mediamente, non solo per questa emergenza ma anche per le altre attività che ci vedono impegnati, abbiamo ogni giorno 20-25 pattuglie (cioè una cinquantina di agenti, ndr) per singolo turno, disseminate in tutta l’area urbana».
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Una super-centralina vigilerà sull’intero sistema semaforico -

 

L’apparecchiatura elettronica sarà installata in largo Granatieri: i 400mila euro pagati dall’Acegas
Una nuova centralina elettronica all’avanguardia, per monitorare il regolare funzionamento dei semafori di tutto il territorio comunale. E non solo: anche per avere un quadro generale sulla situazione del traffico veicolare 24 ore su 24, grazie al collegamento costante con sensori piazzati sulle strade più trafficate del centro (fra le altre, via Giulia, via Battisti, viale D’Annunzio e anche le Rive).
La delibera per la sostituzione del vecchio sistema con quello nuovo, targato Siemens e dal valore di 400mila euro, è stata approvata ieri dalla giunta comunale e, in pochi giorni, i lavori per la sistemazione dell’apparecchiatura saranno ultimati. Dove? In largo Granatieri, a brevissima distanza dalla centrale operativa della Polizia municipale, che è ovviamente il principale destinatario della dotazione.
«Con questo sistema altamente innovativo, avremo tutta la situazione dei semafori sempre sotto controllo», gongola il sindaco Roberto Dipiazza. La centralina rivelerà eventuali guasti alle singole lampadine di un impianto, i problemi di sincronizzazione fra diversi semafori o l’eventuale interruzione del collegamento: tutti episodi che potrebbero innescare problemi non da poco alla circolazione. In questo modo, la segnalazione in tempo reale assicurerà interventi risolutori ancora più tempestivi del solito. Inoltre, l’apparecchiatura fungerà pure da banca dati, conservando le informazioni registrate nel corso della giornata sullo stato degli impianti e rendendole consultabili agli operatori.
Nell’ambito della ventennale convenzione stipulata dal Comune con l’AcegasAps per la gestione degli impianti semaforici, i 400mila euro per il rinnovo della centralina saranno pagati proprio dall’ex municipalizzata. A proposito di quest’ultima, il mobility manager del Comune, Giulio Bernetti, coglie l’occasione per fare i «complimenti ai tecnici dell’AcegasAps per la grande professionalità dimostrata ancora una volta con questa operazione».
Attualmente i piani semaforici che ruotano in città, sulla base dell’ora e della giornata di riferimento (c’è differenza fra un giorno feriale e la domenica, per esempio), sono quattro, abbinati a cicli da 90 secondi, in due casi, 75 e infine 60.

(m.u.)
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO (1)
 

Spesso sulle Segnalazioni appaiono considerazioni sul rigassificatore fatte per la gran parte da persone non addette ai lavori, e perciò prive di cognizioni tecniche in materia, e per lo più critiche in senso negativo.
Mi sembra si stia ripetendo quanto avvenuto 20 anni fa a proposito della costruzione delle centrali nucleari. In quell’occasione i vari circoli di ecologisti e verdi, cavalcando l’onda del disastro di Chernobyl, hanno influito in modo determinante sull’opinione pubblica quando è stato fatto il relativo referendum, bloccando in tal modo la costruzione delle centrali nucleari. Risultato?
Siamo circondati da centrali atomiche, vedi Krsko che praticamente è in casa nostra, e da 20 anni stiamo pagando l’energia elettrica il 30% in più rispetto a tutti i Paesi europei.
Certamente un minimo di rischio c’è, come del resto in tutte le cose: viaggiare in aereo, in macchina, camminare in città; attraversare le vie anche sulle strisce pedonali, si può venire investiti, come è capitato a me alcuni anni fa costringendomi poi per sei mesi a camminare con le stampelle. Ma per questo fatto non mi sono certamente chiuso in casa.
Ritornando all’argomento rigassificatore desidererei che tale argomento fosse trattato da persone competenti in modo specifico sulla materia e inviterei i critici e i dubbiosi a chiedere chiarimenti sull’impatto ambientale e in special modo marino agli addetti ai lavori della città di La Spezia, dove da 16 anni è in funzione il rigassificatore situato in fondo al golfo, notevolmente più piccolo di quello di Trieste, alla periferia della città nel porto della Marina militare e non molto lontano da Porto Venere.
Nel settembre dello scorso anno sono stato per alcuni giorni a La Spezia e ho potuto vedere, con invidia di pescatore sportivo, catturare delle bellissime orate dal molo grande del porto. Vorrei invitare qualche luminare della materia, a illustrare possibilmente sul Piccolo il pro ed il contro di detta installazione, in modo che la cittadinanza sappia chiaramente ciò che si vuol fare.
Pino Corradini
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO (2)

 

Con i due articoli apparsi sul Piccolo del 12 ottobre si è quasi raggiunto il massimo livello evolutivo su "il rigassificatore". Sorprendente il livello conoscitivo del problema espresso da Italo Gabrielli.
Collegare i rigassificatori al problema degli esuli è frutto di una profonda capacità di analisi e soprattutto di sintesi della questione.
È ancora più sorprendente l'affermazione che le attività operative dell'oleodotto Siot non inducono benefici al di fuori dell'area aziendale. Fatto noto a tutti che la Siot ha un'intensa attività di lavoro che coinvolge non poche aziende triestine. Gabrielli vada a vedere i bilanci annuali della società che, come ben sa, sono pubblici e depositati presso la Camera di commercio.
Il secondo intervento è firmato Nevia Babich. L'espressione "patacca" racchiude in sé tutto il significato del suo pensiero lettere di questo spessore fanno capire il livello tecnico/culturale, del popolo del "no Rigassificatori", rapportato alla questione dei rigassificatori stessi.
Luciano Emili
 

 

SEGNALAZIONI - Treni regionali - REPLICA
 

Rispondiamo alle questioni di natura ferroviaria poste da una lettera pubblicata lo scorso 16 ottobre.
Il treno regionale 2861, Venezia-Trieste, il 9 ottobre scorso era composto da cinque carrozze, invece delle sei previste dal turno, per l'indisponibilità di una vettura in manutenzione straordinaria. Questo fatto potrebbe avere determinato un sovraffollamento nel primo tratto del viaggio, di cui ci scusiamo. Tuttavia il servizio di prima classe su quel treno viene svolto sempre e soltanto su metà vettura, perché i posti offerti, sulla base delle frequentazioni statisticamente rilevate, sono sufficienti a soddisfare la domanda.
Siamo consapevoli dell'elevata età media dei treni per i pendolari, una situazione creata da decenni di investimenti e risorse insufficienti. All'estero le compagnie ferroviarie che gestiscono i servizi regionali hanno ricavi doppi rispetto a Trenitalia e le amministrazioni pubbliche concorrono ad acquistare nuovi treni o lo fanno direttamente. Dopo molti anni, finalmente i nuovi Contratti di Servizio fra le Regioni e Trenitalia prevedono una durata idonea per consentire a Trenitalia di reperire le necessarie risorse finanziarie ed acquistare nuovi treni. A settembre abbiamo annunciato un piano da due miliardi di euro - il più ingente mai lanciato da Trenitalia - con cui sarà possibile rinnovare gradualmente il parco dei treni regionali.
Ufficio Stampa Friuli Venezia Giulia - Ferrovie dello Stato
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA DI GREENACTION TRANSNATIONAL - LUNEDI', 19 ottobre 2009

 

 

Martedì 20 ottobre alle ore 11 a Trieste presso la sala convegni del Centro Servizi Volontariato, via San Francesco 2 si terra' una conferenza stampa sul tema

 "DUE RIGASSIFICATORI NEL GOLFO DI TRIESTE ?"
Mentre il governo italiano ha approvato e continua a forzare clamorosamente il progetto di un rigassificatore della spagnola Gas Natural nel porto di Trieste, sta passando in silenzio anche un secondo progetto, quello per un rigassificatore su piattaforma marina in mezzo al golfo, già avviato dall’Endesa ed ora ripreso della tedesca EON, impegnata contemporaneamente per un grande rigassificatore nell’isola croata di Krk/Veglia che dovrebbe rifornire anche l’Italia.

La EON ha infatti già presentato le integrazioni allo studio di impatto ambientale del suo progetto che prevede una piattaforma alta 35 metri in faccia ai porti ed alle località turistiche della costiera triestina ed isontina, di Grado e della costa della Slovenia. La procedura d’approvazione potrebbe concludersi entro pochi mesi.
Nella conferenza stampa verranno chiarite le possibilità che i due progetti vengano imposti alle popolazioni senza le consultazioni locali e transfrontaliere previste dalle norme europee, con quali rischi e quali logiche segua questa concentrazione abnorme di rigassificatori (dopo quello al largo di Rovigo) nell’Alto Adriatico.
Verrà fatto anche il punto delle opposizioni al progetto Gas Natural dopo i ricorsi presentati da Grrenaction Trasnational e da AAG alla Commissione ed al Parlamento europei.
 

GREENACTION TRANSNATIONAL (aderente ad AAG-Alpe Adria Green)
Via Palestrina 3 - 34133 Trieste (Italy)
tel.+39 040-2410497
info@greenaction-planet.org

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 19 ottobre 2009

 

 

Risparmio energetico, nuovi fondi regionali - Stanziati altri 3 milioni per la regione. Scaduta la vecchia graduatoria: ne serve una nuova
 

SARANNO RIFINANZIATI GLI INTERVENTI DI RISTRUTTURAZIONE
TRIESTE La Regione rifinanzierà, nel 2010, il capitolo dedicato agli interventi di manutenzione straordinaria per il risparmio energetico, con altri 3 milioni di euro. Ma, attenzione: non si andrà all'esaurimento della graduatoria già esistente bensì si ricomincerà da capo. A tranquillizzare i cittadini che in massa si sono fiondati sul provvedimento di sostegno voluto dall'ex-assessore Lenna è Elio De Anna, attuale assessore ai Lavoro Pubblici, che ha preso in carico il progetto.
Il finanziamento serve a contribuire alle spese per il rifacimento di servizi igienico - sanitari e tecnologici, il miglioramento dell’efficienza energetica (tramite isolamento dell’involucro edilizio, utilizzo di impianti ad alto rendimento o di sistemi schermanti esterni), e la messa a norma degli impianti tecnologici, di utilizzazione dell'energia elettrica, di protezione contro le scariche atmosferiche, e per l'automazione di porte, cancelli e barriere, nonché per il rifacimento di riscaldamento, climatizzazione, condizionamento o distribuzione e l'utilizzazione di gas o ancora di protezione antincendio. Beneficiari dei contributi sono i soggetti privati proprietari o comproprietari di immobili ''prima casa''. I contributi sono assegnati nella misura del 50 per cento del costo dell’intervento ritenuto ammissibile, e saranno compresi tra un massimo di 10.000 euro e un minimo di 3mila.
Alla chiusura dei termini erano arrivate 2147 domande, di cui 1870 ammissibili, di cui 939 da Udine, 196 da Gorizia, 214 da Pordenone, 521 da Trieste. Di queste, però, sono ammissibili solo 641: 283 a Udine,l 75 a Gorizia, 128 a Pordenone e 155 a Trieste.
A disposizione infatti ci sono 3 milioni di euro, di cui un milione e 248mila a Udine (44%), 337 a Gorizia (11%), 735 a Pordenone (24%) e 643 a Trieste (21%). Al momento dell'approvazione del regolamento, la giunta partiva da una previsione di domande che viaggiava sulle 300 unità. Come si vede, i numeri sono di gran lunga superiori.
«Le graduatorie – spiega l'assessore De Anna – saranno realizzate con due criteri: secondo l'importo dei lavori e la data di arrivo della lettera. Si basano inoltre sulla coincidenza tra la somma che si preventiva e quella che si andrà a spendere effettivamente».
Ovvero: se si dichiara un preventivo di 20mila euro, se poi la spesa rendicontata è diversa si perde il contributo. «Questo è stato necessario per snellire le pratiche di finanziamento – spiega ancora De Anna – perchè il provvedimento è stato voluto per i cittadini ma anche per sostenere artigiani e piccole imprese, per le quali non esistono ammortizzatori». Ecco perchè, finanziaria permettendo, tutto verrà riproposto nel 2010. IL 2010. «Il provvedimento si è dimostrato utile e quindi l'intenzione è di riproporlo – spiega De Anna – con uguale finanziamento, di 3 milioni di euro, anche nel 2010,. Non si andrà però a esaurimento delle domande presentate, ma l'intera graduatoria verrà rifatta da capo con le nuove richieste».

(e.o.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 18 ottobre 2009

 

Nuovi 8 treni per la regione anche da Svizzera e Spagna - Sono arrivati i cinque plichi con le offerte per la gara Investimenti per 74 milioni
 

TRIESTE Nuovi treni dalla Spagna e dalla Svizzera, oltre che dall'Emilia Romagna e altre regioni italiane. Da queste località infatti provengono i cinque plichi pervenuti alla Regione Fvg dopo la chiusura (mercoledì 14) della gara per le nuove dotazioni di mezzi per le Ferrovie regionali, indetta subito dopo la firma del nuovo contratto con Trenitalia. Un acquisto previsto appunto tra le azioni imposte dal nuovo accordo e destinata a migliorare il parco mezzi regionale. Dopo il rinvio del termine ultimo (da fine settembre a metà ottobre) le proposte pervenute sono state cinque.
IL BANDO DI GARA Prevede l’affidamento della fornitura di otto elettrotreni modulari per i servizi ferroviari, di nuova costruzione, con almeno 230 posti a sedere, omologati per la circolazione sulla rete italiana e slovena. Il prezzo a base d'asta è quantificato in 53milioni 650mila euro. Gli otto elettrotreni andranno infatti a sostituire le vecchie automotrici "Ale 801" attualmente in servizio con un'anzianità media di circa 32 anni.
LE PROPOSTE Alla chiusura dei termini erano cinque i pacchi arrivati al Protocollo: tre italiani e altri due stranieri, uno dalla Svizzera e uno dalla Spagna. La gara prevedeva infatti una procedura aperta, con il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa in base alle indicazioni riportate nel capitolato d'oneri e nelle specifiche. Adesso la Regione vaglierà le offerte pervenute e nel giro di qualche mese sceglierà il vincitore. Già dal 2010, come previsto, i nuovi mezzi quindi potranno arrivare sulle rotaie regionali, come appunto indicato dal piano investimento redatto a metà 2009.
GLI INVESTIMENTI La Regione Fvg ha in programma investimenti pari a 74 milioni di euro nel prossimo triennio ai quali si aggiunge, come indicato dal contratto di servizio per il Tpl siglato lo scorso 8 maggio, un impegno finanziario di Trenitalia per 29 milioni di euro, con l'obiettivo di rinnovare il parco rotabile a disposizione del traffico pendolare sulle linee regionali.
Elena Orsi
 

 

Prg e terreni ”miracolati” Il sindaco: chi si sente beffato faccia un esposto in Procura - Parcheggio di Opicina: il valore dell’area è stato moltiplicato
 

«Dubbi sul Prg? Ho già chiesto che agisca la Procura, chi si sente beffato faccia un esposto. Non sono io che devo verificare gli affari che intercorrono tra privati. Se ci sono state fughe di notizie o intrallazzi è la magistratura che deve intervenire. Non so niente e non voglio sapere niente, non partecipo a queste cose». Roberto Dipiazza, sindaco di Trieste si chiama fuori definitivamente dai veleni del dopo piano regolatore. Ma i buchi neri restano.
Sono almeno due le questioni controverse legate a quel documento: sulla prima, la famosa pulcinaia ”miracolosa” di Padriciano, che ha più che decuplicato il suo valore dopo un mese a causa del cambio di destinazione dell’area, divenuta edificabile, sembra sia appena approdata in Procura un’indagine conoscitiva. Sulla vicenda bocche cucite, com’è di prammatica, ma l’intera transazione sembra aver sollevato più di qualche perplessità.
Dubbi che diventano monumentali di fronte alla vicenda del parcheggio di interscambio di Opicina, che il Comune, in una partita di giro, si è ripreso concedendo all’immobiliare Palazzo Ralli l’edificabilità per circa 6000 metri quadrati. Col risultato che il loro valore è schizzato a 300 euro al metro quadro. Al netto fa un milione e 800mila euro a fronte di un investimento totale di 258mila. Aldo Cocolet, titolare di un’impresa, il geometra che con un lavoro personale di intelligence ha scoperchiato il calderone del Prg, non demorde. «Sono stato anche in Regione – racconta – e là ho finalmente capito perché quell’amministrazione ha venduto quel lotto. Semplicemente perché il Comune non ha portato a compimento il lavoro di esproprio su quell’area che doveva fare. Perso, insabbiato». S’infervora, Cocolet, quando osserva che il Comune, in realtà, poteva tranquillamente non fare a Palazzo Ralli il ”favore” della trattativa. «Quell’area, è appurato, era destinata a parcheggio pubblico e caserma dei carabinieri. I suoi nuovi proprietari avrebbero potuto al massimo, sentito il Comune, chiedere un pedaggio e basta. Perché, invece, sono stati agevolati in quella maniera?».
FURIO BALDASSI

 

Ambientalisti agguerriti: adesso tocca ai cittadini farsi sentire sul Piano
 

Quattro copie, sulla prima delle quali deve essere apposta una marca da bollo di 14,62 euro. Questa la forma che devono assumere le osservazioni e le opposizioni relative al Piano regolatore, che possono essere presentate all’ufficio del Protocollo del Comune, in via Punta del Forno, dal lunedì al venerdì fra le 8.30 e le 12.30 e al lunedì e al mercoledì anche dalle 14 alle 16.30, fino al 24 novembre. Queste informazioni, unite all’invito ad attivarsi rivolto all’intera cittadinanza, sono state rese pubbliche ieri dagli ambientalisti di Trieste. Nel corso di una conferenza stampa che ha visto partecipare i rappresentanti di “Piùverdemenocemento”, Italia nostra, Wwf, Pro Loco e Comitato dei cittadini di San Giovanni e Cologna, Legambiente e Green Action transnational, sono state indicate le strade ufficiali «per inoltrare al Comune – è stato ribadito – le opinioni dei cittadini».
«Le opposizioni possono essere presentate solo dai proprietari o dai loro rappresentanti – ha precisato Dario Vremez, del Comitato per la difesa di Opicina – ma le osservazioni possono essere avanzate da chiunque e auspichiamo che siano tanti i triestini a farle». Marco Simic, del Coordinamento degli ambientalisti, Vera Puiatti di Italia nostra, Carlo Della Bella del Wwf, Luciano Ferluga e Annamaria Mozzi della Pro Loco di San Giovanni e Cologna e Roberto Giurastante di Green Action transnational hanno tutti evidenziato «lo scarso coinvolgimento della popolazione nella fase preparatoria del Piano». (u.s.)
 

 

Ordine degli Architetti, è Dapretto il nuovo presidente - A BREVE LA NUOVA SEDE IN VIA GENOVA
 

«Pensare a un modello di città costruito sulla condivisione degli obiettivi e sulla partecipazione dei cittadini, delle associazioni, delle categorie e dei portatori d'interesse. Un modello che veda Trieste come un grande organismo ecologico, che deve ridurre i flussi energetici in entrata e diminuire quelli inquinanti in uscita, migliorando il suo metabolismo attraverso il riciclo delle risorse».
È questa la Trieste del futuro immaginata da Andrea Dapretto, neoeletto presidente dell'Ordine provinciale degli architetti. Consapevole del fatto che la città è all'inizio di un percorso di profonda trasformazione, da attuare con il Piano regolatore generale «le cui finalità - precisa - dovrebbero essere di proporre una visione complessiva da un lato e governare il rapporto tra interessi pubblici, collettivi di una comunità e quelli privati dall'altro», Dapretto esprime una critica all'attuale Prg. «Nel Piano - sostiene - le nuove aree di espansione si situano in Carso mentre quelle strategiche si collocano sulle Rive, dove però traspare incertezza nelle scelte. In questo quadro - prosegue - la vera questione strategica, l'annosa vicenda del Porto Vecchio, area da unirsi e non da restituirsi alla città, rimane incerta. È in questo contesto - afferma Dapretto - che dobbiamo collocare anche il progetto di piazza Libertà. Se da un lato appare sensata la pedonalizzazione dell'accesso alla Stazione, dall'altro si fatica a riconoscere le strategie di mobilità cittadina che vadano oltre alle mere esigenze viabilistiche, che portano al sacrificio di alcune alberature, patrimonio di valore naturale e storico e una delle poche risorse ancora esistenti a Trieste. A questo modello, privo di adeguate strategie e deregolamentato nella sua pianificazione, dove bonus edilizi attuabili attraverso il Piano casa appaiono condoni preventivi a scapito degli sforzi pianificatori - conclude - si preferirebbe contrapporne uno di gestione urbana, sostenibile per l'ambiente e per il cittadino che lo abita».
Accanto a Dapretto, capo della lista "Architetti per la città" che ha vinto le elezioni dell'Ordine (che conta 370 iscritti) opereranno per il prossimo quadriennio il segretario Tazio Di Pretoro, il tesoriere Eugenio Meli, il presidente della Commissione parcelle Paolo Vrabez e i consiglieri Andrea Benedetti, Thomas Bisiani, Claudio Farina, Piero Ongaro. Paola Tolloi sarà consigliere rappresentante degli architetti junior.
Parole di apprezzamento per la linea dettata da Dapretto ha espresso il presidente uscente, Luciano Lazzari: «Sarò vicino all'Ordine nel mio ruolo di delegato degli architetti italiani a Bruxelles». A breve l'Ordine inaugurerà la nuova sede in via Genova 14 e potrà utilizzare la vicina sala della comunità serbo ortodossa. Fra le prime iniziative la creazione di una "Casa dell'architettura" dove discutere delle tematiche locali.
Ugo Salvini
 

 

In 200 in piazza Marconi contro il rigassificatore
 

MUGGIA «No al rigassificatore». Partecipata manifestazione indetta dai partiti che costituiscono il comitato promotore della raccolta di firme e banchetto affollato da duecento cittadini ieri mattina in piazza Marconi a Muggia per ribadire la contrarietà della cittadina all'impianto di rigassificazione che dovrebbe trovare sede nel Vallone. In piazza erano presenti i segretari dei partiti che sostengono la maggioranza che hanno illustrato le motivazioni del proprio no. «Per la pericolosità dell'impianto - ha detto il segretario del circolo di Muggia di Rifondazione comunista, Maurizio Coslovich - e per problemi di sicurezza legati al rischio di attentati come quello del '74, per il fatto che le abitazioni sul territorio circostante subiranno un deprezzamento, per il conseguente blocco delle attività portuali a causa del passaggio delle gasiere. Non è vero poi che il gas costerà di meno agli utenti, perché sappiamo già che l'impianto non lavorerà a pieno regime, e non ci saranno nemmeno gli 80 nuovi posti di lavoro prospettati per i residenti perché la manodopera specializzata arriverà dalla Spagna. Infine subiremo la moria di pesci e la morte del golfo e dell'attività di pesca con restrizioni al movimento dei pescherecci e a causa dello sbalzo termico derivante dall'utilizzo dell'acqua marina per il raffreddamento dell'impianto in un fondale profondo appena venti metri con gravi mutamenti del microclima marino e la sparizione del fitoplancton». A rischio sarebbero anche l'attività remiera della società Pullino che non potrebbe più usufruire dell'attuale bacino di allenamento, del circolo della vela oltre alle attività di pesca sportiva.
Il segretario Gianfranco Dragan ha confermato la posizione di contrarietà del Pd di Muggia per «la totale mancanza di un progetto di sviluppo sostenibile per Trieste: gli amministratori del capoluogo pensano ai loro vantaggi, ma l'impianto, pur insistendo sul territorio triestino, non può certo essere visto come "staccato" dal resto della provincia. E le conseguenze per Muggia sarebbero pesanti».

(g.t.)

 

 

Risorgive del Timavo, presto il parco - Ret: entro ottobre terminata la bonifica degli ordigni dall’acqua - Si sta definendo l’iter dell’intervento
 

DUINO AURISINA E’ finalmente ai blocchi di partenza l’iter di riqualificazione delle risorgive del Timavo. Il Comune stringe i tempi e presenta l’intervento per la messa in sicurezza e la sistemazione delle sponde, collegata all’operazione di bonifica dagli ordigni bellici abbandonati lì nel secondo dopoguerra dalle truppe anglosassoni. «Entro la fine di ottobre – afferma il sindaco Giorgio Ret – i proiettili verranno rimossi e portati via dai militari, che provvederanno a far brillare gli esplosivi in un’area preventivamente individuata». Per questo gli uffici comunali hanno predisposto il progetto di riqualificazione dell’area, che prevede oltre al ripristino di alcuni percorsi verdi anche l’inserimento di un’area giochi per bambini. La gara per l’affidamento dell’esecuzione dei lavori verrà indetta la prossima settimana. La Regione, con decreto datato 27 dicembre 2007, ha stanziato al Comune di Duino Aurisina un finanziamento pari all’ammontare di 250 mila euro per eseguire gli interventi urgenti di messa in sicurezza e sistemazione. L’area interessata è compresa tra la statale 14, il piazzale in prossimità della Cartiera e la strada che, sfiorando la terza risorgiva, porta da un lato sulla 14 e dall’altro al Villaggio del Pescatore. Dunque subito dopo la conclusione dell’intervento preliminare di bonifica, verrà sistemato il manto stradale esistente e quello relativo alle aree di parcheggio in prossimità della chiesa, ma anche un breve tratto di strada carraia di servizio in forte pendenza e in stato di notevole degrado. Saranno contestualmente ripristinale le canalette per lo sgrondo delle acque piovane (con posizionamento di griglie, caditoie e pozzetti). Gli interventi di miglioramento ambientale prevedono la ricostruzione parziale della “duna” occupata da salici e vegetazione palustre e il ripristino delle superfici boschive danneggiate durante le operazioni di rimozione degli ordigni. Il Comune intende poi inserire delle siepi per creare nuove quinte di schermatura e incrementare la biodiversità, nonché piantare alcuni esemplari di ontano nero e frassino ossifillo. Potranno esserci potature o abbattimenti di alberi caduti o pericolanti: verrà svolta la pulizia generale e l’asporto rifiuti, comprensivo dei resti di un vecchio furgone abbandonato da anni sulla penisola tra la prima e la seconda risorgiva. Farà seguito l’inserimento di arredi e attrezzature, in particolare una serie di staccionate a protezione delle posizioni più pericolose e i dissuasori per impedire l’accesso ai veicoli in zone riservate ai visitatori. Il progetto prevede altresì il posizionamento di cartelli tematici che illustrano le caratteristiche storico-archeologiche e naturalistiche dei luoghi, cestini portarifiuti, tavoli e panche, giochi per bambini. Infine è programmata la sostituzione di una recinzione pericolante per impedire l’accesso in una zona delle risorgive a suo tempo soggetta a crolli; la realizzazione di murature verticali in pietrame a rinforzo di punti interessati da cedimento; e il rivestimento di alcuni cippi esistenti, senza modificarne la funzione, in prossimità dei Lupi di Toscana.
Tiziana Carpinelli
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 17 ottobre 2009

 

 

Tav, la Trieste-Divaccia si allontana dalla Val Rosandra
 

la TAV Trieste - Divaccia

LA CURVA DELLA DISCORDIA SPOSTATA A NORD DI ALMENO 100 METRI - LA BRETELLA
Da San Dorligo un collegamento diretto al porto con un chilometro in galleria
Previste alcune modifiche al percorso contenuto nello studio di fattibilità italo-sloveno
I tecnici di Rfi - Rete ferroviaria italiana stanno tentando di far quadrare il cerchio. Di radunare, per la verità, tutte le novità che il prossimo 20 ottobre, a Roma, dovranno dimostrare ai funzionari dell’Unione europea che il tratto della Tav dal Veneto al Friuli Venezia Giulia e oltre, fino allo sconfinamento transfrontaliero in Slovenia, non è solo una nuvola di parole care alle istituzioni. In questo quadro, accessorie ai discorsi complessivi, ma fondamentali per il territorio triestino ci saranno anche alcune novità sul settore Trieste-Divaccia dell’Alta velocità, componente del Corridoio 5. Di modifiche si parla da settimane e di modifiche, anche se non sostanziali, ci sarà traccia sulla versione rivista dell’ipotesi progettuale. Che era e resterà, per ora, uno studio di fattibilità e non un progetto preliminare.
LA CURVA La famosa curva della discordia, quella che - stando alla bozza redatta dai tecnici italo-sloveni - doveva interessare la zona della Val Rosandra, per permettere al percorso di scendere dall’Altipiano verso San Dorligo della Valle, sarà spostata. Più su, di una manciata di centinaia di metri, fra i cento e i trecento, quasi a sfiorare proprio il territorio della vicina Slovenia. La cosa determinerà - assicurano fonti vicinissime ai progettisti - un allungamento del tratto Trieste-Divaccia dagli annunciati 35,6 chilometri agli indicativi 38. L’allargamento del raggio di curvatura comporterà, secondo i sostenitori della soluzione, un minor impatto di tipo ambientale su un’area tutelata anche a livello comunitario. Il disegno targato 2003 e contenuto all’interno dello studio congiunto fa transitare al momento il tracciato a mezzo chilometro dalla delimitazione geografica dell’area della Val Rosandra.
Variazioni sostanziali alla linea del percorso, in effetti, paiono difficilmente pensabili da parte di quanti stanno curando il progetto: esiste un paletto praticamente insuperabile, quello inserito nell’accordo di base sul tratto transfrontaliero fra Italia e Slovenia, ossia che il tratto si concluda il più vicino possibile a Divaccia. Perché? Per favorire l’aggancio a quel collegamento già realizzato in anticipo dai tecnici sloveni fra Divaccia stessa e Capodistria, l’unico scalo del Paese.
BRETELLE Non solamente il collegamento dal doppio tunnel sotterraneo verso il centro, diretto alla stazione centrale di Trieste (partendo all’altezza di Santa Croce), ma il perfezionamento della seconda bretella, una delle chiavi principali del tracciato, è allo studio della controllata delle Ferrovie dello Stato. Si tratta della confermata linea che dovrebbe legare direttamente la Tav al porto di Trieste, snodandosi da San Dorligo, nei pressi dello stabilimento della Wärtsilä, per congiungersi infine al tratto ferroviario in superficie già esistente che termina ad Aquilinia. Il tutto per valorizzare e sostenere adeguatamente quei traffici portuali che nel 2020, stando alle analisi di esperti del settore, dovrebbero arrivare a toccare la quota di un milione e 200 mila in fatto di teu movimentati all’anno. Questo sarà dunque un secondo accesso su rotaia al porto, oltre a quello già operativo della galleria di cintura. Nel dettaglio, la bretella di San Dorligo dovrebbe essere realizzata su un unico binario con la creazione di un tunnel della lunghezza di circa un chilometro che si agganci all’impianto ferroviario presente nell’area della Wärtsilä. Avrà già una sagoma adeguata all’Alta capacità, il che - nelle intenzioni - andrebbe a consentire la chiusura temporanea della galleria di cintura per garantirne a sua volta l’adeguamento.
IL PONTE A proposito del collegamento dal tratto Tav Trieste-Divaccia alla stazione centrale di Trieste, per evitare problemi di sovraccarico di traffico e consentire un più agevole scorrimento una delle ulteriori ipotesi ventilate negli ultimi tempi è quella del raddoppio del ponte di ferro di Barcola.

MATTEO UNTERWEGER

 

 

L’incognita dell’asse verso Capodistria - I sei chilometri diretti fra i due scali potrebbero rivoluzionare tutto
 

APERTURA DALLA VICINA REPUBBLICA A UN APPROFONDIMENTO
Un doppio nodo andrà sciolto da qui ai prossimi mesi. Quello più urgente, chiamato a dimostrare all’Europa unita e ai suoi delegati l’identità di vedute tra Friuli Venezia Giulia e Veneto, dovrà trovare risposta già martedì prossimo a Roma e interessa il punto di allacciamento infra-regionale del collegamento.
Lungo la costa o in affiancamento all’autostrada? Gli uffici regionali stanno lavorando alacremente per arrivare all’intesa, consapevoli del fatto che per il tratto Venezia-Ronchi non c’è più tempo da perdere: una progettazione preliminare dev’essere presentata entro il 31 dicembre del 2010, ultima proroga accordata dall’Unione europea in merito. Pena, la restituzione dei fondi comunitari già stanziati. Di questo, i rappresentanti degli enti coinvolti avevano già discusso lo scorso 30 settembre, sempre a Roma, nel vertice che ha in sintesi gettato le basi per il nuovo aggiornamento della prossima settimana.
Ma quanto al futuro della sola Trieste-Divaccia, oggi non più di un’iniziale ipotesi progettuale, questo potrebbe essere messo in qualche modo a rischio anche da una questione collegata. Questione che riporta in primo piano la portualità, triestina e capodistriana. Da anni, infatti, si dibatte sulla possibilità di realizzare un collegamento ferroviario diretto fra i due scali: un asse da sei chilometri, di cui un paio in territorio italiano. Si tratterebbe dell’ideale e concreta prosecuzione verso la Slovenia della linea che oggi si conclude ad Aquilinia. Ebbene, se l’Unione europea darà il suo benestare, già a gennaio potrebbe partire uno studio di fattibilità per la retta Trieste-Capodistria, sempre nell’ambito dell’Interreg 2007-2013, il programma di cooperazione transfrontaliera fra i due paesi.
C’è da dire che, per la prima volta, in questa direzione la Regione ha registrato una certa disponibilità da parte dei colleghi sloveni, che finora non avevano mai manifestato aperture sul tema. Affrontare eventualmente il tema con determinate prospettive, quindi, è possibile. Probabilmente, in precedenza, la Slovenia aveva sempre frenato per paura di vedere sminuito in qualche modo il ruolo del suo unico porto nazionale.

(m.u.)
 

 

La profondità massima arriva a 350 metri - La pendenza va dallo 0,9 all’1,7 per cento, quota toccata prima del confine - IL TRACCIATO NON RIVISTO
 

Un massimo di 350 metri di profondità rispetto alla superficie, in corrispondenza del ripetitore Rai di Monte Belvedere. Un minimo che arriva a zero, invece, all’imbocco delle gallerie, in territorio sloveno, quando nel tratto italiano il dato non dovrebbe invece risultare mai inferiore a 60.
Sono alcune delle cifre della versione già depositata, quella “non ancora modificata” quindi, del tratto Tav Trieste-Divaccia. Ma non le uniche: visto che le oscillazioni del territorio tresitino, e del suo ciglione carsico in primis, determinano sulla carta un altrettanto ondulatorio andamento della profondità del collegamento. Si va dai 100 ai 230 metri e, ancora, a 280 o 300. Il valore medio è stato incluso nell’intervallo fra i 100 e i 130 metri. Attorno alla Val Rosandra, modificando il termine di riferimento, la doppia canna dell’Alta velocità è stata piazzata dai progettisti a 140 metri sopra il livello del mare, quando il corso sotterraneo del torrente Rosandra si trova a 120. Una ventina di metri più giù, dunque.
La pendenza del tracciato oscilla fra lo 0,9 per cento e l’1,7 toccato poco prima di passare in Slovenia. Quello praticamente rettilineo fra Ronchi e Trieste si attesta sullo 0,9 costante. Facendo un paragone ulteriore con un’altra importante infrastruttura su rotaia del Friuli Venezia Giulia, va tenuto presente che la pendenza della ferrovia Pontebbana, che da Tarvisio si innesta poi sulla rete austriaca, è dell’1,5. La pendenza, in ogni caso, non è uno dei parametri ufficiali che, a livello comunitario, vengono tenuti in conto per catalogare un percorso come tratta dell’Alta velocità.

(m.u.)
 

 

Muggia scende in piazza contro il rigassificatore - OGGI LA MANIFESTAZIONE
 

MUGGIA Muggia ribadisce il proprio no al rigassificatore con una manifestazione in programma stamattina dalle 9 alle 13 in piazza Marconi. Nella piazza principale della cittadina saranno presenti tutti i segretari dei partiti che costituiscono il comitato promotore della raccolta di firme iniziata il 27 settembre con un presidio ad Aquilinia. La raccolta, che ha raggiunto le 500 sottoscrizioni in sole due uscite, proseguirà nelle prossime settimane in tutti i rioni della cittadina. I rappresentanti delle forze politiche che costituiscono il comitato - composto dalle segreterie dei partiti che sostengono la maggioranza a Muggia in collaborazione con San Dorligo - illustreranno le motivazioni della propria contrarietà al rigassificatore.
Nel corso dell'ultima riunione delle segreterie è stato stilato il calendario delle presenze di ottobre nei vari rioni di Muggia (sempre dalle 9 alle 13): il giovedì in piazza della Repubblica in occasione del mercato settimanale, sabato 24 ad Aqulinia nei pressi della farmacia e sabato 31 nel rione di Fonderia bassa nei paraggi della tabaccheria. Nelle prossime settimane - rassicurano - verranno toccati tutti i rioni.

(g.t)
 

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI  - Treni che partono
 

Non so se la notizia è già giunta in regione, ma dal 12 dicembre rischiano di sparire Eurostar e Cisalpino, quindi rimarrebbero da e per Trieste solo treni regionali con cambio a Venezia.
Per chi, come me, lavora a Roma e ogni tanto vorrebbe anche tornare a casa, la notizia mette sgomento.
Ma soprattutto come si può pensare a un futuro turistico per Trieste o ad una prospettiva per l'intero Fvg di relazioni, anche lavorative, con il resto del Paese dati i tagli previsti?
Spero proprio che Trenitalia non voglia relegare la nostra Regione ai margini.
m.c.
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - VENERDI', 16 ottobre 2009

 

 

Trasporto merci su rotaia - In Italia è in via di estinzione- Appena il 9,9% dei prodotti viene caricato sui vagoni. Il Tir fa la parte del leone
 

IL TRASPORTO merci su rotaia è in via d'estinzione. In Italia appena il 9,9% dei prodotti viene caricato sui treni contro l'11,8% dell'Inghilterra, il 15,7% della Francia e il 21,4% della Germania. In Europa la media si aggira intorno al 17%. E' quanto si legge in uno studio dell'Eurostat divulgato dall'associazione Federmobilità, che per il 19 e 20 novembre ha organizzato a Roma una 'due-giornì dal titolo "Mercintreno" presso la sede del Cnel a Villa Borghese.
Nel 2007 il traffico combinato si trovava agli stessi livelli del 2002; per gli ultimi due anni non si hanno dati ufficiali, ma il trend è in calo. Mentre la quantità di merce movimentata sui binari sfiora a fatica il 10%, quella trasportata sui camion - che si avventura su autostrade tipo l'A3 Salerno-Reggio Calabria - supera il 60% (Conto nazionale dei Trasporti 2009). Stando invece allo studio di Eurostat i tir vincono addirittura al 90%. Alfredo Peri, presidente di Federmobilità e assessore ai Trasporti dell'Emilia-Romagna, non usa mezzi termini: "L'emergenza ambientale impone una forte riflessione sulle politiche fin qui adottate in tema di trasporto ferroviario delle merci. La liberalizzazione non ha sviluppato un vero mercato dei servizi ferroviari né aumentato il volume delle merci trasportate".
Negli ultimi anni, le politiche a favore della modalità ferroviaria sono state discontinue, oggi persino inesistenti. "In Italia non si è fatto e non si fa nulla" sostiene Edoardo Zanchini, responsabile trasporti di Legambiente. "La Francia ha invece intenzione di investire sulle merci per ferrovia, tanto che alcuni treni Tgv sono stati appositamente adibiti per garantire alle derrate stesse viaggi rapidi ed efficienti. Da noi il ministero dei Trasporti ha delegato tutto alle Ferrovie, per le quali però i treni merci rappresentano un buco nero". Eppure, all'inizio del 2008, il Gruppo Fs ha creato con Poste Italiane una società, Italia Logistica, dedicata al trasporto merci su rotaia con consegna 'fino all'ultimo miglio', cioè direttamente al dettaglio e in modo capillare. La società, attiva su tutta la rete nazionale, effettua 12 treni la settimana per un totale di 7.200 tonnellate di prodotti (anche derrate alimentari).
Sui binari italiani comunque, le merci non hanno vita facile. Nel 2009 Confindustria di Catanzaro e il sindacato Fit-Cisl di Messina hanno denunciato l'esclusione di alcuni terminali di carico di Calabria e Sicilia dalla rete di Trenitalia Cargo. L'azienda ha risposto che la contrazione della domanda di trasporto e lo sfruttamento razionale dei fondi pubblici impongono di evitare gli sprechi laddove non c'è ritorno economico. Così facendo però in Sicilia vengono a mancare circa 300 posti di lavoro (anche sull'altra sponda qualche ferroviere deve rinunciare alla giornata per cancellazione del proprio treno merci).
Nel nostro Paese la maggior parte delle aziende ferroviarie private, molte delle quali acquistate da big europei, concentrano la loro attività nelle regioni settentrionali, sulle direttrici nord-sud, come Sbb Cargo Italy o Rail Traction Company. Secondo il direttore di Federmobilità Annita Serìo "il quadro normativo comunitario ha reso possibile lo sviluppo di un mercato interno, favorendo la creazione di nuove imprese, ma evidentemente si tratta ancora di un mercato non competitivo con la gomma, che attrae poco gli investimenti privati, ingessato da un contesto di servizi e infrastrutture insufficienti".
MercinTreno si articolerà in un convegno introduttivo e in cinque incontri-seminari. Il primo, il 19 novembre, farà il punto sulle infrastrutture ferroviarie, il secondo si concentrerà sulla gestione dei servizi. Nella giornata del 20 novembre si parlerà invece della pianificazione istituzionale per lo sviluppo di un sistema integrato per il trasporto ferroviario delle merci, delle strategie per avvicinare le merci alla ferrovia e sulle società ferroviarie regionali. Verrà inoltre aperto uno Spazio Bacheca dove gli espositori potranno mostrare le loro iniziative. Infine, il Forum sarà anche virtuale: è già attivo il profilo MercinTreno su Facebook, una piazza virtuale dove commentare notizie e novità dal mondo del trasporto ferroviario delle merci. I comunicati stampa e le comunicazioni dal Forum saranno diffuse anche su Twitter.
VINCENZO FOTI
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 16 ottobre 2009

 

 

”Operazione trasparenza” sul rigassificatore - Incontri pubblici e un comitato scientifico: così la Provincia punta a informare i cittadini
 

Palazzo Galatti incassa il sì dei sindaci
Davanti a un Comune di Trieste che da capofila guarda al rigassificatore come alla prima chiave di sviluppo economico del territorio, e davanti a una comunità slovena (ma non solo) che in buona parte teme riflessi nefasti per l’ambiente, la Provincia tenta di riportare il dibattito lungo i binari della comunicazione asettica ma al tempo stesso autorevole, né pro né contro, ripulita da posizioni di parte o scelte politiche. Una comunicazione in mano a un gruppo di ”saggi” provenienti da quel mondo della scienza di cui la stessa politica locale, di destra e sinistra, va orgogliosa. Obiettivo: «Informare i cittadini senza suggerire direzioni, in modo più oggettivo possibile», promette la presidente di Palazzo Galatti Maria Teresa Bassa Poropat, che delinea lo strumento per raggiungere l’obiettivo: «Tre o quattro incontri tematici, il primo tra dicembre e gennaio, durante i quali far sedere attorno allo stesso tavolo sindacati, categorie economiche, ambientalisti, portatori di interessi, esperti di Gas Natural, delegati degli enti locali». E, soprattutto, «i membri di un comitato tecnico-scientifico nominati in totale autonomia dalle locali istituzioni di ricerca, Area Science Park, Ogs, Sissa e Università». L’amplificatore sarà internet, il portale www.provincia.trieste.it, dove si raccoglieranno le domande della gente e le risposte che nasceranno da quegli incontri tematici». La Provincia si fa dunque «garante di trasparenza» nella partita colossale e controversa del rigassificatore, e si permette di comunicarlo soltanto dopo aver incassato il consenso di tutti i sindaci del territorio (o loro delegati), appositamente convocati ieri pomeriggio a Palazzo Galatti. «La risposta di Roberto Dipiazza a quest’iniziativa? Positivissima», puntualizza la Bassa Poropat a chi gli chiede come l’ha presa l’attore protagonista dei corteggiamenti e delle trattative per le royalties con Gas Natural, peraltro uno dei due primi cittadini (l’altro era Fulvia Premolin per San Dorligo) presenti di persona alla chiamata della Provincia e non attraverso un delegato. Il dado è tratto, insomma, la cosa si fa. Anche perché - come ricorda la numero uno dell’ente provinciale durante la conferenza stampa organizzata sul tamburo assieme al suo assessore all’Ambiente Vittorio Zollia alla fine del confronto con i rappresentanti dei comuni - le altre parti non politiche già ci stanno. «Gas Natural si è detta disponibile - aggiunge la Bassa Poropat - e con gli enti di ricerca abbiamo già fatto la scorsa settimana un incontro informale. Ora li contatteremo per dare il via al progetto». «Riteniamo opportuno - fa eco Zollia - poter fornire una corretta informazione alla popolazione, di matrice scientifica, dopo il Via ministeriale e in vista delle procedure di rilascio autorizzativo della Regione».

(pi.ra.)
 

 

Opposizioni al Prg entro il 25 novembre - PER TUTTI I CITTADINI
 

Consultabile sul Bollettino ufficiale della Regione, sul sito internet del Municipio (www.retecivica.trieste.it) oppure, in forma cartacea, alla sede del Comune di via Capitelli 8, con accesso da Androna dell’Olio 5. Dal 14 ottobre scorso, infatti, la variante generale al Piano regolatore, completa di rapporto ambientale e sintesi non tecnica, è consultabile attraverso questi canali per tutti i cittadini. I quali, dunque, avranno tempo sino al 25 novembre prossimo per presentare osservazioni e opposizioni, queste ultime motivate da interessi legittimi: il modulo è disponibile anche sul web. La consultazione in via Capitelli sarà possibile dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12 (lunedì stesso e mercoledì pure dalle 14 alle 16).
Osservazioni e opposizioni al nuovo Prg andranno consegnate all’Ufficio accettazione atti del Protocollo generale del Comune, al piano terra di palazzo Zois, in via Punta del forno 2, con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 12.30 (lunedì e mercoledì anche dalle 14 alle 16.30). In caso di invio postale, da effettuare con raccomandata con ricevuta di ritorno, infine faranno fede il timbro e la data apposti dall’ufficio postale di spedizione. A spiegare i dettagli della situazione sono stati ieri gli esponenti della maggioranza in Consiglio comunale. «Ogni osservazione e ogni opposizione saranno poi votate in aula», ha spiegato il forzista Piero Camber. Mentre l’aennnina Angela Brandi ha ricordato che «la Regione avrà poi tempo fino al 3 febbraio per esprimersi di nuovo sul Prg, con parere vincolante. Dopo, saranno 60 i giorni di tempo per il rapporto per la Valutazione ambientale strategica. Infine, i documenti torneranno alle commissioni e in Consiglio comunale. Il Piano potrebbe essere adottato entro l’estate».
Ieri, all’incontro, si è notata fra i capigruppo del centrodestra l’assenza del solo leghista Maurizio Ferrara, ufficialmente per motivi di lavoro. L’altro giorno il deputato e segretario provinciale del Carroccio, Massimiliano Fedriga, aveva affermato: «La Lega Nord si batterà affinché le eventuali osservazioni e opposizioni al Prg legate al cambio di destinazione di terreni privati a cui è stata tolta l’edificabilità vengano accolte. Il Comune salvaguardi quelle famiglie che dispongono di un piccolo patrimonio da lasciare in eredità ai propri figli». Facendo uno più uno, viene da pensare che il forfait di Ferrara non sia stato proprio così casuale.

(m.u.)
 

 

Acquistato a Muggia il pellet radioattivo - Lo ha confermato la famiglia alla Federconsumatori di Monfalcone - Il legno contaminato scoperto a Sistiana
 

MONFALCONE Il pellet radioattivo che una famiglia di Sistiana ha scoperto di aver utilizzato nella stufa si casa, già posto sotto sequesto dai tecnici dell’Arpa e dal vigli del fuoco, era stato acquistato in un negozio di Muggia. Lo ha confermato la stessa famiglia, precisando che i sacchi del combustibile contaminato da Cesio erano della marca Naturkraft.
A comunicarlo è Silvia Padovani, presidente di Federconsumatori della provincia di Gorizia, cui la famiglia si è rivolta, e che seguirà, anche legalmente, il caso.
Lo scorso giugno, a seguito della denuncia di un cittadino di Aosta, che aveva scoperto la radioattività del pellet acquistato riscontrando un’anomalia nella combustione. L’allarme di era esteso a macchia d’olio. Una partita di quel pellet, importato dalla Lituania, era stata messa in vendita dal centro Castorama di Muggia, che si era subito detto disposto a ritirare i sacchi venduti.
In quell’occasione la prefettura aveva precisato che il pellet sequestrato era della marca Naturkraft Premium e che «il materiale in questione non costituisce alcun pericolo in condizioni normali. Possono invece risultare dannose le ceneri prodotte dalla combustione», invitando a non usarlo per il riscaldamento e a riportarlo al rivenditore o a contattare i vigili del fuoco.
A Trieste le denunce di cittadini allarmati per aver usato il pellet acquistato in città erano state decine. Adesso, a distanza di mesi, a cadere nella ”trappola” del pellet radioattivo è stata una famiglia di Sistiana, insospettita anch’essa da alcune anomalie nella combustione del materiale, e dando così ’allarme.
«La famiglia ha confermato di aver acquistato pellet di marca Naturkraft - spiega Silvia Padovani, che ieri ha incontrato queste persone nella sede monfalconese di Federconsumatori -. Uno dei componenti della famiglia, affetto da una malattia rara, ha già accusato un sensibile peggioramento delle proprie condizioni di salute e si sta sottoponendo a visite specialistiche per capire quali siano le conseguenze del contatto con il Cesio contenuto nel legno. La signora in questione - continua - era infatti solita rimuovere ogni giorno le ceneri dalla stufa. Il problema sta proprio qui: il Cesio si deposita nelle ceneri. Quindi, il fatto che lei sia stata per due mesi quotidianamente a diretto contatto con la sostanza tossica potrebbe anche averle causato danni alla salute. Tutto ciò verrà comunque verificato dalle analisi mediche».

(el.col.)
 

 

SEGNALAZIONI - «Un’altra colata di cemento in via del Pucino» - AREA A RISCHIO DISSESTO IDROGEOLOGICO
 

C’è un legame tra mancata cura del territorio, speculazione edilizia e frane. Vogliamo raccontarvelo. Abbiamo potuto vedere la planimetria di un progetto di costruzione all’altezza del n. civico 9 della via del Pucino di numerose ville di cui due bifamiliari e tre per la realizzazione di sette miniappartamenti a scopo turistico. Facciamo presente che non è ancora terminato il cantiere dell’impresa Prodan-Saccomani relativo a ben dodici ville anche bifamiliari. In questo modo una vastissima zona ricca di verde e di boschi rimasti fino a ieri incontaminati verrà completamente distrutta dalla cementificazione che viene attuata in particolar modo per la realizzazione di strade di accesso molto ripide. Tutto ciò avverrà in una situazione idrogeologica della zona molto precaria: nel dicembre 2006 è stato presentato al sindaco E depositato negli uffici tecnici un autorevole studio al riguardo che aveva ritenuto la zona molto a rischio. Ormai la via del Pucino è percorsa necessariamente da grossi Suv e fuoristrada e l’assetto del fondo stradale è completamente dissestato. Ci chiediamo allora come siano state rilasciate ulteriori concessioni edilizie per la costruzione di 11 appartamenti!
Siamo indignati per l’impatto ambientale che ne deriverà e seriamente preoccupati per la pendenza della strada di accesso che verrebbe costruita sopra un muro confinante con proprietà private e proprio nel luogo dove in data 4/8/2006 è avvenuto uno smottamento provocando una frana di grossi massi di pietra. Tutto ciò è stato a suo tempo denunciato ai Vigili del fuoco e alle autorità comunali competenti. Ci chiediamo: cosa potrà succedere con questa nuova speculazione edilizia? Avremo anche qui i disastri appena successi a Messina?
Rosa Bertozzo - Comitato ”Salviamo via del Pucino e via Plinio”
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 ottobre 2009

 

 

«Ferriera, durante il black out Pm10 e benzene nella norma» - LA REPLICA DELL’AZIENDA
 

Durante l’accensione delle torce di sicurezza della Ferriera, lo scorso 10 ottobre, in seguito al black out sulla rete ad alta tensione, i valori delle polveri sottili e del benzene rilevati dalle centraline di via Pitacco e via Svevo sono rimasti nei limiti di legge.
Lo evidenzia la Lucchini in una nota. Sabato scorso su Servola si era alzata una nube nera, che aveva suscitato anche polemiche e accuse da parte del Wwf regionale. Senza citare gli ambientalisti, Lucchini precisa che i valori medi delle polveri sottili sono stati di 15 e 21 microgrammi per metro cubo rispettivamente in via Pitacco e in via Svevo; quelli del benzene, nelle stesse due centraline, pari ai 2 e a 0.9. Quanto ai valori massimi, sempre sabato fra le 10 e le 18 le polveri sottili hanno toccato in via Pitacco i 23,4 microgrammi per metro cubo (alle 11) e i 30,1 in via Svevo (alle 10). Per il benzene, questi massimi sono stati di 3,855 in via Pitacco (alle 12) e di 2,979 in via Svevo (alle 10). Sul piano tecnico, Lucchini spiega che le torce sono un sistema di sicurezza in caso di fermata dell'impianto di estrazione dei gas di cokeria. Gas che, anche in caso di black out, continua a prodursi. L’intervento dei tecnici, immediato, ha portato all’accensione delle fiaccole, seguendo le procedure per il mantenimento dei livelli di sicurezza. Accese le fiaccole si è dovuto avviare l'estrattore di riserva: la macchina prima in servizio aveva subito un’avaria causa la mancanza di tensione.
 

 

Centrale termoelettrica, parte il progetto - Nell’area ex Esso 30mila metri quadri in parte ricavati da una cassa di colmata a mare
 

L’IMPIANTO DEL GRUPPO LUCCHINI - DOMANI AL MINISTERO LA RIUNIONE PER L’AVVIO DELL’ITER AUTORIZZATIVO
Il progetto della centrale termoelettrica da 400MW che il gruppo Lucchini intende realizzare nell’area ex Esso, a poca distanza dal termovalorizzatore di AcegasAps, entra nella fase autorizzativa. Dopo l’apertura della conferenza dei servizi, agli inizi dello scorso luglio, domani al ministero dell’Ambiente è fissata la riunione per l’avvio della procedura di autorizzazione ambientale, incontro al quale parteciperanno i manager del gruppo Lucchini.
La pronuncia sulla compatibilità ambientale è prevista entro l’anno, al più tardi sette mesi dopo l’avvio della procedura per l’autorizzazione, che risale al 3 giugno scorso. Data dalla quale è scattato il periodo di 150 giorni, più altri eventuali 60, previsto per legge; in totale appunto sette mesi.
L’AREA L’area individuata per realizzare la centrale – che complessivamente occuperà 30mila metri quadri – è inserita in quella denominata ex Esso, nel porto industriale, accanto al termovalorizzatore. Parte della zona interessata al progetto è attualmente assegnata in concessione al Comune dall’Autorità portuale. L’area restante sarà strappata al mare, attraverso la realizzazione di una cassa di colmata.
SITO INQUINATO La zona prevista per l’intervento rientra nel Sito inquinato di interesse nazionale. Di conseguenza, prima di iniziare qualsiasi opera edilizia, l’area dovrà essere sottoposta alle lunghe e costose procedure per il risanamento ambientale: caratterizzazione del terreno, per conoscere numero e quanità degli inquinanti, messa in sicurezza, e bonifica. Il tutto, secondo procedure che devono essere approvate via via dal ministero dell’Ambiente.
FUNZIONAMENTO Anche se il rigassificatore progettato da Gas Natural, e previsto a fianco della centrale elettrica (lato Ovest), è considerata un’infrastruttura complementare alla centrale stessa, il futuro impianto termoelettrico funzionerà autonomamente dal rigassificatore stesso. «Qualora la società che realizzerà e gestirà il rigassificatore – spiega Francesco Rosato, amministratore unico di Lucchini Energia – non dovesse offrire materia prima a prezzi competitivi, avremmo comunque la possibilità di approvvigionarci sul mercato internazionale del gas. In ogni caso la centrale sarà allacciata direttamente alla rete gas della Snam, indipendentemente dal fornitore di gas prescelto».
RIGASSIFICATORE La posizione scelta per la centrale, accanto come detto al rigassificatore, ha fatto sì che, già nella fase progettuale, sia stato prevsito uno schema di funzionamento tale da interagire con l’impianto di Gas Natural. Nella fattispecie, la grande quantità di acqua fredda prodotta giornalmente dal rigassificatore (e destinata a finire nel Vallone di Muggia) potrebbe essere utilizzata quasi interamente per il raffreddamento della centrale elettrica, riducendo in maniera rilevante l’impatto dell’acqua fredda sull’ambiente marino.
«Nel progetto e nelle opere connesse – precisa ancora Rosato – abbiamo scelto la configurazione ottimale, che prevede la presenza del rigassificatore e l’estensione della rete nazionale di trasporto per il metano. Il rigassificatore, in tal senso, viene considerato un’opportunità strategica per la centrale e per tutto il territorio, sia per ragioni ambientali e di rendimento degli impianti, sia per quelle legate all’approvvigionamento energetico, ovvero al costo della matera prima».
INCARICHI Il direttore della Ferriera, Francesco Rosato, ha assunto un nuovo ruolo nel gruppo Lucchini. Pur mantenendo l’incarico triestino, Rosato è stato nominato responsabile per tutte le attività del gruppo in Italia, che oltre allo stabilimento di Servola comprendono quello siderurgico di Piombino e i laminatoi di Lecco e Bari.
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

CENTRALE TERMOELETTRICA - Investimento da 300 milioni, due anni per costruirla

 

Non quantificabile la spesa per la bonifica ambientale. Previsti 50 posti di lavoro, più l’indotto

La centrale termoelettrica è una delle iniziative previste dal gruppo Lucchini nel programma di riconversione della Ferriera di Servola, iniziative che riguardano attività nei settori della meccanica, della logistica e della movimentazione delle merci, e delle infrastrutture energetiche.
Il gruppo – si legge nel sito internet www.lucchinienergia.it – considera obiettivo prioritario la minimizzazione degli impatti socio-economici e ambientali legati a una diversificazione delle attività, che deve prevedere una ricollocazione certa del personale impiegato nel ciclo siderurgico e nei processi collegati.
OCCUPAZIONE Nei 25 mesi stimati per la costruzione della centrale, è previsto l’impiego di 300 persone, che in certi periodi potrà anche raddoppiare. Nella fase di esercizio (che dovrebbe iniziare non prima del 2013) per il funzionamento dell’impianto il personale impiegato direttamente sarà di 30-50 unità, cui si aggiungeranno 80-100 persone nell’indotto. Un altro centinaio di persone sarà impiegato nelle manutenzioni periodiche della centrale.
INVESTIMENTO Per la costruzione della centrale è previsto un investimento di 300 milioni, cui andrà aggiunto il costo delle attività per la bonifica ambientale, al momento non quantificabile. Questi secondi interventi, propedeutici alla costruzione, riguarderanno la caratterizzazione, la messa in sicurezza e la bonifica sia del terreno sia della falda acquifera.
RETE ELETTRICA La centrale sarà collegata alla rete nazionale per la trasmissione dell’energia elettrica, gestita da Terna. Il collegamento è previsto in corrispondenza della stazione elettrica di Padriciano, attraverso un elettrodotto di circa 11 chilometri, realizzato interrando un cavo da 220 kV. Il tracciato si sviluppa dall’area della centrale per circa un chilometro in direzione nord-ovest, e poi per circa dieci chilometri in direzione nord-est, correndo in parallelo al ”cavidotto” esistente da 132 kV che collega la centrale termoelettrica di Servola alla stazione elettrica di Padriciano.
CICLO COMBINATO La centrale sarà del tipo a ciclo combinato. Al suo interno sono previsti infatti due sistemi per la produzione di energia: un ciclo a gas e un ciclo a vapore. La centrale sarà composta da tre elementi principali: una turbina, un alternatore e un generatore di vapore. Data l’importanza del vapore nel ciclo produttivo, l’impianto utilizzerà acqua, dolce o salata.
OPERATIVITÀ Caratteristica della tecnologia a ciclo combinato è di coprire una parte del fabbisogno, e in particolare gli incrementi della domanda di energia. Altre forme di produzione o fornitura (idroelettrica, importazione) coprono la domanda di base. Non è quindi ipotizzabile un funzionamento 24 su 24 della centrale, ma un funzionamento variabile a seconda della domanda.

(gi. pa.)
 

 

Provincia, contributi a chi elimina l’amianto - Sul sito dell’ente da oggi il bando rivolto ai cittadini Stanziati 150mila euro
 

Entra nel vivo la seconda fase del progetto avviato dalla Provincia per incentivare la rimozione di manufatti in amianto presenti sul territorio triestino. Progetto che prevede l’erogazione di contributi fino a 2 mila euro per chi deciderà di eliminare grondaie, tettoie e serbatoi realizzati con quel materiale.
Dopo aver stilato un elenco di ditte accreditate e disposte ad eseguire interventi di bonifica a prezzi calmierati, l’amministrazione provinciale pubblicherà oggi sul proprio sito internet il bando rivolto ai cittadini. A partire dal 4 novembre tutti i soggetti interessati potranno presentare richiesta per accedere alle risorse, complessivamente 150 mila euro, stanziate a questo fine. Per ottenere il contributo, i cittadini dovranno compilare un’apposita domanda, scaricabile sempre on-line, e allegare anche il preventivo e il piano operativo rilasciato gratuitamente da una delle ditte segnalate nell’elenco e pronte a rispettare i tariffari concordati con la Provincia. I termini per la presentazione delle richieste cadranno il 17 dicembre prossimo. «Con il budget attualmente a disposizione contiamo di soddisfarne circa 70 - spiega l’assessore all’Ambiente Vittorio Zollia -. Si tratta tuttavia di una stima del tutto indicativa. Noi erogheremo contributi per la rimozione di coperture fino a un massimo di 25 metri quadrati non superiori ai 2mila euro. Quella, quindi, è la soglia limite, ma la maggior parte degli interventi dovrebbe attestarsi a quota 1200-1300. È importante ricordare infatti che il sostegno economico previsto dal progetto non coprirà l’intera spesa, ma al massimo il 50% del costo dell’intervento».
Una volta scaduto il termine per la presentazione delle domande, verrà elaborata la graduatoria degli aventi diritto che la Provincia si impegna ad affiggere all’albo e a pubblicare sul sito internet entro il 31 gennaio 2010. «Ai fini della selezione - continua Zollia - il criterio determinante sarà l’ampiezza dell’area rimossa. Per noi chi fa di più, in questo caso, va privilegiato perché elimina una maggior quantità di amianto. Se poi dovessero esserci situazioni di parità, peserà l’ordine di presentazione delle domande».
Oltre che a supportare economicamente i cittadini alle prese con manufatti costruiti con il pericoloso materiale, il progetto punta poi a monitorare le esigenze del territorio, anche nell’ottica di possibili, ulteriori iniziative. «Calibreremo gli interventi futuri a seconda della risposta della popolazione e del numero di domande - conclude l’amministratore provinciale -. L’attenzione su questo tema è molto alta. E, già da adesso, c’è disponibilità a destinare nuove risorse, spostandole eventualmente da altri capitoli».

(m.r.)
 

 

Piano casa, stop agli ampliamenti senza scadenza - Dietrofront in commissione: la deroga sugli 80 metri quadrati varrà ”soltanto” per cinque anni
 

PRIMO VIA LIBERA ALLA ”RIVOLUZIONE EDILIZIA”
TRIESTE Anche gli ampliamenti di 200 metri cubi (circa 80 metri quadrati) previsti dal piano casa regionale dovranno essere effettuati entro cinque anni. Il codice dell’edilizia ottiene l’approvazione della quarta commissione consiliare con il passo indietro della maggioranza. Se in un primo momento l’ampliamento, effettuabile anche all’interno dei centri storici, era stato pensato come misura strutturale e quindi illimitata nel tempo, il confronto fitto e continuo tra maggioranza e opposizione ha fatto rientrare anche questa deroga da 200 metri cubi all’interno degli interventi previsti per fare fronte alla crisi e quindi limitati nel tempo. Cinque anni dall’entrate in vigore della legge per far partire i lavori, dunque, un limite che vale anche per gli ampliamenti del 35%, effettuabili fuori dai centri storici e comunque per non più di due piani o sei metri di sopraelevazione (paletto che vale anche per gli ampliamenti all’interno dei centri storici). Via libera anche agli ampliamenti, sempre per un massimo del 35% del volume esistente, degli edifici produttivi purchè in un limite di 1.000 metri quadrati, con la possibilità di aumentare la superficie utilizzabile anche con la realizzazione di solai interpiano. Voto favorevole anche agli interventi contro i ”mostri” edilizi con la possibilità, in caso di demolizione di edifici «non coerenti con le caratteristiche storiche, architettoniche o paesaggistiche e ambientali», di ottenere un cosiddetto “credito edificatorio” del 50%: insomma, demolisci un edificio, ne costruisci uno e mezzo. Qualche novità è stata introdotta per gli interventi considerati di edilizia libera: per la realizzazione di pertinenze di edifici (per esempio, verande, serre e depositi attrezzi) resta il limite del 10% dell’esistente (5% se non residenziale) ma fino a 100 metri cubi (30-40 metri quadri) e non più 20. Per l’assessore Federica Seganti il voto di ieri «è un altro passo verso la riforma urbanistica che è una delle priorità di questa giunta regionale». Per Daniele Galasso, capogruppo del Pdl, «c’è stato un confronto anche duro ma non si è perso tempo. Il testo è migliorato grazie anche all’opposizione e abbiamo approvato un testo che garantisce semplificazione e certezze, oltre a dare un impulso all’economia». Non è d’accordo l’opposizione; per Mauro Travanut (Pd) «questo provvedimento è un passo avventato. Servono norme più chiare e precise per evitare di arrivare ad uno scempio del territorio».
Roberto Urizio
 

 

Benzina, arriva la legge ”salva-sconti” Incentivi a chi acquista l’auto ecologica - PROPOSTA ASQUINI-NARDUZZI. PDL E UDC: «CHI PAGA?»
 

TRIESTE Trasformano gli sconti nel mirino di Bruxelles in ”contributi all’acquisto” e, suddividendo il territorio in tre aree, abbattono da 3 a 15 centesimi il prezzo di un litro di benzina o gasolio. Lanciano un bonus di 1.500 euro, 3.000 nei primi dodici mesi, a favore delle auto ecologiche. E, puntando a un Friuli Venezia Giulia all’avanguardia nel campo della mobilità, investono in ricerca. Roberto Asquini e Danilo Narduzzi, il ”papà” del pieno a prezzo ridotto e il capogruppo della Lega nord, uniscono le forze e presentano una proposta di legge a misura di automobilista. L’obiettivo primario? Salvare gli sconti sostituendoli con contributi regionali ai privati cittadini su cui l’Unione europea nulla potrebbe obiettare. «Ma la proposta di legge, superando il sistema attualmente in vigore, si articola in tre direzioni» rivendicano i due proponenti. La prima, appunto, è il supporto all’acquisto dei carburanti attraverso i nuovi sconti sino a 15 centesimi al litro. La seconda è la diffusione di veicoli ibridi o a emissione zero con gli incentivi da 1.500 a 3.000 euro. La terza è la promozione dell’uso degli stessi veicoli ecologici con sconti aggiuntivi di 5 centesimi. Un esempio concreto? L’automobilista triestino o goriziano, nella proposta Asquini-Narduzzi, risparmia 15 centesimi al litro sulla benzina e 10 sul gasolio. Ma, usando un’auto ”verde”, ne risparmia rispettivamente 20 e 15.
Non male. C’è un problema, però: la Regione è alle prese con la Finanziaria più dura degli ultimi anni. E, come confidano gli ambienti vicini al presidente, Renzo Tondo non può né vuole aprire nuovi canali di spesa. Non a caso, a proposta salva-sconti appena depositata, i partner di maggioranza manifestano perplessità. «Sono ovviamente d’accordo su tutti i benefici a favore dei cittadini. Ma chi li paga? La situazione di bilancio è molto pesante e quindi, prima di tutto, va verificato se il provvedimento di Asquini e Narduzzi è economicamente sostenibile» afferma il capogruppo del Pdl Daniele Galasso. Il segretario dell’Udc Angelo Compagnon è ancor più duro: «Mi pare che la proposta di Asquini e Narduzzi sia una fuga in avanti e una ricerca di facile pubblicità. È ovvio che a tutti, a me per primo, piacerebbe tagliare del 50% il costo della benzina, ma ci vuole più realismo e più responsabilità, soprattutto in tempi di crisi».
Asquini e Narduzzi, però, non mollano. Al contrario, rilanciano: «I costi della nostra proposta di legge sono ampiamente coperti dai finanziamenti che lo Stato eroga sin dai tempi della vecchia legge sugli sconti. E anzi, visto che intendiamo limitare gli incentivi agli automobilisti meno attenti all’ecologia, i costi sono destinati a scendere e gli avanzi ad aumentare» afferma l’ex sottosegretario. Non è un segreto che, tra accise e Iva, la Regione incamera più di un centinaio di milioni all’anno: «Ma attualmente ne riversa solo un terzo sugli sconti» ricorda Giorgio Moretti. Che, a nome dei benzinai in crisi, accoglie con favore l’offensiva di Asquini e Narduzzi: «La prudenza è d’obbligo. Ma la proposta, che andrà approfondita, ha il merito indiscusso di lanciare un sasso nello stagno. E di rompere il silenzio assordante sul destino degli sconti».

(r.g.)
 

 

BONIFICHE - Nesladek: Teseco, ora si può davvero partire

 

Sgavetta (Coop Nordest): «Le differenze con Freetime? Ci penseremo». Paoletti: «Vista la crisi, è un suicidio»
DOPO L’APPROVAZIONE IN CONSIGLIO E L’ADOZIONE DEL PIANO PARTICOLAREGGIATO VIA LIBERA AL CENTRO COMMERCIALE
Ci sarà un nuovo centro commerciale nell’area Teseco, a due passi dal tuttora imperscrutabile Freetime? Le premesse, dopo il via libera del consiglio comunale di Muggia sembrano esserci tutte. Fa discutere, semmai, l’opportunità o meno di farlo. Dice il sindaco di Muggia Nesladek: «Martedì abbiamo adottato il Pac (piano particolareggiato) ed è ragionevole pensare che questo venga approvato entro fine anno e la firma della convenzione con Teseco e Immobiliare Nordest avvenga nei primi mesi del 2010. L'iter burocratico si è concluso con l'adozione del Pac».
A lasciare perplessi, semmai, sono i tempi. Dopo la firma della convenzione l'azienda (Immobiliare Nordest) ha dieci anni di tempo per realizzare l'opera. In linea teorica, visto l’esito non proprio entusiasmante di Freetime, potrebbe anche decidere di temporeggiare. Ma il vicepresidente di Coop Nordest, Roberto Sgavetta, non sembra lasciar margini in tal senso. «Dobbiamo prender atto di questo importante passo progettuale, poi ufficializzeremo i nostri tempi operativi. Adesso si cambia veramente fase. si può entrare nella seconda, quella dell’operatività vera. Se l’insediamento sarà di tipo diverso da quello di Freetime? Beh, lasciateci almeno pensare...».
Di sicuro c’è che il recupero dell’area può, anzi, deve marciare separatamente dall’insediamento commerciale. «Attenzione – ammonisce Nesladek – i dieci anni riguardano la costruzione del centro commerciale ma ci sono opere aggiuntive rispetto a quelle previste per legge che abbiamo esplicitamente richiesto e verranno consegnate ben prima, e questo indipendentemente dalla realizzazione del centro commerciale».
Nel dettaglio si tratta dell’ex caserma della GdF, da adibire entro il 2010 a centro servizi per la popolazione di Aquilinia e centro diurno per anziani, del parco circostante di 20mila mq e del bosco con pista ciclabile realizzato lungo via Flavia di Stramare. Entro tre anni dovrebbe anche prendere forma il parco di via Flavia di Stramare. Inoltre entro un mese dalla firma della convenzione entreranno nelle casse comunali un milione e mezzo di euro da destinare a interventi sul territorio comunale. Un loro possibile utilizzo, anticipa Nesladek, riguarda il ripristino di Acquario, « se come speriamo ci saranno le copndizioni per farlo dal punto di vista dell'inquinamentio e risuciremo a ottenere i relativi permessi da parte della Regione». La parte rimanente delle risorse verrà impiegata sul territorio in opere di mautenzione e servizi.
L’avvio ufficiale dell’opera riapre una vecchia ferita ancora aperta. Il presidente della camera di commercio Antonio Paoletti, ad esempio, ribadisce ancora una volta la sua avversità all’insediamento. «A dirla tutta, è un suicidio, ma capisco le Coop Nordest che hanno comprato e vogliono realizzare . Come consiglio gli direi di mettere quel terreno sul mercato. In tutta la regione c’è una crisi incredibile, e una scelta del genere non riesco proprio a capirla». Un commento indiretto arriva però dallo stesso Nesladek. «La coesistenza con Freetime? Intanto uno esiste e l'altro ancora no, ma sono convinto che nessun imprenditore dell'esperienza delle Coop Nordest metterebbe in piedi un'attività valutata non remunerativa. Non so cosa succederà nei prossini dieci anni, se il progetto verrà modificato o altro, ma ogni eventuale modifica sarà oggetto di trattativa per quanto di nostra competenza».

FURIO BALDASSI (ha collaborato Gianfranco Terzoli)
 

 

S. Dorligo, 270 firme contro il ”porta a porta” - PARTITA CON SUCCESSO L’INIZIATIVA SULLA RACCOLTA DEI RIFIUTI
 

Gombac: se avremo il quorum chiederemo le dimissioni del sindaco Premolin
SAN DORLIGO Oltre 270 firme raccolte tra la popolazione di San Dorligo della Valle per abolire la raccolta dei rifiuti “porta a porta”. Ieri pomeriggio il presidente del Comitato referendario Massimiliano Dazzi si è presentato alla segreteria comunale depositando un numero superiore di firme necessarie (271 rispetto alle 200 come esige il regolamento) per avviare l'iter dell'indizione di un referendum popolare consultivo sulla raccolta differenziata dei rifiuti. «Una volta ricevuta la comunicazione di fattibilità da parte del sindaco Premolin si continuerà nella raccolta delle firme sino al raggiungimento del quorum necessario pari ad un quarto del corpo elettorale di San Dorligo della Valle», ha spiegato.
Il presidente del Comitato ha poi ricordato come gli elettori totali siano 5 mila 218 e che quindi la firme necessarie dovrebbero essere esattamente 1304: «Alle ultime elezioni politiche hanno votato 3 mila 640 persone: considerando che si vince con il 50%+1 e che ai referendum partecipano molte meno persone, se tutti i sottoscrittori andassero a votare il referendum avremmo già vinto - ha aggiunto Dazzi- a testimonianza dell'iniquità del regolamento fatto appositamente affinché richiedere e portare a termine un referendum sia praticamente impossibile». Sull'argomento referendum è intervenuto il consigliere Boris Gombac, capogruppo della Lista Uniti nelle Tradizioni, fautore e sostenitore dell'iniziativa: «Ho già promesso che darò battaglia in Consiglio perché bisogna cambiare lo statuto e il regolamento comunale che creano ostacoli anche per la realizzazione di un referendum di tipo consultivo». Gombac ha poi annunciato che «in caso di raggiungimento delle firme verrebbero chieste le immediate dimissioni del sindaco, perché avendo il 25% del consenso della popolazione su un argomento così delicato significherebbe un fallimento totale dell'amministrazione». Questa la posizione invece del capogruppo Pdl-Udc Roberto Drozina: «In origine avevamo appoggiato la proposta referendaria, ma poi abbiamo preferito puntare sul miglioramento del porta a porta, sistema sul quale bisogna ancora lavorare affinché venga portato ai massimi livelli di efficienza nonché di beneficio e tornaconto dei cittadini, cosa che finora non è successa». Questa infine la replica del sindaco Premolin: «Faremo un'attenta verifica delle firme, ma comunque un po' di malcontento su questo servizio ci può stare anche perché siamo sempre in continua evoluzione, anche se con il prossimo anno si vedranno le prime gratificazioni economiche dell'ottimo lavoro che stanno svolgendo i nostri cittadini». Sull'argomento dimissioni ipotizzate da Gombac questa la risposta della Premolin: «Se verrà raggiunto il quorum per proporre il referendum e se la raccolta porta a porta verrà bocciata allora significa che avrò sbagliato e mi prenderò le mie responsabilità, fermo restando che pochi mesi fa il 63% degli elettori di San Dorligo ha voluto affidarmi il compito di amministrare questo comune».
Riccardo Tosques
 

 

Pellet radioattivo dalla Lituania nella caldaia di casa a Sistiana - INQUIETANTE SCOPERTA DI UNA FAMIGLIA
 

SISTIANA È allarme pellet radioattivo. Sarebbe stato acquistato quest’estate da un grossista del Triestino un quantitativo di pellet contaminato dal cesio, con cui una famiglia dell’altopiano, a Sistiana, intendeva riscaldarsi. Legna proveniente dalla Lituania che è stata posta sotto sequestro dopo un sopralluogo nell’abitazione da parte dei tecnici dell’Arpa, dei vigili del fuoco e degli uomini della Protezione civile.
Il caso è stato segnalato alla Fedeconsumatori di Monfalcone che lancia un appello a tutte le famiglie che utilizzano il pellet per riscaldarsi: «È opportuno far controllare bene il legname, soprattutto se non si dimostra efficace». L’episodio, secondo quanto denuncia Federconsumatori sarebbe stato anche segnalato all’Ass Triestina «che non sarebbe intervenuta». La scoperta è stata fatta qualche settimana fa: la famiglia di Sistiana, accortasi che il pellet acquistato qualche mese prima «non bruciava bene», si è preoccupata anche perchè all’inizio dell’anno era emersa la notizia che partite di pellet lituano e contaminate dal Cesio 137 fossero giunte in Italia. Da qui l’allarme.
Nell’abitazione di Sistiana sono piombati tecnici dell’Arpa, vigili del fuoco e Protezione civile che hanno esaminato il materiale contenuto nella stufa e in cantina, misurando il tasso di radioattività. Una volta constatata la presenza del cesio, i tecnici hanno provveduto a bonificare il pellet depositato, rendendolo ”neutro”, e a sigillare la griglia della stufa nella quale il legname era stato bruciato. La stessa griglia è stata poi lasciata in deposito alla famiglia, che la custodisce in cantina. Federconsumatori attende ora di verificare gli esatti termini della questione, per definire eventuali strascichi giudiziari e anche per tutelare la famiglia da eventuali conseguenze sulla salute per la presenza del pellet radioattivo. «Questo non sarebbe l’unico caso verificato nella nostra zona - ha annunciato la presidente provinciale di Federconsumatori Silvia Padovani - anche se certamente uno dei più gravi».
La vicenda del pellet al cesio è scoppiata meno di un anno fa. L’ecocombustibile contaminato arriva dalla Lituania, e sarebbe prodotto dalla detonazione di armi nucleari e dai reattori delle centrali nucleari. I pellet contaminati non sono pericolosi per la salute se inerti, ma possono esserlo i fumi prodotti dalla combustione e le ceneri.
La vicenda ha anche un risvolto-beffa: la famiglia di Sistiana non può utilizzare la sua stufa. proprio ora che sta arrivando il freddo. «E adesso chi pagherà i danni di tutto questo?», chiede Federconsumatori. «Chiediamo a tutte le famiglie che hanno eventualmente vissuto la stessa vicenda di contattarci, per vedere tutti assieme se è possibile ottenere qualche riscarcimento». Per evitare il problema alla radice, Coldiretti consiglia di scegliere il made in Italy, con prodotti che garantiscano la tracciabilità.
 

 

SEGNALAZIONI - «Caccia di selezione e mangiatoie sul Carso per fermare i cinghiali»
 

Da cacciatore e presidente onorario della sezione di Trieste della Federazione della caccia, credo che sia doveroso, oltre che necessario, dire qualcosa sul problema cinghiali. Bisogna dare atto all’amministrazione provinciale degli sforzi e provvedimenti presi, onde arginare il fenomeno. I provvedimenti saranno non risolutivi, come qualche lettore scrive e non ha tutti i torti, ma a monte sta la trasformazione del nostro territorio.
La landa carsica, che insisteva fino agli anni ’50 è sparita ed è avanzato il bosco, per tante ragioni che sono lunghe da elencare e il posto dei selvatici presenti allora è stato preso da specie più adattabili al bosco e al sottobosco. Questi sono gli ungulati, per primo il capriolo, poi il cinghiale e anche il camoscio e il cervo. Queste specie hanno abitudini e bisogni alimentari diversi.
È chiaro e lampante che il cinghiale in un terreno arido e con scarsa disponibilità alimentare è spinto verso la periferia della città. Ha perfettamente ragione il maresciallo Rozza quando elenca le cause. Primo, il cibo dato dai residenti. Secondo, la presenza di acqua praticamente tutto l’anno, cose che il resto dell’altipiano non dà.
Soluzioni? Primo, permettere ai cacciatori che praticano la caccia di selezione di prorogare l’orario di caccia per tutta la notte e non solo due ore dopo il tramonto. I cinghiali si nutrono di notte quando i cacciatori non ci sono (e di ciò abbiamo le prove con dati di monitoraggio elettronico). Secondo, predisporre delle mangiatoie, al di sopra del ciglione carsico, costantemente fornite di granoturco in modo da fermarli lontano dai centri abitati. Il provvedimento dell’amministrazione provinciale atto a ridurre i cinghiali nella periferia della città è valido, ma per ottenerlo è stato necessario passare sotto le forche caudine della burocrazia e della legge. D’altro canto come il prof. Filacorda afferma, abbattere 100 cinghiali equivale a togliere un bicchiere d’acqua dall’Adriatico. Non corrisponde a verità l’affermazione che la causa dell’aumento dei cinghiali sia dovuta a quelli, a suo tempo, fuggiti dalla cava Faccanoni. I cinghiali della cava Faccanoni erano cinghiali maremmani che, com’è risaputo, arrivano al massimo a 70 chilogrammi. I nostri sono cinghiali che arrivano tranquillamente ai 100 e passa, perciò sono di razza centroeuropea.
Per quanto riguarda i mangimi forniti a suo tempo dal Comitato caccia alle Riserve di caccia, erano finalizzati ad alimentare i caprioli, in zone non coltivate, onde tenerli al di fuori dei coltivi e limitare di conseguenza i danni all’agricoltura. La stessa cosa va fatta onde tenere i cinghiali lontano dalla periferia della città.
Bene ha fatto il sindaco a sanzionare la fornitura di cibo ai selvatici nell’ambito cittadino e sarebbe anche il caso che nello scrivere, a proposito del problema cinghiali, ci si informasse prima della situazione, ci sono 12 riserve di caccia e due associazioni venatorie nella nostra provincia. Mi riferisco alla gentile signora che ha scritto di tener conto che presto si aprirà la stagione di caccia: cara signora, la caccia al cinghiale è aperta dal 15 di maggio, come ogni anno.
Pietro Petruzzi - presidente onorario Federazione della caccia di Trieste
 

 

 

 

BORA.LA - MERCOLEDI', 14 ottobre 2009

 

 

Rigassificatore: la Provincia incontra i sindaci del territorio (giovedì 15)

 

Trieste La Presidentessa della Provincia di Trieste, Maria Teresa Bassa Poropat, ha invitato i sindaci del territorio, giovedì 15 ottobre, (alle 16.00) a Palazzo Galatti. In questa sede si terrà un confronto per la definizione delle attività e delle modalità più opportune per informare i cittadini in tema di realizzazione di un impianto di rigassificazione a Trieste.
Già attivati, sempre da parte dell’amministrazione provinciale, i contatti con le principali realtà scientifiche e di ricerca del territorio, quali l’Università di Trieste, la Sissa e Area Science Park.
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 ottobre 2009

 

 

«La cokeria non può andare in tilt per un blackout» - Il Wwf: «Manca un generatore di corrente autonoma da azionare in questi casi»

INSORGONO GLI AMBIENTALISTI DOPO L’INCIDENTE DI SABATO SEGNALATO DA CENTINAIA DI PERSONE
Cos’è finito sabato nel cielo di Trieste e nei polmoni dei triestini a causa della colonna di fumo levatasi all’improvviso dalla cokeria delle Ferriera? Sono in molti a porsi questo interrogativo e il Wwf regionale chiede spiegazioni sull’accaduto alle autorità sanitarie, alla magistratura e alla proprietà dello stabilimento di Servola. Di certo nel fumo erano presenti ossido di carbonio, benzopirene e idrocarburi aromatici policiclici. Ma in quale quantità?
Attorno alle 13 di quel giorno, è stata vista levarsi una colonna di fumo nero. Sono fioccate decine di telefonate ai centralini dei vigili del fuoco, a quello di polizia, carabinieri e vigili urbani, Poco dopo è emerso che si è trattato di un blackout elettrico che ha coinvolto per breve tempo il rione di Servola ma che ha provocato parallelamente la fuoriuscita dalla cokeria una una massa di gas. Il gas si è poi incendiato all’aria e la colonna di fumo nero si è elevata alta nel cielo tanto da essere stata notata anche da diversi chilometri di distanza.
Il fenomeno è durato alcuni minuti secondo il direttore dello stabilimento Francesco Rosato; una mezz’ora secondo alcuni abitanti di Servola e Valmaura che seguono da anni con apprensione i vari problemi collegati all’attività della Ferriera.
Il Wwf regionale ha diffuso un comunicato su quanto è accaduto: nel documento tra l’altro si legge: «poiché, secondo le dichiarazioni del direttore dell’impianto siderurgico, non si tratta di un fatto raro, in quanto connesso a brevi blackout elettrici, chiediamo di essere informati dalle autorità che hanno rilasciato recentemente l’autorizzazione integrata ambientale, perché non siano stati presi provvedimenti per impedire il ripetersi di tali eventi».
«Ci sembra incredibile - continua la nota - che nel 2009 non esistano contromisure adeguate a impedire che un impianto pericoloso come la cokeria, vada completamente in tilt per una breve mancanza di elettricità. Perché nella Ferriera non ci sono generatori autonomi di energia elettrica o linee elettriche alternative come avviene, ad esempio, nel caso degli impianti degli acquedotti e delle sale operatorie degli ospedali?» Va aggiunto che in tempi passati la Procura della Repubblica avrebbe reso nota l’apertura di una inchiesta per verificare eventuali responsabilità penali. Ma la nuova organizzazione del lavoro disposta dal procuratore capo Michele Dalla Costa, il problema Ferriera, non sembra più essere di competenza del pm Federico Frezza che a questo lavoro, assieme alla sua squadra di investigatori- tecnici, ha dedicato anni di attività, ottenendo risultati importanti a tutela della salute della popolazione. Tutto è demandato a un gruppo di magistrati che si occupano del settore ambiente e che della cokeria, non sembra si siano mai occupati direttamente.
 

 

Priorità al museo de Henriquez e al Gregoretti2 - Dipiazza: «Per il Comune una partita edilizia da 77 milioni e 720 mila euro»
 

I LAVORI PUBBLICI DOPO IL CICLONE BANDELLI
Anche lo sport costa. Alla fine avrà impegnato 14 milioni e 340 mila euro il restauro completo dello stadio Grezar, realizzato in quattro lotti successivi. Da 6 milioni e 490 mila dei primi due interventi ai 4 milioni e 850 mila dei lavori attualmente in corso, fino ai 3 milioni già finanziati che sono ora nella fase della gara d’appalto.
Due residenze «sociali» realizzerà il Comune in via dei Soncini e in via dell’Istria, di cui la progettazione è in corso. Il costo sarà di 2 milioni e 600 mila euro. Bioedilizia e risparmio energetico: soluzioni piaciute anche al centrosinistra che, dopo aver a fondo studiato l’argomento, fece i complimenti a Bandelli, allora ancora assessore.
Sarà possibile creare parcheggi ai piedi delle case anche nel centro storico. È questa la novità attesa dal piano particolareggiato per l’area sotto San Giusto dove alcuni vincoli saranno riveduti e corretti. Il piano conterrà anche regole per il colore delle facciate e modifiche alla viabilità. Documento quasi pronto, ma non ancora «licenziato».
Se per caso qualcuno si chiedesse che filosofia guiderà i cantieri nell’epoca del post-Bandelli, da quando cioé dei Lavori pubblici si occupa direttamente il sindaco Dipiazza che ormai governa in presa diretta sulle ossa della città, avendo già in mano l’Urbanistica con cui ha prodotto il Piano regolatore, la risposta è una cifra prima di tutto: tra cose in lavoro, o in agenda a tempi stretti, il Municipio sta conducendo una partita edilizia del valore complessivo di 77 milioni e 720 mila euro.
CARCIOTTI. Tolto il fatto che proprio dall’agenda è uscito in modo esplicito palazzo Carciotti, ovvero la relativa ricerca di fondi per la realizzazione del progetto congressuale regalato da Francesco Cervesi, molte cose restano confermate ma proprio di ieri è invece una grande novità.
GREGORETTI. «La Regione - dice Dipiazza - ha appena sbloccato il finanziamento di 3 milioni e 800 mila euro per trasformare il secondo Gregoretti, nel parco di San Giovanni, in una struttura per malati di Alzheimer, per fortuna ristrutturando a residenza per anziani il primo palazzo abbiamo già fatto costruire un tunnel di collegamento, ora possiamo far partire i lavori, ma il Comune dovrà aggiungere altri 900 mila euro, dunque ho dato disposizione agli uffici di ricavarli da altre voci: meno strade, meno verde. Il programma dei lavori pubblici - prosegue - deve anche adattarsi alle nuove situazioni».
PIAZZE. Non si cambia invece il calendario per piazza Libertà, a primavera parte il ridisegno della monumentale area davanti alla stazione (costo: 3 milioni e 800 mila euro). Prosegue, e si vede, quello di piazza della Borsa (3 milioni e 200 mila), sempre nell’area «storica» della città è in rifacimento via del Lazzaretto vecchio (960 mila euro). In progettazione, ma già finanziato con 700 mila euro, è il lavoro su via Torino, asse di collegamento pedonale tra piazza Venezia e piazza Hortis e già oggi affollata di buffet e ristorantini all’aperto.
CANAL GRANDE. E la passerella sul Canal grande, a Bandelli tanto cara? C’è. «Costerà 750 mila euro e la faremo nel primo trimestre 2010» assicura il sindaco-assessore. Che conferma altrettanto la ripulitura e il consolidamente (urgenti) della Scala dei Giganti, e ha appena concluso la riqualificazione del teatro Bobbio partecipando alle spese per palcoscenico, aria condizionata e impianto di riscaldamento. Si annunciano appena «in progettazione» invece le due rotatorie in attesa: quella già rimandata dalla primavera scorsa di Largo Tomizza (ex Largo Giardino) in via Giulia e quella di Opicina. Costo complessivo: 700 mila euro.
CATTINARA. Un’altra novità interessante è che si sta progettando anche la strada di accesso dalla Grande viabilità verso l’ospedale di Cattinara. È quella voluta dallo stesso sindaco che optando per questa soluzione dopo gli accordi già firmati in Regione fece slittare di mesi e mesi il procedimento burocratico per l’indizione della gara, e che il direttore dell’Azienda ospedaliera Franco Zigrino ha nei giorni scorsi specificato per lettera a Dipiazza essere strategica per dare avvio ai lavori del nuovo Burlo: «Senza nuova strada non passano nemmeno i camion di cantiere». La spesa sarà di 4,6 milioni di euro, pattuiti con la Regione.
FORAGGI. Da qualche parte mancano invece i soldi. «La galleria di piazza Foraggi ci costerà 9 milioni di euro, la progettazione è in corso, ma i finanziamenti sono ancora da reperire, è una bruttura davvero - commenta il sindaco -, anche se a Genova ho visto ben di peggio...».
MUSEI. C’è il polo dei musei scientifici di via Cumano in costruzione (4 milioni e 800 mila euro): «Lo stiamo ultimando». E c’è da creare il Museo de Henriquez, 1 milione e 800 mila euro: «Imminente la gara d’appalto». In questa zona si gioca una delle grandi partite che il Comune ha messo in tavola col Demanio e che ha chiuso prima di licenziare il Piano regolatore. «Il risultato è che nell’arco di pochi anni - assicura Dipiazza - l’ex caserma di via Cumano sarà di proprietà comunale e non pagheremo più i 100 mila euro di affitto attuali».
BASTIONE. Per la caserma della Polizia di via Revoltella stanno uscendo dalle casse 3 milioni di euro, i lavori sono in corso, e 1 milione sta fluendo per il restauro del Bastione fiorito (o Pomis) del castello di San Giusto, che ospiterà anche una sala per convegni.
CHIESA. In fase di appalto è il rifacimento della chiesa di Sant’Antonio, del costo di 1 milione e 300 mila euro, così come il quarto lotto dello stadio Grezar (da 3 milioni). Il terzo lotto è appena partito (4 milioni e 850 mila euro) e i due primi (da 6 milioni e mezzo) sono conclusi. In tutto lo stadio da aggiustare sarà dunque costato oltre 14 milioni di euro.
SANT’ANNA. Ma un altro importante intervento è stato di recente finanziato dalla Regione e dunque diventa realizzabile a breve e riguarda il cimitero di Sant’Anna: «I campi 31 e 32 - ricorda Dipiazza - li ho fatti vuotare e lì realizziamo un’area per loculi sotterranei, cambia anche la viabilità poiché i camion entrano da via Costalunga». I soldi finora in cassa sono 4 milioni e 200 mila euro, ma ne manca quasi un’altra metà, e cioé 1 milione e 800 mila.
VINCOLI. Parlando a parte di scuole, resta un capitolo finora inesplorato dei destini urbanistici di Trieste, e cioé quel centro storico (il perimetro da San Giusto in giù) che lo stesso Piano regolatore ha demandato a un piano particolareggiato a parte, con uno specifico progettista. Il lavoro è pronto, ma non licenziato. Ritardi sono stati causati dalle condizioni di salute dell’autore del progetto. Sostanzialmente però, anticipa il sindaco, «verranno tolti o cambiati molti di quei vincoli che nella Trieste per sempre asburgica hanno impedito fin qui molte cose utili».
COLORE. Traducendo, ci sarà un «piano colore» per le facciate delle case, verrà modificata la viabilità, e soprattutto si renderà possibile ciò che finora non lo era: ricavare parcheggi a parete ai piedi delle case, specie là dove spariscono negozi e restano fori vuoti.
Vedremo come si materializzerà la faccenda. Certo è che larga parte di centro storico, là dove non è pedonale, è sfregiata da macchine parcheggiate in triste ma inevitabile disordine, tanto da rendere invisibile il patrimonio architettonico e la sua a volte monumentale bellezza.
GABRIELLA ZIANI

 

 

«Sul Piano regolatore non ho fatto accordi Mai preso un euro» - IL SINDACO BATTAGLIERO
 

«Ma come sarebbe a dire ”come vanno i lavori pubblici adesso che non c’è Bandelli”? Si sa come faccio il sindaco io? Anche quando Bandelli c’era ero al corrente di tutto, sapevo tutto e autorizzavo tutto». Dipiazza non si accende ora specificamente, si sa che è acceso sempre, ma toccare questo tasto non apre il dialogo sulla nuova delega che il sindaco si è assunto, oltre a quella dell’Urbanistica e le altre, dopo che l’assessore titolare è stato sollevato per le note vicende. La lista dei lavori è lì, lunga, sotto controllo, con cantieri in corso e di prossima apertura, soldi assegnati, da cercare, da spostare.
Così altrettanto Dipiazza rigetta quello che resta uno dei punti contestati del «suo» Piano regolatore: i campi di Padriciano destinati a struttura per il golf, e acquisiti giusto un attimo prima da una società nata quasi per l’occasione di cui è titolare il Michele Genna risultato ora sotto inchiesta per aver minacciato con video porno il presidente del Tennis club di Muggia, in un’altra questione di compravendite di terreni: «Non ne so nulla e nulla ne voglio sapere, se la gente si è spartita terreni non è problema mio, non ho fatto accordi con nessuno e da nessuno ho preso un euro, anzi ho tolto un milione e 600 mila metri cubi di edificabilità a Trieste, vieto di associare il nome del sindaco a cose di affari».
( g.z.)

 

 

«Scuole fatiscenti, le rifacciamo tutte» - MA PER IL DANTE LA PROGRAMMAZIONE SI SPOSTA AL 2010
 

«Prima della fine del mio mandato voglio ristrutturare per intero tutte le scuole». È l’impegno che Dipiazza si è preso. «Tra fare strade e marciapiedi, pur importanti, preferisco dare un tetto stabile a bambini e studenti che oggi stanno ancora in luoghi fatiscenti». Per il Dante, però, comunale con la scuola media e provinciale con il liceo classico, gli accordi fra i due enti sono fatti, ma la realizzabilità «è complessa - dice il sindaco -, fa andare fuori di testa, pertanto l’ho rimandata al 2010».
Invece la scuola materna di Rozzol si è guadagnata (indirettamente grazie alla Lega, si potrebbe dire) un restauro da 780 mila euro. «Ho messo lì i soldi destinati al campo nomadi» detta Dipiazza. Nessuno lo voleva, e la Lega specialmente ha alzato le consuete minacce. Dunque il campo nomadi, a suo tempo già contestato in Carso, non si farà, e i quattrini vanno all’asilo. In conclusione sono anche i lavori del primo lotto al nido di via Tigor (500 mila euro), in avvio è il secondo tempo (900 mila). In ultimazione, specifica Dipiazza, sono poi grossi interventi all’elementare Slataper di via Bastia: 2 milioni e 100 già messi a frutto, gara in corso per il successivo milione e 400 mila euro.
Si ristruttura anche la «Ruggero Manna», 900 mila euro quasi spesi, e gara in corso per il secondo lotto da oltre 2 milioni. In ultimazione è il cantiere da 650 mila euro alla media «Divisione Julia», è stata bandita la gara il successivo lotto, piccolino (250 mila) che concluderà tutto l’intervento. Infine con 1 milione e 800 mila euro sono stati pagati i lavori, in ultimazione, alla elementare «Filzi Grego».
«Ho deciso di dare priorità assoluta alle scuole - conclude Dipiazza - ma non aggiustando un’aula qui e una lì, svuotando bensì e rimettendo in sesto gli ambienti completi».
 

 

Nel mirino Ue l’accordo fra Lubiana e Gazprom - L’intesa violerebbe le regole imposte da Bruxelles per la distribuzione del gas
 

GASDOTTO SOUTH STREAM
LUBIANA Nel caso che la Slovenia firmi con la Russia l'accordo sulla costruzione di un tratto del gasdotto South Stream, il cui testo è gia stato definito tra i due governi, saranno violati alcuni regolamenti sulle politiche energetiche dell'Unione europea. Lo scrivono fonti di stampa slovene.
Secondo il giornale Dnevnik di Lubiana, la firma definitiva dell'accordo con la Russia è per ora poco probabile date le obiezioni della Commissione europea. Il testo attuale dell'accordo prevede che la società di gestione del gasdotto in Slovenia sia di proprietà congiunta della russa Gazprom e della slovena Geoplin. Tale soluzione è in contrasto con la normativa europea in vigore da settembre, che vieta che l'infrastruttura per la distribuzione del gas sia in possesso di società che lo vendono. Inoltre, l'Ue proibisce che la proprietà di gasdotti sul suo territorio sia di società con base in «paesi terzi».
Secondo il giornale il testo dell'accordo è ora sottoposto al vaglio di Bruxelles. L'incompatibilità con le citate norme europee sarebbe stata confermata da varie fonti e l'Ue avrebbe già informalmente segnalato a Lubiana di non firmare l'accordo con la Russia e con Gazprom. La Bulgaria, l'Ungheria e la Grecia hanno già firmato simili accordi con Gazprom, ma prima che le nuove norme entrassero in vigore.
L'interesse in Slovenia perchè un tratto del South Stream attraversi il suo territorio è fortissimo, data l'importanza strategica del progetto per la politica energetica dell'Ue. La settimana scorsa il presidente, Danilo Turk, ha espressamente detto che la Slovenia «non si può permettere di non essere inclusa nelle arterie energetiche europee e farà tutto il possibile affinchè un tratto del South Stream attraversi il territorio sloveno». «Nel raggiungere questo obbiettivo - ha aggiunto - non dobbiamo temere le varie intrusioni burocratiche, alcune delle quali sono arrivate anche dall'Ue».
Secondo i progetti il braccio nord del South Stream avrebbe inizio in Bulgaria, dove tramite il Mar nero arriva dalla Russia, per attraversare la Serbia, l'Ungheria, la Slovenia e terminare in Austria.
 

 

Il Pd fa le barricate contro il piano casa - OGGI MARATONA IN COMMISSIONE
 

TRIESTE Opposizione dura del centrosinistra al Codice dell’edilizia. I lavori della IV Commissione, chiamata a votare i 63 articoli del disegno di legge, sono andati a rilento ieri, tanto che si sono discussi e votati solo i primi due articoli dopo un’interruzione chiesta dal Partito democratico per valutare gli emendamenti proposti dal centrodestra. Per i consiglieri di opposizione «anche questo provvedimento verrà impugnato dal governo – afferma il capogruppo del Pd Gianfranco Moretton –. Il Piano casa collide rumorosamente con le norme del Codice dell’edilizia e si va a interferire sulle competenze comunali di gestione del territorio. Ma le nostre istanze nel tavolo tecnico non sono state ascoltate».
Per il capogruppo del Pdl Daniele Galasso «il centrosinistra sta attuando un ostruzionismo strumentale. Noi abbiamo accettato di rinviare la discussione sul disegno di legge per confrontarci con l’opposizione. Quando eravamo all’opposizione non abbiamo fatto ostruzionismo all’approvazione a marce forzate della legge urbanistica; quindi non ci facciamo dare lezioni da nessuno sul metodo». Il centrosinistra chiede quantomeno di stralciare il Piano casa e prevedere canali diversi per la norma con possibilità di ampliamenti per gli edifici e il Codice per l’edilizia. «Il Piano casa serve per l’economia – afferma Mauro Travanut (Pd) – anche se per noi andrebbe modificato, il codice invece non è assolutamente urgente». Oggi lavori dalla mattinata: dovrebbero proseguire ad oltranza con il voto finale.

(r.u.)
 

 

 

 

ECOSPORTELLO.ORG - MARTEDI', 13 ottobre 2009

 

 

Salgono a 13 le Regioni che si schierano contro il nucleare

 

Dopo le dichiarazioni del Governo in merito alla ritorno al nucleare in Italia e la localizzazione delle nuove centrali, sono salite a tredici le Regioni che hanno deciso di

 passare ai fatti impugnando la legge del governo sul nucleare. Le regioni coinvolte sono Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e rappresentano circa il 56% del territorio italiano. Oltre a queste, Sardegna e Veneto hanno detto no al nucleare sul proprio territorio con ordini del giorno o dichiarazioni del presidente. Tra le regioni che non hanno aderito all’invito delle associazioni a impugnare la legge, la Sicilia aveva manifestato l’intenzione di impugnare comunque la legge, ma non si ha notizia di una delibera in tal senso.
Il nucleare trova quindi una decisa opposizione nel momento in cui si dovrebbe passare dagli annunci alle scelte concrete sul territorio. La scelta delle regioni arriva dopo l’appello rivolto l’11 settembre da Greenpeace, Legambiente e WWF, che invocava il ricorso alla Corte Costituzionale per fermare il provvedimento sul nucleare di sostanziale centralizzazione delle procedure e militarizzazione del territorio. “Il Governo deve tener conto di quanto sta succedendo nel Paese - hanno dichiarato le tre associazioni - e fare marcia indietro rispetto a una prospettiva, quella del nucleare, costosa e insicura, oltre che inutile rispetto ai problemi energetici italiani”.
Le Regioni difendono le proprie competenze e sanno che gli elettori, con ogni probabilità, non premierebbero un governatore (o un candidato governatore) che accettasse una centrale nucleare sul proprio territorio.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 13 ottobre 2009

 

 

Matteoli: il rigassificatore si deve fare. I veti di Lubiana vanno risolti a Bruxelles - IL MINISTRO ALLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
 

 

TRIESTE «Ridicola, se è di natura ambientale». Il ministro delle Infrastrutture e trasporti, Altero Matteoli, ha bollato così, tutelandosi all’interno di una gabbia ipotetica, l’opposizione slovena al progetto del rigassificatore di Trieste. Ma, prima e durante l’assemblea degli Industriali, l’esponente del governo Berlusconi ha spaziato anche fra il futuro del porto triestino, l’attuale condizione della rete ferroviaria e il possibile ripristino del collegamento aereo Ronchi-Linate, ampliando i suoi ragionamenti fino al ponte sullo stretto di Messina, i cui primi lavori «partiranno a dicembre», e alla «privatizzazione di Tirrenia, da chiudere con le regioni interessate entro il 15 ottobre».
Ministro, come risolvere le resistenze slovene a un progetto, quello del rigassificatore di Trieste, che il governo italiano ritiene irrinunciabile?
So che c’è un problema, ma siamo sulla strada giusta per arrivare a un accordo. In ogni caso, dobbiamo trovarlo, perché il nostro Paese ha bisogno di rigassificatori, altrimenti le aziende italiane non saranno competitive in termini di costi dell’energia.
Lubiana, tuttavia, pare perplessa in fatto di impatto ambientale.
Se l’opposizione è di natura ambientale, allora è ridicola. Ma siamo in Europa e una soluzione comune va trovata. A riguardo, poi, serve un tavolo con l’opposizione. La questione fra Italia e Slovenia, comunque, non interessa il mio ministero, però la sto seguendo come componente del governo.
E come ex ministro dell’Ambiente (dall’aprile 2005 al maggio 2006), no?
In Italia abbiamo bisogno di un certo numero di rigassificatori. Ricordo, appunto, di essere stato io a firmare i precedenti decreti di Via per gli altri impianti.
A proposito di Trieste e del suo porto, a che punto è l’iter per la piattaforma logistica?
Si tratta di una necessità per la città e per il suo porto, il cui sviluppo è la cosa più importante per questo territorio. Ma la realizzazione della piattaforma logistica interessa tutto il Friuli Venezia Giulia, il Nordest e l’intero Paese. In ogni caso, stiamo accelerando per sbloccare velocemente i fondi previsti dal Cipe (alla cui attenzione il progetto della piattaforma logistica verrà portato giovedì, ndr). Al tempo stesso, però, dobbiamo sempre fare i conti con la quantità di risorse disponibili.
Un porto che funzioni ha bisogno anche del supporto di infrastrutture di collegamento adeguate: la situazione a Trieste e in Friuli Venezia Giulia?
I porti non possono esistere senza collegamenti ferroviari. Non è possibile destinare loro dei finanziamenti senza avere le ferrovie. Questo vale non solo per Trieste e la sua regione, ma per tutta l’Italia, dove si soffre della cosiddetta crisi dell’ultimo miglio per congiungere porti e trasporti su rotaia. Con l’amministratore delegato delle Ferrovie di Stato, Mauro Moretti, e con le risorse messe in campo, già approvate dal Cipe, miriamo a risolvere questa situazione in tutti i porti italiani.
Con il contributo delle Regioni?
Per i treni locali le Regioni devono fare la loro parte. Il governo ha stanziato quasi due miliardi in tre anni per nuovi treni regionali. Ma questi soldi vengono gestiti direttamente dalle Regioni stesse che si occupano delle gare.
Sulle tratte regionali e transfrontaliere (con lo sconfinamento in Slovenia) del Corridoio 5 quando avremo novità?
Sui corridoi stiamo andando avanti nel rispetto dei programmi, anche con i nostri partner europei.
Considerate le ultime notizie in tema di collegamenti ferroviari e l’attuale assenza di quelli aerei, da Milano a Trieste e viceversa ormai si può viaggiare solo in auto?
Come hanno riferito nelle scorse settimane sia il sottosegretario Roberto Menia, sia il presidente della Regione, Renzo Tondo, l’amministratore delegato di Cai-Alitalia Rocco Sabelli, sul possibile ripristino del volo Linate-Ronchi, mi aveva risposto di recente: «Si può fare», magari con un aereo grande. Ritengo che ora chi di dovere stia studiando come e quando riattivarlo, visto che da quel colloquio non ho avuto novità contrarie. Stasera (ieri sera, ndr), però, lo rivedrò e gli chiederò di aggiornarmi sui passi avanti fatti.
MATTEO UNTERWEGER
 

 

Risparmio energetico, arriva l’Ecosportello - MUGGIA: A NOVEMBRE
 

MUGGIA Risparmiare grazie all'energia solare e conoscere tutte le agevolazioni previste per chi decide di passare alle fonti rinnovabili (pannelli fotovoltaici, caldaie a condensazione, serramenti e altri sistemi per isolare termicamente la propria abitazione). Per i cittadini di Muggia, unica località della provincia oltre a Trieste fornita di questo servizio, tra breve sarà ancora più facile. E' infatti in arrivo a novembre l'Ecosportello, attivato dal circolo Legambiente di Trieste grazie al finanziamento della Provincia, la cui finalità è informare i cittadini sui vantaggi economici ed energetici conseguenti all'installazione di pannelli fotovoltaici, isolamenti termici e caldaie di nuova generazione.
Lo schema di convenzione con la Provincia per l'attuazione del progetto verrà votato oggi dal Consiglio comunale, mentre è già partito nella sede di Legambiente il corso di formazione per gli operatori.
Lo sportello di Muggia, la cui istituzione era stata sollecitata dai residenti nell'ambito di Agenda 21, sarà aperto ogni mercoledì, dalle 10 alle 12, fino ad aprile e avrà sede nel palazzo municipale di piazza Marconi. Al suo interno si potranno reperire informazioni su risparmio ed efficienza energetica, e in particolare sugli incentivi e gli sgravi fiscali.
L'Ecosportello offrirà infine un servizio professionale di installazione e assistenza in collaborazione con Confartigianato, Cna, Ures, la possibilità di far eseguire la certificazione energetica del proprio edificio a prezzi concordati e l'opportunità di usufruire di strumenti finanziari a tassi agevolati messi a disposizione da Banca Etica.

(g.t.)
 

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI - Il tram si può
 

Ho letto con molta attenzione l’intervento del signor Sergio Callegari (7 ottobre) relativo alle possibili soluzioni da adottare per migliorare il trasporto pubblico locale.
Condivido la puntuale analisi sulla quale non sono d’accordo su un unico punto: secondo il signor Callegari il ritorno del tram a Trieste sarebbe inattuabile a causa delle strade strette e tortuose.
A mio avviso la circolazione tranviaria a Trieste dal punto di vista tecnico/viabilistico è attuabilissima, basta volerlo! Molte città in Italia e nel resto d’Europa hanno scelto negli ultimi anni di ritornare all’utilizzo del tram; città che hanno gli stessi problemi (se non maggiori) di Trieste per quanto riguarda la ristrettezza delle vie centrali, ma se c’è la volontà politica le soluzioni tecniche si trovano (per favore, basta col mefitico «no se pol»). A titolo d’esempio vorrei solo ricordare che il tram a Padova passa per le strade del centro che non sono certo più larghe di via Mazzini o di via Roma, mentre il nuovo tram a Firenze sfiora il duomo e il battistero incuneandosi nelle stradine del centro storico; certo bisogna operare delle scelte (cosa che la nostra attuale amministrazione comunale si rifiuta di fare): interdire al mezzo privato ampi spazi del centro, privilegiando il transito delle vetture tranviarie, dei pedoni e delle biciclette; se lo hanno fatto in altri centri urbani, perché non dovrebbe essere possibile qui da noi?
Dove sta scritto che l’automobile deve per forza farla da padrona occupando (il più delle volte irregolarmente) ampi spazi di suolo pubblico che potrebbe essere utilizzato in modo molto più ecosostenibile? Tram, biciclette e pedoni possono coesistere tranquillamente: in numerose realtà europee vi sono arterie stradali centrali dedicate esclusivamente al traffico tranviario, ai ciclisti ed ai pedoni con risultati più che positivi per quanto riguarda il livello di qualità della fruizione del contesto cittadino. Non vedrei comunque difficoltà tecniche che non possano essere superate abbastanza facilmente per una nuova linea tranviaria nella nostra città che dalla Stazione Centrale raggiunga Valmaura attraverso Ghega, Carducci, D'Annunzio, Foraggi, Galleria di Montebello.
L’auspicata metropolitana leggera potrebbe poi integrarsi abbastanza facilmente con la tranvia cittadina mediante la tecnologia «tram-treno» (già ampiamente utilizzata soprattutto in Germania ed in Austria) che prevede l’impiego di materiale rotabile in grado di operare sia sulla rete ferroviaria sia su quella urbana.
Mario Ravalico - Consigliere comunale Pd
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 12 ottobre 2009

 

 

PIANO REGOLATORE del Comune di Trieste

 

Si informano i cittadini che, mercoledi' 14 ottobre, dalle 17.00 alle 18.00, presso la sede del circolo Verdeazzurro di LEGAMBIENTE in via Donizetti n. 5/a, un esperto fornira' informazioni e assistenza sul nuovo Piano Regolatore approvato dal Comune di Trieste.
Circolo Verdeazzurro LEGAMBIENTE di Trieste
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 12 ottobre 2009

 

 

Risparmiare energia in casa? Basta chiedere all’Ecosportello - Dall’impianto fotovoltaico alla caldaia da sostituire: nasce un punto informativo
 

AMBIENTALISTI E PROVINCIA
Per avere informazioni sul risparmio energetico da applicare nell’immediato e concretamente, il cittadino può oggi contare su un nuovo punto di informazione. Su iniziativa del circolo Legaambiente, in collaborazione con l’Arci Nuova Associazione e la Banca popolare etica, è stato attivato il nuovo “Ecosportello per il cittadino”, mirato a garantire alla comunità un punto di informazione dove approfondire i temi del risparmio e dell’efficienza energetici nelle abitazioni private. L’iniziativa è stata finanziata e patrocinata dalla Provincia.
«Ci troviamo di fronte a una crescente sensibilità dell’opinione pubblica sulle questioni di salvaguardia e tutela dell’ambiente», spiega l’assessore provinciale all’educazione ambientale Denis Visioli presentando l’iniziativa: «Spesso però le persone che intendono approfondire tali questioni si trovano in difficoltà per mancanza di punti di riferimento. L’Ecosportello – continua Visioli – sarà in grado di soddisfare tutti coloro che intendono saperne di più, garantendo le informazioni opportune e pertinenti per le azioni che il privato intende intraprendere».
L’Ecosportello triestino sarà aperto due volte la settimana, il martedì dalle 10 alle 12 e il venerdì dalle 17 alle 19, in via Donizetti 5/a. Sarà possibile rivolgersi al numero telefonico 336/5239111, al fax 040/9890553 oppure all’email info@legambientetrieste.it. Un ulteriore Ecosportello verrà attivato a Muggia.
Ma quali sono le informazioni che si possono ottenere da questa nuova struttura? Si possono rivolgere all’Ecosportello coloro che vogliono saperne di più sugli impianti fotovoltaici e sulla messa a punto di pannelli solari. Oppure coloro che intendono sostituire le caldaie, o che vorrebbero capire quali serramenti provvedere alle proprie abitazioni, o come effettuare le coibentazione dei propri ambienti. Dal nuovo sportello sarà possibile ottenere il calcolo del rientro economico in seguito agli interventi effettuati, utilizzando specifici software. E conoscere gli incentivi e gli sgravi fiscali, con le relative prassi e modulistiche, messi a disposizione di coloro che intendono procedere a cambiamenti nel proprio uso energetico. Ulteriore facilitazione, la possibilità di essere assistiti nella compilazione dei moduli previsti per tali benefici e facilitazioni.
Maurizio Lozei
 

 

SEGNALAZIONI - CRITICHE / 1 - Sul rigassificatore
 

I politici sia a Roma sia a Trieste sono concordi nel voler imporre a triestini e muggesani il rigassificatore, benché la grande maggioranza della gente, per un istintivo senso di sopravvivenza, sia contraria all’installazione di una bomba ecologica a ridosso delle proprie case.
Già eventi «naturali», per semplice distrazione di addetti ai lavori, possono causare tragedie come quella di Viareggio. In quel caso la «bomba» era costituita da qualche vagone-cisterna. Figuriamoci che cosa potrebbe succedere per l’incendio di un deposito o di una nave gasiera. Ricordo che, quando ignoti terroristi incendiarono un serbatoio dell’oleodotto, ho potuto vedere fin da Pola la nube nera sopra Trieste. E oggi i terroristi sono attivi più che mai.
Quanto al confronto costi-benefici, abbiamo già l’esempio dello stesso oleodotto. Esso dà lavoro a un limitato numero di addetti, senza alcun indotto, mentre l’impianto occupa enormi spazi sottratti a più utili e redditizie attività portuali o industriali. È comprensibile che vogliano il rigassificatore i politici romani, eredi e continuatori di quelli che, per oltre 60 anni, mantengono esuli e triestini nella scomoda posizione di «vittime sacrificali della Patria», facendo pagare solo a loro le colpe e le riparazioni per la guerra alla Jugoslavia. Non si capisce invece come le autorità locali e i parlamentari eletti dal popolo di Trieste vadano supinamente dietro ai loro amici/padroni di Roma. Malgrado i nostri sforzi, veramente non riusciamo a capire i nostri eletti.
Prendiamo atto che anche i nostri vicini sloveni contestano il rigassificatore. Siamo fin d’ora certi che se dovessero cambiare idea a pagare il prezzo saremo, come sempre noi, istriani e triestini. Comunque vada una bomba resta una bomba, anche se teoricamente disinnescata, come le mine della strage di Vergarolla a Pola nel 1946.
Italo Gabrielli - del Gruppo Memorandum 88 di esuli istriani fiumani e dalmati
 

 

SEGNALAZIONI - CRITICHE / 2 - Sul rigassificatore
 

Martedì 15 settembre alla conferenza economica tenutasi a Porto S. Rocco abbiamo avuto modo di sentire dire la presidente della Provincia, Bassa-Poropat, in quanto a sviluppo e futuro, che lei personalmente è favorevole al rigassificatore nell’area di Zaule, ma che bisogna avere il consenso della gente e per questo si sono attivati stanziando dei fondi per fare informazione, contattando le varie realtà scientifiche: Università, Sissa...
Considerato che, oltre che per la sciagurata collocazione dell'impianto, il progetto presentato e con le successive «integrazioni» ha non poche lacune, mi chiedo e chiedo al presidente della Provincia e ai suoi collaboratori: a) vogliono creare consenso su una «patacca»?; b) sprecano denaro pubblico, cioè nostro, per creare consenso su una «patacca»? c) questo, almeno nel sentire comune, non significa «complicita»?
Nevia Babich
 

 

SEGNALAZIONI - «Vicolo delle Rose trasformato in discarica» - STERPAGLIA E MATERIALI EDILI
 

Vicolo delle Rose si inerpica per le alture del quartiere di Roiano per arrivare poi in via Commerciale all’altezza del capolinea del bus 28 e dovrebbe rappresentare uno scorcio storico e polmone verde del quartiere: invece sta diventando sempre più una discarica a cielo aperto.
Non solo i cantieri aperti per le nuove costruzioni stanno deturpando l’ambiente originario e creando difficoltà alla viabilità sempre più caotica nello storico vicolo, ma anche il manto stradale sconnesso (nella parte iniziale da Roiano e finale verso via Giaggioli), immondizie, carcasse di motorini e materiali edili lasciati in abbandono, stanno degradando sempre più quest’area.
Alle immondizie visibili nella parte alta (verso la curva, prima del rettilineo che porta all’immissione in via Giaggioli), si aggiungono le sterpaglie lasciate quasi a lato della strada: tutto è emerso probabilmente in seguito al mancato lavoro di pulitura dopo la falciatura del sottobosco adiacente alla strada.
È molto triste vedere la strada ridotta così: la parte più alta della via rimane uno dei pochi spazi dove non è stato, per fortuna, ancora edificato e per di più è nelle vicinanze di un corso d’acqua.
In tema di sicurezza, poi, la strada in forte pendenza e molto vicina al bosco nella parte alta fa temere per come reagirà il terreno al primo grande evento piovoso autunnale.
Dario Fabbri
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 11 ottobre 2009

 

 

Gas Natural: «Per l’ambiente c’è grande attenzione»
 

Gas Natural esce allo scoperto per rintuzzare gli attacchi degli ambientalisti sul progetto del rigassificatore. La società spagnola sostiene che per il progetto di Trieste sta seguendo il procedimento prescritto dalla normativa vigente in Italia e ribadisce di essere un’impresa responsabile e scrupolosa nell’esecuzione di tutti i progetti, non solo in Italia.
Sempre Gas Naturale aggiunge di essere la prima interessata a pretendere che questi vengano realizzati nel pieno rispetto di quanto prescritto in materia ambientale. Il caso di Trieste non è differente.
«Vantiamo una grande esperienza in questa tipologia di impianti ed è nota l’attenzione del Gruppo verso l’ambiente, così come confermato dalla nostra ripetuta presenza nei più importanti indici di responsabilità e sostenibilità».
 

 

Ferriera, Servola coperta da una nube nera - Fuoriuscito dalla cokeria tutto il gas che si era bloccato a causa di un blackout
 

Decine di telefonate ai vigili del fuoco
Nuvole nere si sono levate ieri sopra la Ferriera e poi, spinte dal vento, sul mare e sulla città coprendo per un buon quarto d’ora anche le vele della Barcolana.
L’allarme è scattato pochi minuti prima delle 13 e al centralino dei vigili del fuoco sono giunte più di cento telefonate. Il timore, in un primo momento, era quello di un incendio. Ma poi in breve il mistero è stato chiarito. I fumi sono stati provocati da un improvviso blackout elettrico che per alcuni minuti, come ha spiegato il direttore della Ferriera, Francesco Rosato «ha bloccato l’estrazione del gas della cokeria». L’interruzione dell’erogazione, sempre secondo il responsabile dello stabilimento, è stata causata da «fenomeni temporaleschi».
«Non è un fenomeno raro», ha dichiarato il direttore della Ferriera. Ma molti abitanti di Servola e anche di altre zone della città si sono spaventati.
Certo è che all’improvviso il gas prodotto della cokeria che si era bloccato è fuoriuscito dalle ciminiere bruciando e provocando, nella combustione, il denso fumo nero. Le nuvole scure hanno coperto per oltre dieci minuti prima l’area di Servola e poi, come detto, spinte dal vento sono andate verso il mare.
Non è stato però necessario l’intervento dei vigili del fuoco in quanto, quando l’erogazione della corrente elettrica è stata ripristinta, la situazione si è progressivamente normalizzata.
Ma si sono attivati, su chiamata degli stessi pompieri, i tecnici dell’Arpa, l’agenzia regionale per l’ambiente, che hanno effettuato nel primo pomeriggio una serie di sopralluoghi e controlli in tutte le aree interessate prelevando ove possibile i campioni. Infatti i fumi hanno sfiorato i piani alti di diverse abitazioni lasciando tracce di polveri che una volta analizzate possono consentire di risalire al contenuto delle sostanze.
Appena pochi giorni fa la proprietà della Ferriera di Servola è stata ammessa a pagare 26 mila euro per chiudere senza ulteriori danni sul piano penale la vicenda dell’altoforno numero 2 che nello scorso inverno aveva funzionato per dieci settimane privo dell’autorizzazione ambientale concessa dalla Regione. In pratica era fuorilegge perché il nullaosta era scaduto il 31 dicembre e il gruppo Lucchini aveva cercato l’ennesima proroga, trovandosi però di fronte al «no» di tutte le forze politiche, regionali e cittadine.
Nel frattempo dal camino erano continuate a riversarsi nell’atmosfera - nonostante le ripetute diffide - polveri e gas contenenti benzopirene e anidride solforosa. Il pm Federico Frezza per queste prolungate violazioni di legge aveva iscritto nei primi giorni di gennaio sul registro degli indagati i nomi di Francesco Rosato, direttore dello stabilimento di Servola e amministratore delegato della società proprietaria, nonché quelli di Giuseppe Lucchini - patron del gruppo siderurgico bresciano - e del rappresentante della Severstal, Hervè Kerbat.

(c.b.)
 

 

FERRIERA - «Un bel biglietto da visita per la Barcolana» - L’ATTACCO DEL CIRCOLO MIANI
 

«Quello che è accaduto è la migliore risposta all’incredibile comunicato della Lucchini-Severstal (che elencava la diminuzione delle emissioni dall’impianto, ndr). Il “tutto va bene – anzi meglio – madama la marchesa” ha trovato puntuale smentita nei fatti». È la risposta del Circolo Miani, in una nota a firma Maurizio Fogar, che oltre a definire «normale amministrazione quanto accaduto» lo ricollega alla Barcolana. «Così tutti hanno potuto ammirare per ore, quale prestigioso “biglietto da visita” offra la città, oltre che per la salute dei suoi concittadini, anche per quella degli ospiti».
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 10 ottobre 2009

 

 

Regione, alla Savino la delega per l’energia - LA DELIBERA DI GIUNTA RIORDINA ANCHE LE DIREZIONI
 

TRIESTE La delega all’Energia passa ufficialmente di mano. Ieri la giunta regionale ha approvato una delibera e un regolamento, proposti dall’assessore Andrea Garlatti, che ridefiniscono l’organizzazione interna del’apparato regionale e le competenze delle strutture direttive. In particolare arriva la formalizzazione di quanto annunciato dal presidente Tondo al momento di nominare lo stesso Garlatti come sostituto di Vanni Lenna: la delega all’Energia passa sotto la direzione della Pianificazione e risorse, trasferendo quindi la competenza dall’assessore Riccardo Riccardi a Sandra Savino.
Inoltre la Direzione centrale organizzazione cambierà denominazione allineandosi al governo nazionale e prenderà il nome di Direzione della funzione pubblica. Una denominazione che riflette la volontà di non guardare esclusivamente all'apparato della Regione ma a tutto il pubblico impiego. E dunque ai dipendenti dei diversi Enti locali e anche a quelli della Sanità, garantendo un’unica ”regia” anche nella formazione professionale. Novità anche per quanto concerne la Direzione relazioni internazionali: verrà annoverata tra le Direzioni centrali. «La logica dei due provvedimenti è di razionalizzare e semplificare - spiega l'assessore Garlatti – e comporterà anche l’obbligo per i vice direttori centrali di essere anche a capo di un servizio». Ora i due documenti approvati ieri in via preliminare dalla giunta dovranno superare il passaggio con i sindacati e il parere del Consiglio regionale. L’esecutivo ha approvato anche il bando per la realizzazione di progetti di ricerca industriale nel campo della domotica a cui sono stati destinati 5 milioni di euro.
«Ci proponiamo - ricorda l'assessore Alessia Rosolen - di sostenere progetti destinati al rafforzamento sia delle reti della ricerca e dell'innovazione che dei distretti tecnologici dell'innovazione, con l'obiettivo di rafforzare la competitività delle imprese e sostenere il loro sviluppo dal punto di vista scientifico e tecnologico». Il bando prevede finanziamenti tra uno e due milioni di euro a favore di progetti per migliorare la qualità di vita in ambienti casalinghi o di lavoro; il bando riguarda progetti relativi a sistemi energetici, apparecchiature domestiche, telecomunicazioni, illuminazione, salute, ergonomia. Beneficiari dei contributi sono le imprese regionali, gli enti gestori dei parchi scientifici e tecnologici regionali, le università e i poli di ricerca, purché operino in stretta collaborazione tra loro. È prevista la partecipazione delle Camere di commercio del Fvg. Approvato infine un riparto di 1.584.000 euro a favore delle Province di Gorizia, Pordenone e Udine per viabilità e adeguamento di edifici scolastici. A Gorizia andranno 264 mila euro per manutenzione straordinaria sui ponti e sulla viabilità ordinaria e ciclistica, specie sulle arterie che collegano Grado.
Roberto Urizio
 

 

SEGNALAZIONI - VIA TIMEUS - Traffico insostenibile
 

Sono pienamente solidale con i residenti della via San Michele, ma vorrei ricordare che codesti problemi così ben esposti, sono presenti ahimé in altre vie di Trieste. Parlo della via Timeus-Xydias (per esempio) perché qui vivo e da residente posso testimoniare e rivendicare ogni parola scritta dal signor Citti.
Anche qui il sindaco ha espresso compiacimento: a nostro modesto parere per noi residenti c’è stato solo un aggravarsi della già precaria situazione esistente, e anche la viabilità, unica prerogativa affrontata non è stata minimamente risolta. Il traffico è insostenibile lungo la via Timeus-Xydias: tali vie come la via S. Michele, sono (altrettanto) inadeguate a sostenere il ruolo assegnatole di principale arteria di scorrimento. La ristrettezza delle dimensioni, l’altezza degli edifici fanno sì che la notevole mole di traffico veicolare determini condizioni ”intollerabili” di inquinamento atmosferico e acustico per i residenti, con potenziale danno alla loro salute. La mancanza di dissuasori di velocità unitamente alla ristrettezza della via e dei marciapiedi, peraltro privi di manutenzione e di rifacimento da anni, mettono a repentaglio l’incolumità dei pedoni.
Ai nostri amministratori va richiesto lo sforzo di avere maggiore sensibilità «verso le idee della sostenibilità e qualità del vivere urbano»... e della «rivendicazione di Trieste quale città d’arte».
Mi limito a riportare ancora la stessa conclusione del signor Citti: «Si auspica... che una seria considerazione di tali questioni possa finalmente giungere dal nuovo piano del traffico... che sia finalizzato al perseguimento di valori di interesse generale per la collettività, quali la riduzione dell’inquinamento atmosferico ed acustico, per la salute degli abitanti».
Cambiare le prospettive, guardare in direzione dei pedoni, trasformare la nostra città a misura d’uomo... a piedi.
Sperando di ricevere quanto prima una ragionevole risposta dal sindaco per tutte queste vie di Trieste, interessate dal problema traffico, credo che sia molto civile almeno riconoscere ed ammettere che il problema esiste. Questione di stile?
Roberta Mevi
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 9 ottobre 2009

 

 

Rigassificatore, il caso arriva a Bruxelles - La rete ecologista Alpe Adria Green porta il caso di Zaule davanti agli organismi Ue
 

LUBIANA Il caso del rigassificatore di Zaule, a Trieste, arriva a Bruxelles. A denunciare le presunte irregolarità nella preparazione del progetto della società Gas Natural ci ha pensato la rete internazionale di associazioni ambientaliste Alpe Adria Green, i cui attivisti, nel corso di una conferenza stampa, hanno presentato ieri a Lubiana i contenuti della petizione e del ricorso inviati venerdì scorso al Parlamento e alla Commissione europei per chiedere che si fermi la costruzione dell'impianto.
L'Italia, questa la motivazione di Alpe Adria Green, avrebbe tentato di minimizzare i rischi del terminal e avrebbe di fatto consentito a Gas Natural di esibire una documentazione incompleta nel richiedere i permessi necessari per portare avanti il progetto. Il presidente della rete ambientalista, Vojko Bernard, ha spiegato che «Alpe Adria Green insisterà affinché anche il governo sloveno denunci le presunte irregolarità e chieda chiarimenti a Roma». Da parte italiana, secondo Aag, sarebbero state violate diverse norme europee. In primo luogo, nella documentazione di Gas Natural sarebbero stati omessi o falsati alcuni dati sull'impatto ambientale, in particolare quelli sulla profondità delle acque del Golfo di Trieste e sull'esistenza, nell'area, di altri impianti industriali con forte impatto sull'ambiente.
In secondo luogo, il terminal e le navi gasiere non potrebbero essere protette e potrebbero facilmente diventare meta del terrorismo internazionale. Come terzo punto, sarebbero state violate le norme europee sugli studi ambientali, sia per quanto riguarda il terminal, sia per quanto riguarda il gasdotto che dovrebbe collegare l'impianto alla rete nazionale. Infine, non sarebbero state rispettate le procedure legate alla valutazione dell'impatto ambientale transfrontaliero, nonché le norme sulla concorrenza, visto che il progetto prevede – secondo Alpe Aadria Green - un forte sostegno dello Stato italiano qualora dovessero verificarsi degli scompensi sul mercato internazionale del gas. Se un terminal rigassificatore nell'Alto Adriatico deve comunque esserci, Alpe Adria Green suggerisce che Italia, Slovenia e Croazia lo pianifichino insieme. Una soluzione, a giudizio degli ambientalisti, potrebbe essere quella di riutilizzare a questo scopo alcune piattaforme petrolifere ormai abbandonate a largo della costa istriana, in acque territoriali croate, alcune decine di chilometri da Pola: hanno il vantaggio di essere distanti dalle rotte marittime. Il destino del progetto del terminal rigassificatore di Zaule sarà più chiaro dopo l'incontro del 13 ottobre a Lubiana tra i rappresentanti dei Ministeri dell'ambiente di Italia e Slovenia. Se i colloqui dovessero fallire, Lubiana ha già annunciato di essere pronta a portare l'Italia di fronte alla Corte di giustizia europea.
 

 

Diossina dall’inceneritore, cinque indagati - Dopo il sequestro dell’impianto AcegasAps aveva dovuto trasferire l’immondizia fuori provincia
 

Il magistrato chiederà il rinvio a giudizio oppure l’archiviazione
IL PM CHERGIA HA CHIUSO LE INDAGINI SUGLI EPISODI VERIFICATISI TRA IL 2006 E IL 2007
Il pm Maddalena Chergia ha chiuso le indagini sulle ripetute fuoriuscite di diossina verificatesi da due delle tre linee di smaltimento rifiuti dell’inceneritore di via Errera. Le fuoriuscite a cui era seguito il sequestro degli impianti disposto dalla magistratura, risalgono al dicembre 2006 - gennaio 2007 e hanno provocato un danno all’Acegas-Aps valutato in quattro, cinque milioni di euro, spesi per il trasferimento in altre sedi di buona parte dell’immondizia prodotta in quei mesi a Trieste e provincia, ma anche a Monfalcone e Gorizia e in alcune aree del pordenonese.
L’esito delle indagini che occupano nove corposi faldoni zeppi di atti, consulenze tecniche e diagrammi di funzionamento delle linee di incenerimento, è ora a disposizione dei legali dei cinque indagati. Ecco i nomi di chi è finito sul registro della Procura e ha ricevuto nei giorni scorsi l’avviso di conclusione dell’inchiesta. Un atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio o di archiviazione. L’avviso è stato recapitato a Marina Monassi, direttore generale di Acegas-Aps; Paolo Dal Maso, responsabile della Divisione ambiente; Stefano Gregorio, direttore dell’inceneritore; Maurizio Malagoli, ex direttore generale e Francesco Giacomin, già amministratore delegato della stessa Acegas-Aps.
Secondo le misurazioni effettuate due anni e mezzo fa dai tecnici dell’Azienda regionale per la protezione ambientale, la quantità di diossina finita nell’atmosfera di Trieste ha costantemente superato i valori di legge. L’episodio più inquietante è quello del 20 dicembre 2006 con 0,970 nanogrammi di diossina per metro cubo d’aria. Dieci volte più del valore limite. Altre misure hanno rivelato vistosi sforamenti. Sono quelle del 21 dicembre 2006, dell’11 e 12 gennaio 2007, rispettivamente con 0,189, 0,300 e 0,200 nanogrammi.
L’Arpa aveva informato delle ripetute anomalie i carabinieri del Nucleo operativo ecologico e la Procura della Repubblica. Prima il pm Federico Frezza, poi la collega Maddalena Chergia avevano chiesto il sequestro preventivo dell’impianto. Il giudice Massimo Tomassini lo ha concesso in meno di 48 ore. Il 14 febbraio 2007 le linee di smaltimento erano state bloccate perché ritenute pericolose per la salute pubblica. Secondo i magistrati, sarebbe stato omesso per colpa il doveroso controllo del ciclo di smaltimento e l’impianto non sarebbe stato adeguato alla migliore tecnologia disponibile.
«Confutiamo ogni responsabilità. Siamo stupiti per questo sequestro» aveva affermato all’epoca l’avvocato Tiziana Benussi, legale del presidente di Acegas-Aps Massimo Paniccia, poi risultato del tutto estraneo all’inchiesta. «Cercherò di chiarire la posizione della società. Nostro scopo è quello di ottenere al più presto il dissequestro dell’impianto: ben 140 esami sulle emissioni dell’inceneritore effettuate negli ultimi due anni attestano che tutto è regolare, ben al di sotto dei limiti di legge» aveva aggiunto l’avvocato Giovanni Borgna.
La presenza di diossina - hanno spiegato i tecnici - è direttamente collegata ai rifiuti contenenti Pvc. Inoltre si forma in seguito a una combustione incompleta di qualsiasi materiale organico. Questo avviene quando la temperatura è troppo bassa, tra i 200 e i 600 gradi. Se al contrario vi è aria sufficiente e la temperatura di combustione supera i 950 gradi, tutta la diossina viene distrutta in maniera efficace.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

«Ferriera, in miglioramento la situazione ambientale» - Lucchini: diminuiti gli sforamenti Attivato un sito Internet dedicato alla nuova centrale
 

Secondo la Lucchini la situazione ambientale attorno alla Ferriera di Servola è in miglioramento. La proprietà in una nota sostiene che «i dati ufficiali delle centraline di monitoraggio della qualità dell’aria sia nei valori medi del Pm10 che nel numero degli sforamenti da gennaio a settembre 2009 confermano un trend di miglioramento della situazione rispetto ai primi nove mesi del 2008».
Questo il resoconto della Servola spa: in via Pitacco 8 sforamenti (contro i 18 dello stesso periodo gennaio-settembre 2008), in via Svevo 16 sforamenti (25 nel 2008), in via Carpineto 11 sforamenti (25 nel 2008). «Da rilevare - prosegue la nota della Lucchini - che anche i dati registrati dal mezzo mobile posizionato in via San Lorenzo in Selva, in un’area completamente ”inviluppata” dallo stabilimento e dalle sue pertinenze, rilevano una diminuzione degli sforamenti di Pm10 del 53,7 per cento: 50 quelli segnalati tra gennaio e settembre 2009 contro i 108 dello stesso periodo del 2008. Inferiore del 25,4% anche la media dei microgrammi/m3 (34,1 nel 2009 contro i 45,7 nel 2008)».
Infine si fa riferimento all’inquinante benzoapirene monitorato sulla postazione di via Pitacco. Il valore medio nel trimestre giugno, luglio e agosto 2009 quando l’attività era ripresa con l’apertura dell’altoforno 3 «risulta essere inferiore di circa il 50 % - fa rilevare l’azienda - rispetto allo stesso periodo del 2008».
La Lucchini informa anche che sta continuando gli interventi nel campo della sicurezza e in particolare «sta avviando una nuova e più vigorosa azione di coinvolgimento di tutto il personale attraverso alcuni strumenti quali Comitati di stabilimento e di area, formazione, piani di miglioramento impiantistico e ambientale».
E proprio ieri è stato anche messo in linea il nuovo sito Internet dedicato alla nuova centrale termoelettrica, progetto definito dal Gruppo Lucchini nell’ambito di un programma di riconversione produttiva dello stabilimento siderurgico di Servola che prevede lo sviluppo di nuove attività tra cui si inserisce la nuova centrale a ciclo combinato. Il sito, www.lucchinienergia.it, ha l’obiettivo di essere un mezzo di comunicazione diretto e trasparente con i cittadini, le istituzioni e le categorie socio-economiche.
 

 

Milkovich: il nuovo Prg danneggia Opicina - La circoscrizione Altipiano Est continua nella raccolta di firme contro le nuove aree edificabili
 

ASSEMBLEA AL CIRCOLO TABOR
OPICINA C’era il pienone al circolo Tabor di Opicina per l’ultimo incontro di approfondimento sulla nuova variante al Piano regolatore comunale organizzato dalla seconda circoscrizione. Un ciclo di assemblee pubbliche che ha permesso ai residenti delle diverse località a Est dell’Altipiano carsico di esternare le proprie osservazioni sul nuovo strumento urbanistico. Anche a Opicina sono state diverse le persone che hanno evidenziato le loro perplessità. «Pure in questa frazione ben 148 mila metri quadrati di terreni di privati cittadini sono diventati da aree edificabili a zone verdi – ha puntualizzato il presidente del parlamentino Marco Milkovich –. Un’operazione che in concreto priva i cittadini di circa 30 milioni di euro e quindi di poter edificare o ampliare le proprie residenze». Sconcerto ha suscitato pure la creazione di un nuovo spazio edificabile a fianco del parcheggio presente sulla ex 202 posto di fronte a un distributore di carburante. «L’area di sosta, acquisita di recente dalla Regione da una immobiliare triestina, realizzata in precedenza dal Comune con soldi pubblici – hanno osservato alcuni cittadini – è ora pronta per accogliere le automobili di coloro che andranno presumibilmente a risiedere nella nuova e contigua area ora edificabile». La circoscrizione ha continuato la raccolta di firme a supporto di un’osservazione per l’opposizione contro le due aree individuate dalla variante a ospitare nuove edificazioni, quella dell’ex caserma di Banne e quella di Padriciano non lontana dall’ex campo profughi. Si potrà firmare anche nei prossimi giorni negli esercizi commerciali e di ritrovo opicinesi e in altri punti cittadini.

(ma. lo.)
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - CONSULTAZIONE
 

In linea di principio non sono contrario alla costruzione dei rigassificatori, sempre che siano costruiti in luogo adatto e con criteri di sicurezza adeguati. La scelta di Zaule non convince né per l’approccio seguito dall’iter autorizzativo, né per la collocazione (mare chiuso, impianti esistenti pericolosi, insediamenti urbani ed impianti sportivi distanti poche centinaia di metri).
La convenzione di Aarhus stabilisce che ogni decisione relativa ad attività suscettibili di causare effetti pregiudizievoli sull’ambiente, quali i rigassificatori, sia preceduta sin dalla fase iniziale e poi per tutte le fasi del processo decisionale, da una informazione adeguata, tempestiva ed efficace del pubblico interessato. Stabilisce anche che il pubblico può intervenire e sottoporre tutte le osservazioni, le informazioni, le analisi o le opinioni che ritiene pertinenti in merito all’attività proposta.
La legge 334/99 (legge Seveso) prevede la consultazione della popolazione nel caso di realizzazione di nuovi stabilimenti ove siano presenti sostanze pericolose (fra questi i rigassificatori) rimettendo all’Autorità competente l’individuazione delle modalità di attuazione della stessa.
Gas Natural ha pubblicato il 3/03/2006 su Repubblica ed Il Piccolo l’avviso di avvio della procedura di Via e di deposito presso la Regione Fvg della documentazione prevista per la consultazione da parte del pubblico. Il Nof (Nulla Osta di Fattibilità) è stato rilasciato dai Vv Ff, con note, il 5/08/05 ben prima quindi dei primi di marzo 2006 impedendo, di fatto, le iniziative e le osservazioni da parte del pubblico previste dalla legislazione vigente.
Il 2/10/06 la Commissione Via richiedeva a Gas Natural di produrre una relazione dettagliata sull’effetto Domino. Tale documento non risulta accessibile al pubblico.
Si ritiene pertanto che la popolazione non sia stata sinora né sufficientemente informata, né messa in condizione di esprimersi nei termini previsti dalla legge Seveso e dalla convenzione di Aarhus. Nemmeno la procedura di Via appare rispettata, per la mancata divulgazione al pubblico in forma adeguata di documenti fondamentali quali il rapporto di sicurezza preliminare (non presente su internet) e sull’effetto Domino.
Del possibile versamento in mare di Gnl dalla metaniera non si trova traccia né nella documentazione Gas Natural ne nei commenti della commissione Via, Nof dei Vv Ff e note della Guardia Costiera. Lo studio del Sandia National Laboratories, elaborato per conto del Dipartimento dell’Energia Usa (2004/2008), prevede tale evento e stima, in estrema sintesi, che il possibile incendio di una «nube» di gas derivante da una perdita di Gnl da un foro da 5 mq possa causare gravi ustioni alle persone entro un raggio di ca 1500 mt.
In conclusione, si chiede alle Autorità di dar corso a una pubblica discussione sull’argomento, allo scopo di giungere alla inevitabile consultazione della popolazione.
Ugo Simone

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - GIOVEDI', 8 ottobre 2009

 

 

Nucleare, tre italiani su quattro non vogliono centrali in 'casa'

 

Il sondaggio Il 72% della popolazione continua a non fidarsi dell'atomo e vorrebbe puntare sulle alternative eolica e solare
Tre italiani su quattro non vogliono nemmeno prendere in considerazione l'idea di una centrale nucleare nella propria provincia. E il 72 per cento non crede che le attuali tecnologie nucleari garantiscano elevati standard di sicurezza.
E' il verdetto che esce dall'indagine sulla democrazia energetica condotta dall'Istituto Format per conto di Somedia su un campione statisticamente rappresentativo della popolazione italiana di età superiore ai 18 anni (sono state effettuate 1.000 interviste con il sistema Cati dal 14 al 17 settembre 2009). L'atomo esce bocciato in modo netto, nonostante il lungo pressing del governo che ha aperto all'industria francese del settore, in forte difficoltà di bilancio e alle prese con l'aspro contenzioso giudiziario per l'impianto di nuova generazione che sta subendo un rinvio dopo l'altro in Finlandia.
Che il nucleare non piaccia agli italiani del resto sembra essere una conclusione alla quale è arrivato anche Palazzo Chigi: il governo ha deciso di rinviare la definizione dei siti per le quattro centrali che intende costruire a un periodo successivo alle elezioni regionali di primavera. Ma come produrre l'energia che sarà comunque necessaria, anche spingendo al massimo sulla leva dell'efficienza? Ecco l'indice di gradimento sulle rinnovabili che emerge dall'indagine di Format diffusa oggi al convegno Energetica, organizzato da Somedia. Al primo posto c'è il solare fotovoltaico con il 48,6 per cento. Al secondo l'eolico con il 25,9 per cento. Al terzo il solare termico con il 17,3 per cento. Poi vengono le biomasse (2,6 per cento), le onde marine (3,3 per cento), la geotermia (1,3 per cento), il mini idroelettrico (1,0 per cento).
Il livello di conoscenza delle fonti di energia rinnovabili non è risultato molto alto. Ha affermato di conoscere “molto bene” l'energia solare fotovoltaica il 26,4% del campione, l'energia solare termica il 17,1 per cento, l'energia eolica il 26,6 per cento, l'energia da biomasse il 12,3 per cento, l'energia dalle onde del mare il 7,5 per cento, la geotermia il 10,8 per cento ed il mini-idroelettrico il 6,3 per cento.
ANTONIO CIANCIULLO
 

 

IL PICCOLO -     GIOVEDI', 8 ottobre 2009

 

 

A rischio gli ultimi treni internazionali - Riguardano i collegamenti con Vienna. Riccardi tenta di smuovere le Ferrovie
 

L’unica certezza sarebbe il salvataggio dei collegamenti con Roma e Milano
Nella capitale anche Bonicciolli per contrattare collegamenti porto-rotaie
TRIESTE Seconda missione di Riccardo Riccardi, oggi nella capitale, per incassare da Mauro Moretti, amministratore delegate delle Ferrovie dello Stato, il definitivo salvataggio dei treni diretti verso Roma e Milano. Obiettivo possibile, stando all'esito del primo incontro dell'assessore con il supermanager che si trova alle prese con il compito titanico di risanare le Ferrovie. Più complicato, invece, difendere la tratta internazionale direzione Vienna. Persi il diurno verso la capitale austriaca e il collegamento con Lubiana, sicuramente tagliato quello con Basilea, ecco che il Friuli Venezia Giulia rischia di vedersi isolato sul fronte dei traffici ferroviari internazionali.
IL VERTICE. A Roma Riccardi verrà accompagnato dal presidente dell'Autorità portuale Claudio Bonicciolli, interessato a discutere dei collegamenti porto-ferrovia. L'argomento chiave rimane però il nuovo orario dei treni, in vigore dal prossimo 14 dicembre. Un orario che, è emerso dal primo colloquio tra l'assessore regionale e Moretti diversamente da quanto era trapelato sulle bozze di lavoro di Trenitalia, non dovrebbe contenere ridimensionamenti dei convogli diretti dal Friuli Venezia Giulia verso Roma e Milano. Nei piano di Ferrovie ci sarebbero nuovi modelli organizzativi non penalizzanti per il Fvg né in termini di numero dei collegamenti né di tempi di viaggio.
RASSICURAZIONI. I tempi rendono più evidente una situazione preoccupante. Se infatti il rapido degli anni Sessanta impiegava 4 ore per portare un triestino a Milano, e se il Cisalpino Trieste-Milano ci mette attualmente 4 ore e 20 minuti, un doppio treno (regionale ed Eurostar con cambio a Mestre) allungherebbe la percorrenza di qualche altra decina di minuti. Pericolo scampato, a quanto pare. Parole di Moretti, dieci giorni fa. «Oggi da Trieste a Roma si impiegano dalle 6 alle 7 ore - ha precisato l'ad di Ferrovie -. Potremmo arrivare, sin dal 14 dicembre, a 5 ore e 45 minuti. Così come potremmo scendere sotto le quattro ore sulla linea Trieste-Milano. Sarebbe un risultato eccezionale». Un cambio a Mestre, per ottenere questi tempi, sarebbe un prezzo da pagare accettabile? Moretti non ha dubbi: sì. Tanto più che tra Trieste e Mestre non viaggerebbe un lento treno regionale ma un rapido treno "dedicato": "Uno come l'Eurostar city".
COLLEGAMENTI INTERNAZIONALI. Ma, ecco un ulteriore nodo, non sono sin qui arrivate rassicurazioni sul treno transfrontaliero per Vienna. Attualmente, a garantire il collegamento con l'Austria sono gli Eurocity numero 30, in partenza da Venezia alle 15.48 con passaggio a Udine alle 17.37 e arrivo a Vienna alle 23.35, e il numero 31, che parte da Vienna alle 6.23, lascia Udine alle 12.14 e giunge a Venezia alle 14.20. Si tratta degli ultimi treni internazionali in Friuli Venezia Giulia dopo la scomparsa del Venezia-Lubiana che transitava per Opicina e il prossimo stop al Cisalpino che univa Trieste a Basilea. Evidentemente troppo poco, per una regione presentata come "cuore dell'Europa allargata" ed esaltata per la sua posizione strategica.
PARTITA DIFFICILE. Rassicurazioni, su Roma e Milano, da veder confermate con i fatti e tentativi di difendere l'ultimo viaggio europeo. Per Riccardi la partita non è facile, tanto più vista la strategia di contenimento dei costi di Ferrovie, che non intende far finta di non vedere che alcune tratte sono in perdita. Fino al punto di metterci una croce sopra. A rafforzare gli sforzi della Regione ci sono però le posizioni decise del mondo economico - il primo a lanciare l'allarme isolamento è stato l'ad di Generali Perissinotto -, che non vuole accettare il ridimensionamento infrastrutturale della regione.
L'ECONOMIA. "Salvate i nostri treni", è stato l'appello rivolto alla giunta Tondo da parte in particolare degli industriali. «Sarebbe un taglio devastante, l'ennesimo», è il riassunto del presidente di Confindustria del Friuli Venezia Giulia Alessandro Calligaris rispetto alle voci di una regione sempre più all'angolo anche sul fronte ferroviario. La pensa allo stesso modo Sergio Razeto, amministratore delegato di Wärtsilä Italia, che parla di un potenziale «danneggiamento pesante del tessuto industriale triestino e non solo. La nostra e altre aziende - racconta - sono già fortemente penalizzate dalla lentezza dei trasporti ferroviari, tanto che siamo spesso costretti a optare per il più costoso spostamento su strada».
MARCO BALLICO

 

 

Disponibile nella sede Wwf il nuovo Piano regolatore - IN VIA RITTMEYER
 

Il nuovo Piano regolatore è a disposizione di tutti nella sede del Wwf Trieste, in via Rittmeyer 6, dove può essere consultato previo appuntamento telefonando allo 040 360551 (tel. e fax) o scrivendo a wwfts@libero.it. «Si tratta – osserva l’associazione – di un doveroso gesto di trasparenza, che cerca di sopperire all’inerzia del Comune. Il piano è stato infatti adottato dal Consiglio comunale nella seduta del 5 agosto 2009, ma da allora non è stata presa alcuna iniziativa di divulgazione e spiegazione, rivolta alla cittadinanza, sui contenuti del piano stesso. Il Wwf e varie altre associazioni e comitati avevano ripetutamente sollecitato il sindaco Dipiazza affinché mettesse a disposizione di tutti, nel sito internet del Comune, gli elaborati del piano e organizzasse incontri pubblici per illustrarne i contenuti e raccogliere le valutazioni dei cittadini. Nessuna risposta» dal Comune, precisa il Wwf che ha così deciso di «provvedere alla divulgazione degli elaborati».
 

 

SEGNALAZIONI - EDILIZIA - Alberi sacrificati
 

Ed ecco che un altro pezzo di verde se ne va, senza che si possa in alcun modo prendere le sue difese: perché ti svegli una mattina, scendi a prendere il giornale e vedi che quel boschetto che fino a ieri era lì, non c’è più. C’è un cartello sul muretto rimasto che avvisa lavori di edilizia residenziale (sottinteso con vista mare, mozzafiato?). C’è già installato il cantiere, hanno fatto tabula rasa e hanno cominciato a scavare. Ci dovranno mettere un bel po’ di cemento armato e speriamo che la strada (Salita di Gretta, a sinistra prima della via Cisternone) non abbia problemi di frane, come era successo diversi anni fa durante la costruzione del condominio all’inizio della salita stessa. La strada infatti presenta un fondo alquanto malridotto, con lunghe fessurazioni e l’asfalto in più punti è scomparso, mostrando avvallamenti.
Più che città d’arte, Trieste sembra piuttosto diventata la città che taglia gli alberi e inconsciamente, senza alcuno scrupolo, fa scomparire le zone verdi per costruire palazzine con vista mare (mozzafiato, naturalmente!).
Francesca Manzoni
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 ottobre 2009

 

 

Altoforno-2, la Ferriera paga 26mila euro - I tre imputati, Rosato, Lucchini e Kerbat, hanno scelto l’oblazione - Era in funzione senza l’autorizzazione
 

La proprietà della Ferriera di Servola dovrà pagare solo 26 mila euro per chiudere senza ulteriori danni sul piano penale la vicenda dell’altoforno numero 2 che nello scorso inverno ha funzionato per dieci settimane privo dell’autorizzazione ambientale concessa dalla Regione. In pratica era fuorilegge perché il nulla - osta era scaduto il 31 dicembre e il gruppo Lucchini aveva cercato l’ennesima proroga, trovandosi però di fronte al «no» di tutte le forze politiche, regionali e cittadine.
Nel frattempo dal camino erano continuate a riversarsi nell’atmosfera - nonostante le ripetute diffide - polveri e gas contenenti benzopirene e anidride solforosa. «Non ci sono alternative. Devono ottemperare alle norme di legge.
Il pm Federico Frezza per queste prolungate violazioni di legge aveva iscritto nei primi giorni di gennaio sul registro degli indagati i nomi di Francesco Rosato, direttore dello stabilimento di Servola e amministratore delegato della società proprietaria, nonché quelli di Giuseppe Lucchini - patron del gruppo siderurgico bresciano - e del rappresentante della Severstal, Hervè Kerbat. Allo stesso tempo aveva chiesto il sequestro del camino dell’altoforno «fuorilegge» perché il reato contestato non fosse portato a ulteriori conseguenze. Di fronte a queste iniziative la Ferriera aveva autonomamente deciso lo spegnimento, vanificando la richiesta di sequestro finiti sul tavolo del giudice Enzo Truncellito.
Ieri i tre imputati sono stati convocati nell’aula del Tribunale davanti al giudice Giorgio Nicoli. I loro difensori, gli avvocati Michele Bontempi e Giovanni Borgna, hanno chiesto che fossero ammessi all’oblazione, perché l’altoforno numero 2, per quanto in ritardo, è stato spento nello scorso marzo. Rosato, Lucchini e Kerbat, pagheranno ciascuno 8.666 euro e dovranno dare prova al giudice dell’effettuato versamento nell’udienza fissata per il 7 dicembre. L’ipotesi di reato sarà cancellata perché l’oblazione sposta la contestazione dal piano penale a quello amministrativo. Insomma caso chiuso con 26 mila euro, a cui dovranno sommarsi le spese che la Procura ha sostenuto per l’inchiesta.
Lo spegnimento dell’altoforno numero 2 aveva provocato una serie di contraccolpi in città, a cui si erano sommati poco dopo quelli della crisi finanziaria mondiale. Più di trecento operai e tecnici della Ferriera sono stati messi in cassa integrazione a partire dal 12 marzo e i loro introiti hanno subito per 13 settimane una pesante erosione, scendendo a poco più di 800 euro mensili. «La cassa integrazione provocherà anche una riduzione delle tredicesime, anche se l’azienda si è riproposta di integrarle» ha spiegato ieri Antonio Saulle, sindacalista della Cgil da anni. «La cassa integrazione ora si è conclusa e tutti i dipendenti sono rientrati in fabbrica a partire dallo scorso primo settembre».
CLAUDIO ERNÈ
 

 

«L’ex Europa, uno scempio che deturpa la nostra costa» - CRITICHE DEL WWF
 

AURISINA «Uno scempio che interrompe bruscamente ogni continuità vegetazionale e geomorfologica, alterando tutti gli equilibri paesaggistici della Costiera». Così l’esponente del Wwf Guido Pesante bolla l’ex hotel Europa, che diventerà un residence con appartamenti di prestigio. «Si fa presto ad indignarsi contro costruzioni come il ”Fuenti” della costiera amalfitana, peraltro realizzato in assenza di licenze - conclude Pesante -. Bisognerebbe invece puntare il dito contro l’ecomostro di Marina d’Aurisina».
 

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI - Tram impopolare
 

Sono apparse sul quotidiano alcune lettere di cittadini che propongono il riuso del tram in città, adducendo motivi condivisibili ma inattuabili.
Il tram a Trieste è stato tolto perché incompatibile con le strade strette e tortuose. Una delle due: o il tram o le auto. E siccome le auto significano soprattutto un giro economico notevole perché le compri, le usi, le ripari, paghi il bollo e il carburante cioè dai lavoro a un sacco di gente che altrimenti resterebbe sullo stomaco di noi tutti perché improduttiva, ecco la loro incontrollata diffusione. Dico incontrollata perché le si comprano anche se uno non ha il posto macchina, tanto già si possono mettere sul marciapiede, in doppia fila, in sosta vietata, sotto le finestre del vicino e via dicendo. Il problema annoso in questa città è di trovare un decente parcheggio per tutte. E, a parte i progetti faraonici tutti rimasti sulla carta (raddoppio di foro Ulpiano, sotto San Giusto, 2 sulle Rive, 1 in piazza Sant’Antonio, ecc.) si dà il caso che le auto circolanti siano 160.000, di cui almeno per 100.000 bisogna trovare un posto decente. Ciò significa costruire nel recinto cittadino almeno 50 torri di almeno 2000 posti ciascuno se si vogliono togliere le auto dalla strada e far rivivere la città almeno come sessant’anni fa. Poiché tale mole di lavoro presumo non si farà nemmeno tra cinquant’anni, c’è il problema di ridurre almeno il traffico in città: per questo alcuni propongono il tram. Che è però inattuabile! Perché non riutilizziamo tutti i vecchi rami ferroviari che circondano la città? Ci costruiamo una metropolitana dal momento che le linee ci sono, la stazione primaria anche (Campo Marzio), altre vecchie stazioni pure. Dove necessario, ci mettiamo delle pensiline e delle banchine. Non c’è molto da fare. Ossia il vero daffare sarebbe nel costruire nuove stazioni (almeno tre) nella circonvallazione sotterranea e nel ripristinare la vecchia ferrovia della Val Rosandra (ora pista ciclabile) almeno fino ad Altura. Così si dovrebbe riorganizzare tutto il sistema di trasporto autobus locale che verrebbe fortemente ridotto decongestionando soprattutto l’area centrale della città.
Dispiace che i nostri amministratori abbiano sempre snobbato questa semplice soluzione. Hanno preferito buttar via un sacco di soldi per un aeroporto che non decollerà mai come vogliono farci credere perché serve un’area di popolazione ridotta e perché ha come concorrenti Venezia e Lubiana a pochi passi! Unica a dedicarsi anima e corpo all’impresa del metro cittadino è stata una donna: l’ingegner Ondina Barduzzi, tecnico dei trasporti. Ha cercato di farlo trovando tutti contrari: non solo i politici ma colpevolmente zitti tutti quegli ambientalisti che però quarant’anni fa si dimenavano tanto per costruire un metro in città. Purtroppo la scomparsa di questa giovane donna ha segnato la fine di un sogno, peraltro condiviso da pochi come me. Ma ci sarà sempre qualche politico che ci farà un grandioso piano del traffico, redatto da un illustre accademico, dai costi stratosferici, che poi... si butterà nel cestino.
Sergio Callegari
 

 

SEGNALAZIONI - PRG - Riviera barcolana
 

Non molti anni fa (una, due generazioni?) gli studiosi di urbanistica, i «pianificatori» territoriali (Astengo, Samonà, Benevolo...) predicavano fino all’esaurimento che i piani regolatori, per quanto belli possano essere agli occhi di chi li fa, non valgono un’«acca» se non entrano nello spirito della cittadinanza, dell’utenza. Se non sono capiti, condivisi, apprezzati dalla comunità, non c’azzeccano. Restano lettera morta, un pezzo di carta straccia, non se ne farà niente. O peggio, si farà del male. È quindi di vitale importanza che un Piano regolatore generale sia approvato, capito e voluto, dalla «gente»: e per poterlo volere, bisogna conoscerlo, divulgarlo, commentarlo, giudicarlo, ritoccarlo, perfezionarlo, migliorarlo, finché non diventa proprietà di tutti e tutti vi si identificano.
Certo, ci saranno dei dettagli che potranno fare scomodo a questo o a quello, qua e là, ma alla fine tutti capiranno che, in un modo o nell’altro e a conti fatti, ci sarà più da guadagnare che da perdere. Ma se la attuale Variante verrà approvata entro poche settimane e la popolazione non solo non potrà venirne a conoscenza perché le «tavole rotonde» avvengono a porte semichiuse nelle stanze dei bottoni ma per la maggior parte neppure lo sa ciò che avverrà, come si può pensare che questo Piano, dopo circa una decina d’anni e di... danni, potrà aggiornare la situazione e recuperare il tempo perduto e i (gravi) errori commessi e realizzare qualcosa di ottimale?
Un esempio per tutti e non è un segreto perché già pubblicato assieme ad altre ipotetiche tracce di questo «Piano»: la riviera barcolana. Già ai tempi del comandante Staffieri vs Primo Rovis, quest’ultimo candidato a sindaco aveva proposto di interrarla per un altro centinaio di metri e trasformarla in un sorta di Capocabana. Ebbene, oggi «qualcuno» ne ha riproposto lo spirito. Ma come? L’unico tratto di fondale basso sabbioso da Grado fino in Croazia, dove si possa fare tranquillamente una nuotatina, d’estate, lo si vuole eliminare? Solo chi è nato e ha vissuto la «mulerìa» in qualche borgo o contado dell’entroterra può non capire il valore inestimabile di un fondale limpido e basso. Solo chi non sa fare un «toch» o lo fa in piscina o da una barca può non capire l’importanza della Riviera di Barcola così com’è ed è sempre stata (o quasi). E costui, vorrebbe far approvare una simile nefandezza solo per trovare il pretesto per un’altra discarica vicino alla città? Grazie, no!
Bruno Benevol
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 6 ottobre 2009

 

 

Frane e alluvioni in Friuli Venezia Giulia Solo un comune su due ha un piano d’emergenza - L’ALLARME DI LEGAMBIENTE
 

UDINE Solo un sindaco su due in Friuli Venezia Giulia ha nel cassetto un piano di emergenza anti-frane o anti-alluvioni. Una mancanza grave visto che il 68% dei comuni della regione è a rischio idrogeologico. Il disastro di Messina rafforza l’allarme lanciato ieri a Udine in conferenza stampa da Legambiente. Allarme a suon di numeri. Secondo l’indagine ”Ecosistema Rischio 2009”, realizzata da Legambiente e dal dipartimento nazionale di Protezione civile, in Friuli Venezia Giulia, «nonostante il 91% delle amministrazioni monitorate preveda nei propri piani urbanistici vincoli di edificabilità per le zone a rischio», precisa Paola Tartabini, portavoce di Operazione Fiumi di Legambiente, il 77% dei comuni presenta abitazioni in aree golenali, negli alvei dei fiumi e in zone franose, mentre il 36% vi ha edificato fabbricati industriali. Pericoli per le persone? Impossibile prevedere il ”dove” e il ”quando” ma certamente, dicono anche il presidente regionale di Legambiente Fvg Giorgio Cavallo e il presidente del Circolo Carnia Val Canale Marco Lepre, ce ne sono: l’11% dei casi presi in esame vede scuole, ospedali, alberghi e campeggi costruiti in aree non sicure.
L’indagine sforna anche una classifica dei comuni più attivi contro il rischio idrogeologico: Pontebba, Lignano e Udine sono in testa, mentre in coda, con Forni di Sopra all’ultimo posto, presentano voti insufficienti pure Resia, Stregna, Amaro, Socchieve, Vito d'Asio, Premariacco e Grimacco. Complessivamente i comuni a rischio frana sono 68 (nessuno in provincia di Gorizia e in provincia di Trieste), quelli a rischio alluvione sono 58 (12 in provincia di Gorizia, Cormons viene classificato come ”scarso”, Sagrado ”insufficiente”). I numeri positivi? Pochi. Nell’85% dei comuni sono stati realizzati interventi di messa in sicurezza dei corsi d'acqua e consolidamento dei versanti franosi ma, rileva ancora l’indagine, «talvolta queste opere si ispirano a filosofie superate e non adeguate». Non è nemmeno elevatissimo (66%) il numero dei comuni che svolge una ordinaria manutenzione dei fiumi e delle opere di difesa idraulica e ancora più basso (51%) il numero dei sindaci provvisti di un piano di emergenza con cui fronteggiare situazioni di crisi.

(m.b.)
 

 

Ambiente, ozono in aumento - L’ALLARME DELL’ARPA
 

UDINE «Quello che dobbiamo aspettarci per i prossimi anni è un incremento di inquinanti che saranno costituiti soprattutto dall’ozono che si distribuisce in modo pressochè generale in tutto il Friuli Venezia Giulia e per la riduzione del quale occorrerà operare sulle emissioni di tutti gli inquinanti organici generici». Lo ha detto Giorgio Mattassi, direttore tecnico scientifico dell’Arpa, presentando il Piano regionale di miglioramento della qualità dell’aria alla presenza dell’assessore regionale all’Ambiente, Elio De Anna. La previsione di Matassi, a margine del convegno, è che «non sarà presumibilmente possibile rispettare i limiti imposti dalla direttiva europea in materia di qualità dell’aria per il 2015». Secondo l’Arpa anche la riduzione delle polvere sottili sarà fortemente condizionata non solo dalle azioni locali e dalla viabilità ma anche dal sistema padano.
 

 

Enel, quattro centrali nucleari in Italia - LA PRIMA DOVREBBE ESSERE COMPLETATA NEL 2020: I SITI SARANNO TRE
 

ROMA Il nucleare in Italia ripartirà seguendo il modello che Edf ed Enel stanno realizzando a Flamanville, in Normandia, dove è in costruzione un reattore di terza generazione Epr (European Pressurized Reactor). Partendo proprio da questa esperienza, l'accordo tra il gruppo italiano e quello francese prevede la realizzazione in Italia di quattro reattori su almeno tre siti con la prima unità che dovrebbe entrare in attività entro il 2020. La tecnologia usata sarà quella di Flamanville 3 (si chiama così perchè esistono già 2 reattori funzionanti nel sito, il terzo dovrebbe essere operativo entro il 2012), ossia l'Epr con una potenza netta di 1.600 Mw a reattore per una potenza pari a 6.400 Mw. Questa cifra corrisponde a circa la metà degli obiettivi del governo che punta a un 25% di energia proveniente da fonte nucleare entro il 2020. La restante quota sarà di spettanza di altre società che vorranno partecipare al «Rinascimento nucleare» nel nostro Paese. Enel ha una quota del 12,5 in Flamanville e sta consolidando l'esperienza in questo settore attraverso il training di circa 50 ingegneri in Francia.
La scelta dei siti sarà forse il passaggio più difficile viste le resistenze delle popolazioni locali ad accettare un'ipotesi del genere. «Contiamo - ha spiegato Livio Vido, direttore Ingegneria e Innovazione Enel nel corso del seminario organizzato a Flamanville - di far capire alle persone che il nucleare è una fonte assolutamente sicura e altrettanto pulita. Per quanto riguarda i luoghi delle future centrali, stiamo lavorando alla individuazioni dei siti». Presumibilmente i tre che verranno scelti si troveranno distribuiti per aree geografiche e quindi, una centrale al Nord, una al Centro e la terza al Sud. In Francia e anche nella stessa Flamanville la popolazione è decisamente favorevole all'impianto visti i vantaggi sulla bolletta elettrica e a livello lavorativo visto che una centrale crea sia direttamente che indirettamente lavoro. Circa i tempi in cui gli italiani sapranno dove sorgeranno le centrali, probabilmente bisognerà aspettare un pò oltre rispetto al febbraio 2010. In quella data infatti verranno emanati i decreti legislativi con i criteri in base ai quali verranno scelti i siti, decisione che però spetta in ultima istanza alla impresa che dovrà realizzare materialmente l'impianto. Secondo Francesco Giorgianni, responsabile affari istituzionali Enel, i luoghi «si conosceranno probabilmente alla fine del prossimo anno». Tra le caratteristiche dei luoghi che ospitano una centrale ci devono essere la presenza d'acqua, la bassa sismicità e una rete elettrica abbastanza sviluppata da poter trasportare e distribuire l'elettricità prodotta dall’impianto.
 

 

Quattro astrofisici europei su ”Nature”: «E se la materia oscura non esistesse?» - Paolo Salucci della Sissa e Gianfranco Gentile tra gli autori della rivoluzionaria ipotesi
 

UN ARTICOLO SULLA RIVISTA INGLESE
TRIESTE Forse astrofisici e cosmologi devono cominciare a ripensare dalle fondamenta l'enigma della “dark matter”, la materia oscura che costituirebbe il 90 per cento della materia dell'Universo. Forse non abbiamo capito nulla di come si formano le galassie. Forse – più semplicemente – la materia oscura non esiste.
Sono le rivoluzionarie conclusioni implicite in un articolo che appare sull'ultimo numero del settimanale britannico “Nature” a firma di quattro astrofisici che lavorano in Europa: tra i quali Paolo Salucci, professore associato alla Sissa di Trieste, e Gianfranco Gentile, già postdoc con Salucci alla Sissa e ora all'Università di Gent, in Belgio. Salucci – da buon fiorentino – ama notoriamente le espressioni d'effetto: «In termini astrofisici, è come se fossimo tre, quattro, cinque passi oltre il delirio. Ma questo è il risultato delle nostre ricerche degli ultimi quindici anni, la nostra ”punta di freccia”. Via via che scopriamo le proprietà della materia oscura vengono fuori le cose più strane, non spiegate dalla teoria comunemente accettata. Più conosciamo della materia oscura, più le sue proprietà si allontanano dalla teoria standard».
La materia oscura deve il suo nome al fatto che non è possibile osservarla direttamente in quanto non emette luce visibile né altre forme di radiazioni elettromagnetiche. Ma ne è stata ipotizzata l'esistenza per spiegare il comportamento anomalo della materia che conosciamo, la cosiddetta materia barionica (vale a dire gli atomi di cui sono fatte le galassie e siamo fatti noi stessi). Stelle e galassie, infatti, ruotano nel cosmo a una velocità molto maggiore di quella consentita dalla loro massa: è come se ci fosse una “massa mancante”, e quindi un potenziale gravitazionale invisibile. Appunto la materia oscura, autentico rompicapo da ormai trent'anni.
Ma di che cosa sarebbe fatta questa materia oscura? Le analisi della radiazione cosmica condotte negli Stati Uniti e in Europa (ad esempio, nei laboratori “underground” sotto il Gran Sasso) hanno portato a immaginare l'esistenza di una nuova particella elementare, il neutralino, capace di interagire con elettroni, protoni e neutroni della materia ordinaria solo attraverso la forza di gravità. Sarebbe dunque questo fantomatico neutralino il responsabile della forza di gravità che tiene insieme le galassie e che gioca un ruolo determinante nella loro formazione: gli aloni di materia oscura che avvolgono le galassie si formerebbero per instabilità gravitazionale e su di essi collasserebbero successivamente gli atomi di idrogeno che formeranno poi le stelle. Alla fine di questo processo, la distribuzione della materia oscura sarebbe uguale in tutte le galassie, mentre la distribuzione della materia visibile sarebbe molto diversa da galassia a galassia. Queste due componenti della materia, insomma, sarebbero disaccoppiate, nettamente separate l'una dall'altra.
«È proprio questa conclusione che non trova conferma nel nostro lavoro», afferma Paolo Salucci. «La materia oscura e la materia ordinaria sono distribuite nelle galassie in modo molto più complesso di quanto finora si supponesse. E, soprattutto, sono intimamente collegate, a differenza di quanto sostengono le attuali teorie». Questo, almeno, è il risultato cui sono giunti Salucci e colleghi sulla base delle osservazioni di diversi tipi di galassie condotte con telescopi e radiotelescopi di mezzo mondo (tra cui i potentissimi “occhi” degli strumenti europei piazzati a La Silla, nel deserto cileno di Atacama).
Continua Salucci: «Da queste ricerche risulta dunque che materia oscura e materia visibile non solo ”si conoscono” ma sono addirittura molto intime tra loro, per così dire. Il che sarebbe confermato da da un'interazione complessa, difficilmente spiegabile secondo le leggi della fisica che conosciamo: la densità superficiale della materia luminosa all'interno di una zona caratteristica della materia oscura è la stessa in tutte le galassie, indipendentemente dalla loro grandezza e morfologia».
Tre le possibili ipotesi: «O la materia oscura è formata da una nuova particella elementare ancora più esotica del neutralino. Oppure nella formazione delle galassie c'è un processo fisico che ancora ci sfugge e che le simulazioni al computer non riescono a rappresentare. Oppure, infine, quello che noi identifichiamo come materia oscura non esiste ed è l'errore che facciamo assumendo come legge di gravitazione universale quella formulata da Newton e modificata da Einstein al posto di quella reale. Una legge di gravitazione ancora tutta da scoprire, ma di cui comunque vediamo gli effetti. In questo caso, materia oscura e materia visibile sarebbero collegate intimamente perché in realtà sono la stessa cosa».
Conclusione a dir poco provocatoria, almeno alla luce delle conoscenze astronomiche attuali. E non basta, perché Salucci punta il dito sul ruolo eccessivo che le simulazioni al computer hanno assunto oggi in astrofisica e in cosmologia: «È forse giunto il momento di cambiare paradigma. La cosmologia non deve più partire dalla teoria e dalle simulazioni, bensì tornare all'osservazione diretta dei fenomeni. È l'osservazione al telescopio e al radiotelescopio che deve essere al centro dell'attenzione, che deve venire prima di ogni altra cosa. Solo in un secondo momento sarà il turno dei teorici e degli specialisti delle simulazioni al computer».
FABIO PAGAN

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 5 ottobre 2009

 

 

SEGNALAZIONI - Smog a Servola - SFORAMENTI
 

Visto che abito nel rione di Servola, ho chiesto chiarimento all’Arpa sui superamenti dei limiti di legge delle polveri sottili Pm 10 registrati dalla centralina Arpa sita in Rfi-Servola in via S. Lorenzo in Selva per il 2008. La risposta dell’Arpa è stata la seguente: la normativa vigente per l’anno 2008 prevedeva, un valore medio annuale sulle concentrazioni di Pm 10, per la protezione della salute umana che risulta essere di 40 ug/m3; il numero dei superamenti del valore limite della media giornaliera per la protezione della salute umana (50 ug/m3) da non superarsi più di 35 volte all’anno. Nel corso del 2008 il valore medio annuale delle concentrazioni di Pm 10 rilevate presso la stazione Rfi è risultato pari a 41 ug/m3 e il valore medio giornaliero di 50 ug/m3 è stato superato 115 volte. Avendo appreso dal nostro Piccolo che gli sforamenti erano 152, ho chiesto all’Arpa chiarimenti sul suo comunicato in cui mi veniva riferito che il numero di superamenti era 115. Ecco i chiarimenti dell’Arpa relativi ai rilievi di Pm 10 aerodisperso presso la stazione Rfi di Servola: «si informa che dal 24/7/07 presso la postazione richiamata, Arpa Fvg ha predisposto rilievi giornalieri: della concentrazione atmosferica di Pm 10 con due distinti sistemi di misura e captazione di cui: analizzatore automatico mod. Environnement Mp 101 M all’interno del mezzo mobile di rilevamento della qualità dell’aria, a una distanza di circa 3 metri dalla linea ferroviaria (altezza testa di prelievo: 3,5 metri dal piano di campagna); campionatore ad alto volume mod. Digitel Ha 80, esterno al mezzo mobile, a una distanza di circa 5 metri in direzione No dall’analizzatore automatico (altezza testa di prelievo: 2,0 metri dal piano di campagna).
Quindi su 364 rilevazioni effettuate con analizzatore automatico nel corso 2008, si sono registrati 115 superamenti della concentrazione limite giornaliera fissata a 50 ug/m3 dalla vigente normativa (D.M. 60/02). Invece, sempre nel 2008, su 360 rilevazioni giornaliere, effettuate con campionatore ad alto volume, si sono riscontrati 155. Mi chiedo com’è possibile dopo 35 superamenti limite massimo di legge non sia intervenuto nessuno nei confronti degli inquinatori. Chi è l’Autorità che deve tutelare la salute dei cittadini? Nel 2009, la centralina sita in via S. Lorenzo in Selva ha già registrato 49 superamenti di polveri sottili Pm 10.
Nevio Tul
 

 

SEGNALAZIONI - «Scendere a piedi a Sistiana mare è un percorso nell’immondizia»
 

Avete mai provato a scendere a piedi a Sistiana mare lungo uno dei tanti accidentati itinerari che attraversano quel magnifico e trascurato polmone verde che sovrasta il mare? Io, da residente, come numerosi turisti, lo faccio quasi quotidianamente ed inviterei anche i nostri amministratori ad avventurarsi. Il loro sguardo incrocerebbe uno scenario da terzo mondo, molto lontano da quello fiabesco che si vorrebbe proporre sui depliant turistici: centinaia di lattine, bottiglie e buste di plastica, cartacce e ogni genere di rifiuto lordano i sentieri e le scalinate, completamente privi di manutenzione, che conducono alla baia. Se percorrendo, a proprio rischio e pericolo, lo sconnesso sentiero che parte dall’ex Aiat per raggiungere la Caravella, gran parte dei rifiuti si concentra alla fine del percorso, nei pressi del posteggio, lo scenario è davvero deprimente lungo la via pedonale che parte da Sistiana centro per raggiungere la zona dei cosiddetti «baracchini», nel porticciolo della baia. Sorvolando sulle condizioni della scalinata, danneggiata dai soliti vandali (mai trovati e mai perseguiti dalle nostre parti), lo spettacolo si fa incredibile nell’ultimo tratto della passeggiata, a monte dei punti di ristoro; centinaia di barattoli e bicchieri di carta si confondono con la vegetazione come in una discarica, a memoria delle serate alcoliche trascorse dai numerosi frequentatori della baia nelle notti d’estate. La quantità di immondizia vista quest’anno è decisamente superiore a quella degli anni scorsi e questo mi porta a pormi una domanda: la gente ogni anno è più maleducata, oppure chi si dovrebbe occupare della pulizia di una delle perle della nostra provincia non fa il suo dovere?
Con questa mia segnalazione vorrei sollecitare il sindaco Ret, sempre molto attento quando si parla di turismo a Duino Aurisina, a prendere i provvedimenti del caso per assicurare una maggiore pulizia nelle aree del Comune, dove non si incontrano quasi mai spazzini all’opera (si veda, ad esempio, il posteggio antistante al sentiero Rilke a Sistiana) e ad adoperarsi affinché vengano responsabilizzati anche i gestori dei «baracchini», il cui guadagno verte quasi esclusivamente sulla vendita di bibite alcoliche ed analcoliche nelle lunghe notti estive, perché tengano pulito non solo il proprio esercizio commerciale, ma anche le zone ad esso antistanti e retrostanti. Credo che la splendida natura che abbiamo in dono debba essere maggiormente tutelata, altrimenti possiamo scordarci il tanto auspicato sviluppo turistico della nostra provincia, superati da località più organizzate ed i cui cittadini hanno maggiormente a cuore il proprio patrimonio naturale. Aspetto fiducioso una risposta dall’amministrazione comunale di Duino Aurisina, sperando di non assistere al solito scarica barile – tipicamente italiano – «non è compito mio».
Flavio Biasatto
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 ottobre 2009

 

 

Bagnoli, 300 firme contro il rigassificatore - Ieri mattina, in poco più di tre ore. E Omero bacchetta Lupieri per l’appoggio a Nesladek
 

SAN DORLIGO Quasi 300 firme in poco più di tre ore. Questo il notevole numero di adesioni, raccolte ieri mattina nella piazza di Bagnoli della Rosandra, per dire no all'impianto di rigassificazione di Zaule. Promossa dalle segreterie dei cinque partiti che appoggiano la maggioranza di centrosinistra del Comune di San Dorligo (Partito Democratico, Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani, Slovenska Skupnost e Cittadini per San Dorligo) la raccolta di firme ha dato i frutti sperati, come spiega Laura Riccardi Stravisi, membro del comitato promotore: «E' sicuramente un buon inizio, ma non ci fermeremo certo qui, anche perché la gente vuole dire la sua su un progetto che non dà certezze di sicurezza alla popolazione».
Tra i firmatari del documento il sindaco di San Dorligo Premolin, il vicesindaco Ghersinich, l'assessore Turco, il consigliere provinciale Coretti ed il consigliere comunale di Trieste Decarli. Nelle file del centrodestra di San Dorligo ha firmato soltanto Massimiliano Dazzi, della Lista Uniti nelle tradizioni, rappresentata in consiglio comunale da Boris Gombac. Tra gli ambientalisti, in prima linea il coordinatore del Comitato per la salvaguardia del golfo Giorgio Jercog. Presenti ai banchetti anche esponenti della giunta di Muggia, tra i quali gli assessori Omero Leiter e Giorgio Kosic.
Il prossimi appuntamenti del Comitato contro il rigassificatore per la raccolta di firme sono fissati sabato 10 ottobre, dalle 9 alle 12, davanti alla cooperativa Super M a Domio, e mercoledì 14 ottobre, dalle 13 alle 15, nel piazzale ex Grandi Motori.
Intanto sul rigassificatore si apre una polemica nel centrosinistra triestino. In una lettera aperta il capogruppo del Pd in consiglio comunale Fabio Omero replica duramente al consigliere regionale Sergio Lupieri, che sul progetto di Gas Naturali ha appoggiato la posizione contraria del sindaco di Muggia Nesladek.
«Non abbiamo bisogno di ”primi della classe” – scrive Omero a Lupieri – soprattutto quando il nostro partito - a fatica, in ritardo, con difetto che condivido - una decisione a maggioranza in assemblea l'ha assunta. Mi spiace che in quella occasione tu non abbia potuto sostenere le tue posizioni, ma dopo il confronto abbiamo votato e quel voto ci impegna tutti. Del resto – prosegue – il percorso di avviare una serie di consulenze e confronti sulle questioni critiche è stato condiviso dalla presidente della Provincia. Potremo ragionare poi su come coinvolgere i cittadini e i nostri elettori nella decisione finale per il rigassificatore. Io propendo per un referendum del Pd. Ma vedi – conclude – tutto questo è ”laicità” di cui il nostro partito ha un gran bisogno, intesa come metodo che propone valori, non li impone».
Riccardo Tosques
 

 

Dossier Legambiente «Sette comuni su 10 rischiano il disastro»
 

ROMA Sono tutti al centro-nord i comuni più meritori nella prevenzione delle frane e delle alluvioni. Ma a potersi fregiare di un bel dieci, il massimo del voto, sono solo tre Comuni: Vallerano, in provincia di Viterbo, Santa Croce sull’Arno, in provincia di Pisa, e Finale Emilia nel modenese. Maglia nera, invece, proprio a due comuni del messinese, Ucria e Alë (entrambi con voto zero), che «pur avendo interi quartieri e aree industriali in zone a rischio, non hanno messo in campo praticamente nessuna azione di mitigazione del rischio idrogeologico». È questo il quadro che emerge dal recente montioraggio «Ecosistema rischio 2008», realizzato da Legambiente e dal Dipartimento di Protezione civile. Di fatto, si legge nel rapporto, il rischio di frane e alluvioni interessa praticamente tutta Italia: 5.581 i comuni a rischio idrogeologico, il 70% del totale, di cui 1.700 a rischio frana, 1.285 a rischio di alluvione e 2.596 a rischio di entrambe. Ma intervenire mettendo a punto dei piani di mitigazione si può, giura il sindaco di Finale Emilia, Raimondo Soragni, ricordando l’alluvione che nel 1982 colpë il paese. «La parola chiave è prevenzione», spiega oggi il sindaco di una comunità che stando alle mappe è gravata anche dal rischio sismico. Vale a dire costanti esercitazioni di protezione civile, monitoraggio quotidiano del fiume Panaro e, soprattutto, rispetto rigorosissimo delle regole urbanistiche. «È il piano regolatore - aggiunge orgoglioso Soragni - il punto cardine per la difesa del suolo».
 

Realacci: il dissesto del Paese causato dai condoni edilizi, ci sono responsabilità politiche
 

ROMA «I ministri del governo non piangano lacrime di coccodrillo. Ci chiediamo dove fosse la Prestigiacomo quando Berlusconi varava sanatorie e Tremonti tagliava i fondi per il dissesto idrogeologico». Ermete Realacci, deputato del Pd e responsabile ambiente del partito, respinge al mittente le accuse di sciacallaggio che gli sono state rivolte da più di un esponente politico. «Perchè la tragedia di Messina ha alle spalle responsabilità politiche che sono sotto gli occhi di tutti - ribadisce - e sulle quali non si può sottacere. Soprattutto davanti al tributo in vite umane che gli italiani sono stati chiamati nuovamente a pagare».
Bertolaso ha lanciato accuse gravi mettendo in primo piano la piaga dell’abusivismo. Ma ci sarà mai un’inversione di rotta? «Il punto è proprio questo. Il punto sono i segnali che vengono da un governo che ha varato due sanatorie e progettato un piano casa che aveva addirittura le forme di un condono preventivo. Le sanatorie, si sa, generano nei cittadini disonesti un’aspettativa di impunità e sono un incentivo incredibile proprio all’abusivismo che, guarda caso, ha un picco ad ogni promessa di condono».
Continua Realacci: «Nel solo 2003 il regalo di Berlusconi ha fatto nascere 40mila case illegali. Come per lo scudo fiscale, è una questione che lede gli interessi generali. E questo per noi è inaccettabile». Allora come si possono produrre cambiamenti nel governo del territorio? «Le strade ci sono; anche per reperire le risorse. Le Regioni, ad esempio, hanno chiesto che la restituzione del 55 per cento del credito d’imposta prevista per chi investe nel risparmio energetico sia estesa agli interventi di consolidamento antisismico. E’ un percorso di investimento sulla bellezza e la sicurezza che metterebbe in moto capitali privati e che potrebbe creare nuovi posti di lavoro».

(n.a.)
 

 

Bus per Sesana, gli sloveni continuano da soli - Risultati deludenti, Trieste Trasporti aveva rinunciato: ma Avrigo rilancia senza partner italiano
 

IL COLLEGAMENTO SPERIMENTALE AVVIATO UN ANNO FA
Palazzo Galatti ha già dato parere favorevole. Ora spetta alla Regione autorizzare Lubiana
TRIESTE La linea internazionale Trieste-Sesana non sarà sospesa, come annunciato qualche settimana fa da Trieste Trasporti, a causa della gestione in perdita, ma verrà proseguita dalla società slovena Avrigo, con sede a Nova Gorica, che l’ha gestita sin dall’inizio assieme all’azienda triestina.
La Avrigo ha infatti chiesto alla Regione, per il tramite del ministero dei Trasporti di Lubiana, di poter esercitare in proprio il collegamento sperimentale, avviato poco più di un anno fa, anche se con programmi e orari diversi dagli attuali. Orari e programmi che al momento devono ancora essere definiti.
In seguito a tale richiesta, e per consentire ad Avrigo di ottenere tutte le autorizzazioni necessarie, Trieste Trasporti ha annunciato che continua ad effettuare la propria parte del servizio (le corse del pomeriggio) fino a domani compreso.
La decisione di Trieste Trasporti di ritirarsi dopo un anno di sperimentazione era stata presa, di concerto con la Provincia, cui fa capo la gestione del trasporto pubblico locale, visto lo scarso utilizzo della linea. Nell’anno di sperimentazione, in media ogni corsa non ha visto mai più di dieci passeggeri, ciascuno dei quali pagava un biglietto di un euro.
Un quadro economico che, nonostante il sostegno della Banca di credito cooperativo di Opicina per i primi sei mesi (fino allo scorso marzo), ha comportato importanti perdite per Trieste Trasporti.
La situazione non è diversa per Avrigo, che al di là della motivazione per continuare (”la richiesta è venuta dagli utenti”), deve disporre evidentemente di adeguate sponsorizzazioni.
«Oltre alle sponsorizzazioni – sottolinea il vicepresidente della Provincia, Walter Godina – per gli sloveni il collegamento fra Sesana e Trieste è una tratta importante, dal forte significato».
La Provincia ha intanto dato parere positivo per la continuazione del servizio, come riferisce l’assessore ai Trasporti Vittorio Zollia, e lo ha trasmesso alla Regione, che ora dovrà rilasciare l’autorizzazione al ministero dei Trasporti di Lubiana.
Lo scarso ritorno economico ottenuto dalla linea può essere ascritto a vari fattori. Tra questi anche il fatto che, trattandosi di un collegamento internazionale, i passeggeri che salgono in Italia possono scendere solo nelle fernate in Slovenia e viceversa. Non è così possibile utilizzare il pullman transfrontaliero per raggiungere, ad esempio, Opicina partendo da Trieste.
Risolvere questo nodo, per consentire un uso più intenso del collegamento, non sarà nè semplice nè breve. «La linea internazionale – spiega ancora Godina – non è prevista dal capitolato di aggiudicazione e autorizzazione del trasporto locale alla Trieste Trasporti. La concessione scade alla fine del prossimo anno. Bisognerà attendere il bando, nel quale si potrebbe pensare di inserire la linea internazionale, ma la sua concreta attuazione dipende dalla percorrenza complessiva che la Regione autorizza per ciascun anno, e dalla verifica che questo nuovo eventuale percorso non incida negativamente sul numero e sulla frequenza delle linee urbane».
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

Caprioli e cinghiali saccheggiano i vigneti - PESANTI DANNI AGLI AGRICOLTORI DI SAN DORLIGO
 

SAN DORLIGO «Sa qual è l'ultimo hobby? Rovinare i muri a secco abbattendo le pietre dei terrazzamenti alla ricerca di insetti, soprattutto formiche». Roberto Ota, coltivatore di Bagnoli, è esasperato. Ad essere nel mirino sono ancora una volta loro, i cinghiali. Ma non solo.
«Da un anno e mezzo a questa parte la situazione è peggiorata per l’elevato numero di maiali selvatici, ma anche per quanto concerne i caprioli che mangiano i germogli delle viti in maggio e l’uva poco prima della vendemmia», spiega Ota. Complessivamente il viticoltore ha stimato una perdita di circa 25 ettolitri di vino.
Sulla stessa lunghezza d’onda il punto di vista di Rado Kocjancic, proprietario di un’azienda agricola a San Dorligo, in zona Dolga Krona. «A causa dei caprioli ho perso circa 70 quintali d’uva, ma il fatto è che questi animali sono anche ghiotti di olive nei mesi invernali».
Una soluzione per arginare le ”scorpacciate” ci sarebbe, ma è piuttosto dispendiosa: recintare vigneti e uliveti. «Ho speso complessivamente 4 mila euro, facendo i lavori manuali da solo, per mettere i recinti con pali in ferro e rete elettrosaldata che tengono lontani sia i caprioli che i cinghiali», spiega Boris Mihalic, ex assessore di San Dorligo e già al vertice Cooperativa agricola, attualmente proprietario di alcuni vigneti in diverse zone del territorio.
Mihalic ammette che le istituzioni non sono presenti: «C’è molta rabbia tra gli addetti ai lavori, e credo che si rischi anche una piccola rivoluzione perché esiste un capitolo nelle spese della Provincia inerente i risarcimenti per i danni e i contributi per porre rimedio a questi disagi, che però non viene finanziato dalla Regione».
La conferma arriva dal segretario dell’Associazione agricoltori, Edi Bukavec: «Esiste una legge regionale che prevede sovvenzioni agli agricoltori, ma purtroppo le domande per il risarcimento danni inoltrate all’ente che gestisce questo capitolo, ossia la Provincia, non ricevono nemmeno una risposta perché non ci sono i fondi».
In questi giorni sono in programma alcune riunioni sul problema degli animali selvatici, ma Bukavec non è ottimista: «Sono sfiduciato perché i fondi a disposizione non coprono più del 10% delle richieste avanzate nel 2008, un dato che evidenzia bene la difficoltà con la quale gli agricoltori proseguono il loro operato in una terra difficile come il Carso, che costa sempre più fatica e dà sempre meno tornaconto».

(r.t.)
 

 

SEGNALAZIONI - Rifiuti ingombranti - CIVILTÀ
 

Purtroppo chi imbratta i muri o lascia oggetti di ogni genere ai lati delle strade o nei boschi non viene mai colto sul fatto, rimanendo impunito e annullando l’effetto deterrente di qualsiasi punizione sia prevista dalla legislazione vigente. In controtendenza con le necessità cittadine è stato chiuso di recente il centro di raccolta di oggetti ingombranti e inquinanti di Strada di Cattinara, e naturalmente ai cancelli chiusi del sito vengono regolarmente abbandonati mobili, elettrodomestici, ecc. secondo una tradizione ultradecennale. Situazione analoga la ritroviamo sulla via Di Peco, poco sopra la Casa del popolo. Dove la strada piega a destra verso S. Giuseppe si trova una vasta gamma di schifezze. Poco più avanti, dove la strada sottopassa la Grande viabilità, si è formata una nuova discarica abusiva, in cui troviamo motorette, materassi, mobili, macerie, ecc. Chissà se mettendo qualche telecamera si riuscirebbe a porre fine a questo sconcio, con qualche sanzione esemplare agli impestatori? Una giusta punizione sarebbe, applicando la regola del contrappasso, costringere i colpevoli a ripulire qualche ettaro del nostro amato Carso, nelle aree che sono state più pesantemente lordate. E non occorrerebbe andare tanto lontano. La via Rio Storto va da San Giuseppe verso Altura. Asfaltata fino all’Impianto metano Acegas, diventa poi carrareccia ad uso agricolo, scendendo nel vallone formato dal ramo Ovest del rio Storto. Lungo la scarpata tra la strada e il fondo torrente questo è il materiale visibile: vari bidoni in plastica e ferro, bottiglie e vasi in vetro, profili in ferro e alluminio, tubi da stufa, sedie e telai misti, veneziane, un fornello e tre cucine a gas, vari pneumatici auto, una Vespa, un’auto Mini Minor, un’Ape, nonché una targa auto TS 3..4317. Quest’area compresa tra gli abitati di Cattinara, Borgo S. Sergio, S. Giuseppe, passo Longera, ripulita dalle citate ”scovaze” e da molte altre ancora (il patoc di S. Giuseppe è nelle stesse condizioni) potrebbe diventare una splendida area naturalistica. È attraversata da diverse stradine e facili sentieri e tagliata nella parte alta dalla pista ciclopedonale; i torrenti formano alcune belle cascate; su alcuni dei numerosi pastini ormai incolti si trovano le caratteristiche ”casite”; incontrare caprioli è molto frequente. La proposta per Legambiente è di prendere in considerazione l’opportunità di un intervento in questa zona.
Nico Zuffi
 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 3 ottobre 2009

 

 

Lupieri: Muggia rischia grosso - APPOGGIO A NESLADEK CONTRO L’IMPIANTO GAS NATURAL
 

MUGGIA Il tema sul rigassificatore tiene ancora banco a Muggia. A favore del sindaco, Nerio Nesladek, e contro l'impianto nel vallone muggesano si schiera oggi il vicepresidente della terza commissione regionale sanità, Sergio Lupieri. «Il sindaco di Muggia ha completamente ragione, quando sostiene che il rigassificatore Gas Natural bloccherà il futuro del porto e non risolverà il problema occupazionale legato alla chiusura della Ferriera», afferma l'esponente muggesano del Pd, da sempre contrario all'insediamento del rigassificatore, «specie in mancanza di risposte chiare alle prescrizioni poste già a suo tempo dalla Giunta Illy come dalla Provincia di Trieste».
«Una cosa è certa: non ci sono le condizioni, anche in assenza di risposte convincenti alle prescrizioni, per rigassificatori in provincia di Trieste, e comunque il vallone di Muggia è la sede meno adeguata per un rigassificatore. Non è pensabile infatti - afferma ancora Lupieri - che il vallone veda il passaggio di navi portacontainer dirette al molo VII o alla futura piattaforma logistica; petroliere dirette ai pontili della Siot; traghetti turchi diretti al nuovo terminal che verrà collocato all'inizio del canale navigabile e gasiere dirette al rigassificatore. E tutto questo anche considerando il fatto che quando una gasiera si muove, tutto attorno dev'essere immobile. Per non parlare della sede, collocata nel punto meno profondo dell'Adriatico, nella provincia più piccola d'Italia e vicino ad altri insediamenti industriali violando quindi la normativa Seveso».
Quanto ai benefici per la popolazione e le possibili ricadute occupazionali - secondo il consigliere «ci sono solo alcune ipotesi, peraltro insufficienti». Lupieri si scaglia invece contro il Comune di Trieste che a suo dire sosterrebbe l'impianto per un proprio vantaggio.
Certo per Lupieri sarebbe infatti solo «il business tra il Comune di Trieste, la sua multiutility e Gas Natural. La logica direbbe che se il rigassificatore si vuole a tutti i costi, meglio sarebbe la scelta di Endesa, in mezzo al golfo di Trieste. Ma così sarebbero coinvolti molti altri Comuni, riducendo il business che quello di Trieste - conclude Lupieri - vuole invece tutto per sé».
(g.t.)
 

 

Intesa sul rigassificatore fra Idv e Bassa Poropat
 

«L’Italia dei valori apprezza la linea intrapresa dalla Provincia sul rigassificatore». È la posizione espressa dal coordinatore provinciale dei dipietriesti, Mario Marin, dopo l’incontro a palazzo Galatti con la presidente Maria Teresa Bassa Poropat. «La linea intrapresa dalla Provincia tende ad approfondire gli aspetti tecnici di sicurezza ed impatto ambientale insieme a quelli economici e di ricaduta occupazionale - spiega Marin - La presidente ha spiegato che sono in atto dei contatti, con vari organismi scientifici locali, che potranno fornire le competenze necessarie con criteri di assoluta imparzialità». E massima trasparenza viene invocata da Marin: «Auspichiamo che la Provincia possa dare un contributo importante alla chiarificazione di tante incognite - sottolinea il coordinatore provinciale dell’Idv - per questo impianto industriale di cui si è parlato molto in modo superficiale e molto poco in modo approfondito. Non si deve e non si può passare sopra la testa dei cittadini che devono invece conoscere e condividere queste scelte».
 

 

SAN DORLIGO - Rigassificatore: apre la raccolta firme - DA OGGI I BANCHETTI
 

E' tutto pronto a San Dorligo della Valle per l'avvio della raccolta firme contro il progetto del rigassificatore di Zaule.
A partire dalle 9 sino alle 12 nella piazza di Bagnoli della Rosandra, davanti alla panetteria, saranno allestiti i banchetti da parte del Comitato promotore composto dai cinque soggetti politici che appoggiano la maggioranza del Comune di San Dorligo della Valle: Partito Democratico, Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani, Slovenska Skupnost e Cittadini per San Dorligo.
«Invito non solo i residenti del comune di San Dorligo ma anche i triestini intenzionati a recarsi in Val Rosandra a venire a firmare contro il progetto del rigassificatore», ha commentato Laura Riccardi Stravisi, membro del Comitato promotore, la quale ha ricordato la necessità di esibire al momento della sottoscrizione un documento d'identità valido.
Già assicurata tra i firmatari la presenza del sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin che si recherà presso il banchetto prima di partire subito dopo alla volta di Marzabotto per le celebrazioni del 65.esimo anniversario dell'eccidio di Monte Sole.
Ci sarà anche il coordinatore del Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste Giorgio Jercog, che ovviamente ha preannunciato la propria adesione, dfopo essere stato tra i primi ad avviare la battaglia contro l’impianto: «Spero di essere anche tra i primi a firmare, perché la lotta contro la realizzazione del rigassificatore è una questione bipartisan nella quale tutte le forze politiche dovrebbero far quadrato e trovare un accordo poiché la salvaguardia del nostro territorio dev'essere un obbiettivo primario per tutti quanti».
Il Comitato promotore ha infine già annunciato i prossimi appuntamenti per la raccolta firme. I banchetti raccoglieranno le adesioni anche sabato 10 ottobre dalle 9 alle 12 a Domio e mercoledì 14 ottobre nel piazzale della Grandi Motori. 
(r.t.)

 

 

Sito inquinato, dal governo nessun segnale - Fermo il testo dell’accordo di programma, mentre l’Ezit attende il nuovo presidente
 

A UN MESE DAL TAVOLO NELLA CAPITALE CON GLI ENTI LOCALI
L’incarico di Mauro Azzarita indicato dal centrosinistra scade a fine 2010, la nomina spetta all’assessore Ciriani
Da Roma nessun segnale. A quasi un mese dall’incontro fra la delegazione degli enti locali e il nuovo direttore generale del ministero dell’Ambiente, Marco Lupo, sul documento unitario per l’accordo di programma per il Sito inquinato non ci sono riscontri.
Al termine della riunione con gli assessori regionali Savino e De Anna, il senatore Lenna, l’assessore comunale Rovis, e i rappresentanti del Comue di Muggia, della Provincia e dell’Autorità portuale, i vertici del ministero dell’Ambiente avevano detto che le parti sarebbero state riconvocate non appena ultimati controlli e perfezionamenti alla della bozza.
Come aveva spiegato l’assessore Rovis, fra le verifiche previste dal ministero c’è anche quella sulla possibilità dell’intervento pubblico per la messa in sicurezza delle aree private ma inquinate da attività pubbliche. Un percorso, era stato detto, da sottoporre all’Avvocatura dello stato e della Corte dei conti.
Da allora sul documento è sceso il silenzio. E’ per questo che il senatore Lenna, già assessore regionale all’Ambiente, ha chiesto un appuntamento per la settimana prossima al direttore generale del discatero. «Desidero capire – spiega lo stesso Lenna – se vi sono problemi o perplessità».
Al di la dei tempi procedurali richiesti dai vari organismi dello Stato, e della difficoltà nel reperimento degli ingenti fondi per attuare l’accordo di programma, fra le ragioni che vengono addotte per tentare di spiegare i tempi ormai biblici della vicenda del Sito inquinato c’è anche il non perfetto ”allineamento dei pianeti”.
E il ”pianeta” non allineato sarebbe l’Ezit, che negli scorsi anni ha svolto un ruolo determinante come braccio operativo della Regione, nella caratterizzazione di vaste aree del Sito, ma che successivamente, con l’approdo del centrodestra al governo della Regione, è stato escluso dagli enti chiamati a discutere e firmare l’accordo di programma.
Il mandato del presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita, indicato dal centrosinistra, scadrà nel dicembre 2010. La nomina del suo successore spetterà all’assessore regionale all’Industria Luca Ciriani, uomo molto vicino al sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia. Voci ricorrenti riportano così che l’annosa questione del Sito inquinato potrebbe sbloccarsi con l’ingresso all’Ezit di un nuovo presidente. Da qui la non urgenza nel definire il testo dell’accordo. (gi. pa.)
 

 

 

Inquinamento, entro l’anno il piano dell’aria - MESSO A PUNTO IL PROGRAMMA REGIONALE PER CONTENERE LE EMISSIONI
 

Lunedì al via le consultazioni pubbliche. Previste molte limitazioni al traffico
TRIESTE Limitazioni al traffico (specie quello pesante), miglioramento del sistema di trasporto scuola-abitazione, noleggio di automobili o acquisto in multiproprietà, ma anche il «bollino blu» per le auto e campagne per la sostituzione di elettrodomestici ad alto consumo. Questo e altro è previsto dal Piano di miglioramento dell'aria, elaborato dalla Regione nel corso del 2009 per essere poi approvato entro il 2010, che da lunedì inizia il suo iter di consultazioni pubbliche.
LE AZIONI Il Piano vede un sistema di interventi per garantire la minima soglia di inquinamento, specie in presenza di situazioni sensibili. Tra le azioni, ecco quella di «attivare per alcune zone del centro abitato limitazioni totali o parziali del traffico (zone pedonali o zone a traffico limitato) per l’intero anno e per un numero significativo di ore con sistemi automatici di controllo», estendere «il servizio di accompagnamento pedonale per gli alunni nel tragitto casa-scuola « oppure prevedere «interventi di riorganizzazione del trasporto pubblico per migliorare la flessibilità del servizio in termini di corse, percorsi e fermate orarie».
Per disincentivare l'uso dell'auto ecco le facilitazioni per attuare «un servizio di biciclette per gli spostamenti urbani», come già avviene in alcuni Comuni regionali e all'estero è ormai una realtà consolidata.
Sulla stessa scia si collocano gli interventi per attuare il car shearing o car pooling: ovvero il noleggio di un’auto solo per i chilometri che servono o l’acquisto in multiproprietà di un mezzo di trasporto, formule che all'estero sono già una realtà ma che in Italia stentano ancora a prendere piede. Interventi previsti anche per migliorare l'utilizzo del trasporto pubblico: per gli studenti ecco previste «tariffe scontate sugli abbonamenti», mentre per tutti ecco l'idea di «attuare una politica dei parcheggi che renda conveniente il Trasporto Pubblico Locale»: in pratica, il costo mensile per parcheggiare su suolo pubblico deve essere pari almeno al costo di un abbonamento mensile per il Tpl urbano.
Prevista anche l'ntroduzione di un sistema generalizzato di verifica periodica dei gas di scarico (bollino blu) dei veicoli, ciclomotori e motoveicoli in analogia a quanto già in vigore nel comune di Trieste. Ma anche campagne di sensibilizzazione per la sostituzione di elettrodomestici e di sistemi di illuminazione a bassa efficienza energetica, o l'ncentivazione per l’installazione di impianti di generazione combinata di energia elettrica e calore e eolico.
I TEMPI Una relazione sulla valutazione della qualità dell’aria era già stata fatta nel 2005; ad essa era seguita una prima zonizzazione del Friuli Venezia Giulia, con l'inserimento di Trieste, Udine, Pordenone, Porcia, Cordenons, Gorizia e Monfalcone nella mappa dei territori in cui far scattare i provvedimenti.
Il Piano, adesso, amplierà e aggiornerà la zonizzazione in base ai nuovi dati acquisiti grazie al monitoraggio condotto con l’Arpa e a fronte del ripetersi di «situazioni di episodi acuti di inquinamento atmosferico». In quanto tempo? Secondo la Regione, a breve: se le consultazioni come previsto partiranno questa settimana, il provvedimento è probabile che diverrà una realtà entro il 2009, e sarà quindi applicabile dal 2010.
ELENA ORSI

 

 

RIGASSIFICATORE - Castelmuschio, mostra sull’Lng
 

FIUME È stata dedicata al progetto Adria Lng la mostra rimasta aperta fino a ieri alla Galleria Lapidarij a Castelmuschio (Omišalj) sull’Isola di Veglia. L’esposizione ha dato modo a tutti gli interessati di conoscere più da vicino il progetto infrastrutturale molto ambito, che prevede un investimento di 700 milioni di euro e l’assunzione di 10 mila posti di lavoro. I lavori di approntamento del terminal metanifero dovrebbero prendere il via nel 2010 per concludersi nell’arco di quattro anni. Il nuovo rigassificatore avrebbe all’inizio una capacità di movimentazione di 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno e sarebbe strutturato per accogliere navi metaniere capaci di trasportare fino a 265mila metri cubi di gas allo stato liquido.

(v.b.)
 

 

SEGNALAZIONI - ALTA VELOCITÀ E AMBIENTE - «Il parco nella cava si concilia con la Tav?»
 

Come organizzazione operante sul territorio, abbiamo partecipato a tutte le riunioni sia per quanto riguarda il Piano regolatore che la ormai famigerata Tav, contribuendo alla riuscita delle varie iniziative, ultima la molto partecipata assemblea del 21 settembre.
Per quanto ci riguarda, avevamo già espresso le nostre perplessità nella segnalazione, gentilmente pubblicata il 16 giugno, dove si spiegavano le ragioni per le quali eravamo e siamo contrari allo sventramento totale del nostro, e ribadisco nostro, territorio. Puntualmente, durante l’ultima assemblea, gli esperti presenti, hanno confermato le nostre ipotesi, di totale sventramento del territorio rionale.
Oltre alle due gallerie passanti nella parte alta del rione (zona del Capofonte) con tutte le implicazioni riguardanti le vene d’acqua sotterranee, è prevista nella ex cava Faccanoni una finestra di servizio, e una doppia galleria per il passaggio dei camion che dovrebbero asportare milioni di metri cubi di materiale, con le conseguenze che si possono immaginare, per la vivibilità del rione.
Con somma meraviglia, abbiamo appreso che, nel sito della cava Faccanoni, il Comune di Trieste vuole fare un aspecie di parco urbano, riempiendo la stessa con materiale di riporto. L’iniziativa va molto bene, ma qualcuno ci dovrebbe spiegare come si concilia con il progetto della Tav.
In base alla legislazione sulla trasparenza degli atti amministrativi, chiediamo al sindaco che ci renda edotti di come i due progetti possono convivere, oppure se l’iniziativa è solo propedeutica alla futura apertura della finestra per la Tav.
Stelio Zivic - Sindacato pensionati italiani Cgil - Lega di San Giovanni
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 2 ottobre 2009

 

 

PIANO DEL TRAFFICO: UFFICI COMUNALI AL LAVORO - Via Carducci a doppio senso nel tratto Battisti-Goldoni
 

Un ”ring” completato dal percorso Ginnastica-Rossetti. Isola pedonale in via Gallina
Ancora da sciogliere il nodo che riguarda il futuro delle arterie parallele Mazzini-corso Italia: si attende la soluzione della vicenda Stream
Poche decine di metri per chiudere il cerchio. O meglio l’anello, visto che si tratta del secondo dei due ring sui quali dovrà svilupparsi, stando alla bozza del nuovo Piano del traffico, la circolazione veicolare della Trieste del futuro. La congiunzione finale della connessione composta da via Ginnastica (in salita), via Rossetti (in discesa nell’ultimo tratto) e via Battisti (a senso unico in direzione via Carducci) sarà rappresentata dal breve tratto di via Carducci che dalla stessa via Battisti arriva sino all’altezza di piazza Goldoni. Spuntano nuovi dettagli sul maxi-documento che gli uffici comunali stanno predisponendo, sotto la guida del sindaco Roberto Dipiazza, proprio in un momento in cui la questione del traffico, collegata al giro di vite sulle moto e al tema della sicurezza, è tornata di grande attualità.
LA NOVITÀ Il ring numero due, dopo quello di scorrimento tra corso Italia o via Mazzini, via Carducci, via Valdirivo e via Roma (oppure addirittura le Rive), prende definitivamente forma. Con un’indiscrezione che già il sindaco aveva fatto intuire qualche tempo fa: arrivando da via Battisti, rivista con il senso unico verso il basso, gli automobilisti si troveranno di fronte a una nuova, duplice possibilità di svolta in via Carducci. A destra, come già è possibile fare oggi, e - ed è questa la grande novità - a sinistra, in direzione piazza Goldoni. Già, il progetto infatti prevede la trasformazione di quella breve porzione di via Carducci in una strada a doppio senso di marcia, opzione attualmente riservata solo ai mezzi pubblici. Una soluzione, quella inserita nella nuova bozza, che permetterà così a quanti scenderanno da via Rossetti di raggiungere la galleria Sandrinelli, transitando per piazza Goldoni. E per girare, invece, in via Ginnastica come si farà? Bisognerà proseguire dalla piazza lungo passo Goldoni, risbucare in via Carducci e da lì svoltare infine a destra.
VIA GALLINA Altro cambiamento nelle immediate vicinanze di piazza Goldoni. Una variazione, peraltro, non impattante sul traffico privato, bensì su quello pubblico. Il riferimento è a via Gallina, oggi habitat esclusivo di taxi e autobus ma, un domani, destinata a tramutarsi in ennesima oasi felice del centro riservata ai pedoni. È un altro dei punti racchiusi nel nuovo Piano. La trasformazione di via Gallina in isola pedonale permetterà ai triestini di passeggiare tranquillamente da piazza Goldoni a piazza San Giovanni, sino all’asse che unisce via Imbriani a via Carducci.
IN SILENZIO Roberto Dipiazza, ieri, ha preferito non fornire chiarimenti sulle ulteriori anticipazioni relative al Piano del traffico, optando per la via del silenzio. Quanto all’approvazione del maxi-documento e alle modifiche alla viabilità in esso contenute, va ribadito tuttavia che lo stesso sindaco ha sempre ripetuto di volerle discutere e condividere con il Consiglio comunale.
VIA TORREBIANCA Nel frattempo, trapela anche un’altra innovazione che il Piano porterebbe in dote. Oggetto, nello specifico, via Torrebianca, prossima (a meno di intoppi o brusche revisioni in corsa legate all’iter amministrativo) a un autentico ribaltone nel suo tratto da via Roma a via Carducci. Un ribaltone che lo vedrà percorribile a senso unico in salita. Con tanto di apertura al traffico dell’ultimo isolato, oggi off-limits, e inversione del senso di marcia lungo due segmenti dei tre precedenti. Uno, infatti, vede già i mezzi transitare in su.
IL NODO In tutto questo quadro, rimane il dubbio sul futuro di via Mazzini, per cui si attende sempre la parola fine nella telenovela giudiziaria con Stream. È chiaro che, a doppio filo, si legherà a questa direttrice la decisione condivisa che il Comune prenderà su corso Italia.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Innovazione Torrebianca nell’«eredità» Camus - Riemergono soluzioni ipotizzate dall’ingegnere che studiò la prima bozza
 

Quella via Torrebianca a senso unico, a salire verso via Carducci, era stata uno dei must della famosa “bozza Camus”. Doveva diventare un importante collegamento fra le Rive e, addirittura, via San Francesco, la cui direzione di marcia sarebbe quindi stata ribaltata rispetto a quella attuale (che va da via Fabio Severo in giù). Come noto, però, quel lavoro predisposto dal preside della facoltà di Ingegneria dell’Università di Trieste non verrà applicato, quanto meno non integralmente. La rescissione consensuale del contratto con Roberto Camus ha permesso tuttavia al Comune di fare proprio quello studio, con la conseguente libertà di attingerne a piene mani.
Ecco che, nella nuova bozza del Piano del traffico, ancora oggetto d’analisi negli uffici tecnici del Municipio, ritorna prepotentemente l’innovazione riguardante via Torrebianca. Con un distinguo: la direttrice a senso unico congiungerà via Roma a via Carducci, sempre a salire. Dalle Rive alla stessa via Roma, quindi, cosa succederà? Non trapelano ulteriori dettagli, ma a questo punto appare evidente che i mezzi procederanno in direzione opposta, sbucando così in corso Cavour. Per i dettagli, però, bisognerà aspettare.
In ogni caso, seppur parzialmente, anche in questa soluzione c’è lo zampino di Camus e del suo progetto. Non è infatti questo l’unico aspetto ispirato al lavoro del professionista: prova ne siano, stando alle anticipazioni fornite oltre un mese fa dal sindaco Roberto Dipiazza dall’alto della sua delega al traffico e mobilità, la rivoluzione che dovrebbe portare a via Ginnastica percorribile solo in salita (con l’ultimo tratto di via Rossetti invece in discesa) e l’impegno a tentare di approvare l’ipotesi di corso Italia chiuso al traffico veicolare privato e aperto solo ai mezzi pubblici. Camus aveva già ipotizzato entrambe le modifiche, abbinando a quella di corso Italia l’input della direzione obbligatoria verso piazza Goldoni. Infine, l’ingegnere “ingaggiato” dall’amministrazione comunale nel 2003 aveva anche messo in preventivo via Battisti a senso unico, non già da via Rossetti come vorrebbe la “bozza Dipiazza”, bensì dall’incrocio con via Gatteri. Pure qui, una conferma del binomio ispirazione-correzione.

(m.u.)
 

 

Firme contro il rigassificatore - DOMANI A BAGNOLI
 

BAGNOLI Prenderà il via domani mattina nella piazza di Bagnoli della Rosandra la raccolta firme contro il rigassificatore di Zaule. I banchetti saranno allestiti dal Comitato promotore composto dalle cinque realtà politiche che appoggiano la maggioranza a San Dorligo della Valle: Partito democratico, Rifondazione comunista e Comunisti italiani, Slovenska skupnost e Cittadini per San Dorligo. «I promotori della realizzazione dell’impianto di rigassificazione a Zaule, e del relativo gasdotto che dovrebbe attraversare il golfo di Trieste, non sono stati in grado di fornire adeguate garanzie in merito alla sicurezza dell’impianto – recita la prima parte del documento che sarà proposto ai cittadini – anche in relazione all’effetto ”domino” che potrebbe verificarsi in caso di incidente, e vista la presenza di numerosi altri impianti pericolosi nella stessa area». Preannunciata tra i firmatari la presenza del sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin. I banchetti saranno disponibili a partire dalle 9, sino alle 12.
(r.t.)

 

 

«Tolti a Gropada 16 mila metri quadri di zone edificabili» - ASSEMBLEA SUL PIANO REGOLATORE
 

GROPADA Anche a Gropada la gente protesta per il cambio di zonizzazione che la variante al piano regolatore ha stabilito per diverse proprietà private. Circa 16mila metri quadri, sinora edificabili, sono diventati zone agricole. «Quantificando il cambiamento – ha spiegato il presidente del parlamentino Marco Milkovich, nell’incontro dell’altra sera con la popolazione – la perdita per i privati è di circa 3 milioni di euro. Alcune famiglie – ha rincarato – si trovano nell’impossibilità di edificare a favore dei figli o dei nipoti. E c’è chi si ritrova con le fondamenta di un nuovo edificio già realizzate, ma nell’impossibilità di continuare proprio a causa del nuovo indirizzo dello strumento urbanistico».
Molto affollata anche questa assemblea, come le precedenti organizzate dalla Circoscrizione, con ben cinquanta partecipanti al centro culturale Skala, su un totale di 285 abitanti della frazione. Diversi residenti hanno denunciato anche come la variante permetta di costruire nell’area della vecchia caserma, nei pressi del valico agricolo. Paradossale – secondo alcuni – che a poca distanza dal sito la variante impedisca al privato di fare altrettanto attraverso la nuova zonizzazione agricola.
Nell’assemblea è stato evidenziato anche come dal nuovo strumento urbanistico siano sparite alcune aree destinate al parcheggio nel centro di Gropada. Aree di sosta assolutamente necessarie per una frazione caratterizzata da strade strette e molto ”sfruttate”. L’incontro pubblico è stato pure occasione per uno sfogo sullo stato generale della borgata. «Viviamo in una Gropada trascurata – hanno lamentato – dove, salvo la nuova illuminazione, difettano le altre infrastrutture e dove la vecchia scuola non è stata ancora riqualificata e riaperta».

(ma. lo.)
 

 

«Polveri e rumore con la centrale a biomasse» - Massimiliano Dazzi (Lista Uniti) denuncia le conseguenze dell’impianto previsto a Bagnoli
 

SAN DORLIGO Aumento delle emissioni di polveri, del rumore, aumento smisurato del traffico, degrado turistico. Queste alcune delle principali ripercussioni che potrebbe comportare la realizzazione della centrale a biomasse, a Bagnoli della Rosandra, secondo Massimiliano Dazzi, componente il direttivo della lista civica Uniti nelle tradizioni, il partito rappresentato in Consiglio comunale dal capogruppo Boris Gombac.
L'accusa mossa da Dazzi riguarda la «vera natura del cogeneratore a biomasse, ossia un inceneritore che bruciando i rifiuti ecocompatibili (legname, residui agricoli e forestali, scarti dell'industria agroalimentare, reflui degli allevamenti) trasforma l’energia termica in energia elettrica, con conseguente emissione di grandissime quantità di polveri sottili, poiché dal punto di vista ecologico, nessun combustibile è peggio del legno, ad esclusione del carbon fossile».
Il braccio destro del consigliere Gombac ricorda poi che l'obiettivo del cogeneratore sarebbe quello di «produrre energia elettrica da rivendere all'Enel, ma soprattutto di teleriscaldare il complesso del teatro comunale France Preseren, il vicino asilo e la scuola elementare Umberto Pacifico, il tutto a due passi dalla Val Rosandra», utilizzando come combustibile per alimentare la centrale «oltre a quello che resterà dalla spremitura delle olive del nostro territorio, il prodotto scartato dai comuni limitrofi, sia italiani sia sloveni, ben contenti di aderire all'iniziativa pur di tenersi lontano da casa il problema dello smaltimento dei rifiuti».
Per l'esponente di Uniti nelle tradizioni, la realizzazione della centrale, prevista grazie a un contributo pari a 622 mila euro da parte della Provincia, in seguito all'adesione al piano di azione locale del Comune di San Dorligo, comporterà inoltre «un aumento della quantità di traffico, dovuto all'andirivieni dei camion per il rifornimento di combustibile necessario al funzionamento, con conseguente aumento dei rumori, sia diurni che notturni dato la centrale funziona 24 ore su 24, e 365 giorni l'anno».
Dazzi sottolinea infine come «la giunta comunale presieduta da Fulvia Premolin non ha ritenuto necessario informare, né interpellare, i propri cittadini ed elettori su un argomento così delicato ed importante, pregiudicante la salute degli abitanti e con notevoli ripercussioni sul piano della vivibilità della frazione di Bagnoli».
Riccardo Tosques
 

 

Riccardi sul nucleare: nessun sito individuato - LE VOCI RELATIVE A MONFALCONE
 

TRIESTE «Né in sede governativa nazionale né altrove sono stati individuati o ipotizzati siti adatti o possibili per l'insediamento di una centrale nucleare in Friuli Venezia Giulia»: lo ha affermato l'assessore regionale alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi al question time in Consiglio regionale.
Rispondendo al consigliere Giorgio Brandolin (Pd), che chiedeva spiegazioni circa le voci che indicavano Monfalcone come possibile sede per la costruzione di una centrale, Riccardi ha sottolineato che «la Regione Friuli Venezia Giulia condivide l'impostazione al nucleare varata dal governo». «Però al momento - ha sottolineato Riccardi - né in sede governativa nazionale né altrove sono stati individuati o ipotizzati siti adatti o possibili».
«È nota la posizione del Presidente della Regione, Renzo Tondo, su questo tema - ha anche aggiunto l’assessore regionale alle Infrastrutture - che in più occasioni ha ipotizzato delle soluzioni o delle sinergie con altre centrali anche al di fuor del territorio nazionali».
Intanto, l'intesa Italia-Usa in materia di sviluppo dei sistemi per l'energia nucleare «avrà certamente positive ricadute economiche anche sulle piccole e medie imprese industriali e di servizi locali»: quindi, la decisione della Regione Liguria di far ricorso alla Corte costituzionale contro la legge che sancisce il ritorno del nucleare appare in contraddizione con le opportunità che ne potranno derivare» afferma una nota confindustriale.
 

 

Veglia, i segreti del rigassificatore - IL PROGETTO VERRÀ ILLUSTRATO UFFICIALMENTE QUESTA SERA
 

FIUME Fissata per questa sera nella sede della locale Scuola elementare a Veglia, capoluogo dell’isola omonima (Krk), la presentazione ufficiale del progetto Adria-Lng o rigassificatore Gnl, ossia Gas naturale liquefatto (nella prassi croata viene però indicato con l’acronimo inglese): impianto che dovrebbe essere dislocato in località Castelmuschio (Omišalj), nelle immediate vicinanze del petrolchimico Dina e del porto petroli dell’oleodotto Janaf. La presentazione del progetto Lng avrà inizio alle 19 e sarà aperta a tutti gli interessati. Si tratta di un’iniziativa mirata a fugare le diffidenze degli isolani nei confronti dell’insediamento.
Per fugarle stasera scenderà in campo Michael Mertl, a capo della cordata multinazionale interessata alla realizzazione del rigassificatore, assistito dallo staff dei suoi principali collaboratori. Annunciata pure la presenza dei rappresentanti di “Zelena Istra-Istria Verde”, da cui finora sono giunte le più recalcitranti dissociazioni nei confronti del progetto.
La presentazione odierna del rigassificatore fa parte di un’azione coordinata che procede praticamente di pari passo con l’avvio la settimana scorsa del dibattito pubblico sullo Studio di impatto ambientale a opera del ministero competente.
Da aggiungere pure che i dirigenti delle imprese accomunate nell’ Adria Lng ieri l’altro hanno effettuato un sopralluogo nell’area in cui dovrebbe sorgere l’impian to. Il progettato rigassificatore fa riferimento a un conglomerato transnazionale in cui sono le tedesche E.On Ruhrgas ed Erw Gas Ag a guidare la cordata, che vede peraltro far parte della joint-venture anche membri di Austria (Omv), Francia (Total), Ungheria (Mol), Cechia (Transgas) e financo Slovenia (Geoplin). Una squadra variegata, quindi (con la partecipazione croata fissata al 25%, ma accomunata da un unico interesse: quello di potersi avvalere di una fonte di approvvigionamento che non dipenda esclusivamente dalle voglie Cremlino.

(f . r.)
 

 

La Nato recupera le bombe al largo dell’Istria - Erano state sganciate per motivi di sicurezza dai jet al rientro dai raid in Serbia
 

EX UFFICIALE CROATO RIESUMA LA VICENDA: GLI ORDIGNI SAREBBERO DECINE - RISCHI PER LA SICUREZZA IN ADRIATICO
FIUME Sarebbero perlomeno una quindicina le bombe scaricate - e non ancora individuate - nelle acque nordorientali dell’Adriatico dagli aerei della Nato al loro ritorno dalle missioni sulla Serbia durante il conflitto innescato dalla crisi in Kosovo. Ordigni che avrebbero dovuto essere sganciati in zone di mare esattamente delimitate (almeno in teoria) da velivoli in difficoltà per i danni subiti dalla contraerea serba o comunque in avaria: “alleggerimenti” effettuati per motivi di sicurezza prima del rientro nelle basi in territorio italiano, in primis quella di Aviano. È tuttavia assai probabile che gli ordigni scaricati nella zona al termine dei raid di dieci anni fa sulla Serbia siano in realtà parecchi di più. Tra i quali anche le micidiali bombe a frammentazione o i missili anticarro all’uranio impoverito, usati per certo in Kosovo e in territorio serbo. Che siano “soltanto” una quindicina o probabilmente di più, resta il fatto che costituiscono un pericolo incombente che si dovrebbe fare in modo di eliminare. Delle “bombe americane” in Adriatico s’era parlato, quasi di sfuggita, solo durante i raid aerei o, per poco tempo, al termine delle incursioni. Poi sul problema (e sul pericolo latente) era calato il silenzio.
A sollevare di nuovo la questione è stato un ex ufficiale croato, che a qualche anno dal pensionamento ha deciso fosse il momento di riproporre il problema del recupero e disinnesco degli ordigni prima di qualche disastro, anche di profilo ambientale. Secondo Nediljko Pusic, questo il nome dell’ufficiale a riposo, nella fascia orientale dell’Adriatico, incluse le acque territoriali croate, dalla primavera 1999 ci sarebbero ancora almeno una quindicina di ordigni esplosivi scaricati dai cacciabombardieri della Nato (soprattutto Usa) che dovrebbero essere localizzati e recuperati.
Non sarebbe neanche da escludersi che pure la tragedia del tuttora misterioso incendio su una delle Incoronate (Kornati), in cui il 30 agosto del 2007 vennero carbonizzati 12 pompieri spediti a domare un incendio di sterpaglia su un isolotto quasi del tutto disabitato, fosse dovuto proprio a un qualche ordigno inesploso. Un’ipotesi che i governanti di Zagabria si sono sempre rifiutati di prendere in considerazione, senza tuttavia spiegare i motivi dell’invio sull’isola di un distaccamento di truppe speciali, giunto sul posto ben prima dei soccorritori. Così come resta inspiegata la misteriosa scomparsa dei registratori di volo degli elicotteri fatti intervenire dopo il “distaccamento speciale”.
Il problema degli ordigni disseminati in Adriatico resta comunque attuale e potrebbe originare nuovi disastri. Al riguardo il succitato Pusic ha avviato una propria indagine personale, raccogliendo sull’argomento un dossier di oltre 18 kg di documenti. I suoi più recenti tentativi di richiamare l’attenzione sulla vicenda delle “bombe di scarto” e i suoi precedenti appelli non hanno suscitato la benchè minima reazione da parte del governo. Stando a quanto emerso dalla Conferenza internazionale sullo sminamento e la bonifica dagli ordigni esplosivi, svoltasi nell’agosto 2004 in Danimarca, in Adriatico gli aerei Nato al rientro dai raid in Serbia avrebbero scaricato più di 230 tra bombe di vario tipo e missili.
Gli “alleggerimenti” sarebbero avvenuti in aree di mare ben delimitate, suddivise fra il Medio e l’Alto Adriatico. Le successive operazioni di recupero avrebbero tuttavia individuato anche degli ordigni al di fuori di tali aree. In tutto l’opera di bonifica o “decontaminazione”, suddivisa in due tranche, avrebbe interessato oltre 1.040 miglia quadrate di mare. Secondo un rapporto ufficiale Nato, “gran parte degli ordigni sarebbero stati recuperati”. Gran parte, ma non tutti. La quindicina o forse più di quelli non individuati sarebbero disseminati soprattutto in un quadrilatero situato a Nord della congiungente Capo Promontore-Venezia. Un’altra zona potenzialmente a rischio sarebbe poi costituita da un’area circolare proprio al largo delle Incoronate.
Sullo stesso argomento da aggiungere un’ultima novità. Domenica a Spalato, in chiusura dell’esercitazione congiunta “Jackal Stone” (reparti speciali antiterrorismo di una decina di Paesi sotto l’egida Nato) sarebbe stato l’ammiraglio Usa Mark Fitzgerald, che a Napoli è a capo dello Stato maggiore delle forze combinate del Fronte Sud dell’Alleanza, ad accennare al problema. Dichiarando la disponibilità Nato a mettere a disposizione della Croazia i mezzi tecnici, il personale specializzato e la documentazione necessaria per il recupero delle “bombe disperse”.

(f. r.)
 

 

SEGNALAZIONI - REGIONE - Trasporti trascurati
 

L’articolo «Il Friuli Venezia Giulia isolato dalle Ferrovie», apparso il giorno 23, induce a delle riflessioni. Intanto guardando la rete ferroviaria italiana (in teoria privatizzata ma in pratica sempre dello Stato) si nota subito una cosa: dove i politici si danno da fare i treni ci sono e magari aumentano, dove latitano i treni spariscono. E qui, dal 1993 in poi i politici si fanno sentire sempre dopo, e non prima. Riccardo Illy, tutto preso dal corridoio Cinque e dall’Euroregione, cose ipotetiche e casomai future, trascurava di fatto le ferrovie esistenti, coadiuvato in ciò dal suo assessore Sonego che dichiarava pubblicamente che le linee esistenti sono obsolete e da chiudere.
I ferrovieri, quelli veri, del Friuli Venezia Giulia perciò, al di là delle idee politiche, hanno visto in Tondo la possibilità di cambiamento. Ma Tondo sulla questione ferroviaria pare fare il «bell’addormentato». E i risultati si vedono. E la «metropolitana leggera»? Se ne parla da una decina di anni, si fanno progetti e intanto parte della rete dove dovrebbe correre è stata smantellata. Abbiamo dei politici che stanno in Parlamento o al governo; ma a loro i treni non interessano, anzi il collegamento con Capodistria va evitato perché il nemico è alle porte. Intanto le navi da crociera se ne vanno e non perché il molo è corto, ma per l’impossibilità dei crocieristi centro-europei di raggiungere Trieste in treno, come avviene invece in tantissimi altri porti dell’Europa.
Ormai bisogna rassegnarsi. Se si deve andare nell’Europa centro-orientale si va in auto a Sesana, stazione «Trieste Nord-Est». Se si vuole andare in Centro e Nord Europa, si va in auto a Villaco, stazione «Trieste Nord». Se si va a Occidente, si va a Mestre, stazione «Trieste Ovest», e per fortuna si può ancora andarci in treno.
Trieste capitale dell’Euroregione, da dove non si può andare in treno nemmeno a Sesana... Per la serie «Oggi le comiche».
Paolo Petronio
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 ottobre 2009

 

 

Arpa: monitoraggi continui alla Siot E valori rassicuranti - Pm10, benzene e Ipa: tra marzo e giugno non si sono avuti sforamenti dei limiti di legge
 

SAN DORLIGO «La campagna di monitoraggio della qualità dell’aria nella zona in prossimità della Siot è iniziata il 3 marzo scorso e terminata il 5 giugno». Lo precisa l’Arpa locale, intervenendo su una recente polemica.
Tali monitoraggi, viene spiegato, si inseriscono all’interno di uno studio più ampio per la caratterizzazione ambientale dell’area attigua al comprensorio.L’analisi dei campioni, dicono ancora i tecnici dell’Arpa, è già stata avviata, «compatibilmente con il carico di lavoro istituzionale a cui non può sottrarsi questo Dipartimento (controlli su scarichi, balneazione, siti inquinati, gestione reti di monitoraggio, ecc.)».
Sono in fase di completamento anche le indagini per la valutazione di sostanze odorigene maleodoranti avvertite dalla popolazione. La conclusione dell’attività analitica è prevista entro il mese di ottobre.
«Dalle prime elaborazioni – viene annotato – si rileva tuttavia che nel periodo marzo-giugno 2009 non si evidenziano superamenti dei limiti di legge per Pm10, benzene e Ipa, né particolari criticità, fatte salvo le problematiche delle sostanze odorigene».
 

 

Microalga tossica nel golfo ma i tecnici minimizzano
 

TRIESTE La presenza di una microalga unicellulare tossica, la Ostreopsis ovata, nel tratto di mare tra Grignano a Marina di Aurisina, è stata accertata dai tecnici dell'Osservatorio Alto Adriatico dell'Arpa del Friuli Venezia Giulia. Sulla base di una segnalazione, i tecnici - informa una nota - hanno compiuto un sopralluogo in località Canovella de’ Zoppoli, rilevando in una vasta pozza d'acqua marina naturale la presenza di una patina brunastra gelatinosa che ricopriva completamente il fondo, con diversi flocculi galleggianti nello strato superficiale. L'osservazione al microscopio ottico del materiale prelevato - effettuata dagli esperti dell'Osservatorio Alto Adriatico e del Dipartimento Ogs Bio - ha confermato la massiccia presenza di Ostreopsis ovata. Si tratta della prima segnalazione in Friuli Venezia Giulia di una fioritura significativa di questa specie microalgale, la cui presenza lungo il litorale regionale era già stata segnalata nel 2007.
L'Ostreopsis ovata provoca conseguenze per la salute umana prevalentemente a carico dell'apparato respiratorio, a causa dell'inalazione di aerosol formatosi in presenza di fioriture microalgali. Si possono manifestare anche irritazioni agli occhi, congiuntiviti, dolori addominali, febbri e dermatiti da contatto. «Al momento non ci sono ragioni per alimentare allarmismi generalizzati», ha detto il direttore tecnico scientifico dell'Arpa regionale, Giorgio Mattassi. «La stagione balneare è quasi finita e l'area è confinata ad una porzione limitata della costiera. L'assenza di fenomeni ventosi da Sud non ha consentito la formazione di aerosol respirabili dalla popolazione, con rischi significativi per la salute, come avvenuto in Liguria nel 2005 e 2006».
 

 

SEGNALAZIONI - Sulla Tav - PRECISAZIONE
 

A proposito dell’articolo intitolato: «Tav, una galleria sotto San Giovanni (23/9/09 pag. 22), le mie modeste spiegazioni sul Corridoio 5 sono uscite un po’ malconce dall’inevitabile sintesi di cronaca dello scorso 23 settembre (pag. 22).
Non ho detto affatto che l’opera possa risultare «altamente stabilizzante» per il rione di San Giovanni. Viceversa, ho ripetuto più volte che - dal punto di vista tecnico - tutta la linea sarebbe fattibile e che, con gli accorgimenti moderni, anche l’uso dell’esplosivo non produrrebbe danni («ma disturbo, sì»).
Quella che non convince, ho spiegato, è l’intera concezione dell’opera, per il suo tracciato assurdo frutto di oscuri patteggiamenti, tecnicamente complicato e costoso, che non serve bene il porto di Trieste ma solo quello di Capodistria, con la stazione passante di Trieste ridotta a futuribile specchietto per allodole. Troppi costi e pochi benefici insomma.
Livio Sirovich
 

 

SEGNALAZIONI - RIO MARTESIN - Paesaggio distrutto
 

Non so chi ringraziare, il ministro Bondi, l’attuale soprintendente Di Paola, presente ma sul punto di partenza o quello che dovrebbe sostituirlo, Luca Rinaldi, che non vuole venire. Di fatto è che la nostra regione è diventata, tra i vari contendenti, di serie B.
Chi dovrebbe per titolo tutelare il paesaggio dice di non avere né mezzi né tempo: lascia che tutto proceda con la formula del silenzio-assenso: scaduti i 60 giorni tutti i progetti vengono approvati buoni o cattivi che siano.
La richiesta pressante dei cittadini e del consigliere comunale Lorenzo Giorgi perché la Soprintendenza desse un giudizio paesaggistico sulla Valle del Rio Martesin a rischio cementificazione selvaggia, è stata negata.
Per i pionieri, che cent’anni fa vennero a vivere nelle periferie, viene abolito tra i vari diritti, anche quello di godersi ancora il paesaggio, che viene deturpato e sconvolto, occultato dai «mostri di cemento».
Il paesaggio, quello verde naturale, scompare, viene sostituito dalla «vista mare» che diventa prelazione per i nuovi colonizzatori, per i «manager del cemento» che con essa fanno lievitare i loro guadagni.
Una società «democratica» moderna tutela tutti i cittadini, il rilancio economico lo attua con la ricerca, progetti innovativi, produzioni di qualità.
Questa Italia vuole il rilancio economico dando il via libera alla cementificazione di tutto il territorio (il Friuli Venezia Giulia, dati del 2000, con 581 mq di superficie urbanizzata pro capite, è la prima regione del Paese per il consumo del territorio).
E non piangano lacrime di coccodrillo i signori costruttori. Il governo se «volesse» potrebbe offrire loro al posto di distruzione e rovina del territorio, anni di lavoro per la costruzione di opere pubbliche e infrastrutturali utili, nelle quali, rispetto al mondo più progredito, siamo in spaventoso ritardo.
Il turista va nei Paesi dove esistono richiami come storia, natura, paesaggi, costruzioni moderne ardite all’avanguardia. Pertanto l’indipendenza, il finanziamento della Soprintendenza ai beni culturali e paesaggistici è determinante per la salvaguardia del patrimonio, dell’identità della nostra Bella Italia!
Dario Ferluga

 

 

SEGNALAZIONI - PIANO REGOLATORE - Strade più larghe
 

Premetto che non ho titoli accademici per dare suggerimenti riguardo ai piani regolatori; ma quello che mi rende perplesso è come mai nella loro stesura non venga presa in considerazione la larghezza delle strade.
In tutte le zone residenziali e non realizzate fino ad ora, le strade seguono la larghezza delle vecchie carrettiere; credo che il buon senso voglia che le nuove strade debbano accogliere comodamente la sosta di due veicoli a bordo strada più il passaggio di altri due veicoli che si incrociano.
Se siete andati a far visita a qualche amico o conoscente in queste nuove zone avete potuto facilmente notare che di parcheggio non si parla, pensate ad effettuare un trasloco con un camiom, non dico di grandi dimensioni ma medie, immaginate se dovete farvi consegnare un elettrodomestico o qualsiasi oggetto voluminoso con un furgone tipo «Ducato».
I mezzi rimangono a dir poco intrappolati o sono costretti a un parcheggio di fortuna nelle vicinanze ed effettuare la consegna con carretti a mano!
Quando non capita che al momento di organizzare la consegna non venite apostrofati con un «se la sta là ghe devo meter in conto un extra»!
Non resta che commentare che le prime strade larghe sono state fatte dall’Austria, le seconde «col bieco Ventennio» le terze col Governo Alleato e dopo?
Ritengo cosa opportuna che il piano regolatore preveda strade e viali larghi in previsione di un aumento dell’uso delle stesse e sono sicuro che il piano regolatore si autoregolerà da solo per le zone destinate ad uso edilizio.
Giampaolo Lonzar
 

 

 

NEXTVILLE - MERCOLEDI', 30 settembre 2009

 

 

Cielo più sereno o gravi nubi all’orizzonte? Ancora incertezze sul 55%.
 

Sembrava una bella notizia, quella sull’arrivo di semplificazioni nelle procedure 55%. Ma nello stesso giorno si è diffusa la notizia del blocco dell’intera “operazione detrazioni per l’efficienza energetica” alla fine dell’anno…
Andiamo con ordine. Il decreto del ministero dell'Economia 6 agosto 2009 (pubblicato in G.U. n. 224 il 26 settembre 2009) modifica in alcuni punti procedurali il Dm 19 febbraio 2007 in materia di detrazioni 55%. Si tratta in gran parte di precisazioni tecniche, che ci limitiamo ad elencare, rimandando per gli aggiornamenti della materia alle pagine del sito segnalate nei “Riferimenti” in fondo alla news.
• Asseverazione di tecnico abilitato: casi in cui può essere sostituita – o inglobata – in altra documentazione obbligatoria.
• Allegati all’asseverazione per finestre comprensive di infissi, pannelli solari auto-costruiti, caldaie a condensazione e pompe di calore. Cade l’obbligo della certificazione dei singoli componenti.
• Pompe di calore: cambiano i requisiti minimi prestazionali per gli interventi effettuati a partire dal 31 dicembre 2009. Un nuovo allegato sostituisce il precedente.
• Metodi di calcolo per la prestazione energetica degli edifici: il vecchio Allegato I al Dlgs 192/2005, contenente norme transitorie, è stato sostituito dal regolamento attuativo a suo tempo richiesto dal Dlgs stesso. Si tratta del Dpr n. 59 del 2 aprile 2009, entrato in vigore il 25 giugno 2009.
• Non cumulabilità del 55% con il “premio per gli impianti fotovoltaici abbinati ad uso efficiente dell'energia”.
• Un punto di difficile interpretazione: il nuovo provvedimento precisa che i generatori di calore a condensazione possono essere “ad aria o ad acqua” e che le valvole termostatiche a bassa inerzia termica vanno installate “ove tecnicamente compatibile”. Ci auguriamo che qualche lettore esperto chiarisca alla redazione l’esatto significato di queste precisazioni normative.
Veniamo al punto più importante. Si sta diffondendo un grande allarme via web per l’assenza della voce Detrazioni 55% nella Finanziaria Light del Ministro Tremonti, approvata pochi giorni fa dal Consiglio dei Ministri. E’ vero, nelle previsioni di massima 2010/2012 la voce non esiste, mentre un lungo commento viene riservato nella relazione tecnica alle detrazioni 36%, prorogate fino al 2012.
Pur confessando qualche difficoltà ad interpretare il nuovo metodo con il quale vengono varate le Finanziarie triennali, la nostra opinione è che il minor gettito fiscale relativo al 55% per il 2010 (su interventi effettuati nel 2009) e per il 2011 (su interventi effettuati nel 2010) fosse già stato valutato e stanziato nelle precedenti Finanziarie. Le detrazioni 36%, al contrario, essendo prolungate fino al 2012, un anno in più rispetto alla precedente scadenza, trovano posto specificamente nelle considerazioni triennali.
Speriamo di non sbagliare, e anche a questo proposito chiediamo l’opinione di chi è più esperto. Sarebbe curioso, d’altronde che proprio il neo-pubblicato decreto del ministero dell'Economia si riferisca ai nuovi requisiti per le pompe di calore per interventi effettuati “a partire dal 31 dicembre del 2009” se proprio in tale data le detrazioni 55% dovessero morire.
Una cosa è sicura: per il momento sembra certo che questo importante incentivo all’efficienza energetica degli edifici sia destinato a estinguersi con il 2010. Cosa inventeremo di sostitutivo (e di meno costoso per le casse dello stato) per raggiungere gli obiettivi che l’Europa ci richiede?
Anna Bruno - http://www.nextville.it/news/166
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 settembre 2009

 

 

Rigassificatore, Lubiana pronta a reagire - Se dovessero fallire i colloqui del 13 ottobre con l’Italia scatterebbe la denuncia alla Corte Ue
 

GLI INTERLOCUTORI SLOVENI SPERANO IN UN ACCORDO ANCHE DOPO L’INCONTRO BERLUSCONI-PAHOR
CAPODISTRIA La Slovenia si sta preparando per un'evenutale denuncia contro l'Italia per la costruzione del terminal rigassificatore di Zaule. La Commissione interministeriale incaricata di seguire la problematica dei terminal ha predisposto infatti la costituzione di un gruppo di esperti di diritto internazionale che - qualora l'incontro italo-sloveno del 13 ottobre tra i rappresentanti dei due ministeri dell'Ambiente non dovesse dare risultati - avrà il compito di raccogliere gli elementi necessari per portare l'Italia di fronte alla Corte di giustizia europea. L'annuncio è stato fatto dallo stesso presidente della Commissione interministeriale, il sottosegretario sloveno all'Ambiente Zoran Kus, nel corso di una tavola rotonda dal titolo «I terminal rigassificatori nel Golfo di Trieste alla luce della politica energetica dell'Unione europea», organizzata dal Centro sociale «Rotunda» di Capodistria.
Nel suo intervento, Kus si è detto comunque fiducioso nella possibilità di risolvere i problemi aperti senza dover ricorrere alla giustizia internazionale. Se l'Italia sarà disposta a tener conto delle osservazioni slovene legate alla costruzione e al funzionamento del terminal, i colloqui bilaterali potranno continuare, altrimenti, così Kus «valuteremo l'ipotesi di un'eventuale denuncia». Si tratterebbe comunque di un procedimento lungo e costoso, ha ammesso Kus, che rischierebbe di incrinare i rapporti tra i due Paesi, per cui sarebbe molto meglio se si riuscisse a risolvere la questione con il dialogo. Un auspicio in questo senso è stato espresso anche dall'eurodeputata Romana Jordan Cizelj, presente al dibattito capodistriano. Come noto, il ministro degli esteri italiano Franco Frattini, in un'intervista rilasciata al «Piccolo» all'indomani del recente incontro a Roma tra i premier Pahor e Berlusconi, aveva dichiarato che non esiste alcun fondamento giuridico per un'eventuale azione giuridica di Lubiana sulla questione del terminal, mentre il sottosegretario all'Ambiente Roberto Menia aveva promesso che tutta la documentazione sul progetto sarebbe stata messa a disposizione della Slovenia. Per il 13 ottobre, dunque, è atteso l'incontro chiarificatore tra gli esponenti dei due ministeri.
Tornando alla tavola rotonda di Capodistria, gli ecologisti sloveni hanno ribadito le loro riserve sul progetto di Gas Natural. Per Franc Maleckar, di Alpe Adria Green, la costruzione di terminal rigassificatori è soprattutto una questione di «lobbies energetiche», visto che questi impianti producono più gas serra del petrolio. In quanto al progetto per un rigassificatore nell'area del Porto di Capodistria, finora sistematicamente respinto dalle autorità ma i cui promotori – la tedesca Tge – ancora non demordono, Maleckar ha sottolineato che con le celle fotovoltaiche e lo sfruttamento dell'energia solare, nella stessa area portuale sarebbe possibile produrre la stessa quantita di energia che con il rigassificatore e una centrale elettrica a gas. Il presidente delle Associazioni ecologiste della Slovenia Karel Lipic ha toccato anche la questione del nucleare. «Siamo contrari – ha detto Lipic – alla costruzione di un secondo reattore della Centrale nucleare di Krsko».
 

 

L’aria nei pressi della Siot Idv sollecita i dati dell’Arpa - Il sindaco Premolin: «Dovevano essere pronti mesi fa. Ho chiesto ai nostri uffici di intervenire»
 

LA CENTRALINA A MATTONAIA
SAN DORLIGO «Nell’intento primario di tutelare la salute dei cittadini e nell’ottica di essere attenti alle richieste che da essi provengono, Italia dei valori, attraverso il suo consigliere comunale Dino Zappador, ha chiesto urgentemente di conoscere i dati della centralina mobile dell’Arpa che dopo diversi mesi non sono ancora pubblici». Il coordinatore provinciale dell'Idv, Mario Marin, ricorda così la situazione dei residenti di Mattonaia che «da tempo denunciano forti preoccupazioni per gli odori di gas, imputabili a loro dire ai depositi della Siot». Un problema che il Comune di San Dorligo, assieme alla Siot e all’Arpa, hanno cercato di affrontare installando nel marzo scorso una centralina mobile per monitorare la qualità dell’aria nella frazione.
I risultati, però, rispetto alla tabella di marcia, stanno tardando. «In effetti i dati dovevano essere pronti un paio di mesi fa – ammette il sindaco Fulvia Premolin –. L’Arpa e la Siot hanno dato il massimo appoggio per fare chiarezza su questa situazione. Ho chiesto comunque ai nostri uffici di sollecitare i risultati, che presto saranno pubblici”.
Uno dei maggiori promotori dell'installazione della centralina era stato l'ex consigliere comunale del centrodestra Giorgio Jercog: «E' molto strano che i dati non siano ancora disponibili, visto che le rilevazioni dovevano avere una scadenza trimestrale – chiosa –. Il problema rimane, dato che quest'estate gli odori legati alla Siot non sono certo cessati, e credo che i residenti di Mattonaia attendano sempre più con ansia il risultato sulla qualità dell'aria».
Riccardo Tosques
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - RISCHI (1)
 

Ho seguito attentamente i problemi connessi al progetto del «Rigassificatore». Quando si legge su «Il Piccolo» che le società ambientaliste Lega ambiente e Wwf in particolare, si battono contro il posizionamento del rigassificatore a Muggia e contro il percorso tal quale della Tav, si tira un sospiro di sollievo, poiché nel Canavese (Piemonte) hanno contribuito molto a migliorare il percorso iniziale devastante.
Così pure quando si legge su «Il Piccolo», che «il ministro degli Esteri sloveno Samuel Zbogar afferma che il ministro dell’Ambiente sta studiando a fondo il problema del terminal a Trieste», si prova altrettanto un certo sollievo, poiché ritengo che il ministero dell’Ambiente sloveno sia retto da una persona e da collaboratori seri.
Ancor più tranquillizzante appare quanto riportato da «Il Piccolo» e cioè che «il 31 agosto un’apposita commissione interministeriale, presieduta dal sottosegretario all’Ambiente Zoran Kus aveva giudicato inaccettabile il progetto del rigassificatore per la Slovenia, dal punto di vista dell’impatto ambientale transfrontaliero».
Presento quindi le seguenti osservazioni:
1) in provincia di Rovigo, nell’alto Adriatico e lontano dal piccolissimo comune di Porto Viro, a poche decine di miglia in linea d’aria da Trieste, si trova già installato a circa 15 miglia al largo e da poco funzionante un rigassificatore; ciò rappresenta già di per sé, assieme a quello previsto per Muggia, un’alta concentrazione del cosiddetto «rischio ambientale» in una zona di mare chiusa a Nord; inoltre appare incomprensibile la ragione di una nuova installazione a una distanza così breve.
2) La localizzazione del rigassificatore di Trieste risulta proprio alla fine dell’Adriatico, vicinissimo alla città e alle costiere turistiche del golfo, fino a Duino da una parte e di Muggia dall’altra, con alta densità di popolazione, per cui l’impatto ambientale è comunque altissimo e rientra in una «zona rossa», cioè ad altissimo rischio per possibili danni alle persone e cose.
3) La posizione contemplata di fatto si trova su fondali molto bassi (circa 20 m) per tutto il golfo e con correnti circolatorie nello stesso d’intensità molto limitate; spessissimo la costa risulta soggetta a venti di scirocco o libeccio e quindi con immediato raggiungimento della stessa di tutto ciò che viene riversato in mare, con conseguente grave mutamento ambientale.
4) Necessitano circa 25.000 mc/ora d’acqua di mare per il funzionamento del rigassificatore e poiché l’acqua del golfo è poco profonda si può facilmente ipotizzare un ricircolo sterilizzante del mare e anche probabilmente un’elevazione intollerabile della temperatura dello stesso con conseguente mutamento inaccettabile dell’attuale ecosistema.
5) Non può che essere negata ogni installazione ad altissimo rishio in siti altamente popolati come Trieste.
6) Poiché, in quanto a sicurezza, non esiste il rischio nullo, un simile impianto può essere soggetto, in termini probabilistici, a irregolarità di funzionamento (probabilità forse alquanto bassa), ma può essere interessato, e quindi vulnerabile, da avvenimenti esterni facilmente intuibili (si pensi al continuo transito delle navi da trasporto e ai possibili attentati, ecc.);
7) Un simile impianto dovrebbe essere installato, qualora se ne rilevasse la fondamentale necessità, in zone costiere lontanissime dai centri abitati, in prossimità di mari profondi e costiere aperte, cioè molto lontane da golfi chiusi o dalle parti terminali dei mari.
Ing. Bruno Strukel
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - RISCHI (2)
 

Mi sento in dovere di intervenire su quello che ha detto il ministro Frattini nell’intervista al «Piccolo» del 20 settembre. Ha detto: «Come è noto stiamo attendendo la valutazione di impatto ambientale (Via) definitiva...». Allora io domando: ma come, stanno ancora attendendo la valutazione d’impatto ambientale e i ministri Bondi e Prestigiacomo hanno già tempo fa firmato l’autorizzazione a procedere? Su che impatto ambientale si sono basati se non lo avevano ancora?. E poi dobbiamo dare la nostra fiducia a queste persone? È questo il Paese serio descritto da Menia? Io spero solo che la Slovenia ricorra alla Corte di giustizia europea e non si lasci ricattare dall’Italia perché abbiamo dimostrato di essere tutto meno che un Paese serio. Se fossimo un Paese serio i nostri ministri non userebbero le frasi mafiose che si sono sentite in questi giorni. I cittadini chiedono fortemente un referendum e saremo noi a dire l’ultima parola perché i nostri unici interessi sono la salvaguardia della nostra salute e quella dei nostri figli e nipoti.
Graziella Albertini
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 settembre 2009

 

 

«Il rigassificatore blocca il futuro del porto» - Nesladek: non risolverà il problema occupazionale legato alla chiusura della Ferriera
 

IL SINDACO DI MUGGIA SUL DISCUSSO PROGETTO E SULLE INIZIATIVE IN ATTO
«Le autorità dicano con chiarezza se due strutture del genere possono coesistere nel golfo»
MUGGIA Il sindaco Nesladek si muove a 360 gradi contro il rigassificatore di Zaule. Mentre i legali stanno predisponendo il ricorso al Tar del Lazio, sabato scorso ha firmato la petizione avviata dal centrosinistra. E intanto ribatte a una domanda a distanza rivoltagli dal suo collega Dipiazza.
Il sindaco di Trieste ha chiesto: ”Nesladek sa che se facciamo il rigassificatore si chiude la Ferriera, che inquina anche Muggia? Se è contrario all’impianto allora difende la Ferriera. Come lo spiega ai suoi cittadini?” Lei come risponde?
È una questione di numeri. C’è scritto dappertutto che i dipendenti del rigassificatore saranno 80, mentre alla Ferriera ce ne sono 600. E Dipiazza sa che, se si fa il rigassificatore, sarà difficile realizzare il terminal ro-ro previsto dal piano regolatore portuale all’ex Aquila? Per noi esiste incompatibilità fisica fra i due progetti. Il problema della Ferriera, posto che non si possono mandare le persone sulla strada, va risolto in maniera diversa. Se ha a cuore l’industria e l’occupazione, Dipiazza si dia da fare per sbloccare il nodo del Sito inquinato.
Intanto continua la procedura per l’autorizzazione ambientale dell’altro rigassificatore, quello off-shore in mezzo al golfo. Cosa ne pensa?
Questo progetto aggiunge confusione alla confusione. Mi domando come le autorità, dallo stato al sindaco Dipiazza, pensino di poter gestire la cosa. Stanno andando avanti con l’ipotesi che ci siano addirittura due rigassificatori. Menia, Dipiazza e i ministeri pensano che ci sia spazio per due impianti? Se non lo pensano, scelgano e dicano quale procedura va portata avanti. Se invece ritengono che due rigassificatori possono stare nel golfo, lo dicano chiaramente.
A che punto è il ricorso al Tar del Lazio contro il rigassificatore di Zaule, che state predisponendo assieme a San Dorligo?
Confermo che il ricorso lo faremo assieme al Comune di San Dorligo. Gli avvocati stanno lavorando sugli aspetti amministrativi, relativamente a imprecisioni nelle traduzioni, al coinvogimento della popolazione, al cambio di pareri di alcune amministrazioni pubbliche. Puntiamo a evidenziare irregolarità amministrative, forti appunto dei dubbi amministrativi espressi dalla polizia giudiziaria nell’inchiesta romana, poi archiviata dal punto di vista penale.
Sia Muggia sia San Dorligo non parteciperanno alla conferenza dei servizi, in quanto il progetto non ricade sul loro territorio, pur essendo previsto a pochissima distanza. Sarà anche questo uno temi del ricorso?
Il motivo fondante del ricorso è l’assoluta mancanza del coinvolgimento della popolazione locale, previsto sia da norme europee sia dalla legge Seveso. Sfido chiunque a trovare in questi anni iniziative di enti, o dei proponenti il progetto, per informare e sensibilizzare la realtà locale. Per noi è un illecito anche di carattere amministrativo. E all’interno di questo contesto stride che Muggia e San Dorligo non siano presenti alla conferenza dei servizi.
La raccolta di firme contro il rigassificatore, avviata da Rifondazione comunista con il presidio ad Aquilinia sabato mattina, vede intanto lei tra i primi firmatari.
L’iniziativa non è solo di Rifondazione, ma viene portata avanti da tutto il centrosinistra muggesano, con la singolare e incomprensibile assenza dei Verdi. Sono i partiti che sostengono la mia giunta, e quindi era leggittimo e doveroso che io firmassi. Sottolineo la civiltà della protesta: è la prima iniziativa per dare visibilità alla contrarietà della popolazione muggesana.
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

SEGNALAZIONI - Venezia-Trieste-Vienna: una linea ferroviaria che resterà solo un ricordo
 

Ho saputo che i dirigenti della RFI intendono sopprimere il treno superstite della linea Venezia - Udine-Vienna. Mi ricordo dei bei tempi quando quasi quarant’anni fa andavo a lavorare come ferroviere a Pontebba, ed assieme ad altri giovani colleghi triestini prendevamo posto sul treno delle 7.15 nella carrozza diretta a Vienna. Il treno arrivava a Udine circa alle ore 8.10 e poi alle ore 8.45 la carrozza veniva agganciata al direttissimo Roma-Vienna dove c’era pure la carrozza ristorante. Mi rammento ancora il buonissimo sapore dei würstel con senape che consumavamo durante il viaggio accompagnati da un’ottima birra Villacher. Ora tutto è finito e sembra di parlare dei tempi preistorici. Comunque la situazione attuale è questa: se uno per andare a Vienna non vuole viaggiare in treno di notte, deve rassegnarsi a salire sul pullman austriaco Venezia-Klagenfurt (ignorato totalmente dagli orari ferroviari) che passa davanti alla stazione di Udine alle ore 13.15 e poi prendere a Villaco il treno per Vienna alle ore 14.45. Alla biglietteria di Trieste C.le viene fatto un normale biglietto internazionale da Udine a Villaco con tanto di numero di treno, carrozza e posto a sedere. Poi quando il viaggiatore arriva a Udine ha la bella sopresa di constatare che si tratta di un trasporto su gomma. Lascio immaginare le complicazioni con la sistemazione dei bagagli e per la ricerca dei numeri giusti dei posti a sedere. Questo è un altro dei regali che ci hanno fatto RFI e Trenitalia. E comunque ora sembra verrà cancellato anche questo. Complimenti e grazie. Un mio amico austriaco ha ironizzato dicendo che le cose dal punto di vista ferroviario andavano molto meglio ai tempi di Cecco Beppe. Proprio vero. Certo che i tempi in cui esisteva una coppia di treni chiamata Romulus e Remus che effettuava il servizio diretto Roma-Vienna sono ormai lontani. Poi ho saputo che a Vienna si può sempre andare via Lubiana perché ci sono ben tre relazioni giornaliere compresa quella notturna sempre in coincidenza con treni da Capodistria, e noi li possiamo prendere a Erpelle. Per fortuna in Slovenia le ferrovie funzionano ancora.
Gianni Ursini

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 settembre 2009

 

 

SEGNALAZIONI - I tagli delle Ferrovie per la turistica Trieste - TRENI SOPPRESSI
 

Entro pochi anni, per l’alta velocità, dovrebbero volutamente sparire i treni notturni nonostante il loro potenziale nel Paese delle 100 città. Il povero «Marco Polo» Napoli-Udine/Trieste ha perso un anno fa la prima classe e un vagone di seconda su entrambe le sezioni. E dall’attuale orario estivo tolte le 2 decennali cuccette per la «turistica» Trieste, nell’indifferenza di tutti, ripristinando in compenso il secondo vagone letto.
Ora a Trieste arriva un trenino di 5 vagoni, 7 prima e 12-13 fino a metà anni 90, seppure solo da Roma.
Per salvare il salvabile si potrebbe avere un unico treno di 8 vagoni Napoli-Udine-Gorizia-Trieste sacrificando Portogruaro, Latisana, Cervignano, ecc. A Bologna inoltre si unirebbe la sezione Napoli-Bolzano che circola separatamente.
Quanto risparmiato servirebbe a creare un nuovo notturno Salerno-Napoli-Venezia con orari decenti rispetto al Marco Polo e al Sicilia-Salerno-Venezia, per città così importanti. Accorciato di 2 vagoni di seconda classe anche il Trieste-Lecce, salve le 2 cuccette e la prima classe, poco usato fino a Venezia. Si potrebbe deviarlo con fermate solo a Monfalcone, Gorizia, Udine, Pordenone, Conegliano rimettendoci il vagone letto, dopo esperimenti passati, per servire un nuovo bacino di altre 100 mila persone rispetto a Cervignano ecc. Il perditempo di 40-50 minuti tra Monfalcone e Mestre si recupera velocizzando i due treni durante la notte.
Un ennesimo compromesso per Trieste mentre Gorizia ci guadagnerebbe due volte e Udine e il resto una.
Il passaggio da Udine venne già sperimentato nel 1994-95 con l’altro decennale notturno Trieste-Ventimiglia/Torino, soppresso lo stesso per gli orari assurdi. Andrebbe ripristinato e velocizzato come Pola/Fiume-Nizza/Torino per unire in un colpo solo tutto il nord.
Da sfruttare poi anche la rampa di Trieste dell’auto al seguito, usata con successo dai soli treni tedeschi.
Patrick Mazzieri
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 settembre 2009

 

 

”No al rigassificatore” Rc rallenta il traffico - Distribuiti volantini e iniziata una raccolta di firme
 

MUGGIA ”No al rigassificatore”. Traffico rallentato ieri mattina ad Aquilinia, in seguito al presidio attuato da una cinquantina di rappresentanti di Rifondazione comunista, presenti con bandiere, striscioni e cartelli, che hanno allestito un banchetto per la raccolta di firme contro l'insediamento del rigassificatore nel vallone di Muggia.
Hanno attraversato la strada ripetutamente sulle strisce per distribuire oltre mille volantini, allo scopo di sensibilizzare la cittadinanza sui «pericoli connessi al rigassificatore». Per ribadire il proprio ”no”, ieri hanno inziato un raccolta di sottoscrizioni arrivata a quota 250 in sole due ore, che proseguirà nelle prossime settimane in varie zone di Muggia. Tra i primi firmatari, il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, e l'assessore provinciale Dennis Visioli.
Si è costituito frattanto un comitato promotore, composto dalle forze politiche che sostengono le maggioranze di centrosinistra a Muggia e a San Dorligo della Valle, le quali hanno sottoscritto un documento unitario. Al termine, le sottoscrizioni raccolte verranno consegnate, assieme alla petizione, ai sindaci dei due Comuni affinché le consegnino al prefetto di Trieste.
«L'intento – spiega il segretario del circolo di Rifondazione a Muggia, Maurizio Coslovich – è di bloccare l'insediamento, analogamente a quanto avvenuto in passato con altre ipotesi di poli energetici nella medesima area, che mettevano a rischio la salute e la sicurezza dei cittadini. Dagli anni ’50 in poi ci siamo sempre opposti con successo». Alla campagna, lanciata da Rifondazione, hanno aderito i Cittadini per Muggia, il Pd, il Partito socialista e i Comunisti italiani. «Ora - prosegue Coslovich - la nostra azione proseguirà con la presenza di banchetti al mercato del giovedì e nei vari rioni. Analoghe raccolte verranno svolte dagli altri partiti aderenti al comitato».
Gianfranco Terzoli
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - SABATO, 26 settembre 2009

 

 

FINANZIARIA 2009 Spreconi premiati, via il 55 per cento
 

Lo sgravio fiscale del 55 per cento sugli interventi per evitare gli sprechi energetici in casa è una delle misure che hanno funzionato: ha consentito a centinaia di migliaia di famiglie di risparmiare, ha costruito nuovi posti di lavoro, ha evitato l’emissione di gas serra. Dunque verrà tolto. Nella nuova Finanziaria al momento non c’è traccia della copertura necessaria a sostenere l’applicazione della norma nel 2010. Mentre le Regioni chiedono di renderla stabile e di integrarla con le misure per la prevenzione antisismica, il governo di fatto ne anticipa il pensionamento: era stato deciso di mantenere lo sgravio fino alla fine del 2010, potrebbe morire il 31 dicembre di quest’anno. Gli spreconi saranno premiati.
Per il secondo anno consecutivo (l’anno scorso ci fu una marcia indietro all’ultimo minuto) il governo dà un segnale di smobilitazione al mercato: mettete i soldi sull’efficienza energetica? bene, il rischio è tutto vostro. Un’indicazione in evidente contro tendenza rispetto all’andamento delle maggiori economie mondiali che stanno puntando sulla diminuzione dei consumi energetici per unità di prodotto e sulle fonti rinnovabili. «Il bonus del 55 per cento è stata una misura che ha ottenuto effetti importanti», ricorda il responsabile ambiente del Pd Ermete Realacci. «Lo hanno utilizzato centinaia di migliaia di famiglie e ha messo in moto un volano di affari superiore ai 3 miliardi di euro favorendo l’emersione del sommerso e l’attivazione di una nuova economia. Eliminarlo significa dare un colpo al sistema delle piccole e medie imprese che attraverso l’edilizia legata di qualità si qualificano nel mercato più avanzato e significa anche mettere le mani nelle tasche delle famiglie: tra una casa ben costruita, con le migliori apparecchiature per l’illuminazione e per gli elettrodomestici, e una casa costruita male c’è una differenza di spesa annua che vale circa mille euro a famiglia».
Antonio Cianciullo

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 26 settembre 2009

 

 

Festa dell’acqua per due giorni a Bagnoli - MEDITAZIONI, CONVERSAZIONI E UNA CONFERENZA SULLA TAV
 

Oggi e domani si terrà a Bagnoli della Rosandra la prima Festa dell'Acqua, promossa dall'Associazione Bioest in collaborazione con le realtà associative del territorio e con il patrocinio del Comune di Dolina-San Dorligo della Valle.
L'iniziativa è volta a sensibilizzare i partecipanti sul tema del bene primario per la sopravvivenza dell'uomo. Conferenze, dibattiti, rappresentazioni teatrali, poesie, passeggiate con i piedi nel torrente, meditazioni, danze africane e canti indiani, nonché attività per bambini e molto altro ancora accompagneranno le due giornate di festa.
Spiega Alessandro Severi, coordinatore dello spazio cerimonie e meditazioni: «Domani pomeriggio, a Bagnoli, intorno al lavatoio verranno eseguite cerimonie, canti, danze e cerimonie per onorare lo spirito dell' acqua secondo le caratteristiche di diverse culture; si inizierà con dei canti dei nativi americani, per passare poi al suono del didgeridoo australiano, alla danza dell'acqua mediorientale ed indiana, all'Africa, al Brasile, per arrivare poi alla cultura tradizionale europea, quella celtica e legata al culto della Madre Terra. Verrà poi eseguita una meditazione collettiva, cui tutti sono invitati a partecipare, che si concluderà con una cerimonia simbolica di unione di acque sacre provenienti da varie parti del mondo con l'acqua della Val Rosandra».
La manifestazione si apre oggi alle 15. Alle 15.30 Paolo Menis terrà una conferenza sull”Acqua story”, quindi ci saranno poesie e letture, danze e vocalità per l’acqua secondo il sistema Rio Abierto e, alle 19, una conferenza sul parto naturale dell’ostetrica Luciana Zobin. Dalle 19.30, musica con la chitarra di Paolo Maineri e poi rinfresco vegetariano.
Domani, dalle 14, escursione naturalistica, quindi meditazione, guida alla storia e ai segreti della Val Rosandra con Maurizio Radacich e, alle 17.30, conferenza sulla Tav. Ancora musica dalle 19.
Per info: www.bioest.org; info@bioest.org (g.d.m.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 25 settembre 2009

 

 

Rigassificatore nel Golfo: riprende quota il piano E.On - Il via libera ambientale atteso entro la fine dell’anno: concorrenza con Gas Natural
 

INCONTRO FRA L’AD E IL MINISTRO FRATTINI - La procedura per l’autorizzazione finale fa capo solo al ministero per lo Sviluppo economico
TRIESTE Il progetto per il rigassificatore off-shore nel golfo di Trieste, avviato a suo tempo dal gruppo spagnolo Endesa e continuato dal colosso tedesco E.On, va avanti e rischia di ”sorpassare”, sul fronte delle autorizzazioni, quello di Gas Natural per un analogo impianto nella zona industriale triestina.
La procedura per l’autorizzazione ambientale del rigassificatore off-shore è infatti in fase avanzata. Come annunciato a suo tempo dal consigliere del gruppo E.On Lutz Feldmann, il via libera è atteso entro l’anno.
Che E.On persegua con decisione questo progetto è dimostrato poi dal recente incontro fra l’amministratore delegato di E.On Italia, Klaus Schäfer, e il ministro degli Esteri, Franco Frattini, in cui si è parlato anche dell’impianto nel golfo di Trieste e di quello al largo di Livorno (il cui cantiere dovrebbe partire entro ottobre). E se n’è parlato per il fatto che, anche sul progetto nel golfo di Trieste (come per quello on-shore) la Slovenia ha già avanzato pesanti critiche, definendolo «inaccettabile» per le conseguenze transfrontaliere.
L’interesse di E.On per l’Adriatico non si ferma al rigassificatore in mezzo al golfo. Il colosso tedesco dell’energia è infatti uno dei soci ”forti”, tramite la controllata E.On Ruhrgas, del consorzio Adria Lng per il rigassificatore sull’isola di Veglia, consorzio al quale partecipano anche l’austriaca Omv, la francese Total, l’ungherese Mol, la ceca Transgas e la slovena Geoplin.
Tornando alla ”corsa” alle autorizzazioni, il ”vantaggio” di E.On su Gas Natural sta nel fatto che il progetto per l’impianto off-shore include il gasdotto di collegamento alla rete nazionale, mentre in quello per il rigassificatore di Trieste, che ha già ottenuto il via libera ambientale, il gasdotto è ”separato”. La procedura di Via (valutazione d’impatto ambientale) è in corso, e non dovrebbe concludersi prima dell’autunno 2010. E finchè non ci sarà questo secondo via libera non potrà partire, in base al recente decreto dei ministri Bondi e Prestigiacomo, la conferenza dei servizi, organizzata dalla Regione Friuli Venezia Giulia, cui spetterà l’autorizzazione finale.
La procedura per l’impianto off-shore, invece, per il fatto che l’area interessata (a circa 13 chilometri al largo di Grado) è demaniale, fa capo al ministero dello Sviluppo economico. La Regione sarà chiamata a un’autorizzazione propedeutica a quella finale del ministero, che però potrebbe darla anche in mancanza del parere regionale.
La Regione, intanto, sul progetto E.On è cauta. Il nuovo assessore all’Ambiente, Elio De Anna, precisa che, avendo assunto l’incarico da poco, sta assumento informazioni. «Non ho mai avuto contatti con E.On – dichiara –. Anche di questo progetto dovrò parlarne con il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, non appena ritorna dall’estero».
Il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, è invece contrario all’impianto off-shore. «Sono a favore di Gas Natural – spiega – perchè si bonifica un’area inquinata, si valorizza la multiutility AcegasAps di cui il Comune è socio (con Padova, ndr) e ci saranno vantaggi per la città con le royalties».
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

Monfalcone, la centrale frena sulla riconversione a gas - RALLENTA LA SOSTITUZIONE DEI DUE GRUPPI ALIMENTATI A OLIO COMBUSTIBILE
 

La nuova società «A2a» avvia un ripensamento sul progetto da 400 milioni di euro ereditato dalla precedente proprietà
MONFALCONE La riconversione a metano dei due gruppi a olio combustibile della centrale termoelettrica di Monfalcone frena. La nuova proprietà dell'impianto, la lombarda A2a, ha deciso di effettuare una revisione generale del progetto, già autorizzato dal ministero dell'Ambiente, per quel che riguarda gli aspetti finanziari ed esecutivi, ma non solo. La società conferma di aver avviato un ripensamento anche sul tracciato del gasdotto di collegamento di 17 chilometri tra la rete Snam a Villesse e la centrale termoelettrica, che aveva ottenuto tutti i via libera necessari in campo ambientale. Il nuovo percorso del metanodotto, secondo le intenzioni di A2a, sarà migliore sotto il profilo degli impatti rispetto al precedente, che avrebbe dovuto transitare in zona carsica tra Ronchi dei Legionari e Monfalcone, ma ogni variante al progetto originario dovrà però essere autorizzata. La società lombarda ha pure chiarito di aver previsto la realizzazione del nuovo ciclo combinato da 815 megawatt entro il 2013, cioè entro il tempo massimo concesso dal ministero dell'Ambiente nell'Autorizzazione integrata ambientale dell'impianto energetico di Monfalcone rilasciata a fine marzo alla precedente proprietà, E.On.
Una modifica sostanziale del progetto potrebbe però riaprire questo termine e allungare ancora la realizzazione di un intervento atteso da anni a Monfalcone e dal territorio circostante, mentre in tasca l'Aia, la società avrebbe potuto ottenere il decreto autorizzativo del ministero dello Sviluppo economico alla costruzione dei ciclo combinato nell'arco di qualche mese per poi dare il via ai lavori in breve tempo.
Un passaggio questo che la società, stando a indiscrezioni, avrebbe per il momento stoppato proprio a fronte dell'intenzione di verificare l'operazione, da 400 milioni di euro, nel suo complesso. «Non c'è alcun blocco del progetto - chiarisce in ogni caso il direttore della centrale termoelettrica di Monfalcone, ingegner Luigi Manzo -, ma c'è un rallentamento dovuto al cambio di proprietà. A2a vuole definire appalti e aspetto finanziario, insomma effettuare una revisione generale del progetto. C'è un ripensamento in atto sul tracciato definitivo del gasdotto, perché si stanno studiando soluzioni meno impattanti del progetto che ha già completato il suo percorso autorizzativo». Tutte le varianti, come conferma il capocentrale, dovranno però essere riautorizzate.
 

 

Edilizia, arriva la Vea Le abitazioni a prova di energia e ambiente - VIA LIBERA DALLA GIIUNTA
 

TRIESTE Case più sicure dal punto di vista energetico ma anche (e soprattutto) da quello ambientale con la Valutazione energetica ambientale (Vea) approvata definitivamente dalla giunta regionale. Una vera rivoluzione nel campo dell'edilizia del Fvg sia perchè è il primo provvedimento di questo tipo a essere approvato definitivamente a livello nazionale, sia perchè comporterà una nuova valutazione degli immobili, di nuova e vecchia realizzazione. In sostanza, il Vea prevede l'assegnazione alle case di vere e proprie «pagelle» di eco-sostenibilità. Il protocollo determinerà il valore energetico e sostenibile assegnando una classe alfanumerica all’edificio, che potrà andare da quella inferiore (classi G3, G2 e G1) fino a salire a quelle massime (A+3, A+2 e A+1), quindi più rispettose dell'ambiente non solo nei consumi ma anche nei materiali impiegati per la loro realizzazione.
In totale, il sistema di valutazione Vea prevede la compilazione di 22 schede tematiche suddivise per 6 diverse aree: valutazione energetica, impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, materiali da costruzione, risparmio idrico e permeabilità dei suoli e, infine, una doppia qualità esterna ed interna. Il soggetto pubblico e privato proprietario dell'edificio dovrà, contestualmente alla richiesta di permesso di costruzione o alla denuncia di inizio attività, depositare presso il Comune le schede di valutazione del protocollo Vea e la scheda tecnica, compilate da un soggetto abilitato a tale certificazione. Il Comune e la Regione definiranno poi, ove presenti, le agevolazioni e/o contributi da erogare. I dati della certificazione Vea verranno inseriti nel catasto energetico-ambientale che sarà consultabile sul sito web della Regione. La certificazione, che avrà una durata massima di 10 anni, sostituirà gli attestati di qualificazione e di certificazione energetica degli edifici (previsti dal decreto legislativo 192/2005): dal 1 gennaio 2010 per gli edifici pubblici e dal 1 giugno 2010 per gli altri edifici.

(e.o.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 settembre 2009

 

 

Muggia studia il ricorso contro il rigassificatore - Il sindaco Nesladek: il legale sta valutando. I presupposti sembrano esserci tutti
 

DOPO L’ANNUNCIO DI SAN DORLIGO
Il Comune di Muggia sta concretamente valutando se ci sono i presupposti per fare un ricorso al Tar del Lazio contro il progetto del rigassificatore a Zaule. A confermare quanto anticipato pochi giorni fa dal sindaco di San Dorligo della Valle, Fulvia Premolin, è lo stesso primo cittadino della cittadina rivierasca, Nerio Nesladek: «Il nostro ufficio legale, rappresentato dall'avvocato Giadrossi, sta ancora approfondendo la questione, ma gli elementi per un ricorso sembrano esserci tutti».
Nesladek infatti evidenzia che «emergono alcune irregolarità che possono rientrare nell'illecito amministrativo, in particolare pareri di soggetti pubblici diventati positivi invece che negativi, una probabile mancata ottemperanza al Codice dell'ambiente nonché un’ incongruenza nella traduzione dei documenti». Il sindaco di Muggia precisa comunque che ci sono ancora 50 giorni prima che scadano i termini entro i quali presentare il ricorso.
Nella ”crociata” contro il rigassificatore, il Comune di Muggia ha già trovato da tempo un valido alleato nel Comune di San Dorligo della Valle: «Attenderemo ancora qualche giorno per vedere l'evolversi della situazione – conferma il sindaco Fulvia Premolin – ma come già detto San Dorligo presenterà sicuramente un ricorso che, speriamo, venga seguito anche da Muggia».

(r.t.)
 

 

Il governatore: con Lubiana rapporti non facili «Legittimo che chiedano informazioni sul rigassificatore ma della centrale di Krsko non sappiamo nulla»
 

AUDIZIONE ALLA COMMISSIONE AFFARI INTERNAZIONALI. IL PD CRITICO
TRIESTE «I rapporti con la Slovenia non sono facili». Renzo Tondo descrive così i rapporti con la vicina Repubblica illustrando le attività internazionali e i programmi comunitari della Regione alla V Commissione consiliare. Il governatore si riferisce alla questione rigassificatore ma fa un discorso più ampio: «Giustamente la Slovenia, essendo uno Stato, tende a relazionarsi con il Governo centrale – ha spiegato Tondo – tuttavia ho delle perplessità sul loro atteggiamento, sia con Rupel che con Pahor. Appena si apre un dialogo la prima partita diventa quella delle minoranze e ciò, nel momento in cui siamo tutti in Europa, non mi pare la prima questione».
Il presidente della Regione punta l’attenzione sul tema energetico lasciando intendere che se da una parte Lubiana vuole essere informata, dall’altra «su Krsko non ci viene detto niente».
Sul rigassificatore Tondo è chiaro: «E’ legittimo chiedere informazioni e mi risulta che siano state fornite ma ognuno è padrone a casa propria». Quanto ai progetti comunitari in piedi, Tondo, insieme all’assessore competente Federica Seganti, ha annunciato che entro la fine del 2009 saranno messe a bando risorse per 87 milioni di euro e altri 53 milioni saranno attivati entro il primo trimestre del 2010. «La Regione – ha aggiunto la Seganti - è autorità di gestione anche nel programma Italia-Slovenia che tra il 2007 e il 2013 metterà sul piatto transfrontaliero 136 milioni. Per quanto riguarda gli altri programmi, nei quali il Friuli Venezia Giulia è partner, sono in gioco 277 milioni». Tondo ha infine espresso l’intenzione di compiere una sorta di ricognizione delle relazioni attualmente in piedi: «Non abbiamo le dimensione per essere presenti ovunque, dobbiamo capire entro l’anno quali di queste relazioni effettivamente ci danno qualcosa». La prossima settimana Tondo incontrerà le Camere di Commercio, e nei giorni successivi anche le Fiere e le Province, per impostare questo tema.
Critica l’opposizione che con Franco Iacop (Pd) sottolinea come «ancora nessun bando sul programma comunitario Obiettivo competitività è stato avviato. Purtroppo si privano ancora le imprese di risorse fondamentali in questa fase di crisi». Per Iacop «l'audizione del presidente Tondo ha palesato, per l'ennesima volta, come la Giunta regionale sul tema dell'Europa e delle relazioni internazionali sia gravemente in ritardo, priva di idee e con scarsissimi risultati». L’ex assessore, in una nota scritta con i colleghi di partito Franco Brussa, Alessandro Tesini e Mauro Travanut, sostiene che «a fronte della segnalazione dei sui pesanti ritardi per la pubblicazione dei bandi per i fondi europei, il presidente ha risposto con vaghi impegni futuri, verso i quali l'attenzione e la sorveglianza del Partito Democratico sarà costante».

(r.u.)
 

 

«Cinghiali foraggiati da tanti anni Numero accresciuto per i cacciatori» - AMBIENTALISTI ALL’ATTACCO: COLPE PRECISE
 

Le associazioni ambientaliste Wwf, Legambiente, Lipu, Lega abolizione caccia e Italia Nostra, stanche del dibattito sui cinghiali scatenato dal piano varato dalla Regione e attuato dalla Provincia per abbatterne cento esemplari, prendono la parola: «Il problema dei cinghiali non è riconducibile all’operato dei guardacaccia della Provincia. Dagli atti di pianificazione venatoria degli ultimi 15 anni - sostengono in coro - si può esattamente capire su chi ricada la colpa dell’attuale situazione».
Secondo gli ambientalisti, da quando i cinghiali sono usciti dall’allevamento della cava Faccanoni nel mondo venatorio vi è stato un ingente foraggiamento delle bestie mirato ad aumentarne il numero in aree di facile accesso. Il tutto con il supporto economico dell’allora Comitato provinciale della caccia.
«Era già il 1997 quando noi associazioni abbiamo inteso a cosa si stava andando incontro, chiedendo l’intervento delle amministrazioni pubbliche affinché venisse messa la parola fine al foraggiamento artificiale. Ciò in vista dell’attivazione di una corretta e partecipata gestione basata sulla collaborazione del mondo faunistico e di quello della caccia».
Secondo gli ambientalisti i cinghiali erano all’epoca meno di cento. «Era possibile evitare l’esplosione dei danni e gli interventi di contenimento così cruenti. Ma le richieste di noi ambientalisti sono finite senza ascolto nei cassetti del piano faunistico di Provincia e Regione». Secondo le associazioni ora occorre istituire un tavolo tecnico permanente che veda cooperare ambientalisti, agricoltori ed enti locali alla ricerca di tecniche alternative all’uso della carabina.
Dello stesso avviso è la Lav, che dà la propria disponibilità a collaborare con qualsiasi ente politico per la risoluzione del problema cinghiali. La Lav riconduce la responsabilità della situazione alle associazioni venatorie: i cacciatori avrebbero reintrodotto gli animali selvatici per ottenere poi ricchi bottini. La Lav ricorda di essersi adoperata già nella ricerca di soluzioni efficaci a risolvere l’emergenza animali, molto meno drastiche rispetto all’abbattimento, in linea con quelle proposte dal consigliere comunale Marino Andolina come barriere elettriche di contenimento, spostamento progressivo dei punti di alimentazione verso l’altipiano.
Sara Giroldo
 

 

Diecimila persone in piazza Unità per l’arrivo della Marcia della pace - DALLA NUOVA ZELANDA ALLE ANDE CON TAPPA A TRIESTE
 

La Marcia mondiale della pace e della nonviolenza è la grande iniziativa, promossa dall’Associazione internazionale umanista, che fermerà a Trieste il 7 novembre per la sua prima tappa italiana. La marcia inizierà il 2 ottobre in Nuova Zelanda e attraverserà cento Paesi fino alle Ande, per unire idealmente il mondo nella pace: arriverà a Trieste dopo aver attraversato due tra le aree più colpite dalla guerra, il Medio oriente e i Balcani. Al progetto aderiscono personaggi celebri come il Dalai Lama o Lou Reed, e anche Trieste dà il suo contributo: alla presentazione della tappa triestina c’erano ieri lo scrittore Pino Roveredo e l’astronoma Margherita Hack.
«La marcia è un’iniziativa straordinaria – dice la Hack – che dimostra come la Terra sia ormai davvero un villaggio globale». L’astronoma si riferisce all’attualità per spiegare la necessità della pace: «Abbiamo davvero portato la democrazia in Afghanistan o in Iraq? Non sarebbe meglio lasciare che i popoli si conquistino la democrazia quando ne sentono il bisogno?». Per Roveredo «pace fa rima con coscienza: che non è un colore politico ma un obbligo, se non si è coscienti dell’importanza della pace si diventa indifferenti». L’arrivo della Marcia prevede molte iniziative, tra cui la creazione di un enorme simbolo della pace formato da 10mila persone in piazza Unità: «Abbiamo preso contatto con le scuole triestine – afferma Elena Giuffrida del comitato promotore – per riuscire a realizzarlo». Ed è dedicato alle scuole un concorso in cui i bambini realizzeranno opere sulla pace da esporre all’arrivo della marcia a Trieste.
Tra le altre iniziative, il teatro Miela ospiterà un concerto di Stefano Barone, virtuoso della chitarra. Anche la Provincia aderisce con un contributo di 2mila euro e con un supporto logistico: «Soldi ottimamente spesi – dice l’assessore alla pace Dennis Visioli -: l’importante è non dimenticare il termine nonviolenza, senza cui anche pace perde il suo valore». Particolari sulla marcia su www.marciamondiale.org e www.theworldmarch.org.
Giovanni Tomasin
 

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI - Il ritorno del tram
 

Ho letto con interesse e piacere l'intervento del consigliere Mario Ravalico del 15 settembre circa l'eventuale reintroduzione del tram a Trieste. Intervento quanto mai opportuno in vista della restituzione alla città dell'area del Porto Vecchio, grazie alla quale sarà inevitabile il ripensamento del sistema dei trasporti cittadino. Mi permetto tuttavia, nel mio piccolo, di fare qualche osservazione.
È difficile immaginare un «metrotram» efficiente per la nostra città, a meno di ipotizzare la reintroduzione della scomparsa «linea delle Rive» e una sparizione dei parcheggi là presenti. Un binario a scartamento ordinario per il centro città non appare una idea praticabile per Trieste. Forse tale idea sarebbe applicabile all'area del Porto Vecchio. Più che di un tram, per Trieste, visto il suo impianto urbano ottocentesco, sarebbe auspicabile una reintroduzione dei filobus, magari per le linee a più lunga percorrenza e meno acclivi, visto anche il grande progresso tecnologico che tale mezzo ha vissuto (per non parlare dei minori costi delle infrastrutture). Infine, forse non è sbagliato riconsiderare il già esistente tram di Opicina per farlo uscire dall'alveo storico-turistico in cui si è voluto confinarlo (e che ormai gli va stretto, come si evince dai numeri forniti dalla Trieste Trasporti) per renderlo più operativo nei confronti della città: espansione verso il centro (come ipotizzato dal consigliere Lupieri tempo fa), verso piazza Sant’Antonio, o largo Barriera; lo scartamento metrico lo renderebbe adatto per una realtà come il centro triestino. Il tutto ovviamente accompagnato da nuovi mezzi, nuove figure professionali e, in definitiva, nuovi posti di lavoro.
Sarebbe interessante che questa pagina fosse occasione per uno scambio di idee, suggerimenti e confronti in merito a questo argomento. In qualsiasi caso, faccia al signor Ravalico e agli amministratori che la pensano come lui i migliori auguri per quella che potrebbe essere una vera innovazione, un vero passo avanti per una Trieste sempre più vivibile e veramente europea.
Massimiliano Di Biagio
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 settembre 2009

 

 

RIGASSIFICATORE - Raccolte 500 firme dagli ambientalisti CONTRO L’IMPIANTO
 

«Sono già più di 500 le firme contro il rigassificatore raccolte in due pomeriggi, venerdì 18 e sabato 19 settembre scorsi, al banchetto allestito da Wwf, Legambiente e Italia Nostra in via delle Torri». Lo sostengono in una nota le tre associazioni ambientaliste che stanno distribuendo del materiale informativo e raccogliendo «fondi per le azioni legali e firme su una petizione contro il progettato impianto». La campagna continuerà anche nel prossimo week end (venerdì e sabato), sempre in via delle Torri, dove sarà collocato il banchetto dalle 15 alle 20. Nei week end di ottobre, invece, il banchetto sarà collocato in largo Bonifacio (nell’area pedonale adiacente la fontana all'inizio di viale XX Settembre).
«Il successo della raccolta di firme dimostra», a giudizio degli organizzatori, «quanto grande sia il dissenso della cittadinanza» verso l’impianto.
 

 

Gas Natural a caccia di una sede in città - L’ipotesi di Dipiazza: uffici in Friulia. E la società studia le strategie di comunicazione sul progetto
 

IN VISITA UNA DELEGAZIONE DEL COLOSSO SPAGNOLO INTENZIONATO A REALIZZARE IL RIGASSIFICATORE
Entra nel vivo la caccia di Gas Natural alla sua nuova sede triestina. Una delegazione del colosso spagnolo è infatti tornata in città per l’annunciata visita settembrina. Un giro in centro, per individuare una serie di location potenzialmente ideali per gli uffici della controllata Gas Natural rigassificatori Italia, ma non solo: i rappresentanti della società iberica hanno messo assieme una serie di incontri strategici. In Assindustria, nella serata di lunedì, e ieri in Comune e in Camera di commercio. Un modo per sondare la situazione, alla luce anche delle ultime evoluzioni sui non facili rapporti fra Italia e Slovenia in relazione al progetto del rigassificatore di Zaule e della contrarietà di una fetta della popolazione della provincia allo stesso. Al tempo stesso, una maniera per confermare la convinzione di Gas Natural nel continuare lungo la strada intrapresa.
«L’incontro è stato molto positivo: si tratterà di una grande occasione per l’AcegasAps, per Trieste e per arrivare finalmente alla chiusura della Ferriera - gongola il sindaco Roberto Dipiazza, a margine del faccia a faccia -. Il fatto che la sede della società verrà trasferita qui, determinerà peraltro il versamento delle tasse in città, con tutti i vantaggi del caso». A proposito di sede, il primo cittadino si lascia scivolare un’ipotesi «Friulia (i cui uffici si trovano in via Locchi, ndr), ma su questo punto di vedrà. Poi, una sede la trovo domani mattina in otto secondi, non è un problema: mi basta una telefonata», chiude il sindaco.
Gas Natural ha anche esibito un nuovo asso nella manica, tanto per ribadire la sua solidità in ambito internazionale nel panorama dell’energia: «Siamo tornati a Trieste con due obiettivi - afferma Giuseppe Muscio, portavoce di Gas Natural Italia -. Il primo era quello di comunicare agli interlocutori locali la fusione con Union Fenosa, terza utility spagnola dell’energia elettrica. Un’operazione che ci ha consentito quasi di raddoppiare il nostro portafoglio clienti, passando da 11 milioni a 20. In secondo luogo, volevamo prendere dei contatti per ascoltare le ultime novità e iniziare ad accordarci sulle modalità di comunicazione del progetto alla gente».
In questa direzione, ma non solo, è andato il vertice con il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti, scortato nell’occasione dai vicepresidenti Alessandro Settimo e Dario Bruni. Al centro del confronto, c’è stato soprattutto il ruolo dell’ente camerale per quanto concerne i rapporti con la società spagnola: un’azione che si tradurrà in un concreto supporto al coinvolgimento diretto delle imprese della provincia di Trieste in tutte le varie fasi del progetto. Su possibili garanzie occupazionali per i trestini, però, per il momento Muscio non ha voluto sbilanciarsi. Inoltre, come accennato, i vertici della Cciaa hanno confermato la loro disponibilità a collaborare nell’opera di informazione verso i cittadini per tutto ciò che riguarda l’impatto ambientale dell’opera.
Nella serata precedente, l’incontro con il direttore di Assindustria, Paolo Battilana: «Ci siamo visti per fare un punto della situazione sui loro progetti sul territorio e per tracciare una panoramica in termini di interesse per le aziende triestine. Sostanzialmente, è stata un’ennesima presa di contatto dopo la pausa estiva», ha spiegato proprio Battilana.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

«Tav, una galleria sotto San Giovanni» - AFFOLLATA ASSEMBLEA PUBBLICA: «PROGETTO DESTABILIZZANTE PER IL RIONE»
 

Il progetto per la realizzazione della Tav tocca da vicino - in fase di cantiere - una buona parte del comprensorio di San Giovanni. Circa 35 metri al di sotto del greto del torrente Grande del Farneto dovrebbe essere infatti ricavato un enorme vano da cui partirebbe una galleria di servizio sino alla Cava Faccanoni, utile ai camion per trasportare tonnellate e tonnellate di metri cubi di roccia asportate per la costruzione della linea ad alta velocità. Una struttura giudicata «altamente destabilizzante per i residenti del popoloso rione».
Così l’hanno definita ieri i relatori dell’assemblea-convegno pubblico dedicati alla Tav, di cui l’altra sera si è discusso al teatro di via San Cilino. Di fronte a una platea numerosa Dario Predonzan, responsabile regionale del settore trasporti per il Wwf, Andrea Wehrenfennig, responsabile dei trasporti per Legambiente Fvg, e il geologo e ricercatore Livio Sirovich hanno affrontato diversi aspetti della discussa progettazione dell'Alta Velocità triestina, moderati da Willi Mikac. Tutti concordi nell'evidenziare come la colossale opera risulti del tutto inutile e dannosa per un territorio complesso e delicato come quello della piccola provincia triestina. «Di fronte a un progetto così contorto e costoso - ha evidenziato Predonzan - è importante che vi sia una presa di coscienza generale della popolazione. Ferma restante la necessità di una capillare informazione e discussione su questi temi - ha continuato il rappresentante del Wwf - è fondamentale che il cittadino si senta investito in prima persona di questo problema e reagisca di conseguenza, facendo conoscere agli amministratori il proprio dissenso alla realizzazione dell'opera».
Andrea Wehrenfennig ha posto un particolare accento su una presunta antieconomicità dell'opera, giudicata anacronistica nel contesto logistico in cui dovrebbe trovare sviluppo. «Ci troviamo di fronte a una linea ferroviaria Trieste - Divaccia che oltre a deturpare il territorio si rivela del tutto antieconomica e inutile di fronte alla mancanza di altrettante infrastrutture esistenti nei Paesi contigui. Che senso ha arrivare a Divaccia e trovare zero infrastrutture?», ha rincarato l'esponente di Legambiente.
«La scelta del percorso della Tav triestina è semplicemente irrazionale - ha sostenuto Livio Sirovich - e il progetto che ci troviamo oggi tra le mani sembra giustificarsi soprattutto per garantire una bretella di collegamento ferroviaria al porto sloveno di Capodistria. Con tanta felicità per la lobby degli scavatori di tunnel, che in questo progetto hanno di che lavorare e fatturare».
Maurizio Lozei
 

 

Il Friuli Venezia Giulia isolato dalle Ferrovie - Dal 12 dicembre rischiano di sparire Eurostar e Cisalpino: solo treni regionali e cambio a Venezia
 

I treni soppressi dal prossimo 12 dicembre in FVG

Trenitalia potrebbe accettare le proposte di Rfi per il nuovo orario Milano e Roma sempre più lontane, si allungano anche i tempi
TRIESTE Treni soppressi, coincidenze cancellate, tempi allungati.
Trieste, Udine e Gorizia tagliate fuori. I cittadini del Friuli Venezia Giulia costretti a cambiare il treno a Mestre per andare a Milano o a Roma. E' lo scenario che si prefigura se Trenitalia accetterà le proposte di Rete ferroviaria italiana (Rfi) per il prossimo cambio di orario. L'orientamento attuale è di procedere a tagli sostanziali: dal 12 dicembre la regione potrebbe essere spinta ai margini dei servizi ferroviari. Eurostar, Eurocity, Cisalpini da Venezia direzione Est? La croce sopra. Altro che cuore dell'Europa. Altro che Tav. Persi i centri decisionali, rischiano di andarsene ora anche i treni. A sopravvivere, i soli convogli regionali.
I TAGLI Non che oggi ci sia abbondanza: i collegamenti diretti si contano sulle dita di una mano, l'unica relazione internazionale è la Trieste-Basilea. Ma almeno sono garantite le tratte fondamentali da Trieste e Udine, quelle verso Milano e Roma. Tra poco più di due mesi le ferrovie del Friuli Venezia Giulia potrebbero essere però letteralmente all'angolo. A quanto risulta, nell'agenda di Trenitalia, sulla base degli indirizzi di Rfi, con l'obiettivo di contenere i costi e tagliare le partite non remunerative, sono previste le soppressioni - andata e ritorno - dei collegamenti Eurostar oltre Venezia per Trieste e Udine; degli Eurocity che, unico collegamento internazionale, raggiungono, passando per Udine, Vienna e Venezia; dei Cisalpini in partenza da Trieste verso Milano e Basilea. Una sforbiciata pesantissima. Niente più Trieste-Roma, Trieste-Milano, Udine-Roma. Con l'aggiunta della perdita di coincidenze a Mestre tra gli Interregionali per Udine e Trieste e gli Eurostar Venezia-Roma.
IL RIDIMENSIONAMENTO Oggi a Roma è in programma una riunione: il nuovo orario è in via di definizione. Ma l'orientamento è chiaro: con questi nuovi tagli le Ferrovie completerebbero l'operazione dimagrimento lasciando al Friuli Venezia Giulia solo lo scheletro del servizio.
Prendi il treno regionale e poi ti arrangi: l'ultima tappa di un ridimensionamento progettato da Rfi senza che ci si preoccupasse di assicurare valide coincidenze per il traffico nazionale e i collegamenti internazionali attraverso Tarvisio, Gorizia e Opicina. I nostri transiti internazionali, strategici in vista del lancio dei grandi corridoi europei, sono di fatto emarginati.
GLI ORARI Dal punto di vista pratico la penalizzazione più evidente è quella dei tempi. Senza il diretto e con l'obbligo di scendere dal treno regionale e salire sull'Eurostar a Mestre, il passeggero del Friuli Venezia Giulia viaggerà a ritmo di lumaca. Se negli anni Sessanta il rapido da Trieste impiegava 4 ore per raggiungere Milano, adesso ci mette 20 minuti in più, ma dal 12 dicembre, in caso di sfortunata coincidenza, si supereranno le 5 ore. Tutto questo in tempi in cui il Frecciarossa impiega 65 minuti da Milano a Bologna, tre ore e mezza da Milano a Roma, quattro ore e cinquanta da Milano a Napoli.
L'ALLARME DELLE GENERALI Il quadro pessimistico disegnato da Giovanni Perissinotto l'altro giorno al convegno organizzato da Il Piccolo e NordestEuropa.it aggiunge dunque un'altra tessera preoccupante. L'ad delle Generali ha lanciato un avvertimento: il gruppo triestino fatica ad attirare a Trieste giovani manager "perché qui si ha l'impressione di essere tagliati fuori da tutto". Senza treni, sarà anche peggio. Ci sarà un auspicabile dietrofront? Il primo segnale non è positivo.
Cercando un posto dal 12 dicembre in poi sui treni a rischio taglio, già ora, sul sito di Trenitalia, si legge: soluzione non trovata.
L'INTERROGAZIONE Del resto, già da qualche settimana, si sentiva puzza di bruciato. La Cgil aveva denunciato il passaggio dei centri decisionali dalla nostra regione al Veneto. Ed è di questi giorni l'interrogazione bipartisan firmata da Rosato, Maran, Strizzolo (Pd), Monai (IdV), Antonione (Pdl) e Compagnon (Udc): "Le Ferrovie dello Stato non abbandonino il Friuli Venezia Giulia". Nel testo indirizzato al ministro Altero Matteoli si denuncia come, "nonostante l'attività merci sia tra le più rilevanti in ambito nazionale per la presenza dei poli industriali, dei valichi con Austria e Slovenia, di tre porti regionali e dello scalo di Cervignano, è rimasto un unico centro direzionale del traffico merci, a Udine". I deputati chiedono inoltre a Matteoli di "assicurare un direttore regionale e un direttore commerciale pienamente responsabili, in grado di studiare il mercato, di impostare un dialogo con istituzioni e imprese e di interfacciarsi proficuamente con la sede centrale".
MARCO BALLICO

 

 

Inceneritore fuorilegge a Prosecco - Indagini dei carabinieri, mancavano le autorizzazioni per i fumi - Smaltisce le carcasse degli animali
 

L’inceneritore di Prosecco utilizzato per la cremazione delle carcasse degli animali e che serve tutto il Nord Est è finito nel mirino della Procura. Il pm Cristina Bacer ha aperto un fascicolo perché la struttura ha funzionato pur in mancanza dell’autorizzazione relativa all’emissione dei fumi. In particolare, secondo gli accertamenti dei carabinieri del Noe disposti dal magistrato, non sarebbe stata effettuata la voltura tra l’autorizzazione concessa alla vecchia proprietà dello scalo bestiame dove appunto ha sede l’inceneritore e l’Azienda sanitaria subentrata quattro anni fa. Un inghippo amministrativo che è stato sanato solo recentemente da un provvedimento della Regione dopo che per molto tempo la stessa Azienda sanitaria ne aveva sollecitato il rilascio. Ma per il pregresso, secondo la procura, sussistono comunque le responsabilità. La struttura intanto è stata fermata non su disposizione del magistrato. Ma per consentire una serie di interventi di manutenzione e di sostituzione di alcune apparecchiature con altre più nuove e più efficienti.
Il sopralluogo dei carabinieri del Noe di Udine all’inceneritore che si trova in Comune di Sgonico era avvenuto nello scorso mese di agosto. I militari pur constatando il corretto funzionamento dell’inceneritore utilizzata non solo da privati e da veterinari ma anche dalle guardie venatorie e dalla forestale e ritenuto molto importante ed indispensabile per evitare il propagarsi di epidemie tra gli animali, avevano accertato una serie di irregolarità documentali intimando la loro regolarizazione da parte dell’Azienda sanitaria.
La principale, di rilevanza penale, era appunto quella della mancanza della voltura tra la vecchia e la nuova gestione. In pratica non era stata trasferita l’autorizzazione. Ma sono state anche contestate violazioni riguardanti la mancata dichiarazione di carico e scarico delle ceneri considerate rifiuti inerti e non pericolosi. Per questa violazione è stata comminata una sanzione amministrativa alla quale è stato già proposto ricorso.
L’inceneritore di Prosecco smaltisce più di cento tonnellate all’anno di spoglie di animali. Le carcasse provenienti fin dal Veneto vengono trasportate da mezzi particolari e con specifiche autorizzazioni. Vengono cremati animali «da reddito» come vacche, cavalli, pecore e suini morti sia per cause naturali e anche per particolari patologie che impongono la loro distruzione per ragioni di salute pubblica. Ma nella struttura finiscono anche animali domestici e da compagnia che muoiono in casa. In caso di cremazione singola le ceneri vengono consegnate ai proprietari che le conservano in un’urna.

(c.b.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 22 settembre 2009

 

 

Rigassificatore, i dubbi del Partito democratico - Una serie di incontri della Provincia dopo il no di Muggia e San Dorligo Nesladek: «Meglio tardi che mai»
 

RIUNIONE A PALAZZO GALATTI
Una serie di incontri, a carattere tecnico scientifico, sui principali problemi legati al progetto del rigassificatore. Li organizzerà la Provincia, a partire da ottobre, e le risposte che scaturiranno da ricercatori, tecnici ed esperti saranno pubblicate sul sito di palazzo Galatti.
L’input è arrivato da una riunione fra la presidente Maria Teresa Bassa Poropat e una delegazione del Partito democratico, guidata dal segretario Roberto Cosolin e di cui facevano parte i capigruppo in Provincia, Maria Monteleone, e in Comune, Fabio Omero, e il sindaco di Muggia Nerio Nesladek.
All’amministrazione provinciale il Pd ha chiesto di attivare un percorso di approfondimento sulle criticità d’impatto e sui potenziali benefici derivanti dall’insediamento del rigassificatore. Percorso che coinvolga la comunità scientifica, i detentori di interessi ambientali, economici e sociali, l’azienda e altre istituzioni. Il tutto allo scopo di dare le risposte per una valutazione definitiva su sostenibilità e benefici, attuando così obiettivi di trasparenza, informazione e partecipazione.
Obiettivi, questi, dichiarati nell’ordine del giorno sul rigassificatore varato dall’assemblea del Pd lo scorso 29 luglio. Un’approvazione a maggioranza, che aveva però portato alla luce la diversità di vedute sul progetto in seno al Partito democratico. In quell’occasione si erano espressi contro il documento i circoli di Muggia e di San Dorligo, e alcuni consiglieri comunali triestini come Bruna Tam e Mario Ravalico.
«È bene che questo percorso, di cui c’è bisogno – precisa il segretario provinciale del Pd, Roberto Cosolini – lo faccia un’istituzione, e in particolare la Provincia che ha una funzione di coordinamento. Ci sono molte posizioni sfumate che aspettano risposte, non ancora note o non diffuse in maniera trasparente».
Il segretario del Pd sottolinea poi che si fa poco per far sottostare il completamento del percorso autorizzativo a determinate garanzie. «Ricordo – prosegue – che la giunta Illy decise di non dare un parere sul progetto perchè la documentazione era carente. La gente deve sapere se la movimentazione delle navi, l’impatto sulle acque del golfo e altri aspetti costituiscono dei problemi o meno. E un ente come la Provincia – conclude – ha gli strumenti per chiarire questi punti e spiegarli alla gente».
Ma come si spiega la presenza all’incontro di Nesladek, dopo che i circoli di Muggia avevano votato no all’assemblea del Pd? «Come sindaco – risponde – mi muovo secondo la volontà del consiglio comunale e della città. E come iscritto al Pd mi è sembrato giusto essere anch’io a sollecitare la Provincia, come ente terzo che ha un giusto ruolo, a mettere in piedi un percorso di approfondimento e confronto».
Ma non è un po’ tardi, dopo che il progetto ha ricevuto da Roma il via libera ambientale? «Meglio tardi che mai», commenta Nesladek, che aggiunge: «Considero anch’io tardiva la cosa, la si poteva fare prima. È comunque un’opportunità da cogliere, non ce ne saranno molte altre. Sono contento – prosegue – che siano state recepite le istanze che sostenevamo su questo percorso, che a Muggia è già stato fatto in parte. Sarò contento se altri prenderanno posizione».
Dal canto suo, la presidente della Provincia ricorda che la giunta, pur non essendo chiamata a dare un parere, aveva espresso una serie di osservazioni sul progetto, poi recepite dalla Regione.
L’interesse ad approfondire c’era dunque già in precedenza. Ora la richiesta del Pd giustifica l’organizzazione di una serie di incontri, per mettere le conoscenze tecniche a disposizione della cittadinanza e arrivare a risposte definitive. «Sto fissando una serie di appuntamenti con l’Università, la Sissa, l’Area science park – spiega la Bassa Poropat – per definire il calendario degli approfondimenti. Incontri ne faremo anche con i sindacati, le associazioni ambientaliste e altri esperti. Bisogna capire quali saranno le ricadute effettive sul territorio, anche occupazionali».
E i tempi? «Gli incontri, che saranno a invito, verteranno su singoli argomenti e potrebbero partire agli inizi di ottobre. Saranno aperti a tutte le parti interessate, che potranno confrontarsi con esperti e con l’azienda. Contiamo inoltre di pubblicare le risposte sul sito della Provincia entro fine anno».
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

Transpadana, cda in Francia per fare pressing sulla Tav
 

TRIESTE Sotto la guida di Franck Riboud, presidente del Comitè pour la Transalpine, si è svolto a Chambery in Francia un consiglio di amministrazione straordinario che ha visto la partecipazione dei vertici del Comitato Transpadana, Luigi Rossi di Montelera, presidente per la parte privata e Antonio Paoletti, presidente della Camera di Commercio di Trieste e presidente per la parte pubblica. I due esecutivi hanno deciso di istituzionalizzare la loro collaborazione ventennale con un'adesione reciproca alle rispettive compagini sociali che permetterà di rafforzare la loro coesione a favore del progetto prioritario n° 6 dell'Unione Europea Lione-Torino-Lubiana-Budapest.
Definiti nell'incontro i punti per importanti azioni comuni di promozione, sensibilizzazione e informazione, nonchè un pressing sui rispettivi governi in vista del prossimo summit italo-francesce. Infatti, per quanto concerne una tratta fondamentale di tale progetto europeo, la futura linea Torino-Lione, i due Comitati hanno appreso la volontà dei governi italiano e francese, espressa in occasione del vertice del 24 febbraio scorso, di firmare un nuovo trattato internazionale, complementare al trattato siglato nel gennaio 2001, durante il prossimo vertice italo-francese e porteranno le loro istanze ai rispettivi governi affinchè ciò avvenga senza ulteriori ritardi.
 

 

Tav, i due comitati rilanciano il progetto - Verso un vertice a tre con Francia e Slovenia per unificare gli sforzi

 

TRANSPADANA - RIUNIONE A CHAMBERY - Al triestino Paoletti l’incarico di verificare i tempi e i modi per organizzare subito l’incontro trilaterale
I comitati «Transpadana» e «La Transalpine» uniscono gli sforzi per rilanciare il progetto prioritario europeo numero 6 dell’Alta velocità ferroviaria Lione-Torino-Trieste-Lubiana-Budapest. Sotto la guida di Franck Riboud, presidente del Comité pour la Transalpine, si è svolto a Chambéry un consiglio di amministrazione straordinario che ha visto la partecipazione dei vertici del Comitato Transpadana: Luigi Rossi di Montelera, presidente per la parte privata e Antonio Paoletti, presidente della Camera di Commercio di Trieste e presidente per la parte pubblica. I due esecutivi hanno deciso di istituzionalizzare la loro collaborazione ventennale con un'adesione reciproca alle rispettive compagini sociali. Infatti, per quanto concerne una tratta fondamentale di questo progetto europeo, la futura linea Torino-Lione, i due Comitati hanno appreso la volontà dei governi italiano e francese, espressa in occasione del vertice del 24 febbraio scorso, di firmare un nuovo trattato internazionale, complementare al trattato siglato nel gennaio 2001.
In linea con le raccomandazioni del Coordinatore europeo del progetto 6, Laurens J. Brinkhorst, di considerare il progetto nella sua interezza superando le reticenze nazionali e i localismi, gli esecutivi hanno deciso di organizzare per la prima volta un vertice che veda coinvolte le Commissioni ministeriali Italo-Francese e Italo-Slovena. Sarà Transpadana in particolare, attraverso il presidente Antonio Paoletti, a verificare da subito i tempi e i modi per l'incontro, ritenuto ormai di fondamentale importanza e urgenza, da realizzare entro la fine del 2009. Saranno analizzati in questa occasione assieme alle autorità slovene le tematiche inerenti l'altro importante attraversamento alpino ad est, la Trieste-Lubiana. Per la linea di valico tra Italia e Slovenia (36,5 chilometri e un costo stimato di 2,4 miliardi di euro) è stato approvato da un'apposita Commissione intergovernativa nel 2008 uno studio di fattibilità che dovrà tradursi, nei prossimi anni, in progetto preliminare.
 

 

Ingegneri, vince la lista Gregori. Battuto Cervesi - EMERGONO I QUARANTENNI NELLE ELEZIONI PER IL DIRETTIVO DELL’ORDINE PROFESSIONALE
 

Salvatore Noè il più votato, ma è probabile che venga riconfermato il presidente uscente Vianelli
Golpe dei quarantenni all’Ordine degli ingegneri. La lista guidata da Giulio Gregori e che proponeva un ricambio generazionale oltre che d’immagine al vertice della categoria ha occupato sei posti dei dieci a disposizione nel nuovo consiglio direttivo. Tre soltanto sono stati appannaggio della lista di quello che ”politicamente” è il più noto ingegnere triestino, oltre che l’uomo forte della categoria che complessivamente ha guidato per dodici anni: Giovanni Cervesi. Assieme a lui, piazzatosi solo all’ottavo posto nella votazione, della lista tradizionalista sono risultati eletti unicamente Franco Frezza, segretario uscente, e Fausto Rovina al terzo posto tra i più votati.
I ”contras” occuperanno sei caselle con Salvatore Noé risultato il più votato con 155 preferenze e Giulio Gregori al secondo posto con 151 e poi Renzo Simoni, Elisabetta Delben, Stefano Patuanelli e Mario Bucher. Noé e Gregori non sono di primo pelo avendo rispettivamente 52 e 49 anni, ma Patuanelli ed Elisabetta Delben ne hanno solo 35. L’unico non compreso in nessuna delle due liste che è stato eletto è Mario Vianelli, il presidente uscente, che a questo punto è il naturale candidato a proseguire sullo scranno più alto della categoria e già ieri ha dato in qualche modo la propria disponibilità. «Quello che si conclude è stato un gran bel periodo, abbiamo smosso diverse situazioni e imposto un tipo di lavoro che andrebbe proseguito - ha commentato Gregori - Ci siamo fatti sentire dalle istituzioni e collaborato costantemente con la Regione. Gli ingegneri che dicono il contrario sono quelli che non vivono la vita dell’Ordine».
Vianelli era subentrato nel 2006 a Cervesi allorché quest’ultimo aveva dato le dimissioni in quanto eletto nel Consiglio nazionale degli ingegneri a Roma. Successivamente però quelle elezioni sono state invalidate e Cervesi è così rimasto escluso da entrambi i Consigli. In quello provinciale vi rientra ora, con ben poche possibilità però di tornare a fare il presidente, ruolo a cui aveva esplicitamente dichiarato di puntare. Ieri però non ha mostrato alcuna delusione per l’esito delle elezioni, anzi. «Sono molto soddisfatto di come sono andate, onore al merito di chi è riuscito a portare ben 400 colleghi a votare: a Trieste non era mai successo in tutta la storia dell’Ordine, per cui mi sono complimentato con i colleghi più giovani. Siamo in una ventina che abbiamo ricevuto oltre cento preferenze. Significa che le indicazioni sono state abbastanza univoche, ma soprattutto che c’è un rinnovato interesse verso l’organismo che rappresenta la categoria».
Categoria che a Trieste non conosce disoccupati. Al Nord i neoingegneri trovano lavoro nel giro di 3 mesi, al Centro-Sud in 7 mesi. «Chi farà il presidente non è un problema - sostiene Cervesi - dipende anche dalle disponibilità di tempo di ciascuno. All’interno dell’Ordine ci sono tanti ruoli importanti: quello del segretario, quello dei presidenti delle varie commissioni. Io di certo mi impegnerò al massimo affinché sia valorizzato il ruolo della categoria, soprattutto nel rapporto con le istituzioni».
«Soprattutto due i motivi di soddisfazioni per come sono andate queste elezioni - commenta Gregori - innanzitutto il gran numero di colleghi che sono andati a votare e poi l’età media degli eletti che risulta comunque piuttosto bassa». «Io ho sempre cercato di spingere a favore dei giovani perché a mia volta ritenevo indispensabile un ringiovanimento e un rinnovamento - ha commentato ancora Vianelli - mi sono battuto per la norma che ora limita a due i mandati consecutivi, cioé 8 anni, di possibile permanenza all’interno del consiglio direttivo. Sono contento però di non essermi schierato in alcune delle due liste e di aver corso al di fuori dei due schieramenti».
SILVIO MARANZANA

 

 

INGEGNERI - Si punta su sicurezza e risparmio energetico - È su questi temi che si concentrerà l’aggiornamento per i neolaureati
 

Scatta il trasloco in via Genova 14
«Il rigassificatore e il Piano regolatore sono i due temi politici forti sul quale il prossimo direttivo dell’Ordine degli ingegneri chiederà di essere consultato - annuncia Mario Vianelli presidente uscente con buone probabilità di riconferma - ma dovremo affrontare in particolare altre due questioni che sono di stretta attualità e riguardano rispettivamente la sicurezza sui posti di lavoro, dove ci sono ancora troppi infortuni, e il risparmio energetico negli edifici».
Sulla prima questione Vianelli ritiene fondamentale che siano entrati nel nuovo direttivo Fausto Rovina dipendente dell’Arpa oltre che uno dei coordinatori a livello nazionale sulle questioni della sicurezza e Renzo Simoni, dipendente Asl. Quanto al tema energetico è ritenuto urgente intervenire sulla tipologia delle costruzioni e sugli isolamenti. «Per quanto concerne tutti questi aspetti - spiega Vianelli - l’Ordine punterà molto sulla formazione in particolare dei giovani ingegneri».
Il consiglio direttivo affiancherà ai dieci ingegneri eletti, un undicesimo componente, e cioé da Roberta Manzi che ha ottenuto il maggior numero di voti (139) nella cosiddetta sezione B, quella che riguarda le lauree brevi. La sede dell’Ordine, che deve liberare il complesso del Tergesteo dove sono partiti i lavori di ristrutturazione, si trasferirà proprio nei prossimi giorni in un appartamento di via Genova 14 che è stato preso in affitto dalla Comunità serbo-ortodossa, proprietaria del palazzo.
Il vertice uscente rimane comunque in carica fino al 12 ottobre. A cavallo di quella data si riunirà il nuovo direttivo che dovrà eleggere al proprio interno presidente, segretario e tesoriere. È in quella sede che Mario Vianelli si presenterà con buone possibilità di poter proseguire il suo lavoro al vertice. Non è propriamente un giovane avendo già compiuto 65 anni ed è andato in pensione dopo essere stato il direttore del settore Acqua dell’Acegas. Oggi è il direttore gestionale del Mib, School of managment che ha sede al Ferdinandeo. Svolge anche consulenze da libero professionista.
Nella riunione dei neoletti saranno anche nominati i presidenti delle commissioni che sono ben nove: Ambienti, Impianti e sicurezza, Informatica e processi innovativi, Lavori pubblici, Rapporti dipendenti privati, Rapporti dipendenti pubblici, Strutture, Qualità, Urbanistica e edilizia.

(s.m.)
 

 

Altipiano Est, incontri sul Piano regolatore - DOMANI IL PRIMO A BANNE
 

TRIESTE Con un incontro dedicato all'approfondimento della nuova variante al Piano regolatore comunale si apre domani al Circolo Grad di Banne (ore 20.30) una serie di appuntamenti sul tema organizzata dal parlamentino Altipiano Est. I consiglieri illustreranno ai cittadini di quella parte del Carso la versione aggiornata del nuovo strumento urbanistico adottato lo scorso 6 agosto dal Consiglio comunale, con il relativo parere da loro emesso e le diverse indicazioni formulate per migliorarlo. Con l'ausilio degli elaborati presenteranno le modifiche apportate alle norme tecniche di attuazione e le mappe di zonizzazione. Nella seconda parte dell'incontro verrà dato spazio alla discussione, con particolare attenzione per le opposizioni e le osservazioni dei proprietari di edifici e particelle, e le osservazioni a carattere collettivo.
«L'appuntamento di Banne è un’occasione per parlare tutti assieme del futuro del comprensorio dell'ex Caserma Monte Cimone – afferma per il parlamentino, il presidente Marco Milkovich – a confermare come il sito non debba essere destinato a uso residenziale, bensì a spazio di utilità pubblica. I residenti di Banne – continua Milkovich – sono concordi nell'identificare in quell'area utilizzi che vadano a beneficio della comunità locale e del resto dell'altipiano».
Giovedì il consiglio circoscrizionale parlerà di nuovo di Piano regolatore con i residenti di Padriciano, nella sede del Consorzio boschivo locale. L'incontro è previsto per le 20.30, e avrà quale tema principale l'osteggiata nuova zona turistica individuata in un'area verde di fronte al campo profughi. L'iniziativa del parlamentino continuerà anche la settimana ventura, con ulteriori incontri riservati alle comunità di Basovizza, Gropada e Trebiciano, in date da definirsi. Chiuderanno la serie ulteriori incontri, probabilmente due, nella frazione di Opicina.
Maurizio Lozei
 

 

Muggia, in bici da Santa Barbara a Rabuiese - IL PERCORSO SARÀ RIPRISTINATO CON I FONDI DEL PIANO PROVINCIALE
 

Un intervento per ripristinare il collegamento ciclopedonale tra Santa Barbara e Rabuiese, valorizzando così una zona di pregio, e due caldaie a biomasse da installare in un plesso scolastico.
Sono i progetti del Comune di Muggia inseriti nel Piano di azione locale 2009-2011 della Provincia, per il quale la bozza di accordo è stata approvata nei giorni scorsi dal Consiglio comunale, con l'astensione dell'opposizione.
Il primo progetto riguarda un intervento di manutenzione del collegamento viario tra Santa Barbara e Rabuiese, il cui primo lotto interessa il tratto stradale tra Santa Barbara e via del Serbatoio. L'obiettivo è di ripristinare i collegamenti tra Santa Barbara, Rabuiese e strada di Farnei, rimettendo in sesto parte di un'antica strada, per collegare la zona della Parenzana, dei Laghetti delle Noghere e di Vignano con Santa Barbara, le vecchie cave di arenaria, il restaurato castelliere di Elleri e quindi, attraverso il cosiddetto sentiero dei ”graniciari”, Muggia Vecchia, Chiampore e Lazzaretto.
«Questo – osserva il sindaco – è solo uno dei vari interventi che porteranno alla sistemazione di quel percorso archeologico e naturalistico che, secondo quanto ribadito anche in sede di conferenza economica, rappresenta un mattone fondamentale del futuro turistico e ricreativo di Muggia».
Il secondo progetto - che interessa anche San Dorligo – riguarda invece l'utilizzo delle biomasse e la relativa installazione di due caldaie presso due siti: uno nel comune di San Dorligo (il teatro Preseren) e l'altro in alcune scuole muggesane (si pensa alla De Amicis con relativa palestra, alla materna adiacente e all'asilo di Chiampore).
L’adessione alla bozza di accordo è solo un primo passo, sul quale peraltro l'opposizione ha ritenuto di astenersi. «Perché - spiega il consigliere di An Christian Gretti - permangono molte perplessità. A creare dubbi, i costi per la realizzazione, ma soprattutto le spese, legate in particolare all'approvvigionamento del combustibile. Quanto più da lontano arriva, tanto più alto è il costo».
Risponde Nesladek: «Grazie all'accordo con la Coldiretti e con l’Associazione degli agricoltori sloveni, partners della prima ora in questo progetto, l'approvvigionamento non sarà un problema. Esiste sufficiente materia prima, si tratta soltanto di organizzare la raccolta in un'ottica di fililera corta. Poi, non solo non si dovrà pagare il combustibile, ma gli operatori agricoli non dovranno più sobbarcarsi il costo dello smatimento».
Gianfranco Terzoli

 

 

La centrale idrodinamica del Porto nel libro della Caroli
 

PRESENTAZIONE DEL PRIMO VOLUME DELLA COLLANA DI ”ITALIA NOSTRA”, OSPITE L’ARCHITETTO PORTOGHESI
Verrà illustrato oggi il volume ”La centrale idrodinamica” di Antonella Caroli, primo della collana curata da Italia Nostra, edito dalla Italo Svevo. L’appuntamento è alle 17.30, nella sala Baroncini delle Assicurazioni Generali. Presenterà il libro l’architetto Paolo Portoghesi.
Italia Nostra ha cercato di salvare le architetture uniche del Porto Vecchio grazie agli studi e alle ricerche svolte in particolare dall’architetto Caroli che, per lunghi anni, ha trovato e analizzato documentazione italiana ed europea sul valore di questo importante patrimonio. Studi e ricerche che sono serviti non solo a porre i vincoli di tutela ma anche a trovare il percorso dei finanziamenti per il restauro e le nuove destinazioni d'uso. Pubblicazioni e convegni hanno contribuito a far conoscere il comprensorio storico del Porto Vecchio e i suoi straordinari magazzini.
Con questo primo saggio sulla centrale idrodinamica, ora in corso di restauro, Italia Nostra inizia a pubblicare la storia e le vicende costruttive di queste strutture per accompagnare i progetti approvati e in corso d'opera che andranno a trasformare il vecchio sito portuale in un'area di grande interesse culturale ed economico, oggetto di attenzione da parte della comunità internazionale.
Il patrimonio del Porto Vecchio di Trieste, ”lagerhauser” (brano di città destinato alla movimentazione delle merci), la centrale idrodinamica e la sottostazione elettrica di riconversione sono edifici monumentali che, assieme al magazzino 26 e alle altre costruzioni portuali, hanno portato alla ribalta mondiale il comprensorio portuale storico triestino. La ”Centrale Idrodinamica” (1890), l'unico impianto di potenza idraulica completo che comprenda ancora intatte tutte le macchine originarie, ha prodotto energia per la movimentazione di tutti i mezzi di sollevamento del Porto Vecchio di Trieste fino al 1988. Collegata ad essa si trova anche la ”Sottostazione elettrica di riconversione”, di epoca successiva (1913), che tuttora conserva trasformatori, riduttori e strumentazione elettrica d'epoca, che restano ancor'oggi parzialmente in funzione.

 

 

Così rivive la centrale idrodinamica del Porto Vecchio - ARCHITETTURA. OGGI LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI ANTONELLA CAROLI
 

Porto Vecchio, atto primo: inizia con una pubblicazione su ”La centrale idrodinamcia del porto di Trieste” la Collana di Italia Nostra - Sezione di Trieste consistente in una serie di saggi dedicati a quell’area, in cui si svela ancora, sostenuta da un fascinoso e inequivocabile “genius loci”, tuttora vivo tra le possenti strutture, la vocazione al mare di Trieste e la sua storia.
Il libro, che sarà presentato da Paolo Portoghesi oggi alle 17.30 alla Sala Baroncini delle Assicurazioni Generali, porta, come gli altri in corso di preparazione, la firma di Antonella Caroli, già segretario generale dell’Autorità Portuale del capoluogo giuliano, ex presidente di Italia Nostra e appassionata studiosa di portualità internazionale, accanto a un’acuta introduzione dell’architetto Portoghesi e a una riflessione di Giulia Giacomich, presidente di Italia Nostra. È prevista la partecipazione dell'architetto Roberto Di Paola , direttore regionale dei Beni Culturali.
Il volume, edito per i tipi della “Italo Svevo” di Trieste (pgg. 77, € 15,00), si avvale anche di un intervento dell’ingegner Ferruccio Carbi, dei disegni dell’architetto Alessio Floreancig e di interessantissime foto d’epoca, che ci riportano a un passato importante e internazionale, quando Trieste era il secondo porto d’Europa e l’unico del vasto Impero asburgico. E nel contempo suggerisce la necessità di un riuso in chiave contemporanea, della tutela, della conservazione e della valorizzazione di tutta l’area del Porto Vecchio: un processo che, per la centrale idrodinamica, ora in corso di restauro, è fortunatamente iniziato, così come è già stato realizzato il ripristino del Magazzino 26 e dell’Hangar I del Molo IV. Interventi, intorno ai quali si focalizza l’interesse di Italia Nostra, che, come afferma Giacomich, ha sempre cercato di salvare tali architetture uniche grazie agli studi e alle ricerche svolte in particolare dalla Caroli.
Il saggio sulla Centrale idrodinamica testimonia, tra l’altro, con chiarezza l’avanguardia tecnologica con cui fu costruito il nostro porto, un tempo, a differenza di oggi, parte integrante del tessuto urbano della città. Realizzata nel 1890, la Centrale ha prodotto energia per la movimentazione di tutti i mezzi di sollevamento del Porto Vecchio fino al 1988 e rappresenta un capolavoro di archeologia industriale: i primi alternatori furono infatti presentati all’Esposizione di Parigi soltanto nel 1881 e il primo motore elettrico a corrente fu ideato da Galileo Ferraris nel 1885. Così, il porto triestino fu uno tra i primi al mondo, assieme a quelli di Buenos Aires, Calcutta, Genova e Amburgo, a dotarsi di un tale sistema energetico.
Al libro seguiranno altre pubblicazioni, tra cui una guida storica del Porto Vecchio prima della sua riqualificazione (attualmente in fase di stampa), altri saggi sulle costruzioni del Porto Nuovo, sulle sottostazioni elettriche di riconversione del Porto Vecchio e del Porto Nuovo, sull’archivio storico dell’Ente Porto e sul Polo Museale del porto stesso.
Marianna Accerboni
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 settembre 2009

 

 

Il rigassificatore di Zaule: l’Italia rassicura Lubiana nessun segreto sul progetto - IL GOVERNO ITALIANO NON CAMBIA LA LINEA ADOTTATA
 

Il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia promette: tutta la documentazione sarà a disposizione della Slovenia
TRIESTE Sul rigassificatore di Zaule l’Italia non cambia linea e il ministero dell’Ambiente presenterà tutta la documentazione fin qui esistente alla controparte slovena nella prossima conferenza interministeriale. Nessun segreto, dunque, nessuna volontà di inasprire gli animi, anzi, è con uno spirito costruttivo che il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia affronta la questione.
Quale sarà la posizione del ministero dell’Ambiente sul rigassificatore di Zaule alla prossima conferenza interministeriale tra Italia e Slovenia?
«Manterremo la posizione fin qui attuata e già espressa. Vorrei ricordare che abbiamo inviato una missione a Lubiana con i tecnici del ministero assieme al consigliere diplomatico del ministro che aveva portato il dossier quando era stata conclusa la procedura della commissione sulla valutazione di impatto ambientale (Via) con la quale ritenevamo di aver adempiuto a tutto il patto di consultazione e a quello che era previsto. Manterremo la posizione già espressa».
Ma ora la Slovenia chiede anche la documentazione relativa al gasdotto sottomarino che da Zaule si collegherà a Grado alla rete nazionale...
«Su questa questione, come è noto, la Commissione Via non ha ancora espresso il suo parere. E questo è un problema differente. Uno è l’impianto di rigassificazione, l’altro è l’allacciamento con la rete nazionale che è la famosa questione del gasdotto. Anche se mi sembra palese che la realizzazione di quest’ultimo si allontana dalla cosiddetta zona critica, quindi, a logica, dovrebbe sollevare ancora minori questioni. Però sul gasdotto c’è una valutazione differente della Commissione Via che stiamo ancora attendendo. L’Italia, comunque, risponde a criteri tecnici e alla legislazione sull’impatto ambientale. È un fatto che è separato dalle volontà politiche. E poi spetta alla Regione Friuli Venezia Giulia l’ultima parola».
Spostiamoci sul tema del nucleare. È già stata elaborata la lista dove saranno ubicate le centrali atomiche che l’Italia ha intenzione di costruire?
«Il ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola ha in alcune occasioni dichiarato che vorrebbe comunque prima della fine dell’anno illustrare la possibile localizzazione dei luoghi individuati dalla commissione preposta. È evidente che si tratterà di una serie di proposte, dopo di che ci sarà ancora una lunga strada da percorrere».
Anche perché continua a spuntare il nome di Monfalcone come uno di questi probabili siti nucleari...
«Se è per questo si fanno mille nomi. Personalmente penso che sulle questioni energetiche nazionali mi pare di poter dire che è abbastanza logico che l’Italia rientri in un programma nucleare. La nostra bolletta la paghiamo il trenta, quaranta per cento in più rispetto ai cittadini di altri Paesi della Comunità europea. E questo perché? Perché noi andiamo ad acquistare energia in Paesi che la producono con il nucleare e che ci sono peraltro contermini. Come è noto noi uscimmo dal programma atomico, nonostante avessimo capacità tecniche e conoscenze, mentre per me, anche da un punto di vista logico sarebbe stato giusto procedere sulla strada del nucleare, comunque dopo Chernobyl ci fu quel famoso referendum quando si votò soprattutto sull’onda emozionale e l’Italia uscì dal nucleare. Oggi per me, anche perché sono peraltro cambiate le condizioni di sicurezza, è logico che in Italia si ritorni al nucleare. E questo per una questione di scelta energetica che è funzionale allo sviluppo del Paese. Dopo di che, quando si imbocca questa strada, non bisogna cominciare a soffrire della”sindrome nimby”, ossia ”not in my backyard”, ossia non nel mio giardino. Se per ipotesi il rigassificatore si fa vicino a casa mia non è che io possa dire: ”Sì, si deve fare, ma fatelo da un’altra parte”. Quindi credo che anche sotto questo profilo ci devono essere caratteristiche tecniche che devono essere lasciate alla valutazione di chi tecnicamente e scientificamente è più indicato a farle, in termini di sicurezza, di compatibilità e poi su quella base si sceglie».
Ma Monfalcone è tra i siti papabili sì o no?
«È una delle tante cose che si dicono. Io l’ho letta solo su organi di stampa. Non l’ho sentita né nell’ambiente del mio ministero, né in quello dello Sviluppo economico. È una delle cose che si dicono. Poi ripeto, se domani capita una cosa simile vicino a me che cosa dico? Dico no, non la voglio. Sarebbe piuttosto incoerente».
Lei prima ha accennato a Paesi contermini che producono energia dal nucleare. Uno di questi è certamente la Slovenia. Venerdì scorso a Roma a precisa domanda il primo ministro sloveno, Borut Pahor non si è detto a priori contrario a contatti con l’Eni per la gestione dell’impianto di Krsko. «Ascolteremo quanto hanno eventualmente da dirci e da proporci - ha affermato - poi valuteremo il tutto e prenderemo le nostre decisioni». Lei come vede la questione?
«L’Eni, come è logico, ha una strategia nazionale e di penetrazione anche su altri mercati su rete europea. Quindi io, ovviamente, non ho niente in contrario. Auspico anzi che il sistema Italia possa anche nei Paesi a noi vicini, in questo caso magari in Slovenia, partecipare e collaborare e quindi portare, fra l’altro, tecnologia, capacità e anche ricchezza a casa nostra».
Tutto questo però va inserito in un preciso quadro...
«Certo il tutto va inserito in un quadro di rapporti normali tra Italia e Slovenia. Sarebbe abbastanza paradossale dire che noi colloboriamo a Krsko ma loro ci impediscono di fare il rigassificatore. In questo modo il dialogo non funziona».
MAURO MANZIN

 

«Costi alti e natura deturpata»: scende in campo ”No Tav così” - DALL’ALTA VELOCITÀ AL PIANO REGOLATORE
 

Oggi un convegno: ambientalisti, geologi e Pro Loco discutono anche la cementificazione di San Giovanni
Scende in campo il ”Raggruppamento no Tav così”. Per discutere del nuovo piano regolatore ma anche dei progetti dell’Alta velocità che riguardano il comprensorio triestino, il gruppo - con la collaborazione di Spi Cgil, Pro Loco e Comitato cittadini di San Giovanni Cologna - organizza oggi alle 18 un’assemblea pubblica al Teatro dell’oratorio di San Giovanni, in via San Cilino 101; relatori il responsabile trasporti del Wwf Dario Predonzan, il geologo Livio Sirovich e il responsabile trasporti di Legambiente Andrea Wehrenfennig. «Sono in fase di progetto - si legge in una nota - nuovi e importanti lavori e scavi di gallerie sotto il Carso e nei rioni per la Tav: Tav che tuttavia non risolverà il problema dei trasporti - che si può affrontare in altro modo - e costerà moltisimo ai cittadini, deturperà il territorio provocando danni ambientali anche gravi». È prevista la raccolta di firme per una petizione popolare di richiesta di trasparenza sui progetti Tav da inoltrare al sindaco Dipiazza.
Nella parte introduttiva verranno invece presentate le problematiche più urgenti relative alla necessità delle osservazioni e opposizioni da tenere nei confronti del nuovo piano regolatore del Comune. «Spicca con tremenda attualità – spiega Luciano Ferluga per il comitato organizzatore – l’episodio accaduto la scorsa settimana in via delle Linfe, con la morte di un concittadino esasperato da un progetto edilizio mastodontico realizzato in un contesto urbanistico e paesaggistico dai tratti antichi e a misura d’uomo. Questo deve indurci a una severa e attenta riflessione sui cambiamenti urbanistici che interessano un territorio dove al cittadino non viene concessa possibilità di coinvolgimento in una visione partecipata del futuro del nostro rione e della città».
Nell’assemblea verrà data informazione agli intervenuti sui prossimi grossi interventi previsti in San Giovanni, in via Dudovich e in Strada per Longera/Timignano. Un ulteriore palazzo di sei piani per 36 appartamenti dovrebbe sorgere ancora in via delle Linfe, sovrastando lo spazio dell’Oratorio di San Giovanni.
Maurizio Lozei
 

 

Italia Nostra lancia l’Sos: «Le Rive vanno tutelate» - PAESAGGI URBANI A RISCHIO
 

Da piazza Libertà fino alla Lanterna di molo fratelli Bandiera, passando per il Porto Vecchio, per le Rive e per il canale di Ponterosso. La sezione triestina di Italia Nostra non nasconde le proprie preoccupazioni per il frontemare cittadino: non per nulla l’associazione l’ha inserito tra i dieci casi-simbolo in Italia, su un totale di quaranta inseriti nell’apposito elenco, della seconda giornata nazionale dei ”Paesaggi urbani”. Il pericolo, secondo l’onlus per la tutela del patrimonio storico e architettonico della Penisola, è quello della «deformazione del paesaggio, legata a progetti che non ci convincono», come ricorda Giulia Giacomich, presidente locale di Italia Nostra. Che sottolinea anche il caso del «grosso finanziamento regionale per il restauro della sottostazione elettrica e della centrale idronamica, al momento bloccato perché l’Autorità portuale non si muove, con il pericolo di perdere i fondi».
Tra le varie situazioni da bocciare, secondo Giacomich, anche «l’ultimo progetto per la riqualificazione di piazza Libertà, visto che non rispetta le caratteristiche del giardino storico in quanto ne viene tagliata una fetta sul versante di via Ghega. Una decisione per noi ingiustificata: non c’è motivo di deformare la piazza. La circolazione, poi, è scorrevole». E sul canale di Ponterosso: «Non vediamo la necessità di crearci un nuovo ponte, e come noi la pensano tanti architetti». Inoltre, l’eterno problema del Porto Vecchio, che «Italia Nostra grazie agli studi di Antonella Caroli (che domani alle 17.30 alla sala Baroncini presenterà assieme all’architetto Paolo Portoghesi il libro sulla centrale idrodinamica, ndr) ha fatto conoscere alla città e i cui caratteri stilistici, tecnici e architettonici di livello vanno tutelati». La Giacomich ne ha anche per i futuri «park sotterranei sulle Rive. Si facciano, purché la forma del lungomare non venga modificata dai rialzi per l’entrata e l’uscita delle automobili».

(m.u.)
 

 

«Prima la Capodistria-Divaccia poi il collegamento con Trieste» - Il ministro sloveno Vlacic: «Nessun accordo segreto a Roma»
 

Volk: «Lubiana rischia di fatto di investire prima in una tratta destinata a favorire la concorrenza italiana»
CAPODISTRIA La nuova tratta ferroviaria Trieste-Divaccia sarà costruita prima ed è considerata anche a Lubiana più importante della Capodistria-Divaccia? «È solo una disinformazione, e non riesco a capire come sia potuta apparire». Il ministro dei trasporti sloveno, Patrick Vlacic, ha smentito seccamente le accuse - apparse sulla stampa slovena e sostenute da alcuni ex diplomatici - su un presunto accordo tra Lubiana e Roma di considerare prioritaria la Trieste-Divaccia rispetto alla Capodistria–Divaccia. Le tratte partono dai due porti dell'Alto Adriatico e convergono entrambe su Divaccia dove si uniscono al Corridio paneuropeo numero 5, tra Barcellona e Kiev. A scatenare i sospetti - definiti infondati anche dal ministro degli Esteri Samuel Zbogar - è stato il testo del documento che il governo sloveno sta preparando per definire insieme all'Italia le modalità operative della progettazione della tratta tra Divaccia e il capoluogo giuliano, comprese le modalità di sfruttamento dei fondi europei destinati a preparare la documentazione necessaria.
Il testo presentato dal ministro dei trasporti Vlacic, secondo indiscrezioni, avrebbe provocato malumori tra i funzionari del Ministero esteri, in quanto non contiene un'affermazione esplicita sul fatto che Lubiana consideri prioritaria la ferrovia Capodistria-Divaccia. Secondo Vojko Volk, ex ambasciatore sloveno in Italia, che ha rilasciato in merito una dichiarazione al quotidiano lubianese «Dnevnik», Lubiana rischia di fatto di investire prima in una tratta che favorirà la concorrenza italiana piuttosto che in quella di cui ha bisogno il porto di Capodistria. Il giornale lubianese rileva a sua volta che il tracciato della Divaccia-Trieste entrerà in territorio italiano già all'altezza di San Servolo. Visto che sul versante sloveno le misurazioni e i sondaggi del terreno sono iniziati a Divaccia e non a Capodistria, diventa pertanto possibile, se l'Italia da parte sua farà in fretta, che alla fine sia pronta prima la documentazione per la Divaccia-Trieste che quella per la Divaccia-Capodistria. Il ministro Vlacic smentisce. «Le nostre priorità sono sempre le stesse. Per la Trieste-Divaccia stiamo appena preparando la documentazione progettuale, mentre per la Capodistria-Divaccia, se non ci saranno altri intoppi, inizieremo con i lavori già nel 2010» ha spiegato il ministro, che ha avuto comunque un incontro con il responsabile del dicastero Esteri Samuel Zbogar per chiarire i dubbi espressi dalla stampa. Anche Zbogar, a sua volta, si è detto tranquillo, ed ha smentito l'esistenza di attriti tra i due dicasteri.
La progettazione e tutta la procedura per le due tratte procede in parallelo, hanno comunicato nel frattempo dal Ministero dei Trasporti, ma per la Capodistria-Divaccia si è in una fase molto più avanzata. Per non perdere tempo, anzi, Lubiana ha deciso di dividere il collegamento tra Divaccia e Capodistria in più sezioni, in modo da poter cominiciare con la costruzione immediatamente laddove sarà pronta la documentazione necessaria. Presumibilmente, questo avverrà tra Capodistria e Crni Kal, con le prime ruspe che potrebbero mettersi al lavoro entro la fine del prossimo anno. La nuova tratta Capodistria-Divaccia dovrebbe essere ultimata nel 2016 o 2017.
 

 

Operatori della Riserva e studenti del Collegio di Duino protagonisti della giornata di ”Puliamo il mondo”
 

Spazzini volontari al lavoro per liberare le spiagge da mozziconi e plastica A MIRAMARE E SISTIANA
Sotto accusa vanno soprattutto i fumatori. Lasciando i mozziconi sulle spiagge, non si rendono conto del grave danno ambientale provocato: gli esperti dicono che ci vogliono almeno due anni perché i residui delle sigarette possano essere smaltiti. È questo il dato più rilevante della giornata di ieri, che ha visto una decina di volontari attivarsi nell’ambito dell’operazione denominata ”Clean up the world - puliamo il mondo...a partire da casa nostra”. In provincia di Trieste erano due le spiagge coinvolte dal progetto: quella della Riserva marina di Miramare e quella di Sistiana. «Abbiamo iniziato al mattino presto – ha spiegato Sara Famiani, una delle artefici della giornata, portavoce della Riserva di Miramare – con la presenza di alcuni bambini, perché volevamo che la giornata fosse da un lato un’occasione per pulire le nostre spiagge, dando il buon esempio a tutti, dall’altro che servisse ai giovanissimi come momento educativo e di formazione in tema di tutela e conservazione dell’ambiente».
Sotto il castello di Miramare sono state prelevate soprattutto plastiche, probabilmente sospinte verso riva dalle maree. A Sistiana, dove l’accesso al pubblico è libero, a differenza della Riserva, all’interno della quale non è possibile entrare se non muniti della necessaria autorizzazione, sono stati raccolti principalmente mozziconi di sigaretta. «Nel centro balneare del Comune di Duino-Aurisina – ha proseguito la Famiani – siamo stati aiutati da alcuni ragazzi del Collegio del Mondo unito. In quel sito purtroppo abbiamo dovuto constatare il grave problema della presenza di residui abbandonati dai fumatori. Probabilmente la gente non si rende conto del problema che crea lasciando sulla spiaggia i mozziconi – ha precisato – in quanto i tempi di assorbimento naturale sono lunghissimi, nell’ordine dei 24 mesi».
Nel corso dell’operazione, i volontari della Riserva hanno potuto utilizzare un’imbarcazione denominata “spazzamari”, messa a disposizione dal ministero dell’Ambiente, che ha assicurato il trasporto dei sacchi neri, colmi di plastiche, pezzi di polistirolo, avanzi di reti abbandonate dai pescatori e portate a riva dalle maree, sigarette, nei punti destinati alla raccolta prima dello smaltimento.
L’intervento di ieri è inserito in un programma a respiro europeo, promosso dalle Nazioni unite e che va nella direzione della conservazione dell’ambiente e dell’educazione della popolazione al rispetto per la natura. Oltre alle spiagge della Riserva marina di Miramare e di Sistiana, nell’ambito del territorio del Friuli Venezia Giulia sono state coinvolte anche la Riserva naturale della valle Cavanata, ubicata in comune di Grado, località Fossalon, nella porzione più orientale della Laguna di Grado e utilizzata in passato come ”valle da pesca” e l’isola della Cona, situata alle foci dell’Isonzo.
Ugo Salvini
 

 

SEGNALAZIONI - Città cementificata - EDILIZIA
 

Il triste caso del signor Castriotta ha portato alla luce la mala pianta speculazione edilizia nella nostra città.
Il piano regolatore del 1997 era studiato per una città di 250.000 abitanti ipotizzando un'inversione di tendenza sul calo fisiologico della popolazione. I piani regolatori precedenti studiati dal regime democristiano, vedevano addirittura una città futura con 300.000 e anche 350.000 abitanti. Ricordate lo slogan Dc «Costruiamo assieme la Grande Trieste degli Anni Settanta»? L'eco-mostro dei Campi Elisi eretto sulle rive davanti alla Sacchetta negli anni Sessanta, è figlio di quella mentalità.
Attualmente Trieste conta meno di 200.000 abitanti, e la riduzione progressiva del numero dei residenti, lenta ma inesorabile, non accenna ad arrestarsi. Speriamo che l'attuale piano regolatore tenga maggiormente conto di codesti fattori ed impedisca la costruzione di palazzine mostruose come quella in via delle Linfe che ha provocato la tragedia del sig. Castriotta. Codesta situazione è diffusa a macchia d'olio in tutta la città, specie in zone verdi panoramiche come la strada del Friuli e la via Commerciale dove fervono lavori di costruzione di enormi complessi edilizi cementificati con pessimo impatto ambientale. Anche in quel caso vi sono state ampie proteste della popolazione locale, rimaste senza risposta. Aggiungo che mi risulta che a Trieste vi siano oltre 15.000 alloggi sfitti, più che sufficienti per le attuali esigenze della popolazione, ma i proprietari sono recalcitranti, non intendono affittare, e come tutti sanno la proprietà nel Bel Paese è una cosa sacra. In via delle Linfe gli eredi della villetta prospicente la casa del signor Castriotta hanno preferito vendere invece di affittare, e queste situazioni si stanno ripetendo in tutta la città. Intanto ci sono circa 5.000 domande di alloggio all'Ater inevase perchè non sono stati costruite le nuove abitazioni per i cittadini meno abbienti. Tutto questo ha portato la città ad una situazione esplosiva.
Spero proprio che il gesto di esasperazione del signor Castriotta rimanga un caso isolato.
Gianni Ursini
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 20 settembre 2009

 

Frattini: sul rigassificatore il dialogo continua, ma non vedo basi per ricorrere alla Corte Ue
 

«L’Italia consegnerà tutta la documentazione a Lubiana ma la decisione finale spetta al Friuli Venezia Giulia»
«Spero che i ricorsi preannunciati al Tar si svolgano in tempi molto rapidi. Siamo già in grande ritardo»
TRIESTE Rigassificatore di Zaule: il dialogo tra Roma e Lubiana va avanti. Nessun muro a muro anche se il premier sloveno, Borut Pahor non ha ancora escluso l’ipotesi di un ricorso del suo governo alla Corte di giustizia europea. Ipotesi peraltro su cui il ministero degli Esteri, Franco Frattini, presente venerdì al summit tra lo stesso Pahor e il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, rimane molto scettico,
Ministro Le ritrosie della Slovenia sul rigassificatore di Zaule permangono. Sembra una storia infinita...
«Sì, è una storia infinita, Noi abbiamo comunque fatto presente alcune cose. Per quanto riguarda l’impianto è stata completata la valutazione in modo positivo e noi abbiamo sempre informato la Slovenia e abbiamo anche raccolto alcune delle osservazioni di Lubiana, quindi abbiamo applicato in pieno il principio di mutua consultazione cui ci eravamo impegnati».
Resta però aperta la parte relativa al gasdotto che sembra preoccupare molto Lubiana...
«La questione è ancora in fieri, è ancora in preparazione. Come è noto stiamo attendendo la valutazione d’impatto ambientale (Via) definitiva, quindi anche su questa noi ci siamo impegnati a continuare questa consultazione e cioè informare la Slovenia sulle valutazioni della commissione per il Via, sulle osservazioni e abbiamo detto anche che senza alcuna difficoltà faremo avere la documentazone che è alla base della valutazione in corso. La procedura, in ogni caso, prosegue».
Ma la Slovenia chiede anche la documentazione elaborata da Gas Natural che dovrebbe materialmente costruire l’impianto...
«Noi non abbiamo difficoltà a consegnare tutta la documentazione pubblica che abbiamo in nostro possesso. Evidentemente non possiamo fornire la documentazione aziendale, salvo quella che è stata evidentemente valutata dalla commissione Via, quella costituisce oramai un atto pubblico della procedura e quindi nessuno può rivendicare una riservatezza di quei dati. E su questo non ci saranno problemi.
Qual è allora la questione vera?
«È che poi, come è a tutti noto, la decisione finale la prende la Regione Friuli Venezia Giulia non la prende il governo centrale. Il Comune di Trieste ha già fatto sapere la sua opinione fortemente favorevole».
Mentre i Comuni di San Dorligo della Valle e di Muggia hanno preannunciato un ricorso al Tar del Lazio...
«Questa è la storia di tutti i rigassificatori ed è la ragione per cui l’Italia è arretrata rispetto al resto d’Europa. Io credo che questa arretratezza noi la dobbiamo rapidamente recuperare. Riteniamo che il rigassificatore di Zaule sia assolutamente sicuro e l’impatto anche quello transfrontaliero sia un impatto nei limiti nella norma e quindi non tale da imporre il fermo dell’opera ed è chiaro che la consultazione proseguirà. Certamente la commissione d’impatto ambientale del ministero dell’Ambiente è una commissione autonoma, quindi sul gasdotto faranno le loro valutazioni».
Lei ha fiducia che si possa andare avanti, nonostante tutti questi ostacoli?
«Sì, io ho fiducia ma evidentemente ho anche l’impegno a tenere informata la Slovenia su tutti i passi che noi faremo».
E i contenziosi da parte dei Comuni?
«È noto che le opere pubbliche in Italia non si fanno perché valgono i principi di mille blocchi e di lacci e lacciuoli amministrativi per cui ognuno ha diritto di fare ricorso al giudice. Per carità, ma è evidente che l’interesse nazionale impone che se vi sarà una procedura di ricorso essa sarà da concludere in tempi rapidissimi. Ognuno ha diritto ad adire il giudice che vuole, ma in questi casi si deve lavorare con assoluta rapidità e sono certo che vi potrà essere una soluzione positiva rispetto alla volontà di andare avanti».
Secondo lei su quali basi giuridiche la Slovenia potrebbe ricorrere alla Corte di giustizia europea per bloccare il progetto?
«Questo francamente non lo so perché si tratta di una valutazione che io ho visto ventilare ma mai argomentare sotto il profilo giuridico».
Lei però di giurisprudenza se ne intende...
«Mettendomi un po’ nei panni del giurista che ho vestito nella mia vita professionale credo che non ci siano dei fondamenti basati sui trattati. Sui trattati esiste ovviamente un principio di buon vicinato, che è un principio assolutamente generale e questo principio di buon vicinato noi ovviamente lo rispettiamo proprio attraverso la consultazione. Ma la consultazione è qualcosa di diverso della codecisione. Quindi noi vogliamo lavorare in spirito di assoluta collaborazione, francamente quando sento ventilare ricorsi alla Corte di giustizia mi chiedo sinceramente quale ne potrà essere la base giuridica. Ma io spero che non ci sarà questa eventualità».
MAURO MANZIN
 

 

Gnl, firme contro l’impianto a San Dorligo e a Muggia - La raccolta sarà supportata da un documento dei partiti di maggioranza nei due Comuni
 

SAN DORLIGO Una raccolta di firme contro il rigassificatore. L’hanno decisa le segreterie dei partiti che sostengono la maggioranza a San Dorligo e a Muggia, che hanno condiviso un documento finalizzato a consentire alla popolazione di esprimere il proprio dissenso sull’impianto di rigassificazione.
«Le forze di maggioranza di entrambi i Comuni – si legge in una nota – condividendo la contrarietà alla realizzazione dell'opera, hanno deciso di attivare una serie di azioni per sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni sui rischi in merito alla sicurezza della popolazione e alla tutela ambientale, nonchè sugli effetti per le attività portuali, marittime e turistiche del golfo di Trieste qualora venissero realizzati l'impianto di rigassificazione a Zaule e il gasdotto sottomarino».
Sempre con riguardo al rigassificatore, le segreterie dei partiti di maggioranza a San Dorligo (Pd, Rc-Comunisti italiani, Unione slovena e Cittadini per San Dorligo) hanno chiesto ai consiglieri provinciali eletti nei collegi di San Dorligo di «assumere una chiara e inequivocabile posizione sul rigassificatore di Zaule e il connesso gasdotto sottomarino».
Nel corso della stessa riunione sono stati esposti ai consiglieri provinciali Emilio Coretti, Sandy Klun e Boris Pangerc (assente Liza Slavec) diversi problemi su materie di competenza della Provincia che riguardano il territorio di San Dorligo, tra le quali viabilità, manutenzioni stradali, verde pubblico.

(r.t.)
 

 

PIANO REGOLATORE. RICORSO CONTRO LA PRONUNCIA DEL TAR A FAVORE DEI GEOLOGI
 

Attesa per la sentenza del Consiglio di Stato Omero: si rischia di dover riavviare tutto l’iter
La spada di Damocle di una sentenza che potrebbe costringere il Comune «a riavviare l’intero iter di approvazione del nuovo Piano regolatore». Lo ipotizza il capogruppo del Pd in Consiglio comunale, Fabio Omero, mentre in Municipio si aspetta di sapere come si esprimerà il Consiglio di Stato sul ricorso presentato dall’Avvocatura comunale contro la decisione del Tar del Friuli Venezia Giulia, depositata il 24 aprile scorso. Il tribunale amministrativo regionale aveva infatti accolto la richiesta del Consiglio nazionale dei geologi e del relativo ordine regionale di annullare il provvedimento con cui erano stati stabiliti i criteri per la predisposizione della Relazione geologica allegata al Prg. Già, proprio quei documenti che, per non essere arrivati alle circoscrizioni, avevano indotto il sindaco Roberto Dipiazza a ritirare la variante generale 118 alla fine di luglio, colmando poi la lacuna e richiamando il Consiglio comunale in aula il 5 agosto.
I geologi avevano contestato la legittimità dell’affidamento al Dipartimento di scienze geologiche dell’Università di Trieste dell’attività di supporto e ricerca utile a redigere poi, attraverso un funzionario qualificato del Comune stesso, la Relazione geologica. Secondo i ricorrenti, infatti, «l’incarico affidato all’Università costituisce la Relazione geologica stessa, cioè consta di una vera e propria attività professionale di esclusiva competenza dei geologi». A loro avviso, poi, la convenzione tra Comune e ateneo non sarebbe stata valida, a causa di un’attribuzione del lavoro non passata dallo «svolgimento di gara ad evidenza pubblica». Il Tar aveva dato ragione ai geologi su entrambi i punti, annullando «il provvedimento impugnato», relativo all’affidamento del lavoro di supporto all’Università. Il Comune ha poi inoltrato il suo ricorso al Consiglio di Stato. Ora si attende.
Nelle stanze dell’Avvocatura comunale non manca però l’ottimismo: «A nostro avviso - spiega l’avvocato Oreste Danese - la relazione del nostro geologo è indipendente dall’eventualità della gara per l’affidamento. L’Università ci ha girato dei dati, ma il prodotto l’abbiamo fatto in casa. Dovremmo rifarlo spendendo dei soldi pubblici pur avendo già tutto in possesso?». «Casomai - aggiunge Danese - il Consiglio di Stato potrebbe al limite decidere per un risarcimento del danno ai geologi. In ogni caso, non riteniamo che la variante generale al Piano regolatore si debba considerare sub-judice perché il contenzioso non riguarda in sé la Relazione geologica, ma le modalità di affidamento del servizio a supporto della sua realizzazione». Pertanto, l’iter previsto per ciò che riguarda il Prg andrà avanti: dopo essere rimasto esposto all’Albo pretorio, l’incartamento finirà in Regione per la pubblicazione sul Bur. Poi da quel momento, per 30 giorni potranno essere presentate dai cittadini osservazioni e opposizioni. Indicativamente, si potrebbe partire dal «10 ottobre», pronostica Omero. Che, però, getta altre ombre sul lavoro dell’amministrazione per il Piano: «I verbali, contenenti i nostri vari interventi, della seduta precedente a quella del 5 agosto dovevano diventare parte integrante della nuova delibera. Eravamo tutti d’accordo, era un modo per non perdere altro tempo. Però, - continua Omero - alla versione che si trova all’albo pretorio, non sono stati allegati. Se ne sono dimenticati. Il segretario mi ha detto che erano già stati pubblicati con la precedente delibera, ma non si è mai visto che una delibera ritirata (dal sindaco in questo caso, ndr) venga pubblicata. Teoricamente dovrebbero riportare tutto di nuovo all’albo».
Omero contesta anche la mancata pubblicazione del documento sulla home page della Rete civica del Comune. L’aveva richiesta lui stesso «con la condivisione degli altri capigruppo». Sul sito, è apparso solo l’avviso di pubblicazione all’albo pretorio. Ma proprio ieri il sindaco ha assicurato che sul web apparirà tutto a inizio ottobre.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore (1)
 

Il titolo «Gas decida Trieste», ben poco riscontro trova poi nel contenuto, ma più che critica, la mia è soltanto riflessione nel senso che il tema del rigassificatore, ancora una volta viene sbattuto nel mixer cercando di creare un aperitivo politico da elargire ai cittadini meno informati che serve più a ubriacare che a far riflettere.
Trieste - rigassificatore - Slovenia - edificazioni in Carso.
Il problema dell’energia è fonte di dibattito oggi più che mai, ma la soluzione di questo problema, che non dimentichiamo, ha importanti risvolti etici, cerchiamo di delegarlo a persone competenti, aggiungendo magari pure noi una briciolina, soprattutto cercando di risparmiare, anziché farsi usare da un sistema consumistico senza regole.
Il prof. Rubbia presente a Trieste per un importante congresso sul tema, manifestava senza remore questo concetto, anche perché, pur non richiamandomi al secondo principio della termodinamica, non è difficile capire che stiamo, in questo momento, sottraendo risorse a chi verrà dopo di noi a popolare il pianeta Terra (ma chi se ne frega... noi, tanto non ci saremo!)
Tornando nel nostro orticello di casa, sul rigassificatore sarebbe opportuno soprattutto per chi intende dibattere il tema, un aggiornamento e un confronto. Abbiamo la nostra Università che dispone di tecnici molto competenti dai quali si può attingere una serie di dati significativi in relazione a tale progetto.
E dal momento che tutti gli schieramenti politici si proclamano democratici è giunto il momento di dare prova di tale affermazione interpellando tutti i cittadini, ma soltanto dopo aver elargito una serie di informazioni scaturite da una serie di dibattiti pubblici tra tecnici ben preparati, sostenitori della linea di rifiuto motivata, slegati da interessi economici e chi vuole far entrare «il cavallo di Troia» entro le mura, tralasciando però l’uso di demagogie e faziosità di ordine politico/etnico.
Questo sarà democratico, e non ci saranno questa volta sì, code di paglia!
Stelio Cerneca
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore (2)
 

Egregio signor Dipiazza, a causa della canicola ero in dubbio se commentare la sua dichiarazione apparsa sul Piccolo del 20 agosto; ma ho letto la lettera del sindaco Nesladek (pubblicata il giorno dopo) il quale, con toni del tutto pacati in netto contrasto con i suoi, illustra quali sono le preoccupazioni e le domande che si stanno facendo in tanti, politici e associazioni per non parlare di gente semplice e indipendentemente dalla loro opinione politica. Quello che a me non va assolutamente giù, oltre ai dubbi già illustrati dal dottor Nesladek, sono due sue dichiarazioni. Lei parla del «suo» rigassificatore e allora io le chiedo: perché non lo mette nel «suo» giardino? Però, e qui le cose si fanno molto più serie, lei dichiara che «se salta Krsko, probabilmente abbiamo qualche milione di morti, se salta il mio rigassificatore, sentiamo un botto»: queste sono le parole di una persona che non si documenta per niente! Basterebbe che lei navigasse un poco in internet come ho fatto io. La Gas Natural non lo dice ma «se la miscela gassosa, invisibile e inodore, generata dalla fuoriuscita del gas liquido a contatto con l’acqua del mare, investisse una città, qualsiasi (inevitabile) scintilla farebbe esplodere la gigantesca nube. La potenza liberata in una o più esplosioni potrebbe avvicinarsi a un megaton: un milione di tonnellate di tritolo, questa volta nell’ordine di potenza distruttiva delle bombe atomiche, con le stesse conseguenze» (parole di Piero Angela). A questo punto io le chiedo: i triestini per lei sono figli di un Dio minore? Possono morire perché il loro numero forse sarà inferiore a quello generato (si spera mai) da un’altra Chernobyl a ridosso della nostra città? E poi, parliamoci chiaramente: se già abbiamo una bomba potenziale alle spalle, perché mettercene una anche di fronte?
Vera Cattonar
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 19 settembre 2009

 

 

I premier si parlano, spiragli sul rigassificatore - Ma Pahor insiste: «Documentazione incompleta». E non esclude il ricorso alla Corte europea
 

IL VERTICE BERLUSCONI-PAHOR A ROMA
«Ci intendiamo perché parla italiano e ha fatto uno studio su Canale 5»
Previsto un incontro ai primi di ottobre fra i ministri degli Esteri per trovare una soluzione
ROMA Nulla ancora di definitivo sul rigassificatore di Zaule. Non è bastata una colazione di lavoro a palazzo Chigi durata più di due ore tra il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e il premier sloveno, Borut Pahor a sciogliere il nodo gordiano che sembra sempre più avvolgere il progetto presentato dalla spagnola Gas Natural è già approvato dall’esecutivo di Roma quale punto qualificante del piano energetico nazionale.
Già, perché, nonostante le belle dichiarazioni finali, le battute berlusconiane («con Pahor ci intendiamo perché parla bene l’italiano e poi ha fatto uno studio su Canale 5») e le calorose strette di mano il «no» di Lubiana al progetto permane ben saldo. Diplomatically correct Pahor esordisce con la non volontà della Slovenia di creare un caso di disaccordo con l’Italia, ma poi pone dei paletti ben precisi. «Noi - afferma il primo ministro sloveno - aspettiamo di avere dall’Italia la documentazione completa relativa al progetto, sia quella elaborata da Gas Natural, sia quella predisposta dall’esecutivo italiano». «Nel colloquio a quattr’occhi con Berlusconi - prosegue Pahor - abbiamo saputo che il governo italiano sta ancora lavorando alla documentazione. Berlusconi poi - precisa - ammette di non aver seguito approfonditamente la questione, ma che lo farà da ora in avanti». La Slovenia, sono sempre parole di Pahor, vuole un approfondita valutazione di impatto ambientale, sia per quanto riguarda il terminal di Zaule, sia per il gasdotto sottomarino che dovrebbe collegarlo all’area di Grado. E poi la doccia fredda: «Ho personalmente spiegato al presidente Berlusconi - precisa un serissimo Pahor - che se il tutto sarà valutato negativamente o insufficinte dalla Slovenia, Lubiana è pronta a rivolgersi alla Corte di giustizia europea». Ma il tutto sarà oggetto dell’incontro interministeriale previsto per i primi di ottobre a Lubiana.
Se alla posizione slovena, peraltro non discostatasi di un millimetro da quelle che furono le sue prime affermazioni ufficiali sul progetto di Zaule, pesa anche la minaccia del ricorso al Tar del Lazio contro il rigassificatore preannunciato dai Comuni di San Dorligo della Valle e di Muggia, nonchè le iniziative di protesta presentate nei giorni scorsi dalle associazioni ambientaliste triestine e regionali.
Nelle dichiarazioni rilasciate dai due primi ministri al termine dei colloqui non c’è stato alcun accenno preciso di Berlusconi al «nodo» rigassificatore. Il presidente del Consiglio si è limitato a parlare di «piccole problematiche che saranno risolte». Berlusconi ha invece voluto puntualizzare gli ottimi rapporti politici e diplomatici esistenti tra Roma e Lubiana che anche sui «banchi» europei si trovano sempre sulle medesime posizioni. Il presidente del Consiglio ha parlato anche dei rapporti economici che vedono l’Italia al secondo posto nell’interscambio con la Slovenia (superata solo dalla Germania) e, a questo proposito, ha preannunciato un Forum economico bilaterale per incrementare ancor più le sinergie commerciali e imprenditoriali italo-slovene che, a detta di Berlusconi, «hanno sofferto poco della crisi economica mondiale».
Terzo «piatto» nel menù diplomatico di palazzo Chigi anche il tema delle minoranze. Berlusconi le ha definite una realtà fondamentale per incrementare i buoni rapporti bilaterali, ricordando i 3mila italiani che vivono sul Litorale sloveno e i 30mila sloveni che vivono in Italia. A tale proposito Pahor ha chiesto rassicurazioni precise a Berlusconi perché nella prossima legge Finanziaria non ci siano tagli per la minoranza slovena in Italia. Incalzato sulla cifra del finanziamento il premier sloveno Pahor non ha risposto, ha comunque precisato che si tratta di un importo superiore a quello dello scorso anno.
Infine, il tema dei Balcani occidentali e dell’allargamento dell’Ue verso quella regione. «Ho ascoltato attentamente il punto di vista del premier sloveno - spiega Berlusconi - per la sua approfondita conoscenza della situazione». Insomma, l’Italia considera in questa fase fondamentale il know-how che la Slovenia può mettere sul piatto in campo europeo.
MAURO MANZIN

 

 

Waterfront tra i Paesaggi sensibili - INIZIATIVA DI ITALIA NOSTRA IN TUTTA LA PENISOLA
 

Sono quaranta le città italiane protagoniste della seconda giornata nazionale di ”Paesaggi Sensibili 2009”, itinerario che parte oggi alla riscoperta dell’identità e dei valori del loro patrimonio culturale e architettonico per denunciarne il degrado fisico e sociale. Celebrando il cinquantenario della Carta di Gubbio e del principio del centro storico come organismo urbano unitario, una serie di eventi presenteranno a Trieste e lungo tutta la Penisola i dieci ”paesaggi urbani” più esemplificativi della campagna di Italia Nostra (associazione nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale della Nazione). «La tutela dei centri storici e la costruzione dei nuovi insediamenti sono operazioni diverse nel metodo ma complementari, perché insieme concorrono a definire la complessa identità dell'unitario insediamento e del comune paesaggio urbano» ha dichiarato Giovanni Losavio, presidente di Italia Nostra.
La scelta della città-simbolo della campagna di quest’anno è ricaduta su L’Aquila perché, come sostiene Antonello Alici, segretario generale di Italia Nostra, «la storia e l'identità degli abruzzesi, non può andare perduta nella ricostruzione». Anche Trieste si colloca tra le dieci città più significative grazie al suo frontemare storico, la cui sede commerciale, progettata a maglie ortogonali con il canale di Ponterosso come asse urbanistico, affonda le sue radici nel lontano 1700. Un secolo più tardi, sia l’espansione a sud con le nuove Rive e a nord-ovest con il grande porto, sia l’insediamento delle famiglie di commercianti e di armatori (provenienti dall’Austroungheria e dal Mediterraneo) hanno offerto al frontemare l’impronta più indicativa: palazzi con magazzini al pianterreno e con uffici assicurativi ai piani superiori. Numerosi sono oggi i progetti urbanistici che, secondo Italia Nostra, minacciano di diminuire la continuità paesaggistica e prospettica dell’affaccio sul mare. Gli altri dieci paesaggi urbani a rischio di scomparsa si estendono dai Quattro Canti al Teatro Massimo di Palermo e dalle piazze storiche di Cosenza al nuovo paesaggio urbano di Torino e a quello lacustre del Verbano; e poi dal centro storico di Sassari a Bologna, Lucca e Perugia, esempi anche questi di città storiche sfidate dalla modernità.
Izabel Dejhalla
 

 

”Puliamo il mondo”: domani Wwf e volontari anti-rifiuti a Sistiana e Miramare - OPERAZIONE ECOLOGICA IN REGIONE
 

Coinvolta anche la Riserva delle Falesie di Duino, in omaggio agli ”spazzini” guanti e borsa di tela
Puliamo il Mondo è l'edizione italiana di ”Clean Up the World”, il più grande appuntamento di volontariato ambientale del mondo. È un'iniziativa di cura e di pulizia, un'azione allo stesso tempo concreta e simbolica per chiedere ambienti più puliti e vivibili. Alla quindicesima edizione hanno aderito 1.800 comuni e circa 500 mila volontari - tra famiglie e associazioni, insegnanti e studenti - che si sono rimboccati le maniche per ripulire 5.000 aree da rifiuti abbandonati. Ancora una volta è stata l'occasione per ribadire come, attraverso la raccolta differenziata e il riciclo dei rifiuti, questi ultimi possano trasformarsi in risorse utili per la nostra economia e il nostro ambiente.
Per questa edizione quattro aree protette costiere della regione hanno deciso di unire gli sforzi domani in un'azione dimostrativa di pulizia del litorale.
L'Area Marina Protetta di Miramare con i volontari del Wwf, si dedicherà alla pulizia della spiaggia di Miramare (ex Scuderie) , zona tutelata dall’area protetta, purtroppo non per questo immune dalla immondizia che si deposita con le alte maree e le mareggiate. L’iniziativa è aperta a tutti e il ritrovo è alle 10 al Castelletto di Miramare (Grignano): ai volontari verranno forniti i guanti e alla fine della pulizia sarà possibile effettuare un giro guidato del Centro Visite con un approfondimento sul tema dei rifiuti e dei tempi necessari al loro degrado in natura, e verrà offerta in omaggio una borsa in tela, per contribuire al contenimento dei sacchetti di plastica nella vita quotidiana.
La Riserva Naturale Regionale delle Falesie di Duino in collaborazione con l'Area di Miramare e gli studenti del Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico e il Comune di Duino Aurisina promuove la pulizia della spiaggia di Sistiana e di quella posta sotto Castello di Duino, residenza dei Principi della Torre e Tasso. I rifiuti raccolti saranno poi rimossi grazie al battello ecologico Spazzamare, messo a disposizione dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
L'iniziativa di pulizia si svolgerà anche della zona protetta di Valle Cavanata: l’incontro è previsto alle 9 al centro visite della Riserva naturale regionale della Valle Cavanata poi (con inizio alle 10), quindi ci sarà un percorso in canoa all'interno dell'area protetta, e dopo la pausa pranzo, con inizio alle 14,30 una biciclettata. Infine alle 16.30 un'azione dimostrativa di pulizia.
La Riserva Naturale Regionale Foce dell'Isonzo promuove un ”Cleaning Day” per ripulire l'Isola della Cona dai rifiuti portati dalla marea o lasciati dai turisti meno attenti. L'incontro con i volontari è fissato per le 8.30 di domani al Centro Visite dell'Isola della Cona. Il gruppo verrà accompagnato in barca o a piedi (dipenderà dal numero di partecipanti e dalle condizioni meteo) verso l'osservatorio del Cjoss dove verranno espletate le operazioni di raccolta rifiuti. Ai volontari è richiesto abbigliamento adeguato comprensivo di guanti per la raccolta dei rifiuti. L'escursione verrà organizzata in barca o a piedi a seconda del numero di adesioni.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 18 settembre 2009

 

 

Francovez, battaglia sulla ”differenziata” - CONTESTATA LA SCELTA DELL’AMMINISTRAZIONE DI SAN DORLIGO SUI RIFIUTI
 

I residenti non vogliono i bottini in casa. Il Comune: si paghino un’area

SAN DORLIGO E' guerra fredda tra una decina di residenti di tre condomini di Francovez ed il Comune di San Dorligo della Valle. Oggetto della disputa, il posizionamento dei bottini riservati alla raccolta differenziata ed indifferenziata.
Ereditata ancora dalla precedente amministrazione quando la delega dei Servizi esterni e pubblici locali era affidata all'ex assessore Igor Tul, la questione riguarda il diniego da parte dei residenti dei numeri civici 411, 412 e 413 di ospitare su aree proprie (dunque private) i cassoni necessari per la raccolta dei rifiuti, un diniego che di fatto non ha mai fatto partire la raccolta “porta a porta” a due anni dalla sua attivazione su tutto il territorio comunale.
«Abbiamo proposto ai condomini una doppia soluzione: posizionare i cassoni all'interno delle proprie singole abitazioni oppure attrezzare delle apposite aree private di pertinenza dell'immobile, una soluzione quest'ultima ritenuta almeno secondo il nostro punto di vista sicuramente migliore», ha commentato l'assessore comunale ai Servizi esterni Elisabetta Sormani.
Due proposte cassate a pie pari, come spiega Anna De Marco, una dei residenti coinvolti nella vicenda: «Tenere i cassoni all'interno delle nostre case è impossibile perché sono grandi e perché c'è gente anziana che dal terzo piano non può certo portare in strada i bottini. La proposta di posizionare il tutto nella nostra corte invece comporterebbe dei disagi sia agli operatori visto che i camion non riuscirebbero a passare, sia a noi residenti a causa degli odori, soprattutto nei mesi più caldi».
In alternativa i condomini hanno chiesto di poter usufruire di un'area di uso pubblico, corrispondente alla zona nella quale attualmente sono collocati i bidoni per le immondizie, nella quale posizionare i contenitori per la spazzatura, una richiesta accolta dall'assessore Sormani ma con un sostanziale obbligo: pagare un affitto di 200 euro all'anno. «Si tratta di una vera e propria occupazione di suolo pubblico quindi non possiamo creare un precedente riservando l'area in maniera gratuita», ha motivato la Sormani. La vicenda è stata portata in Consiglio comunale da parte del capogruppo di Uniti nelle Tradizioni Boris Gombac: «L'amministrazione comunale vuole far pagare ai cittadini l'installazione di una ecopiazzola? Bene, allora noi presenteremo a giorni le firme per attivare un referendum per abolire il porta a porta attuale ed istituire le isole ecologiche gratuite in tutto il comune e rendere davvero efficace la raccolta differenziata dei rifiuti»»
Riccardo Tosques
 

 

SEGNALAZIONI - «Sono le amministrazioni locali a scoraggiare l’uso della bicicletta»
 

Ho letto numerosi interventi sulle recenti disposizioni in merito all’uso della bicicletta e alcuni articoli su avvenimenti successi in Italia che la riguardano. In qualità di presidente del comitato provinciale della Federazione Ciclistica Italiana mi sento in dovere di intervenire a riguardo. La bicicletta è un mezzo le cui di modalità di utilizzo sono diverse e perseguono scopi molto diversi. Innanzitutto la bicicletta è un mezzo di trasporto e come tale il suo utilizzo è regolamentato dal codice della strada. Ma è un mezzo ecologico e di questo generalmente non si tiene molto conto, quindi può essere utile a combattere l’inquinamento delle nostre città. In secondo luogo la bicicletta è un attrezzo sportivo che può essere utilizzato da tutti. Aiutando a combattere malattie quali l’obesità, il diabete, problemi di circolazione, ipertensione, ecc. e migliorando l’efficienza psico-fisica di chi la pratica, può essere utilizzata per contenere i costi della sanità. Per ultimo può essere utilizzata per la pratica dell’agonismo, secondo le regole stabilite dalla Federazione Sportiva e dagli enti di promozione.
In conclusione questo semplice mezzo può essere utilizzato per gli spostamenti urbani, per turismo e per la pratica sportiva.
In base alla mia ventennale esperienza nell’uso della bicicletta, a discapito del numero di praticanti che è in continua ascesa, a Trieste pochi interventi sono stati fatti per incentivarne l’uso e renderlo più sicuro. A livello di mobilità ciclistica non è stato programmato nessun intervento specifico, come la creazione di percorsi ciclabili all’interno della città, con segnaletica, corsie e impianti semaforici dedicati, come succede in altre parti dell’Europa e d’Italia. A livello turistico le poche piste ciclabili si riducono a tratti più o meno isolati, qualche volta percorribili a senso unico o dove il traffico ciclistico convive con quello motorizzato degli automobilisti autorizzati a percorrerlo oppure dove si devono schivare cassonetti e lampioni. Dal punto di vista sportivo, non esistono e non sono mai esistiti impianti o circuiti ciclabili chiusi al traffico che possano diffondere lo sport del ciclismo tra i più giovani in tutta sicurezza.
Come se non bastasse, i recenti episodi accaduti a Trieste stanno punendo chi crede nell’utilizzo di questo mezzo in sostituzione dell’automobile o della moto e spingendo le persone a metterla in soffitta.
Questo fa pensare che gli amministratori locali non si ricordino che esiste anche la bicicletta e quali siano i benefici sociali che questo mezzo può portare. Mi auguro che nel prossimo piano del traffico si facciano queste considerazioni e si valuti la possibilità di creare una viabilità ciclistica e non solo parcheggi per auto e scooter.
Inoltre spero che prima o poi si possa trovare uno spazio dove le società della provincia di Trieste possano avviare e avvicinare i giovani all’uso della bicicletta non solo in una prospettiva agonistica, ma anche di miglioramento della mobilità cittadina e della salute pubblica.
Francesco Seriani - presidente Comitato provinciale di Trieste Federazione Ciclistica Italiana
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 settembre 2009

 

 

Ambientalisti uniti contro il rigassificatore: altro ricorso al Tar - WWF, LEGAMBIENTE E ITALIA NOSTRA
 

Le associazioni ambientaliste si uniscono nel presentare un nuovo ricorso al Tar contro il progetto del rigassificatore di Zaule: lo hanno annunciato ieri in una conferenza stampa congiunta i rappresentanti di Legambiente, Wwf e Italia Nostra. «Ci appelliamo ai cittadini per avere sostegno in questa battaglia – afferma Dario Predonzan del Wwf - e auspichiamo la nascita di un movimento popolare paragonabile a quelli che negli anni ’70 e ’80 si opposero a progetti altrettanto distruttivi». La necessità di un secondo ricorso dopo quello presentato dal comune di San Dorligo, spiegano gli ambientalisti, sta nel controbilanciare il forte sostegno che la proposta di Gas Natural trova nel panorama politico: «Perfino nel recente incontro tra Berlusconi e Zapatero il tema è stato affrontato – dice Giorgetta Dorfles di Italia Nostra – e ciò non ci sorprende perché Gas Natural è una società legata a doppio filo al Ppe del primo ministro spagnolo. Certi governanti sono più abili come procacciatori d’affari per le grandi multinazionali energetiche che come difensori degli interessi dei cittadini». Tali condizioni, secondo Dorfles, si ripercuoteranno anche sull’incontro Berlusconi-Pahor di domani: «Speriamo che il no di Lubiana rimanga tale – dice – ma temiamo che Berlusconi metta sul piatto della bilancia la partecipazione italiana al raddoppio della centrale nucleare di Krsko. Sapremo presto se il premier sloveno avrà ceduto alle offerte italiane, svendendo così anche i propri concittadini oltre ai triestini».
I guadagni per la città, secondo gli ambientalisti, sarebbero minimi: «Le tanto pubblicizzate bonifiche che Gas Natural dovrebbe effettuare all’interno del Sito d’interesse nazionale si limitano soltanto al terreno occupato dal rigassificatore – dicono – e non un metro di più. È quello che sono obbligati a fare per legge». Anche le riduzioni del prezzo del gas in bolletta sarebbero soltanto teoriche, spiega Lino Santoro di Legambiente: «Esistono pochi impianti di liquefazione del gas a fronte di un numero crescente di rigassificatori – dice – ma gli accordi prevedono che oltre il 70% dei profitti sia in ogni caso garantito al gestore. Quando si vedrà che l’impianto lavora al 20% la cifra dovuta a Gas Natural ricadrà sulle bollette». Per sostenere la battaglia legale, le tre associazioni organizzeranno dei banchetti per la diffusione di informazioni e la raccolta di fondi: l’iniziativa partirà domani e sabato dalle 15 alle 20 nell’area pedonale di via delle Torri. «Vogliamo dare la massima diffusione alle informazioni sull’impatto ambientale e sui rischi per la sicurezza – dichiarano – scandalosamente manipolate da Gas Natural e ignorate dai competenti organi ministeriali».
Giovanni Tomasin
 

 

ITALIA-SLOVENIA - Berlusconi-Pahor, summit a Roma Il rigassificatore di Zaule in agenda - Si parlerà anche di Balcani orientali e di lotta all’immigrazione
 

Il Comune di Muggia e quello di San Dorligo della Valle hanno già preannunciato un ricorso comune al Tar del Lazio.

Le associazioni ambientaliste Wwf, Legambiente e Italia Nostra chiedono una «forte reazione dei cittadini».

TRIESTE Berlusconi-Pahor: un faccia a faccia per risolvere il contenzioso relativo al rigassificatore di Zaule. L’incontro avverrà domani a Palazzo Chigi presente anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini. Un’agenda ricca quella che attende i due premier, ma che vede al primo posto proprio la nascita dell’impianto della Gas Natural a Zaule.
«L’approccio italiano - anticipa il sottosegretario all’ambiente, Roberto Menia - è quello di fornire un’ulteriore, l’ennesima, chiarificazione alla controparte slovena». «Ci troviamo di fronte - spiega - a una procedura durata più dell’usuale e svoltasi nel rispetto delle regole comunitarie proprio per fornire a Lubiana tutte le delucidazioni che ci sono state richieste». «Dati elaborati - ci tiene a precisare Menia - tutti da tecnici indipendenti». «In effetti - puntualizza il sottosegretario - la Slovenia non ha mai detto ”no” al rigassificatore di Zaule, ma ha basato tutte le sue perplessità su alcune affermazioni di certe associazioni ambientaliste. Lubiana si fa forza su questo, ma noi abbiamo tutte le carte a posto».
Dunque, l’approccio diplomatico italiano alla questione appare sempre più incanalato nel trovare una soluzione a breve (il rigassificatore di Zaule fa parte del programma energetico nazionale) ma sta di fatto che le perplessità slovene rimangono. Già nel Comitato dei ministri italo-sloveno dell’8 settembre 2008, dove ovviamente si parlò del progetto del rigassificatore di Zaule, ci fu qualche perplessità slovena. Nel corso dei lavori, infatti, ci fu un grande e concitato via vai dei funzionari sloveni che a mezza bocca affermavano che i documenti italiani nono erano quelli richiesti da Lubiana. Consultazioni frenetiche all’ultimo minuto e poi la diplomazia italiana che annunciava la presentazione di qualsivoglia documento richiesto in materia. Ma evidentemente la questione, almeno per Lubiana, non era chiusa affatto.
Ma se la questione ha una notevole eco diplomatica tra i due Paesi, altrettanto si può dire anche a livello locale. Infatti il Comune di Muggia e quello di San Dorligo della Valle hanno già preannunciato un ricorso comune al Tar del Lazio contro il rigassificatore. Mentre le associazioni ambientaliste Wwf, Legambiente e Italia Nostra chiedono una «forte reazione dei cittadini» alla costruzione del rigassificatore che Gas Natural vuole realizzare a Zaule, nei pressi di Trieste. Ieri, in una conferenza stampa, hanno annunciato che saranno attivati dei punti di informazione nel centro giuliano in cui sarà possibile firmare una petizione contro l'impianto. Da domani, giorno in cui a Roma il premier della Slovenia, Borut Pahor, incontrerà il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, per parlare anche del rigassificatore, definito da Lubiana «inaccettabile» per l'impatto transfrontaliero ambientale, le associazioni organizzeranno dei banchetti per informare e dare sostegno alle azioni legali delle associazioni, che hanno presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Trieste, inoltrato alla Procura romana e archiviato, denunciando le irregolarità nella procedura per il decreto di Via. Le associazioni hanno detto di voler diffondere le informazioni sull'impatto ambientale e sui rischi per la sicurezza, «scandalosamente manipolate - a loro dire - da Gas Natural e ignorate dai competenti organi ministeriali».
Ma non solo di rigassificatore si parlerà domani a Palazzo Chigi. Berlusconi e Pahor affronteranno anche il tema dello sblocco da parte di Lubiana dell’adesione di Zagabria all’Ue, si parlerà di lotta all’immigrazione, della crisi economica internazionale ma anche della situazione nei Balcani orientali con l’Italia che preme per una liberalizzazione dei visti nei confronti dei Paesi Ue in favore della Serbia.
È chiaro che, a questo punto, i due interlocutori non si potranno esimere dal discutere dell’ulteriore allargamento a Est dell’Unione europea. Dopo l’ingresso della Croazia l’Italia spinge in favore della Serbia con cui ultimamente anche la Slovenia ha ripreso notevoli contatti commerciali. Ma il ragionamento si allargherà anche al Montegero, alla Bosnia-Erzegovina, alla Macedonia e all’Albania. Senza dimenticare il nodo Kosovo che vede impegnate sul terreno sia truppe italiane che un contingente sloveno.
MAURO MANZIN

 

 

ELEZIONI - Ingegneri ai ferri corti: Cervesi ripunta al vertice Ma i giovani si oppongono
 

Si vota fino a domani per l’Ordine. L’ex assessore di Illy: «Rifarò il presidente perché i politici devono ascoltarci»

«Ci sono due questioni di rilievo cruciale in vista per le quali l’apporto degli ingegneri potrà rivelarsi essenziale - sostiene Frezza - e sono l’insediamento a Trieste del rigassificatore e l’approvazione definitiva di questo Piano regolatore».

È battaglia all’interno dell’Ordine degli ingegneri con Giovanni Cervesi che questa settimana ritenta la grande scalata al vertice. Si vota ancora oggi e domani nella sede di via del Teatro e l’ex assessore di Riccardo Illy, oltre che papà del penultimo Piano regolatore, quello ancora in vigore per il quale settori ambientalisti gli hanno rivolto l’epiteto di ”cementificatore”, è spalleggiato da un altro ex uomo di Illy, Franco Frezza e da Roberto Marzi, ex consigliere Lista Illy, ma pure da Sergio Ashiku, direttore del Servizio strade del Comune oggi diretto subalterno di Roberto Dipiazza, neoassessore ai Lavori pubblici, oltre che sindaco.
GLI ANTI CERVESI
A guidare i ”contras”, che hanno apprezzato l’operato del presidente uscente Mario Vianelli, Giulio Gregori, ex dirigente del Comune di Trieste trasferitosi a Duino Aurisina al momento dell’arrivo di Dipiazza, ma in seguito per un certo periodo membro dell’ex Commissione edilizia del Comune, supportato da Sergio Patuanelli, portavoce tra l’altro del Gruppo Beppe Grillo, e poi da Mario Bucher, Elisabetta Delben, Roberto Flora (liberi professionisti), Stefano de Marco (Wartsila), Massimiliano Liberale e Riccardo Zangrando (Burlo), Salvatore Noé (docente università), Renzo Simoni (Ass).
SPARTIACQUE ANAGRAFICO
Più che uno spartiacque di schieramento politico, a dividere i due gruppi sono la militanza pubblica, marcata nella prima squadra (supportata secondo i ”contras” anche da Pierpaolo Ferrante, forzista ex presidente dell’Ezit che pure si presenta da ”cane sciolto”) e molto meno nella seconda e l’età anagrafica: Cervesi ha 64 anni e Gregori 49, Frezza 69 e Roberta Flora 31. «È ora di cambiare - sostiene Gregori - noi ci proponiamo nell’ottica di un indifferibile rinnovamento che è anche l’unico modo per portare la categoria a contare di più con idee nuove».
PRESIDENTE STORICO
Giovanni Cervesi è stato molto esplicito ieri, poco prima dell’una, proprio mentre si apprestava a esprimere il proprio voto. «Sono stato per dodici anni al vertice - ha affermato - e punto a ritornarci, perché non vorrei sembrare presuntuoso, ma dico che il mondo va avanti grazie agli ingegneri. Le valvole cardiache, i treni, le case: sono gli ingegneri a farli permettendo così alla medicina, ai trasporti, alla qualità della vita di progredire. Ma ecco il punto: gli ingegneri nemmeno a Trieste sono sufficientemente ascoltati e tutta la scena è occupata dai politici. Nel mio programma - ha spiegato ancora Cervesi - vi è anche l’istituzione di un Organo tecnico permanente di consultazione con un nucleo fatto da ingegneri affiancati anche da architetti e da geologi che gli amministratori dovrebbero obbligatoriamente consultare». Cervesi, ”storico” presidente si era dimesso nell’aprile 2006 perché, in quanto eletto nel Consiglio nazionale degli ingegneri a Roma, non poteva mantenere due cariche considerate incompatibili. La votazione nazionale era stata successivamente invalidata, ma nel frattempo a Trieste era stato eletto Vianelli che ha così governato per neanche tre anni e mezzo.
LA VOCE DEI TECNICI
«Ci sono due questioni di rilievo cruciale in vista per le quali l’apporto degli ingegneri potrà rivelarsi essenziale - sostiene Frezza - e sono l’insediamento a Trieste del rigassificatore e l’approvazione definitiva di questo Piano regolatore». Proprio al principale strumento urbanistico del Comune gli ingegneri hanno riservato a luglio un pesante attacco frontale assieme agli architetti, ai costruttori, ai geometri e ai periti attraverso i rispettivi Ordini. Acquistando una pagina del Piccolo hanno chiesto al sindaco di posticipare la procedura di adozione di due-tre mesi per ridiscutere con le categorie un Piano che «con una potenzialità edificatoria pressoché cancellata impoverisce i cittadini e con la secretazione avrebbe ridotto gli Ordini professionali «al ruolo di spettatori».
RAPPORTO COI POLITICI
«La Regione Friuli Venezia Giulia ha competenza primaria cioé fa le leggi in materia urbanistica - calca la mano Ferrante - ebbene il livello di ascolto che ha nei confronti degli ingegneri è sotto zero».
Su questo la lista dei giovani dissente. «Non è vero - ribatte Gregori - il consiglio uscente è stato un forte interlocutore con le istituzioni, grazie anche al ruolo attivo del presidente Vianelli. La commissione urbanistica ed edilizia dell’Ordine che ho presieduto ha svolto un lavoro impegnativo e importante e tutta l’attività fatta è consultabile sul sito web».
Anche il programma degli anti-Cervesi prevede però che all’Ordine venga ridata «la capacità di essere soggetto attivo nell’ambito della comunità, garantendone la visibilità e soprattutto rinnovando e amplificando il proprio ruolo di interlocutore privilegiato e indipendente per le istituzioni pubbliche e private».
Il Consiglio direttivo uscente nella lettera inviata agli iscritti ha comunque ammesso che «la crisi della nostra professione è accentuata dalla nostra incapacità di fare ”lobby”, di compattarci superando individualismi e posizioni personali. L’importante - si legge - è dare forza all’Ordine e alla categoria partecipando sia direttamente che indirettamente attraverso i suoi organi, le sue commissioni, le sue iniziative».
LE URNE APERTE
Un richiamo questo che non è stato completamente ascoltato. Nella prima tornata di voti infatti non è stato centrato il quorum del 50 per cento degli iscritti che sono complessivamente 1120, nella seconda non si è arrivati al 25 per cento anche se sarebbero bastati 280 voti. Via dunque alla terza votazione, valida qualsiasi sarà il numero dei votanti, e che si protrae per ben cinque giornate. Si è partiti già lunedì e si potrà votare ancora oggi e domani dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19. Sabato mattina lo scrutinio. I candidati sono quaranta, gli eletti saranno undici.
SILVIO MARANZANA

 

 

Anche gli architetti vogliono farsi sentire - ELETTO IL DIRETTIVO
 

A fine mese eleggerà il proprio presidente anche l’Ordine degli architetti che conta all’incirca 400 iscritti. Il nome sarà scelto tra gli otto che sono risultati eletti nelle votazioni svoltesi la settimana scorsa: Andrea Dapretto, Paolo Vrabec, Andrea Benedetti, Claudio Farina, Eugenio Meli, Piero Ongaro, Tazio Di Pretorio e Enzo Angiolini (ai quali si aggiunge Paola Tolloi per le lauree brevi).
Anche gli architetti intendono alzare la voce nei confronti della politica. «È essenziale ridare forza e prestigio all’Ordine - sostiene Enzo Angiolini che entrerà nel nuovo direttivo - sintomatico di come le amministrazioni pubbliche ci ignorino è il caso del Centro congressi a Trieste: i politici hanno cambiato quattro o cinque volte il sito senza ascoltare alcun tecnico. E ancora, la grande occasione persa del ponte sul Canale di Ponterosso: era opportuno fare un concroso di idee, magari dando spazio ai nostri giovani. Purtroppo - conlude Angiolini - Renzo Piano l’ha scritto anche in giapponese: ”l’unico posto dove non ho potuto realizzare un mio progetto è stato vicino a Trieste”. E si riferiva alla Baia di Sistiana».

(s.m.)
 

 

Il futuro di Muggia? Una nuova spiaggia - Evidenziata anche la necessità di puntare sulle fonti rinnovabili come le biomasse e l’eolico
 

LE CONCLUSIONI DEL CONVEGNO ECONOMICO RAFFORZANO L’OPZIONE TURISTICA
MUGGIA Ci potrebbe essere anche una grande spiaggia nel futuro di Muggia. D’accordo che nella Conferenza economica del Comune, conclusasi ieri al centro congressi di Porto San Rocco, si parlava di ”sfide del XXI secolo”, ma di questi tempi, con l’opzione turistica in crescita, una proposta del genere ci può stare. Le ipotesi che sono emerse dai relatori, chiamati a portare un commento propositivo per l’area muggesana, alla luce dello studio preparatorio realizzato dall’Istiee, hanno quindi riguardato anche la possibilità di realizzare nell’area muggesana una spiaggia di rilevante dimensioni e di adeguata configurazione qualitativa, «in grado di dare concreto supporto allo sviluppo turistico dell’area». Il tutto sembra però dover preludere a un approccio diverso con il discorso ambientale. Per essere chiari, i relatori hanno anche parlato della necessità di puntare sulle fonti rinnovabili secondo una scansione temporale che prevede nell’immediato il ricorso alle biomasse e all’eolico, sottolineando per il fotovoltaico la possibilità di più concreti sviluppi per effetto di una mirata attività di ricerca scientifica nel campo delle nanotecnologie. E ancora: è stata affrontata l’annosa questione della possibilità di convivenza tra grandi strutture commerciali di vendita e commercio urbano, nonché le sfide poste dal recupero delle aree da bonificare e la loro restituzione a un utilizzo produttivo, compatibile con le vocazioni industriale, di piccola e media impresa dell’area e commerciale.
Una sua nicchia di interesse se lo è ritagliata anche la possibilità di valorizzazione dei caratteri territoriali, con lo sviluppo di un’agricoltura di qualità e di attività turistiche connesse a questa, nell’ottica della sostenibilità e della valorizzazione delle risorse locali. Nelle conclusioni del prof. Franco Mosconi, infatti, la realtà muggesana si inserisce in quella realtà di imprese manifatturiere piccole e medie che caratterizzano il nordest, la cui presenza rappresenta un’opportunità per la valorizzazione e lo sviluppo dell’area.
La giornata di ieri, dopo la presentazione dei lavori avvenuta martedì, ha ospitato una sessione tecnico-scientifica nel corso della mattina, cui sono seguite due tavole rotonde conclusive nel pomeriggio, dedicate a ospitare gli interventi rispettivamente degli attori economici e di quelli territoriali interessati al territorio muggesano.
Nel pomeriggio si sono succedute due tavole rotonde, la prima coordinata dal presidente dell’Istiee Giacomo Borruso e la seconda dal Sindaco di Muggia Nerio Nesladek, che hanno coinvolto rispettivamente gli attori economici e gli attori territoriali in riflessioni riguardanti lo sviluppo futuro dell’area muggesana e i sui rapporti con le realtà limitrofe. Sono emersi elementi utili a definire l’agenda per gli sviluppi futuri dell’area. In particolare, elementi quali la cooperazione tra i porti dell’alto adriatico, l’eliminazione dei vincoli esistenti al processo di bonifica e recupero delle aree inquinate, il perseguimento di obiettivi di sostenibilità ambientale ed economica, lo sviluppo delle attività economiche caratterizzanti il territorio, solo per citarne alcune.
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - POLITICI - 1
 

Mi riesce difficile comprendere come il sindaco sia un così entusiasta fautore del progetto di un rigassificatore a Zaule, visto che ha dichiarato più volte di amare questa città...
Non mi stupisce più di tanto che a Roma abbiano una dannata fretta di costruire 15 - dico 15 - rigassificatori quando al mondo attualmente ce ne saranno sì e no una cinquantina, con il falso pretesto di ridurre i costi di approvvigionamento. Agli intrallazzi in questo paese ci siamo ormai abituati, ma deidererei che il mio sindaco fosse meno reticente nell’esporre i rischi che un impianto del genere comporta, dando per scontato che li conosca: se così non fosse sarebbe ancor più grave...
Partiamo dal motivo dell’insediamento: perché ci sono aziende così ansiose di investire milioni di euro in Italia? Un motivo c’è, e non occorre cercare chissà dove, basta aprire il giornale. Da «Il Sole 24 Ore» del 26/10/06: «Nell’estate del 2005 l’Autorità per l’Energia ha emanato una Delibera (la n. 178 art. 13 comma 2) per incentivare la concorrenza, azzerando del tutto il rischio d’impresa per chi costruisce un rigassificatore».
Bello, vero? Quando lavoro incasso, quando non c’è materia prima (e mi risulta che i gassificatori attualmente coprono appena il 50% della domanda mondiale...) lo Stato copre le spese. Per inciso, inoltre, il prezzo del metano così trasportato è il triplo di quello proveniente dai metanodotti, dato che la compressione e il trasporto hanno dei costi notevoli.
Ci vuole un bel coraggio a spacciare un rigassificatore per uno strumento per abbattere i costi, È lampante che nei paesi dove l’energia costa il 30% non è certamente merito di quel paio di rigassificatori che in media possiedono, e gli stessi paesi hanno in programma al massimo un paio d’impianti nell’immediato futuro...
Non voglio dilungarmi sull’impatto ambientale, ricorderò solamente alcuni fatti. Il riscaldamento necessario per la rigassificazione dovrebbe venir garantito dall’acqua di mare: milioni di metri cubi di acqua marina dovrebbero venir pompati negli scambiatori e ributtati in mare di 5 gradi più freddi, il che in un golfo chiuso come il nostro, con scarso ricambio d’acqua, non mancherà di ripercuotersi sulla pesca e sull’acquacoltura. Ma c’è di peggio: per evitare l’intasamento a causa di alghe e microorganismi vari ovviamente è necessario aggiungere all’acqua composti di cloro, varechina per intenderci, che alla fine arriverebbe in mare sterilizzando anche i fondali.
Un mare morto da lasciare in eredità ai nostri figli non è la mia idea di un futuro sostenibile, spero non sia quella del sindaco...
Un altro punto che va chiarito è il presunto risparmio che ne deriverebbe alle famiglie della città: l’ex a.d di Acegas Aps, Giacomin, quantificò il possibile risparmio per i consumatori nell’«offensiva» cifra di circa 20 centesimi di euro per metro cubo di gas; il che, fatte le proporzioni, per una famiglia triestina (media 3 persone), porterebbe a un risparmio annuo di circa 25 euro. Noi cittadini dunque potremmo risparmiare qualche decina di euro all’anno, e in cambio dovremmo vivere con l’incubo di un centinaio e passa di gasiere all’anno che fanno manovra in mezzo al canale navigabile, ottimi bersagli per una qualunque organizzazione terroristica piuttosto che di qualche pazzoide fanatico, per non parlare del rischio, sempre presente di errore umano. Non è vero che incidenti gravi non ce ne sono stati, anzi...
Nel 1984 a Città del Messico sono esplosi in successione 6 serbatoi di 5000 metri cubi di gas, e il bilancio è stato di 200 morti, 4000 feriti e 200.000 senzatetto (da «Repubblica» 22 novembre 1984).
Da noi avremmo gasiere fino a 250.000 tonnellate in mezzo a una città di 220.000 persone: signor sindaco, le sembra una decisione saggia?
Guido Donvito
 

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - POLITICI - 2
 

Leggo con allegria le nuove esternazioni del nostro «dipendente» Menia.
A partire dalle frasi quali «non accetto lezioni da un Paese ex-socialista», frase infelice, sciocca e facilmente contrattaccabile da parte slovena con un «non accettiamo lezioni da un Paese ex-fascista», frase che peraltro al sig. Menia potrebbe apparire un complimento.
Inoltre, attaccare le Slovenia dicendo io inquino nel mio golfo col rigassificatore quanto voglio, dato che tu inquini con la tua fonderia, pare una bella schermaglia tra bambini cresciuti che si scherniscono su chi ce l’ha più lungo.
Appare sensato che una persona matura o presunta tale, con incarichi prestigiosi e di potere, consideri il dispetto o l’affronto o la rappresaglia ecologica una buona arma per difendere lo Stato italiano dalle presunte prevaricazioni slovene? Il dialogo, la comprensione e gli accordi non sarebbero vie preferibili da persone dotate di cultura e raziocinio?
Se lo stesso ritiene che la Slovenia danneggi il nostro Stato segua le istituzioni come hanno fatto gli sloveni e si adoperi attraverso i canali legali per impedire che il danno prosegua. Un arbitro non di parte, in tal caso, deciderà su queste cose.
Inoltre tempo fa sul Piccolo erano apparsi studi di enti scientifici triestini che hanno palesato qualche dubbio sulla veridicità e sulla validità dei dati della Gas Natural rispetto all’impatto ambientale dello stesso nel golfo.
Appare quindi evidente che il rigassificatore, cui la maggior parte della popolazione è avversa, appare un assurdo che solo evidenti aderenze tra mondo imprenditoriale e politica cala sulla testa dei cittadini per perseguire scopi di lucro senza la benché minima sensibilità verso la cittadinanza che li ha votati e che allo stesso rigassificatore farebbe bene a meno.
Oltretutto ci sono svariati motivi per i quali il rigassificatore sarebbe un enorme danno che la collettività andrebbe a pagare a favore di pochi.
Ha senso costruire tale struttura nella zona di Mediterraneo meno profonda e con correnti marine molto lente? Quale sarebbe l’impatto del cloro immesso in quantità massicce nel golfo sull’ecosistema marino? Quali specie native scomparirebbero? La pesca potrebbe continuare nel golfo? Sulla balneazione che impatto avrebbe? Per non parlare della pericolosità insita in tali impianti.
Inoltre vedo come nella classe politica continua imperterrita la bagarre e la faziosità per dividere e seminare zizzania tra popolazioni ed etnie, mentre c’è sempre maggior necessità di educazione, tolleranza, conoscenza delle diverse culture e dialogo.
Leo Fabiani
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 16 settembre 2009

 

 

RIGASSIFICATORE - “Appello ai volenterosi” di WWF, Legambiente e Italia Nostra:

 

“Solo una forte reazione dei cittadini potrà contrastare le manovre dei potenti sul rigassificatore di Trieste”.
Il premier spagnolo Zapatero e Berlusconi a Madrid hanno parlato del rigassificatore di Trieste-Zaule. Venerdì 18 settembre sarà il primo ministro sloveno, Pahor, a recarsi a Roma per parlare del rigassificatore con Berlusconi. Contemporaneamente, GasNatural rompe un silenzio che dura da anni e annuncia (ora!) di voler “rassicurare le associazioni ed i cittadini sull’ambiente e la sicurezza”.
Dopo lo scandaloso decreto VIA favorevole al progetto del rigassificatore di Trieste, firmato l’11 luglio dai ministri dell’ambiente, Prestigiacomo, e dei beni culturali, Bondi, sono cominciate quindi le manovre finali per mettere i cittadini (triestini e non solo) di fronte al fatto compiuto.
Occorre quindi - hanno sostenuto oggi in una conferenza stampa i rappresentanti di WWF, Legambiente e Italia Nostra - una forte reazione dei cittadini, che contrasti tutto ciò. Le tre associazioni lanciano quindi un “appello ai volenterosi”, affinché sostengano concretamente le iniziative dirette a contrastare la realizzazione di un impianto, nefasto per la sicurezza ed il futuro ambientale ed economico di Trieste e delle aree circostanti.
“Nella seconda metà degli anni ’70 Trieste si mobilitò contro la zona franca industriale sul Carso – è stato ricordato nella conferenza stampa – e alla metà degli anni ’80 si oppose al progetto di costruire una mega-centrale a carbone. Entrambi i progetti furono poi accantonati. Trieste ed il suo territorio sono ancora capaci di reagire contro un’altra grave minaccia al loro futuro?”
A cominciare da venerdì 18 e sabato 19 settembre, nell’area pedonale di via delle Torri saranno attivi – tra le 15 e le 20 – dei banchetti per la diffusione di informazioni sul rigassificatore e per il sostegno alle iniziative legali delle associazioni. “Vogliamo dare la massima diffusione alle informazioni sull’impatto ambientale e sui rischi per la sicurezza, scandalosamente manipolate da GasNatural, e ignorate dai competenti organi ministeriali, ma anche sulle pesanti ricadute negative dal punto di vista economico”.
Anziché gli annunciati benefici in termini di riduzione del prezzo del gas agli utenti, infatti, i documenti e i dati dimostrano che il prezzo finale verosimilmente aumenterebbe, e che gli unici a non rimetterci mai – in virtù di incredibili meccanismi normativi – qualunque cosa accada, sarebbero i costruttori e gestori dell’impianto. Inoltre, la costruzione del rigassificatore nel cuore del Porto di Trieste, rappresenterebbe con ogni verosimiglianza la fine di qualsiasi velleità di espansione dei traffici commerciali marittimi nel Porto stesso. “E’ incredibile che tutto ciò – hanno sottolineato gli ambientalisti – ancorché ben noto e documentato, non sia stato tenuto in alcuna considerazione dalla grande maggioranza dei politici locali, o perché affetti da patologico pressapochismo, o perché succubi di direttive superiori.”
Ai banchetti previsti sarà anche possibile firmare una petizione contro l’impianto di GasNatural. “Vogliamo così dare ai cittadini, finalmente, la possibilità di esprimere la propria opinione, visto che le promesse – del sindaco Dipiazza e di altri - di indire un referendum consultivo sull’argomento, non hanno avuto alcun seguito. Eppure a Monfalcone nel ’96 la cittadinanza fu consultata: perché a Trieste no?”
Che Zapatero si attivi per sostenere il progetto di GasNatural non sorprende gli ambientalisti: “Lo aveva già fatto, come ha rivelato la stampa italiana l’anno scorso, ed era riuscito a sbloccare la procedura VIA che infatti si è poi conclusa, contro ogni logica, con esito favorevole al progetto. Taluni governanti sono più abili come procacciatori d’affari per le grandi multinazionali energetiche, che come difensori degli interessi dei cittadini.”
Gli ambientalisti si interrogano anche sulla tenuta del Governo di Lubiana, finora ufficialmente contrario al progetto di GasNatural. “Gli ultimi due Governi italiani – ricordano WWF, Legambiente e Italia Nostra – hanno proposto con insistenza una “partnership” in campo energetico alla Slovenia, che comprenda anche l’ingresso dell’ENEL nel progetto di raddoppio della centrale nucleare di Krško, in cambio di un “ammorbidimento” sul rigassificatore di Trieste. Il che significherebbe per Trieste (ma anche per Capodistria e molti altri centri) il raddoppio dei rischi di incidente nucleare, cui andrebbero ad aggiungersi quelli legati all’impianto di GasNatural. Sapremo presto se il premier sloveno avrà ceduto alle profferte italiane, svendendo così anche i propri concittadini oltre ai triestini. ”
WWF - LEGAMBIENTE - ITALIA NOSTRA

 

 

LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 16 settembre 2009

 

 

Pannelli solari, boom di furti - rubati impianti per 100milioni di euro- Le centinaia di denunce in tutta Italia nel 2008 mostrano un fenomeno in crescita

 

I ladri colpiscono nelle abitazioni private, ma anche in scuole e centrali dell'Enel -
Caccia con il satellite alla 'refurtiva' spesso rivenduta nei Paesi del Nord Africa
Solare o fotovoltaico, il pannello piace sempre più. Soprattutto ai ladri. Nel 2008 le denunce per furti di strutture destinate alla produzione di energia rinnovabile sono state centinaia in tutta Italia, per un valore complessivo della refurtiva pari a oltre cento milioni di euro. E le stime parlano di un fenomeno in crescita anche per il 2009.
Ne sa qualcosa un - romantico - installatore di Signa, vicino Firenze. A fine luglio si trovava a passare dalle parti del suo primo impianto fotovoltaico (che non si scorda mai), un'abitazione privata il cui tetto era stato ricoperto di pannelli. Quando, con sgomento, l'elettricista ha visto i tetti di casa nudi e opachi ha fatto subito una telefonata al vecchio cliente, dandogli in anteprima la brutta notizia. A seguire è arrivata la denuncia ai carabinieri, e ora sono in corso le indagini per scoprire dove sono finiti quei centoventi moduli, e soprattutto quei centomila euro investiti nel risparmio energetico.
Stessa angosciosa attesa nel piccolo comune di Bene Vagienna, in Provincia di Cuneo. Lì, tra fine agosto e inizio settembre, qualcuno ha fatto sparire dalla scuola elementare A. Carena ben ottantasette pannelli, alti un metro mezzo l'uno. Il mutuo acceso dall'amministrazione comunale resta tutto da pagare: e chi ci pensava a fare un'assicurazione contro il furto?
Il furto dei furti risale al 2007, quando settemila pannelli della centrale elettrica Enel di Serre, vicino a Salerno, si volatilizzarono. A quel tempo ci si muoveva soprattutto per grossi malloppi. Negli ultimi tempi, invece, la raccolta si è fatta più capillare, i ladri si sono organizzati in piccole squadre d'assalto che puntano siti dotati di un capitale medio, tra i cinquanta e i centocinquanta pezzi.
La più grande retata di ecoladri finora registrata in Italia è stata quella dello scorso febbraio: diciannove persone arrestate dalla Squadra Mobile di Matera al termine dell'Operazione Kyoto, lunghi mesi di indagini per una banda che aveva depredato impianti solari e fotovoltaici in tutto il Sud, arrivando a totalizzare un bottino di circa sei milioni di euro. La banda del pannello operava con grande efficienza smontando in una sola notte un centinaio di moduli, che venivano immediatamente spediti via furgone nel Nord Africa.
Nei Paesi nel Maghreb la domanda di energia a basso costo sale a dismisura di anno in anno. E il mercato nero fa affari d'oro: un pannello (che in Italia costa 700 euro) viene ceduto a circa 200 euro. Del resto, in Italia, i pannelli rubati sono inservibili. Quando vengono allacciati per la prima volta alla rete elettrica, il gestore assegna loro un codice di riconoscimento che li marchia per sempre. Se si tentasse di riallacciarli, verrebbe subito identificati. Magra consolazione? No, si può fare qualcosa di più. L'Enea (Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente) ha brevettato il Pv-Guardian, un vero e proprio antifurto che oltre a inibire il funzionamento del modulo in caso di spostamento non autorizzato è in grado di inviare un segnale per localizzare la posizione.
Il dispositivo rileva infatti le coordinate geografiche di un'eventuale nuova installazione grazie all'applicazione del Global Position System-GPS, tramite una scheda laminata che è parte integrante del pannello fotovoltaico, assolutamente impossibile da rimuovere (se non distruggendolo). Un altro sistema di protezione, progettato e realizzato da MARSS srl, è il Solar Defender, basato su sensori ottici applicati direttamente sul pannello. Attraverso un sofisticato algoritmo, il sensore rileva e segnala immediatamente ogni tentativo di strappo, rimozione, mascheramento e manomissione sia del singolo pannello che dell'intero impianto.
Eppure, a volerla trovare, la buona notizia c'è. Secondo stime riportate dall'Enea, i furti di pannelli si aggirano sul 6% del venduto totale. Quindi sappiamo che diverse aree a economia (ed ecosistema) assai fragile si stanno dotando di sistemi energetici puliti. Origine a parte.
CHIARA PAOLIN

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 settembre 2009

 

 

Conconello, vicino il trasloco delle antenne - IL TRASFERIMENTO PER ORA RIGUARDA SOLO LE RADIO
 

Una doppia concessione sblocca l’impasse: i ripetitori saranno spostati su Monte Belvedere
Croci sul calendario non ce ne sono ancora. E in Italia, sui tempi della burocrazia, è meglio andarci coi piedi di piombo. Questa però, per lo sblocco del vecchio piano di ”liberazione” dell’abitato di Conconello dall’invasione delle antenne radiofoniche, sembra davvero la volta buona. Nel giro di qualche mese, infatti, i ripetitori della discordia - tra cui diversi pezzi installati abusivamente - potrebbero già essere disattivati. Dopo di che verranno smontati pure i piloni su cui s’agganciano le antenne. Tanto per togliere, oltre alle onde elettromagnetiche, anche il pugno nell’occhio. Al loro posto, verso Monte Belvedere direzione Banne - a un buon mezzo chilometro di distanza dall’abitato, e 200-300 metri a valle rispetto ai grandi ripetitori di Rai e Mediaset - sorgeranno due nuovi tralicci regolari, uno di Radio Radicale e l’altro di Radio Punto Zero, su cui saranno trasferiti in affitto i ”ponti” di tutte le altre emittenti private.
LO SBLOCCO Lo spartiacque di questa storia che ha dell’interminabile coincide con la recente approvazione, da parte della giunta Dipiazza, di uno schema di convenzione con la Centro di produzione Spa di Roma, braccio tecnico di Radio Radicale, qualificato nel documento stilato in Municipio come «titolare di concessione ministeriale per l’esercizio della radiodiffusione sonora privata in ambito nazionale». Contestualmente, «al fine di garantire uniformità di trattamento, verrà redatto un atto integrativo alla convenzione, già stipulata dal Comune con Radio Punto Zero, che recepirà i contenuti sopra esposti». Fermo restando che «la stipula della convenzione con la Centro di produzione Spa non pregiudica la possibilità per il Comune di accogliere ulteriori istanze di concessione di diritto di superficie nonché di concessione edilizia per l’installazione di impianti di radiodiffusione nella zona in questione».
LA STRATEGIA L’amministrazione Dipiazza, insomma, per uccidere l’impasse ha scelto la via della doppia concessione - e del doppio traliccio anziché uno solo - accettando le richieste tanto dell’emittente romana quanto di quella nostrana, che era stata la prima delle due a presentare un progetto di traliccio ”buono” per tutti ancora agli inizi degli anni Novanta (la Centro di produzione avrebbe fatto poi lo stesso a fine ’99, ndr). Radio Punto Zero, peraltro, che oggi a Conconello è ospite in affitto del pilone di Radio Radicale, si era vista concedere una convenzione dal Municipio per Monte Belvedere già nel novembre del 2005, ma «il relativo provvedimento autorizzativo non è stato però ancora emesso in quanto la richiesta deve essere integrata con alcuni documenti», dal parere dell’Arpa alla Valutazione d’impatto ambientale.
I DETTAGLI La zona in cui troveranno spazio i due nuovi tralicci è un ex terreno militare ora di proprietà del Comune, che per rilevarlo ha pagato 28.500 euro. Infatti, come si legge nello schema di convenzione, «il canone di concessione del diritto di superficie» chiesto alla Centro di produzione è di «2.850 euro all’anno» - per «18 anni» - «corrispondente a un decimo dell’indennità di esproprio versata all’Agenzia del demanio». Non è dato sapere a quanto ammonta il canone analogo che sarà applicato a Radio Punto Zero ma la cifra non dovrebbe discostarsi di molto. Entrambe le emittenti titolari dei tralicci si faranno a loro volta riconoscere un affitto dalle altre emittenti ospiti.
LE REAZIONI Un’ulteriore area nei pressi di Monte Belvedere sarebbe in odore di acquisizione da parte del Municipio per trasferire invece le antenne televisive private. Ma l’urgenza - come assicura il sindaco Roberto Dipiazza che detiene in giunta la delega competente sulla materia, cioè quella all’Urbanistica - erano le antenne delle radio, da cui rimbalzano «le onde potenzialmente più dannose». «Con questo atto - si dice soddisfatto il primo cittadino - abbiamo chiuso una partita che si trascinava da un ventennio». «È un bene per tutti - chiude Filippo Busolini, editore di Radio Punto Zero - che finalmente le antenne abbiano una collocazione lontana dall’abitato. Spiace però che dopo così tanti anni la cosa si sia risolta solo con una seconda concessione, che in realtà non serviva perché il nostro progetto prevedeva che su un solo traliccio ci sarebbero potute stare tutte le radio, con affitti oltretutto molto contenuti».
(pi.ra.)

 

 

San Dorligo, 620mila euro per la centrale a biomasse - Il progetto prevede un centro di raccolta della materia prima e un impianto per la generazione di energia
 

IN SEGUITO ALL’ADESIONE AL PIANO PROVINCIALE DI AZIONE LOCALE
SAN DORLIGO Un finanziamento di 622 mila euro per realizzare una centrale di cogenerazione che utilizzi le biomasse. E' questa la somma che il Comune di San Dorligo riceverà dalla Provincia (tramite la Regione) in seguito all'adesione al Piano provinciale di azione locale, avvenuta due giorni or sono nel corso del consiglio comunale, con una votazione all'unanimità.
Il progetto, che vede anche la partecipazione del Comune di Muggia, consiste nel destinare una zona – verosimilmente un'area dell’Ezit vicino alle Valle delle Noghere – a centro di raccolta di biomasse (tronchi e ramaglie). Il materiale sarà poi trasportato ad una centrale che trasforma la biomassa in energia elettrica, centrale che dovrebbe trovare posto nei pressi del teatro comunale ”France Preseren”, vicino all'attuale centrale del gas.
In questo modo si potrebbe generare energia termica ed elettrica, da destinare al centro visite della Riserva naturale della Val Rosandra, all'asilo e allo stesso teatro comunale.
«Ora siamo in attesa che la Regione riceva la nostra adesione, per partire con la cantierabilità delle strutture», commenta il vice sindaco Antonio Ghersinich. Tra i vantaggi degli impianti sottolineati dall'amministrazione Premolin, anche l'abbassamento dei costi di materiali che attualmente vengono trasportati all'inceneritore.
All'adesione al Pal e alla conseguente realizzazione delle due centrali ha votato favorevolmente, ma con riserva sul procedimento, il capogruppo del Pdl-Udc Roberto Drozina: «Credo che l'argomento sia degno del coinvolgimento del consiglio comunale, nel cui interno sono reperibili professionalità per esprimere suggerimenti su tale progetto. Confido dunque – ha chiosato Drozina – che l'amministrazione tenga conto di questa procedura, a differenza di quanto fatto recentemente con la piazza di Bagnoli».
Di pari passo il Comune di San Dorligo della Valle è in prima linea per la costituzione del distretto agroenergetico transfrontaliero. Il progetto, intitolato Biodistrict, inserito nell'ambito del Programma per la cooperazione transfrontaliera Italia–Slovenia 2007-2013, e pensato in collaborazione con il Centro di ecologia teorica ed applicata sullo sfruttamento delle biomasse, sarà di più ampio respiro. Oltre a San Dorligo saranno infatti coinvolti la Provincia, i Comuni di Muggia, Sgonico, Monrupino e Duino Aurisina ed i Comuni sloveni di Erpelle Cosina. Comeno, Ilirska Bistrica e Divaccia.
Le attività di questo progetto saranno diverse: la raccolta dei dati territoriali sulla consistenza e sulla disponibilità effettiva di biomasse, l'analisi delle utenze termiche degli edifici pubblici, la progettazione di un sistema integrato nell'area transfrontaliera (con gli obiettivi di raccogliere, tagliare e stoccare le biomasse), la sostituzione delle caldaie a combustibile fossile con quelle a biomasse.
(r.t.)

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA -  Sulla vicenda dei cinghiali a Trieste - Trieste, 15 settembre 2009.
 

Quanto pubblicato sulla stampa in questi giorni in merito alla vicenda dei cinghiali a Trieste sembra ribadire un anacronistico quanto pericoloso assioma: la gestione della fauna selvatica deve rimanere una “cosa nostra” del mondo venatorio.
In questo senso vanno le dichiarazioni di chi, attaccando i guardiacaccia invita la Provincia a utilizzare i cacciatori per abbattere gli animali anche nelle zone urbane; e di chi si scandalizza per il fatto che i guardiacaccia sparano in aree urbane o suburbane ignorando che i cacciatori da anni usano carabine e doppiette nelle aree prossime alla città di Trieste arrivando fino a 100 metri dalle case e a 50 metri dalle strade. E’ inoltre doveroso ricordare che da questa primavera alcuni cacciatori sparano anche nel centro abitato di Trieste.
In questo coro variegato filo venatorio va letto anche e soprattutto l’attacco al, rappresentante delle associazioni ambientaliste Maurizio Rozza, “reo” di partecipare nella sua attività lavorativa di guardiacaccia provinciale al piano di contenimento dei cinghiali, pur facendo parte, dell’unico organismo regionale di consulenza tecnica che la Regione ha attivato per la gestione faunistica venatoria, composto inoltre da ben nove cacciatori . Ma l’attuazione dei piani di abbattimento per motivi di sicurezza pubblica e di difesa delle colture agricole è prevista dalla legge nazionale quale compito di istituto proprio dei guardiacaccia provinciali. Dovremmo dunque tornare alla situazione di parecchi anni fa, quando il possesso della licenza di caccia era requisito di base per poter esercitare la professione di guardia venatoria provinciale? O dovremmo, come vogliono il Sindaco Dipiazza e l’Assessore regionale Violino, affidare anche questi compiti esclusivamente al mondo venatorio?
In entrambi i casi sarebbe come affidare la cura della malattia ad uno degli agenti che hanno causato la patologia stessa. Basta leggere gli atti di pianificazione venatoria degli ultimi 15 anni, per capire esattamente chi ha causato questa situazione. Dall’epoca della fuoriuscita dei cinghiali appenninici dall’allevamento della cava Faccanoni, è stata attuata un’enorme attività di foraggiamento di quegli animali con lo scopo di fermarli nell’area periurbana e di farli crescere a dismisura di numero. L’attività di foraggiamento, finalizzata ad avere un’enorme quantità di selvaggina in aree facilmente accessibili, è stata eseguita dal mondo venatorio con il supporto economico dell’allora Comitato Provinciale della Caccia. Purtroppo anche alcuni zoofili hanno contribuito alla crescita della popolazione di cinghiale, lasciando sul territorio urbano e suburbano ingenti quantità di cibo.
Già nel 1997 le associazioni ambientaliste triestine – WWF in testa – avevano previsto quanto sarebbe successo ed avevano chiesto l’intervento immediato delle amministrazioni pubbliche per fermare i foraggiamenti artificiali e attivare una corretta e partecipata gestione faunistica venatoria. All’epoca la popolazione dei cinghiali era sotto le 100 unità e sarebbe stato quindi ancora possibile evitare l’esplosione dei danni ed interventi di contenimento così cruenti. Ma le richieste degli ambientalisti, formulate in forma di osservazioni al Piano Faunistico Provinciale e al Piano Faunistico Regionale, sono state riposte in un cassetto e i Piani mai attuati.
Le responsabilità di questa situazione quindi ci sono, e non sono certo dei guardiacaccia della Provincia di Trieste.
Serve un tavolo tecnico permanente in cui siano presenti ambientalisti, agricoltori ed enti locali e in cui si diano indicazioni non solo sulla pianificazione della gestione venatoria ma soprattutto sulle tecniche alternative all’uso delle doppiette
Non si tratta di pretese astratte: il 29 maggio di quest’anno, con la sentenza n. 165 la Corte Costituzionale ha sancito l’illegittimità della nostra normativa regionale che affida ai soli cacciatori la gestione della fauna selvatica ignorando il principio cardine della norma nazionale che impone che «negli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia deve essere assicurata la presenza paritaria, in misura pari complessivamente al 60 per cento dei componenti, dei rappresentanti di strutture locali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni venatorie nazionali riconosciute, ove presenti in forma organizzata sul territorio. Il 20 per cento dei componenti è costituito da rappresentanti di associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l’ambiente e il 20 per cento da rappresentanti degli enti locali».
Ma la Regione, fino ad oggi, ha fatto orecchie da mercante. E la situazione dei cinghiali a Trieste è solo uno degli evidenti risultati di questo comportamento omissivo che perdura.
Per le associazioni ambientaliste:
Per WORLD WILDLIFE FUND - FRIULI VENEZIA GIULIA: Roberto Pizzutti
Per LEGAMBIENTE - FRIULI VENEZIA GIULIA: Giorgio Cavallo

Per LEGA ITALIANA PROTEZIONE UCCELLI - FRIULI VENEZIA GIULIA: Stefano Sava
Per LEGA PER L'ABOLIZIONE DELLA CACCIA - FRIULI VENEZIA GIULIA: Alessandro Sperotto

Per ITALIA NOSTRA - FRIULI VENEZIA GIULIA: Francesca Boschin

Per LEGA ANTI VIVISEZIONE - TRIESTE: Fulvio Tomsich Caruso
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 15 settembre 2009

 

 

Rigassificatore, ricorso al Tar del Lazio - L’ANNUNCIO IN AULA DEL SINDACO FULVIA PREMOLIN
 

Iniziativa congiunta dei Comuni di San Dorligo e Muggia. Approvata la mozione Pdl-Udc

SAN DORLIGO La giunta di San Dorligo della valle è pronta a presentare un ricorso al Tar del Lazio contro il progetto del rigassificatore di Zaule. Il nulla osta alla delibera per l’affidamento dell'incarico professionale – all'avvocato Alessandro Giadrossi – è stato comunicato ieri mattina dal sindaco Fulvia Premolin durante la seduta straordinaria del consiglio comunale.
«Era un atto doveroso, coerente con il nostro pensiero e le nostre azioni – ha spiegato la Premolin – un procedimento che verrà portato avanti assieme al Comune di Muggia (che giovedì si riunirà in consiglio, ndr)». L'annuncio della delibera è avvenuto poco prima della votazione, da parte del consiglio, sulla mozione presentata dal gruppo consigliare Pdl-Udc proprio sul progetti di insediamento del terminale di rigassificazione nell’area ex Esso a Zaule.
Il consigliere di opposizione Roberta Clon (Pdl-Udc) ha letto in aula una mozione sottoscritta assieme a Roberto Massi e Roberto Drozina, in cui si esprimoni forti dubbi sulla realizzazione del terminale di rigassificazione nell'area di Zaule. «Siamo molto preoccupati per la salute dei cittadini e per le conseguenze che questo impianto potrebbe avere sull'ambiente – ha spiegato la Clon – perché i dati in nostro possesso tendono a proporre conclusioni contraddittorie. È per questo che aspettiamo chiarimenti e verifiche da parte dei tecnici preposti».
Soddisfatto della mozione il consigliere dei Verdi-Idv, Dino Zappador: «Il testo originario presentato dai tre esponenti del centrodestra è stato modificato in una sua parte (su richiesta del consigliere della Slovenska skupnost Marko Savron, ndr), e ricorda l'impegno precedente del consiglio comunale su un tema molto importante come questo, portato avanti con coraggio da Drozina e dagli altri esponenti di centrodestra, tanto da andare contro le posizioni di politici della stessa appartenenza politica, come il senatore Camber o il sindaco di Trieste Dipiazza».
La mozione è stata votata da tutto il consiglio, tranne che da Boris Gombac. Il capogruppo di Uniti nelle tradizioni, al momento di esprimere il proprio voto è uscito dall'aula: «Ritengo che sia incoerente il fatto che la mozione sia stata presentata due giorni prima dell'incontro tra i primi ministri Berlusconi e Pahor, tenendo conto poi che la mozione presentata dagli esponenti del Pdl-Udc dice le stesse cose della giunta riguardo al ricorso al Tar».
Gombac ha inoltre rimarcato come sia «strano che l'opposizione di San Dorligo della Valle, che è di centrodestra, si sia imbarcata assieme all'opposizione nazionale di centrosinistra su un argomento che comunque verrà risolto da più alti organi istituzionali».
La votazione favorevole alla mozione presentata dal Pdl-Udc, e l'annuncio dell'approvazione della delibera della giunta per il ricorso al Tar del Lazio, sono le ultime espressioni delle forti perplessità che il progetto del rigassificatore stanno creando nel territorio di San Dorligo della Valle, una realtà che però – assieme al Comune di Muggia – sarà esclusa dalla conferenza dei servizi che verrà indetta dalla Regione, in quanto il progettato impianto non ricadrà sul suo territorio.
RICCARDO TOSQUES

 

 

Il Pd ”pungola” la Provincia - CRITICITÀ E BENEFICI DELL’IMPIANTO
 

TRIESTE Il Partito democratico ha proposto alla Provincia di attivare un percorso di approfondimento sulle criticità d'impatto e sui potenziali benefici del rigassificatore, coinvolgendo comunità scientifica, detentori di interessi ambientali, economici e sociali, azienda e altre istituzioni pubbliche. Tutto ciò in modo da favorire le necessarie risposte, dalle quali può dipendere una valutazione definitiva di sostenibilità e benefici.
La richiesta è stata avanzata alla presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, da una delegazione del Pd, guidata dal segretario Roberto Cosolini e composta dai capigruppo in provincia, Maria Monteleone, in Comune, Fabio Omero e dal sindaco di Muggia Nerio Nesladek. La proposta è stata formulata a seguito all’ordine del giorno approvato dall'assemblea del Pd, in cui si rimarca l'esigenza di un'autorevole azione delle istituzioni per valutare gli effettivi impatti economici dell’impianto, e se, e come, possano essere superate le preoccupazioni su movimentazione delle navi, impatto sull'ambiente marino e sicurezza.
Di fronte alla richiesta del Pd la presidente della Provincia ha risposto di condividerne motivazioni e caratteristiche.
 

 

Autovie, meno Tir ma più auto (+6,44%) - Passante e flessione dei camion taglieranno gli utili di 5 milioni
 

TRIESTE Cinquencentomila camion in meno sulla rete autostradale di Autovie nel primo semestre 2009 mentre il transito delle automobili non ha mai smesso di crescere (+ 3,7 per cento). Ma l’estate ha invertito la tendenza: boom per la circolazione di autovetture (+ 6,44 per cento) e riallineamento dei volumi di camion in circolazione. C’è il calo del traffico – soprattutto nella seconda parte del 2008 e nei primi cinque mesi del 2009 - dietro alla diminuzione degli utili di Autovie Venete che si attestano, comunque, su una cifra di tutto rispetto: 33 milioni 422 mila euro.
Il calo tiene conto della crisi economica, ma anche dell’entrata in funzione del passante di Mestre che, nei primi sei mesi d’esercizio (l’apertura è avvenuta l’8 febbraio scorso), ha rosicchiato al fatturato della concessionaria circa due milioni di euro. Questo «ammanco», che sarà quantificabile solamente su base annua – le proiezioni parlano di una diminuzione che potrebbe attestarsi sui cinque milioni di euro -, dovrà essere compensato in sede di rinnovo della concessione con Anas. Concessione che l’assemblea di Autovie licenzierà – salvo ulteriori ritardi di Anas – il 28 settembre. Il bilancio, illustrato ieri al cda dall’amministratore delegato Pietro Del Fabbro, sarà invece portato in assemblea il 15 ottobre insieme al rinnovo delle cariche e alle relative modifiche statutarie, oggetto di discussione in consiglio per il rapporto che in questo modo si creerà tra Autovie e Friulia in un momento delicato quale il rinnovo della convenzione con Anas. Le modifiche su cui è stato chiamato ad esprimersi il cda– passate con l’astensione del consigliere Maurizio Ionico (Pd) – hanno riguardato l’introduzione di un vicario (lo statuto prevedrà la figura di «uno o più vicepresidenti»). A queste, però, si aggiungerà la modifica portata direttamente in assemblea da Friulia (su indicazione della Regione) per garantire un posto di diritto all’ad della holding nel cda della società. Un’operazione che mostra la volontà politica della Regione di rafforzare il rapporto tra le due società in vista di una riorganizzazione della holding, ma che secondo alcuni esponenti del consiglio di amministrazione uscente pone problemi di opportunità.
Friulia ha già funzioni di coordinamento e controllo sugli atti di Autovie in base al regolamento di gruppo approvato a gennaio. La presenza del «controllore» nel cda della società controllata potrebbe portare a un maggior condizionamento e quindi a un indebolimento dell’organo di amministrazione della spa proprio in un momento delicato quale il rinnovo del piano finanziario. La strategia della Regione sembra guardare oltre Autovie. Il processo di ricapitalizzazione della spa, necessario per coprire i maggiori costi degli investimenti, va di pari passo con la riorganizzazione della holding. Una ricapitalizzazione di Autovie imporrebbe di non far scendere le quote del socio pubblico sotto i due terzi del capitale della concessionaria.

(m. mi.)
 

 

L’energia più efficace? Il risparmio - Il fisico Renzo Rosei fa lezione in piazza Sant’Antonio a ”Casa verde casa”
 

Ristrutturare Cattinara e costruire il nuovo Burlo secondo i principi dell'architettura sostenibile farebbe risparmiare 30 mila Mhw all'anno. Ognuno di noi consuma quasi 100 volte quanto consumava un uomo dell'età della pietra. Il petrolio non sta finendo, ma sarà sempre più difficile estrarlo e il suo costo aumenterà vertiginosamente.
Così, alternando il micro e il macro, il locale e il globale, Renzo Rosei - docente di Fisica della materia all'Università di Trieste e, tra le altre molte cose illustri, protagonista della nascita del Laboratorio di Luce di Sincrotrone Elettra come stretto collaboratore del professor Luciano Fonda - ha catturato l'attenzione del pubblico accorso sabato scorso alla sua lezione all'aria aperta sulle energie rinnovabili in piazza Sant'Antonio, nell'ambito della manifestazione ”Casa Verde Casa - Dalla casa efficiente alla città sostenibile”. Con gran successo delle ”ecosedie” realizzate con i pacchi dei quotidiani invenduti, e significativa presenza, oltre ad Antonio Paoletti e Alessandro Settimo, presidente e vicepresidente della Camera di Commercio organizzatrice dell'evento, di addetti ai lavori in ambito imprenditoriale.
Partendo dall'escalation dei consumi energetici di oggi - 120 miliardi di kw all'anno, pari all'energia generata da 14mila centrali nucleari: 35% dal petrolio, 25% dal carbone, 21% dal gas naturale, 10% dalle biomasse, 6% dal nucleare, 2% dall'idroelettrico e appena l'1% dalle altre rinnovabili - Rosei, affiancato da una solida massa critica a livello di comunità scientifica internazionale, propone una valutazione delle fonti e tecnologie energetiche in base a parametri nuovi di produttività, resa e sostenibilità: devono essere in grado di produrre quantità significative di energia, devono produrne molta più di quanta non ne richieda il loro funzionamento e devono essere in grado di produrre per tempi molto lunghi senza fare danni ad altre attività e agli esseri umani.
Il ”numerello” da tenere in considerazione è l'Eroei, acronimo di Energy Return On Energy Investment: significa, come detto, che la tecnologia deve produrre più energia di quanta non ne richieda per essere prodotta. Più alto è l'Eroei, più conveniente è la tecnologia. Se ai primordi della sua estrazione l'Eroei del petrolio era 100, oggi è appena 15. Appena più sopra, ma comunque in costante calo, l'Eroei del carbone, mentre il nucleare è appena sopra la soglia di sostenibilità, il 5, e il bioetanolo attuale è addirittura sotto tale soglia.
Qual è la sorpresa? Che il risparmio energetico già oggi è di gran lunga la fonte più redditizia, seguita dal solare e dall'eolico. Sono queste le fonti di energia del futuro: efficaci e sostenibili. La soluzione c'è. Il problema è che non esiste ancora la consapevolezza e la maturità per metterla in pratica. La chiusura di Rosei è infatti piuttosto sconfortante: «Sono scelte che coinvolgono la politica, l'economia, la sociologia, la cultura. Credo purtroppo che ci renderemo veramente conto dei problemi del risparmio energetico e dell'impatto ambientale solamente quando sbatteremo il muso contro le loro più negative conseguenze».
 

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI - Ripensare al tram
 

 

Nell’ambito della recente lunga discussione in consiglio comunale sul nuovo piano regolatore generale, avevo messo in evidenza tra l’altro il fatto che in questa occasione ci si sarebbe aspettata dalla maggioranza di centrodestra la formulazione di una proposta moderna e innovativa per il trasporto pubblico locale (Tpl). Tanto più sarebbe stato logico che tale argomento costituisse una parte non secondaria nel nuovo piano del traffico che è tornato alla ribalta in questa fine d’estate, grazie ad altre anticipazioni parziali che il sindaco magnanimamente ci concede, come succede periodicamente ormai da anni.
Quando parlo di trasporto pubblico locale moderno ed innovativo mi riferisco specificatamente ad un’auspicata reintroduzione a Trieste di un sistema tranviario, a ridottissimo inquinamento acustico e ad inquinamento atmosferico nullo.
L’innovazione tecnologica gioca un ruolo essenziale mettendo a disposizione rispetto al passato un numero maggiore di soluzioni (tram su gomma, metro leggera, tram-treno, ecc.).
Ma si assiste negli ultimi 10/15 anni anche a un rilancio in chiave moderna del sistema tranviario classico. Questa tendenza, avviata negli anni 80 in Francia (Nizza, Grenoble, Strasburgo e nella stessa Parigi) si è progressivamente diffusa in tutta Europa, Italia compresa; nel nostro Paese, dopo le indiscriminate dismissioni delle reti tranviarie cittadine (tra cui la nostra) degli anni 60 e 70, rimanevano solo le reti di Milano, Roma, Torino e Napoli.
Dagli anni ’90, amministratori locali accorti ed un’intensa attività progettuale sostenuta da mirati finanziamenti europei hanno consentito l’ammodernamento delle reti esistenti, il ritorno del tram in centri urbani dai quali era stato cancellato (Messina, Genova, Padova), mentre nuove linee sono in costruzione o già parzialmente in esercizio a Cagliari, Sassari, Bergamo, Firenze e Palermo.
Rispetto a vent’anni fa, oggi per gli esperti del settore è assodato che il tram si inserisce in modo armonioso negli ambienti urbani: le moderne tecniche utilizzate per la posa delle rotaie consentono l’abbattimento quasi totale di vibrazioni e rumorosità; vi è poi da considerare il fatto che tram e pedoni possono coesistere tranquillamente: in numerose realtà europee vi sono arterie stradali centrali dedicate esclusivamente al traffico tranviario ed ai pedoni con risultati più che positivi per quanto riguarda il livello di qualità della fruizione del contesto cittadino.
Per Trieste penso ad esempio alla possibile realizzazione della metropolitana leggera e alla sua successiva integrazione con una tranvia cittadina mediante la tecnologia «tram-treno» (già ampiamente utilizzata soprattutto in Germania ed in Austria) con l’impiego di materiale rotabile in grado di operare sia sulla rete ferroviaria che su quella urbana.
Forse siamo ancora in tempo, in accordo con la Provincia, nell’ambito del piano regionale dei trasporti ed in previsione del nuovo bando regionale per il Tpl del prossimo anno; purché ci sia la volontà di farlo.
Mario Ravalico - consigliere comunale Pd
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 14 settembre 2009

 

MUGGIA - Braccio di ferro con Trieste sul rigassificatore di Zaule - Nello studio dell’Istiee emerge il delicato rapporto fra l’ambiente e le opportunità di sviluppo
 

«È necessario tenere conto di variabili esterne che potrebbero costituire delle opportunità di sviluppo, o delle minacce per le attività economiche e per la qualità dell’ambiente».
La frase è riportata nel capitolo finale dello studio dell’Istiee, intitolato ”approfondimento”, e introduce il capitoletto relativo al progettato rigassificatore di Zaule.
Il progetto, si legge, sebbene interessi l’area ex Esso nel Comune di Trieste, richiede la valutazione dei possibili effetti che il terminale di rigassificazione potrebbe esercitare sul vicino territorio di Muggia.
In questa ottica lo studio mette in luce possibili opportunità, ma anche minacce. Due le opportunità: a) offerte di impiego per gli abitanti e la creazione di un indotto di servizi e forniture attorno all’impianto; b) un effetto traino del nuovo insediamento industriale, che attiri nuove industrie nell’area Ezit anche nelle zona di Muggia.
«Svariate e tangibili – prosegue lo studio – sono anche le minacce portate dalla realizzazione del nuovo impianto». Minacce che, tralasciando i rischi di incidenti, a terra o in mare, vengono sintetizzate in tre punti: a) l’aumento del traffico marittimo causato dalle navi gasiere, che potrebbe incidere significativamente sulle attività di pesca e diportistiche; b) il degrado paesaggistico, sebbene il terminale sia collocato in un’area tradizionalmente destinata all’industria pesante; c) il deterioramento dell’ambiente marino, causato dallo scarico a mare delle acque fredde prodotte dal vaporizzatore di Gnl e dall’immissione accidentale di altri tipi di rifiuti.
Un’opportunità per Muggia, si legge nel documento sul quale si insiste molto, è piuttosto costituita «dalla realizzazione di un impianto per il trattamento dei rifiuti». La manifestazione di volontà da parte della Regione di stipulare un accordo tra le quattro Province, Regione e Slovenia per la sperimentazione della ”dissociazione molecolare”.
Questo nuovo procedimento, attualmente applicato in Islanda, il materiale organico può essere trasformato in energia, per la precisione in un gas sintetico ad alto valore energetico chiamato Syngas, risolvendo nel contempo i problemi che presentano i classici termovalorizzatori. Con i dissociatori infatti si abbattono tutte le problematiche legate sia all’aspetto sanitario sia all’aspetto ambientale derivanti dall’incenerimento.
 

 

Petroliere, gasiere e centri commerciali Muggia si interroga sul proprio futuro
 

Il consolidamento di un’attività industriale sostenibile, i progetti sul fronte mare, il recupero della dimensione agricola, un nuovo slancio del terziario, ma anche uno sviluppo armonico fra grande distribuzione e commercio nel centro storico. E ancora una pianificazione territoriale con i Comuni limitrofi, le questioni ambientali ed energetiche, e le politiche legate alla mobilità.
Un articolato ventaglio di linee di sviluppo per il territorio di Muggia viene individuato dallo studio elaborato dall’Istiee (Istituto per lo studio dei trasporti nell’integrazione economica europea) e intitolato ”Il Comune di Muggia nelle sfide del XXI secolo”, che costituisce l’asse portante e la base del dibattito della Conferenza economica organizzata dal comune rivierasco domani e mercoledì a Porto San Rocco.
Una grande tela di ragno blocca da diversi anni lo sviluppo su fronti fondamentali (industria e turismo, ma anche commercio): è il Sito inquinato di interesse nazionale, che include buona parte del comune rivierasco, fra cui anche un importante tratto della sua costa. Le aree inquinate vengono definite nello studio come il vincolo principale, un freno alle diverse iniziative da sviluppare. E se le bonifiche in certe zone del Sin potrebbero essere fatte in tempi relativamente brevi, «rimangono freni molto forti – si legge – dovuti al blocco da parte del ministero dell’Ambiente di alcuni successivi passaggi fondamentali».
Preme quindi il recupero, attraverso le bonifiche, delle aree nella Valle delle Noghere e nell’alveo del Rio Ospo, per restituire alla produzione superfici importanti già prese in considerazione per progetti di sviluppo (portuale, industriale e commerciale) che interessano l’intera provincia ma che sono localizzati in buona parte sul territorio muggesano.
In tema di progetti a mare, nello studio si ricorda come i piani di espansione portuale vadano a insistere sul territorio muggesano con il terminal Ro-ro sulla costa delle Noghere, ma anche indirettamente con l’aumento generalizzato dei traffici e quindi della movimentazione navale.
Una concentrazione di traffico marittimo si svilupperebbe molto prossima alla costa muggesana, che non può non tenere conto delle navi gasiere, che «andrebbe a sovrapporsi, si legge nello studio, in uno stretto canale a quello già esistente del traffico containerizzato e del petrolifero creando, nelle ipotesi di sviluppo delle attività portuali, fenomeni di congestione nella movimentazione marittima».
Sul fronte del commercio si rileva la concentrazione di attività della grande distribuzione nel territorio di Muggia, suscettibile di ulteriori sviluppi con una nuova realtà nella valle delle Noghere, affiancata da altre strutture commerciali come il centro all’ingrosso e il riposizionato mercato ortofrutticolo. La possibile presenza in quell’area di importanti strutture commerciali, ma anche industriali e portuali richiede, secondo lo studio, una riflessione e un maggiore approfondimento.
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

Gemellaggio Napoli-Trieste su ambiente e riciclaggio - MERCOLEDÍ UN CONVEGNO
 

Napoli invita Trieste a un confronto scientifico sul tema della tutela ambientale. L’associazione culturale ”Tempolibero” del capoluogo campano (www.associazionetempolibero.it) promuove infatti il 16 settembre, alle 16.30, all’auditorium della stazione zoologica Anthon Dohrn di Napoli un dibattito su ”Ri-proponiamo l’ambiente”. In considerazione dei molti punti di contatto tra Trieste e Napoli - un golfo da preservare e tutelare, alcuni importanti quesiti ambientali che meritano un approfondimento e una risposta e, soprattutto, l’associazionismo ”verde” molto vivace e attento - ”Tempolibero” invita Trieste a uno scambio di informazioni e energie su questi temi. All’appuntamento di mercoledì interverranno Umberto Arena, docente di Scienze ambientali alla II Università di Napoli, il magistrato Donato Ceglie, il direttore regionale di Legambiente Campania Raffaele Del Giudice, Lidia Genovese e Rosalba Cerqua, rispettivamente commissario straordinario e consulente della Fondazione Banco di Napoli assistenza infanzia, e Claudio Agrelli, ideatore di ”Città di Partenope”. I relatori interveranno sulla scorta della presentazione di documenti quali ”Mare sostenibile” di Flegra Bentivegna, curatrice della stazione zoologica Dohrn, e di scene dal film ”Biùtiful cauntriy.
L’obiettivo dell’iniziativa è quello di fornire informazioni corrette e scientifiche sull’argomento e offrire un’occasione di consapevolezza sulle questioni ambientali in un momento in cui le emergenze sembrano moltiplicarsi e gli ultimi allarmi sul mare hanno rinnovato paure e dubbi dei cittadini. ”Tempolibero” punta a un’ideale prosecuzione del convegno con una campagna prenatalizia rivolta alle scuole di ogni ordine e grado, finalizzata a limitare l’uso del packaging e a invogliare al massimo il riciclo degli imballaggi di doni e affini. E anche su questo tema, può tornare utile l’esperienza triestina per esempio dell’iniziativa ”3 Erre: risparmio, riciclo, riuso” che - sotto l’egida di Comuni e Provincia - ha coinvolto le scuole di tutto il territorio in iniziative di sensibilizzazione sui temi dell’ambiente, della raccolta differenziata e del ciclo integrato poi sfociate in mostre, laboratori di creatività, ”mattinate ecologiche”.
Chi fosse interessato a saperne di più sul convegno napoletano può contattare Clorinda Irace, presidente di ”Tempolibero” (cli@fastwebnet.it) o Fiorella Mainenti, curatrice del convegno (f. mainenti@libero.it).
 

 

SEGNALAZIONI - «Piazza Libertà non è da riqualificare» - STATUA DI ELISABETTA E ALBERI SECOLARI
In merito all’articolo su piazza Libertà apparso il 1° settembre, riteniamo di fare alcune precisazioni. La svista più evidente riguarda il posizionamento della statua di Elisabetta d’Austria; si dice infatti che «è stata ricollocata nel suo sito originario... appunto all’ingresso della stazione». Bene, quest’affermazione non corrisponde al vero, dato che il suddetto monumento era stato inserito nella piazza nel 1912, ma nel giardino di fronte al Silos. Un’altra inesattezza riguarda il contestato progetto di riqualificazione della piazza. Si riporta nell’articolo che, con il nuovo assetto, «il perimetro del giardino storico... resterà comunque intatto». Questo non può essere vero, visto che saranno abbattuti non «alcuni», ma un’intera fila di dieci alberi secolari, operazione che modificherà inevitabilmente la struttura, rimasta invariata dal 1878, pur dopo i vari interventi citati nell’articolo. È dunque per questo motivo che si sono mobilitati il comitato e i cittadini firmatari della petizione, che si sono anche sentiti presi in giro dall’assicurazione che cinque di questi alberi verranno trapiantati altrove, non si sa dove e con quale esito, visto che perfino il sindaco, durante l’incontro tenutosi il 29 aprile a S. Maria Maggiore, ha espresso delle perplessità sulla fattibilità del trapianto.
Piazza Libertà non è assolutamente un’area degradata, visto che è già stata restaurata pochi anni fa, tra il 1998 e il 2004, su progetto dell’architetto Cervi, che l’ha ripristinata nel rispetto filologico della struttura ottocentesca, mantenendo quindi il disegno originale del giardino sia nella forma che nelle dimensioni. Quanto alle immondizie lasciate dai frequentatori notturni, non si può certo pensare che una nuova sistemazione del giardino potrà scoraggiare lo stazionamento di persone allo sbando.
Ilaria Ericani - portavoce del Comitato per la salvaguardia del giardino storico di piazza Libertà
 

 

SEGNALAZIONI - Alta velocità - GALLERIA
 

Un po’ di memoria per incominciare. Il 14 maggio 1850 Francesco Giuseppe collocò la prima pietra della stazione ferroviaria di Trieste, Nel 1857 funzionerà la linea ferroviaria Trieste-Vienna.
La posizione scelta per la stazione obbligò a grandi spese, per tagliare da un lato la montagna e per riempire dall’altro lato una porzione di mare.
Partendo dalla situazione dei traffici attuali, alcuni economisti contestano la necessità del Corridoio 5. Quasi allo stesso modo, nel 1842-1848, non era di fatto scontato che il volume dei traffici europei giustificasse l’opera, considerata pazzesca per l’epoca, di costruire una ferrovia da Vienna a Trieste. Detto questo viene spontaneo chiedere: sarebbe stato facile, nel 1850, realizzare la stazione e linea ferroviaria, se ci fossero stati i vari comitati «Nimby», associazione ambientaliste (Wwf, Italia Nostra ecc.), sindaci e politici locali? Mi auguro che, anche questa volta, per quanto riguarda la Tav, non sia così.
È sempre utile ricordare che i fondamentali obiettivi dell’Alta velocità/Alta capacità italiana sono di aumentare: la quantità, l’offerta ferroviaria italiana, l’integrazione con la rete europea, indirizzare il trasporto su gomma al trasporto su ferrovia. Le nuove linee – parte integrante delle reti di comunicazione e trasporto transeuropee programmate dall’inizio degli anni ’90 a livello comunitario (Ten-T: Transeuropean Networks-Transport) – rappresentano un tassello fondamentale dei piani di sviluppo dell’infrastruttura ferroviaria italiana e si accompagnano a importanti interventi di riorganizzazione del trasporto e di riqualificazione delle aree attraversate: nuove stazioni, servizi ferroviari regionali e metropolitani, itinerari dedicati alle merci ecc.
Detto ciò, a fronte del progetto fin qui presentato da Rfi (Rete ferroviaria italiana), sono certo, pur condividendo la soluzione «in galleria», che ai più il tragitto che prevede l’enorme «S» per raccordare Trieste a Divaccia e relativa linea per Capodistria è incomprensibile. Mi sembra più logico pensare ad un collegamento Trieste-Pivka. Di fatto con i 35,5 km previsti dall’attuale progetto Trieste-Divaccia si potrebbe arrivare a Pivka punto più avanzato di 12-15 km rispetto a Divaccia. Dato non trascurabile in termini di costi ed ai fini del collegamento con Fiume essendo - Pivka - già nodo ferroviario con la linea di Fiume-Lubiana. Un tanto per fare sistema. In questo caso il previsto raccordo per la ferrovia di Capodistria si potrebbe fare a Kosina. Adottando questa soluzione, i parametri quali angolo di curvatura, dislivello ecc. sarebbero facilmente rispettati. Il tutto in accordo con le norme che regolamentano le reti ad alta velocità. In modo particolare ai problemi geologici (grotte e idrologia), al rumore/vibrazioni, ai materiali di risulta, ulteriori espropri in aree del Carso per la nuova eventuale linea (abbiamo già dato) ecc.. Tutti argomenti cui si possono dare delle spiegazioni razionali e tecniche a favore della realizzazione della linea Av/Ac in galleria.
Luciano Emili
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 13 settembre 2009

 

 

INIZIATIVA CONTRO IL RIGASSIFICATORE - Il Comitato per il golfo: i punti dolenti del Gnl
 

Un opuscolo in 10 mila copie distribuito a sindaci, assessori, consiglieri e ad altre istituzioni
MUGGIA Diecimila copie distribuite in tutta la provincia. Titolo dell’opuscolo: ”Tutti i punti dolenti sul rigassificatore”. Torna alla carica il Comitato per la salvaguardia del golfo sul progetto per il terminal di rigassificazione. Il foglio, composto da quattro pagine, ripercorre le tappe del progetto, anche a seguito del nulla osta sull’impatto ambientale rilasciato dai ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali. «Il rigassificatore a Trieste era ed è improponibile – spiega il responsabile comunicazione del Comitato, Arnaldo Scrocco –. Per questo abbiamo voluto redigere questo opuscolo (reperibile nella sede dell’Otc, in via Udine, ndr) che abbiamo iniziato a distribuire e che è stato recapitato a tutti i consiglieri, gli assessori, i sindaci e le figure istituzionali coinvolte».
Tra i punti, la critica al Comune di Trieste per la mancata informazione alla popolazione e le forti perplessità sul ruolo della Provincia, ”rea” di non aver mai preso una posizione ufficiale. «C’è una sudditanza psicologica dei poteri politici ed economici verso questo progetto – spiega il coordinatore del Comitaro Giorgio Jercog –. Se venisse realizzato porterebbe conseguenze disastrose per la salute e il benessere dei cittadini».
Domani il Comune di San Dorligo sarà intanto chiamato a votare una mozione del capogruppo del Pdl-Udc Roberto Drozina contro il rigassificatore. «È un segnale importante perché il documento è proposto da un consigliere del centrodestra – chiosa Jercog – a riprova che non tutti stanno operando come la maggioranza retta dal sindaco Dipiazza».

(r.t.)
 

 

Scajola: «A febbraio i siti delle centrali nucleari» - ALLA FIERA DEL LEVANTE
 

ROMA Sgombra il campo dalle troppe «chiacchiere» sui siti dove potrebbero nascere le nuove centrali nucleari, il ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola. «Chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere: stiamo lavorando sui criteri che un territorio deve avere, non sui luoghi», ha assicurato ieri il ministro all'inaugurazione della Fiera del Levante di Bari, ai giornalisti che gli chiedevano conferme sulle voci secondo cui il governo avrebbe già individuato alcuni siti per la realizzazione di impianti nucleari. E nel garantire l'impegno a rispettare la vocazione dei territori, Scajola ha chiarito che il progetto riguarda la realizzazione di al massimo quattro centrali, che prevede di concludere a febbraio la definizione dei criteri per l'ubicazione degli impianti e che l'Italia non intende importare dalla Francia le centrali, ma che saranno costruite da «grandi industrie italiane».
E ancora, Scajola ha sottolineato che «l'obiettivo del governo Berlusconi è trasformare il Mezzogiorno in una piattaforma energetica e logistica che valorizzi la sua posizione strategica tra Europa e Mediterraneo e in questo quadro la Puglia ha assunto un ruolo significativo per lo sviluppo delle energie rinnovabili». Secco il commento il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, che ha liquidato il discorso del ministro come «propagandistico, con la ripetizione di spot pubblicitari infondati».
In generale, il piano per il nucleare prevede «un gruppo di dodici reattori raggruppabili in tre-quattro centrali - ha detto Scajola - per cui l'Italia in tutto il suo territorio, da qua al 2030 ha come obiettivo di produrre il 25% di energia nucleare attraverso la costruzione di un numero simile di centrali». In ogni caso, ogni progetto dovrà ricevere «l'autorizzazione alla costruzione avendo sentito i territori nelle quali le centrali saranno ubicate» ha spiegato ancora il ministro, aggiungendo che «l'accordo fatto con la Francia si riferisce a quattro unità». Per il momento si stanno ancora definendo «i criteri per l'ubicazione delle centrali, un lavoro che finiremo entro febbraio - ha detto Scajola - e che servirà a definire le caratteristiche tecnologiche, morfologiche del territorio e di sicurezza».
 

 

EMERGENZA CINGHIALI INSORGONO VITICOLTORI E COLDIRETTI - Bole: «Hanno divorato il 50% della mia uva»
 

Ferfoglia: «Distruggono le nostre piantagioni, la Provincia doveva intervenire»
«Credetemi, a nessuno fa piacere abbattere un animale, specialmente a chi, come noi, vive dei frutti della terra e d’allevamento. Ma i danni e i problemi causati dai cinghiali erano ormai sotto gli occhi di tutti. Plaudo alla Provincia per essersi rimboccata le maniche e aver iniziato a ridurne il numero». E’ questo il punto di vista di Andrej Bole, viticoltore di Pischianzi, Roiano, e presidente del Consorzio di Tutela della Doc Carso. Un pensiero che risulta ampiamente condiviso dalla sua categoria. «Non ho nulla contro gli animali – insiste Bole - ma i cinghiali l’anno scorso mi hanno divorato il 50 per cento della mia intera produzione. Ora è necessario essere realisti: importiamo l’orso e il lupo per contrastarli naturalmente, oppure cerchiamo di sterilizzarli? Una soluzione potrebbe essere che lo Stato ci paghi con puntualità di danni subiti, mantenendo i cinghiali vivi per non turbare l’opinione pubblica. Si dà il caso però che sono al corrente che vi siano fondi minimi per rifonderci i danni che abbiamo denunciato nel 2007 e nel 2008. E dunque è giusto aver avviato i piani di prelievo».
Dello stesso avviso pure Andrej Ferfoglia, viticoltore sulla collina di Roiano, che l’anno scorso aveva denunciato tra i primi l’invasione dei cinghiali nell’area appena sottostante la via Commerciale. «Capisco che molte persone non riescano a rendersi conto di quanto pesante possano risultare i raid di questi ungulati. Trascurando la loro fame d’uva – afferma Ferfoglia – posso testimoniare come durante il loro passaggio vengano distrutte tante piante di vite, pali e fili d’impianto, addirittura i muri di contenimento dei nostri terrazzamenti. Questa è la realtà. Era ora che la Provincia intervenisse».
«Non intendo polemizzare ma solo puntualizzare – interviene Lenart Vidali, allevatore di Basovizza. Il piano d’abbattimento concordato dalla Provincia con gli operatori di categoria e gli enti locali appare appena sufficiente per contenere la crescita dei cinghiali. Oltre ai pericoli per la circolazione stradale – continua Vidali – per noi allevatori è sempre più difficile sfalciare quei pochi prati esistenti per ricavarne foraggio. Quando passano, i cinghiali mettono tutto sottosopra, scavano rivoltando il terreno. Lo fanno anche per un ettaro alla volta, intendiamoci. Oltre al danno denunciato, è necessario bonificare tutto il territorio, senza avere delle garanzie che il disastro non avverrà più».
«La nostra posizione è chiara – dice Dimitri Zbogar, presidente provinciale della Coldiretti. La Provincia ha operato nell’unico modo possibile di fronte alla questione cinghiali. E’ facile puntare il dito e vaneggiare soluzioni senza andare nel pratico. La verità è che ci troviamo di fronte a un problema complesso, causato proprio da quell’immobilismo che ha costretto l’ente preposto a arrivare a soluzioni estreme. A parole, tutti sono capaci di accusare e criticare, ma qui ci vogliono fatti. E questi dicono che i cinghiali hanno invaso il nostro territorio distruggendo campi e coltivazioni».
Maurizio Lozei
 

 

CINGHIALI - IL BUSINESS DEI MAIALI SELVATICI
 

Carne pregiata che i cacciatori vendono ai macellai Prosciutti e braciole, un animale vale mille euro
Un prosciutto di cinghiale, intero, di circa 6 chili, arriva a costare intorno ai 200 euro. Le sue salsicce stagionate vengono pagate tra i 18 euro e i 20 euro al chilo, a 20 anche le braciole mentre il salame è acquistabile spendendo tra i 2,5 e i 3 euro all'etto. Da un animale così si possono ricavare circa mille euro.
I cacciatori che sul Carso triestino abbattono questi esemplari possono poi farli macellare a Prosecco. C'è chi decide di tenere carne ed insaccati per sè, per consumarli in famiglia e chi invece vende la carne dell'animale ai macellai.
«Sono gli stessi cacciatori che ci propongono la carne dei cinghiali abbattuti in questa zona - precisano dalla macelleria Suerz di via Genova - ma devono proporla con tutte le carte in regola: la carcassa della bestia deve essere accompagnata dai documenti vidimati dal guardiacaccia, da certificato del medico dell'azienda sanitaria e dal cartellino della riserva dove è stato ucciso l'animale».
«Il periodo di caccia al cinghiale inizia tra poco - precisa il titolare di Tuttocarne in via Battisti - e di conseguenza anche le macellerie triestine offriranno ai clienti la carne di questa bestia. La parte più ambita è quella della schiena dalla quale si ricavano le braciole che sono molto pregiate».
Del cinghiale, come pure del maiale, i macellai dicono che non si butta nulla. «Nel corso della macellazione, un bravo macellaio, riesce a scartare appena il 20 per cento dell'animale - spiega Mauro Licciardello, macellaio della catena di supermercati Despar - con le cosce e le spalle si fa lo speck o il prosciutto, con il resto invece salsicce, salame e pezzi per spezzatino che poi vengono usati nella nostra cucina carsolina per fare il sugo e accompagnare gnocchi e polenta».
Nei supermercati triestini è più facile trovare carne di cinghiale surgelata proveniente il più delle volte da allevamenti umbri e toscani. In Friuli e nell'isontino esistono supermercati specializzati proprio in carne di selvaggina e di conseguenza anche di cinghiale. «Un esemplare maschio adulto pesa intorno ai 120 chili - precisa Licciardello - se femmina intono ai 90 chili. I capi giovani di solito vengono abbattuti solo dai bracconieri o usati per farli allo spiedo. Ad un cinghiale maschio appena ucciso, se si intende consumare la sua carne, vanno tagliati i genitali - spiega il macellaio - perché l'animale, morendo, si urina addosso sporcandosi».
Alcuni sostengono che questa pratica vada adottata anche al fine di non far diventare la carne dura e amara. Durante la macellazione l’animale viene appeso a testa in giù e con le gambe aperte. Un brutto spettacolo.
Laura Tonero
 

 

SEGNALAZIONI - Sei buoni motivi per opporci al progetto del rigassificatore di Zaule

 

Dalle tantissime segnalazioni di cittadini, esponenti politici e imprenditoriali e varie associazioni ambientaliste, pubblicate dalla stampa locale, contrarie all’installazione del tanto discusso rigassificatore di Zaule, emerge in primo luogo che il relativo progetto «fa acqua da tutte le parti» sia per i dati falsati per l’approvazione della valutazione di impatto ambientale, sia per la violazione delle norme di sicurezza e inoltre si evince che la realizzazione di detta struttura sarebbe una catastrofe per il nostro territorio e per la popolazione residente per le ragioni sottoriportate:
1) Si blocca lo sviluppo del porto, fonte primaria per l’economia della città e lo sviluppo turistico.
2) Si perdono oltre mille posti di lavoro tra la chiusura della Ferriera e tutto l’indotto connesso con il mondo della pesca.
3) Si distrugge e si devasta in maniera irreversibile l'ambiente marino in considerazione che ogni giorno verrebbero scaricati nel nostro golfo (della profondità media di 15-20 metri) 200 kg di cloro e circa 500 kg di solfati che movimentandosi metterebbero in circolo altissime quantità di sostanze chimiche, altamente pericolose e letali giacenti sul fondo marino proprio nel sito prescelto, il tutto miscelato con un costante raffreddamento del mare (il gas arriva alla temperatura di circa meno 160°C)
4) Per quanto sopra evidenziato i cittadini non potranno più fare il bagno lungo tutta la costa che si snoda da Lazzaretto a Sistiana. le piscine marino-terapeutiche saranno impraticabili ed inoltre si manda all’aria il progetto per il futuro parco del mare e relative infrastrutture.
5) In caso di sottoutilizzo dell’impianto, per ragioni di mercato, il mancato guadagno da parte del gestore dovrà essere pagato da noi cittadini.
6) Si colloca in centro abitato una bomba ad altissima potenzialità: gli abitanti di Servola, Valmaura, Aquilinia e Campo Marzio in primo luogo e poi via, via gli altri rioni, in caso di incidente non avrebbero via di scampo, né possibilità di fuga. Il disastro di Viareggio rappresenta la infinitesima parte di ciò che succederebbe in questo sito. Tali effetti sono stati documentati e filmati da uno studio voluto dal governo americano per verificare la portata del disastro e rendersi conto a quale distanza debbano porsi dette strutture per garantire l’incolumità della popolazione residente: è stata valutata la necessità di rispetto di 18-20 km dai centri abitati o dalla costa se posizionati a mare.
È opportuno considerare che se ci troviamo in questa crisi globale è per l’avidità, la speculazione e gli interessi di aziende e multinazionali senza scrupolo che non esitano a mettere a repentaglio perfino la vita della gente pur di trarre lucro e vantaggi: nella fattispecie i nostri promotori del rigassificatore.
Il diritto alla vita non è né di destra né di sinistra, il popolo è sovrano prima delle elezioni, dopo gli eletti pensano a conservarsi la poltrona e a futuri avanzamenti, la stampa ci propone giornalmente le loro dispute e diatribe.
Noi cittadini, senza tutela e lasciati da tutti allo sbaraglio dobbiamo difendere i nostri posti di lavoro, la possibilità per noi e i nostri nipoti di continuare a recarsi al mare per una sana balneazione e soprattutto difendere la nostra vita.
Pertanto se l’attuale governo vuole imporre con arroganza e in maniera dittatoriale detta struttura a noi cittadini non rimane che chiedere le dimissioni dei responsabili delle istituzioni che hanno avvallato la procedura di avvio all’iter dell’impianto di cui trattasi e chiedere l’intervento del ministro Maroni, preposto alla sicurezza del territorio, nonché l'intervento della magistratura per l’accantonamento definitivo di tale progetto al fine della salvaguardia della vita della popolazione residente nella zona interessata.
Licia Micheli
 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - Progettazione e storia
 

La definitiva bocciatura del governo Sloveno al rigassificatore di Zaule, al di là del rumore di fondo della politica locale, mette in evidenza che la Slovenia ha una visione di sviluppo dell’area giuliana che andrebbe valutata molto attentamente, nell'ottica del progetto dell’Euroregione con capitale (economica) Trieste.
Mai come adesso il futuro della nostra città è legato ad una forte integrazione e collaborazione con la Slovenia, e domani anche con la Croazia. In troppe occasioni abbiamo rifiutato questa collaborazione, a partire dalle conclusioni del trattato di Osimo, e le ultime, le più importanti, che riguardano l’attività mercantile del Porto di Trieste, come la gestione del Molo VII e l’area dello Scalo legnami.
Le reazioni e gli atteggiamenti della politica locale sono fortemente condizionati dalla storia di queste terre, che però non hanno più senso, in questa fase storica, caratterizzata da una assoluta necessità di ritrovare le nostre più originali radici etniche e culturali.
L’aggettivo più appropriato, per definire questa difficoltà di ragionare assieme nel merito di un comune futuro, è la superbia, che in generale è diventata anche un vizio moderno delle società occidentali.
Il superbo tende a mostrarsi, diceva Tommaso d’Aquino, perché è innamorato della propria eccellenza, da qui discende una «smodata presunzione di superare gli altri».
Trieste, dal dopoguerra, per la sua marginalità, è stata coccolata ed elogiata da tutti i governi italiani succeduti, però, come ha scritto F. Nietzsche, «quando ti elogiano non insuperbirti, sappi piuttosto che quando ti elogiano non sei ancora sulla tua strada, bensì su quella di un altro». Trieste, dal dopoguerra, è stata sempre sulla strada di altri.
Ladi Minin
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 12 settembre 2009

 

 

Nuova missione di Gas Natural in città a fine mese - ANNUNCIO ALL’INDOMANI DEL VERTICE MINISTERIALE ITALO-SPAGNOLO
 

Programmati degli incontri con le istituzioni. La società: «Poi rassicureremo i cittadini»
I vertici di Gas Natural saranno nuovamente a Trieste prima della fine del mese per una nuova serie di incontri con le istituzioni e in particolare con il Comune riguardo al rigassificatore on shore previsto a Zaule. «In una fase successiva - ha annunciato ieri Giuseppe Muscio, portavoce di Gas Natural Italia - gli incontri e le illustrazioni del progetto coinvolgeranno anche le varie associazioni e i singoli cittadini per fornire tutte le rassicurazioni richieste in materia di sicurezza e tutela ambientale».
La notizia di una nuova tornata di colloqui triestini, che comunque non dovrebbe coinvolgere la Regione, arriva all’indomani dell’incontro tra il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola e il suo omologo spagnolo Miguel Sebastian in cui il futuro impianto triestino è stato uno dei principali temi trattati. Alla Maddalena i rappresentanti dei due Governi hanno riaffermato la reciproca disponibilità a portare avanti progetti di collaborazione comune. Fonti ministeriali hanno sottolineato come siano state analizzate in modo positivo le collaborazioni industriali ed energetiche con particolare riferimento alla presenza di Enel in Spagna attraverso Endesa e al possibile ingresso di Gas Natural sul mercato italiano grazie appunto al rigassificatore di Trieste. «Si tratta - hanno ribadito i ministri - di importanti segnali di apertura delle partecipazioni che ci sono e vanno mantenuti». Del resto lo stesso ministro Scajola aveva già avuto modo di esprimersi favorevolmente e con fiducia nei confronti dell’inmpianto di Gas Natural a Trieste nel corso di una sua visita in Friuli Venezia Giulia di qualche mese fa.
Un possibile ammorbidimento della posizione della Slovenia, il cui governo si è ufficialmente espresso per il no al rigassificatore triestino, è auspicato a seguito dell’incontro che si svolgerà venerdì prossimo a Roma tra Silvio Berlusconi e il premier sloveno Borut Pahor. Frattanto la palla sta passando alla Regione che dovrà convocare la Conferenza dei servizi per il via libero definitivo all’impianto di Zaule. I tempi però si prospettano ancora lunghi (per la prima convocazione si parla di fine 2010) anche perché mancherebbe all’incirca un anno per l’autorizzazione ambientale al gasdotto di collegamento con la rete nazionale.

(s.m.)
 

 

GAS, DECIDA TRIESTE
 

Solo i patiti della dietrologia, disciplina nella quale non siamo versati, potranno vedere una strategia comune nell'opposizione del governo sloveno al rigassificatore a Trieste, e nel ricorso al Tar dell'Unione slovena contro il nuovo piano regolatore: diverse le questioni, gli attori e gli obiettivi. Non vivremo una recrudescenza di guerra fredda.
Le due vicende segnalano invece uno spostamento politico-culturale, ch'è figlio della nostra epoca, delle tensioni di confine: dai valori nazionali all'interesse economico, dal peso della storia alla competizione territoriale. In passato l'agenda delle riaffioranti acrimonie era dettata dai temi dell'identità: la tutela delle minoranze, il bilinguismo, l'esodo, le foibe e le sopraffazioni del fascismo che le avevano precedute, le contrapposte letture della storia. Eventi tuttora ravvisabili in filigrana nelle asprezze polemiche di questi giorni (perché colpevolmente mai affrontati fino in fondo), e tuttavia sempre più sostituiti da argomenti in moneta sonante: il mercato del gas e lo scacchiere mondiale dell'energia, l'edilizia residenziale e lo sviluppo del Carso.
Ovvio che l'elemento "etnico" è tutt'altro che secondario nella levata di scudi dell'Unione slovena contro il nuovo piano regolatore, foriero di nuovi insediamenti abitativi in altipiano ritenuti capaci di alterarne la composizione demografica. Ma alla fine stiamo parlando di prezzi al metro quadro, indici di edificabilità, edilizia residenziale contro insediamenti turistici, terreni il cui valore cambia per effetto del nuovo documento urbanistico. Punti sui quali le argomentazioni etniche, oltre che vagamente inquietanti, sono fuori luogo: buona o cattiva che sia, la nuova disciplina tocca chiunque viva in altipiano, italiani e sloveni.
La partita del rigassificatore è molto più ampia, ma non è una nuova cortina di ferro: riguarda l'ambiente e gli interessi economici. Finora s'è ostentato il primo per il suo indubbio rilievo e per tacere i secondi, che però è bene far venire allo scoperto. E sono divergenti tra Italia e Slovenia. Il nostro Paese (e la nostra regione, e Trieste) ha l'esigenza primaria di diversificare le fonti di energia e ridurre la dipendenza di gas da fornitori capricciosi, costosi e corrotti come la Russia e il Nord Africa. Lubiana (che ha già il nucleare, diversamente da noi) sta entrando in una nuova, grande alleanza che viceversa accrescerà la sua relazione con la Russia: è il gasdotto "South Stream", una delle future vie di conduzione con cui Mosca raggiungerà l'Europa centrale aggirando l'Ucraina, in questo caso attraverso il Mar Nero e risalendo i Balcani. La Slovenia ne farà parte a pieno titolo. Ovvio che al di là della questione ambientale, che non perde comunque un grammo del suo valore, Lubiana veda come fumo negli occhi i rigassificatori su cui invece l'Italia, ricca di coste, punta.
Non c'è nulla di male in tutto ciò. L'importante è conoscerlo, per consentire alle opinioni pubbliche di avere una visione completa delle cose, e non limitarsi a far credere che un solido e preparato Paese europeo - la Slovenia appunto - si allarmi all'improvviso per la conferenza stampa di una rete ambientalista che denuncia le "falsificazioni" (necessariamente non "errori"?) degli studi di progetto.
Beninteso: la temperatura del mare, la circolazione delle acque, l'ecosistema marino e la sicurezza di navi gasiere che vanno su e giù dall'Adriatico sono questioni serissime che esigono risposte altrettanto serie dai progettisti e da chi li autorizzerà. Ma quando queste risposte saranno state date, e le doverose rassicurazioni ai propri confinanti fornite, cesserà la materia del contendere, e la scelta sul sì o no spetterà all'Italia. Spetterà pure a Trieste, che dovrà chiedersi se davvero ha paura solo degli impatti ambientali, o non anche d'infastidirsi alla vista di un po' di lavoro che ferve sotto casa. Queste navi e impianti e cantieri non potranno starsene a casa loro, anziché turbare la contemplazione del nostro stesso tramonto?
Roberto Morelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 11 settembre 2009

 

 

Rigassificatore, il Pdl-Udc non esclude un ricorso all’Ue - MOZIONE IN AULA A SAN DORLIGO
 

Drozina: «Sicurezza e salute non possono essere scambiate con le ricadute economiche»

SAN DORLIGO «Non è esclusa la possibilità di fare un ricorso alla competente commissione del Parlamento europeo per l'accertamento di eventuali difformità rispetto ai contenuti delle convenzioni internazionali e delle direttive europee recepite dalla legislazione italiana». È questa l'ipotesi avanzata dal capogruppo del Pdl-Udc di San Dorligo, Roberto Drozina, in una mozione che verrà presentata formalmente lunedì in aula, per esprimere ancora una volta il no al rigassificatore di Zaule da parte del consiglio comunale di San Dorligo della Valle.
Nel documento Drozina sottolinea che «la sicurezza e la salute dei cittadini e dell'ambiente nel suo complesso non posso in alcun modo, e in alcun caso, costituire merce di scambio con le cosiddette ricadute e/o contropartite economiche, peraltro sino ad ora oggettivamente non dimostrate».
Il documento infine esprime «ampia e motivata preoccupazione circa i reali effetti sulla sicurezza e salute della popolazione e del territorio, che portanno prodursi a seguito della possibile realizzazione del terminali di rigassificazione di gas naturale nell'area di Zaule, sulle cui modalità di valutazione troppe sono ormai le avverse opinioni da tante parti espresse».

(r.t.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 settembre 2009

 

 

Rigassificatore, vertice Berlusconi-Pahor - La prossima settimana summit a Roma dopo lo stop sloveno
 

LUBIANA Il premier sloveno Borut Pahor sarà venerdì prossimo, 18 settembre, in visita ufficiale a Roma, dove incontrerà il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Lo riferiscono fonti del governo sloveno. L'agenda dell'incontro deve essere ancora definita ma è praticamente scontato che si discuterà del rigassificatore di Zaule e delle difficoltà finanziarie della minoranza slovena in Italia.
Il terminal doveva essere già al centro dei lavori dell'incontro intergovernativo sloveno-italiano fissato per ieri a Lubiana ma l'appuntamento, su richiesta di Roma, alcuni giorni fa è stato rinviato a data da destinare. Ufficialmente, il rinvio è dovuto agli impegni del ministro degli Esteri Franco Frattini, ma la maggioranza degli osservatori è convinta che si tratti della conseguenza del «no» sloveno al rigassificatore nell'area ex Esso, nei pressi di Muggia. La settimana scorsa, come noto, il governo sloveno ha ufficializzato la sua bocciatura del progetto del terminal di «Gas Natural». Lubiana considera infatti «inaccettabile» il rigassificatore dal punto di vista dell'impatto ambientale transfrontaliero. Spiegando nel dettaglio i motivi del «no», il ministro dell'Ambiente della Slovenia, Karl Erjavec, ha sottolineato l'impatto dell’impianto sulla sicurezza della navigazione nel Golfo di Trieste, sulla sicurezza in generale e sulla biodiversità nelle acque dell'intero Alto Adriatico.
Lubiana, inoltre, ha dichiarato apertamente di non gradire che nell'incartamento sul terminal di Zaule si faccia riferimento al progetto per il rigassificatore «off shore» a metà del Golfo. Per chiarire questi aspetti del progetto «Gas Natural», come pure per fare luce sulle accuse degli ambientalisti di Alpe Adria Green, che hanno denunciato la società spagnola «Gas Natural» di avere falsato gli studi sull'impatto ambientale del terminal per potere ottenere il via libera del governo di Roma, il ministro sloveno Erjavec ha inviato una lettera alla sua omologa italiana Stefania Prestigiacomo. Secondo indiscrezioni, non è escluso che i due s’incontrino nell'ambito della visita di Pahor a Roma.
L'altro tema praticamente scontato del vertice Berlusconi–Pahor, al quale dovrebbe partecipare anche il ministro degli Esteri Frattini, saranno le difficoltà finanziare della minoranza slovena. Un promemoria sui problemi delle principali istituzioni della comunità slovena – in questo momento è particolarmente attuale la crisi del Teatro stabile sloveno di Trieste – le due principali organizzazioni della minoranza, la Skgz e la Sso, sarà consegnato a Pahor nei prossimi giorni. Sempre secondo quanto si apprende da fonti slovene, il premier Pahor sarà ricevuto anche da Papa Benedetto XVI in Vaticano.
 

 

Sei treni dei pendolari rischiano la multa per i ritardi Lo rivelano i primi tre mesi di monitoraggio. Trenitalia rassicura i comitati dei viaggiatori: «Interverremo subito»
 

INCONTRO TRA LE PARTI PROMOSSO DALL’ASSESSORE RICCARDI
TRIESTE Ritardi, ma anche mancanza di pulizia e informazioni alla clientela: sono almeno sei i treni dei pendolari ”sotto osservazione” dopo i primi tre mesi di monitoraggio, previsto dal nuovo contratto del trasporto pubblico locale su rotaia siglato a inizio maggio con Trenitalia. È quanto emerso nel corso dell’incontro tenutosi ieri tra la Regione, le Ferrovie dello Stato e i comitati dei pendolari. In particolare, sei treni sono risultati ”critici” dal punto di vista della puntualità nel senso che non rispettano le percentuali previste nel contratto stipulato con Trenitalia e sono dunque ”osservati speciali” in quanto a rischio multa.
Trenitalia, in verità, ha affermato immediatamente di di voler intervenire su questa e sulle altre criticità rilevate in materia di pulizia e informazioni. Da parte loro, intanto, i rappresentanti dei pendolari (Cristina Sartor, Giorgio Picco, Giusi Gubiani, Michele Londero, Andrea Palese ed Igor Jelen) hanno promesso un ruolo attivo nel controllo e nel dialogo con Regione e Trenitalia. «L’impressione avuta è molto buona – specifica la Sartor – perchè sia da parte regionale che di Trenitalia è stata evidenziata la volontà di intervenire tempestivamente nei casi critici per un miglioramento».
Come voluto dalla Regione, ha sottolineato l’assessore alla Viabilità e ai Trasporti Riccardo Riccardi, l’accordo sottoscritto con Trenitalia prevede una stretta interlocuzione con i veri fruitori del servizio su ferro, «che consideriamo un grande patrimonio per un effettivo miglioramento dei servizi ferroviari». Nel corso dell'incontro, che ha visto anche la presenza del nuovo direttore regionale del Trasporto di Trenitalia Mario Pettenella, sono state inoltre illustrate le procedure di acquisizione delle informazioni dall’utenza e la loro trasmissione a Trenitalia, tra le quali l’indirizzo e-mail intreno@regione.fvg.it attivato negli giorni, al quale possono essere indirizzate (come previsto dal contratto) segnalazioni ed informazioni «per la valutazione dei servizi ferroviari resi ed il miglioramento qualitativo dell’offerta dei servizi stessi».
Durante la riunione è stato sottolineato che grazie agli investimenti finanziari sul materiale ferroviario di Regione (74 milioni di euro) e Trenitalia (29 milioni di euro), dal 2010 tutte le carrozze utilizzate in Friuli Venezia Giulia saranno rinnovate negli arredamenti e nei servizi, mentre dal 2011 tutti i locomotori e gli elettrotreni avranno una vita inferiore ai 6 anni.
Elena Orsi
 

 

Turismo sostenibile - OGGI UN DIBATTITO DI ”SOCIALNEWS”
 

L’associazione ”@uxilia onlus” promuove un incontro-dibattito sul turismo solidale, ecosostenibile e responsabile, che si terrà oggi, alle 18, al Caffè Audace in piazza Unità. La serata, ideata e condotta da Alessandra Casgnola, vedrà la partecipazione di Massimiliano Fanni Canelles, direttore di SocialNews, di Federica Mancini, presidente di Ape Giramondo, di Roberto Odorico, responsabile della Riserva Marina di Miramare, di Gianni Talamini di Errastrana, di Ugo Contiero Meneghetie di Macro System corporation, del direttore dell’albergo diffuso dell’Altopiano di Lauco, Giacomo Beorchia, di Loris Pevere, direttore del Consorzio tutela formaggio Montasio e dell’istruttore di sleddog Ararad Khatchikìan (quest’ultimo partirà domani, da Venezia, alla volta di Yrevan, la capitale dell’Armenia: è la sua prima visita nella terra degli antenati, alla ricerca delle proprie radici). Interverrà anche un disabile visivo che racconterà l’esperienza di poter praticare turismo in completa autonomia.
Il tema del turismo sostenibile è stato affrontato nel numero di agosto-settembre del mensile Social News. Questo incontro - come gli altri di ”SocialMente-gli eventi di SocialNews” - hanno la peculiarità di non essere didattici ma di voler creae una forte interazione con il pubblico, un’occasione per incontrare e confrontarsi con diverse realtà, per porre domande o raccontare la propria esperienza.
”@uxilia Onlus” è un’associazione che promuove il potenziamento dei diritti dei minori, delle famiglie e di tutte le persone che si trovano in posizioni svantaggiate.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 settembre 2009

 

Il ministero minaccia querele a de Magistris - Per le accuse al Governo di falsificazioni coperte riguardo al rigassificatore
 

«Affermare che il Ministero dell’Ambiente avrebbe “coperto falsificazioni ed omissioni” nelle informazioni tecniche fornite dalla società Gas Natural, è fatto grave, del quale si stanno valutando eventuali profili diffamatori e che, soprattutto, denota ignoranza della questione e superficialità di giudizio».
Lo rileva l’ufficio stampa del ministro Stefania Prestigiacomo rispondendo alle affermazioni a proposito del rigassificatore dell’europarlamente dell’Italia dei Valori, Luigi de Magistris, il quale, ricordando le denunce degli ambientalisti su possibili omissioni e falsificazioni di informazioni tecniche, aveva sostenuto che «il Governo e in particolare il Minsitero dell’Ambiente, sarebbe stato a consocenza, ma avrebbe scelto di copire tali falsificazioni e omissioni».
«Com’è ampiamente dimostrabile - ribatte il ministero - i rilievi delle associazioni ambientaliste sono stati valutati dalla Commissione Via ed anche alla luce di tali problematiche in sede di rilascio del parere, nel luglio scorso, sono state inserite nuove rigorose prescrizioni volte a inserire maggiori elementi di tutela dell’ambiente sia sotto il profilo della salute del mare e del patrimonio ittico, che in relazione a possibili fenomeni di inquinamento anche in relazione alla presenza di altri siti industriali nell’area. Sarebbe quindi opportuno - conclude la nota - che l’on. De Magistris si documentasse prima di avventurarsi in accuse che non aiutano l’ambiente né la credibilità di chi le lancia».
 

 

Sito inquinato, si riparte - Fra gli obiettivi una rapida ultimazione dei sondaggi
 

La barriera a mare per bloccare la falda acquifera inquinata, che tante polemiche e discussioni suscita da qualche anno, non è più un dogma. Il dato, che muta in qualche modo l’ottica del ministero dell’Ambiente, è emerso ieri a Roma nell’incontro fra gli enti locali coinvolti nell’accordo di programma per il Sito inquinato e il nuovo direttore generale del ministero, Marco Lupo, che da maggio ha preso il posto di Gianfranco Mascazzini. Parliamo di messa in sicurezza, non di barriere, né idrauliche né fisiche, ha precisato il nuovo direttore.
Altro punto di rilievo emerso nella riunione, alla quale ha preso parte anche l’ex assessore regionale all’Ambiente e ora senatore Vanni Lenna, l’intenzione di completare prima possibile le caratterizzazioni (finora è stato sondato circa il 50% del Sito, e in varie zone gli inquinanti sono sotto la soglia di legge), in modo da sbloccare le aree che non risultassero inquinate, con la conseguente possibilità di restringere l’area del Sin.
La delegazione, guidata dagli assessori regionali alla Programmazione, Sandra Savino, e all’Ambiente, Elio De Anna, e composta da rappresentanti dei Comuni di Trieste e Muggia, della Provincia e dell’Autorità portuale, ha consegnato a Marco Lupo la bozza unitaria di accordo che gli enti hanno redatto lo scorso maggio.
«Il direttore generale ha sostanzialmente approvato il documento che abbiamo presentato, riservandosi di perfezionarlo e di verificarne la legittimità», hanno commentato gli assesori Savino e De Anna, rilevando anche l’impegno dei ministeri (oltre a quello dell’Ambiente sono coinvolti in dicasteri dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture) a reperire ulteriori risorse finanziarie per la riqualificazione del Sito inquinato.
Quanto alle verifiche su alcuni punti della bozza annunciate dal ministero, l’assessore comunale allo Sviluppo economico Paolo Rovis spiega che fra esse «c’è anche quella che prevede l’intervento pubblico per la messa in sicurezza di aree private ma inquinate da attività pubbliche. Il direttore del ministero – precisa Rovis – si è riservato verifiche sulla preseguibilità di questo percorso con l’Avvocatura dello Stato e la Corte dei conti». I tempi necessari non sono stati precisati. Sarà il ministero a riconvocare le parti una volta effettuati controlli e perfezionamenti alla bozza dell’accordo.
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

Godina: «Non sparate sui cacciatori di cinghiali» - L’assessore: «La polemica sull’abbattimento degli animali è solo una speculazione politica»
 

GLI AGRICOLTORI SI SCHIERANO CON LA PROVINCIA
Il settore agricolo si schiera al fianco della Provincia nella polemica sull’abbattimento dei cinghiali: in un comunicato comune Coldiretti, Kmecka zveza-Associazione agricoltori ed il Consorzio dei vini Doc Carso sottolineano come, a fianco alla tutela degli animali, «il mantenimento delle attività agricole rappresenti un aspetto altrettanto importante sia per la produzione di alimenti di cui tutti abbiamo bisogno per vivere e sia per il ruolo di salvaguardia dell’ambiente che viene riconosciuto al mondo agricolo».
Il piano degli abbattimenti, affermano i coltivatori, sarebbe stato deciso nel corso di una riunione congiunta tra enti pubblici, ambientalisti e mondo agricolo. Insiste sul punto anche l’assessore provinciale all’ambiente Walter Godina: «Ricevo giornalmente lettere e telefonate – dice - di agricoltori disperati per gli enormi danni provocati dai cinghiali». Ma la regione pare andare in direzione opposta, spiega l'assessore: «si vuole ridurre ulteriormente il fondo a disposizione delle quattro province per il risarcimento dei danni da un milione a 500mila euro».
Godina ha indetto ieri una conferenza stampa «al fine di sgombrare il campo dalle recenti polemiche – dice – che sono dettate in alcuni casi dall’emotività, in altri da una ricerca di consenso politico». Tra gli emotivi l’assessore colloca – pur senza nominarla – la scienziata Margherita Hack, che nei giorni scorsi si era pronunciata contro gli abbattimenti: «Ci piacerebbe vedere il medesimo rigore scientifico – afferma Godina – applicato anche a questo riguardo». Il piano abbattimenti, spiega l’assessore, «non è dovuto a smania venatoria, serve anzi a spostare i branchi nel loro habitat e a riportare l’equilibrio in un ecosistema ora in grave pericolo». Molta parte delle critiche rivolte alla provincia, secondo Godina, hanno invece un fine politico: «In troppi hanno parlato senza sapere – dichiara -: si è detto che è illegale abbattere gli animali in zona perirurbana ma, anche se non si trattasse di abbattimenti in deroga, i nostri guardiacaccia hanno operato dove le normative consentirebbero di cacciare anche a un normale cacciatore». La caccia al cinghiale non è un’usanza nuova in provincia, conclude l’assessore: «Nessuno si è mai lamentato prima d’ora, è strano che tutti si sveglino proprio quando la provincia deve abbattere degli esemplari per por fine a un’emergenza: più che a critiche assistiamo a episodi di sciacallaggio politico».
Giovanni Tomasin
 

 

CINGHIALI - Scritte animaliste a Melara e Cologna Nel mirino Rozza - COMPARSE NELLA NOTTE
 

Ma sono partiti nel frattempo al contrattacco anche i difensori dei cinghiali. Nel corso dell’altra notte infatti attivisti locali dell’associazione ”100% animalisti” hanno effettuato un blitz di protesta contro quella che hanno definito ”la mattanza dei cinghiali” iniziata da pochi giorni nell'immediata periferia della città. A questo proposito manifesti di grandi dimensioni sono stati affissi proprio nelle zone in cui sono previsti gli abbattimenti, e cioè a Rozzol Melara, a San Luigi e al Ferdinandeo.
Inoltre, nella zona di via Commerciale alta, gli attivisti hanno voluto lasciare una piccola testimonianza di affetto per Toni, un cinghiale domestico ucciso la settimana scorsa e che veniva chiamato in questo modo e per la donna che se ne occupava.
Alcuni dei manifesti di protesta prendono di mira Maurizio Rozza,il maresciallo della guardia forestale incaricato degli abbattimenti. Rozza, oltre ad essere un esponente dei Verdi, ha dichiarato, secondo quanto rileva l’associazione 100% ambientalisti, che l'uccisione dei cinghiali non è assolutamente in contrasto né con la sua etica di rispetto ambientale, né con gli ideali che il suo partito politico dovrebbe rappresentare.
Va ricordato che ”100% animalisti” diede il via alle azioni di protesta già nel novembre scorso, quando si incominciò a parlare del piano di abbattimento, e sempre nel novembre 2008 gli attivisti avviarono un costante approvvigionamento di acqua e di cibo per i cinghiali, sempre lontano da case, strade, e campi coltivati, in modo da incoraggiare i suini a tornare nel loro ambiente, viste le tragiche conseguenze che sta provocando il loro avvicinarsi all’uomo.
 

 

Energia da biomasse, distretto transfrontaliero - Sorgerà nella provincia nei primi mesi del 2010. ”Candidato” un terreno dell’Ezit
 

IL VIA NELL’INCONTRO FRA I COMUNI A SAN DORLIGO DELLA VALLE
DUINO AURISINA Creare nel territorio transfrontaliero del Carso e del litorale un ambito omogeneo per l’impiego delle biomasse prodotte localmente, con il recupero di quelle attualmente inutilizzate. Questo lo scopo principale del progetto Biodistrict presentato ufficialmente ieri nel municipio di San Dorligo della Valle, alla presenza della Provincia di Trieste, dei Comuni di Muggia, Sgonico, Monrupino e Duino Aurisina e dei Comuni sloveni di Erpelle Cosina, Comeno, Ilirska Bistrica e Divaccia.
Un distretto agroenergetico transfrontaliero per la produzione di energia termica ed elettrica da biomasse sorgerà dunque entro i primi mesi del prossimo anno, in un'area ancora da identificare della provincia di Trieste. Candidato in pole position un terreno di proprietà dell'Ezit.
Il progetto è stato inserito nell'ambito del Programma per la cooperazione transfrontaliera Italia–Slovenia 2007-2013 ed è stato pensato in collaborazione con il Centro di ecologia teorica ed applicata sullo sfruttamento delle biomasse.
«La produzione di energia da biomassa, di origine animale o vegetale, è ormai ritenuta una valida soluzione al problema energetico: possono infatti contribuire al bilancio energetico sia attraverso la trasformazione in energia termica, elettrica o meccanica, sia attraverso la trasformazione in biocarburanti o biocombustibili», ha spiegato il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin.
Le attività del progetto si articoleranno sostanzialmente nelle seguenti componenti: raccolta dei dati territoriali sulla consistenza e disponibilità di biomasse in tutti i comuni considerati; elaborazione dei dati ottenuti e analisi delle utenze termiche degli edifici pubblici; progettazione di un sistema integrato nell'area transfrontaliera con gli obiettivi di raccogliere, depezzare e stoccare le biomasse; sostituizione delle caldaie a combustibile fossile con quelle a biomasse.
É previsto poi l'allestimento di due o più centri di cogenerazione a biomassa, di piccola-media dimensione produttiva, con l’organizzazione di un sistema di approvvigionamento e conferimento delle biomasse.
A partire dal 1997 la Commissione europea ha impostato una decisa politica di sviluppo per lo sfruttamento di queste risorse. Sia la Slovenia sia l Regione Friuli Venezia Giulia hanno recentemente emanato regole e norme. «Oggigiorno l'impiego delle biomasse soddisfa una quota piuttosto marginale dei consumi di energia primaria - ha aggiunto la Premolin - ecco dunque che un maggior utilizzo del potenziale delle biomasse potrebbe notevolmente contribuire al raggiungimento degli obiettivi posti dall'Unione Europea da realizzare entro il 2020».
Per promuovere ed incentivare l’utilizzo delle biomasse è fondamentale avere la conoscenza della disponibilità effettiva di esse: «A tale scopo verrà effettuata un'analisi energetica degli edifici da riscaldare - ha concluso la Premolin - progettarndo la sostituzione degli impianti termici con sistemi a biomassa nonché l’allestimento di impianti cogenerativi a biomassa di piccola media dimensione».

(r.t.)
 

 

Risparmio energetico: quiz a premi sul cubo di ghiaccio - INIZIATIVA ”VERDE” DELLA CAMERA DI COMMERCIO IN PIAZZA SANT’ANTONIO
 

Due blocchi di ghiaccio della dimensione di un metro cubo ciascuno, entrambi collocati nel cuore di Piazza Sant’Antonio, uno lasciato all’aria aperta, l’altro avvolto e isolato dal sistema CasaClima Oro. Quale sarà la rispettiva reazione dei due blocchi in termini di emissione termica e dispersione nell’atmosfera?
A Trieste il tema del risparmio si dibatte anche con scommesse e concorsi, cercando di fornire una chiave popolare al problema della efficienza energetica.
Questo uno dei contenuti di ”Casa Verde Casa - Dalla casa efficiente alla città sostenibile”, progetto promosso dalla Camera di Commercio di Trieste e inaugurato lo scorso lunedì, tradotto in una isola dell’informazione in piazza Sant’Antonio sino al 17 settembre, una inedita rassegna sulle nuove frontiere delle energie alternative al servizio di cittadini e imprese.
La singolare proposta dei cubi di ghiaccio si configura all’interno della promozione dello sportello della provincia di CasaClima, attività a cura della Camera di Commercio di Trieste per diffondere la certificazione energetica varata nel 2002 a Bolzano ed ora adottata anche nel Friuli Venezia Giulia.
Alla ”scommessa” è abbinata un vero concorso. Indovinando la percentuale di volume del cubo dopo dieci giorni di isolamento con il sistema CasaClima è possibile partecipare alla assegnazione di 10 corsi per apprendere da vicino le moderne modalità dell’abitare ecologico e all’insegna del benessere.
Si vota attraverso apposite cartoline disponibili in piazza Sant’Antonio; l’estrazione è fissata per la giornata di giovedì 17 settembre, alle 18.
”Casa Verde Casa”, nell’arco dei dieci giorni di rassegna, consentirà l’approccio al variegato mondo del risparmio energetico, tradizionale e innovativo. Sul piano pratico la logistica si avvale di un singolare spazio di accoglienza per il pubblico, costituito da sedie create da pile di carta riciclate dai quotidiani resi.
Dopo la vernice di lunedì, a cura dei vertici dell’ente camerale, Antonio Paoletti e Alessandro Settimo, e del direttore di CasaClima, Norbert Lantschner, il cartellone propone sabato, alle 18, l’incontro con Renzo Rosei, docente di Fisica della Materia, sul tema ”Le energie alternative scendono in piazza”.
Francesco Cardella
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 8 settembre 2009

 

 

«No al rigassificatore senza tutte le verifiche» - Di Pietro, ospite al Savoia, dà una valutazione negativa sull’impianto di Zaule
 

«Un rigassificatore a Trieste senza la necessaria valutazione sull’impatto ambientale e senza discuterne con il territorio è criminale». Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori, boccia senza mezzi termini il progetto di rigassificatore a Zaule. Ad esprimersi contro l’impianto di Gas Natural era stato in precedenza l’eurodeputato di Idv, Luigi De Magistris, che sul suo sito internet aveva esortato il Governo italiano a “fermarsi e riflettere”. De Magistris, ricordando le denunce degli ambientalisti su possibili omissioni e falsificazioni di informazioni tecniche, sostiene che «il Governo, in particolare il Ministero dell’Ambiente, sarebbe stato a conoscenza ma avrebbe scelto di coprire tali falsificazioni e omissioni». L’ex magistrato si chiede «se non sia opportuno non solo un intervento dell'autorità giudiziaria, che chiarisca se ci sono state o meno ‘taroccature’ della Valutazione di impatto ambientale, ma anche una riflessione da parte dell'esecutivo. Di fronte al timore che non siano rispettate leggi importanti fermarsi è un obbligo». Dal canto suo Di Pietro, secondo cui è necessario “ascoltare la Slovenia ma anche e soprattutto i cittadini”, ammette che “c’è bisogno di strutture per l’energia ma il Governo pensa soltanto all’approvvigionamento energetico e non alle conseguenze che gli impianti potrebbero comportare”. Il leader di Italia dei Valori era ieri a Trieste dove, insieme al deputato Carlo Monai, al coordinatore regionale Paolo Bassi e ai consiglieri regionali Enio Agnola e Alessandro Corazza, ha partecipato a un incontro pubblico all’Hotel Savoia dove ha presentato l’assemblea programmatica del partito che si terrà tra il 18 e il 20 settembre prossimi a Vasto e che darà il via al percorso che porterà ai congressi regionali e a quello nazionale, previsto per febbraio a Roma.
«Noi ci proponiamo come alternativa al modello fascista, piduista e xenofobo del centro-destra. Noi vogliamo parlare di crisi e di come affrontare i problemi della gente” ha affermato Di Pietro. Tra le proposte avanzate dall’ex pubblico ministero di Mani Pulite c’è la riduzione di 5 punti del carico fiscale alle imprese, la liberalizzazione dei servizi pubblici locali (esclusa l’acqua), il raddoppio da 52 a 104 settimane della cassa integrazione. Quanto alle possibili alleanze da stringere in vista delle prossime scadenze elettorali, Di Pietro conferma l’intenzione di proseguire il percorso con il Partito Democratico: «Lavoriamo a una coalizione che sia alternativa alla destra. – ha dichiarato - Dobbiamo puntare alla qualità e alla credibilità delle persone, escludendo i condannati dalle liste».
Roberto Urizio
 

 

«Il Piano regolatore scippa gli sloveni» - L’Us: «Andare al Tar è autodifesa, Dipiazza riduce tutto a supermercato»
 

Mocnik: «Violate leggi nazionali ed europee
L’Unione slovena non ha raccolto consenso fra tutti gli sloveni, e fra gli sloveni che militano attivamente in altri partiti, segnatamente il Pd, sull’idea di denunciare al Tar il piano regolatore come atto urbanistico che violerebbe la Convenzione-quadro europea per la protezione delle minoranze nazionali e il conseguente articolo 21 della legge di tutela italiana, la 38 del 2001. Però con le parole del segretario Peter Mocnik ribadisce la propria intenzione, con un preciso messaggio all’amministrazione comunale e specialmente al sindaco Dipiazza («che con infelice battuta sul debito del teatro sloveno ha trasformato il problema in una questione da supermercato»).
Ieri in una conferenza stampa, accompagnato dal presidente dell’Us,Sergio Mahnic, dal consigliere comunale Igor Svab, dal presidente della circoscrizione di Altipiano Est, Marco Milkovich, ha elencato tutti gli «scippi» che il documento urbanistico metterebbe in atto nei confronti degli spazi, degli equilibri e delle possibilità di sviluppo economico della comunità slovena tradizionalmente autoctona sull’altipiano carsico, e mai consultata - è stato detto - sull’argomento.
«Se il Comune cambia il Piano regolatore, bene, altrimenti andremo fino in fondo, al Tar, questa è un’azione di autodifesa della minoranza - ha detto Mocnik - che però va a vantaggio di tutti gli abitanti del Carso, e anche della città». Non tutti concordano? «Questo lo vedremo - ha aggiunto -, la politica si fa coi partiti e non con le singole dichiarazioni dei singoli iscritti, i quali riducono tutto a un problema solo economico: ma il fascismo in Istria voleva annullare gli sloveni proprio prosciugando la loro economia, e ora si torna con le stesse armi».
Sotto accusa l’eliminazione di ampliamenti residenziali, la cancellazione di zone verdi e per insediamenti artigianali, «tutte cubature non cassate, bensì spostate su strutture enormi in decadimento che interesseranno solo grandi imprese venute da fuori».
«Vogliamo impedire - ha aggiunto Mocnik - l’insediamento previsto nella caserma di Banne che porterebbe un migliaio di potenziali nuovi residenti, quello di Padriciano che ne attirerebbe circa 300, togliere le ”casette” destinate alle zone degli ex valichi, a Basovizza erano già previsti pascoli e strutture per i prodotti del territorio, ora diventati altra cosa».
Svab aveva presentato emendamenti: non accolti. Milkovih ha aggiunto: «Il nostro territorio ha perso negli anni 7 chilometri quadrati su una estensione di 35, fra autostrade, Area di ricerca, Sincrotrone, vecchie discariche. Non ci resta neanche l’osso».
GABRIELLA ZIANI
 

 

Treni, 8 nuovi convogli per i pendolari - VERTICE A DISTANZA TRA REGIONE MINISTERO E FERROVIE - Quasi 2 mila posti in più. Investimento previsto di circa 100 milioni
 

TRIESTE Quasi 2mila posti in più a disposizione dei pendolari in Friuli Venezia Giulia. Nella Giornata nazionale del trasporto ferroviario regionale, mentre le Ferrovie dello Stato ufficializzano un piano di investimenti da 2 miliardi di euro e 40mila nuovi posti di lavoro, Riccardo Riccardi conferma che la Regione acquisterà 8 nuovi elettrotreni e li metterà a disposizione dell'utenza nella seconda metà del 2011. Ma, impegno di Trenitalia, arriveranno pure altri 4 convogli, un impegno complessivo di un centinaio di milioni di euro, di cui 74 a carico dell'amministrazione regionale.
LA GARA A Udine, a fianco del presidente Tondo e del nuovo direttore Fvg del Trasporto regionale di Trenitalia Mario Pettenella, in collegamento satellitare con il ministro alle Infrastrutture e Trasporti Altero Matteoli, il presidente Innocenzo Cipolletta e l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti, l'assessore regionale ricorda il giorno (il prossimo 30 settembre) dell'apertura delle buste delle offerte e la divisione dei carichi: ai 74 milioni regionali si aggiungono i 29 di Trenitalia come indicato nel contratto per il servizio di trasporto pubblico locale siglato lo scorso 8 maggio.
GLI INVESTIMENTI «L'obiettivo di questi investimenti - spiega Riccardi - è di rinnovare il parco rotabile a disposizione del traffico pendolare sulle nostre linee». Investimenti da 15 milioni di euro (in dieci anni) anche per la ferrovia Udine-Cividale, altri 40 milioni per il parco rotabile (sui Fondi Fas, quelli per le aree sottosviluppate) e 6,3 milioni per servizi ferroviari intermodali e il trasporto combinato.
I NUOVI MEZZI Nel dettaglio, la Regione acquisterà 8 elettrotreni con una capienza di 230 passeggeri (in sostituzione delle vecchie automotrici «Ale 801» attualmente in servizio con un'anzianità media di circa 32 anni), mentre Trenitalia acquisirà 4 treni del tipo «Vivalto» - i treni doppi, con piano superiore e inferiore, destinati al trasporto dei pendolari nelle ore di punta in quanto garantiscono maggior spazio - e rinnoverà (tecnicamente un restyling interno) 13 carrozze.
SFORZO UNITARIO Una scelta meditata ma anche obbligata, rileva Riccardi: «In una situazione autostradale così d'emergenza, non possiamo non assecondare la cultura della rotaia, che riguarda non soltanto il traffico passeggeri regionali ma anche il trasporto merci».
Un'unica raccomandazione a Roma: «Non sarà più accettabile lo scarico delle responsabilità da Rete ferroviaria italiana a Trenitalia. Chiediamo uno sforzo unitario al gruppo Ferrovie dello Stato, ne beneficeranno i cittadini».
IL PIANO NAZIONALE L'ad Moretti ascolta, prende atto e, sempre in collegamento audio-video, parla del piano nazionale da 2 miliardi, 1,5 di autofinanziamento, 500 milioni dal governo.
«Dopo tre anni di risanamento - dichiara -, passiamo alla fase degli investimenti». Il piano prevede l'acquisto di 840 tra locomotori, carrozze e convogli e l'ammodernamento e la ristrutturazione di 2.550 carrozze. «Stiamo facendo un'operazione di rinnovo del materiale rotabile, quindi treni nuovi che permetteranno di essere manutenuti e puliti in maniera più semplice», aggiunge Moretti. Un intervento «necessario», commenta il ministro. Secondo Matteoli, il nuovo piano avrà una forte ricaduta occupazionale: si prevedono, 40mila nuovi posti di lavoro.

(m.b.)
 

 

Sito inquinato, blitz a Roma per sbloccare le bonifiche - Savino: «Ci presentiamo con un documento unitario» Servono 352 milioni
 

TRIESTE Nuovo incontro romano sul Sin - Sito di Interesse Nazionale - di Trieste. Oggi, l'assessore regionale alla programmazione, risorse economiche e finanziarie, patrimonio e servizi generali Sandra Savino ed una cordata di rappresentanti degli Enti coinvolti (Provincia di Trieste, Comune di Trieste, Comune di Muggia, Autorità Portuale di Trieste) arriveranno al Ministero dell'Ambiente con una documento congiunto e condiviso che attende solo l'ok ministeriale per poter procedere agli interventi di bonifica e riqualificazione del sito; operazioni funzionali alla reindustrializzazione e infrastrutturazione delle aree comprese nel Sin.
«Ci presentiamo a Roma con un documento che presenta una visione unitaria tra i soggetti regionali coinvolti - commenta la Savino -, punto di forza a nostro vantaggio che ci auguriamo dimostri anche ai rappresentanti dei rispettivi ministeri la necessità di intervenire in loco quanto prima per allocare le risorse finanziare ed economiche che possono rispondere in parte alla difficile situazione del momento e dall'altra sanare il danno ambientale apportato nel tempo».
All'incontro capitolino sarà presente anche il senatore Vanni Lenna, nella duplice veste di ex assessore regionale all'ambiente ed ora anche di anello di congiunzione tra la Regione e i dicasteri, vista la recente nomina a Palazzo Madama. L'accordo di programma al quale la Regione sta lavorando ormai da un anno, e che prevede il consenso dei ministri dell'Ambiente, dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture, enuclea nel dettaglio le incombenze a carico dei soggetti sottoscrittori al fine di assicurare la messa in sicurezza, bonifica e recupero dei suoli, delle falde e delle aree marino costiere. Operazioni che necessitano di investimenti stimati in 352 milioni di euro (132 milioni per la prima fase e i restanti 220 milioni per la seconda). Nello specifico sono previsti interventi di messa in sicurezza delle acque di falda, mentre a mare si prevedono interventi di bonifica degli arenili e di rimozione dei sedimenti inquinanti presenti nei fondali.
 

 

De Anna: «Tecnologie avanzate come base per il Piano rifiuti» - A PANELLIA DI CODROIPO
 

TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia punta a «tecnologie particolarmente avanzate come modelli nella definizione del Piano regionale dei rifiuti». Lo ha affermato ieri l'assessore regionale all'ambiente, Elio De Anna, alla cerimonia di consegna dei lavori per il nuovo impianto di compostaggio a biocelle della A&T Spa a Panellia di Codroipo. La struttura, che avrà il compito di produrre compost di alta qualità trattando la frazione organica dei rifiuti urbani, scarti vegetali e fanghi da depurazione biologica, prevede un investimento di circa 8 milioni di euro in project financing. Per il Piano rifiuti, De Anna ha posto l'accento su tre aspetti: il management dei rifiuti «che dovrà rispondere al principio di efficienza, efficacia ed economicità del ciclo», le opzioni zero per il rischio della salute e del prodotto finale, e la raccolta differenziata in Regione.
 

 

Energia dalle biomasse Incontro a San Dorligo - CON ESPERTI ITALIANI E SLOVENI
 

SAN DORLIGO Distretto agroenergetico transfrontaliero per la produzione di energia termica ed elettrica da biomasse. È questo il titolo del progetto promosso dal Comune di San Dorligo della Valle che verrà analizzato questa mattina dalle 11 nel municipio con rappresentanti della Provincia e di altre realtà territoriali locali e slovene.
Il progetto Biodistrict è stato inserito nell’ambito del Programma per la cooperazione transfrontaliera Italia – Slovenia 2007-2013, pensato in collaborazione con l’istituto Centro di Ecologia Teorica ed Applicata sullo sfruttamento delle biomasse. L’obiettivo dei comuni di San Dorligo e di Muggia è di creare un’area in zona Ezit per trasformare in energia elettrica le biomasse come tronchi, ramaglie e altri “residui” verdi, un procedimento in alternativa a quello attuale dell’inceneritore .

(r.t.)
 

 

SEGNALAZIONI - Risparmio energetico - DETRAZIONI
 

Scrivo questa lettera con molta amarezza anche se quanto sto per narrare non riguarda me personalmente, ma sono stata involontariamente testimone di una grave e inspiegabile ingiustizia. Il contesto è presto detto. Si tratta del risparmio energetico, infatti in questo periodo tutti ne parlano. Ho sentito in tv che ci sarebbero tantissime richieste da parte di privati e condomini, ma non tutti potranno essere accontentati.
Nelle assemblee condominiali viene proposto «il risparmio energetico» e si sa che volenti o nolenti chi vince è la maggioranza e i cittadini s’illudono, in virtù della legge, che lo Stato rimborsi il 55% sui lavori. Nella sezione 5.a del mod. 730, pag. 43 (o modello unico) la dicitura è questa: «Oneri per i quali è riconosciuta la detrazione d’imposta del 55%». E il punto è proprio questo!
Nessuno si prende la briga di spiegare e di avvisare (mi riferisco ai responsabili dei suddetti lavori) che questa detrazione non favorisce tutti e che purtroppo a farne le spese sono proprio quei cittadini meno fortunati, i quali non hanno alcun diritto, in quanto avendo una bassa pensione, non hanno su questa alcuna ritenuta fiscale, quindi niente 55% di riduzione, però altresì devono ugualmente pagare la quota spettante dei lavori (tutt’altro che irrisoria) perché così deciso dall’assemblea! Chedo se questa è giustizia! Per cui mi rivolgo allo Stato che forse non è a conoscenza di queste situazioni con la speranza che in seguito si possa trovare una soluzione più equa per queste persone più disagiate che sopravvivono con una pensione annuale di circa 6 o 7 mila euro e che fortunatamente si ritrovano un modesto appartamentino pagato con tanti sacrifici di tutta una vita e alla fine poi, rimasti vedovi o soli, risultano per lo Stato troppo poveri per godere della detrazione del 55% e di conseguenza troppo ricchi perché possiedono un appartamentino.
Queste persone, trovandosi nell’indigenza più assoluta, ma con molta dignità vergognandosi anche, si rivolgono agli enti assistenziali per qualche aiuto, ma umanità dimenticata vuole che vengano dirottati da un ufficio all’altro e nessuno sa dare una risposta concreta. Dopo essersi umiliati fino all’inverosimile a questi cittadini non spetta nulla di tutti quegli aiuti tanto decantati (né social card, né tessera regionale, né carta acquisti, ecc.)
Per cui ho sentito il dovere di scrivere questa lettera come cittadina e come italiana per mettere in guardia tante persone che si trovano nella situazione da me descritta, di cui per caso io stessa sono venuta a conoscenza, e tutto questo ha lasciato in me tanto disgusto e profonda angoscia.
Anna Margottini
 

 

 

 

Nota di Luigi de Magistris* -  LUNEDI', 7 settembre 2009

*Europarlamentare - presidente della Commissione Controllo Bilancio dell'Unione Europea

 

Il rigassificatore di Trieste: una vicenda da indagare
 

Da un parte ci sono le associazioni ambientaliste e la popolazione locale. Dall’altra, il governo e una grande società spagnola. In mezzo, tra loro, il porto di Trieste e il progetto di costruire nella stessa area un rigassificatore, oggetto di un braccio di ferro che vede scendere in campo anche la Slovenia.
Greenaction transnational, Alpe Adria Green, WWF, Legambiente, Italia Nostra, Comitato per la Salvaguardia del Golfo di Trieste e Comitato Sos Muggia, affiancati dalla società civile, non solo contrastano il progetto, temendone la potenzialità distruttiva sull’ambiente e la salute, ma puntano l’indice anche contro la trasparenza con cui si sta procedendo. La loro denuncia – contenuta in una petizione rivolta al Parlamento europeo- riguarda la Valutazione di impatto ambientale dell’opera: nello studio, accusano, sarebbe stata indicata una profondità delle acque del golfo triestino di molti metri superiore a quella reale e omessa la presenza nella zona di altri siti industriali, mentre non sarebbero stati inseriti i dati sull’inquinamento dei fondali (www.greenaction-planet.org).
Sostengono infatti che alcuni progettisti della Gas Natural, chiamata a realizzare il rigassificatore triestino, abbiano omesso e falsificato informazioni tecniche fondamentali. Di questa scorrettezza il Governo italiano, in particolare il ministero dell’Ambiente, sarebbe stato a conoscenza, ma avrebbe scelto di coprire tali falsificazioni e omissioni, delle quali era stato avvisato da organi giudiziari e amministrativi. Le associazioni hanno infatti avanzato un esposto sul caso alla Procura di Trieste, che ha spedito il fascicolo penale alla Procura di Roma e inviato parte di esso al ministero dell’Ambiente. Il tutto ad indagine ancora aperta. Un' indagine che in modo molto rapido è stata archiviata dalla Procura capitolina. Non nel merito ma nella competenza: secondo i giudici di Roma sulle falsificazioni – denunciate dagli ambientalisti e documentate dalla Guardia di Finanza- dovrebbe esprimersi un tribunale amministrativo.
Quello che contestano le associazioni ambientaliste e' la superficialita' nell'approccio investigativo e chiedono che si indaghi su quanto accaduto, e che la stessa Valutazione di impatto ambientale sia riconosciuta come nulla. Del resto è stato recentemente aperto un secondo fascicolo di indagine sulla base della denuncia dei sindaci di Muggia e San Dorligo della Valle.
Per il governo, come ha ricordato in luglio il ministro degli Esteri Frattini, il rigassificatore di Trieste non solo va realizzato, ma sarebbe anche un’opera assolutamente sicura: rispettosa della salute dell’ambiente e della popolazione. Per il rigassificatore poi, si sono schierati anche il presidente della Regione Friuli Tondo, il sindaco di Trieste Dipiazza e il sottosegretario all’Ambiente Menia, che ha difeso l’opera triestina all’interno di un piano nazionale che prevede la costruzione di altri dieci impianti nel paese.
Ad opporsi però è il governo di Lubiana: la Slovenia reputa eccessivamente pericoloso il gasdotto sottomarino che dovrebbe appunto occupare le acque tra Zaule e Grado. Lubiana si è addirittura detta pronta, in relazione alle possibili falsificazioni e omissioni, ad avviare un’azione legale davanti alla Corte di giustizia europea.
In questo quadro, mi chiedo se non sia opportuno non solo un intervento dell’autorità giudiziaria, che chiarisca se ci sono state o meno “taroccature” della valutazione ambientale, ma anche una riflessione da parte dell’esecutivo. L’IdV triestina non a caso ha annunciato una petizione popolare perché la parola ritorni a chi spetta di diritto, ovvero i cittadini. Nelle vertenze locali –dalla Tav al Mose, fino al Ponte di Messina- non è pensabile agire manu militari sulla testa di chi, in quei luoghi oggetto di edificazioni controverse, non solo ha vissuto, ma vive ancora e vivrà.
Di fronte al timore che non siano rispettate leggi importanti come la normativa Seveso, ai dubbi sulla trasparenza nella procedura di realizzazione dell’opera, alle ombre che gravitano su un governo eccessivamente interessato (e si può comprendere perché) a portare a termine il progetto, fermarsi è un obbligo. Non per cedere alla sindrome Nimby (not in my back yard), ma per riconoscere che quando si decide di alterare una realtà ambientale con progetti imponenti, la popolazione e il suo volere non sono un optional.
Questo mese ci sarà l’incontro fra il nostro paese e la Slovenia: il governo potrebbe scegliere la strada del rispetto della comunità locale o almeno quella dell’ascolto e della consultazione democratica. Le speranze, certo, sono poche, ma non è un motivo comunque per tacere di fronte ad una politica condotta dall’esecutivo con la finalità di distruggere l'ambiente e recare danno concreto alla salute della popolazione, capace solo di arricchire i soliti comitati affaristici che imperversano dal sud al nord del nostro paese.

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 7 settembre 2009

 

 

La Croazia accelera sul rigassificatore di Veglia - DOPO I DUBBI SU UN POSSIBILE DISIMPEGNO SOLLEVATI DALLA STAMPA AUSTRIACA
 

La società Omv assicura: nessun addio al consorzio Adria Lng. Lavori al via nel 2010
CASTELMUSCHIO Nessun disimpegno nella realizzazione del rigassificatore di Castelmuschio, nell’isola di Veglia, che dovrebbe entrare in funzione tra cinque anni. È stata l’austriaca Omv a smentire seccamente quanto riportato da quotidiani economici del suo Paese, secondo i quali l’impresa avrebbe deciso di abbandonare – assieme alla tedesca E.On Ruhrgas – il consorzio Adria Lng, al quale è stata affidata sia la costruzione del megaimpanto vegliota, sia la sua gestione. «La notizia non corrisponde al vero – hanno comunicato dall’Omv – ed anzi la nostra impresa sostiene in pieno il progetto di edificazione del terminal metanifero. I colloqui tra le parti interessate al progetto sono in corso e l’intesa finale dovrebbe essere raggiunta non oltre la fine del 2009».
I giornali economici austriaci avevano invece scritto che l’Omv e l’E.On Ruhrgas erano pronte a mollare «per la lentezza del governo croato di apportare decisioni in questo settore, per l’approntamento di un similare rigassificatore a Trieste e infine a causa della recessione». Invece non è così, con la direzione dell’Omv che ha rilevato come i lavori a Castelmuschio partiranno nel 2010, per concludersi nel 2014. «Il nuovo terminal Lng avrà una capacità di movimentazione annua pari a 10 miliardi di metri cubi di gas. All’occorrenza, se le esigenze dei mercati lo determineranno, la sua capacità operativa sarà portata a 15 miliardi. Confermato pure che il costo del progetto si aggirerà attorno agli 800 milioni di euro, cifra che aumenterà per ulteriori 200 milioni di euro in seguito all’edificazione del gasdotto». Insomma, niente disimpegno dell’Omv da Adria Lng, consorzio composto ancora dalla francese Total, dalla slovena Geoplin e da una seconda impresa tedesca, la Rwe. È comunque vero che la faccenda del rigassificatore vegliota si trascina da ormai tanti anni perché penalizzata da numerosi problemi. Ricordiamo che nei primi tempi l’idea di far sorgere un impianto del genere sull’isola turisticamente più forte in Croazia, a Veglia, aveva scatenato le proteste non solo degli ambientalisti, ma anche delle autonomie locali e della Contea litoraneo-montana (la regione di Fiume).
L’opposizione al terminal era stata compatta, nel timore che il rigassificatore avrebbe inferto un colpo mortale all’industria turistica vegliota e quarnerina, creando anche danni irrecuperabili all’ambiente. Quando però gli esperti hanno parlato della garanzia di circa 10 mila nuovi posti di lavoro, sia a Castelmuschio che grazie all’indotto, l’umore nei confronti della struttura è totalmente cambiato.
Partiti politici e municipalità quarnerine, spalleggiati dall’amministrazione regionale, si sono fatti in quattro nel rimarcare che Castelmuschio dispone già dell’infrastruttura adatta, per la presenza degli impianti petrolchimici della Dina, dell’Oleodotto adriatico Janaf e del porto petroli. Fino all’ultimo sono rimaste in gara due località e cioè Castelmuschio e il Canal d’Arsa, che offriva pure condizioni vantaggiose per ospitare il rigassificatore. Il governo croato, basandosi sulle valutazioni degli esperti, ha dato ragione all’isola altoadriatica. Quello di Castelmuschio potrebbe non essere l’unico terminal Lng lungo la costa croata. Esiste infatti il progetto per la costruzione di un rigassificatore a Ploce (ex Kardeljevo), non lontano da Spalato. Ploce è il maggior porto della Dalmazia e il progetto dovrebbe vedere coinvolta – oltre che la Croazia – anche la Bosnia ed Erzegovina. Sarajevo si gioverebbe dell’aiuto dell’Emiro del Qatar, Hamad Bin Khalifa Al–Thani, che sarebbe molto interessato al rigassificatore dalmata, di indubbia utilità per i due paesi, come pure per l’Ungheria. Già in passato, circa 7 anni fa, il Qatar si era rivolto al presidente croato Stipe Mesic, esprimendo disponibilità ad edificare un impianto metanifero nel Paese, investendo circa un miliardo di euro. Ma non se ne fece niente.
Andrea Marsanich
 

 

Piano anti-rumore: in arrivo nuove regole - Esami di impatto acustico per strade, locali e impianti, da costruire con appositi accorgimenti
 

TRIESTE Strade, aeroporti, ferrovie, locali pubblici, impianti sportivi e ricreativi: prima di venire realizzati, potranno avere l'obbligo di presentare una valutazione dell'inquinamento acustico, sulla base del nuovo piano che la stessa Regione sta predisponendo. I criteri e le realtà interessate sono stati individuati dalla giunta con un'approvazione preliminare, «che adesso andrà sottoposta all'attenzione del Consiglio delle Autonomie – spiega l'assessore all'Ambiente Elio De Anna – in cui la porteremo entro il mese di settembre». Solo dopo il parere di quest'ultimo si passerà all'approvazione definitiva.
IL PIANO Secondo quanto prevedono i criteri di approvazione del piano, su richiesta dei Comuni si potrà prevedere l'elaborazione di una valutazione di impatto acustico su progetti relativi alla realizzazione o alla modifica di aeroporti, aviosuperfici, eliporti, autostrade, strade extraurbane principali e secondarie, urbane di scorrimento e di quartiere, e strade locali. Accanto a ciò saranno sottoposti a controllo poi le discoteche, i circoli privati e pubblici esercizi dove sono installati macchinari o impianti rumorosi, gli impianti sportivi e ricreativi, e anche le ferrovie.
IL DETTAGLIO Per la tipologia di opere inerenti il trasporto aereo viene prevista non solo una valutazione di impatto sull'immediata realizzazione dell'opera, bensì anche sugli sviluppi: il documento prevede infatti di presentare «almeno tre scenari di previsione del traffico aereo relativi ad 1 e 5 anni dopo l’entrata in esercizio». E in più, per le strade e ferrovie, anche la «stima dei dati relativi al traffico nelle ore di punta, al traffico medio giornaliero previsto per il periodo diurno e per il periodo notturno, la composizione percentuale per le diverse categorie di mezzi pesanti, autocarri, autoveicoli, motocicli, riferita alle fasce orarie più significative», con tanto di descrizione dei «sistemi di contenimento del rumore previsti». Tutti infatti sanno che cosa significhi il disagio di avere sotto casa un'autostrada, una ferrovia o addirittura di abitare vicino a una pista di atterraggio: il piano prevede dunque, prima della realizzazione, un'attenta valutazione delle ricadute.
SPORT E MUSICA Non solo autostrade, ferrovie e aerei che decollano possono causare problemi all'ambiente in materia di acustica. I criteri per l'elaborazione del piano prendono in considerazione infatti anche impianti sportivi, circoli privati e discoteche. E non solo in quanto possono essere fonte di musica forte o di brusìo degli avventori. I criteri di valutazione per questa categoria di attività, infatti, riguardano anche la presenza di utenza in gran numero e il traffico di auto. Per gli impianti sportivi, ad esempio, si andrà a verificare «l'orario di apertura al pubblico, l'eventuale utilizzo di aree esterne, le zone di permanenza degli avventori all’interno e all’esterno dell’esercizio», ma anche «sorgenti e attività che danno origine ad immissioni sonore nell'ambiente esterno o abitativo (ad esempio, impianti di ventilazione, condizionamento, refrigerazione)». Mentre per le discoteche, oltre all'attività musicale di per sé, saranno verificati anche «i livelli sonori previsti al confine di proprietà ed in prossimità ai recettori sensibili (civili abitazioni, scuole), considerando anche la rumorosità connessa alla presenza dei fruitori, all'utilizzo delle zone di parcheggio e degli spazi utilizzati per l'accesso ed il deflusso dei mezzi di trasporto e delle persone».
Elena Orsi
 

 

Cinghiali, politici ”tutti contro tutti” - Dipiazza: carcasse lasciate nel bosco, i cacciatori saprebbero come fare
 

Maria Monteleone (Pd): la Provincia non infierisce, il mandato è della Regione - E Omero attacca Andolina: dov’era quando il Comune forava le uova dei gabbiani?
Spari veri ai cinghiali, con proiettili calibro 7. E spari a salve all’interno del centrosinistra dove gli abbattimenti attuati dai guardacaccia della Provincia stanno suscitando numerose prese di posizione congiunte ad alcuni ”distinguo”. Non dissimile però la situazione nell’opposto schieramento politico, dove la palla avvelenata viene lanciata sia verso la Regione di centrodestra che ha autorizzato i cento abbattimenti, sia verso la Provincia di centrosinistra che li sta attuando in periferia con i propri uomini in divisa.
Fuori del coro l’ex assessore di An Franco Bandelli che riferendosi agli spari parla di «sindrome da Far West» e dell’impossibilità di gestire «scene di caccia a Rozzol Melara». «Oggi si vuole chiudere con gli abbattimenti una porta rimasta aperta 15 anni. Tutti sapevano dei cinghiali ma non è stato fatto nulla. È indispensabile - dice Bandelli - trovare metodi più civili per controllarne l’espansione. Non si può solo pensare ai fucili: per gli spari effettuati a pochi metri dalle case, sono d’accordo con l’esposto di Marino Andolina. La legge va fatta rispettare».
Molto diverse le parole del sindaco Roberto Dipiazza, cacciatore in attività e favorevole fino a ieri agli abbattimenti. «È scandaloso. Chi ha ucciso i cinghiali in questo modo e ha lasciato le loro carcasse nel bosco è fuori di testa. Dovremo disinfestare le aree dove i cinghiali sono stati lasciati putrefare e dovremo spendere altri soldi. Allora lasciamoli vivi o apriamo gli abbattimenti ai cacciatori che sanno come fare, togliendo loro le viscere in tempo reale, subito dopo l’abbattimento. È scandaloso il metodo adottato dalla Provincia. Quella carne, con le adeguate misure, poteva finire sui tavoli di qualche mensa. È roba di Dio, come i campi di grano e non si può trattarla in questo modo...»
Fabio Omero punta il dito accusatore verso l’iniziativa di Marino Andolina che si è rivolto alla Procura denunciando che i guardiacaccia della Provincia sparano anche a pochi metri da case e strade. Il capogruppo del Partito democratico in Consiglio comunale si chiede retoricamente «dove fosse il consigliere Andolina di Rifondazione comunista, quando il Comune forava le uova dei gabbiani per limitarne la sovrapopolazione. Eppure il medico del Burlo avrebbe dovuto dimostrare la stessa sensibilità che oggi ha per i cinghiali anche per l’equilibrio psicofisico delle povere gabbianelle».
Nella vicenda cinghiali entra in controsterzo anche Laura Famulari, presidente dell’Assemblea provinciale dei Democratici. Non attacca l’iniziativa di Andolina, ma difende a spada tratta la scelta della Provincia di dar voce alle armi. «Si sono valutate tutte le alternative e in una situazione di emergenza, purtroppo l’unica percorribile, è risultata quella degli abbattimenti».
Il vicesindaco Gilberto Paris Lippi (An), che ha lasciato da quattro giorni la responsabilità dell’Ufficio zoologico al collega Michele Lo Bianco, sottolinea che il problema degli abbattimenti dei cinghiali è di pertinenza della Provincia. «Dopo aver emesso l’ordinanza che vieta di fornire cibo a questi animali, il compito del Comune si è esaurito. Posso però dire che in qualche modo capisco coloro che offrono da mangiare a una famiglia con i cuccioli. Molti vedono una mamma con i suoi piccoli e in qualche modo si commuovono».
Maria Monteleone, capogruppo del Pd in Provincia, rimbrotta intanto il presidente dell’Enpa Gianfranco Urso. «Il piano di abbattimento non è sterminio né mattanza. Andiamoci piano con le parole. La Provincia non infierisce in modo gratuito e interviene su mandato della Regione».
La battuta dei guardacaccia dalla Provincia ha suscitato reazioni pesanti anche all’interno dell’arcipelago verde. Maurizio Rozza, il maresciallo della Provincia fotografato su una pagina del Piccolo con una carabina in mano, è un esponente di questo schieramento, siede nel Consiglio comunale di Duino Aurisina e su di lui - candidato alle precedenti elezioni europee - aveva puntato Margherita Hack con una dichiarazione pubblica di appoggio. Eppure Rozza ha sparato e ucciso. «È il suo lavoro. Ho capito la sua sofferenza», afferma Giorgio Millo, segretario provinciale dei Verdi: «Ho stima di Maurizio, non credo che il nostro movimento per quanto sfilacciato a livello nazionale, possa prendere provvedimenti contro di lui. Ha dovuto sparare e non ha cercato soluzioni furbe per evitare di farlo».
Anche il consigliere comunale verde Alfredo Racovelli è dello stesso parere. «Sei mesi fa avevo chiesto in Comune l’apertura di un tavolo di concertazione per affrontare il problema dei cinghiali in modo incruento. Mi è stato negato, preferendo dare voce alle armi. Nessuna polemica con Rozza, la sua storia di ambientalista lo mette al riparo da tutto. Ha salvato decine di animali, ha denunciato bracconieri, si è dato da fare in tutte le sedi...»
CLAUDIO ERNÈ

 

 

«Casa verde casa» al via in piazza Sant’Antonio - OGGI L’INAUGURAZIONE
 

Si intitola ”Casa verde casa: dalla casa efficiente alla casa sostenibile” il progetto-evento della Camera di commercio che punta a coniugare ambiente, edilizia e innovazione nell’ottica del ”miglioramento dell’abitare”. La manifestazione, ospitata fino al 17 settembre in una piazza Sant’Antonio trasformata per l’occasione in una sorta di isola verde, verrà inaugurata oggi alle 17.30 alla presenza del presidente camerale Antonio Paoletti, del vicepresidente Alessandro Settimo e del direttore dell’agenzia Casa Clima Norbert Lantschner.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 6 settembre 2009

 

 

Rigassificatore di Zaule AcegasAps punta al 20%: «Ma i governi si parlino» - La sfida di Pillon ad Ascopiave per Estenergy sulla gestione di 100mila clienti elettrici
 

TRIESTE Caso Ascopiave, innazitutto. Ma anche rigassificatore a Trieste, dove si punta al 20%.
Non è un ultimatum. Quello di Cesare Pillon, amministratore delegato di Acegas-Aps a Gildo Salton, presidente di Ascopiave, recapitato nei giorni scorsi a mezzo stampa, è piuttosto un avvertimento. Ovvero: se si continua così l'affare multiutilities del Nordest rischia di arenarsi. Le secche improvvisamente materializzatesi si chiamano Estenergy, società di vendita per i prodotti energetici afferente la sfera di Acegas-Aps, dal 2007 partecipata al 49% da Ascopiave. A marzo i due soci erano giunti ad un accordo sulla società, che stabiliva il trasferimento di 100mila clienti elettrici non vincolati e invece, a quanto pare, Ascopiave, all'ultimo, si è tirata indietro. Non più tardi di un mese fa, oltretutto, Pillon si era dimostrato disponibile a cedere la gestione del gas in capo ad Estenergy, in cambio di un consistente pacchetto azionario di Ascopiave. Ma adesso con questo irrigidimento sulla questione degli utenti elettrici i due Gruppi non sono mai sembrati così lontani.
Pillon, siete stati promessi sposi per tanto tempo, vi siete corteggiati a più riprese e adesso cosa succede?
Succede che se si continua ad avere divergenze di vedute prima ci si separa. Io credo che ci sia stato un allontanamento di vedute da parte di Salton. È lui che deve dirci se intende proseguire.
Ma a cosa fa riferimento? A Estenergy?
In cda era stato deliberato di conferire in Estenergy i clienti elettrici non vincolati. Salton nell'ultimo consiglio ha, invece, deciso di non proseguire su questa strada e di tenere le cose separate. Ne prendiamo ma avrà un peso sulle decisioni future.
Cosa significa che volete rompere?
In Estenergy siamo soci e questa presa di posizione non ci va giù. E poi non abbiamo ricevuto segnali sull'intenzione di proseguire. Anzi sembra che ad Ascopiave interessi continuare da sola.
Ma le dichiarazioni di Salton in merito sono sempre state di altro tenore. Qualche mese fa ha dichiarato di attendere segnali da voi, che il problema era il concambio di azioni.
Per capire come procede bisognerà pur parlarsi di questo argomento. Ma non abbiamo ricevuto cenni a proseguire su questo ragionamento.
L'impressione era che voi doveste prima sistemare la partecipazione sui termovalorizzatori di Padova e Trieste, ridurre l'indebitamente ed evitare un concambio sfavorevole. Almeno questo è quello che si era percepito dalle parole di Salton.
Saranno ben problemi nostri questi. Non certo di Ascopiave.
Ma sulla questione termovalorizzatori è tutto fermo, non sono stati ancora individuati i vostri possibili partner?
Al momento è tutto fermo.
Insomma Pillon intendete volgere lo sguardo altrove? La multiutilities del Nordest è un sentiero interrotto?
Nel nostro settore ci sono tanti movimenti e certamente ci guardiamo attorno, come fanno tutti.
Sta lanciando un ultimatum a Salton?
Ma assolutamente no, non è questa la nostra intenzione. Noi abbiamo un obbiettivo per Acegas-Aps e cioè aumentare la redditività e salvaguardare il patrimonio. Insomma cerchiamo di ottenere il massimo e invece Salton continua a darci il minimo. Su Estenergy non ha rispettato gli accordi presi a marzo.
Voi, tuttavia, continuate a crescere.
Abbiamo conquistato il controllo totale della Rilagas, acquistando dalla Dondi di Rovigo il 48% di loro competenza. Questa società bulgara, attiva nella metanizzazione, ha ottenuto una concessione trentacinquennale per la fornitura di gas nell'area attorno a Sofia, per circa 280 mila clienti. Per noi si tratta di 120 milioni di investimento in rete e significa sostanzialmente il raddoppio della nostra attività. E poi abbiamo completato l'acquisizione di Sinergia di cui deteniamo ora il 100%. La società opera nel settore della gestione calore e gestisce i servizi del nuovo Ospedale di Mestre e ha fatturato nel 2008 60 milioni di euro.
C'è poi aperta la partita sul rigassificatore di Trieste. Anche se il fatto che l'incontro del comitato interministeriale italo-sloveno sia stato rimandato sine die non è una buona notizia.
Infatti. E su quel fronte bisogna attendere che si parlino i due governi.
Al di là di questo stop, la nostra vostra intenzione è di esserci.
Mi sembra scontato, insomma forniamo il gas per il Comune di Trieste; partecipare è per noi una scelta naturale.
L'investimento confermato è per il 20%?
Vedremo, comunque la dimensione dovrebbe essere quella. Qui però parliamo di un progetto notevole, 500 milioni di investimento complessivo.
ROBERTA PAOLINI

 

 

«Dipiazza deve correggere il Piano regolatore» - APPELLO DEL COORDINAMENTO ”PIUVERDEMENOCEMENTO”
 

Serve maggiore trasparenza e un più ampio dialogo con la popolazione su un tema «così delicato e importante come il nuovo Piano regolatore». Questo il messaggio lanciato ieri mattina, nel corso da Comitati rionali dei cittadini, Acli Anni verdi, Greenaction transnational, Italia nostra, Legambiente e Wwf uniti nel Coordinamento ”Piùverdemenocemento”.
«Un documento di questa rilevanza – spiega Dario Predonzan del Wwf – coinvolge la vita di tutti i cittadini, ma finora il Comune ha brillato per assenza nell’illustrazione delle sue caratteristiche e per l’indisponibilità al confronto sui contenuti». L’esponente dell’organizzazione ambientalista critica «l’intenzione dell’amministrazione comunale di produrre il Piano regolatore solo in formato cartaceo, rendendone così più difficile per tutti la consultazione». La tecnologia oggi diffusa, secondo l’esponente del Wwf, «offre strumenti che possono rendere molto più efficace l’approfondimento delle linee direttrici del documento. Se così non sarà si rafforzerà in noi la convinzione che si voglia tenere quasi oscurato il Piano, per favorire lo sviluppo di transazioni fra gruppi di potere. Per questo la popolazione deve essere maggiormente coinvolta».
Luciano Ferluga, dei Comitati di quartiere, evidenzia la «necessità di organizzarci come cittadini per seguire al meglio la discussione in aula. Daremo le pagelle ai singoli consiglieri – annuncia – senza essere condizionati da considerazioni di natura politica». Da Lino Santoro di Legambiente, invece, arriva un’esplicita denuncia: «Abbiamo la sensazione – afferma – che alcune categorie di cittadini siano privilegiate nell’accesso alle informazioni sul Piano regolatore. Ci aspettiamo che il sindaco, Roberto Dipiazza, riconosca pubblicamente questa carenza e corregga l’errore».
Un richiamo arrivato anche da Dario Vremez, dell’Associazione per la difesa di Opicina, pronto a richimare l’attenzione su alcune parti del Piano regolatore «che riteniamo del tutto sbagliate, come quella – evidenzia – che prevede la trasformazione in area residenziale dell’attuale spazio occupato dalla caserma Monte Cimone di Banne».
Ugo Salvini
 

 

«Caccia ai cinghiali, si spara vicino alle case» - Andolina (Rc) annuncia un esposto in Procura. Godina: rispettiamo la legge. L’etologo: ma abbatterli non basta
 

CENTO ESEMPLARI DA ELIMINARE: IL PIANO AUTORIZZATO DALLA REGIONE E ATTUATO DALLA PROVINCIA
Dai sentieri dell’estrema periferia triestina alle aule di Giustizia.
L’avvio a colpi di carabina calibro 7 del piano di abbattimento di cento cinghiali - sui 500-600 esemplari che vivono a ridosso della città - è alla base dell’esposto alla Procura della Repubblica di cui il consigliere comunale Marino Andolina ha annunciato ieri la presentazione. L’esponente di Rifondazione comunista richiama l’attenzione degli inquirenti sul fatto che i guardacaccia abbiano aperto e possano ancora aprire il fuoco con «armi lunghe» in aree urbane o suburbane, a brevissima distanza da case e strade trafficate. L’Enpa ha intanto avviato una raccolta di firme per fermare gli abbattimenti attuati a colpi di fucile.
LE PALLOTTOLE «Un proiettile calibro 7 tipo Remington Magnum, come quelli usati dai guardiacaccia della Provincia per uccidere i cinghiali, ha l’energia necessaria per raggiungere una distanza di due o tre chilometri mantenendo la sua capacità omicida. Sono certo della professionalità delle guardie forestali ma rimango dell’idea che le armi lunghe non debbano essere usate a breve distanza dalle abitazioni. So - scrive Andolina - che la legge vieta l’uso di queste armi in aree prossime alla città e nei parchi urbani e chiedo che venga fatta rispettare. In primo luogo per la sicurezza della popolazione».
LE ALTERNATIVE Marino Andolina ritiene inoltre che il problema del sovraffollamento dei cinghiali non debba essere risolto e colpi di fucile. Anche uccidendo cento esemplari entro il 15 dicembre, come prevede il piano varato dalla Regione e attuato dalla Provincia, il problema si ripresenterà a breve scadenza. «Vanno studiati provvedimenti diversi - aggiunge Marino Andolina. «Barriere elettriche di dissuasione come quelle usate nei pascoli per trattenere le mucche; spostamenti progressivi dei punti di alimentazione dei cinghiali verso l’altipiano. Ci sono cento modi per spaventare una famiglia di cinghiali, facendo capire loro che devono farsi più in là. Certo è che l’abbattimento è il metodo economicamente meno costoso ma più traumatico».
LA REPLICA Walter Godina, assessore provinciale alla caccia, conferma la validità della decisione di aver avviato il piano di abbattimenti e assume fin d’ora il ruolo di avvocato difensore del provvedimento ancora prima che l’esposto di Rifondazione sia esaminato dai magistrati. «Stiamo agendo nel pieno rispetto della legge. Non siamo Tex Willer con l’indice sempre appoggiato sul grilletto. La Regione, nel momento in cui ha autorizzato l’abbattimento di cento cinghiali, ha anche dettato una precisa serie di prescrizioni a cui devono attenersi scrupolosamente i nostri guardiacaccia. Non c’è pericolo per la popolazione. Non esistono proiettili vaganti. So che qualcuno ha già suggerito l’introduzione del lupo nel nostro territorio. È l’unico competitore naturale del cinghiale ma, a mio giudizio, la situazione della sicurezza della popolazione peggiorerebbe ulteriormente».
GLI ESPERTI Ben diversi e più articolati i pareri nel mondo scientifico. L’etologo Paolo Zucca, docente alle Università di Trieste e di Teramo, sostiene che la risoluzione del problema cinghiali non può essere demandata unicamente a un piano di abbattimento. In sintesi sparare e uccidere è inutile se non si sono messe in atto altre misure. «La presenza massiccia di cinghiali in città non è un problema animale, ma sociale, di interazione tra questa specie e l’uomo. È ormai evidente che questi cinghiali non vivono distaccati da noi. Non ci temono: hanno capito anzi che avvicinandosi alle case, entrando nei giardini, possono ricevere del cibo. In sintesi sono diventati animali semidomestici. Per risolvere il problema, lo ripeto, servono soluzioni condivise. Ora invece una parte della popolazione ne chiede l’abbattimento perché ha paura, teme di essere travolta quando in motorino percorre una strada. Altre persone al contrario li foraggiano da tempo, preparano secchi stracolmi di cibo, li lasciano avvicinare, hanno un atteggiamento amicale nei loro confronti».
LA CONDIVISIONE «Capisco - prosegue Zucca - che questi suidi sono animali intelligenti, forse anche più dei cani, e molto adattabili; e che molti li proteggono a livello di ideologia. Finché non ci siederemo attorno a un tavolo e non studieremo una soluzione condivisa e accettata da tutti il problema resterà tale, nonostante gli abbattimenti e le offerte di cibo. Trieste non è comunque sola: anche in Toscana e a Genova stanno affrontando analoghi entrate di cinghiali e altri animali in città».
LE CONDIZIONI Anche il professor Stefano Filacorda, docente di Ecologia animale e gestione faunistica all’Università di Udine, ritiene che uccidere cento cinghiali sui 500 presenti nel nostro territorio «non risolve il problema e ed è poco più di una goccia nel mare». Al contrario, sostiene, sono necessarie tre condizioni precise per contenerne la diffusione. La prima è rappresentata dal cibo. «Chi vuole dar da mangiare ai cinghiali lo faccia lontano dalle case, in mezzo al bosco, così da allontanare questi animali dall’area ora occupata». La seconda condizione è rappresentata dai piani faunistici di abbattimento. «Non vanno uccise le femmine conduttrici, le più esperte del branco che esercitano un controllo rigido sull’estro sessuale delle figlie e delle nipoti. Uccidendole il branco sbanda, le giovani femmine rimaste senza il controllo della vecchia scrofa agiscono liberamente e le nascite aumentano a dismisura». Terza condizione, secondo Filacorda, l’ambiente. «Ormai non esiste più attorno a Trieste una fascia di prati e di radure. Terreni aperti su cui i cinghiali hanno sempre avuto timore di avventurarsi perché la probabilità di essere scoperti era molto alta. Il bosco oggi entra in città, e costituisce l’ambiente ideale per questi animali che al suo limitare trovano chi li foraggia senza comprendere quale danno sta loro facendo».
PUNTO E A CAPO «Lo ripeto - chiude Filacorda - se queste tre condizioni non vengono prese in considerazione e attuate al più presto, serve poco o nulla procedere agli abbattimenti. Anche di cento animali, perché verranno sostituiti a breve scadenza da altri».
CLAUDIO ERNÈ

 

 

CINGHIALI - Non vivevano in Carso, portati dall’Appennino - Negli anni ’90 ospitati in un recinto vicino alla cava Faccanoni
 

Vengono da lontano i cinghiali che si sono insediati tra Conconello, Monte Radio, Scala Santa, Longera, San Luigi e il Boschetto. Arrivano dal Centro Italia e sono più piccoli e prolifici degli esemplari autoctoni del Carso e dell’Istria. Il viaggio lo hanno compiuto su un camion che nei primi anni Novanta era entrato nell’area agricola, adiacente alla cava Faccanoni, gestita dalla Sicat, poi dalla Fintour. Entrambe le società avevano come uomo di riferimento Quirino Cardarelli, l’ex ufficiale dei corazzieri divenuto manager. Quei cinghiali si sussurra fossero un dono dall’ex presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Per un po’ i cinghialetti erano stati accuditi in un recinto. Poi il crollo dell’impero di Quirino Cardarelli li aveva coinvolti incolpevolmente assieme ai due cavalli in sella ai quali il proprietario percorreva la sua tenuta. Una gabbia era rimasta aperta e i cinghialetti avevano preso il largo. Quanti fossero i fuggitivi oggi nessuno è in grado di dire con precisione: 20 o 30, secondo le stime più accreditate. Il numero è impreciso perché prima del crac alcuni esemplari erano ”passati” per spiedi e casseruole. Silenziosamente i fuggitivi si sono riprodotti in Carso tra Carpini, Carpinelle, Ornielli e Querce. Hanno proliferato per l’assenza di competitori. Poi si sono avvicinati all’uomo e in un’abitazione di strada di Basovizza, presto seguita da altre, i proprietari hanno iniziato a sfamare famiglie sempre più numerose. Per 15 anni nessuna autorità ha preso atto dell’insediamento. Quando i cinghiali si sono affacciati alla periferia e hanno iniziato a scendere in città il problema è esploso. Possono provocare incidenti, vendemmiano l’uva altrui lasciando i vignaioli con metà raccolto, dissodano gli orti, colonizzano il territorio. Queste le accuse. E come accade spesso, gli umani hanno deciso di risolvere il problema con le armi: fucili e pallottole, sangue e paura, cannocchiali, agguati.

(c.e.)
 

 

CINGHIALI - L’Enpa insorge: «È iniziata la mattanza» - IL PRESIDENTE: MAI ATTUATO UN PROGETTO DI CONTENIMENTO, QUESTA È UNA SOLUZIONE TAMPONE
 

Partita una raccolta di firme. Urso: sbagliata l’ordinanza anticibo del sindaco
Sono 400 le firme raccolte dall'Enpa in pochi giorni contro il piano di abbattimento di cento cinghiali. Lo annuncia il presidente dell’ente, Gianfranco Urso: «È iniziata la mattanza, i nostri telefoni non smettono di squillare, la gente è indignata». Le firme vengono raccolte nella sede di via Marchesetti, ma nella festività dedicata a San Francesco d’Assisi, il 4 ottobre, l'Enpa organizzerà un banchetto sotto i Portici di Chiozza. «È vergognoso sparare alla testa di una bestia che ha ormai preso confidenza con l'uomo e che si avvicina amichevolmente credendo di aver trovato qualcuno che gli porge del cibo - evidenzia Urso - si è arrivati a questo punto perché negli anni non sono stati attuati un monitoraggio e un progetto di contenimento che non preveda lo sterminio».
L'Enpa aveva suggerito di creare delle mangiatoie lungo la cinta boschiva periferica. «Sono diventati confidenti e sinantropi - avverte Urso - bastava permettere alla gente di lasciare del cibo solo in questi punti e i cinghiali sarebbero rimasti in quel perimetro. Il sindaco ha vietato di nutrirli - continua - e loro si spingono verso le zone abitate alla ricerca di cibo».
Alcune signore avevano abituato i suinidi a mangiare davanti al campo sportivo di Melara: dopo l'ordinanza del primo cittadino non lasciano più mucchi di pane, scarti di frutta e verdura in bella vista ma gettano cibo dalle finestre. Per questo è facile veder passeggiare i cinghiali attorno al Quadrilatero. «Anche noi ci siamo adeguati e abbiamo smesso di dare da mangiare a queste bestie - precisa Urso - abbiamo suggerito di fare altrettanto anche ai nostri iscritti: le indicazioni delle autorità vanno rispettate anche se non condivise».
L'abbattimento di cento esemplari potrebbe però, secondo l’opinione dell’Enpa, non risolvere definitivamente il problema del sovraffollamento. «Il bosco di quercia lungo tutta la fascia periferica produce un sottobosco ideale per i cinghiali - spiega il presidente - così, dopo che i guardiacaccia avranno ammazzato questi capi, altri esemplari trovando territori liberi arriveranno a ripopolare questa zona».
La Provincia ha un fondo atto a risarcire contadini e coltivatori di orti danneggiati dalle razzie dei cinghiali. «Ma si spendono soldi per tamponare la situazione senza adottare provvedimenti risolutori - conclude Urso - basterebbe recintare le zone coltivate con fili a bassa tensione come è stato fatto con successo in Carnia e in Friuli».
Laura Tonero
 

 

CINGHIALI - L’ASSESSORE: DEVO GESTIRE UNA SITUAZIONE CREATA DA ALTRI - «Qualcuno li vuole? Glieli mando»
 

«Se qualcuno è disponibile ad accogliere cento cinghiali nel proprio giardino me lo faccia sapere. Glieli faccio recapitare oggi stesso». Walter Godina, l'assessore provinciale alla Caccia, non ha esitazioni: in una situazione come questa serve razionalità. «Se qualcuno propone altre soluzioni mettendo a disposizione risorse proprie sono disposto ad accoglierle», premette, «ma di tutto quanto non è stato fatto in passato io non rispondo. Mi trovo a gestire un’emergenza evidenziatami dalla Regione, e la Regione stessa mi autorizza ad abbattere cento capi fuori dalle riserve di caccia dove, tra l'altro, il quantitativo di cinghiali da poter uccidere è aumentato del 30%». L’obiettivo comunque, precisa Godina, non è abbattere cento esemplari, ma spaventare gli animali in modo da farli rientrare nelle loro aree. «Il lavoro è reso più difficile dal fatto che, malgrado l'ordinanza del sindaco Dipiazza - continua ancora Godina - c'è chi continua a dargli da mangiare. La gente nutra piuttosto cani, gatti e uccellini e lasci vivere i cinghiali nel loro habitat così da non sradicarli da quelle che sono le loro abitudini».

(l.t.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 5 settembre 2009

 

 

Salta il vertice italo-sloveno sul rigassificatore - «Frattini era impegnato con Berlusconi». Il sottosegretario Mantica nega «problemi politici»
 

DIVENTA CALDO IL CONFRONTO FRA ROMA E LUBIANA
TRIESTE Salta l’atteso confronto tra Roma e Lubiana sul tema «caldo» del rigassificatore di Zaule. È stata annullata infatti la riunione del Comitato interministeriale italo-slovena fissata per mercoledì prossimo nella capitale della vicina Repubblica. Riunione programmata già da mesi, che avrebbe dovuto affrontare anche il progetto del terminal targato Gas natural.
La notizia della cancellazione del vertice è arrivata a distanza di poche ore dalle pesanti critiche espresse dal ministro sloveno dell’Ambiente Karl Erjavec, che ha definito «inaccettabile» l’impatto transfrontaliero del rigassificatore triestino. Una coincidenza temporale che ha spinto molti a interpretare l’annullamento come un ulteriore segnale di tensione tra i due governi. Interpretazione però subito smentita dalla Farnesina, secondo cui all’origine dello slittamento non ci sarebbero motivazioni politiche, bensì una semplice sovrapposizione di appuntamenti istituzionali.
Il rinvio «a data da destinarsi» della riunione del Comitato interministeriale, ha assicurato il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica, è dovuto «ad un problema banale e non politico», e cioè «ad un impegno del ministro Franco Frattini, proprio per il giorno prefissato». Mercoledì prossimo infatti, ha aggiunto Mantica, il responsabile della Farnesina «ha una riunione con il presidente del Consiglio per discutere una direttiva europea sulle emissioni di Co2». Riunione «urgente» che, secondo il sottosegretario, avrebbe fatto scattare la decisione di rinviare l’incontro italo-sloveno nella serata dell’altro ieri.
Resta da capire quando potrà essere recuperata la riunione saltata all’ultimo momento.
Il governo sloveno ha fatto sapere di essersi già messo al lavoro per individuare una nuova data. Una precisazione arrivata da un portavoce del ministero degli Esteri, che ha espresso «dispiacere» per il rinvio, ma ha assicurato di capirne le motivazioni, comunicate ufficialmente dall’ambasciata italiana. Nessun commento invece da Lubiana sulla possibilità che la decisione di far saltare l’incontro sia in qualche modo collegata alle critiche mosse dal ministro Erjavec.
Critiche che Gas Natural non ha voluto commentare (il gruppo spagnolo non ha rilasciato dichiarazioni neanche sul rinvio del vertice bilateriale), e sulle quali invece è intervenuto il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo.
«Il progetto del rigassificatore - ha precisato Prestigiacomo in risposta all’omologo sloveno - ha ottenuto il decreto di valutazione di impatto ambientale al termine di una lunga procedura che discende da normative comunitarie e tiene conto degli impatti transfrontalieri. Nel corso del complesso iter, il governo sloveno è stato messo a conoscenza del progetto, ha presentato osservazioni e richieste, che in alcuni casi sono state accolte. Inoltre alla vigilia dell’emanazione del decreto, una delegazione italiana si è recata in Slovenia per illustrare il contenuto del provvedimento, trasmesso anche al commissario europeo Dimas. Il nostro governo quindi - ha concluso Prestigiacomo - ha operato nel pieno, rigoroso e scrupoloso rispetto delle normative nazionali e comunitarie mettendo in campo la massima attenzione, come sempre, per le problematiche ambientali connesse alla realizzazione di impianti per la produzione, trasformazione e trasporto di energia». Quanto al progetto dell’altro impianto, quello off-shore presentato dall’ex Endesa, il ministro ha precisato che «la procedura per la valutazione di impatto ambientale è ancora in corso ed anche in questo caso saranno seguite tutte le procedure previste».
MADDALENA REBECCA

 

 

Caccia al cinghiale: ore 5.30, si spara - CENTO DA ABBATTERE IN VIA COMMERCIALE E A ROZZOL MELARA
 

Una notte con i guardiacaccia della Provincia: uccisi tre grossi esemplari
- 400 almeno i cinghiali in zona periurbana.
- 100 gli abbattimenti in deroga in zona periurbana da ora fino al dicembre 2009.
- 3 gli appostamenti eseguiti fino a questo momento.
- 7 i cinghiali abbattuti finora.
- 5 i guardiacaccia della Provincia addetti all’abbattimento dei cinghiali.
Sono le cinque e mezzo del mattino e il sole non è ancora sorto quando i guardiacaccia si incontrano in via Commerciale alta per dare inizio alla terza giornata della caccia al cinghiale. Secondo i piani di abbattimento in deroga, stabiliti dalla Provincia di Trieste, che prevede di eliminare 100 esemplari.
IN MARCIA Carabina in spalla, il maresciallo della polizia ambientale territoriale Maurizio Rozza tende l’orecchio verso gli alberi dove, nelle ombre, si nascondono i cinghiali. Il branco, uno dei tanti che ormai popolano la periferia triestina, si è stabilito nel canalone che dall’altipiano scende fin quasi a Roiano affiancando per un tratto le rotaie del tram di Opicina. «In una zona abitata come questa – dicono – non è possibile fare vere e proprie battute di caccia, l’unico modo per sorprendere gli animali è appostarsi lungo il loro percorso».
LA TECNICA L’appostamento al cinghiale è un lavoro da fare in coppia, e i due guardiacaccia scendono il bordo ripido del canalone per appostarsi nei pressi del ruscello, a una cinquantina di metri l’uno dall’altro. Il terreno è scivoloso a causa delle recenti piogge, ma anche per i frequenti passaggi del branco: «Uno dei problemi creati dal cinghiale è che, percorrendo sempre gli stessi sentieri, – dice Rozza – rende il terreno franoso». Nei giorni precedenti sono stati abbattuti quattro esemplari, e il maresciallo teme che questa volta gli animali, guardinghi, non si faranno vedere tanto facilmente: «Spaventarli è proprio il nostro obiettivo – sottolineano – assolutamente non c’interessa sterminarli: se il branco non si presenta per noi è un successo, significa che siamo riusciti a farli sloggiare verso l’altipiano».
NEL MIRINO Gli abbattimenti vengono effettuati in base alla struttura sociale del branco: quella dei cinghiali è infatti una società matriarcale, guidata da un capobranco femmina che guida il gruppo valutando i costi e i benefici di ogni territorio. «Si tratta di animali estremamente intelligenti - dice Rozza -: il nostro lavoro consiste nell’abbattere solamente alcuni membri marginali del branco, lasciando in pace femmine e cuccioli». In questo modo la matriarca comprende che la zona è pericolosa e porta il branco sull’altipiano, nel suo habitat naturale. Un dannoso incremento demografico. «I cinghiali si sono stabiliti nella zona periurbana perché hanno trovato un territorio ideale – racconta il maresciallo Rozza – qui c’è acqua, che sul Carso manca, e soprattutto c’è cibo in abbondanza». Il problema, ancora una volta, è chi nutre gli animali: «Arrecando loro un danno – dice – perché li attrae al di fuori del loro habitat naturale».
IL CIBO E TONI La gente familiarizza con i cinghiali, creando paradossalmente una simbiosi dannosa ad entrambi: «L’altro giorno abbiamo abbattuto un grosso esemplare – ricorda Rozza – e una signora è uscita di casa dicendo “gavè copà Toni”. Ma “Toni” pesava circa 130 chili e trovarlo in mezzo alla strada è pericoloso».
I DANNI Il risultato è che il tasso di riproduzione in provincia, a fronte del 130 per cento di norma, è del 240 per cento. «I danni che arrecano sono enormi – ripetono i due camminando nei boschi -, non solo all’agricoltura, ma anche al resto della fauna: i cinghiali sono onnivori e si nutrono anche di cuccioli di caprioli, la cui popolazione ha avuto un calo drastico a Trieste».
LA FUGA Il sole ormai filtra tra i rami e l’appostamento dei guardiacaccia, tormentati da nugoli di zanzare, pare non dare risultati. D’un tratto un rumore dal fondo del canalone indica la presenza di alcuni animali: il maresciallo avanza tra i cespugli con circospezione, ma è troppo tardi. «C’erano due giovani maschi – dice Rozza – ma sono scappati attraverso la strada». Traversata via Commerciale e le rotaie del tram di Opicina, i due si sono persi nella boscaglia. «Il resto del branco non si è visto – considera Rozza – devono aver capito che qui non è un buon posto per loro».
LA CARCASSA Il guardiacaccia si ricongiunge al collega e, visto che per oggi non si spara un colpo, si torna alle jeep. Prima di andare a fare colazione però, i due si fermano poco più su, lungo le rotaie, dove giace ancora il corpo di un grosso maschio abbattuto nei giorni scorsi: «”Toni”, per l’appunto, - spiegano –: è talmente grosso che non abbiamo potuto portarlo via, dovremo venire nei prossimi giorni e caricarlo con un paranco».
LA CARNE Qualche centinaio di metri c’è un’altra carcassa di circa un quintale: «La carne degli animali non si può mangiare senza passare prima per un apposito centro di lavorazione carni – si rammarica il maresciallo – che purtroppo in provincia ancora non esiste: così dobbiamo eliminare i corpi in altro modo, ad esempio dandole in pasto ai grifoni (oppure portandoli all’inceneritore, ndr)». I guardiacaccia risalgono sui mezzi, diretti a Opicina per il caffè e la brioche delle sette del mattino.
GLI SPARI Ma la giornata non è finita: sulla via del ritorno le due guardie decidono di tentare ancora un appostamento e riscendono del canalone. Poco più tardi, il silenzio del bosco viene interrotto dal tuono di tre spari: altrettanti ungulati stramazzano al suolo, fulminati dalle carabine. «Uccidiamo il cinghiale sempre con unico colpo alla testa – spiegano –, innanzitutto per evitare inutili sofferenze alla bestia ma anche perché un animale ferito può diventare molto pericoloso». Il cinghiale è dotato di estrema vitalità e, anche dopo essere stato ferito da un colpo al cuore, è in grado di percorrere ancora 150-200 metri di corsa.
IL PERICOLO «Questo ci differenzia dai cacciatori», dice Rozza. E aggiunge: «Loro tendono a mirare al busto dell’animale, più facile da colpire: ma un cinghiale ferito a spasso in periferia è qualcosa che noi non possiamo permetterci. Per lo stesso motivo - sottolinea - spariamo solamente quando siamo certi di colpire, le carabine in dotazione sono molto potenti ed evitiamo nel modo più assoluto di creare proiettili vaganti». A riprova delle sue parole, anche in questo caso i colpi sono andati a segno: almeno per il momento, la caccia è finita.
LA NATURA E dire che quel fucile con il mirino poteva essere sostituito da madre natura. La sovrappopolazione in zona urbana costringe l’uomo a sostituirsi all’unico predatore naturale del cinghiale, il lupo: «Non ci sono più lupi a Trieste dal XIX secolo e ora vivono solamente sul Carso sloveno ma – scherza il maresciallo – se ci fossero ancora il problema sarebbe risolto».
GIOVANNI TOMASIN

 

 

CINGHIALI - AVVISTAMENTI SEMPRE PIÙ FREQUENTI - Da via Forlanini a piazza Volontari Giuliani
 

La famigliola di sette esemplari che attraversa con naturalezza la carreggiata di via Forlanini, episodio risalente allo scorso mercoledì. Ma ancora l’incidente che, nel maggio scorso, ne aveva visto uno spuntare in mezzo a strada nuova per Opicina, tanto improvvisamente da non permettere al conducente di una Ford Fiesta di evitare l’impatto. Non solo: le segnalazioni di avvistamenti anche in via Commerciale e i danni alle coltivazioni di produttori di vino da Roiano a Cattinara, per citare altri esempi. I protagonisti? Sempre loro, i cinghiali, ormai ospiti fissi del territorio triestino, non solamente in mezzo ai boschi ma fra le case, per niente intimoriti dalla presenza dell’uomo o dal passaggio di veicoli sulle strade.
A darne una clamorosa ed emblematica dimostrazione, tre mesi e mezzo fa, l’attacco a una coppia che stava per gustarsi tranquillamente una pizza nella zona del Ferdinandeo. Il cinghiale si era avvicinato loro minaccioso, senza tranquillizzarsi fino a quando i due non erano stati costretti a omaggiarlo con la loro cena.
Del febbraio scorso, poi, l’allarme lanciato da alcuni abitanti di Rozzol-Melara per una serie di incontri inattesi all’interno del quadrilatero. Proprio il 2 febbraio, peraltro, un altro esemplare, del peso di una quarantina di chili, era stato abbattuto dalla polizia provinciale dentro l’ex Santorio, in quel periodo ancora teatro dei lavori di riconversione della struttura a nuova sede della Sissa. Continuando ad andare a ritroso nel tempo, non si può non menzionare quel cinghiale di un anno che a inizio del novembre 2008 era arrivato fino in piazza Volontari Giuliani, tra viale XX settembre e via Giulia.

(m.u.)
 

 

«Chiarezza sui rimborsi dei danni» - INTERROGAZIONE DI AN A PALAZZO GALATTI - Le richieste di risarcimento si aggirano oggi sui 100mila euro
 

Le richieste di risarcimento arrivate agli uffici della Provincia, per danni provocati dalla fauna selvatica e in primis quindi dai cinghiali, «sono attualmente stimate in circa 100mila euro». Lo ricorda - citando la delibera di giunta che contiene questa informazione (la 114 del 3 giugno scorso) - il capogruppo di An in Consiglio provinciale, Marco Vascotto, in un’interrogazione presentata al vicepresidente dell’ente di Palazzo Galatti, Walter Godina. Con il documento, il rappresentante dell’opposizione chiede chiarimenti sull’esatto importo complessivo delle richieste, sul numero di richiedenti e sulla composizione delle graduatorie per i rimborsi, oltre che informazioni sulla disponibilità di fondi dedicati nei bilanci 2008 e 2009 e sulla chiusura delle pratiche riferite allo scorso anno. «Indefinita - afferma Vascotto - è la conclusione delle pratiche di indennizzo. Risulterebbero in particolare in arretrato quelle relative al 2008». «I fondi messi a disposizione dalla Regione - precisa a questo proposito Godina - sono gravemente insufficienti a coprire i danni causati dai cinghiali alle coltivazioni. In occasione del prossimo incontro interprovinciale proporrò, considerato il carattere regionale del problema, che le province facciano causa comune per convincere la Regione ad aumentare gli stanziamenti».
 

 

E alla ”battuta” c’è pure l’assessore - Walter Godina: interventi necessari per dare respiro all’ecosistema
 

AVANTI FINO A QUANDO NON SARANNO RISALITI SULL’ALTOPIANO
Arginare l’esplosione demografica degli oltre 400 cinghiali che vivono in periferia abbattendo 100 capi: è l’obiettivo che si prefigge il piano di abbattimento in deroga richiesto alla Regione dall’assessore provinciale a Caccia e pesca Walter Godina, che ieri mattina ha accompagnato i guardiacaccia in via Commerciale. «In questa zona l’agricoltura è stata severamente colpita - dice - e diversi coltivatori mi hanno scritto lamentando i danni subiti dalle vigne e dai campi». Alcuni agricoltori proteggono i terreni applicando delle reti ma, spiega l’assessore, l’abbattimento di alcuni capi è necessario: a metterlo in atto sono i cinque guardiacaccia della Provincia, affiancati a volte da cacciatori autorizzati. «Cacciatori che supportano i guardiacaccia dal punto di vista logistico - puntualizza - e operano sotto il loro stretto controllo». Gli appostamenti condotti fino ad ora sono tre, e hanno portato all’abbattimento di sette capi nel canalone di via Commerciale: il lavoro continuerà fino a dicembre. Le zone verranno battute una ad una, fino a quando i branchi non saranno risaliti sull’altipiano: «Ci sono diverse situazioni difficili e penso ad esempio a Melara, dove i cinghiali trovano diverse fonti di cibo, tra cui persone che li nutrono». Contestualmente in zona periurbana operano i cacciatori delle 12 riserve del Carso, cui la regione ha concesso un 30% di abbattimenti in più rispetto all’anno scorso: «I cacciatori della provincia sono molto bravi - afferma Godina - e sono certo che riusciranno a sfoltire il surplus di animali, dando respiro all’ecosistema». Ma l’operazione, s’infervora l’assessore, è resa difficoltosa anche dalle normative restrittive vigenti in Italia: «In Slovenia, a dieci minuti da qui, si può cacciare il cinghiale tutto il giorno, qui solo da due ore prima a due ore dopo l’alba».

(g.t.)
 

 

L’uomo con il fucile è un esponente dei Verdi: «Mi spiace, devo farlo» - IL MARESCIALLO ROZZA
 

Un ecologista a caccia di cinghiali. Può sembrare un paradosso, non per Maurizio Rozza. Non solo maresciallo dei guardiacaccia, ma anche naturalista e consigliere comunale dei Verdi a Duino Aurisina. «Non mi piace affatto uccidere cinghiali, e sono molto arrabbiato con chi li attira qui costringendomi a farlo», dice con il fucile in mano. E aggiunge: «Il boom demografico in periferia – spiega – è dannoso per l’uomo, devastante per il complesso ecosistema cittadino, e pericoloso per i cinghiali stessi, trascinati al di fuori del loro contesto». Un problema provocoato da un errore umano: «A metà degli anni novanta fu costruito in questa zona un allevamento di cinghiali – afferma – che infatti sono fisicamente differenti dagli animali nostrani, e probabilmente provengono dall’Appennino». L’espertimento finì male e gli esemplari furono liberati: «Trovarono nella periferia un ambiente molto favorevole e iniziarono a prolificare, ibridandosi forse con gli autoctoni». E adesso secondo l’esponente dei Verdi la risposta non può che essere drastica: «A chi ci chiede perché non li catturiamo e spostiamo altrove – dice – rispondo che, per fortuna, a livello europeo è stato vietato il ripopolamento». L’unica soluzione è spaventare i branchi abbattendo alcuni capi: «Perciò non bisogna nutrirli – ripete – altrimenti diamo loro segnali contrastanti, mettendoli in difficoltà.

(g.t.)
 

 

«In Carso più danni economici che etnici» - PIANO REGOLATORE. MINORANZA SLOVENA DIVISA DI FRONTE ALLA SCELTA DELLA SLOVENSKA SKUPNOST
 

Ukmar: «Ricorso al Tar gesto da guerra fredda». Scandalizza la frase del sindaco «se pago il teatro tacciono»

Una miscela esplosiva l’annuncio di denuncia al Tar del piano regolatore da parte della Slovenska skupnost e del suo segretario Peter Mocnik per danno alla minoranza, associato alla brutale risposta del sindaco Roberto Dipiazza («se pago il teatro sloveno in deficit il caso è risolto»). Non tutto il mondo politico sloveno concorda con l’azione giudiziaria. Ma, assieme al centrosinistra, ha un’opinione unica sul fatto che il documento urbanistico «danneggerà l’economia» dell’altipiano. Accordo corale, poi, sull’alzarsi in piedi contro il «compro» lanciato da Dipiazza.
Il consigliere comunale Stefano Ukmar (Pd), dice fuori dai denti: «Non condivido il ricorso al Tar, mi pare cosa da guerra fredda, però nemmeno intervengo, non faccio come gli avvocati di Berlusconi che si comportano da parlamentari nelle aule giudiziarie e da avvocati in Parlamento». Aggiunge Ukmar: «Il Prg non voleva colpire cultura ed etnia slovene, ma favorire i grandi investitori a danno della piccola imprenditoria locale, è un’operazione economica, non etnica».
Concorda il suo collega di Rifondazione, Iztok Furlanic: «Il Prg non aveva intenzionale volontà di danneggiare gli sloveni sul Carso, ma le conseguenze negative ci saranno, sul piano economico, e comunque squallida è stata nel suo complesso la gestione del Prg, con ”scambi” col Demanio di dubbio gusto e legalità. Le conseguenze potranno essere anche politiche, andrà bene al centrodestra conquistare, di strada, anche il fortino del centrosinistra». Che peraltro ad Altipiano Est nelle ultime europee lo scorso giugno ha distanziato l’avversario di soli 123 voti, il Pd ha perso ben 10 punti.
«Scorretto culturalmente - reagisce il vicepresidente della Provincia e assessore alle Politiche per il Carso Walter Godina - che il sindaco insinui l’idea che pagando il teatro sloveno si compra la condiscendenza sul Piano regolatore. E inoltre è ”manipolativo” ricondurre il Prg a un problema degli sloveni: lo è casomai per tutti i cittadini del Carso. Anche se forse - prosegue Godina - qualche appiglio giuridico per denunciare il documento alla luce della legge di tutela c’è». Quanto al teatro sloveno, Godina pensa che «sbagliato è lo statuto, impone agli enti locali, soci, di versare una cifra pari a quella statale, non ne hanno la possibilità. Solo la Regione ha fondi sufficienti, poi deve pensarci il Comune dove il teatro ha sede, la Provincia può intervenire esaltando la programmazione».
«Per smentire Dipiazza - aggiunge Ukmar - facciamo la prova al contrario, lui onori il suo impegno di socio del teatro, paghi, e vedrà che la Slovenska skupnost lo stesso non ritira il ricorso al Tar».
«La battuta - protestano con lapidarie parole Damijan Terpin e Igor Gabrovec, segretario regionale e consigliere regionale della Ssk - è lo specchio evidente della personalità del sindaco di Trieste che in ogni contesto sociale e politico riesce a vedere solo ”bottega”. Non ce la prendiamo troppo - aggiungono - perché sappiamo che ognuno è in grado di esprimere solo il bagaglio culturale di cui dispone, c’è chi può parlare anche di valori, e chi riesce a esprimere solo concetti di ”bottega”». Apprezzata la disponibilità dell’assessore regionale Seganti «a effettuare una seria verifica del Prg», contestato che quello precedente fosse cementificatorio: «Dava la possibilità ai residenti di ampliare le proprie abitazioni, l’attuale espropria i residenti delle edificabilità ottenute e la trasferisce in aree completamente nuove, creando così ex novo villaggi giganteschi, lo scopo politico - prosegue la nota - è evidente: togliere alla popolazione carsica, in maggioranza slovena, la possibilità di rimanere insediata sul territorio, riducendo anche il valore degli immobili, mentre concede enormi privilegi e vantaggi a gruppi imprenditoriali dell’edilizia a scopi meramente speculativi (che ci impegniamo a far valutare alle competenti autorità), perseguendo così anche il fine politico di snaturare le comunità carsiche delle loro attuali caratteristiche sociali, linguistiche, economico-ambientali».
Sorpresa dagli eventi, e col presidente Nicola Tenze in vacanza, l’Ures (Unione regionale economica slovena) resta interdetta, l’unica considerazione tecnica è del direttore Andrej Sik: «Le imprese locali, di fronte ai grandi insediamenti previsti in Carso, lavoreranno meno, saranno ”mangiate” dai grandi, non ci sarà più spazio».
«Nessuno ci ha mai ascoltato quando abbiamo protestato con le buone - recita invece Marco Milkovich, presidente di Altipiano Est -, dunque bene il ricorso. Nell’ultimo voto sul Piano regolatore nessuno a Opicina ha votato a favore, nemmeno il centrodestra: tra i 9 contrari c’era perfino la Lista Dipiazza, e Forza Italia e An si sono astenute».
GABRIELLA ZIANI

 

 

PIANO REGOLATORE - USI CIVICI DI OPICINA - Milic: «Troppe abitazioni e tutte senza fognatura»
 

«Il sindaco ha preso un colpo di sole da tarda estate sul teatro sloveno. La vicenda non ha nulla a che fare con presunti ”ricatti” della Slovenia su rigassificatore o Piano regolatore». Luca Visentini, segretario generale Uil, prende soprattutto partito per il teatro sloveno dicendo che «tutti i teatri d’Italia e del mondo vivono prevalentemente di fondi pubblici, gli enti locali devono versare pari importi per farli funzionare, questo accade per tutti gli stabili della regione, tranne che per quello sloveno, ed è un fatto grave, tanto più che si tratta dell’unico teatro stabile di una minoranza nazionale presente in Italia: perché?». Nessuna regalìa, finora, dice Visentini annunciando azioni per sollecitare ”garanzie immediate per la vita del teatro e per il futuro dei lavoratori”, «solo una sanatoria per i mancati contributi pregressi».
«Il Prg è nato male, ma una volta adottato può essere impugnato al Tar - afferma Igor Kocijancic, consigliere regionale di Rifondazione -, inoltre se un paese Ue esprime rilievi su un progetto che può avere ricadute ambientali negative ”transfrontaliere” come il rigassificatore bisognerebbe rispondere nel merito e non come fa il sindaco tirando in ballo ingerenze di paesi stranieri». Sul teatro sloveno il consigliere conclude: «Non è, come pensa Dipiazza, il ”loro” teatro, forse nessuno gli ha ancora detto che è anche suo, visto che tra i soci fondatori annovera la Regione, la Provincia e il Comune».
Sposta tutto il peso della discussione su temi concretissimi il presidente degli Usi civici di Opicina, Paolo Milic: «Si sono ridotti gli indici di edificabilità? Sono d’accordo, Opicina altrimenti diventa un dormitorio, ma le future costruzioni di Banne e Padriciano come possono essere permesse senza infrastrutture? Lo sappiamo che non c’è fognatura? Che tutte queste nuove case dei triestini scaricano nel terreno? Che abbiamo dovuto chiedere alla Regione un presidio sanitario e che lo avremo solo cedendo terreni nostri? Prima eravamo 2000 famiglie - chiude Milic - poi ci hanno messo qui gli esuli, adesso un numero scandaloso di costruzioni».

(g. z.)
 

 

PIANO REGOLATORE - Tononi: «Ridicole le ingerenze di Zveksv» - Sasco: «Lubiana tutela solo gli interessi nazionali, non chi vive qui»
 

LE CRITICHE DEL CENTRODESTRA
Scende in battaglia anche il centrodestra su Prg, teatro, Slovenia. Il presidente della commissione urbanistica, Roberto Sasco (Udc): «Prendo atto che la Slovenska skupnost è l’unica vera opposizione in Comune, credo che il governo sloveno stia sponsorizzando il rigassificatore di Capodistria, e noto che si oppone a un Prg che non prevede ampi insediamenti ma valorizzazione turistica bio-compatibile: ciò mi convince - afferma - che stiamo facendo bene, il governo sloveno tutela gli interessi nazionali, non la comunità slovena del Carso. Quanto a costruire, i singoli cittadini con necessità familiari e economiche presentino osservazioni, ne terremo conto. Ma se Lubiana vuol discutere su Banne, allora porto la commissione urbanistica a Sesana». Il consigliere regionale Pdl Piero Tononi definisce «ingerenze» quelle del governo sloveno: «Ridicolo che il ministro Zveksv voglia mettere becco addirittura nel Prg, come infondato è il ricorso al Tar della Slovenska skupnost che non sa più che pesci pigliare». Tononi invita Regione e Comune a non più erogare finanziamenti al teatro sloveno («riduca le spese»). «A pensar male si fa peccato ma ci si azzecca quasi sempre, viene spontaneo abbinare le ingerenze del governo sloveno alla richiesta di 400 mila euro per iniziare la stagione allo Stabile sloveno».
«Un piano regolatore può favorire qualcuno e penalizzare qualcun altro - nota il consigliere comunale di An Antonio Lippolis -, ma il Carso è un patrimonio di tutti indipendentemente dall’etnia, grottesco pensare che il Prg possa ledere i diritti della minoranza al punto da rivolgersi al Tar. La Ssk - conclude - vuole rinfocolare vecchi rancori gettando benzina etnica sul fuoco. Se qualche cittadino, italiano o sloveno, si crede danneggiato presenti osservazioni».
 

Allarme polveri a Servola, intervengono i pompieri - DECINE DI TELEFONATE
 

Allarme polvere ieri pomeriggio nel rione di Servola. Decine di residenti esasperati hanno telefonato alla centrale operativa dei vigili del fuoco, segnalando la presenza nell’aria di un atipico, e irrespirabile, pulviscolo di colore rossastro. Le tante sollecitazioni arrivate nell’arco di poche ore nel comando di via D’Alviano hanno convinto i pompieri della necessità di eseguire un sopralluogo nelle strade attorno alla Ferriera per verificare sul campo la situazione.
Al loro arrivo, i vigili del fuoco hanno effettivamante registrato l’anomalia e accertato la presenza di vaste nubi di polvere rossastra. Polvere, secondo quanto riferito da molti residenti, mai avvertita in maniera tanto massiccia e diffusa. Di lì la scelta degli uomini coinvolti nelle verifiche nel rione di allertare le autorità competenti: Comune e Arpa. Spetterà proprio all’Agenzia regionale per l’ambiente, che esegue quotidianamente i monitoraggi sulla qualità dell’aria attraverso le centraline posizionate in zona, per la precisione in via Carpineto e via Pitacco, stabilire cosa possa aver originato l’episodio registrato ieri sia e accertare, eventualmente, se possa essere dipeso da cambiamento nei cicli di produzione dello stabilimento siderurgico di Servola.
Non è la prima volta, del resto, che gli abitanti della zona denunciano alle istituzioni situazioni di particolare pericolo per la salute. In passato però, più che sulle nubi rossastre, le attenzioni della popolazione si erano concentrate sui forti odori, definiti spesso insopportabili, che fuoriuscivano dagli impianti della Lucchini.
 

 

Come cambia il mare? Lo possono svelare anche quadri e mosaici - Ricercatori scientifici e del settore umanistico: opere del Canaletto per ricostruire l’evoluzione

 

Una cinque giorni organizzata dall’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale di Trieste e dall’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale di Chioggia
Quadri, mosaici, registri mercantili antichi, testi di filosofi e scrittori, opere di carattere religioso: l’apporto dell’arte e della letteratura può rivelarsi supporto fondamentale nella ricostruzione scientifica di fenomeni naturali e delle relative serie storiche. Alcuni dipinti del Canaletto svelano ad esempio tracce di alghe su palazzi veneziani, segni che il livello odierno del mare - a distanza di oltre due secoli - ha coperto, confermando come Venezia sia sprofondata di almeno 60 centimentri in questo lasso di tempo. Mentre i mosaici della basilica di Aquileia testimoniano poi di un’incredibile varietà di pesci nell’Adriatico, centinaia di anni fa.
Questo e molto altro è emerso nel corso della cinque giorni della “Mediterranean and the Black sea International summer school” intitolata “When humanities meet ecology”, organizzata dall’Ogs - Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale di Trieste e dall’Ispra - Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale di Chioggia. Un appuntamento che ha visto partecipare, ospitati dal Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam, trenta studenti provenienti da America settentrionale (in particolare dagli Stati Uniti), Africa ed Europa. Oltre all’Italia, il Vecchio continente è stato rappresentato, fra le nazioni che hanno contato su almeno un esponente, da Germania, Danimarca, Spagna, Croazia e Polonia. Sono stati 15 invece gli insegnanti di esperienza internazionale intervenuti nell’ambito dei 25 seminari programmati.
La finalità della scuola è stata proprio quella di permettere una reale interazione operativa fra i ricercatori e studenti delle discipline scientifiche e i loro colleghi del settore umanistico. I corsi in questione fanno parte del progetto internazionale “History of marine animal populations”, coordinato per il Mar Mediterraneo dalla storica dell’Università di Haifa, Ruthy Gertwagen.
Oggi, gli studi sulla biodiversità marina e sugli ecosistemi vengono condotti grazie a supporti scientifici complessi, frutto dei progressi del binomio composto da scienza e tecnologia, mentre nel passato più o meno lontano chiaramente ciò non poteva avvenire: partendo da questo presupposto, i responsabili del progetto hanno ipotizzato di ricorrere a tutte le possibili testimonianze lasciate dalla scienza sul terreno umanistico per avere un quadro dei cambiamenti e della loro collocazione temporale. Nelle cinque giornate trascorse a Trieste, gli esperti si sono concentrati su Mar Mediterraneo e Mar Nero.
Per citare un altro esempio, fra i contributi simbolo della convergenza umanistico-scientifica, c’è l’analisi realizzata da Tomaso Fortibuoni, giovane ricercatore dell’Ogs e studente di dottorato dell’Università di Trieste. Un lavoro dettagliato sull’evoluzione delle specie marine nell’Alto Adriatico, basato sui contenuti di un assieme di archivi storici consultati a Venezia, Chioggia, Trieste, Spalato e Roma. «L’Adriatico è un’area caratterizzata da una straordinaria ricchezza di fonti storiche sulle popolazioni marine - spiega Fortibuoni -, grazie ad esempio alla fervente attività dei naturalisti austro-ungarici e veneziani che ci hanno regalato preziose liste di specie a partire dalla fine del 1700».
MATTEO UNTERWEGER

 

 

APPROFONDIMENTI SULLE SPECIE MARINE - Ora uno studio sulle cause dei mutamenti - Solidoro, esperto dell’Ogs: «Varie ipotesi tra cui clima, pesca e inquinamento»
 

Prima la ricostruzione del passato, grazie al supporto di opere d’arte, libri, cimeli, e la conseguente creazione di serie storiche credibili, attraverso il legame con la componente scientifica.
Poi, completato l’incrocio di partenza fra informazioni qualitative e quantitative, ecco un approfondimento sulle cause alla base dei cambiamenti dell’ecosistema marino. Dovrebbe essere questo, nelle intenzioni dei ricercatori dell’Ogs, il secondo passo dell’analisi sull’evoluzione delle specie marine nel Mediterraneo, per spiegare come mai «nell’arco di due secoli, ad esempio, la presenza di pesci di grandi dimensioni, come squali o tonni, nella zona dell’Adriatico sia diminuita mentre sono diventati sempre più abbondanti quelli piccoli», osservazione firmata da Cosimo Solidoro, ricercatore del dipartimento di Oceanografia dell’Ogs. Che ricorda come, per questo progetto, siano «già state inoltrate varie richieste di finanziamento». Il via è quindi vincolato alle risposte che arriveranno.
«Sono tante le ipotesi sulle cause dei cambiamenti - prosegue Solidoro -. Penso per esempio alla pesca, nello specifico a sovrapesca o sottopesca di determinate specie, e allo sviluppo nel tempo delle imbarcazioni e degli attrezzi utilizzati. Oltre a ciò, ci sono i mutamenti climatici con le attuali temperature più calde rispetto al passato e - conclude infine il ricercatore - la questione dell’inquinamento».

(m.u.)
 

 

 Risparmiare energia, arriva il kit didattico - PROGETTO IUSES -Iniziativa dell’Area di ricerca Sarà distribuito nelle scuole per sensibilizzare gli studenti
 

Il risparmio energetico si impara anche a scuola. Parola degli esperti riuniti ieri a Trieste per il lancio della fase italiana del progetto europeo “Energia Intelligente IUSES” che ha l’obiettivo di sensibilizzare sull’argomento gli studenti e gli insegnanti delle scuole superiori.
L’iniziativa, coordinata al livello europeo dal parco scientifico Area Science Park, coinvolge 15 partner tra istituzioni di ricerca, di formazione e di divulgazione scientifica in quattordici stati europei (Austria, Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Olanda, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia e Spagna) e gode in Italia anche del sostegno del Ministero dell’Istruzione e del Ministero dell’Ambiente.
«Si tratta di un’iniziativa internazionale di grande rilievo che oltre a riportare di nuovo in primo piano la scienza triestina, ci ricorda che bastano alcuni piccoli gesti quotidiani per prenderci cura meglio dell’ambiente in cui viviamo – spiega Francesco Russo, vicepresidente Area, in occasione del lancio dell’iniziativa – Come per esempio spegnere il pc, staccare il caricabatterie del cellulare dalla presa quando non lo si usa, sfruttare in modo intelligente le risorse naturali e ancora usare la bici e i mezzi pubblici. Sono piccoli accorgimenti che si possono imparare tra i banchi di scuola anche grazie al progetto europea coordinato dall’Area».
Una particolarità: l’Italia, rappresentata nel progetto Iuses solo dall’Area di Ricerca e dall’Immaginario Scientifico di Trieste, è anche la promotrice di un innovativo kit didattico, che sarà usato in aula dagli insegnanti per aiutare gli studenti a sperimentare in prima persona diversi modi per risparmiare energia. Il materiale didattico sviluppato dal progetto è disponibile anche online sul sito www.iuses.eu. Concretamente, il progetto europeo parte con vari corsi nazionali di formazione per gli insegnanti, che mirano a promuovere la diffusione della cultura della sostenibilità ambientale e del risparmio energetico.
In Italia, sarà Trieste ad ospitare due sessioni di corsi nel mese di settembre, coinvolgendo decine di insegnanti provenienti non solo dal Friuli Venezia Giulia, ma anche da altre regioni, dalla Calabria al Veneto, dalla Lombardia all’Abruzzo. Le fasi ulteriori dell’iniziativa prevedono “laboratori” in aula, ovvero nelle scuole interessate ed infine la partecipazione al concorso europeo, l’European Energy Saving Award, che premierà la scuola e gli studenti che riusciranno a conseguire il maggiore risparmio energetico. La cerimonia di premiazione finale si terrà a Trieste nell’ottobre 2010.
Gabriela Preda
 

 

San Dorligo chiede la centrale a biomasse - INCONTRO CON COMUNI E PROVINCIA
 

La creazione di un centro di raccolta e di una centrale a biomassa per produrre energia elettrica. Sarà questo il tema cardine affrontato martedì prossimo nel municipio di San Dorligo della Valle durante l'incontro previsto tra i Comuni di San Dorligo della Valle, Muggia, la Provincia di Trieste e ad alcuni comuni limitrofi della Slovenia.
Il progetto che rientra nel Piano di azione locale e che riceverà un finanziamento da parte della Regione è già a buon punto: «All'inizio del prossimo anno dovremmo partire con i primi lavori -spiega il vicesindaco di San Dorligo Antonio Ghersinich- anche perché urge cercare di muovere al meglio l'economia locale».
L'obiettivo da parte del comune di San Dorligo e di quello di Muggia è quello di creare una zona ad hoc -verosimilmente un'area presente in zona Ezit- atta a trasformare in energia elettrica le biomasse come tronchi, ramaglie e altri “residui” verdi.
«Invece che inviarli all'inceneritore, un procedimento che per altro ha i suoi costi, l'idea è quella di convogliare in un'unica struttura tutto il materiale disponibile – puntualizza Ghersinich – per creare energia da distribuire magari anche ad enti pubblici».
Le centrali a biomasse sono delle realtà già esistenti in Friuli Venezia Giulia. Monfalcone, San Giovanni al Natisone, l'Isola della Cona e Cormons alcuni dei luoghi che si sono dedicati a questo tipo di attività.
«E' chiaro che la riuscita di questo progetto dipenderà anche dalla disponibilità dei materiali fondamentali per creare il cippato - afferma Ghersinich - ma sicuramente attuando un rapporto di collaborazione anche con i comuni della vicina Slovenia il tutto potrebbe essere realizzato in tempistiche brevi e con beneficio della collettività». (r.t.)
 

 

Nuova protesta a Pedena: «Chiudete la Rockwool»

 

Per gli abitanti la lana di roccia prodotta è nociva. La Questura invia sul posto agenti anti-sommossa
PEDENA È decisamente mancato poco che scoppiassero incidenti e disordini l'altra sera dinanzi alla contestatissima fabbrica di lana di roccia nella vallata di Sottopedena. L'ennesima manifestazione di protesta attuata dalla popolazione del circondario,a differenza delle precedenti, non era stata comunicata alla polizia come invece si dovrebbe fare.
Una motivazione questa che ha indotto la Questura a mandare sul posto nientemeno che una quarantina di agenti dei reparti speciali. Le forze dell’ordine, tuttavia, non sono riuscite a disperdere la folla. I dimostranti, poco piu' di 200, con i loro corpi hanno bloccato l'accesso alla fabbrica impedendo il passaggio di una trentina di autocarri sia in entrata sia in uscita dall’azienda. Hanno quindi ribadito la loro richiesta di chiusura e smantellamento della fabbrica, accusata di devastare l'ambiente circostante e di danneggiare la salute della gente. Uno dei dimostranti, richiamandosi anche all'opinione espressa di recente da un pool di esperti di biochimica, ha affermato che la fabbrica fa uso di sostanze cancerogene come formaldeidi e fenoli, rigorosamente vietate nell'Unione Europea. Altri si sono lamentati dei continui disturbi agli occhi e alle vie respiratorie da quando la fabbrica è in funzione, ossia dal settembre 2007. Qualcuno ha affermato di aver trovato filamenti di lana di roccia in piscina e nei pozzi d' acqua. Dopo mezzanotte, i manifestanti sono ritornati alle loro case. Si può dire che come intensità e metodi la protesta di giovedi sera abbia superato tutte le numerose manifestazioni precedenti. La direzione della Rockwool dal canto suo si è lamentata del fatto che il comizio non sia stato regolarmente annunciato come invece si dovrebbe fare.
Tra l' altro non si sa da chi sia stato organizzato e la polizia sta indagando per scoprirlo, come precisato dalla portavoce della Questura istriana Natasa Rogic. Quella di ieri è stata la classica quiete dopo la tempesta, la fabbrica ha ripreso a operare regolarmente ma è certo che altre proteste non si faranno attendere troppo visto che la vallata di Sottopedena da oasi di terra fertile e aria pura è diventata , come dice la gente,una valle di lacrime.

(p.r.)
 

 

SEGNALAZIONI - Troppo cemento
 

Sono una triestina residente da anni in Friuli e quando arrivo a Trieste mi si apre sempre il cuore. Per poco però, perché vedo sempre più cemento e sempre meno verde, quindi mi associo ai molti lettori che protestano per l’abbattimento degli alberi in piazza Libertà e anche a quelli contro il rigassificatore. Inoltre, poiché a Trieste la Tarsu è la più alta d’Italia, mi aspetterei di vedere la città più pulita.
Lucilla Barbieri
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 4 settembre 2009

 

 

Da Lubiana il «no» ufficiale al rigassificatore - Le motivazioni: «Impatto ambientale pericoloso, e aprirebbe la strada all’impianto off-shore»
 

MERCOLEDI’ IL SUMMIT ITALO-SLOVENO (ultim'ora: rinviato)
LUBIANA Un secco "no" al rigassificatore di Zaule. Come si prevedeva, il governo sloveno ha ieri ufficializzato la sua bocciatura del progetto del terminal "Gas Natural" nell'area ex Esso, nei pressi di Muggia, e sara' questa la posizione che Lubiana presenterà all'incontro italo-sloveno in programma mercoledì' prossimo nella capitale slovena. «Le nostre osservazioni non sono state prese in considerazione e il rigassificatore, dal punto di vista dell'impatto ambientale transfrontaliero, è inaccettabile» ha sintetizzato le conclusioni del governo il ministro dell'ambiente Karl Erjavec.
Spiegando più in dettaglio le manchevolezze che Lubiana ha riscontrato nella documentazione italiana, il ministro ha sottolineato l'impatto inaccettabile del terminal sulla sicurezza della navigazione nel golfo di Trieste, sulla sicurezza in generale e sulla biodiversità nelle acque dell'intero Alto Adriatico. Inoltre, il governo sloveno non ha assolutamente gradito che nell'incartamento sul rigassificatore di Zaule si menzioni, seppur marginalmente, il progetto per il terminal «off shore» a meta' golfo. «Siamo convinti che tutti i riferimenti all'altro progetto debbano essere rimossi dalla documentazione relativa al rigassificatore di Zaule. Altrimenti questi documenti potrebbero di fatto tracciare la strada pure al terminal off shore». Erjavec ha già inviato una lettera alla sua omologa italiana Stefania Prestigiacomo.
Nella missiva, oltre a definire «inaccettabile» il progetto del rigassificatore, il ministro sloveno ha rinnovato la richiesta per il completamento della documentazione relativa all'impatto ambientale transfrontaliero ed ha chiesto spiegazioni circa le accuse della rete di associazioni ambientaliste «Alpe Adria Green». Gli attivisti di AAG, come noto, hanno accusato la «Gas Natural» di aver falsato gli studi sull'impatto ambientale per ottenere le licenze necessarie. La falsificazione riguarderebbe i dati sulla profondità e la temperatura dell'acque del golfo di Trieste, nonchè sui rischi ambientali in casi di incidente. Nella valutazione di questi rischi, la societa' che sta portando avanti il progetto avrebbe omesso di nominare la presenza, in area, di altri impianti energetici, cosa che di fatto stravolge il giudizio sulla potenziale pericolosità del terminal. A differenza di quanto aveva fatto pochi giorni la Commissione interministeriale slovena incaricata di seguire la problematica dei terminal, che aveva parlato della possibilità di denunciare l'Italia alla Corte europea se le osservazioni slovene al progetto del terminal non saranno incluse nella documentazione sull'impatto ambientale, il ministro Erjavec ha preferito comunque lasciare ancora spazio al dialogo: «Siamo in una fase in cui tentiamo di risolvere la questione a livello bilaterale. Tra pochi giorni ne parleremo e vedremo cosa dirà la parte italiana alle nostre osservazioni».
Dopo la presa di posizione del governo sloveno sono arrivate gia' le prime reazioni. L'Alto adriatico e' un'area sensibile dal punto di vista ambientale, ha ricordato il deputato capodistriano del partito Zares Franco Juri, e Lubiana e Roma dovrebbero decidere insieme come e quanto sfruttarla per sistemarvi impianti di questo tipo. Nel trattare la problematica energetica, il governo sloveno ieri non si e' limitato a parlare del rigassificatore di Zaule. Come annunciato dal ministro dell'economia Matej Lahovnik, entro la fine del mese saranno concluse le trattative tra Lubiana e Mosca sulla parte slovena del gasdotto »South Stream«, che dal 2015 colleghera' Russia ed Europa occidentale bypassando l'Ucraina.
 

 

RIGASSIFICATORE: LE REAZIONI A TRIESTE - Dipiazza e Menia: Indebita ingerenza
 

Sindaco e sottosegretario d’accordo nel respingere «posizioni inaccettabili»
TRIESTE Per Roberto Dipiazza (Pdl), sindaco di Trieste, «il no di Lubiana al rigassificatore di Zaule è una ingerenza forte nella politica energetica nazionale».
Secondo il primo cittadino giuliano «la Slovenia non può bloccare lo sviluppo della città di Trieste» e quindi, dice ancora Roberto Dipiazza, «vedremo con il ministro degli esteri, Franco Frattini, come rispondere al rifiuto avanzato dal governo della Slovenia».
Dipiazza - secondo il quale la vicenda sarà probabilmente risolta la prossima settimana in occasione del vertice italo-sloveno di Roma - ha poi criticato il comportamento di Lubiana.
«Quando gli sloveni hanno inserito le vignette per i pedaggi autostradali sul confine - ha detto infatti Dipiazza - non ci hanno certo informato. E hanno anche contravvenuto ai dettami degli accordi di Osimo che prevedevano autostrade libere e gratis lungo il confine. Cominceremo anche noi - ha concluso il sindaco di Trieste - ad essere più severi con Lubiana».
E Dipiazza non è solo nella sua battaglia per il rigassificatore. Per il sottosegretario all'Ambiente Roberto Menia (Pdl) infatti la posizione della Slovenia sul rigassificatore di Trieste è «inaccettabile».
L’esponente del governo (ex An) lo ha dichiarato ieri in merito al comunicato emanato mercoledì con il quale il Governo di Lubiana definisce «inaccettabile» l'impatto ambientale transfrontaliero del progetto del rigassificatore di Zaule (Trieste).
«Quello che è inaccettabile - ha solo detto Menia - è che un governo straniero ritenga di decidere quello che si fa o non si fa in Italia».
 

 

Iris, troppi i rifiuti destinati a Zaule: si punta su Moraro
 

GORIZIA Abbattere del 40% le 20mila tonnellate di rifiuti inviate ogni anno al termovalorizzatore di Zaule, differenziando ulteriormente i rifiuti, e sfruttare di più l’impianto di compostaggio di Moraro, che oggi lavora appena al 60% della sua potenzialità. Questi i passaggi fondamentali della ristrutturazione verso la quale si sta avviando il settore Ambiente di Iris, in attesa che il ramo energia della multiservizi isontina venga ceduto. Una strada obbligata per garantire l’autonomia della divisione aziendale che si occupa della raccolta e dello smaltimento delle immondizie nei 25 comuni isontini. Una divisione che si regge grazie agli utili generati dal ramo energia (circa 1 milione di euro nel 2008) ma che, non appena la cessione andrà in porto, dovrà dimostrare di riuscire a camminare sulle proprie gambe.
Altrimenti, c’è il rischio concreto di dilapidare nel giro di qualche anno una parte importante delle risorse che si andranno a incassare, dovendo coprire le perdite di una realtà che, così come è strutturata oggi, non funziona. «Nel 2008 le 20mila tonnellate conferite a Trieste ci sono costate 2,5 milioni di euro – ha ricordato il presidente Querin -. Differenziando di più i rifiuti, sulla base delle simulazioni che abbiamo effettuato, potremmo tagliare questo costo quasi della metà».
Contestualmente, ha evidenziato sempre Querin, «potremmo mettere il sito di Moraro a disposizione dei comuni del Cervignanese. Oggi, quell’impianto gestisce non più di 14mila tonnellate all’anno di spazzatura. Potrebbe invece trattarne tranquillamente 22mila, sfruttando tra l’altro una linea di lavorazione che finora non è mai diventata operativa».
Una quota, quella di 22mila tonnellate, che potrebbe generare quella redditività di cui oggi non c’è traccia. Si andrebbe così ad aggirare il problema principale della divisione della multiutility isontina: l’utenza troppo limitata in favore della quale opera. Infatti, la scarsa marginalità non è determinata da inefficienze operative particolari, bensì proprio dall’impossibilità di mettere in moto le necessarie economie di scala. «Tuttavia, è opportuno che un domani, quando il ramo energia non ci sarà più, il servizio Ambiente si doti di una struttura operativa particolarmente snella, vocata alla massima operatività – ha comunque rimarcato il numero uno di Iris -. I costi di gestione vanno ridotti al massimo». Oggi, i dipendenti della divisione sono 65. Il fatturato generato nel 2008 è stato di 18,1 milioni di euro.

(n.c.)
 

 

Piano regolatore, l’Unione slovena va al Tar - Mocnik: case in Carso, tutela violata. Protesta anche Lubiana. Dipiazza: cercano solo soldi per il loro teatro
 

L’Unione slovena impugnerà il Piano regolatore di Trieste davanti al Tar. Chiederà che ne sia invalidata l’adozione perché il documento è a suo giudizio in contrasto con la legge di tutela degli sloveni. E ha già allargato il contenzioso coinvolgendo direttamente il governo di Lubiana. Che ha ammonito la Regione, nella persona del presidente Tondo e dell’assessore all’Urbanistica Federica Seganti, in visita ufficiale al governo sloveno nelle scorse settimane.
Si prospettano dunque battaglie nuove e in forma inedita, dopo quelle già abbondanti che hanno preceduto il sofferto voto in consiglio comunale. L’Unione slovena è durissima: «Il Piano regolatore - afferma il segretario Peter Mocnik - prefigura un attacco concentrico di tipo politico a tutto il Carso con la previsione di nuovo inurbamento, ora lì il centrosinistra ha solo una lieve maggioranza, e va contro l’articolo 21 della legge di tutela sulla minoranza slovena che cita espressamente il divieto per le norme urbanistiche di violare i diritti di conservazione storica e culturale delle aree abitate da popolazione slovena».
Già la circoscrizione di Opicina aveva dato compattamente voto contrario alle norme del nuovo Prg, contrastando non solo le zone «C» di espansione edilizia concentrate su quella fetta di territorio, ma soprattutto la destinazione «residenziale, turistica, espositiva, alberghiera...» della ex caserma di Banne, l’insediamento turistico deciso per il terreno (venduto in corso d’opera) di Padriciano, la configurazione data alla zona di Longera (quartiere-cuscinetto con la città) e a quella di Trebiciano.
«È anche un problema politico - commenta Mocnik -, il Prg ha una struttura fatta apposta per danneggiare gli sloveni, non sono state eliminate da Opicina le zone edificabili, bensì sono state soppresse tutte le aree a destinazione economica, vicino al parco Globojner, a Padriciano e Trebiciano, ed è stata soppressa anche la zona commerciale di Basovizza, forse discutibile ma utile, e non è vero che lo sviluppo è stato trascurato, ci sono al contrario imprenditori le cui pratiche d’insediamento non vengono mai approvate dal Comune e che ora hanno perso il diritto, inoltre a Banne e Padriciano quel che il piano regolatore indica potrà essere realizzato solo da grandi imprese venute da fuori, impoverendo il tessuto produttivo locale».
Il mese scorso, nel corso di un incontro ufficiale tra il presidente Tondo e l’assessore leghista Federica Seganti (appena incaricata anche della delega agli Affari comunitari), il ministro per gli sloveni all’estero, Bostjan Zeks, ha avvertito gli ospiti delle «gravi conseguenze che il Piano regolatore di Trieste potrebbe portare agli sloveni che vivono sul territorio». Secondo i resoconti dell’incontro diffusi nella minoranza slovena lo stesso primo ministro sloveno Pahor avrebbe ricevuto rassicurazioni dalla Seganti: «Il Prg non è stato ancora approvato, la Regione non lo ha ancora esaminato, Padriciano sarà un insediamento turistico e non residenziale».
«Ci sono stati chiesti attenzione e sostegno alle attività culturali slovene - ricorda l’assessore - e abbiamo detto che compatibilmente con le risorse faremo la nostra parte, ma che se saranno necessari tagli anche le attività slovene ne avranno in proporzione, poi ci è stato segnalato che il Piano regolatore di Trieste porta inurbamento nell’area carsica, con la citazione di Opicina, Padriciano e Trebiciano, ma io ho risposto che la Regione non l’ha ancora preso in esame, che avrei dato un occhio, ma che comunque la potestà è del consiglio comunale».
«In verità - prosegue la Seganti - l’inurbamento casomai lo prevedeva il Prg precedente, lo stesso Mocnik insisteva allora per edificare in Carso con insediamenti solo residenziali, tutti per questo lo chiamavano in consiglio comunale il ’’piano Mocnik’’. Allora andava bene, adesso si limita l’edificabilità e va male. La minoranza slovena si tutela con asili e scuole, con teatri e conservazione delle tradizioni - prosegue l’assessore regionale -, qui facciamo opposizione politica oppure vogliamo tutelare le minoranze? Stiamo attenti».
A Lubiana il discorso su Trieste, ricorda ancora Seganti, si è prolungato durante il pranzo ufficiale. «Ho ricordato al ministro che il mondo sta cambiando, ma va con un profondo senso di rispetto verso la tutela del patrimonio storico, architettonico, linguistico della minoranza slovena. Ho detto che la minoranza slovena anzi s’incrementa grazie ai matrimoni misti, e che almeno il 20% di bambini italiani frequenta le scuole slovene, consentendo così fra l’altro di tenerle aperte».
Il sindaco Dipiazza, di fronte a questo scenario e non al corrente dell’intervento del governo sloveno, si irrigidisce assai: «Ma allora qui abbiamo un nuovo padrone. Il governo sloveno interviene sul rigassificatore, e anche sul Piano regolatore. Vorrei vedere se l’Italia si comportasse allo stesso modo con Lubiana. Anche qui, io son sicuro, c’è solo un prezzo da pagare. Se saldiamo i conti del teatro sloveno in pesante passivo poi anche il Piano regolatore andrà bene. Altro che tutela degli sloveni in Carso».
GABRIELLA ZIANI

 

 

PIANO REGOLATORE - «Progetto turistico di Padriciano È uno scempio della natura»
 

La Circoscrizione Altipiano Est: l’eliminazione delle aree artigianali ridurrà la zona a un dormitorio

L’opposizione che il Carso ha fatto al nuovo Piano regolatore si è palesata alacremente durante l’accesa fase di dibattito, trovando convinto tutto il centrosinistra. Ma alla luce delle azioni che politicamente la minoranza slovena sta per attuare («Abbiamo 60 giorni di tempo dal momento in cui si aprirà il periodo delle osservazioni» specifica il segretario provinciale dell’Unione slovena, Peter Mocnik, annunciando una denuncia al Tar contro il nuovo documento urbanistico) diventa interessante riesaminare il parere che la Circoscrizione di Altipiano Est aveva recapitato in Comune in sede di parere ufficiale. Eccone alcuni stralci.
Padriciano. «La proposta della nuova zona G1c (turistica, ndr) di Padriciano-Padrice può essere a ragione considerata un vero scempio della natura. La superficie è molto estesa, circa 72.500 metri quadrati, e con i parametri proposti, 10% di copertura con costruzioni e 5,50 metri di altezza massima delle stesse, si viene a creare un vero eco-mostro con 7250 metri quadrati di superficie coperta, pari a 72,5 grandi ville su due piani da 100 metri quadrati di pianta, oppure 100 villette da 70 metri quadrati di pianta. Numeri da far paura».
Villaggio del fanciullo. «Lascia esterrefatti (ed esprimiamo una forte contrarietà) anche la creazione di una nuova zona C (di espansione edilizia, ndr) nell’area tra le vie del Ricreatorio, Conconello e la strada provinciale 35, in palese contrasto con l’aria quasi trionfale con la quale è stata presentata la riduzione di tutte le zone C da quasi 60 a 18, delle quali comunque oltre la metà si trovano nel territoio della seconda circoscrizione».
Economia. «Con l’eliminazione di quasi tutte le zone D (attività economiche e artigianali, ndr) il presente strumento di pianificazione condanna l’intero territorio dell’altipiano carsico ricadente sotto la giurisdizione del Comune di Trieste a funzioni di dormitorio perenne, precludendo quasi del tutto qualsiasi opportunità per lo sviluppo di questa porzione di territorio, che rimane una specie di buco nero tra realtà che hanno saputo coniugare meglio tutela del territorio e sviluppo».
Verde. «Per le zone E3 (verdi, ndr) si auspica l’adozione di misure volte all’incentivazione di attività di pascolo e agricole visto il forte stato di degrado e abbandono in cui versa la stragrande maggioranza del territorio carsico sotto la giurisdizione del Comune di Trieste, con conseguente scarso ”appeal” turistico, il progressivo rimboschimento selvaggio dei prati e della landa carsica con conseguente proliferazione di specie animali (cinghiali) e vegetali (l’alianto, albero infestante).
Monte Cimone. «L’area della caserma dismessa ”Monte Cimone” (nel Prg inserita fra le zone omogenee 01 a destinazione residenziale, alberghiera, turistica, ecc., ndr) se realizzata andrebbe a devastare totalmente il tranquillo piccolo paesino di Banne-Bani che conta oggi 241 abitanti. I 130 mila metri cubi di possibili edificazioni potrebbero portare qualcosa come un migliaio di nuovi abitanti. Notevole anche il danno storico-architettonico (...). Si chiede che il comprensorio della caserma venga utilizzato per sistemarvi un campus universitario».
Altro. Altri correttivi venivano indicati per le zone di valico, per la salvaguardia di siti (una cisterna del 1865 a Gropada), mentre si denunciavano poco chiari passaggi di proprietà per il posteggio di fronte al distributore al quadrivio di Opicina, che il nuovo Prg segna come area edificabile: «Si potranno costruire almeno una decina di appartamenti» denunciava la circoscrizione.

(g. z.)
 

 

PIANO REGOLATORE - «I cantieri a Opicina? È stato Illy» - Il sindaco: fu il centrosinistra a dire ok, in realtà la minoranza alza il prezzo
 

«È chiaro che la comunità slovena sta ampliando il fronte, sta alzando il prezzo con lo scopo che le istituzioni italiane intervengano per salvare il Teatro di via Petronio che ha bilanci paurosamente in rosso». Il sindaco Roberto Dipiazza si dice certo che la sua non è dietrologia, ma la spiegazione che sta dietro in particolare al ricorso contro il Piano regolatore e al ”no” ufficiale giunto ieri da Lubiana al rigassificatore di Zaule.
«Ma gli sloveni si sono mai guardati attorno a Opicina? - si chiede Dipiazza - Si sono accorti o no che negli ultimi anni sono sorte quattrocento case? Quelle quattrocento case non le ho permesse di certo io, bensì Riccardo Illy. Diano un’occhiata su tutto il Carso per vedere di cos’è stata capace l’amministrazione di centrosinistra e il nostro Piano va proprio in direzione opposta. È talmente lampante tutto questo - aggiunge il sindaco - che il vero fine di questa opposizione non può che essere un altro, il che è ancora più chiaro e palese con la contrarietà espressa ora dal Governo sloveno al rigassificatore. E ricordiamoci - aggiunge - che Lubiana è anche fuorilegge con la vignetta autostradale. In base a Osimo, non potrebbe applicarla vicino al confine».
Dipiazza si dice anche certo che quando il Teatro sloveno di Trieste avrà ottenuto i soldi, le opposizioni sugli altri fronti si ammorbidiranno o magari i ricorsi spariranno. Ma può il Comune di Trieste aumentare i contributi all’istituzione culturale della minoranza? «Ma stiamo scherzando? - replica Dipiazza - ma se devo dare 20 milioni al Verdi che non so dove pescarli. Bisogna rendersi conto che in regione non possono esistere quaranta teatri. È giusto salvaguardare la lingua e la cultura slovena, ma allora che la comunità contribuisca a finanziare il teatro, che ogni sloveno metta, che ne so, cento euro per salvare il proprio teatro».
Secondo il sindaco non è nemmeno ipotizzabile che sia il Governo italiano ad aumentare i fondi per il Teatro sloveno. «Ha tagliato il Fus, tutti i teatri italiani sono in difficoltà».
In realtà, al di là delle dichiarazioni a tratti risentite del sindaco, qualcosa si sta muovendo e lo annuncia lo stesso Dipiazza. «Martedì - afferma - verrà da me in municipio l’assessore regionale alla Cultura Roberto Molinaro e coinvolgeremo anche la presidente della Provincia, Bassa Poropat. Poi vedremo ciò che ne pensa il ministro degli Esteri, Frattini». Il sindaco è convinto che tutte le questioni siano strettamente collegate.
SILVIO MARANZANA

 

 

Contributo della Provincia a chi elimina l’amianto - A FINE MESE IL BANDO PER LA PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE
 

Bonus fino a duemila euro, sarà creato un elenco di ditte che si impegneranno a rientrare nei prezzi prefissati
Un progetto in due fasi per incentivare la rimozione dei manufatti in amianto presenti sul territorio triestino. L’ha lanciato la Provincia, pronta ad erogare contributi fino a duemila euro ai cittadini che decideranno di eliminare tettoie, serbatoi e grondaie realizzate con quel materiale.
Il primo atto dell’operazione sarà la creazione di un particolare elenco di ditte specializzate negli interventi di bonifica. «Verranno segnalati i nominativi di quanti si impegneranno a eseguire la rimozione e lo smaltimento a prezzi calmierati - spiega l’assessore provinciale all’Ambiente, Vittorio Zollia -. Chi aderirà all’iniziativa quindi praticherà tariffe convenienti, che dovranno tassativamente rimanere al di sotto del tetto massimo fissato dall’amministrazione».
Per entrare a far parte dell’elenco le ditte dovranno essere in possesso dei requisiti illustrati nel bando pubblicato sul sito internet www.provincia.trieste.it - primo tra tutti l’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali istituito alla Camera di commercio - e presentare un’apposita domanda entro il 22 settembre. Scaduto quel termine, entrerà nel vivo la seconda parte dell’operazione. «Entro la fine del mese usciremo con un altro bando, rivolto questa volta ai cittadini - continua Zollia -. Chi presenterà un preventivo rilasciato da una delle ditte inserite nell’elenco e un piano descrittivo dei lavori previsti, potrà chiedere l’erogazione dei contributi per la rimozione dell’amianto. Contributi che non potranno superare i duemila euro a intervento e copriranno al massimo il 50% del costo complessivo dell’opera».
Al momento il budget stanziato dalla Provincia per l’operazione amianto è di 50 mila euro. A breve, però, dovrebbero aggiungersene altri 30 mila, già individuati dalla giunta. «Inoltre - conclude Zollia - esiste l’impegno del consiglio a reperire e destinare ulteriori risorse di qui a fine anno. L’ammontare sarà deciso anche in funzione del numero di domande che verranno presentate da cittadini. È importante precisare inoltre - conclude l’assessore provinciale - che a essere prese in considerazione saranno sia le richieste di rimozione di manufatti in cemento-amianto, sia quelle per l’eliminazione di strutture contenenti amianto in fibra libera : dalle tettoie alle grondaie, dalle coperture di edifici alle canne fumarie, fino alle tegole e alle lastre divisorie».

(m.r.)
 

 

SEGNALAZIONI - Rigassificatore, perché non impiegare le calorie di Ferriera e inceneritore?
 

Pochi giorni fa, in uno spazio pubblicitario della Lucchini-Severstal ospitato su Il Piccolo, questa azienda annunciava ai lettori il progetto di costruire, negli spazi oggi occupati da una parte della Ferriera, di una nuova centrale termoelettrica, a metano. Poche righe più sotto, quando si parlava di sinergie con enti locali, porto ed amministrazioni pubbliche, veniva anche citato il possibile riutilizzo di acque di produzione del rigassificatore. Se da una parte tale notizia portava ad un ovvio compiacimento, vista la capacità di tale azienda di agire - almeno progettualmente - in accordo con altre aziende non da lei dipendenti e, quindi, in una visione di sviluppo complessivo del territorio stesso, non potevo fare a meno di restare alquanto stupito dall'ipotesi di utilizzo dell'acqua di raffreddamento del rigassificatore.
Chi mi conosce sa che in un'affollata assemblea organizzata dal comitato anti-rigassificatore ricevetti gli strali degli amici ambientalisti quando dissi che, se fossero state utilizzate tecnologie più moderne di quelle proposte da Endesa e Gas Natural, e non fosse stata quindi utilizzata l'acqua marina per riscaldare il gas liquido, da parte mia (allora rappresentavo anche gli interessi della pesca) non poteva venire un giudizio negativo verso il rigassificatore.
Il problema grosso sta proprio nel processo di rigassificazione: servono calorie per riscaldare il gas liquefatto. Nei due progetti citati, sia quello off-shore in mezzo al golfo, sia quello nell'area ex-Esso, si prevedeva l'utilizzo in "circuito aperto" di acqua marina, che viene pompata su dei radiatori e, con un processo simile al riscaldamento dei nostri appartamenti, porta il gas liquido a riscaldarsi e divenire gassoso, potendo così esser pompato nei metanodotti.
Senza parlare qui dei problemi legati all'acqua di mare (chi ha una barca sa cosa siano incrostazioni e corrosione dei metalli), vorrei affrontare il problema ambientalmente più delicato: l'acqua marina usata verrebbe poi restituita al bacino (Golfo di Trieste) con una temperatura di almeno 5°C inferiore a quella di entrata nel ciclo di rigassificazione, cioè verrebbero cedute all'ambiente "frigorìe", con conseguenti danni ambientali, a tutt'oggi non ancora correttamente valutati. Lucchini Severstal, nella ipotesi fatta, risolverebbe tale problema, siccome prevede l'utilizzo di tale acqua, che verrebbe riscaldata: probabilmente potrebbe essere utilizzata per raffreddare le celle a combustibile (se non fosse così salata…). Ma, vista la volontà di agire in sinergia espressa da operatori dell'industria, Autorità Portuale, Comune, AcegasAps, ecc., perché non risolvere il problema invertendo questo flusso? Se la Ferriera - o le centrali a metano da lei progettate -, magari in sinergia con il vicino inceneritore, gestito da AcegasAps, grazie alle loro attività che producono calore, vendessero tali calorie al rigassificatore, utilizzando un sistema a circuito chiuso, che con voluta ironia chiamerei "hot line"? Si andrebbe così a risolvere uno dei grossi problemi del rigassificatore, che non andrebbe più ad incidere sull'ambiente marino, e si porterebbe ad una vera "termovalorizzazione" dell'inceneritore, dimostrando alla città una capacità di agire in reale sinergia da parte di più autori del tessuto industriale e politico oggi presente sul nostro territorio. Sicuramente la sinergia tra produttori di calorie (Ferriera, inceneritore, centrali termoelettriche) e consumatori di calorie (rigassificatore, ma anche case collegabili all'hot line) porterebbe anche a notevoli economie di processo!
Federico Grim
 

 

SEGNALAZIONI - Salviamo i cinghiali
 

Nuovo ordine di abbattimento di altri cinghiali!... con un sindaco cacciatore non ci si può aspettare altro come soluzione alternativa, vero? (tipo catturarli e spostarli altrove). I cinghiali sarebbero un pericolo per noi? Siamo noi un pericolo per loro!
Come mai stanno invadendo le nostre città? Ve lo siete chiesti? Forse perché noi abbiamo invaso i loro boschi dimezzandoli per costruirci orride superstrade, gallerie e quant’altro? Per il giusto equilibrio della natura, credo che dovremmo essere noi quelli da abbattere perché siamo noi quelli che hanno meno rispetto per il pianeta su cui vivono.
Sporchiamo, distruggiamo, buttiamo giù alberi centenari per fare piazze in puro cemento con miseri vasi di fiori che durano il tempo di un soffio di vento, sterminiamo i nostri simili e altre specie animali, ci vantiamo ancora di indossare pelliccie (cadaveri) come facevano gli uomini delle caverne (che non conoscevano tessuti).
Siamo gli esseri meno evoluti del creato. Perché mai noi dovremmo rimanere tranquillamente vivi ed arrogarci il diritto di uccidere specie animali in massa perche ci danno fastidio?
Non mi resta che sperare nell’Armageddon perché da questo genere di umanità ormai c’è ben poco da sperare...
Paola Citi

 

 

Udine, 4 settembre 2009 Comunicato stampa WWF - Prot. n. 151 Amm. 6.1
 

Area dell’ex ospedale “La Maddalena” a Trieste: necessaria la Valutazione di impatto ambientale sul progetto di intervento edilizio

 

Secondo il WWF, il progetto del grande intervento edilizio nel comprensorio dell’ex ospedale “La Maddalena” di Trieste deve essere sottoposto alla procedura di Valutazione dell’impatto ambientale (VIA). Soltanto così sarà possibile un ripensamento, che rimedi almeno in parte allo scempio compiuto quando furono rasi al suolo sia gli edifici dell’ex ospedale, sia tutte le alberature secolari d’alto fusto esistenti nell’area. L’associazione ha presentato le proprie osservazioni nell’ambito della procedura preliminare in base alla quale la Regione dovrà decidere se sottoporre alla VIA il progetto oppure no.
Il progetto predisposto dall’immobiliare “GeneralGiulia 2 srl” prevede un’edificazione massiccia, che secondo il WWF aggiungerebbe un carico urbanistico ed ambientale assai rilevante in una zona già densamente abitata e congestionata della città. Sono previsti infatti circa 125 mila metri cubi di nuovi edifici, adibiti sia ad abitazioni, sia ad uffici e attività commerciali. Inoltre, parcheggi interrati, una nuova strada all’interno del comprensorio (tra via Costalunga e via Marenzi) e un’area a “verde di quartiere” di circa 2 mila metri quadrati (su quasi 23 mila complessivi!).
Lo studio ambientale predisposto da “GeneralGiulia 2” sottovaluta o dimentica i problemi ambientali che un simile intervento edilizio comporterebbe:
- non viene minimamente quantificato il volume di traffico che i nuovi abitanti insediati e soprattutto le attività commerciali (almeno 5.000 metri quadrati di superficie di vendita) e direzionali previste aggiungeranno a quello già esistente;
- viene del tutto sottovalutato l’apporto (nemmeno calcolato) delle emissioni inquinanti nell’atmosfera, derivante dal traffico indotto e dagli impianti di riscaldamento.
Per la costruzione degli edifici si prevede di scavare circa 115 mila metri cubi di materiali inerti, sul destino dei quali vengono fornite indicazioni quanto mai vaghe, salvo ipotizzare che possano essere reimpiegati in alcuni vigneti nell’area di S. Dorligo della Valle, con potenziali problemi di “inquinamento floristico”, poiché le terre provenienti da scavi e demolizioni in città contengono grandi quantità di semi di piante infestanti come ailanto, stramonio, ecc.
Lo studio ignora che la recente variante al Piano regolatore destina l’area dell’Ospedale infantile “Burlo Garofolo”, poco distante dal sito in questione e che sarà trasferito nel polo ospedaliero di Cattinara, a funzioni residenziali, direzionali e commerciali (le stesse dell’ex “Maddalena”!) con relativa ampia dotazione di parcheggi. Viene così meno l’unica – teorica – funzione di interesse pubblico dichiarata nello studio di “GeneralGiulia”, cioè la creazione di posti auto a beneficio di chi frequenta l’Ospedale infantile.
Soprattutto, non si comprende perché la procedura di “verifica” sia posteriore alla distruzione del preesistente comprensorio ospedaliero e delle alberature secolari che lo circondavano e costituivano una spettacolare quinta verde su un tratto di via dell’Istria. Soltanto dal confronto tra quanto esisteva prima e il nuovo progetto si può infatti ottenere una stima seria degli impatti delle opere previste. La verifica avrebbe dovuto quindi essere fatta prima dell’approvazione definitiva dell’accordo di programma del marzo 2001, o almeno prima del successivo piano particolareggiato del febbraio 2006, cioè prima dell’approvazione degli atti con valenza urbanistica, che hanno determinato il destino dell’ex Ospedale.
Il WWF sottolinea che all’origine dello scempio all’ex “Maddalena” vi è comunque l’uso perverso di strumenti pseudo-urbanistici come gli accordi di programma, nati per risolvere situazioni urgenti e per obiettivi di interesse pubblico, ma in realtà utilizzati spesso per operazioni dove l’interesse pubblico è assai difficile da individuare, mentre è evidente quello della speculazione immobiliare.
Di qui la richiesta dell’associazione affinché la Regione concluda la verifica aprendo una procedura VIA sul progetto di “GeneralGiulia2”. Si potrebbe, così, sperare di ridimensionare l’entità dell’intervento edilizio previsto, ripensando alle destinazioni d’uso, aumentando la superficie a verde di uso pubblico e magari ripristinando nel tempo la cortina arborea su via dell’Istria.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 3 settembre 2009

 

 

Lubiana: rigassificatore solo con il nostro consenso - Il ministro degli Esteri: «Roma ci ha dato garanzie». Oggi il parere del governo sloveno
 

L’UBICAZIONE DEL TERMINAL A TRIESTE
Previsto per la prossima settimana il vertice italo-sloveno. Zbogar: «Il ministero dell’Ambiente sta studiando a fondo il problema»
LUBIANA «Un anno fa la parte italiana ci garantì che nessuna decisione sull'ubicazione del terminal sarebbe stata presa senza il consenso del governo sloveno. Quella affermazione, per noi, resta un punto di riferimento anche nei futuri colloqui sul rigassificatore».
Ha risposto così, il ministro degli esteri sloveno Samuel Zbogar, ai giornalisti che ieri – nel corso dell'ordinaria conferenza stampa mensile – gli hanno chiesto quale sarà la posizione di Lubiana sul progetto del terminal «Gas Natural» nell'area ex Esso a Zaule all'incontro intergovernativo italo–sloveno, in programma mercoledì prossimo a Lubiana. «E' comunque una problematica molto complessa - ha ammesso il ministro, che non ha voluto aggiungere altri dettagli - se ne occupa a fondo il ministero dell'ambiente».
Oggi, ricordiamo, il governo sloveno esprimerà ufficialmente la sua posizione sul progetto del rigassificatore dopo che lunedì scorso un'apposita commissione interministeriale, presieduta dal sottosegretario all'Ambiente Zoran Kus, lo aveva giudicato «inaccettabile per la Slovenia, dal punto di vista dell'impatto ambientale transfrontaliero».
Il confronto sul rigassificatore, e sui presunti studi ambientali «truccati da Gas Natural per ottenere le licenze necessarie» – questa l'accusa formulata dalla rete di associazioni ambientaliste Alpe Adria Green - sarà sicuramente uno dei temi caldi dell'incontro italo–sloveno della prossima settimana.
Il ministro degli esteri sloveno ha dedicato ampio spazio anche ai rapporti tra Lubiana e Zagabria e al contenzioso sul confine. A partire dall'incontro di fine luglio tra i premier Borut Pahor e Jadranka Kosor, ha spiegato Zbogar, è nettamente migliorato il clima nelle trattative, ed è stata ripristinata la necessaria fiducia tra le parti. «Ora dobbiamo lasciar lavorare la diplomazia e darle tutto il tempo necessario per trovare una soluzione» ha dichiarato il ministro sloveno, che non ha voluto però commentare le parole della premier croata Jadranka Kosor, che a Danzica, a margine della commemorazione dell'inizio della Seconda guerra mondiale, ha detto che «il problema è da considerare risolto al 95 per cento».
Secondo Zbogar, è molto difficile parlare di percentuali «l'importante è che si dialoghi e che si cerchi una soluzione che permetta a entrambe le parti di uscirne da vincitori».
L'irrisolta questione del confine – specie quello marittimo, ma anche quello terrestre – è alla base del blocco sloveno delle trattative di adesione della Croazia all'Unione europea.
Alcuni mesi fa una mediazione tra Lubiana e Zagabria è stata tentata anche dal commissario europeo per l'allargamento Olli Rehn, ma il suo tentativo non ha avuto successo.
 

RIGASSIFICATORI OFF-SHORE - Frattini conferma a «E.On» gli impegni dell’Italia - I PROGETTI PER IL GAS
 

ROMA Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha incontrato l'amministratore delegato di E.On Italia, Klaus Schafer, confermandogli l'impegno a sostenere i progetti infrastrutturali del gas.
La società energetica tedesca spiega come, nel corso dell'incontro, Schafer abbia illustrato i numerosi impegni che legano E.On allo sviluppo delle infrastrutture del gas in Italia, a partire dal gasdotto Tauerngasleitung (Tgl), che si svilupperà dal confine italiano al nodo austriaco di Haidach e sarà collegato al Tag, fino ai progetti di rigassificazione off shore presso le coste di Livorno e di Trieste. Schafer ha sottolineato il forte interesse di E.On nello sviluppare il rigassificatore nel golfo giuliano. Il numero uno del business italiano si è detto entusiasta dei rapporti istituzionali sviluppati con l'Italia: «Vogliamo consolidare le relazioni sul territorio italiano e contribuire alla sfida dello sviluppo sostenibile nel rispetto del clima e degli impatti ambientali». Il ministro Frattini ha mostrato interesse per il piano di attività infrastrutturali di E.On in Italia, anche nel quadro del processo di diversificazione degli approvvigionamenti energetici in atto nel Paese.
 

 

Pesci tropicali nelle acque della Croazia - Il surriscaldamento del mare cambia radicalmente la fauna ittica: nuovi arrivi dal Mar Rosso
 

LA «MERIDIONALIZZAZIONE» DEL CLIMA
FIUME Anche se non è ancora il caso di parlare di invasione, le acque croate dell’Adriatico – dal Sud al profondo Nord – sono diventate la dimora non più temporanea per diverse specie di pesci tropicali e subtropicali, rifugiatisi in questo ambiente mediterraneo a causa del riscaldamento globale. Migrazioni necessarie, che vedono di tanto in tanto i pescatori professionisti e non mettere a pagliolo esemplari mai visti prima e d’aspetto completamente diverso rispetto ai loro confratelli autoctoni. Nei mesi scorsi, in Dalmazia sono finiti nelle reti esemplari di pesce unicorno (Stephanolepis diaspros) e di siganus rivulatus, mentre un paio d’anni fa, nelle vicinanze di Fiume, fu preso un pesce Fieto (Stromateus fiatola), che qualcuno aveva scambiato per un carangide, venendo poi smentito dagli esperti.
Subacquei e pescatori in apnea hanno visto diverse volte, e in varie zone, la cernia arancio–pezzata, tipica dell’Oceano Indiano, apparsa anche nelle acque dell’estremità settentrionale dell’Adriatico.
Sono tutti segni tangibili, inequivocabili, della meridionalizzazione del clima, che comporta cambiamenti anche nell’habitat marino. Secondo l’oceanografo spalatino, Ivica Vilibic, l’apparizione di queste specie esotiche nel nostro mare non può essere considerato ancora alla stregua di un fenomeno di rilevanti proporzioni.
«Non vengono mica pescate a tonnellate – ha dichiarato – e dunque possiamo parlare di avvistamenti rari. Se le acque dell’Adriatico dovessero però riscaldarsi ulteriormente, avremo sicuramente una maggiore presenza di queste specie dei mari caldi. Il riscaldamento è comunque un fenomeno accertato, sta andando avanti e ha portato nuove specie di pesci e di vegetali marini, come le alghe invasive caulerpa taxifolia e caulerpa racemosa, la cui presenza è estremamente dannosa».
Qualche settimana fa è apparso nella pescheria principale di Fiume il pesce serra (Pomatomus saltator), venduto al prezzo di 80 kune (11 euro) al chilo. I fiumani, anche quelli che si intendono di specie ittiche, non hanno dimostrato un particolare interesse verso questo pesce poiché semplicemente sconosciuto. Va ricordato nel contesto come nel 2004, nelle acque delle coste orientali dell’Istria, i pescatori locali riuscirono a prendere una tonnellata e mezza di pesce serra. L’impresa si verificò nella sempre ricca e promettente Val di Torre (famosa per la tratta dei cefali), fra le località di Parenzo e Cittanova. Assieme al serra, un altra specie - un tempo quasi esclusivamente esotica - sta diventando un’habituée delle pescherie nostrane.
E’ la lampuga, pesce pelagico e non più raro nei bracci di mare antistanti Dalmazia, Quarnero e Istria. Proprio l’altro giorno, esemplari di 5–6 kg facevano bella mostra di sé sui banchi di pietra della pescheria fiumana, al prezzo di 60 kune (8,2 euro) al kg. Il risultato? Se non vede il pesce azzurro o i comuni saraghi, naselli, moli, occhiate, salpe (per tacere dei pesci pregiati), il fiumano non si fida e tira diritto. Tra le altre specie di fauna lessepsiana avvistate in Adriatico (dal nome di Lesseps, l’architetto che progettò il canale di Suez), da citare il pesce pappagallo, il pesce lucertola e la cernia del Pacifico.
ANDREA MARSANICH

 

 

Sette cinghiali tra le case di Melara - HANNO ATTRAVERSATO VIA FORLANINI TUTTI IN FILA
 

Erano in sette. Due adulti, un altro bello cresciuto e quattro piccoli. Un’allegra, e temeraria, famiglia di cinghiali. Hanno sfidato le macchine, dopo essere saliti dal boschetto ai piedi di via Forlanini, per abbuffarsi d’erba e radici fin sotto i piloni vertiginosi del quadrilatero di Melara, accanto alla chiesa di San Luca. Dopo aver fatto il ”pieno” - e dopo aver calamitato l’attenzione di decine di residenti scesi in strada con i bimbi in braccio armati di videocamere e macchine fotografiche - ci hanno messo un bel po’ per riattraversare la strada. I più piccoli, obbedienti, hanno lasciato in avanscoperta il capofamiglia. Ma niente. Troppo traffico. Gli automobilisti, sbigottiti, rallentavano. E i cinghiali, stremiti, si ritraevano. Finché, in assenza di rombi di motori, hanno preso coraggio e se ne sono tornati nel boschetto. Con il più piccino che saltellava, attardato. È successo ieri, verso le 17, ma non sarebbe neanche la prima volta. Uno spettacolo, per chi l’ha visto. E quasi una ”sfida” alla legge, per la famigliola di ungulati: la Regione ha appena autorizzato l’abbattimento di altri 100 esemplari.

(pi.ra.)
 

 

SEGNALAZIONI - Rigassificatore, la minaccia di Krsko non è un argomento spendibile
 

Leggo sul Piccolo che il sindaco Dipiazza, per contrattaccare sul rigassificatore a Trieste contro le perplessità slovene, affermava che «gli sloveni, quando hanno costruito la centrale nucleare di Krsko, che si trova a 130 km da Trieste, non hanno chiesto nulla all’Italia» e continuava sostenendo che «se salta Krsko probabilmente abbiamo qualche milione di morti; se salta il mio rigassificatore, sentiamo un botto».
Pochi giorni dopo, il 25 agosto, leggo la dichiarazione dell’on. Menia che ci spiega che «non si può che rispondere pan per focaccia» alla Slovenia preoccupata per il nostro rigassificatore: loro inquinano con la Livarna, la fonderia posta appena oltre il confine di Gorizia, quindi come si permettono di porre questioni sul nostro terminal Gnl? In sostanza, le due affermazioni nel giro di pochi giorni argomentano a favore del rigassificatore affermando che comunque gli sloveni stanno sottoponendo Trieste a rischi ben maggiori. Al di là del fatto che non vorrei verificare se il «botto» del rigassificatore sia più o meno distruttivo del botto della centrale di Krsko, chiedo: direste voi a vostro figlio una frase del tipo «tesoro, visto che ieri il vicino di casa ti ha investito con il motorino rompendoti un braccio, allora oggi usa la bicicletta e ti metto sotto io con la macchina, così siamo pari!»?
Beh, ho avuto la sensazione che le argomentazioni fossero proprio di questo tipo. Siccome i nostri vicini inquinano ed espongono i triestini ad un grave rischio ambientale e sanitario, allora è accettabile sottoporre i triestini ad ulteriori rischi. Ma che discorso è?
Io vorrei porre un quesito molto semplice a chi sostiene la necessità, la convenienza, l’utilità e la sicurezza del rigassificatore: c’è qualche politico o qualche imprenditore che su questa scelta sia pronto a giocarsi non solo il futuro politico ma il proprio patrimonio e la propria libertà? C’è qualcuno che oltre a garantire a parole che questi impianti costruiti all’interno di una città, dai potenziali enormi rischi, non sono pericolosi? Non solo a parole, ma garantendo che nel caso in cui le cose non dovessero andare come previsto sarà sua premura risarcire personalmente – per quanto si possano risarcire vite umane – i cittadini colpiti e che sarà pronto a passare qualche anno di carcere per il «disturbo» arrecato. Questo politico potrebbe dare il buon esempio andando ad abitare proprio nei dintorni dell’impianto, visto che non c’è alcun rischio.
Perché questo discorso apparentemente qualunquista? Perché la storia ci insegna che vi sono già stati moltissimi casi di disastro ambientale annunciato, dove la popolazione ci ha rimesso case e vite umane non vedendo riconosciuto quasi niente dai danneggiatori, quasi sempre impuniti. Due esempi per tutti.
Il 19 luglio 1985, a mezzogiorno, nella piccola Val di Stava, in Trentino, crollano due bacini di decantazione e deposito scorie, costruiti nei pressi della miniera di fluorite di Prestavel (Montedison). L’enorme massa di limi tossici si rovescia giù per la valle fino all’abitato di Tesero, spazzando via ogni cosa e uccidendo 268 persone. Il rischio c’era o non c’era? Il caso del Vajont è noto, spero, a tutti in regione: 1910 vittime causate da una serie di errori umani preventivabili e segnalati in tutte le sedi dai cittadini contrari alla realizzazione dell’opera. Ciò nonostante quel 9 ottobre 1963 alcuni paesi sono scomparsi e ancora nel 2005 una petizione delle vittime indirizzata a Ciampi chiedeva che lo Stato italiano, l’Enel e la Montedison esprimessero formali scuse ai familiari. Questi disastri sono accaduti non in un lontano paese africano, ma vicinissimi a casa nostra.
Siamo certi che i cittadini di Trieste sappiano quali sono i rischi che corrono e sappiano che le ricadute per la nostra città saranno risibili, a fronte del rischio enorme in caso di incidente o attentato?
Dario Gasparo
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 2 settembre 2009

 

 

Menia: sul rigassificatore rischiamo ritardi - Il sottosegretario dopo il no di Lubiana: irrigidimento esagerato e incomprensibile, intervenga il ministro
 

DIPIAZZA: «MI FA RIDERE CHE SI PARLI DI DOCUMENTI FALSIFICATI, LA SLOVENIA NON FA CHE ALZARE IL PREZZO»
«Come può la Slovenia ingerirsi in questo modo in fatti che attengono alle scelte strategiche nazionali sull’energia? La posizione puramente pregiudiziale di Lubiana comincia a diventare irritante, è questo il regime di dialogo fra due paesi civili? Le accuse di aver falsificato i documenti sull’impatto ambientale sono, quelle sì, inaccettabili». Dopo che la Slovenia con atti sempre più formali sembra aver chiuso la porta a ogni compromesso e accordo sul rigassificatore di Gas Natural previsto nelle acque di Zaule, il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia si dice soprattutto sorpreso per il durissimo atteggiamento del paese vicino, definito «incomprensibile» visto l’avvio di dialogo «nato su presupposti certo più positivi», e intende a questo punto passare la gestione della materia direttamente al ministro, Stefania Prestigiacomo, che ha già firmato tutti gli atti necessari.
Poiché la Commissione interministeriale slovena sui rigassificatori ha espresso un totale dissenso, che potrebbe essere fatto proprio dal governo, e poiché annessa c’è la minaccia di ricorrere alla Corte di giustizia europea se l’Italia non recederà dall’impresa, lo stesso Menia ammette: «Un irrigidimento esagerato, abbiamo fatto tutto con rigore, ma se lo scenario è questo è probabile che il progetto possa subire ulteriori ritardi».
Il 9 settembre è in calendario l’incontro intergovernativo che ha in agenda vari temi di politica internazionale e transfrontaliera, e non è detto che la Prestigiacomo possa essere presente, perché in missione. Menia, che con un po’ sarcasmo dice che Lubiana ha inviato centinaia di pagine di controdeduzioni «tutte in sloveno e da far tradurre, alla faccia della collaborazione», lascia aperto un piccolo fronte di discussione: «Mancasse qualche informazione, si può sempre integrare, nulla è da escludere, se si possono fornire ulteriori chiarimenti, li daremo, se troveremo una posizione preconcetta però essa verrà considerata come un’ingerenza nelle faccende italiane».
Che cosa è successo dunque? Lubiana afferma che delle osservazioni slovene l’Italia non ha tenuto conto, che i rischi ambientali sono sottovalutati, che nelle valutazioni italiane di «impatto» mancano i documenti sul gasdotto marino che dovrà trasportare, per la Snam, il gas trattato dall’impianto di trasformazione. Menia ribatte: «Il gasdotto va verso Ovest, dunque alla Slovenia non può proprio interessare». Dietro le quinte un dubbio: si insinua che il governo sloveno abbia, con la leva di questa vicenda, tutt’altri scopi da raggiungere.
Ne è convintissimo il sindaco Roberto Dipiazza: «Lubiana alza il prezzo, nient’altro. Non so esattamente su che cosa. Vuole però appoggio dall’Italia per altre faccende, nel contenzioso con la Croazia, per esempio. Vogliono andare alla Corte europea? Ci vadano. Questa è pura politica, altro che salvaguardia dell’ambiente - sintetizza Dipiazza -, mi fa ridere che parlino di documenti falsificati. Io, comunque, documenti non ne ho fatti e non c’entro, so soltanto che per la città questo è un progetto importante e che il ministro degli Esteri, Franco Frattini, è sempre molto bravo a risolvere le questioni».

(g. z.)
 

 

«I limiti alla navigazione uccideranno il porto» - IL MENSILE ECOLOGISTA KONRAD DEDICA AL PROGETTO UN INSERTO SPECIALE
 

Un numero speciale di ”Konrad” per raccontare tutto quello che sul rigassificatore di Zaule bisogna sapere, e che spesso passa sotto silenzio. L’editore Roberto Valerio ha presentato così, ieri, il numero di settembre del mensile ambientalista gratuito - che viene distribuito in Friuli Venezia Giulia ma anche sul litorale sloveno - che conterrà un voluminoso inserto dedicato interamente al progetto di Gas Natural.
«Nel 1996 ”Konrad” fu in prima linea nella battaglia vittoriosa condotta contro l’analogo progetto Snam a Monfalcone – ha detto Valerio – e questo inserto si riallaccia esplicitamente a quell’esperienza». «Rispetto al ’96 – ha aggiunto il direttore Dario Predonzan – è triste oggi constatare il declino amministrativo, culturale e politico che caratterizza questa vicenda scellerata e che è palesato nell’inserto».
Un punto critico, ha rilevato Predonzan, è quello relativo al destino del porto: «Nessuno sembra rendersi conto che se verranno applicate le norme di sicurezza internazionali previste per impianti a così alto tasso di pericolosità – ha osservato – le limitazioni alla navigazione renderanno totalmente irrealizzabile il piano regolatore del porto, uccidendolo così in maniera definitiva».
Lino Santoro, Carlo Franzosini e Livio Sirovich sono gli specialisti che hanno realizzato l’inserto di 32 pagine sul rigassificatore: «Leggere la documentazione presentata da Gas Natural-Medea per la valutazione d’impatto ambientale è deprimente – ha raccontato Sirovich – per la quantità di errori e inesattezze contenute e per il fatto che nessuno, qui e a Roma, le ha viste o volute vedere». Il geologo ha citato come esempio la relazione sull’effetto domino (cioé su ipotetici incidenti industriali a catena): «Utilizza una cartina vetusta in cui non compare il vicino terminal petrolifero – ha detto -: è un’omissione grave, tanto più che la relazione è su carta intestata Cinigeo, un consorzio universitario di cui fa parte l’ateneo triestino, ma il documento è anonimo».
È stata definita «una favola» anche il presunto vantaggio economico che i triestini otterrebbero sul prezzo del gas: «È certo che il numero di fornitori di gas liquido sarà a lungo inferiore alla domanda – ha spiegato Santoro – e a Trieste le gasiere potrebbero non arrivare mai: ma al gestore dell’impianto è garantito comunque il 70% dei profitti, che verrà ricavato nostre bollette».
Secondo Franzosini, infine, il progetto «è imposto come un immutabile “prendere o lasciare”».
Giovanni Tomasin
 

 

A Miramare a lezione di ambiente - Da venerdì caccia al tesoro subacquea, corsi sui rifiuti e gita nel Golfo
 

Una caccia al tesoro subacquea, un battesimo marino,un vademecum per preservare i fondali dai rifiuti e una gita tra Carso e Golfo triestino guidata da naturalisti e biologi. Week end fitto di impegni per gli appassionati del mare. Dal 4 al 6 settembre l’Area protetta di Miramare organizza una serie di appuntamenti ricreativi di diversa natura per sviluppare la sensibilità verso la fauna e la flora marina.
«La nostra iniziativa - spiega la dott.sa Sara Famiani, responsabile della promozione dell’ Area marina protetta di Miramare - ha l’obiettivo di far avvicinare la gente alla realtà marina in modo responsabilie. Si tratta di una sorta di educazione ambientale nei confronti del mare».
A dare il via al ciclo di appuntamenti Venerdì 4 settembre ci sarà una curiosa caccia al tesoro subacquea in collaborazione con il circolo Aziendale Generali. I partecipanti, necessariamente muniti di brevetto, si sfideranno nelle acque di Sistiana, di fronte a Castelreggio, alla ricerca del tesoro nascosto.
Sempre lo stesso giorno, dalle 20,30 alle 22,30, inoltre, avverà la presentazione con relativo briefing curata dal circolo pescasportivo A.Ghisleri, giunto ai suoi primi 50 anni di attività, in collaborazione con il Fipsas (Federazione Italiana Pesca Sportiva ed Attività Subacquee ) sul tema dei ”rifiuti invisibili” che una volta depositati sul fondo, oltre a rilasciare sostanze nocive, alterano l’ecosistema marino.
La lezione introduttiva, in seguito, vedrà il suo risvolto pratico nelle uscite del 6 e del 13 settembre per ripulire i porticcioli di Grignano e Santa Croce.
Sabato 5, invece, sarà la volta di altri due interssanti appuntamenti. Il primo, dalle 10 alle 12, presso la riserva di Miramare, verterà sul tema delle tartarughe marine. Sono previsti due programmi differernti per bambini e adulti: i primi avranno la possibilità di scoprire il mondo dei cetacei con dei giochi pensati apposta per loro mentre gli adulti potranno visionare filmati e documentazione provenienti direttamente dal Wwf sulle tartarughe.
Grandi e piccini, inoltre, nel corso della giornata avranno la possibiltà d’assistere alla liberazione della tartaruga Sissi, ospite da quasi un mese del centro per la cura dei cetacei del WWF situato all’interno della riserva dalla spiaggetta privata ”Bagno Ducale”.
L’evento avrà la cifra simbolica di 4 euro che serviranno a finanziare le cure per i cetacei malati in arrivo al centro.
Nella stessa giornata di sabato, dalle 10 alle 17:30, inoltre, ci sarà la possibilità con una quota di 15 euro di un’escursione a piedi tra mare e carso, guidata da naturalisti e biologici, alla scoperta degli aspetti più caratteristici dell’Altopiano e del Golfo di Trieste.
Il ritrovo è previsto in Piazza Oberdan, successivamente con l’autobus si raggiungerà Prosecco dove, accompagnati da alcuni naturalisti della copertativa ”Curiosi di natura” e una guida della riserva, verranno illustrate le pecuilarità del Carso, del Golfo di Trieste e della riserva di Miramare. L’escursione, avrà luogo solo se ci saranno almeno dieci partecipanti.
Le prenotazioni, ed ulteriori informazioni sulle attività, sono reperibili presso la riserva di Miramare.

(v.a)
 

 

 

 

KONRAD - MARTEDI' , 1 settembre 2009

 

Rigassificatore: a Trieste una vicenda oscura  ( 689KB) - the regasification terminal ( 365KB) - el regasificador  

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 1 settembre 2009

 

 

La Slovenia: «Il rigassificatore è inaccettabile» - Secco no della Commissione interministeriale: ora si aspetta la posizione del governo di Lubiana
 

LUBIANA Il progetto per la costruzione del terminal rigassificatore di Zaule, dal punto di vista dell'impatto ambientale transfrontaliero, per la Slovenia è inaccettabile. È la posizione espressa ieri dalla Commissione interministeriale slovena per i rigassificatori ed è la posizione che il governo sloveno – se accetterà il giudizio della Commissione – confermerà giovedì e presenterà ufficialmente all'incontro italo–sloveno in programma il 9 settembre a Lubiana.
Al ministro dell'Ambiente Karl Erjavec si suggerisce inoltre di inviare immediatamente una lettera all'omologa italiana Stefania Prestigiacomo per chiedere spiegazioni rleative alle accuse degli ambientalisti di Alpe Adria Green sui documenti per il progetto presentati da Gas Natural. Nel comunicare le conclusioni cui è giunta la commissione, il suo presidente – il sottosegretario all'Ambiente Zoran Kus – ha ribadito che nel progetto del rigassificatore di Zaule non è stato tenuto conto delle osservazioni di Lubiana sull'impatto ambientale e che il progetto non è stato preparato in armonia con il memorandum italo-sloveno sottoscritto nel settembre 2008, con il quale i due governi si erano impegnati a una valutazione congiunta dei rischi ambientali per tutti gli impianti di questo tipo nell'area dell'Alto adriatico e in particolare del golfo di Trieste.
A giudizio della commissione interministeriale slovena, inoltre, la documentazione italiana e il giudizio sull'impatto ambientale non possono essere considerati completi in quanto manca la parte relativa al gasdotto che dovrebbe collegare il terminal di Zaule alla rete nazionale. Per la Slovenia – ha ribadito ieri la Commissione – è inaccettabile anche un eventuale terminal off-shore, per cui dalla documentazione italiana andrebbero cancellati tutti i riferimenti a questo impianto, da bocciare definitivamente.
Nella lettera alla Prestigiacomo, oltre a chiedere chiarimenti sulla presunta falsificazione degli studi sull'impatto ambientale presentati da Gas Natural – denunciata da Aag – la commissione suggerisce a Erjavec di chiedere tutta la documentazione mancante su Zaule, compresa quella sul gasdotto, e di domandare la modifica del parere positivo sull'impianto da parte della commissione Via (Valutazione di impatto ambientale) integrando le osservazioni slovene. In caso contrario, la commissione propone al governo sloveno di denunciare l'Italia alla Corte europea.
Infine, al ministero per l'Economia si chiede di studiare tutte le possibilità per intervenire e modificare le direttrici per le reti transeuropee di energia in modo da eliminare da esse i terminal rigassificatori nel golfo di Trieste. Se le posizioni sostenute dalla commissione interministeriale saranno confermate dal governo sloveno – cosa peraltro molto probabile – sul terminal di Zaule si profila uno scontro durissimo, il cui esito dipenderà almeno in parte anche dai risultati delle indagini della magistratura triestina, che sta indagando sulla documentazione fornita da Gas Natural, che a giudizio degli ambientalisti di Alpe Adria Green avrebbe ”truccato” i dati sull'impatto ambientale del rigassificatore per ottenere luce verde al progetto.
In particolare – come hanno spiegato gli attivisti di Aag nel corso di una recente conferenza stampa a Lubiana -, nello studio sarebbe stata indicata una profondità delle acque del golfo di Trieste di parecchi metri superiore a quella reale e sarebbe stata omessa la presenza in zona di altri siti industriali, elementi che di fatto stravolgono il quadro della situazione e dell'impatto ambientale. Inoltre, i dati sull'inquinamento già esistente sui fondali del golfo non sarebbero stati inseriti nello studio sul terminal, ma solo in quello sul gasdotto.
 

 

RIGASSIFICATORE - A luglio il via libera da Roma - LA STORIA RECENTE SULL’ITER RELATIVO AL PROGETTO
 

Non solo l’ha sempre sostenuto a parole, ribadendo una posizione chiara, ma anche nei fatti. L’ultima conferma in termini di atti ufficiali, un mese e mezzo fa: il 15 luglio scorso. Quel giorno il governo dà finalmente il via libera al rigassificatore di Zaule, attraverso la firma del ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, sul decreto che autorizza la partenza dell’iter per la costruzione dell’impianto interrato di Gas Natural nell’area ex Esso. Bondi lo sottoscrive dopo che la collega Stefania Prestigiacomo, titolare del dicastero all’Ambiente, aveva fatto lo stesso alcuni giorni prima, a chiusura della missione diplomatica con cui il governo si era adoperato per chiarire con le autorità di Lubiana la fattibilità del progetto. Un impianto sulla cui realizzazione la Slovenia non ha mai fatto mistero di avere delle forti perplessità di tipo ambientale.
È datata 17 luglio, due giorni dopo quindi, la visita ufficiale a Trieste del direttore Progetti internazionali del colosso spagnolo Narcis de Carreras. Emerge anche l’impegno al futuro trasferimento a Trieste della sede sociale di Gas Natural rigassificatori Italia.
 

 

«Piano traffico diramato come gossip E il consiglio comunale non sa nulla» - OMERO (PD): DIPIAZZA RIPRENDE CAMUS
 

«Tra la secretazione del piano regolatore e la diffusione sul giornale di ampi stralci del piano del traffico, fatta da Dipiazza in perfetto stile “gossip”, esiste una terza via: riconoscere il ruolo del Consiglio comunale che esercita l’indirizzo politico-amministrativo proprio con l’adozione dei piani territoriali e urbanistici, come recita lo Statuto del Comune». Lo dice il capogruppo del Pd in Comune Fabio Omero. «Nell’ottobre 2008 - scrive Omero - il sindaco dichiarò che il piano redatto dall’ing. Roberto Camus ”non è mai andato bene a nessuno”. Ora diventa una base importante per il piano Dipiazza», osserva Omero: l’inversione del senso unico in via Ginnastica, così come il senso unico in via Battisti, erano per esempio già previsti da Camus. Per Omero «non potrebbe essere diversamente», sennò «il sindaco dovrebbe giustificare alla Corte dei conti le centinaia di migliaia di euro spesi dal 2001 in progetti finiti nei cassetti del Comune. Nel 2008 chiesi al presidente del Consiglio comunale Pacor un suo fermo intervento, perché il Consiglio potesse riappropriarsi del ruolo e esprimersi sulla proposta Camus. Non successe nulla e ciò autorizza ora Dipiazza a imperversare spudoratamente, lasciando che i consiglieri di maggioranza e opposizione - così Omero - siano informati dalla stampa e non per via istituzionale».
 

 

Piazza Libertà, un’area lasciata al degrado in attesa del restauro

 

Inaugurata ufficialmente nel 1878 è stata oggetto nel corso degli anni di numerosi interventi
 

È il primo giardino che i turisti incontrano una volta usciti dalla stazione ferroviaria, uno spazio ombreggiato, con panchine e secolari ippocastani. Ma l’area verde di piazza Libertà, che fa parte dei giardini storici di proprietà del Comune di Trieste, molto spesso agli occhi delle persone in arrivo nel centro cittadino è ben poco appetibile per una sosta tranquilla. Sacchetti vuoti lasciati a terra, bottiglie, bicchieri, avanzi di cibo, mozziconi di sigaretta, borse di plastica abbandonate e segni di chi è abituato a sostare nella zona per una dormita, persone che si ritrovano anche nelle ore notturne, quando le panchine diventano letti di fortuna. Nella piazza però, al centro di vie molto trafficate e caotiche, in particolare d’estate c’è chi trova anche un momentaneo ristoro proprio prima della partenza nella vicina stazione dei treni o in quella, altrettanto vicina, degli autobus, leggendo un libro o un giornale, in attesa di lasciare la città.
Piazza Libertà anticamente è stata ricavata dall'ampliamento della vecchia piazza del Macello, realizzata nel lontano 1780, e dall'interramento di un vasto tratto di mare con i materiali provenienti dagli scavi del colle di Scorcola. Il giardino si trova al centro della piazza, inaugurata ufficialmente nel 1878 e poi oggetto, nel corso dei decenni successivi, di diversi lavori per apportare migliorie al verde e alla zona pedonale. Utilizzata per anni come spazio per ospitare le bancarelle del mercato, un tempo molto frequentato, l’area è stata al centro di un ampio intervento di riqualificazione da parte del Comune di Trieste, che ha portato alla risistemazione del pavimento e degli arredi urbani, con la cura di piante e alberi. Un filare di bossi delimita e disegna le aiuole lungo tutto il perimetro, i grandi alberi sono posizionati attorno alla piazzetta centrale e i lampioni sono stati ricollocati per creare un'atmosfera d'altri tempi.
In un angolo del giardino è stato riposizionato nel 1997 il monumento all'imperatrice Elisabetta d'Austria detta Sissi, a ricordo della storia della città. E proprio un episodio accaduto accanto alla statua a luglio ha portato la piazza e il suo giardino nei giornali, nei notiziari e nei siti internet di tutta Italia, quando un giovane polacco ubriaco è stato multato con una sanzione di 500 euro, come prevede l’ordinanza del sindaco Roberto Dipiazza, per aver fatto la pipì in pieno giorno davanti al monumento. Multe a parte la piazza è stata al centro di numerose discussioni negli ultimi tempi soprattutto per il suo futuro. Nei prossimi anni la zona si prepara a cambiare volto, con il nuovo progetto del Comune che prevede un ampliamento delle corsie di marcia per gli automobilisti, una nuova area pedonale e rivoluzionerà di fatto il modo di muoversi nell’intera area. Tante le proteste nei mesi passati da parte delle associazioni che tutelano il verde e che hanno manifestato la paura per il previsto abbattimento di alcuni alberi con manifestazioni, volantinaggi e sit-in. Il perimetro del giardino storico, come imposto dalla Soprintendenza, resterà comunque intatto.
Micol Brusaferro
 

 

I pendolari cambiano guida - Chiandoni lascia il vertice del Comitato. Gli subentra la Sartor - DOPO SEI ANNI DI BATTAGLIE SUI TRENI
 

TRIESTE Dopo sei anni e molti risultati, il Comitato pendolari del Friuli Venezia Giulia cambia guida. Marco Chiandoni, a capo del Comitato fin dalla sua fondazione, passa il testimone a Cristina Sartor. Un cambio, quello previsto a settembre, dovuto a esigenze di rinnovo. «Mi sembrava giusto, dopo sei anni, lasciare la guida a un’altra persona che portasse nuove idee ed esperienze» spiega Chiandoni che, comunque, rimarrà nel Comitato come componente. Il passaggio di consegne avverrà a settembre e sarà immediatamente operativo: i prossimi mesi, del resto, saranno cruciali per i pendolari del Friuli Venezia Giulia. Da metà 2009 infatti è entrato in vigore il nuovo contratto di servizio delle Ferrovie che prevede il coinvolgimento diretto dei pendolari. Chiandoni, intanto, tira le somme: «I risultati di questi sei anni sono stati tanti. In particolare, proprio nel contratto di servizio che è stato stretto con Trenitalia e con l’assessorato ai Trasporti guidato da Riccardo Riccardi, il ruolo riservato ai pendolari è stato una vera conquista, così come è stato importantissimo l’impegno da parte di Regione e Trenitalia di rinnovare il materiale rotabile». Rimangono, naturalmente, molti altri nodi da sciogliere: «Ad esempio continuiamo a riscontrare problemi nella pulizia e nelle informazioni, sia a bordo treno che nelle stazioni, come nella stazione di Udine, dove da anni evidenziamo l’esigenza di cartelli più comprensibili». L’importante, continua Chiandoni, è che quello che è stato fatto costituisca solo un primo passo e che l’esperienza non vada smarrita. Da parte del Comitato si proseguirà quindi con l’attività di sempre: il monitoraggio dei cinque-sei osservatori sulle linee Udine-Trieste e Pordenone-Venezia e l’informazione del centinaio di iscritti sulle attività. A fine anno si conteranno i risultati del nuovo contratto, che prevede per Trenitalia anche degli standard minimi da rispettare, pena l’attribuzione di sanzioni pecuniarie: sanzioni che sono state decise proprio tramite la consultazione del Comitato pendolari.

(e.o.)
 

 

Ascopiave sottoscrive un contratto di fornitura con la Gazprom - DURERÀ 10 ANNI
 

MILANO Il Gruppo Ascopiave ha sottoscritto un contratto relativo alla fornitura annua di 1 miliardo di metri cubi di gas da parte del colosso russo Gazprom verso la collegata Sinergie Italiane. Lo comunica, in una nota, la società.
La fornitura, oggetto dell'accordo, avverrà franco confine italiano e avrà la durata di 10 anni a partire dal prossimo 1 ottobre. Durante i primi 3 anni la dimensione della fornitura di gas sarà pari a un miliardo di metri cubi all'anno. Durante i successivi sette, invece, verranno consegnati 500 milioni di metri cubi annui.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 31 agosto 2009

 

 

PIANO DEL TRAFFICO, IL COPED RIMPIANGE LA BOZZA CAMUS - «Servono più aree pedonali»
 

«Rischiamo di avere un Piano del traffico senza consultazione e, questo, dal sindaco Dipiazza non ce lo aspettavano». È la posizione espressa dal presidente del Coped-camminaTrieste, Sergio Tremul, che contestando la scelta di accantonare il Piano Camus auspica di avere più aree riservate ai pedoni e corsie preferenziali per i mezzi pubblici.
«Era sufficiente portare il Piano Camus ad una consultazione e alla successiva approvazione del Consiglio comunale», sostiene in una nota il Coped. E aggiunge: «Il servizio pubblico incontra forti difficoltà nello svolgimento del regolare servizio - sottolinea - ostacolato dal traffico caotico e dalla continua e ripetuta sosta dei veicoli privati alle fermate». Per quanto riguarda le aree pedonali, invece, secondo Tremul la situazione «denota un costante pericolo agli attraversamenti pedonali dovuto all’intensità del traffico» (ad esempio in largo Barriera e in piazza Goldoni dove gli incidenti sono in crescita) e «all’inciviltà e mancanza di rispetto di tanti conducenti dei veicoli». Ecco che assieme alla modifica della viabilità il Coped auspica che si parli anche di «mobilità urbana sostenibile e riduzione dei mezzi privati».
 

 

L’Ecomaretona approda a Trieste: 1500 chilometri per l’ambiente - Si pensa già alla prossima edizione: probabile una duplice staffetta
 

IL PROMOTORE GIUSEPPE TAMBURINO HA IMPIEGATO 78 GIORNI DOPO ESSERE PARTITO DA REGGIO CALABRIA
Il sodalizio giuliano conta più di 60 iscritti
Una giornata di sole spazzata da raffiche di bora ha accolto ieri a Trieste, l'arrivo dell’Ecomaretona, la corsa che Giuseppe Tamburino, torinese di 52 anni, compie da due anni lungo le coste italiane per sensibilizzare i cittadini sulla tutela dell'ambiente marino.
Dopo il percorso Reggio Calabria-Ventimiglia completato nell'estate 2008, quest'anno è toccato al versante adriatico dello stivale: partenza sempre da Reggio Calabria lo scorso 14 giugno e arrivo a Trieste, dopo oltre 1.500 chilometri, 78 giornate di corsa (la tappa più lunga da 23 chilometri, la più corta invece da sei), nove regioni attraversate. «Non è una gara - ha commentato Tamburino appena arrivato nel capoluogo giuliano - e l'importante è metterci la faccia, per l'ambiente e per lo sport. Non possiamo sostituirci agli enti locali - ha precisato - ma è importante sollevare le problematiche».
Nel corso delle varie tappe, moltissime persone si sono unite a Giuseppe Tamburino, correndo insieme a lui, sempre per lanciare un messaggio a favore dell’ambiente. Un’esperienza coinvolgente ed entusiasmante che ha fotografato lo stato delle coste con una particolare attenzione per gli accessi ai diversamente abili alle spiagge, numero e qualità delle spiagge pubbliche e dei servizi erogati, sicurezza delle stesse, costi delle spiagge private, percorsi pedonali e ciclabili panoramici, percorribilità delle strade esistenti.
Dopo la seconda Ecomaretona, che a fine luglio ha toccato anche le città terremotate dell'Abruzzo, Tamburino pensa già alla prossima edizione. Due gruppi, stando alle sue anticipazioni, partiranno contemporaneamente da Reggio Calabria per risalire la Penisola, con staffette aperte a chiunque.
 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - Serve un dibattito
 

Incredibile, no, normalissimo nel nostro «circus».
Il rigassificatore, una grande vacca tutta da mungere (non dai triestini, quelli di base, tanto per intenderci), promossa come grande opportunità, apportatrice di occasioni di lavoro e prosperità nel nostro prossimo futuro, ora diventa anche baluardo contro le orde barbariche che si apprestano ad invadere i nostri territori, viene il tutto riletto in chiave politica, anche perché così facendo otteniamo in primis la divisione dell’opinione pubblica in fazioni partitiche, e trasformare il tutto in una questione di Destra e di Sinistra o meglio ancora di italiani e slavi, il dividi ed impera insomma, di antica data.
Voglio augurami che, una volta tanto, i triestini non si facciano fregare dai padroni del circo multicolore e sappiano guardare con freddo realismo chiedendo a gran voce l’arbitrato delle strutture tecniche universitarie che abbiamo la fortuna di ospitare in questa nostra bellissima città. Vero è che Gas Natural ovvero chi la rappresentava sotto il profilo tecnico, durante un incontro con la cittadinanza, ha presentato dei dati palesemente non veritieri, ora mi riferisco alla profondità del fondale marino in prossimità dell’impianto, ma ci sono molti altri parametri quali il ricambio totale del bacino-golfo, temperature derivate, ecc...
Non voglio dilungarmi perché moltissime persone e Comitati molto competenti hanno esposto dati e fatti in modo molto preciso contro questo malaugurato, pericoloso, inquinante e limitante progetto, penso anche al traffico marittimo commerciale.
Il signor sindaco con il «suo», come lui lo chiama, rigassificatore (ma perché suo...?), intende portare benessere alla «nostra» città oppure questa è soltanto la parte emergente dell’iceberg, ed il resto dobbiamo immaginarlo?
Se tutto è così chiaro, perché non organizzare un grande dibattito convocando tutte le parti tecnicamente competenti per far prendere coscienza a tutti i cittadini di quanto si vuole mettere sulle loro spalle.
Gli amministratori prima o poi, per fortuna, se ne vanno (per un giusto ricambio), ma i cittadini con i loro problemi restano.
Concludendo, non accettiamo che il tutto si riduca ad una guerra di «scovazze» tra confinanti, sarebbe proprio una presa per il c...appello.
Più che ponti sul canale, abbiamo estrema necessità di ponti tra realtà che poco si conoscono, ma che conoscendosi meglio sarebbero in grado di offrirci certamente un futuro con più ampie vedute.
Stelio Cerneca
 

 

SEGNALAZIONI - Il piano regolatore di Trieste ridotto a merce di scambio fra i partiti
 

L’estate della politica triestina è penosamente monopolizzata dal tormentone «Bandelli sì, Bandelli no», tutto interno al centrodestra che sostiene (si fa per dire) il sindaco Dipiazza.
Sorge spontanea la domanda su quali valori condivisi si fondi questa maggioranza se basta l’eventuale ritiro/modifica della delega ad un assessore (per quanto importante, e Bandelli certamente lo è) per far traballare vistosamente tutto l’edificio. La realizzazione del programma del sindaco dovrebbe essere preminente per i partiti che lo hanno votato, prescindendo dagli uomini presenti in giunta. Fuori del palazzo questi riti appartenenti ad una politica decisamente vecchia interessano poco o nulla ed ottengono l'unico obiettivo di far allontanare ancora di più (se possibile) i cittadini dalla politica. E dire che anche in piena estate le motivazioni per una discussione seria su questioni importanti non sarebbero mancate; un solo esempio: la richiesta compatta, unitaria alla Regione da parte della classe politica triestina, sindaco in testa, del prolungamento della terza corsia sulla A4 da Villesse fino al Lisert per evitare la progressiva esclusione della nostra città dai traffici commerciali (ce ne siamo accorti che in Slovenia è stato inaugurato il raccordo autostradale nella valle del Vipacco?). Ma più che ad un intervento in sede regionale (ve lo ricordate l'«allineamento dei pianeti»?) a sostegno delle giuste richieste delle realtà industriali, commerciali ed artigianali triestine, i nostri governanti di centrodestra sono interessati alle beghe locali, poco edificanti e del tutto inutili in funzione del progresso della comunità cittadina.
Ed infine sembra che i sostenitori di Bandelli siano arrivati anche a minacciare il siluramento dell'«ottimo» piano regolatore da loro stessi appena adottato. Che questo nuovo strumento urbanistico generale sia del tutto insufficiente per molteplici ragioni, prima fra tutte la totale assenza di una strategia per lo sviluppo della città nei prossimi 10-15 anni, lo abbiamo detto e ribadito noi del Pd insieme alle altre forze d’opposizione in Consiglio comunale; è certamente straordinario però che chi ha votato questo piano regolatore difendendolo a spada tratta e dicendone tutto il bene possibile, ora possa addirittura negarne l'approvazione, in maniera del tutto pregiudiziale e non a seguito di eventuali ripensamenti di carattere politico (magari fosse così!) sulle scelte urbanistiche operate dal piano stesso.
Veramente per il suo futuro Trieste si merita altro!
Mario Ravalico - (cons. com. Pd)

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 30 agosto 2009

 

 

SEGNALAZIONI - Raccolta differenziata da Dolina a Trieste
 

Si potrebbe cominciare con cara sindaco e cari sindaci (Dolina, Muggia e Trieste). Intorno alla sede dei servizi condivisi dell’Ass triestina, sulla strada che porta a Dolina, ci sono dei grossi cassonetti per la raccolta differenziata collettiva. Se vi fermate noterete diverse auto che provenienti da Dolina si fermano e dai loro bauli cittadini/e estraggono sacchi e sacchi di immondizie e li depositano, quando ci sono le foglie e altri prodotti di scarto dei giardini anche tre o quattro sacconi. Idem sulle strade che vanno verso Muggia anche se con frequenza inferiore. La tanto comunicata raccolta differenziata di Dolina sembra avere delle crepe. Alcune domande: i costi inferiori che Dolina aveva preventivato sono diventati realtà? Si sono valutati e quantificati i costi sociali distribuiti a piene mani ai comuni limitrofi (assai più occulati nella fattispecie?) I decantati microchip di Dolina sono entrati in funzione? I cittadini di Dolina sono tutti soddisfatti oppure hanno scelto alla chetichella, a fronte di scelte inopportune e propagandistiche, di alzare le spallucce e seguire le vie dei cassonetti dei comuni limitrofi? Come fanno a tenersi in casa i sacchi magari con i resti del pesce e delle cacche dei pannolini in attesa che arrivi l’uomo delle scovazze? Sapere dalla prima cittadina di Dolina come va il suo «esperimento» non sarebbe male, se non altro per non ripetere errori. Anche se la risposta del «tutto bene madama la marchesa» è di prammatica, restano i fatti dei cassonetti utilizzati altrove. Per non dire della scortesia verso i turisti della val Rosandra che non trovano nemmeno un «bottino o cestino» a pagamento: scovazze sull’autobus e in auto o in bici ...fino al prossimo cassonetto non dolinese.
Mara e Giacomo Trulli
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 29 agosto 2009

 

 

Rigassificatore, aperta un’altra inchiesta - La Procura indaga sui documenti firmati Gas Natural. Lubiana, al lavoro una commissione
 

IL PROGETTO NELL’AREA EX ESSO
C’è una seconda indagine della magistratura triestina sulla documentazione fornita da Gas Natural in relazione all’impianto di rigassificazione previsto a Zaule, dopo quella condotta dal sostituto Cristina Bacer e inviata alla Procura di Roma, che l’ha archivata non rilevando fatti penalmente rilevanti «ma tutt’al più di possibile interesse per la giustiza amministrativa».
Un secondo fascicolo è stato aperto dal sostituto Giuseppe Lombardi, in seguito alla denuncia congiunta presentata dai sindaci di Muggia, Nerio Nesladek, e di San Dorligo della Valle, Fulvia Premolin, dopo che, lo scorso ottobre, in un incontro pubblico a Muggia sul rigassificatore (al quale tra gli altri aveva partecipato anche il sindaco di Capodistria Popovic) erano state fatte affermazioni ”pesanti” sulla documentazione presentata da Gas Natural.
«Avevamo segnalato – conferma Neskladek – che durante l’incontro pubblico delle persone avevano affermato che alcuni documenti di Gas Natural erano stati alterati».
A seguito di questa segnalazione è quindi partita un’indagine, ancora in corso. Finora non è stata avanzata alcuna ipotesi di reato. «Se sono stati commessi reati è da vedere – precisa il pm Lombardi – al momento è presto. Se invece dovessero emergere questioni amministrative – aggiunge – noi non potremmo fare nulla».
La questione del rigassificatore è intanto tornata ieri alla ribalta delle cronache in Slovenia. A Lubiana il ministro dell’Ambiente Karl Erjavec ha ricevuto una delegazione dell’associazione ambientalista Alpe Adria Green, guidata dal presidente Voyko Bernard, che gli ha consegnato i documenti dell’inchiesta della magistratura italiana sulla documentazione del rigassificatore (quella conclusasi con l’archiviazione da parte della Procura di Roma, ndr). Alpe Adria Green ha depositato copie di questa documentazione anche alla presidenza della Repubblica di Slovenia e alla presidenza del Parlamento.
I documenti prodotti da Alpe Adria Green verranno ora esaminati da una commissione interministeriale slovena. «Se verrà assodato che il progetto avrà conseguenze negative sul’ambiente – ha dichiarato il ministro Erjavec all’agenzia di stampa slovena Sta – proporrò la denuncia alla Corte europea. Il progetto – ha aggiunto – non deve mettere in pericolo la salute della gente, dell’ambiente e del mare».
La commissione, presieduta dal sottosegretario all’ambiente Zoran Kus, si riunirà la prossima settimana e si pronuncerà in tempi molto brevi. Secondo l’agenzia Sta la commissione preparerà infatti le conclusioni sul ”caso” del rigassificatore che il governo porterà all’incontro bilaterale italo-sloveno in programma a Lubiana il 9 settembre. E nel corso di quell’incontro, ha sottolineato il ministro Erjavec, «la questione del rigassificatore verrà posta sul tavolo».
Il ministro dell’ambiente, ribadendo la contrarietà di Lubiana alla costruzione dell’impianto a Trieste, ha anche ricordato che la Slovenia non ha ancora ricevuto dall’Italia la documentazione sulle conseguenze del funzionamento del rigassificatore per l’ambiente a cavallo del confine. «Vogliamo approfondire – ha spiegato – tutti gli effetti possibili del progetto per il rigassificatore nel golfo di Trieste».
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

NUOVA BOZZA DEL PIANO TRAFFICO, IL SINDACO RILANCIA LA VECCHIA IPOTESI - Dipiazza: corso Italia riservato agli autobus
 

Soluzione al vaglio dei tecnici. Il primo cittadino: tutto da discutere in Consiglio comunale
La classica ciliegina su quella torta che lui stesso ha già voluto definire un’autentica «rivoluzione». Alle fragorose novità anticipate dal sindaco Roberto Dipiazza e contenute nel nuovo Piano del traffico, la cui bozza gli uffici del Comune stanno peraltro ultimando, se ne potrebbe aggiungere infatti un’altra ancora. Dopo le inversioni dei sensi di marcia di via Rossetti e via Ginnastica e l’istituzione della direzione unica obbligatoria in via Battisti (solo verso via Carducci, ad eccezione di bus e taxi), «c’è poi un quid che speriamo di risolvere», per citare il sindaco. Per capire a cosa si riferisca Dipiazza, basta un attimo: «Confidiamo di riuscire a destinare corso Italia al solo trasporto pubblico», è l’ennesima primizia che il numero uno del Municipio decide di regalare sulla questione. Una primizia che, di fatto, sarebbe un ulteriore cambiamento sostanziale. E, come tale, nel caso «andrà discusso in Consiglio comunale», precisa il sindaco ribadendo il concetto già espresso nei giorni scorsi per i vari termini del restyling viabilistico cittadino.
Solo autobus e taxi, quindi, lungo corso Italia, che si tramuterebbe di conseguenza in arteria off-limits per i mezzi privati. Una soluzione non ancora messa nero su bianco dai tecnici che stanno elaborando il maxi-documento, prova ne siano proprio le prudenti parole di Dipiazza, ma sulla cui fattibilità sono in corso i dovuti approfondimenti. Questa soluzione era già contenuta (con la specifica della direzione unica verso piazza Goldoni) nella bozza redatta dal professor Roberto Camus, divenuta proprietà del Comune dopo la rescissione consensuale del contratto con l’attuale preside della facoltà di Ingegneria dell’Università di Trieste. Una base importante da cui partire, insomma, per il nuovo Piano, ovvero la «bozza Dipiazza». I punti in comune fra i due lavori, stando alle anticipazioni fornite dal sindaco, non mancano: dal senso unico in via Battisti (previsto però da via Gatteri nella bozza Camus), a via Ginnastica percorribile solo in salita, per finire proprio con corso Italia chiuso al traffico privato. Nell’eventualità, in quest’ultimo caso, che le verifiche confermino la presenza della soluzione nel nuovo Piano. Una prospettiva che, in assenza di altri input del sindaco, apre comunque una serie di interrogativi collegati. A partire da quello fondamentale: quale sarebbe la via destinata a sopperire - per il traffico privato - alla mancanza di corso Italia nel collegamento fra Rive e via Carducci, tramite passo Goldoni? Il ring composto dalla stessa via Carducci, via Valdirivo e via Roma (o le Rive), come si completerebbe? Forse con via Mazzini, una volta messa definitivamente la parola fine alla querelle con Stream? E ancora: il trasporto pubblico su corso Italia viaggerebbe in entrambi i sensi di marcia o solamente in direzione piazza Goldoni? Usare il condizionale è ancora d’obbligo, ma settembre, mese in cui il Piano dovrebbe essere pronto, si avvicina.
Nel frattempo, da Roma, il deputato leghista Massimiliano Fedriga, che del Carroccio è anche segretario provinciale, osserva: «Ben venga una rivoluzione del traffico nell’ambito del centro città, privilegiando i mezzi pubblici e le zone pedonali ma prima di tutto bisogna pensare alla realizzazione di un piano strategico per i parcheggi. Specialmente nel nostro centro storico, averne di più significa creare quelle precondizioni utili e necessarie alla crescita economica del tessuto commerciale. E significa, infine - conclude Fedriga - migliorare la stessa viabilità decongestionando le vie cittadine».
MATTEO UNTERWEGER

 

 

PROGETTO DELLA GUARDIA FORESTALE CON LE SCUOLE - Alla scoperta della natura
 

Con l’ormai imminente riapertura degli istituti scolastici, il Corpo forestale regionale di Trieste presenta “ScopriNatura”, un nuovo progetto di educazione ambientale rivolto alle giovani generazioni.
“Scoprinatura” è un supporto educativo che il personale del Centro didattico naturalistico di Basovizza, coudiuvato anche dagli altri uffici forestali provinciali, offre a progetti formativi di carattere naturalistico e ambientale, già impostati dagli insegnanti nella normale programmazione scolastica.
Quest’anno la proposta del Corpo è mirata alle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado della provincia di Trieste.
L’invito della Forestale è quello di scoprire i boschi e gli ambienti naturali della provincia di Trieste con escursioni sul territorio, interventi in classe e visite al nuovo Centro didattico naturalistico di Basovizza, che ha chiuso il suo primo anno di attività con oltre diecimila visitatori, di cui oltre la metà studenti.
Verranno trattati degli argomenti che, a richiesta, potranno essere opportunamente approfonditi tra i temi della stato vegetazionale, della fauna, dell’ecologia, delle biodiversità, della tutela dell’ambiente, delle aree naturali protette, e ancora la storia del rimboschimento del Carso e degli incendi boschivi. «E’ la consueta proposta che facciamo alle scuole italiane e slovene della provincia»,– spiega Aldo Cavani, direttore dell’Ispettorato Forestale di Trieste.
«Con alcuni insegnanti – continua il direttore - abbiamo un rapporto di collaborazione oramai ventennale. Gli insegnanti interessati dovranno compilare entro il 30 di settembre un modulo di adesione, modulo che abbiamo già inoltrato a tutti gli istituti scolastici. A fine ottobre inizieranno i nostri interventi educativi e divulgativi che, giova evidenziare, sono di carattere gratuito».
«Ora con il nuovo Centro Didattico forestale a Basovizza - spiega il suo coordinatore Diego Masiello - riusciremo a rispondere alle richieste del pubblico durante tutto l’arco dell’anno scolastico, e non solo nei mesi più miti. Di concordo con le scolaresche dovremmo fare delle scelte in base al percorso didattico intrapreso dalle varie classi».
«Questo – continua Masiello – allo scopo di integrarci con altri progetti di educazione ambientale di altri enti e guide professioniste cui le scuole possono rivolgersi. Con i colleghi Anastasia Puric, Roberto Valenti e Roberta Soldà saremo impegnati, oltre in altre attività istituzionali, anche in altri progetti riservati alle scuole dell’intera regione e della vicina Istria slovena e croata».
Un utile integrazione, dunque, alla normale didattica, con la possibilità di osservare sul territorio fenomeni altrimenti delegati solo alla lettura dei libri.
Per il pubblico il Centro resta sempre aperto, ad ingresso gratuito, dal lunedi al venerdi dalle 9 alle 13, e la prima domenica del mese (il 4 ottobre dalle 14 alle 20). Per informazioni si può telefonare allo 040/3773677, l’email è didatticonaturalistico.agrifor@regione.fvg.it (ma.lo.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 28 agosto 2009

 

 

IL PIANO DEL TRAFFICO  - Via Ginnastica in salita, Battisti a senso unico - IL SINDACO SVELA ALTRI DETTAGLI DELLA NUOVA BOZZA
 

Dipiazza: «Sarà una rivoluzione». Auto e moto si muoveranno su un doppio ring
Ho cambiato la città con nuovo Prg, Grande viabilità, Piano del porto, Rive: voglio chiudere il mandato con quest’ultimo passaggio
Più che nuovo Piano del traffico, Roberto Dipiazza preferisce definirlo «una vera rivoluzione». E visto che, dopo via Rossetti, in quel documento è stata concepita un’analoga inversione del senso di marcia in via Ginnastica, oltre che una via Battisti a direzione unica (autobus a parte), al sindaco non si può certo dar torto.
La bozza innovativa che gli uffici del Comune stanno ultimando pare davvero destinata a rappresentare, una volta pronta, un punto di svolta epocale per la viabilità cittadina. Una Trieste che ruoterà, infatti, attorno a un doppio ring. Non solo quello «annunciato» fra corso Italia, via Carducci, via Valdirivo e via Roma (o addirittura le Rive), ma anche un ulteriore, inatteso anello. Imprevisto quanto clamoroso, si legherà proprio all’inversione del senso unico di marcia in via Rossetti, su cui i mezzi transiteranno in giù, in direzione via Battisti, all’opposto di quanto accade oggi.
LE NOVITÀ Dopo il delizioso antipasto regalato mercoledì, l’indomani è lo stesso Dipiazza ad arricchire il menu di altre chicche: «Se annuncio un cambiamento del genere in via Rossetti - afferma il sindaco, titolare anche della delega a mobilità e traffico -, è chiaro come contestualmente si debba muovere tutto un meccanismo più ampio». Frase sibillina buttata lì e stop? Tutt’altro. Ecco sgorgare un torrente in piena: «L’attuale confluenza di via Ginnastica in via Carducci è un problema. Bene, lo risolveremo, invertendo il senso di marcia di via Ginnastica: si viaggerà in salita, verso via Rossetti (nel breve tratto da lì a via del Farneto c’è il doppio senso, ndr). Il tutto dovrà essere comunque sottoposto all’esame del Consiglio comunale, questo è ovvio». Non è finita: «Abbiamo pensato di modificare la situazione anche in via Battisti - prosegue Dipiazza - che, proprio dall’incrocio con via Rossetti, vogliamo trasformare in percorribile solo verso via Carducci». Con un’unica eccezione, considerato che il progetto prevede di riservare «una corsia solo al trasporto pubblico nella direzione opposta». Quella che porta in via Giulia, per intenderci. Insomma, via Battisti si riscoprirà come d’incanto molto simile all’odierno assetto di via Carducci. Proprio come già era stato ipotizzato nella famosa bozza Camus, per il tratto di via Battisti da via Gatteri a via Carducci.
I QUESITI In prima battuta, verrebbe da domandarsi: ma i privati come potranno, a bordo dei loro mezzi, raggiungere proprio via Giulia da via Carducci? «Da via Coroneo - risponde Dipiazza - attraverso via Rismondo e poi svoltando a sinistra». Tornando a via Rossetti, il sindaco sgombra il campo da possibili perplessità sulla velocità a cui transiteranno auto e moto sul tratto in discesa dalla pendenza accentuata prima di viale XX settembre: «Potremmo sistemare un limite di velocità a 30 chilometri orari. Chi lo supererà, verrà multato. In ogni cosa ci sono i pro e i contro. In questo caso i pro toccano l’80 per cento: le macchine ferme al semaforo in salita producono troppo inquinamento, così lo ridurremo».
E senza il collegamento a piazza Foraggi tramite via Rossetti come ci si arriverà partendo, ad esempio, dal Giardino pubblico? «Be’, ho già detto abbastanza mi sembra...», taglia corto Dipiazza. Ma è chiaro che nel nuovo Piano del traffico le soluzioni da via Battisti e via Ginnastica in quella direzione non mancheranno.
LA SVOLTA D’altro canto per una «rivoluzione», nulla viene lasciato al caso. «Tutte le novità sono frutto di approfondimenti e di calcoli matematici, effettuati utilizzando anche l’ottimo lavoro svolto all’epoca dal professor Camus riguardo al numero dei passaggi di veicoli lungo le varie strade - ribadisce il sindaco -. Dopo aver cambiato la città, con il nuovo Piano regolatore, il Piano del porto, la Grande viabilità, il restyling delle Rive, ora voglio concludere il mio mandato con un ultimo passaggio fortissimo».
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Via Rossetti in discesa, residenti divisi - Timori sulla velocità, ma c’è chi ricorda la strada con due sensi di marcia
 

La proposta di via Rossetti in discesa divide i residenti e commercianti della zona: «Se la cosa può essere davvero evolutiva, ben venga. D’altra parte - dice Paolo - significherebbe sconvolgere le abitudini di quelli che qui vivono e lavorano, però ci si adatterà». Ma c’è dissente anche con giudizi perentori: «È un cambiamento totalmente inutile, solo un’azione di promozione».
Quella salita pronto a trasformarsi in discesa lascia interdetti. «È difficoltoso partire in salita specie nel tratto iniziale che è il più ripido - afferma Francesca, che abita in via Buonarroti - ma non vedo come il cambio del senso di marcia possa risolvere il problema smog. Piuttosto come faranno macchine e motorini ad affrontare la pendenza quando pioggia e bora colpiranno la città?»
Il dubbio coinvolge anche altre persone. «È pericoloso trasformare questa via in una lunga discesa - sostengono alla lavanderia Nevia - proprio qui, all’incrocio fra via Rossetti e via Ginnastica, quando soffia la bora. E con la pioggia come faranno i motorini? Sarebbe troppo pericoloso, specie per la velocità delle automobili».
Il timore della velocità è condiviso da alcune mamme: «I nostri figli frequentano le scuole qui vicino. Quando escono, via Rossetti è molto trafficata, ma la salita non permette grandi velocità ed attraversarla non è troppo pericoloso. Con la discesa la situazione muterà completamente.» E ancora: «Via Rossetti in discesa non è un buon affare - commenta la signora Dei Rossi- Consentirebbe solo ai guidatori di correre di più, causando gravi disagi anche ai negozianti. Il mio negozio si trova all’angolo fra via Ginnastica e via Brunner: da quando in quella zona si può transitare più velocemente, devo rifare le vetrate ogni due anni perché le vibrazioni a cui sono soggette, causate soprattutto dai bus, le rovina irrimediabilmente. Anche per questo motivo negli ultimi anni molti negozi hanno chiuso».
Meno drastico è Roberto che in via Rossetti ci abita: «Mi ricordo quando la via era a doppio senso di marcia: tutto andava bene. È certo che con la nuova proposta lo smog diminuirebbe: una mossa appropriata. E poi l’asfalto di nuova generazione, anche in caso di forte pioggia non dovrebbe consentire fenomeni come quello dell’aquaplaning». Soluzione promossa in toto? Roberto non cela un piccolo dubbio: «La mia preoccupazione riguarda le vetture che circolano maggiormente in città: mezzi pesanti e auto con più di 10 anni. La discesa sicuramente farà acquisire al veicolo una velocità maggiore e mi domando se i freni ormai vecchi riusciranno a fermarsi davvero al semaforo. Per sicurezza mi guarderò sempre bene nell’attraversare le strisce pedonali».
Sara Giroldo
 

 

Ferrara: «Prima vanno creati nuovi parcheggi» Il docente Camus: «Importante una visione organica». Camber: «Necessario confrontarsi»
 

LA LEGA NORD LANCIA LA STOCCATA
«Tutto si può fare, ben sapendo che un progetto del genere sta in piedi solo se viene valutata in modo organico la prospettiva generale». Roberto Camus, preside della Facoltà di Ingegneria dell’ateneo triestino e autore dell’ultima bozza del Piano del traffico prima della nuova versione targata Dipiazza, non si sbilancia sulle future novità della viabilità cittadina. Ed elenca alcuni quesiti ai quali delle risposte definitive potrà darle solo la versione finale del rivoluzionario (come lo definisce il sindaco) documento: «Con via Rossetti in giù andrebbero previste delle soluzioni per ridurre il rischio di incidenti dovuti alla velocità sulla discesa finale, e con esse dei nuovi sensi di marcia nelle vie vicine e altri punti di svolta, in direzione opposta (verso viale D’Annunzio, ndr), da via Battisti».
Attende con curiosità anche Giorgio Cappel, presidente provinciale dell’Aci. «La prima cosa che ho pensato quando ho letto dell’inversione del senso unico in via Rossetti - dice - è stata: per dove passeranno le ambulanze dirette a Cattinara? Evidentemente i tecnici avranno studiato le alternative. Ora aspettiamo riscontri concreti, non possiamo criticare senza avere tutte le informazioni. Ricordiamoci delle Rive: sembrava una rivoluzione negativa, poi invece il tutto si è rivelato positivo».
Dal Municipio, il capogruppo forzista Piero Camber sottolinea che «finora sono state effettuate delle variazioni alla viabilità a livello periferico, adesso si passa al centro su cui ci sarà da discutere. È il cuore nevralgico della città: dovremo confrontarci». Dalla Lega Nord, per voce di Maurizio Ferrara, arriva l’ormai consueta stoccata, alla faccia della ragion comune della maggioranza: «È assurdo pensare a qualunque piano del traffico - afferma l’ex assessore competente - senza che prima siano stati costruiti dei nuovi parcheggi per le automobili. Con nuovi spazi, sommati ad altri stalli per motorini ed alle sanzioni agli automobilisti per sosta vietata, si risolverebbe l’80 per cento dei problemi legati al traffico cittadino». Dal fronte dell’opposizione, Marco Toncelli (Pd), osserva: «A questo punto attendiamo trepidanti l’autunno e scopriremo se ci sarà la dichiarata rivoluzione o se anche questa volta la montagna avrà partorito un topolino».
«Trieste non ha grandi problemi di traffico - è il pensiero del consigliere regionale del Pdl, Maurizio Bucci, in passato anche lui assessore comunale delegato a questi aspetti - ma delle migliorie possono essere apportate per ridurre l’inquinamento e per assecondare lo sviluppo strategico turistico. Sì alle novità, quindi, ma che siano organiche e legate alla soluzione del problema parcheggi».
«Non posso dire nulla finché non vedo il documento - dice infine Gianluigi Pesarino Bonazza, presidente della VI Circoscrizione -. Certo, il Piano particolareggiato di San Luigi, per il quale i lavori sulla segnaletica dovrebbero partire tra la fine dell’anno e l’inizio del 2010, non porterà novità riguardo gli innesti delle varie strade che dall’alto finiscono in via Rossetti».

(m.u.)
 

 

Strade e treni, Italia sotto la media Ue - Pesanti i costi del blocco dei cantieri: 14 miliardi nel triennio 2005-2007
 

Uno studio segnala che in nove casi su dieci i progetti vengono stoppati dalle contestazioni, oltre la metà al Nord
TRIESTE E’ una specie di pandemia: colpisce discariche e termovalorizzatori, strade e autostrade, centrali elettriche e ferrovie. Una sindrome alla quale è stato assegnato un nome ormai entrato nel vocabolario comune: Nimby, dalle iniziali di «not in my back-yard», non nel mio giardino.
In nove casi su dieci, un’opera pubblica in Italia viene contestata: se proprio s’ha da fare, la si sposti nel giardino di qualcun altro, segnala uno studio dell’agenzia Aris, associazione no-profit che opera nei settori dell’ambiente, dell’energia e delle infrastrutture. La quale ha anche dedicato al fenomeno un punto permanente di monitoraggio, il Nimby Forum, per seguire attraverso i media le contestazioni territoriali ai vari cantieri.
Una sindrome in crescita, come emerge dall’ultimo rapporto, che ha censito 193 casi, oltre metà dei quali al nord; la maggior parte contro centrali elettriche e inceneritori, ma con un significativo aumento delle proteste contro gli impianti a energia pulita, come l’eolico e le biomasse. Opposizioni tutte motivate?
Risponde il presidente di Aris, Alessandro Beulcke: «Ci sono situazioni in cui la contestazione porta a un miglioramento dei progetti, attraverso un confronto tra imprese, istituzioni e popolazione; altre invece in cui prevalgono interessi locali ed elettorali che assecondano in modo strumentale la pancia della comunità, senza fondarsi su dati scientifici».
C’è anche chi ha cercato e cerca di quantificare il costo che la collettività deve sopportare per questo contenzioso diffuso. Agici-Finanza d’impresa, rivista di economia e gestione dei servizi pubblici, ha calcolato che il «costo del non fare» valutato nell’arco temporale tra il 2005 e il 2020 ammonterebbe a 251 miliardi di euro nel caso in cui venissero bloccate le opere previste; nel triennio 2005-2007 una serie di cose sono state fatte, riducendo il balzello, ma comunque già in quel periodo il non aver fatto ha comportato un costo di oltre 14 miliardi, di cui 2 e mezzo in campo energetico, 4 in quello dei rifiuti, 4 e mezzo in quello di autostrade e tangenziali, e poco meno di 4 in quello dell’alta velocità ferroviaria.
Il 2008 ha fatto registrare una svolta ancora modesta ma comunque significativa, spiegano ad Aris, grazie a una serie di cantieri importanti, uno dei quali a Nordest: il rigassificatore di Rovigo, che ha sbloccato una situazione ferma da una quarantina d’anni.
Rimane critica la situazione relativa ai rifiuti: i benefici dei nuovi impianti ammontano a soli 613 milioni, a fronte di costi superiori ai 5 miliardi per la mancata realizzazione di opere già programmate. Perché questa turbolenza infinita?
«Per la pessima credibilità di cui gode da noi la pubblica amministrazione, ma anche per le catene decisionali estremamente complesse e per i fortissimi poteri di interdizione degli enti locali e della magistratura», risponde Roberto Della Seta, per quattro anni presidente nazionale di Legambiente e oggi senatore del Pd. Il quale aggiunge anche un pizzico di autocritica: «Troppo spesso c’è stata un’inadeguatezza da parte degli ambientalisti: un ambientalismo con ambizioni politiche deve dire molti no, ma anche fare molte cose».
Sta di fatto che anche a seguito di queste guerre la situazione infrastrutturale italiana rimane deficitaria in Europa, specie nel campo dei trasporti: rispetto alla media Ue, la nostra dotazione di rete ferroviaria è del 64 per cento, quella autostradale dell’85; e fra i primi venti scali portuali europei, il nostro Paese è presente solo con 3 porti, a dispetto della sua favorevole posizione geografica. Quanto al fabbisogno energetico, si calcola che per far fronte alla domanda nei prossimi dieci anni sarà necessario colmare un gap di capacità produttiva pari a circa 18,4 GW, che significa un aumento del 33 per cento rispetto all’attuale domanda di potenza alla punta. Un deficit analogo riguarda i servizi idrici integrati e la gestione dei rifiuti solidi urbani.
E’ un quadro che pesa in maniera notevole su un’area ad alta vocazione produttiva e di export come il Nordest, sottolinea uno studio di Intesa Sanpaolo, che per rispondere al deficit infrastrutturale ha dato vita dall’inizio 2008 alla Biis, Banca infrastrutture innovazione e sviluppo, interamente dedicata al settore del public finance, prima in Italia e tra le prime in Europa: l’obiettivo è finanziare infrastrutture e servizi di pubblica utilità con team specialistici di prodotto e una rete territoriale dedicata, supportando la cooperazione tra pubblico e privato.
Per lo sviluppo delle grandi infrastrutture a Nordest, in particolare, Biis è advisor del progetto finanziario del passante di Mestre, e di quello della Pedemontana. Sul fronte dei progetti urbanistici e di sviluppo del territorio, ha contribuito tra l’altro all’acquisto in leasing della stazione ferroviaria Santa Lucia di Venezia da parte della Regione Veneto. Per il finanziamento del sistema sanitario, ha guidato la concessione di linee di credito per 130 milioni su una spesa complessiva di 258 per la costruzione e gestione del nuovo ospedale di Mestre. Infine, ha curato finanziamenti e l’emissione di Bor, Bop e Boc per molti enti locali, tra cui le Regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia e le Province di Bolzano e Treviso; ha assicurato inoltre supporti finanziari a diverse public utilities per i loro piani di investimento, come Acegas Aps a Trieste e Padova, Trentino Servizi, Aps trasporti Padova per il metro bus, Azienda energetica di Bolzano e Vesta di Venezia. Spiega Mario Ciaccia, amministratore delegato di Biis: «E’ una delle nostre priorità strategiche essere presenti nelle iniziative da cui può avviarsi un processo di rilancio e sviluppo del territorio, e di aree economiche strategiche per il Paese, com’è il Nordest».
(1- continua)
FRANCESCO JORI

 

 

Ferrovie, studio Fillea-Cgil accusa: siamo gli ultimi in Europa
 

TRIESTE L'Italia è ultima in Europa per infrastrutture sul piano ferroviario, quello che servirebbe per riequilibrare il gap rispetto all'asfalto e decongestionare la rete viaria: lo segnala uno studio di Fillea-Cgil.
Mentre il nostro Paese viaggia a una media di 28 chilometri annui realizzati ogni 100mila abitanti, la Germania arriva a 43, la Francia a 51, l'Austria a 70. Ma siamo ultimi anche nella situazione della rete autostradale, con 11,4 chilometri realizzati ogni 100mila abitanti, mentre la Germania è a 14,6, la Francia a 16,7 e la Spagna a 23,8 Infine, per la rete delle metropolitane, le città più coperte in Italia sono Milano con 70 chilometri in rete e 9 linee, e Roma con 37 chilometri e 2 linee. Londra ha 408 chilometri e 12 linee. Per il 2009, denuncia il segretario Fillea Walter Schiavella, sono disponibili solo 83,4 milioni di euro, e per il 2009-2010 2,4 miliardi. Si tratta del 24 per cento del totale degli stanziamenti indicati nella delibera del Cipe (il comitato interministeriale per la programmazione economica); il 40 per cento va dopo il 2012.
 

 

Pd, Travanut: «Sulla Tav la Serracchiani parla da leghista»
 

UDINE «Affermazioni decisamente preoccupanti». Mauro Travanut (nella foto) replica a Debora Serracchiani in materia di infrastrutture. L'europarlamentare ha chiesto nuove consultazioni della popolazione sulla Tav ma il consigliere regionale del Pd non ci sta. E attacca con una serie di interrogativi: «Forse che l'attuale progetto non è stato partecipato? Che quindi deve essere rifatto? Forse l'eurodeputata non ha tra i suoi interlocutori esperti in materia? Non le hanno detto il lavoro condotto in regione dal 2003 al 2008?». Conclusione velenosa: «È in buona compagnia, anche il consigliere Razzini la pensa allo stesso modo. Non vorrei che Debora trovasse un accordo con un bravo esponente della Lega Nord».
 

 

SEGNALAZIONI - Raccolta differenziata: chi dovrà elevare le multe?
 

Mi riferisco alla notizia dell’imminente entrata in funzione della nuova regolamentazione che prevederebbe multe per chi non ottempererà all’obbligo di provvedere a una raccolta rifiuti differenziata!
A parte la mia ingenua, ignorante considerazione se sia legalmente ammissibile un obbligo del genere, mi viene spontaneo l’interrogativo: ma chi dovrà provvedere a elevare le multe previste? Leggo, ogni tanto, di contravvenzioni comminate a chi urina all’aperto, ma mi piacerebbe sapere, statisticamente, quante ne vengono sanzionate ai possessori di cani che, impunemente, fanno fare i bisognini senza provvedere alle dovute pulizie. La città, in centro come in periferia, obbliga molto spesso i pedoni a veri slalom per evitare le deiezioni, e ora si vorrebbe gravare il corpo dei vigili di altri controlli?
O forse provvederanno le ronde? Ma via... mi vien da ridere! In periferia, parlo del mio rione, ma penso sia così un po’ per tutti, il passaggio di vigili è un evento eccezionale, forse grazie alla tranquillità della zona.
Ultima annotazione: io posso stare, comunque, tranquillo perché da anni, coscienziosamente, differenzio tutte le mie «scovazze», per gli altri signor assessore competente ci pensi bene lei, ma cum grano salis!
Roberto Trodella
 

 

SEGNALAZIONI - Raccolta indifferenziata - LIGNANO
 

Ho trascorso una vacanza nella civilissima Lignano Pineta. Lungo la spiaggia ci sono i «bidoni» (forse è proprio il caso di chiamarli così) per la raccolta differenziata, con i cartelli che evidenziano chiaramente ciò che va inserito in ogni contenitore.
Una sera ho visto l’addetto alle pulizie che raccoglieva tutti i sacchi dai bidoni e li buttava in un unico cassonetto. Quando gli ho chiesto spiegazioni, mi ha risposto che in tutta la spiaggia di Lignano la raccolta differenziata si riduce a una raccolta «indifferenziata».
La cosa non mi ha per niente stupito: già lo scorso anno avevo assistito alla medesima scena nello stesso stabilimento. Ora mi piacerebbe che i responsabili di questa presa in giro fornissero un’adeguata spiegazione.
Lettera firmata
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 27 agosto 2009

 

 

Via Rossetti in discesa più un ”ring” in centro - Dipiazza: «Presto un Piano del traffico rivoluzionario con aree pedonali e corsie per soli bus»
 

Le ipotesi del nuovo piano del traffico

UFFICI AL LAVORO, IL DOCUMENTO IN GIUNTA AD AUTUNNO
C’era una volta la bozza Camus. Talmente innovativa - a partire da quella via Torrebianca aperta alle auto direzione via San Francesco - da consumarsi nelle segrete stanze del Municipio, ostaggio di mille perplessità, senza lasciare il segno sulla mobilità cittadina. A quasi cinque anni da quella proposta, scadenzati da rinvii, soffiate e imbarazzi, sta ora per nascere la nuova versione del Piano del traffico. Che, per spirito rivoluzionario, nulla ha d’invidiare proprio alla bozza Camus, anzi, se è vero che in un mare di segreti vi si immagina una via Rossetti a senso (unico) di marcia invertito in discesa e non più in salita, per far togliere il piede degli automobilisti dall’acceleratore riducendo così lo smog. Ma spunta pure l’annunciato ring di scorrimento tra corso Italia, via Carducci, via Valdirivo e via Roma, se non addirittura più largo lungo le Rive, con dentro una megaisola pedonale tagliata presumibilmente da corsie preferenziali per bus, parcheggi per residenti e nuovi stalli blu a pagamento.
L’ANNUNCIO «Stiamo preparando una cosa abbastanza folle - si lascia scappare in effetti Roberto Dipiazza - che se va in porto cambierà il modo di muoversi in città e risolverà i problemi di traffico in alcune vie centrali e nevralgiche come via Ginnastica, via Battisti, corso Italia, via Valdirivo, via Mazzini, via San Spiridione e via Rossetti». Nel dibattito post-vacanziero dunque sta per piombare un macrodocumento nel cui varo, entro il 2011, erano rimasti ormai in pochi a scommettere, giacché la politica dominante, di questi tempi, è stata quella dei piccoli passi, dei restyling particolareggiati del traffico per rioni: dalla fresca approvazione del piano di San Vito alla gestazione di quello di San Luigi.
L’ACCELERAZIONE Ora invece il palazzo racconta che i tecnici del Servizio mobilità e traffico, al sesto piano dell’ex Anagrafe di passo Costanzi, lavorano a pieno ritmo da inizio estate, fatte salve le parentesi delle ferie, per allestire a colpi di software e simulazioni computerizzate un’apposita delibera da consegnare alla giunta in autunno, tra settembre e novembre. Una delibera, peraltro, su cui pesa al momento un silenzio di tomba - giura di non saperne nulla persino la Trieste Trasporti, tra i primi interlocutori in quanto fervida sostenitrice di una robusta revisione del traffico a vantaggio dei flussi dei mezzi pubblici su quelli privati - ma che non è scorretto chiamare già oggi ”bozza Dipiazza”.
IL RIPENSAMENTO Essa infatti nasce non da una consulenza esterna, come nel caso del precedente affidamento all’attuale preside della facoltà di Ingegneria Roberto Camus, bensì da un lavoro interno agli uffici comunali. Su ispirazione del sindaco. Il quale, un anno fa, si è tenuto la delega alla mobilità dopo il trasloco dell’ex assessore Maurizio Bucci verso il Consiglio regionale. Da allora aveva ripetuto più volte, Dipiazza, di non avere la fregola. Nel frattempo, però, ha raggiunto l’obiettivo della «rescissione consensuale» della collaborazione con il professor Camus. Il cui vecchio testamento, da cui ripartire, è diventato così proprietà del Municipio. La poca fregola ha lasciato via via posto all’urgenza del rimettere mano, anzitutto, a una velocità commerciale del Trasporto pubblico locale che a Trieste, ingolfata fra saliscendi, parcheggi decentrati e plotoni d’auto private, risulta ridicola in confronto alla media nazionale: appena 14,77 chilometri all’ora. Un dramma per una partecipata come la Trieste Trasporti che incassa dalla Regione, tramite la Provincia, gli stessi soldi a chilometro (3,47 euro) riconosciuti altrove. E un segno ”meno” da correggere, nelle intenzioni dello stesso Dipiazza, perché stride con le classifiche della qualità della vita che descrivono Trieste tra le top-town d’Italia.
IL RETROSCENA «Non ci è stato sottoposto alcun documento, ci auguriamo che ciò possa avvenire in tempi ragionevoli, per questo abbiamo chiesto al sindaco la possibilità di essere coinvolti in via preliminare», si limita a dire l’amministratore delegato di Trieste Trasporti Cosimo Paparo, che confessa d’aver inrociato di recente proprio Dipiazza in un ristorante, ricevendo da lui rassicurazioni che «il Piano sarà pronto a settembre».
IL SEGRETO «Settembre, ottobre o novembre non è importante - puntualizza il primo cittadino - importante è il fatto che stiamo andando avanti a pieno ritmo. Il mobility manager, l’ingegner Giulio Bernetti, e il geometra Luigi Vascotto stanno facendo un lavoro straordinario». I due massimi depositari del futuro Piano del traffico, però, hanno il dovere del silenzio. La patata non è così bollente come il Piano regolatore, ma il segretario e direttore generale del Comune Santi Terranova ha ”chiesto” a tutti i dirigenti e funzionari di non inciampare in fughe di notizie per evitare altri imbarazzi. Spetta così allo stesso Dipiazza diffondere a mezzo stampa, e senza eccedere, un minimo di informazioni su ciò che sta nascendo da queste fantomatiche simulazioni al computer. «Ogni via - precisa sempre il sindaco - è abbinata al suo attuale carico di traffico giornaliero e a quello che potrebbe avere in futuro sulla base di determinate variazioni. L’operazione, insomma, è anche un conto matematico, non solo politico-strategico. Oltre alla velocizzazione della rete dei bus abbiamo in mente due idee, diciamo così, folli».
LA RIVOLUZIONE Una è che «esisterà un ring», e questo in parte già si sapeva, ma l’altra è una vera «chicca»: «via Rossetti in giù, per ridurre l’inquinamento, quando si sale per quella rampa si spinge il gas al massimo». Giù per via Rossetti per salire da dove? Niente da fare. Qui Dipiazza è una sfinge. «Posso solo dire - chiude il sindaco - che come tutte le cose innovative incontrerà resistenze, specie in una città conservatrice come Trieste. Alla fine però la gente sarà contenta. Come per le Rive, per le quali le proteste si sono trasformate, stando ai sondaggi, in un 100% di soddisfatti. E come per San Vito, dove stavolta la raccolta delle firme la fanno per ringraziarci».

PIERO RAUBER

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Prima accelerata dopo il caso Camus - A frenare quell’iter fu il destino di corso Italia chiuso ai mezzi privati
 

Non dice Dipiazza, perché questo apparterrà al dibattito politico che si aprirà quando la ”sua” bozza sarà pubblica dopo il primo passaggio in giunta, se corso Italia è destinato solo a bus e taxi. Proprio tale scenario, con accanto una pista ciclabile, era diventato uno degli scogli che aveva fatto naufragare la bozza Camus. Con An, pur favorevole al piano pedonalizzazioni, in prima fila a dire no, convinta nel sostenere la tesi che non s’inventano alternative a corso Italia. La bozza Camus arrivò in Municipio nel febbraio 2005 e lì vi rimase per due anni e mezzo, ritoccata a più riprese dagli uffici comunali in base alle osservazioni della maggioranza e soprattutto dei due assessori competenti a cavallo delle elezioni 2006, prima il fedelissimo di Dipiazza Giorgio Rossi e poi il berlusconiano Maurizio Bucci. Ma non trovò mai applicazione. Nell’agosto del 2007 il maxidocumento fu consegnato da mani anomime al Piccolo: uno scossone che apriva una possibile ripresa del dibattito a stretto giro. Non fu così. Per la maggioranza era un argomento troppo delicato da imbastire mentre incombeva il voto del 2008, quello che avrebbe chiuso l’epoca Illy riconsegnando al centrodestra anche la Regione. Nel dicembre scorso la svolta per ripartire da zero: risoluzione consensuale del contratto con Camus, destinatario di «una parcella pari all’80% del compenso pattuito (in origine, ndr) di 137mila euro».

(pi.ra.)
 

 

Dopo via Cassa di Risparmio nuove aree dedicate ai pedoni - Previste attorno al circuito compreso un tratto di via Mazzini Ma incombe la causa Stream
 

I PROBABILI SCENARI
Ancora non esiste, sulla carta, eppure il Piano del traffico - spinto in direzione corsie preferenziali e nuove pedonalizzazioni, ma con un’incognita della discordia chiamata parcheggi - già semina i suoi sintomi sul campo. A cominciare dal cantiere attorno a piazza della Borsa. Lì già si lavora per la rimessa a nuovo, senza più auto, di via Cassa di Risparmio, con l’arenaria fiammata pronta a prendere il posto dell’asfalto. La strada chiusa al traffico si proietterà verso Ponterosso, dove fra un anno farà mostra di sé pure l’annunciato terzo ponte di collegamento col lato opposto del canale, verso via Trento. Via Cassa di Risparmio cade in effetti dentro il ring immaginato da Dipiazza, un ring dove le ipotesi portano a un’oasi off-limits ai motori, con un bel tratto della stessa via Mazzini - da via Roma verso piazza Goldoni - integralmente pedonale. Segno, questo, che la rogna dei binari Stream con Ansaldo sarebbe in odore di risoluzione, se è vero che Dipiazza ripete da tempo che sono proprio quelle rotaie a frenare le pedonalizzazioni. È tutto da scoprire poi, giacché il sindaco e i suoi tecnici nulla dicono, se il ring sarà ampio, raggiungendo le Rive, o se si svilupperà più internamente lungo via Roma e la parte finale di via Mazzini. Ma quel percorso, se le boutade del passato recente valgono ancora qualcosa, potrebbe anche essere regno esclusivo degli autobus, con le auto dirottate proprio sulle Rive.

(pi.ra.)
 

 

La giunta valuta i manager della sanità, regolamenti energetici e Tir su rotaia

 

Edilizia sostenibile, previste sei aree: energia, impianti, fonti, materiali, idraulica e qualità
Previsti nuovi fondi per il 2009 - OGGI LA PRIMA SEDUTA DOPO LA PAUSA ESTIVA
TRIESTE Il regolamento di attuazione del protocollo per la valutazione della qualità energetica e ambientale degli edifici, un milione e mezzo di euro per trasferire 40 mila tir da strada a rotaia, ma anche un’integrazione del pacchetto sicurezza 2009 e l’elenco con i profili generali dei candidati a ricoprire il ruolo di direttori generali delle aziende sanitarie regionali. Sono questi gli argomenti più rilevanti che l’esecutivo esaminerà nella riunione di oggi, presieduta dal vicepresidente Luca Ciriani.
EDILIZIA Su proposta dell’assessore Elio De Anna, la giunta esaminerà il regolamento Vea (per la valutazione della qualità energetica e ambientale degli edifici) che darà seguito al protocollo, già approvato dalla giunta con l’ex assessore Vanni Lenna, in materia di edilizia sostenibile. Il sistema di valutazione Vea prevede la compilazione di 22 schede tematiche suddivise per 6 diverse aree: valutazione energetica, impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, materiali da costruzione, risparmio idrico e permeabilità dei suoli e, infine, una doppia qualità esterna ed interna.
SANITA’ In materia di sanità la giunta regionale esaminerà, su proposta dell’assessore Vladimir Kosic, la relazione annuale - come previsto dalla legge 49 del ’96 - sulla gestione a corredo del bilancio di esercizio che «esplicita, motiva e commenta i risultati conseguiti dalle Aziende rispetto agli obiettivi posti in sede di programmazione, con particolare riguardo agli investimenti, ai ricavi, ai costi ed agli oneri dell'esercizio». Oltre a stabilire i livelli raggiunti, lo stato di avanzamento degli indirizzi e degli interventi programmati, la relazione deve fare lo stato dell’arte sugli investimenti e sulle modalità con cui coprire eventuali risultati economici negativi. Sempre in materia di sanità la giunta esaminerà l’elenco dei professionisti che presentano in requisiti propedeutici alla nomina di direttori generali di enti e servizi del servizio sanitario regionale.
INTERMODALITA’ Per quel che riguarda le politiche di trasporto e intermodalità l’esecutivo, su proposta dell’assessore Riccardi, stanzierà 1,5 milioni di euro a favore di Alpe Adria per togliere oltre 40 mila tir dalla strada e trasferirli su rotaia. Il contributo della Regione è diretto ad imprese logistiche che organizzano servizi di trasporto intermodale in partenza da e arrivo per i principali nodi logistici e portuali. La misura, sostenuta con risorse già previste nella finanziaria, è tesa a sgravare il carico di traffico sulle strade, in particolare sull’asse maggiormente congestionato, ovvero quello dell’autostrada A 4, Trieste – Venezia. I tir potranno essere trasferiti via ferrovia da Trieste verso Padova, Bologna, Milano, Bari, Villaco, Monaco, Ulm e Giengen.
SICUREZZA In materia di sicurezza, l’assessore competente, Federica Seganti, proporrà un’integrazione del piano 2009 sulla base di alcune modifiche già adottate in sede di variazioni di bilancio.

(m.mi.)
 

 

Allarme dell’esperto: dannosi i fumi della «Rockwool» - LA FABBRICA DI SOTTOPEDENA
 

CHERSANO Più passa il tempo e più aumenta la convinzione che la contestata fabbrica di lana di roccia della danese «Rockwool» a Sottopedena sia stata costruita con permessi e licenze basati su dati falsi.
Nei giorni scorsi il Consiglio comunale di Pedena ha sporto denunce penali contro i ministeri dell'Economia e dell'Ambiente nonché contro la ditta «Ekonerg» per avere violato la legge nella realizzazione della struttura industriale. Le accuse d’inquinamento degli ambientalisti e della popolazione locale che denuncia irritazioni e disturbi alle vie respiratorie vengono ora supportate dal professor Stano Ursic, docente alla Facoltà di chimica e tecnologia farmaceutica di Zagabria. Il professore ha spiegato alla gente del posto i pericoli cui va incontro. «Nei vostri confronti è stato commesso un crimine» ha detto, spiegando che nella vallata di Sottopedena non si sarebbe dovuto costruire una fabbrica del genere. «Dalla ciminiera della Rockwool - ha aggiunto - escono sostanze cancerogene e tossiche in quantità notevolmente superiore rispetto ai limiti di legge, come la formaldeide, il cadmio, l'arsenico, il cromo e il piombo e forse anche il mercurio». Poi qualcuno tra il pubblico ha detto di avere notato degli strani cambiamenti nelle piante, come a esempio il trifoglio che ultimamente le mucche si rifiutano di mangiare. Infine Ursic ha invitato la gente del posto a stendere una lista delle anomalie riscontrate e di richiedere il risarcimento dei danni subiti causa il funzionamento della «Rockwool».

(p.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 26 agosto 2009

 

 

RIGASSIFICATORE - «Menia attacca Lubiana ma le sue sono solo scuse» - «È ROMA AD AVERE AGITO CON NEGLIGENZA»
 

Slovenska skupnost: il sottosegretario usa il caso della Livarna per coprire le procedure del rigassificatore
Al sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia - tuona l’Unione slovena - agitare scenari di guerra fredda tra Roma e Lubiana sulla fonderia Livarna di Salcano, vicino a Nova Gorica, serve solo a nascondere i difetti di procedura riguardanti il progetto del rigassificatore di Zaule. «L’onorevole Menia cerca scuse», sentenziano in una nota il segretario e il consigliere regionale della Slovenska skupnost (Unione slovena), Damijan Terpin e Igor Gabrovec. Ventiquattr’ore fa infatti il triestino di governo e uomo forte di An - in merito alle accuse di possibili falsificazioni dello studio d’impatto ambientale di Gas Natural, accuse nate dalla rete internazionale ecologista Alpe Adria Green e rilanciate dal ministro per la protezione dell’Ambiente sloveno Karel Erjavec - aveva difeso l’Italia, «Paese serio, che non manipola le cose e che in proposito non deve imparare proprio nulla da Paesi che provengono dall’ex blocco socialista». Da lì il «pan per focaccia» evocato da Menia: l’attivazione della «via diplomatica per ottenere informazioni sull’Autorizzazione integrata ambientale alla Livarna, a proposito della quale loro in un anno non hanno mai dato risposte al nostro dicastero. Invocano l’intervento delle istituzioni comunitarie? Vediamo per cosa si muoverà, l’Unione europea...».
«In realtà - scrivono Terpin e Gabrovec - come è stato espressamente confermato dal ministero dell’Ambiente della Repubblica di Slovenia, la documentazione relativa al procedimento per il rilascio dell’Autorizzazione ambientale alla Livarna è stata trasmessa da Lubiana al ministero dell’Ambiente italiano ad aprile ed era stato fissato il termine alla fine di maggio per l’eventuale comunicazione se l’Italia intendeva partecipare alla procedura. Il termine è spirato senza alcuna risposta dall’Italia il che, tra l’altro, aveva fatto imbufalire il Comune di Gorizia: l’assessore all’Ambiente di Gorizia (Francesco Del Sordi, ndr) tramite l’Ambasciata italiana a Lubiana aveva poi ottenuto un incontro con i funzionari del ministero dell’Ambiente di Lubiana, dai quali era riuscito ad ottenere una proroga del termine al 12 settembre».
«Le affermazioni di Menia quindi appaiono delle mere scuse», ribadiscono i vertici del partito della minoranza slovena, «che dopo il dietrofront del Pd è tra i pochi ad opporsi al rigassificatore». «È il ministero di Menia - aggiungono - ad aver agito con negligenza, omettendo di rispondere alla copiosa documentazione sulla Livarna pervenuta da Lubiana, ed ora si ridicolizza con affermazioni palesemente non vere, anche perché la suddetta versione dei fatti era stata confermata dallo stesso Comune di Gorizia nel comunicato successivo all’incontro a Lubiana del 30 luglio». «Con tali affermazioni - chiudono Terpin e Gabrovec - l’onorevole Menia cerca di coprire i gravi fatti denunciati a Lubiana nei giorni scorsi da Alpe Adria Green, di cui parla tutta la stampa slovena. Si tratterebbe di prove in base alle quali parte della documentazione allegata all’Autorizzazione ambientale per il rigassificatore, emessa dal ministero della Prestigiacomo, sarebbe stata falsificata. La serietà e la gravità dei fatti sono tali che il ministro Erjavec ha deciso di incontrare venerdì gli esponenti di Alpe Adria Green, per avere maggiori dettagli sulla questione. L’onorevole Menia farebbe bene pertanto a chiarire piuttosto la vicenda relativamente alle accuse degli ambientalisti di Alpe Adria che, all’evidenza, non sono campate in aria e potrebbero avere anche rilevanti conseguenze giudiziarie».

(pi.ra.)
 

 

Altri cento cinghiali abbattuti entro dicembre Ordinanza anti-cibo, fioccano le prime multe
 

Si prospettano tempi difficili per la popolazione di cinghiali che negli ultimi anni si è insediata nelle aree periferiche di Trieste: è datato infatti 7 agosto il decreto del servizio caccia della Regione che, in risposta alle richieste della Provincia, ha autorizzato l’abbattimento in deroga di ulteriori 100 esemplari degli invadenti ungulati. «Abbiamo chiesto un nuovo piano di abbattimento – spiega l’assessore provinciale competente in materia Walter Godina – dopo aver monitorato la popolazione e rilevato la necessità assoluta di uno sfoltimento: ovviamente ricorreremo all’uccisione degli animali soltanto laddove non sarà possibile allontanarli in altro modo».
Secondo un censimento effettuato dalla Provincia, in marzo il numero di cinghiali presenti nelle sole zone periurbane era di circa 70 esemplari. Ma si tratta, assicura il personale del servizio di tutela di fauna e flora della Provincia, di un dato che invecchia rapidamente a causa della prolificità degli animali. Gli esperti inoltre stimano in un migliaio di unità i cinghiali presenti sull’intero territorio provinciale. Per questo motivo viene previsto un margine più ampio di abbattimenti: «Il piano sarà attivo fino al 15 dicembre – spiega Godina – e gli abbattimenti vengono condotti dalle guardie forestali o ambientali, coadiuvate in certi casi da cacciatori privati».
I cacciatori che partecipano alle battute nelle zone periurbane sono selezionati dagli uffici della Provincia in base a competenze ed esperienza: «Soltanto cacciatori autorizzati e accompagnati dalle guardie» - assicura Godina.
Sono arrivate nel frattempo le prime multe per il foraggiamento degli animali, come previsto dalle ordinanze che diversi Comuni della provincia hanno emesso per scoraggiare chi nutre i cinghiali (quella del Comune di Trieste prevede una sanzione dai 150 ai 900 euro): secondo i dati del Servizio di tutela fauna e flora le multe comminate in provincia fino a ora sono cinque, una a Trieste. «La difficoltà sta nell’identificare il trasgressore – commenta il vicecomandante della polizia municipale Luciano Momic – non è facile cogliere sul fatto qualcuno che foraggia cinghiali».
Il problema, secondo il sindaco Roberto Dipiazza, è questione di buon senso più che di normative: «Il Comune ha fatto il suo dovere emettendo l’ordinanza – afferma – ora alla Provincia tocca intervenire in ambito di caccia: ma è necessario cambiare prospettiva». Il sindaco confronta la legislazione italiana con quella del vicino sloveno: «In Paesi evoluti come la Slovenia – dice – è concesso cacciare il cinghiale tutto l’anno, seppur con le dovute limitazioni. In Italia invece ci sono limiti eccessivi per una specie così prolifica: bisognerebbe lasciar regolare il tutto ai cacciatori, che conoscono gli equilibri. Lo posso assicurare personalmente, sono un grande cacciatore». Il sindaco invita infine a non farsi prendere dal panico: «Non sono animali pericolosi – conclude – in fondo sono pur sempre maiali».
I nuovi provvedimenti vanno ad aggiungersi al piano faunistico regionale approvato dalla Regione a metà aprile, che per la provincia di Trieste sanciva un aumento complessivo del 30% del limite di cinghiali da abbattere rispetto al 2008. La percentuale si traduce, secondo i dati del servizio flora e fauna, in un totale di circa 450 esemplari, dei quali 170 nella riserva di Basovizza e 110 in quella di Opicina.
Ma il problema non interessa solo Trieste, come specifica l’assessore regionale alle risorse agricole, naturali e forestali Caludio Violino: «La crescita abnorme della popolazione dei cinghiali – dice – sta creando problemi in tutta la regione: in provincia di Pordenone stiamo sperimentando delle soluzioni alternative, basate su coltivazioni esca, che paiono dare buoni risultati e che potranno in futuro essere applicate anche altrove». Si rinnova infine l’appello dell’assessore Godina: «Non bisogna nutrire i cinghiali – ripete –: attirarli fuori dal loro habitat è pericoloso per loro e per noi». In ogni caso, per la difficile convivenza tra uomo e cinghiale non si vedono all’orizzonte soluzioni immediate.
GIOVANNI TOMASIN

 

 

CINGHIALI - «Entrano nei corridoi di Melara con i loro cuccioli, è pericoloso» - GLI ABITANTI DEL QUADRILATERO
 

Cinghiali che scorrazzano in branco nei corridoi del quadrilatero di Melara: è la situazione che denuncia Gianfranco Tanzi, un inquilino del complesso abitativo stanco delle incursioni degli sgraditi ospiti. «Le intrusioni si sono fatte sistematiche – assicura Tanzi – Ormai i cinghiali entrano non solo nel giardino, ma adesso entrano perfino nei corridoi».
Animali ormai divenuti stanziali, insomma, cresciuti di numero negli ultimi mesi. Una prolificazione di cinghiali che sembrano aver adottato il complesso di Rozzol Melara. L’ultimo avvistamento risale alla settimana scorsa: «Una vicina ha visto otto esemplari nell’ala rossa – racconta Tanzi – e la storia non mi sorprende, sono stati avvistati anche vicino al supermercato». Il pericolo, secondo l’inquilino del quadrilatero, sta nel fatto che alcune “cinghialesse” entrano a Melara assieme ai cuccioli: «In quel caso possono diventare aggressive», dice Tanzi. E aggiunge: «Tre settimane fa ho visto due mamme con cinque cuccioli stazionare nel giardino - racconta - e c’era perfino gente che gettava loro pane dalle finestre».
Tanzi avrebbe cercato ripetutamente ma invano l’aiuto delle autorità: «Sono sicuro che ci siano problemi più impellenti – conclude – ma questi animali potrebbero rivelarsi pericolosi per bambini e anziani».

(g.t.)
 

 

«Nucleare, alcune regioni e parecchi comuni disponibili» - Scajola: «Il Paese era fermo a Mattei» - Controllo affidato a Enel e Edf
 

IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO AL MEETING DI RIMINI - Il sottosegretario Saglia: le aziende proporranno dove costruire le centrali
RIMINI «Tema difficile» parlare di nucleare in Italia. Il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, lo ha premesso scegliendo la platea del Meeting di Rimini per lanciare «un messaggio di verità»: in un Paese che per politiche energetiche «era fermo ai tempi di Mattei», ha detto, il governo «ha fatto una scelta di responsabilita». Era necessario «muoverci con assoluta urgenza».
Intanto si muovono le imprese, pronte a passare alla fase concreta degli investimenti e della realizzazione delle centrali. La joint venture tra Enel e la francese Edf sarà aperta all'ingresso di aziende concorrenti e grandi clienti. Ma non cederà il controllo: «Siamo disponibili e aperti ai contributi e alle partecipazioni che possono arrivare dai nostri concorrenti, dai clienti, dalle società energivore, se vogliono coinvestire nelle centrali nucleari per avere una quota», ha detto l'amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti. Ma un impianto nucleare «non si può gestire come un condominio. Enel e Edf in ogni caso dovranno avere la maggioranza».
Il progetto sembra non dispiacere all'amministratore delegato di Edison, Umberto Quadrino, che comunque, anche lui dal dibattito di Rimini, ha rinviato ogni valutazione a quando il progetto entrerà in una fase più concreta, con l'emanazione dei decreti attuativi. «Apriremo una discussione a settembre», dice il presidente Giuliano Zuccoli, rilevando che dopo l'intesa tra Enel ed Edf Edison «è rimasta un pò nel limbo».
Resta l'attesa per l'individuazione dei siti: le imprese attendono i decreti attuativi. «Faremo una mappa ma definiremo solo le esclusioni lasciando libere le imprese di proporre i siti dove costruire le centrali», ha indicato a Rimini il sottosegretario allo Sviluppo, Stefano Saglia, «Già alcune Regioni e parecchi comuni si sono dichiarati disponibili», ha detto Scajola. Che ha anche preannunciato la prossima firma con il governo degli Stati Uniti «di un accordo di collaborazione a livello industriale».
Cantieri aperti nel 2013, la prima centrale completata nel 2018, conferma Conti. Mentre il ministro Scajola ha ribadito l'obiettivo di arrivate ad un mix di fonti di energia con il 25% di nucleare, il 25% di rinnovabili, ed «una discesa verticale» al 50% per il fossile. E ne ha sottolineato l'importanza: «Oggi importiamo l'86% del nostro fabbisogno energetico e paghiamo l'elettricità il 30% in più rispetto ai principali Paesi europei», con il nucleare «non dipenderemo da altri Paesi», avremo «prezzi stabili e più bassi».
Ci sono i margini perché le imprese petrolifere riducano i prezzi della benzina «di qualche centesimo» ha detto ancora Scajola. Ma per le associazioni dei consumatori non è più tempo di parole, servono norme precise per rendere trasparente la formazione dei prezzi. Sui mercati internazionali, intanto, il petrolio mantiene un'andamento volatile, e dopo aver toccato i 75 dollari al barile in giornata è ripiegato fin sotto i 72 dollari. «Un certo aumento dei carburanti è giustificato - ha spiegato Scaajola dal Meeting - perché il prezzo del petrolio è tornato sopra i 70 dollari al barile, mentre quest'inverno era sceso sotto i 40». C'è però, sottolinea Scajola, «uno stacco rispetto alla media europea».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 25 agosto 2009

 

 

Menia: rigassificatore in regola, la Livarna no - «Vogliamo avere i dati sulla fonderia. E siamo pronti a rivolgerci all’Unione europea»
 

Il sottosegretario triestino replica a Lubiana: «Non manipoliamo le carte e non accettiamo lezioni da Paesi che provengono dall’ex blocco socialista»
TRIESTE Lubiana mette becco nella gestazione del rigassificatore di Zaule temendo scossoni ambientali transfrontalieri? Allora Roma, attraverso il triestino di governo Roberto Menia, dopo aver abbiaiato morde a sua volta. Mobilitando cioè i canali diplomatici, con destinazione ultima l’Ue, per un controllo di legittimità su un impianto d’oltreconfine che non appartiene al mondo delle idee, come il terminal Gnl, ma esiste eccome. E non è la centrale nucleare di Krsko, che dista 130 chilometri in linea d’aria dalla vecchia cortina di ferro, bensì la Livarna. È la fonderia giusto oltre il confine di Gorizia, quella che semina miasmi pure di qua, senza che le istituzioni italiane abbiano uno straccio di notizie sul perché tale fabbrica sia marchiata con un «no» del governo sloveno all’Autorizzazione integrata ambientale. «Non si può che rispondere pan per focaccia», alza le spalle, e la voce, lo stesso Menia. Al sottosegretario all’Ambiente, nonché vicecoordinatore regionale del Pdl venuto da An, proprio non va giù che da Lubiana continuino ad arrivare pestoni sui piedi lungo la strada burocratica che porterà alla realizzazione del rigassificatore. Ultime, in ordine di tempo, le dichiarazioni di «documentazione italiana incompleta» del ministro per la protezione dell’Ambiente Karl Erjavec, abbinate alle ipotesi di falsificazione dello studio d’impatto ambientale da parte di Gas Natural, sulla scia di una denuncia della rete internazionale ecologista Alpe Adria Green, che lo stesso uomo di governo sloveno intende verificare evocando «un’azione legale davanti alla Corte di giustizia europea».
«Non posso che continuare ad affermare - insiste Menia - che la procedura è stata conclusa come si doveva, con i supplementi tecnici del caso consegnati alla Slovenia. Da qui ci rendiamo conto che questa non è una partita solo ambientale. Siccome il rigassificatore è inserito in questioni di strategia energetica nazionale non può essere un Paese a noi vicino, che quando ha interesse a collaborare collabora e quando intende sabotare sabota, a dire quale politica energetica deve fare l’Italia. Un Paese vicino, peraltro, che ha un vetusto impianto di carattere nucleare che punta a raddoppiare».
Qui, però, sono in ballo accuse di documentazioni manipolate. «Ma figuriamoci - sbotta Menia - noi siamo un Paese serio, che non manipola le cose e che a questo proposito non deve imparare proprio nulla da Paesi che provengono dall’ex blocco socialista». Ecco allora il «pan per focaccia». Condito, assicura il sottosegretario all’Ambiente, da cognizione di causa: «Ci siamo già attivati per via diplomatica per ottenere informazioni sull’Autorizzazione integrata ambientale alla Livarna, a proposito della quale loro in un anno non hanno mai dato risposte al nostro dicastero. Invocano l’intervento delle istituzioni comunitarie? Vediamo per cosa si muoverà, l’Unione europea...».
La diplomazia, per intanto, la ”applica” su se stesso Renzo Tondo. «Le opposizioni della Slovenia al rigassificatore ci sono note - puntualizza il governatore della Regione - ma l’Italia ha già risposto. A settembre a Roma, a palazzo Madama, ci sarà il vertice bilaterale Italia-Sovenia. In quella sede mi aspetto atti concreti. I ministri Pestigiacomo e Scajola esporranno le posizioni italiane e gli sloveni risponderanno. E lì avremo tutti un quadro più concreto della vertenza».
PIERO RAUBER

 

 

Rimborsi sino a 2mila euro a chi assicura i volontari
 

TRIESTE Venti euro a persona, per un massimo di 2 mila euro l’anno ad associazione. È quanto potranno chiedere i sodalizi – iscritti al registro delle associazioni regionali – per coprire le spese di assicurazione dei volontari. Queste, insieme ai costi sostenuti per l’acquisizione d’attrezzature tecniche e per l’utilizzo di collaboratori esterni in caso di attività di particolare rilevanza, saranno rimborsate dalla Regione in base al regolamento approvato dalla giunta prima della pausa estiva. Per quel che riguarda l’acquisizione di attrezzature tecniche, la Regione prevede un tetto di copertura – per ciascuna associazione – fino a 3 mila euro. Sono ammissibili le spese riguardanti l’acquisto di attrezzatura necessaria all’attività dell’organizzazione ad esclusione di «materiali di cancelleria o di facile consumo; abbigliamento (ad esclusione di quello richiesto per particolari funzioni dei volontari per motivi di sicurezza); abbonamenti per pubblicazioni o per la fruizione di servizi anche informatici; le spese per la manutenzione di beni o per l’estensione di garanzie oltre i termini di legge; elementi o impianti riguardanti le strutture, il riscaldamento, il condizionamento e l’illuminazione; i beni mobili registrati». Per l’intervento – con propri volontari o collaboratori esterni – in attività particolarmente significative, il tetto dei contributi è di 8 mila euro. L’erogazione dei contributi terrà conto del numero di iscritti delle associazioni e dei contributi che queste hanno ottenuto negli ultimi anni.
(m.mi.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 24 agosto 2009

 

 

Rockwool, è guerra legale - POLEMICA AMBIENTALE SULLA FABBRICA
 

SOTTOPEDENA È guerra legale sull’attività produttiva della Rockwool Adriatic, la fabbrica di lana di roccia di Sottopedena, accusata di inquinare l’ambiente. Dopo le proteste dei mesi scorsi adesso della vicenda si occupano gli avvocati. Le manifestazioni organizzate dagli ambientalisti sono finiti nel mirino dei legali. «Lo consideriamo un tentativo di intimorirci, persino una minaccia», è quanto affermano i Verdi dell’Associazione ambientalista “Naša zemlja” replicando agli avvocati dello studio legale di Ratko Žuric, che cura gli interessi della Rockwool Adriatic. «Essendo un’associazione non governativa abbiamo il diritto di organizzare tribune, come pure di invitare il pubblico a simili incontri, dove facciamo parlare gli esperti del settore», scrive “Naša zemlja”, anche a nome degli altri organizzatori della tribuna di cui è stato ospite il prof. Stanko Uršic, autore dell’analisi in cui si riesamina lo Studio d’impatto ambientale, redatto dalla ditta “Ekonerg” per ordine della fabbrica. Al centro della polemica i dati contrastanti sull’inquinamento.
 

 

SEGNALAZIONI - «Le bici sono penalizzate, così ho rispolverato la mia moto inquinante»
 

Fino a qualche settimana fa, per girare in città utilizzavo esclusivamente la bicicletta, dando così il mio piccolo contributo per ridurre il traffico e l’inquinamento. Ho sempre rispettato il codice della strada, non sono mai passato con il rosso e neppure sui marciapiedi. Circolavo volentieri nelle zone pedonali del centro perché, anche se pochi se lo ricordano, ciò è stato autorizzato più di dieci anni fa da una delibera della giunta del sindaco Illy. Quando mi fermavo, in mancanza di quelle rastrelliere portabici che ho visto abbondanti in tutte le città d’Europa, lasciavo la bici legata ad un palo per non farmela rubare, cercando di non intralciare, rispettoso dei diritti dei pedoni, e consapevole che i pedoni a Trieste sono piuttosto permalosi, e non ci pensano due volte prima di prendere a calci o gettare a terra una bicicletta che, a loro giudizio, intralcia o dà fastidio.
Poi ho letto con sconcerto che i vigli urbani hanno confiscato e multato le biciclette parcheggiate in centro perché «intralciavano la circolazione dei pedoni» (come se i locali con tavoli all’aperto non intralciassero, basta ad esempio provare di sera a passare in piazza della Borsa davanti alla Portizza). Da allora, per alcuni giorni, ogni volta che parcheggiavo la bicicletta avevo il terrore che fosse sequestrata e multata, perché sono mancate e mancano tuttora le informazioni di dov’è permesso lasciare la bici e dov’è proibito. Ciò che era lecito fino al giorno prima, improvvisamente potrebbe essere diventato reato. Senza avvisare, senza informare, come i blitz che scattano all’alba per arrestare i mafiosi. Alla fine non ho resistito allo stress ed ho tirato fuori dalla cantina la mia vecchissima Vespa. È rumorosa, puzzolente ed inquinante, ma almeno la città è piena di parcheggi per scooter, basta girare (ed inquinare), il posto si trova, anche se questo non mi sembra tanto intelligente ed è esattamente l’opposto di quanto stanno facendo tutte le città del mondo da moltissimo tempo.
Signor sindaco Dipiazza, che lei fosse contrario alle biciclette e favorevole all’inquinamento ed alla congestione del traffico lo si era capito da tempo, basta vedere il caos di via Coroneo, parcheggi in doppia-tripla fila a tutte le ore del giorno, ma le chiedo: lei, che è una persona piena di risorse e di fantasia, non è stato capace escogitare nessun altro sistema per racimolare qualche migliaia di euro, e perdere contemporaneamente altrettanti voti?
Fabio Dapas
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 23 agosto 2009

 

 

Rigassificatore, Lubiana rilancia: valutiamo azioni legali - DOPO L’ACCUSA DI ALPE ADRIA GREEN
 

Il ministro dell’Ambiente: se la documentazione risultasse falsa potremmo andare alla Corte europea
Nuova levata di scudi della Slovenia contro il progetto per il rigassificatore a Zaule portato avanti da Gas Natural Rigassificazione Italia. A seguito della conferenza stampa di venerdì a Lubiana, in cui la rete internazionale ecologista Alpe Adria Green ha accusato il gruppo spagnolo di aver falsato gli studi sull’impatto ambientale del rigassificatore, ieri il governo sloveno ha preso una posizione molto decisa, per bocca del ministro per la protezione dell’Ambiente Karl Erjavec.
«La Slovenia – ha dichiarato il responsabile del dicastero – esaminerà tutte le possibili vie legali, e se la documentazione sull’impatto ambientale dovesse risultare falsa potrebbe essere avviata un’azione legale davanti alla Corte di giustizia europea».
In una dichiarazione riportata dal quotidiano Dnevnik di Lubiana, lo stesso Erjavec ha ribadito la possibilità che la Slovenia, in caso fosse confermato che i dati sono stati contraffatti, presenti una denuncia a Strasburgo nei confronti dell’Italia, ma ha anche precisato che finora la Slovenia non ha ricevuto tutta la documentazione sul progetto per il rigassificatore, in particolare sulla parte relativa agli aspetti transfrontalieri.
La denuncia delle rete internazionale ecologista Alpe Adria Green (la documentazione è consultabile sul sito www.greenaction-planet.org) è stata riportata con risalto dal quotidiano di Lubiana. Nel servizio si ricorda come la polizia giudiziaria di Trieste abbia aperto a suo tempo un fascicolo, identificando due persone che avrebbero manipolato i dati sui fondali e sulla temperatura dell’area marina ineterssata all’attività del rigassificatore. L’autorità giudiziaria di Trieste, sempre secondo il giornale sloveno, ha poi inviato l’incartamento alla Procura di Roma, che ha archiviato il procedimento in quanto non sarebbe risultato nulla di penalmente rilevante.
Il servizio del Dnevnik prosegue affermando che Alpe Adria Green è convinta della manipolazione dei dati e di pressioni politiche sul governo italiano per ottenere il via libera al rigassificatore, aggiungendo che la rete ambientalista sta valutando di sporgere una denuncia contro le autorità italiane e slovene in relazione al decreto di compatibilità ambientale, con l’obiettivo di fermare la procedura.
Il fatto che la questione rigassificatore torni con forza alla ribalta delle cronache slovene è chiaramente legato anche al fatto che il 9 settembre l’impianto di Zaule sarà uno dei punti al centro dell’incontro intergovernativo italo-sloveno in programma a Lubiana.
Sempre da Lubiana, ieri, il quotidiano indipendente Delo ha lanciato un appello al mondo politico. «È arrivato il momento per i politici sloveni di unirsi e inviare un messaggio sul fatto che la Slovenia non è così priva di importanza nell’Unione europea, e che l’Italia avrà bisogno del nostro via libera per costruire il rigassificatore».
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

RIGASSIFICATORE - Ambientalisti, Gas Natural mette al lavoro gli avvocati - LA SOCIETÀ SI RISERVA DI AGIRE
 

«Non abbiamo ancora visto la documentazione presentata dagli ambientalisti nella conferenza stampa a Lubiana. Ci riserviamo comunque, una volta che l’avremo esaminata, ogni azione legale contro chi ha diffuso quelle notizie (dati falsati sull’impatto ambientale, ndr)». Ad affermarlo è il portavoce di Gas Natural Italia, Giuseppe Muscio, che definisce invece «normali ed equilibrate, compatibili con il nostro know how» le prescrizioni fissate dal decreto che approva la compatibilità ambientale.
«Ogni prescrizione sarà oggetto di dialogo con gli enti locali», precisa Muscio, aggiungendo che «da settembre vorremmo predisporre con gli enti locali un percorso per arrivare alla convocazione della conferenza dei servizi (cui spettarà il via libera finale, ndr)».
Ricordando che sono molti gli adempimenti da eseguire, fra cui anche il piano di caraterizzazione dell’area (inclusa nel Sito inquinato nazionale), Muscio precisa che «all’interno di questo percorso vorremmo lavorare con gli enti locali per costruire assieme il progetto esecutivo dell’impianto, che ci permetta, chiariti tutti gli aspetti tecnici, non ultima l’autorizzazione ambientale sul gasdotto di collegamento alla rete nazionale, di arrivare alla conferenza dei servizi. Sempre da settembre – aggiunge – inizieremo un’attività specifica diretta a illustrare il progetto alla popolazione».
Gas Natural Italia non lo dice, ma per la conclusione della procedura sull’autorizzazione ambientale al gasdotto servirebbe, secondo indiscrezioni, ancora circa un anno. La conferenza dei servizi potrebbe quindi iniziare verso la fine del 2010.

(gi. pa.)
 

 

RIGASSIFICATORE - «I paletti di Roma? Lettera morta» - IL PARERE DELL’ESPERTO SULLE PRESCRIZIONI ALLEGATE AL SÌ DEI MINISTERI
 

«Le attuali prescrizioni fissate dal decreto di compatibilità ambientale per il progetto del rigassificatore sono quasi tutte poco efficaci, destinate a restare lettera morta, o addirittura scontate o poco significative. Con due eccezioni».
A commentare in questo modo le prescrizioni dei ministeri e della Regione è Livio Sirovich, esperto di rischi ambientali, che precisa di parlare a titolo personale, dicendosi inoltre «favorevole ai rigassificatori di cui c’è bisogno, anche più d’uno in Adriatico, ma fatti bene e nei posti adatti».
Poco significative, specifica, sono le prescrizioni sull’illuminazione esterna con fonti rinnovabili, sull’apparato di videosorveglianza, o sugli aspetti cromatici e vegetazionali.
Quanto al piano di monitoraggio decennale per verificare l’andamento delle biocenosi (le diverse forme di vita, ndr) che circondano lo scarico dell’acqua, secondo Sirovich non ci sarà «niente da studiare perché attorno a uno scarico da cui escono 800mila metri cubi di acqua al giorno, acqua sterilizzata col cloro, non crescerà nulla».
«E che dire – prosegue – degli studi lungo le rotte delle navi gasiere, ”volti a determinare le eventuali correlazioni” tra i fanghi sollevati dal fondo al passaggio delle gasiere e ”i livelli di concentrazione di mercurio nei prodotti ittici”, e a verificare azioni di mitigazione? E poi monitoraggi di tutti i tipi, dai quali sono però esclusi la nostre università e i nostri istituti scientifici. Monitoraggi – sottolinea – senza sanzioni».
Quanto alle due eccezioni, evidenziate da Sirovich fra le numerose prescrizioni, la prima riguarda la velocità delle acque di scarico sul fondo della baia di Muggia, che dovrà essere inferiore al mezzo metro al secondo, mentre l’altra riguarda la richiesta della Regione che venga dimostrata l’efficacia della soluzione per la dispersione delle acque.
«La velocità inferiore al mezzo metro al secondo – sottolinea – è incompatibile con lo scarico previsto dal progetto, che comporterà l’emissione di circa 800 mila metri cubi al giorno di acque raffreddate di 5 gradi. Attualmente il progetto richiede velocità non inferiori ai 3 metri al secondo. Penso che col tempo questa prescrizione verrà modificata».
La richiesta della Regione circa la dimostrazione dell’efficacia della soluzione per la dispersione delle acque, è ritenuta «giustissima» da Sirovich, «ma impropria in questa fase». «I proponenti (Gas Natural, ndr) – spiega – hanno già affrontato questo tema in almeno tre tornate di studi e integraazioni, superando lo scoglio e ottenendo l’autorizzazione. In pratica – prosegue – chiedendo questa dimostrazione la Regione dichiara, implicitamente, di non credere agli studi finora depositati. Condivido questa posizione: troppe sono le improprietà emerse a proposito delle temperature presenti e future della baia di Muggia. Credo – conclude – che quella della Regione non possa nemmeno fregiarsi dell’appellativo di prescrizione, ma si riduca ad un auspicio».

(gi. pa.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 22 agosto 2009

 

 

I paletti di Roma sul rigassificatore - MA PER CHIUDERE LA PROCEDURA DI AUTORIZZAZIONE SERVE IL VIA LIBERA SUL GASDOTTO COLLEGATO
 

Le principali prescrizioni dei ministeri a Gas Natural: interventi da attuare

È un sì condizionato: dal cantiere al monitoraggio delle acque, i ministeri dettano le prescrizioni
La procedura di autorizzazione alla costruzione del rigassificatore nell’area ex Esso non sarà conclusa fintantoché il gasdotto (Trieste-Grado-Villesse) di collegamento alla rete nazionale non avrà ottenuto il parere favorevole sull’impatto ambientale. Lo prevede a chiare lettere il decreto con cui, un mese fa, il ministero dell’Ambiente e quello per i Beni e le attività culturali hanno dato il giudizio favorevole di compatibilità ambientale per l’impianto proposto da Gas Natural International.
«La conclusione del procedimento autorizzativo – si legge – resta condizionata all’acquisizione dei giudizi di compatibilità ambientale relativi a tutte le diverse componenti il progetto». E dunque anche al gasdotto di 45 chilometri, in parte sottomarino, in parte ”terrestre”, il cui progetto è stato affidato a Snam Rete Gas, per il quale la procedura di valutazione dell’impatto ambientale è ancora in corso.
Non solo. Anche la conferenza dei servizi, che dovrà essere convocata dalla Regione e alla quale partecipano tutti gli enti interessati al progetto, non potrà iniziare finché non sarà stata sancita la compatibilità ambientale del gasdotto.
Proprio in relazione a questi numerosi procedimenti e ai futuri passi, alla fine dello scorso novembre il gruppo spagnolo ha creato un’apposita spa, la Gas Natural Rigassificazione Italia, con sede a Roma.
Ma il decreto – che è stato inviato anche ai ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente della Slovenia – contiene un altro aspetto, ancora più importante, che avrà non pochi effetti nelle fasi progettuali, costruttiva e di esercizio dell’impianto.
Il giudizione favorevole dei due ministeri è infatti condizionato al rispetto, da parte dell’azienda, di una nutrita serie di prescrizioni, dettate rispettivamente dalla commissione Via (verifica dell’impatto ambientale), dal ministero per i Beni culturali, dal ministero dell’Ambiente e dalla Regione.
Prescrizioni, quelle della commissione Via, che dopo l’approvazione del giugno 2008, sono state integrate in seguito alla riunione che il 16 giugno scorso i tecnici del ministero hanno avuto a Lubiana con le autorità slovene.
Una prima serie di prescrizioni riguarda la costruzione delle installazioni nel vallone di Muggia, fra cui il pontile di attracco delle gasiere, in quanto l’area interessata rientra nel Sito inquinato di interesse nazionale.
Prima dell’avvio delle opere sarà necessaria una caratterizzazione dei sedimenti marini, secondo un piano che dovrà essere verificato dalla Regione e approvato dall’Icram (braccio operativo del ministero dell’Ambiente).
E’ previsto poi un monitoraggio, sempre prima dei lavori, del quadro biologico delle acque, che dovrà proseguire durante la cantierizzazione dell’opera di presa e di scarico dell’acqua di mare. Gas Natural Rigassificazione Italia dovrà anche predisporre un piano decennale di monitoraggio sull’andamento del sistema biologico attorno a questo scarico.
Nella fase di cantiere dovranno anche essere monitorati i sedimenti movimentati, riducendone al minimo la risospensione e il rimescolamento.
Il decreto prevede poi che il trasporto del materiale risultante dalla fase di cantierizzazione e bonifica (il costo è stimato in 30-40 milioni) dovrà avvenire prevalentemente via mare. E in fase di progettazione esecutiva dovrà essere predisposto, assieme alle autorità locali, un piano per ottimizzare i flussi di traffico (leggi camion) creati appunto dai lavori di cantierizzazione e bonifica, nonchè un piano di gestione dei rifiuti prodotti con l’individuazione delle discariche disponibili.
Altri progetti è previsto che debbano essere predisposti dall’azienda prima dell’inizio dei lavori. Fra questi, quello degli interventi a verde e di ingegneria naturalistica, da elaborare assieme alle autorità locali, per ”mitigare” l’impatto paesaggistico dell’impianto, nonchè un progetto esecutivo di inserimento paesaggistico.
Un ulteriore progetto, da sottoporre alla conferenza dei servizi, riguarda l’integrazione industriale con la centrale Elettra Glt di Servola, per utilizzare le frigorie prodotte dal rigassficatore e ridurre l’impatto delle sostanze antivegetative contenute nelle acque di scarico.
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

RIGASSIFICATORE - Da ipotizzare anche i rischi per la salute
 

Fra le prescrizioni dettate dal decreto dei ministeri dell’Ambiente e dei Beni cuturali figurano anche quelle relative alla tutela della popolazione. Prima dell’avvio dei lavori dovrà così essere redatto uno studio che identifichi le possibili «condizioni di esposizione ai rischi per la salute» derivanti dalle attività di cantierizzazione (inclusi i dragaggi) e di esercizio dell’impianto. Studio che dovrà prevedere anche un monitoraggio per la valutazione dei rischi effettivi.
Un’altra importante prescrizione riguarda la tutela delle attività di pesca e maricoltura nel golfo. Almeno due anni prima dell’avvio del rigassificatore, in accordo con il Servizio sanitario regionale e con l’Arpa, dovrà iniziare un monitoraggio della pesca e della maricoltura con riguardo alla concentrazione di mercurio nei prodotti ittici. Monitoraggio, prevede il decreto, che dovrà continuare anche dopo l’avvio dell’impianto.
Almeno un anno prima dell’avvio della costruzione, l’azienda dovrà presentare un altro piano di monitoraggio, riguardante i parametri fisici, chimici, geochimici, biologici e del plancton, sia nell’acqua sia nei sedimenti del vallone di Muggia, da rilevare con due stazioni di misura, una interna al vallone e l’altra nell’area di ”transizione” fra il vallone e il golfo. E questo monitoraggio dovrà continuare sia nella fase di cantiere che in quella di funzionamento dell’impianto.
Sempre in funzione dell’autorizzazione alla costruzione e al funzionamento del rigassificatore, infine, il terminal di attracco delle metaniere dovrà essere dotato di un apparato di videosorveglianza, coordinato con il sistema per il controllo del traffico marittimo gestito dalla Capitaneria di porto.

(gi. pa.)
 

 

Wwf: da Krsko a Zaule, uno sviluppo che inquieta - LETTERA DI PREDONZAN
 

Gli ambientalisti: secondo Dipiazza in caso di incidente nell’area ex Esso sentiremo un botto. A noi risulta altro
Il sindaco Roberto Dipiazza «di fronte alle nuove obiezioni slovene sul rigassificatore di Zaule, ha perso un po’ le staffe»? Eppure le norme comunitarie esistono, e prevedono tra l’altro «l'obbligo di consultare gli Stati confinanti, in caso di progetti che possano comportare impatti rilevanti oltre confine. Vale per il rigassificatore, ma anche per l'ipotizzato raddoppio della centrale di Krško».
Lo scrive in una nota Dario Predonzan, responsabile energia e trasporti del Wwf regionale, dopo le ultime esternazioni di Dipiazza. Il sindaco - così Predonzan - «continua a credere, e a far credere, che lo sviluppo di Trieste dipenda dalla costruzione del rigassificatore a Zaule (sono più convincenti le ragioni di chi sostiene il contrario); ma prendersela con un "Paese che 1.800.000 abitanti" è assai inopportuno. Sia perché gli abitanti di quel Paese hanno superato da un pezzo i 2 milioni, ma soprattutto perché di uno Stato sovrano si tratta, membro come gli altri dell'Unione Europea e titolare perciò di diritti. Tra cui quello di tutelare gli interessi dei propri cittadini nell'ambito di quanto previsto dalle norme comunitarie. Norme che non esistevano quando - negli anni '70 - fu costruita (non dagli "sloveni" ma dalla Jugoslavia di Tito) la centrale di Krško, così come non esistevano quando - tra gli anni '60 e gli anni '80 - l'Italia costruì e poi ampliò la centrale di Monfalcone, le cui cospicue emissioni inquinanti colpiscono sia l'Italia, sia il Carso sloveno». Oggi però, scrive Predonzan, «queste norme esistono e prevedono» appunto l’obbligo di consultare gli Stati confinanti.
Predonzan poi invoca un chiarimento sul pensiero del sindaco. Dipiazza, ricorda l’ambientalista, dichiarò nel novembre del 2008 che «se dovesse saltare in aria una centrale nucleare, provocherebbe la morte di migliaia di persone. Qualora capitasse la stessa cosa al rigassificatore, avremmo eventualmente qualche ferito». Il 20 agosto invece ha detto: «Se salta Krško, probabilmente abbiamo qualche milione di morti: se salta il mio rigassificatore, sentiamo il botto». «Il "suo" rigassificatore? - si chiede Predonzan: «Gli accordi tra GasNatural e AcegasAps (controllata dal Comune), di cui si parla da anni, sono stati stipulati all'insaputa di tutti? Tra novembre e agosto, intanto, i feriti dell'ipotetico incidente al rigassificatore si riducono a un "botto" (senza danni, sembra): può il sindaco fornire cortesemente documentazione in merito?» Al Wwf infatti «risulta ben altro».
Quanto ai pericoli del nucleare, «da "migliaia" di morti - incalza Predonzan - si è passati a "milioni". E Dipiazza lo dice così? Senza darci qualche notizia in più? E senza nulla dire ai suoi colleghi di partito, che stanno brigando da tempo perché l'Italia entri nel business del raddoppio di Krško?»
Di qui la conclusione di Predonzan: «I cittadini che il caldo lo sopportano meglio continuano ad opporsi sia al rigassificatore, sia al raddoppio di Krško: questo genere di "sviluppo", invero, ci inquieta molto, e le parole di Dipiazza non ci tranquillizzano affatto».
 

 

«Dati falsati sullo studio di impatto ambientale» - Da Lubiana dure critiche di Alpe Adria Green ai progetti presentati da Gas Natural
 

La minaccia di bloccare tutto
Per ottenere i permessi necessari e portare avanti il progetto di costruzione del rigassificatore di Zaule, la società spagnola Gas Natural avrebbe falsato gli studi sull'impatto ambientale dell'impianto nel golfo di Trieste. L'accusa è stata formulata dalla rete internazionale di associazioni ecologiste Alpe Adria Green, che ieri, nel corso di una conferenza stampa a Lubiana, ha invitato pubblicamente il governo sloveno a pretendere dal Consiglio dei ministri italiano un nuovo studio ambientale e un nuovo progetto per il terminal.
Le associazioni ambientaliste, a loro volta, hanno annunciato che della vicenda informeranno le istituzioni comunitarie, in particolare il Parlamento e la Commissione europea, con la richiesta che venga bloccato tutto. Secondo Roberto Giurastante, dell'associazione triestina Greenaction Transnational, esiste una relazione della polizia giudiziaria italiana dalla quale risulta «che sono state falsificate parti importanti dello studio di impatto ambientale» presentate dalla Gas Natural, ma la Procura di Roma, cui la relazione è stata presentata, non avrebbe ravvisato gli estremi di alcun reato.
Per Giurastante, invece, ci sono due elementi che stravolgono completamente i risultati dello studio sull'impatto ambientale. Il primo è l’indicazione sbagliata della profondità del golfo di Trieste, l'altro riguarda la presenza di altri siti industriali nella zona. «Il golfo di Trieste - ha spiegato l'ambientalista triestino – è in realtà parecchi metri meno profondo di quanto è stato indicato nello studio di Gas Natural».
Questo ovviamente modifica le valutazioni sulle conseguenze dell'impatto ambientale. Dalle cartine dell'area, inoltre, sarebbe stata deliberatamente omessa la presenza di altri siti industriali, come i depositi di combustibili, per cui lo studio sull'impatto ambientale di fatto non tiene alcun conto del contesto in cui sorgerà il rigassificatore.
Delle incongruenze negli studi ambientali fatti finora ha parlato anche Fabio Longo, presidente del Comitato Sos di Muggia. «Esistono due valutazioni separate», ha spiegato Longo, e l' inquinamento esistente sui fondali del golfo è stato preso in considerazione solo nello studio sull'impatto ambientale del gasdotto e non in quello del rigassificatore. Si tratta invece di dati che dovevano essere inseriti anche nella valutazione sull'impatto ambientale del terminal.
Le accuse degli ambientalisti di Alpe Adria Green sono state riprese già in giornata dalla sezione capodistriana del Partito liberaldemocratico, che ha invitato il ministero dell'Ambiente sloveno a verificare immediatamente la veridicità delle affermazioni.
La questione del rigassificatore di Zaule sarà uno degli argomenti dell'incontro intergovernativo italo–sloveno del 9 settembre prossimo. Entro quella data, ricordiamo, il governo sloveno esprimerà la sua posizione ufficiale sul terminal, non prima però di aver ottenuto – come chiesto nei giorni scorsi – chiarimenti aggiuntivi sull'impatto ambientale dell'impianto e sul tracciato del futuro gasdotto che collegherà il rigassificatore alla rete italiana nel ”nodo” di Villesse. Scontato invece il no sloveno, peraltro più volte ribadito a vari livelli, al progetto del terminal rigassificatore offshore nelle acque del golfo di Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 21 agosto 2009

 

 

Terreno con spiaggia, ma la variante non c’è - ANNUNCIO SU INTERNET

 

DUINO AURISINA Naviga su Ebay e scopre un terreno in vendita vicino all'ex Hotel Europa. Panoramico, con variante urbanistica in corso. E interroga il sindaco per sapere se, effettivamente, sarà possibile costruire una villa con spiaggia di 80 metri. Il consigliere Maurizio Rozza (nella foto) ha inviato un’interrogazione urgente al sindaco Ret dopo aver scoperto l'insolita vendita in Internet: «Constatato che l'annuncio prospetta anche la privatizzazione della spiaggia per una lunghezza di 80 metri - scrive Rozza - si interroga il sindaco per sapere se ciò corrisponda alla realtà».
L'annuncio in questione, facilmente rintracciabile su Ebay, parla di terreno panoramico con spiaggia e strada privata, in vendita per un milione 800 mila euro: il lotto consterebbe di 5mila metri quadri, con una spiaggia lungo 80 metri di costa, accesso dalla strada e parcheggio.
A vendere il lotto, anche attraverso Ebay, è un’agenzia immobiliare di Trieste. Secondo Rozza, il sito posto ad Aurisina mare 153 corrisponde a un’area posta tra l'ex Hotel Europa e il porticciolo di Canovella.
Ma a preoccupare non è la vendita, quanto la dichirazione letta in Internet, che riguarda una potenziale modifica in corso della destinazione d'uso, che sottointenderebbe la possibilità di costruire un edificio a uso residenziale o turistico. «La portata di una simile azione - scrive Rozza - sarebbe devastante per la continua erosione del territorio costiero nell'area in questione».
Il sindaco Ret, in attesa di rispondere a Rozza, anticipa: «Non è in corso alcuna variante, soprattutto relativa a quella zona, sulla quale è stato avviato, su incarico del Comune, uno studio geologico, dopo la frana che ha coinvolto la zona dell'ex Hotel Europa, e sulla base della situazione della strada che conduce alle Ginestre. Il terreno in questione – prosegue – è proprietà di un ex residente della zona, trasferitosi all'estero. L'edificabilità di quel lotto non era compresa nella variante 24/25 in vigore, per cui c'è solo lo studio geologico in corso».

(fr.c.)
 

 

SEGNALAZIONI - «Rigassificatori: è il tempo delle domande, che tutti hanno diritto di fare»
 

Molto spesso i cittadini hanno una capacità di sintesi e di chiarezza veramente esemplare. Mi riferisco alle ultime lettere comparse su questo giornale relativamente alla questione del rigassificatore di Zaule. Non si può che condividere appieno le preoccupazioni sulla sicurezza, sull’ambiente e sulla mancanza di informazione e non si può non stigmatizzare il mancato coinvolgimento della popolazione (davvero sudditi in questo caso...). Comincia inoltre ad essere chiara l'incertezza sulle ricadute positive. È stato perfino paventato il rischio che, in caso di futuro sottoutilizzo dell’impianto (e secondo alcuni esperti l’ipotesi non è trascurabile alla luce dei mutamenti geopolitici ed economici di questi ultimi tempi) il buco finanziario dovrà essere colmato dal gestore dell’energia e quindi pagato dai cittadini stessi. Infine, ed è una questione assolutamente centrale, nessuno ha esaurientemente fugato i dubbi relativi alla compatibilità dell'impianto con le altre attività in ambito portuale (che si prevedono in aumento) e con il traffico diportistico, turistico e con la pesca. Insomma più che un’operazione di rilancio economico del territorio, ci troviamo di fronte all’ennesimo tentativo di trasformare questo lembo d’Europa in un polo energetico spinto. Oggi questa vecchia ambizione fa a pugni non solo con il buon senso (siamo nel cuore di una città...), ma anche con altre ipotesi di sviluppo, il Porto per primo. È curioso come su queste ipotesi sia la destra che la sinistra, per anni, si siano contese la primogenitura caldeggiando il rilancio portuale, la città della scienza, del turismo culturale e scientifico: ed ora l’unico modello che sono in grado di proporre è il rigassificatore.
Tutto assume una luce ancora più inquietante se consideriamo la assoluta assenza di confronto su questi argomenti, e la superficialità con la quale essi vengono trattati: pubblici amministratori che diventano chimici ed argomentano sulle proprietà del gas, politici che discettano della tecnologia del freddo, sindacalisti che vedono una grande svolta occupazionale a fronte di un unico dato certo: 60-70 occupati a regime nell’impianto. Bene fa Giulio Camber a dire che, sul rigassificatore, questo è il tempo delle domande non delle risposte: una bella lezione per chi ha detto subito «sì», incondizionato o condizionato che sia. Lezione data, si badi, da chi con ogni probabilità non è un estremista ambientalista o un agit prop di qualche comitato civico. Stiamo assistendo al tentativo di circoscrivere il no al rigassificatore di Zaule nell’ambito di una ristretta cerchia di veteroambientalisti o di pochi cittadini che non vogliono brutture nel loro cortile. La realtà è ben diversa. Due comuni, Muggia e Dolina, hanno unanimamente detto «no» al rigassificatore e nella stessa Trieste, come in tutta la provincia, molte sono le opinioni contrarie. Alcuni partiti politici si sono apertamente schierati per il «no», altri si sono astenuti. Nelle Circoscrizioni molti consiglieri hanno votato difformemente dalle posizioni assunte dai partiti del «siì. Ma soprattutto esiste un ampio movimento trasversale che esige di essere informato, che chiede opinioni scientifiche e tecniche indipendenti, per poter decidere da soggetto e non da oggetto. Insomma un metodo diverso da quello fin qui seguito. Dobbiamo dar voce a queste legittime aspettative, dobbiamo rappresentare questi cittadini. Dobbiamo fare in modo che tutti possano fare le domande auspicate dal senatore Camber, ottenendo risposte. Non solo quelle di Gas Natural o di alcuni poliedrici amministratori, politici o sindacalisti.
Nerio Nesladek - sindaco di Muggia
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 20 agosto 2009

 

 

«Sul rigassificatore bisogna andare avanti» - Il primo cittadino: la Slovenia non può condizionare lo sviluppo della nostra città
 

Non è piaciuta al sindaco Roberto Dipiazza la nuova presa di posizione della Slovenia contro il rigassificatore di Zaule. Il governo di Lubiana chiede «maggiori dettagli» sull’impatto ambientale e il gasdotto e il primo cittadino di Trieste sbotta: «Si deve andare avanti». Non accettando le resistenze slovene e respingendo le accuse al mittente, senza mezze parole: «Lo sviluppo della città di Trieste - sostiene Dipiazza - non può essere condizionato da un Paese che ha 1.800.000 abitanti».
Una questione numerica già sventolata dal primo cittadino in merito al pedaggio autostradale, la cosiddetta ”vignetta”, che Lubiana impone sul proprio territorio. Ma in questo caso va anche oltre, ribadendo quella che da tempo è la sua idea: «Gli sloveni, quando hanno costruito la centrale nucleare di Krsko, che si trova a 130 chilometri da Trieste - afferma - non hanno chiesto nulla all’Italia. E c'è una differenza sostanziale: se salta Krsko, probabilmente abbiamo qualche milione di morti; se salta il mio rigassificatore, sentiamo un botto. Obiettivamente il nucleare è così».
Dipiazza non discute la richiesta di chiarimenti che arriva dalla Slovenia, ma aggiunge di aver parlato con il ministro degli Esteri, Franco Frattini, e di avergli detto che il rigassificatore «non è un problema» per il Golfo di Trieste. «Abbiamo scaricato 15.500 petroliere, un miliardo e 100 mila tonnellate di petrolio - spiega il sindaco - senza avere mai un problema con le navi, a parte l’attacco di Settembre nero nel lontano '76. Siamo capaci di fare le cose. Nei prossimi anni perderemo le petroliere, perché arriverà il pipeline direttamente dal mar Nero, e avremo il rigassificatore, che è una grande opportunità per la mia città. Punto e basta. Con gli sloveni o senza gli sloveni».
 

 

SEGNALAZIONI - Il pericolo rigassificatore
 

A proposito della velocità con cui l’iter burocratico per costruire un rigassificatore a Trieste ha avuto il benestare, una domanda mi sorge spontanea: come mai per approvare un progetto di riconversione del porto si sono impiegati cinquant’anni e ancora si discute?
Se si vuol innalzare un magazzino di alcuni metri, la Soprintendenza blocca tutto, perché ciò causa impatto ambientale.
Il rigassificatore in zona Zaule, non è forse di ben più grande impatto ambientale?
Il sindaco nella lettera ai cittadini ha parlato di scelta per motivi economici e ha detto che anche Barcellona e Tokyo hanno il rigassificatore. Ma a Barcellona il rigassificatore non si trova in zona abitata, ma a centotrenta chilometri di distanza dalla città, la profondità marina è diversa da quelle del nostro canale di Zaule e le correnti del Mediterraneo diverse da quelle del nostro golfo.
Se Roma ha il potere di decidere in merito, anche l’opinione dei cittadini sul territorio è sovrana.
Qualcuno dei nostri politici comunali dovrebbe indire un referendum per far decidere ai cittadini se approvare o no un rigassificatore.
Perché non si progetta tale impianto a Marghera? Lì non ci sono problemi di impatto ambientale. Poi via terra il metanodotto potrebbe arrivare fino a Trieste. O forse non lo si progetta lì perché troppo vicino a Venezia, città turistica, dove arrivano le navi da crociera?
A Trieste invece ora pensano di far arrivare solo le navi gasiere, un pericolo per l’incolumità di tutti gli abitanti e un danno potenziale per il nostro golfo.
Trieste soffre per mancanza di industrie, che con il passare degli anni sono state trasferite altrove, ma finora ha avuto un’unica consolazione: quella di essere una bella città, di avere un bel mare e di godere di una buona posizione geografica, che tutti apprezzano. Con il rigassificatore ora vogliono far scomparire anche la bellezza di Trieste e del suo mare. Vogliono ridurre il nostro golfo a discarica di acqua clorata per le necessità delle navi gasiere, mettendo in pericolo costante la salute e l’incolumità di tutti gli abitanti.
Marina Batic
 

 

SEGNALAZIONI - Leggi violate
 

Siamo tutti andati a scuola, i nostri genitori ci hanno ulteriormente spiegato e fatto capire che una società civile è fatta di leggi e regole che vanno rispettate e fatte rispettare.
Ebbene, oggi i cittadini di Trieste assistono impotenti a dele violazioni di leggi e regole (e se sbaglio correggetemi).
1) Esiste la legge Seveso 1982, per chi non ricorda o non lo sa è una legge europea istituita dopo il tragico incidente verificatosi in un’industria chimica a Seveso con morti e distruzioni, questa direttiva comunitaria tra le altre cose tende a evitare i rischi per l’effetto domino che potrebbero verificarsi in caso d’incidente. Ebbene assistiamo all’euforia di certi nostri politici per la possibile costruzione del rigassificatore in area ex Esso, adiacente a: terminal Siot, depositi costieri Trieste, Linde Gas, Ferriera di Servola, dep. Muggia (benzina), Alder (formaldeide), depositi Siot, ecc. C’è la legge Seveso o no?
2) A Trieste e Muggia abbiamo il sito inquinato d’interesse nazionale, e più precisamente sempre per chi non lo sa: la zona che comprende quasi tutto l’insediamento industriale di Trieste e Muggia compreso il golfo fino le dighe. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che le imprese insediate nel suddetto sito non possono: costruire, ampliare, nemmeno infilare un paletto nel terreno per sorreggere una tettoia. Ebbene in consiglio comunale si è discusso e approvato? (con la contrarietà di alcuni consiglieri) la realizzazione del metanodotto che dovrebbe attraversare il golfo fino a Fossalon. C’è il sito inquinato d’interesse nazionale o no?
3) Sul rigassificatore costruito al largo di porto Viro vige un’ordinanza della Capianeria di porto di Chioggia che recita tra l’altro: zona di sicurezza; area di forma circolare avente centro in corrispondenza del centro del terminale e raggio di 2000 metri (2 km) come definita nella circolare Imo n. Sni/circ. 257 dd 11/12/2006 ecc.
Praticamente il golfo di Muggia dovrebbe essere interdetto alla navigazione. Ci sono i regolamenti o no?
Il comune cittadino si chiede: le leggi e i regolamenti chi deve rispettarli? Che senso ha farle fare le leggi che poi vengono disattese? Si ha l’impressione che le leggi non siano uguali per tutti!
Sergio Burlin
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 19 agosto 2009

 

 

Nuovo stop sloveno al rigassificatore di Zaule - «Servono maggiori dettagli sull’impatto ambientale e il gasdotto». A settembre vertice bilaterale
 

IL GOVERNO DELLA VICINA REPUBBLICA CHIEDE DOCUMENTI AGGIUNTIVI A ROMA PER ESPRIMERSI
LUBIANA Terminal rigassificatore di Zaule, Lubiana chiede a Roma spiegazioni aggiuntive.
Come comunicato ieri dal Ministero dell'ambiente della Slovenia, nella documentazione tecnica per il progetto di «Gas Natural», messa a disposizione degli esperti sloveni da parte italiana, manca ancora lo studio sull'impatto ambientale transfrontaliero ed è tutt'ora poco chiara la questione del futuro gasdotto che collegherà l'impianto di Zaule ai serbatoi di gas nella Bassa Friulana.
Pertanto, a Roma sarà inoltrata una nuova richiesta di spiegazioni. Solo dopo Lubiana potrà esprimere la sua posizione definitiva sul terminal, che dovrebbe essere presentata – se non ci saranno sorprese – al vertice intergovernativo italo–sloveno del 9 settembre. Rispetto alla prima versione del progetto sono state fatte diverse correzioni e sono state apportate numerose migliorie, ammettono a Lubiana, ma ci sono ancora da definire alcune questioni relative al cloraggio, alla sedimentazione di materiale sui fondali del golfo di Trieste e al monitoraggio del rigassificatore, che secondo la parte slovena dovrebbe essere più severo.
Per quanto riguarda il gasdotto, secondo la documentazione ufficiale dovrebbe trattarsi di un impianto via terra, mentre alcuni media italiani – rilevano al ministero – hanno parlato di un gasdotto sul fondale marino. E' necessario un chiarimento perchè si tratta di due cose molto diverse tra loro, con ripercussioni ambientali differenti, sostengono a Lubiana. Per quanto riguarda l'altro progetto, quello per il rigassificatore off-shore, dal Ministero dell'ambiente della Slovenia hanno ribadito di essere assolutamente contrari. «Quel terminal – è stata categorica Vesna Kolar Planinsic, responsabile del settore ministeriale per lo studio dell'impatto ambientale – è per noi assolutamente inaccettabile».
La stampa slovena ha annunciato intanto per venerdì prossimo una conferenza stampa della rete di associazioni ambientaliste Alpe Adria Green che ha anticipato «rivelazioni scandalo» sul progetto del rigassificatore. Come dichiarato al quotidiano «Primorske Novice» da Roberto Giurastante dell'organizzazione triestina Greenaction, gli ambientalisti sarebbero in possesso di documenti con i quali sarà possibile invalidare i permessi per la costruzione del terminal di Zaule. Secondo il giornale capodistriano, Giurastante sostiene che sono stati falsificati i documenti sull'impatto amabientale del terminal e quelli sulla valutazione dei rischi in caso di incidente o di attacco terroristico. Nella falsificazione sarebbero coinvolti, sempre secondo le parole dell'ambientalista triestino riportate dal quotidiano «Primorske Novice», diversi soggetti, dai vertici della società «Gas Natural» fino ad esponenti del potere in Italia, a diversi livelli.
I progetti dei terminal rigassificatori nel golfo di Trieste sono ormai da anni oggetto di polemica, specie quello per il terminal off shore.
Particolarmente dure in questo senso sono state le autorità dei comuni di Capodistria, Isola e Pirano, che si sono dichiarate contrarie anche a un eventuale terminal rigassificatore nell'area del porto di Capodistria, progetto non ancora del tutto accantonato dalla società tedesca «TGE Gas Engineering».
 

 

Krsko 2, Lubiana apre le porte all’Italia - I tempi saranno lunghi: il progetto del secondo reattore sarà pronto nel 2013
 

PER IL RESPONSABILE PER L’ENERGIA DEL MINISTERO SLOVENO PER L’ECONOMIA
LUBIANA La Slovenia si aprirà al capitale straniero, e dunque anche all'Italia, per il raddoppio della centrale nucleare di Krsko, ma il progetto per la costruzione del secondo reattore non sara' pronto prima del 2013.
Lo ha dichiarato Janez Kopac, direttore del Dipartimento energia del Ministero dell'economia della Slovenia, in risposta al quotidiano Delo, che nei giorni scorsi gli ha chiesto di commentare l'interesse dell'Italia a partecipare come partner all'ampliamento dell'impianto. Kopac ha illustrato quelle che saranno le tappe dell'intero progetto.
Per prima cosa, ha spiegato l'ex ministro, la costruzione di un secondo reattore della centrale di Krsko deve essere inserita nel programma energetico nazionale e approvata dalla Camera di stato. Poi si passerà alla stesura del progetto, che soltanto nel 2013-2014 sarà maturo per pensare agli investimenti.
E' comunque un progetto molto costoso, e la Slovenia quasi sicuramente non sarà in grado di finanziarlo da sola, per cui si cercherà l'aiuto di diversi partner stranieri. In quel momento, secondo Kopac, le porte saranno aperte anche al capitale italiano.
Lubiana comunque vuole mantenere la quota di maggioranza nella proprietà della centrale. Nei mesi scorsi, in diverse occasioni, l'Italia, e in particolare il governatore della Regione Friuli Venezia Giulia Renzo Tondo – l'ultima volta ufficialmente in occasione della sua visita a Lubiana il 21 luglio - avevano manifestato il proposito di entrare come partner nel progetto di ampliamento della centrale.
L'impianto di Krsko, che si trova alcune decine di chilometri a sudest da Lubiana, circa 130 chilometri da Trieste, è stato costruito nel 1981 congiuntamente da Slovenia e Croazia, all'epoca repubbliche della Jugoslavia federativa.
La centrale, in funzione dal 1983, utilizza un reattore ad acqua pressurizzata di tecnologia americana (Westinghouse) e ha una capacità di 727 megawatt. Funziona con 121 elementi di uranio arricchito, acqua distillata come rallentatore e 33 fasci da 20 barre di argento, cadmio e indio per regolare la potenza.
Nel 2008 a Krsko sono stati prodotti quasi 6 miliardi di chilowattore di corrente, dato record, che rappresenta quasi il 40 per cento del fabbisogno nazionale di energia elettrica. In tutto questo periodo non ci sono mai stati problemi di sicurezza e lo stesso allarme del giugno 2008, quando per una perdita di acqua dal sistema di raffreddamento era scattato l'allarme a livello europeo, è poi prontamente rientrato. Non c'è stata, in quell'occasione, alcuna fuga radioattiva. L'ultima revisione dell'impianto risale a pochi mesi fa, quando si è concluso il 23.esimo ciclo di combustibile e sono state sostituite 56 barre di uranio esaurite sulle 121 complessive.
 

 

SEGNALAZIONI - «Tutto il Prg su Internet e subito confronti con i cittadini»
 

Non vorrei che il sindaco Dipiazza e la sua maggioranza si esaltassero troppo, leggendo la sintesi del mio intervento sul piano regolatore, apparsa sul Piccolo del 13 agosto. L’ignoto riassuntore ha infatti modificato alquanto il senso del mio scritto, attribuendomi ad esempio (tra virgolette) cose mai scritte, come il riconoscimento di «un certo coraggio» per aver ridotto l’edificabilità rispetto al precedente piano, costruito dall’allora sindaco Illy per rilanciare il comparto edile.
Avevo scritto il contrario: un passo avanti indubbiamente c’è stato, ma ci voleva davvero poco per farlo e comunque è arrivato con molto ritardo. Aggiungevo che «molti buoi sono scappati dalla stalla prima che Dipiazza e i suoi (al governo della città da otto anni) si decidessero a chiuderla». In questi anni sono proseguite infatti le colate di cemento, previste dal piano regolatore di Illy, che hanno riempito soprattutto di ville e villette la costiera e il Carso. Gli ambientalisti sono stati tra i pochi ad opporvisi e a chiedere ostinatamente (vox clamantis in deserto) la modifica del piano.
Si sarebbe potuto e dovuto fare di più e prima, insomma, ma è mancato il coraggio. Lo dimostra anche l’inserimento nel nuovo piano di una norma (l’art. 11) che «resuscita» molte zone edificabili apparentemente eliminate dalla zonizzazione: i piani particolareggiati figli del piano precedente, purché anche solo adottati (!) dal consiglio comunale, sono fatti salvi, come pure i permessi di costruire richiesti nei sessanta giorni precedenti l'adozione del nuovo piano.
Il coraggio che finora è mancato, potrebbe però farsi strada nel prossimo futuro, quando si tratterà di valutare le osservazioni dei cittadini. Molte certo cercheranno, in nome di grandi e piccoli interessi speculativi, di riproporre (magari peggiorandoli) contenuti del vecchio piano, ma ce ne saranno anche altre, ispirate dalla cresciuta sensibilità dell’opinione pubblica per la tutela del territorio e del paesaggio.
Vedremo se il sindaco e i consiglieri comunali sapranno scegliere bene da che parte stare. Un primo passo nella direzione giusta sarebbe quello di adottare la massima trasparenza: cominciando con il mettere – subito – gli elaborati del piano a disposizione di tutti nel sito internet del Comune e con l’avviare, prima che si apra il periodo delle osservazioni, confronti pubblici con i cittadini.
Dario Predonzan
 

 

SEGNALAZIONI - Piano del traffico
 

Con riferimento all’articolo dal titolo «Viale Miramare, 59 incidenti», sottotitolo «Ma aumenta il numero di sinistri nel centro cittadino» vorrei esporre alcune considerazioni. Credo che l’unica misura da adottare, per ridurre gli incidenti, non dovrebbe essere quella di: «intensificare i controlli e la presenza di pattuglie» come afferma Sergio Abbate, comandante della Polizia municipale. Questo va bene ma non può essere l’unica soluzione: una possibilità concreta di ridurre gli incidenti è che venga finalmente adottato il P.U.T. (Piano Urbano del Traffico) previsto dall’articolo 36 del Codice della Strada, anzi l’articolo al primo comma dice che: «è fatto obbligo dell'adozione del piano urbano del traffico».
Tale piano, comma 4: «è finalizzato ad ottenere il miglioramento delle condizioni di circolazione e della sicurezza stradale». «Il piano urbano del traffico (comma 5) viene aggiornato ogni due anni». Il comma 10 recita: «I Comuni e gli enti inadempienti sono invitati, su segnalazione del prefetto, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a provvedere entro un termine assegnato, trascorso il quale il Ministero provvede all’esecuzione d'ufficio del piano ed alla sua realizzazione».
Ora mi chiedo come mai il sindaco, mentre dice che le leggi vanno rispettate, non le applica? Come mai il prefetto non segnala al Ministero l’inadempienza del Comune?
Vengo ora all’affermazione iniziale. Ipotizziamo che a Trieste non avvenga nessun tipo d’incidente stradale, pagherei senz’altro meno il premio dell’assicurazione. Quindi se le istituzioni preposte facessero il loro dovere non rischierei di pagare un aumento del premio.
Possiamo cominciare anche noi cittadini a diventare intolleranti (la tanto decantata tolleranza zero che ogni tanto, ultimamente più spesso, gli amministratori adottano nei confronti dei loro sudd... cittadini) verso gli amministratori che non fanno quello che la legge li «obbliga» a fare? Possono gli amministratori inadempienti essere ritenuti corresponsabili degli incidenti?
Franco Bighi
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 18 agosto 2009

 

 

Pedemontana veneta, ci pensa il ”solito” Vernizzi - UN’OPERA DA 91 CHILOMETRI CHE COSTERA’ DUE MILIARDI E 177 MILIONI DI EURO
 

L’ex manager del passante di Mestre incaricato dal governo di realizzare la tratta Montecchio-Spresiano
TRIESTE Un anno dopo il commissario della terza corsia, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nomina il commissario per realizzare – sempre con procedura straordinaria - la Pedemontana veneta.
Un altro tassello dunque per rendere moderno e competitivo il sistema stradale del Nordest. Il commissario sarà, non certo a sorpresa – tanto che lo stesso presidente del Veneto Galan lo definisce ”il solito, noiosamente bravissimo” -, Silvano Vernizzi, già commissario straordinario del passante e subcommissario della terza corsia.
L’opera che attraverserà il Veneto centrale formando un anello ideale con l’autostrada A 4 e con la A 27 (Venezia Belluno), sarà realizzata in quattro - cinque anni a partire dal 2010. Sarà una strada a pedaggio e il costo stimato è di 2,177 miliardi di euro. L’EMERGENZA La nomina del commissario straordinario è l’ultima tappa di un percorso travagliato che ha visto il progetto della Pedemontana arenarsi per un ricorso, sbloccarsi con la sentenza del Consiglio di Stato che ha stabilito l’aggiudicazione della concessione al Consorzio stabile Sis Scpa, (capogruppo mandatario di un raggruppamento d’imprese con gli spagnoli di Itinere Infraestructuras) e infine ottenere il riconoscimento dello stato di emergenza.
Impregilo, a capo dell’altra cordata di imprese che aveva partecipato alla gara ha nel frattempo presentato ricorso per revocatoria al Consiglio di Stato, ma questo non dovrebbe creare ulteriori ritardi. Dopo dieci anni di attesa la pedemontana inizia a prendere forma oltre la carta.
Il Veneto ha ottenuto qualche settimana fa la proclamazione dello stato di emergenza da parte del presidente del Consiglio e ora la nomina del commissario straordinario per la realizzazione dell’opera.
IL COMMISSARIO «Ringrazio il presidente Galan e il presidente Berlusconi per la fiducia accordatami» si limita a dire per ora Vernizzi, il quale non è nuovo alle sfide contro il tempo. Dopo aver realizzato il passante di Mestre nei termini previsti, sarà ora alle prese con un’opera complessa e non meno importante perchè ha una valenza extraregionale, ma anche locale.
«Un Commissario straordinario per un’opera straordinaria - sottolinea il presidente del Veneto Galan -, che metterà in rete il Veneto con le altre regioni del Nord Est, ma soprattutto con il resto d'Europa».
L’OPERA Lunga circa 95 chilometri – attraverserà 32 comuni, avrà 17 svincoli e bretelle per 53 chilometri nonché due gallerie - la superstrada partirà da Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza e raggiungerà Spresiano (Treviso), creando un anello ideale con la A 4 (a sud ) e la A 27 (a est). Secondo le prime stime verrà a costare due miliardi e 177 milioni di euro, di cui 173 finanziati con risorse pubbliche e il resto tramite project financing.
I partner privati saranno ”rimborsati” dal pedaggio che incasseranno dagli utenti della strada.
I TEMPI L’iter della pedemontana riparte dal progetto preliminare già approvato dal Cipe, progetto che, in fase di stesura definitiva, prevedrà probabilmente una realizzazione per lotti funzionali. I cantieri, secondo le aspettative della Regione Veneto, dovrebbero aprire tra dicembre e gennaio del 2010. I lavori richiederanno tra i quattro e cinque anni.
«Il fatto che il presidente del Consiglio abbia accolto senza alcun problema e firmando il decreto che assegna pieni poteri al Commissario è il segnale che siamo sulla strada giusta – ha commentato l'assessore regionale alla mobilità e alle infrastrutture del Veneto, Renato Chisso - è il riconoscimento alla nostra politica del fare, quella che realizza e non chiede niente a nessuno».
Martina Milia

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 17 agosto 2009

 

 

Casa, boom delle ristrutturazioni - Corsa alle detrazioni fiscali, +17% in Friuli Venezia Giulia
 

ROMA Le detrazioni fiscali sull'acquisto di arredi ed elettrodomestici legate alla ristrutturazione della casa, fanno segnare un vero e proprio boom di queste ultime: secondo i dati dell'Agenzia delle Entrate, infatti, nei primi quattro mesi dell'anno sono state avviate 100.000 ristrutturazioni agevolate, circa 10.000 in più rispetto all'anno scorso. Un incremento dell'8,7%, inferiore del 2,5% rispetto al 2007, anno che l'Agenzia definisce «anno dei record». Dal primo gennaio al 30 aprile gli aumenti, a livello regionale, vanno dal +20% della Val d'Aosta al +1% dell'Umbria. Buoni - sottolineano le Entrate - i risultati di Sardegna (+18%), Friuli Venezia Giulia (+17%), Veneto (+16%), Puglia (+14%), Abruzzo e Lombardia (+11%). In negativo, cioè con qualche ristrutturazione in meno rispetto allo stesso periodo 2008, la Calabria (-4%) e il Trentino Alto Adige (-5%). La maggior parte delle regioni ha invece registrato un incremento del dato con percentuali comprese fra il 7% e il 9%.
A trainare sono stati sopratutto i mesi di marzo e aprile. «Nei primi due mesi del 2009 - spiega infatti l'Agenzia - i numeri hanno deluso. Invece marzo e aprile fanno ben sperare per i successivi periodi dell'anno: i cantieri sono infatti ripartiti alla grande, complice la primavera e i neo-benefici fiscali». Nei 4 mesi la leadership va alla Lombardia, 27.637 domande, 3.000 in più rispetto al 2008 (11%). Seguono, con numeri sostanziosi, l'Emilia Romagna (18.426, +4%) e il Veneto (13.345, + 16%). Poco meno di 10.000 i contribuenti piemontesi che hanno chiesto il bonus (+7%), mentre Toscana e Lazio si attestano intorno alle 7.000 ristrutturazioni (rispettivamente +5% e +9%). Dalla Liguria sono partite invece 5.700 (+7%) e dal Friuli Venezia Giulia 4.178 (+17,5%). Solo 213 le richieste del piccolo Molise (210 nel 2008).
Oltre all'arrivo della primavera che favorisce i lavori edilizi, le Entrate sottolineano come una controprova che gli incrementi delle ristrutturazioni abbiano avuto una spinta decisiva dalle agevolazioni fiscali messe in campo dal governo, la si avrà nel secondo quadrimestre. Intanto l'Agenzia ricorda che, al bonus casa può essere cumulato oltre che l'agevolazione per l'acquisto di mobili, tv ed elettrodomestici, anche l'abbuono Irpef del 20% del prezzo di acquisto pagato, fino al limite massimo di 10.000 euro. Uno sgravio - si ricorda - applicato solo agli acquisti legati ad una ristrutturazione edilizia, inerente ai lavori di manutenzione straordinaria, che da luogo alla detrazione fiscale del 36%«.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 15 agosto 2009

 

 

Strada spianata al nucleare, via alla class action - I CAPITOLI DELLA LEGGE SVILUPPO PUBBLICATI SULLA GAZZETTA UFFICIALE
 

Aumento della Robin tax dal 5,5 al 6,5 per cento. Novità anche per le polizze
ROMA Strada spianata al ritorno dell'Italia all'energia nucleare, introduzione della class action per la tutela dei consumatori, polizze assicurative poliennali con lo sconto e aumento della Robin tax dal 5,5 al 6,5 per cento. Sono alcune delle novità della legge sviluppo che, già pubblicata in Gazzetta ufficiale, entrerà in vigore oggi. Queste le misure più importanti del provvedimento, collegato alla manovra economica:
Delega al governo per il nucleare. Il governo avrà sei mesi di tempo per emanare uno o più decreti legislativi con la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti nucleari, di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio e deposito dei rifiuti radioattivi e del materiale nucleare.
Assicurazioni. Arrivano le polizze poliennali con sconto. Gli agenti assicurativi potranno proporre polizze assicurative poliennali con uno sconto sul premio annuale. Se il contratto supera i cinque anni, l'assicurato, trascorso il quinquennio, ha facoltà di recedere dal contratto con preavviso di 60 giorni. Royalties idrocarburi al 10% e benzina meno cara. Aumentano dal 7% al 10% le royalties che le società petrolifere sono tenute pagare per l'estrazione di idrocarburi
Reti d'impresa. Estese alle reti di imprese le agevolazioni già previste per i distretti industriali.
Class action dal 2010. L'azione legale collettiva per il risarcimento di danni non sarà retroattiva e non partirà subito. Il decreto legge anticrisi ha portato ancora in avanti, rispetto alla legge sviluppo, le lancette dell'entrata in vigore, spostandole al primo gennaio 2010.
Robin tax sale al 6,5% per stanziare fondi a editoria. Sale dal 5,5 al 6,5 per cento la maggiorazione dell'aliquota ordinaria Ires, la cosiddetta robin tax a carico delle grandi aziende petrolifere e dell'energia elettrica. La misura è stata approvata dall'aula del Senato in seconda lettura con un emendamento bipartisan pd-pdl che l'ha prevista, in parte, come copertura finanziaria per uno stanziamento di 140 milioni in favore dell'editoria per gli anni 2009 e 2010.
Ferrovie. Le ferrovie private potranno operare sul territorio nazionale dopo il rilascio di una licenza per cui è necessario avere sede legale in italia oppure esista reciprocità per le imprese italiane nei paesi di origine.
 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 14 agosto 2009

 

 

CONTRIBUTI EDILIZIA - Ecoincentivi, rimane il «limite» preventivo - De Anna: «Il regolamento è pensato per i piccoli lavori gestiti dagli artigiani»
 

TRIESTE «L’intervento è stato voluto in questo modo per facilitare la piccola economia degli artigiani, non i grandi lavori. E per facilitare l'erogazione dei contributi, che verranno assegnati già entro il prossimo mese». Così l'assessore all'Edilizia Elio De Anna spiega il perché della decisione di mantenere la limitazione, prevista nel regolamento per i contributi alle ristrutturazioni volte al risparmio energetico. Ovvero se il preventivo dichiarato è diverso da quanto poi verrà rendicontato in fase di richiesta di spese effettive, il cittadino perderà il contributo. Questo aveva causato più di una protesta: impossibile, specie per i lavori di una certa complessità, prevedere al centesimo le spese. Tanto che la Regione aveva anche inizialmente pensato a una modifica. «Solo che, andando a riflettere attentamente, ci sono due motivi per mantenere tale limitazione – spiega De Anna -. Il primo è che il contributo è stato fatto per dare impulso non ai grandi cantieri, ma ai piccoli lavori portati avanti da artigiani, che prevedono una spesa minima e un solo preventivo. Il secondo è che potendo calcolare il contributo in base al preventivo, si velocizzeranno le operazioni di attribuzione dei contributi». Che infatti arriveranno già dal prossimo mese. E De Anna avverte: non sarà fatta una graduatoria, si procederà invece «a sportello». «Ovvero, si andrà alla liquidazione delle domande nell'ordine di arrivo agli uffici – spiega - .Quindi chi avrà presentato prima la richiesta avrà maggiori possibilità». Per gli altri rimasti esclusi (che rischiano di essere quasi la metà, vista la mole di domande pervenute, oltre mille in tutta la Regione) si vedrà il prossimo anno: o con il rifinanziamento del fondo esistente, oppure con la previsione di un nuovo intervento con diverse modalità. (e.o.)
 

 

Il Corridoio 5 si allarga, aperta la Vipava-Razdrto - Dei 221 milioni 47,8 sono di Autovie Venete. Riccardi: «Primo intervento italiano fuori dai confini
 

Romoli: «La nostra città esce finalmente da un isolamento storico»
Inaugurato ieri il tratto autostradale che avvicina Gorizia a Lubiana alla presenza del premier sloveno Pahor e del ministro Vlacic
GORIZIA Dalle 21 di ieri sera è aperto al traffico il nuovo tratto di 12 chilometri da Vipava a Razdrto dell’autostrada Gorizia-Lubiana. È così il Friuli Venezia Giulia è più vicino alla capitale slovena e all’intero Est europeo, come ha sottolineato l’assessore regionale alla Viabilità Riccardo Riccardi.
Tre ore prima, all’altezza della galleria di Rebernice, vicino alla barriera del Nanos, c’era stata l’inaugurazione ufficiale alla presenza del primo ministro della Slovenia Borut Pahor, del ministro dei Trasporti Patrick Vlacic e del presidente della Dars (la società che ha realizzato l’opera) Tomislav Nemec. Il taglio del nastro è stato affidato a tre giovani del posto. Da parte italiana, oltre a Riccardi, erano presenti il presidente di Autovie Venete Giorgio Santuz, il sindaco di Gorizia Ettore Romoli e il presidente della Provincia Enrico Gherghetta, anche se in una posizione defilata rispetto al protocollo che ha dato maggiore visibilità alle autorità slovene.
Momento di festa e di soddisfazione, dunque, per la Slovenia che su questo tratto di autostrada ha investito forze e soldi per terminare un progetto che i paesi della valle del Vipacco chiedevano a gran voce da anni per porre fine alla strettoia del Nanos, una strada di 8 chilometri di curve e strettoie intasate dal continuo transito di Tir. Lo ha ricordato anche Pahor che, essendo di san Pietro-Vertoiba, questa strada l’ha fatto mille volte vivendo di persona i disagi e malumori degli automobilisti. Ed è anche per questo motivo - ha detto - che si è cercato di accelerare gli ultimi lavori, di superare le difficoltà tecniche e burocratiche»
Ma c’è tanta soddisfazione anche da parte italiana. «Oggi - ha detto Riccardi, che è anche vice commissario per l’emergenza della A4 Venezia-Trieste - questo tratto autostradale si traduce in un ulteriore segmento del Corridoio 5, un’opera importante realizzata in territorio sloveno anche con un contributo economico e finanziario importante del Governo italiano». Dei 221 milioni utilizzati per realizzare il tronco Vipava-Razdrto, 47,8 sono stati prestati da Autovie Venete. «Il fatto rilevante - ha ricordato Riccardi - è che con questo intervento si è materializzata la grande intuizione della legge sulle aree di confine. Questo è il primo esempio di intervento italiano al di fuori dei propri confini». E i buoni e positivi rapporti sono stati riconosciuti dal presidente della Dars Nemec, che ha auspicato il proseguimento della collaborazione con Autovie Venete. Da parte sua Santuz ha ricordato i recenti accordi anche con l’Austria per avviare un sistema congiunto di informazione sulla viabilità.
A guadagnare di più del completamento dell’autostrada per Lubiana è indubbiamente Gorizia. Lo conferma il sindaco Ettore Romoli: «È un momento molto importante per la nostra città, che esce dall’isolamento più ancora dell’abbattimento dei confini. Anche per questo motivo non ho voluto mancare all’inaugurazione. Non resta ora che sperare nel prossimo avvio dei lavori della Gorizia-Villesse auspicando che questi finiscano nei tempi previsti, cioè entro il 2012».
«Benvenuti nel Corridoio 5 - afferma Gherghetta, mostrando dall’alto dell’autostrada la sottostante valle del Vipacco -, darà impulso alla crescita dell’economia isontina, avvicinerà Lubiana alle nostre città e alla nostra costa».
FRANCO FEMIA

 

 

IL GRUPPO BEPPE GRILLO - «Piano regolatore privo di strategia»
 

Non piace per niente al gruppo «Beppe Grillo» di Trieste il nuovo piano regolatore. «Manca di qualsiasi strumento di pianificazione e si risolve in ultima analisi in una semplice zonizzazione» scrive il presidente Paolo Menis che contesta soprattutto le norme per le zone cosiddette 01 (Fiera, Burlo, caserma di Banne): «A dispetto della loro rubricazione di ”zone miste strategiche” per queste aree non è stata fatta alcuna scelta strategica se non quella di accrescerne il valore di mercato, probabilmente per ”fare cassa”, consentendo di intervenire senza un indirizzo preciso sulle destinazioni d’uso».
Non piace inoltre il fatto che siano demandate «a piani particolareggiati, che non saranno in vigore certamente nel breve periodo, scelte importanti come quelle relative agli interventi in centro storico e alla mobilità. Con questi presupposti - prosegue la nota - chiedersi se è stata tagliata o meno l’edificabilità, per giunta con la sciagura del Piano casa regionale in arrivo, è esercizio assolutamente inutile». In conclusione, una nota ironica: «Nel Piano struttura - dicono i ”Beppe Grillo” - una vera e propria linea nera indica la presenza del Corridoio 5, probabilmente l’unica scelta corretta sembra proprio il colore utilizzato per il segno grafico».
 

 

Vacanze alternative, tutti insieme «volontariambiente» - La bella Italia dei piccoli comuni. Al lavoro sui sentieri e alla Festa degli gnocchi che sovvenziona le maestre
 

Lusiana, Altipiano di Asiago
LUSIANA (ALTIPIANO DEI SETTE COMUNI) La risposta alla società del casting, all’incultura dell’Isola dei Famosi e del Grande Fratello, all’egocentrismo estremo arriva da un popolo che non è di santi, né di poeti o navigatori, bensì di eco-vacanzieri che oltretutto pagano 200 euro per lavorare dieci giorni tutti insieme appassionatamente. Anzi «Volontariambiente». Sono decine di migliaia che dal 1991, sparsi nei campi di Legambiente, difendono la bella Italia dei piccoli comuni che non fa audience pur rappresentando il 72% dei municipi italiani ovvero il 55% del territorio nazionale. I media se ne occupano solo sotto il profilo culinario e dei sapori. Ma dei sentieri abbandonati e ridotti in pessime condizioni mentre una volta erano vie di comunicazione e dei chilometri e chilometri di coste e spiagge che sono diventati veri e propri immondezzai pochi si curano.
La gioia di ascoltare e raccontare storie.
Ecco perché siamo partiti per Lusiana, paese di 2902 anime dell’Altipiano dei Sette Comuni o di Asiago in provincia di Vicenza dove si trova un campo estivo della resistenza all’Italia della televisione intesa come solitudine e isolamento. Qui nella frazione di Santa Caterina sono in dieci e alla sera, dopo una giornata di lavoro, parlano, raccontano storie, ridono. Con gli occhi e la bocca esprimono tutto quello che non si fa più. E a chi vuole vendere decoder e tonnellate di canali tv per chiudere la gente da sola o anche in famiglia, ma muta davanti allo schermo rispondono: viva la comunità e quel po’ di caciara che permetta di alzarsi freschi la mattina presto. Se non fosse stato per questo gruppo di volontari non saremmo mai arrivati in un paesino che nelle chiese raccoglie dolci tele di Jacopo Bassano, la più antica campana di tutto il Veneto e una Sacra Spina della Corona di Cristo. La leggenda vuole che, per provarne l’autenticità nel 1533 sia stata bruciata insieme ad altre spine selvatiche. E quella Sacra sarebbe stata risparmiata dal fuoco.
La melodia delle parabole, dei miti e delle tradizioni di questi borghi che circondano Asiago ci rapisce nel mondo di Mario Rigoni Stern, simbiosi tra memoria e natura. Il suo Tönle legato alla terra e alla piccola patria, all’alternarsi delle stagioni e della vita rimarrà sempre dentro di noi. L’Altipiano dei Sette Comuni è anche terra dei Cimbri, qui la variante linguistica presenta le caratteristiche dell’Antico Alto Tedesco. E durante la prima guerra mondiale, quando la popolazione fu evacuata in Val Padana a causa degli aspri combattimenti, fu costretta a imparare l’italiano per non essere scambiata per nemica o filo austriaca.
Miracolo a Bassano - Coordinatori globali
La nostra piccola storia inizia invece domenica 9 agosto alle 18. L’appuntamento per partire insieme ai volontari alla volta di Lusiana è alla stazione ferroviaria di Bassano e la prima sorpresa arriva dalla coppia che ci accoglie.
Il responsabile del nostro campo si chiama Juan Pablo Nagel ed è nato ventisette anni fa a Buenos Aires. Con lui c’è la coordinatrice dei venti campi di Legambiente in Veneto, Maria Rodriguz Copca, ventiquattrenne messicana che vive da parecchio tempo in Italia e studia Beni culturali all’Università di Verona. Mentre il piemontese Roberto Cota capogruppo della Lega alla Camera sogna un presunto esame ai professori sulla parlata locale, nel Veneto che ama il dialetto siamo invece piacevolmente consegnati a rappresentanti internazionali di un’associazione che si sta globalizzando. La Treviso dello «sceriffo» Gentilini sembra essere lontana, Bassano e Vicenza sono infatti guidate da centrosinistra e liste locali.
Juan Pablo intanto ci distoglie dai nostri pensieri sorprendendoci ancora una volta. Non tanto perché aveva i nonni di Faenza o in quanto il padre pilota d’aereo lo aveva portato altre volte nel nostro Paese, ma perché ha studiato sceneggiatura ed è un amante del cinema italiano. «Quello vero – sorride – di Vittorio De Sica, Roberto Rossellini, il neorealismo, Cesare Zavattini...Miracolo a Milano». Anche per noi essere qui è un miracolo. E Fellini? «Ah, Fellini, I vitelloni , La strada...Giulietta Masina».
Ci guardiamo attorno gioiosi. Siamo sull’asfalto nella strada davanti alla stazione e inconsciamente cerchiamo, fra il rumore di qualche macchina, gli occhi dolci di Gelsomina o il corpo del rude saltimbanco Zampanò, quello del magistrale Anthony Quinn. A Juan Pablo sembra di sentire una musica, ma forse è solo il gagliardo trambusto degli altri volontari arrivati in auto o dai treni. Mani che si stringono, presentazioni, tutto in fretta perché un pulmino è pronto a partire per Lusiana. Chi è arrivato con mezzi propri lo segue.
Come alloggio la scuola elementare.
Ad attenderci in paese non ci sono né un albergo né una casa, ma la scuola elementare di Santa Caterina di Lusiana dove uomini in un’aula e donne in un’altra si sistemano con sacchi a pelo o lenzuola portate da casa sulle brande messe a disposizione. Per noi triestini è una divisione familiare che ci riporta al bagno alla Lanterna ultima eredità dell’ordine (o disordine?) asburgico. Appena sistemati Juan Pablo veste i panni del responsabile del campo ed è pronto a organizzare il lavoro, visto che a turno i volontari dovranno cucinare per tutti, fare il pane e provvedere alla pulizia di aule-dormitorio e gabinetti. In quella giornata naturalmente non svolgeranno le mansioni ambientali nei boschi ma aiuteranno a preparare gli gnocchi per la grande festa di Ferragosto.
Corvée cucina e gabinetti.
Lunedì. La prima corvée spetta a Pino professore pensionato genovese e a Elettra vivace liceale di Roma. Serena e Alessandro Gambini di Milano, lei impiegata e lui grafico ma cantautore per hobby, coppia anche nella vita, se la vedranno con piatti e pentole domani. In Abruzzo in un ex convento gestito da Legambiente si sono spaccati la schiena facendo i contadini e quindi il lavoro dei prossimi giorni non li spaventa. Giuseppe napoletano che per somiglianza e carattere ricorda l’indimenticabile Troisi, responsabile della segreteria in uno studio legale, guarda pensa e parla poco. Ma è contento di essere qui tanto che proseguirà l’esperienza in Carnia. E sorprende la compagnia quando racconta di avere scritto duemila pagine di storia dall’archeologia all’impero romano. Ora è in cerca di un editore.
Ludovica trentenne maestra vicentina che tutti prendono per una liceale è la più vicina a casa. Grazia anche lei allegra romana e compagna di scuola di Elettra a Ludovica che scandisce tren-ta non ci vuole proprio credere. È una vera società trasversale, l’altr’anno a Lamon nel bellunese del gruppo facevano parte una francese docente di letteratura italiana all’Università di Grenoble e un commerciante con negozio in via Montenapoleone
Insieme a far gnocchi per pagare le maestre.
La scuola è il quartier generale della festa. Lo si vede al pianoterra dal trionfo di cassette di patate, 35 quintali. Siamo nella fabbrica degli gnocchi. Le aule dove dormiamo fra crocifissi e lavagne debordano di pacchi. Sulle tavole nere di antica ardesia sono rimasti i saluti del gruppo internazionale che ci ha preceduti. Uno è scritto in coreano. Tutti si sentono già parte di una comunità. Danilo che gestisce un bar in paese è entusiasta e ride con gli occhi mentre racconta le storie della contrada e della Sacra Spina. La sagra gestita dai paesani con l’aiuto dei volontari finanzia molte attività fra le quali la scuola elementare a tempo pieno che, grazie all’iniezione di contante della Festa degli Gnocchi, è stata salvata dalla chiusura. E adesso è piena di bambini. Le famiglie pagano 30 euro al mese di retta, il resto è merito degli gnocchi.
Per mangiarli conditi con quindici salse diverse arrivano perfino da Rovigo. Insomma il privato sostiene il pubblico. Qui, quando le cose vanno bene, dicono: «Santa Spina». Prima di cena non perdiamo nell’affollata piazzetta l’ingenuo e seducente spettacolo del mago Lucas. E giù, tutti a ridere.
I nuovi campi della legalità.
Quest’anno Legambiente pone maggiore attenzione ai progetti per i più giovani, ma in un campo si apprende sempre qualcosa a tutte le età. I campi della Legalità organizzati nei beni confiscati alle mafie e gestiti dalle cooperative sociali insieme alla rete Libera, sono rivolti ai volontari italiani che possono vivere un’esperienza molto stimolante lavorando nei terreni e partecipando ai seminari dove scoprono una società che lotta contro l’illegalità e il privilegio fondato sulla violenza. Un altro elemento formativo è costituito dai moltissimi campi Antincendio boschivo che permettono di avvicinarsi alla Protezione civile. E poi ci sono i campi di Ricerca naturalistica finalizzati allo studio e alla tutela della biodiversità, o quelli di Salvalarte per la riscoperta e la valorizzazione dei tesori nascosti nel nostro territorio.
Un arrivederci e non un addio.
Martedì. Lusiana si trova sull'orlo superiore della grande scarpata che segna il passaggio tra la pianura veneta e l'altopiano vero e proprio. Dalla pianura la grande scarpata si presenta come un muro montuoso verdeggiante che fa da sipario all'ambiente alpino, rampa e fascia di transizione verso un mondo diverso e lontano. Per noi è già il momento di partire. Abbiamo visto facce gioiose anche sotto la pioggia, scoperto sorrisi sereni di uomini e donne mentre pulivano con amore cucine e gabinetti. Non scorderemo i volontari, la gente di questa terra, Juan Pablo che in Italia pensa al suo futuro come altri migranti. Resta con noi Juan Pablo, qui c’è tanto da fare.
FABIO CESCUTTI

 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE (1) - Serve un dibattito
 

Sulla sicurezza ambientale non c’è niente da scoprire: gli impianti di questo tipo devono rispettare norme internazionali e nazionali, già ben definite e applicate in tutti i paesi civili e anche nello stesso nostro Paese. Mi riferisco all’articolo 8 del decreto legislativo n. 334 del 17 agosto 1999 e successive modificazioni, recente attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo degli incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose (si tratta della cosiddetta direttiva Seveso) nonché all’interdizione della navigazione in un’area ben definita circostante alle navi gasiere e/o agli impianti.
A questo proposito, nella seduta del Senato del 9 luglio scorso, in risposta a un’interrogazione sul rigassificatore di Porto Viro (Rovigo) è stato precisato (cito a memoria) che l’impianto in questione (localizzato in mezzo al mare e quindi lontano da centri abitati) «(...) è soggetto anche agli adempimenti previsti dall’art. 8 del decreto legislativo n. 334 sopra menzionato (direttiva Seveso)» e inoltre «(...) la Capitaneria di porto di Chioggia con propria ordinanza di polizia marittima si rappresenta che l’interdizione dell’area circostante la piattaforma persegue finalità relative alla sicurezza della navigazione e alla salvaguardia della vita umana (...)». L’area interdetta alla navigazione è di 1,5 miglia marine di raggio, cioè un diametro di olre 5 chilometri.
Per quanto riguarda il rigassificatore di Zaule non ho ancora sentito niente circa l’applicazione di queste norme di sicurezza. Del resto, vista la sua localizzazione in mezzo a un’area densamente popolata e in fondo a una baia di dimensioni ridotte, è impossibile attenersi alla direttiva Seveso ed è altrettanto impossibile rispettare le regole sull’interdizione alla navigazione perché, in tal caso, verrebbe bloccata sia l’attività commerciale del porto di Trieste sia il turismo nautico di Muggia. Chiedere sicurezza ignorando queste norme è pia illusione o fumo negli occhi.
Pertanto l’insistenza con cui si vuole imporre il rigassificatore a Trieste, contro la volontà dei cittadini, senza alcun interesse alla salvaguardia della vita umana, ignorando le direttive internazionali, ignorando colpevolmente la nostra comunità scientifica, mi convince sempre più che questa sia solo un’operazione speculativa a favore di pochi e a danno della comunità.
A suo tempo ci è stato detto, dall’allora presidente della Regione, che noi cittadini siamo preoccupati perché male informati. E allora perché non si è mai voluto organizzare un dibattito pubblico, in televisione, dove le diverse tesi possano confrontarsi in modo completo e convincente?
Se si riuscisse a dimostrare che tutte le preoccupazioni di carattere ambientale, economico e di sicurezza sono infondate, che la nostra comunità scientifica non è credibile, che l’incidente di Viareggio è stato solo un fatto virtuale, allora saremo felici di accogliere i rigassificatori. Altrimenti sarà doveroso e onesto rinunciarvi definitivamente.
Silvano Baldassi
 

 

SEGNALAZIONI - RIGASIFFICATORE (2) - Allarme giustificato
 

Egregio signor sindaco, premetto che io l’ho sempre considerata una persona onesta e leale nei confronti dei suoi concittadini e per questo le scrivo questa lettera. Lei ha detto sul Piccolo del 24 luglio: «Se il rigassificatore dovesse scoppiare farà soltanto un botto, ma se scoppiasse la centrale di Krsko saremmo tutti cotti, anche Padova». Allora io mi domando: se è così, come mai la Regione è d’accordo che gli sloveni raddoppino la centrale e addirittura vogliono entrare nella sua gestione? Vogliono far questo perché la Slovenia dia la sua approvazione al rigassificatore di Zaule, senza far storie. Ma la Slovenia non dà la sua approvazione perché si è resa conto che gli studi presentati da Gas Natural sull’impatto ambientale non sono sufficienti così come, a suo tempo, aveva constatato il professor Costa e gli altri alla cui conferenza avevo partecipato. Guardi, signor sindaco, che io leggo il Piccolo ogni giorno da tantissimi anni, ritaglio tutti gli articoli che mi interessano, dunque parlo con cognizione di causa. Come possiamo esser certi della sicurezza dell’impianto, quando ho visto come è stato fatto a Porto San Rocco con i materiali inquinanti? Adesso c’è quel chilometro di costa inutilizzabile perché non è stato fatto alcun controllo. E perché non hanno controllato? Ci si accorge sempre quando il male è stato fatto e poi chi paga? Il povero cittadino. Chi ci assicura che il rigassificatore sarà fatto a regola d’arte e he non tireranno sui costi a scapito della sicurezza? Se tanto mi dà tanto, chi controllerà?
Io sento parlare molto di royalties, interessi, ingresso di AcegaAps nel business della gestione del rigassificatore, ma sulla sicurezza non ho sentito neanche una parola. Lei ha anche scritto sul Piccolo: «Primo obiettivo da centrare è confrontarsi con la popolazione per evitare falsi allarmismi e mi piacerebbe coinvolgere anche Gas Natural affinché spieghi con precisione il progetto.
Allora io le chiedo: non le sembra giusto che, oltre a Gas Natural che naturalmente tirerà l’acqua al suo mulino, dovrebbe invitare anche i sindaci dei Comuni minori e il suo amico sindaco di Capodistria e inoltre i rappresentanti del comitato per la salvaguardia del Golfo, il professor Costa e i ricercatori dell’Università di Trieste che, si dice, siano tra i migliori d’Europa? Loro dovranno fare le domande sull’ecosistema, l’impatto ambientale e così via e Gas Natural a loro dovrà rispondere. Se è tutto in ordine non dovrebbero temere nulla. Così noi cittadini sentiremo tutte e due le campane, potremo valutare i pro e i contro e poi decidere. Questa, per me, signor sindaco, è la vera democrazia.
Graziella Albertini
 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 13 agosto 2009

 

 

Rifiuti, multe a chi non si adegua alla ”differenziata” - IN AUTUNNO IL NUOVO REGOLAMENTO DELL’IGIENE URBANA
 

la raccolta dei rifiuti a Trieste

Il Comune mira a raggiungere il 30% di materiali riciclabili sul totale di immondizie conferite entro la fine del 2010. Oggi è ferma al 20,8%

Più contenitori per vetro, plastica e carta. Ridotti i cassonetti, parte la raccolta degli imballaggi nei negozi

Non più solo «caldamente consigliata». Per i triestini, la raccolta differenziata dei rifiuti diventerà a breve un obbligo vero e proprio. Regolamentato e, in caso di violazioni, collegato a sanzioni. Così, il Comune di Trieste vuole avvicinare per la fine del 2010 l’agognata quota del 30% di materiali riciclabili sul totale delle immondizie prodotte nell’arco di un anno (poco più di 100mila tonnellate), dall’attuale 20,8%.
IL REGOLAMENTO Questo cambiamento di status della differenziata è compreso nella bozza del nuovo «Regolamento per la gestione dei rifiuti urbani ed assimiliati e la pulizia del territorio del Comune di Trieste». Semplificando: «Regolamento dell’igiene urbana», disciplinata al momento dalla vecchia raccolta di norme risalente al dicembre del 1990 e ancora in vigore.
ESERCIZI Si tratterà di una sorta di condizione da tolleranza zero anche per gli esercizi commerciali e quelli pubblici, i locali per intenderci, nello specifico per quanto concerne gli imballaggi di carta e cartone. Al riguardo, infatti, il Comune istituirà un percorso specifico - avvalendosi sempre del servizio affidato ad AcegasAps - per la raccolta porta a porta. Va subito chiarito infatti che l’obbligatorietà si legherà indissolubilmente ai provvedimenti stabiliti dall’amministrazione per garantire ai gestori, come a tutti i cittadini, la dotazione degli strumenti utili a comportarsi in maniera virtuosa e rispettosa dell’ambiente. «Il regolamento si muove nell’ottica della sensibilizzazione, che continueremo a sostenere pure con apposite campagne informative - afferma l’assessore comunale allo Sviluppo economico, turismo e società partecipate Paolo Rovis, anticipando alcuni dei contenuti del testo -. Si è scelto di obbligare sì, mettendo però a disposizione gli strumenti adatti. Ecco perché, dalla sua approvazione, questa parte del nuovo regolamento entrerà in vigore solo nel momento in cui il Comune avrà completato la messa a punto di tutto il lavoro di organizzazione e dotazione».
GLI STRUMENTI L’azione del Municipio sarà, in effetti, duplice. Non solo, l’allestimento della raccolta porta a porta degli imballaggi di carta e cartone nei negozi e nei locali, ma anche l’ampliamento del numero di campane ecologiche in città. Saranno oltre 1300 i nuovi contenitori per vetro e lattine, plastica e carta e cartone che verranno sistemati sul territorio triestino fra la fine del 2009 e l’inizio del 2010. Oltre a ciò, 200 (sui 2000 totali) bottini di grandi dimensioni finora riservati alla raccolta di rifiuti solidi urbani indifferenziati saranno convertiti, con il necessario adattamento, alla «differenziata». In tutto, 1500 unità che andranno a raddoppiare il numero complessivo attuale.
L’ITER È probabile che, per quel periodo, il nuovo regolamento sia stato già approvato, visto che la giunta inizierà a esaminarlo a inizio settembre. Poi, toccherà a circoscrizioni, commissioni e Consiglio comunale pronunciarsi. Un percorso che impegnerà almeno un mese. Una volta concluso l’iter, la parte sanzionatoria non potrà essere effettivamente operativa fino all’effettivo completamento della dotazione degli strumenti.
LE ISOLE «Stiamo provvedendo a una mappatura del territorio assieme ad AcegasAps - spiega ancora Rovis -, per rivedere la redistribuzione delle isole ecologiche in base alle situazioni di maggiore emergenza, sempre nel rispetto del limite di distanza imposto dalla legge, fissato in un massimo di 250 metri fra abitazione e bottini. Potrà accadere che qualche famiglia si trovi le campane a 40 metri dal portone di casa invece che a 10, ma non più di questo». Le isole ecologiche, composte da quattro contenitori (quello per i rifiuti solidi urbani, più i tre colorati per la differenziata), dovrebbero diventare così un migliaio. Oggi sono la metà.
SANZIONI Chi verrà sorpreso violare l’obbligo di differenziare le immondizie, sarà multato, una volta a pieno regime il nuovo corso. Come pure i commercianti che ometteranno di seguire le indicazioni sugli imballaggi. Le cifre delle sanzioni specifiche non sono state ancora individuate. Le verifiche del Comune, come già in passato, viaggeranno pure sull’altro binario, interessando tramite le Guardie ambientali anche l’operato dell’AcegasAps, «che ha dovuto pagare oltre 30mila euro nel 2008 per episodi di mancata o carente prestazione di servizio», aggiuge Rovis.
VANTAGGI L’aumento della differenziata ridurrà il numero di rifiuti solidi urbani in arrivo al termovalorizzatore, che così potrà accoglierne altri da fuori città per trasformarli in energia elettrica. «Considerati i più alti contributi in entrata per la maggiore percentuale di raccolta differenziata e le spese inferiori per una minore opera di smaltimento, questi nostri interventi non avranno nessun costo per il Comune. E - chiude Rovis - non determineranno aumenti della Tarsu». Argomento quanto mai attuale, visto il recente decreto sull’illegittimità degli aumenti e la lettera inviata dal sindaco Roberto Dipiazza al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Bottini ”interrati” in piazza della Borsa - SISTEMATI NEL SOTTOSUOLO, COSTERANNO 250MILA EURO
 

In ogni progetto obbligatorio uno spazio per le isole ecologiche
A quelle 500 isole ecologiche in più che verranno disseminate sul territorio comunale a cavallo tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010, se ne aggiungerà una tutta particolare. Interrata e altamente tecnologica. Dove? Nel sottosuolo di quella piazza della Borsa oggetto di un profondo restyling. Lì, infatti, all’altezza della zona degli storici bagni pubblici sotterranei, saranno sistemati quattro contenitori a scomparsa (rifiuti solidi urbani, carta e cartone, vetro e lattine, plastica), collegati alla superficie grazie a delle bocche esterne nelle quali saranno conferite le immondizie. «Queste si collegheranno a bottini dotati di un sistema compattatore che, schiacciando le immondizie, aumenterà di otto volte il volume di spazio disponibile, da riempire. Un aspetto che permetterà di effettuare il passaggio per lo svuotamento non più quotidianamente, con tanto di relativo risparmio», conferma l’assessore Paolo Rovis. La soluzione costerà 250 mila euro.
Per svuotare i contenitori sotterranei, all’addetto dell’AcegasAps incaricato basterà schiacciare un pulsante su un apposito telecomando. La copertura sovrastante il singolo bottino si alzerà, permettendone poi la sostituzione. «Maggiore capacità, eliminazione di cassonetti dalla superficie con un’immagine complessiva migliore per la zona e riduzione dei costi per il lavoro di svuotamento»: questi i risultati che l’operazione dovrebbe garantire, nelle previsioni di Rovis. La decisione, raggiunta in accordo con il sindaco Dipiazza e l’AcegasAps, è stata motivata dalla necessità di operare, in fase di riqualificazione della piazza, tenendo presente la prossima entrata in vigore del nuovo «Regolamento sull’igiene urbana». Nel testo, infatti, è previsto l’obbligo «di prevedere nelle nuove progettazioni, sia da parte di enti pubblici che di privati nell’ambito di piani particolareggiati, la presenza di isole ecologiche», spiega l’assessore comunale snocciolando un’altra anticipazione del documento.
ECODOM Intanto, Ecodom - Consorzio italiano recupero e riciclaggio elettrodomestici fa sapere di aver raccolto in tutto il Friuli Venezia Giulia, dal gennaio 2008 al giugno 2009, 2303 tonnellate tra frigoriferi, lavatrici e lavastoviglie (i Raee, rifiuti elettrici ed elettronici). Grazie al processo di trattamento e riciclo realizzato da Ecodom, fra le altre cose, 54 mila tonnellate di anidride carbonica non sono state immesse nell’atmosfera. A Trieste, sono stati raccolti 869 mila chili di rifiuti di questo genere, pari a 1,7 milioni di chilowattora di energia elettrica risparmiata e 14,4 mila tonnellate di anidride carbonica non prodotte.

(m.u.)
 

 

Certificati energetici obbligatori anche in Fvg - Dal 25 luglio vanno allegati ai documenti in caso di vendita o affitto dell’immobile
 

 PRECISAZIONE DELLA DIREZIONE AMBIENTE E LAVORI PUBBLICI
TRIESTE Una copia degli attestati di certificazione energetica o delle autodichiarazioni relativi agli edifici situati in Friuli Venezia Giulia va consegnata alla Direzione centrale Ambiente e Lavori pubblici della Regione Autonoma Fvg, via Giulia 75/1, 34126 Trieste. A precisarlo è la stessa Direzione, a seguito delle numerose richieste di chiarimento formulate in questi giorni sia da professionisti che si occupano di certificazione che da cittadini, in relazione all'obbligo (dallo scorso 25 luglio) di dotare di attestato di qualificazione/certificazione energetica le singole unità immobiliari, sia esistenti che di nuova costruzione, in caso di vendita o di affitto. Anche sul territorio del Friuli Venezia Giulia si applicano infatti le disposizioni delle "Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici", indicate nel Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 26 giugno 2009, in applicazione della Direttiva Europea 2002/91/CE del Parlamento e del Consiglio del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico degli edifici. In proposito l'assessore regionale all'Ambiente e Lavori pubblici, Elio De Anna, rende comunque noto che l'Amministrazione regionale sta per adottare una propria procedura di certificazione energetico-ambientale, denominata "certificazione VEA di sostenibilità energetico ambientale", così come previsto dalla legge regionale 23 del 2005 (Disposizioni in materia di edilizia sostenibile). Rimane il fatto che, fino a quando non sarà approvata la norma regionale, valgono le disposizioni nazionali. Di conseguenza «tutta la documentazione che fino ad allora sarà recapitata alla Direzione centrale Ambiente e Lavori pubblici della Regione - assicura l'assessore - rimarrà perfettamente valida».
 

 

Wwf: «Meno cemento ma serve coraggio» - Sul piano regolatore un «sì» condizionato ad alcune correzioni
 

All’amministrazione Dipiazza e al centrodestra nel suo assieme il Wwf riconosce «un certo coraggio» nell’aver molto diminuito l’edificabilità col nuovo Piano regolatore rispetto a quello licenziato da Illy nel ’97, fieramente avversato come «cementificante» dall’associazione ambientalista. Ma chiede ora un atto conseguente di coerenza di fronte al «Piano casa» regionale che consente ampliamenti edilizi fino al 35%: «Gli oltre due milioni di metri cubi edificabili, che il nuovo piano ha tagliato rispetto a quello del ’97 – scrive in una nota Dario Predonzan del direttivo Wwf – usciti dalla porta potrebbero rientrare dalla finestra, a meno che la legge regionale non riconosca ai Comuni la facoltà di negare gli ampliamenti e di salvaguardare così i propri strumenti urbanistici. Sarà previsto ciò nel disegno di legge che l’assessore Seganti sta per presentare al Consiglio regionale? Il sindaco di Trieste e la sua maggioranza si faranno sentire in Regione?»
Secondo Predonzan l’aver ridotto da 58 a 18 le zone di espansione residenziale è ancora troppo poco: «Gli stessi dati demografici del nuovo piano dimostrano che in realtà andavano eliminate tutte, stante il macroscopico sottoutilizzo del patrimonio edilizio esistente». Ma anche perché «tra quelle zone alcune presentano gravi problemi di accessibilità, riguardano aree di pregio ambientale, oppure sono plateali operazioni speculative (come quella prevista su parte del Villaggio del fanciullo)».
Contestata anche la norma che consente di «ripescare» piani edilizi in zone «apparentemente eliminate», perché «fa salvi i piani particolareggiati del piano Illy, o perché approvati o solo adottati dal Consiglio comunale. Eppure da anni – scrive il dirigente dell’associazione – Wwf e Italia Nostra hanno dimostrato con dovizia di documenti che la giurisprudenza riconosce ai Comuni il diritto di modificare le destinazioni del territorio anche in presenza di piani approvati e addirittura di convenzioni urbanistiche già sottoscritte: i Comuni, se lo vogliono, vincono le cause».
Predonzan invita a «correggere quel che non va» in fase di osservazioni (zona turistica di Padriciano, «abbandono all’arbitrio del mercato immobiliare delle zone strategiche come Burlo, caserma di Banne, mercato ortofrutticolo») e soprattutto spera dal Comune «dibattito coi cittadini, quel percorso partecipativo che sarebbe stato opportuno avviare prima, ma che non è troppo tardi fare oggi».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 12 agosto 2009

 

 

Corridoio 5, cade l’ultima barriera con Lubiana - Domani l’inaugurazione della Vipava-Razdrto: da Gorizia alla capitale slovena in 45 minuti
 

Dopo oltre vent’anni di lavori trova ora completamento il collegamento tra Nova Gorica e la capitale slovena entrato a far parte del Corridoio 5
GORIZIA Lubiana ora è più vicina a Gorizia. Basteranno 45-50 minuti per raggiungere la capitale della Slovenia. Sarà infatti aperto domani il tratto autostradale Vipava-Razdrto completando così dopo oltre vent’anni la Nova Gorica-Lubiana, un’opera fondamentale per i collegamenti stradali transfrontalieri non solo per Gorizia e il Friuli Venezia Giulia ma per l’intera Italia. Con il tratto del Nanos cade infatti l’ultimo diaframma del Corridoio 5 autostradale Barcellona-Leopoli-Kiev e diventano più veloci i collegamenti non sono con Lubiana ma anche con Budapest e l’Est europeo.
Il nuovo tratto autostradale è lungo 12 chilometri, di cui gli ultimi cinque passano sotto il monte Nanos. Un’opera che è costata alla Dars, la società che gestisce la rete autostradale della Slovenia, 221 milioni di euro. Compreso anche il finanziamento di 47,8 milioni di Autovie venete. All’opera ha lavorato anche la ditta friulana Vidoni Spa.
Il tratto autostradale sarà inaugurato domani, alle 18, a Vipava e vedrà la presenza del ministro dei Trasporti sloveno Patrick Vlacic e non viene esclusa anche la partecipazione del primo ministro Borut Pahor. Ma sarà folta anche la delegazione del Friuli Venezia Giulia con in testa l’assessore ai Trasporti e alla viabilità Riccardo Riccardi e il presidente di Autovie venete Giorgio Santuz.
Ieri in anteprima abbiamo percorso il nuovo tratto da Vipava alla barriera di Nanos, che si trova all’altezza dell’abitato di Razdrto, dove converge anche la bretella triestina e da dove si prosegue per i restanti 54 chilometri che separano da Lubiana.
Il nuovo tracciato, i cui lavori erano iniziati nel 2002, è a due corsie (manca quella di emergenza, come del resto sull’intero tracciato dell’autostrada). Nel suo percorso di 12 chilometri si attraversano quattro gallerie - la più lunga quella di Podnanos, misura poco meno di 600 metri - e otto viadotti che superano la montagna. Il dislivello è di 497 metri e la pendenza raggiunge il 5%. La velocità massima consentita sarà di 100 km orari nei tratti interessati dai viadotti, mentre nelle gallerie si ridurrà a 60 km e sarà vietato ai Tir il sorpasso delle auto.
In galleria sono stati installati sistemi di sicurezza elettronica con uscite di emergenza e colonnine per chiamare i soccorsi ogni 100-150 metri.
Qualche problema deve essere ancora risolto come quello della posa delle barriere antivento. A sollevare il problema erano stati nei mesi scorsi i sindaci della zona. «Il rischio è che l'autostrada rischia di venir chiusa nei giorni di bora», aveva detto il sindaco di Aidussina, Marjan Poljsak. La Dars, comunque, ha già avviato degli studi con misurazione del vento e in base a questi risultati adotterà le misure necessarie. Ma eventuali barriere saranno collocate non prima del 2010. Al momento nei punti più critici sono state posizionate delle maniche a vento per segnalare agli automobilisti la presenza o meno del vento.
L’apertura del tratto del Nanos comporterà un aumento del traffico pesante sulla direttrice per Gorizia, che è la più breve per raggiungere il sistema autostradale italiano. Oggi parte dei camionisti, per evitare il supplizio di percorrere la strada regionale del Podnanos - otto chilometri con carreggiata stretta, continue curve pericolose con una pendenza dell’8% -, preferiscono utilizzare la più lunga ma scorrevole bretella triestina di Sesana.
Gli ultimi dati, riferiti però al 2007, indicano che la direttrice per Nova Gorica ha visto il transito di 8.214 veicoli giornalieri, di cui quasi 1.954 Tir, contro i 60 mila veicoli che sono transitati sulla Razdrto-Lubiana. Da domani sulla bretella goriziana questi dati saranno abbondantemente superati.
FRANCO FEMIA

 

 

A4, Riccardi «possibilista» sul casello a Tapogliano - REPLICA DELL’ASSESSORE REGIONALE
 

GORIZIA «Non sono mai contrario ad analizzare suggerimenti e proposte, ma questi devono avere una loro sostenibilità»: così l’assessore regionale alla Viabilità e vice commissario straordinaria per la A4 e per il raccordo Gorizia-Villesse Riccardo Riccardi sulla richiesta del Patto di sviluppo di Gorizia di realizzare a Tapogliano la barriera sulla A4 eliminando i caselli di Villesse, Redipuglia e Lisert.
Se non è una bocciatura quella di Riccardi, poco ci manca. «Va ricordato che la decisione di realizzare il casello a Villesse è stata presa dopo un’intesa a livello locale con tutti gli enti interessati - ha ricordato Riccardi - E questo il presidente della Provincia Gherghetta lo sa. Poi, ripeto, sono favorevolissimo ad analizzare tutte le proposte, ma fatte con cognizione di cause altrimenti rischiano di essere solo demagogiche».
Il problema è legato al pedaggio, un’entrata che garantisce anche gli investimenti senza i quali non è possibile realizzare nuove infrastrutture. D’altra parte lo stesso Patto di sviluppo di Gorizia indicava con punti di debolezza la sostenibilità economica-finanziaria della propria proposta. La liberalizzazione del tratto autostradale Lisert-Villesse comporterebbe una perdita economica per Autovie venete che rinuncerebbe ai pedaggi.
Il Patto per lo Sviluppo aveva proposto un’unica barriera a Tapogliano in previsione di un aumento del traffico sulla Gorizia-Villesse sia per la prossima apertura di Ikea che di quella dell’autostrada Gorizia-Razdrto-Lubiana che incrementerà su Gorizia il traffico di mezzi pesanti da e per l’Est Europa. Solo per Ikea si prevede un afflusso di un milione e mezzo di auto all’anno.
Il progetto di adeguamento della Villesse-Gorizia, i cui lavori inizieranno entro l’anno, prevede la realizzazione di una nuova stazione per il pedaggio di 12 piste, 8 in uscita e 4 in entrata.

(fra.fem.)
 

 

Ecoincentivi, assalto ai fondi regionali - Contributi per il risparmio energetico: domande per 5,5 milioni di euro
 

TRIESTE Quasi quattrocento domande tra Gorizia e Trieste. Quasi ottocento tra Udine e Pordenone. I dati non sono ancora definitivi ma, di certo, il contributo regionale per le ristrutturazioni finalizzate al risparmio energetico va a ruba. Le domande finora pervenute superano i fondi previsti: Trieste e Gorizia, da sole, «risucchiano» quasi la totalità degli stanziamenti. Secondo i dati forniti dalla direzione ai Lavori Pubblici, infatti, le richieste finora arrivate sono 192 a Trieste e 169 a Gorizia, 650 a Udine e 128 a Pordenone. La domanda totale di contributi si attesta sugli 850mila euro a Trieste, viaggia sul milione e mezzo di euro a Gorizia, sui 670mila euro a Pordenone e sui 2 milioni e 450mila euro a Udine. In totale, quindi, la somma di contributi richiesti è pari a 5 milioni 532 mila euro, mentre la disponibilità è di 3 milioni.
Il risultato evidente è che ci saranno sicuramente domande che rimarranno escluse. «Siamo coscienti del problema e stiamo valutando la possibilità di ampliare i fondi, se avremo disponibilità su altri capitoli – spiega l’assessore Elio De Anna – o, in alternativa, di prevedere una graduatoria che il prossimo anno possa ripescare chi non è riuscito a entrare nel 2009». I fondi messi a disposizione dalla Regione sono 9 milioni di euro, e verranno ripartiti in proporzione alla popolazione residente: alla provincia di Gorizia andrà l’11%, a quella di Pordenone il 24%, alla provincia di Trieste il 21% e a quella di Udine il 44%.
Secondo tale calcolo, a Gorizia andranno 330mila euro, a Trieste 640mila euro, a Pordenone 735mila euro e a Udine 1 milioni e 348mila euro. Quindi, specie per Gorizia e Udine, una cifra pari a circa il 50 per cento del totale delle domande. Al momento dell’approvazione del regolamento, la giunta partiva da una previsione di domande che viaggiava sulle 300 unità all’anno. Ma i numeri reali sono di gran lunga superiori. Il regolamento prevede la concessione di finanziamenti in conto capitale per la realizzazione di «interventi di manutenzione straordinaria finalizzati alla messa a norma di impianti tecnologici e al conseguimento del risparmio energetico». Beneficiari dei contributi sono i soggetti privati proprietari o comproprietari di immobili prima casa. I contributi sono assegnati nella misura del 50 per cento del costo dell’intervento ritenuto ammissibile, e saranno compresi tra un massimo di 10mila euro e un minimo di 3mila.
Elena Orsi
 

 

Assalto edilizio al Carso Venti nuovi progetti da Opicina a Basovizza - ANTICIPATO IL PIANO REGOLATORE
 

È in corso un assalto edilizio alle frazioni del Carso. Almeno una ventina, infatti, sono i nuovi progetti che riguardano Opicina e dintorni. Altri competono le frazioni di Padriciano e Basovizza. Niente ferie, insomma, per il consiglio circoscrizionale dell’Altipiano Est che nel giro di due sedute si è trovato a dover esaminare ed esprimere un parere su una ventina di progetti edilizi. Tra queste un’autentica messe di interventi riguardano in particolare l’abitato di Opicina.
Di fronte all’imponente mole progettuale, nella prima seduta, diversi consiglieri non se la sono più sentita di esprimersi, e così diversi pareri sono scivolati al nuovo impegno consigliare previsto per domani sera. È davvero lungo l’elenco delle richieste. Una riguarda una zona di via della Pineta, nell’area di Campo Romano, sulla quale il parlamentino si è astenuto visto che secondo il nuovo Prg il progetto si troverebbe a sorgere in un angolo riservato al bosco. Due nuove costruzioni sono previste invece in via di Basovizza, alle quali il consiglio ha risposto picche perché previste al confine delle particelle costruibili. Secondo il nuovo strumento urbanistico, infatti, è vietato costruire ai margini dell’area di proprietà. Due nuove concessioni riguardano la via Freud, per la modifica di case già esistenti ai civici numeri 4 e 6. Un progetto riguarda la costruzione di una nuova palazzina in via del Ricreatorio.
Niet del parlamentino poi al progetto di edificazione di una palestra e altre strutture sportive previsto in via dei Papaveri, alla periferia di Opicina. Nella prossima seduta i consiglieri dovranno esprimersi anche sul progetto per la realizzazione di tre edifici residenziali in via Conconello, nei pressi del comprensorio del Villaggio del Fanciullo. Non è ancora dato a sapere dove sorgeranno ulteriori 7 edifici, sempre a Opicina, per opera dell’impresa “Arc Edil”. Da non scordare poi che in tempi recenti il parlamentino era stato chiamato a dare il parere sulla costruzione di una ventina di appartamenti previsti in via dell’Assenzio, alla confluenza con via del Refosco.
Riguardo la frazione di Basovizza, tornano alla carica i costruttori a cui il sindaco Dipiazza aveva spedito un progetto al mittente perché giudicato troppo impattante per l’area circostante il vecchio stagno. Il nuovo prevede l’edificazione di una ventina di appartamenti dallo stile più convenzionale e vicino alle tipologie della borgata. Altre tre concessioni edilizie da esaminare riguardano tre interventi distinti nel borgo di Padriciano. «La nostra parte di altipiano è sotto pressione dal punto di vista edilizio», dice il presidente circoscrizionale Marco Milkovich. E aggiunge: «In dirittura d’arrivo nella presentazione del nuovo Prg, i costruttori si sono scatenati per tentare di arginare le future prescrizioni e dar vita a quella che è lecito definire una speculazione a danno del territorio».
Maurizio Lozei
 

 

Muggia, la cittadina illuminata con lampade a led - Il risparmio di energia arriverà fino al 52%, con una riduzione della spesa annua di almeno 42 mila euro
 

ENTRO UN ANNO LA SOSTITUZIONE DI 859 PUNTI LUCE. L’OBIETTIVO È CAMBIARE TUTTI I 2.600 DELLA RETE
MUGGIA Nel giro di meno di un anno a Muggia cambierà una buona parte dell’illuminazione pubblica, con l’installazione di lampade a luce led. Saranno per l’esattezza 859 i punti luce a venire dotati dell'innovativo sistema di illuminazione, che oltre a permettere un risparmio energetico fino al 52% contribuiranno ad abbattere i costi annui di almeno 42mila (pari a 306mila KW/h).
Già dal primo anno, il risparmio sul canone dovrebbe aggirarsi tra il 25 e il 30%. Se la resa sarà quella prevista, poi, l'obiettivo dell'amministrazione è di procedere sulla strada della totale sostituzione delle lampade dell'intera rete comunale: 2.600 punti luce.
Sul territorio sono infatti 1.660 i punti luce di proprietà del Comune e gestiti da AcegasAps, mentre 859 sono di proprietà di Enel Sole, con cui esiste una convenzione in scadenza.
All'atto del rinnovo, per i prossmini nove anni, la scelta è stata di procedere alla sostituzione di tutte le attuali lampade ”gialle” a vapori di sodio con quelle ”bianche” a led, che come detto consentono una riduzione fra il 40 e il 52% del consumo annuo di energia elettrica e un conseguente taglio della ”bolletta”.
Le nuove lampade contribuiranno anche a un risparmio nelle emissioni di anidride carbonica, stimabile in 147 tonnellate annue, e a un conseguente maggior rispetto ambientale anche attraverso la riduzione dell'inquinamento luminoso. Le lampade sono dotate inoltre di una centralina computerizzata che permette la regolazione dell'intensità luminosa.
Addio anche a lampade ”bruciate”: ogni led è formato da tanti piccoli punti luce, e possono spegnersene fino a venti senza che la lampada perda di efficienza. Altra caratteristica è l'assenza di dispersione di flusso luminoso: la luce proiettata verso il basso non provoca infatti possibili fenomi di ”abbagliamento”.
Il costo di ogni lampada - che ha una durata di 40mila ore (circa 14 anni) - si aggira sui 600 euro. Il Comune, in base alla convenzione, pagherà 100 euro l'anno per ogni lampada, la cui sostituzione in caso di malfunzionamento è gratuita e prevista nel contratto. L'impegno di spesa è di 550mila euro, spalmati nell'arco dei nove anni.
Attualmente le lampade di proprietà di Enel Sole, contraddistinte da un'etichetta rossa, sono collocate a macchia di leopardo sul territorio, ma quando si procederà alla sostituzione non ci saranno problemi di omogeneità visiva. La differenza di colorr non provocherà disturbi, anche perché le lampade sono collocate a gruppi. Un test è in corso in via Bembo, dove sono state installate le prime tre lampade a led che sembrano aver già mostrato un'ottima resa.
Gianfranco Terzoli
 

 

 

 

LA REPUBBLICA- MARTEDI' , 11 agosto 2009

 

 

RIFIUTI - Raccolta differenziata: l'Oscar va a Verbania
 

Lo rivela un rapporto dell'Istat: Messina, Iglesias e Palermo le maglie nere. In calo i consumi di acqua, salgono quelli di energia. Trento, Venezia e Bologna si confermano i comuni più rispettosi delle compatibilità ambientali
ROMA - E' Verbania il Comune capoluogo in testa alla classifica della raccolta differenziata: nel 2008 ha raggiunto il 73,5% sul totale dei rifiuti. A rivelarlo è il rapporto dell'Istat sugli ''Indicatori ambientali urbani''. La maglia nera invece va a Messina (3,1%), preceduta di poco da Iglesias (3,8), Palermo (4,6), Isernia (5,3) ed Enna (5,4). Napoli, protagonista negli ultimi anni di emergenze rifiuti gravissime, è al 14,5%.
Lo scorso anno sono stati 27 i Comuni che hanno raggiunto l'obiettivo del 45% di raccolta differenziata, secondo quanto disposto dalla normativa: tra i casi più clamorosi va citato quello di Salerno, passata dall'8,6% del 2007 al 48,9% del 2008. Incrementi superiori a 10 punti percentuali si registrano, tra il 2007 e il 2008, anche per Pordenone (+16,7), Biella (+15,1) e Avellino (+12,1). Sopra l'ambita soglia del 45% Novara, Asti (oltre il 60%), Belluno, Rovigo, Lecco, Gorizia, Trento, Treviso, Biella, Alessandria, Bergamo (oltre il 50%), Varese, Salerno, Reggio Emilia, Vicenza, Piacenza, Forlì, Ravenna, Udine, Sondrio, Pordenone, Lucca e Cuneo.
Nel 2008 la raccolta di rifiuti urbani nei 111 capoluoghi di provincia è stata pari a 615,8 kg per abitante (-1,1% rispetto al 2007), confermando l'andamento decrescente registrato l'anno precedente. La percentuale di differenziata risulta pari al 28,5%, 3 punti in più rispetto al 2007. A partire dal 2000 l'andamento è sempre crescente.
Sempre guardando ai dati dello scorso anno, si vede che il servizio di raccolta differenziata è ormai presente in tutti i Comuni capoluogo di provincia. Sono 91 quelli in cui è servita l'intera popolazione residente. Le percentuali, però, variano: nei comuni del Nord risulta mediamente pari al 39,9%, in quelli del Centro al 25,5% e in quelli del Mezzogiorno al 14,5%. Ma gli incrementi rispetto al 2007 si registrano ovunque: +3,3 punti percentuale nel Sud, +2,8 nel Nord e +2,7 nel Centro.
Il rapporto Istat affronta anche il capitolo acqua. Nel 2008, Agrigento è stato il Comune con il consumo pro capite di acqua più basso (35,6 metri cubici per abitante) e Massa quello con il consumo più alto (91,2 per abitante). Il consumo medio è stato di 68,4 metri cubi per abitante, in calo dell'1,9% rispetto al 2007.
E' aumentato, invece, il consumo pro capite di gas metano per uso domestico e per riscaldamento: +7,7% rispetto all'anno precedente, sui 398,0 metri cubi per abitante. In crescita anche il consumo pro capite di energia elettrica per uso domestico: +0,7% a 1.209,2 kWh per abitante.
In generale, Trento, Venezia e Bologna, per il terzo anno consecutivo, risultano i Comuni più rispettosi delle compatibilità ambientali. Bene anche Foggia e in generale le città del Centro-Nord (Biella, Terni, Belluno, Ravenna, Modena, Novara); male Olbia, Iglesias, Siracusa e Massa.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 11 agosto 2009

 

Rigassificatori, da Rovigo il 10% dei consumi nazionali - È ARRIVATA LA PRIMA NAVE
 

ROVIGO Si chiama Dunkan ed è arrivata ieri al terminale di rigassificazione Adriatic Lng al largo di Porto Levante (Rovigo) la prima nave carica di gas naturale liquefatto (Gnal). Il terminale è il primo impianto offshore in cemento armato al mondo per la ricezione, lo stoccaggio e la rigassificazione del Gnl. Ora il gas verrà trasferito, attraverso appositi bracci di scarico, dalla nave alle tubazioni che lo condurranno infine ai serbatoi del terminale, per raffreddarli alla temperatura necessaria per lo stoccaggio e la successiva rigassificazione. Completato il processo di raffreddamento, il terminale sarà pronto a trasferire il gas alla rete nazionale di distribuzione e raggiungerà la piena capacità operativa nel corso dell'anno. Il terminale 'Adriatic Lng' aumenterà la capacità di importazione di gas in Italia e contribuirà alla diversificazione delle fonti energetiche. A regime, la struttura potrà immettere nella rete nazionale fino a otto miliardi di metri cubi di gas l'anno, pari a circa il 10% del consumo nazionale. Il Terminale Gnl Adriatico è partecipato al 45% dal gruppo Qatar Petroleum, al 45% da ExxonMobil Italiana Gas e al 10% da Edison. La capacità del terminale verrà utilizzata per l'80% da Edison e si avvarrà del gas liquido importato dal Qatar. Del restante 20% disponibile per altri operatori, il 12% è già stato assegnato.
«Questo impianto - ha aggiunto Umberto Quadrino, amministratore delegato di Edison - apre una nuova rotta per l'importazione di gas dal Qatar».
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 10 agosto 2009

 

SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore
 

Mi riallaccio alla segnalazione della sig.ra Graziella Albertini e devo dire meno male! Non lasciamo la parola solo ai politici ma diciamo la nostra, noi semplici cittadini! Molti dall’alto ci garantiscono che i rigassificatori sono sicuri, ma non mi ricordo che qualcuno abbia parlato delle navi cisterne che porteranno il gas - allo stato liquido - nel nostro golfo a ridosso delle navi gasiere. Già questo dovrebbe far riflettere. E se succede un qualsiasi piccolo incidente a queste navi metaniere? Piero Angela descrive, in una intervista pubblicata in un suo libro, lo scenario apocalittico in caso di possibile incidente; uno scenario improbabile ma non impossibile e chi ci assicura che non avverrà mai?
Già in mare aperto sarebbe una tragedia immane, impossibile immaginarlo in uno specchio d’acqua circondato su tre lati da case mentre il mare è un pullulare di imbarcazioni che arrivano dalle varie marine di Trieste e Muggia, oltre alle suddette petroliere e rorò!
Vera Cattonar

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 9 agosto 2009

 

 

SEGNALAZIONI - «Rigassificatore: l’ambiente è di tutti, non dell’amministrazione»
 

Il nostro Comitato e tutti coloro che lo sostengono chiede venga data risposta alle seguenti domande:
1) È certo che Gas Natural abbia un contratto di fornitura di Gnl per il rigassificatore di Zaule, sia per la quantità di otto miliardi di metri cubi all’anno e per una durata minima di vent’anni?
2) È certo che i cittadini di Trieste siano stati correttamente informati sul rigassificatore, sui rischi che ne conseguono e se tutto l’iter procedurale abbia seguito le disposizioni del diritto comunitario sull’ambiente (non si risponda che l’informazione è stata fatta da Gas Natural, riderebbero anche le galline!)?
3) È nella conoscenza del sindaco Dipiazza che la Valutazione strategica ambientale non è stata ancora fatta, malgrado l’adozione del nuovo P.R.P. del nuovo Prgc e il rilascio dell’Autorizzazione governativa romana sulla compatibilità ambientale, che doveva essere fatta nel 2005?
4) Il signor sindaco dovrebbe pubblicamente rassicurare i cittadini d’essere certo che Gas Natural ha tutto il gas che vuole e che per tale ragione i cittadini non corrono alcun rischio di pagare le conseguenze di quella Delibera. Ma chi pagherebbe se fosse effettiva (come effettiva è per chi studia la geopolitica) la mancanza di gas? I cittadini? E questo sarebbe l’amore di Dipiazza per i suoi concittadini?
5) Dovrebbe essere portata a conoscenza del pubblico la fonte scientifica-tecnica e geopolitica, che ha indotto l’Amministrazione comunale di Trieste nella certezza, non poco arrogante, di poter disporre a suo piacimento del destino di territori e zone marine che, in verità, fanno parte del patrimonio fisico-culturale della collettività sociale.
Perché se esistono, non è dato sapere con quali epiteti dovremmo definirli se, per molto meno, ai «tirastriche» della Tav, il sindaco ha distribuito, pubblicamente, un’offesa tanto maldestra quanto di basso profilo: «quattro cretini». Noi di cretini, quanti ne dovremmo contare? Attendiamo la fine di agosto per una risposta in base alla quale, sia che arrivi sia che cali il silenzio, sapremo come muoverci per ulteriori, più drastici indirizzi.
Il comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste
 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 8 agosto 2009

 

 

Idv: raccolta di firme contro il rigassificatore
 

TRIESTE Italia dei valori annuncia che si attiverà a breve per una grande raccolta di firme contro il rigassifcatore. «Una petizione popolare – spiega il coordinatore provinciale Mario Marin – che possa dimostrare il grande dissenso della popolazione di Trieste, evidenziando in questo modo quanto sia stata volutamente esclusa dai processi decisionali che hanno riguardato il rigassificatore».
Italia dei valori si associa intanto alle voci di dissenso nei confronti del rigassificatore. «Abbiamo dichiarato, in ogni sede, le nostre perplessità riguardo a questo impianto – ricorda Marin – e accogliamo con soddisfazione tutte le iniziative tese a verificare che la sicurezza per i residenti sia garantita al 100%. Ritengo inoltre che si debba coinvolgere tutta la popolazione che gravita attorno tale area, interessata in prima persona alla propria salvaguardia. Non credo nemmeno – prosegue – che degli incerti benefit possano ripagare i cittadini di Trieste a fronte di un rischio presunto così grande. Italia del valori chiede che siano attuati tutti gli accordi comunitari (Aarhus, Espoo e legge Seveso), che sono stati ampiamente disattesi».
 

 

Il Wwf attacca: «Il Polo energetico arricchirà solo i suoi proprietari» - CRITICHE ALLA CENTRALE ELETTRICA DELLA LUCCHINI
 

«Dietro ai progetti del rigassificatore, del metanodotto Snam e della centrale di Lucchini Energia c’è un progetto complessivo che mira a fare di Trieste un polo energetico. Peccato che di tutto questo nulla rimarrà alla città, favorendo il solo business a spese dell’ambiente». È questo il parere di Dario Predonzan, responsabile regionale Wwf per il settore Energia e Trasporti che assieme al responsabile Wwf per gli Inquinanti Fabio Gemiti, ha esaminato in una conferenza stampa gli elaborati presentati da “Lucchini Energia” relativi alla nuova centrale. Esisterebbero diverse lacune e omissioni nella valutazione prodotta da Medea Engineering per conto della Lucchini. Nel documento risulterebbero inattendibili le stime sulle ricadute degli inquinanti emessi, pure alla luce della complessa orografia della città. Il Wwf ritiene inoltre che la valutazione di impatto non abbia tenuto conto degli obblighi siglati a suo tempo dal Governo nel protocollo di Kyoto, dove sono previste entro il 2012 riduzioni significative nell’emissione nell’atmosfera di anidride carbonica.
«Non vi è poi alcuna stima - ha spiegato Gemiti - sulla trasformazione degli ossidi di azoto emessi in polveri fini, ozono e altri elementi nocivi alla salute. E questo alla luce di quei limiti di legge previsti per il 2010 dove i valori massimi di tale emissione (200 microgrammi per mq) non potranno essere sforati più di 18 ore l’anno». «A fronte di tali rischi – ha detto Predonzan – i benefici per la cittadinanza sono inesistenti. Nella regione, inoltre, la produzione di energia elettrica appare ben più alta rispetto alle esigenze, con un consumo pro capite di circa il 50 percento superiore alla media nazionale. La nuova centrale dunque andrebbe a produrre per il solo interesse dei proprietari.
Il Wwf ha inoltrato le proprie osservazioni ai Ministeri dell’Ambiente, dei Beni Culturali e a tutti gli enti locali.
Maurizio Lozei
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 7 agosto 2009

 

La centrale di “Lucchini Energia” nel Porto di Trieste - Il WWF: “Solo business, a spese dell’ambiente”
 

Prot. n. 124 Amm. 6.1
Un mero business, a tutto vantaggio del gruppo Lucchini e con benefici inesistenti per la comunità locale; così il WWF sul progetto della centrale elettrica da 400 MW nel Porto di Trieste, su cui è stata avviata la procedura di Valutazione d’impatto ambientale (VIA) di competenza statale.
Il WWF ha esaminato gli elaborati presentati da “Lucchini Energia” (e redatti da Medea Engineering, la stessa società autrice degli studi – manipolati - per la VIA sul rigassificatore di Gas Natural a Zaule) e ha formulato le proprie osservazioni, consegnate ai ministeri competenti, a Regione, Provincia e Comune di Trieste.
Gravissime le lacune e le omissioni rilevate. Limitandosi alle principali:
– non è stata valutata la sommatoria tra le emissioni inquinanti della centrale e quelle degli altri impianti esistenti nell’area (Ferriera di Servola, Italcementi, inceneritore ACEGAS- APS);
– sono del tutto inattendibili le stime sulle ricadute al suolo degli inquinanti emessi, perché il modello matematico utilizzato non tiene conto dell’orografia complessa di Trieste e dei suoi dintorni;
– manca qualsiasi dato sulla trasformazione degli ossidi di azoto emessi in polveri fini/finissime, ozono, ecc.;
– totale “omertà” sulle emissioni di anidride carbonica (circa 1 milione di tonn/anno, in più rispetto ai circa 15 milioni già emessi in Friuli Venezia Giulia, mentre il Protocollo di Kyoto ne prevede la riduzione a 12 milioni entro il 2012) e sulle misure compensative di tali emissioni;
– è inconsistente il recupero di calore per cogenerazione al quale il progetto accenna (recupero peraltro previsto già per l’esistente centrale “Elettra” della Ferriera, ma mai attuato).
A tutto ciò si aggiunge il fatto che il Friuli Venezia Giulia, tra impianti già realizzati e solo previsti, presenta oggi una capacità di produzione elettrica sovrabbondante (circa il 65% superiore ai consumi), mentre il consumo pro capite è di gran lunga superiore a quello di tutte le altre regioni italiane, e circa il 50% superiore alla media italiana: “Segno – rileva il WWF – che esistono margini amplissimi di razionalizzazione dei consumi e riduzione degli sprechi. In questa direzione andrebbero perciò concentrati gli sforzi, anziché nella costruzione di nuove centrali”.
Assurdo viene poi definito dagli ambientalisti il riferimento pseudo-programmatico, rappresentato dal protocollo d’intesa del 20 aprile scorso tra Lucchini, Regione, Provincia e Comune di Trieste, nel quale gli enti pubblici si impegnano a favorire in ogni modo la costruzione della centrale, in quanto “importante intervento di riconversione produttiva e di miglioramento ambientale (sic!) rispetto alla situazione preesistente”. In realtà, osserva il WWF, gli studi e lo stesso protocollo non contengono alcun elemento ed impegno concreto, che colleghi la costruzione della nuova centrale alla dismissione della Ferriera di Servola.
È invece accennata, ma non approfondita, l’ipotesi della connessione tra la centrale stessa e il rigassificatore di Gas Natural, ma viene prevista anche la possibilità di funzionare allacciandosi al gasdotto Trieste-Grado-Villesse proposto dalla SNAM: “Il recente decreto VIA sul rigassificatore – aggiunge il WWF – non accenna minimamente, però, al collegamento tra l’impianto di Gas Natural e la centrale di Lucchini, che non è neppure menzionata, limitandosi ad accennare ad uno studio futuro sull’integrazione tra gli scarichi freddi del rigassificatore con quelli caldi dell’esistente centrale ‘Elettra’, per ridurre l’impatto di entrambi sulla baia di Muggia”.
“Un segno evidente – conclude il WWF – della confusione e del pressappochismo con cui vengono trattate, anche ai massimi livelli governativi, questioni complesse e rilevanti come questa. L’unica cosa chiara è che i progetti della centrale, del rigassificatore e del metanodotto sono stati pensati e vengono trattati come mere occasioni di business per le società che li propongono, mentre l’area triestina – grazie anche ai suoi miopi amministratori – si trasformerebbe definitivamente in un polo energetico al servizio di altri, pagando un alto prezzo in termini di qualità ambientale e sicurezza.”

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 7 agosto 2009

 

 

Piano regolatore adottato all’alba senza la Lega - Bocciato da tutto il centrosinistra. Dipiazza: «È il fiore all’occhiello di questa giunta»
i principali emendamenti

LA LUNGA MARATONA SUL PRG SI È CONCLUSA DOPO LE 3 - Il sindaco: «Evitate altre speculazioni edilizie o scempi come a Melara. Più restauri da fare»
Alle tre e un quarto di ieri mattina il Consiglio comunale, con 21 voti favorevoli e 12 contrari, ha adottato il nuovo Piano regolatore. «Sono arrivato a casa alle quattro cantando», ha riferito poche ore più tardi il sindaco Roberto Dipiazza. Il documento pianificatorio che disegna la Trieste dei prossimi quindici anni ha ottenuto il voto favorevole di Forza Italia, Alleanza nazionale, Lista Dipiazza, Udc, Pri e dei consiglieri Di Tora, Porro e Minisini del gruppo misto. Contrario tutto il centrosinistra: Pd, Cittadini, Rifondazione, Verdi. Sono usciti dall’aula prima del voto (ma solo per rispetto nei confronti del sindaco perché altrimenti avrebbero votato contro) i due consiglieri della Lega Nord, segnale questo di scollamento all’interno della maggioranza.
«Abbiamo ridotto da 58 a 18 le aree di espansione edilizia - ha spiegato Dipiazza - abbiamo eliminato 2 milioni di metri cubi di cemento. In alcune zone della città non si costruirà più, non subiremo altri scempi del tipo di Melara, Altura o via Grego. Guardando dal mare verso il costone carsico non si vedranno ulteriori squarci in mezzo al verde, i più evidenti segni della speculazione edilizia. Ciò non significa però che abbiamo bloccato la città: i costruttori potranno dedicarsi a restaurare i palazzi del centro».
Secondo il sindaco dei suoi otto anni sulla poltrona di primo cittadino di Trieste, la delibera approvata l’altra notte è quella più importante. «Soltanto negli ultimi cinque mesi ne abbiamo segnato di tappe fondamentali per la città del futuro - ha sottolineato Dipiazza, riferendosi all’ultimo via libera per i Magazzini Silos, al progetto per il Parco del mare sulle Rive, al piano regolatore del Porto nuovo, alla scelta del concessionario per la riqualificazione del Porto Vecchio - ma il Piano regolatore del Comune è ora il nostro fiore all’occhiello».
Da qui il ringraziamento alla maggioranza di centrodestra, «mai così coesa, mai così benvoluta in città e con un grande futuro davanti a sé, mentre dal centrosinistra - ha stigmatizzato Dipiazza - abbiamo sentito la fiera delle bugie». Roberto Sasco (Udc), presidente della Commissione urbanistica ha indicato nel Piano regolatore, nel Piano particolareggiato per il centro storico e nel Piano urbano del traffico le basi per la campagna elettorale per il prossimo sindaco da eleggere nel 2011. Ma ha anche definito gravissima la posizione della Lega conseguenza del comportamento di Piero Camber, capogruppo di Forza Italia, «che continua a fare il Gigi Riva e vuole segnare tutti i gol, anziché operare da regista alla Gianni Rivera».
Intanto l’iter del Piano regolatore procede. Tra settembre e ottobre sarà aperta una finestra di trenta giorni lavorativi in cui tutti i cittadini potranno fare osservazioni. Poi il Piano andrà alla Sovrintendenza e in Regione che detteranno una serie di prescrizioni. Tutto l’incartamento con le osservazioni dei cittadini e le controdeduzioni degli uffici tornerà in Consiglio comunale per l’approvazione definitiva si spera alla fine della prossima primavera.
SILVIO MARANZANA

 

 

Accordo sul gasdotto fra Turchia e Russia - La realizzazione di South Stream favorisce l’Eni. Berlusconi: «Un grande successo»
 

L’intesa premia Putin, Kiev non avrà ruolo nella «guerra del gas» con Mosca che penalizzava i rifornimenti in Europa. L’Ue spinge su «Nabucco»
ROMA «Un grande successo» afferma il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. «La nostra azione di diplomazia commerciale ha fatto sì che il gasdotto, che l’Eni costruirà al 50% con Gazprom, passi nelle acque della Turchia» specifica.
È soddisfatto il presidente del Consiglio italiano. Ha aiutato l’amico russo Vladimir Putin a firmare il protocollo di cooperazione con il premier turco Recep Tayyip Erdogan che dà il via libera definitivo al gasdotto South Stream.
Berlusconi è il padrino politico dell’operazione ed è stato ringraziato da Erdogan. Ma le implicazioni diplomatiche sono enormi: l’Unione europea sostiene in modo esplicito un progetto («Nabucco») per affrancare in parte la dipendenza energetica dalla Russia e la firma di ieri è un’ulteriore dimostrazione del pressing di Mosca contro il progetto dell’Ue. South Stream porterà il gas dalle coste del Mar Nero direttamente in Europa aggirando le zone di transito più problematiche a cominciare dall’Ucraina. La capacità complessiva annua di South Stream sarà di 63 miliardi di metri cubi all’anno, rispetto ai 31 previsti, e una volta operativo pomperebbe più gas di «Nabucco» (capacità prevista 30 miliardi di metri cubi) e di Nord Stream (55).
A metà luglio, sempre ad Ankara, firma del primo protocollo d’intesa per «Nabucco», progetto sostenuto dagli Stati Uniti e dalla Commissione europea. L’Oleodotto Nabucco, un condotto da 3.300 chilometri del costo di 7,9 miliardi di euro, dovrebbe trasportare in Europa passando da Bulgaria, Romania e Ungheria, il gas dell’Asia Centrale via Azerbaijan, Georgia e Turchia. Per North Stream, l’altro grande progetto che vede impegnata Gazprom con le tedesche Basf e Eon (12 miliardi di euro per una linea diretta tra Russia e Germania che permetterà di aggirare Bielorussia e Polonia) le maggiori problematiche sono di natura politica (l’opposizione della Polonia) sia di natura ambientale. Dopo la firma di ieri proprio South Stream potrebbe essere vincente, Bulgaria permettendo. Sia per il progetto italo-russo sia per «Nabucco» lo snodo cruciale a questo punto è Sofia, dove le elezioni a maggio sono state vinte da una coalizione di destra che sinora ha assunto una posizione attendista.
L’avvio di South Stream è stato preceduto dall’intesa tra Eni e la russa Gazprom, siglata da Paolo Scaroni e da Aleksej Miller, amministratore delegato di Gazprom, alla fine dello scorso maggio nella residenza di Soci di Putin, sempre alla presenza di Berlusconi. Il tracciato definitivo di South Stream, dopo avere attraversato il Mar Nero a una profondità record di 2.000 metri (di questo tratto sarà responsabile l’italiana Saipem, unica compagnia al mondo ad avere la tecnologia adatta) si spingerà a Nord, fino all’Austria. In occasione della firma dell’accordo definitivo, lo scorso 28 maggio, Eni ed Enel hanno ceduto a Gazprom il 51% di Severenerghija, asset della Yukos, la compagnia dell’ex oligarca e avversario politico di Putin Mikhail Khodorkovskij (condannato ad oltre nove anni di carcere) acquistati da Eni nel 2007.
Il turco Erdogan, dopo avere ringraziato Berlusconi per il supporto al progetto, ha spiegato che parte dell'accordo prevede il via libera di Ankara ai lavori di esplorazione nelle acque territoriali dove passerà il South Stream. «In linea con lo spirito delle nostre relazioni bilaterali - ha detto Erdogan alla stampa - abbiamo dato il permesso a Mosca di eseguire le analisi necessarie per la realizzazione del progetto South Stream». Attraverso il gasdotto il gas russo arriverà direttamente in Europa senza passare dall'Ucraina che in passato ha avuto spesso dispute con la Russia con gravi conseguenze sugli approvvigionamenti europei. L'ultima «crisi del gas» era scoppiata a fine dicembre 2008.
ANDREA DI STEFANO

 

 

SEGNALAZIONI - ENERGIA (1) - No al rigassificatore
 

Una nuova ventata di frenesia nuclearista ha investito l’Italia nelle ultime settimane. Prima le norme del decreto-legge «anticrisi» che aprono la strada all’individuazione dei siti per alcune centrali (scavalcando anche alcune garanzie ambientali, donde le proteste della ministra Prestigiacomo).
Poi le nuove avances del governo - con il ministro degli Esteri Frattini, e della Regione, con il presidente Tondo - alla Slovenia, affinché accetti la partnership italiana nel raddoppio della centrale di Krško. Il tutto nel consueto tripudio di politici, industriali e manager vari, pronti a ripetere il ritornello dell’indipendenza energetica, dei minori costi dell’energia, del nucleare «pulito», ecc. Pura ideologia, che cerca di nascondere corposi interessi economici.
A proposito di sicurezza dell’approvvigionamento: l’energia nucleare si produce a partire dall'uranio, che però è esauribile al pari del petrolio e del metano. Secondo i calcoli più attendibili, le riserve note di minerali uraniferi si esauriranno entro una quarantina d’anni ai livelli di consumo attuali. Ovvio che costruendo tante nuove centrali, i consumi aumenterebbero, e l'uranio disponibile finirebbe prima. In effetti, già tra il 2003 ed il 2007 il prezzo dell’uranio è aumentato di 10 volte.
Nucleare «pulito»? Calcolando l’intero ciclo produttivo, il nucleare implica oggi emissioni di anidride carbonica per chilowattora prodotto, pari ad un terzo rispetto a quelle di centrali a metano. Quando, presto, si ricorrerà ai giacimenti con minor tenore di uranio, costi energetici ed emissioni aumenteranno, fino ad eguagliare quelli delle fonti tradizionali.
Senza contare l’irrisolto (anche nelle centrali di «terza generazione») problema dello smaltimento delle scorie radioattive ed i rischi di incidente.
L’argomento più assurdo di tutti, a proposito di sicurezza, è quello che «siccome siamo circondati da centrali nucleari, tanto vale farne anche in Italia». Da noi c’è chi aggiunge che in fondo una centrale atomica è ben più pericolosa di un rigassificatore e quindi cosa fa? Propone alla Slovenia di darle una mano per raddoppiare la centrale di Krško, in cambio dell’ok al rigassificatore di Zaule. Così Trieste (ma anche Capodistria) si troverebbe con un rischio nucleare raddoppiato ed in più anche il pericolo di qualche incidente o attentato a Zaule o alle navi gasiere in porto: geniale!
Pochi dicono, invece, che investendo davvero nel risparmio e nella razionalizzazione dei consumi energetici, si «produce» molta più energia - a parità di spesa - che costruendo centrali nucleari o rigassificatori, in meno tempo, senza pericoli e riducendo gli impatti ambientali anziché aumentarli. Si tratta però di interventi a scala ridotta e locale, che non interessano alle grandi (e meno grandi, come Acegas-Aps) società venditrici e distributrici di energia, perché riducono davvero - e stabilmente - i consumi e quindi i costi energetici dagli utenti.
Cos'altro andrà a fare il ministro Frattini nell'annunciata visita a Lubiana dei primi di settembre, se non a proporre un’alleanza «strategica» italo-slovena ispirata da alcuni di questi oligopoli? Chissà se il governo sloveno saprà valutare il vero interesse nazionale o si venderà e venderà i triestini insieme ai propri cittadini.
Dario Predonzan - Responsabile energia e trasporti WWF Friuli Venezia Giulia
 

 

SEGNALAZIONI - ENERGIA (2) - No al rigassificatore
 

Con la passione che contraddistingue l’uomo, il sindaco Dipiazza scrive, l’ennesimo intervento a favore di Trieste polo energetico nazionale. Le cose però non stanno come le descrive il Sindaco, che nel suo spot energetico non ne dice una vera. Egli infatti mente parlando di sicurezza, quando paragona la collocazione dei rigassificatori di Barcellona e Tokyo a quella prevista nel Vallone di Muggia in piena città; mente sull’investimento quando parla di 600 milioni di euro investiti da privati, perché, unico Paese al mondo, l’Italia garantisce e finanzia i rigassificatori con i soldi delle nostre bollette, e quindi i soldi sono i nostri; mente sulle ricadute locali, quando trasforma una chiacchiera (la partecipazione Acegas Aps) e un auspicio (lo sconto sulle nostre bollette) in qualcosa di sicuro nel mentre nessun documento ufficiale dà conto di queste possibilità; ricatta i suoi concittadini, quando collega l’auspicata chiusura della Ferriera di Servola a quest’unica occasione. Ammettiamo pure, e Dipiazza lo merita, che queste forzature siano dettate non da una volontà di imbrogliare le carte, ma da una sincera preoccupazione legata al lavoro e all’occupazione. Ebbene, se accantoniamo per un attimo le pur enormi questioni di impatto ambientale e di sicurezza, per concentrarci sul mero aspetto economico locale, il rigassificatore e la centrale termoelettrica significano all’incirca 750 milioni di euro di investimento e 125 posti di lavoro a regime.
Una gestione dei rifiuti fatta a Trieste secondo quanto previsto dalle leggi italiane e dalle direttive europee richiederebbe un investimento in ulteriori impianti pari a circa 1/10 – più o meno 80 milioni di euro, e garantirebbe, per la raccolta delle 100.000 tonnellate annue di rifiuti prodotte a Trieste, a parametri attuali, circa 250 – 300 posti di lavoro, cioè il doppio di quelli garantiti dal polo energetico. Per rigassificatore e centrale termoelettrica per ogni posto di lavoro sono necessari sei milioni di euro di investimento, per la raccolta differenziata 0,3 milioni di euro (1/20 del costo per addetto del polo energetico). Ah, se anche il sindaco di Trieste scoprisse la folle demagogia del separare e raccogliere i nostri rifiuti come si fa nel resto d’Europa. Magari dedicando meno tempo alla questione energetica nazionale, e più tempo (se possibile) alla città, si accorgerebbe che, nonostante una tassa rifiuti che è la seconda più cara in Italia tra i capoluoghi di regione, il servizio offerto da Acegas Aps è lontanissimo dai parametri di R.D. previsti dalla normativa, siamo i peggiori di tutto il Nord Italia, con un dato ufficiale del 18% contro il minimo del 45% previsto per quest’anno e del 65% entro il 2012. E se il Sindaco – proprio lui- smettesse di dire «a Trieste no se pol separar le scovaze, trope salite e discese», sia perché la legge non lo contempla, sia perché altre città simili già lo fanno (una per tutte, la californiana San Francisco, quella dei tram, che fa l’80% di raccolta differenziata), magari avremmo un servizio a minor costo - e quindi un risparmio per i cittadini - 250 nuovi posti di lavoro, la nostra sicurezza non sarebbe minacciata , ne gioverebbe l’ambiente e, dulcis in fundo, avremmo rispettato le leggi. Ma questa è proprio demagogia.
Jacopo Rothenaisler
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 agosto 2009

 

 

SEGNALAZIONI - No al rigassificatore
 

Senza voler entrare in analisi di carattere tecnico, voglio solo cercare di spiegare la filosofia che mi ha condotto ad esprimere, sino ad oggi, un fermo e determinato «no» al metanodotto via mare Trieste-Grado-Villesse e quindi alla collocazione di un rigassificatore a Zaule.
Trieste è una città sul mare, ha un’imponente posizione paesaggistica naturale, che tanti ci invidiano ma che noi amministratori triestini non abbiamo saputo capire promuovendo importanti investimenti, per favorire il turismo e promuovere la qualità della vita cittadina.
Questa premessa per dire che non posso accettare gli ipotizzati e, ancora oggi, tutti da dimostrare «mirabolanti» benefici economici, e/o ricevere denaro in cambio di rischi ecologici. Credo che un tale agire non sia serio e producente, soprattutto quando non si conosce ancora una strategia energetica complessiva, che deve essere elaborata da un piano regionale e nazionale.
In Italia, per fronteggiare la crisi energetica, sono stati praticamente già autorizzati quattro impianti e altri quindici, tra cui quello di Trieste, attendono una risposta. E questo senza conoscere prima di quanta energia il nostro Paese ha realmente bisogno. Tutto ciò senza minimamente avanzare proposte su fonti alternative d’energia più pulita, più sicura e meno impattante sul territorio.
Ci vogliono far credere che Trieste ha bisogno almeno di un rigassificatore per decollare, per puntare ad un nuovo rilancio. Non credo affatto che sia così, perché, per prima cosa, Trieste ha bisogno di strategie certe e complesse, di un progetto che preveda un piano organizzato per tutto il territorio, che veda fiorire questa città, ferma da decenni, che si merita di vedere ammodernato il suo naturale ambiente.
Si deve decidere se si vuole puntare sul turismo o su un’industria eco-compatibile, ma nella realtà dei fatti i due settori non sono compatibili e la scelta determinerà una strada di non ritorno.
È troppo facile, come fa il sindaco, parlare di Trieste turistica, città d’arte, lottare per la chiusura della Ferriera e poi, nella sostanza, farsi paladino ed esprimersi favorevolmente per la collocazione sul nostro territorio di strutture industriali con alto tasso di pericolosità.
Un «sì» in nome del Dio denaro, dei sicuri benefici che verranno per Acegas-Aps, per alcune aziende triestine, ma non per quelli (indefiniti) che dovrebbero ricadere sui triestini, i quali dovranno essere convinti del bene del rigassificatore, a rischio salute ed ambiente, solo per qualche spicciolo in più. Ma quante speranze ha fatto nascere l’insediamento del terminal petroli, nella zona di Zaule, e quante illusioni ha prodotto? Si cerca quindi di far passare per una grande opportunità quello che è solo un business per pochi, che non potrà mai ripagare i rischi ed i pericoli con i quali, noi tutti, saremo chiamati a convivere.
Alessandro Minisini - consigliere comunale
 

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI ECO-SOSTENIBILI IN CITTÀ - «Biciclette a noleggio, servizio da migliorare»
Mi sto occupando da due mesi di un sito www.trieste4fun.it che mette in rete le realtà sparse della provincia (e non solo) le quali offrono servizi di noleggio e attività sportive per turisti. Lo faccio per aiutar a incentivare le potenzialità che Trieste non riesce a sviscerare per una cronica mancanza di interrelazioni e autopromozione. Ultima notizia in relazione a queste due patologie è quanto apprendo dai giornali: il flop del servizio gratuito di noleggio bici. Sono stato settimane a informarmi su chi a Trieste noleggia bici, trovando pochissimo materiale, e cosa scopro? Che ci ha pensato l’Amt, senza comunicarlo praticamente a nessuno. Nemmeno l’info point di piazza Unità credo lo sapesse, avendomi dirottato a suo tempo verso altri operatori. Si dice che a Trieste la gente non ama muoversi in bici viste le salite e il traffico, io dico che non lo fa perché non gli viene data alternativa. Una bici a disposizione gratuita il cui parcheggio è posizionato a San Giovanni e a San Vito e di cui nessuno sa niente è come non averla affatto. L’opinione in merito è piuttosto diffusa, frequentando i forum sulla città si capisce che è comune la perplessità su come il servizio sia nato e su come sia stato gestito. Se si vuole un riscontro di pubblico in questo settore il bike-sharing bisogna piazzarlo in centro, meglio se vicino alla stazione e vicino alle Rive. L’esperienza di tutte le capitali europee insegna. Il target non è solo quello dei residenti - per quanto credo che non sia una cattiva idea che chi abita «sulle alte» possa avere in centro l’occasione di girare in bici e poi tornare a casa con auto o bus - ma soprattutto quello dei turisti. Trieste ha aumentato le presenze? Bene. Allora perché non incentivare la mobilità ecosostenibile, in vista anche dell’allargamento della zona pedonale? Ma farlo in questo modo è addirittura controproducente. Mi auguro pertanto che l’Amt non ceda e si sposti la sperimentazione in zone più consone.
Stefano Scarpa
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 agosto 2009

 

 

Prg, dietrofront sul ”cubone” di San Vito - L’altezza cala di tre metri. Oggi in Consiglio comunale la maratona notturna per il voto
 

APPROVATA IN EXTREMIS LA VARIANTE IN COMMISSIONE
È stato il totem della discordia per settimane. Ieri, però, dopo la violenta impennata delle polemiche delle ore precedenti, sembra essere crollato. Improvvisamente. E proprio alla vigilia della maratona del Consiglio comunale per l’adozione definitiva del nuovo Piano regolatore, con inizio alle 18 di oggi pomeriggio e chiusura tassativa senza ulteriori convocazioni prevista all’alba di domani. Il totem scardinato è il cosiddetto ”cubone” di San Vito, il progetto disegnato dall’architetto ed ex primo cittadino di Muggia Lorenzo Gasperini su una superficie di circa 2700 metri quadrati tra le via Belpoggio e Santa Giustina. La destinazione urbanistica di quell’area, infatti, perde in dirittura d’arrivo la denominazione di ”B1” residenziale - con un indice di edificabilità di sei metri cubi per metro quadro, per un’altezza di 18 metri e mezzo e procedura edilizia semplificata - per finire nella categoria ”A0” centro storico: l’indice di edificabbilità cala così da 6 a 5, l’altezza limite scende di tre metri, ma soprattutto ogni intervento torna ad essere monitorato dallo stesso Consiglio, in quanto vincolato a piano attuativo d’iniziativa pubblica nella cornice del Piano particolareggiato del centro storico che sarà affrontato a livello tecnico- politico dal prossimo autunno.
La variazione ha preso corpo ieri mattina quando la giunta Dipiazza - convocata alle 9 per l’ultimo disco verde in vista della commisione Urbanistica delle 10, propedeutica a sua volta al voto finale di oggi - ha deciso di recepire nella megavariante generale al Prgc il parere sulla destinazione del ”cubone” della Quarta circoscrizione - dove le assenze per ferie nelle fila della maggioranza di centrodestra aveva portato a un no sulla variante - parere agganciato peraltro a un emendamento approntato da Bruno Sulli per An.
L’annuncio l’ha poi dato alla commissione lo stesso Roberto Dipiazza. L’obiezione della circoscrizione, insomma, ha colto nel segno al secondo tentativo, giacché nell’allegato al primo parere (positivo) sul Prgc - quello espressso prima dello stop al Piano deciso dal sindaco il 23 giugno - compariva la stessa richiesta di ripensamento. Solo che stavolta gli uffici tecnici del Municipio hanno giudicato la seconda analisi più «motivata» e «articolata» della prima. Quindi accoglibile.
Risolta la grana più impellente, restano però ”B1” delle strisce davanti e dietro il ”cubone” (in particolare su via Franca), sovrapposte a una serie di edifici storici, che gli stessi uffici hanno ritenuto non compatibili con la destinazione ”A0”, parte dei quali abitati da rappresentanti del Comitato di via Belpoggio-Santa Giustina, il più acerrimo nemico del ”cubone”.
«Alcuni di loro me l’hanno già fatto presente - puntualizza l’Udc Roberto Sasco da presidente della commissione Urbanistica - e ho detto loro che potranno comunque avanzare le osservazioni previste dalla legge dopo l’adozione del Piano. Il ”nodo gordiano” d’altronde era proprio il ”cubone”» e il fatto che sia stato tenuto in considerazione il parere della circoscrizione mi pare un segnale politico importante, molto pesante». Pesante anche perché è probabile rientri il rischio imbarazzi in maggioranza. «Il nostro emendamento sulla destinazione del sito - rileva in effetti da An Angela Brandi - se fosse stato messo in votazione così com’era credo che avrebbe incasssato il sì del Pd e quindi sarebbe passato». «Non è una marcia - ammonisce infine Piero Camber da Forza Italia - gli uffici hanno semplicemente diviso l’intera zona in due. L’intervento Gasperini va in ”A0”, certo, ricordo ad ogni modo che come cubature non cambia nulla. L’altezza viene contenuta di tre metri, ma l’espansione è in larghezza in quanto si riducono i limiti di distanza riguardanti i confini dell’area».
Grane o non grane, il livello di guardia sul dibattito di domani resta altissimo. Il Coordinamento dei comitati rionali e delle associazioni ambientaliste ”Più verde meno cemento” fa sapere che ha già «chiesto a tutti i consiglieri comunali di dare una dimostrazione di trasparenza in vista della discussione, di rendere pubblici i propri emendamenti illustrandoli in aula e di sottoporli a votazione in modo che i cittadini possano essere informati».
PIERO RAUBER

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 4 agosto 2009

 

 

Nucleare in Italia, accordo Enel-Edf - Fra i siti possibili ritorna l’ipotesi di Monfalcone
 

ROMA Il ritorno del nucleare in Italia fa un nuovo importante passo avanti, che risponde al nome di Sviluppo Nucleare Italia. È questa la nuova joint venture fra Enel ed Edf che avrà il compito di realizzare gli studi di fattibilità per la costruzione di almeno quattro centrali nucleari di terza generazione Epr (European Pressurized Reactor) nel nostro Paese. Fra i siti possibili si ritorna a parlare di Monfalcone.
«La creazione della joint venture pone le basi concrete per il ritorno del nucleare in Italia», sottolinea l'amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti.
Secondo il numero uno del gruppo francese, Pierre Gadonneix, «Sviluppo nucleare Italia» conferma «il successo della cooperazione tra Edf e Enel, che ha avuto inizio nel 2007 con la costruzione del reattore Epr di Flamanville in Normandia», un impianto in cui è presente con il 12,5% la stessa Enel, che si è detta pronta ad esercitare l'opzione per acquistare la stessa partecipazione anche nel prossimo impianto di Penly, nell'Alta Normandia.
«I nostri tecnici hanno individuato alcuni siti. Ma li teniamo chiusi in cassaforte», ha ribadito Conti poche settimane fa dalla Slovacchia, dove inaugurava l'ampliamento di una centrale nucleare della controllata locale. Accanto ai soliti nomi (come le vecchie Caorso e Trino Vercellese, oltre a Montalto di Castro) si ritorna a parlare di Monfalcone. Sono emerse nel tempo le indicazioni più disparate, che vanno dall'isola di Pianosa fino a Scanzano Jonico, passando per Oristano.
Se tutti gli aspetti normativi e legislativi dovessero comunque venire risolti nei tempi previsti, la costruzione degli impianti potrebbe iniziare nel 2013, con l'avvio della produzione di energia elettrica da fonte nucleare ipotizzabile già a partire dal 2018 con il primo Epr italiano.
Secondo Legambiente e il Cnr, il candidato ideale è Termoli, in provincia di Campobasso, mentre in altre circostanze si è fatto il nome di Porto Tolle, a Rovigo, dove c'è già una centrale a olio combustibile in processo di conversione a carbone pulito. Gli altri nomi che ricorrono più spesso sono oltre a Monfalcone, Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento), Oristano e Chioggia.
 

 

Bus in via Geppa dopo i lavori in piazza Libertà I residenti protestano: smog e meno parcheggi
 

C’era una volta la levata di scudi, forte di oltre 10mila firme, contro il sacrificio dei fusti secolari in zona stazione. Ma anche i parcheggi in superficie, pure quelli destinati a essere ”tagliati”, per chi lì ci vive o ci lavora, sono preziosi eccome. E non meno degli alberi. Perché oltre ai 34 stalli blu gestiti da Amt sotto l’hotel Impero. e oltre a quella ministriscia di fronte alla Tripcovich che vale 5/6 posti liberi, con l’annunciata rivoluzione di piazza Libertà sono in odore di soppressione almeno 35 posteggi per residenti e categorie autorizzate lungo uno dei due lati di via Geppa. Forse 70, se le simulazioni degli uffici comunali che si occupano del Piano del traffico dovessero accertare che entrambi i lati devono restare a disposizione del futuro transito dei bus. Via Geppa infatti è oggi una Ztl (Zona a traffico limitato, ndr), ma dovrebbe diventare corsia preferenziale per i mezzi pubblici dalle Rive verso piazza Oberdan - con via Ghega a senso unico per bus e privati in direzione stazione - nell’ambito del piano di potenziamento della velocità commerciale del trasporto pubblico urbano. Di tempistiche non parla nessuno - tale novità è come altre in fase istruttoria - ma la logica porta all’inizio del 2011, alla fine dei lavori di piazza Libertà e della sua ”esse” di rientro per il Silos, il cui bando di gara per l’appalto è dietro l’angolo dopo l’ok alla variante urbanistica rilasciato dal Consiglio comunale. Così, dopo il Comitato per la salvaguardia degli alberi di piazza Libertà, irrobustito da ambientalisti e ”grillini”, spunta in via Geppa quello che si può considerare un nuovo comitato spontaneo di ”difesa”. E non solo dei parcheggi. Più di 40 firme, tanto per cominciare, tra residenti, imprenditori e liberi professionisti, sono state allegate a un appello inoltrato in questi giorni al sindaco, agli assessori allo Sviluppo economico Paolo Rovis e ai Lavori pubblici Franco Bandelli, nonché al presidente della Quarta circoscrizione Alberto Polacco. «Vi chiediamo - si legge - di non disporre l’apertura di via Geppa ai mezzi pubblici». Motivo? «Già nel 1996 - recita la lettera - in concomitanza col rifacimento di via Ghega, per molti, troppi mesi, tutti i mezzi pubblici e non solo quelli transitarono per via Geppa. È stato un inferno per il rumore e l’elevatissimo inquinamento causato da tale carico di traffico, circa mille bus giornalieri (sarebbero più d’uno al minuto da mattina a sera, ndr)... Fra i residenti vi sono tante persone affette da patologie cardiache e respiratorie... Facciamo inoltre presente che via Geppa è da tanti anni una Ztl, non solo per permettere il passaggio e la sosta ai residenti, ma soprattutto per ridurre il tasso d’inquinamento e il rumore cui era sottoposta, e ciò in base a raccomandazioni del governo centrale e precise normative, ed è una delle poche aree riservate ai residenti del Borgo Teresiano per la sosta».
PIERO RAUBER

 

 

SEGNALAZIONI - Differenziata, 4 quesiti
 

Da cittadino attento a contribuire nel mio piccolo alla difesa dell’ambiente, chiedo gentilmente alcune semplici delucidazioni a chi di competenza.
Vorrei capire come il Comune di Trieste controlla l’attività esternalizzata all’Acegas nel campo della raccolta differenziata.
Acegas, se non ricordo male, attraverso l’incenerimento dei rifiuti produce anche energia. Da cittadino non ferrato in materia, pongo al Comune quattro semplici e chiare domande: 1) c’è la possibilità che i rifiuti differenziati finiscano assieme agli altri nell’inceneritore? 2) in caso di risposta affermativa, c’è un limite consentito imposto dalla legge o da qualche clausola contrattualmente di affidamento? 3) chi realmente in Comune controlla personalmente ciò che avviene nell’inceneritore? 4) con quale frequenza e soprattutto con quale metodologia vengono effettuati i controlli da parte del Comune?
Attendo una risposta trasparente e chiara, che senz’altro incentiverà la mia predisposizione alla raccolta differenziata.
Franco Ghergani
 

 

SEGNALAZIONI - PIAZZA LIBERTÀ - Salviamo gli alberi
 

Ancora minacce di morte per i poveri alberi di piazza Libertà (Il Piccolo del 22 e 29 luglio), il cui solo torto è di essere vivi, secolari e donare gratuita bellezza a una piazza che senza la loro presenza non avrebbe la stessa eleganza.
Che cosa stimoli l’ostilità di certi amministratori per un patrimonio arboreo già limitato e costantemente minacciato, che essi per primi dovrebbero tutelare, è difficile da comprendere per un cittadino dotato di comune buon senso: desiderio di far parlare di sé ad ogni costo, pur se negativamente? Totale mancanza di cultura ambientale, che porta a considerare ancora e sempre prioritarie le ragioni dell’automobile e del cemento rispetto a quelle del verde pubblico?
È ormai esperienza comune quanto questa politica miope possa essere devastante, nella realtà locale come a livello planetario: fa specie che siano quasi sempre i cittadini a doverlo ricordare - spesso purtroppo senza risultato - ai propri governanti.
Le motivazioni riportate nell’articolo del 22 luglio a giustificazione della «rivoluzione» progettata per la viabilità dell’area, sono poi talmente deboli (a fronte di un spesa di più di 3.000.000 di euro) da indignare ulteriormente: cosa significa «fluidificare il traffico d’ingresso» quando i punti di rallentamento sono altrove? O ancora «alleggerire l’autostrada davanti alla stazione» quando sarebbe sufficiente far rispettare i limiti di velocità agli automobilisti e le regole di attraversamento ai pedoni, obbligando questi ultimi ad utilizzare il sottopasso, magari reso meno repellente spendendo qualche briciola dei milioni previsti?!
Credo sia evidente a ogni triestino che il giardino non costituisce un intralcio al traffico (quand’anche questa fosse un giustificazione per ridurne l’ampiezza), essendo circondato da ampie strade a corsie multiple; inoltre, dopo la meritoria sistemazione di qualche anno fa, è diventato un gradevole polmone verde che caratterizza l’intera zona: perché volerlo amputare a tutti i costi?
Mi auguro che ancora una volta tanti cittadini esprimano con forza il loro dissenso, in qualsiasi forma, prima che sia troppo tardi.
M. Patrizia Bortolotto

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 3 agosto 2009

 

 

Risparmio energetico, è caos per le domande di contributo - EQUIVOCI BUROCRATICI RENDONO I RIMBORSI A RISCHIO
 

TRIESTE Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. È un luogo comune ma mai tanto adatto per descrivere il paradosso in cui si viene a cadere quando si parla dell’iter che un cittadino deve seguire per accedere ai contributi per il risparmio energetico che la Regione ha stanziato (per un importo di oltre un milione di euro) negli scorsi mesi.
Tanto che, per accedere al tutto, ci si trova addirittura a sentirsi consigliare di... presentare fatture «accomodate».
Un’assurdità legata a un particolare aspetto del regolamento.
IL REGOLAMENTO. Prevede la concessione di finanziamenti in conto capitale per la realizzazione di «interventi di manutenzione straordinaria finalizzati alla messa a norma d’impianti tecnologici e al conseguimento del risparmio energetico». Beneficiari dei contributi sono i soggetti privati proprietari o comproprietari d’immobili «prima casa». I fondi in totale messi a disposizione dalla Regione sono 9 milioni di euro. Il 70% delle risorse disponibili è destinato agli interventi collocati nella parte superiore della graduatoria, che verrà formata a partire dall’intervento di maggior costo. La scadenza per la presentazione delle domande è oggi.
E in queste settimane le domande sono letteralmente fioccate agli uffici preposti.
I PROBLEMI. Ecco l’assurdità: nel foglio per la presentazione della domanda viene richiesto d’indicare, nel dettaglio, i lavori che verranno effettuati. Segue poi l’indicazione della somma in euro dei lavori esclusivi (di posa in opera e fornitura), condominiali (pro quota), l’Iva e quindi la spesa totale prevista. È richiesto di allegare una eventuale Dia e la fotocopia di un documento di identità.
Quindi, nessun preventivo nè ricevuta. Ecco però il punto critico: nella seconda pagina, alla voce «legenda», è riportata la seguente dicitura: «Il contributo è revocato nel caso in cui le spese documentate dalle fatture prodotte in sede di rendicontazione, anche per importi inferiori o superiori a quelli inizialmente richiesti, a quelle dichiarate nella domanda ed oggetto del relativo decreto di concessione».
LA SPIEGAZIONE. In pratica, il cittadino deve indicare una spesa prevista, però se la spesa finale non sarà esatta al centesimo, si vedrà revocato il contributo. «E non solo se la spesa fatturata è superiore ma anche inferiore – specifica una delle direzioni dei lavori regionali che si occupano di ritirare le domande – e anche solo di un centesimo».
Ma allora si dovranno allegare i preventivi? «No».
E quindi come fa un cittadino a sapere in anticipo quanto spenderà, al centesimo, per lavori che si devono ancora fare?
«In effetti è un’assurdità, anche noi ci siamo chiesti il perchè. Ma questo è il regolamento...».
E quindi?
La soluzione che la stessa Direzione regionale propone al cittadino è di «giocare» con le fatture, facendo in modo che la somma totale corrisponda con quanto dichiarato. Magari fatturando un lavoro con più documenti e facendo coincidere gli importi. «Insomma, ci siamo capiti... non ci faccia dire di più» conclude imbarazzato l’addetto.
«Piuttosto - aggiunge - è importante che il cittadino si renda conto del limite, altrimenti molti rischiano, presentando fatture di diverso importo, di venire esclusi».
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 2 agosto 2009

 

 

Il passante non regge, grande ingorgo a Nordest
 

TRIESTE L’imbuto si è spostato verso il Friuli Venezia Giulia. È stato il primo week-end di vero esodo estivo a mostrare la piena emergenza che vive l’autostrada A4. Il passante di Mestre è diventato un unico serpentone di automobili, con le auto paralizzate anche per quattro ore. Nel primo pomeriggio il bypass mestrino è stato quindi chiuso e il traffico deviato sulla tangenziale per mezz'ora circa. L'Anas ha già chiesto «un’immediata verifica ispettiva su quanto accaduto».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 1 agosto 2009

 

 

Già rimossi i divieti, Marina Julia apre ai bagnanti
 

Nuotare nelle acque di Marina Julia è finalmente tornato legale: i contestatissimi divieti di balneazione ieri sono stati rimossi, permettendo così a tutti gli amanti della tintarella di rinfrescarsi in mare, senza correre il rischio di prendere una multa di 50 euro. L’ora X è scattata ieri alle 13, quando un gruppo di operai è arrivato in spiaggia e, per conto del Comune, ha dato il colpo di grazia ai cartelli con impressa la scritta «divieto di balneazione», che da oltre un anno ammonivano i frequentatori di Marina Julia. Ecco quindi che, dopo l’ok della Regione, e dopo la firma della delibera da parte del sindaco Pizzolitto (apposta dal primo cittadino ieri intorno alle 11.30), le acque di Marina Julia non sono più off-limits per monfalconesi e non residenti. Una notizia molto attesa, sia dai bagnanti che dai gestori dei bar e delle zone attrezzate della spiaggia. Purtroppo, però, gli operatori di Marina Julia non sembrano poi così ottimisti. «Sono soddisfatto della delibera che permette di nuovo la balneazione - spiega Roberto Lacalamita, titolare del chiosco ”Number one” -. Però mi sa che questa stagione ormai sia compromessa. Tutte le persone che hanno deciso di non venire a causa dei divieti, quasi certamente non torneranno più. È difficile fare inversione di marcia e riportare qui i clienti a estate inoltrata. Quest’anno gli incassi sono stati disastrosi. Solo il bar ha tenuto, perché i monfalconesi non hanno mai smesso di fare il bagno a Marina Julia. Il problema, però, è che la maggior parte dei residenti si sistema sui tratti di spiaggia libera. Quindi il risultato è che ho perso il 50% degli incassi su ombrelloni e lettini, che erano utilizzati soprattutto da triestini, che dopo le recenti notizie dei diviti non si sono più fatti vedere, compresi molti clienti affezionati. Noi siamo convinti che qui il mare sia pulito. Se in qualche circostanza non lo è stato, si è trattato solo di casi sporadici, legati a particolari eventi atmosferici, come gli acquazzoni». Simile il commento di Gianpaolo Sussarellu, titolare del chiosco ”Da Mario”: «Anch’io ho perso circa il 40% degli introiti da ombrelloni e lettini - spiega -. Speriamo che il ripristino della balneazione porti buoni risultati per il prossimo anno. La stagione attuale, infatti, non durerà ancora molto: venti giorni al massimo. Quest’anno - aggiunge - ho notato soprattutto un calo drastico di famiglie con bambini, probabilmente spaventate dalle notizie circolate sui livelli di inquinamento». Ma cosa ne pensano i bagnanti? Ieri, prima che i diviti venissero rimossi, si vedeva più di qualche persona tra le onde. «Io vengo qui da quando aveva 5 anni e ora ne ho 72 - racconta una monfalconese -. Ho sempre fatto il bagno in mare e sono visibilmente in buona salute. Sono convinta che l’acqua sia pulita. La gente qui è sempre entrata in mare. Al limite si temevano le multe, non l’inquinamento». «Io invece sono in vacanza qui per tre mesi a Marina Julia - spiega una triestina -. È un luogo vicino a Trieste, in cui non si è costretti a stare ammassati in spiaggia. È abbastanza pulito e tranquillo. Però c’è da dire che quest’anno si è vista molta meno gente rispetto alle scorse stagioni. Chi c’era, però, entrava in acqua».

ELISA COLONI

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 31 luglio 2009

 

Consiglio comunale di Trieste: approvata la rivoluzione di piazza Liberta' ed il metanodotto Trieste-Grado di Snam che servira' al rigassificatore

 

 Nella serata in cui la maggioranza approva la rivoluzione di piazza Libertà davanti alla rassegnazione di ambientalisti e comitati (23 voti a 15), in Consiglio comunale arriva anche l’ok agli espropri di trecento metri in area Ezit e Authority da dove partirà il metanodotto Trieste-Grado di Snam. Ed è un via libera politico al progetto che sta ”a monte”: il rigassificatore di Zaule, cui l’aula di piazza Unità ha di fatto aperto le porte della città, dopo il ”nulla osta” già blindato a Roma, ma con una serie di prescrizioni in materia di sicurezza e soprattutto di royalties da pretendere da Gas Naturale. Un ”mandato” a Roberto Dipiazza - pronto a dimettersi se non fosse arrivato l’ok - a trattare pesante con i vertici del colosso spagnolo, insomma. La conta dei sì e dei no, a differenza di piazza Libertà, non è stata questione di schieramento, ma ”di coscienza”, nel senso che da entrambe le parti della barricata, orientate a maggioranza per un voto favorevole, non sono mancati contras e battitori liberi. Al di là dei due della Lega che «pur favorevoli di principio al Gnl» si sono astenuti rifiutando (come ha motivato Maurizio Ferrara) «progetti calati dall’alto per i quali invece è necessario il coinvolgimento di enti locali e mondo scientifico», dai banchi del centrodestra sono spariti il Dc-autonomie Salvatore Porro e l’ex Fi Gruppo misto Paolo Di Tora . Lo stesso hano fatto vis-à-vis , non partecipando al voto, gli ex Margherita Bruna Tam e Mario Ravalico. Nel Pd, infatti, come ha riferito Fabio Omero in aula, la linea passata a maggioranza il giorno prima all’assemblea di partito è stata un «sì condizionato a un atteggiamento autorevole e unitario di tutte le istituzioni locali, da realizzare con il coinvolgimento delle competenze scientifiche presenti sul territorio (l’Ogs, suggerivano poi Roberto Decarli dei Cittadini e Emiliano Edera della Lista Rovis, ndr ) e promuovendo un percorso di approfondimento, con trasparente diffusione dell’informazione e partecipazione attiva della comunità». Un no, però, dal Pd è arrivato lo stesso: da Igor Svab, ma come Unione slovena. Con lui hanno espresso la loro contrarietà i due di Rifondazione, il verde Alfredo Racovelli, gli stessi Decarli ed Edera e il neocentrista Alessandro Minisini. Passa dunque un sì extralarge riassunto in un emendamento firmato da Piero Camber per Fi, Angela Brandi per An, Angelo Pierini per la Lista Dipiazza e Roberto Sasco per l’Udc che, al di là delle prescrizioni ambientali, «dovendo esaminare metanodotto e rigassificatore come un unicuum , nella valutazione per la dichiarazione di pubblica utilità devono essere considerati gli eventuali benefici a favore del territorio, a tutt’oggi assolutamente non risultanti». Quali? « Royalties , congruo coinvolgimento di compartecipazione societaria da parte dell’AcegasAps, quantità di posti di lavoro previsti, eventuali riduzioni sulle bollette del gas dei residenti, tempi e modi di riconversione della Ferriera», nonché «sede legale ed amministrativa a Trieste della società di gestione del terminale». La delibera è stata licenziata col disappunto dei rappresentanti dei comitati contrari al rigassificatore presenti in aula fino alla fine, in testa quello per la Salvaguardia del Golfo di Giorgio Jercog. La Tam, a inizio discussione, raccogliendo un’osservazione di questi ultimi, aveva proposto un rinvio «per approfondre le questioni derivanti da due delibere dell’Autorità per l’energia che assicura al proponente di un rigassificatore, anche in caso di business fallito, la copertura del 71,5% delle spese per 20 anni». La pregiudiziale è stata bocciata.

PIERO RAUBER

 

 

Gas Natural, grandi numeri in vista dello sbarco a Zaule
 

Si è chiuso con risultati positivi il primo semestre dell’anno per il Gruppo Gas Natural Italia. A confermare il trend positivo delle attività avviate nel nostro Paese è il balzo in avanti dell’Ebitda (il margine operativo lordo), che ha toccato quota 34 milioni di euro, vale a dire il 54,5% in più rispetto allo stesso periodo dello stesso anno. Nei primi sei mesi del 2009, rende noto ancora il gruppo spagnolo, il volume di gas distribuito è stato pari a 2.224 GWh, con un aumento del 25,3% rispetto allo stesso periodo del 2008. Con un incremento di 8500 nuovi punti di riconsegna nel primo semestre dell’anno, inoltre, Gas Natural Distribuzione Italia raggiunge quota 405 mila e prosegue quindi nella sua attività di espansione di rete. Fin qui i numeri. Ma nel bilancio di metà anno il colosso spagnolo inserisce anche traguardi più ”politici”. Primo tra tutti l’ottenimento del Decreto di autorizzazione ambientale da parte del ministero retto da Stefania Prestigiacomo per il progretto di costruzione del rigassificatore a Zaule. Progetto che, come noto, prevede la costruzione di due serbatoi da 140 mila metri cubi e una capacità annua di rigassificazione di 8 miliardi di metri cubi. Per realizzare l’impianto, Gas Natural calcola di impiegare circa 300 lavoratori, destinati a diventare 70 quando il terminal on-shore entrerà a regime. Quanto alle ricadute ambientali, il Gruppo assicura che «il rigassificatore di Trieste si caratterizzerà per eccellenza e sicurezza, e garantirà al sistema energetico nazionale diversificazione e maggiore sicurezza negli approvigionamenti». Nessun riferimento invece viene fatto per il momento all’altra delicata questione legata all’avvio del progetto in zona industriale: quella delle royalties, a partire dal possibile ingresso di Acegas- Aps nella gestione dell’impianto (con quote che, negli auspici delle istituzioni cittadine, non dovrebbero scendere sotto il 15-20%). Un aspetto, come ha ribadito il direttore Progetti internazionali del colosso spagnolo Narcis de Carreras durante l’incontro avuto con Roberto Dipiazza pochi giorni fa, che verrà analizzato e discusso a partire dal prossimo mese di settebre. Dopo la paua estiva, infine, Gas Natural chiarirà anche gli altri progetti di investimento in Italia attualmente allo studio, a partire dal potenziamento delle attività concentrate su Taranto.

( m.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 luglio 2009

 

 

In aula tubone e piazza Libertà
 

Il tempo dei dubbi e delle attese è scaduto. Questo pomeriggio i consiglieri comunali dovranno sciogliere le riserve e prendere posizione su una delle più spinose questioni approdate in aula negli ultimi tempi: il metadonotto da collegare al rigassificatore che Gas Natural punta a realizzare a Zaule. Maggioranza e opposizione saranno chiamati a dare parere favorevole agli espropri di trecento metri di «fondo marino interrato» nell’ex discarica inerti di via Errera, in area Autorità portuale e Ezit, propedeutici al tubone sottomarino Trieste-Grado che Snam punta poi ad allacciare allo snodo del gas di Villesse. Un voto, questo, ricco di implicazioni proprio in vista dell’iter che dovrà dare il via libera all’impianto del gruppo spagnolo. Non si parlerà solo di energia, tuttavia, nella sedua di stasera. All’ordine del giorno, infatti, anche il voto sulla nuova viabilità in piazza Libertà, riveduta e corretta rispetto a quella prevista nel progetto presentato nel 2008. La versione finale, quella sulla quale l’aula è chiamata a esprimersi tra poche ore, prevede la creazione di una corsia d’emergenza nell’area pedonale tra l’edificio della stazione e la statua di Sissi.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 28 luglio 2009

 

 

Il flop delle bici gratis: servizio sospeso
 

TRIESTE A Parigi, Vienna, Lubiana, vanno letteralmente a ruba. E anche a Roma - nonostante la presenza dei sette colli costringa turisti e residenti a sali-scendi - riscuotono un ottimo successo. A Trieste, invece, le biciclette pubbliche non se le fila nessuno. Anche se offerte gratuitamente, infatti, le due ruote collettive qui restano al palo. Al punto che la prima iniziativa avviata proprio per incentivare l’uso di mezzi alternativi alle auto, l’accoppiata ”bici+auto” lanciata dall’Amt, verrà sospesa per mancanza di utenti dal 1 agosto. In tre mesi di sperimentazione, da maggio a luglio, le dodici biciclette posizionate davanti ai parcheggi coperti di via Locchi e viale Sanzio sono state utilizzate appena da una dozzina di persone.

 

 

Muggia, parte il piano energetico
 

MUGGIA Parte da dieci edifici comunali, tra i quali il Municipio e alcune scuole, la fase sperimentale del Piano Energetico Comunale, strumento grazie al quale nella cittadina rivierasca si potranno attivare già nei prossimi anni interventi di risparmio energetico quali l'installazione di pannelli solari sugli edifici comunali, realizzazione di impianti di illuminazione stradale a basso consumo e creazione di impianti di sfruttamento delle biomasse (ramaglie e residui di potature e sfalci) che produrranno combustibile ecologico per alimentare le caldaie degli edifici pubblici. A queste si aggiungeranno azioni di risparmio energetico attuate in scuole e uffici. Il piano - la cui redazione è stata affidata a inizio anno al Ceta (Centro di Ecologia Teorica ed Applicata) di Gorizia - è stato presentato il 20 luglio scorso ad assessori, consiglieri comunali e responsabili dei Servizi Tecnici. Il Comune ha selezionato dieci edifici pubblici sui quali è stata effettuata un'analisi termica ed elettrica finalizzata a dotarli degli impianti più adeguati. Si tratta del Municipio, gli uffici di via Trieste e via Roma, il Centro Millo, la scuola elementare di Zindis e la "De Amicis", l'asilo nido "Iacchia", l'Istituto Comprensivo "G. Lucio", la scuola slovena "Bubnic" e la scuola materna di Chiampore. Obiettivi, la riduzione dei consumi e il miglioramento dell'efficienza energetica dell'involucro edilizio e degli impianti e la verifica della possibilità di sfruttamento dell'energia solare. I sopralluoghi, le analisi effettuate e le valutazioni dei consumi degli ultimi tre anni hanno evidenziato vari punti sui quali sarà ora possibile intervenire. Gli involucri edilizi hanno mostrato delle dispersioni per le quali sono state suggerite la coibentazione delle pareti, la realizzazione di coperture e solai verso gli ambienti non riscaldati e la sostituzione parziale o totale dei serramenti. Le analisi sugli impianti di produzione calore hanno evidenziato l'opportunità di sostituzione di caldaie, la modifica di terminali di erogazione, la scelta di idonei dispositivi di regolazione, mentre dal lato elettrico ci si è trovati di fronte a impianti in alcuni casi obsoleti, bassi rendimenti medi stagionali e scelte tecnologiche non corrette e si è valutata la fattibilità dell'installazione di impianti fotovoltaici. Interventi non per forza in antitesi, si legge nella relazione, e da attuare eventualmente anche in maniera congiunta. «Il Comune di Muggia - riferisce l'assessore comunale allo Sviluppo Energetico, Edmondo Bussani - sta iniziando a recepire le indicazioni del neonato Piano con l'intento di portare a bilancio, già nei prossimi anni, alcuni tra gli interventi proposti. L'Amministrazione è infatti ben cosciente che questi interventi, oltre a ridurre i consumi energetici e a migliorare il bilancio ambientale, consentiranno di liberare risorse economiche che potranno essere successivamente impiegate in altri interventi, oltre a rappresentare un virtuoso strumento di comunicazione e dimostrazione, di effetto immediato, sulla cittadinanza verso la sostenibilità non solo ambientale, ma anche economica e sociale. L'impiego sostenibile delle risorse e l'uso efficiente dell'energia sono obiettivi strategici che il Comune di Muggia, in concerto con quello di San Dorligo della Valle, persegue nel settore della pianificazione e della programmazione territoriale, energetica ed ambientale».

Gianfranco Terzoli

 

 

I Verdi: sostegno alla giunta ma il rigassificatore va stoppato
 

MUGGIA «Comprendiamo l’enfasi e la frenesia del nuovo corso del Pd che anche a livello locale cerca di ingraziarsi con iniziative il consenso dei cittadini, non giustifichiamo però i discutibili e pasticciati comunicati tesi solamente alla propria visibilità. I rappresentanti dei Verdi Muggia, confermano per l’ennesima volta, e sembra, da quanto dichiarato dal segretario del Pd locale, che ce ne fosse bisogno, la loro stima e la loro fiducia nei confronti del Sindaco e della Giunta». Lo scrivono in una nota i consiglieri verdi Giorgio Della Valle e Giorgio Millo, in risposta a un comunicato stampa del Pd muggesano e «al fuorviante tentativo del Pd muggesano di proporsi come il partito dell’opposizione all’impianto di rigassificazione nell'area Ex Esso del Vallone di Muggia, cercando di far dimenticare alla cittadinanza che ai convegni pubblici sul tema mai ne sono stati organizzatori/protagonisti». Nonostante tutto ciò i Verdi ribadiscono che «forse l’iter autorizzativo per la realizzazione del rigassificatore non è ancora chiuso» e si appellano al Sindaco e alle forze politiche muggesane per contrastare il rigassificatore.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 27 luglio 2009

 

 

SEGNALAZIONI - Raccolta differenziata
 

Ho soggiornato dal 13 al 20 giugno scorso al Camping Village Mare Pineta di Sistiana. Quando ho chiesto al personale della reception dove buttare vetro, plastica, carta, rifiuti organici, mi è stato risposto: «Ci vergogniamo di dirlo, ma nel nostro centro non si fa raccolta differenziata, si butta tutto nello stesso cassonetto!». Segnalo il fatto al vostro giornale, che ho tanto apprezzato durante il soggiorno, affinché venga evidenziata questa mancanza di sensibilità ecologica, al fine di far intervenire le autorità competenti per il rispetto dei regolamenti comunali e regionali in materia di raccolta differenziata.

Angelo Mantoan Uboldo (Va)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 26 luglio 2009

 

 

Metanodotto, braccio di ferro sugli espropri
 

TRIESTE Dipiazza: «Se non passa il metanodotto mi dimetto». Si scrive metanodotto, si legge rigassificatore. Giovedì il Consiglio comunale sarà chiamato a votare il via libera agli espropri di un piccolo fondo nell’ex discarica inerti di via Errera, propedeutici al tubone sottomarino Trieste-Grado. Si tratta in realtà di un nuovo, delicatissimo, voto politico sull’impianto Gnl di Zaule.

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 25 luglio 2009

 

 

SEGNALAZIONI - Territorio espropriato
 

Ha ragione il signor Adriano Verani, nel merito delle eclettiche novità estive che riguardano il territorio della nostra città. Tra il nuovo piano regolatore, siti inquinati, megacentri, acquario, marine, e ultimo il rigassificatore. Ci troviamo nella situazione che il bene più prezioso, il territorio, che dovrebbe appartenere ai cittadini, sovrani gestori dei beni pubblici, è invece espropriato dalle classi politiche, che dovrebbero invece limitarsi a regolarne l’uso, così da riconsegnarlo intatto, all’occorrenza, ai futuri cittadini, detentori della sovranità. Tutte le questioni in discussione vengono affrontate in mancanza di alcune basilari precondizioni: un progetto di sviluppo, una crescita economica sostenuta, una cultura dei beni pubblici e una concezione della professione politica come servizio alla collettività. Emerge un orientamento ben diverso, rispetto al passato. Dove le classi politiche si garantivano sì il potere, ma rappresentavano anche quanto di meglio esistesse nella società, vivendo non di politica, ma per la politica, mentre quelle odierne, più o meno trasparenti, più o meno corrotte, intendono la politica soltanto come un percorso di carriera. Di qui la necessità di assicurarsi le proprietà per autoriprodursi. Spaventate dalla globalizzazione, sotto attacco da parte di un’antipolitica classica, che ha favorito solo gli esponenti in grado di autosostenersi grazie al proprio patrimonio, le classi politiche del nuovo millennio sono alla disperata ricerca di nuovi mezzi di sostentamento, dopo che i loro immediati predecessori hanno dilapidato, in misura rilevante, i beni pubblici. L’ultimo bene aggredibile è il territorio, che viene governato in base al consenso elettorale, e non secondo il principio di efficienza e di servizio pubblico. Adesso vengono espropriati i cittadini, prima lo erano i capitalisti. Ma anche la nuova forma di espropriazione sancisce il ritorno della proprietà politica. È la vera novità di questi anni e segnerà il destino dell’economia futura. Il prof. Giulio Sapelli la chiama neopatrimonialismo partitocratrico e ne teme gli esiti, a cominciare dal discredito che getta sull'esercizio stesso della politica.

Ladi Minin

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA WWF - VENERDI', 24 luglio 2009

 

 

La frenesia nuclearista (e il rigassificatore di Trieste-Zaule)
 

Prot. 67/F.1
Una nuova ventata di frenesia nuclearista ha investito l’Italia nelle ultime settimane. Prima le norme del decreto-legge “anticrisi” che aprono la strada all’individuazione dei siti per alcune centrali (scavalcando anche alcune garanzie ambientali, donde le proteste della ministra Prestigiacomo).
Poi le nuove avances del Governo – con il ministro degli esteri Frattini – e della Regione – con il presidente Tondo - alla Slovenia, affinché accetti la partnership italiana nel raddoppio della centrale di Krško. Il tutto nel consueto tripudio di politici, industriali e manager vari, pronti a ripetere il ritornello dell’indipendenza energetica, dei minori costi dell’energia, del nucleare “pulito”, ecc. Pura ideologia, che cerca di nascondere corposi interessi economici, i quali hanno però ben poco a che fare con gli interessi degli italiani. Si nascondono infatti alcuni dati oggettivi.
Per esempio, a proposito di sicurezza dell’approvvigionamento: l’energia nucleare si produce a partire dall’uranio, che però è esauribile al pari del petrolio e del metano. Secondo i calcoli più attendibili, le riserve note di minerali uraniferi si esauriranno entro una quarantina d’anni ai livelli di consumo attuali. Ovvio che costruendo tante nuove centrali, i consumi aumenterebbero, e l’uranio disponibile finirebbe prima. In effetti, già tra il 2003 ed il 2007 il prezzo dell’uranio è aumentato di 10 volte. Si cita poi l’inaffidabilità politica dei fornitori di gas e petrolio (paesi arabi, Russia, ecc.). Peccato che l’uranio provenga solo per il 28 per cento da Paesi come USA, Australia e Canada, mentre il resto arriva da miniere in Kazakistan, Russia, Niger, Namibia, Uzbekistan o dal riciclaggio di armi atomiche in smantellamento, per lo più russe.
Nucleare “pulito”? L’uranio si estrae macinando rocce, con costi energetici (ed economici) molto elevati e crescenti, man mano che l’esaurimento dei giacimenti più ricchi costringe a ricorrere a quelli con minore tenore di minerale. Segue un complesso processo di raffinazione ed arricchimento, che consuma anch’esso grandi quantità di energia, prodotta per lo più con fonti fossili. Calcolando l’intero ciclo produttivo (compresi lo smantellamento delle centrali a fine vita utile ed il riprocessamento del combustibile esaurito), il nucleare implica oggi emissioni di anidride carbonica per chilowattora prodotto, pari ad un terzo rispetto a quelli di centrali a metano. Quando, presto, si ricorrerà ai giacimenti con minor tenore di uranio, costi energetici ed emissioni aumenteranno, fino ad eguagliare quelli delle fonti tradizionali.
Senza contare l’irrisolto (anche nelle centrali di “terza generazione”) problema dello smaltimento delle scorie radioattive ed i rischi di incidente.
L’argomento più assurdo di tutti, a proposito di sicurezza, è quello che “siccome siamo circondati da centrali nucleari, tanto vale farne anche in Italia”. Da noi c’è chi aggiunge che in fondo una centrale atomica è ben più pericolosa di un rigassificatore e quindi cosa fa? Propone alla Slovenia di darle una mano per raddoppiare la centrale di Krško, in cambio dell’ok al rigassificatore di Zaule. Così Trieste (ma anche Capodistria) si troverebbe con un rischio nucleare raddoppiato ed in più anche il pericolo di qualche incidente o attentato a Zaule o alle navi gasiere in porto: geniale!
Pochi dicono, invece, che investendo davvero nel risparmio e nella razionalizzazione dei consumi energetici, si “produce” molta più energia – a parità di spesa – che costruendo centrali nucleari o rigassificatori, in meno tempo, senza pericoli e riducendo gli impatti ambientali anziché aumentarli. Si tratta però di interventi a scala ridotta e locale, che non interessano alle grandi (e meno grandi, come ACEGAS-APS) società venditrici e distributrici di energia, perché riducono davvero – e stabilmente – i consumi e quindi i costi energetici dagli utenti. Il guaio è che sono per lo più i grandi oligopoli dei produttori e venditori di elettricità, gas e petrolio a dettare la politica energetica ai Governi. A quello italiano di certo (non da oggi), ma forse anche a quello sloveno. Come pure al Comune di Trieste….
Cos’altro andrà a fare il ministro Frattini nell’annunciata visita a Lubiana dei primi di settembre, se non a proporre un’alleanza “strategica” italo-slovena ispirata da alcuni di questi oligopoli? Chissà se il Governo sloveno saprà valutare il vero interesse nazionale o si venderà e venderà i triestini insieme ai propri cittadini.
Ringraziando per l’ospitalità che spero potrà essermi concessa, porgo i più distinti saluti
Dario Predonzan - Responsabile energia e trasporti WWF Friuli Venezia Giulia
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 24 luglio 2009

 

 

Piano regolatore, Dipiazza ritira la delibera
 

«Ritiro la delibera del Piano regolatore». L’annuncio fatto alle 20.05 di ieri sera dal sindaco Roberto Dipiazza con un colpo di scena clamoroso che ha fatto immediatamente interrompere la seduta del Consiglio comunale che doveva durare fino a notte fonda per permettere la maratona degli emendamenti, ha lasciato sgomente le opposizioni di centrosinistra e fatto restare di sasso i componenti dei Comitati di quartiere di Cattinara, di San Giovanni e di Grignano intervenuti a decine in municipio per perorare le loro cause. «Alcuni elaborati non sono stati trasmessi alle Circoscrizioni - ha annunciato Dipiazza prendendo improvvisamente e inaspettatamente per primo la parola - dobbiamo ripresentare alle Circoscrizioni elaborati completi. Lo faremo, rifaremo la Commissione urbanistica. Tutto sarà pronto a metà agosto e il Piano verrà approvato dal Consiglio comunale. Comunque dovremo attenderci qualche ricorso, non intendo che l’intero Piano regolatore venga invalidato per questo motivo. Perciò ritiro la delibera». Più tardi Dipiazza ha ulteriormente precisato anticipando i tempi: «Tutto sarà finito il 9 agosto». L’intero Popolo della libertà a questo punto si è alzato come un sol uomo e ha preso la porta. Sul versante opposto corpi impietriti sugli scranni per qualche secondo, poi boati di protesta. «Un incredibile fallimento per il sindaco», ha commentato Fabio Omero capogruppo del Pd. «La cosa più scandalosa che si sia vista nella politica triestina negli ultimi dieci anni - ha detto il verde Alfredo Racovelli - non quadrava la logica spartitoria tra politici e costruttori e tra gli stessi partiti del centrodestra. Da qui l’aggiornamento con la scusa del dischetto dimenticato». Una tesi su cui sembravano concordare tutti gli esponenti dell’opposizione soffermatisi in aula. Del resto le schermaglie tra Forza Italia, Alleanza nazionale e Lega nei giorni scorsi erano state continue e cruente. Solo 24 ore prima Antonio Lippolis di An aveva sferrato al Piano un attacco pesantissimo. «Sciacalli vergognosi», è stata la replica di Dipiazza riguardo all’interpretazione dei fatti data dall’opposizione. Molti del centrosinistra se ne sono andati insieme in trattoria, anziché mangiare i panini portati per la notte di discussioni. Prima però Fabio Omero ha mostrato il dischetto che non sarebbe stato trasmesso alle circoscrizioni: contiene Elaborati di analisi, Carte geologiche, Relazioni geologiche. «È stato il nostro consigliere Stefano Ukmar a segnalare questa omissione», ha detto. Anche su questo diversa la spiegazione del centrodestra. «Di 108 allegati, ne sono stati trasmessi 106, ne mancavano solo due, un piccolo file di uno dei dischetti - ha detto Piero Camber, capogruppo di Forza Italia - la mancanza è stata segnalata con una mail al sindaco da un avvocato delle associazioni ambientaliste». Il centrodestra non è stato colto di sorpresa dalla dichiarazione shock del sindaco perché la seduta aveva avuto un andamento strano. Inizio programmato per le 18.30, ma lavori mai aperti e continui conciliaboli nei corridoi. Dipiazza si è avvicinato al pubblico e ha raccolto la petizione dei Comitato dei residenti di Cattinara, Melara, Forlanini, Longera e Altura che chiedevano che l’area dismessa del cantiere della Grande viabilità non sia destinata a ospitare circhi e parchi divertimenti, ma divenga parco pubblico e parcheggio. Ciò sembrava possibile perché l’emendamento presentato da Bruna Tam (Pd) sarebbe stato accolto e integrato dalla maggioranza come aveva spiegato Maurizio Ferrara della Lega. «Un parcheggio non è possibile, un parco sì», ha detto Dipiazza alla gente. Poi alle 19.30 l’annuncio che la seduta sarebbe cominciata dopo un quarto d’ora pèer permettere una riunione della maggioranza. Si è arrivati alle otto passate, ma in un minuto tutto era finito. Il file mancante sarà trasmesso subito alle circoscrizioni che avranno dieci giorni di tempo per il parere. Poi il Piano regolatore dovrà tornare nella Commissione urbanistica e infine di nuovo in Consiglio comunale.

SILVIO MARANZANA

 

 

Pd: no rigassificatore ma i Verdi esagerano
 

MUGGIA Il Circolo del Pd di Muggia vuo, fare ulteriore chiarezza sulla sua posizione in merito al rigassificatore. E lo fa con un’articolata nota in cui ribadisce «che ha sempre condiviso e sostenuto le posizioni contrarie al rigassificatore espresse dalla Giunta e dal Consiglio comunale di Muggia confermate anche dalla ferma opposizione dei propri rappresentanti alla mozione di sfiducia al sindaco presentata dal centrodestra, che imputava al sindaco la non partecipazione al voto sul piano regolatore portuale motivata dalla contrarietà all'insediamento del rigassificatore». Il Pd di Muggia esprime dunque «pieno sostegno a tutte le iniziative che l'amministrazione di Muggia e di Dolina - San Dorligo hanno già avviato per fare chiarezza su presunte irregolarità nell'iter autorizzativo del Rigassificatore». Un po’ di maretta sembra esserci semmai all’interno del centrosinistra muggesano, tanto che il Pd locale, come precisa ancora la nota firmata dal segretario del Circolo, Gianfranco Dragan, « non condivide le posizioni che due rappresentanti dei Verdi muggesani, da parecchio tempo, stanno manifestando, non solo sul rigassificatore, verso la giunta ed il sindaco di Muggia. Troppo spesso – viene contestato – i toni sono talmente aspri e le modalità cosi discutibili da non rappresentare contributi fattivi per la maggioranza di centro-sinistra».

 

 

Gli ambientalisti: basta coi depositi Gpl
 

MUGGIA «Sette enormi depositi di Gpl fuori terra privi di tutte le norme sulla sicurezza». I comitati Monte d'oro e Cittadini di Zaule tornano a puntare nuovamente il dito contro i serbatoi della Gts situati in via Flavia di Aquilinia nella zona industriale di Muggia. Con una lettera aperta indirizzata ai sindaci Nesladek e Dipiazza firmata dall'ex consigliere comunale di San Dorligo della Valle Giorgio Jercog i comitati hanno ricordato la situazione dei serbatoi posti a quaranta metri dalla strada provinciale, tuttora privi di una muratura di protezione e separati solamente da una rete metallica a maglie larghe. «Dopo il tragico accadimento di Viareggio si è cercato con immediatezza, senza rispetto alcuno per i morti ed i feriti, di mettere le mani avanti asserendo, come ha fatto il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza che il Gpl (gas propano liquefatto) è ben più pericoloso del Gnl (gas naturale liquefatto), una dichiarazione atta a giustificare ovviamente il rigassificatore che si vorrebbe costruire a Zaule”. «Eppure -prosegue il documento- i serbatoi della Gts (prima di proprietà della Monteshell gas ndr) esistevano già quando Dipiazza era sindaco di Muggia e non risulta che sia mai stato mosso un dito per dismettere l'impianto». Il portavoce dei comitati si è poi rivolto al sindaco di Muggia Nesladek affinché «si preoccupi di far valere i diritti da troppi anni negati, segnalando alle autorità competenti la situazione di grave pericolo rappresentato dai depositi di Gpl della società Gts che, senza remora alcuna, viola le leggi sui depositi di materiali energetici altamente pericolosi, sia per le costruzioni industriali vicinissime agli impianti, sia per il traffico stradale intenso ivi esistente, sia per le case di civile abitazione site a breve distanza».

Riccardo Tosques

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 23 luglio 2009

 

Scajola: la Slovenia dovrà tornare sui suoi passi
 

TRIESTE Lubiana farà dietrofront: Claudio Scajola non ha dubbi. Il ministro allo Sviluppo, dalla Svezia, dove partecipa al vertice europeo su clima ed economia verde, rassicura in tempo reale sui destini del rigassificatore: «Confermo il mio pieno sostegno alle autorità locali del Friuli Venezia Giulia che intendono procedere verso l’autorizzazione del rigassificatore di Zaule». E ancora: «Sono certo che le autorità slovene torneranno sui loro passi. Abbiamo già trasmesso tutte le necessarie chiarificazioni e garanzie al governo di Lubiana e abbiamo tenuto conto delle osservazioni che gli sloveni ci hanno fatto pervenire». Scajola, pertanto, si dice «fiducioso per la positiva soluzione della vicenda: la collaborazione energetica con la Slovenia è molto forte, come ha dimostrato l’aiuto offerto dal nostro governo in occasione della crisi del gas dello scorso inverno e per la centrale di Krsko».

(r.g.)

 

 

Muggia, Pd e Verdi rinnovano il secco «no al rigassificatore»
 

MUGGIA La partita per il rigassificatore nel golfo di Muggia non è ancora chiusa. Lo sostengono sia i Democratici che i Verdi di Muggia, i quali fanno anche autocritica per la linea morbida tenuta in merito dalla maggioranza in Comune. Il Circolo muggesano del Pd ribadendo, come già espresso in un documento presentato oltre un anno e mezzo fa in un incontro pubblico a Trieste «la totale contrarietà all'impianto per l'assoluta estraneità nei confronti di un territorio e di uno specchio di mare ridottissimi e già feriti da antichi e nuovi insediamenti a elevato impatto ambientale». I Verdi appellandosi a sindaco, forze politiche muggesane e a tutti i cittadini «per sostenere le istanze tese a contrastare la realizzazione dell'impianto nell'area ex Esso», realizzazione «nei confronti della quale il Consiglio comunale - interpretando il sentimento e la volontà di tutti i cittadini - ha più volte manifestato, con voto unanime, la sua contrarietà». «Una precisa assunzione di responsabilità ai diversi livelli politico-amministrativo locali, atta a garantire una prospettiva di sviluppo sostenibile per tutta la provincia», viene richiesta con forza anche dal Pd. I Verdi, che sostengono la maggioranza a Muggia ed esprimono un assessore, fanno autocritica: «La firma sul decreto di Via che segna un ulteriore passo verso la realizzazione del rigassificatore è anche conseguenza della debole posizione scelta dalla maggioranza, di cui facciamo parte, e perfino del nostro assessore (Omero Leiter, ndr ), nell'iter di approvazione del nuovo Piano Regolatore Portuale, che è alla base della firma ed è transitato sui banchi del Consiglio comunale senza trovare adeguate contromisure». «Ma - aggiungono - nonostante i trionfalistici commenti del sindaco di Trieste, della presidente della Provincia, degli esponenti del centrodestra, il triste silenzio di quelli del centrosinistra e la squallida proposta di inserire il ripristino della benzina agevolata nel pacchetto di benefit, l'iter autorizzativo non è ancora chiuso. Ci sono ricorsi avversi alle decisioni prese, c'è tutta la parte regionale della procedura autorizzativa compresa la Via, e soprattutto la contrarietà slovena».

(g.t.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 luglio 2009

 

 

Piazza Libertà, 5 alberi secolari verranno ripiantati altrove
 

Piazza Libertà, cinque alberi saranno tagliati e altri cinque verranno traslocati altrove, in una zona verde che li possa ospitare. Il perimetro del giardino storico, come imposto dalla Soprintendenza, resta intatto. Sul lato Sud, prosecuzione verso le rive di via Sant’Anastasio, viene a cadere una corsia preferenziale per gli autobus. E davanti alla stazione, dove oggi c’è il traffico maggiore e domani sarà zona pedonale, è stata invece disegnata una corsia di emergenza per mezzi di soccorso. O da usare come sfiato in caso di impedimenti gravi sulla direttrice che da viale Miramare porta verso il centro. Le modifiche al progetto intercorse in questi mesi, e che l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli promette nuovamente di presentare in pubblico a settembre prima di indire la gara europea da oltre 3 milioni di euro per la realizzazione, non hanno comunque dato intera soddisfazione ai comitati di cittadini e alle associazioni che sono insorte contro il sacrificio degli storici ippocastani. Sono riusciti a salvarne cinque su dieci: quelli che il Comune ha stabilito e verificato che si possono sradicare dalla sede e ripiantare in altro sito. «Ma in totale - replica Bandelli, che comunque è titolare dell’esecuzione e non del progetto urbanistico, dato che l’assessore all’Urbanistica è il sindaco Dipiazza - tra stazione e lato sala Tripcovich ci saranno ben 2000 metri quadrati in più di pedonale e di verde rispetto alla situazione attuale». Perché infine verranno piantati circa 50 alberi nuovi «su alcuni marciapiedi di lato viale Miramare e lato stazione». Si attende, su questo, il parere definitivo della Soprintendenza. La variante al Piano regolatore (e qui è in gioco ancora quello attuale) è stata inserita come si sa con una motivazione precisa: fluidificare il traffico d’ingresso in città, alleggerire la pericolosa «autostrada» di fronte alla stazione, allargare le corsie in previsione del rifacimento in senso commerciale e congressuale del Silos.

(g.z.)

 

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA DI LEGAMBIENTE - MERCOLEDI', 21 luglio 2009

 

Il Piano Casa, quattro mesi dopo

 

“Contraddittorio, incompleto, dannoso, arretrato. Solo tre le regioni promosse, tutte le altre bocciate o rimandate in attesa di nuove regole”

La pagella di Legambiente sull’operato di Governo e Regioni  relativo al provvedimento che doveva rilanciare l’edilizia in Italia
 

 

COMUNICATO STAMPA DI INFOGREEN INTERNATIONAL - MERCOLEDI', 21 luglio 2009

 

APERTO UN PROCEDIMENTO DI INFRAZIONE DALLA COMMISSIONE EUROPEA PER IL MALFUNZIONAMENTO DEI DEPURATORI FOGNARI DELLA PROVINCIA DI TRIESTE.
 

INQUINAMENTI TRANSFRONTALIERI ITALIA-SLOVENIA:CONTINUA L’INCHIESTA DEL PARLAMENTO EUROPEO. SOTTO ACCUSA FERRIERA DI SERVOLA E IMPIANTI DI DEPURAZIONE FOGNARIA.Trieste 21.07.2009 - Con Comunicazione del 14.07.2009 la Commissione per le Petizioni del Parlamento Europeo ha confermato la continuazione dell’inchiesta avviata a seguito della presentazione della denuncia di Greenaction Transnational sugli inquinamenti transfrontalieri tra Italia e Slovenia causati dagli impianti industriali e dai depuratori fognari della provincia di Trieste. Nella denuncia, che ai sensi del Trattato CE è stata recepita come petizione (n° 1459/2007), veniva affrontato in particolare il pesante inquinamento atmosferico prodotto dalla Ferriera di Servola in concorso con l’inceneritore cittadino, e l’inquinamento delle acque marine causato dagli scarichi dei collettori fognari (anche in zone balneari) dei cinque depuratori (da anni malfunzionanti) della provincia di Trieste. Le conseguenze di questo inquinamento continuato vengono estese alla vicina Slovenia, sia per quanto riguarda quello atmosferico (ferriera + inceneritore con emissioni di diossine, biossido d’azoto, PM10), sia per quello marino (il principale depuratore della provincia di Trieste - quello di Servola, con capacità di 170.000 abitanti - scarica con collettore di 7,5 km i reflui fognari in prossimità delle acque territoriali della Slovenia). L’inchiesta in corso ha confermato quanto denunciato da Greenaction determinando l’avvio di un procedimento di infrazione per l’inquinamento del Golfo di Trieste causato degli scarichi fognari non depurati. Nella relazione della Commissione Europea, che svolge l’inchiesta per conto del Parlamento Europeo, viene evidenziato che: “[...] La direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane stabilisce l’obbligo di trattamento delle acque reflue per tutte le zone di insediamento o le zone di attività economica con più di 2.000 abitanti o l’equivalente in termini di inquinamento da acque reflue (‘abitanti equivalenti’). Le zone di insediamento di Trieste, Muggia e San Dorligo della Valle rientrano senza dubbio nel campo di applicazione della direttiva. Tenuto conto che il trattamento biologico delle acque reflue necessario non viene effettuato in maniera adeguata, la Commissione, nel suo ruolo di custode del trattato, ha già avviato una procedura di infrazione contro l’Italia per la mancata conformità alla direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane”.Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico causato dalla Ferriera di Servola e dagli altri impianti industriali si conferma la critica situazione della provincia di Trieste infatti: “[...] La Commissione rileva che nella zona di Trieste la concentrazione di PM10 e di biossido di azoto supera il valore limite oltre al margine di tolleranza, creando una situazione che richiede l’adozione di un piano relativo alla qualità dell’aria”. La Commissione precisa inoltre che sono due gli impianti nell’area siderurgica di Servola sottoposti alla direttiva (2008/1/CE) IPPC (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento): l’impianto siderurgico ‘Lucchini’ e la centrale elettrica di Servola. Ma solo la Lucchini risulta avere l’autorizzazione IPPC. La stessa Commissione Europea sottolinea comunque che: “[...] la mera esistenza di un’autorizzazione non è sufficiente per valutare se l’autorizzazione è valida e conforme alle disposizioni della direttiva IPCC”.

Si tiene ad evidenziare che Roberto Giurastante (responsabile di Greenaction Transnational), autore della petizione che ora ha portato al riconoscimento della grave situazione di inquinamento transfrontaliero da parte delle istituzioni comunitarie, nel marzo del 2007 - all’epoca come rappresentante degli Amici della Terra di Trieste - aveva presentato all’autorità giudiziaria nazionale (Procura della Repubblica di Trieste) un esposto sugli stessi inquinamenti, ottenendo quale un’unico risultato una richiesta di emissione di decreto penale di condanna nei suoi confronti da parte dell’allora Procuratore della Repubblica Nicola Maria Pace (attuale Procuratore della Repubblica di Brescia). Secondo il Procuratore Pace, Roberto Giurastante non rappresentava infatti effettivamente la sua stessa associazione e aveva: “[...] con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, al fine di procurarsi il vantaggio costituito dalla maggiore rappresentatività delle denunce sporte in quanto all’apparenza riconducibili ad una associazione ambientalista di rilevanza nazionale [...] indotto in errore i magistrati del pubblico ministero presso il Tribunale di Trieste e dell’ufficio G.I.P. del Tribunale di Bologna ....”. Giurastante e la sua associazione si trovavano all’epoca al centro di un duro scontro con l’associazione nazionale Amici della Terra Italia da cui erano stati sconfessati, ma il gruppo di Trieste aveva sempre avuto completa autonomia giuridica e come tale poteva quindi muoversi. Dopo essere stato rinviato a giudizio a seguito della condanna preventiva (senza possibilità di difesa), Giurastante veniva alla fine assolto il 16 gennaio del 2009 dal Tribunale di Trieste “perchè il fatto non sussisteva” essendo stato provato che egli rappresentava effettivamente la propria associazione. Ma la denuncia sugli inquinamenti transfrontalieri era stata nel frattempo già archiviata senza indagini da parte dell’autorità giudiziaria nazionale.

GREENACTION TRANSNATIONAL - Via Palestrina 3 - 34133 Trieste (Italy) - tel.+39 040-2410497 - info@greenaction-planet.org
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 luglio 2009

 

La Bassa Poropat inciampa sull'impianto di Zaule
 

TRIESTE Alla fine Maria Teresa Bassa Poropat, nella riunione di maggioranza svolto ieri pomeriggio per mettere a punto l’ordine del giorno del prossimo Consiglio provinciale di giovedì, ha rassicurato tutti: quella soddisfazione dichiarata la scorsa settimana per il rigassificatore a Zaule era assolutamente personale e non istituzionale. Così la fibrillazione nella maggioranza che la sostiene in Provincia è cessata, ma la presidente ha dovuto chiarire bene le sue intenzioni. L’ha detto, ribadito e insistito: «Ho parlato a titolo personale, non ho impegnato l’Amministrazione che presiedo». Il chiarimento è stato necessario per superare l’incidente di percorso e riportare la tranquillità nella maggioranza . Nell’incontro di ieri sera l’argomento non era all’ordine del giorno, ma era anche la prima occasione per chiedere conto alla presidente delle sue parole. E naturalmente il conto le è stato chiesto. «Personalmente non mi sono mai agitato, sapevo fin dall’inizio che la bassa Poropat aveva parlato a titolo personale, non poteva essere altrimenti - afferma il vice presidente Walter Godina - perchè l’unico atto ufficiale della Giunta aveva dichiarato l’impossibilità di dare un parere sul rigassificatore, mancando elementi essenziali di tipo ambientale per valutare serenamente la questione». «Devo dire che la presidente è stata molto chiara sulle sue dichiarazioni e sinceramente le crediamo - sostiene la verde Carla Melli -. Certo, se la Provincia dovesse prendere decisioni con maggioranze diverse, la nostra presenza in quella attuale non avrebbe più senso». Ancora più chiara Elena Legisa, capogruppo di Rifondazione comunista, che aveva preso posizione subito dopo le parole della Bassa Poropat, distanziandosene pubblicamente a nome del suo partito. «Prima bisognerebbe predisporre un piano energetico nazionale per capire di quanta ne abbiamo veramente bisogno e poi si potrebbe parlare di rigassificatori e dove installarli. Solo a quel punto si potrebbero prendere posizioni, comunque ufficiali e formali, sulle scelte fatte. Per questo siamo contrari al rigassificatore di Zaule e perciò prendiamo le parole della presidente come sue proprie, non rappresentano nessun’altro che se stessa».

MATTEO CONTESSA

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 luglio 2009

 

 

Sviluppo a tutto gas
 

E se Trieste diventasse una sorta di zona franca dell'energia? Molto s'è detto e si dirà sul rigassificatore, nel dibattito pubblico che di qui a un anno accompagnerà l'iter di autorizzazione locale dell'impianto a Zaule, dopo il via libera governativo dei giorni scorsi.

Ma un punto centrale, e probabilmente il più importante, non è ancora stato illuminato: il potenziale di attrazione di nuove imprese a Trieste, grazie a un costo dell'energia più basso che nel resto del Paese. Di fatto, l'equivalente di una città detassata. Beninteso, il progetto è ancora tutto da formulare. Il rigassificatore è un mosaico complesso che, prim'ancora di comporsi, deve superare due ostacoli seri. Il primo è la sicurezza ambientale. Gli spagnoli di Gas Natural (operatori leader europei, non avventurieri dell'ultim'ora) sono chiamati a dare garanzie sul mantenimento della temperatura naturale nelle acque del golfo, la prevenzione d'incidenti, la fruibilità del mare a fronte delle navi che andranno su e giù. Non dubitiamo che lo faranno (l'esempio di Barcellona, dove un impianto analogo è perfettamente integrato in una delle città più belle del mondo, è visibile a tutti), ma devono farlo. Il secondo ostacolo sono le perplessità di Lubiana, ora espresse con la minaccia di un ricorso alla Corte di giustizia europea. La questione è legata alla sicurezza ambientale, ma è concettualmente più semplice. La Slovenia ha ogni diritto di chiedere (anzi, di esigere) che un impianto produttivo in Italia non abbia le minime ricadute negative sul proprio territorio. Prestata questa garanzia da parte italiana, la questione si chiude. Lungi da noi un populismo a buon mercato, ma non risulta che la Francia abbia mai chiesto il permesso ai vicini per le centrali nucleari di cui s'è puntellata, né Lubiana lo chiede a noi per produrre ogni giorno (con alti standard di sicurezza, per nostra fortuna) energia nucleare a Krsko. Né rileva che la centrale risalga alla Jugoslavia: la sicurezza non è questione di timbri e codicilli diplomatici. Se peraltro Lubiana mantiene delle perplessità, sarà bene che il ricorso a Lussemburgo lo presenti davvero quanto prima: la sentenza garantirà tutti. Parallelamente al nodo sicurezza, i dodici mesi a venire serviranno per negoziare le ricadute locali dell'impianto. E su questo il sindaco Dipiazza fa benissimo a tener duro. Il rigassificatore potrà portare benefici sia spiccioli che strategici alla città. Tra i primi, bollette più a buon mercato per le famiglie e il ripristino della benzina agevolata (ammesso che sia un beneficio, ma questa è un'altra storia) previsto dalla legge nazionale. Tra i secondi, molto più importanti, un'intrapresa economica che si prevede dia lavoro (tra diretto e indotto) a 400 persone, introiti cospicui per il Comune che potranno riversarsi in opere pubbliche, per mezzo sia delle royalties che del gettito fiscale, e la probabile soluzione del nodo Ferriera. Ma, soprattutto, il rigassificatore potrà portare a una bolletta energetica meno salata per le imprese servite dall'Acegas. È questo il punto cruciale, ciò che rende essenziale negoziare l'ingresso della ex municipalizzata nella società di gestione. Sarebbe un salto di qualità non solo per l'Acegas (a quel punto molto più forte e legittimata a guidare l'auspicabile processo di fusioni tra le aziende cugine del Nordest), ma per l'intera città. Oggi le imprese italiane pagano le bollette più care d'Europa. E l'energia è simile a una tassa: è un costo incomprimibile prescindendo dall'efficienza aziendale, e quanto mai oneroso soprattutto per le produzioni industriali. Offrire energia meno cara in provincia, magari accompagnata da terreni bonificati e disponibili in zona industriale nel contesto di un Nordest saturo da anni, sarebbe davvero una spinta decisiva e forse dirompente allo sviluppo della città: le imprese si spostano e s'insediano dove conviene. È sacrosanto che ci occupiamo della temperatura del mare: è la nostra casa. Ma davanti a una scelta decisiva, è sacrosanto pensare anche alla casa che potremo costruire.

Roberto Morelli
 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 19 luglio 2009

 

 

Dipiazza: «Già tre mosse per chiudere la Ferriera»
 

La riunione del Rotary club Trieste di giovedì sera, ospite Roberto Dipiazza, è stata per il sindaco un’occasione per tirare le somme di un’attività politica più che decennale: dalla Ferriera al rigassificatore, dal Parco del mare alle bonifiche, il primo cittadino ha toccato molti degli argomenti caldi del suo secondo mandato. Un tema in particolare, però, è emerso suscitando il fervore del sindaco, ed è il progetto del Corridoio 5: «I progettisti della Tav? – ha esclamato –. Quattro cretini che hanno tirato una riga da qua a Lubiana. Il problema di questo Paese è che interessano di più i 50 milioni di euro stanziati per il progetto rispetto alla sua effettiva realizzabilità». Secondo il sindaco la situazione italiana non è paragonabile a Paesi come la Francia: «Lì funziona, ma hanno solo due grandi città – ha affermato –. L’Italia invece è piena di piccole città: vogliamo chiedere ai pendolari della Milano-Torino che cosa hanno guadagnato dalla Tav? La prima necessità in questo Paese è ripensare il trasporto locale, e poi all’alta velocità e capacità». Problema a parte, poi, la morfologia di Trieste: «Secondo l’idea di questi quattro cretini – ha ripetuto – si dovrebbe passare per Roiano a 150 metri sottoterra, mantenendo il dislivello zero per permettere ai treni di andare a 250 km all’ora. È ora di finirla di dire simili cose: abbiamo già visto l’effetto di gallerie scavate in zona urbana». Dipiazza non ha lesinato critiche neppure alla Slovenia: «Dovremmo trasformare Trieste da stazione di testa a stazione passante per collegarci a Divaccia, costringendo la ferrovia a un percorso contorto per arrivare in quota». Il sindaco ha elencato poi gli ultimi risultati raggiunti: «La gara per il Porto Vecchio, la fabbrica di funi d’acciaio, il rigassificatore: sono le prime pietre che ci permetteranno di chiudere la Ferriera, cosa che speriamo di fare entro due anni, e ricollocarne i 500 posti di lavoro». Dipiazza ha minimizzato i dubbi sulla sicurezza del rigassificatore di Gas Natural: «Non conterrà il pericoloso Gpl ma soltanto Gnl, ovvero lo stesso metano che scorre nelle nostre tubature e che in caso di fuoriuscita si disperde nell’aria». Notevoli invece, nelle parole del sindaco, i vantaggi economici per AcegasAps: «Partecipando al 25%, Acegas otterrebbe un ruolo di capofila tra le multiutility del Triveneto, facendo così il primo passo per la creazione di una megamultiutility del Nordest che le riunisca tutte». Dipiazza ha parlato anche del Parco del mare, rispondendo con una battuta alla possibilità che la Sovrintendenza ai beni culturali si opponga al posizionamento della struttura sulle Rive: «Con la Sovrintendenza abbiamo da sempre un ottimo rapporto – ha detto – e poi rimango un commerciante: magari restaurando una chiesa avremo il Parco del mare». Sulle bonifiche il sindaco ha lanciato una proposta «che dovrà valutare chi verrà dopo di me: è inutile mandare le terre contaminate in Germania per recuperarle; pensiamo piuttosto a costruire un impianto per dilavare le tossine a Trieste». In chiusura di serata, Dipiazza si è mostrato dubbioso sulla possibilità di un terzo mandato, non senza una nota di amarezza: «La realtà – ha detto – è che sono molto apprezzato dalla gente, ma in politica non sono troppo amato né a sinistra né a destra». E una battuta il sindaco l’ha spesa intanto ieri sull’ordinanza firmata dal sindaco di Milano, Letizia Moratti, per vietare vendita e consumo di alcol agli under 16: «Fare la stessa cosa a Trieste? No. Il problema è convincere i giovani a non bere, spiegando loro le conseguenze negative alle quali può portare l’alcol. Bisogna parlare di più con i ragazzi e fare meno demagogia: la strada è il dialogo, non certo il proibizionismo».

Giovanni Tomasin

 

 

Costruttori e professionisti: il Prg va sospeso
 

Attacco frontale al Piano regolatore di costruttori, ingegneri, architetti, geometri e periti industriali di Trieste. Con una firma sotto una pagina a pagamento che appare oggi in questo giornale inviano una lettera aperta al sindaco. Chiedono al Comune nientemeno di sospendere le procedure di adozione. Che invece si avviano proprio domani alle 20, primo consiglio comunale sul tema, per continuare mercoledì e giovedì. Chiedono che se ne riparli fra due-tre mesi. E che in quel tempo si ricontratti con le categorie economiche l’intero impianto dello strumento urbanistico. Lamentano una «secretazione» che li avrebbe ridotti «al ruolo di spettatori», e una «potenzialità edificatoria» diminuita o cancellata «che equivale a impoverire immediatamente il cittadino o imprenditore che sia». Con conseguenze su «investimenti, livelli occupazionali, indotto» e con «un costo sociale che appare rilevante». Le carte comunali, scrivono i professionisti, rivelerebbero «una riduzione di 500 mila metri quadrati di aree a edificazione diretta, la maggior parte delle quali di proprietà di privati cittadini». Donatello Cividin, presidente provinciale Ance, Antonino Papa, presidente del Collegio geometri, Mario Vianelli, presidente dell’Ordine degli ingegneri, Luciano Lazzari, presidente dell’Ordine degli architetti, Gianni Scozzai, presidente del Collegio periti industriali, definiscono il piano «di natura fortemente conservativa, limita le potenzialità di sviluppo della città connesse alla sua vocazione turistica, congressuale, scientifica». In più: ridotta la potenzialità edificatoria nelle aree residenziali, congelata nel centro storico. È fino a questo momento l’affondo più drastico contro il Piano regolatore che, invece, dice il Comune, deve essere adottato entro il 27 luglio, data in cui scade il precedente. Per i firmatari al contrario «la decadenza della salvaguardia per qualche mese non comporterebbe alcun effetto concreto e quindi alcun danno, l’attuale Prg resterebbe comunque in vigore». Come forma di comunicazione è in qualche modo aggressiva. Risponde alle tassative affermazioni del sindaco Dipiazza: «Finora si cementificava, abbiamo ridotto il cemento». Alle mani avanti buttate dal capogruppo Pdl, Piero Camber: «Chi vuol bloccare questo piano rivuole il cemento». Ma è anche il punto in cui si saldano posizioni opposte, che partono da presupposti diversi. Camber si rivolgeva in realtà direttamente al Pd, che non solo giudica il Piano regolatore privo di linee strategiche, ma che ha anche chiesto il parere dell’avvocatura prima di fidarsi a esprimere il voto, così insinuando il rischio di procedimenti scorretti. E l’avversità si lega con una terza, diversa voce, arrivata per ultima ma non per questo meno perentoria, quella dell’Unione slovena. «Abbiamo mille motivi per votare contro - spiega il segretario Peter Mocnik -, manca una strategia di sviluppo, quindi si disegna una città economicamente in discesa, il piano è fatto con superficialità, sulle idee del sindaco e basta, mancano le intese obbligatorie previste per legge con Demanio, Ezit, Porto. Le mappe - prosegue - non sono nemmeno aggiornate, contengono errori, mancano interi caseggiati già costruiti, non è assolutamente vero che si riducono le cubature, non sono previste aree artigianali in Carso, e inoltre contestiamo l’enorme edificazione per i campi di golf a Padriciano, su prati intonsi, mentre alla caserma di Banne sarebbe meglio fare un campus universitario. Perché a Banne - conclude - si tradisce anche l’articolo 21 della legge di tutela delle minoranze, con quell’insediamento la popolazione raddoppia, e non siamo mai stati consultati».

GABRIELLA ZIANI

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA di WWF, ITALIA NOSTRA, LEGAMBIENTE - SABATO, 18 luglio 2009

 

Il nuovo piano regolatore di Trieste. Gli ambientalisti: “Meglio di quello di Illy, ma molte cose vanno cambiate.”
 

Un passo avanti rispetto al piano regolatore di Illy (approvato nel 1997), ma ci sono ancora molte cose da cambiare. Questo in sintesi il giudizio di WWF, Italia Nostra e Legambiente sul nuovo piano regolatore di Trieste, che entro il 27 luglio dovrebbe essere adottato dal Consiglio comunale.
Migliorative sono ad esempio la riduzione della capacità insediativa teorica (da 270.000 a 240.000 abitanti), la minore estensione di molte zone “B”, l’eliminazione di alcune previsioni di elevato impatto ambientale (zona commerciale di Basovizza, ampliamento dell’Area Science Park sull’ex “campo carri”, zone turistiche presso la strada “Napoleonica”, ampliamento della SISSA a spese del bosco presso il bivio di Miramare, zone artigianali in aree boscate e prative presso Opicina e Trebiciano, ecc).
Positivo anche il ridimensionamento delle aree edificabili lungo la fascia costiera, ma in questo caso è mancato il coraggio. Un nuovo piano regolatore può infatti eliminare l’edificabilità anche laddove esistono piani particolareggiati approvati, come dimostra una nutrita giurisprudenza. Le Norme di attuazione del nuovo piano triestino, invece, “salvano” addirittura i piani particolareggiati solo adottati dal Consiglio comunale: ben poco, quindi, sarà eliminato rispetto alle “colate di ville” previste sulla costa dal piano illyano, se queste norme non cambieranno.
Le zone “C” di espansione passano da 58 a 18, ma alcune di queste sono nuove (a Prosecco, ad Opicina, ecc.) e molte intaccano comunque aree di pregio paesaggistico e naturalistico (in particolare quelle di salita Contovello e via Bonomea). La stessa relazione del piano quantifica l’enorme quantità di alloggi vuoti o sottoutilizzati esistenti: non esiste quindi un fabbisogno di nuove costruzioni, ma soltanto una domanda notevole di alloggi per i ceti sociali a basso reddito, esclusi dal mercato immobiliare. Le zone “C” andrebbero perciò tutte cancellate, mentre sono urgenti politiche di housing sociale che riusino – riqualificandolo - il patrimonio esistente. Incomprensibile poi la grande zona “turistica” presso Padriciano, che implicherebbe l’urbanizzazione di un’area agricola di pregio ambientale.
Troppo permissive sono anche le norme per le zone “B0” del centro città (dove addirittura aumenterebbe l’edificabilità rispetto al piano del ’97), mentre non sono previste adeguate tutele per gli edifici di interesse storico e architettonico, esterni al centro storico.
Positivo l’abbandono di quasi tutte le nuove strade previste dal piano di Illy, molte di elevato impatto ambientale, ma non esiste una strategia per rendere veramente sostenibile – con tram e piste ciclabili - il sistema della mobilità urbana, responsabile di gran parte dell’inquinamento (atmosferico e soprattutto acustico) in città: ogni scelta viene infatti rinviata al Piano del Traffico, di cui nulla si sa.
Discutibili, secondo WWF, Italia Nostra e Legambiente, anche molte previsioni per le 9 zone “O1 – miste strategiche”: non sono definiti i rapporti quantitativi tra le varie destinazioni d’uso e gli interventi possono attuarsi con piani di iniziativa privata. Inoltre, esistono vistose incongruenze, quali l’assenza di destinazione museale per l’ambito del Museo del Mare (cui appartiene anche il mercato ortofrutticolo) e per quello della Stazione di Campo Marzio (sede del Museo Ferroviario), la previsione di destinazioni residenziali e direzionali per la caserma di Banne e l’ex campo profughi di Padriciano (dove sarebbe semmai preferibile una destinazione a zona artigianale). Ancora: l’ambito dell’ex piscina “Bianchi” - esteso fino all’ex Pescheria - chiuderebbe il fronte mare con un edificio alto 16 metri per ospitare il Parco del Mare (da collocare piuttosto nel Porto Vecchio, secondo gli ambientalisti).
Negativo anche il giudizio sull’edificazione prevista dal piano nell’area verde sottostante l’Università (“un campus, che raggruppi anche gli istituti scolastici superiori, andrebbe semmai creato nell’area dell’ex caserma di via Rossetti”), mentre viene ribadita la proposta di concentrare in Porto Vecchio gli istituti di ricerca oggi dispersi in aree periferiche e disagiate (ICTP, Area Science Park, ecc.).
“Il piano di Dipiazza – concludono gli ambientalisti – è un passo in avanti (non ci voleva davvero molto…) rispetto a quello di Illy, sbilanciato a favore della peggiore speculazione immobiliare e privo di qualsiasi attenzione per l’ambiente. Occorre però un ulteriore atto di coraggio, per fare definitivamente piazza pulita dell’urbanistica “contrattata” con i poteri forti. In questo senso potremo dare una mano al sindaco, rendendo noti i nomi dei titolari dei terreni in cui sono previsti gli interventi edilizi di maggiore entità ed impatto (salita di Contovello, Opicina, Padriciano, ecc.).”
“Va poi ricordato che anche le scelte positive contenute nel nuovo piano regolatore, in termini di riduzione dell’edificabilità, possono essere sostanzialmente vanificate dalla prossima legge regionale sul “piano casa”, che prevede – come dichiarato dall’assessore Seganti – cospicui incrementi volumetrici degli edifici esistenti in deroga a quanto previsto dai piani regolatori.”
Un documento che raccoglie le “osservazioni preliminari” sul piano è stato intanto inviato da WWF, Italia Nostra e Legambiente al sindaco Dipiazza ed ai Consiglieri comunali, in vista della prima seduta del Consiglio dedicata all’adozione del piano regolatore, fissata per lunedì 20 luglio.
 

 

IL PICCOLO - SABATO, 18 luglio 2009

 

 

La minaccia del ministro dell'ambiente sloveno: «Pronti a ricorrere alla Corte europea»
 

di  Il rigassificatore a Zaule: e Lubiana va su tutte le furie. Il ministro dell’Ambiente, Karl Erjavec non ha dubbi in merito: «l’Italia dovrà tenere conto di tutte le osservazioni slovene, altrimenti Lubiana aprirà un procedimento presso la Corte di giustizia europea», smentendo di fatto la posizione di Roma illustrata al nostro giornale dal sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, secondo il quale, invece, alla Slovenia non c’è nulla da dire. «La recente missione tecnico-diplomatica a Lubiana - ha sostenuto - è stata fatta proprio per dirimere le perplessità della Slovenia che, in base alle normative europee, aveva segnalato l’opportunità di valutare la sommatoria degli impatti ambientali sia del progetto on-shore, sia di quello off-shore. Abbiamo risposto - ha precisato Menia - che sono due procedure autonome, diverse, e abbiamo fatto notare che il rigassificatore on-shore riguarda questioni di bonifica territoriale e di strategia energetica nazionale. Precisazioni, le nostre, altrettanto rispondenti ai parametri europei». Fin qui Menia. «L’attività collegata alla costruzione di un rigassificatore a Zaule - replica il ministro Erjavec - va avanti a ritmi serrati, mentre per l’impianto off-shore, per ora, non notiamo alcun segnale». Il ministro spiega che pochi giorni fa l’Italia ha inviato una dettagliata risposta alle osservazioni molto tecniche, piene di contenuti e molto severe formulate dalla Slovenia». Questo documento viene ora tradotto, poi la commissione interministeriale guidata da Zoran Kus preparerà entro la fine di agosto le nuove osservazioni slovene. Del resto, sostengono fonti governative a Lubiana, a settembre è già fissato un Comitato interministeriale italo-sloveno. L’Italia ha, secondo Erjavec, due possibilità. O terrà conto di tutte le osservazioni slovene e cancellerà ogni dubbio riguardo al progetto, oppure le parti dovranno nuovamente incontrarsi per un confronto. Se non sarà così, per il ministro dell’Ambiente, la Slovenia aprirà un procedimento presso la Corte di giustizia europea. «L’accusa dovrà essere - spiega Erjavec - molto ben formulata e integrata con esempi di come il rigassificatore possa avere conseguenze negative per l’ambiente e la salute dei cittadini della Slovenia». Erjavec precisa altresì che i rigassificatori fanno parte della politica energetica dell’Unione europea, che è ancora dipendente dal gas che arriva dalla Russia. «In quello di Zaule - precisa - sarebbe convogliato soprattutto gas proveniente dalla Libia, ma l’importante è che i rigassificatori sorgano in aree tali da non pregiudicare la salute dei cittadini, e poi il Nord Adriatico è una zona ambientalmente molto sensibile». E pensare che la Slovenia, assieme alla Lettonia, è il Paese meno attrezzato dei Ventisette a sopportare una nuova crisi energetica. Lo ha sostenuto lo stesso commissario Ue all’Energia, Andris Piebalgs, durante l’illustrazione del piano europeo per fronteggiare un’eventuale crisi energetica. La Slovenia, ha detto, non ha una rete di allacciamento sufficiente e dovrebbe investire in questo settore 200 milioni di euro. L’Ue avrebbe quindi intenzione di stanziare, proprio per la Slovenia, quasi 4 miliardi di euro. Finora ha già erogato 40 milioni di euro per la realizzazione del gasdotto che collega il confine austriaco con la capitale Lubiana.

MAURO MANZIN

 

 

Gas Natural: «Spostiamo la sede italiana a Trieste»
 

Dribbla con grandi sorrisi le domande sulle royalties («inizieremo a parlarne in settembre), ma assicura la volontà di avviare un dialogo aperto con il territorio. Al punto da annunciare a breve il trasferimento a Trieste della sede sociale di Gas Natural rigassificatori Italia. Che, precisa il direttore Progetti internazionali del colosso spagnolo Narcis de Carreras ricevuto ieri dal sindaco, non sarà un «regalo» per la città, ma la prova concreta dell’impegno del gruppo a dar vita ad un’«azienda locale» per la realizzazione e la gestione del rigassificatore di Zaule. Un impegno pronto ad entrare nel vivo, tanto più ora che è arrivata da Roma la «buona notizia»: l’ufficializzazione del via libera al progetto, contenuta nel decreto firmato dai ministri Bondi e Prestigiacomo. Atto, spiega ancora de Carreras, che sposta ora la partita su un nuovo piano. In che senso? «Nel senso che tutto il processo di permitting finale si svolgerà ora in Regione e Comune. E durerà, a mio giudizio, tra i 12 ai 15 mesi a partire da adesso.» Mentre per l’avvio del cantiere e la realizzazione dell’impianto? «Il cantiere potrebbe aprirsi nell’autunno del prossimo anno. Per la fine dei lavori vanno calcolati circa 40 mesi. Quindi il progetto potrebbe essere terminato tra il 2013 e il 2014. » Resta da chiarire il nodo ricadute sulla città. Cosa mette sul piatto Gas Natural? «Di questo inizieremo a discutere tranquillamente in settembre.» Si parla di bollette più leggere e del ritorno della benzina scontata. «È possibile. Questi sono comunque dettagli che, poco a poco, verranno definiti.» Acegas-Aps punta ad entrare nella gestione dell’impianto con una quota almeno del 15-20% . «Vedremo. Abbiamo già rapporti con la multiutility. Quando sarà il momento opportuno affronteremo la questione, A partire da settembre avvieremo un dialogo con le realtà triestine. Vogliamo iniziare ad essere molto presenti in città. infatti trasferiremo sicuramente qui la sede sociale della Gas natural Rigassificatori Italia che, in futuro, potrebbe anche chiamarsi Gas Natural Rigassificatori Trieste. Un segnale importante nell’ottica di diventare un player locale.» E la collaborazione con Lucchini energia? «Tutto da definire. Non abbiamo avuto confronti con il gruppo di Brescia. Li avremo quando sarà opportuno. In ballo c’è un progetto molto complesso. Affrontare ora aspetti tecnici sarebbe inappropriato.» La partita delle bonifiche nell’area ex Esso è chiusa? «La bonifica fa parte integrante del progetto ed è inserita nel processo di permitting avviato con il ministero dell’Ambiente. È una partita che sta andando avanti sia per la parte a terra sia per quella a mare.» Le perplessità espresse in passato dalla Slovenia? «Credo non siano più un problema. Abbiamo già risposto a tutte le obiezioni del governo di Lubiana, anche se non era compito nostro bensì del ministero dell’Ambiente italiano. Mi sembra che la Slovenia sia rimasta soddisfatta.» Impressione, questa, smentita poco dopo dall’arrivo della notizia del ricorso alla Corte di Giustizia europea annunciato dal ministro Erjavec . Non tutti i triestini, però, lo sono. C’è chi giudica il progetto eccessivamente invasivo sul piano ambientale. «Invito chi ha dubbi a venire a Barcellona: lì abbiamo un porto turistico con un rigassificatore proprio in mezzo. Il più grande d’Europa.» E a chi teme attentati in quell’area come nel ’72? «Suggerisco di concentrarsi sulla portata del progetto. Importantissimo per Trieste, il Friuli Venezia Giulia, ma anche per l’Italia intera.» Il possibile interessamento di Gas Natural per la Triestina di cui si parò in passato? «Cos’è la Triestina?» La squadra di calcio. «Ah, fútbol ( ride). Beh, comprarla no. Magari però proporremo un gemellaggio con i blaugrana .»

MADDALENA REBECCA

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA di WWF, ITALIA NOSTRA, LEGAMBIENTE - VENERDI', 17 luglio 2009

 

 

Variante al Piano regolatore generale del Comune di Trieste. Osservazioni preliminari.
 

In relazione alla variante (ancora priva di n. d’ordine) al PRGC del Comune di Trieste, che le scriventi associazioni hanno potuto esaminare nella versione predisposta dagli uffici comunali e successivamente distribuita ai gruppi consiliari e alle Circoscrizioni, si formulano le seguenti osservazioni preliminari, in vista dell’adozione formale – prevista per i prossimi giorni - della variante stessa da parte del Consiglio comunale.
Si premette che lo scarso tempo a disposizione per l’analisi degli elaborati, non ha permesso un completo approfondimento dei contenuti del suddetto strumento urbanistico, rispetto al quale le scriventi associazioni si riservano pertanto di intervenire successivamente con le opportune osservazioni integrative. Si sottolinea altresì che soltanto alcuni elaborati della variante sono risultati disponibili, mancando tra gli altri quelli siglati da A1 a A8 e quello siglato G - Studio geologico (cfr. art. 2 delle NTA).
1. Sul metodo.
Corre l’obbligo innanzitutto di rilevare come il Comune di Trieste non abbia inteso avviare alcun processo partecipativo coinvolgendo la cittadinanza, in vista della stesura della variante in oggetto, ancorché tale pratica sia ormai in uso da anni in molte realtà italiane e sia esplicitamente prescritta – nella forma dell’Agenda 21 – dalla vigente legge urbanistica regionale n. 5/2007.
Si ritiene tanto più grave tale omissione, alla luce del vasto contenzioso sociale che la gestione urbanistica del territorio in generale e quella del vigente piano regolatore (variante n. 66) in particolare, ha suscitato in questi anni e continua a suscitare, con la formazione di numerosi comitati di cittadini e l’azione incessante delle associazioni ambientaliste. Si ricorda, in particolare, che le scriventi associazioni innumerevoli volte hanno sollecitato al Comune di Trieste l’adozione di processi partecipativi per la definizione e la (sperabile) condivisione delle scelte di pianificazione. Purtroppo, di tutto ciò non è stato tenuto alcun conto dall’amministrazione comunale, neppure nella fase – che sarebbe stata senz’altro la più appropriata – di predisposizione delle direttive per la nuova variante al PRGC.
Si raccomanda, tuttavia, di promuovere almeno – dopo l’adozione della presente variante e prima dell’avvio della fase delle osservazioni ed opposizioni – iniziative pubbliche di divulgazione dei contenuti della variante stessa e di confronto con la cittadinanza interessata, auspicabilmente diffuse sul territorio comunale.
2. Sul quadro conoscitivo.
La qualità e l’efficacia di uno strumento urbanistico sono ovviamente legate alla completezza ed all’approfondimento delle conoscenze sullo stato del territorio e sulle sue dinamiche evolutive.
Da questo punto di vista, la variante in questione manifesta, accanto ad alcuni indubbi pregi, (particolarmente per quanto concerne la descrizione della situazione e delle dinamiche demografiche), vistose lacune che si ritiene debbano essere colmate nell’ambito del prosieguo dell’iter approvativo.
Prima fra tutte, si rileva la mancanza di dati sulle volumetrie (non soltanto residenziali) complessivamente realizzate dalla data di approvazione della variante n. 66 ad oggi e sul relativo consumo di suolo, precisando altresì la quota di tali urbanizzazioni avvenuta a spese di aree soggette a vincolo paesaggistico ex D.Lgs. 42/2004.
Si osserva tuttavia che le zone “C” previste dalla variante totalizzano in complesso 133.600 m2, ai quali peraltro va aggiunta – qualora non si modificassero l’art. 1 e l’art. 11 delle NTA – una ancor più rilevante superficie rappresentata dalle zone (“C2”, “BT”, ecc.) per le quali si intenderebbe “salvare” i piani attuativi anche soltanto adottati dal Consiglio comunale. Un ulteriore consumo di suolo, quindi, che non appare in alcun modo giustificabile.
3. Sul dimensionamento.
E’ senz’altro apprezzabile il ridimensionamento della CIRTM a 240.000 abitanti (rispetto ai 270.000 della variante n. 66), che ha comportato tra l’altro – a livello di zonizzazione – la riperimetrazione di molte zone “B” escludendo dalle stesse aree verdi ed agricole che impropriamente vi erano state incluse dalla variante n. 66, oltre alla cancellazione di alcune zone “C2” (che però potranno “rivivere” in virtù delle NTA, artt. 1 e 11, cfr. sotto par. 5), di molte zone “D3” e di alcune zone “P” (bivio di Miramare, ex “campo carri”) non giustificate da necessità reali e anch’esse collocate in aree di pregio paesaggistico ed ambientale.
Altrettanto apprezzabile è la cancellazione di numerose previsioni di nuove infrastrutture viarie, di elevato impatto ambientale, contenute nella variante n. 66, in favore di limitati allargamenti di alcuni assi viari minori.
4. Sulla zonizzazione.
Rimangono tuttavia incomprensibili e non giustificabili, proprio alla luce dei dati e degli obiettivi dichiarati nella variante, alcune previsioni, quali ad esempio le già citate zone “C” (cfr. sotto par. 7) e le destinazioni residenziali previste per alcune zone “O1” (cfr. sotto par. 6).
Si ritiene del tutto ingiustificata, altresì, la creazione di alcune nuove zone omogenee, quale ad esempio la zona “turistica” G1c nei pressi del campo profughi di Padriciano, rispetto alla quale non è dato rinvenire alcuna reale motivazione (non potendosi considerare tali le poche righe destinate a tale proposito nella Relazione).
Si osserva ancora come non risulti adeguatamente recepito nella zonizzazione l’elenco dei beni sottoposti a vincolo archeologico, architettonico e storico, riportato nel Rapporto Ambientale (cfr. pagg. 290 – 305). Rispetto a tali beni, si raccomanda – in particolare per quelli esterni alle zone omogenee “A” – una zonizzazione specifica, con normativa atta ad evitare usi e trasformazioni incompatibili con le esigenze di tutela e conservazione.
Si rileva altresì la mancanza di una riflessione strategica riferita alla collocazione sul territorio degli istituti scientifici, all’interno dei quali possono essere ricomprese anche alcune istituzioni scolastiche (si ricorda che le indagini OCSE-PISA, sulla qualità dell’istruzione superiore, collocano gli istituti del Friuli Venezia Giulia ai vertici mondiali assoluti). Si propone pertanto, ad esempio, di prevedere il riutilizzo dell’ex Caserma Vittorio Emanuele III ad ospitare sia alcune sedi di istituti superiori sia un “campus” universitario. Ciò consentirebbe sia di riunire le sedi staccate di alcuni istituti (liceo scientifico G. Galilei, liceo classico F. Tetrarca, ecc.), sia di accorpare fisicamente sedi universitarie attualmente a collocazione incongrua, sia di dotare tali sedi delle opportune strutture di servizi e sportive. Il tutto riqualificando e valorizzando – senza incrementi volumetrici – gli edifici ormai storici esistenti ed il verde presente nel comprensorio.
Si ribadisce ancora, sul tema, la proposta di ricollocare nell’ambito del Porto Vecchio gli istituti di ricerca (e le strutture connesse: foresterie, ecc.) attualmente dispersi irrazionalmente in aree marginali e disagiate del territorio comunale: ICTP, Area Science Park, ICGB.
5. Sulle Norme Tecniche di Attuazione.
Art. 1 - ultimi due commi e art. 11 (situazioni giuridiche pregresse) ed elaborato P4
Le norme in esame fanno salvi i piani attuativi anche solo adottati alla data di adozione della presente variante, disponendo che essi prevalgano sulla zonizzazione introdotta dalla variante.
Si osserva, in primo luogo, che in base alla consolidata giurisprudenza amministrativa, un nuovo strumento urbanistico generale può mutare la zonizzazione in atto anche in presenza di strumenti attuativi approvati (per i quali non sia stato rilasciato il permesso di costruire): in presenza di piani approvati sussiste solo un onere di motivazione di tali scelte (motivazioni peraltro facilmente rinvenibili nell’esigenza di tutela del paesaggio e dell’ambiente). Ciò è stato del resto ripetutamente e documentatamente esposto al Comune di Trieste (Sindaco e Consiglio comunale) negli anni scorsi in numerose occasioni. Pertanto non si condivide la scelta di far salvi addirittura i piani solo adottati, anche qualora essi contrastino con le scelte urbanistiche della variante. In ogni caso è preferibile che la nuova zonizzazione prevalga anche sui piani approvati, ma per i quali non sia stato ancora rilasciato il permesso di costruire. Si ricorda infatti che in base all’art. 20 della legge urbanistica regionale n. 5/2007 e s.m.i. - di seguito LUR - (norma applicabile anche agli strumenti urbanistici generali adottatati nella fase transitoria ai sensi dell’art. 63 ter della stessa legge) il Comune è tenuto a sospendere ogni determinazione sulle domande di rilascio di titoli abilitativi edilizi che siano in contrasto con le previsioni del piano adottato: tale norma di salvaguardia verrebbe palesemente violata dalle norme di attuazione, ove esse consentissero il rilascio di titoli abilitativi attuativi di piani approvati o adottati, in contrasto con le nuove previsioni urbanistiche.
Art. 3L’ultimo comma introduce un elemento di flessibilità nella definizione degli ambiti assoggettati a pianificazione attuativa, nel senso che consente di “ripartire” tali ambiti con una semplice deliberazione del Consiglio comunale. In primo luogo si osserva che tale previsione contrasta palesemente con l’art. 63 ter, comma 6, LUR, il quale riserva allo strumento generale l’individuazione di tali ambiti. Inoltre, nel merito si tratta di scelta assolutamente non condivisibile in quanto non pone alcun limite minimo all’estensione di tali ambiti, laddove invece una buona pianificazione attuativa presuppone che l’ambito superi una soglia minima, tale da consentire di programmare adeguatamente lo sviluppo infrastrutturale e la dotazione di servizi e attrezzature.
Art. 5
La lettera d), fissa lo standard del nucleo elementare di verde, nel caso di strumenti attuativi, in 0,055 mq/mc, “depurato dalla quantità riservata ai parcheggi di relazione”, ed inoltre prevede che se non viene raggiunta la dotazione minima di 500 mq, il verde venga trasformato in parcheggio.
In primo luogo va chiarito il significato dell’inciso “depurato dalla quantità riservata ai parcheggi di relazione”: se, come pare dal senso letterale, con esso si intende sottrarre dallo standard di verde la superficie destinata ai parcheggi di relazione, la norma è assolutamente inaccettabile, in quanto consente la trasformazione del verde in parcheggi di relazione.
Quanto allo quantificazione dello standard, si tratta di previsioni assolutamente insufficienti poiché, se si assume un parametro di 100 mc per abitante, lo standard di verde equivale 5,5 mq/ab, che è molto inferiore addirittura a quello previsto dal D.M. del 1968 (9 mq/ab), oltre che a quello previsto dal decreto regionale. Inoltre, va eliminata la facoltà di trasformare la dotazione di verde in parcheggio, qualora non si raggiunga una soglia minima: al contrario va previsto che la dotazione di verde debba rispettare, oltre allo standard (da elevare ad almeno 0,09 mq/mc) una soglia minima di 500 mq non frazionabile.
Art. 10
Si osserva, in primo luogo, una evidente contraddittorietà tra il primo e secondo comma: nel primo si parla di opera pubblica, nel secondo anche di interventi di interesse pubblico da chiunque realizzati (quindi anche un privato): è evidente che il secondo concetto è molto più ampio e bisognerebbe stabilire chi decide se un intervento è di interesse pubblico. Inoltre, si rileva una evidente violazione della legislazione urbanistica vigente, la quale non consente le deroghe in questione, ma solo una procedura accelerata per i progetti di opere pubbliche (vedi art. 24 LUR), nel senso che l’approvazione del progetto preliminare da parte del Consiglio comunale costituisce variante allo strumento urbanistico.
Art. 12
Prevede la facoltà di sopraelevazione di edifici esistenti in deroga ai parametri edilizi di zona (distanze minime e altezze massime): si tratta di deroghe inammissibili sia sotto il profilo giuridico (non risultano consentite dalla vigente legislazione urbanistica), sia sotto quello tecnico-urbanistico (in presenza di un tessuto già ampiamente saturo, si determina una ulteriore congestione delle aree edificate, consentendo di fatto di aumentare di un piano tutta la città in deroga ai parametri edilizi e urbanistici).
Art. 14
Così com’è, la norma non ha alcun contenuto innovativo, limitandosi a richiamare norme già vigenti: si propone di estendere, quantomeno, l’obbligo di autorizzazione comunale a tutti gli abbattimenti di alberi ad alto fusto, anche in zone non vincolate, in modo da preservare il patrimonio arboreo cittadino.
Art. 18.1 (Zone A0)
Il penultimo comma consente di attuare delle ristrutturazioni interne nel centro storico con un piano attuativo limitato al singolo edificio: si propone quantomeno di introdurre degli indirizzi specifici per tali “pianetti”, al fine di perseguire una salvaguardia delle caratteristiche storiche degli edifici oggetto di ristrutturazione (si confronti invece la puntuale e pregevole disciplina prevista per le zone B0b)
rt. 19.1 (Zone B0)
La disciplina urbanistica, benché contenga “norme specifiche” dirette alla tutela degli edifici precedenti al 1918, (che peraltro sembrano mere raccomandazioni in confronto alla puntuale disciplina prevista per le zone B0b), appare peggiorativa rispetto a quella della variante n. 66, in quanto consente un’edificazione molto più intensiva (con strumento diretto da 16 a 24 mc/mq - considerando l’altezza massima e il rapporto di copertura - in relazione alla larghezza della strada, e nessun limite con piano attuativo, laddove la variante vigente consentiva, con strumento diretto 6 mc/mq e con piano attuativo 12 mc/mq). Si tratta di indici edilizi spropositati, addirittura superiori a quelli previsti per le zone B1 (prive di interesse storico)
Si propone pertanto:
- una formulazione cogente del divieto di sostituire gli edifici precedenti al 1918 (del tipo: sono vietati interventi di sostituzione ecc …);
- una riduzione dei parametri per le nuove edificazioni, quanto meno ai livelli del vigente strumento urbanistico e la precisa definizione di parametri anche per gli interventi con piano attuativo;
- una definizione degli ambiti minimi di intervento per i piani attuativi (ad es. l’estensione ad un intero isolato)
Art. 22 - zone agricole e forestali
La normativa di zona conferma in gran parte quella vigente; vi sono tuttavia alcuni elementi contraddittori che si evidenziano di seguito:
L’indice di fabbricabilità fondiaria per le zone E4a (zone agricole e forestali ricadenti in ambito di pregio paesistico ambientale) e le zone E4c (zone agricole e forestali di interesse paesistico della città) viene elevato, rispetto alla normativa vigente, da 0,02 a 0,03mc/mq. Tale aumento della volumetria edificabile appare del tutto irrazionale e incoerente con la vocazione paesistico-ambientale di tali zone (si noti che per le zone E3 ed E4b, prive di tale caratterizzazione, l’indice è rimasto invariato a 0,02). Si propone pertanto di ripristinare l’indice di 0,02 mc/mq.
Innovativa (e forse eccessiva) è poi la previsione di cui all’art. 22.6, laddove si aumenta a 0,05 mc/mq l’indice di fabbricabilità fondiaria per gli ampliamenti e le nuove edificazioni destinate all’attività agrituristica in tutte le zone agricole (escluse le E2). Andrebbe prevista una norma di attuazione che condizioni il beneficio volumetrico all’effettiva dimostrazione dell’esercizio di un’impresa agrituristica, e non la mera “idoneità” all’attività agrituristica delle strutture da realizzare, al fine di evitare abusi.
Art. 24 - zone G - turistiche
Desta perplessità la previsione innovativa della possibilità di edificare anche senza piano attuativo nella zona G1b1 (la riviera di Barcola) nuove edificazioni fino a 35 mq e altezza massima 4 ml.
Contrarietà piena va espressa poi rispetto alla previsione della zona G1c - area turistico-ricettiva di Padriciano, che per la sua localizzazione, estensione e l’elevata capacità edificatoria (altezza max 5,5 ml sul 10% dell’ambito) appare suscettibile di determinare un’alterazione irreversibile di un ambiente carsico ancora in gran parte integro.
Art. 27 - zone L - portuali
Va eliminata la previsione del nuovo ponte sul Canal Grande (non si comprende peraltro la prevista localizzazione “in prossimità dell’edificio adibito a Capitaneria di Porto”).
Art. 30.1 – zone P1 - per la ricerca scientifica e tecnologica
Con riferimento all’area di Basovizza, che interessa un’area boscata e a landa carsica di elevato valore naturalistico e paesaggistico, appare eccessivo l’indice di copertura previsto al 50%, che va quindi ridotto al 30% massimo.
Si ritiene altresì che debbano essere inserite nelle NTA norme specifiche a tutela dei fenomeni carsici epigei (doline, inghiottitoi, grize, ecc.), in qualsiasi zona omogenea si trovino, vietandone la manomissione in qualunque forma.
Si raccomanda ancora di inserire, tra le prescrizioni per i piani attuativi e per le nuove edificazioni nelle aree di vincolo paesaggistico, l’obbligo di interramento per tutte le linee elettriche e telefoniche al servizio degli ambiti e degli edifici coinvolti, stante la funzione di forti elementi detrattori per il paesaggio che sostegni, conduttori e fili di varia natura rivestono in generale.
6. Sulle zone omogenee O1.
Gli ambiti delle zone omogenee “O1” sono pianificati in base a strategie di cui non si riesce a cogliere la logica, stante anche l’eccessiva varietà di molte destinazioni d’uso previste, in assenza per di più di indicazioni sui rapporti quantitativi tra le medesime. Si ritiene altresì, considerate le importanti dimensioni e la collocazione spesso problematica degli ambiti, necessario stabilire che i piani attuativi saranno di iniziativa pubblica.
Relativamente a ciascuna scheda di cui all’elaborato “Q1”, si osserva quanto segue.
Scheda n. 1 “Fiera”:
- l’altezza massima prevista (21 m.) per gli edifici di nuova realizzazione appare eccessiva, e se ne propone la riduzione a 15 m.;
- vanno definite le proporzioni quantitative tra le diverse destinazioni d’uso ammesse
Scheda n. 2 “Ex Museo del Mare”:
- non si comprendono le ragioni del titolo della scheda e l’assenza, tra le destinazioni d’uso ammesse, di quella museale-espositiva, stante l’assenza di qualsivoglia indicazione sul destino del Museo del Mare;
- vanno definite le proporzioni quantitative tra le diverse destinazioni d’uso ammesse
- va inserita la previsione relativa alla salvaguardia dell’edificio (vincolato) che ospita attualmente il Museo del Mare, unica sopravvivenza dell’antico Lazzaretto
Scheda n. 3 “Ex Stazione Ferroviaria Transalpina”:
- va assolutamente inserita tra le destinazioni d’uso quella museale-espositiva, indispensabile per garantire la permanenza in loco del Museo Ferroviario;
- vanno definite le proporzioni quantitative tra le diverse destinazioni d’uso ammesse;
- va inserita altresì la destinazione d’uso per il trasporto di persone, stante la concreta prospettiva di riutilizzo della Stazione come terminale di un servizio ferroviario passeggeri (“Metropolitana Leggera” o simili) in direzione dell’Istria;
- va inserita la previsione relativa alla necessità del ripristino (filologico), nell’ambito del recupero dell’edificio della Stazione, della copertura un tempo esistente a protezione del fascio di binari
Scheda n. 4 “Ex Caserma Monte Cimone di Banne”:
- le destinazioni d’uso previste appaiono eccessivamente ampie, comportando tra l’altro la concreta possibilità di forti incrementi dei flussi di traffico sulla viabilità delle aree circostanti;
- appare incongrua in particolare la destinazione museale – espositiva;
- vanno definite le proporzioni quantitative tra le diverse destinazioni d’uso ammesse, riducendo tuttavia le volumetrie edificabili (rapporto di copertura non superiore al 20%) e privilegiando soprattutto spazi adeguati per strutture sportive-ricreative con adeguata dotazione di verde;
- conseguentemente appare inutile, e perciò da stralciare, la previsione della nuova viabilità di accesso dalla SS. 202;
- va inserita la previsione relativa alla salvaguardia degli edifici vincolati esistenti all’interno del comprensorio
Scheda n. 5 “Area ex Piscina Bianchi”:
- le destinazioni d’uso previste e l’altezza massima degli edifici previsti (16 m.), appaiono per lo più incongrue rispetto alla collocazione dell’ambito, al contesto circostante e alla necessità di salvaguardare la massima “permeabilità” visiva del fronte mare;
- si ritiene perciò necessario limitare la nuova edificazione (con altezza massima di 3 m.) al sedime dell’ex magazzino vini, per destinazioni d’uso a locali per attività ricreative e lo spettacolo e attrezzature connesse ad attività di svago, ristoranti e locali di ritrovo;
- si ritiene che sia lo spazio occupato dall’ex piscina “Bianchi”, sia quello esistente tra l’ex pescheria e l’ex magazzino vini non debbano essere occupati da edifici
- si coglie pertanto l’occasione per ribadire che il proposto “Parco del Mare” potrebbe e dovrebbe trovare adeguata collocazione all’interno del comprensorio del Porto Vecchio
Scheda n. 6 “IRCCS Burlo Garofolo”:
- va definita nella scheda l’entità del volume edificato esistente;
- vanno definite le proporzioni quantitative tra le diverse destinazioni d’uso ammesse;
- si ritiene che la nuova strada di collegamento tra via dell’Istria e l’incrocio tra via Trissino e via Ziliotto possa essere sostituita dal semplice allargamento dell’esistente via Trissino
Scheda n. 7 “Area antistante l’Università”:
- si esprime assoluta contrarietà all’edificazione della parte inferiore dell’ambito, da riqualificare a destinare semmai a verde di quartiere;
- vanno conseguentemente riviste le destinazioni d’uso ammesse
- si coglie l’occasione per osservare che spazi ed edifici idonei ad ospitare (previa adeguata ristrutturazione) un “campus” universitario – ed i relativi servizi - andrebbero semmai ricavati nell’ambito del vasto comprensorio dell’ex caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti
Scheda n. 8 “Silos”:
- i contenuti dell’accordo di programma specifico devono essere integralmente ricompresi all’interno della variante al PRGC e della scheda in questione;
- vanno definite le proporzioni quantitative tra le diverse destinazioni d’uso ammesse;
- va aggiunta tra le destinazioni d’uso quella relativa ai locali per spettacoli teatrali ed attività congressuali
Scheda n. 9 “Ex campo Profughi di Padriciano”:
- va ripristinata la destinazione a zona artigianale (con esclusione di attività inquinanti ed insalubri), pur mantenendo i limiti volumetrici e di altezza massima degli edifici, nonché le altre prescrizioni contenute nella scheda, e aumentando il nucleo di verde minimo al 30% almeno;
- la previsione di allargamento della S.P. n. 1 del Carso appare eccessiva (si vorrebbe arrivare ad una larghezza totale di 17.50 m.!), ed oltre del tutto incongrua perchè non estesa all’intero tracciato della medesima e non giustificata da alcuna valutazione sui carichi, la capacità ed il livello di servizio di detta infrastruttura
7. Sulle zone omogenee “C”.
Quanto alle schede degli ambiti delle zone omogenee “C” (cfr. elaborato “Q2”), si osserva in linea generale che, come emerge chiaramente anche dalla relazione nella parte riferita al dimensionamento del piano, non sussiste attualmente un reale fabbisogno abitativo, stante la quota di abitazioni vuote (7.419 pari al 6,7% del totale secondo i dati del censimento 2001) e quella ancor maggiore delle abitazioni sottoutilizzate (51.449).
Si ritiene pertanto che un’adeguata politica di incentivazione del pieno utilizzo del patrimonio edilizio esistente, insieme al riuso – tramite ATER - a fini residenziali di aree dismesse o di prossima dismissione (come del resto in parte previsto dalle schede relative alle zone omogenee “O1”), sia ampiamente sufficiente a soddisfare la domanda di alloggi esistente, legata soprattutto all’inaccessibilità economica di gran parte degli alloggi da parte di alcuni strati della popolazione.
Di conseguenza, si ritiene che tutte le previsioni relative a nuove zone di espansione “C” possano essere cancellate, senza alcun pregiudizio per le necessità abitative dei residenti.
L’eliminazione di tali zone è altresì imposta dal fatto che la maggior parte di queste è collocata in aree verdi spesso di elevato pregio paesaggistico (e perciò soggette a vincolo ex D. Lgs. 42/2004) ed ambientale-naturalistico.
Riservandosi una più puntuale analisi delle previsioni delle schede in una fase successiva all’adozione, si formulano le osservazioni seguenti relativamente ad alcuni ambiti.
Scheda n. 6 “Rupca di Padriciano”:
- la zona “C” va eliminata, trattandosi di ambito caratterizzato dalla presenza di una dolina
Scheda n. 7 “Via Bonomea”:
- è assolutamente da evitare l’ulteriore aggravio di edificazioni e relativi carichi insediativi sulla via Bonomea, assolutamente inadeguata già attualmente a reggere il complesso delle residenze che assurdamente sono state accumulate negli anni in quell’area;
- si osserva che l’ambito in questione rappresenta ormai l’unico “polmone verde” residuo nel contesto dell’edificazione che ha pressoché saturato tutti gli spazi disponibili
Scheda n. 17 “Via di Contovello”:
- l’ambito va reso assolutamente inedificabile, per le ragioni già dettagliatamente esposte dalle
scriventi associazioni in sede di osservazioni sul PRPC e riassumibili nell’elevato pregio
paesaggistico e naturalistico dell’area, nonché per l’assoluta inadeguatezza della salita di
Contovello a reggere il carico insediativo già attualmente gravante su di essa (si aggiunga
che la scheda stessa evidenza come l’ambito sia privo di opere di urbanizzazione primaria!)
Scheda n. 18 “Località Prosecco”:
- l’ambito va reso in edificabile, rivestendo notevole pregio ambientale e presentandosi come
prolungamento dell’abitato in fregio alla viabilità (si aggiunga che la scheda stessa evidenza
come l’ambito sia privo di opere di urbanizzazione primaria!)
8. Sul sistema della mobilità.
Se da un lato è apprezzabile - come detto sopra - la cancellazione di quasi tutte le previsioni di nuovi assi viari, contenuta nel PRGC vigente, dall’altro lato si rileva l’assenza di previsioni di sorta (salvo qualche fugace accenno nella Relazione), dirette ad una maggiore sostenibilità ambientale del sistema della mobilità urbana, pur responsabile nella sua componente motorizzata privata – come si evince anche dal Rapporto Ambientale allegato alla variante – di gran parte delle criticità cittadine, in termini di inquinamento atmosferico ed acustico.
La variante si limita infatti a prevedere alcuni interventi di allargamento di strade esistenti e (in tempi lunghi) la realizzazione o l’adeguamento di alcune gallerie urbane, con l’obiettivo principale di alleggerire i carichi di traffico gravanti su alcuni assi viari, mentre non si rinviene alcun obiettivo di riduzione del volume complessivo di traffico motorizzato. Ogni scelta relativa a favorire modalità di trasporto alternative all’auto (e alle due ruote a motore) viene infatti rinviata al Piano del Traffico.
A questa impostazione “auto - centrica” fa riferimento anche la prevista “riqualificazione” di piazza Libertà, recepita nella variante, la cui unica funzione risulta essere quella di favorire lo scorrimento dei volumi di traffico che si prevede saranno generati dalle funzioni di cui si prevede l’insediamento nell’area del Silos. In merito, le scriventi associazione ribadiscono la posizione nettamente contraria a tale “riqualificazione”, più volte espressa anche in sede di osservazioni sulla variante ad hoc predisposta a suo tempo dal Comune; posizione anzi rafforzata, alla luce del fatto che la presente variante non riporta neppure i contenuti dell’accordo di programma sul riuso del Silos e quindi nemmeno le previsioni sui relativi volumi di traffico previsti (cfr. sopra par. 6).
Si ritiene infine che un piano regolatore del 2009 debba porsi obiettivi di riequilibrio modale del sistema della mobilità, attraverso previsioni orientate alla realizzazione di infrastrutture per il trasporto su rotaia (Metropolitana Leggera – tram) e la creazione di una rete di piste ciclabili protette, così come di corsie preferenziali protette per i mezzi pubblici.
9. Sul programma di attuazione.
Si esprime netta contrarietà, rispetto ad alcune delle priorità indicate nel programma di attuazione della variante (cfr. Relazione, pagg. 127 - 129), in particolare per quanto concerne il Parco del Mare (come già detto, appare ottimale la collocazione dello stesso – in eventuale abbinamento con un rinnovato e potenziato Museo del Mare e della marineria – nell’ambito del Porto Vecchio, per il quale lo strumento urbanistico vigente prevede anche la destinazione d’uso museale) ed il rigassificatore (si ribadisce la posizione contraria all’impianto, per ragioni ambientali e di sicurezza, più volte esposta nelle osservazioni formulate dalle scriventi associazioni nell’ambito della procedura VIA sul progetto di Gas Natural).
Sconcerta, viceversa, l’assenza del benché minimo riferimento, nella variante, alla riconversione dell’area attualmente occupata dalla “Ferriera” di Servola: sembra probabile, peraltro, che ciò dipenda dall’assenza di qualsiasi indicazione concreta su modi, tempi e natura di tale riconversione, al di là dell’affermata volontà di realizzare accanto allo stabilimento siderurgico una nuova centrale termoelettrica a ciclo combinato da 400 MWe, come indicato nel “protocollo d’intesa” sottoscritto il 20 aprile 2009 dalla Regione, dalla Provincia e dal Comune di Trieste, nonché da Lucchini Energia srl.
Si ritiene quindi che l’indeterminatezza – e la mancanza di trasparenza - su questo punto, corrisponda alla totale opacità che sovrintende alle scelte “strategiche” sul futuro della città di Trieste da parte della classe dirigente locale. O forse piuttosto all’inesistenza pura e semplice di qualsivoglia strategia.
Confidando in un positivo accoglimento di quanto sopra esposto, si rimane a disposizione per ogni eventuale chiarimento ed approfondimento e si porgono i più distinti saluti
Gianluca De Vido -Responsabile territorio WWF Friuli Venezia Giulia
Lino Santoro Presidente Circolo Legambiente Trieste
Giulia Giacomich Presidente Italia Nostra Sezione di Trieste
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 17 luglio 2009

 

 

Non solo bollette ridotte: il rigassificatore porterà in dote il ritorno del pieno agevolato
 

Che un rigassificatore possa innescare bollette meno care non fa una grinza. E non da mercoledì, giorno in cui da Roma è arrivato l’ok al progetto di Gas Natural. Ma la novità è che l’impianto atteso entro 5 anni porterà in dote anche una sorta di ritorno all’agevolata. Modalità e proporzioni dei risparmi sono da stabilire, ma il principio è già legge. LA NORMA Otto giorni fa il Senato ha approvato in via definitiva il ddl sullo sviluppo, quello che ha sancito la riabilitazione del nucleare. L’articolo 45, al comma 2, prevede un «Fondo preordinato alla riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti per i residenti nelle regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi nonché dalle attività di rigassificazione anche attraverso impianti fissi off-shore». Cinque righe che rappresentano la prima royalty destinata a un territorio che si fa carico di ospitare un’opera certamente impattante. LA TRATTATIVA Messa in tasca questa, le altre contropartite le chiederà Roberto Dipiazza a Gas Natural. Chiave della trattativa: una solida quota di partecipazione per la controllata AcegasAps nel business della gestione, minimo il 15-20%. «L’ho sempre detto che per noi il rigassificatore è una grande opportunità che ci consente di chiudere la Ferriera», glissa il sindaco, che non commenta la novità del nuovo sconto benzina. Un profilo basso dovuto forse al fatto che proprio nella tarda mattinata di oggi è atteso in Municipio il direttore Progetti internazionali di Gas Natural, Narcis de Carreras. L’IMPRESA Il colosso dell’energia ieri ha rotto il silenzio diffondendo un comunicato in cui precisa che «con il decreto Via termina il processo autorizzativo nazionale cui seguirà il trasferimento alle autorità del Friuli Venezia Giulia. La costruzione del terminale di Gnl contribuirà non solo al risanamento della zona portuale, ma anche allo sviluppo della regione in generale e della città in particolare. Il progetto favorirà la diversificazione e la sicurezza delle fonti di approvvigionamento per il sistema energetico italiano». IL PROGETTO L’operazione, che richiede investimenti per 600 milioni, prenderà corpo con «due serbatoi da 140mila metri cubi e una capacità annua di rigassificazione di otto miliardi di metri cubi». «Il progetto - si legge nella nota - prevede l’occupazione diretta di 300 unità con picchi di 800 durante la costruzione e più di 70 unità dirette e 320 posti di lavori indiretti una volta entrato in funzione». Già, ma quando? «Completato il processo autorizzativo - scrive Gas Natural - si stima un periodo di costruzione di 40 mesi». Ma, questo processo autorizzativo, quanto durerà? «Dipende se accettano le condizioni del Comune», taglia corto Dipiazza. I TEMPI Al di là delle pretattiche, il debutto della Conferenza dei servizi - la cui regia spetta a Regione e Municipio, e sarà convocata quindi a Trieste e non a Roma - dovrebbe avvenire a ottobre. Il percorso per la firma dell’Accordo di programma durerà presumibilmente un po’ meno dell’anno previsto, in parallelo, per la nuova centrale elettrica immaginata vicino al rigassificatore. Il progetto Lucchini, in effetti, deve incassare l’ok ambientale romano già ottenuto dal progetto Gas Natural. Se quindi i cantieri per l’impianto di Gnl riuscissero ad aprirsi nell’autunno del 2010, i 40 mesi di lavori prospettati dagli investitori iberici porterebbero, per la prima accensione dell’impianto, al 2014.

PIERO RAUBER

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 luglio 2009

 

 

Rigassificatore: via libera da Roma
 

TRIESTE Il via libera al rigassificatore, sospeso per mesi a Roma, è finalmente arrivato. Dietro a due firme congiunte sullo stesso decreto - quelle dei ministri dei Beni culturali Sandro Bondi per il sì paesaggistico e dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo per la Valutazione d’impatto ambientale - si spalanca una sequenza di orizzonti, un possibile effetto domino destinato a ridisegnare Trieste. Oggi sulla carta. Domani nei fatti. Parte una partita che porta in dote, in effetti, la soluzione della ”grana storica” per definizione, la Ferriera. Ma che dà anche una spinta alle bonifiche, alla Piattaforma logistica e alla nascita di un polo industriale da almeno 400 posti di lavoro, con l’indotto, abbinato alla catena del freddo e alla centrale elettrica da 400 megawatt di Lucchini-Severstal. E che prospetta, ancora, nuove milionate di gettito fiscale agganciato al territorio, nonché bollette domestiche meno care. IL DECRETO Il decreto che autorizza la partenza dell’iter per la costruzione del rigassificatore interrato di Gas Natural nell’area ex Esso, vicino al termovalorizzatore di AcegasAps, è stato sottoscritto ieri da Bondi dopo che la Prestigiacomo l’aveva firmato nei giorni scorsi, a chiusura della missione diplomatica con cui il governo aveva chiarito a Lubiana la fattibilità del progetto davanti alle perplessità slovene. I TEMPI Di tempi, ora, nessuno osa parlare: a fine 2008, quando l’ok ambientale pareva meno lungo, Gas Natural puntava a mettere in moto il rigassificatore entro il 2013. Probabile che, ad oggi, l’obiettivo sia un arco temporale di cinque anni: ne servono altrettanti per la centrale elettrica di Lucchini, prevista sempre in area ex Esso, che entrerebbe in simbiosi con l’impianto Gln in una reciproca cessione di acqua fredda e calda. IL SINDACO «Non chiedemi i tempi perché non li so - mette le mani avanti Roberto Dipiazza in serata, non appena giunge la notizia da Roma - vi ricordo che deve partire una Conferenza dei servizi e che dobbiamo bonificare l’area». E per quello gli spagnoli mettono sul piatto 25 dei 600 milioni d’investimento totali necessari a realizzare l’opera.

PIERO RAUBER

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 luglio 2009

 

 

"PIU' VERDE MENO CEMENTO" - Comitati, assalto al Piano regolatore
 

di  Presentare ai consiglieri comunali delle proposte che si trasformino, entro lunedì 20 luglio, in emendamenti al nuovo Piano regolatore comunale. Questo l’obiettivo primario fissato ieri sera dal coordinamento denominato «Più verde e meno cemento», realtà che si propone di riunire comitati a difesa dell’ambiente e delle istanze di rioni e cittadini. Le intenzioni dei componenti del neonato movimento si sono peraltro tradotte subito in un atto concreto: è stata fissata per questo sabato, il 18 luglio, alle 12 una nuova riunione allargata a tutti i consiglieri comunali che vorranno parteciparvi. Dell’opposizione o della maggioranza che siano. L’appuntamento si terrà in via Valdirivo 30, nella sala al primo piano dello stabile, che proprio nel tardo pomeriggio di ieri ha ospitato l’incontro cui hanno preso parte 14 rappresentanti o appartenenti a diverse espressioni del territorio, più alcuni curiosi. In tutto, le presenze non hanno superato quota venti. Alla fine, fra le realtà che hanno aderito si contano: Greenaction Transnational, Lega Ambiente, Wwf, Comitato Monteradio, Pro Loco di San Giovanni-Cologna e Comitato «Salviamo via del Pucino e via Plinio». L’adesione è arrivata anche da Claudio Dominese come «appartenente» ai comitati che radunano alcuni cittadini di San Giovanni e Cologna e, nello specifico, residenti delle vie Timignano e Capofonte. A proposito, fra Dominese e Luciano Ferluga, presidente della Pro Loco San Giovanni-Cologna, non sono mancate alcune reciproche frecciatine sulla mole di seguito che avrebbe l’uno o l’altro nell’area sangiovannina e dintorni. Devono ancora confermare ufficialmente la loro partecipazione all’iniziativa del coordinamento, invece, Italia Nostra e l’Associazione per la difesa di Opicina, intervenuta ieri attraverso la presenza di Dario Vremec. Sì, proprio il coordinatore dei «secessionisti» del Carso, il gruppo di lavoro che mira alla costituzione di un nuovo comune autonomo sull’Altipiano, staccato dall’amministrazione municipale di Trieste. Accanto a delegati e partecipanti autonomi, si è visto anche «nonno Berto» alias Umberto Giona, il paladino delle pedane salvagente alle fermate degli autobus cittadini. Verranno contattati pure il Comitato per la salvaguardia degli alberi di piazza Libertà e l’Acli Anni Verdi. L’azione del coordinamento «Più verde e meno cemento» proseguirà ben oltre il 20 luglio. Prova ne sia la decisione di nominare a turno un coordinatore fra i rappresentanti delle associazioni e dei comitati aderenti: il responsabile rimarrà in carica per un mese, ad eccezione del solo primo incaricato. Questo, infatti, guiderà il gruppo per due mesi: la scelta, al riguardo, è caduta su Roberto Giurastante di Greenaction Transnational. Intanto, oggi, alle 18 la Pro Loco San Giovanni-Cologna organizza nella sala dell’oratorio Pio XII in via San Cilino 101 un nuovo appuntamento con i cittadini per raccogliere proposte da presentare ai consiglieri comunali. Sempre nella giornata odierna, alle 20.30, la federazione di Trieste di Rifondazione comunista ha indetto un incontro pubblico sul Prg alla Casa di cultura di Opicina. Interverranno il consigliere regionale Igor Kocijancic, i consiglieri comunali Iztok Furlanic e Marino Andolina ed il consigliere circoscrizionale Livio Collerig.

MATTEO UNTERWEGER

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 14 luglio 2009

 

SEGNALAZIONI - Rischi del rigassificatore
 

Per radio e tv ci danno notizie dall’alba fino alle cosiddette ore piccole, eppure non possiamo far a meno del nostro «Piccolo» quotidiano. Una delle pagine più seguite, e non lo dico solo io, è quella delle Segnalazioni. In essa i cittadini esprimono liberamente le loro opinioni, parlando dei problemi della provincia e della regione. Il 5 luglio per esempio, tre delle sei segnalazioni erano una più interessante dell’altra, tanto che me le sono lette più volte analizzando bene il contenuto finché mi son proposto d’intervenire, con poche righe. Una riguarda il parco del mare, ideato e fortemente voluto dal presidente della Camera di commercio Paoletti con l’apporto concreto di proposte messe in atto dall’assessore comunale Ravida; non posso che approvare con grande entusiasmo come hanno fatto altre persone. Condivido pure la relazione tecnica e la preoccupazione sulla pur necessaria Tav, sulla quale il signor Ravalico ci mette in guardia quale esperto conoscitore della Val Rosandra, interessata dai lavori. Quello che mi allarma e non poco, è la collocazione del rigassificatore, al quale non ero contrario. Abbiamo però il negativo esempio della Ferriera, venutasi a trovare al centro di siti densamente abitati, già per se stessi inquinati. Di fonti energetiche abbiamo assoluto bisogno, da qualche parte bisogna pur metterlo il rigassificatore. E allora propongo un’idea non nuova: questo poderoso quanto utile e pericoloso impianto venga sistemato in mezzo al golfo, lontano da Trieste e dalle cittadine costiere, tanto da escludere «l’effetto Viareggio». Con le moderne tecnologie esistenti si provveda affinché l’acqua di diverse temperature, prodotta, venga convogliata nella corrente marina che scende verso il Mediterraneo, consentendo quel ricambio d’acque necessario alla fauna del Golfo. Costerà di più ma faremo volentieri a meno dello sconto promessoci a prezzo del rischio.

Umberto Giona

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 12 luglio 2009

 

Discarica di eternit a Padriciano
 

Una discarica di eternit su uno spiazzo vicino a un sentiero carsico a Padriciano, in un luogo dove vanno a camminare escursionisti, ma anche famiglie con bambini. L’hanno scoperta ieri mattina i vigili del fuoco che hanno recintato la zona mettendola in sicurezza e hanno avvisato l’Azienda sanitaria per la rimozione delle lastre di eternit. Sono intervenuti gli specialisti del nucleo regionale Nbcr. Sul posto i pompieri hanno indossato particolari tute e utilizzato gli autorespiratori. L’intervento è stato effettuato ieri mattina dopo la segnalazione di alcuni escursionisti. Ma secondo una prima sommaria indagine il cumulo di lastre ondulate sarebbe stato depositato abusivamente nell’area almeno un mese fa al termine di alcuni lavori di ristrutturazione edilizia. Infatti le lastre trovate dai pompieri potrebbero essere state utilizzate come tettoia in una delle tante costruzioni della zona e poi rimosse senza alcuna precauzione e smaltite abusivamente. Questo, secondo i pompieri, per evitare di pagare i costi dell’intervento che sono particolarmente onerosi. Anche perché il personale delle ditte autorizzate deve lavorare con maschere protettive a gran facciale, indossando tute specifiche, guanti e scarpe antinfortunistiche. Per evitare che gli «aghi» microscopici dell’amianto si diffondano nell’atmosfera e vengano respirati provocando neoplasie mortali, nelle demolizioni dei vecchi edifici, le pareti e i pavimenti vengono irrorati con liquidi speciali. Recentemente discariche abusive con la presenza di amianto sono state individuate e fotografate a Piani del Grisa, in una vasta area nei pressi del campo sportivo di Prosecco, accanto all’abitato di Banne dove una dolina è stata in parte colmata.

(c.b.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 11 luglio 2009

 

SEGNALAZIONI - «Rio Martesin: perché non pensare anche a una strada di scorrimento?»
 

Già nel lontano 1994, nel suo bel libro dedicato a Roiano, Fabio Zubini segnalava l’esistenza di un piano per la costruzione di una strada di scorrimento lungo la valle del Martesin, destinata a raggiungere (non si sa come) Gretta. Fortunatamente a Trieste anche i progetti peggiori hanno gambe corte e lente e quindi questo insano proposito non si è mai, finora, realizzato. Ora però si sente parlare, e anche il Piccolo ne ha riferito con frequenza, della prossima erezione di un complesso edilizio di cento appartamenti nella medesima valle e quindi del prevedibile insediamento di alcune centinaia di nuovi residenti, il che porterà la densità demografica del sito molto vicina a quella della valle di Josafat nel momento del Giudizio universale. A questo punto, fatto 30 si può fare 31, mi chiedo se non sia quindi il caso di costruire la famosa strada di cui sopra, magari una bella superstrada a quattro corsie che faccia vedere anche a queste remote contrade, ancora parzialmente infestate da erba, alberi e cespugli, cosa sia il progresso. Considerati poi quelli che saranno gli ovvi bisogni quotidiani dei neoroianesi, perché non pensare a un nuovo megacentro commerciale all’inizio della vallata, magari al posto dell’ormai quasi disusato ponte ferroviario sottostante l’ex sanatorio? In fondo anche i pionieri del West si fabbricavano i loro empori! Il sito, apparentemente fuori mano, sarebbe facilmente raggiungibile tramite un’ulteriore strada costruita previo disboscamento del versante Ovest di Scala Santa, in bella simmetria con quanto già compiuto sul versante Est di Monte Radio. Ma poiché non di solo pane si vive e anche l’occhio vuole la sua parte, perché scartare l’idea di un piccolo bacino artificiale nel fondovalle, un ameno laghetto tipo Vajont alimentato dallo stesso Martesin e dagli altri tre torrenti di Roiano, opportunamente deviati, nonché dal vicinissimo serbatoio di via Bonomea? Ciò potrebbe anche ridar lustro e funzione all’attigua e ora tristemente dismessa centrale elettrica della Selveg, mentre l’erigenda diga in calcestruzzo (basta col cemento!), opportunamente ampliata, diventerebbe un’invalicabile barriera per i cinghiali e altri consimili animali, noti e pericolosi nemici della natura e dell’uomo. Orsù dunque, al lavoro! A Trieste se se vol se pol!

Livio Crovatto
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 10 luglio 2009

 

 

«Tutela legale per votare il Piano regolatore»
 

Consiglieri comunali di centrodestra e centrosinistra hanno deciso di tutelarsi chiedendo in aula il parere del legale prima di accingersi al voto sul Piano regolatore. È accaduto ieri nella seduta di commissione Urbanistica i cui lavori adesso entrano nel merito, sono state sentite le circoscrizioni di Altipiano Est e Altipiano Ovest (Opicina e Prosecco) che sul piano regolatore hanno già espresso parere contrario. DUBBI. I dubbi legali riguardano due questioni. Fabio Omero (Pd): «Ci sono sette zone del vecchio Prg sulle quali il consiglio comunale nel 2007 non aveva dato direttive d’intervento, invece modifiche sono state attuate, se le votiamo rischiamo ricorsi al Tar degli interessati? C’è un precedente. Inoltre possiamo votare sul sito di Padriciano già venduto a prezzo maggiorato in imminenza di trasformazione a uso turistico? Possiamo fare emendamenti? Cassare? Sono cose di rilevanza penale». MERCATO. Su questa seconda questione si è aggregato Antonio Lippolis (Pdl-An): «A Padriciano c’è il rischio di una seconda speculazione, il venditore potrebbe ora voler realizzare anche di più, rompere il contratto e rimettere i terreni sul mercato. Il consiglio comunale è legittimato al voto oppure no?». ATTI. Il sindaco Dipiazza trasecola: «Che chiacchiere sono queste? Se qualcuno ha dei dubbi fondati su atti, che non siano parole al vento, non chiede l’avvocato, manda tutto direttamente alla Procura della Repubblica, così si fa in un paese civile. Quel terreno l’ho solo visto su una mappa di Google: ecco, ho detto agli uffici, qui si potrebbe fare». LEGA. C’è un’altra questione in campo, anzi due. Il presidente della commissione, Roberto Sasco (Udc) tira due altolà, uno politico e uno tecnico: «La Lega vuole una verifica di maggioranza? Benissimo, a settembre, prima si vota il Prg, non vorrei - aggiunge - che si facesse leva in questo senso con ricatti sulla Regione, che poi ha poteri prescrittivi sui piani regolatori: l’assessore all’Urbanistica Federica Seganti (Lega) è bravissima, ma la richiamo al suo ruolo puramente istituzionale, non voglio che il campo nomadi che il suo partito qui contesta sia usato politicamente da una Lega che deve anche decidersi se stare dentro o fuori dalla maggioranza». PIU’ 35%. Ma quel che più preme al capo-commissione è l’imminente arrivo del Regolamento edilizio unito al Piano casa della stessa Regione, che porterà il 35% in più di edificabilità dappertutto tranni nei centri storici. «Madornale errore unire i due piani - dice Sasco -, con che credibilità votiamo un piano di riduzione edificatoria se poi arriva questa legge? Sarà oltretutto un regalo a chi ha già la villa, è una vera pazzia consentire a chi ha casa in costiera di raddoppiare praticamente la metratura impedendo invece di costruire a chi ha magari il terreno, dobbiamo chiedere alla Regione che renda facoltativa l’adozione del Piano casa, per Trieste non ha veramente senso». Dipiazza però mette lo stop: «Noi abbiamo bloccato la cementificazione selvaggia su terreni vergini, ma se uno ha già 200 metri chi se ne importa se domani ne avrà 290? Se ha quattro stanze a chi dà fastidio che ne possa avere sette?». Il Piano casa si sommerà dunque alle cubature comunali. CARSO. Sul campo nomadi ha chiesto lumi anche Lippolis, ma centrale è stata la relazione delle circoscrizioni sull’altopiano che il sindaco-assessore all’Urbanistica richiama perché «urlano contro il cemento in Carso e ora si lamentano perché è stato tolto». «Certi terreni specifica Bruno Rupel di Prosecco - hanno adesso un indice di edificabilità di 1,25, ci si può fare solo un capanno». «Privilegiati i grandi insediamenti come Padriciano al posto delle case familiari» aggiunge Marco Milkovich di Opicina. I NO. I rilevi più forti comunque riguardano un secco «no» alla zona turistica di Padriciano («scempio della natura»), alla riconversione turistica-residenziale della caserma di Banne («facciamone un campus universitario») e alla messa sul mercato dell’ex campo profughi, «nel 1990 promesso alla collettività come compensazione per le aree cedute al Sincrotrone». Sconcerto infine per l’edificabilità concessa al Villaggio del Fanciullo, e perché fra le 18 aree ancora edificabili non è stata tolta quella di Contovello, «strada pericolosa e tuttora transennata».

GABRIELLA ZIANI

 

 

SEGNALAZIONI - Sul Piano regolatore
 

Da quando è approdata in commissione VI la proposta per la nuova variante generale al Piano regolatore del Comune di Trieste, il dibattito si è svolto soprattutto sulla sua secretazione. Precisato che la situazione sembra alquanto surrettizia e, se mi si permette ridicola, in quanto i contenuti del piano, come risulta da varie notizie apparse sulla stampa prima dell’inizio del suo percorso istituzionale, erano conosciuti più di quello che si poteva pensare. A quanto proposito vorrei soltanto aggiungere una mia preoccupazione personale che voglio però condividere: il sindaco per quanto riguarda la possibilità di eventuali aggiustamenti rassicura i cittadini dicendo che avranno la possibilità di proporli tramite lo strumento delle osservazioni e delle opposizioni. A prescindere dal fatto, già segnalato, che il periodo estivo non aiuta tale operazione io vorrei mettere in guardia tutti: un piano adottato non può, secondo me, essere stravolto. Può essere modificato solo per piccoli aspetti per cui o si ottengono miglioramenti in fase di adozione oppure possiamo andare in vacanza perché ben poco si potrà fare dopo! Questa discussione ha fatto però passare in seconda linea la notizia che la Regione sta perfezionando un Ddl altrimenti detto «Codice dell’edilizia» nel quale sono state inserite anche norme del cosiddetto piano casa. Il documento che, a dimostrare della sua complessità, è alla sua 17esima stesura contiene disposizioni che hanno fortemente preoccupato i rappresentanti dell’Anci regionale che hanno, tra l’altro chiesto lo stralcio dell’art. 3 perché, se approvato «l’operatività dei comuni rischia il blocco» e i comuni si vedrebbero costretti a rifare i loro piani regolatori. E il piano regolatore di Trieste non ne tiente conto. Preoccupa l’inserimento di regole pianificatorie che potrebbero configgere con le competenze comunali (artt. 35 e 39). Consistente l’aumento delle attività di edilizia libera, senza attribuire alcuna responsabilità ai soggetti coinvolti (artt. 16, 17, 18 e 19). Non accettabile infine l’introduzione di norme non temporaneamente definite, come previsto dalla conferenza stato regioni che recitava «la disciplina introdotta dalle leggi regionali avrà validità temporalmente definitiva, comunque non superiore a 18 mesi dalla loro entrata in vigore, salvo diverse determinazioni delle singole regioni. Mi auguro che la questione si affronti in maniera seria e si eviti la catastrofe. È necessario affrontare seriamente il problema ambientale lo ha fatto, non senza difficoltà, il presidente Obama lo dobbiamo fare anche noi!

Bruna Tam - consigliera comunale Pd

 

 

Via libera del Senato e l'Italia ritorna all'energia nucleare
 

ROMA Con 154 voti a favore, un voto contrario, un astenuto e il fallito tentativo di Pd e Idv di far mancare il numero legale lasciando l'aula, il Senato ha approvato in via definitiva il ddl sviluppo. Il passaggio più importante del provvedimento diventato legge dopo quattro letture riguarda il nucleare. Entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge il governo dovrà stabilire i criteri con i quali scegliere la localizzazione sul territorio delle nuove centrali e dei sistemi di stoccaggio e deposito dei rifiuti radioattivi. Altri aspetti chiave del ddl sviluppo sono il ritorno della class action e il ripristino dei fondi per l’editoria.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 luglio 2009

 

 

Centrale elettrica Lucchini Un anno per tutti i permessi
 

Poco meno di un anno, undici mesi salvo intoppi, per concludere la procedura delle autorizzazioni necessarie a far partire il progetto di Lucchini Energia per la centrale elettrica da 400mWe nell’area ex Esso. E di questi undici mesi, circa la metà saranno necessari per la procedura di Via (valutazione d’impatto ambientale), che dovrà ottenere il via libera anche dal consiglio comunale. Il quadro sui tempi autorizzativi – per la realizzazione si prevede invece un periodo di cinque/sei anni – è emerso ieri a Roma, nel corso della prima seduta della conferenza dei servizi al ministero dello Sviluppo economico. «Il ministero dello Sviluppo economico – spiega l’amministratore unico di Lucchini Energia, nonchè direttore della Ferriera, Francesco Rosato – ha illustrato il suo ruolo di raccordo in relazione ai pareri che dovranno essere forniti dalle varie amministrazioni. Adesso la palla passa al ministero dell’Ambiente, che sta verificando la documentazione relativa alla procedura di Via, per poi avviarla e concluderla entro 180 giorni. Poi serviranno altri 150 giorni per tutte le restanti autorizzazioni». Nella seduta di ieri il Comune di Trieste e la Provincia hanno chiesto alcune integrazioni alla documentazione fornita da Lucchini Energia: il Comune per quanto riguarda gli aspetti paesaggistici e le emissioni della centrale, la Provincia sulle procedure. «Ci attiviamo subito per produrre la documentazione richiesta», assicura Rosato, il quale sottolinea che «il protocollo di intesa firmato il 3 giugno (fra Regione, Provincia, Comune e la stessa Lucchini Energia, ndr) ha mostrato una volontà politica comune che ha indotto il ministero a convocare la conferenza dei servizi nel giro di un solo mese. La conferenza – aggiunge – ha visto termini positivi e propositivi. Ora cerchiamo ora di mantenere la stessa celerità con cui siamo partiti». Per la costruzione della centrale a ciclo combinato, alimentata a metano (il sito è adiacente a quello del rigassificatore), è previsto un investimento di 300 milioni, ai quali si sommerano i costi di caratterizzazione e bonifica dell’area, che rientra nel Sito inquinato di interesse nazionale. Nella fase di costruzione, la cui durata è fissata in 25 mesi, saranno impiegate mediamente 300 persone. Per il funzionamento della centrale saranno necessarie dalle 30 alle 50 persone impiegate in modo diretto, e fra le 80 e le 100 nell’indotto.

(gi. pa.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 luglio 2009

 

 

Nuova centrale elettrica Oggi il debutto a Roma
 

Primo appuntamento, oggi al ministero dello Sviluppo economico, con la conferenza dei servizi relativa al progetto della centrale elettrica a ciclo combinato, da 400 mWe, che Lucchini Energia intende realizzare a nell’area ex Esso, non lontano dal termovalorizzatore di AcegasAps. Alla riunione, il cui inizio è fissato alle 11 e nella quale dovrebbe tenersi una prima presentazione del progetto, oltre a Lucchini Energia sono stati invitati dipartimenti di vari ministeri (Ambiente, Cultura, Lavoro, Interno, Difesa), e diversi enti e istituzioni nazionali e regionali: Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), Autorità portuale, Regione Friuli Venezia Giulia, Autorità di bacino del Friuli Venezia Giulia, Provincia, Comune di Trieste, Arpa, Ufficio delle dogane di Trieste. Convocate anche alcune realtà del sistema economico quali Terna (cui fa capo la trasmissione dell’energia elettrica), l’Enac (Direzione operatività e certificazione aeroporti), l’Enav (Ente nazionale assistenza al volo), e la Ciga. Il progetto per la costruzione e l’esercizio della centrale, elaborato da Lucchini Energia, rientra nel programma di riconversione produttiva della Ferriera di Servola, con la ricollocazione di parte delle risorse umane impiegate nel ciclo siderurgico, e prevede anche lo sviluppo di nuove attività nei settori della meccanica e della logistica. La centrale sarà alimentata esclusivamente a metano. E in questa ottica è stato scelto il sito, accanto all’area sulla quale il gruppo spagnolo Gas Natural intende realizzare il rigassificatore. Più esattamente la centrale è prevista nell’ambito dell’area ex Esso, su parte dell’ex discarica di via Errera. L’iter autorizzativo per l’impianto dovrebbe avere una durata di cinque/sei anni e si articola in varie fasi. Il primo passo è stata la firma, il 20 aprile scorso, del protocollo d’intesa fra Regione, Provincia, Comune, Lucchini e Lucchini Energia. L’istruttoria per le autorizzazioni è inziata il 3 giugno ed è regolata da una conferenza dei servizi (di cui oggi si tiene appunto la prima seduta) presso il ministero dello Sviluppo economico, nel corso della quale seguiranno gli accordi con i gestori delle reti di trasmissione dell’energia e dei gasdotti, e le fasi di preparazione dell’area (messa in sicurezza, bonifica, colmata) fino alla costruzione della centrale.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 7 luglio 2009

 

 

SEGNALAZIONI - «Rio Martesin, il sindaco ha cambiato idea»
 

Leggo la lettera del sig. Rosario Formica su Segnalazioni del 2 luglio. Trovo inquietante il punto 9, dove si afferma che nel settembre 2006, ad un incontro con l'allora assessore regionale Drossi Fortuna e alcuni cittadini, il sindaco si dichiarò contrario al progetto di edificazione, sul sito del Rio Martesin, di poche decine di appartamenti di edilizia popolare costruiti secondo criteri di bioarchitettura. Viene riferito che in quell'occasione il sindaco giustificò la sua contrarietà asserendo di voler salvaguardare quella zona verde, e dette seduta stante disposizioni in tal senso all'assessore competente. Ma come? Come si è permesso di prendere in giro la gente in questo modo? Perché la sua giunta non ha disposto subito la variante al Piano regolatore (sbandierato come "opera di IIly" fino alla nausea, ma evidentemente ben comodo, se non è mai stato modificato) che avrebbe consentito di salvare - l'ha detto lui stesso! - l'ultima zona verde nel centro della città? Spero che la gente se ne ricordi quando sarà il momento, anche quella che non è coinvolta dallo scempio che si prospetta. Si ricordino tutti che l'arroganza dei potenti (verrebbe da dire: "potentini"; non gonfiamo troppo l'ego degli interessati) se non è contrastata può colpire oggi me, domani te: può toccare chiunque, e cambiargli la vita. Invito tutti i concittadini a venire a vedere il sito che si vuole distruggere, che non è soltanto zona verde, ma anche, per una parte, un angolo intatto della vecchia periferia rurale triestina: dal capolinea della 26 in largo Osoppo (Gretta) ci si arriva in pochissimi minuti.

Eliana Calza

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA di WWF, LIPU, LAC, LAV, LEGAMBIENTE - VENERDI', 3 luglio 2009
 

Rivedere le nomine nel Comitato faunistico regionale

 

Le Associazioni di protezione ambientale chiedono che si rivedano urgentemente le nomine nel Comitato faunistico regionale, riequilibrando le componenti in armonia con i principi di trasparenza ed imparzialità che devono contraddistinguere la Pubblica Amministrazione.
L'organo che indirizza le politiche di protezione della fauna e di gestione venatoria dell'Amministrazione regionale, che dovrebbe per legge rappresentare tutti i relativi portatori d'interesse, è in realtà monopolizzato dai cacciatori, e questo perché la Regione Friuli Venezia Giulia ha scelto di farsi rappresentare da due esponenti del mondo venatorio, alterando così l'equilibrio tra cacciatori e non cacciatori previsto in seno al Comitato in questione.
Guardando ai numeri, si scopre infatti che dei 14 membri del Comitato, ben 9 sono esponenti del mondo venatorio, tramutando così anche l'ultimo luogo di possibile equilibrato confronto nell'ennesimo monopolio ad appannaggio del mondo della caccia: oltre ai rappresentanti delle tre associazioni venatorie, sono infatti cacciatori anche i membri designati dalle associazioni degli enti locali (Enzo Bortolotti e Roberto De Prato), dalle associazioni agricole (Giorgio Colutta) e dall'Ispra (Franco Perco). A questi la Regione ha pensato bene di affiancare – in qualità di presidente e vicepresidente (cariche di nomina regionale) – altre due doppiette: Mirko Bellini (cacciatore segugista, presidente su delega dell'assessore Violino) e Andrea Cadamuro, delegato a rappresentare il Servizio Tutela ambienti naturali e fauna.
Questi signori hanno non solo il compito di fornire proposte e indicazioni per il corretto prelievo delle specie cacciabili, ma anche quello di stabilire gli indirizzi per le iniziative di protezione dell'orso, della lince e di qualsiasi altra specie protetta di rilevanza naturalistica. In sostanza, la Regione Friuli Venezia Giulia affida alle doppiette non solo l'ordinaria gestione venatoria, ma anche il compito di indirizzare le politiche di tutela e di studio della fauna che è, vogliamo ricordarlo, patrimonio di tutti e non solo di chi la uccide.
Ricordiamo infine che tali nomine regionali risultano in totale spregio del principio della necessaria compresenza di interessi diversi all'interno degli organi di gestione della materia faunistico-venatoria, principio fissato dalla legge 157/1992 e recentemente ribadito dalla Corte Costituzionale, che ha "impallinato" la legge regionale 6/2008 proprio nelle parti in cui non rispettava tale principio.
In vista di ciò, le associazioni ambientaliste chiedono all'assessore un intervento per ripristinare gli equilibri previsti dalla legge all'interno del Comitato faunistico.
I componenti del Comitato:
Non cacciatori
Stefano Sponza (designato dall’Università di Trieste), Piero Susmel (designato dall’Università di Udine), Maurizio Rozza (designato dalle associazioni ambientaliste), Gianfranco Urso (designato dall'Enpa), Andrea Lugo (designato dalle associazioni agricole).
Cacciatori
Mirko Bellini - presidente (designato dalla Regione), Andrea Cadamuro - vicepresidente (designato dalla Regione), Giorgio Colutta (designato dalle associazioni agricole), Renzo Corso (designato dai distretti venatori), Vittorino Dorotea (designato dai distretti venatori), Roberto De Prato (designato da Anci, Upi e Uncem), Enzo Bortolotti (designato da Anci, Upi e Uncem), Fabio Merlini (designato dalla Federazione associazioni venatorie), Franco Perco (designato dall'Ispra).
Per le associazioni firmatarie:
Per il WWF FVG - Roberto Pizzutti
Per la LIPU FVG  - f.to Stefano Sava
Per la LAC FVG - Lega per l'Abolizione della Caccia - f.to Alessandro Sperotto
Per la LAV FVG - Stefania Ivanovich
Per Legambiente FVG - Giorgio Cavallo
Maurizio Rozza - Rappresentante delle Associazioni ambientaliste nel Comitato Faunistico Venatorio del Friuli Venezia Giulia
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 3 luglio 2009

 

«Tav? Meglio potenziare l'esistente»
 

Accantonare la Tav. Concentrarsi sui collegamenti ferroviari, ormai irrinunciabili per il Porto. Spiegare le disparità di trattamento dei lavoratori portuali, ancora in attesa di ricevere gli ammortizzatori sociali in deroga mentre a Genova la Compagnia portuale lavorerà con mezzi propri, laddove a Trieste è stata messa in liquidazione. Questi i punti su cui si è articolata la conferenza stampa indetta ieri dal consigliere regionale Igor Kocijancic (Rifondazione comunista) alla quale era presente anche Rita Lonza, responsabile delle Relazioni esterne dell’Autorità Portuale. Kocijancic ha espresso la sua preoccupazione per quanto deciso dalle Ferrovie riguardo all’accorpamento delle Direzioni territoriali e il conseguente allontanamento del presidio triestino. Preoccupazione condivisa dalla stessa Lonza che a sua volta ha parlato di «abbandono di Trieste». «Invece di continuare a parlare di Alta velocità sapendo che non ci sono i fondi per realizzarla – ha continuato il consigliere regionale – sarebbe meglio potenziare le linee esistenti e ultimare il collegamento con Capodistria». Su questo tema il rappresentante di Rc ha citato anche il presidente dell’Authority Claudio Boniciolli, secondo il quale – con o senza Tav – non si può più aspettare per collegare le aree di interesse strategico dello scalo alla rete ferroviaria. Altro tema caldo dell’incontro quello relativo al lavoro portuale e in particolare alla notizia secondo la quale, nel Porto di Genova, la Compagnia unica potrà lavorare utilizzando mezzi propri. «La Compagnia di Genova ha vinto la gara per l’articolo 17 (della legge sui porti del 1994, ndr ), a Trieste la Compagnia portuale è stata obbligata a cedere i propri mezzi e ora è stata liquidata. Si dovrebbe spiegare – ha chiesto Kocijancic – per quale motivo esistono accordi diversi a seconda del luogo. Allo stesso modo sarebbe utile capire su quale base giuridica si vuole far subentrare alla Compagnia portuale, senza ripetere la gara europea, un altro soggetto». Nel frattempo, hanno fatto notare lo stesso Kocijancic e Paolo Hlacia (responsabile lavoro per Rc) i lavoratori delle cooperative presenti in Porto non hanno ricevuto un euro di ammortizzatori sociali, concessi in deroga dalla Regione sulla base di una normativa nazionale. Il primo esempio di applicazione di questo strumento anche per i lavoratori portuali. Il tutto mentre sembra in dirittura d’arrivo la riforma della legge 84/94 in materia di porti. Non poche le rivoluzioni allo studio di ministero e Commissione del Senato competente, sia in relazione ai poteri del presidente dell’Authority che delle modalità per la sua elezione.

(r.c.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 luglio 2009

 

PIANO REGOLATORE - «Villaggio del fanciullo, troppi debiti»
 

TRIESTE «Qualcuno si scandalizza? E perché? L’ho chiesto io al sindaco: mi renda per favore edificabile nel Piano regolatore quel pezzo di terra inutilizzato al Villaggio del fanciullo, siamo pieni di debiti, di mutui, la Regione non ci paga, il Fondo Trieste non ci ha dato i finanziamenti promessi, almeno così facciamo un po’ di soldi vendendo il terreno, quel campo di calcio è inutilizzabile, per fare un campo sintetico ci vogliono parecchi soldi che non abbiamo e nessuno ci darebbe, almeno ci possono venire delle belle casette, con quella carenza che c’è». Don Piergiorgio Ragazzoni, il responsabile del Villaggio non si scandalizza affatto che il verde debba fare posto a un’area di espansione edilizia.

(g. z.)

 

 

PIANO REGOLATORE - «Il ponte sul Canale? Non indicato, ma ci sarà»
 

Spulciando le mappe con un ingrandimento al 200% si è scoperto (lo ha detto il Pd l’altro giorno) che i progettisti si sono dimenticati una goccia d’inchiostro: quella che avrebbe dovuto disegnare due millimetri di riga doppia sul Canal grande , ovvero il nuovo ponte tra via Cassa di risparmio e via Trento. Errore, dimenticanza, cambiamento di prospettiva suggerito come in un gioco di «scopri che cosa manca?». «Ma no, ma no - si accende l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli -, il ponte non è disegnato perché non costituisce variante urbanistica, dunque non è obbligatorio segnarne l’esistenza, magari lo si potrà anche fare, ma la fattibilità non è legata al disegno in mappa». Anzi Bandelli assicura che «si sta lavorando per permessi e concessioni, e non passerà molto che potremo indicare la data d’inizio lavori, in tutti i casi il ponte ci sarà sicuramente entro la primavera 2010». Di altre cose, pur in via narrativa, il Piano regolatore però non può dimenticarsi. È citato il Parco del mare come grande opportunità turistica, con tutti i suoi annessi elementi di ricerca scientifica e tecnologica, e sopratutto economica (non da ultimo per la sua costruzione). Ma qui si parla ancora di «un milione di visitatori», che le ultime più prudenti analisi hanno invece già ridotto alla metà. Non ci si scorda poi di un altro sito «da valorizzare», e cioé della Lanterna, dove è già previsto il nuovo insediamento turistico-marinaro di Portolido. E fra queste belle cose di carattere ameno (turismo, tempo libero) entra senza dilemmi anche la previsione del rigassificatore, pur senza citare dettagli (o Gas Natural). «Potrà trovare collocazione all’interno dell’area portuale» si dice, elencando i vantaggi di approvvigionamento per l’intera nazione e quelli specifici per la provincia triestina, «sia sul piano ambientale, visto l’impegno alla previa bonifica dell’area, tra quelle maggiormente inquinate, sia sul piano economico, in relazione al possibile sviluppo di una indotta ”catena del freddo”. Grazie all’utilizzo del freddo derivante dal processo di rigassificazione - afferma il testo del Prg - lo stesso potrà essere recuperato e impiegato da realtà produttive quali l’industria chimica e agroalimentare. In questo modo si potrà avere un rilevante ritorno occupazionale, e un aumento delle entrate fiscali per l’ente locale».

(g. z.)

 

 

PIANO REGOLATORE - Faccanoni , nel limbo un campus universitario
 

Due progetti alternativi per l’area dell’ex Cava Faccanoni. Il primo prevede un deposito per roulotte e camper con una discarica per inerti e macerie alle sue spalle. L’altro un campus universitario con biblioteche e case per gli studenti e i docenti dell’Area di ricerca di Padriciano e dell’Ateneo di Trieste. La prima proposta sembra emergere dal nuovo Piano regolatore che il Comune ha secretato ma di cui sono già stati diffusi alcuni tratti salienti. La seconda viene dalla società ”Sistemi urbani srl” che dopo avere acquistato l’area sottostante la cava ha depositato il progetto del campus due anni fa negli uffici del Municipio e a tutt’oggi attende ancora una risposta. Di questa società è punto di riferimento e leader Mario Loperfido. L’area su cui si accavallano i due progetti, come dicevamo, è quella posta tra la Cava Faccanoni, Strada nuova per Opicina e Strada per Basovizza. Un tempo faceva parte del patrimonio immobiliare di Quirino Cardarelli, l’ex ufficiale dei corazzieri che voleva tra l’altro valorizzare la baia di Sistiana attraverso la ”Fintour spa”. La ”Fintour” è fallita e la cava ne ha seguito il destino. L’ha venduta, assieme agli adiacenti terreni, il professor Lino Guglielmucci, curatore del fallimento. La cava è stata acquistata dal Comune che, nel presupposto di risanarla a livello ambientale, l’ha trasformata in discarica per gli inerti non solo della grande viabilità. In precedenza si era accennato a livello politico all’ipotesi di costruire nel grande catino una centrale solare. I terreni sono stati invece acquistati dalla ”Sistemi Urbani srl” che ha realizzato e presentato in Comune il progetto del campus destinato, soprattutto ai ricercatori dell’Area di Padriciano. Va aggiunto che dalla Cava Faccanoni l’Area dista solo un chilometro in linea d’aria. La ”Sistemi urbani srl” ha la disponibilità di circa centomila metri quadrati, dell’ex proprietà Cardarelli-Faccanoni: 30 mila sono stati acquistati nel 1994 e 70 mila nel 2001. Gli edifici del campus universitario non dovrebbero occupare più del 14 per cento di quest’area che dovrebbe accogliere un liceo internazionale, una foresteria-albergo di transito, gli alloggi per gli studenti e i ricercatori, un centro sociale- ricreativo e culturale, un grande ristorante, nonché un parcheggio multipiano e un altro interrato. In totale il progetto prevede la realizzazione di 23 edifici, il più alto dei quali di sei piani: disponibil inoltre 1267 posti auto.

CLAUDIO ERNÈ

 

 

 

RASSEGNE STAMPA precedenti